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Maria Gabriella Pezone
  • Dipartimento di Lettere e Beni culturali
    Via Raffaele Perla, 21
    Santa Maria Capua Vetere  81055  (CE)
  • +39 0823275530
Research Interests:
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Reconstruction of the activity of Carlo Buratti offers an effective key to analyze the relations between Rome and Naples in the period between 17th and 18th century. The book retraces the entire productivity of architect from Ticino,... more
Reconstruction of the activity of Carlo Buratti offers an effective key to analyze the relations between Rome and Naples in the period between 17th and 18th century. The book retraces the entire productivity of architect from Ticino, “accademico di merito” at the St. Luca Academy, pupil and collaborator of Carlo Fontana, called to operate in many centres of Central-Southern Italy.

La ricostruzione critica dell’opera di Carlo Buratti, offre una perspicua chiave di lettura per analizzare i rapporti tra Roma e Napoli nel periodo a cavallo tra Seicento e Settecento. Il libro ripercorre l’intera produttività dell’architetto di origini ticinesi, accademico di merito all’accademia di S. Luca, allievo e collaboratore di Carlo Fontana, chiamato a operare in molti centri dell’Italia centro-meridionale. Impegnato in campi diversi della progettazione, diede qualificati contributi nella costruzione di acquedotti, ponti, teatri e, soprattutto in rifattioni di edifici storici e in rinnovamenti urbani. Dalle opere, analizzate anche attraverso la lettura di fonti inedite, emerge il forte spirito razionale dell’architetto che, pur operando in un periodo difficile per le finanze dello stato pontificio, riuscì a definire un proprio linguaggio architettonico dalle valenze essenziali, che ne fa un anticipatore di quell’asciuttezza espressa in maniera programmatica solo nella seconda metà del secolo.
Partendo dalla sua attività, l’indagine è stata estesa anche alla presenza nel territorio vicereale napoletano di altri artefici romani, per sottolineare una precoce diffusione di stilemi e modi architettonici tipici dell’urbe ancora prima che il fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano avesse la sua consacrazione con l’arrivo di Carlo di Borbone.
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Il testo delinea, attraverso una larga sintesi, il mosaico degli artefici che operarono per la dinastia borbonica nel Settecento, con aggiornamenti bibliografici e nuovi dati archivistici. La vasta materia è stata articolata con... more
Il testo delinea, attraverso una larga sintesi, il mosaico degli artefici che operarono per la dinastia borbonica nel Settecento, con aggiornamenti bibliografici e nuovi dati archivistici. La vasta materia è stata articolata con l’obiettivo di restituire la formazione e la cultura professionale napoletana attraverso il rapporto tra arte e tecnica. Ad un capitolo d’apertura dedicato alla formazione seguono due ampie sezioni che affrontano la prima il tema della cultura architettonica riletta attraverso il rapporto tra Roma e Napoli (II capitolo) e la seconda l’apporto della cultura tecnica alla quale gli ingegneri militari diedero un contributo insostituibile (IV capitolo), non trascurando gli artefici operanti nelle aree periferiche ai quali è dedicato il III capitolo. Non deve sorprendere se i profili biografici più approfonditi riguardino figure considerate sinora minori o totalmente sconosciute. Si è operata questa scelta per rimediare a una duplice “distorsione” storiografica che ha consegnato all’oblio molti architetti di valore. Se da un lato gli storici post-unitari hanno sminuito anche quanto di positivo la dinastia borbonica aveva promosso d’altra parte non è stata da meno la storiografia ufficiale borbonica che, soprattutto dopo la prima restaurazione, ha demonizzato e cancellato dalla memoria storica molti architetti eccellenti coinvolti politicamente nella rivoluzione del 1799.
Una rilettura dell’architettura romanica e gotica volta a evidenziarne i caratteri e i temi più pregnanti, dal muro articolato, alla facciata autonoma, alla metrica spaziale, allo spazio illimitato, dal sincretismo formale alla policromia... more
Una rilettura dell’architettura romanica e gotica volta a evidenziarne i caratteri e i temi più pregnanti, dal muro articolato, alla facciata autonoma, alla metrica spaziale, allo spazio illimitato, dal sincretismo formale alla policromia fino alla struttura diafana, al contrasto delle forze dimensionali e al valore trascendente della luce. Il volume propone un’ampia e documentata sintesi critica delle posizioni storiografiche più aggiornate, evidenziando il ruolo nient’affatto marginale dell’architettura italiana romanica e gotica, rispetto alla coeva produzione europea, senza trascurare l’indagine sulla produzione minore. Un ricco apparato iconografico facilita la lettura delle fabbriche facendone un agevole strumento didattico.
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L’edificio della cattedrale capuana ha cambiato più volte facies architettonica nel corso della sua storia millenaria. Delle articolate vicende il saggio approfondisce la riconfigurazione promossa da Nicola Caracciolo nel Settecento, una... more
L’edificio della cattedrale capuana ha cambiato più volte facies architettonica nel corso della sua storia millenaria. Delle articolate vicende il saggio approfondisce la riconfigurazione promossa da Nicola Caracciolo nel Settecento, una colta operazione di “reimpiego” dei materiali medievali che riaffiorarono dalle demolizioni. Purtroppo, di questa veste decorativa non rimane quasi nulla ed è possibile ricostruirne la configurazione solo attraverso la lettura delle fonti. L’architetto Sebastiano Cipriani dovette applicare una metodologia di intervento diffusa a Roma nella riedificazione di chiese vetuste, dove il mantenimento dell’originaria struttura e il reimpiego in chiave moderna dei reperti antichi esprimeva una sorta di rispetto reverenziale per l’edificio primitivo del quale si conservavano alcuni elementi come emblemi della memoria. Solo nel succorpo permane qualche brandello delle decorazioni in stucco della rifattione settecentesca, sebbene la sua integrità spaziale sia stata invece inesorabilmente compromessa dalle disastrose vicende successive, non solo belliche. Il saggio si sofferma nel dettaglio proprio su questo spazio destinato alla liturgia del triduo pasquale che, con la sistemazione centrale di una copia del tempietto del Santo Sepolcro, doveva evocare la Rotonda dell’Anastasis di Gerusalemme.

