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  • GIOVANNI FONTANA [1946] was born in Frosinone (Latium), Italy. Artist, writer, performer, sound and visual poet, he h... moreedit
Dealing with the theme of the integration of languages, in 1966 Dick Higgins elaborated the concept of intermedium, referring it exclusively to the art-work in which the integration of languages was completely implemented, opposing it to... more
Dealing with the theme of the integration of languages, in 1966 Dick Higgins elaborated the concept of intermedium, referring it exclusively to the art-work in which the integration of languages was completely implemented, opposing it to mixed-medium, a term referring to an artistic object in which the user was able to distinguish the various linguistic aspects (verbal, visual, audio, etc.). In the intermedia work, the different elements merge into a unicum, which does not allow for differentiated readins, while protecting the autonomy and singularity of the signs. In the international scene of research poetry, this concept increasingly assumes a dominant position, opening new paths to performativity. In this sense, the idea of “plural work” is also reconsidered and the concept of “totality” is rediscovered, which adriano Spatola elaborated in the second half of the 1960s. In this articulated and complex dimension, new technologies play a fundamental role, but, at the same time, in the creative process the body
assumes a central function and, with it, the voice. From this point of view, the poetic text takes on the value of a “score” for a re-writing that takes place in space and time. His face, therefore, is always renewed, always ready for different suggestions, for the construction of different actions, in view of different rewritings. Thanks to the gesture of the poet, author and actant, to his energy, to his continuous pressure, the poetic organism undergoes successive processes of reorganization according to multidirectional itineraries and is subjected to a progressive plastic modelling, so much so that, with respect to the “genotypic” structure of the score, we can speak of “epigenetic poetry” for the spatio-temporal evolutionary phases.
LA POESIA INTERMEDIALE. PAROLA, IMMAGINE, VOCE, AZIONE: ESTENSIONE DEI LINGUAGGI E DILATAZIONE DEL SENSO in I Jornada Internacional de Poesia Visual: pesquisa e criação, a cura di ANDERSON GOMES, JULIO MENDONÇA, JULIANA DI FIORI PONDIAN,... more
LA POESIA INTERMEDIALE.
PAROLA, IMMAGINE, VOCE, AZIONE: ESTENSIONE DEI LINGUAGGI E
DILATAZIONE DEL SENSO
in I Jornada Internacional de Poesia Visual: pesquisa e criação, a cura di ANDERSON GOMES, JULIO MENDONÇA, JULIANA DI FIORI PONDIAN, São Paulo, Syrinx Editora, 2022, p. 49. ISBN 978-65-80536-04-7.
Quando infuria la peste si ammucchiano corpi nei quadrivi. Verranno i carri a caricarli. Con maschere a becco. Del malaugurio. E brancicheranno su carteggio spurio. Cialtroneggiano insipienti praticanti di rimedi fasulli. Dispensatori... more
Quando infuria la peste si ammucchiano corpi nei quadrivi. Verranno i carri a caricarli. Con maschere a becco. Del malaugurio. E brancicheranno su carteggio spurio. Cialtroneggiano insipienti praticanti di rimedi fasulli. Dispensatori balordi di pappe vane. Sterili panacee. Idee balzane. Marchiane. E sono sempre i migliori che se ne vanno. Dice qualcuno. Quelli che sanno. Come il gran Zorzo. Cui mirava Isabella di Mantova. Celeste. Luminosa marchesa D'Este. Che aspirava a "una pictura de una nocte molto bella et singulare". E Zorzo ne fece. Per Thadeo Contarini. Una. "De miglior desegnio et meglio finitta". Un'altra. Per tal Becharo. Victorio. Cui caro era il lavoro. Per notizia rara. Ora. E ignota dimora. Entrambe le notti indisponibili. Ma non avrebbe mai potuto. Giorgione. Esaudire in alcun modo la richiesta. Essendo ormai passato a miglior vita. Di peste? O di mal francese? C'è il mestiere di Zorzo in questi testi? Qui la va tutta in diesis. Con molte alterazioni sopratono. Ut pictura poesis. O poiesis. E siamo lontani per tempi e tecniche. Contesti pretesti gesti e palinsesti. Ma si rintracciano. Criptiche. Qui. Le allegorie. E anche parabole a volo. E allusioni ghignanti. C'è la metafora insolvibile che spinge al margine. E la parola che gratta e infratta. Abburatta e acquatta. Che ovatta e sgambetta. Detta. Disdetta. Discetta. Getta e rigetta. Proietta e sfiletta. Impatta. Deborda. Ma alla stretta è alla corda. E c'è una corretta reticenza nel dire. Senza dubbio la lingua è protagonista assoluta. Come fu la pittura in quella notte così bella e singolare. Lingua esuberante in un tripudio di immagini e di indagini in campi glottologici e fonetici. Sonori. Sempre modellata e rimodellata. Come disfatta. E ripensata. O incontrata. Scovata. Strappata. Scucita e ricucita. Ma da Alvino comunque sempre dominata con sapiente regia.
«Poesia sonora, poesia d’azione: la poesia e lo scarto epigenetico», in «L’arte orale. Poesia, musica, performance», a cura di LORENZO CARDILLI e STEFANO LOMBARDI VALLAURI, Mimesis Journal Books, collana di «Mimesis Journal. Scritture... more
«Poesia sonora, poesia d’azione: la poesia e lo scarto epigenetico», in «L’arte orale. Poesia, musica, performance», a cura di LORENZO CARDILLI e STEFANO LOMBARDI VALLAURI, Mimesis Journal Books, collana di «Mimesis Journal. Scritture della performance», Accademia University Press, Torino, 2020, ISSN 2283-8783, pp. 151-157
A Book which Surveys four decades of Action Art from 1958-98. It compiles data from a range of countries across the worlds written up by Artists, Historians, and Critics in each country. The book is an authorative document or Seminal... more
A Book which Surveys four decades of Action Art from 1958-98. It compiles data from a range of countries across the worlds written up by Artists, Historians, and Critics in each country. The book is an authorative document or Seminal Publication on Performance Art and Action ...
Quando nel 1971 Giulia Niccolai e Adriano Spatola decidono di fondare la rivista «Tam Tam» hanno la chiara intenzione di dare un forte impulso all'intermedialità. Nei primi mesi del 1972 viene pubblicato il primo numero, stampato... more
Quando nel 1971 Giulia Niccolai e Adriano Spatola decidono di fondare la rivista «Tam Tam» hanno la chiara intenzione di dare un forte impulso all'intermedialità. Nei primi mesi del 1972 viene pubblicato il primo numero, stampato a Montecchio Emilia dalla tipografia Fontanini. La redazione è a Mulino di Bazzano, in provincia di Parma, ma la registrazione è presso il Tribunale di Torino, sede delle edizioni Geiger, fondate da Adriano con il fratello Maurizio nel 1967, quando era stato avviato il progetto di 'assembling press' concretizzato nell'omonima antologia internazionale. «Tam Tam» ha una testata che visualizza sinesteticamente, in una sorta di prospettiva acustica, il suono del tribale strumento di comunicazione. Il che già la dice lunga su scambi e convergenze linguistiche e sulla volontà di porsi nel mezzo di una rete di comunicazione al di fuori dei canali istituzionali. Testata e progetto grafico della rivista sono di Giovanni Anceschi, il formato è insolito, minuscolo e leggero, tascabile e postabile senza difficoltà: entra comodamente nella classica busta 12x18 e può arrivare, senza grosse spese, anche oltreoceano. Le tecniche non legate alla linearità della scrittura sono al centro dell'attenzione. Spatola è molto informato su quanto succede nel mondo. Il concretismo internazionale va a gonfie vele, Fluxus impegna spazi sempre più ampi; in Italia le pratiche verbovisive si fanno sempre più coinvolgenti: una fitta rete di scambi tra Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Roma, Torino è già una realtà degna di grande attenzione. In questo clima, la rivista, chiaramente schierata contro l'engagement antiletterario, sostiene istanze totalizzanti e si apre ad esperienze di confine. La disponibilità a cedere ad impulsi extra letterari incoraggia un tipo di scrittura polidimensionale. Contaminazioni e scambi attuati su territori di frontiera determinano una testualità complessa che non riesce ad evitare l'attrazione di modi e tecniche linguistiche di diversa estrazione. Ci si rivolge con rinnovata attenzione verso le avanguardie storiche e, nello stesso tempo, si tengono d'occhio le tecnologie emergenti con particolare riferimento verso i sistemi di comunicazione e le problematiche che implicano. La visualità, il fonetismo, la gestualità, il nonsense, disvelano in pieno la matrice materica dei modelli di poesia che si vogliono affermare. Le scelte della redazione, grazie ad «una condensazione non soltanto gestuale, visuale o concreta, ma soprattutto segnica o ideografica del testo», 1 favoriscono il superamento delle barriere linguistiche e attivano numerose convergenze in funzione di «una ristrutturazione verticale del fare poetico» 2 in opposizione allo «sterminato materiale lessicale messo a disposizione dal meccanismo dell'espansione orizzontale, tenuta a livello dei mass media». 3 Queste dichiarazioni fuori dal coro, quando il dibattito è tutto orientato sulla dicotomia impegno/disimpegno e il clima di restaurazione culturale si fa pesante, coagulano intorno all'iniziativa editoriale un vivace flusso di autori italiani e stranieri, che rivendicano «il diritto dell'operazione poetica a istituirsi come coscienza della e nella attività comunicativa, in una sintesi non a priori ma a posteriori, dal paesaggio dell'esperienza quotidiana all'astrazione intellettuale». 4 Già da anni Spatola 5 è in contatto con i più importanti esponenti della poesia concreta e visuale. Allievo di Luciano Anceschi, è chiamato a collaborare con «il verri» e attraverso quell'esperienza ha assimilato il concetto anceschiano di 'convergenza delle arti': l'opera d'arte è vista in chiave fenomenologica e letta nel mezzo di una rete di interconnessioni e di scambi interdisciplinari che ne chiariscono il senso. Dopo «Bab ilu» (1962), si fa le ossa nel Gruppo 63, pubblica il romanzo L'Oblò (Feltrinelli, 1964), anima «Malebolge» (1964-65). Ma è proprio con Geiger, l'antologia-laboratorio che permette agli artisti partecipanti di 'seminare nel campo del vicino', e con le
Depuis les années soixante-dix, Richard Martel a joué un rôle central pour la cause de la performance. Cofondateur à Québec City du Lieu (un espace alternatif qui est actuellement un point de référence international pour l'expérimentation... more
Depuis les années soixante-dix, Richard Martel a joué un rôle central pour la cause de la performance. Cofondateur à Québec City du Lieu (un espace alternatif qui est actuellement un point de référence international pour l'expérimentation artistique : espace interdisciplinaire pour des expositions, rencontres, stages, projections vidéo, avec une excellente bibliothèque spécialisée et un laboratoire audio-vidéo), il est directeur de la revue Inter-Art Actuel, consacrée à l'art d'action sous ses différentes formes. Cela suffirait déjà à constituer une bonne carte de visite, compte tenu de la vaste activité du Lieu et de l'extraordinaire production de la revue, désormais au n° 137, très à jour sur les sujets les plus importants de la scène internationale. En plus, il est un organisateur d'événements entreprenant, promoteur, coordinateur et co-coordinateur de festivals dédiés à la performance au niveau international.
Giovanni Fontana, "Giuliano Zosi: La mitologia sonora dell’esperienza poetica", in “Malacoda”, 8 aprile 2016, Anno II, n° 11, 2016 -... more
Giovanni Fontana, "Giuliano Zosi: La mitologia sonora dell’esperienza poetica", in “Malacoda”, 8 aprile 2016, Anno II, n° 11, 2016 - http://www.malacoda.eu/2016/04/08/giuliano-zosi-la-mitologia-sonora-dellesperienza-poetica-di-giovanni-fontana/
Giovanni Fontana, Editoriale.
"Le Arti del Suono. Poetiche fonetiche ed altre" [a cura di G. FONTANA], n° 5, 2012, Aracne Editrice, Roma, 2012.
Catalogo della mostra di Marinka Dallos presso l'Associazione Gottifredo di Alatri a cura di Giovanni Fontana
Due ricorrenze a distanza di qualche mese l’una dall’altra: il trentennale della scomparsa di Adriano Spatola, poeta, teorico e critico della neoavanguardia italiana, sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi (23 novembre 1988), e... more
Due ricorrenze a distanza di qualche mese l’una dall’altra: il trentennale della scomparsa di Adriano Spatola, poeta, teorico e critico della neoavanguardia italiana, sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi (23 novembre 1988), e i cinquanta anni di “Karnhoval” (febbraio 1969), la kermesse carnascialesca voluta da Alberto Tessore, e da lui animata con la collaborazione di Spatola, che raccolse nella città di Rieti decine e decine di artisti per l’allestimento di una stravagante festa all’insegna della
libertà creativa, ribelle a anticonformista per quel tanto che bastò a sconvolgere la tradizionale quiete della provincia, provocando la reazione scandalizzata di quanti, allora, mal sopportavano l’aria della contestazione giovanile e, in particolare, le provocazioni dell’avanguardia.
Un ampio e significativo settore della poesia del secondo Novecento ha orientato i propri interessi verso la complessità dei rapporti tra la scrittura e le arti, secondo quella prospettiva che negli anni Sessanta è stata individuata come... more
Un ampio e significativo settore della poesia del secondo Novecento ha orientato i propri interessi verso la complessità dei rapporti tra la scrittura e le arti, secondo quella prospettiva che negli anni Sessanta è stata individuata come "intermedialità, grazie all'intuizione teorica di Dick Higgins. Nella poesia i confini della pagina sono violati e la figura del poeta si colloca di fronte alla necessità di agire nello spazio acustico, visivo e scenico (poi in quello virtuale) per far fronte alle esigenze pressanti di progetti fondati sulle intersezioni linguistiche, sulle contaminazioni, sulla percezione sinestetica, sulla dimensione articolata della performance, sul rapporto con le nuove tecnologie elettroniche. Volgendo lo sguardo al passato, nel '13, osserviamo che Filippo Tommaso Marinetti, indiscusso inventore dell'avanguardia futurista, si proponeva di introdurre nell'ambito testuale un'articolata serie di innovazioni strutturali: "Le metafore condensate. Le immagini telegrafiche. Le somme di vibrazioni. I nodi di pensieri. I ventagli chiusi o aperti di movimenti. Gli scorci di analogie. I bilanci di colore. Le dimensioni, i pesi, le misure e la velocità delle sensazioni. Il tuffo della parola essenziale nell'acqua della sensibilità, senza i cerchi concentrici che la parola produce. I riposi dell'intuizione. I movimenti a due, tre, quattro, cinque tempi. I pali analitici esplicativi che sostengono il fascio dei fili intuitivi".  Le nuove "parole in libertà" sconvolgevano il quadro delle certezze e delle consuetudini letterarie. Marinetti aveva scagliato la sua prima invettiva rivoluzionaria il 20 febbraio 1909 sulle pagine de Le Figaro 3. Sostenuto immediatamente da un nutrito gruppo di artisti (poeti, pittori, musicisti, ecc.), aveva avviato un processo di totale sovvertimento della cultura e dell'arte. Il futurismo si configurava come programma di coordinamento dell'attività artistica e della pratica quotidiana, ponendosi anche come stile di vita, e disegnava quelle prospettive creazioniste concentrate sul dato fisico e materico che avrebbero investito tutti i movimenti di reazione allo spiritualismo simbolistico e avrebbero attraversato tutto il secolo fino ad in-formare le più recenti esperienze artistiche. Uno degli aspetti più rilevanti era costituito dal nodo delle teorie e delle pratiche di superamento delle distinzioni tra le varie forme di espressione artistica, che introduceva ad una nuova sensibilità ed operatività poetica. Per Stelio Maria Martini, poeta visivo e studioso delle avanguardie poetiche, "attraverso la rivendicazione dell'uso di scomposizioni, onomatopee, rumori, ma anche della gioia del fare e del comportamento, l'operare estetico viene reinventato già nel senso del superamento dell'opera settoriale e specifica, ed è tutto un convergere verso la materialità del fare poetico".
