Poesia

I poeti non creano tutti allo stesso modo: vi è chi metaforicamente forgia la parola in una rumorosa officina e chi, come Mario Luzi, ama filare, tessere, cucire i propri versi in un ambiente silenzioso che predispone all’ascolto della voce fluente dell’esistenza.
In questo volume il lettore è guidato a visitare l’affascinante “atelier” luziano – nel quale il poeta di Firenze ha fissato nel suo splendido “arazzo” quel che ha colto nel mutamento e nella metamorfosi della realtà – per scoprirne gli angoli più riposti e i “segreti del mestiere”.
Negli studi dedicati alla poesia di Mario Luzi la critica preferisce concentrarsi su una sola raccolta o esaminare un insieme omogeneo di raccolte, sacrificando la bellezza di uno “sguardo panoramico”. L’aver puntato metodologicamente a un’interpretazione trasversale della sua opera in versi (dalla raccolta d’esordio «La barca» al maturo e poematico «Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini») considerata come un “corpus” unico, ovvero come un macro-testo – grazie a un’accurata analisi intertestuale (estesa a una “contaminazione” tra generi testuali, quali il teatro e il romanzo) – ha permesso di individuare dei nuovi nessi semantici e di allargare il ventaglio delle fonti.

Liberdade e Tirania - A Liberdade Maçónica

"Liberdade, que estais no céu…
Rezava o padre-nosso que sabia,
A pedir-te, humildemente,
O pio de cada dia.
Mas a tua bondade omnipotente
Nem me ouvia.
Liberdade, que estais na terra…
E a minha voz crescia
De emoção.
Mas um silêncio triste sepultava
A fé que ressumava
Da oração.
Até que um dia, corajosamente,
Olhei noutro sentido, e pude, deslumbrado,
Saborear, enfim,
O pão da minha fome.
Liberdade, que estais em mim,
Santificado seja o vosso nome."
Miguel Torga

"Em 1922, quando Mussolini toma o poder na Itália, de imediato condena a Maçonaria e os maçons. Como qualquer ditador, não podia tolerar a existência de uma sociedade secreta em que se....

BECHARA, Thiago Sogayar, "O menino que era muitos poetas" (2020). Pessoa Plural―A Journal of Fernando Pessoa Studies, No. 17, Spring, pp. 616-622. Brown Digital Repository. Brown University Library. https://doi.org/10.26300/f004-a326

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Pessoa Plural―A Journal of Fernando Pessoa Studies, Issue 17

O menino que era muitos poetas
[Book review of José Jorge Letria, Fernando Pessoa,
o menino que era muitos poetas, 2014]

https://doi.org/10.26300/f004-a326

LETRIA, José Jorge (texto); FAZENDA, João (ilustrações). Fernando Pessoa: o menino que era muitos poetas. (Col. Grandes Vidas Portuguesas). Lisboa: Pato Lógico / Imprensa Nacional-Casa
da Moeda, 2.a ed. 2018. [1ª ed., 2014]. 40 pp. [ISBN: 978-972-27-2678-8].

messias botnaro é o primeiro narrador e personagem da história da literatura brasileira (quiçá mundial) a morrer de Covid-19. Defunto autor de muita coisa escrita, lança seu primeiro livro de poemas, trazendo à tona a poesia de testemunho por desapropriação.

Resumo:
  Pretendemos  neste  artigo  acompanhar  a  produção  poética  de  António  Feliciano  de  Castilho  (1800-1875)  buscando  ressaltar  os 
posicionamentos estéticos e éticos que assumiu em cada momento de
sua  vida  marcada  pelas  constantes  mudanças  políticas  e  sociais  que  ocorreram em Portugal.

Palavras-chave:
António Feliciano de Castilho; poesia; romantismo.