The Capua cathedral building has changed its architectural facies several times throughout its thousand-year history. Of the articulated architectural events of its history, the essay explores the reconfiguration promoted by Nicola Caracciolo in the 18th century, a cultured operation of 're-use' of medieval materials that resurfaced from demolitions. Unfortunately, almost nothing remains of this decorative appearance, and it is only possible to reconstruct its configuration by reading the sources. The architect Sebastiano Cipriani had to apply a methodology of intervention that was very widespread in Rome in the rebuilding of old churches, where the preservation of the original structure and the reuse of ancient artefacts in a modern key expressed a sort of reverential respect for the primitive building, of which some elements were preserved as emblems of memory. Only in the succorpo remains some shreds of the stucco decorations of the 18th-century rifattione, although its spatial integrity was inexorably compromised by the disastrous events that followed, not only from the war. The essay focuses in detail on this space destined for the liturgy of the Easter triduum, which, with the central arrangement of a copy of the temple of the Holy Sepulchre, was meant to evoke the Rotunda of the Anastasis in Jerusalem.
The paper focuses on the project of Ferdinando Sanfelice for the library of San Giovanni a Carbonara, an extraordinary example of reuse/restoration in the 18th century of an ancient tower of the aragonese wall in Neaples. A building for... more
The paper focuses on the project of Ferdinando Sanfelice for the library of San Giovanni a Carbonara, an extraordinary example of reuse/restoration in the 18th century of an ancient tower of the aragonese wall in Neaples. A building for the war was trasformed in an amazing star shaped library that unfortunately today doesn’t exist anymore because of many alterations after the suppression of the monastery in 1799.
The essay analyzes urben transformations in Benevento, town destroyed by a lot of terrible earthquakes. Studying rebuilding works after earthquakes of 1688, 1702 and works of last 18th urban designs makes easier analyzing constant... more
The essay analyzes urben transformations in Benevento, town destroyed by a lot of terrible earthquakes. Studying rebuilding works after earthquakes of 1688, 1702 and works of last 18th urban designs makes easier analyzing constant exchanges between Roman and Neapolitan languages that always marked Beneventan architecture for its condition of papal exclave.
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Il saggio ricostruisce la storia dell’attuale sede della facoltà di Lettere e Filosofia della Seconda Università di Napoli dalla fondazione del convento di S. Maria Via Coeli sino alla costruzione del carcere borbonico. Il convento dei... more
Il saggio ricostruisce la storia dell’attuale sede della facoltà di Lettere e Filosofia della Seconda Università di Napoli dalla fondazione del convento di S. Maria Via Coeli sino alla costruzione del carcere borbonico. Il convento dei Minimi fu fondato nel 1604 dal padre predicatore dell’Ordine don Ignazio da Capua. Poiché non rimangono tracce materiali di questa prima costruzione, è stato necessario consultare le fonti archivistiche per definirne l’originaria configurazione. L’edificio religioso fu demolito nel 1819 quando iniziò la costruzione del nuovo Carcere centrale di Terra di Lavoro: fondato sulle strutture del criptoportico romano, l’impianto seguiva la forma bloccata di un rigido quadrilatero. Il saggio descrive le articolate vicende del cantiere borbonico fino all’Unità d’Italia precisando anche le originarie destinazioni d’uso degli ambienti. La lunga durata dei lavori, per i problemi insorti con l’appaltatore sin dall’inizio, rese inadeguato e anacronistico il carcere di S. Maria molto prima della sua conclusione (negli anni ’40 dell’Ottocento), soprattutto al confronto con i contemporanei edifici di Avellino e Campobasso che seguirono le norme costruttive del panopticon. La lettura delle carte dell’epoca relative alla costruzione della prigione borbonica riflette efficacemente anche il vivace dibattito sull’edilizia carceraria che impegnò gli ambienti del Corpo di Ponti e Strade in quegli anni.
Il saggio delinea una sintetica rassegna sull’architettura tra Quattrocento e Cinquecento a Benevento, che non ha ricevuto gli stessi approfondimenti dedicati ad altri periodi. Se è vero che per ricostruire la storia artistica beneventana... more
Il saggio delinea una sintetica rassegna sull’architettura tra Quattrocento e Cinquecento a Benevento, che non ha ricevuto gli stessi approfondimenti dedicati ad altri periodi. Se è vero che per ricostruire la storia artistica beneventana è indispensabile analizzare l’opera intrapresa da Vincenzo Maria Orsini dopo i due terremoti del 1688 e 1702, poiché larga parte del patrimonio edilizio fu ricostruito per la sua munificenza, si è ritenuto in questo studio opportuno seguire e delineare le poche tracce di un percorso storico-artistico in parte cancellato e tentare di individuare le ragioni della mancata affermazione dell’architettura rinascimentale a Benevento. Se per il Quattrocento il recupero del linguaggio classico nell’architettura fu con certezza un’occasione mancata, soprattutto per le vicende storico politiche che la trasformarono in teatro di scontri violenti e di aspre lotte di potere, lo stesso non può dirsi per il secolo successivo, qualificato invece da un’intensa attività culturale e da una vivace ripresa architettonica, riflesso forse anche delle vicende artistiche di Roma, dalle quali in questo periodo Benevento, da enclave pontificia, non fu certamente esclusa. Il quadro della letteratura artistica conferma questo nuovo fermento sebbene la perdita materiale delle opere per effetto dei terremoti ne abbia notevolmente oscurato l’evidenza.
Il saggio traccia un quadro della presenza benedettina nella Costiera amalfitana. In questa zona l’ordine contribuì non solo alla diffusione di modelli architettonici ma anche, attraverso oculate politiche agrarie, alla concreta... more
Il saggio traccia un quadro della presenza benedettina nella Costiera amalfitana. In questa zona l’ordine contribuì non solo alla diffusione di modelli architettonici ma anche, attraverso oculate politiche agrarie, alla concreta trasformazione del paesaggio amalfitano ancora oggi di ineguagliabile bellezza. La rassegna include gli insediamenti che ancora conservano elementi originari – un numero esiguo rispetto a quelli registrati nelle fonti ¬ riservando attenzione non solo alle fabbriche di fondazione benedettina ma anche a quelle rientrate nell’orbita solo successivamente o a quelle che, pur non essendo benedettine, hanno risentito dell’influenza di modi e stilemi diffusi proprio dall’Ordine. Un viaggio attraverso il linguaggio architettonico degli insediamenti delle diverse famiglie benedettine con un’attenzione particolare ai caratteri bizantini che, connaturati alla storia del Ducato, permangono anche nei monasteri passati nell’orbita delle grandi abbazie di Cava e di Montecassino.
