LA DOTTRINA SEGRETA
SINTESI
DELLA SCIENZA, DELLA RELIGIONE, E DELLA FILOSOFIA
DI
HELENA P. BLAVATSKY
AUTRICE DI “ISIDE SVELATA”
TERZA EDIZIONE REVISIONATA
SATYÂT NÂSTI PARO DHARMAH
“Non vi è Religione superiore alla Verità”
VOLUME I
COSMOGENESI
LONDON:
The Theosophical Publishing Society, 7 Duke Street, Adelphi, W. C.
NEW YORK:
The Path Office, 144, Madison Avenue
MADRAS:
The Theosophist Office, Adyar
1893
Nuova Traduzione con note aggiunte di Boris de Zirkoff
© Copyright 2006 sulla traduzione dall’inglese del Prof. Stefano Martorano
dell’Istituto Cintamani di Roma
Versione Ottobre 2009
ISTITUTO CINTAMANI
Via S. Giovanni in Fiore, 24 – 00178 Roma Tel. 067180832
www.istitutocintamani.org
info@istitutocintamani.org
1
DEDICO QUEST’OPERA A TUTTI I VERI TEOSOFI,
IN OGNI PAESE, E DI OGNI RAZZA,
POICHÉ SONO ESSI CHE L’HANNO RICHIESTA,
E PER ESSI È STATA SCRITTA.
H. P. BLAVATSKY
2
PREFAZIONE ALLA PRIMA EDIZIONE
L’autrice – o meglio, la scrittrice – sente la necessità di scusarsi per il lungo ritardo
con cui appare quest’opera. Ciò è stato causato dalla cattiva salute e dall’immensa mole
dell’impegno. Nemmeno i due Volumi ora pubblicati completano lo schema, e non elaborano
esaurientemente gli argomenti in essi trattati. Una grande quantità di materiale è già stata
preparata, ed ha a che fare con la storia dell’Occultismo, così come è esposta nelle Vite dei
Grandi Adepti della Razza Ariana, mostrando l’influenza che la Filosofia Occulta dovrebbe
avere ed ha, effettivamente, sulla vita. Se questi Volumi incontreranno un’accoglienza
favorevole non sarà risparmiato alcuno sforzo per sviluppare lo schema dell’opera nella sua
integrità. Il Terzo Volume è completamente pronto; il Quarto Volume quasi. Questo schema,
va precisato, non era previsto quando per la prima volta fu annunciata la preparazione
dell’opera. In origine si pensava che la Dottrina Segreta avrebbe dovuto essere una versione
riveduta ed ingrandita di Iside Svelata; ma le spiegazioni da aggiungere a quelle già portate a
conoscenza del pubblico nella suddetta opera e in altre concernenti la Scienza Esoterica,
erano tali da richiedere un completo e differente metodo di trattamento; pertanto i presenti
Volumi non contengono in tutto che una ventina di pagine tolte da Iside Svelata. L’autrice
non sente il bisogno di chiedere indulgenza ai suoi lettori e critici per i molti difetti dello stile
letterario e per l’inglese non perfetto che si può ritrovare in queste pagine. Ella è straniera, e
la sua conoscenza della lingua è stata acquisita tardi nella vita. Viene impiegata la lingua
inglese perché offre il mezzo più ampiamente diffuso per trasmettere le verità che è suo
dovere portare davanti al mondo.
Queste verità non sono presentate in nessun senso come una rivelazione; né l’autrice
ha la pretesa di assumere la veste di rivelatrice di una dottrina mistica, resa pubblica ora per
la prima volta nella storia del mondo. Il contenuto in quest’opera si trova disseminato in
migliaia di Volumi che costituiscono le scritture delle grandi Religioni asiatiche e delle
antiche Religioni europee, ma, essendo celato sotto glifi e simboli, è rimasto finora
inosservato a causa di questo velo. Quel che si tenta di fare adesso, è raccogliere tutti i più
antichi dogmi per farne un insieme armonioso e completo. L’unico vantaggio sui suoi
predecessori è che l’autrice non ha la necessità di far prevalere speculazioni e teorie personali
poiché quest’opera è soltanto un’esposizione parziale di quanto le è stato insegnato da
studiosi più progrediti, e completata, solo in alcuni dettagli, dai risultati dei propri studi e
delle proprie osservazioni. La pubblicazione della maggior parte dei fatti qui esposti si è resa
necessaria a causa delle speculazioni fantasiose e stravaganti alle quali molti teosofi e
studiosi di Misticismo si sono abbandonati in questi ultimi anni, allo scopo, come essi
immaginavano, di elaborare un sistema completo di pensiero basato sui pochi fatti da loro
appresi precedentemente.
Non occorre dire che quest’opera non costituisce la Dottrina Segreta in tutta la sua
integrità, ma contiene soltanto un numero scelto di frammenti delle sue affermazioni
fondamentali; e si è insistito in modo particolare su alcuni fatti dei quali si erano impadroniti
diversi scrittori, travisandone completamente la verità.
Ma è forse bene stabilire, a scanso di equivoci che, quantunque gli insegnamenti
contenuti in questi Volumi siano frammentari ed incompleti, essi non appartengono alle
Religioni indù, zoroastriana, caldea o egiziana, e neppure esclusivamente al Buddhismo,
all’Islamismo, al Giudaismo o al Cristianesimo. La Dottrina Segreta è l’essenza di tutte
queste. I vari schemi religiosi, originariamente scaturiti da essa, sono stati riportati al loro
elemento originale, dal quale si sono sviluppati e concretizzati ogni dogma ed ogni mistero.
Probabilmente molti fra i lettori considerano quest’opera come un romanzo di avventure;
infatti chi ha mai sentito parlare del Libro di Dzyan?
3
L’autrice, tuttavia, è pronta ad assumersi ogni responsabilità per il suo contenuto e
anche a fronteggiare l’accusa di averlo completamente inventato. Ella è convinta che vi
siano molte lacune, ma spera che, per quanto romanzesco possa sembrare a qualcuno questo
lavoro, la sua logica coerenza possa fare almeno assurgere questo nuovo Genesi al livello
delle “ipotesi di lavoro” tanto comunemente accettate dalla scienza moderna. Inoltre esso
merita di essere preso in considerazione, non a causa di richiami ad autorità dogmatiche, ma
perché è strettamente aderente alla Natura e segue le leggi dell’uniformità e dell’analogia.
Lo scopo di quest’opera può essere così definito: dimostrare che la Natura non è “una
fortuita combinazione di atomi”, ed assegnare all’uomo il suo giusto posto nello schema
dell’Universo; risollevare dalla degradazione le verità arcaiche che sono alla base di ogni
Religione, mettere in rilievo, fino ad un certo punto, l’Unità fondamentale dalla quale esse
tutte derivano; ed infine dimostrare che il lato occulto della Natura non è mai stato studiato
dalla scienza della civiltà moderna.
Se questo scopo potrà essere, anche in parte, raggiunto, l’autrice sarà soddisfatta.
Quest’opera è scritta per l’Umanità, e le generazioni future dovranno giudicarla. L’autrice
non riconosce nessun’altra corte di appello. All’ingiuria ella si è abituata; con la calunnia ha
a che fare quotidianamente; alle diffamazioni sorride in silenziosa previsione.
De minimis non curat lex
H. P. B.
Londra, ottobre 1888
4
PREFAZIONE ALLA TERZA EDIZIONE REVISIONATA
Nel preparare questa edizione per la stampa, abbiamo fatto del nostro meglio per
correggere in forma letteraria i dettagli di alcuni punti minori, senza toccare affatto tutti gli
argomenti più importanti. Se H. P. Blavatsky fosse vissuta per pubblicare la nuova edizione,
l’avrebbe certamente corretta ed ampliata considerevolmente. Che ciò non sia avvenuto, è
una delle molte perdite minori causate proprio da questa grande perdita. Le frasi malfatte,
dovute ad un’imperfetta conoscenza dell’inglese, sono state corrette, la maggior parte delle
citazioni sono state verificate e sono stati dati gli esatti riferimenti – un’opera che implica un
grande lavoro, poiché i riferimenti nelle edizioni precedenti sono stati spesso indefiniti, ed è
stato adottato un sistema uniforme di traslitterazione per le parole sanscrite. Rifiutando la
forma per la maggior parte adottata dagli orientalisti occidentali in quanto fuorviante per il
lettore comune, abbiamo dato alle consonanti non presenti nel nostro alfabeto inglese delle
combinazioni che approssimativamente esprimono i loro valori fonetici e abbiamo
accuratamente inserito, là dove era necessario, degli accenti sulle vocali. In alcuni casi
abbiamo incorporato le note nel testo, ma ciò è stato fatto parcamente e solo quando le note
facevano parte del testo. Abbiamo aggiunto un esauriente Indice per aiutare gli studiosi, e lo
abbiamo strutturato separatamente, in modo che i riferimenti possano essere facilitati. Per
questo grande lavoro, noi e tutti gli studiosi, siamo riconoscenti a A. J. Faulding.
ANNIE BESANT - G.R.S. MEAD
Londra, 1893
___________
5
PREFAZIONE DI ROBERTO HACK
Il problema dell’origine della Vita, sia cosmica che animale ed umana, ha sempre
appassionato profondamente le menti umane ed ha costituito e costituisce il cuore stesso di
ogni sistema filosofico, religioso e scientifico.
La pubblicazione di quest’opera in lingua italiana rappresenta, perciò, un contributo
prezioso offerto a coloro che aspirano alla verità al di sopra di ogni altra cosa e sentono che
la sua ricerca è illimitata e che essa merita veramente di essere amata in se stessa e per se
stessa, e non per la gloria o il vantaggio che potrebbe derivare dalla conoscenza e dalla
rivelazione di una sua minuscola particella.
L’epoca in cui la Dottrina Segreta apparve per la prima volta nella sua lingua
originale, e cioè nel 1888, era dominata dal più grossolano Materialismo filosoficoscientifico e non era certamente la più propizia per una favorevole accoglienza ad un’opera
così arditamente spirituale che affermava risolutamente idee e concetti del tutto antagonistici
ai dogmi scientifici e religiosi allora predominanti. I progressi realizzati in questi ultimi
decenni nei diversi rami della scienza ed i profondi mutamenti che ne sono derivati nel
campo del pensiero filosofico e scientifico contemporaneo che, in certo modo, confermano
ed armonizzano con i postulati fondamentali dell’antica Sapienza espressi magistralmente
nella Dottrina Segreta, dovrebbero rendere agevole intraprenderne lo studio senza
prevenzioni né preconcetti e con un solo obiettivo in vista: il trionfo della Verità.
L’autrice, con un’acuta percezione spirituale, raccogliendo le verità disseminate nelle
Scritture Sacre di tutti i popoli, nelle diverse filosofie, utilizzando sapientemente le scoperte
archeologiche, antropologiche, scientifiche, ha saputo unirle in un tutto organico tracciando
un piano grandioso dell’evoluzione cosmica ed umana, rendendo così comprensibile
l’universo e l’uomo, dando la sintesi più straordinaria e completa della Scienza Occulta, della
Religione e della Filosofia ed una concezione veramente unica e possente dell’evoluzione
spirituale dell’uomo e dell’universo. Anche se per la nostra mentalità moderna la Dottrina
Segreta presenta una certa difficoltà, sia per il modo particolare in cui l’opera è redatta, sia,
appunto, per la Dottrina arcaica che l’autrice ci presenta riportandoci ad un’altra epoca, è
però profondamente interessante osservare come, nell’evoluzione ciclica delle idee, il
pensiero antico sembra riflettersi nelle speculazioni moderne. È difficile infatti trovare una
sola speculazione nella Metafisica occidentale che non sia stata anticipata dalla filosofia
arcaica orientale, come si potrà rilevare da uno studio comparato del pensiero dei più antichi
filosofi, da quello dei filosofi dei secoli XVIII e XIX quali Kant, Schopenhauer, von
Hartmann, Spencer, ed infine dalle moderne correnti di pensiero dei filosofi dell’intuizione
facenti capo a Bergson, ai neo-vitalisti e alle recentissime espressioni della Scuola degli
esistenzialisti che fa capo ad Heidegger.
Secondo H. P. Blavatsky, la Dottrina Segreta era la Religione-Saggezza universalmente
diffusa nel mondo antico e la sua origine risale all’aurora stessa dell’umanità; quindi, per
giungere ad una sua .giusta comprensione, per penetrare realmente lo spirito dell’antica
Saggezza, è necessario unire allo sforzo intellettuale un’acuta intuizione spirituale.
Affrontando con una simile attitudine lo studio di quest’opera, troveremo nei dati e
nelle indicazioni forniti da H. P. Blavatsky tali interessanti corrispondenze con le scoperte e
le induzioni scientifiche moderne più ardite intorno alla cosmogenesi e alla costituzione della
materia, all’antropogenesi, agli appassionanti problemi della metapsichica, della fisiologia e
della psicologia normale, supernormale e subcosciente intorno all’evoluzione organica,
psichica e spirituale, ed alle fasi cicliche seguite dall’evoluzione stessa nel suo eterno
divenire alle origini del nostro pianeta ed ai suoi periodi geologici, come pure al successivo
sviluppo delle diverse razze umane ed alle loro caratteristiche fisiologiche e psichiche, alle
6
teorie delle vibrazioni, delle radiazioni e alla reale essenza delle forze naturali e delle loro
correlazioni e, infine, al simbolismo arcaico delle Religioni e all’evoluzione del simbolismo
stesso, da compensarci largamente dello sforzo e del tempo che vi avremo dedicato.
Tutti questi problemi, ed altri ancora, sono presentati ed esaminati con un acuto e
profondo spirito filosofico e sintetico e hanno per solida base sottostante il grande princìpio
dell’Unità della Vita, princìpio che costituisce, per così dire, il cuore e l’essenza stessa di
questa prodigiosa opera di pensiero e di intuizione spirituale. Giustamente l’autrice osserva
che “per rendere la scienza un tutto completo, è necessario tanto lo studio del lato spirituale e
psichico quanto quello del lato fisico della Natura, altrimenti essa somiglierà sempre
all’anatomia del corpo umano quale veniva presentata un tempo dai profani, e cioè dal punto
di vista dell’involucro esteriore e nella completa ignoranza della struttura interiore”. Per essa,
tutte le “forze” che la scienza conosce traggono la loro origine dal princìpio vitale della Vita
Unica collettiva del nostro sistema solare, Vita che costituisce una parte o, piuttosto, uno
degli aspetti della Vita Unica Universale.
Uno dei postulati fondamentali della Dottrina Segreta è che la Mente, la Coscienza,
pervadono l’intera Natura. “Affinché una teoria cosmogonica divenga completa e
comprensibile, occorre che essa prenda come punto di partenza una sostanza primordiale
diffusa per tutta l’estensione dello spazio infinito e di natura intellettuale e divina. Questa
sostanza deve essere in pari tempo anima e spirito, la sintesi ed il settimo princìpio del cosmo
manifestato e per servire ad essa come base spirituale occorre il sesto princìpio, il suo
veicolo, la materia primordiale fisica, per così dire, per quanto la sua natura debba per
sempre sfuggire ai nostri limitati sensi normali. L’impulso creatore comincia con il risveglio
dell’Ideazione cosmica, del Mentale Universale, unitamente e parallelamente allo slancio
primordiale della sostanza cosmica, essendo quest’ultima il veicolo del primo. La Saggezza
Assoluta si riflette allora nella sua ideazione che, per un processo trascendentale superiore
alla coscienza umana ed incomprensibile per essa, si trasforma in energia cosmica. Vibrando
in seno alla sostanza inerente, l’energia cosmica la spinge all’attività e dirige le sue prime
differenziazioni... “Separata dalla sostanza cosmica, l’Ideazione cosmica non potrebbe
manifestarsi come coscienza individuale, poiché è soltanto attraverso un veicolo di materia
che la coscienza scaturisce quale “Io”, essendo necessaria una base fisica per concentrare un
raggio dello Spirito Universale ad un certo grado di complessità. E, a sua volta, separata
dall’Ideazione cosmica, la sostanza cosmica rimarrebbe una vana astrazione e non potrebbe
risultarne nessuna apparizione di coscienza”. Per concludere ricorderò solo le parole di due
noti scienziati moderni: del dr. James Jeans che, nella sua opera famosa, L’Universo
Misterioso, confessa che “la migliore immagine che possiamo farci dell’universo, per quanto
sempre molto imperfetta e inadeguata, è quella di rappresentarcelo come consistente di puro
pensiero, del pensiero di Quello che, per mancanza di un termine più appropriato, dovremo
descrivere quale un Pensatore matematico”; e le parole ugualmente esplicite di Sir J. Arthur
Thomson, il quale affermava come risultato di ricerche scientifiche più profonde, che
“albeggiava nella scienza un nuovo punto di vista e cioè, che la vita intera e tutta la scala
ascendente della vita siano interpenetrate “dalla mente”… anche se essa sonnecchia
nell’albero e nel corallo... Per i filosofi dell’evoluzione monistica è realmente necessario
procedere oltre e considerare la nebulosa originale come dotata di qualcosa di più di quello
che l’occhio avrebbe potuto riscontrare, se pure un occhio qualsiasi avesse potuto essere
presente — di un qualcosa di analogo alla mente, dal quale la mente abbia potuto evolvere.
Dopo un lungo circuito si ritorna verso l’antica verità: a1 princìpio vi era la Mente. Quanta
analogia con le parole di H. P. Blavatsky: “il Cosmo intero è scaturito dal Pensiero divino.
Questo pensiero impregna la materia che è coeterna con la Realtà Unica; e tutto ciò che vive
e respira è il prodotto delle emanazioni dell’Immutabile Unità, la Radice Unica eterna”.
____________
7
INTRODUZIONE
“Ascoltate con dolcezza, giudicate con bontà…”
Shakespeare, Enrico V, Prologo.
Fin da quando è apparsa la letteratura teosofica in Inghilterra, si è presa l’abitudine di
chiamare i suoi insegnamenti “Buddhismo Esoterico”. E una volta divenuta un’abitudine —
come dice un vecchio proverbio basato sull’esperienza di ogni giorno — “l’errore scivola su
un piano inclinato, mentre la Verità deve arrampicarsi faticosamente su una montagna”. I
vecchi assiomi sono spesso i più saggi. È difficile che la mente umana possa rimanere
completamente scevra dal pregiudizio e, spesso, le opinioni decisive si formano prima che il
soggetto sia stato completamente esaminato sotto tutti i suoi aspetti. Ciò si riferisce al doppio
errore prevalente, e cioè (a) limitare la Teosofia al Buddhismo e (b) confondere i dogmi della
Filosofia religiosa predicata da Gautama, il Buddha, con le dottrine delineate nel Buddhismo
Esoterico di Sinnett. Niente di più errato si potrebbe immaginare, perché, come un eminente
erudito di lingua Pâli ha bene espresso nel Volume citato, non vi è né “Esoterismo né
Buddhismo”. Le verità esoteriche presentate nell’opera di Sinnett cessarono di essere
esoteriche dal momento in cui vennero rese pubbliche; né il libro conteneva la Religione di
Buddha, ma semplicemente pochi dati di un insegnamento fino allora segreto, che sono ora
spiegati ed ampliati da ciò che viene esposto in questi Volumi, i quali, sebbene rivelino molti
punti fondamentali provenienti dalla DOTTRINA SEGRETA orientale, non sollevano però che
un piccolo lembo dello spesso velo da cui essa è nascosta. Perché nessuno, nemmeno il più
grande Adepto vivente, potrebbe diffondere in maniera avventata, in un mondo miscredente e
beffardo, ciò che è stato tenuto celato così accuratamente per millenni e millenni.
Il Buddhismo Esoterico è un’opera eccellente con un titolo poco adeguato, sebbene
esso non voglia significare niente di diverso da ciò che significa quello della presente opera:
LA DOTTRINA SEGRETA. Tale titolo si dimostrò poco felice perché vi è sempre l’abitudine di
giudicare le cose dalla loro apparenza piuttosto che dal loro significato; e l’errore è divenuto
così generale che perfino molti membri della Società Teosofica sono caduti nello stesso
equivoco. Da princìpio, Brâhmani ed altri protestarono contro un tale titolo, e per
giustificarmi aggiungerò che il libro mi fu presentato già finito e che io ero completamente
all’oscuro del modo in cui l’autore intendeva scrivere la parola “Buddh-ismo”.
La responsabilità di tale errore è di coloro che, essendo stati i primi a portare il
soggetto a conoscenza del pubblico, hanno omesso di specificare la differenza fra
“Buddhismo” — il sistema religioso di etica predicato dal Signore Gautama e così chiamato
dal suo titolo di Buddha, l’“Illuminato” — e Budha, Saggezza o Conoscenza (Vidyâ), la
facoltà di apprendere, dalla radice sanscrita Budh, conoscere. Siamo noi, teosofi dell’India, i
veri colpevoli, benché a suo tempo facemmo del nostro meglio per correggere l’errore.1
Sarebbe stato facile evitare questo malinteso modificando la pronunzia e la scrittura della
parola e cioè, scrivere “Budhismo” anziché “Buddhismo”. Del resto, il secondo termine non
è nemmeno pronunziato correttamente, poiché dovrebbe chiamarsi Buddhaïsmo, ed i suoi
seguaci Buddhaïsti.
Questa spiegazione è assolutamente necessaria al princìpio di un’opera come questa.
La Religione-Saggezza è l’eredità di tutte le nazioni del mondo, nonostante la dichiarazione
fatta nella prefazione dell’edizione originale del Buddhismo Esoterico, che “due anni fa (cioè
nel 1883), né io né alcun altro europeo vivente conoscevamo nulla della Scienza qui esposta
in forma scientifica per la prima volta”, ecc. Quest’errore deve essere passato inavvertito.
1
The Theosophist, Vol. V, giugno 1883, pag. 225.
8
L’autrice sapeva tutto ciò che è stato “divulgato” nel Buddhismo Esoterico,1 e d anche molto
di più, già molti anni prima che divenisse suo dovere (nel 1880) impartire una piccola parte
della Dottrina Segreta a due europei, uno dei quali era l’autore del Buddhismo Esoterico; e
certamente essa ha il privilegio indiscusso, sebbene, secondo lei, alquanto ambiguo, di essere
europea per nascita e per educazione. Inoltre, una parte considerevole della Filosofia esposta
da Sinnett, fu insegnata in America a due europei e al mio collega Col. H. S. Olcott, prima
ancora della pubblicazione di Iside Svelata. Il Colonnello Olcott ebbe tre Istruttori, il primo
dei quali era un Iniziato ungherese, il secondo egiziano e il terzo indù. Egli, avendone
ricevuto il permesso, divulgò alcuni di questi insegnamenti in vari modi; se gli altri due non
lo fecero fu semplicemente perché non ne ebbero il permesso, non essendo ancora giunto per
loro il tempo di lavorare in pubblico. Ma per altri era giunto, come lo prova la pubblicazione
dei molti e interessanti libri di Sinnett.
Âdi, o Âdi-Budha, l’Unica, o la Prima Suprema Saggezza, è un termine usato da
Âryâsanga nei suoi trattati segreti, e attualmente anche da tutti i mistici buddhisti del
Settentrione. È un termine Sanscrito, un nome dato dai primi ariani alla Divinità Sconosciuta;
la parola “Brahmâ” non si trova nei Veda e neppure nelle opere antecedenti. Significa
l’Assoluta Saggezza e “Âdibhûta”, ed è tradotto da Fitzedward Hall come “la causa
primordiale ed increata di tutto”. Innumerevoli eoni di tempo debbono essere trascorsi prima
che l’espressione Buddha fosse, per così dire, umanizzata al punto da essere applicata ad
esseri mortali e infine attribuita ad uno, le cui incomparabili virtù e la cui sapienza lo resero
degno del titolo di “Buddha dalla Saggezza Immutabile”. Bodha significa il possesso innato
dell’intelletto o comprensione divina; Buddha, l’acquisizione di essa per mezzo di meriti e
sforzi personali; mentre Buddhi è la facoltà di conoscere, il canale attraverso il quale la
Conoscenza Divina raggiunge l’Ego, il discernimento del bene e del male e anche coscienza
divina, e l’Anima Spirituale che è il veicolo di Âtmâ. “Quando Buddhi assorbe il nostro
Egotismo (lo distrugge) con tutti i suoi Vikâra, Avalokiteshvara si manifesta a noi, ed il
Nirvâna o Mukti è raggiunto”, poiché Mukti ha lo stesso significato di Nirvâna, cioè
liberazione dai ceppi di Mâyâ o Illusione. Bodhi corrisponde al nome di un particolare stato
di trance chiamato Samâdhi, durante il quale il soggetto raggiunge il culmine della
conoscenza spirituale.
Stolti coloro che nella loro cecità odiano il Buddhismo e, per reazione, il
“Budhismo”, e negano i suoi insegnamenti esoterici che sono anche quelli dei Brâhmani; e
ciò soltanto perché a loro, che sono monoteisti, il nome fa apparire dannose queste dottrine.
Nel loro caso, stolti è il giusto termine da applicare, perché in quest’epoca di grossolano ed
illogico Materialismo, solo la Filosofia Esoterica può opporre resistenza ai ripetuti attacchi
contro tutto ciò che ognuno considera la parte più cara e più sacra della propria vita spirituale
interiore. Il vero filosofo, lo studioso della Saggezza Esoterica, trascura interamente le
personalità, le credenze dogmatiche e le Religioni particolari. Inoltre, la Filosofia Esoterica
riconcilia tutte le Religioni, le spoglia delle loro vesti umane esteriori e mostra che la radice
di ognuna è identica a quella di qualsiasi altra grande Religione. Essa dimostra la necessità di
un Princìpio Divino Assoluto nella Natura. Non nega la Divinità, come non nega l’esistenza
del sole. La Filosofia Esoterica non ha mai respinto Dio nella Natura né la Divinità come Ens
assoluto ed astratto. Essa rifiuta solo di accettare tutti gli dèi delle cosiddette Religioni
monoteiste, dèi creati dall’uomo a propria immagine e somiglianza; un’infelice e sacrilega
caricatura dell’Eterno Inconoscibile. Inoltre, le testimonianze che intendiamo presentare al
lettore, abbracciano tutti i dogmi del mondo intero, fin dall’inizio di questa nostra umanità, e
l’Occultismo Buddhista occupa qui il proprio posto legittimo e nient’altro.
1
Prefazione all’edizione originale.
9
Infatti, le parti segrete del Dan o Janna (Dhyâna)1, della Metafisica di Gautama, per
quanto grandi possano apparire a chi non ha familiarità con le dottrine della ReligioneSaggezza dell’antichità, non costituiscono che una piccolissima parte dell’insieme. II
riformatore indù limitava i suoi insegnamenti pubblici all’aspetto puramente morale e
fisiologico della Religione-Saggezza, all’etica ed all’uomo. Il grande Maestro lasciò
completamente da parte, nelle sue letture pubbliche, le cose “non viste ed incorporee”, i
misteri dell’Essere al di fuori della nostra sfera terrestre, riservando le verità celate ad un
gruppo scelto dei suoi Arhat. Questi ultimi ricevettero la loro Iniziazione nella famosa
caverna di Saptaparna (la Sattapanni del Mahâvansa) presso il Monte Baibhâr (il Webhâra
del manoscritto Pâli). Questa caverna si trova in Râjâgriha, l’antica capitale di Magadha ed
era la Caverna Cheta di Fa-hian, come suppongono giustamente alcuni archeologi.2
Il tempo e l’immaginazione umana alterarono la purezza e la filosofia di questi
insegnamenti allorché furono trapiantati dal sacro e segreto circolo degli Arhat, durante la
loro opera di proselitismo, in una terra meno preparata dell’India alle concezioni metafisiche,
cioè quando furono trasferiti in Cina, in Giappone, in Siam e in Birmania. Come sia stata
trattata la primitiva purezza di queste grandi rivelazioni, lo si può vedere studiando qualcuna
delle cosiddette Scuole buddhiste “esoteriche” dell’antichità nella loro veste moderna, non
solo in Cina e negli altri paesi buddhisti in generale, ma anche in non poche Scuole del Tibet,
che sono state abbandonate alle cure di Lama non Iniziati e di Innovatori mongoli.
Quindi il lettore dovrà ricordarsi dell’enorme differenza esistente fra Buddhismo
ortodosso, cioè l’insegnamento pubblico di Gautama il Buddha ed il suo Budhismo esoterico.
La sua Dottrina Segreta, comunque, non differiva in alcun modo da quella degli Iniziati
Brâhmani di quell’epoca. Il Buddha era un figlio della terra ariana, indù di nascita, uno
Kshatriya e un discepolo dei “due-volte nati” (gli Iniziati Brâhmani) o Dvija. I suoi
insegnamenti non potevano quindi essere differenti dalle loro dottrine, giacché l’intera
riforma buddista consisteva semplicemente nel diffondere parte di ciò che era stato tenuto
segreto a tutti coloro che non appartenevano al circolo “incantato” di asceti ed Iniziati del
Tempio. Non potendo, a causa dei suoi giuramenti, svelare tutta la conoscenza che gli era
stata impartita, nonostante insegnasse una filosofia fondata sulle basi della vera conoscenza
esoterica, il Buddha diede al mondo solo il suo corpo materiale esteriore, riservandone
l’anima ai propri Eletti. Molti eruditi cinesi, fra gli orientalisti, hanno sentito parlare della
“Dottrina dell’Anima”. Nessuno però sembra averne compreso il significato intrinseco e la
sua reale importanza.
Questa Dottrina veniva conservata segretamente nel santuario — forse troppo
segretamente. Il mistero che avvolgeva il suo dogma e la sua aspirazione principale, cioè il
Nirvâna, ha messo così tanto alla prova e stimolato la curiosità degli studiosi che, essendo
essi incapaci di sciogliere in modo logico e soddisfacente questo nodo gordiano, lo hanno
tagliato di netto affermando che Nirvâna significa annichilimento assoluto.
Verso la fine del primo quarto di questo secolo [XIX] apparve nel mondo una
letteratura particolare che andò affermando maggiormente, di anno in anno, le proprie
tendenze. Basata, soi-disant, sulle sapienti ricerche dei sanscritisti ed orientalisti in generale,
questa letteratura era considerata scientifica. Si attribuiva ai miti ed agli emblemi degli indù,
degli egiziani e di altre antiche Religioni, tutto ciò che il simbolista voleva, e così si faceva
spesso passare la semplice forma esteriore per il vero significato interiore.
1
Dan, diventato ora, nella fonetica moderna cinese e tibetana Chan, é il termine generale per le Scuole esoteriche e per la
loro letteratura. Nei libri antichi la parola Janna é definita come: “riformare se stessi mediante la meditazione e la
conoscenza”, una seconda nascita interiore. Da ciò Dzan, foneticamente Djan; il “Libro di Dzyan”. Vedi J. Edkins, Chinese
Buddhism, [1880], nota a pag. 129.
2
Beglor, ingegnere capo a Bodhgâyâ, e famoso archeologo, fu il primo, crediamo, a scoprirla.
10
Opere assai rimarchevoli per le loro deduzioni e speculazioni ingegnose in circulo
vicioso, giudizi precostituiti che prendevano generalmente il posto delle premesse nei
sillogismi di molti eruditi in Sanscrito ed in Pâli, apparvero successivamente, inondando le
biblioteche di dissertazioni sul culto fallico e sessuale, piuttosto che sul vero simbolismo, e
contraddicendosi le une con le altre.
Questa è forse la vera ragione per cui è stato permesso che un abbozzo di poche verità
fondamentali della Dottrina Segreta delle Età Arcaiche, venga oggi delineato dopo tanti
millenni di assoluto silenzio e segretezza. Dico deliberatamente “poche verità”, perché ciò
che rimarrà sotto silenzio non potrebbe essere contenuto in altri cento Volumi come questo,
né potrebbe essere insegnato alla presente generazione di Sadducei. Ma anche il poco che è
stato impartito adesso è preferibile ad un completo silenzio su queste verità vitali. Il mondo
attuale, che i fisici sono troppo pronti a confondere con l’inconoscibile ogni volta che il
problema sfugge alle loro facoltà di comprensione, nella sua folle corsa verso l’ignoto
progredisce rapidamente sul piano opposto a quello della spiritualità; e adesso è divenuto una
vasta arena, una vera valle di discordia e di eterna contesa, una necropoli dove giacciono
sepolte le più alte e sante aspirazioni della nostra Anima-Spirito. Ad ogni nuova generazione
quest’anima si paralizza e si atrofizza sempre più. Gli “amabili infedeli e i garbati libertini”
della società, di cui parla Greeley, si curano poco della rinascita delle scienze morte del
passato; ma vi è una buona minoranza di seri studiosi che meritano di giungere alla
conoscenza delle poche verità che possono esser presentate loro adesso; ed ora molto più di
dieci anni fa, quando apparve Iside Svelata, e di quando altre successive pubblicazioni
tentarono di spiegare i misteri della Scienza Esoterica.
Una delle più grandi e forse delle più serie obiezioni all’esattezza dell’intera opera e
alla fiducia da riporre in essa, sarà dovuta alle STANZE preliminari. Come verificare le
affermazioni ivi contenute? Per quanto una gran parte delle opere sanscrite, cinesi e mongole
citate in questi Volumi siano conosciute da alcuni orientalisti, tuttavia l’opera principale,
dalla quale sono state tolte le Stanze, non è in possesso delle biblioteche europee. IL LIBRO DI
DZYAN (o DZAN) è totalmente sconosciuto ai nostri filologi o, per lo meno, non ne hanno mai
sentito parlare sotto il suo nome attuale. Questo certamente è un grande ostacolo per coloro
che seguono i metodi di ricerca prescritti dalla scienza ufficiale; ma per gli studiosi di
Occultismo e per ogni vero occultista ha ben poca importanza. Il corpo principale delle
dottrine rivelate si trova sparso in centinaia e migliaia di manoscritti sanscriti, alcuni già
tradotti ma, come al solito, alterati nella loro interpretazione; altri attendono tuttora il loro
turno. Qualsiasi erudito ha quindi la possibilità di verificare le dichiarazioni qui contenute e
di controllare la maggior parte delle citazioni. Pochi fatti nuovi, nuovi solo per gli orientalisti
profani, ed alcuni brani citati dai Commentari saranno difficili da seguire. Molti degli
insegnamenti sono stati pure trasmessi finora oralmente; ma anche a questi viene fatta
allusione negli innumerevoli Volumi della letteratura dei templi brâhmanici, cinesi e tibetani.
In ogni modo, e malgrado qualsiasi critica malevola possa essere riservata all’autrice,
un fatto è assolutamente certo. I membri di varie Scuole esoteriche, la cui sede è al di là
dell’Himâlaya e le cui ramificazioni si possono trovare in Cina, in Giappone, in India, in
Tibet e anche in Siria, come pure nell’America del Sud, affermano di essere in possesso della
totalità delle opere sacre e filosofiche, sia manoscritte che stampate, cioè di tutte le opere
scritte in qualsiasi linguaggio o carattere, da quando ha avuto origine l’arte di scrivere, dai
geroglifici ideografici fino all’alfabeto di Cadmo e di Devanâgari.
Viene asserito inoltre, che fin dalla distruzione della Biblioteca Alessandrina,1
qualunque opera che avesse potuto condurre il profano alla scoperta definitiva e alla
1
Iside Svelata, Vol. II, pag. 27, ed. or.
11
comprensione di alcuni dei misteri della Scienza Segreta, fu accuratamente ricercata dai
membri di questa Fratellanza. Viene aggiunto inoltre, da coloro che sanno, che una volta
trovate, tutte queste opere furono distrutte, ad eccezione di tre copie di ciascuna, che vennero
preservate e messe al sicuro. In India, l’ultimo di questi preziosi manoscritti fu nascosto
durante il regno dell’Imperatore Akbar.
Il prof. Max Müller dimostra che né promesse né minacce da parte di Akbar poterono
estorcere ai Brâhmani il testo originale dei Veda. Ciò nonostante egli si vanta poi che gli
orientalisti europei oggi lo posseggono.1 È piuttosto dubbio però che l’Europa abbia il testo
completo, e il futuro potrebbe riservare sorprese assai spiacevoli agli orientalisti.
I suddetti membri affermano, inoltre, che ogni libro sacro di quel genere, il cui testo
non fosse a quel tempo sufficientemente velato dal simbolismo, o che avesse riferimenti
diretti agli antichi misteri, fu prima accuratamente trascritto in caratteri crittografici, tali da
sfidare l’arte del migliore e più intelligente paleografo, e poi distrutto fino all’ultima copia.
Durante il regno di Akbar, alcuni cortigiani fanatici, disapprovando le indagini sacrileghe
dell’Imperatore nelle Religioni degli infedeli, aiutarono i Brâhmani a nascondere i loro
manoscritti. Fra questi cortigiani si trovava Bádaóni2 che aveva un grande orrore della mania
di Akbar per le religioni idolatre. Bádáoni, nel suo Muntakkab al Tawarikh, scrive:
Poiché essi [gli Shramana ed i Brâhmani] sorpassano gli altri uomini dotti nei loro trattati sulle Scienze
etiche, fisiche e religiose, e raggiungono un alto grado nella loro conoscenza del futuro, nella potenza spirituale
e nella perfezione umana, hanno portato prove basate sulla ragione e sulla testimonianza… ed hanno inculcato
le loro dottrine così fermamente... che nessun uomo… potrebbe ora far sorgere un dubbio nell’anima di Sua
Maestà, anche se le montagne crollassero e si riducessero in polvere, oppure se i cieli si squarciassero… Sua
Maestà si è compiaciuto nel fare ricerche nelle innumerevoli sétte di quegli infedeli, che posseggono un’infinita
quantità di libri rivelati”.3
Quest’opera “fu tenuta segreta e pubblicata solo durante il regno di Jahángír”. Inoltre,
in tutte le grandi e ricche Lamaserie vi sono cripte sotterranee e biblioteche-caverne, scavate
nella roccia, quando i Gonpa [templi] ed i Lhakhang [templi sotterranei del Tibet] si
trovavano nelle montagne. Al di là dello Tsaydam occidentale, nei passi solitari di KuenLun,4 vi sono parecchi di questi nascondigli. Lungo la giogaia dell’Altyn-Tag, il cui suolo
non è stato finora calpestato da alcun piede europeo, esiste un certo villaggio sperduto in una
gola profonda. È un piccolo gruppo di case, un borgo piuttosto che un monastero, con un
tempio dall’aspetto misero, presso il quale vive un vecchio Lama, un eremita al quale ne è
affidata la custodia. I pellegrini narrano che le gallerie e le sale sotterranee di questo
monastero contengono una collezione di libri così enorme che, secondo le loro affermazioni,
neppure l’intero British Museum potrebbe contenerla. Secondo la stessa tradizione, le
regioni, ora desolate e prive di acqua del Tarim, — un vero deserto nel cuore del Turkestan,
— erano anticamente coperte da città ricche e fiorenti. Ora, poche oasi verdeggianti
interrompono appena la sua spaventosa solitudine. Una di queste, formatasi sui resti di una
vasta città seppellita sotto il suolo sabbioso del deserto, non appartiene a nessuno, ma è
spesso visitata da mongoli e buddhisti. La tradizione parla, inoltre, di immense dimore
sotterranee, di grandi corridoi pieni di mattonelle e di cilindri.
Può darsi che si tratti di una semplice diceria, ma potrebbe anche essere un fatto reale.
Può darsi che tutto ciò provochi un sorriso dubbioso. Ma prima di respingere la verità di
1
Introduction to the Science of Religion, pag. 23.
[‘Abd-ul-Qâdir Badâ’uni (Bádáoni) era il figlio di Muluk Shâh di Badâ’un, e allievo di Shaikh Mubarak di Nâgor. Era un
uomo molto dotto al quale Akbar diede l’incarico di tradurre in persiano alcune opere dall’arabo e dal Sanscrito (come ad
esempio il Râmâyana). – da una Nota di Boris de Zirkoff.]
3
Ain i Akbari, tradotta dal dr. Blochmann, citata da Max Müller, opera citata.
4
[Le montagne del Karakorum, nel Tibet occidentale. N.d.T.]
2
12
queste relazioni, il lettore si soffermi e rifletta sui seguenti fatti ben conosciuti. Le ricerche
collettive degli orientalisti e, specialmente in questi ultimi anni, i lavori degli studiosi di
Filologia comparata e di Scienza delle Religioni, hanno dato loro il modo di accertarsi che un
numero incalcolabile di manoscritti e anche di opere stampate, delle quali si conosceva
l’esistenza, sono adesso introvabili. Esse sono scomparse senza lasciare la minima traccia. Se
fossero state opere senza importanza, si sarebbe potuto, nel corso naturale del tempo,
lasciarle sparire, e i loro nomi sarebbero stati dimenticati dalla mente umana. Ma non è così
perché, come è ora accertato, la maggior parte di esse contenevano le vere chiavi di opere
tuttora esistenti e adesso del tutto incomprensibili per la maggior parte dei lettori, senza
questi volumi addizionali di commentari e di spiegazioni.
Tali sono, ad esempio, le opere di Lao-tse, il predecessore di Confucio. Si dice che
egli abbia scritto novecentotrenta libri sull’Etica e le Religioni, e settanta sulla Magia, in
totale mille. La sua grande opera, tuttavia, il Tao-te-King, il cuore della sua dottrina o la
sacra scrittura del Tao-sse, contiene, come dimostra Stanislas Julien, solamente “circa 5.000
parole”,1 meno di una dozzina di pagine; tuttavia, il prof. Max Müller trova che “il testo non
è comprensibile senza commentari, cosicché Stanislas Julien dovette consultare per la sua
traduzione più di sessanta commentatori, il più antico dei quali sembra scrivesse nell’anno
163 a. C. e non prima, come possiamo constatare. Durante i quattro secoli e mezzo che
precedettero l’epoca in cui visse il “più antico” dei commentatori, vi fu tempo sufficiente per
velare la vera dottrina di Lao-tse a tutti, salvo ai suoi sacerdoti iniziati. I giapponesi, tra i
quali si possono trovare adesso i più eruditi sacerdoti e seguaci di Lao-tse, ridono delle
ipotesi e degli errori dei sinologi europei; e la tradizione afferma che i commentari, ai quali i
nostri eruditi occidentali hanno accesso, non sono i veri annali occulti, ma libri resi
intenzionalmente incomprensibili, e che i veri commentari, come la maggior parte dei testi,
sono già da gran tempo scomparsi dagli occhi dei profani. Delle opere di Confucio leggiamo:
Se consideriamo la Cina, ci rendiamo conto che la Religione di Confucio è fondata sui cinque Libri
King e sui quattro Shu – già di per sé considerevolmente estesi ed ampliati da voluminosi Commentari, senza i
quali nemmeno i più sapienti eruditi si avventurerebbero ad esplorare la profondità del loro canone sacro. 2
Ma essi non l’hanno esplorata, ed è di questo che si lamentano i confuciani, come
diceva nel 1881 a Parigi un erudito appartenente a quella setta.
Se i nostri studiosi rivolgessero la loro attenzione all’antica letteratura delle Religioni
semite, alla Scrittura caldea, sorella maggiore e maestra, se non addirittura fonte della Bibbia
di Mosé, base e punto di partenza del Cristianesimo, che cosa troverebbero?
Che cosa rimane ora per tramandare la memoria delle antiche Religioni di Babilonia,
per ricordare il vasto ciclo di osservazioni astronomiche dei Magi caldei, per giustificare le
tradizioni della loro letteratura splendida e preminentemente occulta? Soltanto pochi
frammenti attribuiti a Beroso.
Essi, tuttavia, sono quasi senza valore, anche quale filo conduttore per ritrovare il
carattere di ciò che è scomparso, perché sono passati dalle mani di Sua Eminenza il Vescovo
di Cesarea che si era auto-costituito censore ed editore degli annali sacri delle altre Religioni
umane, e portano ancora, senza dubbio, il segno della sua mano veridica e degna di fiducia.
Qual è dunque effettivamente la storia di questo trattato sulla Religione di Babilonia, così
grande un tempo? Questo trattato, ora perduto, fu scritto in greco per Alessandro il Grande
da Beroso, sacerdote del tempio di Bel, secondo gli annali astronomici e cronologici
conservati dai sacerdoti di quel tempio, che abbracciavano un periodo di 200.000 anni.
1
2
Tao-te-King, pag. XXVII.
Max Müller, opera cit., pag. 114.
13
Nel primo secolo a. C. Alessandro Polistore ne fece una serie di estratti, anch’essi
perduti. Eusebio (270-340 d. C.) si servì di questi estratti per scrivere il suo Chronicon.
I punti di somiglianza, quasi di identità, tra la Scrittura ebraica e quella caldea1
rendevano quest’ultima assai pericolosa per Eusebio, nel suo ròle di difensore e campione
della nuova fede, che aveva adottato le Scritture ebraiche e, con esse, una cronologia assurda.
Ora è assolutamente certo che Eusebio non utilizzò le tavole sincroniche egiziane di
Manetone, anzi le deformò a tal punto che Bunsen2 lo accusa di aver mutilato la storia senza
alcuno scrupolo; e, tanto Socrates, storico del V sec., quanto Sincello, vice-patriarca di
Costantinopoli (VIII secolo) lo denunciano come il più sfrontato e spaventoso contraffattore.
Come possiamo credere dunque che egli abbia agito con maggior riguardo verso gli annali
caldei che già minacciavano la nuova Religione così avventatamente accettata?
Ad eccezione dunque di questi frammenti più che dubbi, l’intera letteratura sacra dei
caldei è scomparsa agli occhi dei profani, completamente così come l’Atlantide perduta.
Alcuni fatti contenuti nella storia di Beroso saranno riportati nella Parte II del Volume II e
potranno chiarire la vera origine degli Angeli Caduti, personificati da Bel e dal Dragone.
Passando ora al più antico esemplare della letteratura ariana, il Rig Veda, e seguendo
strettamente i dati forniti dagli orientalisti stessi, lo studioso vedrà che, sebbene il Rig Veda
contenga solo circa 10.580 versi o 1.028 inni, tuttavia, malgrado il contributo dei Brâhmana
e di un gran numero di glosse e di Commentari, questo fino ad oggi non è ancora
correttamente compreso. E perché? Evidentemente perché i Brâhmana, “i più antichi trattati
scolastici sugli inni primitivi”, richiedono essi stessi una chiave che gli orientalisti non hanno
potuto procurarsi.
Che cosa dicono gli eruditi della letteratura buddhista? La posseggono per intero?
Certamente no. Malgrado i 325 Volumi del Kanjur e del Tanjur dei buddhisti del Nord, di cui
si dice che ogni Volume “pesi da quattro a cinque libbre”, nulla in verità è conosciuto del
vero Lamaismo. Eppure nel Saddharmâlankâra3 è detto che il canone sacro della Chiesa [del
sud] contiene 29.368.000 lettere, o, senza tener conto dei trattati e dei commentari, un
materiale cinque o sei volte maggiore di quello contenuto nella Bibbia, che, secondo il prof.
Max Müller, ammonta soltanto a 3.567.180 lettere. Nonostante ciò, di questi 325 Volumi (in
realtà sono 333 e cioè, il Kanjur, che comprende 108 Volumi ed il Tanjur 225), “i traduttori,
anziché fornircene le versioni originali, le hanno interpolate con i propri commentari, per
giustificare i dogmi delle loro diverse Scuole.”4 Inoltre, come dice il prof. Müller: “secondo
una tradizione conservata dalle Scuole buddhiste, tanto del sud che del nord, il sacro canone
buddhista comprendeva originariamente da 80.000 a 84.000 trattati, ma la maggior parte di
essi andarono perduti e ne restarono soltanto 6.000”. Perduti, come al solito, per gli europei;
ma chi può dire che essi siano perduti anche per i buddhisti ed i Brâhmani?
Considerando la sacralità attribuita dai buddhisti ad ogni frase scritta sul Buddha e
sulla Buona Legge, la perdita di circa 78.000 trattati sembra inspiegabile. Vice versa, se i
numeri fossero stati invertiti, chiunque abbia conoscenza del corso naturale degli eventi, si
renderebbe conto che di questi 78.000 trattati, cinque o seimila potrebbero essere stati
distrutti durante le persecuzioni e le emigrazioni che ebbero luogo in India. Però, poiché è
bene accertato che gli Arhat buddhisti, allo scopo di propagare la nuova fede al di là del
1
Questa concordanza è stata scoperta e dimostrata solo recentemente mediante le scoperte fatte da George Smith (Vedi il
suo The Chaldean Account of Genesis) perché le contraffazioni dell’armeno Eusebio avevano indotto tutte le nazioni civili
ad accettare, per oltre 1500 anni, le derivazioni ebraiche quali dirette rivelazioni divine.
2
Egypt’s Place in History, I, pag. 200.
3
Spence Hardy, The Legends and Theories of the Buddhists, pag. 66.
4
E. Schlagintweit, Buddhism in Tibet, pag. 77.
14
Kashmir e dell’Himâlaya, cominciarono il loro esodo religioso fin dall’anno 300 a. C.,1 e
raggiunsero la Cina nel 61 d. C.,2 quando Kashyapa, dietro invito dell’Imperatore Ming-ti, vi
si recò per far conoscere al “Figlio del Cielo” le dottrine buddhiste, sembra strano sentire
degli orientalisti parlare come se una tale perdita fosse stata realmente possibile. Sembra che
essi non ammettano neppure per un momento che i testi possano essere stati perduti solo per
l’Occidente e per essi stessi, o che il popolo asiatico abbia avuto l’inaudita audacia di tenere i
suoi più sacri annali nascosti all’attenzione degli stranieri, di abbandonarli alla profanazione
ed all’abuso di razze “tanto superiori” alla loro.
Giudicando dalle espressioni di rammarico e dalle numerose ammissioni di quasi tutti
gli orientalisti,3 il pubblico può essere certo innanzitutto che gli studiosi delle antiche
Religioni hanno in verità ben pochi dati sui quali costruire tali conclusioni finali, come fanno
generalmente in materia di antiche Religioni; e che, inoltre, una simile mancanza di dati non
impedisce loro di dogmatizzare. Potremmo immaginare che, grazie ai numerosi annali della
Teogonia e dei Misteri Egiziani conservati nei classici e in numerose opere di scrittori
antichi, per lo meno i riti e i dogmi dell’Egitto faraonico dovrebbero essere ben compresi, in
ogni modo, meglio delle filosofie troppo astruse e del panteismo dell’India, poiché, prima
dell’inizio del secolo attuale, l’Europa non aveva, per così dire, che una pallida idea della
Religione e della lingua di quel paese. Lungo il Nilo e in tutto l’Egitto si rinvengono nuovi
resti e se ne scoprono ogni giorno degli altri, che narrano eloquentemente la propria storia.
Tuttavia non è così. Anche il filologo di Oxford svela la verità, dicendo:
“Noi vediamo le piramidi ancora erette e le rovine dei templi e dei loro labirinti, con le pareti coperte
da geroglifici e da strane pitture rappresentanti le loro divinità. Su rotoli di papiri che sembrano sfidare i tempi,
noi abbiamo anche dei frammenti di quelli che si possono chiamare i libri sacri degli egiziani. Tuttavia, per
quanto molto sia stato decifrato negli annali di questa razza misteriosa, l’essenza principale della Religione
egiziana e l’intenzione originale del suo culto cerimoniale sono ben lungi dall’essere stati rivelati
completamente.”4
Ci rimangono ancora i misteriosi geroglifici, ma le chiavi, con le quali soltanto si
potevano decifrare, sono scomparse.
Infatti i nostri più grandi egittologi conoscono così poco i riti funebri degli egiziani ed
i segni esterni fatti sulle mummie per specificarne il sesso, che sono caduti nei più ridicoli
errori. Appena uno o due anni fa ne è stato scoperto uno simile a Boulaq, Cairo. La mummia
di colei che si riteneva fosse la moglie di un Faraone di secondaria importanza, grazie
all’iscrizione trovata su un amuleto appeso al suo collo, si è rivelata come quella di
Sesostris, il più grande Re dell’Egitto!
Tuttavia, avendo trovato che “vi è un naturale rapporto fra la lingua e la Religione” e
che “vi era una Religione ariana comune prima della separazione della razza ariana, una
Religione semitica comune prima della separazione della razza Semitica ed una Religione
turaniana comune prima della separazione dei cinesi e delle altre tribù appartenenti alla razza
turaniana”; avendo infine scoperto solamente “tre antichi centri di Religione.” e “tre centri di
linguaggio” e, sebbene completamente all’oscuro, tanto di queste Religioni e linguaggi
primitivi, quanto della loro origine, il professore non esita a dichiarare che è stata trovata
“una base veramente storica per un esame scientifico delle principali Religioni del mondo”!
1
Lassen (Althersumkunde, II, 1.072) parla di un monastero buddhista eretto nella catena montuosa del Kailàs nel 137 a. C.;
e il generale Cunningham parla di uno ancora più antico.
2
Rev. J. Edkins, Chinese Buddhism, pag. 87.
3
Vedi, ad esempio, Lectures di Max Müller.
4
Op. cit., pag. 118.
15
Un “esame scientifico” del soggetto non è una garanzia della “sua base storica”, e con
i pochi dati disponibili, nessun filologo, anche fra i più illustri, può dare la propria
interpretazione per i fatti storici. Senza dubbio l’eminente orientalista ha provato, a
soddisfazione del mondo, che, secondo la legge fonetica di Grimm, Odino e Buddha sono
due personaggi differenti, completamente distinti l’uno dall’altro, e lo ha provato
scientificamente. Quando, tuttavia, egli aggiunge che “Odino fu adorato come divinità
suprema durante un periodo assai antecedente all’età dei Veda e di Omero”,1 questa
dichiarazione non ha la minima “base storica”, perché egli subordina la storia e i fatti alle
proprie conclusioni, che possono essere molto “scientifiche” agli occhi degli eruditi orientali,
ma assai lontane dalla verità.
I punti di vista contrastanti che esistono fra i più illustri filologi ed orientalisti, da
Martin Haug fino allo stesso prof. Max Müller, per quanto concerne i Veda e la loro
cronologia, sono una prova evidente che la teoria non può fare affidamento su alcuna base
storica, essendo “l’evidenza intrinseca” più spesso un fuoco fatuo che una sicura guida da
seguire. E neppure la scienza moderna della mitologia comparata ha argomenti migliori per
contraddire questi saggi scrittori che da circa un secolo insistono ad affermare che devono
esserci stati “frammenti di una rivelazione primitiva data agli antenati di tutto il genere
umano… conservati nei templi della Grecia e dell’Italia”. Perché questo è ciò che tutti gli
Iniziati e i Pandit orientali hanno periodicamente proclamato al mondo.
Mentre un importante sacerdote cingalese assicurava all’autrice che è ben noto che i
più importanti trattati sacri del canone buddhista fossero depositati in paesi e luoghi
inaccessibili ai Pandit europei, il defunto Svâmi Dayananda Sarasvatî, il più grande
sanscritista indù del suo tempo, asseriva la stessa cosa ad alcuni membri della Società
Teosofica, per quanto concerne le antiche opere brâhmaniche.
Il santo e saggio uomo rise allorché gli fu detto che il prof. Max Müller aveva
dichiarato, nelle sue Lectures, che “la teoria di una rivelazione primordiale e soprannaturale
accordata ai padri della razza umana, non trova al giorno d’oggi che un piccolo numero di
sostenitori”. La sua risposta fu significativa: “Se il sig. ‘Moksh Mooller’ [come egli ne
pronunziava il nome] fosse un Brâhmano e venisse con me, io potrei condurlo in una grotta
gupa [una cripta segreta] presso Okhee Math nell’Himâlaya, dove scoprirebbe ben presto che
ciò che ha attraversato il Kâlapani [le acque nere dell’oceano] dall’India all’Europa, non
contiene che frammenti delle copie rifiutate di alcuni passi dei nostri libri sacri. Esisteva ed
esiste tuttora una ‘rivelazione primordiale’; essa non sarà mai perduta per il mondo, ma
riapparirà; però i Mlechchha dovranno naturalmente attendere”. Interrogato ulteriormente su
questo punto, non volle dire altro. Ciò avvenne a Meerut, nel 1880.
Senza dubbio la falsificazione dei Brâhmani, di cui furono vittime il Colonnello
Wilford e Sir William Jones, il secolo scorso a Calcutta, fu crudele ma ben meritata; ed in
questo affare nessuno era più da biasimare dei missionari e del Colonnello Wilford stesso.2
I primi, secondo la testimonianza di Sir William Jones, furono tanto sciocchi da
sostenere che gli “indù erano anche allora quasi cristiani, perché i loro Brahmâ, Vishnu e
Mahesha non erano altro che la Trinità cristiana.3 Fu una buona lezione. Essa ha reso gli
orientalisti doppiamente prudenti; e forse qualcuno di loro anche troppo prudente; e la
reazione ha spinto troppo lontano, in senso contrario, il pendolo dei giudizi preconcetti.
1
Op. cit., pag. 118.
Asiatic Researches, Vol. I, 272 [1799]; [“On the Gods of Greece, Italy and India”, pag. 272.]
3
Max Müller, Introduction to the Science of Religion, Conferenza “On False Analogies in Comparative Theology”, pp. 288,
289, 296, e seg. Si tratta della scaltra falsificazione (su fogli inseriti in vecchi manoscritti purânici) scritti in corretto
Sanscrito arcaico, di tutto ciò che i Pandit avevano udito dal Col. Wilford intorno ad Adamo e ad Abramo, a Noè e ai suoi tre
figli, ecc.
2
16
Poiché “quel primo approvvigionamento sul mercato brâhmanico” in risposta alla
richiesta del Colonnello Wilford, ha ora creato presso gli orientalisti un’evidente necessità ed
un desiderio di dichiarare che quasi tutti i manoscritti sanscriti arcaici sono così moderni da
giustificare pienamente i missionari se ne hanno approfittato per i loro fini. Che essi abbiano
usato tutta la propria intelligenza per agire in tal modo, è dimostrato dall’assurdo tentativo
che hanno fatto recentemente per provare che l’intera storia purânica di Krishna è un plagio
della Bibbia da parte dei Brâhmani. Ma i fatti citati dal professore di Oxford nelle sue
Lectures on the Science of Religion, intorno alle ormai celebri interpolazioni fatte, prima a
favore, poi contro il Colonnello Wilford, non interferiscono affatto con le conclusioni a cui
deve immancabilmente giungere chiunque studi la Dottrina Segreta. Perché se i risultati
mostrano che tanto il Nuovo che il Vecchio Testamento non hanno attinto nulla dalle
Religioni più antiche dei Brâhmani e dei buddhisti, non significa, di conseguenza, che gli
ebrei non abbiano preso tutto quello che sanno dagli annali caldei, mutilati più tardi da
Eusebio.
Per quanto concerne i caldei, essi dovevano certamente il loro sapere primitivo ai
Brâhmani, perché Rawlinson mostra un’innegabile influenza vedica nella primitiva mitologia
di Babilonia, e il Colonnello Vans Kennedy, da lungo tempo e con ragione, ha dichiarato che
Babilonia fu, fin dalla sua origine, il centro degli studi sanscriti e brâhmanici. Ma tutte queste
prove perdono il loro valore di fronte alla nuova teoria elaborata dal prof. Max Müller. Tutti
conoscono questa teoria. Il codice delle leggi fonetiche è divenuto ora una soluzione
universale per ogni identificazione e “connessione” fra gli dèi di molte nazioni. Così,
sebbene la Madre di Mercurio (Budha, Thoth-Hermes, ecc.) fosse Maia, e quella di Gautama
Buddha, come pure quella di Gesù fossero egualmente Mâyâ (illusione, perché Maria è il
Mare, simbolo della grande Illusione), pur tuttavia queste tre persone non hanno e non
possono avere alcun rapporto da quando Bopp ha “stabilito il suo codice delle leggi
fonetiche”.
Nei loro sforzi per riunire i fili delle numerose matasse della storia non scritta, i
nostri orientalisti fanno un passo assai ardito negando a priori tutto ciò che non si accorda
con le loro particolari conclusioni. Così, mentre si scopre ogni giorno l’esistenza di scienze e
di arti importanti esistite in epoche remotissime, essi si rifiutano perfino di attribuire la
conoscenza della scrittura ad alcune delle nazioni più antiche e, anziché riconoscere la loro
cultura, esse vengono tacciate di barbarie. Tuttavia tracce di un’immensa civiltà dovranno
essere ancora scoperte in Asia Centrale. Questa civiltà è incontestabilmente preistorica. E
come potrebbe esistere una civiltà senza una letteratura qualsiasi, senza annali o senza
cronache? Il senso comune dovrebbe bastare a ricostruire gli anelli spezzati nella storia delle
nazioni scomparse. La muraglia gigantesca e continua di montagne che circonda tutto
l’altipiano del Tibet, dal corso superiore del fiume Khuan-Khé fino alle colline del
Karakorum, è stata testimone di una civiltà durata millenni e millenni, e potrebbe narrare al
genere umano strani segreti. Le parti orientali e centrali di queste regioni, il Nan-chan e
l’Altyn-Tagh, erano un tempo ricoperte di città che potrebbero rivaleggiare con Babilonia.
Tutto un periodo geologico è passato su quei luoghi da che scomparvero quelle città, come ne
danno prova i piccoli monti di sabbia mobile ed il suolo ora sterile delle immense pianure
centrali del Bacino del Tarim, di cui soltanto i margini sono superficialmente noti ai
viaggiatori.
Nell’interno di questi altipiani di sabbia si trova dell’acqua, e vi sono fresche e
fiorenti oasi, dove nessun piede europeo si è ancora avventurato, delle quali nessuno ha
calpestato il suolo, ora pericoloso. Tra queste verdeggianti oasi, ve ne sono alcune
completamente inaccessibili a tutti i profani, anche indigeni. Gli uragani possono “sgretolare
le sabbie e spazzar via intere pianure”, ma sono impotenti a distruggere ciò che non possono
raggiungere. Costruiti profondamente nelle cavità della terra, i magazzini sotterranei sono al
17
sicuro; e siccome le loro entrate sono accuratamente celate, non vi è da temere che esse
possano essere scoperte, anche se numerosi eserciti invadessero le solitudini sabbiose dove:
Non uno stagno, non un cespuglio, non una casa
appaiono allo sguardo, e le catene delle montagne formano
una ruvida cortina intorno alla spianata riarsa dell’arido deserto...
Ma non è necessario inviare il lettore nel deserto, quando le stesse prove di un’antica
civiltà si trovano pure in zone relativamente popolate della stessa regione. L’oasi di
Tchertchen, per esempio, situata a circa 4000 piedi sul livello del fiume Tchertchen-Darya, è
circondata in tutte le direzioni da rovine di paesi e di città arcaiche. Vi sono là circa tremila
esseri umani che rappresentano i resti di un centinaio di nazioni e di razze estinte, i cui stessi
nomi sono ora sconosciuti ai nostri etnologi. Un antropologo troverebbe molto imbarazzo nel
classificarli, dividerli e suddividerli, tanto più che i rispettivi discendenti di tutte queste razze
e tribù antidiluviane sanno molto poco dei loro antenati, come se fossero caduti dalla luna.
Quando sono interrogati sulla loro origine, rispondono che non sanno da dove vennero i loro
padri, ma ricordano di aver sentito dire che i loro primi, o primordiali, uomini erano
governati dai grandi Geni di questi deserti. Tutto ciò può essere attribuito ad ignoranza e a
superstizione; però, secondo la Dottrina Segreta, la risposta può essere basata su una
tradizione primordiale. È così che la tribù del Khoorassan afferma di essere venuta dalle
regioni dell’attuale Afghanistan, molto tempo prima dell’epoca di Alessandro, e queste
affermazioni sono basate su racconti e leggende. Il viaggiatore russo Colonnello (ora
Generale) Prjevalsky ha trovato, presso l’oasi di Tchertchen, le rovine di due enormi città,
delle quali la più antica, secondo la tradizione locale, fu distrutta 3000 anni fa da un eroe
gigante e l’altra dai mongoli nel X secolo della nostra èra.
Il luogo in cui si trovavano queste due città è ricoperto adesso, a causa delle sabbie mobili e del vento
del deserto, da strane rovine eterogenee, da porcellane rotte, da utensili di cucina e da ossa umane. I nativi
trovano spesso monete d’oro e di rame, lingotti d’argento fuso, diamanti, turchesi e, ciò che è più rimarchevole,
vetro rotto... Vi si trovano pure delle bare di legno o di altro materiale indeteriorabile, che contengono dei corpi
imbalsamati in stato di perfetta conservazione. Tutte le mummie maschili sono di uomini grandi e robusti, con
lunghi capelli ondulati... Fu scoperta una caverna nella quale si trovavano seduti dodici cadaveri. Un’altra volta
abbiamo trovato, in una bara a parte, una giovane ragazza. I suoi occhi erano chiusi da due dischi d’oro e le
mascelle fortemente unite da un anello d’oro che passava sotto il mento e sulla sommità della testa. Era vestita
di una stretta tunica di lana; il seno era coperto di stelle d’oro ed aveva i piedi nudi.1
Il famoso viaggiatore aggiunge che durante tutto il viaggio sul fiume Tchertchen, i
membri della spedizione udirono raccontare leggende su ventitrè città seppellite da secoli
sotto le sabbie mobili dei deserti. La medesima tradizione esiste sul Lob-nor e nell’oasi di
Kerya.
Le tracce di una tale civiltà e le tradizioni analoghe ci autorizzano a prestar fede ad
altre leggende confermate dai saggi nativi dell’India e della Mongolia, secondo le quali,
immense biblioteche, recuperate dalle sabbie insieme a vari resti dell’antica Tradizione
Magica, sono state messe a1 sicuro.
Riassumendo: la Dottrina Segreta era la Religione universalmente diffusa nel mondo
antico e preistorico. Prove della sua diffusione, autentici annali della sua storia ed una grande
e completa quantità di documenti, dimostrano il suo carattere e la sua presenza in ogni paese,
oltre agli insegnamenti di tutti i suoi grandi Adepti, e si trovano attualmente nelle cripte
segrete delle biblioteche appartenenti alla Fratellanza Occulta.
1
Da una conferenza di N. M. Prjevalsky. [Il Generale Nikolay Mihaylovich Prjevalsky era un famoso viaggiatore russo,
esploratore e geografo (1839 – 1888.) In tutte le sue numerose esplorazioni raccolse una notevole collezione di piante ed
animali, e scoprì il cammello selvaggio e il tipo primitivo del cavallo, ora conosciuto come “Equus Prjewalskii.” – da una
Nota di B. de Zirkoff.]
18
Quest’affermazione diventa ancora più verosimile se si considerano i seguenti fatti: la
tradizione che migliaia di antiche pergamene sono state salvate dalla distruzione della
Biblioteca di Alessandria; le migliaia di opere sanscrite che sono scomparse in India durante
il regno di Akbar; la tradizione universale in Cina e Giappone che i veri testi antichi, come
pure i commentari, che erano gli unici a poterli renderli comprensibili, in tutto diverse
migliaia di Volumi, sono da lungo tempo al sicuro da mani profane; la scomparsa della vasta
letteratura sacra ed occulta di Babilonia; la perdita delle chiavi che da sole potevano risolvere
le migliaia di enigmi degli annali geroglifici egiziani; la tradizione diffusa nell’India che i
veri commentari segreti, i soli validi a rendere comprensibili i Veda, quantunque non siano
più visibili agli occhi profani, sono tuttora accessibili all’Iniziato, nascosti in sotterranei ed in
cripte segrete; e fra i buddhisti esiste un’identica credenza per quanto concerne i loro libri
occulti.
Gli occultisti affermano che tutti questi documenti esistono e sono al sicuro dalle
mani saccheggiatrici degli occidentali, e riappariranno in un’epoca più illuminata per cui,
secondo Svâmi Dayanand Sarasvatî, “i Mlechchha (cioè i fuori casta, i selvaggi, coloro che si
trovano al di fuori della civiltà ariana) dovranno ancora attendere”.
Non è colpa degli Iniziati se questi documenti sono ora “perduti” per il profano; la
loro condotta non è dettata da egoismo né da desiderio di monopolizzare la tradizione
vivificante e sacra. Alcune parti della Scienza Segreta sono dovute rimanere celate allo
sguardo profano per epoche incalcolabili; ma ciò avvenne perché affidare ad una moltitudine
impreparata segreti di una così tremenda importanza sarebbe stato come dare ad un bimbo
una candela accesa in una polveriera. La risposta a una domanda che si presenta sovente alla
mente degli studiosi di fronte ad affermazioni simili, può essere delineata qui.
Possiamo capire, essi dicono, la necessità di nascondere alla folla segreti simili a
quello del Vril, la forza capace di distruggere le rocce, scoperta da J. W. Keely, di Filadelfia;
ma non possiamo capire quale pericolo potrebbe derivare dalla rivelazione di una dottrina
puramente filosofica, come, ad esempio, quella dell’evoluzione delle catene planetarie.
Il pericolo sta nel fatto che dottrine come quella della Catena Planetaria o delle sette
razze, danno immediatamente la chiave della natura settenaria dell’uomo, perché ogni
princìpio è in correlazione con un piano, con un pianeta e con una razza; ed i princìpi umani
sono, su ogni piano, in correlazione con le forze settenarie occulte; e quelle dei piani
superiori posseggono un potere tremendo. Ogni tipo di divisione settenaria dà così la chiave
di terribili poteri occulti, l’abuso dei quali causerebbe mali incalcolabili all’umanità; questa
chiave forse non è tale per la generazione attuale e più particolarmente per gli occidentali
protetti dalla loro cecità, dall’ignoranza materialistica e dall’incredulità per l’occulto; ma essa
tuttavia avrebbe avuto un valore reale nei primi secoli dell’èra cristiana, quando tutti erano
pienamente convinti della realtà dell’Occultismo ed entravano in un ciclo di degenerazione
tale, che li rendeva maturi per l’abuso dei poteri occulti e per la stregoneria della peggiore
specie.
I documenti erano nascosti, è vero, ma la conoscenza stessa e la sua effettiva esistenza
non erano mai state considerate un segreto dagli Ierofanti dei templi dove i MISTERI sono
sempre serviti come disciplina e stimolo alla virtù. Queste sono verità assai antiche, rivelate
ripetutamente dai grandi Adepti, da Pitagora e da Platone, fino ai neo-platonici. Fu la nuova
Religione dei Nazareni che operò un cambiamento in peggio nella politica dei secoli.
Inoltre, vi è un fatto ben conosciuto ed assai curioso, confermato da un gentiluomo
rispettabile e degno di fede che per molti anni fu addetto ad un’Ambasciata russa, e cioè che
esistono nelle biblioteche imperiali di San Pietroburgo diversi documenti comprovanti che,
anche quando la Massoneria e le società segrete dei mistici fiorivano liberamente in Russia,
cioè sul finire dell’ultimo secolo ed all’inizio dell’attuale, più di un mistico russo, passando
per i monti Urali, andò in Tibet a cercare la conoscenza e l’iniziazione nelle cripte
19
sconosciute dell’Asia Centrale. E più d’uno ritornò, diversi anni dopo, con una numerosa
quantità di informazioni che non avrebbe potuto procurarsi in alcuna parte d’Europa. Noi
potremmo citare diversi casi e nomi ben noti, se una tale pubblicità non potesse infastidire i
parenti di questi moderni Iniziati. Chiunque voglia averne conferma, non ha che da
consultare gli annali e la storia della Massoneria negli archivi della metropoli russa.
Questi fatti confermano ciò che è già stato affermato diverse volte ma,
sfortunatamente, con poca discrezione. Anziché rendere un servizio all’umanità, le violente
accuse di invenzione deliberata e di impostura interessata contro coloro che affermano dei
fatti, che sono tanto veri quanto poco conosciuti, hanno generato soltanto del cattivo Karma
per i calunniatori. Ma ora il male è fatto e la verità non sarà più negata quali che ne siano le
conseguenze.
Ci si domanda se la Teosofia sia una nuova Religione: niente affatto, essa non è una
Religione né la sua filosofia è nuova, perché, come abbiamo già detto, essa è antica quanto
l’uomo pensante. Queste dottrine non sono state pubblicate adesso per la prima volta, ma
sono state prudentemente rivelate ed insegnate da più di un Iniziato europeo e specialmente
dal defunto Ragon.
Molti grandi eruditi hanno dichiarato che non vi è mai stato un fondatore di Religioni,
ariano, semita o turaniano, che abbia inventato o rivelato una nuova verità. Questi fondatori
furono tutti trasmettitori e non maestri originali. Essi furono gli autori di forme e di
interpretazioni nuove, mentre le verità sulle quali erano basati i loro insegnamenti erano
antiche quanto il genere umano. Costoro scelsero una o parecchie di queste grandi verità —
realtà visibili solamente all’occhio del vero saggio e veggente — fra quelle oralmente
rivelate all’uomo all’inizio, conservate e perpetuate negli Adyta dei templi tramite
l’Iniziazione, durante i Misteri e mediante trasmissione personale e le rivelarono alle masse.
Così ogni nazione ricevette a sua volta alcune di queste verità, sotto il velo del loro
simbolismo locale e speciale che, con l’andar del tempo, si sviluppò in un culto più o meno
filosofico, un Pantheon sotto il manto del mito. Confucio, ad esempio, legislatore assai antico
nella cronologia storica, per quanto anche un saggio assai moderno nella storia del mondo, è
chiamato dal dr. Legge1 un trasmettitore e non un creatore. Egli stesso dice: “Io non faccio
che trasmettere, non creo niente di nuovo. Credo agli antichi e, di conseguenza, li amo”.2
Anche l’autrice ama gli eredi antichi e moderni della loro Saggezza e, di
conseguenza, crede in loro; e, con questa doppia fede, ora trasmette ciò che ha ricevuto ed ha
imparato a tutti coloro che vorranno accettarlo. A coloro che negano le sue affermazioni – la
maggioranza – non serberà rancore, perché essi sono nel vero negando, quanto lei lo è
affermando, poiché considerano la verità da un punto di vista completamente diverso.
Secondo le regole del rigore scientifico critico, l’orientalista deve respingere a priori tutte le
affermazioni che non può pienamente verificare da sé. E come può uno studioso occidentale
accettare, per sentito dire, cose delle quali non conosce nulla? In realtà quanto è esposto in
questi Volumi è stato preso sia da insegnamenti scritti che da quelli orali.
La prima parte della Dottrina Esoterica è basata sulle Stanze, che sono gli annali di un
popolo sconosciuto all’etnologia. Si afferma che queste Stanze siano scritte in una lingua che
non è presente in quelle conosciute e nei dialetti familiari alla filologia; si dice che esse
scaturiscano da una fonte ripudiata dalla scienza, cioè dall’Occultismo; ed infine esse sono
offerte da un intermediario costantemente disprezzato da tutti quelli che odiano le verità
spiacevoli o che hanno qualche idea radicata da difendere. Bisogna perciò attendersi che
questi insegnamenti vengano respinti, e rassegnarsi a ciò fin d’ora; nessuno di coloro che si
attribuiscono il titolo di “eruditi” in qualsiasi ramo della scienza esatta, vorrà acconsentire a
1
2
Lün – Yü; W. Schott: Entwur einer der Chinesischen Literatur, pag. 7. Citato da Max Müller.
Life and Theachings of Confucius, pag. 96.
20
prenderli sul serio. Essi saranno derisi e respinti a priori nel secolo attuale, ma in questo
soltanto; perché nel ventesimo secolo della nostra èra, gli eruditi cominceranno a riconoscere
che la Dottrina Segreta non è stata né inventata né esagerata, ma che invece è stata
semplicemente abbozzata; ed infine che i suoi insegnamenti sono antecedenti ai Veda.
Con ciò non si pretende di profetizzare; è una semplice affermazione basata sulla
conoscenza dei fatti. In ogni secolo viene fatto un tentativo per dimostrare al mondo che
l’Occultismo non è una vana superstizione. Appena la porta potrà cominciare a schiudersi, si
aprirà sempre più di secolo in secolo. I tempi sono maturi per l’avvento di una conoscenza
più seria di quella concessa fino ad oggi, per quanto anche questa sia ancora molto limitata.
I Veda, del resto, non sono stati forse derisi, respinti e tacciati di “invenzione
moderna” fino ad una cinquantina di anni fa? Non fu forse dichiarato una volta da Lemprière
e da altri eruditi che il Sanscrito è una progenie e un dialetto derivato dal greco? Verso il
1820, secondo quanto ci dice il prof. Max Müller, i libri sacri dei Brâhmani, dei Magi e dei
buddhisti “erano appena conosciuti, si dubitava perfino della loro esistenza e non vi era un
solo erudito che avesse potuto tradurre un rigo dei Veda… dello Zend Avesta... o del
Tripitaka buddhista, mentre ora è provato che i Veda sono un’opera antichissima e che la loro
conservazione ha del meraviglioso”. Si dirà altrettanto della Dottrina Segreta Arcaica,
quando saranno date prove innegabili della sua esistenza e dei suoi annali. Ma dovranno
trascorrere secoli prima di poterne divulgare ulteriori insegnamenti.
A proposito della chiave dei misteri Zodiacali, che è stata quasi perduta per il mondo,
l’autrice affermava, una diecina di anni fa, in Iside Svelata: “Questa chiave deve essere girata
sette volte prima che l’intero sistema venga divulgato. Noi la gireremo qui una sola volta,
permettendo così al profano di gettare uno sguardo nel mistero. Felice colui che potrà
comprenderlo nella sua interezza!”.
La stessa cosa può esser detta dell’intero Sistema Esoterico, quando vengono date
prove inconfutabili della sua esistenza e della sua tradizione. In Iside Svelata fu dato un giro
di chiave soltanto. Molto di più è spiegato in questi Volumi. All’epoca della prima
pubblicazione, l’autrice conosceva appena la lingua nella quale scriveva, ed inoltre la
rivelazione di molte cose, di cui adesso si può parlare, era allora proibita. Nel XX secolo
qualche discepolo più istruito e più idoneo, potrebbe essere inviato dai Maestri di Saggezza
per dare le prove finali ed irrefutabili dell’esistenza di una Scienza chiamata Gupta-Vidyâ, la
sorgente di tutte le Religioni e Filosofie attualmente conosciute, la quale, come le sorgenti
una volta misteriose del Nilo, dimenticata e perduta per l’umanità durante secoli e secoli, è
stata finalmente ritrovata.
L’introduzione di un’opera come questa non dovrebbe essere una semplice
prefazione, bensì un Volume che esponga dei fatti e non delle semplici dissertazioni, perché
la DOTTRINA SEGRETA non è un trattato o una serie di teorie vaghe, ma è l’esposizione di
tutto ciò che può essere dato al mondo in questo secolo.
Sarebbe più che inutile pubblicare in queste pagine le parti degli insegnamenti
esoterici che sono ora sfuggite alla segregazione, se non si stabilisse fin da princìpio la verità
e l’autenticità o, almeno, la probabilità dell’esistenza di tali insegnamenti. Le affermazioni
che faremo dovranno essere appoggiate da diverse testimonianze, tra cui quelle degli antichi
filosofi classici e anche di taluni eruditi Padri della Chiesa, che conoscevano queste dottrine
perché le avevano studiate, e avevano visto e letto opere sul soggetto; ed anche perché alcuni
di essi erano stati personalmente iniziati agli antichi Misteri, durante lo svolgimento dei quali
venivano rappresentate allegoricamente le dottrine occulte. L’autrice dovrà dare dei nomi
storici e degni di fede; citare autori antichi e moderni ben conosciuti, di capacità indiscussa,
di sano giudizio e di provata veridicità; nominare altresì alcuni dei più avanzati e famosi
discepoli delle arti e scienze segrete e parlare contemporaneamente dei misteri di queste
21
ultime, nella misura in cui essi sono divulgati o, piuttosto, parzialmente presentati al pubblico
sotto la loro forma strana ed arcaica.
Come deve essere fatto ciò? Qual è il mezzo migliore per raggiungere tale scopo?
Questa è la domanda che si è presentata continuamente alla nostra mente. Per rendere più
chiaro il nostro proposito faremo un paragone. Allorquando un turista, proveniente da un
paese perfettamente esplorato, raggiunge improvvisamente i confini di una terra incognita,
nascosta alla vista e circondata da una formidabile barriera di rocce insormontabili, può
ancora respingere l’idea di considerarsi vinto nei suoi piani di esplorazione. L’ingresso gli è
precluso, ma se egli non può visitare di persona la misteriosa regione, può trovare il modo di
esaminarla da un luogo il meno distante possibile. Aiutato dalla conoscenza dei paesaggi che
ha lasciato dietro di sé, può farsi un’idea generale abbastanza esatta della regione nascosta,
inerpicandosi sulla sommità più elevata delle alture vicine. Giunto lassù, egli potrà guardare
a suo agio e confrontare ciò che intravede vagamente con il paesaggio che ha lasciato in
basso, dal momento che ora, grazie ai suoi sforzi, ha superato la linea delle nebbie e delle
colline nuvolose.
Un simile punto di osservazione preliminare non può essere dato qui a coloro che
vorrebbero comprendere meglio i misteri dei periodi prearcaici contenuti nei testi. Ma se il
lettore avrà pazienza ed esaminerà le attuali condizioni delle fedi e dei credi in Europa, e li
confronterà con quello che è conosciuto storicamente delle epoche che hanno direttamente
preceduto o seguito l’èra cristiana, troverà tutti i ragguagli necessari in un prossimo volume
(il IIIo che completerà la presente opera.
Nell’ultimo Volume daremo un breve riepilogo dei principali Adepti storicamente
conosciuti, e descriveremo la decadenza dei Misteri, dopo la quale cominciò la scomparsa e
la sistematica e definitiva eliminazione dalla memoria degli uomini della vera natura
dell’Iniziazione e della Scienza Sacra. Da quel momento i suoi insegnamenti divennero
occulti e la Magia fu conosciuta, anche troppo spesso, con il nome venerabile, ma sovente
ingannevole, di Filosofia Ermetica. Come il vero Occultismo era stato prevalente presso i
mistici, durante i secoli che precedettero la nostra èra, così la Magia, o piuttosto la
stregoneria, con le sue arti occulte seguì l’inizio del Cristianesimo.
Per quanto grandi siano stati gli sforzi dei fanatici zelanti durante questi primi secoli
per cancellare ogni traccia del lavoro mentale ed intellettuale dei pagani, tuttavia essi furono
inutili; ma lo stesso spirito dell’oscuro dèmone del bigottismo e dell’intolleranza ha travisato
sempre e sistematicamente tutte le pagine luminose scritte nei periodi pre-cristiani. Perfino la
storia, malgrado l’imperfezione dei suoi annali, ha conservato abbastanza di quel che è
sopravvissuto da gettare una luce imparziale sul tutto. Fermiamoci dunque un istante sul
luogo d’osservazione prescelto e rivolgiamo tutta la nostra attenzione a quel millennio dei
periodi pre e post-cristiani separati dall’anno Uno della Natività. Questo avvenimento — sia
esso storicamente esatto o meno, ha dato tuttavia il segnale della costruzione di molteplici
baluardi, destinati a prevenire ogni possibile ritorno alle odiate Religioni del passato e
perfino ad impedire di gettare uno sguardo retrospettivo su di esse; tali Religioni sono odiate
e temute, perché gettano una luce troppo intensa sull’interpretazione nuova e volutamente
velata, di quella che si chiama oggi la “Nuova Dispensazione”.
Tuttavia, tutti gli sforzi sovrumani dei primi Padri della Chiesa, diretti a scacciare la
Dottrina Segreta dalla memoria stessa dell’uomo, sono falliti. La verità non può mai essere
uccisa; ed è per questo che essi non sono riusciti a cancellare completamente dalla terra le
vestigia dell’antica Saggezza né ad incatenare e ridurre al silenzio tutti coloro che potevano
darne testimonianza. Si pensi soltanto alle migliaia, e forse ai milioni, di manoscritti bruciati;
ai monumenti ridotti in polvere perché riportavano iscrizioni troppo indiscrete e pitture di un
simbolismo troppo evidente; alle bande di eremiti e di asceti primitivi che erravano fra le
rovine delle antiche città dell’Egitto superiore ed inferiore, nei deserti e nelle montagne, nelle
22
vallate e sugli altipiani, cercando con bramosia distruttrice obelischi e colonne, rotoli e
pergamene, che portavano il simbolo del Tau, o qualsiasi altro segno di cui la nuova fede si
era appropriata, e si vedrà allora chiaramente perché siano rimasti così pochi avanzi degli
annali del passato. Tanto i fanatici cristiani dei primi secoli e del Medioevo, quanto quelli
maomettani, amarono confinarsi nell’oscurità e nell’ignoranza; e così entrambi resero
… il sole simile a sangue, la terra una tomba,
la tomba un inferno, e l’inferno stesso un’oscurità più profonda!1
Ambedue queste credi hanno conquistato i loro proseliti con la punta della spada;
ambedue hanno edificato le loro Chiese su enormi cumuli di vittime umane che si innalzano
fino al cielo. All’inizio del primo secolo della nostra èra incombevano queste parole fatali e
sinistre: “IL KARMA DI ISRAELE.” Su quella del nostro secolo, il futuro veggente potrà
discernere altre parole che indicheranno il Karma della storia abilmente inventata, degli
eventi consapevolmente travisati dei grandi uomini calunniati dai posteri, sfigurati fino ad
essere irriconoscibili, fra i due carri di Jagannâtha — il Bigottismo ed il Materialismo —
l’uno che accetta troppo, l’altro che nega tutto. Saggio è colui il quale sa attenersi alla giusta
via di mezzo, fiducioso nell’eterna giustizia delle cose. Faizi Díwán, “il testimone dei
meravigliosi discorsi di un libero pensatore che appartiene ad innumerevoli sètte”, dice:
Nel giorno della resurrezione, quando le cose passate saranno perdonate, i peccati della Ka’bah saranno
pure perdonati grazie alla polvere delle Chiese cristiane.
A ciò il prof. Max Müller risponde:
I peccati dell’Islam non valgono più della polvere del Cristianesimo; nel giorno della resurrezione, i
maomettani, come i cristiani, vedranno la vanità delle loro dottrine religiose. Sulla terra, gli uomini
combattono per la Religione; in cielo essi scopriranno che non vi è che una sola Religione: l’adorazione dello
SPIRITO di Dio.2
In altre parole: “NON VI È RELIGIONE (O LEGGE) SUPERIORE ALLA VERITÀ” – (Satyât
Nâsti Paro Dharmah) — il motto del Mahârâjah di Benares, adottato dalla Società Teosofica.
Abbiamo già detto nella Prefazione che LA DOTTRINA SEGRETA non è una nuova
versione di Iside Svelata, così come era stata concepita all’inizio, bensì un’opera che serve a
spiegare quella precedente e, per quanto del tutto indipendente da essa, ne è una conseguenza
indispensabile. Molti degli insegnamenti presentati in quella prima opera non erano
facilmente comprensibili dai teosofi di allora. LA DOTTRINA SEGRETA proietterà adesso una
nuova luce su diversi problemi lasciati insoluti in Iside, specialmente nelle sue prime pagine,
che non sono mai state capite.
Poiché i due Volumi di Iside Svelata trattavano solo delle filosofie dei nostri ultimi
tempi e del rispettivo simbolismo delle nazioni scomparse, in essi non potemmo che gettare
un rapido colpo d’occhio sul panorama dell’Occultismo. In quest’opera daremo una
Cosmogonia dettagliata e delineeremo l’Evoluzione delle quattro razze umane che hanno
preceduto la nostra quinta; ed i vari Volumi spiegheranno ciò che semplicemente è stato
affermato nella prima pagina di Iside Svelata e in alcune allusioni che si trovano sparse in
detta opera. Noi, nei presenti Volumi non potremmo rendere noto il vasto elenco delle
1
2
[Byron, Childe Harold’s Pilgrimage, Il Pellegrinaggio del Giovane Aroldo, canto IV, xxxiv.]
Max Müller, Introduction to the Science of Religion, pp. 256-57.
23
Scienze Arcaiche se non dopo aver trattato problemi colossali come quello dell’Evoluzione
Cosmica e Planetaria, e del graduale sviluppo delle misteriose umanità e razze che hanno
preceduto la nostra Umanità Adamitica. Quindi, lo sforzo fatto oggi per penetrare alcuni dei
misteri della Filosofia Esoterica, non ha, in realtà, niente a che fare con l’opera precedente.
Ed ecco un chiaro esempio:
Il primo Volume di Iside Svelata comincia con un’allusione ad un “vecchio Libro”:
Tanto vecchio che i nostri moderni antiquari potrebbero meditare all’infinito sulle sue pagine, senza
nemmeno potersi mettere d’accordo circa la qualità del materiale su cui è scritto. È la sola copia originale
attualmente esistente. Il più antico documento ebraico sul sapere occulto, il Siphrah Dzenoiutha, fu compilato
su questa vecchia opera, e ciò in un’epoca in cui essa era già considerata una reliquia letteraria. Una delle sue
illustrazioni rappresenta ADAMO che emana dall’Essenza Divina,1 simile ad un arco luminoso formante un
cerchio; quando ha raggiunto il punto culminante della sua circonferenza, la Gloria ineffabile si curva
nuovamente e torna alla terra, portando nel suo vortice un tipo superiore di umanità. Con l’approssimarsi al
nostro pianeta, l’Emanazione scurisce sempre di più finché, toccando la terra, è nera come la notte.
Questo “antichissimo libro” è l’opera originaria dalla quale derivarono i numerosi
Volumi di Kiu-ti.2 Non solo quest’ultimo ed il Siphrah Dzeniouta, ma pure il Sepher
Jetzirah3 che i cabalisti ebrei attribuiscono al loro Patriarca Abramo (!): il libro di Shu-King,
la Bibbia primitiva della Cina; i Volumi sacri del Thoth-Ermete egiziano; i Purâna
dell’India; il Libro dei Numeri caldeo e il Pentateuco stesso, sono tutti derivati da
quest’unico piccolo Volume. La tradizione dice che fu trascritto in Senzar, la lingua
sacerdotale segreta, dettato da Esseri divini ai Figli della Luce, nell’Asia Centrale, all’inizio
della nostra Quinta Razza; perché vi fu un tempo in cui questo linguaggio (il Senzar) era
conosciuto dagli Iniziati di tutte le nazioni, quando gli antenati dei toltechi lo comprendevano
tanto facilmente quanto gli abitanti dell’Atlantide scomparsa, che l’avevano ereditato, a loro
volta, dai saggi della Terza Razza, i Mânushi, i quali l’avevano imparato direttamente dai
Deva della Seconda e della Prima Razza. L’illustrazione di cui si è parlato in Iside si riferisce
all’evoluzione di queste Razze e all’Umanità della nostra quarta e quinta razza, nel
Manvantara, o Ronda, di Vaivasvata; ogni Ronda essendo composta dagli Yuga di sette
periodi dell’Umanità, quattro di essi sono ora già passati nel nostro ciclo di vita, ed il punto
di mezzo del quinto è quasi raggiunto. Questa illustrazione è simbolica, come si può
facilmente comprendere, ed abbraccia tale evoluzione fin dal suo inizio. L’antico Libro, dopo
aver descritto l’Evoluzione cosmica e spiegato l’origine di tutto ciò che esiste sulla terra,
compreso l’uomo fisico, dopo aver dato la vera storia delle Razze, dalla Prima fino alla
nostra Quinta, non procede oltre. Esso si arresta all’inizio del Kali Yuga, cioè 4.989 anni fa,
alla morte di Krishna, il luminoso “dio-Solare” che fu un tempo un eroe ed un riformatore
vivente.
Ma esiste un altro libro. Nessuno dei suoi possessori lo ritiene antico, perché data
soltanto dall’inizio dell’Età Nera, cioè circa 5.000 anni fa. Fra nove anni circa, avrà fine il
primo ciclo dei cinque primi millenni, cominciato con il grande periodo del Kali Yuga. E
allora l’ultima profezia contenuta in quel libro (il primo Volume degli Annali Profetici
1
Il nome è impiegato qui nel senso della parola greca άνθρωποζ.
[Kiu-ti (o Khiu-ti) è un appellativo generico di una serie tibetana di opere occulte, ben conosciute anche exotericamente e
che contengono profondi insegnamenti esoterici sotto forma di allegorie e simbolismi. Una delle prime opere della serie del
Kiu-ti è Il Libro di Dzyan (il modo tibetano o mongolo di pronunciare la parola sanscrita Dhyâna), scelto specialmente da H.
P. B. nelle sue scritture, perché contiene gli insegnamenti arcaici originali, dichiaratamente nascosti nel Kiu-ti con una gran
quantità di materiale estraneo. La vera parte occulta de Il Libro di Dzyan è una della prima parte dei Volumi del Kiu-ti e
tratta principalmente della cosmogonia. –Nota di B. de Zirkoff.]
3
Il Rabbino Jehoshua Ben-Chananea, che morì verso il 72 d. C., dichiarava apertamente che aveva compiuto dei “miracoli”
per mezzo del libro Sepher Jetzirah, e sfidava tutti gli scettici. Franck, citando il Talmud babilonese, fa i nomi di due altri
taumaturghi, i Rabbini Chanina e Oshoi. (Vedi: Talmud di Gerusalemme, Sanhedrin, cap. 7, ecc; e Franck, Die Kabbalah,
pp. 55, 56. (1843). Molti degli occultisti, alchimisti e cabalisti del Medio Evo pretendevano la stessa cosa; e lo stesso Mago
moderno Éliphas Lévi lo afferma e lo scrive pubblicamente nei suoi libri sulla Magia.
2
24
dell’Età Nera) sarà compiuta. Non avremo molto da attendere e parecchi di noi vedranno
l’aurora del nuovo ciclo, alla fine del quale molti conti saranno regolati e sistemati fra le
razze. Il secondo Volume di profezie è quasi pronto, essendo stato cominciato fin dall’epoca
di Shankarâchârya, il successore del Buddha. Bisogna considerare un altro aspetto importante
che emerge nella serie delle prove relative all’esistenza di una Saggezza primordiale ed
universale; aspetto particolarmente importante per gli studiosi e per i cabalisti cristiani. Gli
insegnamenti erano noti, per lo meno parzialmente, a diversi Padri della Chiesa. Si afferma,
su una base puramente storica, che Origene, Sinesio e lo stesso Clemente Alessandrino,
fossero stati Iniziati ai Misteri prima di aggiungere al Neo-Platonismo della Scuola di
Alessandria quello degli Gnostici, sotto il velo cristiano. Inoltre, alcune dottrine delle scuole
segrete, sebbene non tutte, furono conservate in Vaticano e divennero poi parte dei Misteri
sotto forma di aggiunte, per quanto deformate, al programma originale cristiano della Chiesa
Latina. Tale il dogma, ora materializzato, dell’Immacolata Concezione. Ciò spiega le grandi
persecuzioni della Chiesa Cattolica Romana contro l’Occultismo, la Massoneria ed il
Misticismo eterodosso in generale.
L’epoca di Costantino fu l’ultima svolta della storia, il periodo della lotta suprema
che finì, nel mondo occidentale, con lo strangolamento delle vecchie Religioni a favore di
quella nuova costruita sui loro cadaveri. Da quel momento, la visuale sull’antichissimo
passato precedente al “Diluvio” e al giardino dell’Eden, fu impedita con tutti i mezzi, leciti
ed illeciti, e chiusa agli sguardi indiscreti dei posteri. Tutti i passaggi furono sigillati, tutti gli
annali, sui quali fu possibile mettere le mani, vennero distrutti. Tuttavia rimane ancora
abbastanza, persino fra questi annali mutilati, per permetterci di affermare che essi
contengono ogni requisito utile a dimostrare l’esistenza attuale di una Dottrina Madre. Alcuni
frammenti sono sfuggiti ai cataclismi geologici e politici per raccontare la loro storia; e tutto
ciò che è sopravvissuto prova che la Saggezza, ora segreta, era un tempo l’unica fonte, la
sorgente perenne ed inestinguibile che alimentava tutti i ruscelli, cioè le Religioni posteriori
di tutte le nazioni, dalla prima all’ultima. Questo periodo, che comincia con Buddha e
Pitagora e finisce con i Neo-platonici e gli Gnostici, è il solo punto focale rimasto nella
storia, verso il quale convergono per l’ultima volta, senza essere oscurati dalla mano del
bigottismo e del fanatismo, i brillanti raggi di luce venuti dagli eoni del tempo passato.
Ciò spiega la necessità, in cui si è trovata costantemente l’autrice, di spiegare i fatti,
presi dal più antico passato, basandoli su prove evidenti del periodo storico, anche a rischio
di essere accusata nuovamente di mancanza di metodo e di sistema. È necessario che il
pubblico sia informato degli sforzi compiuti da numerosi Adepti vissuti nel mondo, da poeti
e da scrittori iniziati, per mezzo dei libri classici di tutte le epoche, per conservare negli
annali dell’umanità, se non la conoscenza dei suoi princìpi, almeno il ricordo dell’esistenza
di tale filosofia.
Gli Iniziati del 1888 sarebbero veramente un mito incomprensibile, un problema
senza una soluzione apparente, se non fosse stato provato che altri Iniziati sono vissuti in
tutte le epoche della storia. E ciò non può essere provato che citando il capitolo ed il rigo
dove si è parlato di questi grandi personaggi che sono stati preceduti e seguiti da una lunga
ed interminabile serie di altri Maestri ante e post-diluviani. Soltanto mediante queste
testimonianze semi-tradizionali e semi-storiche sarà possibile dimostrare che la conoscenza
occulta ed i poteri che questa conferisce all’uomo, non sono affatto finzioni, ma realtà
vecchie quanto il mondo.
Ai miei giudici, passati o futuri, non ho dunque nulla da dire — siano essi dei severi
critici letterari, o quei dervisci urlanti della letteratura che giudicano un libro secondo la
fama, più o meno grande, del nome del suo autore, e che guardano a malapena al contenuto,
attaccandosi come bacilli mortali al punto più debole del corpo. E neppure mi occuperò dei
calunniatori — fortunatamente assai pochi — che, con la speranza di attirare l’attenzione
25
pubblica gettando il discredito su ogni scrittore il cui nome è più conosciuto del loro,
schiumano ed abbaiano dietro la sua ombra.
Costoro sostennero dapprima per anni che le dottrine insegnate nel Theosophist, e
approfondite nel Buddhismo Esoterico erano state tutte inventate da me, poi, cambiando
tattica, denunciarono Iside Svelata come un plagio fatto ad Éliphas Lévi (!), a Paracelso (!!)
e, mirabile dictu, al Buddhismo ed al Brâhmanesimo (!!!). Sarebbe stato lo stesso che
accusare Renan di aver rubato la sua Vita di Gesù al Vangelo, e Max Müller i suoi Libri
Sacri dell’Oriente o i suoi Chips [Frammenti] alle filosofie dei Brâhmani e di Gautama
Buddha. Ma, al pubblico in generale e ai lettori della Dottrina Segreta in particolare, posso
ripetere ciò che ho sempre affermato e che adesso dico con le parole di Montaigne:
Signori, “io ho fatto qui soltanto un mazzo di fiori scelti e di mio non ho messo altro
che lo spago che li unisce”.
Tagliate lo “spago” o fatelo a pezzi, se volete. Quanto ai fatti, non potrete mai
distruggerli: voi potrete soltanto ignorarli e niente più. Potremmo terminare con una parola
concernente questo primo Volume. Nell’introduzione ai capitoli che parlano principalmente
della Cosmogonia, alcuni soggetti trattati potranno sembrare fuori posto, ma una
considerazione, oltre a quelle già esposte, mi ha spinta a farlo. Ogni lettore giudicherà
personalmente le affermazioni fatte dal punto di vista della sua conoscenza, della sua
esperienza e della sua coscienza, basando il proprio giudizio su ciò che ha già imparato
altrove. L’autrice è obbligata a rammentarsi continuamente di questo; ed ecco la ragione dei
frequenti riferimenti, in questi primi Volumi, a soggetti che appartengono, propriamente
parlando, ad un’altra parte dell’opera, ma che non potevano passare sotto silenzio senza
correre il rischio di veder considerare l’opera stessa come un racconto di fate, o come la
fantasia di qualche cervello moderno.
Così il Passato aiuterà a comprendere il Presente; e quest’ultimo ad apprezzare meglio
il Passato. Gli errori odierni devono essere compresi ed eliminati; tuttavia è più che
probabile, anzi, nel caso attuale è certo, che ancora una volta le testimonianze di lunghi secoli
e della storia, non influiranno che sugli uomini altamente intuitivi, e cioè su un numero assai
limitato. Ma in questo caso, come in tutti i casi analoghi, gli individui sinceri e fedeli
potranno consolarsi presentando ai moderni scettici Sadducei la testimonianza matematica e
storica dell’ostinazione e del bigottismo umano. Negli archivi dell’Accademia delle Scienze
di Francia esiste la famosa legge delle probabilità, elaborata da alcuni matematici, con un
procedimento algebrico a beneficio degli scettici. Essa si conclude con la formula seguente:
Se due persone testimoniano un fatto ed entrambe gli attribuiscono i 5/6 di certezza, lo stesso
fatto ne avrà i 35/36, cioè la sua probabilità starà alla sua improbabilità con il rapporto di 35
a 1. Se tre testimonianze di questo genere sono sommate, la certezza diverrà 215/216.
L’accordo di dieci persone, ciascuna delle quali dia 1/2 di certezza, produrrà 1023/1024, ecc.
L’occultista può ritenersi soddisfatto di questa probabilità di certezza e non occuparsi
d’altro.
______
26
PROEMIO
_____
PAGINE TRATTE DA UNA MEMORIA PREISTORICA
Un Manoscritto arcaico, formato da foglie di palma rese inattaccabili dall’acqua, dal
fuoco e dall’aria mediante un processo specifico e sconosciuto, si trova davanti agli occhi
dell’autrice. Sulla prima pagina appare un disco bianco immacolato su fondo nero. Sulla
pagina seguente vi è un disco simile, con un punto al centro. Lo studioso sa che il primo
rappresenta il Cosmo nell’Eternità, prima del risveglio dell’Energia ancora assopita,
l’Emanazione del Verbo in sistemi successivi. Il punto nel cerchio ancora immacolato,
Spazio ed Eternità in Pralaya, indica l’aurora della differenziazione. É il primo punto
nell’Uovo del Mondo, il Germe che diverrà l’Universo, il Tutto, il Cosmo illimitato e
periodico, un Germe che è, periodicamente ed alternativamente, latente ed attivo. Il cerchio
intero è l’Unità divina da cui tutto procede e a cui tutto ritorna. La sua circonferenza –
simbolo forzatamente limitato, dato il limite della mente umana – indica la PRESENZA
astratta, per sempre inconoscibile, e il suo piano, l’Anima Universale, quantunque i due siano
uno. Tuttavia la superficie del disco completamente bianca e il fondo nero che lo circonda
dimostrano, chiaramente, che questo piano è la sola conoscenza – per quanto nebulosa –
raggiungibile dall’uomo. È su questo piano che cominciano le Manifestazioni manvantariche
perché, durante il Pralaya, è in quest’ANIMA che sonnecchia il Pensiero Divino,1 in cui giace
nascosto il piano di ogni futura Cosmogonia e Teogonia.
È la VITA UNICA, eterna, invisibile e tuttavia onnipresente, senza princìpio né fine, e
tuttavia periodica nelle sue manifestazioni regolari, fra i periodi delle quali regna l’oscuro
mistero del Non-Essere; incosciente, e tuttavia Coscienza assoluta; irrealizzabile eppure unica
Realtà auto-esistente; insomma, “un Chaos per i sensi, un Cosmo per la ragione”. Il suo unico
attributo assoluto, che è lo Stesso, Movimento eterno ed incessante, è chiamato nel
linguaggio esoterico il Grande Soffio2 che è il movimento perpetuo dell’Universo, nel senso
di SPAZIO, illimitato ed onnipresente. Ciò che è privo di movimento non può essere divino.
Però, in realtà, non vi è niente assolutamente privo di moto nell’Anima Universale.
Circa cinque secoli a. C. Leucippo, precettore di Democrito, affermava che lo spazio
era eternamente riempito di atomi animati da un moto incessante e che, nel corso del tempo,
aggregandosi, questi atomi generavano un moto rotatorio, mediante mutue collisioni che
producevano movimenti laterali. Epicuro e Lucrezio sostenevano la stessa cosa, aggiungendo
però, all’idea del movimento laterale degli atomi, quella della loro affinità, — un
insegnamento occulto.
1
È quasi inutile ricordare al lettore che l’espressione Pensiero Divino, come quella di Mente Universale, non deve essere
considerata adombrare neppure vagamente un processo intellettuale simile a quello umano. “L’Inconsciente”, secondo von
Hartmann, giunse al vasto piano creativo o, piuttosto, evolutivo, “mediante una saggezza chiaroveggente superiore ad ogni
Coscienza”, ciò che in linguaggio vedantino significherebbe Saggezza assoluta. Solamente coloro che comprendono quanto
l’intuizione superi i lenti processi del pensiero raziocinante possono formarsi il vago concetto di questa Saggezza assoluta
che trascende le idee di Tempo e di Spazio. La mente, quale noi la conosciamo, può risolversi in stati di coscienza varianti in
durata, intensità, complessità, etc., tutti, in ultima analisi basati sulla sensazione, che è di per sé, Mâyâ. La senzazione, a sua
volta, implica necessariamente limitazione. Il Dio Personale del Teismo ortodosso percepisce, pensa ed è soggetto ad
emozioni; si pente e prova una “tremenda collera”. Ma la nozione di simili stati mentali presuppone chiaramente il postulato
inammissibile dell’esteriorità degli stimoli che eccitano, per non parlare dell’impossibilità di attribuire l’immutabilità ad un
essere le cui emozioni fluttuano con gli eventi che accadono nei mondi sui quali presiede. L’idea di un Dio Personale
immutabile ed infinito è dunque inconcepibile dal punto di vista psicologico e, peggio ancora filosofico.
2
Platone dimostra di essere un Iniziato dicendo nel Cratilo (397 D) che θεός è derivato dal verbo θέειν “muoversi, correre”
poiché i primi astronomi che osservarono il moto dei corpi celesti chiamarono i pianeti θέοί, gli dèi. Più tardi la parola dette
origine ad un’altra espressione: άλήθεια: “il soffio di Dio.”
27
Fin dall’inizio dell’umanità, dal primo apparire degli architetti del globo sul quale
viviamo, la Divinità non rivelata fu riconosciuta e considerata che sotto un unico aspetto
filosofico, il Moto Universale, il fremito del creativo Respiro della Natura. L’Occultismo
così definisce l’“Esistenza Una”: “La Divinità è un arcano Fuoco vivente (dotato di
movimento), e gli eterni testimoni di questa Presenza invisibile sono la Luce, il Calore e
l’Umidità” — poiché questa Trinità include, ed è la causa di ogni fenomeno in Natura.1 Il
movimento intracosmico è eterno ed incessante; il movimento cosmico, — quello che è
visibile o percepibile — è finito e periodico. Come astrazione eterna, è il Sempre-Presente;
come manifestazione, è finito, sia nella direzione del futuro che in quella del passato, essendo
ambedue l’Alfa e l’Omega di successive ricostruzioni. Il Cosmo — il Noumeno— non ha
nulla a che fare con le relazioni causali del mondo fenomenico. Solo riferendosi all’Anima
intracosmica, al Cosmo ideale nell’immutabile Pensiero Divino, possiamo dire: “Non vi è
mai stato un principio e non vi sarà mai una fine”. Per quanto riguarda il suo corpo, o
organizzazione cosmica, benché non si possa dire che vi sia stata una prima costruzione o che
ve ne sarà mai un’ultima, tuttavia, ad ogni nuovo Manvantara, la sua organizzazione può
essere considerata come la prima e l’ultima di quel tipo, poiché esso evolve ogni volta su un
piano superiore. Anni fa fu affermato che:
La Dottrina Esoterica, come il Buddhismo e il Brâhmanesimo, e persino il Cabalismo, insegna che
l’Essenza unica, infinita e sconosciuta, è esistita ed esiste da tutta l’eternità, ed è passiva o attiva in successioni
regolari ed armoniche. Nel linguaggio poetico di Manu, queste condizioni sono chiamate i Giorni e le Notti di
Brahmâ. Quest’ultimo è o “sveglio” o “addormentato”. Gli Svâbhâvika, o filosofi della più antica Scuola di
Buddhismo che esiste ancora in Nepal, speculano soltanto sulla condizione attiva di questa “essenza”, che essi
chiamano Svabhâvat, e ritengono insensato teorizzare sul potere astratto ed “inconoscibile” nella sua condizione
passiva. Essi quindi sono chiamati atei tanto dai teologi cristiani quanto dagli scienziati moderni, che non
comprendono la logica profonda della loro filosofia. I teologi non vogliono ammettere altro Dio all’infuori della
personificazione delle potenze secondarie che hanno elaborato l’universo visibile e che, per loro, sono divenute
il Dio antropomorfico dei cristiani - lo Jehovah maschile ruggente fra lampi e tuoni. Da parte sua, la scienza
razionalista vede nei buddhisti e negli Svâbhâvika i “Positivisti” delle età arcaiche. Se si osserva questa filosofia
da un lato solo, i nostri materialisti, dal loro punto di vista, possono aver ragione. I buddhisti sostengono che
non vi è un Creatore, ma un numero infinito di potenze creatrici, che formano collettivamente la sostanza unica
ed eterna, la cui essenza è imperscrutabile e non può, di conseguenza, essere un soggetto di speculazione per un
vero filosofo. Socrate rifiutò sempre di discutere sul mistero dell’essere universale e, tuttavia, nessuno lo accusò
mai di Ateismo, se si eccettuano coloro che miravano alla sua distruzione. La Dottrina Segreta dice che
all’inizio di un periodo attivo ha luogo un’espansione di questa Essenza Divina dall’esterno all’interno e
dall’interno all’esterno, in conformità della legge eterna ed immutabile; e l’universo fenomenico o visibile è il
risultato ultimo della lunga catena di forze cosmiche messe progressivamente in moto. E così, tornando alla
condizione passiva, l’Essenza Divina si contrae, e l’opera anteriore della creazione viene gradatamente e
progressivamente annullata. L’universo visibile si disintegra, i suoi materiali si disperdono e “la tenebra”
solitaria e unica aleggia ancora una volta sulla faccia dell’abisso.” Per usare una metafora tolta dai libri segreti e
adatta a rendere l’idea ancora più chiara, un’espirazione dell’“essenza sconosciuta” produce il mondo, ed una
inspirazione lo fa scomparire. Questo processo è in azione da tutta l’eternità, e il nostro universo attuale non è
che uno delle infinite serie che non hanno princìpio e che non avranno mai fine.2
1
I Nominalisti, argomentando con Berkeley che “è ugualmente impossibile farsi un’idea astratta del movimento separato dal
corpo che si muove” (Principles of Human Knowledge, Introd., paragrafo 10) potranno domandare: “Che cos’è quel corpo
produttore di quel movimento? È una sostanza? Allora voi credete in un Dio Personale? ecc.”. Noi risponderemo più avanti,
in una parte successiva di quest’opera; frattanto proclamiamo il nostro diritto di Concezionalisti, in opposizione alle vedute
materialistiche di Roscelini sul Realismo e sul Nominalismo. Edward Clodd, uno dei suoi migliori difensori, domanda: “Ha
la scienza rivelato qualche cosa che svaluti o si opponga alle antiche parole che contengono l’essenza di tutte le Religioni,
passate, presenti o future: agire giustamente, essere misericordiosi e camminare umilmente davanti al proprio Dio?” E noi
siamo d’accordo, purché non si attribuisca alla parola Dio il grossolano antropomorfismo che forma ancora l’ossatura della
nostra Teologia attuale, ma la concezione simbolica di quello che è la Vita e il Movimento dell’Universo, perché conoscere
ciò nell’ordine fisico è conoscere il tempo passato, presente e futuro nella successione dei fenomeni; conoscerlo nell’ordine
morale è conoscere ciò che è stato, che è, e che sarà nella Coscienza umana” (Vedi: “Science and the Emotions”, un
Discorso tenuto a South Place Chapel, Finsbury, Londra, il 27 dicembre 1885).
2
H. P. Blavatsky, Iside Svelata, II°, pag. 264–265.
28
Questa citazione sarà spiegata il più esaurientemente possibile in quest’opera.
Sebbene non contenga nulla di nuovo per gli orientalisti, la sua interpretazione esoterica può
contenere molte cose fino ad oggi completamente sconosciute agli studiosi occidentali.
La prima figura è un semplice disco ◯ . La seconda, nel simbolo arcaico, è un disco
☉
con un punto al centro, prima differenziazione nelle manifestazioni periodiche della
Natura eterna, senza sesso ed infinita, “Aditi in QUELLO”,1 o lo Spazio potenziale entro lo
spazio astratto. Nella terza fase il punto si trasforma in un diametro
.Questo è il simbolo
della Madre-Natura divina ed immacolata, nell’Infinità assoluta che abbraccia tutto. Allorché
questo diametro orizzontale è attraversato da un altro verticale,
abbiamo la Croce
Terrena. L’umanità ha raggiunto la sua terza Razza-Radice; è il segno dell’origine della Vita
umana. Quando la circonferenza scompare e lascia solo la croce +, è il segno che la caduta
dell’uomo nella materia è compiuta, ed ha inizio la Quarta Razza. La croce nel cerchio
simboleggia il puro Panteismo; quando la croce non è circoscritta, il segno diviene fallico.
Aveva lo stesso significato, come pure altri, come un Tau iscritto nel cerchio,
, o come un
“martello di Thor”, la così detta croce Jaina, o Svastika, dentro al cerchio
.
Il terzo simbolo,
il cerchio diviso in due da un diametro orizzontale — serviva a
indicare la prima manifestazione della Natura creatrice, ancora passiva perché femminile. La
prima vaga percezione dell’uomo, per quanto riguarda la procreazione, è femminile, poiché
l’uomo conosce meglio sua madre che suo padre. Per questo motivo le divinità femminili
erano considerate più sacre di quelle maschili. La Natura, dunque, è femminile e, fino ad un
certo punto, oggettiva e tangibile; e il Princìpio Spirito che la feconda è celato.2 Aggiungendo
una linea perpendicolare al diametro orizzontale del cerchio, veniva formato il tau,
la più
antica forma di questa lettera. Era il glifo della terza Razza-Radice fino al giorno della sua
caduta simbolica, cioè quando ebbe luogo la separazione dei sessi per evoluzione naturale;
allora la figura divenne
, o la vita asessuata, modificata o separata — un doppio glifo o
simbolo. Con le sotto-razze della nostra Quinta Razza esso divenne in simbologia il Sacr’ e
in ebraico N’cabvah, delle Razze formate per prime;3 poi esso si trasformò nell’egiziano
l’emblema della vita, e più tardi ancora nel segno di Venere ♀. Viene quindi la Svastika (il
martello di Thor, o “Croce Ermetica”), che essendo interamente separata dal suo cerchio
diviene così puramente fallica. Il simbolo esoterico del Kali Yuga è la stella rovesciata a
cinque punte,
, con le sue due punte (corni) voltate verso il cielo, il segno della
stregoneria umana, posizione che ogni occultista riconoscerà appartenere alla Magia della
“mano sinistra” ed usata in magia cerimoniale.
1
Rig Veda.
Secondo quanto dicono i matematici occidentali ed alcuni cabalisti americani, anche nella Cabala “il valore del nome di
Jehovah è quello del diametro di un cerchio”. Aggiungete a ciò che Jehovah è il terzo Sephiroth, Binâh, un nome femminile,
ed avrete la chiave del mistero. Grazie a delle trasformazioni cabalistiche, questo nome, androgino nei primi capitoli del
Genesi, diviene, trasformandosi, interamente maschile, Cainita e fallico. L’idea di scegliere una divinità fra gli dèi pagani e
farne uno speciale Dio nazionale, chiamandolo “l’Unico Dio vivente”, il “Dio degli Dèi”, e di proclamare allora questo culto
monoteistico, non basta a cambiare questa divinità nel Princìpio UNICO, la cui “Unità non ammette moltiplicazioni,
cambiamenti o forma”, specialmente nel caso di una divinità priapica, come è dimostrato adesso essere Jehovah.
3
Vedi l’interessante opera The Source of Measures (1875, pp. 236-37), in cui l’autore spiega il vero significato del termine
Sacr’, da cui sono derivati “sacro” e “sacramento”, parole divenute sinonimi di “santità”, quantunque puramente falliche.
[L’effettivo passo dell’opera di J. Ralston Skinner, The Source of Measures (pag. 236) è: “Il fallo è il veicolo di
enunciazione; e in verità, come il sacr, o portatore del germe, il suo uso è stato trasmesso attraverso le ère al sacr-factum dei
sacerdoti romani, e al sacr-fice e sacr-ment della razza che parla inglese.” H. P. B. tratta lo stesso soggetto nel Volume II°,
pag. 467, nota. – Da una Nota di B. de Zirkoff].
2
29
È da sperare che l’attenta lettura di quest’opera modifichi le idee del pubblico,
generalmente errate, sul Panteismo. È un errore ed un’ingiustizia considerare i buddhisti e gli
occultisti advaiti come atei. Se non sono tutti filosofi, essi sono però tutti profondamente
logici, e le loro obiezioni ed i loro argomenti sono basati su un rigoroso ragionamento.
Infatti, se prendiamo il Parabrahman degli indù quale rappresentante delle divinità celate e
senza nome delle altre nazioni, vediamo che questo Princìpio assoluto è il prototipo da cui
derivarono tutte le altre. Parabrahman non è “Dio” perché egli non è un Dio. “È ciò che è
supremo e non supremo (paravara)”.1 Esso è “supremo” quale Causa, non come effetto.
Parabrahman è semplicemente quale “Realtà senza Secondo”, il Cosmo che contiene tutto - o
piuttosto lo Spazio cosmico infinito - naturalmente nel senso spirituale più elevato. Brahman
(neutro), essendo la radice immutabile, pura, libera, incorruttibile e suprema, “l’Unica vera
Esistenza, Paramârthika” e l’assoluto Chit e Chaitanya (Intelligenza, Coscienza), non può
essere un conoscitore “perché QUELLO non può avere alcun oggetto di conoscenza”. Può la
Fiamma essere chiamata l’essenza del Fuoco? Questa essenza è “la Vita e la Luce
dell’Universo; il fuoco visibile e la fiamma sono distruzione, morte e male”. “Il Fuoco e la
Fiamma distruggono il corpo di un Arhat, la loro essenza lo rende immortale.”2 “La
conoscenza dello Spirito assoluto, come lo splendore del sole, o come il calore del fuoco, non
è altro che l’Essenza assoluta stessa”, dice Shankarâchârya. ESSO è lo “Spirito del Fuoco”,
non il fuoco stesso; perciò “gli attributi di quest’ultimo, calore o fiamma, non sono quelli
dello Spirito, ma di ciò di cui questo Spirito è la causa inconscia.” Non è forse questa frase la
vera nota fondamentale della successiva filosofia dei Rosacroce? Parabrahman è, in breve,
l’aggregato collettivo del Cosmo nella sua infinità ed eternità, il “QUELLO” e il “QUESTO”, ai
quali non si possono applicare aggregati distributivi.3 “In princìpio QUESTO era il Sé, uno
solo”,4 ed il grande Shankarâchârya spiega che “QUESTO” si riferisce all’Universo (Jagat),
poiché il termine “In princìpio” significa prima della riproduzione dell’Universo fenomenico.
Perciò, quando i panteisti, facendo eco alle Upanishad, affermano, come la Dottrina
Segreta, che “Questo” non può creare, non negano un creatore, o piuttosto un aggregato
collettivo di creatori, ma rifiutano semplicemente, e molto logicamente, di attribuire la
“creazione”, e specialmente la formazione — cioè qualche cosa di finito — ad un Princìpio
Infinito. Per essi Parabrahman è una Causa passiva — perché assoluta, il Mukta
incondizionato. Essi gli rifiutano soltanto l’onniscienza e l’onnipotenza limitate, perché
questi sono ancora degli attributi riflessi nelle percezioni dell’uomo; e perché Parabrahman,
essendo il TUTTO Supremo, lo Spirito e l’Anima per sempre invisibili della Natura,
immutabile ed eterno, non può avere attributi, poiché il termine Assolutezza esclude
naturalmente ogni rapporto con l’idea di finito e di condizionato. Quando i vedantini
affermano che gli attributi appartengono semplicemente alla sua emanazione, chiamandola
Îshvara plus Mâyâ e Avidyâ (Agnosticismo e Mancanza di Conoscenza, piuttosto che
Ignoranza), è difficile trovare qualsiasi Ateismo in questa concezione.5 Poiché non vi
possono essere né due Infiniti né due Assoluti in un Universo che si suppone sia illimitato,
questa Auto-Esistenza può essere difficilmente considerata come ciò che crea personalmente.
Per i sensi e per le percezioni degli esseri finiti, QUELLO è il Non-Essere, essendo l’unica
Esseità; poiché, in questo TUTTO, giace celata la sua emanazione coeterna e coeva, o
1
Mândûkya Upanishad, I, 28.
Bodhimür, Libro II. (Consiste nella traduzione mongola abbreviata del Lamrin di Je Tsonkhapa, N.d.T.)
3
Vedi Vedânta Sâra [1881] tradotto da Major G. A. Jacob; e The Aphorisms of Shândilya, tradotto da E. B. Cowell, pag. 42.
4
Aitareya Upanishad.
5
Nondimeno, gli orientalisti cristiani, prevenuti e piuttosto fanatici, vorrebbero provare che questo è puro Ateismo. Come
prova di ciò, vedi il Vedânta Sâra del Maggiore Jacob. Tuttavia, l’intera antichità fa eco a questo pensiero puramente
vedantino, come ritiene Lucrezio: “Omnis enim per se divom natura necesse est Immortali ævo summa cum pace fruatur”.
(È necessariamente della natura degli dei fruire dell’immortalità insieme alla massima pace).
2
30
radiazione inerente che, divenendo periodicamente Brahmâ (il Potere maschile-femminile), si
espande nell’Universo manifestato. “Nârâyana, muovendosi sulle Acque [astratte] dello
Spazio” viene trasformato nelle Acque della sostanza concreta da lui messa in movimento,
che diviene adesso il Verbo manifestato o Logos.
I Brâhmani ortodossi, quelli che più si scagliano contro i Panteisti e gli Advaita, che
essi definiscono atei, sono costretti, se Manu ha qualche autorità in materia, ad accettare la
morte di Brahmâ, il Creatore, al termine di ogni Età di questa divinità – cento anni divini,
periodo che, per essere espresso nei nostri anni solari, richiede un numero di quindici cifre.
Tuttavia i loro filosofi considerano questa “morte” soltanto come una sparizione temporanea
dal piano dell’esistenza manifestata, o come un riposo periodico.
Gli occultisti sono dunque d’accordo con i filosofi vedantini advaita su questa
dottrina. Essi dimostrano l’impossibilità di accettare, dal punto di vista filosofico, l’idea del
TUTTO assoluto che crea, o perfino, che evolve l’Uovo d’Oro, nel quale si dice che egli
penetri allo scopo di trasformarsi in Brahmâ, il creatore, che ulteriormente espande se stesso
negli dèi e in tutto l’Universo visibile. Essi dicono che l’Unità assoluta non può trasformarsi
in Infinità, perché Essa presuppone l’estensione illimitata di qualcosa e la durata di questo
qualcosa; e il Tutto Uno – cioè lo Spazio – che è la sua sola rappresentazione mentale e fisica
su questa terra, o nostro piano di esistenza, non è né un oggetto né un soggetto di percezione.
Se si potesse supporre che il Tutto eterno ed infinito, l’Unità onnipresente, anziché esistere
nell’eternità, divenisse, attraverso manifestazioni periodiche, un Universo molteplice o una
personalità multipla, questa Unità cesserebbe di essere tale. L’affermazione di Locke che “il
puro spazio non è capace né di resistenza né di moto”, è errata. Lo Spazio non è né un “vuoto
illimitato” né una “pienezza condizionata”, ma contiene sia l’uno che l’altra. Questo Spazio,
essendo, sul piano dell’astrazione assoluta, la Divinità per sempre inconoscibile, è vuoto
soltanto per le menti finite;1 ed essendo, sul piano della percezione mâyâvica, il Plenum, il
Contenitore assoluto di tutto ciò che esiste, manifestato e non manifestato, è, di conseguenza,
quel TUTTO ASSOLUTO. Non vi è differenza fra il detto dell’Apostolo cristiano : “In Lui noi
viviamo, ci muoviamo e abbiamo la nostra esistenza”2, e quello del Rishi indù : “L’Universo
vive in Brahmâ, procede da Brahmâ e ritornerà a Brahmâ”, perché Brahman (neutro), il non
manifestato, è quell’Universo in abscondito, e Brahmâ, il manifestato, è il Logos,
rappresentato nei dogmi simbolici ortodossi come maschio-femmina.3 Il Dio dell’ApostoloIniziato e del Rishi è, contemporaneamente, lo Spazio invisibile e quello visibile. Lo Spazio è
chiamato, nel simbolismo esoterico, il “ Madre-Padre Eterno dalle Sette Pelli”. Esso è
composto di sette strati, dalla sua superficie non differenziata a quella differenziata.
“Che cosa è quello che era, è, e sarà, che vi sia un Universo o non vi sia; che vi siano
dèi o non ve ne siano?” si chiede il Catechismo esoterico Senzar. La risposta è: lo “Spazio”.
Non è il Dio unico e sconosciuto onnipresente nella Natura, o la Natura in abscondito,
che è respinto; ma è il “Dio” del dogma umano ed il suo “Verbo” umanizzato. L’uomo, nella
sua infinita presunzione e conseguente orgoglio e vanità, ha formato egli stesso il proprio Dio
con mano sacrilega, con materiali trovati nella sua piccola materia cerebrale; e l’ha imposto
ai suoi simili come una rivelazione diretta dello SPAZIO unico non rivelato.4
1
Gli stessi nomi delle due principali divinità, Brahmâ e Vishnu, dovrebbero aver suggerito da lungo tempo il loro significato
esoterico. Perché Brahman, o Brahm, deriva, secondo alcuni, dalla radice brih “crescere” o “espandersi” (Vedi: Calcutta
Review, vol. lxvi, p. 14); e quella di Vishnu è vish, pervadere, entrare nella natura dell’essenza; Brahmâ-Vishnu essendo
quindi questo Spazio Infinito di cui gli Dèi, i Rishi, i Manu e tutto ciò che esiste in questo Universo, sono semplicemente le
Potenze (Vibhûtayah). [Vishnu Purâna, Libro III, 1.].
2
[Atti xvii, 28]
3
Vedere il racconto del Manu su Brahmâ che separa il suo corpo in maschio e femmina; quest’ultima parte è la femmina
Vâch nella quale egli crea Virâj, e paragonare ciò con l’esoterismo dei Cap. II, III e IV del Genesi.
4
L’Occultismo è veramente nell’aria” alla fine di questo nostro secolo. Fra molte altre opere recentemente pubblicate, ne
raccomandiamo una, specialmente agli studiosi di Occultismo teorico che non vogliano avventurarsi al di là del regno
31
L’occultista accetta la rivelazione come proveniente da Esseri divini per quanto
ancora finiti, le Vite manifestate, e mai dalla VITA UNICA non manifestata; da quelle Entità
chiamate Uomo Primordiale, Dhyâni-Buddha o Dhyân-Chohan, i “Rishi-Prajâpati” degli
indù, gli Elohim o “Figli di Dio” degli ebrei, gli Spiriti Planetari di tutte le nazioni, divenuti
Dèi per gli uomini.
L’occultista considera pure l’Âdi-Shakti - l’emanazione diretta di Mûlaprakriti, la
Radice eterna di QUELLO e l’aspetto femminile della Causa Creatrice, Brahmâ, sotto la forma
âkâshica di Anima Universale; filosoficamente, come una Mâyâ e come la causa della Mâyâ
umana. Ma questo modo di vedere non gli impedisce di credere alla sua esistenza fino a
quando essa dura, cioè per un Mahâmanvantara; né di impiegare praticamente l’Âkâsha, la
radiazione di Mûlaprakriti,1 perché l’Anima del mondo è collegata a tutti i fenomeni naturali,
conosciuti o sconosciuti alla scienza.
Le più vecchie Religioni del mondo — exotericamente, perché la loro radice o base
esoterica è unica — sono quelle degli indiani, dei mazdei e degli egiziani. Poi viene quella
dei caldei, derivata dalle precedenti, e adesso interamente perduta per il mondo attuale,
eccetto la parte della sua deformazione nel Sabeanismo, scoperta recentemente dagli
archeologi.
Quindi, trascurando le numerose Religioni di cui parleremo più tardi, arriviamo a
quella ebraica che, esotericamente, segue le orme della Magia babilonese, come nella Cabala;
ed exotericamente è un insieme di leggende allegoriche come nel Genesi e nel Pentateuco. I
primi quattro capitoli del Genesi, letti alla luce dello Zohar, sono i frammenti di una pagina
altamente filosofica della cosmogonia del mondo.2 Lasciati nella loro veste simbolica non
sono che un racconto di fate, una brutta spina nel fianco della scienza e della logica, un
effetto evidente del karma. Farli servire da prologo al Cristianesimo fu una crudele vendetta
da parte dei Rabbini, che conoscevano meglio il significato del loro Pentateuco. Fu una
speciale del nostro piano umano. Si intitola New Aspects of Life and Religion (1866) del Dr. Henry Pratt, medico e membro
della S.T. Questo libro è pieno di dogmi esoterici e di filosofia; però questa è piuttosto limitata, nelle sue conclusioni, da ciò
che sembra essere uno spirito di positivismo condizionato. Tuttavia quanto è detto relativamente allo Spazio come della
“Causa Prima Sconosciuta”, merita di essere citato: “Questo qualche cosa di sconosciuto, così riconosciuto e identificato con
la primitiva personificazione dell’unità semplice, è invisibile ed impalpabile [certo, come spazio astratto]: quindi, essendo
invisibile ed impalpabile, è inconoscibile. E questa inconoscibilità ha condotto all’errore di supporlo come un semplice
vuoto, una semplice capacità ricettiva. Ma anche considerato come un vuoto assoluto, bisogna ammettere che lo spazio è
esistente per se stesso, infinito ed eterno, oppure che esso ha avuto una prima causa esterna, dietro e al di là di se stesso.
Pertanto, se una tale causa potesse essere trovata e definita, ciò condurrebbe soltanto a trasferire ad essa gli attributi che
altrimenti ritornerebbero allo spazio; e non farebbe che allontanare ulteriormente le difficoltà dell’origine, senza ottenere
nessuna nuova luce intorno alla causa primitiva” (Op. cit., pag. 5).
Questo è precisamente quanto hanno fatto i credenti in un creatore antropomorfico, in un Dio extra-cosmico, anziché in un
Dio intra-cosmico. Possiamo dire che la maggior parte delle vedute del dr. Pratt, sono vecchie idee e teorie cabalistiche che
egli presenta sotto una veste moderna — in realtà “nuovi aspetti” dell’Occulto nella Natura. Tuttavia lo Spazio, considerato
come una”Unità Sostanziale” — “vivente Fonte di Vita” — come la Causa Sconosciuta e Senza Causa, è il più antico dogma
nell’Occultismo, anteriore di millenni e millenni al Pater-Æther dei greci e dei latini. Così come “Forza e Materia, quali
Potenze dello Spazio, inseparabili, e rivelatrici sconosciute dell’Inconoscibile”. Esse si trovano tutte nella Filosofia ariana,
personificate da Vishvakarman, Indra, Vishnu, ecc. Tuttavia esse sono espresse molto filosoficamente e sotto numerosi ed
insoliti aspetti nell’opera in questione.
1
In opposizione all’Universo manifestato della materia, il termine Mûlaprakriti (da mûla, radice, e prakriti, natura), o la
Materia primordiale non manifestata, chiamata dagli alchimisti occidentali Terra di Adamo, è applicata dai vedantini a
Parabrahman. La Materia è duale nella Metafisica religiosa, e settenaria negli insegnamenti esoterici, come tutto il resto
nell’Universo. Come Mûlaprakriti, essa è indifferenziata ed eterna; come Vyakta essa diviene differenziata e condizionata,
secondo la Shvetâshvatara, Upanishad, I, 8 e il Devî Bhâgavata Purâna. L’autore delle quattro conferenze sulla Bhagavad
Gîta, parlando di Mûlaprakriti, dice: “Dal suo [del Logos] punto di vista oggettivo, Parabrahman appare ad esso sotto
l’aspetto di Mûlaprakriti... Naturalmente questa Mûlaprakriti è materiale per lui, come ogni oggetto materiale è materiale per
noi...Parabrahman è una realtà incondizionata ed assoluta, e Mûlaprakriti è una specie di velo gettato su di esso” (The
Theosophist, VIII, febbraio 1887, pag. 304).
2
[Questo riferimento è al Volume III della sua magnum opus, che fu pubblicato incompleto e postumo. In questo riferimento
ella menziona un titolo, e cioè “La Gupta-Vidyâ e lo Zohar”. Ciò si riferisce al testo contenuto nelle Sezioni XX e seguenti
del “Volume III” pubblicato nel 1897, e che consiste di una miscellanea di scritti di H. P. B. -Nota di B. de Zirkoff.]
32
silenziosa protesta contro la spoliazione di cui erano stati vittime; e gli ebrei hanno
certamente ragione sui loro tradizionali persecutori. I suddetti credi exoterici saranno spiegati
più avanti alla luce della dottrina universale.
Il Catechismo Occulto contiene le seguenti domande e risposte:
“Che cosa è ciò che è sempre?” - “Lo Spazio, l’eterno Anupâdaka.” [Senza Genitori]
- “Che cosa è ciò che fu sempre?” “Il Germe nella Radice.” “Che cosa è ciò che va e viene
continuamente?” - “Il Grande Soffio.” - “Vi sono dunque tre Eterni?” - “No, i tre sono uno.
Ciò che è sempre è uno, ciò che fu sempre è uno, ciò che sempre è e sempre diverrà è pure
uno: e questo è lo Spazio.”
“Spiega, o Lanu, [discepolo].”- “L’uno è un Cerchio [Anello] ininterrotto, senza
circonferenza, perché esso è dappertutto ed in nessun luogo; l’Uno è il Piano illimitato del
Cerchio, che manifesta un Diametro soltanto durante i periodi manvantarici; l’Uno è il
Punto indivisibile che non si trova in nessun luogo, percepito ovunque durante quei periodi;
è la Verticale e l’Orizzontale, il Padre e la Madre, la sommità e la base del Padre, le due
estremità della Madre, che non raggiungono in realtà nessun luogo, perché l’Uno è l’Anello
come pure gli Anelli che sono in quell’Anello. È la luce nelle Tenebre e le Tenebre nella
Luce: il “Soffio che è eterno”. Esso procede dall’esterno all’interno, quando è ovunque; e
dall’interno all’esterno, quando non è in nessun luogo — (cioè Mâyâ,1 uno dei centri).2 Esso
si espande e si contrae [esalazione ed inalazione]. Quando si espande, la Madre si diffonde e
si dissemina; quando si contrae, la Madre si ritira e si raccoglie. Ciò produce i periodi di
Evoluzione e di Dissoluzione, Manvantara e Pralaya. Il Germe è invisibile e ardente: la
Radice [il piano del Cerchio] è fredda, ma durante l’Evoluzione e il Manvantara, la sua
veste è fredda e radiante. Il Soffio caldo è il Padre che divora la progenie dell’Elemento
dalle molteplici facce [eterogeneo], e lascia quelli che hanno solo una faccia [omogeneo]. Il
Soffio freddo è la Madre che li concepisce, li forma, li alleva e li riprende nel suo seno, per
riformarli all’Aurora [del Giorno di Brahmâ o Manvantara.]
Affinché il lettore comprenda meglio, diremo subito che la Scienza Occulta afferma
l’esistenza di sette Elementi cosmici — quattro interamente fisici ed il quinto (Etere) semimateriale; quest’ultimo diverrà visibile nell’aria verso la fine della nostra Quarta Ronda, per
regnare supremo sugli altri elementi durante tutta la Quinta. Gli altri due sono assolutamente
al di là della possibilità della percezione umana. Questi ultimi, tuttavia, appariranno come
presentimenti durante la Sesta e Settima Razza della Ronda attuale e saranno pienamente
conosciuti rispettivamente nella Sesta e Settima Ronda.3 Questi sette Elementi, con i loro
1
La Filosofia Esoterica, considerando ogni cosa finita come Mâyâ (o l’illusione dell’ignoranza), deve necessariamente
considerare alla stessa stregua tutti i pianeti e corpi intra-cosmici, poiché essi sono qualcosa di organizzato, dunque di finito.
La frase, quindi, “esso procede dall’esterno all’interno, ecc.”, si riferisce, nella sua prima parte, all’aurora di ogni
Mahâmanvantara, o grande rivoluzione dopo una delle complete dissoluzioni periodiche di ogni forma composta della
Natura, dal pianeta alla molecola, nella sua essenza ultima, o elemento; e nella seconda parte, al Manvantara parziale o
locale, che può essere solare o planetario.
2
“Centro” significa qui un centro di energia o un Fuoco cosmico. Quando la cosiddetta “creazione” o formazione di un
pianeta è compiuta da quella forza che gli occultisti chiamano Vita e la scienza “Energia”, allora il processo ha luogo
dall’interno all’esterno; è detto che ogni atomo contiene in se stesso 1’energia creatrice del Soffio divino. E, mentre dopo un
Pralaya Assoluto, quando il materiale preesistente consiste di un Elemento Unico ed il Soffio “è ovunque”, quest’ultimo
agisce dall’esterno all’interno: dopo un Pralaya minore, essendo tutto rimasto allo status quo - in uno stato di
raffreddamento, per così dire, come la luna — allora al primo fluttuare del Manvantara, il pianeta, o i pianeti, cominciano la
loro resurrezione alla vita dall’interno all’esterno.
3
È interessante osservare come nell’evoluzione ciclica delle idee, il pensiero antico sembra riflettersi nelle speculazioni
moderne. Herbert Spencer aveva letto e studiato gli antichi filosofi indù quando scrisse certi brani dei suoi First Principles?
(p. 482). O fu un lampo indipendente di percezione interiore che gli fece dire, in parte a torto, in parte a ragione: “il
33
innumerevoli sotto-elementi, assai più numerosi di quelli conosciuti dalla scienza, sono
soltanto delle modificazioni condizionali e degli aspetti dell’Elemento UNICO e solo.
Quest’ultimo non è l’Etere,1 e nemmeno l’Âkâsha, ma la sorgente di ambedue. Il quinto
Elemento, ammesso attualmente dalla scienza, non è l’Etere delle ipotesi di Newton, —
quantunque lui gli dia questo nome, associandolo probabilmente nel suo pensiero con Æther,
il “Padre-Madre” dell’antichità. Egli dice intuitivamente:
“La Natura lavora perpetuamente in modo circolare, generando fluidi da solidi, cose
fisse da cose volatili, cose volatili da cose fisse, cose sottili da cose grossolane, e cose
grossolane da cose sottili... Così forse tutte le cose possono aver avuto origine dall’Etere”.2
Il lettore non deve dimenticare che le Stanze trattano solamente della Cosmogonia del
nostro sistema planetario e di ciò che è visibile intorno ad esso, dopo un Pralaya Solare. Gli
insegnamenti segreti concernenti l’evoluzione del Cosmo Universale non possono essere
impartiti perché non potrebbero essere compresi neppure dalle menti più elevate della nostra
èra; e sembra che vi siano pochissimi Iniziati, anche fra i più avanzati, ai quali sia permesso
di speculare su questo argomento. Inoltre i Maestri dichiarano chiaramente che nemmeno i
più avanzati Dhyân Chohan hanno penetrato i misteri al di là delle frontiere che separano le
miriadi di sistemi solari da quello che è chiamato il Sole Centrale. Così, quanto verrà detto
adesso si riferisce soltanto al nostro Cosmo visibile, dopo una Notte di Brahmâ.
Prima che il lettore prenda in considerazione le Stanze del Libro di Dzyan, che
formano la base di quest’opera, è assolutamente necessario che egli conosca i pochi concetti
fondamentali sottostanti che pervadono l’intero sistema di pensiero, sul quale richiamiamo la
sua attenzione. Queste idee fondamentali sono poche, ma dalla loro chiara acquisizione
dipende la comprensione di tutto ciò che segue; perciò lo invitiamo a studiare profondamente
tali princìpi prima di iniziare lo studio dell’opera stessa. La Dottrina Segreta stabilisce quindi
tre proposizioni fondamentali:
I. Un PRINCÍPIO onnipresente, eterno, illimitato ed immutabile, sul quale ogni
speculazione è impossibile, poiché trascende il potere dell’umana concezione e non potrebbe
essere che diminuito da ogni espressione o paragone. Esso è al di là dell’orizzonte e della
portata del pensiero o, secondo le parole della Mândûkya Upanishad, “inconcepibile e
indescrivibile”. [verso 7]
Per comprendere più chiaramente queste idee, è necessario che il lettore parta dal
postulato dell’esistenza di una Realtà Unica Assoluta, che precede ogni essere manifestato e
condizionato. Questa Causa infinita ed eterna, vagamente formulata nell’“Inconscio” e
nell’“Inconoscibile” dell’attuale filosofia europea— è la radice senza radice di “tutto ciò che
fu, è, e sempre sarà”. Essa è naturalmente priva di ogni attributo, ed è essenzialmente senza
movimento, come la materia, essendo fissi in quantità [?], sembrerebbe che il cambiamento da esso effettuato nella
distribuzione della materia, giungendo ad un limite, in qualsiasi direzione si svolga [?], sia indistruttibile e necessiti allora di
una distribuzione inversa. Apparentemente, le forze dell’attrazione e della repulsione universalmente coesistenti che, come
abbiamo visto, necessitano di un ritmo in tutti i cambiamenti minori attraverso l’Universo, necessitano pure di ritmo nella
totalità dei loro cambiamenti; e producono adesso un incommensurabile periodo durante il quale le forze di attrazione,
essendo predominanti, causano una concentrazione universale; e quindi un altro incommensurabile periodo in cui le
predominanti forze di repulsione causano una diffusione universale, cioè ère alternate di evoluzione e di dissoluzione”.
1
Qualunque sia il modo di vedere della scienza fisica su questo soggetto, la Scienza Occulta ha insegnato da secoli che
l’Âkâsha (di cui l’Etere è la forma più grossolana), il quinto Princìpio cosmico universale — al quale corrisponde e dal quale
procede il Manas umano — è cosmicamente una materia radiante, fredda, diatermica e plastica; creatrice nella sua natura
fisica, correlativa nelle sue parti e nei suoi aspetti più grossolani, ed immutabile nei suoi princìpi superiori. Nella condizione
creativa essa è chiamata Sotto-Radice, e in congiunzione con il calore radiante richiama “i mondi morti alla vita”. Nel suo
aspetto superiore è l’Anima del Mondo; nel suo aspetto inferiore: il Distruttore.
2
[La Lettera di Sir Isaac Newton a Henry Oldenburg, in data 7 dicembre 1675, ed intitolata “Un’ipotesi che spiega le
Proprietà della Luce trattate in miei diversi scritti”. Vedi Registro della Royal Society, Vol. 5, pag. 65.]
34
alcuna relazione con l’Essere manifestato o finito. È “l’Esseità” piuttosto che “Essere”, in
Sanscrito Sat, ed è al di là di ogni speculazione o pensiero.
Nella Dottrina Segreta questa “Esseità” è simboleggiata sotto due aspetti: primo, lo
Spazio Astratto assoluto, rappresentante la pura soggettività, la sola cosa che nessuna mente
umana può escludere da qualsiasi concezione né concepire di per sé. Secondo, il Movimento
Astratto assoluto, rappresentante la Coscienza Incondizionata. Perfino i nostri Pensatori
occidentali hanno dimostrato che la coscienza è per noi inconcepibile se distinta dal
cambiamento, e che il movimento è il miglior simbolo del cambiamento stesso, la sua
caratteristica essenziale. Quest’ultimo aspetto della Realtà unica è pure simboleggiato
dall’espressione il “Grande Soffio”; simbolo abbastanza espressivo da non richiedere
ulteriori spiegazioni. Quindi il primo assioma fondamentale della Dottrina Segreta è questa
metafisica ESSEITÀ UNA ed ASSOLUTA — simboleggiata dall’intelligenza limitata quale
Trinità teologica. Tuttavia possono essere date alcune spiegazioni complementari per aiutare
lo studioso.
Herbert Spencer ha recentemente modificato il proprio Agnosticismo, tanto da
affermare che la natura della “Causa Prima”,1 che l’occultista più logicamente fa derivare
dalla “Causa Senza Causa”, l’“Eterno” e l’“Inconoscibile” — può essere essenzialmente la
stessa di quella della coscienza che sorge dentro di noi: cioè che la Realtà impersonale che
pervade il Cosmo è il puro noumeno del pensiero. Questo suo progresso lo conduce assai
vicino alle dottrine esoteriche vedantine.2 Parabrahman, la Realtà Unica, l’Assoluto, è il
campo della Coscienza Assoluta; cioè quell’Essenza che è al di fuori di ogni relazione con
l’esistenza condizionata, e di cui l’esistenza cosciente è un simbolo condizionato. Ma quando
scendiamo nel pensiero da questa (per noi) Negazione Assoluta, entra in giuoco la dualità nel
contrasto fra Spirito (o Coscienza) e Materia, fra Soggetto ed Oggetto.
Lo Spirito (o Coscienza) e la Materia devono, tuttavia, essere considerati non come
delle realtà indipendenti, ma come i due simboli o aspetti dell’Assoluto, Parabrahman, che
costituiscono le basi dell’Essere condizionato, sia soggettivo che oggettivo.
Se consideriamo questa triade metafisica come la Radice da cui procede ogni
manifestazione, il Grande Soffio assume il carattere dell’Ideazione pre-cosmica. È la fons et
origo della Forza e di ogni Coscienza individuale, e fornisce l’intelligenza che dirige il vasto
schema dell’Evoluzione cosmica.
Inoltre, la sostanza fondamentale pre-cosmica (Mûlaprakriti) è quell’aspetto
dell’Assoluto sottostante ad ogni piano oggettivo della Natura. Come l’Ideazione precosmica è la radice di ogni Coscienza individuale, così la Sostanza pre-cosmica è il substrato
della materia nei suoi diversi gradi di differenziazione.
Da ciò apparirà che il contrasto di questi due aspetti dell’Assoluto è essenziale
all’esistenza dell’Universo manifestato. Separata dalla Sostanza Cosmica, l’Ideazione
Cosmica non potrebbe manifestarsi come Coscienza individuale, perché è soltanto attraverso
un veicolo (upâdhi) di materia che la Coscienza scaturisce quale “Io sono Io”, essendo
necessaria una base fisica per concentrare un raggio della Mente Universale ad un certo
1
L’espressione “Primo” presuppone naturalmente qualche cosa che “si manifesta per primo”, il “primo nel tempo, nello
spazio, nel grado” — e, quindi, finito e condizionato. Il “primo” non può essere assoluto perché è una manifestazione.
Perciò l’Occultismo orientale chiama il Tutto Astratto “la Causa Unica Senza Causa”, la “Radice Senza Radice” e limita
l’espressione “Causa Prima” al Logos, nel senso che Platone dà a questo vocabolo.
2
Vedi le erudite Conferenze di T. Subba Row sulla Bhagavad Gîtâ, nel Theosophist, Vol. VIII, febbraio, marzo, aprile,
luglio 1887.
35
grado di complessità. A sua volta, separata dall’Ideazione Cosmica, la Sostanza Cosmica
resterebbe un’astrazione vuota e non ne potrebbe risultare alcuna apparizione di Coscienza.
L’Universo Manifestato è dunque pervaso dalla dualità che è, per così dire, l’essenza
stessa della sua Esistenza come Manifestazione. Ma come i poli opposti di soggetto e di
oggetto, di spirito e materia, non sono che aspetti dell’Unità Unica nella quale essi sono
sintetizzati, così nell’Universo Manifestato vi è “quello” che collega lo Spirito alla Materia, il
Soggetto all’Oggetto.
Questo qualcosa, attualmente sconosciuto alla speculazione occidentale, è chiamato
Fohat dagli occultisti. È il “ponte” per mezzo del quale le Idee esistenti nel “Pensiero
Divino” sono impresse nella Sostanza Cosmica quali Leggi di Natura. Fohat è così l’energia
dinamica dell’Ideazione Cosmica, oppure, se lo si considera da un altro punto di vista, è il
mezzo intelligente, il potere che guida ogni manifestazione, il Pensiero Divino trasmesso e
reso manifesto dai Dhyân Chohan,1 gli Architetti del mondo visibile. Così, dallo Spirito, o
Ideazione Cosmica, deriva la nostra Coscienza; dalla Sostanza Cosmica provengono i diversi
veicoli nei quali quella Coscienza è individualizzata e perviene all’auto-Coscienza o
Coscienza riflettente; mentre Fohat, nelle sue diverse manifestazioni, è il misterioso legame
tra la Mente e la Materia, il princìpio animatore che elettrifica ogni atomo dandogli vita. Il
riassunto seguente darà al lettore un’idea più chiara.
(1) L’ASSOLUTEZZA: il Parabrahman dei vedantini o la Realtà Unica, SAT, che è,
come dice Hegel, tanto l’Essere Assoluto quanto il Non-Essere.
(2) Il Primo Logos: il Logos impersonale, e, in filosofia, l’Immanifestato, il
precursore del Manifestato. Questo è la “Causa Prima”, “l’Inconscio” dei panteisti europei.
(3) Il Secondo Logos: Spirito-Materia, Vita; “lo Spirito dell’Universo,” Purusha e
Prakriti.
(4) Il Terzo Logos: l’Ideazione Cosmica, Mahat o Intelligenza, l’Anima Universale
del Mondo; il Noumeno Cosmico della Materia, la base delle operazioni intelligenti nella
Natura, chiamato anche Mahâ-Buddhi.
La REALTÀ UNICA; il suo aspetto duplice nell’Universo condizionato.
La Dottrina Segreta afferma inoltre:
II. L’Eternità dell’Universo in toto come un piano illimitato, che periodicamente è “il
campo di innumerevoli Universi che si manifestano e spariscono incessantemente”, chiamati
le “Stelle che si manifestano” e le “Scintille dell’Eternità”. “L’Eternità del Pellegrino2 è
come il battere di ciglia dell’occhio dell’Auto-Esistenza”, come la esprime il Libro di Dzyan.
“L’apparizione e la sparizione dei Mondi è simile al flusso ed al riflusso regolare della
marea”.
Questa seconda asserzione della Dottrina Segreta è l’assoluta universalità di quella
legge di periodicità, o flusso e riflusso, crescita e declino, che la scienza fisica ha osservato e
constatato in tutti i dipartimenti della natura. L’alternarsi del giorno e della notte, della vita e
della morte, del sonno e della veglia, è un fatto così comune, così perfettamente universale e
1
Chiamati, nella Teologia Cristiana: Arcangeli, Serafini, ecc.
Il “Pellegrino” è il nome dato alla nostra Monade (I due in uno) durante il suo ciclo di incarnazione. È’ il solo Princìpio
immortale ed eterno in noi, essendo una parte indivisibile del tutto integrale — lo Spirito Universale, dal quale esso emana e
nel quale è assorbito alla fine del ciclo. Dicendo che esso emana dallo Spirito Unico si usa un’espressione scorretta ed
impropria, ma l’espressione esatta manca nelle lingue occidentali. I vedantini lo chiamano Sûtrâtmâ [il Filo dell’Anima], ma
la loro spiegazione differisce alquanto da quella degli occultisti. Sta tuttavia ai vedantini stessi spiegare la differenza.
2
36
senza eccezioni, che è facile capire come in essa si riveli una delle Leggi assolutamente
fondamentali dell’Universo. Inoltre la Dottrina Segreta insegna:
III. L’identità fondamentale di tutte le Anime con la Super-Anima Universale,
essendo essa stessa un aspetto della Radice Sconosciuta; ed il pellegrinaggio obbligatorio di
ogni Anima — scintilla della prima — attraverso il Ciclo dell’Incarnazione, o di Necessità,
durante l’intero periodo, secondo la Legge ciclica e karmica. In altre parole, nessuna Buddhi
(Anima divina) puramente spirituale può avere un’esistenza cosciente, indipendente, prima
che la scintilla scaturita dalla pura Essenza del Sesto Princìpio Universale - o SUPER-ANIMA sia:
(a) passata attraverso ogni forma elementale del mondo fenomenico di quel
Manvantara; e
(b) abbia acquisito l’individualità, prima per impulso naturale e poi mediante sforzi
personali, volontari e risoluti, regolati dal suo Karma, passando quindi attraverso tutti i gradi
dell’intelligenza, dal Manas inferiore a quello superiore, dal minerale alla pianta, salendo
così fino al più santo degli Arcangeli (Dhyâni-Buddha). La dottrina fondamentale della
Filosofia Esoterica non ammette privilegi né doni speciali per l’uomo, salvo quelli acquisiti
dal proprio Ego con sforzi e meriti personali, attraverso una lunga serie di metempsicosi e di
reincarnazioni. È per questo che gli indù dicono che l’Universo è Brahman e Brahmâ;
essendo Brahman in ogni atomo dell’Universo, poiché i sei princìpi della Natura derivano
tutti quali aspetti variamente differenziati — dal SETTIMO ed UNICO Princìpio, che è l’unica
Realtà dell’Universo, sia cosmico che microcosmico; ed anche perché le permutazioni
psichiche, spirituali e fisiche, sul piano della manifestazione e della forma, del Sesto
Princìpio (Brahmâ, il veicolo di Brahman), sono considerate, per antifrasi metafisica, come
illusorie e mâyâviche. Poiché, quantunque la radice di ogni atomo individualmente, e di ogni
forma collettivamente, sia quel Settimo Princìpio o Unica Realtà, tuttavia, sotto la sua
apparenza manifestata, fenomenica e temporanea, non è che un’effimera illusione dei nostri
sensi.
Nella sua assolutezza, il Princìpio Unico, sotto i suoi due aspetti, Parabrahman e
Mûlaprakriti, è asessuato, incondizionato ed eterno. La sua emanazione periodica
manvantarica - o radiazione primordiale - è pure Una, androgina e fenomenicamente finita.
Quando questa emanazione irradia a sua volta, tutte le sue radiazioni sono anch’esse
androgine, ma divengono princìpi maschili e femminili nei loro aspetti inferiori. Dopo un
Pralaya, sia grande che minore — il quale ultimo lascia i mondi in status quo1 — il primo a
risvegliarsi alla vita è la plastica Âkâsha, Padre-Madre, lo Spirito e l’Anima dell’Etere, o il
piano sulla superficie del Cerchio. Lo Spazio è chiamato Madre prima della sua attività
cosmica; e Padre-Madre al primo stadio del suo risveglio. Anche nella Cabala esso è PadreMadre-Figlio. Ma mentre nella Dottrina orientale questi sono il Settimo Princìpio
dell’Universo Manifestato, o il suo Âtmâ-Buddhi-Manas (Spirito-Anima-Intelligenza), la
Triade si ramifica e si divide nei sette princìpi cosmici e nei sette princìpi umani; mentre
nella Cabala occidentale dei mistici cristiani, è la Triade o Trinità e, secondo i loro occultisti,
il Jehovah maschio-femmina, Jah-Havah. È in ciò che consiste tutta la differenza fra la
Trinità esoterica e quella cristiana.
I mistici ed i filosofi, i panteisti d’Oriente e d’Occidente sintetizzano la loro Triade
pregenetica nella pura astrazione divina. Gli ortodossi la antropomorfizzano. Hiranyagarbha,
1
Non sono gli organismi fisici, e ancora meno i loro princìpi psichici, che rimangono in statu quo, durante i grandi Pralaya
cosmici o anche solari, ma soltanto le loro “fotografie” âkâshiche o astrali.- Ma durante i Pralaya minori, una volta sorpresi
dalla “Notte”, i pianeti rimangono intatti, per quanto morti, come un grosso animale preso e sepolto sotto i ghiacci polari
rimane intatto per secoli e secoli.
37
Hari e Shankara — le tre ipostasi dello “Spirito dello Spirito Supremo” che si manifesta, con
il cui titolo Prithivî, la Terra, saluta Vishnu come suo primo Avatâra - sono le qualità astratte
puramente metafisiche della Formazione, della Preservazione e della Distruzione; e sono le
tre divine Avasthâ (Ipostasi) di “ciò che non perisce con le cose create”, Achyuta, un nome di
Vishnu; mentre il cristiano ortodosso separa la sua personale Divinità creatrice nelle tre
Persone della Trinità e non ammette una Divinità superiore. Quest’ultima, nell’occultismo, è
il Triangolo astratto, mentre per l’ortodosso è il Cubo perfetto.
Il dio creatore, o piuttosto la collettività degli dèi creatori, sono considerati dai filosofi
orientali come Bhrântidarshanatah, “false apparenze”, qualche cosa di “concepito, a causa di
apparenze erronee, come una forma materiale”, ed essi spiegano che tale idea deriva dalla
concezione illusoria dell’Anima umana egoista e personale (quinto princìpio inferiore).
Ciò è espresso magnificamente in una nuova traduzione del Vishnu Purâna di F. Hall.
“Questo Brahmâ, nella sua totalità, possiede essenzialmente l’aspetto di Prakriti, tanto
evoluta quanto non evoluta [Mûlaprakriti]; e anche l’aspetto di Spirito e l’aspetto di Tempo.
Lo Spirito, o due volte nato, è l’aspetto dominante del supremo Brahmâ.1 Il successivo è un
aspetto duplice — Prakriti, tanto evoluta che non evoluta — e il Tempo è l’ultimo”.
Crono è rappresentato nella Teogonia orfica anche come un dio creato o agente.
A questo stadio di risveglio dell’Universo, il simbolismo sacro lo rappresenta come
un Cerchio perfetto con il Punto (Radice) nel centro. Questo segno era universale e lo
troviamo anche nella Cabala. Tuttavia la Cabala occidentale, attualmente nelle mani dei
mistici cristiani, lo ignora interamente, quantunque esso sia chiaramente dimostrato nello
Zohar. Questi settàri cominciano dalla fine e danno come simbolo del Cosmo pre-genetico
, chiamandolo “l’Unione della Rosa e della Croce”, il grande mistero della generazione
occulta; da qui il nome di Rosacrociani (Rosa Croce)!
Ciò viene dimostrato da uno dei più importanti e meglio conosciuti dei loro simboli,
simbolo che non è stato fino ad ora compreso neppure dai mistici moderni. Si tratta del
“Pellicano” che si squarcia il petto per nutrire i suoi sette piccoli — il vero credo dei Fratelli
Rosacroce, derivante direttamente dalla Dottrina Segreta orientale.
Brahman (neutro) è chiamato Kâlahamsa che significa, secondo gli orientalisti
occidentali, il Cigno Eterno (o oca), e così pure Brahmâ, il Creatore. Questo pone in evidenza
un grande errore: è di Brahman (neutro) che si dovrebbe parlare come Hamsa-vâhana (quello
che usa il Cigno come proprio Veicolo), e non di Brahmâ il Creatore, che è il vero
Kâlahamsa, mentre Brahman (neutro) è Hamsa, e A-hamsa, come verrà spiegato nei
Commentari. Si ricordi che i termini Brahmâ e Parabrahman vengono adoperati qui non
perché appartengono alla nostra nomenclatura esoterica, ma semplicemente perché sono più
familiari agli studiosi occidentali. Entrambi sono l’equivalente perfetto dei nostri termini ad
una, a tre, ed a sette vocali, che stanno a significare il TUTTO UNO e l’Uno “Tutto in Tutto”.
Tali sono le concezioni fondamentali sulle quali poggia la Dottrina Segreta.
Non sarebbe il caso di prendere qui le difese o di dare le prove della loro inerente
ragionevolezza; né posso soffermarmi adesso a dimostrare che, in realtà, esse sono contenute
in qualsiasi sistema di pensiero o di filosofia degno di tale nome, per quanto troppo spesso
presentate sotto una forma erronea. Quando il lettore ne avrà acquisita la chiara
1
Così Spencer, che tuttavia come Schopenhauer e von Hartmann, non fa che riflettere un aspetto degli antichi filosofi
esoterici, trasporta i suoi lettori sulla fredda riva della disperazione agnostica, e formula rispettosamente il grande mistero:
“Ciò che resta immutabile in quantità, quantunque sempre mutevole nella forma, sotto queste apparenze sensibili che ci
presenta l’Universo, è un potere sconosciuto ed inconoscibile, che noi siamo obbligati a riconoscere come illimitato nello
Spazio e senza princìpio né fine nel Tempo”. È solamente la Teologia ardita, e mai la scienza o la filosofia — che cerca di
scandagliare l’Infinito e di svelare l’Insondabile e l’Inconoscibile.
38
comprensione e realizzata la luce che esse proiettano su qualsiasi problema della vita, non
avrà bisogno di ulteriori giustificazioni, poiché la loro verità sarà divenuta per lui tanto
evidente quanto il sole che splende in cielo. Passerò quindi senz’altro al soggetto trattato
nelle Stanze esposte in questo Volume, facendolo precedere da un rapido e sintetico
riepilogo, sperando con ciò di facilitare il compito allo studioso; e riassumerò in poche parole
il concetto generale spiegato nelle Stanze stesse.
La storia dell’Evoluzione Cosmica, come è stata tracciata nelle Stanze è, per così dire,
la formula algebrica astratta di quell’evoluzione. Perciò lo studioso non deve aspettarsi di
trovarvi un resoconto di tutti gli stadi e di tutte le trasformazioni sopravvenute fra i primi
inizi dell’Evoluzione Universale ed il nostro stato attuale. Dare un tale resoconto sarebbe
tanto impossibile per noi, quanto sarebbe incomprensibile a individui incapaci di
comprendere perfino la natura del piano di esistenza successivo a quello a cui, per il
momento, la loro Coscienza è limitata.
Le Stanze quindi danno una formula astratta che può essere applicata, mutatis mutandis, a
tutta l’evoluzione: a quella della nostra piccola terra, a quella della catena di pianeti di cui la
nostra terra fa parte, all’universo solare al quale quella catena planetaria appartiene, e così
via, in una scala ascendente, finché la mente vacilla e si arresta esausta per lo sforzo.
Le Sette Stanze esposte in questo Volume rappresentano i sette termini di questa
formula astratta; si riferiscono ai sette grandi stadi del processo evolutivo e li descrivono. Di
essi si parla nei Purâna come delle “Sette Creazioni”, e nella Bibbia come dei “ Giorni” della
Creazione.
La Stanza I descrive lo stato dell’UNO-TUTTO durante il Pralaya, anteriore alla prima
vibrazione della Manifestazione in procinto di risvegliarsi.
Un istante di riflessione ci farà capire come di un simile stato possa essere dato
soltanto un simbolo, essendo impossibile ogni descrizione. Inoltre, esso può essere
simboleggiato solo negativamente, poiché, essendo lo stato dell’Assoluto per se, non può
possedere nessuno di quegli attributi specifici che servono a descrivere gli oggetti in termini
positivi. Quindi tale stato può essere soltanto indicato dalla negazione di tutti gli attributi più
astratti che l’uomo sente, più che concepisce, come gli estremi limiti raggiungibili dal suo
potere di concezione.
La Stanza II descrive uno stadio che, per una mente occidentale, è quasi identico a
quello descritto nella Stanza I, e quindi, per esprimere l’idea della loro differenza,
occorrerebbe un apposito trattato. Bisogna quindi lasciare all’intuizione ed alle facoltà
superiori del lettore il compito di afferrare, per quanto gli sarà possibile, il significato delle
frasi allegoriche usate. È necessario ricordarsi infatti, che tutte queste Stanze fanno appello
più alle facoltà interiori che all’ordinaria comprensione del cervello fisico.
La Stanza III descrive il Risveglio dell’Universo alla Vita dopo il Pralaya. Descrive
l’emergenza delle “Monadi” dal loro stato di assorbimento nell’Uno, il primo ed il più alto
stadio nella formazione dei mondi – poiché il termine Monade può applicarsi tanto al più
vasto Sistema Solare quanto al più piccolo atomo.
La Stanza IV espone la differenziazione del “Germe” dell’Universo nella Gerarchia
Settenaria dei Poteri Divini coscienti, che sono le manifestazioni attive dell’Energia Suprema
Una. Essi sono i modellatori, i plasmatori ed infine i creatori di tutto l’Universo manifestato,
e ciò nell’unico senso intelligibile della parola “creatore”. Essi lo informano e lo guidano;
sono gli Esseri intelligenti che regolano e controllano l’Evoluzione, sono le manifestazioni
incarnate della Legge Una, da noi conosciute come “Leggi di Natura”. Genericamente essi
39
sono conosciuti con il nome di Dhyân Chohan, benché, nella Dottrina Segreta, ciascun
gruppo abbia la propria denominazione particolare. Nella mitologia indù questo stadio
dell’evoluzione è chiamato la “Creazione degli Dèi”.
La Stanza V descrive il processo della formazione dei mondi. Prima, la Materia
Cosmica diffusa, quindi, “l’Igneo Turbine “, primo stadio della formazione della nebulosa.
Questa nebulosa si condensa e, dopo essere passata attraverso varie trasformazioni, forma un
Universo Solare, una Catena Planetaria o un singolo Pianeta, secondo i casi.
La Stanza VI indica gli stadi successivi della formazione di un “Mondo” e descrive
l’evoluzione di un tale Mondo fino al suo grande quarto periodo, che corrisponde a quello in
cui viviamo attualmente.
La Stanza VII continua la narrazione e descrive la discesa della Vita fino all’apparire
dell’Uomo; e qui ha fine il Primo Volume della Dottrina Segreta.
L’evoluzione dell’“Uomo”, dal suo primo apparire sulla Terra in questa Ronda, fino
allo stato in cui si trova attualmente, formerà il soggetto del Volume II°.
Le Stanze che formano la tesi di ciascuna sezione sono riprodotte nella loro versione
moderna, poiché sarebbe inutile rendere ancora più difficile tale soggetto con l’introdurre la
fraseologia arcaica dell’originale, con le sue parole ed il suo stile enigmatici. Diamo pure
alcuni estratti di traduzioni dal Cinese, dal Tibetano e dal Sanscrito del testo originale Senzar,
dei Commentari e delle Glosse tratte dal Libro di Dzyan — estratti presentati per la prima
volta in linguaggio europeo. È quasi superfluo dire che solo una parte delle sette Stanze è
presentata in quest’opera; se fossero pubblicate per intero resterebbero incomprensibili a
tutti, eccetto che ad alcuni profondi occultisti. E neppure l’autrice, o meglio, l’umile
trascrittrice, capirebbe quei passaggi proibiti. Onde facilitare la lettura dell’opera ed evitare le
note troppo frequenti, si è creduto opportuno porre gli uni accanto agli altri i testi e le glosse,
usando, se necessario, i nomi sanscriti e tibetani invece di quelli originali, tanto più che tutti
quei termini sono sinonimi accettati, essendo gli altri usati soltanto fra un Maestro e i suoi
Chelâ (o discepoli).
Così, se si volesse tradurre usando soltanto i termini impiegati in una delle versioni
tibetane e Senzar, si dovrebbe leggere il Verso I come segue:
“Tho-ag in Zhi-gyu dormì sette Khorlo. Zodmanas zhiba. Tutto Nyug seno. Konchhog non; Thyan-Kam non; Lha-Chohan non; Tenbrel Chugnyi non; Darmakâya cessò;
Tgenchang non divenne; Barnang e Ssa in Ngovonyidj; solo Tho-og Yinsin nella notte di
Sun-chan e Yong-Grub [Paranishpanna], ecc.
Un vero Abracadabra. Siccome quest’opera è stata scritta allo scopo di istruire gli
studiosi di Occultismo, e non per i filologi, vorremmo evitare tali termini stranieri il più
possibile. Solo i vocaboli intraducibili verranno lasciati nella loro forma sanscrita e ne verrà
spiegato il significato. Il lettore si ricorderà che questi sono quasi sempre lo sviluppo più
recente di quest’ultima lingua, ed appartengono alla Quinta Razza-Radice. Il Sanscrito
conosciuto attualmente non era parlato dagli Atlantidei, e la maggior parte dei termini
filosofici usati nei sistemi dell’India del periodo posteriore al Mahâbhârata, non si trovano
nei Veda e neppure nelle Stanze originali, ma solo i loro equivalenti. Il lettore non teosofo
può, se lo desidera, considerare tutto ciò che segue come un racconto di fate, o, per lo meno,
come una speculazione di sognatori non ancora dimostrata, o anche come una nuova ipotesi
40
aggiunta alle tante altre scientifiche, di ogni epoca passata, presente e futura, alcune delle
quali già respinte, altre tuttora in attesa di un giudizio. Ad ogni modo queste teorie sono tanto
scientifiche quanto le altre, e certamente più filosofiche e più attendibili.
In vista dei moltissimi commenti e spiegazioni richieste, i riferimenti alle note a piè di
pagina sono dati nella maniera usuale, mentre le frasi da commentare sono segnate da lettere.
Un materiale addizionale si troverà nei Capitoli sul Simbolismo, che sono spesso più
esaurienti di informazioni dei Commentari stessi.
___________
41
PARTE I
L’EVOLUZIONE COSMICA
______
SETTE STANZE, TRADOTTE CON I COMMENTARI,
DA
IL “LIBRO DI DZYAN”
42
Niente esisteva; né il cielo luminoso
Né l’immensa volta celeste al di sopra delle nostre teste.
Cosa vi era per coprire tutto? Per tutto proteggere?
Per tutto celare?
Era forse l’abisso insondabile delle acque?
Non esisteva morte — eppure niente era immortale,
Nessun limite fra il giorno e la notte;
L’Uno solo respirava senza Respiro, di per se stesso;
Dopo, niente altro vi fu all’infuori di lui.
Regnavano le Tenebre e tutto al princìpio era velato,
In un’oscurità profonda — oceano senza luce.
Il germe che dormiva ancora nel suo involucro
Sbocciò, quale natura una, sotto l’influenza
del calore ardente.
..................................
Chi conosce il segreto? Chi l’ha qui proclamato?
Da dove è sorta questa creazione multiforme?
Gli Dèi stessi vennero più tardi in esistenza.
Chi sa da dove è sorta questa immensa creazione?
Chi conosce ciò che le ha dato origine?
Se la Sua volontà creò o rimase muta,
Il più alto Veggente che è nei cieli
Lo sa — o forse nemmeno lui lo sa.1
Spingendo lo sguardo nell’eternità….
Prima della fondazione del mondo
………………………………………
Tu eri. E quando la Fiamma sotterranea
Spezzerà la sua prigione e distruggerà la forma…
Tu sarai ancora come eri prima,
E non conoscerai Cambiamento quando il Tempo non sarà più.
O pensiero senza fine! divina Eternità!2
Rig Veda (Colebrooke)
1
2
[Rig-Veda, Mandala X, 129, 1-7, citato in History of Ancient Sanskrit Literature, di Max Müller, Londra, 1859, pag. 564.]
[John Gay (1685-1732), A Thought on Eternity]
43
PARTE I
L’EVOLUZIONE COSMICA
______
SETTE STANZE, TRADOTTE CON I COMMENTARI,
DA IL “LIBRO DI DZYAN”
L’EVOLUZIONE COSMICA
da
LE STANZE DI DZYAN
STANZA I
1. L’ETERNA GENITRICE, AVVOLTA NELLE SUE VESTI ETERNAMENTE INVISIBILI, ERA
RIMASTA SOPITA ANCORA UNA VOLTA PER SETTE ETERNITÀ.
2. IL TEMPO NON ERA, POICHÉ GIACEVA DORMIENTE NEL SENO INFINITO DELLA DURATA.
3. LA MENTE UNIVERSALE NON ERA, POICHÉ NON VI ERANO AH-HI PER CONTENERLA.
4. LE SETTE VIE ALLA BEATITUDINE NON ERANO. LE GRANDI CAUSE DEL DOLORE NON
ERANO, POICHÉ NON VI ERA ALCUNO PER PRODURLE ED ESSERNE IRRETITO.
5. LE TENEBRE SOLE RIEMPIVANO IL TUTTO ILLIMITATO, POICHÉ PADRE, MADRE E FIGLIO
ERANO NUOVAMENTE UNO, ED IL FIGLIO NON SI ERA ANCORA RISVEGLIATO PER LA NUOVA
RUOTA E PER IL SUO PELLEGRINAGGIO SU DI ESSA.
6. I SETTE SUBLIMI SIGNORI E LE SETTE VERITÀ AVEVANO CESSATO DI ESSERE, E
L’UNIVERSO, FIGLIO DELLA NECESSITÀ, ERA IMMERSO IN PARANISHPANNA, PRONTO AD
ESSERE ESALATO DA CIÒ CHE È, EPPURE NON É. NIENTE ESISTEVA.
7. LE CAUSE DELL’ESISTENZA ERANO STATE ABOLITE: IL VISIBILE CHE FU E L’INVISIBILE
CHE É, RIPOSAVANO NELL’ETERNO NON-ESSERE, L’ESSERE UNICO.
8 . SOLA, L’UNICA FORMA DI ESISTENZA SI ESTENDEVA ILLIMITATA, INFINITA, INCAUSATA,
NEL SONNO SENZA SOGNI, E LA VITA PULSAVA INCONSCIA NELLO SPAZIO UNIVERSALE,
ATTRAVERSO QUELLA ONNIPRESENZA, CHE É PERCEPITA DALL’OCCHIO APERTO DI
DANGMA.
9. MA DOVE ERA DANGMA QUANDO L’ÂLAYA DELL’UNIVERSO ERA IN PARAMÂRTHA, E LA
GRANDE RUOTA ERA ANUPÂDAKA?
44
STANZA II
1. ….. DOVE ERANO I COSTRUTTORI, I FIGLI LUMINOSI DELL’AURORA MANVANTARICA? ...
NELLA TENEBRA IGNOTA, NEI LORO AH-HI PARANISHPANNA. I PRODUTTORI DELLA FORMA
DALLA NON-FORMA — LA RADICE DEL MONDO — LA DEVAMÂTRI E SVABHÂVAT
RIPOSAVANO NELLA BEATITUDINE DEL NON-ESSERE.
2. DOVE ERA IL SILENZIO? DOVE GLI ORECCHI PER PERCEPIRLO? NO, NON VI ERA NÉ
SILENZIO NÉ SUONO; NIENTE, SALVO L’INCESSANTE SOFFIO ETERNO, CHE NON CONOSCE SE
STESSO.
3. L’ORA NON ERA ANCORA SCOCCATA; IL RAGGIO NON AVEVA ANCORA DARDEGGIATO
NEL GERME; LA MÂTRIPADMA NON ERA ANCORA DIVENUTA TURGIDA.
4. IL SUO CUORE NON SI ERA ANCORA APERTO PER LASCIARE ENTRARE IL RAGGIO UNICO, E
QUINDI CADERE, COME TRE NEL QUATTRO, NEL GREMBO DI MÂYÂ.
5. I SETTE NON ERANO ANCORA NATI DALLA TRAMA DI LUCE. LE TENEBRE SOLE ERANO
PADRE-MADRE, SVABHÂVAT; E SVABHÂVAT ERA NELLE TENEBRE.
6. QUESTI DUE SONO IL GERME, ED IL GERME É UNO. L’UNIVERSO ERA TUTTORA CELATO
NEL PENSIERO DIVINO E NEL SENO DIVINO.
45
STANZA III
1. ….L’ULTIMA VIBRAZIONE DELLA SETTIMA ETERNITÀ FREME ATTRAVERSO
L’INFINITUDINE. LA MADRE SI GONFIA, ESPANDENDOSI DALL’INTERNO ALL’ESTERNO, COME
IL BOCCIOLO DEL LOTO.
2. LA VIBRAZIONE SI PROPAGA, TOCCANDO CON LA SUA RAPIDA ALA L’INTERO UNIVERSO
ED IL GERME CHE DIMORA NELLA TENEBRA, LA TENEBRA CHE ALITA SULLE SOPITE ACQUE
DELLA VITA.
3. LA TENEBRA IRRADIA LA LUCE, E LA LUCE LASCIA CADERE UN RAGGIO SOLITARIO
NELLE ACQUE, NELLA PROFONDITÀ-MADRE. IL RAGGIO DARDEGGIA ATTRAVERSO L’UOVO
VERGINE; IL RAGGIO CAUSA UN FREMITO NELL’UOVO ETERNO, ED ESSO LASCIA CADERE IL
GERME NON-ETERNO CHE SI CONDENSA NELL’UOVO DEL MONDO.
4. I TRE CADONO NEI QUATTRO. L’ESSENZA RADIANTE DIVENTA SETTE ALL’INTERNO E
SETTE ALL’ESTERNO. L’UOVO LUMINOSO, CHE IN SE STESSO É TRE, SI COAGULA, E SI
ESPANDE IN GRUMI BIANCO-LATTE PER TUTTE LE PROFONDITÀ DELLA MADRE, LA RADICE
CHE CRESCE NEGLI ABISSI DELL’OCEANO DELLA VITA.
5. LA RADICE RIMANE, LA LUCE RIMANE, I GRUMI RIMANGONO, E TUTTAVIA OEAOHOO È
UNO.
6. LA RADICE DELLA VITA ERA IN OGNI GOCCIA DELL’OCEANO DELL’IMMORTALITÀ, E
L’OCEANO ERA LUCE RADIANTE, LA QUALE ERA FUOCO E CALORE E MOTO. LE TENEBRE
SVANIRONO E NON FURONO PIÙ; SCOMPARVERO NELLA PROPRIA ESSENZA, IL CORPO DI
FUOCO E ACQUA, O PADRE E MADRE.
7. MIRA, O LANU, IL RADIOSO FIGLIO DEI DUE, L’INCOMPARABILE GLORIA FULGENTE, LO
SPAZIO BRILLANTE, FIGLIO DELLO SPAZIO TENEBROSO, CHE EMERGE DALLE PROFODITÀ
DELLE GRANDI ACQUE TENEBROSE. È OEAHOO, IL PIÙ GIOVANE, IL * * *. EGLI RILUCE COME
IL SOLE; EGLI É IL DIVINO FIAMMEGGIANTE DRAGO DI SAGGEZZA; EKA É CHATUR, E CHATUR
PRENDE A SÈ TRI, E L’UNIONE PRODUCE I SAPTA, IN CUI SONO I SETTE, CHE DIVENGONO I
TRIDASHA, LE LEGIONI E LE MOLTITUDINI. MIRALO ALZARE IL VELO E DISPIEGARLO
DALL’ORIENTE ALL’OCCIDENTE. EGLI ESCLUDE IL SOPRA, E LASCIA VISIBILE IL SOTTO COME
GRANDE ILLUSIONE. EGLI SEGNA I POSTI PER I RISPLENDENTI, E TRAMUTA IL SUPERIORE IN
UN MARE DI FUOCO SENZA RIVE, E L’UNO MANIFESTATO NELLE GRANDI ACQUE.
8. DOV’ERA IL GERME E DOV’ERA ORA LA TENEBRA? DOV’É LO SPIRITO DELLA FIAMMA
CHE ARDE NELLA TUA LAMPADA O LANU? IL GERME È QUELLO, E QUELLO È LUCE, IL
BIANCO FIGLIO BRILLANTE DELL’OSCURO PADRE NASCOSTO.
9. LA LUCE È FIAMMA FREDDA, E LA FIAMMA È FUOCO, E IL FUOCO PRODUCE CALORE, IL
QUALE DÀ ACQUA— L’ACQUA DI VITA NELLA GRANDE MADRE.
10. PADRE-MADRE TESSE UNA TELA, IL CUI LEMBO SUPERIORE È FISSATO ALLO SPIRITO, LA
LUCE DELLA TENEBRA UNA, E L’INFERIORE AL SUO ESTREMO OSCURO, LA MATERIA; E
QUESTA TELA È L’UNIVERSO, INTESSUTO DELLE DUE SOSTANZE FATTE IN UNA, CHE È
SVABHÂVAT.
11. LA TELA SI ESPANDE QUANDO IL RESPIRO DI FUOCO LE È SOPRA; SI CONTRAE QUANDO
IL RESPIRO DELLA MADRE LA TOCCA. ALLORA I FIGLI SI DISGIUNGONO E SI DISPERDONO,
PER RITORNARE NEL SENO DELLA LORO MADRE ALLA FINE DEL GRANDE GIORNO, E
RIDIVENTANO UNO CON ESSA. QUANDO SI RAFFREDDA, DIVENTA RADIANTE. I SUOI FIGLI SI
ESPANDONO E SI CONTRAGGONO IN SE STESSI E NEI PROPRI CUORI; ESSI ABBRACCIANO
L’INFINITUDINE.
12. ALLORA SVABHÂVAT MANDA FOHAT A CONSOLIDARE GLI ATOMI. OGNUNO È UNA
PARTE DELLA TELA. RIFLETTENDO COME UNO SPECCHIO IL “SIGNORE CHE ESISTE PER SÉ”,
OGNUNO A SUA VOLTA DIVIENE UN MONDO.
46
STANZA IV
1. … ASCOLTATE, O FIGLI DELLA TERRA, I VOSTRI ISTRUTTORI — I FIGLI DEL FUOCO.
IMPARATE, NON VI È NÉ PRIMO NÉ ULTIMO, POICHÉ TUTTO È UN NUMERO, EMERSO DAL
NON-NUMERO.
2. IMPARATE CIÒ CHE NOI, DISCENDENTI DAI SETTE PRIMORDIALI, NOI NATI DALLA
FIAMMA PRIMORDIALE, ABBIAMO IMPARATO DAI NOSTRI PADRI......
3. DAL FULGORE DELLA LUCE — IL RAGGIO DELL’ETERNA TENEBRA — BALZARONO NELLO
SPAZIO LE ENERGIE RISVEGLIATE; L’UNO DALL’UOVO, I SEI ED I CINQUE. QUINDI I TRE,
L’UNO, I QUATTRO, L’UNO, I CINQUE — I DUE VOLTE SETTE, LA SOMMA TOTALE. E QUESTI
SONO LE ESSENZE, LE FIAMME, GLI ELEMENTI, I COSTRUTTORI, I NUMERI, GLI ARÛPA, I RÛPA,
E LA FORZA, O L’UOMO DIVINO, LA SOMMA TOTALE. E DALL’UOMO DIVINO EMANARONO LE
FORME, LE SCINTILLE, GLI ANIMALI SACRI ED I MESSAGGERI DEI PADRI SACRI ENTRO I
QUATTRO SANTI.
4. QUESTO ERA L’ESERCITO DELLA VOCE, LA DIVINA MADRE DEI SETTE. LE SCINTILLE DEI
SETTE SONO SOTTOPOSTE E SONO SERVE DEL PRIMO, DEL SECONDO, DEL TERZO, DEL
QUARTO, DEL QUINTO, DEL SESTO E DEL SETTIMO DEI SETTE. QUESTE SONO CHIAMATE
SFERE, TRIANGOLI, CUBI, LINEE E MODELLATORI; POICHÉ COSÌ STA L’ETERNO NIDÂNA —
L’OI-HA-HOU.
5. L’OI-HA-HOU, CHE È TENEBRA, L’ILLIMITATO O IL NON-NUMERO, ÂDI-NIDÂNA
SVABHÂVAT, IL ◯:
I L’ÂDI-SANAT, IL NUMERO, POICHÉ EGLI È UNO.
II LA VOCE DELLLA PAROLA, SVABHÂVAT, I NUMERI, PERCHÉ EGLI È UNO E
NOVE.
III IL “QUADRATO SENZA FORMA”.
E QUESTI TRE, - RACCHIUSI DENTRO IL ◯ SONO I SACRI QUATTRO; E I DIECI SONO
L’UNIVERSO ARÛPA. INDI VENGONO I FIGLI, I SETTE COMBATTENTI, L’UNO, L’OTTAVO
LASCIATO FUORI, ED IL SUO RESPIRO CHE È IL PRODUTTORE DELLA LUCE.
6. POI I SECONDI SETTE, CHE SONO I LIPIKA, PRODOTTI DAI TRE. IL FIGLIO REIETTO È UNO. I
“FIGLI-SOLI” SONO INNUMEREVOLI.
47
STANZA V
1. I SETTE PRIMORDIALI, I PRIMI SETTE RESPIRI DEL DRAGO DI SAGGEZZA, PRODUCONO A
LORO VOLTA, DAI LORO SANTI RESPIRI ROTEANTI, L’IGNEO TURBINE.
