Professore emerito dell’Università di Palermo, fondatore nel 2004 e direttore del quadrimestrale “Mediterranea-ricerche storiche”, è autore di numerose pubblicazioni, tra cui Storia delle città italiane. Palermo, Laterza, Roma-Bari, 1988, pp. XI, 576 (Premio “Nuovo Mezzogiorno" 1988) (2a edizione Laterza, Roma-Bari, 1999, pp. XV, 563)
In: Lo stato e l'economia tra Restaurazione e Rivoluzione: l'agricoltura (1815-1848); Zil... more In: Lo stato e l'economia tra Restaurazione e Rivoluzione: l'agricoltura (1815-1848); Zilli, I. (ed.); p. 117-136Consiglio Nazionale delle Ricerche - Biblioteca Centrale -. P.le Aldo Moro, 7, Rome / CNR - Consiglio Nazionale delle RichercheSIGLEITItal
Questo volumetto raccoglie gli atti di un dibattito svoltosi presso la Facolt\ue0 di Lettere e Fi... more Questo volumetto raccoglie gli atti di un dibattito svoltosi presso la Facolt\ue0 di Lettere e Filosofia di Palermo il 29 novembre 2000. Il tema della discussione, \u201cla storia, gli storici\u201d, riguardava i manuali di storia in uso nelle scuole superiori, con l\u2019intervento non solo di professori universitari di storia, ma anche di docenti di alcuni licei palermitani, in un confronto \u2013 tanto interessante quanto raro \u2013 tra mondo universitario e mondo scolastico. La scelta del tema non era ovviamente casuale ma rispondeva a un\u2019esigenza ben precisa: discutere il contenuto di due mozioni presentate rispettivamente presso il Consiglio regionale del Lazio e, pochi giorni dopo, presso l\u2019Assemblea Regionale Siciliana, da parte di alcuni esponenti di un partito politico
Journal of Cancer Research and Clinical Oncology, 2019
To determine the association between lymphovascular invasion (LVI) and upper tract urothelial car... more To determine the association between lymphovascular invasion (LVI) and upper tract urothelial carcinoma (UTUC) among patients who underwent radical nephroureterectomy (RNU). From 2003 and 2018, retrospective data of 453 patients treated for UTUC with open, laparoscopic, or robotic RNU were collected. Pathological specimens were assessed for LVI through hematoxylin and eosin staining. According to presence of LVI, patients were stratified into two groups and compared for perioperative characteristics. Kaplan–Meier analysis was used to assess progression-free (PFS), cancer-specific (CSS), and overall survival (OS). Uni- and multivariate Cox regression models were used to find significance of LVI to survival. LVI was present in 132 (29.1%) of patients and was associated with higher age and lower preoperative GFR. Pathological outcomes included significantly higher tumor grade, higher rates of lymph node invasion and more positive surgical margins. During median 23.2 months follow-up (mean 37.1 months), 59.2% (n = 268) of total patients had tumor recurrence, with highest incidences in lymph nodes (51.5%). 5-year PFS, CSS, and OS were estimated at 35.4%, 94.6%, and 91.1% in LVI-negative patients and 17.2%, 75.1%, and 70.8% in LVI-positive patients, respectively (all p < 0.001). Multivariate analysis showed LVI to be an independent predictor of PFS (HR = 1.480; p = 0.018). LVI is an independent predictor of adverse PFS and is associated with poor CSS and OS in patients undergoing RNU for UTUC. These results may guide clinicians in selecting patients for adjuvant chemotherapy. Future prospective trials are necessary to further validate our results.
Con manzoniana ironia: così andavano
le cose nel secolo sedicesimo.
In Sicilia. E cioè quando l... more Con manzoniana ironia: così andavano
le cose nel secolo sedicesimo.
In Sicilia. E cioè quando la mafia ancora
non si chiamava mafia. Ma era
già mafia, se nella rivalità degli istituti,
nei conflitti giurisdizionali, nel
gareggiare delle cariche del Regno,
nelle inimicizie e nei punti d'onore
dei singoli potenti si può intravedere
(e si può senz'altro) qualcosa di simile
al gioco oggi dei partiti e all'inserirvisi,
parteggiando e patteggiando,
di interessi particolari al di fuori
cli ogni legge. Il quadro che Antonio
Montalto, avvocato fiscale (qualcosa
di simile al procuratore generale cli oggi, ma con più esteso potere e con
maggiore difficoltà ad esercitarlo), fa
della sicurezza pubblica e dell'amministrazione
della giustizia in Sicilia
è, nel mutare degli accidenti, sostanzialmente
uguale a quello che se ne
può trarre oggi. Come dice Cancila
nella nota introduttiva: « magistrati
assassinati da sicari alle dipendenze
di potenti, elevato numero di delitti
di sangue quasi sempre impuniti,
connivenza tra potere politico e delinquenza,
impotenza della magistratura,
corruzione, tangenti, omertà,
false testimonianze». Intorno al
1.530 così come intorno al 1980.
... La rottura tra i Chiaromonte ei Palizzi favorì nel luglio 1353 una sollevazione popolare a Me... more ... La rottura tra i Chiaromonte ei Palizzi favorì nel luglio 1353 una sollevazione popolare a Messina contro Matteo Palizzi, conclusasi con la sua ... dote, alla regina Elisabetta, che la tenne almeno sino al luglio 1348, quando vi troviamo come giusti-ziere reginale il milite Giacomo di ...
