Napoli

Il saggio del 2010 ricostruisce la vicenda editoriale e letteraria di  "Malacqua" di Nicola Pugliese (Einaudi, 1977 - Pironti, 2013),  romanzo in cui Compagnone vide la "Non-Storia" di Napoli. Ovvero la vicenda di una città per scelta anarchica ed ingovernabile, che obbedisce agli istinti della Natura (come altri "Sud del mondo", come il Sudamerica di Garcia Marquez). Ma la grandezza del romanzo è forse quella di riuscire a fare di Napoli una metafora di qualcosa di ben più grande: dello stato della condizione umana: fragile e provvisoria, eppure l'unica possibile; incupita dal proprio inevitabile destino, che è la morte; ma anche con momenti di straziante bellezza e dolcezza.

The paper aims at focusing on the iconography of Maria Amalia of Saxony as a young, daughter of the elector and king of Poland Augustus III, and Charles of Bourbon’s future wife. By observing paintings and portraits of her successively, compared and related to similar images produced in other European courts, we will try to identify some iconographic types linked to specific periods of the young woman’s life.
The iconography of the future queen of Naples and Sicily will provide an exemplary case study and a paradigmatic reference to understand wich could be considered as the iconography of royal princes, still too less explored.

Il contributo tratta della figura e dell'opera di Jessie White Mario, patriota, educatrice e giornalista inglese vissuta nella seconda metà dell'Ottocento e autrice di un'indagine sulla vita e la miseria del popolo napoletano, pubblicata con il titolo "La miseria in Napoli" (1878). Il testo propone anche un confronto con altre inchieste dello stesso genere, come quella di Renato Fucini ("Napoli a occhio nudo", 1878), ricordando come sia la White Mario sia Fucini si occuparono di Napoli accogliendo l'invito di Pasquale Villari, contenuto nelle sue "Lettere meridionali".

L'articolo ripercorre rapidamente il "caso" delle cosiddette Vele di Scampia (la ex 167 di Secondigliano, alla periferia Nord di Napoli), enormi edifici contestati dagli abitanti e destinati all'abbattimento negli anni '90.
L'articolo dà conto dei risultati di ricerche commissionate dalla amministrazione comunale di Napoli, svolte in periodi precedenti da un gruppo di urbanisti di cui l'autrice faceva parte e tese a rendere "più integrato" il programma di riqualificazione avviato negli anni '90. E argomenta intorno alla necessità di implementare fino in fondo la decisione di abbattere le "Vele" presa ad un certo punto della vicenda, per quanto all'epoca discutibile.

In sintesi, si sostiene che non ha senso riaprire oggi un annoso dibattito sul valore estetico degli edifici, per tornare sulle decisioni prese e lasciare in vita solo alcune delle "Vele" sopravvissute come testimonianza di architettura contemporanea perché l'intera vicenda mostra come la richiesta di abbattere quegli edifici ha radici antiche e si è caricata nel tempo di significati anche simbolici che non sarebbe giusto oggi ignorare.

Avvalendosi di un’ampia documentazione inedita, il saggio percorre i drammatici eventi che segnarono l’affermazione del fascismo in Terra di Lavoro. Emergono con chiarezza la diffusa violenza e l’attenzione esclusiva al proprio particolare. Interessante è il racconto della rapida ascesa di una nuova classe politica, composta da coloro che prima del fascismo erano esclusi dal governo territoriale. Appaiono personaggi dallo spregiudicato trasformismo, che cavalcarono agguerriti l’onda della rivoluzione in camicia nera. Dal 1924 l’uso della violenza scemò rispetto agli altri metodi di gestione del potere che la dittatura utilizzava.