Il mio avido scartabellare nella ricerca di ghiottonerie, mi ha fatto imbattere in una curiosa, inedita Dedica, in forma di Prologo, per l'inaugurazione del "Nuovo Teatro di Volterra", composta da una mirabile prima attrice dell'epoca. Siamo nell'anno in cui questo bellissimo teatro toscano celebra il suo bicentenario, e la casualità è davvero straordinaria. Solo che l'autrice del bellissimo componimento in rima (vi garantisco che leggerlo per un attore è puro miele, un distillato di lingua italiana così denso e dolce non solo di metafore teatrali e culturali ma anche proprio nella sapidità della bella lingua nostra-ne troverete una versione letta sul mio podcast "in compagnia di Simone Migliorini rintracciabile su tutte le piattaforme) non è la rinomata Mariella Arpini alla quale finora si è attribuito il varo del teatro Persio Flacco. Questo mette in evidente discussione la finora accreditata cronologia degli spettacoli pubblicata prima da Aristide e poi da Umberto Carnieri, a distanza considerevole di anni, l'una dall'altra, soprattutto in merito della giornata inaugurale del teatro, quella del 15 Agosto 1820 (preceduta a dire il vero da una "Festa di Ballo" che fu data nelle "Stanze dei Riuniti" il 6 Agosto dello stesso anno) ma comprensiva di altre falle come quella del 26 Dicembre 1823 data nella quale andò in scena un "Barbiere di Siviglia" memorabile citato nel "Corriere degli Spettacoli italiani" n.38 e 39 del 29 Gennaio del 1824 (che indicava gli spettacoli di tutta Italia quindi insieme a Volterra troviamo Roma, Napoli, Milano: dal "San Carlo", all'"Argentina", a "la Scala", al "Persio Flacco"). Secondo quel giornale " ...ne sortì un esito felice. La signora Marietta Arpini che ne sostiene la parte di prima Donna forma la delizia di quel Teatro, ed è chiamata sulle scene a ricevere gli applausi del pubblico in ogni pezzo che canta. Questa giovine, per essere la prima volta che si presenta sulle scene,si amira la sua disinvoltura sul palco, e una franchezza non comune nel disimpegno della sua parte." "per essere la prima volta" … se così è stato nel 1820 "la signora" non si era ancora mai esibita, invece, dal 1823 in poi le cronache e le critiche saranno concordi nel dire, anche a distanza di anni, che l'Arpini era una grande cantante e attrice … non pago vado a indagare sulla compagnia comica Peltzet e trovo che intanto la compagnia si chiamava "Petzelt" e dalle lettere ricevute dall'Accademia dei Riuniti, prima dell'inaugurazione, per la trattativa, si evincono i componenti della famosa Compagnia; nessuna traccia di Mariella Arpini, ma la prima Attrice, e amministratrice della Compagnia era la bella e brava attrice fiorentina Maddalena Signorini Petzelt, una leggenda dell'epoca (allieva del primo teorico di teatro, a lui si devono i primi insegnamenti posturali e di portanza della voce, Antonio Morocchesi di San Casciano val di pesa, a lui si devono anche i primi Shakespeare italiani, credo sia stato il primo Amleto della storia del teatro italiano e la sua interpretazione è diventata tanto leggendaria e proverbiale da essere ancora oggi caricaturata) maritata col capocomico Fernando Petzelt. Ci sono alcune lettere a firma della grande attrice nell'Archivio dell'Accademia, naturalmente tutte incentrate sulle trattative economiche e tecniche, di fatto la sbandierata Mariella Arpini non c'entrava nulla con la Compagnia tantomeno con l'inaugurazione. Rimane un mistero il "mio" Prologo: ne ho trovata una copia elegantissima riccamente stampata su carta pergamena a firma della prima attrice Anna Pieri. Chi era costei ? Lei fu un'altra grande attrice ma della Compagnia Raftopulo, altra importante Compagnia teatrale del tempo ma della quale non c'è menzione nella cronologia suddetta. Andando a scartabellare, tra le lettere antiche, leggo che le Compagnie in lizza per l'inaugurazione dovevano essere alcune sicuramente tre, la più desiderata: Peltzet, la

Aportación al volumen "Cien años de poesía. 72 poemas españoles del siglo XX: estructuras poéticas y pautas críticas", que apareció en Peter Lang, Bern, a comienzos de siglo, es una lectura del poema que da título al tercero de los libros de Carlos Marzal. Poesía de la experiencia, juegos intertextuales, presencia de elementos de la cultura de masas, se tejen en una poesía singular y de calidad que, como en el estudio se aventuraba, ha dado nuevos e importantes frutos.

