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35 . 2023 LIM Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Rodolfo Baroncini Nuove musiche e nuova storia: attori e contesti delle pratiche per voce sola e concertato ristretto a Venezia (1600–1630) Nel suo importante e noto saggio sulla monodia italiana, Nigel Fortune scrive che le nuove pratiche a voce sola, germinate in ambito fiorentino-romano nell’ultima decade del Cinquecento, erano, almeno fino al 1620, appannaggio esclusivo di musici di corte e di nobili musicofili e che, di conseguenza, in una città mercantile come Venezia il nuovo genere avrebbe iniziato a diffondersi solo a partire dalla terza decade del Seicento.1 Quanto questa idea, derivante da un approccio tradizionale alle fonti e, in generale, dalle oggettive carenze di indagine e di metodo delle discipline musicologiche dell’epoca, sia stata durevole e influente sulla storiografia degli anni a venire lo dimostra il fatto che, ancora alla metà degli Ottanta, lo stesso concetto venne ripreso e condiviso da uno studioso avvertito come Gary Tomlinson.2 L’assunto che le nuove pratiche a voce sola e a due e tre voci e continuo su testo profano (e non) siano giunte in laguna con ben due decadi di ritardo è stato sconfessato e messo in crisi per la prima volta, verso la metà degli anni Novanta, dalle ricerche di Roark Miller, il quale, forte di una metodologia più aggiornata e riconsiderando alla luce di un solido quadro contestuale alcuni testimoni musicali, ha anticipato di circa un decennio la cronologia della monodia veneziana.3 Sulla scia degli studi di Miller, importanti e rivelatori, ma in verità ancora lontani dal fornire una rappresentazione soddisfacente e sufficientemente articolata della complessa realtà musicale lagunare dell’epoca, si possono tracciare le coordinate di una nuova prospettiva storiografica in grado di superare definitivamente quella disegnata da Fortune oltre mezzo secolo 1. nigel fortune, Italian secular monody from 1600 to 1635: An introductory survey, «Musical quarterly», xxxix/2, 1953, pp. 171–195. 2. gary tomlinson, Introduction, in Italian secular song 1606–1636, New York, Garland, 1986, vol. 6, Venice i, pp. ix-xiv. 3. roark miller, The composers of San Marco and Santo Stefano and the development of Venetian monody to 1630, Ph.D. diss., University of Michigan, 1993. Recercare 35 / 2023 Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. 24 Rodolfo Baroncini fa, perpetuatasi e sedimentatasi per così lungo tempo — e con echi non ancora del tutto sopiti — nella comunità musicologica.4 Una prospettiva nuova che valendosi di inediti testimoni musicali, della riconsiderazione critica di altri già noti e, soprattutto, di un potenziamento qualificato e storiograficamente orientato della ricerca documentaria (abile anche nella valorizzazione di fonti apparentemente disutili e nel raffronto incrociato di elementi di natura e provenienza diversa), è in grado, non solo di anticipare ulteriormente la cronologia proposta dagli ultimi studi di Miller, ma anche di ricostruire un quadro contestuale capace di fornire una migliore comprensione della diffusione e del grado di assimilazione delle nuove musiche a una, due e tre voci e continuo in ambito lagunare. Per tracciare una rappresentazione che sia coerente con i nostri scopi occorre naturalmente affinare strumenti e strategie storiografiche pertinenti. A ben guardare, non v’è forse metro più efficace per misurare l’humus e il livello di apprezzamento di cui godette la nuova musica a Venezia nelle prime due tre decadi del Seicento di quello della committenza privata.5 Un fenomeno che per ovvi motivi era alla base della produzione performativa e compositiva di qualsiasi genere di musica vocale profana e che in laguna assunse, in virtù del carattere estremamente composito