Alessia-Ottavia Cozzi is Associate Professor in Public Law at the Department of Law, University of Udine. She has a PhD in Constitutional Law from the University of Ferrara; she has been post doc fellow at the University of Trieste, and researcher at the Research Institute of the Italian Research Agency Area Science Park, Trieste, Italy. She has a deep experience on the ECHR and ECJ parameters and reasoning, mutual interference, and relationship with national constitutional systems. She published a book and some articles on the origin and meaning of the social norms of the EU Charter of Fundamental Rights and the european social dimension. Her research on the principle of equality and social allowances in ECHR, ECJ and Italian Constitutional Court case law, financed after a public selection and carried out spending six months in Switzerland, led to a paper awarded in the VI National Competition on Constitutional Issues launched by the journal Quaderni costituzionali. Her PhD thesis was awarded as the Doctoral School best thesis of the year in Constitutional Law.
Con la sentenza n. 105 del 13 giugno 2024 la Corte costituzionale ha dato per la prima volta appl... more Con la sentenza n. 105 del 13 giugno 2024 la Corte costituzionale ha dato per la prima volta applicazione agli artt. 9 e 41 Cost. come modificati dalla legge cost. n. 1 del 2022.
La presente Sezione monografica trae origine dall’omonimo seminario organizzato presso l’Universi... more La presente Sezione monografica trae origine dall’omonimo seminario organizzato presso l’Università degli Studi di Udine nel marzo 2023. Il tema della call for papers alla base del seminario – condizionalità europea e identità costituzionali – è stato scelto in quanto la condizionalità, o meglio le condizionalità, costituiscono meccanismi, di diversa matrice, sempre più presenti e pervasivi nel processo di integrazione europea, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. Essi agiscono sul versante orizzontale dei fini propri dell’Unione e dei rapporti tra i suoi organi, sul versante verticale dei rapporti tra Unione e Stati membri, sul versante esterno dei rapporti tra Unione e Stati candidati all’adesione, futuri candidati o Stati terzi. Gli strumenti di condizionalità rappresentano, così, uno stress test per alcuni dei tratti caratterizzanti dell’ordinamento sovranazionale, quali il limite delle competenze attribuite, il principio di parità tra Stati, la persistente oscillazione tra modello intergovernativo e modello comunitario, oggi unionale, fino a toccare, nelle più recenti evoluzioni, la stessa capacità prescrittiva dei valori di cui all’art. 2 TUE e la loro tenuta rispetto alle identità costituzionali degli Stati membri. Di qui la scelta di un tema che tocca il cuore dell’integrazione europea da molteplici sfaccettature. La Sezione si apre con un contributo di carattere generale su “L’utilizzo della condizionalità e la trasformazione dello spazio europeo” (A. Baraggia). I successivi contributi si possono raggruppare attorno a quattro nuclei tematici distinti che, tuttavia, si intersecano fra loro in maniera significativa. La condizionalità di bilancio connessa alla protezione dello Stato di diritto è analizzata da Adriano Dirri e Ylenia Guerra – che hanno scritto sulla controversa genesi e sulla «contestata applicazione» del Regolamento 2020/2092, evidenziando sia gli aspetti giuridici che le dinamiche politiche – e da Nicola Maffei, con un contributo che ne offre una lettura in chiave di evoluzione costituzionale dell’Unione, in correlazione con il piano Next Generation EU (NGEU). Il secondo nucleo di riflessione è costituito dalla condizionalità relativa all’utilizzo delle risorse finanziarie, in rapporto con la forma di governo nazionale: Federico Musso mette in luce la diversa incidenza dei vincoli sovranazionali di natura macroeconomica sulle decisioni finanziarie degli Stati membri, mentre Giulio Santini riprende l’elaborazione teorica sul concetto di indirizzo politico, proponendone l’utilizzo come chiave di lettura dell’efficacia dei meccanismi di condizionalità in ambito europeo. Ci si concentra poi su obiettivi settoriali di particolare rilevanza perseguiti dall’Unione con lo strumento della condizionalità. Paola Valerio descrive l’emergere del suo utilizzo per finalità di carattere ambientale, dalla politica di coesione alla politica agricola comune, sino al Dispositivo per la ripresa e la resilienza (cd. Recovery Fund). Roberto Vinceti, invece, approfondisce come il «formante negoziale» sotteso alla condizionalità possa spingere all’armonizzazione degli ordinamenti giudiziari nazionali, pur in assenza di competenze normative dell’Unione, facendo emergere un modello comune che i soli interventi della giurisprudenza sovranazionale non avrebbero potuto forgiare. L’ultima forma di condizionalità esaminata dai contributi della Sezione è quella insita nel procedimento di adesione ed è rivolta agli Stati candidati o potenziali candidati: Edin Skrebo analizza l’esperienza dei Balcani occidentali, e in particolare dei quattro Stati che erano parte della Repubblica Federale di Yugoslavia (Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord), mentre Tatiana-Maria Cernicova-Dragomir parla dell’«associated trio» di Stati che, nel 2022, ha espresso la volontà di diventare parte dell’Unione: Ucraina, Moldavia e Georgia.
Intangible Cultural Heritage and European Union. This article is part of the monograph section La... more Intangible Cultural Heritage and European Union. This article is part of the monograph section La tutela giuridica del patrimonio culturale immateriale.
This article analyses the influence of the 2003 UNESCO Convention for the Safeguarding of Intangible Cultural Heritage on European Union law. The EU has not formally acceded to the ICH Convention, which is only open to States, but European cultural policies are affected by certain aspects of the ICH Convention. This can be seen in recent Recommendations of the Council or the EU Commission on digitisation and participatory governance of cultural heritage. However, the definitions and instruments of ICH Convention have a specificity that is not present in EU law, where the safeguarding of intangible memories and participatory processes are part of a broader process of European identity building.
Contributo in L. Montanari, A.O. Cozzi, M. Milenković, I. Ristić, We, the People of the United Europe: Reflections on the European State of Mind, 2022
Il contributo ha ad oggetto il rapporto tra patrimonio culturale e principi del costituzionalismo... more Il contributo ha ad oggetto il rapporto tra patrimonio culturale e principi del costituzionalismo europeo, intendendo per essi la separazione dei poteri, la democrazia, la tutela dei diritti fondamentali e lo Stato di diritto. Si tratta dei principi sanciti nello Statuto del Consiglio d’Europa del 1949 e oggi codificati nell’art. 2 TUE. La derivazione di questi principi dagli ordinamenti nazionali è alla base della creazione dei diritti come principi generali del diritto comunitario e resta oggi inscritta nella espressione “tradizioni costituzionali comuni” di cui all’art. 52, par. 4, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’art. 6, par. 3, TUE. Il contributo prende le mosse dalla Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società, in inglese cultural heritage, cosiddetta Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa del 2005, sottoscritta dal Governo italiano nel 2013, ma ratificata e resa esecutiva solo con l. n. 133 del 2020, in vigore il 1° marzo 2021. La Convenzione costituisce uno spunto per ragionare della assonanza tra cultural heritage e European constitutional heritage, poiché il suo art. 3 contiene una definizione di Patrimonio comune dell’Europa come composto da due elementi: memorie, ossia tutte le forme di patrimonio culturale in Europa che costituiscono nel loro insieme una fonte condivisa di ricordo, di comprensione, di identità, di coesione e creatività; principi culturali, intesi come “gli ideali, i principi e i valori, derivati dall’esperienza ottenuta grazie al progresso e nei conflitti passati, che promuovano lo sviluppo di una società pacifica e stabile, fondata sul rispetto per i diritti dell’uomo, la democrazia e lo Stato di diritto”. I principi fondativi del costituzionalismo europeo sono dunque anche, e innanzitutto, elementi del patrimonio culturale. Essi sono diventati giuridici in quanto culturali, nel senso di storici, plasmati dalla storia, «derivanti dall’esperienza ottenuta grazie al progresso e nei conflitti passati». L’operazione di codificazione delle componenti del patrimonio culturale dell’Europa ha rappresentato una novità, tanto da essere considerata in dottrina una «great audacity». A partire da questa «great audacity» il contributo è diviso in tre parti: la prima è dedicata al rapporto tra patrimonio culturale e tradizioni costituzionali comuni; la seconda è rivolta all’Europa come unità storica; la terza accenna alla coesistenza nel costituzionalismo di tradizioni transitate dal passato e di volontarie rotture. Il contributo si chiude con uno sguardo al presente, relativo alle vicende di Polonia e Ungheria, sulla scia di alcuni interventi pubblici di Milan Kundera rispettivamente del 1967 e del 1983.
Con la sentenza Jacquinet c. Belgio la Corte di Strasburgo si è pronunciata per la non violazione... more Con la sentenza Jacquinet c. Belgio la Corte di Strasburgo si è pronunciata per la non violazione dell’art. 8 CEDU in relazione al procedimento amministrativo avviato da una persona adulta che voleva sostituire il cognome del padre, che l’aveva abbandonato da piccolo, con quello della madre. La sentenza non attiene all’eguaglianza di genere, ma al nome come componente dell’identità personale e mezzo di identificazione delle persone nel tempo. L’articolo affronta tre profili: l’applicazione dell’art. 8 CEDU al procedimento e al processo amministrativo in rapporto alla garanzia convenzionale della full jurisdiction; il bilanciamento degli interessi ad oggi risultante dalla giurisprudenza costituzionale sul cognome della persona adulta; i principi tratti dalla giurisprudenza amministrativa sul cambiamento del cognome.
In the recent Jacquinet v. Belgium judgement, the European Court of Human Rights held that there had been no violation of Art. 8 ECHR, right to respect for private and family right, in a case concerning the refusal to grant request for a change of the surname of the applicant, who was abandoned by the father and seeks permission to use his mother’s surname. This ruling is not about gender equality, but about personal identity and certainty in the identification of persons over time. This article covers three aspects: the Court of Strasbourg review of administrative procedure and process under Art. 8 ECHR; the case-law of the Italian Constitutional Court concerning the change of an adult’s surname and the application of the relevant rules by administration and administrative courts.
Le clausole di condizionalità hanno accompagnato il processo di integrazione europea in diverse f... more Le clausole di condizionalità hanno accompagnato il processo di integrazione europea in diverse fasi del suo sviluppo, tanto da poter ragionare di condizionalità al plurale, diverse per obiettivi, contenuti ed effetti a seconda del momento storico, e riconducibili a differenti modelli, tra matrice internazionale e meccanismi costituzionali presenti negli Stati composti. Clausole di condizionalità furono inizialmente presenti nell’azione esterna dell’Unione europea, anticipando il riconoscimento dei diritti fondamentali e della democrazia come valori fondativi dell’Unione prima ancora che essi fossero codificati nei Trattati istitutivi. Questi stessi principi, insieme alla garanzia di una economia di mercato, furono al cuore del processo di allargamento che seguì la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, orientando l’adesione dei primi dieci Paesi dell’Europa Centrale e Orientale. Negli anni della crisi dei debiti sovrani, come vincolo alla stabilità finanziaria e all’adozione di riforme strutturali, la condizionalità macroeconomica ha inciso fortemente sui processi di determinazione democratica dei processi di spesa e sulla tenuta dei diritti sociali, elementi costitutivi dello Stato sociale costituzionale. In epoca più recente, la condizionalità legata alla democrazia, al rispetto dei diritti fondamentali e allo Stato di diritto è ritornata all’attenzione delle dinamiche istituzionali e politiche europee come requisito di permanenza nell’Unione europea per coloro che, già diventati membri, ne hanno indebolito le garanzie, mettendo in discussione l’indipendenza della magistratura, la libertà di associazione, il pluralismo nell’istruzione, il rispetto di misure minime per l’accoglienza dei migranti. Queste dinamiche si sono intersecate con l’esplosione della pandemia, cosicché gli strumenti di debito europeo adottati per farvi fronte, di portata innovativa, hanno introdotto ulteriori varianti della condizionalità. Esse si aprono a diverse interpretazioni, una ritrovata armonia tra costituzionalismo economico e costituzionalismo fondato su valori comuni o una nuova forma di commissariamento delle scelte democratiche nazionali. Infine, ancora diversa è la condizionalità imposta nel corso dei negoziati, ormai lunghi e «faticosi», per usare una espressione ricorrente, per l’adesione dei Balcani occidentali, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Albania. Mentre il primo allargamento a Est è stato definito “culturalmente neutro”, nei confronti dei Balcani occidentali la condizionalità è condotta su binari bilaterali con ciascuno dei Paesi candidati, richiedendo forme di riconciliazione e di memoria condivisa che toccano questioni sensibili e divisive delle identità nazionali. Le proposte di contributo richieste sono chiamate ad analizzare come diverse forme di condizionalità abbiano agito nel processo di integrazione europea, influenzando la stessa costruzione di una identità europea, e come abbiano inciso su alcuni dei tratti costitutivi delle identità costituzionali nazionali.
Il contributo ha lo scopo di indagare l’origine della espressione ideologia gender, o teoria gend... more Il contributo ha lo scopo di indagare l’origine della espressione ideologia gender, o teoria gender, distinguendola dalle vere e proprie analisi di genere affermatesi nelle più diverse branche del sapere, compreso il diritto costituzionale. Nella prima parte del saggio si dà conto di come l’espressione ideologia gender sia stata coniata in alcuni documenti vaticani e sia transitata nel dibattito pubblico e politico, della sua funzione di fattore di mobilitazione e di alcuni momenti dell’attualità politica dell’ultimo decennio in cui è stata intensamente utilizzata. La seconda parte del saggio, invece, è dedicata ai concetti di “sesso” e “genere” nella prospettiva del diritto costituzionale e del costituzionalismo, guardando sia alle diverse articolazioni del dibattito scientifico, che al diritto positivo. Nell’ultima parte, il saggio propone alcune considerazioni sul rapporto tra ideologia gender e normatività dei principi costituzionali. This contribution examines the origin of the expression ideologia gender (gender ideology), setting it apart from the gender studies established in the most diverse branches of knowledge, including constitutional law. In the first part of the essay, we consider how the expression ideologia gender was coined in some Vatican documents and transited into the public and political debate. We recall the literature that has analysed its function as a mobilising factor and we point to some moments, in the political scene of the last decade, in which its use has been strong. In the second part of the essay, the focus is on the concepts of “sex” and “gender” from the perspective of constitutional law and constitutionalism, looking both at the different ways in which they have been articulated in scientific debate, and at positive law. The essay concludes by showing that the ideologia gender, in the rhetorical meaning described, disqualifies the constitutional principles of equality and equal dignity as mere political declarations instead of enforceable legal norms. On the contrary, even with their broad scope of application, the constitutional principles are preceptive rules and require application.