Acostumo a demanar a la poesia: finor, precisió, destil·lació. Es poden entendre de moltes maneres, aquests termes: per a mi no denoten tancament o concreció, sinó un tipus d'obertura que enlloc de donar-se en amplada es dona en profunditat. Els poemes de Jaume Pont apunten al fons de tot, a la indefinició. Les paraules que tria són paraules inicials. La seva nit és la nit dels temps. La seva mort és la unitat, final i principi.

O poema O Guesa, do brasileiro Sousândrade (1832-1902), narra uma peregrinação alegórica baseada em uma tradição dos índios muíscas da atual Colômbia, estendendo-a no tempo e no espaço: seu protagonista viaja por toda a América e vai também à Europa e à África, passando por episódios da história americana desde os tempos pré-colombianos até o presente da enunciação. Visando colaborar para a integração do poema ao corpus internacional da poesia americana do seu tempo, este trabalho procura discutir relações inexploradas com textos hispano-americanos – de González Prada, Martí, Chocano e outros –, em busca de elementos para uma compreensão histórico-estilística do americanismo poético inscrito em sua peculiar dicção e forma narrativa.

Este texto aborda la relación entre el signo tachado y las escrituras más o menos ilegibles, con un corpus teórico tomado a medias de la teoría de la literatura y del arte conceptual. Se examinan obras de autores y poetas, se aborda la que denomino como "novela suicida", se explican los términos de nihilismo destructivo e hiperconstructivo, y se toca el interesante asunto de las "páginas negras" en la literatura publicada.

Microrrelato: "Persecución". Ganador del concurso Relatos Cortos para leer en tres minutos "Luis del Val". Publicado en la Antología: "Relatos para Sallent. VII y VIII Concurso de Relatos Cortos para leer en tres minutos 'Luis del Val'". Ayuntamiento de Sallent de Gàllego, Sabiñanigo, 2011.

Neste artigo expomos as contaminações entre devires-improvisadores e poéticos, entre criação de dança e criação de palavras e sentidos. Athikté, a musa-bailarina de Valéry, dialoga com a autora por meio da improvisação de dança, e deste encontro saltam afetos que co-movem o poeta Luis Serguilha. Todos são então transformados pelos poderes virtuais que circulam entre planos de composição distintos. A dança modifica a palavra e esta lhe reenvia novos sentidos. Metamorfose. Olhares atmosféricos se enamoram e se conectam pela potência dos afetos invisíveis tornados visíveis nos movimentos da dançarina, que se insinuam entre as palavras descodificadas do poeta. Improvisação. Não são mais os desenhos do corpo no espaço-tempo, nem a linearidade do discurso organizado, mas forças intensivas que circulam na imanência deste encontro, mudando a percepção da improvisadora e do poeta. Palavras-chave: Improvisação. Dança. Poesia.

O presente ensaio é uma homenagem ao poeta, ensaísta e tradutor paulistano Claudio Willer que, em dezembro de 2020, completou 80 anos. Por meio de um diálogo entre seus textos em prosa, alguns poemas e sua fortuna crítica, far-se-á um exame de sua trajetória, iniciada em meados da década de 1960. De matriz surrealista, sua atuação se dá, sobretudo, numa atitude que entrelaça sua produção com um modo de vida que, por sua vez, se desdobra nessa produção. O poeta absorve, em sua prática, uma concepção da literatura livre do cerceamento da razão e aberto à contemplação do caráter enigmático e mágico do universo. Nessa perspectiva, traduziu obras de autores importantes para os fundamentos do Surrealismo e da literatura beat. Partindo das considerações de Leila Perrone-Moisés, é possível compreender as múltiplas atuações de Willer, seu jogo profuso de Eus, poeta, tradutor e crítico teórico, com os mais diversos interlocutores, como componentes de um escopo necessário à vitalidade dos pressupostos surrealistas na atividade artística e literária do país. O entrecruzamento de suas ações sinaliza também a própria tessitura da intertextualidade de sua poesia, seu recurso mais radical. Afinal, antiaristotélico pelo avesso, a palavra poética é, para Willer, agente mágico que produz realidade.