Prefazione a "OPERA" di Adriano Spatola, a cura di Giovanni Fontana.
[dia•foria & dreamBOOK editore
56017 San Giuliano Terme, Pisa.
Prima edizione
aprile 2020
ISBN 978-8-89983-037-3
Prefazione al volume di Corrado Costa "Immaginare Ravenna", Collana "Quasipoesie", Edizioni Roberto Peccolo, Livorno 2021
La mostra allestita presso il Coworking Gottifredo ad Alatri [13 novembre 2021 – 09 gennaio 2022] dal titolo «Ciacelli: la visione molteplice» rimette in luce una delle figure più singolari dell’avanguardia novecentista, purtroppo spesso... more
La mostra allestita presso il Coworking Gottifredo ad Alatri [13 novembre 2021 – 09 gennaio 2022] dal titolo «Ciacelli: la visione molteplice» rimette in luce una delle figure più singolari dell’avanguardia novecentista, purtroppo spesso ingiustamente trascurata: Arturo Ciacelli [1883 – 1966].
L’opportunità è stata offerta dalla felice congiuntura tra l’Associazione Gottifredo, che si occupa di promozione culturale ad ampio spettro, e la Collezione Costantini, raccolta con passione e competenza dall’avv. Remo Costantini che, da anni, osserva il mercato delle aste alla ricerca delle tracce di Ciacelli, artista ciociaro per molti versi dimenticato nella sua stessa terra d’origine.
Suoni, colori, profumi si intrecciano nella realtà naturale in maniera così stretta da favorire una sorprendente e illuminante contaminazione delle sfere sensoriali. Ma se suoni, colori, profumi, sensazioni tattili e gustative si fondono... more
Suoni, colori, profumi si intrecciano nella realtà naturale in maniera così stretta da favorire una sorprendente e illuminante contaminazione delle sfere sensoriali. Ma se suoni, colori, profumi, sensazioni tattili e  gustative si fondono in modo tanto inestricabile, la gamma di corrispondenze che ne risulta è tanto ricca e vibrante da favorire sempre nuove prospettive linguistiche. E se nell’esperienza quotidiana le possibili relazioni analogiche possono essere afferrate solo
intuitivamente, è proprio sul piano dell’espressione artistica che l’ambiguità delle soluzioni linguistiche esalta la capacità di penetrare l’essenza della realtà.
La poesia d'azione si fonda sulla phoné, sulla musica del dire che esalta il piano del significante, ma nello stesso tempo deve sprigionare un’enorme forza centripeta, capace di coinvolgere elementi diversi nella ricostruzione di un testo... more
La poesia d'azione si fonda sulla phoné, sulla musica del dire che esalta il piano del significante, ma nello stesso tempo deve sprigionare un’enorme forza centripeta, capace di coinvolgere elementi diversi nella ricostruzione di un testo che si dilata oltre la pagina. La poesia è una struttura complessa che deve poter scegliere tutti quegli elementi che, in un modo o nell’altro, devono o possono entrare “in situazione”.
L'opera del fotografo Pompilio Fiore [1952-1982] sta a testimoniare la grande passione per la libertà compositiva, al di là e al di sopra dei modelli consueti. Essa si colloca tra gli esempi più significativi di quella fotografia che, pur... more
L'opera del fotografo Pompilio Fiore [1952-1982] sta a testimoniare la grande passione per la libertà compositiva, al di là e al di sopra dei modelli consueti. Essa si colloca tra gli esempi più significativi di quella fotografia che, pur ponendosi come evento visuale, in piena coerenza con un progetto particolarmente attento agli equilibri delle forme, assume forte pregnanza simbolica, quando si sofferma a ricercare suggestioni letterarie non solo nella scelta del soggetto, ma anche nelle modalità di rapporto con esso.
in "Deux poètes face au monde-Pierre et Ilse Garnier", a cura di CHRISTINE DUPOUY, Presses Universitaires François Rabelais, Tours, 2018 [ISBN:978-2-86906-687-8] GIOVANNI FONTANA LA POESIE SONORE DE PIERRE GARNIER : POESIE PHONIQUE,... more
in "Deux poètes face au monde-Pierre et Ilse Garnier",
a cura di CHRISTINE DUPOUY, Presses Universitaires François Rabelais, Tours, 2018 [ISBN:978-2-86906-687-8]

GIOVANNI FONTANA LA POESIE SONORE DE PIERRE GARNIER : POESIE PHONIQUE, SONIE, SOUFFLE-MANIFESTE
Le travail poétique de Pierre Garnier marque un vaste domaine de la recherche intermédiale où la langue est matière sonore et visuelle, et l'espace en exalte les qualités dynamiques. En ce sens, avec le Manifeste pour une poésie nouvelle visuelle et phonique ["Les Lettre", n° 29, 1963] et Un art nouveau : la sonie ["Les Lettres", n° 31, 1963] il ouvre des espaces visuels et acoustiques mémorables. Dans sa poésie il crée des tensions et des vibrations. Il libère les énergies potentielles et amplifie les énergies réelles. En fait, dès le début des années soixante, Pierre Garnier est à la recherche de nouvelles syntaxes et structures linguistiques, considérées comme des instruments d'animation d'espaces de communication externes aux codifications courantes. Dans son "plan pilote du spatialisme", Pierre Garnier ne considère pas la page comme un simple support, mais comme le champ d'action dans lequel il peut construire le poème : le geste inscrit dans l'espace de la page acquiert une valeur poétique et insuffle de l'énergie aux lettres, aux syllabes, aux mots qui sont organisés grâce à de nouveaux procédés syntaxiques de type géométrique. La poésie laissera transparaître sa valeur matiériste et deviendra objet. Bien qu'insistant sur le rôle fondamental de la perception visuelle, le travail de Garnier reste, de toute façon, essentiellement et délicieusement poétique. La poésie visuelle est une poésie à l'état pur. Il considère l'espace visuel comme un champ extraordinaire pour l'activation de relations poétiques. Ou plutôt, il le choisit comme une véritable donnée structurelle. Les mots, les phonèmes et les lettres sont soutenus par d'invisibles nervures spatiales, qui, dans un jeu réciproque de soutien, sont lancées et relancées par le même matériel verbal. Les mots sont disposés comme des grumeaux de sens qui s'animent grâce aux relations géométriques d'une pureté absolue. Clairs. Transparents. Il s'agit de mots-objets qui englobent en eux-mêmes les caractères des géométries suggérées par les relations qui les innervent. Il s'agit de dispositions spatiales engendrant des tensions,
La poesia "cerca oggi di farsi medium totale, di sfuggire a ogni limitazione, di inglobare teatro, fotografia, musica, pittura, arte tipografica, tecniche cinematografiche e ogni altro aspetto della cultura, in un'aspirazione utopistica... more
La poesia "cerca oggi di farsi medium totale, di sfuggire a ogni limitazione, di inglobare teatro, fotografia, musica, pittura, arte tipografica, tecniche cinematografiche e ogni altro aspetto della cultura, in un'aspirazione utopistica al ritorno alle origini". 1 Così Adriano Spatola, attento osservatore del panorama intermediale, registrava nel suo Verso la poesia totale, un utilissimo studio sulle "posizioni" delle ricerche in atto, l'assoluta continuità, nella parola poetica, tra la dimensione visuale e quella sonora. Quel saggio, lucido e documentato, si pose immediatamente come fondamentale punto di riferimento per ogni altra indagine su quelle poetiche, allora in rapidissima trasformazione.
A Book which Surveys four decades of Action Art from 1958-98. It compiles data from a range of countries across the worlds written up by Artists, Historians, and Critics in each country. The book is an authorative document or Seminal... more
A Book which Surveys four decades of Action Art from 1958-98. It compiles data from a range of countries across the worlds written up by Artists, Historians, and Critics in each country. The book is an authorative document or Seminal Publication on Performance Art and Action ...
Quando nel 1971 Giulia Niccolai e Adriano Spatola decidono di fondare la rivista «Tam Tam» hanno la chiara intenzione di dare un forte impulso all'intermedialità. Nei primi mesi del 1972 viene pubblicato il primo numero, stampato a... more
Quando nel 1971 Giulia Niccolai e Adriano Spatola decidono di fondare la rivista «Tam Tam» hanno la chiara intenzione di dare un forte impulso all'intermedialità. Nei primi mesi del 1972 viene pubblicato il primo numero, stampato a Montecchio Emilia dalla tipografia Fontanini. La redazione è a Mulino di Bazzano, in provincia di Parma, ma la registrazione è presso il Tribunale di Torino, sede delle edizioni Geiger, fondate da Adriano con il fratello Maurizio nel 1967, quando era stato avviato il progetto di 'assembling press' concretizzato nell'omonima antologia internazionale. «Tam Tam» ha una testata che visualizza sinesteticamente, in una sorta di prospettiva acustica, il suono del tribale strumento di comunicazione. Il che già la dice lunga su scambi e convergenze linguistiche e sulla volontà di porsi nel mezzo di una rete di comunicazione al di fuori dei canali istituzionali. Testata e progetto grafico della rivista sono di Giovanni Anceschi, il formato è insolito, minuscolo e leggero, tascabile e postabile senza difficoltà: entra comodamente nella classica busta 12x18 e può arrivare, senza grosse spese, anche oltreoceano. Le tecniche non legate alla linearità della scrittura sono al centro dell'attenzione. Spatola è molto informato su quanto succede nel mondo. Il concretismo internazionale va a gonfie vele, Fluxus impegna spazi sempre più ampi; in Italia le pratiche verbovisive si fanno sempre più coinvolgenti: una fitta rete di scambi tra Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Roma, Torino è già una realtà degna di grande attenzione. In questo clima, la rivista, chiaramente schierata contro l'engagement antiletterario, sostiene istanze totalizzanti e si apre ad esperienze di confine. La disponibilità a cedere ad impulsi extra letterari incoraggia un tipo di scrittura polidimensionale. Contaminazioni e scambi attuati su territori di frontiera determinano una testualità complessa che non riesce ad evitare l'attrazione di modi e tecniche linguistiche di diversa estrazione. Ci si rivolge con rinnovata attenzione verso le avanguardie storiche e, nello stesso tempo, si tengono d'occhio le tecnologie emergenti con particolare riferimento verso i sistemi di comunicazione e le problematiche che implicano. La visualità, il fonetismo, la gestualità, il nonsense, disvelano in pieno la matrice materica dei modelli di poesia che si vogliono affermare. Le scelte della redazione, grazie ad «una condensazione non soltanto gestuale, visuale o concreta, ma soprattutto segnica o ideografica del testo», 1 favoriscono il superamento delle barriere linguistiche e attivano numerose convergenze in funzione di «una ristrutturazione verticale del fare poetico» 2 in opposizione allo «sterminato materiale lessicale messo a disposizione dal meccanismo dell'espansione orizzontale, tenuta a livello dei mass media». 3 Queste dichiarazioni fuori dal coro, quando il dibattito è tutto orientato sulla dicotomia impegno/disimpegno e il clima di restaurazione culturale si fa pesante, coagulano intorno all'iniziativa editoriale un vivace flusso di autori italiani e stranieri, che rivendicano «il diritto dell'operazione poetica a istituirsi come coscienza della e nella attività comunicativa, in una sintesi non a priori ma a posteriori, dal paesaggio dell'esperienza quotidiana all'astrazione intellettuale». 4 Già da anni Spatola 5 è in contatto con i più importanti esponenti della poesia concreta e visuale. Allievo di Luciano Anceschi, è chiamato a collaborare con «il verri» e attraverso quell'esperienza ha assimilato il concetto anceschiano di 'convergenza delle arti': l'opera d'arte è vista in chiave fenomenologica e letta nel mezzo di una rete di interconnessioni e di scambi interdisciplinari che ne chiariscono il senso. Dopo «Bab ilu» (1962), si fa le ossa nel Gruppo 63, pubblica il romanzo L'Oblò (Feltrinelli, 1964), anima «Malebolge» (1964-65). Ma è proprio con Geiger, l'antologia-laboratorio che permette agli artisti partecipanti di 'seminare nel campo del vicino', e con le
Il lavoro del performer è costruito pazientemente sulle oscillazioni generate dall’attivazione del rapporto interno/esterno, nel senso che si pone come momento dialettico tra spiritus e corpus, tra soggetto e oggetto, tra immaginazione e... more
Il lavoro del performer è costruito pazientemente sulle oscillazioni generate dall’attivazione del rapporto interno/esterno, nel senso che si pone come momento dialettico tra spiritus e corpus, tra soggetto e oggetto, tra immaginazione e realtà, tra pensiero e azione, tra privato e pubblico, tra locale e globale, tra particolare e totale, tra il progetto e la sua realizzazione.
Questa dinamica fluttuante sostiene il continuum di materia ed energia entro il quale è faticosamente costruita l’azione.
Per tracciare, sia pur sommariamente, ma con chiarezza, l’evoluzione di un concetto che ci sta a cuore, come quello dell’“opera plurale”, non si costa proprio nessuna fatica, quest’anno, a prendere le mosse dal centenario del movimento... more
Per tracciare, sia pur sommariamente, ma con chiarezza, l’evoluzione di un concetto che ci sta a cuore, come quello dell’“opera plurale”, non si costa proprio nessuna fatica,
quest’anno, a prendere le mosse dal centenario del movimento futurista. Pur se non si può fare a meno di accettare l’idea che Marinetti abbia tratto più di uno spunto dall’opera di alcuni precursori fuori dalle righe, bisogna dargli atto che la scintilla del primo manifesto, accesa sulle pagine de “Le Figaro” il 20 febbraio 1909, tra trasgressioni e innovazioni, ribaltamenti e sovversioni, ha avuto effetti piuttosto
significativi, innescando un processo di prefigurazioni a catena che hanno aperto prospettive insospettate al rapporto tra media e linguaggi.
Nella poesia, per esempio, i limiti della pagina sono efficacemente violati e la figura del poeta si trova di colpo davanti alla necessità di agire nello spazio acustico, visivo, scenico, per affrontare le esigenze pressanti di progetti fondati sulle intersezioni linguistiche, sulle contaminazioni, sulla percezione multisensoriale, sui rapporti con le nuove tecnologie e, soprattutto, sulla complessità della dimensione della performance. A scattare utilmente è l’interesse per la complessità dei rapporti tra la scrittura e le arti, che gradualmente s’incanalerà nella direzione di quella che, negli anni Sessanta, una fortunata intuizione di Dick Higgins indicherà come “intermedialità”.