2. ESSI FANNO DI LUI IL MESSAGGERO DELLA LORO VOLONTÀ. DZYU DIVIENE FOHAT: IL
RAPIDO FIGLIO DEI FIGLI DIVINI, I CUI FIGLI SONO I LIPIKA, CORRE ORBITE CIRCOLARI.
FOHAT È IL CORSIERO ED IL PENSIERO, È IL CAVALIERE. EGLI PASSA COME IL FULMINE
ATTRAVERSO LE IGNEE NUBI; EGLI FA TRE E CINQUE E SETTE PASSI ATTRAVERSO LE SETTE
REGIONI DI SOPRA E LE SETTE DI SOTTO. EGLI ALZA LA SUA VOCE CHIAMANDO LE
INNUMEREVOLI SCINTILLE E UNENDOLE INSIEME.
3. EGLI È LO SPIRITO CHE LE GUIDA E LE DIRIGE. QUANDO COMINCIA A LAVORARE, EGLI
SEPARA LE SCINTILLE DEL REGNO INFERIORE CHE ONDEGGIANO E FREMONO DI GIOIA NELLE
LORO DIMORE RADIANTI, E NE FORMA I GERMI DELLE RUOTE. EGLI LE COLLOCA NELLE SEI
DIREZIONI DELLO SPAZIO ED UNA NEL MEZZO — LA RUOTA CENTRALE.
4. FOHAT TRACCIA LINEE SPIRALI PER UNIRE LA SESTA ALLA SETTIMA — LA CORONA. UN
ESERCITO DI FIGLI DELLA LUCE STA A CIASCUN ANGOLO, I LIPIKA NELLA RUOTA MEDIANA.
ESSI DICONO: “QUESTO È BUONO.” IL PRIMO MONDO DIVINO È PRONTO, IL PRIMO È ORA IL
SECONDO. ALLORA IL “DIVINO ARÛPA” SI RIFLETTE IN CHHÂYÂ LOKA, IL PRIMO
RIVESTIMENTO DI ANUPÂDAKA.
5. FOHAT FA CINQUE PASSI E COSTRUISCE UNA RUOTA ALATA AD OGNI ANGOLO DEL
QUADRATO PER I QUATTRO SANTI … ED I LORO ESERCITI.
6. I LIPIKA CIRCOSCRIVONO IL TRIANGOLO, IL PRIMO UNO, IL CUBO, IL SECONDO UNO, E IL
PENTACOLO DENTRO L’UOVO. È L’ANELLO DETTO “INVALICABILE” PER COLORO CHE
DISCENDONO ED ASCENDONO. ANCHE PER QUELLI CHE DURANTE IL KALPA
PROGREDISCONO VERSO IL GRAN GIORNO “SII CON NOI”. COSÌ FURONO FORMATI I RÛPA E
GLI ARÛPA: DALL’UNICA LUCE, SETTE LUCI; DA OGNUNA DELLE SETTE, SETTE VOLTE SETTE
LUCI. LE RUOTE VIGILANO L’ANELLO...
48
STANZA VI
1. TRAMITE IL POTERE DELLA MADRE DI MISERICORDIA E DI SAPIENZA, KWAN-YIN — IL
TRIPLO DI KWAN-SHAI-YIN, CHE RISIEDE IN KWAN-YIN-TIEN, FOHAT, IL RESPIRO DELLA
LORO PROGENIE, IL FIGLIO DEI FIGLI, HA FATTO USCIRE DALL’ABISSO INFERIORE LA FORMA
ILLUSORIA DI SIEN-TCHAN E I SETTE ELEMENTI.
2. IL RAPIDO E RADIANTE PRODUCE I SETTE CENTRI LAYA, CONTRO I QUALI NESSUNO
PREVARRÀ FINO AL GRAN GIORNO “SII CON NOI”; E PONE L’UNIVERSO SU QUESTE
FONDAMENTA ETERNE, CIRCONDANDO SIEN-TCHAN CON I GERMI ELEMENTARI.
3. DEI SETTE — PRIMA UNO MANIFESTO, SEI CELATI; DUE MANIFESTI, CINQUE CELATI; TRE
MANIFESTI, QUATTRO CELATI; QUATTRO MOSTRATI, TRE NASCOSTI; QUATTRO ED UNO TSAN
RIVELATI; DUE E MEZZO CELATI; SEI DA ESSERE MANIFESTATI, UNO MESSO DA PARTE.
FINALMENTE, SETTE PICCOLE RUOTE CHE GIRANO, UNA DANDO ORIGINE ALL’ALTRA.
4. EGLI LE COSTRUISCE A SOMIGLIANZA DELLE RUOTE PIÙ ANTICHE, COLLOCANDOLE SUI
CENTRI IMPERITURI.
COME LE COSTRUISCE FOHAT? EGLI RADUNA LA POLVERE IGNEA. EGLI FA GLOBI DI
FUOCO, CORRE ATTRAVERSO E INTORNO A LORO, INFONDENDOVI LA VITA, INDI LI METTE IN
MOTO; ALCUNI IN UN MODO, ALTRI IN UN ALTRO. ESSI SONO FREDDI, EGLI LI FA ROVENTI.
ESSI SONO ASCIUTTI, EGLI LI RENDE UMIDI. ESSI BRILLANO, ED EGLI, VENTILANDO, LI
RAFFREDDA. COSÌ AGISCE FOHAT DA UN CREPUSCOLO ALL’ALTRO, DURANTE SETTE
ETERNITÀ.
5. ALLA QUARTA, AI FIGLI È DETTO DI CREARE LE LORO IMMAGINI. UN TERZO RIFIUTA —
DUE TERZI OBBEDISCONO.
LA MALEDIZIONE È PRONUNCIATA. ESSI NASCERANNO NELLA QUARTA, SOFFRIRANNO E
FARANNO SOFFRIRE. QUESTA È LA PRIMA GUERRA.
6. LE RUOTE PIÙ ANTICHE ROTEARONO VERSO IL BASSO E VERSO L’ALTO..... GLI OVULI
DELLA MADRE RIEMPIVANO IL TUTTO. VI FURONO BATTAGLIE COMBATTUTE FRA I
CREATORI E I DISTRUTTORI, E BATTAGLIE COMBATTUTE PER LO SPAZIO; IL SEME APPARIVA
E RIAPPARIVA CONTINUAMENTE.
7. FÀ I TUOI CALCOLI, O LANU, SE VUOI SAPERE L’ETÀ PRECISA DELLA TUA PICCOLA
RUOTA. IL SUO QUARTO RAGGIO È NOSTRA MADRE. RAGGIUNGI IL QUARTO FRUTTO DEL
QUARTO SENTIERO DI CONOSCENZA CHE CONDUCE AL NIRVÂNA, E COMPRENDERAI, PERCHÉ
VEDRAI...
49
STANZA VII.
1. ECCO IL PRINCÌPIO DELLA VITA INFORME SENZIENTE. PRIMO, IL DIVINO, L’UNO DALLO
SPIRITO-MADRE; POI LO SPIRITUALE; I TRE DALL’UNO; I QUATTRO DALL’UNO, ED I CINQUE,
DAI QUALI I TRE, ED I CINQUE E I SETTE. QUESTI SONO I TRIPLICI, I QUADRUPLI,
DISCENDENDO; I FIGLI NATI DALLA MENTE DEL PRIMO SIGNORE, I SETTE RISPLENDENTI.
SONO ESSI CHE SONO TE, IO, EGLI, O LANU; ESSI CHE VEGLIANO SU DI TE E SU TUA MADRE,
BHÛMI.
2. L’UNICO RAGGIO MOLTIPLICA I RAGGI MINORI. LA VITA PRECEDE LA FORMA, E LA VITA
SOPRAVVIVE ALL’ULTIMO ATOMO. ATTRAVERSO GLI INNUMEREVOLI RAGGI PROCEDE IL
RAGGIO DELLA VITA, L’UNO, COME UN FILO ATTRAVERSO MOLTE PERLE.
3. QUANDO L’UNO DIVENTA DUE, IL TRIPLICE APPARE, ED I TRE SONO UNO; ED È IL NOSTRO
FILO, O LANU, IL CUORE DELLA PIANTA-UOMO, CHIAMATA SAPTAPARNA.
4. È LA RADICE CHE NON MUORE MAI; LA FIAMMA TRILINGUE DAI QUATTRO LUCIGNOLI. I
LUCIGNOLI SONO LE SCINTILLE, CHE TRAGGONO DALLA FIAMMA TRILINGUE SCOCCATA DAI
SETTE — LA LORO FIAMMA; I RAGGI E LE SCINTILLE DI UNA LUNA RIFLESSA NELLE ACQUE
CORRENTI DI TUTTI I FIUMI DELLA TERRA.
5. LA SCINTILLA È ATTACCATA ALLA FIAMMA CON UN SOTTILISSIMO FILO DI FOHAT. ESSA
VIAGGIA ATTRAVERSO I SETTE MONDI DI MÂYÂ. SI FERMA NEL PRIMO, ED È UN METALLO E
UNA PIETRA; PASSA NEL SECONDO, ED ECCO UNA PIANTA; LA PIANTA PASSA ATTRAVERSO
SETTE CAMBIAMENTI, E DIVIENE UN ANIMALE SACRO. DALLA COMBINAZIONE DEGLI
ATTRIBUTI DI QUESTI, MANU, IL PENSATORE È FORMATO. CHI LO FORMA? LE SETTE VITE E
LA VITA UNA. CHI LO COMPLETA? IL QUINTUPLICE LHA. E CHI PERFEZIONA L’ULTIMO
CORPO? IL PESCE, IL PECCATO, E SOMA.....
6. DAL PRIMOGENITO IL FILO TRA IL GUARDIANO SILENZIOSO E LA SUA OMBRA DIVIENE
PIÙ FORTE E RAGGIANTE AD OGNI CAMBIAMENTO. LA LUCE DEL SOLE MATTUTINO È
DIVENUTA LA GLORIA DEL MEZZOGIORNO.....
7. “QUESTA È LA TUA RUOTA ATTUALE”, DISSE LA FIAMMA ALLA SCINTILLA. “TU SEI ME
STESSA, LA MIA IMMAGINE E LA MIA OMBRA. MI SONO RIVESTITA DI TE E TU SARAI IL MIO
VÂHAN FINO AL GIORNO ‘SII CON NOI’, QUANDO TU RIDIVERRAI ME STESSA ED ALTRI, TE
STESSA E ME.” ALLORA I COSTRUTTORI, INDOSSATE LE LORO PRIME VESTI, DISCENDERANNO
SULLA TERRA RADIOSA E REGNERANNO SUGLI UOMINI - CHE SONO LORO STESSI.....
______
[Così ha termine questa parte della narrazione arcaica, oscura, confusa, quasi
incomprensibile. Sarà fatto adesso un tentativo per proiettare luce in questa oscurità e
rendere comprensibili queste frasi che apparentemente sembrano prive di significato.]
50
COMMENTARI
SULLE SETTE STANZE E I LORO TERMINI, SECONDO LA LORO NUMERAZIONE,
IN STANZE E SHLOKA.
STANZA I
1. L’ETERNA GENITRICE,1 AVVOLTA NELLE SUE VESTI ETERNAMENTE INVISIBILI, ERA
RIMASTA SOPITA ANCORA UNA VOLTA PER SETTE ETERNITÀ.
La “Genitrice”, lo Spazio, è la Causa eterna e sempre presente di tutto - la DIVINITÀ
incomprensibile, le cui “Vesti Invisibili” sono la Radice mistica di tutta la Materia e
dell’Universo. Lo Spazio è la sola cosa eterna che possiamo immaginarci più facilmente,
immobile nella sua astrazione e non influenzato né dalla presenza né dall’assenza in esso di
un Universo oggettivo. In qualsiasi senso, esso è senza dimensioni, ed auto-esistente. Lo
Spirito è la prima differenziazione da QUELLO, la Causa senza Causa tanto dello Spirito
quanto della Materia. Come viene insegnato nel Catechismo Esoterico, esso non è né il
“vuoto illimitato” né la “pienezza condizionata”, ma entrambi. Esso è stato e sarà sempre.
Così le “Vesti” rappresentano il noumeno della Materia Cosmica indifferenziata. Non
è la materia come noi la conosciamo, bensì l’essenza spirituale della materia; ed è coeterna, e
perfino una, con lo Spazio nel suo senso astratto.
La Radice-Natura è pure la sorgente delle proprietà sottili, invisibili, della materia
visibile. È, per così dire, l’Anima dello Spirito Unico ed Infinito. Gli indù la chiamano
Mûlaprakriti e dicono che essa è la sostanza primordiale, la base dell’Upâdhi o veicolo di
ogni fenomeno, sia fisico, psichico che mentale. È la sorgente da cui irradia Âkâsha.
Per “Sette Eternità”, si intendono degli eoni o periodi di tempo. La parola “Eternità”,
come è compresa nella Teologia cristiana, non ha alcun significato per l’orecchio asiatico,
tranne che nella sua applicazione all’Esistenza Unica. Il termine “sempiterno”, l’eterno
soltanto nel futuro, non è altro che una denominazione errata.2 Tali termini non esistono e
non possono esistere nella Metafisica filosofica, ed erano sconosciuti prima dell’avvento del
Cristianesimo ecclesiastico. Le Sette Eternità significano sette periodi, o il corrispondente
unico periodo, che ha per durata i sette periodi di un Manvantara, esso dura un Mahâkalpa o
“Grande Età” (100 anni di Brahmâ) e comprende un totale di anni 311.040.000.000.000; ogni
anno di Brahmâ è composto di 360 Giorni e dello stesso numero di Notti di Brahmâ (calcolati
col Chandrâyana o anno lunare); e un Giorno di Brahmâ comprende 4.320.000.000 anni
mortali.
Queste Eternità sono dedotte dai calcoli più segreti, nei quali, per giungere ad un
totale esatto, ogni cifra deve essere 7x, in cui l’esponente varia secondo la natura del ciclo nel
mondo soggettivo o reale; e ciascuna cifra che si riferisce ai diversi cicli, o li rappresenta, —
dal più grande al più piccolo — nel mondo oggettivo o irreale, deve necessariamente essere
multiplo di sette. Non è possibile dare la chiave di tali operazioni, perché in essa è contenuto
il mistero dei calcoli esoterici e non avrebbe quindi alcun significato per i calcoli comuni.
1
Lo Spazio.
Nel Libro II, cap. VIII, del Vishnu Purâna è detto: “Per immortalità si intende l’esistenza sino alla fine del Kalpa”; e
Wilson, il traduttore, dice in una nota: “Ecco secondo i Veda che cosa si deve comprendere per immortalità [o eternità] degli
dèi; essi periscono alla fine del dissolversi universale [o Pralaya]. E la Filosofia Esoterica dice: Essi non “periscono” ma
vengono riassorbiti.
2
51
“Il numero sette”, dice la Cabala, “è il gran. numero dei Misteri Divini”; il numero
dieci è quello di ogni conoscenza umana (la Decade di Pitagora); 1000 è il numero dieci alla
terza potenza e, di conseguenza, la cifra 7000 è pure simbolica. Nella Dottrina Segreta il
numero 4 è il simbolo maschile, ma solo sul piano più alto dell’astrazione; sul piano della
materia il 3 è il simbolo maschile ed il 4 è quello femminile — la verticale e l’orizzontale nel
quarto stadio del simbolismo, allorché i simboli divengono i glifi dei poteri generatori sul
piano fisico.
STANZA I -continuazione
2. IL TEMPO NON ERA, POICHÉ GIACEVA DORMIENTE NEL SENO INFINITO DELLA DURATA.
Il “Tempo” non è che un’illusione prodotta dalla successione dei nostri stati di
coscienza mentre viaggiamo attraverso l’Eterna Durata, e non esiste se non esiste una
coscienza in cui possa essere prodotta l’illusione, ma “giace dormiente”. Il Presente non è
che una linea matematica che separa quella parte dell’Eterna Durata alla quale diamo il nome
di Futuro, da quella che chiamiamo il Passato.
Non vi è niente sulla terra che abbia durata reale, perché niente rimane senza
cambiamento — o nel medesimo stato — durante la miliardesima parte di un secondo; e la
sensazione che abbiamo dell’attualità della divisione del Tempo, conosciuto come Presente,
deriva dall’impressione momentanea confusa, o successione di impressioni, che le cose ci
danno attraverso i nostri sensi, mentre passano dalla regione degli ideali, che noi chiamiamo
Futuro, a quella delle memorie a cui diamo il nome di Passato. Allo stesso modo proviamo
una sensazione di durata nel caso della scintilla elettrica istantanea, in seguito all’impressione
oscura e continua provocata sulla retina.
L’individuo, o l’oggetto reale, non consiste soltanto in ciò che vediamo in un dato
momento, ma è composto dalla somma di tutte le sue condizioni varie e mutevoli, dal suo
apparire nella forma materiale fino alla sua sparizione dalla terra. Sono queste “somme
totali” che esistono dall’eternità nel Futuro, e passano gradatamente attraverso la materia per
esistere eternamente nel Passato. Nessuno direbbe che una sbarra di metallo, cadendo nel
mare, comincia ad esistere nel momento in cui lascia l’atmosfera e cessa di esistere quando
entra nell’acqua; e che questa sbarra stessa consiste solo in quella sezione che, a un dato
momento, ha potuto coincidere con il piano matematico che separa ed unisce, al medesimo
tempo, l’aria e l’acqua. Lo stesso avviene per le persone e per le cose che cadono dall’essere
nell’essere stato, escono cioè dal Futuro per entrare nel Passato — presentando
momentaneamente ai nostri sensi una sezione, per così dire, dei loro sé totali mentre passano
attraverso il Tempo e lo Spazio (quale Materia) nel loro viaggio da un’eternità all’altra: e
queste due eternità costituiscono quella Durata nella quale soltanto ogni cosa ha un’esistenza
reale, esistenza che i nostri sensi ci confermerebbero, se fossero capaci di comprenderla.
52
STANZA I -continuazione.
2
3. LA MENTE UNIVERSALE NON ERA, POICHÉ NON VI ERANO AH-HI1 PER CONTENERLA.
“Mente” è il nome dato alla somma degli Stati di Coscienza, raggruppati in Pensiero,
Volontà e Sentimento. Durante il sonno profondo il lavoro dell’ideazione cessa sul piano
fisico e la memoria è sospesa; di conseguenza, in questo tempo, la “Mente non è”, perché
l’organo attraverso il quale l’Ego manifesta l’ideazione e la memoria sul piano materiale, ha
cessato temporaneamente di funzionare.
Un noumeno può divenire un fenomeno, su qualsiasi piano di esistenza, soltanto
manifestandosi su questo piano mediante una base o un veicolo adatto; e durante la lunga
Notte di riposo, o Pralaya, allorché tutte le Esistenze sono dissolte, la “Mente Universale”
rimane come una possibilità permanente dell’azione mentale, o come quel Pensiero astratto
ed assoluto di cui la Mente è la relativa manifestazione concreta. Gli Ah-hi (i Dhyân Chohan)
sono le Legioni collettive di Esseri spirituali —le Legioni Angeliche della Cristianità, gli
Elohim ed i “Messaggeri” degli ebrei — che sono il veicolo della manifestazione del
Pensiero e della Volontà Divina o Universale. Sono le Forze Intelligenti che danno alla
Natura le sue “Leggi” e le pongono in azione; e al medesimo tempo agiscono secondo Leggi
imposte loro, in modo simile, da Poteri ancora più elevati; ma non sono, come si pensa
erroneamente, le “personificazioni” dei Poteri della Natura. Questa Gerarchia di Esseri
spirituali, attraverso i quali agisce la Mente Universale è come un esercito, —una vera
armata, mediante la quale si manifesta il potere combattivo di una nazione, e che si compone
di corpi d’armata, di divisioni, di brigate, di reggimenti e così via; ciascuno con la propria
individualità o vita distinta, con la sua libertà d’azione limitata e con le sue responsabilità
pure limitate; ciascuno contenuto in una individualità maggiore, alla quale sono subordinati i
propri interessi; e ciascuno che contiene in se stesso individualità minori.
STANZA I -Continuazione.
4. LE SETTE VIE ALLA BEATITUDINE3 NON ERANO. (a) LE GRANDI CAUSE DEL DOLORE4 NON
ERANO, POICHÉ NON VI ERA ALCUNO PER PRODURLE ED ESSERNE IRRETITO. (b).
(a) Vi sono “Sette Sentieri” o “Vie” che conducono alla “Beatitudine” della “Non
Esistenza”, che è l’Essere Assoluto, l’Esistenza Assoluta, la Coscienza Assoluta. Essi non
esistevano perché fino a quel momento l’Universo era vuoto ed esisteva solo nel Pensiero
Divino.
(b) Poiché essi sono… i Dodici Nidâna o Cause dell’Esistenza. Ciascuna è l’effetto
della causa antecedente e, a sua volta, la causa di quella successiva; la somma totale dei
Nidâna è basata sulle Quattro Verità, dottrina che caratterizza specialmente il Sistema
Hînayâna.5 Esse appartengono alla teoria della corrente delle leggi ineluttabili che producono
merito e demerito, e portano, infine, il Karma in piena azione. È un sistema basato sulla
grande verità che la reincarnazione è da temersi, poiché l’esistenza in questo mondo reca
1
Esseri Celesti.
E quindi per manifestarla.
3
Nirvâna. Nippang in cinese; Neibban in burmese; Moksha in India.
4
Nidâna e Mâyâ. I “Dodici” Nidâna (in tibetano Ten–brel Chug–nyi) sono le principali cause dell’esistenza, effetti generati
da una concatenazione di cause prodotte.
5
Vedi V. P. Wassilief, Der Buddhismus, 1860, pp. 97 – 128.
2
53
all’uomo soltanto sofferenza, miseria e dolore; e da questi la morte stessa è incapace di
liberarlo, poiché la morte è solo la porta attraverso la quale egli passa ad una nuova vita sulla
terra, dopo un breve riposo sulla sua soglia — il Devachan.
Il Sistema Hînayâna, o Scuola del “Piccolo Veicolo”, è antichissimo, mentre il
Mahâyâna, o Scuola del “Grande Veicolo”, appartiene ad un periodo successivo, non avendo
avuto origine che dopo la morte del Buddha. Ciò nonostante, le dottrine di quest’ultima sono
tanto antiche quanto le montagne che hanno ospitato simili Scuole da tempi immemorabili, e,
in realtà, le Scuole Hînayâna e Mahâyâna insegnano entrambe la medesima dottrina. Yâna o
“Veicolo” (in Sanscrito Vâhana) è un’espressione mistica; ambedue questi “Veicoli”
insegnano che l’uomo può evitare le sofferenze della rinascita ed anche l’illusoria felicità del
Devachan, ottenendo la Saggezza e la Conoscenza, che sole possono dissipare i frutti
dell’Illusione e dell’Ignoranza.
Mâyâ, o Illusione, è un elemento che si trova in tutte le cose finite, poiché tutto ciò
che esiste ha solo una realtà relativa e non assoluta; poiché l’apparenza che il noumeno celato
assume per qualsiasi osservatore dipende dal potere di conoscenza di quest’ultimo.
All’occhio non esercitato di un selvaggio, una pittura appare a prima vista come una
confusione di strisce e di macchie di colore, mentre una persona colta vi distingue subito una
figura o un paesaggio. Non vi è niente di permanente all’infuori dell’Esistenza unica celata
ed assoluta, che contiene in se stessa il noumeno di tutte le realtà. Le Esistenze appartenenti a
qualsiasi piano dell’essere, fino ai più elevati Dhyân Chohan, sono comparativamente simili
alle ombre proiettate da una lanterna magica su uno schermo incolore. Nondimeno, tutte le
cose sono relativamente reali, poiché anche il conoscitore stesso è pure un riflesso, e le cose
conosciute sono quindi tanto reali per lui quanto se stesso. Qualunque sia la realtà che le cose
posseggono, dobbiamo cercarla in esse prima o dopo che abbiano attraversato come un
lampo il mondo materiale; poiché non siamo capaci di esserne consapevoli direttamente fino
che a che possediamo lo strumento dei sensi, che porta nel campo della nostra coscienza solo
le esistenze materiali. Qualunque sia il piano sul quale agisce la nostra coscienza, le cose
appartenenti a quel determinato piano sono, per il momento, come noi stessi, le nostre uniche
realtà. Ma, innalzandoci gradatamente sulla scala del progresso, percepiamo che negli stadi
attraversati abbiamo scambiato delle ombre per realtà; e che il progresso ascendente dell’Ego
consiste in una serie di risvegli progressivi, ognuno dei quali porta in sé l’idea che adesso
abbiamo finalmente raggiunto la “realtà”. Ma soltanto quando avremo raggiunto la Coscienza
assoluta e avremo fuso in essa la nostra, saremo liberi dalle illusioni prodotte da Mâyâ.
STANZA I -Continuazione.
5. LE TENEBRE SOLE RIEMPIVANO IL TUTTO ILLIMITATO (a), POICHÉ, PADRE, MADRE E FIGLIO
ERANO NUOVAMENTE UNO; ED IL FIGLIO NON SI ERA ANCORA RISVEGLIATO PER LA NUOVA
RUOTA,1 PER IL SUO PELLEGRINAGGIO SU DI ESSA (b).
(a) “Le Tenebre sono Padre-Madre: la Luce il loro Figlio”, dice un antico proverbio
orientale. Non si concepisce la luce se non come proveniente da una sorgente che ne è la
causa: e siccome nel caso della Luce Primordiale tale sorgente è sconosciuta, per quanto
ritenuta necessaria dalla ragione e dalla logica, noi, da un punto di vista intellettuale, le
1
Il termine “Ruota” è l’espressione simbolica per indicare un mondo o un globo; ciò dimostra che gli antichi sapevano che
la nostra Terra era un globo in rotazione e non un quadrato immoto, come insegnarono alcuni Padri cristiani. La “Grande
Ruota” è l’intera durata del nostro Ciclo di Esistenza o Mahâkalpa, cioè l’intera rivoluzione della nostra catena speciale di
sette Globi o Sfere, dal princìpio alla fine. Le “Piccole Ruote” significano le Ronde, che sono pure sette.
54
diamo il nome di “Tenebre”. Quanto alla luce secondaria o riflessa, qualunque sia la sua
sorgente può essere soltanto di un carattere mâyâvico temporaneo. Le Tenebre dunque sono
la Matrice eterna nella quale le Sorgenti della Luce appaiono e scompaiono. Su questo nostro
piano, niente è aggiunto alle tenebre per trasformarle in luce e niente alla luce per
trasformarla in tenebre. Esse sono permutabili e, scientificamente, la luce non è altro che una
maniera di essere delle tenebre e vice versa. Però ambedue sono fenomeni del medesimo
noumeno — che, per la mente scientifica, è oscurità assoluta; per la percezione del mistico di
medio sviluppo è un crepuscolo grigiastro, mentre per l’occhio spirituale dell’Iniziato è la
luce assoluta. Il grado di luce che percepiamo nelle tenebre dipende dal nostro potere visuale.
Ciò che per noi è luce, per alcuni insetti è oscurità; e l’occhio del chiaroveggente vede la luce
dove l’occhio normale non percepisce che tenebre. Allorché l’Universo intero era immerso
nel sonno — essendo ritornato al suo unico elemento primordiale — non vi era né centro
luminoso né occhio per percepire la luce e, di conseguenza, le tenebre riempivano il “Tutto
Illimitato.”
(b) Il “Padre” e la “Madre” sono i princìpi maschile e femminile nella Radice-Natura,
i poli opposti che si manifestano in tutte le cose, in ogni piano del Cosmo — sotto un aspetto
meno allegorico, o Spirito e Sostanza, la cui risultante è l’Universo, il “Figlio”. Essi sono
“un’altra volta Uno” allorché nella Notte di Brahmâ, durante il Pralaya, tutto nell’Universo
oggettivo è ritornato alla propria causa una, primordiale ed eterna, per riapparire all’Aurora
successiva — come avviene periodicamente. Kârana, la Causa Eterna, era sola. Cioè, per
spiegarci più chiaramente: Kârana è sola durante le Notti di Brahmâ. Il precedente Universo
oggettivo si è dissolto nella sua Causa primordiale ed eterna, e si è, per così dire, mantenuto
in soluzione nello Spazio, per differenziarsi nuovamente, e cristallizzarsi ancora, all’Aurora
manvantarica successiva, che è l’inizio di un nuovo Giorno, o nuova attività di Brahmâ - il
simbolo di un Universo.
Nel linguaggio esoterico, Brahmâ è Padre-Madre-Figlio, o Spirito, Anima e Corpo
contemporaneamente; e ciascun personaggio è simbolo di un attributo, e ciascun attributo, o
qualità, è un’emanazione graduata del Soffio Divino nella sua differenziazione ciclica,
involutiva ed evolutiva. In senso cosmico-fisico, è l’Universo, la Catena Planetaria e la Terra;
in senso puramente spirituale, è la Divinità Sconosciuta, lo Spirito Planetario e l’Uomo — il
Figlio dei due, la creatura di Spirito e Materia, una delle loro manifestazioni nel suo
periodico apparire sulla Terra, durante le “Ruote”, o Manvantara.
STANZA I -continuazione.
6. I SETTE SUBLIMI SIGNORI E LE SETTE VERITÀ AVEVANO CESSATO DI ESSERE (a), E
L’UNIVERSO, FIGLIO DELLA NECESSITÀ, ERA IMMERSO IN PARANISHPANNA,1 (b) PRONTO AD
ESSERE ESALATO DA CIÒ CHE È EPPURE NON È. NIENTE ESISTEVA (c).
(a) I “Sette Sublimi Signori” sono i Sette Spiriti Creatori, i Dhyân Chohan, che
corrispondono agli Elohim ebraici. È la stessa Gerarchia di Arcangeli alla quale
appartengono, nella Teogonia Cristiana, San Michele, San Gabriele ed altri. Soltanto, mentre
nella Teologia dogmatica latina, San Michele, ad esempio, è posto a guardia dei golfi e dei
promontori, nel Sistema esoterico i Dhyâni vegliano successivamente su una delle Ronde e
sulla grande Razza-Radice della nostra Catena Planetaria. È detto, inoltre, che essi inviano i
1
La Perfezione Assoluta, Paranirvâna, che è Yong–Grub.
55
loro Bodhisattva, le corrispondenze umane dei Dhyâni-Buddha, durante ogni Ronda ed ogni
Razza. Delle Sette Verità e Rivelazioni, o meglio, segreti rivelati, quattro soli sono pervenuti
fino a noi, poiché siamo ancora nella Quarta Ronda, e il mondo ha avuto, fino ad oggi,
soltanto quattro Buddha. Questa è una questione molto complessa e sarà trattata più
ampiamente in seguito. Fino ad oggi “vi sono soltanto Quattro Verità e Quattro Veda” —
dicono i buddhisti e gli indù. Ed è per una simile ragione che Ireneo insisteva sulla necessità
di Quattro Vangeli. Ma siccome ogni nuova Razza-Radice, all’inizio di una Ronda, deve
avere la sua rivelazione ed i suoi rivelatori, la futura Ronda avrà la Quinta rivelazione, la
seguente la Sesta, e così via.
(b) “Paranishpanna” è la Perfezione Assoluta alla quale giungono tutte le esistenze
alla fine di un grande periodo di attività, o Mahâmanvantara, e in cui giacciono durante il
successivo periodo di riposo. In tibetano è chiamato “Yong-Grub”. Fino all’epoca della
Scuola Yogâchârya, la vera natura del Paranirvâna era insegnata pubblicamente; ma da allora
in poi tale insegnamento è divenuto completamente esoterico, e ciò ha dato luogo ad una
quantità di interpretazioni contraddittorie. Solo un vero idealista potrà comprenderla. Colui
che vuol comprendere tale stato ed acquisire la conoscenza di come il Non-Ego, il Vuoto, e le
Tenebre, siano Tre in Uno, perfetti ed auto-esistenti, deve considerare tutto come ideale, ad
eccezione di Paranirvâna. È assoluto, però, solo in senso relativo, perché deve far posto ad
una perfezione ancora più assoluta, secondo un tipo più elevato di eccellenza nel periodo
successivo di attività — precisamente, se è permesso fare un simile paragone, come un fiore
perfetto deve cessare di essere tale e morire, per divenire un frutto perfetto.
La Dottrina Segreta insegna lo sviluppo progressivo di ogni cosa, tanto dei mondi
quanto degli atomi; e questo meraviglioso sviluppo non ha né un princìpio concepibile né una
fine immaginabile. Il nostro “Universo” è soltanto uno degli innumerevoli Universi, tutti
“Figli della Necessità”, poiché tutti sono anelli della grande catena cosmica degli Universi,
ed ognuno sta in relazione di effetto in rapporto al suo predecessore, e di causa in rapporto al
suo successore.
L’apparizione e la sparizione dell’Universo è rappresentata come una espirazione ed
una inspirazione del “Grande Soffio”, che è eterno e che, essendo Moto, è uno dei tre simboli
dell’Assoluto — lo Spazio Astratto e la Durata ne sono gli altri due. Allorché il Grande
Soffio viene proiettato, prende il nome di Soffio Divino, ed è considerato come il respiro
della Divinità Inconoscibile — l’Esistenza Unica — che espira, per così dire, un pensiero che
diviene l’intero Cosmo.1 Così avviene pure quando il Soffio Divino è inspirato: l’Universo
sparisce nel seno della Grande Madre, che allora dorme “avvolta nelle sue Vesti Eternamente
Invisibili”.
(c) Con l’espressione “ciò che è, e pure non è” si intende il Grande Soffio stesso, del
quale possiamo parlare soltanto come Esistenza Assoluta, ma che non possiamo
rappresentare alla nostra immaginazione come una forma qualsiasi di esistenza distinguibile
dalla Non-Esistenza. I tre periodi — il Presente, il Passato ed il Futuro —sono, nella
Filosofia Esoterica, un tempo composto; poiché i tre non sono che un numero composito in
relazione al piano fenomenico, mentre nel regno dei noumeni non hanno alcuna validità
astratta. Come è detto nelle Scritture : “Il Passato è il Presente ed è pure il Futuro che, per
quanto non esista ancora, pure è”, secondo un insegnamento della Prasanga Madhyamika, i
cui dogmi sono stati conosciuti fino dal momento che essa si separò dalle Scuole puramente
1
[Iside Svelata, II, pp. 264 – 65.]
56
esoteriche.1 Insomma, le nostre idee relative alla durata ed al tempo, sono tutte derivate dalle
nostre sensazioni, secondo le leggi dell’associazione. Inestricabilmente legate alla relatività
dell’umana conoscenza, esse possono esistere soltanto nell’esperienza dell’Ego individuale, e
periscono allorché il cammino evolutivo di quest’ultimo dissipa la Mâyâ dell’esistenza
fenomenica. Per esempio, che cos’è il tempo se non la successione panoramica dei nostri stati
di coscienza? Come disse un Maestro: “È spiacevole dover usare queste tre parole improprie
— Passato, Presente e Futuro — misere concezioni delle fasi oggettive del Tutto soggettivo;
esse sono quasi tanto inadeguate allo scopo, quanto lo è una scure per un delicato lavoro
d’intaglio”. È un assioma filosofico che bisogna acquisire Paramârtha per non diventare
troppo facilmente preda di Samvriti.2
STANZA I -continuazione.
7. LE CAUSE DELL’ESISTENZA ERANO STATE ABOLITE (a); IL VISIBILE CHE FU E L’INVISIBILE
CHE È, RIPOSAVANO NELL’ETERNO NON-ESSERE — L’ESSERE UNICO (b).
(a) “Le Cause dell’Esistenza” significano non solo le cause fisiche conosciute dalla
scienza, ma anche le cause metafisiche, la principale delle quali è il desiderio di esistere,
risultato di Nidâna e di Mâyâ. Questo desiderio di una vita senziente appare in tutto,
dall’atomo al sole, ed è il riflesso del Pensiero Divino proiettato nell’esistenza oggettiva,
quale legge che vuole che l’Universo esista. Secondo l’insegnamento esoterico, la causa reale
di quel supposto desiderio, e di ogni esistenza rimane per sempre celata, e le sue prime
emanazioni sono le astrazioni più complete che mente umana possa concepire. Queste
astrazioni devono necessariamente essere ammesse quale causa dell’Universo materiale che
si presenta ai sensi e all’intelligenza, e devono permanere alla base dei poteri secondari e
subordinati della Natura, i quali sono stati antropomorfizzati e adorati come “Dio” e “dèi”
dalla maggioranza degli uomini di tutte le epoche.
È impossibile concepire qualsiasi cosa senza una causa; un tale tentativo renderebbe
la mente completamente vuota. Questo è virtualmente lo stato a cui deve giungere la mente,
allorché tenta di risalire la catena delle cause e degli effetti, retrocedendo dal presente al
passato; ma, tanto la scienza che la Religione giungono a questa condizione di vuoto molto
più in fretta del necessario, perché ignorano le astrazioni metafisiche che sono le sole cause
concepibili di qualsiasi cosa fisica concreta. Queste astrazioni diventano sempre più concrete
quando si avvicinano al nostro piano di esistenza, e si presentano, infine, sotto forma
fenomenica dell’Universo materiale, per un processo di conversione dal metafisico al fisico,
analogo a quello per cui il vapore si condensa in acqua e l’acqua si trasforma in ghiaccio.
(b) L’idea dell’Eterno Non-Essere, che è l’Essere Unico, apparirà un paradosso a
chiunque dimentica che noi limitiamo le nostre idee dell’essere alla nostra attuale coscienza
dell’esistenza, facendone un termine specifico anziché generico.
Se un fanciullo non ancora nato potesse pensare, nel senso che noi attribuiamo a tale
vocabolo, egli necessariamente limiterebbe, in un modo analogo, la sua concezione
1
Vedi Dzungarian Mani Kumbum, il “Libro dei 10.000 Precetti”. Consultare anche Der Buddhismus, di Wassilief, pp. 327 e
357, ecc.
2
Cioè: è necessario acquisire la vera autocoscienza per capire Samvriti, o “l’origine dell’illusione”. Parâmartha è sinonimo
del termine sanscrito Svasamvedanâ, o la “riflessione che analizza se stessa”. Vi è una differenza nell’interpretazione del
significato di Parâmartha fra gli Yogâchârya ed i Madhyamika, ma nessuna di queste due Scuole spiega i1 vero e reale senso
esoterico di quest’espressione.
57
dell’Essere alla vita intra-uterina, la sola che egli conosce; e se cercasse di esprimere alla
propria coscienza l’idea della vita dopo la nascita (morte per lui), egli giungerebbe ad
esprimere probabilmente quella vita come il “Non-Essere, che è il Vero Essere”, e ciò a
causa della mancanza di dati ai suoi ragionamenti, e di facoltà per comprendere tali dati. Nel
nostro caso, l’Essere Unico è il noumeno di tutti i noumeni, e noi sappiamo che essi sono
sottostanti a tutti i fenomeni, per dar loro quel poco di ombra di realtà che posseggono, ma
che noi non possiamo attualmente conoscere, perché non abbiamo l’intelligenza ed i sensi
necessari.
Gli atomi impalpabili di oro, disseminati nella sostanza di una tonnellata di quarzo
aurifero, possono essere impercettibili all’occhio nudo del minatore, ma non solo egli sa che
sono presenti nel quarzo, ma che essi soli lo rendono di un valore apprezzabile, e questa
relazione fra l’oro ed il quarzo non può dare che una debole idea di quella che esiste fra il
noumeno ed il fenomeno. Ma il minatore sa che aspetto avrà l’oro allorché sarà estratto dal
quarzo, mentre i1 comune mortale non può formarsi un concetto della realtà delle cose
quando sono separate da Mâyâ, che le vela e le nasconde.
Solo l’Iniziato, ricco del sapere acquisito dalle innumerevoli generazioni dei suoi
predecessori, volge “l’Occhio di Dangma” verso l’essenza delle cose, su cui non vi è Mâyâ
che possa avere influenza. È qui che gli insegnamenti della Filosofia Esoterica, in rapporto ai
Nidâna ed alle Quattro Verità, diventano di grande importanza: ma essi sono segreti.
58
STANZA I -continuazione.
8. SOLA, L’UNICA FORMA DI ESISTENZA (a) SI ESTENDEVA ILLIMITATA, INFINITA, INCAUSATA,
NEL SONNO SENZA SOGNI (b); E LA VITA PULSAVA INCONSCIA NELLO SPAZIO UNIVERSALE,
ATTRAVERSO QUELLA ONNIPRESENZA CHE È PERCEPITA DALL’OCCHIO APERTO DI
DANGMA.1
(a) La tendenza del pensiero moderno è di ritornare all’idea arcaica di una base
omogenea per cose apparentemente molto diverse — eterogeneità sviluppatasi
dall’omogeneità. I biologi stanno cercando adesso il loro protoplasma omogeneo, e i chimici
il loro protile, mentre la scienza cerca la forza di cui l’elettricità, il magnetismo, il calore,
ecc., non sono che differenziazioni.
La Dottrina Segreta trasporta quest’idea nella regione della Metafisica ed afferma una
“Forma Unica di Esistenza” quale base e sorgente di tutte le cose. Però, forse, la frase “La
Forma Unica di Esistenza” non è del tutto corretta. La parola sanscrita è Prabhavâpyaya, “il
luogo [o piuttosto il piano] dove hanno origine e dove ritornano tutte le cose”, dice un
commentatore. Non è la “Madre del Mondo”, come traduce Wilson (Vishnu Purâna, I, 22),
poiché Jagad Yoni, secondo Fitzedward Hall, non è tanto la “Madre del Mondo” o la
“Matrice del Mondo”, quanto la “Causa Materiale del Mondo”. I commentatori purânici la
interpretano come Kârana, “Causa”; mentre la Filosofia Esoterica la considera come lo
spirito ideale di tale causa.
Nel suo stadio secondario è lo Svabhâvat dei filosofi buddhisti, la causa e l’effetto
eterni, onnipresenti e pure astratti, l’Essenza plastica esistente per se stessa e radice di tutte le
cose, vista sotto il medesimo duplice aspetto che i vedantini considerano il loro Parabrahman
e Mûlaprakriti, l’uno sotto due aspetti. Sembra veramente straordinario che vi siano dei
grandi eruditi che discutono sulla possibilità che la filosofia Vedânta e, specialmente l’Uttara
Mimânsâ, “siano state evocate dagli insegnamenti dei buddhisti”, mentre, al contrario, è il
Buddhismo (l’insegnamento di Gautama il Buddha) che è stato “evocato” e interamente
edificato sugli insegnamenti della Dottrina Segreta, di cui cerchiamo di dare qui un abbozzo
parziale e sui quali poggiano pure le Upanishad.2 Secondo gli insegnamenti di Srî
Shankarâchârya, è impossibile negare la nostra affermazione.3
(b) Il sonno senza sogni è uno dei sette stati di coscienza conosciuti nell’Esoterismo
orientale. In ciascuno di questi stati entra in azione una parte differente della mente o, come
si esprimerebbe un vedantino, l’individuo è cosciente su un piano differente del suo essere.
1
In India è chiamato l’“Occhio di Shiva”, ma al di là delle Grandi Montagne è conosciuto, nella fraseologia esoterica, come
“l’Occhio Aperto di Dangma” . Dangma significa l’anima purificata, colui che è divenuto un Jivanmukta, l’Adepto più
elevato o, come suol dirsi, un Mahâtmâ. Il suo “occhio aperto” è l’occhio spirituale interiore del veggente, e la facoltà che si
manifesta attraverso di esso non è la chiaroveggenza nel suo significato comune, cioè il potere di vedere a distanza, ma
piuttosto la facoltà dell’intuizione spirituale, mediante la quale si ottiene la conoscenza diretta e sicura. Questa facoltà è
intimamente collegata con il “terzo occhio”, che la tradizione mitologica attribuisce a certe razze umane.
2
Eppure, un erudito che pretende essere un’autorità, Sir Monier-Williams, professore di Sanscrito ad Oxford, ha negato il
fatto. Ecco ciò che egli ha esposto al suo uditorio il 4 Giugno 1888 nel suo discorso annuale al Victoria Institute of Great
Britain: “In origine, il Buddhismo era contrario all’ascetismo solitario…. per raggiungere le sublimi altezze della
conoscenza. Esso non aveva bisogno di alcun sistema occulto né esoterico di dottrina…..nascosto all’uomo ordinario” (!!). E
ancora: “... quando Gautama Buddha iniziò la sua diffusione, l’ultima forma di Yoga e la più infima, sembra fosse
conosciuta pochissimo”. Quindi contraddicendosi, l’erudito conferenziere informa immediatamente il suo uditorio che
“apprendiamo dal Lalita-Vistara che le varie forme di tortura corporale, l’auto-macerazione, l’austerità, erano comuni al
tempo di Gautama. (!!) Ma egli sembra del tutto ignaro che questo tipo di tortura e di auto-macerazione è precisamente la
forma inferiore dello Yoga, l’Hatha Yoga, che era “poco conosciuto” e tuttavia così “comune” al tempo di Gautama.
3
Si sostiene perfino che tutte le sei Darshana (Scuole di Filosofia) presentano tracce dell’influenza del Buddha derivate o dal
Buddhismo, o dagli insegnamenti greci! Fortunatamente ci ricordiamo però che Colebrooke, “la più alta autorità in tale
materia”, ha già da tempo regolato la questione mostrando che “gli indù furono in questo caso gli istruttori e non gli scolari.”
59
Il termine “sonno senza sogni”, è applicato allegoricamente, in questo caso, all’Universo, per
esprimere una condizione alquanto analoga a quello stato di coscienza nell’uomo che, non
essendo ricordato allo stato di veglia, costituisce come una lacuna; precisamente come il
sonno di un soggetto mesmerizzato rappresenta per lui una lacuna di incoscienza quando
ritorna alla sua condizione normale, nonostante durante tale sonno ipnotico egli parlasse ed
agisse come un individuo cosciente.
STANZA I -continuazione.
9. MA DOV’ERA DANGMA QUANDO L’ÂLAYA1 DELL’UNIVERSO ERA IN PARAMĀRTHA2 (a) E LA
GRANDE RUOTA ERA ANUPAPÂDAKA? (b).
(a) Qui abbiamo davanti agli occhi qualcosa che costituì argomento di secolari
dispute scolastiche. Le due parole “Âlaya” e “Paramârtha”, più che qualsiasi altra parola
mistica, sono state causa di divisioni fra le varie Scuole, e di interpretazioni diverse della
verità. Âlaya è, letterarmente, “l’Anima del Mondo” o Anima Mundi —la Super-Anima di
Emerson — che, secondo l’insegnamento esoterico, cambia periodicamente la sua natura.
Âlaya, per quanto eterna ed immutabile nella propria essenza interiore sui piani che sono
irraggiungibili sia dagli uomini che dagli dèi cosmici (Dhyâni-Buddha), cambia però durante
il periodo di vita attiva per quanto concerne i piani inferiori, il nostro incluso. Durante quel
tempo, non solo i Dhyâni-Buddha sono uno con Âlaya, in anima ed essenza; ma persino
l’uomo che è forte nello Yoga (Meditazione Mistica) “è capace di fondere la propria anima
con essa”, come dice Aryâsanga, della Scuola Yogâchârya. Questo non è il Nirvâna, ma una
condizione vicina ad esso. Da ciò il dissenso. Così, mentre gli Yogâchârya della Scuola
Mahâyâna dicono che Âlaya (in tibetano, Nyingpo e Tsang) è la personificazione del Vuoto
e, nonostante ciò, la base di ogni cosa visibile ed invisibile, e che, per quanto eterna ed
immutabile nella sua essenza, si riflette in ogni oggetto dell’Universo, “simile alla luna nelle
acque tranquille”, altre Scuole contestano simile affermazione. È così pure per Paramârtha.
Gli Yogâchârya interpretano questa parola come ciò che dipende pure da altre cose
(paratantra); e i Madhyamika dicono che Paramârtha è limitato a Paranishpanna, o
Perfezione Assoluta; cioè, nell’esporre queste “Due Verità” fra le Quattro, i primi credono e
sostengono che, almeno su questo piano, esiste soltanto Samvritisatya, o verità relativa;
mentre questi ultimi insegnano l’esistenza di Paramârthasatya, “la verità assoluta.”3
“Nessun Arhat, o mendicanti, può raggiungere l’assoluta conoscenza prima che
divenga uno con Paranirvâna. Parikalpita e Paratantra sono i suoi due grandi nemici”.4
Parikalpita (in tibetano Kun-tag) è l’errore commesso da coloro che sono incapaci di
realizzare la vacuità e la natura illusoria di tutto; che credono che esista qualche cosa, mentre
in realtà non esiste — per esempio, il Non-Ego. E Paratantra, qualunque cosa sia, è quello
che esiste soltanto attraverso un legame di dipendenza o causalità, e che dovrà sparire non
appena cesserà la causa dalla quale procede - come, per esempio, la fiamma di un lucignolo.
Se lo distruggete o spegnete, la luce scompare.
La Filosofia Esoterica insegna che tutto ciò che vive è cosciente, ma non che ogni vita
ed ogni coscienza siano simili a quella degli esseri umani, e neppure a quella degli animali.
1
L’Anima quale base del tutto, l’Anima Mundi.
Essere e Coscienza Assoluti, che sono Non-Essere e Non-Coscienza Assoluti.
3
“Paramârthasatya” è auto-coscienza; Svasamvedanâ, o riflessione che analizza se stessa – da parama, sopra ogni cosa, e
artha, comprensione; satya significa il vero essere assoluto, o esseità. In tibetano, Paramârthasatya è Dondampaidenpa.
L’opposto di questa realtà assoluta, o effettività, è Samvritisatya –la verità solo relativa- poiché Samvriti significa “falsa
concezione” ed è l’origine di Mâyâ, l’Illusione; in tibetano: Kundzabchidempa, “apparenza che crea illusione”.
4
Aforismi dei Bodhisattva.
2
60
Noi consideriamo la Vita come “l’Unica Forma di Esistenza”, che si manifesta in ciò
che viene chiamiata Materia, o ciò che, erroneamente separandoli, denominiamo Spirito,
Anima e Materia nell’uomo. La Materia è il Veicolo per la manifestazione dell’Anima su
questo piano di esistenza, e l’Anima è il Veicolo per la manifestazione dello Spirito su un
piano più elevato, e questi tre sono una Trinità sintetizzata dalla Vita, che li pervade tutti.
L’idea di una Vita Universale è uno di quegli antichi concetti che in questo secolo
stanno penetrando di nuovo nella mente umana, come risultato della sua liberazione dalla
Teologia antropomorfica. È vero che la scienza si contenta di tracciare o postulare i segni
della Vita Universale, ma non è stata ancora abbastanza ardita neppure per mormorare le
parole: “Anima Mundi”! L’idea della “ vita cristallina” adesso familiare alla scienza, un
secolo fa sarebbe stata respinta con disprezzo. I botanici stanno adesso cercando i nervi delle
piante; non che essi suppongano che le piante possano sentire o pensare come gli animali, ma
perché credono che una struttura qualsiasi, avente funzioni analoghe ai nervi della vita
animale, sia necessaria per spiegare la crescita e la nutrizione delle piante.1 Sembra quasi
impossibile che la scienza si contenti del semplice uso dei termini “forza” ed “energia” e non
voglia ancora riconoscere il fatto che le cose che hanno vita sono cose viventi, siano esse
atomi o pianeti.
Ma il lettore potrebbe domandarsi: qual’è il credo delle Scuole Esoteriche interne?
Quali sono le dottrine insegnate su questo soggetto dai “buddhisti” esoterici? Noi
risponderemo insieme a loro: Âlaya ha un duplice e persino un triplice significato. Nel
sistema Yogâchârya della Scuola contemplativa Mâhâyana, Âlaya è, nel medesimo tempo,
l’Anima Universale (Anima Mundi) ed è il Sé di un Adepto avanzato.
“Colui che è forte nello Yoga può introdurre a volontà la sua Âlaya, mediante la
meditazione, nella vera natura dell’Esistenza”. “Âlaya ha un’esistenza assoluta ed eterna”,
dice Aryâsanga, il rivale di Nagârjuna.2 In un senso è Pradhâna che nel Vishnu Purana è
definito così:
“Ciò che è la causa non evolvente è chiamato enfaticamente, dai saggi più eminenti,
Pradhâna, base originale, la sottile Prakriti, ciò che è eterno e ciò che contemporaneamente è
[o contiene ciò che è] e [ciò] che non è, o che è un semplice processo.”3
La causa indifferenziata che è uniforme, che è causa ed effetto, e che coloro che
conoscono i primi princìpi chiamano Pradhâna e Prakriti, è l’inconoscibile Brahma che
1
[Una delle più belle conferme di questa dichiarazione è l’opera intitolata The Secret Life of Plants, di Peter Tompkins e
Cristopher Bird (Harper e Row, New York, 1973, xiv, p. 402 e seg.) Le recenti ricerche scientifiche confermano il fatto che
le piante hanno emozioni simili alle nostre, e che comunicano l’una con l’altra sulla lunghezza d’onda delle loro fragranze e i
colori dei loro petali, e che sono connesse con gli umani per mezzo di qualche tipo di percezione extrasensoriale. –Nota di B.
de Zirkoff.]
2
Âryasânga era un Adepto anteriore all’èra cristiana e fondatore di una Scuola esoterica buddhista, per quanto Csoma de
Körös lo ponga, per alcune sue ragioni particolari, nel settimo secolo d. C. Vi fu un altro Âryasânga, che visse durante il
primo secolo della nostra èra, e probabilmente l’erudito ungherese confonde i due.
[È ovvio che H. P. B. parla di Asanga, il cui nome significa “libero dagli attaccamenti mondani”. (conosciuto anche come
Âryâsanga), il fondatore della Scuola Yogâchârya del Buddhismo Mahâyana, nota anche come Vijñânavada, la dottrina della
Coscienza-Unica. In questo, egli ebbe la collaborazione del suo fratello più giovane, Vasubandhu (circa 420-500 d. C.). Le
fonti della nostra conoscenza sulla vita di Asanga sono le cronache lasciate da Paramârtha, un dotto monaco buddhista
proveniente da Ujjain e mandato in Cina dalla Corte Indiana su richiesta dell’Imperatore Wu-ti (502-549), dove egli arrivò
nel 546, rimanendovi fino alla morte. Egli scrisse Life of Vasubandhu, da cui appare che Asanga era nato dalla famiglia
Kauśika a Purushapura (l’odierna Peshawar in Pakistan). Sia da quest’opera che dagli scritti di Hiuen Tsang (Yuan Chwang)
apprendiamo che l’antica Ayodhyâ (Oudh) fu la sede della sua attività. Entrambi i fratelli erano strettamente legati alla Corte
di Ayodhyâ e contemporanei di Re Bâlâditya e suo fratello Vikramâditya. Se identifichiamo quest’ultimo con Chandragupta
II della dinastia Gupta, allora Asanga va collocato nella prima metà del quinto secolo d. C. Se invece lo identifichiamo con
Skandagupta, allora va collocato nella seconda metà. Le tradizioni tibetane su di lui sono riportate in History of Buddhism, di
Târanâtha. Nota di B. de Zirkoff.]
3
Auto-Coscienza finita, io intenderei. Perché, come può l’Assoluto ottenerla se non come un semplice aspetto, il più elevato
dei quali è a noi conosciuto come coscienza umana?
61
esistette prima di tutto”,1 poiché Brahma non produce l’evoluzione né crea, ma esibisce
soltanto diversi aspetti di se stesso, uno dei quali è Prakriti, un aspetto di Pradhâna. “Prakriti”
è però un termine inesatto, ed Âlaya lo spiegherebbe meglio, poiché Prakriti non è
“l’inconoscibile Brahma”. È un errore di coloro che non sanno nulla circa l’universalità delle
Dottrine occulte esistenti fin dalle origini delle razze umane e, specialmente, di quegli eruditi
che respingono l’idea stessa di una “rivelazione primordiale”, quello di insegnare che
l’Anima Mundi, la Vita Una o “Anima Universale”, fu fatta conoscere soltanto da
Anassagora, o durante il suo tempo.
Questo filosofo insistette semplicemente su questo insegnamento per opporlo alle
concezioni troppo materialistiche di Democrito intorno alla cosmogonia, basate sulla teoria
exoterica di atomi che si muovono ciecamente. Anassagora di Clazomene non fu però
l’inventore, ma solo il propagatore di questo insegnamento; come, del resto, Platone. Ciò che
quest’ultimo chiamò l’Intelligenza del Mondo, Nous (νοûς), il princìpio che, secondo il suo
modo di vedere, è assolutamente separato e libero dalla materia, ed agisce con intenzione,2 fu
chiamato in India, molti e molti secoli prima del 500 a. C., il Moto, la Vita Una, o Jîvâtmâ.
Però i filosofi ariani non hanno mai dotato questo principìo, che per essi è infinito,
dell’“attributo del “pensiero”.
Questo ci conduce naturalmente allo “Spirito Supremo” di Hegel e dei
Trascendentalisti tedeschi, — contrasto che sarà forse utile accennare. Le Scuole di Schelling
e di Fichte erano fortemente divergenti dalla concezione arcaica primitiva di un Princìpio
Assoluto, ed hanno ripreso soltanto un aspetto dell’idea fondamentale del Vedânta. Anche
“l’Absoluter Geist”, prospettato da von Hartmann nella sua filosofia pessimistica
dell’Inconscio, pur costituendo forse l’approssimazione maggiore fatta dalle speculazioni
europee alle dottrine advaite indù, è ancora assai lontano dalla realtà.
Secondo Hegel, l’“Inconscio” non avrebbe mai intrapreso il vasto e laborioso compito
di evolvere l’Universo, se non avesse avuto la speranza di raggiungere la chiara Coscienza di
se stesso. A questo proposito bisogna ricordare che, definendo lo Spirito — un termine che i
panteisti europei adoperano come equivalente a Parabrahman — come Inconscio, essi non
attribuiscono a tale espressione il significato che usualmente comporta. Viene adoperata, in
mancanza di un termine migliore, per simboleggiare un profondo mistero. Essi ci dicono che
“la Coscienza Assoluta, sottostante ai fenomeni” e che è soltanto chiamata “incoscienza” per
l’assenza di qualsiasi elemento di personalità, trascende l’umana concezione. L’uomo,
incapace di formare qualsiasi concetto se non in termini di fenomeni empirici, è impotente,
per la costituzione stessa del suo essere, a sollevare il velo che cela la grandiosità
dell’Assoluto. Solo lo Spirito liberato è capace di realizzare debolmente la natura della
sorgente da cui provenne ed a cui ritornerà definitivamente. Però, come perfino il più elevato
Dhyân Chohan non può fare altro, nella propria ignoranza, che inchinarsi davanti al terribile
mistero dell’Essere Assoluto, e poiché anche a questo punto culminante dell’esistenza
cosciente — “il fondersi dell’individuo con la coscienza universale”, per usare una frase di
Fichte — il Finito non può concepire l’Infinito e non può applicare ad esso la misura delle
proprie esperienze mentali, come è possibile affermare che l’Inconscio e l’Assoluto possono
avere un impulso istintivo o una speranza di raggiungere una chiara Auto-Coscienza?3
Inoltre, un vedantino non ammetterebbe mai quest’idea hegeliana, ed un occultista direbbe
che essa può essere applicata perfettamente al Mahat risvegliato, cioè alla Mente Universale
già proiettata nel mondo fenomenico, quale primo aspetto dell’Assoluto immutabile, ma non
1
Wilson, Vishnu Purâna I, 20.
Auto-Coscienza finita, direi. Perché, come può l’Assoluto ottenerla se non come un semplice aspetto, il più elevato dei
quali è a noi conosciuto come coscienza umana?
3
Vedi A. Schwegler: Handbook of the History of Philosophy, nella traduzione di J. H. Sterling, pag. 28.
2
62
potrà mai applicarsi a quest’ultimo. “Spirito e Materia, o Purusha e Prakriti, non sono che i
due aspetti primordiali dell’Uno Senza Secondo”; così ci viene insegnato.
Il Nous che muove la materia, l’Anima vivificatrice, immanente in ogni atomo,
manifestato nell’uomo, latente nella pietra, ha differenti gradi di potere; e questa idea
panteistica di uno Spirito-Anima generale che pervade tutta la Natura, è il più antico di tutti i
concetti filosofici. E neppure l’“Archeus” fu una scoperta di Paracelso o del suo discepolo
Van Helmont; poiché questo stesso Archeus (origine) è il “Padre-Æther”, la base manifestata
e la sorgente degli innumerevoli fenomeni della vita localizzata. Tutte le infinite speculazioni
di questo genere non sono che variazioni sul medesimo tema, la cui nota fondamentale
risuonò in questa “rivelazione primordiale”.
(b) Il termine Anupâdaka, senza genitori, è una definizione mistica che ha diversi
significati nella nostra Filosofia. Generalmente questo nome sta ad indicare gli Esseri Celesti,
i Dhyân Chohan o Dhyâni-Buddha. Questi ultimi corrispondono misticamente ai Buddha e ai
Bodhisattva umani, conosciuti come Mânushi, o Buddha (umani), e che in seguito furono
indicati con il titolo di Anupâdaka quando tutta la loro personalità si fuse nel loro Sesto e
Settimo princìpio, o Âtmâ-Buddhi, e che divennero le “Anime-Diamanti” (Vajra-sattva)1 o
Mahâtmâ completi. Il “Signore Celato” (Sangbai Dag-po), “colui che è fuso con l’Assoluto”
non può avere genitori poiché è auto-esistente ed uno con lo Spirito Universale
(Svayambhû),2 lo Svabhavat nel suo più alto aspetto. Il mistero della Gerarchia degli
Anupâdaka è grande; lo Spirito-Anima universale è il suo apice, ed il Mânushi-Buddha la sua
base: e perfino ogni uomo che possiede un’anima è un Anupâdaka allo stato latente. Per cui,
nel parlare dell’Universo nella sua condizione senza forma, eterna, cioè assoluta, prima di
essere modellato dai Costruttori — usiamo l’espressione “la grande Ruota (l’Universo) era
Anupâdaka”.
1
Vajrapâni o Vajradhara significa il possessore di diamanti; in tibetano Dorjesempa, e sempa significa l’anima; la sua
qualità adamantina indica la sua indistruttibilità. La spiegazione che si riferisce all’Anupâdaka data nel Kâlachakra, la prima
nella divisione Gyut del Kanjur, è per metà esoterica. Essa ha sviato gli orientalisti inducendoli in speculazioni erronee
riguardo ai Dhyâni-Buddha e ai loro corrispondenti terrestri, i Mânushi-Buddha. Il vero dogma sarà accennato in un Volume
successivo e spiegato poi ampiamente a suo tempo.
2
E qui citiamo nuovamente Hegel che, con Schelling, accettò praticamente la concezione panteistica di Avatâra periodici
(incarnazioni speciali dello Spirito del Mondo nell’Uomo, come abbiamo visto nel caso di tutti i grandi riformatori religiosi):
“L’essenza dell’uomo è spirito……. Ed è solo spogliandosi della sua natura finita e abbandonandosi all’auto-coscienza pura
che egli potrà raggiungere la verità. Il Cristo-uomo, come uomo in cui è apparsa l’Unità del Dio e dell’uomo [identità
dell’individuo con la Coscienza universale, come viene insegnato dai vedantini e da alcuni advaiti], con la sua morte e con la
sua storia generale, ha presentato lui stesso la storia eterna dello Spirito — storia che ogni uomo deve adempiere in se stesso
per esistere come Spirito”. –Lectures on the Philosophy of History, traduzione inglese di J. Sibree, 1861, pag. 340.
63
STANZA II
1 …… DOV’ERANO I COSTRUTTORI, I FIGLI LUMINOSI DELL’AURORA MANVANTARICA?
(a)......... NELLA TENEBRA IGNOTA, NEI LORO AH-HI1 PARANISHPANNA. I PRODUTTORI DELLA
FORMA2 DALLA NON-FORMA,3 LA RADICE DEL MONDO, LA DEVAMĀTRI4 E SVABHÂVAT,
RIPOSAVANO NELLA BEATITUDINE DEL NON-ESSERE (b).
(a) I “Costruttori”, i “Figli dell’Aurora Manvantarica”, sono i veri creatori
dell’Universo: e in questa dottrina, che tratta soltanto del nostro Sistema Planetario, essi,
nella loro qualità di architetti di questo sistema, sono chiamati pure i “Guardiani” delle Sette
Sfere, che exotericamente sono i sette pianeti, ed esotericamente anche le sette terre o sfere
(globi) della nostra Catena. La frase che all’inizio della I Stanza parla delle “Sette Eternità”,
si applica tanto al Mahâ-kalpa o “la (Grande) Età di Brahmâ”, quanto al Pralaya Solare e la
conseguente resurrezione del nostro Sistema Planetario su un piano più elevato. Vi sono
diverse specie di Pralaya (dissoluzione di una cosa visibile), come vedremo in seguito.
(b) Paranishpanna, come ricorderemo, è il summum bonum, l’Assoluto, quindi la
medesima cosa che Paranirvâna. Oltre ad essere lo stato finale, è pure quella condizione di
soggettività che ha relazione soltanto con l’Unica Verità Assoluta (Paramârthasatya) sul
proprio piano. È quello stato che ci permette di apprezzare giustamente il pieno significato
del Non-Essere che, come è già stato spiegato, è l’Essere Assoluto. Presto o tardi, tutto quello
che adesso apparentemente esiste, sarà realmente ed effettivamente nello stato di
Paranishpanna. Però vi è una grande differenza fra “l’esistenza” cosciente e quella
incosciente.
La condizione di Paranishpanna, senza Paramârtha, la Coscienza che analizza se
stessa (Svasamvedâna), non è beatitudine, ma semplicemente l’estinzione per Sette Eternità.
Così, per esempio, un globo di ferro, esposto ai raggi ardenti del sole, si riscalderebbe, ma
non sentirebbe né apprezzerebbe il calore, come fa l’uomo. È soltanto “con la mente limpida
e non ottenebrata dalla personalità e mediante l’assimilazione del merito di molteplici
esistenze dedicate all’essere nella sua collettività (l’intero Universo vivente e senziente)”,
che potremo giungere a liberarci dall’esistenza personale, immergendoci nell’Assoluto,
divenendo uno con Esso5 e mantenendo il pieno possesso di Paramârtha.
STANZA II -continuazione.
2. ..... DOV’ERA IL SILENZIO? DOVE GLI ORECCHI PER PERCEPIRLO? NO, NON VI ERA NÉ
SILENZIO NÉ SUONO (a); NIENTE, SALVO L’INCESSANTE RESPIRO6 ETERNO CHE NON CONOSCE
SE STESSO (b).
1
Chohânici, Dhyâni – Buddhici.
Rûpa.
3
Arûpa.
4
La Madre degli Dèi”, Aditi, o lo Spazio Cosmico. Nello Zohar, essa è chiamata Sephira, la Madre dei Sephiroth, e
Shekhinah nella sua forma primordiale, in abscondito.
5
Quindi, nella Filosofia Esoterica, il Non-Essere è “l’Essere Assoluto”. Nei suoi insegnamenti, perfino Âdi-Budha (la
saggezza prima o primordiale) è, in un certo senso, durante la manifestazione, illusione, Mâyâ; poiché tutti gli dèi, compreso
Brahmâ, debbono perire alla fine dell’Età di Brahmâ; poiché “l’Unica Assoluta Realtà” è l’astrazione chiamata Parabrahman
— che le si dia il nome di Ain-Suph, o, con Herbert Spencer, dell’Inconoscibile. — L’Esistenza Unica Senza Secondo, è
Advaita, “Senza un Secondo”, e tutto il resto è Mâyâ; così insegna la Filosofia Advaita.
6
Moto.
2
64
(a) Che le cose possano cessare di esistere senza cessare di essere è un’idea
fondamentale della Psicologia orientale. Sotto questa apparente contraddizione di termini, vi
è un fatto di Natura più importante a realizzarsi mentalmente che a discutersi. Un esempio
comune di un simile paradosso ci viene presentato da una combinazione chimica. Se
l’idrogeno e l’ossigeno cessano di esistere combinandosi per formare l’acqua, è una
questione non ancora risolta; alcuni dicono che, dato che si ritrovano quando l’acqua è
decomposta, devono essere stati continuamente presenti in essa; altri pretendono che, poiché
effettivamente si trasformano in qualche cosa di completamente diverso, devono cessare di
esistere come tali, per lo meno in quel momento; ma né gli uni né gli altri sono stati capaci di
formarsi il minimo concetto della condizione reale di una cosa che è divenuta un’altra, pur
non avendo cessato di essere se stessa. L’esistenza come acqua può essere considerata, per
l’ossigeno e per l’idrogeno, uno stato di non-essere, che però è una maniera di essere più
reale della loro esistenza come gas; e ciò può debolmente simboleggiare la condizione
dell’Universo quando si addormenta, o cessa di essere, durante le Notti di Brahmâ, per
risvegliarsi o riapparire quando l’Aurora del nuovo Manvantara lo richiama a quello stato da
noi denominato esistenza.
(b) Il “Respiro” dell’Esistenza Unica è un’espressione che l’Esoterismo Arcaico
applica soltanto all’aspetto spirituale della Cosmogonia; in altri casi viene sostituito dal Moto
— suo equivalente sul piano materiale. L’Elemento Unico Eterno, o il Veicolo che contiene
l’Elemento, è lo Spazio, senza dimensioni in ogni senso; coesistente con la Durata Senza
Fine, con la Materia Primordiale (e, di conseguenza, indistruttibile), e con il Moto, “Moto
Perpetuo” Assoluto, che è il “Soffio” dell’Elemento Unico. Questo Soffio, come abbiamo
visto, non può mai cessare, neppure durante le Eternità Pralayche.
Ma il Respiro dell’Esistenza Unica non si applica alla Causa Unica Senza Causa, o
l’Esseità Totale, per distinguerla dall’Essere Totale, che è Brahmâ o l’Universo. Brahmâ, il
dio dalle quattro facce, che dopo aver tratto la Terra fuori dalle acque “compì la creazione”, è
ritenuto essere solo la causa strumentale, e non, come è chiaramente implicato, la Causa
ideale. Fino ad oggi, nessun orientalista sembra aver completamente compreso il vero
significato dei versi dei Purâna che trattano della “creazione”. In essi Brahmâ è la causa
delle forze che dovranno essere generate successivamente per l’opera della “creazione”. Per
esempio, nel Vishnu Purâna1 la traduzione: “e da lui procedono le forze che devono essere
create dopo che sono divenute la causa reale”, sarebbe stata più corretta così: “e da ESSO
procedono le forze che creeranno, divenendo la causa reale (sul piano materiale)”. Eccettuata
quell’Unica Causa Ideale Senza Causa, non ve ne sono altre cui possa essere attribuito
l’Universo.
“O asceta perfetto, è mediante il suo potere, è cioè tramite il potere di quella causa,
che ogni cosa creata perviene alla propria natura inerente”. Se nel “Vedânta e nel Nyâya,
nimitta è la causa efficiente in contrasto con upâdâna, la causa materiale, e nel Sânkhya,
pradhâna implica la funzione di ambedue”, nella Filosofia Esoterica, che riconcilia tutti
questi sistemi, dei quali il più vicino esponente è il Vedânta, come viene interpretato dai
vedantini advaita, non possono esser fatte speculazioni che sull’upadâna. Ciò che intendono i
Vaishnava (i Visishthadvaita) per ideale in contrapposto al reale — o Parabrahman e Îshvara
— non può trovar posto in speculazioni scritte, poiché quell’ideale stesso è una definizione
inappropriata, poiché viene applicata a ciò che nessun intelletto umano, neppure quello di un
Adepto, può concepire.
Per conoscere se stesso è necessario possedere coscienza e percezione, ma ambedue
sono facoltà limitate che possono essere poste in rapporto con qualsiasi soggetto, eccettuato
1
Wilson, I, iv.
65
Parabrahman. Ed ecco perché si dice che “il Soffio Eterno non conosce se stesso”. L’Infinito
non può comprendere il Finito. L’Illimitato non può avere nessuna relazione con il limitato e
il condizionato. Negli insegnamenti occulti, l’Ignoto e l’Inconoscibile Motore, o l’Esistente
per Se Stesso, è l’Essenza Divina Assoluta. Ed essendo Coscienza Assoluta e Moto Assoluto
— per i sensi limitati di coloro che tentano di descrivere questo indescrivibile — è
incoscienza ed immobilità. La coscienza concreta non può essere attributo della coscienza
astratta, precisamente come l’umidità non è solo un attributo dell’acqua — essendo l’umidità
un attributo di per sè, e la causa della qualità dell’“umidità” anche in altre cose.
La coscienza implica limitazioni e qualificazioni; qualche cosa di cui si è coscienti, e
qualcuno che ne sia cosciente. Ma la Coscienza Assoluta contiene il conoscitore, la cosa
conosciuta e il processo del conoscere; tutti e tre in se stessa ed al contempo una. Ognuno è
conscio soltanto di quella parte della propria conoscenza che può, a un dato momento, essere
richiamata alla sua mente; ma la lingua umana è così povera, che non vi sono vocaboli atti a
distinguere la conoscenza che noi non evochiamo, da quella che non siamo capaci di
richiamare alla memoria. Dimenticare è sinonimo di non ricordare. E quanto maggiore è la
difficoltà di trovare vocaboli atti a descrivere i fatti metafisici astratti e a distinguerne le
differenze! Non bisogna dimenticare neppure che noi denominiamo le cose a seconda delle
apparenze che assumono per noi.
Noi chiamiamo la Coscienza Assoluta “incoscienza”, perché ci sembra che debba
necessariamente essere così; precisamente come chiamiamo l’Assoluto “Tenebre”, perché
alla nostra comprensione limitata appare completamente impenetrabile; eppure riconosciamo
in pieno che la nostra percezione di tali cose non rende loro giustizia.
Per esempio, nella nostra mente facciamo involontariamente una distinzione fra la
Coscienza Assoluta inconscia, e l’incoscienza; attribuendo segretamente alla prima una
qualità indefinita che corrisponde, su un piano più elevato di quello che può essere raggiunto
dai nostri pensieri, a ciò che noi riconosciamo in noi stessi quale coscienza. Ma quest’ultima
non è un tipo di coscienza che riusciamo a distinguere da ciò che ci appare come incoscienza.
STANZA II -continuazione.
3. L’ORA NON ERA ANCORA SCOCCATA; IL RAGGIO NON AVEVA ANCORA DARDEGGIATO NEL
2
GERME (a); LA MÂTRIPADMA1 NON ERA ANCORA DIVENUTA TURGIDA (b)
(a) Il “Raggio” della “Eterna Tenebra” diviene, quando è irradiato, un Raggio di Luce
splendente o Vita, e dardeggia nel “Germe” — il Punto nell’Uovo del Mondo, rappresentato
nel suo senso astratto dalla Materia. Ma il termine “Punto” non deve essere inteso nel senso
che viene applicato ad un punto particolare dello Spazio, poiché un germe esiste al centro di
ogni atomo, e questi costituiscono collettivamente il “Germe”; o piuttosto, siccome nessun
atomo può essere reso visibile al nostro occhio fisico, la collettività di questi (se il termine
può essere applicato a qualche cosa di illimitato e di infinito) forma il noumeno della Materia
eterna e indistruttibile.
(b) Una delle figure simboliche per esprimere il Duplice Potere Creativo in Natura
(materia e forza sul piano materiale), è “Padma”, la ninfea dell’India. Il Loto è il prodotto del
calore (fuoco) e dell’acqua (vapore o etere); il fuoco rappresenta, in ogni sistema filosofico e
religioso, perfino nel Cristianesimo, lo Spirito della Divinità, il princìpio attivo, maschile,
1
2
La Madre–Loto.
Un termine poco poetico, tuttavia molto efficace.
66
generatore; e l’etere, o l’anima della materia, la luce del fuoco, rappresenta il princìpio
passivo femminile, dal quale emanò ogni cosa in questo Universo. Quindi, l’etere, o acqua, è
la Madre, mentre il fuoco è il Padre. Sir William Jones e prima di lui la botanica arcaica
dimostrò che i semi del Loto contengono, anche prima della germinazione, foglie
perfettamente formate; una vera pianta in miniatura quale essa diverrà dopo il completo
sviluppo; con ciò “la natura ci dà un esempio della pre-formazione del suo prodotto..... i semi
di tutte le piante fanerogame hanno dei fiori che contengono una pianticella embrionale già
formata.”1 Questo spiega la frase: “la Madre non era ancora divenuta turgida” — poiché nel
simbolismo arcaico la forma è usualmente sacrificata all’idea fondamentale o interiore.
Inoltre il Loto, o Padma, è un simbolo scelto ed antichissimo del Cosmo stesso, come
pure dell’uomo, e le ragioni popolari date sono innanzitutto il fatto appena menzionato che il
seme del Loto contiene in sé una perfetta miniatura della pianta futura, e questo simboleggia
la realtà che i prototipi spirituali di tutte le cose esistono nel mondo immateriale prima che
esse siano materializzate sulla terra. Inoltre, siccome la pianta del Loto cresce attraversando
l’acqua, poiché ha le proprie radici nell’Ilus o melma, ed apre il fiore nell’aria sovrastante,
simboleggia pure la vita dell’uomo quanto quella del Cosmo; perciò la Dottrina Segreta
insegna che gli elementi di entrambi sono i medesimi, ed ambedue evolvono nella stessa
direzione. Le radici del Loto immerse nella melma rappresentano la vita materiale, il fusto
che passa attraverso l’acqua simboleggia l’esistenza nel mondo astrale, e il fiore fluttuante
sull’acqua, e che si dischiude al cielo, è l’emblema dell’esistenza spirituale.
STANZA II -continuazione.
4. IL SUO CUORE NON SI ERA ANCORA APERTO PER LASCIARE ENTRARE IL RAGGIO UNICO, E
QUINDI CADERE, COME IL TRE NEL QUATTRO, NEL GREMBO DI MÂYÂ.
La Sostanza Primordiale non aveva ancora abbandonato il suo stato latente
precosmico per passare nell’oggettività differenziata, e non era neppure divenuta (per
l’uomo) il tuttora invisibile Protile della scienza. Ma appena “suona l’ora” e diviene ricettiva
alla Impressione fohatica del Pensiero Divino (il Logos o aspetto maschile dell’Anima
Mundi, Âlaya) – il suo cuore si apre. Essa si differenzia, ed i Tre (Padre, Madre, Figlio) sono
trasformati in Quattro. Qui si trova l’origine del doppio mistero della Trinità e
dell’Immacolata Concezione. Il dogma primo e fondamentale dell’Occultismo è l’Unità
Universale (o Omogeneità) sotto tre aspetti. Ciò porta ad una concezione possibile della
Divinità che, quale Unità assoluta, deve rimanere per sempre incomprensibile agli intelletti
finiti.
Se vuoi osservare il Potere che agisce entro la radice di una pianta o immaginare la radice nascosta
sotto il suolo, devi pensare al suo stelo ed al suo tronco, alle sue foglie ed ai suoi fiori. Non puoi immaginare il
Potere indipendentemente da questi oggetti. La Vita può essere conosciuta solo tramite l’albero della Vita...” 2
L’idea dell’Unità Assoluta sarebbe interamente distrutta nella nostra concezione se
non avessimo davanti ai nostri occhi qualcosa di concreto per contenere quell’Unità. E la
Divinità, essendo assoluta, è necessariamente onnipresente, quindi non esiste un atomo che
non La contenga in sé. Le radici, il tronco ed i suoi numerosi rami sono tre oggetti distinti,
eppure sono un solo albero. I cabalisti dicono: “La Divinità è una perché è infinita. È tripla
perché è sempre in manifestazione”. Questa manifestazione è tripla nei suoi aspetti, poiché,
1
2
J. B. Gross, The Heathen Religion, 1856, pag. 195.
Precetti di Yoga.
67
come dice Aristotele, necessitano tre princìpi affinché ogni corpo naturale divenga oggettivo:
privazione, forma e materia.1
Privazione significava, nella mente del grande filosofo, ciò che gli occultisti
chiamano i prototipi impressi nella Luce Astrale — il piano inferiore, e la sede dell’Anima
Mundi. L’unione di questi tre princìpi dipende da un quarto - la Vita che irradia dalle
sommità dell’Inaccessibile, per divenire un’Essenza universalmente diffusa sui piani
manifestati dell’Esistenza. E questo Quaternario (Padre, Madre, Figlio, come Unità; ed un
Quaternario come manifestazione vivente) è ciò che ha condotto all’idea arcaica
dell’Immacolata Concezione, cristallizzatasi infine in un dogma della Chiesa cristiana, che ha
antropomorfizzato quest’idea metafisica al di là di ogni senso comune. Poiché basta leggere
la Cabala e studiare i suoi metodi di interpretazione numerica per trovare l’origine di tale
dogma.
Esso è puramente astronomico, matematico e preminentemente metafisico:
l’Elemento Maschile in Natura (personificato dalle divinità maschili e dai Logoi-Virâj, o
Brahmâ, Horus o Osiride, ecc. è nato per mezzo di una sorgente immacolata, e non attraverso
di essa, personificata dalla “Madre”; poiché quell’Elemento Maschile che ha una Madre non
può avere un “Padre” - la Divinità Astratta essendo senza sesso e non essendo neppure un
Essere, ma l’Esseità o la Vita stessa.
Esprimiamo questo concetto con il linguaggio matematico dell’autore di The Source
of Measures. Parlando della “Misura di un Uomo” e del suo valore numerico (cabalistico)
egli dice che nel Genesi, IV, 1:
È chiamata la Misura “dell’Uomo che eguaglia Jehovah”, e che si ottiene nel seguente modo: 113 x
5=565; ed il valore può esser posto sotto la forma di espressione 56,5 x 10=565. Qui il Numero-Uomo 113
diviene un fattore di 56,5 x 10; e l’interpretazione (cabalistica) di quest’ultima espressione numerica è Yod, He,
Vau, He, o Jehovah... Lo sviluppo di 565 in 56,5 x 10 serve a dimostrare l’emanazione del princìpio maschile
(Yod) da quello femminile (Eva); o, per così dire, la nascita di un elemento maschile da una sorgente
immacolata; in altre parole, una concezione immacolata.
Così si ripete sulla terra il mistero che, secondo i Veggenti, si compie sul piano
divino. Il Figlio dell’Immacolata Vergine Celestiale (o il Protile Cosmico Indifferenziato, la
Materia nella sua infinitudine) nasce nuovamente sulla terra come Figlio dell’Eva terrestre, la
nostra Madre Terra, e diviene l’Umanità nella sua totalità passata, presente e futura — poiché
Jehovah, o Jod-Hé-Vau-Hé, è androgino, ossia contemporaneamente maschile e femminile.
In alto, il Figlio è l’intero Cosmo; in basso è l’Umanità.
La Triade o Triangolo diviene la Tetraktis, il numero sacro pitagorico, il Quadrato
perfetto e, sulla terra, un Cubo a sei facce. Il Macroprosopus (la Grande Faccia) è adesso il
Microprosopus (la Faccia Minore), o, come dicono i cabalisti, “l’Antico dei Giorni”, che
discende su Adamo Kadmon, adoperandolo come suo veicolo per manifestarsi, e si trasforma
in Tetragrammaton.
Egli è adesso nel “Grembo di Mâyâ”, la Grande Illusione; e fra se stesso e la Realtà vi
è la Luce Astrale, la Grande Ingannatrice dei sensi limitati dell’uomo, finché la Conoscenza,
tramite Paramârthasatya, non verrà in suo aiuto.
1
Un vedantino della Filosofia Visishthadvaita direbbe che Parabrahman è inseparabile dalla sua Trinità, nonostante sia la
sola Realtà indipendente; che Egli è tre, “Parabrahman, Chit ed Achit”, essendo gli ultimi due realtà dipendenti, incapaci di
esistere separatamente o, per spiegare più chiaramente, Parabrahman è la Sostanza, immutabile, eterna ed inconoscibile; e
Chit (Âtmâ) e Achit (Anâtmâ) e le sue qualità, come la forma ed il colore, sono le qualità di un oggetto qualsiasi. Quei due
sono le vestimenta o corpo, o piuttosto, aspetti (sharîra) di Parabrahman. Ma un occultista troverebbe molto da dire su
questa affermazione e così pure il Vedantino advaita.
68
STANZA II -continuazione.
5. I SETTE1 NON ERANO ANCORA NATI DALLA TRAMA DI LUCE. LE TENEBRE SOLE ERANO
PADRE-MADRE, SVABHÂVAT; E SVABHÂVAT ERA NELLE TENEBRE.
In queste Stanze,
la Dottrina Segreta si occupa principalmente, se non interamente, del
nostro Sistema Solare, ed in modo particolare della nostra Catena Planetaria. Quindi, i “Sette
Figli” sono i creatori di quest’ultima. Questo insegnamento verrà sviluppato maggiormente
in seguito.
Svabhâvat, “l’Essenza Plastica” che riempie l’Universo, è la radice di tutte le cose.
Svabhâvat è, per così dire, l’aspetto buddhistico concreto dell’astrazione che nella filosofia
indù è chiamata Mûlaprakriti.
È il corpo dell’Anima, e ciò che l’Etere sarebbe per l’Âkâsha, essendo quest’ultima il
princìpio che informa di sé il primo. I mistici cinesi ne hanno fatto il sinonimo di “Essere”
Nella traduzione cinese dell’Ekashloka-Shâstra di Nagârjuna (il Lung-shu della Cina)
chiamato il Yih-shu-lu-kia-lun, è detto che il termine originale è “Essere” o “Subhâva” (in
cinese Yeu), che significa “la Sostanza che dà sostanza a se stessa”; e il traduttore dice che
significa pure “senza azione e con azione”, “la natura che non ha natura propria”.
Subhâva, da cui deriva Svabhâvat, si compone di due parole: su, grazioso, bello,
buono; sva, il sé, bhâva, essere o stati dell’essere.
STANZA II -continuazione.
6. QUESTI DUE SONO IL GERME, ED IL GERME È UNO. L’UNIVERSO ERA TUTTORA CELATO
NEL PENSIERO DIVINO E NEL SENO DIVINO.
Il “Pensiero Divino” non implica l’idea di un Pensatore Divino. L’Universo, non solo
Passato, Presente e Futuro — idea umana e finita resa da un pensiero finito — ma nella sua
totalità; il Sat (termine intraducibile), l’Essere Assoluto, con il passato ed il futuro
cristallizzati in un eterno Presente, è quel Pensiero stesso riflesso in una causa secondaria o
manifestata. Brahman (neutro), come il Mysterium Magnum di Paracelso, è un mistero
assoluto per la mente umana. Brahmâ, maschio-femmina, il suo aspetto e la riflessione
antropomorfica, è concepibile alle percezioni della fede cieca, per quanto respinto
dall’intelletto umano quando diviene maggiorenne.
Da qui l’affermazione che durante il prologo, per così dire, del dramma della
creazione o dell’inizio dell’evoluzione cosmica, l’Universo, o il .Figlio, era tuttora celato “nel
Pensiero Divino”, che non era ancora penetrato nel “Seno Divino”. Si osservi bene che
quest’idea si trova alla base e forma l’origine di tutte le allegorie relative ai “Figli di Dio”
nati da vergini immacolate.
__________
1
Figli.
69
STANZA III
1. ….. L’ULTIMA VIBRAZIONE DELLA SETTIMA ETERNITÀ FREME ATTRAVERSO
L’INFINITUDINE (a). LA MADRE SI GONFIA ESPANDENDOSI DALL’INTERNO ALL’ESTERNO,
COME IL BOCCIOLO DEL LOTO (b).
(a) L’uso apparentemente paradossale dell’espressione “Settima Eternità”, che divide
così l’indivisibile, è santificato nella Filosofia Esoterica. Quest’ultima divide la Durata
illimitata in Tempo incondizionato, eterno ed universale, ed in Tempo condizionato
(Khandakâla). L’uno è l’astrazione o noumeno del Tempo infinito (Kâla); l’altro, il
fenomeno che appare periodicamente come effetto di Mahat, l’Intelligenza Universale
limitata dalla durata manvantarica. Per alcune Scuole, Mahat è il “primo nato” di Pradhâna
(la Sostanza indifferenziata o l’aspetto periodico di Mûlaprakriti, la Radice della Natura) la
quale (Pradhâna) è chiamata Mâyâ, Illusione. A questo proposito credo che l’insegnamento
esoterico differisca dalle dottrine vedantine, tanto della Scuola Advaita quanto di quella
Visishtadvaita. Poiché esso dice che, mentre Mûlaprakriti, il noumeno, è auto-esistente e
senza alcuna origine — ossia è senza genitori, Anupâdaka (come uno con Brahman) —
Prakriti, il suo fenomeno, è periodico, ed è soltanto un fantasma del precedente; così Mahat,
il primo-nato di Jñâna (o Gnosi), Conoscenza, Sapienza o il Logos, è un fantasma riflesso
dall’Assoluto Nirguna (Parabrahman), l’Unica Realtà, “priva di attributi e di qualità” mentre,
secondo certi vedantini, Mahat è una manifestazione di Prakriti, la Materia.
(b) Quindi, “l’ultima Vibrazione della Settima Eternità” non era “predestinata” da
nessun Dio in particolare, ma avveniva in virtù della Legge eterna ed immutabile che è la
causa dei grandi periodi di Attività e di Riposo, chiamati così espressivamente ed allo stesso
tempo poeticamente, i Giorni e le Notti di Brahmâ. L’espansione della Madre “dall’interno
all’esterno” chiamata talvolta le “Acque dello Spazio”, la “Matrice Universale”, ecc., non
allude ad un’espansione da un piccolo centro o focolaio, ma significa lo sviluppo, della
soggettività illimitata in una oggettività altrettanto illimitata, senza riferirsi a grandezze,
limitazioni o superfici.
“La Sostanza sempre (per noi) invisibile ed immateriale, eternamente presente, gettò
la sua Ombra periodica dal suo proprio piano nel Grembo di Mâyâ”.
Ciò implica che quest’espansione, non essendo un aumento in grandezza — poiché
l’infinita estensione non ammette accrescimenti —era un cambiamento di condizione. Si
espandeva come il bocciolo del Loto; poiché la pianta del Loto non solo esiste già in
miniatura nel seme (una caratteristica fisica), ma il suo prototipo è presente in una forma
ideale nella luce Astrale, dall’“Aurora” fino alla “Notte” durante il periodo manvantarico;
come in realtà, qualsiasi altra cosa in questo Universo oggettivo, dall’uomo all’insetto
microscopico, dall’albero gigantesco al più sottile filo d’erba. Tutto questo, come ci insegna
la Scienza Occulta, non è che il riflesso temporaneo, l’ombra del prototipo ideale eterno
esistente nel Pensiero Divino; e ricordiamoci ancora che la parola “Eternità” ha qui soltanto il
significato di “Eone”, in quanto perdura attraverso età che sembrano interminabili, benché
non sia che un ciclo di attività limitato, che noi chiamiamo Manvantara. E infatti, qual’è il
vero significato esoterico di Manvantara, o meglio, di un Manu-antara?
Il significato letterale è “fra due Manu”, dei quali ve ne sono quattordici in ogni
Giorno di Brahmâ. Ciascuno di questi Giorni comprende 1000 gruppi di quattro Età, 1000
“Grandi Età” o Mahâyuga. Analizziamo adesso la parola “Manu”.
Gli orientalisti ci dicono, nei loro vocabolari, che il termine “Manu” proviene dalla
radice man, “pensare”; quindi “l’uomo pensante”. Ma, esotericamente, ogni Manu — come
patrono antropomorfizzato del suo ciclo speciale (o Ronda), non è che l’idea personificata del
70
“Pensiero Divino” (come il Pimandro Ermetico); il dio speciale, il creatore ed il formatore di
tutto ciò che appare durante il suo ciclo o Manvantara. Fohat è il messaggero del Manu (o dei
Dhyân Chohan) ed è la causa dell’espansione dei prototipi ideali dall’interno all’esterno —
cioè del graduale attraversamento su una scala discendente, di tutti i piani, dal noumenale al
più basso fenomenico, per sbocciare finalmente su quest’ultimo in piena oggettività, il vertice
dell’Illusione, o materia allo stato più denso.
STANZA III –continuazione.
2. LA VIBRAZIONE SI PROPAGA, TOCCANDO CON LA SUA RAPIDA ALA1 L’INTERO UNIVERSO
ED IL GERME CHE DIMORA NELLA TENEBRA, LA TENEBRA CHE ALITA2 SULLE SOPITE ACQUE
DELLA VITA.
Anche della Monade Pitagorica si dice che dimora nella solitudine e nelle tenebre
come il “Germe”. L’idea dell’alito della Tenebra che si muove sulle “sopite Acque della
Vita” e che è la Materia Primordiale con lo Spirito latente in essa, ci ricorda il primo capitolo
del Genesi. II suo originale è il Nârâyana brâhmanico (quello che si muove sulle Acque), che
è la personificazione del Soffio eterno del Tutto Incosciente (o Parabrahman) degli occultisti
orientali. Le Acque della Vita, o Chaos —simbolicamente il princìpio femminile — sono il
vuoto (alla nostra vista mentale), nel quale si trovano allo stato latente lo Spirito e la Materia.
Fu questo che fece affermare a Democrito, che seguiva il suo maestro Leucippo, che i
princìpi primordiali di tutto erano gli atomi ed un vuoto, nel senso di spazio; ma non di
spazio vuoto, poiché la “Natura aborre il vuoto”, tanto secondo i Peripatetici quanto secondo
ogni filosofo antico.
In tutte le Cosmogonie “l’Acqua” rappresenta lo stesso ruolo importante. È la base e
la sorgente dell’esistenza materiale. Gli scienziati, scambiando la parola per la cosa, hanno
creduto che si trattasse della definita combinazione chimica di ossigeno e idrogeno, dando
così un significato specifico ad un termine usato dagli occultisti in senso generico, e che è
adoperato nel linguaggio cosmogonico con un significato metafisico e mistico. Il ghiaccio
non è acqua, come non lo è il vapore, per quanto tutti e tre abbiano precisamente la
medesima composizione chimica.
STANZA III -continuazione.
3. LA TENEBRA IRRADIA LA LUCE E LA LUCE LASCIA CADERE UN RAGGIO SOLITARIO NELLE
ACQUE, NELLA PROFONDITÀ-MADRE. IL RAGGIO DARDEGGIA ATTRAVERSO L’UOVOVERGINE, IL RAGGIO CAUSA UN FREMITO NELL’UOVO ETERNO, ED ESSO LASCIA CADERE IL
GERME NON-ETERNO3 CHE SI CONDENSA NELL’UOVO DEL MONDO.
Il “Raggio solitario” che cade nella “Profondità-Madre” vuole significare il Pensiero
Divino, o l’Intelligenza, che feconda il Chaos. Questo però avviene sul piano dell’astrazione
metafisica o, piuttosto, sul piano dove ciò che noi chiamiamo un’astrazione metafisica è una
realtà. “L’Uovo-Vergine”, che è in un certo senso l’astrazione di tutte le uova o il potere di
1
Simultaneamente.
Si muove.
3
Periodico.
2
71
svilupparsi per mezzo della fecondazione, è eterno ed è sempre il medesimo. E, come la
fecondazione di un uovo ha luogo prima che esso sia deposto, così il Germe periodico noneterno, che diviene più tardi, nel simbolismo, l’Uovo del Mondo, contiene in se stesso,
quando emerge dal suddetto simbolo, “la promessa e la potenza” di tutto L’Universo. Per
quanto, naturalmente, l’idea per se sia un’astrazione, un modo simbolico di esprimersi, pure
è un simbolo vero, poiché suggerisce l’idea dell’infinito come un cerchio senza fine. Esso
pone dinanzi all’occhio della mente il quadro del Cosmo che emerge dallo Spazio illimitato,
ed in esso un Universo senza limiti nella sua grandezza, se non altrettanto infinito nella sua
manifestazione oggettiva. Il simbolo dell’uovo esprime pure il fatto, insegnato in Occultismo,
che la forma primordiale di qualsiasi cosa manifestata, dall’atomo al globo, dall’uomo
all’angelo, è sferoidale, essendo la sfera, in tutte le nazioni, l’emblema dell’eternità e
dell’infinito — un serpente che divora la propria coda. Tuttavia, per realizzare questo
significato, è necessario pensare alla sfera come se fosse visualizzata dal suo centro. Il
campo di visione o di pensiero è come una sfera, i cui raggi, emanati da noi stessi, si
propagano in tutte le direzioni e si estendono nello spazio, aprendo tutto intorno un orizzonte
senza limiti. È il cerchio simbolico di Pascal e dei cabalisti “il cui centro è dappertutto, e la
circonferenza in nessun luogo”, concezione che si adatta all’idea complessa di
quest’emblema.
“L’Uovo del Mondo” è forse uno dei simboli più universalmente adottati, ed è
altamente suggestivo, in senso spirituale, fisiologico, e cosmologico. Perciò lo si trova in
qualsiasi Teogonia del mondo ed è spesso collegato con il simbolo del serpente che ovunque,
in filosofia come nel simbolismo religioso, è emblema dell’eternità, dell’infinito, della
rigenerazione, come pure della saggezza. Il mistero dell’auto-generazione apparente e
dell’evoluzione mediante il proprio potere creativo, che ripete in miniatura, nell’uovo, il
processo dell’evoluzione cosmica - processi dovuti ambedue al calore e all’umidità sotto
l’influsso dello spirito creativo invisibile — giustifica pienamente la scelta di questo simbolo
grafico. L’“Uovo-Vergine” è il simbolo microcosmico del prototipo macrocosmico, la
“Vergine Madre” — il Chaos o l’Abisso Primordiale. Il creatore maschile (non importa sotto
quale nome) procede dalla Vergine femminile, la Radice Immacolata fecondata dal Raggio.
Chi è colui che, essendo esperto in Astronomia e nelle scienze naturali, non vedrà la
suggestività di tutto ciò? Il Cosmo, quale Natura ricettiva, è un uovo fecondato — eppure
lasciato immacolato, poiché una volta considerato come illimitato, non poteva avere altra
rappresentazione all’infuori di uno sferoide.
L’Uovo d’Oro era circondato da sette elementi naturali, “quattro evidenti (etere,
fuoco, aria, acqua) e tre segreti”. Tale affermazione è rintracciabile nel Vishnu Purâna, dove
il termine elementi è tradotto come “involucri”, e vi è aggiunto un altro segreto: “Ahamkâra”.
Il testo originale non parla di “Ahamkâra”: menziona sette Elementi senza specificare gli
ultimi tre.
72
STANZA III -continuazione.
4. I TRE1 CADONO NEI QUATTRO.2 L’ESSENZA RADIANTE DIVENTA SETTE ALL’INTERNO E
SETTE ALL’ESTERNO (a). L’UOVO LUMINOSO,3 CHE IN SE STESSO È TRE,4 SI COAGULA E SI
ESPANDE IN GRUMI BIANCO-LATTE PER TUTTE LE PROFONDITÀ DELLA MADRE, LA RADICE
CHE CRESCE NEGLI ABISSI DELL’OCEANO DELLA VITA (b).
(a) L’uso di figure geometriche e le frequenti allusioni a figure in tutte le scritture
antiche, come nei Purâna, nel Libro dei Morti egiziano, e anche nella Bibbia, va spiegato.
Nel Libro di Dzyan, come nella Cabala, è necessario studiare le Figure, che sono spesso
semplici schermi, ed i Numeri sacri, il cui valore è conosciuto dagli occultisti per mezzo
dell’Iniziazione. Le prime non sono che glifi convenzionali; gli altri, i simboli fondamentali
di tutto. Ossia, le prime puramente fisiche, gli altri puramente metafisici, e stanno
reciprocamente tra di loro nella medesima relazione della Materia con lo Spirito — i poli
estremi della Sostanza Unica.
Come dice Balzac, l’occultista inconsapevole della letteratura francese, il Numero è
per la Mente quello che è per la Materia: “un agente incomprensibile”. Ciò può dirsi per il
profano, ma non per la mente dell’Iniziato. Come pensava il grande scrittore, il Numero è
un’Entità e, in pari tempo, un Soffio emanante da ciò che egli chiamava Dio e che noi
denominiamo il TUTTO; il Soffio che solo poteva organizzare il Cosmo fisico, “dove niente
riceve la sua forma se non attraverso la Divinità, che è un effetto del Numero”. È interessante
citare le parole di Balzac su questo soggetto:
Le più minuscole, come le più immense creazioni, non si distinguono forse l’una dall’altra per la
quantità, la qualità, la dimensione, la forza e gli attributi ad esse inerenti, tutti elementi generati dal Numero?
L’infinità dei Numeri è un fatto provato per la nostra mente, ma, fisicamente, non ne può esser data alcuna
prova. Il matematico ci dirà che l’infinità dei Numeri esiste ma non può esser dimostrata. Dio è un Numero
dotato di movimento, che è percepito ma non dimostrato. Come Unità dà inizio ai Numeri, con i quali non ha
niente in comune... L’esistenza dei numeri dipende dall’Unità che, senza un solo numero, li genera tutti.....
Come! incapaci perfino di misurare la prima astrazione che vi concede la Divinità, o di capirla, sperate ancora
di sottomettere alle vostre misure il mistero delle Scienze Segrete che emanano da quella Divinità?... Che cosa
proverete se vi immergessi negli abissi del Movimento, la Forza che organizza i Numeri? Che cosa pensereste
se io aggiungessi che il Movimento ed il Numero5 sono generati dal Verbo, la Ragione Suprema dei Veggenti e
dei Profeti che, nei tempi antichi, percepirono il potente Soffio del Signore, come testimonia l’Apocalisse?
(b) “L’Essenza Radiante si coagula e si espande per tutte le Profondità” dello Spazio.
Da un punto di vista astronomico, ciò è facile a spiegarsi: è la Via Lattea, la Stoffa del
Mondo, o Materia Primordiale nella sua forma iniziale. Però è molto più difficile spiegarlo in
poche parole dal punto di vista della Scienza Occulta e del Simbolismo, poiché è il più
complicato dei glifi. In esso sono racchiusi più di una dozzina di simboli. Innanzi tutto
contiene l’intero pantheon di oggetti misteriosi,6 ciascuno avente qualche definito significato
occulto, estratto dall’allegoria indù degli Dèi “che sbattono l’Oceano” come si sbatte il latte
nella zangola per fare i1 burro. Oltre ad Amrita, l’acqua di vita o d’immortalità, uscì da
questo “mare di latte” Surabhi, la “vacca dell’abbondanza”, chiamata “la fontana di latte e di
latte quagliato”. Di qui l’universale adorazione della vacca e del toro, personificanti l’una la
1
Triangolo.
Quaternario.
3
Hiranyagarbha.
4
Le tre ipostasi di Brahmâ, o Vishnu, i tre Avasthâ [stati, condizioni].
5
Il Numero sì, in verità; mai il Movimento. Per l’Occultismo, è il Movimento che genera il Logos, il Verbo.
6
Le “quattordici cose preziose”. Il racconto o l’allegoria si trova nel Shatapatha Brâmanah ed altrove. La Scienza Segreta
giapponese dei mistici buddhisti, gli Yamabooshi,, ha “sette cose preziose”. Ne riparleremo in seguito.
2
73
potenza produttiva e l’altro il potere generativo della Natura: simboli connessi con le Divinità
solari e con quelle cosmiche. Poiché le proprietà specifiche per scopi occulti delle
“quattordici cose preziose” sono spiegate solo alla Quarta Iniziazione, non possono essere
qui esposte; possiamo però far rilevare quanto segue.
Nel Shatapatha Brâhmana si afferma che lo sbattimento dell’“Oceano di Latte” ebbe
luogo durante il Satya Yuga, la prima Età che seguì immediatamente il “Diluvio”. Siccome
però né il Rig Veda né il Manu — ambedue anteriori al “diluvio” di Vaivasvata, che distrusse
la massa della Quarta Razza — parlano di questo Diluvio, è evidente che non si tratta né del
Grande Diluvio né di quello che fece sparire l’Atlantide, e neppure del Diluvio di Noè.
Questo “sbattimento” si riferisce ad un periodo anteriore alla formazione della terra,
ed è in rapporto diretto con un’altra leggenda universale, le cui versioni differenti e
contraddittorie culminano nei dogmi cristiani della “Guerra in Cielo” e della “Caduta degli
Angeli”. I Brâhmana, che gli orientalisti accusano di dare delle versioni sui medesimi
soggetti spesso contrastanti fra di loro, sono opere preminentemente occulte e quindi usate
appositamente come schermi. Si è permesso che sopravvivessero ad uso e proprietà del
pubblico soltanto perché assolutamente incomprensibili alle masse. Altrimenti sarebbero
sparite dalla circolazione fin dall’epoca di Akbar.
STANZA III –continuazione.
5. LA RADICE RIMANE, LA LUCE RIMANE, I GRUMI RIMANGONO, E TUTTAVIA OEAOHOO È
UNO.
(a) “Oeaohoo” è tradotto “Padre-Madre degli Dèi” o i “Sei in Uno”, la Radice
Settenaria da cui tutto procede. Tutto dipende dall’accento che si dà a queste sette vocali,
che possono essere pronunciate come una, tre, o anche sette sillabe, aggiungendo una e dopo
la lettera o. Questo nome mistico è divulgato soltanto perché, se non si ha padronanza
perfetta della triplice pronuncia, rimane sempre senza effetto. “È Uno” si riferisce alla NonSeparatività di tutto ciò che vive ed esiste, sia allo stato attivo che passivo. In un senso
Oeaohoo è la “Radice Senza Radice di Tutto”, perciò uno con Parabrahman; in un altro senso
è un nome per la Vita Una Manifestata, l’eterna Unità vivente. “Radice” significa, com’è già
stato spiegato, Comprensione Pura. (Sattva),1 Realtà eterna incondizionata (nitya), o Sat
(Satya), sia che venga chiamata Parabrahman o Mûlaprakriti, poiché questi non sono altro
che i due simboli dell’Uno. La “Luce” è il medesimo Raggio Spirituale Onnipresente che è
penetrato nell’Uovo Divino fecondandolo e spingendo la materia cosmica ad iniziare la sua
lunga serie di differenziazioni. I “Grumi” sono la prima differenziazione, e si riferiscono a
quella materia cosmica che si suppone sia l’origine della “Via Lattea”. Questa “materia” che,
secondo la rivelazione ricevuta dai Dhyâni-Buddha primordiali, è, durante il Sonno periodico
dell’Universo, della maggiore tenuità percepibile dall’occhio del Bodhisattva perfetto —
questa materia, radiante e fredda al primo risvegliarsi del movimento cosmico si dissemina
nello Spazio e, vista dalla Terra, appare simile ad ammassi o grumi di latte. Questi sono i
semi dei mondi futuri, la “materia prima delle stelle”.
1
Il termine originale per Comprensione è Sattva, che Shankara traduce Antakarana. “Purificato - egli dice - dai sacrifici e da
altre operazioni santificanti. Nella Katha Upanishad, a pag. 148, Shankara dà a Sattva il significato di Buddhi — un uso
comune della parola”. (Bhagavadgîta, ecc., traduzione di Kâshinât Trimbak Telang; edito da Max Müller, pag. 193.)
Qualunque sia il significato che le diverse Scuole possano attribuire a questa parola, Sattva è il nome dato dagli studenti di
Occultismo della Scuola di Âryâsanga alla Monade duale, o Âtma-Buddhi; e Âtmâ-Buddhi, su questo piano, corrisponde a
Parabrahman, e, sul piano superiore, a Mûlaprakriti.
74
STANZA III -continuazione.
6. LA RADICE DELLA VITA ERA IN OGNI GOCCIA DELL’OCEANO DELL’IMMORTALITÀ1 E
L’OCEANO ERA LUCE RADIANTE, LA QUALE ERA FUOCO E CALORE E MOTO. LE TENEBRE
SVANIRONO E NON FURONO PIÙ; SCOMPARVERO NELLA PROPRIA ESSENZA, IL CORPO DI
FUOCO ED ACQUA, O PADRE E MADRE.
Poiché l’Essenza delle Tenebre è Luce Assoluta, le Tenebre sono considerate la
rappresentazione allegorica appropriata della condizione dell’Universo durante il Pralaya o,
come appare alle nostre menti limitate, durante il periodo del Riposo Assoluto o del NonEssere. Il Fuoco, il Calore e il Moto di cui si parla adesso, non sono naturalmente il fuoco, il
calore e il moto della scienza fisica, ma le sottostanti astrazioni, il noumeno o l’anima
dell’essenza di queste manifestazioni materiali — le “cose in se stesse” che, come confessa la
scienza moderna, sfuggono completamente agli strumenti di laboratorio e non possono essere
afferrate neppure dalla mente, per quanto essa stessa sia costretta a concludere che queste
essenze sottostanti alle cose devono esistere. Fuoco ed Acqua, o Padre e Madre, significano
qui il Raggio divino ed il Chaos. “Il Chaos, da questa unione con lo Spirito, acquisì
sensibilità, rifulse di piacere e generò così Prôtogonos (la Luce primordiale)” dice un
frammento di Ermete. Damascio lo chiama Dis, “l’ordinatore di tutte le cose”2 secondo
l’insegnamento dei Rosacroce, questa volta interpretato correttamente, anche se solo
parzialmente, dai profani, “la Luce e le Tenebre sono identiche in se stesse, essendo
separabili l’una dall’altra soltanto nella mente umana”; e, secondo Robert Fludd, “le Tenebre
adottarono la Luce per rendersi visibili”.3 Conformemente agli insegnamenti dell’Occultismo
orientale, la Tenebra è l’unica vera realtà, base e radice della Luce, e, senza di essa,
quest’ultima non potrebbe mai manifestarsi e neppure esistere.
La Luce è Materia, e la Tenebra è puro Spirito. La Tenebra, nella sua base radicale
metafisica è Luce soggettiva ed assoluta; mentre quest’ultima, in tutta la sua gloria apparente
ed il suo splendore, è semplicemente una massa di ombre, poiché non può mai essere eterna,
ed è solo illusione, o Mâyâ. Perfino nel Genesi (I, 2) così sconcertante e faticoso per la mente
e per la scienza, la luce è creata dalle tenebre — “e le tenebre erano sopra la faccia
dell’abisso” — e non vice versa. “In essa (nella tenebra) era la vita, e la vita era la luce degli
uomini”.4 Verrà forse un giorno in cui gli occhi umani si apriranno ed allora gli uomini
comprenderanno meglio di adesso il versetto del Vangelo di San Giovanni che dice: “E la
luce splende nelle tenebre; e le tenebre non l’hanno compresa”. Essi vedranno allora che la
parola “tenebre” non si riferisce alla visione spirituale dell’uomo, bensì alle “Tenebre”,
l’Assoluto, che non comprende (non può conoscere) la luce transitoria, per quanto
trascendente possa sembrare all’occhio umano. Demon est Deus inversus. Il diavolo è
chiamato adesso dalla Chiesa “Tenebre”, mentre nella Bibbia, nel Libro di Giobbe, è
chiamato “Figlio di Dio”, la luminosa stella mattutina, Lucifero. Vi è tutta una filosofia di
dogmatica sottigliezza nella ragione per cui il primo Arcangelo, che sorse dalle profondità
del Chaos, fu chiamato Lux (Lucifero) il luminoso “Figlio del Mattino” o Aurora
manvantarica. La Chiesa lo ha trasformato in Lucifero o Satana, perché è più elevato e più
antico di Jehovah e doveva essere sacrificato al nuovo dogma.
1
Amrita.
Ancient Fragments, di Cory, pag. 314.
3
On Rosenkranz.
4
Giovanni, i, 4.
2
75
STANZA III -continuazione.
7. MIRA, O LANU,1 IL RADIOSO FIGLIO DEI DUE, L’INCOMPARABILE GLORIA FULGENTE: LO
SPAZIO BRILLANTE, FIGLIO DELLO SPAZIO TENEBROSO, CHE EMERGE DALLE PROFONDITÀ
DELLE GRANDI ACQUE TENEBROSE. È OEAOHOO, IL PIÙ GIOVANE * * * (a).2 EGLI RILUCE
COME IL SOLE, EGLI È IL RISPLENDENTE DIVINO DRAGO DI SAGGEZZA; L’EKA3 È CHATUR, E
CHATUR PRENDE A SÉ TRI, E L’UNIONE PRODUCE I SAPTA, IN CUI SONO I SETTE CHE
DIVENGONO I TRIDASHA,4 GLI ESERCITI E LE MOLTITUDINI (b). MIRALO ALZARE IL VELO E
DISPIEGARLO DALL’ORIENTE ALL’OCCIDENTE. EGLI ESCLUDE IL SOPRA E LASCIA VISIBILE IL
SOTTO COME GRANDE ILLUSIONE. EGLI SEGNA I POSTI PER LE RISPLENDENTI,5 E TRAMUTA IL
SUPERIORE6 IN UN MARE DI FUOCO SENZA RIVE (c), E L’UNO MANIFESTATO7 NELLE GRANDI
ACQUE.
(a) “Lo Spazio Brillante, Figlio dello Spazio Tenebroso” corrisponde al Raggio
caduto nelle grandi Profondità Cosmiche, al primo fremito della nuova “Aurora”, e da esse
riemerge differenziato come “Oeaohoo”, il Più Giovane (la “Nuova Vita”) per essere, fino al
termine del Ciclo di Vita, il Germe di tutte le cose. È “l’uomo incorporeo che contiene in se
stesso l’Idea Divina”, “il generatore della Luce e della Vita”, secondo l’espressione di Filone
Giudeo.
È chiamato il “risplendente Drago di Saggezza” perché: primo, egli è ciò che i filosofi
greci chiamavano il Logos, il Verbo del Pensiero Divino; secondo, perché nella Filosofia
Esoterica questa prima manifestazione, essendo la sintesi o l’aggregato della Saggezza
Universale, Oeaohoo, il “Figlio del Sole”, contiene in sé le Sette Legioni Creative
(Sephiroth) ed è così l’essenza della Saggezza manifestata.
“Colui che si immerge nella luce di Oeaohoo non sarà mai ingannato dal Velo di
Mâyâ”.
“Kwan-shi-Yin” è identico ed equivalente all’Avalokiteshvara sanscrito e, come tale,
è una divinità androgina, come il Tetragrammaton e tutti i Logoi dell’antichità. Soltanto
alcune sétte della Cina lo hanno antropomorfizzato e lo rappresentano con attributi
femminili; sotto questo suo aspetto femminile Kwan-Yin diviene la dea della Misericordia ed
è chiamata la “Voce Divina”.8 Questa è la dea protettrice del Tibet e dell’isola di Puto in
Cina, dove ambedue queste divinità hanno numerosi monasteri.9
Gli dèi più elevati dell’antichità erano tutti “Figli della Madre”, prima che divenissero
“Figli del Padre”. I Logoi, come Giove o Zeus, figli di Krono-Saturno, “Tempo Infinito”
(Kâla), originariamente erano presentati come maschi-femmine. Zeus è chiamato la “bella
vergine”, e Venere è rappresentata con la barba. Apollo originariamente era bisessuato, e così
pure Brahmâ-Vâch nel Manu e nei Purâna. Osiride ed Iside potevano scambiarsi l’uno con
l’altra. Horus era di ambo i sessi. Ed infine, nella visione di San Giovanni, nell’Apocalisse, il
1
Lanu è uno studente, un Chelâ che studia l’Esoterismo pratico.
“Che tu conosci adesso come Kwan – Shai – Yin”. – Commentario.
3
Eka è uno; Chatur, quattro; Tri, tre; Sapta, sette.
4
“Tridasha”, o Trenta, i tre volte dieci, allude in cifra tonda alle divinità vediche, o più precisamente 33 – un numero sacro.
Sono i 12 Âditya, gli 8 Vasu, gli 11 Rudra, e i 2 Ashvin – i figli gemelli del Sole e del Cielo. Questo è il numero-radice del
Pantheon indù, che elenca 33 crore o 330 milioni di dèi e dee.
5
Le stelle.
6
Lo Spazio Superiore.
7
Elemento.
8
La Sophia gnostica, “Saggezza”, che è “la Madre” dell’Ogdoade (Aditi, in un certo senso, con i suoi otto figli), è lo Spirito
Santo e il Creatore di tutto, come nei sistemi antichi. Il “Padre” è un’invenzione posteriore. Il primitivo Logos manifestato
era femminile dappertutto – la madre delle sette potenze planetarie.
9
Vedi: Chinese Buddhism, (pag. 128), del Rev. Joseph C. Edkins, che riferisce sempre correttamente i fatti, per quanto le
sue conclusioni siano assai spesso errate.
2
76
Logos, che viene associato adesso con Gesù, è ermafrodito, poiché è descritto avere un petto
femminile. Così è pure il Tetragrammaton, che equivale a Jehovah. Però, in esoterismo vi
sono due Avalokiteshvara: il Primo ed il Secondo Logos.
Nessun simbolo religioso può sfuggire, in quest’epoca di politica e di scienza, alla
profanazione e nemmeno alla derisione. Nell’India meridionale, abbiamo visto un indigeno
convertito fare pûjâ con offerte (devozioni religiose) dinanzi ad una statua di Gesù, il quale
era rappresentato in abiti femminili e con un anello al naso. Avendo domandato il significato
di questa mascherata ci fu risposto che rappresentava Gesù-Maria fusi in uno, e che ciò era
stato fatto con il permesso del Rev. Padre, perché lo zelante convertito non aveva danaro per
comprare due statue, o “idoli”, come venivano giustamente chiamati da un altro indù non
convertito, presente al fatto. Ciò apparirà sacrilego ad un cristiano dogmatico, ma il teosofo e
l’occultista debbono aggiudicare la palma della logica all’indù convertito. Il Christos
esoterico, nella Gnosi, è, naturalmente, senza sesso; ma nella Teologia exoterica, egli è
maschio e femmina.
(b) Il “Drago di Saggezza “ è l’Uno, l’“Eka” o Saka. È interessante osservare come il
nome di Jehovah, anche in ebraico, sia Uno, Achad. “Il suo nome è Achad”, dice il Rabbino.
I filologi dovrebbero decidere quale dei due è derivato dall’altro, linguisticamente e
simbolicamente; certamente non il Sanscrito. “L’Uno” e il “Drago” erano espressioni usate
dagli antichi in rapporto ai loro rispettivi Logoi. Jehovah, esotericamente Elohim — è pure il
Serpente o Drago che tentò Eva; e il Drago è un antico glifo per la “Luce Astrale “(Princìpio
Primordiale), “che è la Saggezza del Chaos”.
La Filosofia Arcaica, non riconoscendo né il Bene né il Male come poteri
fondamentali o indipendenti, ma partendo dal TUTTO Assoluto (Perfezione Universale in
eterno), li segue entrambi durante il corso dell’evoluzione naturale, condensandosi
gradatamente dalla Luce pura nella forma, e divenendo quindi Materia o Male. Furono i
primi ignoranti Padri cristiani che degradarono l’idea filosofica ed altamente scientifica di
questo emblema, facendone l’assurda superstizione che fu chiamata il “Diavolo”. Essi la
presero dagli ultimi zoroastriani che vedevano nei Deva indù il Diavolo o il Male; e la parola
“Evil” trasformandosi doppiamente, è divenuta “D’Evil” (Diabolos, Diable, Diavolo, Teufel).
Ma i pagani hanno sempre mostrato nei loro simboli un discernimento filosofico. L’emblema
primitivo del serpente simboleggiava la Saggezza Divina e la Perfezione, ed ha sempre
rappresentato la Rigenerazione psichica e l’Immortalità. E perciò Ermete chiamò il serpente
il più spirituale di tutti gli esseri.
Mosé, iniziato alla Saggezza di Ermete, fece lo stesso nel Genesi, essendo il Serpente
Gnostico con le sette vocali sulla testa l’emblema delle Sette Gerarchie dei Creatori Settenari
o Planetari. Da ciò pure derivò il serpente indù Shesha o Ananta, l’Infinito, un nome di
Vishnu, del quale questo serpente fu il primo Vâhana o Veicolo sulle Acque Primordiali.
Comunque, questi serpenti devono essere distinti l’uno dall’altro, come lo sono i Logoi e le
Gerarchie delle Potenze. Shesha o Ananta, il “letto di Vishnu”, è un’astrazione allegorica,
che simboleggia il Tempo infinito nello Spazio, che contiene il Germe e proietta
periodicamente l’efflorescenza di questo Germe, l’Universo manifestato; mentre l’Ophis
Gnostico contiene lo stesso triplice simbolismo nelle sue sette vocali, come l’Oeaohoo della
Dottrina arcaica con le sue una, tre, e sette sillabe; cioè il primo Logos Non-Manifestato, il
Secondo Manifestato, il Triangolo che si concretizza nel Quaternario o Tetragrammaton, ed i
Raggi di quest’ultimo sul piano materiale.
Però tutti fecero una differenza fra il Serpente buono e quello cattivo (la Luce Astrale
dei cabalisti), fra il primo - personificazione della Saggezza Divina nella regione dello
Spirituale – e l’altro, il Male, sul piano della Materia. La Luce Astrale, o Etere, degli antichi
pagani — il nome di Luce Astrale è completamente moderno — è Spirito-Materia.
Cominciando dal piano puramente spirituale diviene, discendendo, gradatamente più
77
grossolano, fino a che, giunto sul nostro piano, diventa Mâyâ, o il Serpente tentatore ed
ingannatore. Gesù accettò il serpente quale sinonimo di Saggezza ed esso formò parte del suo
insegnamento: “Siate saggi come serpenti”, egli dice. “In princìpio, prima che la Madre
divenisse Padre-Madre, il Drago Fiammeggiante si muoveva solo nell’Infinitudine”.1
L’Aitareya-Brâmhana chiama la Terra, Sarparâjni, la “Regina Serpente” e la “Madre di tutto
ciò che si muove”. Prima che il nostro globo prendesse la forma ovale (e così pure
l’Universo), “una lunga striscia di polvere cosmica (o nuvola di fuoco) si muoveva e si
attorcigliava nello Spazio come un serpente.” Lo “Spirito di Dio che si muove sul Chaos” è
stato simboleggiato, da ogni nazione, con un serpente ardente che soffiava fuoco e luce sulle
acque primordiali, fino a che, covata la materia cosmica, le fece assumere la forma anulare di
un serpente che si morde la coda — il che simboleggia non solo l’eternità e l’infinitudine, ma
anche la forma sferica di tutti i corpi formatisi nell’Universo da quella nebbia ardente.
L’Universo, come pure la Terra e l’Uomo, gettano via periodicamente, come il serpente, le
loro vecchie pelli, per assumerne delle nuove dopo un periodo di riposo. Il serpente non è
certamente un’immagine meno graziosa o meno poetica di quella del bruco e della crisalide
da cui si sprigiona la farfalla, l’emblema greco di Psyche, l’anima umana! Anche per gli
egiziani, come pure per gli Gnostici, il Drago era il simbolo del Logos. Nel Libro di Ermete,
Pimandro, il più antico ed il più spirituale dei Logoi del Continente occidentale, appare ad
Ermete sotto la forma di un Drago fiammeggiante di “Luce, di Fuoco e di Fiamma”;
Pimandro, il “Pensiero Divino” personificato, dice:
Io sono la Luce, Io sono il Nous [la Mente o Manu]. Io sono il tuo Dio e sono molto più antico del
princìpio umano che emerge dall’ombra [le Tenebre o la Divinità celata]. Io sono il germe del pensiero, il Verbo
risplendente, il Figlio di Dio. Così, tutto ciò che vede e sente in te è il Verbo del Maestro; è il Pensiero [Mahat]
che è Dio, il Padre.2 L’Oceano celeste, l’Æther…... è il Soffio del Padre, il princìpio datore di vita, la Madre, lo
Spirito Santo, poiché questi non sono separati e la loro unione è la Vita.
Troviamo qui l’eco evidentissima della Dottrina Segreta arcaica, come la stiamo
esponendo adesso. Però essa non pone in cima all’Evoluzione della Vita il “Padre”, che viene
al terzo posto ed è il “Figlio della Madre”, bensì “l’Eterno ed Incessante Respiro del TUTTO”.
Mahat (Comprensione, Mente Universale, Pensiero, ecc.), prima che si manifesti come
Brahmâ o Shiva, appare come Vishnu, dice la Sânkhya-Sâra.3 Quindi ha diversi aspetti,
precisamente come il Logos. Nella Creazione Primaria, Mahat è chiamato il Signore, ed è, in
questo senso, Conoscenza Universale o Pensiero Divino; però, “quel Mahat che fu creato per
primo è chiamato (dopo) Egoismo quando nasce come senso dell’‘Io’, e questa è detta la
Creazione Secondaria.4 E il traduttore (un abile e colto Brâhmano e non un orientalista
europeo) spiega in una nota: “Cioè, quando Mahat si sviluppa nel sentimento dell’AutoCoscienza – l’Io – allora assume il nome di Ego-ismo”; il che, tradotto nel nostro linguaggio
esoterico, significa: — Quando Mahat si trasforma nel Manas umano (o anche in quello degli
dèi finiti) diventa lo stato di Aham. Perché esso sia chiamato il Mahat della Creazione
Secondaria (o la Nona, la creazione dei Kumâra nel Vishnu Purâna), sarà spiegato in seguito.
(c) Il “Mare di Fuoco” è quindi la Luce Super-Astrale (cioè Noumenale), la prima
radiazione dalla Radice Mûlaprakriti, la Sostanza Cosmica Indifferenziata che diviene
Materia Astrale. È chiamato pure il “Serpente Igneo”, come abbiamo già detto. Se lo studioso
si rammenterà che vi è soltanto un Elemento Unico Universale, che è infinito, non-nato ed
1
Libro di Sarparâjni.
L’espressione “Dio, il Padre”, significa qui indubbiamente il settimo princìpio nell’Uomo e nel Cosmo, essendo questo
princìpio inseparabile, nel suo Essere e Natura, dal settimo princìpio cosmico. In un certo senso è il Logos dei greci e
1’Avalokiteshvara dei “buddhisti” esoterici.
3
Edizione di Fitzdward Hall, nella Bibliotheca Indica, pag. 16.
4
Anugîtâ, cap. xxvi, traduzione di K. T. Telang, p. 333.
2
78
immortale, e che tutti gli altri — come nel mondo fenomenico — sono semplicemente varie
trasformazioni ed aspetti differenziati (adesso chiamati correlazioni) di quell’Uno, dagli
effetti macrocosmici fino a quelli microcosmici, dagli esseri super-umani agli umani e subumani, cioè la totalità dell’esistenza oggettiva — allora la prima e maggiore difficoltà
scomparirà, e la Cosmologia Occulta sarà da lui compresa. Così, tanto nella Teogonia
egiziana quanto in quella indiana, vi era una Divinità celata, l’UNO, e un altro dio creatore
androgino; Shoo era il dio della creazione e Osiride, nella sua forma originale primitiva, il
dio “il cui nome è sconosciuto”.1 Tutti i cabalisti e gli occultisti, orientali ed occidentali
riconoscono (a) l’identità del “Padre-Madre” con l’Etere Primordiale o Âkâsha (Luce
Astrale); e (b) la sua omogeneità prima dell’evoluzione del “Figlio”, il Fohat cosmico, perché
è Elettricità cosmica. “Fohat indurisce e dissemina i Sette Fratelli”,2 nel senso che l’Entità
Elettrica primordiale — infatti gli occultisti orientali insistono che l’Elettricità è un’Entità —
dà la vita mediante la forza elettrica e divide la stoffa primordiale, o materia pregenetica, in
atomi, che sono essi stessi la sorgente di ogni vita e di ogni Coscienza. “Esiste un agente
unico universale di tutte le forme e della vita, che è chiamato Od, Ob e Aour,3 attivo e
passivo, positivo e negativo, come il giorno e la notte: è la prima luce nella Creazione”
(Éliphas Lévi) — la “prima luce” dell’Elohim primordiale, l’Adamo “maschio e femmina”, o
(scientificamente) l’Elettricità e la Vita.
Gli antichi lo rappresentavano come un serpente poiché “Fohat sibila mentre guizza
qua e là” a zig zag. La Cabala lo indica con la lettera ebraica Teth טche simboleggia il
serpente che rappresentò una parte così prominente nei Misteri. II suo valore universale è
nove, perché è la nona lettera dell’alfabeto e la nona delle cinquanta porte, o entrate, che
conducono ai misteri celati dell’essere. È l’agente magico par excellence, e nella filosofia
ermetica indica “la Vita infusa nella Materia Primordiale”, l’essenza che compone tutte le
cose e lo spirito che determina la loro forma. Però esistono due operazioni ermetiche segrete,
l’una spirituale e l’altra materiale, correlative e per sempre unite. Come dice Ermete :
Separerai la terra dal fuoco, il sottile dal solido... ciò che ascende dalla terra al cielo e discende
nuovamente dal cielo alla terra. Questa (la luce sottile) è la potente forza di ogni forza, poiché conquista ogni
cosa sottile e penetra in ogni cosa solida. Così fu formato il mondo.
Non fu soltanto Zenone, il fondatore degli Stoici, ad insegnare che l’Universo evolve
e che la sua sostanza primordiale si trasforma dallo stato di fuoco in quello di aria, quindi in
quello di acqua, ecc. Eraclito di Efeso affermava che il princìpio unico che si trova sotto tutti
i fenomeni nella Natura è il fuoco. L’intelligenza che muove l’Universo è fuoco, e il fuoco è
l’intelligenza. E, mentre Anassimene diceva la medesima cosa dell’aria, e Talete di Mileto
(600 anni a. C.) dell’acqua, la Dottrina Esoterica riconcilia tutti questi filosofi, dimostrando
che, per quanto ciascuno individualmente avesse ragione, nessuno dei loro sistemi era
completo.
1
Vedi Abydos, di Mariette, II, 63. e III, 413, N. I, 122.
Libro di Dzyan, III.
3
Od è la pura Luce datrice di vita, o fluido magnetico; Ob, il messaggero della morte, adoperato dagli stregoni, il nefasto
fluido maligno; Aour è la sintesi dei due, la vera Luce astrale. Possono dirci i filologi perché Od — un termine usato da
Reichenbach per denominare il fluido vitale — è pure una parola tibetana che significa luce, splendore, radiosità? In senso
occulto significa pure “Cielo”. Da dove proviene la radice della parola?
Però Âkâsha non è esattamente Etere, ma qualche cosa di ben superiore a ciò, come dimostreremo in seguito.
2
79
STANZA III -continuazione.
8. DOV’ERA IL GERME E DOV’ERA ORA LA TENEBRA? DOV’È LO SPIRITO DELLA FIAMMA CHE
ARDE NELLA TUA LAMPADA, O LANU? IL GERME È QUELLO, E QUELLO È LUCE, IL BIANCO
FIGLIO BRILLANTE DELL’OSCURO PADRE NASCOSTO.
La risposta alla prima domanda, suggerita dalla seconda, che è la risposta
dell’istruttore al discepolo contiene, in una sola frase, una delle verità più essenziali della
Filosofia Occulta. Indica l’esistenza di cose impercettibili ai nostri sensi fisici, cose che sono
di importanza molto maggiore, più reali e più permanenti di quelle che fanno appello a questi
sensi stessi. Prima che il Lanu possa sperare di comprendere il problema metafisico
trascendentale contenuto nella prima domanda, dovrà essere capace di rispondere alla
seconda; e la risposta che le darà gli fornirà la chiave per la giusta risposta alla prima.
Nel Commentario sanscrito su questa Stanza, i termini adoperati per il Princìpio
nascosto e non rivelato sono molti. Nei manoscritti primitivi della letteratura indiana, questa
Divinità Astratta e Non-Rivelata non ha nome. Essa è generalmente chiamata “Quello” (in
Sanscrito, Tat) e significa tutto quello che è, che fu, e che sarà, o quello che la mente umana
è capace di concepire. Fra tali denominazioni date — naturalmente solo nella Filosofia
Esoterica — vi sono quelle di “Tenebre Insondabili”, di “Turbine”, ecc.; esso è anche
chiamato di “Quello del Kâlahansa “, il “Kâla-ham-sa” ed anche il “ Kâli Hamsa” (Cigno
Nero). Qui la m e la n si possono invertire, ambedue hanno il suono nasale delle sillabe
francesi an o am, e ancora en o em (ennui, embarras, ecc.). Tanto nella Bibbia ebraica come
in quella sanscrita, vi sono molti nomi sacri misteriosi che, all’orecchio profano, non dicono
più di qualsiasi altra parola, spesso anche volgare, perché nascosti sotto forma di anagramma
o altrimenti. La parola Hansa o, esotericamente “Hamsa”, presenta appunto uno di questi
casi. Hamsa equivale ad A-ham-sa, tre parole che significano “ Io sono Lui.”, mentre,
separate ancora in un altro modo, si leggeranno “So-ham”, “Egli (è) Me”, essendo soham
equivalente a sah, “egli”, e ad aham, “Io”, o “Io sono Lui”. In questa sola parola è contenuta,
per colui che comprende, il linguaggio della saggezza ed il mistero universale, la dottrina
dell’identità dell’essenza dell’uomo con l’essenza di Dio. Da ciò il glifo e l’allegoria di
Kâlahansa (o Hamsa), e il nome dato a Brahman, (neutro), e più tardi al Brahmâ maschile di
“Hamsa-Vâhana”, “colui che si serve di Hamsa come proprio Veicolo”.
La medesima parola si può leggere anche “Kâlaham-sa” o “Io sono Io nell’eternità del
Tempo”, e ciò corrisponde al biblico, o meglio zoroastriano, “Io sono ciò che sono”. La
medesima dottrina si trova nella Cabala, come ne fa testimonianza il seguente estratto da un
manoscritto non pubblicato di, S. Liddell McGregor Mathers, l’erudito cabalista:
א ינא תה הוא
I tre pronomi,
Hua, Ateh, Ani — Egli, Tu, Io — sono usati per simboleggiare le
idee del Macroprosopo e Microprosopo nella Qabalah ebraica. Hua, “Egli”, è applicato al Macroprosopo
nascosto; Ateh, “Tu”, al Microprosopo; e Ani, “Io”, a quest’ultimo, quando lo si rappresenta che parla.1 È da
א
notare come ciascuno di questi nomi si compone di tre lettere, delle quali la lettera Aleph, , forma la fine della
א
prima parola Hua, ed il princìpio di Ateh e Ani, come se fosse il legame che le unisce. Ma
è il simbolo
dell’Unità e, di conseguenza, dell’Idea invariabile del Divino operante attraverso tutte queste lettere. Ma dietro
א
א
ה ו
la
nel nome Hua
vi sono le lettere e , i simboli dei numeri Sei e Cinque, il Maschio e la Femmina,
l’Esagramma ed il Pentagramma. Ed i numeri di queste tre parole, Hua, Ateh e Ani, sono 12, 406, e 61, che
sono riassunti nei numeri chiave 3, 10, e 7, dalla Qabalah delle Nove Camere, che è una forma della regola
esegetica del Temura.
1
Zohar: Idra Zûtâ Qaddishâ (La Santa Assemblea Minore), cap. VIII, verso 204 e seguenti.
80
È inutile tentare di spiegare completamente questo mistero. I materialisti e gli
scienziati moderni non lo capiranno mai, poiché, per ottenerne una chiara percezione,
bisogna prima di tutto ammettere il postulato di una Divinità universalmente diffusa,
onnipresente ed eterna nella Natura; secondo, aver penetrato il mistero dell’elettricità nella
sua vera essenza; terzo, ammettere che l’uomo è il simbolo settenario sul piano terrestre
dell’Unica Grande Unità, il Logos, che è Egli stesso il segno delle sette vocali, il Soffio
cristallizzato nel Verbo.1 Colui che crede in tutto ciò, deve credere pure nella combinazione
multipla dei sette pianeti dell’Occultismo e della Cabala con i dodici segni dello Zodiaco ed
attribuire, come facciamo noi, a ciascun pianeta ed a ciascuna costellazione un’influenza che
–come dice Ély Star (un astrologo francese) – “gli è propria, benefica o malefica; e ciò
secondo lo spirito planetario che lo governa e che, a sua volta, è capace influenzare gli
uomini e le cose che si trovano in armonia con esso e che con esso hanno una certa affinità”.
Per queste ragioni e, poiché sono pochi coloro che credono in quanto precede, tutto quello
che si può dire adesso è che, in entrambi i casi, il simbolo di Hansa (che sia “Io”, “Lui”, Oca
o Cigno), è un simbolo importante che rappresenta, tra le altre cose, la Saggezza Divina, la
Saggezza nelle Tenebre al di là della portata degli uomini. Per uso exoterico, Hamsa, come
sanno tutti gli indù, è un uccello favoloso che, nell’allegoria, quando gli veniva dato come
cibo del latte mescolato con acqua, separava le due sostanze, bevendo il latte e lasciando
l’acqua, dimostrando così una saggezza inerente — poiché il latte rappresenta
simbolicamente lo spirito, e l’acqua la materia.
Che quest’allegoria sia antichissima e provenga dai primordi del periodo arcaico, è
dimostrato dal fatto che nella Bhâgavata Purâna si fa menzione di una certa casta
denominata Hamsa o Hansa, che era “la casta” par excellence, quando, nelle più lontane
brume di un passato dimenticato, vi era fra gli indù soltanto “Un Veda, Una Divinità, Una
Casta”. Vi è pure una catena montuosa, nell’Himâlaya, situata al nord del Monte Meru,
secondo i libri antichi, chiamata “Hamsa” e collegata con episodi relativi alla storia di misteri
religiosi e di iniziazioni. Quanto a credere, come i testi exoterici e le traduzioni degli
orientalisti, che Kâla-hansa sia il supposto veicolo di Brahmâ-Prajâpati, è un errore.
Brahman, il neutro, è chiamato da essi Kâla-hansa, e Brahmâ, il maschio, Hansa-vâhana,
perché evidentemente “il suo veicolo è un cigno o un’oca”2
Questa è una glossa puramente exoterica. Esotericamente e logicamente, se Brahman,
l’infinito, è tutto ciò che è descritto dagli orientalisti e, in conformità ai testi vedantini, è una
divinità astratta, in nessun modo caratterizzata da qualsiasi attributo umano; e se, in pari
tempo, si afferma che egli, o esso, è chiamato Kâlahansa — allora come potrà mai divenire il
Vâhan di Brahmâ, il dio manifestato e finito? È invece precisamente l’opposto. Il “cigno od
oca” (Hansa) è il simbolo della divinità maschile o temporanea, l’emanazione del Raggio
primordiale, e deve servire come un Vâhan o Veicolo per quel Raggio divino, il quale
altrimenti non potrebbe manifestarsi nell’Universo, essendo al contrario esso stesso
un’emanazione delle Tenebre — almeno per quanto appare al nostro intelletto umano. È
dunque Brahmâ che è Kâlahansa ed il Raggio, l’Hansa-vâhana. Quanto allo strano simbolo
scelto, esso è pure assai suggestivo, poiché il suo vero significato mistico è l’idea di una
matrice universale, rappresentata dalle Acque Primordiali dell’Abisso, o l’apertura per la
ricezione e successiva emissione di quel Raggio Unico (il Logos) che contiene in se stesso gli
altri Sette Raggi Procreativi, o Potenze (i Logoi o Costruttori). Di qui la scelta fatta dai
1
Questo è di nuovo simile alla dottrina di Fichte e dei panteisti tedeschi. Il primo venera Gesù come il grande Istruttore che
inculcò l’unità dello spirito dell’uomo con lo Spirito di Dio, o Princìpio Universale (dottrina advaita). È difficile trovare una
sola speculazione nella Metafisica occidentale che non sia stata anticipata dalla filosofia arcaica orientale. Da Kant fino ad
Herbert Spencer, essa è sempre, più o meno, un’eco alterata delle dottrine dvaita, advaita e vedantina.
2
Vedi Dictionary of Hindû Mithology, di Dowson, pag. 57.
81
Rosacroce dell’uccello acquatico — che sia il cigno o il pellicano1— con i suoi sette piccoli,
quale un simbolo modificato e adattato alle Religioni dei diversi paesi. Nel Libro dei
Numeri,2 Ain-Suph è chiamata “l’Anima Ignea del Pellicano”, apparendo in ogni Manvantara
come Nârâyana o Svâyambhuva, l’Auto-Esistente, e, penetrando nell’Uovo del Mondo, egli
ne emerge alla fine dell’incubazione divina, come Brahmâ o Prajâpati, il progenitore del
futuro Universo, nel quale si espande. Egli è Purusha (Spirito), ma è pure Prakriti (Materia).
Quindi è solo dopo essersi separato nelle due metà — Brahmâ-Vâch (la femmina) e BrahmâVirây (il maschio) — che Prajâpati diviene un Brahmâ maschile.
STANZA III -continuazione.
9. LA LUCE È FIAMMA FREDDA, E LA FIAMMA È FUOCO, E IL FUOCO PRODUCE CALORE, IL
QUALE DÀ ACQUA — L’ACQUA DI VITA NELLA GRANDE MADRE.3
Bisogna ricordarsi che le parole “Luce”, “Fiamma” e “Fuoco”, sono state adottate dai
traduttori che le hanno prese dal vocabolario degli antichi “Filosofi del Fuoco”,4 per rendere
più chiaro il significato dei vocaboli e dei simboli arcaici usati nell’originale. Altrimenti
sarebbero rimasti completamente incomprensibili ai lettori europei. Ma per uno studioso di
Occultismo questi vocaboli saranno sufficientemente chiari. “Luce” “Fiamma”, “Freddo”,
“Fuoco”, “Calore”, “Acqua” ed “Acqua di Vita” — sono tutti, sul nostro piano, la progenie o,
come direbbe un fisico moderno, le correlazioni dell’Elettricità. Parola potente e simbolo
ancora più potente! Sacro generatore di una progenie non meno sacra: quella del Fuoco – i1
creatore, il preservatore e il distruttore; della Luce - l’essenza dei nostri divini antenati; della
Fiamma — l’anima delle cose. L’Elettricità, cioè la Vita Unica sul gradino più elevato
dell’Essere, e il Fluido Astrale, l’Athanor degli alchimisti su quello inferiore; Dio e il
Diavolo, il Bene e il Male. Ed ora, perché la Luce è chiamata “Fiamma Fredda”? Perché
nell’ordine dell’Evoluzione Cosmica (come la insegnano gli occultisti) l’energia che aziona
la materia dopo la sua prima formazione in atomi, è generata sul nostro piano dal Calore
Cosmico; poiché prima di questo periodo il Cosmo, nel senso di materia non aggregata, non
esisteva. La prima Materia Primordiale, eterna e coeva con lo Spazio, “che non ha né
princìpio né fine, non è né calda né fredda, ma è di una natura speciale sua propria”, dice il
Commentario. Il caldo e il freddo sono qualità relative, ed appartengono ai regni dei mondi
manifestati, che procedono tutti dall’Hyle manifestata, la quale, nel suo aspetto assolutamente
latente, è definita come la “Vergine Fredda”; e quando si risveglia alla vita viene chiamata la
“Madre”. Gli antichi miti della cosmogonia occidentale, affermano che in princìpio vi era
1
In quanto alla specie dell’uccello, che si tratti di un cigno, di un anser o di un pellicano, non ha importanza; è un uccello
acquatico che si muove sulle acque o vola al di sopra di esse come lo Spirito, uscendone quindi per dar vita ad altri esseri. Il
vero significato del simbolo del Diciottesimo Grado dei Rosacroce è precisamente questo, benché in seguito lo si sia
poeticamente trasformato nel sentimento materno del pellicano che si squarcia il seno per nutrire con il proprio sangue i suoi
sette piccoli.
2
La ragione per cui Mosè proibisce di mangiare il pellicano ed il cigno (Deuteronomio, XIV, 16, 17), e classifica questi due
uccelli fra gli animali impuri, mentre lascia che si mangino “le locuste, gli scarafaggi e le cavallette d’ogni specie” (Levitico,
XI, 22), è puramente fisiologica, e si riferisce al simbolismo mistico soltanto per la ragione che la parola “impuro”, come
qualsiasi altra, non dovrebbe esser presa nel suo significato letterale, poiché è esoterica, come tutto il resto, e potrebbe
significare tanto “santo” quanto l’opposto. È un velo molto suggestivo che ha un rapporto con certe superstizioni – come
quella, ad esempio, dei russi che non mangiano il piccione perché sia impuro, ma perché lo “Spirito Santo” è apparso in
forma di colomba.
3
Il Chaos.
4
Non gli alchimisti del Medio Evo, ma i Magi e gli Adoratori del Fuoco, dai quali i Rosacroce o i Filosofi per ignem, i
successori dei teurghi, presero le loro idee relativamente al Fuoco, come un elemento mistico e divino.
82
soltanto nebbia fredda, che era il Padre, ed il limo prolifico (la Madre, Ilus o Hyle) da cui
uscì il Serpente del Mondo (la Materia).1
Quindi la Materia primordiale, prima di emergere dal piano di ciò che non si
manifesta mai, e di risvegliarsi al fremito dell’azione sotto l’impulso di Fohat, non è che “una
radiazione fredda, senza colore, senza forma, senza gusto e priva di qualsiasi aspetto e
qualità” E tali sono pure i suoi Primogeniti, i “Quattro Figli” che “sono Uno e divengono
Sette” — le Entità, le cui qualifiche ed i cui nomi servirono agli occultisti orientali
dell’antichità per denominare i quattro dei sette primitivi “Centri di Forza” o atomi, che si
sviluppano più tardi nei grandi “Elementi” Cosmici, attualmente suddivisi nei circa settanta
sub-elementi conosciuti dalla scienza. Le quattro nature primarie dei primi Dhyân Chohan
sono chiamate (in mancanza di vocaboli più appropriati), “Âkâshica”, “Eterea”, “Acquea” ed
“Ignea”. Esse corrispondono, nella terminologia dell’Occultismo pratico, alle definizioni
scientifiche dei gas che — per darne un’idea chiara tanto agli occultisti quanto al pubblico in
generale — possono essere definiti come paraidrogenico,2 paraossigenico, ossidrogenico ed
ozonico, o forse nitrozonico; queste forze, o gas (in Occultismo sostanze sopra-sensibili, per
quanto atomiche), sono le più effettive e le più attive quando imprimono energia sul piano
della materia grossolanamente differenziata. Questi elementi sono tanto elettropositivi quanto
elettronegativi. Ciascuno di questi, e probabilmente molti altri ancora, sono gli anelli
mancanti della Chimica. In Alchimia e fra gli occultisti che praticano poteri fenomenici, sono
conosciuti sotto altri nomi. I più grandi fenomeni sono prodotti combinando e ricombinando,
oppure dissociando in un certo modo, gli “Elementi” per mezzo del Fuoco Astrale.
STANZA III -continuazione.
10. PADRE-MADRE TESSE UNA TELA, IL CUI LEMBO SUPERIORE È FISSATO ALLO SPIRITO3—
LA LUCE DELLA TENEBRA UNA — E L’INFERIORE AL SUO ESTREMO OSCURO, LA MATERIA;4 E
QUESTA TELA È L’UNIVERSO, INTESSUTO DELLE DUE SOSTANZE FATTE IN UNA, CHE È
SVABHÂVAT.
Nella Mândukya Upanishad 5 è scritto: “Come un ragno distende e ritira la sua tela,
come le piante spuntano dal suolo... così l’Universo è derivato dall’uno imperituro”, Brahmâ,
poiché “il Germe della Tenebra sconosciuta” è il materiale dal quale tutto evolve e si
sviluppa, “come la tela dal ragno e la schiuma dall’acqua”, ecc. Ciò è soltanto esatto e vero
se il termine Brahmâ, il “Creatore”, è derivato dalla radice brih, crescere o espandersi.
Brahmâ “si espande” e diviene l’Universo intessuto dalla sua propria sostanza. La medesima
idea è espressa in un modo bellissimo da Goethe, che dice:
Così lavoro al crepitante telaio del Tempo.
E intesso per Dio la veste nella quale tu Lo vedi.6
______
1
Iside Svelata, I, 146.
παρά, “oltre”, esterno.
3
Purusha.
4
Prakriti.
5
I, I. 7.
6
[Faust, Il Canto dello Spirito della Terra.]
2
83
STANZA III -continuazione.
11. – ESSA1 SI ESPANDE QUANDO IL RESPIRO DI FUOCO2 LE È SOPRA; SI CONTRAE QUANDO IL
RESPIRO DELLA MADRE3 LA TOCCA. ALLORA I FIGLI4 SI DISGIUNGONO E SI DISPERDONO PER
RITORNARE NEL SENO DELLA LORO MADRE ALLA FINE DEL GRANDE GIORNO, E
RIDIVENTANO UNO CON ESSA. QUANDO ESSA5 SI RAFFREDDA, DIVENTA RADIANTE. I SUOI
FIGLI SI ESPANDONO E SI CONTRAGGONO IN SE STESSI E NEI PROPRI CUORI; ESSI
ABBRACCIANO L’INFINITUDINE.
L’espansione dell’Universo sotto il “Respiro di Fuoco” è molto suggestiva alla luce
del periodo della bruma di fuoco di cui la scienza moderna parla tanto, ma di cui in realtà sa
così poco. Un gran calore separa gli elementi composti e risolve i corpi celesti nel loro
Elemento Primordiale Unico, spiega il Commentario.
“Una volta disintegrato nel suo costituente primordiale, mettendosi alla portata
dell’attrazione di un focolaio o centro di calore [energia], dei quali centri molti vengono
trascinati qua e là nello spazio, un corpo, tanto vivo che morto, sarà evaporato e mantenuto
nel Seno della Madre finché Fohat, raccogliendo alcune particelle di Materia cosmica
[nebulose], lo metterà nuovamente in moto mediante un impulso; svilupperà il calore
necessario e quindi lascerà che segua la sua nuova crescita.”
L’espandersi ed il contrarsi della “Tela”, cioè la stoffa del mondo, o atomi, esprime
qui il movimento pulsante; perché la contrazione e l’espansione regolari dell’Oceano infinito
ed illimitato di ciò che può chiamarsi il noumeno della Materia, emanato da Svabhâvat, sono
la causa della vibrazione universale degli atomi. Ma tutto ciò suggerisce qualcos’altro:
dimostra cioè che gli antichi erano a conoscenza di ciò che adesso mette in imbarazzo molti
scienziati e specialmente gli astronomi: la causa della prima ignizione della materia, o stoffa
del mondo, il paradosso del calore prodotto dalle contrazioni refrigeranti ed altri simili
enigmi cosmici — poiché questo ci dimostra indubbiamente che gli antichi possedevano la
conoscenza di tali fenomeni: “Vi è calore interno e calore esterno in ogni atomo”, dicono i
Commentari manoscritti noti all’autrice: “il Respiro del Padre [lo Spirito] ed il Respiro [o
Calore] della Madre [Materia]”; e danno spiegazioni che dimostrano come la teoria moderna
dell’estinzione dei fuochi solari, mediante perdita di calore, dovuta all’irradiazione, sia
erronea. Gli stessi scienziati riconoscono che tale asserzione è errata. Poiché, come dimostra
il prof. Newcomb,6 “un corpo gassoso, perdendo calore, si contrae, ed il calore generato dalla
contrazione, eccede quello che esso ha perduto nel produrre la contrazione stessa”. Il
paradosso che un corpo divenga più caldo a misura che la contrazione prodotta dal
raffreddamento diviene maggiore, ha provocato lunghe discussioni. Si è sostenuto che
l’eccedenza di calore va perduta per radiazione, per cui ritenere che la temperatura non
diminuisce pari passu con il descrescere del volume sotto una pressione costante, è un
disconoscere la legge di Charles. È vero che la contrazione sviluppa calore, ma la contrazione
dovuta a raffreddamento è incapace di sviluppare la quantità completa di calore esistente a un
determinato momento nella massa o di mantenere un corpo ad una temperatura costante.
Il prof. Winchell tenta di conciliare il paradosso - che è tale solo apparentemente,
come lo dimostrò J. Homer Lane7 - suggerendo l’ipotesi dell’esistenza di “qualcos’altro oltre
al calore.” Egli si domanda : “Non può trattarsi forse di una semplice repulsione fra le
1
La Tela.
Il Padre.
3
La Radice della Materia.
4
Gli Elementi, con i loro rispettivi Poteri, o Intelligenze.
5
La Tela.
6
Purusha.
7
American Journal of Science, luglio 1870.
2
84
molecole, che varierebbe secondo qualche legge sulle distanze?”1 Ma anche ciò diventa
inconciliabile, a meno che questo “qualche cosa oltre al calore”, sia denominato “Calore
Senza Causa”, il “Respiro di Fuoco”, la Forza che tutto crea, più l’Intelligenza Assoluta, la
quale ultima non è probabile sia accettata dalla scienza fisica.
In ogni modo, il significato di questa Stanza, nonostante la sua fraseologia arcaica,
dimostra di essere più scientifico dell’insegnamento della scienza moderna.
STANZA III -continuazione.
12. ALLORA SVABHÂVAT MANDA FOHAT A CONSOLIDARE GLI ATOMI. OGNUNO2 È UNA
PARTE DELLA TELA.3 RIFLETTENDO COME UNO SPECCHIO IL “SIGNORE AUTO-ESISTENTE”4,
OGNUNO A SUA VOLTA DIVIENE UN MONDO.5
Fohat consolida gli atomi; cioè, infondendo energia in essi, dissemina gli “atomi”, o
materia primordiale. “Esso diffonde se stesso mentre disperde la Materia in Atomi”.
È per mezzo di Fohat che le idee della Mente Universale sono impresse sulla
Materia. Possiamo farci una debole idea della natura di Fohat dall’espressione “Elettricità
Cosmica”, con cui viene talvolta chiamato; in tal caso però bisogna aggiungere altre
proprietà a quelle comunemente attribuite all’elettricità, e fra esse l’intelligenza. Intanto, è
interessante notare che la scienza moderna è giunta alla conclusione che ogni attività
cerebrale è accompagnata da fenomeni elettrici.
STANZA IV
1. …. ASCOLTATE, O FIGLI DELLA TERRA, I VOSTRI ISTRUTTORI — I FIGLI DEL FUOCO (a).
IMPARATE CHE NON VI È NÈ PRIMO NÈ ULTIMO; POICHÉ TUTTO È UN NUMERO, EMERSO DAL
NON-NUMERO (b).
(a) Le espressioni i “Figli del Fuoco”, i “Figli della Nebbia di Fuoco” ed altre
consimili, richiedono una spiegazione. Esse sono collegate con un grande mistero
primordiale ed universale che non è facile spiegare. Vi è un passaggio della Bhagavadgîtâ,
dove Krishna, parlando simbolicamente ed esotericamente, dice:
Io ti descriverò quel tempo (le condizioni)... nel quale i devoti, dipartendosi [da questa vita], non tornano
più [per rinascere], o ritornano [per incarnarsi nuovamente]. Il fuoco, la fiamma, il giorno, la quindicina della
luna crescente [fortunata], i sei mesi del solstizio settentrionale, trapassando [morendo)].... durante questi,
coloro che conoscono il Brahman [gli Yogî] vanno al Brahman. Il fumo, la notte, la quindicina della luna
calante [sfortunata], i sei mesi del solstizio meridionale, [morendo] durante questi, il devoto va alla luce lunare
[o casa, o anche la Luce Astrale] e ritorna [rinasce]. Questi due sentieri, quello luminoso e quello oscuro, sono
detti eterni in questo mondo [o grande Kalpa, “Età”]. Per uno (l’uomo) va e non ritorna, per l’altro torna di
nuovo.6
1
Winchell, World – Life, pp. 83 - 85.
Degli Atomi.
3
L’Universo.
4
La Luce Primordiale.
5
Questo è detto in considerazione del fatto che la fiamma di un fuoco è in se stessa inesauribile; e che le luci dell’intero
Universo potrebbero essere accese da una semplice candela di midollo di giunco senza diminuirne la fiamma.
2
6
Cap. IV, pag. 80, traduzione di Telang.
85
Ora queste espressioni “fuoco”, “fiamma”, “giorno”, la “quindicina della luna
crescente”, ecc., “fumo”, “notte”, e così via, che conducono soltanto alla fine del sentiero
lunare, sono incomprensibili senza possedere conoscenze esoteriche. Questi sono tutti nomi
di varie divinità che presiedono Poteri cosmico–psichici. Noi parliamo spesso della
Gerarchia delle “Fiamme”, dei “Figli del Fuoco”, ecc. Shankarâchârya, il più grande dei
Maestri esoterici dell’India, dice che il Fuoco significa una divinità che presiede al Tempo
(Kâla). Il colto traduttore della Bhagavadgîtâ, Kâshinâth Trimbak Telang, di Bombay,
confessa che egli non ha “una nozione chiara del significato di questi versi”. Tale significato
appare invece chiaramente a colui che conosce la dottrina occulta.
Questi versetti si riferiscono al senso mistico dei simboli solari e lunari. I Pitri sono
Divinità Lunari e nostri Antenati, poiché essi crearono l’uomo fisico. Gli Agnishvâtta, i
Kumâra (i sette Saggi mistici), sono Divinità Solari, per quanto essi pure siano Pitri; e questi
sono i “Plasmatori del1’Uomo Interiore”: sono i “Figli del Fuoco”, perché sono i primi Esseri
(chiamati, nella Dottrina Segreta, i “Figli della Mente”), evoluti dal Fuoco Pimordiale.
“Il Signore..... è un fuoco che consuma”;1
“Il Signore….. sarà rivelato con i suoi angeli potenti in un fuoco ardente”;2
“lo Spirito Santo discese sugli Apostoli, sotto forma di “lingue di fuoco”;3
Vishnu ritornerà su Kalki, il Cavallo Bianco, come l’ultimo Avatâra, tra il fuoco e le fiamme;
e Sosiosh discenderà pure su un Cavallo Bianco in un “turbine di fuoco”. “Poi vidi il cielo
aperto ed ecco un cavallo bianco nel fuoco ardente; e colui che lo cavalcava...è chiamato il
Verbo di Dio” in mezzo al Fuoco ardente.4
Il Fuoco è l’Æther nella sua forma più pura, e perciò non viene considerato come
materia ma è l’unità dell’Æther — la seconda divinità manifestata — nella sua universalità.
Ma vi sono due “Fuochi” e, negli insegnamenti occulti, si fa una distinzione fra di loro. Il
primo, o Fuoco puro, senza forma e invisibile, celato nel Sole Centrale Spirituale, è
considerato “triplo” (metafisicamente); mentre il Fuoco del Cosmo manifestato è Settenario,
sia nell’Universo che nel nostro Sistema Solare.
“Il Fuoco della Conoscenza consuma ogni azione sul piano dell’illusione”, dice il
Commentario. “Perciò coloro che lo hanno acquisito e sono emancipati, sono chiamati
Fuochi”.
Parlando dei sette sensi simboleggiati come Hotris, o sacerdoti, Nârada dice
nell’Anugîtâ: “Così questi sette [sensi: odorato, gusto, colore, suono, ecc.] sono le cause
dell’emancipazione”; e il traduttore aggiunge: “È da questi sette che il Sé deve emanciparsi:
“Io” (nella frase “Io sono privo di qualità”) significa il Sé e non il Brâhmana che parla”.5
(b) L’espressione “tutto è Un Numero, emerso dal Non-Numero” si riferisce
nuovamente a quella dottrina universale filosofica, spiegata nel commentario dello shloka 4
della Stanza III. Ciò che è assoluto è naturalmente il Non-Numero, ma nel suo significato
posteriore trova un’applicazione tanto nello Spazio che nel Tempo.
Ciò significa che non solo ogni incremento di tempo è parte di un accrescimento
maggiore, fino alla durata indefinitamente prolungata concepibile dall’intelletto umano, ma
significa pure che nessuna cosa manifestata può essere concepita, se non come parte di un
tutto, l’aggregato totale che costituisce l’Universo Uno Manifestato che emerge dal Nonmanifestato o Assoluto – chiamato “il Non-Essere, o Non-Numero”, per distinguerlo
dall’Essere o “il Numero Uno”.
1
Deuteronomio, iv, 24.
Tessalonici, I, 7, 8.
3
Atti degli Apostoli, II, 3.
4
Apocalisse, XIX, 11, 13.
5
Traduzione di Telang, Sacred Books of the East, VIII, 278.
2
86
STANZA IV -continuazione.
2. IMPARATE CIÒ CHE NOI, DISCENDENTI DAI SETTE PRIMORDIALI, NOI NATI DALLA FIAMMA
PRIMORDIALE, ABBIAMO IMPARATO DAI NOSTRI PADRI…..
Questa shloka sarà spiegata estesamente nel Volume II°, e l’espressione “Fiamma
Primordiale” conferma quanto è detto nel primo paragrafo del precedente commentario sulla
Stanza IV. La distinzione fra il “Primordiale” e i susseguenti Sette Costruttori, è che il
“Primordiale” è il Raggio e la diretta emanazione dei primi “Sacri Quattro”, la Tetraktis, cioè
l’Uno eternamente Auto-Esistente - eterno in essenza e non in manifestazione, e distinto
dall’Uno Universale. Latente durante il Pralaya ed attivo durante il Manvantara, il
“Primordiale “ procede da “Padre-Madre” (Spirito-Hyle, o Ilus), mentre l’altro Quaternario
manifestato ed i Sette procedono dalla Madre sola. È quest’ultima l’Immacolata VergineMadre che è adombrata e non impregnata dal Mistero Universale - allorché emerge dal suo
stato di Laya o condizione indifferenziata. In realtà, essi sono naturalmente uno solo, ma i
loro aspetti sui vari piani dell’Essere sono differenti.
I Primordiali sono gli Esseri più elevati sulla Scala dell’Esistenza, e sono gli
Arcangeli del Cristianesimo, coloro che rifiutano di creare, o piuttosto di moltiplicare —
come fece Michele nell’ultimo sistema, e come fecero gli antichi “Figli nati-dalla-Mente” di
Brahmâ (Vedhâ).
STANZA IV -continuazione.
3. DAL FULGORE DELLA LUCE — IL RAGGIO DELL’ETERNA TENEBRA — BALZARONO NELLO
SPAZIO LE ENERGIE RISVEGLIATE1: L’UNO DALL’UOVO, I SEI ED I CINQUE (a). QUINDI I TRE,
L’UNO, I QUATTRO, L’UNO, I CINQUE — I DUE VOLTE SETTE, LA SOMMA TOTALE (b). E QUESTI
SONO LE ESSENZE, LE FIAMME, GLI ELEMENTI, I COSTRUTTORI, I NUMERI (c), GLI ARÛPA2, I
RÛPA3, E LA FORZA O UOMO DIVINO, LA SOMMA TOTALE. E DALL’UOMO DIVINO
EMANARONO LE FORME, LE SCINTILLE, GLI ANIMALI SACRI (d) ED I MESSAGGERI DEI PADRI
SACRI4 ENTRO I QUATTRO SANTI .5
(a) Questa prima frase si riferisce alla Scienza Sacra dei Numeri; tanto sacra, infatti, e
tanto importante nello studio dell’Occultismo, che il soggetto non può essere che sfiorato
appena anche in un’opera così vasta come questa. È sulle Gerarchie e sul numero esatto di
questi Esseri (a noi) invisibili, eccettuato in rarissime occasioni, che è basato il mistero
dell’intero Universo. I Kumâra, per esempio, sono chiamati i Quattro - per quanto in realtà
siano sette — perché Sanaka, Sananda, Sanâtana e Sanatkumâra sono i principali Vaidhâtra
(loro nome patronimico), che emersero dal quadruplice mistero”. Per rendere più chiaro
questo soggetto, dobbiamo riferirci, per i nostri esempi, a dottrine più familiari ad alcuni dei
nostri lettori, e particolarmente a quelle brâhmaniche.
Secondo il Manu, Hiranyagarbha è Brahmâ, il primo maschio formato dalla invisibile
Causa Senza Causa in un “Uovo d’Oro risplendente come il Sole”, come dice l’Hindu
Classical Dictionary; poiché Hiranyagarbha significa la “Matrice Splendente”, o Uovo
d’Oro. Tale significato si adatta malamente all’epiteto di maschile”. Eppure il significato
esoterico della frase è abbastanza chiaro!
1
Dhyân Chohan.
Senza Forma.
3
Con Corpi.
4
Pitri.
5
Il 4, rappresentato nella numerologia occulta dalla Tetraktis, il Quadrato Sacro o Perfetto, è un Numero Sacro per i mistici
di qualsiasi nazione e di qualsiasi razza. Ha un solo, unico significato, nel Brâhmanesimo, nel Buddhismo, nella Cabala, e
nei sistemi numerici egiziani, caldei, ed altri.
2
87
Nel Rig Veda è detto: — “QUELLO, l’unico Signore di tutti gli esseri, il princìpio
unico animatore degli dèi e degli uomini” uscì, all’inizio, dalla Matrice d’Oro,
Hiranyagarbha — che è l’Uovo del Mondo, o la Sfera del nostro Universo. Quell’Essere è
certamente androgino e l’allegoria di Brahmâ che si separa in due e crea se stesso come Virâj
in una delle sue metà (Vâch, la parte femminile), ne è la prova. “L’Uno dall’Uovo, i Sei ed i
Cinque”, formano il numero 1065, il valore del primogenito (più tardi il maschio e la
femmina Brahmâ-Prajapati) che corrisponde rispettivamente ai numeri 7, 14, e 21. I
Prajapati, come i Sephiroth, sono solo sette, compresa la sintetica Sephira della Triade da cui
emanano. Così da Hiranyagarbha o Prajâpati, il Triuno (la Trimurti vedica primordiale: Agni,
Vâyu e Sûrya) emanano gli altri sette, o di nuovo dieci, se separiamo i primi tre che esistono
in uno, ed uno in tre. Tutti, inoltre, sono inclusi in quell’uno “Supremo”, Parama, chiamato
Guhya o “Segreto”, e Sarvâtman, la “Super-Anima”. “I sette Signori dell’Essere sono celati
in Sarvâtman come pensieri in una mente”. Così avviene per i Sephiroth. Sono sette, se si
contano dalla Triade Superiore con a capo Kether, oppure dieci — exotericamente. Nel
Mahâbhârata i Prajâpati sono 21 o dieci, sei e cinque (1065) tre volte sette.1
(b) “I Tre, l’Uno, i Quattro, l’Uno, i Cinque”, nel loro totale Due Volte Sette,
rappresentano 31415 - la Gerarchia numerica dei Dhyân Chohan di vari ordini, e del mondo
interiore o circoscritto.2 Posto sui confini del grande Cerchio “Invalicabile” – chiamato pure
il Dhyânipâsha, la “Corda degli Angeli”, la “Corda” che separa il Cosmo fenomenico da
quello noumenico, che non cade sotto la percezione della nostra Coscienza oggettiva attuale
— questo numero, quando non è ingrandito mediante permutazione ed espansione, è sempre
31415, anagrammaticamente e cabalisticamente, essendo al tempo stesso il numero del
cerchio e della Svastika mistica, o nuovamente il “Due Volte Sette”; poiché in qualsiasi
modo si contino le due serie di cifre sommandole separatamente, una cifra dopo l’altra, tanto
partendo da destra quanto da sinistra, daranno sempre quattordici come totale.
Matematicamente esse rappresentano la formula matematica ben conosciuta, e cioè
che il rapporto del diametro di un cerchio con la sua circonferenza è uguale a quello di 1 a
3.1415, o, come è chiamato, il valore di π (pi). Questa combinazione di cifre deve avere lo
stesso significato, poiché tanto 1:314,159 quanto 1:3.1415927 sono usate nei calcoli segreti
per esprimere i vari cicli e le diverse età del “Primogenito”, o 311.040.000.000.000 con
frazioni, ed ottenere il medesimo risultato 13415 mediante un procedimento di cui adesso
non dobbiamo occuparci.3
Si può osservare che Ralston Skinner, l’autore di The Source of Measures, legge nei
valori dello stesso numero la parola ebraica Alhim, omettendo, come abbiamo già detto, gli
zeri ed usando la permutazione – 13514: poiché ( אa) è l; ( ל1) è 3 (o 30); ( הh) è 5; ( יi) è 1
per 10; e ( םm) è 4 (40); e anagrammaticamente – 31415, come viene spiegato da lui.
1
Nella Cabala gli stessi numeri, cioè 1065, corrispondono al valore di Jehovah, poiché i valori numerici delle tre lettere che
compongono il suo nome — Jod, Vau e due volte Hé — sono rispettivamente 10 () י, 6 ( ) וe 5 ()ח, o nuovamente tre volte
sette, 21. “Dieci è la Madre dell’Anima, perché la Vita e la Luce sono in essa unite, — dice Ermete.—Perché il numero uno
è nato dallo Spirito, e il numero dieci dalla materia (Chaos, femminile); l’unità ha fatto il dieci ed il dieci l’unità” (Book of
the Keys). Mediante il Temura, il metodo anagrammatico della Cabala e la conoscenza del 1065 (21) si può ottenere una
scienza universale riferentesi al Cosmo ed ai suoi misteri (Rabbino Yogel). I Rabbini considerano i numeri 10, 6 e 5, come i
più sacri di tutti.
2
Bisogna dire al lettore che un cabalista americano ha recentemente scoperto lo stesso numero per l’Elohim. Questo giunse
agli ebrei dai caldei. Vedi “Hebrew Metrology”, in The Masonic Review, luglio 1885, McMillan Lodge, N° 141.
3
[È possibile che la seconda riga di questa pagina contenga un grave errore tipografico. Il valore di pi è 3.1415927. Quando
è rappresentato nella forma 1:3.1415927, esprime un rapporto tra il diametro (rappresentato da 1) e la circonferenza. Poiché
H. P. B. accenna ad “alcuni calcoli” in relazione al soggetto che tratta, abbiamo pensato di astenerci dall’alterare ciò che
appare un semplice errore di stampa o del correttore di bozze. –Nota di B. de Zirkoff.]
88
Così, mentre nel mondo metafisico il Cerchio con il Punto centrale non ha numero ed
è chiamato Anupâdaka, senza genitori e senza numeri, perché non può essere sottoposto ad
alcun calcolo, nel mondo manifestato, l’Uovo del Mondo, o Cerchio, è limitato nei gruppi
chiamati la Linea, il Triangolo, il Pentagramma, la seconda Linea ed il Quadrato (o 13514); e
quando il Punto ha generato una Linea, divenendo così un diametro che rappresenta il Logos
androgino, le cifre divengono 31415, o un triangolo, una linea, un quadrato, una seconda
linea ed un pentagramma.
“Quando il Figlio si separa dalla Madre diviene il Padre”, poiché il diametro
rappresenta la Natura o princìpio femminile. Perciò è detto: “Nel Mondo dell’essere, il Punto
Unico fertilizza la Linea, la Matrice Vergine del Cosmo [lo zero a forma d’uovo]; e dalla
Madre Immacolata nasce la Forma che combina tutte le forme”. Prajâpati è chiamato il
primo maschio procreatore e “il marito di sua madre”.1 Questo ci dà la chiave per tutti i
successivi “Figli Divini” nati da “Madri Immacolate”.
L’idea è fortemente corroborata dal fatto significativo che Anna (il nome della Madre
della Vergine Maria), rappresentata adesso dalla Chiesa Cattolica Romana come colei che ha
dato nascita a sua figlia in un modo immacolato (“Maria concepita senza peccato”), deriva
dalla parola caldea Ana, cielo o Luce Astrale, Anima Mundi; da cui Anaitis, Devî-Durgâ, la
moglie di Shiva, chiamata pure Annapûrna e Kanyâ, la Vergine; “Umâ-Kanyâ” è il suo nome
esoterico e significa la “Vergine di Luce”, la Luce Astrale in uno dei suoi molteplici aspetti.
(c) I Deva, i Pitri, i Rishi; i Sura e gli Asura; i Daitya e gli Âditiya; i Dânava e i Gandharva,
ecc, hanno tutti i loro sinonimi della nostra Dottrina Segreta, come pure nella Cabala e
nell’Angelologia ebraica, ma è inutile darne i loro nomi antichi, poiché ciò creerebbe soltanto
confusione. Molti di questi nomi possono trovarsi adesso anche nella Gerarchia cristiana
delle Potenze divine e celestiali. Tutti quei Troni e Dominazioni, quelle Virtù e Principati,
quei Cherubini, Serafini e Demoni, i vari abitanti del Mondo Siderale, sono le copie moderne
di prototipi arcaici. Il reale simbolismo dei loro nomi, quando vengono tradotti e disposti in
greco ed in latino, è sufficiente a dimostrarlo, come proveremo più avanti in parecchi casi.
(d) Gli “Animali Sacri” si trovano tanto nella Bibbia quanto nella Cabala ed hanno il loro
significato— in realtà un significato molto profondo nella pagina delle origini della Vita.
Nel Sepher Jetzirah è detto che: “Dio incise nei Quattro Sacri il Trono della sua
Gloria; gli Auphanim [Le Ruote o Sfere del Mondo], i Seraphim, e gli Animali Sacri, come
gli Angeli Operanti, e da questi [Aria, Acqua e Fuoco o Etere] egli formò la sua dimora”.
Quanto segue è la traduzione letterale tratta dalle Sezioni IX e X:
Dieci numeri senza che cosa? Uno: lo Spirito del Dio vivente…che vive nell’eternità! Voce e Spirito e
Parola, e questo è lo Spirito Santo. Due: l’Aria dallo Spirito. Egli disegnò e formò con ciò ventidue lettere
fondamentali, tre madri, sette doppie e dodici singole, e da esse uno Spirito. Tre: Acqua dallo Spirito; Egli
disegnò e formò con essi lo sterile ed il vuoto, il fango e la terra. Li disegnò come un giardino, li costruì come
un muro, e li coprì come un selciato. Quattro: Fuoco dall’Acqua. Egli disegnò e formò con ciò il trono di gloria
e le ruote, e i serafini, e gli animali sacri, quali angeli operanti, e dai tre Egli fondò la sua dimora, come è detto:
Egli fa dei suoi angeli degli spiriti, e dei suoi servitori delle fiamme ardenti!
La frase “fondò la sua dimora”, mostra chiaramente che nella Cabala, come in India,
la Divinità era considerata come l’Universo, e non era, originariamente, quel Dio extracosmico che è attualmente. Così il mondo fu fatto “per opera di tre Seraphim: Sepher, Sephar
e Sipur”, o “per opera del Numero, dei Numeri e dei Numerati”.
Con la chiave astronomica, questi “Animali Sacri” diventano i segni dello Zodiaco.
1
Troviamo la medesima espressione in Egitto. Mut significa, in un senso, “Madre”, e mostra i caratteri a lei assegnati nella
triade di quel paese. Essa era tanto madre quanto moglie di Ammon, ed uno dei titoli principali del dio era quello di “marito
di sua madre”. La Dea Mut era invocata come “Nostra Signora”, la “Regina del Cielo” e della Terra”, “dividendo così questi
titoli con le altre dee madri, Iside, Hathor, ecc” (G. Maspero, Guide du Visiteur au Musèe de Boulaq, 1883, pag. 168)
89
STANZA IV –continuazione
4. QUESTO ERA L’ESERCITO DELLA VOCE, LA DIVINA MADRE DEI SETTE. LE SCINTILLE DEI
SETTE SONO SOTTOPOSTE E SONO SERVE DEL PRIMO, DEL SECONDO, DEL TERZO, DEL
QUARTO, DEL QUINTO, DEL SESTO E DEL SETTIMO DEI SETTE (a). QUESTE1 SONO CHIAMATE
SFERE, TRIANGOLI, CUBI, LINEE E MODELLATORI; POICHÉ COSÌ STA L’ETERNO NIDÂNA - L’OIHA-HOU (b).2
(a) Questa shloka fa ancora una breve analisi delle Gerarchie dei Dhyân Chohan, in
India chiamati Deva (Dèi), o i Poteri Coscienti ed Intelligenti in Natura. A questa Gerarchia
corrispondono i tipi attuali in cui può dividersi l’Umanità; perché l’Umanità, nel suo insieme,
è, in realtà, un’espressione materializzata, per quanto ancora imperfetta. “L’Esercito della
Voce” è un’espressione strettamente unita al mistero del Suono e della Parola, come effetto e
corollario della Causa - il Pensiero Divino. Come è stato espresso così bene da P. Christian, il
profondo autore di L’Histoire de la Magie e di L’Homme Rouge des Tuileries, le parole
pronunziate da qualsiasi individuo ed il nome che egli porta, determinano in gran parte il suo
futuro destino. Per quale ragione?
Quando la nostra anima (la mente) crea od evoca un pensiero, il segno rappresentativo di questo
pensiero si imprime di per sé sul fluido astrale, che è il ricettacolo e, per così dire, lo specchio di tutte le
manifestazioni dell’essere. Il segno esprime la cosa: la cosa è la virtù (celata od occulta) del segno. Pronunziare
una parola significa evocare un pensiero e renderlo presente; la potenza magnetica della parola umana è il
princìpio di ogni manifestazione nel Mondo occulto. Il pronunziare un Nome non è soltanto definire un Essere
(un’Entità), ma significa porlo, mediante l’emissione della Parola (Verbum), sotto l’influenza di uno o più
poteri occulti e condannarlo a subire questa influenza stessa. Le cose sono, per ciascuno di noi, come essa (la
Parola) le fa mentre le nomina. La Parola (Verbum) di ogni individuo è, per quanto inconsciamente per lui, una
benedizione o una maledizione, ed ecco perché la nostra attuale ignoranza intorno alle proprietà e agli attributi
dell’idea, del tutto inconsciamente per noi, è una benedizione o una maledizione; ed ecco perché la nostra
attuale ignoranza sulle proprietà e gli attributi dell’idea, come pure sugli attributi e la proprietà della materia, è
spesso fatale per noi. Sì, i nomi (e le parole) sono benefici o malefici; essi sono in un certo senso velenosi o
terapeutici, a seconda delle influenze occulte che la Saggezza Divina ha unito ai loro elementi, cioè alle lettere
che li compongono ed ai numeri correlati a queste lettere.
Questo è rigorosamente vero, un insegnamento esoterico accettato da tutte le Scuole
Orientali di Occultismo. Nell’alfabeto sanscrito, come pure in quello ebraico e in qualsiasi
altro, tutte le lettere hanno il loro significato occulto e la loro analisi ragionata: ciascuna è
una causa ed un effetto di una causa precedente, e la loro combinazione produce spessissimo
i più potenti effetti magici. Le vocali, in particolare, contengono le potenze più occulte e
formidabili. I Mantra (esotericamente, invocazioni magiche piuttosto che religiose) sono
cantati dai Brâhmani, e così pure i Veda ed altre Scritture.
“L’Esercito della Voce è il prototipo della “Legione del Logos”, o il “Verbo” del
Sepher Jetzirah, chiamato nella Dottrina Segreta “il Numero Uno emerso dal Non-Numero”
— il Princìpio Unico Eterno. La Teogonia esoterica comincia con l’Uno Manifestato (quindi
non eterno nella sua presenza ed esistenza, seppure eterno nella sua essenza), il Numero dei
Numeri e degli Enumerati - questi ultimi procedenti dalla Voce, la Vâch femminile “dalle
cento forme”, Shatarûpâ o Natura. È da questo numero, 10, o Natura Creatrice, la Madre (la
Cifra occulta, o “zero”, che sempre procrea e moltiplica in unione con l’unità “1”, o lo
Spirito della Vita), che procede l’intero Universo.
1
Le Scintille.
La permutazione di Oeaohoo. Il significato letterale di questa parola è, per gli occultisti orientali del nord, un vento
circolare o vortice, ma in questo caso sta a significare il Movimento Cosmico, incessante ed eterno, o piuttosto la Forza che
lo muove; questa Forza è accettata tacitamente come la Divinità, ma non viene mai nominata. È l’eterno Kârana, la Causa
che agisce incessantemente. [È stato fatto notare che dell’argomento di Oeahoo e delle sue modificazioni si parla in
linguaggio piuttosto velato nel Chhandogya Upanishad, I Prapâthaka, 13.mo Khanda, versi 1-3, dove si trovano, con vari
significati, termini strettamente affini alle vocali usate da H. P. B. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
90
Nell’Anugîtâ (cap. VI), è riportata una conversazione fra un Brâhmano e sua moglie1
sulle origini della Parola e sulle sue proprietà occulte. La moglie domanda al marito come
nacque la Parola e se questa precedette o seguì la Mente. Al che, il Brâhmano risponde che
l’Apâna (il soffio inspirato), divenendo il Signore, trasforma quell’intelligenza, che non
comprende la Parola, o le Parole, nello stato di Apâna, aprendo così la mente. Le racconta
quindi una storia, un dialogo svoltosi fra la Parola e la Mente. Ambedue si recarono dal Sé
dell’Essere (cioè dal Sé Superiore come pensa Nilâkantha; da Prajâpati secondo il
commentatore Arjuna Mishra) chiedendogli di distruggere i loro dubbi e di decidere chi di
loro due precedeva l’altra e le era superiore.
A ciò il Signore rispose: “La Mente (è superiore)”. Ma la Parola replicò al Sé
dell’Essere: “In verità, io rispondo ai vostri desideri”, volendo dire con ciò che, mediante la
Parola, essa raggiungeva ciò che desiderava. Allora i1 Sé aggiunse che vi sono due Menti,
quella “mobile” e quella “immobile”. “Quella immobile è con me”, egli disse, “e quella
mobile è sotto il vostro dominio” (cioè, la Parola) sul piano della materia. A quella voi siete
superiore”.
Ma poiché, o Essere leggiadro, siete venuto personalmente a parlarmi (nel modo che faceste e cioè
fieramente), perciò, o Sarasvatî, voi non parlerete mai dopo l’esalazione (difficile). La dea Parola (Sarasvatî,
una forma o aspetto posteriore di Vâch; e anche la dea dell’insegnamento segreto o Sapienza Esoterica), in
verità, dimora sempre fra il Prâna e l’Apâna.
Ma, o nobile essere, andando con il vento di Apâna (aria vitale) per quanto sospinta.... senza il Prâna (respiro
espirato) essa corse da Prajâpati (Brahmâ) dicendo: “Sia come vi piace, venerabile Signore!” Allora Prâna
apparve nuovamente nutrendo la Parola. E quindi la Parola non parla mai dopo (è difficile) l’esalazione. Essa è
sempre rumorosa o silenziosa. Di queste due, quella silenziosa è superiore a quella rumorosa (la Parola)... la
Parola che è prodotta nel corpo per mezzo del Prâna e che procede quindi (è trasformata) in Apâna, essendo poi
assimilata con l’Udâna (gli organi fisici della Parola)... dimora al fine nel Samâna (“nell’ombelico sotto forma
di suono, quale causa materiale di tutte le parole”, dice Arjuna Mishra). Così parlò la Parola. Quindi la Mente si
distingue per la sua immobilità e la dea (Parola) per la sua mobilità.
La suddetta allegoria si trova alla radice della legge occulta che prescrive il silenzio
sulla conoscenza di certe cose segrete ed invisibili, percepibili soltanto alla mente spirituale
(il sesto senso); e che non possono essere espresse mediante la parola “rumorosa” o
pronunciata. Questo capitolo dell’Anugîtâ spiega, come dice Arjuna Mishra, il Prânâyama o
il modo di regolare il respiro negli esercizi di Yoga. Questo modo però, senza avere
precedentemente acquisito, o per lo meno raggiunto, la piena comprensione dei due sensi
superiori, (poiché come dimostreremo in seguito, vi sono sette sensi), appartiene piuttosto
allo Yoga inferiore, chiamato Hatha Yoga e sconsigliato sempre dagli Arhat.
Tale sistema è dannoso alla salute e, da solo, non può mai trasformarsi in Râya Yoga.
Questa storia è citata per mostrare come nella Metafisica antica, gli esseri intelligenti, o
piuttosto, le “intelligenze”, fossero inseparabilmente connessi con ogni senso o funzione, sia
fisico che mentale.
Gli occultisti affermano che vi sono sette sensi nell’uomo e nella natura, come vi sono
sette stati di coscienza, e ciò è confermato nella medesima opera nel capitolo VII sul
Pratyâhâra (la soggezione e la disciplina dei sensi; Prânâyâma essendo quella del “soffio
vitale” o respiro). Il Brâhmana, parlando dell’istituzione dei sette Sacerdoti sacrificatori
(Hotris), dice:
“Il naso, l’occhio, la lingua, la pelle e l’orecchio, come quinto, [oppure l’odorato, la
vista, il gusto, il tatto e l’udito], la mente e la comprensione, sono i sette sacerdoti
sacrificatori collocati separatamente” [i quali] pur abitando in un piccolo spazio, non si
percepiscono l’un l’altro [su questo piano sensorio, ad eccezione della mente. Poiché la
mente dice: il naso non ha odorato senza di me, l’occhio non percepisce i colori…... Io sono
1
L’Anugîtâ fa parte dell’Ashvamedha Parvan del Mahâbhârata. Il traduttore della Bhagavad gîtâ, edita da Max Müller, la
considera come una continuazione della Bhagavad gîtâ stessa. Il suo originale è una delle più antiche Upanishad.
