Enthymema XXXII 2023
Una continuità euristica ed operativa. Recensione di Franca Sinopoli e Silvia Contarini (a cura di), Transculturalità: un concetto
operativo in Europa? (Lithos, 2023) e di
Alessandro Benucci, et al. (dir.), L’Europe
trans-culturelle dans le monde global/
Transcultural Europe in the Global World
(Presses Universitaires de Paris Nanterre,
2023)
Aldo Baratta
Sapienza Università di Roma
Abstract – Questo contributo intende recensire i due volumi Transculturalità: un concetto operativo in Europa? e L’Europe transculturelle dans le monde global/ Transcultural Europe in the Global World, risultati di due convegni tenutisi rispettivamente
presso Sapienza Università di Roma il 27 maggio 2022 e presso l’Université Paris
Nanterre tra il 17 e il 18 novembre 2022. I lavori si inseriscono all’interno del progetto di ricerca Transcultural Europe in the Global World (TransEu), vincitore del
Bando Jean Monnet Erasmus+. L’obiettivo dell’iniziativa è quello di studiare i processi transculturali dell’Europa contemporanea attraverso il dialogo ravvicinato di
un’équipe dall’orizzonte pluridisciplinare e transnazionale, così da comprendere in
maniera esaustiva l’ipermobilità che condiziona le vicende antropiche in un’accelerazione e una proliferazione delle interazioni culturali.
Parole chiave – Transculturalità; TransEu; Transnazionalità; Ipermobilità; Post-migrazione.
Title – A Heuristic and Operational Continuity. Review of Franca Sinopoli and Silvia
Contarini (eds.), Transculturalità: un concetto operativo in Europa? (Lithos, 2023) and
of Alessandro Benucci, et al. (dir.), L’Europe trans-culturelle dans le monde global/
Transcultural Europe in the Global World (Presses Universitaires de Paris Nanterre,
2023).
Abstract – This contribution intends to review the two volumes Transculturalità: un
concetto operativo in Europa? and L'Europe transculturelle dans le monde global/
Transcultural Europe in the Global World, results of two conferences held respectively at the Sapienza University of Rome on 27 May 2022 and at the Université Paris
Nanterre on 17 and 18 November 2022 The works are part of the Transcultural Europe in the Global World (TransEu) research project, winner of the Jean Monnet Erasmus+ call. The objective of the initiative is to study the transcultural processes of
contemporary Europe through the close dialogue of a team with a multidisciplinary
and transnational horizon, so as to fully understand the hypermobility that shapes
anthropic events in an acceleration and proliferation of cultural interactions.
Keywords – Transculturality; TransEu; Transnationality; Hypermobility; Postmigration.
Baratta, Aldo. “Una continuità euristica ed operativa. Recensione di Franca Sinopoli e Silvia
Contarini (a cura di), Transculturalità: un concetto operativo in Europa? (Lithos, 2023) e di
Alessandro Benucci, et al. (dir.), L’Europe trans-culturelle dans le monde global/ Transcultural
Europe in the Global World (Presses Universitaires de Paris Nanterre, 2023)”. Enthymema, n.
XXXII, 2023, pp. 158-166.