Con la sentenza n. 131 del 2022 la Corte costituzionale ha portato a compimento un percorso già i... more Con la sentenza n. 131 del 2022 la Corte costituzionale ha portato a compimento un percorso già intrapreso nella propria precedente giurisprudenza, nel 2006 e nel 2016, dichiarando definitivamente l’illegittimità costituzionale dell’automatismo del patronimico nell’attribuzione del cognome ai figli. La Corte ha individuato, quale nuova regola legale sostitutiva, il doppio cognome nell’ordine voluto dai genitori, e stabilito come regola generale il principio dell’accordo per la scelta del cognome. Il contributo discute del reciproco rapporto tra accordo e regola legale, anche in vista della prassi amministrativa che darà applicazione alla sentenza.
The Italian Constitutional Court’s ruling n. 131 of 2022 declared the unconstitutionality of an age-old rule in Italian law, i.e. the automatic attribution of the father’s surname to children. The Italian Constitutional Court ruled that the choice of children’s surname normally depends on the parents’ consent and, in the event of a lack of agreement, stated that the surname of both is mandatory. This article deals with the relationship between the parents’ agreement and the legal rule, discussing the administrative practice that will implement this ruling
This work aims to investigate the stance of the Italian Constitutional Court (ItCC) on ECHR and C... more This work aims to investigate the stance of the Italian Constitutional Court (ItCC) on ECHR and CFREU and their respective Courts, ECtHR and CJEU. The aim is to verify if the attitude of the ItCC could be described in terms of openness or closedness, understanding openness as an effort to practise loyal cooperation through procedural means and, substantively, as greater attention for the norms of supranational orders, and closedness as the setting aside of all forms of procedural ties with the supranational Courts and the voluntary dissociation from their outcome, with the purpose of prioritising domestic constitutional provisions. To conduct the analysis, the article refers to the theory of interlegality, questioning whether ItCC, operating 'on the borders between several normative orders', has a broader accountability to these different orders. The first part of the paper is devoted to some elements drawn from the case law indicating openness, such as the language use by the ItCC, the procedures, the legal reasoning, and the effects of judgements. Attention is given to the contextual reference to the recognition norms of both the Italian Constitution and European Union (EU) Treaties and to the increasing use of preliminary rulings to the CJEU. The second part of the paper discusses a substantive criterion created by the ItCC, the 'greatest extension of guarantees', demonstrating that it does not refer to the level of protection of individual rights, but to the balance of the entire constitutional system. Our conclusion is that the ItCC trends concerning supranational rights express a deferent and operational, but vigilant cooperation, retaining a margin to ensure the vitality of the domestic Constitution.
The Italian Constitutional Court (ItCC) judgment no. 67 of 2022 is marked by two aspects. Firstly... more The Italian Constitutional Court (ItCC) judgment no. 67 of 2022 is marked by two aspects. Firstly, the recognition of primacy as the architrave of the European system and its values, and at the same time the driver of the domestic system, in a legal system in which the Courts assume and act as guarantors of reciprocal rights and obligations. Secondly, the persistent vitality of disapplication, the traditional way of guaranteeing the primacy of EU law, which the new approach introduced by the ItCC's decision no. 269 of 2017 had made less certain. Arguably, the reasons for reaffirming the primacy do not depend on the case in question, but on the need, in the face of the rule of law crisis and, today, of a new war in the continent, to reaffirm the values on which the European Union is based. SOMMARIO: 1. Introduzione: il caso.-2. Primi rilievi: una comunità di corti nazionali legate da convergenti diritti e obblighi.-3. I criteri della disapplicazione.-4. Il contesto: uno sguardo lontano, la rule of law e ora la guerra.
Il presente contributo intende offrire un’analisi della revisione degli artt. 9 e 41 Cost., attua... more Il presente contributo intende offrire un’analisi della revisione degli artt. 9 e 41 Cost., attualmente in corso, sulla base di alcuni spunti tratti dal procedimento di revisione costituzionale svolto in Francia tra il 2003 e il 2005, che ha condotto all’adozione di una Carta dell’ambiente cui rinvia il Preambolo della Costituzione del 1958. Anche la riforma francese, come l’attuale riforma italiana, nasceva dall’esigenza di introdurre norme di protezione ambientale nel parametro costituzionale che ne era privo. Il contributo si struttura in due parti. Nella prima, vengono sintetizzati alcuni aspetti della revisione costituzionale italiana sulla base dei lavori preparatori e si opera un confronto con il procedimento di revisione francese. Nella seconda parte del contributo, la comparazione si concentra su due profili che costituiscono il filo conduttore dell’analisi. In primo luogo, ci si sofferma sulla previa esistenza di un diritto costituzionale per l’ambiente nell’ordinamento italiano, antecedente alla revisione, che invece mancava nell’ordinamento francese, per il rifiuto del Conseil Constitutionnel di trarre norme implicite in materia ambientale in assenza di un esplicito riferimento costituzionale. In secondo luogo, si analizza la conformazione dei beni e interessi ricondotti all’ambiente, se fonti di diritti soggettivi o di principi oggettivi. Nel dibattito costituzionale francese si è particolarmente insistito, sia nei lavori preparatori, che nella dottrina, sul fatto che la Carta dell’ambiente doveva essere fonte di obiettivi per il legislatore e non di nuovi diritti soggettivi direttamente azionabili in giudizio, ad eccezione del principio di precauzione. A questo risultato mirava la descrizione di numerose norme della Carta come obiettivi di valore costituzionale, categoria da tempo enunciata dal Conseil Constitutionnel per indicare interessi di rilievo costituzionale che non possono dare origine a situazioni soggettive in assenza di intermediazione legislativa. Nella dottrina italiana antecedente alla riforma, di cui si ripercorreranno alcuni orientamenti, sono stati raggiunti esiti analoghi, pur senza le dottrine proprie dell’esperienza costituzionale francese. È da tempo acquisita, infatti, l’opinione per cui l’ambiente non è l’oggetto di un diritto soggettivo di portata generale e natura incerta, ma un principio oggettivo, o meglio un valore, da cui derivano anche posizioni soggettive specifiche per oggetto, destinatari e forme di tutela, ma la cui realizzazione passa essenzialmente per le politiche, sia settoriali in materia ambientale, sia trasversali, integrando valutazioni ambientali nei più diversi ambiti del vivere collettivo. Vi è, sin qui, una coincidenza tra la marcata attenzione del legislatore costituente francese per una riserva alla discrezionalità legislativa e gli orientamenti maggioritari della dottrina italiana. Tuttavia, tra i d.d.l. di revisione costituzionale alla base della attuale riforma, molti hanno ripresentato la connotazione dell’ambiente come diritto, diritto fondamentale della persona o diritto collettivo, riproponendo una contrapposizione, che si sarebbe immaginata desueta, tra diritto soggettivo e principio oggettivo. Questa contrapposizione è ritenuta da chi scrive impropria, poiché i principi sono generatori di norme in potenza, tra cui diritti soggettivi, e questa loro capacità generativa ne costituisce il tratto fondamentale Nell’ultima parte del lavoro, tuttavia, ci si sofferma sulle ragioni del riemergere di questa distinzione. La rinnovata attenzione per la dimensione soggettiva dell’ambiente non appare un fenomeno isolato, se si pensa a recenti decisioni di corti europee ed extraeuropee, compresi giudici francesi, che hanno avuto particolare risonanza sulla stampa per aver riconosciuto veri e propri diritti soggettivi connessi all’ambiente, e più in generale all’emergere di un filone giurisprudenziale sintetizzato nell’espressione «giustizia climatica». Il contributo si conclude osservando che, sebbene certamente l’ambiente costituisca un concetto polidimensionale il cui inveramento, nelle sue componenti, richiede innanzitutto ed essenzialmente politiche pubbliche, vi è una radice incomprimibile nella tradizione del costituzionalismo, che periodicamente si propone nei più diversi ambiti, rappresentata dalla rivendicazione di diritti giustiziabili. Questa rivendicazione, come è già stato dimostrato in dottrina, ha una funzione principalmente sanzionatoria nei confronti della inerzia o della carenza del potere costituito
This paper analyses the ongoing revision of Articles 9 and 41 of the Italian Constitution, based on the constitutional revision process carried out in France between 2003 and 2005, which led to an Environment Charter referred to in the Preamble of the 1958 Constitution. The French reform, like the current Italian reform, also stemmed from the need to introduce environmental protection standards into the constitutional norms. The comparison relates to the revision process, the contents, but also the nature of the new constitutional provisions as rights or as principles, a theme that was very much present in the French constitutional debate, in Italian doctrine somewhat outdated, but re-emerged in the current constitutional reform.
Il presente contributo ha ad oggetto la nuova denominazione del Ministero per i beni e le attivit... more Il presente contributo ha ad oggetto la nuova denominazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, divenuto con d.l. n. 22 del 2021, conv. in l. n. 55 del 2021, «Ministero della cultura». Scopo del contributo è proporre alcune riflessioni sul rapporto tra il nuovo nome del Ministero, le funzioni ad esso già attribuite prima del cambiamento di denominazione, e l’art. 9 Cost., nei suoi due commi, in cui la parola «cultura» è contenuta espressamente nel primo. Il contributo prende le mosse da due andamenti tipici del settore dei beni culturali: l’anticipazione sul piano dell’organizzazione amministrativa di innovazioni che hanno tardato ad emergere nella legislazione; l’accentramento in capo ad un unico apparato amministrativo di funzioni riferite a leggi di settore distinte, ma tutte unitariamente riconducibili al concetto di cultura di cui all’art. 9 Cost. Dopo aver sintetizzato l’evoluzione delle attribuzioni del ministero, ci si sofferma sulla parola «cultura», per ripercorrere come sia stato ricostruito nel tempo il suo significato tecnico-giuridico. Si propone una sintesi dell’evoluzione della dottrina in tre atteggiamenti riferiti ad epoche storiche diverse: un primo atteggiamento è di rinuncia, prescindendo da qualsivoglia tentativo di definizione; un secondo atteggiamento ha due volti, una rivendicazione dell’autonomia della disposizione costituzionale dalla legislazione ordinaria esistente e, insieme, l’adesione e ripresa consapevole di concetti maturati in altre scienze umane, a partire dall’antropologia; il terzo è la ricerca di una nozione giuridicamente autonoma, che delle altre scienze trattiene solo alcuni punti. Il contributo si chiude tornano al punto di partenza, la nuova denominazione di Ministero della cultura, mostrando come essa sia in grado di riassumere con un termine unitario le diverse attribuzioni del ministero, trovando un referente diretto e immediato nell’art. 9 Cost. Tuttavia, perplessità vengono espresse sul nuovo nome sia perché evoca i cattivi ricordi di una cultura totalitaria di Stato, contraddicendo il principio del pluralismo culturale come carattere fondante dello Stato sociale costituzionale, sia per la diversa portata del linguaggio nella Costituzione e in riferimento agli apparati amministrativi che, in virtù del principio di legalità, agiscono nei limiti delle funzioni e dei poteri assegnati dalle leggi di settore. Il solo mutamento del nome, perciò, benché assonante con la Costituzione, nulla dice sulla tipologia di funzioni attribuite e sulla qualità degli strumenti per il loro esercizio.
Center for Inter-legality Research working paper n. 13/2021 - LUISS Unit on the Observatory on Italian High Courts, 2021
This working paper aims to examine whether the theory of interlegality is compatible with the sta... more This working paper aims to examine whether the theory of interlegality is compatible with the stance of the Italian Constitutional Court (ItCC) on the European Convention on Human Rights (ECHR) and European Court of Human Rights case law, as well as the Charter of Fundamental Rights of the European Union (CFREU) and the corresponding EU Court of Justice case law. We attempt to ascertain whether the ItCC approach is consistent with the premises underlying interlegality, stating, on the one hand, that not only must a valid norm, but also broader rationes and competing principles, be applied in complex cases. On the other hand, interlegality theory suggests that the highest courts should fulfil a dual function, i.e. they must perform their duties of institutional loyalty, but they must also consider the reasons supported by competing legal orders. The paper is in two parts. The first concentrates on the ECHR and the recent ItCC protocols on the incompatibility between national and EU law on fundamental rights, examining them in terms of interlegality. Here, interlegality seems to arise through a number of different elements: language, the idea of concurrent remedies, legal reasoning, and the effects of decisions. We argue that there are two key elements to explore: frequent reliance on the rules of reference of other systems of protection, and routine use of preliminary referrals. We go on to examine how this trend depends on the wording of the written Constitution and/or the margin of interpretation open to the ItCC, discussing the degree of flexibility permitted by constitutional principles. The conclusion is that the ItCC, in reaffirming its role as guarantor of the constitutional system as a whole, is aware of and responds to the different legal orders involved. The second part of the paper is devoted to the substantive meaning of interlegality, limiting analysis to the criterion of the maximum level of protection of individual rights. The starting point is ItCC case law, moving on to the formal provisions of Art. 53 ECHR and Art. 53 CFREU. We argue that, despite their formal reference to a "level of protection", these provisions are not intended to reveal the highest degree of substantive protection, which is a controversial criterion in itself, but to reflect the normative theories underlying each system. The conclusion is that interlegality appears to be a helpful way of highlighting and measuring the degree to which the Courts respect the plurality of legal orders and their rationale, and that this attitude to compliance and participation lies essentially in the construction of logical methods allowing stable cooperation .