"De 1442 à 1501, les Aragonais occupent le trône napolitain. Grâce à une riche documentation textuelle et iconographique, cet ouvrage retrace la construction de l’imaginaire monarchique dans le royaume de Naples, puis sa diffusion dans les cours alliées et ennemies. Les portraits physiques des cinq rois de la branche aragonaise de Naples, ainsi que leurs portraits symboliques, notamment héraldique et emblématique, permettent l’étude de l’incarnation d’une identité napolitaine. Au-delà du corps royal, l’unité de la Couronne se dit aussi dans les portraits des serviteurs de l'État et ceux de la familia royale, tout comme dans les rituels, la mise en scène des résidences royales et ducales, et par la création d’un nouveau visage topographique de la capitale et du royaume.
L’expression de la souveraineté s’inscrit dans un vaste mouvement méditerranéen, envisagé des années 1420 au XVIIe siècle, de Valence à Naples, Florence, Ferrare, Barcelone ou Marseille. Le mécénat des rois de Naples et de leurs proches, ainsi que leur choix iconographiques, apparaissent respectueux des traditions aragonaises, angevines et souabes, mais aussi résolument modernes en dialogue avec les Flandres, l’Espagne et l’Italie contemporaines. Seule monarchie de la péninsule, ces vaincus de l’histoire, déchus lors des Guerres d’Italie, lèguent à l’Europe moderne le triomphe et le portrait à l’antique, la chronique monumentale, le portrait de ville et le portrait monétaire."

Scampia rappresenta per antonomasia la periferia di Napoli sotto i riflettori mediatici per la sua nomea all’insegna della devianza sociale e il crimine organizzato. Con l’intento di analizzare se, in effetti, non sia questo il solo scenario possibile. In primo luogo questa analisi confronta gli scenari mediatici dei tre principali quotidiani in Campania (Il Mattino, Il Corriere del Mezzogiorno, La Repubblica) tenuti sotto osservazione nel trend settembre – novembre 2010. Da qui emergono in versione diversificata da testata a testata, l’immagine mediatica del quartiere spesso sotto i riflettori alla luce della sua nomea legata alla Camorra. In secondo luogo, l’indagine prosegue attraverso una ricerca sociale sul campo attraverso interviste qualitative somministrate ad un campione di cittadini del quartiere nel mese di dicembre 2010: il campione di riferimento fa capo ad un gruppo specifico legato all’ associazionismo a Scampia. Da questo campione emerge uno sguardo sul quartiere che travalica lo stigma mediatico e mette in luce, nascita, storia, dinamiche intrinseche e culturali legate al quartiere che si scopre essere caratterizzato da una visione non univoca per quanto riguarda i ceti sociali e gli scenari urbanistici.

Un documento inedito della prima metà dell’Ottocento traccia il primo vero e proprio “cenno storico” della città di Casoria, nel Napoletano; seguito da un “progetto di pubblica educazione”. Nel manoscritto, proveniente dalle “carte” dei nobili Rocco di Torrepadula, l’anonimo autore ricostruisce, intorno ad una serie di personaggi (alcuni dei quali scopriamo per la prima volta), i momenti fondamentali della storia locale: il “riscatto” dal giogo feudale (1630-31), il furto sacrilego delle reliquie del santo patrono Mauro (1674), la nascita della Collegiata di San Mauro (1700), le conseguenze cruciali della stagione delle rivoluzioni, e infine la restaurazione borbonica dei primi decenni dell’Ottocento.

Aristocratico, arcivescovo e cardinale, Ascanio Filomarino è stata una delle principali figure del XVII secolo napoletano. Creatura dei Barberini, formatosi alla corte di papa Urbano VIII, egli diede vita a una lunga serie di contrasti con i viceré spagnoli, ma anche con il resto della nobiltà e con varie componenti politiche e sociali del regno di Napoli. Simbolo dei conflitti giurisdizionali che opposero potere civile e potere ecclesiastico nell’Italia del Seicento, protagonista della cosiddetta “rivolta di Masaniello”, scampato alla peste del 1656, egli contribuì anche all’elezione di due pontefici, Innocenzo X e Alessandro VII. Questo volume costituisce la prima biografia completa del personaggio, con un’attenta ricostruzione del complicato contesto in cui Filomarino si trovò ad operare.