All'anagrafe è registrato come Christian Poitevin, ma l'inquieta esuberanza del suo temperamento e il suo instancabile istinto indagatore, la sua appassionata ricerca del nuovo, di tutto ciò che è fuori dagli schemi e dalle consuetudini... more
All'anagrafe è registrato come Christian Poitevin, ma l'inquieta esuberanza del suo temperamento e il suo instancabile istinto indagatore, la sua appassionata ricerca del nuovo, di tutto ciò che è fuori dagli schemi e dalle consuetudini culturali, la sua accentuata autoironia, ma anche quel giusto tocco di narcisismo creativo, lo portano continuamente verso nuovi lidi, dove talora approda con altre identità, definite con spirito ludico e avventuroso. Ecco allora, in una vorticosa giostra dell'eteronimia, che prende il nome di Jules Van, un lucido artista sabotatore, o di Tahar Ben Kempta, un traduttore di poemi persiani; ma è anche Louis Desravines, autore di storie fantastiche, Alias Viart, autore che pone in esergo frammenti di vita, Etienne Bienarmé, lettore "digitale", nel senso che legge pollici, John Jonathan Handgee, scrittore di romanzi polizieschi, Fedor Ziamsky, disegnatore russo scomparso nel 1921 a soli diciotto anni, Jlô Pazasé de Manapany, zoreil (che sta per francese metropolitano o, comunque, per "straniero" in lingua creola) di stanza a La Réunion; e gioca anche sul cambio di sesso; diventa allora Constance Aquaviva, prefatrice di antologie sul femminile o Ludmila Marzan, fichissima traduttrice di poesia russa; ma l'elenco può allungarsi a dismisura. Questo è l'inafferrabile Poitevin, alias Julien Blaine, poeta dalle mille anime. Ma, a parte il divertissement del caleidoscopio di finte biografie, Blaine è un artista che ama percorrere strade sempre diverse, agisce su tutti i fronti, pratica l'interdisciplinarità a tutto campo, utilizza le tecniche più disparate, ama la contaminazione perpetua e il perpetuo movimento. Il suo atteggiamento, da un lato ribelle, dall'altro esigente verso se stesso e verso i suoi compagni di cordata, delinea la sua intransigenza sul piano artistico e culturale, che lo porta a glissare su ogni tipo di compromesso e a rendersi disponibile per la creazione di strutture che alla cultura possano offrire autonomia di ricerca e sviluppo, ben al di fuori delle strettoie istituzionali; prova ne sia il fatto che s'è trovato in panni piuttosto scomodi quando ha rivestito la carica di assessore alla cultura del comune di Marsiglia. Ecco allora che a fianco alla sua produzione artistica Blaine ha sempre posto in primo piano un lavoro promozionale che, a partire dagli anni Sessanta, ha dato una notevole spinta a tutta l'area di ricerca poetica, non solo in Francia e in Italia (paese per il quale nutre grande simpatia), ma in ogni parte d'Europa e del mondo. Ha infatti svolto un ruolo fondamentale come creatore di importanti riviste che hanno fatto la storia dell'avanguardia del Novecento, come editore, come organizzatore di festival e di rassegne internazionali, come gallerista e animatore delle più diverse iniziative culturali. Sul piano poetico Blaine spazia dal concreto al visuale, dal lineare al sonoro, dall'installazione alla performance, tenendo sempre ben stretti i rapporti tra gli elementi e considerando che al gesto poetico è permesso di varcare la soglia di ogni linguaggio. Ma ciò che è fondamentale nella sua poetica è l'uso materico degli elementi linguistici, qualunque sia la loro origine. Parole, suoni, colori, azioni, tutto è considerato e riconsiderato in un flusso poetico materiale, che si pone come dato pregnante di una poesia in continuo divenire, essenzialmente incentrata sulla funzione determinante della presenza dell'artista stesso sulla scena dell'arte. Il poeta non è solo una mente attiva, un'anima creativa, è anche un corpo catalizzante; è un poeta "in carne ed ossa". Così si definisce Blaine in un suo lavoro sonoro. 1 E da lì lancia stentoree grida ambivalenti, che riassumono tutto il senso del suo "fare", sia sul piano poetico che umano. Se da un lato quelle grida assumono tono di sfida, per autoaffermazione ed esaltazione corporea, e di denuncia, quali segnali della dismisura e della trasgressione, dall'altro si pongono come richiamo calorosamente umano, come dichiarazione d'impegno o, addirittura, come vero e proprio atto d'amore. In realtà, una componente importante del lavoro di Blaine è il suo progetto vagamente utopico di definire e alimentare specifici territori di attuazione poetica. Blaine, infatti, di spirito essenzialmente nomade, coordina da Ventabren e da Marsiglia, una serie di attività creative e di "politica culturale" che lo pongono al centro dell'attenzione di numerose realtà artistiche internazionali, che si muovono, su diversi fronti, alla ricerca di nuovi linguaggi e nuovi spazi di comunicazione. Teorizza la "poesia semiotica", legata all'arco dei possibili giochi tra significato e significante, successivamente la "poesia elementare", incentrata sul valore intrinseco degli elementi costitutivi, con specifico riferimento al dato materiale e sensoriale, e arriva negli anni Ottanta ai Poèmes Métaphisyques, 2 complesso gioco di speculazioni concettuali articolato su una struttura verbovisiva duale, dove il reciproco influsso degli elementi, separati nello spazio della pagina da una linea orizzontale, genera molteplici aperture di senso, che travalicano ampiamente l'apparente rigidezza dell'ordine imposto dalla partizione binaria. 1 J. BLAINE, Live (quelques moment). Julien Blaine en chair et en os,
IN FLUENTI TRASLATI L'opera poetica di Arrigo Lora Totino 1. LE PRIME PRATICHE ARTISTICHE La Fondazione Berardelli custodisce un'ampia raccolta di opere di Arrigo Lora Totino, acquisite da Paolo e Pietro Berardelli a più riprese, in... more
IN FLUENTI TRASLATI
L'opera poetica di Arrigo Lora Totino

1. LE PRIME PRATICHE ARTISTICHE La Fondazione Berardelli custodisce un'ampia raccolta di opere di Arrigo Lora Totino, acquisite da Paolo e Pietro Berardelli a più riprese, in occasioni favorite da una vecchia e cordiale amicizia con l'artista torinese, spesso coinvolto dalla Fondazione stessa per eventi espositivi e performativi. L'attuale collezione, arricchita recentemente con ulteriori acquisizioni, rappresenta tutte le tappe fondamentali del suo percorso creativo, particolarmente vario ed articolato in ragione dei molteplici ambiti d'intervento praticati, talora intermediati, talaltra complementari. Arrigo Lora Totino, infatti, si distingue per l'ampiezza dei suoi interessi culturali e per la sua poliedricità. Spazia in settori diversi con viva curiosità, sempre pronto ad impegnarla in nuove sfere di ricerca. Si occupa di letterature classiche, di scritture moderne e contemporanee, di musica e di arte anche se, dalla fine degli anni Quaranta fino ai primi anni Sessanta, si esprime principalmente come pittore. In gioventù intraprende studi di giurisprudenza senza grande convinzione, tanto da abbandonarli presto in favore delle arti visive. Frequenta le gallerie torinesi ed entra in contatto con Mario Merz, Ettore Sottsass, Luigi Spazzapan. Con Merz condivide lo studio per tre anni. Realizza opere legate a forme post-espressionistiche, molto materiche, con colori forti e dense pennellate, che lasciano trasparire gli effetti della fascinazione del gruppo Cobra. Tra queste, ci resta la serie delle "Teste", più volte documentata, costituita da ritratti di impassibili personaggi dall'espressione vacua, che sembrano costituire la cifra di un tempo di attesa, indeclinabile. Queste figure dallo sguardo vitreo e dall'aria inquieta, in effetti, segnano per l'artista un momento di travagliata riflessione, una fase di avvio del processo di maturazione che lo condurrà a considerare altre forme espressive e ad impegnarsi in quelle aree di sperimentazione che lo vedranno ben presto protagonista. In un suo quadro del 1959, intitolato Tre personaggi notturni, Arrigo Lora Totino si ritrae tra Aldo Passoni, che ritroveremo nel 1961 sotto la testata loratotiniana di "Antipiugiù" e che diventerà direttore della Galleria Civica d'Arte Moderna di Torino, e Mario Merz: quasi una dichiarazione di complicità. Ma in quell'anno passa all'arte astratta, praticando dapprima l'informale, che aveva già raramente sperimentato in precedenza, come testimonia l'efficace Ripercussioni [1957], segnato da nervosa gestualità, e in seguito forme di optical art [1959-1961], documentata in questa mostra da alcuni lavori. Particolarmente efficaci gli esempi di "dripping", datati 1959, dove l'artista subisce il fascino di Jackson Pollock. Sono presenti nella collezione Berardelli alcune rare opere di questo tipo intitolate, appunto, Dripping [1959], dove i colori, secondo una tecnica già consolidata, sono lasciati cadere dall'alto sul supporto posto orizzontalmente, mentre in Itinerari [1959] il colore viene scolato con movimento circolare a formare un labirintico groviglio. Ma in quel periodo l'artista pratica anche il monotipo. Erano gli anni dell'Internazionale Situazionista, in cui era confluito il Movimento Internazionale per una Bauhaus Immaginista (MIBI) fondato ad Alba da Asger Jorn, Giuseppe "Pinot" Gallizio e Piero Simondo, il quale a Torino aveva adottato tale procedimento, ritenuto coerente con la pratica del détournement. La tecnica, che obbliga alla mediazione del gesto pittorico e che apre alla sorpresa dell'immagine speculare, rivisitata dal caso, trasformata nella riconfigurazione dei
Percorsi della vocalità nella poesia d'azione Collana "Archivio della poesia del '900" diretta da Alberto Cappi e Eugenio Miccini Editoriale Sometti, Mantova, 2004 - ISBN 88-7495-023-3 Giovanni Fontana POESIA DELLA VOCE E DEL GESTO... more
Percorsi della vocalità nella poesia d'azione Collana
"Archivio della poesia del '900" diretta da Alberto Cappi e Eugenio Miccini
Editoriale Sometti, Mantova, 2004 - ISBN 88-7495-023-3

Giovanni Fontana
POESIA DELLA VOCE E DEL GESTO
Percorsi della vocalità nella poesia d'azione
1. La declamazione dinamica e sinottica. Un ampio e significativo settore della poesia di questo secolo ha orientato i propri interessi verso la complessità della scrittura intercodice, forzando talmente i confini della pagina, che il poeta si è venuto a trovare di fronte alla necessità di dover agire nello spazio acustico e scenico, e, più recentemente, in quello virtuale, per far fronte alle esigenze sempre più pressanti di un progetto poetico alimentato dalle intersezioni linguistiche, dalle contaminazioni, dalla percezione multisensoriale, dalla dimensione articolata della performance. Lanciate da Filippo Tommaso Marinetti nel 1912 con il "Manifesto tecnico della letteratura futurista" e teorizzate in maniera più ampia nel manifesto dell'11 maggio del 1913, le parole in libertà, unitamente all'ortografia libera espressiva, al lirismo multilineo, alla rivoluzione tipografica, all'accordo onomatopeico e ad altre polemiche e spinte innovazioni tecniche, aprono il campo, in maniera determinante, a nuove forme di poesia, dove la dimensione extraverbale concorre alla formazione di atmosfere decisamente spettacolari. La qualità sonora del testo balza in primo piano con prepotenza e si scarica sulla platea attraverso declamazioni cariche di tensioni, dinamiche, ironiche, giocose, talvolta irritanti o addirittura violente. La sonorità è alimentata da procedimenti pre-linguistici di vario tipo, ma principalmente dall'onomatopea, che impegna le parole in libertà marinettiane, la "rumoristica plastica" di Giacomo Balla, la "verbalizzazione astratta" e l'"onomalingua" 1 di Fortunato Depero, la "poesia pentagrammata" 2 di Francesco Cangiullo, ecc. Per Balla l'onomatopea è uno strumento per organizzare parole-suono e parole-rumore, ma anche per inventare nonsenses che propone con grande ironia e spiccate doti di declamatore e strumentista, accompagnandosi talvolta con la chitarra. 1 Il manifesto dell'"Onomalingua" reca la data del 1916. In esso Depero dichiara che l'onomalingua costituisce "la lingua più indovinata per la scena e specialmente per le esagerazioni più esilaranti. Con l'onomalingua si può parlare ed intendersi efficacemente con gli elementi dell'universo, con gli animali e con le macchine. L'onomalingua è il linguaggio poetico di comprensione universale per il quale non sono necessari traduttori". Le liriche onomatopeiche venivano manoscritte su grandi fogli di carta per essere contemporaneamente esposte e declamate. I concetti espressi sinteticamente nel manifesto del '16, riprodotto nel "libromacchina imbullonato" Depero Futurista, Milano 1927, sono estesi e specificati in Chiarezza di stile, pubblicato in "Dismisura" n. 67/74, 1984 (La gola e l'eco), con una nota di L. CARUSO. 2 "… la Poesia pentagrammata, dando la simultaneità grafica della Poesia e della sua Musica naturale, in essa naturalmente contenuta, aggiunge una nuova smisurata estensione di terreno vergine al campo poetico…", F. CANGIULLO, Poesia pentagrammata, Napoli 1923.
Citer cet article Fontana, G. (2014). Le dernier souffle de Pierre Garnier : la parole poétique d’un des protagonistes de l’expérimentation du XXe siècle. Inter, (118), 75–77. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur.... more
Citer cet article Fontana, G. (2014). Le dernier souffle de Pierre Garnier : la parole poétique d’un des protagonistes de l’expérimentation du XXe siècle. Inter, (118), 75–77. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez consulter en ligne. [https://apropos.erudit.org/fr/usagers/politique-dutilisation/]
Pour citer cet article, utiliser l'information suivante : http://id.erudit.org/iderudit/45549ac Note : les règles d'écriture des références bibliographiques peuvent varier selon les différents domaines du savoir. Ce... more
Pour citer cet article, utiliser l'information suivante : http://id.erudit.org/iderudit/45549ac Note : les règles d'écriture des références bibliographiques peuvent varier selon les différents domaines du savoir. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez consulter à l'URI https://apropos.erudit.org/fr/usagers/politique-dutilisation/ Document téléchargé le 30 juin 2015 11:40
In ricordo di Maurizio Spatola, poeta ed editore, fratello di Adriano Spatola. "L’altro Spatola. Maurizio chi ?", in “L'age d'or - rivista online di cinema e cultura, 6 maggio 2023,... more
In ricordo di Maurizio Spatola, poeta ed editore, fratello di Adriano Spatola.
"L’altro Spatola. Maurizio chi ?", in “L'age d'or - rivista online di cinema e cultura, 6 maggio 2023, https://lagedorivista.wordpress.com/2023/05/06/laltro-spatola-maurizio-chi/.
Giovanni Fontana, Maurizio Spatola editore e osservatore di poesia, in “Cultura commestibile”, n. 485, 25 marzo 2023, chrome... more
Giovanni Fontana, Maurizio Spatola editore e osservatore di poesia, in “Cultura commestibile”, n. 485, 25 marzo 2023, chrome extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://www.carocci.it/wp-content/uploads/2022/11/Proust-Cultura-com-485.pdf
Massimo Mori nel combattimento con l’ombra, in “Fermenti”, Anno LI, n° 252, Ed. Fermenti, Roma, settembre 2021, ISSN 0046-3671, pp. 116-127.