I semestri a Presidenza tedesca hanno segnato due momenti fondamentali della storia dell’integraz... more I semestri a Presidenza tedesca hanno segnato due momenti fondamentali della storia dell’integrazione europea: nel 1999, il progetto di Carta europea dei diritti fondamentali; nel 2020, l’adozione di una forma di indebitamento comune. Un terzo momento fondamentale è consistito negli anni della crisi dei debiti sovrani, 2010-2014, che hanno visto la Repubblica Federale Tedesca motore politico dell’austerity europea. Questi tre momenti, diversi per presupposti, hanno in comune il fatto di reagire ad una crisi. Il presente contributo guarda ad essi per analizzare le aspettative e il grado di attuazione delle disposizioni sociali della Carta europea sia sul versante politico, sia sul versante giudiziale, quale aspetto della dimensione sociale europea. Attraverso le iniziative politiche tedesche si vuole mostrare come, nei vent’anni trascorsi dalla sua proclamazione, le linee di tensione politica e istituzionale a livello europeo e nazionale abbiano indebolito la capacità integrativa delle norme sociali della Carta, creando un nesso tra incertezza politica e cautela giudiziale. The Germany’s Presidencies of the European Semester captured fundamental moments of European integration, as the initiative for the European Charter of Fundamental Rights in 1999 and the proposal for a common debt in 2020. Moreover, during the sovereign debt crisis of 2010-2014, austerity was strongly supported by Germany, influencing the adoption of strong macroeconomic conditionality. The three moments of European integration had different causes, but they have in common the reaction to a crisis. This paper addresses these moments looking at the expectations and the degree of implementation of the European Charter of Fundamental Rights’ social norms from both the institutional side and the judicial side, as an aspect of the European social dimension. The German political and institutional climate is used to demonstrate how political fragmentation affected the capacity of integration of the Charter, the judicial self-restraint mirroring political uncertainty.
The relationship between genetics/genomics and the legal and ethical landscape has been long and ... more The relationship between genetics/genomics and the legal and ethical landscape has been long and varied, and it is continually evolving. Depending on the moment in history and the specific area involved, this relationship has proven tragic (consider eugenics and the laws it inspired), beneficial (consider the many criminal cases solved through forensic DNA) and promising (consider attempts to regulate emerging gene editing techniques) – but it has never been easy. The idea to dedicate a Special issue of BioLaw Journal to the origins, state of the art and future of this interrelation emerged during an international symposium organised by the Italian Chapter of the International Society of Public Law (ICON-S) in Florence in 2019, addressing the topic of New Technologies and the Future of Public Law. A stimulating discussion on the new challenges of genome editing convinced us that trying to bridge between past and present was important in order to better imagine the future. Aware of this issue’s challenging and multifaceted nature, we involved outstanding experts who had devoted years of their research activities to these topics, together with passionate young scholars whose imaginations had more recently been captured by these complexities. Relying on a cross-sectoral approach that embraced – beyond law – medicine, the history of medicine, philosophy and bioethics, we cooperated with interested Authors from different parts of the world (beyond Italy, including Australia, Belgium, Canada, China, France, Hungary, the United Kingdom, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Sweden and the United States), showcasing the global dimension of genetics challenges.
BioLaw Journal, Special Issue n. 1/2021, Law, Genetics, and Genomics: an Unfolding Relationship, 2021
Next generation sequencing (NGS) induces frequent discoveries of incidental findings. This means ... more Next generation sequencing (NGS) induces frequent discoveries of incidental findings. This means that, during the sequencing, primary information concerning the alteration in gene for which the sequencing test was ordered goes with other information on dif-ferent alterations. This problem is first faced by laboratories, followed by clinicians. The core question is whether to inform patients of those alterations. The first part of this paper overviews the guidelines adopted by the scientific community to set inci-dental findings. References are made to the 2016 European Guidelines for Diagnostic NGS, U.S. Recommendations adopted in 2013 and revised twice, in 2015 and in 2016, Italian Report of Bioethics Committee of 2016, and French Guidelines on secondary findings related to cancer gene of 2018. The second part of this paper discusses the ra-tionale of “the right not to know” and analyses two main frameworks: autonomy and privacy. An attempt is made to consider the issue through different constitutional backgrounds: the U.S. and French notion of autonomy and freedom, and the Italian constitutional background. This paper argues that the right not to know is a negative right comprising a denial, but whose exercise requires positive obligations from clini-cians to fulfil an effective and conscious choice. Recalling a famous U.S. debate on negative and positive liberty, a synthesis of the two sides could be managed through a procedural setting of consent, including information about family members. In this sense, the right not to know refers to a constitutional pattern of principles that is not limited to self-determination but entails solidarity and responsibility.
This paper discusses the role of Italian Constitutional Court (ItCC) judicial review of legislati... more This paper discusses the role of Italian Constitutional Court (ItCC) judicial review of legislation concerning the EU Charter of Fundamental Rights in the light of the European integration process. The paper is divided in three parts. The first part and the second part move from an internal perspective, while the third part deals with the European level. The first part discusses the criteria that ordinary courts must comply with to involve the ItCC judgment when a law is suspected to violate both the Italian Constitution and the EU Charter. The second part considers some systemic problems that have arisen in the new course of ItCC, particularly the reconstruction of the EU Charter’s norms as interposed norms, i.e. their force and their limits, the infringement of the primacy of EU law and the patriation of the meanings of the Charter. The thesis is that the consideration of the EU Court f Justice case law, a deep reasoning, and the use of preliminary references as a new normality can mitigate these problems. The third part is devoted to the role of the EU Charter in the European system since its promulgation in 2000, with a special focus on the social norms of the Charter. The study recalls the years of hope, when the Charter aimed at constitutionalising the EU, and the years of disillusion, during the economic crisis. The vitality of the Charter is analysed in both the judicial side and the political side, showing a low degree of implementation. The thesis is that the ItCC can contribute to the normativity to the EU Charter through preliminary references, especially on the validity of EU secondary legislation, using arguments and words of a social and democratic constitutionalism.
Contributo in A. MORRONE, C. CARUSO, F. MEDICO, Granital revisited? L’integrazione europea attrav... more Contributo in A. MORRONE, C. CARUSO, F. MEDICO, Granital revisited? L’integrazione europea attraverso il diritto giurisprudenziale, Bologna, 2020 Il fil rouge del presente contributo è rappresentato dal confronto tra il nuovo cammino europeo intrapreso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 269/2017 e il cammino convenzionale inaugurato con le sentenze gemelle del 2007. Attraverso questo filo rosso, la giurisprudenza costituzionale relativa al parametro europeo e al parametro convenzionale viene analizzata sotto tre profili: lo sviluppo del modus decidendi della Corte costituzionale; la tenuta della distinzione tra parametri costituzionali utilizzati per dare ingresso al diritto convenzionale e al diritto europeo; infine, alcune considerazioni sui criteri individuati per indirizzare il potere/dovere del giudice comune di sollevare questione di legittimità costituzionale.
SOMMARIO: 1. Introduzione: carriere scientifiche senza parità.-2. Un caso di studio.-3. I limiti ... more SOMMARIO: 1. Introduzione: carriere scientifiche senza parità.-2. Un caso di studio.-3. I limiti alla previsione di quote.-4. Il contesto normativo: la rappresentanza ne-gli enti di ricerca.-5. Conclusioni: l'autonomia come obbligo di diretta attuazione di principi costituzionali. 1. Introduzione: carriere scientifiche senza parità. Il presente contributo vuole indagare se siano tuttora necessarie quote di genere entro l'ambito circoscritto della ricerca scientifica, in particolare nella composizione degli organi di indirizzo politico-amministrativo e tecnico-scientifico degli enti di ricerca. Che esista ancora oggi un gap femminile nella ricerca scientifica è un dato certo. Nel 2017 il Ministero dell'Università e della Ricerca ha costituito un gruppo di lavoro incaricato di effettuare un'analisi dei dati di genere del personale ricercatore universitario e degli enti di ricerca. I dati raccolti confermano l'esistenza di una ben nota "piramide". Il numero di laureati donne e uomini è pressoché identico, pur con variazioni nei singoli settori scientifici, ma la presenza maschile diventa predominante con l'avanzamento delle carriere accademiche. L'andamento che si riscontra in Italia, d'altra parte, è simile a quello che risulta dalla media europea (In www.miur. dell'11 maggio 2018. Il gruppo di lavoro "Genere e ricerca" era coordinato dalla prof.ssa Elisabetta Addis. Si vedano anche gli indicatori nazionali per il bilancio di genere degli Atenei tratti da http://ustat.miur.it/indicatori/ indicatori-nazionali-peril -bilancio-di-genere-degli-atenei/ e gli analoghi dati del progetto in-ternazionale She figures http://ustat.miur.it/indicatori/indicatori-internazionali-progetto-she-figures/. L'attualità del tema è testimoniata da iniziative di sensibilizzazione come la Giornata mondiale delle donne nella scienza, istituita dal 2015 dall'ONU l'11 febbraio di ogni anno per combattere i pregiudizi che impediscono alle donne l'accesso alle carriere scientifiche: http://www.un.org/en/events/women-and-girls-in-science-day/.)
Con la sentenza n. 105 del 13 giugno 2024 la Corte costituzionale ha dato per la prima volta appl... more Con la sentenza n. 105 del 13 giugno 2024 la Corte costituzionale ha dato per la prima volta applicazione agli artt. 9 e 41 Cost. come modificati dalla legge cost. n. 1 del 2022.
La presente Sezione monografica trae origine dall’omonimo seminario organizzato presso l’Universi... more La presente Sezione monografica trae origine dall’omonimo seminario organizzato presso l’Università degli Studi di Udine nel marzo 2023. Il tema della call for papers alla base del seminario – condizionalità europea e identità costituzionali – è stato scelto in quanto la condizionalità, o meglio le condizionalità, costituiscono meccanismi, di diversa matrice, sempre più presenti e pervasivi nel processo di integrazione europea, sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. Essi agiscono sul versante orizzontale dei fini propri dell’Unione e dei rapporti tra i suoi organi, sul versante verticale dei rapporti tra Unione e Stati membri, sul versante esterno dei rapporti tra Unione e Stati candidati all’adesione, futuri candidati o Stati terzi. Gli strumenti di condizionalità rappresentano, così, uno stress test per alcuni dei tratti caratterizzanti dell’ordinamento sovranazionale, quali il limite delle competenze attribuite, il principio di parità tra Stati, la persistente oscillazione tra modello intergovernativo e modello comunitario, oggi unionale, fino a toccare, nelle più recenti evoluzioni, la stessa capacità prescrittiva dei valori di cui all’art. 2 TUE e la loro tenuta rispetto alle identità costituzionali degli Stati membri. Di qui la scelta di un tema che tocca il cuore dell’integrazione europea da molteplici sfaccettature. La Sezione si apre con un contributo di carattere generale su “L’utilizzo della condizionalità e la trasformazione dello spazio europeo” (A. Baraggia). I successivi contributi si possono raggruppare attorno a quattro nuclei tematici distinti che, tuttavia, si intersecano fra loro in maniera significativa. La condizionalità di bilancio connessa alla protezione dello Stato di diritto è analizzata da Adriano Dirri e Ylenia Guerra – che hanno scritto sulla controversa genesi e sulla «contestata applicazione» del Regolamento 2020/2092, evidenziando sia gli aspetti giuridici che le dinamiche politiche – e da Nicola Maffei, con un contributo che ne offre una lettura in chiave di evoluzione costituzionale dell’Unione, in correlazione con il piano Next Generation EU (NGEU). Il secondo nucleo di riflessione è costituito dalla condizionalità relativa all’utilizzo delle risorse finanziarie, in rapporto con la forma di governo nazionale: Federico Musso mette in luce la diversa incidenza dei vincoli sovranazionali di natura macroeconomica sulle decisioni finanziarie degli Stati membri, mentre Giulio Santini riprende l’elaborazione teorica sul concetto di indirizzo politico, proponendone l’utilizzo come chiave di lettura dell’efficacia dei meccanismi di condizionalità in ambito europeo. Ci si concentra poi su obiettivi settoriali di particolare rilevanza perseguiti dall’Unione con lo strumento della condizionalità. Paola Valerio descrive l’emergere del suo utilizzo per finalità di carattere ambientale, dalla politica di coesione alla politica agricola comune, sino al Dispositivo per la ripresa e la resilienza (cd. Recovery Fund). Roberto Vinceti, invece, approfondisce come il «formante negoziale» sotteso alla condizionalità possa spingere all’armonizzazione degli ordinamenti giudiziari nazionali, pur in assenza di competenze normative dell’Unione, facendo emergere un modello comune che i soli interventi della giurisprudenza sovranazionale non avrebbero potuto forgiare. L’ultima forma di condizionalità esaminata dai contributi della Sezione è quella insita nel procedimento di adesione ed è rivolta agli Stati candidati o potenziali candidati: Edin Skrebo analizza l’esperienza dei Balcani occidentali, e in particolare dei quattro Stati che erano parte della Repubblica Federale di Yugoslavia (Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord), mentre Tatiana-Maria Cernicova-Dragomir parla dell’«associated trio» di Stati che, nel 2022, ha espresso la volontà di diventare parte dell’Unione: Ucraina, Moldavia e Georgia.
Intangible Cultural Heritage and European Union. This article is part of the monograph section La... more Intangible Cultural Heritage and European Union. This article is part of the monograph section La tutela giuridica del patrimonio culturale immateriale.
This article analyses the influence of the 2003 UNESCO Convention for the Safeguarding of Intangible Cultural Heritage on European Union law. The EU has not formally acceded to the ICH Convention, which is only open to States, but European cultural policies are affected by certain aspects of the ICH Convention. This can be seen in recent Recommendations of the Council or the EU Commission on digitisation and participatory governance of cultural heritage. However, the definitions and instruments of ICH Convention have a specificity that is not present in EU law, where the safeguarding of intangible memories and participatory processes are part of a broader process of European identity building.