Roberto I de Nápoles y su esposa Sancha de Mallorca, atraídos por la religiosidad franciscana, fundaron tres complejos monásticos en la ciudad portuaria, entre los cuales se encontraba Santa Clara. En 1310 se inició la construcción de la iglesia y del convento de frailes menores. En 1312 la reina autorizó su unión con el monasterio de las clarisas, para que los monjes se ocupasen de la administración de los sacramentos y demás servicios espirituales a las religiosas. De este modo Santa Clara se convirtió en un convento doble. Durante los siglos XVII y XVIII el complejo franciscano “competía” en suntuosidad con el resto de iglesias de la ciudad, por ello se dotó de un rico patrimonio en el que no faltaron los tejidos y bordados, caracterizados por el realismo y la libertad creativa propia de su tiempo.

In the past decade, urban regeneration policy makers and practitioners have faced a number of difficult challenges, such as sustainability, budgetary constraints, demands for community involvement and rapid urbanization in the Global South. Urban regeneration remains a high profile and important field of government-led intervention, and policy and practice continue to adapt to the fresh challenges and opportunities of the twenty-first century, as well as confronting long-standing intractable urban problems and dilemmas. This Companion provides cutting-edge critical review and synthesis of recent conceptual, policy and practical developments within the field. With contributions from 72 international experts within the field, it explores the meaning of ‘urban regeneration’ in differing national contexts, asking questions and providing informed discussion and analyses to illuminate how an apparently disparate field of research, policy and practice can be rendered coherent, drawing out common themes and significant differences. The Companion is divided into six parts, exploring: globalization and neo-liberal perspectives on urban regeneration; emerging econceptualizations of regeneration; public infrastructure and public space;
housing and cosmopolitan communities; community centred regeneration; and culture-led regeneration. The concluding chapter considers the future of urban regeneration and proposes a nine-point research agenda. This Companion assembles a diversity of approaches and insights in one comprehensive volume to provide a state-of-the-art review of the field. It is a valuable resource for both advanced undergraduate
and postgraduate students in Urban Planning, Built Environment, Urban Studies and Urban Regeneration, as well as academics, practitioners and politicians.

La contessa padovana Vittoria Aganoor (1855-1910), di origini armene, ammirata dalla Regina Margherita di Savoia e giudicata la «prima poetessa d’Italia» per i versi di Leggenda eterna (1900) e delle Nuove liriche (1908), soggiornò con la sua famiglia a Napoli dal 1875 al 1884, divenendo un punto di riferimento per l’élite sociale e culturale cittadina. Nella prima parte del saggio viene analizzata la semiotica del paesaggio napoletano, rurale e urbano, nel corpus della Aganoor; nella seconda, a partire dallo scambio epistolare con Salvatore di Giacomo, si delineano alcune coordinate della rete dei carteggi aganooriani, conservati in molteplici archivi pubblici e privati. Per la quantità dei materiali, per la qualità della scrittura e per la vastità e l’autorevolezza della rete degli interlocutori, la corrispondenza della poetessa potrebbe essere il perno intorno al quale ricostruire una compiuta storia delle élites femminili dall’Unità alla vigilia della Grande guerra.

Il y a quarante-quatre ans que le projet d’une grande réalisation urbanistique est sortie de terre
dans un quartier au nord de Naples, il y a dix ans que la Scampia est devenue une plaque tournante de
trafic de drogue tenu par la maffia et il y a six ans que le roman de Roberto Saviano, Gomorra, a été
publié et traduit en plusieurs langues. Ces trois phénomènes, plus ou moins liés, peuvent être réunis
sous le nom des Vele.