Sappiamo che il lavoro del performer è costruito pazientemente sul rapporto tra il progetto e la sua realizzazione, per arrivare, al limite, all'utopica coincidenza tra arte e vita, per molti versi solo sognata, ma talvolta effettivamente... more
Sappiamo che il lavoro del performer è costruito pazientemente sul rapporto tra il progetto e la sua realizzazione, per arrivare, al limite, all'utopica coincidenza tra arte e vita, per molti versi solo sognata, ma talvolta effettivamente praticata nel milieu delle neoavanguardie.
Introduzione alle letture di Corrado Costa pubblicate in "Baobab. Informazioni fonetiche di poesia" n° 21, edizione speciale con quattro cassette dedicata alla produzione poetico-sonora italiana: "Italia 1990-91", marzo 1992. Le... more
Introduzione alle letture di Corrado Costa pubblicate in "Baobab. Informazioni fonetiche di poesia" n° 21, edizione speciale con quattro cassette dedicata alla produzione poetico-sonora italiana: "Italia 1990-91", marzo 1992. Le registrazioni di Costa, contenenti "Retro", da me trascritto per "Avanguardia", sono pubblicate sul lato B della quarta cassetta per complessivi 44 minuti e sono introdotte, sul lato A, da una mia riflessione orale (durata 14''05''), qui trascritta.
Nella poesia concreta il testo è un'unità di concetto e segno. Al variare delle caratteristiche materiali del segno (dimensione, posizione, ecc.) cambia il concetto di Giovanni Fontana Gerhard Rühm, viennese, classe 1930, è un artista che... more
Nella poesia concreta il testo è un'unità di concetto e segno. Al variare delle caratteristiche materiali del segno (dimensione, posizione, ecc.) cambia il concetto di Giovanni Fontana Gerhard Rühm, viennese, classe 1930, è un artista che ha segnato profondamente l'avventura dell'avanguardia austriaca e che ancora oggi ci sorprende per le sue ricerche interdisciplinari. Con raf nate poliritmiche performance verbo-sonore, Rühm, accompagnato da sua moglie Monika Lichtenfeld, vocalist che sostiene sempre in maniera ineccepibile la voce di suo marito, ha inaugurato al Forum Austriaco di Cultura di Roma la mostra "Parola, suono, immagine nella poesia austriaca del 900-zwischensinn und unsinn (tra senso e non senso)" a cura di Giovanni Fontana e Piero Varroni, titolare dell'omonimo studio d'arte romano e delle Edizioni EOS, specializzate in libri d'artista. Scrittore e poeta, artista visivo, poeta sonoro, compositore e pianista, Rühm incarna la gura del poeta totale di spatoliana memoria.
"Arrigo Lora Totino e Sarenco. Poesia concreta e visiva, sonora e performativa sulle due facce d’una medaglia", in “Malacoda”, 2017, https://malacoda4.webnode.it/poesia-concreta-e-visiva-sonora-e-performativa-sulle-due-facce-d-una-medaglia/
Con l'almanacco "Tautologia '86" Adriano Spatola festeggiava il quindicesimo compleanno di "Tam Tam". Senza discorsi d'occasione e forzate ricognizioni critiche, la rivista preferì parlare di sé attraverso i testi creativi,... more
Con l'almanacco "Tautologia '86" Adriano Spatola festeggiava il quindicesimo compleanno di "Tam Tam". Senza discorsi d'occasione e forzate ricognizioni critiche, la rivista preferì parlare di sé attraverso i testi creativi, tautologicamente, nel pieno rispetto dell'originale progetto editoriale che riservava la maggior parte dello spazio alla pratica della poesia, riducendo al minimo l'elaborazione teorica. Per me, che inauguravo la "Taverna di Auerbach", fu l'occasione buona per gettare, con una breve recensione, un'occhiata indietro, verso gli anni caldi del "rifiuto della letteratura". Ripercorrendo oggi quelle righe, mi rendo conto di aver detto troppo poco di un'iniziativa editoriale che, in piena autonomia, aveva guardato al rinnovamento orientando la ricerca "verso la possibilità di una poesia che si costruisca come metamorfosi oggettiva, non come parafrasi metaforica della realtà". "Tam Tam", infatti, aveva ricoperto fino a quel momento un ruolo sicuramente importante, se non altro per aver valorizzato quei procedimenti espressivi che Adriano Spatola definiva "non simmetrici" rispetto alla realtà, in quanto non vincolati a processi logici esterni al testo. La rivista era stata fondata da Giulia Niccolai e da Spatola nei primi mesi del 1971, ma il primo numero fu pubblicato l'anno successivo. Uno dei punti di forza del programma editoriale era costituito dall'attenzione alle tecniche non legate alla linearità della scrittura. La pubblicazione, del tutto in conflitto con l'engagement antiletterario, sosteneva istanze totalizzanti e si apriva, con molto coraggio e spregiudicatezza, ad esperienze di "confine", in cui la disponibilità a cedere ad impulsi extra letterari (arti visive, musica, cinema, teatro, ecc.) determinava un tipo di scrittura polidimensionale, una testualità complessa, che attraverso visualità, concretismo, fonetismo, gestualità, nonsense, ecc. disvelava in pieno la sua matrice materica. Il progetto editoriale scatena subito accuse di formalismo che non scalfiscono affatto gli orientamenti della redazione. La rivista giudica l'impegno come atteggiamento ovvio ed inutile: "L'atmosfera di restaurazione culturale nella quale Tam Tam si trova a nascere è troppo consistente perché si possa sperare di combatterla con l'uso di formule ideologiche ormai consunte dall'interno e prive di efficacia (anche solo tattica)". Così nell'editoriale del n° 2. E ancora: "La dicotomia impegno-disimpegno ha […] nella sua stessa capacità di moltiplicarsi e suddividersi all'infinito-in una casistica disperante-il marchio del formalismo". Queste scelte finiscono per coagulare intorno all'iniziativa editoriale un vivace flusso di autori italiani e stranieri, che rivendicano "il diritto dell'operazione poetica a istituirsi come coscienza della e nella attività comunicativa, in una sintesi non a priori ma a posteriori, dal paesaggio dell'esperienza quotidiana all'astrazione intellettuale". Già da anni Spatola era entrato in contatto con i più importanti esponenti della poesia concreta e visuale e, con l'antologia "Geiger", nata da un'idea sua e di suo fratello Maurizio, ma catalizzata da Julien Blaine (con il quale Adriano aveva messo a punto il progetto di "Rabelais", rivista internazionale interdisciplinare mai concretizzato), aveva avviato il filone dell'"assembling press", come laboratorio attivo che permettesse a ciascun artista di "seminare nel campo del vicino"; aveva inaugurato, a Torino, le omonime edizioni di poesia e con esse, dopo qualche anno, il laboratorio tipografico del Mulino di Bazzano, che ruotava intorno ad una offset Gestetner sulla quale si cimentavano Adriano stesso e suo fratello Tiziano. Nata nel '66, l'antologia periodica raccoglieva i fermenti di una sperimentazione poetica, ampia per tendenze e ambiti geografici, sostenitrice di quel progetto di contaminazione universale che Spatola vedeva progredire "verso un'arte totale". Non sottomessa alle pressioni dell'industria culturale, la pubblicazione costituiva un collegamento in presa diretta tra autore e pubblico, poiché la raccolta di materiali numerati e firmati superava la mediazione della fase di stampa.
Osservava Mc Luhan che gran parte della gente accetta la propria cultura come destino. Ma il pericolo di rimanere invischiati in cicli culturali ermetici, come in una sorta di trance, può essere superato acquisendo una "consapevolezza... more
Osservava Mc Luhan che gran parte della gente accetta la propria cultura come destino. Ma il pericolo di rimanere invischiati in cicli culturali ermetici, come in una sorta di trance, può essere superato acquisendo una "consapevolezza empatica delle forme precise delle diverse culture". Il mezzo per raggiungere questa autoconsapevolezza era già individuato da Joyce in quello che egli chiamava "collideorscopio", termine che lo stesso Mc Luhan definisce come "l'intreccio e lo scambio in un miscuglio colloidale di tutte le componenti della tecnologia umana, via via che esse estendono i nostri sensi e mutano i loro rapporti nel caleidoscopio sociale dello scontro culturale". Il rischio di restare intrappolati entro modelli rigidi diventa altissimo quando la dimensione "libresca" non si coniuga a quell' "ingegnosità" preletteraria su cui si fonda la concezione originaria e naturale del sapere. Capita allora che vengano esaltati clichés paralogici che distendono lunghe ombre sulla percettibilità sinestetica del mondo. In questo senso, la capacità di percezione sinestetica è andata scemando con la diffusione dei prodotti tipografici. L'invenzione della stampa a caratteri mobili, infatti, offriva un oggetto libro che avrebbe svolto con crescente gradualità un ruolo determinante nel processo di separazione delle dimensioni percettive; mentre durante i secoli della cultura manoscritta, l'elemento tattile sollecitava quello visivo ed entrambi si connettevano all'udito, stuzzicato dalla sonorità della dettatura o dalla lenta sillabante ripetizione del testo durante l'autodettatura, dalla lettura collettiva o da quella, solitaria, bisbigliata nelle celle e compressa nei cubicula di lavoro. Trattando William Ivins, Mc Luhan notava che "Chi si occupa di letteratura e di filosofia è incline a preoccuparsi del 'contenuto' di un libro e ad ignorarne la forma. Si tratta di una manchevolezza caratteristica della scrittura fonetica, in cui il codice visivo ha sempre come 'contenuto' la parola ricreata dalla persona che legge. Nessun lettore o scriba cinese commetterebbe mai l'errore di ignorare la forma stessa della scrittura, poiché i suoi caratteri scritti non separano il codice visivo dalla parola come avviene invece per noi.
ALLA DERIVA DEL FOGLIO Sul fraseggio dello zeroglifico spatoliano per vedere e sentire di più. Sono ormai passati quasi trent'anni dalla scomparsa di Adriano Spatola. L'anniversario cadrà il 23 novembre 2018, ma purtroppo, per ragioni... more
ALLA DERIVA DEL FOGLIO Sul fraseggio dello zeroglifico spatoliano per vedere e sentire di più.

Sono ormai passati quasi trent'anni dalla scomparsa di Adriano Spatola. L'anniversario cadrà il 23 novembre 2018, ma purtroppo, per ragioni diverse, ancora non si riesce ad avere in Italia un'edizione completa delle sue opere, nonostante si registri, anche nelle nuove generazioni, uno spiccato interesse per il suo lavoro, come testimoniato dai numerosi interventi in rete. Molto si può leggere nel web soprattutto grazie al lavoro del fratello Maurizio che ha raccolto nel suo archivio digitale numerose anastatiche dell'opera poetica, rapportandola a documenti rari, se non addirittura introvabili negli archivi o nelle biblioteche, e accompagnandola spesso da commenti, osservazioni e saggi di grande utilità per inquadrare la figura e l'opera di suo fratello 1. Di fatto, però, su Adriano Spatola, nonostante siano stati pubblicati diversi studi di un certo rilievo, 2 c'è ancora molto da scoprire e da dire, specialmente per quanto riguarda la sua attività di sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi, in particolare nel settore performativo, sonoro e visivo. Particolarmente importante appare quest'ultimo aspetto perché implica una serie di considerazioni sulla sua poetica che potrebbero trovare utile applicazione nell'analisi degli altri ambiti creativi, incluso quello dei testi lineari. C'è chi pensa che l'immaginazione sia qualcosa di essenzialmente visivo. E indiscutibilmente c'è chi pensa per immagini. In quest'ambito, poi, c'è chi lavora per valorizzare il dato visivo della scrittura. C'è chi ne va matto. Del resto sono ormai ben note le qualità figurali di certi testi, siano essi tipografici, dattiloscritti, composti al computer, vergati a mano o dipinti: la loro forma dice al di là di ciò che dice. Aggiunge. Offre un bonus a chi sa ben guardare. A seconda di come è scritta, infatti, una parola può trascendere il suo significato principale o incamerare attributi ampliando non poco la propria sfera semantica. Non solo è possibile registrare sorprendenti passaggi dalla denotazione all'area della connotazione, ma si possono aprire ampie prospettive di significato e di senso, talvolta del tutto singolari o addirittura impreviste. Nel caso delle opere visive di Adriano Spatola dovremmo essere a zero sul piano dei significati, avendo scelto l'artista di giocare la sua partita esclusivamente a livello di significanti. Sappiamo bene che ogni opera costituisce un sistema linguistico e che, nei casi più spinti di chiusura verso l'altro da sé, dice comunque se stessa. Lo zeroglifico spatoliano sembra rispondere a questa regola: non ricerca infatti implicazioni nella realtà, ma è esso stesso realtà. La sua fase di progetto coincide perfettamente con il processo di realizzazione dell'opera. Concluso tale percorso, che rappresenta un modo tutto particolare di rapportarsi al dato reale, fatto di ritagli, di gesti, di superfici di scorrimento, di congiunzioni, di sovrapposizioni, di sguardi misuratori, di esistenze e resistenze, si giunge sul filo del traguardo di una nuova realtà. La realtà dell'opera. Che costituisce un elemento nuovo. Un nuovo dato reale, appunto. Che si aggiunge al mare magnum della realtà esterna. Rivoluzione di forme. Poesia astratta. Ma qualunque sia l'ambito al quale ascrivere il prodotto poetico non si esce dal vincolo della significazione. Per quanto ci si possa sforzare di allontanarsi dai contenuti, resta pur sempre evidente il dato materiale dell'opera che nasce in un contesto preciso, che contiene miriadi di referenze, sia pure inconsce, che testimonia un atteggiamento, un comportamento e una gestualità compositiva, che denuncia una tecnica, che assume forme mai prive di referenze iconografiche, di riferimenti mediatici, di relazioni: tutti elementi che parlano.
"La voix libérée al Palais de Tokyo. Rassegna internazionale di poesia sonora", a cura di Eric Mangion e Patrizio Peterlini, in “Fermenti”, n. 249, anno XLIX (2019), pp. 271-281.
"Endre Szkárosi (1952-2022) e la transpoesia – Voce, suono, spazio, movimento per una creatività senza confini", in “L’Age d’Or”, rivista online, anno III, 09 giugno 2022.