91
l’eterno capo fra tutti gli elementi [cioè, i sensi]. Senza di me, i sensi non risplendono mai e
sono come un’abitazione vuota, o come fuochi le cui fiamme sono estinte. Senza di me tutti
gli esseri, come combustibili per metà secchi e per metà umidi, sono incapaci di comprendere
le qualità o gli oggetti, anche se i loro sensi sono attivi.”1
Questo naturalmente si riferisce alla mente soltanto sul piano sensorio. La Mente
Spirituale, la parte o aspetto superiore del Manas impersonale, non ha cognizione dei sensi
nell’uomo fisico. Come gli antichi fossero a conoscenza delle correlazioni delle forze, di tutti
i fenomeni delle facoltà e delle funzioni mentali e fisiche recentemente scoperte, oltre che di
molti altri misteri, potrà essere constatato leggendo i capitoli VII ed VIII di questa
inestimahile opera di insegnamenti filosofici e mistici.
Si legga la discussione fra i sensi intorno alla loro rispettiva superiorità e alla loro
idea di scegliere quale arbitro Brahman, il Signore di tutte le creature. Ognuno di voi è il più
grande e non è il più grande [o superiore agli oggetti, come dice Arjuna Mishra, nessuno
essendo indipendente dall’altro]. Ognuno possiede le qualità dell’altro. Tutti sono superiori
nella propria sfera e tutti si sostengono fra di loro. Vi è uno immobile [aria vitale o soffio, la
cosiddetta inalazione yogica, che è il soffio dell’Uno o Sé superiore]. Quello è il mio proprio
Sé, accumulato in numerose (forme). Questo Soffio, Voce, Sé o Vento (Pneuma?) è la Sintesi
dei Sette Sensi, noumenalmente tutte divinità minori, ed esotericamente — il Settenario e
“l’Esercito della Voce”.
(b) Quindi vediamo la Materia Cosmica spargersi e costituirsi in Elementi,
raggruppati nei Quattro elementi mistici entro il quinto - l’Etere, “l’involucro” dell’Âkâsha,
l’Anima Mundi, o Madre del Cosmo. “Punti, Linee, Triangoli, Cubi, Cerchi” e finalmente
“Sfere” — perché o come? Perché, dice il Commentario, questa è la prima legge della Natura
e perché la Natura geometrizza universalmente in tutte le sue manifestazioni. Vi è una legge
inerente - non soltanto nella materia primordiale, ma anche in quella manifestata del nostro
piano fenomenico – per la quale la Natura rende correlative le sue forme geometriche e, più
tardi, anche i suoi elementi composti; e in essa non vi è posto per l’accidente o per il caso. È
una legge fondamentale dell’Occultismo, che in Natura non vi sia riposo né cessazione di
moto.2
Ciò che sembra riposo è soltanto il cambiamento da una forma in un’altra, il
cambiamento della sostanza — procedendo di pari passo con quello della forma - così
almeno ci viene insegnato nella fisica occulta, che sembra in tal modo avere anticipato di
gran lunga la scoperta della “conservazione della materia”. L’antico Commentario3 alla
Stanza IV, dice:
“La Madre è l’ardente Pesce della Vita. Essa dissemina le sue Uova ed il Soffio il
[Moto] le riscalda e le vivifica. I Granelli [delle Uova] si attraggono rapidamente l’un l’altro
e formano Grumi nell’Oceano [dello Spazio]. Le masse più grandi si uniscono e ricevono
delle nuove Uova — in Punti, Triangoli e Cubi ardenti, che maturano e, a tempo stabilito,
alcune di queste masse si distaccano ed assumono forma sferoidale; processo che esse
effettuano soltanto se le altre non interferiscono. Dopo di che la Legge Numero * * * entra in
azione. Il Moto [il Soffio] diviene il Turbine e le pone in rotazione”.4
1
Questo dimostra che i metafisici moderni, unitamente a tutti gli Hegel, Berkeley, Schopenhauer, Hartmann e Spencer del
passato e del presente, ed anche ai moderni Hylo-Idealisti, non sono che dei pallidi copisti della più remota antichità!
2
È la conoscenza di questa legge, che permette ed aiuta 1’Arhat a compiere i suoi Siddhi o vari fenomeni, come la
disintegrazione della materia, il trasporto degli oggetti da un luogo ad un altro.
3
Si tratta di antichi Commentari alle Stanze, accompagnati da un glossario moderno, poiché, generalmente, i Commentari,
nel loro linguaggio simbolico, sono tanto difficili a comprendersi quanto le Stanze stesse.
4
In un polemico lavoro scientifico, The Modern Genesis (p. 48), il Rev. W. B. Slaughter, criticando la posizione assunta
dagli astronomi, dice: “È spiacevole che i difensori di questa teoria (nebulare), non abbiano approfondito maggiormente il
dibattito intorno al princìpio della rotazione. Nessuno di essi sa indicarcene le ragioni. In che modo il processo di
raffreddamento e contrazione della massa impartisce ad essa un movimento rotatorio?” (Citato da A. Winchell, World Life,
92
STANZA IV -continuazione.
5. L’OI-HA-HOU, CHE È “TENEBRA”, L’ILLIMITATO O IL NON-NUMERO, ÂDI NIDÂNA
SVABHÂVAT, IL IL ◯.1
I. L’ÂDI-SANAT, IL NUMERO, PERCHÉ EGLI È UNO (a).
II. LA VOCE DELLA PAROLA, SVABHÂVAT, I NUMERI, PERCHÉ EGLI È UNO E NOVE.2
III. IL “QUADRATO SENZA FORMA”.3
E QUESTI TRE, RACCHIUSI DENTRO IL ◯.4 SONO I SACRI QUATTRO; E I DIECI SONO ’UNIVERSO
ARÛPA5 (b). QUINDI VENGONO I “FIGLI”, I SETTE COMBATTENTI, L’UNO, L’OTTAVO LASCIATO
6
FUORI (c) , E IL SUO SOFFIO CHE È IL PRODUTTORE DELLA LUCE.
(a) “Âdi-Sanat”, tradotto letteralmente, è il Primo o “l’Antico Primordiale”, nome che
identifica “l’Antico dei Giorni” ed il “Santo Vecchio” (Sephîrâh e Adamo Kadmon) dei
cabalisti con Brahmâ il Creatore, che porta, oltre a tutti gli altri titoli e nomi, quello di Sanat.
Svabhâvat è l’Essenza mistica, la Radice plastica della Natura fisica – i “Numeri”
ando è manifestata; il “Numero” nella sua Unità di Sostanza sul piano più elevato. Questo
nome è un termine buddhistico ed è un sinonimo della quadruplice Anima Mundi, il “Mondo
archetipo” dei cabalisti, da cui procedono i “Mondi Creativo, Formativo e Materiale” e le
Scintille o Faville — i vari altri mondi contenuti negli ultimi tre. Tutti i Mondi sono soggetti
a Governatori o Reggenti — i Rishi e Pitri degli indù; gli Angeli degli ebrei e dei cristiani, gli
Dèi degli antichi in generale.
(b) ‘◯.’ Questo significa che il “Cerchio Illimitato”, lo zero, diventa un numero
soltanto quando una delle altre nove cifre lo precede e manifesta così il suo valore e potenza;
il “Verbo” o Logos in unione con la “Voce” e lo Spirito7 (l’espressione e la fonte della
Coscienza), che rappresenta le nove cifre, e forma così, con lo zero, la Decade, che contiene
in se stessa tutto l’Universo. La Triade forma la Tetraktis o i Quattro Sacri dentro al Cerchio,
essendo il Quadrato dentro al Cerchio la più potente delle figure magiche.
(c) “Il Respinto” è il Sole del nostro sistema. Si può trovare la versione exoterica nelle
più antiche Scritture sanscrite. Nel Rig Veda, Aditi, lo Spazio “Illimitato” o Infinito –
tradotto dal prof. Max Müller come “l’infinito visibile, visibile ad occhio nudo [!!];
l’estensione senza fine al di là della terra, al di là delle nubi, al di là del cielo” è l’equivalente
della “Madre-Spazio”, coeva con le “Tenebre”. Essa è giustamente chiamata la “Madre degli
1883, pag. 94). La questione è ampiamente trattata negli Addenda. Non è la scienza materialistica che può risolvere tale
problema. “Il movimento è eterno nell’immanifestato, e periodico nel manifestato” dice un insegnamento occulto. “Il moto
diviene il Vortice quando il calore, causato della discesa della Fiamma nella materia primordiale, mette in movimento le
sue particelle”. Una goccia di liquido assume una forma sferoidale, e ciò è dovuto al fatto che i suoi atomi si muovono gli
uni intorno agli altri nella loro ultima essenza insolubile noumenale; insolubile, comunque, per la scienza fisica.
1
La x, la quantità sconosciuta.
2
Ciò che fa Dieci, o il numero perfetto applicato al “Creatore”, nome dato dai monoteisti alla totalità dei Creatori riuniti in
Uno, come l’“Elohim”, Adamo Kadmon o Sephira, la Corona - sono la sintesi androgina dei dieci Sephiroth, che nella
Cabala volgarizzata, rappresentano il simbolo dell’Universo. Però i cabalisti esoterici, seguendo gli occultisti orientali,
separano il triangolo Sephirothale superiore (o Sephira, Chokmah e Binah) dal resto, lasciando così sette Sephiroth. In
quanto al termine Svabhâvat, gli orientalisti lo identificano nella materia plastica universale diffusa nello spazio, pensando
forse all’etere della scienza. Ma gli occultisti lo identificano con il “Padre - Madre” sul piano mistico.
3
Arûpa.
4
Il Cerchio Illimitato.
5
Soggettivo, Senza Forma.
6
Bhâskara.
7
Questo si riferisce al Pensiero Astratto e alla Voce concreta, o sua manifestazione, l’effetto della Causa. Adamo Kadmon, o
Tetragrammaton, è il Logos della Cabala. Quindi questa triade corrisponde, in quest’ultima, al triangolo superiore di Kether,
Chokmah e Binah; quest’ultima una potenza femminile, ed in pari tempo, il Jehovah maschio, poiché partecipa della natura
di Chokmah, o Saggezza maschile.
93
Dèi”, Deva-Mâtri, poiché è dalla sua matrice cosmica che nacquero tutti i corpi celesti del
nostro sistema — il sole ed i pianeti. Perciò essa è allegoricamente descritta in questo modo:
“Otto Figli nacquero dal corpo di Aditi; essa si avvicinò agli dèi con sette, ma respinse
l’ottavo, Mârttânda”, il nostro sole. I sette figli chiamati gli Aditya sono, cosmicamente ed
astronomicamente, i sette pianeti; ed il sole, essendo escluso dal loro numero, dimostra
chiaramente che gli indú possono aver conosciuto e conoscevano infatti, l’esistenza di un
settimo pianeta, senza chiamarlo Urano.1 Ma esotericamente e teologicamente, per così dire,
gli Aditya, nel loro significato primitivo più antico, sono gli otto e i dodici grandi dèi del
Pantheon indù. “I Sette permettono ai mortali di vedere le loro dimore, ma mostrano se stessi
soltanto agli Arhat”, dice un antico proverbio; l’espressione “le loro dimore”, ha qui il
significato di pianeti. L’antico Commentario dà la seguente allegoria e relativa spiegazione:
“Otto case furono edificale dalla Madre: otto case per i suoi otto Figli Divini;
quattro grandi e quattro piccole. Otto Soli luminosi, secondo le loro età ed i loro meriti.
Bal-i-lu [Mârttânda] non fu soddisfatto, benchè la sua casa fosse la più grande; e cominciò
a [lavorare] come fanno gli enormi elefanti; inspirò [fece rientrare] nel suo seno i soffi vitali
dei suoi fratelli; cercò di divorarli. I quattro più grandi erano lontani, sui confini del loro
regno.2
Essi non furono derubati [influenzati] e risero. Fai tutto il tuo possibile, Signore, ma
non riuscirai a giungere fino a noi, gli dissero. Ma i più piccoli piansero e si lamentarono
con la Madre. Essa mandò Bal-i-lu in esilio al centro del proprio regno, da dove non potè
più muoversi. [Da quel momento] egli li osserva e li minaccia [soltanto]. Li segue girando
lentamente su se stesso; essi girano velocemente per allontanarsi da lui, ed egli segue da
lontano la direzione in cui si muovono i suoi fratelli, lungo il sentiero che circonda le loro
case.3 Da quel giorno egli si nutre del sudore del corpo di sua Madre. Si nutre del di lei
respiro e dei suoi rifiuti. Perciò essa lo respinse”.
Così il “Figlio Respinto” è evidentemente il nostro Sole, come abbiamo dimostrato
sopra, e quando diciamo “Figli del Sole” ci riferiamo non solo ai nostri pianeti, ma ai corpi
celesti in generale. Sûrya stesso, che è soltanto un riflesso del Sole Spirituale Centrale, è il
prototipo di tutti quei corpi la cui evoluzione seguì la sua. Nei Veda è chiamato LokaChakshuh, l’“Occhio del Mondo”, (il nostro mondo planetario) ed è una delle tre divinità
principali. Viene chiamato sia Figlio di Dyaus che di Aditi, perché non viene fatta alcuna
distinzione in rapporto al significato esoterico. Così lo si rappresenta trasportato da sette
cavalli e da un cavallo con sette teste; i primi si riferiscono ai suoi sette pianeti, il secondo
alla loro comune origine dall’Elemento Cosmico Unico. Questo “Elemento Unico” è
1
La Dottrina Segreta insegna che il Sole è una stella centrale e non un pianeta. Eppure gli antichi riconoscevano ed
adoravano sette grandi Dèi, escludendo il Sole e la Terra. Quale era quel “Dio misterioso” che essi collocavano a parte?
Naturalmente non Urano, scoperto soltanto nel 1781 da Herschel. Ma non poteva esso essere conosciuto sotto un altro
nome? Ragon dice: “Avendo le Scienze Occulte scoperto, mediante calcoli astronomici, che il numero dei pianeti doveva
essere di sette, gli antichi furono indotti ad introdurre il Sole nella scala delle armonie celesti, facendogli occupare il posto
vacante. Così ogni qualvolta essi percepivano un’influenza che non apparteneva a nessuno dei suoi pianeti conosciuti,
l’attribuivano al Sole……. L’errore sembra importante, ma non era tale nei suoi risultati pratici, se gli astrologi
rimpiazzavano Urano con il Sole, il quale è una stella centrale, relativamente immota, che gira soltanto sul proprio asse,
regolando il tempo e la misura; e che non può essere distolta dalle sue vere funzioni”. (Maçonnerie Occulte, p. 447.) Anche
la nomenclatura dei giorni della settimana è errata. “Il Giorno del Sole (Sun-day: la domenica) dovrebbe essere il giorno di
Urano (Urani dies, Urandi)”, aggiunge l’erudito scrittore.
2
Il Sistema Planetario.
3
Il Sole rotea sul suo asse, nella direzione stessa in cui i pianeti girano sulle loro rispettive orbite; così ci insegna
l’astronomia.
94
chiamato in senso figurato “Fuoco”. I Veda insegnano che realmente il “fuoco” contiene tutte
le divinità.1
Il significato dell’allegoria è chiaro, perché per spiegarlo abbiamo il Commentario di
Dzyan e la scienza moderna, per quanto questi due differiscano in diversi particolari. La
Dottrina Occulta respinge le ipotesi nate dalla Teoria Nebulare, per la quale i (sette) grandi
pianeti sarebbero evoluti dalla massa centrale del Sole, per lo meno di questo nostro Sole
visibile. La prima condensazione della materia cosmica ebbe luogo, naturalmente, intorno ad
un nucleo centrale, il suo padre Sole; ma ci viene insegnato che il nostro Sole si distaccò
prima di tutti gli altri, allorché la massa roteante si contrasse, ed esso è il loro “fratello”
maggiore più voluminoso e non i1 loro “padre”. Gli otto Aditya, gli “dèi”, sono tutti formati
dalla sostanza eterna (materia costituente delle comete2 — la Madre), o la “stoffa del
mondo”, che è in pari tempo il quinto ed il sesto Princìpio Cosmico, l’Upâdhi, o Base
dell’Anima Universale, proprio come nell’uomo, il Microcosmo, Manas3 è l’Upâdhi di
Buddhi.4
Vi è un intero poema sulle lotte pregenetiche avvenute fra i pianeti durante il loro
sviluppo, prima della formazione finale del Cosmo; e ciò spiega le posizioni apparentemente
perturbate dei sistemi di diversi pianeti; il piano dei satelliti di alcuni di essi (di Nettuno ed
Urano, per esempio, dei quali si dice che gli antichi non avevano alcuna nozione) essendo
inclinato, dà loro l’apparenza di un movimento retrogrado.
Questi pianeti sono chiamati i Guerrieri, gli Architetti, e sono accettati dalla Chiesa
Romana come i Condottieri degli Eserciti del Cielo, mostrando in tal modo le medesime
tradizioni. Ci viene insegnato che il Sole, essendo evoluto dallo Spazio Cosmico —
anteriormente alla formazione finale delle prime nebulose e all’annullamento di quelle
planetarie — ingoiò nelle profondità della sua massa tutta la vitalità cosmica possibile,
minacciando di ingoiare i suoi “Fratelli” più deboli, prima che la legge di attrazione e
repulsione fosse finalmente assestata; dopo ciò, esso cominciò a nutrirsi “dei rifiuti e del
sudore della Madre”, in altre parole, di quelle parti di Æther (il “Soffio dell’Anima
Universale”), la cui esistenza e costituzione sono, fino ad oggi, completamente ignorate dalla
scienza. Poiché Sir William Grove5 ha proposto una teoria simile, nella quale egli afferma
che i sistemi “cambiano gradatamente per addizione o sottrazione atmosferica, o per
accrescimenti o diminuzioni derivati da sostanza nebulare” e quindi che “il sole può
condensare la materia gassosa mentre questa attraversa lo spazio, ed è così che può prodursi
il calore” — l’insegnamento arcaico sembra abbastanza scientifico anche in quest’epoca.6 W.
Mattieu Williams suggerì che la materia diffusa o Etere, che riceve le radiazioni di calore
dell’Universo, è, per questa ragione, attratta nelle profondità della massa solare, quindi
questa, mentre espelle l’Etere anteriormente condensato e termicamente esausto, si comprime
ed esala il proprio calore, per essere a sua volta respinta in uno stato di rarefazione e di
raffreddamento e per assorbire un nuovo supplemento di calore, che, in tal modo, come
1
Vedi Anugîtâ, Telang, X, 9; e Aitareya Brâhmana, Hang, pag. 1.
La Scienza Occulta ci insegna che questa essenza di materia delle comete differisce totalmente da qualsiasi caratteristica
chimica o fisica conosciuta dalla scienza moderna. È omogenea nella sua forma primitiva al di là dei Sistemi Solari e si
differenzia interamente allorché attraversa i limiti della regione della nostra Terra; alterata dalle atmosfere dei pianeti e dalla
materia già complessa della stoffa interplanetaria, è eterogenea soltanto nel nostro mondo manifestato.
3
Manas – il Princìpio della Mente, o l’Anima Umana.
4
Buddhi – l’Anima Divina.
5
Vedi On the Correlation of Physical Forces, 1843, p. 81; e Address to the British Association, Londra, 1866.
6
Molto simili sono le idee espresse da W. Mattieu Williams in The Fuel of the Sun, 1870; dal dr. C. William Siemens in “On
the Conservation of Solar Energy” (Nature, Vol. XXV, 440-444, 9 marzo 1882; ed anche dal dr. P. Martin Duncan in
Address, come Presidente della ‘Geological Society of London’, maggio 1887. Vedi World Life di Alexander Winchell, cap.
V, pag. 53 e seg..
2
95
suppone Mattieu William, è riafferrato dall’Etere e nuovamente concentrato, e distribuito
un’altra volta dai Soli dell’Universo.
Questa è la maggiore approssimazione all’insegnamento occulto che la scienza abbia
mai immaginato, poiché l’Occultismo spiega tale problema con il “soffio mortale” esalato da
Mârttânda e con il suo nutrirsi del “sudore e dei rifiuti” della Madre-Spazio. Quello che non
avrebbe potuto avere che una piccola influenza su Nettuno,1 Saturno e Giove, avrebbe
distrutto le “Case”, relativamente piccole, di Mercurio, Venere e Marte. Siccome Urano non
era conosciuto prima della fine del diciottesimo secolo, il nome del quarto pianeta
menzionato nell’allegoria rimane fin qui un mistero.
Il “Soffio” di tutti i “Sette” è detto Bhâskara, (il Produttore di Luce), poiché essi (i
pianeti) in origine erano tutti comete e soli. Essi evolvono nella vita manvantarica dal Chaos
Primordiale (adesso il noumeno di nebulose irresolubili) mediante aggregazione ed
accumulazione delle differenziazioni primordiali della Materia Eterna, secondo la bella
espressione del Commentario: “Così i Figli della Luce si rivestirono del tessuto delle
Tenebre”. Allegoricamente, sono chiamati le “Chiocciole Celesti” a causa delle Intelligenze
senza forma (per noi) che abitano invisibili le loro case stellari e planetarie, trasportandosele,
per così dire, nelle loro rivoluzioni, proprio come fanno le chiocciole. La dottrina di
un’origine comune di tutti i corpi celesti e dei pianeti era insegnata, come vediamo, dagli
astronomi arcaici molto prima di Keplero, di Newton, di Leibnitz, di Kant, di Herschel e di
Laplace. Il Calore (il “Soffio”), l’Attrazione e la Repulsione — i tre grandi fattori del
Movimento - sono le condizioni nelle quali nascono, si sviluppano e muoiono tutti i membri
di questa famiglia primitiva, per rinascere poi dopo una Notte di Brahmâ, durante la quale la
Materia eterna ricade periodicamente nel suo stato primordiale indifferenziato. Nemmeno i
gas più rarefatti possono dare ai fisici moderni un’idea della sua natura. Da princìpio i Centri
di Forza, le Scintille invisibili o Atomi primordiali, si differenziano in Molecole e diventano
dei Soli – oggettivandosi gradatamente – gassosi, radianti, cosmici, e il “Vortice” unico (o
Movimento) dà finalmente l’impulso alla forma, e il moto iniziale, regolato e sostenuto dai
“Soffi” che mai si riposano – i Dhyân Chohan.
STANZA IV -continuazione.
6. … POI I SECONDI SETTE, CHE SONO I LIPIKA, PRODOTTI DAI TRE.2 IL FIGLIO RESPINTO È
UNO. I “FIGLI-SOLARI” SONO INNUMEREVOLI.
I Lipika, dalla parola lipi, “scrittura”, significa letteralmente gli “Scribi”.3
Misticamente, questi Esseri Divini sono collegati con il Karma o Legge di Retribuzione,
poiché essi sono gli Archivisti, o Annalisti, che imprimono sulle tavolette (per noi) invisibili
della Luce Astrale “la grande galleria dei quadri dell’eternità” — un registro fedele di ogni
azione e perfino di ogni pensiero dell’uomo; e di tutto ciò che era, è, o sarà, nell’Universo
fenomenico.
Come già dicemmo in Iside Svelata, questo canovaccio divino ed invisibile
costituisce il Libro della Vita. Siccome sono i Lipika che, dalla Mente Universale passiva,
1
Nel parlare di Nettuno lo facciamo da europei e non da occultisti Il vero occultista orientale sosterrà che, per quanto vi
siano ancora molti pianeti del nostro sistema che non sono stati scoperti, Nettuno veramente non appartiene al sistema,
malgrado il suo apparente collegamento con il nostro Sole e l’influenza di quest’ultimo su di esso. II collegamento è
mâyâvico, immaginario, essi dicono.
2
Parola, Voce e Spirito.
3
Sono i quattro “Immortali” menzionati nell’Atharva-Veda quali “Sorveglianti” o “Guardiani” dei quattro quadranti del
cielo.
96
proiettano nell’oggettività il piano ideale dell’Universo sul quale i “Costruttori” riedificano il
Cosmo dopo ogni Pralaya, sono essi che corrispondono ai Sette Angeli della Presenza che i
cristiani riconoscono nei “Sette Spiriti Planetari”, o “Spiriti delle Stelle”; e quindi i Lipika
sono i diretti amanuensi dell’Ideazione Eterna — o, come la chiama Platone, del “Pensiero
Divino” Gli Annali Eterni non sono un sogno fantastico, poiché incontriamo la medesima
testimonianza nel mondo stesso della materia densa. Come dice Draper:
Un’ombra non cade mai su di un muro senza lasciarvi una traccia permanente che potrebbe essere resa
visibile mediante un processo adeguato..... I ritratti dei nostri amici o dei paesaggi possono essere nascosti
all’occhio sulla lastra sensibile, ma sono pronti ad apparire appena si applicano i dovuti reagenti. Uno spettro è
celato su una superficie argentea o cristallina, fino a che, mediante la nostra necromanzia, non lo faremo
apparire nel mondo visibile. Sui muri dei nostri appartamenti privati, dove noi riteniamo che nessun occhio
indiscreto possa penetrare né che la nostra intimità possa essere profanata, esistono le vestigia dei nostri atti, il
riflesso di tutto ciò che abbiamo fatto.1
Il dr. Jevons e il dr. Babbage ritengono che ogni pensiero sposti le particelle del
cervello e, mettendole in movimento, le proietti attraverso l’Universo: essi credono pure che
“ciascuna particella della materia esistente debba essere un registro di tutto ciò che è
accaduto”.2 E in tal modo la dottrina antica ha cominciato ad acquisire diritto di cittadinanza
nelle speculazioni del mondo scientifico.
I quaranta “Assessori” che, nella regione dell’Amenti, si trovano davanti ad Osiride
come accusatori dell’Anima, appartengono alla medesima classe di divinità dei Lipika; e
potrebbero essere considerati come i loro corrispondenti, se gli dèi egiziani non fossero così
poco compresi nel loro significato esoterico. Il Chitragupta indù che legge il resoconto della
vita di ogni Anima nel suo registro chiamato Agra-Sandhâni, gli “Assessori” che leggono i
loro nel Cuore del Defunto, che diventa un libro aperto davanti a Yama, Minosse, Osiride, o
Karma — sono tante copie e varianti dei Lipika e dei loro Registri Astrali. Ciò nonostante, i
Lipika non sono divinità collegate con la Morte, ma con la Vita Eterna.
Si può dire dei Lipika che, essendo connessi al destino di ogni uomo e alla nascita di
ogni bambino, la cui vita è già tracciata nella Luce Astrale — non fatalisticamente, ma
soltanto perché il Futuro, come il Passato, è sempre vivente nel Presente — esercitino
un’influenza sulla Scienza dell’Oroscopo.
Volenti o nolenti, dobbiamo ammettere la verità dell’ultima affermazione, perché,
come osservava uno dei nostri professori moderni di Astrologia:
Adesso che la fotografia ci ha rivelato l’influenza chimica delle stelle, fissando, sulla lastra
sensibilizzata dall’apparecchio, la luce di miliardi di stelle e di pianeti che avevano fino ad oggi frustrato gli
sforzi dei più potenti telescopi, diviene più facile comprendere come il nostro sistema solare possa, alla nascita
di un bambino, influenzare il suo cervello — vergine da qualsiasi impressione, in un modo ben definito ed in
relazione alla presenza sullo zenith dell’una o dell’altra costellazione zodiacale.3
1
Draper, History of the Conflict between Religion and Science, 1874, pp. 132-33.
Principles of Science, II, 455.
3
Dott. Ely Star, Les Mystères de l’Horoscope, 1888, pp. x-xi.
2
97
STANZA V
1. I SETTE PRIMORDIALI, I PRIMI SETTE RESPIRI DEL DRAGO DI SAGGEZZA, PRODUCONO A
LORO VOLTA, DAI LORO SANTI RESPIRI ROTEANTI, L’IGNEO TURBINE.
Questa Stanza è forse la più difficile a spiegarsi. Il suo linguaggio è comprensibile
solo per chi conosce a fondo l’allegoria orientale e la sua fraseologia resa volutamente
oscura. Verrà posta naturalmente la seguente domanda: Credono gli occultisti che tutti questi
“Costruttori”, “Lipika”, e “Figli della Luce” siano delle Entità, oppure delle semplici
immagini?
A ciò risponderemo chiaramente: pur ammettendo che, per rappresentare i Poteri
personificati, vengano usate delle immagini, dobbiamo però anche riconoscere l’esistenza di
queste Entità, se non vogliamo negare l’esistenza di un’Umanità Spirituale nell’ambito del
genere umano. Poiché le legioni di questi Figli della Luce e di questi “Figli nati dalla Mente”
del primo Raggio manifestato del Tutto Sconosciuto, sono la radice stessa dell’Uomo
Spirituale. A meno che non si voglia credere al dogma antifilosofico di un’anima creata
espressamente per ogni nascita umana — cioè un riversarsi giornaliero di queste anime da
“Adamo” in poi — dobbiamo ammettere gli insegnamenti occulti. Ciò sarà spiegato a suo
tempo. Vediamo adesso quale può essere il significato di questa Stanza Occulta.
La Dottrina insegna che, per diventare un Dio divino pienamente cosciente — anche
il più elevato — le Intelligenze Spirituali Primordiali devono passare attraverso lo stadio
umano. E dicendo umano non vogliamo riferirci soltanto alla nostra umanità terrestre, ma ai
mortali che vivono in un mondo qualsiasi, cioè quelle Intelligenze che hanno raggiunto
l’equilibrio appropriato fra materia e spirito, come noi l’abbiamo ottenuto dal momento che
abbiamo oltrepassato il punto mediano della Quarta Razza-Radice della Quarta Ronda. Ogni
Entità deve essersi conquistata da sola il diritto di diventare divina, mediante le proprie
esperienze personali. Hegel, il grande pensatore tedesco, deve avere conosciuto o percepito
intuitivamente questa verità, quando disse che l’Inconscio faceva evolvere l’Universo
soltanto “nella speranza di raggiungere una chiara autocoscienza”, in altre parole di diventare
Uomo; poiché questo è pure il significato segreto della frase purânica, così spesso ripetuta, di
Brahmâ “costantemente mosso dal desiderio di creare”. Questo spiega anche il significato
occulto del detto cabalistico: “Il Soffio diventa una pietra; la pietra una pianta; la pianta un
animale; l’animale un uomo; l’uomo uno spirito; e lo spirito un dio”. I Figli nati dalla Mente,
i Rishi, i Costruttori, ecc., furono tutti Uomini — qualunque ne fosse la forma — in altri
mondi ed in precedenti Manvantara.
Questo soggetto, essendo così profondamente mistico, presenta la maggiore difficoltà
ad essere spiegato in tutti i suoi dettagli ed aspetti, poiché l’intero mistero della creazione
evolutiva è contenuto in esso. Una o due frasi di questa shloka richiamano vividamente alla
memoria aforismi analoghi della Cabala, come pure la fraseologia del Re salmista.1
Entrambi, parlando di Dio, dicono: “Egli fa dei venti i suoi angeli, e del fuoco divampante i
suoi ministri”. Però, nella Dottrina Esoterica tali espressioni sono usate figurativamente. Il
“Turbine Igneo” è la polvere cosmica incandescente che segue, solo magneticamente, il
pensiero dirigente delle “Forze Creative”, così come la limatura del ferro segue la calamita.
Però, questa polvere cosmica è qualche cosa di più, poiché ogni atomo nell’Universo ha in sé
la potenzialità dell’autocoscienza ed è, come le monadi di Leibnitz, un Universo in se stesso
e per se stesso. È un atomo ed un angelo.
In rapporto a quanto sopra, è da rilevare che uno dei luminari della moderna Scuola
evoluzionista, A. R. Wallace, dimostrando l’insufficienza della “selezione naturale” quale
1
Salmi, civ, 4.
98
unico fattore dell’evoluzione dell’uomo fisico, praticamente ammette quanto abbiamo qui
esposto. Egli ritiene che l’evoluzione umana sia diretta ed aiutata da Intelligenze superiori, la
cui azione è un fattore necessario nello schema della Natura.
Ma una volta ammessa l’azione di queste Intelligenze su un determinato punto,
l’estenderla ulteriormente è soltanto una deduzione logica. Non può essere tracciata alcuna
linea arbitraria di divisione.
STANZA V -continuazione.
2. ESSI FANNO DI LUI IL MESSAGGERO DELLA LORO VOLONTÀ (a). DZYU DIVIENE FOHAT: IL
RAPIDO FIGLIO DEI FIGLI DIVINI, I CUI FIGLI SONO I LIPIKA,1 CORRE IN ORBITE CIRCOLARI.
FOHAT È IL CORSIERO. ED IL PENSIERO È IL CAVALIERE.2 EGLI PASSA COME IL FULMINE
ATTRAVERSO LE IGNEE NUBI3 (b); EGLI FA TRE E CINQUE E SETTE PASSI ATTRAVERSO LE
SETTE REGIONI DI SOPRA E LE SETTE DI SOTTO.4 ALZA LA VOCE E CHIAMANDO LE
INNUMEREVOLI SCINTILLE5 LE UNISCE INSIEME (c).
(a) Ecco i “Sette Primordiali” che si servono di Fohat come loro Veicolo (Vâhana,
l’essere manifesto che diventa il simbolo del Potere che lo dirige), per cui Fohat è chiamato
“Messaggero della loro Volontà “ — l’Igneo Turbine.
“Dzyu diviene Fohat” — l’espressione stessa lo dimostra. Dzyu è la Conoscenza
Reale (Magica) o Saggezza Occulta, che, occupandosi delle verità eterne e delle cause prime,
diventa quasi onnipotenza quando è applicata nella giusta direzione. La sua antitesi è Dzyumi, quella che si occupa soltanto delle illusioni e delle false apparenze, come avviene nelle
nostre moderne scienze exoteriche. Nel presente caso, Dzyu è l’espressione della Saggezza
collettiva dei Dhyâni-Buddha.
(b) Siccome è probabile che il lettore non sia molto informato sui Dhyâni-Buddha,
sarà bene dire subito che, secondo gli orientalisti, vi sono cinque Dhyâni che sono i Buddha
Celesti, dei quali i Buddha umani sono la manifestazione nel mondo delle forme e della
materia. Esotericamente, però, i Dhyâni-Buddha sono sette, dei quali cinque soltanto si sono
finora manifestati,6 e due si manifesteranno nella Sesta e nella Settima Razza-Radice. Essi
sono, per così dire, i prototipi eterni dei Buddha che appaiono su questa terra, ognuno dei
quali ha il proprio divino prototipo. Cosi, per esempio Amitâbha è il Dhyâni-Buddha di
Gautama Shâkyamuni, e si manifesta attraverso quest’ultimo ogni volta che questa grande
Anima si incarna sulla Terra, come fece nel caso di Tzon-kha-pa.7 Quale sintesi dei sette
Dhyâni-Buddha, Avalokiteshvara fu il primo Buddha (il Logos), ed Amitâbha è il “Dio”
interiore di Gautama che, in Cina, è chiamato Amida (Buddha).
Essi sono, come giustamente afferma il prof. Rhys Davids, “le gloriose controparti del
mondo mistico, libere dalle condizioni degradanti della vita materiale”, di ogni Buddha
terrestre e mortale — i Mânushi-Buddha liberati, incaricati di governare la Terra durante
questa Ronda. Sono i “Buddha della Contemplazione” e sono tutti Anupâdaka (senza
genitori), cioè nati per sé dalla divina essenza. L’insegnamento exoterico — che dice che
1
Non bisogna perdere di vista la differenza tra i “Costruttori”, gli Spiriti Planetari, e i Lipika. [Vedi il Commentario sulle
shloka 5 e 6 della Stanza V.]
2
Cioè, egli è sotto l’influenza del loro pensiero direttivo.
3
Le brume cosmiche.
4
Il mondo che sarà.
5
Atomi.
6
Buddismo Esoterico di A. P. Sinnett, 5.a edizione inglese annotata, 1885, pp. 171 – 73.
7
II primo e grandissimo riformatore tibetano che fondò la setta dei “Berretti Gialli” o Gelugpa. Egli nacque nel 1355 d. C.
nel distretto di Amdo, e fu l’Avatâra di Amitâbha, il nome celeste di Gautama Buddha.
99
ogni Dhyâni-Buddha ha la facoltà di creare da se stesso un figlio egualmente celeste, un
Dhyâni-Bodhisattva che, dopo la morte del Mânushi-Buddha, deve continuare l’opera di
quest’ultimo —poggia sul fatto che la più alta Iniziazione ricevuta da un essere adombrato
dallo “Spirito di Buddha” (il quale, secondo gli orientalisti, avrebbe creato i cinque DhyâniBuddha!) trasforma virtualmente un candidato in un Bodhisattva, creato tale dal Grande
Iniziatore.
(c) Fohat, uno dei personaggi più importanti, se non il più importante della
Cosmogonia esoterica, va descritto precisamente. Come Eros, che nella più antica
Cosmogonia greca differiva fortemente dalla mitologia successiva, è la terza persona della
Trinità primordiale, Chaos, Gea ed Eros — che corrisponde alla Trinità cabalistica, AinSuph, il Tutto Illimitato (poiché il Chaos è lo Spazio, da χαίνω, “vuoto”), Shekinah e
l’Antico dei Giorni, o lo Spirito Santo — così Fohat è una cosa nell’Universo Non
Manifestato ed un’altra nel Mondo Cosmico e fenomenico. In quest’ultimo, esso è quel
potere occulto, elettrico e vitale che, sotto la Volontà del Logos Creatore, unisce e raggruppa
tutte le forme, dando loro il primo impulso, e diventa poi legge. Ma nell’Universo Non
Manifestato, Fohat non è ciò, come Eros non è il successivo brillante Cupido alato o Amore.
Fohat non ha ancora niente a che fare con il Cosmo, poiché questo non è ancora nato e gli dèi
dormono tutt’ora nel seno di “Padre-Madre”. Esso è un’idea filosofica astratta. Non produce
ancora niente da se stesso; è semplicemente quel Potere creativo potenziale, in virtù della cui
azione il Noumeno di tutti i futuri fenomeni si divide, per così dire, ma per riunirsi, in un atto
mistico supersensorio, ed emettere il Raggio creatore. Quando il “Figlio Divino” emerge,
Fohat diviene allora la Forza propulsiva, il Potere attivo che è la causa per cui l’Uno diviene
Due e Tre — sul piano cosmico della manifestazione. L’Uno triplo si differenzia nei Molti, e
Fohat si trasforma in quella forza che riunisce gli atomi elementari, li aggrega e li combina.
Troviamo un’eco di questo insegnamento primordiale nella mitologia greca primitiva. Erebo
e Nux nascono dal Chaos e, sotto l’azione di Eros, danno a loro volta nascita all’Etere e ad
Emera, la luce dei piani superiori e quella dei piani inferiori o regioni terrestri. Le Tenebre
generano la luce. Paragonate nei Purâna la Volontà o “Desiderio” di Brahmâ di creare, e
nella Cosmogonia fenicia di Sanchoniathon la dottrina che il Desiderio, πόθοζ, è il princìpio
della creazione.
Fohat è intimamente collegato alla “Vita Una”. Dall’Uno Sconosciuto emana la
Totalità Infinita, l’Uno Manifestato o Divinità Manvantarica periodica; e questa è la Mente
Universale che, separata dalla sua Sorgente, è il Demiurgo, o Logos Creatore, dei cabalisti
occidentali, ed il Brahmâ dalle quattro facce della Religione indù. Nella sua totalità,
considerata esotericamente, dal punto di vista del Pensiero Divino manifestato, rappresenta le
Legioni dei più elevati Dhyân Chohan creatori. Simultaneamente all’evoluzione della Mente
Universale, la Saggezza celata di Âdi-Buddha — l’Uno Supremo ed Eterno — si manifesta
come Avalokiteshvara (o Îshvara Manifestato), che è l’Osiride degli egiziani, l’Ahura-Mazda
dei zoroastriani, l’Uomo Celeste della Filosofia Ermetica, il Logos dei Platonici, l’Âtman dei
vedantini.1 Mediante l’azione della Saggezza Manifestata o Mahat — rappresentata da questi
innumerevoli centri di energia spirituale nel Cosmo — il Riflesso della Mente Universale che
è l’Ideazione Cosmica e la Forza Intellettuale che accompagna una tale Ideazione, diviene
oggettivamente il Fohat del filosofo esoterico buddhista. Fohat, correndo attraverso i sette
princìpi di Âkâsha, agisce sulla Sostanza manifestata o Elemento Unico, come abbiamo già
detto, e, differenziandola in vari centri di energia, mette in moto la legge dell’Evoluzione
Cosmica, obbedendo all’Ideazione della Mente Universale e dando origine a tutti i vari stati
di esistenza nel Sistema Solare manifesto.
1
Sembra che T. Subba Row lo identifichi con il Logos, e lo chiami con tale nome. (Vedi le sue Lectures on the Bhagavad
gîtâ in The Theosophist, Vol. IX.).
100
Il Sistema Solare posto in esistenza da questi agenti, consiste di Sette Princìpi, come
tutto ciò che si trova in questi centri. Tale è l’insegnamento dell’Esoterismo transhimâlayano. Tuttavia ogni filosofia ha una maniera propria di dividere tali princìpi.
Fohat è dunque il potere elettrico vitale personificato, l’Unità trascendente che unisce
tutte le energie cosmiche, tanto sui piani invisibili che su quelli manifestati; la sua azione
somiglia - su una scala immensa - a quella di una Forza vivente creata dalla Volontà, in quei
fenomeni in cui il soggettivo apparente agisce sull’oggettivo apparente e lo spinge all’azione.
Fohat non è soltanto il Simbolo vivente ed il Ricettacolo di quella Forza, ma è considerato
dagli occultisti anche un’Entità, poiché le forze sulle quali agisce sono cosmiche, umane e
terrestri, ed esercitano la loro influenza rispettivamente su tutti questi piani. Sul piano
terrestre la sua influenza è percepita nella forza magnetica e attiva generata dal forte
desiderio del magnetizzatore. Sul piano cosmico esso è presente nel potere costruttivo che,
nella formazione delle cose — dal sistema planetario fino alla lucciola e alla semplice
margherita — pone in esecuzione il piano esistente nella mente della Natura o nel Pensiero
Divino per quanto concerne lo sviluppo e la crescita di qualsiasi cosa particolare.
Metafisicamente è il Pensiero degli dèi oggettivato, il “Verbo fatto carne” su una scala
inferiore, e il messaggero delle Ideazioni cosmiche ed umane; la forza attiva della Vita
Universale. Nel suo aspetto secondario, Fohat è l’Energia solare, il fluido elettrico vitale ed il
Quarto Princìpio preservatore, l’Anima Animale della Natura o — Elettricità.
Nel 1882, al Presidente della Società Teosofica, il Colonnello Olcott, vennero mosse
delle obiezioni, poiché, in una delle sue conferenze, aveva affermato che l’Elettricità è
materia. Tuttavia tale è l’insegnamento della Dottrina Occulta. Forse i termini “Forza”,
“Energia”, sono termini più adeguati per essa, dato che la scienza europea conosce ancora
così poco intorno alla sua vera natura; però essa è materia, come pure è materia l’Etere,
essendo atomica, per quanto parecchi gradi la separino dall’Etere. È ridicolo il voler
sostenere che una cosa non può essere chiamata materia, semplicemente perché essa è
imponderabile per la scienza. L’Elettricità è “immateriale” nel senso che le sue molecole non
sono soggette alla percezione e alla sperimentazione; pure essa può essere atomica, e lo è,
come afferma l’Occultismo, e quindi è materia. Ma anche supponendo che non sia scientifico
parlarne in tali termini, dal momento che la scienza considera l’Elettricità come una sorgente
di Energia, semplicemente Energia ed una Forza — dov’è quella Forza o quell’Energia alla
quale si possa pensare senza associarla all’idea della materia? Maxwell, un matematico e una
delle maggiori autorità nel campo dell’elettricità e dei suoi fenomeni, alcuni anni fa disse che
l’Elettricità era materia e non soltanto movimento. “Se accettiamo l’ipotesi che le sostanze
elementari sono composte di atomi, non possiamo evitare la conclusione che anche
l’elettricità, tanto positiva che negativa, sia divisa in definite particelle elementari, che si
comportano come degli atomi di elettricità”.1 Noi ci spingeremo ancora oltre, affermando che
l’Elettricità non è soltanto Sostanza, ma un’emanazione di un’Entità che non è né Dio né il
Diavolo, bensì una delle innumerevoli Entità che governano e guidano il nostro mondo, in
conformità all’eterna legge del Karma.
Ritornando a Fohat, diremo che esso, in India, è collegato con Vishnu e Sûrya nel
carattere primordiale attribuito al primo di questi dèi, poiché nel Rig Veda Vishnu non è un
dio superiore. Il nome di Vishnu deriva dalla radice vish, “pervadere”, e Fohat è chiamato il
“Pervadente” e il Manufattore, perché esso plasma gli atomi della materia greggia.2 Nei testi
sacri del Rig Veda, Vishnu è pure “una manifestazione dell’Energia Solare, ed è descritto che
1
Helmholtz, Faraday Lecture, 1881.
È ben noto il fatto che, ponendo della sabbia su una piastra metallica in vibrazione, questa assume una serie di figure
regolari e differenti. Può la scienza dare una spiegazione completa di questo fatto?
2
101
attraversare le sette regioni dell’Universo in tre passi”, quindi il Dio vedico ha ben poco in
comune con il Vishnu dei tempi posteriori. Di conseguenza, i due (Fohat e Vishnu) sono
identici sotto questi tratti caratteristici particolari, e l’uno è la copia dell’altro.
I Tre e i Sette “Passi” si riferiscono, nella Dottrina Esoterica, alle sette sfere abitate
dall’uomo, come pure alle sette regioni della Terra. Malgrado le frequenti obiezioni mosse da
alcuni pseudo-orientalisti, i Sette Mondi o Sfere della nostra Catena Planetaria sono
chiaramente indicati nelle Scritture exoteriche indù.
Con lo studio comparato delle antiche Religioni si può constatare come in altre
cosmogonie tutti questi numeri siano collegati in modo strano con numeri simili e con i loro
simboli. I “tre passi di Vishnu” attraverso le “sette regioni dell’Universo”, nel Rig Veda, sono
stati diversamente spiegati dai commentatori con il significato del fuoco, della folgore e del
sole a livello cosmico; e sulla terra, con il significato dell’atmosfera e del cielo, anche se più
filosoficamente — ed esattamente in senso astronomico — sono spiegati da Aurnavâbha
come le varie posizioni del sole: l’alba, il mezzogiorno e il tramonto. Solo la Filosofia
Esoterica lo spiega chiaramente, per quanto lo Zohar lo abbia esposto in termini molto
filosofici e comprensibili. In esso è dimostrato che all’inizio gli Elohim (Alhim) erano
chiamati Achad, “Uno” o la “Divinità è Uno nei Molti”, un’idea semplicissima in una
concezione panteistica — panteistica nel suo senso filosofico, naturalmente. Venne poi il
cambiamento: “Jehovah è Elohim”, unificando così la molteplicità, e facendo il primo passo
verso il Monoteismo. Adesso alla domanda: “Come avviene che Jehovah è Elohim?” la
risposta è questa: “mediante Tre Passi” dal basso. Il significato è chiaro. I Passi sono simboli
ed emblemi mutui e correlativi dello Spirito, dell’Anima e del Corpo (Uomo); del Cerchio
trasformato in Spirito, l’Anima del Mondo e il suo Corpo (o Terra). Uscendo dal Cerchio
dell’Infinito che nessuno comprende, Ain Suph — sinonimo cabalistico di Parabrahman, del
Zeroâna Akerne dei mazdei, o di qualsiasi altro “Inconoscibile”—diviene “Uno” (l’Achad,
l’Eka, l’Ahu); quindi egli (o esso) è trasformato dall’evoluzione “nell’Uno nei Molti”, i
Dhyâni-Buddha o gli Elohim, o anche gli Amshaspend, e il suo Terzo Passo si compie nella
generazione della carne o “Uomo”. E dall’Uomo o Jah-Hovah, “maschio-femmina”, l’entità
divina interiore diviene nuovamente, sul piano metafisico, l’Elohim.
I numeri 3, 5, e 7, sono preminenti nella Massoneria speculativa, come è dimostrato
in Iside Svelata. Un massone scrive:
“Vi sono 3, 5, e 7 passi per indicare un percorso circolare. Le tre facce del 3, 3; 5, 3; e 7, 3, ecc.
Qualche volta esso è posto in questa forma: 753/2 = 376,5, e 7685/2 = 3817,5, e il rapporto di 20612/6561
piedi per la misura del cubito dà le misure della Grande Piramide”.
Tre, cinque e sette sono numeri mistici, e l’ultimo ed il primo sono altamente venerati
tanto dai massoni quanto dai Parsi — essendo ovunque il Triangolo un simbolo della
Divinità.1 Naturalmente i teologi — come Cassel, per esempio, — affermano che lo Zohar
spiega ed appoggia la Trinità cristiana (!). Mentre è quest’ultima che ha la sua origine dal Δ
dell’Occultismo arcaico e del Simbolismo pagano. I Tre Passi si riferiscono metafisicamente
alla discesa dello Spirito nella Materia, al Logos che cade come un raggio nello Spirito,
quindi nell’anima, e finalmente nella forma fisica umana, nella quale diviene Vita.
L’idea cabalistica è identica a quella dell’Esoterismo del periodo arcaico. Questo
Esoterismo è proprietà comune di tutti, e non appartiene né alla Quinta Razza ariana né ad
una qualsiasi delle sue numerose sottorazze. Non appartiene neppure ai cosiddetti turaniani
né agli egiziani né ai cinesi, e nemmeno ai caldei o ad una delle sette divisioni della Quinta
Razza-Radice; ma in realtà appartiene alla Terza e Quarta Razza-Radice, i cui discendenti si
possono ritrovare nel Seme della Quinta, i primitivi ariani. In tutte le nazioni il Cerchio era il
simbolo dello Sconosciuto — “lo Spazio Illimitato”, la veste astratta di un’astrazione
1
Vedi Royal Masonic Cyclopaedia di K. Mackenzie, e Pythagorean Triangle, di George Oliver.
102
eternamente presente — la Divinità Inconoscibile. Esso rappresenta il Tempo illimitato
nell’Eternità. Lo Zeroâna Akerne è pure il “Cerchio Illimitato del Tempo Sconosciuto” e da
questo Cerchio proviene la Luce radiante, il Sole Universale o Ormazd1— e quest’ultimo è
identico a Crono, nella sua forma Aeoliana, quella di un Cerchio. Poiché il Cerchio è Sar e
Saros, o Ciclo. Era il dio babilonese, il cui orizzonte circolare era il simbolo visibile
dell’invisibile, mentre il sole era il Cerchio, da cui procedettero le sfere cosmiche delle quali
lo si considerava il condottiero. Zeroâna è il Chakra, o Cerchio di Vishnu, l’emblema
misterioso che, secondo la definizione di un mistico, è “una curva di natura tale che,
supponendo di prolungarla da ambedue le estremità, finirebbe per rientrare in se stessa e
formare una sola e medesima curva - cioè quello che noi chiamiamo cerchio”. Non si poteva
dare una migliore definizione del simbolo naturale e della natura evidente della Divinità che,
avendo la propria circonferenza ovunque (l’illimitato) ha ugualmente ovunque anche il suo
punto centrale; in altre parole, si trova in ogni punto dell’Universo. La Divinità invisibile è,
di conseguenza, anche i Dhyân Chohan o i Rishi, i sette primitivi e i nove esteriormente, e
dieci se si include la loro unità sintetica, da cui ESSA penetra nell’Uomo.
Tornando al Commentario 4 della Stanza IV, il lettore comprenderà adesso perché,
mentre il Chakra trans-himâlayano ha, inscritto in se stesso Δ ׀ ׀- un triangolo, una prima
linea, un quadrato, una seconda linea ed un pentagono intrecciato con un punto nel centro,
così:
o con alcune altre variazioni - il Cerchio cabalistico degli Elohim rivela, quando le
lettere della parola ( אלהיםAlhim o Elohim) sono lette numericamente, la famosa cifra
13514, o anagrammaticamente 31415 — l’astronomico π (pi) o il significato occulto dei
Dhyâni-Buddha, dei Geber, dei Giburim, dei Kabiri e degli Elohim; aventi tutti il significato
di “grandi uomini”, “Titani”, “Uomini Celesti” e, sulla terra, “Giganti”.
Il Sette era un Numero Sacro presso ogni nazione; ma nessuno lo ha mai applicato ad
usi fisiologici materialistici tanto quanto gli ebrei. Per essi il 7 era in modo preminente il
numero generatore, e il 9 il numero maschile causante, che formava, come dimostrato dai
cabalisti, l’otz, ( ע צ90, 70), o “l’Albero del Giardino dell’Eden”, la “doppia verga
ermafrodita” della Quarta Razza. Questo era il simbolo del “Santo dei Santi”, il 3 e il 4 della
separazione sessuale. Quasi ognuna delle 22 lettere dell’alfabeto ebraico è semplicemente un
simbolo fallico. Delle due lettere suddette, una, l’ayin, è una lettera femminile negativa,
simbolicamente un occhio; l’altra, una lettera maschile, tzâ, un amo da pesca o un dardo.
Invece per gli indù e gli ariani in generale, il significato era molteplice e collegato
quasi completamente a verità puramente metafisiche ed astronomiche. I loro Rishi e gli Dèi, i
loro Demoni ed i loro Eroi, hanno un significato storico ed etico. Un cabalista però, in un
lavoro ancora inedito, facendo un parallelo tra la Cabala e lo Zohar con l’Esoterismo ariano,
ci ha detto che:
Le espressioni ebraiche, chiare, concise, terse ed esatte, sono assai superiori al linguaggio vacillante
degli indù — per ripetere le parole del Salmista: “La mia bocca parla con la mia lingua, benché io non sappia il
gran numero” ….... Il glifo indù denota, con l’insufficienza della grande mescolanza di aspetti bizzarri, di avere
assunto le medesime piume già prese in prestito dai greci (i greci mentitori) e dalla Massoneria: mentre la rude
(ed apparente) povertà monosillabica della lingua ebraica dimostra che essa discende da un’antichità molto più
remota delle altre, e che è stata la sorgente (!?) o, per lo meno, più vicina all’antica sorgente originale di
qualsiasi altra.
Tutto questo è completamente errato. Il nostro erudito corrispondente giudica
evidentemente i sistemi religiosi indù dai loro Shâstra e dai loro Purâna e, più
probabilmente, da questi ultimi nella loro traduzione moderna, che li rende addirittura
irriconoscibili. Se vogliamo fare dei confronti, dobbiamo rivolgerci ai loro sistemi filosofici e
1
Ormazd è il Logos, il “Primo-Nato” e il Sole.
103
ai loro insegnamenti esoterici. Indubbiamente, il simbolismo del Pentateuco e quello del
Nuovo Testamento derivano dalla medesima sorgente. Ma certamente la Piramide di Cheope,
le cui misure, secondo le scoperte del prof. Piazzi Smyth, sono state tutte ripetute nel preteso
e mitico Tempio di Salomone, può essere forse di un’epoca posteriore ai libri di Mosé?
Quindi, se vi è una simile grande identità, come si pretende, essa è dovuta ad una imitazione
servile da parte dei giudei e non da parte degli egiziani.
I glifi dei giudei – e perfino la loro lingua, l’ebraica – non sono originali. Essi sono
presi dagli egiziani, dai quali Mosé trasse la propria Sapienza; dai copti, i probabili parenti,
se non i progenitori degli antichi fenici; e dagli Hyksos, i loro (pretesi) antenati, secondo
Giuseppe.1 Sì; ma chi erano i pastori Hyksos?2
E chi erano gli egiziani? La storia non sa niente a questo proposito e le speculazioni e
le teorie degli storici sono frutto della loro immaginazione.3 “I1 Khamismo [o Copto antico]
viene dall’Asia occidentale e contiene qualche germe del Semitico, testimoniando così la
primitiva unità o affinità delle razze ariane e semitiche”, dice Bunsen, che colloca i grandi
eventi dell’Egitto nel 9.000 a. C. Insomma, nell’Esoterismo arcaico e nel pensiero ariano, noi
abbiamo una grande filosofia; mentre negli annali ebraici troviamo soltanto la più
sorprendente destrezza nell’inventare apoteosi al culto fallico e alla teogonia sessuale.
Che gli ariani non abbiano mai basato la loro Religione soltanto su simboli fisiologici,
come hanno fatto gli antichi ebrei, si può constatare dalle Scritture exoteriche indù. Inoltre,
che queste narrazioni siano volutamente velate, è dimostrato dal fatto che esse si
contraddicono l’una con l’altra; troviamo infatti una differente spiegazione in quasi tutti i
Purâna e nei vari poemi epici. Letti però nel loro senso esoterico, ci presentano tutti il
medesimo significato. Così, per esempio, in un racconto si enumerano sette mondi, esclusi i
mondi inferiori, che sono pure in numero di sette; questi quattordici mondi superiori ed
inferiori non hanno niente a che vedere con la classificazione della catena settenaria, ed
appartengono ai mondi puramente eterei ed invisibili. Di ciò parleremo in seguito. Per il
momento è sufficiente dimostrare che si fa deliberatamente allusione a tali mondi, come se
appartenessero alla catena. Un’altra narrazione chiama i sette mondi: terra, cielo,
firmamento, regione intermedia, luogo di nascita, luogo di beatitudine e dimora della verità,
collocando i Figli di Brahmâ nella sesta divisione e dicendo che la quinta, o Jana-loka, è
quella in cui rinascono gli animali distrutti nella conflagrazione generale”.4 Nei successivi
capitoli sul Simbolismo saranno dati alcuni insegnamenti realmente esoterici. Coloro che
saranno pronti, ne comprenderanno il significato occulto.
STANZA V –continuazione
3. EGLI È LO SPIRITO CHE LE GUIDA E LE DIRIGE. QUANDO COMINCIA A LAVORARE, EGLI
SEPARA LE SCINTILLE DEL REGNO INFERIORE5 CHE ONDEGGIANO E FREMONO DI GIOIA
NELLE LORO DIMORE RADIANTI6 E NE FORMA I GERMI DELLE RUOTE. EGLI LE COLLOCA
NELLE SEI DIREZIONI DELLO SPAZIO, ED UNA NEL MEZZO – LA RUOTA CENTRALE.
1
Contra Apionem, I. 25.
[I più antichi governatori stranieri dell’Egitto. –N.d.T.]
3
Vedi Iside Svelata, II, 430 – 438.
4
J. Dowson, Hindu Classical Dictionary, sotto la voce Loka.
5
Gli atomi minerali.
6
Nubi gassose.
2
104
“Le Ruote”, come abbiamo già spiegato, sono centri di forza, intorno ai quali la
materia cosmica primordiale si espande e, passando attraverso tutti i sei stadi di
consolidamento, diviene sferoidale e finisce con il trasformarsi in globi o sfere. È uno dei
dogmi fondamentali della Cosmogonia esoterica che, durante i Kalpa (o Eoni) della Vita, il
Moto che nei periodi di Riposo “pulsa e vibra attraverso ogni atomo dormiente”, assume, dal
primo risveglio del Cosmo per un nuovo “Giorno”, la tendenza sempre crescente al
movimento circolare. “La Divinità diviene un Turbine”. Potremo domandarci, come ha fatto
pure la scrittrice di queste pagine: “Chi c’era per accertarsi della differenza esistente in quel
Movimento, dato che tutta la Natura era allora ridotta alla sua essenza primordiale, e non
poteva esserci nessuno per vederlo — nemmeno uno dei Dhyân Chohan, poiche erano tutti in
Nirvâna?” La risposa a tale domanda è: “Qualsiasi cosa in Natura deve essere giudicata per
analogia. Per quanto le più elevate Divinità (Arcangeli o Dhyâni-Buddha) siano incapaci di
penetrare i misteri che si trovano molto al di là del nostro sistema planetario e del Cosmo
visibile, pure vi furono grandi Veggenti e Profeti in tempi antichissimi, che vennero posti in
grado di percepire retrospettivamente il mistero del Soffio e del Moto, quando i sistemi dei
mondi erano in riposo ed immersi nel loro sonno periodico”.
Le Ruote sono chiamate pure Rotae — le ruote che mettono in movimento le orbite
celesti che partecipano alla creazione del mondo — allorché il significato si riferisce al
princìpio animatore delle stelle e dei pianeti, poiché nella Cabala sono rappresentate dagli
Auphanim, gli Angeli delle Sfere e delle Stelle, delle quali sono le Anime animatrici.1
Questa legge del movimento vorticoso nella materia primordiale è una delle più
antiche concezioni della filosofia greca, i cui primi Sapienti conosciuti storicamente, erano
quasi tutti Iniziati dei Misteri. I greci la ricevettero dagli egiziani, e questi ultimi dai caldei,
essi stessi allievi dei Brâhmani della Scuola Esoterica. Leucippo e Democrito di Abdera —
quest’ultimo discepolo dei Magi — insegnavano che questo movimento rotatorio degli atomi
e delle sfere esisteva ed esiste per l’eternità.2 Iceta, Eraclite, Ecfanto, Pitagora e tutti i suoi
discepoli insegnarono la rotazione della terra; ed Âriyabhata dell’India, Aristarco, Seleuco ed
Archimede, calcolarono la sua rivoluzione tanto scientificamente quanto i nostri astronomi
moderni, mentre la teoria dei Vortici Elementari era conosciuta e sostenuta da Anassagora
nel 500 a. C., cioè circa 2000 anni prima che venisse scoperta da Galileo, da Cartesio, da
Swedenborg ed infine, con alcune lievi modificazioni, da Sir W. Thomson.3
Se vogliamo essere giusti, dobbiamo riconoscere che tutte queste cognizioni sono
un’eco delle dottrine arcaiche, delle quali tentiamo adesso di dare la spiegazione.
Come gli uomini di questi ultimi secoli siano pervenuti alle medesime idee e
conclusioni che erano insegnate quali verità assiomatiche nel segreto degli Adyta dozzine di
migliaia di anni fa, è una questione che sarà trattata separatamente. Alcuni vi giunsero
attraverso il progresso naturale delle scienze fisiche e mediante l’osservazione indipendente;
altri, come Copernico, Swedenborg e pochi altri – malgrado la loro grande erudizione,
dovettero tali conoscenze molto più alla propria intuizione che non a idee acquisite mediante
gli usuali sistemi di studio. Che Swedenborg, il quale non poteva aver conosciuto niente delle
1
Vedi Kabbalah Denudata, “De Anima”, pag. 113.
“La dottrina della rotazione della terra intorno al proprio asse era insegnata da Iceta, seguace di Pitagora, probabilmente fin
dal 500 a.C. Era pure insegnata dal suo discepolo Ecfanto e da Eraclide, allievo di Platone. L’immobilità del sole e la
rotazione della terra su un’orbita furono dimostrate da Aristarco di Samo fin dal 281 a. C., come una supposizione che si
accordava con i fatti osservati. La teoria eliocentrica veniva insegnata circa nel 150 a. C. da Seleuco di Seleucia sul Tigri.
[Fu insegnata nel 500 a. C. da Pitagora. -H.P.B.] Si dice anche che Archimede, in un’opera intitolata Psammites [o
Ψαµµιίτηζ ] insegnasse la teoria eliocentrica. La forma sferoidale della terra era insegnata chiaramente da Aristotele che
dava come prova la forma dell’ombra proiettata dalla terra sulla luna durante le eclissi (Aristotele; De Coelo, lib. II, cap.xiv).
La medesima idea era sostenuta da Plinio (Nat. Hist II, lxv). Sembra che queste idee siano andate perdute per la conoscenza
umana durante un periodo di oltre mille anni...... (A. Winchell, World-Life, pp. 551 - 2).
3
“On Vortex Atoms” [in Philosophical Magazine, Vol. XXXIV, luglio 1867, pp. 15-25.]
2
105
idee esoteriche del Buddhismo, si avvicinasse da solo, nei suoi concetti generali, agli
insegnamenti occulti, è dimostrato dal suo saggio sulla Teoria dei Vortici. Nella traduzione di
A. Glissold, citata dal prof. Winchell, troviamo il seguente résumé:
La causa prima è l’infinito o l’illimitato. Questo dà origine al primo finito o limitato. (Il Logos nella
sua manifestazione, e l’Universo). Quello che produce un limite è analogo al movimento. [Vedi Stanza I]. Il
limite prodotto è un punto la cui essenza è movimento, ma questa essenza, essendo senza parti, non è
movimento effettivo, ma soltanto uno sforzo (“conatus”) verso di esso. (Nella nostra dottrina non è uno sforzo,
ma una trasformazione di ciò che è vibrazione eterna nel non-manifestato in Movimento Vorticoso nel Mondo
fenomenico o manifestato). Da questo primo procedono l’Estensione, lo Spazio, la Forma e la Successione, o
Tempo. Come in geometria un punto genera una linea, una linea genera una superficie e un solido, così qui lo
sforzo di un punto tende verso linee, superfici e solidi. In altre parole, l’Universo è contenuto in ovo nel primo
punto naturale. Il Movimento verso il quale tende lo sforzo è circolare, poiché il cerchio è la più perfetta di tutte
le figure... “L’aspetto più perfetto del movimento descritto…. deve essere perpetuamente circolare, cioè deve
procedere dal centro alla periferia e dalla periferia al centro”.1
Questo è Occultismo puro e semplice. Per le “Sei Direzioni dello Spazio” si intende il
“Doppio Triangolo”, il congiungersi ed il fondersi del puro Spirito e della Materia,
dell’Arûpa e del Rûpa, di cui i Triangoli sono un simbolo. Questo doppio Triangolo è un
segno di Vishnu; è il sigillo di Salomone e lo Shrî-Antara dei Brâhmani.
STANZA V -continuazione.
4. FOHAT TRACCIA LINEE SPIRALI PER UNIRE LA SESTA ALLA SETTIMA — LA CORONA (a). UN
ESERCITO DI FIGLI DELLA LUCE STA A CIASCUN ANGOLO. I LIPIKA NELLA RUOTA MEDIANA
(b). ESSI2 DICONO: “QUESTO E BUONO”. IL PRIMO MONDO DIVINO (c) È PRONTO; IL PRIMO È
ORA IL SECONDO.3 ALLORA IL “DIVINO ARÛPA”4 SI RIFLETTE IN CHHÂYÂ LOKA,5 IL PRIMO
VESTIMENTO DI ANUPÂDAKA.
(a) Questo tracciato di “linee spirali” si riferisce tanto all’evoluzione dei Princìpi
dell’Uomo quanto a quelli della Natura; evoluzione che si attua gradatamente, come qualsiasi
altra cosa in natura. Il Sesto Princìpio nell’Uomo (Buddhi, l’Anima Divina), per quanto un
semplice respiro nella nostra concezione, pure è qualche cosa di materiale in confronto con lo
Spirito Divino (Âtmâ) di cui è il portatore o veicolo. Fohat, nella sua capacità di Amore
Divino (Eros), il potere elettrico dell’affinità e della simpatia, è presentato allegoricamente
come quello che cerca di unire il puro Spirito, il Raggio inseparabile dall’Uno Assoluto, con
l’Anima; l’unione dei quali costituisce nell’uomo la Monade, e in Natura, il primo legame fra
l’eternamente incondizionato ed il manifestato. “Il Primo è adesso il Secondo (mondo)” —
dei Lipika — si riferisce alla medesima idea.
(b) “L’Esercito” a ciascun angolo è la Legione di Esseri Angelici (Dhyân Chohan)
incaricati di guidare e sorvegliare ciascuna rispettiva regione, dall’inizio alla fine di un
Manvantara.
Sono i “Guardiani mistici” dei cabalisti cristiani e degli alchimisti, e hanno rapporto
con il sistema numerico dell’Universo, tanto simbolicamente quanto cosmogonicamente.
I numeri con i quali sono collegati questi Esseri Celesti sono difficilissimi a spiegarsi,
poiché ogni numero si riferisce a diversi gruppi di idee distinte, secondo il gruppo particolare
di “Angeli” che deve rappresentare.
1
Estratto da Principia Rerum Naturalium.
I Lipika.
3
Cioè: il Primo è ora il Secondo Mondo.
4
L’Universo Senza Forma del Pensiero.
5
Il Mondo di Ombre della Forma Primitiva, o quello Intellettuale.
2
106
È qui che si trova il nodo nello studio della simbologia che molti studiosi, incapaci di
scioglierlo, hanno preferito fare come fece Alessandro con il nodo gordiano; e da ciò sono
derivate, come risultato diretto, tante concezioni ed insegnamenti errati.
(c) “Il Primo è il Secondo”, poiché il “Primo” non può realmente essere enumerato o
considerato come tale, essendo questo il regno del noumeno nella sua manifestazione
primaria, la soglia del Mondo della Verità, o Sat, attraverso il quale l’energia diretta che
irradia dalla Realtà Unica — la Divinità Senza Nome — ci raggiunge.
Ed anche qui il termine intraducibile Sat (Esseità) può condurre facilmente a dei
concetti errati, poiche ciò che è manifestato non può essere Sat, ma è qualche cosa di
fenomenico, che non esiste in perpetuo né, in verità, in eterno. Esso è coevo e coesistente con
la Vita Una, “Senza Secondo”; ma, quale manifestazione, è pur sempre una Mâyâ — come
tutto il resto.
Questo “Mondo della Verità”, nelle parole del Commentario, può esser descritto
soltanto come una “stella luminosa caduta dal Cuore dell’Eternità; il faro di speranza ai cui
Sette Raggi sono sospesi i Sette Mondi dell’Essere”.
Proprio così; poiché questi [Raggi] sono le Sette Luci, i cui riflessi sono le Monadi
umane immortali —l’Âtmâ o lo Spirito irradiante di ogni creatura dell’umana famiglia.
Primo, questa Luce Settenaria; poi: il “Mondo Divino” — le innumerevoli luci accese
alla Luce primordiale — le Buddhi, o Anime Divine senza forma, dell’ultimo Mondo Arûpa
(senza forma); la “Somma Totale”, nel linguaggio misterioso dell’antica Stanza.
Nel Catechismo il Maestro rivolge questa domanda al discepolo:
“Solleva la testa, o Lanu; vedi tu una o innumerevoli luci al di sopra di te, che
ardono nell’oscuro cielo di mezzanotte?”.
“Io percepisco una sola Fiamma, o Gurudeva, e vedo innumerevoli scintille non
separate che brillano in essa”.
“Hai ragione. E adesso guarda intorno a te e dentro di te. Quella luce che arde
dentro di te, la percepisci?”.
“Essa non è in nessun modo differente, per quanto il prigioniero sia tenuto in
schiavitù dal Karma, e le sue vesti esteriori ingannino l’ignorante facendogli dire: “La Tua
Anima e la Mia.”
L’unità fondamentale dell’essenza ultima di ogni parte costituente dei composti della
Natura - dalla stella all’atomo minerale, dal più sublime Dhyân Chohan al più infimo
infusorio, nel pieno significato del termine, sia che si applichi al mondo spirituale quanto a
quello intellettuale o fisico — questa unità è la legge fondamentale della Scienza Occulta.
“La Divinità è espansione illimitata ed infinita” dice un assioma occulto; e quindi il nome di
Brahmâ, come abbiamo già detto precedentemente.1
Vi è una profonda filosofia sottostante al più antico culto del mondo, quello
dell’adorazione del Sole e del Fuoco. Di tutti gli Elementi conosciuti dalla scienza fisica, il
Fuoco è quello che è sempre sfuggito ad un’analisi definita. Si afferma, senza dubitarne, che
l’aria è una mescolanza contenente i gas ossigeno e nitrogeno. Noi consideriamo l’Universo e
la Terra come materia composta di molecole chimiche ben determinate. Parliamo delle dieci
terre primitive dando a ciascuna un nome greco o latino.
1
Nel Rig Veda troviamo i nomi di Brahmanaspati e Brihaspati che si alternano e si equivalgono reciprocamente. Vedi Pure
nella Brihadâranyaka Upanishad, dove Brihaspati è una divinità chiamata il “Padre degli Dèi”.
107
Diciamo che l’acqua è, chimicamente, una combinazione di ossigeno e di idrogeno.
Ma che cosa è il Fuoco? È l’effetto della combustione, ci viene risposto con tutta serietà.
Esso è calore, luce e movimento, ed una correlazione di forze fisiche e chimiche in generale.
E questa definizione scientifica è rinforzata filosoficamente da una definizione teologica nel
Webster’s Dictionary, in cui viene spiegato che il Fuoco è “lo strumento di punizione
dell’impenitente in un altro stato” - “stato” che, diciamolo incidentalmente, si suppone sia
spirituale; ma, ahimè, la presenza del fuoco sembra essere una prova convincente della sua
natura materiale. Però, il prof. Bain, parlando dell’illusione in cui è facile cadere
considerando certi fenomeni come semplici perché a noi familiari, dice:
I fatti familiari non richiedono apparentemente per se stessi alcuna spiegazione e sembrano essere la
spiegazione di altri fatti analoghi. Così l’ebollizione e l’evaporazione di un liquido sembra un fenomeno molto
semplice che non richiede nessuna spiegazione, e atto a spiegare in modo soddisfacente altri fenomeni più rari.
Il fatto che l’acqua si prosciuga è, per la mente ignorante, una cosa comprensibilissima; mentre per colui che
conosce la scienza fisica, lo stato liquido è anormale ed inesplicabile. Accendere il fuoco per mezzo di una
fiamma è una grande difficoltà scientifica, ma pochi sono coloro che lo pensano.1
Che cosa dice, relativamente al Fuoco, l’insegnamento esoterico? “Il Fuoco è il
riflesso più perfetto e più puro, in Cielo come in Terra, della Fiamma Una. È la Vita e la
Morte, l’origine e la fine di ogni cosa materiale. È Sostanza divina”.
Così, non solo gli Adoratori del Fuoco, i Parsi, ma perfino le tribù erranti e selvaggie
dell’America che si proclamano come “nati dal Fuoco”, dimostrano di possedere più scienza
nella loro fede e più verità nelle loro superstizioni, di quelle contenute nelle speculazioni
della fisica e del sapere moderni. Il cristiano che dice “Dio è un Fuoco vivente” e che parla
delle “Lingue di Fuoco” della Pentecoste e del “rovo ardente” di Mosè, è un adoratore del
Fuoco tanto quanto un “pagano” qualsiasi. Fra i mistici ed i cabalisti, i Rosacroce furono
quelli che definirono il Fuoco nel modo più giusto.
Procuratevi una lampada da pochi soldi, mettetevi l’olio, e alla sua fiamma potrete
accendere le lampade, le candele e i fuochi di tutto il mondo, senza diminuire quella fiamma
stessa. Se la Divinità, l’Uno radice, è una Sostanza eterna ed infinita, che mai si consuma (“il
Signore tuo Dio è un Fuoco che consuma”), non sembra ragionevole che l’insegnamento
occulto sia ritenuto antifilosofico quando dice: “Così furono formati i [Mondi] Arûpa e Rûpa:
dall’Unica Luce, Sette Luci; da ognuna delle Sette, Sette volte Sette Luci”, ecc.
STANZA V -continuazione.
5. FOHAT FA CINQUE PASSI2 (a), E COSTRUISCE UNA RUOTA ALATA AD OGNI ANGOLO DEL
QUADRATO PER I QUATTRO SANTI… E I LORO ESERCITI3 (b).
(a) I “Passi”, come è già stato spiegato nell’ultimo Commentario, si riferiscono tanto
ai Princìpi cosmici quanto a quelli umani — consistendo questi ultimi, nella divisione
exoterica, di tre Princìpi (Spirito, Anima e Corpo), e nei calcoli esoterici di Sette — tre raggi
dell’Essenza e quattro Aspetti.4 Coloro che hanno studiato il Buddhismo Esoterico di A. P.
Sinnett, comprenderanno facilmente questa nomenclatura. Vi sono due Scuole esoteriche al
di là dell’Himâlaya o, piuttosto, una sola Scuola divisa in due sezioni — una per i Lama
1
Logic (1873), II, 125.
Dopo aver già fatto i primi tre.
3
Legioni.
4
I quattro Aspetti sono il corpo, la sua vita o vitalità, e il “doppio” del corpo — la triade che sparisce con la morte
dell’individuo - e il Kâma-Rûpa che si disintegra nel Kâma Loka.
2
108
interni e l’altra per i Chelâ esterni o semi-laici; la prima insegna la divisione settenaria dei
Princìpi umani, la seconda invece li divide in sei.
Da un punto di vista cosmico, Fohat che fa “Cinque Passi” si riferisce ai cinque piani
superiori della Coscienza e dell’Essere; essendo il sesto ed il settimo (contando dall’alto al
basso) i piani astrale e terrestre, o i due piani inferiori.
(b) Quattro “Ruote Alate ad ogni angolo…per i Quattro Santi ed i loro Eserciti
(Legioni) “Sono questi i “Quattro Mahârâja”, o grandi Re, dei Dhyân Chohan, i Deva che
presiedono ciascuno a uno dei quattro punti cardinali. Sono i Reggenti o Angeli che regnano
sulle Forze Cosmiche del Nord, del Sud, dell’Est e dell’Ovest, e ognuna delle Forze ha
proprietà occulte distinte.
Questi Esseri sono connessi pure con il Karma, poiché quest’ultimo ha bisogno di
agenti fisici e materiali per mettere in esecuzione i suoi decreti; tali sono, per esempio, i
quattro venti, ai quali la scienza stessa attribuisce influenze benefiche o malefiche sulla salute
dell’umanità e degli esseri viventi in generale.
Nella dottrina della Chiesa Cattolica Romana vi è una filosofia occulta nell’attribuire
le diverse calamità pubbliche — epidemie, guerre, ecc. — ai “Messaggeri” invisibili del
Settentrione e dell’Occidente. “La gloria di Dio viene dall’Oriente”, dice Ezechiele; mentre
Geremia, Isaia ed il Salmista assicurano i loro lettori che tutto il male esistente sotto il sole
viene da Settentrione e da Occidente e, se questo detto si applica alla nazione ebraica, ne
risulta una innegabile profezia. E ciò spiega pure la dichiarazione di S. Ambrogio,1 il quale
afferma che questa è la ragione per cui “malediciamo il vento del Nord e, durante la
cerimonia del battesimo, cominciamo con il rivolgerci verso l’Occidente (Siderale) per
rinunciare meglio a colui che vi dimora; dopo di che ci voltiamo verso l’Oriente”.
Il credere nei Quattro Mahârâjah – i Reggenti dei quattro punti cardinali — era
universale, ed esiste tuttora fra i cristiani, che li chiamano, come S. Agostino, “Virtù
Angeliche” e “Spiriti”; e “Diavoli”, se adorati dai pagani: Ma dov’è la differenza fra i pagani
ed i cristiani in questo caso? L’erudito Vossius2 dice:
Benché S. Agostino abbia detto che ogni cosa visibile in questo mondo ha presso di sé una Virtù
Angelica [come protettrice], non vuole con ciò significare l’individuo, ma l’intera specie delle cose che deve
essere compresa, poiché ogni specie possiede realmente il proprio angelo particolare che veglia su di essa. Egli
è d’accordo in ciò con tutti i filosofi...... Per S. Agostino questi angeli sono spiriti separati dagli oggetti....
mentre per i filosofi (pagani) erano dèi”3
Studiando il Rituale che concerne gli “Spiriti delle Stelle” nella Chiesa Cattolica
Romana, questi Spiriti somigliano ambiguamente agli “Dèi”; infatti essi non erano più
onorati e adorati dalla plebe pagana dell’antichità di quello che non lo siano oggi dai più colti
cattolici romani.
Dopo Platone, Aristotele spiegò che il termine στοιχεîα veniva usato per indicare i
princìpi incorporei posti in ognuna delle quattro grandi divisioni del nostro mondo cosmico
allo scopo di vigilarle. Così i pagani, come i cristiani, non adoravano né veneravano gli
Elementi ed i punti cardinali (immaginari), ma gli dèi che li governavano rispettivamente.
Per la Chiesa vi sono due specie di Esseri siderali, gli Angeli e i Demoni. Per i cabalisti e gli
occultisti non vi è che un’unica classe, e né gli occultisti, né i cabalisti, fanno alcuna
differenza fra “Rettori della Luce” e i “Rectores Tenebrarum” o Cosmocratori, che la Chiesa
Romana immagina e scopre nei “Rettori della Luce”, appena uno di esso viene nominato con
un nome diverso da quello che essa gli ha dato. Non è il Rettore o il Mahârâjah, che punisce
o ricompensa, con o senza il permesso o l’ordine di “Dio”, bensì l’uomo stesso; sono le sue
azioni, o Karma, che attraggono individualmente e collettivamente (come talvolta è il caso
1
Su Amos, IV.
[Gerardus Joannes, 1577 – 1649, umanista olandese. – N.d.T.]
3
Theol. Cir., I, vii.
2
109
per intere nazioni) ogni sorta di mali e calamità. Noi produciamo le Cause; e queste
risvegliano, nel Mondo Siderale, poteri corrispondenti che vengono attratti magneticamente
ed irresistibilmente da coloro che producono tali cause e reagiscono su di essi, sia che questi
individui producano realmente tali atti malvagi o che semplicemente “pensino di compierli”.
Poiché, come insegna la scienza moderna, il pensiero è materia; ed ogni particella di materia
esistente deve essere un “registro di tutto ciò che è accaduto”, come dice ai profani il dr.
Jevons in The Principles of Science. La scienza moderna è attratta ogni giorno di più verso il
vortice dell’Occultismo, inconsciamente senza dubbio, ma molto sensibilmente. “Il pensiero
è materia”: non però nel senso del materialista tedesco Moleschott — che “il pensiero è il
movimento della materia” — una dichiarazione di un’assurdità impareggiabile. Gli stati
mentali e fisici sono posti, in tal modo, in completo contrasto. Ma ciò non cambia il fatto che
ogni pensiero, in aggiunta alle modificazioni cerebrali che lo accompagnano, presenti un
aspetto oggettivo sul piano astrale, sebbene, per noi, di un’oggettività supersensoria.1
Le due principali teorie scientifiche relative ai rapporti fra la Mente e la Materia, sono
il Monismo ed il Materialismo. Questi ricoprono l’intero terreno della psicologia negativa, se
si eccettuano le idee quasi occulte delle Scuole panteistiche tedesche.
I concetti dei moderni pensatori scientifici intorno alle relazioni fra la mente e la
materia, possono ridursi alle due seguenti ipotesi. Ambedue dimostrano di escludere
egualmente la possibilità di un’anima indipendente, distinta dal cervello fisico, attraverso il
quale essa funziona:
(1) Il Materialismo, la teoria che considera i fenomeni mentali come il prodotto di un
cambiamento molecolare nel cervello, cioè come il risultato di una trasformazione del moto
in sentimento (!). La Scuola più spinta giunse perfino a identificare la mente con una
“modalità particolare del movimento” (!!), ma fortunatamente la maggior parte degli
scienziati stessi considera assurda una tale idea.
(2) Il Monismo, o dottrina della Sostanza Unica, che è la forma più sottile della
psicologia negativa, e che il prof. Bain, uno dei suoi sostenitori, chiama giustamente “cauto
Materialismo”. Questa dottrina, che è molto diffusa e conta, fra i suoi fautori, uomini come
Lewes, Spencer, Ferrier ed altri, mentre pone generalmente il pensiero ed i fenomeni mentali
in radicale contrasto con la materia, li considera come due aspetti o parti di una sola e
medesima sostanza in certe sue condizioni. Il pensiero, come pensiero, dicono essi, è
totalmente in contrasto coi fenomeni materiali, ma deve essere anche considerato soltanto
come “la parte soggettiva del movimento nervoso” — qualunque sia il significato che questi
studiosi intendono dare a tale idea.
Per tornare al commento sui quattro Mahârâjah, secondo Clemente Alessandrino, nei
templi egiziani un’immensa tenda separava il tabernacolo dal luogo della congregazione. Lo
stesso si osservava nei templi ebraici. Tanto nei primi quanto nei secondi, la tenda ricopriva
cinque colonne (il Pentacolo), simbolo esoterico dei nostri cinque sensi ed esotericamente
delle cinque Razze-Madri, mentre i quattro colori della tenda rappresentavano i quattro punti
cardinali ed i quattro elementi terrestri. Il tutto era un simbolo allegorico. È mediante i
quattro alti Reggenti dei quattro punti cardinali e degli elementi, che i nostri cinque sensi
possono divenire consapevoli delle verità nascoste della Natura; e non erano affatto, come
pretendeva Clemente, gli elementi per se che davano ai pagani la Conoscenza divina o
Conoscenza di Dio.2
1
The Occult World, pagine 89, 90.
Così la frase: “Natura elementorum obtinet revelationem Dei” (Clemente, Stromata, Libro IV, 6) può applicarsi ad
ambedue o a nessuna. Consultare gli Zends, II, 228, e Plutarco, De Iside, citato da Layard, Academie des Inscriptions, Vol.
XV, 1854.
2
110
Mentre l’emblema degli egiziani era spirituale, quello degli ebrei era puramente
materialistico; ed infatti essi veneravano solo gli elementi ciechi ed i “punti” immaginari.
Perché cosa significava il Tabernacolo quadrato eretto da Mosè nel deserto, se non avesse
avuto il medesimo significato cosmico? “Farai una cortina... di viola, porpora e scarlatto… e
farai cinque colonne di legno di sittim per sospenderla... quattro anelli di rame nei quattro
angoli... delle assicelle di legno fine per le quattro parti, Settentrione, Mezzogiorno, Ponente
e Levante... del Tabernacolo... con Cherubini, abilmente lavorati”.1 Il Tabernacolo ed il
cortile quadrato, i Cherubini, ecc., erano proprio identici a quelli dei templi egiziani. La
forma quadrata del Tabernacolo aveva l’identico significato di quello che ha oggi nel culto
exoterico dei cinesi e dei tibetani — avendo i quattro punti cardinali lo stesso significato dei
quattro lati delle piramidi, degli obelischi e di altre costruzioni quadrate.
Giuseppe Flavio spiega tutto ciò. Egli dichiara che i pilastri del Tabernacolo erano
eguali a quelli dedicati a Tiro ai quattro elementi e che erano posti su dei piedistalli, i cui
quattro angoli erano rivolti verso i quattro punti cardinali; ed aggiunge che “sugli angoli dei
piedistalli si trovavano le quattro figure dello Zodiaco” rappresentanti il medesimo
orientamento.2 Quest’idea può essere rintracciata nelle grotte zoroastriane, nei templi
dell’India scavati nella roccia, e in tutte le sacre costruzioni quadrate dell’antichità che si
sono conservate fino ai nostri giorni. Ciò è dimostrato chiaramente da Layard, che trova i
quattro punti cardinali e i quattro elementi primitivi nella Religione di ogni paese, sotto
forma di obelischi quadrati, di piramidi a quattro facce, ecc. I Mahârâjah erano i reggenti e i
dirigenti di questi elementi e dei loro punti.
Per avere ulteriori cognizioni, lo studioso potrà confrontare pure la Visione di
Ezechiele (cap. I) con ciò che è noto del Buddhismo cinese, anche nei suoi insegnamenti
exoterici, ed esaminare l’aspetto esteriore di questi “Grandi Re dei Deva”. Secondo
l’opinione del Rev. Giuseppe Edkins, “ciascuno di essi presiede a uno dei quattro continenti
in cui gli indù dividono il mondo... ognuno guida un esercito di esseri spirituali che
proteggono l’umanità e il Buddhismo”.3 Se si eccettua la predilezione verso la Religione
buddhista, i quattro Esseri Celesti corrispondono alla descrizione. Però gli indù dividono il
mondo in sette continenti, tanto exotericamente che esotericamente; e i loro quattro Deva
Cosmici sono otto, e presiedono agli otto punti della bussola e non ai continenti.
I “Quattro” sono i protettori dell’umanità ed anche gli agenti del Karma sulla Terra,
mentre i Lipika si occupano dell’umanità dell’al di là. Nel medesimo tempo sono le quattro
creature viventi “che assomigliano all’uomo”, nella visione di Ezechiele e che i traduttori
della Bibbia chiamano: “Cherubini”, “Serafini”, ecc.; gli occultisti: “Globi Alati”, “Ruote
Ardenti”, e che nel Pantheon indù sono conosciuti sotto diversi altri nomi. Tutti questi
Gandharva, “i Melodiosi Cantori”, gli Asura, i Kinnara e i Nâga, sono le descrizioni
allegoriche dei Quattro Mahârâjah. I Serafini sono i Serpenti ignei del Cielo, e li troviamo in
un brano che descrive il Monte Meru come “la sublime massa di gloria, la venerabile dimora
degli dèi e dei cori celesti... che non può essere raggiunta dagli uomini in peccato, perché
custodita da Serpenti”. Essi sono chiamati i Vendicatori e le “Ruote Alate”.
Adesso che abbiamo spiegato la loro missione ed il loro carattere, vediamo che cosa
dicono dei Cherubini gli interpreti cristiani della Bibbia. “In ebraico questo nome significa
‘completa conoscenza’, e questi angeli sono chiamati così proprio per la loro squisita
sapienza, e quindi venivano impiegati per punire gli uomini che pretendevano di possedere la
conoscenza divina”.4 Molto bene; per quanto tale informazione sia piuttosto vaga, essa ci
1
Esodo, xxvi e xxvii.
Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, I. VIII, cap. xxii.
3
Chinese Buddhism, pag. 216.
4
Interpretazione di Cruden nel suo Concordance, dal Genesi, III, 24.
2
111
dimostra che il Cherubino posto alla porta del Giardino dell’Eden, dopo la “Caduta”, suggerì
ai venerabili interpreti l’idea che la punizione avesse un rapporto con la Scienza proibita o
Conoscenza divina — Conoscenza che conduce generalmente ad un’altra “Caduta”: quella
degli dèi o di “Dio” nella stima dell’uomo. Ma siccome il buon vecchio Cruden non aveva
nessuna nozione del Karma, possiamo perdonarlo. Però l’allegoria è suggestiva. Dal Monte
Meru, dimora degli dèi, all’Eden, la distanza è brevissima; e dai Serpenti degli indù ai
Cherubini Ofiti, di cui il terzo dei sette era il Drago, la separazione è ancora minore, perché
ambedue stanno a guardia dell’entrata nel regno della Conoscenza Segreta. Inoltre Ezechiele
così descrive chiaramente i quattro Angeli Cosmici:
Guardai, ed ecco un vortice.. una.. nube ed un fuoco che l’avviluppava... e in mezzo a quel fuoco
appariva la sembianza di quattro animali... avevano sembianza d’uomo. Ed avevano ciascuno quattro facce e...
quattro ali... aveano una faccia d’uomo,1 e una faccia di leone... una faccia di bue, [e] ... una faccia d’aquila…e
il loro aspetto era come carbone di fuoco ardente. E come io ebbi veduti gli animali, apparve sulla terra una
ruota che aveva quattro facce.... era come se una ruota fosse stata in mezzo di un’altra ruota... perciocchè lo
spirito degli animali era nelle ruote.2
Vi sono tre gruppi principali di Costruttori ed altrettanti di Spiriti Planetari e di
Lipika; ogni gruppo è suddiviso a sua volta in sette sotto-gruppi. Non è possibile neppure in
un’opera vasta come questa, prendere minutamente in esame anche soltanto i tre gruppi
principali, poiché ciò richiederebbe un Volume apposito. I Costruttori sono i rappresentanti
delle prime Entità “Nate dalla Mente”, quindi dei primordiali Rishi-Prajâpati; come pure dei
Sette grandi Dèi dell’Egitto, dei quali Osiride è il Capo; dei Sette Amshaspend, degli
zoroastriani, con Ormazd loro Capo; dei “Sette Spiriti della Faccia”; dei Sette Sephiroth
separati dalla prima Triade, ecc.3 Sono essi che costruiscono, o piuttosto ricostruiscono, ogni
“Sistema” dopo la “Notte”. Il Secondo gruppo di Costruttori è esclusivamente quello degli
Architetti della nostra Catena Planetaria; ed il Terzo è il Progenitore della nostra Umanità – il
prototipo macrocosmico del microcosmo.
Gli Spiriti Planetari sono gli spiriti che animano le Stelle in generale e in particolare i
Pianeti. Essi governano il destino degli uomini nati sotto l’una o l’altra delle loro
costellazioni; il Secondo ed il Terzo Gruppo appartengono ad altri sistemi, svolgono le
medesime funzioni e tutti governano diversi dipartimenti della Natura. Nel Pantheon
exoterico indù essi sono gli dèi guardiani che presiedono sugli otto punti della bussola — i
quattro punti cardinali ed i quattro intermedi — e sono chiamati Loka-Pâla, “i Sostegni o i
Guardiani del Mondo” (nel nostro Cosmo visibile); e Indra (Est), Yama (Sud), Varuna
(Ovest) e Kuvera (Nord) ne sono i capi; i loro elefanti e le loro spose appartengono soltanto
alla fantasia e ad un pensiero posteriore, per quanto abbiano tutti un significato occulto.
I Lipika (dei quali abbiamo dato una descrizione nel commentario alla shloka 6 della
Stanza IV) sono gli Spiriti dell’Universo, mentre i Costruttori sono solo le nostre divinità
planetarie. I primi appartengono alla parte più occulta della cosmogenesi, che non può essere
esposta qui. Se gli Adepti, anche i più elevati, conoscono questo ordine angelico nella
completezza dei suoi tre gradi, oppure soltanto quello inferiore connesso con gli annali del
nostro mondo, l’autrice non è in grado di dirlo; però essa è piuttosto proclive ad accettare
quest’ultima supposizione. Dei Lipika appartenenti al grado più elevato, viene detta una sola
1
La parola “Uomo” sostituì quella di “Drago”. Gli Angeli riconosciuti dalla Chiesa Cattolica Romana che corrispondono a
queste “Facce” erano per gli Ofiti: il Drago-Raffaele; il Leone-Michele; il Toro o il Bue-Uriel; l’Aquila-Gabriele. I quattro
accompagnano i quattro Evangelisti ed introducono i Vangeli.
2
Ezechiele, I.
3
Gli ebrei, ad eccezione dei cabalisti, non avendo dei nomi per indicare l’Est, l’Ovest, il Sud ed il Nord, esprimevano l’idea
mediante le parole: davanti, dietro, a destra ed a sinistra; e spesso confondevano tali termini exotericamente, rendendo così i
veli nella Bibbia più confusi e più difficili da interpretarsi. Si aggiunga a ciò il fatto che dei quarantasette traduttori della
Bibbia, all’epoca di Re Giacomo I, “tre soltanto capivano l’ebraico e, di questi tre, due morirono prima che i Salmi fossero
tradotti” (Royal Masonic Cyclopaedia) e si comprenderà facilmente quale fiducia si possa porre nella versione inglese della
Bibbia. Nella presente opera seguiamo generalmente la versione cattolica romana di Douay (ma non sempre).
112
cosa, e cioè che essi sono in stretto rapporto con il Karma — essendone i diretti Archivisti.
Nell’antichità l’Albero era ovunque il simbolo della Conoscenza Sacra e Segreta, ed aveva,
inoltre, il significato di una Scrittura o un Annale. E da ciò la parola Lipika, gli “scrittori” o
Scribi, i “Draghi”, simboli di Saggezza, a guardia degli Alberi della Conoscenza; l’Albero
dai “pomi d’oro” delle Esperidi; “gli Alberi lussureggianti” e la vegetazione del Monte Meru,
custoditi da Serpenti. Giunone che offre a Giove, il giorno delle nozze, un Albero con frutti
d’oro, è un’altra forma di Eva che offre ad Adamo il pomo dell’Albero della Conoscenza.
STANZA V -continuazione.
6. I LIPIKA CIRCOSCRIVONO IL TRIANGOLO, IL PRIMO UNO,1 IL CUBO, IL SECONDO UNO, ED IL
PENTACOLO DENTRO L’UOVO2 (a). È L’ANELLO DETTO “INVALICABILE” PER COLORO CHE
DISCENDONO ED ASCENDONO,3 CHE DURANTE IL KALPA PROGREDISCONO VERSO IL GRAN
GIORNO “SII CON NOI” (b) ... COSÌ FURONO FORMATI L’ARÛPA E I RÛPA4: DALL’UNICA LUCE,
SETTE LUCI; DA OGNUNA DELLE SETTE, SETTE VOLTE SETTE LUCI. LE RUOTE VIGILANO
L’ANELLO....
La Stanza continua con una minuta classificazione degli Ordini della Gerarchia
Angelica. Dal Gruppo dei Quattro e dei Sette emanano i Gruppi Nati dalla Mente di Dieci,
Dodici, Ventuno, ecc.; suddivisi a loro volta in sotto-gruppi di settenari, novenari, dodecadi,
e così via, fino a sperdersi nell’enumerazione senza fine delle Legioni e degli Esseri Celesti,
aventi ciascuno il proprio compito distinto nel governo del Cosmo visibile durante la sua
esistenza.
(a) Il significato esoterico della prima frase di questa shloka è che coloro che sono
stati chiamati i Lipika, gli Archivisti del Libro-mastro del Karma, formano una barriera
insuperabile fra l’Ego personale ed il Sé impersonale, il Noumeno e la Sorgente-Madre del
primo. Da ciò l’allegoria. Essi circoscrivono il mondo manifestato della materia entro i limiti
dell’Anello “Invalicabile”. Questo mondo è il simbolo oggettivo dell’Uno diviso nei Molti,
sui piani dell’Illusione, di Adi (il “Primo”) o di Eka (“l’Uno”); e quest’Uno è l’aggregato
collettivo o la totalità dei principali Creatori o Architetti di questo Universo visibile.
Nell’Occultismo ebraico il loro nome è sia Achath, femminile, “Uno”, che Achad, pure
“Uno”, ma maschile. I monoteisti si sono serviti e si servono tuttora del profondo esoterismo
della Cabala, per applicare il nome sotto il quale è conosciuta l’Essenza Una Suprema alle
sue manifestazioni, i Sephiroth-Elohim, chiamandola Jehovah. Ma ciò è una cosa del tutto
arbitraria e contro ogni ragione e logica, poiché il termine Elohim è un nome plurale, identico
alla parola plurale Chiim, spesso combinato con Elohim. La frase nel Sepher Yetzirah e che
si trova pure altrove: “Achath-Ruach-Elohim-Chiim”, indica in tutti i casi che gli Elohim
sono androgini e che l’elemento femminile vi predomina, poiché si dovrebbe leggere: “UNO
è Lei, lo Spirito dell’Elohim di Vita”. Come è stato detto, Achath (o Echath) è femminile, e
Achad (o Echad) è maschile, ed entrambi significano Uno.
Inoltre, nella Metafisica occulta, vi sono, propriamente parlando, due “Uni” —
“l’Uno” sul piano inaccessibile dell’Assoluto e dell’Infinito, intorno al quale nessuna
speculazione è possibile; ed il secondo “Uno” sul piano delle Emanazioni. Il primo non può
emanare né essere diviso perché è eterno, assoluto, ed immutabile, ma il secondo, essendo,
per così dire, il riflesso del primo Uno (poiché è il Logos o Îshvara, nell’Universo
1
La linea verticale o la cifra 1.
Il Cerchio.
3
Anche per coloro che, ecc.
4
Il Mondo senza Forma e il Mondo delle Forme.
2
113
dell’Illusione), può farlo. Egli emana da se stesso — come la Triade Sephirothale Superiore
emana i sette Sephiroth inferiori — i sette raggi o i Dhyân Chohan; in altre parole,
l’Omogeneo diviene l’Eterogeneo, il “Protile” si differenzia negli Elementi. Ma questi, a
meno che non ritornino nel loro Elemento primordiale, non potranno mai attraversare il punto
Laya o punto-zero. Di questa dottrina metafisica non ne potrebbe essere data una descrizione
migliore di quella fatta da T. Subba Row nelle sue Conferenze sulla Bhagavadgîtâ:
Mûlaprakriti [il velo di Parabrahman] agisce come l’energia unica attraverso il Logos [o Îshvara)]…..
Ora Parabrahman... è l’essenza unica dalla quale emana un centro di energia che chiamerò, per il momento, il
Logos..... Esso è chiamato dai cristiani il Verbo, ed è il Christos divino che è eternamente nel seno del Padre.
Dai buddhisti è chiamato Avalokiteshvara. In quasi tutte le dottrine è stata formulata l’esistenza di un centro di
energia spirituale che non è nato ed è eterno, che esiste nel seno di Parabrahman durante il Pralaya, e che
diviene il centro dell’energia cosciente all’inizio dell’attività cosmica...1
Poiché, secondo la premessa del conferenziere, Parabrahman non è né questo né
quello, nè tantomeno la Coscienza, poiché non può avere rapporto alcuno con la materia né
con qualsiasi cosa condizionata. Non è l’Ego e nemmeno il Non-Ego, e nemmeno Âtmâ, ma
è, in verità, la sorgente unica di ogni manifestazione e di qualsiasi modo di esistenza.
Così, nell’allegoria, i Lipika separano il mondo (o piano) del puro Spirito da quello
della Materia. Coloro che “discendono ed ascendono” — le Monadi che si incarnano e gli
uomini che aspirano alla purificazione e ad “ascendere”, ma che non hanno ancora raggiunto
la meta — potranno superare l’Anello “Invalicabile” soltanto il Giorno “Sii con Noi”; il
giorno in cui gli uomini, liberandosi da tutti i ceppi dell’ignoranza e riconoscendo
pienamente la non-separatività dell’Ego dentro la sua personalità — erroneamente
considerata come propria — dall’Ego Universale (Anima Supra-Mundi), si immergeranno
nell’Essenza Una, per diventare non solo uno con “Noi”, le Vite universali manifestate che
sono una sola Vita) bensì quella Vita stessa.
Astronomicamente, l’Anello “Invalicabile” che i Lipika tracciano attorno “al
Triangolo, il Primo; a1 Cubo, il Secondo; ed il Pentacolo” per circoscrivere queste figure,
dimostra così nuovamente di contenere il simbolo di 31415, o il coefficiente costantemente
usato nelle tavole matematiche (il valore π, pi), le figure geometriche sostituendo qui le cifre.
Secondo gli insegnamenti filosofici generali, questo Anello è al di là della regione delle
nebulose, come sono chiamate in Astronomia. Ma questa è una concezione altrettanto errata
quanto la topografia e le descrizioni che danno le Scritture exoteriche, come la purânica ed
altre, dei 1008 mondi dei mondi e firmamenti del Deva-loka. Vi sono mondi, naturalmente,
negli insegnamenti esoterici come in quelli scientifici profani, a distanze talmente
incalcolabili, che la luce del più vicino di essi, benché abbia raggiunto adesso i nostri
moderni “caldei”, ha lasciato la propria sorgente molto prima del giorno in cui furono
pronunziate le parole “Che la Luce sia”, ma questi mondi non appartengono al piano Devaloka, bensì al nostro Cosmo.
Il chimico arriva fino al punto laya, o punto-zero, del piano di materia sul quale
investiga, ma poi, ad un tratto, si arresta. Il fisico e l’astronomo contano miliardi di miglia al
di là delle nebulose e poi anch’essi si fermano. Anche l’occultista semi-Iniziato si
rappresenterà questo punto-laya come esistente su qualche piano, se non fisico, ma pur
sempre concepibile all’intelletto umano. Ma il vero Iniziato sa che l’Anello “Invalicabile”
non è una località, né può essere misurato dalla distanza, ma che esiste nell’assolutezza
dell’Infinito. In questo “Infinito” del vero Iniziato non vi è né altezza né larghezza né
spessore, ma tutto è profondità insondabile, discendendo dal fisico al “para-metafisico”.
Adoperando la parola “discendendo”, si intende la profondità essenziale — in nessun luogo
ed ovunque — e non la profondità della materia fisica.
1
The Theosophist, febbraio 1877, pag. 303.
114
Se si studiano attentamente le allegorie exoteriche e grossolanamente
antropomorfiche delle Religioni popolari, si può trovare anche in esse dei vaghi accenni alla
dottrina contenuta nell’Anello “Invalicabile” custodito dai Lipika. Se ne trovano così delle
tracce perfino negli insegnamenti della sètta vedantina dei Visishthadvaita, la più
tenacemente antropomorfica di tutta l’India. Vi leggiamo infatti che l’anima liberata, dopo
aver raggiunto Moksha (uno stato di beatitudine che significa “liberazione da Bandha”, o
schiavitù), gode della felicità in un luogo chiamato Paramapada, luogo che non è materiale,
ma che è costituito da Suddhasattva (l’essenza di cui è formato il corpo di Îshvara, il
“Signore”). Lì, i Mukta o Jîvâtma (Monadi) che hanno raggiunto Moksha, non sono mai più
soggetti alle qualità della materia né al Karma. “Però, se lo desiderano, allo scopo di fare del
bene al mondo, essi possono incarnarsi sulla terra”.1 La via che conduce da questo mondo a
Paramapada, o ai mondi immateriali, è chiamata Devayâna. Quando un individuo ha
raggiunto lo stato di Moksha ed il corpo muore:
... Lo Jîva (l’Anima) accompagna il Sûkshma-Sharîra2 dal cuore del corpo al Brahmarandhra situato
sulla sommità della testa, attraversando Sushumna, un nervo che collega il cuore con il Brahmarandhra. Lo Jîva
esce dal Brahmarandhra e va fino alla regione del sole (Sûryamandala) attraverso i raggi solari. Quindi,
passando da una macchia nera nel sole, entra in Paramapada... Lo Jîva è diretto nel suo cammino verso
Paramapada dalla Saggezza Suprema acquisita mediante lo Yoga.3 Lo Jîva continua così il suo cammino verso
Paramapada, aiutato dagli Adhivâhika (portatori in transito) conosciuti con il nome di Archi,
Ahas…..Âditya….. Prajâpati, ecc. Gli Archi, ecc., e gli altri qui nominati, sono Anime pure, ecc..4
Nessuno Spirito, all’infuori degli “Archivisti” (Lipika) ha mai attraversato la sua
linea proibita, e nessuno la attraverserà mai fino al giorno del nuovo Pralaya, poiché è il
limite che separa il Finito — per quanto agli occhi umani sembri infinito — dal vero Infinito.
Gli Spiriti dei quali si parla come “ascendenti e discendenti” sono le “Legioni” di coloro che
vengono chiamati con troppa facilità “Esseri Celestiali”. Ma, in realtà, essi non sono niente di
simile. Sono Entità di mondi superiori nella Gerarchia dell’Essere, così immensamente
elevati che, per noi, devono apparire come Dèi e, collettivamente, come Dio. Ma noi pure,
uomini mortali, appariremmo tali alla formica che ragiona secondo il grado delle sue
capacità. La formica deve probabilmente vedere, per quanto si possa supporre, il dito
vendicatore di un Dio personale nella mano del monello che, spinto da un istinto di
distruzione, demolisce in un attimo la sua dimora, lavoro di parecchie settimane — che, nella
cronologia degli insetti, corrispondono a lunghi anni. La formica, che si sente duramente
colpita, potrà, come l’uomo, attribuire questa immeritata disgrazia alla combinazione della
Provvidenza e del peccato, e scorgere in essa il risultato del peccato dei suoi primi
progenitori. Chi può saperlo? Chi può affermarlo o negarlo? Il rifiutare di ammettere che,
nell’intero Sistema Solare, possano esistere, oltre a noi, sul piano umano, altri esseri
ragionevoli ed intelligenti, è la più grande presunzione della nostra epoca. Tutto ciò che la
scienza ha il diritto di affermare, è che non vi sono Intelligenze invisibili viventi nelle nostre
medesime condizioni. Essa non può negare di punto in bianco la possibilità che esistano altri
1
Queste reincarnazioni volontarie sono chiamate, nella nostra Dottrina, Nirmânakâya (i princìpi spirituali che sopravvivono
negli uomini.
2
Sûkshma Sharîra, corpo illusorio “come quello di un sogno”, del quale sono rivestiti i Dhyâni inferiori della Gerarchia
celeste.
3
Confrontate questo dogma esoterico con la dottrina gnostica che si trova nella Pistis Sophia (Conoscenza - Saggezza), nella
quale si parla di Sophia-Achamôth che si perde nelle acque del Chaos (materia), mentre è sulla via della Luce Suprema; e del
Christos che la libera e l’aiuta a ritrovare il retto Sentiero. Notate bene che “Christos” per gli Gnostici significava il princìpio
impersonale, 1’Âtman dell’Universo e l’Âtman che si trova nell’anima di ciascun uomo — e non Gesù, per quanto negli
antichi manoscritti copti esistenti nel Museo Britannico, “Christos” è quasi sempre sostituito dal termine “Gesù” e da altri
termini.
4
A Catechism of the Visishthdvaita Philosophy, del defunto N. Bhâshyacharya, Membro della Società Teosofica, Pandit
della Biblioteca di Adyar, 1887.
115
mondi nel Cosmo, in condizioni totalmente differenti da quelle che costituiscono la natura
del nostro mondo; e non può negare nemmeno che possa esistere una certa limitata
comunicazione fra alcuni di questi mondi ed il nostro. Il più grande filosofo europeo,
Immanuel Kant, afferma che tali comunicazioni non sono affatto improbabili.
Confesso che sono dispostissimo ad asserire l’esistenza di nature immateriali nel mondo, e di porre la
mia anima nella categoria di tali esseri. Non so quando né dove, ma sono certo che un giorno sarà dimostrato
che l’anima umana, anche in questo mondo, è legata indissolubilmente a tutte le nature immateriali del mondo
dello spirito, che essa agisce su di loro e ne riceve delle impressioni”.1
Ci viene insegnato che al più elevato di questi mondi appartengono i sette Ordini
degli Spiriti puramente divini; ai sei inferiori appartengono le Gerarchie che,
occasionalmente, possono essere vedute e udite dagli uomini, e che comunicano con la loro
progenie terrestre; progenie legata indissolubilmente a loro, poiché ogni Princìpio nell’uomo
ha la propria sorgente diretta nella natura di questi grandi Esseri, che ci forniscono
rispettivamente quegli elementi invisibili che sono in noi.
La scienza fisica è libera di speculare sul meccanismo fisiologico degli esseri viventi
e di continuare i suoi inutili sforzi per cercare di ridurre i nostri sentimenti e le nostre
senzazioni mentali e spirituali a semplici funzioni dei loro veicoli organici. Nondimeno, tutto
ciò che era possibile fare in questa direzione è stato già fatto e la scienza non può andare
oltre. Essa si trova davanti ad un muro in rovina, sulla cui superficie crede di tracciare grandi
opere filosofiche e psichiche, che in seguito appariranno solo come tele di ragno tessute
dall’immaginazione e dall’illusione scientifica. Solo i tessuti della nostra forma fisica sono
sottoposti all’analisi e alle ricerche della scienza fisiologica.
I sei Princìpi superiori che sono contenuti nell’uomo sfuggiranno sempre a una mano
guidata da un “animus” che volutamente ignora e respinge le Scienze Occulte. La sola cosa
che le moderne ricerche fisiologiche, in rapporto con i problemi psicologici, hanno
dimostrato — e, data la natura delle cose, erano in grado di dimostrare —è quella che ogni
pensiero, senzazione ed emozione è seguito da una coordinazione particolare delle molecole
di certi nervi. Le conclusioni tratte da scienziati del tipo di Büchner, Vogt, ed altri, che il
pensiero è un movimento molecolare, possono essere sostenute soltanto se la nostra
coscienza soggettiva viene ridotta a pura astrazione.
Quindi, l’unico merito dell’espressione il Grande Giorno “Sii-con-Noi” risiede nella
sua traduzione letterale. Il suo significato non è così facilmente rivelato ad un pubblico non
familiare con le dottrine mistiche dell’Occultismo o, piuttosto, della Saggezza esoterica, o
“Budhismo”. È un’espressione particolare di quest’ultima, ma altrettanto vaga ed oscura per i
profani quanto quella degli egiziani, che chiamavano il medesimo Giorno: “Il Giorno-Vienia-Noi”; espressione che è identica alla precedente — per quanto la parola “Sii”, in questo
senso, possa meglio essere sostituita dai vocaboli “Rimani” oppure “Riposa con Noi”, poiché
si riferisce a quel lungo periodo di Riposo che è chiamato Paranirvâna. “Le Jour de ‘Vien à
nous’! C’est le jour où Osiris a dit au Soleil: Vien! Je le vois rencontrant le Soleil dans
l’Amenti”.2
Il Sole sta qui per il Logos (o Christos o Horus) come l’Essenza sintetica centrale e
come essenza difusa di Entità irradiate, differenti in sostanza, ma non nell’essenza. Come ha
detto il conferenziere della Bhagavadgîtâ, “non si deve supporre che il Logos sia soltanto un
singolo centro di energia manifestato da Parabrahman. Ve ne sono innumerevoli altri. Il loro
numero è quasi infinito in seno a Parabrahman”. Da ciò ha avuto origine l’espressione: il
1
2
Träume eines Geistersehers, 1766, citato da G. Massey nella sua prefazione a Der Spiritismus, di von Hartmann, 1885.
Le Livre des Morts, Paul Pierret, cap. xvii, pag. 61
116
“Giorno del Vieni-con-Noi” ed il “Giorno del Sii-con-Noi”, ecc. Come il Quadrato è il
Simbolo delle Quattro Forze o Poteri Sacri — la Tetraktis — così il Cerchio mostra i limiti
all’interno dell’Infinito, che nessun uomo, neppure in spirito, nessun Deva o Dhyân Chohan
può attraversare. Gli Spiriti di coloro che “discendono ed ascendono” durante il corso di
un’evoluzione ciclica, attraverseranno il “mondo circondato di ferro” soltanto il giorno del
loro approssimarsi alla soglia del Paranirvâna. Se lo raggiungono, essi riposeranno in seno a
Parabrahman, o le “Tenebre Sconosciute”, che diventeranno allora per ognuno di essi la
Luce, durante l’intero periodo del Mahâpralaya, la “Grande Notte”; e cioè durante
311.040.000.000.000 anni di assorbimento in Brahman. Il Giorno “Sii-con-Noi” è questo
periodo di Riposo, o Paranirvâna. Esso corrisponde al Giorno del Giudizio Universale dei
cristiani, che è stato così atrocemente materializzato nella loro Religione.1
Nell’interpretazione exoterica dei riti egiziani, l’anima di ogni defunto — dallo Ierofante,
discendendo fino al sacro toro Apis — diventa un Osiride; era, per così dire, Osiridificato (la
Dottrina Segreta, tuttavia, insegna che la reale Osiridificazione è la sorte di ciascuna Monade
soltanto dopo 3.000 cicli di Esistenze); così pure nel caso presente. La “Monade”, nata dalla
natura e dall’Essenza stessa dei “Sette” (il suo Princìpio più elevato penetrando
immediatamente nel Settimo Elemento Cosmico) deve compiere la sua rivoluzione settenaria
attraverso il Ciclo dell’Essere e delle Forme, dai più elevati ai più bassi; e quindi nuovamente
dall’uomo a Dio. Sulla soglia del Paranirvâna la Monade assume di nuovo la sua Essenza
primordiale e diventa ancora una volta l’Assoluto.
____
1
Vedi, per altri dati su questa particolare espressione, il Giorno “Sii-con-Noi”, The Funerary Ritual of the Egyptians, del
Visconte de Rougè.
117
STANZA VI.
1. TRAMITE IL POTERE DELLA MADRE DI MISERICORDIA E DI SAPIENZA (a) KWAN YIN— IL
TRIPLO DI KWAN-SHAI-YIN, CHE RISIEDE IN KWAN-YIN-TIEN (b) — FOHAT, IL RESPIRO DELLA
LORO PROGENIE, IL FIGLIO DEI FIGLI, HA FATTO USCIRE, DALL’ABISSO INFERIORE,1 LA
FORMA ILLUSORIA DI SIEN-TCHAN2 ED I SETTE ELEMENTI.
Questa Stanza è tradotta dal testo cinese, e i nomi dati, come equivalenti dei termini
originali, sono qui conservati. La vera nomenclatura esoterica non può essere data, poiché ciò
servirebbe soltanto a creare confusione nella mente del lettore. La Dottrina Brahmânica non
ha dei nomi equivalenti a questi. Sembra che, sotto vari aspetti, Vâch si avvicini alla cinese
Kwan-Yin, ma in India non si ha un culto regolare per Vâch sotto questo nome, come in Cina
per Kwan-Yin. Nessun sistema religioso exoterico ha mai adottato un Creatore femminile; e
così, fin dal primo inizio delle Religioni popolari, la donna è sempre stata considerata
inferiore all’uomo e trattata come tale. È soltanto in Cina e in Egitto che Kwan-yin ed Iside
sono poste alla pari degli dèi maschili. L’Esoterismo ignora ambedue i sessi. La sua Divinità
più elevata è asessuata e senza forma, non è né Padre né Madre, ed i suoi primi esseri
manifestati, tanto celesti che terrestri, divengono androgini solo gradualmente, per separarsi
infine nei due sessi distinti.
(a) “La Madre di Misericordia e di Sapienza” è chiamata la “triplice” Kwan-Shai-Yin
perché nelle sue correlazioni metafisiche e cosmiche, essa è “Madre, Moglie e Figlia” del
Logos, precisamente come, nelle ultime traduzioni teologiche, essa divenne “Padre, Figlio e
Spirito Santo (femminile)” — la Shakti o Energia — l’Essenza dei tre. Così nell’esoterismo
dei Vedantini, Daiviprakriti, la Luce manifestata tramite Îshvara, il Logos,3 è
contemporaneamente la Madre e la Figlia del Logos o Verbo di Parabrahman; mentre negli
insegnamenti trans-himâlayani è — nella Gerarchia della loro Teogonia allegorica e
metafisica — “la Madre”, o materia astratta ideale, Mûlaprakriti, la Radice della Natura; dal
punto di vista metafisico è una correlazione di Âdi-Budha, manifestato nel Logos,
Avalokiteshvara; e da quello puramente occulto e cosmico è Fohat, il “Figlio del Figlio”,
l’energia androgina risultante da questa “Luce del Logos”, che si manifesta4 sul piano
dell’universo oggettivo come Elettricità, tanto celata quanto rivelata — che è Vita. T. Subba
Row dice:
L’evoluzione è cominciata mediante l’energia intellettuale del Logos..... e non solamente a causa delle
potenzialità contenute in Mûlaprakriti. Questa Luce del Logos è il legame..... fra la materia oggettiva ed il
pensiero soggettivo di Îshvara (o Logos). In diversi libri buddhisti è chiamato Fohat. È l’unico strumento con il
quale il Logos opera.”
(b) “Kwan-Yin-Tien” significa il “Melodioso Cielo del Suono”, la dimora di KwanYin, o, letteralmente, la “Voce Divina”. Questa “Voce” è un sinonimo del Verbo o Parola,
“Linguaggio” quale espressione del Pensiero. Così potremmo tracciarne la connessione e
l’origine con l’ebraica Bath-Kol, la “figlia della Voce Divina” o Verbo, o il Logos maschile e
femminile, “L’Uomo Celeste”, Adamo Kadmon che è al tempo stesso Sephira. Quest’ultima
fu certamente preceduta dalla Vâch indù, la dea del Linguaggio, o della Parola. Poiché Vâch
— la figlia e, come si afferma, la parte femminile di Brahmâ, “generata dagli dèi” — è, con
Kwan-Yin, con Iside (pure figlia, moglie e sorella di Osiride) e con altre dee, il Logos
femminile, per così dire, la dea delle Forze attive della Natura, la Parola, la Voce o il Suono e
il Linguaggio. Se Kwan-Yin è la “Voce Melodiosa”, Vâch è la “vacca melodiosa che diede
1
Il Chaos.
Il nostro Universo.
3
The Theosophist, febbraio 1887, pag. 305, prima conferenza sulla Bhagavadgîtâ.
4
Op. cit., p. 306.
2
118
latte come alimento ed acqua (il princìpio femminile)”... che, quale Madre Natura, “ci
fornisce nutrimento e sostentamento”.
Essa è associata a Prajâpati nel lavoro di creazione; è maschile e femminile ad
libitum, come Eva lo è con Adamo. Ed è una forma di Aditi — il princìpio superiore
all’Etere — dell’Âkâsha, la sintesi di tutte le forze della Natura. Così Vâch e Kwan-Yin sono
ambedue i poteri magici del Suono occulto nella Natura e nell’Etere — ed è questa “Voce “
che fa uscire, dal Chaos e dai Sette Elementi, Sien-Tchan, la forma illusoria dell’Universo.
Così in Manu, Brahmâ (anche il Logos) è rappresentato nell’atto di dividere il proprio
corpo in due parti, maschile e femminile, e di creare in quest’ultima, che è Vâch Virâj, che è
se stesso o di nuovo Brahmâ. Un erudito occultista vedantino parla di questa “dea” nei
seguenti termini che spiegano la ragione per cui Îshvara (o Brahmâ) è chiamato Verbo o
Logos, o, in realtà, Sabda Brahman:
La spiegazione che vi darò sembrerà completamente mistica, ma, anche se mistica, ha un enorme
significato, se è ben compresa. I nostri autori antichi dicevano che Vâch ha quattro aspetti. (Vedi Rig Veda e le
Upanishad). Vaikharî-Vâch è ciò che noi profferiamo. Ogni specie di Vaikharî Vâch esiste nella sua forma
Madhyama, quindi nella sua forma Pashyanti ed infine nella sua forma Para.1 La ragione per cui questo Pranava
è chiamato Vâch è che i quattro princìpi del grande Cosmo corrispondono a queste quattro forme di Vâch. Ora
l’intero sistema solare manifestato esiste nell sua forma Sûkshma nella luce o energia del Logos, perché la sua
energia è afferrata e trasferita alla materia cosmica..... l’intero cosmo nella sua forma oggettiva è Vaikharî
Vâch; la luce del Logos è la forma Madhyama; e il Logos stesso [è] la forma Pashyanti, e Parabraman l’aspetto
Para di quella Vâch. È alla luce di questa spiegazione che dobbiamo cercare di comprendere l’affermazione
fatta da diversi filosofi, che il cosmo manifestato è il Verbum manifestato come cosmo.2
STANZA VI -continuazione.
2. IL RAPIDO E RADIANTE PRODUCE I SETTE CENTRI LAYA3 (a), CONTRO I QUALI NESSUNO
PREVARRÀ FINO AL GRAN GIORNO “SII-CON-NOI”; E PONE L’UNIVERSO SU QUESTE
FONDAMENTA ETERNE, CIRCONDANDO SIEN-TCHAN CON I GERMI ELEMENTARI (b).
(a) I sette Centri Laya sono i sette punti-zero, dando al termine zero lo stesso
significato che gli attribuiscono i chimici. Nell’Esoterismo esso indica un punto in cui
comincia l’inizio della differenziazione. Da questi Centri — al di là dei quali la Filosofia
Esoterica ci permette di percepire i vaghi contorni metafisici dei “Sette Figli” della Vita e
della Luce, i Sette Logoi dei Filosofi Ermetici e di altri sistemi — ha inizio la
differenziazione degli Elementi che entrano nella costituzione del nostro Sistema Solare. È
stato spesso domandato quale sia l’esatta definizione di Fohat, dei suoi poteri e delle sue
funzioni, poiché esso sembra esercitare quegli attribuiti che nelle Religioni popolari sono dati
a un Dio personale. La risposta a tale domanda è stata data nel Commentario alla Stanza V.
Come è stato ben detto nelle conferenze sulla Bhagavadgîtâ, “l’intero Cosmo deve
necessariamente esistere nella sorgente unica dell’energia dalla quale questa luce [Fohat]
emana”. Sia che si ritenga che i princìpi nel Cosmo e nell’uomo siano sette o soltanto quattro,
tuttavia le forze della Natura fisica, e che agiscono in essa, sono Sette; e il medesimo autore
afferma che: “Prajnâ”, o la capacità di percezione, esiste sotto sette differenti aspetti, che
corrispondono alle sette condizioni della materia”. Poiché, “precisamente come l’essere
umano è composto di sette princìpi, così la materia differenziata del sistema solare esiste
sotto sette condizioni differenti”.4 Così pure Fohat. Fohat ha parecchi significati. È chiamato
1
Madhya si dice di qualche cosa di cui il princìpio e la fine sono sconosciuti, e Para significa infinito. Tutte queste
espressioni si riferiscono all’infinitudine e alle divisioni del tempo.
2
[The Theosophist, Vol. VIII, febbraio 1887, pag. 307.]
3
Dal Sanscrito Laya, il punto della materia dove è cessata la differenziazione.
4
T. Subba Row: “Personal and Impersonal God”, Five Years of Theosophy, pag. 200.
119
il “Costruttore dei Costruttori”, poiché la Forza che egli personifica ha formato la nostra
Catena Settenaria. Esso è Uno e Sette, e sul piano cosmico è sottostante a tutte quelle
manifestazioni che chiamiamo luce, calore, suono, coesione, ecc., ed è lo “spirito”
dell’Elettricità che è la Vita dell’Universo. Quale astrazione, lo chiamiamo la Vita Una; quale
Realtà oggettiva ed evidente, ne parliamo come di una scala settenaria di manifestazione il
cui princìpio si trova nella Causalità Una Inconoscibile, e che termina come Mente
Onnipresente e Vita, immanente in ogni atomo di Materia. Così, mentre la scienza parla di
un’evoluzione che si svolge attraverso la materia bruta, forze cieche e movimento
incosciente, gli occultisti ci mostrano una Legge intelligente ed una Vita senziente, e
aggiungono che Fohat è lo Spirito che guida tutto ciò. Però esso non è niente affatto un Dio
personale, ma l’emanazione di quegli altri poteri che si trovano dietro di esso e che i cristiani
chiamano i “Messaggeri” del loro Dio (in realtà degli Elohim, o piuttosto di uno dei Sette
Creatori chiamati Elohim) e che noi chiamiamo il “Messaggero dei Figli primordiali della
Vita e della Luce.”
(b) I “Germi Elementari” con i quali esso riempie Sien-Tchan (“l’Universo”) da TienSin (il “Cielo della Mente”, o ciò che è assoluto), sono gli atomi della Scienza e le Monadi di
Leibnitz.
STANZA VI -continuazione.
3. DEI SETTE1 — PRIMA UNO MANIFESTATO, SEI CELATI; DUE MANIFESTI, CINQUE CELATI;
TRE MANIFESTI, QUATTRO CELATI; QUATTRO MOSTRATI, TRE NASCOSTI; QUATTRO ED UNO
TSAN2 RIVELATI; DUE E MEZZO CELATI; SEI DA ESSERE MANIFESTATI, UNO MESSO DA PARTE
(a). FINALMENTE SETTE PICCOLE RUOTE CHE GIRANO, UNA DANDO ORIGINE ALL’ALTRA (b).
(a) Per quanto queste Stanze si riferiscano all’intero Universo dopo un Mahâpralaya
(dissoluzione universale), tuttavia questa frase, come ogni studioso di Occultismo potrà
constatare, si riferisce pure, per analogia, all’evoluzione ed alla formazione finale dei sette
Elementi primitivi (benché composti) della nostra Terra. Di questi Elementi, quattro sono
adesso pienamente manifestati, mentre il quinto — l’Etere — lo è solo parzialmente, poiché
siamo appena nella seconda metà della Quarta Ronda e, di conseguenza, il quinto Elemento
si manifesterà completamente solo nella Quinta Ronda.
I Mondi, incluso il nostro, furono evoluti naturalmente, prima come Germi,
dall’Elemento Unico nel suo secondo stadio (“Padre-Madre”, l’Anima del Mondo
differenziato e non ciò che è chiamato da Emerson “Super-Anima”) sia che lo si chiami
polvere cosmica o nubi ignee secondo la scienza moderna; o, secondo l’Occultismo, Âkâsha,
Jîvâtmâ, Luce Astrale divina o “Anima del Mondo”. Ma a questo primo stadio
dell’Evoluzione, ne seguì, a1 momento dovuto, un altro.
Nessun mondo e nessun corpo celeste potevano essere costruiti sul piano oggettivo se
prima gli Elementi non erano stati sufficientemente differenziati dal loro Ilus primordiale,
che riposava in Laya. Quest’ultimo termine è un sinonimo di Nirvâna; ed infatti è la
dissociazione nirvânica di tutte le sostanze, ritornate, dopo un Ciclo di Vita, allo stato latente
delle loro condizioni primitive. È l’ombra luminosa, ma incorporea, della Materia che fu, il
regno dello stato di negatività — nel quale le Forze attive dell’Universo giacciono latenti
durante il loro periodo di riposo.
Parlando degli Elementi, viene costantemente rivolto agli antichi il rimprovero che
essi “supponevano che i loro elementi fossero semplici e indecomponibili”. Le ombre dei
1
2
Elementi.
Frazione.
120
nostri antenati preistorici potrebbero rivolgere il medesimo complimento ai fisici moderni,
ora che le nuove scoperte realizzate nel campo della Chimica hanno indotto W. Crookes,
Membro della Società Reale, ad ammettere che la scienza è ancora mille miglia lontana dalla
conoscenza della natura complessa anche della molecola più semplice. Da questo scienziato
impariamo che una molecola realmente semplice, interamente omogenea, è terra incognita in
Chimica. “Dove possiamo tirare la linea?” egli si domanda; “Non vi è alcun mezzo per uscire
da questa perplessità?” Dobbiamo noi rendere l’esame degli elementi così rigoroso da non
lasciar passare che 60 o 70 candidati, o dobbiamo invece lasciare la porta spalancata in modo
tale che il numero delle ammissioni sia limitato soltanto dal numero dei postulanti? Ed allora
lo scienziato cita esempi straordinari. Egli dice:
Prendete il caso dell’ittrio. Esso ha un peso atomico definito e presenta tutte le caratteristiche di un
corpo semplice, un elemento al quale potremmo, è vero, aggiungere, ma non togliere. Tuttavia, se sottoponiamo
questo ittrio, questo tutto supposto omogeneo, ad un certo processo di frazionamento, si risolve in parti che non
sono assolutamente identiche fra loro e che mostrano una gradazione nelle loro proprietà. Ora prendiamo il caso
del didimio. Ecco un corpo che mostra tutte le caratteristiche riconosciute di un elemento. Era stato separato con
molta difficoltà da altri corpi strettamente simili ad esso per le loro proprietà e, durante questo procedimento
cruciale, aveva subìto un trattamento severissimo ed un esame dei più accurati. Ma, giunto un altro chimico,
questi, trattando tale presunto corpo omogeneo con un processo speciale di frazionamento, lo fece risolvere in
due corpi, il praseodimio ed il neodimio, fra i quali sono percepibili alcune differenze. Del resto, non siamo
ancora certi che il neodimio ed il praseodimio siano dei corpi semplici. Anzi, essi mostrano pure una certa
tendenza a suddividersi. Ora, se mediante un trattamento speciale si può scoprire che un supposto elemento
contenga in sé molecole dissimili, possiamo permetterci di chiedere se non si potrebbero ottenere simili risultati
con altri elementi, forse con tutti gli elementi, se trattati adeguatamente. Possiamo pure domandare dove deve
arrestarsi il processo di separazione — processo che naturalmente presuppone delle variazioni fra le molecole
individuali di ogni specie. Ed in queste successive separazioni troviamo corpi che si avvicinano sempre più gli
uni agli altri”.1
Il rimprovero fatto agli antichi anche questa volta è un’affermazione ingiustificata. Ad
ogni modo, ai loro filosofi iniziati non si può vuovere tale accusa, poiché sono proprio essi
che hanno inventato, fin dall’inizio, le allegorie e i miti religiosi. Se avessero ignorato
l’Eterogeneità dei loro elementi, non avrebbero personificato il Fuoco, l’Aria, l’Acqua, la
Terra e l’Etere; i loro dèi cosmici, maschili e femminili, non sarebbero stati dotati di una
simile posterità, con tanti figli e tante figlie, che non sono altro che elementi nati dai
rispettivi Elementi, e dentro di essi. L’Alchimia e i fenomeni occulti non sarebbero stati che
una delusione e un inganno, anche in teoria, se gli antichi avessero ignorato le potenzialità, le
funzioni e gli attributi correlativi di ogni elemento che entra nella composizione dell’Aria,
dell’Acqua, della Terra e perfino del Fuoco — quest’ultimo, fino ad oggi, terra incognita per
la scienza moderna, che è costretta a chiamarlo movimento, evoluzione della luce e del
calore, stato di ignizione — definendolo cioè, soltanto dai suoi aspetti esteriori, ignorandone
la vera natura.
Ma ciò che la scienza moderna non sembra percepire è il fatto che, per quanto
differenziati possano essere stati quei semplici atomi chimici — che la filosofia arcaica
chiamava “i creatori dei loro rispettivi genitori”, padri, fratelli, mariti delle loro madri; e
queste madri le figlie dei propri figli, come per esempio Aditi e Daksha— pure questi
elementi, in princìpio, non erano i corpi composti che la scienza conosce attualmente sotto
tali nomi. Né l’Acqua né l’Aria né la Terra (sinonimo per i solidi in generale) esistevano
nella loro forma attuale, rappresentando essi i tre soli stati di materia riconosciuti dalla
scienza, poiché tutti questi, ed anche il Fuoco, sono prodotti già ricombinati dalle atmosfere
di globi completamente formati, in modo tale che nei primi periodi della formazione della
terra essi erano un qualche cosa del tutto sui generis. Ora che le condizioni e le leggi che
governano il nostro Sistema Solare sono completamente sviluppate, e che l’atmosfera della
1
“Allocuzione Presidenziale”, tenuta alla Royal Society of Chemists, marzo 1888.
121
nostra terra, come quella di ogni altro globo, è diventata, per così dire, un crogiuolo
particolare, la scienza insegna che, attraverso lo spazio, vi è un perpetuo scambio di molecole
o, piuttosto, di atomi in relazione reciproca, che modificano quindi i loro equivalenti
combinati su ciascun pianeta.
Alcuni scienziati, specialmente fra i maggiori fisici e chimici, cominciano a sospettare
questo fatto, che già da millenni era conosciuto dagli occultisti. Lo spettroscopio mostra
soltanto la somiglianza probabile (all’evidenza esterna) della sostanza terrestre e di quella
siderale; non può andare oltre, e non può neppure dimostrare se gli atomi gravitano o meno
gli uni verso gli altri nello stesso modo e sotto le medesime condizioni di quello che si
suppone avvenga fisicamente e chimicamente sul nostro pianeta. La scala della temperatura,
dal più alto grado al più basso che si possa concepire, può essere immaginata come unica e
sola in tutto l’Universo; nondimeno, le sue proprietà, eccettuate quelle della dissociazione e
della riassociazione, differiscono in ogni pianeta; e così gli atomi entrano in nuove forme di
esistenza che la scienza fisica non conosce e non immagina neppure. Come è stato già
dimostrato in Five Years of Theosophy,1 le caratteristiche fisiche e chimiche dell’essenza
della materia cometaria, per esempio, “sono totalmente differenti da quelle conosciute dai più
grandi fisici e chimici della terra”. E perfino quella materia, durante il suo rapido passaggio
attraverso la nostra atmosfera, subisce un certo cambiamento nella sua natura. Quindi, non
solo gli elementi del nostro pianeta, ma anche quelli di tutti gli altri pianeti del sistema solare,
differiscono fortemente fra di loro nelle proprie combinazioni, precisamente come
differiscono dagli elementi cosmici che si trovano al di là dei limiti solari. Ciò è confermato
nuovamente dal medesimo scienziato che, nella conferenza della quale abbiamo già parlato,
cita Clerk Maxwell dicendo “che gli elementi non sono assolutamente omogenei”. Ecco che
cosa scrive:
È difficile concepire la selezione e l’eliminazione di varietà intermedie, perché dove possono essersi
rifugiate queste molecole eliminate se, come abbiamo ragione di credere, l’idrogeno, ecc., delle stelle fisse, è
composto di molecole identiche, sotto tutti i rapporti, alle nostre? ….In primo luogo, potremmo mettere in
dubbio questa identità molecolare assoluta, poiché, fin qui, non abbiamo mezzi per giungere ad una
conclusione, eccettuati quelli che ci fornisce lo spettroscopio; frattanto si ammette che, per confrontare e
distinguere gli spettri di due corpi, è necessario esaminarli sotto stati identici di temperatura, di pressione e di
qualsiasi altra condizione fisica. Abbiamo certamente visto nello spettro solare raggi che non siamo stati capaci
di identificare.
Di conseguenza, gli elementi del nostro pianeta non possono essere presi come pietra
di paragone per gli elementi degli altri mondi. Ciascun mondo ha il proprio Fohat, che è
onnipresente nella sua sfera d’azione. Ma vi sono tanti Fohat quanti sono i mondi, e ciascuno
di essi varia in potere e grado di manifestazione. I Fohat individuali costituiscono un Fohat
universale collettivo — l’aspetto-entità della Non-Entità unica assoluta, che è l’Esseità
assoluta, “Sat”. È detto che “milioni e miliardi di mondi vengono riprodotti ad ogni
Manvantara”. Perciò devono esservi molti Fohat, che noi consideriamo come Forze coscienti
ed intelligenti. È ciò, senza dubbio, infastidisce le menti scientifiche. Nondimeno gli
occultisti, che hanno le loro buone ragioni, considerano tutte queste forze della Natura come
veri stati di Materia, per quanto supersensori e come possibili oggetti atti ad essere percepiti
da coloro che posseggono i sensi necessari.
Celato nel suo stato primordiale e verginale, nel seno della Madre Eterna, ogni atomo
nato al di là della soglia del suo regno è destinato ad un’incessante differenziazione. “La
Madre dorme, pur respirando sempre”. Ed ogni respiro getta sul piano della manifestazione i
suoi prodotti proteiformi che, trasportati sulle onde dell’efflusso, vengono disseminati da
Fohat e spinti verso l’una o l’altra atmosfera planetaria, e anche al di là. Allorché l’atomo
viene afferrato da una di queste atmosfere, è perduto; la sua primitiva purezza è sparita per
1
Pag. 242.
122
sempre, a meno che il destino lo dissoci conducendolo ad una “corrente di efflusso” (termine
occulto che ha un significato totalmente differente da quello usuale), mediante la quale può
essere trasportato su quei confini dove era perito antecedentemente; e allora, prendendo il
volo, non nello Spazio al di sopra, ma nello Spazio interno, viene a trovarsi in uno stato di
equilibrio differenziale ed è così felicemente riassorbito. Se un vero scienziato, occultista ed
alchimista, scrivesse la “Vita e le Avventure di un Atomo”, si esporrebbe al massimo
disprezzo di un chimico moderno; però, forse più tardi, riscuoterebbe la sua gratitudine.
Infatti, se questo chimico immaginario fosse per caso intuitivo ed uscisse per un momento dal
solco abituale della “scienza esatta” rigida, come facevano gli alchimisti dell’antichità,
potrebbe forse essere ricompensato per la sua audacia. Ad ogni modo il Commentario dice :
“Il Soffio del Padre-Madre esce freddo e radiante, e diviene caldo e corrotto, per
raffreddarsi e purificarsi nuovamente nel seno eterno dello Spazio interno”.
L’uomo assorbe aria fredda e pura sulla cima delle montagne e la esala quindi impura,
calda e trasformata. Così, essendo l’atmosfera superiore la bocca di ogni globo, e quella
inferiore i suoi polmoni, l’uomo del nostro pianeta respira soltanto i “rifiuti della Madre”;
perciò “egli è destinato a morire su di lei”. Colui che riuscisse a ridurre l’ossigeno allo stato
allotropico dell’ozono, a un dato grado di attività alchemica, riducendolo alla sua essenza
pura (e ci sono i mezzi per farlo), scoprirebbe in tal modo un sostituto dell’“Elisir di Vita” e
potrebbe impiegarlo ad usi pratici.
(b) Il processo a cui si riferiscono le parole “Piccole Ruote che girano, una dando
origine all’altra” ha luogo nella sesta regione dall’alto, e sul piano del mondo, il più materiale
di tutti nel Cosmo manifestato — il nostro piano terrestre. Queste “Sette Ruote” sono la
nostra catena planetaria. Per “Ruote” si intendono generalmente le varie sfere e centri di
forza, ma in questo caso si riferiscono al nostro Anello settenario.
STANZA VI -continuazione.
4. EGLI LE COSTRUISCE A SOMIGLIANZA DELLE RUOTE PIÙ ANTICHE1, COLLOCANDOLE SUI
CENTRI IMPERITURI (a). COME LE COSTRUISCE FOHAT? RADUNA LA POLVERE IGNEA. FA
GLOBI DI FUOCO, CORRE ATTRAVERSO E INTORNO A LORO, INFONDENDOVI LA VITA, QUINDI
LI METTE IN MOTO; ALCUNI IN UN MODO, ALTRI DIVERSAMENTE. ESSI SONO FREDDI, EGLI LI
RENDE ROVENTI. SONO ASCIUTTI, E LI RENDE UMIDI. BRILLANO, ED EGLI, VENTILANDO, LI
RAFFREDDA (b). COSÌ AGISCE FOHAT DA UN CREPUSCOLO ALL’ALTRO, DURANTE SETTE
ETERNITÀ.2
(a) I Mondi sono costruiti “a somiglianza delle Ruote più antiche” — cioè di quelle
che erano esistite in precedenti Manvantara e passati nel Pralaya, perché la Legge della
nascita, della crescita e della morte di tutto ciò che è contenuto nel Cosmo, dal Sole alla
lucciola, è Una. Vi è un continuo lavoro di perfezionamento ad ogni nuova nascita, ma la
Sostanza-Materia e le Forze sono le stesse. E questa Legge agisce su ogni pianeta mediante
leggi minori e differenti.
I “Centri [Laya] imperituri” hanno grande importanza, ed il loro significato deve
essere ben compreso, se vogliamo avere una concezione chiara della Cosmogonia arcaica, le
cui teorie sono passate adesso nell’Occultismo. Attualmente si può affermare una cosa: i
mondi non sono costruiti né sopra né sotto, e neppure nei Centri Laya, essendo il punto-zero
una condizione e non un punto matematico.
(b) Bisogna tenere a mente che si dice metaforicamente che Fohat, la forza costruttiva
dell’Elettricità cosmica, sia uscito come Rudra dalla testa di Brahmâ, “dal Cervello del Padre
1
2
Mondi.
Un periodo di 311.040.000.000.000 anni, secondo i calcoli brâhmanici.
123
e dal Seno della Madre”, e che si sia quindi trasformato in maschio e femmina, cioè
polarizzato in elettricità positiva e negativa. Egli ha Sette Figli che sono suoi Fratelli. Fohat
è costretto a rinascere continuamente ogni volta che alcuni dei suoi “Figli-Fratelli” vengono a
troppo stretto contatto — per abbracciarsi oppure per combattersi.
Per evitare ciò, egli unisce e lega insieme quelli di natura diversa e separa quelli che
hanno un temperamento simile. Ciò si riferisce naturalmente all’elettricità generata mediante
frizione, ed alla legge di attrazione fra due oggetti di polarità opposta ed a quella di
repulsione fra due oggetti di polarità simile. I sette Figli-Fratelli rappresentano e
personificano però le sette forme di magnetismo cosmico, chiamate, nell’Occultismo pratico:
le “Sette Radicali”, la cui progenie cooperante ed attiva comprende, fra le altre energie,
l’Elettricità, il Magnetismo, il Suono, la Luce, il Calore, la Coesione, ecc. La Scienza Occulta
definisce tali energie come effetti super-sensori nel loro aspetto celato, e come fenomeni
oggettivi nel mondo dei sensi; per percepire i primi occorrono delle facoltà supernormali,
mentre la conoscenza dei secondi è acquisita mediante i nostri sensi fisici ordinari.
Tutte queste energie sono le emanazioni di qualità spirituali ancora maggiormente
super-sensorie, che non personificano le Cause reali e coscienti, ma appartengono ad esse.
Sarebbe inutile e forse dannoso tentare la descrizione di simili Entità. Il lettore deve tener
presente che, secondo i nostri insegnamenti, che considerano questo Universo fenomenico
come una Grande Illusione, più un corpo è vicino alla Sostanza Sconosciuta, più si
approssima alla Realtà, poiché si allontana maggiormente da questo mondo di Mâyâ. Perciò,
per quanto la costituzione molecolare di questi corpi non sia deducibile dalle loro
manifestazioni su questo piano di Coscienza, tuttavia essi, dal punto di vista dell’Adepto
occultista, posseggono una struttura, se non materiale, per lo meno oggettiva, distinta, nel
noumeno relativo — in opposizione all’Universo fenomenico. Gli scienziati le chiamino pure
forza o forze generate dalla materia, o anche “modi del suo movimento”, se vogliono;
l’Occultismo vede in questi effetti “Elementali” (Forze) e nelle cause dirette che le
producono, degli intelligenti Lavoratori Divini. L’intimo collegamento di questi
Elemementali (guidati dalla mano infallibile dei Governatori) con gli elementi della semplice
Materia, la loro correlazione, come potremmo anche chiamarla — risulta nei nostri fenomeni
terrestri come luce, calore, magnetismo, ecc.
Naturalmente non saremo mai d’accordo con i Substanzialisti americani1 che
chiamano “entità” qualunque forza ed energia — sia essa luce, calore, elettricità o coesione
— perché ciò equivarrebbe a dire che anche il rumore prodotto dalle ruote di un veicolo in
movimento è un’Entità, confondendo e identificando così quel “rumore” con il “conduttore”
esterno, e con “l’Intelligenza Dirigente” dentro al veicolo. Ma noi diamo certamente quel
nome ai “conduttori” e a quelle “Intelligenze” dirigenti chiamate Dhyân Chohan. Gli
“Elementali”, le Forze della Natura, sono le cause secondarie che agiscono, per quanto
invisibili, o piuttosto impercettibili; e sono anche, in se stessi, gli effetti delle cause primarie
dietro al velo di tutti i fenomeni terrestri.
L’elettricità, la luce, il calore, ecc., furono giustamente chiamati “Fantasmi o Ombre
della Materia in Movimento”, cioè stati super-sensori di Materia, dei quali noi possiamo solo
conoscere gli effetti. Per ampliare la nostra similitudine, diremo che la sensazione della luce
è simile al rumore prodotto dal rullio delle ruote — un effetto puramente fenomenico, non
avente alcuna esistenza al di fuori dell’osservatore. La causa che eccita la sensazione è
paragonabile al conduttore — è uno stato supersensorio della materia in movimento, una
Forza della Natura o Elementale. Ma, oltre a ciò, precisamente come dall’interno della
vettura il proprietario dirige il conduttore — così dietro questa forza — si trova la causa
1
Vedi: Scientific Arena, giornale mensile dedicato all’isegnamento filosofico ed alla sua azione sul pensiero religioso
dell’epoca. New York: A. Wilford Hall Ph. D., L.L., Editore; luglio, agosto e settembre 1886.
124
noumenale più elevata, l’Intelligenza, dalla cui essenza si irradiano quegli stati di “Madre”
che generano gli innumerevoli miliardi di Elementali o Spiriti psichici della Natura,
precisamente come ogni goccia d’acqua genera i suoi infusori fisici infinitesimali. È Fohat
che guida il trasferimento dei princìpi da un pianeta un altro, da una stella alla sua stellafiglia. Quando un pianeta muore, i suoi princìpi animatori vengono trasferiti ad un centrolaya, o centro dormiente, che ha in sé una energia potenziale ma latente, e che poi si risveglia
alla vita e comincia a svilupparsi per formare un nuovo corpo siderale.
È notevole che, pur confessando onestamente la loro completa ignoranza sulla vera
natura perfino della materia terrestre — poiché considerano la sostanza primordiale più come
un sogno che come una realtà ragionevole — i fisici si pongono a giudici di quella materia, e
pretendono di sapere ciò che essa può o non può fare nelle sue diverse combinazioni.
Gli scienziati conoscono appena esteriormente questa materia, eppure vogliono
dogmatizzare. È una “modalità di movimento” e niente altro! Ma la “forza” che è inerente al
soffio in una persona vivente che scaccia un granello di polvere dalla tavola, è,
indubbiamente, anche una “modalità di movimento”; ma non si può neppure negare che non
è una qualità della materia o della particella del granello di polvere, ed essa emana dall’Entità
vivente pensante, che ha soffiato, coscientemente o incoscientemente. In realtà, l’attribuire
alla materia — sostanza che non è affatto conosciuta — una qualità inerente, chiamata forza,
la natura della quale è, fino ad oggi, ancor meno conosciuta — significa creare
semplicemente una difficoltà maggiore di quella che si possa trovare nell’accettare
l’intervento dei nostri “Spiriti della Natura” in ogni fenomeno naturale.
Gli occultisti, che, se volessero esprimersi correttamente, dovrebbero dire che non è la
materia, ma soltanto la sostanza o l’essenza della materia (cioè Mûlaprakriti, la Radice di
tutto) che è indistruttibile ed eterna — affermano che tutte le cosìddette Forze di Natura,
l’elettricità, il magnetismo, la luce, il calore, ecc., sono tutt’altro che modalità di movimento
delle particelle materiali, ma sono in essenza,1 cioè nella loro costituzione ultima, gli aspetti
differenziati di quel Movimento Universale che è stato spiegato nelle prime pagine di questo
Volume. Se si dice che Fohat produce “Sette Centri Laya”, significa che, per scopi formali o
creativi, la Grande Legge (i teisti possono chiamarla Dio) concentra, o meglio, modifica il
suo movimento perpetuo su sette punti invisibili entro l’area dell’Universo manifestato.
“Il Grande Soffio scava attraverso lo Spazio sette fori dentro Laya per farli roteare
durante il Manvantara”, dice il Catechismo occulto. Abbiamo detto che Laya è ciò che la
scienza chiamerebbe il punto zero; il regno della negatività assoluta, l’unica Forza reale
assoluta, il noumeno del Settimo Stato di ciò che, nella nostra ignoranza, chiamiamo e
riconosciamo come “Forza”, o anche il noumeno della Sostanza Cosmica Indifferenziata che
è, essa stessa, un oggetto irraggiungibile ed inconoscibile per la percezione finita; la radice e
la base di tutti gli stati di oggettività e anche di soggettività; l’asse neutro, non uno dei suoi
multipli aspetti, ma il suo centro. Tentare di immaginare un “centro neutro” – il sogno di
coloro che vorrebbero scoprire il moto perpetuo – potrebbe servire a chiarire il significato di
tutto ciò. Un “centro neutro” è, sotto un certo aspetto, il punto che limita qualsiasi serie di
sensi. Immaginiamo due piani consecutivi di materia; ciascuno di essi corrispondente ad un
organo o ad una serie di organi percettivi appropriati. Siamo obbligati ad ammettere che, fra
questi due piani di materia, ha luogo una circolazione incessante e se, per esempio, seguiamo
gli atomi e le molecole del piano inferiore nella loro trasformazione ascendente, essi
giungeranno ad un punto in cui oltrepasseranno completamente il livello delle facoltà che noi
usiamo nel piano inferiore. In realtà, per noi, la materia del piano inferiore svanisce dalla
nostra percezione — o piuttosto passa ad un piano superiore, e lo stato di materia che
1
[Il termine originale usato da H.P.B., anche altrove, è: in esse, cioè in essere, in essenza. –N.d.T.]
125
corrisponde ad un tal punto di transizione, deve possedere certamente proprietà speciali e
difficili a scoprire. Sette di questi “Centri Neutri”1 sono dunque prodotti da Fohat che,
quando, come dice Milton:
“….Belle fondamenta (sono) poste sopra cui costruire..”2
incitano la materia all’attività ed all’evoluzione.
L’Atomo Primordiale (Anu) non può essere moltiplicato neppure nel suo stato
pregenetico o nella sua primogenità; perciò è chiamato la “Somma Totale”, naturalmente in
senso figurato, poiche tale “Somma Totale” è illimitata. Ciò che per il fisico, che conosce
soltanto il mondo delle cause e degli effetti visibili, è l’abisso del nulla, è invece per
l’occultista lo Spazio illimitato del Plenum Divino. Fra le molte altre obiezioni fatte alla
dottrina di un’evoluzione e di un’involuzione senza fine, o riassorbimento del Cosmo, un
processo che, secondo la Dottrina esoterica e brâhmanica, non ha né princìpio né fine —
all’occultista viene detto che ciò non può essere perché “secondo tutti i princìpi della
filosofia scientifica moderna è una necessità della natura quella di esaurirsi”. Se la tendenza
della natura ad “esaurirsi” costituisce un’obiezione potente alla Cosmogonia Occulta, noi
potremmo chiedere: come spiegano i vostri Positivisti, Liberi Pensatori e Scienziati, questa
falange di sistemi solari attivi che ci circondano? Essi avevano l’eternità per “esaurirsi”;
perché dunque il Cosmo non è un’immensa massa inerte? Si suppone, ma soltanto per
ipotesi, che la luna sia un pianeta morto, “esaurito”, e, d’altra parte, sembra che l’Astronomia
non ne conosca molti di questi pianeti morti.3 A tale domanda non vi è risposta. Ma, a parte
ciò, bisogna considerare che l’idea dell’esaurimento della massa di “energia trasformabile”
nel nostro piccolo sistema, è basata puramente sulla concezione erronea di un “sole
incandescente fino al bianco” che irradia perpetuamente il suo calore, lasciandolo disperdere
nello spazio, senza compensazione. A ciò rispondiamo che la natura si esaurisce e sparisce
dal piano oggettivo, ma soltanto per riemergere, dopo un certo periodo di riposo, dal piano
soggettivo, e ricominciare nuovamente l’ascensione. Tanto il nostro Cosmo che la Natura
non si esauriscono che per riapparire su un piano più perfetto dopo ciascun Pralaya. La
Materia dei filosofi orientali non è la “materia” né la Natura dei metafisici occidentali.
Poiché, che cos’è la materia? E, soprattutto, che cos’è la nostra filosofia scientifica, se non
ciò che fu così giustamente ed elegantemente definito da Kant come la “scienza dei limiti
della nostra conoscenza”? A che cosa hanno condotto i numerosi tentativi fatti dalla scienza
per collegare, unire e definire tutti i fenomeni della vita organica, mediante manifestazioni
puramente fisiche e chimiche?
Generalmente, a pure speculazioni — semplici bolle di sapone, svanite l’una dopo
l’altra, prima che gli scienziati abbiano potuto scoprire dei fatti reali. Tutto ciò sarebbe stato
evitato ed il progresso della conoscenza avrebbe proceduto a passi giganteschi, se la scienza
e la sua filosofia si fossero astenute dall’accettare ipotesi basate puramente sulla conoscenza
unilaterale della loro “materia”.
Il comportamento di Urano e di Nettuno — i cui satelliti, rispettivamente in numero
di quattro e di uno, si credeva roteassero lungo le proprie orbite da levante a ponente, mentre
tutti gli altri satelliti girano da ponente a levante — è un esempio concreto che sta a
dimostrare quanto poco ci sia da fidarsi delle speculazioni a priori, perfino quando sono
basate su analisi strettamente matematiche. La famosa ipotesi della formazione del nostro
Sistema Solare da un anello nebuloso, formulata da Kant e da Laplace, era basata
1
Tale, noi crediamo che sia, oltre a quello di “Centri Eterici”, il nome usato da J. W. Keely di Filadelfia, l’inventore del
famoso “Motore”, destinato, come speravano i suoi ammiratori, a rivoluzionare il potere motorio del mondo ”.
2
[Lost Paradise, Paradiso Perduto.]
3
La luna è morta soltanto per quanto concerne i propri “princìpi” interni, cioè psichicamente e spiritualmente, per quanto
assurda possa sembrare quest’affermazione. Fisicamente è simile ad un corpo semiparalizzato. Nell’occultismo essa è
chiamata la “Madre pazza” la grande lunatica siderale.
126
principalmente sul fatto presunto che tutti i pianeti roteassero nella medesima direzione.
Laplace, appoggiandosi sul fatto che in quell’epoca era stato dimostrato matematicamente e
basando i suoi calcoli sulla teoria delle probabilità, scommetteva tre miliardi contro uno che
il primo pianeta che si sarebbe scoperto avrebbe avuto nel proprio sistema la medesima
particolarità del movimento verso levante. Le leggi immutabili della matematica scientifica
ebbero “la peggio a causa degli esperimenti e delle osservazioni che seguirono”.
Quest’idea dell’errore di Laplace è prevalso fino ai nostri giorni, ma alcuni astronomi
sono riusciti a dimostrare (?) finalmente che l’errore consisteva nel fatto di ammettere che
Laplace si era ingannato; e si fanno adesso dei tentativi per riparare tale errore, senza attrarre
troppo l’attenzione generale. Molte di queste spiacevoli sorprese attendono le ipotesi dei
nostri scienziati, anche se di carattere puramente fisico. Quali ulteriori disillusioni ci
aspettano dunque sulle questioni concernenti la Natura occulta e trascendente? In ogni caso
l’Occultismo insegna che la cosiddetta “rotazione inversa” è una realtà.
Se nessun intelletto fisico è capace di contare i granelli di sabbia che coprono alcune
miglia della spiaggia del mare, o di penetrare la natura ultima e l’essenza di questi granelli,
che pure sono palpabili e visibili sulla mano del naturalista, come può un materialista
qualsiasi limitare le leggi che governano i cambiamenti di condizione e di esistenza degli
atomi nel Chaos primordiale, o sapere qualcosa di sicuro sulla capacità e sul potere degli
atomi e delle molecole prima e dopo che abbiano costituito i mondi?
Queste molecole eterne ed immutabili — molto più numerose nello spazio che i
granelli di sabbia sulla riva dell’oceano — possono differire nella loro costituzione a seconda
dei loro piani di esistenza, precisamente come la sostanza dell’anima differisce dal suo
veicolo, il corpo. L’Occultismo insegna che l’atomo ha sette piani di essere o di esistenza, e
ciascun piano è governato dalle proprie leggi specifiche di evoluzione e di assorbimento.
Gli astronomi, i geologi ed i fisici, tentando di decidere l’età del nostro pianeta o
l’origine del sistema solare, senza possedere una data cronologica nemmeno approssimativa
che possa servire come punto di partenza, con le loro ipotesi si allontanano sempre più dalla
riva dei fatti per perdersi nelle profondità impenetrabili dell’ontologia speculativa.1 La Legge
dell’analogia nel piano della struttura fra i sistemi trans-solari ed i pianeti solari non si
appoggia necessariamente sulle condizioni finite alle quali va soggetto ogni corpo visibile su
questo nostro piano di esistenza. Nella Scienza Occulta questa Legge di analogia è la prima e
la più importante chiave della fisica cosmica, ma deve essere studiata nei suoi più minuti
particolari e “girata sette volte” prima che si possa giungere a comprenderla. La Filosofia
Occulta è la sola scienza idonea ad insegnarla. Come è possibile, quindi, mettere in dubbio la
verità o meno della proposizione dell’occultista: “il Cosmo è eterno nella sua collettività
incondizionata, e finito solo nelle sue manifestazioni condizionate”, appoggiandosi
sull’affermazione fisica unilaterale che “l’esaurirsi è una necessità della Natura”?2
___________
DIGRESSIONE
Con questa IV shloka della Stanza VI finisce quella parte delle Stanze che si riferisce
alla cosmogonia dell’Universo dopo l’ultimo Mahâpralaya o dissoluzione Universale, che,
quando giunge, scaccia dallo Spazio qualsiasi cosa differenziata, tanto dèi che atomi;
1
Però gli occultisti, avendo una fede completa nei loro annali esatti, astronomici e matematici, calcolano l’età dell’umanità
ed asseriscono che gli uomini (con i sessi separati) esistono nella Ronda attuale da 18.618.727 anni, e sono d’accordo con gli
insegnamenti brâhmanici e anche con qualche calendario indù.
2
I commenti alle Stanze riprendono a pag. 156.
127
precisamente come se fossero foglie secche. Dopo questa shloka, le Stanze si riferiscono
soltanto al nostro Sistema Solare in generale, e alle Catene Planetarie che esso comprende, e
particolarmente alla storia del nostro Globo (il quarto) e della sua Catena. Tutti i versi che
seguiranno in questo Volume si riferiscono all’evoluzione della nostra Terra e all’evoluzione
su di essa. Esiste una strana opinione che riguarda la Terra stessa, strana naturalmente
soltanto dal punto di vista scientifico moderno, che è necessario far conoscere.
Però, prima di presentare al lettore teorie nuove ed assai sorprendenti, sarà bene dare
qualche spiegazione in proposito. E ciò è assolutamente necessario, perché tali teorie non
solo si oppongono alla scienza moderna ma, su certi punti, contraddicono affermazioni fatte
antecedentemente da altri teosofi,1 che pretendono di basare le loro esposizioni e spiegazioni
di questi insegnamenti sulla medesima autorità sulla quale noi stessi ci basiamo.
Questo fatto potrebbe far sorgere l’idea che esista una decisa contraddizione fra gli
espositori della medesima dottrina; mentre, in realtà, la differenza deriva soltanto dalla
incompletezza delle informazioni date ai precedenti scrittori, i quali ne trassero quindi alcune
conclusioni errate e si abbandonarono a speculazioni premature nel loro tentativo di
presentare al pubblico un sistema completo.
Di conseguenza, il lettore, se è già uno studioso di Teosofia, non deve sorprendersi di
trovare in queste pagine la rettifica di certe esposizioni fatte in varie opere teosofiche, come
pure la spiegazioni di certi punti rimasti oscuri, perché forzatamente incompleti.
Molte infatti sono le questioni che non sono state trattate nemmeno dall’autore di
Buddhismo Esoterico, la migliore e la più accurata di tali opere. Inoltre, anche egli ha
introdotto varie nozioni errate, che devono adesso essere presentate nella loro vera luce
mistica, almeno per quanto sia possibile farlo in quest’opera.
Facciamo quindi una breve interruzione fra le shloka già spiegate e quelle che
seguiranno, poiché i periodi cosmici che li separano sono di una durata immensa. Questo ci
permetterà di gettare un rapido sguardo su alcuni punti che fanno parte degli insegnamenti
della Dottrina Segreta e che sono stati presentati al pubblico sotto una luce più o meno
incerta, e talvolta errata.
_____________
ALCUNE FALSE CONCEZIONI PRIMITIVE
RELATIVE AI PIANETI, ALLE RONDE E ALL’UOMO
Fra le undici Stanze omesse, ve ne è una che dà una descrizione completa della
formazione successiva delle Catene Planetarie dopo che ebbe inizio la prima differenziazione
cosmica ed atomica nell’Acosmismo primitivo. È inutile parlare delle “leggi che sorgono
quando la Divinità si prepara a creare” perché le “leggi”, o meglio la Legge, sono eterne ed
increate, ed inoltre la Divinità è Legge e vice versa. Per di più, la Legge Eterna ed unica
sviluppa tutto nella Natura (che sarà) manifestata secondo un princìpio settenario, e, oltre a
tutto il resto, anche le innumerevoli catene circolari dei mondi, composte di sette Globi
disposti sui quattro piani inferiori del mondo della formazione; (gli altri tre appartengono
1
Buddhismo Esoterico, e Man: Fragments of Forgotten History. [Man: Fragments of Forgotten History, 1885- è un’opera
scritta da Mohini Mohun Chatterji e Laura C. Langford-Holloway, due chela della S.T.… Come traspare da una lettera di H.
P. B. al Colonnello H. S. Olcott, in data 14 luglio 1886, e da una lettera che lei scrisse a W. Q. Judge il 27 gennaio del 1887,
H. P. B. non era favorevole a questo progetto, ma le fu ordinato dai suoi Maestri di lasciare che le cose seguissero il loro
corso… Comunque, H. P. B. scrisse numerose note con un gran numero di correzioni da inserire nella seconda edizione
dell’opera in questione… Ma queste correzioni non furono inserite nelle successive edizioni dell’opera, come appare da un
accurato confronto del testo. Gli studiosi possono consultare i Collected Writings di H. P. B., Vol. VI, pp. 412 – 13, in cui H.
P. B. spiega la natura e la preparazione di quell’opera, come pure il suo valore relativo come insegnamento occulto. –da una
Nota di Boris de Zirkoff.]
128
all’Universo Archetipico). Di questi sette, uno solo, il più basso ed il più materiale, si trova
sul nostro piano, cioè alla portata dei nostri mezzi di percezione; gli altri sei sono al di fuori
di tale piano e sono perciò invisibili all’occhio terrestre. Ciascuna di queste Catene di Mondi
è la progenie e la creazione di un’altra Catena precedente inferiore e morta, cioè sarebbe, per
così dire, la sua reincarnazione. Per spiegarci più chiaramente: ci viene detto che ciascuno di
questi pianeti conosciuti o sconosciuti, è un settenario, come lo è pure la nostra Terra; e di
questi pianeti solo sette erano considerati sacri perché governati dai più alti Reggenti o dèi, e
non perché gli antichi non sapessero niente degli altri.1
Per esempio, tutti quei pianeti come Mercurio, Venere, Marte, Giove, Saturno, ecc., o
la nostra Terra, sono altrettanto visibili a noi, come il nostro globo lo è, probabilmente, agli
abitanti degli altri pianeti, se abitati, perché sono tutti sul medesimo piano, perchè i “globicompagni” superiori di questi pianeti si trovano su altri piani al di là della portata dei nostri
sensi terrestri. Poiché la loro posizione relativa sarà esposta più avanti, come pure nel
diagramma che segue i Commenti alla shloka 6 della Stanza VI, per il momento saranno
sufficienti poche parole di spiegazione. Questi compagni invisibili corrispondono in modo
singolare ai cosiddetti “princìpi” nell’uomo. Questi sette globi sono distribuiti su tre piani
materiali e su un piano spirituale, corrispondendo così alle tre Upâdhi (basi materiali) e ad un
Veicolo (Vâhana) spirituale dei nostri sette Princìpi nella divisione umana.
Se, per ottenere un concetto mentale più chiaro, immaginiamo i princìpi umani
disposti come nel seguente schema, otterremo il diagramma di corrispondenze qui annesso:
DIAGRAMMA I.
Siccome qui procediamo dall’Universale al particolare, invece di usare il metodo induttivo o
aristotelico, i numeri sono posti in senso inverso. Allo Spirito è stato dato il primo posto
invece che il settimo, come si fa usualmente, ma che in realtà non si dovrebbe fare.
I Princìpi, come vengono di solito denominati secondo il Buddismo Esoterico ed
anche secondo altre opere, sono : 1, Âtma; 2, Buddhi (Anima Spirituale); 3, Manas (Anima
1
Nei Libri Segreti sono enumerati molti più pianeti che nelle moderne opere d’Astronomia.
129
Umana); 4, Kâma Rûpa (Veicolo dei Desideri e delle Passioni); 5, Prâna; 6, Linga Sharîra; 7,
Sthûla Sharira. Le linee scure, orizzontali dei piani inferiori sono le Upâdhi nel caso dei
Princìpi Umani, ed i piani nel caso della Catena Planetaria.
Naturalmente, per quanto concerne i Princìpi umani, il diagramma non ce li presenta
in un ordine perfetto, però ci mostra la corrispondenza e l’analogia sulle quali si richiama
l’attenzione del lettore. Come vedremo, si tratta di un caso di discesa nella materia, di un
aggiustamento delle due Entità, tanto nel senso mistico quanto in quello fisico, e della loro
reciproca fusione per la sopravvenente “lotta per la vita” che attende entrambe.
Sembrerà strano usare la parola “Entità” nel caso di un Globo, ma gli antichi filosofi
che vedevano nella Terra un enorme “animale”, erano più saggi, per la loro generazione, di
quello che non lo siano, per la nostra, i moderni geologi; e Plinio, che chiamava la Terra
nostra buona nutrice e madre, ed il solo Elemento che non fosse nemico all’uomo, parlava
più veracemente di Watts, che immaginava di vedere in essa lo sgabello di Dio. Poiché la
Terra è soltanto lo sgabello del quale si serve l’uomo nella sua ascensione alle regioni
superiori; il vestibolo ...alle gloriose dimore verso le quali si spinge senza sosta una folla in movimento.
Ma questo dimostra soltanto come la Filosofia Occulta disponga ammirevolmente
ogni cosa nella Natura e quanto i suoi insegnamenti siano più logici delle ipotetiche
speculazioni prive di vita della scienza fisica. Il mistico, avendo così imparato tutto ciò, sarà
meglio preparato a comprendere gli insegnamenti occulti, per quanto questi verranno
probabilmente considerati come assurdità da ogni formalista studioso della scienza moderna.
Ciò nonostante, lo studioso di Occultismo sostiene che la teoria che stiamo adesso
discutendo è molto più filosofica e verosimile di qualsiasi altra. In ogni modo, è certamente
più logica della teoria recentemente prospettata che considera la Luna un frammento
proiettato dalla nostra Terra all’epoca in cui questa era un globo in fusione, una massa
plastica liquefatta. Samuel Laing, l’autore di Modern Science and Modern Thought scrive:
Le conclusioni astronomiche sono teorie basate su dati così incerti che, mentre danno per risultato dei
periodi incredibilmente brevi, come quelli di 15 milioni di anni per l’intero processo di formazione del sistema
solare, in altri casi invece pervengono a dare per risultato dei periodi incredibilmente lunghi, come quello, per
esempio, che presenta la supposizione che la luna sia stata proiettata allorché il periodo di rotazione della terra
era di tre ore, mentre il massimo ritardo ottenuto dall’osservazione richiederebbe 600 milioni di anni per farla
roteare in ventitrè ore anziché in ventiquattro”1
E se i fisici persistono in simili speculazioni, perché si dovrebbe deridere e
considerare come esagerata la cronologia degli indù? Si dice pure che le Catene Planetarie
hanno i loro Giorni e le loro Notti — cioè periodi di attività o vita, e periodi di inerzia o
morte, e si comportano nel cielo come gli uomini sulla terra; generano i loro simili,
invecchiano e si estinguono personalmente, lasciando sopravvivere i propri princìpi spirituali
nella loro progenie, come sopravvivenza di loro stessi. Senza intraprendere l’arduo compito
di esporre l’intero processo in tutti i suoi dettagli cosmici, potremmo parlarne abbastanza per
darne un’idea approssimativa.
Quando una Catena Planetaria si trova nella sua ultima Ronda, il suo Globo A, prima
di estinguersi completamente, proietta tutta la sua energia e tutti i suoi princìpi in un centro
neutro di forza latente, un centro Laya; e così anima un nuovo nucleo di sostanza o materia
indifferenziata, cioè lo chiama in attività, gli dà vita.
Supponiamo che tale processo abbia avuto luogo nella Catena Planetaria Lunare, e
che, nell’interesse dell’argomento, la Luna sia molto più vecchia della Terra, per quanto la
teoria di Darwin che citeremo più avanti sia stata in questi ultimi tempi completamente
respinta, anche se il fatto non è stato ancora accertato mediante calcoli matematici.
1
Pag. 48.
130
Immaginiamo i sei globi-compagni della Luna — eoni avanti che il primo Globo dei
nostri sette fosse evoluto — occupanti fra di loro una posizione simile a quella che occupano
adesso i globi-compagni della nostra Catena relativamente alla nostra Terra.1
Sarà quindi facile immaginarsi ulteriormente il Globo A della Catena Lunare che
anima con i suoi Princìpi il Globo A della Catena Terrestre, per quindi morire; il successivo
Globo B della prima trasmette la sua energia al Globo B della nuova Catena; quindi il Globo
C della Catena Lunare crea la propria progenie nella Sfera C della Catena Terrestre; infine la
Luna (il nostro satellite) riversa nel Globo inferiore della nostra Catena Planetaria — il Globo
D, la nostra Terra — tutta la propria vita, la propria energia ed i suoi poteri; per cui, avendoli
trasferiti ad un nuovo centro, diviene virtualmente un pianeta morto, nel quale è quasi cessata
la rotazione fin dal momento della nascita del nostro Globo. Indubbiamente la Luna è il
satellite della nostra Terra, ma ciò non invalida la teoria che essa abbia dato tutto alla Terra,
eccetto il proprio cadavere. Perché la teoria di Darwin potesse reggere, furono inventate, oltre
all’ipotesi accennata e che è stata adesso respinta — altre speculazioni ancora più incongrue.
Si è detto che la Luna si è raffreddata in un tempo sei volte minore della Terra.2 “Se
l’età della Terra, dal momento della solidificazione della crosta terrestre, può essere calcolata
in 14.000.000 di anni, quella della Luna sarà soltanto di 11 milioni e due terzi di milioni di
anni a partire da quello stadio, ecc.” E se la nostra Luna non è altro che un frammento
proiettato dalla nostra Terra, perché un’analoga conclusione non viene adottata in rapporto
alle lune di altri pianeti? Gli astronomi “non ne sanno niente”. Perché Venere e Mercurio non
dovrebbero avere dei satelliti e, se questi esistono, da che cosa furono essi formati?
Gli astronomi non lo sanno, perché la scienza dispone soltanto di una chiave — la
chiave della materia — per dischiudere i Misteri della Natura, mentre la Filosofia Occulta
dispone di sette chiavi, e spiega ciò che la scienza non è capace di vedere. Mercurio e Venere
non hanno satelliti, ma ebbero dei “genitori” precisamente come la Terra.
Ambedue sono più vecchi della Terra; e prima che quest’ultima abbia raggiunto la
sua Settima Ronda, sua Madre, la Luna, si sarà dissolta nell’atmosfera sottile, così come è
successo, o non è successo, secondo il caso, per le Lune degli altri pianeti; poiché vi sono dei
pianeti che hanno diverse Lune — altro mistero che nessun Edipo dell’Astronomia ha risolto.
La Luna è costituita ora solo dal residuo della quantità fredda, ed è l’ombra trascinata
dietro al nuovo corpo, nel quale sono stati trasfusi tutti i suoi poteri viventi ed i suoi princìpi.
Essa è ora condannata a seguire incessantemente, e per lunghe epoche, la Terra; ad essere
attratta e ad attrarre, a sua volta, la propria progenie. Costantemente vampirizzata dalla sua
creatura, essa si vendica avvolgendola nella sua influenza nefasta, invisibile ed avvelenata,
che emana dal lato occulto della sua natura. Poiché essa è un corpo morto eppure vivente.
Le particelle del suo cadavere in decomposizione sono piene di vita attiva e
distruttiva, per quanto il corpo che esse avevano formato nel passato sia senza anima e senza
vita. Di conseguenza, le sue emanazioni sono sia benefiche che malefiche — circostanza che
trova riscontro sulla Terra nel fatto che in nessun luogo le erbe e le piante crescono più
rigogliose che sulle tombe, mentre in pari tempo sono le emanazioni dei cimiteri e dei
cadaveri che uccidono. E come tutti i fantasmi o vampiri, la Luna è l’amica degli stregoni e
la nemica degli incauti. Dagli eoni arcaici ai tempi delle streghe della Tessaglia, fino ad
alcuni dei Tântrika (maghi neri) attuali del Bengala, la sua natura e le sue proprietà sono state
conosciute da ogni vero occultista, mentre sono rimaste un libro chiuso per i fisici.
Tale è la Luna considerata dal punto di vista astronomico, geologico e fisico. Per
quanto si riferisce alla sua natura metafisica e psichica, essa deve restare un segreto occulto
sia in questo libro, come già nel Buddhismo Esoterico, malgrado l’affermazione piuttosto
1
2
Vedi nel Buddhismo Esoterico: “La Costituzione dell’uomo” e “la Catena Planetaria”.
World – Life, di Winchell.
131
azzardata ivi espressa: e cioè che “non esistono più molti misteri relativi all’enigma
dell’ottava sfera”.1 In realtà, questi sono soggetti su cui “gli Adepti sono molto riservati nelle
loro comunicazioni ad allievi non Iniziati” e siccome essi non hanno mai confermato o
permesso qualsiasi speculazione pubblica in proposito, meno se ne parla e meglio è.
Però, senza sfiorare il terreno proibito dell’“ottava sfera”, sarà utile aggiungere ancora
qualche spiegazione relativa alle ex-monadi della Catena Lunare — “gli Antenati Lunari” —
poiché essi rappresentano una parte prominente nella Antropogenesi, di cui tratteremo in
seguito. Questo ci riconduce direttamente alla Costituzione Settenaria dell’Uomo; e siccome
sono sorte recentemente alcune discussioni circa la migliore classificazione da adottarsi per
la divisione dell’entità microcosmica, daremo più sotto due sistemi per facilitare il confronto.
Il breve articolo qui riportato è dovuto alla penna di T. Subba Row, un erudito vedantino.
Egli preferisce la divisione brâhmanica del Râja Yoga e, da un punto di vista
metafisico, ha perfettamente ragione. Ma siccome si tratta semplicemente di una questione di
scelta e di convenienza, conserviamo in quest’opera l’antica classificazione della “Scuola
Esoterica Arhat” trans-himâlayana”. La tavola seguente e le relative spiegazioni sono
riprodotte dal Theosophist e si trovano pure nell’opera Five Years of Theosophy.2
LA DIVISIONE SETTENARIA NEI DIVERSI SISTEMI INDIANI
Diamo di seguito le classificazioni dei princìpi dell’uomo adottate dai buddhisti e dagli insegnanti vedantini:
“Buddhismo esoterico”
1. Sthûla Sharîra.
Vedanta
Târaka Râja Yoga
Annamayakosha.3
Sthûlopâdhi4
5
2. Prâna.
Prânamayakosha.
3. Il veicolo di Prâna.6
4. Kâma Rûpa.
Mânomayakosha.
(a) Volizioni e
sentimenti, ecc..
Sûksmopâdhi.
5. Mente
(b) Vijnânam
Vijñânamayakosha.
6. Anima Spirituale.7
Ânândamayakosha.
Kâranopâdhi.
7: Âtmā.
Âtmā.
Âtmā.
_____________________________________________________________
1
Pag. 113 (5.a edizione)
Pag. 185 – 186.
3
Kosha significa “involucro”, letteralmente l’involucro di ogni princìpio.
4
Vita.
5
Il Corpo Astrale, o Linga Sharira.
6
Sthûla – upâdhi, o la base del principio.
7
Buddhi.
2
132
Da questa tavola si vedrà che il terzo princìpio della classificazione buddhista non è menzionato
separatamente nella divisione vedantina, essendo semplicemente il veicolo di Prâna. Si vedrà pure che il quarto
princìpio è incluso nel terzo Kosha (involucro), perché questo stesso princìpio non è che il veicolo del potere
della volontà che, a sua volta, non è altro che un’energia della mente. Si osserverà pure che il
Vijñânamayakosha è considerato come distinto dal Mânomayakosha, poiché dopo la morte avviene una
divisione fra la parte inferiore della mente — la quale ha un’affinità maggiore con il quarto princìpio che non
con il sesto — e la sua parte superiore, che si attacca invece a quest’ultimo, che è, in realtà, la base per
l’individualità spirituale superiore dell’uomo. Faremo pure osservare al lettore che la classificazione menzionata
nell’ultima colonna è la migliore e la più semplice per tutti gli usi pratici collegati al Râja Yoga. Per quanto vi
siano sette princìpi nell’uomo, vi sono però soltanto tre Upâdhi (Basi) distinte, attraverso ciascuna delle quali
Âtmâ può agire indipendentemente dal resto. Un Adepto può separare queste tre Upâdhi senza uccidersi. Egli
non può separare i sette princìpi l’uno dall’altro senza distruggere la sua costituzione.
Adesso lo studioso sarà meglio preparato a comprendere che fra le tre Upâdhi del
Râja Yoga ed il suo Âtmâ, e le nostre tre Upâdhi, Âtmâ e le sue tre ulteriori divisioni, vi è in
realtà ben poca differenza. Inoltre, siccome qualsiasi Adepto dell’India cis-himâlayana o
trans-himâlayana, delle Scuole di Patanjali, o di Âryâsanga, o del Mahâyâna, deve diventare
un Râja Yogî, deve quindi necessariamente accettare in princìpio ed in teoria la
classificazione del Târaka Râja, qualunque siano le altre classificazioni che egli adopera per
scopi pratici ed occulti. Per cui ha poca importanza, che si parli delle tre Upâdhi con i loro tre
Aspetti, più Âtmâ, la sintesi eterna ed immortale, o che si chiamino i “Sette Princìpi”.
Per aiutare coloro che non hanno letto, o che non hanno chiaramente compreso la
dottrina delle Catene Settenarie di Mondi nel Cosmo Solare esposta negli scritti teosofici,
riassumeremo brevemente tale insegnamento.
1. Nell’Universo, sia in quello metafisico che in quello fisico, tutto è settenario.
Quindi si ritiene che ogni corpo siderale, ogni pianeta visibile o invisibile, abbia sei globicompagni. L’evoluzione della vita si svolge su questi sette Globi o corpi, dal primo al
settimo, in sette Ronde o Cicli.
2. Questi Globi sono formati mediante un processo che gli occultisti chiamano la
“Rinascita delle Catene Planetarie (o Anelli)”.
Quando la Settima ed ultima Ronda di uno di tali Anelli ha avuto inizio, il Globo
superiore o primo, A, seguito successivamente da tutti gli altri fino all’ultimo, anziché entrare
in un certo periodo di riposo — o di “Oscuramento” come nelle Ronde precedenti —
comincia ad estinguersi. La dissoluzione planetaria, o Pralaya, si avvicina, la sua ora è
suonata; ogni Globo deve trasferire la sua vita e la sua energia ad un altro pianeta.1
3. La nostra Terra, rappresentante visibile dei suoi globi-compagni superiori ed
invisibili, i suoi “Signori” o “Princìpi”, deve esistere come gli altri attraverso sette Ronde.
Durante le prime tre, essa si forma e si consolida, nella quarta si assesta e si indurisce e,
durante le ultime tre, ritorna gradatamente alla sua forma eterica primordiale e, per così dire,
si spiritualizza.
4. La sua Umanità si sviluppa pienamente soltanto nella Quarta Ronda — la Ronda
attuale. Fino a questo Quarto Ciclo di Vita, l’“Umanità” è così chiamata solo per mancanza
di un termine più appropriato. Simile al bruco che diventa crisalide e poi farfalla, l’Uomo, o
piuttosto ciò che diventerà poi Uomo, passa attraverso tutte le forme e tutti i regni durante la
prima Ronda; ed attraverso tutte le forme umane durante le due Ronde successive. Arrivato
sulla nostra Terra all’inizio della Quarta, nella presente serie di Cicli di Vita e di Razze,
l’Uomo è la prima forma che vi appare, essendo preceduto soltanto dai regni minerale e
vegetale — poiché anche quest’ultimo deve svilupparsi e continuare la sua ulteriore
evoluzione tramite l’uomo. Questo fatto sarà spiegato nel Volume II. Durante le tre Ronde
future, l’Umanità, come il Globo sul quale essa vive, tenderà incessantemente ad assumere di
1
Vedi il successivo Diagramma II.
133
nuovo la sua forma primitiva, quella di una Legione di Dhyân Chohan. L’Uomo, come pure
qualsiasi altro Atomo nell’Universo, tende a divenire un Dio, e in seguito — Dio.
Cominciando fin dai primordi della Seconda Ronda, l’Evoluzione procede già su di
un piano del tutto diverso. È soltanto durante la prima Ronda che l’Uomo (Celeste) diventa
un essere umano sul Globo A, (ridiventa) un minerale, una pianta, un animale, sul Globo B e
C, ecc. Il processo cambia interamente dalla Seconda Ronda; ma voi avete imparato ad
essere prudente…...ed io vi consiglio di non dir niente finché il tempo di dirlo non sarà
giunto...1
5. Ogni Ciclo di Vita sul Globo D (la nostra Terra)2 è composto di sette Razze-Radici.
Esse comminciano con l’eterica e finiscono con la spirituale sulla doppia linea
dell’evoluzione fisica e morale, dall’inizio alla fine della nostra Ronda Terrestre. Una è una
“Ronda Planetaria” dal Globo A al Globo G, il settimo; l’altra “la Ronda del Globo” o la
Ronda Terrestre.
Tutto ciò è descritto benissimo nel Buddhismo Esoterico e, per il momento, non
richiede altra spiegazione.
6. La Prima Razza-Radice, cioè i primi “Uomini” sulla terra (forma a parte), furono i
discendenti degli “Uomini Celesti”, giustamente chiamati, nella filosofia indiana, gli
“Antenati Lunari”, o Pitri; e questi formavano sette Classi o Gerarchie. Siccome tutto ciò
verrà ampiamente spiegato nel Volume II, non è necessario adesso dilungarsi maggiormente
su tale soggetto.