Contributo in L. Montanari, A.O. Cozzi, M. Milenković, I. Ristić, We, the People of the United Europe: Reflections on the European State of Mind, 2022
Il contributo ha ad oggetto il rapporto tra patrimonio culturale e principi del costituzionalismo... more Il contributo ha ad oggetto il rapporto tra patrimonio culturale e principi del costituzionalismo europeo, intendendo per essi la separazione dei poteri, la democrazia, la tutela dei diritti fondamentali e lo Stato di diritto. Si tratta dei principi sanciti nello Statuto del Consiglio d’Europa del 1949 e oggi codificati nell’art. 2 TUE. La derivazione di questi principi dagli ordinamenti nazionali è alla base della creazione dei diritti come principi generali del diritto comunitario e resta oggi inscritta nella espressione “tradizioni costituzionali comuni” di cui all’art. 52, par. 4, Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e all’art. 6, par. 3, TUE. Il contributo prende le mosse dalla Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società, in inglese cultural heritage, cosiddetta Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa del 2005, sottoscritta dal Governo italiano nel 2013, ma ratificata e resa esecutiva solo con l. n. 133 del 2020, in vigore il 1° marzo 2021. La Convenzione costituisce uno spunto per ragionare della assonanza tra cultural heritage e European constitutional heritage, poiché il suo art. 3 contiene una definizione di Patrimonio comune dell’Europa come composto da due elementi: memorie, ossia tutte le forme di patrimonio culturale in Europa che costituiscono nel loro insieme una fonte condivisa di ricordo, di comprensione, di identità, di coesione e creatività; principi culturali, intesi come “gli ideali, i principi e i valori, derivati dall’esperienza ottenuta grazie al progresso e nei conflitti passati, che promuovano lo sviluppo di una società pacifica e stabile, fondata sul rispetto per i diritti dell’uomo, la democrazia e lo Stato di diritto”. I principi fondativi del costituzionalismo europeo sono dunque anche, e innanzitutto, elementi del patrimonio culturale. Essi sono diventati giuridici in quanto culturali, nel senso di storici, plasmati dalla storia, «derivanti dall’esperienza ottenuta grazie al progresso e nei conflitti passati». L’operazione di codificazione delle componenti del patrimonio culturale dell’Europa ha rappresentato una novità, tanto da essere considerata in dottrina una «great audacity». A partire da questa «great audacity» il contributo è diviso in tre parti: la prima è dedicata al rapporto tra patrimonio culturale e tradizioni costituzionali comuni; la seconda è rivolta all’Europa come unità storica; la terza accenna alla coesistenza nel costituzionalismo di tradizioni transitate dal passato e di volontarie rotture. Il contributo si chiude con uno sguardo al presente, relativo alle vicende di Polonia e Ungheria, sulla scia di alcuni interventi pubblici di Milan Kundera rispettivamente del 1967 e del 1983.
Con la sentenza Jacquinet c. Belgio la Corte di Strasburgo si è pronunciata per la non violazione... more Con la sentenza Jacquinet c. Belgio la Corte di Strasburgo si è pronunciata per la non violazione dell’art. 8 CEDU in relazione al procedimento amministrativo avviato da una persona adulta che voleva sostituire il cognome del padre, che l’aveva abbandonato da piccolo, con quello della madre. La sentenza non attiene all’eguaglianza di genere, ma al nome come componente dell’identità personale e mezzo di identificazione delle persone nel tempo. L’articolo affronta tre profili: l’applicazione dell’art. 8 CEDU al procedimento e al processo amministrativo in rapporto alla garanzia convenzionale della full jurisdiction; il bilanciamento degli interessi ad oggi risultante dalla giurisprudenza costituzionale sul cognome della persona adulta; i principi tratti dalla giurisprudenza amministrativa sul cambiamento del cognome.
In the recent Jacquinet v. Belgium judgement, the European Court of Human Rights held that there had been no violation of Art. 8 ECHR, right to respect for private and family right, in a case concerning the refusal to grant request for a change of the surname of the applicant, who was abandoned by the father and seeks permission to use his mother’s surname. This ruling is not about gender equality, but about personal identity and certainty in the identification of persons over time. This article covers three aspects: the Court of Strasbourg review of administrative procedure and process under Art. 8 ECHR; the case-law of the Italian Constitutional Court concerning the change of an adult’s surname and the application of the relevant rules by administration and administrative courts.
Le clausole di condizionalità hanno accompagnato il processo di integrazione europea in diverse f... more Le clausole di condizionalità hanno accompagnato il processo di integrazione europea in diverse fasi del suo sviluppo, tanto da poter ragionare di condizionalità al plurale, diverse per obiettivi, contenuti ed effetti a seconda del momento storico, e riconducibili a differenti modelli, tra matrice internazionale e meccanismi costituzionali presenti negli Stati composti. Clausole di condizionalità furono inizialmente presenti nell’azione esterna dell’Unione europea, anticipando il riconoscimento dei diritti fondamentali e della democrazia come valori fondativi dell’Unione prima ancora che essi fossero codificati nei Trattati istitutivi. Questi stessi principi, insieme alla garanzia di una economia di mercato, furono al cuore del processo di allargamento che seguì la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell’Unione Sovietica, orientando l’adesione dei primi dieci Paesi dell’Europa Centrale e Orientale. Negli anni della crisi dei debiti sovrani, come vincolo alla stabilità finanziaria e all’adozione di riforme strutturali, la condizionalità macroeconomica ha inciso fortemente sui processi di determinazione democratica dei processi di spesa e sulla tenuta dei diritti sociali, elementi costitutivi dello Stato sociale costituzionale. In epoca più recente, la condizionalità legata alla democrazia, al rispetto dei diritti fondamentali e allo Stato di diritto è ritornata all’attenzione delle dinamiche istituzionali e politiche europee come requisito di permanenza nell’Unione europea per coloro che, già diventati membri, ne hanno indebolito le garanzie, mettendo in discussione l’indipendenza della magistratura, la libertà di associazione, il pluralismo nell’istruzione, il rispetto di misure minime per l’accoglienza dei migranti. Queste dinamiche si sono intersecate con l’esplosione della pandemia, cosicché gli strumenti di debito europeo adottati per farvi fronte, di portata innovativa, hanno introdotto ulteriori varianti della condizionalità. Esse si aprono a diverse interpretazioni, una ritrovata armonia tra costituzionalismo economico e costituzionalismo fondato su valori comuni o una nuova forma di commissariamento delle scelte democratiche nazionali. Infine, ancora diversa è la condizionalità imposta nel corso dei negoziati, ormai lunghi e «faticosi», per usare una espressione ricorrente, per l’adesione dei Balcani occidentali, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Albania. Mentre il primo allargamento a Est è stato definito “culturalmente neutro”, nei confronti dei Balcani occidentali la condizionalità è condotta su binari bilaterali con ciascuno dei Paesi candidati, richiedendo forme di riconciliazione e di memoria condivisa che toccano questioni sensibili e divisive delle identità nazionali. Le proposte di contributo richieste sono chiamate ad analizzare come diverse forme di condizionalità abbiano agito nel processo di integrazione europea, influenzando la stessa costruzione di una identità europea, e come abbiano inciso su alcuni dei tratti costitutivi delle identità costituzionali nazionali.
Il contributo ha lo scopo di indagare l’origine della espressione ideologia gender, o teoria gend... more Il contributo ha lo scopo di indagare l’origine della espressione ideologia gender, o teoria gender, distinguendola dalle vere e proprie analisi di genere affermatesi nelle più diverse branche del sapere, compreso il diritto costituzionale. Nella prima parte del saggio si dà conto di come l’espressione ideologia gender sia stata coniata in alcuni documenti vaticani e sia transitata nel dibattito pubblico e politico, della sua funzione di fattore di mobilitazione e di alcuni momenti dell’attualità politica dell’ultimo decennio in cui è stata intensamente utilizzata. La seconda parte del saggio, invece, è dedicata ai concetti di “sesso” e “genere” nella prospettiva del diritto costituzionale e del costituzionalismo, guardando sia alle diverse articolazioni del dibattito scientifico, che al diritto positivo. Nell’ultima parte, il saggio propone alcune considerazioni sul rapporto tra ideologia gender e normatività dei principi costituzionali. This contribution examines the origin of the expression ideologia gender (gender ideology), setting it apart from the gender studies established in the most diverse branches of knowledge, including constitutional law. In the first part of the essay, we consider how the expression ideologia gender was coined in some Vatican documents and transited into the public and political debate. We recall the literature that has analysed its function as a mobilising factor and we point to some moments, in the political scene of the last decade, in which its use has been strong. In the second part of the essay, the focus is on the concepts of “sex” and “gender” from the perspective of constitutional law and constitutionalism, looking both at the different ways in which they have been articulated in scientific debate, and at positive law. The essay concludes by showing that the ideologia gender, in the rhetorical meaning described, disqualifies the constitutional principles of equality and equal dignity as mere political declarations instead of enforceable legal norms. On the contrary, even with their broad scope of application, the constitutional principles are preceptive rules and require application.
Con la sentenza n. 131 del 2022 la Corte costituzionale ha portato a compimento un percorso già i... more Con la sentenza n. 131 del 2022 la Corte costituzionale ha portato a compimento un percorso già intrapreso nella propria precedente giurisprudenza, nel 2006 e nel 2016, dichiarando definitivamente l’illegittimità costituzionale dell’automatismo del patronimico nell’attribuzione del cognome ai figli. La Corte ha individuato, quale nuova regola legale sostitutiva, il doppio cognome nell’ordine voluto dai genitori, e stabilito come regola generale il principio dell’accordo per la scelta del cognome. Il contributo discute del reciproco rapporto tra accordo e regola legale, anche in vista della prassi amministrativa che darà applicazione alla sentenza.
The Italian Constitutional Court’s ruling n. 131 of 2022 declared the unconstitutionality of an age-old rule in Italian law, i.e. the automatic attribution of the father’s surname to children. The Italian Constitutional Court ruled that the choice of children’s surname normally depends on the parents’ consent and, in the event of a lack of agreement, stated that the surname of both is mandatory. This article deals with the relationship between the parents’ agreement and the legal rule, discussing the administrative practice that will implement this ruling
This work aims to investigate the stance of the Italian Constitutional Court (ItCC) on ECHR and C... more This work aims to investigate the stance of the Italian Constitutional Court (ItCC) on ECHR and CFREU and their respective Courts, ECtHR and CJEU. The aim is to verify if the attitude of the ItCC could be described in terms of openness or closedness, understanding openness as an effort to practise loyal cooperation through procedural means and, substantively, as greater attention for the norms of supranational orders, and closedness as the setting aside of all forms of procedural ties with the supranational Courts and the voluntary dissociation from their outcome, with the purpose of prioritising domestic constitutional provisions. To conduct the analysis, the article refers to the theory of interlegality, questioning whether ItCC, operating 'on the borders between several normative orders', has a broader accountability to these different orders. The first part of the paper is devoted to some elements drawn from the case law indicating openness, such as the language use by the ItCC, the procedures, the legal reasoning, and the effects of judgements. Attention is given to the contextual reference to the recognition norms of both the Italian Constitution and European Union (EU) Treaties and to the increasing use of preliminary rulings to the CJEU. The second part of the paper discusses a substantive criterion created by the ItCC, the 'greatest extension of guarantees', demonstrating that it does not refer to the level of protection of individual rights, but to the balance of the entire constitutional system. Our conclusion is that the ItCC trends concerning supranational rights express a deferent and operational, but vigilant cooperation, retaining a margin to ensure the vitality of the domestic Constitution.
The Italian Constitutional Court (ItCC) judgment no. 67 of 2022 is marked by two aspects. Firstly... more The Italian Constitutional Court (ItCC) judgment no. 67 of 2022 is marked by two aspects. Firstly, the recognition of primacy as the architrave of the European system and its values, and at the same time the driver of the domestic system, in a legal system in which the Courts assume and act as guarantors of reciprocal rights and obligations. Secondly, the persistent vitality of disapplication, the traditional way of guaranteeing the primacy of EU law, which the new approach introduced by the ItCC's decision no. 269 of 2017 had made less certain. Arguably, the reasons for reaffirming the primacy do not depend on the case in question, but on the need, in the face of the rule of law crisis and, today, of a new war in the continent, to reaffirm the values on which the European Union is based. SOMMARIO: 1. Introduzione: il caso.-2. Primi rilievi: una comunità di corti nazionali legate da convergenti diritti e obblighi.-3. I criteri della disapplicazione.-4. Il contesto: uno sguardo lontano, la rule of law e ora la guerra.