della società veneziana e delle sue classi dominanti, una forma del tutto particolare. Naturalmente, per completezza e nell’ottica di una visione integrata, consapevole delle strette connessioni esistenti tra generi e contesti diversi, è d’uopo ricordare come il patrocinio privato abbia svolto un ruolo primario anche nell’evoluzione della musica strumentale e del mottetto. A dispetto di inequivocabili segnali di cedimento politico e tecnologico, Venezia nel corso del Cinquecento da piazza prevalentemente commerciale si era trasformata in una grande città manifatturiera.6 All’alba del 4. Un primo tentativo in questa direzione, a proposito di «basso continuo e monodia» nelle ultime tre opere di Giovanni Gabrieli, è stato attuato da rodolfo baroncini, Giovanni Gabrieli, Palermo, L’Epos, 2012, pp. 501–522. 5. Il termine, forse improprio per le categorie concettuali dell’epoca — laddove i termini pubblico e privato non corrispondevano esattamente a quelli affermatisi nel corso del Novecento —, si riferisce al patrocinio artistico e musicale implementato da singoli soggetti o famiglie, e il suo impiego è giustificato per distinguerlo dalla galassia altrettanto vasta e articolata del patrocinio collettivo, quello promosso dallo stato veneziano, dalle confraternite e da tutte le istituzioni ecclesiastiche parrocchiali e conventuali disseminate sul territorio cittadino. 6. Nella cospicua bibliografia sull’argomento si vedano almeno domenico sella, L’economia, in Storia di Venezia, vol. 6: Dal Rinascimento al Barocco. Economia e finanza, a cura di Gaetano Cozzi – Paolo Prodi, Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1994, pp. 651–711; luciano pezzolo, The Venetian economy, in A companion to Venetian Recercare 35 / 2023 Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Attori e contesti delle pratiche per voce sola e concertato ristretto 25 diciassettesimo secolo, la città, per dirla con l’efficace espressione di una testimone dell’epoca, è ancora un posto dove «il denaro corre più che in altro luogo».7 I tratti, è vero, sono quelli di una società classista e tipicamente patriarcale di antico regime, ma con qualche possibilità di ascesa, un minore dislivello sociale, e una maggiore ripartizione della ricchezza. A fronte della relativa rigidità di un patriziato, accessibile solo in tempi di crisi e comunque già estremamente ramificato, v’è, infatti, una classe cittadinesca in continua espansione che, alimentata da un nuovo ceto di mercanti-imprenditori fatto per lo più di industri immigrati (i cittadini de intus e de extra), costituisce uno dei motori strutturali della rinascita cittadina. A ciò si deve aggiungere un folto gruppo sociale rientrante teoricamente nella classe dei popolari, ma composto in realtà da piccoli mercanti, artigiani-imprenditori, merciai, librai e altri artigiani specializzati che fa della Serenissima una delle piazze socialmente più mobili e articolate dell’epoca. È da questa composita situazione strutturale, e non da altro, che discende la particolare forma del patrocinio privato lagunare: un fenomeno che diversamente dai modelli centripeti delle corti ducali italiane, è diffuso, ramificato e pulviscolare, animato da decine e decine di patroni di medio e piccolo rango appartenenti al patriziato, al ceto cittadinesco e talora a gruppi di mercanti e professionisti non rientranti in nessuna di queste due classi sociali. La mappa cittadina dei singoli patroni che con varie modalità tra il 1600 e il 1630 offrirono protezione a musici e virtuosi di ogni sorta è ancora lontana dall’essere completa, ma il corpus di centotrentadue nominativi (settantaquattro patrizi e cinquantotto cittadini) elencati nelle tabelle A e B, costituisce nel suo complesso un indicatore estremamente attendibile della voga e della diffusione che ebbero le pratiche musicali vocali profane in ambito lagunare. Ho già illustrato altrove, in più occasioni e in modo dettagliato, gli aspetti storico-metodologici sui quali è incardinata la ricerca che ha condotto a tali risultati.8 Qui sia sufficiente ricordare, perché il lettore possa accedere più consapevolmente ai dati sintetizzati nelle due tabelle, come esse siano frutto di un’indagine history, 1400–1797, ed. Eric R. Dursteler, Leiden, Brill, 2013, pp. 285–289; e edoardo demo, Industry and production in the Venetian Terraferma (15th–18th), ibid., pp. 291–318. 