Ma le due opere già menzionate e che trattano della Dottrina occulta, necessitano di
un’attenzione particolare. Il Buddhismo Esoterico è conosciuto troppo bene negli ambienti
teosofici ed anche nel mondo esterno, e quindi non è necessario soffermarsi ad elencare i suoi
meriti. È un libro eccellente e il lavoro da esso compiuto è ancora migliore. Ma ciò non
altera il fatto che contenga alcune nozioni errate e che abbia indotto molti teosofi ed anche
altri lettori, a formarsi un falso concetto della Dottrina Segreta Orientale. Inoltre appare forse
un pò troppo materialistico.
Nell’altro libro, Man, che fu pubblicato in seguito, l’autore voleva tentare di
presentare la Dottrina Arcaica da un punto di vista più ideale, di tradurre alcune visioni
impresse nella Luce Astrale, di presentare alcuni insegnamenti presi parzialmente dai
pensieri di un Maestro ma, disgraziatamente, mal compresi. Quest’opera parla pure
dell’evoluzione delle Razze Umane primitive sulla Terra, e contiene alcune pagine eccellenti
di carattere filosofico. Ma non è altro che un piccolo ed interessante romanzo mistico. I1 suo
scopo è fallito, perché non vi erano le condizioni necessarie per poter tradurre correttamente
tali visioni. Quindi il lettore non deve meravigliarsi se la nostra opera contraddice in molti
particolari queste antecedenti descrizioni. La Cosmogonia Esoterica, in generale e
l’evoluzione della Monade umana, in particolare, differiscono così essenzialmente in questi
due libri — come pure in altri lavori teosofici scritti da principianti senza guida — che è
impossibile continuare quest’opera senza parlare particolarmente di questi due libri
antecedenti, perché ambedue, e specialmente il Buddhismo Esoterico, contano parecchi
estimatori.
1
Estratto da Le Lettere dei Mahatma su vari argomenti. [Il testo originale di questa frase ne Le Lettere dei Mahatma ad A. P.
Sinnett, 3.a edizione, pag. 174; è come segue:
“A cominciare dalla Seconda Ronda l’evoluzione procede su un piano completamente diverso. Ogni cosa è già sviluppata e
deve solo continuare il proprio viaggio ciclico perfezionandosi. Solo nella la Prima Ronda, l’uomo, che sul Globo B era un
essere umano, diventa un minerale, una pianta, un animale sul pianeta C. Il metodo cambia radicalmente dalla seconda
Ronda; ma ho imparato ad essere prudente con voi; e non dirò nulla prima che sia giunta l’ora di farlo. ” (K.H.) – Nota di B.
de Zirkoff.] (Edizione italiana de Le Lettere dei Mahatma ad A. P. Sinnett, Vol. I, pag. 136, scaricabile da
istitutocintamani.org – N.d.T.)
2
In quest’opera noi non parliamo che incidentalmente degli altri Globi.
134
È giunto quindi il momento di dare maggiori spiegazioni su certi soggetti. Bisogna
esaminare gli errori alla luce degli insegnamenti originali e corregerli. Se uno di questi libri
ha una tendenza troppo spinta verso la scienza materialistica, l’altro è, al contrario, troppo
idealista e talvolta anche fantastico.
Dalla dottrina — piuttosto incomprensibile per le menti occidentali — che tratta degli
Oscuramenti periodici e delle Ronde successive dei Globi durante le loro Catene circolari,
sono nate le prime difficoltà e le prime interpretazioni errate. Una di queste è quella che si
riferisce agli uomini della “Quinta” e della “Sesta Ronda”. Coloro che sanno che ogni Ronda
è preceduta e seguita da un lungo Pralaya, o periodo di riposo, e che questo crea un abisso
insormontabile fra due Ronde, fino alla ripresa di un nuovo Ciclo di Vita, non potevano
capire “l’errore” di parlare dell’esistenza di uomini della “Quinta e Sesta Ronda” nella nostra
Quarta Ronda. Si riteneva che Gautama Buddha appartenesse alla “Sesta Ronda”; Platone ed
alcuni altri grandi filosofi e grandi intelletti alla “Quinta”.
Come poteva avvenire ciò? Un Maestro ha insegnato ed affermato che, anche adesso,
vi sono sulla Terra esseri della Quinta Ronda; e per quanto egli intendesse dire che l’Umanità
attuale è ancora nella Quarta Ronda, in un altro punto invece sembrava dire che noi fossimo
nella Quinta. A ciò un altro Maestro replicò con una “risposta apocalittica”: “Alcune goccie
di pioggia non formano un temporale, per quanto ne siano il presagio”... “No, non siamo
nella Quinta Ronda, ma uomini della Quinta sono giunti sulla Terra durante questi ultimi
millenni”.
Tutto questo era più difficile da risolvere che non gli enigmi della Sfinge! Studiosi di
Occultismo assoggettarono i loro cervelli alle più ardue elaborazioni speculative. Per molto
tempo cercarono di rivaleggiare e superare Edipo e di riconciliare le due affermazioni. E
siccome i Maestri conservavano un silenzio paragonabile a quello della Sfinge stessa, furono
accusati di “inconsistenza” e di “contraddizione”. Ma essi lasciavano semplicemente che si
proseguisse nelle speculazioni; e ciò per dare una lezione tanto necessaria alle menti
occidentali. Gli orientalisti, nella loro presunzione ed arroganza, nella loro abitudine di
materializzare qualsiasi concetto e termine metafisico, senza accordare alcun margine alle
metafore e alle allegorie orientali, avevano fatto un guazzabuglio della filosofia exoterica
indù; e i teosofi stavano adesso facendo lo stesso in rapporto agli insegnamenti esoterici.
Fino ad oggi è evidente che questi ultimi non hanno compreso il significato del termine
“Uomini della Quinta e Sesta Ronda”.
Ma si tratta semplicemente di questo: ogni Ronda porta con sé un nuovo sviluppo e
perfino un completo cambiamento nella costituzione mentale, psichica, spirituale e fisica
dell’uomo, poiché tutti questi princìpi evolvono su una scala sempre ascendente. Ne deriva
che quegli individui i quali, come Confucio e Platone, appartenevano psichicamente,
mentalmente e spiritualmente ai piani superiori dell’evoluzione, erano, nella nostra Quarta
Ronda, simili a ciò che saranno gli uomini di media evoluzione nella Quinta, la cui Umanità
occuperà sulla scala dell’evoluzione un grado infinitamente superiore a quello in cui si trova
la nostra umanità attuale. E così pure, Gautama Buddha — la Saggezza incarnata — era
ancora superiore a tutti quegli uomini di cui abbiamo parlato e che abbiamo chiamati della
“Quinta Ronda”; e così Buddha e Shankarâchârya sono chiamati allegoricamente “Uomini
della Sesta Ronda”. È evidente, quindi, la saggezza celata nella frase appena menzionata, e
trovata allora come “evasiva” e cioè, che “alcune goccie di pioggia non formano un
temporale, per quanto ne siano il presagio”.
Si comprenderà pure adesso la verità della seguente osservazione contenuta nel
Buddhismo Esoterico:
È impossibile, allorché si presentano per la prima volta a delle menti non allenate i fatti complessi di
una Scienza interamente sconosciuta, presentarli con tutte le qualificazioni appropriate... e svilupparli
ampiamente... All’inizio dobbiamo accontentarci delle regole generali per poi passare, in seguito, alle eccezioni,
specialmente quando, come nel caso attuale, si tratta di uno studio, in rapporto al quale i metodi tradizionali
135
d’insegnamento che si seguono usualmente, mirano ad imprimere ogni nuova idea nella memoria, provocando
delle perplessità che solo più tardi potranno essere dissipate.
Siccome l’autore stesso del libro era “una mente non allenata” nell’Occultismo, le sue
deduzioni e la conoscenza che egli aveva delle speculazioni astronomiche moderne erano
maggiori a quelle delle dottrine arcaiche, per cui fu indotto naturalmente, e quasi
inconsciamente, a commettere qualche errore di dettaglio più che di sostanza. Faremo cenno
adesso ad una di tali inesattezze. E siccome diverse idee errate, pubblicate nelle prime
edizioni, sono state rivedute e corrette nelle note della quinta edizione, così la sesta potrà
essere ulteriormente perfezionata. Varie ragioni condussero a tali errori; fra le altre, la
necessità in cui si trovavano i Maestri di dare risposte considerate come “evasive” a domande
troppo insistenti per lasciarle passare inosservate, ma alle quali, d’altra parte, non si poteva
rispondere che parzialmente. Nonostante e malgrado il proverbio: “metà di un pane è meglio
che niente”, questa situazione fu raramente compresa e non sufficientemente apprezzata nel
suo vero valore. I1 risultato fu che i Chelâ-laici europei si abbandonarono talvolta a
speculazioni gratuite. Fra queste vi furono i “Misteri dell’Ottava Sfera” nei suoi rapporti con
la Luna, e l’affermazione erronea che due dei Globi superiori della Catena Terrestre erano
due dei nostri pianeti ben conosciuti, “oltre alla Terra...vi sono soltanto altri due mondi
visibili della nostra Catena... Marte e Mercurio...”1
Questo è un grave errore. Ma esso è dovuto sia alla risposta vaga ed incompleta del
Maestro, sia alla domanda, ugualmente vaga e indefinita del discepolo.
La domanda era questa: “Quali sono i pianeti, fra quelli conosciuti dalla scienza
ordinaria, che, oltre a Mercurio, appartengono al nostro sistema di. mondi?”. Se per “sistema
di mondi” si voleva significare la nostra Catena Terrestre o “Corona”, invece del “Sistema
Solare dei Mondi”, come realmente doveva essere, non c’è da meravigliarsi se la risposta fu
mal compresa. Poiché la risposta fu la seguente: “Marte, ecc., e quattro altri pianeti, dei
quali l’Astronomia non sa niente. Né A, B, né Y, Z, sono conosciuti, né possono essere veduti
mediante strumenti fisici, per quanto perfezionati”. Tutto questo è chiaro: (a) In realtà, fino
ad ora, l’Astronomia non sa niente dei pianeti, né di quelli antichi né di quelli scoperti nei
tempi moderni. (b) Da A a Z nessun pianeta compagno, cioè nessuno dei Globi superiori di
qualsiasi Catena del Sistema Solare, può essere veduto, ad eccezione, naturalmente, di tutti
quei pianeti che occupano il quarto posto, come la nostra Terra, la Luna, ecc. Per quanto
concerne Marte, Mercurio e “gli altri quattro pianeti”, questi hanno dei rapporti con la Terra,
dei quali nessun Maestro né alcun occultista elevato parlerà mai, e tanto meno ne spiegherà la
natura.
Nella stessa lettera, uno degli Istruttori dichiara esplicitamene tale impossibilità
all’autore del Buddhismo Esoterico:
“Cercate di capire che mi ponete delle domande che spettano alla più elevata
Iniziazione; e che io posso darvi (soltanto) un’idea generale, ma che non oso, né voglio,
entrare in dettagli...”.
Le copie di tutte le lettere ricevute ed inviate, ad eccezione di poche a carattere
personale, nelle quali — “non vi era nessun insegnamento”, conforme alla dichiarazione del
Maestro — sono in possesso dell’autrice della presente opera.
Siccome all’inizio era suo dovere rispondere e spiegare certi punti da essa non ancora
affrontati, è probabile che, malgrado le molte annotazioni fatte su queste copie, la scrittrice, a
causa della sua scarsa conoscenza della lingua inglese e, forse anche per il timore di dire
troppo, possa aver dato delle informazioni confuse. In ogni caso ne accetta tutto il biasimo e
se ne assume la piena responsabilità. Però essa non può permettere che gli studiosi
1
Buddhismo Esoterico, pag. 136.
136
rimangano ulteriormente sotto l’influsso di impressioni errate, o credano che la colpa si trovi
nel sistema esoterico. Sia dunque chiaramente stabilito che la teoria divulgata è stravagante,
con o senza l’appoggio di ulteriori testimonianze fornite dall’Astronomia moderna. La
scienza fisica può fornire prove e conferme, per quanto molto incerte, solo relativamente a
ciò che concerne i corpi celesti che sono sul medesimo piano materiale sul quale si trova il
nostro Universo oggettivo. Marte e Mercurio, Venere e Giove, come tutti gli altri pianeti già
scoperti o ancora da scoprire, sono tutti, per se, i rappresentanti, sul nostro piano, di Catene
simili alla nostra. Come è stato chiaramente affermato in una delle numerose lettere del
Maestro di A. P. Sinnett:
“Vi sono altre ed innumerevoli Catene manvantariche di Globi abitati da Esseri
intelligenti, tanto nel nostro Sistema Solare, quanto fuori di esso”.
Ma né Marte né Mercurio appartengono alla nostra Catena. Essi sono, insieme ad altri
pianeti, delle Unità settenarie nella grande massa di Catene del nostro Sistema; e sono tutti
visibili, quanto i loro Globi superiori sono invisibili. Se si pretende che certe espressioni
nelle lettere dei Maestri potessero indurre in errore, risponderemo: e così sia. L’autore di
Buddhismo Esoterico lo capì bene quando scrisse che tali sono “i metodi tradizionali
d’insegnamento... che provocano delle perplessità” e che le fanno sparire o no, secondo i
casi. In ogni modo, se insistiamo nel dire che si sarebbe dovuto spiegare prima tutto questo e
indicare già allora, come stiamo facendo adesso, la vera natura dei pianeti, la risposta sarà
che allora non si ritenne utile farlo, perché avremmo provocato una serie di domande
supplementari, alle quali non si sarebbe mai potuto dare una risposta, a causa della loro
natura esoterica; e ciò sarebbe stato solo imbarazzante.
Fu dichiarato fin da princìpio, ed è stato ripetutamente affermato in seguito:
(1) Che nessun studioso di Teosofia, neppure un Chelâ accettato, lasciando da parte
gli studenti laici, potrebbe aspettarsi di ricevere degli insegnamenti segreti con una
spiegazione completa, prima di essersi irrevocabilmente impegnato con la Fratellanza e di
aver passato almeno una Iniziazione, perché né figure geometriche né numeri potrebbero
esser dati al pubblico, essendo tanto le une che gli altri la chiave del sistema esoterico;
(2) Che ciò che era stato rivelato era semplicemente l’involucro esoterico di ciò che è
contenuto in quasi tutte le scritture exoteriche delle Religioni del mondo — specialmente nei
Brahmâna e nelle Upanishad dei Veda e, perfino nei Purâna. Era una piccola parte di ciò che
verrà divulgato molto più ampiamente in questi Volumi, benché anche la nostra esposizione
sia molto incompleta e frammentaria.
Quando fu cominciata quest’opera, l’autrice, avendo la certezza che la speculazione
su Marte e Mercurio fosse errata, chiese per lettera ai suoi Istruttori una spiegazione ed una
versione d’autorità. Essa ricevette una risposta esauriente e ne presenta qui alcuni estratti
testuali :
“ ...È perfettamente vero che Marte si trova adesso in uno stato di oscuramento e che
Mercurio comincia ad uscirne. Potreste aggiungere che Venere è nella sua ultima Ronda. Se
tanto Marte che Mercurio non hanno satelliti è perché... ed anche perché Marte ha due
satelliti ai quali non ha diritto... Phobos, cioè quello che si suppone che sia il satellite
“interno” non è affatto un satellite. Perciò le antiche osservazioni di Laplace e quella più
recente di Faye non concordano. (Vedi “Comptes-Rendus”, Tomo XC, pag. 569). Il periodo
ciclico attribuito a Phobos è troppo breve e quindi “vi deve essere qualche errore nell’idea
fondamentale della teoria”, come giustamente osserva Faye... Inoltre, tutti e due (Marte e
Mercurio) sono Catene settenarie, tanto indipendenti dai signori e superiori siderali della
Terra, quanto voi stessa siete indipendente dai “princìpi” di Däumling [Pollicino] — che
erano forse i suoi sei fratelli con o senza berretto da notte... “Il soddisfare la propria
curiosità è, per alcuni, lo scopo della conoscenza”, fu detto da Bacone, che aveva ragione di
affermare questa evidente verità, come coloro che erano familiari con essa già prima di lui,
137
avevano ragione nel separare la SAGGEZZA dalla Conoscenza, e di tracciare dei limiti a ciò
che dev’essere comunicato in un determinato momento… Ricordatevi:
....che se la conoscenza dimora
nelle teste ripiene di pensieri altrui
la Saggezza non si ottiene
che esaminando quelli che nascono in noi…
“Non potrete mai imprimerlo abbastanza profondamente nella mente di coloro a cui
impartite alcuni insegnamenti esoterici”.
Ecco alcuni estratti da un’altra lettera scritta dalla medesima autorità, in risposta ad
alcune obiezioni fatte agli Istruttori. Queste obiezioni sono basate su ragionamenti, tanto
futili quanto scientifici, sull’opportunità di conciliare le teorie esoteriche con le speculazioni
della scienza moderna; furono scritte da un giovane studente di Teosofia come un
avvertimento contro la “Dottrina Segreta” e si riferivano allo stesso argomento. Egli aveva
dichiarato che, se esistevano realmente questi globi-compagni “non dovevano essere altro
che un po’ meno materiali della nostra Terra”. Come mai dunque non potevano essere visti?
Ed ecco la risposta:
“...Se gli insegnamenti psichici e spirituali fossero ben compresi, sarebbe più che
impossibile immaginare una tale incongruenza. A meno che non si faccia il possibile di
conciliare l’inconciliabile — cioè le scienze metafisiche e spirituali con la filosofia fisica e
naturale, “naturale” essendo, per gli scienziati, sinonimo di quella materia che cade sotto la
percezione dei loro sensi corporei — nessun vero progresso potrà esser raggiunto. Il nostro
Globo, come è stato insegnato fin dall’inizio, si trova in fondo all’arco discendente, dove la
materia delle nostre percezioni appare nella sua forma più grossolana... Di conseguenza, è
più che ragionevole che i Globi che adombrano la nostra Terra debbano trovarsi su piani
differenti e superiori. In breve, come Globi, essi stanno in CO-UNITÀ ma non in
CONSUSTANZIALITÀ con la nostra Terra e, di conseguenza, appartengono a tutto un altro
stato di Coscienza. Il nostro pianeta (come tutti quelli che vediamo) è adattato allo stato
particolare della razza umana, stato che ci permette di vedere ad occhio nudo i corpi siderali
che sono co-essenziali con il nostro piano e con la nostra sostanza terrestre, precisamente
come i loro rispettivi abitanti, i Gioviani, i Marziani ed altri, possono percepire il nostro
piccolo mondo; perché i nostri piani di Coscienza differiscono per il grado, ma essendo gli
stessi come specie, sono sul medesimo strato di materia differenziata... Ecco ciò che scrissi:
“Il Pralaya minore concerne soltanto le nostre piccole Corone di Globi. (Le Catene
venivano chiamate Corone in quei giorni di confusione)... A tale Corona appartiene la nostra
Terra. Ciò dovrebbe facilmente dimostrare che anche gli altri pianeti sono “Corone” o
CATENE ... Se egli (intendendo l’obiettore) volesse percepire il contorno, anche del più
indistinto di questi pianeti sui piani superiori, dovrebbe prima togliere anche le nuvole sottili
di materia astrale che si frappongono fra lui ed il piano successivo”.
È facile quindi capire perché non possiamo vedere, neppure con l’aiuto dei migliori
telescopi, ciò che è al di fuori del nostro mondo di materia. Soltanto coloro che noi
conosciamo con il nome di Adepti sanno come dirigere la loro visione mentale e trasferire la
loro Coscienza — tanto fisica che psichica — su altri piani dell’essere e possono, quindi,
parlare con autorità di tali soggetti. Ed essi ci dicono chiaramente:
“Conducete la vita necessaria per l’acquisizione di una tale conoscenza e di tali
poteri, e la Saggezza vi perverrà naturalmente. Quando potrete accordare la vostra
Coscienza con una qualsiasi delle sette corde della “Coscienza Universale”, quelle corde
che sono tese lungo il limite musicale del Cosmo e che vibrano da un’Eternità all’altra,
quando avrete studiato a fondo la “Musica delle Sfere”, allora soltanto avrete piena libertà
di dividere la vostra conoscenza con coloro con i quali si può farlo con sicurezza. Intanto
siate prudenti. Non divulgate alla nostra generazione attuale le grandi Verità, che sono
138
l’eredità delle Razze future. Non tentate di svelare il segreto dell’Essere e del Non-Essere a
coloro che non sono capaci di percepire il significato celato dell’Eptacordo di Apollo, la lira
del Dio radioso, in ognuna delle cui corde dimora lo Spirito, l’Anima ed il corpo astrale del
Cosmo, di cui soltanto l’involucro esterno è caduto nelle mani della scienza moderna… Siate
prudenti, vi diciamo, prudenti e saggi e, soprattutto, cercate di sapere ciò in cui credono
coloro che ricevono i vostri insegnamenti, per timore che, ingannando se stessi, non
ingannino poi gli altri... poiché tale è il destino di ogni verità che ancora non è divenuta
familiare all’uomo... Lasciate piuttosto le Catene Planetarie ed altri misteri super-cosmici e
sub-cosmici restino un mondo dei sogni per coloro che non possono vedere e nemmeno
credere ciò che altri vedono”.
È con rincrescimento che dobbiamo riconoscere che pochi di noi si sono attenuti a
questo saggio consiglio e che più di una perla di valore inestimabile, più di un gioiello di
sapienza è stato gettato ad un nemico incapace di comprenderne il valore, e che si è rivoltato
contro di noi per vilipenderci.
“Immaginiamoci” — scriveva il medesimo Maestro ai suoi due “Chelâ laici”, come
egli chiamava l’autore del Buddhismo Esoterico ed un altro compagno di studi di
quest’ultimo — “immaginiamoci che la nostra Terra faccia parte di un gruppo di sette
pianeti o di mondi abitati da esseri umani... (Questi sono i sette pianeti sacri dell’antichità e
sono tutti settenari). Adesso l’impulso di Vita raggiunge A, o piuttosto ciò che è destinato a
divenire A, e che fino a quell’istante non è che polvere cosmica (un centro laya), ecc.1
In queste prime lettere, nelle quali fu necessario inventare termini e coniare parole, gli
“Anelli” divennero spesso “Ronde”, e le “Ronde” “Cicli di Vita” e vice versa. Ad un
corrispondente che chiamò “Ronda” un “Anello Mondiale” il Maestro scrisse: “Credo che
ciò condurrà ad un’ulteriore confusione. Siamo tutti d’accordo nel chiamare Ronda il
passaggio di una Monade dal Globo A al Globo G o Z... “Anello Mondiale” è corretto...
consigliate M... ad accordarsi sulla nomenclatura prima di procedere oltre”.
Nonostante tale accordo, molti errori dovuti a questa confusione si insinuarono nei
primi insegnamenti. Anche le “Razze” venivano talvolta confuse con le “Ronde” e con gli
“Anelli” e ciò dette luogo ad errori analoghi in Man: Fragments of Forgotten Truth. Fin
dall’inizio il Maestro aveva scritto:
“Siccome non mi è permesso di comunicarvi l’intera verità e neppure di divulgare il
numero di frazioni isolate... non posso soddisfarvi”.
E ciò in risposta alla domanda: “Se abbiamo ragione, allora l’esistenza totale
antecedente al periodo umano è 637, ecc. A tutte le questioni relative alle cifre, la risposta fu
questa: “Cercate di risolvere il problema delle 777 incarnazioni... e sebbene io sia obbligato
a rifiutarvi questa informazione ... pure se riuscirete a risolvere il .problema da voi stesso,
sarà mio dovere dirvelo”.2
Ma non fu mai risolto e ne derivarono perplessità ed errori senza fine.
L’insegnamento stesso sulla costituzione settenaria dei corpi siderali e del macrosmo — da
cui proviene la divisione settenaria del microcosmo, o uomo — è stato ritenuto, fino a questo
momento, fra i più esoterici. Anticamente veniva divulgato soltanto al momento
dell’Iniziazione insieme alle cifre più sacre dei cicli. Adesso, come è stato affermato in una
Rivista teosofica,3 la rivelazione dell’intero sistema di cosmogonia non è stata prevista e non
si è neppure pensato, per solo momento, che ciò fosse possibile in un’epoca in cui solo pochi
brani informativi venivano scritti in risposta alle molte domande poste dall’autore di
Buddhismo Esoterico. Fra queste ve ne erano su problemi tali che nessun MAESTRO, per
1
Le Lettere dei Mahatma ad A. P. Sinnett, Vol. I, pag. 79, scaricabile da istitutocintamani.org/downloadLibri.php
Le Lettere dei Mahatma ad A. P. Sinnett, Vol. I, pag. 72, scaricabile da istitutocintamani.org/downloadLibri.php
3
Lucifer, maggio 1888.
2
139
quanto elevato e indipendente, avrebbe avuto il dovere di rispondere, divulgando al mondo,
in questa maniera, i misteri più venerati ed arcaici degli antichi templi-scuole. Di
conseguenza, soltanto alcune di queste dottrine furono rivelate nelle loro linee generali,
mentre i dettagli furono costantemente evitati; e tutti gli sforzi tentati per ricavare ulteriori
informazioni intorno ad esse vennero costantemente elusi fin dal princìpio. Ciò era
perfettamente naturale. Delle quattro Vidyâ, dei sette rami di Conoscenza citati nei Purâna,
cioè Yajna Vidyâ, il compimento dei riti religiosi per produrre certi risultati; Mahâ Vidyâ, la
grande conoscenza (magica), adesso degenerata nel culto dei Tântrika: Guhya Vidyâ, la
scienza dei Mantra e del loro vero ritmo o canto, degli incantesimi mistici, ecc.; Âtmâ Vidyâ
o la vera Saggezza divina spirituale — è soltanto quest’ultima che può gettare una luce finale
ed assoluta sugli insegnamenti delle prime tre. Senza l’aiuto di Âtmâ Vidyâ, le altre tre
rimarrebbero semplici scienze superficiali, grandezze geometriche, aventi larghezza e
lunghezza, ma senza profondità. Esse sono come l’anima, le membra e la mente di un uomo
addormentato, capaci di compiere dei movimenti meccanici, di fare sogni caotici e anche di
agire in stato di sonnambulismo, di produrre effetti visibili, ma stimolati soltanto da cause
istintive e non intellettuali e soprattutto non da impulsi spirituali pienamente coscienti. Molto
può essere esposto e spiegato relativamente alle prime tre scienze. Ma, se Âtma Vidyâ non
fornirà la chiave dei loro insegnamenti, esse rimarranno per sempre come frammenti di un
libro mutilato, come le ombre di grandi verità, percepite indistintamente dai più spirituali, ma
deformate smisuratamente da coloro che inchioderebbero qualsiasi ombra al muro. Quindi,
un’altra grande perplessità nacque nelle menti degli studiosi, dovuta all’esposizione
incompleta della dottrina dell’evoluzione delle Monadi. Per poter ben comprendere
quest’ultima è necessario esaminare tanto questo processo, quanto quello della nascita dei
Globi, più sotto il loro aspetto metafisico che sotto quello che si potrebbe chiamare il punto
di vista statistico, implicante l’uso di cifre e di numeri, il che è raramente permesso.
Sfortunatamente, pochissimi sono portati all’esame puramente metafisico di queste dottrine.
Perfino il migliore fra gli scrittori occidentali che hanno scritto su tali dottrine, parlando
dell’evoluzione delle Monadi, nella sua opera dichiara: “In questo momento non ci
occupiamo di pura Metafisica di questa specie”1. Ed in tal caso, come gli faceva osservare in
una lettera il suo Istruttore:
“Perché predicare le nostre dottrine, perché tutto questo immenso lavoro e perché
navigare “ in adversum flumen”? Perché l’Occidente dovrebbe imparare dall’Oriente... ciò
che non darà mai soddisfazione ai gusti speciali degli estetici?”. Ed attira l’attenzione del
suo corrispondente “sulle formidabili difficoltà da noi (Adepti) incontrate, ogni volta che
abbiamo fatto un tentativo per spiegare la nostra Metafisica alle menti occidentali”.
E ciò è perfettamente giusto poiché, senza la Metafisica, non è possibile né Filosofia
Occulta né Esoterismo. Sarebbe come voler spiegare le aspirazioni e le affezioni, l’amore e
l’odio, ed il lavoro più intimo e più sacro che si svolge nell’anima e nella mente di un essere
vivente, mediante una descrizione anatomica del torace e del cervello del suo cadavere.
Esaminiamo ora due affermazioni summenzionate, cui non si fa cenno nel Buddhismo
Esoterico ed ampliarle per quanto ci è possibile.
_________
1
A. P. Sinnett Buddhismo esoterico (5° edizione) pag. 46.
140
ULTERIORI FATTI E SPIEGAZIONI RELATIVI AI GLOBI E ALLE MONADI
Riportiamo qui due affermazioni contenute nel Buddhismo Esoterico, come pure
l’opinione espressa dall’autore: La prima è la seguente:
Le Monadi spirituali… non completano interamente la loro esistenza minerale sul Globo A, ma la
completano sul Globo B, e così via. Esse percorrono più volte l’intero circolo come minerali, quindi più volte
come vegetali, ed infine più volte quali animali. Ci asteniamo di proposito, per il momento, dal dare delle cifre,
ecc.1
Questa fu una saggia determinazione, considerata la grande segretezza in cui erano
tenute le cifre ed i numeri. Tale reticenza è adesso parzialmente abbandonata, ma forse
sarebbe stato meglio che i veri numeri relativi alle Ronde ed ai giri evolutivi fossero stati
divulgati interamente a quel tempo, oppure che non fossero stati divulgati affatto. Sinnett
comprese bene tale difficoltà quando scrisse:
Per delle ragioni non facili da indovinare, coloro che posseggono la conoscenza occulta sono
particolarmente riluttanti a rivelare i dati numerici relativi alla Cosmogonia, per quanto sia difficile per i non
Iniziati comprenderne la ragione”.2
Che esistessero delle ragioni è evidente. Ciò nonostante, la maggior parte delle idee
confuse di alcuni discepoli, tanto orientali quanto occidentali, è dovuta proprio a questa
reticenza. Le difficoltà incontrate nell’accettazione dei due particolari insegnamenti in
questione, sembravano grandi proprio a causa della mancanza di qualsiasi dato su cui poterli
basare. Ma, come hanno ripetutamente dichiarato i Maestri, le cifre relative ai calcoli occulti
non possono essere date al di fuori della cerchia dei Chelâ che hanno accettato l’impegno; e
nemmeno i Maestri stessi possono infrangere tale regola. Però, per rendere la cosa più chiara,
senza toccare l’aspetto matematico di queste dottrine, l’insegnamento già dato può essere
esteso maggiormente, ed alcuni punti oscuri possono essere risolti.
Dato che l’evoluzione dei Globi e quella delle Monadi sono così strettamente
connesse, riuniremo i due insegnamenti in uno solo. Per quanto si riferisce alle Monadi, il
lettore deve tenere presente che la Filosofia Orientale respinge il dogma teologico
occidentale di un’anima creata-nuova per ogni nuovo nato, poiché tale dogma è tanto poco
filosofico quanto impossibile nell’economia della Natura. Ci deve essere un numero limitato
di Monadi, che evolvono e divengono sempre più perfette, mediante la loro assimilazione di
numerose personalità successive, in ogni nuovo Manvantara. Questo è un fatto assolutamente
necessario per quanto riguarda le dottrine della Reincarnazione e del Karma, e del ritorno
progressivo della Monade umana alla sua sorgente — la Divinità Assoluta. Così, per quanto
le legioni di Monadi più o meno progredite siano quasi incalcolabili, pure esse costituiscono
un numero determinato, come ogni altra cosa in questo Universo differenziato e finito.
Come è dimostrato nel doppio diagramma dei Princìpi umani e dei Globi ascendenti
nelle Catene dei Mondi, vi è un’eterna concatenazione di cause e di effetti, ed una perfetta
analogia regna e collega tutte le linee dell’evoluzione. Le prime generano gli altri — nei
Globi come nelle Personalità.
Abbiamo dato adesso lo schema generale del processo di formazione delle successive
Catene Planetarie. Per prevenire futuri errori, possiamo aggiungere alcuni ulteriori dettagli,
che getteranno pure nuova luce sulla storia dell’Umanità della nostra Catena: la progenie di
quella della Luna.
Nel diagramma che segue, la fig. 1 rappresenta la Catena Lunare composta di sette
Globi all’inizio della sua settima o ultima Ronda; e la fig. 2 rappresenta la Catena Terrestre
futura, ma non ancora in esistenza. I sette Globi di ciascuna Catena sono distinti nel loro
1
2
Buddhismo Esoterico (5.a edizione), pag. 49.
Op. cit., pag. 140.
141
ordine ciclico con le lettere da A a G; ed i Globi della Catena Terrestre sono contrassegnati
con una croce (+) il simbolo della Terra.
Ora, va ricordato che le Monadi che girano intorno ad una Catena Settenaria sono
divise in sette Classi o Gerarchie, secondo i loro rispettivi stadi di evoluzione, coscienza e
merito. Seguiamo quindi l’ordine del loro apparire sul Globo A nella prima Ronda. Gli spazi
di tempo fra l’apparire di queste Gerarchie su un Globo qualsiasi sono sistemati in modo che,
quando la classe 7, l’ultima, appare sul Globo A, la classe 1, la prima, è appena passata sul
Globo B; e così via, passo per passo, per tutto il giro della Catena.
Così pure nella Settima Ronda della Catena Lunare, quando la classe 7, l’ultima,
abbandona il Globo A, quel Globo, invece di rimanere in stato di sonno, come nelle Ronde
precedenti, comincia a morire (ad entrare cioè nel suo Pralaya planetario)1 e morendo
trasferisce successivamente, come abbiamo già detto, i suoi princìpi o elementi di vita ed
energia, l’uno dopo l’altro, ad un nuovo centro-laya che dà inizio alla formazione del Globo
A della Catena Terrestre. Un processo analogo ha luogo per ognuno dei Globi della Catena
Lunare i quali, uno dopo l’altro, formano ciascuno un nuovo Globo della Catena Terrestre.
La nostra Luna era il quarto Globo della serie e si trovava sul medesimo piano di percezione
della nostra Terra. Ma il Globo A della Catena Lunare non è completamente “morto” fintanto
che le prime Monadi della prima Classe non siano passate dal Globo G o Z, l’ultimo della
Catena Lunare, nel Nirvâna che le attende fra le due Catene; e lo stesso avviene per tutti i
Globi; ciascuno dà origine al Globo corrispondente della Catena Terrestre. Quindi, quando il
Globo A della nuova Catena è pronto, la prima classe della Gerarchia delle Monadi della
Catena Lunare si incarna su di esso nel regno inferiore, e così via successivamente. Da ciò
risulta che soltanto la prima classe delle Monadi raggiunge lo stadio dello sviluppo umano,
1
L’Occultismo divide i periodi di Riposo (Pralaya) in diverse specie: vi è il Pralaya Individuale di ciascun Globo, quando
cioè l’umanità e la vita intera passano al Globo successivo — quindi sette Pralaya minori in ciascuna Ronda; il Pralaya
Planetario, quando sono completate sette Ronde; il Pralaya Solare, cioè quando l’intero Sistema giunge alla fine; e
finalmente, il Pralaya Universale o Mahâ-Pralaya o di Brahmâ, al termine dell’ “Età di Brahmâ”. Questi sono i principali
Pralaya o “periodi di dissoluzione”. Vi sono pure diversi altri Pralaya minori, ma di questi non ce ne occuperemo per il
momento. [In questa nota che menziona “diverse specie” di Pralaya, si dovrebbe arguire che durante i “Pralaya minori in
ciascuna Ronda” non vi è nessuna “dissoluzione dei Globi” che compongono un sistema planetario. I termini sanscriti che
significano i periodi di riposo inter-globali sono Samdhyâ e Samdhyânsha. I termini sanscriti per i tre Pralaya principali
sono: Bhaumika – pralaya (quando sono completate le sette Ronde); Saurya – pralaya (il pralaya solare); Prâkritika – pralaya
(il pralaya universale. –Nota di B. de Zirkoff.]
142
durante la prima Ronda, poiché la seconda classe su ciascun Globo, arrivando più tardi, non
ha il tempo necessario per raggiungere quello stadio. Così le Monadi della classe 2
raggiungono l’umanità incipiente soltanto nella seconda Ronda e così via fino alla metà della
quarta Ronda. Ma a questo punto — ed in questa Quarta Ronda, in cui lo stadio umano sarà
completamente sviluppato — la “Porta” d’ingresso nel regno umano si chiude; e quindi il
numero delle Monadi “umane” ossia delle Monadi allo stadio di sviluppo umano, è completo.
Le Monadi che non sono pervenute fino a quel momento allo stadio umano, si
troveranno, per il fatto dell’evoluzione raggiunta dall’Umanità stessa, talmente indietro, che
arriveranno allo stadio umano soltanto alla fine della Settima ed ultima Ronda. Esse non
saranno quindi “uomini” su questa Catena, ma formeranno l’umanità di un Manvantara
futuro e saranno ricompensate dell’attesa diventando “uomini” su una Catena superiore alla
nostra, ricevendo così il loro compenso karmico. A tale regola vi è, per ragioni ben fondate,
una sola eccezione, della quale parleremo in seguito. Ma quanto precede spiega il perché
delle differenze fra le varie Razze. È evidente quindi come sia perfetta l’analogia fra i
processi della Natura nel Cosmo e nell’uomo individuale. Quest’ultimo esiste durante il suo
ciclo di vita e quindi muore.
I suoi Princìpi superiori che, nello sviluppo di una Catena Planetaria corrispondono
alle Monadi in evoluzione ciclica, passano nel Devachan, che corrisponde al “Nirvâna” e agli
stati di riposo che si intercalano fra due Catene.
Col tempo, i princìpi inferiori dell’uomo si disintegrano e sono utilizzati nuovamente
dalla Natura per la formazione di nuovi princìpi umani; il medesimo processo avviene pure
nella disintegrazione e nella formazione dei Mondi. L’analogia è quindi la guida più sicura
per la comprensione degli insegnamenti occulti.
Questo è uno dei “sette misteri della luna” che adesso è stato rivelato. I giapponesi
Yamabushi, i mistici della setta di Lao-Tze ed i monaci asceti di Kioto, i Dzenodoo,
chiamano questi sette “misteri” i “Sette Gioielli”; però, gli asceti e gli Iniziati buddhisti
giapponesi e cinesi sono, se possibile, ancora più reticenti degli indù a divulgare la loro
“Conoscenza”.
Ma il lettore non deve perdere di vista le Monadi ed è necessario che egli sia
maggiormente dotto sulla loro natura, almeno per quanto è permesso, senza oltrepassare i
limiti dei misteri più elevati, che l’autrice non ha affatto la pretesa di conoscere a fondo.
La Legione Monadica può essere suddivisa in tre grandi classi:
(1) Le Monadi più evolute — gli Dèi Lunari o “Spiriti” chiamati in India i Pitri — che
nella Prima Ronda devono passare attraverso l’intero triplice ciclo dei regni minerale,
vegetale ed animale, nelle loro forme più eteree, vaporose e rudimentali, allo scopo di
assumere e di assimilare la natura della Catena nuovamente formata. Sono queste Monadi
che raggiungono per prime la forma umana — pur ammettendo che possano esserci delle
forme qualsiasi nel regno di ciò che è quasi totalmente soggettivo — sul Globo A, nella
Prima Ronda. Sono esse dunque che guidano e rappresentano l’elemento umano durante la
Seconda e la Terza Ronda, e che finalmente evolvono le proprie ombre, all’inizio della
Quarta Ronda, per la seconda Classe, cioè le Monadi che vengono dopo di loro.
(2) Quelle Monadi che raggiungono per prime lo stadio umano durante le prime tre
Ronde e mezza e che diventano “uomini”.
(3) Le Monadi ritardatarie, le quali, a causa di impedimenti karmici, non
raggiungeranno affatto lo stadio umano durante il presente Ciclo o Ronda, salvo
un’eccezione della quale parleremo in seguito, come abbiamo già detto.
Siamo costretti ad usare qui la parola impropria di “uomini” e ciò dimostra
chiaramente come qualsiasi lingua europea sia poco adatta ad esprimere queste sottili
distinzioni.
143
Questi “uomini” non somigliavano affatto agli uomini attuali, né come forma né come
natura. Perché dunque chiamarli “uomini”? Perché non vi è nessun’altra parola nelle lingue
occidentali che possa rendere approssimativamente l’idea che si vuole esprimere. Per lo
meno il termine “uomini” indica che questi esseri erano dei “Manu”, delle entità pensanti, per
quanto differissero, come forma e come intelligenza, dagli uomini attuali. Ma, in realtà, per
quanto concerne la spiritualità e l’intelligenza, essi erano piuttosto degli “dèi” che non degli
“uomini”.
Si incontrano le medesime difficoltà di linguaggio quando si tratta di descrivere gli
“stadi” attraverso i quali passa la Monade.
Metafisicamente parlando, è naturalmente un’assurdità parlare di “sviluppo” di una
Monade, o dire che essa diviene “uomo”. Ma qualsiasi tentativo di conservare l’esattezza
metafisica del linguaggio, adoperando una lingua occidentale, richiederebbe almeno tre
Volumi in più e porterebbe a tante di quelle ripetizioni verbali che diventerebbe
estremamente faticoso. È evidente che una Monade non può né progredire né svilupparsi e
neppure essere influenzata dai cambiamenti di stato che attraversa. La Monade non è di
questo mondo o piano, e possiamo paragonarla soltanto a un’indistruttibile stella di luce e di
fuoco divino, proiettata quaggiù sulla nostra Terra, come una tavola di salvezza per le
Personalità nelle quali dimora. Sta a queste attaccarsi ad essa e, partecipando in tal modo
della sua natura divina, ottenere l’immortalità. Lasciata a se stessa, la Monade non si attacca
a nessuno, ma passa ad un’altra incarnazione, trascinata dalla corrente incessante
dell’evoluzione.
L’evoluzione della forma esterna, o corpo, intorno all’astrale, è prodotta dalle forze
terrestri, proprio come avviene nei regni inferiori; ma l’evoluzione dell’Uomo interiore, o
reale, è puramente spirituale. Non è più, quindi, un passaggio della Monade impersonale
attraverso molte e varie forme di materia, forme dotate tutt’al più di un istinto e una
coscienza su un piano completamente differente — come nel caso dell’evoluzione esterna,
ma è un viaggio dell’ “Anima Pellegrina” attraverso vari stati non solo di materia, ma di
autocoscienza e di autopercezione, o di percezione che deriva da appercezione.
La Monade emerge dal suo stato di incoscienza spirituale ed intellettuale e, saltando i
primi due piani — troppo vicini all’Assoluto per permettere ogni correlazione con qualsiasi
cosa si trovi su un piano inferiore — giunge direttamente sul piano della Mentalità. Ma non
vi è in tutto l’Universo un piano che abbia un margine maggiore o un campo d’azione più
ampio di questo piano mentale, nelle sue gradazioni quasi infinite di qualità percettive e
appercettive; ed esso possiede, a sua volta, un piano minore appropriato ad ogni “forma”,
dalla Monade Minerale, risalendo fino al punto in cui l’evoluzione fa sbocciare questa
Monade stessa nella Monade Divina. Ma durante tutto questo tempo essa è sempre una sola
medesima Monade e differisce soltanto nelle sue incarnazioni, attraverso i successivi cicli
che percorre; cicli di oscuramento parziale o totale dello spirito, di parziale o totale
oscuramento della materia — le due antitesi polari — a seconda che essa sale verso il regno
della spiritualità mentale, oppure discenda verso gli abissi della materialità.
Ma ritorniamo al Buddhismo Esoterico. La seconda affermazione si riferisce
all’enorme periodo che intercorre fra l’epoca del minerale sul Globo A e l’epoca dell’uomo;
l’espressione “epoca dell’uomo” è usata per necessità di dare un nome a quel quarto regno di
natura che segue quello degli animali, per quanto in realtà “l’uomo” sul Globo A durante la
prima Ronda non è un uomo, ma solo il suo prototipo, cioè la sua immagine senza
dimensioni delle regioni astrali. Ecco il brano in questione:
Il pieno sviluppo dell’epoca minerale sul Globo A prepara la via per lo sviluppo vegetale, e appena
questo ha inizio, l’impulso di vita minerale si riversa sul Globo B. A sua volta, quando lo sviluppo vegetale sul
144
Globo A è completo e incomincia lo sviluppo animale, l’impulso di vita vegetale si riversa sul Globo B, mentre
quello minerale passa sul Globo C. Segue quindi, infine, l’impulso di vita umana sul Globo A.1
Ed è in tal modo che l’impulso vitale si propaga durante tre Ronde, quindi rallenta la
sua marcia e finalmente si arresta sulla soglia del nostro Globo, nella Quarta Ronda; poiché
adesso il periodo umano (del vero uomo fisico futuro), il settimo, è raggiunto. Questo è
evidente poiché, come è stato detto:
...Vi sono dei processi evolutivi che precedono il regno minerale, e quindi un’onda evolutiva (in realtà
diverse onde di evoluzione) precede l’onda minerale nel suo progresso attorno alle sfere.2
E adesso riporteremo il seguente brano tolto dall’artitolo “The Mineral Monad” in
Five Years of Theosophy:
Vi sono sette regni. Il primo gruppo di questi regni comprende tre gradi di elementali, o centri nascenti
di forza — dal primo stadio di affermazione di Mûlaprakriti (o piuttosto di Pradhâna, la Materia primordiale
omogenea), fino al suo terzo grado — dall’incoscienza completa alla semi-percezione; il secondo gruppo, più
elevato, è composto dai regni compresi fra il vegetale e l’uomo; il regno minerale forma così il punto centrale o
di svolta nei gradi dell’“Essenza Monadica”, considerata come un’energia in evoluzione. Tre stadi dunque (subfisici) dal lato elementale; il regno minerale; e tre stadi dal lato fisico3 oggettivo — questi sono i sette anelli
(primi o preliminari) della catena evolutiva4.
Diciamo “preliminari” perché essi sono preparatori e, per quanto appartengano di
fatto all’evoluzione naturale, sarebbe più esatto considerarli come evoluzione sub-naturale.
Questo processo si arresta al terzo dei suoi stadi, e precisamente alla soglia del quarto,
quando, sul piano dell’evoluzione naturale, diventa il primo stadio realmente umano,
formando così, con i tre regni elementali, il dieci, il numero Sephirothale. È a questo punto
che comincia:
Una discesa dello spirito nella materia, equivalente ad una ascesa nell’evoluzione fisica; una nuova
ascensione dalle massime profondità della materialità (il minerale) verso il suo status quo ante, con una
corrispondente dispersione dal lato dell’organismo concreto — fino al Nirvâna, il punto dove la materia
differenziata svanisce.
Diviene quindi evidente che ciò che nel Buddhismo Esoterico è giustamente chiamato
“un’onda evolutiva ed un impulso minerale, vegetale, animale ed umano”, si arresta alla
soglia del nostro Globo, nel suo Quarto Ciclo o Ronda. È a questo punto che la Monade
Cosmica (Buddhi) si unisce al Raggio Âtmico e ne diviene il veicolo; cioè Buddhi si
risveglia ad un’appercezione di esso (Âtman), facendo così il primo passo su una nuova scala
settenaria di evoluzione, che dovrà condurla infine alla decima, contando dal basso verso
l’alto dell’Albero Sephirothale, la Corona. Tutto nell’Universo segue la legge di analogia.
“Come in alto così in basso”, l’Uomo è il microcosmo dell’Universo. Ciò che avviene sul
piano spirituale si ripete sul piano cosmico. La concretizzazione segue le linee
dell’astrazione; il più basso deve corrispondere al più elevato, il materiale allo spirituale.
Così alla Corona Sephirothale, o Triade Superiore, corrispondono i tre regni elementali, che
precedono il regno minerale5 e che, per usare il linguaggio dei cabalisti, corrispondono, nella
differenziazione cosmica, ai Mondi della Forma e della Materia, dal Super-Spirituale fino a
quello Archetipale.
Che cos’è dunque una Monade? Ed in quali relazioni si trova con l’Atomo? La
risposta che segue è basata sulle spiegazioni date dall’autrice stessa a queste domande nel
citato articolo “la Monade Minerale”. Ecco la risposta alla seconda domanda:
La Monade non ha alcuna relazione con l’atomo o con la molecola, come vengono concepiti
attualmente dalla scienza. Non può essere paragonata né agli organismi microscopici, classificati nel passato fra
gli infusori poligastrici e considerati adesso come vegetali, nella classe delle alghe; né si può ammettere che
1
Pp. 48, 49.
Ibid.
3
“Fisico” significa differenziato per scopi e lavori cosmici; ciò nonostante, questo “lato fisico”, per quanto oggettivo
all’appercezione di esseri di altri piani, è del tutto soggettivo per noi, sul nostro piano.
4
Pag. 276, e seguenti.
5
Vedi diagramma pag. 277. [ed. originale.]
2
145
essa sia la monas dei Peripatetici. Fisicamente o costituzionalmente la Monade Minerale differisce,
naturalmente, dalla Monade Umana, che non è fisica, e la sua costituzione non può essere espressa da simboli
ed elementi chimici.1
Insomma, come la Monade Spirituale è Una, Universale, Illimitata e Indivisa, per
quanto i suoi Raggi formino ciò che noi, nella nostra ignoranza, chiamiamo le “Monadi
Individuali” degli uomini, così la Monade minerale — essendo alla curva opposta del cerchio
— è pure Una, e da essa procedono gli innumerevoli atomi fisici, che la scienza comincia a
considerare come individualizzati.
Altrimenti come si potrebbe spiegare matematicamente il progresso evolutivo ed a spirale dei quattro
regni? La Monade è la combinazione dei due ultimi princìpi nell’uomo, il sesto ed il settimo e, propriamente
parlando, il termine “Monade Umana” si applica solo all’Anima Duplice (Âtmâ-Buddhi) e non al solo Âtmâ, il
suo più elevato princìpio spirituale vivificatore. Ma poiché l’Anima Spirituale, separata da quest’ultimo (Âtmâ),
non potrebbe essere né esistere, è stata chiamata così... Ora, l’Essenza Monadica, o piuttosto Cosmica — se un
simile termine può essere usato — nei regni minerale, vegetale e animale, per quanto essa sia la medesima
attraverso le serie dei cicli, dal regno elementale più basso fino a quello dei Deva, pure differisce nella scala del
progresso. Sarebbe un errore immaginarsi la Monade quale un’Entità separata che percorra lentamente la sua
via su un sentiero distinto, attraverso i regni inferiori e che, dopo una serie incalcolabile di trasformazioni,
sbocci in un essere umano; come se, per esempio, la Monade di un Humboldt derivasse dalla Monade di un
atomo di anfibola. Invece di dire una “Monade Minerale”, sarebbe stato più giusto usare la fraseologia più
esatta della scienza fisica che differenzia ogni atomo, e chiamarla invece “la Monade che si manifesta in quella
forma di Prakriti denominata il regno minerale”. L’atomo, come si rappresenta nell’ipotesi scientifica ordinaria,
non è una particella di un qualcosa, animata da un qualcosa di psichico, destinata, dopo eoni, a sbocciare in un
uomo, ma è una manifestazione concreta dell’Energia Universale che non si è ancora individualizzata, una
manifestazione susseguente dell’unica Monas Universale. L’Oceano della Materia non si suddivide nelle sue
goccie potenziali e costituenti prima che l’ondata dell’impulso vitale raggiunga lo stadio evolutivo umano. La
tendenza verso la separazione in Monadi individuali è graduale, e negli animali superiori giunge quasi a tale
punto. I Peripatetici applicano la parola Monas all’intero Cosmo ed in senso panteistico; gli occultisti invece,
pur accettando quest’idea per convenienza, distinguono gli stadi progressivi di evoluzione dall’astratto al
concreto con dei termini speciali, come per esempio, “Monade Minerale, Vegetale ed Animale”, ecc. Tale
espressione significa semplicemente che il flusso dell’evoluzione spirituale passa attraverso quell’arco del suo
circuito. “L’Essenza Monadica” comincia a differenziarsi impercettibilmente verso la coscienza individuale nel
regno vegetale. Essendo le Monadi cose non composte, come le definisce giustamente Leibnitz, è l’Essenza
Spirituale che, vivificandole nei loro diversi gradi di differenziazione, costituisce, propriamente parlando, la
Monade — e non l’aggregazione atomica, non essendo quest’ultima che il veicolo e la sostanza attraverso la
quale vibrano i gradi inferiori e superiori dell’intelligenza”.2
Leibnitz concepisce le Monadi come unità elementari e indistruttibili, dotate del
potere di dare e di ricevere rispetto ad altre unità, determinando così tutti i fenomeni
spirituali e fisici. Fu lui che inventò il termine “appercezione” che, unitamente a quello di
sensazione nervosa (piuttosto che di percezione) esprime lo stato di coscienza monadica
attraverso tutti i regni fino all’Uomo.
In senso strettamente metafisico non è dunque esatto chiamare Âtmâ-Buddhi una
Monade, poiché nel concetto materialistico si tratta di una dualità, e quindi un composto. Ma
poiché la Materia è Spirito e vice versa, e poiché l’Universo e la Divinità che la anima sono
inconcepibili separati l’uno dall’altra, così avviene pure per Âtmâ-Buddhi. Essendo
quest’ultimo il veicolo del primo, Buddhi si trova in rapporto ad Âtmâ nella medesima
relazione in cui si trova Adamo Kadmon, il Logos cabalistico, rispetto ad Ain Suph; o
Mûlaprakriti rispetto a Parabrahman.
Aggiungiamo ora qualche altra informazione sulla Luna.
Si potrà domandare forse che cosa sono le “Monadi Lunari” di cui abbiamo parlato
adesso. La descrizione delle sette Classi di Pitri verrà esposta in seguito, ma possiamo dare
fin d’ora alcune spiegazioni generali.
1
2
Five Years of Theosophy., pp. 273 – 274.
Op. cit., pp. 274 – 275.
146
Innanzitutto, deve essere chiaro ad ognuno che si tratta di Monadi che, avendo
ultimato il loro ciclo di vita sulla Catena Lunare, inferiore a quella Terrestre, si sono
incarnate su quest’ultima. Possiamo però aggiungere altri particolari, per quanto rasentino un
po’ troppo il terreno proibito per poterli trattare completamente. L’ultima parola intorno a
tale mistero è rivelata soltanto agli Adepti; possiamo però dire che il nostro satellite non è
che il corpo grossolano dei suoi princìpi invisibili. Come vi sono sette Terre, così vi sono
pure sette Lune, delle quali solo l’ultima è visibile; la medesima cosa avviene per il sole, il
cui corpo visibile è chiamato una Mâyâ, un riflesso; come lo è pure il corpo dell’uomo.
“Il Sole reale, come la Luna reale, sono tanto invisibili quanto l’uomo reale”, dice
una massima occulta.
E possiamo osservare, en passant, che quegli antichi che per primi proposero l’idea
delle “Sette Lune”, non erano poi tanto pazzi. Poiché, per quanto tale concezione sia
considerata adesso soltanto come una misura astronomica del tempo, in una forma molto
materializzata, tuttavia, sottostante all’involucro, si possono scorgere ancora le tracce di
un’idea profondamente filosofica.
In realtà la Luna è il satellite della Terra per una sola ragione, e cioè che, fisicamente,
essa gira attorno alla Terra. Ma sotto tutti gli altri aspetti, è la Terra, invece, che è il satellite
della Luna e non il contrario. Per quanto sorprendente possa sembrare tale affermazione, se
ne trovano delle conferme anche fra le comuni conoscenze scientifiche. Ciò è dimostrato, per
esempio, dalle maree, dai cambiamenti ciclici che si verificano in molte forme di malattie che
coincidono con le fasi lunari; lo si può rilevare pure nell’influenza esercitata sulla crescita
delle piante e, soprattutto, nei fenomeni del concepimento e della gestazione umana.
L’importanza della Luna e la sua influenza sulla Terra erano riconosciute da tutte le
Religioni antiche, e specialmente da quella ebraica; e sono state rilevate pure da molti
studiosi di fenomeni psichici e fisici. Ma, secondo la scienza, l’azione della Terra sulla Luna
si limiterebbe all’attrazione fisica, che costringe questa a percorrere la propria orbita intorno
alla Terra. E se la scienza insistesse nel dire che questo semplice fatto è una prova sufficiente
per dimostrare che la Luna è veramente il satellite della Terra su altri piani di azione, si
potrebbe rispondere domandando se una madre che gira intorno alla culla del proprio
bambino per guardarlo e vigilarlo, è per questo subordinata o dipendente da lui. Per quanto,
in un certo senso, essa sia il suo satellite, ciò nonostante è certamente più anziana e
maggiormente sviluppata del bambino sul quale essa veglia.
È dunque la Luna che svolge la parte maggiore e più importante, tanto nel formare la
Terra stessa, quanto nel popolarla di esseri umani. Le Monadi Lunari, o Pitri, gli antenati
dell’uomo, divengono in realtà l’uomo stesso. Sono queste le Monadi che entrano nel ciclo di
evoluzione sul Globo A e che, passando attorno alla Catena dei Globi, evolvono la forma
umana, come abbiamo detto precedentemente. All’inizio dello stadio umano, nella Quarta
Ronda, su questo Globo, i Pitri “esteriorizzano” il loro doppio astrale, dalle forme
“scimmiesche”, che avevano evoluto nella Terza Ronda. Ed è questa forma sottile e più
raffinata che costituisce la trama su cui la Natura edifica l’uomo fisico. Queste Monadi, o
Scintille Divine, sono dunque gli antenati lunari, i Pitri stessi; perché questi Spiriti Lunari
devono divenire “uomini”, affinché le loro Monadi possano raggiungere un piano superiore
di attività e di auto-coscienza, cioè il piano dei Mânasa-Putra, esseri che nell’ultima parte
della Terza sottorazza, forniscono una mente a quei gusci “privi di intelletto” creati ed
animati dai Pitri.
Nel medesimo modo le Monadi, o Ego, degli uomini della Settima Ronda della nostra
Terra, dopo che i nostri Globi A, B, C, D., ecc., abbandonando la loro energia vitale, avranno
animato, ed in tal modo richiamato in vita, altri centri-laya destinati a vivere e ad agire su un
147
piano di esistenza ancora più elevato, diventeranno gli Antenati Terrestri, i quali, a loro volta,
creeranno coloro che diventeranno i loro superiori.
È chiaro adesso che nella Natura esiste un triplice schema evolutivo per la formazione
delle tre Upâdhi periodiche, o meglio, tre schemi separati di evoluzione che si intersecano e
si connettono inestricabilmente nel nostro sistema. Questi sono l’Evoluzione Monadica (o
Spirituale), quella Intellettuale e quella Fisica. Questi tre sono gli aspetti finiti, o i riflessi sul
campo dell’Illusione Cosmica, di Âtmâ, il Settimo Princìpio, la Realtà Unica.
1. L’Evoluzione Monadica, come la parola stessa indica, concerne la crescita e lo sviluppo in
fasi sempre più elevate di attività, delle Monadi, in congiunzione con:
2. L’Evoluzione Intellettuale, rappresentata dai Mânasa-Dhyâni (i Deva Solari o gli
Agnishvatta Pitri), “coloro che forniscono all’uomo l’intelligenza e la Coscienza”, e:
3. L’Evoluzione Fisica, rappresentata dalle Chhâyâ dei Pitri Lunari, attorno alle quali la
Natura ha plasmato il corpo fisico attuale. Questo corpo serve come veicolo per lo
“sviluppo” (per quanto questa parola possa indurre in errore) e le trasformazioni attraverso
Manas e mediante l’accumulo delle esperienze - del Finito nell’Infinito, del Transitorio
nell’Eterno ed Assoluto.
Ciascuno di questi tre sistemi ha le proprie leggi, ed è retto e guidato da gruppi diversi
dei più elevati Dhyâni o Logoi. Ognuno di essi è rappresentato nella costituzione dell’Uomo,
il Microcosmo del grande Macrocosmo; ed è l’unione di queste tre correnti che ne fa l’essere
complesso che è ora.
La Natura, che è il Potere evolutivo fisico, non avrebbe mai potuto da sola evolvere
l’Intelligenza; essa può creare soltanto delle “forme prive di intelletto”, come vedremo
quando tratteremo della Antropogenesi. Le Monadi Lunari non potevano progredire, non
avendo ancora avuto, con le forme create dalla “Natura”, un contatto sufficiente che potesse
loro permettere di accumulare delle esperienze attraverso di esse. Sono i Mânasa-Dhyâni che
colmano la lacuna; ed essi rappresentano, in questa Ronda, il potere evolutivo
dell’Intelligenza e della Mente, il legame fra lo Spirito e la Materia.
Bisogna inoltre ricordarsi che le Monadi che entrano nel ciclo evolutivo sul Globo A
nella prima Ronda, si trovano a differenti stadi di sviluppo. Perciò il soggetto diventa
alquanto complicato. Ricapitoliamo dunque.
Le più sviluppate, le Monadi Lunari, arrivano allo stadio germinale umano nella
prima Ronda; esse diventano degli esseri umani terrestri, per quanto molto eterei, verso la
fine della Terza Ronda, rimanendo sul Globo stesso durante il periodo di “oscuramento”
come il seme della futura Umanità della Quarta Ronda, e diventano quindi i pionieri
dell’Umanità all’inizio della Quarta Ronda, cioè della Ronda attuale. Altre Monadi
raggiungono lo stadio umano soltanto durante Ronde successive, e cioè durante la seconda, la
terza e la prima metà della quarta. E, finalmente, le più ritardatarie - e cioè quelle che
occupano tuttora delle forme animali, dopo il punto mediano di svolta della Quarta Ronda non diventeranno affatto degli uomini durante questo Manvantara. Esse raggiungeranno la
soglia dell’Umanità soltanto alla fine della Settima Ronda, e saranno a loro volta introdotte in
una nuova Catena, dopo il Pralaya, da pionieri più anziani, i progenitori dell’Umanità, coloro
che sono stati denominati la Semenza dell’Umanità (Shishta); cioè gli uomini che saranno
alla testa del progresso intero alla fine di queste Ronde.
Ci sembra che non occorrano ulteriori spiegazioni intorno alla parte che svolgono il
Quarto Globo e la Quarta Ronda nello schema dell’evoluzione.
Dal precedente diagramma, applicabile, mutatis mutandis, alle Ronde, ai Globi o alle
Razze, si vede chiaramente che il quarto membro di una serie occupa una posizione del tutto
speciale. Contrariamente agli altri, il Quarto Globo non ha Globi “fratelli” sul suo medesimo
piano, di conseguenza esso costituisce il fulcro della “bilancia” rappresentata dalla Catena
intera. È la sfera dell’aggiustamento evolutivo finale, il mondo della bilancia karmica, la
148
Corte di Giustizia dove si decide e si determina il corso futuro della Monade durante il resto
delle sue incarnazioni nel Ciclo. Ed è per questo che, dopo aver sorpassato questo punto
centrale di svolta nel Grande Ciclo, cioè dopo aver superato il punto mediano della Quarta
Razza, nella Quarta Ronda, sul nostro Globo — nessuna Monade può più entrare nel regno
umano. Per questo Ciclo la porta è chiusa ed il bilancio è fatto. Poiché, se fosse diversamente
— se una nuova anima fosse stata creata per ognuno degli innumerevoli miliardi di esseri
umani che sono morti e, se non vi fosse stata reincarnazione — diventerebbe davvero
difficile trovar posto per gli “spiriti” disincarnati; né si potrebbe spiegare l’origine e la causa
della sofferenza. È per ignoranza degli insegnamenti occulti e per l’imposizione di falsi
concetti dati sotto la veste dell’educazione religiosa, che il Materialismo e l’Ateismo sono
sorti, quale protesta contro l’asserito ordine divino delle cose.
La sola eccezione alla regola adesso esposta, è quella delle “razze mute”, le cui
Monadi sono già pervenute allo stadio umano in virtù del fatto che questi “animali” sono
posteriori all’uomo dal quale discendono per metà; gli ultimi discendenti di tali razze sono le
scimmie antropoidi e qualche altra specie. Queste “contraffazioni umane” sono, in realtà,
soltanto le copie deformate dell’umanità primitiva. Ma tutto ciò sarà sviluppato ampiamente
nel prossimo Volume.
Come lo espone a grandi tratti il Commentario:
1. “Ogni Forma sulla terra ed ogni Granello [atomo] nello Spazio, tende con i suoi
sforzi verso l’auto-formazione, a seguire il modello posto per lui nell’“Uomo Celeste”…..
L’involuzione e l’evoluzione dell’atomo, la sua crescita esterna ed interna ed il suo sviluppo,
hanno tutti un solo e medesimo obiettivo — l’Uomo; l’Uomo come forma fisica, la più
elevata e definitiva su questa Terra; la “Monade” nella sua totalità assoluta e nella sua
condizione di risveglio — come punto culminante delle sue incarnazioni divine sulla Terra.
2. “I Dhyâni [Pitri] sono quelli che hanno evoluto il loro Bhûta [Doppio] da se stessi;
la loro Rûpa [Forma] è divenuta il veicolo delle Monadi [Settimo e Sesto Princìpio] che
hanno completato il loro ciclo di trasmigrazione nei tre Kalpa [Ronde] precedenti. Allora
essi, i Doppi Astrali, divennero gli uomini della prima Razza Umana della Ronda. Ma essi
non erano completi, ed erano privi di intelletto”.
Ciò verrà spiegato in seguito. Intanto l’Uomo — o piuttosto la sua Monade — è
esistito sulla Terra fin dall’inizio di questa Ronda. Ma fino alla nostra Quinta Razza, le forme
esterne che coprivano quei Doppi Astrali, si sono continuamente cambiate e consolidate in
ogni sottorazza; anche la forma e la struttura fisica della fauna sono cambiate
contemporaneamente per adattarsi alle condizioni di vita su questo Globo, condizioni in
continua trasformazione durante i periodi geologici del suo ciclo di formazione. E questi
cambiamenti continueranno in ogni Razza-Radice ed in ogni sottorazza principale, fino
all’ultima della Settima Razza di questa Ronda.
3. “L’uomo interiore, adesso celato, era allora (al princìpio) l’uomo esteriore.
Progenie dei Dhyâni [Pitri], egli era “il figlio simile al padre”. Come il loto, la cui forma
esterna assume gradatamente quella del modello che si trova dentro di esso, così, al
princìpio, l’evoluzione della forma dell’uomo avvenne dall’interno all’esterno. Dopo il ciclo
in cui l’uomo cominciò a procreare la propria specie come avviene attualmente nel regno
animale, accadde l’opposto. Il feto umano segue adesso, nelle sue trasformazioni, tutte le
forme che il corpo fisico dell’uomo ha successivamente assunte attraverso i tre Kalpa
[Ronde] durante gli sforzi che la materia non intelligente [a causa della sua imperfezione],
fece nei suoi ciechi tentativi per costruire una forma plastica attorno alla Monade.
Attualmente l’embrione fisico è successivamente una pianta, un rettile ed un animale, prima
di divenire finalmente un uomo capace di evolvere a sua volta, in se stesso, la propria
controparte eterea. Al princìpio fu tale controparte [l’uomo astrale] che, essendo priva di
intelletto, si impigliò nelle maglie della rete della materia”.
149
Però quest’“uomo” appartiene alla Quarta Ronda. Come abbiamo visto, la Monade è
passata attraverso tutti i regni della Natura, ha viaggiato ed è stata imprigionata in ciascuna
forma transitoria, durante le tre Ronde precedenti. Ma la Monade che diventa umana non è
l’Uomo. In questa Ronda - ad eccezione dei mammiferi più elevati dopo l’uomo, gli
antropoidi, destinati a scomparire durante la nostra razza attuale, allorché le loro Monadi
saranno liberate e passeranno nelle forme astrali umane, o negli elementali più elevati della
Sesta e Settima Razza, e quindi nelle forme umane più basse nella Quinta Ronda — non vi è
più nessuna unità, nei diversi regni, che sia animata da Monadi destinate a divenire umane
nel loro stadio successivo; esse sono animate soltanto da elementali inferiori dei loro
rispettivi regni. Questi “elementali” diventeranno a loro volta delle Monadi umane soltanto
nel prossimo grande Manvantara planetario. Infatti l’ultima Monade umana si incarnò prima
dell’inizio della quinta Razza-Radice. La natura non si ripete mai; di conseguenza, gli
antropoidi attuali non sono mai esistiti se non dalla metà del periodo del Miocene, allorché,
come tutti gli incroci, cominciarono a mostrare una tendenza sempre più marcata a ritornare
al tipo dei loro primi progenitori, i giganteschi Lemuro-Atlantidei neri e gialli. È inutile
ricercare “l’anello mancante”. Fra migliaia e migliaia di anni, le nostre razze moderne, o
piuttosto i loro fossili, appariranno agli scienziati della fine della Sesta Razza-Radice come i
resti di piccole scimmie insignificanti — una specie estinta del genus-homo.
Questi antropoidi formano un’eccezione, perché non fanno parte del piano della
Natura, ma sono il prodotto diretto e la creazione dell’uomo “privo di intelletto”. Gli indù
attribuiscono alle scimmie un’origine divina, perché gli uomini della Terza Razza erano Dèi
di un altro piano, divenuti dei mortali “privi di intelletto”. Questo soggetto era già stato
accennato in Iside Svelata, dodici anni fa, il più chiaramente possibile per quell’epoca. Il
lettore potrebbe rivolgersi ai Brahmâni per sapere la ragione dei riguardi che essi hanno per
le scimmie:
Il lettore saprebbe forse — se i Brâhmani lo ritenessero degno di una spiegazione — che l’indù vede
nella scimmia soltanto ciò che il Manu desiderava che egli vedesse: la trasformazione di una specie strettamente
collegata con quella della famiglia umana — un ramo bastardo innestato sul tronco, prima della perfezione
finale di quest’ultima. Potrebbe venire a sapere inoltre che agli occhi del “pagano” colto, l’uomo spirituale o
interiore è una cosa, ed il suo involucro fisico terrestre un’altra; che la natura fisica, quella immensa
combinazione di correlazioni di forze fisiche, sempre in cammino verso la perfezione, deve servirsi di materiali
disponibili; essa plasma e riplasma il proprio modello mentre avanza continuamente, ed infine, corona la sua
opera nell’uomo e lo presenta come l’unico tabernacolo degno di essere adombrato dallo Spirito Divino”.1
Inoltre, in una nota in fondo alla medesima pagina, si citava pure un’opera scientifica
tedesca. Tale nota diceva :
Uno scienziato di Hannover ha pubblicato recentemente un libro intitolato: Ueber die Auflösung der
Artern durch Natürliche Zucht-wahl, nel quale dimostra con grande acume che Darwin si ingannava fortemente
nel far discendere l’uomo dalla scimmia, sostenendo invece che era la scimmia che discendeva dall’uomo. Egli
dimostra che all’inizio l’Umanità era moralmente e fisicamente il tipo ed il prototipo della nostra razza attuale e
della nostra dignità umana, per la bellezza della forma, la regolarità dei tratti, lo sviluppo del cranio, la nobiltà
dei sentimenti, gli impulsi eroici e la grandezza dei concetti ideali. Questa è una dottrina puramente brâhmanica,
buddhistica e cabalistica. Il suo libro è ampiamente illustrato con diagrammi, tavole, ecc. Egli asserisce che il
graduale avvilimento e la degradazione dell’uomo, moralmente e fisicamente, possono essere facilmente seguiti
attraverso le trasformazioni etnologiche fino ai giorni nostri; e che, come una parte della specie umana è già
degenerata in scimmie, così l’uomo civile attuale sarà alla fine sostituito, sotto l’azione dell’ineluttabile legge di
necessità, da discendenti analoghi. Se dobbiamo giudicare il futuro dal presente, non sembrerà certo impossibile
che una razza così poco spirituale e così materialistica come la nostra possa finire come scimmie piuttosto che
come serafini”.
Però, per quanto le scimmie siano discendenti dall’uomo, non è vero che la Monade
umana, una volta raggiunto il livello dell’umanità, s’incarni di nuovo nella forma di un
animale.
1
Helena P. Blavatsky, Iside Svelata Vol. II°, pag. 278 -79.
150
Il ciclo della “metempsicosi” per la Monade umana è chiuso, poiché siamo nella
Quarta Ronda e nella Quinta Razza-Radice. Il lettore deve tener presente — per lo meno
colui che conosce il Buddhismo Esoterico—che le Stanze che seguono nel presente Volume,
e quelle che seguiranno nei successivi, si riferiscono soltanto all’evoluzione della nostra
Quarta Ronda. Quest’ultima è il ciclo del punto mediano di svolta, dopo il quale la materia,
avendo raggiunto il suo punto più basso, comincia a tendere verso l’alto ed a spiritualizzarsi
con ogni nuova razza ed ogni nuovo ciclo. Bisogna quindi che lo studioso sia cauto e non
creda di scoprire delle contraddizioni dove non esistono, poiché nel Buddhismo Esoterico si
parla delle Ronde in generale, mentre qui noi trattiamo soltanto della Quarta Ronda, la nostra
Ronda attuale. Allora si trattava del lavoro di formazione, adesso di quello di riforma e
perfezionamento evolutivo.
Infine, per chiudere questa digressione causata da diversi concetti errati, ma purtroppo
inevitabili, dobbiamo citare ancora una frase del Buddhismo Esoterico che ha prodotto
un’impressione sbagliata nella mente di molti teosofi. Una frase infelice tratta dall’opera in
questione, viene presentata costantemente per dimostrare il Materialismo della dottrina che
essa contiene. L’autore, parlando del progresso degli organismi sui Globi, dice che:
Il regno minerale non svilupperà il vegetale... più di quello che la Terra fu capace di sviluppare l’uomo
dalla scimmia fino a che non ricevette un impulso.1
Non sappiamo se questa frase renda letteralmente il pensiero dell’autore, oppure se,
come noi crediamo, si tratti semplicemente di un lapsus calami che tiene la questione aperta.
Con sorpresa abbiamo dovuto constatare il fatto che il Buddhismo Esoterico è stato
così poco capito da certi teosofi da indurli a credere che esso sostenesse completamente il
concetto darwiniano dell’evoluzione, e specialmente la teoria della discendenza dell’uomo da
un antenato pitecoide. Come ci scrisse un membro della Società Teosofica: “Suppongo che
sappiate che i tre quarti dei teosofi, ed anche molte persone non appartenenti alla Società,
pensano che, per quanto concerne l’evoluzione dell’uomo, il Darwinismo e la Teosofia
concordano perfettamente”. Questo non è davvero il caso, né ci sembra che il Buddhismo
Esoterico autorizzi una simile idea. È stato ripetutamente affermato che l’evoluzione, come
fu insegnata da Manu e Kapila, costituisce la base degli insegnamenti moderni; ma né
l’Occultismo né la Teosofia hanno mai appoggiato le insensate teorie dei darwinisti attuali —
tanto meno quella della discendenza dell’uomo dalla scimmia. Ma di ciò parleremo in
seguito. Basta del resto leggere a pagina 47 del libro in questione e vi troveremo la seguente
affermazione:
L’uomo appartiene ad un regno distintamente separato da quello animale.
Di fronte ad una simile, chiara ed inequivocabile affermazione, è veramente strano
che degli studiosi accurati siano potuti cadere in tale errore, a meno che non si volesse
accusare l’autore di una grossolana contraddizione.
Ciascuna Ronda ripete il lavoro evolutivo di quella precedente, ad un livello più
elevato. Eccettuato per alcuni antropoidi superiori, come abbiamo già detto, il flusso
monadico o evoluzione interna, è terminato fino al prossimo Manvantara. Non ripeteremo
mai abbastanza che, innanzitutto, deve essere assicurato l’avvenire delle Monadi umane in
piena fioritura, prima che il nuovo raccolto di candidati appaia su questo Globo all’inizio del
Ciclo successivo. Così vi è un periodo di riposo; ed è per questo che nella Quarta Ronda
l’uomo appare sulla Terra prima di qualsiasi altra creazione animale, come diremo in seguito.
Ma si continua ad affermare sempre che l’autore del Buddhismo Esoterico abbia
“predicato continuamente il Darwinismo”. È vero che certi passi sembrano dar ragione a
simili affermazioni; inoltre gli occultisti stessi sono pronti a riconoscere una parziale
esattezza nelle ipotesi di Darwin per quanto concerne certi dettagli, certe leggi secondarie
1
Pag. 48.
151
dell’evoluzione, e dopo il punto mediano della Quarta Razza. Di quanto è accaduto la scienza
fisica non può, in realtà, sapere niente, poiché simili soggetti si trovano del tutto fuori della
sua sfera di investigazione.
Ma ciò che gli occultisti non hanno mai ammesso, né mai ammetteranno, è
l’affermazione che l’uomo sia stato una scimmia in questa o in qualsiasi altra Ronda, o che
abbia mai potuto esserlo, nonostante la somiglianza del suo corpo con quello della scimmia.
Di ciò resta garante l’autorità stessa da cui l’autore di Buddhismo Esoterico trasse le proprie
informazioni. Alcuni oppongono agli occultisti la seguente frase tolta dal libro suddetto:
È sufficiente dimostrare che possiamo ragionevolmente — e che anzi dobbiamo farlo se vogliamo
trattare di questi soggetti — considerare l’impulso vitale, che dà origine alle forme minerali, come della
medesima specie dell’impulso che eleva una razza di scimmie ad una razza di uomini primitivi.
A coloro che citano tale frase quale una dimostrazione di “deciso Darwinismo”, gli
occultisti rispondono con la spiegazione stessa data dal Maestro, l’Istruttore di A. P. Sinnett,
che contraddirebbe quelle linee, se esse fossero state scritte veramente nello spirito che si
attribuisce loro. Una copia di questa lettera fu inviata all’autrice due anni fa (1886),
unitamente ad altre, con alcune annotazioni in margine, da usarsi per la compilazione della
Dottrina Segreta.
Questa lettera comincia con il prendere in considerazione le difficoltà che gli studiosi
occidentali incontrano nel conciliare alcuni fatti, precedentemente indicati, con l’evoluzione
dell’uomo dall’animale, cioè dai regni minerale, vegetale ed animale; e consiglia agli studiosi
stessi ad attenersi alla dottrina dell’analogia e delle corrispondenze. Parla quindi del mistero
dei Deva e perfino degli Dèi che devono passare attraverso stati che fu convenuto chiamare
di “Immetallizzazione, Inerbazione, Inzoozazione e, infine, di Incarnazione”, e spiega questo
fatto facendo cenno alla inevitabilità di insuccessi perfino nelle Razze eteree dei Dhyân
Chohan. A questo proposito è scritto nella lettera:
“Questi, “insuccessi” sono troppo progrediti e spiritualizzati per essere forzatamente
respinti dallo stato Dhyân-Chohanico ed essere lanciati nei vortici di una nuova evoluzione
primordiale attraverso i regni inferiori…...”
Dopo di che, vien fatto soltanto un accenno a1 mistero contenuto nell’allegoria degli
Asura caduti, allegoria che verrà spiegata estesamente nel Volume II. Quando il Karma li ha
raggiunti allo stadio dell’evoluzione umana:
“Essi dovranno bere fino all’ultima goccia nell’amara coppa della retribuzione. E
allora divengono una forza attiva e si mescolano con gli elementali, le entità progredite del
puro regno animale, per sviluppare a poco a poco il tipo perfetto dell’umanità”.
Come vediamo, questi Dhyân Chohan non passano attraverso i tre regni come i Pitri
inferiori, né si incarnano nell’uomo fino alla Terza Razza-Radice. Quindi, secondo
l’insegnamento:
I. Ronda. “L’uomo, nella prima Ronda e nella prima Razza, sul Globo D, la nostra
Terra, era un essere etereo (un Dhyâni Lunare, come uomo), non intelligente ma superspirituale; e, di conseguenza, secondo la legge di analogia, apparteneva alla Prima Razza
della Quarta Ronda. In ciascuna delle razze e sotto-razze successive... si immerge sempre
più nella materia e diviene incarnato, ma ancora con preponderanza eterica... È senza sesso
e, come l’animale ed il vegetale, sviluppa dei corpi mostruosi corrispondenti al suo ambiente
grossolano.”
II. Ronda. “Egli (l’uomo) è ancora gigantesco ed etereo, ma diviene più stabile e più
condensato nel suo corpo, è un uomo più fisico, ma ancora meno intelligente che spirituale,
perché il mentale ha un’evoluzione più lenta e più difficile della forma fisica.”
III. Ronda. “Egli possiede adesso un corpo perfettamente concreto e compatto; da
princìpio presenta la forma di una scimmia gigantesca, più intelligente di prima, o piuttosto
più astuto che spirituale. Perché sull’arco discendente, egli ha raggiunto il punto in cui la
sua spiritualità primordiale è stata eclissata ed oscurata dalla mentalità nascente. Nella
152
seconda metà della Terza Ronda, la sua statura gigantesca diminuisce, ed il suo corpo si
modifica migliorando i propri tessuti, ed egli diviene un essere più razionale, per quanto
ancora più vicino ad una scimmia che ad un Deva... (Tutto ciò si ripete quasi esattamente
nella Terza Razza-Radice della Quarta Ronda).”
IV. Ronda. “In questa Ronda l’intelletto ha un enorme sviluppo. Le razze mute (fino a
questo momento) acquistano su questo Globo la nostra parola umana (attuale) e, dopo la
Quarta Razza, il linguaggio è perfezionato e la conoscenza aumenta. A questo punto
mediano della Quarta Ronda (come della Quarta Razza-Radice o Atlantidea) l’umanità
passa il punto assiale del ciclo Manvantarico minore... poiché il mondo è colmo di risultati
dell’attività intellettuale e della diminuita spiritualità...” 1
Ciò che precede è stato tolto dalla lettera autentica; ciò che segue consiste nelle
annotazioni aggiunte dalla stessa mano sotto forma di note a fondo pagina.
(1) ...La lettera originale conteneva un insegnamento generale — un colpo d’occhio a
volo d’uccello — e non entrava nei particolari... Parlare dell’uomo fisico limitando
l’esposizione alle prime Ronde, sarebbe stato un retrocedere fino ai miracolosi ed istantanei
“rivestimenti di pelle” ...La prima “Natura”, il primo “corpo”, la prima “mente” sul primo
piano della percezione, sul primo Globo, nella prima Ronda: è di ciò che si voleva parlare.
Perché il Karma e l’evoluzione hanno:
...concentrato nella nostra costruzione, tali strani estremi
da Nature2 differenti, meravigliosamente mescolate.
(2) “Ricostruite: Esso ha raggiunto adesso il punto (per analogia e come nella Terza
Razza-Radice della Quarta Ronda) in cui la sua (dell’uomo-angelo) spiritualità primordiale
è stata eclissata e adombrata dalla nascente mentalità umana; ed avrete davanti a voi la
giusta versione..”
Queste sono le parole del Maestro: testo, parole e frasi fra virgolette, e le note di
spiegazione in fondo alla pagina. È naturale che vi debba essere una differenza enorme nelle
parole “oggettività” e “soggettività”, “materialità” e “spiritualità” quando esse vengono
applicate a piani differenti dell’essere e della percezione. Tutto ciò deve esser preso in senso
relativo. E perciò non c’è da meravigliarsi se, lasciato alle proprie speculazioni, un autore
molto disposto ad imparare ma ancora senza esperienza in questi insegnamenti astratti, è
caduto in errore. Inoltre, la differenza esistente fra le Ronde e le Razze non era
sufficientemente definita nelle lettere ricevute, non essendo stato antecedentemente
1
[Le Lettere dei Mahatma ad A. P. Sinnett, pp. 86 – 87, ed. or. Queste frasi sono tratte da una lettera del Maestro K. H. ad
Allan Octavian Hume, da lui ricevuta il 9 luglio 1882, secondo un’annotazione di Sinnett….. Le frasi in questione sono nella
Lettera XIV... (Note Supplementari alla Lettera XIV); nell’edizione italiana –Sirio, Trieste., pp. 243 – 44.) Questo è il testo:
“Perciò abbiamo:
I Ronda – un essere eterico – non intelligente, ma super-spirituale. In ognuna delle razze, sottorazze e razze minori
successive dell’evoluzione egli si trasforma sempre più in un essere di carne, ma è ancora soprattutto eterico. E come gli
animali ed i vegetali, ha corpi enormi corrispondenti all’ambiente circostante.
II Ronda – Egli è ancora gigantesco ed eterico, ma ha un corpo più solido e denso – un uomo più fisico, ma sempre meno
intelligente che spirituale; l’evoluzione della mente è più lenta e difficile di quella del corpo fisico, essa non si sviluppa
rapidamente come il corpo.
III Ronda – Ora egli ha un corpo perfettamente solido e compatto; dapprima ha la forma di una scimmia gigantesca ed è più
intelligente (o meglio, furbo) che spirituale. Infatti nell’arco discendente è giunto al punto in cui la sua spiritualità
primordiale è eclissata, od oscurata, dalla mentalità nascente. Nella seconda metà della Terza Ronda la sua statura gigantesca
diminuisce, la struttura del corpo migliora (forse il microscopio potrebbe contribuire a dimostrarlo) ed egli diventa un essere
più razionale – per quanto sia ancora più una scimmia che un uomo Deva.
IV Ronda – In questa ronda l’intelletto ha un enorme sviluppo. Sul nostro globo le razze mute acquisiscono la parola umana,
e a partire dalla Quarta Razza la lingua si perfeziona ed aumenta la conoscenza delle cose fisiche. A metà della Quarta
Ronda il genere umano oltrepassa il punto assiale del cerchio manvantarico minore. (Inoltre, a metà dell’evoluzione di ogni
razza maggiore o radice d’ogni ronda, l’uomo supera l’equatore del suo percorso su quel pianeta e la stessa regola vale per
tutta l’evoluzione o per le sette ronde del Manvantara minore – 7 ronde : 2 = 3½ ronde). A questo punto il mondo è pieno dei
risultati dell’attività intellettuale e della decadenza spirituale”. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
Le Nature delle sette Gerarchie o Classi di Pitri e di Dhyân Chohan che compongono la nostra natura e i nostri corpi.
153
domandato niente su questo soggetto, poiché il discepolo orientale comune avrebbe trovato
facilmente la differenza. Citeremo ancora una lettera del Maestro:
“Gli insegnamenti furono dati protestando... Erano, per così dire, merce passata di
contrabbando... e quando rimasi da solo con uno dei corrispondenti, l’altro, il Signor ....
aveva talmente imbrogliato le carte che restava ben poco da dire senza trasgredire la
legge”.1
I teosofi “ai quali può interessare” ne capiranno il significato.
Insomma tutto ciò dimostra che nelle lettere non è mai stato detto niente che
giustifichi l’affermazione che la Dottrina occulta abbia insegnato o che un Adepto qualsiasi
abbia adottato — salvo metaforicamente — l’assurda teoria moderna della discendenza
dell’uomo da un antenato comune con la scimmia — un antropoide dell’attuale specie
animale. Anche ai giorni nostri nel mondo vi sono più uomini che somigliano a scimmie, che
nei boschi scimmie che somigliano a uomini. In India la scimmia è considerata sacra perché
la sua origine è ben conosciuta dagli Iniziati, per quanto celata sotto un fitto velo allegorico.
Hanumân è il figlio di Pavana (Vâyu, “il dio del vento”) e di Anjanâ, moglie di un mostro
chiamato Kesarî, per quanto la sua genealogia sia variabile. Il lettore troverà nel Volume II,
passim, la spiegazione completa di questa ingegnosa allegoria. Gli uomini della Terza Razza
(nella quale avvenne la separazione dei sessi) erano “Dèi” per la loro spiritualità e purezza,
per quanto privi di intelletto, e, come uomini, ancora sprovvisti di mente.
Questi “uomini” della Terza Razza, gli antenati degli Atlantidei, erano precisamente
dei giganti dall’aspetto scimmiesco, sprovvisti d’intelletto; precisamente come quegli esseri
che, durante la Terza Ronda, rappresentavano l’Umanità. Moralmente irresponsabili, questi
“uomini” della Terza Razza crearono, mediante unioni promiscue con animali di ordine
inferiore, quell’anello mancante che divenne, in ère successive (nel periodo Terziario), il
remoto antenato della vera scimmia, quale la troviamo adesso nella famiglia pitecoide.
E se il lettore troverà che ciò è in contraddizione con l’insegnamento che ci mostra
l’animale come posteriore all’uomo, dovrà tener presente che qui si intende parlare solo dei
mammiferi a placenta. In quell’epoca esistevano degli animali di cui la Zoologia attuale non
ha nessuna idea; ed i modi di riproduzione non erano identici a quelli noti alla Fisiologia
attuale. Non è facile trattare simili soggetti in pubblico, però non vi è contraddizione o
impossibilità in tutto ciò che esponiamo.
Per cui, i primitivi insegnamenti, per quanto vaghi, frammentari e non completamente
soddisfacenti, non insegnavano affatto l’evoluzione dell’“uomo” dalla “scimmia”. Né
l’autore di Buddhismo Esoterico lo afferma in qualche punto del suo libro, per quanto, data la
sua inclinazione per la scienza moderna, egli abbia potuto talvolta esprimersi in un modo tale
da giustificare forse una simile deduzione. L’uomo che ha preceduto la Quarta Razza, quella
Atlantidea, per quanto fisicamente abbia potuto somigliare ad una “scimmia gigantesca” —
“contraffazione dell’uomo, ma priva della vita umana” — era tuttavia un uomo pensante e
già dotato della favella. I Lemuro-Atlantidei formavano una Razza altamente civilizzata e, se
accettiamo la tradizione che storicamente è più esatta delle invenzioni speculative che
passano adesso sotto il nome di storia, erano superiori a noi con tutte le nostre scienze e la
nostra degradata civiltà attuale. Così erano per lo meno i Lemuro-Atlantidei dalla fine della
Terza Razza.
E adesso riprendiamo i Commentari alle Stanze.
1
[Qui sembra che non ci sia un’informazione definita su questa lettera, dalla quale H. P. B. cita, e anche la sua vera data
rimane incerta. -Nota di B. de Zirkoff.]
154
STANZA VI –continuazione.
5. — ALLA QUARTA1 (a), AI FIGLI È DETTO DI CREARE LE LORO IMMAGINI. UN TERZO RIFIUTA
— DUE TERZI OBBEDISCONO.
LA MALEDIZIONE È PRONUNCIATA (b): ESSI NASCERANNO NELLA QUARTA,2 SOFFRIRANNO E
FARANNO SOFFRIRE. QUESTA È LA PRIMA GUERRA (c).
L’intero significato di questa shloka non può essere compreso pienamente che dopo
aver letto le spiegazioni dettagliate che sono date nel Volume II° dell’Antropogenesi e dei
relativi Commentari. Fra questa shloka e la 4 passano ère lunghissime, e adesso spuntano
l’aurora e l’alba di un nuovo eone. Il dramma che si svolge sul nostro pianeta è all’inizio del
quarto atto; ma, per poter ben capire l’intera opera, occorre che, prima di continuare, il lettore
rilegga ciò che è stato detto precedentemente; questo verso appartiene alla Cosmogonia
generale esposta nei Volumi arcaici, mentre nel Volume II° sarà fatta una narrazione
dettagliata della “creazione” o, piuttosto, della formazione dei primi esseri umani, creazione
seguita dalla seconda umanità e poi dalla terza o, come vengono chiamate: la Prima, la
Seconda e la Terza Razza-Radice. Come la Terra è stata in origine un globo di fuoco liquido,
di polvere ignea ed il proprio fantasma protoplasmico, così pure lo è stato l’uomo.
(a) Alla parola “Quarta” è dato il significato di Quarta Ronda, basandosi sull’autorità
dei Commentari. Essa può ugualmente significare “Quarta Eternità”, “Quarta Ronda”, ed
anche “Quarto Globo”, il nostro. Poiché, come verrà dimostrato ripetutamente in seguito,
quest’ultima è la quarta Sfera sul quarto piano — il più basso della vita materiale. Quindi,
noi siamo nella Quarta Ronda al punto mediano in cui dovrebbe aver luogo l’equilibrio
perfetto fra lo Spirito e la Materia.
Fu, come vedremo, in questo periodo — al punto più elevato della civiltà, della
conoscenza ed anche dell’intellettualità umana della Quarta Razza, l’Atlantidea — che, a
causa della crisi finale dell’aggiustamento fisiologico-spirituale delle Razze, l’umanità si
divise in due sentieri diametralmente opposti, e cioè: Il Sentiero della Mano Destra e quello
della Mano Sinistra, della Conoscenza o Vidyâ. Ecco le parole del Commentario:
“Così furono seminati in quell’epoca i germi della Magia Bianca e della Magia
Nera. I semi rimasero latenti per un certo tempo e germogliarono soltanto nel primo periodo
della Quinta Razza (la nostra)”.
Il Commentario prosegue inoltre dicendo:
“La Santa Gioventù (gli Dèi) rifiutò di moltiplicare e di creare delle Razze a loro
somiglianza e della loro specie: Non sono Forme (Rûpa) adatte per noi. Debbono ancora
svilupparsi. Essi si rifiutarono di entrare nelle Chhâyâ (Ombre o Immagini) dei loro
inferiori. Così prevalsero sin dal princìpio i sentimenti egoistici anche fra gli Dèi, ed essi
caddero sotto l’occhio dei Lipika karmici”.
Essi ebbero a soffrirne nelle nascite future. Come gli Dèi fossero colpiti dalla
punizione lo vedremo nel Volume II.
È tradizione universale che, prima della “caduta” fisiologica, la propagazione della
specie, tanto umana che animale, si effettuasse per Volontà dei Creatori o della loro progenie.
Questa fu la Caduta dello Spirito nella generazione e non la Caduta dell’uomo mortale. Come
è già stato detto, lo Spirito, per diventare auto-cosciente, deve passare attraverso ogni ciclo
dell’essere, culminante nel suo punto più elevato sulla terra, nell’Uomo. Lo Spirito per sé è
un’astrazione negativa non-cosciente. La sua purezza è inerente ad esso, e non acquisita per
merito; quindi, come abbiamo già detto, ogni Ego, per divenire il più elevato dei Dhyân
1
2
Ronda, o rivoluzione della Vita e dell’Essere intorno alle sette Ruote più piccole.
Razza.
155
Chohan, deve necessariamente raggiungere la piena auto-coscienza come essere umano, cioè
come essere cosciente sintetizzato per noi nell’Uomo. I cabalisti ebrei, sostenendo che lo
Spirito non può appartenere alla Gerarchia Divina, a meno che Ruach (Spirito) non si unisca
a Nephesh (Anima Vivente), ripetono semplicemente l’insegnamento esoterico orientale:
“Un Dhyani dovrà diventare un Âtmâ-Buddhi. Quando Buddhi-Manas si distacca
dall’immortale Âtmâ, del quale esso (Buddhi) è il veicolo, Âtman passa nel Non-Essere che è
l’Essere Assoluto”.
Ciò significa che lo stato puramente nirvânico è un ritorno dello Spirito all’astrazione
ideale “dell’Esseità”, che non ha relazione con il piano sul quale il nostro Universo compie i
suoi cicli.
(b) “La maledizione è pronunciata” non significa, in questo caso, che un Essere
personale qualsiasi, Dio o uno Spirito Superiore, l’abbia pronunciata, ma semplicemente che
la causa, che non poteva creare altro che cattivi risultati, era stata generata; per cui gli effetti
di questa causa karmica potevano condurre gli Esseri che agivano contro le leggi della
Natura, impedendone quindi il progresso legittimo, soltanto a cattive incarnazioni e quindi
alla sofferenza.
(c) “Vi furono molte guerre”, si riferisce alle lotte di aggiustamento spirituale,
cosmico ed astronomico, ma specialmente al mistero dell’evoluzione dell’uomo come esso è
attualmente. I Poteri, o le pure Essenze, a cui venne “ordinato di creare”, si riferiscono ad un
mistero che sarà spiegato altrove, come abbiamo già accennato. Non si tratta soltanto di uno
dei segreti più occulti della Natura — il segreto della generazione, intorno alla cui soluzione
gli embriologi si sono inutilmente affannati — ma si tratta pure di una funzione divina che
implica quel grande mistero religioso, o piuttosto dogmatico, della cosiddetta “Caduta degli
Angeli”. Quando il significato dell’allegoria sarà spiegato, si vedrà che Satana e la sua
Legione ribelle si sono rifiutati di creare l’uomo fisico solo per divenire i Salvatori e Creatori
diretti dell’Uomo divino. L’insegnamento simbolico, più che mistico e religioso, come
vedremo più avanti, è puramente scientifico. Infatti, anziché adattarsi a restare un semplice
strumento funzionante ciecamente, spinto e guidato dalla Legge imperscrutabile, l’Angelo
“ribelle” reclamò ed impose il proprio diritto di far uso di un giudizio e di una volontà
indipendenti, della propria libertà di azione e della propria responsabilità, poiché tanto
l’Uomo che l’Angelo sono ambedue sotto il dominio della Legge Karmica.
L’autore di New Aspects of Life, spiegando l’opinione dei cabalisti, dice a proposito
degli Angeli caduti:
Secondo l’insegnamento simbolico, lo Spirito, dopo essere stato un semplice strumento dell’azione di
Dio, divenne volitivo nello sviluppo e nella esplicazione della propria azione; e, quindi, sostituendo la propria
volontà al desiderio divino, cadde. Così il regno degli spiriti e dell’azione spirituale, che emanò dalla volontà
dello Spirito e che ne è il prodotto, è al di fuori, in contrasto ed in contraddizione, con il regno delle anime e
dell’azione divina.1
Ciò va bene, ma bisogna vedere che cosa intende dire l’autore scrivendo:
Quando l’uomo fu creato, era umano come costituzione, dotato di affetti, di speranze e di aspirazioni
umane. Da tale stato egli cadde in quello del bruto e del selvaggio.
Questo è diametralmente l’opposto degli insegnamenti orientali e dell’idea cabalistica
come noi la comprendiamo, ed anche della Bibbia stessa. Ciò somiglia al Corporalismo ed al
Sostanzialismo che colorano la Filosofia positivista, per quanto sia piuttosto difficile capir
bene il pensiero dell’autore. In ogni modo, una caduta “dal naturale nel super-naturale e
nell’animale” — super-naturale avente in questo caso il significato di puramente spirituale —
implica quanto noi diciamo.
Il Nuovo Testamento parla di una di queste “Guerre” nei seguenti termini:
1
Pag. 235.
156
E si fece battaglia nel cielo: Michele ed i suoi Angeli combatterono con il Dragone; ugualmente il
Dragone ed i suoi Angeli combatterono, ma non vinsero, ed il luogo loro non fu più trovato nel cielo. E il gran
Dragone, il serpente antico, che è chiamato Diavolo e Satana, il quale seduce tutto il mondo, fu scacciato...1
La versione cabalistica della medesima storia, è data nel Codex Nazareus, la Scrittura
dei Nazareni, i veri mistici cristiani di Giovanni Battista, gli Iniziati del Christos, Bahak
Zivo, il “Padre dei Genii” che riceve l’ordine di costruire delle creature — di “creare”. Ma
siccome egli “ignora Orcus”,2 non riesce a farlo, e chiama in suo aiuto Fetahil, uno spirito
ancora più puro, ma neppure lui ci riesce. Questa è una ripetizione dell’insuccesso dei
“Padri”, i Signori di Luce, che fallirono uno dopo l’altro.3
Diamo ora degli estratti dalle nostre opere precedenti:4
Viene quindi lo stadio della creazione dello Spirito5 (del cosiddetto Spirito della Terra, o Anima,
Psyche, che San Giacomo chiama “diabolica”), la parte inferiore dell’Anima Mundi o Luce Astrale, (vedi la
fine di questa shloka). Per i Nazareni e gli Gnostici questo Spirito era femminile. Così lo Spirito della Terra,
vedendo che per Fetahil6 l’uomo più recente (l’ultimo) lo splendore era “cambiato” e che in sua vece esisteva la
“decadenza e la rovina”, risveglia Karabtanos,7 che era matto, senza senno e senza discernimento” e gli dice:
“Sorgi, vedi, lo Splendore (Luce) dell’Uomo più recente (Fetahil) ha fallito (nel produrre o creare gli uomini), la
decrescenza di questo Splendore è visibile. Sorgi, vieni con tua Madre (lo Spiritus) e lìberati dalle limitazioni
che ti ostacolano, ed anche da quelle del mondo intero”. Dopo ciò segue l’unione della folle e cieca materia,
guidata dalle insinuazioni dello Spirito (non il Soffio Divino, ma lo Spirito Astrale che, per la sua duplice
essenza, è già contaminato dalla materia); ed essendo stata accettata l’offerta della Madre, (lo Spiritus)
concepisce “Sette Figure” e i Sette Stellari (i Pianeti), che rappresentano pure i sette peccati capitali, la
progenie di un’Anima Astrale, separata dalla sua sorgente divina (spirito), e la materia, il cieco demone della
concupiscenza. Vedendo ciò, Fetahil stende la mano verso l’abisso della materia e dice: “Che la terra esista
come è esistita la dimora dei Poteri”. Tuffando quindi la mano nel Chaos, che egli condensa, crea il nostro
pianeta.
Il Codex narra poi come il Bahak Zivo venne separato dallo Spiritus, ed i Genii o Angeli dai Ribelli8
Quindi Mano (il più grande),9 che dimora con il più grande Ferho, chiama Kebar Zivo (conosciuto pure sotto il
nome di Nebat Iavar bar Iufin Ifafin), il Timone e la Vite del Nutrimento della Vita10 — essendo egli la terza
Vita; ed avendo compassione dei Genii, pazzi e ribelli a causa dell’immensità della loro ambizione dice:
“Signore dei Geni11 (Eoni) vedi che cosa fanno i Genii (gli Angeli Ribelli) e che cosa stanno deliberando.12 Essi
dicono: “Risvegliamo il mondo e richiamiamo in esistenza i “Poteri”. I Genii sono i Prìncipi (Principes), i Figli
della Luce, ma Tu sei il Messaggero della Vita”.
È per controbilanciare l’influenza dei sette princìpi “mal disposti”, la progenie di Spiritus, Kebar Zivo
(o Cabar Zio), il possente Signore di Splendore, produce sette altre vite (le virtù cardinali), che brillano
dall’alto”13 nella propria luce e forma, e ristabiliscono così l’equilibrio fra il bene ed il male, fra la luce e le
tenebre.
Qui ritroviamo una ripetizione dei primitivi sistemi duali allegorici, come quello
zoroastriano, e vi scopriamo un germe delle future Religioni dogmatiche dualiste; germe che
ha generato un albero lussureggiante nel Cristianesimo ecclesiastico. È il primo accenno ai
due “Supremi” — Dio e Satana. Ma nelle Stanze non esiste una simile idea.
1
Apocalisse.7, 9.
[Antico nome del Diavolo e, metaforicamente, l’Inferno. –N.d.T.]
3
Vedi Volume II, shloka 17.
4
Iside Svelata, I, 299, 300. Consultare Dunlop: Sôd, il Figlio dell’Uomo, pp. 51 e seg.
5
Vedi Volume II, shloka 17.
6
Fetahil è identico alla Legione dei Pitri, che “crearono l’uomo” solo come un “involucro”. Per i Nazareni egli era il Re
della Luce ed il Creatore; ma nel caso presente egli è soltanto l’infelice Prometeo, che non riesce ad impadronirsi del Fuoco
Vivente, necessario alla formazione dell’Anima Divina, perché ignora il nome segreto, il nome ineffabile ed incomunicabile
dei cabalisti.
7
Lo Spirito della Materia e della concupiscenza, Kâma Rûpa minus Manas, la Mente.
8
Codex Nazareus, II. 233.
9
Questo Mano dei Nazareni, somiglia stranamente al Manu indù, l’Uomo Celeste del Rig Veda.
10
“Io son la vera Vite ed il Padre mio è il Vignaiolo”. (S. Giovanni, xv, 1.)
11
Per gli Gnostici, Cristo, come pure Michele che, sotto certi aspetti, è identico a lui, era il “Capo degli Eoni”.
12
Codex Nazareus, i, 135.
13
Vedi la Cosmogonia di Ferecide.
2
157
La maggior parte dei cabalisti cristiani occidentali — e specialmente Éliphas Lévi —
nel desiderio di riconciliare le Scienze Occulte con i dogmi della Chiesa, fecero del loro
meglio per fare, della “Luce Astrale”, soltanto e preminentemente il Plerôma dei primi Padri
della Chiesa, la dimora delle Legioni degli Angeli Caduti, degli “Arconti” e dei Poteri”. Ma
la Luce Astrale, per quanto sia soltanto l’aspetto inferiore dell’Assoluto, è pur sempre duale.
È l’Anima Mundi, e non dovrebbe mai essere considerata diversamente, tranne che per scopi
cabalistici. La differenza che esiste fra la sua “Luce” ed il suo “Fuoco Vivente”, dovrebbe
essere sempre presente alla mente del Veggente e dello Psichico. L’aspetto superiore di
questa “Luce”, senza la quale non possono essere prodotte che creature di materia, è questo
Fuoco Vivente ed il suo Settimo Princìpio. In Iside Svelata ne viene data una descrizione
completa:
La Luce Astrale o Anima Mundi è duale e bisessuale. La sua parte maschile (ideale) è puramente
divina e spirituale, è Saggezza, è lo Spirito o Purusha; mentre la parte femminile (lo Spiritus dei Nazareni) è, in
un senso, contaminata dalla materia; è, in realtà, materia e quindi è già il male. È il principìo vitale di ogni
creatura vivente, e fornisce l’anima astrale, il perispirito fluidico, agli uomini, agli animali, agli uccelli ed a
qualsiasi cosa vivente. Gli animali non hanno in loro stessi che il germe latente dell’anima superiore immortale.
Quest’ultima si svilupperà soltanto dopo una serie di innumerevoli evoluzioni; e la dottrina di tali evoluzioni è
contenuta nell’assioma cabalistico: “Una pietra diventa una pianta, la pianta un animale, l’animale un uomo,
l’uomo uno spirito e lo spirito un dio.1
I sette Princìpi degli Iniziati orientali non erano ancora stati esposti quando fu scritta
Iside Svelata, ma si era parlato soltanto delle tre Facce cabalistiche della Cabala semiexoterica2. Però queste contengono solo la descrizione della natura mistica del primo Gruppo
dei Dhyân Chohan nel regimen ignis, “la regione e la legge (o governo) del fuoco”, diviso in
tre classi, sintetizzate nella prima, che fa quattro o la “Tetraktis”. Studiando attentamente i
Commentari si constaterà la medesima progressione nelle nature angeliche, cioè dal passivo
all’attivo; gli ultimi di questi Esseri sono tanto vicini all’Elemento Ahamkâra — la regione o
piano dove l’Egoicità, o capacità di dire Io sono, comincia a definirsi — quanto i primi sono
vicini all’Essenza indifferenziata. I primi sono Arûpa, incorporei; gli ultimi Rûpa, corporei.
Nel Volume II di Iside Svelata3 i sistemi filosofici degli Gnostici e degli ebrei
cristiani primitivi, i Nazareni e gli Ebioniti, sono esaminati a fondo. Questi sistemi ci
mostrano quali fossero le idee di quell’epoca al di fuori della cerchia degli ebrei di Mosè, su
Jehovah.
Tutti gli Gnostici lo identificavano con il princìpio del male piuttosto che con quello
del bene. Per essi era IldaBaoth, il “Figlio delle Tenebre”, la cui madre, Sophia Achamôth,
era la figlia di Sophia, la Saggezza Divina — lo Spirito Santo femminile dei primi cristiani —
Akâsha; Sophia Achamôth personificava la Luce Astrale inferiore o Etere. La Luce Astrale si
trova, rispetto a Akâsha e all’Anima Mundi, nella medesima relazione di Satana rispetto alla
Divinità. Essi sono una sola e medesima cosa vista sotto due aspetti, lo spirituale e lo
psichico — l’anello di congiunzione super-eterico fra la materia e lo spirito puro — ed il
fisico.4 IldaBaoth — un nome composto costituito da Ilda (“ )י ל דfanciullo” e da Baoth;
quest’ultimo derivante da כ ה י ע, un uovo, e כ ה ו ח, il Chaos, il vuoto e la desolazione;
ossia il Fanciullo nato nell’Uovo del Chaos, come Brahmâ — o Jehovah, è dunque
semplicemente uno degli Elohim, i Sette Spiriti Creatori ed uno dei Sephiroth inferiori.
IldaBaoth produce da se stesso sette altri Dèi, gli “Spiriti Stellari” o gli Antenati Lunari5, ciò
1
I, 301, nota.
Si trovano, comunque, nel Libro dei Numeri caldeo.
3
Op. cit., II, 183 e seg.
4
Circa la differenza esistente fra nous, la Saggezza divina superiore, e psyche, quella inferiore e terrena, vedi: S. Giacomo,
iii, 15 – 17.
5
Le relazioni fra Jehovah e la Luna sono ben conosciute dagli studiosi della Cabala.
2
158
che è la medesima cosa,1 Essi sono tutti a sua immagine, gli “Spiriti della Faccia”, il riflesso
l’uno dell’altro, e divengono sempre più oscuri e più materiali mentre si allontanano
gradatamente dalla sorgente da cui procedono. Essi dimorano pure in sette regioni disposte a
scala, ed i suoi scalini formano la scala percorsa dallo spirito e dalla materia.2
Per i pagani e i cristiani, gli indù e i caldei, i greci ed i cattolici romani — con lievi
varianti nell’interpretazione dei testi — questi Spiriti erano i Genii dei sette pianeti e delle
sette sfere planetarie della nostra Catena settenaria, della quale la Terra è il Globo inferiore.
Ciò mette in relazione gli Spiriti “Stellari” e “Lunari” con gli Angeli planetari superiori e con
i Saptarshi, i sette Rishi delle Stelle degli indù — come Angeli subordinati, o Messaggeri, di
questi Rishi, loro emanazione sulla scala discendente.
Tali erano, per i filosofi gnostici, gli Dèi e gli Arcangeli venerati adesso dai cristiani!
Gli “Angeli Caduti” e la leggenda della “Guerra nel Cielo”, hanno dunque un’origine
puramente pagana, e provengono dall’India, attraverso la Persia e la Caldea. L’unica
allusione che viene fatta nei canoni cristiani, è quella che si trova nell’Apocalisse (xii) e che
abbiamo citato più sopra.
Così, cessando di considerare “Satana” nello spirito superstizioso, dogmatico ed
antifilosofico delle Chiese, esso assurge all’immagine grandiosa di colui che trasforma
l’uomo terrestre nell’Uomo divino; che gli dà, per tutta la lunga durata del Ciclo del
Mahâkalpa, la legge dello Spirito della Vita e lo libera dal peccato dell’ignoranza e,
conseguentemente, dalla morte.
STANZA VI -continuazione
6. LE RUOTE PIÙ ANTICHE ROTEARONO VERSO IL BASSO E VERSO L’ALTO (a). ... GLI OVULI
DELLA MADRE RIEMPIVANO IL TUTTO3. VI FURONO BATTAGLIE COMBATTUTE FRA
CREATORI E DISTRUTTORI E BATTAGLIE COMBATTUTE PER LO SPAZIO; IL SEME APPARIVA E
RIAPPARIVA CONTINUAMENTE (b)4.
(a) Avendo finito per il momento con le nostre questioni incidentali che, per quanto
interrompano il corso della narrazione, sono necessarie per le delucidazioni sull’intero
schema, dobbiamo ritornare alla Cosmogonia. L’espressione “Ruote più antiche” si riferisce
ai Mondi o Globi della nostra Catena, quali erano durante le Ronde precedenti. Questa
Stanza, se spiegata esotericamente, apparirà del tutto incorporata nelle opere cabalistiche. In
essa troveremo la storia esatta dell’evoluzione di quegli innumerevoli Globi che evolvono
dopo un Pralaya periodico e che vengono ricostruiti in nuove forme con materiale antico. I
Globi precedenti si disintegrano e riappaiono trasformati e perfezionati per una nuova fase di
vita. Nella Cabala i Mondi vengono paragonati a scintille che sprizzano sotto il martello del
grande Architetto — la Legge, Legge che governa tutti i Creatori inferiori. Il diagramma
comparativo che segue dimostra l’identità fra i due sistemi, il cabalistico e l’orientale. I tre
piani superiori sono i tre piani superiori di coscienza che, in ambedue le Scuole, vengono
rivelati e spiegati soltanto agli Iniziati; quelli più in basso rappresentano i quattro piani
inferiori — ed il più basso di tutti è il nostro piano o Universo visibile.
1
Per i Nazareni; vedi: Iside Svelata, II, 131-132. I veri seguaci dell’autentico Christos erano tutti nazareni e cristiani, e sono
stati gli antagonisti dei cristiani posteriori.
2
Vedi il diagramma della Catena Lunare dei sette mondi, dove, come nella nostra Catena o come in qualsiasi altra, i mondi
superiori sono spirituali, mentre quello più basso — che si tratti della Luna, o della Terra, o di un altro pianeta qualsiasi — è
oscurato dalla materia.
3
L’intero Cosmo. Si ricorda al lettore che nelle Stanze il Cosmo spesso significa solo il nostro sistema solare, e non
l’Universo Infinito.
4
Questo è puramente astronomico.
159
Diagramma III
(1) L’Arûpa o “Senza Forma”, là dove la forma cessa di esistere sul piano oggettivo.
(2) “Archetipale” non deve essere preso qui nel senso attribuito dai Platonici, e cioè il mondo quale
esisteva nella mente della Divinità, ma nel senso di primo modello di un mondo che doveva essere seguito e
migliorato dai mondi che gli successero fisicamente, per quanto questi fossero degenerati dal punto di vista
della purezza.
(3) I quattro piani inferiori della Coscienza Cosmica, i tre piani superiori sono inaccessibili alla mente
umana nel suo grado di sviluppo attuale. I sette stati di coscienza umana appartengono completamente ad
un’altra questione.
Questi sette piani corrispondono ai sette stati di coscienza nell’uomo. Egli deve porre
in sintonia i tre stati superiori esistenti in lui con i tre piani superiori del Cosmo. Ma, prima di
poter tentare questa sintonia, è necessario che egli ridesti questi tre “aspetti” alla vita ed
all’attività. E ben pochi sono capaci di comprendere, sia pure superficialmente, l’Atmâ Vidyâ
(Conoscenza dello Spirito) o quello che i Sufi chiamano Rohanee1.
(b) “Il Seme appare e riappare continuamente”. In questo caso, “Seme” significa
“Germe del Mondo”, ciò che la scienza considera come particelle materiali in una condizione
altamente attenuata, ma che la Fisica Occulta considera come “particelle spirituali”, cioè
come materia supersensoria esistente allo stato di differenziazione primordiale. Per vedere ed
apprezzare la differenza, l’enorme abisso che separa la materia terrestre dagli stati più sottili
della materia supersensoria — ogni astronomo, ogni chimico, ogni fisico, dovrebbe essere
almeno uno Psicometro. Dovrebbe essere capace di percepire da solo quella differenza alla
quale rifiuta di credere. Elisabetta Denton — una fra le donne più colte ed anche fra le più
1
Per una spiegazione più chiara vedi “Saptaparna” [Stanza VII- continuazione.]
160
materialiste e più scettiche del suo secolo, moglie del prof. Denton, il celebre geologo
americano ed autore di The Soul of Things — era, malgrado il suo scetticismo, una
psicometra delle più meravigliose. Ecco ciò che essa descrive durante uno dei suoi
esperimenti. Le avevano posto sulla fronte una particella di meteorite, chiusa in una busta. Ed
ella, senza conoscerne il contenuto, disse:
Quale differenza fra ciò che noi consideriamo come materia e ciò che appare là come materia! Qui gli
elementi sono così rozzi ed angolosi che non so come sia possibile sopportarli, e soprattutto desiderare di
continuare le nostre attuali relazioni con essi. Là tutti gli elementi sono così raffinati, così liberi da quelle grandi
e rozze angolosità che caratterizzano i nostri, che non posso fare a meno di considerare quei nuovi elementi
come rappresentativi, molto più dei nostri, della vera esistenza”.1
Nella Teogonia, ogni seme è un organismo etereo, dal quale evolve più tardi un
Essere Celeste, un Dio. In “Princìpio”, ciò che nella fraseologia mistica è chiamato il
“Desiderio Cosmico” diviene la Luce Assoluta. Ora, la Luce, se non avesse nessuna ombra,
sarebbe la Luce Assoluta o, in altre parole, l’Oscurità Assoluta, come tenta di provare la
scienza fisica. Questa “Ombra” appare sotto forma di materia primordiale o,
allegoricamente, come lo Spirito del Fuoco o Calore Creativo.
Se, respingendo la forma poetica ed allegorica, la scienza preferisce vedere in ciò la
“bruma ignea” primordiale, è libera di farlo. Nell’uno o nell’altro modo, che sia Fohat o la
famosa Forza della scienza — Forza senza nome ed altrettanto difficile a definirsi quanto
Fohat stesso, questo qualcosa è “la causa del movimento circolare dell’Universo” come ha
detto Platone e come viene espresso nell’insegnamento occulto:
“Il Sole Centrale fa sì che Fohat raccolga la polvere primordiale sotto forma di
globi, costringendoli a muoversi secondo linee convergenti, ad accostarsi infine l’uno
all’altro e ad aggregarsi... Essendo sparsi nello Spazio, senza ordine o sistema, i Germi dei
Mondi cozzano sovente fino alla loro aggregazione finale, dopo la quale divengono Erranti
(Comete). Allora cominciano le battaglie e le lotte. I più anziani (corpi) attraggono i più
giovani, mentre altri li respingono. Molti periscono divorati dai loro compagni più forti.
Quelli che si salvano diventano Mondi”2.
Queste frasi, analizzate ed esaminate accuratamente, appariranno tanto scientifiche
quanto tutto ciò che la scienza moderna stessa può dire intorno a tale soggetto.
Come ci viene assicurato, esistono, specialmente in tedesco, diverse opere moderne di
carattere speculativo che trattano di queste “lotte per la vita” negli spazi siderali. Questo ci fa
piacere, poiché il nostro è un insegnamento occulto che si perde nelle tenebre delle epoche
arcaiche. Ne abbiamo parlato estesamente in Iside Svelata,3 e l’idea dell’evoluzione, simile a
quella di Darwin, della lotta per la vita e per la supremazia, della “sopravvivenza del più
idoneo” fra le Legioni in alto, come fra quelle in basso, appare in entrambi i Volumi del
nostro precedente lavoro scritto nel 1876. Però l’idea non è nostra, ma appartiene
all’antichità. Perfino gli scrittori purânici hanno intessuto ingegnosamente l’allegoria con
fatti cosmici ed eventi umani. Qualunque studioso di simbolismo può discernere le loro
allusioni astronomiche, anche se non è capace di afferrarne l’intero significato. Le “grandi
guerre nel cielo” dei Purâna, le guerre dei Titani di Esiodo e di altri scrittori classici, le
“lotte” fra Osiride e Tifone nel mito egiziano, come pure quelle delle leggende scandinave, si
riferiscono tutte al medesimo soggetto. La mitologia nordica ne parla come della “battaglia
delle Fiamme” e narra dei figli di Muspel che combatterono sul campo di Wigred. Tutte
queste si riferiscono al Cielo e alla Terra, ed hanno un doppio e spesso un triplice significato,
ed un’applicazione esoterica alle cose in alto come a quelle in basso. Tale significato si
1
Op. cit., III, 346.
Il Libro di Dzyan.
3
Vedi l’Indice, alle parole “Evoluzione”, “Darwin”, “Kapila”, “Battaglia della Vita”, ecc.
2
161
riferisce separatamente a lotte astronomiche, teogoniche ed umane; all’aggiustamento dei
globi ed alla supremazia fra le nazioni e le tribù.
La “lotta per l’esistenza” e la “sopravvivenza del più idoneo” regnarono supreme fin
dal momento che il Cosmo si manifestò in esistenza, e non potevano sfuggire all’occhio
osservatore degli antichi Saggi. Perciò abbiamo le battaglie incessanti di Indra, il dio del
Firmamento, contro gli Asura — decaduti da Dèi elevati a Demoni cosmici, e più tardi
incarnati come re e mortali, e contro Vritra o Ahi; le guerre combattute fra le stelle e le
costellazioni, fra le lune ed i pianeti. Da ciò proviene pure la “guerra nel cielo” di Michele e
della sua Legione, contro il Drago—Giove e Lucifero–Venere — quando un terzo delle stelle
della Legione ribelle fu precipitato nello Spazio e “il loro posto non fu più trovato in cielo”.
Come scrivemmo molto tempo fa:
Questa è la pietra angolare e fondamentale del cicli segreti e dimostra che Brâhmani e Tanaïm... speculavano
sulla creazione e lo sviluppo del mondo in un modo del tutto darwiniano, precorrendo Darwin stesso e la sua
Scuola nelle idee sulla selezione naturale, allo sviluppo graduale ed alla trasformazione delle specie.1
Vi furono dei mondi vecchi che perirono, conquistati da quelli nuovi, ecc.
L’affermazione che tutti i mondi (stelle, pianeti, ecc.) — non appena un nucleo di sostanza
primordiale allo stato laya (indifferenziato) è animato dai princìpi liberati di un corpo
siderale deceduto — diventano prima delle comete, poi dei soli ed infine, raffreddandosi, dei
mondi abitabili, è un insegnamento antico quanto i Rishi stessi.
Quindi, i Libri Segreti insegnano chiaramente un’Astronomia che non sarebbe
respinta nemmeno dai moderni, se quest’ultima fosse in grado di comprenderne a fondo gli
insegnamenti; poiché l’Astronomia arcaica e le antiche scienze fisiche e matematiche
esprimevano dei concetti identici a quelli della scienza moderna, oltre ad altre idee
d’importanza molto maggiore. L’idea di una “lotta per l’esistenza” e di una “sopravvivenza
del più idoneo”, tanto nei mondi superiori quanto sul nostro pianeta, era chiaramente
affermata. Tale insegnamento però, anche se non fosse interamente respinto dalla scienza,
sarebbe certamente ripudiato nel suo insieme, poiché afferma che vi sono soltanto sette “Dèi”
primordiali, nati di per sé ed emanati dall’Uno trino. In altre parole, ciò significa che tutti i
mondi o corpi siderali — sempre per stretta analogia — sono formati gli uni dagli altri, dopo
che la manifestazione primordiale, all’inizio della Grande Èra, si è compiuta.
La nascita dei corpi celesti nello spazio è paragonata ad una moltitudine di pellegrini
che assistono alla Festa dei Fuochi. Sette asceti appaiono sulla soglia del tempio, tenendo in
mano sette bastoncini di incenso accesi. Alla loro fiamma, la prima fila di pellegrini accende,
a sua volta, i propri bastoncini, che ogni asceta fa poi roteare nello spazio, attorno alla
propria testa, provvedendo così di fuoco anche gli altri pellegrini. La stessa cosa avviene con
i corpi celesti. Un centro-laya è acceso e risvegliato alla vita dal fuoco di un altro
“pellegrino”, dopo di che il nuovo “centro” precipita nello spazio e diventa una cometa. È
soltanto dopo aver perduto la propria velocità e, conseguentemente, la propria coda ignea,
che il Drago Fiammeggiante si assesta ad una vita tranquilla e regolare, come un cittadino
rispettabile della famiglia siderale. Perciò è detto:
“Nato nelle profondità insondabili dello Spazio dall’Elemento omogeneo chiamato
l’Anima del Mondo, ogni nucleo di materia cosmica, lanciato istantaneamente alla vita,
inizia la propria esistenza nelle circostanze più ostili. Attraverso un’innumerevole serie di
ère deve conquistarsi il proprio posto nelle infinitudini. Esso circola roteando fra i corpi più
densi e già fissi, muovendosi a sbalzi e dirigendosi verso qualche determinato punto o centro
che lo attrae e, simile ad una nave attirata in un canale tortuoso, disseminato di scogli a fior
d’acqua e sotto di essa, cerca di evitare altri corpi che alternativamente lo attraggono o lo
respingono. Molti periscono, la loro massa si disintegra, assorbita da masse più forti e,
1
Iside Svelata, Vol. II, pag. 260.
162
quando sono nati nell’ambito di un sistema planetario, periscono principalmente nel ventre
insaziabile dei rispettivi Soli. Quei nuclei che si muovono più lentamente e sono spinti in una
corsa ellittica, sono condannati, presto o tardi, a sparire. Altri, muovendosi in curve
paraboliche, sfuggono generalmente alla distruzione per effetto della loro velocità”.
Qualche lettore dal temperamento molto critico penserà forse che questo
insegnamento, secondo il quale tutti i corpi celesti devono passare attraverso lo stadio
cometario, sia in contraddizione con ciò che abbiamo affermato precedentemente, e cioè che
la Luna è la madre della Terra. Egli immaginerà forse che occorra l’intuizione per
armonizzare questi due insegnamenti. Ma in verità non è questo il caso. Che cosa ne sa la
scienza delle comete, della loro genesi, della loro crescita e della loro sorte definitiva?
Niente, assolutamente niente! E che cosa vi è di impossibile nell’idea che un centro-laya —
una massa di protoplasma cosmico, omogeneo e latente — quando viene istantaneamente
animato o infiammato, precipita dal proprio letto nello spazio e rotea attraverso le profondità
abissali, per fortificare il suo organismo omogeneo mediante l’accumulo e l’aggiunta di
elementi differenziati? E perché una simile cometa non dovrebbe stabilizzarsi nella vita,
vivere e divenire un globo abitato?
“Molte sono le dimore di Fohat” — è detto. “Esso colloca i suoi Quattro Figli Ignei
(elettro-positivi) nei Quattro Circoli”; questi Circoli sono l’equatore, l’eclittica ed i due
paralleli di declinazione o i tropici, per presiedere sui climi dove sono collocate le Quattro
Entità Mistiche. Ed ancora:
“Altri Sette (Figli) sono incaricati di presiedere sui sette Loka ardenti e sui sette
Loka freddi (gli Inferni dei Brâhmani ortodossi) alle due estremità dell’Uovo di Materia (la
nostra Terra ed i suoi poli)”.
I sette Loka sono chiamati altrove gli “Anelli” ed i “Circoli”. Gli antichi contavano
sette circoli polari anziché due, come fanno gli europei, poiché si dice che il Monte Meru,
che è il Polo Nord, possegga sette scalini d’oro e sette d’argento che conducono ad esso.
La strana frase di una delle Stanze, che dice : “I canti di Fohat e dei suoi Figli erano
RADIOSI come il Sole meridiano e la Luna uniti insieme”, e i QUATTRO FIGLI sul Circolo
Quadruplice mediano “VIDERO i Canti del loro Padre e ne udirono la Radiosità solareselenica”, è spiegata nel Commentario con queste parole :
“L’agitazione delle Forze Fohatiche alle due estremità fredde della Terra (Polo Nord
e Polo Sud), che nella notte si manifesta con una radiosità multicolore, possiede diverse
proprietà dell’Âkâsha (Etere), compresi il Colore ed il Suono”.
“Il Suono è la caratteristica dell’Âkâsha (Etere): esso genera l’Aria, la cui proprietà è
il Tatto che (per frizione) produce Colore e Luce”1.
Forse quanto sopra apparirà un non-sense arcaico, ma tutto ciò sarà meglio compreso
se il lettore si ricorderà delle aurore boreali ed australi, che hanno luogo entrambe al centro
stesso delle forze elettriche e magnetiche terrestri. Si dice che i due poli siano gli
accumulatori, i ricettacoli e, nel medesimo tempo, i liberatori della Vitalità (elettricità)
cosmica e terrestre, l’eccedenza della quale avrebbe già da lungo tempo squarciato la Terra
senza queste due valvole di sicurezza naturali.
Vi è in pari tempo una teoria divenuta recentemente un assioma: che i fenomeni
luminosi polari producano suoni assai forti simili a sibili ed a scoppi fragorosi che li
accompagnano Si consultino gli studi del prof. Humboldt sulle aurore boreali e la sua
corrispondenza intorno a questa questione tanto dibattuta.
1
Vishnu Purâna.
163
STANZA VI -continuazione.
7. FÀ I TUOI CALCOLI, O LANU, SE VUOI SAPERE L’ETÀ PRECISA DELLA TUA PICCOLA RUOTA1.
IL SUO QUARTO RAGGIO È LA NOSTRA MADRE2 (a). RAGGIUNGI IL QUARTO FRUTTO DEL
QUARTO SENTIERO DI CONOSCENZA CHE CONDUCE AL NIRVÂNA, E COMPRENDERAI, PERCHÉ
VEDRAI (b).....
(a) La “Piccola Ruota” è la nostra Catena di Globi, ed il “Quarto Raggio” è la nostra
Terra, il quarto globo della Catena. È uno di quelli sui quali il “soffio ardente (positivo) del
Sole”, ha un effetto diretto.
Le sette trasformazioni fondamentali dei Globi o Sfere celesti, o piuttosto delle loro
particelle costituenti di materia, sono descritte come segue:
1) lo stato omogeneo;
2) l’aeriforme e radiante- gassoso;
3) lo stato simile a grumi cagliati (nebulose);
4) lo stato atomico, etereo — princìpio del movimento e, quindi, della
differenziazione;
5) quello germinale, igneo — differenziato, ma composto solo dei germi degli
elementi nei loro stati primitivi, avendo essi sette stati quando sono completamente sviluppati
sulla nostra terra;
6) il quadruplice, vaporoso — la Terra futura;
7) lo stato freddo — e che dipende dal Sole per la propria vita e luce.
Il calcolo per sapere l’età precisa della Catena terrestre, come nella Stanza è invitato a
fare il discepolo, è però assai difficile poiché non vengono date le cifre del Grande Kalpa e
non è permesso pubblicare quelle relative ai nostri piccoli Yuga, tranne che nella loro durata
approssimativa. “Le Ruote più antiche rotearono per una Eternità e mezzo”, è detto. Noi
sappiamo che per “Eternità” s’intende la settima parte di 311.040.000.000.000 anni o di
un’Età di Brahmâ. Ma che cosa ricaviamo da ciò? Sappiamo pure che, se prendiamo per base
le suddette cifre, dobbiamo innanzitutto togliere dai 100 anni di Brahmâ, o
311.040.000.000.000 anni, due anni occupati dai Sandhyâ (Crepuscoli), per cui ne rimangono
98, numero che corrisponde alla combinazione mistica di 14 x 7. Però noi non sappiamo in
quale preciso momento abbia avuto inizio la formazione e l’evoluzione della nostra piccola
Terra. È dunque impossibile calcolarne l’età, a meno che non ci venga indicata l’epoca della
sua nascita — cosa che fino ad ora gli Istruttori si si sono rifiutati di fare. Comunque, alla
fine di questo Volume e nel Volume II verranno dati alcuni accenni cronologici. Dobbiamo
ricordarci inoltre che la legge di analogia si applica tanto ai mondi quanto all’uomo e che,
come “l’Uno (la Divinità) diviene Due (Deva o Angelo) e Due diviene Tre (o Uomo)”, ecc.,
così ci viene insegnato che i Grumi (Stoffa del Mondo) diventano Pellegrini Erranti
(Comete), queste diventano stelle, e le stelle (i centri dei vortici) il nostro sole ed i nostri
pianeti. Questo non è antiscientifico, dato che anche Cartesio stesso pensava che “i pianeti
roteassero sul loro asse, perché un tempo erano stati stelle luminose, centri di vortici”.
(b) Nelle opere exoteriche vengono indicati quattro gradi di iniziazione, conosciuti
rispettivamente con i nomi sanscriti di Srotâpanna, Sakridâgâmin, Anâgâmin e Arhan; i
quattro Sentieri che conducono al Nirvâna, in questa nostra quarta Ronda, portano i
medesimi nomi. L’Arhan, per quanto possa vedere il passato, il presente ed il futuro, non è
ancora il più alto Iniziato; poiché l’Adepto stesso, il candidato iniziato, diviene Chelâ
(discepolo) di un Iniziato più elevato. L’Arhan deve ancora superare altri tre gradi se vuole
1
2
Catena.
Terra.
164
raggiungere l’apice della scala dell’Adeptato. Alcuni hanno raggiunto tale vertice in questa
nostra Quinta Razza, però le facoltà necessarie per il raggiungimento di questi gradi superiori
saranno sviluppate pienamente, negli asceti comuni, soltanto alla fine di essa, e specialmente
nella Sesta e nella Settima Razza. Di conseguenza, vi saranno sempre degli Iniziati e dei
profani fino alla chiusura di questo Manvantara minore, il presente Ciclo di Vita. Gli Arhat
della “Bruma Ignea” del Settimo Scalino, devono salire ancora solo un grado per raggiungere
la Radice-Base della loro Gerarchia, la più elevata sulla Terra e nella nostra Catena Terrestre.
Questa “Radice-Base” ha un nome che non può esser tradotto in nessuna lingua occidentale
se non mediante diverse parole unite insieme: — “Il Banyan-Umano-Eternamente-Vivente”.
Questi “Esseri Meravigliosi” discesero, secondo quanto si dice, da una “regione elevata”
nella prima parte della Terza Èra, prima della separazione dei sessi nella Terza Razza.
Questa Terza Razza è chiamata talvolta collettivamente con il nome di “Figli dello
Yoga Passivo”; ciò significa che essa fu prodotta inconsciamente dalla Seconda Razza, che
era intellettualmente inattiva, per cui si ritiene che vivesse costantemente in una specie di
contemplazione vuota o astratta, qual’è richiesta dalle condizioni dello stato di Yoga. Nella
prima parte dell’esistenza di questa Terza Razza, quando era ancora nel suo stato di purezza,
i “Figli della Saggezza” che, come vedremo in seguito, si incarnarono in questa RazzaRadice, produssero per mezzo di Kriyâshakti una progenie chiamata i “Figli di Ad” o della
“Bruma Ignea”, i “Figli della Volontà e dello Yoga”, ecc. Essi erano un prodotto cosciente,
perché una parte della Razza era già animata dalla scintilla divina dell’intelligenza spirituale
superiore. Tale progenie non costituiva però una Razza. All’inizio si trattava solo di un
Essere Meraviglioso, chiamato “l’Iniziatore”, e dopo di lui venne un gruppo di Esseri semidivini e semi-umani. “Messi da parte” nella genesi arcaica, per certi scopi determinati, essi
sono coloro nei quali si dice che si siano incarnati i più elevati Dhyâni — “Muni e Rishi di
precedenti Manvantara” — per formare il vivaio dei futuri Adepti umani su questa Terra e
durante il presente Ciclo. Si dice pure che questi “Figli della Volontà e dello Yoga” nati, per
così dire, in un modo immacolato, rimasero completamente a parte dal resto dell’umanità.
“L’Essere” a cui abbiamo fatto cenno, e che deve rimanere senza nome, è l’Albero dal
quale sono discesi, nelle epoche successive, tutti i grandi Saggi e Jerofanti storicamente
riconosciuti, come il Rishi Kapila, Ermete, Enoch, Orfeo, ecc. Come uomo oggettivo si tratta
del misterioso Personaggio (per il profano sempre invisibile e pur sempre presente) di cui
parlano tutte le leggende orientali, e particolarmente gli occultisti e gli studiosi della Scienza
Sacra. È lui che cambia di forma, pur rimanendo sempre il medesimo. Ed è ancora lui che
detiene l’autorità spirituale su tutti gli Adepti iniziati del mondo intero. Come abbiamo già
detto, egli è “Il Senza Nome” che ha tanti nomi e, ciò nonostante, i suoi nomi e la sua vera
natura sono sconosciuti. È “l’iniziatore”, chiamato il “GRANDE SACRIFICIO”, poiché, stando
sulla soglia della LUCE, Egli la contempla dal Cerchio delle Tenebre in cui si trova e che non
vuole attraversare; ed Egli non abbandonerà il suo posto prima dell’ultimo Giorno di questo
Ciclo di Vita. Perché l’Osservatore Solitario rimane al posto da lui stesso scelto? Perché si
tiene accanto alla Sorgente della Saggezza Primordiale dalla quale non attinge ulteriormente,
non avendo più alcuna cosa da imparare che già non sappia, né su questa Terra né nel suo
Cielo? Egli è là perché i Pellegrini solitari, con i piedi piagati dal lungo viaggio di ritorno
verso la loro Patria, non sono mai sicuri fino all’ultimo istante di non smarrirsi in questo
deserto illimitato d’illusione e di materia che si chiama la Vita Terrena. Perché Egli vuole
indicare la via a quella regione di libertà e di luce, dalla quale si è volontariamente esiliato,
ad ogni prigioniero che è riuscito a liberarsi dai legami della carne e dell’illusione. Infine,
perché Egli si è sacrificato per salvare l’Umanità, per quanto soltanto pochi eletti possono
trarre profitto dal GRANDE SACRIFICIO.
È sotto la guida diretta e silenziosa di questo MAHÂ-GURU, che tutti gli altri Istruttori
divini minori divennero, fin dal primo destarsi della coscienza umana, le Guide dell’Umanità
165
primitiva. È per mezzo di questi “Figli di Dio” che l’Umanità infantile ricevette le prime
nozioni di tutte le arti e di tutte le scienze, come pure della conoscenza spirituale; e furono
essi che posero la prima pietra di quelle antiche civiltà che provocano lo stupore delle nostre
moderne generazioni di scienziati e di eruditi.
Coloro che esitano ad ammettere la verità di queste affermazioni, spieghino dunque,
con ragioni altrettanto logiche, il mistero della straordinaria conoscenza posseduta dagli
antichi — da quegli antichi che alcuni pretendono siano i discendenti di selvaggi inferiori,
simili agli animali, gli “uomini delle caverne” dell’èra paleolitica! Che essi leggano, per
esempio, opere come quelle di Vitruvio Pollione sull’architettura, dell’epoca di Augusto —
in cui tutte le regole della proporzione ivi esposte sono quelle insegnate anticamente durante
l’Iniziazione — se vogliono familiarizzarsi con quest’arte veramente divina, e comprendere il
profondo significato esoterico celato in ogni regola ed in ogni legge di proporzione. Nessun
discendente dell’“uomo delle caverne” avrebbe mai potuto sviluppare, senza aiuto, una tale
scienza, nemmeno attraverso millenni e millenni di evoluzione dell’intelletto e del pensiero.
Sono i discepoli di quei Rishi e Deva incarnati della Terza Razza-Radice che, di generazione
in generazione, trasmisero all’Egitto ed alla Grecia la loro conoscenza, unitamente alla legge
delle proporzioni adesso perduta; precisamente come i discepoli degli Iniziati della Quarta
Razza, gli Atlantidei, la trasmisero ai loro Ciclopi, i “Figli dei Cicli” o “dell’Infinito”, dai
quali il nome passò alle generazioni ancora più recenti dei sacerdoti gnostici.
Grazie alla divina perfezione di queste proporzioni architettoniche, gli antichi poterono costruire quelle
meraviglie di tutte le epoche susseguenti: i loro templi, le Piramidi, le Cripte, i Cromlech, i Tumuli e gli Altari
che dimostrano come essi avessero dei potenti macchinari e delle conoscenze di meccanica tali, che di fronte ad
esse la moderna perizia non è che un gioco da fanciulli; e la nostra arte presente, parlando di simili lavori, dice
che essi sembrano l’opera di giganti dalle cento mani”.1
Gli architetti moderni, forse, non hanno trascurato completamente queste regole, ma
vi hanno aggiunto tante innovazioni empiriche da distruggere le giuste proporzioni. È stato
Marco Vitruvio Pollione che ha dato ai posteri le regole della costruzione dei templi greci
eretti agli Dèi immortali, e i suoi dieci libri sull’Architettura, l’opera, cioè, di un uomo che
era un Iniziato, possono essere studiati soltanto esotericamente. I Cerchi Druidici, i Dolmen,
i Templi dell’India, dell’Egitto e della Grecia, le Torri e le 127 città d’Europa che, secondo
l’Istituto Francese, sono state riconosciute di “origine ciclopica”, sono tutti l’opera di
sacerdoti-architetti Iniziati, i discendenti di coloro che furono per primi istruiti dai “Figli di
Dio” e che vennero giustamente chiamati i “Costruttori”. Ecco che cosa scrivono i posteri a
proposito di questi discendenti:
Essi non adoperavano né calcina né cemento, né acciaio né ferro per tagliare le pietre e, ciò nonostante,
esse erano lavorate con un’arte tale che spesso era difficile scorgere le giunture, per quanto molte di queste
pietre, come, per esempio, quelle che si trovano in Perù, abbiano 38 piedi di lunghezza, 18 di larghezza e 6 di
spessore; e nelle mura della fortezza di Cuzco vi sono delle pietre di dimensioni ancora maggiori.2
In un’altra opera è detto:
Il pozzo di Syene, costruito 5.400 anni fa, quando tale luogo si trovava esattamente sotto il tropico, ciò
che non è più attualmente, era... costruito in modo tale che a mezzogiorno, al momento esatto del solstizio
solare, il disco intero del Sole si vedeva riflesso sulla sua superficie — un lavoro che ora tutti gli astronomi
d’Europa messi insieme, con la loro abilità ed il loro sapere, non sarebbero capaci di effettuare”.3
Per quanto in Iside Svelata si fosse appena fatto cenno a questi soggetti, sarà bene
ricordare al lettore quanto fu detto4 relativamente ad una certa Isola Sacra dell’Asia centrale;
maggiori dettagli saranno dati inoltre nella sezione intitolata “I Figli di Dio e l’Isola Sacra”,
1
Kenealy, Book of God, pag. 118.
Acosta, vi, 14. [38 piedi=11 metri; 18 piedi= cinque metri; 6 piedi=circa due metri. –N.d.T.]
3
Kenealy, ibid.
4
I, 587 – 93.
2
166
sezione annessa alla Stanza IX del Volume II. Frattanto, qualche altra spiegazione, anche se
frammentaria, potrà aiutare lo studioso a gettare un rapido sguardo nel presente mistero.
Per dare almeno un particolare evidente relativo a questi misteriosi “Figli di Dio”,
diremo che da essi, da questi Brahmaputra, i sublimi Dvija, gli antichi Brâhmani Iniziati
reclamavano la propria origine, mentre i Brâhmani moderni vorrebbero far credere alla
lettera alle caste inferiori che essi (i Brâhmani) uscirono direttamente dalla bocca di Brahmâ.
Tale è l’insegnamento esoterico; esso aggiunge, inoltre, che, per quanto questi
discendenti (spiritualmente s’intende) dei “Figli della Volontà e dello Yoga”, si separassero
col tempo in sessi opposti, come più tardi fecero pure i loro progenitori per “Kriyâshakti”,
perfino i loro discendenti degenerati hanno conservato fino ai giorni nostri una venerazione
ed un rispetto per la funzione creativa, e la considerano tuttora come una cerimonia religiosa,
mentre le nazioni più civili la ritengono una funzione puramente animale. Si confrontino le
idee e la pratica occidentale con le istituzioni di Manu per quanto concerne le regole del
Grihastha o della vita coniugale. Il vero Brâhmano è, quindi, realmente “colui i cui sette
antenati hanno bevuto il succo della pianta-lunare (Soma)”, ed è un “Trisuparna” perché ha
compreso il segreto dei Veda.
E anche oggi questi Brâhmani sanno che, all’inizio di questa Razza, l’intelligenza
psichica e quella fisica, essendo ancora dormienti e la coscienza non ancora sviluppata, le sue
concezioni spirituali non erano affatto collegate con il suo ambiente fisico; che l’uomo divino
dimorava nella sua forma animale — per quanto esteriormente umana — e che, se esisteva in
lui l’istinto, non vi era però alcuna auto-coscienza che illuminasse l’oscurità del Quinto
Princìpio ancora latente. Quando Signori di Saggezza, mossi dalla legge dell’evoluzione,
infusero in lui la scintilla della coscienza, il primo sentimento che essa destò alla vita ed
all’attività fu un senso di solidarietà, di unità, con i loro creatori spirituali. Come il primo
sentimento del bambino è per la propria madre e nutrice, così le prime aspirazioni della
coscienza nascente nell’uomo primitivo furono per coloro il cui elemento egli sentiva dentro
di sé e che pure erano al di fuori di lui e indipendenti da lui. La devozione sorse da quel
sentimento e divenne il primo e il più importante motore della sua natura, poiché è l’unico
sentimento naturale nel suo cuore, e innato in lui, e che troviamo egualmente nel bambino
come nel cucciolo dell’animale. Questo sentimento di aspirazione irrepremibile ed istintiva
dell’uomo primitivo è stato magnificamente descritto, in modo del tutto intuitivo da Carlyle:
Il grande cuore antico — come somiglia, nella sua semplicità, a quello di un fanciullo ed a quello di un
uomo nella sua profondità e serietà solenne! Il cielo è sopra di lui ovunque egli vada, ovunque risieda; la Terra
intera è, per lui, un tempio mistico, e gli affari terreni una specie di culto. La visione di creature gloriose brilla
nella luce ordinaria del sole, gli angeli aleggiano ancora recando agli uomini i messaggi di Dio... Il
meraviglioso, il miracoloso circonda l’uomo; esso vive in un elemento di miracolo....1 Una grande legge di
dovere, sublime come questi due infiniti (il cielo e l’inferno) — che rimpiccoliva ed annientava tutto il resto —
era una realtà, ed è una realtà; soltanto il suo rivestimento esteriore è morto, la sua essenza vive attraverso tutte
le epoche e per l’eternità!
Tale essenza sopravvive innegabilmente e si è stabilita con tutta la sua forza ed il suo
potere indistruttibile nel cuore dell’asiatico ariano, provenendo direttamente dalla Terza
Razza, attraverso i suoi primi “Figli nati dalla Mente”, i frutti di Kriyâshakti. Con i1
trascorrere del tempo, la sacra casta degli Iniziati produsse, di epoca in epoca, per quanto
raramente, simili creature perfette; esseri interiormente a parte, benché esteriormente simili a
coloro che li generarono. Nell’infanzia della Terza Razza primitiva:
Una creatura di una specie più elevata
Mancava ancora, e quindi ne fu concepita l’idea;
Cosciente nel pensiero e più possente nel cuore,
Fatta per imperare e atta a governare gli altri.
1
Ciò che era naturale per l’uomo primitivo, è diventato soltanto adesso miracoloso per noi; e ciò che per lui era un miracolo,
non potrebbe mai essere espresso nel nostro linguaggio.
167
Quest’essere fu posto in esistenza, un veicolo pronto e perfetto per l’incarnazione
degli abitanti di sfere superiori, che presero quindi dimora in queste forme, nate dalla Volontà
Spirituale e dal potere naturale divino nell’uomo. Era una creatura di puro spirito, senza
essere mentalmente inquinata da qualsiasi elemento terrestre. La sua forma fisica soltanto
apparteneva al tempo ed alla vita, poiché essa attingeva la propria intelligenza direttamente
dall’alto. Era l’Albero Vivente della Saggezza Divina, paragonabile perciò all’Albero
Terrestre delle leggende nordiche, che non può appassire né morire prima che sia combattuta
l’ultima battaglia della Vita, per quanto le sue radici siano continuamente consumate dal
Drago Nidhogg; poiché il primo figlio sacro di Kriyâshakti aveva esso pure il corpo
consumato dai denti del tempo, ma le radici del suo essere interiore restavano eternamente
imperiture e forti, perché crescevano e si estendevano in cielo, e non in terra. Egli fu il primo
del Primo ed il Seme di tutti gli altri. Vi furono altri Figli di Kriyâshakti prodotti da un
secondo sforzo spirituale, ma soltanto il primo è rimasto fino ad oggi il seme della
Conoscenza divina, l’Uno ed il Supremo tra i Terrestri “Figli della Saggezza”. Non possiamo
dilungarci oltre su questo soggetto, ma aggiungeremo solo che in ogni epoca, e anche nella
nostra, sono esistiti dei grandi intelletti che hanno compreso giustamente il problema. Ma
come è giunto il nostro corpo allo stato di perfezione in cui si trova adesso? Naturalmente
mediante un’evoluzione di milioni di anni, però mai passando attraverso l’animale, come
invece insegna il Materialismo. Poiché, come dice Carlyle:
...L’essenza del nostro essere, il mistero in noi che si chiama “Io” — quali parole abbiamo noi per
esprimerlo? — è un soffio del cielo, l’Essere Supremo rivela se stesso nell’uomo. Questo corpo, questa facoltà,
questa nostra vita, tutto ciò non è una veste per Colui che non ha nome? ”.
Il “soffio del Cielo”, o piuttosto il “soffio di Vita” chiamato Nephesh nella Bibbia, si
trova in ogni animale, in ogni particella animata, in ogni atomo minerale. Ma niente di tutto
ciò ha, come l’uomo, la coscienza della natura di questo “Essere Supremo”1, come nessuno
ha, nella propria forma, quella divina armonia posseduta dall’uomo. Novalis lo disse e solo
Carlyle lo ha ripetuto ancora meglio:
Non vi è che un tempio nell’universo, e questo è il corpo dell’Uomo. Non vi è niente di più sacro di
questa forma elevata. Ci sembra di toccare il Cielo toccando un corpo umano! Ciò sembrerà forse una semplice
fioritura retorica, ma non è così. Se meditiamo profondamente su ciò, troveremo che si tratta di un fatto
scientifico, l’espressione... della verità attuale delle cose. Noi siamo il miracolo dei miracoli — il grande
Mistero inscrutabile....2
1
Non vi è nazione nel mondo in cui il sentimento di devozione o di Misticismo religioso sia più sviluppato ed evidente che
nel popolo indù. Vedi ciò che scrive Max Müller nelle sue opere su questa idiosincrasia e sui tratti nazionali caratteristici.
Questa è un’eredità diretta proveniente dai primitivi uomini coscienti della Terza Razza.
2
Lectures on Heroes.
168
STANZA VII
1. ECCO IL PRINCÌPIO DELLA VITA INFORME SENZIENTE (a). PRIMO IL DIVINO1 (b), L’UNO
DALLO SPIRITO MADRE2, POI LO SPIRITUALE3 (c)4 I TRE DALL’UNO (d), I QUATTRO DALL’UNO
(e), I CINQUE (f), DAI QUALI I TRE, I CINQUE ED I SETTE (g). QUESTI SONO I TRIPLICI E I
QUADRUPLI, DISCENDENDO, I FIGLI NATI DALLA MENTE DEL PRIMO SIGNORE,5 I SETTE
RISPLENDENTI.6 SONO ESSI CHE SONO TU, IO, EGLI, O LANU; ESSI CHE VEGLIANO SU DI TE E
SU TUA MADRE BHÛMI.7
(a) La Gerarchia dei Poteri Creatori divisa esotericamente in Sette Ordini (quattro e
tre) contenuti nei Dodici grandi Ordini simboleggiati dai dodici segni dello Zodiaco; essendo,
questi Sette della scala manifestata, collegati, inoltre, con i Sette Pianeti. Tutti questi sono
suddivisi in Gruppi innumerevoli di Esseri divini spirituali, semi-spirituali ed eterei.
Si accenna alle principali di queste Gerarchie nel grande Quaternario o,
exotericamente, i “quattro corpi e le tre facoltà” di Brahmâ, ed i Panchâsya, i cinque Brahmâ
o i cinque Dhyâni-Buddha del sistema buddhista.
Il Gruppo superiore è composto dalle Fiamme Divine chiamate pure i “Leoni
Ardenti” ed i “Leoni di Vita”, il cui esoterismo è celato accuratamente nel segno zodiacale
del Leone. Esse formano il nucleo del Mondo Divino Superiore. Sono i Soffi del Fuoco,
senza forma, identici, sotto un aspetto, alla Triade Sephirothale Superiore posta dai cabalisti
nel Mondo Archetipico.
La stessa Gerarchia, con i medesimi numeri, si trova nel sistema giapponese, nei
“Princìpi” insegnati dalle sètte shintoiste e buddhiste. In questo sistema, l’Antropogenesi
precede la Cosmogenesi, il Divino si fonde nell’umano e, giunto alla metà della sua discesa
nella materia, crea l’Universo visibile; i personaggi leggendari, come osserva rispettosamente
Omoie, “devono essere considerati come l’incarnazione stereotipata della dottrina superiore
(segreta) e delle sue sublimi verità”. L’esporre al completo questo antico sistema
occuperebbe troppo spazio, però alcune parole su di esso non saranno fuori di luogo. Quanto
segue è una breve sinossi di questa Antropo-Cosmogenesi e dimostra come le nazioni più
separate abbiano fatto eco all’unico e medesimo insegnamento arcaico.
Quando tutto era ancora nel Chaos (Kon-ton), tre Esseri spirituali apparvero sul
palcoscenico della futura creazione: (1), Ame no ani naka nushi no Kami, “il Divino
Monarca del Cielo Centrale”; (2), Taka mi onosubi no Kami, il Sublime Discendente
Imperiale e Divino del Cielo e della Terra”; e (3), Kamu mi musubi no Kami, “la Progenie
degli Dèi. Questi erano senza forma o sostanza — la nostra Triade Arûpa — perché, tanto la
sostanza celeste quanto quella terrestre, non erano ancora differenziate e “l’essenza delle
cose non era stata formata”
(b) Nello Zohar - che, nell’edizione riveduta e corretta da Moses de Leon con l’aiuto
di Gnostici cristiani, siriaci e caldei nel XIII secolo, ed ulteriormente da varie mani cristiane,
è poco meno exoterica della Bibbia stessa — questo “Divino (Veicolo)” non appare più,
come appare invece nel Libro dei Numeri caldeo. È vero che Ain Suph, il Nulla Assoluto e
senza Fine, si serve pure dell’Uno, “l’Uomo Celeste” manifestato (la Causa Prima), come
proprio Carro (in ebraico, Mercabah; in Sanscrito, Vâhana) o Veicolo, per discendere e
manifestarsi nel mondo fenomenico. Ma i cabalisti non chiarificano come l’Assoluto possa
1
Veicolo.
Âtman.
3
Âtmâ – Buddhi, Spirito – Anima. Ciò si riferisce ai princìpi cosmici.
4
Ancora.
5
Avalokiteshvara.
6
Costruttori. I sette Rishi creatori, ora connessi con le costellazioni dell’Orsa Maggiore.
7
La Terra.
2
169
servirsi di qualsiasi cosa, o esercitare un attributo qualsiasi, poiché come Assoluto è privo di
attributi; e non dimostrano neppure che, in realtà, è la Causa Prima (il Logos di Platone),
l’Idea originale ed eterna che si manifesta attraverso Adamo Kadmon, il Secondo Logos, per
così dire. Nel Libro dei Numeri è dimostrato che Ain (En o Aiôr) è l’unico auto-esistente,
mentre il suo “Abisso”, il Bythos degli Gnostici, chiamato Propatôr, è solo periodico.
Quest’ultimo è Brahmâ differenziato da Brahman o Parabrahman. È l’Abisso, la Sorgente
della Luce o Propatôr che è il Logos non manifestato o l’Idea astratta, e non Ain Suph, il cui
Raggio viene usato da Adamo Kadmon — “maschio e femmina” — o il Logos manifestato,
l’Universo Oggettivo, come Veicolo attraverso il quale può manifestarsi. Ma nello Zohar si
legge la seguente assurdità: “Senior occultatus est, et absconditus; Microprosopus
manifestus est, et non manifestus”1. Questo è un sofisma, perché il Microprosopo, o il
Microcosmo, può esistere soltanto durante le sue manifestazioni e viene distrutto durante i
Mahâpralaya. La Cabala di Rosenroth è più spesso un enigma che una guida.
Il Primo Ordine è composto dai Divini. Come nel sistema giapponese, in quello
egiziano ed in tutte le vecchie Cosmogonie — a questa Fiamma divina che è l’“Uno”, sono
accesi i Tre Gruppi discendenti. Ricevendo la loro essenza potenziale dal Gruppo superiore,
essi divengono adesso delle Entità distinte e separate. Queste Entità sono chiamate le
“Vergini della Vita”, la “Grande Illusione”, ecc., e, collettivamente, la “Stella a sei punte”.
Quest’ultima, in quasi tutte le Religioni, è il simbolo del Logos, considerato come la prima
emanazione. Nell’India è il segno di Vishnu, il Chakra o Ruota; ed il Glifo del
Tetragrammaton, “Colui dalle Quattro Lettere” della Cabala o, metaforicamente, le
“Membra del Microprosopo”, che sono rispettivamente dieci e sei.
Tuttavia i cabalisti posteriori e, specialmente i mistici cristiani, hanno orribilmente
deformato questo magnifico simbolo. Infatti il Microprosopo — che, filosoficamente
parlando, è del tutto distinto dal Logos eterno non-manifestato, “uno con il Padre” - è stato
ridotto, alla fine, dopo secoli di sforzi incessanti, di sofismi e di paradossi, ad essere
considerato come uno con Jehovah, colui che essi chiamano l’unico Dio vivente (!), mentre
Jehovah non è altro che Binah, una Sephira femminile. È necessario insistere il più spesso
possibile su questo fatto, poiché le “Dieci Membra” dell’Uomo Celeste sono i dieci
Sephiroth, ma il primo Uomo Celeste è lo Spirito non manifestato dell’Universo, e non
dovrebbe mai essere degradato nel Microprosopo, la Faccia, o aspetto inferiore, prototipo
dell’uomo sul piano terrestre. Il Microprosopo è, come si è già detto, il Logos manifestato e
di questi Logos ve ne sono molti. Però ne riparleremo in seguito.
La Stella a sei punte si riferisce alle sei Forze o Poteri della Natura, ai sei piani, ai sei
princìpi, ecc., tutti sintetizzati nel settimo o punto centrale della Stella. Tutti, comprese le
Gerarchie superiori ed inferiori, emanano dalla Vergine Celeste, la Grande Madre in tutte le
Religioni, l’Androgina — la Sephira Adamo Kadmon. Sephira è la Corona, Kether, e, solo
nel princìpio astratto, una x matematica, la quantità sconosciuta. Sul piano della Natura
differenziata, essa è la controparte femminile di Adamo Kadmon, il primo Androgino. La
Cabala insegna che le parole “Fiat Lux”2 si riferiscono alla formazione ed all’evoluzione dei
Sephiroth, e non alla Luce considerata come l’opposto delle Tenebre. Il Rabbino Simeon
dice:
Oh! compagni miei, l’uomo, come emanazione, era sia uomo che donna insieme, Adamo Kadmon in
verità, ed ecco il significato delle parole: “Che la Luce sia e la Luce fu”. E questo è l’uomo duplice.3
Nella sua Unità, la Luce Primordiale è il settimo princìpio, il più elevato,
Daiviprakriti, la Luce del Logos Non-manifestato. Ma, nella sua differenziazione, essa
1
Rosenroth, Liber Mysterii, IV, 1.
Genesi, i.
3
Auszüge aus dem Zohar, pp. 13 – 15.
2
170
diviene Fohat, o i “Sette Figli”. Il primo è simboleggiato dal punto centrale nel doppio
Triangolo, l’ultimo dall’Esagono stesso o le “Sei membra” del Microprosopo; il Settimo è
Malkuth, la “Sposa” dei cabalisti cristiani o la nostra Terra. Da ciò la frase:
“Il primo dopo l’Uno è il Fuoco Divino; il secondo il Fuoco e l’Etere; il terzo è
composto del Fuoco, dell’Etere e dell’Acqua; il quarto del Fuoco, dell’Etere, e dell’Aria.
L’Uno non si occupa dei Globi che portano l’uomo, ma delle sfere interne invisibili. Il
primogenito è la Vita, il Cuore ed il Polso dell’Universo; il Secondo è la Sua MENTE o
Coscienza”.
Questi elementi di Fuoco, di Aria, ecc., non sono i nostri elementi composti, e
questa “Coscienza” non ha relazione con la nostra coscienza. La Coscienza dell’“Uno
Manifestato”, se non è assoluta, è tuttavia incondizionata. Mahat, la Mente Universale, è la
prima produzione del Brahmâ-Creatore, ma anche quella di Pradhâna, la Materia
Indifferenziata.
(c) Il Secondo Ordine degli Esseri Celesti, quelli del Fuoco e dell’Etere, che
corrispondono allo Spirito e all’Anima o Âtmâ-Buddhi, e i cui nomi sono infiniti, sono
ancora senza forma, ma più definitivamente “sostanziali”. Essi sono la prima
differenziazione nell’Evoluzione Secondaria o Creazione” — (una parola che può trarre in
inganno). Come dimostra il nome, essi sono i Prototipi degli Jîva o Monadi che si incarnano,
e sono composti di Spiriti Ardenti di Vita. È attraverso essi che passa, come un puro raggio
solare, il Raggio a cui essi forniscono il futuro Veicolo, l’Anima Divina, Buddhi. Questi si
riferiscono direttamente alle Legioni dei Mondi superiori del nostro sistema. Da queste
Duplici Unità emana il “Triplice”.
Nella Cosmogonia del Giappone, quando, dalla massa caotica appare un nucleo
simile ad un uovo, avente in sé il germe ed il potere di qualsiasi vita, tanto universale che
terrestre, è il Triplice di cui abbiamo parlato che si differenzia. Il princìpio etereo maschile
(Yo) ascende, ed il princìpio femminile più grossolano o più materiale (In) viene precipitato
nell’universo della sostanza, quando avviene una separazione fra il celeste ed il terrestre.
Dalla femmina, cioè dalla Madre, nasce il primo essere rudimentale oggettivo. Questi è
etereo, senza forma né sesso, eppure è da esso e dalla Madre che nascono i Sette Spiriti
Divini, dai quali emaneranno le sette “creazioni”; proprio come nel Codex Nazareus è da
Karabtanos e dalla Madre Spiritus che nascono i sette spiriti “dalle disposizioni malefiche”
(materiali). Per dare qui i nomi giapponesi ci dovremmo dilungare troppo, ma, tradotti, essi
si presentano nel seguente ordine:
(1) Il “Celibe Invisibile”, che è il Logos Creatore del “Padre” che non crea, o la
potenzialità creativa di quest’ultimo resa manifesta.
(2) Lo “Spirito (o Dio) delle Profondità senza raggio (il Chaos)”, che diviene la materia
differenziata o la stoffa del mondo, ed anche il regno minerale.
(3) Lo “Spirito del regno vegetale”, della “Vegetazione Abbondante”.
(4) Lo “Spirito della Terra” e “lo Spirito delle Sabbie”, un Essere di natura duale; il
primo contiene la potenzialità dell’elemento maschile, e il secondo quella dell’elemento
femminile. Questi due erano uno, ed ancora inconsci di essere due.
In questa dualità erano contenute: (a) Isu no gai no Kami, l’Essere maschile, bruno e
muscoloso; e (b) Eku gai no Kami, l’Essere femminile, biondo, più debole e più delicato.
Quindi:
(5) e (6) Gli Spiriti che erano androgini o bisessuali.
(7) Il Settimo Spirito, l’ultimo emanato dalla “Madre”, appare come la prima forma
divina umana, distintamente maschio e femmina. Era la settima “creazione” come nei
Purâna, nei quali l’uomo è la settima creazione di Brahmâ.
Questi, Tsanagi-Tsanami, discesero nell’Universo attraverso il Ponte Celeste, la Via
Lattea: e “Tsanagi, scorgendo in basso una massa caotica di nubi e d’acqua, immerse nelle
171
sue profondità la propria lancia ricoperta di pietre preziose, e la terraferma apparve. Allora i
due si separarono per esplorare Onokoro, l’isola-mondo creata di recente” (Omoie).
Tali sono le favole giapponesi exoteriche; la scorza esterna che nasconde il nocciolo
della medesima ed unica verità della Dottrina Segreta.
(d) Il Terzo Ordine corrisponde ad Âtmâ-Buddhi-Manas; Spirito, Anima ed
Intelletto; e questi sono chiamati le “Triadi”.
(e) Il Quarto Ordine è composto di Entità sostanziali. Questo è il gruppo più elevato
fra i Rûpa (Forme Atomiche), il vivaio delle Anime spirituali, umane e coscienti. Sono
chiamati gli “Jîva imperituri”, e costituiscono, attraverso l’ordine che si trova sotto di loro, il
primo gruppo della prima Legione settenaria — il grande mistero dell’Essere umano
cosciente ed intelligente. Questa Legione è infatti il terreno in cui giace celato, nella sua
privazione, il Germe che cadrà nella generazione. Quel Germe diverrà il potere spirituale
nella cellula fisica, che guida lo sviluppo dell’embrione e che è la causa della trasmissione
ereditaria delle facoltà e di tutte le qualità inerenti all’uomo. Però la teoria di Darwin della
trasmissione delle facoltà acquisite, non è accettata né insegnata dall’Occultismo. Secondo
l’Occultismo, l’evoluzione procede su linee del tutto diverse; il fisico, conforme agli
insegnamenti esoterici, evolve gradatamente dallo spirituale, dal mentale e dallo psichico.
Quest’anima interiore della cellula fisica — il “plasma spirituale” che domina il plasma
germinale — è la chiave che dovrà dischiudere un giorno le porte di quella terra incognita
dei biologi, che si chiama adesso l’oscuro mistero dell’Embriologia. È degno di nota il fatto
che la Chimica moderna, pur respingendo come una superstizione dell’Occultismo e della
Religione la teoria dell’esistenza di Esseri sostanziali ed invisibili, chiamati Angeli,
Elementali, ecc. — senza naturalmente aver minimamente preso in considerazione la
filosofia di queste Entità incorporee né avervi riflettuto sopra — sia stata inconsciamente
forzata, in seguito ad osservazioni e a scoperte realizzate, a riconoscere e adottare il
medesimo rapporto di progressione ed il medesimo ordine nell’evoluzione degli atomi
chimici, usato dall’Occultismo per i suoi Dhyâni ed i suoi atomi — essendo l’analogia la
prima legge dell’Occultismo stesso.
Il primo Gruppo degli Angeli Rûpa, come abbiamo visto, è quaternario, poiché, nel
discendere, si aggiunge un elemento a ciascun Ordine. Così pure, nella fraseologia della
Chimica, avviene la stessa cosa per gli atomi, chiamati rispettivamente, in scala discendente,
monoatomici, diatomici, triatomici, tetratomici, ecc.
Si ricordi inoltre che il Fuoco, l’Acqua e l’Aria dell’Occultismo, o i cosiddetti “Elementi
della Creazione Primaria”, non sono gli elementi composti quali appaiono sulla terra, bensì
Elementi noumenali omogenei — gli Spiriti degli elementi terrestri. Seguono quindi i
Gruppi settenari o Legioni. Se si ponessero in un diagramma su linee parallele con gli atomi,
si vedrebbe che la natura di questi esseri corrisponde, nella loro scala discendente di
progressione, agli elementi analogamente composti in una maniera matematicamente
identica. Ma ciò si riferisce solo a diagrammi fatti da occultisti, poiché se la scala degli
Esseri Angelici fosse posta su linee parallele alla scala degli atomi chimici della scienza —
dall’ipotetico elio discendendo fino all’uranio — vi si troverebbero certamente delle
differenze. Poiché questi ultimi hanno, come corrispondenti sul Piano Astrale, soltanto i
quattro Ordini inferiori — i tre princìpi superiori dell’atomo, o piuttosto della molecola o
elemento chimico, sono percepibili solo all’occhio Iniziato di Dangma. Ma se la Chimica
desiderasse trovarsi veramente sulla giusta via, dovrebbe correggere l’ordine delle proprie
tavole in conformità a quelle degli occultisti — cosa che certamente si rifiuterebbe di fare.
Nella Filosofia Esoterica, ogni particella fisica corrisponde al suo noumeno superiore e
dipende da esso — l’Essere alla cui essenza appartiene; ed in alto come in basso, lo
Spirituale evolve dal Divino, lo Psico-mentale dallo Spirituale, alterato sul suo piano
172
inferiore dall’Astrale — e la Natura intera, animata e (apparentemente) inanimata, evolve su
linee parallele, e trae i suoi attributi tanto dall’alto quanto dal basso.
Il numero sette applicato al termine Legioni Settenarie già menzionate, non significa
solo sette Entità, ma sette Gruppi o Legioni. Come abbiamo spiegato precedentemente il
Gruppo più elevato, gli Asura, nati nel primo corpo di Brahmâ, che si tramutò in “Notte”, è
settenario; cioè, è diviso, come i Pitri, in sette classi, di cui tre sono senza corpo (Arûpa) e
quattro provviste di corpo1. Essi sono realmente i nostri Pitri (Antenati), più che i Pitri che
proiettarono il primo uomo fisico.
(f) Il Quinto Ordine è molto misterioso, poiché è collegato al pentagono
microcosmico, la stella a cinque punte, che rappresenta l’uomo. In India e in Egitto, questi
Dhyâni erano collegati con il Coccodrillo, e la loro dimora è nel segno del Capricorno. Ma
nell’Astrologia indù questi due sono termini permutabili, poiché il decimo segno dello
Zodiaco, che è chiamato Makara, viene tradotto spesso con la parola “Coccodrillo”. E questa
stessa parola è interpretata occultamente in varie maniere, come dimostreremo in seguito. In
Egitto, il Defunto — il cui simbolo è il pentagramma o la stella a cinque punte, poiché le
punte rappresentano le membra dell’uomo — era rappresentato emblematicamente,
trasformato in coccodrillo. Sebekh o Sevekh (o “Settimo”), come dice Gerald Massey, che
ce lo indica come il tipo dell’intelligenza, è, in realtà, un Drago e non un coccodrillo. È il
“Drago di Saggezza” o Manas, l’Anima Umana, la Mente, il Princìpio Intelligente; chiamato
nella Filosofia Esoterica il Quinto Princìpio.
Nel Libro dei Morti o Rituale, il defunto “Osiridificato” e rappresentato sotto il glifo
di un Dio in forma di mummia, dalla testa di coccodrillo, che dice:
Io sono il coccodrillo che presiede la paura, io sono il Dio-coccodrillo, all’arrivo della sua Anima fra
gli uomini. Io sono il Dio-coccodrillo venuto per la distruzione.
Questa è un’allusione alla distruzione della purezza spirituale divina, quando l’uomo
acquisisce la conoscenza del bene e del male; così come agli Dèi o Angeli “caduti” di tutte
le Teogonie.
Io sono il pesce del grande Horus. (il “Coccodrillo” come anche Makara è il Veicolo di Varuna). Io
sono immerso in Sekhem.2
Quest’ultima frase conferma e ripete la dottrina del “Buddhismo” esoterico, poiché
allude direttamente al Quinto Princìpio (Manas), o piuttosto alla parte più spirituale della sua
essenza che si fonde con Âtmâ-Buddhi, che è assorbita da esso e diviene una con esso dopo
la morte dell’uomo. Poiché Sekhem è la residenza o Loka del Dio Khem (Horus-Osiride, o
Padre e Figlio); è quindi il Devachan di Âtmâ-Buddhi. Nel Libro dei Morti, viene mostrato il
Defunto che entra in Sekhem, con Horus-Thot, e “ne emerge come puro spirito”. Così il
Defunto dice:
Io vedo le forme di (me stesso, come diversi) uomini che si trasformano eternamente... Io conosco
questo (capitolo). Colui che lo conosce... assume ogni specie di forme viventi3
E rivolgendosi con una formula magica a ciò che nell’Esoterismo egiziano è chiamato
il “cuore ancestrale” o il princìpio che si reincarna, l’Ego permanente, il Defunto dice:
O cuore mio, mio cuore ancestrale, necessario per le mie trasformazioni.... non ti separare da me
dinnanzi al guardiano delle bilance. Tu sei la mia personalità nel mio petto, il divino compagno che veglia sulle
mie carni (corpi)”.4
È in Sekhem che si trova celata la “Faccia Misteriosa”, o l’uomo reale nascosto sotto
la falsa personalità, il triplice-coccodrillo dell’Egitto, il simbolo della Trinità superiore o
Triade umana: Âtmâ, Buddhi e Manas.
1
Vishnu Purâna, Libro I.
Cap. LXXXVIII.
3
Cap. lxiv, 29, 30.
4
Ibid., 34, 35.
2
173
Una delle spiegazioni del vero significato, per quanto celato, di questo glifo religioso
egiziano, è facile. II coccodrillo è il primo ad aspettare e a ricevere il fuoco divorante del
sole mattutino; e ben presto esso personificò il calore solare stesso. Il sorgere del sole era
simile all’arrivo sulla terra e fra gli uomini “dell’anima divina che dà vita agli Dèi”. Da ciò
lo strano simbolismo. La mummia prendeva la testa del coccodrillo per mostrare che essa
era un’Anima che giungeva dalla terra.
In tutti gli antichi papiri il coccodrillo è chiamato Sebekh (Settimo); esotericamente,
anche l’acqua simboleggia il quinto princìpio e, come abbiamo già detto, Gerald Massey
dimostra che il coccodrillo era la “settima Anima, l’Anima suprema delle sette — il
Veggente invisibile”. Anche exotericamente, Sekhem è la residenza del dio Khem, e Khem è
Horus che vendica la morte di suo padre Osiride, e punisce quindi i peccati dell’uomo,
quando questi diviene un’anima disincarnata.
Così il Defunto Osiridificato diveniva il Dio Khem, che “raccoglie le messi del
campo di Aanroo”; cioè raccoglie la propria ricompensa o la propria punizione, perché quel
campo è la località celeste (Devachan) dove al Defunto viene dato del grano, il cibo della
giustizia divina. Si ritiene che il Quinto Gruppo di Esseri Celesti contenga in se stesso i
duplici attributi degli aspetti spirituale e fisico dell’Universo, i due poli, per così dire, di
Mahat, l’Intelligenza Universale e la duplice natura dell’uomo, quella spirituale e quella
fisica. Da qui deriva il suo numero Cinque, che, raddoppiato e divenuto Dieci, lo collega con
Makara, il decimo segno dello Zodiaco.
(g) Il Sesto ed il Settimo Ordine condividono le qualità inferiori del Quaternario. Essi
sono composti di Entità eteree, coscienti, invisibili come l’Etere stesso, che, simili a
ramoscelli di un albero, spuntano dal primo Gruppo centrale dei Quattro, e a loro volta
danno origine ad una quantità di gruppi collaterali, gli inferiori dei quali sono costituiti dagli
Spiriti della Natura o Elementali, di specie e di varietà infinite; da quelli senza forma e non
sostanziali — i Pensieri ideali dei loro creatori — fino agli organismi atomici, per quanto
invisibili alla percezione umana. Questi ultimi sono considerati come gli “spiriti degli
atomi” poiché sono il primo cambiamento (all’indietro) che precede l’atomo fisico —
creature senzienti, anche se non intelligenti. Sono tutti soggetti al Karma e debbono
estrinsecarlo, attraverso ciascun ciclo. Poiché, come insegna la Dottrina Segreta, non vi sono
nell’Universo — sia nel nostro che in altri sistemi, sia nei mondi1 esteriori che in quelli
interiori — Esseri privilegiati come gli Angeli della Religione occidentale e di quella
giudaica. Un Dhyân Chohan deve divenire tale, esso non può nascere o apparire
all’improvviso sul piano nella vita come un Angelo perfetto. La Gerarchia Celeste del
presente Manvantara si troverà trasferita, nel successivo Ciclo di Vita, su mondi superiori
più elevati e farà posto ad una nuova Gerarchia, composta dagli eletti della nostra umanità.
L’Essere è un ciclo senza fine in seno all’Eternità Una ed Assoluta, Eternità nella
quale si svolgono infiniti cicli interni, finiti e condizionati. Gli Dèi creati tali, non avrebbero
alcun merito personale nell’essere Dèi. Esseri simili — perfetti solo in virtù della natura
speciale immacolata che sarebbe loro inerente — di fronte all’umanità che lotta e soffre, e
perfino di fronte alla creazione inferiore, sarebbero il simbolo di una ingiustizia eterna, quasi
satanica nel suo carattere, ed un crimine onnipresente. Ciò è un’anomalia ed una
impossibilità nella Natura.
Quindi i “Quattro” ed i “Tre” devono incarnarsi, come devono farlo tutti gli altri
esseri. Inoltre, questo Sesto Gruppo rimane quasi inseparabile dall’uomo, il quale ne trae
tutti i suoi princìpi ad eccezione del più elevato e del più basso, ossia del suo spirito e del
1
Quando un mondo è chiamato un “Mondo Superiore”, ciò non significa che sia superiore come posizione, ma a causa delle
sue qualità o essenze. Generalmente, però, un simile mondo è considerato dai profani quale “Cielo”, e collocato al disopra
delle nostre teste.
174
suo corpo; poiché i cinque princìpi umani intermedi costituiscono l’essenza stessa di quei
Dhyâni.... Paracelso li chiama i Flagae; i cristiani: gli Angeli Custodi; gli occultisti: gli
Antenati o Pitri. Essi sono i sestuplici Dhyân Chohan, che possiedono, nella composizione
dei loro corpi, i sei Elementi spirituali — in realtà uomini, meno il corpo fisico.
Soltanto il Raggio Divino, l’Âtman, procede direttamente dall’Uno. Quando si
domanda: Come è possibile tutto ciò? Come è possibile concepire che questi “Dèi” o Angeli,
possano essere, nel medesimo tempo, le loro proprie emanazioni ed i loro sé personali?
Avviene forse come nel mondo materiale, dove il figlio è, in un certo modo, il proprio padre,
essendo il suo sangue, le ossa delle sue ossa e la carne della sua carne? A tali domande gli
Istruttori rispondono: In verità, è così. Bisogna però penetrare a fondo il mistero dell’Essere,
prima di poter comprendere pienamente questa verità.
STANZA VII -continuazione.
2. L’UNICO RAGGIO MOLTIPLICA I RAGGI MINORI. LA VITA PRECEDE LA FORMA, E LA VITA
SOPRAVVIVE ALL’ULTIMO ATOMO.1 ATTRAVERSO GLI INNUMEREVOLI RAGGI PROCEDE IL
RAGGIO DELLA VITA, L’UNO, COME UN FILO ATTRAVERSO MOLTE PERLE.
Questa shloka esprime la concezione puramente vedantina, come abbiamo già detto
altrove, del Filo della Vita, del Sûtrâtmâ, che passa attraverso le successive generazioni.
Come si può spiegare ciò? Servendosi di un paragone, di un esempio familiare, per quanto
necessariamente imperfetto, come tutte le analogie che abbiamo a nostra disposizione. Ma
prima di servirmene, vorrei domandare se, prendendo in considerazione il processo della
crescita e della trasformazione del feto in un bambino sano e vigoroso che pesa diversi chili,
tale processo ci sembra innaturale o, come minimo, “super-naturale”? Da che cosa evolve il
bambino? Dalla segmentazione di un ovulo infinitamente piccolo e di uno spermatozoo! E
dopo vediamo il bambino svilupparsi in un uomo alto un metro e ottanta. Questo si riferisce
all’espansione fisica ed atomica del microscopicamente piccolo in qualche cosa di
enormemente grande; da ciò che ad occhio nudo è invisibile, in quello che è visibile ed
oggettivo. La scienza ha studiato tutto ciò, e le sue teorie embriologiche, biologiche e
fisiologiche sono abbastanza giuste fin dove l’osservazione esatta delle cose può
confermarle. Ciò nonostante, le due difficoltà principali dell’Embriologia — e cioè quali
sono le forze in azione nella formazione del feto e qual’è la causa della “trasmissione
ereditaria” delle somiglianze fisiche, morali o mentali — non sono mai state risolte in modo
adeguato; né lo saranno mai fino al giorno in cui gli scienziati non si degneranno di accettare
le teorie occulte. Ma se questo fenomeno fisico non sorprende nessuno, anche se la sua
soluzione è assai imbarazzante per gli embriologi, perché la nostra crescita interiore ed
intellettuale e l’evoluzione dall’Umano-Spirituale al Divino-Spirituale, dovrebbe sembrare o
essere considerata più impossibile dell’altra?
I materialisti e gli evoluzionisti della Scuola darwiniana, si troverebbero a mal partito
accettando le teorie recentemente elaborate dal professor Weissmann, l’autore di Beiträge zur
Descendenzlehre, relative ad uno dei due misteri dell’Embriologia specificati più sopra e che
egli pensa di aver risolto; poiché, quando tale problema sarà risolto pienamente, la scienza
sarà penetrata nel dominio del vero Occultismo ed avrà abbandonato per sempre il regno del
trasformismo come è insegnato da Darwin.
Dal punto di vista del Materialismo, le due teorie sono irriconciliabili. Considerata
invece dal punto di vista degli occultisti, la nuova teoria risolve tutti questi misteri. Coloro
1
Della Forma, lo Sthûla Sharîra, il Corpo esterno.
175
che non sono al corrente delle scoperte del professor Weissmann, una volta fervente
darwinista, dovrebbero affrettarsi a studiarne le opere. Il filosofo embriologo tedesco —
sorpassando addirittura Ippocrate ed Aristotele, ritornando agli insegnamenti degli antichi
ariani — ci mostra una cellula infinitesimale, fra milioni di altre cellule, che opera alla
formazione di un organismo, determinando, da sola e senza aiuto, mediante una costante
segmentazione e moltiplicazione, l’esatta immagine dell’uomo o dell’animale futuro nelle
sue caratteristiche fisiche, mentali e psichiche. È questa cellula che imprime sul volto e sulla
forma del nuovo individuo le fattezze dei genitori o, talvolta, di qualche lontano antenato. È
ancora questa medesima cellula che gli trasmette le idiosincrasie intellettuali e mentali dei
suoi antenati; e così via. Questo Plasma è la parte immortale dei nostri corpi e si sviluppa per
mezzo di un processo di assimilazioni successive. La teoria di Darwin, che considera la
cellula embriologica come l’essenza o l’estratto di tutte le altre cellule, è messa da parte; essa
è incapace di spiegare la trasmissione ereditaria. Vi sono soltanto due modi di spiegare il
mistero dell’ereditarietà: o la sostanza della cellula germinale è dotata della facoltà di
attraversare l’intero ciclo delle trasformazioni che conducono alla formazione di un
organismo separato e quindi alla riproduzione di cellule germinali identiche, oppure queste
cellule germinali non hanno affatto la loro genesi nel corpo dell’individuo, ma procedono
direttamente dalla cellula germinale ancestrale trasmessa di padre in figlio, attraverso una
lunga serie di generazioni. È quest’ultima ipotesi che è stata adottata da Weissmann, e sulla
quale egli ha basato i propri lavori; ed è questa cellula, egli dichiara, è la parte immortale
dell’uomo. E fin qui va bene; ma quando questa teoria quasi giusta sarà stata accettata, come
spiegheranno i biologi la prima apparizione di questa cellula permanente? A meno che non si
ammetta che l’uomo non sia nato affatto, ma sia caduto dalle nuvole; in qual modo fu
generata in lui quella cellula embriologica?
Completate il Plasma fisico di cui abbiamo parlato prima, la “Cellula Germinale”
dell’uomo con tutte le sue potenzialità materiali con il “Plasma Spirituale”, per così dire, o il
fluido che contiene i cinque princìpi inferiori dei Dhyâni dei Sei Princìpi — e sarete in
possesso del segreto, se siete abbastanza spirituali per comprenderlo.
Diamo adesso il paragone promesso.
“Quando il seme dell’uomo animale è proiettato nel terreno della donna animale,
quel seme non può germinare a meno che non sia stato fecondato dalle cinque virtù (il
fluido, o l’emanazione dei princìpi) dell’Uomo Celeste Sestuplice. È perciò che il
Microcosmo è rappresentato da un Pentagono dentro la Stella Esagonale, il Macrocosmo.1
Le funzioni dello Jîva su questa Terra sono di carattere quintuplice. Nell’atomo minerale è
collegato con i princìpi inferiori degli Spiriti della Terra (i Dhyâni Sestuplici); nella
particella vegetale è collegato al loro secondo princìpio — il Prâna (Vita); nell’animale ai
princìpi precedenti, e inoltre al terzo e al quarto; nell’uomo il germe deve ricevere il frutto
di tutti i cinque princìpi. Altrimenti non rinascerà superiore ad un animale”.2
Quindi soltanto nell’uomo lo Jîva è completo. Per quanto concerne il suo settimo
princìpio, esso non è che uno dei Raggi del Sole Universale, poiché ogni creatura ragionevole
riceve solo il prestito temporaneo di ciò che deve restituire alla sorgente originale. In quanto
al suo corpo fisico, esso è formato dalle Vite terrestri più infime, per mezzo dell’evoluzione
fisica, chimica e fisiologica; “gli Esseri Benedetti non hanno niente a che fare con le
purificazioni della materia”, dice la Cabala nel Libro dei Numeri Caldeo.
Quindi: l’Umanità, nella sua prima forma prototipica, eterea, è la discendenza degli
Elohim di Vita o Pitri; nel suo aspetto qualitativo e fisico, è la progenie diretta degli
“Antenati”, i Dhyâni inferiori o spiriti della Terra; e la sua natura morale, psichica e
1
2
Ανθρωπος, un’opera sull’embriologia occulta, Libro I.