https://doi.org/10.54103/2037-2426/20459
https://riviste.unimi.it/index.php/enthymema
ISSN 2037-2426
Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0
International License
Una continuità euristica ed operativa. Recensione di
Franca Sinopoli e Silvia Contarini (a cura di), Transculturalità: un concetto operativo in Europa? (Lithos, 2023) e di
Alessandro Benucci, et al. (dir.), L’Europe trans-culturelle
dans le monde global/ Transcultural Europe in the Global
World (Presses Universitaires de Paris Nanterre, 2023)
Aldo Baratta
Sapienza Università di Roma
La transculturalità sta esercitando una risonanza considerevole all’interno del recente panorama teorico, ponendosi come ombrello concettuale di una serie di indirizzi di studio che
vanno dalla World Literature alla traduzione, dalla transnazionalità alla narrativa migratoria e
post-migratoria. Introdotta all’interno dell’antropologia di Fernando Ortiz Fernández attraverso il neologismo «transculturación» (1940), la prospettiva transculturale è stata in seguito
affinata da Wolfgang Welsch che ne ha ricavato una lente epistemica utile a individuare le
attuali dinamiche culturali e la circolazione di idee che ne sta alla base (1999). A detta di Welsch
il prefisso -trans possiede un vantaggio speculativo rispetto ai prefissi -inter e -multi, ormai
incapaci di esaurire la complessità dei correnti lifeworlds e dei loro traffici culturali: se -inter
sclerotizza le culture alla stregua di isole autoteliche e bolle stagnanti il cui contatto porta necessariamente a un conflitto, -multi non risolve affatto l’impermeabilità degli attori in gioco
poiché – pur evocando l’immagine di una coesistenza culturale all’interno della stessa comunità
– rischia di promuovere particolarismi quali la ghettizzazione e il fondamentalismo. Viceversa,
-trans è dinamico, trascende la dicotomia tra Sé e Altro e la complica in qualità di topografia
dell’intersezione; attraverso la ricerca di un tertium quid la concezione anacronistica della cultura
come artefatto autonomo e incagliato viene irrevocabilmente sormontata, e sostituita da una
coreografia imprevedibile di contaminazioni e resistenze, scambi sempre fecondi che accentuano la porosità delle istanze culturali.
Il progetto Transcultural Europe in the Global World (TransEu), vincitore del Bando Jean Monnet Erasmus+, si è impegnato a scandagliare i processi transculturali dell’Europa contemporanea attraverso il dialogo ravvicinato di un’équipe pluridisciplinare e transnazionale. L’obiettivo dell’iniziativa è stato quello di studiare l’ipermobilità che da numerosi decenni condiziona
le vicende antropiche in un’accelerazione e una proliferazione delle interazioni culturali, annoverandone, oltre alle cause, le conseguenze immanenti e imminenti. Come riporta il sito, al fine
di cogliere l’impatto – nonché la dimensione sociopolitica – degli eventi trasformativi esperiti
dall’Unione europea occorre procurarsi «de nouveaux outils conceptuels et de nouvelles
méthodes d’enquête» atti a «renouveler les pratiques de la pédagogie interculturelle au sein de
l’université et de la société civile».1 A soddisfare tale proposito si votano i due volumi che
questa recensione intende presentare, Transculturalità: un concetto operativo in Europa? e L’Europe
transculturelle dans le monde global/ Transcultural Europe in the Global World, editi nel 2023 e risultati
di due convegni del progetto TransEu tenutisi rispettivamente presso Sapienza Università di
1
Transcultural Europe in the Global World, https://transeu.parisnanterre.fr/presentation/.
Una continuità euristica ed operativa
Aldo Baratta
Roma il 27 maggio 2022 e presso l’Université Paris Nanterre tra il 17 e il 18 novembre 2022.
Entrambi gli incontri hanno realizzato quella declinazione attiva e propulsiva presente sin dal
lessema coniato da Ortiz – «transculturazione», azione transculturale per l’appunto –, installandosi in una proficua continuità investigativa che mira non solo ad avanzare interpretazioni
transculturali delle odierne manifestazioni artistico-letterarie, quanto soprattutto a problematizzare il concetto stesso di transculturalità tastandone il calibro teorico ed ermeneutico.
Ciò si evince già a partire dal titolo del primo dei due volumi, Transculturalità: un concetto
operativo in Europa?: la forma interrogativa attribuisce alla collettanea la connotazione di un
cantiere aperto ai lavori, di un laboratorio di ricerca entro il quale sperimentare intuizioni inedite; la totalità degli interventi collauda l’operatività dell’ottica transculturale in un’inchiesta
teorica che non scade mai in dogmatismo e banalità, e che anzi si sforza di mettere in discussione i presupposti argomentativi dai quali ci si muove. In tal senso la definizione di transculturalità nei termini di un «concetto operativo» è estremamente efficace, poiché trasmette l’idea
di un dispositivo atto alla ricerca dinamica intorno ai fenomeni della contemporaneità europea.
