- Unitelma Sapienza, Facoltà di Giurisprudenza, Faculty Memberadd
- È professore di I fascia (Professore Ordinario) nel settore scientifico-disciplinare IUS/19 – Storia del diritto med... moreÈ professore di I fascia (Professore Ordinario) nel settore scientifico-disciplinare IUS/19 – Storia del diritto medievale e moderno presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza ove è docente di Storia del diritto italiano e Storia delle codificazioni moderne nel Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza.
Dal 2007 è Coordinatore didattico del Corso di Alta Formazione in Diritto Romano dell’Università di Roma “La Sapienza” (di cui è Direttore il prof. Oliviero Diliberto).
Dal 22 dicembre 2021 è membro del Collegio dei Docenti del Dottorato in Discipline pubblicistiche presso l’Università Roma Tre.
Da settembre 2023 è Vice Direttore di Historia et ius. Rivista di storia giuridica dell’età medievale e moderna, Rivista riconosciuta di classe A dall'Anvur per l'area 12 (scienze giuridiche), Peer-reviewed open access Journal, Indexed in: Scopus - Directory of Open Access Journals DOAJ – HeinOnline.
Dal 2019 collabora, come personale associato con incaricato di collaborazione, con l’Istituto di Informatica Giuridica e Sistemi Giudiziari (IGSG) del CNR.
Dal 1 novembre 2022 al 31 ottobre 2023 è stato Professor Associato in Storia del diritto medievale e moderno (IUS/19) presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.
Dal 1 novembre 2019 al 31 ottobre 2022 è stato ricercatore a tempo determinato di gruppo B in Storia del diritto medievale e moderno (IUS/19) presso l’Università degli Studi di Roma Unitelma Sapienza.
Dal 18 maggio 2009 al 31 ottobre 2019 è stato ricercatore III livello del Consiglio Nazionale delle Ricerche in servizio presso l’Unità di ricerca “Giorgio La Pira” del CNR – Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma “La Sapienza”.
Dal 2014 al 2019 è stato docente, presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, di Costituzionalismo e Integrazione europea (s.s.d. IUS/19 – 8 CFU), e dal 2017 al 2019 è stato anche docente di Storia del diritto pubblico (s.s.d. IUS/19 – 8 CFU), conformemente all'Offerta Formativa del Dipartimento. Dal 2014 è stato altresì docente, presso lo stesso Dipartimento, del Seminario su Ordinamenti giuridici e fonti del diritto nell'Europa medievale (3 CFU), s.s.d. IUS/19, per il Corso di Laurea Magistrale in Studi Europei (CL. 90-D.M. 270/04), e del Seminario su Codificazione e scienza giuridica nell'Europa moderna e contemporanea (3 CFU), s.s.d. IUS/19, per i Corsi di Laurea Triennale in Scienze Politiche per la Cooperazione e lo Sviluppo, in Scienze Politiche per il Governo e l'Amministrazione, in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali (CL.36-D.M.270/04).
In data 18 dicembre 2002 ha conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Roma “La Sapienza” discutendo una tesi in Storia del diritto italiano ottenendo la votazione di 110/110.
In data 18 dicembre 2006 ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia del diritto medievale e moderno presso l’Università di Milano.edit - prof. Pierangelo Catalano - prof. Oliviero Diliberto - prof. Mario Caravale - prof. Paolo Alvazzi del Frateedit
Research Interests:
Dal 21 aprile 1981 operano a Roma, per iniziativa di professori dell’Università di Roma “La Sapienza” e con l’intervento del Consiglio Nazionale delle Ricerche, i Seminari internazionali di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”,... more
Dal 21 aprile 1981 operano a Roma, per iniziativa di professori dell’Università di Roma “La Sapienza” e con l’intervento del Consiglio Nazionale delle Ricerche, i Seminari internazionali di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”, organizzati annualmente in occasione del Natale dell’Urbe. Nel 1983 il Consiglio Comunale di Roma ha deliberato, all’unanimità, di istituzionalizzare l’iniziativa.
Nel 1999 una seduta del XIX Seminario è stata dedicata al CL Anniversario della Repubblica Romana del 1849. Il 30 aprile 1999 hanno avuto inizio i seminari con cui l’Università di Roma “La Sapienza” celebra annualmente il Battaglione Universitario Romano comandato dal professore di Diritto romano Pasquale de’ Rossi.
Questo volume Repubblica Romana del 1849. Battaglione Universitario Romano. Garibaldi, Mazzini e il Popolo russo raccoglie alcuni risultati: del seminario su La Costituzione della Repubblica Romana del 1849 svoltosi il 22 dicembre 1999, con il patrocinio della Corte Costituzionale, presso il Palazzo della Consulta; dei seminari presso l’Università di Roma “La Sapienza” per la celebrazione del Battaglione Universitario Romano e, in particolare, di quello su Garibaldi, Mazzini e la Russia, tenutosi nell’aprile 2017.