Il saggio ricostruisce le vicende del cantiere settecentesco della cattedrale di Aversa, attraverso la lettura delle convenzioni notarili con le maestranze. Un intervento che non a caso sin dal titolo si preferisce definire col termine di... more
Il saggio ricostruisce le vicende del cantiere settecentesco della cattedrale di Aversa, attraverso la lettura delle convenzioni notarili con le maestranze. Un intervento che non a caso sin dal titolo si preferisce definire col termine di “rifattione” poiché riflette appieno la concezione che prevale nel Settecento del restaurare come reficere e dunque come incessante operazione di riproduzione, ereditata dal mondo latino e convalidata dalle note tesi classiciste e idealiste dell'abate Bellori. Il progetto di Buratti, infatti, prevede lo smontaggio delle colonne dell’antica cattedrale romanica e la ricostruzione di poderosi pilastri in muratura, che creano una nuova spazialità pienamente espressiva del linguaggio burattiano.
THE DOMITIAN COAST. TRANSFORMATION OF LANDSCAPE THROUGH AGES. The natural environment fits the needs of the men who live there and who shaped it over the centuries in the name of better usability. In some rare cases, the men followed... more
THE DOMITIAN COAST. TRANSFORMATION OF LANDSCAPE THROUGH AGES.

The natural environment fits the needs of the men who live there and who shaped it over the centuries in the name of better usability.
In some rare cases, the men followed advices of ius naturae and improved the natural elements of landscape; in other cases, he irremediably defaced it through the introduction of invasive shapes far from its equilibrium (i.e. illegal construction along the coast).
The paper focuses on transformation that men enforced to the landscape of Domitian coast through ages to meet their residential, industrial, associative needs. It describes then all those works carried out on a large scale that have contributed to transform the landscape over the centuries as we see it today: the medieval monastic settlements, the massive works of hydraulic, the control policy and land management in the Domitian hinterland by the Bourbons in 18th century through the system of Real Sites, the agricultural colonies by ONC and finally the most recent and irreparable damage of unauthorized building right along the coasts
Research Interests:
Between the 18th and 19th century, the favorite sites to visit in the Grand Tour in the South of Italy were Naples, the Campi Flegrei for the fascination of the mythological places and for the beauty and energy of nature, the buried... more
Between the 18th and 19th century, the favorite sites to visit in the Grand Tour in the South of Italy were Naples, the Campi Flegrei for the fascination of the mythological places and for the beauty and energy of nature, the buried cities of Ercolano and Pompei and finally Paestum for a renewed interest in a “different” ancient architecture.
Not many people went beyond, to Nocera dei Pagani, Cava dei Tirreni, Salerno, Persano and beyond to south, to Velia, Palinuro, Camerota, Sapri e Maratea.
This unusual itinerary to discover the antiquities and the nature along the coastal areas beyond the gulf of Salerno and in many little towns inland was the subject of a new guide Le Memorie di Storia Naturale del litorale tirreno della Lucania in oggi detto Principato di Salerno written by Niccolò Carletti in 1794 and unpublished for the death of its author.
Reflecting the spirit of the Enlightenment, the manuscript describes all aspects of these areas, not only history, architecture and art but also sites of natural, geological, botanical and geographical interest.
The choice of Carletti, well-read man, to write this guide probably reflected an interest really shared with travelers of that time in this areas.
My paper focuses on this itinerary through the examination of the books and the iconographic albums about it.
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The paper focuses on the project of Ferdinando Sanfelice for the library of San Giovanni a Carbonara, an extraordinary example of reuse/restoration in the 18th century of an ancient tower of the aragonese wall in Neaples. A building for... more
The paper focuses on the project of Ferdinando Sanfelice for the library of San Giovanni a Carbonara, an extraordinary example of reuse/restoration in the 18th century of an ancient tower of the aragonese wall in Neaples. A building for the war was trasformed in an amazing star shaped library that unfortunately today doesn’t exist anymore because of many alterations after the suppression of the monastery in 1799.
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Il saggio si sofferma, all'interno dell'architettura del 700 napoletano, sugli episodi più significativi di una particolare tipologia di scala, quella a impianto o solamente a matrice poligonale, la maggior parte dei quali sono... more
Il saggio si sofferma, all'interno dell'architettura del 700 napoletano, sugli episodi più significativi di una particolare tipologia di scala, quella a impianto o solamente a matrice poligonale, la maggior parte dei quali sono riconducibili all’architettura di Ferdinando Sanfelice. L’incrocio dei dati ricavabili dalle fonti e dall’analisi del disegno geometrico degli esempi selezionati ha permesso anche una possibile attribuzione al nobile architetto napoletano di una scala poco nota ma di grande pregio artistico situata in via Costantinopoli.
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Il saggio analizza il piano di ricostruzione della città di Benevento dopo il terremoto del 1702 progettato da carlo Buratti. L’architetto ticinese mantenne immutato l’impianto storico della città romana e medievale ravvivandola solo con... more
Il saggio analizza il piano di ricostruzione della città di Benevento dopo il terremoto del 1702 progettato da carlo Buratti. L’architetto ticinese mantenne immutato l’impianto storico della città romana e medievale ravvivandola solo con l’apertura di nuove piazze più regolari, dopo aver consolidato gli edifici pericolanti e ricostruito quelli distrutti. Attraverso lo studio dei disegni di Carlo Buratti raffiguranti il palazzo del Governatore con la Rocca e quello Magistrale, e delle relazioni allegate contenenti le indicazioni degli interventi di consolidamento, il saggio si sofferma sulle conoscenze e sulle operazioni tecniche più frequenti intraprese per affrontare i danni connessi agli eventi sismici all’inizio del Settecento.