Un ulteriore intento del progetto TransEu che il volume assolve è l’estensione dell’indagine
oltre il limite angusto e – ormai problematico – del testo letterario: sono infatti ospitati contributi dal taglio transmediale e transdisciplinare, indice di come la transculturalità contempli differenti coniugazioni del fatto estetico.
Il saggio d’apertura di Nora Moll accentua sin da subito il carattere agentivo che alimenta
sia l’espressione che lo studio transculturale. Posto che «transculturalità […] significa la condizione e/o l’intenzione di trascendere il radicamento in una sola cultura» (Sinopoli e Contarini
9), l’autrice rileva una migliore operatività del secondo elemento del binomio: l’intenzionalità
è un metro compositivo e classificatorio ben più adeguato e funzionale della mera condizione
culturale di chi ha prodotto il testo. Si tratta di una rettifica del parametro analitico a dir poco
imprescindibile: la transculturalità diviene «una prospettiva, un modo di agire» (Sinopoli e Contarini 10) – di nuovo, un’azione transculturale. In seguito Moll esplora e rilegge il passato culturale attraverso tale frazione, in una retrospettiva capace di rintracciare un’autentica vocazione
transculturale; tra i casi di studio vengono approfonditi soprattutto Marinetti e Ungaretti, dimostrando come «la componente transculturale può essere individuata nella condizione ma
non nell’intenzione, o perlomeno tale intenzione è frenata e in ultimo alterata sotto la pressione
di uno specifico contesto, politico, artistico, culturale» (Sinopoli e Contarini 18).
Sandra Vlasta segnala che la definizione di transculturalità «is not as homogeneous as one
might believe, especially not if we cross linguistic and cultural borders» (Sinopoli e Contarini
23); nel corso del contributo, attraverso riferimenti ai contesti di lingua inglese e tedesca, vengono evidenziate le differenze concettuali tra i diversi utilizzi del paradigma transculturale ripercorrendone l’evoluzione. Vlasta inserisce anche un’agile ricognizione del suo impiego da
parte dell’ambito comparatistico, citando i lavori di Arianna Dagnino, Paul Jay, Emily Apter e
Núria Codina Solà. L’assunto finale avvalora quanto detto prima in merito alla natura euristica
del volume: «there is not a unified definition for it in literary and cultural studies but that,
rather, we have to define every time we use it, what we mean when we talk about transculturality, especially in an interdisciplinary and multilingual research environment» (Sinopoli e Contarini 34-35).
Dagmar Reichardt puntualizza quattro questioni essenziali per la riconfigurazione dell’Europa in chiave transculturale: adottare un «inclusive thinking» teso a garantire un’unità nella
diversità; eleggere una struttura rizomatica delle relazioni europee; localizzare pratiche comunicative a livello trasversale; comprendere come la storia europea possa costruire il «concept
of a world culture» (Sinopoli e Contarini 39). Vengono ripresi alcuni moduli transculturali offerti dal nostro patrimonio intellettuale – quali la Weltfrieden kantiana, la Weltgeist hegeliana e la
Weltliteratur goethiana – in congiunzione con alcune prassi di più recente formulazione – come
il «cultural mapping» di Hofstede e l’approccio teorico denominato VUCA. Così facendo,
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«Europe can paradigmatically serve as a “transcultural laboratory”» (Sinopoli e Contarini 52)
avverando il motto dell’UE – «United in diversity».