Senza andare a scavare troppo lontano nel tempo e senza considerare l'articolata produzione delle avanguardie storiche, è facile osservare che la Poesia Concreta, la Poesia Visiva o Visuale che dir si voglia e la Poesia Sonora,... more
Senza andare a scavare troppo lontano nel tempo e senza considerare l'articolata produzione delle avanguardie storiche, è facile osservare che la Poesia Concreta, la Poesia Visiva o Visuale che dir si voglia e la Poesia Sonora, considerata anche nella sua più ampia accezione performativa, costituiscono tre ambiti tecnici, variamente connessi tra di loro, a cui fanno riferimento, con mille sfumature diverse, i principi teorici elaborati da gruppi o da singoli artisti nella seconda metà del Novecento e in questo inizio di secolo. Parlavo di ambiti tecnici perché queste correnti creative (vere e proprie piattaforme operative), nonostante tutte le avversità interposte sul loro cammino da incomprensioni, fraintendimenti e conflitti di vario genere, e malgrado una certa disattenzione della critica e il relativo mancato pieno sostegno ai fini della promozione culturale, sono riusciti ad incidere in maniera molto significativa sul quadro generale della comunicazione mediatica, incuriosendo e sorprendendo per la varietà e la novità delle proposte sul piano pragmatico e metodologico. È evidente, e piuttosto consistente, per esempio, il debito che il mondo della pubblicità dovrebbe pagare alla sperimentazione verbo-visiva e sonora. Basti pensare alla gamma delle tipologie di rapporto tra testo e immagine, alla varietà degli assetti delle configurazioni grafiche e tipografiche, ai fonosimbolismi, alla retorica visiva, alle suggestioni sinestetiche, all'uso di particolari valori tonali, alle strategie compositive per sollecitare l'attenzione del fruitore, all'adozione di temi non convenzionali nella comunicazione corrente, all'uso di mood eccentrici, all'ambiguità espressiva, al nonsense, ecc. Per altro verso, è stato facile osservare che, specialmente nell'era del boom economico, l'influenza della cultura di massa sulla poesia sperimentale è stata molto forte. A tal proposito, sono da segnalare almeno l'adozione dell'iconografia dei prodotti di consumo, la decontestualizzazione di stampe pubblicitarie o di titoli di quotidiani o periodici, gli sconfinamenti nel fotoromanzo e nel fumetto, l'utilizzazione di linguaggi di settore, come quello della moda o dello sport. Si verificò, insomma, uno scambio di impulsi sul piano tecnico e di caratteri tipici dei singoli repertori espressivi, che ampliò notevolmente le relative aree linguistiche, introducendo considerevoli modifiche nelle rispettive zone di influenza. Lamberto Pignotti, tra i padri indiscussi della poesia visiva, con Eugenio Miccini e pochi altri, dette il via negli anni '60 ad un fenomeno artistico tutto italiano, perfino nel nome, considerata l'intraducibilità dei termini che lo designano. L'inglese visual poetry, il francese poésie visuelle o il tedesco visuelle Poesie corrispondono a poesia visuale, formula che, seppur nata dall'intuizione di Carlo Belloli nei primi anni '40 per definire il proprio lavoro, ha finito per abbracciare indistintamente l'intera produzione articolata tra parola e immagine. Basti pensare alla molteplicità delle tipologie poetiche che Anna e Martino Oberto indicavano nel loro famoso elenco (A. Spatola, Verso la poesia totale, Salerno, Rumma, 1969, p. 12). Tutte sigle ed etichette, che in realtà si riferivano agli ambiti di ricerca dei singoli artisti o di piccoli gruppi di sperimentazione, che Adriano Spatola collegò ad una nozione tanto ampia da poterle comprendere tutte: poesia totale. In ogni modo, quando nel '63 gli artisti del Gruppo 70 dettero il via alle loro poesie visive, «di questa singolare "specie"-scriveva Dorfles-non esistevano ancora documenti noti». Pignotti-che fu responsabile della prima antologia di poesia visiva per le edizioni Sampietro nel '65-, ha sempre sottolineato la sua specificità: non una poesia illustrata con l'ausilio di tecniche visuali, bensì una poesia dove testo e immagine fossero complementari e percepibili con approccio sintetico, in un sol colpo.
Fabunde targico ossemì da tragico desdemène skià. Mazzolète, mazzolète, sinistro mazzolète! Ki rimesca patàrio dansa sfina ratamà? NO, non sìpete grakkamàre finkemàre cenerà. Ivi non vite ke non vitàre sangue ke non pietrànno store in... more
Fabunde targico ossemì da tragico desdemène skià. Mazzolète, mazzolète, sinistro mazzolète! Ki rimesca patàrio dansa sfina ratamà? NO, non sìpete grakkamàre finkemàre cenerà. Ivi non vite ke non vitàre sangue ke non pietrànno store in ròdico racòndo. Aaaah sestefìna roste de rattapi onikùri! Rattrai ratània vustro sperdùro. Aaah sperder spergiuro vi stonza stazzapà! Sì, stazzapà pi stazzaperete stamazzango péro. Non sudasciva lerca pi sporka vi nerka. Rakito. Sudigia. Ri suditi sudittas lerpa né postempio badalète. Voi, voi, voi, che questa sera qui allemate patatrasso soggemia ul sasso di votte fungikà. NOOooo, astepìte tora! Ofunghe rano. Tora, tora! Kome kani rassiciti rankiolate ruvidando non sapete che gridando vi sgnappate il remani e la gorma gosterà. Erastog, erastog y kuntra orastog. Krakkete, sfinkete, strappete, spatakà, spatakà, finesterra skaramà. (con dolcezza nostalgica) Perimene! Oh sì era bello more puzzikkio kàlo! (Poi riprendendo con toni accesi) Mastomàro rikardente rutti penti distragràmi puzzolenti salegò. Notte, notte krokaceva rapida ke krokacerà vàndute. Re, Proteo, Scriba anderete varkiolando ke dolore siccipète con le risa della morte. Gai nessuno domani olerduno rifrattani. Odio ud spumi udirete. Aaah!! Estan ci ce cedro, estan vi re legna; ki a straci, malevèci? Voi. Fine, fine riperdérci de commedia gosterà, de tragedia riccipéte kel teatro sustasà. Zampirai kel damani finkidùro poghiràs, kai lamàni sur futùro escerpando sisperà.
Rivoluzione a parole è il titolo del volume di Patrizio Peterlini, pubblicato da Danilo Montanari [Ravenna, 2019], tra i più interessanti editori di arte contemporanea, le cui scelte originali, lo hanno condotto ad includere in catalogo... more
Rivoluzione a parole è il titolo del volume di Patrizio Peterlini, pubblicato da Danilo Montanari [Ravenna, 2019], tra i più interessanti editori di arte contemporanea, le cui scelte originali, lo hanno condotto ad includere in catalogo preziosi libri d'artista a tiratura limitata. Peterlini si occupa da anni di poesia sperimentale. Attualmente direttore della Fondazione Bonotto, per la quale ha curato mostre ed eventi, tra cui è sufficiente ricordare Fluxbooks (2015), Sense Sound / Sound Sense (2016) e La voix libérée (2019), è un profondo conoscitore delle forme verbovisive e sonore. Si è occupato da vicino di autori come Sarenco e Arrigo Lora Totino e di argomenti come l'esoeditoria o le riviste d'avanguardia. Proprio da queste specifiche esperienze scaturisce l'idea di questo libro, che raccoglie manifesti e documenti teorici prodotti dai movimenti d'avanguardia dal 1946 ad oggi. I pregi del volume sono molti, ma il fatto che metta insieme per la prima volta documenti così rari lo rende un utilissimo strumento di studio e di ricerca. La dimensione è quella internazionale. Del resto non sarebbe potuto essere altrimenti, visto che tutti i movimenti coinvolti sono stati caratterizzati da istanze internazionaliste, che contavano tra gli obiettivi l'abbattimento delle barriere linguistiche o addirittura la creazione di lingue sovranazionali, basti pensare a Pierre Garnier, a Seiichi Niikuni e Fujitomi Yasuo, al signalismo di Miroljub Todorovič, o all'idea di "poesia universale" espressa da Eugen Gomringer.
Tous droits réservés © Les Éditions Intervention. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez... more
Tous droits réservés © Les Éditions Intervention. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez consulter en ligne. Index auteurs: Julien Blaine, Edith Brunette, Michel Collet, Paul Couillard, Doyon/Demers, Charles Dreyfus, Bartolomé Ferrando, Julie Fiala, Hervé Fisher, Giovanni Fontana, Michel Giroud, Elisabeth Jappe, Michael La Chance, Jonathan Lamy, Hélène Lefebvre, Lu Lévesque, Patrice Loubier, Hélène Matte, André Marceau, Richard Martel, Helge Meyer, Francis O' Shaughnessy, Alain Martin Richard, Barbara Roland, Guy Sioui Durand, Julie-Anrée T., TouVa, Magali Uhl, Priscilla Vaillancourt, Valentine Verhaege.
Con Poesie infantili e giovanili (1937-1960)-Opere Poetiche I[1], a cura di Chiara Portesine, Argolibri ha avviato nel dicembre 2019 il progetto di pubblicazione delle opere complete di Corrado Costa, con la collaborazione della... more
Con Poesie infantili e giovanili (1937-1960)-Opere Poetiche I[1], a cura di Chiara Portesine, Argolibri ha avviato nel dicembre 2019 il progetto di pubblicazione delle opere complete di Corrado Costa, con la collaborazione della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, presso cui sono conservati l'archivio e la biblioteca del poeta. Per celebrare in modo adeguato il trentennale dalla scomparsa, appare in questi giorni Opere poetiche II-Poesie edite e inedite (1947-1991)[2], sempre sotto la cura lucida e scrupolosa della Portesine.
Ricordo della poetessa Giulia Niccolai (1934 - 1921)
Le texte, ou plutôt le pré-texte, apparemment toujours identique à lui-même, est là qui attend une lecture, une relecture, une reconstruction épigénétique, à travers des stades plus qu’interprétatifs, voire plastiques, construisant et... more
Le texte, ou plutôt le pré-texte, apparemment toujours identique à lui-même, est là qui attend une lecture, une relecture, une reconstruction épigénétique, à travers des stades plus qu’interprétatifs, voire plastiques, construisant et reconstruisant le poème espace-temps. Dans le processus, la variabilité des conditions du contexte, chaque accident, les lumières et les ombres, les obstacles, les trébuchements, les pleins et les vides, les bruits et les silences, les phases d’interprétation, la verve de l’improvisation, la variabilité de l’action performative, donc la furor poetico à laquelle nous avons fait allusion tout à l’heure, conduisent à des résultats de temps en temps différents, tous attribuables en deuxième, troisième, énième mesure au pré-texte, qui en tire profit. Le pré-texte aurait donc la capacité de retenir les échos provenant de son analogue dynamique.
La storia di Julien Blaine è ben nota. Artista ad ampio spettro, sperimentatore visuale e sonoro, performer, editore, animatore e organizzatore di eventi cultu-rali, spirito critico e dinamico, sempre pienamente coinvolto in questioni... more
La storia di Julien Blaine è ben nota. Artista ad ampio spettro, sperimentatore visuale e sonoro, performer, editore, animatore e organizzatore di eventi cultu-rali, spirito critico e dinamico, sempre pienamente coinvolto in questioni legate al dibattito culturale più avanzato, mai convenzionale, mai disposto ad accettare compromessi di comodo, è soprattutto un poeta nel senso più ampio del termine. Nella sua storia di poeta, Blaine ha sperimentato tutto: dal concreto al visuale, dal lineare al sonoro, dall'installazione alla performance, mantenendo sempre delle relazioni molto strette tra gli elementi linguistici di volta in volta consi-derati, secondo un'ottica intermediale, secondo una logica creativa che vuole, comunque, il gesto poetico sempre al centro del campo.
Le phénomène de la connectivité qui, autrefois, était établi par les rapports directs, ensuite amélioré par les technologies traditionnelles et plus tard par les nouveaux médias, est aujourd’hui beaucoup plus efficace dans les réseaux... more
Le phénomène de la connectivité qui, autrefois, était établi
par les rapports directs, ensuite amélioré par les technologies traditionnelles et plus tard par les nouveaux médias, est
aujourd’hui beaucoup plus efficace dans les réseaux numériques. Ce phénomène a toujours caractérisé l’avant-garde.
Il suffit de penser aux échanges intenses entre les artistes
futuristes, particulièrement ceux de Filippo Tommaso Marinetti, théoricien et leader du mouvement.
Le phénomène de la connectivité qui, autrefois, était établi par les rapports directs, ensuite amélioré par les technologies traditionnelles et plus tard par les nouveaux médias, est aujourd’hui beaucoup plus efficace dans les réseaux... more
Le phénomène de la connectivité qui, autrefois, était établi
par les rapports directs, ensuite amélioré par les technologies traditionnelles et plus tard par les nouveaux médias, est
aujourd’hui beaucoup plus efficace dans les réseaux numériques. Ce phénomène a toujours caractérisé l’avant-garde.
Il suffit de penser aux échanges intenses entre les artistes
futuristes, particulièrement ceux de Filippo Tommaso Marinetti, théoricien et leader du mouvement. Les contacts étaient
faits par l’échange de lettres, la diffusion de magazines,
mais aussi les relations personnelles entre artistes et écrivains, en particulier lors d’événements visant la promotion
du mouvement (les soirées de poésie, les conférences, les
représentations théâtrales, les expositions, les ballets, les
rencontres dans les cafés littéraires et même les bagarres !).
A testimoniare le convergenze e le divergenze degli interessi artistici e culturali tra Adriano Spatola e lo Studio di Informazione Estetica ci rimane un manoscritto sull'idea di “maison poétique”, che scaturisce, più in generale, dal... more
A testimoniare le convergenze e le divergenze degli interessi artistici e culturali tra Adriano Spatola e lo Studio di Informazione Estetica ci rimane un manoscritto sull'idea di “maison poétique”, che scaturisce, più in generale, dal rapporto con Laura Castagno e Leonardo Mosso a Torino, e, nel particolare, con Claudio Parmiggiani a Modena. 
Il manoscritto è costituito da sessantacinque pagine+1 [contraddistinte con una numerazione da A/1 ad A/65], in parte scritte a mano, in parte dattiloscritte, che includono schizzi esemplificativi, quadri operativi, grafici geometrici e alcune lettere a/di Claudio Parmiggiani. I testi, esposti per lo più in forma di appunti sintetici, si articolano in chiave problematica e presuppongono certamente ampie discussioni dirette, sia con i membri dello Studio di Informazione Estetica, sia con Parmiggiani e il gruppo degli amici emiliani. Ciò rende il materiale alquanto enigmatico in alcuni passaggi.
Ma cos’era la “maison poétique”? Come interpretare questo progetto? Cosa ruotava intorno a questa idea?