Cioè un idiota congenito.
176
spirituale deriva da un gruppo di Esseri Divini, il nome e le caratteristiche dei quali saranno
dati nel Volume II. Collettivamente, gli uomini sono l’opera di Legioni di Spiriti diversi;
distributivamente, il tabernacolo di quelle Legioni; occasionalmente e individualmente, il
veicolo di alcuni di essi. Nella nostra Quinta Razza attuale, così materiale, lo Spirito terrestre
della Quarta è sempre forte in noi; pero ci avviciniamo al momento in cui il pendolo
dell’evoluzione oscillerà decisamente verso l’alto, riconducendo l’Umanità su una linea
spiritualmente parallela alla Terza Razza-Radice primitiva. L’Umanità, durante la sua
infanzia, era interamente composta di quella Legione Angelica i cui Spiriti abitavano ed
animavano i mostruosi e giganteschi tabernacoli di argilla della Quarta Razza, costruiti e
composti da innumerevoli miriadi di Vite; come lo sono pure attualmente i nostri corpi.
Questa frase sarà spiegata più in là nel presente Commentario. La scienza, intravedendo
vagamente questa verità, potrà trovare dei batteri ed altri esseri infinitesimali nel corpo
umano e non vedere in essi che dei visitatori occasionali ed anormali, ai quali vengono
attribuite le malattie che affliggono gli organismi umani. L’Occultismo — che vede una Vita
in ogni atomo ed in ogni molecola, sia in un minerale che in un corpo umano, sia nell’aria,
nel fuoco o nell’acqua — afferma che tutto il nostro organismo è costituito da simili Vite; e
dice inoltre che fra il più piccolo batterio visibile al microscopio e quelle Vite, vi è la
medesima differenza che passa tra un elefante ed il più infimo infusorio.
I “tabernacoli” nominati sopra si sono migliorati come tessuti e come simmetria di
forme, crescendo e sviluppandosi insieme al Globo su cui si trovano; ma il progresso fisico
realizzato si è effettuato a spese dell’Uomo spirituale interiore e della Natura. I tre princìpi
mediani, nella terra e nell’uomo, divennero più materiali in ciascuna razza, mentre l’Anima si
ritraeva per far posto all’Intelletto fisico, e l’essenza degli Elementi si trasformava negli
elementi materiali e composti che conosciamo attualmente.
L’Uomo non è, né avrebbe mai potuto essere, il prodotto completo del “Signore
Iddio”; ma esso è il figlio degli Elohim, così arbitrariamente considerati al singolare ed al
maschile. I primi Dhyâni che ricevettero l’ordine di “creare” un uomo secondo la loro
immagine, potevano soltanto proiettare le loro Ombre, come un modello delicato sul quale
dovevano lavorare gli Spiriti della Natura. Indubbiamente l’uomo è formato fisicamente con
la polvere della Terra, ma i suoi creatori ed i suoi costruttori furono molti. Né può dirsi il
“Signore Iddio alitò nelle sue narici il soffio di Vita”, a meno che non si identifichi Iddio con
la “Vita Una”, onnipresente per quanto invisibile; ed a meno che non si attribuisca a “Dio” la
medesima operazione per ciascuna “Anima Vivente”, la quale è l’Anima Vitale (Nephesh) e
non lo Spirito Divino (Ruach) che assicura solo all’uomo un grado divino di immortalità che
nessun animale, come tale, potrà mai raggiungere in questo ciclo di incarnazione.
È a causa delle inadeguate distinzioni fatte dagli ebrei, e successivamente dai nostri
metafisici occidentali, incapaci di capire e, conseguentemente, di accettare più di un uomo
trino — Spirito, Anima e Corpo — che il “Soffio di Vita” è stato confuso con lo “Spirito”
immortale. Ciò si riferisce pure direttamente ai teologi protestanti, i quali traducendo un certo
versetto del quarto Vangelo1, ne hanno pervertito interamente il significato. Quest’errata
traduzione dice: “Il vento soffia dove vuole”, invece di “lo Spirito va dove vuole” come nel
testo originale e anche nella traduzione della Chiesa Greca Orientale. Il filosofo ed erudito
autore di New Aspects of Life, vorrebbe far comprendere ai propri lettori che Nephesh Chiah
(Anima Vivente), secondo gli ebrei:
Procedeva o era prodotta dall’infusione dello Spirito o Soffio di Vita nel corpo vivificante dell’uomo, e
doveva sostituire e prendere il posto di quello Spirito nel Sé così costituito, di modo che lo Spirito si perdeva e
spariva nell’Anima Vivente.
1
Giovanni iii, 8.
177
Egli pensa che il corpo umano dovrebbe essere considerato come una matrice nella
quale e dalla quale l’Anima, che egli sembra collocare al di sopra dello Spirito, si sviluppa.
Considerata funzionalmente e dal punto di vista dell’attività, l’Anima, in questo mondo finito
e condizionato di Mâyâ, occupa innegabilmente un posto superiore. L’Anima, egli dice, “è
prodotta in ultimo dal corpo animato dell’uomo”. Così l’autore identifica semplicemente lo
“Spirito” (Âtmâ) con il “Soffio di Vita”. Gli occultisti orientali non concordano con questa
esposizione, poiché essa è basata sull’erronea concezione che Prana ed Âtmâ, o Jivâtmâ,
siano una sola e medesima cosa. L’autore sostiene la sua tesi mostrando che presso gli antichi
ebrei, i greci ed anche i latini, Ruach, Pneuma e Spiritus significavano il Vento. Ciò è vero
indubbiamente per gli ebrei e, molto probabilmente, per i greci ed i romani; la parola greca
Anemos (Vento) e quella latina Animus (Anima) hanno infatti una falsa relazione.
Tutto ciò è un pò artificioso, ma è difficile trovare un legittimo campo di battaglia per
decidere su una tale questione, poiché sembra che il dr. Pratt sia un metafisico molto pratico,
una specie di cabalista positivista, mentre i metafisici orientali e specialmente i vedantini,
sono tutti idealisti. Gli occultisti pure sono della Scuola esoterica vedantina più avanzata, e,
per quanto chiamino la Vita Una (Parabrahman) il Grande Soffio e il Turbine, essi separano
completamente il settimo princìpio dalla materia e negano che esso abbia una relazione o un
rapporto qualsiasi con essa.
Così la Filosofia delle relazioni psichiche, spirituali e mentali dell’uomo con le sue
funzioni fisiche, si trova in una confusione quasi inestricabile. Quindi oggi tanto la psicologia
degli antichi ariani, quanto quella degli antichi egiziani, non sono ben comprese; ed esse non
possono essere neppure assimilate senza accettare il settenario esoterico o, per lo meno, la
divisione vedantina quintuplice dei princìpi umani interiori. Senza di ciò non si potranno mai
comprendere le relazioni metafisiche e puramente psichiche, e neppure quelle fisiologiche,
fra i Dhyân Chohan o Angeli su un piano, e l’Umanità sull’altro. Nessuna opera esoterica
orientale (ariana) è stata fino ad ora pubblicata, ma possediamo dei papiri egiziani nei quali si
parla chiaramente dei sette princìpi o delle “Sette Anime dell’Uomo”. Il Libro dei Morti dà
una lista completa delle “trasformazioni” che ogni defunto subisce mentre si spoglia, uno ad
uno, di tutti questi princìpi — e, per rendere l’idea più chiara, questi princìpi sono stati
materializzati in entità o corpi eterei. Dobbiamo inoltre ricordare a coloro i quali vorrebbero
dimostrare che gli antichi egiziani non insegnavano la Reincarnazione, che essi dicevano che
“l’Anima” (l’Ego o il Sé) del Defunto viveva nell’Eternità: Essa è immortale, “coeva con il
Battello Solare, e scompare con esso”, cioè per tutto il Ciclo di Necessità. Quest’“Anima”
emerge dal Tiaou, il Regno delle Cause della Vita, e si unisce al vivente sulla Terra di
giorno, per ritornare al Tiaou ogni notte. Ciò esprime il fatto delle esistenze periodiche
dell’Ego.1
L’Ombra, la Forma Astrale, è annientata, “divorata da Uraeus”2; il Manes sarà
annientato; i due Gemelli (il quarto ed il quinto princìpio) saranno dispersi, ma l’AnimaUccello, la Rondine Divina e l’Uraeus di Fiamma” (Manas ed Âtmâ-Buddhi), vivranno
nell’Eternità, poiché essi sono i mariti della loro madre.
Vi è un’altra analogia suggestiva tra l’Esoterismo ariano o brahmânico e quello
egiziano. Il primo chiama i Pitri gli “Antenati Lunari” degli uomini; e l’Esoterismo egiziano
fa del Dio Lunare, That-Esmun, il primo antenato umano.
Questo Dio-Lunare rappresentava i Sette Poteri di Natura antecedenti a se stesso, e che erano riassunti
in lui come le sue sette anime, le quali erano da lui manifestate come l’Ottava. (Di qui l’ottava sfera)... I sette
raggi dei caldei... Heptakis o Iao, sulle pietre gnostiche, indicano il medesimo settenario di anime... la prima
1
2
Cap. cxlviii.
Ibid., cxlx, 51.
178
forma del mistico Sette appariva raffigurata in cielo dalle sette stelle luminose dell’Orsa Maggiore,
costellazione assegnata dagli egiziani alla Madre del Tempo e ai sette Poteri Elementali”.1
Come sanno bene tutti gli indù, questa medesima costellazione rappresenta in India i
sette Rishi, ed è chiamata Riksha e Chitrashikandina.
Il simile soltanto produce il simile. La Terra dà all’uomo il suo corpo, gli Dèi
(Dhyâni) gli danno i suoi cinque princìpi interiori, l’Ombra psichica, della quale questi Dèi
sono sovente il princìpio animatore. Lo Spirito (Âtman) è uno ed inscindibile. Esso non è nel
Tiaou. Ma che cos’è il Tiaou? Le frequenti allusioni che se ne fanno nel Libro dei Morti
contengono un mistero. Tiaou è il sentiero del Sole-Notturno; l’emisfero inferiore o la
regione infernale degli egiziani, da essi collocato nel lato nascosto o celato della Luna.
Secondo il loro Esoterismo, l’essere umano provenne dalla Luna — un triplice mistero,
contemporaneamente astronomico, fisiologico e psichico; attraversò l’intero ciclo
dell’esistenza e ritornò quindi al suo luogo di nascita, prima di uscirne nuovamente. Così il
Defunto è rappresentato, al suo arrivo in Occidente, mentre viene giudicato da Osiride,
risuscita come il Dio Horus e fa il giro attorno al cielo siderale — una similitudine allegorica
con Ra, il Sole — quindi, avendo attraversato il Noot, l’Abisso Celeste, ritorna nuovamente
al Tiaou — un avvicinamento ad Osiride che, come Dio della Vita e della riproduzione, abita
sulla Luna. Plutarco2 ci dice che gli egiziani celebravano una festa chiamata “l’ingresso di
Osiride nella Luna”. Nel Rituale3 è promessa la vita dopo la morte; ed il rinnovamento della
vita è posto sotto il patronato di Osiride-Lunus, poiché la Luna era il simbolo dei
rinnovamenti della vita o reincarnazioni, a causa delle sue varie fasi di luna crescente e
calante, di sparizione totale e di riapparizione mensile. Nel Dankmoe4 è detto: “Oh! OsirideLunus, tu che rinnovi il tuo rinnovamento”. E Sabekh dice a Seti I:5 “Tu rinnovi te stesso
come il Dio Lunus quando è bambino”. Ed è ancora meglio spiegato in un papiro conservato
al Louvre:6 “Gli accoppiamenti e i concepimenti abbondano quando esso (Osiride-Lunus)
appare in cielo in quel giorno”. Osiride dice: “Oh! raggio unico e radioso della Luna! Io esco
fuori dalla moltitudine circolante (delle stelle)... Aprimi il Tiaou, per Osiride N. Io uscirò di
giorno per compiere ciò che devo fare fra i viventi”7— cioè per produrre i concepimenti.
Osiride era “Dio manifestato nella generazione”, poiché gli antichi conoscevano
meglio dei moderni le reali influenze occulte del corpo lunare sui misteri del concepimento.8
Nei sistemi più antichi troviamo che la Luna era considerata sempre come maschile. Così
Soma, per gli indù, è una specie di Don Giovanni siderale, un “Re” ed il padre, sebbene
illegittimo, di Budha — la Saggezza. Ciò si riferisce alla Conoscenza Occulta, una sapienza
acquisita attraverso una perfetta conoscenza dei misteri lunari, inclusi quelli della
1
The Seven Souls of Man, pag. 2; da una Conferenza di Gerald Massey.
De Iside et Osiride, xliii.
3
Cap. xli.
4
iv, 5.
5
Abydos, di Mariette, tavola 51.
6
Études Égyptologiques.
7
Rituale, cap. ii.
8
[In relazione a questo soggetto, gli studiosi potrebbero trovare utile soffermarsi sul seguente passaggio, tratto da The Acts
of the Disputation of Archelaus, Bishop of Caschar in Mesopotamia, with the Heresiarch Manes, sezione 8:
“Ma quando il Padre vivente percepì che l’anima tribolava nel corpo…Egli mandò il suo amato Figlio per la salvezza
dell’anima…Così Egli venne e preparò l’opera, cioè di salvare le anime, e a tale scopo costruì un congegno con dodici urne
( κάδοζ ), che è fatto per ruotare intorno alla sfera, e con esso tira sù l’anima del morente. E il luminare maggiore riceve
queste anime, le purifica con i suoi raggi, e poi le trasporta sulla luna; e in questa maniera il disco della luna, designato per
noi, si riempie. Poiché egli dice che questi due luminari sono navi o traghetti ( παρθµεîον ). Poi, se la luna diventa piena,
essa traghetta i suoi passeggeri attraverso il vento dell’est, e quindi effettua il suo decrescimento liberandosi del suo carico.
E in questo modo effettua il passaggio da un lato all’altro, scaricando nuovamente il suo carico di anime tirate sù dalle urne,
finché non salva la propria porzione di anime. Inoltre, egli afferma che ogni anima, ogni creatura vivente che si muove,
partecipa della sostanza del Padre. E per questo motivo, quando la luna consegna il proprio carico agli eoni del Padre, esse
attendono lì in quel pilastro di gloria, che è chiamato l’aria perfetta. E quest’aria è un pilastro di luce, poiché è piena delle
anime che si stanno purificando......” –Nota di B. de Zirkoff.]
2
179
generazione sessuale. E più tardi, quando la Luna venne associata con le divinità femminili,
con Diana, Iside, Artemide, Giunone, ecc., questo collegamento era pure dovuto ad una
profonda conoscenza della fisiologia della natura femminile, sia fisica che psichica.
Se nelle Scuole domenicali, invece di inutili dissertazioni sulla Bibbia, si impartissero
alle moltitudini di poveri e di sfortunati delle nozioni di Astrologia — per lo meno su quanto
concerne le proprietà occulte della Luna e le sue influenze celate sulla generazione — vi
sarebbe poco da temere su un aumento eccessivo della popolazione, e non sarebbe necessario
ricorrere a una discutibile letteratura malthusiana per la limitazione delle nascite. Poiché la
Luna e le sue congiunzioni regolano i concepimenti, ed ogni astrologo dell’India lo sa.
Durante le razze precedenti, e anche al princìpio della nostra, coloro che si abbandonavano a
relazioni coniugali durante certe fasi lunari che rendono tali relazioni sterili, erano
considerati come stregoni e peccatori. Ma attualmente, anche quei peccati di allora, che
derivavano dall’abuso della conoscenza occulta, sembrerebbero preferibili ai crimini
commessi oggi, che vengono perpetrati in base alla completa ignoranza di simili influenze
occulte.
Ma inizialmente, il Sole e la Luna erano le sole divinità psichiche e fisiologiche
visibili e, per i loro effetti, per così dire, tangibili — il Padre ed il Figlio — mentre lo Spazio
o l’Aria in generale, o quell’estensione di cielo che gli egiziani chiamavano Noot, era
considerato come lo Spirito o il Soffio celato dei due. Il Padre ed il Figlio erano permutabili
nelle loro funzioni, e lavoravano insieme armoniosamente nei loro effetti sulla natura
terrestre e sull’umanità, perciò erano considerati come uno, per quanto due come Entità
personificate. Erano entrambi maschili ed entrambi avevano il loro lavoro distinto, per
quanto fossero in collaborazione reciproca nella generazione causale dell’umanità. Questo,
dal punto di vista astronomico e cosmico, considerato ed espresso in linguaggio simbolico,
divenuto poi teologico e dogmatico nelle nostre ultime razze. Ma dietro al velo dei simboli
cosmici ed astrologici, erano celati i misteri occulti dell’antropografia e della genesi
primordiale dell’uomo. Ed in ciò nessuna conoscenza di simboli e nemmeno la chiave del
linguaggio simbolico post-diluviano degli ebrei potrà essere di aiuto, salvo in quello che si
riferisce a quanto è stato espresso nelle Scritture nazionali per uso exoterico; e tutte queste
Scritture insieme, sebbene accuratamente velate, non costituivano che una piccola parte della
vera storia primitiva di ciascun popolo; inoltre esse spesso si riferivano, come per esempio
nella Scrittura ebraica, soltanto alla vita umana terrestre e non alla vita divina di quella
nazione. Quell’elemento psichico e spirituale apparteneva ai MISTERI ed all’INIZIAZIONE.
Esistevano cose che non erano mai state scritte su rotoli di pergamena, ma che, come in Asia
Centrale, erano state incise su rocce e in cripte sotterranee.
Vi fu però un periodo in cui il mondo intero era “di un solo linguaggio e di una sola
conoscenza”, periodo in cui l’uomo sapeva molto più della sua origine di quanto non sappia
attualmente; e sapeva quindi che il Sole e la Luna, per quanto rappresentassero una parte così
prominente nella costituzione, nella crescita e nello sviluppo del corpo umano, non erano
però i diretti agenti causanti dell’apparizione dell’uomo sulla Terra; poiché, in realtà, tali
agenti sono i Poteri viventi ed intelligenti che gli occultisti chiamano Dhyân Chohan.
A questo proposito un ammiratore molto erudito dell’Esoterismo ebraico ci diceva
che:
Nella Cabala è detto espressamente che Elohim è “un’astrazione generale”, ciò che in matematica si
chiama “un coefficente costante” o una “funzione generale”, che fa parte di qualsiasi costruzione, non
particolare; cioè il rapporto generale di 1 a 31415, le cifre [Astro-Dhyâniche e] Elohistiche.
A ciò l’occultista orientale risponde: proprio così, essi sono un’astrazione per i nostri
sensi fisici, però, per la nostra percezione spirituale e per il nostro occhio spirituale interno,
gli Elohim, o Dhyâni, non sono un’astrazione più di quello che non lo siano per noi la nostra
anima ed il nostro spirito. Respingere gli uni significa respingere gli altri, poiché ciò che
costituisce l’Entità sopravvivente in noi è, in parte, l’emanazione diretta di quelle Entità; ed
180
in parte quelle stesse Entità Celestiali. Senza dubbio gli ebrei conoscevano perfettamente la
stregoneria e varie forze malefiche, ma ad eccezione di alcuni fra i loro grandi Profeti e
Veggenti, come Daniele ed Ezechiele — poiché Enoch era di una razza molto anteriore e,
come carattere generico, non apparteneva ad una singola nazione, bensì a tutte — essi
conoscevano ben poco del vero Occultismo divino né volevano occuparsi di esso, perché il
loro carattere nazionale era contrario a tutto ciò che non recava un beneficio diretto ai loro
interessi etnici, collettivi e individuali — ne sono testimonianza i loro stessi Profeti e le
maledizioni che essi scagliavano contro le razze difficili a piegarsi. Però, perfino la Cabala
mostra chiaramente la relazione diretta esistente tra i Sephiroth, o Elohim, e gli uomini.
Quindi, quando ci sarà dimostrato che l’identificazione cabalistica di Jehovah con
Binah, una Sephira femminile, contiene ancora un altro significato sub-occulto, allora, e
soltanto allora, gli occultisti saranno disposti ad attribuire ai cabalisti la palma della
perfezione. Fino ad allora si può affermare che, siccome Jehovah, nel senso astratto di un
“unico Dio vivente” è un numero singolo, una finzione metafisica, e diviene una realtà
soltanto quando è messo al suo giusto posto come un’emanazione ed una Sephira — noi
abbiamo il diritto di sostenere che lo Zohar, per lo meno come ne dà testimonianza il Libro
dei Numeri, insegnava in origine, e prima che i cabalisti cristiani lo avessero deformato, la
medesima dottrina che insegniamo noi stessi, e cioè che l’Uomo emana non da un Uomo
Celeste unico, ma da un Gruppo Settenario di Uomini Celesti o Angeli, precisamente come è
detto pure nel Pimandro, il Pensiero Divino.
STANZA VII -continuazione.
3. QUANDO L’UNO DIVENTA DUE, IL TRIPLICE APPARE (a). I TRE SONO UNO1, ED È IL NOSTRO
FILO, O LANU, IL CUORE DELLA PIANTA-UOMO, CHIAMATA SAPTAPARNA (b).
(a) “Quando l’Uno diventa Due, il Triplice appare, e cioè quando l’Uno Eterno lascia
cadere il suo riflesso nella regione della Manifestazione, quel riflesso, il Raggio, differenzia
le Acque dello Spazio o, per usare le parole del Libro dei Morti: “Il Chaos cessa sotto
l’influsso del Raggio della Luce Primordiale che dissipa l’oscurità totale mediante l’aiuto del
grande potere magico del Verbo del Sole (Centrale)”. Il Chaos diventa maschio-femmina, e
l’Acqua covata dalla Luce, e l’Essere Triplice ne emerge come il suo “Primogenito”. “Ra (o
Osiride-Pta) crea le proprie Membra (come Brahmâ) creando gli Dèi destinati a personificare
le sue fasi” durante iI Ciclo.2 Il Ra egiziano, emergendo dall’Abisso, è l’Anima Divina
Universale nel suo aspetto manifestato; e così lo è pure Nârayâna, il Purusha “celato
nell’Âkâsha e presente nell’Etere”.
Questa è la spiegazione metafisica e si riferisce al princìpio stesso dell’Evoluzione o,
piuttosto, della Teogonia. Il significato di questa Stanza, se considerato da un altro punto di
vista nei suoi riferimenti al mistero dell’uomo e della sua origine, è ancora più difficile da
comprendere. Per formarsi un concetto chiaro di ciò che si intende dire con la frase “l’Uno
diventa Due, per essere poi trasformato nel Triplice”, è necessario che lo studioso
familiarizzi a fondo con ciò che noi chiamiamo le Ronde. Se legge il Buddhismo Esoterico
— il primo tentativo di delineare approssimativamente la Cosmogonia Arcaica — troverà che
una Ronda significa l’evoluzione in serie della Natura materiale nascente dei sette Globi
della nostra Catena3, con i loro regni minerale, vegetale ed animale; essendo l’uomo incluso
1
Uniti in uno.
Op. cit., xvii, 4.
3
Diversi critici ostili vorrebbero dimostrare che nella nostra precedente opera, Iside Svelata, non si parlava né dei Sette
Princìpi dell’Uomo né della costituzione settenaria della nostra Catena. Per quanto in tale opera non si potessero dare che
2
181
in quest’ultimo, e alla testa di esso durante l’intero periodo di un Ciclo di Vita, chiamato dai
Brâhmani un “Giorno di Brahmâ”.
Si tratta, in breve, di una rivoluzione della “Ruota” (la nostra Catena Planetaria), che
è composta di sette Globi o di sette “Ruote” separate, usando questa volta tale termine in un
altro senso. Quando l’evoluzione ha percorso la discesa nella materia, dal Globo A al Globo
G, una Ronda è compiuta. Alla metà della quarta rivoluzione — cioè della nostra presente
Ronda — “l’evoluzione ha raggiunto il culmine del suo sviluppo fisico, coronando il proprio
lavoro con la formazione dell’uomo fisico perfetto; e da quel momento, ha inizio il suo
lavoro verso lo spirito”. Tutto questo è spiegato benissimo nel Buddhismo Esoterico, per cui
non è necessario insistere ulteriormente su questo punto. Però, quello che fu appena
accennato in quest’opera e che fu mal compreso da molti, è quanto si riferisce all’origine
dell’uomo. Intorno a questo soggetto proietteremo qui un pò più di luce per rendere più
comprensibile questa Stanza, poiché l’intero processo sarà estesamente esposto nel Volume
II. Ciascuna Ronda, nella scala discendente, non è che una ripetizione, sotto una forma più
concreta, della Ronda precedente; così come ogni Globo, fino alla nostra Quarta Sfera, la
Terra attuale, è una copia più grossolana e più materiale della sfera più eterea e più vaporosa
che l’ha preceduta nell’ordine stabilito sui tre piani superiori.1 Nella sua fase ascendente,
sull’arco ascendente, l’Evoluzione, per così dire, spiritualizza e rende più eterea la natura
generale di tutto, sollevandola ad un livello corrispondente al piano su cui si trova il Globo
gemello dell’arco opposto; per cui, quando il settimo Globo è raggiunto, in qualsiasi Ronda,
la natura di tutto ciò che è in via di evoluzione ritorna alla condizione in cui si trovava al suo
punto di partenza — plus, ogni volta, un grado nuovo e superiore negli stati di coscienza. Di
conseguenza, è chiaro che la cosiddetta “origine dell’uomo” nella nostra Ronda attuale, o
Ciclo di Vita, su questo Pianeta, deve occupare il medesimo posto ed il medesimo ordine —
salvo nei dettagli dovuti alle condizioni di luogo e di tempo — come nella Ronda precedente.
Inoltre, come il lavoro di ciascuna Ronda è affidato ad un Gruppo differente di cosiddetti
Creatori o Architetti, così avviene egualmente per ciascun Globo, cioè i1 lavoro si svolge
sotto la sorveglianza e la guida di Costruttori e Vigilatori speciali — i vari Dhyân Chohan.
Il termine “Creatori” è inesatto, poiché nessun’altra Religione, nemmeno la sètta dei
Visishthadvaitî dell’India, la quale antropomorfizza perfino Parabrahman, crede in una
creazione ex nihilo come i cristiani e gli ebrei, ma soltanto nell’evoluzione dei materiali
preesistenti.
Il Gruppo della Gerarchia che è incaricato di “creare” gli uomini, è dunque un Gruppo
speciale; però esso produsse in questo Ciclo un uomo etereo, fluidico, precisamente come un
Gruppo superiore e più spirituale lo produsse nella Terza Ronda. Ma siccome questo Gruppo
è il Sesto, sulla scala discendente della Spiritualità — essendo il Settimo ed ultimo formato
da Spiriti Terrestri (Elementali) che gradatamente plasmano, costruiscono e condensano il
suo corpo fisico — questo Sesto Gruppo non può formare altro che la forma eterea dell’uomo
degli accenni intorno a queste dottrine, ciò nonostante vi sono molti punti in cui la costituzione settenaria, tanto dell’Uomo
quanta della Catena, sono chiaramente menzionati. Parlando degli Elohim ( II, 420) è detto: “Essi rimangono, al disopra del
settimo cielo (o mondo spirituale), poiché, secondo i cabalisti, sono essi che formarono successivamente i sei mondi
materiali o, piuttosto, i tentativi di mondi che precedettero il nostro e che essi dicono essere il settimo”.
Il nostro Globo, nel diagramma che rappresenta la Catena, è naturalmente il settimo ed il più basso; ma siccome
l’evoluzione su questi Globi è ciclica, esso in realtà è il quarto sull’arco discendente della materia.
E ancora ( II, 367): “Nel concetto egiziano, come in quello di tutte le altre fedi basate sulla filosofia, l’uomo non era
semplicemente... l’unione di un’anima e di un corpo, egli era una trinità quando vi si aggiungeva lo Spirito. Inoltre, tale
dottrina insegnava che egli era costituito da un corpo... da una forma astrale o ombra... da un’anima animale, ...l’anima
superiore, e... l’intelligenza terrestre... (e) un sesto princìpio, ecc. — e quindi il settimo — lo SPIRITO”. Questi princìpi sono
menzionati così chiaramente che, perfino nell’Indice (II, 683), vi è indicato: “I sei Princìpi dell’Uomo”; poiché, in realtà, il
settimo è la sintesi degli altri sei e non è un princìpio, ma un raggio del TUTTO Assoluto.
1
Vedi il Diagramma III.
182
futuro, una copia trasparente, appena visibile, di loro stessi. È compito della Quinta
Gerarchia — di quegli Esseri misteriosi che presiedono alla costellazione del Capricorno,
Makara o “Coccodrillo” in India e in Egitto — di animare le forme animali vuote ed eteree,
per trasformarle nell’Uomo Razionale. Si tratta di un soggetto di cui ben poco può esser detto
al pubblico in generale. In realtà è un mistero, ma soltanto per colui che è portato a
respingere l’idea dell’esistenza nell’Universo di Esseri Spirituali, intelligenti e coscienti, e di
limitare il possesso della piena coscienza soltanto all’uomo, considerando inoltre tale
coscienza come una semplice “funzione del cervello”. Molte sono le Entità Spirituali che si
sono reincarnate corporalmente nell’uomo fin dalla sua prima apparizione e che, ciò
nonostante, esistono tuttora, indipendentemente come prima, nelle infinitudini dello Spazio.
Per rendere più chiaro tale fatto, diremo che simili Entità invisibili possono essere col
corpo presenti sulla terra, senza per questo abbandonare il loro stato e le loro funzioni nelle
regioni supersensorie. Se qualche spiegazione è necessaria su questo fatto, possiamo
ricordare ai lettori casi analoghi che si verificano nel cosiddetto “Spiritismo”, benché tali casi
siano molto rari, per lo meno per quanto concerne la natura delle Entità che si incarnano, o
che prendono temporaneamente possesso di un medium. I cosiddetti “spiriti” che
occasionalmente riescono ad impossessarsi dei corpi dei medium, non sono le Monadi o i
Princìpi superiori di personalità disincarnate. Simili “spiriti” possono essere soltanto degli
Elementali o –Nirmânakâya. Precisamente come alcune persone, sia in virtù di un particolare
organismo, o per il potere di una conoscenza mistica acquisita, possono apparire nel loro
“doppio” in un luogo, mentre il loro corpo si trova in un altro a distanza di molte miglia, così
un fatto analogo può avvenire nel caso di Esseri superiori. L’uomo, considerato
filosoficamente, nella sua forma esteriore è semplicemente un animale, un po’ più perfetto
del suo antenato dall’aspetto di un pitecoide della Terza Ronda. Egli è un corpo vivente e non
un Essere vivente, poiché la realizzazione dell’esistenza, “l’Ego sum”, necessita
dell’autocoscienza; e un animale può avere soltanto la coscienza diretta, o istinto. Ciò era
così ben compreso dagli antichi che perfino i cabalisti facevano dell’anima e del corpo due
Vite indipendenti l’una dall’altra. In New Aspects of Life, l’autore espone il seguente
insegnamento cabalistico:
Essi ritenevano che, funzionalmente, lo Spirito e la Materia di opacità e densità corrispondente,
avessero tendenza ad unirsi, e che gli Spiriti creati che ne risultavano fossero, allo stato disincarnato, costituiti
su una scala nella quale venivano riprodotte le differenti opacità e trasparenze dello Spirito elementare o
increato….. Essi affermavano inoltre che questi Spiriti, allo stato disincarnato, attraevano, si appropriavano,
digerivano ed assimilavano lo Spirito elementale e la Materia elementale, le cui condizione erano conforme alla
loro... Essi insegnavano quindi che vi era una grande differenza nelle condizioni degli Spiriti creati, e che
nell’intima associazione tra il mondo dello Spirito ed il mondo della Materia, gli Spiriti più densi, allo stato
disincarnato, erano attratti verso le parti più dense del mondo materiale e tendevano quindi verso il centro della
Terra, dove trovavano le condizioni più adatte al loro stato; mentre gli Spiriti più trasparenti si trasferivano
nell’aura che circonda il pianeta, ed i più rarefatti fra questi trovavano la loro dimora nel suo satellite”.1
Ciò si riferisce esclusivamente ai nostri Spiriti Elementali e non ha nessun rapporto con le
Forze Intelligenti planetarie, siderali, cosmiche o inter-eteriche, gli “Angeli”, come sono
chiamate nella Chiesa Cattolica Romana. I cabalisti ebraici e specialmente gli occultisti
pratici che si occupavano di Magia Cerimoniale si interessavano solo degli Spiriti dei Pianeti
e dei cosiddetti “Elementali”. Perciò, quanto precede abbraccia solo una parte
dell’insegnamento esoterico. L’Anima, il cui veicolo corporale è l’involucro astrale, etereosostanziale, poteva morire mentre l’uomo era tuttora vivente sulla terra. Ciò significa che
l’Anima poteva liberarsi dal proprio tabernacolo ed abbandonarlo per varie ragioni, quali, per
esempio, la follia, la depravazione spirituale e fisica, ecc. Il fatto che l’“Anima” — cioè
l’Ego Spirituale eterno — possa dimorare nei mondi invisibili, mentre il suo corpo continua a
1
“Genesis of the Soul”, pp. 340 – 351.
183
vivere sulla terra, è una dottrina eminentemente occulta, specialmente nelle filosofie occulte
cinese e buddhista. Fra di noi vi sono molti uomini senz’anima, poiché tale fenomeno si
verifica nel caso di materialisti malvagi, come pure in quello di persone “che progrediscono
in santità e non ritornano piu indietro”.
Di conseguenza, ciò che possono fare alcuni uomini viventi (Iniziati), possono farlo ancora
meglio i Dhyâni, che non hanno l’impedimento del corpo fisico. Tale era la credenza degli
antidiluviani e tale sta diventando rapidamente quella della società intellettuale moderna
nello “Spiritismo”; ed è pure quella delle Chiese Greca e Romana, che insegnano l’ubiquità
dei loro Angeli. Gli zoroastriani consideravano i loro Amshaspend come Entità duali
(Ferouer), applicando questa dualità — almeno nella Filosofia Esoterica — a tutti gli abitanti
spirituali ed invisibili di quegli infiniti mondi dello spazio che sono visibili ai nostri occhi. In
un’opera di Damascio (sesto secolo) sugli Oracoli caldei, abbiamo una testimonianza
evidente dell’universalità di questa dottrina, poiché egli dice: “In questi Oracoli, i sette
Cosmocratori del Mondo (i Pilastri del Mondo), di cui parla pure San Paolo, sono duplici;
una di queste parti è preposta al governo dei mondi superiori, il mondo spirituale e quello
siderale, e l’altra a vigilare ed a guidare i mondi della materia”. Tale è pure l’opinione di
Giamblico, che fa una distinzione netta fra gli Arcangeli e gli Arconti.1
Ciò può applicarsi naturalmente alla distinzione fatta fra i gradi o ordini di Esseri Spirituali,
ed è in questo senso che la Chiesa Cattolica Romana cerca di interpretarne ed insegnarne la
differenza; poiché, mentre secondo i suoi insegnamenti, gli Arcangeli sono divini e santi,
essa denuncia i loro “Doppi” come diabolici. Ma la parola Ferouer non deve essere intesa in
questo senso, poiché essa significa semplicemente il rovescio o il lato opposto di certi
attributi o qualità. Così, quando l’occultista dice che il “Demonio è l’inverso di Dio” — il
male, il rovescio della medaglia, — egli non intende parlare di due realtà separate, ma di due
aspetti o facce della medesima Unità. Ma anche l’uomo migliore, posto a confronto con un
Arcangelo — come è descritto dalla Teologia — apparirebbe un demonio; per cui vi è una
certa ragione nel deprezzare un “Doppio” inferiore, immerso nella materia molto più
profondamente del suo originale. Però non è giustificato considerarli Demoni; e ciò è
precisamente quello che si ostinano a fare i cattolici romani contro ogni ragione e logica.
Questa identità fra lo Spirito e il suo “Doppio” materiale — nell’uomo è l’opposto — spiega
ancora meglio la confusione alla quale abbiamo già precedentemente fatto allusione nella
presente opera, nei nomi e nelle individualità, come pure nel numero dei Rishi e dei
Prajapati; specialmente di quelli del periodo del Satya Yuga e del Mahâbhârata. Ciò proietta
pure una luce addizionale su quanto la Dottrina Segreta insegna relativamente ai ManuRadice e ai Manu-Seme. Essa insegna che non solo questi Progenitori della nostra Umanità,
ma tutti gli esseri umani, hanno il loro prototipo nelle Sfere Spirituali, e che questo prototipo
è l’essenza più elevata del loro Settimo Princìpio. Così i sette Manu diventano quattordici, il
Manu-Radice essendo la causa Prima, ed il Manu-Seme il suo Effetto; e dal Satya Yuga (la
prima fase) fino al periodo eroico, questi Manu, o Rishi, arrivano al numero di ventuno.
(b) L’ultima frase di questa shloka ci mostra come la credenza e la dottrina della
costituzione settenaria dell’uomo siano arcaiche. Il “Filo” dell’Essere che anima l’uomo e
che passa attraverso tutte le sue Personalità, o Rinascite, su questa Terra — un’allusione al
Sûtrâtma — il Filo sul quale sono infilati pure tutti i suoi “Spiriti”, è intessuto dell’essenza
del Triplice, del Quadruplice e del Quintuplice, che contiene tutti i precedenti. Secondo il
Padma Purâna2 Panchâshikha è uno dei sette Kumara che vanno da Shveta Dvîpa per
adorare Vishnu. Vedremo più oltre quale rapporto vi è fra i casti e “celibi” Figli di Brahmâ
che si rifiutano “di moltiplicare” ed i mortali terrestri. Frattanto è evidente che l’espressione
1
2
Giamblico, De Mysteriis, ii, 3.
Asiatic Researches, xi, 99, 100.
184
la “Pianta-Uomo, Saptaparna”, si riferisce ai sette Princìpi; e che l’uomo è paragonato a
questa pianta a sette foglie che è così sacra fra i buddhisti. Nel Libro dei Morti l’allegoria
egiziana che si riferisce alla “ricompensa dell’Anima” ricorda pure la nostra dottrina
settenaria e la esprime in maniera molto poetica. Al Defunto viene assegnato un pezzo di
terreno nel campo di Aanroo, dove i Manes, le ombre deificate dei morti, raccolgono, come
raccolto delle azioni da loro compiute nella vita, il grano alto sette cubiti che cresce in un
territorio diviso in sette ed in quattordici parti. Questo grano è il nutrimento del quale
vivranno e prospereranno, o che li ucciderà nell’Amenti, il regno di cui il campo di Aanroo è
un dominio. Poiché, come è detto nell’inno,1 il Defunto è distrutto, oppure diviene puro
Spirito per l’Eternità, come conseguenza delle “sette volte settantasette vite” trascorse o da
trascorrere sulla Terra. L’idea del grano raccolto come “frutto delle nostre azioni” è molto
espressiva.
STANZA VII -continuazione.
4. — È LA RADICE CHE NON MUORE MAI, LA FIAMMA TRILINGUE DAI QUATTRO LUCIGNOLI
(a)..... I LUCIGNOLI SONO LE SCINTILLE CHE TRAGGONO DALLA FIAMMA TRILINGUE2
SCOCCATA DAI SETTE, LA LORO FIAMMA; I RAGGI E LE SCINTILLE DI UNA LUNA RIFLESSA
NELLE ACQUE CORRENTI DI TUTTI I FIUMI DELLA TERRA3 (b).
(a) La “Fiamma Trilingue che mai si estingue” è la Triade spirituale immortale, Âtmâ,
Buddhi e Manas, o piuttosto il raccolto di quest’ultimo allorché viene assimilato dai primi
due dopo ogni vita terrena. I “Quattro Lucignoli” che vengono fuori e che si estinguono, sono
il Quaternario o i quattro princìpi inferiori compreso il corpo. “Io sono la Fiamma dai Tre
Lucignoli ed i miei Lucignoli sono immortali”, dice il Defunto. “Io entro nel dominio di
Sekhem [il Dio la cui mano sparge i semi dell’azione prodotta dall’anima disincarnata] ed
entro nella regione delle Fiamme che hanno distrutto i loro avversari [cioè che si sono
liberate dai Quattro Lucignoli creatori del peccato]”.4
“La Fiamma Trilingue dei Quattro Lucignoli” corrisponde alle quattro Unità ed ai tre Binari
dell’albero sephirotale.
(b) Simili a miliardi di scintille luminose che danzano sulle acque dell’oceano, al
disopra del quale splende una sola e medesima luna, le nostre Personalità evanescenti — gli
involucri illusori dell’immortale Monade-Ego — scintillano e danzano sulle onde di Mâyâ.
Esse appaiono e, come le migliaia di scintille prodotte dai raggi della luna, durano soltanto
fino a che la Regina della Notte irradia il suo splendore sulle “Acque Correnti della Vita”, il
periodo di un Manvantara, e quindi scompaiono; mentre sopravvivono solo i “Raggi” —
simboli dei nostri Ego Spirituali eterni — fusi nella Sorgente-Madre e tornati nuovamente
uno con essa come prima.
1
Cap. xxxii, 9.
La loro Triade Superiore.
3
Bhûmi o Prithivî.
4
Il Libro dei Morti, i, 7. Consultare anche Mysteries of Rostan.
2
185
STANZA VII -Continuazione.
5. — LA SCINTILLA È SOSPESA ALLA FIAMMA CON UN SOTTILISSIMO FILO DI FOHAT. ESSA
VIAGGIA ATTRAVERSO I SETTE MONDI DI MÂYÂ (a). SI FERMA NEL PRIMO1 ED È UN METALLO
E UNA PIETRA; PASSA NEL SECONDO2 ED ECCO UNA PIANTA; LA PIANTA PASSA ATTRAVERSO
SETTE CAMBIAMENTI, E DIVIENE UN ANIMALE SACRO3 (b).
DALLA COMBINAZIONE DEGLI ATTRIBUTI DI QUESTI, MANU,4 IL PENSATORE, È FORMATO.
CHI LO FORMA? LE SETTE VITE E LA VITA UNA (c). CHI LO COMPLETA? IL QUINTUPLICE LHA. E
CHI PERFEZIONA L’ULTIMO CORPO? IL PESCE, IL PECCATO E SOMA5 (d).
(a) La frase “attraverso i Sette Mondi di Mâyâ” si riferisce qui ai sette Globi della
Catena Planetaria e alle sette Ronde, ossia alle quarantanove stazioni dell’esistenza attiva che
si stendono davanti alla “Scintilla”, o Monade, all’inizio di ogni grande Ciclo di Vita o
Manvantara. Il “Filo di Fohat” è il Filo di Vita di cui abbiamo parlato precedentemente.
Questo si riferisce al più grande problema della filosofia — la natura fisica e sostanziale della
Vita, la cui natura indipendente è negata dalla scienza moderna, essendo questa incapace di
comprenderla. Soltanto coloro che credono nella Reincarnazione e nel Karma percepiscono
debolmente che tutto il segreto della Vita risiede nella serie ininterrotta delle sue
manifestazioni, sia nel corpo fisico come al di fuori di esso. Poiché, anche se:
La Vita, simile ad una volta dai vetri multicolori colora il niveo splendore dell’Eternità,
pure essa fa parte della Vita, perché la Vita sola può comprendere la Vita.
Che cos’è quella “Scintilla” che “è sospesa alla Fiamma”? È lo Jiva, la Monade, in
congiunzione con Manas, o piuttosto l’aroma di quest’ultimo — ciò che rimane di ogni
Personalità, se meritevole; ed è sospeso ad Âtmâ-Buddhi, la Fiamma, mediante il Filo di
Vita. In qualsiasi modo ciò venga interpretato e qualunque sia il numero dei princìpi
assegnati all’essere umano, si può facilmente dimostrare che questa dottrina è sostenuta da
tutte le Religioni antiche, dalla vedica all’egiziana, dalla zoroastriana all’ebraica. In
quest’ultima, le opere cabalistiche offrono delle prove abbondanti della verità di questa
affermazione. L’intero sistema numerico cabalistico è basato sul Settenario divino sospeso
alla Triade, e che forma così la Decade e le sue permutazioni 7, 5, 4, e 3, che finalmente si
fondono tutti nell’Uno stesso; un Circolo senza fine ed illimitato.
Come dice lo Zohar:
La Divinità (la Presenza sempre invisibile) si manifesta attraverso i dieci Sephiroth, che ne sono la
radiosa testimonianza. La Divinità è simile al mare dal quale sgorga una corrente detta la Sapienza, le cui acque
si riversano in un lago chiamato l’Intelligenza. Dal bacino, simile a sette canali, emanarono i sette Sephiroth...
Poiché dieci equivale a sette: la Decade contiene quattro Unità e tre Binari”.
I Dieci Sephiroth corrispondono alle membra dell’uomo.
Quando Io (l’Elohim) formai Adamo Kadmon, lo Spirito dell’Eterno scaturì dal suo corpo, simile al
fulgore di un fulmine, e si irradiò istantaneamente sui flutti dei sette milioni di stelle, ed i miei dieci Splendori
furono le sue Membra.
1
Regno.
Regno.
3
La prima Ombra dell’Uomo fisico.
4
L’uomo.
5
La Luna.
2
186
Ma né la Testa né le Spalle di Adamo Kadmon possono essere viste, perciò leggiamo
nel Siphra Dtzenioutha, il “Libro del Mistero Celato”:
Al princìpio del Tempo, dopo che gli Elohim (i “Figli della Luce e della Vita”, o i Costruttori) ebbero
plasmato con l’Essenza eterna i Cieli e la Terra, formarono i mondi, sei a sei.
Il settimo è Malkuth, la nostra Terra1 sul suo piano, che è il più basso di tutti gli altri
piani dell’esistenza cosciente. Il Libro dei Numeri caldeo contiene una spiegazione
dettagliata di tutto ciò.
La prima Triade del Corpo di Adamo Kadmon (i tre piani superiori dei sette),2 non può essere vista
prima che l’Anima si trovi alla presenza dell’Antico dei Giorni.
I Sephiroth di questa Triade superiore sono:
“1. Kether (la Corona), rappresentato dalla fronte del Macroprosopo;
2. Chokmah (la Sapienza, un Princìpio maschile), rappresentato dalla sua spalla destra e:
3. Binah (l’intelligenza, un Princìpio femminile), rappresentato dalla sua spalla sinistra”.
Seguono quindi le sette membra o Sephiroth sui piani della manifestazione; essendo la
totalità di questi quattro piani rappresentata dal Microprosopo, la Faccia Minore o,
Tetragrammaton, il mistero a “quattro lettere”. “Le sette membra manifestate e le tre celate
sono il Corpo della Divinità”.
Così la nostra Terra, Malkuth, è contemporaneamente il settimo ed il quarto Mondo; il
settimo contando dal primo Globo in alto, il quarto contando i piani. Essa è generata dal sesto
Globo o Sephira, chiamato Yezud, “Fondazione”, o, come è detto nel Libro dei Numeri:
“Tramite Yesod, Egli (Adamo Kadmon) feconda la primitiva Heva (Eva o la nostra Terra)”.
Tradotto in linguaggio mistico, questo spiega perché Malkuth, chiamata la Madre Inferiore,
Matrona, Regina, ed il Regno della Fondazione, è rappresentata come la Sposa del
Tetragrammaton o Microprosopo (il Secondo Logos), l’Uomo Celeste.
Quando sarà libera da ogni impurità, essa sarà unita al Logos Spirituale, cioè nella
Settima Razza della Settima Ronda — dopo la rigenerazione, nel giorno del “Sabbath”.
Poiché il “Settimo Giorno” ha di nuovo un significato occulto che i nostri teologi non si
sognano nemmeno.
Quando Matronitha, la Madre, è separata e posta faccia a faccia con il Re, nella perfezione del
Sabbath, tutte le cose divengono un corpo.3
“Divengono un corpo” significa che tutto è di nuovo riassorbito nell’Elemento Uno,
poiché gli spiriti degli uomini diventano dei Nirvâni e gli elementi di tutte le altre cose
diventano nuovamente ciò che erano in precedenza e cioè — il Protile o la Sostanza
Indifferenziata. “Sabbath “ significa Riposo o Nirvâna. Non è il “settimo giorno” dopo sei
giorni, bensì un periodo la cui durata equivale a quella dei sette “giorni” o ad un periodo
qualsiasi composto di sette parti. Così, la durata di un Pralaya è uguale a quella di un
Manvantara, ossia una Notte di Brahmâ è uguale ad uno dei suoi Giorni. Se i cristiani
vogliono seguire i costumi degli ebrei, dovrebbero adottarne lo spirito e non la lettera morta.
Dovrebbero lavorare una settimana di sette giorni e riposare sette giorni. Che la parola
“Sabbath” avesse un significato mistico, è rivelato pure dal fatto che Gesù teneva in poco
conto il giorno del Sabbath, e anche da quanto è detto nel Vangelo di San Luca.4 Sabbath è
inteso come l’intera settimana. Vedere il testo greco, dove la settimana è chiamata
“Sabbath”. Letteralmente: “Io digiuno due volte nel Sabbath”.
1
Vedi Mantuan Codex.
La formazione dell’“Anima Vivente”, o Uomo, renderebbe l’idea più chiara. Un’“Anima Vivente” è un sinonimo di Uomo
nella Bibbia. Questi sono i nostri sette “Princìpi”.
3
Ha Idra Zula Kadisha, xxii, 746.
4
xviii, 12.
2
187
San Paolo, che era un Iniziato, lo sapeva bene quando si riferiva al riposo ed alla
felicità eterna in Cielo, come Sabbath:1 “e la loro felicità sarà eterna, perché saranno sempre
(uno) con il Signore e godranno un eterno Sabbath”.2
La differenza fra la Cabala e la Vidyâ esoterica arcaica — se prendiamo la Cabala
come è contenuta nel Libro dei Numeri caldeo, e non quella della copia attuale deformata, la
Cabala dei mistici cristiani — è veramente ben piccola, poiché si limita a divergenze senza
importanza di forma e di espressione. Così l’Occultismo orientale parla della nostra Terra
come del Quarto Mondo, il più basso della Catena, al di sopra del quale salgono, sui due lati
della curva, i sei Globi, e cioè tre per parte. A sua volta lo Zohar chiama la Terra il Globo
inferiore o il settimo, aggiungendo che tutte le cose che si trovano in esso (Microprosopo),
dipendono dagli altri sei. La “Faccia minore (minore, perché manifestata e finita) è formata
di sei Sephiroth”, dice la medesima opera. “Sette Re vengono e muoiono nel Mondo tre volte
distrutto (Malkuth, la nostra Terra, distrutta dopo ciascuna delle tre Ronde che essa ha
attraversato). Ed il loro regno (quello dei Sette Re) sarà distrutto”.3 Ciò si riferisce alle Sette
Razze, delle quali cinque sono già apparse e due dovranno ancora apparire in questa Ronda. I
racconti allegorici shintoisti giapponesi sulla Cosmogonia e sull’origine dell’uomo, alludono
alla medesima credenza. Il Capitano C. Pfoundes che, durante nove anni trascorsi nei
monasteri del Giappone, studiò la Religione professata dalle varie sètte del paese dice:
L’idea shintoista della creazione è la seguente: La Terra (In) fu il sedimento precipitato dal Chaos
(Konton) ed i Cieli (Yo) le essenze eteree che ascesero; l’Uomo (Jin) apparve fra i due. Il primo uomo fu
chiamato Kuni-to ko tatchino-mikoto, e cinque altri nomi gli furono dati; quindi apparve la razza umana,
maschile e femminile. Isanagi e Isanami generarono Tenshoko doijin, il primo dei cinque Dèi della Terra.
Questi “Dèi” sono semplicemente le nostre cinque Razze, Isanagi ed Isanami sono le
due specie di “Antenati”, le due Razze precedenti, che dettero origine all’uomo animale ed a
quello ragionevole.
Nel Volume II dimostreremo che il numero sette, come pure la dottrina della
costituzione settenaria dell’uomo, era preminente in tutti i sistemi segreti. Esso rappresenta
una parte importante, tanto nella Cabala occidentale, quanto nell’Occultismo orientale.
Éliphas Lévi chiama il numero sette “la chiave della creazione di Mosè e il simbolo di ogni
Religione.”
Egli dimostra che la Cabala segue fedelmente anche la divisione settenaria dell’uomo,
poiché il diagramma che egli dà nella sua Clef des Grands Mystères4 è settenario. Ciò si vede
subito, nonostante che il pensiero esatto sia accuratamente velato. Basta pure esaminare il
diagramma della “Formazione dell’Anima” nell’opera di Mathers: Kabbalah Unveiled,5
tratto dall’opera menzionata di Lévi, per constatare la medesima cosa, per quanto con
un’interpretazione differente. Ecco il diagramma con i relativi nomi, tanto cabalistici che
occulti:
1
Ebrei, iv.
Cruden, sub voce.
3
Il Libro dei Numeri, i, VIII, 3.
4
Pag. 389.
5
Tavola VIII, p. 37.
2
188
Lévi chiama Nephesh quello che noi chiamiamo Manas, e vice versa. Nephesh è il
Soffio di Vita (animale) nell’uomo – il Soffio di Vita istintiva nell’animale; e Manas è la
Terza Anima — l’anima umana nel suo aspetto luminoso ed animale, nei suoi rapporti con
Samaël o Kama.
Nephesh è realmente il “Soffio della Vita (animale)” alitato nelle narici di Adamo,
l’uomo di polvere; di conseguenza, esso è la Scintilla Vitale, l’elemento che anima il corpo.
Senza Manas, “l’Anima Razionale” o Mente, che nel diagramma di Lévi è inesattamente
chiamata Nephesh, Âtmâ-Buddhi è irrazionale su questo piano e non può agire. È Buddhi che
è il Mediatore plastico, e non Manas, il mediatore intelligente fra la Triade superiore ed il
Quaternario inferiore. Ma nelle opere cabalistiche si trovano molte di queste strane e curiose
trasformazioni, ed esse sono una prova convincente del triste miscuglio fatto in questa
letteratura. Non accettiamo dunque tale classificazione se non in questo unico particolare, e
ciò allo scopo di mostrare i punti d’accordo. Daremo adesso, sotto forma di tavola, ciò che il
prudente Éliphas Lévi ha scritto per spiegare il suo diagramma, e quanto insegna la Dottrina
Esoterica, facendone il confronto. Anche Lévi fa una distinzione fra la Pneumatica
cabalistica e quella occulta.
189
Eliphas Levi, il cabalista, dice:
I teosofi dicono:
PNEUMATICA CABALISTICA
PNEUMATICA ESOTERICA
1. L’anima [o Ego] è una luce rivestita; e
questa luce è triplice.
2. Neshamah — lo Spirito puro.
3. Ruach — l’Anima o Spirito.
4. Nephesh - il Mediatore Plastico.1
1. La medesima cosa; poiché è ÂtmâBuddhi-Manas.
2. La medesima cosa .2
3. l’Anima Spirituale.
4. Mediatore fra lo Spirito e l’Uomo, la
Sede della Ragione, la Mente,
nell’uomo.
5. Esatto.
5. Il vestimento dell’Anima è l’esteriore
[corpo] dell’Immagine [l’Anima
Astrale].
6. L’Immagine è duplice, perché riflette il
bene e il male.
7. L’Immagine - il Corpo.
6. Questo è inutilmente apocalittico.
Perché non dire che l’Astrale riflette
tanto l’uomo malvagio quanto quello
buono, l’uomo che tende sempre verso
la Triade superiore, o che altrimenti
scompare con il Quaternario?
7. L’Immagine terrena.
PNEUMATICA OCCULTA
(Secondo Eliphas Levi)
PNEUMATICA OCCULTA
(Secondo gli occultisti)
1. Nephesh è immortale, perché rinnova la
sua vita con la distruzione delle forme.
[Ma Nephesh, il “Soffio di Vita”, è una
denominazione errata ed un inutile
enigma per lo studioso].
2. Ruach progredisce per mezzo
Dell’evoluzione delle idee (!?).
1. Manas è immortale, perché dopo ogni
nuova incarnazione aggiunge ad ÂtmâBuddhi qualche cosa di se stesso e, quindi,
assimilandosi alla Monade ne condivide
l’immortalità.
2. Buddhi diviene cosciente mediante gli
accrescimenti che riceve da Manas alla
morte dell’uomo, dopo ogni nuova
incarnazione.
3. Âtmâ non progredisce, non dimentica né
ricorda. Esso non appartiene a questo
piano: è semplicemente il Raggio della
Luce eterna che risplende attraverso le
tenebre della materia - quando
quest’ultima è disposta a riceverlo.
3. Neshamah è progressivo, senza oblio né
distruzione.
1
L’Esoterismo insegna la medesima cosa. Però, Manas non è Nephesh, né quest’ultimo è l’Astrale, ma il Quarto Princìpio
ed anche il Secondo, Prana, poiché Nephesh è il “Soffio di Vita” nell’uomo, come nell’animale e nell’insetto; il soffio della
vita fisica, materiale, che non contiene una spiritualità in sé.
2
Éliphas Lévi, volutamente o no, ha confuso i numeri. Il suo N. 2 è per noi il N. 1 (lo Spirito), e facendo di Nephesh il
Mediatore Plastico e la Vita, egli non enumera in realtà che sei princìpi, poiché ripete i primi due.
190
4. L’Anima ha tre dimore.
5. Queste dimore sono: il Piano dei mortali,
l’Eden Superiore e l’Eden Inferiore.
6. L’Immagine [l’uomo] è una Sfinge che
presenta l’enigma della nascita.
7. L’immagine fatale [l’Astrale] dà a
Nephesh le sue attitudini; ma Ruach è
capace di sostituirvi l’Immagine
conquistata conforme alle ispirazioni di
Neshamah.
4. L’Anima — collettivamente, come
Triade superiore — vive su tre piani,
oltre al quarto, la sfera terrestre; ed essa
è eternamente sul più elevato di questi
tre piani.
5. Queste dimore sono: la Terra per l’uomo
fisico, o Anima Animale; il Kama Loka
[l’Ade, il Limbo] per l’uomo
disincarnato, o per il suo “guscio”; il
Devachan per la Triade superiore.
6. Esatto.
7. L’Astrale, per mezzo di Kama
(Desiderio), attrae sempre Manas in
basso, nella sfera delle passioni e
desideri materiali. Però, se L’Uomo
migliore o Manas, cerca di sfuggire alla
fatale attrazione e volge le sue
aspirazioni verso Âtmâ (Neshamah)
allora Buddhi Ruach vince e porta
Manas con sé nel Regno dello Spirito
eterno.
È evidente che il cabalista francese o non conosceva sufficientemente i veri insegnamenti,
oppure li ha deformati per adattarli alle proprie vedute. Così egli continua ancora, intorno al
medesimo soggetto, con le seguenti definizioni, alle quali noi occultisti contrapponiamo
quanto segue:
1.Il Corpo è il modello di Nephesh;
Nephesh la forma di Ruach; Ruach la
forma del vestimento di Neshamah.
2. La Luce [l’Anima] si personifica
rivestendosi [di un corpo]; e la
Personalità perdura soltanto quando il
vestimento è perfetto.
3. Gli Angeli aspirano a divenire uomini;
un Uomo Perfetto, un Uomo-Dio, è al
disopra di tutti gli Angeli.
4.Ogni 14.000 anni l’Anima ringiovanisce e
si riposa nel sonno beato dell’oblio.
1. Il Corpo segue i capricci, buoni o cattivi,
di Manas; Manas cerca di seguire la
Luce di Buddhi, ma spesso fallisce.
Buddhi è la forma dei “vestimenti” di
Âtmâ, poiché Âtmâ non è un corpo, o
forma, né qualsiasi altra cosa, e perché
Buddhi è solo figurativamente il suo
Veicolo.
2. La Monade diviene un Ego personale
quando si incarna; e qualche cosa di
quella Personalità rimane attraverso
Manas, quando quest’ultimo è
abbastanza perfetto per assimilare
Buddhi.
3. Esatto.
4. Durante un periodo, una Grande Età o
un Giorno di Brahmâ regnano 14
Manu; segue quindi il Pralaya, quando
tutte le Anime (gli Ego) riposano nel
Nirvâna.
191
Tali sono le copie deformate degli insegnamenti della Dottrina Esoterica nella Cabala.
Torniamo adesso alla shloka 5 della Stanza VII.
(b) Il ben noto aforisma cabalistico dice: “La pietra diventa una pianta, la pianta un
animale, l’animale un uomo, l’uomo uno spirito, lo spirito un Dio”. La “Scintilla” anima, di
volta in volta, tutti i regni prima di penetrare e di animare l’Uomo Divino; e fra questi ed il
suo predecessore — l’uomo animale — vi è la differenza di tutto un mondo. Il Genesi
comincia la sua antropologia dal lato errato — evidentemente per celarne l’insegnamento —
e non arriva a niente. I capitoli di introduzione del Genesi non ebbero mai lo scopo di
rappresentare, nemmeno allegoricamente, la creazione della nostra Terra. Essi abbracciano
una concezione metafisica di un periodo indefinito, nell’eternità, e si riferiscono a tentativi
successivi di formazione degli universi fatti dalla legge dell’evoluzione. Quest’idea è
chiaramente espressa nello Zohar:
Vi furono mondi antichi che perirono appena giunti in esistenza; essi erano senza forme e venivano chiamati
“Scintille”. Così come avviene quando il fabbro batte il ferro rovente e fa sprizzare le scintille in ogni direzione.
Queste Scintille erano i mondi primordiali, che non poterono durare parche l’Antico Sacro (Sephira) non aveva
ancora assunto la sua forma (di androgino, o dei sessi opposti) di Re e di Regina (Sephira e Kadmon), ed il
Maestro non era ancora al suo lavoro.1
Se il Genesi avesse avuto inizio dove avrebbe dovuto, vi si sarebbe trovato da
princìpio il Logos Celeste, “l’Uomo Celeste” che evolve come un’Unità composta di Logoi,
dai quali, dopo il loro sonno pralayco — un sonno che raccoglie i Numeri sparpagliati sul
piano mâyâvico in un’Uno, come i globuli separati del mercurio, posti su una lastra si
fondono in una sola massa — questi Logoi appaiono, nella loro totalità, come il primo
“Maschio e Femmina” o Adamo Kadmon: il “Fiat Lux” della Bibbia, come abbiamo già
detto. Ma questa trasformazione non ebbe luogo sulla nostra Terra né su alcun piano
materiale, bensì nelle Profondità spaziali della prima. differenziazione dell’eterna Radice
della Materia. Sul nostro Globo nascente le cose procedettero diversamente. Come è detto in
Iside Svelata,2 la Monade, o Jîva, fu innanzitutto proiettata dalla Legge dell’Evoluzione nella
forma inferiore della materia — lo stato minerale. Racchiusa nella pietra o in ciò che diverrà
minerale e pietra nella quarta Ronda, dopo un settuplice giro ne emerge, per così dire, come
un lichene. Passando quindi attraverso tutte le forme della materia vegetale e,
successivamente, attraverso quelle che noi chiamiamo la materia animale, essa raggiunge il
punto in cui diviene quello che potremmo chiamare il germe dell’animale che diventerà
l’uomo fisico. Tutto questo, fino alla Terza Ronda, è, come materia, senza forma e, come
coscienza, senza intelletto. Poiché la Monade o Jîva, per se, non può essere neppure chiamata
Spirito: è un Raggio, un Soffio dell’Assoluto o piuttosto, l’ASSOLUTEZZA; e l’Assoluta
Omogeneità, non avendo relazioni con il finito condizionato e relativo, è incosciente sul
nostro piano.
Di conseguenza, oltre al materiale che sarà necessario per la sua forma umana futura,
la Monade necessita: (a) di un modello spirituale o prototipo, sul quale quel materiale possa
plasmarsi e (b) di una coscienza intelligente per guidare la sua evoluzione ed il suo
progresso; ciò che non posseggono né la Monade omogenea né la materia priva di intelletto,
per quanto vivente. L’Adamo di polvere ha bisogno che venga in lui alitata l’Anima di Vita: i
due princìpi mediani, e cioè la Vita senziente dell’animale irrazionale e l’Anima Umana,
poiché la prima, senza la seconda, è irrazionale. E soltanto quando l’uomo, da androgino
potenziale si è separato in maschio e femmina, che è stato dotato di quest’Anima individuale
cosciente e razionale (Manas), “il princìpio o l’intelligenza degli Elohim”; per ricevere tale
1
2
Zohar, “Idra Suta”, Libro iii, pag. 292, b.
I, 302.
192
Anima, deve mangiare il frutto della Conoscenza dell’Albero del Bene e del Male. Come
potrà ottenere tutto ciò? La Dottrina occulta insegna che mentre la Monade sta percorrendo i
cicli di discesa nella materia, questi stessi Elohim o Pitri — i Dhyân Chohan inferiori —
evolvono pari passu con essa su un piano superiore e più spirituale, discendendo pure,
relativamente, nella materia sul proprio piano di coscienza; fino a che, dopo aver raggiunto
un certo punto, essi incontrano la Monade incarnante priva d’intelletto racchiusa nella
materia inferiore e, fondendo le due potenze dello Spirito e della Materia, tale unione
produce quel simbolo terrestre dell’“Uomo Celeste” nello Spazio — l’UOMO PERFETTO.
Nella Filosofia Sânkhya, si parla di Purusha (lo Spirito) come di un qualche cosa di
impotente, a meno che non salga sulle spalle di Prakriti (la Materia) che, a sua volta,
abbandonata a se stessa, è priva di intelletto. Ma nella Filosofia Segreta entrambi sono
considerati come graduati. Lo Spirito e la Materia, per quanto in origine una sola e medesima
cosa, giunti sul piano della differenziazione, cominciano ambedue il loro progresso
evolutivo, ma in direzione opposta — lo Spirito discendendo gradatamente nella Materia, e
quest’ultima ascendendo progressivamente verso la sua condizione originale di Sostanza
puramente spirituale. Ambedue sono inseparabili e tuttavia sempre separati. Sul piano fisico
due poli simili si respingono sempre, mentre quelli opposti, e cioè il negativo e il positivo si
attraggono reciprocamente; in simile rapporto stanno lo Spirito e la Materia, — i due poli
della medesima Sostanza omogenea, il Princìpio Radice dell’Universo.
Quindi, quando per Purusha è suonata l’ora di salire sulle spalle di Prakriti per
formare l’Uomo Perfetto —essendo 1’uomo rudimentale delle due prime Razze e della prima
metà della terza soltanto il primo dei mammiferi ad evolvere gradatamente nel più perfetto di
tali esseri— allora gli Antenati Celesti (Entità di mondi precedenti, chiamati in India i
Shistha) giungono su questo nostro piano e si incarnano nell’uomo fisico o animale, come i
Pitri avevano fatto prima di loro per la formazione di quest’ultimo. Perciò i due processi per
le due “creazioni” — quella dell’uomo animale e quella dell’uomo divino — differiscono
grandemente. I Pitri esteriorizzarono, dai loro corpi eterei, delle forme simili a loro stessi, ma
ancora più eteree e diafane; quello che noi chiameremmo adesso dei “doppi” o delle “forme
astrali” create a loro immagine e somiglianza.1 Questo fornì alla Monade la sua prima dimora
ed offrì alla materia cieca un modello attorno al quale e sul quale essa poteva da quel
momento in poi costruire. Ma l’Uomo è ancora incompleto. Da Svâyambhuva Manu,2 i cui
discendenti furono i sette Manu primitivi o Prajâpati, ognuno dei quali dette origine ad una
razza primitiva di uomini, fino al Codex Nazareus, nel quale Karabtanos, o Fetahil, la materia
cieca e concupiscente, fa nascere da sua Madre Spiritus sette Figure, ognuna delle quali
rappresenta il progenitore di una delle sette Razze primordiali — questa dottrina ha lasciato
la sua impronta in ogni Scrittura arcaica.
“Chi forma Manu (l’Uomo) e chi forma il suo corpo? La Vita e le Vite. Il Peccato3 e
la Luna”. Qui Manu sta a significare l’Uomo celeste spirituale, l’Ego reale in noi che non
muore e che è la diretta emanazione della “Vita Una” o Divinità Assoluta. Per quanto
concerne i nostri corpi fisici esteriori, che sono la dimora del tabernacolo dell’Anima, la
Dottrina insegna una strana lezione; così strana invero che, se essa non è chiaramente
spiegata e pienamente compresa, sarà soltanto la scienza esatta del futuro che potrà
rivendicare tale teoria.
1
Leggi, in Iside Svelata (ii, 297 – 302), la dottrina del Codex Nazareus. Tutti i contenuti del nostro insegnamento vi si
trovano sotto una diversa forma o allegoria.
2
Manu, Libro I.
3
La parola “peccato”, ‘sin’ [in inglese], è strana, ma ha una particolare relazione occulta con la Luna, oltre ad esserne
l’equivalente caldeo.
193
Come abbiamo già precedentemente affermato, l’Occultismo sostiene che nel Cosmo
non esiste niente di inorganico. L’espressione “sostanza inorganica” usata dalla scienza,
significa semplicemente questo: la vita latente che dorme nelle molecole della cosiddetta
materia “inerte” non è percepibile dalla Coscienza. TUTTO È VITA, ed ogni atomo, perfino di
polvere minerale, è una VITA, per quanto essa sia al di là della nostra comprensione e
percezione, perché è al di fuori dell’ambito delle leggi conosciute da coloro che respingono
l’Occultismo. “Gli atomi stessi”, dice Tyndall, “sembrano dotati del desiderio della vita”. Da
dove proviene dunque la tendenza della materia “ad assumere forme organiche?” Può tale
tendenza spiegarsi altrimenti se non con gli insegnamenti della Scienza Occulta?
Per i profani, i Mondi sono composti dagli Elementi conosciuti. Nella concezione di
un Arhat, questi elementi sono essi stessi, collettivamente, una Vita Divina e,
distributivamente, sul piano della manifestazione, le innumerevoli ed infinite moltitudini di
Vite. Il Fuoco soltanto è UNO sul piano della Realtà Unica: su quello dell’Essere
manifestato, e quindi illusorio, le sue particelle sono Vite Ardenti che vivono a spese di tutte
le altre, Vite che esse consumano. Perciò sono chiamate i “DIVORATORI”... Ogni cosa
visibile in questo Universo fu edificata da simili VITE, dall’uomo cosciente e divino
primordiale fino agli agenti incoscienti che costruiscono la materia. ...Dalla VITA UNA,
senza forma ed increata, procede l’Universo delle Vite. Prima fu manifestato dalle
Profondità (il Chaos) il Fuoco freddo luminoso (luce gassosa?) che formò nello Spazio i
Grumi (forse nebulose irresolubili?)... Questi combatterono fra di loro, ed un grande calore
si sviluppò in conseguenza degli incontri e delle collisioni, che produssero la rotazione.
Venne quindi il primo Fuoco MATERIALE manifestato, le Fiamme calde, gli Erranti in cielo
(le comete). Il calore genera il vapore umido; quello forma l’acqua solida (?); poi la nebbia
asciutta, quindi la nebbia umida e liquida, che estingue il luminoso splendore dei Pellegrini
(Comete?) e forma le Ruote solide e liquide (i Globi di MATERIA). Bhumi (la Terra) appare
con sei sorelle. Queste producono con il loro moto continuo il fuoco inferiore, il calore, ed
una nebbia acquosa che produce il terzo Elemento del Mondo — l’Acqua, e dal respiro del
tutto nasce l’ARIA (atmosferica). Questi quattro Elementi sono le Quattro Vite dei primi
quattro Periodi (Ronde) del Manvantara. I tre ultimi seguiranno.
Il Commentario parla innanzitutto delle “innumerevoli ed infinite moltitudini di
Vite”. Pasteur ha forse fatto inconsciamente il primo passo verso la Scienza Occulta,
dichiarando che, se osasse esprimere pienamente il suo pensiero su questo soggetto, direbbe
che le cellule organiche sono dotate di un potere vitale che continua la propria attività anche
con il cessare di una corrente di ossigeno e che, per tale fatto, non sono spezzate le relazioni
con la vita stessa, vita che è sostenuta dall’influenza di quel gas. “Vorrei. aggiungere
inoltre”, continua a dire Pasteur, “che l’evoluzione del germe si compie per mezzo di
fenomeni complicati, fra i quali dobbiamo annoverare i processi della fermentazione”; e la
vita, secondo Claude Bernard e Pasteur, non è altro che un processo di fermentazione. Che
nella Natura esistano Esseri o Vite che possono vivere e prosperare senz’aria, anche sul
nostro Globo, è stato dimostrato da questi medesimi scienziati. Pasteur scoprì che molte vite
inferiori, come i vibrioni ed altre specie di microbi e di batteri, potevano esistere senza l’aria
che, al contrario, le uccideva. Essi sottraevano l’ossigeno necessario alla loro
moltiplicazione dalle varie sostanze che li circondavano. Egli chiamò tali “Vite” aerobi che
vivono dei tessuti della nostra materia, quando quest’ultima ha cessato di far parte di un
tutto integrale e vivente (ciò che la scienza, poco scientificamente, ha definito “materia
morta”) e anaerobi. Una di queste specie assorbe l’ossigeno e contribuisce grandemente alla
distruzione della vita animale e dei tessuti vegetali, fornendo all’atmosfera dei materiali che
entreranno più tardi nella costituzione di altri organismi; l’altra specie distrugge o, piuttosto,
annichila la cosiddetta sostanza organica, e la decomposizione completa è impossibile senza
194
la sua partecipazione. Certe cellule-germi, come per esempio quelle del lievito, si sviluppano
e si moltiplicano nell’aria; ma quando ne sono prive si adattano a vivere senza di essa e
divengono dei fermenti, assorbendo ossigeno dalle sostanze con le quali vengono a contatto
e, conseguentemente, le distruggono. In un frutto, le cellule, quando mancano di ossigeno
libero, agiscono come fermenti e provocano la fermentazione. “Quindi, in questo caso, la
cellula vegetale manifesta la sua vita come un essere anaerobico.
Perché dunque una cellula organica farebbe, in questo caso, un’eccezione?” si
domanda il prof. Bogolubof. Pasteur ha dimostrato che nella sostanza dei nostri tessuti e dei
nostri organi, la cellula che non trova sufficiente ossigeno per se stessa, determina la
fermentazione, precisamente come la cellula di un frutto; e Claude Bernard riteneva che
l’idea di Pasteur sulla formazione dei fermenti trovava la sua applicazione e corroborazione
nel fatto che l’urea aumenta nel sangue durante lo strangolamento. La VITA esiste, quindi,
ovunque nell’Universo; l’Occultismo insegna che essa si trova pure nell’atomo.
“Bhumi appare con sei sorelle”, dice il Commentario. È un insegnamento vedico che
“vi sono tre Terre, che corrispondono a tre Cieli; e la nostra Terra (la quarta) è chiamata
Bhumi”; tale è la spiegazione data dai nostri orientalisti occidentali exoterici. Ma il
significato esoterico di questa frase, e le allusioni che si fanno nei Veda, si riferiscono alla
nostra Catena Planetaria: “tre Terre” sull’arco discendente e “tre Cieli”, che sono pure tre
Terre o Globi, soltanto molto più eterei, sull’arco ascendente o spirituale. Mediante le prime
tre, noi discendiamo nella Materia; per mezzo delle altre tre, ascendiamo verso lo Spirito; la
più bassa, Bhumi, la nostra Terra, forma, per così dire, il punto mediano di svolta e contiene
potenzialmente sia Spirito che Materia. Ma parleremo di ciò in seguito.
L’insegnamento generale del Commentario è che ogni nuova Ronda sviluppa uno
degli Elementi composti, quali sono conosciuti attualmente dalla scienza, che respinge la
nomenclatura primitiva e preferisce suddividerli nei loro costituenti. Se la Natura è “l’eterno
divenire” sul piano manifestato, allora questi Elementi dovrebbero essere considerati sotto la
medesima luce: essi devono evolvere, progredire ed aumentare sino alla fine del Manvantara.
Ci viene quindi insegnato che nella Prima Ronda si sviluppò un solo Elemento, e una
natura ed un’umanità di cui potremmo parlare come di uno degli aspetti della Natura —
chiamato da alcuni con un termine poco scientifico, per quanto possa essere così de facto:
“spazio ad una dimensione”. La Seconda Ronda produsse e sviluppò due Elementi, Fuoco e
Terra; e la sua Umanità, adattata a queste condizioni della Natura — se possiamo dare il
nome di umanità a degli esseri viventi in condizioni del tutto sconosciute attualmente agli
uomini — era, per adoperare di nuovo una frase familiare in senso strettamente figurato, il
solo senso in cui possa essere usata correttamente, una specie a “due dimensioni”.
I processi di sviluppo naturale che stiamo adesso considerando, chiariranno e
discrediteranno insieme l’abitudine di speculare sugli attributi di uno spazio a due, a tre, a
quattro, ed a più dimensioni; d’altra parte è giusto che sia posto pure in evidenza il reale
significato della vera, per quanto incompleta, intuizione che ha spinto all’uso
dell’espressione moderna di “quarta dimensione dello spazio” fra gli spiritisti ed i teosofi,
come pure fra diversi eminenti scienziati.1 Innanzi tutto, l’assurdità superficiale di supporre
che lo Spazio stesso sia misurabile in una direzione qualsiasi ha poca importanza. La frase
familiare non può essere considerata che un’abbreviazione della forma più completa, e cioè
la “quarta dimensione della materia nello Spazio”.2 Ma anche così, è pur sempre una frase
1
La teoria del prof. Zöllner è stata accolta molto favorevolmente da parecchi scienziati, che sono pure spiritualisti, fra questi
si contano il prof. Butlerof ed il prof. Wagner di Pietroburgo.
2
Attribuire una realtà alle astrazioni è l’errore del Realismo. Lo Spazio ed il Tempo sono spesso considerati come separati
da tutte le esperienze concrete della mente, anziché esser presi, sotto certi aspetti, come generalizzazioni di queste.” (Bain,
Logic, parte II, p. 389).
195
infelice; poiché, mentre è vero che il progresso dell’evoluzione può condurci alla conoscenza
di nuove caratteristiche della materia, quelle che ci sono già familiari sono in realtà molto più
numerose delle tre dimensioni.
Le qualità o, per usare un termine più appropriato, le caratteristiche della materia,
devono essere sempre in relazione diretta con i sensi dell’uomo. La materia è dotata di
estensione, di colore, di movimento (moto molecolare), di gusto e di odorato, che
corrispondono ai sensi esistenti nell’uomo; e la prossima caratteristica che essa svilupperà —
chiamiamola per il momento “permeabilità” — corrisponderà al prossimo senso che
possederà l’uomo e che possiamo denominare “Chiaroveggenza Normale”. Così, alcuni arditi
pensatori, ricercando ansiosamente una quarta dimensione per spiegare il passaggio della
materia attraverso la materia e della produzione di nodi su una corda senza fine, hanno
sentito il bisogno di una sesta caratteristica della materia. In realtà, le tre dimensioni
appartengono ad uno solo degli attributi o caratteristiche della materia: l’estensione; e il
senso comune popolare si ribella giustamente all’idea che, in una condizione qualsiasi,
possano esservi altre dimensioni oltre a quelle tre già conosciute e cioè, la lunghezza, la
larghezza e lo spessore.
Questi termini ed il vocabolo stesso “dimensione”, appartengono tutti ad un solo
piano di pensiero, ad un medesimo stadio di evoluzione, ad una sola e medesima
caratteristica della materia. Finché nelle risorse del Cosmo vi saranno delle regole pedestri da
applicarsi alla materia, questa non potrà essere misurata che in tre sole maniere; precisamente
come, fin dal momento in cui l’idea della misura è penetrata nella comprensione umana, non
è stato possibile farne l’applicazione che in tre sole direzioni. Ma queste considerazioni non
si oppongono affatto alla certezza che, con il trascorrere del tempo, le caratteristiche della
materia si moltiplicheranno, contemporaneamente al moltiplicarsi delle facoltà umane. Oggi,
però, questo modo di esprimersi è ancora meno corretto della frase familiare della “levata” e
del “tramonto” del sole.
Torniamo adesso all’esame dell’evoluzione materiale che si attua durante il corso
delle Ronde. Abbiamo detto che, in senso figurato, la materia, durante la seconda Ronda, può
essere considerata a due dimensioni. Ma eccoci di fronte ad una nuova difficoltà. Questa
espressione impropria e figurata può essere considerata — come abbiamo già visto, su un
solo piano di pensiero — come equivalente alla seconda caratteristica della materia, quella
che corrisponde alla seconda facoltà di percezione o al secondo senso dell’uomo. Ma questi
due gradi collegati dell’evoluzione sono in rapporto con i processi che si svolgono entro i
limiti di una sola Ronda. La successione degli aspetti primari della Natura, ai quali è
collegata la successione delle Ronde, si riferisce, come abbiamo già detto, allo sviluppo degli
Elementi — in senso occulto — del Fuoco, dell’Aria, dell’Acqua e della Terra. Siamo
soltanto nella Quarta Ronda e, quindi, per ora la nostra nomenclatura si ferma qui. L’ordine
nel quale sono nominati questi elementi nella penultima frase è l’ordine giusto dal punto di
vista esoterico e degli insegnamenti segreti. Milton aveva ragione quando parlava delle
“Potenze del Fuoco, dell’Aria, dell’Acqua e della Terra”; la Terra, quale noi la conosciamo
attualmente, non esisteva prima della Quarta Ronda, epoca nella quale la nostra Terra
geologica ha avuto inizio, centinaia di milioni di anni fa. Il Commentario dice: Il Globo
“durante la Prima Ronda era ardente, freddo e radiante, come i suoi uomini ed i suoi
animali eterei” — una contraddizione, o un paradosso, secondo la nostra scienza attuale,
“luminoso, più denso e più pesante, durante la seconda Ronda, acquoso durante la Terza”.
Così l’ordine degli Elementi è stato invertito.
I centri di coscienza della Terza Ronda, destinati a divenire l’umanità quale noi la
conosciamo, giunsero alla percezione del terzo Elemento, l’Acqua. Se dovessimo inquadrare
le nostre conclusioni in conformità ai dati fornitici dai geologi, dovremmo dire allora che non
vi era vera acqua nemmeno durante il Periodo Carbonifero. Ci viene detto che masse
196
gigantesche di carbonio, esistenti precedentemente, diffuse nell’atmosfera come acido
carbonico, furono assorbite dalle piante, mentre una grande proporzione di quel gas era
mescolato all’acqua. Ora, se è così, e se dobbiamo credere che tutto l’acido carbonico che
servì a formare le piante che dettero origine al carbone bituminoso, alle ligniti, ecc., e che
contribuì inoltre alla formazione della pietra calcarea e così via, che in quel periodo tutto
questo carbonio si trovasse in sospensione nell’atmosfera sotto forma di gas, dovremmo
pensare allora che vi fossero addirittura dei mari e degli oceani di acido carbonico liquido!
Ma se accettiamo una simile supposizione, come è stato possibile che il Periodo Carbonifero
sia stato preceduto da quello Siluriamo e da quello Devoniano — periodi dei molluschi e dei
pesci? Inoltre la pressione atmosferica doveva essere centinaia di volte maggiore di quella
della nostra atmosfera attuale. Come potevano sopportarla organismi, sia pure tanto semplici
come quelli di certi pesci e molluschi? Vi è una curiosa opera di Blanchard sulle Origini della
Vita nella quale egli pone in evidenza certe strane contraddizioni e confusioni che si
riscontrano nelle teorie dei suoi colleghi, e noi la raccomandiamo all’attenzione dei lettori.
I centri di coscienza della Quarta Ronda hanno aggiunto la conoscenza dell’Elemento
Terra ai precedenti stati della materia, oltre agli altri tre Elementi, nella loro presente fase di
trasformazione.
Insomma, nessuno dei cosiddetti Elementi esisteva nelle tre Ronde precedenti nel loro
stato attuale. Per quanto sappiamo, il FUOCO può essere stato pura Âkâsha, la Materia
primordiale della “Magnum Opus” dei Creatori e dei Costruttori, la Luce Astrale che il
paradossale Éliphas Lévi chiama talvolta il “Corpo dello Spirito Santo”, e altre volte
“Baphomet”, il “Capro Androgino di Mendes”; 1’ARIA, semplice Azoto, “il Respiro dei
Sostenitori della Volta Celeste”, come la chiamano i mistici maomettani; l’ACQUA, quel
fluido primordiale indispensabile, secondo Mosè, per costruire un’”Anima Vivente”. E
questo può spiegare le contraddizioni evidenti e le idee antiscientifiche che si trovano nel
Genesi. Si separi il primo capitolo dal secondo, si legga il primo di essi come una Scrittura
degli Elohisti, e il secondo come quella degli Jehovisti assai posteriori; si troverà sempre,
sapendo leggere fra le righe, il medesimo ordine nel quale apparvero le cose create, e cioè il
Fuoco (Luce), l’Aria, l’Acqua e l’Uomo (o Terra). Infatti la frase del primo capitolo (quello
Elohistico): “In princìpio Dio creò il cielo e la terra”, è una traduzione erronea; non è il “cielo
e la terra”, ma il Cielo duplice o duale, quello superiore e quello inferiore, ossia la
separazione della Sostanza Primordiale, di cui la parte superiore era luminosa e la parte
inferiore oscura (l’Universo manifestato), sotto il suo duplice aspetto dell’invisibile (ai sensi)
e del visibile alle nostre percezioni. “Dio separò la luce dalle tenebre” e creò quindi il
firmamento (l’Aria). “Sia il firmamento nel mezzo delle acque, e separi le acque dalle
acque”, cioè “le acque che erano sotto il firmamento (il nostro Universo visibile manifestato)
da quelle che erano sopra il firmamento [i piani di esistenza (per noi) invisibili”]. Nel
secondo capitolo (quello Jehovistico), gli alberi e le erbe sono creati prima dell’acqua,
precisamente come nel primo, la luce è creata prima del sole. “Dio fece il cielo e la terra, ed
ogni albero del campo prima che nascesse sulla terra, ed ogni erba del campo prima che
germogliasse, perché il Signore Iddio (Elohim) non aveva ancora fatto piovere sulla terra,
ecc.” — un’assurdità, a meno che non si accetti la spiegazione esoterica. Le piante furono
create prima che fossero sulla terra — poiché la terra non esisteva allora come essa è
attualmente; e l’erba del campo esisteva prima di germogliare, come avviene attualmente
nella Quarta Ronda.
Éliphas Lévi, discutendo e spiegando la natura degli Elementi invisibili e del “Fuoco
Primordiale” che abbiamo menzionato sopra, chiama invariabilmente quest’ultimo la “Luce
Astrale”: per lui essa è il “Grande Agente Magico”. Ed è così innegabilmente, però soltanto
per quanto concerne la Magia Nera, e sul piano meno elevato di quello che noi chiamiamo
l’Etere, il cui noumeno è l’Âkâsha; ed anche ciò sarebbe considerato inesatto dagli occultisti
197
ortodossi. La “Luce Astrale” è semplicemente l’antica “Luce Siderale” di Paracelso; e
affermare che “tutto quello che esiste si è sviluppato da essa e che essa preserva e riproduce
tutte le forme”, significa enunciare una verità soltanto nella seconda proposizione. La prima è
errata, poiché, se tutto ciò che esiste si sviluppò attraverso (o per mezzo) di essa, allora non
si tratta della Luce Astrale, poiché quest’ultima non è ciò che contiene tutte le cose, tutt’al
più è solo lo specchio nel quale questo tutto si riflette. Éliphas Lévi ce la presenta
giustamente come “una forza della Natura”, mediante la quale “un singolo uomo che sapesse
padroneggiarla... potrebbe gettare il mondo nella confusione e trasformarne l’aspetto”;
poiché essa è il “Grande Arcano della Magia Trascendente”. Citando le parole del grande
cabalista occidentale, potremo far risaltare più facilmente, con l’aggiunta, occorrendo, di una
parola o due, la differenza esistente fra le versioni occidentale ed orientale del medesimo
soggetto.1 A proposito del grande Agente Magico, l’autore dice :
Questo fluido ambientale che tutto penetra, questo raggio distaccato dallo splendore del Sole [Centrale
o Spirituale]... fissato dalla pesantezza dell’atmosfera [? !] e dal potere dell’attrazione centrale... la Luce
Astrale; questo etere elettro-magnetico, questo calorico vitale e luminoso è rappresentato, su alcuni monumenti
antichi, dalla cintura di Iside che si avvolge attorno a due poli e, nelle antiche teogonie, dal serpente che si
morde la coda, emblema della prudenza e di Saturno [emblema dell’infinito, dell’immortalità e di Crono — il
Tempo — e non del dio Saturno o del pianeta]. È il Drago alato di Medea, il doppio serpente del Caduceo e il
tentatore del Genesi; ma è pure il serpente di rame di Mosè che circonda il Tau... infine, è il demonio del
dogmatismo exoterico ed è veramente la forza cieca [non è cieca, e Lévi lo sapeva] che le anime debbono
conquistare, onde liberarsi dalle catene della Terra; poiché, se non la soggiogassero, sarebbero assorbite dalla
forza stessa che dette loro origine e ritornerebbero al fuoco centrale ed eterno.
Questo grande Archaeus è stato adesso pubblicamente scoperto da un uomo, ma solo
per lui — J. W. Keely, di Filadelfia. Però, per gli altri, è scoperto, ma deve rimanere
inutilizzabile: “Giungerai fino a quel punto...”
Quanto precede è pratico e giusto, salvo un errore che abbiamo già indicato. Éliphas
Lévi ha commesso un grande sbaglio identificando sempre la Luce Astrale con ciò che noi
chiamiamo l’Âkâsha. Che cosa sia, in realtà, lo spiegheremo nel Volume II. Éliphas Lévi
scrive ancora:
Il grande Agente Magico è la quarta emanazione del princìpio di vita [noi diciamo che è la prima
nell’Universo interno e la seconda in quello esterno (il nostro)] di cui il Sole è la terza forma... poiché la stella
diurna [il Sole] è soltanto il riflesso e l’ombra materiale del Sole Centrale di Verità che illumina il mondo
intellettuale [invisibile] dello Spirito, ed esso stesso non è che un pallido barlume riflesso dell’Assoluto.
Fin qui è abbastanza giusto. Ma quando il più autorevole dei cabalisti occidentali
aggiunge che, ciò nonostante, “non è lo Spirito immortale, come lo credevano gli Jerofanti
indù” — rispondiamo che egli calunnia questi Jerofanti, i quali non hanno mai detto niente di
simile, poiché perfino le Scritture purâniche exoteriche contraddicono palesemente tale
affermazione. Nessun indù ha mai scambiato Prakriti — la Luce Astrale essendo soltanto al
di sopra del piano più basso di Prakriti, il Cosmo Materiale — con lo “Spirito Immortale”.
Prakriti è sempre chiamata Mâyâ, Illusione, ed è destinata a sparire con il resto, compresi gli
dèi, al momento del Pralaya. Poiché è dimostrato che l’Âkâsha non è nemmeno l’Etere, tanto
meno ci sembra che possa essere la Luce Astrale. Coloro che sono incapaci di penetrare al di
là della lettera morta dei Purâna, hanno talvolta confuso l’Âkâsha con Prakriti, con l’Etere e
perfino con il Cielo visibile! Ed è vero pure che coloro i quali hanno invariabilmente tradotto
la parola Âkâsha con “Etere” — Wilson, per esempio — vedendo che l’Âkâsha è chiamata
“la causa materiale del suono” e che possiede, inoltre, soltanto quest’unica proprietà, si sono
immaginati, nella loro ignoranza, che essa fosse “materiale” in senso fisico. È vero pure che,
se le caratteristiche sono accettate alla lettera, allora, poiché niente di materiale o di fisico e,
conseguentemente, di condizionato e temporaneo, può essere immortale — secondo la
Metafisica e la Filosofia — ne seguirebbe che l’Âkâsha non è né infinita né immortale. Ma
1
The Mysteries of Magic, di A. E. Waite.
198
tutto questo è errato, poiché i termini Pradhâna, Materia Primordiale e Suono, considerato
come una proprietà, sono stati mal compresi; essendo certamente Pradhâna un sinonimo di
Mulaprakriti e di Âkâsha, e Suono un sinonimo di Verbo, la Parola o il Logos. Ciò si
dimostra facilmente, poiché risulta dalla seguente frase del Vishnu Purâna1: “Non vi era né
giorno né notte, né cielo né terra, né tenebre né luce, e nessun’altra cosa all’infuori dell’Uno
incomprensibile per l’intelletto, cioè quello che è Brahman, e Pums (lo Spirito), e Pradhâna
(la Materia Primordiale)”.
Ed ora, che cos’è Pradhâna, se non è Mulaprakriti, la Radice di Tutto, sotto un altro
aspetto? Poiché, per quanto più avanti sia detto che Pradhâna si fonde nella Divinità, come
tutte le altre cose, per lasciare soltanto l’Uno Assoluto durante il Pralaya, pure è considerata
come infinita ed immortale. La traduzione letterale dice: “Un Unico Spirito Prâdhânika
Brahmâ; QUELLO era”; ed il commentatore interpreta la parola composta come un sostantivo,
e non come un vocabolo derivativo usato come attributo, cioè come una cosa “unita a
Pradhâna”. Lo studioso deve inoltre ricordarsi che il sistema purânico è dualistico e non
evoluzionistico; e che, in questo senso, dal punto di vista esoterico, troveremo molto più nel
sistema Sânkhya e anche nel Mânavâ-Dharma Shâstra, per quanto quest’ultimo differisca
molto dal primo. Quindi Pradhâna, anche nei Purâna, è un aspetto di Parabrahman e non
un’evoluzione, e deve essere identico alla Mûlaprakriti dei vedantini. “Prakriti, nel suo stato
primordiale, è l’Âkâsha” dice un erudito vedantino.2 È quasi la Natura astratta.
L’Âkâsha è dunque Pradhâna sotto un’altra forma e, come tale, non può essere
l’Etere, l’agente per sempre invisibile, ricercato perfino dalla scienza fisica. E non è
nemmeno la Luce Astrale. Essa è, come abbiamo gia detto, il noumeno di Prakriti sette volte
differenziata!3 — la “Madre” eternamente immacolata del “Figlio” senza Padre, che diventa
“Padre” sul piano manifestato inferiore. Poiché Mahat è il primo prodotto di Pradhâna o
Âkâsha; e Mahat — l’Intelligenza Universale, “la cui proprietà caratteristica è Buddhi” —
non è altro che il Logos, poiché è chiamato Îshvara, Brahmâ, Bhâva, ecc.4 Insomma, esso è il
“Creatore” e la Mente divina nella sua funzione creativa, “la Causa di tutte le cose”, è il
“Primogenito”, del quale i Purâna ci dicono che “la Terra e Mahat sono i limiti interni ed
esterni dell’Universo”; ossia, nel nostro linguaggio, i poli negativo e positivo della Natura
duale (astratta e concreta), poiché i Purâna aggiungono:
In questo modo — come le sette forme (princìpi) di Prakriti erano calcolate da Mahat alla Terra — così
all’epoca della dissoluzione (elementale) (prathyâhâra) queste sette rientrano successivamente le une nelle
altre. L’Uovo di Brahmâ (Sarva-mandala) è dissolto, con le sue sette zone (dvîpa), i suoi sette oceani, le sue
sette regioni, ecc.5
Sono queste le ragioni per cui gli occultisti si rifiutano di dare all’Âkâsha il nome di
Luce Astrale o di chiamarla Etere. Si può fare il confronto della frase: “Nella casa del Padre
mio vi sono molte dimore”, con il detto occulto: “Nella casa della nostra Madre vi sono sette
dimore”, o piani, di cui il più basso è al di sopra ed attorno a noi — la Luce Astrale.
1
Wilson, I, 23, 24.
Five Years of Theosophy, p. 169.
3
Nella Filosofia Sânkhya, le sette Prakriti o “produzioni produttive”, sono Mahat, Ahamkâra ed i cinque Tanmâtra. Vedi:
Sânkhya Kârika, III; ed il relativo Commentario.
4
Vedi: Linga Purâna, Sezione Prima, lxx, 12 e seg.; e Vâyu Purâna, cap. IV, ma specialmente il precedente Purâna,
Sezione Prima, VIII, 67 – 74.
5
Vishnu Purâna, Libro VI, cap. IV. È inutile dire ciò agli indù, che sanno a memoria i loro Purâna, ma è molto utile
ricordare ai nostri orientalisti ed a quegli occidentali che considerano le traduzioni del Wilson come autorevoli, che nella sua
traduzione inglese del Vishnu Purâna si riscontrano le più palesi contraddizioni e gli errori più ridicoli. Così, sullo stesso
soggetto delle sette Prakriti o delle sette zone dell’Uovo di Brahma, le due versioni differiscono totalmente. Nel vol. I, pag.
40, è detto che l’Uovo è rivestito esteriormente da sette involucri. Wilson fa il seguente commento: “Dall’Acqua, dall’Aria,
dal Fuoco, dall’Etere e da Ahamkâra” — benchè quest’ultima parola non esista nemmeno nel testo sanscrito. E nel vol. V, p.
198 del medesimo Purâna, è scritto: “In questo modo erano contate le sette forme della natura (Prakriti) da Mahat alla
Terra” (?). Fra Mahat, o Mahâ-Buddhi, e “l’Acqua, ecc. “ la differenza è molto grande.
2
199
Gli Elementi, che siano semplici o composti, non avrebbero potuto rimanere invariati
dall’inizio dell’evoluzione della nostra Catena. Tutto nell’Universo progredisce
costantemente durante il corso del Grande Ciclo, pur passando attraverso fasi ascendenti e
discendenti nei Cicli minori. La Natura non è mai stazionaria durante il Manvantara, poiché
essa non si limita ad essere, ma è in continuo divenire;1 e la vita, minerale vegetale e umana,
adatta continuamente i suoi organismi agli elementi predominanti del momento e, di
conseguenza, quegli Elementi si confacevano ad essi, come gli Elementi attuali sono idonei
alla vita della presente umanità.
Sarà soltanto nella prossima Ronda, la Quinta, che il quinto elemento – l’Etere — il
corpo denso dell’Âkâsha, se così può essere chiamato — diventando per tutti gli uomini un
fatto familiare della Natura, come è l’Aria attualmente per noi, cesserà di essere ipotetico
come lo è oggi, e non sarà più preso per “l’agente” di tante cose. E solo durante quella
Ronda, quei sensi superiori, alla cui crescita e sviluppo l’Âkâsha serve da strumento, saranno
suscettibili di una espansione completa. Come abbiamo già accennato, una familiarità
parziale con la caratteristica della materia, la Permeabilità che si dovrà sviluppare
contemporaneamente al sesto senso, potrà verificarsi al momento voluto durante questa
Ronda stessa. Ma, con l’aggiunta alle nostre risorse del nuovo Elemento, nella prossima
Ronda la Permeabilità diverrà una caratteristica così evidente della materia, che le forme più
dense della Ronda attuale appariranno alle percezioni dell’uomo un impedimento simile a
quello di una folta nebbia e niente più.
Torniamo adesso al Ciclo di Vita. Senza entrare nei dettagli della descrizione che è
data delle VITE Superiori, dobbiamo volgere, per il momento, la nostra attenzione agli Esseri
Terrestri e alla Terra stessa. Secondo quanto ci viene detto, la Terra, nella prima Ronda è
formata dai “Divoratori” che disintegrano e differenziano i germi di altre Vite negli Elementi,
molto probabilmente come fanno nella fase attuale del mondo gli aerobi, quando minano e
dissolvono la struttura chimica in un organismo, trasformando così la materia animale e
generando delle sostanze che variano nella loro costituzione, L’Occultismo elimina in tal
modo la così detta Èra Azoica della scienza, dimostrando che non vi è mai stato sulla Terra
un periodo in cui la vita non sia esistita. Ovunque vi sia un atomo di materia, una particella o
una molecola, anche allo stato più gassoso, esiste la vita, per quanto essa possa essere latente
ed inconscia.
Tutto ciò che abbandona lo stato Laya, passa allo stato di Vita attiva, è attratto nei
vortici del MOVIMENTO (il Solvente Alchemico della Vita); lo Spirito e la Materia sono i due
stati dell’Uno, che non è né Spirito né Materia, essendo questi ambedue la Vita Assoluta
latente...lo Spirito è la prima differenziazione dello Spazio (ed in esso); e la Materia è la
prima differenziazione dello Spirito. Ciò che non è né Spirito né Materia, è QUELLO, la
CAUSA Senza Causa dello Spirito e della Materia, che sono le Cause del Cosmo. E QUELLO
noi lo chiamiamo la VITA UNA o il Soffio Intra-Cosmico”.2
Ripetiamo ancora una volta — il simile deve produrre il simile. La Vita Assoluta non
può produrre un atomo inorganico, sia semplice che complesso, e c’è vita anche nello stato
Laya, precisamente come un uomo che si trova in uno stato di profonda catalessi —
apparentemente un cadavere, è pur sempre un essere vivente. Quando i “Divoratori” — in cui
gli scienziati possono vedere, con qualche apparenza di ragione, gli atomi della Bruma Ignea,
poiché gli occultisti non vi faranno alcuna obiezione — quando i “Divoratori”, diciamo,
hanno differenziato gli “Atomi di Fuoco” per mezzo di un processo particolare di
1
Anche secondo il grande metafisico Hegel. Per lui la Natura era un eterno divenire; una concezione cioè, puramente
esoterica. La Creazione o l’Origine, nel senso cristiano del termine, è assolutamente inammissibile. Come disse il suddetto
pensatore : “Dio (lo Spirito Universale) oggettiva se stesso come Natura, e quindi ne emerge nuovamente”.
2
Libro di Dzyan, Commentario III, paragrafo 18.
200
segmentazione, questi ultimi divengono dei Germi di Vita che si aggregano secondo le leggi
della coesione e dell’affinità. Quindi, i Germi di Vita producono delle Vite di un’altra specie,
che lavorano alla costruzione dei nostri Globi.
Così, nella prima Ronda, il Globo, essendo stato costruito dalle primitive Vite di
Fuoco — cioè formato in una sfera — non aveva né solidità né qualità, salvo un freddo
splendore, né forma né colore; soltanto verso la fine della prima Ronda si sviluppò un
Elemento che, dalla sua essenza inorganica, per così dire, o semplice, è divenuto adesso nello
nostra Ronda il fuoco che noi conosciamo in tutto il Sistema. La Terra era nella sua prima
Rûpa, la cui essenza è il Princìpio Âkâshico chiamato * * *, quello conosciuto adesso con il
nome, per quanto erroneo, di Luce Astrale, e che Éliphas Lévi chiamò “l’Immaginazione
della Natura”, probabilmente per evitare di dargli il suo vero nome come fanno altri.
Parlando di esso nella sua prefazione all’Histoire de la Magie, Éliphas Lévi dice:
È per mezzo di questa Forza che tutti i centri nervosi comunicano segretamente fra di loro, è da essa
che nascono la simpatia e l’antipatia, che provengono i nostri sogni; ed è per suo mezzo che si verifica il
fenomeno della seconda vista e delle visioni extra-naturali... La Luce Astrale (quando agisce sotto l’impulso di
volontà potenti)... distrugge, coagula, separa, spezza e riunisce tutte le cose... Dio la creò il giorno in cui disse:
“Fiat Lux!”.. Essa è diretta dagli Egregores, che sono i capi delle anime, cioè gli spiriti dell’energia e
dell’azione”.1
Éliphas Lévi avrebbe dovuto aggiungere che la Luce Astrale o Sostanza Primordiale,
se si tratta veramente di materia, è ciò che viene chiamato Luce, Lux, e, secondo la
spiegazione esoterica, è il corpo di quegli Spiriti stessi e la loro essenza. La nostra luce fisica
è la manifestazione sul nostro piano, e la radiosità riflessa della Luce Divina, emanante dal
Corpo collettivo di coloro che sono chiamati le “Luci” e le “Fiamme”. Ma nessun altro
cabalista ha mai avuto tanto talento e tanta eloquenza quanto Éliphas Lévi nell’accumulare
contraddizioni su contraddizioni e nel riunire in una medesima frase paradossi su paradossi.
Egli conduce i suoi lettori attraverso le vallate più incantevoli, per farli arenare infine su una
roccia deserta e sterile.
Il Commentario dice:
È attraverso le radiazioni dei sette Corpi dei sette Ordini di Dhyani, e provenendo da
esse, che sono nate le sette Quantità distinte (Elementi), il cui Movimento e l’Unione
armoniosa producono l’Universo manifestato della Materia.
La Seconda Ronda pone in manifestazione il secondo Elemento — l’ARIA, un
elemento che assicurerebbe una vita ininterrotta a chi la usasse allo stato puro. In Europa vi
sono stati soltanto due occultisti che l’hanno scoperto, ed anche parzialmente applicato, per
quanto la sua composizione sia sempre stata conosciuta dagli Iniziati orientali più elevati.
L’ozono dei chimici moderni è un veleno in confronto al vero Solvente Universale; e
l’esistenza di quest’ultimo non sarebbe mai stata nemmeno sospettata se non fosse esistita in
natura.
Dalla Seconda Ronda, la Terra — fino ad allora un feto nella matrice dello Spazio —
cominciò la sua vera esistenza: essa aveva sviluppato la vita senziente individuale, il suo
secondo Princìpio. Il secondo corrisponde al sesto [Princìpio]; il secondo è la Vita continua,
l’altro la Vita temporanea.
La Terza Ronda sviluppò il terzo Princìpio — l’Acqua; mentre la Quarta trasformò i
fluidi gassosi e la forma plastica del nostro Globo nella sfera grossolanamente materiale, dura
e ricoperta di crosta sulla quale viviamo attualmente. Bhûmi ha raggiunto il suo quarto
Princìpio. A ciò si potrà obiettare che la legge di analogìa, sulla quale abbiamo tanto insistito
— non è rispettata: ma non è così.
1
Pag. 19.
201
La Terra perverrà alla sua vera forma definitiva — nel proprio corpo esterno —
inversamente a ciò che avviene per l’uomo, soltanto verso la fine del Manvantara dopo la
Settima Ronda. Eugenio Filalete aveva ragione quando affermava ai propri lettori, “sulla sua
parola d’onore”, che nessuno aveva ancora visto la “Terra”, cioè la Materia nella sua forma
essenziale. Fino ad ora, il nostro Globo si trova nel suo stato kâmarûpico — il Corpo Astrale
dei Desideri di Ahamkâra, il tenebroso Egotismo, la progenie di Mahat sul piano inferiore.
Non è la materia molecolare costituita e, meno ancora, il Corpo umano, lo Sthûla
Sharîra, il più grossolano dei nostri “Princìpi”, ma in realtà è il Princìpio mediano il vero
Centro Animale, mentre il nostro Corpo ne è soltanto l’involucro, il fattore irresponsabile e
l’agente per mezzo del quale la bestia che è in noi agisce durante tutta la sua vita. Ogni
teosofo intelligente capirà ciò che intendo dire. Così l’idea che il tabernacolo umano sia
costruito da innumerevoli Vite, precisamente come lo fu la crosta terrestre, non ha niente di
repulsivo in sé per il vero mistico. Né la scienza stessa può muovere qualche obiezione
all’insegnamento occulto, poiché, anche se il microscopio sarà sempre incapace di scoprire
l’ultimo atomo vivente o l’espressione ultima della vita, ciò non sarà sufficiente a farle
respingere la dottrina.
(c) La scienza ci insegna che in tutti gli organismi, sia viventi che morti, vi è una
quantità infinita di batteri di tante e tante specie diverse; che dall’esterno siamo
continuamente minacciati dell’invasione di microbi ad ogni respiro che inaliamo e che,
interiormente, siamo la preda di leucomaini, aerobi, anaerobi, ecc. Ma la scienza non è
ancora giunta così oltre da asserire, come la dottrina occulta, che tanto i nostri corpi quanto
quelli degli animali, delle piante e delle pietre, sono essi stessi costituiti da simili esseri, che,
ad eccezione delle specie maggiori, sono invisibili al microscopio stesso. Per quanto
concerne la parte puramente animale e materiale dell’uomo, la scienza è in procinto di
giungere a scoperte che corroboreranno largamente questa teoria. La Chimica e la Fisiologia
sono le due grandi maghe dell’avvenire, destinate ad aprire gli occhi dell’umanità a grandi
verità fisiche. Giorno per giorno, l’identità fra l’animale e l’uomo fisico, fra la pianta e
l’uomo, e perfino fra il rettile ed il suo nido, fra la roccia e l’uomo —è dimostrata sempre più
chiaramente. La scienza chimica, constatando l’identità dei costituenti fisici e chimici di tutti
gli esseri, potrà affermare che non vi è differenza fra la materia che compone il bue e quella
che compone l’uomo. Ma la dottrina occulta è molto più esplicita, Essa dice che non solo la
composizione chimica di questi esseri è la medesima, ma che le medesime Vite invisibili
infinitesimali compongono gli atomi dei corpi della montagna e della margherita, dell’uomo
e della formica, dell’elefante e dell’albero che lo ripara dal sole. Ogni particella — sia che la
chiamiate organica o inorganica— è una Vita. Ogni atomo ed ogni molecola nell’Universo
danno sia la vita che la morte a queste forme, in quanto esse costruiscono per aggregazione
gli universi ed i veicoli effimeri pronti a ricevere le anime trasmigranti; come pure
distruggono e cambiano eternamente le loro forme, ed espellono le anime dalle loro dimore
temporanee. Ogni atomo crea ed uccide; è auto-generatore ed auto-distruttore; porta in
esistenza ed annienta ad ogni istante, nel tempo e nello spazio, quel mistero dei misteri che è
il corpo vivente dell’uomo, dell’animale, della pianta, e genera egualmente la vita e la morte,
la bellezza e la bruttezza, il buono ed il cattivo, e perfino le sensazioni gradevoli e spiacevoli,
quelle benefiche e quelle malefiche. È quella VITA misteriosa, rappresentata collettivamente
da miriadi innumerevoli di Vite, che segue, nelle sue modalità sporadiche, la legge
dell’Atavismo, fino ad ora incomprensibile; che copia le somilianze di famiglia, come pure
quelle che trova impresse nell’Aura dei generatori di ogni futuro essere umano; insomma, un
mistero che esamineremo a fondo altrove. Per il momento, citeremo solo un caso come
esempio. La scienza moderna comincia a scoprire che le ptomaine, i veleni alcaloidi, generati
dai cadaveri e dalla materia in decomposizione — Vita essa pure, estratti con l’aiuto di etere
volatile, producono un profumo simile a quello dei più freschi fiori d’arancio; ma che quei
202
medesimi alcaloidi, privati di ossigeno, producono un odore ammorbante e disgustoso,
oppure il più gradevole aroma che ricorda quello dei fiori dal profumo più delicato; e si pensa
addirittura che quei fiori debbano il loro gradevole profumo alle ptomaine velenose.
L’essenza velenosa di certi funghi è pure quasi identica al veleno del cobra dell’India, il
serpente dal veleno più mortale. Gli scienziati francesi Arnaud, Gautier e Villiers, hanno
trovato nella saliva di uomini viventi un alcaloide velenoso identico a quello della saliva del
rospo, della salamandra, del cobra e del trigonocefalo del Portogallo. È stato dimostrato che
un veleno della specie più mortale, si chiami esso ptomaina, o leucomaina, o alcaloide, è
prodotto da uomini viventi come pure da animali e piante. Gautier scoprì anche, nella
carcassa e nel cervello di un bue morto da poco, un alcaloide ed un veleno simile alla
sostanza estratta dalla saliva velenosa dei rettili, e che egli denominò xanthocreatinina. Si
suppone che i tessuti muscolari, gli organi più attivi dell’economia animale, siano i
generatori o gli agenti produttori di veleni, che hanno la medesima importanza dell’acido
carbonico e dell’urea nelle funzioni della vita, e che sono i prodotti ultimi della combustione
interna. E per quanto non sia ancora pienamente determinato se i veleni possano essere
generati dal sistema animale di esseri viventi senza la partecipazione e l’interferenza di
microbi, è però accertato che l’animale, nel suo stato fisiologico o vivente, produce sostanze
tossiche.
Avendo così scoperto gli effetti, la scienza deve trovare adesso le loro cause prime,
ma non potrà mai farlo senza l’aiuto delle scienze antiche, e cioè dell’Alchimia, della
Botanica e della Fisica Occulta. Ci viene detto che che ogni cambiamento fisiologico, oltre ai
fenomeni patologici ed alle malattie — anzi la vita stessa, o piuttosto i fenomeni oggettivi
della vita, prodotti da certe condizioni e cambiamenti nei tessuti del corpo, che permettono
alla vita di agire in quel corpo e che la costringono all’azione — è dovuto a quegli invisibili
“Creatori” e “Distruttori”, chiamati, in modo così vago e generico, microbi. Si potrebbe
supporre che queste Vite Ardenti ed i microbi della scienza siano identici. Ma ciò non è vero.
Le Vite Ardenti formano la settima e la più elevata suddivisione del piano della materia, e
corrispondono, nell’individuo, alla Vita Una dell’universo, per quanto soltanto su quel piano
stesso della materia. I microbi della scienza formano invece la prima e la più bassa
suddivisione del secondo piano — quello del Prâna materiale o Vita. Il corpo fisico
dell’uomo subisce un completo cambiamento di struttura ogni sette anni; e la sua distruzione
e la sua conservazione sono dovute alle funzioni alternate delle Vite Ardenti, come
Distruttori e come Costruttori. Esse sono Costruttori sacrificandosi, sotto forma di vitalità,
per arginare l’influenza distruttiva dei microbi; e, fornendo a questi quanto è necessario, li
costringono, sotto tale freno, a edificare il corpo materiale e le sue cellule. Esse sono pure
Distruttori quando tale freno è rimosso e i microbi, non più riforniti di energia vitale
costruttiva, possono espandersi liberamente quali agenti distruttori. Così, durante la prima
metà della vita umana, i primi cinque periodi di sette anni ciascuno, le Vite Ardenti sono
indirettamente occupate nel processo di costruzione del corpo materiale dell’uomo; la Vita si
trova sulla scala ascendente, e la forza è impiegata a costruire ed a produrre la crescita.
Quando questo periodo è trascorso, comincia l’epoca della retrocessione; e quando il lavoro
delle Vite Ardenti ha esaurito gradatamente le energie di queste, ha inizio l’opera di
distruzione e di decrescenza.
Si può qui rilevare l’analogia esistente fra gli eventi cosmici nella discesa dello
Spirito nella Materia durante la prima metà di un Manvantara (tanto planetario che umano), e
la sua ascensione a spese della Materia durante la seconda metà. Queste considerazioni si
riferiscono soltanto al piano della materia, ma l’influenza restrittiva delle Vite Ardenti sulla
suddivisione più bassa del secondo piano, i microbi, è confermata dai fatti menzionati nella
teoria di Pasteur citata precedentemente, e cioè che le cellule degli organi, quando non
trovano sufficiente ossigeno per se stesse, si adattano a tale condizione e formano dei
203
fermenti, i quali, assorbendo ossigeno dalla sostanza con cui vengono a contatto, ne
provocano la distruzione. Tale processo ha inizio per opera di una cellula che sottrae alla sua
vicina ciò che costituisce la sorgente della sua vitalità, quando la provvista è insufficiente; e
la distruzione così cominciata progredisce regolarmente.
Gli sperimentatori come Pasteur sono i migliori amici e cooperatori dei “Distruttori”
ed i peggiori nemici dei “Creatori” — se questi ultimi non fossero pure,
contemporaneamente, dei “Distruttori”. Comunque sia, una cosa è certa, e cioè che la
conoscenza di queste cause primarie e dell’essenza primordiale di ciascun Elemento, delle
sue Vite, delle loro funzioni, delle loro proprietà e delle condizioni nelle quali esse si
modificano — costituisce la base della MAGIA. Paracelso fu forse, durante gli ultimi secoli
dell’èra cristiana, il solo occultista in Europa che conobbe questo mistero. Se una mano
criminale non avesse stroncato la sua vita prima del tempo, la Magia fisiologica avrebbe
meno segreti per il mondo civile.1
(d) Ma in tutto ciò che rapporti vi sono con la Luna? potremmo domandarci. E quali
rapporti vi sono fra il “Pesce, il Peccato e Soma (la Luna)” citati nella frase apocalittica della
Stanza, ed i “microbi della Vita”? Con questi ultimi non vi è nessun rapporto all’infuori del
fatto che si servono del tabernacolo d’argilla da essi stessi preparato; però tale rapporto esiste
con l’Uomo divino perfetto, poiché il “Pesce, il Peccato e la Luna” compongono insieme i tre
simboli dell’Essere immortale.
Questo è quanto possiamo divulgare. E l’autrice non pretende di avere maggiori
conoscenze intorno a questi strani simboli, di quello che se ne può dedurre dalle Religioni
exoteriche — o forse del mistero sottostante all’Avâtara Matsya (Pesce) di Vishnu;
all’Oannes caldeo; all’Uomo-Pesce, rappresentato dal segno imperituro dello Zodiaco, i
Pesci, e che si ritrova pure nei due Testamenti, personificato da Giosuè “Figlio di Nun (il
Pesce)” e da Gesù; nel mistero celato nel “Peccato” allegorico o caduta dello Spirito nella
Materia; e nella Luna — in quanto si riferisce agli Antenati Lunari, i Pitri.
Per il momento sarà bene ricordare al lettore che, mentre le Dee Lunari, in tutte le
mitologie e specialmente in quella greca, erano collegate con la gestazione e con le nascite a
causa dell’influenza che la Luna esercita sulla donna e sul concepimento, il rapporto attuale
ed occulto del nostro satellite con la fecondazione è, fino ad oggi, sconosciuto alla Fisiologia,
che considera qualsiasi pratica popolare in rapporto a ciò come una grossolana superstizione.
Siccome è inutile discuterne dettagliatamente, ci limiteremo per il momento a rilevare
solo casualmente il simbolismo lunare, per dimostrare che la suddetta superstizione
appartiene alle più antiche credenze, compreso il Giudaismo — la base del Cristianesimo.
Per gli israeliti, la principale funzione di Jehovah era quella di favorire la procreazione, e
l’Esoterismo della Bibbia, interpretato cabalisticamente, dimostra in modo innegabile che il
Santo dei Santi del tempio era semplicemente il simbolo dell’utero. Ciò è dimostrato adesso
1
[I racconti intorno alla morte di Paracelso differiscono. Egli era stato invitato dal Principe Palatino, il Duca Ernesto di
Bavaria, a stabilirsi a Salisburgo, cosa che apparentemente Paracelso fece. Dopo una breve malattia, egli morì a Salzburg il
24 settembre del 1541, in una stanzetta di un piccolo Albergo, il “Cavallo Bianco”, vicino al molo, e il suo corpo fu sepolto
nel cimitero di San Sebastiano. Citiamo il dr. Franz Hartmann (The Life of Paracelsus, Londra, George Redway, 1887, pp. 8
– 9.) “La sua morte è ancora misteriosa, ma le indagini più recenti vanno a confermare le affermazioni dei suoi
contemporanei, e cioè che Paracelso, durante un banchetto, fu attaccato ferocemente dai mercenari di certi medici, e, in
conseguenza di una caduta su una roccia, si produsse una frattura al cranio, che ne provocò la morte alcuni giorni dopo. Un
medico tedesco, S. Th. Von Soemmering, esaminò il cranio di Paracelso, che, a causa della sua particolare conformazione,
non poteva essere facilmente scambiato per un altro, e notificò una frattura che si estendeva attraverso l’osso temporale, che,
per l’età e la frequente manipolazione di quel cranio, si era allargata in modo da poter essere facilmente visibile.
Soemmering crede che una simile frattura sia stata prodotta mentre Paracelso era ancora vivo, perché le ossa di un cranio
solido ma vecchio e disseccato, probabilmente non avrebbe potuto essere distinte in quel modo.”
“Le ossa di Paracelso furono esumate nel 1572, quando la chiesa venne riparata, e poi reinterrate nel retro della parete che
chiude lo spazio frontale alla Cappella di San Filippo Neri, un prolungamento della chiesa di San Sebastiano….” –Nota di B.
de Zirkoff.]
204
in modo indiscutibile dalla lettura numerica della Bibbia in generale e del Genesi in
particolare. I giudei hanno certamente preso in prestito questa idea dagli egiziani e dagli indù,
il cui Santo dei Santi era simboleggiato dalla Camera del Re nella Grande Piramide, e dai
simboli Yoni dell’Induismo exoterico. Per rendere la cosa più chiara, e per dimostrare
parimenti l’enorme differenza nello spirito di interpretazione e nel significato originale dei
medesimi simboli fra gli antichi occultisti orientali ed i cabalisti giudei, rimandiamo il lettore
alla Sezione che tratta del “Santo dei Santi” nel Volume II.
Il culto fallico si è sviluppato soltanto dopo la perdita delle chiavi che rivelano il vero
significato dei simboli. Fu l’ultimo ed il più fatale allontanamento dalla via maestra della
verità e della conoscenza divina, per disperdersi nel sentiero laterale della finzione, eretta a
dogma attraverso le falsificazioni umane e l’ambizione gerarchica.
STANZA VII -continuazione.
6. DAL PRIMOGENITO1, IL FILO TRA IL GUARDIANO SILENZIOSO E LA SUA OMBRA DIVIENE PIÙ
FORTE E RAGGIANTE AD OGNI CAMBIAMENTO.2 LA LUCE DEL SOLE MATTUTINO È DIVENUTA
LA GLORIA DEL MEZZOGIORNO....
Questa frase: “Il Filo tra il Guardiano Silenzioso e la sua Ombra (l’Uomo) diviene più
forte ad ogni cambiamento”, esprime un altro mistero psicologico che verrà spiegato nel
Volume II. Per il momento, sarà sufficiente dire che il “Guardiano” e le sue “Ombre” —
corrispondendo queste ultime al numero delle reincarnazioni della Monade — non sono che
uno. Il Guardiano, o Prototipo Divino, occupa la sommità della Scala dell’Essere, l’Ombra lo
scalino più basso.
Inoltre la Monade di ogni essere vivente, a meno che la sua turpitudine morale non
spezzi il legame, ed esso si smarrisca e vada errando nel “Sentiero Lunare” — per usare
l’espressione occulta — è un Dhyân Chohan individuale, distinto dagli altri, con una specie
di Individualità spirituale sua propria, durante un determinato Manvantara. Il suo Primo
Princìpio, lo Spirito (Âtman), è naturalmente uno con lo Spirito Unico Universale
(Paramâtmâ), ma il Veicolo (Vâhan) nel quale è racchiuso, la Buddhi, fa parte integrante di
quell’Essenza Dhyân-Chohanica; ed è in ciò che risiede il mistero di quella ubiquità della
quale abbiamo parlato prima.
“Il Padre mio che è nei Cieli ed io — siamo uno”, è detto nella Sacra Scrittura
cristiana, ed almeno in ciò essa è un’eco fedele dell’Insegnamento esoterico.
STANZA VII -continuazione.
7. — “QUESTA È LA TUA RUOTA ATTUALE — DISSE LE FIAMMA ALLA SCINTILLA. — TU SEI ME
STESSA, LA MIA IMMAGINE E LA MIA OMBRA. MI SON RIVESTITA DI TE E TU SEI IL MIO
VÂHAN3 FINO AL GIORNO ‘SII CON NOI’, QUANDO TU RIDIVERRAI ME STESSA ED ALTRI, TE
STESSA E ME”. (a). ALLORA I COSTRUTTORI, INDOSSATE LE LORO PRIME VESTI,
DISCENDERANNO SULLA TERRA RADIOSA E REGNERANNO SUGLI UOMINI — CHE SONO LORO
STESSI (b).
1
Il Primo Uomo, o Uomo Primitivo.
Reincarnazione.
3
Veicolo.
2
205
(a) Il Giorno in cui la Scintilla ridiverrà la Fiamma, quando l’Uomo si fonderà nel suo
Dhyân Chohan, “me stessa ed altri, te stessa e me”, come dice la Stanza, significa che in
Paranirvâna — quando il Pralaya avrà ricondotto non solo i corpi materiali e psichici, ma
anche gli Ego spirituali, al loro princìpio originale —le Umanità passate, presenti, ed anche
quelle future, come tutte le altre cose, non formeranno più che una sola ed unica unità. Tutto
sarà stato riassorbito dal Grande Soffio. In altre parole, ogni cosa sarà “fusa in Brahman”,
ossia nell’Unità Divina.
E questo significa forse annichilimento, come pensano alcuni? Oppure ateismo, come
altri critici — gli adoratori di una divinità personale e i credenti in un paradiso antifilosofico
— sono inclini a supporre? Né l’uno né l’altro. È perfettamente inutile ritornare sulla
questione di tacito ateismo a proposito di ciò che è spiritualità del carattere più elevato.
Vedere l’annichilimento nel Nirvâna, equivale a dire che pure un uomo, immerso in un sonno
profondo senza sogni — uno di quei sonni che non lasciano alcuna impressione nella
memoria e nel cervello fisico, perché il Sé Superiore del dormiente si trova allora nel suo
stato originale di Coscienza Assoluta — è annichilito. Quest’ultimo paragone risponde però
soltanto ad un lato della questione, e cioè a quello più materiale, poiché il riassorbimento non
corrisponde affatto ad una simile “sonno senza sogni”, ma corrisponde invece all’Esistenza
Assoluta, unità incondizionata o stato, che il linguaggio umano è assolutamente impotente a
descrivere. L’unica approssimazione ad una concezione abbastanza comprensiva di un simile
stato può essere tentata soltanto nella visione panoramica dell’Anima, attraverso l’ideazione
spirituale della Monade divina. In questo riassorbimento, l’Individualità non è perduta — e
neppure l’essenza della Personalità, se qualcosa di essa resta. Poiché, per quanto lo stato
paranirvânico sia illimitato dal punto di vista umano, pure esso ha un limite nell’Eternità.
Giunto a tale limite, la medesima Monade emergerà nuovamente da esso come un essere
ancora più elevato, su un piano molto superiore, per ricominciare il suo ciclo di attività
perfezionata. La mente umana, nel suo attuale stadio di sviluppo, può difficilmente innalzarsi
a questo piano di pensiero e, tanto meno, trascenderlo. Essa vacilla sull’orlo dell’Assoluto e
dell’Eternità incomprensibili.
(b) I “Guardiani” regnano sugli uomini durante tutto il Periodo del Satya Yuga e
durante i susseguenti Yuga minori, fino all’inizio della Terza Razza-Radice; dopo di loro
vengono i Patriarchi, gli Eroi ed i Manes, come nelle dinastie egiziane, enumerati dai
sacerdoti a Solone, i Dhyani incarnati di un ordine inferiore, fino al Re Menes ed ai Re umani
delle altre nazioni. Tutti furono accuratamente registrati. Ovviamente, gli studiosi di
simbolismo considerano questa èra mitologica solo come una leggenda. Ma poiché negli
annali di tutte le nazioni si trovano le tradizioni e perfino le cronache che parlano di simili
dinastie di Re divini, di Dèi che regnarono sugli uomini, seguite poi da dinastie di Eroi o di
Giganti, è veramente difficile capire come tutti i popoli esistenti sotto il sole, alcuni dei quali
sono separati da vasti oceani ed appartengono ad emisferi differenti, come gli antichi
peruviani, i messicani e anche i caldei, abbiano potuto elaborare tutti le stesse “leggende”
relative al medesimo ordine di eventi.1
Ad ogni modo, siccome la Dottrina Segreta insegna la storia — che, benché esoterica
e tradizionale, non è per questo meno degna di fede della storia profana — abbiamo il diritto
di sostenere le nostre credenze come qualsiasi altra persona, tanto religiosa che scettica. E
tale Dottrina dice che i Dhyani-Buddha dei due Gruppi superiori e cioè i “Guardiani” o gli
“Architetti”, diedero dei Re e delle Guide divine alle molte e varie razze umane. Sono questi
ultimi che insegnarono all’umanità le arti e le scienze, mentre i primi rivelarono le grandi
1
Vedi, per esempio, Sacred Mysteries among the Mayas and the Quichés, di Augustus Le Plongeon, che ci mostra l’identità
esistente fra i riti e le credenze degli egiziani e quelli dei popoli che descrive. Gli antichi alfabeti ieratici dei maya e degli
egiziani sono quasi identici.
206
verità spirituali dei Mondi trascendentali alle Monadi incarnate, che avevano allora
abbandonato i propri veicoli dei regni inferiori ed avevano quindi perduto ogni ricordo della
loro origine divina. Così, come è detto nella Stanza, i Guardiani “discendono sulla Terra
radiosa e regnano sugli uomini, che sono loro stessi”. I Re regnanti avevano terminato il loro
ciclo sulla Terra ed in altri Mondi nelle Ronde precedenti. Nei Manvantara futuri essi
avranno raggiunto dei Sistemi superiori al nostro Mondo planetario, e saranno gli Eletti della
nostra Umanità, i Pionieri che percorrono l’aspro e difficile sentiero del Progresso, che
subentreranno al posto dei loro predecessori. Il prossimo grande Manvantara vedrà gli
uomini del nostro Ciclo di Vita diventare gli Istruttori e le Guide di un’Umanità le cui
Monadi attualmente possono essere ancora imprigionate, semicoscienti, negli esseri più
intelligenti del regno animale, mentre i loro princìpi inferiori animano, forse, gli esemplari
più elevati del regno vegetale.
Così procedono i cicli dell’evoluzione settenaria nella Natura Settuplice: quella
spirituale o divina; quella psichica o semi-divina; quella intellettuale; quella passionale,
istintiva o cognitiva; la natura semi-corporea e la natura puramente materiale o fisica. Tutte
queste evolvono e progrediscono ciclicamente, passando dall’una all’altra, seguendo un
duplice processo, centrifugo e centripeto; una sola natura nella loro essenza ultima, sette nei
loro aspetti. Quella inferiore, naturalmente, dipende dai nostri cinque sensi fisici e della quale
essi si servono; questi sensi sono in realtà sette, come dimostreremo in seguito basandoci
sull’autorità delle più antiche Upanishad. Così è per le vite individuale, umana, senziente,
animale e vegetale, essendo ciascuna il microcosmo del proprio macrocosmo superiore.
Lo stesso avviene per l’Universo, che si manifesta periodicamente per il progresso
collettivo delle innumerevoli Vite, le espirazioni della Vita Una; affinché, attraverso
l’Eterno-Divenire, ogni atomo cosmico di questo Universo infinito, passando dall’intangibile
e senza forma, attraverso le nature miste del semi-terrestre, fino alla materia in completa
generazione, per risalire, infine, ascendendo in ogni nuovo periodo sempre più in alto e più
vicino alla mèta finale, possa raggiungere, mediante i meriti e gli sforzi individuali, quel
piano dove esso diverrà nuovamente il TUTTO Uno Incondizionato.
Ma tra l’Alfa e l’Omega si estende il faticoso “Sentiero” disseminato di spine, che
prima discende e quindi –
sale arrampicandosi su per la montagna,
Incessantemente, sino alla fine....1
Il Pellegrino, quando parte per il suo lungo viaggio, è immacolato; di grado in grado discende
sempre più profondamente nella materia peccaminosa, associandosi con ogni atomo dello
Spazio manifestato e quindi, dopo aver lottato e sofferto attraverso ogni forma della Vita e
dell’Essere, egli si trova soltanto sul fondo della vallata della materia, e a metà del suo ciclo,
dopo essersi identificato con l’Umanità collettiva. Questa Umanità, egli l’ha fatta a sua
immagine. Per progredire verso l’alto, per ritornare alla sua patria, il “Dio” deve ascendere
adesso il faticoso ed arduo sentiero del Golgota della Vita. È il martirio dell’esistenza autocosciente. Come Vishvakarman, egli deve sacrificare se stesso a se stesso per redimere tutte
le creature e per resuscitare dai Molti nella Vita Una.
Allora egli ascende veramente al Cielo, dove, immerso nell’incomprensibile Essere
Assoluto e nella Beatitudine del Paranirvâna, regna incondizionatamente; e di qui egli
ridiscenderà di nuovo alla prossima “Venuta” — che una parte dell’umanità, attenendosi al
senso della lettera morta, attende quale “Secondo Avvento”, e l’altra parte quale l’ultimo
“Kalki Avatâra”.
_________
1
[Cristina Rossetti, Uphill, 1861.]
207
RIEPILOGO
“La storia della Creazione e di questo
Mondo, dal princìpio fino al giorno d’oggi, è
composta di sette capitoli: il settimo capitolo
non è stato ancora scritto.”
T. Subba Row1
Abbiamo tentato di scrivere il primo di questi “sette capitoli”, che adesso è terminato.
Per quanto pallida ed incompleta ne sia l’esposizione, si tratta tuttavia di un’approssimazione
— usando la parola nel suo senso matematico — di ciò che è la base più antica di tutte le
cosmogonie successive. È veramente audace il tentativo di descrivere in una lingua europea il
grandioso panorama della Legge delle eterne manifestazioni periodiche, impressa sulle menti
plastiche delle prime Razze dotate di Coscienza da coloro che ne trassero il riflesso dalla
Mente Universale; poiché nessun linguaggio umano, ad eccezione del Sanscrito — che è la
lingua degli Dèi — è atto a renderlo in maniera abbastanza esatta. Ma si devono scusare le
mancanze di questo lavoro, pensando al motivo che l’ha ispirato.
Tanto ciò che precede, quanto ciò che segue, non può trovarsi completamente altrove
nel suo insieme. Non è insegnato in nessuna delle sei Scuole filosofiche dell’India, poiché
appartiene alla loro sintesi, la settima, che è la Dottrina Occulta. Non è tracciato su nessuno
dei papiri egiziani corrosi dal tempo, né si trova scolpito sui mattoni o sui muri di granito
assiri. I Libri del Vedânta — “ultima parola dell’umana conoscenza” — non danno che
l’aspetto metafisico di questa cosmogonia del mondo; ed il loro inestimabile tesoro, le
Upanishad (Upa-ni-shad è un termine composto che esprime il trionfo conseguito
sull’ignoranza dalla rivelazione della conoscenza segreta spirituale) richiedono adesso il
possesso addizionale di una chiave maestra, onde permettere allo studioso di afferrarne il
significato completo. Ne esporrò qui la ragione, così come mi fu espressa da un Maestro.
Il termine Upanishad viene comunemente tradotto: “dottrina esoterica”. Questi trattati
fanno parte di Shruti, o Conoscenza “rivelata”, ossia Rivelazione, e sono generalmente uniti
alla parte Brâhmana dei Veda come loro terza divisione.
[Ora] i Veda hanno due significati distinti, l’uno espresso dal senso letterale delle parole, l’altro
indicato dal metro dei versi e dallo svara (intonazione), e questi sono come la vita dei Veda... Naturalmente i
pandit eruditi ed i filologi negano che lo svara abbia qualcosa in comune con la filosofia o con le antiche
dottrine esoteriche, ma il misterioso rapporto esistente fra svara e luce è uno dei suoi segreti più profondi”2.
Gli orientalisti enumerano oltre 150 Upanishad e ritengono che la più antica di esse
sia stata scritta probabilmente nell’anno 600 a. C.; ma, in realtà, dei testi genuini non esiste
nemmeno la quinta parte. Le Upanishad sono per i Veda ciò che la Cabala è per la Bibbia
ebraica. Esse trattano ed espongono il significato segreto e mistico dei testi vedici; parlano
dell’origine dell’Universo, della natura della Divinità, dello Spirito e dell’Anima, come pure
del rapporto metafisico esistente fra la Mente e la Materia. In poche parole: Esse
CONTENGONO il princìpio e la fine di ogni conoscenza umana, però hanno cessato di
RIVELARLA dall’epoca del Buddha. Se fosse altrimenti, le Upanishad non potrebbero
chiamarsi esoteriche, poiché sono adesso apertamente annesse ai Libri sacri Brâmanici, che
ora sono accessibili perfino ai Mlechchha (fuori-casta) ed agli orientalisti europei.
Una cosa in esse — e ciò in tutte quante le Upanishad — indica invariabilmente e
costantemente la loro origine antica e prova: (a) che alcune delle loro parti furono scritte
prima che il sistema delle caste diventasse l’istituzione tirannica qual’è tuttora; e (b) che metà
1
2
The Theosophist, 1881.
T. Subba Row, Five Years of Theosophy, pag. 154.
208
del loro contenuto è stato eliminato, mentre alcune di esse sono state riscritte di nuovo ed
abbreviate.
“I grandi Istruttori della Conoscenza superiore ed i Brâhmani vi sono continuamente
rappresentati mentre vanno dai Re Kshatriya (la casta militare) per diventare i loro discepoli”.
Come giustamente fa osservare il prof. Cowell, le Upanishad “sono pervase da uno spirito
completamente diverso (da quello degli altri scritti Brâhmanici ); vi si trova una libertà di
pensiero sconosciuta in qualsiasi lavoro anteriore, ad eccezione degli inni stessi del Rig
Veda”. Il secondo fatto è spiegato da una tradizione conservata in uno dei manoscritti che
trattano della vita del Buddha. Vi si narra che le Upanishad furono originariamente annesse
ai loro Brâhmana dopo l’inizio di una riforma che condusse al monopolio del presente
sistema delle caste fra i Brâhmana, pochi secoli dopo che l’India fosse invasa dai “due volte
nati”. In quell’epoca esse erano complete e servivano all’istruzione dei Chelâ che si
preparavano per l’Iniziazione.
Ciò perdurò fino a che i Veda ed i Brâhmana rimasero possesso esclusivo dei
Brâhmani dei templi — quando nessun altro al di fuori della casta sacra aveva il diritto di
studiare e nemmeno di leggere tali opere. Venne quindi Gautama, il Principe di Kapilavastu.
Dopo aver imparato l’intera sapienza Brâhmanica nei Rahasya o Upanishad, ed aver
constatato che gli insegnamenti differivano poco o niente da quelli dei “Maestri di Vita” che
abitavano le catene nevose dell’Himâlaya,1 il discepolo dei Brâhmani, indignato per il fatto
che la Saggezza Sacra venisse sottratta in tal modo a chiunque non fosse Brâhamano, decise
di salvare il mondo intero diffondendone la conoscenza. Fu allora che i Brâhmani, vedendo
che la loro Conoscenza Sacra e la loro Saggezza Occulta cadevano nelle mani dei Mlechchha,
abbreviarono i testi delle Upanishad, che in origine contenevano il triplo del materiale che si
trova nei Veda e nei Brâhmana insieme, senza alterare però una sola parola dei testi. Essi
staccarono semplicemente dai manoscritti le parti più importanti, quelle cioè che contenevano
l’ultima parola intorno al Mistero dell’Essere.
La chiave del codice segreto Brâhmanico rimase quindi in possesso dei soli Iniziati,
ed i Brâhmani si trovarono così nella possibilità di negare pubblicamente la correttezza
dell’insegnamento del Buddha facendo appello alle loro Upanishad, dalle quali era stato tolto
per sempre l’insegnamento relativo alle questioni principali. Tale è la tradizione esoterica al
di là dell’Himâlaya.
Shri Shankarâchârya, il più grande Iniziato delle epoche storiche, scrisse molti
Bhâshya (Commentari) alle Upanishad. Ma i suoi trattati originali, e vi sono molte ragioni
per supporlo, non sono ancora caduti nelle mani dei Filistei, essendo gelosamente conservati
nei suoi monasteri (i matham). E vi sono ragioni ancora più forti per credere che gli
inestimabili Bhâshya sulla Dottrina Esoterica dei Brâhmani, scritti dal loro più grande
interprete, rimarranno ancora per molti e molti secoli lettera morta per la maggior parte degli
indù, ad eccezione dei Brâhmani Smârtava. Questa sètta, che fu fondata da Shankarâchârya e
che è ancora molto potente nell’India meridionale, è adesso quasi l’unica dalla quale
provengono quegli studiosi che hanno conservato una conoscenza sufficiente per
comprendere la lettera morta dei Bhâshya. La ragione di ciò, e io ne sono informata, si trova
nel fatto che solo loro hanno occasionalmente, come capi dei loro monasteri, dei veri Iniziati,
come, per esempio, in Shringa-giri, nei Ghat occidentali dello stato del Mysore. D’altra parte,
non vi è nessuna sètta, in quella casta così disperatamente esclusivista dei Brâhmani, più
esclusiva di quella degli Smartava; e le reticenze dei suoi seguaci nell’esporre ciò che essi
1
Chiamati pure i “Figli della Saggezza” e della “Bruma di Fuoco” e, negli annali cinesi, i “Fratelli del Sole”. Si parla di Sidzang (Tibet), nei manoscritti della biblioteca sacra della provincia di Fo-Kien, come la grande sede dell’insegnamento
occulto da tempi immemorabili, molte epoche prima del Buddha. Si dice che l’imperatore Yu, il “Grande” (2.207 a. C.) - un
pio mistico e grande Adepto - ottenne la sua conoscenza dai “Grandi Maestri delle Catene Nevose” del Si-dzang.
209
possono sapere relativamente alle Scienze Occulte e alla Dottrina Esoterica, sono eguagliate
soltanto dal loro orgoglio e dal loro sapere.
Quindi, l’autrice di quest’affermazione deve essere già preparata a fronteggiare forti
opposizioni e perfino a vedersi rinnegate le asserzioni contenute in quest’opera. Con ciò non
si hanno pretese di infallibilità o di esattezza assoluta in ogni dettaglio qui esposto; vi sono i
fatti, e questi possono essere difficilmente negati. Però, a causa delle difficoltà intrinseche ai
soggetti stessi trattati ed alle limitazioni quasi insormontabili di tutte le lingue europee ad
esprimere certe idee, è più che probabile che la scrittrice non sia sempre riuscita a presentare
le spiegazioni nella forma migliore e più chiara; tuttavia, quanto era possibile fare, sotto le
circostanze più avverse, è stato fatto, e questo è il massimo che si possa pretendere da
qualsiasi autore.
Ed ora ricapitoliamo, dimostrando con l’immensità stessa dei soggetti esposti come
sia difficile, se non impossibile, rendere loro piena giustizia.
1) La Dottrina Segreta è la Saggezza accumulata dei secoli e solo la sua cosmogonia è
il più stupendo ed elaborato sistema che si conosca, anche sotto la forma velata
dell’exoterismo dei Purâna. Ma tale è il potere misterioso del simbolismo occulto che i fatti i quali, per essere registrati, coordinati e spiegati durante le serie incalcolabili del progresso
evolutivo, hanno occupato innumerevoli generazioni di Veggenti Iniziati e di Profeti - sono
tutti contenuti in poche pagine di segni geometrici e di glifi. Lo sguardo penetrante di quei
Veggenti è giunto fino al cuore stesso della materia e vi ha scoperto l’anima delle cose, là
dove un comune osservatore profano, per quanto erudito, non avrebbe percepito che il lavoro
esteriore della forma.
Ma la scienza moderna non crede all’“anima delle cose” e quindi respingerà l’intero
sistema della cosmogonia antica. È inutile dire che il sistema in questione non è il prodotto
dell’immaginazione di uno o più individui isolati, ma si tratta delle registrazioni ininterrotte
di migliaia di generazioni di Veggenti, le cui rispettive esperienze avevano lo scopo di
provare e verificare le tradizioni trasmesse verbalmente da una razza primitiva all’altra, in
rapporto agli insegnamenti di sublimi Esseri superiori che vegliavano sull’infanzia
dell’Umanità; e per lunghi secoli gli “Uomini Saggi” della Quinta Razza, facenti parte del
ceppo salvato e risparmiato dall’ultimo cataclisma e dalle conseguenti trasformazioni dei
continenti, trascorsero le loro vite studiando anziché insegnando. In qual modo? Esaminando,
provando e verificando, in ogni ramo della Natura, le antiche tradizioni per mezzo del potere
indipendente di visione di Grandi Adepti; cioè di uomini che hanno sviluppato e perfezionato
al massimo grado possibile i loro organismi fisici, mentali, psichici e spirituali. Nessuna
visione di un Adepto qualsiasi veniva accettata senza essere stata esaminata e confermata
dalle visioni di altri Adepti — visioni ottenute in modo tale da costituire una testimonianza
indipendente — e da secoli di esperienze.
2) La legge fondamentale di quel sistema, il punto centrale da cui tutto emerge,
attorno e verso cui tutto gravita e su cui poggia tutta la sua filosofia, è la SOSTANZAPRINCÌPIO, Una, Omogenea e Divina. La Causa Unica Radicale.
...Alcuni, le cui lampade brillavano di una luce più intensa, furono guidati, di causa in causa, fino al
cuore stesso dei segreti della natura, e riconobbero che deve esistere un Princìpio primordiale...1
Questo Princìpio è chiamato “Sostanza-Princìpio”, poiché diventa “Sostanza” sul
piano dell’Universo manifestato, un’Illusione; mentre rimane un “Princìpio” nello SPAZIO
astratto visibile ed invisibile, senza princìpio né fine. È la Realtà onnipresente, impersonale,
perché contiene tutto ed ogni cosa. La sua Impersonalità è la concezione fondamentale del
Sistema. È latente in ogni atomo dell’Universo ed è l’Universo stesso.
1
[John Dryden, Religio Laici, 12 – 24.]
210
3) L’Universo è la manifestazione periodica di questa Essenza Assoluta ignota. Però,
il chiamarla “Essenza” è un’infrazione allo spirito stesso della filosofia. Poiché, per quanto il
sostantivo possa derivare in questo caso dal verbo esse, “essere”, pure ESSA non può
identificarsi con un “essere” di qualsiasi specie concepibile dall’intelletto umano. Il miglior
modo di descriverla è quello di dire che ESSA non è né Spirito né Materia, ma ambedue. In
realtà, Parabrahman e Mûlaprakriti sono Uno, benché Due nella concezione universale del
Manifestato, e perfino nel caso del Primo Logos, la sua prima “Manifestazione”, al quale,
come dimostra l’erudito conferenziere nelle Note sulla Bhagavadgîtâ, ESSA appare dal punto
di vista oggettivo come Mûlaprakriti e non come Parabrahman, come il suo Velo e non come
la Realtà Unica celata dietro di esso, Realtà che è incondizionata ed assoluta.
4) L’Universo, con tutto ciò che contiene, è chiamato Mâya, poiché tutto quanto vi è
in esso è temporaneo, dalla vita effimera della lucciola a quella del sole. Paragonato
all’eterna immutabilità dell’UNO ed all’invariabilità di quel Princìpio, l’Universo, con le sue
forme evanescenti e continuamente mutevoli, deve necessariamente apparire, alla mente di un
filosofo, simile ad un fuoco fatuo. Ciò nonostante, l’Universo è abbastanza reale per gli esseri
coscienti che lo popolano, e che sono altrettanto irreali come l’universo stesso.
5) Tutto nell’Universo, in tutti i suoi regni, è cosciente: cioè dotato di una coscienza
sua particolare sul proprio piano di percezione. Noi umani dobbiamo ricordarci che, anche se
non percepiamo alcun segno riconoscibile di coscienza nelle pietre, non abbiamo per questo
il diritto di affermare che in esse non esiste coscienza. La materia cosiddetta “morta” o
“cieca” non esiste, come non esiste una Legge “cieca” od “inconscia”. Non vi è posto per
tutto ciò nelle concezioni della Filosofia Occulta. Quest’ultima non s’arresta mai alle
apparenze superficiali, e per essa le Essenze noumenali hanno più realtà delle loro controparti
oggettive; in ciò è simile al sistema dei Nominalisti medioevali, per i quali gli universali
erano la realtà, ed i particolari esistevano solo nominalmente e nell’immaginazione umana.
6) L’Universo è elaborato e guidato dall’interno all’esterno. Come in basso così in
alto, come in cielo così in terra; e l’uomo, il microcosmo e la copia in miniatura del
macrocosmo, è la testimonianza vivente di questa Legge Universale e del suo modo di agire.
Così vediamo che ogni movimento, ogni azione o gesto esterno, sia volontario che
meccanico, organico o mentale, è prodotto e preceduto da una sensazione o emozione interna,
dalla volontà o volizione, dal pensiero o intelligenza. Così, come nessun movimento o
cambiamento esterno, quando è normale, può prodursi nel corpo esterno dell’uomo senza che
sia provocato da un impulso interno, proveniente attraverso una delle tre funzioni nominate,
egualmente avviene nell’Universo esterno o manifestato. L’intero Cosmo è guidato,
controllato ed animato da una serie quasi infinita di Gerarchie di Esseri Senzienti, aventi
ciascuno la propria missione da compiere, e che si chiamino Dhyân Chohan o Angeli, sono
dei “Messaggeri”, però solo nel senso di agenti delle Leggi Karmiche e Cosmiche. Questi
Esseri variano all’infinito nei loro rispettivi gradi di coscienza e di intelligenza, e
chiamandoli tutti Spiriti puri, senza alcuna mescolanza terrena “di cui il tempo usa far la
propria preda”, sarebbe semplicemente una licenza poetica; poiché ognuno di questi Esseri è
stato un uomo, se non nel presente Manvantara, in un Manvantara passato, o si prepara a
divenirlo in un Mantavara futuro. Essi sono degli uomini perfezionati, quando non sono degli
uomini incipienti nelle loro sfere superiori meno materiali; differiscono moralmente dagli
esseri umani terrestri soltanto perché sono privi del senso della personalità e della natura
emozionale umana — due caratteristiche puramente terrene. I primi, o gli Esseri
“perfezionati”, si sono liberati da questi sentimenti, perché: (a) non posseggono più dei corpi
di carne— un peso che intorpidisce sempre l’anima; e (b) essendo il puro elemento spirituale
più libero e non più inceppato, essi subiscono l’influenza di Mâyâ meno dell’uomo, a meno
che questi non sia un Adepto, capace di mantenere separate interamente le sue due
personalità — quella spirituale e quella fisica. Le Monadi incipienti, non avendo ancora mai
211
avuto dei corpi terreni, non possono avere il senso della personalità o Egotismo. Ciò che si
intende con la parola “personalità”, che è una limitazione e una relazione o, come la definisce
Coleridge, “un’individualità esistente per se stessa, ma con una natura come base”, non può,
ovviamente, essere applicata ad Entità non umane; ma, come è stato constatato ed affermato
da intere generazioni di Veggenti, nessuno di questi Esseri, superiori o inferiori che siano,
possiede un’individualità, e neppure una personalità come Entità separata, cioè essi non
hanno una individualità nel senso in cui l’uomo dice “Io sono me stesso e nesssun altro” e, in
altre parole, non sono coscienti di una separatività così distinta come quella che hanno gli
uomini e le cose sulla terra. L’individualità è la caratteristica delle loro rispettive Gerarchie, e
non delle loro unità; e queste caratteristiche variano soltanto con il variare del livello del
piano al quale tali Gerarchie appartengono; quanto più la Gerarchia è vicina alla regione
dell’Omogeneità e dell’Uno Divino, tanto più pura e meno accentuata è quell’individualità
nella Gerarchia. Sono [Esseri] finiti in tutti i sensi, ad eccezione dei loro princìpi superiori —
le Scintille immortali che riflettono la Fiamma Divina Universale, individualizzate e separate
soltanto sulle sfere delll’Illusione, da una differenziazione altrettanto illusoria come il resto.
“Sono Unità Viventi”, perché sono raggi proiettati dalla Vita Assoluta sullo schermo cosmico
dell’Illusione; sono Esseri nei quali la vita non può estinguersi prima che il fuoco
dell’ignoranza non sia estinto in coloro che percepiscono queste “Vite”.
Essendo venuti in esistenza sotto l’influenza animatrice del Raggio increato, il
riflesso del grande Sole Centrale che risplende sulle sponde del Fiume della Vita, è solo il
Princìpio Interiore in essi che appartiene alle Acque dell’Immortalità, mentre i loro
rivestimenti differenziati sono perituri quanto il corpo umano. Young aveva quindi ragione
quando diceva:
“Gli Angeli sono uomini di un ordine superiore...”
e niente altro. Non sono né Angeli “assistenti” né Angeli “protettori”; non sono “Precursori
dell’Altissimo” e tanto meno “Messaggeri della collera” di un Dio qualsiasi, come li ha creati
l’immaginazione dell’uomo. Fare appello alla loro protezione è tanto insensato quanto
credere che la loro simpatia possa essere assicurata da mezzi propiziatori poiché essi sono,
quanto l’uomo stesso, gli schiavi e le creature dell’immutabile Legge Karmica e Cosmica. La
ragione di ciò è evidente. Non avendo nella loro essenza elementi della personalità, essi non
possono avere qualità personali simili a quelle attribuite dagli uomini, nelle religioni
exoteriche, al loro Dio antropomorfico— un Dio geloso ed esclusivo, che si rallegra e va in
collera; si compiace di sacrifici ed è più dispotico nella sua vanità di qualsiasi uomo finito.
L’uomo, essendo un composto delle essenze di tutte queste Gerarchie celesti, può
riuscire, come tale, a rendersi, in un certo senso, superiore a qualsiasi Gerarchia o Classe, o
perfino alle loro combinazione. È detto che “l’uomo non può né propiziarsi i Deva, né
comandare su di essi”. Però, paralizzando la sua personalità inferiore e pervenendo in tal
modo alla piena conoscenza della non-separatività del proprio Sé Superiore dall’Unico Sé
Assoluto, l’uomo può, perfino durante la sua vita terrena, divenire come “uno di noi”.
Ed è così che, mangiando il frutto dell’albero della conoscenza, che dissipa
l’ignoranza, l’uomo diventa simile ad uno degli Elohim o Dhyâni; e una volta pervenuto al
loro piano, lo Spirito di Solidarietà e di perfetta Armonia che regna in ogni Gerarchia deve
estendersi anche a lui e proteggerlo in qualsiasi occasione.
La maggiore difficoltà che impedisce agli scienziati di credere all’esistenza sia di
spiriti divini che degli spiriti di natura è il loro Materialismo. Ciò che impedisce
principalmente agli spiritisti di credere a quei medesimi spiriti, pur avendo una credenza
cieca negli “Spiriti dei Defunti”, è l’ignoranza generale — ad eccezione di qualche occultista
e cabalista — sulla vera essenza e natura della Materia. Il credere o no all’esistenza intorno a
noi di altri Esseri coscienti, oltre agli Spiriti dei Defunti, dipende principalmente
dall’accettare o dal respingere la teoria dell’Unità di tutto nella Natura, nella sua Essenza
212
ultima. Dalla giusta comprensione della primordiale Evoluzione dello Spirito-Materia e della
sua reale Essenza dipende l’ulteriore delucidazione della Cosmogonia Occulta nella mente
dello studioso, e questa costituisce la sola guida sicura nei suoi ulteriori studi.
In realtà, come abbiamo già dimostrato, ognuno dei cosiddetti “Spiriti” è un uomo
disincarnato oppure un uomo futuro. Poiché dall’Arcangelo (Dhyân Chohan) più elevato fino
all’ultimo dei Costruttori coscienti (la classe inferiore delle Entità Spirituali), sono tutti
uomini che sono vissuti in eoni passati, in altri Manvantara, su questa o altre Sfere; così gli
Elementali inferiori semi-intelligenti e non-intelligenti sono tutti quanti uomini futuri. Il fatto
stesso che uno Spirito sia dotato di intelligenza, è una prova per l’occultista che tale Essere
deve essere stato un uomo, che ha acquisito la propria conoscenza ed intelligenza attraverso il
ciclo umano. Vi è soltanto una Onniscienza ed Intelligenza indivisibile ed assoluta
nell’Universo, e questa vibra attraverso ogni atomo e ogni punto infinitesimale del Cosmo
intero, che non ha limiti e che è chiamato spazio, considerato indipendentemente da tutto ciò
che è contenuto in esso. Ma la prima differenziazione del suo riflesso nel Mondo Manifestato
è puramente spirituale, e gli Esseri generati in esso non sono dotati di una coscienza che
abbia qualsiasi relazione con ciò che noi concepiamo come tale. Essi non possono avere una
coscienza o intelligenza umana prima di averla acquisita personalmente e individualmente.
Ciò può essere un mistero, eppure è un fatto molto evidente nella Filosofia Esoterica.
L’ordine intero della Natura è la testimonianza di una marcia progressiva verso una
vita superiore. Vi è un piano nell’azione delle forze apparentemente più cieche. L’intero
processo dell’evoluzione, con i suoi infiniti adattamenti, ne è una prova. Le leggi immutabili
che estirpano le specie deboli per far posto a quelle forti e che assicurano la “sopravvivenza
del più idoneo”, per quanto così crudeli nella loro azione immediata, lavorano tutte verso il
raggiungimento del grande fine. Il fatto stesso che gli adattamenti hanno luogo, che il più
idoneo sopravvive nella lotta per l’esistenza, dimostra che ciò che viene chiamato la “Natura
incosciente” è in realtà un aggregato di forze, manipolate da esseri semi-intelligenti
(Elementali), guidati da Spiriti Planetari elevati (Dyhân Chohan) il cui aggregato collettivo
forma il Verbo Manifestato del Logos Non-Manifestato, e costituisce al tempo stesso la
Mente dell’Universo e la sua Legge immutabile.
Poiché la Natura, presa nel suo senso astratto, non può essere “incosciente” perché è
l’emanazione e quindi un aspetto sul piano manifestato della Coscienza Assoluta. Chi osa
negare alla vegetazione e perfino ai minerali una coscienza loro propria? Tutto ciò che si può
dire è che questa coscienza è al di là della nostra comprensione. Tre rappresentazioni distinte
dell’Universo, nei suoi tre aspetti distinti, sono impresse sul nostro pensiero dalla Filosofia
Esoterica: il Pre-esistente, evoluto dall’Eternamente-Esistente, ed il Fenomenico — il mondo
dell’illusione, il suo riflesso e la sua ombra. Durante lo svolgimento del grande mistero e
dramma della vita, conosciuto sotto il nome di Mantavara, il Cosmo reale è simile agli oggetti
posti dietro al bianco schermo sul quale vengono proiettate le ombre. I personaggi e le cose
reali restano invisibili, mentre i fili dell’evoluzione sono tirati da mani pure invisibili. Così
gli uomini e le cose non sono altro che il riflesso, sul bianco schermo, delle realtà esistenti
dietro le insidie di Mahâmayâ o Grande Illusione. Ciò veniva insegnato in ogni filosofia, in
ogni religione, sia antidiluviana che post-diluviana, in India e in Caldea, dai Saggi cinesi
quanto da quelli greci. Nei primi paesi, questi tre Universi erano rappresentati
allegoricamente, negli insegnamenti exoterici, dalle tre Unità emananti dal Germe centrale
eterno e che formavano con esso un’Unità Suprema: la Triade iniziale, la Triade manifesta e
la Triade creativa, o le Tre in Una. L’ultima Triade è soltanto il simbolo, nella sua
espressione concreta, delle prime due ideali. Quindi: la Filosofia Esoterica passa al di sopra
della necessità di questa concezione puramente metafisica, e chiama soltanto il primo
Universo l’Eternamente-Esistente. Questa è l’opinione di ognuna delle sei grandi Scuole di
213
Filosofia dell’India — i sei princìpi di quel corpo unitario di Saggezza di cui la Gnôsis, la
Conoscenza celata, è il settimo.
L’autrice spera che, per quanto superficialmente possano essere stati elaborati i
commenti sulle Sette Stanze, sia stato detto abbastanza in questa parte cosmogonica
dell’opera per dimostrare che gli insegnamenti arcaici sono in realtà molto più scientifici (nel
senso moderno della parola) di qualsiasi altra Scrittura antica giudicata dal suo aspetto
exoterico. Siccome però, come abbiamo già detto precedentemente, quest’opera nasconde
molto più di quello che esprime, dobbiamo invitare lo studioso a far uso della propria
intuizione. Il nostro scopo principale è innanzitutto quello di delucidare quanto è già stato
detto e, con nostro rincrescimento, talvolta in modo molto inesatto, di fornire dati ulteriori —
quando ciò è possibile — alle conoscenze vagamente accennate; ed infine di difendere le
nostre dottrine dagli attacchi troppo violenti del settarismo moderno e specialmente da quelli
del Materialismo attuale, il quale, troppo spesso e ingiustamente, si definisce con il nome di
scienza, mentre in realtà la responsabilità delle molte teorie illogiche offerte al mondo
dovrebbe ricadere unicamente sui cosiddetti “scienziati” e “pseudo-scienziati”. Il pubblico,
nella sua grande ignoranza, mentre è pronto ad accettare ciecamente qualunque cosa
provenga dalle “autorità”, ritenendo suo dovere considerare qualsiasi dictum che venga da
uno scienziato come un fatto dimostrato — è, d’altra parte, spinto a deridere qualsiasi cosa
derivante da fonti “pagane”. Di conseguenza, siccome gli scienziati materialisti possono
essere combattuti soltanto con le loro stesse armi — quelle della controversia e della
discussione — ad ogni Volume sarà aggiunto un Addendum nel quale saranno posti a
confronto i rispettivi punti di vista, e sarà dimostrato così come anche le più grandi autorità
possano spesso errare. Noi crediamo che ciò possa essere fatto efficacemente mettendo in
evidenza i punti deboli dei nostri oppositori e segnalando i loro troppo frequenti sofismi, che
si fanno passare per dati scientifici. Noi ci atteniamo ad Ermete e alla sua “Saggezza” di
carattere universale; essi si attengono ad Aristotele, contro l’intuizione e l’esperienza dei
secoli, pensando che la Verità sia proprietà esclusiva del mondo occidentale. Da ciò la
discordanza. Come dice Ermete: “La Conoscenza differisce molto dal senso, poiché il senso è
di cose che lo superano, ma la Conoscenza è la fine di esso” — cioè dell’illusione del nostro
cervello fisico e del suo intelletto, accennando così al contrasto fra la conoscenza
faticosamente acquisita dai sensi e dalla Mente (Manas), e l’onniscienza intuitiva dell’Anima
Spirituale Divina (Buddhi).
Qualunque sia il destino riservato alla presente opera in un lontano avvenire, speriamo
però di avere almeno provato i seguenti fatti:
1) La Dottrina Segreta non insegna l’Ateismo, tranne nel senso sottostante alla parola
sanscrita Nâstika, che significa il ripudio degli idoli, incluso qualsiasi Dio antropomorfico. In
questo senso ogni occultista è un Nâstika.
2) Essa ammette un Logos, o un “Creatore” Collettivo dell’Universo; un Demiurgo,
nel senso implicito quando si parla di un “Architetto” quale “Creatore” di un edificio, poiché,
per quanto tale Architetto non ne abbia mai toccato una sola pietra, ne ha fornito il piano,
lasciando poi l’esecuzione di tutto il lavoro manuale ai muratori. Nel nostro caso il piano fu
fornito dall’Ideazione dell’Universo, ed il lavoro costruttivo affidato alle Legioni di Poteri e
di Forze intelligenti. Però quel Demiurgo non è una divinità personale — cioè un Dio extracosmico imperfetto, ma soltanto l’aggregato dei Dhyân Chohan e delle altre Forze.
3) I Dhyân Chohan sono duplici nel loro carattere, essendo composti: (a) dell’Energia
bruta irrazionale inerente alla Materia; e (b) dell’Anima intelligente, o Coscienza cosmica,
che dirige e guida quell’Energia, e che è il Pensiero Dhyân-Chohanico, riflettente l’Ideazione
della Mente Universale. Ciò ha per risultato una serie perpetua di manifestazioni fisiche e di
effetti morali sulla Terra, durante i periodi manvantarici, il tutto essendo subordinato al
Karma. Siccome tale processo non è sempre perfetto, poiché, nonostante le prove numerose
214
che può esibire riguardo l’esistenza di un’Intelligenza dirigente dietro al velo, esso mostra
pure delle lacune e dei difetti e, sovente, degli insuccessi evidenti; di conseguenza, né la
Legione collettiva (Demiurgo) né qualcuno dei Poteri individualmente in azione sono
soggetti meritevoli di un culto e di onori divini. Tutti hanno però diritto alla riverente
gratitudine dell’umanità, e l’uomo dovrebbe sempre cercare di aiutare l’evoluzione divina
delle Idee, diventando, nella misura delle sue possibilità, un cooperatore della Natura nel
compito ciclico.
Solo l’eternamente inconoscibile Kârana, la Causa senza Causa di tutte le cause,
dovrebbe avere il suo santuario e il suo altare sul suolo sacro ed inviolato del nostro cuore —
invisibile, intangibile, non nominato fuorché dalla “ancor debole voce” della nostra coscienza
spirituale. Coloro che l’adorano, dovrebbero farlo nel silenzio e nella solitudine santificata
delle loro Anime, facendo del proprio Spirito il solo mediatore fra essi e lo Spirito
Universale, delle loro buone azioni il solo sacerdote, e delle proprie tendenze peccaminose le
uniche vittime espiatorie visibili ed oggettive offerte alla Presenza. “E quando tu farai
orazione, non essere come gli ipocriti... ma entra nella tua camera interiore, e serra il tuo
uscio, e fa orazione al Padre tuo che è in segreto”.1 Il Padre nostro è dentro di noi “in
segreto”, il nostro Settimo Princìpio nella “camera interiore” della percezione della nostra
anima. “Il Regno di Dio” e dei Cieli è dentro di noi, dice Gesù, e non esteriormente. Perché i
cristiani sono così completamente ciechi al significato tanto evidente delle parole di saggezza
che essi si compiacciono di ripetere meccanicamente?
4) La materia è Eterna. Essa è l’Upâdhi, la Base Fisica, sulla quale la Mente
Universale, Unica ed Infinita, edifica le proprie ideazioni. Di conseguenza, gli esoteristi
sostengono che in natura non esiste una materia inorganica o “morta”; la distinzione che fa la
scienza fra organica ed inorganica è tanto infondata quanto arbitraria e priva di ragione.
Qualunque cosa la scienza ne pensi, e la scienza esatta è volubile, come tutti sappiamo per
esperienza —l’Occultismo però sa ed insegna diversamente, come ha fatto da tempi
immemorabili, dal Manu ad Ermete, fino a Paracelso ed ai suoi successori. Così parla Ermete
Trismegisto:
Figlio mio, la materia diviene; e già essa fu, poiché la materia è il veicolo del divenire. Divenire è la
maniera di attività del Dio increato e preveggente. Essendo stata dotata del germe del divenire, la materia
(oggettiva) nasce poiché la forza creativa la plasma secondo le forme ideali. La materia non ancora generata non
aveva forma; essa diviene quando è posta in azione .2
A ciò la defunta dr.ssa Anna Kingsford, l’abile traduttrice e compilatrice dei
Frammenti Ermetici, osserva in una nota in calce:
Il dr. Ménard rileva che in greco la medesima parola significa nascere e divenire. L’idea qui è quella
che la materia del mondo è eterna nella sua essenza, ma che prima della creazione o “divenire”, essa si trova in
una condizione passiva ed immobile. Così essa “fu”, prima di essere posta in azione; adesso “diviene”, cioè è
mobile e progressiva.
E aggiunge la dottrina puramente vedantina della Filosofia Ermetica che:
La creazione è così il periodo di attività [Manvantara] di Dio, che, secondo il pensiero Ermetico [o
quello, secondo i vedantini], ha due modi — Attività o Esistenza, Dio evoluto (Deus explicitus); e Passività
dell’Essere [Pralaya], Dio involuto (Deus implicitus). Ambedue i modi sono perfetti e completi, come lo sono
gli stati della veglia e del sonno nell’uomo. Fichte, il filosofo tedesco, distingueva l’Essere (Seyn) in quanto
Uno, che conosciamo soltanto tramite l’esistenza (Daseyn) in quanto Molteplice. Tale punto di vista è
assolutamente Ermetico. “Le Forme Ideali”... sono le idee archetipe o formative dei neo-platonici; i concetti
eterni e soggettivi delle cose, esistenti nella Mente Divina antecedentemente alla “creazione” o divenire.
O, come è detto nella filosofia di Paracelso:
Tutto è il prodotto di uno sforzo creatore universale... Non vi è niente di morto nella Natura. Tutto è
organico e vivente e, di conseguenza, il mondo intero appare essere un organismo vivente.3
1
Matteo VI, 5, 6.
The Virgin of the World, pp. 134-5.
3
Paracelso, di Franz Hartmann, M. D. pag. 44.
2
215
5) L’Universo è stato tratto ed evoluto dal suo piano ideale, conservato attraverso
l’Eternità nell’Incoscienza di ciò che i vedantini chiamano Parabrahman. Questo è
praticamente identico alle conclusioni della più alta filosofia occidentale, “le Idee innate,
eterne ed autoesistenti” di Platone, di cui troviamo il riflesso adesso in Von Hartmann.
L’“Inconoscibile” di Herbert Spencer mostra solo una pallida somiglianza con quella Realtà
trascendentale nella quale credono gli occultisti e che spesso appare semplicemente come una
personificazione di una “forza sottostante ai fenomeni” — un’Energia infinita ed eterna —
dalla quale tutte le cose procedono; mentre l’autore della Filosofia dell’Inconscio è pervenuto
(soltanto sotto questo rapporto) tanto vicino alla soluzione del grande Mistero quanto è
possibile ad un essere mortale.
Pochi sono stati coloro che, nella filosofia antica come in quella medievale, hanno
osato affrontare il soggetto o anche semplicemente darne un accenno. Paracelso lo nomina
deduttivamente, e le sue idee sono ammirevolmente sintetizzate dal dr. Hartmann, Membro
della Società Teosofica, nella sua opera Paracelso, che abbiamo appena citato. Tutti i
cabalisti cristiani compresero bene l’idea base orientale. Il Potere attivo, il “Movimento
perpetuo del grande Soffio”, risveglia il Cosmo soltanto all’aurora di ogni nuovo Periodo,
ponendolo in movimento per mezzo delle due Forze contrarie, la forza centripeta e quella
centrifuga, che sono rispettivamente maschile e femminile, positiva e negativa, fisica e
spirituale; forze che, unite, costituiscono la Forza Unica Primordiale, rendendola, quindi,
oggettiva sul piano dell’Illusione. In altre parole, quel duplice movimento trasferisce il
Cosmo dal piano dell’Ideale Eterno al piano della manifestazione finita, cioè dal piano
noumenale a quello fenomenico. Tutto ciò che è, fu e sarà, È eternamente; perfino le
innumerevoli Forme, che sono finite e periture nella loro forma oggettiva, non lo sono nella
loro forma ideale. Esse sono esistite come Idee nell’Eternità, ed al loro scomparire
continueranno ad esistere come riflessi. L’Occultismo insegna che tanto la Natura quanto
l’uomo non possono dare ad una cosa qualsiasi alcuna forma il cui tipo ideale non esista già
sul piano soggettivo; ed ancora di più: nessuna forma o aspetto che non esista già allo stato di
prototipo, per lo meno come un’approssimazione, può penetrare nella coscienza dell’uomo o
svilupparsi nella sua immaginazione. Tanto la forma dell’uomo quanto quella di un animale
qualsiasi, di una pianta o di una pietra, non fu mai “creata”; ed è soltanto su questo nostro
piano che tali forme hanno cominciato a “divenire”, cioè ad oggettivarsi nella loro presente
materialità, o ad espandersi dall’interno all’esterno, dalla loro essenza più sublime e
supersensoria alla loro apparenza più grossolana.
Quindi le nostre forme umane sono esistite nell’Eternità quali prototipi astrali o eterei;
ed è secondo tali modelli che gli Esseri Spirituali, o Dèi, il cui dovere era quello di portarle in
esistenza oggettiva e nella vita terrestre, svilupparono le forme protoplasmiche dei futuri Ego
dalla loro propria essenza. Dopo di ciò, quando questo Uphâdi umano, o modello base, fu
pronto, le Forze naturali terrestri cominciarono a lavorare su questi modelli supersensori, che
contenevano, oltre al proprio, gli elementi di tutte le forme vegetali passate, e di tutte le
forme animali future di questo Globo. Di conseguenza, l’involucro esteriore dell’uomo passò
attraverso ogni corpo vegetale ed animale, prima di assumere la forma umana. Siccome però
tutto questo sarà descritto dettagliatamente nel Volume II e nei relativi Commentari, non è
necessario adesso dilungarci ulteriormente.
Secondo la filosofia ermetico-cabalistica di Paracelso, è l’Yliaster — l’antenato del
Protile recentemente nato, introdotto nella Chimica da William Crookes — o la Protomateria
primordiale, che ha evoluto il Cosmo dal proprio seno.
Quando ebbe luogo la creazione (evoluzione) lo Yliaster si divise; esso si fuse e si decompose, per così
dire, sviluppando da se stesso (dall’interno) l’Ideos o Chaos (Mysterium Magnum, Iliados, Limbus Major o
Materia Primordiale). Questa Essenza Primordiale è di natura monistica e si manifesta, non solo come attività
vitale, come forza spirituale e come potere invisibile, incomprensibile e indescrivibile, ma anche come materia
vitale della quale è composta la sostanza degli esseri viventi. In questo Limbus o Ideos di materia primordiale...
216
la matrice unica di tutte le cose create, è contenuta la sostanza di tutte le cose. Esso è descritto dagli antichi
come il Chaos... donde venne in esistenza il Macrocosmo e, successivamente, per divisione ed evoluzione in
Mysteria Specialia,1 tutti gli esseri separati. Tutte le cose e tutte le sostanze elementari erano contenute in esso
in potentia, ma non in actu.2
Per cui il traduttore, il dr. Hartmann, osserva giustamente: “sembra che Paracelso
abbia anticipato di tre secoli la scoperta moderna della “potenzialità della materia”. Il
Magnus Limbus, o Yliaster, di Paracelso è dunque semplicemente il nostro vecchio amico
“Padre-Madre”, all’interno, prima del suo apparire nello Spazio. È la Matrice Universale del
Cosmo, personificata nel duplice carattere del Macrocosmo e del Microcosmo, o l’Universo
ed il nostro Globo,3 da Aditi-Prakriti, la Natura spirituale e fisica. Infatti come spiega
Paracelso:
Magnus Limbus è il vivaio da cui sono uscite tutte le creature, e ciò nel medesimo senso di un albero
che può svilupparsi da un piccolissimo seme; con la differenza però che il grande Limbus trae la sua origine dal
Verbo di Dio, mentre il Limbus minore (il seme terrestre o sperma) trae la propria origine dalla terra. Il grande
Limbus è il seme dal quale sono usciti tutti gli esseri, ed il piccolo Limbus è ciascun essere finale che riproduce
la propria forma dopo essere stato esso stesso prodotto dal grande Limbus. Il piccolo Limbus possiede tutte le
qualità del grande, come un figlio ha un’organizzazione analoga a quella del proprio padre... Dopo che...
Yliaster fu dissolto, Ares, il potere separativo, differenziatore e individualizzatore (Fohat, un altro vecchio
amico)... cominciò ad agire. Tutta la produzione ebbe luogo come conseguenza della separazione. Così, dal seno
dell’Ideos, furono prodotti gli elementi del Fuoco, dell’Acqua, dell’Aria e della Terra, la cui nascita però non
avvenne in modo materiale o mediante semplice separazione, ma spiritualmente e dinamicamente (nemmeno
mediante combinazioni complesse, per esempio mescolanze meccaniche in contrapposizione a combinazioni
chimiche), precisamente come il fuoco può sprizzare da una selce, o un albero uscire da un seme, per quanto in
origine non vi sia fuoco nella selce, né albero nel seme. Lo Spirito è vivente e la Vita è Spirito; e la Vita e lo
Spirito [Prakriti, Purusha (?)] producono tutte le cose; però esse sono essenzialmente uno e non due ...Anche gli
elementi hanno ciascuno il loro proprio Yliaster, poiché tutta l’attività della materia sotto qualsiasi forma è
soltanto un effluvio della medesima sorgente. Ma, come dal seme crescono le radici con le fibre, e quindi il
fusto con i rami e le foglie, e finalmente i fiori ed i semi, così tutti gli esseri nacquero dagli elementi e sono
composti da sostanze elementari, e da essi altre forme possono venire in esistenza, forme che posseggono le
caratteristiche dei propri genitori.4 Gli elementi, nella loro qualità di madri di tutte le creature, sono di una
natura invisibile, spirituale, ed hanno delle anime.5 Essi scaturiscono tutti dal Misterium Magnum.
Confrontate ciò con il Vishnu Purâna.
Da Pradhâna [Sostanza Primordiale] presieduta da Kshetrajna [“spirito incarnato” (?)] procede lo
sviluppo ineguale (Evoluzione) di quelle qualità..... Dal grande princìpio (Mahat) Intelletto [Universale] (o
Mente)..... traggono la loro origine gli elementi sottili e gli organi dei sensi .6
Si può così dimostrare che tutte le verità fondamentali della Natura erano conosciute
universalmente nell’antichità e che le idee basilari intorno allo Spirito, alla Materia ed
all’Universo, o relative a Dio, alla Sostanza e all’Uomo erano identiche. Studiando le due più
antiche filosofie religiose del mondo, l’Induismo e l’Ermetismo, nelle Scritture Sacre
dell’India e dell’Egitto, è facile riconoscere la loro identità.
1
Questa parola è spiegata nei termini seguenti dal dr. Hartmann, in base ai testi originali di Paracelso. Secondo questo
grande Rosacroce: “Mysterium” è tutto ciò da cui può svilupparsi una cosa, che è contenuta in esso soltanto allo stato
germinale. Un seme è il “Mysterium di una pianta, un uovo è quello di un uccello vivente, ecc.”
2
Op. cit., pp. 41, 42.
3
Sono soltanto i cabalisti medievali i quali, seguendo gli ebrei ed uno o due neo-platonici, applicarono all’uomo il termine di
Microcosmo. La filosofia antica chiamava la Terra il Microcosmo del Macrocosmo e l’uomo il prodotto di entrambi.
4
“Questa dottrina insegnata 300 anni fa”, osserva il traduttore, “è identica a quella che ha rivoluzionato il pensiero moderno
dopo essere stata elaborata e presentata sotto una nuova forma da Darwin. Essa è ancora maggiormente approfondita da
Kapila nella filosofia Sânkhya.”
5
L’occultista orientale dice che essi sono guidati ed animati da Esseri Spirituali, gli Artefici dei mondi invisibili e dietro il
velo della Natura Occulta, o Natura in abscondito.
6
Wilson, I. ii, Vol. I, pag. 35.
217
Ciò appare evidente a chi legga l’ultima versione tradotta dei “Frammenti Ermetici”
menzionati, effettuata ad opera della dr.ssa Anna Kingsford. Per quanto deformati e mutilati
essi siano stati, passando per le mani di settari greci e cristiani, la traduttrice ha abilmente ed
intuitivamente compreso i punti deboli ed ha cercato di rimediarvi mediante spiegazioni e
note in calce. Essa dice:
La creazione del mondo visibile per opera degli “dèi costruttori o Titani, quali agenti
del Dio Supremo,1 è un'idea completamente Ermetica, che si ritrova in tutti i sistemi religiosi
e in accordo con le moderne ricerche scientifiche (?) che ci mostrano ovunque il Potere
Divino operante attraverso le forze naturali.
Per citare dalla medesima traduzione:
Quell’Essere Universale che è tutto, e che contiene tutto, pone in movimento l’anima e il mondo, tutto
ciò che la Natura comprende. Nell’unità molteplice della vita universale, le innumerevoli individualità che si
distinguono per le loro variazioni sono, ciò nonostante, unite in modo tale che il tutto è uno e che ogni cosa
procede dall’Unità.2
E citando ancora da un’altra traduzione:
Dio non è una mente, bensì la causa per cui la Mente è; non uno spirito, ma la causa per cui la Spirito
è; non è la luce, ma la causa per cui la Luce è.3
La suddetta citazione dimostra chiaramente che il “Divino Pimandro”, per quanto
deformato in alcuni passi da “addolcimenti” cristiani, era tuttavia scritto da un filosofo;
mentre la maggior parte dei cosiddetti “Frammenti Ermetici” sono l’opera di pagani settari
con una tendenza verso un Essere Supremo antropomorfico. Tuttavia ambedue queste opere
sono l’eco della Filosofia Esoterica e dei Purâna indù. Confrontate le due invocazioni: una
rivolta al “Supremo Tutto” Ermetico, l’altra al “Tutto Supremo” degli ariani posteriori. Un
Frammento Ermetico citato da Suida, dice:
Io ti scongiuro, Cielo, opera sacra, del Grande Dio; io ti scongiuro, Voce del Padre, pronunciata al
princìpio quando il mondo universale fu formato; io ti scongiuro per il Verbo, Figlio Unico del Padre che
sostiene tutte le cose; sii propizio, sii propizio.4
Questa invocazione è preceduta da quanto segue:
Così la Luce Ideale fu prima della Luce Ideale, e la Luminosa Intelligenza dell’Intelligenza fu sempre,
e la sua unità non era altro che lo Spirito che avvolgeva l’Universo. Al di fuori del Quale non vi è né Dio né
Angeli né qualsiasi altra cosa essenziale, poiché Egli [Quello] è il Signore di tutte le cose, ed il Potere e la
Luce; e tutto dipende da Lui [Quello] ed è in Lui [Quello].
Un passo contraddetto dallo stesso Trismegisto, al quale si fa dire:
È impossibile parlare di Dio, poiché il corporeo non può esprimere l’incorporeo…… Quello che non ha
alcun corpo né apparenza né forma né materia, non può essere afferrato dai sensi. Io capisco, Tatios, io capisco
che ciò che è impossibile a definirsi — quello è Dio.5
La contraddizione fra i due passi è evidente e ciò dimostra: (a) che Ermete era un
nome generico adoperato da una serie di generazioni di mistici di ogni sfumatura; e (b) che
occorre un grande discernimento prima di accettare un Frammento come insegnamento
esoterico soltanto per il fatto che esso è innegabilmente antico. Confrontiamo adesso quanto
sopra con un’invocazione analoga che si trova nelle Scritture Sacre indù — indubbiamente
1
Un’espressione frequente nei già citati “Frammenti”, ai quali facciamo obiezione. La Mente Universale non è un Essere o
“Dio”.
2
The Virgin of the World, p. 47. “Asclepios”, Tavola 1.
3
Dr. J. Everard, Il Divino Pimandro, ix, 64. [Abbiamo poche informazioni sul dr. John Everard. Nacque intorno al 1575 e
morì verso il 1650. Entrò nella Chiesa e fu ministro per molti anni, e spesso veniva sospeso, a volte per le cosiddette dottrine
eretiche, altre volte per i suoi sermoni politici. Si dice che sia stato discepolo del mistico tedesco Tauler. Scrisse parecchie
opere che contengono citazioni tratte da scrittori neo-platonici. –Nota di B. de Zirkoff.]
4
The Virgin of the World, p. 153.
5
Stobeo, Florilegium, lxxx (lxxxviii), 9.
218
altrettanto antica se non ancora di più. Parâshara, l’“Ermete” ariano istruisce Maitreya,
l’Asclepio indiano, ed invoca Vishnu sotto la sua triplice ipostasi:
Gloria, a Vishnu, l’immutabile, il Santo, l’eterno, il supremo, di una sola natura universale,
l’onnipossente; gloria a lui che è Hiranyagarbha, Hari e Shankara [Brâhma, Vishnu e Shiva], il creatore, il
preservatore, e il distruttore del mondo; a Vâsudeva, il liberatore (dei suoi adoratori); a lui la cui essenza è
contemporaneamente una e multipla; a lui che è sottile e corporeo al medesimo tempo, non separato e separato;
a Vishnu, la causa dell’emancipazione finale. Gloria al supremo Vishnu, la causa della creazione, dell’esistenza
e della fine di questo mondo; che è la radice del mondo e che consiste del mondo.1
Questa è un’invocazione grandiosa, con un profondo significato filosofico sottostante,
ma per le masse profane è suggestiva quanto la preghiera ermetica rivolta ad un Essere
antropomorfico.
Dobbiamo rispettare il sentimento che ha ispirato entrambe; ma ciò non ci impedisce
di constatare che essa è in completo disaccordo con il suo significato profondo e perfino con
ciò che si trova nel medesimo Trattato Ermetico, dove è detto:
Trismegisto: La realtà non si trova sulla terra, figlio mio, né può essere su di essa... Niente sulla terra è
reale, non vi sono che apparenze... Egli [l’uomo] non è reale, figlio mio, come uomo. Il reale esiste unicamente
in se stesso e rimane ciò che è... L’uomo è transitorio, e quindi non è reale, non è che apparenza e l’apparenza è
la suprema illusione.
Tatios: Allora i corpi celesti stessi non sono reali, padre mio, poiché anche essi cambiano?
Trismegisto: Ciò che è soggetto alla nascita ed al mutamento non è reale... vi è in essi una certa falsità,
vedendo che pure essi sono variabili...