Il saggio di Rosanna Morace offre inizialmente una disamina rigorosa dello statuto del romanzo contemporaneo, affrontando temi quali i risvolti etici delle narrazioni e la vertigine tra
finzionalità e fattualità. A comporre una cornice teorica che punta a «riflettere sulla possibilità
di una globalizzazione transculturale» (Sinopoli e Contarini 63) intervengono come fondamenti
argomentativi il Memorandum pubblicato nel 2008 da Wu-Ming 1 e Poétique de la relation di
Édouard Glissant; Morace traccia un prospetto comparativo nel quale affiorano sia le differenze che le affinità tra i due sistemi, specie per quanto riguarda il concetto di «epico» e il
realismo. La seconda parte dell’intervento verifica quanto detto attraverso due analisi testuali:
Timira di Wu Ming 2 e Antar Mohamed, e Regina di fiori e di perle di Gabriella Ghermandi.
Francesca Medaglia associa la prospettiva transculturale a quella transmediale e intermediale: come conseguenza dell’interattività che caratterizza il contemporaneo si riscontra una
«pulsione ad esondare» sia le «frontiere del testo» che le «frontiere culturali» (Sinopoli e Contarini 90). Dopo un breve riepilogo teorico intorno alla convergenza mediale e al transmedia
storytelling per come li ha assestati Henry Jenkins, Medaglia si inoltra in un’accurata distinzione
tra intermedialità e transmedialità, profili analitici spesso sovrapposti: se la prima sottolinea
«tutte quelle interazioni o interferenze mediali che sono relazioni between media», la seconda
«è relativa a fenomeni che si manifestano across media» (Sinopoli e Contarini 100). Il contributo si conclude prendendo in esame alcune crime fictions – Il commissario Montalbano, Gomorra e
Suburra – le quali, pur essendo trasposizioni intermediali, veicolano a loro volta proprietà narratologiche di matrice transmediale.
Il saggio di Alessandro Benucci, a sua volta uno studio transmediale, si rivolge agli adattamenti a fumetti della Commedia dantesca. Come precisa l’autore, «interessarsi alle parodie a
fumetti della Commedia di Dante diventa uno strumento critico utile a isolare alcune delle mediazioni transculturali attive nel contesto della creazione a fumetti tout court, ed eventualmente
per misurare la dinamica eversiva di questo processo» (Sinopoli e Contarini 120). La diffusione
transmediale dell’immaginario dantesco al di fuori del contesto mediale originale sottopone
l’eredità culturale dell’opera a evenienze prettamente transculturali quali l’emblematizzazione
e la mondializzazione; l’adattamento fumettistico immette il dantismo in un «movimento circolare che lo ridefinisce continuamente non più attraverso la rivendicazione di un’autonomia
letteraria o di una separazione di genere, ma tramite le relazioni transmediali che affiorano […]
per segnalare nuovi percorsi tematici e stilistici trasversali» (Sinopoli e Contarini 131).
Mattia Bonasia reitera l’impianto progettuale del volume fornendo un contributo fortemente metodologico nel quale dimostra come la categoria di transculturalità possa «aprire nodi
di analisi e […] prospettive di lavoro» (Sinopoli e Contarini 141), in modo tale da «esplorare
anche i testi più canonizzati in maniera differente, mettendo in luce sorprendenti caratteristiche» (Sinopoli e Contarini 141). Le linee di ricerca a cui aderisce, interrelate reciprocamente,
sono: le forme del «roman-monde» enunciate da Glissant, le strategie discorsive multilinguistiche e inter-traduttive, e l’ipotesi di un’autorialità polimorfica ricavata da un’identità relazionale
e rizomatica.
L’intervento di Cecilia Ridani ricorda che il valore culturale è il prodotto di intersezioni
esterne al perimetro dello stato-nazione: «colonialismo, migrazione, diaspora, mondializzazione sono tutti fenomeni che scandiscono un processo di transnazionalità, al cui interno le
geografie e le identità culturali che vi partecipano non possono più essere definite entro i margini, ma in una dimensione fluida che attraversa e compone nuove spazialità, proponendo
forme innovative di relazione e scambio» (Sinopoli e Contarini 166). Lo spazio d’indagine è la
Libia della jalaa scrutata attraverso l’analisi comparata di Ghibli di Luciana Capretti, Ultima estate
in suol d’amore di Alma Abate e La casa di Shara Band Ong di Mariza D’Anna.
