Prefazione a Anna Luana Tallarita, Il potere della voce. Per un uso consapevole dello strumento vocale, Canterano (Roma), Aracne, 2019, pp. 7-9. Il tema del potere della voce nelle sue complesse ed articolate implicazioni mi permette di...
morePrefazione a Anna Luana Tallarita, Il potere della voce. Per un uso consapevole dello strumento vocale, Canterano (Roma), Aracne, 2019, pp. 7-9.
Il tema del potere della voce nelle sue complesse ed articolate implicazioni mi permette di presentare in proposito due casi etnografici di diversi contesti performativi, distanti nello spazio e nella cultura che li esprimono, per poi ragionare di come il corpo e la voce giochino tra loro con rimandi reciproci in entrambi i casi.
Infatti, oltre alla immedesimazione performativa, altro carattere costitutivo e generale è il fatto che l’esposizione di tipo memorativo è di per sé “azione” perché porta la voce ad una motricità nel primo caso legata anche al controllo del corpo nell’azione nel rito, e nel secondo caso legata alla produzione di senso di quel che si sta rimemorando: il corpo si muove e piega la parola nel seguire il contesto rituale fatto di azione e presenze, come nel legare chi ascolta ad un libro assente e di cui la voce è il tramite, operatore di un sapere esperto e consapevole.
Una stessa “intenzione” soggiacente alla parola come azione del corpo dà senso e valore alla comunicazione e relazione simbolica dei partecipanti con il “fatto” e nel “fatto”. L’efficacia simbolica della relazione tra voce e corpo consiste proprio nella corrispondenza di questa intenzione nella costruzione sociale dell’identità di genere e di popolo in un caso e della relazione tra persone e libri nell’altro caso, ed in entrambe nel fatto che i presenti “com-prendono” e sono “com-presi”.
Il testo fa parte di una più ampia riflessione sul rapporto della voce con il corpo iniziata con le mie osservazioni in tema sul rito del “Taglio dei capelli e il rito della pubertà femminile” come parte del lavoro “Ied Namagged. Il canto della tonsura e il rito della pubertà femminile tra i Cuna” a cura di L. Giannelli e mia, pubblicato nel 2017 nel sito del CISAP – Centro Interdipartimentale di Studi sull’America Pluriversale, dell’Università di Cagliari, con la relativa traccia audio del rito al link:
https://sites.unica.it/cisap/archivio/cisai/etnolinguistica/. Entrambi questi due testi sono comunque reperibili anche ivi: il primo come estratto ed il secondo in formato integrale.
Nella nota al testo dell’ “Ied Namagged” con L. Giannelli avvertiamo che:
«Nel nostro lavoro impieghiamo il vocabolo “cuna” come etnonimo e come glossonimo, considerando che tale voce è riportata in lessicografia italiana, p. es. da T. De Mauro e M. Mancini, “Dizionario Etimologico”, Garzanti, Milano 2000, e anche dall'Enciclopedia Treccani. La voce “cuna” corrisponde a usi grafici consolidati, successivamente: “cuna”, in spagnolo, “kuna” più ampiamente diffuso ma successivo, infine “guna” secondo l'ortografia sanzionata di recente dalle autorità cuna stesse. La parola “guna”, in questa forma grafica, s'impiega per designare la popolazione in alternativa a “dule”, letteralmente 'gente'. La lingua viene designata come “dulegaya”, letteralmente 'lingua della gente' (ove 'gente' si applica alle persone di etnia cuna) o “gunagaya”.»