Tatios: Qual è dunque la Realtà primordiale, o Padre mio?
Trismegisto: Colui [Quello] che è unico e solo, o Tatios; Colui [Quello] che non è fatto di materia né
esiste in alcun corpo. Colui [Quello ]che non ha né colore né forma, Colui [Quello] che non cambia né è
trasmesso, ma Colui [Quello] che È sempre”.2
Questo è perfettamente d’accordo con l’insegnamento vedantico. Il pensiero
fondamentale è occulto, e molti sono i passi nei Frammenti Ermetici che appartengono
completamente alla Dottrina Segreta. Questa Dottrina insegna che l’Universo intero è diretto
da Forze e da Potenze intelligenti e semi-intelligenti, come abbiamo detto fin dal princìpio.
La Teologia cristiana ammette e perfino impone una simile credenza, ma essa fa una
divisione arbitraria e ne parla come di “Angeli” e di “Diavoli”. La scienza nega l’esistenza di
entrambi e pone in ridicolo l’idea stessa. Gli Spiritisti credono negli “Spiriti dei Morti”, e al
di fuori di essi negano l’esistenza di qualsiasi altra specie o classe di esseri invisibili.
Gli occultisti ed i cabalisti sono dunque i soli espositori razionali delle antiche
tradizioni, culminate attualmente da un lato in una fede dogmatica e dall’altro in una
negazione altrettanto dogmatica. Poiché entrambe, la fede e l’incredulità, non abbracciano
che una piccola parte degli orizzonti infiniti delle manifestazioni spirituali e fisiche: quindi,
entrambe hanno ragione dal loro rispettivo punto di vista, ma in pari tempo hanno torto
credendo di poter circoscrivere il tutto entro le loro speciali e ristrette barriere, poiché non
potranno mai farlo. Sotto questo rapporto la scienza, la Teologia ed anche lo Spiritismo non
dimostrano maggiore saggezza dell’ostrica che nasconde la testa nella sabbia, sentendosi
sicura in tal modo che niente esiste al di là del suo punto di osservazione e dell’area limitata
occupata dalla sua stupida testa.
Siccome le sole opere che esistono attualmente intorno al soggetto che stiamo
esaminando e che sono alla portata dei profani delle razze occidentali “civili” sono i succitati
1
2
Vishnu Purâna, I, ii, Wilson, I, 13 – 15.
Op. cit., pp. 135 – 138.
219
Libri Ermetici, o piuttosto Frammenti Ermetici, possiamo confrontarli nel caso attuale con gli
insegnamenti della Filosofia Esoterica. Citare a questo scopo brani tolti da altre opere sarebbe
inutile, in quanto il pubblico non sa niente di quelle opere caldee che sono tradotte in arabo e
conservate da alcuni Iniziati Sufi. Perciò le “Definizioni di Asclepio”, recentemente raccolte
e commentate dalla dr.ssa Anna Kingsford, alcune delle quali concordano in maniera
rimarchevole con gli insegnamenti della Dottrina esoterica orientale, debbono servire quali
elementi di confronto. Per quanto non pochi passi portino l’impronta evidente di mani
cristiane posteriori, pure nel loro insieme le caratteristiche dei Geni e degli Dèi sono le
medesime di quelle degli insegnamenti orientali, sebbene in rapporto ad altri soggetti vi siano
dei passi che differiscono notevolmente dalle nostre dottrine.
Per quanto concerne i Genii, i filosofi ermetici chiamavano Theoi (Dèi), Genii e
Daimon, quelle Entità che noi chiamiamo Deva (Dèi), Dhyân Chohan, Chitkala (la Kwan Yin
dei Buddisti), e davano loro pure vari altri nomi. I Daimon sono — nel senso socratico della
parola ed anche nel senso teologico orientale e latino — gli spiriti tutelari della razza umana;
“coloro che dimorano nelle vicinanze degli immortali e di là vegliano sugli affari umani”,
come dice Ermete. Nel linguaggio esoterico sono chiamati Chitkala, e alcuni di essi sono
quelli che hanno dato all’uomo il quarto ed il quinto Princìpio, tratto dalla loro propria
essenza; ed altri sono i cosidetti Pitri. Spiegheremo tutto ciò quando parleremo della
produzione dell’uomo completo. La radice della parola è Chit, “quello tramite il quale le
conseguenze degli atti e delle specie di conoscenza vengono scelte per l’uso dell’anima”, o
coscienza, la voce interiore nell’uomo. Per gli Yogi, Chit è un sinonimo di Mahat,
l’Intelligenza prima e divina; ma nella Filosofia Esoterica, Mahat è la radice di Chit, il suo
germe; e Chit è una qualità di Manas in congiunzione con Buddhi, una qualità che attrae a se
stesso, per affinità spirituale, un Chitkala, quando si sviluppa sufficientemente nell’uomo.
Questa è la ragione per cui è detto che Chit è una voce che acquisisce vita mistica e diviene
Kwan-Yin.
__________
ESTRATTI DA UN COMMENTARIO ORIENTALE RISERVATO, TENUTO SEGRETO
FINO AD OGGI.1
XVII. L’Esistenza Iniziale, alla prima Aurora del Mahâmanvantara (dopo il Mahâpralaya
che segue ad ogni Età di Brâhma) è una QUALITÀ SPIRITUALE COSCIENTE. Nei Mondi
Manifestati (Sistemi Solari), essa, nella sua Soggettività Oggettiva, appare all’occhio del
Veggente in stato di estasi, come una membrana sottilissima e trasparente emanata da un
Soffio Divino. Essa esce dallo stato Laya2 e si spande attraverso l’Infinito come un fluido
spirituale incolore. Essa è sul Settimo Piano e nel suo Settimo Stato, nel nostro Mondo
Planetario.3
XVIII. Alla NOSTRA vista spirituale essa è Sostanza. Non può essere chiamata così dagli
uomini nel loro Stato di Veglia; perciò, nella loro ignoranza, l’hanno denominata “DioSpirito”.
XIX. Essa esiste ovunque e forma la prima Upâdhi (Base) sulla quale è edificato il nostro
Mondo (Sistema Solare). Al di fuori di quest’ultimo, può trovarsi nella sua purezza primitiva
1
Questo insegnamento non si riferisce a Prakriti – Purusha al di là dei limiti del nostro piccolo universo.
Lo stato di riposo finale; la condizione nirvânica del Settimo Princìpio.
3
L’insegnamento è esposto interamente dal nostro piano di coscienza.
2
220
soltanto fra (i Sistemi Solari, o) le Stelle dell’Universo, i Mondi già formati o in formazione;
quelli in Laya che nel contempo riposano nel suo seno.
Siccome la sua sostanza è di una specie differente da quella conosciuta sulla Terra, gli abitanti di
quest’ultima, vedendo ATTRAVERSO DI ESSA, credono, nella loro illusione ed ignoranza, che vi
sia lo spazio vuoto. Nell’intero Illimitato (Universo) non vi è nemmeno un dito (angula) di
Spazio vuoto...
XX. La Materia o Sostanza è settenaria nel nostro Mondo, come lo è al di là di esso. Inoltre,
ognuno dei suoi stati o princìpi è suddiviso in sette gradi di densità. Sûrya (il Sole), nel suo
riflesso visibile, presenta il primo stato, o il più basso, del settimo, che è lo stato più elevato
della PRESENZA Universale, il puro dei puri, il primo Soffio manifestato dell’Eternamente
Non-Manifestato Sat (Esseità). Tutti i Soli centrali fisici od oggettivi sono, nella loro
sostanza, lo stato inferiore del primo princìpio del Soffio. E questi Soli non sono altro che i
Riflessi dei loro Princìpi Primari, celati alla vista di tutti fuorché a quella dei Dhyân
Chohan, la cui sostanza corporea appartiene alla quinta divisione del settimo princìpio della
Sostanza-Madre, ed è quindi più elevata di quattro gradi della sostanza solare riflessa. Come
vi sono sette Dhâtu (sostanze principali nel corpo umano) così vi sono sette Forze nell’Uomo
ed in tutta la Natura.
XXI. La sostanza reale del (Sole) Celato è un nucleo di Sostanza-Madre.1 È il Cuore e la
Matrice di tutte le Forze viventi ed esistenti nel nostro Universo Solare. È il nucleo da cui
procedono per espandersi, durante i loro viaggi ciclici, tutti i Poteri che mettono in azione
gli Atomi, nell’esercizio delle loro funzioni; ed il Focolaio dentro al quale s’incontrano
nuovamente nella loro Settima Essenza ogni undici anni. Se vi è qualcuno che ti dice di aver
visto il Sole, ridi di lui,2 come se ti avesse detto che il Sole si sposta realmente lungo la sua
orbita quotidiana...
XXIII. È a causa della sua natura settenaria che gli antichi consideravano il Sole come
trainato da sette cavalli, simili alla misura dei versi dei Veda; o che, per quanto esso sia
identificato con i sette Gana (Classi di Esseri) nella sua sfera, viene distinto da essi,3 come lo
è in realtà; ed anche che possiede Sette Raggi, ciò che è la verità...
XXV. I Sette Esseri nel Sole sono i Sette Santi, nati da se stessi dal potere inerente nella
Matrice della Sostanza-Madre. Sono essi che inviano le sette Forze principali, chiamate
Raggi, che al princìpio del Pralaya si concentreranno in sette nuovi Soli per il prossimo
Manvantara. L’energia dalla quale scaturiscono in esistenza cosciente in ciascun Sole, è ciò
che taluni chiamano Vishnu, che è il Soffio dell’ASSOLUTEZZA.
Noi la chiamiamo la Vita Una Manifestata — essa pure riflesso dell’Assoluto.
XXVII. Quest’ultimo non deve mai essere menzionato con parole o linguaggio, e ciò PER
TIMORE CHE ESSO SOTTRAGGA QUALCHE COSA DELLE NOSTRE ENERGIE SPIRITUALI che
aspirano verso il SUO stato, gravitando sempre in avanti verso di ESSO spiritualmente, come
l’intero universo fisico gravita verso il SUO centro manifestato — cosmicamente.
XXVIII. La prima — l’Esistenza Iniziale — che, mentre si trova in questo stato di esistenza,
può chiamarsi la VITA UNA; è, come già abbiamo detto, una membrana sottilissima per scopi
1
O il “sogno della scienza”, la materia primordiale realmente omogenea, che nessun mortale può rendere oggettiva in questa
Razza e neppure in questa Ronda.
2
Vishnu, sotto la forma della sua energia attiva, non sorge né tramonta mai, ed è contemporaneamente il Sole settuplo e
distinto da esso”, dice il Vishnu Purâna, II. xi. (Wilson, II, 296).
3
Come un uomo avvicinandosi ad uno specchio collocato su un sostegno vi scorge la propria immagine, così l’energia (o
riflesso) di Vishnu (il Sole) non è mai separata, ma rimane... nel Sole (come in uno specchio), che è ivi collocato. (Ibid., loc.
cit.).
221
creativi o formativi. Si manifesta in sette stati, i quali, con la loro suddivisione settenaria,
formano i Quarantanove Fuochi menzionati nei libri sacri...
XXIX. La prima è la........ “Madre” (MATERIA Prima). Questa, suddividendosi nei suoi sette
stati primari, discende ciclicamente; dopo essersi consolidata nel suo ULTIMO princìpio
come MATERIA GROSSOLANA,1 si rivolge su se stessa, ed anima, con la settima emanazione
di quest’ultima, il primo ed il più basso degli elementi (il serpente che si morde la coda). In
una Gerarchia o Classe di Esseri, la settima emanazione del suo ultimo princìpio è:
(a) Nel minerale, la Scintilla che giace latente in esso, ed è chiamata alla sua esistenza
evanescente dal Positivo che risveglia il Negativo (e così via)......
(b) Nella Pianta, è quella Forza vitale ed intelligente che anima il seme e lo fa
sviluppare nel filo d’erba, o nella radice e nel ramoscello. È il germe che diviene
l’Upadhi dei sette princìpi della cosa nella quale risiede, facendolo germogliare
mentre quest’ultima cresce e si sviluppa.
(c) In ogni Animale agisce nel medesimo modo. È il suo Princìpio di Vita ed il suo
potere vitale; il suo istinto e le sue qualità, le sue caratteristiche e le sue speciali
idiosincrasie...
(d) All’Uomo, dà tutto ciò che essa dona a tutte le altre unità manifestate nella Natura,
ma sviluppa inoltre in lui il riflesso di tutti i suoi “Quarantanove Fuochi”. Ciascuno
dei suoi sette princìpi è erede e pienamente partecipe dei sette princìpi della “Grande
Madre”. Il soffio del suo primo princìpio è il suo Spirito (Âtmâ). Il suo secondo
princìpio è Buddhi (l’Anima). Noi lo chiamiamo, erroneamente, il settimo. Il terzo gli
fornisce la Materia cerebrale sul piano fisico e l’Intelligenza che lo muove [l’Anima
Umana] — conforme alle sue capacità organiche.
(e) È la Forza dirigente negli Elementi cosmici e terrestri. Risiede nel Fuoco spinto dal
suo stato latente ad uno stato attivo, poiché il complesso delle sette suddivisioni del.....
princìpio risiede nel Fuoco terrestre. Rotea nella brezza, soffia con l’uragano e muove
l’aria, elemento che partecipa pure ad uno dei suoi princìpi. Procedendo ciclicamente
essa regola il movimento dell’acqua, attrae e respinge le onde2 secondo leggi fisse, di
cui il suo settimo princìpio è l’anima animatrice.
(f) I suoi quattro princìpi superiori contengono il Germe che si sviluppa poi negli Dèi
Cosmici; i suoi tre princìpi inferiori generano le Vite degli Elementi (Elementali).
(g) Nel nostro Mondo Solare, l’Esistenza Una è il Cielo e la Terra, la Radice ed il
Fiore, l’Azione ed il Pensiero. È presente nel Sole come nella lucciola. Non un solo
atomo può sfuggirle. Di conseguenza, gli antichi Saggi l’hanno saggiamente chiamata
il Dio manifestato nella Natura.....
In rapporto a quanto sopra potrà forse essere interessante ricordare ai lettori quanto
diceva T. Subba Row intorno alle Forze misticamente definite.
Kanyâ (il sesto segno dello Zodiaco, o Vergine), rappresenta Shakti o Mahâmâyâ. Il segno in questione
è la sesta Râshi o divisione, e indica che vi sono sei forze primarie nella Natura (sintetizzate dalla
Settima)..........
Queste Shakti si presentano nel seguente ordine:
(1) Parâshakti. Letteralmente, la grande o suprema forza e potere. Significa ed include i poteri della luce e del
calore.
(2) Jñânashakti. Letteralmente, il potere dell’intelletto, della reale saggezza o conoscenza. Ha due aspetti:
1
Confrontare la Natura “Ermetica” che discende ciclicamente nella materia quando incontra l’ “Uomo Celeste”.
Gli autori di questo Commentario conoscevano perfettamente la causa fisica delle maree, delle onde, ecc. Qui s’intende
parlare dello Spirito animatore dell’intero corpo solare cosmico, e ci si riferisce ad esso ogni qualvolta simili espressioni
sono usate dal punto di vista mistico.
2
222
I. Ecco qualcuna delle sue manifestazioni quando è posta sotto l’influenza o il controllo di condizioni materiali.
(a) Il potere della mente di interpretare le nostre sensazioni. (b) Il suo potere nel richiamare le idee passate
(memoria) e suscitare aspettative future. (c) La sua facoltà che si rivela in ciò che i moderni psicologi chiamano
“le leggi dell’associazione” e che la rende capace di formare dei legami persistenti fra vari gruppi di sensazioni
e possibilità di sensazioni, generando così la nozione o l’idea di un oggetto esterno. (d) Il suo potere di collegare
le nostre idee per mezzo del misterioso legame della memoria, generando così la nozione, di sé o
dell'individualità.
II. — Le seguenti sono alcune delle sue manifestazioni quando è liberata dai legami della materia:
(1) Chiaroveggenza.
(2) Psicometria.
(3) Ichchhâshakti. Letteralmente, il potere della volontà. La sua manifestazione più comune è la creazione di
certe correnti nervose, che mettono in azione i muscoli necessari per il compimento dell’obiettivo desiderato.
(4) Kriyâshakti. Il misterioso potere del pensiero che le permette di produrre dei risultati fenomenici esterni,
percettibili mediante la sua propria energia inerente. Gli antichi ritenevano che una qualsiasi idea si manifesta
esteriormente se concentriamo profondamente su di essa la nostra attenzione. Similmente, un’intensa volizione
sarà seguita dal risultato desiderato.
Generalmente uno Yogi compie i suoi prodigi mediante Ichchhâshakti e Kriyâshakti.
(5) Kundalini Shakti. Il potere o la forza che si muove secondo una traiettoria serpentina o curva. È il princìpio
di vita universale che si manifesta ovunque nella Natura. Questa forza include le due grandi forze dell’attrazione
e della repulsione. L’elettricità ed il magnetismo non sono altro che due delle sue manifestazioni. Questo è il
potere che produce quel “continuo adattamento delle relazioni interne alle relazioni esterne”, che, secondo
Herbert Spencer, è l’essenza della vita; e quel “continuo adattamento delle relazioni esterne alle relazioni
interne”, che è la base della trasmigrazione delle anime, Punarjanman (rinascita), nelle dottrine degli antichi
filosofi indù.
Un Yogi deve dominare completamente questo potere o forza, prima di poter raggiungere Moksha......
(6) Mantrikâshakti. Letteralmente, la forza o il potere delle lettere, della parola o della musica. Tutto l’antico
Mantra Shâstra1 racchiude questa forza o potere in tutte le sue manifestazioni per la materia di sua pertinenza...
L’influenza della sua musica è una delle sue manifestazioni comuni. Il potere del nome mirifico ed ineffabile è
la corona di questa Shakti.
La scienza moderna ha investigato solo parzialmente la prima, la seconda e la quinta delle forze o poteri
nominati, ma è ancora completamente all’oscuro per quanto concerne le altre forze... Le sei forze sono
rappresentate nella loro unità dalla Luce Astrale (Daiviprakriti, la settima, la Luce del Logos).2
Abbiamo citato quanto sopra per mostrare le vere idee indù intorno a questo soggetto.
Tutto ciò è esoterico, per quanto non abbracci nemmeno la decima parte di quanto potrebbe
essere detto. Sotto un certo aspetto, i sei nomi delle sei Forze menzionate sono quelli delle sei
Gerarchie di Dhyân Chohan, — sintetizzate dalla Prima di esse, la settima — che personifica
il Quinto Princìpio della Natura Cosmica o della “Madre” nel suo senso mistico. La semplice
enumerazione dei Poteri dello Yoga richiederebbe dieci Volumi. Ognuna di queste Forze ha a
capo un’Entità Cosciente vivente, della quale essa è una emanazione.
Ma confrontiamo con il Commentario già citato le parole di Ermete Trismegisto, il
Tre Volte Grande:
La creazione della vita per opera del sole è continua come è continua la sua luce; niente l’arresta o la
limita. Intorno a lui, simili ad un’armata di satelliti, vi sono innumerevoli cori di Genii. Questi dimorano nelle
vicinanze degli Immortali, da dove vegliano sulle cose umane. Essi adempiono la volontà degli Dèi (Karma)
mediante uragani, tempeste, transizioni di fuoco e terremoti, come pure mediante carestie e guerre, per la
punizione dell’empietà...3
È il sole che preserva e nutre tutte le creature e, come Mondo Ideale che circonda il mondo sensibile,
riempie quest’ultimo con la pienezza e la varietà universale delle forme; così pure il sole, avvolgendo tutto nella
sua luce, determina ovunque la nascita e lo sviluppo delle creature... “Sotto i suoi ordini è il coro dei Genii, o
piuttosto, i cori, poiché ve ne sono molti e diversi, ed il loro numero corrisponde a quello delle stelle. Ogni
1
[Shâstra, trattato o libro.]
Five Years of Theosophy, pp. 110, 111, articolo: “The Twelve Signs of the Zodiac”.
3
Vedi Stanze III e IV, e i relativi Commentari, e paragonare soprattutto i commenti sulla Stanza IV, che riguardano i Lipika
e i quattro Mahârajâ, gli agenti del Karma.
2
223
stella ha i suoi Geni, buoni e cattivi per natura, o piuttosto per la loro azione, poiché l’azione è l’essenza dei
Genii.”
…….Tutti questi Genii presiedono agli affari del mondo,1 essi scuotono e capovolgono la costituzione
degli stati e degli individui; imprimono la loro somiglianza sulle nostre anime, sono presenti nei nostri nervi, nel
nostro midollo, nelle nostre vene, nelle nostre arterie e nella sostanza stessa del nostro cervello... Ognuno di
noi, al momento in cui riceve la vita e l’esistenza, viene preso in cura dai Genii (Elementali) che presiedono alle
nascite,2 e che sono classificati al disotto dei poteri astrali (Spiriti astrali superumani).
Essi cambiano perpetuamente, non sempre in modo identico, ma roteando in circoli.3 Essi permeano
mediante il corpo due parti dell’anima affinché questa possa ricevere l’impronta della propria energia da
ciascuna di esse. Ma la parte ragionevole .dell’anima non è soggetta ai Genii; essa è destinata a ricevere (il) Dio4
che la illumina di un raggio solare.
Pochi sono coloro che vengono illuminati in tal modo, e da essi i Genii si astengono: poiché né Genii
né Dèi hanno alcun potere alla presenza di un singolo raggio di Dio.5 Ma tutti gli altri uomini, anime e corpi,
sono diretti da Genii ai quali si attaccano, e dai quali vengono influenzate le loro azioni... i Genii hanno quindi il
controllo delle cose terrestri, e i nostri corpi servono loro da strumenti”.6
Tutto ciò, salvo alcuni punti settari, rappresenta quello che era una credenza
universale, comune a tutte le nazioni, fino a un secolo fa circa. Nelle sue grandi linee e tratti
principali è ancora del tutto ortodosso, tanto fra i pagani quanto fra i cristiani, ad eccezione
solo di una piccola schiera di materialisti e di scienziati.
Poiché, sia che i Genii di Ermete e i suoi “Dèi” si chiamino “Potenze delle Tenebre”
ed “Angeli” come nelle Chiese Greca e Latina, o “Spiriti dei Defunti” come nello Spiritismo,
o ancora Bhût e Deva, Shaitan o Djin, come sono tuttora chiamati in India e nei paesi
mussulmani — essi sono tutti una sola e medesima cosa — un’ILLUSIONE. Che questo, però,
non venga erroneamente compreso, come è avvenuto recentemente nelle Scuole occidentali
che pervertirono la grande dottrina filosofica dei vedantini.
Tutto ciò che è, emana dall’ASSOLUTO, il quale, per la ragione stessa di questa
qualifica, è la Sola ed Unica Realtà — quindi, tutto ciò che è estraneo a questo Assoluto,
l’Elemento generativo e causante, deve essere innegabilmente un’Illusione. Ma è così
soltanto dal punto di vista puramente metafisico. Allo stesso modo, un individuo che si
considera mentalmente sano e che è considerato tale dai suoi vicini, chiama illusioni e
fantasie le visioni di un fratello demente — allucinazioni che rendono la vittima felice o
sommamente infelice, secondo i casi. Ma dov’è quel pazzo per il quale le ombre orribili della
sua mente squilibrata, le sue illusioni, non siano, momentaneamente, altrettanto effettive e
reali quanto le cose che possono essere vedute dal suo medico o dal suo sorvegliante? Tutto è
relativo in questo Universo, tutto non è che un’Illusione. Però l’esperienza realizzata su
qualsiasi piano è una realtà per l’essere che la percepisce e la cui coscienza si trova su quel
piano, quantunque la suddetta esperienza, considerata dal punto di vista puramente
metafisico, possa essere concepita come non avente alcuna realtà oggettiva. Ma non è contro
i metafisici che l’insegnamento esoterico deve combattere, bensì contro i fisici ed i
1
Anche gli “Dèi” e i Dhyâni, non solo Geni o “Forze guidate”.
Il significato di ciò è che, siccome l’uomo è composto da tutti i Grandi Elementi – Fuoco, Aria, Acqua, Terra ed Etere – gli
Elementali che appartengono rispettivamente a questi Elementi sono attratti dall’uomo a causa della sua stessa essenza.
L’Elemento che predomina in una costituzione sarà dominante in tutta la vita. Ad esempio, se l’uomo ha una preponderanza
dell’Elemento terreno e gnomico, gli Gnomi lo porteranno ad assimilare i metalli –denaro, ricchezze, ecc. “L’uomo animale
è il figlio degli elementi animali dai quali è nata la sua anima [vita] e gli animali sono lo specchio dell’uomo” dice Paracelso
(De Fundamento Sapientiae). Paracelso era prudente e voleva che la Bibbia concordasse con ciò che diceva, perciò non
diceva tutto.
3
Progresso ciclico in sviluppo.
4
Il Dio nell’uomo, e spesso l’incarnazione di un Dio, un Dhyân Chohan altamente Spirituale in lui, oltre alla presenza del
suo Settimo Princìpio.
5
Ora, quale Dio si intende qui? Non Dio il “Padre”, la finzione antropomorfica; infatti, quel Dio è il collettivo degli Elohim
e non può essere separato dalla Schiera. Inoltre, un tale Dio è finito ed imperfetto. Qui, per “pochi” si vuole indicare gli alti
Iniziati e Adepti. E sono proprio loro che credono negli “Dèi” e non conoscono alcun “Dio”, ma una sola Divinità
Universale senza relazione ed incondizionata.
6
The Virgin of the World, pp. 104 – 5, “Le Definizioni di Asclepio”.
2
224
materialisti, e per questi ultimi la Forza Vitale, la Luce, il Suono, l’Elettricità e perfino la
forza oggettiva di attrazione del Magnetismo non hanno un’esistenza oggettiva, e sono
considerate semplicemente come delle “modalità di movimento”, come “sensazioni ed
affezioni della materia”.
Né gli occultisti in genere, né i teosofi, respingono, come erroneamente qualcuno
crede, le ipotesi e le teorie degli scienziati moderni soltanto perché queste sono in
opposizione con la Teosofia. La prima regola della nostra Società è quella di dare a Cesare
quel che è di Cesare. Di conseguenza, i teosofi sono i primi a riconoscere l’intrinseco valore
della scienza. Però, quando i suoi sommi sacerdoti riducono la coscienza ad una semplice
secrezione della materia grigia del cervello e tutto ciò che esiste nella Natura a una modalità
di movimento, noi protestiamo contro tale dottrina, affermando che essa è antifilosofica, in
contraddizione con se stessa e semplicemente assurda, tanto dal punto di vista scientifico,
quanto, ed ancor più, sotto l’aspetto occulto della Conoscenza Esoterica.
Poiché, in verità, la Luce Astrale dei tanto derisi cabalisti racchiude degli strani e
curiosi segreti per colui che sa spingervi lo sguardo; ed i misteri celati in seno alle sue onde
incessantemente disturbate sono una realtà presente malgrado le negazioni dei materialisti e
le derisioni dei beffardi.
Taluni, in modo molto inesatto, ritengono che la Luce Astrale dei cabalisti sia
“l’Etere”, confondendo quest’ultimo con l’Etere ipotetico della scienza; ed alcuni teosofi
considerano entrambi quali sinonimi dell’Âkashâ. Questo è un grande errore.
L’autore di A Rational Refutation scrive, aiutando così, inconsciamente, l’Occultismo:
Una descrizione di Âkâsha servirà a dimostrare quanto essa sia rappresentata inadeguatamente dall’
“etere”. In dimensione è…... infinita, non è costituita di parti, ed il colore, il sapore, l’odore e la tangibilità non
fanno parte dei suoi attributi. Fino ad ora essa corrisponde esattamente al tempo, allo spazio, ad Îshvara (il
“Signore”, o piuttosto il potere creativo e l’anima — Anima Mundi) ed all’anima. La sua specialità,
comparativamente, consiste nell’essere la causa materiale del suono. Se non fosse per ciò, si potrebbe
considerarla come formante una sola cosa con il vuoto”.1
Indubbiamente è il vuoto, specialmente per i Razionalisti. In ogni caso Âkâsha
produrrà certamente il vuoto nel cervello di un materialista. Tuttavia, per quanto l’Âkâsha
non sia l’Etere della scienza — e neppure l’Etere degli occultisti, che lo definiscono soltanto
come uno dei princìpi dell’Âkâsha — è certamente, insieme alla sua causa primaria, la causa
del suono, la causa psichica e spirituale e, in ogni modo, non una causa materiale. I rapporti
dell’Etere con l’Âkâsha possono essere definiti applicando tanto all’Âkâsha quanto all’Etere
le parole usate nei Veda parlando di Dio: “Così egli stesso era in verità (il suo proprio)
figlio”; l’uno essendo la progenie dell’altro e pure se stesso.
Questo può essere un enigma difficile per i profani, ma molto facile ad essere capito
da qualunque indù — anche se non è un mistico. Questi segreti della Luce Astrale, come pure
molti altri misteri, rimarranno come inesistenti per i materialisti della nostra epoca,
precisamente come l’America era un mito inesistente per gli europei durante la prima parte
del Medioevo, mentre gli scandinavi ed i norvegesi avevano in realtà già raggiunto
quell’antichissimo “Nuovo Mondo” e vi si erano stabiliti parecchi secoli prima. Ma come
Colombo era nato per scoprire di nuovo e per costringere il Vecchio Mondo a credere
all’esistenza di paesi agli antipodi, così nasceranno degli scienziati che scopriranno le
meraviglie che gli occultisti affermano esistere nelle regioni dell’Etere, con i loro diversi e
multiformi abitanti e le loro Entità coscienti. Allora, nolens volens, la scienza dovrà accettare
la vecchia “superstizione”, come ne ha già accettate tante altre. Ed una volta costretta ad
accettarla, i suoi professori, probabilmente — giudicando da esperienze passate, come per
esempio nel caso del Mesmerismo e del Magnetismo, ribattezzato adesso con il nome di
1
Pag. 120.
225
Ipnotismo — adotteranno la cosa e respingeranno il nome. La scelta del nuovo nome
dipenderà a sua volta dalle “modalità di movimento” — il nuovo nome dato agli antichi
“processi fisici automatici tra le fibrille nervose del cervello (scientifico)” di Moleschott —
ed anche, probabilmente, dall’ultimo pasto consumato da colui che gli darà il nome; poiché,
secondo il fondatore del nuovo schema Hylo-Idealistico “il processo cerebrale è
genericamente il medesimo delle chilificazioni”.1 Così, se si dovesse credere a questa assurda
proposizione, il nuovo nome della verità arcaica dovrebbe dipendere dall’ispirazione gastrica
del padrino, e soltanto allora queste verità potrebbero avere la possibilità di divenire
scientifiche!
Ma la VERITÀ, per quanto spiacevole alla maggioranza, generalmente cieca, ha
sempre avuto i suoi difensori pronti a morire per lei, e non saranno certo gli occultisti che
protesteranno contro la sua adozione da parte della scienza, sia pure sotto un nome qualsiasi.
Ma, fino al momento in cui essa si imporrà all’attenzione e all’accettazione degli scienziati,
molte delle verità occulte saranno interdette, come è accaduto con i fenomeni degli Spiritisti e
altre manifestazioni psichiche, ed infine i suoi ex-diffamatori se ne sono appropriati senza il
minimo riconoscimento o ringraziamento. La conoscenza dell’azoto ha accresciuto
notevolmente le cognizioni chimiche, ma Paracelso, che l’ha scoperto, è chiamato ancora un
“ciarlatano”. Quanto profondamente vere sono le parole scritte da H. T. Buckle nella sua
ammirevole History of Civilization:
Grazie a circostanze ancora sconosciute (provvedimenti karmici) appaiono di tempo in tempo dei
grandi pensatori, i quali, consacrando la propria vita ad un solo scopo, sono capaci di anticipare il progresso
dell’umanità e di fondare una religione o una filosofia, mediante le quali vengono prodotti, alla fine, degli effetti
di grande importanza. Però, se osserviamomo la storia, vedremo chiaramente che, per quanto l’origine di una
nuova opinione sia in tal modo dovuta ad un singolo individuo, il risultato da essa prodotto dipenderà dalle
condizioni del popolo in cui verrà diffusa. Se una religione o una filosofia sono troppo in anticipo per una
nazione, non potranno servire per il momento, ma dovranno attendere il tempo2 in cui le menti degli uomini
saranno mature per accoglierla... Ciascuna scienza, ciascuna fede, ha avuto i propri martiri. Secondo il corso
ordinario delle cose, trascorrono alcune generazioni, e viene quindi un periodo in cui queste medesime verità
sono considerare come fatti ordinari, e poco dopo viene un altro periodo ancora, in cui sono dichiarate
necessarie, ed anche le intelligenze più ottuse si meravigliano come esse possano essere state negate”.3
È davvero possibile che le menti della generazione presente non siano ancora mature
per l’accettazione delle verità occulte. Tale sarà probabilmente il risultato di uno sguardo
retrospettivo gettato dai pensatori più avanzati della Sesta Razza-Radice sulla storia
dell’accettazione completa ed incondizionata della Filosofia Esoterica. Frattanto, le
generazioni della nostra Quinta Razza continueranno ad esserne allontanate dai pregiudizi e
dai preconcetti. Le Scienze Occulte continueranno ad essere schernite e tutti cercheranno di
metterle in ridicolo e di schiacciarle in nome ed a maggior gloria del Materialismo e della sua
cosiddetta scienza.
Ciò nonostante, i presenti Volumi, rispondendo anticipatamente a molte delle future
obiezioni scientifiche, mostreranno le vere posizioni reciproche del difensore e dell’
accusatore.
I teosofi e gli occultisti si trovano sul banco d’accusa dell’opinione pubblica, la quale
tiene sempre alta la bandiera delle scienze induttive. Queste ultime, quindi, debbono essere
esaminate, dimostrando fino a qual punto le loro realizzazioni e scoperte nel campo delle
leggi naturali si trovino in opposizione, non tanto con le nostre affermazioni, quanto con i
fatti della natura. È giunta l’ora per accertarsi se le mura della moderna Gerico siano talmente
inespugnabili da rimaner salde a qualsiasi suono della tromba occulta.
1
National Reformer, 9 gennaio 1887. Articolo: “Phreno–Kosmo–Biology”, del dr. Lewins.
Questa è la Legge Ciclica; ma questa legge stessa è spesso ostacolata dalla ostinazione umana.
3
Vol. I°, pag. 256.
2
226
Le cosiddette “Forze”, che hanno a capo la Luce e l’Elettricità, e la costituzione del
globo solare, dovranno essere accuratamente esaminate, come pure la Gravitazione e le teorie
delle Nebulose. La natura dell’Etere e di altri Elementi dovrà essere discussa; raffrontando
così gli insegnamenti scientifici con quelli occulti, rivelando frattanto alcuni dati degli
insegnamenti occulti tenuti fino ad ora segreti.
Dopo i cabalisti, circa quindici anni fa, l’autrice fu la prima a ripetere con i saggi
Comandamenti del Catechismo Esoterico:
Serra la bocca per timore di parlare di questo (mistero), sorveglia il tuo cuore per timore di pensare ad
alta voce; e se il tuo cuore ti è sfuggito, riconducilo al suo posto, poiché tale è lo scopo della nostra alleanza.1
E, ancora, dalle Regole dell’Iniziazione:
“Questo è un segreto che dà la morte: chiudi la tua bocca per timore di rivelarlo al
volgo, serra il cervello per timore che ne sfugga qualche cosa e cada all’esterno”.
Pochi anni dopo, un lembo del Velo di Iside dovette essere sollevato e adesso viene
fatto un altro e più vasto squarcio. Ma gli antichi errori consacrati dal tempo — come ogni
giorno diviene più chiaro e lampante — sono disposti adesso in ordine di battaglia, come
allora. Guidati da un cieco spirito di conservazione, da presunzione e pregiudizi, essi
stanno costantemente in guardia, pronti a strangolare qualsiasi verità che, risvegliandosi dal
suo lungo sonno secolare, cerchi di essere ammessa. Così è sempre accaduto da quando
l’uomo divenne un animale. Che ciò significhi con certezza la morte morale per coloro che
rivelano e riportano alla luce queste antiche, antichissime verità, è tanto certo quanto il
fatto che ciò dona vita e rigenerazione a coloro che sono idonei ad approfittare anche del
poco che adesso viene loro rivelato.
______________
1
Sepher Jetzirah.
227
PARTE II
L’EVOLUZIONE DEL SIMBOLISMO
________
228
SEZIONE I
SIMBOLISMO E IDEOGRAMMI
Un simbolo non è sempre, per chi sa decifrarlo, una rivelazione più o meno
chiara del Divino?... Dal tutto.... trasluce il barlume dell’Idea Divina. Anzi, anche la
croce stessa, l’emblema più elevato sotto il quale gli uomini si siano mai incontrati
ed abbracciati, non aveva che un significato estrinseco secondario.
(Thomas Carlyle, Sartor Resartus, cap. III : “Simboli”.)
Lo studio del significato occulto di qualsiasi leggenda religiosa e profana, di una
nazione qualunque, grande o piccola, e specialmente delle tradizioni dell’Oriente, ha
occupato la maggior parte della vita attuale dell’autrice. Essa fa parte di coloro che sono
convinti che nessuna narrazione mitologica, nessun evento tradizionale del folklore popolare,
è mai stato, in nessuna epoca, una semplice fantasia, ma che ognuna di tali narrazioni
possiede un fondo storico reale.
In questo, l’autrice non concorda con quegli studiosi del simbolismo, per quanto
grande possa essere la loro fama, che in ciascun mito non vedono altro che una prova
ulteriore della tendenza della mente degli antichi alla superstizione; e credono che tutte le
mitologie abbiano tratto origine da miti solari e siano basate su di essi. Gerald Massey, il
poeta ed egittologo, in una conferenza sulla “Lunilatria Antica e Moderna”, fa
ammirevolmente giustizia di questi pensatori superficiali. Riportiamo in questa parte della
nostra opera la sua critica mordace, poiché essa risponde fedelmente ai sentimenti
apertamente espressi da noi fin dal 1875, quando fu scritta Iside Svelata.
Durante questi ultimi trent’anni il prof. Max Müller ha insegnato, nei suoi libri e nelle sue conferenze,
sul Times, sul Saturday Review e su vari giornali, dalla cattedra della Royal Institution, dal pulpito dell’Abbazia
di Westminster e dalla sua cattedra di Oxford, che la mitologia è un morbo del linguaggio e che il simbolismo
antico era semplicemente il risultato di una specie di aberrazione mentale primitiva.
“Noi sappiamo”, dice Renouf, facendo eco alle parole di Max Müller, nelle sue conferenze Hibbert,
“noi sappiamo che la mitologia è la malattia che si sviluppa ad uno stadio particolare della cultura umana”. Tale
è la spiegazione assai futile data dai non-evoluzionisti; e simili spiegazioni sono tuttora accettate dal pubblico
britannico che pensa per procura. Il prof. Max Müller, Cox, Gubernatis ed altri sostenitori dei Miti Solari, ci
hanno descritto il creatore primitivo di miti come una specie di metafisico indù-germanizzato, che proiettava la
propria ombra su una nebbia mentale e conversava ingegnosamente intorno al fumo o, per lo meno, intorno alle
nubi; mentre il cielo sovrastante diveniva simile alla volta del paese dei sogni, coperti dalle immagini degli
incubi aborigeni! Essi concepiscono l’uomo primitivo simile a loro stessi e lo considerano perversamente
proclive all’auto-mistificazione, o, come ha detto Fontenelle “soggetto a contemplare cose non esistenti”! Essi
hanno erroneamente rappresentato l’uomo primitivo o arcaico come se fosse stato idiotamente indotto, fin dal
princìpio, da un’immaginazione fervida ma ignorante, a credere in ogni specie di idee errate che erano
direttamente e costantemente smentite dalla sua esperienza quotidiana; come un folle della fantasia in mezzo a
quelle spaventose realtà che imprimevano in lui le sue esperienze, come gli iceberg galleggianti e taglienti
lasciano le loro impronte sugli scogli sommersi nel mare. Resta da dire, ed un giorno sarà riconosciuto, che
questi istruttori accettati non erano più vicini alle origini della mitologia e del linguaggio, di quanto il poeta
Willie Burns fosse vicino a Pegaso. Ebbene, ecco la mia risposta: è soltanto un sogno del metafisico teorico che
la mitologia fosse una malattia del linguaggio o di qualsiasi altra cosa, all’infuori di quello del suo cervello. Le
origini ed il significato della mitologia non sono state affatto comprese da questi “solaristi” e venditori di fumo!
La mitologia era un modo primitivo di oggettivare il pensiero antico. Era basata su fatti naturali ed è
tuttora verificabile nei fenomeni. Non vi è niente di insensato, niente di irrazionale in essa, se considerata alla
luce dell’evoluzione e se il suo modo di espressione mediante il linguaggio dei segni è pienamente compreso.
La follia consiste soltanto nel confonderla con la storia umana o con la Rivelazione Divina. 1
1
Per quanto riguarda la “Rivelazione Divina”, siamo d’accordo. Non siamo d’accordo riguardo alla “storia umana”. Poiché
vi è “storia nella maggior parte delle allegorie e dei miti dell’India: e, nascosti sotto di essi, vi sono eventi veri ed effettivi.
229
La mitologia è il deposito della più antica scienza umana, e ciò che ci interessa principalmente è che,
quando sarà di nuovo interpretata giustamente, darà il colpo mortale a quelle false teologie alle quali essa,
involontariamente, ha dato origine!1
Nella fraseologia moderna si dice talvolta che una narrazione è mitica in rapporto al fatto che essa non
è veritiera; ma la mitologia antica non era affatto un sistema o un modo di falsificazione di quel genere. Le sue
favole erano una maniera di presentare fatti e non erano né falsificazioni né finzioni...... Per esempio, quando
gli egiziani rappresentavano la luna sotto forma di un gatto, non erano tanto ignoranti da supporre che la luna
fosse un gatto, né le loro fantasie erranti vedevano alcuna somiglianza fra la Luna ed un gatto; il mito del gatto
non era una semplice espansione di una metafora verbale, ed essi non avevano neppure l’intenzione di
presentare degli enigmi o degli indovinelli..... Avevano osservato il semplice fatto che il gatto vedeva
nell’oscurità e che i suoi occhi diventavano perfettamente circolari e brillavano maggiormente durante la notte.
La luna era la veggente della notte nel cielo, ed il gatto era il suo equivalente sulla terra; e così il gatto
domestico fu adottato come il rappresentante, come un emblema naturale e come la vivente riproduzione del
globo lunare….. E così ne seguì pure che il sole, il quale di notte vedeva il di sotto del mondo, avrebbe potuto
anch’esso essere chiamato il gatto, come infatti accadde, perché anch’esso vedeva nelle tenebre. Nella lingua
egiziana il nome del gatto è mau, che significa il veggente, e deriva da mau, vedere. Un autore, scrivendo sulla
mitologia, afferma che gli egiziani “immaginavano un grande gatto dietro al sole, il quale era la pupilla
dell’occhio del gatto.”. Ma questa è un’invenzione del tutto moderna e fa parte della mercanzia di Max Müller.
La luna, come gatto, era l’occhio del sole, perché rifletteva la luce solare, e perché l’occhio riflette l’immagine
nel suo specchio. Sotto la forma della Dea Pasht, il gatto veglia per il sole, tenendo sotto la zampa e
schiacciandola, la testa del serpente delle tenebre, suo eterno nemico!
Questa è un’esposizione assai esatta del mito lunare sotto il suo aspetto astronomico.
Però, la Selenografia è la meno esoterica delle divisioni del simbolismo lunare. Per
approfondire pienamente la Selenognosi — se è permesso coniare una parola nuova — è
necessario conoscere ben altro che il suo solo significato astronomico. La Luna è
intimamente collegata alla Terra, come abbiamo già dimostrato nelle Stanze, ed è in rapporto
diretto con tutti i misteri del nostro globo, anche più di Venere-Lucifero, la sorella occulta e
l’alter ego della Terra.2
Le instancabili ricerche dei simbolisti occidentali, e specialmente di quelli tedeschi,
durante questi due ultimi secoli, hanno indotto gli studiosi più spregiudicati, e naturalmente
tutti gli occultisti, a capire che, senza l’aiuto del simbolismo — con le sue sette divisioni
delle quali i moderni non sanno niente — nessuna delle Scritture antiche potrà mai essere
compresa correttamente. Il Simbolismo deve essere studiato sotto ognuno dei suoi aspetti,
poiché ciascuna nazione aveva il suo modo particolare di espressione. In breve, nessun
papiro egiziano, nessun vaso indiano, nessuna tavoletta assira, nessuna pergamena ebraica
dovrebbe essere letta ed interpretata letteralmente.
Ormai ogni erudito lo sa. Le sapienti conferenze di Gerald Massey sono da sole
sufficienti a convincere qualunque cristiano di mente aperta che accettare la lettera morta
della Bibbia equivale a cadere nella superstizione e nell’errore più grossolano che si sia mai
sviluppato nel cervello di un selvaggio. Ma il fatto dinanzi al quale anche gli orientalisti che
maggiormente amano e ricercano la verità — siano essi arianisti o egittologi — sembrano
restare ciechi, è quello che ogni simbolo trovato su un papiro o un vaso è un diamante dalle
molteplici sfaccettature, e che ognuna di queste non solo include parecchie interpretazioni,
ma si riferisce pure a diverse scienze. Ne abbiamo un esempio nell’interpretazione adesso
citata del gatto che simboleggia la luna — esempio di un’immagine sidereo-terrestre; poiché
la luna, presso altre nazioni, ha molti altri significati oltre a quello.
Come ha dimostrato un erudito massone e teosofo, Kenneth Mackenzie, nella sua
Royal Masonic Cyclopedia, vi è una grande differenza fra emblema e simbolo. L’emblema
“comprende una serie maggiore di pensieri di un simbolo, che – si può dire - illustra
1
Quando le “false Teologie” spariranno, allora si troveranno le vere realtà preistoriche, contenute specialmente nella
mitologia degli ariani e degli antichi indù, e perfino negli elleni preistorici.
2
Vedi anche Sezione IX: “Deus Lunus”.
230
piuttosto qualche singola idea particolare”. Quindi i simboli — lunari o solari, per esempio
— di diverse nazioni, ciascuno dei quali illustra una simile idea particolare o una serie di
idee, formano collettivamente un emblema esoterico. Quest’ultimo è “una raffigurazione
concretamente visibile, un segno che rappresenta dei princìpi, o una serie di princìpi,
riconoscibili da coloro che hanno ricevuto certe istruzioni (Iniziati)”. Per esporlo in termini
ancora più chiari, un emblema è usualmente una serie di raffigurazioni grafiche, considerate
e spiegate allegoricamente, e che sviluppa un’idea in visioni panoramiche, l’una dopo l’altra.
Così i Purâna sono emblemi scritti, come lo sono pure i Testamenti di Mosè e dei cristiani, o
la Bibbia, e tutte le altre Scritture exoteriche. Come dimostra la medesima autorità:
Tutte le società esoteriche, come la Società Pitagorica, l’Eleusinia, la Confraternita Ermetica
dell’Egitto, i Rosacroce e la Massoneria, hanno fatto uso di emblemi e di simboli. Molti di questi emblemi non
devono essere divulgati al pubblico in generale, ed una piccolissima differenza può modificare grandemente il
significato dell’emblema o del simbolo. Il sigillo magico, essendo basato su certi princìpi dei numeri, condivide
pure questo carattere e, per quanto mostruoso o ridicolo possa apparire agli occhi degli ignoranti, trasmette un
intero corpo di dottrine a coloro che sono stati esercitati a riconoscerle.
Le società qui sopra elencate sono tutte relativamente moderne, poiché nessuna di
esse risale oltre le epoche intermedie. È quindi ben naturale che gli studiosi delle più antiche
Scuole Arcaiche debbano aver cura di non divulgare segreti di un’importanza molto
maggiore per l’umanità (poiché questi sono pericolosi in mano agli ignoranti) di quella che
hanno i cosiddetti “segreti massonici”, che sono diventati adesso, come dicono i francesi, il
segreto di Pulcinella! Ma queste restrizioni si riferiscono soltanto al significato psicologico,
o piuttosto psico-fisiologico e cosmico, di un simbolo e di un emblema; e anche sotto questo
aspetto soltanto parzialmente.
Poiché, per quanto un Adepto sia costretto a rifiutarsi di comunicare le condizioni ed
i mezzi che conducono a qualsiasi correlazione degli Elementi —psichici o fisici — che
possono produrre dei risultati sia dannosi che benefici, pure egli è sempre pronto ad
impartire ad uno studioso serio il segreto del pensiero antico in tutto ciò che concerne la
storia celata sotto il simbolismo mitologico, dando così delle indicazioni che possono servire
a gettare uno sguardo retrospettivo sul passato, in quanto forniscono delle informazioni utili
relative all’origine dell’uomo, all’evoluzione delle razze ed alla geognosi.
Eppure la protesta attuale, non solo fra i teosofi ma anche fra i pochi profani che si
interessano a questi soggetti, è: perché gli Adepti non rivelano ciò che sanno? A tale
domanda si potrebbe rispondere: Perché dovrebbero farlo, sapendo già prima che nessun
scienziato accetterebbe la loro rivelazione, nemmeno come un’ipotesi e tanto meno come
una teoria o un assioma? Avete forse accettato o creduto nell’ABC della Filosofia Occulta
contenuta nel Theosophist, nel Buddhismo Esoterico ed in altre opere e riviste? Anche il
poco che è stato dato, non è stato forse posto in ridicolo, deriso e contrapposto, da un lato,
alle teorie dell’“animale” e della “scimmia” di Huxley e di Haeckel, e, dall’altro lato, alla
costola di Adamo e al pomo? Malgrado queste prospettive poco incoraggianti, una massa di
fatti viene esposta nella presente opera, e l’autrice tratta nel modo più ampio possibile
l’argomento dell’origine dell’uomo, dell’evoluzione del Globo e delle Razze umane ed
animali.
Le prove offerte per corroborare gli insegnamenti antichi sono disseminate
largamente nelle Scritture Sacre delle antiche civiltà. I Purâna, lo Zend Avesta ed i classici
antichi sono pieni di fatti di questo genere, ma nessuno fino ad ora si era accinto all’arduo
compito di raccoglierli e compararli fra di loro. E ciò è dovuto al fatto che tutti gli
avvenimenti di questo genere erano narrati simbolicamente, e che i migliori studiosi e le
menti più perspicaci fra i nostri arianisti ed egittologi si sono lasciati troppo spesso offuscare
da un preconcetto qualsiasi, ed ancora più spesso da un esame unilaterale del significato
segreto. Però, anche una parabola è un simbolo parlato: una finzione o una favola, come
231
pensano taluni, una rappresentazione allegorica, come diciamo noi, di realtà della vita, di
avvenimenti e di fatti.
E come una morale veniva sempre tratta da una parabola - morale che era una verità
reale ed un fatto della vita umana - così un evento storico reale era dedotto dagli emblemi e
dai simboli conservati negli antichi archivi dei templi da coloro che erano versati nelle
scienze ieratiche. La storia religiosa ed esoterica di ogni nazione era incastonata in simboli;
non era mai espressa letteralmente con molte parole. Tutti i pensieri e le emozioni, tutta la
conoscenza e il sapere rivelato e acquisito delle Razze primordiali, ebbero la loro espressione
pittorica nelle allegorie e nelle parabole.
Perché? Perché la parola articolata possiede un potere non solo sconosciuto ai
moderni “saggi”, ma perfino insospettato da essi, che naturalmente non credono a tale
potere. Perché il suono ed il ritmo sono in stretto rapporto con i quattro Elementi degli
antichi, e perché simili vibrazioni nell’atmosfera debbono inevitabilmente risvegliare i Poteri
corrispondenti, l’unione con i quali produce, secondo i casi, dei risultati buoni o cattivi. A
nessun studente era permesso di narrare avvenimenti storici, religiosi o reali, di qualsiasi
specie, con parole comprensibili, per timore di attrarre nuovamente i Poteri collegati a tali
avvenimenti. Questi eventi venivano narrati solamente durante l’Iniziazione, ed ogni
studente doveva tradurli in simboli corrispondenti, tratti dalla sua mente ed esaminati in
seguito dal suo Maestro prima di venire accettati definitivamente. Così, gradualmente venne
creato l’alfabeto cinese, come in precedenza erano stati stabiliti i simboli ieratici nell’antico
Egitto. Nella lingua cinese, i cui caratteri possono essere letti in qualsiasi lingua e che sono
quasi tanto antichi quanto l’alfabeto egiziano di Thoth, ogni parola ha il suo simbolo
corrispondente ad una forma pittorica.
Questa lingua possiede molte migliaia di simili lettere-simboli o logogrammi, ognuno
dei quali contiene il significato di un’intera parola, poiché nella lingua cinese non esistono
vere e proprie lettere e neppure un alfabeto nel senso che intendiamo noi, come non esisteva
in quella egiziana fino ad un periodo molto posteriore.
Così, se un giapponese che non capisce una parola di cinese s’incontra con un cinese
che a sua volta ignora completamente la lingua del primo, potrà comunicare con lui mediante
lo scritto, ed essi si capiranno perfettamente — perché la loro scrittura è simbolica. In questo
Volume tenteremo di dare la spiegazione del significato dei principali simboli ed emblemi,
poiché, altrimenti, il Volume che tratterà dell’Antropogenesi sarebbe troppo difficile da
comprendere senza una conoscenza preliminare, per lo meno dei simboli metafisici.
Né sarebbe giusto iniziare la spiegazione esoterica del simbolismo senza rendere il
dovuto onore a colui che ha reso in questo secolo il più grande servizio a tale studio,
scoprendo la chiave principale per l’interpretazione dell’antico simbolismo ebraico
intimamente intrecciato con la metrologia, una delle chiavi del Linguaggio dei Misteri, una
volta universale; e cioè a Ralston Skinner di Cincinnati, l’autore di The Key to the HebrewEgyptian Mistery and the Source of Measures. Mistico e cabalista per natura, egli ha lavorato
instancabilmente per molti anni in questo senso, e i suoi sforzi sono stati indubbiamente
coronati da un grande successo. Secondo le sue stesse espressioni:
L’autore è pienamente convinto dell’esistenza di un linguaggio antico che, nei tempi moderni e fino al
giorno d’oggi, sembra sia stato perduto, del quale però restano numerose vestigia..... L’autore scoprì che questo
rapporto geometrico (il rapporto integrale del diametro rispetto alla circonferenza di un cerchio) era l’origine
antichissima e probabilmente divina delle..... misure lineari... Sembra quasi dimostrato che lo stesso sistema di
geometria, di numeri, di rapporti e di misure fosse conosciuto ed usato nel continente dell’America
settentrionale anche prima che i discendenti semiti venissero a conoscenza dell’esistenza di tale continente.
La particolarità di questo linguaggio era che esso poteva essere contenuto in un altro, e celato in
maniera tale da non poter essere percepito senza l’aiuto di istruzioni speciali; le lettere ed i segni sillabici
possedevano in pari tempo le potenze o significati dei numeri, delle forme geometriche, delle figure o delle
ideografie e dei simboli, il cui scopo designato era determinatamente specificato con parabole, sotto forma di
narrazioni complete o parziali, ma poteva pure essere espresso separatamente, indipendentemente ed in modi
232
diversi, per mezzo di disegni, di lavori in pietra o di costruzioni di terra. Rendiamo innanzitutto ben chiaro il
significato della parola linguaggio: in primo luogo questa parola significa l’espressione di idee mediante la
parola umana, ma, in secondo luogo, può significare pure l’espressione di idee mediante qualsiasi altro mezzo.
Nel testo ebraico questa lingua antica è disposta in modo tale che, mediante l’uso dei caratteri scritti — i quali,
pronunciati, costituiscono il linguaggio precedentemente definito — una serie di idee distintamente separate
può essere intenzionalmente comunicata, idee del tutto diverse da quelle espresse dalla lettura dei segni
fonetici. Questo linguaggio secondario espone, velatamente, alcune serie di idee, alcune copie immaginarie di
cose percettibili che possono essere riprodotte in raffigurazioni, e di cose che si possono classificare come reali
pur non essendo percettibili: così, per esempio, il numero 9 può essere preso come una realtà, sebbene non
abbia un’esistenza percettibile; così pure una rivoluzione della luna, considerata indipendendentemente dalla
luna stessa da cui tale rivoluzione è stata effettuata, può esser presa come l’origine o la causa di un’idea reale,
per quanto una tale rivoluzione non abbia alcuna sostanza. Questo linguaggio-idea può consistere di simboli
ristretti a parole e segni arbitrari, aventi un campo molto limitato di concetti, e del tutto privi di valore; oppure
può essere un’interpretazione della natura in alcune delle sue manifestazioni, e di un valore quasi
incommensurabile per quanto concerne la civiltà umana. L’immagine di una cosa naturale può far sorgere idee
di soggetti coordinati, irradianti in varie direzioni, e perfino opposte, come i raggi di una ruota, dando origine a
delle realtà naturali di un genere del tutto diverso dalla tendenza apparente che emergeva dall’esame della
prima raffigurazione originaria. Un’idea può far nascere un’altra idea ad essa collegata, ma se ciò avviene,
allora, per quanto possa sembrare incongruo, tutte le idee che ne risultano debbono derivare dall’immagine
originale ed essere armonicamente collegate o associate fra di loro. Così, dall’immagine di un’idea abbastanza
fondamentale si può trarre il concetto del cosmo stesso, perfino nei dettagli della sua costruzione. Un simile
impiego del linguaggio ordinario è caduto ormai in disuso, ma l’autore si domanda se, in un lontanissimo
passato, questo linguaggio o un altro analogo, non fosse stato quello universalmente adottato, per quanto in
seguito diventasse appannaggio di una classe o casta scelta, man mano che esso veniva sempre più assumendo
la sua forma arcana. Intendo dire con ciò che la lingua popolare, o il vernacolo, fu adoperata fin dalle sue
origini quale veicolo di questo modo particolare di trasmissione delle idee. Su tale soggetto esistono prove
molto forti e sembrerebbe veramente che nella storia della razza umana, per cause che almeno per il momento
ci sfuggono, si fosse verificata la decadenza o la perdita di un linguaggio originale perfetto, come pure di un
sistema scientifico perfetto — allora dobbiamo noi definirli perfetti a causa della loro origine ed importazione
divina?1
“Origine divina” non significa qui una rivelazione fatta da un Dio antropomorfico su
una montagna, fra tuoni e lampi, ma, come lo intendiamo noi, un linguaggio ed un sistema
scientifico impartito all’umanità primitiva da esseri umani più progrediti, tanto superiori da
apparire divini agli occhi di quell’umanità allo stadio d’infanzia: ossia da una “umanità”
proveniente da altre sfere. Quest’idea non contiene in sé niente di soprannaturale, ma
l’accettarla o il respingerla dipende dal grado di vanità e di presunzione di colui al quale essa
viene presentata. Poiché, se i professori della scienza moderna fossero soltanto disposti a
confessare che, per quanto essi non sappiano niente — o piuttosto non vogliano saper niente
— del futuro dell’uomo disincarnato, pure tale futuro può essere per loro colmo di sorprese e
di rivelazioni inattese, quando i loro Ego saranno liberati dai propri corpi materiali — allora
l’incredulità materialistica avrebbe minori probabilità di successo. Chi di essi sa, o può dire
cosa accadrà quando il Ciclo di Vita di questo globo sarà terminato e la nostra madre Terra
piomberà essa stessa nel suo ultimo sonno? Chi oserebbe affermare che gli Ego divini della
nostra umanità — per lo meno gli eletti fra la moltitudine di coloro che passerranno su altre
sfere — non diventeranno a loro volta gli Istruttori “divini” di una nuova umanità, generata
da essi su un nuovo Globo chiamato alla vita e all’attività dai “princìpi” disincarnati della
nostra Terra? Tutto questo può essere stato l’esperienza del Passato, e questi strani annali si
trovano sepolti nel “Linguaggio dei Misteri” delle epoche preistoriche, in quel linguaggio
che si chiama adesso SIMBOLISMO.
_________
1
[Tratto da un manoscritto cabalistico inedito di J. Ralston Skinner (pp. 1 – 6) che si trova negli archivi di Adyar. –Nota di
B. de Zirkoff.]
233
SEZIONE II
IL LINGUAGGIO DEI MISTERI E LE SUE CHIAVI
Scoperte recenti effettuate da grandi matematici e da cabalisti, dimostrano dunque,
senza alcun dubbio possibile, che tutte le Teologie, dalla più antica alla più recente, hanno
avuto la loro origine non solo da una sorgente comune di credenze astratte, ma da una
Lingua Esoterica Universale o Linguaggio dei Misteri. Questi scienziati sono in possesso
della chiave del linguaggio universale dell’antichità e l’hanno girata con successo, per
quanto una sola volta, nella porta ermeticamente chiusa che conduce all’Aula dei Misteri. Il
grande sistema arcaico, conosciuto fin dalle epoche preistoriche come la sacra ScienzaSaggezza, sistema che è contenuto in tutte le religioni, dalle più antiche alle più recenti, e le
cui tracce possono essere seguite in esse, possedeva e possiede tuttora il suo linguaggio
universale — come ha intuito il massone Ragon — il linguaggio degli Jerofanti, che ha, per
così dire, sette “dialetti”, ciascuno dei quali si riferisce ad uno dei sette misteri della Natura
ed è specialmente appropriato ad esso. Ciascuno di questi “dialetti” aveva il suo simbolismo
particolare. Così la Natura poteva essere decifrata nella sua pienezza, oppure considerata
sotto uno dei suoi aspetti speciali.
La prova di ciò si trova nel fatto che, fino ad oggi, gli orientalisti in generale, gli
indianisti ed egittologi in particolare, incontrano delle difficoltà estreme nell’interpretare gli
scritti allegorici degli ariani e gli annali ieratici dell’antico Egitto; e ciò perché essi non
vogliono mai ricordarsi che tutti gli antichi annali erano scritti in una lingua che era
universale e conosciuta ugualmente da tutte le nazioni di allora, ma che attualmente è
intellegibile solo a pochissimi. Come i numeri arabi che sono comprensibili agli uomini di
tutte le nazioni, o come la parola inglese and, che diventa et per i francesi, e per gli italiani,
und per i tedeschi, e così via, che però può essere espressa in tutte le nazioni civili con il
semplice segno & — così tutte le parole del Linguaggio dei Misteri avevano il medesimo
significato per tutti gli uomini, qualunque fosse la loro nazionalità. Vi sono state diverse
personalità notevoli, come Delgarme, Wilkins, Leibnitz, che hanno tentato di ristabilire una
simile lingua universale e filosofica, ma Demaimieux, nella Pasigraphie, è il solo che ne
abbia dimostrato la possibilità. Il sistema di Valentino, chiamato la “Cabala Greca”, e basato
sulla combinazione di lettere greche, potrebbe servire come modello.
Le molteplici sfaccettettature del Linguaggio dei Misteri hanno portato all’adozione
di una grande varietà di dogmi e riti nella parte exoterica dei rituali ecclesiastici, ed è ancora
ad esse che risale l’origine della maggior parte dei dogmi della Chiesa Cristiana, come per
esempio i sette Sacramenti, la Trinità, la Resurrezione, i sette peccati capitali e le sette Virtù.
Siccome però le Sette Chiavi del Linguaggio dei Misteri erano conservate sempre dai
più alti tra gli Jerofanti Iniziati dell’antichità, soltanto l’uso parziale di qualcuna di esse
passò, in seguito al tradimento di alcuni dei primi Padri della Chiesa — ex Iniziati dei templi
— nelle mani della nuova setta dei Nazareni. Alcuni dei primi Papi erano Iniziati, ma gli
ultimi frammenti della loro conoscenza sono caduti adesso in potere dei Gesuiti, che li hanno
trasformati in un sistema di stregoneria. Si afferma che l’India — non ristretta ai suoi limiti
attuali, ma estesa pure ai suoi antichi confini — sia il solo paese del mondo che abbia ancora
fra i suoi figli degli Adepti, i quali posseggono la conoscenza completa di tutti i sette sottosistemi e la chiave dell’intero sistema. Dopo la caduta di Menfi, l’Egitto cominciò a perdere,
una ad una, queste chiavi: e la Caldea, all’epoca di Beroso, non ne possedeva più di tre.
Quanto agli ebrei, in tutti i loro scritti, dimostrano di possedere una profonda conoscenza dei
234
sistemi astronomico, geometrico e numerico, per simboleggiare le funzioni umane e
specialmente le funzioni fisiologiche. Essi non hanno mai posseduto le chiavi superiori.
M. Gaston Maspero, il grande egittologo francese, successore di Mariette Bey, scrive:
Ogni volta che sento parlare della Religione dell’Egitto, sono tentato di domandare di quale delle
religioni egiziane intendono parlare. Si tratta della Religione egiziana della quarta Dinastia, oppure quella del
Periodo Tolemaico? Della Religione della plebe, oppure di quella degli eruditi? Della Religione che veniva
insegnata nelle Scuole di Heliopolis, oppure di quella pensata e concepita dalla classe sacerdotale di Tebe?
Poiché, fra la prima tomba di Menphi che porta il cartouche di un re della terza dinastia e le ultime pietre incise
a Esneh sotto Cesare Filippo, l’Arabo, vi è un intervallo di cinquemila anni almeno. Lasciando da parte
l’invasione dei pastori, la dominazione degli etiopi e degli assiri, la conquista dei persiani, la colonizzazione
greca e le mille rivoluzioni della sua vita politica, l’Egitto ha attraversato, durante quei cinquemila anni, molte
vicissitudini morali ed intellettuali. Il capitolo XVII del Libro dei Morti, che sembra contenere l’esposizione del
sistema del mondo come era concepito ad Heliopolis durante il periodo delle prime dinastie, è da noi
conosciuto soltanto attraverso qualche raro esemplare dell’epoca dell’undecima e dodicesima dinastia.
Ciascuno dei versi che lo compongono erano già stati interpretati in tre o quattro modi differenti; in realtà tanto
differenti che, secondo l’una o l’altra scuola, il Demiurgo diventava o il fuoco solare — Ra-shoo — o l’acqua
primordiale. Quindici secoli più tardi, le interpretazioni diverse erano aumentate considerevolmente. Il tempo,
nel suo corso, aveva modificato le loro idee relative all’universo ed alle forze che lo governano. Durante la sua
breve esistenza di diciotto secoli, il Cristianesimo ha elaborato, sviluppato e trasformato la maggior parte dei
suoi dogmi; quante volte perciò i sacerdoti egiziani avranno modificato i loro dogmi durante il corso di quei
cinquanta secoli che separano Teodosio dai Re che costruirono le Piramidi?1
Qui riteniamo che l’eminente egittologo vada troppo oltre. I dogmi exoterici possono
essere stati alterati spesso, ma quelli esoterici mai. Egli non prende in considerazione la sacra
immutabilità delle verità primitive, rivelate soltanto durante i misteri dell’Iniziazione. I
sacerdoti egiziani avevano dimenticato molto, ma non alterarono niente. La perdita di gran
parte degli insegnamenti primitivi è dovuta alla morte subitanea di grandi Jerofanti, che se ne
andarono prima di aver avuto il tempo di rivelare tutto ai loro successori, e ciò soprattutto
per l’assenza di eredi degni di ricevere la loro conoscenza. Tuttavia essi hanno conservato
nei loro rituali e nei loro dogmi gli insegnamenti principali della Dottrina Segreta.
Così, nel capitolo del Libro dei Morti citato da Maspero, troviamo:
1. Osiride che dice che è Toom — la forza creativa della Natura, che dà la forma a tutti gli
esseri, agli spiriti come agli uomini, autogenerata ed autoesistente — scaturita da Noon, il
fiume celeste, chiamato Padre-Madre degli Dèi, la divinità primordiale, che è il Chaos o
l’Abisso impregnato dallo Spirito invisibile.
2. Osiride ha trovato Shoo, la forza solare, sulla Gradinata nella Città degli Otto (i due
quadrati del Bene e del Male), ed ha annientato i Figli della Ribellione, i princìpi maligni in
Noon (il Chaos).
3. Egli è il Fuoco e l’Acqua, Noon il Genitore Primordiale, e creò gli Dèi traendoli dalle sue
Membra — quattordici Dèi (due volte sette), sette Dèi di luce e sette di tenebre — i sette
Spiriti della Presenza dei cristiani ed i sette Spiriti Maligni delle tenebre.
4. Egli è la Legge dell’Esistenza e dell’Essere, il Bennoo, o Fenice, l’Uccello della
Resurrezione nell’Eternità, in cui la Notte segue al Giorno, ed il Giorno alla Notte –
un’allusione ai cicli periodici di resurrezione cosmica e di reincarnazione umana. Infatti,
quale altro significato potrebbe avere? “Viandante che attraversa milioni di anni è il nome
dell’uno, e Grande Verde (l’Acqua Primordiale o Chaos) il nome dell’altro”; l’uno genera
successivamente milioni di anni, l’altro li inghiotte per restituirli.
5. Egli parla dei Sette Esseri Luminosi che seguono il loro Signore Osiride, che amministra
la giustizia nell’Amenti.
È adesso dimostrato che tutto ciò è stato la sorgente e l’origine dei dogmi cristiani.
Ciò che gli ebrei ebbero dall’Egitto attraverso Mosé ed altri Iniziati, fu abbastanza confuso
1
Guide du Visiteur au Musée de Boulaq, 1883, pp. 148, 149.
235
ed alterato nei tempi posteriori; ma quello che la Chiesa prese ad entrambi è interpretato
ancora peggio.
Adesso è tuttavia stabilito che il sistema ebraico, in questo speciale ramo del
simbolismo — cioè la chiave dei misteri dell’astronomia nei loro rapporti con quelli della
generazione e del concepimento — è identico a quelle idee che, nelle religioni antiche,
hanno sviluppato l’elemento fallico della Teologia. Il sistema ebraico delle misure sacre
applicato ai simboli religiosi è uguale, come combinazioni geometriche e numeriche, a
quello della Grecia, della Caldea e dell’Egitto, poiché esso fu adottato dagli israeliti durante i
secoli della loro schiavitù e prigionia in queste due ultime nazioni.1 Qual’era questo sistema?
L’autore di The Source of Measures crede fermamente che: “i Libri di Mosè intendevano
esporre, mediante una specie di artifizio del linguaggio, un sistema geometrico e numerico di
scienza esatta, che avrebbe dovuto servire come un’origine delle misure”. Piazzi Smyth
condivide la medesima opinione. Alcuni eruditi ritengono che questo sistema e queste
misure siano identiche a quelle adoperate per la costruzione della Grande Piramide, ma ciò è
vero soltanto in parte. “La base di queste misure fu la proporzione Parker”, dice Ralston
Skinner in The Source of Measures.
L’autore di quest’opera veramente straordinaria sostiene di aver fatto tale scoperta
adoperando il rapporto integrale del diametro alla circonferenza di un cerchio, scoperto da
John A. Parker, di New York. Questo rapporto è di 6561 per il diametro e di 20612 per la
circonferenza. Inoltre, questo rapporto geometrico era l’origine antichissima, e
probabilmente divina, di quelle che adesso sono divenute, in seguito a manipolazioni
exoteriche e ad applicazioni pratiche, le misure lineari britanniche, “la cui unità sottostante, e
cioè il pollice, era pure la base di uno dei cubiti reali egiziani e del piede romano”.
Egli scoprì pure che esisteva una forma modificata del rapporto, e cioè 113 a 355; e che, mentre
quest’ultima proporzione si riferiva, attraverso la sua origine, all’integrale esatto di pi, o rapporto di 6561 a
20612, essa serviva pure come una base per calcoli astronomici.
L’autore scoprì che un sistema di scienza esatta, geometrica, numerica ed astronomica, basata su
queste proporzioni, e di cui si constata l’applicazione pratica nella costruzione della Grande Piramide Egiziana,
costituiva in parte il fardello di questo linguaggio, così come esso è contenuto e dissimulato sotto la verbosità
del testo ebraico della Bibbia. Fu trovato che il pollice e la misura di due piedi di 24 pollici, messi così in uso
per mezzo degli elementi del cerchio e delle proporzioni citate, erano alla base, o all’origine, di questo sistema
scientifico naturale egiziano ed ebraico; mentre, in pari tempo, sembra abbastanza evidente che il sistema stesso
fosse considerato di origine divina e dovuto a rivelazione divina.
Ma vediamo adesso cosa dicono coloro che si oppongono alle misure che dà della
Piramide il prof. Piazzi Smyth.
Petrie si rifiuta di ammetterle, e sembra aver distrutto i calcoli di Piazzi Smyth nei
loro rapporti biblici. Proctor, l’araldo del “Coincidentalismo”, fa la stessa cosa da parecchi
anni per tutte le questioni concernenti le arti e le scienze antiche. Parlando delle “molteplici
relazioni indipendenti dalle Piramidi che sono sorte, mentre i Piramidalisti hanno cercato di
collegare le Piramidi con il sistema solare”, egli dice:
Queste coincidenze (che “resterebbero egualmente anche se le Piramidi non esistessero”) sono molto
più curiose di qualsiasi coincidenza esistente fra la Piramide ed i numeri astronomici: le prime sono tanto
misteriose e notevoli quanto reali; le ultime, che sono soltanto immaginarie, (?) sono state stabilite solo
1
Come scrivemmo in Iside Svelata (II, 438-9): “Fino ad ora, nonostante tutte le controversie e ricerche, la storia e la scienza
sono all’oscuro come prima circa le origini dei ebrei. Essi potrebbero benissimo essere i Chandâla esiliati dell’antica India, i
‘muratori’ di cui parlano i Veda-Vyâsa ed il Manu; come pure i fenici di Erodoto, oppure gli Hyksos di Giuseppe, o i
discendenti dei pecorai Pali, oppure una mescolanza di tutti questi. La Bibbia parla dei Tiriani come di un popolo della
medesima razza, e pretende di regnare su di essi... Tuttavia, qualunque sia la loro discendenza, essi divennero un popolo
ibrido poco dopo l’epoca di Mosè, poiché la Bibbia ce li mostra che si univano liberamente in matrimonio non solo con i
canaanei, ma anche con tutte le altre nazioni o razze con le quali vennero in contatto”.
236
mediante il procedimento che gli studiosi chiamano “fandonie”, ed ora nuove misure obbligano a rifare tutto il
lavoro.1
A ciò, C. Staniland Wake giustamente osserva:
Vi devono essere state più che delle semplici coincidenze se i costruttori della Piramide possedevano
le conoscenze astronomiche chiaramente dimostrate dal suo perfetto orientamento e da altre caratteristiche
notoriamente astronomiche.2
Essi le possedevano sicuramente, ed è su questa “conoscenza” che era basato lo
schema dei Misteri e la serie delle Iniziazioni: di qui è venuta la costruzione della
Piramide, che è un monumento imperituro ed un simbolo indistruttibile di quei Misteri e di
quelle Iniziazioni sulla Terra, come il corso delle stelle lo è in Cielo. Il ciclo
dell’Iniziazione era una riproduzione in miniatura di quella grande serie di cambiamenti
cosmici alla quale gli astronomi hanno dato il nome di anno Tropicale o Siderale. Come
alla fine del ciclo dell’anno Siderale (25.868 anni), i corpi celesti ritornano alla stessa
posizione relativa che occupavano al suo inizio, così, alla fine del ciclo dell’Iniziazione,
l’Uomo Interiore ha riacquistato lo stato primitivo di purezza e di conoscenza divina da cui
partì per intraprendere il suo ciclo di incarnazioni terrene.
Mosè, un Iniziato ai Misteri Egiziani, basò i misteri religiosi della nuova nazione
da lui creata, sulle medesime formule astratte derivate da questo Ciclo Siderale,
simboleggiate dalla forma e dalle misure del Tabernacolo, che si suppone egli abbia
costruito nel deserto. Su questi dati, i Grandi Sacerdoti ebraici posteriori costruirono
l’allegoria del Tempio di Salomone — un edificio che non è mai esistito realmente, come
non è mai esistito il Re Salomone stesso, il quale non è altro che un mito solare,
precisamente come il più recente Hiram Abif dei Massoni, e ciò è stato dimostrato
benissimo da Ragon. Così, se le misure di questo Tempio allegorico, il simbolo del ciclo
dell’Iniziazione, coincidono con quelle della Grande Piramide, è perché le prime
derivarono da quest’ultima, attraverso le misure del Tabernacolo di Mosè.
Che il nostro autore abbia innegabilmente scoperto una ed anche due delle chiavi, è
pienamente dimostrato dall’opera che abbiamo adesso citato. Basta leggerla per essere
pervasi da una convinzione crescente che il significato celato delle allegorie e delle
parabole dei due Testamenti è adesso svelato. Ma è altrettanto certo, se non di più, che egli
deve questa scoperta molto più al suo genio che non a Parker ed a Piazzi Smyth. Poiché,
come abbiamo dimostrato adesso, non è così certo che le misure della Grande Piramide
adottate dai Piramidalisti biblici siano al di là di ogni sospetto. Una prova di ciò si può
trovare nell’opera The Pyramids and Temples of Gizeh, di Petrie, come pure in altri libri
scritti recentemente per confutare i detti calcoli che i loro autori chiamano “tendenziosi”.
Constatiamo che quasi tutte le misure di Piazzi Smyth differiscono dalle misurazioni
posteriori e più accurate di Petrie, il quale conclude l’introduzione alla sua opera così:
Per quanto concerne i risultati di tutta l’investigazione, forse molti teorici concorderanno con
l’opinione di un americano che, quando arrivò a Giza, era un ardente sostenitore delle teorie sulle Piramidi.
Ebbi il piacere di trascorrere qui due giornate in sua compagnia e, durante il nostro ultimo pasto in comune,
mi disse con tristezza: “Ebbene, signore, io provo l’impressione di aver assistito ad un funerale. In ogni
modo accordiamo alle vecchie teorie una sepoltura onorevole, per quanto dovremmo fare attenzione che,
nella nostra fretta, non ci accada di seppellire vivo qualcuno dei feriti.”
Per quanto concerne i calcoli in generale di J. A. Parker, ed in modo particolare la
sua terza proposizione, abbiamo consultato in proposito alcuni eminenti matematici e
riassumiamo qui quanto essi ci dissero: i ragionamenti di Parker poggiano su
1
2
Knowledge, Vol. I; vedi anche la lettera di Petrie all’Accademia, 17 dicembre 1881.
The Origin and Significance of the Great Pyramid, Londra 1882, pag. 9, nota.
237
considerazioni sentimentali piuttosto che matematiche, e sono logicamente inconcludenti.
La Proposizione III che dice:
“Il cerchio è la base naturale o il princìpio di tutte le superfici, e fare del quadrato tale base nella
scienza matematica, è artificioso ed arbitrario”,
è un esempio di una proposizione arbitraria, sulla quale non si potrebbe basare un
ragionamento matematico. La stessa osservazione si applica, ancor più, a maggior ragione,
alla proposizione VII che afferma:
“Poiché il cerchio è la forma primordiale nella natura e quindi la base dell’area e, siccome il cerchio non ha per
misura il quadrato ed è uguale ad esso soltanto nel rapporto di metà della sua circonferenza per il raggio, ne
consegue che la circonferenza ed il raggio, e non il quadrato del diametro, sono i soli elementi naturali e
legittimi della superficie, per mezzo dei quali tutte le forme regolari sono rese eguali al quadrato ed eguali al
cerchio” .
La proposizione IX è un esempio notevole di un ragionamento sbagliato, per quanto sia
quella sulla quale poggia principalmente la Quadratura di Parker.1 Essa afferma che:
“Il cerchio ed il triangolo equilatero sono opposti l’uno all’altro in tutti gli elementi della loro
costruzione, e quindi il diametro frazionale di un cerchio, che è eguale al diametro di un quadrato, è
inversamente proporzionale al doppio del diametro di un triangolo equilatero la cui area è l’unità, ecc.”
Ammettendo, per necessità di argomentazione, che si possa dire che un triangolo
abbia un raggio, nel senso in cui parliamo del raggio di un cerchio — poiché ciò che Parker
chiama il raggio di un triangolo è il raggio di un cerchio iscritto in un triangolo e quindi
niente affatto il raggio del triangolo stesso — ed ammettendo per il momento le altre
proposizioni fantastiche e matematiche unite alle sue premesse, perché dobbiamo giungere
alla conclusione che, se il triangolo equilatero ed il cerchio sono opposti in tutti gli elementi
della loro costruzione, i1 diametro di un cerchio qualsiasi è inversamente proporzionale al
doppio del diametro di un triangolo equivalente qualsiasi? Quale rapporto indispensabile vi è
fra le premesse e le conclusioni? Un tale ragionamento è sconosciuto in geometria e non
sarebbe accettato da matematici rigorosi.
Che il sistema esoterico arcaico abbia dato origine o meno alla misura britannica del
pollice, è però di poca importanza per un vero e proprio metafisico. E il modo esoterico di
Ralston Skinner di leggere la Bibbia non diventa inesatto semplicemente perché è stato
trovato che le misure della Piramide possono non concordare con quelle del Tempio di
Salomone, dell’Arca di Noè, ecc.; oppure perché i matematici si rifiutano di accettare la
quadratura del cerchio di Parker. Infatti, l’interpretazione di Skinner dipende principalmente
dai metodi cabalistici e dal valore che i Rabbini danno alle lettere dell’alfabeto ebraico. Ma è
estremamente importante accertarsi se le misure usate nell’evoluzione della Religione
simbolica degli ariani, nella costruzione dei loro templi, nelle cifre date nei Purâna, e
specialmente nella loro cronologia, nei loro simboli astronomici, nella durata dei cicli ed in
altri calcoli, erano o no le medesime di quelle usate nelle misurazioni bibliche e nei glifi.
Poiché ciò proverebbe che gli ebrei, a meno che essi non abbiano preso il loro cubito sacro e
le loro misure dagli egiziani — essendo stato Mosè iniziato dai loro sacerdoti — debbano
avere acquisito quelle nozioni dall’India. In ogni caso, le trasmisero ai cristiani primitivi.
Sono dunque gli occultisti ed i cabalisti i veri eredi della Conoscenza o Saggezza Antica che
si trova tuttora nella Bibbia, poiché essi soltanto ne comprendono attualmente il vero
significato, mentre i profani, ebrei e cristiani, si attengono solo al suo involucro esterno e alla
lettera morta. È attualmente dimostrato dall’autore di The Source of Measures che fu questo
sistema di misure che condusse all’invenzione dei nomi di Elohim e di Jehovah dati a Dio,
1
[Quadrature of the Circle, 1851, pp. 117 – 19.]
238
come pure del loro adattamento al fallicismo; e che Jehovah non è altro che una copia poco
lusinghiera di Osiride. Ma tanto questo autore che Piazzi Smyth sembrano essere sotto
l’impressione che: (a) il primato del sistema appartenga agli israeliti, essendo la lingua
ebraica la lingua divina, e (b) che questa lingua universale sia dovuta alla rivelazione diretta!
Quest’ultima ipotesi è giusta soltanto nel senso indicato nell’ultimo paragrafo della
precedente Sezione, ma dobbiamo ancora intenderci intorno alla natura ed al carattere del
divino “Rivelatore”. In quanto all’esattezza della prima ipotesi relativa alla priorità del
sistema, essa dipenderà naturalmente per il profano: (a) dalle prove interne ed esterne della
rivelazione, e (b) dai preconcetti individuali di ciascun studioso. Ciò, del resto, non impedirà
né ai cabalisti teisti né agli occultisti panteisti di credere ognuno a modo suo, poiché nessuno
dei due riesce a convincere l’altro. I dati forniti dalla storia sono troppo esigui ed
insoddisfacenti perché ognuno di essi possa dimostrare allo scettico di aver ragione.
D’altra parte, le prove offerte dalla tradizione sono respinte con troppa persistenza
per poter sperare di risolvere la questione nell’epoca attuale. Frattanto, la scienza
materialistica continuerà a beffarsi indifferentemente tanto dei cabalisti quanto degli
occultisti. Ma, una volta posta da parte la controversia della priorità, la scienza, nei suoi rami
della Filologia e delle Religioni comparate, sarà costretta ad occuparsene ed a prendere in
considerazione la comune pretesa.
Una ad una, tali pretese vengono ammesse, a misura che gli scienziati sono costretti a
riconoscere i fatti esposti dalla Dottrina Segreta, per quanto essi riconoscano raramente e
forse mai, di essere stati preceduti nelle loro affermazioni. Così Piazzi Smyth, nei giorni in
cui si riconosceva la sua autorità relativamente alla Piramide di Giza, sosteneva la teoria che
il sarcofago di porfido della Camera del Re era “l’unità di misura delle due nazioni più
illuminate della terra, l’Inghilterra e l’America”, e che non era altro che “un’arca da grano”.
Noi lo negammo energicamente in Iside Svelata, opera che veniva pubblicata proprio allora.
La stampa di New York (e specialmente i giornali: il Sun e il World) insorsero contro la
pretesa che avevamo noi di giudicare dell’esattezza o meno delle affermazioni di un simile
luminare del sapere. In tale opera dicevamo che Erodoto, parlando di quella Piramide:
... avrebbe potuto aggiungere che, esternamente, essa simboleggiava il princìpio creativo della Natura
e rendeva pure palesi i princìpi della geometria, della matematica, dell’astrologia e dell’astronomia.
Internamente, era un tempio maestoso, nei cui oscuri recessi venivano celebrati i Misteri, ed i cui muri erano
stati spesso testimoni delle cerimonie dell’iniziazione di membri della famiglia reale. Il sarcofago di porfido
che il prof. Piazzi Smyth, Astronomo Reale di Scozia, abbassa al livello di un’arca da grano, era il fonte
battesimale, emergendo dal quale il neofita era considerato “nato di nuovo” e diveniva un Adepto .1
A quell’epoca, la nostra affermazione fu derisa. Fummo accusati di aver tratto le
nostre idee dalle manie di Shaw, uno scrittore inglese del quale non avevamo mai sentito
parlare. Egli aveva sostenuto che il sarcofago veniva usato per la celebrazione dei Misteri di
Osiride. Adesso, a sei o sette anni di distanza (1882), ecco quanto scrive Staniland Wake:
La cosiddetta Camera del Re, della quale un entusiastico piramidalista dice: “I muri levigati, i
materiali scelti, le grandi proporzioni e la posizione eccelsa parlano eloquentemente delle glorie future”; se non
era “la camera delle perfezioni” della tomba di Cheope, era però probabilmente
il luogo dove veniva ammesso il neofita dopo avere attraversato lo stretto passaggio che conduceva
verso l’alto e la grande galleria con la sua estremità poco elevata, che lo preparavano gradatamente alla fase
finale dei Misteri Sacri.2
Se Staniland Wake fosse stato un teosofo, avrebbe potuto aggiungere che lo stretto
passaggio che conduceva in alto alla Camera del Re, aveva realmente una “porta stretta”; la
medesima “porta stretta” che “conduce alla vita” o alla nuova rinascita spirituale, alla quale
1
2
Op. cit., I°, 519.
The Origin and the Significance of the Great Pyramid, pag. 93.
239
alludeva Gesù nel Vangelo di San Matteo1; e che era a questa porta del Tempio
dell’Iniziazione che alludeva lo scrittore quando riferiva le parole attribuite ad un Iniziato.
Così gli scienziati più dotti, invece di deridere quella “farragine di assurde invenzioni
e di superstizioni”, come viene definita generalmente la letteratura brâhmanica, devono
cercare di imparare la lingua simbolica universale, con le sue chiavi numeriche e
geometriche. Ma anche così arriveranno difficilmente ad un esito positivo se condivideranno
l’opinione che il sistema cabalistico ebraico contiene la chiave di tutto il mistero, poiché non
è così. Del resto, attualmente, non la possiede interamente nessun’altra Scrittura Sacra,
poiché anche i Veda sono incompleti.
Ognuna delle antiche religioni non rappresenta che un capitolo o due dell’intero
Volume dei misteri arcaici primordiali, poiché soltanto l’Occultismo Orientale può affermare
di possedere il segreto completo con le sue sette chiavi. In quest’opera faremo dei confronti e
daremo le maggiori spiegazioni possibili, il resto sarà lasciato all’intuizione personale dello
studioso.
Dicendo che l’Occultismo Orientale detiene il segreto completo, l’autrice non ha
affatto la pretesa di possedere una conoscenza “completa” o nemmeno approssimativa,
poiché ciò sarebbe assurdo. Io dò soltanto quello che so; quello che non posso spiegare, lo
studioso deve scoprirlo da sé.
Ma per quanto si possa supporre che il ciclo intero del Linguaggio universale dei
Misteri non sarà conosciuto ancora per diversi secoli a venire, tuttavia anche il poco che è
stato fin qui scoperto nella Bibbia da alcuni profondi eruditi, è sufficiente a dimostrarne
matematicamente l’esistenza.
Poiché il Giudaismo si serviva di due delle sette chiavi, e siccome queste due chiavi
sono state ora riscoperte, non si tratta più di una speculazione o di un’ipotesi individuale e
tanto meno di “coincidenze”, bensì di una lettura corretta dei testi biblici, precisamente come
una persona che sa l’aritmetica, legge e verifica il totale di un’addizione. Infatti, tutto quello
che abbiamo detto in Iside Svelata, viene attualmente confermato da Egyptians Mistery or
The Source of Measures, mediante una simile lettura della Bibbia con le chiavi numerica e
geometrica.
Ancora pochi anni e questo sistema porrà fine all’interpretazione della Bibbia basata
sulla lettera morta, come quella di tutte le altre fedi exoteriche, mostrando i dogmi nel loro
vero e reale significato. E allora questo significato innegabile, per quanto incompleto,
svelerà il mistero dell’Essere e cambierà, inoltre, totalmente i moderni sistemi scientifici
dell’Antropologia, dell’Etnologia e specialmente quello della Cronologia. L’elemento fallico
che si riscontra in ciascuno dei nomi dati a Dio nelle narrazioni del Vecchio Testamento e,
fino ad un certo punto, anche nel Nuovo Testamento, potrà pure con il tempo cambiare
considerevolmente le idee materialistiche moderne sulla Biologia e la Fisiologia.
Spogliate della loro repulsiva crudezza moderna, tali vedute della Natura e dell’uomo
sveleranno, appoggiandosi sull’autorità dei corpi celesti e dei loro misteri, le evoluzioni della
mente umana, e mostreranno quanto fosse naturale un simile modo di vedere.
I cosiddetti simboli fallici sono divenuti osceni soltanto a causa dell’elemento di
materialità e di animalità in essi contenuto. All’inizio, quei simboli erano semplicemente
naturali, poiché avevano avuto origine fra le razze arcaiche, le quali, sapendo di discendere
da antenati androgini, vedevano in tali simboli le prime manifestazioni fenomeniche della
separazione dei sessi e del susseguente mistero in virtù del quale potevano creare a loro
volta. Se le razze posteriori e, specialmente il “popolo eletto”, hanno degradato tali simboli,
ciò non altera per niente la loro origine. Questa piccola tribù semitica — uno dei più piccoli
1
vii, 13 e seg.
240
rami derivati, dopo la sommersione del grande Continente, dalla mescolanza della quarta e
quinta sotto-razza, dei mongoli turaniani e dei così detti indo-europei, — poteva accettare il
loro simbolismo soltanto nel significato che gli era stato dato dalle nazioni da cui tale tribù
era derivata. Ed è probabile che al princìpio del periodo di Mosè, i simboli non fossero così
grossolani come lo divennero più tardi sotto Esdra, che rimodellò tutto il Pentateuco. Per
fare un esempio, il glifo della figlia del Faraone (la donna), il Nilo (il Grande Abisso e
l’Acqua), ed il fanciullino che vi galleggiava sopra in una cesta di giunco, non fu
originariamente composto per Mosè, né da Mosè. Come risulta da frammenti trovati su
tavolette babilonesi, era stato anticipato nella storia del Re Sargon, che era vissuto molto
tempo prima di Mosè.
George Smith, nelle sue Assyrian Antiquities,1 dice: “Nel palazzo di Sennacherib, a
Kouyunjik, trovai un altro frammento della curiosa storia di Sargon... da me tradotta e
pubblicata nelle Transactions of the Society of Biblical Archaeology”.2 La capitale di Sargon,
il Mosè babilonese, “era la grande città di Agadi, chiamata Akkad dai semiti, e della quale si
fa menzione nel Genesi3 come della capitale di Nimrod…
Akkad era situata vicino alla città di Sippara sull’Eufrate e a nord di Babilonia”.4
Un’altra strana “coincidenza” sta nel fatto che il nome della città vicina, Sippara, è il nome
della moglie di Mosè: Zipporah.5 Naturalmente la storia è un’abile interpolazione di Esdra,
che non poteva ignorare quella originale. Questa curiosa storia si trova su dei frammenti di
tavolette provenienti da Kouyunjik e dice:
1. Io sono Sargina, il potente re, il re di Akkad.
2. Mia madre era una principessa, mio padre non l’ho conosciuto; un fratello di mio padre regnava sul
paese.
3. Nella città di Azupiranu, situata presso le rive del fiume Eufrate;
4. Mia madre, la principessa, mi concepì; con difficoltà mi mise alla luce;
5. Essa mi collocò in una cesta di giunchi, e con bitume ne suggellò l’uscita;
6. Essa mi lanciò nel fiume che non mi annegò;
7. II fiume mi trasportò ad Akki, il traghettatore;
8. Akki, il traghettatore, per tenerezza di cuore mi salvò6.
Confrontiamo adesso con il racconto della Bibbia nell’Esodo.
Ma non potendo essa (la madre di Mosè) più tenerlo nascosto, prese una cesta di giunchi e la ricoperse
di bitume e di pece; postovi dentro il fanciullo, la mise nella giuncaia, sulla riva del fiume.7
Quindi G. Smith continua dicendo:
Si suppone che il fatto sia accaduto circa 1600 anni a. C., alquanto prima dell’epoca in cui si suppone
sia vissuto Mosè e, siccome sappiamo che la fama di Sargon era pervenuta fino all’Egitto, è assai probabile che
questo racconto abbia un rapporto con gli eventi narrati nel capitolo II dell’Esodo; poiché ogni azione, una
volta compiuta, ha tendenza ad essere ripetuta.
Ma adesso che il prof. Sayce ha avuto il coraggio di far retrocedere di duemila anni le
date assegnate ai Re caldei ed assiri, Sargon deve aver preceduto Mosè per lo meno di 2000
anni. La confessione è suggestiva, ma tale cifra manca ancora di uno o due zeri.
1
pag. 224.
Vol. I, Parte I, 46.
3
x, 10.
4
Vedi Iside Svelata, II, pag. 442 – 3.
5
Esodo, ii, 21.
6
George Smith, Chaldean Account of Genesis, pp. 299 - 300.
7
II, 3.
2
241
Ora, quali logiche conclusioni si possono dedurre da ciò? Indubbiamente quella che
la storia di Mosè narrata da Esdra è stata da lui conosciuta durante il suo soggiorno a
Babilonia, e che egli applicò al legislatore giudaico l’allegoria concernente Sargon, ossia che
l’Esodo non fu mai stato scritto da Mosè, ma che fu rielaborato con vecchi materiali da
Esdra.
E se questa è la realtà, perché altri simboli e glifi molto più grossolani nel loro
elemento fallico, non potrebbero essere stati aggiunti da questo adepto del culto fallico
posteriore dei caldei e dei sabeani? Ci viene insegnato che la fede primitiva degli israeliti era
molto differente da quella sviluppata nei secoli posteriori dai Talmudisti e, prima di essi, da
David e da Ezechiele.
Tutto ciò, nonostante l’elemento exoterico che si trova adesso nei due Testamenti, è
sufficiente per classificare la Bibbia fra le opere esoteriche e per collegare il suo sistema
segreto con il simbolismo indù, caldeo ed egiziano. Il ciclo intero dei glifi e delle cifre
bibliche, come è suggerito dalle osservazioni astronomiche — essendo l’Astronomia e la
Teologia strettamente collegate — si trova nei sistemi indiani tanto exoterici che esoterici.
Queste figure ed i loro simboli, i segni dello Zodiaco, i pianeti, gli aspetti che
formano e i loro nodi — quest’ultima parola è passata ormai perfino nella terminologia della
Botanica moderna — sono conosciuti nell’Astronomia sotto i nomi di Sestile, Quadratura, e
così via; e sono state in uso nelle nazioni arcaiche per secoli e secoli; in un certo senso, esse
hanno lo stesso significato delle cifre ebraiche. Le primissime forme della Geometria
elementare debbono certamente essere state suggerite dall’osservazione dei corpi celesti e
dei loro raggruppamenti. Quindi, i simboli più arcaici nell’Esoterismo Orientale sono il
cerchio, il punto, il triangolo, il quadrato, il pentagono, l’esagono, ed altre figure piane con
diversi lati ed angoli. Questo dimostra che la conoscenza e l’uso del simbolismo geometrico
sono antichi quanto il mondo.
Partendo da ciò, è facile capire come la Natura stessa, anche senza l’aiuto dei divini
Istruttori, abbia potuto insegnare all’umanità primordiale i primi princìpi di un linguaggio
simbolico numerico e geometrico1.
Perciò troviamo numeri e cifre adoperati quali mezzo di espressione e di
registrazione del pensiero in tutte le Scritture simboliche arcaiche. Questi simboli sono
sempre i medesimi, salvo certe varianti che derivano dalle prime cifre. Così l’evoluzione e la
correlazione dei misteri del Cosmo, della sua crescita e del suo sviluppo — spirituale e
fisico, astratto e concreto — furono innanzitutto registrate per mezzo di modificazioni
geometriche della forma. Ogni Cosmogonia incominciò con un cerchio, un punto, un
triangolo ed un quadrato, fino al numero 9, quindi fu sintetizzata da una prima linea e da un
cerchio — poiché la Decade mistica Pitagorica, la somma di tutto, contiene ed esprime i
misteri del Cosmo intero, misteri registrati con esattezza cento volte maggiore nel sistema
indù che in qualsiasi altro per colui che sa comprendere il suo linguaggio mistico. I numeri 3
e 4, la cui combinazione dà 7, come pure i numeri 5, 6, 9 e 10, sono le vere pietre angolari
delle Cosmogonie occulte. Questa Decade e le sue mille combinazioni si ritrovano in
qualunque parte del globo. Possiamo riconoscerla nelle caverne e nei templi scavati nella
roccia dell’Indostan e dell’Asia Centrale, nelle Piramidi e nelle Pietre (Lithoi) dell’Egitto e
dell’America, nelle catacombe di Ozimandyas, sulle sommità nevose delle montagne del
Caucaso, nelle rovine di Palenque, nell’Isola di Pasqua; insomma, ovunque si è posato il
piede dell’uomo antico. Il 3 ed il 4, il triangolo e il quadrato, o i glifi universali maschile e
1
Per rammentare quante volte la Religione esoterica di Mosè fu schiacciata, e rimpiazzata dal culto di Jehovah come l’aveva
ristabilito David, come fece ad esempio Ezechiele, consultare Iside Svelata (II, 436-42). Certamente vi debbono essere state
delle buone ragioni perché i Sadducei, che fornivano quasi tutti i Grandi Sacerdoti della Giudea, si attenevano alle leggi di
Mosè, mentre respingevano gli allegati “Libri di Mosè”, il Pentateuco della Sinagoga ed il Talmud.
242
femminile che mostrano il primo aspetto della divinità evolvente, sono scolpiti per sempre
nei cieli nella Croce del Sud, come pure nella Crux Ansata egiziana. Come si esprime
benissimo l’autore di The Source of Measures:
Il cubo aperto si svolge nella forma della croce egiziana o Tau, oppure nella forma della croce
cristiana... Aggiungendo un cerchio alla prima si ottiene la Croce Ansata... i numeri 3 e 4, contati sulla croce,
danno la forma del candeliere d’oro (ebraico) (nel Santo dei Santi); e del 3+4=7, e 6+1=7, giorni nel cerchio
della settimana, come 7 luci del sole. La settimana di 7 luci, come dette origine al mese ed all’anno, segna pure
la data delle nascite... Essendo la forma della croce così stabilita dall’uso simultaneo della formula 113 : 355, il
simbolo è completato da un uomo disteso sulla croce.1 Questo genere di misura era collegato all’idea
dell’origine della vita umana, e di qui nacque la forma fallica.
Le Stanze mostrano come tanto la croce che questi numeri rappresentano una parte
prominente nella Cosmogonia arcaica. Frattanto possiamo approfittare delle prove raccolte
dal medesimo autore nella parte che egli giustamente intitola “le Vestigia Primordiali di
questi Simboli”, per dimostrare l’identità dei simboli e del loro significato esoterico in
qualunque parte del mondo.
Dopo avere esaminato in via generale la natura delle forme numeriche... diventa un soggetto del
maggiore interesse la ricerca del luogo e dell’epoca della loro nascita e del loro uso iniziale. Sono state esse il
prodotto di una rivelazione in quel periodo di tempo che noi chiamiamo le epoche storiche — un ciclo
eccessivamente moderno, se prendiamo in considerazione l’età della razza umana? Sembra infatti che l’uomo
ne sia venuto in possesso in un’epoca molto più lontana dagli antichi egiziani, di quanto essi lo siano da noi.
Le isole di Pasqua, “in mezzo al Pacifico”, presentano delle caratteristiche tali da doversi considerare
come i resti di sommità di montagne di un continente sommerso, poiché questi picchi sono ricoperti da una
quantità di statue ciclopiche, reliquie della civiltà di un popolo numeroso e colto, che necessariamente deve
avere occupato un’area molto estesa. Sul dorso di queste statue si trova la “croce ansata”, come pure questa
medesima croce modificata in maniera da presentare i contorni della forma umana. Si può trovarne una
descrizione completa, accompagnata da incisioni che raffigurano il paese ricoperto da una vera foresta di statue
e da fac-simili delle statue stesse, nel numero di gennaio 1870 del London Builder...
In uno dei primi numeri del Naturalist (circa 36) pubblicato a Salem, Massachusetts, si trova la
descrizione di alcuni antichissimi e curiosi intagli scoperti sulle pareti delle creste delle montagne dell’America
del Sud, ed incontestabilmente molto anteriori alle razze viventi attualmente in quei luoghi. Ciò che vi è di
strano in questi intagli è che essi rappresentano il contorno di un uomo disteso su una croce2, mediante una
serie di disegni nei quali dalla forma di un uomo nasce quella di una croce, ma fatti in modo tale che si può
prendere la croce per l’uomo o l’uomo per la croce...
È notorio che esisteva, fra gli aztechi, la tradizione di una narrazione molto esatta del diluvio...
Humboldt dice che dobbiamo cercare il paese di Aztalan, terra di origine degli aztechi, all’altezza del 42°
parallelo nord, da dove, viaggiando, arrivarono infine nella vallata del Messico. In quella vallata i rialzi di terra
dell’estremo nord diventano le eleganti pietre piramidali e gli altri edifici di cui troviamo attualmente le rovine.
Le corrispondenze che si riscontrano fra le reliquie azteche e quelle egiziane sono ben conosciute... Atwater,
dopo averne esaminate a centinaia, si è convinto che quei popoli avessero delle conoscenze astronomiche. Una
delle più perfette costruzioni degli aztechi, a forma di piramide, è così descritta da Humboldt:
La forma di questa piramide, (quella di Papantla) che ha sette piani, termina più a punta di qualsiasi
altro monumento di questo genere fino ad ora scoperto, però la sua altezza non è molto notevole poiché misura
soltanto 57 piedi e la sua base è solo di 25 piedi per lato. Essa ha però questo di notevole, e cioè che è
completamente costruita con pietre tagliate di grandezza straordinaria e molto ben formate.
Tre scale, i cui scalini erano decorati con geroglifici scolpiti e piccole nicchie disposte con grande
simmetria, conducevano alla sommità. Il numero di queste nicchie sembra riferirsi ai 318 segni semplici e
composti dei giorni del loro calendario civile”. Il numero 318 rappresenta, per gli gnostici, il valore della
parola Cristo, come pure il numero famoso dei servitori addestrati o circoncisi di Abramo. Se si considera che
318 è un valore astratto ed universale, che esprime il valore di un diametro in rapporto ad una circonferenza
quale unità, la sua utilità nella composizione di un calendario civile diviene manifesta”.
1
Ricordiamo nuovamente il Wittoba indù crocifisso nello spazio; l’importanza del “segno sacro”, la Svastika; l’Uomo
Decussato nello Spazio, di Platone, ecc.
2
Vedi più avanti la descrizione della primitiva Iniziazione Ariana: di Vishvakarman che, su un’assicella in forma di croce,
crocifigge il Sole, Wikarttana, spogliato dei suoi raggi.
243
In Egitto, in Perù, in Messico, nell’Isola di Pasqua, in India, in Caldea e nell’Asia
centrale si trovano dei glifi, dei numeri e dei simboli esoterici identici — di Uomini
Crocifissi e di simboli dell’evoluzione delle razze provenienti dagli Dèi — eppure vediamo
che la scienza ripudia l’idea di una razza umana che non sia fatta a nostra immagine; la
Teologia si aggrappa ai suoi 6000 anni dopo la Creazione, l’Antropologia insegna la nostra
discendenza dalla scimmia, ed il Clero la fa risalire ad Adamo, 4004 anni a.C.!!
Dobbiamo forse, per timore di essere tacciati come pazzi superstiziosi e magari
mentitori, astenerci dal fornire delle prove — prove altrettanto fondate quanto qualsiasi altra
— soltanto perché siamo ancora lontani dal giorno in cui le Sette Chiavi saranno date in
possesso alla scienza, o piuttosto agli eruditi ed ai ricercatori nel ramo del simbolismo? Di
fronte alle schiaccianti scoperte della Geologia e dell’Antropologia, per quanto concerne
l’antichità dell’uomo, dobbiamo forse — per evitare la pena che attende usualmente coloro
che deviano dal cammino percorso dalla Teologia o dal Materialismo — attenerci ai 6000
anni ed alla “creazione speciale”, o accettare con sottomessa ammirazione la nostra
genealogia e discendenza dalla scimmia? No, almeno finché si saprà che gli Archivi Segreti
conservano le suddette Sette Chiavi dei misteri della genesi dell’uomo. Per quanto errate,
materialistiche e colme di prevenzioni possano essere le teorie scientifiche, pure esse sono
mille volte più vicine alla verità delle divagazioni della Teologia. Queste ultime stanno
ormai agonizzando per chiunque non sia un bigotto ed un fanatico irraggionevole; o,
piuttosto, alcuni dei loro difensori devono aver perduto la ragione. Infatti che cosa si può
pensare quando, malgrado l’assurdità della lettera morta della Bibbia, questa viene ancora
sostenuta pubblicamente e fieramente come prima, e quando si trovano ancora dei teologi
sostenere che, per quanto “le Sacre Scritture si astengano (?) con cura dal dare qualsiasi
contributo diretto al sapere scientifico, essi non si sono mai imbattuti in alcuna affermazione
che non possa affrontare la luce della scienza in continuo progresso!!!”.1
Non abbiamo quindi altra scelta che accettare ciecamente le deduzioni della scienza,
oppure staccarci da essa, affrontandola senza timore e proclamando quanto ci insegna la
Dottrina Segreta, del tutto preparati a subirne le conseguenze.
Vediamo intanto se la scienza, nelle sue speculazioni materialistiche, e perfino la
Teologia nel suo rantolo mortale e nello sforzo supremo di riconciliare i 6000 anni di Adamo
con le Geological Evidences of the Antiquity of Man di Sir Charles Lyell, non ci porgano
inconsapevolmente una mano. L’Etnologia, secondo le confessioni di alcuni dei suoi più
eruditi cultori, si trova nell’impossibilità di spiegare le varietà della razza umana, a meno che
non ammetta l’ipotesi della creazione di parecchi Adami. Essi parlano di “un Adamo bianco
e di un Adamo nero, di un Adamo rosso e di uno giallo”2. Se fossero degli indù che
enumerano le rinascite di Vâmadeva di cui parla il Linga Purâna, essi potrebbero dire ben
poco di più. Infatti, allorchè gli indù enumerano le ripetute nascite di Shiva, ce lo mostrano
che in un Kalpa ha la carnagione bianca, in un altro di un colore nero, in un altro ancora di
un colore rosso, dopo di che Kumâra si trasforma in “quattro adolescenti dal colore giallo”.
Questa strana “coincidenza”, come direbbe Proctor, parla solo in favore
dell’intuizione scientifica, poiché Shiva-Kumâra rappresenta semplicemente, in modo
allegorico, le razze umane durante la genesi dell’uomo. Però ha dato pure origine ad un altro
fenomeno d’intuizione — e questa volta nelle file dei teologi. L’ignoto autore di Primeval
Man, in uno sforzo disperato per proteggere la Rivelazione Divina dalle implacabili ed
eloquenti scoperte della Geologia e dell’Antropologia, rilevando che “sarebbe una sventura
se i difensori della Bibbia fossero posti nell’alternativa o di rinunciare all’ispirazione della
Scrittura o di negare le conclusioni dei geologi” — giunge ad un compromesso; anzi dedica
1
2
Primeval Man Unveiled; o The Anthropology of the Bible, dell’autore (ignoto) di The Stars and The Angels, 1870, pag. 14.
Op. cit., pag. 195.
244
addirittura un grosso Volume a dimostrare questo fatto; “Adamo non fu il primo uomo1
creato su questa terra”. “Le esumate reliquie dell’uomo pre-Adamico”, invece di scuotere la
nostra fiducia nella Sacra Scrittura, danno delle prove addizionali della sua veridicità”.2
E come? Nel modo più semplice immaginabile, poiché l’autore argomenta che d’ora
innanzi “noi (il clero) potremo lasciar seguire agli scienziati i loro studi, senza tentare di
usare una coercizione su di essi per timore dell’eresia”. Questo deve essere davvero un
conforto per i signori Huxley, Tyndall e Sir Charles Lyell!
La narrazione biblica non comincia con la creazione, come si suppone comunemente, ma con la
formazione di Adamo ed Eva, milioni di anni dopo la creazione del nostro pianeta. La sua storia antecedente,
per quanto concerne la Sacra Scrittura, non è ancora stata scritta..... Vi possono essere state, non una, ma venti
razze differenti sulla terra prima dell’epoca di Adamo, come vi potrebbero essere venti razze differenti di
uomini in altri mondi”.3
Che cosa erano dunque quelle razze, poiché l’autore sostiene tuttora che Adamo è il
primo uomo della nostra razza? Si trattava della Razza e delle Razze Sataniche! “Satana
(non fu) mai in cielo, gli angeli e gli uomini (essendo) di una sola specie”. Fu la razza preAdamica di “Angeli che peccò”. Leggiamo inoltre che Satana fu “il primo principe di questo
mondo”. Essendo morto in conseguenza della sua ribellione, egli rimase sulla terra come uno
Spirito disincarnato e tentò Adamo ed Eva.
Le epoche primitive della razza Satanica e, specialmente, quelle svoltesi durante il periodo di vita di
Satana (!!!) possono essere state un periodo di civiltà patriarcale e di riposo relativo — l’epoca dei Tubal-Caini
e dei Jubal, quando le scienze e le arti tentarono di porre le loro radici nel suolo maledetto... Quale soggetto per
un poema epico!... Degli incidenti inevitabili debbono essere accaduti. Vediamo dinanzi a noi... il gaio amante
primitivo corteggiare la sua sposa novella soffusa di rossore al cadere della rugiada della sera, sotto le querce
danesi, che crescevano allora dove adesso nessuna quercia crescerebbe... il grigio patriarca primitivo... la prole
sgambettante innocentemente al suo fianco... migliaia di simili raffigurazioni sorgono davanti a noi!4
Lo sguardo retrospettivo a questa satanica “innamorata soffusa di rossore” all’epoca
dell’innocenza di Satana, non perde in poesia ciò che acquista in originalità. Anzi. La
moderna fidanzata cristiana — che oggi non arrossisce quasi mai dinanzi ai suoi gai
innamorati moderni — potrebbe trarre perfino una lezione di morale da questa figlia di
Satana, creata dall’esuberante fantasia del suo primo biografo umano.
Queste raffigurazioni— che per essere apprezzate nel loro giusto valore dovrebbero
essere esaminate nel Volume nel quale vengono descritte — sono tutte suggerite dal
desiderio di conciliare l’infallibilità della Scrittura Sacra rivelata con l’opera Antiquity of
Man di Charles Lyell e con altri lavori scientifici pericolosi. Ciò però non impedisce di
constatare che queste divagazioni, che l’autore non ha osato firmare con un nome, vero o
falso, hanno come base dei fatti reali. Poiché queste Razze pre-Adamiche — non Sataniche
ma semplicemente Atlantidee, e quelle Ermafrodite che le hanno precedute — si possono
trovare menzionate nella Bibbia, se questa viene letta esotericamente, così come si trovano
nella Dottrina Segreta. Le Sette Chiavi aprono i misteri, passati e futuri, delle sette grandi
Razze-Radici e dei sette Kalpa. La genesi dell’uomo, e anche la Geologia dell’Esoterismo,
saranno certamente respinte dalla scienza quanto le razze Sataniche e pre-Adamiche; però,
ciò nonostante, se gli scienziati non hanno altra via per uscire dalle loro difficoltà e saranno
costretti a scegliere fra queste due, noi siamo certi che — malgrado la Sacra Scrittura —
quando essi si saranno impadroniti, anche solo approssimativamente, del Linguaggio dei
Misteri, accetteranno l’insegnamento arcaico.
1
Specialmente davanti alla prova fornita dalla stessa Bibbia in Genesi (IV, 16, 17), dove si parla di Caino che si reca al
paese di Nod per ammogliarsi.
2
Ibid., pag. 194.
3
Ibid., pag. 55.
4
Ibid., pag. 206-7.
245
SEZIONE III
LA SOSTANZA PRIMORDIALE E IL PENSIERO DIVINO
Come sembrerebbe irrazionale affermare che noi conosciamo già tutte le cause esistenti, così si deve
permettere, se necessario, di supporre un agente completamente nuovo.
Supponendo, per quanto non sia ancora rigorosamente esatto, che l’ipotesi ondulatoria spieghi tutti i
fatti, dobbiamo decidere se essa dimostra l’esistenza di un etere ondulatorio. Non possiamo affermare
positivamente che nessun’altra supposizione spiegherà i fatti. È ammesso che l’ipotesi corpuscolare di Newton
ha rovesciato tutti gli ostacoli e che attualmente non ha rivali. Però è estremamente desiderabile, in tutte le
ipotesi di questo genere, trovare qualche conferma collaterale, qualche prova d’altra natura del supposto
Etere..... Alcune ipotesi consistono in supposizioni relative alla struttura dettagliata e alle operazioni dei corpi.
Per la natura stessa delle cose, queste supposizioni non possono essere mai dimostrate mediante mezzi diretti. Il
loro solo merito si trova nel fatto che esse si prestano a rappresentare i fenomeni. Sono delle finzioni
rappresentative.
Logic, di Alexander Bain, Parte II, pag. 133.
L’ETERE — questo ipotetico Proteo, una delle “finzioni rappresentative” della
scienza moderna, che tuttavia fu accettato per tanto tempo — è uno dei “princìpi” inferiori di
ciò che noi chiamiamo la Sostanza Primordiale (in Sanscrito, Akâshâ), uno dei sogni
dell’antichità, che adesso è diventato nuovamente il sogno della scienza moderna. È la più
grande e la più ardita fra le speculazioni sopravvissute degli antichi filosofi. Però per gli
occultisti, tanto l’Etere quanto la Sostanza Primordiale, sono delle realtà; e cioè l’Etere è la
Luce Astrale, e la Sostanza Primordiale è l’Âkâsha, l’Upâdhi del Pensiero Divino.
Nel linguaggio moderno sarebbe stato meglio chiamare quest’ultimo Ideazione
Cosmica, Spirito, e la precedente: Sostanza Cosmica, Materia. Queste, l’Alfa e l’Omega
dell’Essere, non sono che i due aspetti dell’Esistenza Unica Assoluta. Nell’antichità non ci si
rivolgeva mai all’Esistenza Assoluta, e questa non veniva nemmeno menzionata con un
nome qualsiasi, se non in senso allegorico. Nella razza ariana più antica, la razza indù, il
culto delle classi intellettuali non è mai consistito in un’adorazione, per quanto fervente essa
potesse essere, delle meraviglie della forma e dell’arte, come presso i greci; adorazione che
ha condotto in seguito all’antropomorfismo. Ma, mentre il filosofo greco adorava la forma e
solo il saggio indù “percepiva le vere relazioni esistenti fra la bellezza terrestre e la verità
eterna” — gli ignoranti di tutte le nazioni non compresero mai né l’uno né l’altro.
E non li comprendono nemmeno adesso. L’evoluzione dell’idea di Dio procede di
pari passo con l’evoluzione intellettuale dell’uomo stesso. Ciò è tanto vero, che il più nobile
ideale a cui possa giungere lo spirito religioso di un’epoca appare semplicemente come una
grossolana caricatura alla mente filosofica di un’epoca successiva. I filosofi stessi dovevano
essere iniziati nei misteri della percezione prima di essere in grado di afferrare l’idea esatta
degli antichi in relazione a questo soggetto eminentemente metafisico. Altrimenti — al di
fuori di una simile Iniziazione — la capacità intellettuale di ogni pensatore lo porrebbe
dinanzi all’ingiunzione: “tu arriverai fin qui e non oltre”, tanto chiaramente ed
infallibilmente quanto la legge del Karma impone un limite al progresso di ogni nazione o
razza nel proprio ciclo. Senza l’Iniziazione, gli ideali del pensiero religioso contemporaneo
avranno sempre le ali tarpate e saranno incapaci di librarsi più in alto; poiché tanto i
pensatori idealisti quanto quelli realisti, e perfino i liberi pensatori, non sono altro che
l’espressione ed il prodotto naturale del loro rispettivo ambiente e della loro epoca. Gli ideali
di ciascuno di essi sono soltanto il risultato inevitabile dei loro temperamenti e l’espressione
di quella fase di progresso intellettuale alla quale è pervenuta una nazione nella sua
collettività. Come abbiamo già fatto osservare, è per questo che i più alti voli della
Metafisica occidentale moderna sono rimasti ben lontano dalla verità. La maggior parte delle
speculazioni agnostiche attuali intorno all’esistenza della “Causa Prima” sono poco meno
246
che del Materialismo velato — solo la loro terminologia è differente. Perfino un grande
pensatore come Herbert Spencer parla talvolta dell’“Inconoscibile” in termini tali da
dimostrare l’influenza letale esercitata dal pensiero materialistico; il quale, simile allo
scirocco mortale, ha avvizzito e guastato tutte le speculazioni ontologiche correnti.
Per esempio, quando egli definisce la “Causa Prima”, “l’Inconoscibile”, come un
“potere che si manifesta attraverso i fenomeni” e “un’energia infinita ed eterna”, è evidente
che egli ha afferrato soltanto l’aspetto fisico del Mistero dell’Essere — e cioè soltanto le
energie della Sostanza Cosmica. L’aspetto coeterno della Realtà Unica, l’Ideazione Cosmica,
non è affatto presa in considerazione e, in quanto al suo Noumeno, sembra non esistere nella
mente del grande pensatore. Senza dubbio, questo modo unilaterale di trattare il problema è
dovuto in gran parte alla perniciosa abitudine occidentale di subordinare la Coscienza alla
Materia, o di considerarla addirittura come un “prodotto secondario” del movimento
molecolare.
Dalle prime epoche della Quarta Razza, quando soltanto lo Spirito veniva adorato, e
il Mistero era reso manifesto, fino agli ultimi giorni dello splendore dell’arte greca, agli
albori del Cristianesimo, gli elleni soltanto avevano osato erigere pubblicamente un altare al
“Dio Ignoto”. Qualunque possa essere stato il pensiero della mente profonda di S. Paolo
quando dichiarava agli ateniesi che quel “Dio Ignoto”, che essi adoravano ignorandolo, era il
vero Dio annunciato da lui stesso — quella Divinità non era “Jehovah” e neppure “il
creatore del mondo e di tutte le cose”. Poiché non è il “Dio d’Israele” ma il “Dio
Sconosciuto” dei panteisti antichi e moderni, che “non abita in templi fatti con le mani ”.1
Il Pensiero Divino non può essere definito, né il suo significato può essere spiegato, se
non dalle innumerevoli manifestazioni della Sostanza Cosmica, nella quale tale Pensiero può
essere spiritualmente percepito da coloro che sono capaci di farlo. Dire questo, dopo averlo
definito quale Divinità Ignota, astratta, impersonale, senza sesso, che deve essere posta alla
base di ogni Cosmogonia ed alla sua evoluzione susseguente, equivale a non dire proprio
niente. È come se si tentasse di risolvere un’equazione trascendentale di condizioni,
disponendo soltanto, per determinare il valore reale dei suoi termini, di un certo numero di
quantità sconosciute. Il suo posto si trova nelle antiche carte simboliche primitive nelle quali,
come avevamo già detto, esso è rappresentato da tenebre illimitate, sulla superficie delle
quali appare, in bianco, il primo punto centrale — simbolo delle Spirito-Materia, coevo e
coeterno, che appare nel mondo fenomenico, prima della sua prima differenziazione.
Allorchè “l’Uno diviene Due”, si può parlare di Spirito e Materia. Allo “Spirito” è
attribuibile ogni manifestazione della Coscienza, diretta o riflessa, e “l’intenzionalità
inconscia” — per adottare un’espressione moderna usata nella cosiddetta Filosofia
occidentale — come è dimostrato dal Princìpio Vitale e dalla sottomissione della Natura
all’ordine maestoso della Legge immutabile.
La “Materia” deve essere considerata come l’oggettività nella sua astrazione più pura, la
base auto-esistente, le cui differenziazioni settenarie manvantariche costituiscono la realtà
oggettiva sottostante ai fenomeni di ciascuna fase dell’esistenza cosciente. Durante il periodo
del Pralaya Universale, l’Ideazione Cosmica è non-esistente, e gli stati variamente
differenziati della Sostanza Cosmica si risolvono nuovamente nello stato primordiale di
oggettività potenziale astratta.
L’impulso manvantarico incomincia con il risveglio dell’Ideazione Cosmica, della
Mente Universale, unitamente e parallelamente all’emergere primordiale della sostanza
Cosmica dal suo stato pralayico indifferenziato — essendo quest’ultima il veicolo
manvantarico della prima. La Saggezza Assoluta si riflette allora nella sua Ideazione, la
1
Atti, XVII, 23, 24.
247
quale, per un processo trascendentale superiore alla Coscienza umana ed incomprensibile per
essa, si trasforma in Energia Cosmica, Fohat. Vibrando in seno alla Sostanza inerte, Fohat la
spinge all’attività e dirige le sue differenziazioni primarie su tutti i sette piani della
Coscienza Cosmica. Vi sono così Sette Protili, come vengono chiamati attualmente, mentre
l’antichità ariana li chiamava Sette Prakriti o Nature — che servono, separatamente, quali
basi relativamente omogenee che, nel corso della crescente eterogeneità nell’evoluzione
dell’Universo, si differenziano nella meravigliosa complessità presentata dai fenomeni sui
piani della percezione. Il termine “relativamente” è usato intenzionalmente, poiché
l’esistenza stessa di un simile processo, avendo per risultato la separazione primordiale della
Sostanza Cosmica indifferenziata nelle sue basi settenarie di evoluzione, ci costringe a
considerare il Protile di ciascun piano come se fosse soltanto una fase intermedia,
attraversata dalla Sostanza nel suo passaggio dall’oggettività astratta all’oggettività
completa. Il termine Protile è dovuto a W. Crookes, l’eminente chimico, che ha dato tale
nome alla pre-materia, se così può chiamarsi la sostanza primordiale puramente omogenea,
che è sospettata dalla scienza, per quanto attualmente non ancora scoperta, nella
composizione finale dell’atomo. Ma la separazione incipiente della materia primordiale in
atomi e in molecole inizia soltanto in conseguenza all’evoluzione dei nostri Sette Protili. W.
Crookes è alla ricerca dell’ultimo di questi sette, avendo egli recentemente scoperto la
possibilità della sua esistenza sul nostro piano.
Si dice che l’Ideazione Cosmica non esista durante i periodi del Pralaya, per la
semplice ragione che non vi è nessuno e niente per percepirne gli effetti. Non vi può essere
nessuna manifestazione di coscienza, di semi-coscienza, o anche di “intenzionalità
inconscia” se non attraverso un veicolo di Materia, cioè, su questo nostro piano, dove la
coscienza umana, nel suo stato normale, non può librarsi al di là di ciò che si chiama
Metafisica trascendentale; è soltanto tramite un aggregato o struttura molecolare che lo
Spirito scaturisce in una corrente di soggettività individuale o subcosciente. E, siccome la
Materia esistente separatamente dalla percezione è una semplice astrazione, ambedue questi
aspetti dell’Assoluto — Sostanza Cosmica e Ideazione Cosmica — sono reciprocamente
interdipendenti. Per essere rigorosamente esatti ed evitare confusioni e idee errate, la parola
“Materia” dovrebbe essere applicata all’aggregato di oggetti di cui è possibile la percezione,
e la parola “Sostanza” ai Noumeni. Infatti, poiché i fenomeni del nostro piano sono le
creazioni dell’Ego percepiente — le modificazioni della propria soggettività — tutti gli “stati
della materia che rappresentano gli aggregati degli oggetti percepiti” non possono avere che
un’esistenza relativa e puramente fenomenica per i figli del nostro piano. Come direbbero i
moderni Idealisti, la cooperazione fra Soggetto ed Oggetto ha per risultato l’oggetto dei sensi
o fenomeno. Questo però non deve necessariamente portare alla conclusione che sia il
medesimo su tutti gli altri piani; che la cooperazione dei due, sui piani della differenziazione
settenaria, abbia per risultato un aggregato settenario di fenomeni che siano similmente nonesistenti per se, per quanto siano delle realtà concrete per le Entità della cui esperienza essi
fanno parte, nello stesso modo che le rocce ed i fiumi attorno a noi sono reali dal punto di
vista del fisico, per quanto siano illusioni irreali dei sensi dal punto di vista del metafisico.
Sarebbe un errore dire o anche immaginare una cosa simile. Dal punto di vista della più alta
Metafisica, l’Universo intero, compresi gli Dèi, è un’Illusione (Mâyâ). Ma l’illusione di
colui che è di per se stesso un’illusione, differisce su ogni piano di coscienza; e noi non
abbiamo il diritto di dogmatizzare intorno alla possibile natura delle facoltà di percezione,
per esempio, di un Ego del sesto piano, più di quello che abbiamo nell’identificare le nostre
percezioni con quelle di una formica, o di considerarle come il tipo della sua modalità di
coscienza. L’Ideazione Cosmica, focalizzata in un princìpio, o Upâdhi (Base), ha per
risultato la coscienza dell’Ego individuale. La sua manifestazione varia a seconda della
natura dell’Upâdhi. Per esempio, attraverso quello che conosciamo come Manas, essa si
248
manifesta quale Coscienza Mentale; attraverso la struttura più finemente differenziata di
Buddhi (composto di elementi del sesto stato della materia) ed avente come base le
esperienze di Manas, essa si manifesta come una corrente di Intuizione Spirituale. Il puro
Oggetto separato dalla coscienza ci è ignoto finchè viviamo sul piano del nostro mondo a tre
dimensioni, poiché conosciamo soltanto gli stati mentali che esso stimola nell’Ego
percipiente. E finchè durerà il contrasto fra Soggetto e Oggetto — e cioè finchè saremo in
possesso soltanto dei nostri cinque sensi — sarà impossibile all’Ego personale farsi strada
attraverso la barriera che lo separa da una conoscenza delle “cose in se stesse”, o Sostanza.
Questo Ego, progredendo secondo un arco di soggettività ascendente, deve esaurire le
esperienze di ogni piano. Ma solo quando l’Unità sarà fusa nel TUTTO, su questo piano o su
di un altro qualsiasi, ed il Soggetto e l’Oggetto svaniranno entrambi nell’assoluta negazione
dello Stato Nirvânico — negazione, ricordiamocelo, solo rispetto al nostro piano — soltanto
allora sarà possibile raggiungere l’apice di quell’Onniscienza, che è la Conoscenza delle
cose in se stesse, e ci sarà dato di avvicinarci alla soluzione di quell’enigma ancora più
tremendo, dinanzi al quale perfino il più elevato Dhyân Chohan deve prosternarsi in silenzio
e nell’ignoranza — l’Inesprimibile Mistero di quello che i vedantini chiamano Parabrahman.
È per questo che tutti coloro che hanno cercato di dare un nome al Princìpio
Inconoscibile lo hanno semplicemente degradato. Perfino parlare di Ideazione Cosmica —
salvo nel suo aspetto fenomenico — è simile al tentativo di imbottigliare il Chaos
primordiale, o di porre un’etichetta sull’Eternità.
Che cosa è dunque la “Sostanza Primordiale”, quella cosa misteriosa della quale
parlava sempre l’Alchimia e che è stata il soggetto di speculazioni filosofiche in tutte le
epoche? Che cosa può essere infine, anche nella sua pre-differenziazione fenomenica? Anche
quella è il Tutto della Natura manifestata e — non è niente per i nostri sensi. Se ne parla
sotto nomi diversi in tutte le cosmogonie; vi si fa allusione in tutte le filosofie e, fino ai
giorni nostri, è veramente il Proteo nella Natura, sempre presente ed ognora evanescente.
Noi la tocchiamo e non la sentiamo; la guardiamo senza vederla, la respiriamo e non la
percepiamo; l’ascoltiamo e l’annusiamo senza avere la minima coscienza della sua presenza,
poiché essa esiste in ogni molecola di quello che, nella nostra illusione ed ignoranza,
consideriamo come Materia in uno qualsiasi dei suoi stati, o che concepiamo come una
sensazione, un pensiero, un’emozione. Ossia, essa è l’Upâdhi, o Veicolo, di tutti i fenomeni,
siano essi fisici, mentali o psichici. Nelle prime frasi del Genesi e nella Cosmogonia Caldea,
nei Purâna dell’India e nel Libro dei Morti dell’Egitto, ovunque essa inizia il ciclo della
manifestazione. È chiamata il Chaos e la Superficie delle Acque, covate dallo Spirito che
emana dallo Sconosciuto, qualunque possa essere il nome di questo Spirito.
Gli autori delle Sacre Scritture dell’India penetrano più profondamente nell’origine
dell’evoluzione delle cose di quanto non facciano Talete o Giobbe, poiché essi dicono:
Dall’Intelligenza (chiamata Mahat nei Purâna) associata con l’Ignoranza (Îshvara, quale divinità
personale), assistita dal suo potere di proiezione, nel quale predomina la qualità della pesantezza (tamas,
insensibilità), procede l’Etere — dall’etere l’aria; dall’aria il calore; dal calore l’acqua; e dall’acqua la terra con
tutto ciò che vi è su di essa.
“Da questo, da questo stesso Sé, l’Etere fu prodotto”, dicono i Veda1.
È quindi evidente che non è questo Etere — scaturito al quarto grado da
un’emanazione dell’Intelligenza associata con l’Ignoranza” — ad essere il Princìpio
superiore, l’Entità deifica adorata dai greci e dai latini sotto il nome di “Pater, Omnipotens,
Ǽther”, e sotto quello di “Magnus Ǽther”, nel suo aggregato collettivo. La gradazione
settenaria e le innumerevoli suddivisioni e differenze stabilite dagli antichi fra i poteri
dell’Etere collettivamente — dal suo limite esteriore degli effetti, che è tanto familiare alla
1
Taittirîyaka Upanishad, Secondo Vallî, Primo Anuvâka.
249
nostra scienza, fino alla “Sostanza Imponderabile”, della quale si ammetteva una volta
l’esistenza come “Etere dello Spazio”, ma che adesso è in procinto di essere respinta —
sono state sempre un enigma sconcertante per qualsiasi ramo del sapere.
I moderni studiosi di Mitologia e di Simbolismo, confusi da un lato da questa
incomprensibile glorificazione, e dall’altro dalla degradazione della stessa Entità divinizzata
negli stessi sistemi religiosi, sono stati spesso indotti a commettere gli errori più ridicoli.
La Chiesa, ferma come una roccia in ciascuno dei suoi primitivi errori d’interpretazione, ha
fatto dell’Etere la dimora delle sue legioni sataniche. Vi è là l’intera gerarchia degli Angeli
“Decaduti”: I Cosmocratori o “Rettori del Mondo” secondo Bossuet; Mundi Tenentes, i
“Sostegni del Mondo”, come li chiama Tertulliano; Mundi Domini, le “Dominazioni del
Mondo” o piuttosto i Dominatori; i Curbati, o “Curvati”, ecc., trasformando così in Demoni
le stelle ed i globi celesti!
Poiché infatti è così che la Chiesa ha interpretato il versetto “Perché non abbiamo da
combattere con la carne o il sangue, ma contro i principati, contro le podestà, contro i
dominatori del mondo e delle tenebre”.1 Più oltre S. Paolo parla delle malizie spirituali (le
“malvagità” nei testi inglesi) che si trovano nell’Aria — spiritualia nequitiae coelestibus —
ed i testi latini danno diversi nomi a queste “malizie”, gli innocenti “Elementali”. Questa
volta però la Chiesa ha ragione, per quanto abbia torto di chiamarli tutti dei Demoni. La
Luce Astrale o Etere inferiore, è colma di entità coscienti, semi-coscienti ed incoscienti;
solo che la Chiesa ha meno potere su di essi che sui microbi invisibili o sulle zanzare.
La differenza che viene fatta sui sette stati dell’Etere — che è esso stesso uno dei Sette
Princìpi Cosmici, mentre l’Ǽther degli antichi è il Fuoco Universale — può essere
constatata rispettivamente nei comandamenti di Zoroastro e di Psello. Zoroastro diceva:
“Consultalo soltanto quando è senza forma e senza apparenza” — absque forma et figura —
il che significa senza fiamme o carboni ardenti. “Quando è rivestito di una forma”, insegna
Psello, “non dargli attenzione; ma quando è senza forma obbediscigli perché allora è fuoco
sacro, e tutto quello che ti rivelerà sarà vero”2. Ciò prova che l’Etere, un aspetto esso stesso
dell’Âkâsha, possiede a sua volta diversi aspetti o “princìpi”. Tutte le nazioni antiche
deificavano Ǽther nel suo aspetto e nella sua potenza imponderabile. Virgilio chiama Giove
Pater Omnipotens Ǽther, ed il “Grande Ǽther”.3 Anche gli indù lo hanno collocato fra le
loro divinità, sotto il nome di Âkâsha, la sintesi dell’Etere. E l’autore del sistema filosofico
delle omeomerie4, Anassagora di Clazomene, credeva fermamente che i prototipi spirituali
di tutte le cose, come pure i loro elementi, si trovassero nell’Ǽther infinito, dove erano
generati, da dove essi evolvevano e dove ritornavano — un insegnamento occulto.
Diviene quindi evidente che è dall’Ǽther, nel suo aspetto sintetico più elevato, che
derivò, allorchè esso fu antropomorfizzato, la prima idea di una Divinità Creatrice
personale. Per i filosofi indù gli Elementi sono tamasa, e cioè “non illuminati dall’intelletto
che essi offuscano”.
Dobbiamo ora esaminare la questione del significato mistico del Chaos Primordiale
e del Princìpio-Radice, facendo pure vedere come nelle antiche filosofie essi fossero
collegati con l’Âkâsha, — che erroneamente viene tradotta come l’Etere, — come pure con
Mâyâ, l’Illusione, di cui Îshvara è l’aspetto maschile. Parleremo più avanti del Princìpio
Intelligente, o piuttosto delle proprietà immateriali invisibili degli elementi visibili e
materiali, che “scaturirono dal Chaos Primordiale”.
1
Epistola di S. Paolo agli Efesini, VI, 12.
Oracoli di Zoroastro, “Effatum”, XVI.
3
Georgiche, Libro II, 325.
4
[Fu Aristotele a chiamare omeomerie (parti simili) gli spermànta, ossia i semi di numero infinito che, secondo Anassagora,
sono presenti in tutti gli elementi del Cosmo. –N.d.T.]
2
250
Perché, “che cos’è il Chaos Primordiale, se non l’Ǽther?” — ci si domandava in
Iside Svelata. Non l’Etere moderno, non quale è raffigurato adesso, ma come era conosciuto
dagli antichi filosofi molto tempo prima dell’epoca di Mosè — l’Ǽther con tutte le sue
proprietà misteriose ed occulte contenente in sé i germi della Creazione Universale.
L’Ǽther Superiore, o Âkâsha, è la Vergine Celeste e la Madre di tutte le forme e di tutti gli
esseri esistenti; dal suo seno sono chiamate in esistenza la Materia e la Vita, la Forza e
l’Azione, non appena essa è “fecondata” dallo Spirito Divino. L’Ǽther è l’Aditi degli indù,
ed è Âkâsha. L’elettricità, il magnetismo, il calore, la luce e l’azione chimica sono ancora
così poco compresi, che nuovi fatti allargano continuamente il campo delle nostre
conoscenze. Chi può dire dove termina il potere di questo gigante proteiforme — l’Ǽther, e
qual’è la sua origine misteriosa? Chi può negare la presenza dello Spirito che lavora in esso
e che da esso evolve tutte le forme visibili?
Non sarà difficile dimostrare che le leggende cosmogoniche del mondo intero sono
tutte basate sulla conoscenza di quelle scienze diffuse fra gli antichi che, ai giorni nostri, si
sono unite per sostenere la dottrina dell’evoluzione; e che ulteriori ricerche dimostreranno
che questi antichi conoscevano molto meglio di noi il fatto dell’evoluzione stessa in
entrambi i suoi aspetti fisico e spirituale.
Presso gli antichi filosofi, l’evoluzione era un teorema universale, una dottrina che abbracciava il tutto,
ed un princìpio ben fondato; mentre i nostri evoluzionisti moderni sanno presentarci soltanto delle teorie
speculative, con dei teoremi particolari, se non addirittura completamente negativi. È inutile, da parte dei
rappresentanti della nostra saggezza moderna, chiudere il dibattito e pretendere che la questione sia risolta
semplicemente perché l’oscura fraseologia della narrazione Mosaica.....non concorda con l’esegesi definita
della “Scienza Esatta1.
Se prendiamo in considerazione le Leggi di Manu, vi troviamo il prototipo di tutte
queste idee. Per quanto la maggior parte di esse siano perdute nella loro forma originale per
il mondo occidentale e siano state deformate da interpolazioni e aggiunte posteriori, pure
esse hanno conservato ancora abbastanza del loro spirito antico per mostrarne il carattere.
“Allontanando le tenebre, il Signore Auto-Esistente (Vishnu, Nârâyana, ecc.) divenne
manifesto; e desiderando produrre degli esseri dalla sua Essenza, creò in princìpio soltanto
l’acqua. In questa egli gettò il seme. Questo divenne un Uovo d’Oro”.
Da dove viene questo Signore Auto-Esistente? È chiamato Questo, e se ne parla
come di “Tenebre, impercettibile, senza qualità definite, che non si può scoprire, che non si
può conoscere, come se fosse immerso in un sonno profondo”. Avendo dimorato in
quell’Uovo durante un intero Anno Divino, colui “che nel mondo è chiamato Brahmâ”
spezza in due parti quell’Uovo, e della parte superiore forma il cielo, di quella inferiore la
terra, e del centro il firmamento e “il luogo perpetuo delle acque”.2
Subito dopo, però, facendo seguito a questi versetti, vi è qualcosa di più importante
per noi, poiché confermano pienamente i nostri insegnamenti esoterici. Dal versetto 14 al
versetto 36, l’evoluzione è data nell’ordine descritto nella Filosofia Esoterica. Questo non
può essere facilmente contestato. Perfino Medhâtithi, il figlio di Virasvâmin ed autore del
Commentario intitolato il Manubhâsya, che, secondo gli orientalisti occidentali, risale al
1000 d. C., ci aiuta con le sue osservazioni a chiarire la verità. Egli si mostra reticente a dire
di più, perché sapeva forse ciò che non doveva essere divulgato ai profani, oppure perché era
realmente imbarazzato. Ad ogni modo, quanto egli ha detto è sufficiente a dimostrare
chiaramente il princìpio settenario nell’uomo e nella Natura.
1
2
Iside Svelata, I, pag. 134.
Leggi di Manu, I, 5-13, traduzione di Burnell.
251
Cominciamo dal Capitolo I delle Ordinanze o “Leggi”, dopo che il Signore AutoEsistente, il Logos Non-manifestato delle “Tenebre” Sconosciute, diviene manifestato
nell’Uovo d’Oro. È da questo Uovo, da:
11. “Ciò che è la Causa indivisa (non differenziata), eterna, che è e non è, è da Esso
che è emanato quel Maschio che è chiamato nel mondo Brahmâ”.
Qui, come in tutti i veri sistemi filosofici, troviamo che perfino “l’Uovo”, o il
Cerchio, o lo Zero, l’Infinito Illimitato, è indicato con il pronome neutro “Esso”1; e Brahmâ,
che è la sola prima Unità, è chiamato il Dio “Maschile”, e cioè il Princìpio fecondante. È
o 10 (dieci), la Decade. È soltanto sul piano del Settenario, il nostro Mondo, che è chiamato
Brahmâ. Su quello della Decade Unificata, nel regno della Realtà, questo Brahmâ maschile è
un’Illusione.
14. “Da Sé (Âtmanah) egli creò la Mente, che è e non è; e dalla Mente, l’Egoismo
(l’Auto-Coscienza), (a) il governatore, (b) il Signore”.
(a) La Mente è Manas. Medhâtithi, il commentatore, fa qui giustamente osservare che
è precisamente il contrario di questo, e che ciò dimostra già la presenza di interpolazioni e
riadattamenti, poiché è Manas che scaturisce da Ahamkâra o Auto-Coscienza (Universale),
come Manas nel microcosmo emana da Mahat o Mahâ-Buddhi (nell’uomo, Buddhi). Poiché
Manas è duale. Come dimostra Colebrooke nella sua traduzione, “la Mente, servendo tanto i
sensi che l’azione, è un organo per affinità, essendo simile al resto”,2 il “resto” avendo qui il
significato che Manas, il nostro Quinto Princìpio (il quinto, perché il corpo è stato chiamato
il primo, ciò che è l’opposto del vero ordine filosofico), ed è in affinità tanto con ÂtmâBuddhi quanto con i Quattro Princìpi inferiori. Da qui il nostro insegnamento: e cioè che
Manas segue Âtmâ-Buddhi nel Devachan, e che il Manas Inferiore, ossia i sedimenti o
residui di Manas, rimane con il Kâma Rûpa nel Limbo, o Kâma Loka, la dimora dei “Gusci”.
(b) Medhâtithi traduce ciò come “colui che è cosciente dell’Io”, o Ego, e non il
“governatore”, come fanno gli orientalisti. Essi traducono pure così la shloka seguente:
16. “Anche Egli, avendo fatto la parte sottile di quei sei (il grande Sé ed i cinque
organi dei sensi) di uno splendore illimitato, per penetrare negli elementi di sé
(âtmâmatrâsu), creò tutti gli esseri”.
Mentre, secondo Medhâtithi, si dovrebbe leggere mâtrâbhih invece di âtmamâtrâsu,
e ciò vorrebbe dire:
“Avendo Egli permeato le parti sottili di quei sei di splendore illimitato mediante
elementi di sé, creò tutti gli esseri”.
Quest’ultima traduzione deve essere quella giusta, poiché Egli, il Sé, è ciò che noi
chiamiamo Âtmâ e che costituisce così il settimo princìpio, la sintesi dei “sei”. Questa è pure
l’opinione dell’editore del Mânava Dharma Shâstra che, tramite la sua intuizione, sembra
aver penetrato molto più profondamente del traduttore, il defunto dr. Burnell, lo spirito della
filosofia; infatti non esita affatto fra il testo di Kullûka Bhatta ed il commentario di
Medhâtithi. Respingendo i tanmâtra, o elementi sottili, e l’âtmamâtra di Kullûka Bhatta, egli
dice, applicando i princìpi al Sé Cosmico:
“I sei sembrano essere piuttosto il manas più i cinque princìpi dell’etere, dell’aria, del
fuoco, dell’acqua e della terra; avendo unito cinque parti di quei sei con l’elemento spirituale
(il settimo) esso creò (così) tutte le cose esistenti.... âtmamâtra è dunque l’atomo spirituale
opposto agli ‘elementi’ elementari, non riflessivi, ‘di se stesso’ ”.
Egli corregge così la traduzione del verso 17:
1
2
Il vertice ideale del Triangolo Pitagorico.
Vedere la traduzione di A. Coke Burnell, edita da Ed. W. Hopkins, Ph. D.
252
“Siccome gli elementi sottili delle forme corporee di quest’Uno dipendono da questi
sei, è per questo che il Saggio chiama la sua forma Sharîra”.
Ed aggiunge che qui, per “elementi”, si intendono porzioni, o parti (o princìpi) e che
tale interpretazione è confermata dal verso 19, che dice:
“Questo (Universo) non-eterno deriva dunque dall’Eterno, mediante gli elementi
sottili delle forme di quei sette gloriosi Princìpi (Purusha)”.
Commentando questo emendamento di Medhâtithi, l’editore osserva che:
“probabilmente con ciò si intende parlare dei cinque elementi plus la mente (Manas) e
l’autocoscienza (Ahamkâra)1; gli “elementi sottili” (significando) come prima “sottili
porzioni della forma” (o princìpi). “Il verso 20 lo dimostra quando dice di questi cinque
elementi, o “sottili porzioni della forma” (Rûpa plus Manas ed Auto-Coscienza) che essi
costituiscono i “sette Purusha”, o Princìpi, chiamati nei Purâna le “Sette Prakriti”.
Inoltre questi “cinque elementi”, o “cinque parti”, sono descritti nel verso 27 come
“quelle che sono chiamate le parti atomiche distruttibili” e che sono quindi “distinte dagli
atomi del Nyâya”.
Questo Brahmâ creatore, uscendo dall’Uovo d’Oro o Uovo del Mondo, riunisce in sé
ambedue i princìpi maschile e femminile. Insomma egli è lo stesso di tutti i Protologoi
creatori. Con tutto ciò, di Brahmâ non si sarebbe potuto dire, come di Dioniso, “πρωτόγονον
διфυή τρίγονον Βακχείον Ανακτα Αγριον άρρητόν xρύфιον δικέρωτα δίµορфον”2, uno
Jehova lunare, un vero Bacco con David danzante nudo davanti al suo simbolo nell’arca,
poiché mai delle Dionisiache licenziose furono istituite in suo nome ed in suo onore. Ogni
culto pubblico di quel genere era exoterico ed i grandi simboli universali erano
universalmente deformati; come lo sono presentemente quelli di Krishna ad opera dei
Vallabâchârya di Bombay, i seguaci del Dio “fanciullo”. Ma sono questi Dèi popolari la vera
Divinità? Sono essi l’apice e la sintesi della settuplice creazione, l’uomo incluso?
Assolutamente no. Ognuno di essi e tutti insieme, tanto pagani che cristiani, sono uno degli
scalini di quella scala settenaria della Coscienza Divina. Si dice che Ain Suph si manifesti
attraverso le Sette Lettere del Nome di Jehovah, il quale, avendo usurpato il posto dello
Sconosciuto Illimitato, fu dotato dai suoi devoti dei suoi Sette Angeli della Presenza — i
suoi Sette Princìpi. Ma, in verità, essi sono menzionati in quasi tutte le Scuole. Nella
filosofia Sânkhya pura, Mahat, Ahamkâra ed i cinque Tanmâtra sono chiamati le Sette
Prakriti, o le Sette Nature, e queste sono enumerate a cominciare da Mahâ-Buddhi, o Mahat,
fino alla Terra.3
Ciò nonostante, per quanto la versione originale Elohistica sia stata deformata da
Esdra per scopi rabbinici, per quanto repulsivo possa essere talvolta perfino il significato
esoterico nei testi ebraici, molto più in realtà di quello del suo rivestimento o velo esteriore
— una volta eliminate le parti Jehovistiche, si trova che i Libri Mosaici sono pieni di
conoscenze inestimabili e puramente occulte, specialmente nei primi sei capitoli.
Letti con l’aiuto della Cabala, vi si trova un tempio impareggiabile di verità occulte,
una sorgente di bellezza profondamente celata, nascosta sotto un edificio la cui architettura
visibile, nonostante la sua apparente simmetria, è incapace a resistere alla critica della fredda
ragione, o a rivelare l’età della sua verità nascosta, poiché essa appartiene a tutte le epoche.
Vi è più Saggezza celata sotto le favole exoteriche dei Purâna e della Bibbia che non in tutti
i fatti ed in tutte le scienze exoteriche della letteratura del mondo intero, e più vera Scienza
1
Ahamkâra, quale Auto-Coscienza universale, ha, come pure Manas, un triplice aspetto. Poiché questa “concezione dell’Io”,
o Ego, è sattva, “pura quiete”, oppure appare come rajas, “attivo”, oppure rimane tamas, “inattivo” nelle tenebre. Essa
appartiene al Cielo ed alla Terra ed assume le proprietà dell’Etere.
2
“che è primo nato, bisessuato, di aspetto triplice”.
3
Vedi Sânkhya Kârikâ III, e Commentari.
253
Occulta di quanta non se ne conosca come esatta in tutte le accademie. O, in parole più
chiare e più forti, vi è tanta sapienza esoterica in alcune parti dei Purâna exoterici e del
Pentateuco, quanto di controsenso ed immaginazione intenzionalmente puerile, se lette
soltanto nella loro lettera morta e nelle micidiali intepretazioni delle grandi religioni
dogmatiche e specialmente delle loro sètte.
Si leggano i primi versetti del Genesi e vi si rifletta sopra. Qui, “Dio” comanda ad un
altro “Dio”, che ubbidisce ai suoi ordini — e ciò perfino nella cauta ed autorizzata
traduzione protestante inglese dell’epoca di Re Giacomo I.
In “princìpio” — non avendo la lingua ebraica nessuna parola per esprimere l’idea di
eternità1 — “Dio” forma il Cielo e la Terra; e quest’ultima è “senza forma e vuota”, mentre il
primo in realtà non è il Cielo, ma “l’Abisso”, il Chaos, sul quale si stendono le tenebre.2
“E lo Spirito di Dio si muoveva sopra la faccia delle Acque”, ossia sul Grande Abisso
dello Spazio Infinito. E questo Spirito è Nârâyana, o Vishnu.
“E Iddio disse: Vi sia il firmamento...” E “Dio”, il secondo, obbedì e fece il
firmamento. “E Iddio disse: Sia la luce”. E “la luce fu”.
Ora, quest’ultima non significa affatto la luce, ma, come nella Cabala, l’Adamo
Kadmon androgino, o Sephira (la Luce Spirituale), poiché essi sono uno solo; o, secondo il
Libro dei Numeri caldeo, gli Angeli secondari, i primi essendo gli Elohim, che sono
l’aggregato di quel Dio “formatore”. Poiché, a chi sono dirette quelle parole di comando? E
chi è che comanda? Ciò che comanda è la Legge Eterna, e colui che obbedisce l’Elohim, la
quantità conosciuta agente in x, e con essa, o il coefficente di quantità sconosciuta, le Forze
della Forza Unica. Tutto questo è Occultismo e si trova nelle Stanze Arcaiche. Poco importa
che queste “Forze” si chiamino Dhyân Chohan, oppure Auphanim, come dice Ezechiele.
“La Luce Universale Unica, che per l’uomo è la Tenebra, è sempre esistente”, dice il
Libro dei Numeri caldeo. Da essa procede periodicamente l’Energia, che è riflessa
nell’Abisso, o Chaos, il deposito dei Mondi futuri, e che, una volta risvegliata, suscita e
feconda le Forze latenti, che sono le potenzialità eternamente presenti in esso. Allora si
risvegliano nuovamente i Brahmâ ed i Buddha — le Forze co-eterne — ed un nuovo
Universo scaturisce in esistenza.
Nel Sepher Yetzirah, il Cabalistico Libro della Creazione, l’autore ha evidentemente
ripetuto le parole del Manu. In esso, la Sostanza Divina è rappresentata come la sola che è
esistita dall’eternità, illimitata ed assoluta, e che ha emesso da se stessa lo Spirito3. “Lo
Spirito del Dio vivente è uno, benedetto sia il Suo nome, che vive in eterno! La Voce, lo
Spirito ed il Verbo, questo è lo Spirito Santo.”4 E questa è la Trinità Cabalistica astratta,
antropomorfizzata senza tante cerimonie dai Padri della Chiesa Cristiana. Da questa triplice
Unità emanò il Cosmo intero. Prima dall’Uno emanò il numero Due, o l’Aria (il Padre),
1
Il vocabolo “eternità” con il quale i teologi cristiani interpretano il termine “per sempre e sempiterno”, non esiste nella
lingua ebraica. “Oulam”, dice Le Clerc, significa soltanto un’epoca della quale il princìpio o la fine non sono conosciuti.
Non significa “durata eterna”, ed il termine “per sempre” nel Vecchio Testamento significa soltanto un periodo di “lunga
durata”. Ed anche nei Purâna la parola “eternità” non è usata nel senso cristiano. Infatti nel Vishnu Purâna è chiaramente
affermato che per “eternità” ed “immortalità” s’intende soltanto “l’esistenza fino al termine del Kalpa” (Libro II, cap. VIlI).
2
La Teogonia Orfica è puramente orientale e indiana nel suo spirito. Le trasformazioni successive che essa ha subito,
l’hanno separata adesso fortemente dallo spirito dell’antica Cosmogonia, come si può vedere perfino confrontandola con la
Teogonia di Esiodo. Tuttavia il vero spirito ariano indù traspare ovunque in entrambi i sistemi di Esiodo ed Orfeo. (Vedere il
notevole studio di James Darmesteter sulle “Cosmogonie Ariane”, nel suo Essais Orientaux). Così il concetto greco
originale del Chaos è quello della Religione Saggezza Segreta. Quindi, in Esiodo, il Chaos è infinito, illimitato, senza
princìpio né fine come durata, un’astrazione, e, in pari tempo, una presenza visibile, Spazio colmo di tenebre, che è la
materia primordiale nel suo stato pre-cosmico. Poiché, nel suo senso etimologico, il Chaos è lo Spazio, secondo Aristotele; e
lo Spazio, nella nostra filosofia, è la Divinità sempre Invisibile ed Inconoscibile.
3
Lo Spirito manifesto: lo Spirito Divino, Assoluto, è uno con la Sostanza Divina assoluta; Parabrahman e Mûlaprakriti sono
uno in essenza. Quindi anche l’Ideazione Cosmica e la Sostanza Cosmica, nel loro carattere primordiale, sono pure uno.
4
Sepher Yetzirah, cap. I, Mishna ix.
254
l’Elemento creativo; quindi il numero Tre, l’Acqua (la Madre), che procedette dall’Aria;
l’Etere o Fuoco completa il Mistico Quattro, l’Arbo-al.1 “Quando il Celato dei Celati
desiderò rivelare Se Stesso, egli fece da princìpio un Punto (il Punto primordiale, o la prima
Sephira, l’Aria, o lo Spirito Santo), plasmato in una Forma sacra, (i Dieci Sephiroth, o
l’Uomo Celeste), e lo ricoprì di un ricco e splendido Vestimento: quello è il Mondo”2.
“Egli fece Suo messaggero il Vento e Suo servitore il Fuoco ardente”,3 dice lo
Yetzirah, mostrando il carattere cosmico degli Elementi seguenti e che lo Spirito permea
ogni atomo nel Cosmo.
Paolo chiama gli Esseri Cosmici invisibili: gli “Elementi”. Ma adesso gli Elementi si
sono degradati e limitati agli atomi, dei quali non si sa ancora niente, e questi non sono altro
che “i figli della necessità”, come l’Etere stesso. Di ciò parlammo in Iside Svelata.:
I poveri Elementi primordiali sono stati per molto tempo esiliati, ed i nostri ambiziosi fisici lottano fra
loro in velocità per aggiungere una nuova sostanza elementare alle sessanta e più che già conosciamo.
Frattanto, nel campo della Chimica moderna imperversano le discussioni intorno alle
denominazioni. Ci viene negato il diritto di chiamare queste sostanze “elementi chimici”,
perché non sono “dei princìpi primordiali di essenze auto-esistenti, con le quali l’universo
venne formato”, secondo Platone. Simili idee associate con la parola “elemento”, potevano
essere buone per l’antica Filosofia greca, ma la scienza moderna le respinge perché, come
disse William Crookes: “sono dei vocaboli sfortunati”, e la scienza sperimentale “non vuole
aver niente a che fare con qualsiasi specie di essenze, eccettuato quelle che essa può vedere,
annusare o assaggiare. Essa lascia le altre ai metafisici.” E dobbiamo anche essere grati per
tale concessione! Questa “Sostanza Primordiale” è chiamata da alcuni Chaos. Platone ed i
Pitagorici la chiamavano l’Anima del Mondo, dopo che essa era stata impregnata dallo
Spirito di quello che aleggia al di sopra delle Acque Primordiali, o Chaos. È riflettendosi in
esso, dicono i cabalisti, che il Princìpio aleggiante creò la fantasmagoria di un Universo
visibile manifestato. Prima il Chaos, e, dopo questo “riflesso”, l’Etere è sempre la Divinità
che pervade lo Spazio e tutte le cose. È l’invisibile ed imponderabile Spirito delle cose; è
l’invisibile, ma anche troppo tangibile fluido che irradia dalle dita del magnetizzatore sano,
perché è Elettricità Vitale — la Vita stessa. Chiamato ironicamente il “Nebuloso
Onnipossente” del Marchese de Mirville, viene chiamato oggi dai teurgisti e dagli occultisti
il “Fuoco Vivente”; e non vi è nessuno fra gli indù che all’alba praticano una certa specie di
meditazione, a non conoscerne gli effetti. È lo “Spirito di Luce” ed è il Magnes. Come dice
giustamente un oppositore, Magus e Magnes sono due rami che crescono sul medesimo
tronco e che producono i medesimi risultati. E in questa denominazione di “Fuoco Vivente”
possiamo pure scoprire il significato della frase enigmatica dello Zend Avesta che: vi è “un
Fuoco che dà la conoscenza del futuro, scienza ed amabile favella”; e cioè che sviluppa una
straordinaria eloquenza nella Sibilla, nel sensitivo, e perfino in certi oratori. Trattando questo
oggetto in Iside Svelata, abbiamo scritto:
Il Chaos degli antichi, il Fuoco Sacro degli zoroastriani, o l’Atash-Behram dei Parsi; il Fuoco di
Ermete, il Fuoco-Elmes degli antichi germani, la Folgore di Cibele, la Torcia fiammeggiante di Apollo, la
Fiamma sull’altare di Pan, il Fuoco inestinguibile nel tempio dell’Acropoli ed in quello di Vesta, la Fiamma di
fuoco dell’elmo di Plutone; le Scintille brillanti nelle chiome dei Dioscuri e sulla testa della Gorgone, l’elmo di
Pallade e il bastone di Mercurio; il Ptah-Ra degli egiziani, il greco Zeus Cataibates (il Discendente) di
Pausania; le Lingue di fuoco della Pentecoste, il Rovo ardente di Mosè, la Colonna di Fuoco dell’Esodo e la
Lampada accesa di Abramo; il Fuoco Eterno “dell’abisso senza fondo”, i vapori dell’oracolo di Delfo, la Luce
Siderale dei Rosacroce; l’Âkâsha degli Adepti indù, la Luce Astrale di Éliphas Lévi, l’Aura Nervosa ed il
1
Ibid., È da “Arba” che è derivato Abramo.
Zohar, I, 2, a.
3
Sepher Yetzirah, Mishna, IX, I0.
2
255
Fluido dei Magnetizzatori, l’Od di Reichenbach, le Forze Psicoidi ed Ecteniche di Thury, la Forza Psichica del
Sergente Cox, ed il Magnetismo atmosferico di alcuni Naturalisti, il Galvanismo, ed infine l’Elettricità — tutti
questi non sono altro che nomi differenti dati alle molteplici manifestazioni o effetti della medesima Causa
misteriosa che tutto compenetra, l’Archæus greco.
E adesso aggiungiamo: è tutto ciò e molto più ancora. Si parla di questo “Fuoco” in
tutti i Libri Sacri indú, come pure nelle opere cabalistiche. Lo Zohar lo descrive come il
“Fuoco Bianco Celato, nel Risha Havurah”, la Testa Bianca, la cui Volontà è la causa per
cui il fluido igneo scorre in 370 correnti in ogni direzione dell’Universo. Esso è identico al
“Serpente che corre facendo 370 salti” del Siphrah Dtzenioutha, il Serpente che,
allorquando “l’Uomo Perfetto”, il Metatron, viene innalzato, cioè quando l’Uomo Divino
dimora nell’uomo animale, diviene tre Spiriti, o Âtmâ-Buddhi-Manas.
Dunque, lo Spirito, o Ideazione Cosmica, e la Sostanza Cosmica — di cui uno dei
“princìpi” è l’Etere — non sono che uno, ed includono gli Elementi, nel senso che loro
attribuisce S. Paolo. Questi Elementi sono le sintesi velate che rappresentano i Dhyân
Chohan, i Deva, i Sephiroth, gli Amshaspend, gli Arcangeli, ecc. L’Etere della scienza —
l’Ilus di Beroso o il Protile della Chimica — costituisce, per così dire, il materiale
relativamente rozzo con il quale i suddetti Costruttori formano i Sistemi nel Cosmo,
seguendo il piano tracciato eternamente per essi nel Pensiero Divino. Ci viene detto che essi
sono dei “miti”. E noi rispondiamo che non lo sono più dell’Etere e degli Atomi. Questi
ultimi due sono delle necessità assolute per la scienza fisica, ed i Costruttori sono una
necessità altrettanto assoluta per la Metafisica. Viene fatta l’obiezione: voi non li avete mai
veduti. E noi domandiamo ai materialisti: Avete mai veduto l’Etere, o i vostri Atomi,
oppure la vostra Forza? Inoltre, uno dei più grandi evoluzionisti occidentali dell’epoca
moderna, A. R. Wallace, colui che ha fatto la medesima scoperta di Darwin, discutendo
sull’insufficienza della selezione naturale a spiegare da sola la formazione della forma fisica
dell’Uomo, ammette l’azione dirigente di “intelligenze superiori” come “una parte
necessaria delle grandi leggi che governano l’Universo materiale”1.
Queste “intelligenze superiori” sono i Dhyân Chohan degli occultisti.
Infatti sono ben pochi i miti, in qualunque sistema religioso, che meritino tale nome
e che non abbiano un fondamento sia storico che scientifico. I “miti”, come giustamente
osserva Pocoke, “sono considerati adesso come favole precisamente in proporzione a ciò
che non comprendiamo di essi; e come verità in proporzione a ciò che un tempo si
comprendeva di loro”.
L’idea distinta e di maggior valore che si trova in tutti gli insegnamenti antichi in
rapporto all’Evoluzione Cosmica ed alla prima “creazione” del nostro Globo, con tutti i suoi
prodotti organici ed inorganici — strana parola questa per un occultista! — è che l’intero
Cosmo è scaturito dal Pensiero Divino. Questo Pensiero impregna la Materia, che è coeterna
con la Realtà Unica; e tutto ciò che vive e respira evolve dalle Emanazioni dell’Uno
Immutabile. Parabrahman-Mülaprakriti, l’Eterna Radice-Unica. Il primo di questi, nel suo
aspetto di Punto Centrale volto, per così dire, verso l’interno, verso regioni assolutamente
inaccessibili all’intelletto umano, è Astrazione Assoluta; mentre nel suo aspetto di
Mûlaprakriti, la Radice Eterna di tutto, ci dà almeno una vaga idea del Mistero dell’Essere.
Perciò veniva insegnato nei templi interni che questo Universo visibile di Spirito e di Materia è
soltanto l’Immagine concreta dell’Astrazione ideale; che era costruito sul Modello della prima Idea Divina. Il
nostro Universo esisteva dunque dall’eternità in uno stato latente. L’Anima che dà vita a questo Universo
puramente spirituale è il Sole Centrale, la più elevata Divinità Stessa. Non fu l’Uno che dall’idea costruì la
forma concreta, ma il Primogenito; e siccome fu costruito secondo la forma geometrica del dodecaedro2, il
Primogenito “si compiacque ad impiegare 12.000 anni nella sua creazione”. Quest’ultimo numero è espresso
1
2
Contribuzions to the Theory of Natural Selection.
Platone, Timeo 55C.
256
nella Cosmogonia Tyrrhenia1, che ci mostra l’uomo come creato nel sesto millennio. Questo concorda con la
teoria egiziana di 6.000 anni”2, e con il computo ebraico. Ma tutto ciò ne è soltanto la forma exoterica. I calcoli
segreti spiegano che i “12.000 ed i 6.000 anni”, sono Anni di Brahmâ, e che un Giorno di Brahmâ corrisponde
a 4.320.000.000 di anni. Sanchoniathon, nella sua Cosmogonia3, dichiara che quando il Vento (lo Spirito)
s’innamorò dei suoi propri princìpi (il Chaos), avvenne un’intima unione, la quale unione fu chiamata Pothos
(πόθος), e da essa derivò il seme di tutto. Ed il Chaos non conobbe la propria produzione perché era privo di
senso; ma dal suo abbraccio con il Vento fu generato Mot, o l’Ilus (il Fango)4. Da questo nacquero le spore
della creazione e la generazione dell’Universo5.
Zeus-Zên (l’Ǽther) e Chthonia (la Terra Caotica) e Metis (l’Acqua), sue spose; Osiride — che
rappresenta pure l’Ǽther, la prima emanazione della Divinità Suprema, Amun, la sorgente primordiale della
Luce — ed Iside-Latona, la Dea della Terra come pure dell’Acqua; Mithras,6 il Dio nato dalla roccia, simbolo
del maschile Fuoco del Mondo, o la Luce Primordiale personificata, e Mithra, la Dea del Fuoco, in pari tempo
sua madre e sua moglie – il puro elemento del Fuoco, il princìpio attivo o maschile, considerato come luce e
calore, in congiunzione con la Terra e l’Acqua, o materia, l’elemento femminile o passivo della generazione
cosmica — Mithras che è figlio di Bordj, la montagna persiana dal mondo,7 dalla quale sfolgorò quale un
radioso raggio di luce: Brahmâ, il Dio-Fuoco, e la sua prolifica consorte; e l’Agni indù, la risplendente Divinità
dal cui corpo emanano mille correnti di gloria e sette lingue di fuoco, e in onore della quale certi Brahâmani
mantengono acceso ancora ai giorni nostri un fuoco perpetuo; Shiva, personificato da Meru, la montagna del
mondo degli indù, lo spaventevole Dio del Fuoco che, secondo la leggenda, sarebbe disceso dal cielo, come
Jehovah degli ebrei, “in una colonna di fuoco”; e una dozzina di altre Divinità arcaiche dal doppio sesso —
tutte proclamano altamente il loro significato occulto. E quale potrebbe essere il duplice significato di questi
miti se non il princìpio psico-chimico della creazione primordiale; la Prima Evoluzione, nella sua triplice
manifestazione di Spirito, di Forza e di Materia; la divina correlazione, al suo punto di partenza, rappresentata
dall’allegoria del matrimonio del Fuoco e dell’Acqua, i prodotti dello Spirito elettrificante — l’unione del
princìpio maschile attivo con l’elemento femminile passivo — che divennero i genitori della loro figlia
tellurica, la Materia Cosmica, la Prima Materia, la cui Anima è l’Ǽther, e la cui Ombra è la Luce Astrale?8
Ma i frammenti dei sistemi cosmogonici che sono giunti fino a noi, sono oggi respinti
come favole assurde. Ciò nonostante, la Scienza Occulta — che è sopravvissuta perfino al
Grande Diluvio che sommerse i Giganti antidiluviani e con essi il ricordo stesso della loro
esistenza, salvo gli annali conservati nella Dottrina Segreta, nella Bibbia ed in altre Scritture
Sacre — detiene tuttora la chiave di tutti i problemi del mondo.
Applichiamo dunque questa chiave ai rari frammenti delle Cosmogonie da lungo
tempo dimenticate e, mediante le loro parti sparse qua e là, cerchiamo di ristabilire la
Cosmogonia, un tempo universale, della Dottrina Segreta. Questa Chiave si adatta a tutte.
Nessuno può studiare seriamente le antiche filosofie senza accorgersi che la straordinaria
similitudine di concezione che si trova in tutte quante, frequentemente nella forma exoterica,
ed invariabilmente nel loro spirito celato, non è il risultato di una pura coincidenza, bensì di
un pensiero unanime e che, durante la giovinezza dell’umanità, non vi era che una sola
lingua, una sola conoscenza, una sola Religione universale, quando non vi erano né chiese,
né credi né sètte, ma quando ogni uomo era sacerdote per se stesso. E se sarà dimostrato che
già in quelle epoche primitive, chiuse al nostro sguardo dalla crescita esuberante delle
tradizioni, il pensiero religioso umano si era sviluppato uniformemente in ogni parte del
nostro globo, diverrà allora evidente che quel pensiero, nato sotto qualsiasi latitudine, nel
Settentrione gelido o nel Mezzogiorno ardente, in Oriente o in Occidente, fu ispirato dalle
medesime rivelazioni, e che l’uomo fu allevato all’ombra protettrice del medesimo Albero
della Conoscenza.
1
Suida, sub voce: “Tyrrhenia “. Vedi Cory, Ancient Fragments, pag. 309, 2a edizione.
Il lettore capirà che per “anni” si intendono “epoche” e non dei semplici periodi di 13 mesi lunari ciascuno.
3
Vedere la traduzione greca di Filone di Biblio.
4
Cory, op. cit., pag. 3.
5
Iside Svelata, I, 342.
6
Mithras era considerato fra i persiani come il theos ek petras — il Dio che esce dalla roccia.
7
Bordj è chiamata una montagna di fuoco, un vulcano: esso contiene quindi fuoco, roccia, terra ed acqua; gli elementi
maschili o attivi, e femminili, o passivi. Il mito è suggestivo.
8
Iside Svelata I, 156.
2
257
SEZIONE IV
CHAOS: THEOS: KOSMOS
Ecco ciò che contiene lo Spazio o, come lo ha definito un erudito cabalista: “Lo
Spazio che non è contenuto, ma che contiene tutto, è la personificazione primaria della
semplice Unità... l’estensione illimitata”1. “Ma l’estensione illimitata di che cosa?”
soggiunge, e risponde quindi giustamente: “L’Ignoto Contenitore di Tutto, la Causa Prima
Sconosciuta”. Questa è una definizione ed una risposta molto esatta, profondamente
esoterica e vera sotto ogni punto di vista dell’insegnamento occulto.
Lo Spazio, proclamato “un’idea astratta” ed un vuoto dagli scienziati moderni nella
loro ignoranza e con la loro tendenza iconoclastica a distruggere ogni idea filosofica degli
antichi, è, in realtà, il Contenitore ed il Corpo dell’Universo nei suoi Sette Princìpi. È un
corpo di un’estensione illimitata, i cui Princìpi, secondo la fraseologia occulta — ognuno
essendo a sua volta un settenario — manifestano nel nostro mondo fenomenico soltanto la
parte più grossolana delle loro suddivisioni. “Nessuno ha mai veduto gli Elementi nella loro
pienezza”, insegna la Dottrina Segreta. Noi dobbiamo attingere il nostro sapere dalle
espressioni originali e dai sinonimi dei popoli primitivi. Anche l’ultimo di questi popoli, gli
ebrei, ci presenta la medesima idea nei suoi insegnamenti cabalistici, quando in essi si parla
del Serpente dello Spazio, con sette teste, chiamato il “Grande Oceano”.
In princìpio gli Alhim crearono i Cieli e la Terra; i Sei (Sephiroth) ... Essi ne crearono Sei e su questi
sono basate tutte le cose. E questi (Sei) dipendono dalle sette forme del Cranio fino alla Dignità di tutte le
Dignità”2.
Ora il Vento, l’Aria e lo Spirito sono stati sempre sinonimi presso tutti i popoli.
Pneuma (lo Spirito) ed Anemos (il Vento) presso i greci, Spiritus e Ventus, per i latini, erano
termini convertibili, anche se dissociati dall’idea originale del Soffio di Vita. Nelle “Forze”
della Scienza, noi vediamo soltanto l’effetto materiale dell’effetto spirituale dell’uno o
dell’altro dei quattro Elementi primordiali, che ci sono stati trasmessi dalla Quarta Razza,
come noi trasmetteremo I’Ǽther nella sua pienezza, o piuttosto la sua suddivisione più
grossolana, alla Sesta Razza-Radice.
Il Chaos era chiamato dagli antichi privo di senno perché — il Chaos e lo Spazio essendo
sinonimi — esso rappresentava e conteneva in sé tutti gli Elementi nel loro stato rudimentale
e indifferenziato.
Gli antichi facevano dell’Ǽther il quinto Elemento, la sintesi degli altri quattro; poiché
l’Ǽther dei filosofi greci non era il suo residuo, per quanto in realtà essi avessero molte più
cognizioni della scienza attuale su questo residuo (Etere), il quale si considera giustamente
quale agente operatore di molte Forze che si manifestano sulla terra. Il loro Ǽther era
l’Âkâsha degli indù; l’Etere accettato nella Fisica è soltanto una delle sue suddivisioni sul
nostro piano, la Luce Astrale dei cabalisti con tutti i suoi effetti, buoni e cattivi.
Poiché l’Essenza dell’Ǽther, o lo Spazio Invisibile, era considerata divina in quanto
si supponeva che fosse il Velo della Divinità, così essa veniva pure considerata quale
intermediaria fra questa vita e quella successiva. Gli antichi ritenevano che quando le
Intelligenze attive dirigenti — gli Dèi — si ritiravano da una porzione qualsiasi dell’Ǽther
nel nostro Spazio, o dei quattro regni che essi governavano, allora quella particolare regione
cadeva sotto il dominio del male, così chiamato a causa dell’assenza del bene.
L’esistenza dello Spirito nell’Intermediario comune, l’Etere, è negata dal Materialismo, mentre la
Teologia ne fa un Dio personale. Ma il cabalista ritiene che ambedue siano in errore, e dice che nell’Etere gli
1
2
Henry Pratt, New Aspects of Life.
Siphrah Dtzenioutha, I, 16.
258
elementi rappresentano soltanto la Materia, le Forze Cosmiche cieche della Natura, mentre lo Spirito
rappresenta l’Intelligenza che le dirige. Le dottrine cosmogoniche Ariane, Ermetiche, Orfiche e Pitagoriche,
come pure quelle di Sanchoniathon e di Beroso, sono tutte basate su una formula incontestabile, cioè che
l’Ǽther e il Chaos, o, nel linguaggio platonico, la Mente e la Materia, erano i due princìpi primordiali ed eterni
dell’Universo, del tutto indipendenti da qualsiasi altra cosa. Il primo di essi era il princìpio intellettuale che
tutto vivifica, mentre il Chaos era un princìpio liquido “senza forma né intelletto”; dalla loro unione nacque
l’Universo, o piuttosto il Mondo Universale, la prima Divinità androgina — divenendo la Materia Caotica il
suo Corpo e l’Etere la sua Anima. Secondo la fraseologia di un frammento di Hermeias: “Il Chaos, ottenendo
l’intelletto da questa unione con lo Spirito, risplendette di piacere e così fu generato il Protogono, la Luce
(Primogenita)”1. Questa è la Trinità Universale, basata sulle concezioni metafisiche degli antichi, i quali,
ragionando per analogia, fecero dell’uomo, che è un composto di Intelletto e di Materia, il Microcosmo del
Macrocosmo, o Grande Universo.2
“La Natura aborre il Vuoto”, dicevano i Peripatetici, i quali, benché materialisti alla
loro maniera, comprendevano forse perché Democrito ed il suo maestro Leucippo
insegnassero che i primi princìpi di tutte le cose contenute nell’Universo erano gli Atomi ed
il Vuoto. Quest’ultimo significa semplicemente la Forza latente o la Divinità, la quale,
precedentemente alla sua prima manifestazione — quando divenne la Volontà che dette il
primo impulso a questi Atomi — era il grande Nulla, Ain Suph o Nessuna-Cosa; e di
conseguenza, in ogni senso, un Vuoto o Chaos.
Col tempo questo Chaos, per Platone ed i Pitagorici, divenne “l’Anima del Mondo”.
Secondo l’insegnamento indù, la Divinità, sotto la forma di Ǽther o Âkâsha, permea tutte le
cose. È perciò che fu chiamata dai teurgisti il “Fuoco Vivente, lo “Spirito della Luce” e
talvolta “Magnes”. Secondo Platone, la più elevata Divinità costruì l’Universo nella forma
geometrica del dodecaedro, ed il suo “Primogenito” nacque dal Chaos e dalla Luce
Primordiale — il Sole Centrale. Tuttavia, questo Primogenito era soltanto l’aggregato della
Legione dei Costruttori, le prime Forze Costruttive, chiamate, nelle vecchie Cosmogonie: gli
Antichi nati dalle Profondità, o Chaos, e dal Primo Punto. Egli è il cosiddetto
Tetragrammaton che si trova alla testa dei Sette Sephiroth inferiori. Questa era pure la
credenza dei caldei. Filone Giudeo, parlando molto sconsideratamente dei primi istruttori dei
suoi antenati, scrisse:
Questi caldei ritenevano che il Cosmo, fra le altre cose che esistono (?), è un semplice Punto, essendo
esso stesso Dio (Theos) o ciò che in esso è Dio, contenendo l’Anima di tutte le cose3.
Chaos, Theos e Kosmos sono soltanto i tre simboli della loro sintesi — lo Spazio.
Non si potrà mai sperare di risolvere il mistero di questa Tetrarchia attenendosi solo alla
lettera morta, sia pure delle antiche filosofie come esistono attualmente. Ma anche in queste,
Chaos, Theos, Kosmos, e Spazio, sono identificati per tutta l’eternità come lo Spazio Unico
Ignoto, di cui l’ultima parola non sarà forse mai conosciuta prima della nostra Settima
Ronda. Ciò nonostante, le allegorie ed i simboli metafisici relativi al Cubo primordiale e
perfetto sono notevoli perfino nei Purâna exoterici.
Anche in essi Brahmâ è Theos, che evolve fuori dal Chaos o il Grande Abisso, le
Acque, al di sopra delle quali lo Spirito o Spazio — lo Spirito che si muove sulla superficie
del Cosmo futuro ed illimitato — si libra silenziosamente su di esso durante la prima ora del
suo risveglio.
È pure Vishnu che dorme su Ananta-Shesha, il grande Serpente dell’Eternità, del
quale la Teologia occidentale, che ignora la Cabala, sola chiave a dischiudere i segreti della
Bibbia, ne ha fatto il Diavolo. È il primo Triangolo della Triade Pitagorica, il “Dio dai tre
Aspetti”, prima che si trasformi, tramite la quadratura del Cerchio Infinito, in Brahmâ dai
1
Damascio, nella sua Teogonia [De principiis rerum] lo chiama Dis, “l’ordinatore di tutte le cose.” Consultare Cory, Ancient
Fragments, p. 314.
2
Iside Svelata, I, 341
3
On the Migration of Abraham, xxxii, 179.
259
quattro volti. “Da colui che è eppure non è, dal Non-Essere, la Causa Eterna, è nato l’Essere,
Purusha”, dice Manu il legislatore.
Nella mitologia egiziana, Kneph, l’Eterno Dio Non-Rivelato, è rappresentato dall’emblema del
Serpente dell’Eternità che cinge un’urna d’acqua, e la cui testa ondeggia sopra l’acqua stessa, fecondandola con
il suo respiro. In questo caso il Serpente è Agathodaimôn, lo Spirito Buono; nel suo aspetto contrario è il
Kakodaimôn, lo Spirito Maligno. Nelle Edda scandinave, la rugiada di miele, il frutto degli Dèi e delle
laboriose api creatrici Yggdrasil, cade durante le ore della notte, quando l’atmosfera è impregnata di umidità; e
nelle mitologie nordiche essa simboleggia, quale princìpio passivo della creazione, la creazione dell’Universo
tratto dall’Acqua. Questa rugiada è la Luce Astrale in una delle sue combinazioni, e possiede tanto proprietà
creative quanto distruttive. Nella leggenda caldea di Beroso, Oannes o Dagon, l’uomo-pesce, istruendo il
popolo dice che il mondo neonato esce dall’acqua e che tutti gli esseri traggono origine da questa Materia
Prima. Mosè insegna che soltanto la Terra e l’Acqua possono dar vita ad un’Anima Vivente: e nelle Scritture
leggiamo che l’erba non potè crescere finchè l’Eterno non fece piovere sulla Terra. Nel Popol Vuh messicano
l’uomo è creato dal fango o argilla (terre glaise), presa dal fondo dell’acqua. Brahmâ, assiso sul suo Loto, creò
il grande Muni, o il primo uomo, solo dopo aver dato la vita agli spiriti che gioirono quindi della priorità
dell’esistenza sui mortali; e lo trasse dall’Acqua, dall’Aria e dalla Terra. Gli alchimisti affermano che la Terra
primordiale o pre-Adamica, allorchè è ridotta alla sua sostanza prima, è, nel suo secondo stadio di
trasformazione, simile all’Acqua limpida, essendo essa nel primo stadio dell’Alkahest propriamente detto. Si
afferma che questa sostanza primordiale contenga in sé l’essenza di tutto quanto costituisce l’uomo; essa
contiene non soltanto tutti gli elementi del suo essere fisico, ma perfino il “soffio di vita” in uno stato latente,
pronto ad essere risvegliato. Questo soffio di vita deriva “dall’incubazione” dello “Spirito di Dio” sulla faccia
delle Acque — il Chaos. In realtà, questa sostanza è il Chaos stesso. È con essa che Paracelso pretendeva di
poter fare i suoi Homunculi; ed è per questo che Talete, il grande filosofo naturalista, sosteneva che l’Acqua è il
princìpio di tutte le cose nella natura...1
Giobbe dice che le cose morte sono formate dal fondo delle Acque, come pure tutto ciò che è in esse2.
Nel testo originale, invece di “cose morte”, si parla di Rephaim morti, i Giganti o potenti Uomini Primitivi, dai
quali l’evoluzione farà forse un giorno discendere la nostra razza attuale”3.
“Nello stato primordiale della creazione”, dice la Mythologie des Indous di Polier,
“l’Universo rudimentale, sommerso dalle Acque, riposava nel seno di Vishnu. Scaturito da
questo Chaos e da queste Tenebre, Brahmâ, l’Architetto del Mondo, sostenuto da una foglia
di Loto, galleggiava sulle acque, incapace di discernere altro all’infuori di acqua e tenebre.”
Scorgendo un simile triste stato di cose, Brahmâ esclama costernato: “Chi sono io? Da dove
venni?” Egli ode allora una voce.4 “Concentra i tuoi pensieri su Bhagavat”. Brahmâ,
ergendosi dalla sua posizione galleggiante, si siede sul loto in atteggiamento di
contemplazione e riflette sull’Eterno, il quale, soddisfatto da questa prova di devozione,
disperde le tenebre primordiali e dischiude la sua intelligenza. “Dopo di ciò, Brahmâ esce
dall’Uovo Universale (il Chaos Infinito) come Luce, perché la sua intelligenza adesso è
dischiusa, e si pone all’opera. Egli si muove sulle Acque eterne, avendo in sé lo Spirito di
Dio; e nella sua funzione di Motore delle Acque egli è Vishnu, o Nârâyana”.
Tutto ciò, naturalmente, è exoterico, però, nelle sue idee essenziali, corrisponde alla
Cosmogonia Egiziana, che, nelle sue prime frasi, ci mostra Athtor,5 o Madre Notte,
rappresentante le Tenebre Illimitate, come l’Elemento Primordiale che ricopriva l’Abisso
Infinito, animato dall’Acqua e dallo Spirito Universale dell’Eterno che dimorava solitario nel
Chaos. In modo analogo, nelle Scritture Ebraiche la Storia della Creazione comincia con lo
Spirito di Dio e la sua Emanazione Creativa — un’altra Divinità.6
1
Per i greci, gli Dèi dei Fiumi, tutti figli dell’Oceano Primordiale — il Chaos, nel suo aspetto maschile — erano
rispettivamente gli antenati delle razze elleniche. Per essi l’Oceano era il Padre degli Dèi; per cui, in questo senso, essi
avevano anticipato le teorie di Talete, come fa giustamente osservare Aristotele. (Metaph. I, 3-5).