Il presente contributo intende offrire un’analisi della revisione degli artt. 9 e 41 Cost., attua... more Il presente contributo intende offrire un’analisi della revisione degli artt. 9 e 41 Cost., attualmente in corso, sulla base di alcuni spunti tratti dal procedimento di revisione costituzionale svolto in Francia tra il 2003 e il 2005, che ha condotto all’adozione di una Carta dell’ambiente cui rinvia il Preambolo della Costituzione del 1958. Anche la riforma francese, come l’attuale riforma italiana, nasceva dall’esigenza di introdurre norme di protezione ambientale nel parametro costituzionale che ne era privo. Il contributo si struttura in due parti. Nella prima, vengono sintetizzati alcuni aspetti della revisione costituzionale italiana sulla base dei lavori preparatori e si opera un confronto con il procedimento di revisione francese. Nella seconda parte del contributo, la comparazione si concentra su due profili che costituiscono il filo conduttore dell’analisi. In primo luogo, ci si sofferma sulla previa esistenza di un diritto costituzionale per l’ambiente nell’ordinamento italiano, antecedente alla revisione, che invece mancava nell’ordinamento francese, per il rifiuto del Conseil Constitutionnel di trarre norme implicite in materia ambientale in assenza di un esplicito riferimento costituzionale. In secondo luogo, si analizza la conformazione dei beni e interessi ricondotti all’ambiente, se fonti di diritti soggettivi o di principi oggettivi. Nel dibattito costituzionale francese si è particolarmente insistito, sia nei lavori preparatori, che nella dottrina, sul fatto che la Carta dell’ambiente doveva essere fonte di obiettivi per il legislatore e non di nuovi diritti soggettivi direttamente azionabili in giudizio, ad eccezione del principio di precauzione. A questo risultato mirava la descrizione di numerose norme della Carta come obiettivi di valore costituzionale, categoria da tempo enunciata dal Conseil Constitutionnel per indicare interessi di rilievo costituzionale che non possono dare origine a situazioni soggettive in assenza di intermediazione legislativa. Nella dottrina italiana antecedente alla riforma, di cui si ripercorreranno alcuni orientamenti, sono stati raggiunti esiti analoghi, pur senza le dottrine proprie dell’esperienza costituzionale francese. È da tempo acquisita, infatti, l’opinione per cui l’ambiente non è l’oggetto di un diritto soggettivo di portata generale e natura incerta, ma un principio oggettivo, o meglio un valore, da cui derivano anche posizioni soggettive specifiche per oggetto, destinatari e forme di tutela, ma la cui realizzazione passa essenzialmente per le politiche, sia settoriali in materia ambientale, sia trasversali, integrando valutazioni ambientali nei più diversi ambiti del vivere collettivo. Vi è, sin qui, una coincidenza tra la marcata attenzione del legislatore costituente francese per una riserva alla discrezionalità legislativa e gli orientamenti maggioritari della dottrina italiana. Tuttavia, tra i d.d.l. di revisione costituzionale alla base della attuale riforma, molti hanno ripresentato la connotazione dell’ambiente come diritto, diritto fondamentale della persona o diritto collettivo, riproponendo una contrapposizione, che si sarebbe immaginata desueta, tra diritto soggettivo e principio oggettivo. Questa contrapposizione è ritenuta da chi scrive impropria, poiché i principi sono generatori di norme in potenza, tra cui diritti soggettivi, e questa loro capacità generativa ne costituisce il tratto fondamentale Nell’ultima parte del lavoro, tuttavia, ci si sofferma sulle ragioni del riemergere di questa distinzione. La rinnovata attenzione per la dimensione soggettiva dell’ambiente non appare un fenomeno isolato, se si pensa a recenti decisioni di corti europee ed extraeuropee, compresi giudici francesi, che hanno avuto particolare risonanza sulla stampa per aver riconosciuto veri e propri diritti soggettivi connessi all’ambiente, e più in generale all’emergere di un filone giurisprudenziale sintetizzato nell’espressione «giustizia climatica». Il contributo si conclude osservando che, sebbene certamente l’ambiente costituisca un concetto polidimensionale il cui inveramento, nelle sue componenti, richiede innanzitutto ed essenzialmente politiche pubbliche, vi è una radice incomprimibile nella tradizione del costituzionalismo, che periodicamente si propone nei più diversi ambiti, rappresentata dalla rivendicazione di diritti giustiziabili. Questa rivendicazione, come è già stato dimostrato in dottrina, ha una funzione principalmente sanzionatoria nei confronti della inerzia o della carenza del potere costituito
This paper analyses the ongoing revision of Articles 9 and 41 of the Italian Constitution, based on the constitutional revision process carried out in France between 2003 and 2005, which led to an Environment Charter referred to in the Preamble of the 1958 Constitution. The French reform, like the current Italian reform, also stemmed from the need to introduce environmental protection standards into the constitutional norms. The comparison relates to the revision process, the contents, but also the nature of the new constitutional provisions as rights or as principles, a theme that was very much present in the French constitutional debate, in Italian doctrine somewhat outdated, but re-emerged in the current constitutional reform.
Il presente contributo ha ad oggetto la nuova denominazione del Ministero per i beni e le attivit... more Il presente contributo ha ad oggetto la nuova denominazione del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, divenuto con d.l. n. 22 del 2021, conv. in l. n. 55 del 2021, «Ministero della cultura». Scopo del contributo è proporre alcune riflessioni sul rapporto tra il nuovo nome del Ministero, le funzioni ad esso già attribuite prima del cambiamento di denominazione, e l’art. 9 Cost., nei suoi due commi, in cui la parola «cultura» è contenuta espressamente nel primo. Il contributo prende le mosse da due andamenti tipici del settore dei beni culturali: l’anticipazione sul piano dell’organizzazione amministrativa di innovazioni che hanno tardato ad emergere nella legislazione; l’accentramento in capo ad un unico apparato amministrativo di funzioni riferite a leggi di settore distinte, ma tutte unitariamente riconducibili al concetto di cultura di cui all’art. 9 Cost. Dopo aver sintetizzato l’evoluzione delle attribuzioni del ministero, ci si sofferma sulla parola «cultura», per ripercorrere come sia stato ricostruito nel tempo il suo significato tecnico-giuridico. Si propone una sintesi dell’evoluzione della dottrina in tre atteggiamenti riferiti ad epoche storiche diverse: un primo atteggiamento è di rinuncia, prescindendo da qualsivoglia tentativo di definizione; un secondo atteggiamento ha due volti, una rivendicazione dell’autonomia della disposizione costituzionale dalla legislazione ordinaria esistente e, insieme, l’adesione e ripresa consapevole di concetti maturati in altre scienze umane, a partire dall’antropologia; il terzo è la ricerca di una nozione giuridicamente autonoma, che delle altre scienze trattiene solo alcuni punti. Il contributo si chiude tornano al punto di partenza, la nuova denominazione di Ministero della cultura, mostrando come essa sia in grado di riassumere con un termine unitario le diverse attribuzioni del ministero, trovando un referente diretto e immediato nell’art. 9 Cost. Tuttavia, perplessità vengono espresse sul nuovo nome sia perché evoca i cattivi ricordi di una cultura totalitaria di Stato, contraddicendo il principio del pluralismo culturale come carattere fondante dello Stato sociale costituzionale, sia per la diversa portata del linguaggio nella Costituzione e in riferimento agli apparati amministrativi che, in virtù del principio di legalità, agiscono nei limiti delle funzioni e dei poteri assegnati dalle leggi di settore. Il solo mutamento del nome, perciò, benché assonante con la Costituzione, nulla dice sulla tipologia di funzioni attribuite e sulla qualità degli strumenti per il loro esercizio.
Center for Inter-legality Research working paper n. 13/2021 - LUISS Unit on the Observatory on Italian High Courts, 2021
This working paper aims to examine whether the theory of interlegality is compatible with the sta... more This working paper aims to examine whether the theory of interlegality is compatible with the stance of the Italian Constitutional Court (ItCC) on the European Convention on Human Rights (ECHR) and European Court of Human Rights case law, as well as the Charter of Fundamental Rights of the European Union (CFREU) and the corresponding EU Court of Justice case law. We attempt to ascertain whether the ItCC approach is consistent with the premises underlying interlegality, stating, on the one hand, that not only must a valid norm, but also broader rationes and competing principles, be applied in complex cases. On the other hand, interlegality theory suggests that the highest courts should fulfil a dual function, i.e. they must perform their duties of institutional loyalty, but they must also consider the reasons supported by competing legal orders. The paper is in two parts. The first concentrates on the ECHR and the recent ItCC protocols on the incompatibility between national and EU law on fundamental rights, examining them in terms of interlegality. Here, interlegality seems to arise through a number of different elements: language, the idea of concurrent remedies, legal reasoning, and the effects of decisions. We argue that there are two key elements to explore: frequent reliance on the rules of reference of other systems of protection, and routine use of preliminary referrals. We go on to examine how this trend depends on the wording of the written Constitution and/or the margin of interpretation open to the ItCC, discussing the degree of flexibility permitted by constitutional principles. The conclusion is that the ItCC, in reaffirming its role as guarantor of the constitutional system as a whole, is aware of and responds to the different legal orders involved. The second part of the paper is devoted to the substantive meaning of interlegality, limiting analysis to the criterion of the maximum level of protection of individual rights. The starting point is ItCC case law, moving on to the formal provisions of Art. 53 ECHR and Art. 53 CFREU. We argue that, despite their formal reference to a "level of protection", these provisions are not intended to reveal the highest degree of substantive protection, which is a controversial criterion in itself, but to reflect the normative theories underlying each system. The conclusion is that interlegality appears to be a helpful way of highlighting and measuring the degree to which the Courts respect the plurality of legal orders and their rationale, and that this attitude to compliance and participation lies essentially in the construction of logical methods allowing stable cooperation .
I semestri a Presidenza tedesca hanno segnato due momenti fondamentali della storia dell’integraz... more I semestri a Presidenza tedesca hanno segnato due momenti fondamentali della storia dell’integrazione europea: nel 1999, il progetto di Carta europea dei diritti fondamentali; nel 2020, l’adozione di una forma di indebitamento comune. Un terzo momento fondamentale è consistito negli anni della crisi dei debiti sovrani, 2010-2014, che hanno visto la Repubblica Federale Tedesca motore politico dell’austerity europea. Questi tre momenti, diversi per presupposti, hanno in comune il fatto di reagire ad una crisi. Il presente contributo guarda ad essi per analizzare le aspettative e il grado di attuazione delle disposizioni sociali della Carta europea sia sul versante politico, sia sul versante giudiziale, quale aspetto della dimensione sociale europea. Attraverso le iniziative politiche tedesche si vuole mostrare come, nei vent’anni trascorsi dalla sua proclamazione, le linee di tensione politica e istituzionale a livello europeo e nazionale abbiano indebolito la capacità integrativa delle norme sociali della Carta, creando un nesso tra incertezza politica e cautela giudiziale. The Germany’s Presidencies of the European Semester captured fundamental moments of European integration, as the initiative for the European Charter of Fundamental Rights in 1999 and the proposal for a common debt in 2020. Moreover, during the sovereign debt crisis of 2010-2014, austerity was strongly supported by Germany, influencing the adoption of strong macroeconomic conditionality. The three moments of European integration had different causes, but they have in common the reaction to a crisis. This paper addresses these moments looking at the expectations and the degree of implementation of the European Charter of Fundamental Rights’ social norms from both the institutional side and the judicial side, as an aspect of the European social dimension. The German political and institutional climate is used to demonstrate how political fragmentation affected the capacity of integration of the Charter, the judicial self-restraint mirroring political uncertainty.
The relationship between genetics/genomics and the legal and ethical landscape has been long and ... more The relationship between genetics/genomics and the legal and ethical landscape has been long and varied, and it is continually evolving. Depending on the moment in history and the specific area involved, this relationship has proven tragic (consider eugenics and the laws it inspired), beneficial (consider the many criminal cases solved through forensic DNA) and promising (consider attempts to regulate emerging gene editing techniques) – but it has never been easy. The idea to dedicate a Special issue of BioLaw Journal to the origins, state of the art and future of this interrelation emerged during an international symposium organised by the Italian Chapter of the International Society of Public Law (ICON-S) in Florence in 2019, addressing the topic of New Technologies and the Future of Public Law. A stimulating discussion on the new challenges of genome editing convinced us that trying to bridge between past and present was important in order to better imagine the future. Aware of this issue’s challenging and multifaceted nature, we involved outstanding experts who had devoted years of their research activities to these topics, together with passionate young scholars whose imaginations had more recently been captured by these complexities. Relying on a cross-sectoral approach that embraced – beyond law – medicine, the history of medicine, philosophy and bioethics, we cooperated with interested Authors from different parts of the world (beyond Italy, including Australia, Belgium, Canada, China, France, Hungary, the United Kingdom, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Sweden and the United States), showcasing the global dimension of genetics challenges.
BioLaw Journal, Special Issue n. 1/2021, Law, Genetics, and Genomics: an Unfolding Relationship, 2021
Next generation sequencing (NGS) induces frequent discoveries of incidental findings. This means ... more Next generation sequencing (NGS) induces frequent discoveries of incidental findings. This means that, during the sequencing, primary information concerning the alteration in gene for which the sequencing test was ordered goes with other information on dif-ferent alterations. This problem is first faced by laboratories, followed by clinicians. The core question is whether to inform patients of those alterations. The first part of this paper overviews the guidelines adopted by the scientific community to set inci-dental findings. References are made to the 2016 European Guidelines for Diagnostic NGS, U.S. Recommendations adopted in 2013 and revised twice, in 2015 and in 2016, Italian Report of Bioethics Committee of 2016, and French Guidelines on secondary findings related to cancer gene of 2018. The second part of this paper discusses the ra-tionale of “the right not to know” and analyses two main frameworks: autonomy and privacy. An attempt is made to consider the issue through different constitutional backgrounds: the U.S. and French notion of autonomy and freedom, and the Italian constitutional background. This paper argues that the right not to know is a negative right comprising a denial, but whose exercise requires positive obligations from clini-cians to fulfil an effective and conscious choice. Recalling a famous U.S. debate on negative and positive liberty, a synthesis of the two sides could be managed through a procedural setting of consent, including information about family members. In this sense, the right not to know refers to a constitutional pattern of principles that is not limited to self-determination but entails solidarity and responsibility.
This paper discusses the role of Italian Constitutional Court (ItCC) judicial review of legislati... more This paper discusses the role of Italian Constitutional Court (ItCC) judicial review of legislation concerning the EU Charter of Fundamental Rights in the light of the European integration process. The paper is divided in three parts. The first part and the second part move from an internal perspective, while the third part deals with the European level. The first part discusses the criteria that ordinary courts must comply with to involve the ItCC judgment when a law is suspected to violate both the Italian Constitution and the EU Charter. The second part considers some systemic problems that have arisen in the new course of ItCC, particularly the reconstruction of the EU Charter’s norms as interposed norms, i.e. their force and their limits, the infringement of the primacy of EU law and the patriation of the meanings of the Charter. The thesis is that the consideration of the EU Court f Justice case law, a deep reasoning, and the use of preliminary references as a new normality can mitigate these problems. The third part is devoted to the role of the EU Charter in the European system since its promulgation in 2000, with a special focus on the social norms of the Charter. The study recalls the years of hope, when the Charter aimed at constitutionalising the EU, and the years of disillusion, during the economic crisis. The vitality of the Charter is analysed in both the judicial side and the political side, showing a low degree of implementation. The thesis is that the ItCC can contribute to the normativity to the EU Charter through preliminary references, especially on the validity of EU secondary legislation, using arguments and words of a social and democratic constitutionalism.