In: Lo stato e l'economia tra Restaurazione e Rivoluzione: l'agricoltura (1815-1848); Zil... more In: Lo stato e l'economia tra Restaurazione e Rivoluzione: l'agricoltura (1815-1848); Zilli, I. (ed.); p. 117-136Consiglio Nazionale delle Ricerche - Biblioteca Centrale -. P.le Aldo Moro, 7, Rome / CNR - Consiglio Nazionale delle RichercheSIGLEITItal
Questo volumetto raccoglie gli atti di un dibattito svoltosi presso la Facolt\ue0 di Lettere e Fi... more Questo volumetto raccoglie gli atti di un dibattito svoltosi presso la Facolt\ue0 di Lettere e Filosofia di Palermo il 29 novembre 2000. Il tema della discussione, \u201cla storia, gli storici\u201d, riguardava i manuali di storia in uso nelle scuole superiori, con l\u2019intervento non solo di professori universitari di storia, ma anche di docenti di alcuni licei palermitani, in un confronto \u2013 tanto interessante quanto raro \u2013 tra mondo universitario e mondo scolastico. La scelta del tema non era ovviamente casuale ma rispondeva a un\u2019esigenza ben precisa: discutere il contenuto di due mozioni presentate rispettivamente presso il Consiglio regionale del Lazio e, pochi giorni dopo, presso l\u2019Assemblea Regionale Siciliana, da parte di alcuni esponenti di un partito politico
Journal of Cancer Research and Clinical Oncology, 2019
To determine the association between lymphovascular invasion (LVI) and upper tract urothelial car... more To determine the association between lymphovascular invasion (LVI) and upper tract urothelial carcinoma (UTUC) among patients who underwent radical nephroureterectomy (RNU). From 2003 and 2018, retrospective data of 453 patients treated for UTUC with open, laparoscopic, or robotic RNU were collected. Pathological specimens were assessed for LVI through hematoxylin and eosin staining. According to presence of LVI, patients were stratified into two groups and compared for perioperative characteristics. Kaplan–Meier analysis was used to assess progression-free (PFS), cancer-specific (CSS), and overall survival (OS). Uni- and multivariate Cox regression models were used to find significance of LVI to survival. LVI was present in 132 (29.1%) of patients and was associated with higher age and lower preoperative GFR. Pathological outcomes included significantly higher tumor grade, higher rates of lymph node invasion and more positive surgical margins. During median 23.2 months follow-up (mean 37.1 months), 59.2% (n = 268) of total patients had tumor recurrence, with highest incidences in lymph nodes (51.5%). 5-year PFS, CSS, and OS were estimated at 35.4%, 94.6%, and 91.1% in LVI-negative patients and 17.2%, 75.1%, and 70.8% in LVI-positive patients, respectively (all p < 0.001). Multivariate analysis showed LVI to be an independent predictor of PFS (HR = 1.480; p = 0.018). LVI is an independent predictor of adverse PFS and is associated with poor CSS and OS in patients undergoing RNU for UTUC. These results may guide clinicians in selecting patients for adjuvant chemotherapy. Future prospective trials are necessary to further validate our results.
Con manzoniana ironia: così andavano
le cose nel secolo sedicesimo.
In Sicilia. E cioè quando l... more Con manzoniana ironia: così andavano
le cose nel secolo sedicesimo.
In Sicilia. E cioè quando la mafia ancora
non si chiamava mafia. Ma era
già mafia, se nella rivalità degli istituti,
nei conflitti giurisdizionali, nel
gareggiare delle cariche del Regno,
nelle inimicizie e nei punti d'onore
dei singoli potenti si può intravedere
(e si può senz'altro) qualcosa di simile
al gioco oggi dei partiti e all'inserirvisi,
parteggiando e patteggiando,
di interessi particolari al di fuori
cli ogni legge. Il quadro che Antonio
Montalto, avvocato fiscale (qualcosa
di simile al procuratore generale cli oggi, ma con più esteso potere e con
maggiore difficoltà ad esercitarlo), fa
della sicurezza pubblica e dell'amministrazione
della giustizia in Sicilia
è, nel mutare degli accidenti, sostanzialmente
uguale a quello che se ne
può trarre oggi. Come dice Cancila
nella nota introduttiva: « magistrati
assassinati da sicari alle dipendenze
di potenti, elevato numero di delitti
di sangue quasi sempre impuniti,
connivenza tra potere politico e delinquenza,
impotenza della magistratura,
corruzione, tangenti, omertà,
false testimonianze». Intorno al
1.530 così come intorno al 1980.
... La rottura tra i Chiaromonte ei Palizzi favorì nel luglio 1353 una sollevazione popolare a Me... more ... La rottura tra i Chiaromonte ei Palizzi favorì nel luglio 1353 una sollevazione popolare a Messina contro Matteo Palizzi, conclusasi con la sua ... dote, alla regina Elisabetta, che la tenne almeno sino al luglio 1348, quando vi troviamo come giusti-ziere reginale il milite Giacomo di ...
Palermo, la sua storia politica e amministrativa, i protagonisti, le grandi famiglie e i sodalizi... more Palermo, la sua storia politica e amministrativa, i protagonisti, le grandi famiglie e i sodalizi culturali che l’hanno formata, i ritardi, gli squilibri e le contraddizioni. Orazio Cancila delinea il profilo storico, dalle origini a oggi, di una straordinaria città italiana, luogo cardine della vicenda post-unitaria nazionale, marchiata da insufficienze strutturali e rigurgiti mafiosi, ma ricca di energie e potenzialità inespresse.
Palermo, una capitale senza Studium, senza Università degli studi, come del resto parecchie altre... more Palermo, una capitale senza Studium, senza Università degli studi, come del resto parecchie altre in Italia: Milano, Venezia, Firenze, anch’esse città capitali ricche di Accademie culturali, ma prive di propri Atenei, dislocati invece a Pavia, a Padova, a Pisa, ossia nelle città minori, quasi a risarcimento della perdita della loro indipendenza politica. Una situazione che per Palermo si trascinò per l’intera età moderna, non sempre però addebitabile come altrove alla volontà politica, bensì piuttosto al verificarsi tra la fine del Quattrocento e la prima metà del Seicento di una serie di occasioni mancate, di circostanze tutte sfavorevoli alla realizzazione del progetto di istituzione di uno Studium. Diversa invece la situazione settecentesca dopo l’avvento dei Borboni (1734), ai quali non dispiaceva il mantenimento dello status quo che penalizzava tanto Palermo quanto Messina e che si protrarrà sino ai primissimi anni dell’Ottocento, quando finalmente anche Palermo fu dotata di uno Studium generale, ossia di una Università completa con tutte le sue facoltà e con la potestà di conferire le lauree.