Il Rinascimento europeo non è solo l’epoca dello sviluppo dell’umanesimo, del rinnovamento culturale e scientifico, dell’euforia dello spettacolo e delle feste: è anche il momento in cui si instaura una nuova economia della schiavitù, basata sull’inumana deportazione di uomini e donne dal continente africano. E tuttavia anche il rapporto con gli africani deportati verrà gestito con spirito “rinascimentale”: incuriosito dell’alterità, e capace di instaurare con essa importanti relazioni dialettiche, confrontandosi con la diversità nella vita quotidiana e nelle arti, e consentendo agli individui “scuri” di lasciare ampie tracce della loro presenza. Tracce che hanno finito per influenzare i sistemi della comunicazione e della rappresentazione in tutta l’Europa occidentale, sia nel contesto aristocratico che nella nascente borghesia e nelle tradizioni popolari urbane.
Oltre al mondo iberico e alle corti nordiche, ne emerge con singolare rilievo l’Italia meridionale - spesso trascurata dalla ricerca internazionale sulla diaspora africana rinascimentale - e in particolare Napoli, autentico laboratorio musicale e coreutico di rappresentazioni, e feconde contaminazioni, dell’eredità umana e culturale degli africani costretti alla servitù europea, ma vivacissimi nella loro espressività caratteriale e corporea. Nelle canzoni moresche, mescolando la lingua locale a una lingua africana autentica – il kanuri –, quegli individui più “colorati” di noi risplendono in manifestazioni di fierezza, di solidarietà etnica, e di una umanità che annulla ogni differenza sostanziale tra i sentimenti e le passioni dei “chiari” e degli “scuri”.

Pubblicato nel 2012, è il primo lavoro di Rocco Civitelli sul cimitero napoletano delle Fontanelle.  Qui vengono poste le basi di una ricerca che ha cercato di rispondere in maniera documentata innanzitutto agli interrogativi più semplici: da chi, quando e perché è stato costruito questo singolare ossario? Poi a quelli più complessi: che cos’è il culto delle anime del Purgatorio e quali sono le specificità di quello praticato alle Fontanelle? Per arrivare a problematiche decisamente più ardue come la religiosità popolare, la pietà religiosa e la pietà popolare.
Ricerche successive hanno arricchito e precisato alcuni aspetti della storia del cimitero, come il ruolo del Comune di Napoli e della Curia Arcivescovile napoletana o la presenza, a prima vista incomprensibile, di alcune bare della potente famiglia dei Carafa di Maddaloni. Ma è in questo lavoro che viene dimostrata l’inconsistenza del paradigma di una religiosità popolare autonoma o antagonista e si evidenzia la necessità di distinguere tra narrazione folcloristica o teatralizzata e narrazione storica e antropologica. Distinzione che la cultura napoletana, soprattutto in materia di religiosità, ignora.

La prima edizione critica di Storie e leggende napoletane viene pubblicata, nell’ambito dell’Edizione nazionale delle opere di Benedetto Croce, a cento anni esatti dalla prima edizione (1919). Storie e leggende napoletane è un libro scritto da Croce nella piena maturità, concepito e in buona parte steso all’entrata in guerra dell’Italia, nell’estate del 1915; ripreso, ampliato, completato nell’ultimo anno del primo conflitto mondiale. Trae però origine dagli interessi di studio e dai testi del giovanissimo Croce. Riesumando nel Novecento i propri scritti giovanili, Croce li sottopose a una totale riscrittura, integrandoli con il divenire del suo pensiero. Questa edizione critica è l’esito di un lavoro di ricerca molto lungo, resosi necessario soprattutto per il riscontro della enorme quantità di citazioni e di riferimenti (molti dei quali anonimi) presenti nel testo crociano. La ricostruzione della fittissima rete di fonti ha costituito, per questo eruditissimo libro (che è però anche, tra quelli di Croce, uno dei più noti e amati dal pubblico), «la parte più delicata e insieme onerosa del lavoro», come prevedevano i criteri stabiliti nel 1991 dal Comitato per l’Edizione nazionale (allora presieduto da Mario Scotti), e rigorosamente adottati nella presente edizione critica. Il primo volume (324 pagine) riproduce il testo della quarta edizione (1948), l’ultima apparsa vivente Croce, che è stato però integrato con alcune «giunte» lasciate dall’Autore (espressione della sua ultima volontà), ed emendato dei numerosi errori materiali, grazie al riscontro diretto delle opere cui Croce faceva riferimento, sulle particolari edizioni da lui consultate. Il secondo, consistente, volume (pp. 325-744) è costituito dall’Apparato: la Nota (pp. 331-366) ricostruisce integralmente la storia compositiva ed editoriale del volume e dei singoli scritti che lo compongono, a partire dalle originarie edizioni ottocentesche, con ampiezza, capillarità di indagini, e ricchezza di dati. I Criteri di edizione (pp. 367-401) illustrano e motivano analiticamente tutte le correzioni e integrazioni che sono state apportate al testo del 1948, rispettando però sempre la modalità di citazione dei testi da parte di Croce, con tutte le modifiche volontarie da lui apportate. Nell’Apparato critico (403-486) sono state contemplate le edizioni di ognuno dei singoli scritti di cui è costituito il volume, dalla princeps all’ultima precedente l’esemplare di collazione. Il corposo Indice dei riferimenti, dei rinvii e delle citazioni (pp. 487-710) riporta tutte le opere citate da Croce, anche quelle cui rinvia con indicazioni cursorie, riferendo il passo da cui è stata prelevata la citazione, integrandola con le omissioni verificatesi nel passaggio da un testo all’altro. Sono stati integralmente rintracciati i manoscritti, le particolari edizioni (spesso molto rare), i documenti utilizzati da Croce. L’Indice delle citazioni e dei riferimenti anonimi (pp. 711-728) riporta le più di duecento citazioni anonime riconosciute, e infine l’Indice dei nomi (pp. 729-740) ricostruisce quello predisposto dallo stesso Croce, con i suoi criteri, le sue scelte, le occorrenze da lui segnalate.
Cfr. alcune recensioni nella sezione Books review