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Le scelte artistiche di Carlo di Borbone, orientate verso un classicismo di marca romana, insieme alla scomparsa dei protagonisti indiscussi del primo Settecento (Vaccaro nel 1745 e Sanfelice nel 1748) portarono, alla metà del secolo, al... more
Le scelte artistiche di Carlo di Borbone, orientate verso un classicismo di marca romana, insieme alla scomparsa dei protagonisti indiscussi del primo Settecento (Vaccaro nel 1745 e Sanfelice nel 1748) portarono, alla metà del secolo, al predominio assoluto degli architetti “di importazione”.
Ferdinando Fuga (dal 1748) e Luigi Vanvitelli (dal 1750) avrebbero dominato la scena artistica partenopea del secondo Settecento contendendosi, con una rivalità senza esclusioni di colpi, le commesse più importanti, non solo reali ma anche della nobiltà più in vista all’epoca.
Sullo sfondo dell’architettura ufficiale di corte continuò, operosa e senza clamori, l’attività di una miriade di artefici che sono rimasti lungamente in ombra e che solo negli ultimi anni la storiografia sta riscoprendo. Architetti il cui linguaggio andava riannodandosi, senza soluzione di continuità, ai modi e agli stilemi della tradizione del primo Settecento napoletano, traghettati, non senza apporti innovativi, nella seconda metà del secolo. Proprio per la vicinanza del loro linguaggio al primo Settecento, nel corso degli anni, molte loro opere sono state attribuite erroneamente ora a Sanfelice ora a Vaccaro.
Tra costoro, insieme a Niccolò Tagliacozzi Canale, ai Buonocore, ai de Blasio, rientrano a buon titolo anche Luca e Bartolomeo Vecchione, sulla cui attività, svolta tra gli anni 30 e gli anni 70 del Settecento, intende soffermarsi il saggio.
Come gli altri poc’anzi menzionati, essi appartennero a una famiglia che, da più generazioni, lavorava nel campo dell’edilizia. I genitori avevano affiancato, con la loro impresa edile, i grandi Maestri del primo Settecento. Proprio in questi cantieri mossero i primi passi i due fratelli, elevando poi la loro condizione da artigiani ad architetti, ma mantenendo sempre saldo, grazie alle origini, il contatto col fare, col plasmare la materia – legno, stucco, pietra, marmo – soggiogandola al disegno dell’architettura e facendo di questa attenzione materica la cifra distintiva della loro attività edilizia.
Il saggio approfondisce la nascita e le molte trasformazioni di palazzo de Gregorio, situato a Caserta alle spalle dei giardini della reggia borbonica. Fatto costruire a sue spese da Carlo di Borbone nel 1754 per il marchese di Squillace... more
Il saggio approfondisce la nascita e le molte trasformazioni di palazzo de Gregorio, situato a Caserta alle spalle dei giardini della reggia borbonica.
Fatto costruire a sue spese da Carlo di Borbone nel 1754 per il marchese di Squillace Leopoldo de Gregorio dall’architetto reale Luigi Vanvitelli, fu poi acquistato da Ferdinando IV nel 1796 per insediarvi la prima fabbrica “delle Fiandre” del regno. Trasformato, in seguito, in cotonificio con Luigi Vallin nel Decennio Francese, continuò ad avere una destinazione d’uso legata alla fabbrica anche dopo la Restaurazione. Passato in seguito ai militari nel 1851, per volontà di Ferdinando II, che potenziò la vocazione difensiva di S. Maria Capua Vetere e Caserta in appoggio a Capua, il palazzo fu infine venduto ai privati alla fine dell’Ottocento per poi essere requisito dopo la Seconda Guerra mondiale da parte del Commissariato degli alloggi e concesso ai senzatetto per risolvere il problema delle abitazioni. Nel ripercorrerne le molte “vite” il saggio proverà, nelle conclusioni, a toccare anche aspetti più direttamente legati alla sua tutela, poiché lo stato attuale di conservazione dell’edificio sollecita interrogativi inerenti il rapporto tra storia, memoria, identità e quanto di esso sopravvive materialmente, che non riflette più ciò che ha rappresentato nei singoli momenti della sua lunga storia.


The essay explores the origins and the many transformations of palazzo de Gregorio, located in Caserta behind the gardens of the Bourbon royal palace.
Built at his own expense by Charles of Bourbon in 1754 for the Marquis of Squillace Leopoldo de Gregorio by the royal architect Luigi Vanvitelli, it was purchased by Ferdinand IV in 1796 to house the kingdom's first Flanders's factory. Later transformed into a cotton mill with Luigi Vallin in the French Decade, it continued to be used as a factory even after the return of the Bourbons. The palace later passed to the military in 1851, at the behest of Ferdinand II, who strengthened the defensive vocation of S. Maria Capua Vetere and Caserta in support of Capua, and was finally sold to private individuals at the end of the 19th century. After World War II, it was requisitioned by the Housing Commission and granted to the homeless to solve the housing problems. In tracing its many 'lives', the essay will also try, in its conclusions, to touch on some aspects more directly related to its protection, since the current state of conservation of the building solicits questions concerning the relationship between history, memory, identity and what materially survives of it, which no longer reflects what it has represented at individual moments in its long history.
The Vico Equense Castle has lived many lives during its long history, with different owners and many transformations. For this reason, its study was very interesting, allowing the research to be channeled in multiple directions. However,... more
The Vico Equense Castle has lived many lives during its long history, with different owners and many transformations. For this reason, its study was very interesting, allowing the research to be channeled in multiple directions. However, the study has been met with the disappearance of the materiality of the architecture to relate to each era, due to the many, intrusive and radical transformations carried out since the twentieth century.
That has meant working without the architecture but with the tools of historical reconstruction, with the help of the sources, first the descriptions of the property in the “Prese di possesso” and then with other banking and iconographic documents, that contributed to define a more precise idea of the architectural configuration in these different eras.
The paper focuses on some moments of its modern history. Starting from the origin of the new building in the sixteenth century with the Carafa of San Lucido family, the essay analyzes the reconstruction of the early seventeenth century and the transformation of the early nineteenth century. These two moments share the luxurious transformations and the dominating personality of the patrons, Matteo di Capua in the early seventeenth century and Nicola Amalfi in the early nineteenth century.