7. moderata fonte, Il merito delle donne [...], Venezia, Domenico Imberti, 1600, p. 10. 8. rodolfo baroncini, La vita musicale a Venezia tra Cinque e Seicento: musici, committenti e repertori, in Italian music in Central-Eastern Europe. Around Mikołaj Zieleński’s Offertoria and Communiones (1611), ed. by Tomasz Jeż – Barbara PrzybyszewskaJarmińska – Marina Toffetti, Venezia, Fondazione Levi, 2016, pp. 131–147; e, soprattutto, id., Ridotti and salons: private patronage, in A companion to music in sixteenth-century Venice, ed. Katelijne Schilzt, Leiden, Brill, 2018, pp. 149–202. Recercare 35 / 2023 Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. 26 Rodolfo Baroncini fondata sull’integrazione di due diverse metodologie: quella consueta, tradizionalmente basata sull’osservazione degli elementi di paratesto presenti nei testimoni musicali a stampa, i cui risultati sono riassunti nella seconda colonna di ciascuna tabella, e una modalità meno ordinaria che potremmo definire, ‘alternativa’, in quanto fondata in gran parte sull’osservazione di materiale documentario indiretto e apparentemente non pertinente (come le anagrafi parrocchiali) i cui dati sono, invece, elencati nella terza colonna.9 È nelle residenze dei patroni riportati in queste due tabelle e nei ridotti a intensità musicale variabile da essi animati che germinano, si sviluppano e si propagano i semi delle nuove pratiche a voce sola e delle connesse pratiche concertanti a due e tre voci.10 Se è vero che non tutti i patroni e i ridotti in una prima fase sono animati in egual misura dall’interesse per le nuove musiche, è pur vero che per spirito di emulazione, la voga si diffonde con una rapidità e una profondità impressionante. Le storie particolari di questi gentiluomini delle loro relazioni con musici e virtuosi di ogni sorta, la narrazione, in sintesi, dei loro ridotti, esemplificano bene, come vedremo ora, esaminando alcuni casi, l’attecchimento e gli sviluppi della nuova musica a Venezia. Il primo cultore e patrono delle pratiche a voce sola in laguna sembra essere stato il patrizio Pietro Priuli. Nato nel 1568 da Federico di Gian Francesco e da Sofia Gradenigo, Pietro era nipote del potente procuratore di san Marco de supra Francesco Priuli.11 Dopo alcuni incarichi minori sarà ambasciatore in Francia (1605–08) e in Spagna ove morirà nell’ottobre del 1613. Prima di intraprendere la carriera diplomatica e di divenire un convinto sarpiano, aveva avuto occasione di frequentare Vincenzo Gonzaga e di entrare in relazioni amichevoli con il duca di Bracciano Virginio ii Orsini.12 È proprio in virtù dell’amicizia che lo stringe all’Orsini e della sua intermediazione che, 9. Utile segnalare che i nominativi elencati in questa colonna, sono desunti prevalentemente dai registri parrocchiali delle nascite e dei matrimoni, e si riferiscono al cosiddetto vincolo di ‘parentela spirituale’, ovverosia, alla relazione di comparatico o comparaggio che i musicisti, in occasione di nozze e di battesimi, allacciavano con i loro padrini-patroni. Le date poste a fianco dei nominativi si riferiscono alla datazione della fonte di riferimento. I registri dei battesimi e dei matrimoni delle settanta parrocchie veneziane del tempo sono conservati e consultabili nell’Archivio Storico del Patriarcato di Venezia [d’ora in avanti I-Vasp]. Le fonti di altra natura, provenienti prevalentemente dall’Archivio di Stato di Venezia [d’ora in avanti I-Vas], sono state segnalate trascrivendo la data in corsivo. 