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Alla luce di quanto detto, Transculturalità: un concetto operativo in Europa? risulta un supporto
nodale per lo studio della transculturalità, comportandosi da cassetta degli attrezzi dalla quale
trarre degli strumenti utili all’analisi non solo dei testi quanto dei contesti. Se è vero che, come
afferma Reichardt in un’altra sede, «il termine ombrello transculturalismo è, filosoficamente
parlando, ancora in fase di definizione e sistemazione» (Reichardt 2020, 649), il volume riesce
ad accrescere il dibattito accademico constatando la pluralità di criteri disponibili; la transculturazione prevede una sinergia creativa di continua trasformazione reciproca, sia da parte degli
attori culturali che da parte di chi li studia.
Il secondo volume in oggetto, L’Europe transculturelle dans le monde global/ Transcultural Europe
in the Global World, si presenta in maniera esplicita come l’esito di un nitido tragitto di ricerca
cadenzato dai vari incontri del progetto TransEu, come un banco di prova per quanto è stato
elaborato in precedenza: «Lors de cette étape conclusive, les outils conceptuels transdisciplinaires élaborés et les expériences mises en commun à l’occasion des cinq rencontres précédentes ont permis d’esquisser quelques résultats et propositions» (Benucci et al. 11). La collettanea
raccoglie un maggior numero di interventi – in francese e in inglese –, di conseguenza l’offerta
saggistica conta un ventaglio tematico più variopinto e delle incursioni più sostanziali nei territori del transmediale e del transdisciplinare.
Nel suo contributo, Franca Sinopoli aggiorna la formula goethiana di Weltliteratur adattandola ai connotati transnazionale e transculturali dell’attuale produzione letteraria europea.
Dopo aver ragionato intorno alla «politique culturelle» dell’UE – cioè alle «formes d’accès» di
cui è dotato lo scrittore transnazionale «au champ littéraire de la “nation” tel qu’il est délimité
par les institutions culturelles en vigueur dans un pays donné» (Benucci et al. 22) –, l’autrice
invoca la necessità di un quadro europeo per lo studio della letteratura contemporanea che
presenti caratteri transculturali e translingui.
Sandra Vlasta discute una designazione possibile di «transcultural literature», compendiando tramite un movimento comparatistico sia i caratteri formali – come il multilinguismo
– che quelli contenutistici condivisi dai testi che ne fanno parte. La finalità provoca ripercussioni intimamente politiche: «transcultural literature […] familiarises us with some individual
migration and globalization stories, thereby suggesting ideas for how political and societal challenges can be met» (Benucci et al. 42).
Sara Sermini collaziona entro uno scenario transdisciplinare – che include letteratura, sociologia, antropologia, filosofia e teoria critica – varie definizioni di «posture», in modo tale da
farle interagire con l’idea della narrativa transculturale. Di grande interesse è la chiusa del contributo, nella quale Sermini raccomanda di prestare attenzione «non seulement sur la posture
et la position des auteurs étudies, mais aussi sur notre propre posture de recherche» (Benucci
et al. 57); una riflessione sulle narrative transculturali comporta dunque una riflessione analoga
intorno ai nostri ruoli accademici di «producteurs de catégories critiques» (Benucci et al. 57).
Ondřej Švec si avvale della ripartizione elargita da Merleau-Ponty tra «universalisme de
surplomb» – «qui présuppose que des structures identiques a priori sont à l’œuvre dans toute
société humaine, mais se sont manifestées dans leur articulation explicite d’abord au sein de la
civilisation européenne» – e «universalisme latéral» (Benucci et al. 64) – «qui résulte de
l’échange entre des cultures distinctes et qui cherche à reconnaître a posteriori ce qui nous unit
à travers nos différences» (Benucci et al. 65) – per delineare un pensiero universale in grado di
decentrare la prospettiva di ciascun partecipante dello scambio transculturale.