Nel 1999 una seduta del XIX Seminario è stata dedicata al CL Anniversario della Repubblica Romana del 1849. Il 30 aprile 1999 hanno avuto inizio i seminari con cui l’Università di Roma “La Sapienza” celebra annualmente il Battaglione Universitario Romano comandato dal professore di Diritto romano Pasquale de’ Rossi.
Questo volume Repubblica Romana del 1849. Battaglione Universitario Romano. Garibaldi, Mazzini e il Popolo russo raccoglie alcuni risultati: del seminario su La Costituzione della Repubblica Romana del 1849 svoltosi il 22 dicembre 1999, con il patrocinio della Corte Costituzionale, presso il Palazzo della Consulta; dei seminari presso l’Università di Roma “La Sapienza” per la celebrazione del Battaglione Universitario Romano e, in particolare, di quello su Garibaldi, Mazzini e la Russia, tenutosi nell’aprile 2017.
The present article deals with the developments of the doctrines of civil procedure within the Law Faculty in Rome from Giuseppe Chiovenda times through 60’s of the XX century. Observations made by civil procedure professors on the nature... more
The present article deals with the developments of the doctrines of civil procedure within the Law Faculty in Rome from Giuseppe Chiovenda times through 60’s of the XX century. Observations made by civil procedure professors on the nature of the trial and on the relationship between substantive law and procedural law are in comparison with significant historic and legal studies completed during the first behalf of the XX century. Such studies are completely consistent with the fundamentals of the German Pandettistica or, alternatively, in contrast with historiographic schemes and cathegories of the nineteenth-century doctrine. Within this doctrinal debate between poistive law experts and legal historians, one of the most interesting themes is whether the “actio” should be intended as an autonomous potestative right or a procedural right arising out of the violation of a specific legal status.
Le trattazioni di storia del processo dedicano qualche ragguaglio alla domanda giudiziale ove si tratta dell’introduzione della lite. […] Mancano studi specializzati sull’argomento . L’annotazione di Filippo Liotta in appendice alla voce... more
Le trattazioni di storia del processo dedicano qualche ragguaglio alla domanda giudiziale ove si tratta dell’introduzione della lite. […] Mancano studi specializzati sull’argomento .
L’annotazione di Filippo Liotta in appendice alla voce Domanda giudiziale (dir. interm.), inserita nel XIII volume dell’Enciclopedia del diritto, che ha rappresentato un punto di riferimento costante nello svolgimento del presente lavoro, ha fornito l’input essenziale per affrontare un campo d’indagine finora assai poco esplorato nei suoi specifici caratteri costitutivi. Invero, nel corso del basso medio evo, l’analisi delle metodiche d’approccio dei giuristi teorici e pratici ai problemi derivanti dalle modalità d’attuazione degli acta praeparatoria iudicii, ed in particolar modo dell’editio libelli e della vocatio in ius, offre spunti riflessivi sul complesso e diversificato articolarsi del modo d’attivare il processo. La disamina ha indotto, inoltre, a verificare quanto le costruzioni teoriche delineate dalla scienza giuridica medievale abbiano avuto dei riscontri effettivi nella prassi e nella normativa statutaria del XIII e XIV secolo.
In relazione all’editio libelli, gli snodi problematici, sorti sulla base dell’interpretazione delle Authenticae Offeratur e Libellum, si concretizzavano non soltanto nell’obbligatorietà o meno della stesura scritta della domanda giudiziale, quale condizione necessaria all’espletamento della vocatio in ius, ma anche sulle forme di presentazione del libello e sulle garanzie che sia l’attore che il convenuto avrebbero dovuto prestare prima dell’inizio del giudizio. È proprio nell’ambito della lettura medievale delle fonti romane che emerge la vivace disputa sollevata da Giovanni Bassiano nei confronti di Piacentino in merito all’inserimento del nomen actionis nel libello e sulla natura della causa petendi, intesa quale elemento indispensabile per la comprensione da parte del reus della pretesa avanzata dall’attore. La base di tale contrapposizione, alimentata nei legisti e canonisti dell’epoca, risiede, dunque, nell’asserita identificazione da parte del giurista emiliano della causa con l’actio, ossia nel riassumere le ragioni dell’attore con la definizione della tipologia di azione da intentare. Tale querelle caratterizzerà, oltre alle opere di numerosi autori di ordines iudiciorum successivi al giurista bolognese, anche le posizioni dei principali esponenti della Scuola dei glossatori e di quella del Commento. Non indifferente, al riguardo, risulterà peraltro il contributo fornito dai canonisti sulla base anche della nuova produzione normativa pontificia.