10. Sulla natura specifica e le finalità del ridotto, una forma di aggregazione socioculturale diversa da quella di una vera e propria accademia, vedi baroncini, Ridotti and salons, pp. 182–202. 11. baroncini, Giovanni Gabrieli, p. 503. 12. baroncini, Giovanni Gabrieli, p. 503. Recercare 35 / 2023 Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge. Attori e contesti delle pratiche per voce sola e concertato ristretto 27 verso la metà degli anni Novanta, Pietro entra in contatto con Francesco Rasi, all’epoca reputato già uno degli astri della nuova monodia accompagnata e corteggiato da diversi patroni.13 Delle frequentazioni letterario-musicali di Priuli prima di essere fulminato dall’Orfeo aretino, non sappiamo molto se non che era in relazione con il poeta Giovanni Battista Leoni, futuro presidente della Nuova Accademia Veneziana (1594), e con Antonio Morsolino, autore di una raccolta di canzonette edita nel 1594, contenente anche brani di Monteverdi e di Orazio Vecchi.14 Sta di fatto che nell’autunno del 1597 Priuli ospiterà Rasi, appena rientrato dalla Polonia,15 a Venezia nel suo palazzo di san Polo per oltre tre mesi. Dei dilettevoli intrattenimenti musicali che il virtuoso aretino diede in ca’ Priuli e dell’entusiasmo suscitato dalle sue esibizioni ci dà notizia lo stesso Pietro in una lettera del 29 novembre 1597 indirizzata all’amico Virginio Orsini:16 Il signor Francesco Rasi è capitato in Venetia, et in casa mia, et è riuscito gratioso, e compito a tutti per l’eccellentie di molte virtù che a gara fanno prova in lui qual di loro si mostri più laudabile, accompagnate da musica così esquisita che verifica in questo nostro mare quel che ha celebrato l’antichità delle sirene, e de i cigni. Onde con l’occasione di salutar Vostra Eccellenza m’ha parso opportunità comunicarle che se la passiamo musicalmente e festevolmente. Nella lettera non si fa menzione dei gentiluomini che assistettero alle performance del cantante, ma oltre ai famigliari stretti di Pietro (la moglie Paulina Foscarini, il cognato Giovanni Battista, il suocero Giacomo, procuratore di san Marco de supra, lo zio Francesco Priuli, anch’egli procuratore de supra) 13. warren kirkendale, The court musicians in Florence during the Principate of the Medici, Firenze, Olschki, 1993, p. 562. 14. giovanni battista leoni, Lettere famigliari, Venezia, Giovanni Battista Ciotti, 1592; antonio morsolino, Il primo libro delle canzonette a tre voci con alcune altre de diversi eccellenti musici, Venezia, Ricciardo Amadino, 1594. Uno dei brani inclusi nella raccolta, Come fenice che rinova al fuoco, così per voi quest’alma, reca una specifica dedica al Priuli. 15. Rasi si era recato in Polonia alla corte di Sigismondo iii Wasa, nel 1596, per volontà del granduca Ferdinando de’ Medici, al cui servizio si trovava fin dal 1588, nonostante continue trasferte e peregrinazioni da una corte all’altra. Cfr. kirkendale, The court musicians, pp. 563–564. 16. Roma, Archivio Storico Capitolino, Archivio Orsini, serie i, vol. 108, fasc. 2, Corrispondenza epistolare di Virginio ii Orsini, n. 480, lettera di Pietro Priuli da Venezia a Virginio Orsini del 29 novembre 1597. Uno stralcio della lettera, ancorché con la data erronea dell’11 novembre 1597, è riportato in kirkendale, The court musicians, p. 564. La lettera è integralmente trascritta in baroncini, Giovanni Gabrieli, p. 504. Recercare 35 / 2023 Questo documento, di proprietà della LIM Editrice srl, è ceduto agli autori per esclusivo uso concorsuale e/o amministrativo. La diffusione dello stesso è proibita e perseguita a norma di legge.