While in Naples the activity of Roman architects, between the end of XVIIth century and the beginning of the XVIIIth, was an episodic one, in Aversa, due to special circumstances, such a continuity exists that brings the architectural... more
While in Naples the activity of Roman architects, between the end of XVIIth century and the beginning of the XVIIIth, was an episodic one, in Aversa, due to special circumstances, such a continuity exists that brings the architectural language to the "romanization" for almost half a century. Starting from carlo Buratti's activity and through a rich archive documentation, the essay examines the contribution of Roman artisans introduced in Aversa by this architect from Tessin Swiss canton. Christopher Schor, Filippo de Romanis, Paolo Posi, the plasters Carlo and Sebastiano Porciani worked in Aversa and, most of all, Francesco Antonio Maggi, who, setting in the city, became one of the most prolific architects of the middle XVIII century. He created works where Roman memories well merge with manners and styles of the Neapolitan architectural culture.
Il saggio indaga le relazioni artistiche tra Roma e Napoli nell’architettura del primo Settecento napoletano, tema sinora trascurato o meglio oscurato dal fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano dopo l’arrivo nel regno di Carlo... more
Il saggio indaga le relazioni artistiche tra Roma e Napoli nell’architettura del primo Settecento napoletano, tema sinora trascurato o meglio oscurato dal fenomeno dell’“importazione” del linguaggio romano dopo l’arrivo nel regno di Carlo di Borbone. Tralasciando l’analisi della presenza diretta a Napoli nel periodo vicereale di molti artefici romani legati all’Accademia di San Luca, si cercherà qui di argomentare il concretarsi di questi rapporti attraverso la lettura dei caratteri progettuali di alcuni protagonisti del Settecento partenopeo. In particolare, il contributo si sofferma sull’architettura di Ferdinando Sanfelice per fare emergere, attraverso l’analisi di alcuni suoi temi compositivi, relazioni linguistiche con la cultura artistica romana non solo del primo Seicento, come già altri hanno dimostrato, ma anche contemporanea, espressiva di quel clima che ruotava intorno allo studio di Carlo Fontana e all’Accademia di San Luca, ambienti con i quali l’architetto napoletano dovette instaurare rapporti diretti.
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Il saggio indaga un trattato rimasto inedito di Giovanni Maria Galli Bibiena, figlio del più famoso Ferdinando, che rimane ancora oggi il più enigmatico e meno storicizzato tra gli esponenti della celebre famiglia di scenografi e... more
Il saggio indaga un trattato rimasto inedito di Giovanni Maria Galli Bibiena, figlio del più famoso Ferdinando, che rimane ancora oggi il più enigmatico e meno storicizzato tra gli esponenti della celebre famiglia di scenografi e architetti teatrali. Dagli anni quaranta del Settecento Giovanni Maria fu in contatto con Napoli, dove per oltre trent’anni istruì nell’architettura molti giovani del regno. A questa attività didattica va messo in relazione il manoscritto che era probabilmente il manuale da lui adoperato nelle lezioni. Per il modo in cui è organizzato, esso rientra a buon titolo in quel filone editoriale di ascendenza vignolesca che ebbe larga fortuna in Europa tra Sei e Ottocento. Gli aspetti di maggiore originalità del suo scritto fanno emergere un Giovanni Maria che sa distaccarsi dalle solide radici della cultura teorica dell’ambiente familiare ed è in grado di fornire un contributo innovativo nell’insegnamento dell’architettura a Napoli.
We don't know hitherto if Carlo Fontana has ever been in Naples. It can be said with some confidence that this architect worked out some projects for architectural works in Naples, like the drawings stored in the Royal Collection of... more
We don't know hitherto if Carlo Fontana has ever been in Naples. It can be said with some confidence that this architect worked out some projects for architectural works in Naples, like the drawings stored in the Royal Collection of Windsor proves. Starting from the analysis of these drawings and deepening in particular his design for the Neapolitan Somaschi church – the only one carried out with some changes in 1706 by Giovan Battista Nauclerio - the paper focuses on the project works by Carlo Fontana for Naples and on the influence of his architectural language in the Neapolitan territory.
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Il saggio approfondisce, attraverso la consultazione di materiale archivistico, il contributo al progresso dell’ingegneria idraulica nel regno di Napoli di Giovanni Bompiede, ingegnere attivo nel Settecento al servizio dei Borbone. La sua... more
Il saggio approfondisce, attraverso la consultazione di materiale archivistico, il contributo al progresso dell’ingegneria idraulica nel regno di Napoli di Giovanni Bompiede, ingegnere attivo nel Settecento al servizio dei Borbone. La sua attività copre un arco temporale molto ampio, tra gli anni ’40 e l’anno della morte (1789): l’analisi e l’approfondimento dei moltissimi interventi progettati e talvolta solo coordinati ci consente di attraversare la storia della ingegneria idraulica dal regno di Carlo di Borbone fino agli anni di Ferdinando IV. L’adeguamento del sistema portuale del regno trovò in lui un punto di riferimento. Di origini piemontesi, ebbe una carriera lunga e costellata di successi all’interno della Marina Militare borbonica arrivando all’apice con la nomina, dopo la riforma Acton, a Direttore delle opere di Marina e Comandante del Corpo degli Ingegneri Idraulici. In questo ruolo, in piena adesione allo spirito riformistico di respiro internazionale impresso da Acton, sollecitò i contatti con le analoghe strutture francesi considerate tra le più innovative d’Europa, per aggiornare gli ingegneri sulle più moderne tecniche idrauliche allora sperimentate in Europa.
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© copyright Alinea editrice srl - Firenze 2008 50144 Firenze, via Pierluigi da Palestrina, 17/19 rosso Tel. +39 055/333428 - Fax +39 055/331013 Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte può essere riprodotta (compresi fotocopie e... more
© copyright Alinea editrice srl - Firenze 2008 50144 Firenze, via Pierluigi da Palestrina, 17/19 rosso Tel. +39 055/333428 - Fax +39 055/331013 Tutti i diritti sono riservati: nessuna parte può essere riprodotta (compresi fotocopie e microfilms) senza il permesso scritto della Casa ...
While in Naples the activity of Roman architects, between the end of XVIIth century and the beginning of the XVIIIth, was an episodic one, in Aversa, due to special circumstances, such a continuity exists that brings the architectural... more
While in Naples the activity of Roman architects, between the end of XVIIth century and the beginning of the XVIIIth, was an episodic one, in Aversa, due to special circumstances, such a continuity exists that brings the architectural language to the &...