PALAVRAS-CHAVE: Claudio Willer; Poesia; Surrealismo no Brasil; Trajetória poética/teórico crítica

ABSTRACT: This essay is a tribute to the São Paulo’s poet, essayist and translator Claudio Willer who, in December 2020, completed 80 years. Through a dialogue among his prose texts, some poems and critical fortune, an examination of his trajectory, which began in the mid-1960s, will be carried out. In a surrealistic matrix, his procedure takes place, above all, in an attitude that intertwines his production with a way of life that, in turn, unfolds in this production. In his practice, the poet absorbs a conception of literature free from the restriction of reason and open to contemplation of the enigmatic and magical character of the universe. In this perspective, he translated works by important foundation authors of Surrealism and Beat literature. Based on the considerations of Leila Perrone-Moisés, it is possible to understand the multiple actions of Willer – his profuse game of selves, poet, translator and theoretical critic, with the most diverse interlocutors – as components of a scope necessary for the vitality of the surrealistic assumptions in the brazilian artistic and literary activity. The intersection of his actions also signals the intertextuality very tessiture of his poetry – his most radical resource. After all, an anti aristotelian inside out, the poetic word is, for Willer, a magical agent that produces reality.

KEYWORDS: Claudio Willer; Poetry; Surrealism in Brazil; Critical poetic / theoretical trajectory

"Oh foglia appassita del Fiume Mekong ed altre poesie"
Antologia poetica di Htilar Sitthu (U Soe Nyunt)
Libera traduzione di Htilar Sitthu, 1988 "O withered leaf from the River Mekong and other poems"  Innwa Pub. House, VII edizione.
Recensioni ed introduzione

16/03/2017

MIRAGLIA, Gianluca "Provérbios Portugueses numa edição trilíngue" (2019). Pessoa Plural―A Journal of Fernando Pessoa Studies, No. 16, Fall, pp. 454-458. Brown Digital Repository. Brown University Library. https://doi.org/10.26300/why4-w960

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Pessoa Plural―A Journal of Fernando Pessoa Studies, Issue 16

Provérbios Portugueses numa edição trilíngue
[Portuguese Proverbs in Trilingual Edition]

https://doi.org/10.26300/why4-w960

PESSOA, Fernando (2019). Proverbios Portugueses. Edición de Jerónimo Pizarro y Patricio Ferrari; traducción de Diego Cepeda y Andrea Sánchez; ilustraciones de José Arboleda. Medellín: Tragaluz editores, 175 p. [ISBN: 978-958-5463-22-6]

Se me ahogan las ideas
en lo salobre del llanto silencioso.
Se me agolpan en tropel las palabras;
se dispersan, revolotean, quieren expresarte un universo
de colibríes, mariposas y jardines en flor.

Siento…. y quiero escribirlo todo
y gritar a mares desde el alma
mi veneración por ti, Papá,
pero quedo inmóvil,
cubierto y protegido, al mismo tiempo,
por tu espíritu esencial
que en adelante me blinda y me guía
por la senda del bien.

Exilio, 25 de noviembre de 2008

Un libro sulla partenza e sul ritorno, sui valori del luogo che si lascia e di quello che si trova. Un viaggio tra generi letterari alla ricerca di un filo conduttore biografico: alla scoperta del senso di appartenenza civile e comunitario, per valorizzare ciò che è spesso invisibile, ma necessario. Ricerca dei valori fondanti di una società: cultura, lingua, cibo, potere reale e ideale, pensiero e azione dei cittadini consapevoli delle scelte che riguardano il presente e il futuro del luogo in cui abitano. Un viaggio all'interno della contemporaneità, fatto in una delle terre più isolate d'Italia, in cui ogni scelta è essenziale poiché paradigmatica di una prospettiva storica, esistenziale, antropologica: rivelatrice del tempo e del luogo in cui si vive.