2
XXVI, 5.
3
Iside Svelata, I. pagg. 133-4.
4
Lo Spirito o voce occulta dei Mantra; la manifestazione attiva della forza latente, o Potenza occulta.
5
Ortografia dell’Archaic Dictionary.
6
Non parliamo della Bibbia comune o accettata, ma della vera Scrittura Ebraica, spiegata adesso cabalisticamente.
260
Lo Zohar insegna che sono gli Elementi Primordiali — la trinità del Fuoco, dell’Aria
e dell’Acqua — i Quattro Punti Cardinali e tutte le Forze della Natura, che formano
collettivamente la Voce della Volontà, Memrab, o il Verbo, il Logos del Silente TUTTO
Assoluto. “Il Punto indivisibile, illimitato ed inconoscibile”, si stende sopra lo spazio e
forma così un Velo, la Mûlaprakriti di Parabrahman, che cela questo Punto Assoluto.
Nelle Cosmogonie di tutte le nazioni sono questi Architetti sintetizzati dal Demiurgo,
nella Bibbia l’Elohim, o Alhim, che formano il Cosmo dal Chaos, e che sono il Theos
collettivo, maschio-femmina, Spirito e Materia. “Per una serie (yom) di fondazioni (hasoth),
l’Alhim fece nascere la terra ed il cielo.”1 Nel Genesi, all’inizio è Alhim, poi Jahva-Alhim,
ed infine Jehovah — dopo la separazione dei sessi nel quarto capitolo. È da notare il fatto
che in nessun luogo, ad eccezione delle più recenti, o piuttosto delle ultime Cosmogonie
della nostra Quinta Razza, appare il NOME ineffabile ed inesprimibile2 — il simbolo della
Divinità Sconosciuta, che era pronunciato soltanto nei MISTERI — in rapporto alla
“Creazione” dell’Universo. Sono i Motori, i Theoi, i Corridori (da θέειυ correre) che
compiono il lavoro di formazione, i Messaggeri della Legge Manvantarica, diventati adesso,
nel Cristianesimo, semplicemente i “Messaggeri” (Malachim). Questo lo troviamo pure
nell’Induismo o nel Brâhmanesimo primitivo. Infatti nel Rig Veda non è Brahmâ che crea,
ma i Prajâpati, i “Signori dell’Essere”, che sono anche Rishi; essendo il vocabolo Rishi,
secondo il prof. Mahadeo Kunte, in rapporto con il termine “muovere”, “guidare”, applicato
ad essi nel loro carattere terrestre, quando, come Patriarchi, guidavano le loro Legioni sui
Sette Fiumi.
Inoltre, la parola stessa “Dio”, al singolare, che include tutti gli Dèi o Theoi,
pervenne alle nazioni civili “superiori” da una strana sorgente, da una sorgente interamente e
preminentemente fallica quale è quella del Lingham indiano nella sua nuda franchezza.
L’idea di far derivare il vocabolo God (Dio) dal sinonimo anglosassone Good (buono) è stata
abbandonata, perché in nessun’altra lingua, dal persiano Khoda fino al Latino Deus, si è
trovato un esempio che provi che la parola Dio sia derivata dall’attributo di Goodness
(Bontà). Alle razze latine esso pervenne dall’ariano Dyaus (il Giorno); agli slavi dal Bacco
greco (Bagh-bog); ed alle razze sassoni direttamente dall’ebraico Yod o Jod. Quest’ultimo è
י: la lettera-cifra 10, maschio e femmina, e Yod è il fallico gancio. Di qui deriva il sassone
Godh, il germanico Gott e l’inglese God. Si può dire che questa parola simbolica rappresenti
il Creatore dell’Umanità Fisica, sul piano terrestre; ma certamente non aveva niente a che
fare con la Formazione o “Creazione” sia dello Spirito che degli Dèi o del Cosmo.
Chaos-Theos-Kosmos, la Triplice Divinità, è tutto in tutto. Di conseguenza, si dice
che essa è maschio e femmina, bene e male, positivo e negativo, l’intera serie delle qualità
contrarie. Quando è latente, nel Pralaya, non è conoscibile e diviene la Divinità
Inconoscibile. Essa può essere conosciuta soltanto nelle sue funzioni attive, e quindi quale
Forza-Materia e Spirito vivente, le correlazioni e la risultante, o l’espressione sul piano
visibile, dell’Unità ultima e per sempre sconosciuta.
A sua volta questa Triplice Unità produce i Quattro Elementi Primari,3 conosciuti
nella nostra Natura terrestre visibile come i sette (fino ad ora i cinque) Elementi, ciascuno
divisibile in quarantanove — sette volte sette — sottoelementi, dei quali circa una settantina
sono conosciuti dalla Chimica.
1
Vedi Genesi, II, 4.
È inesprimibile per la semplice ragione che è non-esistente. Non fu mai né un nome né una parola, ma un’idea che non
poteva essere espressa. Un sostituto fu creato per esso nel secolo che ha preceduto la nostra èra.
3
Il Tabernacolo Cosmico di Mosè, da lui eretto nel deserto era di forma quadrata perché rappresentava i quattro Punti
Cardinali ed i quattro Elementi, come spiega Giuseppe ai suoi lettori. (Antichità Ebraiche, I, VIII, cap. XXII). L’idea era
tratta dalle piramidi dell’Egitto e da quelle di Tiro, dove le piramidi divennero colonne. I Genii, o Angeli, hanno la loro
dimora rispettivamente in questi quattro punti.
2
261
Ogni Elemento Cosmico come il Fuoco, l’Aria, l’Acqua e la Terra, partecipando
delle qualità e dei difetti dei loro Primari, è, nella sua natura, Bene e Male, Forza o Spirito, e
Materia, ecc.; e ciascuno, quindi, è in pari tempo Vita e Morte, Salute e Malattia, Azione e
Reazione. Essi formano costantemente la Materia sotto l’impulso incessante dell’Elemento
Unico, l’inconoscibile, rappresentato nel mondo dei fenomeni dall’Ǽther. Essi sono “gli Dèi
immortali che danno nascita e vita a tutto”.
Negli Scritti Filosofici di Solomon Ben Yehudah Ibn Gebirol, trattando della struttura
dell’Universo, è detto:
R. Yehudah cominciò così, è scritto: “Elohim disse: che vi sia un firmamento in mezzo alle acque”.
Venite, guardate! Allorchè il Santo…..creò il Mondo, Egli creò 7 cieli di sopra. Egli creò 7 terre di sotto, 7
mari, 7 giorni, 7 fiumi, 7 settimane, 7 anni, 7 epoche e 7000 anni durante i quali è esistito il Mondo. Il Santo è
nel settimo di tutto1.
Questo, oltre a mostrarci una strana identità con la Cosmogonia dei Purâna,2
conferma tutti i nostri insegnamenti per quanto concerne il numero sette, come sono esposti
brevemente nel Buddhismo Esoterico. Gli indù hanno una serie infinita di allegorie per
esprimere questa idea. Nel Chaos Primordiale, prima che esso si sviluppi nel Sapta Samudra
o i Sette Oceani — simbolo delle Sette Guna o Qualità condizionate, composte di Triguna
(Sattva, Rajas e Tamas) — si trovano latenti Amrita, o Immortalità, come pure Visha, o
Veleno, la Morte, il Male. Questo si trova nell’allegorico Sbattimento dell’Oceano per opera
degli Dèi. Amrita è al di là di ogni Guna, perché essa è incondizionata, per se; ma una volta
caduta nella creazione fenomenica si mescolò con il Male, con il Chaos, con il Theos latente
in essa, prima che il Cosmo fosse evoluto. Quindi vediamo Vishnu, personificazione della
Legge Eterna, che periodicamente chiama in attività il Cosmo, o, nella fraseologia allegorica,
che estrae dall’Oceano Primitivo, o Chaos Illimitato, l’Amrita dell’Eternità, riservata
soltanto agli Dèi e ai Deva; ed in tale opera egli deve servirsi dei Nâga e degli Asura, i
Demoni dell’Induismo exoterico.
L’intera allegoria è altamente filosofica, e in realtà la troviamo ripetuta in tutti gli
antichi sistemi di filosofia. Così la ritroviamo in Platone, il quale, avendo pienamente
abbracciate le idee che Pitagora aveva portate dall’India, le rielaborò e le pubblicò in una
forma più intelligibile di quella del misterioso sistema numerico originale del Saggio di
Samo. Così, in Platone, il Kosmos è il “Figlio”, che ha per Padre e Madre il Pensiero Divino
e la Materia3.
“Gli egiziani”, dice Dunlap, “fanno una distinzione fra un Horus più anziano ed uno
più giovane; il primo: il fratello di Osiride, ed il secondo: il figlio di Osiride e di Iside”4.
Il primo rappresenta l’Idea del Mondo che rimane nella Mente del Demiurgo, “nata
nelle Tenebre prima della Creazione del Mondo”. Il secondo Horus è questa Idea che esce
dal Logos, che si riveste di Materia ed assume esistenza reale5.
Gli Oracoli Caldei parlano del “Dio del Mondo, eterno, illimitato, giovane e vecchio,
di forma serpeggiante”.6 Questa “forma serpeggiante” è un’immagine per esprimere il
movimento vibratorio della Luce Astrale, che era perfettamente conosciuta dagli antichi
sacerdoti, per quanto il nome di “Luce Astrale” sia stato inventato dai Martinisti. La scienza
moderna considera con disprezzo la Cosmolatria come una superstizione.
Però, prima di deriderla, la scienza stessa dovrebbe, come consigliava uno scienziato
francese, “riformare completamente il proprio sistema di educazione cosmopneumatolo1
Qabbalah, di Isaac Myer, pubblicata nel 1888, pag. 415.
Come, per esempio, nel Vishnu Purâna, Libro I.
3
Plutarco, De Iside et Osiride, LVI.
4
Spirit History of Man, pag. 88.
5
Movers, Phoinizer, pag. 268.
6
Cory, Ancient Fragments, 240.
2
262
gica”. Satis eloquentiae, sapientiae parum! Si può considerare che la Cosmolatria, come il
Panteismo, nella sua espressione finale, fa uso dei medesimi termini di cui si servono i
Purâna per descrivere Vishnu:
Egli è soltanto la causa ideale delle potenze che saranno create nel lavoro della creazione; e da lui
procedono le forze che dovranno essere create, dopo che esse saranno diventate la causa reale. Ad eccezione di
quella causa ideale, non ve ne sono altre a cui il mondo possa riferirsi... Per mezzo del potere di quella causa
ogni cosa creata possiede la sua propria natura.1
1
Vishnu Purâna, Libro I, cap. IV. Versione di Fitzedward Hall.
263
SEZIONE V
DELLA DIVINITÁ CELATA, I SUOI SIMBOLI E I SUOI GLIFI
Dobbiamo risalire alla sorgente primordiale ed all’essenza stessa del concetto di
Logos, o Divinità Creatrice, del “Verbo fatto carne”, di tutte le religioni. Nell’India è un
Proteo dai 1.008 nomi ed aspetti divini in ciascuna delle sue trasformazioni personali, da
Brahmâ-Purusha fino agli Avatara divino-umani, passando attraverso i Sette Rishi Divini e i
Dieci Prajapati semi-divini (che sono anche loro dei Rishi). Lo stesso sconcertante problema
“dell’Uno nei Molti” e della Moltitudine in Uno, si trova in altri Pantheon; in quello
egiziano, in quello greco ed in quello caldeo-giudaico; quest’ultimo ha aumentato ancora di
più la confusione presentando i suoi Dèi sotto veste di Patriarchi. E questi Patriarchi sono
accettati attualmente da coloro che respingono Romolo come un mito, e sono rappresentati
come Entità viventi e storiche. Verbum satis sapienti!
Nello Zohar, Ain Suph è pure l’Uno, l’Unità Infinita. Alcuni fra i più eruditi Padri
della Chiesa lo sapevano, e sapevano pure che Jehovah non era il Dio “più elevato”, bensì
una Potenza di terzo grado. Ma, mentre si lagnavano amaramente degli Gnostici dicendo: “i
nostri eretici credono... che Propatôr sia conosciuto soltanto dal Figlio Unigenito1 (che è
Brahmâ), cioè dalla Mente (Nous)”, Ireneo dimenticò di dire che gli ebrei facevano
altrettanto nei loro libri veramente segreti. Valentino, “il più profondo dottore della Gnosi”,
riteneva che “vi era un perfetto Aiôn esistente prima di Bythos (il primo Padre della Natura
insondabile, cioè il Secondo Logos) chiamato Propatôr. È questo Aiôn che scaturisce come
un Raggio da Ain Suph, che non crea, ed è questo Aiôn che crea, o piuttosto per mezzo del
quale ogni cosa viene creata o evolve. Poiché, come insegnavano i Basilidiani “Vi era un
Dio Supremo, Abrasax, dal quale fu creata la Mente (Mahat in Sanscrito, Nous in greco).
Dalla Mente procedette il Verbo, Logos: dal Verbo, la Provvidenza (o piuttosto Luce
Divina); poi, da questa, la Virtù e la Saggezza in Principati, Poteri, Angeli, ecc.”. Da questi
Angeli furono creati i 365 Eoni. “Fra i più bassi e quelli che fecero questo mondo, Basilide
pone dopo tutti il Dio degli ebrei, che egli rifiuta (e con ragione), di riconoscere come Dio,
affermando che è uno degli Angeli”.
Troviamo dunque qui il medesimo sistema usato nei Purâna, dove l’Incomprensibile
lascia cadere un Seme, che diventa l’Uovo d’Oro da cui esce Brahmâ. Brâhma produce
Mahat, ecc. Però la vera Filosofia Esoterica non parla mai di “creazione” né di “evoluzione”
nel senso attribuito a queste parole dalle religioni exoteriche. Tutte queste Potenze
personificate non sono evolute l’una dall’altra, ma sono tanti aspetti diversi della stessa ed
unica manifestazione del Tutto Assoluto.
Il medesimo sistema di quello delle Emanazioni Gnostiche si riscontra negli aspetti
Sephirotali di Ain Suph, e siccome questi aspetti sono nello Spazio e nel Tempo, un certo
ordine viene mantenuto nel loro successivo apparire. È quindi indispensabile tener conto dei
grandi cambiamenti introdotti nello Zohar in conseguenza dei rimaneggiamenti eseguiti da
molte generazioni di mistici cristiani. Poiché, perfino nella Metafisica del Talmud, la Faccia
Inferiore o Aspetto Minore, o Microprosopo, non poteva mai essere collocata sul medesimo
piano di ideali astratti come la Faccia Superiore, o Aspetto Maggiore, o Macroprosopo.
Quest’ultimo, nella Cabala caldea, è una pura astrazione, la Parola o Logos, o Dabar in
ebraico; Parola che, per quanto divenga di fatto un numero plurale o Parole, D (a) B (a) R (i)
M, quando riflette se stessa, cioè quando si presenta sotto l’aspetto di una Legione di Angeli,
1
Precisamente come Mûlaprakriti è conosciuta soltanto da Îshvara, il Logos, come vien chiamato da T. Subba Row.
264
o Sephiroth — il “Numero” — è pur sempre collettivamente Uno, e sul piano ideale niente,
◯, “Nulla”. Esso è senza forma o essere, “poiché non somiglia a niente altro”.1 E perfino
Filone chiama il Creatore, il Logos che sta presso Dio, il “Secondo Dio”, quando parla “del
Secondo Dio, che è la sua Saggezza (del Dio Supremo)”.2 La Divinità non è Dio. Essa è il
Nulla e le Tenebre. È senza nome, e perciò è chiamata Ain Suph, avendo la parola “Ayin il
significato di niente”3. Il Dio Supremo, il Logos Non-Manifestato, è Suo Figlio.
La maggior parte dei sistemi gnostici giunti fino a noi, mutilati come sono dai Padri della
Chiesa, non sono niente di meglio che l’alterato involucro esteriore delle speculazioni
originali. E, d’altra parte, tali opere non furono mai accessibili al pubblico o al lettore
comune, poiché se il loro significato occulto o il loro esoterismo fosse stato rivelato, non
sarebbe stato più un insegnamento esoterico, e ciò non avrebbe mai potuto accadere. Marco,
il capo dei Marcosiani, visse verso la metà del secondo secolo ed insegnò che la Divinità
doveva essere considerata sotto il simbolo di quattro sillabe; egli rivelò al pubblico più verità
esoteriche di qualsiasi altro Gnostico. Ma anche lui non fu mai ben compreso. Poiché è
soltanto alla superficie o lettera morta della sua Apocalisse che Dio appare quale un
Quaternario, e cioè “l’Ineffabile, il Silenzio, il Padre e la Verità”, poiché in realtà è del tutto
erroneo, e aggiunge soltanto un altro enigma esoterico. Questo insegnamento di Marco fu
quello dei cabalisti primitivi ed è pure il nostro. Egli attribuisce alla Divinità il numero 30, in
quattro sillabe che, tradotto esotericamente, significano una Triade o Triangolo e un
Quaternario o un Quadrato, in tutto sette che, sul piano inferiore, costituiscono le sette
Lettere Divine o Segrete delle quali è composto il nome di Dio. Ciò richiede una
dimostrazione. Marco, nella sua Rivelazione, parlando dei misteri divini espressi mediante
lettere e numeri, narra come la Suprema “Tetrade scese” fino a lui “dall’alto della regione
che non può essere veduta né nominata, sotto forma femminile, perché il mondo sarebbe
stato incapace di sopportare la sua apparizione sotto forma maschile”, e come gli rivelasse
“la generazione dell’Universo, che non era mai stata rivelata fino ad allora né agli Dèi né
agli uomini”.
La prima frase racchiude già un doppio significato. Perché l’apparizione di una forma
femminile sarebbe sopportata o ascoltata dal mondo più facilmente che una forma maschile?
Apparentemente ciò sembra assurdo; ma per colui che è familiare con il Linguaggio dei
Misteri, ciò appare chiaro e semplice. La Filosofia Esoterica, o la Saggezza Segreta, era
simboleggiata da una forma femminile, mentre un forma maschile rappresentava il Mistero
Non-Rivelato. Quindi il mondo, non essendo pronto a riceverlo, non poteva comprenderlo,
quindi la Rivelazione di Marco doveva esser data allegoricamente. Egli scrive perciò:
Quando in princìpio suo Padre (della Tetrade)... l’Inconcepibile, il Senza-Essere, il Senza-sesso (l’Ain
Suph dei cabalisti), desiderò che il Suo Ineffabile (il Primo Logos, o Æon) nascesse, e che il Suo Invisibile si
rivestisse di forma, la sua bocca si aprì e pronunciò il Verbo simile a Se Stesso. Questo Verbo (Logos), stando
vicino, gli mostrò che cosa era Esso, manifestandosi sotto la forma dell’Uno Invisibile. Ora la pronuncia del
Nome (Ineffabile) (tramite il Verbo) avvenne in questo modo. Esso (il Supremo Logos) pronunciò la prima
Parola del suo Nome... che era una combinazione (sillabe) di quattro elementi (lettere). Quindi fu aggiunta la
seconda combinazione, composta essa pure di quattro elementi. Quindi, la terza composta di dieci elementi, ed
infine fu pronunciata la quarta, che conteneva dodici elementi. La pronuncia del Nome intero consisteva quindi
di trenta elementi e di quattro combinazioni. Ciascun elemento ha le proprie lettere ed il suo carattere
particolare, la sua pronuncia, il suo aggruppamento, le sue similitudini; ma nessuno percepisce la forma di cui
esso è l’elemento né comprende la parola del suo vicino; ma solo quello che pronuncia di per se stesso, come se
fosse tutto ciò (che può) essere pronunciato, e per questo pensa di chiamarlo il tutto... E sono questi suoni che
manifestano nella forma l’Æon Senza-Essere e Non-Generabile; e queste sono le forme che vengono chiamate
1
Franck, Die Kabbala, pag. 126.
Filone Giudeo, Quaestiones et Solutiones in Genesim.
3
Franck, op.cit., pag. 153.
2
265
Angeli, che contemplano perpetuamente il Volto del Padre1 [il Logos, il “Secondo Dio”, che sta presso Dio,
“l’Inconcepibile”, secondo Filone.]2.
Ciò è del tutto chiaro per quanto lo permetta l’antica segretezza esoterica. È
altrettanto cabalistico, benché meno velato dallo Zohar, in cui i nomi o attributi mistici sono
pure delle parole di quattro, di dodici, di quarantadue e perfino di settantadue sillabe! La
Tetrade mostra a Marco la Verità sotto forma di una donna nuda e designa mediante una
lettera ciascun membro di detta figura, chiamando A Ω la sua testa, Β Ψ il collo, Γ le spalle e
le mani, ecc. In essa si riconosce facilmente la Sephira; la testa o Corona, Kether, che reca il
numero 1; il cervello o Chokmah, il numero 2; il Cuore o Intelligenza, Binah, il numero 3; e
gli altri sette Sephiroth che rappresentano le membra del corpo. L’Albero Sephirotale è
l’Universo, e in Occidente è personificato da Adamo Kadmon, come in India lo è da
Brahmâ.
Dappertutto i Dieci Sephiroth sono rappresentati come divisi nei Tre superiori, o la
Triade Spirituale, e nel Settenario Inferiore. Il vero significato esoterico del numero sacro
Sette, per quanto accuratamente velato nello Zohar, è tradito dal doppio modo di scrivere
l’espressione “In Princìpio”, o Be-rasheeth e Be-raishath, avendo quest’ultima parola il
significato di “Saggezza Superiore o la più elevata”. Queste parole hanno un significato
duplice e segreto, come hanno dimostrato i due cabalisti S. L. MacGregor Mathers3 ed
Isacco Myer4, appoggiandosi entrambi alle migliori autorità antiche. Braisheeth barah
Elohim significa che i sei al di sopra dei quali vi è la settima Sephira, appartengono alla
classe inferiore materiale o, come dice l’autore: “Sette... sono applicati alla Creazione
Inferiore e Tre all’Uomo Spirituale, il Prototipo Celeste o Primo Adamo”.
Quando i teosofi e gli occultisti dicono che Dio non è un Essere, poiché Esso è
Niente, Nessuna-Cosa, sono più riverenti e religiosamente rispettosi verso la Divinità, di
coloro che chiamano Dio Egli, e fanno quindi di Lui un Maschio gigantesco.
Chi studia la Cabala scoprirà presto la medesima idea nel pensiero finale dei suoi
autori, i primi grandi Iniziati ebrei che acquisirono questa Saggezza Segreta in Babilonia
dagli Jerofanti caldei, come Mosè acquisì la sua in Egitto. Il sistema dello Zohar non può
essere giudicato in modo adeguato dalle sue traduzioni in latino ed in altre lingue, dato che
tutte le sue idee furono mitigate e adattate alle idee e alla politica dei manipolatori cristiani;
poiché le sue idee originali sono identiche a quelle di tutti gli altri sistemi religiosi. Le varie
Cosmogonie dimostrano che l’Anima Universale era considerata da ogni nazione arcaica
come la Mente del Creatore Demiurgico, e che era chiamata dagli Gnostici la Madre, Sophia,
o la Saggezza femminile; dagli ebrei la Sephira; dagli indù Sarasvatî o Vâch; lo stesso
Spirito Santo era considerato un Princìpio femminile.
Perciò presso i greci, il Kurios o Logos, nato da essa, era Dio, la Mente (Nous). “Ora
Koros (Kurios) significa la Natura dell’Intelligenza-Saggezza pura e senza mescolanza”,
dice Platone nel Cratilo5; e Kurios è Mercurio (Mercurius, Mar-kurios), la Sapienza Divina,
e “Mercurio è ‘Sol’ (Sole)”6 dal quale Thot-Hermes ricevette questa Sapienza Divina. Così,
mentre i Logoi di tutti i paesi e di tutte le religioni sono correlativi, nel loro aspetto sessuale,
con l’Anima femminile del Mondo o il Grande Abisso; la Divinità, dalla quale questi Due in
Uno hanno il loro essere, è sempre celata e chiamata l’Uno Celato, ed è collegata solo
1
I “Sette Angeli della Presenza” dei cristiani.
Ippolito, Philosophumena, VI, 42.
3
The Kabbalah Unveiled, pag. 47.
4
Qabbalah, pag. 233.
5
pag. 79.
6
Arnobio, VI, xii.
2
266
indirettamente con la “Creazione”1, potendo essa agire soltanto attraverso la Forza Duale che
emana dall’Essenza Eterna.
Perfino Esculapio, chiamato il “Salvatore di tutti”, è identico, secondo gli scrittori
classici antichi, al Ptah egiziano, l’Intelletto Creativo o Sapienza Divina, e ad Apollo, Baal,
Adone, ed Ercole:2 e Ptah, in uno dei suoi aspetti, è l’Anima Mundi, l’Anima Universale di
Platone; lo Spirito Divino degli egiziani, lo Spirito Santo dei cristiani primitivi e gnostici, e
l’Âkâsha degli indù, e perfino, nel suo aspetto inferiore, la Luce Astrale. Poiché in origine
Ptah era il Dio dei Defunti, nel cui seno essi erano accolti, di qui il Limbo dei greci cristiani,
o Luce Astrale.
Ptah fu classificato molto più tardi fra gli Dèi Solari, avendo il suo nome il
significato di “colui che apre”, poiché è rappresentato come il primo a scoprire il volto della
mummia morta ed a chiamare l’Anima a vivere nel suo seno. Kneph, l’Eterno Non-Rivelato,
è rappresentato dall’emblema del serpente dell’eternità che circonda un vaso colmo d’acqua,
e la cui testa si libra sopra le “Acque” che esso feconda con il suo respiro— un’altra forma
dell’idea originale della “Tenebra” col suo Raggio che si muove sulle Acque. Quale Anima
del Logos, questa permutazione è chiamata Ptah; quale Logos Creatore diviene Imhotep, suo
Figlio, il “Dio dal bel volto”. Nei loro caratteri primitivi, questi due furono la prima Diade
Cosmica, Noot: Spazio o “Cielo”, e Noon: le “Acque Primordiali”, l’Unità androgina, al di
sopra della quale c’era il Respiro Celato di Kneph. E ad essi tutti venivano consacrati
animali e piante acquatiche, l’ibis, il cigno, l’oca, il coccodrillo, ed il loto.
Tornando alla Divinità Cabalistica, questa Unità Celata è dunque Ain Suph (איןםוף
τό πάν, τό ″απειρον), Eterno, Illimitato, Non – Esistente ( )איוfino a che l’Assoluto è in
Oulom,3 il Tempo Infinito ed Illimitato; come tale, Ain Suph non può essere il Creatore e
nemmeno il Modellatore dell’Universo né può essere Aur (Luce). Quindi Ain Suph è anche
Tenebra. L’Infinito immutabile, l’Illimitato assoluto, non può né volere né pensare né agire.
Per far ciò, esso deve divenire Finito, e Esso lo diviene facendo penetrare il proprio Raggio
nell’Uovo del Mondo o Spazio Infinito, ed emanando da esso come un Dio Finito. Tutto
questo deriva dal Raggio che è latente nell’Uno. Quando è giunto il momento, la Volontà
Assoluta espande naturalmente la Forza che è in essa, in conformità alla Legge della quale è
l’essenza interiore e finale. Gli ebrei non adottarono l’Uovo come simbolo, ma lo
sostituirono con i “Duplici Cieli”, poiché, tradotta correttamente, la frase: “Dio creò i Cieli e
la Terra”, dovrebbe significare: “Nella sua propria Essenza e da essa, come una Matrice
(l’Uovo del Mondo), Dio creò i due Cieli”. Cionondimeno ciò i cristiani hanno scelto la
Colomba, l’uccello, e non l’Uovo, come simbolo del loro Spirito Santo.
“Chiunque acquisirà la conoscenza di Hud, di Mercabah e di Lahgash (linguaggio
segreto o incantesimo), imparerà il segreto dei segreti”. Il significato di Lagash è quasi
identico a quello di Vâch, il potere occulto dei Mantra.
Quando è giunto il momento del periodo attivo, Sephira, il Potere Attivo, chiamato il
Punto Primordiale e Corona, Kether, procede dall’interno dell’Essenza Eterna di Ain Suph.
È soltanto tramite essa che la “Saggezza Illimitata” poteva dare Forma Concreta al Pensiero
Astratto. Due lati del triangolo superiore, il lato destro e la base, che simboleggiano
l’Essenza Ineffabile ed il suo Corpo Manifestato, l’Universo, sono composti di linee
ininterrotte; il terzo, il lato sinistro, è una linea punteggiata. È attraverso quest’ultimo lato
che emerge Sephira. Questa, irradiando in tutte le direzioni, avvolge finalmente l’intero
1
Impieghiamo il termine come viene accettato e sanzionato dall’uso e, quindi, più comprensibile per il lettore.
Vedi Dunlap, Sôd: the Mysteries of Adoni, pag. 23.
3
Per gli antichi ebrei, come dimostrato da Le Clerc, il termine Oulom significa semplicemente un tempo di cui non erano
conosciuti né princìpio né fine. Nel linguaggio ebraico, il termine “Eternità”, propriamente parlando, non esisteva nel
significato applicato, ad esempio, dai vedantini a Parabrahman.
2
267
Triangolo. In questa emanazione la triplice Triade è formata. Dalla rugiada invisibile che
cade dall’Uni-triade superiore, la “Testa” — lasciando così soltanto 7 Sephiroth — Sephira
crea le Acque Primordiali o, in altre parole, il Chaos prende forma. È il primo stadio verso
la solidificazione dello Spirito, il quale, attraverso varie modificazioni, produrrà la Terra.
“Occorre”, dice Mosè “della Terra e dell’Acqua, per fare un’“Anima Vivente”. Occorre
l’immagine di un uccello acquatico per congiungerlo con l’Acqua, l’elemento femminile
della procreazione, con l’uovo e l’uccello che lo feconda.
Quando Sephira emerge dall’interno della Divinità Latente, come un Potere Attivo,
essa è femminile; quando assume le funzioni di un Creatore, diventa maschile: quindi è
androgina. Essa corrisponde al “Padre e Madre, Aditi” della Cosmogonia indù e della
Dottrina Segreta. Se le più antiche pergamene ebraiche fossero state conservate, i moderni
adoratori di Jehovah avrebbero trovato che i simboli del “Dio Creatore” erano molteplici e
poco avvenenti. La rana nella luna, simbolo tipico del suo carattere generatore, era il più
frequente. Tutti gli uccelli e gli animali qualificati adesso nella Bibbia come “impuri”,
furono anticamente simboli di questa Divinità. Una maschera di impurità era stata loro
sovrapposta allo scopo di preservarli dalla distruzione, e questo perché essi erano molto
sacri. Il serpente di rame non è affatto più poetico del cigno o dell’oca, se i simboli devono
essere presi à la lettre. Secondo lo Zohar:
Il Punto Indivisibile che non ha limiti e che non può essere compreso a causa della Sua purezza e del
Suo splendore, si dilatò dall’esterno, formando uno splendore che servì come un velo al Punto Indivisibile;
(però nemmeno questo Velo) poteva essere contemplato a causa della sua Luce infinita. Esso pure si dilatò
esteriormente, e questa espansione fu il suo Vestimento. Così, attraverso una costante espansione (moto) ebbe
origine finalmente il mondo.1
La Sostanza Spirituale emanata dalla Luce Infinita è la prima Sephira o Shekinah.
Sephira, exotericamente contiene in sé gli altri nove Sephiroth; esotericamente ne contiene
solo due, Chokmah o Saggezza, “un potere maschile attivo il cui nome divino è Jah ()יח, e
Binah o Intelligenza, un potere femminile passivo, rappresentato dal nome divino di Jehovah
( ;)יחוחquesti due poteri formano, insieme al terzo, Sephira, la Trinità Ebraica o la Corona,
Kether. Questi due Sephiroth, chiamati Abba, Padre, e Amona, Madre, sono la Diade o il
Logos bisessuale, dal quale uscirono gli altri sette Sephiroth. Quindi la prima Triade Ebraica,
Sephira, Chokman e Binah, corrisponde alla Trimurti Indù.2 Per quanto velato, perfino nello
Zohar, ed anche più nel Pantheon exoterico dell’India, ogni particolare che si riferisce ad
uno di essi è riprodotto nell’altro.
I Prajâpati sono i Sephiroth. Dieci con Brahmâ, si riducono a sette quando la
Trimurti, o Triade Cabalistica, è separata dal resto. I sette Costruttori, o “Creatori”,
diventano i sette Prajâpati o i sette Rishi, nel medesimo ordine in cui i Sephiroth diventano i
Creatori, quindi i Patriarchi, ecc. In entrambi i Sistemi Segreti, l’Essenza Unica Universale è
incomprensibile ed inattiva nella sua Assolutezza, e può essere collegata soltanto
indirettamente con la Costruzione dell’Universo. In ambedue, il Princìpio primordiale
Maschile-Femminile, o Androgino, e le sue sette e dieci emanazioni — Brahmâ-Virâj e
Aditi-Vâch, da un lato; e l’Elohim-Jehovah, o Adamo-Adami (Adamo Kadmon) e SephiraEva, dall’altro, con i loro Prajâpati e Sephiroth — rappresentano nella loro totalità in primo
luogo l’Uomo Archetipico, il Protologos; ed è soltanto nel loro aspetto secondario che
diventano dei poteri cosmici e dei corpi astronomici o siderali. Se Aditi è la Madre degli Dèi,
Deva-Mâtri, Eva è la Madre di ogni cosa vivente; ambedue sono lo Shakti o Potere
1
Zohar, Parte I, fol. 20, a.
Nel Pantheon Indiano il Logos bisessuale è Brahmâ, il Creatore, i cui i sette “Figli Nati dalla Mente” sono i Rishi
primordiali — i Costruttori.
2
268
Generatore, nel loro aspetto femminile, dell’Uomo Celeste, e sono entrambi dei Creatori
composti. Recita un Guptâ Vidyâ Sutra:
“In princìpio, un Raggio, emanante da Paramârthika (la sola ed unica Esistenza Reale), si
manifestò in Vyâvahârika (l’Esistenza Convenzionale), che fu adoperata come un Vâhana,
per discendere nella Madre Universale, provocandone l’espansione (gonfiarsi, brih).
E nello Zohar è affermato:
L’Unità Infinita, senza forma e senza similitudine, dopo che la Forma dell’Uomo celeste fu creata,
se ne servì. La Luce Sconosciuta1 (le Tenebre) si servì della Forma Celeste (
עילאח אדם- Adamo Oilah)
come di un Carro ( מדכח- Mercabah), tramite cui discendere e desiderò essere chiamata con il nome di
questa Forma, che è il nome sacro di Jehovah.
E come dice ancora lo Zohar:
In princìpio fu la Volontà del Re, antecedente a qualsiasi altra esistenza ... Essa (la Volontà) delineò la
forma di tutte le cose che erano state celate ma che adesso apparivano alla vista. E, come un segreto sigillato,
una nebulosa scintilla di materia senza contorno né forma uscì dalla testa di Ain Suph... La vita è tratta dal
basso, e dall’alto la sorgente si rinnova, l’Oceano è sempre colmo e spande ovunque le sue acque.
La Divinità è così paragonata ad un oceano senza sponde, all’Acqua che è “la fontana
di vita”.2 “Il settimo palazzo, la fontana di vita, è il primo cominciando dall’alto”.3 Di qui
proviene il dogma cabalistico espresso dal cabalistico Salomone, che dice nei Proverbi: “La
Sapienza ha edificato la sua casa; essa ha intagliato le sue colonne in numero di sette”4.
Da dove proverrebbe quindi tutta questa identità di idee, se non vi fosse stata una
Rivelazione Universale primordiale? I pochi punti presentati fino ad ora sono simili ai pochi
fili di paglia strappati ad un pagliaio, se paragonati a ciò che verrà gradatamente palesato nel
successivo svolgersi di quest’opera. Se ci volgiamo alla Cosmogonia Cinese, la meno chiara
di tutte, vi ritroviamo la medesima idea. Tsi-tsai, l’Auto-Esistente, è la Tenebra Sconosciuta,
la Radice di Wu-liang-sheu, dell’Età Illimitata; Amitâbha e Tien, il Cielo, vengono solo più
tardi. Il “Grande Estremo” di Confucio dà la medesima idea, malgrado le sue “pagliuzze”.
Queste ultime sono una grande sorgente di sollazzo per i missionari, che deridono tutte le
religioni “pagane”, disprezzano e odiano quelle dei loro fratelli cristiani di altri riti, eppure
essi tutti accettano letteralmente il proprio Genesi.
Se esaminiamo la Cosmogonia Caldea, vi troviamo Anu, la Divinità Celata, l’Uno, il
cui nome indica inoltre la sua origine sanscrita, poiché Anu in Sanscrito significa Atomo;
essendo Anîyâmsam-anîyasâm, il più piccolo dei piccoli, un nome di Parabrahman nella
Filosofia vedanta, nella quale Parabrahman è descritto come più piccolo del più piccolo
atomo e più grande della più grande sfera o universo, Anagrânîyas e Mahatoruvat. Nei primi
versetti del Genesi accadiano, come è stato scoperto nei testi cuneiformi sulle tavole
babilonesi, o Lateres Coctiles, e conforme alla traduzione di George Smith, troviamo Anu, la
Divinità Passiva o Ain Suph; Bel il Creatore, lo Spirito di Dio, o Sephira che si muove sulla
Faccia delle Acque, quindi l’Acqua stessa; ed Hea, l’Anima Universale, o la Saggezza dei
Tre riunita. Ecco i primi otto versetti:
1. Quando in alto non c’erano i cieli;
2. ed in basso sulla terra nessuna pianta era germogliata;
3. gli abissi non avevano ancora spezzato i propri limiti.
4. Il Chaos (o l’Acqua) Tiamat (il Mare) fu la madre produttrice di essi tutti.
(Queste sono l’Aditi e la Sephira cosmiche).
1
Il Rabbino Simeon dice: “Compagni, compagni, l’uomo, come emanazione, era in pari tempo uomo e donna, tanto per
parte del “Padre”, quanto per parte della “Madre”. E questo è il significato delle parole: ‘E l’Elohim disse: che la Luce sia e
la luce fu’ ... e questo è l’uomo duplice” (Auszüge aus dem Sohar, 13, 15). Quindi la Luce, nel Genesi, rappresentava il
Raggio Androgino, o l’Uomo Celeste”.
2
Zohar, LII, 290.
3
Op. cit., II, 261.
4
Proverbi, IX, 1.
269
5. Da princìpio queste Acque furono ordinate,
6. ma non un albero era spuntato, non un fiore era sbocciato.
7. Quando nessuno degli Dèi era apparso,
8. nessuna pianta era spuntata e l’ordine non esisteva1.
Era questo il Periodo Chaotico o Antigenetico; il Cigno doppio, ed il Cigno nero che
diventa bianco quando viene creata la Luce2. Il simbolo scelto per il maestoso ideale del
Princìpio Universale può forse sembrare inadeguato al suo carattere sacro. Un’oca, o anche
un cigno, sembreranno indubbiamente un simbolo poco adatto per rappresentare la
magnificenza dello Spirito. Ciò nonostante, deve esserci stato qualche profondo significato
occulto, poiché esso non solo si trova in tutte le Cosmogonie e in tutte le religioni del
mondo, ma fu prescelto pure dai Crociati, fra i cristiani medievali, quale Veicolo dello
Spirito Santo, che si supponeva guidasse le armate in Palestina per strappare la tomba del
Salvatore dalle mani dei Saraceni. Se dobbiamo credere all’affermazione del prof. Draper nel
suo Intellectual Development of Europe, i Crociati, sotto la guida di Pietro l’Eremita, erano
preceduti dallo Spirito Santo, che si trovava alla testa dell’armata sotto forma di un’oca
bianca accompagnata da una capra. Seb, il Dio egiziano del Tempo, porta un’oca sulla testa;
Giove assume la forma di un cigno e così pure Brahmâ; e la radice di tutto ciò è quel mistero
dei misteri che si chiama l’Uovo del Mondo. Bisognerebbe studiare la ragione di un simbolo
prima di disprezzarlo. Il duplice elemento dell’Aria e dell’Acqua è quello dell’ibis, del
cigno, dell’oca e del pellicano, dei coccodrilli e delle rane, dei fiori di loto e delle ninfee,
ecc., e il risultato è la scelta dei simboli più sconvenienti da parte dei mistici di tutte le
epoche, sia antichi che moderni. Pan, il grande Dio della Natura, era rappresentato
generalmente in compagnia di uccelli acquatici, specialmente di oche; e così pure altri Dèi.
Se in un’epoca posteriore, con la graduale degenerazione della Religione, gli Dèi ai
quali erano consacrate le oche divennero delle divinità priapiche, ciò non vuol dire che gli
uccelli acquatici fossero stati consacrati a Pan e ad altre divinità falliche, come
pretenderebbero alcuni denigratori dell’antichità,3 ma che il potere astratto e divino della
Natura Procreatrice era stato grossolanamente antropomorfizzato. Né il cigno di Leda
rappresenta “degli atti priapici dei quali essa avrebbe goduto”, come si esprime castamente
Hagrave Jennings, poiché tale mito non è che un’altra versione della medesima idea
filosofica della Cosmogonia. I cigni si trovano frequentemente associati con Apollo, perché
sono gli emblemi dell’Acqua e del Fuoco, come pure della Luce del Sole, prima della
separazione degli Elementi. I nostri moderni studiosi di simbolismo potrebbero trarre profitto
da alcune considerazioni di una ben nota scrittrice, Lydia Maria Child, la quale dice:
Da tempo immemorabile nell’Hindustan è stato adorato un emblema come simbolo della creazione o
dell’origine della vita... Shiva o il Mahâdeva, non essendo soltanto il riproduttore delle forme umane, ma anche
il princìpio fecondatore, il potere generatore che pervade l’Universo. L’emblema materno è altresì un simbolo
religioso. Questa venerazione per la riproduzione della vita introdusse gli emblemi sessuali nel culto di Osiride.
È forse una cosa strana che essi considerassero con venerazione il grande mistero della nascita umana? Erano
essi impuri nel considerarla in tal modo? Oppure siamo noi gli impuri a non considerarla così? Ma nessuna
mente intelligente e pura poteva considerarli in tal modo... Noi, percorrendo sentieri assai impuri, ci siamo
allontanati moltissimo dall’epoca in cui quegli antichi anacoreti parlarono per la prima volta di Dio e
dell’Anima, nelle profondità solenni dei loro primi santuari. Non sorridiamo del loro modo di seguire la Causa
infinita ed incomprensibile attraverso tutti i misteri della natura, per paura di proiettare l’ombra della nostra
grossolanità sulla loro semplicità patriarcale”4.
1
Chaldean Account of Genesis, pag. 62, 63.
I sette Cigni che si crede siano discesi dal Cielo sul lago Mânsarovara rappresentano, nell’immaginazione popolare, i Sette
Rishi dell’Orsa Maggiore, che assumono quella forma per visitare la località dove furono scritti i Veda.
3
Vedi Petronio, Satyricon, CXXXVI.
4
Progress of Religious Ideas, I, pag. 17 e seg.
2
270
SEZIONE VI
L’UOVO DEL MONDO
Da dove viene questo simbolo universale? L’Uovo fu incluso nella Cosmogonia di
tutti i popoli della terra come un segno sacro, e fu venerato tanto per la sua forma quanto per
il suo mistero interiore. Fin dall’inizio delle primissime concezioni mentali dell’uomo, esso è
stato considerato il simbolo rappresentante nel miglior modo possibile l’origine ed il segreto
dell’Essere. Lo sviluppo graduale del germe impercettibile dentro al guscio chiuso, il lavorio
interiore che, senza apparente interferenza di qualsiasi forza esterna, produce da un nulla
latente un qualche cosa di attivo, senza altro concorso se non quello del calore; e che, dopo
essersi gradatamente evoluto in una creatura vivente e concreta, spezza il proprio guscio,
apparendo ai sensi esterni di tutti quale un essere auto-generato ed auto-creato, tutto questo
deve essere stato considerato fin dal princìpio un miracolo permanente.
L’Insegnamento Segreto spiega la ragione di questa venerazione con il simbolismo
delle razze preistoriche. In princìpio, la “Causa Prima” non aveva alcun nome. Più tardi essa
fu rappresentata dall’immaginazione dei pensatori come un misterioso Uccello, sempre
invisibile, che lasciava cadere nel Chaos un Uovo che diventava poi l’Universo. Perciò
Brahmâ fu chiamato Kâlahansa, il “Cigno nello (Spazio e nel) Tempo”. Diventando il Cigno
dell’Eternità, Brahmâ, all’inizio di ciascun Mahâmanvantara, depone un Uovo d’Oro, che
simboleggia il grande Cerchio, cioè
, esso stesso simbolo dell’Universo e dei suoi corpi
sferici.
Una seconda ragione per cui l’Uovo è stato scelto quale rappresentazione simbolica
dell’Universo e della nostra Terra, è la sua forma. È un Cerchio ed una Sfera; e la forma
ovoidale del nostro Globo deve essere stata conosciuta fin dall’origine del simbolismo,
poiché era adottata universalmente. La prima manifestazione del Cosmo sotto la forma di un
Uovo era l’idea più ampiamente diffusa nell’antichità. Come dimostra Bryant1, era un
simbolo adottato presso i greci, i siriani, i persiani e gli egiziani.
Nel Rituale egiziano si parla di Seb, il Dio del Tempo e della Terra, che depone un
Uovo o l’Universo; un “Uovo concepito nell’ora del Grande Uno della Forza Duplice”.2
Ra è rappresentato come Brahmâ in gestazione nell’Uovo dell’Universo. Il Defunto è
“risplendente nell’Uovo della Terra dei Misteri”,3 poiché questo è l’Uovo a cui è data la Vita
fra gli Dèi”.4 “È l’Uovo della grande Gallina chiocciante, l’Uovo di Seb, che esce da esso
sotto forma di falco”5.
Fra i greci, l’Uovo Orfico è descritto da Aristofane, e faceva parte dei Misteri
Dionisiaci e di altri, durante i quali l’Uovo del Mondo veniva consacrato e ne veniva
spiegato il significato. Anche Porfirio dimostra che esso è una rappresentazione del Mondo:
“Ερµηνεύει δέ τò ώòν τòν κόσµον.” (L’uovo rappresenta il cosmo).
Fabre e Bryant hanno cercato di dimostrare che l’Uovo rappresenta l’Arca di Noè;
ciò sarebbe un’idea assurda, a meno che non venisse accettata come puramente allegorica e
simbolica. Può aver solo simboleggiato l’Arca quale sinonimo della Luna; l’Argha che
trasporta il seme universale della vita; ma non ha certamente niente a che fare con l’Arca
1
III, 165.
Cap. LIV, 3.
3
Cap. XXII, I.
4
Cap. XLII, 13.
5
Cap. LIV, 1, 2; cap. LXXVII, 1.
2
271
della Bibbia. In ogni modo era idea generale che l’Universo fosse esistito al princìpio sotto
forma di un Uovo e, come dice Wilson:
Un simile racconto della prima aggregazione degli elementi sotto forma di un Uovo, si trova in tutti i
Purâna, con l’epiteto usuale di Haima o Hiranya, “d’oro”, e si trova pure nel Manu, I, 9.1
Però Hiranya, significa “risplendente”, “brillante”, piuttosto che “d’oro”, come
dimostra il grande letterato indiano Svâmi Dayanand Sarasvatî, nelle sue polemiche inedite
con il prof. Max Müller. Come è detto nel Vishnu Purâna:
L’Intelletto (Mahat)... compresi in esso gli elementi grossolani (non manifestati), formò un Uovo... ed
il Signore stesso dell’Universo vi dimorava sotto l’aspetto di Brahmâ. In quell’Uovo, o Brâhmani, vi erano i
continenti, i mari e le montagne, i pianeti e le divisioni dei pianeti, gli dèi, i demoni ed il genere umano.2
Tanto in Grecia quanto in India, il primo Essere visibile maschile, che riuniva in sé la
natura dei due sessi, dimorava nell’Uovo, ed usciva da esso. Secondo alcuni greci, questo
“Primogenito del Mondo” era Dioniso, il Dio che uscì dall’Uovo del Mondo e dal quale
derivarono i Mortali e gli Immortali. Nel Libro dei Morti il Dio Ra è rappresentato come
radiante nel suo Uovo (il Sole), e le stelle se ne vanno appena si risveglia il Dio Shoo
(l’Energia Solare) e gli dà l’impulso.3
“Egli è nell’Uovo Solare, l’Uovo a cui è data la Vita fra gli Dèi”.4 Il Dio Solare
esclama: “Io sono l’Anima Creatrice dell’Abisso Celeste. Nessuno vede il mio Nido,
nessuno può spezzare il mio Uovo. Io sono il Signore”.
In vista di questa forma circolare, il “│emanante dal “
”, o l’Uovo, o il maschio
dalla femmina nell’androgino, è strano trovare un erudito sostenere che gli antichi ariani
ignoravano la numerazione decimale, per il fatto che nei più antichi manoscritti indiani non
se ne trova alcuna traccia. Il 10, essendo il numero sacro dell’Universo, era segreto ed
esoterico, tanto in rapporto all’unità quanto in rapporto alla cifra zero, il cerchio. Inoltre il
prof. Max Müller, dice che: “le due parole cifra e zero, che sono una sola, sono sufficienti a
dimostrare che le nostre cifre sono state prese in prestito dagli arabi”5. Cifra corrisponde
all’arabo cifron e significa “vuoto “, una traduzione della parola sanscrita sunyan, “niente”,
dice il Professore6. Gli arabi ricevettero le loro cifre dall’Hindustan e non hanno mai preteso
di averle scoperte essi stessi. Per quanto concerne i Pitagorici, per trovare nella loro
numerazione, l’ “1” e lo “0” come la prima e l’ultima delle cifre, è sufficiente esaminare gli
antichi manoscritti del trattato di Boezio, De Arithmetica, composto nel sesto secolo.7 E
Porfirio, che riporta alcune citazioni dal Moderatus8 di Pitagora, dice che i numeri di
Pitagora erano “dei simboli geroglifici, per mezzo dei quali egli spiegava le idee concernenti
la natura delle cose, o l’origine dell’Universo.
Ora, se da un lato i più antichi manoscritti indiani non hanno mostrato fino ad oggi
nessuna traccia della numerazione decimale, e se Max Müller afferma decisamente che fino
ad oggi egli ha trovato solo nove lettere, iniziali dei numeri sanscriti, d’altro lato possediamo
degli annali altrettanto antichi che possono darci la prova desiderata. Intendiamo parlare
delle sculture e delle immagini sacre che si trovano nei più antichi templi del lontano
Oriente. Pitagora trasse il suo sapere dall’India, e il prof. Max Müller conferma
1
Vishnu Purâna, I, 39.
Op. cit., ibid.
3
Cap. XVII, 50, 51.
4
Cap. XLII, 13.
5
Vedi Max Müller, “Our Figures”.
6
Un cabalista sarebbe piuttosto incline a credere che, come la parola araba Cifron proveniva da quella indiana sunyan,
niente, così i Sephiroth Cabalistici ebraici (Sephrim) derivarono dalla parola cipher, non nel senso di vuoto, ma nel senso di
2
creazione per mezzo del numero dei gradi di evoluzione. Ed i Sephiroth sono 10 o
Vedi King, The Gnostics and their Remains, pag. 370 (2a ediz.).
8
Pythagorae Vita.
7
272
.
quest’affermazione, almeno fino al punto di ammettere che i Neo-Pitagorici furono i primi
ad insegnare l’arte del “calcolo” fra i greci ed i romani, che essi “ad Alessandria e in Siria
impararono a conoscere le cifre indiane e le adattarono all’Abacus Pitagorico”. Questa cauta
ammissione implica che Pitagora stesso conosceva dunque solo nove cifre. Potremmo
dunque rispondere con ragione che, per quanto exotericamente non si possegga alcuna prova
certa che la numerazione decimale fosse conosciuta da Pitagora, che visse proprio alla fine
delle epoche arcaiche1, vi sono però prove sufficienti atte a dimostrare che la serie completa
dei numeri, quale è data da Boezio, era conosciuta dai Pitagorici perfino prima della
fondazione di Alessandria.2
Troviamo tale prova in Aristotele, il quale dice che “alcuni filosofi ritengono che idee
e i numeri siano della medesima natura ed ammontano in tutto a dieci”.3 Crediamo che
questo sia sufficiente a dimostrare che la numerazione decimale era conosciuta fra loro
almeno quattro secoli avanti Cristo, poiché Aristotele non sembra che tratti la questione
come se fosse un’innovazione dei Neo-Pitagorici. Ma sappiamo altro ancora: noi sappiamo
che l’umanità delle prime epoche arcaiche deve essersi servita del sistema decimale, perché
tutta la parte astronomica e geometrica del linguaggio sacerdotale segreto era basata sul
numero 10, o combinazione dei princìpi maschile e femminile, e perché la cosiddetta
“Piramide di Cheope” è costruita secondo misure appartenenti a questa numerazione
decimale, o piuttosto secondo i numeri semplici e le loro combinazioni con lo zero. Di
questo però ne abbiamo parlato a sufficienza in Iside Svelata, ed è quindi inutile ripetersi.
Il simbolismo delle Divinità Lunari e Solari è mescolato in modo così inesplicabile
che è quasi impossibile separare gli uni dagli altri glifi, quali l’Uovo, il Loto e gli Animali
“Sacri”. L’Ibis, per esempio, era altamente venerato in Egitto. Esso era consacrato ad Iside,
che viene spesso rappresentata con la testa di quell’uccello; ed era pure consacrato a
Mercurio o Thoth, che si diceva avesse assunto quella forma per fuggire da Tifone. Secondo
Erodoto4 vi erano due specie di Ibis nell’Egitto; una completamente nera e l’altra bianca e
nera. Si diceva che la prima combattesse e sterminasse i serpenti alati che a primavera
venivano dall’Arabia ed infestavano il paese. La seconda era consacrata alla Luna, perché
questo pianeta è bianco e brillante dal lato esterno, oscuro e nero dal lato che esso non
rivolge mai alla Terra.5 Inoltre l’Ibis uccide i serpenti terrestri e fa pure una terribile strage di
uova di coccodrillo, salvando così l’Egitto dal pericolo che il Nilo venga eccessivamente
infestato da questi orribili sauriani. Si crede che l’uccello faccia questo al chiaro di luna e
sia, di conseguenza, aiutato da Iside, il cui simbolo siderale è appunto la Luna. Ma la verità
esoterica più corretta sottostante a questi miti popolari è che Ermete, come spiega Abenefio6,
vegliava sugli egiziani sotto forma di quell’uccello, ed insegnava loro le arti e le Scienze
Occulte. Ciò significa semplicemente che l’Ibis religiosa possedeva, e possiede tuttora, delle
proprietà “magiche” in comune con molti altri uccelli e specialmente con l’albatros e con il
mitico cigno bianco, il Cigno dell’Eternità o del Tempo, il Kâlahansa.
Se fosse altrimenti, perché tutti i popoli antichi, che non erano più sciocchi di noi,
avrebbero avuto un tale superstizioso terrore dell’uccisione di certi uccelli? In Egitto,
chiunque uccideva un Ibis o un Falco Dorato, simbolo del Sole e di Osiride, rischiava la
1
L’anno della sua nascita è stabilito che fosse il 608 a. C..
Cioè nell’anno 332 a. C..
3
Metafisica, VII, I.
4
Euterpe, 75, 76.
5
[È difficile capire cosa intenda H. P. B. con questa frase. La luna, com’è noto, ruota intorno alla terra in 28 giorni; la sua
rotazione intorno al proprio asse è della stessa lunghezza, quindi essa mostra alla terra sempre lo stesso lato. È ovvio che, in
vari momenti durante la sua rivoluzione mensile, l’altro lato della luna sia illuminato dal sole, per esempio nella fase che noi
chiamiamo “Luna Nuova”. Molte eccellenti foto dell’ “altro lato” sono state scattate dagli astronauti che hanno girato
intorno alla luna in vari momenti. – Nota di B. de Zirkoff.]
6
Liber de cultura Aegyptiorum
2
273
morte, e difficilmente poteva sfuggirla. La venerazione che alcune nazioni avevano per gli
uccelli era tale che Zoroastro, nei suoi precetti, ne vietava l’uccisione come un delitto
odioso. Adesso noi ridiamo di qualsiasi specie di divinazione, eppure, tante e tante
generazioni hanno creduto nella divinazione per mezzo degli uccelli e perfino
nell’Oomanzia, che, secondo Suida, è stata introdotta da Orfeo, che insegnò a vedere sotto
determinate condizioni, nel tuorlo e nella chiara di un uovo, ciò che l’uccello che avrebbe
dovuto nascere da questo, avrebbe visto durante il periodo della sua breve vita.
Quest’arte occulta, che tremila anni fà richiedeva la conoscenza più profonda e l’uso
di calcoli matematici più astrusi, è caduta adesso nella più profonda degradazione; ed oggi,
soltanto le vecchie cuoche e le fattucchiere leggono l’avvenire nella chiara d’uovo alle donne
di servizio in cerca di marito.
Ciò nonostante, ancora ai giorni nostri, perfino i cristiani hanno i loro uccelli sacri;
per esempio la colomba, che è il simbolo dello Spirito Santo. E non hanno neppure
trascurato gli animali sacri; e la zoolatria evangelica, con il suo Toro, la sua Aquila, il suo
Leone ed il suo Angelo — che in realtà è il Cherubino o Serafino, il Serpente dalle ali
ardenti — è tanto pagana quanto quella degli egiziani o dei caldei. In realtà, questi quattro
animali sono il simbolo dei quattro Elementi e dei quattro Princìpi inferiori dell’uomo. Oltre
a ciò, essi corrispondono pure, fisicamente e materialmente, alle quattro costellazioni che
formano, per così dire, il suite o cortège1 del Dio Solare e che, durante il solstizio d’inverno,
occupano i quattro punti cardinali del circolo zodiacale. Si possono vedere questi quattro
“animali” in molte edizioni del Nuovo Testamento dei Cattolici Romani, nelle quali vi sono i
“ritratti” degli Evangelisti. Sono gli animali della Mercabah di Ezechiele.
Come dice giustamente Ragon:
Gli antichi Jerofanti hanno combinato così sapientemente i dogmi ed i simboli delle loro filosofie
religiose, che non è possibile spiegare questi simboli in modo veramente soddisfacente, se non mediante la
combinazione e la conoscenza di tutte le chiavi.
Tali simboli possono essere interpretati solo approssimativamente, anche se si giunge
a scoprire tre di questi sette sistemi, e cioè quello antropologico, quello psichico e quello
astronomico. Le due interpretazioni principali, la più elevata e la più bassa, quella spirituale
e quella fisiologica, furono conservate nella più grande segretezza, finchè quest’ultima cadde
sotto il dominio dei profani. Parliamo qui degli Jerofanti preistorici, per i quali ciò che è
diventato adesso puramente — o impuramente — fallico, era una scienza tanto profonda e
misteriosa quanto la Biologia e la Fisiologia attuali. Questa era di loro esclusiva proprietà, il
frutto dei loro studi e delle loro scoperte. Le altre due interpretazioni erano quelle che
trattavano degli Dèi Creatori o Teogonia, e dell’uomo creatore: cioè dei Misteri ideali e
pratici. Queste interpretazioni erano così sapientemente velate e combinate, che molti, pur
scoprendo uno dei significati, non riuscivano a decifrare gli altri, né potevano mai sciogliere
sufficientemente l’enigma per poter commettere delle indiscrezioni pericolose. Era quasi
impossibile arrivare a comprendere profondamente le più elevate, la prima e la quarta — la
Teogonia in relazione all’Antropogonia, e ne troviamo le prove nella “Sacra Scrittura”
ebraica.
È per il fatto che il serpente è oviparo che esso divenne un simbolo della Saggezza ed
un emblema dei Logoi, o i nati da Sé. Nel tempio di Philae, nell’Egitto Superiore, si
preparava artificialmente un uovo con dell’argilla mescolata a varie specie di incensi.
Mediante un processo speciale quest’uovo veniva covato, e quando si schiudeva, ne usciva
una cerasta o vipera cornuta. Altrettanto si faceva per il cobra negli antichi templi dell’India.
Il Dio Creatore emerge dall’uovo che esce dalla bocca di Kneph, sotto forma di un Serpente
alato, poiché il Serpente è il simbolo della Saggezza Assoluta. Presso gli ebrei la medesima
1
[ Il seguito o corteo. –N.d.T.]
274
Divinità è rappresentata dai “Serpenti Ignei” o Serpenti Volanti di Mosè nel deserto; e presso
i mistici di Alessandria essa diventa l’Orphio-Christos, il Logos degli gnostici. I protestanti
cercano di dimostrare che l’allegoria del Serpente di Rame e dei Serpenti Ignei ha un
rapporto diretto con il mistero del Cristo e della Crocifissione, mentre in realtà essa è in
relazione infinitamente maggiore con il mistero della generazione, quando esso è separato
dall’Uovo col suo Germe Centrale, o Cerchio con il suo Punto Centrale. I teologi protestanti
vorrebbero che la loro interpretazione fosse accettata da noi unicamente perché il Serpente di
Rame era poggiato su un’asta; ma ciò aveva piuttosto un rapporto con l’Uovo egiziano che
poggiava perpendicolarmente e veniva sostenuto dal sacro Tau, poiché, nell’antico culto e
nella simbologia dell’Egitto, l’Uovo ed il Serpente erano inseparabili, e tanto il Serpente di
Rame quanto i Serpenti Ardenti erano Serafini, gli ardenti Messaggeri “Ignei”, o gli Dèi
Serpenti, i Nâga dell’India. Senza l’Uovo esso era un simbolo puramente fallico, ma se
associato a quest’ultimo, si riferiva alla creazione cosmica. Il Serpente di Rame non aveva il
significato sacro che i protestanti vorrebbero attribuirgli, né era in realtà glorificato al
disopra dei Serpenti Ignei, contro il morso dei quali esso era soltanto un rimedio naturale,
essendo il princìpio femminile il significato della parola “Rame” ed il princìpio maschile il
significato delle parole “Igneo”, o “Oro”.
Il rame era un metallo che simbologgiava il mondo inferiore... quello dell’utero in cui deve essere data
la vita... In ebraico la parola per indicare il serpente era Nachash, ma tale parola significa pure rame.
Nei Numeri è detto che gli israeliti si lamentavano del deserto dove non vi era
acqua1, dopo di che “Il Signore mandò dei serpenti ardenti” i quali mordevano il popolo e
quindi, per far cosa grata a Mosè, gli dette come rimedio il Serpente di Rame collocato sopra
un’asta affinché il popolo lo guardasse; dopo di che avveniva che “chiunque guardasse il
Serpente di Rame….. viveva (?). Dopo ciò, il “Signore” radunò il popolo al pozzo di Beer e
dette loro dell’acqua, e Israele, riconoscente, intonò questo cantico: “Sali, o pozzo...” Quindi,
dopo avere studiato il simbolismo, il lettore cristiano comincerà a comprendere il significato
più recondito di questi tre simboli, Acqua, Rame, Serpente, e di qualche altro ancora, nel
senso dato ad essi nella Sacra Bibbia, per cui non vorrà certamente stabilire un rapporto fra
il nome sacro del suo Salvatore e l’avvenimento del Serpente di Rame. I Serafini ()שדפים, o
Serpenti Ardenti Alati, sono indubbiamente ed inseparabilmente collegati all’idea del
“Serpente dell’Eternità — “Dio”, come è spiegato nell’Apocalisse di Kenealy; ma la parola
Cherubino significava pure, in un certo senso, Serpente, per quanto il suo significato diretto
sia differente, poiché i Cherubini ed i Grifoni Alati dei persiani (Гρύπες), i guardiani della
Montagna d’Oro, sono i medesimi, ed il nome composto dei primi spiega il loro carattere,
poiché è formato da kr ()כד, un cerchio, e da aub o ob ()אוכ, serpente, per cui significa un
“serpente in un cerchio”. E questo stabilisce il carattere fallico del Serpente di Rame e
giustifica Ezechia di averlo spezzato e stritolato2. Verbum satis sapienti!
Nel Libro dei Morti, come abbiamo dimostrato prima,3 si parla spesso dell’Uovo. Ra,
il Potente, rimane nel suo Uovo durante la lotta tra i “Figli della Ribellione” e Shoo,
l’Energia Solare e il Drago delle Tenebre. Il Defunto è risplendente nel suo Uovo quando si
incammina verso la Terra del Mistero; egli è l’Uovo di Seb. L’Uovo era il simbolo della Vita
nell’Immortalità e nell’Eternità; ed era anche il glifo della matrice generatrice; mentre il Tau
che era associato ad esso era soltanto il simbolo della vita e della nascita nella generazione.
L’Uovo del Mondo era collocato nel Khoom, l’Acqua dello Spazio, o il Princìpio femminile
astratto; poiché Khoom, con la “caduta” dell’Umanità nella generazione e nel fallicismo,
1
XXI, 5 e seg.
II Re, XVIII, 4.
3
Supra, pp. 386 – 387.
2
275
diviene Ammon, il Dio Creatore. Quando Ptah, il “Dio Ardente”, porta in mano l’Uovo del
Mondo, allora il simbolismo diventa completamente terrestre e concreto nel suo significato.
Assieme al Falco, simbolo di Osiride-Sole, il simbolo è duplice e si riferisce ad entrambe le
Vite — la mortale e l’immortale. L’incisione di un papiro nell’Oedipus Egyptiacus1 di
Kircher, mostra un uovo fluttuante sopra la mummia. Questo è simbolo di speranza e
promessa di una seconda nascita per il Defunto Osiridificato; la sua anima, dopo la
necessaria purificazione nell’Amenti, avrà un periodo di gestazione in questo Uovo
dell’Immortalità, per rinascere quindi da esso in una nuova vita sulla terra. Poiché
quest’Uovo, nella Dottrina Esoterica, è il Devachan, la Dimora di Beatitudine; lo Scarabeo
Alato è un altro suo simbolo. Il Globo Alato non è che un’altra forma dell’Uovo, ed ha il
medesimo significato dello Scarabeo, il Khopiroo — dalla radice khoproo, divenire,
rinascere — che si riferisce tanto alla rinascita dell’uomo quanto alla sua rigenerazione
spirituale.
Nella Teogonia di Moco,2 troviamo prima l’Æther e quindi l’Aria, i due princìpi dai
quali Ulom, la Divinità Intelligibile (Νοητòς), l’Universo visibile della Materia, nasce
dall’Uovo del Mondo3.
Negli Inni Orfici, Eros-Phanes evolve dall’Uovo Divino fecondato dai Venti Eterici,
poiché il Vento significa lo “Spirito di Dio”, o piuttosto lo “Spirito delle Tenebre
Sconosciute” — l’Idea Divina di Platone — che si dice si muova nell’Æther4.
Nella Katha Upanishad indù, Purusha, lo Spirito Divino, sta già dinanzi alla Materia
Originale, “e dalla loro unione scaturisce la Grande Anima del Mondo”, Mahâ-Âtmâ,
Brahmâ, lo Spirito della Vita5, ecc., essendo queste ultime denominazioni tutte identiche
all’Anima Mundi o “all’Anima Universale”, la Luce Astrale dei cabalisti e degli occultisti, o
“l’Uovo delle Tenebre”. Vi sono inoltre molte deliziose allegorie su quest’argomento,
disseminate nei Libri Sacri dei Brâhmani. In una di esse, il creatore femminile all’inizio è un
germe, quindi una goccia di rugiada celeste, poi una perla e finalmente un Uovo. In tali casi,
che sono troppo numerosi per essere elencati separatamente, dall’Uovo nascono i quattro
Elementi contenuti nel quinto, l’Æther; ed esso è coperto da sette involucri, che diventano in
seguito i sette mondi superiori ed i sette mondi inferiori. Il guscio, spezzandosi in due, forma
il Cielo ed il suo contenuto, la Terra, mentre dalla chiara si formano le acque terrestri. È
anche Vishnu che emerge dall’Uovo, tenendo in mano un Loto. Vinatâ, figlia di Daksha e
moglie di Kashyapa, “l’Autogenerato, scaturito dal Tempo”, uno dei sette “Creatori” del
nostro Mondo, partorì un Uovo da cui nacque Garuda, Veicolo di Vishnu. Quest’allegoria si
riferisce alla nostra Terra, poiché Garuda è il Grande Ciclo.
L’Uovo era consacrato ad Iside e perciò i sacerdoti dell’Egitto non mangiavano mai uova.
Iside è quasi sempre rappresentata con un Loto in una mano ed un Cerchio ed una
Croce (crux ansata) nell’altra.
Diodoro Siculo dice che Osiride nacque da un Uovo, come Brahmâ. Dall’Uovo di
Leda nacquero Apollo e Latona, come pure Castore e Polluce, i luminosi Gemelli. E i
buddhisti, pur non attribuendo la medesima origine al loro Fondatore, anch’essi, come gli
antichi egiziani o i moderni Brâhmani, non mangiano uova per timore di distruggere il germe
1
III, 124.
[Mochus (Μωχόζ) o Moco era nativo della Fenicia, e autore di un’opera sulla storia fenicia, citata da Ateneo. Strabone
parla di un Mochus o Moscus di Sidone quale autore della teoria atomica, e dice che egli era più antico della Guerra di Troia.
Dà quest’affermazione sull’autorità di Poseidonio. È stato generalmente supposto che l’Ochus menzionato da Diogene
Laerzio sia proprio il Mochus citato da Ateneo e da Suida. È menzionato anche da Giuseppe, Tatiano, ed Eusebio. –Nota di
B. de Zirkoff.]
3
Movers, Phoinizer, pag. 282.
4
Iside Svelata, I, pag. 56.
5
Weber, Akad-Vorles, pag. 321 e seg.
2
276
della vita latente in esse, e commettere quindi peccato. I cinesi credono che il loro primo
Uomo sia nato da un Uovo, che Tien lasciò cadere dal Cielo sulla Terra nelle Acque1. Questo
simbolo dell’uovo è ancora considerato da alcuni come rappresentante l’idea dell’origine
della vita, ciò che è una verità scientifica, per quanto l’ovum umano sia invisibile ad occhio
nudo. Vediamo perciò che, fin dalla più remota antichità, questo simbolo era onorato
ovunque, dai greci, dai fenici, dai romani, dai giapponesi, dai siamesi, dalle tribù
dell’America Settentrionale e Meridionale e perfino dai selvaggi delle isole più remote.
Presso gli egiziani, il Dio Nascosto era Ammon o Mon, il “Celato”, lo Spirito
Supremo. Tutti i loro Dèi erano duali — la Realtà scientifica per il santuario, e il suo doppio,
l’Entità favolosa e mitica per le masse. Per esempio, come abbiamo fatto rilevare nella
Sezione “Chaos, Theos, Kosmos”, l’Horus più Anziano rappresentava l’Idea del Mondo
contenuta ancora nella Mente Demiurgica, “nato nelle Tenebre prima della Creazione del
Mondo”, mentre il secondo Horus rappresentava la medesima Idea emanante dal Logos,
rivestita di materia e che assumeva un’esistenza reale.2 L’Horus “anziano”, o Haroiri, è un
aspetto antico del Dio Solare, contemporaneo a Ra e a Shoo; Haroiri viene talvolta
scambiato con Hor (Horsusi), Figlio di Osiride e di Iside.
Gli egiziani rappresentavano spesso il Sole nascente sotto la forma di Hor, il più
anziano, che usciva da un Loto sbocciato, l’Universo, e sulla testa di falco di quel Dio, si
trova sempre il disco solare. Haroiri è Khnoom. Lo stesso accade a Khnoom e ad Ammon,
rappresentati entrambi con la testa di ariete, e questi, per quanto le loro funzioni siano
differenti, si confondono spesso. Khnoom è il “modellatore degli uomini”, che trae uomini e
cose dall’Uovo del Mondo e li plasma sulla mola del vasaio; Ammon-Ra, il Generatore, è
l’aspetto secondario della Divinità Celata. A Elephanta ed a Philae si adorava Khnoom3, e
Ammon a Tebe. Ma è Emepht, il Princìpio Planetario Unico e Supremo, che, con il suo
soffio, emana l’Uovo dalla bocca e che, di conseguenza, è Brahmâ. L’Ombra della Divinità
Cosmica ed Universale, di quello che cova l’Uovo e lo permea con il suo Spirito vivificante,
fino a che il Germe in esso contenuto non è maturo, era il Dio Misterioso, il cui nome non
poteva essere pronunciato. È Ptah, “colui che apre”, che dischiude la Vita e la Morte4, che
emana dall’Uovo del Mondo per iniziare il suo duplice lavoro.5
Secondo i greci, la forma fantasma di Chemis (Chemi, l’antico Egitto) che fluttua
sulle Onde Eteree della Sfera Empirea, era stata creata da Horus-Apollo, il Dio-Sole, che la
fece evolvere fuori dall’Uovo del Mondo.
Il Brahmânda Purâna contiene per esteso il mistero relativo all’Uovo d’Oro di
Brahmâ, ed è forse per questa ragione che esso è inaccessibile agli orientalisti, i quali dicono
che, similmente allo Skanda, “non è più possibile procurarsi per intero” questo Purâna, ma
“che esso è rappresentato da un certo numero di Khanda e di Mâhâtmya che si dice siano
derivati da esso. Il Brahmânda Purâna è descritto come “quello che ha palesato in 12.200
versi la magnificenza dell’Uovo di Brahmâ, ed in cui è contenuta una descrizione dei Kalpa
futuri, come furono rivelati da Brahmâ”.6 Proprio così e, forse assai di più.
Nella Cosmogonia Scandinava, che il prof. Max Müller ritiene assai anteriore ai
Veda, nel poema di Wöluspa, il Canto della Profetessa, vi si trova nuovamente l’Uovo del
1
Sembra così che i cinesi abbiano anticipato la teoria di Sir William Thomson, cioè che il primo germe vivente sarebbe
caduto sulla Terra da qualche cometa errante. La domanda è questa: perché l’idea di quest’ultimo dovrebbe esser considerata
scientifica mentre quella cinese è ritenuta una teoria superstiziosa ed insensata?
2
Confrontare Movers, Phoinizer pag. 268.
3
Le Dee della sua triade erano Sati e Anouki.
4
In origine Ptha era il Dio della Morte e della Distruzione, come Shiva. Esso è un Dio solare soltanto per il fatto che il fuoco
del Sole uccide tanto quanto vivifica. Era il Dio nazionale di Menfi, il Dio radioso e dal “bel volto”.
5
Il Libro dei Numeri.
6
Wilson, Vishnu Purâna, I, Pref. LXXXIV-V.
277
Mondo nel Germe-Fantasma dell’Universo, che è rappresentato situato in Ginnungagap, la
Coppa dell’Illusione, Mâyâ, l’Abisso Illimitato e Vuoto. In questa Matrice del Mondo che
era in precedenza una regione oscura e desolata e che adesso si chiama Nefelheim, Luogo
della Nebbia, la nebulosa, come è chiamata ora, nella Luce Astrale cadde un Raggio di Luce
Fredda che fece traboccare questa coppa e si gelò entro di essa. Poi l’Invisibile fece soffiare
un Vento ardente che fece fondere le Acque gelate e disperdere la Nebbia. Queste Acque (il
Chaos), chiamate le Correnti di Eliwagar, sciogliendosi in gocce vivificanti, caddero in basso
e crearono la Terra ed il Gigante Ymir, che aveva soltanto le sembianze di un uomo (l’Uomo
Celeste); e la Vacca Audumla (la “Madre”, la Luce Astrale o Anima Cosmica), dalle cui
mammelle sgorgarono quattro correnti di latte — i quattro punti cardinali, i quattro capi dei
quattro fiumi dell’Eden, ecc. — i quali “quattro” sono simboleggiati dal Cubo in tutti i suoi
molteplici e mistici significati.
I cristiani — specialmente le Chiese Greca e Latina — hanno adottato
completamente questo simbolo e vedono in esso una commemorazione della vita eterna,
della salvazione e della resurrezione. Questo è corroborato dall’antico e venerato costume
dello scambio delle “Uova di Pasqua”, e ne costituisce il significato. Dall’Anguinum,
“l’Uovo” del druido pagano, il cui solo nome faceva tremare Roma dalla paura, fino
all’Uovo di Pasqua rosso del contadino slavo, è trascorso un ciclo. Ciò nonostante, tanto
nell’Europa civilizzata, quanto fra i selvaggi dell’America centrale, troviamo sempre il
medesimo pensiero arcaico primitivo, se lo cerchiamo e se, nell’orgoglio della nostra pretesa
superiorità mentale e fisica — non deformiamo l’idea originale del simbolo.
278
SEZIONE VII
I GIORNI E LE NOTTI DI BRAHMÂ
Questi sono i nomi dati ai Periodi chiamati Manvantara (Manu-antara, ossia fra un
Manu e l’altro) e Pralaya o Dissoluzione; il primo riferendosi ai Periodi Attivi dell’Universo
ed il secondo alle Epoche di Riposo relativo e di Riposo completo, sia che questi si
verifichino alla fine di un Giorno o di un’Èra, o Vita di Brahmâ. Questi Periodi che si
susseguono in successione regolare, sono chiamati pure i Piccoli ed i Grandi Kalpa, i Kalpa
Minori ed il Mahâ Kalpa; per quanto, propriamente parlando, il Mahâ Kalpa non sia mai un
Giorno, ma un’intera Vita o Èra di Brâhma, poiché è detto nel Brâhma Vaivarta: i
cronologisti computano un Kalpa dalla Vita di Brahmâ. I Kalpa minori, come Samvarta e gli
altri, sono numerosi. “In realtà essi sono infiniti, non avendo mai avuto un princìpio; o, in
altre parole, non vi fu mai un primo Kalpa né ve ne sarà mai un ultimo nell’Eternità”.
Un Parârdha, o la metà dell’esistenza di Brahmâ, nella comune accettazione di questa
misura del tempo, è già trascorso nel presente Mahâ Kalpa; l’ultimo Kalpa fu quello di
Padma o del Loto d’Oro, il Kalpa attuale è il Varâha1, l’Incarnazione, o Avatâra del
“Cinghiale”.
Vi è una cosa che deve essere particolarmente ricordata da colui che studia la
Religione indù dai Purâna, e cioè che gli insegnamenti contenuti in essi non debbono mai
essere presi alla lettera ed in un solo senso, e ciò specialmente per quanto si riferisce ai
Manvantara o Kalpa, che debbono essere capiti nei loro vari significati. Così queste Ère si
riferiscono, con le medesime parole, tanto ai grandi periodi quanto a quelli piccoli, ai Mahâ
Kalpa ed ai Cicli Minori. L’Avatâra del Pesce, o Matsya, avvenne prima dell’Avatâra del
Cinghiale o Varâha; quindi le allegorie debbono riferirsi tanto al Padma Manvantara quanto
al presente Manvantara, come pure ai Cicli Minori che sono trascorsi dal momento della
riapparizione della nostra Catena di Mondi e della Terra. E siccome il Matsya Avatâra di
Vishnu e il Diluvio di Vaivasvata sono giustamente collegati con un avvenimento che
accadde sulla nostra Terra durante questa Ronda, è evidente che, pur potendosi riferire ad
eventi pre-cosmici dal punto di vista del nostro Cosmo o Sistema Solare, essi si riferiscono,
nel nostro caso, ad un lontano periodo geologico. Nemmeno la Filosofia Esoterica può
pretendere di sapere, salvo per illazione analogica, ciò che accadde prima della riapparizione
del nostro Sistema Solare ed antecedentemente al Mahâ Pralaya. Però essa insegna
chiaramente che, dopo il primo sconvolgimento geologico dell’asse della Terra, che terminò
con la sommersione totale di tutto il Secondo Continente, con le sue razze primitive — dei
Continenti successivi, o “Terre”, l’Atlantide fu il quarto — sopravvenne un altro
sconvolgimento geologico, dovuto al fatto che l’asse terrestre riprese il suo antecedente
grado di inclinazione con una rapidità simile a quella impiegata per cambiarlo; quando la
1
Nelle tradizioni esoteriche dei buddhisti si trova una curiosa notizia. La biografia exoterica o allegorica di Gautama Buddha
descrive la morte di questo grande Saggio come conseguenza di un’indigestione di “porco e di riso”; una fine in verità molto
prosaica e priva di ogni elemento solenne! Questa narrazione è spiegata esotericamente quale un’allusione allegorica alla sua
nascita avvenuta nel Kalpa del “Cinghiale” o Varâha, quando Vishnu prese la forma di quell’animale per sollevare la Terra
fuori dalle “Acque dello Spazio”. Ora, siccome i Brâhmani discendono direttamente da Brahmâ e sono, per così dire,
identificati con lui, e siccome in pari tempo essi sono i nemici mortali del Buddha e del Buddhismo, abbiamo questo curioso
accenno e combinazione allegorica. Il Brâhmanesimo del Kalpa del Cinghiale, o Varâna Kalpa, ha distrutto la Religione del
Buddha in India e l’ha scacciata dal paese. Quindi è detto che il Buddha, che è identificato con la sua filosofia, è morto per
aver mangiato la carne di un porco selvatico. L’idea stessa che colui che ha fondato il vegetarianesimo più rigoroso, basato
sul rispetto della vita animale — rifiutandosi perfino di mangiare le uova in quanto veicoli di una vita latente — abbia potuto
morire per un’indigestione di carne, è una contraddizione talmente assurda che ha imbarazzato più di un orientalista. Però la
presente spiegazione rivela l’allegoria e rende chiaro tutto il resto. Il Varâha, però, non è un semplice Cinghiale, ma sembra
fosse in princìpio un animale lacustre antidiluviano “che si dilettava a tuffarsi nell’acqua” (Vâyu Purâna).
279
Terra fu sollevata effettivamente un’altra volta fuori dalle acque — in alto come in basso e
vice versa. In quei giorni vi erano degli “Dèi” sulla Terra; Dèi e non uomini, come li
conosciamo attualmente, dice la tradizione. Come dimostreremo nel Volume II, il calcolo dei
periodi, nell’Induismo exoterico, si riferisce tanto ai grandi eventi cosmici, quanto ai piccoli
eventi e cataclismi terrestri; e lo stesso avviene per quanto concerne i nomi. Per esempio, il
nome di Yudishthira — il primo Re dei Sacae o Shaka, che apre l’èra del Kali Yuga, la cui
durata deve essere di 432.000 anni, “un re effettivo che visse 3.102 anni a. C.” — si applica
pure al Grande Diluvio, all’epoca della prima sommersione dell’Atlantide. È lo
“Yudishthira”1 nato sulla montagna dai cento picchi, all’estremità del mondo, “oltre alla
quale nessuno può andare”, e “immediatamente dopo il diluvio”.2 Non abbiamo conoscenza
di alcun “Diluvio” 3.102 anni a. C., nemmeno quello di Noè, poiché, secondo la cronologia
giudaico-cristiana, questo accadde 2.349 anni a. C.
Ciò si riferisce ad una divisione esoterica del tempo e ad un mistero che sarà spiegato
altrove, per cui possiamo momentaneamente lasciarlo da parte. Basti constatare, in questa
occasione, che tutti gli sforzi dell’immaginazione dei Wilford, dei Bentley e di qualche altro
preteso Edipo della Cronologia esoterica indù, sono falliti miseramente.
Nessuno dei computi, né delle Quattro Ère né dei Manvantara, è stato finora risolto
dai nostri coltissimi orientalisti, i quali, di conseguenza, hanno tagliato il nodo gordiano
affermando che tutto ciò non era altro che “un’invenzione del cervello brâhmanico”. E così
sia, ed i grandi sapienti riposino in pace! Questa “invenzione” è riprodotta alla fine del
Commentario della II Stanza dell’Antropogenesi con alcune aggiunte esoteriche.
Vediamo tuttavia quali erano queste tre specie di Pralaya e quale ne era l’idea
popolare in proposito che, questa volta, concorda con l’Esoterismo.
Del Pralaya, prima del quale trascorrono quattordici Manvantara, presieduti ciascuno
da un Manu, ed alla fine dei quali avviene la Dissoluzione di Brahmâ, è detto in sintesi, nel
Vishnu Purâna:
Alla fine di mille Periodi di Quattro Ère che completano un giorno di Brahmâ, la Terra è pressochè
esausta. L’Eterno (Avyaya) Vishnu assume allora l’aspetto di Rudra il Distruttore (Shiva) e riunisce presso di
sé tutte le sue creature. Penetra nei Sette Raggi del Sole e prosciuga tutte le Acque del Globo; fa evaporare
l’umidità inaridendo così la Terra intera. Oceani e fiumi, torrenti e piccoli ruscelli, sono tutti evaporati. Così,
alimentati da un’abbondante umidità, i Sette Raggi Solari diventano per dilatazione Sette Soli, i quali, alla fine,
incendiano il Mondo. Hari, il distruttore di tutte le cose, che è la Fiamma del Tempo, Kalâgni, consuma infine
la Terra. Allora Rudra, diventando Janârdana, esala nubi e pioggia3.
Vi sono molti generi di Pralaya, ma negli antichi libri indù si parla specialmente di
tre periodi principali.
Il primo di questi periodi, come dimostra Wilson, è chiamato Naimittika,4
“Occasionale” o “Accidentale”, causato dagli intervalli fra i giorni di Brahmâ; è la
distruzione delle creature, di tutto ciò che vive ed ha una forma, ma non della sostanza, che
rimane allo statu quo fino alla nuova Aurora che segue alla Notte.
Il secondo è chiamato Prâkritika, ed avviene alla fine dell’Èra o Vita di Brahmâ,
quando tutto ciò che esiste si risolve nell’Elemento Primordiale, per essere nuovamente
modellato alla fine di questa Notte più lunga.
1
Secondo il Colonnello Wilford, la fine della “Grande Guerra” ebbe luogo nel 1.370 a. C. (Asiatic Researches, XI, 116);
secondo Bentley, nel 575 a. C.!! Noi possiamo ancora sperare di vedere proclamare, prima della fine di questo secolo,
l’epopea del Mâhabhârata identica alle guerre del grande Napoleone.
2
Vedi Royal Asiatic Soc., IX, 364.
3
Libro VI. Cap. III.
4
Nel Vedânta e Nyâya, Nimitta, da cui Naimittika, è tradotto come Causa Efficiente, quando è contrapposto a Upâdana, la
Causa Fisica o Materiale. Nel Sânkhya, Pradhâna è una causa inferiore a Brahmâ, o piuttosto, Brahmâ, essendo egli stesso
una causa, è superiore a Pradhâna. Quindi “Accidentale” è una traduzione errata e dovrebbe essere sostituita, secondo alcuni
studiosi, da Causa “Ideale”: meglio ancora sarebbe stato Causa Reale.
280
Il terzo, Âtyantika, non si riferisce ai Mondi o all’Universo, ma soltanto
all’Individualità di alcune persone. È dunque il Pralaya Individuale, o Nirvâna, raggiunto il
quale non vi è più possibilità di future esistenze, di rinascite, fino a dopo il Mahâ Pralaya.
Quest’ultima Notte — la cui durata è di 311.040.000.000.000 di anni, con la possibilità di
essere quasi raddoppiata per il fortunato Jîvanmukta che raggiunge il Nirvâna quasi all’inizio
di un Manvantara — è abbastanza lunga per essere considerata come eterna, per quanto non
sia senza fine. La Bhâgavata Purâna1 parla di una quarta specie di Pralaya, il Nitya, o
Dissoluzione Costante, e lo descrive come il cambiamento che si produce incessantemente,
per quanto impercettibilmente, in tutto ciò che esiste in questo Universo, dal globo fino
all’atomo. È crescita e decadenza — vita e morte.
Quando avviene il Mahâ Pralaya, gli abitanti dello Svar-loka, la Sfera Superiore
perturbata dalla conflagrazione, cercano rifugio “nel Mahar-loka con i Pitri, loro
Progenitori, i Manu, i Sette Rishi ed i vari ordini di Spiriti Celesti e gli Dèi”. Quando anche
quest’ultimo luogo è raggiunto, tutti questi esseri emigrano a loro volta dal Mahar-loka e si
rifugiano nel Jana-loka, “nelle loro forme sottili, destinate a reincarnarsi con delle capacità
simili a quelle che avevano precedentemente, quando il mondo è rinnovato all’inizio del
Kalpa successivo”2.
Nubi enormi e tuoni formidabili riempiono tutto lo Spazio (Nabhas-tala). Rovesciando torrenti d’acqua
queste nubi spengono gli spaventosi incendi... e la pioggia cade ininterrotamente durante cento anni (divini)
inondando il Mondo intero (il Sistema Solare). La pioggia, cadendo a gocce grosse come dadi, si spande in tutta
la Terra e riempie la Regione Mediana (Bhuvo-loka) e inonda i Cieli. Il Mondo adesso è avvolto dalle tenebre,
ed essendo perite tutte le cose animate ed inanimate, le nubi continuano a riversare le loro Acque,... e la Notte
di Brahmâ regna suprema sopra questa scena di desolazione3.
Si tratta qui di un Pralaya Solare, come viene chiamato nella Dottrina Esoterica.
Quando le Acque hanno raggiunto la regione dei Sette Rishi, e il Mondo, il nostro Sistema
Solare, è diventato un solo Oceano, esse si arrestano. Il Respiro di Vishnu diviene un Vento
violento che soffia per altri cento Anni Divini, fino a che le nubi non sono disperse. Quindi il
vento è riassorbito: e Quello —
Di cui sono fatte tutte le cose, il Signore per cui tutte le cose esistono, Colui che è inconcepibile, senza
inizio, che è l’inizio dell’Universo, riposa, dormendo su Shesha (il Serpente dell’Infinito) in mezzo all’Abisso.
Il Creatore [(?) Âdikrit] Hari, dorme sull’Oceano (dello Spazio) sotto forma di Brahmâ — glorificato da
Sanaka4 e dai Santi (Siddha) del Jana-loka, e contemplato dai santi abitanti del Brahmâ-loka, ansiosi per la
liberazione finale, avviluppato in sonno mistico, personificazione celeste delle sue proprie illusioni... Questa è
la Dissoluzione [(?) Pratisanchara] chiamata Accidentale perché Hari è la sua Causa Accidentale (Ideale)5.
Quando lo Spirito Universale si risveglia, il Mondo rivive; quando egli chiude gli occhi, tutte le cose piombano
in un sonno mistico. Come mille Grandi Ère costituiscono un Giorno di Brahmâ (nell’originale è Padmayoni, lo
stesso che Abjayoni, “Nato dal Loto”, e non Brahmâ), così la sua Notte è composta di un medesimo numero di
periodi... Risvegliandosi alla fine della sua Notte, il Non-Nato... crea nuovamente l’Universo.6
Questo è il Pralaya “Accidentale”; e che cosa è la Dissoluzione Elementale
(Prâkritika)? Parâshara lo descrive nei seguenti termini a Maitreya:
Allorquando, per la carestia ed il fuoco, tutti i Mondi ed i Patâla (Inferni) sono disseccati7... il
progresso della Dissoluzione Elementale è iniziato. Allora, innanzitutto, le Acque assorbono la proprietà della
Terra (che è il rudimento dell’Odorato) e la Terra privata di questa proprietà prosegue nella sua distruzione... e
finisce con l’essere una sola cosa con l’Acqua... Così quando l’Universo è invaso dalle onde dell’Elemento
acquoso, il suo aroma rudimentale è lambito dall’Elemento del Fuoco... e le Acque stesse sono distrutte... e
1
XII, IV, 35.
Vâyu Purâna.
3
Wilson, Vishnu Purâna, VI, III.
4
Il Capo dei Kumâra, o il Dio-Vergine, un Dhyân Choan che rifiuta di creare. Un prototipo di San Michele, che rifiuta anche
lui di farlo.
5
Vedi le ultime righe che terminano la Sezione: “Chaos: Theos: Kosmos”.
6
Ibid., IV.
7
Questa prospettiva converrebbe difficilmente alla Teologia cristiana, la quale preferisce per i suoi seguaci un Inferno
eterno, senza fine.
2
281
divengono una sola cosa con il Fuoco; e l’Universo è quindi riempito completamente da Fiamme (eteree), le
quali... si spandono gradatamente per il Mondo intero. Mentre lo Spazio non è più che (una) Fiamma.....
l’Elemento del Vento si impossessa della proprietà rudimentale, o forma, che è la causa della Luce, e questa,
essendo ritirata (pralîna), tutto diviene della natura dell’Aria. Il rudimento della forma essendo distrutto, ed il
Fuoco [(?) Vibhâvasu] privato dei suoi elementi, l’Aria estingue il Fuoco e si diffonde... attraverso allo Spazio,
che è privato della Luce, quando il Fuoco si dilegua nell’Aria. Allora l’Aria, accompagnata dal Suono, che è la
sorgente dell’Etere, si estende ovunque attraverso le dieci regioni…. fino a che l’Etere si impossessa del
Contatto [(?) Sparsha, Coesione-Tatto?], la sua proprietà rudimentale, con la perdita del quale l’Aria è distrutta
e l’Etere [(?) Kha] resta senza modificazione; privo di Forma, di Gusto, di Tatto (Sparsha) e di Odorato, esso
esiste (non) incarnato (mûrttimat) e smisurato, e pervade lo Spazio intero. L’Etere (Âkâsha) la cui proprietà
caratteristica e rudimentale è il Suono (il “Verbo”) esiste da solo, occupando tutto il vuoto dello Spazio (o
piuttosto occupando tutte le capacità dello Spazio). Allora l’Origine (il Noumeno?) degli Elementi (Bhutâdi)
divora il Suono (il Demiurgo collettivo); (e le Legioni dei Dhyân Chohan) e tutti gli Elementi (esistenti)1 sono
ad un tratto immersi nel loro Originale. Questo Elemento Primario è la Coscienza, combinata con la Proprietà
delle Tenebre (Tâmasa — o meglio, la Tenebra Spirituale) ed è esso stesso assorbito (disintegrato) da Mahat
(l’Intelletto Universale), la cui proprietà caratteristica è l’Intelligenza (Buddhi); e la Terra e Mahat sono i limiti
interni ed esterni dell’Universo. In tal modo come (all’inizio) si contarono le sette forme della Natura (Prakriti)
da Mahat fino alla Terra, così... queste sette rientrano successivamente l’una nell’altra.2
L’Uovo di Brahmâ (Sarva-mandala) è dissolto nelle Acque che lo circondano, con le sue sette zone
(dvipa), sette oceani, sette regioni e le loro montagne. Il rivestimento d’Acqua è bevuto dal Fuoco; lo (strato di)
Fuoco è assorbito da (quello di) Aria; l’Aria si mescola con l’Etere (Âkâsha), l’Elemento Primario (Bhûtâdi,
l’origine o piuttosto la causa dell’Elemento Primario) divora l’Etere, ed è (esso stesso) distrutto dall’Intelletto
(Mahat, il Grande, la Mente Universale), che, insieme a tutti questi, è afferrato dalla Natura (Prakriti) e
scompare. Questa Prakriti è essenzialmente la medesima, che sia composta o no di parti separate; soltanto ciò
che è separato si perde o è assorbito infine nel non-separato. Anche lo Spirito (Pums), che è uno, puro,
imperituro, eterno, che tutto permea, è una parte di quello Spirito Supremo che costituisce tutte le cose. Quello
Spirito (Sarvesha) che differisce dallo Spirito (incarnato) e nel quale non vi sono gli attributi del nome, della
specie (nâman e jati, o rûpa, quindi corpo piuttosto che specie), o simili... (rimane) come la (sola) Esistenza
(Sattâ). La Natura (Prakriti) e lo Spirito (Purusha) si fondono (infine) entrambi nello Spirito Supremo”3.
Questo è il Pralaya finale4 — la Morte del Cosmo; dopo di che, il Suo Spirito riposa
nel Nirvâna, o in Quello per cui non vi è né Giorno né Notte. Tutti gli altri Pralaya sono
periodici e seguono ai Manvantara in successione regolare, come la notte segue il giorno di
ogni creatura umana, di ogni animale, di ogni pianta. Il Ciclo della Creazione delle Vite del
Cosmo è terminato; l’energia del “Verbo” Manifestato ha avuto la propria crescita, il proprio
punto culminante ed il proprio declino, come tutte le cose temporanee, qualunque sia la
lunghezza della loro durata. La Forza Creatrice è Eterna come noumeno; come
manifestazione fenomenica, nei suoi diversi aspetti, essa ha un inizio e deve quindi avere una
fine. Durante quell’intervallo ha i suoi periodi di attività ed i suoi periodi di riposo, e questi
sono i Giorni e le Notti di Brahmâ. Ma Brahman, il Noumeno, non riposa mai, perché Esso
non cambia mai, ma è sempre, per quanto non si possa dire che Esso sia in alcun luogo.
I cabalisti ebraici compresero la necessità di questa immutabilità per una Divinità
eterna ed infinita, ed applicarono quindi la medesima idea al Dio antropomorfico. L’idea è
poetica e molto appropriata nella sua applicazione. Nello Zohar leggiamo quanto segue:
Mentre Mosè vegliava sul Monte Sinai, in compagnia della Divinità che era celata ai suoi occhi da una
nube, si sentì invadere da un grande spavento e domandò ad un tratto: “Signore dove sei tu?... dormi tu, o
1
Con la parola “Elementi” s’intende qui non solo gli elementi visibili e fisici, ma anche ciò che S. Paolo chiama Elementi —
le Potenze Spirituali Intelligenti — gli Angeli e i Demoni nella loro forma manvantarica.
2
Quando questa descrizione sarà giustamente compresa dagli orientalisti, nel suo significato esoterico, si constaterà allora
che questa correlazione cosmica degli Elementi del Mondo spiega la correlazione delle forze fisiche molto meglio di quella
attualmente conosciuta. In ogni modo i teosofi osserveranno che Prakriti ha sette forme, o princìpi, “contati da Mahat fino
alla Terra”. Le “Acque” significano qui la “Madre” mistica, la Matrice della Natura Astratta, nella quale è concepito
l’Universo Manifestato. Le sette “zone” si riferiscono alle Sette Divisioni di quell’Universo, o Noumeno delle Forze che lo
pongono in esistenza. Naturalmente tutto è allegorico.
3
Vishnu Purâna, Libro IV, cap. IV. Dopo la correzione degli errori .di Wilson, e con i termini originali posti fra parentesi.
4
Siccome il Pralaya qui descritto è il Mahâ-Pralaya, il così detto Pralaya Finale, ogni cosa è riassorbita nel suo Elemento
Unico originale; e si dice che “gli Dèi stessi, Brahmâ ed il resto”, muoiono e scompaiono durante quella lunga “Notte”.
282
Signore?...”. E lo Spirito gli rispose: “Io non dormo mai: se io mi addormentassi per un istante prima del mio
tempo, tutta la creazione si dissolverebbe in un solo istante.
“Prima del mio tempo” è molto suggestivo. Ciò dimostra che il Dio di Mosè è solo un
sostituto temporaneo, come Brahmâ, il maschio; un sostituto ed un aspetto di QUELLO che è
immutabile e non può quindi partecipare in alcun modo ai Giorni ed alle Notti, né avere
rapporto qualsiasi con la reazione o dissoluzione. Mentre gli occultisti orientali hanno sette
modi di interpretazione, gli ebrei ne hanno soltanto quattro, e cioè: l’interpretazione
realmente mistica, l’allegorica, la morale e quella letterale o Pashut. Quest’ultima è la chiave
delle Chiese exoteriche, e non vale la pena di essere discussa. Ecco qualche frase che, letta
mediante la prima chiave, o chiave mistica, ci dimostra l’identità di base sulle quali poggiano
tutte le Scritture Sacre. Si trovano nell’eccellente libro di Isaac Myer sulle opere
cabalistiche, che egli sembra abbia studiate a fondo. Cito qui verbatim:
B’raisheeth barah elohim ath hasama’ yem v’ath haa’retz; cioè: “Nel princìpio, gli Dèi crearono i
Cieli e la Terra; (il che significa) i sei (Sephiroth della Costruzione)1, sul quale poggia B’raisheeth,
appartengono tutti al Basso”. Ne creò sei (e) su questi poggiano (esistono) tutte le Cose. E queste dipendono
dalle sette forme del Cranio, fino alla Dignità di tutte le Dignità. E la seconda “Terra” non entra nel calcolo,
perciò è stato detto: “E da essa (quella Terra) che subì la maledizione, esso uscì...”. “Essa (la Terra) era senza
forma e vuota, e le Tenebre aleggiavano sulla superficie dell’Abisso e lo Spirito di Elohim... soffiava
(me’racha’ pheth, cioè aleggiava, covava sopra, si muoveva...) sulle Acque!” Tredici dipendono da tredici
(forme) della più nobile Dignità. Seimila anni sono sospesi (si riferiscono a) nelle prime sei parole. Il settimo
(migliaio, il millennio) al disopra di essa (la Terra maledetta) è quello che è forte di per sé. Ed essa fu
interamente distrutta in dodici ore (un solo..... giorno…....). Nella tredicesima, Essa (la Divinità) la ristabilirà...
ed ogni cosa sarà rinnovata come avanti; e tutti quei sei continueranno”2
I “Sephiroth della Costruzione” sono i sei Dhyân Chohan, o i Manu, o i Prajâpati,
sintetizzati dal settimo “B’raisheeth”, la Prima Emanazione o Logos e, di conseguenza, sono
chiamati i Costruttori dell’Universo Inferiore o Fisico, appartenendo tutti al Sotto.
Questi Sei
la cui essenza è del Settimo, sono l’Upâdhi, la Base o Pietra
Fondamentale, sulla quale è edificato l’Universo Oggettivo, i Noumeni di tutte le cose. Essi
sono quindi contemporaneamente le Forze della Natura, i Sette Angeli della Presenza, il
Sesto ed il Settimo Princìpio dell’Uomo, le Sfere spirito-psico-fisiche della Catena
Settenaria, le Razze-Radici, ecc. Essi “dipendono tutti dalle Sette Forme del Cranio”, fino al
più Elevato. La “Seconda” Terra non entra nel calcolo”, perché non è una Terra, bensì il
Chaos o l’Abisso dello Spazio, nel quale riposava il Paradigma o Modello dell’Universo,
nell’Ideazione della Super-Anima che covava sopra di esso. La parola “Maledizione”
veramente può ingannare, poiché significa semplicemente Fato o Destino, o quella fatalità
che la gettò nello stato oggettivo. Questo è dimostrato dal fatto che la “Terra” che ha subìto
la “Maledizione” è rappresentata senza forma e vuota; nelle profondità abissali della quale
“il Soffio” dell’Elohim — (i Logoi collettivi) — produsse, o per così dire, fotografò la prima
Ideazione Divina delle cose da creare. Questo processo si ripete dopo ogni Pralaya prima
dell’inizio di un nuovo Manvantara, o Periodo di Esseri senzienti individuali. “Tredici
dipendono da tredici Forme”, questa frase si riferisce ai tredici Periodi, personificati dai
tredici Manu, con Svâyambuva, il quattordicesimo – 13, invece di 14, costituisce solo un
altro velo – quei quattordici Manu che regnano durante il tempo che dura un Mahâ Yuga, un
Giorno di Brahmâ.
1
2
I “Costruttori” delle Stanze.
Dal Siphra Dtzenioutha, cap. I, 16 e seg.; come è citata nella Qabbalah di Myer, pag. 232-3.
283
Questi tredici-quattordici dell’Universo oggettivo dipendono dalle tredici-quattordici
Forme Ideali paradigmatiche. Il significato della frase: “seimila anni sono sospesi nelle
prime sei Parole”, va ricercato anch’esso nella Sapienza Indiana. Essa si riferisce ai sei
(sette) primordiali “Re di Edom”, che simboleggiano i Mondi, o Sfere, della nostra Catena
durante la prima Ronda; come pure agli uomini primordiali di questa Ronda.
Essi sono la Prima Razza-Radice, settenaria e pre-adamica, o quelli che vissero prima
della Terza, la Razza Separata. Siccome erano Ombre e prive di senno, non avendo ancora
mangiato il frutto dell’Albero della Conoscenza, non potevano vedere Parzuphim, o il “Volto
non poteva vedere il Volto”; cioè gli uomini primordiali erano “non-coscienti”. “Quindi i
primordiali (sette) Re morirono”, cioè furono distrutti.1 Ora chi sono questi Re? Questi Re
sono i “Sette Rishi”, certe divinità (secondarie), Indra (Shakra), Manu ed i Re suoi Figli
(che) sono creati e periscono durante un periodo”; come è detto nel Vishnu Purâna.2 Per
quanto concerne il settimo “migliaio”, che non è il millennio della Cristianità exoterica ma
quello dell’Antropogenesi, esso rappresenta il “Settimo Periodo della Creazione”, quello
dell’uomo fisico, secondo il Vishnu Purâna, e il Settimo Princìpio sia macrocosmico che
microcosmico; come pure il Pralaya che segue dopo il Settimo Periodo, la Notte, che ha la
medesima durata del Giorno di Brahmâ “Ed essa fu interamente distrutta in dodici ore”. È
nella Tredicesima (due volte sei più la sintesi) che ogni cosa sarà ristabilita e che i “sei
continueranno”.
È quindi con ragione che l’autore della Qabbalah osserva:
Molto prima del suo tempo (di Ibn Gebirol)... molti secoli prima dell’èra cristiana, esisteva nell’Asia
Centrale una “Religione-Saggezza”, frammenti della quale si ritrovarono più tardi fra gli eruditi dell’Egitto
arcaico, dell’antica Cina, dell’India, ecc... (E che) la Cabala provenne probabilmente da sorgenti ariane,
attraverso l’Asia Centrale, la Persia, l’India e la Mesopotamia, poiché è da Ur e da Haran che Abramo e molti
altri vennero in Palestina.3
Tale era pure la ferma convinzione di C. W. King, l’autore di The Gnostics and Their
Remains.
Vâmadeva Modelyar descrive molto poeticamente la futura Notte. Per quanto sia
stata già citata in Iside Svelata, pure merita di essere ripetuta:
Da ogni parte si odono strani rumori... Sono i rumori precursori della Notte di Brahmâ; il crepuscolo
sorge all’orizzonte ed il Sole tramonta dietro al tredicesimo grado di Makara (il decimo segno dello Zodiaco) e
non raggiungerà più il segno di Mîna (il segno Zodiacale dei Pesci). I Guru delle Pagode, incaricati di vegliare
sul Râshichakram (lo Zodiaco), possono spezzare adesso il loro cerchio ed i loro strumenti, poiché d’ora
innanzi sono inutili.
Gradatamente la luce impallidisce, il calore diminuisce, i luoghi inabitati si moltiplicano sulla terra,
l’aria diviene sempre più rarefatta; le sorgenti d’acqua si prosciugano: i grandi fiumi vedono le loro onde
esaurirsi, l’oceano lascia scorgere il fondo sabbioso, e le piante muoiono. La statura degli uomini e degli
animali decresce giornalmente. La vita ed il moto perdono le forze, i pianeti gravitano con difficoltà nello
spazio; essi si estinguono ad uno ad uno, simili ad una lampada che la mano della chokra (serva) trascura di
riempire. Surya (il Sole) vacilla e si estingue, la materia cade in Dissoluzione (Pralaya) e Brahmâ si immerge
nuovamente in Dyaus, il Dio Non-Rivelato, ed essendo il suo compito ultimato, si addormenta. Un altro Giorno
è trascorso, sopravviene la Notte che continua fino all’Aurora futura.
E adesso i germi di tutto ciò che esiste rientrano nuovamente nell’Uovo d’Oro del suo Pensiero, come
ci insegna il Divino Manu. Durante il suo pacifico riposo, gli esseri animati dotati del princìpio dell’azione,
cessano le loro funzioni, ed ogni sentimento (Manas) si addormenta. Quando tutti sono assorbiti nell’Anima
Suprema, quest’Anima di tutti gli esseri dorme in un completo riposo, fino al Giorno in cui essa riassume la sua
forma e si risveglia nuovamente dalla sua tenebra primitiva4.
1
Confrontare con la Siphra Dtzenioutha.
Libro I, cap. III.
3
Pagine 219, 221.
4
Ved. Jacolliot: Les Fils de Dieu, e l’Inde des Brahmes, pag. 230.
2
284
Così, come il Satya Yuga è sempre il primo della serie delle Quattro Epoche o Yuga,
il Kali Yuga è sempre l’ultimo. Il Kali Yuga regna adesso sovrano in India, e sembra
coincidere con quello dell’Èra Occidentale. In ogni modo è curioso vedere fino a che punto
l’autore del Vishnu Purâna fosse profetico intorno a quasi tutti i soggetti, nel predire a
Maitreya alcune tenebrose influenze ed alcuni peccati di questo Kali Yuga. Poiché, dopo
aver detto che i “barbari” sarebbero stati i padroni delle sponde dell’Indo, di Chandrabâgâ e
del Kashmir, egli aggiunge:
Vi saranno dei monarchi contemporanei che regneranno sulla terra, monarchi dallo spirito rozzo e dal
carattere violento, sempre portati alla falsità ed alla malvagità. Essi uccideranno donne, bambini e vacche; si
impossesseranno dei beni dei loro sudditi, (o, secondo un’altra traduzione desidereranno la donna altrui); essi
avranno un potere limitato... le loro vite saranno brevi, i loro desideri insaziabili... Popoli di diversi paesi,
mescolandosi con quelli, seguiranno il loro esempio; ed i barbari, essendo potenti (nell’India) sotto la
protezioni dei principi, mentre le tribù pure saranno trascurate, le popolazioni periranno (o, come dice il
Commentatore, “i Mlechchha saranno al centro e gli Ârya alla fine”).1 La ricchezza e la pietà diminuiranno
ogni giorno, fino a che il mondo non sarà completamente depravato... Soltanto il possesso di beni conferirà il
rango; le ricchezze saranno la sola sorgente di devozione; la passione sarà il solo legame fra i sessi, la falsità il
solo mezzo di successo nelle controversie; e le donne saranno considerate semplici oggetti per appagare i
sensi... I caratteri esterni saranno le sola distinzione dei diversi ordini della vita; la disonestà (anyâya) sarà il
mezzo (universale) di sussistenza; la debolezza la causa della dipendenza; la minaccia e la presunzione
sostituiranno l’erudizione; la liberalità sarà devozione; un uomo, se ricco, sarà considerato puro; il mutuo
consenso sostituirà il matrimonio; i begli abiti prenderanno il posto della dignità... Colui che sarà più forte
regnerà... il popolo incapace di sopportare i pesanti fardelli (khara-bhâra, il peso delle imposte ) cercherà
rifugio nelle vallate... Così, nell’ Età Kali, la decadenza proseguirà incessantemente, fino a che la razza umana
si avvicinerà al suo annientamento (pralaya). Quando... la fine dell’Età Kali sarà prossima, una parte di
quell’Essere Divino che esiste per la propria natura spirituale (Kalkî Avatâra) ….discenderà sulla Terra....
dotato delle otto facoltà superumane... Egli ristabilirà la giustizia sulla terra; e la mente di coloro che vivranno
alla fine del Kali Yuga sarà risvegliata e resa trasparente come il cristallo. Gli uomini così trasformati... saranno
il seme di esseri umani e daranno origine ad una razza che seguirà le leggi dell’Età Krita (o Età della Purezza).
Poiché è detto: “Quando il Sole e la Luna e (l’Asterismo Lunare) Tishya, ed il pianeta Giove saranno in una
medesima casa, l’Età Krita (o Satya) ritornerà…..2
Due persone, Devâpi, della razza di Kuru, e Maru (Moru), della famiglia di
Ikshvâku........ continueranno a vivere attraverso le Quattro Età, dimorando a..... Kalâpa3.
Essi ritorneranno qui al princìpio dell’Età Krita4 ...Maru (Moru)5 il figlio di Shîghra, per
mezzo del potere della devozione (Yoga) vive tuttora... e sarà colui che ristabilirà la razza
dei Kshattriya della Dinastia Solare.6 Sia vera o sbagliata quest’ultima profezia, le
“benedizioni” del Kali Yuga sono ben descritte e si adattano meravigliosamente anche a
quanto possiamo vedere in Europa ed in altri paesi civilizzati e cristiani in pieno secolo XIX e
all’alba del XX secolo della nostra grande “Èra di Illuminazione.
1
E se questo non è profetico, che cos’è dunque?
Wilson, Vishnu Purâna, Libro IV, cap. XXIV.
3
Nel Matsya Purâna è detto Katâpa.
4
Vishnu Purâna, ibid.
5
Max Müller traduce il nome come Morya, della Dinastia Morya, alla quale apparteneva Chandragupta. (Vedi History of
Ancient Sanskrit Literature). Nel Matsya Purâna, cap. CCLXXII si parla di una dinastia di dieci Morya, o Maureya. Nel
medesimo capitolo, è detto che i Morya regneranno un giorno in India, dopo avere ristabilito la razza Kshattriya fra molte
migliaia di anni. Soltanto quel regno sarà puramente spirituale e “non di questo mondo”. Sarà il regno del prossimo Avatâra.
Il Colonnello Tod ritiene che il nome di Morya o Maurya sia una corruzione (deformazione?) di Mori, nome di una tribù
Rajpût, ed il commentario sul Mahâvanso crede che alcuni principi abbiano assunto il nome di Maurya dalla loro città
chiamata Mori, o, come ritiene il prof. Max Müller, Morya-Nâgara, e quest’ultimo è più corretto secondo il Mahâvanso
originale. L’Enciclopedia Sanscrita, Vâchaspattya, secondo quanto ci informa il nostro Fratello Devan Bâdhâdur R.
Ragoonath Rao, di Madras, colloca Katâpa (Kalâpa) nella parte settentrionale dell’Himâlaya, quindi nel Tibet. Così è detto
pure nel Bhâgavata Purâna, Skanda XII.
6
Ibid. cap. IV. Il Vayu Purâna dichiara che Moru ristabilirà i Ksattriya nel diciannovesimo Yuga futuro. (Vedi Five Years of
Theosophy, pag. 483, articolo “ I Morya e i Koothoomi”).
2
285
SEZIONE VIII
IL LOTO, COME SIMBOLO UNIVERSALE
Non vi è nessun simbolo antico che non abbia un significato profondo e filosofico e
la cui importanza ed il cui senso non aumentino in ragione della sua antichità. Tale è il Loto.
È il fiore consacrato alla Natura e ai suoi Dèi; esso rappresenta l’Universo Astratto e quello
Concreto, ed è l’emblema dei poteri di riproduzione tanto della Natura Spirituale quanto di
quella Fisica. Fin dalla più remota antichità era considerato come sacro dagli ariani indù,
dagli egiziani e, dopo di essi, dai buddhisti. Era venerato in Cina e in Giappone, e fu adottato
come un emblema cristiano dalle Chiese Greca e Latina che ne fecero un messaggero, come
fanno adesso i cristiani che lo hanno sostituito con il giglio.
Nella Religione cristiana, in tutti i quadri dell’Annunciazione, l’Arcangelo Gabriele
appare alla Vergine Maria con un ramo di gigli in mano. Questo ramo, rappresentando il
Fuoco e l’Acqua, o l’idea della creazione e della generazione simboleggia precisamente la
stessa idea del Loto che il Bodhisattva ha in mano quando annuncia a Mahâ-Mâyâ, madre di
Gautama, la nascita del Buddha, il Salvatore del Mondo. Così pure Osiride ed Horus erano
costantemente rappresentati dagli egiziani con il fiore di Loto, essendo entrambi Dèi Solari o
Dèi del Fuoco; precisamente come lo Spirito Santo è ancora simboleggiato negli Atti “da
lingue di fuoco”.
Il Loto aveva ed ha tuttora il suo significato mistico, identico presso tutte le nazioni
della terra. Per ulteriori informazioni rinviamo il lettore a Sir William Jones.1 Presso gli
indù, il Loto è l’emblema del potere produttivo della Natura, per il tramite del Fuoco e
dell’Acqua, o dello Spirito e della Materia. “Nella TUA Forma, o Dio, io scorgo Brahmâ,
seduto sul suo trono di Loto”, dice un verso della Bhagavad Gîtâ. E Sir William Jones
dimostra, come è già stato fatto osservare nelle Stanze, che i semi del Loto contengono, già
prima di germogliare, le foglie perfettamente formate, le forme in miniatura delle piante
perfette che esse diverranno un giorno. In India, il Loto è i1 simbolo della Terra prolifica e,
per di più, del Monte Meru. I quattro Angeli o Genii dei quattro punti cardinali del Cielo, i
Mahârâjah delle Stanze, stanno ognuno su un Loto. Il Loto è il simbolo del duplice
Ermafrodito Divino ed Umano, essendo, per così dire, di sesso duplice.
Per gli indù, dallo Spirito del Fuoco o Calore — che eccita, fertilizza e sviluppa in
una forma concreta, tratta dal suo prototipo ideale, tutto ciò che è nato dall’acqua o Terra
Primordiale — fu evoluto Brâhma. Il fiore di Loto, rappresentato che esce dall’ombelico di
Vishnu, il Dio che riposa nelle Acque dello Spazio sul Serpente dell’Infinito, è il simbolo più
vivido che si sia mai immaginato. È l’Universo che evolve dal Sole Centrale, il Punto, il
Germe ognora celato. Lakshmî, che è l’aspetto femminile di Vishnu e che nel Râmâyana è
pure chiamata Padma, il Loto, è rappresentata ugualmente che galleggia su un fiore di Loto
al momento della “Creazione” e durante lo “Sbattimento dell’Oceano” dello Spazio; ed è
anche raffigurata che esce dal “Mare di Latte”, come Venere-Afrodite che esce dalla Spuma
dell’Oceano.
...Quindi, seduta su un Loto,
La smagliante Dea della bellezza,
l’impareggiabile Shrî, emerse dalle onde...
come canta un orientalista e poeta inglese, Sir Monier Williams.
L’idea sottostante a questo simbolo è bellissima e dimostra inoltre che vi è
un’identica origine in tutti i sistemi religiosi. Che sia il Loto o il Giglio, esso simboleggia
1
Dissertations Relating to Asia.
286
una sola e medesima idea filosofica, e cioè l’Emanazione dell’Oggettivo dal Soggettivo;
l’Ideazione Divina che passa dall’astratto al concreto, o la forma visibile. Poiché, non appena
le Tenebre, o piuttosto ciò che è “Tenebre” per l’ignoranza, sono scomparse nel proprio
regno di Luce Eterna, lasciando dietro di esse soltanto l’Ideazione Divina Manifestata, la
comprensione dei Logoi Creatori è dischiusa, ed essi vedono nel Mondo Ideale, celato fino
ad allora nel Pensiero Divino, le forme archetipiche di tutto, e procedono a copiare e a
costruire, o a plasmare, su questi modelli, forme evanescenti e trascendenti.
A questo stadio dell’Azione il Demiurgo non è ancora l’Architetto. Nato nel Crepuscolo
dell’Azione, egli deve, prima di tutto, percepire il Piano, realizzare le forme Ideali che
giacciono celate in seno all’Ideazione Eterna, precisamente come le future foglie di Loto, i
petali immacolati, sono celati dentro al seme di quella pianta.
Nella Filosofia Esoterica, il Demiurgo, o Logos, considerato come il Creatore, è
semplicemente un termine astratto, un’idea, come la parola “esercito”. Così come
quest’ultima parola non è che un termine generico per indicare un corpo di forze attive o di
una unità attiva, di soldati — il Demiurgo non è che il composto qualitativo di una
moltitudine di Creatori o Costruttori. Burnouf, il grande orientalista, aveva afferrato
perfettamente l’idea quando disse che Brahmâ non crea la Terra, più di quello che non crei il
resto dell’Universo.
Avendo evoluto se stesso dall’Anima del Mondo, una volta separato dalla Causa Prima, egli si evapora
ed emana tutta la Natura fuori di se stesso. Non è al di sopra di essa, ma è immedesimato in essa; Brahmâ e
l’Universo formano un solo Essere, ogni particella del quale è, nella sua essenza, Brahmâ stesso, che procedette
fuori di se stesso.
In un capitolo del Libro dei Morti, intitolato “La Trasformazione nel Loto”, il Dio,
rappresentato da una testa che emerge da questo fiore, esclama:
Io sono il puro Loto che emerge dagli Esseri Luminosi….. Io reco il messaggio di Horus. Io sono il
puro Loto che viene dai Campi Solari1.
Come è già stato detto in Iside Svelata, l’idea del Loto può essere rinvenuta anche nel
primo capitolo Elohistico del Genesi. È in quest’idea che dobbiamo cercare l’origine e la
spiegazione del seguente versetto della Cosmogonia Ebraica: “Poi Iddio disse: Produca la
terra..... gli alberi fruttiferi che portino frutto secondo le loro specie, il cui seme è in esso...”.2
In tutte le religioni primitive, il Dio Creatore è il “Figlio del Padre” e cioè il suo Pensiero
reso visibile; e prima dell’èra cristiana, dalla Trimurti degli indù fino alle tre Teste
Cabalistiche delle Scritture, come spiegano gli ebrei, la Divinità Una e Trina di ciascuna
nazione era pienamente definita e realizzata nelle sue allegorie.
Tale è “il significato cosmico e ideale di questo grande simbolo presso i popoli
orientali.’’ Ma quando il Loto venne applicato al culto pratico ed exoterico, che aveva pure il
suo simbolismo esoterico, divenne, con il tempo, il veicolo ed il ricettacolo di una idea più
terrestre. Nessuna Religione dogmatica è mai sfuggita al fatto di avere in sé l’elemento
sessuale, e fino ad oggi esso contamina la bellezza morale dell’idea fondamentale del
simbolismo. Quanto segue è estratto dal medesimo manoscritto cabalistico che abbiamo già
citato in diverse altre occasioni:
Il Loto che cresceva nelle acque del Nilo aveva il medesimo significato. Il suo modo di crescere lo
rendeva particolarmente adatto a simboleggiare le attività generative. Il fiore di Loto, che è il portatore del
seme riproduttivo, dopo la maturazione è congiunto, mediante la sua attaccatura simile alla placenta, alla
madre-terra, o matrice di Iside, attraverso le acque della matrice, cioè del fiume Nilo, dal lungo stelo a forma di
corda somigliante a un cordone ombelicale. Niente potrebbe essere più chiaro di questo simbolo e, per renderlo
perfetto dal punto di vista del significato che gli viene attribuito, un fanciullo è rappresentato talvolta seduto nel
1
2
Cap. LXXXI.
Genesi, I, 11.
287
fiore o che esce da esso1. Così Osiride ed Iside, i figli di Crono, il tempo senza fine, nello sviluppo delle loro
forze naturali, diventano, in questa raffigurazione, i genitori dell’uomo sotto il nome di Horus.
Non possiamo insistere troppo sull’uso di questa funzione generativa come base di un linguaggio
simbolico e come lingua scientifica artificiale. Riflettendo su questa idea si è indotti successivamente a
meditare sul soggetto della causa creatrice. Si osserva che la Natura, nel suo operare, ha formato un
meraviglioso meccanismo vivente, governato inoltre da un’anima vivente, il cui sviluppo vitale e la cui storia
passata, presente e futura, sorpassano tutti gli sforzi dell’intelletto umano2.
Il neonato è un miracolo che si ripete costantemente, una testimonianza che entro il laboratorio della
matrice è intervenuto un potere creatore intelligente per legare un’anima vivente ad una macchina fisica. La
sorprendente meraviglia di questo fatto dà un carattere particolarmente sacro a tutto ciò che è congiunto agli
organi della riproduzione, come la dimora ed il luogo dell’evidente intervento costruttivo della divinità.3
Questa è una corretta intepretazione delle antiche idee sottostanti, dei concetti
puramente panteistici, impersonali e pieni di venerazione, dei filosofi arcaici delle epoche
preistoriche. Non è così, però, quando sono applicati all’umanità peccatrice, alle idee
grossolane attaccate alla personalità. Di conseguenza, nessun filosofo panteista potrebbe fare
a meno di considerare le osservazioni che seguono quanto abbiamo detto, e che
rappresentano l’antropomorfismo del simbolismo giudaico, come pericolose per la santità
della vera Religione, e adatte soltanto per la nostra Èra materialistica, che è il prodotto e la
risultante diretta di quel carattere antropomorfico. Poiché questo antropomorfismo è la
chiave fondamentale per la comprensione di tutto lo spirito e dell’essenza dell’Antico
Testamento.
Come dice il manoscritto, parlando del simbolismo degli artifizi del linguaggio della
Bibbia:
Perciò l’ubicazione dell’utero deve essere considerata come il luogo più Sacro, il Sanctum Sanctorum
ed il vero Tempio del Dio Vivente4. Per l’uomo, il fatto di possedere la donna è sempre stato considerato come
una parte essenziale di sé, per fondere due esseri in un solo, ed è stato gelosamente custodito come sacro. La
parte stessa dell’abitazione o della casa ordinaria riservata alla sposa era chiamata penetralia, la parte segreta o
sacra; e da ciò è derivata la metafora del Santo dei Santi, di costruzioni sacre ispirate all’idea della sacralità
degli organi della generazione. Nei Libri Sacri, questa parte della casa, spingendo la descrizione metaforica
fino all’estremo5, è descritta come il luogo che si trova “fra le cosce della casa”; e talvolta l’idea è espressa
architettonicamente nella grande apertura delle porte di Chiese poste internamente fra contrafforti laterali.
Un simile pensiero “spinto fino all’estremo”, non è mai esistito fra gli antichi ariani
primitivi. Ciò è provato dal fatto che, durante il periodo vedico, le loro donne non erano
tenute separate dagli uomini in penetralia, o Zenana. Questa separazione cominciò soltanto
quando i maomettani — i successivi eredi del simbolismo ebraico, dopo gli ecclesiastici
cristiani — ebbero conquistato il paese ed imposto gradatamente i loro usi e costumi agli
indù.
La donna, prima e dopo il periodo vedico, era libera come l’uomo; e nessun pensiero
terrestre impuro fu mai associato al simbolismo religioso dei primitivi ariani. L’idea e la sua
1
Nei Purâna indù è Vishnu, il Primo Logos, o Brahmâ, il Secondo Logos, o il Creatore Ideale ed il Creatore Pratico, che
sono rappresentati rispettivamente l’uno come manifestante il Loto e l’altro come uscente da esso.
2
Comunque, non gli sforzi delle facoltà psichiche allenate di un Iniziato nella Metafisica Orientale e nei Misteri della Natura
Creatrice. Sono i profani delle ère passate ad aver degradato il puro ideale della creazione cosmica in un emblema di
semplice riproduzione umana e di funzioni sessuali: spetta agli Insegnamenti Esoterici e agli Iniziati del futuro di redimere e
nobilitare nuovamente la concezione primitiva, così miseramente profanata dalla sua applicazione cruda e grossolana ai
dogmi ed alle personificazioni exoteriche, da parte di teologi ed ecclesiastici fanatici. La muta adorazione della Natura
astratta o noumenale, la sola manifestazione divina, è l’unica Religione che possa nobilitare l’Umanità.
3
Ralston Skinner, The Source of Measure Manoscritto pag. 15-16.
4
Non vi è dubbio che le parole dell’antico Iniziato nei Misteri primitivi del Cristianesimo: “Non sapete voi di essere il
tempio di Dio...” (I Epistola ai Corinti, III, 16), non potevano essere applicate in questo senso all’uomo; per quanto tale fosse
certamente il significato che esse avevano per la mente dei compilatori ebraici dell’Antico Testamento. E qui si trova l’abisso
che vi è fra il simbolismo del Nuovo Testamento ed il Canone Ebraico. Questo abisso sarebbe sempre rimasto e si sarebbe
sempre più allargato se il Cristianesimo, e in modo speciale e manifesto la Chiesa Latina, non vi avesse gettato sopra un
ponte. Il Papato moderno, adesso, lo ha colmato interamente con il suo dogma delle due immacolate concezioni, e per il
carattere antropomorfico ed in pari tempo idolatrico che esso ha attribuito alla Madre del suo Dio.
5
Fu spinta così soltanto nella Bibbia ebraica, e nella sua copia servile, la Teologia cristiana.
288
applicazione sono puramente semitiche. Ciò è corroborato pure dall’autore di questa
rivelazione cabalistica, così profondamente erudita, allorchè egli termina i passi succitati
dicendo:
Se a questi organi, simboli di agenti creatori e cosmici, si può collegare l’idea dell’origine delle
misure, come pure quella dei periodi di tempo, allora è vero che nella costruzione dei templi quali Dimore della
Divinità, o di Jehovah, quella parte designata come il Santo dei Santi, o il Luogo Santissimo, prendeva in
prestito il proprio nome dalla santità riconosciuta degli organi della generazione, considerati simboli di misure,
come pure simboli della causa creatrice. Presso gli antichi Saggi, non esisteva né nome, né idea né simbolo che
si riferisse ad una Causa Prima.1
Decisamente no. Piuttosto che degradare la sacralità di quell’Ideale degli Ideali
abbassandone i suoi simboli a tali forme antropomorfiche, è meglio non dedicarvi mai un
pensiero e lasciarla per sempre innominata come facevano i primi Panteisti! Ancora una
volta si può constatare l’immenso abisso che esiste fra il pensiero religioso ariano e quello
semitico, i due poli opposti, la Sincerità e Dissimulazione. Per i Brâhmani, che non hanno
mai associato le funzioni naturali procreative dell’umanità ad un elemento di “peccato
originale”, l’avere un figlio è un dovere religioso. Anticamente, un Brâhmano, dopo avere
adempiuta la sua missione di creatore umano, si ritirava nella giungla e passava il resto dei
suoi giorni in meditazione religiosa. Egli aveva compiuto il suo dovere verso la natura, come
uomo mortale e come suo collaboratore; d’ora in poi avrebbe consacrato tutti i suoi pensieri
alla parte spirituale ed immortale di sé, considerando la parte terrestre come una semplice
illusione, un sogno evanescente — ciò che essa è in realtà. Per i semiti era ben diverso. Essi
inventarono la tentazione della carne nel giardino di Eden e mostrarono il loro Dio —
esotericamente il Tentatore e il Sovrano della Natura — che maledice per sempre un atto,
che faceva logicamente parte del programma di quella Natura stessa2. Tutto ciò
exotericamente, come appare sotto il velo e dalla lettera morta del Genesi e del resto. In pari
tempo, esotericamente, essi considerano il supposto peccato e la cosiddetta caduta come un
atto così sacro, da scegliere l’organo, il perpetratore del peccato originale, come il simbolo
più adatto e più sacro per raffigurare quel Dio, che viene presentato nell’atto di condannare
la sua entrata in funzione come una disobbedienza ed un peccato eterno!
Chi potrà mai misurare gli abissi paradossali della mente semitica! E questo elemento
paradossale, minus il suo significato segreto, è passato interamente nella Teologia e nel
dogma cristiano!
I posteri dovranno decidere se i primi Padri della Chiesa conoscevano il significato
esoterico del Testamento ebraico, o se soltanto alcuni di essi ne fossero a conoscenza mentre
gli altri ignoravano il segreto. Una cosa però è certa. Siccome l’Esoterismo del Nuovo
Testamento concorda perfettamente con quello dei Libri Ebraici di Mosè e poiché al tempo
stesso un certo numero di simboli puramente egiziani e di dogmi pagani in generale — per
esempio, la Trinità — sono stati copiati ed incorporati nei Sinottici e in San Giovanni,
diviene evidente che l’identità di quei simboli era conosciuta da tutti gli scrittori del Nuovo
Testamento. Essi debbono pure essere stati consapevoli della priorità dell’Esoterismo
Egiziano, avendo adottato parecchi simboli che rappresentano, nel loro significato esteriore
ed interiore, concetti e credenze puramente egiziane e che non si trovano nel Canone
Giudaico. Uno di questi simboli è il giglio posto nelle mani dell’Arcangelo, nei quadri
primitivi rappresentanti la sua apparizione alla Vergine Maria; e queste immagini simboliche
sono conservate fino ai giorni nostri nell’iconografia delle Chiese Greca e Romana. Così
l’Acqua, il Fuoco e la Croce, come pure la Colomba, l’Agnello ed altri Animali Sacri, con
1
Op. cit. pag. 17.
La medesima idea è espressa exotericamente negli avvenimenti dell’Esodo dall’Egitto. Il Signore Iddio tenta fortemente il
Faraone, e “lo punisce con grandi piaghe” per timore che il re sfugga alla punizione, e possa così non offrire alcun pretesto
per un nuovo trionfo al suo “popolo eletto”.
2
289
tutte le loro combinazioni, hanno, esotericamente, un significato identico, e debbono essere
stati adottati come un perfezionamento rispetto al Giudaismo puro e semplice.
Infatti, il Loto e l’Acqua sono fra i simboli più antichi, e la loro origine è puramente
ariana, per quanto essi siano diventati proprietà comune nel corso dell’espansione della
Quinta Razza. Per dare un esempio, tanto le lettere quanto i numeri, erano tutti mistici, sia
che venissero presi in combinazioni o separatamente. La più sacra di tutte le lettere è la
lettera M. Essa è contemporaneamente femminile e maschile, o androgina, e simboleggia
l’Acqua nella sua origine, il Grande Abisso. È una lettera mistica in tutte le lingue, orientali
ed occidentali, e serve da glifo per rappresentare le onde, così: ^^^. Nell’Esoterismo ariano
come in quello semitico, questa lettera ha sempre rappresentato le Acque. Per esempio, in
Sanscrito, Makara, il decimo segno dello Zodiaco, significa un Coccodrillo, o piuttosto un
mostro acquatico associato sempre con l’Acqua. La lettera “Ma” è equivalente e
corrispondente al numero 5, che è composto di un Binario, simbolo dei due sessi separati, e
del Ternario, simbolo della Terza Vita, la progenie del Binario, che è pure simboleggiato
spesso da un Pentagono, essendo quest’ultimo un segno sacro, un Monogramma divino.
Maitreya è il nome segreto del Quinto Buddha e del Kalki Avatâra dei Brâhmani, l’ultimo
Messia che verrà al culmine del Grande Ciclo. È pure la lettera iniziale della parola greca
Metis, o Saggezza Divina; di Mimra, il Verbo o Logos; e di Mithras, il Mihr, il Mistero della
Monade. Tutti questi sono nati dal Grande Abisso, e in esso, e sono i Figli di Mâyâ, la
“Madre”; in Egitto, Moot; in Grecia, Minerva, la Sapienza Divina; Maria, o Miriam, Myrrha,
ecc., la Madre del Logos cristiano; e di Mâyâ, la Madre del Buddha. Mâdhava e Mâdhavî
sono i titoli degli Dèi e delle Dee più importanti del Pantheon indù. Infine Mandala significa
in Sanscrito un “Cerchio”, o una sfera, come pure le dieci divisioni del Rig Veda.
Generalmente in India i nomi più sacri cominciano con questa lettera, da Mahat, la prima
Intelligenza manifestata, e Mandara, la grande montagna di cui si servirono gli Dèi per
sbattere l’Oceano, fino a Mandâkinî, il Gangâ celeste, o Gange, Manu, ecc.
Si dirà che tutto ciò è una pura coincidenza? Sarebbe invero una coincidenza assai
strana, quando vediamo che anche Mosè, trovato nelle Acque del Nilo, ha nel proprio nome
la consonante simbolica. E la figlia del Faraone “gli pose nome Mosè; perché, ella disse, io
l’ho tratto fuori delle Acque”1. Inoltre, nella lingua ebraica, il nome sacro di Dio che si
applica a questa lettera M è Meborach, il “Santo” o il “Benedetto”; ed il nome dell’Acqua
del Diluvio è Mbul. Per finire con questi esempi possiamo ricordare le “Tre Marie” alla
Crocifissione ed il loro rapporto con il Mare o l’Acqua. È per questo che nel Giudaismo e nel
Cristianesimo il Messia è sempre collegato con l’Acqua: il Battesimo; ed anche con i Pesci,
il segno dello Zodiaco chiamato in sanscrito Mînam, come pure con l’Avatâra Matsya
(Pesci) e con il Loto, il simbolo della matrice, o con il giglio che ha il medesimo significato.
Fra le reliquie dell’antico Egitto, più sono antichi i simboli votivi e gli emblemi degli
oggetti dissotterrati, e più spesso si trovano i fiori di Loto e l’Acqua collegati con gli Dèi
Solari. Il Dio Khnoom, il Potere Umido, o l’Acqua, essendo il Princìpio di tutte le cose,
come insegnava Talete, siede su un trono posto su un Loto. Il Dio Bes sta su un Loto pronto
a divorare la sua progenie. Thot, il Dio del Mistero e della Saggezza, lo Scriba sacro
dell’Amenti, ha corpo umano e testa di toro, porta come copricapo il disco solare — poiché
il toro sacro di Mendes è una delle forme di Thot — e siede su di un Loto sbocciato. Infine
c’è la Dea Hiqit, sotto l’aspetto di rana, che si riposa sul Loto, mostrando così il suo rapporto
con l’acqua. Ed è per la forma poco poetica di questo simbolo della rana, innegabilmente il
glifo della più antica delle Divinità egiziane, che gli egittologi hanno invano tentato di
1
Esodo, II, 10. Perfino le sette figlie del Sacerdote di Madian, le quali vennero ad attingere l’acqua e che Mosè aiutò ad
abbeverare i loro greggi, per il quale servizio il sacerdote di Madian dette in moglie a Mosè la sua figliuola Zipporah, o
Sippara, l’Onda risplendente. (Esodo, II, 16-21). Tutto questo ha il medesimo significato segreto.
290
districare il mistero e le funzioni della Dea. La sua adozione nella Chiesa, per opera dei
primi cristiani, dimostra che essi lo conoscevano meglio dei nostri moderni orientalisti. La
“Dea rana o rospo” era una delle principali Divinità Cosmiche connesse con la Creazione, a
causa della natura anfibia dell’animale, e specialmente della sua apparente resurrezione dopo
lunghi periodi di vita solitaria, nascosto nei vecchi muri, nelle rocce. Essa partecipava, non
solo all’organizzazione del Mondo, insieme a Khoom, ma era pure collegata con il dogma
della resurrezione1.
Deve esserci stato un significato molto profondo e molto sacro inerente a questo
simbolo perché i primi cristiani egiziani lo adottassero nelle loro Chiese, malgrado il rischio
di essere accusati della più disgustosa forma di Zoolatria. Una rana o un rospo, incastonato
in un fiore di Loto, o anche senza quest’ultimo emblema, era la forma prescelta per le
lampade di Chiesa, sulle quali erano incise le parole “Εγώ είµι άναστάσις”: Io sono la
resurrezione2. Queste Dee-rana si ritrovano pure su tutte le mummie.
__________
1
Per gli egiziani era la resurrezione della rinascita, dopo 3.000 anni di purificazione, o nel Devachan, o nei “Campi di
beatitudine”.
2
Si possono vedere alcune di queste “Dee-rane” a Boulak, nel Museo del Cairo. Per quanto concerne il soggetto delle
lampade di Chiesa e delle loro iscrizioni, ne è responsabile M. Gaston Maspero, l’erudito ex-direttore del Museo di Boulak.
(Vedere la sua Guide au Musèe de Boulak, pag. 146).
291
SEZIONE IX.
LA LUNA; DEUS LUNUS, PHŒBE.
Questo simbolo arcaico è il più poetico, e nel medesimo tempo, il più filosofico di
tutti i simboli. Gli antichi greci lo hanno fatto ben risaltare, ed i poeti moderni lo hanno usato
fino all’eccesso. La regina della Notte, percorrendo i cieli con la maestà della sua luce
impareggiabile, gettando tutti, perfino Espero, nell’oscurità, e stendendo il suo manto
argenteo sull’intero Mondo Siderale, è stata sempre il tema favorito di tutti i poeti della
Cristianità, da Milton a Shakespeare, fino all’ultimo dei poeti moderni. Ma la brillante
lampada della notte, con il suo seguito di innumerevoli stelle, parlava solo
all’immaginazione del profano. Non molto tempo addietro, la Religione e la Scienza non si
occupavano affatto di questo bel mito. Eppure, la Luna fredda e casta, quella che nelle parole
di Shelley:
...rende bello tutto ciò che sfiora con il suo sorriso,
Quel santuario errante di una fiamma dolce ma glaciale
che si trasforma continuamente, pur rimanendo sempre la stessa,
che non riscalda ma illumina...
è, con la Terra, in rapporto più stretto di qualsiasi altro globo siderale. Il Sole è il Datore di
Vita dell’intero Sistema Planetario, la Luna dona la Vita al nostro Globo; e le razze primitive
lo comprendevano e lo sapevano fin dalla loro infanzia. Essa è la Regina ed è il Re. Era il Re
Soma prima di essere trasformata in Febe e nella casta Diana. Essa è particolarmente la
Divinità dei cristiani per opera degli ebrei Mosaici e cabalistici, per quanto il mondo
civilizzato lo abbia ignorato per secoli e secoli; in realtà, fin dal momento della morte
dell’ultimo Padre della Chiesa Iniziato, che portò con sé nel sepolcro il segreto dei templi
pagani. Per i Padri della Chiesa come Origene o Clemente Alessandrino, la Luna era il
simbolo vivente di Jehovah, la Dispensatrice della Vita e della Morte, Colei che dispone
dell’Essere — nel nostro mondo. Poiché se Artemide era ‘Luna’ in Cielo e, per i greci Diana
in Terra, che presiedeva ai parti ed alla vita, per gli egiziani essa era Hekat (Ecate)
all’Inferno, la Dea della Morte che regnava sulla magia e sugli incantesimi. Ed ancor più, in
quanto la personificazione della Luna, i cui fenomeni sono Triadici, Diana-Ecate-Luna, è il
tre in uno, poiché essa è Diva triformis, tergemina, triceps, tre teste su un solo collo1 come
Brahmâ-Vishnu-Shiva. Essa è quindi il prototipo della nostra Trinità, che non è sempre stata
interamente maschile. Il numero sette, così preminente nella Bibbia, così sacro nel settimo
giorno o Sabbath, venne agli ebrei dall’antichità, traendo la sua origine dal quadruplice 7,
contenuto nei 28 giorni del mese lunare, del quale ogni parte settenaria corrisponde ad un
quarto di Luna.
In quest’opera sarà utile gettare un rapido sguardo sull’origine e sullo sviluppo del
mito e del culto lunare nell’antichità storica, nella nostra parte di globo. La sua origine
primitiva non può essere tracciata dalla scienza esatta che respinge tutte le tradizioni; mentre
per la Teologia, che, sotto l’astuta guida dei Papi, ha posto l’interdizione su ogni frammento
di letteratura che non porti l’imprimatur della Chiesa di Roma, la storia arcaica di questo
mito è un libro sigillato. Che sia più antica la filosofia religiosa egiziana, oppure quella degli
ariani indù - la Dottrina Segreta afferma che la più antica è quest’ultima - non ha grande
importanza in questo caso, in quanto il “culto” Lunare e quello Solare sono i più antichi del
mondo. Entrambi sono sopravvissuti ed esistono ancora ai giorni nostri nel mondo intero;
presso gli uni apertamente, presso gli altri — come, per esempio, nel simbolismo cristiano
1
La Dea Τρίµορφος (triforme) nelle statue di Alcamene.
292
— segretamente. Il gatto, simbolo lunare, era consacrato ad Iside che, in un certo senso, era
la Luna, precisamente come Osiride era il sole, e lo si vede spesso sulla sommità del sistro,
in mano alla Dea. Questo animale era tenuto in grande venerazione nella città di Bubastis,
che portava un lutto gravissimo per la morte dei gatti sacri, perché Iside, in quanto Luna, era
particolarmente adorata in quella città di misteri. Il simbolismo astronomico collegato con
esso è già stato esposto nella Sezione I, e nessuno lo ha descritto meglio di Gerald Massey
nelle sue Lectures e nella sua The Natural Genesis. Si dice che l’occhio del gatto sembra
seguire le fasi lunari nella loro crescenza e nel loro declino, ed i suoi globi risplendono come
due stelle nelle tenebre della notte. Di qui l’allegoria mitologica, la quale ci mostra Diana
che si celava nella Luna sotto l’aspetto di un gatto, quando cercava, insieme ad altre
Divinità, di sfuggire all’inseguimento di Tifone, come è narrato nelle Metamorfosi di Ovidio.
In Egitto la Luna era allo stesso tempo “l’Occhio di Horus” e “l’Occhio di Osiride”, il Sole.
La medesima cosa avveniva con il Cinocefalo. La scimmia dalla testa di cane era un
glifo che serviva a simboleggiare di volta in volta iI Sole e la Luna, per quanto, in realtà, il
Cinocefalo fosse piuttosto un simbolo Ermetico più che religioso. Esso è infatti il geroglifico
del pianeta Mercurio e del Mercurio dei filosofi alchimisti, i quali dicono che:
Mercurio deve essere sempre vicino ad Iside, come suo ministro, poiché senza
Mercurio, nè Iside nè Osiride possono compiere cosa alcuna nella Grande Opera.
Quando il Cinocefalo è rappresentato col caduceo, la mezzaluna o il loto, è un glifo
del Mercurio “filosofico”; ma quando lo si vede con una canna o con un rotolo di
pergamena, rappresenta Ermete, assistente e consigliere di Iside, e adempie la medesima
funzione che adempiva Hanumâna presso Râma.
Per quanto i veri adoratori del Sole, i Parsi, siano pochi, tuttavia non solo la maggior
parte della mitologia indù e della storia si basa e si intreccia su questi due culti, ma avviene
la medesima cosa perfino nella Religione Cristiana. Dalla loro origine fino ai giorni nostri
essi hanno colorato le Teologie delle Chiese Cattolica Romana e Protestante. In realtà la
differenza tra le fedi, ariane, indù e quelle ariane europee, è minima, se si prendono in
considerazione soltanto le loro idee fondamentali. Gli indù sono orgogliosi di chiamarsi
Sûryavansha e Chandravansha, discendenti delle Dinastie Solari e Lunari. I cristiani
pretendono di considerare ciò un’idolatria; eppure essi aderiscono ad una Religione basata
completamente sul culto Solare e Lunare. È vano ed inutile che i protestanti inveiscano
contro i cattolici romani per la loro “Mariolatria” basata sul culto antico di Dee Lunari,
poiché essi stessi adorano Jehovah che è preminentemente un Dio lunare; entrambe le
Chiese hanno accettato il Cristo-Sole e la Trinità Lunare nelle loro Teologie.
Si sa ben poco intorno al Culto caldeo della Luna e del Dio babilonese Sin, chiamato
dai greci Deus Lunus; e quel poco che ne sappiamo è di natura tale da sviare facilmente lo
studioso profano che non conosce il significato esoterico dei simboli. Secondo la credenza
popolare degli antichi scrittori e filosofi profani - poiché coloro che erano iniziati avevano
giurato di conservare il silenzio - i caldei erano gli adoratori della Luna sotto i suoi diversi
nomi, maschili e femminili, precisamente come lo furono dopo di loro i Giudei.
Nel manoscritto inedito sull’Arte del Linguaggio, precedentemente citato, e che dà
una chiave per la formazione dell’antico linguaggio simbolico, viene prospettata una logica
raison d’étre per spiegare questo duplice culto. Quest’opera è scritta da un mistico
profondamente erudito e meravigliosamente bene informato, che la presenta sotto la forma
comprensibile di un’ipotesi. D’altra parte, questa ipotesi diventa forzatamente un fatto
dimostrato nella storia dell’evoluzione religiosa del pensiero umano, per chiunque abbia
appena intravisto il segreto del simbolismo antico. Scrive dunque l’autore:
293
Una delle prime occupazioni degli uomini, fra quelle che sono realmente necessarie, sarebbe la
rilevazione dei periodi di tempo1 segnati sulla volta dei cieli che si eleva al di sopra della superficie unita
dell’orizzonte o del livello delle acque tranquille. Questi periodi sarebbero determinati dal giorno e dalla notte,
dalle fasi della Luna, dalle sue rivoluzioni stellari o sinodali e dai periodi dell’anno solare con la ricorrenza
delle stagioni, ed applicando a tali periodi la misura naturale del giorno e della notte, ossia del giorno diviso fra
luce e oscurità. Si sarebbe pure scoperto che, nel medesimo periodo di un anno solare, vi era un giorno solare
più lungo ed un altro più corto di tutti gli altri, come pure due giorni solari durante i quali il giorno e la notte
avevano la medesima durata, e che l’epoca dell’anno che corrispondeva a quei giorni poteva essere marcata con
la più grande precisione nei gruppi stellari del cielo o nelle costellazioni, tenendo conto del loro movimento
retrogrado che, con il tempo, dovrebbe richiedere una correzione per intercalazione, come fu il caso per la
descrizione del Diluvio, dove fu fatta una correzione di 150 giorni per un periodo di 600 anni, durante il quale
la confusione dei segni indicatori del tempo era aumentata... Ciò doveva naturalmente applicarsi a tutte le razze
e a tutte le epoche; e si deve considerare tale conoscenza come inerente alla razza umana antecedente al
cosiddetto periodo storico, come pure durante lo stesso.
Su questa base l’autore ricerca alcune funzioni fisiche naturali possedute in comune
dalla razza umana e connesse con le manifestazioni periodiche, tali che “il rapporto esistente
fra due specie di fenomeni... si stabilisce nell’uso comune o popolare”. Egli lo riscontra così:
(a) Il fenomeno fisiologico femminile ricorrente ogni mese lunare di 28 giorni, o 4 settimane di 7
giorni ciascuna, di modo che 13 ripetizioni del periodo dovrebbero avvenire in 364 giorni, che costituiscono
l’anno solare diviso in 52 settimane di 7 giorni ciascuna. (b) La vivificazione del feto è marcata da un periodo
di 126 giorni, ossia 18 settimane di 7 giorni ciascuna. (c) Quel periodo che è chiamato “il periodo di vitabilità”,
è composto di 210 giorni, ossia 30 settimane di 7 giorni ciascuna. (d). Il periodo della gestazione si compie in
280 giorni, od un periodo di 40 settimane di 7 giorni ciascuna, o 10 mesi lunari di 28 giorni ciascuno, o di 9
mesi del calendario di 31 giorni ciascuno, contando il tutto sull’arco reale dei cieli per la misura del periodo di
traversata dalle tenebre dell’utero fino alla luce ed alla gloria dell’esistenza cosciente, questo mistero e questo
miracolo insondabile che si rinnova incessantemente....... Così i periodi di tempo osservati che caratterizzano
l’elaborazione della funzione della generazione sarebbero diventati naturalmente una base di calcoli
astronomici... Possiamo quasi affermare... che questa era il metodo di calcolo adoperato presso tutte le nazioni,
sia indipendentemente, sia indirettamente che intermediatamente tramite l’insegnamento. Questo era il metodo
adoperato dagli ebrei che basano ancora il loro calendario sui 354 e 355 giorni dell’anno lunare; e noi
possediamo dei dati speciali che dimostrano che tale era pure il metodo usato dagli antichi egiziani, e questa ne
è la prova:
L’idea basilare sottostante alla filosofia religiosa degli ebrei era che Dio contenesse in sè tutte le cose2,
e che tanto l’uomo quanto la donna, erano fatti a sua immagine... Il posto che l’uomo e la donna occupavano
presso gli ebrei, era occupato presso gli egiziani dal toro e dalla vacca, consacrati a Osiride e ad Iside,3 che
erano rappresentati rispettivamente da un uomo con la testa di toro e da una donna con la testa di vacca, e
questi simboli venivano adorati. Era noto che Osiride rappresentava il Sole ed il fiume Nilo, l’anno tropicale di
365 giorni, numero che è il valore della parola Neilos, e del toro, poiché esso era pure il princìpio del fuoco e
della forza che dà vita; mentre Iside rappresentava la Luna, il letto del fiume Nilo, o la Madre Terra, le energie
della partoriente per la quale l’acqua era una necessità, l’anno lunare di 354-364 giorni, il marcatore temporale
dei periodi di gestazione, e la vacca la luna nuova crescente.
Ma il fatto che gli egiziani riservavano alla vacca la parte che la donna rappresentava presso gli ebrei,
non implicava che vi fosse una differenza radicale nel significato, bensì un’identità consapevole
nell’insegnamento, e semplicemente la sostituzione di un simbolo avente il medesimo significato comune; cioè,
il periodo di gestazione della vacca e della donna era considerato come avente la medesima durata, ossia 280
giorni o 10 mesi lunari di 4 settimane ciascuno. Ed era nella durata di questo periodo che consisteva il valore
essenziale di questo simbolo animale, il cui contrassegno era quello della luna crescente4.... Si è constatato che
questi periodi naturali della gestazione sono serviti di base al simbolismo nel mondo intero. Essi erano
adoperati dagli indù, e si è constatato che gli antichi americani li presentavano chiaramente sulle tavole di
Richardson e Gest, sulla Croce di Palenque ed altrove, e che servivano manifestamente di base alla formazione
dei calendari dei Maya dello Yucatan, degli Indù, degli Assiri, degli antichi Babilonesi, come pure di quelli
1
La Mitologia Antica include tanto l’Astronomia antica quanto l’Astrologia. I pianeti erano le mani che segnavano, sul
quadrante del nostro Sistema Solare, le ore di certi eventi periodici. Così Mercurio era il messaggero incaricato di tener
conto dell’ora durante i fenomeni solari e lunari giornalieri; ed era inoltre in rapporto con il Dio e la Dea della Luce.
2
Una caricatura ed una diminuzione dell’idea vedantina di Parabrahman contenente in se stesso l’Universo intero, perché
esso stesso è quell’Universo illimitato e niente esiste al di fuori di se stesso.
3
Precisamente come lo sono ancora oggi in India il toro di Shiva, e la vacca che rappresenta diverse Shakti o Dee.
4
Di qui proviene il culto alla Luna presso gli ebrei.
294
degli Egiziani e degli antichi Ebrei. I simboli naturali... sarebbero il fallo, o il fallo e la yoni... maschio e
femmina. Infatti le parole tradotte con i termini generici di maschio e femmina nel 27° versetto del I capitolo
della Genesi sono... sacr e n’cabvah o, letteralmente, fallo e yoni.1 Mentre la rappresentazione degli emblemi
fallici indicherebbe appena i membri genitali del corpo umano, quando vengono considerate le loro funzioni e
lo sviluppo delle vescichette seminali emananti da essi, ne deriverebbe piuttosto l’indicazione di un metodo per
misurare i periodi di tempo lunare e, attraverso il tempo lunare, il tempo solare.2
Questa è la chiave fisiologica ed antropologica del simbolismo della Luna. La chiave
che dischiude i misteri della Teogonia, o dell’evoluzione degli Dèi Manvatarici, è più
complicata e non ha niente di fallico in sè. Lì, tutto è mistico e divino. Ma gli ebrei, oltre a
stabilire una relazione diretta fra Jehovah e la Luna, in qualità di Dio generatore, preferirono
ignorare le gerarchie superiori ed eressero a loro Patriarchi alcune di queste costellazioni
zodiacali e alcuni di questi Dèi planetari, exoterizzando così l’idea puramente teosofica ed
abbassandola al livello dell’umanità peccatrice. Il manoscritto dal quale abbiamo estratto
quanto sopra, spiega molto chiaramente a quale Gerarchia di Dèi appartenesse Jehovah e ciò
che fosse questo Dio Ebraico; poiché esso dimostra con un linguaggio preciso quello su cui
l’autore ha sempre insistito, e cioè che il Dio di cui i cristiani hanno accettato il fardello, non
era altro che il simbolo lunare della facoltà riproduttiva o generatrice della Natura. Essi
hanno sempre ignorato perfino il Dio Ebraico segreto dei cabalisti, Ain Suph, una
concezione che si trova nelle idee primitive cabalistiche e mistiche, e che è altrettanto
grandiosa quanto quella di Parabrahman. Ma non è la Kabalah di Rosenroth che può dare i
veri insegnamenti originali di Shimeon Ben Yochaϊ, che erano profondamente metafisici e
filosofici. E quanti, fra gli studiosi della Cabala, ne sanno qualche cosa all’infuori delle loro
traduzioni latine alterate? Esaminiamo un istante l’idea che ha spinto gli antichi ebrei ad
adottare un sostituto al Sempre Inconoscibile, e che ha indotto in errore i cristiani, facendo
loro scambiare il sostituto per la realtà.
Se l’idea dei... periodi di tempo può essere collegata a questi organi (il fallo e la yoni) quali simboli
dei poteri creatori cosmici, allora, veramente, nella costruzione dei templi come Dimore della Divinità o di
Jehovah, quella parte designata come il Santo dei Santi, o il Luogo più Sacro, dovrebbe prendere il proprio
nome dalla sacralità riconosciuta degli organi della generazione, considerati simboli di misure come pure di
causa creatrice.
Per gli antichi Saggi, non vi era nè nome, nè idea, nè simbolo della Causa Prima.3 Presso gli ebrei, la
concezione diretta di ciò era celata in termini di negazione di comprensione e cioè, Ain Suph, o il Senza Limiti.
Ma il simbolo della sua prima manifestazione comprensibile fu il concetto di un cerchio con il suo diametro,
per dare contemporaneamente un’idea geometrica, fallica ed astronomica; poiché l’uno ha origine dal cerchio,
senza il quale non potrebbe esistere; e dall’1, o Uno primordiale, derivano le 9 cifre e, geometricamente, tutte le
forme piane. Così, nella Cabala, questo cerchio, con la sua linea di diametro, rappresenta i 10 Sephiroth o
Emanazioni, che compongono l’Adamo Kadmon, o l’Uomo Archetipale, l’origine creatrice di tutte le cose....
Questa idea di collegare l’immagine del cerchio e del suo diametro, cioè il numero 10, col significato degli
organi riproduttivi, col luogo più Sacro.... fu applicata alla costruzione della Camera del Re o il Santo dei Santi
della Grande Piramide, al Tabernacolo di Mosè ed al Santo dei Santi del Tempio di Salomone... È l'immagine
di una doppia matrice, poiché in ebraico la lettera Hé ( )חè al medesimo tempo il numero 5 ed il simbolo
dell’Utero, e due volte 5 è 10, o il numero fallico.
Questa “doppia matrice” dimostra pure la dualità dell’idea trasportata dal piano
superiore o spirituale al piano inferiore o terrestre, e limitata dagli ebrei a quest’ultimo. Per
essi, quindi, il numero sette ha acquisito il posto più importante nella loro Religione
exoterica, un culto di forme esterne e di vuoti rituali; si prenda per esempio il Sabbath, il
settimo giorno consacrato alla loro Divinità, la Luna, simbolo del Jehovah generatore.
Invece, presso altri popoli, il numero sette rappresentava l’evoluzione teogonica, i Cicli, i
1
“Maschio e femmina, egli li creò.”
R. Skinner Manoscritto,pag. 11-15.
3
E ciò perchè era troppo sacro. Nei Veda se ne parla come di QUELLO. È la “Causa Eterna”, e non se ne può parlare quindi
come di “Causa Prima”, un termine che implica contemporaneamente l’assenza di Causa.
2
295
Piani Cosmici e le Sette Forze o Poteri Occulti del Cosmo considerato come un Tutto
Illimitato, di cui il Primo Triangolo superiore era inaccessibile all’intelletto finito dell’uomo.
Quindi, mentre altre nazioni, nella loro limitazione forzata del Cosmo nello Spazio e nel
Tempo, si occupavano soltanto del suo piano settenario manifestato, gli ebrei centravano
questo numero solo nella Luna e basavano su ciò tutti i loro calcoli sacri. Per cui,
l’intelligente autore già citato, riferendosi alla metrologia degli ebrei, osserva che:
“Se si moltiplica 20,612 per 4/3, il prodotto darà una base per l’accertamento della rivoluzione media
della luna: e se questo prodotto si moltiplica nuovamente per 4/3, il nuovo prodotto darà una base per trovare il
periodo esatto dell’anno solare medio... questa forma... diventando di grande utilità per trovare i periodi
astronomici di tempo”.
Questo numero doppio — maschio e femmina — è simboleggiato pure da qualche
idolo ben conosciuto, per esempio:
Ardhanârî-Îshvara, l’Iside degli indù, Eridano o Ardan, il Giordano ebraico, o sorgente di discesa.
Essa poggia su una foglia di loto galleggiante sull’acqua. Ma ciò significa che è androgino o ermafrodito, cioè
fallo e yoni combinati, il numero 10, la lettera ebraica Yod, il contenuto di Jehovah. Essa, o piuttosto essa-esso,
dà i minuti del medesimo cerchio di 360 gradi.
“Jehovah”, nel suo aspetto migliore, è Binah, la “Madre Superiore Mediatrice, il
Grande Mare o Spirito Santo”, e quindi piuttosto un sinonimo di Maria, la Madre di Gesù,
anzichè di suo Padre; quella “Madre, essendo la parola latina Mare”, il Mare, è qui pure
Venere, la “Stella del Mare”.
Gli antenati dei misteriosi accadiani — i Chandravansha o Indovansha, i Re Lunari,
che la tradizione ci mostra regnanti a Prayâga (Allahabad) in epoche lontane, prima della
nostra èra — erano venuti dall’India portando il culto dei loro avi, di Soma e di suo figlio
Budha, culto che divenne in seguito quello dei caldei. Però tale adorazione, diversa
dall’Astrolatria e dall’Eliolatria popolari, non era in alcun senso idolatria. In ogni caso, non
più del simbolismo moderno cattolico romano che collega la Vergine Maria, la Magna Mater
dei siriani e dei greci, con la Luna.
I cattolici romani più devoti sono orgogliosi di tale culto e lo proclamano ad alta
voce. In una Mémoire all’Accademia Francese, il Marchese de Mirville, dice:
È naturale che, come una profezia incosciente, Ammon-Ra sia il marito di sua madre, poiché la Magna
Mater dei cristiani è precisamente la sposa di quel figlio che essa concepisce... Noi (cristiani) possiamo capire
adesso perché Neϊth proietta splendore sul Sole pur rimanendo la Luna, poiché la Vergine che è la Regina dei
Cieli, come lo era Neϊth, veste il Cristo-Sole, come fa Neϊth, ed è rivestita da esso: “Tu vestis solem et te sol
vestit” (come cantano i cattolici romani durante il loro servizio religioso).
Noi (cristiani) comprendiamo pure perché la famosa iscrizione a Sais debba avere affermato che
“nessuno ha mai sollevato il mio velo (peplum)”, poiché tale frase, tradotta letteralmente, è il riassunto di ciò
che viene cantato in Chiesa il Giorno dell’Immacolata Concezione.1
Indubbiamente non si potrebbe essere più sinceri di così! E ciò giustifica pienamente
quanto diceva Gerald Massey nella sua conferenza sulla “Lunilatria Antica e Moderna”:
L’uomo nella luna (Osiride-Sut, Jehovah-Satana, Cristo-Giuda ed altri Gemelli Lunari) è spesso
accusato di cattiva condotta... Nei fenomeni lunari la luna era una, come la luna, che era doppia nel sesso,
triplice nel carattere, in quanto madre, fanciullo e maschio adulto. Così il figlio della luna divenne il consorte
della propria madre! Di ciò non si poteva fare a meno se doveva aver luogo la riproduzione. Egli era costretto
ad essere il proprio padre! Questa specie di parentela fu ripudiata dalla sociologia posteriore e l’uomo primitivo
nella luna fu proibito. Eppure, nella sua ultima ed inesplicabile fase, ciò è diventato la dottrina centrale della
più grossolana superstizione che il mondo abbia mai veduto, poiché questi fenomeni lunari e la loro parentela
umanamente rappresentata, inclusa quella incestuosa, sono le basi stesse della Trinità Cristiana nell’Unità. Per
ignoranza del simbolismo, la semplice rappresentazione dei tempi primitivi è diventata il più profondo mistero
religioso della Lunilatria moderna. La Chiesa Romana, senza vergognarsi affatto di questa prova, rappresenta la
Vergine Maria rivestita dal Sole, con la Luna crescente ai suoi piedi ed il fanciullo lunare in braccio — come
figlio e sposo della madre Luna. La madre, il figlio ed il maschio adulto, sono fondamentali...In tal modo può
essere dimostrato che la nostra Cristologia non è che mitologia mummificata e tradizione leggendaria, che ci
1
Pneumatologie: Des Esprits, tom. III, pag. 117, “Archéologie de la Vierge Mère”.
296
sono state imposte dall’Antico e dal Nuovo Testamento come una rivelazione divina pronunciata dalla voce
stessa di Dio.1
Nello Zohar si trova una graziosa allegoria che ci rivela meglio di qualsiasi altra il
vero carattere di Jehovah o YHVH, secondo il concetto primitivo dei cabalisti ebraici. Questa
si trova adesso nella filosofia della Kabalah di Ibn Gebirol, tradotta da Isaac Myer.
Nell’introduzione scritta da R.‘Hiz qee-yah, che è antichissima e fa parte della nostra edizione Brody
dello Zohar (I, 5 b. sq.) vi è il racconto di un viaggio compiuto da R. El’azar, figlio di R. Shimon ben Yo'haϊ, e
da R. Abbah... Essi incontrarono un uomo che portava un pesante fardello... Conversarono insieme... e le
spiegazioni della Thorah (la Legge), date dall’uomo che portava il carico, furono così meravigliose, che essi gli
domandarono il suo nome; ed egli rispose: “Non mi domandate chi io sia, ma continueremo tutti insieme la
spiegazione della Thorah (la Legge). Ed essi domandarono: “Chi ti ha ordinato di camminare e di portare un
simile pesante fardello? Ed egli rispose: “La lettera
( יYod che è = 10, ed è la lettera simbolica di Kether e
l’essenza ed il germe del Nome Sacro, יחוחYHVH) fece la guerra ecc.”........... Essi gli dissero: “Se tu
acconsenti a dirci il nome di tuo padre, noi baceremo la polvere dei tuoi piedi”. Egli replicò: ...In quanto a mio
padre, egli aveva la sua dimora nel Grande Mare ed era un pesce in esso (come Vishnu e Dagon o Oannes); il
quale (da princìpio) distrusse il Grande Mare... ed era grande e potente e l’“Antico dei Giorni”, fino a che ebbe
inghiottito tutti gli altri pesci ed il (Grande) Mare... R. El’azar ascoltò le sue parole e gli disse: “Tu sei il Figlio
della Fiamma Sacra, tu sei il Figlio di Rab Ham-‘nun-ah Sabah (il vecchio) (pesce, in aramaico o in caldeo, si
dice nun (noon), tu sei il Figlio della Luce della Thorah (Dharma), ecc.”2
Quindi l’autore spiega che la Sephira femminile, Binah, è chiamata dai cabalisti il
Grande Mare: di conseguenza, Binah, i cui nomi divini sono Jehovah, Yah e Elohim, è
semplicemente la Tiamat dei caldei, il Potere Femminile, il Thalatth di Beroso, che presiede
sul Chaos e che fu trasformato più tardi dalla Teologia Cristiana nel Serpente e nel Diavolo.
Essa-Esso (Yah-hovah) è l’Hé celeste, ed Eva. Questo Yah-hovah o Jehovah è dunque
identico al nostro Chaos – Padre, Madre, Figlio – sul piano materiale e nel mondo puramente
fisico; Deus e Demon allo stesso tempo; Sole e Luna, Bene e Male, Dio e Demonio.
Il magnetismo lunare genera la vita, la preserva e la distrugge, tanto psichicamente
quanto fisicamente. E se, astronomicamente, la Luna è uno dei sette pianeti del mondo
antico, nella Teogonia essa è uno dei suoi Reggenti, tanto per i cristiani attuali quanto per i
pagani; i primi vi fanno allusione sotto il nome di uno dei loro Arcangeli, ed i secondi sotto
quello di uno dei loro Dèi.
Quindi, il significato del “racconto di fate” tradotto da Chwolsohn dalla traduzione
araba di un vecchio manoscritto caldeo e nel quale Qû-tâmy viene istruito dall’idolo della
Luna, è facile a comprendersi. Seldeno ci insegna il segreto, come pure Maimonide, nella
sua Guida ai Perplessi3.
Gli adoratori dei Teraphim, gli Oracoli Ebraici, “scolpivano delle immagini ed
affermavano che la luce delle stelle principali (dei pianeti), avendole completamente
permeate, le Virtù Angeliche (o i Reggenti delle stelle e dei pianeti) parlavano con essi,
insegnando loro molte cose ed arti utilissime. “E Seldeno spiega che i Teraphim erano
costruiti e composti secondo la posizione di certi pianeti, quelli che i greci chiamavano
στοιχεîα e secondo le figure che si trovavano in cielo, e chiamate άλεξητήριοι o Dèi tutelari.
Coloro che rintracciavano gli στοιχεîα erano chiamati στοιχειωµατιxοί, o divinatori per
mezzo degli στοιχεîα.4
E sono simili frasi in The Nabathean Agriculture, che hanno spaventato gli scienziati,
facendo loro proclamare che si trattava o di un’opera apocrifa o di un racconto di fate,
indegno di essere preso in considerazione da un Accademico. E, contemporaneamente, come
abbiamo visto, alcuni zelanti cattolici romani e protestanti l’hanno fatto metaforicamente a
1
Pag. 23.
Myer, Qabbalah, pp. 335-6.
3
Moreh Nebhuchim, III, XXX.
4
Vedere: De Diis Syriis, Teraph.,II, Synt. pag. 31.
2
297
pezzi; i primi perché esso “descriveva il culto dei demoni”, ed i secondi perché era “empio”.
Una volta ancora, hanno tutti torto. Non è un racconto di fate; e, per quanto concerne gli
ecclesiasti devoti, si può trovare il medesimo culto nelle loro Scritture Sacre, per quanto
deformato dalla traduzione. Il culto Solare e Lunare, come pure il culto delle Stelle e degli
Elementi, può essere rintracciato nella Teologia cristiana dove questi figurano. I Papisti ne
prendono le difese ed i protestanti possono negarli soltanto a loro rischio e pericolo.
Possiamo citare due esempi.
Ammiano Marcellino insegna che le antiche divinazioni erano sempre compiute
mediante l’aiuto degli Spiriti degli Elementi (Spiritus Elementorum, ed in greco πνεύµατα
τών στοιχείων)1.
Ma si è scoperto adesso che i Pianeti, gli Elementi e lo Zodiaco erano rappresentati
dalle dodici pietre chiamate “Misteri degli Elementi” (Elementorum Arcana), non solo ad
Heliopolis, ma anche nel Tempio di Salomone; e, come è stato messo in evidenza da vari
scrittori, in parecchie antiche Chiese italiane, ed anche a Notre Dame de Paris, dove si
possono vedere ancora attualmente.
Nessun simbolo, nemmeno quello del Sole, era più complesso, nei suoi molteplici
significati, del simbolo lunare. Il cui sesso, naturalmente, era duale. Per alcuni era maschile,
per esempio il “Re Soma” degli indù e il Sin caldeo; per altri popoli era femminile, come le
belle Dee Diana-Luna, Ilithya, Lucina. Presso i Tauri, si sacrificavano vittime umane ad
Artemisia, uno degli aspetti della Dea Lunare; i cretesi la chiamavano Dictynna, ed i medi ed
i persiani Anaϊtis, come si può vedere dall’iscrizione di Coloe: ’Aρτέµιδι ’Ανάειτι. Ma noi
parliamo adesso particolarmente della più casta e pura delle Dee vergini, di Luna-Artemisia,
alla quale Pamphôs fu il primo a dare il soprannome di xαλλίστη e della quale Ippolito
scrisse: xαλλίστα πολύ παρθένων2. Questa Artemisia-Lochia, la Dea che presiedeva al
concepimento ed al parto, è, nelle sue funzioni, e in qualità di triplice Ecate, la Divinità
Orfica, e precede il Dio dei Rabbini e dei cabalisti pre-cristiani ed il suo tipo lunare. La Dea
Τρίµορφος era il simbolo personificato dei vari e successivi aspetti rappresentati dalla Luna
in ciascuna delle sue tre fasi; e questa interpretazione era già quella degli Stoici3, mentre gli
Orfici spiegavano l’epiteto Τρίµορφος con i tre regni della Natura sui quali essa regnava.
Gelosa, assetata di sangue, vendicativa ed esigente, Ecate-Luna è la degna controparte del
“Dio geloso” dei profeti ebraici.
L’intero enigma del culto Solare e Lunare, come è ora delineato nelle Chiese,
dipende realmente da questo mistero del fenomeno lunare, antico come il mondo. Le forze
correlative della “Regina della Notte” che sono ancora latenti per la scienza moderna, ma
che sono in piena attività per la conoscenza degli Adepti Orientali, spiegano benissimo le
mille ed una immagine sotto le quali la Luna era rappresentata dagli antichi. Esse dimostrano
pure come gli antichi fossero molto più profondamente istruiti dei nostri astronomi moderni
nei Misteri Selenici. Il Pantheon intero di Dèi e Dee lunari, Nephtys o Neϊth, Proserpina,
Melitta, Cibele, Iside, Astarte, Venere ed Ecate, da un lato; Apollo, Dioniso, Adone, Bacco,
Osiride, Atys, Thammuz, ecc., dall’altro, ci dimostrano tutti, con il loro nome e i loro titoli
— quelli di “Figli” e “Mariti” delle loro “Madri” — la loro identità con la Trinità Cristiana.
In tutti i sistemi religiosi, troviamo che gli Dèi hanno fuso le loro funzioni di Padre, di
Figlio, e di Marito, in una sola, e che le Dee erano identificate come Sposa, Madre e Sorella
del Dio Maschile; i primi sintetizzando gli attributi umani nel “Sole, Datore di Vita”, le altre
fondendo tutti gli altri titoli nella grande sintesi conosciuta sotto il nome generico di Maia,
Maya, Maria, ecc. Maia, nella sua derivazione forzata, prese, presso i greci, il significato di
1
I, 1, 21.
Pausania, VIII, 35-8.
3
Cornuto, De Natura Deorum, XXXIV, I.
2
298
“Madre”, dalla radice ma (nutrice) e dette perfino il suo nome al mese di Maggio, che prima
di essere consacrato a Maria1 fu consacrato a tutte queste Dee. Però il suo significato
primitivo era Mâyâ Durgâ, tradotto dagli orientalisti come “inaccessibile”, ma avente in
realtà il significato di “irraggiungibile” nel senso di illusione e di irrealtà, come la sorgente e
la causa di incantesimi, la personificazione dell’illusione.
Nei riti religiosi la Luna serviva a un duplice scopo: personificata come Dea
femminile per gli usi exoterici, o quale Dio maschile, nell’allegoria e nel simbolo; nella
Filosofia Occulta il nostro satellite era considerato come un Potere senza sesso, da studiarsi
attentamente perché temibile. Per gli iniziati ariani, caldei, greci e romani: Soma, Sin,
Artemisia Soteira (l’Apollo ermafrodito, il cui attributo è la lira, e la Diana barbuta armata
d’arco e di frecce), Deus Lunus e, specialmente, Osiride-Lunus e Thot-Lunus2 erano le
Potenze occulte della Luna. Ma sia maschio che femmina, sia Thot che Minerva, Soma o
Astarte, la Luna è il Mistero dei Misteri Occulti, e più un simbolo di male che di bene. Le
sue sette fasi, nella divisione esoterica originale, sono divise in tre fenomeni astronomici e
quattro fasi puramente psichiche. Che la Luna non fosse sempre venerata è dimostrato nei
Misteri, nei quali la morte del Dio-Luna — le tre fasi di graduale decrescenza e di sparizione
finale — era simboleggiata dalla Luna rappresentante il Genio del Male che, per un certo
tempo, trionfa sulla Luce e sul Dio che dà la Luce, il Sole; ed occorreva tutta la maestria ed
il sapere nell’arte Magica degli antichi Jerofanti per volgere questo trionfo in una disfatta.
Il culto della Terza Razza della nostra Ronda, gli Ermafroditi, nel quale la Luna
maschio divenne sacra, quando, dopo la cosiddetta Caduta, i sessi furono separati, era il più
antico di tutti. Deus Lunus divenne allora un androgino alternativamente maschio e
femmina; per servire infine a scopi di stregoneria, come un potere duale per la Quarta
Razza-Radice, gli Atlantidei. Con la Quinta Razza-Radice, la nostra, il culto Lunare-Solare
divise le nazioni in due campi distinti, antagonistici. Ciò fu la causa degli eventi descritti
eoni più tardi nella guerra del Mâhâbharata, che dagli europei è considerata come una lotta
fiabesca, mentre per gli indù e gli occultisti, è la lotta storica fra i Sûryavansha e gli
Indovansha. L’adorazione dei princìpi femminile e maschile rispettivamente, avendo origine
nell’aspetto duale della Luna, terminò in due culti distinti: quello Solare e quello Lunare. Fra
le razze semitiche, il Sole fu per moltissimo tempo femminile, e la Luna maschile, avendo
essi adottato quest’ultimo concetto dalle tradizioni atlantidee. La Luna era chiamata il
“Signore del Sole”, Bel-Shemesh, prima del culto di Shemesh. L’ignoranza delle ragioni
iniziali di una simile distinzione come pure dei princìpi occulti, condusse le nazioni al culto
antropomorfico degli idoli. Durante quel periodo di cui si trova cenno nei Libri di Mosè, e
cioè dall’esilio dall’Eden fino al Diluvio allegorico, gli ebrei, come gli altri semiti, adorarono
Dayanisi, דיכאישי, il “Sovrano degli Uomini”, il “Giudice”, o il Sole. Per quanto il diritto
canonico ebraico ed il Cristianesimo abbiano fatto del Sole il “Signore Iddio” e “Jehovah”
nella Bibbia, tuttavia la stessa Bibbia è piena di tracce poco prudenti relative alla Divinità
androgina che era Jehovah, il Sole ed Astarte, la Luna, nel suo aspetto femminile, e ciò senza
metafora alcuna, come ai giorni nostri. Dio è un “fuoco che consuma”, egli appare nel fuoco,
ed è circondato dal fuoco. Non era soltanto nelle sue visioni che Ezechiele vide gli ebrei che
“adoravano il Sole”3. Il Baal degli israeliti — il Shemesh dei Moabiti ed il Moloch degli
Ammoniti — era il medesimo “Jehovah-Sole”, ed egli è tuttora il “Re delle Legioni del
Cielo”, il Sole, quanto Astarte era la “Regina del Cielo”, o la Luna. Soltanto adesso il “Sole
1
I cattolici romani sono debitori al pagano Plutarco dell’idea di consacrare il mese di Maggio alla Vergine, poiché egli
dimostra che “Maggio è consacrato a Maia (Maîa) o Vesta” (Aulo Gellio, sub voce Maia), personificazione della nostra
madre-terra, nostra nutrice e sostentatrice.
2
Thot-Lunus è il Budha-Soma dell’India, o Mercurio-Luna.
3
Ezechiele, VIII, 16.
299
di Giustizia” è diventato un’espressione metaforica. Ma le religioni di tutte le nazioni antiche
furono basate, in origine, sulle manifestazioni occulte di una Forza o Princìpio puramente
astratto, chiamato adesso “Dio”. La fondazione stessa di un simile culto dimostra, nei suoi
dettagli e nei suoi riti, che i filosofi che stabilirono simili sistemi soggettivi ed oggettivi,
possedevano un profondo sapere della Natura, e conoscevano molti fatti di carattere
scientifico. Poiché, oltre ad essere puramente occulti, i riti del Culto Lunare erano basati,
come abbiamo dimostrato adesso, sulla conoscenza della Fisiologia — scienza che noi
riteniamo completamente moderna — della Psicologia, delle Matematiche sacre, della
Geometria e della Metrologia, nelle loro giuste applicazioni ai simboli ed alle figure, che non
sono altro che glifi che registrano dei fatti naturali e scientifici osservati, insomma, sulla
conoscenza più minuziosa e profonda della Natura. Come abbiamo già detto, il magnetismo
lunare genera la vita, la preserva e la distrugge; e Soma racchiude il triplice potere della
Trimurti, per quanto, fino ad oggi, i profani non l’abbiano riconosciuto. L’allegoria che
rappresenta Soma, la Luna, come prodotta dagli Dèi mediante lo Sbattimento dell’Oceano di
Vita (lo Spazio) in un altro Manvantara, cioè in un’epoca precedente alla genesi del nostro
Sistema Planetario; ed il mito che rappresenta “i Rishi che mungono la Terra, il cui vitello
era Soma, la Luna”, hanno un profondo significato cosmografico, poiché non è la nostra
Terra che viene munta, e la Luna che noi conosciamo non era il vitello1. Se i nostri dotti
scienziati avessero conosciuto i misteri della Natura come li conoscevano gli antichi ariani,
non avrebbero certamente mai immaginato che la Luna sia stata proiettata dalla Terra.
Ripetiamo ancora che è necessario ricordarsi e prendere in considerazione la più antica delle
permutazioni della Teogonia, il Figlio che diviene il proprio Padre, e la Madre generata dal
Figlio, se vogliamo capire il linguaggio simbolico degli antichi. Altrimenti la mitologia
continuerà ad ossessionare gli orientalisti, semplicemente come “una malattia che appare ad
una certa epoca della cultura umana!” come sentenziava gravemente Renouf.
Gli antichi insegnavano, per così dire, l’auto-generazione degli Dèi: la Divina
Essenza Unica non-manifestata generante perpetuamente un Secondo Sé manifestato, il
quale Secondo Sé, androgino nella sua natura, fa nascere, in un modo immacolato, tutte le
cose macrocosmiche e microcosmiche in questo Universo. Ciò era rappresentato dal cerchio
e dal diametro, o il Dieci Sacro (10) di cui abbiamo parlato qualche pagina addietro.
Ma i nostri orientalisti, malgrado il loro estremo desiderio di scoprire un Elemento
omogeneo nella Natura, non vogliono vederlo. Ostacolati nelle loro ricerche da una simile
ignoranza, gli arianisti e gli egittologi, nelle loro speculazioni, si allontanano continuamente
dalla verità. Così de Rougé, nel testo da lui tradotto, è incapace di comprendere il significato
di ciò che Ammon-Ra dice al Re Amenophes, che si suppone sia Memnon: “Tu sei mio
Figlio, io ti ho generato”. E, ritrovando questa medesima idea in molti testi e sotto diverse
forme, questo orientalista molto cristiano è costretto finalmente ad esclamare:
Perchè questa idea sia penetrata nella mente di un geroglifista, nella loro Religione deve esserci stata
una dottrina più o meno definita, indicante come un fatto possibile che avrebbe potuto avverarsi,
un’incarnazione divina ed immacolata sotto forma umana.
Proprio così. Però, perché ricercare la spiegazione in una profezia impossibile,
mentre tutto il segreto viene spiegato dalla Religione più recente che ha copiato quella
antica?
Questa dottrina era universale, e non fu la mente di un qualsiasi studioso di
geroglifici ad evolverla, poiché gli Avatâra indù provano il contrario. Dopo di che, essendo
1
Nell’allegoria, la Terra fugge, per salvarsi la vita, davanti a Prithu che la insegue. Essa assume la forma di una vacca e,
tremante di terrore, corre a nascondersi nelle regioni di Brahmâ. Perciò non è la nostra Terra. Inoltre, in ogni Purâna, il
vitello cambia nome. In uno, è Manu Svâyambhuva, in un altro Indra, in un terzo l’Himavat (l’Himâlaya) stesso, mentre
Meru era colui che mungeva. Questa è un’allegoria molto più profonda di quello che si potrebbe supporre.
300
arrivato “a realizzare più chiaramente”1 ciò che erano per gli egiziani il “Divino Padre e il
Figlio”, de Rougé non riesce egualmente a discernere quali fossero le funzioni attribuite al
Princìpio femminile in quella generazione primordiale. Egli non le trova nella Dea Neϊth di
Saϊs. Eppure cita la frase del Comandante a Cambise, allorchè introduce quel re nel tempio
di Saϊs: “Feci conoscere a Sua Maestà la dignità di Saϊs, che è la dimora di Neϊth, la grande
produttrice (femmina), genitrice del Sole, che è il primogenito, e che non è partorito ma
soltanto causato” — e che è quindi il frutto di una Madre Immacolata. Quanto più
grandiosa, più filosofica e più poetica — per colui che è capace di comprenderla e di
apprezzarla — è la reale distinzione esistente fra la Vergine Immacolata degli antichi pagani
ed il concetto papale moderno. Per i primi, la Madre-Natura eternamente giovane, l’antitipo
dei suoi prototipi, il Sole e la Luna, genera e partorisce il proprio Figlio “nato dalla mente”,
l’Universo. Il Sole e la Luna, quali divinità maschio-femmina, fertilizzano la Terra, la Madre
microcosmica, e quest’ultima, a sua volta, concepisce e partorisce. Per i cristiani, il
“Primogenito” (primogenitus) è in realtà generato, (genitus, non factus) e positivamente
concepito e partorito: “Virgo pariet”, spiega la Chiesa Latina. Così questa Chiesa abbassa al
livello terrestre il nobile ideale spirituale della Vergine Maria e, facendola “terrena”, degrada
l’ideale che essa rappresenta al livello delle più basse Dee antropomorfiche della plebe.