Storia del movimento cooperativo siciliano redatta da Orazio Cancila (Introduzione) (La Sicilia n... more Storia del movimento cooperativo siciliano redatta da Orazio Cancila (Introduzione) (La Sicilia nel primo quarantennio post-unitario: aspetti economici), Alfredo Li Vecchi (I caratteri originali del movimento cooperativo siciliano), Salvatore Lupo (Le associazioni consortili, 1861-1945) (Filippo Lo Vetere: socialismo, modernizzazione, sicllianismo), Giuseppe Lo Giudice (La cooperazione di credito nei centri urbani: banche popolari e casse operaie), Angelo Sindoni (La cooperazione di credito nelle campagne: le casse rurali), Giuseppe Barone (La cooperazione agricola dall'età giolittiana al fascismo), Rosario Mangiameli (I cooperatori: alcune biografie), Francesco Renda (La cooperazione agricola dai decreti Gullo alla riforma agraria) (L'istituzione dell'Ircac (1963)), Antonio Simeti (Le cantine sociali), Alfio Grasso (La cooperazione nel settore delle costruzioni), (La cooperazione nel settore turistico) (Profilo storico della legislazione cooperati.va siciliana), Antonino Bacarella (Gli aspetti economici della cooperazione-agricola contemporanea), Eugenio Guccione (II giornalismo cooperativistico).
Nel corso del Cinquecento, Castelbuono – capitale del
marchesato di Geraci e residenza abituale d... more Nel corso del Cinquecento, Castelbuono – capitale del marchesato di Geraci e residenza abituale della famiglia feudale, diversamente da quanto era accaduto nel Quattrocento – ebbe una crescita e uno sviluppo considerevoli, demograficamente soprattutto nella prima metà del secolo, urbanisticamente nel corso della seconda metà. La comunità non era però culturalmente e professionalmente in condizione di gestire il cambiamento, cosicché la burocrazia e l’esercizio delle professioni risultano pressoché interamente affidati a forestieri. E forestieri erano anche i numerosi artigiani che lavoravano alla crescita edilizia, i muratori longobardi (ma anche i gestori delle taverne e i panettieri) provenienti dal nord Italia e i lapicidi dalla Toscana (da Carrara, in particolare), mentre i mercanti e i merciai giungevano dal napoletano e dall’Umbria e i sarti da Palermo. Non pochi di essi si fermarono a Castelbuono e i loro discendenti ne faranno poi la storia.
Negli ultimi secoli del medio evo e ancora nel primo secolo dell’età moderna i Ventimiglia svolse... more Negli ultimi secoli del medio evo e ancora nel primo secolo dell’età moderna i Ventimiglia svolsero un ruolo politico che non fu concentrato soltanto negli angusti confini siciliani, ma interessò l’Italia meridionale per toccare anche alcune aree europee e le coste mediterranee, africane e orientali. I rapporti da essi tenuti avevano una dimensione sovralocale, europea e mediterranea, che contribuiva ad accrescerne il prestigio e la fama a livelli mai più sfiorati dalle generazioni successive. E con la fama anche il potere politico ed economico, pur se non mancarono momenti di gravissima difficoltà che per ben tre volte portarono alla perdita del patrimonio feudale. Quei secoli tra medio evo ed età moderna rappresentano i secoli d’oro dei Ventimiglia di Geraci, in cui si distinsero in particolare i primi due Francesco (I e II) nel Trecento, Giovanni I (il più prestigioso) nel Quattrocento, Simone I nel Cinquecento, Giovanni III tra Cinquecento e Seicento.
Grazie all'utilizzazione di una nuova documentazione, il volume ricostruisce il ruolo del casale... more Grazie all'utilizzazione di una nuova documentazione, il volume ricostruisce il ruolo del casale di Ysigro e dei suoi abitanti nella seconda metà del tredicesimo secolo, come pure i rapporti fra la chiesa di Patti, che possedeva una parte consistente del territorio di Ypsigro, e il feudatario Ventimiglia. E ancora di ritardare di un anno l’inizio della costruzione del castello (1317, non 1316) da quale il borgo avrebbe prese il nome un decennio dopo. La trasformazione di Ypsigro in Castelbuono segna paradossalmente la scomparsa del borgo dalla scena della storia: per quasi tutto il Trecento Castelbuono è infatti completamente assente dalla documentazione. Lentamente nel Quattrocento comincia a emergere anche Castelbuono, inizialmente con singoli suoi abitanti e via via, nella seconda metà del secolo, con le reti di relazione, il ceto dirigente, gli artigiani, il quadro sociale, le attività economiche, le chiese, qualche confraternita. Ecco, finalmente compare il paese anche se su di esso incombe quasi sempre l’ombra della grande e potente famiglia feudale dei Ventimiglia. Più che il paese e i suoi abitanti ci sono quindi i Ventimiglia, di cui si ricostruisce la storia grazie a nuove ricerche. .