ATAY, Hakan, "Waiting for Pessoa: The Works of Fernando Pessoa in Turkish" (2016). Pessoa Plural―A Journal of Fernando Pessoa Studies, No. 9, Spring, pp. 260-269. Brown Digital Repository. Brown University. https://doi.org/10.7301/Z08G8HXQ

Is Part of:

Pessoa Plural―A Journal of Fernando Pessoa Studies, Issue 9

Waiting for Pessoa: The Works of Fernando Pessoa in Turkish
À espera de Pessoa: as obras de Fernando Pessoa em Turco]

https://doi.org/10.7301/Z08G8HXQ

PESSOA, Fernando (2015b). Hiçbir Şey İstememenin Mutluluğu: Aforizmalar. Translated by Hakan Akdoğan. Istanbul: Zeplin Kitap. PESSOA, Fernando (2015a). Başıboş Bir Yolculuktan Notlar. Translated by Işık Ergüden. Istanbul: Kırmızı Kedi Yayınevi."

Con el alma partida por el dolor y el sentimiento que embarga al hijo forzosamente ausente que sintió partir a su padre y no tiene palabras para describir la hemorragia de tristeza de ver apagarse la luz de su alma a doce años de destierro… !
Exilio, 14 de abril de 2019

Prefazione di Gilberto Lonardi
Postfazione di Giancarlo Dionisio

"Sotto la penna di Giorgio Orelli … può essere poesia lirica anche il ciclismo: non tanto nella potenza del velocista o nello spunto del finisseur, ma nell’eroismo degli scalatori; e poesia sublime se ci si trova, come scrive lo Pseudo-Longino, sul crinale di una vetta, al punto estremo del precipizio".

El aprendizaje de la poesía en particular y de la literatura en general, siempre se ha visto postergado en las enseñanzas que de ellas se hacen en las diferentes etapas educativas, a metodologías poco atractivas para sus receptores. Metodologías fundamentadas muchas veces en la memorización de versos o en el estudio sistemático de la métrica y la rima, y que más que aceptación y valoración de las mismas, han conseguido el efecto contrario, rechazo y desinterés entre el alumnado. La poesía al igual que otras áreas y materias del saber humano precisan de un aprendizaje activo (Schwartz y Pollishuke, 1998) donde el alumnado sea el verdadero protagonista de dicho proceso. Y, además, Barrientos (1999) sostiene que el proceso de enseñanza-aprendizaje de la poesía se debe realizar bajo un contexto y un enfoque comunicativo. Y qué mejor aprendizaje activo y comunicación que las que nos pueden proporcionar las tecnologías de la información y la comunicación (TIC), que además de ser unas excelentes aliadas de la educación, son también foco de interés y motivación entre el alumnado. El uso de las TIC para el aprendizaje de la poesía ya se ha utilizado con éxito en algunas ocasiones (Gómez-Pablos y Valverde, 2013; Guerrero, 2015; Blanco y López, 2017; Sisa Peña, 2017), pero no hemos encontrado ninguna investigación acerca de promover el aprendizaje de la poesía con el uso de las TIC (y más concretamente la geolocalización y la realidad aumentada), los dispositivos móviles y el acercamiento al contexto propio y original de la poesía que se aprende mediante una yincana por las calles y puntos de interés de la vida y obra de un poeta local.

ALLA DERIVA DEL FOGLIO
Sul fraseggio dello zeroglifico spatoliano per vedere e sentire di più
di Giovanni Fontana