Per quanto concerne la vocatio in ius, la scienza giuridica medievale si interrogava principalmente in ordine alla scansione temporale delle fasi iniziali del processo e sulla necessità di posporre la presentazione della domanda giudiziale alla citazione del convenuto, determinando così un ribaltamento dell’iter processuale previsto dal Codex giustinianeo e nel rispetto, invece, dell’ordo sancito dal Digestum Vetus.
Lo schema procedurale delle fasi preliminari del giudizio su cui si erano sviluppate le elaborazioni teoriche dei doctores e le disamine dei giuristi pratici non ha trovato completo riscontro nella normativa statutaria dei Comuni italiani. In essa si è potuta constatare la generale tendenza ad abbreviare al massimo i tempi processuali e, dunque, ad eliminare formalità che potessero determinare dilazioni nel rito. Ne è proprio testimonianza l’esclusione, in molti statuti, dell’obbligatorietà del libello unitamente all’omissione dell’inserimento del nomen actionis nella domanda giudiziale, qualora fosse ben specificata la causa petendi.
L’annotazione di Filippo Liotta in appendice alla voce Domanda giudiziale (dir. interm.), inserita nel XIII volume dell’Enciclopedia del diritto, che ha rappresentato un punto di riferimento costante nello svolgimento del presente lavoro, ha fornito l’input essenziale per affrontare un campo d’indagine finora assai poco esplorato nei suoi specifici caratteri costitutivi. Invero, nel corso del basso medio evo, l’analisi delle metodiche d’approccio dei giuristi teorici e pratici ai problemi derivanti dalle modalità d’attuazione degli acta praeparatoria iudicii, ed in particolar modo dell’editio libelli e della vocatio in ius, offre spunti riflessivi sul complesso e diversificato articolarsi del modo d’attivare il processo. La disamina ha indotto, inoltre, a verificare quanto le costruzioni teoriche delineate dalla scienza giuridica medievale abbiano avuto dei riscontri effettivi nella prassi e nella normativa statutaria del XIII e XIV secolo.
In relazione all’editio libelli, gli snodi problematici, sorti sulla base dell’interpretazione delle Authenticae Offeratur e Libellum, si concretizzavano non soltanto nell’obbligatorietà o meno della stesura scritta della domanda giudiziale, quale condizione necessaria all’espletamento della vocatio in ius, ma anche sulle forme di presentazione del libello e sulle garanzie che sia l’attore che il convenuto avrebbero dovuto prestare prima dell’inizio del giudizio. È proprio nell’ambito della lettura medievale delle fonti romane che emerge la vivace disputa sollevata da Giovanni Bassiano nei confronti di Piacentino in merito all’inserimento del nomen actionis nel libello e sulla natura della causa petendi, intesa quale elemento indispensabile per la comprensione da parte del reus della pretesa avanzata dall’attore. La base di tale contrapposizione, alimentata nei legisti e canonisti dell’epoca, risiede, dunque, nell’asserita identificazione da parte del giurista emiliano della causa con l’actio, ossia nel riassumere le ragioni dell’attore con la definizione della tipologia di azione da intentare. Tale querelle caratterizzerà, oltre alle opere di numerosi autori di ordines iudiciorum successivi al giurista bolognese, anche le posizioni dei principali esponenti della Scuola dei glossatori e di quella del Commento. Non indifferente, al riguardo, risulterà peraltro il contributo fornito dai canonisti sulla base anche della nuova produzione normativa pontificia.
Per quanto concerne la vocatio in ius, la scienza giuridica medievale si interrogava principalmente in ordine alla scansione temporale delle fasi iniziali del processo e sulla necessità di posporre la presentazione della domanda giudiziale alla citazione del convenuto, determinando così un ribaltamento dell’iter processuale previsto dal Codex giustinianeo e nel rispetto, invece, dell’ordo sancito dal Digestum Vetus.
Lo schema procedurale delle fasi preliminari del giudizio su cui si erano sviluppate le elaborazioni teoriche dei doctores e le disamine dei giuristi pratici non ha trovato completo riscontro nella normativa statutaria dei Comuni italiani. In essa si è potuta constatare la generale tendenza ad abbreviare al massimo i tempi processuali e, dunque, ad eliminare formalità che potessero determinare dilazioni nel rito. Ne è proprio testimonianza l’esclusione, in molti statuti, dell’obbligatorietà del libello unitamente all’omissione dell’inserimento del nomen actionis nella domanda giudiziale, qualora fosse ben specificata la causa petendi.