Nella Nuova Enciclopedia Popolare, ovvero Dizionario Generale di Scienze, Lettere, Arti, Storia, Geografia, ecc. ecc. [1841-48], primo grande esperimento italiano di divulgazione, voluto dall'editore Giuseppe Pomba e al quale... more
Nella Nuova Enciclopedia Popolare, ovvero Dizionario Generale di Scienze, Lettere, Arti, Storia, Geografia, ecc. ecc. [1841-48], primo grande esperimento italiano di divulgazione, voluto dall'editore Giuseppe Pomba e al quale collaborarono illustri studiosi quali Cesare Balbo, Cesare Cantù e Luigi Cibrario, alla voce "Paludi Pontine" così si legge: "Gran distretto degli Stati Pontificii nella provincia di Campania marittima, dagli antichi chiamati Agro Pometino. È composto di gran parte dell'Agro Romano, estendendosi da Cisterna a Terracina nella lunghezza di circa 30 miglia da maestro a sirocco, e di 25 in larghezza da Sezze a Monte Circello. Quest'estesa pianura circondata da città e da borghi, i quali anticamente formavano le campestri delizie della romana popolazione, è in tutta la sua larghezza intersecata dalla via Appia. Non più però di presente vi si veggono le 22 città e le centinaia di borghi e villaggi che a dir di Plinio, vi si annoveravano in tempo del dominio dei Romani. Le torbide acque che impetuose scendono dalle colline, le quali trovansi nei distretti di Velletri, di Core, di Carpineto, di Sermoneta, di Sezze, di Piperno, non che quelle de' monti Alto, Cacumano, Ema, Ardighetto ed Artemisio, tutte ramificazioni del subalpino romano sono la cagione per cui paludoso formossi l'intero Agro Pomezio, il quale dal lato australe è fiancheggiato da una doppia linea di boschive dune che lo separano dal mar Tirreno nella lunghezza di 26 miglia, cioè di 16 del capo d'Astura al Circello, e da questo monte sino a Terracina per altre 10. Quelle dune continuamente ingrossate per l'urto de' marosi, oltre all'impedire lo scolo delle acque, contribuiscono altresì a produrre quella mal'aria, la quale rende spopolato quest'ampio distretto." 1 Dopo averne così tracciato le coordinate geografiche, la voce illustra i numerosi tentativi di bonificare questi territori: da quelli del Console Cornelio Cetego, nel 163 a.C., a quelli di Giulio Cesare, di Augusto, di Nerva e Traiano, per passare a quelli del patrizio Decio, che tra il VI e il VII secolo ebbe in proprietà le paludi direttamente da Teodorico, re dei Goti. Non vengono citati Nerone, responsabile del progetto di unire Ostia a Baia con un maestoso canale navigabile, né Massenzio, né Costantino, anche loro impegnati a vario titolo per riscattare quelle terre. Poi un lungo buio fino alle opere di Martino V (al quale si deve l'attuale Rio Martino), Leone X (che approvò i progetti di bonifica di Leonardo da Vinci, ma non li realizzò completamente), Sisto V (al quale si deve la cosiddetta "linea Sisto") e Pio VI (1775-1799), che dette una svolta decisiva alle opere idrauliche con la "linea Pio". L'Enciclopedia ricorda, infine, che nel 1812 si propose di stabilire in quelle zone 70.000 coloni e che Napoleone decretò che tutto fosse attuato in un quinquennio! Ma non se ne fece nulla. L'ignoto estensore della voce "Paludi Pontine", sottolineando un quadro particolarmente desolante, così continua: "A malgrado però di tanti recenti lavori, una gran parte dell'Agro Pontino è tutt'ora paludosa o incolta, ed anche coperta dalle acque come la è tutta la parte orientale verso gli sbocchi dell'Aufento e dell'Amaseno, onde quella vasta estensione di terreno fu detta Pantano dell'Inferno."
Le 1er Février Pierre Garnier est décédé à l'âge de 86 ans. Son travail de poète, commencé dans les années cinquante, marque un vaste domaine de la recherche intermédiale. Dans les années soixante, avec sa femme Ilse, il théorise la... more
Le 1er Février Pierre Garnier est décédé à l'âge de 86 ans. Son travail de poète, commencé dans les années cinquante, marque un vaste domaine de la recherche intermédiale. Dans les années soixante, avec sa femme Ilse, il théorise la "Poésie spatiale". En 1963 il publie son "Manifeste pour une poésie nouvelle visuelle et phonique" [“Les Lettre”, n° 29, 1963] et "Un art nouveau : la sonie" [“Les Lettres”, n° 31, 1963]. Il s'agit de deux textes théoriques qui ouvrent des espaces visuels et acoustiques mémorables.
Né à Amiens le 9 Janvier 1928, il nous a laissé une centaine de livres de poésie et de prose. Pour lui la langue est une matière sonore et visuelle, et l’espace en exalte les qualités dynamiques. Dans sa poésie il crée des tensions et des vibrations. Il libère les énergies potentielles et amplifie les énergies réelles. En fait, dés le début des années soixante, Pierre Garnier est à la recherche de nouvelles syntaxes et structures linguistiques, considérées comme des instruments d’animation d’espaces de communication externes aux codifications courantes.
Le futurisme a 100 ans. Dans sa révolution poétique, le germe de la poésie performative contemporaine
Pubblicato in "Il Verri", n° 58, Milano, giugno 2015 GIOVANNI FONTANA ADRIANO SPATOLA E LA MAISON POÉTIQUE Architetture mentali e strategie reali "Adriano non ha mai vissuto a Torino, ci veniva saltuariamente quando si trattava di... more
Pubblicato in "Il Verri", n° 58, Milano, giugno 2015
GIOVANNI FONTANA
ADRIANO SPATOLA E LA MAISON POÉTIQUE
Architetture mentali e strategie reali
"Adriano non ha mai vissuto a Torino, ci veniva saltuariamente quando si trattava di assemblare le Antologie GEIGER […]. Poi i difficili rapporti con nostro padre si fecero impossibili e non venne più". 1 Così ricorda Maurizio Spatola. Il progetto GEIGER comincia a prendere corpo nel '66 e trova la sua realizzazione nella prima antologia, pubblicata a Torino nel 1967. 2 In quegli anni la città è interessata da dinamiche culturali legate alla rete delle neoavanguardie europee, con caratteri di spiccata originalità. Un ruolo importante è svolto da gruppi di ricerca che lasciano tracce significative nell'ambito della sperimentazione artistica degli anni successivi. Tra questi svolge un ruolo di rilievo lo Studio di Musica Elettronica (SMET), fondato da Enore Zaffiri, dove vengono elaborati progetti che collegano il suono alla geometria e alla matematica. Zaffiri promuove processi di sintesi intervenendo sull'organizzazione sintattica di modelli musicali, visivi e poetici, aprendo all'elettronica orizzonti pluridisciplinari e individuando, così, percorsi del tutto nuovi. La piega interdisciplinare dello SMET genera nel 1966 lo Studio di Informazione Estetica, nell'ambito del quale operano uno nucleo di poesia fonetica (che vede come protagonista il poeta Arrigo Lora Totino), uno studio di ricerche plastico-visive (affidato a Sandro De Alexandris) e un laboratorio dedicato all'architettura contemporanea curato da Laura Castagno e da suo marito Leonardo Mosso. La molla scattava nel mese di settembre di quell'anno, quando Castagno e Mosso incontravano all'inaugurazione della mostra "La lettura del linguaggio visivo", allestita presso la Facoltà di Architettura, Lora Totino e De Alexandris, cui faceva seguito il sodalizio con Zaffiri. Il gruppo iniziava a collaborare immediatamente. 3 Queste realtà, tutte pervase da un lucido interesse per l'interdisciplinarità, si muovono tessendo rapporti molto stretti. Gli interessi dello Studio di Informazione Estetica si aprono anche verso dimensioni internazionali, investigando in ambienti diversi e muovendosi tra semiologia e teoria dell'informazione, tra costruttivismo e strutturalismo, tra GRAV e Arte programmata, tra Scuola di Ulm e Politecnico di Torino. Alla metà degli anni '60 sono al centro dell'attenzione i traguardi dell'elettronica. Fortemente interessati e motivati, Laura Castagno e Leonardo Mosso chiedono un contributo al CNR per avviare ricerche per l'applicazione del computer in architettura e per interventi operativi di Computer Art. Gli studi condurranno nel 1968-69 alla "Città territorio programmata e autogestibile" e al "Modello di progettazione automatica globale per l'autoprogrammazione della comunità", con tavole in bianco e nero realizzate con il grande calcolatore Univac del Politecnico di Milano. Tutte queste sperimentazioni, condotte a diversi livelli di sinergia, appassionano gli artisti del gruppo e favoriscono una fertile comunione di intenti con diversi operatori esterni. Lo Studio di Informazione Estetica è un luogo "fisico" (la prima sede è in corso Vittorio Emanuele), ma principalmente costituisce un cerchio solidale in cui l'interesse culturale e l'amicizia favoriscono un clima particolarmente adatto alle proiezioni utopiche, tanto che nell'ottobre del 1966 viene promossa la creazione di una "Maison poétique", con l'obiettivo di mettere a punto un progetto che possa accogliere e sviluppare un piano di collaborazione fra le arti. Scrive Laura Castagno in una recente nota, che il 18 ottobre 1966 è indetta a tale scopo una riunione nella casa Castagno/Mosso.
Pantagruele e compagni, dopo una lunga sequela di avventure, arrivano finalmente davanti alla “Dive Bouteille” per interrogarla. Bacbuc, nobile pontefice, invita Panurge a compiere i gesti di rito: lo fa inginocchiare, gli fa baciare la... more
Pantagruele e compagni, dopo una lunga sequela di avventure, arrivano finalmente davanti alla “Dive Bouteille” per interrogarla.
Bacbuc, nobile pontefice, invita Panurge a compiere i gesti di rito: lo fa inginocchiare, gli fa baciare la fontana, gli fa eseguire tre danze dionisiache, lo fa sedere a terra tra due seggi preparati appositamente per la cerimonia e, infine, aperto un libro rituale, gli suggerisce di porre le sue domande cantando in versi. Ed ecco che per François Rabelais (1494-1553) l’interrogazione assume proprio la forma della bottiglia, che in modo del tutto sorprendente risponde: “Trink”, cioè “Bevi”.
«Fine direi, tanto per cominciare. Quando la prima elementare accorciò le ore del sonno facendo scivolare un freddo fastidioso nella schiena attraverso il colletto bianco inamidato. La fine di un'infanzia corta. L'odore dei lumini coprì... more
«Fine direi, tanto per cominciare. Quando la prima elementare accorciò le ore del sonno facendo scivolare un freddo fastidioso nella schiena attraverso il colletto bianco inamidato. La fine di un'infanzia corta. L'odore dei lumini coprì improv-visamente i profumi di vaniglia delle confetture quando mia madre perse suo fra-tello Glauco, poeta. E fu subito scuola ché, già padrone di alfabeti materni, una suora in prima battuta mi chiese di copiare una pagina dal libro di lettura. Proprio così come la vedi. Proprio così? Le chiesi. Sì, così. E fu che ricopiai irreprensi-bilmente in bodoni perfetto, cercando di minimizzare i caratteri per non varcare i margini del foglio. Ovviamente fu la delusione della suora-maestra e fu la delu-sione mia. Che continuavo a chiedermi senza risposta perché avesse voluto ob-bligarmi a quell'esercizio tanto strano, quando avrei potuto scrivere tranquilla-mente in corsivo corrente. Un impatto deludente. E perdente. Nei confronti di quella signora bacucca così strana che si era senz'altro fatta un'idea sbagliata delle mie capacità scrittorie. In realtà ero abituato ad osservare tutto nei detta-gli. E mi interessavano le grazie dei ca-ratteri di stampa. Li vedevo cordiali e sorridenti. In particolare m'intrigava la "e", simpaticamente, che aveva deciso di porsi di profilo per esaltare il taglio della sua risata sganasciata. Abituato a scrivere sotto dettatura, capii, lì, che non dovevo prendere tutto alla lettera. Ma, in effetti, il gran finale fuor di bam-bagia c'era già stato quando scappai dall'infantile ostello. Un alto cancello. Un giardino. Un pino. Altre monache. Altro tipo di cuffia. Fu la mia prima performance. Una fuga in solitario di cui mi restano nella mente certi curiosi 1. Mio padre Adalberto.
Giuliano Zosi: La mitologia sonora dell’esperienza poetica, in “Malacoda”, 8 aprile 2016, Anno II, n° 11, 2016.
http://www.malacoda.eu/2016/04/08/giuliano-zosi-la-mitologia-sonora-dellesperienza-poetica-di-giovanni-fontana/
Nel "Manifesto tecnico della letteratura futurista" [1912] Marinetti scrive: "Nulla è più interessante, per un poeta futurista, che l'agitarsi della tastiera di un pianoforte meccanico. Il cinematografo ci offre la danza di un oggetto che... more
Nel "Manifesto tecnico della letteratura futurista" [1912] Marinetti scrive: "Nulla è più interessante, per un poeta futurista, che l'agitarsi della tastiera di un pianoforte meccanico. Il cinematografo ci offre la danza di un oggetto che si divide e si ricompone senza intervento umano. Ci offre anche lo slancio a ritroso di un nuotatore i cui piedi escono dal mare e rimbalzano violentemente sul trampolino. Ci offre infine la corsa di un uomo a 200 chilometri all'ora. Sono altrettanti movimenti della materia, fuor dalle leggi dell'intelligenza e quindi di una essenza più significativa". Scegliendo questa citazione marinettiana Adriano Spatola, in un libretto dedicato al futurismo, 1 mette in evidenza l'importanza della componente fisica nei procedimenti poetici dell'avanguardia, sottolineando come questa possa in qualche modo sostituirsi, sotto forma di gesto creativo (al limite dell'automatismo), ai tradizionali processi di pensiero applicati alle tecniche di composizione artistica e di scrittura. Così continua, infatti, Adriano Spatola: "È opportuno notare come venga qui considerata più importante la manifestazione di una o più forze fisiche, che la forza del pensiero: è un altro esempio di come il Futurismo abbia operato continui spostamenti di contesto, imponendo per esempio la poeta le tecniche dell'impressione visuale. Del resto le «parole in libertà» hanno molto a che fare con la nostra idea del manifesto pubblicitario o (al limite della rarefazione) con ciò che noi pensiamo di una pagina di appunti stenografati, ma sono assai poco in relazione a quella che anche oggi, a più di mezzo secolo dal Futurismo, resta la comune idea della poesia. La corrispondenza grafica tra i rumori esterni e i segni sulla pagina produce il senso della poesia, anche indipendentemente da quella che abitualmente viene definita «scrittura». Nella poesia futurista c'era la richiesta di un segno più sintetico e immediato della parola tradizionale, qualcosa che potrebbe far pensare ai segni ideografici o alla scrittura figurata. Eppure questi temi ci riportano alla preistoria, suggerendoci strane equivalenze tra forme più moderne e quelle più antiche e perdute non solo della poesia, ma anche dell'arte". Qui Spatola, ragionando sul Futurismo, evidenzia alcuni dei temi fondamentali della propria poetica: il ruolo del gesto e della manualità come elementi comprimari nei processi tecnici di composizione, l'ampliamento dei campi d'intervento e l'importanza della decontestualizzazione, la funzione delle componenti visuali e sonore e le loro corrispondenze come produttrici di senso, la necessità di sintesi e immediatezza nel segno poetico, la relazione con le forme archetipiche. Tutti elementi che contribuiscono alla definizione di quella che il poeta chiamerà "poesia totale", riferendosi a quell'idea di opera d'arte totale oggetto d'interesse delle avanguardie storiche, ma che estendeva le proprie radici oltre i confini del secolo. Il progresso scientifico e tecnologico aveva alimentato la ricerca sul piano teorico ed aveva consentito quei miracoli tecnici che avrebbero radicalmente rivoluzionato il modo di fare arte. Basti pensare alle straordinarie applicazioni nel campo dell'elettricità, alla radiofonia, al cinema, ai nuovi scenari acustici, alla diffusione del magnetofono, poi alle nuove tecniche di riproducibilità, alla televisione e così via, fino ai più recenti traguardi dell'elettronica. Negli anni Sessanta, dopo anni di disinteresse, le esperienze pionieristiche delle avanguardie novecentesche diventano oggetto di grande attenzione. Da un lato, i critici e gli storici rivelano uno sterminato patrimonio di idee; dall'altro, gli artisti subiscono il fascino dell'interlinguaggio e via via ne consolidano le applicazioni, con un atteggiamento nuovo nei confronti della realtà e con strumenti più adeguati e più efficaci per operare intersezioni tra le arti. L'idea di categoria è parzialmente assorbita dall'idea di continuità. La fusione delle discipline artistiche è al centro di pratiche sempre più frequentate. Un giovanissimo Dick Higgins, già allievo
Anton Giulio Bragaglia e la sintesi del movimento. IL DIRITTO ALL'IDENTITÀ FOTODINAMICA. I. Fotodinamismo di diritto. Se è vero che Anton Giulio Bragaglia è uno dei grandi del Novecento (tant'è che il "Dizionario Biografico degli... more
Anton Giulio Bragaglia e la sintesi del movimento.