Sono ormai passati quasi trent'anni dalla scomparsa di Adriano Spatola. L'anniversario cadrà il 23 novembre 2018, ma purtroppo, per ragioni diverse, ancora non si riesce ad avere in Italia un'edizione completa delle sue opere, nonostante si registri, anche nelle nuove generazioni, uno spiccato interesse per il suo lavoro, come testimoniato dai numerosi interventi in rete. Molto si può leggere nel web soprattutto grazie al lavoro del fratello Maurizio che ha raccolto nel suo archivio digitale numerose anastatiche dell'opera poetica, rapportandola a documenti rari, se non addirittura introvabili negli archivi o nelle biblioteche, e accompagnandola spesso da commenti, osservazioni e saggi di grande utilità per inquadrare la figura e l'opera di suo fratello 1. Di fatto, però, su Adriano Spatola, nonostante siano stati pubblicati diversi studi di un certo rilievo, 2 c'è ancora molto da scoprire e da dire, specialmente per quanto riguarda la sua attività di sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi, in particolare nel settore performativo, sonoro e visivo. Particolarmente importante appare quest'ultimo aspetto perché implica una serie di considerazioni sulla sua poetica che potrebbero trovare utile applicazione nell'analisi degli altri ambiti creativi, incluso quello dei testi lineari. C'è chi pensa che l'immaginazione sia qualcosa di essenzialmente visivo. E indiscutibilmente c'è chi pensa per immagini. In quest'ambito, poi, c'è chi lavora per valorizzare il dato visivo della scrittura. C'è chi ne va matto. Del resto sono ormai ben note le qualità figurali di certi testi, siano essi tipografici, dattiloscritti, composti al computer, vergati a mano o dipinti: la loro forma dice al di là di ciò che dice. Aggiunge. Offre un bonus a chi sa ben guardare. A seconda di come è scritta, infatti, una parola può trascendere il suo significato principale o incamerare attributi ampliando non poco la propria sfera semantica. Non solo è possibile registrare sorprendenti passaggi dalla denotazione all'area della connotazione, ma si possono aprire ampie prospettive di significato e di senso, talvolta del tutto singolari o addirittura impreviste. Nel caso delle opere visive di Adriano Spatola dovremmo essere a zero sul piano dei significati, avendo scelto l'artista di giocare la sua partita esclusivamente a livello di significanti. Sappiamo bene che ogni opera costituisce un sistema linguistico e che, nei casi più spinti di chiusura verso l'altro da sé, dice comunque se stessa. Lo zeroglifico spatoliano sembra rispondere a questa regola: non ricerca infatti implicazioni nella realtà, ma è esso stesso realtà. La sua fase di progetto coincide perfettamente con il processo di realizzazione dell'opera. Concluso tale percorso, che rappresenta un modo tutto particolare di rapportarsi al dato reale, fatto di ritagli, di gesti, di superfici di scorrimento, di congiunzioni, di sovrapposizioni, di sguardi misuratori, di esistenze e resistenze, si giunge sul filo del traguardo di una nuova realtà. La realtà dell'opera. Che costituisce un elemento nuovo. Un nuovo dato reale, appunto. Che si aggiunge al mare magnum della realtà esterna. Rivoluzione di forme. Poesia astratta. Ma qualunque sia l'ambito al quale ascrivere il prodotto poetico non si esce dal vincolo della significazione. Per quanto ci si possa sforzare di allontanarsi dai contenuti, resta pur sempre evidente il dato materiale dell'opera che nasce in un contesto

Alla fine degli anni Cinquanta Ingeborg Bachmann smette di scrivere in versi, per sottrarsi alle richieste sempre più stringenti del mercato editoriale. Il brusco congedo dalla lirica non comporta tuttavia una rinuncia definitiva al verso che, bandito dall’ufficialità, persiste in maniera tenace nella sfera del confidenziale. La scrittura segue adesso un percorso carsico: un diario poetico tenuto gelosamente segreto si rende testimone del dissidio artistico, riaffiorando a tratti in superficie al solo scopo di chiarire le ragioni del silenzio. Evitare qualsiasi forma di pubblicità favorisce la riflessione personale e aiuta a restituire efficacia a un linguaggio incapace ormai di significare. Il testo non più destinato alla stampa diventa quindi memoriale, fa largo all’introspezione, per esperire il vissuto in tutta la sua drammaticità, limitandosi a trascrivere senza curarsi più di portare a termine. Solo così la poesia riesce a ritagliarsi uno spazio in cui continuare a esistere, nella speranza di tornare presto a esprimersi compiutamente. E in quel perimetro nasce tutta la lirica tarda dell’autrice.