The paper examines the Istituzioni d’Architettura civile by Niccolò Carletti, published in two volumes in 1772, interpreting them as one of the didactic books written for the students of the Neapolitan military academies. In particular,... more
The paper examines the Istituzioni d’Architettura civile by Niccolò Carletti, published in two volumes in 1772, interpreting them as one of the didactic books written for the students of the Neapolitan military academies. In particular, it focuses on the Mathematical method in the treatise by Carletti , used for the first time by Christian Wolff and very popular in the 18th century European culture. Quoting Isaac Newton, the Neapolitan architect considers this method the most effective way to get «il vero» by induction from observations and experiments to shorten «quella lunga serie di noiosi argomenti, ne quali la mente non può senza duro sforzo (…) scoprire la connessione delle Idee». The Mathematical method, in fact, makes easier to explain the concatenation connection succession of thought through a tight sequence of «definizioni, osservazioni, corollari e scoli» and for this reason it was used in many textbooks written just for students of the Military Academies.
Ferdinando Fuga con la ricca attività nel regno di Napoli favorì la diffusione di un nuovo linguaggio che influenzò l’operato degli architetti napoletani della generazione successiva, come mostra l’attività di Pompeo Schiantarelli e... more
Ferdinando Fuga con la ricca attività nel regno di Napoli favorì la diffusione di un nuovo linguaggio che influenzò l’operato degli architetti napoletani della generazione successiva, come mostra l’attività di Pompeo Schiantarelli e Gaetano Barba. Tra gli allievi diretti del Fuga, tra i quali anche Giuseppe Alviani e Giuseppe Mauri, va annoverato anche Ignazio de Nardo la cui attività s’intreccia costantemente con quella dell’architetto fiorentino, succedendogli in importanti cantieri reali. Il saggio ripercorre sinteticamente i momenti più significativi dell’attività di Ignazio de Nardo, che spaziò da lavori più strettamente “tecnici” -come la costruzione di ponti e strade e la redazione di perizie- alla progettazione di opere effimere, per poi soffermarsi su due episodi in particolare: l’edificazione del ponte di Civitate sul Fortore in Puglia e la complessa opera di ricostruzione della città di Torre del Greco dopo la terribile eruzione del 1794. Interventi che, riletti attraverso una ricca messe di documenti inediti, restituiscono - in negativo il primo in positivo il secondo – due momenti particolarmente significativi della sua instancabile operosità al servizio dei Borbone
Il ritrovamento delle inedite piante dei territori vesuviani (Pollena, Trocchia, Somma, S. Anastasia) a firma di Luigi Marchese, considerate sinora disperse, ha consentito al gruppo di ricerca del quale faccio parte di aggiungere al... more
Il ritrovamento delle inedite piante dei territori vesuviani (Pollena, Trocchia, Somma, S. Anastasia) a firma di Luigi Marchese, considerate sinora disperse, ha consentito al gruppo di ricerca del quale faccio parte di aggiungere al corpus delle carte note dell’Ingegnere Camerale un tassello utile ad approfondire la sua attività per la Real Soprintendenza della Decima. I grafici, che registrano lo stato dei luoghi anteriormente al 1802, sono stati il riferimento cartografico privilegiato per analizzare in questo saggio gli interventi promossi dai Borbone per risolvere il problema della cosiddetta “Lava di Pollena”. I territori vesuviani, infatti, furono interessati, nel corso del Settecento, da fenomeni secondari delle eruzioni vulcaniche che comportarono dissesti idrogeologici così devastanti da richiedere complessi interventi idraulici. Il saggio ripercorre, attraverso la consultazione delle fonti archivistiche, la realizzazione tra il Settecento e l’Ottocento di una complessa rete di canali, che vide attivi importanti protagonisti dell’ingegneria militare, come Francesco La Vega, Vincenzo Tirone, Fernando Ruberti, Giuliano De Fazio nel Decennio, Luigi Malesci, Domenico Colella.
Francesco La Vega, a torto considerato sinora un insignificante esponente della classe degli Ingegneri militari, sulla quale aveva gravato in passato - e grava ancora oggi nella storiografia più recente - il pesante giudizio di Luigi... more
Francesco La Vega, a torto considerato sinora un insignificante esponente della classe degli Ingegneri militari, sulla quale aveva gravato in passato - e grava ancora oggi nella storiografia più recente - il pesante giudizio di Luigi Vanvitelli, viene interpretato invece in questo saggio, come una delle figure emblematiche che segnarono una svolta tangibile all’interno di questa categoria. Un ingegnere erudito, con una profonda cultura classica, un’ottima preparazione tecnica, che può collocarsi, a buon diritto, nel panorama architettonico di formazione neoclassica. A lungo trascurato dalla storiografia, mai organicamente trattato, si è tentato di restituirgli il ruolo che gli compete, cercando di ricomporre in maniera unitaria le notizie assolutamente frammentarie che lo riguardano e che, raccolte e rielaborate attraverso la rivisitazione delle fonti, restituiscono una figura ben lontana dai rozzi personaggi che Vanvitelli aveva tacciato di ignoranza nella famosa lettera al fratello Urbano
Viene qui ricostruita la biografia e l’attività professionale di un artefice poco noto del Settecento napoletano che ha l’onore di figurare tra gli architetti napoletani degni di menzione nelle Memorie degli architetti antichi e moderni... more
Viene qui ricostruita la biografia e l’attività professionale di un artefice poco noto del Settecento napoletano che ha l’onore di figurare tra gli architetti napoletani degni di menzione nelle Memorie degli architetti antichi e moderni di Milizia accanto ai più famosi Sanfelice e Vaccaro. L’aspetto più interessante della sua personalità risiede nella colta preparazione e nella produzione teorica che contribuirono, quasi certamente, a propagarne la fama fuori del regno di Napoli. Un minuzioso necrologio compare nelle Novelle fiorentine testata diretta dal colto bibliotecario toscano Giovanni  Lami. Probabilmente, non la grandezza dell’architetto, ma proprio la sua sensibilità di teorico e di uomo di cultura attirarono l’attenzione del Lami e di conseguenza, forse, anche l’interesse del Milizia che a quella fonte doveva aver attinto per la redazione della sua biografia.