Martina Kopf si occupa del concetto di post-migrazione, spiegando come il prefisso «post»
non si riferisca a una circostanza di posteriorità, bensì alla maturazione di un nuovo punto di
vista sulla migrazione. Dopo aver applicato una rilettura post-migrante a Frères migrants di Patrick Chamoiseau, Kopf indica quanto un orientamento interdisciplinare al fenomeno postmigratorio possa restituire un’intelligenza esaustiva dell’Europa contemporanea «grâce à ce mélange d’engagements scientifques, politiques, culturels et artistiques» (Benucci et al. 84).
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Il contributo di Emmanuelle Sinardet vanta una forte condotta operativa. L’autrice mette
insieme i due principali utensili concettuali e analitici dal progetto – transculturalità e transnazionalismo – e li accosta alla nozione del Marginal Man, appurando come essi «peuvent être
articulés de façon fructueuse, en ce sens que leur croisement met en lumière l’agentivité des
individus, lesquels développent de nouvelles façons d’être-au-monde et d’habiter leur(s) société(s)» (Benucci et al. 98).
Gonçalo Cordeiro spinge la ricerca oltre gli spazi non-europei, dal momento che «la question de la transculturalité européenne mérite d’être pensée par rapport à d’autres espaces géoculturels» (Benucci et al. 107). Agendo in tal modo, procede verso una decostruzione degli
etnocentrismi culturali e verso una frontiera «fuide et poreuse, qui ne sert plus aucune forme
de monolithisme et se désolidarise d’une pensée continentale» (Benucci et al. 112).
Mattia Bonasia analizza il coefficiente transculturale dell’autorialità per come traspare da
Mahagony di Glissant e Texaco di Chamoiseau. In un gioco di specchi tra alter ego e rifrazioni
paratestuali, Bonasia documenta «la déconstruction de l’auctorialité monolithique dans un rhizome identitaire» (Benucci et al. 127) che i due testi – ibridi tra romanzo e saggio – veicolano.
Il lavoro di Giuliana Pias ribadisce che il cosmopolitismo implica sia l’uguaglianza che la
differenza, e che conviene ponderare particolarmente quest’ultima occasione. La Sardegna di
Flavio Soriga si eleva a campione di tale alterità: le realtà urbane descritte «se configurent
comme autant de lieux où la confrontation entre les différents styles de vie, habitudes, mentalités, façons de penser, d’être et de sentir des personnages donnent lieu à une réflexion articulée
et complexe sur la manière dont on apprend à être à la fois différents et égaux, et sur la conscience que l’on en a dans le monde d’aujourd’hui» (Benucci et al. 134).
Il focus di Ramona Onnis verte sulla più recente produzione culturale degli italiani di seconda generazione, e soprattutto sul romanzo Addio, a domani di Sabrina Efonayi, sul film Bangla di Phaim Bhuiyan e sulla serie TV Zero di Antonio Dikele Distefano. A emergere dalla
comparazione transmediale è «la volonté commune de créer un espace de représentation de la
marginalité, pour qu’elle puisse finalement sortir de son invisibilité, affirmer sa présence et sa
capacité à mettre en question le concept de culture nationale» (Benucci et al. 156).
Jeanne Meslin legge l’opera di François Cheng dichiarando come la sua riproduzione
dell’Italia nasconda alcune ambiguità transculturali. Nella fattispecie, secondo Meslin Cheng
innesta alcuni filtri stereotipizzanti – ora cinesi, ora francesi – nella sua rappresentazione,
usando l’Italia «comme un espace culturel qu’il place dans un entre-deux, faisant lien entre son
identité franco-européenne et son identité sino-asiatique, lui permettant ainsi de dépasser l’antagonisme apparent entre la culture de laquelle il vient et celle dans laquelle il vit désormais»
(Benucci et al. 171)
Katja Schubert si concentra sulla figura del rifugiato del Mediterraneo commentando il
romanzo Ein von Schatten begrenzter Raum di Emine Sevgi Özdamar e la pièce Die Schutzbefohlenen
di Elfriede Jelinek. L’articolo diventa un’interrogazione sui limiti del racconto, sulla difficoltà
di inscenare dei soggetti pressocché invisibili. L’asserzione finale è di estremo rilievo: «Les
textes littéraires ne peuvent pas sauver des vies, mais peuvent nous aider à comprendre une
vérité qui fait partie de nous. Les migrantes nous regardent et les textes nous regardent aussi»
(Benucci et al. 185).