Con manzoniana ironia: così andavano
le cose nel secolo sedicesimo.
in Sicilia. E cioè quando la ... more Con manzoniana ironia: così andavano le cose nel secolo sedicesimo. in Sicilia. E cioè quando la mafia ancora non si chiamava mafia. Ma era già mafia, se nella rivalità degli istituti, nei conflitti giurisdizionali, nel gareggiare delle cariche del Regno, nelle inimicizie e nei punti d'onore dei singoli potenti si può intravedere (e si può senz'altro) qualcosa di simile al gioco oggi dei partiti e all'inserirvisi, parteggiando e patteggiando, di interessi particolari al di fuori di ogni legge. Il quadro che Antonio Montalto, avvocato fiscale (qualcosa di simile al procuratore generale di oggi, ma con più esteso potere e con maggiore difficoltà ad esercitarlo), fa della sicurezza pubblica e dell'amministrazione della giustizia in Sicilia è, nel mutare degli accidenti, sostanzialmente uguale a quello che se ne può trarre oggi. Come dice Cancila nella nota introduttiva: « magistrati assassinati da sicari alle dipendenze cli potenti, elevato numero di delitti di sangue quasi sempre impuniti, connivenza tra potere politico e delinquenza, impotenza della magistratura, corruzione, tangenti, omertà, false testimonianze». Intorno al 1530 così come intorno al 1980.
Le istruzioni del principe di Resuttano (Sicilia) – offrendoci un quadro estremamente dettagliato... more Le istruzioni del principe di Resuttano (Sicilia) – offrendoci un quadro estremamente dettagliato del funzionamento di un comune feudale anteriormente alle riforme caraccioliane, con i suoi organi giudiziari e amministrativi, di cui sono definite le competenze, e con le sue voci di entrata e di uscita – ci confermano la strettissima dipendenza delle autorità locali dal feudatario. La massima autorità di un comune feudale siciliano non era la corte giuratoria (gli amministratori municipali), bensì il governatore, rappresentante del signore feudale («il padrone assente») e uomo di sua grande fiducia, a cui faceva capo sia l’amministrazione della secrezia o camera baronale (cespiti fiscali e privati del barone) sia l’amministrazione dell’università (comune, cosa pubblica) e della stessa giustizia. Era lui che curava la cessione in affitto della riscossione delle gabelle (dazi), da solo quelle della secrezia, coll’assistenza di giurati, sindaco, maestro notaio (= segretario) quelle dell’università,· era lui che insediava la corte capitanale, cioè gli amministratori della giustizia, e la corte giuratoria, cioè gli amministratori comunali, i quali tutti, in ginocchio, giuravano nelle sue mani di esercitare i propri compiti «secondo il servizio di Dio, del re, del padrone dello stato e del pubblico»; a lui infine i vari funzionari rispondevano del loro operato.
Il volume ricostruisce il processo di industrializzazione in Sicilia dalla fine del Settecento al... more Il volume ricostruisce il processo di industrializzazione in Sicilia dalla fine del Settecento alla metà del Novecento, con riferimento alla coeva situazione italiana ed europea per coglierne meglio i limiti e i condizionamenti, i progressi e i ritardi. Se il panorama industriale con cui il Mezzogiorno giungeva all'appuntamento con l'unificazione era tipico di un'area arretrata, quello siciliano lo era certamente ancora di più. Il settore dove si erano realizzati i maggiori progressi era quello enologico, grazie all'iniziativa di alcuni imprenditori inglesi tra il Sette e l'Ottocento, che aprivano la strada all'imprenditoria locale tra le cui file si distingueva Vincenzo Florio. Altro settore in notevole espansione era quello zolfifero, della cui produzione l'isola deteneva il monopolio mondiale sino all'inizio del Novecento. Ma l'assenteismo parassitario dei proprietari delle miniere impediva l'utilizzazione di più moderne tecnologie nei sistemi di lavorazione e di estrazione del prodotto, che sino agli ultimi decenni dell'Ottocento continuarono a essere caratterizzati da arretratezza e disorganizzazione. Notevole era anteriormente all'unificazione anche l'espansione dell'industria dei derivati agrumari e della molitura del sommacco, a dimostrazione che i settori più dinamici erano quelli legati all'esportazione della produzione all'estero, ossia i paesi più industrializzati dell'Europa e gli Stati Uniti. Assai modesto si rivela di contro il flusso verso il continente italiano, che - costituendo anch'esso allora un'area industrialmente arretrata - non era in condizione di utilizzare i prodotti dell'industria siciliana (zolfo, derivati agrumari, sommacco, ecc.). In altri settori, i tentativi di industrializzazione fallivano del tutto (carta, siderurgia, ecc.) o procedevano con estrema lentezza (industria tessile e metalmeccanica), sia a causa della concorrenza straniera capace di offrire prodotti competitivi (carta, tessuti) anche nei periodi di più accentuato protezionismo, sia a causa della povertà del mercato isolano che non era in condizione di assorbire grossi quantitativi e favorire quindi lo sviluppo della produzione (settore metalmeccanico). Solo negli ultimissimi anni del regime borbonico il settore cotoniero superava la depressione in cui da tempo languiva e mostrava forti segni di recupero, che la politica liberista del nuovo stato italiano si incaricò di stroncare definitivamente già nel primo decennio post-unitario. Il settore metalmeccanico si giovava invece della concessione a Vincenzo Florio dei servizi postali marittimi da parte del governo borbonico, confermata dal nuovo governo italiano, che costringeva l'imprenditore palermitano a potenziare sempre più la sua flotta a vapore, le cui riparazioni costituivano la parte più consistente dei lavori effettuati dalla Fonderia Oretea di Palermo, la cui forza lavoro passava in pochi anni da qualche decina di addetti ad alcune centinaia. Nel primo cinquantennio post-unitario continuò l'espansione dei settori enologico, zolfifero e