Ripercorrendone la breve ma ricca ed intensa attività idraulica, attraverso la consultazioni di molte fonti inedite, il saggio arriva ad individuare in Carlo Pollio una figura emblematica di passaggio dall’ingegnere vanvitelliano, che... more
Ripercorrendone la breve ma ricca ed intensa attività idraulica, attraverso la consultazioni di molte fonti inedite, il saggio arriva ad individuare in Carlo Pollio una figura emblematica di passaggio dall’ingegnere vanvitelliano, che fondava le sue conoscenze sulla pratica di cantiere, all’ingegnere ottocentesco, dalla solida preparazione scientifica con profonde conoscenze matematiche. Questa relazione, letta al Convegno delle celebrazioni vanvitelliane nel 2000, ha riportato per la prima volta all’attenzione l’istituzione nel 1785 del Corpo degli Ingegneri Idraulici, voluto da Giovanni Bompiede, tramandata dalla storiografia ottocentesca, ma completamente ignorata dalla più recente bibliografia sull’argomento. La consultazione di documenti inediti ha fornito preziosi particolari sugli intensi scambi instaurati dal Corpo con le strutture francesi, il corpo di Ponts et Chaussées, l’Ecole des Ponts et Chaussées e l’Ecole des Ingenieurs de Mézieres, considerate le più all’avanguardia d’Europa.
Il saggio approfondisce, attraverso la consultazione di materiale archivistico, il contributo al progresso dell’ingegneria idraulica nel regno di Napoli di Giovanni Bompiede, ingegnere attivo nel Settecento al servizio dei Borbone. La sua... more
Il saggio approfondisce, attraverso la consultazione di materiale archivistico, il contributo al progresso dell’ingegneria idraulica nel regno di Napoli di Giovanni Bompiede, ingegnere attivo nel Settecento al servizio dei Borbone. La sua attività copre un arco temporale molto ampio, tra gli anni ’40 e l’anno della morte (1789): l’analisi  e l’approfondimento dei moltissimi interventi progettati e talvolta solo coordinati ci consente di attraversare la storia della ingegneria idraulica dal regno di Carlo di Borbone fino agli anni di Ferdinando IV. L’adeguamento del sistema portuale del regno trovò in lui un punto di riferimento. Di origini piemontesi, ebbe una carriera lunga e costellata di successi all’interno della Marina Militare borbonica arrivando all’apice con la nomina, dopo la riforma Acton, a Direttore delle opere di Marina e Comandante del Corpo degli Ingegneri Idraulici. In questo ruolo, in piena adesione allo spirito riformistico di respiro internazionale impresso da Acton, sollecitò i contatti con le analoghe strutture francesi considerate tra le più innovative d’Europa, per aggiornare gli ingegneri sulle più moderne tecniche idrauliche allora sperimentate in Europa.
L’analisi dei lavori progettati nel Settecento alle opere di fortificazione della città di Messina diventa un’occasione irrinunciabile per approfondire l’apporto dato da alcuni artefici alla pratica del disegno come uno strumento... more
L’analisi dei lavori progettati nel Settecento alle opere di fortificazione della città di Messina diventa un’occasione irrinunciabile per approfondire l’apporto dato da alcuni artefici alla pratica del disegno come uno strumento conoscitivo scientifico indispensabile all’attività ingegneristica. Un elemento sostanziale che si coglie in questo piano è l’importanza assoluta data al disegno da Pierre Bardet e in un secondo momento da Luigi che con lui collaborò in quest’opera. In questo senso fondamentale è il contributo di Pierre Bardet all’evoluzione della classe degli ingegneri militari poiché la sua attività segna senza dubbio un punto di svolta, per quella particolare attenzione grafica e quel vivido interesse nei confronti dell’architettura antica. Il saggio individua la chiave per comprendere il suo approccio innovativo nella direzione dei Regi Scavi nella formazione, forse uno degli aspetti meno noti, avvenuta a Roma nell’Accademia di San Luca come pensionnaire dell’Accademia di Francia dal 1704 fino al 26 aprile del 1709. Se Pierre può essere considerato l’antesignano di una nuova figura di ingegnere colto e raffinato nell’attività topografica del figlio Luigi si riescono a leggere ormai gli esiti di una nuova formazione militare, da lui compiuta negli anni in cui la didattica, legata al Real Battaglione Ferdinando, fu caratterizzata da vitali fermenti innovativi e arricchita di nuove pubblicazioni scientifiche destinate agli allievi.
Il saggio ricostruisce le vicende della villa Odescalchi fuori porta del Popolo a Roma, che oggi non esiste più, appartenuta dalla fine del Seicento a Livio Odescalchi, committente di nuovi lavori. L’approfondimento delle trasformazioni... more
Il saggio ricostruisce le vicende della villa Odescalchi fuori porta del Popolo a Roma, che oggi non esiste più, appartenuta dalla fine del Seicento a Livio Odescalchi, committente di nuovi lavori. L’approfondimento delle trasformazioni della vigna e dei suoi edifici ha consentito di fare nuove considerazioni sulla committenza di Livio e sull’architetto di fiducia Carlo Buratti che lavorò per lui anche in questo cantiere. La villa, letta come una sorta di emblematica sintesi “arcadica” tra committente, architetto e tipologia d’intervento, ha offerto nuovi spunti per avvalorare l’interpretazione critica che ha individuato la premessa all’ondata classicistica promossa a Roma da Clemente XII proprio negli anni a cavallo tra Seicento e Settecento, intorno alla linea formativa che fa capo alla scuola di Carlo Fontana. Si è cercato, in tal senso, di riconsiderare il contributo di personaggi, forse finora non sufficientemente approfonditi dalla storiografia, tra i quali appunto Livio Odescalchi che, attraverso scelte programmatiche di una committenza misurata e raziocinante, diede un apporto determinante al distacco dal barocco in campo architettonico.