Contributo in A. MORRONE, C. CARUSO, F. MEDICO, Granital revisited? L’integrazione europea attrav... more Contributo in A. MORRONE, C. CARUSO, F. MEDICO, Granital revisited? L’integrazione europea attraverso il diritto giurisprudenziale, Bologna, 2020 Il fil rouge del presente contributo è rappresentato dal confronto tra il nuovo cammino europeo intrapreso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 269/2017 e il cammino convenzionale inaugurato con le sentenze gemelle del 2007. Attraverso questo filo rosso, la giurisprudenza costituzionale relativa al parametro europeo e al parametro convenzionale viene analizzata sotto tre profili: lo sviluppo del modus decidendi della Corte costituzionale; la tenuta della distinzione tra parametri costituzionali utilizzati per dare ingresso al diritto convenzionale e al diritto europeo; infine, alcune considerazioni sui criteri individuati per indirizzare il potere/dovere del giudice comune di sollevare questione di legittimità costituzionale.
SOMMARIO: 1. Introduzione: carriere scientifiche senza parità.-2. Un caso di studio.-3. I limiti ... more SOMMARIO: 1. Introduzione: carriere scientifiche senza parità.-2. Un caso di studio.-3. I limiti alla previsione di quote.-4. Il contesto normativo: la rappresentanza ne-gli enti di ricerca.-5. Conclusioni: l'autonomia come obbligo di diretta attuazione di principi costituzionali. 1. Introduzione: carriere scientifiche senza parità. Il presente contributo vuole indagare se siano tuttora necessarie quote di genere entro l'ambito circoscritto della ricerca scientifica, in particolare nella composizione degli organi di indirizzo politico-amministrativo e tecnico-scientifico degli enti di ricerca. Che esista ancora oggi un gap femminile nella ricerca scientifica è un dato certo. Nel 2017 il Ministero dell'Università e della Ricerca ha costituito un gruppo di lavoro incaricato di effettuare un'analisi dei dati di genere del personale ricercatore universitario e degli enti di ricerca. I dati raccolti confermano l'esistenza di una ben nota "piramide". Il numero di laureati donne e uomini è pressoché identico, pur con variazioni nei singoli settori scientifici, ma la presenza maschile diventa predominante con l'avanzamento delle carriere accademiche. L'andamento che si riscontra in Italia, d'altra parte, è simile a quello che risulta dalla media europea (In www.miur. dell'11 maggio 2018. Il gruppo di lavoro "Genere e ricerca" era coordinato dalla prof.ssa Elisabetta Addis. Si vedano anche gli indicatori nazionali per il bilancio di genere degli Atenei tratti da http://ustat.miur.it/indicatori/ indicatori-nazionali-peril -bilancio-di-genere-degli-atenei/ e gli analoghi dati del progetto in-ternazionale She figures http://ustat.miur.it/indicatori/indicatori-internazionali-progetto-she-figures/. L'attualità del tema è testimoniata da iniziative di sensibilizzazione come la Giornata mondiale delle donne nella scienza, istituita dal 2015 dall'ONU l'11 febbraio di ogni anno per combattere i pregiudizi che impediscono alle donne l'accesso alle carriere scientifiche: http://www.un.org/en/events/women-and-girls-in-science-day/.)
Il presente studio ha ad oggetto gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Le proprie... more Il presente studio ha ad oggetto gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Le proprietà pubbliche sono comprese tra i beni e interessi che l’art. 9 Cost. protegge, nel paesaggio, nel patrimonio storico-artistico della Nazione e, ora, nell’ambiente, nella biodiversità e negli ecosistemi. Esse sono connesse al godimento di diritti costituzionali di libertà e di prestazione, se si pensa alle strade e alle ferrovie per la libertà di circolazione, alle piazze per la libertà di riunione, agli edifici scolastici per il diritto all’istruzione e agli ospedali per il diritto alla salute. Le proprietà pubbliche, inoltre, coinvolgono beni immateriali che i Costituenti non potevano immaginare, le frequenze per la libertà di comunicazione, le attività finanziarie, come i crediti e le partecipazioni. Le proprietà pubbliche, dunque, animano diversi luoghi della Costituzione, ma è difficile darne una ricostruzione unitaria, perché in ciascuno di questi luoghi esse si diversificano per oggetto, destinatari e fini costituzionali. La norma-base relativa alle proprietà pubbliche è l’art. 42, comma 1, Cost. Essa non indica oggetti determinati, né fini costituzionali propri, è stata scarsamente praticata nella giurisprudenza costituzionale e ha mostrato una bassa intensità normativa. L’art. 42, comma 1, Cost. si compone di due poli normativi, «la proprietà è pubblica o privata» e «i beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati». Per lungo tempo i due poli si sono attratti, sulla scia della tradizione francese che associa regime amministrativo speciale dei beni ad appartenenza pubblica. Per effetto delle privatizzazioni, tuttavia, e della reazione oppostavi dalle dottrine sui beni comuni, i due poli dell’art. 42, comma 1, Cost. sono entrati in fibrillazione, determinando una oscillazione tra regime oggettivo e appartenenza che ancora oggi percorre trasversalmente gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche. Il polo relativo all’appartenenza, inoltre, si è aperto a soggettività plurime, comprendendo le proprietà e i diritti di godimento collettivi, quale riflesso di un ordinamento costituzionale democratico e pluralista. Nel tempo presente, soprattutto in relazione all’ambiente, per reagire alla pressione di cambiamenti che paiono irreversibili, gli statuti costituzionali delle proprietà pubbliche sono accostati a “doveri” dei pubblici poteri, tratti direttamente dalla Costituzione. Tradizionalmente, tuttavia, i doveri costituzionali sono rivolti alle persone e non agli enti. L’analisi si spinge, quindi, a ragionare dell’ammissibilità della categoria dei doveri costituzionali istituzionali.
Prefazione di Laura Montanari, Coordinatrice del Progetto Jean Monnet “We, the People of the Unit... more Prefazione di Laura Montanari, Coordinatrice del Progetto Jean Monnet “We, the People of the United Europe: Reflections on the European State of Mind”. Il presente Volume raccoglie gli atti del Convegno internazionale che si è svolto a Udine il 28-29 giugno 2022 nell’ambito del Progetto Jean Monnet “We, the People of the United Europe: Reflections on the European State of Mind”, da cui trae il titolo e che coinvolge, oltre al Dipartimento di Scienze giuridiche dell’Università di Udine, l’Institute of Social Sciences di Belgrado, il Department of Ethnology and Anthropology dell’Università di Belgrado e il Center for Constitutional Studies and Democratic Development (CCSDD) di Bologna. Lo stesso gode, altresì, del sostegno del Progetto di ricerca L’identità europea: cultura e cittadinanza, sub Identità europea e paesaggio, di cui è responsabile la prof.ssa Alessia-Ottavia Cozzi, che si inserisce nel Progetto interdipartimentale Identità europea e sfide globali, Piano strategico del Dipartimento di Scienze giuridiche 2023-2025, Università degli studi di Udine. Le attività del Progetto Jean Monnet hanno preso avvio con la Presentazione generale nel novembre del 2019, ma pochi mesi dopo la pandemia ha cambiato completamente il quadro di riferimento e ha condizionato la programmazione dei lavori. Grazie alla proroga concessa dalla Commissione è stato possibile realizzare tutte le iniziative previste, anche se in molti casi online, ed aggiungere ulteriori incontri che hanno permesso di arricchire la riflessione comune, con il coinvolgimento di numerosi colleghi italiani e stranieri, studenti e rappresentanti della società civile. Non è possibile in questa sede citare tutto ciò che è stato fatto in questi anni, ma mi preme ricordare l’incontro con le realtà sociali “Cittadini per l’Europa: dal dibattito accademico alle politiche culturali”, con la pubblicazione dei relativi atti (M. Daicampi, F.E. Grisostolo (cur.), Cittadini per l’Europa. Dal dibattito accademico alle politiche culturali, Udine, ed. Forum, 2022), e il laboratorio Law and Memory, dedicato agli studenti. Diverse attività sono state organizzare in collaborazione con il Modulo Jean Monnet “EU Enlargement and Constitutional Transitions in the Western Balkans”, attivo nel medesimo periodo sempre presso l’Università di Udine, perché il Progetto prevede come focus proprio i Balcani occidentali. Lo studio di questi Paesi, con le complesse vicende che hanno vissuto dopo il crollo dello Stato socialista e il difficile percorso di avvicinamento all’UE, costituisce infatti un’occasione privilegiata per riflettere sui temi dell’identità e della memoria e sui valori dell’Unione, che proprio la definizione dei criteri di condizionalità in vista dell’adesione impone di mettere in luce. Anche in questo caso si è giunti alla pubblicazione di un Volume con il medesimo titolo, che raccoglie gli interventi svolti durante le lezioni, integrati da ulteriori contributi di esperti (L. Montanari (cur.), L’allargamento dell’Unione europea e le transizioni costituzionali nei Balcani occidentali. Una raccolta di lezioni, Napoli, Editoriale Scientifica, 2022). Quest’anno il quadro di riferimento è cambiato di nuovo, drammaticamente, con la guerra in Ucraina. Il Seminario organizzato a febbraio dai colleghi di Belgrado – in collaborazione con il Modulo Jean Monnet “Anthropology of the European Union” (coordinato da Miloš Milenković) – e dedicato a “Nationalism, Memory and Democratic Decay in the New EU Member States and Candidate Countries” si è aperto proprio in coincidenza con l’attacco della Russia. L’incontro di cui questo Volume raccoglie gli atti si è svolto pochi giorni dopo il Consiglio europeo in cui è stata attribuita la posizione di Paese candidato ad Ucraina e Moldavia e, nello stesso tempo, si è nuovamente riproposto un atteggiamento “attendista” – per non usare termini più duri – nei confronti dei Balcani occidentali. Non va poi dimenticata la situazione che caratterizza alcuni dei Paesi membri, con le resistenze rispetto al principio di rule of law e, più in generale, all’idea di democrazia di cui l’UE si fa portatrice. Proprio la complessità degli avvenimenti più recenti, e più in generale di questa fase del processo di integrazione europea, è stata alla base della scelta di articolare il Convegno in tre tavole rotonde, con il coinvolgimento di numerosi colleghi, con formazione e specializzazioni diverse, ma accomunati dal comune interesse per le vicende europee. In particolare, le prime due – in lingua italiana – sono dedicate alla riflessione sull’identità e sul futuro dell’Unione europea messe sempre più spesso alla prova dalle posizioni assunte dagli Stati membri: “Identità (costituzionale) europea: una sfida culturale?” e “Il rispetto del principio di rule of law e il futuro dell’UE”. La terza – in lingua inglese – è intitolata “Mapping challenges of EU enlargement to the Western Balkans – From memories to current conflicts e vede la partecipazione di colleghi di diversi Paesi dei Balcani occidentali, chiamati a riflettere sulle criticità del processo di allargamento. Le resistenze dell’Unione, spesso legate a ragioni politiche interne agli Stati membri o a conflitti bilaterali, da un lato, e le contrapposizioni identitarie che condizionano il consolidamento democratico dei Paesi candidati (e potenziali candidati), dall’altro, sono lo specchio che riflette le sfide che l’Unione deve affrontare. A distanza di mesi non si vedono soluzioni praticabili per il conflitto in Ucraina e l’Unione europea fatica a mantenere (e prima ancora a definire) una posizione condivisa; situazione che si verifica anche rispetto ad altre questioni fondamentali, come il rafforzamento dei populismi/nazionalismi a livello statale o l’evoluzione del fenomeno migratorio. Da qui la necessità di ritornare alle radici e ai valori che uniscono, come indicato nel titolo del Progetto “We, the People of the United Europe: Reflections on the European State of Mind”. Ai relatori – anche se sono stati indicati i titoli degli interventi, ripresi nell’indice del Volume – è stato chiesto di sviluppare brevi riflessioni che potessero offrire spunti per ulteriori approfondimenti e lasciare spazio al dibattito. Nonostante si collochi al termine “formale” del Progetto, infatti, insieme agli altri organizzatori dell’evento – e curatori del presente Volume, Alessia-Ottavia Cozzi, Marko Milenković e Irena Ristić, che ringrazio in questa sede per la preziosa collaborazione – abbiamo pensato questo Convegno internazionale come un “incontro di lavoro”, destinato ad ulteriori sviluppi. Mai come oggi, infatti, le domande che avevano ispirato il Progetto: Che cosa è l’Europa? In che cosa consiste l’identità europea? Si può parlare di memoria condivisa? sono determinanti per il futuro dell’Unione europea.
Pur non essendo stato eletto alla Costituente, Vezio Crisafulli, che aveva partecipato ai lavori ... more Pur non essendo stato eletto alla Costituente, Vezio Crisafulli, che aveva partecipato ai lavori preparatori, ne seguì i lavori commentandoli su giornali e riviste non giuridiche, e poi continuò stigmatizzando la mancata attuazione della Costituzione, ormai entrata in vigore, e le conseguenze istituzionali della restaurazione conservatrice che dominò la politica italiana. In questi anni (1944-1955) Crisafulli fu il " costituzionalista di riferimento " del Partito comunista. Il suo impegno politico, che fu anche diretto, si espresse attraverso numerosi articoli pubblicati sul quotidiano e sui periodici del partito, ma anche in pareri resi direttamente a Palmiro Togliatti. Tutti gli scritti (e le riproduzioni fotografiche dei pareri inediti) di questo periodo, che sono di grande spessore e talvolta di sorprendente attualità, sono stati per la prima volta raccolti e resi disponibili in questa Antologia e nel sito ad essa collegato.
Quando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea fu
proclamata, l’indivisibilità dei ... more Quando la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea fu proclamata, l’indivisibilità dei diritti fondamentali parve uno dei suoi contributi più incisivi alla tutela dei diritti nello spazio giuridico europeo. Il timore che, tuttavia, i sistemi di welfare nazionali fossero vincolati a decisioni europee imposte giudizialmente e non condivise dagli Stati indusse ad anestetizzare l’efficacia dei diritti sociali attraverso un escamotage tecnico-giuridico. Il termine «principi» fu tratto da alcune tradizioni costituzionali e inserito nel Preambolo e nelle disposizioni finali per depotenziare i diritti di lavoratori, inabili, anziani, minori, migranti. Un concetto voluto per evocare dottrine costituzionali nazionali sui diritti sociali vive ora innestato nel corpus scritto unitario dei diritti europei fondamentali. L’operazione assomiglia ad alcune pratiche comuni in botanica, quando si procede all’innesto di una pianta. L’innesto richiede tre individui: la pianta originaria, il nuovo ramo e un corpo intermediario. Il termine «principi » è stato introdotto per essere l’intermediario tra la pianta originaria – il sistema di tutela dei diritti nell’ordinamento europeo – e il ramo – i diritti sociali fondamentali tratti dalle esperienze costituzionali nazionali. Il fine era di regolare coattivamente e artificialmente la vitalità e la resistenza dei diritti sociali fondamentali nel loro contatto con la funzione giurisdizionale. Il presente studio vuole dare conto degli esiti di questa pratica. L’indagine procede alla ricerca di assonanze e differenze tra schemi concettuali e vicende di interpretazione e diretta applicazione di diritti sociali nell’esperienza europea e nell’esperienza costituzionale italiana tra circolazione di modelli giuridici e rapporto tra poteri, legislatore e giudici, Unione e Stati.