agrumario, anche se non mancarono periodi di crisi e di difficoltà. Il settore tessile fu battuto dalla concorrenza straniera, la cui produzione negli anni del protezionismo fu poi sostituita da quella delle industrie del Nord. Nel settore metalmeccanico, l'industria locale - soprattutto la Fonderia Oretea - riuscì inizialmente a far fronte per i prodotti di più largo uso (pompe idrauliche, torchi, ecc.) alle richieste del mercato interno, che si rivolgeva all'estero soltanto per i macchinari più sofisticati. Ma l'impossibilità di specializzare la produzione - a causa della ristrettezza del mercato locale, che la costringeva a dedicarsi a un'ampia gamma di articoli - portava gradualmente alla perdita di fette di mercato a favore dell'industria continentale, la quale nell'età del protezionismo - disponendo di un mercato più ampio, favorito spesso dall'intervento statale - riusciva invece a realizzare un maggior grado di specializzazione che le consentiva, già a fine secolo, di conquistare con la sua produzione il mercato siciliano, sostituendosi tanto all'industria straniera, non più competitiva per effetto del protezionismo, quanto a quella locale. Cinquant'anni dopo l'unificazione, l'Italia era ormai in condizione di competere dignitosamente in campo industriale con i paesi che molto prima di essa si erano posti sulla via dell'industrializzazione. Il recupero aveva per˜ i suoi costi, uno dei quali era l'accentuarsi del dualismo economico tra il Nord da una parte e il Mezzogiorno e la Sicilia dall'altra, ossia - per usare una felice espressione di Rosario Romeo - il sacrificio del Mezzogiorno ai superiori interessi dell'intero paese, grazie al quale era stato possibile imprimere una spinta decisiva alla trasformazione dell'Italia da paese agricolo in paese agricolo-industriale prima e industriale dopo. Un sacrificio che si faceva ancor più pesante nel periodo fascista, cosicché il dualismo si accentuava ulteriormente e toccava le punte estreme con l'avvio della ricostruzione negli anni attorno al 1950. La seconda parte del volume ricostruisce l'attività armatoriale della famiglia Florio, dalle origini nel periodo pre-unitario ai fasti nei primi decenni dopo l'unificazione e al tracollo all'inizio del Novecento, seguito da una tormentata ripresa negli anni Venti conclusasi qualche anno dopo con un nuovo insuccesso. Altre lunghe pagine sono dedicate alle vicende della più importante fabbrica di acido citrico del mondo, la Fabbrica Chimica Arenella di Palermo, dalle origini (a iniziativa di capitalisti ebrei di nazionalità tedesca) alla crisi degli anni Trenta. La parte finale è dedicata all'esame dell'economia siciliana tra fascismo e ricostruzione, con particolare riferimento alla crisi industriale degli anni Trenta e alla difficile ripresa degli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
I tipi dii impresa, le tecniche e i rapporti di produzione,
i redditi e i prezzi, il mercato sono... more I tipi dii impresa, le tecniche e i rapporti di produzione, i redditi e i prezzi, il mercato sono i temi fondamentali del volume, che copre un ampio arco cronologico dalla fine del Quattrocento alla prima metà dell'Ottocento, in cui si pongono in Sicilia le premesse della "questione meridionale". II crollo dell'industria zuccheriera nella prima metà del Seicento segnala fine delle più importanti imprese capitalistiche sviluppatesi tra medio evo ed età moderna e condanna l'isola alla monocoltura granaria e a un tipo di impresa, l'azienda a terraggio, che esalta il ruolo parassitario del gabelloto intermediario tra la proprietà fondiaria e la massa dei contadini senza terra. E sullo sfondo feudatari indebitati, gabellati rapaci, coltivatori in fuga, allevatori disperati, mercanti stranieri incontrastati padroni del mercato-
L'espansione agraria verificatasi in Europa nel
corso del Cinquecento in Sicilia fu essenzialment... more L'espansione agraria verificatasi in Europa nel corso del Cinquecento in Sicilia fu essenzialmente espansione della granicoltura, perché I'innegabile sviluppo delle colture specializzate, quasi sempre a spese dei lavoratori più che della proprietà, si rivela di ben scarse proporzioni a fronte del ruolo largamente predominante che assume la coltura del grano. La monocoltura granaria, però, favorendo il perpetuarsi d! una organizzazione del territorio e di rapporti di produzione sfavorevoli ai ceti subalterni, finiva col creare uno sviluppo distorto, perché il maggior reddito prodotto dall'espansione agraria non si ripartiva in modo equilibrato e accentuava ancor più le distanze sociali. Godeva la feudalità, che tuttavia non riusciva ad evitare l'aggravarsi della sua crisi finanziaria; godevano i mercanti stranieri e i gabelloti; pagavano duramente i ceti subalterni con I'impoverimento e la perdita di peso politico.
Gli antichi abitatori dell’isola dicevano di avere avuto il dono del grano prima degli altri popo... more Gli antichi abitatori dell’isola dicevano di avere avuto il dono del grano prima degli altri popoli, direttamente da Cerere, la dea delle biade e dell’agricoltura, e per millenni la Sicilia si è sempre sentita particolarmente vocata per la sua coltivazione, che in determinati periodi storici è stata favorita anche da ben precise scelte politiche. Per millenni il grano è stato così la più importante produzione siciliana e sino alla seconda metà del Settecento la voce più significativa del suo commercio estero, il prodotto per cui l’isola era maggiormente conosciuta nel mondo, anche quando altri prodotti come il sale o il tonno, lo zucchero o la seta, conquistavano anch’essi i mercati stranieri. Terra di Cerere quindi la Sicilia e non di Mercurio, dio del commercio e dei traffici, il cui esercizio raramente ha trovato seguito tra i siciliani di ogni tempo, neppure quando l’isola è stata al centro del commercio granario dell’area mediterranea o del commercio zolfifero mondiale.