Anche l’intervento di Chiara Mengozzi è contraddistinto da una forte impronta interrogativa ed è incentrato sull’esperienza migratoria. Mengozzi sostiene che alcune forme esteticonarrative – quali, ad esempio, gli «enquêtes-récits» e il teatro – siano più efficienti di altre –
nello specifico, i romanzi testimoniali –, e ciò viene suffragato dall’analisi delle due pièces Supplici a Portopalo e Rumore di acque. I due generi consentono infatti un maggiore potere espressivo,
mediando ad esempio le voci dei migranti «par d’autres voix, ce qui permet de les positionner
à une distance nécessaire» (Benucci et al. 201), o denotando il presente «par le moyen de la
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tragédie antique et de l’une de ses composantes les plus essentielles, le chœur» (Benucci et al.
201).
Francesco Bachis valica i confini dei media narrativi tradizionali trasferendo la ricerca sulle
piattaforme virtuali come TikTok e sull’uso che ne fanno i New Italians. Il suo intervento, vagliando alcuni prodotti audiovisivi della seconda generazione, chiarisce come il social network
sia in grado di costituire uno spazio di comunicazione transculturale nel quale «New Italians
build a public discourse of self-representation in a dialectical relationship with the hegemonic
exclusion discourses» (Benucci et al. 221).
Egle Mocciaro recupera dalla sociolinguistica il concetto di «repertoire» per dipanare la tela
del multilinguismo all’interno del contesto delle nuove migrazioni. Ciò dà il via anche a un
ritratto del conflitto epistemologico che intercorre tra la sociolinguistica e la linguistica, risolto
dall’auspicio di una ricerca dall’alta valenza euristica: «the need to find systematicity within this
construct will certainly open avenues for new research» (Benucci et al. 235).
Elsa Lechner si sofferma sul racconto biografico al fine di ottenere uno sguardo corretto
sull’alterità attraverso una consapevolezza politica e tesa alla giustizia sociale. L’importante,
secondo Lechner, è suscitare generi, gruppi e istituzioni «qui ne s’intéressent pas seulement à
l’autre différent d’eux-mêmes, mais aussi à l’expérience de se regarder soi-même comme un
autre» (Benucci et al. 250).
Yolanda Rodríguez Pérez lavora sugli stereotipi nazionali, risalendo in prospettiva imagologica alle loro origini e meditando sul loro ruolo all’interno delle storie culturali europee. Di
nuovo, dunque, si asserisce come dallo studio delle «ever-shifting manifestations of Otherness»
(Benucci et al. 264) scaturiscano dei passe-partouts indispensabili per accedere alle logiche
dell’Europa transculturale.
La ricerca di Margarida Calafate Ribeiro articola un determinato segmento cronologico: le
memorie delle generazioni successive alla decolonizzazione degli anni Sessanta e Settanta, allorché l’Europa passa da un assetto coloniale a uno postcoloniale, «où des formes de citoyenneté postnationale et transterritoriale se placent au cœur de l’avenir de l’Europe et de ses démocraties» (Benucci et al. 276).
Il denso contributo di Graça Dos Santos usufruisce dei lavori di Bernard Stiegler e Mieke
Bale per decretare un vocabolario più appropriato alla ricerca sull’immigrazione. Da lì viene
esaminato il caso della migrazione portoghese, con un riguardo sulla compagnia teatrale
franco-portoghese Cá e Lá in quanto «la seule structure en lien avec le groupe culturel portugais
à marquer sa présence par le biais du théâtre dans un mouvement d’expression et de revendication de droits des enfants d’immigrés portugais en France» (Benucci et al. 286).