Pur non essendo stato eletto alla Costituente, Vezio Crisafulli, che aveva partecipato ai lavori ... more Pur non essendo stato eletto alla Costituente, Vezio Crisafulli, che aveva partecipato ai lavori preparatori, ne seguì i lavori commentandoli su giornali e riviste non giuridiche, e poi continuò stigmatizzando la mancata attuazione della Costituzione, ormai entrata in vigore, e le conseguenze istituzionali della restaurazione conservatrice che dominò la politica italiana. In quegli anni (1944-1955) Crisafulli fu il "costituzionalista di riferimento" del Partito comunista. Il suo impegno politico, che fu anche diretto, si espresse attraverso numerosi articoli pubblicati sul quotidiano e sui periodici del partito, ma anche in alcuni pareri resi direttamente a Palmiro Togliatti, che sono stati trascritti nell'appendice documentaria all'interno del volume.
Ciclo di conferenze presso la Scuola Superiore Universitaria di Toppo Wassermann, Udine, gennaio-... more Ciclo di conferenze presso la Scuola Superiore Universitaria di Toppo Wassermann, Udine, gennaio-aprile 2024
PSD DISG 2022-2025 WP1.
L’identità europea. Cultura e cittadinanza. Identità europea e paesaggio... more PSD DISG 2022-2025 WP1. L’identità europea. Cultura e cittadinanza. Identità europea e paesaggio, responsabile del progetto di ricerca interdipartimentale DISG, DILL, DIUM Università degli studi di Udine, prof.ssa Alessia-Ottavia Cozzi
Seminario e presentazione del volume A. Albano - A. Lorenzetti – F. Picozzi, Sovraffollamento e c... more Seminario e presentazione del volume A. Albano - A. Lorenzetti – F. Picozzi, Sovraffollamento e crisi del sistema carcerario. Il problema “irrisolvibile”, Giappichelli editore, Torino, 2021 giovedì 28 aprile 2022, 17-19, Aula 1 Polo Tomandini, Università di Udine
La call è rivolta a giovani studiosi (dottorandi, dottori di ricerca, assegnisti, giovani ricerca... more La call è rivolta a giovani studiosi (dottorandi, dottori di ricerca, assegnisti, giovani ricercatori) delle diverse discipline giuridiche, sociali e umanistiche. Gli abstract, di non più di 500 parole, dovranno contenere: titolo, sessione tematica, indicazione della qualifica e ente di afferenza dell’Autore. Questi dovranno essere inviati, entro il 30 settembre 2018, in formato Word/Open Office (.doc, .docx, .odt) all’indirizzo mail alumnisgce@gmail.com. Gli abstract saranno selezionati da un comitato scientifico interdisciplinare composto da docenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento. La comunicazione dell’esito del processo di selezione avverrà entro la data 30 ottobre 2018. Agli Autori selezionati verrà richiesto di inviare entro il 15 dicembre 2018 l’elaborato finale, che verrà discusso nel corso della giornata di studio che si terrà presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento intorno a fine gennaio. Il paper, da inviare in formato PDF, dovrà essere di massimo 50.000 caratteri, note e spazi inclusi. Gli abstract saranno caricati sul sito dell’evento insieme al programma della giornata. Il Comitato organizzativo valuterà la possibilità di pubblicare un volume di raccolta dei contributi presentati durante la giornata di studio. Non è prevista alcuna quota di iscrizione.
Le frontiere tra Stati sono oggi quasi un migliaio: alcune, come quelle marittime, sono ben tracc... more Le frontiere tra Stati sono oggi quasi un migliaio: alcune, come quelle marittime, sono ben tracciate, ma invisibili; altre frontiere sono invece fortificate; altre ancora sono aperte e permeabili. La globalizzazione e la formazione di uno spazio giuridico oltre lo Stato, d'altra parte, producono numerose ambiguità: se, da un lato, crescono le organizzazioni, le regole e le decisioni internazionali, dall'altro lato, sono aumentati il numero degli Stati e i conflitti interni a questi ultimi. Altre ambiguità riguardano la stessa funzione delle frontiere. Queste ultime per i richiedenti asilo, oltre che per i migranti, tornano a fungere da sbarramento fisico insuperabile, come quando si costruiscono muri o si cerca di bloccare l'accesso. In molti altri casi, all'opposto, le frontiere sono " aggirate " dalla tecnologia e, quindi, continua ad avverarsi una delle premesse del processo di globalizzazione. La costruzione di muri, nell'epoca di Internet, configura una nuova evidente contraddizione del nostro tempo anche in termini giuridici. Dentro i confini nazionali, le istanze nazionaliste e separatiste, portate avanti da comunità o territori, sono sempre più intense. Vi sono rivendicazioni degli Stati nei confronti di organismi internazionali e sovranazionali, ma anche richieste autonomiste di regioni e comunità locali contro il livello centrale. I conflitti tra i diversi livelli di governo, perciò, si moltiplicano e si presentano secondo modalità differenti, più o meno formalizzate. Tutto ciò, peraltro, non nasce necessariamente e sempre da un contrasto che oppone la dimensione nazionale a quella sovranazionale, ma trovano spesso origine in un conflitto interno alle comunità nazionali, che si riflette oltre le frontiere statali. La stessa Brexit ha tra le sue cause principali il risentimento delle comunità rurali e periferiche, che si sentono sempre più marginali, nei confronti delle città e delle élites cosmopolite che hanno tratto i maggiori vantaggi dalla globalizzazione. Lo stesso fenomeno si sta sviluppando negli Stati Uniti ove, ad esempio, nelle città l'immigrazione non viene sentita come un problema, nonostante la forte presenza di immigrati, mentre nelle regioni economicamente in declino cresce l'ostilità verso gli immigrati anche se non sono presenti. Quali sono gli effetti di queste dinamiche sull'assetto dei poteri costituzionali? Qual è il ruolo degli organi politici e di quelli amministrativi? Qual è il ruolo degli organi di garanzia e delle corti, nazionali e internazionali? Quali sono gli strumenti di raccordo e quali le tecniche di decisione adottate? In che modo il rapporto tra unità e frammentazione dentro e oltre lo Stato condiziona la tutela dei diritti fondamentali, come nei settori dell'istruzione e della salute? Quali politiche economiche e di welfare sono necessarie per assicurare la coesione e superare la divisione entro le comunità nazionali? Nel contesto delle organizzazioni internazionali, inoltre, anche in quelle a forte vocazione sovranazionale come l'Unione europea, si registra di recente in alcuni Stati membri una spinta verso la frammentazione di tipo ordinamentale, con letture diverse di regole comuni presentate talora anche come strumenti di tutela delle identità
Le clausole di condizionalità hanno accompagnato il processo di integrazione europea in diverse f... more Le clausole di condizionalità hanno accompagnato il processo di integrazione europea in diverse fasi del suo sviluppo, tanto da poter ragionare di condizionalità al plurale, diverse per obiettivi, contenuti ed effetti a seconda del momento storico, e riconducibili a differenti modelli, tra matrice internazionale e meccanismi costituzionali presenti negli Stati composti. Clausole di condizionalità furono inizialmente presenti nell'azione esterna dell'Unione europea, anticipando il riconoscimento dei diritti fondamentali e della democrazia come valori fondativi dell'Unione prima ancora che essi fossero codificati nei Trattati istitutivi. Questi stessi principi, insieme alla garanzia di una economia di mercato, furono al cuore del processo di allargamento che seguì la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione dell'Unione Sovietica, orientando l'adesione dei primi dieci Paesi dell'Europa Centrale e Orientale. Negli anni della crisi dei debiti sovrani, come vincolo alla stabilità finanziaria e all'adozione di riforme strutturali, la condizionalità macroeconomica ha inciso fortemente sui processi di determinazione democratica dei processi di spesa e sulla tenuta dei diritti sociali, elementi costitutivi dello Stato sociale costituzionale. In epoca più recente, la condizionalità legata alla democrazia, al rispetto dei diritti fondamentali e allo Stato di diritto è ritornata all'attenzione delle dinamiche istituzionali e politiche europee come requisito di permanenza nell'Unione europea per coloro che, già diventati membri, ne hanno indebolito le garanzie, mettendo in discussione l'indipendenza della magistratura, la libertà di associazione, il pluralismo nell'istruzione, il rispetto di misure minime per l'accoglienza dei migranti. Queste dinamiche si sono intersecate con l'esplosione della pandemia, cosicché gli strumenti di debito europeo adottati per farvi fronte, di portata innovativa, hanno introdotto ulteriori varianti della condizionalità. Esse si aprono a diverse interpretazioni, una ritrovata armonia tra costituzionalismo economico e costituzionalismo fondato su valori comuni o una nuova forma di commissariamento delle scelte democratiche nazionali. Infine, ancora diversa è la condizionalità imposta nel corso dei negoziati, ormai lunghi e «faticosi», per usare una espressione ricorrente, per l'adesione dei Balcani occidentali, Serbia, Montenegro, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Albania. Mentre il primo allargamento a Est è stato definito "culturalmente neutro", nei confronti dei Balcani occidentali la condizionalità è condotta su binari bilaterali con ciascuno dei Paesi candidati, richiedendo forme di riconciliazione e di memoria condivisa che toccano questioni sensibili e divisive delle identità nazionali. Le proposte di contributo richieste sono chiamate ad analizzare come diverse forme di condizionalità abbiano agito nel processo di integrazione europea, influenzando la stessa costruzione di una identità europea, e come abbiano inciso su alcuni dei tratti costitutivi delle identità costituzionali nazionali.
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Papers by Alessia-Ottavia Cozzi
La Sezione si apre con un contributo di carattere generale su “L’utilizzo della condizionalità e la trasformazione dello spazio europeo” (A. Baraggia). I successivi contributi si possono raggruppare attorno a quattro nuclei tematici distinti che, tuttavia, si intersecano fra loro in maniera significativa. La condizionalità di bilancio connessa alla protezione dello Stato di diritto è analizzata da Adriano Dirri e Ylenia Guerra – che hanno scritto sulla controversa genesi e sulla «contestata applicazione» del Regolamento 2020/2092, evidenziando sia gli aspetti giuridici che le dinamiche politiche – e da Nicola Maffei, con un contributo che ne offre una lettura in chiave di evoluzione costituzionale dell’Unione, in correlazione con il piano Next Generation EU (NGEU). Il secondo nucleo di riflessione è costituito dalla condizionalità relativa all’utilizzo delle risorse finanziarie, in rapporto con la forma di governo nazionale: Federico Musso mette in luce la diversa incidenza dei vincoli sovranazionali di natura macroeconomica sulle decisioni finanziarie degli Stati membri, mentre Giulio Santini riprende l’elaborazione teorica sul concetto di indirizzo politico, proponendone l’utilizzo come chiave di lettura dell’efficacia dei meccanismi di condizionalità in ambito europeo. Ci si concentra poi su obiettivi settoriali di particolare rilevanza perseguiti dall’Unione con lo strumento della condizionalità. Paola Valerio descrive l’emergere del suo utilizzo per finalità di carattere ambientale, dalla politica di coesione alla politica agricola comune, sino al Dispositivo per la ripresa e la resilienza (cd. Recovery Fund). Roberto Vinceti, invece, approfondisce come il «formante negoziale» sotteso alla condizionalità possa spingere all’armonizzazione degli ordinamenti giudiziari nazionali, pur in assenza di competenze normative dell’Unione, facendo emergere un modello comune che i soli interventi della giurisprudenza sovranazionale non avrebbero potuto forgiare. L’ultima forma di condizionalità esaminata dai contributi della Sezione è quella insita nel procedimento di adesione ed è rivolta agli Stati candidati o potenziali candidati: Edin Skrebo analizza l’esperienza dei Balcani occidentali, e in particolare dei quattro Stati che erano parte della Repubblica Federale di Yugoslavia (Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord), mentre Tatiana-Maria Cernicova-Dragomir parla dell’«associated trio» di Stati che, nel 2022, ha espresso la volontà di diventare parte dell’Unione: Ucraina, Moldavia e Georgia.
This article analyses the influence of the 2003 UNESCO Convention for the Safeguarding of Intangible Cultural Heritage on European Union law. The EU has not formally acceded to the ICH Convention, which is only open to States, but European cultural policies are affected by certain aspects of the ICH Convention. This can be seen in recent Recommendations of the Council or the EU Commission on digitisation and participatory governance of cultural heritage. However, the definitions and instruments of ICH Convention have a specificity that is not present in EU law, where the safeguarding of intangible memories and participatory processes are part of a broader process of European identity building.
In the recent Jacquinet v. Belgium judgement, the European Court of Human Rights held that there had been no violation of Art. 8 ECHR, right to respect for private and family right, in a case concerning the refusal to grant request for a change of the surname of the applicant, who was abandoned by the father and seeks permission to use his mother’s surname. This ruling is not about gender equality, but about personal identity and certainty in the identification of persons over time. This article covers three aspects: the Court of Strasbourg review of administrative procedure and process under Art. 8 ECHR; the case-law of the Italian Constitutional Court concerning the change of an adult’s surname and the application of the relevant rules by administration and administrative courts.