Nell'ultimo ventennio del '700 si assiste a Napoli e In Sicilia ad una fioritura di progetti e dì... more Nell'ultimo ventennio del '700 si assiste a Napoli e In Sicilia ad una fioritura di progetti e dì memorie sollecitate dallo stesso governo, che individuano I mali dell'economia e della società del tempo e indicano dei correttivi, magari non sempre appropriati e spesso non recepiti dalle autorità governative. Slamo In presenza di un largo dibattito culturale quale non si era mai verificato nel meridione d'Italia e che si Inquadra nel clima del riformismo illuminato dell'Europa del secondo '700. In particolare, gli intellettuali siciliani prendono coscienza di una ' questione meridionale ' all'interno dello stato borbonico. ~ forse questo il risultato più originale del presente lavoro, che ricostruisce il clima culturale e politico In cui alcuni problemi furono individuati e discussi. Altri problemi - oggetto di un ampio dibattito cui hanno dedicato pagine attente studiosi quali Pontieri. Romeo, Giarrizzo e. recentemente, Renda - sono stati trascurati, nel tentativo di recuperare alcuni autori ' minori ' e insieme alcuni aspetti della problematica economico-politica del tempo su cui l'attenzione degli studiosi non si era sin ora sufficientemente soffermata.
Società di Storia Patria per la Sicilia Orientale, Catania, 1974
Ricostruisce le vicende delle istituzioni creditizie tra Otto e Novecento a Castelbuono, piccolo ... more Ricostruisce le vicende delle istituzioni creditizie tra Otto e Novecento a Castelbuono, piccolo centro delle Madonie, la cui economia era legata alla produzione della manna che si estrae dal frassino. Anche la manna, come gli altri prodotti siciliani (cenere di soda, zolfo, seta, acido citrico, ecc.), ha dovuto fare i conti con i prodotti sintetici delle industrie, e ha perso. La storia della sua crisi è anche la storia della crisi di un paese che ne era il maggior produttore nel mondo; e fa parte integrante della storia economica siciliana che troppo spesso si è risolta in episodi analoghi di monopoli perduti. Il sistema creditizio locale, costituito da Casse rurali e cooperative, ne è risultato pesantemente coinvolto e non è riuscito a reggere la concorrenza di due grandi Istituti di credito, il Banco di Sicilia e la Cassa Centrale di Risparmio Vittorio Emanuele per le Provincie Siciliane, impegnati a estendere la loro rete di sportelli in tutti i piccoli centri dell’isola. Lo studio del modello castelbuonese è sicuramente funzionale a una migliore interpretazione del contesto generale.
Rivoluzione dei prezzi, potere d'acquisto dei salari, mutamento dell'economia mediterranea, costi... more Rivoluzione dei prezzi, potere d'acquisto dei salari, mutamento dell'economia mediterranea, costituzione dei grandi stati moderni, guerre di successione sono lo sfondo dinanzi al quale si agita la vita economica di una città siciliana. Attività caratteristiche, come quelle delle saline e delle tonnare, che oggi sono trasformate tecnicamente e hanno perduto la rilevanza sociale che avevano; imposte, gabelle, calmieri; Trapani che si prepara ad affrontare i problemi dell'Ottocento, sono gli argomenti di questo libro che studia la transizione dal medioevo all'età contemporanea in una città siciliana. Potrà servire a conoscere la vita di tutta la Sicilia in quell'epoca, oppure dovrà considerarsi come un primo saggio destinato ad essere seguito da altre storie cittadine?
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le cose nel secolo sedicesimo.
In Sicilia. E cioè quando la mafia ancora
non si chiamava mafia. Ma era
già mafia, se nella rivalità degli istituti,
nei conflitti giurisdizionali, nel
gareggiare delle cariche del Regno,
nelle inimicizie e nei punti d'onore
dei singoli potenti si può intravedere
(e si può senz'altro) qualcosa di simile
al gioco oggi dei partiti e all'inserirvisi,
parteggiando e patteggiando,
di interessi particolari al di fuori
cli ogni legge. Il quadro che Antonio
Montalto, avvocato fiscale (qualcosa
di simile al procuratore generale cli oggi, ma con più esteso potere e con
maggiore difficoltà ad esercitarlo), fa
della sicurezza pubblica e dell'amministrazione
della giustizia in Sicilia
è, nel mutare degli accidenti, sostanzialmente
uguale a quello che se ne
può trarre oggi. Come dice Cancila
nella nota introduttiva: « magistrati
assassinati da sicari alle dipendenze
di potenti, elevato numero di delitti
di sangue quasi sempre impuniti,
connivenza tra potere politico e delinquenza,
impotenza della magistratura,
corruzione, tangenti, omertà,
false testimonianze». Intorno al
1.530 così come intorno al 1980.
le cose nel secolo sedicesimo.
In Sicilia. E cioè quando la mafia ancora
non si chiamava mafia. Ma era
già mafia, se nella rivalità degli istituti,
nei conflitti giurisdizionali, nel
gareggiare delle cariche del Regno,
nelle inimicizie e nei punti d'onore
dei singoli potenti si può intravedere
(e si può senz'altro) qualcosa di simile
al gioco oggi dei partiti e all'inserirvisi,
parteggiando e patteggiando,
di interessi particolari al di fuori
cli ogni legge. Il quadro che Antonio
Montalto, avvocato fiscale (qualcosa
di simile al procuratore generale cli oggi, ma con più esteso potere e con
maggiore difficoltà ad esercitarlo), fa
della sicurezza pubblica e dell'amministrazione
della giustizia in Sicilia
è, nel mutare degli accidenti, sostanzialmente
uguale a quello che se ne
può trarre oggi. Come dice Cancila
nella nota introduttiva: « magistrati
assassinati da sicari alle dipendenze
di potenti, elevato numero di delitti
di sangue quasi sempre impuniti,
connivenza tra potere politico e delinquenza,
impotenza della magistratura,
corruzione, tangenti, omertà,
false testimonianze». Intorno al
1.530 così come intorno al 1980.