La densa attività di Luigi Vanvitelli e degli allievi che ereditarono i cantieri dell’area casertana ha segnato in maniera incisiva la storia dell’architettura e dell’ingegneria di quest’area. La presenza della reggia e il forte impatto... more
La densa attività di Luigi Vanvitelli e degli allievi che ereditarono i cantieri dell’area casertana ha segnato in maniera incisiva la storia dell’architettura e dell’ingegneria di quest’area. La presenza della reggia e il forte impatto paesaggistico dei Ponti della Valle hanno caratterizzato così fortemente la Terra di Lavoro da indurre la storiografia locale a “mitizzare” la figura del progettista e a individuarlo quindi erroneamente come l’autore di altre opere del territorio che con lui invece non hanno alcuna relazione. Gli studi degli ultimi decenni hanno contribuito in parte a far chiarezza sull’architettura casertana, riconducendo molti interventi all’attività di altri artefici, alcuni già noti, esponenti proprio della “scuola” vanvitelliana, altri meno noti. Tra questi ultimi va considerato anche un ingegnere militare, Francesco Gasperi, soprastante maggiore della piazza capuana dal 1761 al 1778, che esercitò nel territorio casertano un’attività densa e costante nella seconda metà del Settecento, anche per la committenza religiosa. Il saggio delinea sinteticamente l’attività di questo ingegnere, cercando di fare emergere le linee di continuità del suo linguaggio con quello della “scuola” vanvitelliana.
La parte del testo relativo alla vita Sanfelice ricostruisce con toni altamente celebrativi e particolare puntualità la sua attività di pittore e di architetto ancora in pieno corso. Probabilmente l’autore del canovaccio, rielaborato poi... more
La parte del testo relativo alla vita Sanfelice ricostruisce con toni altamente celebrativi e particolare puntualità la sua attività di pittore e di architetto ancora in pieno corso. Probabilmente l’autore del canovaccio, rielaborato poi narrativamente con personali considerazioni da de Dominici, fu Sanfelice in persona secondo il genere letterario dell’autobiografia scientifica che ebbe una certa fortuna proprio nel Settecento. L’analisi dettagliata della produzione sanfeliciana attraverso la cura delle note critiche al testo restituisce un architetto colto e sensibile, capace di rielaborare le più varie sollecitazioni esterne, dall’architettura palladiana al barocco romano, alle più recenti suggestioni del mondo danubiano, delle scenografie bibienesche e dell’architettura fontaniana del primo Settecento romano con un linguaggio che riesce a far convivere le matrici classiciste delle configurazioni planimetriche con le suggestioni rocaille delle ricche ornamentazioni a serpentina.
The essay examines the Memorie di storia naturale del Litorale Tirreno della Lucania in oggi detto Principato di Salerno, an interesting unpublished treatise by Nicolò Carletti found among the manuscripts of the National Library of... more
The essay examines the Memorie di storia naturale del Litorale Tirreno della Lucania in oggi detto Principato di Salerno, an interesting unpublished treatise by Nicolò Carletti found among the manuscripts of the National Library of Naples. As Carletti says in the introduction «Al Prestantissimo Leggitore», it was written in 1794 to complete the description of Campania, that he begun in 1776 with the Topografia universale della città di Napoli and continued in 1787 with the Storia della Regione abbruciata.
The text is an uncommon guide «de’ Forestieri curiosi di vedere, e ammirare le cose più notabili antichissime, antiche, e moderne» that starts from Naples and arrives to Maratea, through the “miglio d’oro”, Vesuvian towns, Salerno and a lot of little centres along the coastline and inland.
The frequent mentions to the antiquities, typical of his deeper erudite knowledge, cross all the narration about the coastal tour and influence the catalogue of described sites and the choice of the geographical and historical topics. Although Carletti declares the same interest to «le cose più notabili antichissime, antiche, e Moderne», he undoubtedly prefers the ancient ones. He analyses the antique cities through a rich antique documentation and direct examination of architectural ruins. In this sense, the text is an archeological guide, that unusually doesn’t depeen Ercolano and Pompei ruins and prefers instead examine Paestum, Velia ruins and many less known antique vestiges along the “Cammino Reale”.
Il convegno intende creare un’occasione di approfondimento e di confronto su aspetti differenti della storia della famiglia Carafa di Roccella che si dipana lungo un arco temporale ampio, tra XV e XVIII secolo, intrecciandosi con gli... more
Il convegno intende creare un’occasione di approfondimento e di confronto su aspetti differenti della storia della famiglia Carafa di Roccella che si dipana lungo un arco temporale ampio, tra XV e XVIII secolo, intrecciandosi con gli eventi più significativi del Regno di Napoli.
Questa storia lunga e straordinaria sollecita, a trent’anni dalla monografia di Pisani e con nuovi percorsi di indagine aperti da altri studi di approfondimento sui luoghi della geografia artistica dei Carafa, un confronto a più voci tra specialisti di diversi campi della ricerca. Un incontro transdisciplinare che parta dal centro della famiglia Carafa per diramarsi e articolarsi negli specifici disciplinari, non perdendo mai di vista l’insieme della storia di una famiglia, che fu specchio delle dinamiche di affermazione sociale nel regno di Napoli.
Il convegno intende creare un’occasione di approfondimento e di confronto su aspetti differenti della storia della famiglia Carafa di Roccella che si dipana lungo un arco temporale ampio, tra XV e XVIII secolo, intrecciandosi con gli... more
Il convegno intende creare un’occasione di approfondimento e di confronto su aspetti differenti della storia della famiglia Carafa di Roccella che si dipana lungo un arco temporale ampio, tra XV e XVIII secolo, intrecciandosi con gli eventi più significativi del Regno di Napoli.
Questa storia lunga e straordinaria sollecita, a trent’anni dalla monografia di Pisani e con nuovi percorsi di indagine aperti da altri studi di approfondimento sui luoghi della geografia artistica dei Carafa, un confronto a più voci tra specialisti di diversi campi della ricerca.
Un incontro transdisciplinare che parta dal centro della famiglia Carafa per diramarsi e articolarsi negli specifici disciplinari, non perdendo mai di vista l’insieme della storia di una famiglia, che fu specchio delle dinamiche di affermazione sociale nel regno di Napoli.
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Coordina
Cesare de Seta
Intervengono
Rosanna Cioffi
Leonardo Di Mauro
Anna Giannetti
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A un anno dalla scomparsa di Giosi Amirante, raffinata storica dell'architettura, i colleghi degli Atenei campani la ricordano in una mattinata di studi a lei dedicata
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