IL DIRITTO ALL'IDENTITÀ FOTODINAMICA.

I. Fotodinamismo di diritto.
Se è vero che Anton Giulio Bragaglia è uno dei grandi del Novecento (tant'è che il "Dizionario Biografico degli Italiani" della Treccani gli dedica ben sette pagine) è anche vero che per lui non è ancora stato fatto abbastanza, specialmente nella sua città natale, Frosinone, dove, anzi, per chissà quali misteriose ragioni, in alcuni ambienti ha attecchito il clima diffamatorio costruito sulla "teoria" secondo la quale Anton Giulio avrebbe approfittato della genialità dei suoi fratelli minori per assicurarsi un posto di rilievo nella cultura del suo tempo. Da quasi trent'anni si è costretti ad assistere ad un penoso balletto, dove tra una boutade e l'altra, si tenta di utilizzare la farina del sacco di Anton Giulio per appesantire quello dei suoi fratelli, specialmente quando si tratta del progetto e delle realizzazioni delle fotodinamiche futuriste. La campagna contro la figura di Anton Giulio iniziava nel 1973 con alcuni articoli diffamatori pubblicati da "Il Secolo d'Italia" e "Il Giornale di Bergamo". Ma nel 1982 la Corte d'Appello del Tribunale Penale di Roma stabiliva che "la paternità esclusiva del trattato 'Fotodinamismo futurista sedici tavole' appartiene ad Anton Giulio Bragaglia". Con tale sentenza veniva confermata "la condanna per il reato di diffamazione ai responsabili dell'attribuzione ai fratelli di scoperte e realizzazioni, come il Fotodinamismo, che notoriamente appartengono ad Anton Giulio". Qualcuno, poi, ha voluto sostenere l'idea di un laboratorio condotto a più mani, che non sarebbe stata sbagliata se si fosse avuto il buon gusto di definire con attenzione i ruoli che ognuno dei fratelli aveva svolto nel contesto del consorzio culturale bragagliano, senza cedere a tentazioni mistificatorie. I numerosi documenti e l'ampia bibliografia sull'opera di Anton Giulio e sulle sue iniziative in collaborazione con i fratelli (in particolare la "Casa d'Arte Bragaglia" e il "Teatro degli Indipendenti") testimoniano che questi ultimi, sia pure adoperandosi senza riserve, hanno svolto ruoli generalmente secondari nell'ambito del progetto culturale del loro fratello maggiore. Tra ambiguità ed approssimazione, se non addirittura scorrettezze più o meno motivate da interessi di mercato, ne scaturiva una diatriba che rientrava in tribunale. Fino al 1960, anno della morte di Anton Giulio (Frosinone 1890-Roma 1960), non era mai stata messa in dubbio la paternità del fotodinamismo; nel 1962 moriva anche il fratello Arturo (Frosinone 1893-Roma 1962), dopodiché, senza più la possibilità di essere contraddetto Carlo Ludovico (Frosinone 1894-Roma 1997) cominciava a rivendicare l'idea del fotodinamismo, arrogandosi l'invenzione delle tecniche e dei procedimenti espressivi nell'ambito di un gruppo di lavoro costituito dai tre fratelli, asserendo che Anton Giulio svolgeva solo il compito di teorico. Poi, in un esilarante crescendo, Carlo Ludovico si dava a dichiarazioni sempre più fantasiose. In occasione della mostra "Intorno al Futurismo" (Roma, Scuderie di Palazzo Ruspoli, 1991) dava informazioni di questo tenore: "Nel 1905 io e mio fratello Arturo diventammo ben
A futurista performansz Szöveg, hang, gesztus-útban a totális költészet felé A huszadik század második felében a költők jelentős hányada az írás és a mű-vészet közötti bonyolult viszony felé fordította tekintetét: az "intermedialitás... more
A futurista performansz Szöveg, hang, gesztus-útban a totális költészet felé A huszadik század második felében a költők jelentős hányada az írás és a mű-vészet közötti bonyolult viszony felé fordította tekintetét: az "intermedialitás felé", amely Dick Higgins elméleti intuíciója 1 nyomán a hatvanas években körvonala-zódott. A költészet áthágta a papírlap szabta határokat, a költő szükségét érezte, hogy az akusztikus, vizuális és színpadi (majd a virtuális) térben érvényesüljön, és így nézzen szembe a nyelvi keveredések szükségszerűen halmozódó kihívásai-val, a nyelvi szennyeződésekkel, a szinesztetikus észleléssel, a performansz tagolta térrel, az elektronikus technológiák nyújtotta új kapcsolatrendszerrel. Ha a múltba tekintünk, azt látjuk, hogy 1913-ban Filippo Tommaso Marinetti, a futurista avant-gárd megteremtője szerkezeti újítások sorát szorgalmazta a szöveg-térben: "Sűrű metaforák. Szófukar képek. Lényegi vibrációk. Gondolatcsomók. Legyezőformá-ban nyitott vagy zárt mozgás. Távoli analógiák. Színskálák. Az érzékelés kiterje-dése, súlya, mértéke és sebessége. Az érzékelésbe fejest ugró szóesszencia, a szó alkotta koncentrikus körök nélkül. A megérzés nyugalma. A két-három-négy-öt-szörös mozgás. Az intuíciós pályákat összefogó, tartó és magyarázó mérőcölöpök." 2 Az új "szabadszavak" (parole in libertà) megrengették az irodalmi szokások és bizonyosságok kereteit. Marinetti 1909. február 20-án kezdte meg forradalmi rohamát a Le Figaróban. 3 A művészet és a kultúra totális felforgatását indította el, ebben pedig szinte azon-nal művészek (költők, festők, zenészek stb.) népes csoportja csatlakozott hozzá. A futurizmus a művészi és a mindennapi tevékenységek programjaként jött létre, életstílust jelentett, fizikai és materiális alapokon nyugvó kreacionista távlatokat vázolt fel a spiritualista jelképiség ellenében, hogy aztán végigszáguldjon az egész századon, és napjaink alkotóinak jelentsen folytonos ihletforrást. 4 Szempontjai egyik legfontosabb csoportját azok az elméleti és gyakorlati újítások alkották, ame
Le dinamiche multiple della 'Poésie­action' Un ferratissimo articolo­saggio per ricordare l'artista francese morto 86enne pochi mesi fa. Figura fondamentale nel campo della poesia performativa francese e internazionale del secondo... more
Le dinamiche multiple della 'Poésie­action' Un ferratissimo articolo­saggio per ricordare l'artista francese morto 86enne pochi mesi fa. Figura fondamentale nel campo della poesia performativa francese e internazionale del secondo Novecento, con grande autocoscienza critico­teorica egli sapeva tenere in mirabile equilibrio e in potente sinergia poietica testo, voce, gesto e tecnologia. Se l'azione del grido poetico di Artaud era essenzialmente centripeta, il suo lavoro compositivo ed esecutivo era invece centrifugo, proiettato ad interagire col pubblico, a valersi di elementi di improvvisazione. "Vaduz" (1974) è forse il poema plurivocale e polisemantico che meglio lo rappresenta. di Giovanni Fontana
ACTION POETRY Il corpo in azione nello spazio della ricerca poetica performativa 1. Parole sui muri e corpi d'artista Grazie all'iniziativa di un artista, Claudio Parmiggiani, e alla complicità di un Sindaco amante del nuovo, Mario... more
ACTION POETRY
Il corpo in azione nello spazio della ricerca poetica performativa

1. Parole sui muri e corpi d'artista Grazie all'iniziativa di un artista, Claudio Parmiggiani, e alla complicità di un Sindaco amante del nuovo, Mario Molinari, nel mese di agosto del 1967 viene scritta una interessante pagina d'arte. Si trattava di "Parole sui muri", un festival che vede un piccolo centro dell'Appennino modenese, Fiumalbo, letteralmente occupato da un centinaio di artisti italiani e stranieri che ne impegna gli spazi con installazioni, sculture, grandi poster di poesia, slogan sulle case, parole sugli alberi, nuova segnaletica urbana (un cartello di Ketty La Rocca indica il "senso di responsabilità"); ma lo spazio è presidiato anche con voci, suoni e azioni poeticamente sottolineate da lanci di mongolfiere. Sarenco (al secolo Isaia Mabellini, allora giovane leva della "poesia visiva") ricorda che le performance di Fiumalbo "divennero vere e proprie prove pre-rivoluzionarie. Il clima era incandescente e altamente provocatorio". 1 Trasformato per l'occasione in uomo-sandwich, egli si ribattezza "body poem" e, analogamente, F. Tiziano (alias Tiziano Spatola, fratello di Adriano) porta sul petto la scritta "Io sono una poesia". In quei giorni, tutti gli artisti presenti alla manifestazione decidono di rendere omaggio alla figura di Piero Manzoni, scomparso prematuramente quattro anni prima, riprendendo un suo gioco-esperimento: chi entra in un cerchio dipinto nella piazza principale del paese è dichiarato opera d'arte permanente, con un attestato numerato e firmato dal sindaco. Manzoni [1933-1963] aveva progettato nel 1961 i suoi "Certificati di autenticità", così concepiti: "Si certifica che [nome della persona] è stato firmato per mano mia e pertanto considerato, a partire dalla data sotto riportata, opera d'arte vera e autentica. Firmato: Piero Manzoni". Con Manzoni, quindi, si entra in una dimensione concettuale; sulla scorta della lezione delle avanguardie storiche, l'ampiezza dei confini dell'arte si estende molto al di là di quelli convenzionali; nello stesso tempo, si pone attenzione ai valori del corpo, che è proclamato opera d'arte non in quanto corpo-che-vive-e-che-agisce, ma solo in quanto oggetto; nella fattispecie oggetto della considerazione dell'artista, oggetto cui l'artista riferisce il suo gesto elettivo: più o meno lo stesso tipo di considerazione che Manzoni riserva ai propri escrementi inscatolati con l'etichetta "Merda d'artista". 2. Il corpo in azione L'attenzione da parte degli artisti nei confronti del corpo ha sempre goduto di ampio rilievo, fin dall'antichità; ma un atteggiamento nuovo che intende il corpo come matrice, come luogo, come struttura linguistica, come significante e cassa di risonanza dei significati, coniugandolo a uno spazio non solamente geometrico, né solamente deputato all'azione, ma riferito anche alla vita, si affaccia agli inizi del XX secolo: basti pensare ai futuristi e ai dadaisti, ad Artaud e a Duchamp. In Italia Balla e Depero parlano di "arte-azione" nella loro ipotesi di ricostruzione dell'universo, 2 Marinetti allarga i domini dell'arte a ogni aspetto della vita e introduce indicazioni tecniche sull'uso del corpo nel manifesto della "declamazione dinamica e sinottica"; 3 perfino nel circoscritto campo della pittura si vuole che l'artista diventi "un vortice di sensazioni": Carrà parla di "pittura totale", di "cooperazione attiva di tutti i sensi" e conclude il suo manifesto del '13 dicendo che "bisogna dipingere, come gli ubbriachi (sic) cantano e vomitano, suoni, rumori e odori!". 4
ALLA DERIVA DEL FOGLIO Sul fraseggio dello zeroglifico spatoliano per vedere e sentire di più di Giovanni Fontana Sono ormai passati quasi trent'anni dalla scomparsa di Adriano Spatola. L'anniversario cadrà il 23 novembre 2018, ma... more
ALLA DERIVA DEL FOGLIO
Sul fraseggio dello zeroglifico spatoliano per vedere e sentire di più
di Giovanni Fontana

Sono ormai passati quasi trent'anni dalla scomparsa di Adriano Spatola. L'anniversario cadrà il 23 novembre 2018, ma purtroppo, per ragioni diverse, ancora non si riesce ad avere in Italia un'edizione completa delle sue opere, nonostante si registri, anche nelle nuove generazioni, uno spiccato interesse per il suo lavoro, come testimoniato dai numerosi interventi in rete. Molto si può leggere nel web soprattutto grazie al lavoro del fratello Maurizio che ha raccolto nel suo archivio digitale numerose anastatiche dell'opera poetica, rapportandola a documenti rari, se non addirittura introvabili negli archivi o nelle biblioteche, e accompagnandola spesso da commenti, osservazioni e saggi di grande utilità per inquadrare la figura e l'opera di suo fratello 1. Di fatto, però, su Adriano Spatola, nonostante siano stati pubblicati diversi studi di un certo rilievo, 2 c'è ancora molto da scoprire e da dire, specialmente per quanto riguarda la sua attività di sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi, in particolare nel settore performativo, sonoro e visivo. Particolarmente importante appare quest'ultimo aspetto perché implica una serie di considerazioni sulla sua poetica che potrebbero trovare utile applicazione nell'analisi degli altri ambiti creativi, incluso quello dei testi lineari. C'è chi pensa che l'immaginazione sia qualcosa di essenzialmente visivo. E indiscutibilmente c'è chi pensa per immagini. In quest'ambito, poi, c'è chi lavora per valorizzare il dato visivo della scrittura. C'è chi ne va matto. Del resto sono ormai ben note le qualità figurali di certi testi, siano essi tipografici, dattiloscritti, composti al computer, vergati a mano o dipinti: la loro forma dice al di là di ciò che dice. Aggiunge. Offre un bonus a chi sa ben guardare. A seconda di come è scritta, infatti, una parola può trascendere il suo significato principale o incamerare attributi ampliando non poco la propria sfera semantica. Non solo è possibile registrare sorprendenti passaggi dalla denotazione all'area della connotazione, ma si possono aprire ampie prospettive di significato e di senso, talvolta del tutto singolari o addirittura impreviste. Nel caso delle opere visive di Adriano Spatola dovremmo essere a zero sul piano dei significati, avendo scelto l'artista di giocare la sua partita esclusivamente a livello di significanti. Sappiamo bene che ogni opera costituisce un sistema linguistico e che, nei casi più spinti di chiusura verso l'altro da sé, dice comunque se stessa. Lo zeroglifico spatoliano sembra rispondere a questa regola: non ricerca infatti implicazioni nella realtà, ma è esso stesso realtà. La sua fase di progetto coincide perfettamente con il processo di realizzazione dell'opera. Concluso tale percorso, che rappresenta un modo tutto particolare di rapportarsi al dato reale, fatto di ritagli, di gesti, di superfici di scorrimento, di congiunzioni, di sovrapposizioni, di sguardi misuratori, di esistenze e resistenze, si giunge sul filo del traguardo di una nuova realtà. La realtà dell'opera. Che costituisce un elemento nuovo. Un nuovo dato reale, appunto. Che si aggiunge al mare magnum della realtà esterna. Rivoluzione di forme. Poesia astratta. Ma qualunque sia l'ambito al quale ascrivere il prodotto poetico non si esce dal vincolo della significazione. Per quanto ci si possa sforzare di allontanarsi dai contenuti, resta pur sempre evidente il dato materiale dell'opera che nasce in un contesto
Paul Zumthor, profondo conoscitore di letteratura medievale sia nei suoi aspetti testuali che in quelli modali, dove "il testuale domina lo scritto; il modale, le arti della voce", chiarisce che "nel momento in cui, durante la... more
Paul Zumthor, profondo conoscitore di letteratura medievale sia nei suoi aspetti testuali che in quelli modali, dove "il testuale domina lo scritto; il modale, le arti della voce", chiarisce che "nel momento in cui, durante la performance, il testo composto per iscritto diventa voce, una mutazione globale lo investe e, per tutto il tempo in cui prosegue l'audizione e in cui questa presenza dura, ne modifica la natura. Al di là degli oggetti e dei sensi a cui fa riferimento, il discorso vocale rinvia all'innominabile: la parola non è la semplice esecutrice della lingua, che non realizza mai pienamente, che infrange, con tutta la sua corporeità, per il nostro impre-vedibile piacere. È così che la voce interviene nel e sul testo, come dentro e su una materia semi formalizzata, con cui plasmare un oggetto mobile, ma finito". Esplorando specificatamente le frontiere della poesia sonora, lo stesso Zumthor scrive: "Il vocema diviene nello stesso tempo suono, parola, frase, discorso, inesauribilmente; e lo diventa nella propria conti-nuità ritmica". E, soffermandosi sul nostro lavoro, così prosegue: "È così che si può, con Giovanni Fontana, assicurare che la poesia non solo è con la voce e nella voce, ma dietro la voce, all'interno del proprio corpo, da dove vengono dominati il canto, i sospiri, i soffi, gli ansiti e tutto ciò che, al di qua e al di là del dire, è segnale dell'inesprimibile, coscienza primor-diale dell'esistenza. Giovanni Fontana parla in questo senso di poesia dilatata". In questa direzione, la poesia, scritta o dipinta che sia, pur nella sua stesura completa e definitiva, può essere considerata come una poesia interrotta, come un pre-testo da utilizzare per aprire un varco verso altre dimensioni. 4 Dalla parola, dal colore, dal segno bidimensinale potrà scaturire un poema polidimensionale che includerà il suono e l'azione, un poema che sarà scritto dinamicamente e si distenderà nel tempo. Ma al di là dell'infinita gamma di relazioni tra la scrittura e gli altri