e casse operaie), Angelo Sindoni (La cooperazione di credito nelle campagne: le casse rurali), Giuseppe Barone (La cooperazione agricola dall'età giolittiana al fascismo), Rosario Mangiameli (I cooperatori: alcune biografie), Francesco Renda (La cooperazione agricola dai decreti Gullo alla riforma agraria) (L'istituzione dell'Ircac (1963)), Antonio Simeti (Le cantine sociali), Alfio Grasso (La cooperazione nel settore delle costruzioni), (La cooperazione nel settore turistico) (Profilo storico della legislazione cooperati.va siciliana), Antonino Bacarella (Gli aspetti economici della cooperazione-agricola contemporanea), Eugenio Guccione (II giornalismo cooperativistico).
marchesato di Geraci e residenza abituale della famiglia feudale, diversamente da quanto era accaduto nel Quattrocento – ebbe una crescita e uno sviluppo considerevoli, demograficamente soprattutto
nella prima metà del secolo, urbanisticamente nel corso della seconda metà. La comunità non era però culturalmente e professionalmente in condizione di gestire il cambiamento, cosicché la burocrazia e l’esercizio delle professioni risultano pressoché interamente affidati a forestieri. E forestieri erano anche i numerosi artigiani che lavoravano alla crescita edilizia, i muratori longobardi (ma anche i gestori delle taverne e i panettieri) provenienti dal nord Italia e i lapicidi dalla Toscana (da Carrara, in particolare), mentre i mercanti e i merciai giungevano dal napoletano e dall’Umbria e i sarti da Palermo. Non pochi di essi si fermarono a Castelbuono e i loro discendenti ne faranno poi la storia.
non mancarono momenti di gravissima difficoltà che per ben tre volte portarono alla perdita del patrimonio feudale.
Quei secoli tra medio evo ed età moderna rappresentano i secoli d’oro dei Ventimiglia di Geraci, in cui si distinsero in particolare i primi due Francesco (I e II) nel Trecento, Giovanni I (il più prestigioso) nel Quattrocento, Simone I nel Cinquecento, Giovanni III tra Cinquecento e Seicento.
della costruzione del castello (1317, non 1316) da quale il borgo avrebbe prese il nome un decennio dopo.
La trasformazione di Ypsigro in Castelbuono segna paradossalmente la scomparsa del borgo dalla scena della storia: per quasi tutto il Trecento Castelbuono è infatti completamente assente dalla documentazione. Lentamente nel Quattrocento comincia a emergere anche Castelbuono, inizialmente con singoli suoi abitanti e via via, nella seconda metà del secolo, con le reti di
relazione, il ceto dirigente, gli artigiani, il quadro sociale, le attività economiche, le chiese, qualche confraternita. Ecco, finalmente compare il paese anche se su di esso incombe quasi sempre l’ombra della grande e potente famiglia feudale dei Ventimiglia. Più che il paese e i suoi abitanti ci sono quindi i Ventimiglia, di cui si ricostruisce la storia grazie a nuove ricerche.
.
le cose nel secolo sedicesimo.
in Sicilia. E cioè quando la mafia ancora
non si chiamava mafia. Ma era
già mafia, se nella rivalità degli istituti,
nei conflitti giurisdizionali, nel
gareggiare delle cariche del Regno,
nelle inimicizie e nei punti d'onore
dei singoli potenti si può intravedere
(e si può senz'altro) qualcosa di simile
al gioco oggi dei partiti e all'inserirvisi,
parteggiando e patteggiando,
di interessi particolari al di fuori
di ogni legge. Il quadro che Antonio
Montalto, avvocato fiscale (qualcosa
di simile al procuratore generale di oggi, ma con più esteso potere e con
maggiore difficoltà ad esercitarlo), fa
della sicurezza pubblica e dell'amministrazione
della giustizia in Sicilia
è, nel mutare degli accidenti, sostanzialmente
uguale a quello che se ne
può trarre oggi. Come dice Cancila
nella nota introduttiva: « magistrati
assassinati da sicari alle dipendenze
cli potenti, elevato numero di delitti
di sangue quasi sempre impuniti,
connivenza tra potere politico e delinquenza,
impotenza della magistratura,
corruzione, tangenti, omertà,
false testimonianze». Intorno al
1530 così come intorno al 1980.
Notevole era anteriormente all'unificazione anche l'espansione dell'industria dei derivati agrumari e della molitura del sommacco, a dimostrazione che i settori più dinamici erano quelli legati all'esportazione della produzione all'estero, ossia i paesi più industrializzati dell'Europa e gli Stati Uniti. Assai modesto si rivela di contro il flusso verso il continente italiano, che - costituendo anch'esso allora un'area industrialmente arretrata - non era in condizione di utilizzare i prodotti dell'industria siciliana (zolfo, derivati agrumari, sommacco, ecc.).
In altri settori, i tentativi di industrializzazione fallivano del tutto (carta, siderurgia, ecc.) o procedevano con estrema lentezza (industria tessile e metalmeccanica), sia a causa della concorrenza straniera capace di offrire prodotti competitivi (carta, tessuti) anche nei periodi di più accentuato protezionismo, sia a causa della povertà del mercato isolano che non era in condizione di assorbire grossi quantitativi e favorire quindi lo sviluppo della produzione (settore metalmeccanico).
Solo negli ultimissimi anni del regime borbonico il settore cotoniero superava la depressione in cui da tempo languiva e mostrava forti segni di recupero, che la politica liberista del nuovo stato italiano si incaricò di stroncare definitivamente già nel primo decennio post-unitario. Il settore metalmeccanico si giovava invece della concessione a Vincenzo Florio dei servizi postali marittimi da parte del governo borbonico, confermata dal nuovo governo italiano, che costringeva l'imprenditore palermitano a potenziare sempre più la sua flotta a vapore, le cui riparazioni costituivano la parte più consistente dei lavori effettuati dalla Fonderia Oretea di Palermo, la cui forza lavoro passava in pochi anni da qualche decina di addetti ad alcune centinaia.