This contribution examines the origin of the expression ideologia gender (gender ideology), setting it apart from the gender studies established in the most diverse branches of knowledge, including constitutional law. In the first part of the essay, we consider how the expression ideologia gender was coined in some Vatican documents and transited into the public and political debate. We recall the literature that has analysed its function as a mobilising factor and we point to some moments, in the political scene of the last decade, in which its use has been strong. In the second part of the essay, the focus is on the concepts of “sex” and “gender” from the perspective of constitutional law and constitutionalism, looking both at the different ways in which they have been articulated in scientific debate, and at positive law. The essay concludes by showing that the ideologia gender, in the rhetorical meaning described, disqualifies the constitutional principles of equality and equal dignity as mere political declarations instead of enforceable legal norms. On the contrary, even with their broad scope of application, the constitutional principles are preceptive rules and require application.
The Italian Constitutional Court’s ruling n. 131 of 2022 declared the unconstitutionality of an age-old rule in Italian law, i.e. the automatic attribution of the father’s surname to children. The Italian Constitutional Court ruled that the choice of children’s surname normally depends on the parents’ consent and, in the event of a lack of agreement, stated that the surname of both is mandatory. This article deals with the relationship between the parents’ agreement and the legal rule, discussing the administrative practice that will implement this ruling
This paper analyses the ongoing revision of Articles 9 and 41 of the Italian Constitution, based on the constitutional revision process carried out in France between 2003 and 2005, which led to an Environment Charter referred to in the Preamble of the 1958 Constitution. The French reform, like the current Italian reform, also stemmed from the need to introduce environmental protection standards into the constitutional norms. The comparison relates to the revision process, the contents, but also the nature of the new constitutional provisions as rights or as principles, a theme that was very much present in the French constitutional debate, in Italian doctrine somewhat outdated, but re-emerged in the current constitutional reform.
The Germany’s Presidencies of the European Semester captured fundamental moments of European integration, as the initiative for the European Charter of Fundamental Rights in 1999 and the proposal for a common debt in 2020. Moreover, during the sovereign debt crisis of 2010-2014, austerity was strongly supported by Germany, influencing the adoption of strong macroeconomic conditionality. The three moments of European integration had different causes, but they have in common the reaction to a crisis. This paper addresses these moments looking at the expectations and the degree of implementation of the European Charter of Fundamental Rights’ social norms from both the institutional side and the judicial side, as an aspect of the European social dimension. The German political and institutional climate is used to demonstrate how political fragmentation affected the capacity of integration of the Charter, the judicial self-restraint mirroring political uncertainty.
parts of the world (beyond Italy, including Australia, Belgium, Canada, China, France, Hungary, the United Kingdom, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Sweden and the United States), showcasing the global dimension of genetics challenges.
the EU, and the years of disillusion, during the economic crisis. The vitality of the Charter is analysed in both the judicial side and the political side, showing a low degree of implementation. The thesis is that the ItCC can contribute to the normativity to the EU Charter through preliminary references, especially on the validity of EU secondary legislation, using arguments and words of a social and democratic constitutionalism.
Il fil rouge del presente contributo è rappresentato dal confronto tra il nuovo cammino europeo intrapreso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 269/2017 e il cammino convenzionale inaugurato con le sentenze gemelle del 2007. Attraverso questo filo rosso, la giurisprudenza costituzionale relativa al parametro europeo e al parametro convenzionale viene analizzata sotto tre profili: lo sviluppo
del modus decidendi della Corte costituzionale; la tenuta della distinzione tra parametri costituzionali utilizzati per dare ingresso al diritto convenzionale e al diritto europeo; infine, alcune considerazioni sui criteri individuati per indirizzare il potere/dovere del giudice comune di sollevare questione di legittimità costituzionale.
La Sezione si apre con un contributo di carattere generale su “L’utilizzo della condizionalità e la trasformazione dello spazio europeo” (A. Baraggia). I successivi contributi si possono raggruppare attorno a quattro nuclei tematici distinti che, tuttavia, si intersecano fra loro in maniera significativa. La condizionalità di bilancio connessa alla protezione dello Stato di diritto è analizzata da Adriano Dirri e Ylenia Guerra – che hanno scritto sulla controversa genesi e sulla «contestata applicazione» del Regolamento 2020/2092, evidenziando sia gli aspetti giuridici che le dinamiche politiche – e da Nicola Maffei, con un contributo che ne offre una lettura in chiave di evoluzione costituzionale dell’Unione, in correlazione con il piano Next Generation EU (NGEU). Il secondo nucleo di riflessione è costituito dalla condizionalità relativa all’utilizzo delle risorse finanziarie, in rapporto con la forma di governo nazionale: Federico Musso mette in luce la diversa incidenza dei vincoli sovranazionali di natura macroeconomica sulle decisioni finanziarie degli Stati membri, mentre Giulio Santini riprende l’elaborazione teorica sul concetto di indirizzo politico, proponendone l’utilizzo come chiave di lettura dell’efficacia dei meccanismi di condizionalità in ambito europeo. Ci si concentra poi su obiettivi settoriali di particolare rilevanza perseguiti dall’Unione con lo strumento della condizionalità. Paola Valerio descrive l’emergere del suo utilizzo per finalità di carattere ambientale, dalla politica di coesione alla politica agricola comune, sino al Dispositivo per la ripresa e la resilienza (cd. Recovery Fund). Roberto Vinceti, invece, approfondisce come il «formante negoziale» sotteso alla condizionalità possa spingere all’armonizzazione degli ordinamenti giudiziari nazionali, pur in assenza di competenze normative dell’Unione, facendo emergere un modello comune che i soli interventi della giurisprudenza sovranazionale non avrebbero potuto forgiare. L’ultima forma di condizionalità esaminata dai contributi della Sezione è quella insita nel procedimento di adesione ed è rivolta agli Stati candidati o potenziali candidati: Edin Skrebo analizza l’esperienza dei Balcani occidentali, e in particolare dei quattro Stati che erano parte della Repubblica Federale di Yugoslavia (Bosnia ed Erzegovina, Serbia, Montenegro e Macedonia del Nord), mentre Tatiana-Maria Cernicova-Dragomir parla dell’«associated trio» di Stati che, nel 2022, ha espresso la volontà di diventare parte dell’Unione: Ucraina, Moldavia e Georgia.
This article analyses the influence of the 2003 UNESCO Convention for the Safeguarding of Intangible Cultural Heritage on European Union law. The EU has not formally acceded to the ICH Convention, which is only open to States, but European cultural policies are affected by certain aspects of the ICH Convention. This can be seen in recent Recommendations of the Council or the EU Commission on digitisation and participatory governance of cultural heritage. However, the definitions and instruments of ICH Convention have a specificity that is not present in EU law, where the safeguarding of intangible memories and participatory processes are part of a broader process of European identity building.
In the recent Jacquinet v. Belgium judgement, the European Court of Human Rights held that there had been no violation of Art. 8 ECHR, right to respect for private and family right, in a case concerning the refusal to grant request for a change of the surname of the applicant, who was abandoned by the father and seeks permission to use his mother’s surname. This ruling is not about gender equality, but about personal identity and certainty in the identification of persons over time. This article covers three aspects: the Court of Strasbourg review of administrative procedure and process under Art. 8 ECHR; the case-law of the Italian Constitutional Court concerning the change of an adult’s surname and the application of the relevant rules by administration and administrative courts.
This contribution examines the origin of the expression ideologia gender (gender ideology), setting it apart from the gender studies established in the most diverse branches of knowledge, including constitutional law. In the first part of the essay, we consider how the expression ideologia gender was coined in some Vatican documents and transited into the public and political debate. We recall the literature that has analysed its function as a mobilising factor and we point to some moments, in the political scene of the last decade, in which its use has been strong. In the second part of the essay, the focus is on the concepts of “sex” and “gender” from the perspective of constitutional law and constitutionalism, looking both at the different ways in which they have been articulated in scientific debate, and at positive law. The essay concludes by showing that the ideologia gender, in the rhetorical meaning described, disqualifies the constitutional principles of equality and equal dignity as mere political declarations instead of enforceable legal norms. On the contrary, even with their broad scope of application, the constitutional principles are preceptive rules and require application.
The Italian Constitutional Court’s ruling n. 131 of 2022 declared the unconstitutionality of an age-old rule in Italian law, i.e. the automatic attribution of the father’s surname to children. The Italian Constitutional Court ruled that the choice of children’s surname normally depends on the parents’ consent and, in the event of a lack of agreement, stated that the surname of both is mandatory. This article deals with the relationship between the parents’ agreement and the legal rule, discussing the administrative practice that will implement this ruling
This paper analyses the ongoing revision of Articles 9 and 41 of the Italian Constitution, based on the constitutional revision process carried out in France between 2003 and 2005, which led to an Environment Charter referred to in the Preamble of the 1958 Constitution. The French reform, like the current Italian reform, also stemmed from the need to introduce environmental protection standards into the constitutional norms. The comparison relates to the revision process, the contents, but also the nature of the new constitutional provisions as rights or as principles, a theme that was very much present in the French constitutional debate, in Italian doctrine somewhat outdated, but re-emerged in the current constitutional reform.
The Germany’s Presidencies of the European Semester captured fundamental moments of European integration, as the initiative for the European Charter of Fundamental Rights in 1999 and the proposal for a common debt in 2020. Moreover, during the sovereign debt crisis of 2010-2014, austerity was strongly supported by Germany, influencing the adoption of strong macroeconomic conditionality. The three moments of European integration had different causes, but they have in common the reaction to a crisis. This paper addresses these moments looking at the expectations and the degree of implementation of the European Charter of Fundamental Rights’ social norms from both the institutional side and the judicial side, as an aspect of the European social dimension. The German political and institutional climate is used to demonstrate how political fragmentation affected the capacity of integration of the Charter, the judicial self-restraint mirroring political uncertainty.
parts of the world (beyond Italy, including Australia, Belgium, Canada, China, France, Hungary, the United Kingdom, Portugal, Qatar, South Africa, Spain, Sweden and the United States), showcasing the global dimension of genetics challenges.
the EU, and the years of disillusion, during the economic crisis. The vitality of the Charter is analysed in both the judicial side and the political side, showing a low degree of implementation. The thesis is that the ItCC can contribute to the normativity to the EU Charter through preliminary references, especially on the validity of EU secondary legislation, using arguments and words of a social and democratic constitutionalism.
Il fil rouge del presente contributo è rappresentato dal confronto tra il nuovo cammino europeo intrapreso dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 269/2017 e il cammino convenzionale inaugurato con le sentenze gemelle del 2007. Attraverso questo filo rosso, la giurisprudenza costituzionale relativa al parametro europeo e al parametro convenzionale viene analizzata sotto tre profili: lo sviluppo
del modus decidendi della Corte costituzionale; la tenuta della distinzione tra parametri costituzionali utilizzati per dare ingresso al diritto convenzionale e al diritto europeo; infine, alcune considerazioni sui criteri individuati per indirizzare il potere/dovere del giudice comune di sollevare questione di legittimità costituzionale.
proclamata, l’indivisibilità dei diritti fondamentali parve uno dei
suoi contributi più incisivi alla tutela dei diritti nello spazio giuridico
europeo. Il timore che, tuttavia, i sistemi di welfare nazionali fossero
vincolati a decisioni europee imposte giudizialmente e non condivise
dagli Stati indusse ad anestetizzare l’efficacia dei diritti sociali attraverso
un escamotage tecnico-giuridico. Il termine «principi» fu tratto
da alcune tradizioni costituzionali e inserito nel Preambolo e nelle
disposizioni finali per depotenziare i diritti di lavoratori, inabili,
anziani, minori, migranti. Un concetto voluto per evocare dottrine
costituzionali nazionali sui diritti sociali vive ora innestato nel corpus
scritto unitario dei diritti europei fondamentali. L’operazione assomiglia
ad alcune pratiche comuni in botanica, quando si procede
all’innesto di una pianta. L’innesto richiede tre individui: la pianta
originaria, il nuovo ramo e un corpo intermediario. Il termine «principi
» è stato introdotto per essere l’intermediario tra la pianta originaria
– il sistema di tutela dei diritti nell’ordinamento europeo – e il
ramo – i diritti sociali fondamentali tratti dalle esperienze costituzionali
nazionali. Il fine era di regolare coattivamente e artificialmente
la vitalità e la resistenza dei diritti sociali fondamentali nel loro contatto
con la funzione giurisdizionale. Il presente studio vuole dare
conto degli esiti di questa pratica. L’indagine procede alla ricerca di
assonanze e differenze tra schemi concettuali e vicende di interpretazione e diretta applicazione di diritti sociali nell’esperienza europea e nell’esperienza costituzionale italiana tra circolazione di modelli giuridici e rapporto tra poteri, legislatore e giudici, Unione e Stati.
https://rm.coe.int/CoERMPublicCommonSearchServices/DisplayDCTMContent?documentId=09000016806fbc15
L’identità europea. Cultura e cittadinanza. Identità europea e paesaggio,
responsabile del progetto di ricerca interdipartimentale DISG, DILL, DIUM Università degli studi di Udine, prof.ssa Alessia-Ottavia Cozzi
giovedì 28 aprile 2022, 17-19, Aula 1 Polo Tomandini, Università di Udine
Gli abstract, di non più di 500 parole, dovranno contenere: titolo, sessione tematica, indicazione della qualifica e ente di afferenza dell’Autore. Questi dovranno essere inviati, entro il 30 settembre 2018, in formato Word/Open Office (.doc, .docx, .odt) all’indirizzo mail alumnisgce@gmail.com.
Gli abstract saranno selezionati da un comitato scientifico interdisciplinare composto da docenti della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Trento.
La comunicazione dell’esito del processo di selezione avverrà entro la data 30 ottobre 2018.
Agli Autori selezionati verrà richiesto di inviare entro il 15 dicembre 2018 l’elaborato finale, che verrà discusso nel corso della giornata di studio che si terrà presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento intorno a fine gennaio. Il paper, da inviare in formato PDF, dovrà essere di massimo 50.000 caratteri, note e spazi inclusi.
Gli abstract saranno caricati sul sito dell’evento insieme al programma della giornata.
Il Comitato organizzativo valuterà la possibilità di pubblicare un volume di raccolta dei contributi presentati durante la giornata di studio.
Non è prevista alcuna quota di iscrizione.