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Pour citer cet article, utiliser l'information suivante : http://id.erudit.org/iderudit/45549ac Note : les règles d'écriture des références bibliographiques peuvent varier selon les différents domaines du savoir. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez consulter à l'URI https://apropos.erudit.org/fr/usagers/politique-dutilisation/ Document téléchargé le 30 juin 2015 11:40
Anton Giulio Bragaglia, nel suo fondamentale saggio Fotodinamismo futurista (di cui quest'anno ricorre il centenario della pubblicazione) 1 innesca un processo che trasforma radicalmente il "modus videndi" e l'intero sistema della... more
Anton Giulio Bragaglia, nel suo fondamentale saggio Fotodinamismo futurista (di cui quest'anno ricorre il centenario della pubblicazione) 1 innesca un processo che trasforma radicalmente il "modus videndi" e l'intero sistema della visione. Apre all'occhio dimensioni straordinarie che, sottese da illuminanti riflessioni teoriche, inaugurano una nuova concezione dell'immagine, che trascende lo stesso specifico tecnico della fotografia. Se ne era reso ben conto Carlo Ludovico Ragghianti, quando nel dicembre del 1958, sulla base della fortuita scoperta di un articolo di Edoardo di Sambuy in un vecchio numero della rivista "La Fotografia Artistica" 2 (maggio 1913, V numero, anno X), trovato in una bottega antiquaria, indaga sul Fotodinamismo e lo rilancia all'attenzione degli studiosi evidenziandone tutto lo spessore, fermamente convinto di trovarsi di fronte ad un fenomeno artistico, che avrebbe modificato posizioni e giudizi critici sul futurismo e che avrebbe aperto nuovi orizzonti culturali, tanto che, quando ebbe l'incarico di curare la mostra storica del futurismo per la Biennale di Venezia, chiese che le fotodinamiche di Bragaglia fossero esposte con i quadri dei pittori futuristi, non come documenti, ma come vere e proprie opere. 3 E quando Ragghianti, per contrasti con l'Ente veneziano, ritirò il suo progetto, si rivolse a Bragaglia sottolineando che nella "mostra era parte organica e insostituibile anche la fotodinamica, presentata alla pari delle produzioni pittoriche e scultorie". 4 Avendo "rievocato la valenza della fotodinamica, anzi la sua precedenza rispetto ad altri fenomeni caratteristici del futurismo ed alle ricerche di molti pittori futuristi", Ragghianti esprimerà il suo rammarico per l'impossibilità "di dare al pubblico questa visione nuova e più obbiettiva". 5 Come si era reso conto Ragghianti della portata del fotodinamismo, a quasi cinquant'anni dalla sua creazione, se ne era, sincronicamente, ben reso conto Boccioni, che, temendo implicazioni negative per la propria ricerca artistica, non trovò di meglio che sconfessare l'idea bragagliana. Nella famosa lettera che indirizzò al gallerista Sprovieri il 4 settembre 1913, l'artista scrisse: "Mi raccomando, te lo scrivo a nome degli amici futuristi, escludi qualsiasi contatto con la fotodinamica di Bragaglia. È una presuntuosa inutilità che danneggia le nostre aspirazioni di liberazione dalla riproduzione schematica o successiva della statica e del moto. Per l'iniziazione elementare quello che Balla HA FATTO. Quello che farà sarà certamente superiore. È giustissima la suddivisione che tu fai nella lettera a Marinetti − immagina dunque se abbiamo bisogno della grafomania di un fotografo positivista del dinamismo… Dinamismo sperimentale. Il suo libercolo mi è sembrato, e così agli amici, semplicemente mostruoso. Grottesca la prosopopea e l'infatuazione sull'inesistente −". 6 A questo ingeneroso giudizio fece seguito la pubblicazione su "Lacerba" dell'avviso firmato dal gruppo dei pittori futuristi (Boccioni, Balla, Carrà, Severini, Russolo e Soffici), dove a chiare lettere si stabiliva la distanza dal fotodinamismo: "Data l'ignoranza generale in materia d'arte, e per evitare equivoci, noi pittori futuristi dichiariamo che tutto ciò che si riferisce alla fotodinamica concerne esclusivamente delle innovazioni nel campo della fotografia. Tali ricerche puramente fotografiche non hanno assolutamente nulla a che fare col Dinamismo plastico da noi inventato, né con qualsiasi ricerca dinamica nel dominio della pittura, della scultura e dell'architettura". 7 In realtà questo atteggiamento di rifiuto, come rilevato dallo stesso Ragghianti e come sottolineato in successivi studi a riguardo, più che da divergenze teoriche, era motivato dal timore di Boccioni di vedere sminuite le sue innovazioni in campo artistico. Oltretutto Boccioni, ponendosi in deprecabile ritardo rispetto a Bragaglia, non riconosceva valore artistico alla fotografia, considerandola una mera tecnica di riproduzione del reale. Cosa assolutamente non vera, come del resto lo stesso Bragaglia stava dimostrando in teoria e in pratica.
Érudit est un consortium interuniversitaire sans but lucratif composé de l'Université de Montréal, l'Université Laval et l'Université du Québec à Montréal. Il a pour mission la promotion et la valorisation de la recherche. Érudit offre... more
Érudit est un consortium interuniversitaire sans but lucratif composé de l'Université de Montréal, l'Université Laval et l'Université du Québec à Montréal. Il a pour mission la promotion et la valorisation de la recherche. Érudit offre des services d'édition numérique de documents scientifiques depuis 1998. Pour communiquer avec les responsables d'Érudit : erudit@umontreal.ca Article Giovanni Fontana Inter : art actuel, n° 97, 2007, p. 27-31. Pour citer cet article, utiliser l'information suivante : http://id.erudit.org/iderudit/45643ac Note : les règles d'écriture des références bibliographiques peuvent varier selon les différents domaines du savoir. Ce document est protégé par la loi sur le droit d'auteur. L'utilisation des services d'Érudit (y compris la reproduction) est assujettie à sa politique d'utilisation que vous pouvez consulter à l'URI http://www.erudit.org/apropos/utilisation.html Document téléchargé le 7 October 2012 04:07 « Esprit nomade, hérétique parmi les hérétiques, philosophe et poète… Giordano Bruno »

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Per tracciare, sia pur sommariamente, ma con chiarezza, l’evoluzione di un concetto che ci sta a cuore, come quello dell’“opera plurale”, non si costa proprio nessuna fatica, quest’anno, a prendere le mosse dal centenario del movimento... more
Per tracciare, sia pur sommariamente, ma con chiarezza, l’evoluzione di un concetto che ci sta a cuore, come quello dell’“opera plurale”, non si costa proprio nessuna fatica, quest’anno, a prendere le mosse dal centenario del movimento futurista. Pur se non si può fare a meno di accettare l’idea che Marinetti abbia tratto più di uno spunto dall’opera di alcuni precursori fuori dalle righe, bisogna dargli atto che la scintilla del primo manifesto, accesa sulle pagine de “Le Figaro” il 20 febbraio 1909, tra trasgressioni e innovazioni, ribaltamenti e sovversioni, ha avuto effetti piuttosto significativi, innescando un processo di prefigurazioni a catena che hanno aperto prospettive insospettate al rapporto tra media e linguaggi. Nella poesia, per esempio, i limiti della pagina sono efficacemente violati e la figura del poeta si trova di colpo davanti alla necessità di agire nello spazio acustico, visivo, scenico, per affrontare le esigenze pressanti di progetti fondati sulle intersezioni linguistiche, sulle contaminazioni, sulla percezione multisensoriale, sui rapporti con le nuove tecnologie e, soprattutto, sulla complessità della dimensione della performance. A scattare utilmente è l’interesse per la complessità dei rapporti tra la scrittura e le arti, che gradualmente s’incanalerà nella direzione di quella che, negli anni Sessanta, una fortunata intuizione di Dick Higgins indicherà come “intermedialità”.
Sound poetry, which emerged in the fifties from the encounter between the phonetic experiments, carried out by the first avant-garde artistes, with the new magnetic tape recording technology, has its specific seed of creation and... more
Sound poetry, which emerged in the fifties from the encounter between the phonetic experiments, carried out by the first avant-garde artistes, with the new magnetic tape recording technology, has its specific seed of creation and expression in the sounds that can be modulated by the vocal apparatus. The rebirth of the metric and graphic codifications of writing by the historical avant-garde, left more and more space for the pure presence of the voice as the primal, irreducible, and unique tool of the poet. Therefore, the deconstruction of poetic language has highlighted, in this research, the texture of language, often allowing meaning to slip into the background. In this way, the primal aspect of language emerges: the fact that it is sound. The modulations of the phono-vocatory organ and their recording and manipulation have opened up a new space, a "New domain that we can explore beyond consciousness, beyond the unconscious, somewhere at the source of the breath and corpuscles, of our organs, specifically the eye and the ear which, in the creation of poetry function only as means of regulation and control (cybernetics)."1 In this new research space the physical, sensual and ecstatic presence of the poet is revealed, going beyond the mere signifier. It goes beyond but does not overtake it completely, remaining on the side before of words, before the sound will take shape into words. "For me, it (sound poetry) captures anew a more primitive form of language that dates back to the time before the transformation of expressive sounds into conventional words and to a time when the human voice was more vibrant, more powerfully corporal. The tape recorder, which makes it possible to amplify, overdub, and slow down sounds, led us to a rediscovery of the voice, to the point that it has become almost visible and tactile again."2 And even when the word persists and survives all these modulations, as in the case of Bernard Heidsieck's work, it is "beyond words and sounds or through the sounds and words being physically tested and retransmitted-(through which) passes, or should pass, an instantaneous current of electricity, which transcends the usual rules of communication".3 Giovanni Fontana's poetic research fits well into this path but sets itself apart to the extent that it frees itself from the fascination of the recording media itself (which was the inspiration of this research allowing the development of historical sound poetry in which the sound, timbre and rhythmic aspects peculiar to each voice replaced the rhyme and the verses) by placing the concept of epigenetics at the centre of his research. Epigenetics is not a poetic concept. It is a scientific concept that catalogues and studies the phenotypic changes of DNA in which no variation of the genotype is observed. Therefore, variations of the phenotype, that is, of all the characteristics manifested by a living organism (morphology, development, etc.) arise without any mutation of the genes. In essence, epigenetics does not study the structural changes of DNA but studies the ways in which genes are expressed. By way of analogy, Fontana's epigenetic poetry is not interested in modifying the text of the poem, which remains fixed and, although formulated in highly articulated visual scores and writing, does not change once defined, but instead focuses on the variations of its expression, of its performance. Therefore, Fontana relentlessly shifts the focus onto the unpredictable, onto chance, onto mutation. In essence, onto the autonomous and uncontrollable life of a text in its performative articulation that creates mobile, indefinite, ever-changing structures. Emphasis is placed on the reciting, declaiming and speaking voice as a living and ever-changing entity. The text is downgraded to a mere mnemonic supporting role, or even less significantly, to a palimpsest. The visual scores are a mere pretext, to be re-interpreted every time in interaction with the performance space and the technology available, modulating into a range of infinite possibilities.
Durante il suo percorso, autonomo ed originale, ironico ed elegante, di indagatore edotto ed allenato alla pratica sperimentale della poesia sonora e visuale, sempre fuoripista, ma mai arrogante nella conduzione del gioco poetico, Gian... more
Durante il suo percorso, autonomo ed originale, ironico ed elegante, di indagatore edotto ed allenato alla pratica sperimentale della poesia sonora e visuale, sempre fuoripista, ma mai arrogante nella conduzione del gioco poetico, Gian Paolo Roffi (classe 1943) per circa quarant'anni ha tenuto rapporti con i maggiori esponenti dei più importanti movimenti di ricerca espressiva che hanno tessuto la storia dell'avanguardia in ambito internazionale. Come si può ben immaginare, nello studio bolognese dell'artista si è gradualmente raccolta, giorno dopo giorno, anno dopo anno, una preziosa documentazione fatta di libri e cataloghi, di riviste e fotografie, ma anche di ricchi carteggi e di numerose opere rispondenti ai criteri delle arti verbo-visuali. Da ciò è scaturita l'idea di costituire, dapprima un vero e proprio archivio visitabile (lo studio "Segni & Segni"), e poi l'ipotesi di mettere in mostra le opere raccolte, curandone gli aspetti espositivi in spazi particolarmente interessati a questo tipo di sperimentazione, con il titolo "Fuoripagina". Roffi ha scelto lavori per lo più in formato A4 (quello più diffuso nella pratica dello scambio tra artisti), aggiungendo, alla prima serie della sua collezione, nuove acquisizioni ottenute grazie ad amichevoli scambi o rintracciate pazientemente e faticosamente, e poi acquistate, con la precisa intenzione di documentare i percorsi di relazione tra le diverse correnti di ricerca, per poterne evidenziare le interconnessioni, artisticamente e concettualmente fondate, al fine di valorizzare il significato della raccolta nel suo insieme. Ne è venuta fuori una prima mostra al Museo di Arte Contemporanea del Novecento di Monsummano Terme [07 marzo-02 giugno, 2015]; una seconda alla Spezia, nella storica Galleria "Il Gabbiano", giusto in tempo prima della definitiva chiusura, avvenuta con la piena costernazione dell'ambiente della poesia verbo-visiva, che aveva eletto quello spazio a luogo simbolico per questo tipo di ricerche [19 novembre 2016-05 gennaio, 2017].