Quella di Le Corbusier è un’architettura contraddistinta da un’apparente dialettica. Nei suoi scritti così come nei suoi progetti, troveremo, infatti, da un lato una sinergia simbiotica dei luoghi e dall’altro una razionalità progettuale . Dalla concezione post-modernista de La machine à habiter ai temi poetici dell’angolo retto, quella di Le Corbusier è una vera e propria filosofia dell’abitare. Questa dicotomia, che rende l’opera dell’architetto francese, d’importanza capitale, trova l’incontro tra razionale e poetico nel nesso in comune che è quello dell’esperienza. 
Un caso emblematico di esperienza è quello dell’elaborazione del Modulor che Le Corbusier sviluppa attraverso un lungo studio durante il Voyage d’Orient , un percorso spirituale e iniziatico, al mondo dell’architettura. Iniziato nel 1910 e terminato dopo un anno, è un tragitto che abbraccia la gran parte delle coste del Mediterraneo. « J’entrepris un grand voyage qui allait être décisif, à travers les campagnes et les villes des pays réputés encore intactes ; de Prague, je descendis le Danube, je vis les Balkans serbes, puis la Roumanie, puis les Balkans de la Bulgarie, Andrinople, la mer de Marmara, Stamboul (et Byzance), Brousse d’Asie. Et puis Athos. Et puis la Grèce. Puis le sud d’Italie, avec Pompéi. Rome. J’ai vu les grands monuments éternels, gloire de l’esprit humain. J’ai surtout cédé à cette invincible attirance méditerranéenne  ».  E’ dunque attraverso l’esperienza del Mediterraneo che Le Corbusier si affaccia al mondo dell’architettura, attraverso la meraviglia per la distribuzione degli spazi, della luce, dell’importanza dell’ombra e dei colori. Nel viaggio d’Oriente, contemporaneamente alla propria emancipazione, Le Corbusier concepisce il Modulor, come misura a scala umana, frutto dell’esperienza corporea e del calcolo matematico. Alla luce di questo parallelismo, possiamo considerare La Méditerranée di Le Corbusier come una scenografia attraversa la quale mettere in atto diverse riflessioni su cosa possa considerarsi esperienza interiore.


The Mediterranean of Le Corbusier, is not only an inner experience, is an anthropological lesson and fundamental composition. The conception of harmony as a dialectical encounter between man and space is concretized in the elaboration of the Modulor. The relationship between Classicism and Modernism reveals two aspects that make up the organic plastic canons in architecture from the early twentieth century. Le Corbusier using the philosophy of “the open hand” “la main ouverte” is capable to receiving and giving prosperity and harmony for all mankind.