Sergiu Mișcoiu esula dall’ambito letterario per illustrare i dibattiti politici susseguitisi nei
paesi CEE – soprattutto Ungheria, Polonia e Romania – in seguito alle ondate dei rifugiati
siriani e iracheni tra il 2015 e il 2016. Miscoiu notifica come, nonostante gli sforzi comuni, due
fattori abbiano incrinato l’unità della piattaforma centro-europea: in primo luogo, «le poids des
conflits et des différends historiques, surtout en relation avec l’héritage de l’Empire austrohongrois» (Benucci et al. 309); in secondo luogo, «l’attitude remarquablement différente de la
Pologne et de la Hongrie en ce qui concerne la Russie» (Benucci et al. 310).
Con Justine Noyer ci si mantiene fuori dalla giurisdizione letteraria, e si scava nel privato
linguistico valutando la quotidianità translinguistica che vede protagoniste due coppie francotedesche. Ciò che deriva da questa relazione è un «tiers-lieu linguistique» atto a instaurare «un
terrain d’identités négociables et intimes à travers un discours translinguistique et la construction d’un espace transculturel» (Benucci et al. 327).
João Sousa Cardoso, infine, riporta l’indagine sul campo del narrativo e precisamente in
quello cinematografico analizzando Un film parlé di Manoel de Oliveira. Seppur a distanza di
vent’anni dall’uscita, il film è «une méditation d’une troublante actualité sur la nécessité vitale
du dialogue entre les cultures et les valeurs de la civilisation» (Benucci et al. 345), nonché un
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«portrait transhistorique, transgéographique et transculturelle de l’Europe et ses enjeux
d’aujourd’hui» (Benucci et al. 345).
L’Europe transculturelle dans le monde global/ Transcultural Europe in the Global World convalida
in sintesi l’incisività – e l’urgenza – di un progetto quale TransEu, e mostra l’efficacia della
gradazione transmediale e transdisciplinare che lo costituiscono. La dilatazione dei punti di
vista e l’uscita non solo dai propri confini culturali quanto soprattutto disciplinari sono necessarie per uno studio più prolifico e coerente della transculturalità; Wolfgang Welsch, non a
caso, ha recentemente congetturato un «network-design of all things» (Reichardt 2023) votato
all’esecuzione di interconnessioni e cooperazioni nelle quali – proprio come teorizzava Glissant – le diverse comunità siano capaci di intervalorizzarsi in seguito al loro contatto dissipando
l’ombra delle gerarchie di valore coloniale – dove per “coloniale” si intende innanzitutto una
forma discorsiva, un approccio epistemico.
Bibliografia
Benucci, Alessandro, et al. L’Europe transculturelle dans le monde global/ Transcultural Europe in the
Global World. Presses universitaires de Paris Nanterre, 2023.
Ortiz Fernández, Fernando. Contrapunteo cubano del tabaco y el azúcar. Contrapunteo cuba-no del tabaco
y el azúcar. Ciencias Sociales, 1940.
Reichardt, Dagmar. “Transculturalismo”. Enciclopedia Italiana di scienze, lettere ed arti – Decima Appendice [Parole del XXI Secolo], vol. II (L-Z), 2020, 649-52.
—. “Wolfgang Welsch on Transdisciplinarity, the ‘Network-Design’ of All Things and the
Venice Biennale 2022/23: An Interview Conducted by Dagmar Rei-chardt”. Novecento
Transnazionale. Letterature, Arti E Culture, vol. 7, 2023, 74-83.
Sinopoli, Franca, e Silvia Contarini. Transculturalità: un concetto operativo in Europa?. Lithos, 2023.
Welsch, Wolfgang. “Transculturality – the Puzzling Form of Cultures Today.” Spaces of Culture: City, Nation, World, edito da Mike Featherstone e Scott Lash, Sage, 1999, 194-213.
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