Nel primo cinquantennio post-unitario continuò l'espansione dei settori enologico, zolfifero e agrumario, anche se non mancarono periodi di crisi e di difficoltà. Il settore tessile fu battuto dalla concorrenza straniera, la cui produzione negli anni del protezionismo fu poi sostituita da quella delle industrie del Nord. Nel settore metalmeccanico, l'industria locale - soprattutto la Fonderia Oretea - riuscì inizialmente a far fronte per i prodotti di più largo uso (pompe idrauliche, torchi, ecc.) alle richieste del mercato interno, che si rivolgeva all'estero soltanto per i macchinari più sofisticati. Ma l'impossibilità di specializzare la produzione - a causa della ristrettezza del mercato locale, che la costringeva a dedicarsi a un'ampia gamma di articoli - portava gradualmente alla perdita di fette di mercato a favore dell'industria continentale, la quale nell'età del protezionismo - disponendo di un mercato più ampio, favorito spesso dall'intervento statale - riusciva invece a realizzare un maggior grado di specializzazione che le consentiva, già a fine secolo, di conquistare con la sua produzione il mercato siciliano, sostituendosi tanto all'industria straniera, non più competitiva per effetto del protezionismo, quanto a quella locale.
Cinquant'anni dopo l'unificazione, l'Italia era ormai in condizione di competere dignitosamente in campo industriale con i paesi che molto prima di essa si erano posti sulla via dell'industrializzazione. Il recupero aveva per˜ i suoi costi, uno dei quali era l'accentuarsi del dualismo economico tra il Nord da una parte e il Mezzogiorno e la Sicilia dall'altra, ossia - per usare una felice espressione di Rosario Romeo - il sacrificio del Mezzogiorno ai superiori interessi dell'intero paese, grazie al quale era stato possibile imprimere una spinta decisiva alla trasformazione dell'Italia da paese agricolo in paese agricolo-industriale prima e industriale dopo. Un sacrificio che si faceva ancor più pesante nel periodo fascista, cosicché il dualismo si accentuava ulteriormente e toccava le punte estreme con l'avvio della ricostruzione negli anni attorno al 1950.
La seconda parte del volume ricostruisce l'attività armatoriale della famiglia Florio, dalle origini nel periodo pre-unitario ai fasti nei primi decenni dopo l'unificazione e al tracollo all'inizio del Novecento, seguito da una tormentata ripresa negli anni Venti conclusasi qualche anno dopo con un nuovo insuccesso. Altre lunghe pagine sono dedicate alle vicende della più importante fabbrica di acido citrico del mondo, la Fabbrica Chimica Arenella di Palermo, dalle origini (a iniziativa di capitalisti ebrei di nazionalità tedesca) alla crisi degli anni Trenta.
La parte finale è dedicata all'esame dell'economia siciliana tra fascismo e ricostruzione, con particolare riferimento alla crisi industriale degli anni Trenta e alla difficile ripresa degli anni successivi alla seconda guerra mondiale.
i redditi e i prezzi, il mercato sono i temi fondamentali
del volume, che copre un ampio arco cronologico dalla
fine del Quattrocento alla prima metà dell'Ottocento,
in cui si pongono in Sicilia le premesse della "questione meridionale". II crollo dell'industria zuccheriera nella prima metà del Seicento segnala fine delle più importanti imprese capitalistiche sviluppatesi tra medio evo ed età moderna e condanna l'isola alla monocoltura granaria e a un tipo di impresa, l'azienda a terraggio, che esalta il ruolo
parassitario del gabelloto intermediario tra la proprietà
fondiaria e la massa dei contadini senza terra. E sullo
sfondo feudatari indebitati, gabellati rapaci, coltivatori
in fuga, allevatori disperati, mercanti stranieri incontrastati padroni del mercato-
corso del Cinquecento in Sicilia fu essenzialmente
espansione della granicoltura, perché I'innegabile sviluppo delle colture specializzate, quasi sempre a spese
dei lavoratori più che della proprietà, si rivela di ben
scarse proporzioni a fronte del ruolo largamente predominante che assume la coltura del grano. La monocoltura granaria, però, favorendo il perpetuarsi d!
una organizzazione del territorio e di rapporti
di produzione sfavorevoli ai ceti subalterni, finiva col
creare uno sviluppo distorto, perché il maggior reddito
prodotto dall'espansione agraria non si ripartiva
in modo equilibrato e accentuava ancor più le distanze
sociali. Godeva la feudalità, che tuttavia non riusciva
ad evitare l'aggravarsi della sua crisi finanziaria;
godevano i mercanti stranieri e i gabelloti; pagavano
duramente i ceti subalterni con I'impoverimento e la perdita di peso politico.
Terra di Cerere quindi la Sicilia e non di Mercurio, dio del commercio e dei traffici, il cui esercizio raramente ha trovato seguito tra i siciliani di ogni tempo, neppure quando l’isola è stata al centro del commercio granario dell’area mediterranea o del commercio zolfifero mondiale.
grandi stati moderni, guerre di successione sono lo sfondo dinanzi al quale si agita la vita economica di una città siciliana. Attività caratteristiche, come quelle
delle saline e delle tonnare, che oggi sono trasformate tecnicamente e hanno perduto la rilevanza sociale che avevano; imposte, gabelle, calmieri; Trapani che si prepara ad affrontare i problemi dell'Ottocento, sono gli argomenti di questo libro che studia la transizione dal medioevo
all'età contemporanea in una città siciliana.
Potrà servire a conoscere la vita di tutta la Sicilia in quell'epoca, oppure dovrà considerarsi come un primo
saggio destinato ad essere seguito da altre storie cittadine?