“La donna mi parlava,” nel quarantesimo canto dell’Amorosa visione di Giovanni Boccaccio, “ed io mirando con l’occhio andava pure ove ‘l disio mi tenea fitto, non so che ascoltando.”  La donna che sarebbe addirittura la guida spirituale della visione si trova di fronte a un discepolo piuttosto inattento che ostinatamente non la sta ad ascoltare; egli non è affatto come Dante, che all’interno della propria poesia-visione segue la sua guida con un’attenzione e una serietà addirittura religiose. Tra il protagonista di Boccaccio e la donna che lo accompagna persiste però una lotta continua: lei lo sollecita costantemente a lasciare “i gran diletti” e a seguirla “verso quell’altura/ch’opposta vedi qui a’ nostri petti.”  Egli invece, pur ammirando il “ver parlar che la [sua] bocca produce”, pur apprezzando il suo desiderio di portarlo verso la “somma felicità”, pur dimostrando la voglia di seguirla (almeno in teoria) e di essere all’altezza del compito, non riesce a superare il disio che lo mena per l’altra via, quella che dà “gloria mondana copiosamente … a color che passan nel mio coro.”  Nonostante il riconoscimento di quello che è giusto e buono secondo il grande modello del sogno-visione, il protagonista tuttavia non resiste all’istinto esplicito di sviare, e non se ne tormenta; anzi, prosegue verso il disio volentieri e con piacere. La Visione sembra addirittura un tentativo di problematizzare la natura morale totalizzante della Commedia e di valorizzare invece il desiderio di gioia e il piacere dell’Amore terreno. Mentre Dante ammonisce i suoi lettori a seguirlo da vicino, perché sicuramente “perdendo me rimarreste smarriti,” Boccaccio vuole, come esorta nella conclusione del Decameron, che “chi va … leggendo, lasci star quelle [cose] che pungono, e quelle che dilettano legga,” concedendo una libertà di interpretazione piuttosto unica nel contesto del medioevo italiano. Questo saggio vuole esplorare le modalità attraverso le quali Boccaccio gioca con il carico di aspettativa generata dai riferimenti danteschi. Mai trascurando di confermare l’ammirazione e il rispetto verso il testo dantesco, Boccaccio approda ad un proprio sistema di valori morali che sono e saranno fondamentali per la sua filosofia della letteratura.

Napoli: Destinazione turistica a sostengo della realtà locale Università degli Studi di Trento, 26/08/2020 Corso di marketing turistico e territoriale Prof. Umberto Martini Di Andrea Incarnato «Eccoci finalmente qui. Un proverbio italiano dice:-Vedi Napoli e poi muori!, ma io dico:-Vedi Napoli e vivi-perché c'è molto qui degno di essere vissuto.» Arthur John Strutt, viaggiatore ABSTRACT Oggetto di studio è la città di Napoli intesa come destinazione turistica: territorio considerato anche meta di viaggio da parte di una fetta di mercato. La correlazione tra questi due elementi-territorio e turismo-è rilevante, soprattutto nel caso in cui la destinazione è caratterizzata da grossi flussi di visitatori che danno origine a un fenomeno di turismo di massa. Il territorio è la meta del viaggio, per cui la capacità di gestione della destinazione da parte degli attori locali influisce sulla sua attrattività e sulla soddisfazione di chi la sceglie come meta turistica. Allo stesso modo, la gestione dell'attività turistica può avere grosse ricadute sulla meta, causando un improvviso-non sempre consapevole-aumento della popolazione locale che talvolta non si integra nelle tradizioni e nella cultura del luogo. Ciò può portare un sovrasfruttamento delle risorse naturali e locali mentre, viceversa, con un'adeguata pianificazione può diventare una grande opportunità. Il lavoro valuterà la destinazione turistica in oggetto in un'ottica sostenibile, discutendo cioè degli impatti del turismo dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, variabili spesso caratterizzate da relazioni di trade-off le quali possono essere indirizzate da una programmazione dello sviluppo turistico e del territorio da parte dalle attività legislative e di governo, in concerto con gli attori e le risorse locali.