In verità, Neϊth, Iside, Diana, ecc., qualunque fosse il nome con cui veniva chiamata,
era “una Dea demiurgica, visibile ed invisibile al tempo stesso, che aveva il suo posto in
Cielo e che aiutava la generazione delle specie” — insomma la Luna. I suoi aspetti e poteri
occulti sono innumerevoli e, sotto uno di questi aspetti, la Luna, presso gli egiziani, diventa
Hathor, un altro aspetto di Iside2, ed entrambe queste Dee sono rappresentate mentre
allattano Horus. Si può osservare, nella Sala Egiziana del British Museum, Hathor adorata
dal Faraone Thotmes, che sta fra lei ed il Signore dei Cieli. Questo monolito fu preso a
Karnac. Sul trono di questa stessa Dea è scritta la seguente iscrizione: “La Madre Divina e
Signora, la Regina del Cielo”, come pure “La Stella mattutina” e “La luce del Mare” —
Stella Matutina e Lux Maris.
Tutte le Dee Lunari avevano un duplice aspetto, uno divino ed uno infernale. Esse
erano tutte delle Vergini Madri di un Figlio, il Sole nato in modo immacolato. Raoul
Rochette mostra le Dee Lunari degli ateniesi, Pallade o Cibele, Minerva oppure Diana, che
tengono in grembo il proprio fanciullino, invocate nelle loro festività sotto il nome di
Мονογενήσ θεοû, “l’Unica Madre di Dio”, sedute su un leone e circondate da dodici
personaggi, nei quali l’occultista riconosce i dodici grandi Dèi ed il pio orientalista cristiano
gli Apostoli, o piuttosto la profezia greco-pagana di questi Apostoli stessi.
Essi hanno ragione entrambi, poiché la Dea Immacolata della Chiesa Latina è una
copia fedele delle antiche Dee pagane; il numero degli Apostoli è quello delle dodici Tribù,
che sono la personificazione dei dodici grandi Dèi e dei dodici segni dello Zodiaco. Quasi
tutti i dettagli del dogma cristiano sono presi in prestito dai pagani. Anche Semele, Sposa di
Giove e Madre di Bacco, il Sole, è, secondo Nonno, “portata” o elevata al Cielo dopo la sua
morte, dove essa presiede fra Marte e Venere, sotto il nome di “Regina del Mondo” o
dell’Universo, πανβασíλεiα “al cui nome”, come a quello di Hathor, Ecate ed altre Dee
infernali “tutti i demoni tremano”3. Σεµέλην τρέµουσι δαíµονες. Questa iscrizione greca che
adorna un piccolo tempio, riprodotta su una pietra che fu trovata da Beger e copiata da
Montfaucon, come dice de Mirville, ci informa del fatto meraviglioso che la Magna Mater
1
La sua chiara realizzazione, è che gli egiziani profetizzarono Jehovah (!) ed il suo Redentore incarnato (il buon serpente),
ecc.; fino a identificare Tifone con il drago malvagio del giardino di Eden. E tutto ciò passa per scienza seria e sensata.
2
Hathor è l’Iside infernale, la Dea per eccellenza del Mondo Occidentale o Inferiore.
3
Citazione tratta da de Mirville, che confessa orgogliosamente la somiglianza; ed egli dovrebbe sapere. Vedi: “Archeologia
della Vergine Madre” nella sua opera “Des Esprits” pp. 111-113.
301
del mondo antico era un impudente “plagio” della Vergine Madre Immacolata della sua
Chiesa, perpetrato dal Demonio. Che sia così o vice versa, non ha importanza. Ciò che è
interessante osservare è la perfetta identità tra la copia arcaica e l’originale moderno.
Se lo spazio ce lo permette, vorremmo porre in rilievo l’inconcepibile impudenza e
indifferenza di certi seguaci della Chiesa Cattolica Romana, quando sono posti di fronte alle
rivelazioni del passato. All’osservazione di Maury che “la Vergine ha preso possesso di tutti
i Santuari di Cerere e di Venere e che le cerimonie pagane, proclamate e celebrate in onore
di queste Dee, furono in gran parte trasferite alla Madre di Cristo”1; il difensore di Roma
risponde che questa è la realtà, e che è giusto e naturale che sia così.
Siccome il dogma, la liturgia ed i riti professati dalla Chiesa Apostolica Romana nel 1862 si trovano
incisi su monumenti, iscritti su papiri e cilindri di una data di poco posteriore al Diluvio, sembra impossibile
poter negare l’esistenza di un primo Cattolicesimo (Romano) preistorico di cui il nostro non è che la fedele
continuazione.... [Ma mentre il primo era il culmine, il “summum dell’impudenza dei demoni e della
necromanzia goëtica”… l’ultimo è divino]. Se nella nostra Rivelazione (cristiana) (l’Apocalisse), Maria rivestita
di Sole e con la Luna sotto i piedi, non ha più niente in comune con l’umile serva di Nazareth (sic!), è perché
essa è divenuta adesso il più grande dei poteri teologici e cosmologici nel nostro universo.2
Indubbiamente, poiché Pindaro canta così della sua “assunzione”: “Ella siede alla
destra di suo Padre (Giove)... ed è più potente di tutti gli altri (Angeli o) Dèi3— un inno
simile viene applicato pure alla Vergine. Anche S. Bernardo, citato da Cornelius à Lapide4,
si rivolge alla Vergine Maria in questo modo: “Il Cristo-Sole vive in te e tu vivi in lui”5.
Questo stesso Santo, che si attiene alla verità, ammette pure che la Vergine non è
altro che la Luna. Essendo essa la Lucina della Chiesa, egli le applica, al momento del parto,
il verso di Virgilio. “Casta fove Lucina, tuus jam regnat Apollo”.6 “Come la Luna, la
Vergine è la Regina dei Cieli”, aggiunge l’innocente santo7.
Ciò decide la questione. Secondo scrittori del genere di De Mirville, più vi è
somiglianza fra i concetti pagani e i dogmi cristiani e più la Religione Cristiana appare
divina, e più si vede che essa è la sola veramente ispirata, sopratutto nella sua forma
cattolica-romana. Gli scienziati ed accademici increduli che pensano di vedere nella Chiesa
Latina proprio l’opposto dell’ispirazione divina, e che non vogliono credere alle astuzie
sataniche di plagio per anticipazione, sono severamente richiamati. Ma allora, deplora il
memorialista, “essi non credono in niente e respingono perfino The Nabathean Agriculture
come un romanzo ed una collezione di assurdità superstiziose”. Nella loro opinione
pervertita, “l’idolo della Luna” di Qû-tâmy e la statua della Madonna sono la stessa cosa!
“Venticinque anni fa, un nobile marchese scrisse sei grossi volumi, o, come egli stesso li
chiama, “Memories to the French Accademy”, con il solo scopo di dimostrare che il
Cattolicesmo Romano era una fede ispirata e rivelata. Come prova di ciò, egli fornisce
innumerevoli fatti, tendenti a dimostrare che tutto il mondo antico, dal Diluvio in poi, aveva,
con l’aiuto del Diavolo, commesso un plagio sistematico dei riti, delle cerimonie e dei dogmi
della futura Santa Chiesa che doveva nascere molti secoli dopo. Che cosa avrebbe dunque
detto quel fedele figlio di Roma, se avesse sentito dire dal suo correligionario, M. Renouf,
l’erudito egittologo del British Museum, in una delle sue dotte conferenze, che “nè gli ebrei
nè i greci presero in prestito nessuna delle loro idee dall’Egitto?”.
Ma forse M. Renouf intendeva dire che erano gli egiziani, i greci e gli ariani che
avevano preso in prestito le loro idee dalla Chiesa Latina? E se è così, perché, in nome della
1
Magie, pag. 153.
de Mirville, ibid., pp. 116 e 119.
3
Inni a Minerva, pag. 19.
4
[Cornelius à Lapide, gesuita fiammingo, 1567 – 1637.]
5
Sermone sulla Santa Vergine.
6
“Aiutaci o casta Lucina, il tuo Apollo e adesso Re.”
7
Apocalisse, cap. XII.
2
302
logica, i Papisti respingono le informazioni addizionali sul Sabeismo e l’Astrolatria, che gli
occultisti possono dar loro relativamente al culto della Luna, poiché tutto ciò tende a
dimostrare che il culto della Chiesa Cattolica Romana è antico quanto il mondo?
La ragione dell’Astrolatria dei cristiani primitivi e successivamente dei cattolici
romani, o il culto simbolico del Sole e della Luna, culto identico a quello degli Gnostici, per
quanto meno filosofico e puro del “culto del Sole” degli zoroastriani, è una conseguenza
naturale della sua nascita e della sua origine. L’adozione da parte della Chiesa Latina di
simboli quali l’Acqua, il Fuoco, il Sole, la Luna, le Stelle e molti altri, è semplicemente la
continuazione dell’antico culto delle nazioni pagane, ad opera dei primi cristiani. Così Odino
acquistò la sua sapienza, il suo potere e la sua scienza, sedendo ai piedi di Mimir, il tre volte
saggio Jotun, che trascorse la sua vita presso la fontana della Saggezza primordiale, le cui
Acque cristalline accrescevano ogni giorno il suo sapere. “Mimir trasse la più alta
conoscenza dalla fontana, perché il mondo era nato dall’Acqua; quindi la Saggezza
primordiale doveva trovarsi in quel misterioso elemento.” Può darsi che l’occhio che Odino
doveva dare in pegno per acquisire quella conoscenza, potrebbe essere “il Sole che illumina
e penetra tutte le cose, essendo l’altro suo occhio la Luna, il cui riflesso risplende dal fondo
dell’abisso e che alla fine, quando tramonta, sprofonda nell’Oceano”1. Ma è qualche cosa di
più. È detto che Loki, il Dio del Fuoco, si celasse nell’Acqua, come pure la Luna, datrice di
Luce, della quale egli trovò il riflesso nell’Acqua. Questa credenza che il Fuoco trovi rifugio
nell’Acqua, non era limitata soltanto agli antichi scandinavi, ma era condivisa da tutte le
nazioni, e fu adottata finalmente dai primi cristiani, che simboleggiavano lo Spirito Santo
sotto la forma del Fuoco, “lingue biforcute come di fuoco” il soffio del Padre-Sole. Questo
Fuoco discende pure nell’Acqua o nel Mare — Maria. Presso molte nazioni, la Colomba era
il simbolo dell’Anima; essa era consacrata a Venere, la Dea nata dalla spuma del mare, e
divenne più tardi il simbolo dell’Anima Mundi cristiana, o lo Spirito Santo.
Uno dei capitoli più occulti del Libro dei Morti è quello intitolato “La trasformazione
nel Dio, che dà Luce al Sentiero delle Tenebre”, dove la “Donna-Luce delle Ombre” serve
Thot sul suo ritiro nella Luna. Si dice che Thot-Hermes si celi là, perché egli è il
rappresentante della Saggezza Segreta. Egli è il Logos manifestato del suo lato luminoso; la
Divinità celata o la “Sapienza Oscura” quando si suppone che si ritiri nell’emisfero opposto.
Parlando del proprio potere, la Luna chiama ripetutamente se stessa: “La Luce che
brilla nelle Tenebre”, la “Donna-Luce”. Perciò essa divenne il simbolo accettato di tutte le
Dee Vergini-Madri. Come i malvagi Spiriti del “male” combatterono in antico la Luna, così
si suppone che facciano guerra anche adesso alla Regina attuale del Cielo, Maria, la Luna,
senza peraltro poterla vincere. Ed è perciò che la Luna è stata sempre intimamente collegata
in tutte le Teogonie pagane con il Drago, suo eterno nemico.
La Vergine, o la Madonna, sta sopra al Satana mitico così simboleggiato, che giace
schiacciato e senza potere sotto i suoi piedi. E questo perché la testa e la coda del Drago, che
fino ai giorni nostri, rappresentano, nell’Astronomia orientale, i nodi ascendenti e
discendenti della Luna, erano pure simboleggiati nella Grecia Antica da due serpenti. Ercole
li uccide il giorno della sua nascita, e altrettanto fa il Fanciullo nelle braccia della propria
Madre-Vergine. Come giustamente osserva Gerald Massey al riguardo:
Tutti questi simboli rappresentavano inizialmente i loro propri fatti e non ne prefiguravano altri di un
ordine totalmente differente. L’iconografia (e anche i dogmi) erano sopravvissuti a Roma da un periodo precristiano assai remoto. Non vi era nè falsificazione nè interpolazione di tipi; niente altro che una continuità di
immagini con un pervertimento del loro significato.
____________
1
Wagner e Mc Dowall, Asgard and the Gods, pag. 86.
303
SEZIONE X
IL CULTO DELL’ALBERO, DEL SERPENTE E DEL COCCODRILLO
Oggetto di orrore o di adorazione, gli uomini hanno per il serpente un odio
implacabile, oppure si prosternano dinnanzi al suo genio. La Menzogna lo invoca, la
Prudenza se lo attribuisce, l’Invidia lo porta nel suo cuore e l’Eloquenza sul suo caduceo.
All’Inferno esso arma la frusta delle Furie; in Cielo l’Eternità ne fa il suo simbolo.
(De Châteaubriand)
Gli Ofiti asserivano che vi erano parecchie specie di Genii, da Dio fino all’uomo, e
che la loro relativa superiorità dipendeva dal grado di Luce accordato a ciascuna di queste
specie; sostenevano che si doveva fare costantemente appello al Serpente e ringraziarlo per il
notevole servigio che aveva reso all’umanità, insegnando ad Adamo che, se avesse mangiato
il frutto dell’Albero della Conoscenza del bene e del male, avrebbe innalzato enormemente il
proprio Essere mediante il sapere e la saggezza acquisita in tal modo. Tale era la ragione
exoterica che ne veniva data.
È facile vedere da dove proviene l’idea primaria del duplice carattere, simile a quello
di Giano, attribuito al Serpente — il buono ed il cattivo. Questo simbolo è uno dei più
antichi, perché i rettili hanno preceduto gli uccelli, e gli uccelli i mammiferi. Da ciò
proviene la credenza, o piuttosto la superstizione, delle tribù selvagge, le quali credono che
le anime dei loro antenati vivano sotto questa forma, e l’uso generale di associare il Serpente
con l’Albero. Le leggende intorno ai suoi vari significati sono innumerevoli, ma, siccome la
maggior parte di queste sono allegoriche, vengono attualmente classificate nella categoria
delle favole, basate sull’ignoranza e la superstizione più oscure. Per esempio, quando
Filostrato narrava che i nativi dell’India e dell’Arabia si nutrivano del cuore e del fegato dei
serpenti allo scopo di imparare il linguaggio di tutti gli animali, facoltà attribuita al Serpente,
egli certamente non pensava che le sue parole venissero prese alla lettera1.
Come vedremo spesso nel corso di questa opera, si davano i nomi di Serpente e di
Drago ai Saggi, gli Adepti Iniziati dei tempi antichi. Erano la loro saggezza e il loro sapere
che venivano divorati o assimilati dai discepoli, e da ciò proveniva l’allegoria. Quando si
racconta che lo scandinavo Sigurd aveva fatto arrostire il cuore del Drago Fafnir da lui
ucciso, e che era divenuto, in conseguenza, il più saggio degli uomini, si intende la
medesima cosa. Sigurd aveva imparato il linguaggio e gli incantesimi magici, aveva ricevuto
la “Parola” da un Iniziato a nome Fafnir, o da uno stregone, dopo di che quest’ultimo morì,
come fanno tanti, dopo “aver passato la parola”. Epifanio rivela un segreto degli Gnostici
cercando di esporre le loro “eresie”.
Gli Gnostici Ofiti, egli dice, avevano una ragione per onorare il Serpente: questa
ragione era che il Serpente insegnò i Misteri ai primi uomini.2
È anche vero che, insegnando tale dogma, essi non pensavano ad Adamo ed Eva nel
Giardino di Eden, ma semplicemente a quanto abbiamo detto sopra. I Nâga degli Adepti indù
e tibetani erano dei Nâga (Serpenti) umani e non dei rettili. Inoltre, il Serpente è sempre stato
il simbolo del ringiovanimento successivo o periodico, dell’Immortalità e del Tempo.
Le numerose ed estremamente interessanti dissertazioni, come pure le interpretazioni
e i fatti relativi al culto del Serpente, che si trovano in The Natural Genesis di Gerald
Massey, sono molto ingegnose e scientificamente corrette. Però sono ben lungi dal
rappresentare il significato completo implicito in tale culto; esse divulgano soltanto i misteri
astronomici e fisiologici, con l’aggiunta di alcuni fenomeni cosmici. Sul piano più basso
1
2
Vedi De Vita Apollonii, I, XIV.
Adv. Haeres, XXXVII.
304
della materialità, il Serpente era indubbiamente il “grande emblema del Mistero nei Misteri”,
ed era, probabilmente, “adottato quale simbolo della pubescenza femminile, a causa della
muta della sua pelle e del suo auto-rinnovamento”. Era così, però, soltanto in rapporto ai
misteri concernenti la vita terrestre animale; poiché, come simbolo della “rigenerazione e
rinascita nei misteri (universali)”, la sua “fase finale”1 o, piuttosto, diremmo, le sue fasi
incipienti e culminanti, non erano di questo piano. Queste fasi erano generate nel puro regno
della Luce Ideale e, dopo aver compiuto il giro di tutto il ciclo di adattamenti e di
simbolismo, i Misteri ritornavano là da dove erano venuti, nell’essenza della causalità
immateriale. Essi appartenevano alla più alta Gnosi. E indubbiamente non è solo a causa del
loro penetrare nelle funzioni fisiologiche e specialmente femminili, che avrebbero potuto
acquisire il nome e la rinomanza di cui godono!
Come simbolo, il Serpente aveva tanti aspetti e significati occulti quanti l’Albero
stesso, “l’Albero della Vita”, con il quale esso era emblematicamente e quasi
indissolubilmente connesso. Che si considerino come simboli metafisici o fisici, l’Albero ed
il Serpente, uniti o separati, non sono mai stati tanto degradati dall’anticità quanto lo sono
attualmente, in questa nostra èra in cui si infrangono gli idoli non per amore della verità, ma
semplicemente per glorificare la materia più grossolana. Le rivelazioni e le interpretazioni
contenute nell’opera Rivers of Life del Generale Forlong, avrebbero sorpreso altamente gli
adoratori dell’Albero e del Serpente nei giorni della sapienza arcaica caldea ed egiziana, e
perfino i primitivi Shivaiti si sarebbero ritratti con orrore dinanzi alle teorie ed alle
suggestioni dell’autore di detta opera. “L’idea di Payne Knight e di Inman che la Croce o
Tau non è che la copia degli organi maschili sotto una forma triadica, è radicalmente falsa”,
scrive G. Massey; ed egli dà sempre la dimostrazione di quanto afferma. Tale dichiarazione
potrebbe però essere giustamente applicata a quasi tutte le interpretazioni moderne dei
simboli antichi. The Natural Genesis, un’opera monumentale di ricerca e di pensiero, la più
completa che sia mai stata pubblicata su tale soggetto, poiché abbraccia un campo più vasto
e dà molte maggiori spiegazioni di qualsiasi altra opera sul Simbolismo scritta fino ad oggi,
non oltrepassa però lo stadio “psico-teistico” del pensiero antico. Né Payne Knight né Inman
erano completamente nel falso, salvo che essi non si rendevano affatto conto che la loro
interpretazione del significato dell’Albero della Vita, come Croce e Fallo, si adattava a
questo simbolo soltanto nello stadio ultimo e più basso dello sviluppo evolutivo dell’idea del
Datore di Vita. Era l’ultima e più grossolana trasformazione fisica della Natura,
nell’animale, nell’insetto, nell’uccello e perfino nella pianta; poiché il duplice magnetismo
creatore, nella sua forma di attrazione dei contrari o di polarizzazione sessuale, agisce nella
costituzione dei rettili e degli uccelli come in quella dell’uomo. Inoltre, i Simbolisti e gli
orientalisti moderni, ignorando dal primo all’ultimo i reali Misteri rivelati dall’Occultismo,
non sono in grado di vedere altro che quest’ultima fase. Se si dicesse loro che questo modo
di procreare, comune adesso su questa Terra a tutti gli esseri, non è altro che una fase
passeggera, un mezzo fisico atto a fornire le condizioni necessarie per produrre il fenomeno
della vita, e che esso si trasformerà durante l’esistenza della Razza attuale, per sparire con la
prossima Razza-Radice, riderebbero di un’idea così superstiziosa e così poco scientifica. Ma
gli occultisti più eruditi affermano ciò perché lo sanno. L’universo degli esseri viventi, di
tutti quelli che procreano le loro specie, è la prova evidente dell’esistenza di vari modi di
procreazione nell’evoluzione delle specie e delle razze animali ed umane, e il naturalista
dovrebbe percepire questa verità intuitivamente, pur essendo ancora incapace di dimostrarla.
Ma, in realtà, come potrebbe egli farlo, col modo di pensare attuale?
1
Gerald Massey, The Natural Genesis, I, 340.
305
Le tracce della storia arcaica del Passato sono poco numerose, e quelle che gli
scienziati incontrano sono scambiate da essi per segnali rivelatori della nostra piccola èra.
Perfino la cosidetta “storia universale (?)” non abbraccia che un minuscolo campo dello
spazio quasi illimitato nelle regioni inesplorate della nostra recente Quinta Razza-Radice.
Quindi, ogni nuovo indizio, ogni nuovo glifo del Passato arcaico che viene scoperto, è
aggiunto al vecchio cumulo di informazioni, per essere interpretato secondo le medesime
linee dei concetti preesistenti, e senza tenere minimamente conto del ciclo speciale di
pensiero al quale quel glifo particolare può appartenere. Come potrà mai affiorare la Verità
se un tale metodo non verrà mai cambiato?
Così, all’inizio della loro esistenza comune, in qualità di glifo dell’Essere Immortale,
l’Albero ed il Serpente erano veramente delle immagini divine. L’Albero era rovesciato e le
sue radici prendevano origine in Cielo ed emanavano dalla Radice Senza-Radici dell’Essere
Assoluto. Il suo tronco cresceva e si sviluppava attraversando i piani del Pleroma; esso
proiettava i suoi rami rigogliosi in tutti i sensi, prima sul piano della materia appena
differenziata, poi dall’alto al basso fino a toccare il piano terrestre. È perciò che l’Albero
Ashvatta della Vita e dell’Essere, la cui distruzione conduce all’immortalità, è descritto nella
Bhagavadgîtâ come avente le proprie radici in alto ed i rami in basso1. Le radici
rappresentano l’Essere Supremo o la Causa Prima, il Logos; ma è necessario andare al di là
di queste radici per unirsi con Krishna, che, come dice Arjuna, è “più grande di Brahman, ed
[è] la Causa Prima....... l’indistruttibile, ciò che è, ciò che non è, e ciò che trascende
entrambi.”2. I suoi rami sono Hiranyagarbha (Brahmâ o Brahman nelle sue più alte
manifestazioni, cioè Shrîdhara Svâmin e Madhusûdana), i più elevati Dhyân Chohan o Deva.
I Veda sono le sue foglie. Solo colui che va al di là delle radici non ritornerà più, ossia non si
reincarnerà più durante questa Età di Brahmâ.
Fu soltanto quando i suoi rami puri ebbero toccato il fango del Giardino di Eden della
nostra Razza Adamica, che quest’Albero fu contaminato dal contatto e perdette la sua
purezza primitiva; e che il Serpente dell’Eternità, il Logos nato dal Cielo, fu infine
degradato. In tempi antichissimi, all’epoca delle Dinastie Divine sulla Terra, il rettile adesso
temuto era considerato come il primo raggio di luce che s’irradiò dall’abisso del Mistero
Divino.
Varie furono le forme che gli furono fatte assumere, e numerosi furono i simboli
naturali che gli si adattarono durante il corso dei secoli, a misura che dal Tempo Infinito
(Kâla) egli stesso cadde nello spazio e nel tempo evoluto dalla speculazione umana. Queste
forme erano cosmiche ed astronomiche, teistiche e panteistiche, astratte e concrete. Di volta
in volta divennero il Drago Polare e la Croce del Sud, l’Alpha Draconis della Piramide e il
Drago buddhista-indù, che minaccia sempre il Sole durante le sue eclissi senza però mai
inghiottirlo. Fino ad allora, l’Albero rimase sempre verde perché irrorato dalle Acque della
Vita; il Grande Drago rimase sempre divino fino a che fu mantenuto entro i limiti dei campi
siderali. Ma l’Albero crebbe, ed infine i suoi rami inferiori toccarono le Regioni Infernali —
la nostra Terra. Allora il Grande Serpente Nidhögg — quello che divora i cadaveri dei
malfattori nell’ “Aula della Miseria” (la vita umana), non appena sono immersi in
Hwergelmir, il ruggente calderone (delle passioni umane) — rosicchiò l’Albero del Mondo
rovesciato. I vermi della materialità coprirono le radici un tempo così sane e potenti; adesso
salgono sempre più in alto lungo il tronco, mentre il Serpente Midgard, raggomitolato su se
stesso nel fondo dei Mari, circonda la Terra e, mediante il suo soffio velenoso, la rende
impotente a difendersi.
1
2
Canto XV.
Canto XI.
306
I Draghi e i Serpenti dell’antichità hanno tutti sette teste — una testa per ogni Razza
e, secondo l’allegoria, “ogni testa aveva sette capelli”. Si certo, da Ananta, il Serpente
dell’Eternità, che trasporta Vishnu durante il corso del Manvantara, dall’originale Shesha
primordiale, le cui sette teste si trasformano nell’immaginazione purânica in “mille teste”,
fino al Serpente accadiano dalle sette teste. Queste simboleggiano i Sette Princìpi in tutta la
Natura e nell’uomo, e la testa più alta o mediana è la settima. Non è del Sabbath Mosaico o
ebraico che parla Filone nella sua Creazione del Mondo quando dice che il mondo fu
completato “secondo la natura perfetta del numero 6”, poiché:
Quando quella Ragione (Nous) che è sacra conforme al numero 7, è penetrata nell’anima (o piuttosto
nel corpo vivente), il numero 6 è così bloccato e così pure tutte le cose mortali che derivano da quel numero.
E ancora:
Il numero 7 è il giorno festivo di tutta la terra, il giorno di nascita del mondo. Non so se qualcuno
sarebbe capace di celebrare in termini adeguati il numero 7.1
L’Autore di The Natural Genesis pensa che:
Il gruppo di sette stelle (Saptarshi) visibili nell’Orsa Maggiore e il Drago a sette teste, fornirono
un’origine visibile per la simbolica divisione del tempo in sette, citata sopra. La Dea delle sette stelle era la
Madre del tempo, come Kep; da cui derivarono le parole Kepti e Sebti per designare il tempo ed il numero 7.
Così essa è chiamata la stella dei Sette. Sevekh (Kronus), il figlio della Dea, si chiama sette o settimo. Così
pure Sefekh Abu che costruisce la casa in alto, come la Saggezza (Sophia) costruisce la propria con sette
colonne..... I cronotipi primordiali erano sette, per cui il princìpio del tempo in cielo è basato sul numero sette e
sul suo nome, sulla base della dimostrazione stellare. Le sette stelle, nel corso della loro rivoluzione annuale,
indicavano con l’indice della mano destra il cielo superiore e descrivevano un cerchio in quello inferiore2. Il
numero 7 dette naturalmente l’idea di una misura per sette, e ciò condusse a quello che si potrebbe chiamare la
numerazione “settagesimale” e la disposizione e divisione del cerchio in sette sezioni corrispondenti, che
furono assegnate alle sette grandi costellazioni, e così fu formato nei cieli l’eptanomis celeste dell’Egitto.
Quando l’eptanomide stellare fu spezzato e diviso in quattro quarti, fu moltiplicato per quattro e i
ventotto segni presero il posto delle sette costellazioni primitive; lo zodiaco lunare di ventotto segni era il
risultato registrato calcolando ventotto giorni per la luna, ossia un mese lunare3. Nell’Ordinamento cinese, i
quattro sette sono attribuiti a quattro Genii che presiedono ai quattro punti cardinali,4 o piuttosto le sette
costellazioni del nord costituiscono il Guerriero Nero, le sette dell’Oriente (autunno cinese) costituiscono la
Tigre Bianca, le sette del Sud formano l’Uccello Vermiglione e le sette dell’Occidente (chiamate primaverili)
formano il Drago Azzurro. Ognuno di questi quattro spiriti presiede il proprio eptanomide durante una
settimana lunare. La genitrice del primo eptanomide (Tifone delle sette stelle) assunse allora un carattere
lunare..... In questa fase troviamo che la Dea Sefekh, il cui nome significa numero 7, è il verbo femminile, o
Logos, al posto della madre del tempo, che era il primitivo Verbo, quale Dea delle Sette Stelle.5
L’autore dimostra che era la Dea dell’Orsa Maggiore e la Madre del Tempo che era,
in Egitto, fin dai tempi più remoti, il “Verbo Vivente”, e che Sevekh Kronus, il cui simbolo
era il Coccodrillo-Drago, la forma pre-planetaria di Saturno, era chiamato suo figlio e suo
consorte; egli era il suo Verbo-Logos6.
Ciò che abbiamo esposto è chiaro e semplice, ma non fu soltanto la conoscenza
dell’Astronomia che condusse gli antichi all’uso della numerazione settagesimale. La causa
primaria è molto più profonda e verrà spiegata a suo tempo.
Le citazioni di cui sopra non costituiscono affatto delle digressioni, ma sono state
fatte per dimostrare (a) la ragione per la quale un Iniziato completo era chiamato un Drago,
un Serpente, un Nâga; e (b) che la nostra divisione settenaria era usata dai sacerdoti delle
prime dinastie dell’Egitto per la stessa ragione e sulle medesime basi per cui l’adoperiamo
1
De Opificio Mundi, Par., pp. 30 e 419.
È per la medesima ragione che la divisione dei princìpi nell’uomo è contata così, perchè descrivono lo stesso cerchio nella
natura umana superiore ed inferiore. [H. P. B. ]
3
Così la divisione settenaria è la più antica e precedette la divisione quadruplice. Essa è la radice della classificazione
arcaica.
4
Nel Buddhismo e nell’Esoterismo Cinese, i Genii sono rappresentati da quattro Draghi — i Mâhârajah delle Stanze.
5
Gerald Massey, The Natural Genesis, II, pag. 312-13.
6
Ibid., I, pag. 321.
2
307
noi. Questo, comunque, richiede ulteriori delucidazioni. Come abbiamo già detto, quelli che
Gerald Massey chiama i Quattro Genii dei quattro punti cardinali, e che i cinesi chiamavano
il Guerriero Nero, la Tigre Bianca, l’Uccello Rosso e il Drago Azzurro, sono chiamati nei
Libri Segreti i “Quattro Draghi Occulti della Saggezza e Nâga Celesti”. Del resto, è stato
dimostrato che il Drago-Logos dalle sette teste o Drago settenario, fu, per così dire, spezzato,
con l’andar del tempo, in quattro parti eptanomiche, o ventotto parti. Nel mese lunare, ogni
settimana ha un particolare carattere occulto ed ognuno dei ventotto giorni ha la sua
caratteristica speciale, poiché ciascuna delle dodici costellazioni, sia prese separatamente che
in combinazione con altri segni, ha un’influenza occulta tanto per il bene che per il male.
Questo rappresenta la somma della conoscenza che gli uomini possono acquisire su
questa terra; però ben pochi sono coloro che l’acquisiscono, ed ancora più rari sono gli
uomini saggi che giungono alla radice della conoscenza simboleggiata dal grande DragoRadice, il Logos Spirituale di questi segni visibili. Coloro però che vi arrivano, ricevono il
nome di Draghi e sono gli “Arhat delle quattro Verità delle Ventotto Facoltà”, o attributi, e
sono sempre stati chiamati così.
I Neo-Platonici di Alessandria asserivano che, per diventare dei veri caldei o Magi,
era necessario assimilare la scienza o conoscenza dei periodi dei Sette Rettori del Mondo nei
quali vi è tutta la saggezza. Si attribuisce a Giamblico un’altra versione, che però non altera
il significato della precedente, poiché dice:
“Gli assiri non hanno soltanto conservato gli annali di ventisette miriadi di anni, come assicura
Ipparco, ma altresì quelli di tutte le apocatastasi e di tutti i periodi dei Sette Reggenti del Mondo”.1
Le leggende di tutte le nazioni e di tutte le tribù, sia civili che selvagge, sono un
indice evidente della credenza, una volta universale, nella grande saggezza ed astuzia dei
Serpenti. Essi sono degli “incantatori”. Ipnotizzano l’uccello con il loro sguardo, e molto
spesso l’uomo stesso non riesce a vincere la loro influenza affascinatrice; il simbolo, quindi,
è dei più adatti.
Il Coccodrillo è il Drago degli egiziani. Esso era il simbolo duale del Cielo e della
Terra, del Sole e della Luna, e fu consacrato a Osiride e ad Iside a causa della sua natura
anfibia. Secondo Eusebio, gli egiziani rappresentavano il Sole in un Vascello che esso
dirigeva in qualità di pilota; questo vascello era trainato da un Coccodrillo “per indicare il
movimento del Sole nell’Umidità (lo Spazio)2”. Inoltre il Coccodrillo era il simbolo
dell’Egitto inferiore stesso, che era la regione più paludosa delle due parti del paese.
Gli alchimisti sostengono un’altra interpretazione. Dicono che il simbolo del Sole nel
Vascello sull’Etere dello Spazio, significava che la Materia Ermetica è il princìpio o la base
dell’Oro, o il Sole filosofico; l’Acqua, nella quale il Coccodrillo nuota, non è altro che
quell’Acqua o Materia resa liquida, in quanto il Vascello stesso rappresentava il Vascello
della Natura, nel quale il Sole, o il princìpio solforoso igneo, agisce come pilota, poiché è il
Sole che dirige il lavoro mediante la sua azione sull’Umidità, o Mercurio. Questo vale solo
per gli alchimisti.
Il Serpente divenne il tipo ed il simbolo del male e del Diavolo soltanto durante il
Medioevo. I primitivi cristiani, come pure gli Gnostici Ofiti, avevano il loro duplice Logos:
il Serpente buono e quello malvagio, l’Agathodaemon ed il Kakodaemon. Ciò è dimostrato
dagli scritti di Marco, di Valentino e di molti altri, e specialmente nella Pistis-Sophia — un
documento che risale certamente ai primi secoli del Cristianesimo. Sul sarcofago di marmo
1
Proclo, Commento al Timeo, I. 100.29 – 101.2. [Sono possibili alcune varianti nella traduzione di questa frase dal
Commentario sul Timeo, di Proclo. Il termine greco apokatastis significa effettivamente ricorrenze, e periodos può
significare circuiti o cicli. Il termine murias ha due significati: uno è piuttosto indefinito, ma l’altro è abbastanza definito e
sta per 10.000. Quindi, nell’insieme, la traduzione è corretta ed incorpora un’importante affermazione sull’antichità delle
osservazioni astronomiche degli antichi. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
Prep. Evang., I, III, 3.
308
di una tomba scoperta nel 1852 nei pressi di Porta Pia, si vede la scena dell’adorazione dei
Magi, “o anche”, come osserva C. W. King in The Gnostics and their Remains, “il prototipo
di quella scena, la Nascita del Nuovo Sole”. Il fondo di mosaico presenta un curioso disegno
che poteva aver rappresentato sia Iside che allatta il bambino Harpocrates, sia la Madonna
che allatta il bambino Gesù. Nei sarcofaghi più piccoli che circondavano quello più grande,
furono trovate diverse lastre di piombo arrotolate come pergamene, undici delle quali
poterono ancora essere decifrate. Il contenuto di queste lastre dovrebbe essere considerato
come la prova finale di una questione molto controversa, poiché esso dimostra che, o i primi
cristiani, fino al VI secolo, furono dei pagani bona fide, oppure che il Cristianesimo
dogmatico fu un prestito globale e passò tale e quale nella Chiesa Cristiana — il Sole,
l’Albero, il Serpente, il Coccodrillo, e tutto il resto.
Sulla prima di queste lastre si vede Anubi... che tiene un rotolo di pergamena; ai suoi piedi sono due
busti femminili: al di sotto di tutti si vedono due serpenti attorcigliati intorno... ad un cadavere fasciato come
una mummia. Nel secondo rotolo... è Anubi che tiene una croce, il “Segno della Vita”. Sotto i suoi piedi giace
un cadavere avviluppato dalle numerose spire di un grosso serpente, l’Agathodaemon, guardiano del defunto...
Nel terzo rotolo... lo stesso Anubi tiene sulle braccia un oggetto oblungo... disposto in modo tale da dare
all’insieme del personaggio lo forma di una croce latina completa... Ai piedi del Dio vi è un romboide, “l’Uovo
del Mondo” degli egiziani, verso il quale striscia un serpente arrotolato in un cerchio... Sotto ai... busti... è la
lettera ω, ripetuta sette volte in una riga per rammentare uno dei “Nomi”... Molto notevole è pure il genere dei
caratteri, apparentemente Palmirani, che sono sulle gambe del primo Anubi. Quanto alla forma del serpente,
supponendo che questi talismani derivino non dal culto di Iside, ma da quello più recente degli Ofiti, può
rappresentare benissimo quel “Serpente vero e perfetto” che “conduce le anime di tutti coloro che hanno fede in
esso fuori dall’Egitto del corpo, e attraverso il Mar Rosso della Morte fino alla Terra Promessa, proteggendole,
durante il percorso, dai Serpenti del Deserto, cioè dai Reggenti delle Stelle.1
E questo “Serpente vero e perfetto” è il Dio dalle sette lettere che passa attualmente
per Jehovah e Gesù uno con lui. Il candidato all’Iniziazione è inviato a questo Dio dalle sette
vocali dal “Primo Mistero”, nella Pistis Sophia, opera anteriore all’Apocalisse di S.
Giovanni, e dovuta evidentemente alla medesima scuola. “Il (Serpente dei) Sette Tuoni
pronunciò queste sette vocali”, ma “sigillate quelle cose che i Sette Tuoni pronunziarono e
non scrivetele” dice l’Apocalisse. “Cercate voi questi misteri?” — domanda Gesù nella
Pistis Sophia. “Nessun mistero è più eccellente di questo (le sette vocali); perché esse
condurranno le vostre anime alla Luce delle Luci” — cioè alla vera Saggezza. “Niente,
quindi, è più eccellente dei misteri che voi cercate, eccettuato il mistero delle Sette Vocali,
dei loro quarantanove Poteri e dei loro numeri”.
In India era il mistero dei Sette Fuochi e dei loro Quarantanove Fuochi o aspetti, o “il
numero di essi”.
Queste Sette Vocali sono rappresentate dai segni della Svastika sulle corone delle
sette teste del Serpente dell’Eternità, in India, fra i “buddhisti” esoterici, in Egitto, in Caldea,
ecc., e fra gli Iniziati di tutti gli altri paesi. Sono le Sette Zone dell’ascensione post mortem
negli scritti Ermetici, in ognuna delle quali il “Mortale” lascia una delle sue Anime o
Princìpi, finchè, giunto al piano sovrastante tutte le Zone, vi rimane in qualità di grande
Serpente Senza-Forma della Saggezza Assoluta, o della Divinità stessa. Il Serpente dalle
sette teste ha molteplici significati negli insegnamenti arcani. È il Drago dalle sette teste, e
ciascuna delle sue teste è una stella dell’Orsa Minore; ma era pure, e in modo preminente, il
Serpente delle Tenebre, inconcepibile ed incomprensibile, le cui sette teste erano i sette
Logoi, il riflesso della Luce unica e manifestata prima di tutto — il Logos Universale.
1
Op. cit., pp. 366-8.
309
SEZIONE XI
DEMON EST DEUS INVERSUS
Questa frase simbolica, sotto le sue molteplici forme, è certamente molto pericolosa e
molto iconoclastica agli occhi di tutte le religioni, o piuttosto di tutte le teologie dualistiche
posteriori e, specialmente, agli occhi del Cristianesimo. Però non è né giusto né corretto dire
che sia stato il Cristianesimo a concepire e produrre Satana. Satana è sempre esistito in
qualità di “Avversario”, come un Potere oppositore necessario all’equilibrio e all’armonia
delle cose nella Natura, precisamente come l’Ombra è necessaria per rendere la Luce più
brillante, la Notte per porre in maggiore rilievo il Giorno, e il Freddo per farci apprezzare
maggiormente il conforto che ci dà il Calore. L’Omogeneità è una e indivisibile. Ma se
l’Uno ed Assoluto omogeneo non è una semplice figura retorica, e se l’Eterogeneità, nel suo
aspetto dualistico, è la sua progenie, la sua ombra o riflessione biforcuta, allora perfino
quella divina Omogeneità deve contenere in se stessa l’essenza tanto del bene quanto del
male.
Se “Dio” è Assoluto, Infinito, e la Radice Universale di tutto e di qualsiasi cosa
esistente nella Natura e nel suo Universo, da dove proviene il Male o il Diavolo, se non dalla
medesima Matrice d’Oro dell’Assoluto? Siamo quindi costretti ad accettare l’emanazione del
bene e del male, di Agathodaemon e di Kakodaemon, quali germogli del medesimo tronco
dell’Albero dell’Esistenza; oppure a rassegnarci all’assurdità di credere all’esistenza di due
Assoluti eterni!
Dovendo rintracciare l’origine dell’idea risalendo all’inizio della mente umana, è più
che giusto dare ciò che spetta anche al proverbiale Diavolo. L’antichità non conosceva
nessun “Dio del male” distinto, che fosse completamente ed assolutamente malvagio. Il
pensiero pagano rappresentava il bene ed il male come fratelli gemelli, nati dalla medesima
madre — la Natura; non appena quel pensiero cessò di essere arcaico, la Saggezza divenne
Filosofia. In princìpio i simboli del bene e del male furono pure astrazioni, Luce e Tenebre;
più tardi i loro simboli furono scelti tra i fenomeni cosmici periodici più naturali e più
costanti. — il Giorno e la Notte, oppure il Sole e la Luna. In seguito furono rappresentati
dalle Legioni delle Divinità Solari e Lunari, e il Drago delle Tenebre fu contrapposto al
Drago della Luce. La Legione di Satana è un Figlio di Dio, non meno della Legione dei B’ne
Alhim, i Figli di Dio che vennero “a presentarsi dinanzi al Signore”, loro Padre1. “I Figli di
Dio” divennero gli “Angeli Caduti” solo quando videro che le figlie degli uomini erano
belle2. Nella Filosofia Indiana i Sura sono classificati fra i primi e più brillanti Dèi, e
divennero Asura soltanto quando furono detronizzati dall’immaginazione Brâhmanica.
Satana non aveva mai assunto una forma antropomorfica e individuale finchè l’uomo non
creò un “Dio vivente unico e personale”, poi lo fece diventare semplicemente una cosa di
prima necessità. Occorreva un paravento, un capro espiatorio per spiegare la crudeltà,
l’ingiustizia e gli errori anche troppo evidenti di colui al quale si attribuivano la perfezione
assoluta, la misericordia e la bontà. Questo fu il primo effetto karmico dell’abbandono di un
Panteismo filosofico e logico, per edificare, come appoggio per l’uomo infingardo, “un
Padre misericordioso in Cielo”, le cui azioni di tutti i giorni e di tutte le ore, come Natura
Naturans, la “Madre avvenente ma fredda come la pietra”, ne smentiscono l’esistenza.
Questo condusse ai gemelli primordiali, Osiride-Tifone, Ormazd-Ahriman, e finalmente a
Caino ed Abele, e a tutti quanti i contrari. “Dio”, il Creatore, che aveva cominciato con
1
2
Giobbe, II.
Genesi, VI.
310
l’essere sinonimo della Natura, finì per essere trasformato nel suo autore. Pascal risolve
molto abilmente la difficoltà dicendo:
La Natura possiede perfezioni atte a dimostrare che essa è l’immagine di Dio, e difetti atti a dimostrare
che essa ne è soltanto l’immagine.
Quanto più retrocediamo nel passato, nell’oscurità delle epoche preistoriche, più la
figura prototipica del Satana posteriore appare filosofica. Il primo Avversario rivestito di
forma umana individuale che si trova nell’antica letteratura purânica, è uno dei suoi più
grandi Rishi e Yogi – Nârada – soprannominato il “Creatore di contese”.
Ed egli è un Brahmaputra, un figlio di Brahmâ, il maschio. Ma parleremo di lui in
seguito. Per sapere chi sia veramente il grande “Ingannatore”, è necessario fare delle ricerche
in proposito, con occhi aperti e mente libera da pregiudizi, in tutte le Cosmogonie e le
Scritture dell’antichità.
È il Demiurgo antropomorfizzato, il Creatore del Cielo e della Terra, quando è
separato dalla Legione collettiva dei suoi Compagni-Creatori, che egli, per così dire,
rappresenta e sintetizza. Adesso è il Dio delle Teologie. “Il desiderio è padre al pensiero”. Un
tempo era un simbolo filosofico lasciato a pervertire la fantasia umana, trasformato più tardi
in un Dio maligno, ingannatore, astuto e geloso.
Siccome parleremo dei Draghi e degli altri Angeli Caduti in una successiva parte di
quest’opera, saranno sufficienti adesso poche parole intorno al tanto calunniato Satana. Sarà
bene che lo studioso ricordi che, presso tutti i popoli, ad eccezione delle nazioni cristiane, il
Diavolo è tuttora considerato, come un’entità non peggiore dell’aspetto opposto della natura
duale del cosiddetto Creatore. E ciò del tutto naturale. Non si può pretendere che Dio sia la
sintesi di tutto l’Universo, essendo Onnipresente, Onnisciente ed Infinito, e separarlo poi dal
Male! Siccome nel Mondo vi è più Male che Bene, ne segue logicamente che Dio deve
includere il Male oppure esserne la causa diretta, altrimenti occorre rinunziare alla sua
pretesa Assolutezza. Gli antichi lo comprendevano tanto bene che i loro filosofi, seguiti
adesso dai cabalisti, definivano il Male come il “rivestimento” di Dio o del Bene; poiché
l’adagio Demon est Deus inversus è molto antico. Infatti il Male non è che una forza
antagonista cieca della Natura; è reazione, opposizione e contrasto — male per alcuni, bene
per altri. Non vi è malum in se, ma soltanto l’Ombra della Luce, senza la quale la Luce non
potrebbe esistere, nemmeno per le nostre percezioni. Se il Male sparisse, anche il Bene
sparirebbe dalla Terra insieme ad esso. Il “Vecchio Drago” era puro Spirito prima di
diventare Materia, passivo prima di diventare attivo. Nella Magia sirio-caldea, Ophis e
Ophiomorphos sono uniti nello Zodiaco nel segno Androgino della Vergine-Scorpione.
Prima della sua caduta sulla terra il Serpente era Ophis-Christos, e dopo la sua caduta
divenne Ophiomorphos-Chrestos. Le speculazioni dei cabalisti presentano ovunque il Male
come una Forza, che è antagonista ma, nel medesimo tempo, essenziale al Bene, al quale
conferisce una vitalità ed un’esistenza che non potrebbero avere in alcun altro modo. Non vi
sarebbe possibilità di Vita (in senso mâyâvico) senza la Morte; non vi sarebbe rigenerazione
e ricostruzione senza distruzione. Le piante perirebbero in un’eterna luce solare, e così
accadrebbe pure all’uomo, che diventerebbe un automa senza l’esercizio del suo libero
arbitrio, e la sua aspirazione verso la luce solare perderebbe per lui la sua essenza ed il suo
valore, se non avesse altro che luce. Il Bene è infinito ed eterno soltanto in ciò che è
eternamente celato per noi, ed è per questo che noi ce lo immaginiamo eterno. Sui piani
manifestati l’uno equilibra l’altro. Ben pochi sono quei teisti, credenti in un Dio personale,
che non facciano di Satana l’ombra di Dio; o che, confondendo i due, non credano di avere il
diritto di pregare il loro idolo chiedendone aiuto e protezione, per compiere impunemente le
loro azioni malvagie e crudeli. “Non ci indurre in tentazione” è una preghiera rivolta
giornalmente al “Padre nostro nei Cieli”, e non al Diavolo, da milioni di cuori cristiani. Essi
lo fanno ripetendo le parole stesse che vengono attribuite al loro Salvatore, senza pensare un
311
solo istante al fatto che il loro significato è contraddetto direttamente da Giacomo, “il fratello
del Signore”, che dice:
Nessuno, essendo tentato, dica: Io son tentato da Dio; poiché Iddio non può essere tentato dal male, né
può egli tentare alcun uomo.1
Perché dire allora che è il Diavolo che ci tenta, quando la Chiesa ci insegna,
basandosi sull’autorità del Cristo, che è Dio che lo fa? Basta aprire qualsiasi libro pio dove
sia definita la parola “tentazione” nel suo senso teologico, e vi troverete subito due
definizioni:
l) Quelle afflizioni e pene mediante le quali Dio prova il suo popolo.
2) Quei mezzi e quegli allettamenti di cui si serve il Diavolo per insidiare e far cadere gli uomini.2
Accettati letteralmente, gli insegnamenti del Cristo e di Giacomo si contraddicono
l’uno con l’altro, e quale dogma può riconciliarli se il significato occulto è respinto?
Fra gli allettamenti alternativi, sarà molto saggio quel filosofo che sarà capace di
decidere quando Dio scompare per far posto al Diavolo! Quindi, quando leggiamo che “il
Diavolo è un mentitore e che è il padre della menzogna”, cioè una menzogna incarnata; e
che ci viene detto al tempo stesso che Satana, il Diavolo, era uno dei Figli di Dio e il più
bello dei suoi Arcangeli, piuttosto che credere che il Padre ed il Figlio siano la
personificazione di una gigantesca ed eterna Menzogna, noi preferiamo rivolgerci al
Panteismo ed alla filosofia pagana per attingervi delle informazioni.
Una volta che la chiave del Genesi è in nostro possesso, la Cabala scientifica e
simbolica svela il segreto. Il Grande Serpente del Giardino di Eden ed il “Signore Iddio”
sono identici, e così pure Jehovah e Caino — quel Caino di cui la Teologia ci parla come di
un “omicida” e di un Mentitore verso Dio! Jehovah tenta il Re d’Israele a fare il censimento
del popolo, e Satana lo tenta altrove a fare la medesima cosa.3 Jehovah si trasforma nei
Serpenti Ardenti per mordere coloro che l’offendono, ed è lo stesso Jehovah che anima il
Serpente di Rame che li risana.
Queste brevi narrazioni dell’Antico Testamento apparentemente contradditorie —
contradditorie perché i due Poteri sono separati, anzichè essere considerati come i due aspetti
di una sola e medesima cosa — sono le eco deformate dall’exotericismo e dalla Teologia (al
punto di essere irriconoscibili) dei dogmi universali e filosofici della Natura, che i Saggi
primitivi comprendevano tanto bene. Ritroviamo il medesimo sottofondo in diverse
personificazioni nei Purâna, soltanto molto più ampie e filosoficamente assai più suggestive.
Così, per esempio, Pulastya, un “Figlio di Dio”, uno della progenie, è rappresentato
come progenitore di Demoni, i Râkshasa, i tentatori e i divoratori degli uomini. Pishâchâ, un
Demone femminile, è una figlia di Daksha, esso pure un “Figlio di Dio”; ed è anche una Dea
e la madre di tutti i Pishâcha4. Quelli che nei Purâna sono chiamati Demoni, sono dei
Diavoli veramente straordinari se considerati dal punto di vista delle idee europee ed
ortodosse, poiché essi tutti, Dânava, Daitya, Pishâcha e Râkshasa, sono rappresentati come
estremamente pii e seguaci dei precetti dei Veda, ed alcuni di loro sono perfino dei grandi
Yogi. Però essi tutti avversano il clero ed i ritualismi, i sacrifici e le forme, precisamente
come fanno in India anche ai giorni nostri i principali Yogi, senza essere per questo meno
rispettati, per quanto non sia loro permesso di seguire alcuna casta nè alcun rito; ed è perciò
che tutti quei Giganti e Titani purânici sono chiamati Diavoli. I missionari, sempre pronti a
cercare di dimostrare, se possibile, che le tradizioni indù non sono altro che. il riflesso della
Bibbia ebraica, hanno inventato un intero romanzo sulla pretesa identità di Pulastya con
1
Epistola di S. Giacomo, I, 13.
Giacomo, I, 2, 12; Matteo, VI, 13. Vedi Cruden, sub voce.
3
[2 Re. XXIV, 1; 1 Chron. XXI, 1.]
4
Padma Purâna.
2
312
Caino e dei Râkshasa con i Cainiti, i “Maledetti”, che furono la causa del “Diluvio di Noè”.
(Vedere l’opera dell’Abate Gorresio, che dà al nome di Pulastya il significato etimologico di
“respinto” e quindi di Caino!) “Pulastya”, dice il nostro Abate, “dimora in Kedara”, che
significa “luogo scavato”, una “miniera”; e la tradizione, come pure la Bibbia, ci mostra
Caino come il primo che abbia lavorato i metalli e che li abbia estratti dalle miniere!
Mentre è molto probabile che i Gibborim, o Giganti, della Bibbia siano i Râkshasa
degli indù, è ancora più certo che entrambi fossero Atlantidei ed appartenessero alle razze
sommerse.
Comunque sia, nessun Satana avrebbe potuto essere più persistente nel calunniare i
suoi nemici, o più maligno, nel suo odio, dei teologi cristiani che lo maledicono quale padre
di tutti i mali.
Paragonate i loro vituperi e le loro opinioni intorno al Diavolo, con le idee filosofiche
dei Saggi purânici e con la loro mansuetudine simile a quella del Cristo.
Quando Parâshara, il cui padre fu divorato da un Râkshasa, si preparava a distruggere
la razza intera mediante arti magiche, suo nonno Vasishtha, dopo aver provato al Saggio
irato, mediante la sua stessa confessione, che il Male ed il Karma esistono, ma non gli
“Spiriti malvagi”, pronuncia le seguenti suggestive parole:
Che la tua collera si plachi: i Râkshasa non sono colpevoli; la morte di tuo padre fu opera del Destino
(Karma). La collera è la passione degli stolti, essa non si addice all’uomo saggio. Da chi, possiamo domandare,
è ucciso ognuno? Ogni uomo raccoglie le conseguenze delle proprie azioni. La collera, figlio mio, è la
distruzione di tutto ciò che l’uomo ottiene... ed impedisce il raggiungimento... dell’emancipazione. I Saggi
evitano la collera: non essere dunque, figlio mio, soggetto alla sua influenza. Non permettere più che alcuno di
quegli spiriti inoffensivi delle tenebre sia consumato; che il tuo sacrificio cessi. La misericordia è il potere dei
giusti.1
Quindi, ogni “sacrificio” di quel genere, oppure ogni preghiera rivolta a Dio per
chiedere il suo aiuto, non è altro che un atto di Magia Nera. Ciò che Parâshara domandava
nella sua preghiera era la distruzione degli Spiriti delle Tenebre per la sua vendetta
personale. Egli viene chiamato un pagano e, come tale, i cristiani l’hanno condannato
all’Inferno Eterno. Eppure, in che cosa è migliore la preghiera che fanno i sovrani ed i
generali prima di ogni battaglia per ottenere la distruzione dei loro nemici? Una simile
preghiera è, in ogni caso, un atto celato di Magia Nera della peggiore specie, simile al
demonio “Mr. Hyde” che si nasconde sotto l’aspetto del santo “Dr. Jekyll”.
Nella natura umana il male denota soltanto la polarità della Materia e dello Spirito,
una “lotta per la vita” fra i due Princìpi manifestati nello Spazio e nel Tempo, Princìpi che
per se non sono che uno, poiché hanno la loro radice nell’Assoluto. Nel Cosmo l’equilibrio
deve essere conservato. Le operazioni dei due contrari producono armonia, come le forze
centripete e centrifughe che, essendo reciprocamente interdipendenti, sono necessarie l’una
all’altra “affinché possano entrambe vivere”. Se una di esse fosse arrestata, l’azione
dell’altra diventerebbe immediatamente autodistruttiva.
Siccome la personificazione chiamata Satana è stata ampiamente analizzata sotto il
triplice aspetto che essa riveste nell’Antico Testamento, nella Teologia Cristiana e
nell’attitudine di pensiero degli antichi Gentili, coloro che desiderano ulteriori spiegazioni
intorno a questo soggetto potranno consultare la nostra opera Iside Svelata, come pure la
Seconda parte del Volume II di quest’opera. È per una buona ragione che abbiamo qui
nuovamente accennato a questo argomento, aggiungendovi alcune nuove spiegazioni. Prima
di poter affrontare il soggetto dell’evoluzione dell’Uomo Fisico e Divino, è necessario aver
afferrato chiaramente l’idea dell’Evoluzione Ciclica, essersi familiarizzati con le filosofie e
le credenze delle Quattro Razze che precedettero la nostra Razza attuale, ed essere venuti a
conoscenza delle idee di quei Titani e di quei Giganti — Giganti, in verità, sia dal punto di
1
Vishnu Purâna, I, 1.
313
vista mentale che dal punto di vista fisico. L’antichità intera era imbevuta da quella filosofia
che insegna l’involuzione dello Spirito nella materia, la progressiva discesa ciclica o
evoluzione attiva, autocosciente. Gli Gnostici Alessandrini hanno divulgato sufficientemente
i segreti dell’Iniziazione, ed i loro annali parlano frequentemente della “caduta degli Eoni”,
nella loro doppia qualità di Esseri Angelici e di Periodi Cosmici, gli uni essendo
l’evoluzione naturale degli altri. D’altra parte, le tradizioni orientali su entrambe le sponde
delle “Acque Nere”, gli Oceani che separano i due “Orienti”, sono egualmente piene di
allegorie intorno alla caduta del Plerôma o di quella degli Dèi e dei Deva. Tutte queste
tradizioni raffigurano l’allegoria della Caduta con il significato del desiderio di imparare e
di acquisire la conoscenza — il desiderio di sapere. Questa è la naturale sequenza
dell’evoluzione mentale, lo Spirituale che va a trasmutarsi nel Materiale o Fisico. La
medesima legge di discesa nella Materialità e di riascesa verso la Spiritualità si affermò
durante l’èra cristiana, e la reazione vi ha messo fine soltanto adesso, nella nostra particolare
sotto-razza.
Ciò che fu rappresentato allegoricamente nel Pimandro, forse diecimila anni fà, in
vista di una triplice maniera di interpretazione, e allo scopo di servire come registrazione di
un fatto astronomico, antropologico e perfino alchemico, e cioè l’allegoria dei Sette Rettori
che attraversano i Sette Cerchi di Fuoco, fu ridotta ad una interpretazione materiale ed
antropomorfica, — la ribellione e la Caduta degli Angeli. La narrazione multiforme e
profondamente filosofica sotto la forma poetica del “Matrimonio del Cielo con la Terra”,
dell’amore della Natura per la Forma Divina e dell’Uomo Celeste innamorato della propria
bellezza riflessa nella Natura, ossia dello Spirito attratto nella Materia, è diventata ora,
mediante i rimaneggiamenti teologici, la storia dei Sette Rettori che disobbediscono a
Jehovah per l’ammirazione di se stessi che genera l’orgoglio satanico, e da ciò ne derivò poi
la loro Caduta, poiché Jehovah non permetteva alcun culto all’infuori del proprio. Insomma
gli splendidi Angeli Planetari, i gloriosi Eoni Ciclici degli antichi, sono stati sintetizzati,
nella loro forma più ortodossa, in Samael, il Capo dei Demoni nel Talmud, “quel Grande
Serpente dalle Dodici Ali che trasse con sè nella Caduta il Sistema Solare o i Titani”. Ma
Schemal — l’alter ego e l’equivalente Sabeo di Samael — significava, nel suo aspetto
filosofico ed esoterico, “l’Anno” nel suo aspetto astrologico nefasto, con i suoi dodici mesi,
o “Ali”, di mali inevitabili nella Natura. Nella Teogonia Esoterica, Schemal e Samael
rappresentavano ciascuno una divinità particolare1. Per i cabalisti essi sono lo “Spirito della
Terra”, il Dio Personale che la governa, e quindi identico de facto a Jehovah. I Talmudisti
stessi ammettono che Samael è un nome divino di uno dei sette Elohim. I cabalisti
rappresentano inoltre Schemal e Samael tutti e due come una forma simbolica di SaturnoCrono; le “Dodici Ali” rappresentano i dodici mesi, ed il simbolo, nella sua collettività,
indica un ciclo razziale. Come glifo, Jehovah e Saturno sono pure identici.
Questo porta, a sua volta, a una deduzione molto curiosa tratta da un dogma cattolico
romano. Molti scrittori ben conosciuti, appartenenti alla Chiesa Latina, ammettono che esiste
una differenza che deve essere riconosciuta fra i Titani Uraniani, i Giganti antidiluviani che
furono pure dei Titani, e quei Giganti post-diluviani nei quali i cattolici romani persistono a
vedere i discendenti del mitico Cam. Ossia, per parlare più chiaramente, deve essere fatta
una differenza tra le Forze cosmiche primordiali in opposizione, guidate dalla Legge Ciclica,
i Giganti umani Atlantidei, e i grandi Adepti post-diluviani, tanto della Mano Destra quanto
della Mano Sinistra. Contemporaneamente, questi autori ci dimostrano che Michele “il
generalissimo2 delle Legioni dei Combattenti Celesti, la guardia del corpo di Jehovah”, per
così dire, secondo De Mirville, è pure un Titano, ma soltanto con l’aggettivo “divino”
1
2
Vedere Chwolson, Nabathean Agriculture, II, pag. 217.]
[In italiano, nel testo originale.]
314
davanti al suo nome. Così, quegli “Uranidi” che sono chiamati ovunque “Titani Divini” —
che, essendosi ribellati contro Crono, o Saturno, sono di conseguenza rappresentati pure
come nemici di Samael, egli stesso uno degli Elohim e sinonimo di Jehovah nella sua
collettività — sono identici a Michele ed alla sua Legione. In poche parole, i rôles sono
invertiti, tutti i combattenti sono confusi e nessuno studioso è capace di distinguerli
chiaramente fra di loro. La spiegazione esoterica può però mettere un pò d’ordine in questa
confusione, in cui Jehovah diventa Saturno, e Michele e la sua Armata diventano Satana e gli
Angeli Ribelli, grazie agli sforzi poco prudenti dei fedeli troppo zelanti nel trasformare ogni
Dio pagano in un Diavolo. Il vero significato è molto più filosofico, e la leggenda della
prima “Caduta” degli Angeli assume un aspetto scientifico quando viene compresa
correttamente.
Crono rappresenta la Durata illimitata e, di conseguenza, immutabile, senza princìpio
e senza fine, al di là della divisione del Tempo e al di là dello Spazio.1 Quegli Angeli, Genii
o Deva, che nacquero per agire nello spazio e nel tempo, e cioè per farsi strada attraverso i
Sette Cerchi dei piani super-spirituali, e penetrare nelle regioni super-terrestri, fenomeniche
o limitate, sono allegoricamente rappresentati nell’atto di ribellarsi a Crono e di combattere
il Leone che era allora il Dio vivente unico e supremo. Quando Crono, a sua volta, è
rappresentato nell’atto di mutilare suo padre Urano, il significato dell’allegoria è molto
semplice. Il Tempo Assoluto, si trasforma in finito e condizionato; una parte è tolta dal tutto,
indicando così che Saturno, il Padre degli Dèi, è stato trasformato dalla Durata Eterna in un
periodo limitato. Crono, con la sua falce, abbatte perfino i cicli più lunghi che a noi appaiono
senza fine, e che, peraltro, sono limitati nell’eternità; e con la medesima falce distrugge i
ribelli più potenti. Si, di certo non uno sfuggirà alla falce del Tempo! Che si lodi Dio o gli
Dèi, che si scherniscano l’uno o gli altri, quella falce non tremerà nemmeno durante la
milionesima parte di un secondo nel suo corso ascendente o discendente.
I Titani della Teogonia di Esiodo, in Grecia, furono copiati dai Sura e dagli Asura
dell’India. Questi Titani di Esiodo, gli Uranidi, una volta furono ritenuti essere solo in
numero di sei, ma grazie ad un vecchio frammento di manoscritto che trattava dei miti greci,
è stato scoperto recentemente che invece erano sette, e che il settimo si chiamava Phoreg.
Ciò dimostra pienamente la loro identità con i Sette Rettori. L’origine della Guerra in Cielo e
della Caduta deve, secondo noi, risalire indubbiamente all’India, e probabilmente ad un
periodo molto antecedente alle narrazioni che ne fanno i Purâna poiché la Târakâmaya
avvenne in un’epoca posteriore, e in quasi tutte le Cosmogonie si trova la descrizione di tre
Guerre distinte.
La prima Guerra avvenne nella notte dei tempi fra gli Dèi e gli (A)-sura, e durò per
tutto il periodo di un Anno Divino2. In questa occasione le Divinità furono sconfitte dai
1
[Bisogna ben tenere in mente che Kronos, equiparato a Saturno, padre di Jupiter (Zeus), è totalmente distinto da Chronos
(Crono), Tempo. Certi greci e romani, comunque, noti come essi sono per le false etimologie, confusero i due, e questa
confusione si è tramandata fino ad oggi. Sembrerebbe che Crono (Χρόνοσ), o Khronos, fu elevato al rango di una divinità
personificata o quasi, come Aiōn (Αíων), nel senso di Tempo. Anche Macrobio, nel suo Saturnalia (I, viii, 9), confonde
Saturno con il tempo (tempus). Un numero di passaggi ne La Dottrina Segreta mostrano la stessa incertezza nell’usare l’uno
o l’altro dei termini menzionati. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
Un Giorno di Brahmâ dura 4.320.000.000 di anni — moltiplicate questa cifra per 360! Gli A-sura (non-Dèi, o Demoni)
sono qui ancora dei Sura, Dèi più elevati gerarchicamente di certi Dèi secondari che non sono nemmeno menzionati nei
Veda. La durata della Guerra indica la sua importanza, e prova pure che i combattenti non sono altro che i Poteri Cosmici
personificati. È evidentemente soltanto per ragioni settarie e per odium theologicum che la forma illusoria di Mâyâmoha
assunta da Vishnu, fu attribuita, in pubblicazioni posteriori di antichi testi, a Buddha e ai Daitya, come nel Vishnu Purâna, a
meno che non fosse un’idea immaginaria di Wilson stesso. Egli s’immaginò pure di aver scoperto un’allusione al
Buddhismo nella Bhagavadgitâ, mentre aveva semplicemente fatto confusione fra i Buddhisti ed i Chârvâka materialisti più
antichi, come dimostrò K. T. Telang. Questa versione non esiste in nessuna parte negli altri Purâna, se è vero che si possa,
come afferma il prof. Wilson, desumerlo dal testo del Vishnu Purâna; la cui traduzione, e specialmente quella del Libro III,
cap. XVIII, dove il venerando orientalista introduce arbitrariamente Buddha, e ce lo mostra mentre insegna il Buddhismo ai
315
Daitya, sotto il comando di Hrâda. In seguito però, grazie ad uno stratagemma di Vishnu al
quale gli Dèi sconfitti chiesero soccorso, questi ultimi vinsero gli Asura. Nel Vishnu Purâna
non si trova nessun intervallo fra le due guerre. Secondo la Dottrina Esoterica, invece, la
prima guerra ha luogo prima della formazione del Sistema Solare, la seconda sulla Terra al
momento della “creazione” dell’uomo, e si parla infine di una terza Guerra che avvenne alla
fine della Quarta Razza, fra gli Adepti di questa e quelli della Quinta Razza, e cioè fra gli
Iniziati della “Isola Sacra” e gli Stregoni dell’Atlantide. Noi parleremo della prima lotta
come è descritta da Parâshara, cercando di separare le due narrazioni che sono mescolate
deliberatamente.
In esse si narra che, siccome i Daitya e gli Asura erano occupati nell’adempimento
dei doveri delle loro rispettive caste (Varna) e seguivano la via prescritta dalle Sacre
Scritture, praticando pure le penitenze religiose — una singolare occupazione per dei
Demoni, se essi sono, come si pretende, identici ai nostri Diavoli, — agli Dèi era impossibile
distruggerli. Le preghiere rivolte a Vishnu dagli Dèi sono curiose, in quanto pongono in
rilievo le idee implicite nel concetto di Divinità antropomorfica. Dopo la loro disfatta,
essendosi rifugiati sulla costa settentrionale dell’Oceano Latteo (l’Oceano Atlantico)1, gli
Dèi sconfitti rivolsero molte suppliche al primo degli Esseri, il divino Vishnu, e fra le altre la
seguente:
Gloria a te, che sei uno con i Santi, la cui natura perfetta è benedetta in sempiterno, e che attraversa
senza impedimenti tutti gli elementi permeabili. Gloria a te, che sei uno con la Razza del Serpente, biforcuto,
impetuoso, crudele, insaziabile di godimenti e che possiede grandi ricchezze... Gloria a te...O Signore, che non
hai nè colore nè estensione, né dimensione (ghana), nè alcuna qualità predicabile, e la cui essenza (rûpa), la
più pura fra le pure, è apprezzabile soltanto dai santi Pamarshi (i più grandi dei Saggi o Rishi). Noi ci
inchiniamo dinanzi a te, nella natura di Brahmâ, increata, imperitura (avyaya); che sei nei nostri corpi e in tutti
gli altri corpi, e in tutte le creature viventi, ed oltre al quale niente esiste. Noi glorifichiamo quel Vasudeva, il
Signore (di tutto), che è senza macchia, che è il seme di tutte le cose, esente da dissoluzione, increato ed eterno;
essendo in essenza, Paramapadâtmavat (oltre della condizione dello Spirito) e nella sua sostanza (rûpa),
l’insieme di questo (Universo)”.2
Abbiamo citato quanto sopra come un esempio del campo enorme che i Purâna
offrono ad una critica ostile ed erronea da parte di qualsiasi europeo bigotto che basi le sue
opinioni riguardo una Religione diversa dalla propria, su semplici apparenze esteriori.
Chiunque sia abituato a sottoporre ciò che legge ad un’analisi intelligente, vedrà
immediatamente l’incongruenza di rivolgersi all’ “Inconoscibile”, all’Assoluto senza forma e
senza attributi, come i vedantini definiscono Brahman, “uno con la Razza del Serpente,
biforcuto, crudele ed insaziabile”, associando così l’astratto con il concreto e attribuendo
degli aggettivi a ciò che è libero da qualsiasi limitazione e condizionato. Il prof. Wilson
stesso, dopo aver vissuto tanti anni in India, circondato da Brâhmani e da Pandit, avrebbe
dovuto comprendere meglio — ma perfino quel dotto non si lasciò sfuggire nessuna
occasione per criticare le Sacre Scritture indù a questo riguardo. Così egli esclama:
I Purâna insegnano costantemente dottrine incompatibili! Secondo questo passo3, l’Essere Supremo
non è soltanto la causa inerte della creazione, ma esercita le funzioni di una provvidenza attiva. Il
Daitya, ebbe come conseguenza un’altra “grande guerra” fra lui ed il Col. Vans Kennedy. Quest’ultimo lo accusò
pubblicamente di avere travisato volutamente i testi Purânici. “Io affermo”, scrisse il Colonnello a Bombay nel 1840, “che i
Purâna non contengono quanto il prof. Wilson ha affermato che sia contenuto in essi......fino a quando quei passi non
saranno mostrati, ho il diritto di riaffermare le mie precedenti conclusioni, e cioè che le opinioni del prof. Wilson, secondo le
quali i Purâna, come esistono attualmente, sono stati compilati fra l’ottavo ed il diciassettesimo secolo (d. C.), poggiano
soltanto su gratuite supposizioni ed infondate asserzioni; e che i ragionamenti con i quali cerca di sostenerle sono futili,
fallaci, contraddittori, o inverosimili”. (Vedere Vishnu Purâna, tradotto da Wilson, edito da Fitzedward Hall, Vol. V,
Appendice pag. 373).
1
Questa narrazione si riferisce alla terza Guerra, poiché vi si parla dei continenti terrestri, dei mari e dei fiumi.
2
Vishnu Purâna, III, XVII. (Wilson, Vol. III, pag. 203-5).
3
Libro I, cap. XVII. (Wilson, Vol. II, pag. 36) nella storia di Prahlâda — il figlio di Hiranyakashipu, il Satana Purânico, il
grande nemico di Vishnu, ed il Re dei Tre Mondi — nel cuore del quale entrò Vishnu.
316
Commentatore cita un testo dei Veda in appoggio a questo modo di vedere: “L’Anima Universale, entrando
negli uomini, governa la loro condotta. Le incongruenze, del resto, sono tanto frequenti nei Veda quanto nei
Purâna.
Meno frequenti in verità che nella Bibbia Mosaica. Ma i pregiudizi sono grandi nei
cuori dei nostri orientalisti e, specialmente in quelli dei nostri eruditi “Reverendi”. L’Anima
Universale non è la causa inerte della Creazione o (Para) Brahman, ma semplicemente ciò
che noi chiamiamo il Sesto Princìpio del Cosmo Intellettuale, sul piano manifestato
dell’essere. È Mahat o Mahâbuddhi, la Grande Anima, il Veicolo dello Spirito, il primo
riflesso primordiale della CAUSA senza forma, e ciò che è perfino al di là dello Spirito.
Questo per quanto concerne l’attacco ingiustificato del prof. Wilson contro i Purâna. Quanto
all’apparentemente incongruo appello rivolto a Vishnu da parte degli Dèi sconfitti, ne
troviamo la spiegazione nel testo stesso del Vishnu Purâna, se soltanto gli orientalisti
volessero prestarvi attenzione. La filosofia insegna che vi è un Vishnu in qualità di Brahmâ,
e un Vishnu sotto i suoi due aspetti. Non vi è che un solo Brahman, che è “essenzialmente
Prakriti e Spirito”.
Questa ignoranza è espressa sinceramente ed ammirevolmente nelle laudi che gli
Yogi rivolgono a Brahmâ, “il sostegno della terra”, quando dicono:
Coloro che non hanno praticato la devozione si fanno un’idea errata della natura del mondo. Gli
ignoranti, che non comprendono che questo Universo è della natura della Saggezza e lo giudicano come un
semplice oggetto di percezione, sono smarriti nell’oceano dell’ignoranza spirituale. Ma coloro che conoscono
la vera Saggezza, e le cui menti sono pure, contemplano questo mondo intero come essendo uno con la Divina
Conoscenza, come uno con te, o Dio! Sii propizio, o Spirito universale!1
Quindi non è Vishnu “la causa inerte della creazione”, che esercita le funzioni di una
Provvidenza Attiva, ma l’Anima Universale, quella che nel suo aspetto materiale Éliphas
Lévi chiama la Luce Astrale. E quest’Anima è, nel suo aspetto duale di Spirito e di Materia,
il vero Dio antropomorfico dei teisti, poiché questo Dio è una personificazione di
quell’Agente Creatore Universale, al tempo stesso puro ed impuro, a causa della sua
condizione manifestata e della sua differenziazione in questo Mondo Mâyâvico —
veramente Dio e Diavolo. Ma il prof. Wilson non seppe vedere come Vishnu, sotto questo
aspetto, somigli strettamente al Signore Iddio d’Israele, “specialmente nelle sue abitudini di
inganno, di tentazione e di astuzia”.
Questo è indicato chiaramente nel Vishnu Purâna, poiché vi è detto:
Alla fine delle loro preghiere (stotra) gli Dèi videro la Divinità Sovrana Hari (Vishnu) armata dello
scudo, del disco e dell’asta, cavalcante su Garuda.2
Ora, Garuda è il Ciclo Manvantarico, come dimostreremo a suo tempo. Quindi
Vishnù è la Divinità nello Spazio e nel Tempo, il Dio particolare dei Vaishnava. Gli Dèi di
questo genere sono chiamati, nella Filosofia Esoterica, tribalici o razziali, e cioè, essi fanno
parte dei molteplici Dhyâni o Dèi, o Elohim, uno dei quali fu generalmente scelto, per
qualche ragione speciale, da una nazione o da una tribù, e divenne così gradatamente un
“Dio al disopra di tutti gli altri Dèi”,3 il “Dio supremo”, come Jehovah, Osiride, Bel, o uno
qualsiasi degli altri Sette Reggenti.
“L’albero si riconosce dai frutti”, la natura di un Dio dalle sue azioni. Noi dobbiamo
giudicare queste azioni sia dalla lettera morta delle narrazioni, sia accettandole
allegoricamente. Se confrontiamo i due — Vishnu quale difensore e campione degli Dèi
sconfitti, e Jehovah quale difensore e campione del popolo “eletto”, chiamato così senza
dubbio per antifrasi poiché furono gli ebrei che scelsero quel Dio “geloso” — constateremo
che entrambi adoperano l’inganno e l’astuzia. Essi agiscono così in base al princìpio che “il
fine giustifica i mezzi”, onde aver ragione dei loro rispettivi oppositori e nemici — i
1
Ibid., I, IV (Wilson, Vol. 1, 64).
Ibid, Book III, ch. XVII; Wilson, Vol. III, pag. 205.
3
Cronache, II, 5.
2
317
Demoni. Così, secondo i cabalisti, mentre Jehovah assume la forma del Serpente tentatore
nel Giardino di Eden, invia Satana con una missione speciale per tentare Giobbe, tribola ed
annoia il Faraone con Sara, la moglie di Abramo, e “indurisce” il cuore di un altro Faraone
contro Mosè, non essendovi altra opportunità che colpire le sue vittime “con delle grandi
piaghe”; Vishnu è rappresentato nei Purâna mentre fa ricorso ad un inganno non meno
indegno di qualsiasi Dio rispettabile.
Gli Dèi sconfitti si rivolgono a Vishnu nei seguenti termini:
Abbi compassione di noi, o Signore, e proteggici, che siamo venuti a te per chiedere il tuo aiuto contro
i Daitya (Demoni)! Essi si sono impadroniti dei tre mondi e si sono appropriati delle offerte che ci spettavano,
avendo cura di non trasgredire i precetti dei Veda. Quantunque noi, come essi, siamo parti di te1……..
occupati (come essi sono)... nelle vie prescritte dalle sacre scritture... ci è impossibile distruggerli. Insegnaci tu,
la cui saggezza è incommensurabile (Ameyâtman), qualche stratagemma mediante il quale ci sia possibile
sterminare i nemici degli Dèi!
Quando il potente Vishnu udì la loro richiesta, emise dal proprio corpo una forma illusoria
(Mâyâmoha, “l’ingannatrice mediante illusione”) che dette agli Dèi, dicendo loro: “Questa Mâyâmoha
ingannerà completamente i Daitya, per cui, essendo fuorviati dal sentiero dei Veda, essi possano essere uccisi...
Andate dunque e non temete. Lasciate che questa visione illusoria vi preceda. Essa vi renderà oggi un grande
servizio, o Dèi!”.
Dopo ciò, la grande Illusione (Mâyâmoha), essendosi inoltrata (sulla terra), vide i Daitya occupati in
penitenze ascetiche, e avvicinandosi ad essi sotto l’aspetto di un Digambara (mendicante nudo), con la testa
rasata... rivolse loro le seguenti parole, in un tono dolce: “O Signore della razza dei Daitya, perché praticate voi
questi atti di penitenza?”, ecc.2
Finalmente i Daytya furono sedotti dalle astute parole di Mâyâhoma, come Eva fu
sedotta dai consigli del Serpente. Essi rinnegarono i Veda. Il dott. Muir traduce così questo
passo:
La grande Ingannatrice, adoperando l’illusione, ingannò successivamente altri Daitya mediante molte
differenti specie di eresie. In brevissimo tempo, questi Asura (Daitya), truffati dall’Ingannatrice (che era
Vishnu) abbandonarono l’intero sistema basato sui comandamenti del triplice Veda. Alcuni oltraggiarono i
Veda, altri il cerimoniale del sacrificio, ed altri ancora i Brâhmani. Questa (essi esclamarono) è una dottrina che
non può sostenere la discussione: l’uccisione (degli animali per il sacrificio) non giova ad alcun merito
religioso. (Dire che) le offerte di burro, consumate dal fuoco, genereranno delle ricompense future, è
un’asserzione infantile... Se fosse vero che un animale ucciso in sacrificio è elevato al cielo, perché allora
l’adoratore non uccide il proprio padre?... Parole infallibili non piombano dai cieli, grandi Asura, soltanto le
asserzioni basate sul ragionamento sono accettate da me e da altre persone (intelligenti) come voi stessi! Così,
con mezzi vari e numerosi i Daitya furono perturbati dalla grande Ingannatrice (la Ragione)... Quando i Daitya
furono entrati sulla via dell’errore, gli Dèi raccolsero tutte le loro energie e si avvicinarono per combattere.
Ebbe luogo allora un combattimento fra gli Dèi e gli Asura; e questi ultimi, che avevano abbandonato la retta
via, furono disfatti dai primi. Nel passato erano stati protetti dall’armatura della giustizia che essi indossavano,
ma quando questa fu distrutta, essi pure perirono.3
Qualunque cosa si possa pensare degli indù, nessuno dei loro nemici può considerarli
come insensati. Un popolo, i cui Santi ed i cui Saggi hanno lasciato in retaggio al mondo le
più grandi e le più sublimi filosofie che siano mai state concepite da menti umane, deve aver
saputo conoscere la differenza fra il giusto ed il falso. Perfino un selvaggio sa distinguere il
bianco dal nero, il bene dal male, e l’inganno dalla sincerità e dalla veridicità. Coloro che
narrarono questo episodio nella biografia del loro Dio, devono aver compreso che in questo
caso quel Dio era il Grande Ingannatore; e i Daitya che “mai trasgredirono i precetti dei
Veda”, rappresentavano la parte luminosa in questi avvenimenti, ed erano i veri “Dèi”.
Doveva dunque esserci, e vi è in realtà, un significato segreto celato sotto questa allegoria. In
nessuna classe della società, in nessuna nazione, l’inganno e l’astuzia sono considerati come
virtù divine — eccetto forse negli ambienti clericali dei teologi e dei Gesuiti moderni.
1
“Ora avvenne un dì che i Figli di Dio vennero a presentarsi davanti al Signore, e Satana venne anch’egli con i suoi fratelli a
presentarsi davanti al Signore”. (Giobbe, II, Abyss. testo etiopico).
2
Ibid., Vol. III, 205-7.
3
Journal of the Royal Asiat. Society, XIX, 302.
318
Il Vishnu Purâna1, come tutte le altre opere di questo genere, cadde più tardi nelle
mani dei Brâhmani dei templi, e gli antichi manoscritti furono indubbiamente deformati da
sèttari. Vi fu un tempo però in cui i Purâna erano opere esoteriche, e lo sono tuttora per gli
Iniziati che possono leggerli con la chiave che è in loro possesso.
Se gli Iniziati Brâhmani riveleranno un giorno il significato completo di queste
allegorie, è una questione che non riguarda l’autrice della presente opera. Il suo scopo attuale
è di dimostrare che, pur onorando i Poteri Creatori sotto le loro molteplici forme, nessun
filosofo ha mai potuto accettare, nè ha mai accettato alla lettera, l’allegoria, scambiandola
per il suo vero spirito, eccetto forse qualche filosofo appartenente alle razze cristiane attuali
“superiori e civilizzate”.
Poiché, come abbiamo visto, Jehovah non è per niente superiore a Vishnu sul piano
morale. Questa è la ragione per cui gli occultisti, e perfino alcuni cabalisti, considerino o no
quelle Forze creatrici come Entità viventi e coscienti — e non si sa perché non dovrebbero
essere considerate in tal modo — non confonderanno mai la Causa con l’effetto, nè
scambieranno lo Spirito della Terra con Parabrahman o Ain Suph. In ogni caso, essi
conoscono bene la vera natura di ciò che era chiamato dai greci Padre-Ǽther, Giove-Titano,
ecc. Essi sanno che l’Anima della Luce Astrale è divina, e che il suo Corpo — le Onde della
Luce sui piani inferiori — è infernale. Questa Luce è simboleggiata nello Zohar dalla “Testa
Magica”, la Doppia Faccia sulla Doppia Piramide; la Piramide nera che si innalza su un
suolo di un biancore puro, con una Testa ed una Faccia bianche nell’interno del suo
Triangolo nero; la Piramide Bianca rovesciata — riflesso della prima nelle Acque tenebrose
— lasciando vedere il riflesso nero della Faccia bianca.
Questa è la Luce Astrale, o Demon est Deus Inversus.
__________
1
L’opinione di Wilson che il Vishnu Purâna è una produzione della nostra èra, e che, nella sua forma presente, essa risale al
periodo intercorrente fra l’VIII ed il XVII (!) secolo, è di un’assurdità che passa tutti i limiti.
319
SEZIONE XII
LA TEOGONIA DEGLI DÈI CREATORI
Per ben comprendere l’idea sottostante a tutte le Cosmologie antiche è necessario
studiare e fare l’analisi comparata di tutte le grandi religioni dell’antichità, poiché è soltanto
con questo metodo che l’idea fondamentale può essere posta chiaramente in evidenza. Se la
scienza esatta sapesse elevarsi ad una tale altezza, riconducendo le operazioni della Natura
alla loro sorgente definitiva ed originale, chiamerebbe questa idea la Gerarchia delle Forze.
La concezione originale trascendente e filosofica era unica. Ma quando i sistemi, con
il trascorrere del tempo, cominciarono a riflettere sempre più le idiosincrasie delle nazioni, e
quando queste nazioni, dopo essersi separate, si assestarono in gruppi distinti, ciascuno dei
quali evolveva lungo il solco particolare della propria nazione o tribù, l’idea principale fu
gradatamente sopraffatta e velata dall’eccessivo sviluppo dell’immaginazione umana.
Mentre in alcuni paesi le Forze, o piuttosto i Poteri intelligenti della Natura, ricevettero onori
divini che non spettavano loro, in altri paesi civilizzati — come adesso in Europa — l’idea
stessa che tali Forze siano dotate di intelligenza sembra assurda, ed è proclamata come
antiscientifica. Per cui ci sentiamo confortati nel leggere esposizioni come quelle contenute
nell’introduzione di Asgard and the Gods, “Racconti e tradizioni dei nostri Antenati
Nordici”, edito da W. S. W. Anson che dice:
Per quanto nell’Asia Centrale o sulle sponde dell’Indo, nel paese delle Piramidi, nelle penisole della
Grecia e dell’Italia, e anche del Nord, dove emigrarono celti, teutoni e slavi, le concezioni religiose dei popoli
abbiano rivestito forme differenti, pure la loro origine comune è tuttora percettibile.
Noi richiamo l’attenzione sul rapporto esistente fra le storie degli Dèi, il pensiero profondo racchiuso
in esse e la loro importanza, affinché il lettore possa vedere che non si tratta di un mondo magico dovuto ad
un’immaginazione errante che si dischiude dinanzi a lui, bensì che... la Vita e la Natura formavano le basi
dell’esistenza e dell’azione di queste divinità”1
E, per quanto sia impossibile a qualsiasi occultista o studioso di Esoterismo Orientale
condividere la strana idea che i concetti religiosi delle nazioni più famose dell’antichità sono
collegati con l’inizio della civiltà fra le razze germaniche”,2 tuttavia si compiace nel vedere
espresse verità come questa: “Questi racconti di fate non sono storie insensate, scritte per
passatempo degli oziosi, ma racchiudono la profonda Religione dei nostri antenati”.3
Precisamente così. E non solo la loro Religione, ma anche la loro Storia, poiché un
mito, in greco µϋθος, significa tradizione orale, trasmessa di bocca in bocca da una
generazione all’altra, e perfino nell’etimologia moderna questo vocabolo ha il significato di
storia favolosa che esprime qualche verità importante, la storia di qualche personaggio
straordinario, alla cui biografia la fervida immaginazione popolare ha dato uno sviluppo
eccessivo, a causa della venerazione di una serie successiva di generazioni, ma che non è
interamente una favola. Come i nostri antenati, gli ariani primitivi, noi crediamo fermamente
nella personalità ed intelligenza di più di una delle Forze che producono i fenomeni nella
Natura.
Con il trascorrere del tempo, l’insegnamento arcaico divenne meno chiaro e le
nazioni perdettero più o meno di vista il Princìpio Superiore ed Unico di tutte le cose, e
cominciarono a trasferire gli attributi astratti della Causa senza Cause agli effetti causati, che
divennero a loro volta causativi, i Poteri Creatori dell’Universo; le grandi nazioni agivano
così per timore di profanare l’Idea, e quelle minori perché incapaci ad afferrarla, oppure
1
Asgard and the Gods, pag. 3.
Asgard and the Gods, pag. 2.
3
Ibidem., pag. 21.
2
320
perché mancavano del potere di concezioni filosofiche necessarie a conservarla in tutta la
sua purezza immacolata. Tutte quante però, ad eccezione delle ultime nazioni ariane,
divenute adesso europee e cristiane, testimoniano questa venerazione nelle loro Cosmogonie.
Come dimostra Thomas Taylor1, il più intuitivo di tutti i traduttori dei Frammenti Greci,
nessuna nazione ha mai considerato il Princìpio Unico come il Creatore dell’Universo
visibile, poiché nessun uomo potrebbe immaginarsi un ideatore ed architetto che debba
costruire con le proprie mani l’edificio che egli ammira. Secondo la testimonianza di
Damascio, nella sua opera intitolata Sui Primi Princìpi (Περί Πρώτων ̀Αρχών) ci si riferiva
ad esso come alla “Tenebra Sconosciuta”. I babilonesi passavano sotto silenzio questo
princìpio. “A quel Dio”, dice Porfirio nel suo trattato Sull’Astinenza (Περί άποχήζ τών
έµψύχων) “che è al di sopra di tutte le cose, non debbono essere rivolte né parole articolate
né pensieri interiori”.
Esiodo comincia la sua Teogonia con le parole: “Il Chaos fu generato prima di tutte
le altre cose”,2 lasciando in tal modo desumere che la sua Causa o il suo Creatore doveva
essere passato rispettosamente sotto silenzio. Omero, nei suoi poemi, non si innalza mai al di
sopra della Notte, che egli rappresenta come venerata da Giove. Secondo tutti i teologi
antichi e secondo le dottrine di Pitagora e di Platone, Zeus, o l’Artefice immediato
dell’Universo, non è il Dio più elevato, precisamente come Sir Cristopher Wren,3 nel suo
aspetto fisico ed umano, non è la Mente che risiede in lui e che ha prodotto le sue grandi
opere d’arte. Di conseguenza, Omero non solo passa sotto silenzio il Primo Princìpio, ma
tratta con eguale venerazione anche i due Princìpi che vengono immediatamente dopo,
l’Ǽther e il Chaos di Orfeo e di Esiodo, ed il Finito e l’Infinito di Pitagora e di Platone.4
Proclo dice di questo Altissimo Princìpio che esso è “l’Unità delle Unità e al di là del primo
Adyta... più ineffabile di ogni Silenzio e più occulto di ogni Essenza… celata fra gli Dèi
intelligibili”5.
Potremmo aggiungere ancora qualche cosa a quanto scriveva Thomas Taylor nel
1797, e cioè che “sembra che “gli ebrei non si siano elevati al di sopra... dell’immediato
Artefice dell’Universo, poiché Mosè parla delle tenebre che erano sopra la faccia dell’abisso,
senza nemmeno insinuare che la loro esistenza fosse dovuta ad una causa”6. Gli ebrei, nella
loro Bibbia — che è un’opera puramente esoterica e simbolica — non hanno mai degradato
la loro divinità metaforica così profondamente come i cristiani, che accettarono Jehovah
come loro Dio vivente, unico e tuttavia personale.
Questo Primo Princìpio, o piuttosto questo Princìpio Unico, era chiamato il “Cerchio
del Cielo”, simboleggiato dallo ierogramma rappresentante un punto in un Cerchio, oppure
dentro un Triangolo Equilatero; ed il Punto era il Logos. Così nel Rig Veda, nel quale
Brahmâ non viene nemmeno nominato, la Cosmogonia ha inizio con Hiranyagarba, “l’Uovo
d’Oro”, e con Prajâpati (in seguito Brahmâ), dal quale emanano tutte le Gerarchie dei
“Creatori”. La Monade o Punto, è l’origine, ed è l’Unità da cui deriva l’intero sistema
numerico. Questo Punto è la Causa Prima, ma QUELLO da cui esso emana, o del quale è
piuttosto l’espressione, o Logos, è passato sotto silenzio. A sua volta il simbolo universale, il
Punto nel Cerchio, non era ancora l’Architetto, ma la Causa di quell’Architetto; e il rapporto
1
Vedi The Monthly Magazine, aprile 1897.
˝Ητοι µέν πρώτιστα Χάος γένετ’ (I,66); γένετο essendo considerato nell’antichità con il significato di “fu generato” e non
semplicemente “fu”. (Vedi “Introduzione al Parmenide di Platone”, di Taylor, pag. 260).
3
[Famoso architetto e scienziato inglese (1632 – 1723). Dopo il grande incendio di Londra nel 1666, ricostruì la città. –
N.d.T.]
4
È la confusione fra il “Finito” e “l’Infinito” che Kapila ricolma di sarcasmi nelle sue discussioni con i Brâhmani.
5
Ibid.
6
Vedi l’articolo di T. Taylor nel suo Monthly Magazine, citato nel Platonist del febbraio 1887 edito da T. M. Johnson,
Osceola, Missouri.
2
321
fra quest’ultimo ed il Punto era esattamente il medesimo di quello esistente fra il Punto
stesso e la Circonferenza del Cerchio, rapporto che, secondo Ermete Trismegisto, non può
essere definito. Porfirio dimostra che la Monade e la Diade di Pitagora sono identiche
all’Infinito ed al Finito di Platone, nel Philebus, o ciò che Platone chiama ˝απειρον e πέρας.
È solo la Diade, la Madre, che è sostanziale, essendo la Monade la “Causa di tutta
l’Unità e la misura di tutte le cose”1; la Diade, Mulaprakriti, il Velo di Parabrahman, è
rappresentata quindi come Madre del Logos e sua Figlia allo stesso tempo — cioè l’oggetto
della sua percezione — il generatore generato e la sua propria causa secondaria. Secondo
Pitagora, la Monade ritorna nel Silenzio e nelle Tenebre non appena ha evoluto la Triade,
dalla quale emanano i rimanenti 7 numeri dei 10 numeri che sono la base dell’Universo
Manifestato. Lo stesso avviene nella Cosmogonia Scandinava.
In princìpio vi era un grande Abisso (il Chaos); non esistevano né il Giorno né la Notte; l’abisso era
Ginnungagap, l’abisso spalancato, senza princìpio e senza fine. Il Padre di tutto, l’Increato, l’Invisibile,
dimorava nelle profondità dell’Abisso (lo Spazio) e volle, e ciò che egli volle venne in esistenza.2
Come nella Cosmogonia indù, l’evoluzione dell’Universo è divisa in due atti, che in
India sono chiamati la Creazione Prâkrita e la Creazione Pâdma. Prima che i caldi raggi
emananti dalla Sorgente di Splendore avessero risvegliato la vita nelle Grandi Acque dello
Spazio, apparvero gli Elementi della Prima Creazione, e da essi fu formato il Gigante Ymir o
Örgelmir (letteralmente, Argilla Bollente), la Materia Primordiale differenziata dal Chaos.
Segue quindi la Vacca Audumla, la Nutrice3, dalla quale nacque Buri, il Produttore, il cui
figlio Bör (Born) ebbe da Bestla, figlia dei Giganti del Ghiaccio, i figli di Ymir, tre figli,
Odino, Willi e We, o lo Spirito, la Volontà e la Santità. Questo avveniva quando le Tenebre
regnavano ancora attraverso lo Spazio, quando gli Ase, i Poteri Creatori, o Dhyân Chohan,
non erano ancora evoluti, e Yggdrasil, l’Albero dell’Universo del Tempo e della Vita, non
era ancora cresciuto e non vi era ancora il Walhalla, o Aula degli Eroi. Le leggende
scandinave sulla Creazione della nostra Terra e del Mondo, cominciano con il Tempo e con
la Vita umana. Tutto ciò che li precede è per essi Tenebre, nelle quali dimora il Padre di
tutto, la Causa di tutto.
Come fa osservare l’editore di Asgard and the Gods, per quanto queste leggende
contengano l’idea di quel Padre di tutto, la causa originale di tutto, esso è menzionato appena
nei poemi, non perché, come egli pensa, prima che fosse predicato il Vangelo l’idea “non
poteva assurgere ad una chiara concezione dell’Eterno”, ma a causa del suo profondo
carattere esoterico.
Perciò tutti gli Dèi Creatori o Divinità Personali cominciano allo stadio secondario
dell’Evoluzione Cosmica. Zeus è nato in Crono e da Crono — il Tempo. Così pure Brahmâ è
il prodotto e l’emanazione di Kâla, “l’Eternità e il Tempo”, essendo Kâla uno dei nomi di
Vishnu. Quindi troviamo Odino, il Padre degli Dèi e degli Ase, come Brahmâ è il Padre degli
Dèi e degli Asura; e così pure constatiamo il carattere androgino di tutti i principali Dèi
Creatori, dalla seconda Monade dei greci fino alla Sephira Adamo Kadmon, fino a Brahmâ o
al Prajâpati-Vâch dei Veda, e fino all’androgino di Platone, che è soltanto un’altra versione
del simbolo indiano.
La migliore definizione metafisica della Teogonia primitiva, nello spirito dei
vedantini, si trova nelle “Note sulla Bhagavad Gîtâ” di T. Subba Row. Parabrahman, lo
Sconosciuto e l’Inconoscibile, come dice il conferenziere al suo uditorio:
Non è l’Ego, non è Non-Ego e non è coscienza... non è nemmeno Âtmâ... ma per quanto esso stesso
non sia un oggetto suscettibile di conoscenza, pure è capace di sostenere e di dare origine ad ogni specie di
1
Giamblico, Vita di Pitagora, pag. 47.
Asgard and the Gods, pag. 22.
3
Vâch — la “vacca melodiosa, da cui si trae il nutrimento e l’Acqua”, e che ci concede “nutrimento e sostentamento”, come
è descritto nel Rig Veda.
2
322
oggetti e ad ogni specie di esistenze che diventano oggetti di conoscenza... (Esso è) l’essenza unica dalla quale
prende origine un centro di energia... (che egli chiama il Logos).1
Questo Logos è lo Shabda Brahman degli indù, che egli non vuole neppure chiamare
Îshvara (il “Signore” Iddio), per timore che questa parola crei confusione nella mente del
pubblico. È l’Avalokiteshvara dei buddhisti, il Verbo dei cristiani nel suo significato
realmente esoterico, e non nella sua contraffazione teologica.
È il primo Jñâta, o Ego nel Cosmo, ed ogni altro Ego... non è che il suo riflesso e manifestazione...
Esso esiste in una condizione latente in seno a Parabrahman, all’epoca del Pralaya... (Durante il Manvantara) ha
una coscienza e una individualità propria... (È un centro di energia, però) tali centri di energia sono quasi
innumerevoli in seno a Parabrahman. Non si deve supporre che (neppure) questo Logos sia (il Creatore o ciò
che è) un unico centro di energia... Il loro numero è quasi infinito...
(Questo) è il primo Ego che appare nel Cosmo, ed è il termine di tutta l’evoluzione. (È l’Ego
astratto)... Questa è la prima manifestazione (o aspetto) di Parabrahman... Quando comincia la sua esistenza
come essere cosciente... dal suo punto di vista oggettivo, Parabrahman... apparve ad esso Mûlaprakriti. Tenete
ciò bene in mente... poiché qui si trova la radice di tutte le difficoltà relative a Purusha e a Prakriti incontrate
dai vari autori che hanno trattato la filosofia vedantina... Questa Mûlaprakrti è materiale per esso (il Logos),
come qualsiasi oggetto materiale è materiale per noi. Questa Mûlaprakriti non è Parabrahman più di quanto il
fascio di attributi che adornano una colonna sia la colonna stessa; Parabrahman è una realtà incondizionata ed
assoluta, e Mûlaprakriti è una specie di velo gettato su di esso. Parabrahman, per se stesso, non può essere visto
come è. È visto dal Logos con un velo gettato su di esso, e quel velo è la potente estensione della Materia
Cosmica... Parabrahman, dopo essere apparso da un lato come l’Ego e dall’altro come Mûlaprakriti, agisce
attraverso i1 Logos quale un’unica energia”.2
E il conferenziere spiega, mediante una bella similitudine, ciò che intende dire
parlando dell’attività di qualche cosa che è Niente pur essendo IL TUTTO. Egli paragona il
Logos al Sole, attraverso il quale si irradiano luce e calore, ma la cui energia, la cui luce e il
cui calore esistono nello Spazio in una condizione ignota, e sono diffusi nello Spazio stesso
soltanto sotto la forma visibile di luce e di calore, essendo il Sole soltanto l’agente di essi.
Questa è la prima ipostasi triadica. Il quaternario è costituito dalla luce che dà energia
riversata dal Logos.
I cabalisti ebraici esprimevano ciò in un modo esotericamente identico a quello dei
vedantini. Essi insegnavano che Ain Suph non poteva essere compreso; non poteva essere né
localizzato né nominato, per quanto fosse la Causa Senza-Causa di tutto. Quindi il suo nome,
Ain Suph, è un termine di negazione, “l’Inscrutabile, l’Inconoscibile, l’Innominabile. “Essi
ne fecero quindi un Cerchio Illimitato, una Sfera della quale l’intelletto umano, nel suo
massimo sforzo, poteva percepire soltanto la volta. Un autore che ha decifrato a fondo molti
enigmi del sistema cabalistico, parlando di uno dei suoi significati, e cioè del suo esoterismo
numerico e geometrico, dice:
Chiudete gli occhi e, servendovi della vostra facoltà di percezione cosciente, cercate di proiettare il
vostro pensiero al di fuori, fino ai più estremi limiti, in tutte le direzioni. Constaterete così che linee eguali, o
raggi di percezione, si estendono uniformemente in tutte le direzioni, cosicchè il massimo sforzo di percezione
terminerà e costituirà la volta di una sfera. Il limite di questa sfera sarà necessariamente un grande Cerchio, ed i
raggi diretti del pensiero, in ogni e qualsiasi direzione, debbono essere raggi in linea retta del cerchio. Questo
dunque deve essere, dal punto di vista umano, l’estremo limite del concetto che abbraccia tutto intero l’Ain
Suph manifestato, quello che si traduce sotto una forma geometrica, e cioè sotto quella di un cerchio, con i suoi
elementi costituiti da una circonferenza curva e da un diametro in linea retta diviso in raggi. Quindi, una forma
geometrica è il primo mezzo riconoscibile di collegamento tra Ain Suph e l’intelligenza dell’uomo.3
Questo grande Cerchio, che l’Esoterismo Orientale riduce al Punto in un Cerchio Illimitato,
è I’Avalokiteshvara, il Logos, o Verbo, di cui parla T. Subba Row. Però questo Cerchio, o
Dio manifestato, per noi è sconosciuto, eccetto che attraverso il suo Universo manifestato,
poiché esso è l’UNO, poiché così è più facile, o piuttosto, più accessibile, alle nostre
1
The Theosophist, febbraio 1887, pp. 302-3.
Ibid., pag. 304.
3
The Masonic Review, giugno 1886.
2
323
concezioni più elevate. Questo Logos che dorme in seno a Parabrahman, durante il Pralaya,
come il nostro “Ego è latente (in noi) durante il tempo di Sushupti” o sonno; che può
conoscere Parabrahman solo sotto la forma di Mûlaprakriti — essendo quest’ultima un Velo
Cosmico, che è “la potente estensione della Materia Cosmica” — è dunque soltanto un
organo nella Creazione Cosmica, attraverso il quale si irradiano l’Energia e la Saggezza di
Parabrahman, sconosciuto al Logos come lo è a noi stessi. Inoltre, siccome il Logos è a noi
tanto sconosciuto quanto Parabrahman è, in realtà, sconosciuto al Logos stesso, sia
l’Esoterismo Orientale che la Cabala, per portare il Logos entro il raggio dei nostri concetti,
hanno tradotto le sintesi astratte in immagini concrete, e cioè nelle riflessioni di aspetti
molteplici di quel Logos, o Avalokiteshvara, Brahmâ, Ormazd, Osiride, Adamo Kadmon o
qualsiasi altro nome si voglia dare ad esso; questi aspetti, o emanazioni manvantariche, sono
i Dhyân Chohan, l’Elohim, i Deva, gli Amshaspend, ecc. Secondo T. Subba Row, i
metafisici descrivono la radice e il germe di questi ultimi come prima manifestazione di
Parabrahman, “la trinità più elevata che noi possiamo comprendere”, che è Mûlaprakriti, il
Velo, il Logos e l’Energia Cosciente di quest’ultimo, o il suo Potere, la sua Luce, che sono
chiamati nella Bhagavad Gîtâ: Daiviprakriti, o “Materia, Forza ed Ego, o radice unica del
Sé, di cui ogni altro sé non è che una manifestazione o un riflesso”. È dunque soltanto in
questa Luce della coscienza, di percezione mentale e fisica, che l’Occultismo pratico può
rendere visibile il Logos mediante figure geometriche, le quali, se saranno studiate
attentamente, daranno non solo una spiegazione scientifica dell’esistenza reale ed oggettiva1
dei “Sette Figli della Divina Sophia”, che è questa Luce del Logos, ma mostreranno pure, per
mezzo di altre chiavi che non sono ancora state scoperte, che per quanto concerne l’Umanità,
questi “Sette Figli” e le loro innumerevoli emanazioni, o centri di energia personificata, sono
una necessità assoluta. Se li scartate, il Mistero dell’Essere e dell’Umanità non sarà mai
risolto e non ci avvicineremo neppure a tale soluzione.
È per mezzo di questa Luce che ogni cosa è creata. Questa Radice del SÉ mentale è pure
la radice del Sé fisico, poiché questa Luce è la permutazione del nostro mondo manifestato,
di Mûlaprakriti, chiamata Aditi nei Veda. Nel suo terzo aspetto diviene Vâch2, la Figlia e la
Madre del Logos, come Iside è la Figlia e la Madre di Osiride, che è Horus e Moot, la Figlia,
la Moglie e la Madre di Ammon, nel glifo lunare egiziano. Nella Cabala, Sephira è la
medesima cosa di Shekinah ed è, secondo un’altra sintesi, la Moglie, la Figlia e la Madre
dell’Uomo Celeste, Adamo Kadmon, ed è perfino identica a lui, precisamente come Vâch è
identica a Brahmâ ed è chiamata il Logos femminile. Nel Rig Veda, Vâch è la Parola
Mistica, mediante la quale la Conoscenza Occulta e la Saggezza vengono comunicate
all’uomo, e perciò è detto che Vâch è entrata nei Rishi; essa è “generata dagli Dèi”; essa è la
Divina Vâch, la “Regina degli Dèi” ed è associata ai Prajâpati nella loro opera di creazione,
come Sephira è associata ai Sephiroth. Essa è chiamata inoltre la “Madre dei Veda”, “poiché
è mediante il suo potere (quale Parola Mistica) che Brahmâ li ha rivelati, ed è pure per
mezzo del suo potere che egli produsse l’Universo”, e cioè mediante il linguaggio e le
parole, sintetizzate dal “Verbo” e dai numeri.3
Ma quando si parla pure di Vâch come della figlia di Daksha, “il Dio che vive in tutti i
Kalpa”, ciò dimostra il suo carattere mâyâvico; essa sparisce durante il Pralaya, assorbita nel
Raggio Unico che tutto divora.
1
Oggettiva — nel mondo di Mâyâ naturalmente; ma reale quanto noi stessi.
“Nel corso della manifestazione cosmica, questa Daiviprakriti, anzichè essere la Madre del Logos, dovrebbe, strettamente
parlando, essere chiamata sua Figlia. (‘Note sulla Bhagavad Gîtâ’), op. cit., pag. 305.
3
Le persone sagge come ad esempio Stanley Jevons, che fra i moderni inventarono un metodo per fare assumere una forma
tangibile all’incomprensibile, poterono farlo soltanto servendosi dei numeri e delle forme geometriche.
2
324
Vi sono però due aspetti distinti nell’esoterismo universale, orientale ed occidentale,
in tutte queste manifestazioni del Potere Femminile nella Natura, o Natura noumenale e
fenomenica. Uno è il suo aspetto puramente metafisico, come lo ha descritto l’erudito
conferenziere nelle sue “Note sulla Bhagavad Gîtâ”; l’altro è quello terrestre e fisico e, al
tempo stesso, divino dal punto di vista della concezione umana pratica e dell’Occultismo.
Essi sono tutti simboli e personificazioni del Chaos, il Grande Abisso o le Acque Primordiali
dello Spazio, il Velo impenetrabile esistente fra l’INCONOSCIBILE ed il Logos della
Creazione. “Collegandosi tramite la mente con Vâch, Brahmâ (il Logos) creò le Acque
Primordiali. “Nella Katha Upanishad è descritto ancora più chiaramente.
Prajâpati era questo Universo. Vâch veniva dopo di lui. Esso si unì a lei…. essa produsse queste
creature ed entrò di nuovo in Prajâpati.
Questo collega Vâch e Sephira con la Dea Kwan-Yin, la “Madre Misericordiosa”, la
Voce Divina dell’Anima, anche nel Buddhismo exoterico, e con l’aspetto femminile di
Kwan-Shai-Yin, il Logos, il Verbo della Creazione e, al tempo stesso, con la Voce che parla
udibilmente all’Iniziato, secondo il Buddhismo Esoterico. Bath Kol, la Filia Vocis, la Figlia
della Voce Divina degli ebrei, che risponde dall’alto del Seggio di Misericordia dietro al
Velo del Tempio, ne è un risultato.
E qui possiamo segnalare incidentalmente uno dei tanti ingiusti rimproveri rivolti dai
“buoni e pii missionari” in India alla Religione del paese. L’allegoria contenuta nel
Shatapatha Brâhmana, secondo la quale Brahmâ, come Padre degli uomini, effettuò l’opera
della procreazione mediante una relazione incestuosa con la propria figlia Vâch, chiamata
pure Sandhyâ, il Crepuscolo, e Shatarûpâ dalle cento forme, è scagliata continuamente
contro i Brâhmani quale condanna della loro “detestabile e falsa Religione”. A parte il fatto,
opportunatamente dimenticato dagli europei, che il Patriarca Lot è rappresentato come
colpevole del medesimo crimine sotto forma umana, mentre fu sotto forma di un daino che
Brahmâ, o piuttosto Prajâpati, consumò l’incesto con la propria figlia che aveva la forma di
una cerva (rohit); il significato esoterico del terzo capitolo del Genesi prova il medesimo
fatto. Inoltre vi è certamente un significato cosmico e non fisiologico collegato all’allegoria
indiana, poiché Vâch è una permutazione di Aditi e di Mûlaprakriti, o Chaos, e Brahmâ una
permutazione di Nârâyana, lo Spirito di Dio che entra nella Natura e la feconda, per cui non
vi è assolutamente niente di fallico in tale concetto.
Come abbiamo già detto, Aditi-Vâch è il Logos femminile, o Verbo, la Parola; e
Sephira è la medesima cosa nella Cabala. Questi Logoi femminili sono tutte correlazioni, nel
loro aspetto noumenale, della Luce, del Suono e dell’Ǽther, che dimostrano come gli antichi
avessero profonde conoscenze tanto della scienza fisica, qual’è conosciuta attualmente dai
moderni, quanto dalla nascita di quella scienza nella sfera spirituale e nella sfera astrale.
I nostri antichi scrittori dicevano che Vâch è di quattro specie, chiamate rispettivamente Parâ,
Pashyanti, Madhyamâ e Vaikharî. Troverete questa esposizione nel Rig Veda stesso ed in parecchie Upanishad.
Vaikharî Vâch è ciò che noi pronunciamo.
È il Suono, la Parola; ed è pure ciò che diviene comprensibile ed oggettivo per uno
dei nostri sensi fisici, e può essere sottoposto alle leggi della percezione. Quindi:
Ogni specie di Vaikharî Vâch esiste nella sua forma Madhyamâ... Pashyantî e infine nella sua forma
Parâ... La ragione per cui questo Pranava1 è chiamato Vâch..... è che i quattro princìpi del grande Cosmo
corrispondono a queste quattro forme di Vâch... Il Cosmo intero, nella sua forma oggettiva, è Vaikharî Vâch; la
Luce del Logos è la forma Madhyamâ, il Logos stesso è la forma Pasyantî, mentre Parabrahman è l’aspetto
Parâ (al di là del Noumeno di tutti i Noumeni) di quella Vâch.2
1
Il Pranava, Om, è una parola mistica pronunciata dagli Yogi durante la meditazione; di tutte le parole chiamate secondo i
commentatori exoterici, Vyâkriti, o Aum, Bhûh, Bhuvah, Svah, (Om, Terra, Firmamento, Cielo), Pranava è forse la più
sacra. Esse sono pronunciate trattenendo la respirazione. Vedi Manu, II, 76-81, ed il commentario di Mitakshara sulla
Yâjnavâkhya-Smriti, I, 23. Però la spiegazione esoterica va ben oltre.
2
“Conferenze sulla Bhagavadgîtâ”, ibid., pag. 307.
325
Così Vâch, Shekinah o la “Musica delle Sfere” di Pitagora, non sono che una sola
cosa, se scegliamo i nostri esempi nelle tre filosofie religiose di questo mondo che sono
(apparentemente) le più dissimili, e cioè quelle degli indù, dei greci e degli ebrei caldei.
Queste personificazioni e queste allegorie possono essere studiate sotto quattro aspetti
principali e sotto tre aspetti minori, ossia sette in tutto, come nell’Esoterismo. La forma Parâ
è la Luce ed il Suono per sempre soggettivi e latenti, che esistono eternamente in seno
all’INCONOSCIBILE; quando è trasferita nell’ideazione del Logos o nella sua Luce latente, è
chiamata Pasyantî, e quando diviene quella Luce manifestata essa è Madhyamâ.
La Cabala ne dà così la definizione:
Vi sono tre specie di Luce e quella (la quarta) che interpenetra le altre: (1) la Luce chiara e penetrante,
la Luce oggettiva, (2) la Luce riflessa e (3) la Luce astratta”.
I dieci Sephiroth, i Tre ed i Sette, sono chiamati, nella Cabala, le Dieci Parole, D B R
I M (Dabarim), i Numeri e le Emanazioni della Luce Celeste, che è contemporaneamente
Adamo Kadmon e Sephira, Prajâpati-Vach o Brahmâ. Nella Cabala, la Luce, il Suono ed i
Numeri, sono i tre fattori della creazione. Parabrahman può essere conosciuto soltanto
attraverso il Punto luminoso, il Logos, il quale non conosce Parabrahman, ma solo
Mûlaprakriti. In egual modo Adamo Kadmon conobbe solo Shekinah, per quanto egli fosse
il Veicolo di Ain Suph. E come Adamo Kadmon, essa è, nell’interpretazione esoterica, il
totale del Numero Dieci, i Sephiroth, essendo egli stesso una Trinità o i tre attributi in Uno
della Divinità Inconoscibile.1 “Quando, all’inizio, l’Uomo Celeste (o Logos) assunse la
forma della Corona2 (Kether) e si identificò con Sephira, egli fece emanare da essa (dalla
Corona) Sette splendide Luci”, ciò che porta il loro totale a Dieci; così pure BrahmâPrajâpati, allorchè si separò da Vâch, pur essendo uno con essa, fece emanare da quella
Corona i sette Rishi, i sette Manu o Prajâpati. Nell’exoterismo troveremo sempre 10 e 7, si
tratti di Sephira o di Prajâpati; nell’esoterismo 3 e 7 che fanno pure 10. Solo quando, nella
sfera manifestata, sono divisi in 3 e 7, essi formano
, l’androgino, e
o la cifra X
manifestata e differenziata.
Ciò aiuterà lo studioso a capire perché Pitagora considerava la Divinità, il Logos,
essere il Centro dell’Universo e la Sorgente dell’Armonia. Noi diciamo che questa Divinità
era il Logos e non la Monade che dimora nella Solitudine e nel Silenzio, perché Pitagora
insegnava che l’Unità, essendo indivisibile, non è un numero. E questa è pure la ragione per
cui, dal candidato che chiedeva di essere ammesso alla Scuola, si esigeva che avesse già
studiato, come avviamento preliminare, le scienze dell’Aritmetica, dell’Astronomia, della
Geometria e della Musica, che erano ritenute le quattro divisioni della Matematica.3 Questo
spiega pure perché i Pitagorici asserivano che la Dottrina dei Numeri, la più importante di
tutte nell’Esoterismo, era stata rivelata all’uomo dalle Divinità Celesti; che il Mondo era
stato tratto dal Chaos mediante il Suono o Armonia, e costruito secondo i princìpi della
proporzione musicale; che i sette pianeti che governano il destino dei mortali hanno un
movimento armonioso e, come dice Censorino:4
Intervalli corrispondenti agli intervalli musicali rendono suoni differenti, così perfettamente
consonanti da produrre la più soave melodia, che non è percepita da noi solo a causa della potenza del suono,
che il nostro orecchio è incapace di ricevere.
1
Ė questa Trinità che è rappresentata allegoricamente dai “Tre Passi di Vishnu” che significano — essendo Vishnu
considerato, nell’exoterismo, come l’Infinito — che da Parabrahman emanò Mûlaprakriti, Purusha (il Logos) e Prakriti; le
quattro forme di Vâch — con se stessa quale sintesi. E nella Cabala, Ain Suph, Shekinah, Adamo Kadmon e Sephira, le
quattro o le tre emanazioni sono distinte — tuttavia Una.
2
Il Libro dei Numeri caldeo. Nella Cabala, se pur attuale, il nome di Jehovah sostituisce quello di Adamo Kadmon.
3
Giustino Martire ci narra che, a causa della sua ignoranza in queste quattro scienze, i Pitagorici rifiutarono di ammetterlo
come candidato alla loro scuola.
4
[Grammatico latino, della seconda metà del III secolo. –N.d.T.]
326
Nella Teogonia Pitagorica le Gerarchie della Legione Celeste e degli Dèi erano
numerate ed espresse pure numericamente. Pitagora aveva studiato la Scienza Esoterica in
India, ed è perciò che udiamo i suoi discepoli dire:
La Monade (l’Uno manifestato) è il princìpio di tutte le cose. Dalla Monade e dalla Diade indeterminata (il
Chaos), i Numeri; dai Numeri i Punti; dai Punti, le Linee; dalle Linee, le Superfici; dalle Superfici, i Solidi; da
questi i Corpi Solidi, i cui elementi sono quattro: Fuoco, Acqua, Aria, Terra; e di tutti questi, trasmutati
(correlati) e totalmente cambiati, è formato il Mondo.1
E questo, se non scopre completamente il mistero, solleva almeno un lembo del velo
che ricopre le allegorie relative a Vâch, la più misteriosa di tutte le Dee Brâhmaniche; quella
che è chiamata la Vacca melodiosa che ha dato il nutrimento e l’Acqua — “la Terra con tutti
i suoi poteri mistici; ancora “quella che ci dà nutrimento e sostentamento” — la Terra fisica.
Anche Iside è la Natura mistica come pure la Terra; e le sue corna di vacca la identificano
con Vâch, la quale, dopo essere stata riconosciuta nella sua forma più elevata come Parâ
diventa, al termine inferiore o materiale della creazione, Vaikharî. Quindi è la Natura
mistica, quantunque fisica, con tutti i suoi mezzi e tutte le sue proprietà magiche.
Inoltre, come Dea della Parola e del Suono e quale permutazione di Aditi, essa è
pure, in un certo senso, il Chaos. Comunque sia, essa è la “Madre degli Dèi” poiché è da
Brahmâ, Îshvara o il Logos, e da Vâch, come pure da Adamo Kadmon e da Sephira, che
deve avere inizio la vera Teogonia manifestata. Al di là, tutto è Tenebre e speculazione
astratta. Con i Dhyân Chohan o gli Dèi, i Veggenti, i Profeti e gli Adepti in generale, siamo
su un terreno solido. Sia come Aditi, o come la Divina Sophia degli Gnostici greci, essa è la
madre dei Sette Figli, gli Angeli della Presenza, dell’Abisso, o il Grande Unico Verde del
Libro dei Morti. Ecco quanto dice il Libro di Dzyan, o la Conoscenza Reale, ottenuta per
mezzo della meditazione:
la seconda │e la ☆,2
“La Grande Madre si trova ora con il
, e la │, ed il
nel suo Seno, pronta a partorire i valorosi Figli del
cui due Antenati sono il [Cerchio]
││ [o 4.320.000, il Ciclo] i
ed il ● [Punto]
All’inizio di ciascun Ciclo di 4.320.000, i Sette, o secondo altre nazioni, gli otto
Grandi Dèi discendono per istituire il nuovo ordine e per dare l’impulso al nuovo ciclo.
L’ottavo Dio era il Cerchio unificatore, o Logos, separato e distinto dalla sua Legione nel
dogma exoterico, precisamente come le tre divine ipostasi degli antichi greci sono viste
adesso dalle Chiese come tre persone distinte. Come dice un Commentario: I Possenti Esseri
compiono le loro grandi opere, e lasciano dietro Sé dei monumenti imperituri a ricordo
della loro visita ogni volta che penetrano entro il nostro velo mâyâvico (l’atmosfera).3
Ci viene così insegnato che le grandi Piramidi furono costruite sotto la loro
sorveglianza diretta “quando Dhruva (la stella polare di allora) era al momento culminante
più basso e che le Krittikâ (le Pleiadi) guardavano al di sopra della sua testa (cioè si
trovavano sul medesimo meridiano, ma più in alto) per sorvegliare il lavoro dei Giganti”.4
Quindi, siccome le prime Piramidi furono costruite all’inizio dell’Anno Siderale,
1
Diogene Laerzio, Vite, VIII, 25.
3,1415 o π, la sintesi, o la Legione unificata nel Logos e nel Punto, chiamato nel Cattolicesimo Romano “l’Angelo della
Faccia”, ed in ebraico, Michele, “ לאכיםche (è simile o che è il medesimo) a Dio”, la rappresentazione manifestata.
3
Essi appaiono al princìpio dei Cicli, come pure all’inizio di ciascun Anno Siderale di 25.868 anni. E da ciò che i Kabeira o
Kabarim ricevettero il loro nome in Caldea, poiché esso significa le Misure dei Cieli, da Kob, “misura di”, ed Urim, “Cieli”.
4
[Il prof. Fred J. Dick, che aveva una vasta conoscenza di astronomia, e che era uno degli allievi della stessa H. P. B.,
riteneva che la frase “la stella polare di allora” si riferisse al tempo del Commentario; e anche che “il momento culminante
più basso” significasse il più lontano dall’attuale stella polare, quando fu costruita la Piramide. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
327
sotto Dhruva (Alpha Polaris), ciò deve essere accaduto oltre 31.000 anni (31.105) fà. Bunsen
aveva ragione quando ammetteva per l’Egitto un’antichità di oltre 21.000 anni, ma questa
concessione è ancora insufficiente ad esaurire la verità ed i fatti intorno a questo soggetto.
Come dice Gerald Massey:
I ragguagli dati dai sacerdoti egiziani e da altri personaggi relativamente alla misura del tempo in
Egitto, cominciano ad apparire più veritieri agli occhi di coloro che si sono liberati dalla servitù biblica.
Recentemente sono state scoperte delle iscrizioni a Sakkarah che fanno menzione di due cicli zodiacali...
registrati a quell’epoca, circa 6.000 anni fà. Così, all’epoca in cui Erodoto era in Egitto, gli egiziani avevano
osservato — come si sa attualmente — per lo meno cinque differenti cicli zodiacali di 1.461 anni...
I sacerdoti dissero all’investigatore greco che essi avevano registrato le epoche trascorse per periodi
così lunghi, che il sole si era già levato due volte là dove allora tramontava ed era già tramontato due volte là
dove allora sorgeva. Questo... può realizzarsi soltanto come un fatto naturale in conseguenza di due cicli di
precessione, ossia un periodo di 51.736 anni.1
Mor Isaac2 ci dimostra che gli antichi siriani definivano il loro Mondo dei
“Governatori” e degli “Dèi Attivi”, alla stregua dei caldei. Il Mondo inferiore era quello
Sublunare, — il nostro — sorvegliato dagli Angeli del primo ordine o dell’ordine più basso;
quello immediatamente successivo era quello di Mercurio, governato dagli Arcangeli; veniva
quindi quello di Venere, i cui Dèi erano i Principati; il quarto era quello del Sole, il dominio
e la regione dei più elevati e potenti Dèi del nostro sistema, gli Dèi solari di tutte le nazioni;
il quinto era quello di Marte, governato dalle Virtù; il sesto, quello di Bel o Giove, era
governato dalle Dominazioni; il settimo, il Mondo di Saturno, era governato dai Troni.
Questi sono i Mondi della Forma. Sopra, vengono i Quattro mondi superiori che sono pure in
numero di Sette, poiché i Tre più elevati “non si possono menzionare né esprimere”.
L’ottavo, composto di 1.122 stelle è il dominio dei Cherubini; il nono, appartenente alle
innumerevoli stelle mobili, che per la loro distanza non si possono contare, ha i Serafini;
quanto al decimo, Kircher dice, citando Mor Isaac, che esso è composto “di stelle invisibili
che si potrebbero prendere per delle nubi, talmente sono ammassate nella zona che noi
chiamiamo Via Straminis o Via Lattea”; e si affretta a spiegare che “queste sono le stelle di
Lucifero, inghiottite con lui nel suo terribile naufragio”. Ciò che viene dopo e al di là dei
dieci Mondi (il nostro Quaternario) o il Mondo Arûpa, i siriani non sapevano dirlo. “Tutto
quello che essi sapevano era che là cominciava il vasto ed incomprensibile Oceano
dell’Infinito, la dimora della Vera Divinità, senza limiti e senza fine”.
Champollion ci dimostra che fra gli egiziani esisteva lo stesso credo. Ermete, dopo
aver parlato del Padre-Madre e del Figlio, il cui Spirito — collettivamente il Fiat Divino —
forma l’Universo, dice: “Sette Agenti (Media) furono pure formati per contenere i Mondi
Materiali (o manifestati) entro i loro rispettivi Cerchi, e l’azione di questi Agenti ebbe il
nome di Destino”. Egli enumera quindi sette, dieci e dodici ordini, ma sarebbe troppo lungo
esporli qui dettagliatamente.
Siccome il dr. Weber ed altri autori dichiarano che il Rig Vidhâna, come pure il
Brâhmanda Purâna e tutte le opere di questo genere, sia che descrivano l’efficacia magica
dei Mantra del Rig Veda, oppure i futuri Kalpa, non sono altro che compilazioni moderne
“appartenenti probabilmente soltanto all’epoca dei Purâna”, è inutile riferirsi a queste per le
loro spiegazioni mistiche; tanto vale citare semplicemente i libri arcaici che sono
completamente sconosciuti agli orientalisti. Queste opere spiegano ciò che imbarazza molto
gli studiosi, e cioè che i Saptarshi, i “Figli nati dalla Mente” di Brahmâ, sono menzionati,
sotto certi nomi, nella Shatapatha Brâhmana, sotto certi altri nel Mahâbhârata, e che il Vâyu
Purâna parla di nove Rishi anzichè di sette, aggiungendo alla lista, i nomi di Bhrigu e di
Daksha. Ma ciò avviene egualmente in tutte le Scritture exoteriche. La Dottrina Segreta
1
2
The Natural Genesis, II, pag. 316.
Vedi Œdipus Ǽgvpt., II, pag. 423, di Kircher.
328
elenca una lunga genealogia di Rishi, ma li separa in molte classi. Come gli Dèi egiziani, che
erano divisi in sette e perfino in dodici Classi, così i Rishi indiani sono divisi in Gerarchie. I
primi tre Gruppi sono: il Gruppo Divino, quello Cosmico e quello Sublunare. Seguono
quindi gli Dèi Solari del nostro sistema, gli Dèi Planetari, gli Dèi Subterrestri e quelli
puramente Umani — gli Eroi ed i Mânushi.
Adesso però noi ci occupiamo soltanto degli Dèi pre-Cosmici o Divini, i Prajâpati o i
Sette Costruttori. Questo Gruppo si trova infallibilmente in ogni Cosmogonia. A causa della
perdita dei documenti arcaici egiziani, poiché, secondo Maspero “i materiali e i dati storici
che possediamo per lo studio della storia dell’evoluzione religiosa in Egitto non sono
completi, e spesso non sono molto intelligibili”, è necessario esaminare gli inni antichi e le
iscrizioni che si trovano sulle tombe, per corroborare parzialmente e indirettamente le
esposizioni date dalla Dottrina Segreta. Uno di questi inni ci mostra che Osiride, come
Brahmâ-Prajâpati, Adamo Kadmon, Ormazd, e molti altri Logoi, era il capo e la sintesi del
Gruppo dei Creatori o Costruttori. Prima che Osiride divenisse “l’Unico”, e il Dio Supremo
dell’Egitto, egli era adorato ad Abydos come il Capo o il Condottiero della Legione Celeste
dei Costruttori appartenenti al più elevato dei tre Ordini. L’inno scolpito su una stele votiva
di una tomba di Abydos (3° registro) si rivolge ad Osiride in questi termini:
Salute a te, Osiride, figlio maggiore di Seb; tu, il più grande dei sei Dèi emanati dalla Dea Noo
(l’Acqua Primordiale), tu, il grande prediletto di tuo padre Ra; Padre dei Padri, Re della Durata, Maestro
nell’Eternità... che appena questi emanarono dal Seno di tua Madre, radunò tutte le Corone sulla tua testa ed
attaccò su di essa l’Uraeus (il serpente o naja)1; Dio multiforme, il cui nome è sconosciuto e che ha molti nomi
nelle città e nelle province.
Uscito dall’Acqua Primordiale, incoronato con l’Uraeus, che è il serpente-emblema
del Fuoco Cosmico, ed essendo egli il settimo al di sopra dei sei Dèi Primari usciti dal PadreMadre, Noo e Noot, il Cielo, chi può dunque essere Osiride, se non il primo dei Prajâpati, la
prima Sephira, il primo degli Amshaspend, Ormazd! È certo che quest’ultimo Dio Solare e
Cosmico, occupava, all’inizio dell’evoluzione religiosa, la medesima posizione
dell’Arcangelo “il cui nome era segreto”. Questo Arcangelo era Michele, il rappresentante
sulla terra del Dio Celato degli ebrei; ossia è la sua “Presenza” che, si dice, abbia preceduto
gli ebrei sotto l’aspetto di una “Colonna di Fuoco”. Burnouf dice: “I sette Amshaspend, che
sono certamente i nostri Arcangeli, rappresentano pure le personificazioni delle Virtù
Divine”2. E questi Arcangeli, dunque, sono certamente anche i Saptarshi degli indù, per
quanto sia quasi impossibile classificare ciascuno con il suo prototipo ed il suo equivalente
pagano, poiché, come nel caso di Osiride, essi hanno tutti “molti nomi nelle città e nelle
province”. Tuttavia ne indicheremo qualcuno dei più importanti.
Un fatto è così innegabilmente dimostrato. Più studiamo le loro Gerarchie e
constatiamo la loro identità, e più prove acquisiamo che non vi è un solo Dio personale
passato o presente, fra quelli da noi conosciuti fin dai primi giorni della storia, che non
appartenga alla terza fase della manifestazione cosmica. In tutte le religioni troviamo la
Divinità Celata che costituisce la base; quindi, il Raggio che emana da essa e che cade nella
Materia Cosmica primordiale, la prima manifestazione; poi, il risultato Androgino, la duplice
Forza astratta Maschile e Femminile personificata, la seconda fase; infine questa duplice
Forza si divide, durante la terza fase, in Sette Forze, chiamate, da tutte le antiche religioni i
Poteri Creatori, e le Virtù di Dio dai cristiani. Le spiegazioni posteriori e le qualificazioni
metafisiche astratte non hanno impedito alle Chiese Romana e Greca di adorare queste
“Virtù” dopo averle personificate nei Sette Arcangeli e dopo averle chiamate con i nomi di
1
Questa parola egiziana Naja ci ricorda moltissimo il Nâga Indiano, il Dio-Serpente. Brahmâ, Shiva e Vishnu sono tutti
incoronati e connessiti con i Nâga — segno evidente del loro carattere ciclico e cosmico.
2
Comment. on the Yashna, pag. 174.
329
questi ultimi. Nel Libro di Druschim,1 nel Talmud, viene fatta una distinzione fra questi
Gruppi, e questa è la giusta spiegazione cabalistica. In esso è detto:
Vi sono tre Gruppi (o Ordini) di Sephiroth: 1) I Sephiroth chiamati gli “Attributi Divini” (astratti). 2) I
Sephiroth fisici o Siderali personali, (un gruppo di sette e l’altro di dieci. 3) I Sephiroth metafisici, o perifrasi di
Jehovah, che sono i tre primi Sephiroth (Kether, Chokmah e Binah), i rimanenti sette che formano i sette Spiriti
(personali) della Presenza (ed anche dei pianeti).
La medesima suddivisione deve essere pure applicata all’evoluzione primaria,
secondaria e terziaria degli Dèi in ogni Teogonia, se ne vogliamo tradurre esotericamente il
significato. Non bisogna confondere le personificazioni puramente metafisiche degli attributi
astratti della Divinità, con il loro riflesso — gli Dèi Siderali. Questo riflesso, però, è in realtà
l’espressione oggettiva dell’astrazione; Entità viventi e modelli formati su quel Prototipo
divino. Inoltre, i tre Sephiroth metafisici, o la “perifrasi di Jehovah”, non sono Jehovah. È
proprio quest’ultimo, con i titoli addizionali di Adonai, di Elohim, di Sabbaoth e degli altri
numerosi nomi attribuitigli, ad essere la perifrasi di Shaddai ()שדי, l’Onnipotente. Questo
nome è, in realtà, una circonlocuzione, una figura eccessiva della retorica ebraica, ed è
sempre stato denunziato dagli occultisti. Per i cabalisti ebraici, ed anche per gli alchimisti
cristiani e per i Rosacroce, Jehovah era un comodo schermo, unificato ripiegando i suoi
numerosi pannelli, e adottato come sostituto; essendo il nome di una Sephira individuale
tanto buono quanto un altro nome per coloro che conoscevano il segreto.
Il Tetragrammaton, l’Ineffabile, la “Somma Totale” Siderale, furono inventati
soltanto per sviare i profani e simboleggiare la vita e la generazione2. Il vero nome segreto
che non può essere pronunciato, la “Parola che non è parola”, deve essere ricercata, nei sette
nomi delle prime Sette Emanazioni, o “Figli del Fuoco”, nelle Scritture segrete di tutte le
grandi nazioni ed anche nello Zohar, la tradizione cabalistica della nazione più piccola di
tutte, e cioè quella ebraica. Questa parola composta, in ogni lingua, di sette lettere, si trova
incorporata nelle rovine architettoniche di tutte le grandi costruzioni sacre del mondo; dalle
rovine ciclopiche dell’Isola di Pasqua — parte di un Continente sepolto sotto le acque
dell’Oceano circa 4.000.000 di anni fa3 piuttosto che 20.000 — fino alle prime piramidi
egiziane. In seguito dovremo sviluppare ampiamente questo soggetto e dare degli esempi
pratici che convalidino le asserzioni contenute nel testo. Per il momento, sarà sufficiente
dimostrare con qualche esempio la verità di ciò che è stato affermato all’inizio di
quest’opera, e cioè che nel mondo intero, nessuna Cosmogonia, eccettuata quella dei
cristiani, ha mai attribuito alla Causa Unica Suprema, al Princìpio Divino Universale, la
creazione immediata della nostra Terra, dell’uomo, o di qualsiasi cosa avente rapporto con
1
2
Trattato Primo, pag. 59.
Il traduttore della Qabbalah di Avicebron dice, parlando di questa “Somma Totale”: “La Lettera di Kether è
( יYod), di
Binah ( חHeh), che insieme fanno YaH, il nome femminile; la terza lettera, quella di “Hokhmah, è ( וVav), e insieme fanno
י ח דYHV di יחוחYHVH, il Tetragrammaton e, realmente, i simboli completi della sua efficacia. L’ultimo ( חHeh) di
questo Nome Ineffabile essendo sempre applicato ai Sei Inferiori ed all’ultimo, insieme ai Sette rimanenti Sephiroth”.
(Qabbalah di Myer, p. 263). Quindi il Tetragrammaton è sacro soltanto nella sua sintesi astratta. Nella sua qualità di
Quaternario contenente i Sette Sephiroth inferiori è fallico.
3
Questa asserzione sarà, naturalmente, considerata come falsa ed assurda e semplicemente derisa. Però, se si crede alla
sommersione finale dell’Atlantide, 850.000 anni fa, come viene insegnato nel Buddhismo Esoterico — la prima graduale
sommersione avendo avuto inizio durante l’Ėra Eocene — bisogna pure accettare l’asserzione relativa alla cosiddetta
Lemuria, il continente della terza Razza-Radice, che fu prima quasi completamente distrutto dal fuoco e poi sommerso.
Come insegna il Commentario : “La Prima Terra essendo stata purificata dai Quarantanove Fuochi, il suo popolo, nato dal
Fuoco e dall’Acqua, non poteva morire..... la Seconda Terra (con la sua Razza) scomparve come il vapore che svanisce
nell’aria... sulla Terza Terra tutto fu consumato dopo la Separazione, e scese nell’Abisso inferiore (l’Oceano). Ciò avvenne
due volte ottantadue Anni Ciclici fà”. Ora, un Anno Ciclico corrisponde a ciò che noi chiamiamo un Anno Siderale, ed è
basato sulla Precessione degli Equinozi. La durata di quest’Anno Siderale è di 25.868 anni, per cui il periodo menzionato nel
Commentario è uguale a 4.242.352 anni. Maggiori dettagli verranno dati nel Volume II. Frattanto questa dottrina è
incorporata nei “Re di Edom”.
330
questi. Tale asserzione è valida anche per la Cabala ebraica o caldea, come pure per il
Genesi, se quest’ultimo fosse compreso a fondo e, ciò che è ancora più importante, se fosse
tradotto correttamente.1 Ovunque vi è sia un Logos — una “Luce che splende nelle
Tenebre”, in verità — o l’Architetto dei Mondi, esotericamente è in numero plurale. La
Chiesa Latina, paradossale come sempre, mentre applica l’epiteto di Creatore a Jehovah
soltanto, adotta una sequela di nomi per le sue Forze attive, nomi che tradiscono il segreto.
Poiché, se queste Forze non avessero niente a che fare con la cosiddetta “Creazione”, perché
chiamarle Elohim (Alhim), che è un nome al plurale; perché chiamarle Lavoratori Divini ed
Energie Divine (Ενέργειαι), le pietre celesti incandescenti (lapides igniti coelorum); e
specialmente i Sostegni del Mondo (Κοσµοxράτορες), i Governatori o Rettori del Mondo
(Rectores Mundi), le Ruote del Mondo (Rotae), Auphanim, le Fiamme ed i Poteri, i Figli di
Dio (B’ne Alhim), i Consiglieri Vigilanti, ecc.?
Viene spesso asserito, e ingiustamente come sempre, che la Cina, un paese antico
quasi quanto l’India, non avesse alcuna Cosmogonia. Si dice che Confucio la ignorasse, e si
deplora che i buddhisti vi abbiano estesa la loro Cosmogonia senza introdurvi un Dio
Personale2. Il Yi-King “l’essenza stessa del pensiero antico e l’opera associata dei Saggi più
venerati”, non porta tracce di una Cosmogonia distinta. Tuttavia una tale Cosmogonia
esisteva, ed anche ben distinta. Però, siccome Confucio non ammetteva l’idea di una vita
futura3, ed i buddhisti cinesi respingono l’idea di un Creatore Unico, accettando invece una
causa ed i suoi innumerevoli effetti, essi non sono compresi da coloro che credono in un Dio
Personale. Il “Grande Estremo”, quale il princìpio dei “cambiamenti” (trasmigrazioni),
costituisce la più breve e forse la più suggestiva di tutte le Cosmogonie per coloro che, come
i seguaci di Confucio, amano la virtù per se stessa e cercano di fare il bene altruisticamente,
senza ricercare perpetuamente una ricompensa ed un profitto. Il “Grande Estremo” di
Confucio produce “Due Numeri”. Questi Due Numeri producono, a loro volta, le “Quattro
Immagini” e queste danno origine agli “Otto Simboli”. Ci si lamenta del fatto che, per
quanto i confuciani vedano in essi “il cielo, la terra e l’uomo in miniatura”, vi si possa
vedere tutto quello che si vuole. Certamente, e così accade pure per molti altri simboli,
specialmente per quelli appartenenti alle religioni più recenti. Coloro però che conoscono
qualcosa della numerazione occulta, vedono in questi “Numeri” il simbolo, per quanto rozzo,
di un’armoniosa Evoluzione progressiva del Cosmo e dei suoi Esseri, sia Celestiali che
Terrestri. E chiunque abbia studiato l’evoluzione numerica nella Cosmogonia primitiva di
Pitagora — contemporaneo di Confucio — non può fare a meno di scorgere nella sua Triade,
nella sua Tetrarchia e nella sua Decade, emergenti dalla Monade Unica e solitaria, la
medesima idea. I biografi cristiani di Confucio lo deridono perché “parla della divinazione”,
prima e dopo questo passo, e lo rappresentano mentre dice:
1
Si trova la medesima riserva anche nel Talmud ed in ogni sistema religioso nazionale, sia monoteistico che exotericamente
politeistico. Scegliamo dal superbo poema religioso del cabalista Rabbino Solomon ben Yehudah Ibn Gabirol, il “Kether
Malchuth”, alcune definizioni date nelle preghiere del Kippûr: “Tu sei Unico, il princìpio di tutti i numeri ed il fondamento
di tutti gli edifici; Tu sei Unico e nel segreto della Tua Unità gli uomini più saggi sono perduti, perché non la conoscono, Tu
sei Unico e la Tua Unità non è giammai diminuita, mai aumentata, né può essere cambiata. Tu sei l’Uno, ma non come un
elemento di numerazione, poiché la Tua Unità non ammette moltiplicazione, cambiamenti o forma, Tu sei Esistente, ma la
visione e la comprensione dei mortali non può pervenire alla tua esistenza, né determinare per te il Dove, il Come ed il
Perché. Tu sei esistente, ma solo in te stesso, non essendovi nessun altro che possa esistere con te. Tu sei esistente prima che
il tempo esista e senza luogo. Tu sei Esistente e la tua esistenza è così profonda e così segreta, che nessuno può penetrare e
scoprire il tuo segreto. Tu sei Vivente, ma senza limiti di tempo che possano essere stabiliti o conosciuti; Tu sei Vivente, ma
non grazie ad uno spirito o ad un’anima, poiché Tu sei Te stesso, l’Anima di tutte le Anime”. Vi è una grande distanza fra
questa Divinità Cabalistica ed il Jehovah Biblico, il Dio dispettoso e vendicativo di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, che
tentò il primo e lottò con quest’ultimo. Nessun vedantino ripudierebbe un simile Parabrahman !
2
Edkins, Chinese Buddhism, cap. XX. Ed essi hanno agito molto saggiamente.
3
Se egli respingeva tale idea era a causa di ciò che chiamava i “cambiamenti”, ossia, in altre parole, le rinascite dell’uomo e
le sue trasformazioni costanti. Egli negava, come noi, l’immortalità della Personalità umana, e non quella dell’Uomo.
331
Gli otto simboli determinano la buona e la cattiva sorte, e conducono alle grandi azioni. Non vi sono
immagini imitabili più grandi del cielo e della terra. Non vi sono cambiamenti maggiori delle quattro stagioni
(volendo significare il Nord, il Sud, l’Est e l’Ovest, ecc.). Non vi sono immagini sospese più brillanti del sole e
della luna. Non vi è nessuno più grande del Saggio nel preparare le cose da adoperare. Non vi è niente di più
grande per determinare la buona e la cattiva fortuna delle paglie divinatorie e della tartaruga.1
Di conseguenza, le “paglie divinatorie” e la “tartaruga”, il “gruppo di linee
simboliche”, ed il grande Saggio che le esamina man mano che esse divengono una e poi
due, le due quattro, quattro che divengono otto, e gli altri gruppi di “tre e sei”, vengono
derisi unicamente perché i suoi saggi simboli non sono compresi. Così l’autore del Volume
citato ed i suoi colleghi scherniranno indubbiamente le Stanze esposte nel nostro testo,
poiché esse presentano precisamente la medesima idea. L’antica mappa arcaica della
Cosmogonia è piena di righe nello stile di quelle di Confucio, di cerchi concentrici e di punti.
Ciò rappresenta i concetti più astratti e più filosofici della Cosmogonia del nostro Universo.
Ad ogni modo, essa può forse rispondere alle esigenze ed agli scopi scientifici della nostra
epoca, meglio dei trattati cosmogonici di S. Agostino e del Venerabile Beda, per quanto
questi ultimi siano stati pubblicati più di un millennio dopo la Cosmogonia di Confucio.
Confucio, uno dei più grandi Saggi del mondo antico, credeva nella Magia antica e la
esercitava egli stesso “se accettiamo le asserzioni di Kià-yü”, ed egli la esaltava nel Yi-King,
come ci viene detto dal suo reverendo critico. Già alla sua epoca, 600 anni a. C., Confucio e
la sua scuola insegnavano la sfericità della terra e perfino il sistema eliocentrico; mentre
circa tre volte 600 anni dopo l’esistenza del filosofo cinese, i Papi di Roma minacciarono e
mandarono addirittura al rogo degli “eretici”, perché asserivano la stessa cosa. Si deride
Confucio perché parla della “Tartaruga Sacra”. Qualunque persona libera da pregiudizi non
troverà una grande differenza fra una Tartaruga ed un Agnello quali candidati alla santità,
poiché entrambi sono simboli e niente altro. Il Toro, l’Aquila2, il Leone, e talvolta la
Colomba, sono animali sacri della Bibbia Occidentale; i primi tre si trovano raggruppati
intorno agli Evangelisti ed il quarto, associato pure con essi, ha un volto umano ed è un
Serafino, cioè un “serpente ardente”, probabilmente l’Agathodaemon degli Gnostici.
La scelta è curiosa, e dimostra quanto i primi cristiani fossero paradossali nelle loro
scelte. Infatti, perché avrebbero scelto questi simboli del Paganesimo egiziano, mentre
l’Aquila non è menzionata che una sola volta nel Nuovo Testamento, e precisamente quando
Gesù ne parla come di una divoratrice di carogne,3 e nell’Antico Testamento essa è definita
impura; mentre il Leone è paragonato a Satana, perché entrambi ruggiscono cercando gli
uomini per divorarli; ed i Buoi sono cacciati dal Tempio? D’altra parte, il Serpente, citato
come esempio di saggezza, è considerato adesso simbolo del Diavolo. Si può dire veramente
che la perla esoterica della Religione del Cristo, degradata dalla Teologia cristiana, abbia
scelto una conchiglia strana e male appropriata, per nascervi ed evolvere da essa.
1
I protestanti possono deriderlo, ma i cattolici romani non hanno il diritto di farlo senza rendersi colpevoli di bestemmia e di
sacrilegio. Sono infatti più di 200 anni che Confucio è stato canonizzato in Cina dai cattolici romani, che sono riusciti in tal
modo ad ottenere molte conversioni fra i Confuciani ignoranti.
2
Gli animali considerati sacri nella Bibbia non sono rari, come, per esempio il Capro, l’Azaz-el o Dio di Vittoria. Come dice
Aben Ezra: “Se sei capace di comprendere il mistero di Azazel, tu imparerai a conoscere il mistero del Suo nome (quello di
Dio), poiché vi sono altri equivalenti simili nelle Sacre Scritture. Ti dirò tramite allusioni una parte del mistero; quando avrai
trentatre anni tu mi comprenderai”. Lo stesso può dirsi relativamente al mistero della Tartaruga. Godendo della poesia delle
metafore bibliche, che associano le “pietre incandescenti”, gli “animali sacri”, ecc., al nome di Jehovah, e togliendo alcune
citazioni dalla Bibbia de Vence (XIX, 318), un pio scrittore francese dice: “In realtà essi sono tutti degli Elohim, come il loro
Dio”, poiché questi Angeli “assumono, mediante una sacra usurpazione, lo stesso nome divino di Jehovah, ogni volta che lo
rappresentano” (de Mirville, Des Esprits). Nessuno ha mai dubitato che il Nome debba essere stato assunto, quando sotto
l’aspetto dell’Infinito, dell’Uno Inconoscibile, i Malachim o Messaggeri, discendevano per mangiare e bere con gli uomini.
Ma se gli Elohim, ed anche alcuni Esseri inferiori, assumendo il nome di Dio, furono e sono tuttora adorati, perché questi
stessi Elohim dovrebbero essere chiamati Diavoli, quando appaiono sotto i nomi di altri Dèi?
3
Matteo, XXIV, 28. [“Dovunque sarà il corpo, quivi si raduneranno le aquile” –N.d.T.]
332
Come abbiamo già spiegato, gli Animali Sacri e le Fiamme o Scintille, compresi nei
Santi Quattro, si riferiscono ai Prototipi di tutto quanto si trova nell’Universo, nel Pensiero
Divino, nella Radice, che è il Cubo Perfetto o il Fondamento del Cosmo, collettivamente e
individualmente. Essi hanno tutti un rapporto occulto con le Forme Cosmiche primordiali e
le prime cose concrete, l’opera e l’evoluzione del Cosmo. Nelle primitive Cosmogonie
exoteriche indù, non è nemmeno il Demiurgo che crea, poiché in uno dei Purâna si legge:
Il Grande Architetto del Mondo dà il primo impulso al movimento rotatorio del nostro sistema
planetario, camminando di volta in volta su ciascun pianeta e su ciascun corpo.
È questa azione “che è la causa per cui ciascuna sfera rotea su se stessa e tutte intorno
al Sole”; dopo di che “sono i Brahmândika”, i Pitri Solari e Lunari, i Dhyân Chohan, che
“prendono possesso delle loro rispettive sfere (terre e pianeti) fino alla fine del Kalpa”. I
Creatori sono i Rishi, alla maggior parte dei quali si attribuisce la paternità dei Mantra o Inni
del Rig Veda. Talvolta sono sette, talvolta dieci quando diventano Prajâpati, il Signore degli
Esseri; quindi ridiventano i sette ed i quattordici Manu, i rappresentanti dei sette e
quattordici Cicli dell’Esistenza o Giorni di Brahmâ e corrispondono così ai sette Eoni,
quando, alla fine della prima fase dell’Evoluzione, si trasformano nei sette Rishi stellari, i
Saptarshi; mentre i loro Doppi umani appaiono su questa terra quali Eroi, Re e Saggi.
Siccome la Dottrina Esoterica dell’Oriente ha fornito e fatto vibrare così la nota
fondamentale che, sotto la sua veste allegorica è, come si può vedere, tanto scientifica
quanto filosofica e poetica, ciascuna nazione ha seguito la sua traccia. È scavando nelle
Religioni exoteriche che dobbiamo scoprire l’idea-madre prima di rivolgerci alle verità
esoteriche, per timore che queste ultime siano respinte. Inoltre, ogni simbolo, in ciascuna
Religione nazionale, può essere interpretato esotericamente; e la prova che si può avere della
sua giusta interpretazione, allorquando è tradotto nei numeri e nelle forme geometriche
corrispondenti, ci è data dalla straordinaria concordanza di tutti i glifi e di tutti i simboli, per
quanto grande possa essere esteriormente la loro diversità; poiché, in origine, tutti quei
simboli erano identici. Se si confrontano, ad esempio, le frasi iniziali delle varie
Cosmogonie, in tutti i casi si troverà sempre un Cerchio, un Uovo o una Testa. Le Tenebre
sono sempre associate con questo primo simbolo, e lo circondano, come si può constatare nei
sistemi indù, egiziano, caldeo-ebraico, e scandinavo. Di qui, i corvi neri, le colombe nere, le
acque nere, e perfino le fiamme nere; poiché la settima lingua di Agni, il Dio del Fuoco, si
chiamava Kâlî, la “Nera”, essendo una fiamma nera ondeggiante. Due colombe “nere” si
involarono dall’Egitto e, posandosi sulle querce di Dodona, dettero i loro nomi agli Dèi
greci. Noè, dopo il Diluvio, pose in libertà un corvo “nero”, simbolo del Pralaya Cosmico,
dopo il quale cominciò la vera creazione e l’evoluzione della nostra Terra e della nostra
Umanità. I corvi “neri” di Odino, volteggiando intorno alla Dea Saga, bisbigliarono al suo
orecchio il passato ed il futuro. Ora, qual’è il significato occulto di quegli uccelli neri? Essi
sono tutti collegati con la Saggezza primordiale che emana dalla Sorgente pre-cosmica del
Tutto, simboleggiata dalla Testa, dal Cerchio o dall’Uovo; ed hanno, ognuno, un significato
identico, riferendosi all’Uomo Archetipale Primordiale, Adamo Kadmon, l’Origine Creativa
di tutte le cose, e che è composto dalla Legione dei Poteri Cosmici — i Dhyân Chohan
Creatori, al dì là dei quali tutto è Tenebra.
Interroghiamo la saggezza della Cabala, per quanto essa sia attualmente velata e
deformata, per spiegare, nel suo linguaggio numerico, almeno un significato approssimativo
della parola “corvo”. Ecco il suo valore numerico, come è dato in The Source of Measures:
La parola Corvo è adoperata una sola volta, e assunta quale Eth-h’orebv ־חעכ
=את678, o 113 X 6;
mentre vi si menziona cinque volte la Colomba. II suo valore è 71, e 71 X 5 = 355. Sei diametri o il Corvo,
incrociandosi, dividerebbero la circonferenza di un cerchio di 355 in 12 parti o compartimenti, e 355 suddiviso
per ogni unità e moltiplicato 6, sarebbe eguale a 213-0, o la Testa (“il princìpio”) nel primo versetto del Genesi.
Questa parola, diviso o suddivisa nel medesimo modo per 2, o il 355 per 12, darebbe 213-2, la parola B’râsh,
333
כ־דאשo la prima parola del Genesi, con il suo prefisso di preposizione che significa, astronomicamente, la
medesima forma generale concreta di quella di cui si parla qui.
Ora, essendo il significato segreto del primo versetto del Genesi: “In Rash (B’râsh) o
Testa, si svilupparono gli Dèi, i Cieli e la Terra” — è facile comprendere il significato
esoterico del Corvo, dal momento che è stato determinato il significato dell’Inondazione, o
Diluvio di Noè. Quali che possano essere gli altri molteplici significati di questa allegoria
emblematica, il suo significato principale è però quello di un nuovo Ciclo e di una nuova
Ronda — la nostra Quarta Ronda1. Il Corvo o l’Eth-h’orebv, dà lo stesso valore numerico
della Testa, e non ritornò all’Arca, mentre la Colomba vi ritornò portando il ramoscello di
ulivo. Quando Noè, l’uomo nuovo della nuova Razza, il cui prototipo è Vaivasvata Manu, si
prepara a lasciare l’Arca, la Matrice, o Argha, di natura terrestre, rappresenta il simbolo
dell’Uomo puramente spirituale, senza sesso e androgino, delle tre prime Razze che
sparirono per sempre dalla Terra. Numericamente, nella Cabala, Jehovah, Adamo e Noè non
sono che uno. È dunque, tutt’al più, la Divinità che discende sul Monte Ararat e, più tardi,
sul Monte Sinai, per incarnarsi d’ora innanzi nell’uomo, la sua immagine, secondo il
processo naturale, nell’utero materno, i cui simboli, nel Genesi, sono l’Arca, il Monte
(Sinai), ecc. L’allegoria ebraica è astronomica e fisiologica, piuttosto che antropomorfica.
E qui si trova l’abisso che separa il sistema ariano da quello semitico, per quanto
entrambi siano edificati sulla medesima base. Come dimostra un interprete della Cabala:
L’idea fondamentale sottostante alla filosofia degli ebrei era che Dio contenesse in se stesso tutte le
cose, e che l’uomo era la sua immagine; l’uomo includente la donna (quali androgini; e che la geometria (ed i
numeri e le misure applicabili all’astronomia) sono contenute nelle parole uomo e donna. L’apparente
incongruità di un simile metodo era eliminata dalla dimostrazione del rapporto di uomo e donna con un sistema
particolare di numeri, di misure e di geometria, dai periodi di tempo della partoriente, che forniva il legame di
connessione fra le parole adoperate ed i fatti dimostrati, e perfezionava il metodo usato.2
Si arguisce che, essendo la Causa Prima assolutamente inconoscibile, “il simbolo
della sua prima manifestazione comprensibile era il concetto di un cerchio con il suo
diametro, per far nascere contemporaneamente l’idea della geometria, del fallicismo e
dell’astronomia”; e che questo simbolo venne infine applicato per “significare
semplicemente gli organi genitali umani”. Quindi il ciclo intero degli eventi, da Adamo e i
Patriarchi fino a Noè, è utilizzato a scopi fallici ed astronomici, che si regolano
scambievolmente, come per esempio i periodi lunari. Il Genesi degli ebrei comincia pure
dopo la loro uscita dall’Arca, alla fine del Diluvio, e cioè con la Quarta Razza. Per il popolo
ariano la cosa è differente.
L’Esoterismo Orientale non ha mai degradato la Divinità Unica ed Infinita, che
contiene tutte le cose, a simili usi; e ciò è dimostrato dall’assenza di Brahmâ nel Rig Veda, e
dalla modesta posizione che vi occupano Rudra e Vishnu, che divennero, soltanto molti
secoli dopo, Dèi grandi e potenti, gli Dèi “Infiniti” dei credi exoterici. Ma perfino essi, per
quanto possano essere tutti e tre “Creatori”, non sono dei “Creatori diretti” e “progenitori
degli uomini”.
Questi ultimi occupano un ordine ancora meno elevato e sono chiamati i Prajâpati, i
Pitri, i nostri Antenati Lunari, ecc., mai il Dio Unico ed Infinito. La Filosofia Esoterica
raffigura l’uomo fisico soltanto come creato ad immagine della Divinità, la quale ultima non
rappresenta, d’altra parte, che degli “Dèi Minori”. È soltanto il SÉ SUPERIORE, l’EGO reale,
che è divino e che è DIO.
1
Bryant ha ragione ad asserire che: “I Bardi druidici dicono, a proposito di Noè, che quando egli usci dall’Arca (la nascita di
un nuovo ciclo), dopo avervi soggiornato un anno ed un giorno e cioè 364 + 1 = 365 giorni, Nettuno si congratulò con lui per
essere nato dalle acque del Diluvio e gli augurò un Felice Anno Nuovo”. “L’Anno”, o ciclo, esotericamente, era la nuova
razza di uomini nati da donna, dopo la separazione dei sessi, ciò che costituisce il significato secondario dell’allegoria;
poiché il suo significato primario è quello dell’inizio della Quarta Ronda o Nuova Creazione.
2
Tratto da un manoscritto inedito.
334
SEZIONE XIII
LE SETTE CREAZIONI
Non vi era né giorno né notte, né cielo né terra, né tenebre
né luce, né qualsiasi altra cosa fuorchè l’Uno, incomprensibile per
l’intelletto, o Quello che è Brahmâ e Pums (Spirito) e Pradhâna
(Materia [bruta])1.
Vishnu Purâna (I, ii)
Nel Vishnu Purâna, Parâshara dice a Maitreya, suo discepolo:
Ti ho così spiegato, eccellente Muni, sei creazioni...... la creazione degli esseri Arvâksrotas fu la
settima e fu quella dell’uomo.2
Egli prosegue quindi a parlare di due creazioni addizionali e molto misteriose, che
sono interpretate diversamente dai commentatori.
Origene, commentando i libri scritti da Celso, suo antagonista gnostico, — libri che
furono tutti distrutti dai prudenti Padri della Chiesa — risponde evidentemente alle obiezioni
del suo contradditore e rivela in pari tempo il suo sistema. Questo sistema era chiaramente
settenario. Ma la Teogonia di Celso, la genesi delle stelle e dei pianeti, del suono e del
colore, non trovò come risposta altro che satire: Celso, “desiderando esibire la propria
erudizione”, parla di una scala della creazione con sette porte, ed in alto, sopra a tutte,
l’ottava, che è sempre chiusa. I misteri del Mithra persiano sono spiegati, e vi si “aggiungono
pure delle ragioni musicali”. Ed a queste ragioni, egli si sforza ancora “di aggiungere una
seconda spiegazione collegata pure con considerazioni musicali”3 cioè con le sette note della
scala musicale, con i sette Spiriti delle Stelle, ecc.
Valentino si dilunga intorno al potere dei grandi Sette che ricevettero l’incarico di
produrre questo universo, dopo che Ar(r)hetos o l’Ineffabile, il cui nome è composto di sette
lettere, ebbe descritto il primo Settenario. Il nome di Ar(r)hetos indica la natura settenaria
dell’Uno, del Logos. “La Dea Rea” dice Proclo, “è una Monade, una Diade ed un
Settenario”, comprendendo in sé tutti i Titani”, che sono sette.4
Le Sette Creazioni si trovano citate in quasi tutti i Purâna. Esse sono tutte precedute
da ciò che Wilson traduce sotto il nome di “Princìpio Indistinto”, lo Spirito Assoluto,
indipendente da qualsiasi relazione con gli oggetti dei sensi.
Esse sono: 1) Mahattattva, l’Anima Universale, l’Intelletto Infinito o la Mente
Divina; 2) Tanmâtras, Bhûta o Bhûtasarga, la Creazione Elementale, la prima
differenziazione della Sostanza Universale Indistinta; 3) Indriya o Aindriyaka, l’Evoluzione
Organica. “Queste tre furono le Creazioni Prâkrita, lo sviluppo della natura indistinta,
preceduta dal Princìpio Indistinto”; (4) Mukhya, “la Creazione fondamentale (delle cose
percettibili) era quella dei corpi inanimati”;5 5) Tairyagyonya o Tiryaksrotas, fu quella degli
animali; 6) Ûrdhvasrotas, o quella delle Divinità (?)6; 7) Arvâksrotas, fu quella dell’uomo.1
1
O, letteralmente: “Uno Spirito Prâdhânika Brahma: QUELLO era. “Lo Spirito Prâdhânika Brahma” è Mûlaprakriti e
Parabrahman.
2
Wilson, Vishnu Purâna, I, 73-5.
3
Origene, Contra Celsum, VI, XXII.
4
Proclo, Commentario al Timeo [II 224B p. 685 Traduzione Thomas Taylor - Frome, 1998. N. d. T. ]
5
“E la quarta creazione è qui la primaria, poiché le cose immobili sono enfaticamente conosciute come primarie” –secondo
un commentario tradotto da Fitzedward Hall nella sua edizione della traduzione di Wilson.
6
Come è possibile che le “divinità” siano state create dopo gli animali? II significato esoterico dell’espressione “animali” è
quello di germe di tutta la vita animale, l’uomo incluso. L’uomo è chiamato un animale sacrificale, e cioè il solo essere
della creazione animale che offra sacrifici agli Dèi. Inoltre, quando nei testi sacri si parla di “animali sacri” si fa spesso
allusione ai dodici segni dello Zodiaco.
335
Tale è l’ordine dato nei testi exoterici. Secondo gli insegnamenti esoterici vi sono
sette “Creazioni” Primarie e sette Secondarie; le prime sono le Forze auto-evolventi dalla
FORZA unica senza causa; le seconde ci mostrano l’Universo manifestato che emana dagli
Elementi divini già differenziati.
Esotericamente, come pure exotericamente, tutte le Creazioni sopra enumerate
rappresentano i sette periodi dell’Evoluzione, tanto dopo un’Èra quanto dopo un Giorno di
Brahmâ. Questo è l’insegnamento par excellence della Filosofia Occulta, la quale però non
adopera mai la parola “creazione” e neppure la parola evoluzione, per quanto concerne la
“Creazione” Primaria, ma chiama tutte quelle Forze gli “aspetti della Forza Senza Causa”.
Nella Bibbia i sette periodi sono ridotti ai sei Giorni della Creazione ed al settimo Giorno di
Riposo, e gli occidentali accettano tale versione alla lettera. Nella Filosofia indù, quando il
Creatore attivo ha prodotto il Mondo degli Dèi, i Germi di tutti gli Elementi indifferenziati
ed i Rudimenti dei Futuri Sensi — ossia il Mondo dei Noumeni — l’Universo rimane
inalterato durante un intero Giorno di Brahmâ, un periodo di 4.320.000.000 di anni. Questo è
il settimo Periodo passivo, o il “Sabbath” della Filosofia Orientale, che fa seguito ai sei
periodi di evoluzione attiva. Nel Shatapatha Brâhmana, Brahmâ (neutro), la Causa Assoluta
di tutte le Cause, irradia gli Dèi. Avendo irradiato gli Dèi per mezzo della sua natura
inerente, il lavoro è interrotto. Nel primo Libro di Manu è detto:
Alla fine di ciascuna Notte (Pralaya), Brahmâ, che era addormentato, si risveglia e, mediante la sola
energia del movimento, emana da se stesso lo Spirito (o mente), che nella sua essenza è, e tuttavia non è.
Nel Sepher Yetzirah, il “Libro della Creazione” Cabalistico, l’autore ha fatto
evidentemente eco alle parole del Manu. In esso la Sostanza Divina è rappresentata esistere
da sola eternamente, illimitata ed assoluta; ed emanare da se stessa lo Spirito.
Uno è lo Spirito del Dio vivente, benedetto sia il suo Nome, che vive eternamente! La Voce, lo Spirito
2
e il Verbo, questo è lo Spirito Santo”.
Questa è la Trinità Cabalistica astratta, antropomorfizzata senza troppe cerimonie dai
Padri della Chiesa. Da questa triplice Unità è emanato l’intero Cosmo. All’inizio, dall’Uno
emanò il numero Due, o l’Aria, l’elemento creativo; quindi il numero Tre, l’Acqua,
procedette dall’Aria; l’Etere, o il Fuoco, completa il mistico Quattro, l’Arba-il. Nella dottrina
orientale, il Fuoco è il primo Elemento — l’Etere, che sintetizza il tutto, poiché esso li
contiene tutti.
Nel Vishnu Purâna vengono dati tutti e sette i periodi, e vi è rappresentata
l’evoluzione progressiva dell’“Anima-Spirito” e delle sette Forme della Materia o dei
Princìpi. È impossibile enumerarli in quest’opera, ed il lettore è invitato ad esaminare
attentamente uno dei Purâna.
R. Yehudah cominciò, è scritto: “Elohim disse: Che vi sia un firmamento in mezzo alle acque”. Venite
a vedere! All’epoca in cui il Santo... creò il mondo, Egli (essi) creò 7 cieli di sopra. Egli creò 7 terre al di sotto,
7 mari, 7 giorni, 7 fiumi, 7 settimane, 7 anni, 7 epoche e 7000 anni durante i quali il mondo è esistito..... il
settimo di tutti (il millennio)..... Ecco dunque 7 terre in basso, esse sono tutte abitate tranne quelle che sono in
alto e quelle che sono in basso. E... fra ciascuna terra si estende un cielo (firmamento) che le separa l’una
dall'altra... E vi sono su di esse (queste terre) delle creature che appaiono differenti le une dalle altre; ..... ma se
fate obiezione e dite che tutti i figli del mondo discendono da Adamo, non è così... E le terre inferiori da dove
provengono? Esse provengono dalla catena della terra e dal Cielo che è al di sopra”3.
Anche Ireneo ci serve da testimone — ed un testimone molto involontario — del
fatto che gli Gnostici insegnavano il medesimo sistema, velando accuratamente il suo vero
significato esoterico. Tale “modo di velare” è tuttavia identico a quello adoperato nel Vishnu
Purâna e in altre opere. Così Ireneo scrive a proposito dei Marcosiani:4
1
Vishnu Purâna, ibid.
Op. cit., I, IX.
3
Qabbalah di Myer, 415-16.
4
[I discepoli di Marco lo Gnostico, allievo di Valentino. –N.d.T.]
2
336
Essi sostengono che i quattro elementi, fuoco, acqua, terra ed aria furono creati per primi secondo
l’immagine della Tetrade primaria superiore, e che se noi vi aggiungiamo le loro operazioni, e cioè il calore, il
freddo, l’umidità e la siccità, avremo una rappresentazione esatta della Ogdoade” 1.
Tuttavia questa “somiglianza” e l’Ogdoade stessa, non sono che dei veli,
precisamente come nelle sette creazioni del Vishnu Purâna, alle quali sono aggiunte altre
due, di cui l’ottava, chiamata Anugraha, “possiede ambedue le qualità di bontà e di oscurità”,
e questa è un’idea piuttosto relativa al sistema Sânkhya che ai Purâna. Infatti Ireneo dice
ancora che:
Essi (gli Gnostici) avevano inoltre un’ottava creazione che era contemporaneamente buona e cattiva,
divina e umana. Essi affermano che l’uomo fu formato l’ottavo giorno. A volte affermano che egli fu creato il
sesto giorno, e a volte l’ottavo; a meno che essi intendano dire che la sua parte terrestre fu formata il sesto
giorno e la sua parte carnale (?) l’ottavo giorno, stabilendo così una distinzione fra queste due parti.2
È vero che facevano questa “distinzione”, ma non come dice Ireneo. Gli Gnostici
avevano un Settenario superiore ed uno inferiore in Cielo, ed un terzo Settenario terrestre sul
piano della materia. Iaô, il Dio dei Misteri e il Reggente della Luna, come lo definisce
Origene nella sua esposizione, era il capo di questi “Sette Cieli” superiori3, e quindi identico
al capo dei Pitri Lunari, nome che davano ai Dhyân Chohan Lunari. “Essi affermano che
questi sette cieli sono intelligenti e ne parlano come se fossero degli angeli”, scrive pure
Ireneo, aggiungendo che per questa ragione essi chiamavano Iaô: Ebdomade, mentre sua
madre era chiamata Ogdoade, perché, come egli spiega, “conservava il numero della
Ogdoade primogenita e primaria del Pleroma”4.
Questa “Ogdoade primogenita” era, nella Teogonia, il Secondo Logos, il
Manifestato, perché era nato dal Settuplice Primo Logos, quindi era l’ottavo su questo piano
manifestato. Nell’Astrolatria, era il Sole, Mârttânda, l’ottavo figlio di Aditi, che essa
respinge, mentre conserva i suoi Sette Figli, i pianeti. Gli antichi infatti non hanno mai
considerato il Sole come un pianeta, ma come una Stella centrale e fissa. Questo costituisce
il secondo Settenario nato dai Sette-Raggi dell’Uno, Agni, il Sole ed altri, ma non dai sette
pianeti che sono i Fratelli di Surya e non i suoi Figli. Per gli Gnostici, questi Dèi Astrali
erano i Figli di Ialdabaoth5 (da ilda, fanciullo e baoth, uovo), il Figlio di Sophia Achamôth,
la figlia di Sophia o Saggezza, la cui regione è il Pleroma. Ialdabaoth genera da se stesso
questi sei Spiriti stellari: Iaô (Jehovah), Sabaôth, Adoneus, Eloæus, Oreus e Astaphaæus6, e
sono questi che costituiscono la secondo Ebdomade, quella inferiore. Per quanto concerne il
terzo, esso è composto dai sette uomini primordiali, le ombre degli Dèi Lunari, proiettate dal
primo Settenario. In questo, gli Gnostici, come vediamo, non differivano molto dalla
Dottrina Esoterica, se si eccettua il fatto che essi la velavano. In quanto all’imputazione fatta
da Ireneo, che ignorava evidentemente le vere dottrine degli “Eretici”, riguardo all’uomo
creato il sesto giorno e all’uomo creato l’ottavo giorno, ciò si riferisce al mistero dell’uomo
interiore. Il lettore potrà capirlo soltanto quando avrà letto il Volume II e avrà ben compreso
l’Antropogenesi e avrà ben compreso come questa viene esposta dalla Dottrina Esoterica.
Ialdabaoth è una copia del Manu, che afferma con forza:
O migliore degli uomini nati due volte! Sappi che io (Manu) sono lui, il creatore di tutto questo
mondo, che quel Virâj maschio... produsse spontaneamente.7
Egli crea da princìpio i dieci Signori dell’Essere, i Prajâpati, i quali, come dice il
versetto 36, “produssero sette altri Manu”. Ialdabaoth esclama inoltre orgogliosamente :”Io
1
Contra Haereticos, I, XVII, 1.
Ibid., I, XXX.
3
Superiori soltanto rispetto agli Spiriti, o “Cieli” della Terra.
4
Ibid., I, V, 2.
5
Vedere Iside Svelata, Vol. II, pag. 183.
6
Vedere pure The Gnostics and their Remains di King, pag. 97. Altre sètte consideravano Jehovah come Ialdabaoth stesso.
King lo identifica con Saturno.
7
Le leggi di Manu, I, 33.
2
337
sono Padre e Dio, e non vi è nessun altro al di sopra di me”. Per cui sua Madre freddamente
lo fa tacere dicendogli: “Non mentire Ialdabaoth, poiché il Padre di tutto, il Primo Uomo
(Anthrôpos) è al di sopra di te, come pure Anthrôpos, il Figlio di Anthrôpos”.1 Questa è una
buona prova dell’esistenza di tre Logoi — oltre ai sette nati dal primo — uno dei quali è il
Logos Solare. E chi era dunque quell’Anthrôpos stesso, di tanto superiore a Ialdabaoth?
Soltanto gli scritti gnostici possono risolvere questo enigma. Nella Pistis-Sophia il nome di
Ieou, composto di quattro vocali, è accompagnato generalmente dall’appellativo di “Uomo
Primordiale o Primo Uomo”. Ciò dimostra nuovamente che la Gnosi non era che un’eco
della nostra Dottrina Arcaica. I nomi che corrispondono a Parabrahman, a Brahmâ e a Manu,
il primo Uomo pensante, sono composti di suoni che comprendono una vocale, tre vocali e
sette vocali. Marco, la cui filosofia era certamente più pitagorica di qualunque altra, parla di
una rivelazione che gli fu fatta dei sette Cieli, che, pronunciando i sette nomi delle sette
Gerarchie Angeliche, emisero ciascuno una vocale. Quando lo Spirito ha permeato anche il
più piccolo atomo dei Sette Princìpi del Cosmo, allora ha inizio la Creazione Secondaria,
dopo il già citato periodo di riposo.
“I Creatori (Elohim), durante la seconda “Ora”, delineano la forma dell’uomo”, dice
il Rabbino Simeon nel Nuchthemeron degli Ebrei. “Vi sono dodici ore nella giornata” dice il
Mishna, “ed è durante quelle che la creazione si compie”. Le “dodici ore della giornata”
sono di nuovo una copia rimpicciolita, l’eco debole, per quanto fedele, della Sapienza
primitiva. Esse corrispondono ai 12.000 Anni Divini degli Dèi, questi pure un velo ciclico.
Ogni Giorno di Brahmâ comprende 14 Manu, che i cabalisti ebraici, imitando comunque, i
caldei, hanno trasformato e velato in 12 “Ore”.2 Il Nuchthemeron di Apollonio di Tiana è la
medesima cosa. “Il Dodecaedro sta celato nel Cubo perfetto”, dicono i cabalisti. Il significato
mistico di questa frase è che le dodici grandi trasformazioni dello Spirito nella Materia — i
12.000 Anni Divini — avvengono durante le quattro grandi Ère, o il primo Mahâyuga. Esse
cominciano dal lato metafisico e superumano, e terminano con la natura fisica e puramente
umana del Cosmo e dell’Uomo. La Filosofia Orientale è in grado di indicare il numero esatto
degli anni mortali occorsi per le evoluzioni spirituale e fisica, del visibile e dell’invisibile,
anche se la scienza occidentale non è capace di farlo.
La Creazione Primaria è chiamata la Creazione della Luce (Spirito), e la Creazione
Secondaria quella delle Tenebre (Materia)3. Si trovano entrambe anche nel Genesi4. La
prima è l’emanazione degli Dèi auto-generati (gli Elohim); la seconda è quella della Natura
fisica.
È perciò che nello Zohar è detto:
Oh, compagni, compagni! L’uomo, quale emanazione, fu contemporaneamente uomo e donna; sia
dalla parte del Padre, che dalla Madre. E questo è il significato delle parole: ed Elohim disse: “Sia la Luce e la
Luce fu!...”. E questo è l’Uomo duplice!
Ma nel senso che ciò che è Luce sul nostro piano, è Tenebre nelle sfere superiori.
“Uomo e donna... da parte del PADRE” (Spirito), si riferisce, alla Creazione Primaria;
da parte della Madre (Materia), si riferisce alla Creazione Secondaria. L’Uomo duplice è
Adamo Kadmon, il prototipo astratto maschio e femmina e l’Elohim differenziato. L’uomo
procede dal Dhyân Chohan, ed è un “Angelo Caduto”, un Dio in esilio; e noi lo
dimostreremo.
1
Ireneo, op. cit., I, XXX, 6.
In altri passi, tuttavia, si rivela l’identità. Vedi più sopra la citazione tratta da Ibn Gabirol a proposito dei suoi sette cieli,
sette terre, ecc..
3
Queste non debbono essere confuse con le “TENEBRE” precosmiche, il Divino TUTTO.
4
Genesi, I, 2; ed anche all’inizio del cap. II.
2
338
In India queste creazioni erano descritte così:1
I) La Prima Creazione: La Creazione Mahattattva, così chiamata perché fu l’autoevoluzione primordiale di ciò che doveva diventare Mahat, la “Mente Divina, cosciente ed
intelligente”, esotericamente lo “Spirito dell’Anima Universale”.
O migliore degli asceti, tramite la sua potenza (la potenza di quella causa), ogni causa prodotta
perviene alla sua propria natura”.
Ed ancora:
Poiché le potenzialità di tutti gli Esseri sono compresi soltanto attraverso la conoscenza di Quello
(Brahmâ), che è al di là del ragionamento, della creazione e simili, tali poteri sono da riferirsi a Brâhma.
QUELLO, dunque, precede la manifestazione. “La prima fu Mahat”, dice il Linga
Purâna, poiché l’Uno (Quello) non è né il primo né l’ultimo, ma il tutto. Tuttavia,
exotericamente, questa manifestazione è l’opera dell’“Uno Supremo” — o piuttosto un
effetto naturale di una Causa Eterna; o, come dice il Commentatore, può esserci stata
l’intenzione di dire che Brâhma fu quindi creato (?), essendo identificato con Mahat,
l’intelligenza attiva o la volontà operante del Supremo. La Filosofia Esoterica lo traduce con
il termine di “Legge operante”.
È la giusta comprensione di questa dottrina dei Brâhmana e dei Purâna, che
costituisce, secondo noi, il pomo della discordia fra le tre sette vedantine: la Advaita, la
Dvaita e la Vishishthâdvaita. La prima sostiene giustamente che Parabrahman, quale TUTTO
assoluto, non avendo relazione con il Mondo manifestato, l’Infinito non avendo alcun
rapporto con il Finito, non può né volere né creare; che, di conseguenza, Brahmâ, Mahat,
Îshvara, o qualunque sia il nome con cui si definisce il Potere Creatore, gli Dèi Creatori e
tutti gli altri, sono semplicemente un aspetto illusorio di Parabrahman, nell’idea di coloro
che li concepiscono. Le altre sètte invece identificano la Causa Impersonale con il Creatore,
o Îshvara.
Mahat, o Mahâ-Buddhi, è però, per i Vaishnava, la Mente Divina agente attivamente
o, secondo l’espressione di Anassagora, “una Mente che ordina e che organizza e che fu la
causa di tutte le cose” - Νοûς ό διαxοσµων τε xαì πάντων αίτιος.
Wilson rilevò subito la suggestiva somiglianza esistente fra Mahat ed il Môt, o Mut,
dei fenici, che per gli egiziani era femminile, la Dea Moot, la Madre, “che similmente a
Mahat”, egli dice, “fu il primo prodotto della mescolanza (?) di Spirito e Materia, ed il primo
rudimento della Creazione”. “Ex connexione autem ejus Spiritus prodidit Môt... Hinc...
seminium omnis creaturae et omnium rerum creatio”, dice Brucker 2, dandogli così un
colorito ancora più materialistico ed antropomorfico.
Tuttavia, il senso esoterico della Dottrina traspare attraverso ogni frase exoterica,
sopratutto negli antichi testi sanscriti che trattano della Creazione primordiale.
L’Anima Suprema, la Sostanza del Mondo che Tutto-permea (Sarvaga), essendo penetrata (essendo
attratta) nella materia (Prakriti) e nello Spirito (Purusha), agitò i princìpi mutevoli ed immutabili, essendo
giunto il tempo della Creazione (Manvantara).
Il Nous dei Greci, che è la Mente (spirituale o divina) o Mens, Mahat, agisce nel
medesimo modo sulla Materia; esso “vi penetra” e la “agita”:
Spiritus intus alit, totamque infusa per artus,
Mens agitat molem, et magno se corpore miscet.
(Virgilio, Eneide VI, 726)
1
Le citazioni che seguono e che si riferiscono alle sette Creazioni, sono tratte tutte dal Vishnu Purâna: Libro I, cap. I-V,
salvo indicazioni contrarie.
2
I, 240.
339
Anche nella Cosmogonia Fenicia, lo “Spirito, mescolandosi con i propri princìpi, dà
origine alla creazione”1; la Triade Orfica ci presenta una dottrina identica, poiché Phanes, o
Eros, il Chaos, contenente la Materia Cosmica bruta indifferenziata, e Crono, il Tempo, sono
i tre princìpi cooperanti che emanano dal Punto Celato ed Inconoscibile, e che compiono il
lavoro della “Creazione”. Ed essi corrispondono agli indù Purusha (Phanes), a Pradhâna
(Chaos) e a Kâla (Crono). Al buon prof. Wilson non piace questa idea, come non piacerebbe
a nessun ecclesiastico cristiano, anche se liberale. Egli osserva che “la mescolanza (dello
Spirito Supremo o Anima con i suoi propri princìpi) non è meccanica; è una influenza, o
effetto, esercitata su agenti intermediari che producono degli effetti”. La frase del Vishnu
Purâna che dice: “come la fragranza colpisce la mente semplicemente con la sua vicinanza e
non per un’azione immediata sulla mente stessa, così il Supremo influenza gli Elementi della
creazione”, è giustamente interpretata dal venerando ed erudito sanscritista nel senso che:
“come i profumi non deliziano la mente mediante un contatto reale, bensì mediante
l’impressione che essi producono sul senso dell’odorato, che la comunica alla mente”;
aggiungendo che l’entrata del Supremo... nello Spirito, come pure nella Materia, è meno
comprensibile della spiegazione che si trova altrove, e cioè soltanto dell’infusione dello
Spirito, identificato con il Supremo, nella Prakriti, o Aspetto Materia.” Egli preferisce il
versetto del Pâdma Purâna: “Colui che è chiamato il maschio (lo spirito) di Prakriti... quello
stesso divino Vishnu entrò in Prakriti”. Quest’idea è certamente più affine al carattere
plastico di certi versetti della Bibbia concernenti i Patriarchi come Lot, e perfino Adamo2, ed
altri di una natura ancora più antropomorfica. Ma è appunto ciò che ha condotto l’Umanità al
Fallicismo; la Religione Cristiana ne è satura, dal primo capitolo del Genesi fino
all’Apocalisse.
La Dottrina Esoterica insegna che i Dhyân Chohan costituiscono l’aggregato
collettivo dell’Intelligenza Divina o Mente Primordiale, e che i primi Manu, le sette
Intelligenze Spirituali, “nati dalla mente”, sono identici ai precedenti. Quindi il Kwan-ShiYin della Stanza III, il “Drago d’Oro nel quale sono i Sette”, è il Logos Primordiale o
Brahmâ, il primo Potere Creatore manifestato; e le Energie Dhyâniche sono i Manu o,
collettivamente, il Manu Svâyambhuva. È facile, inoltre, constatare la relazione diretta che
esiste fra i Manu e Mahat. Manu deriva dalla radice man, pensare; e il pensiero procede dalla
mente. Nella Cosmogonia è il Periodo Pre-nebulare.
II) La Seconda Creazione, o creazione Bhûta, era quella dei Princìpi Elementari o
Tanmâtra, chiamata perciò la Creazione Elementale o Bhûtasarga. È il periodo del primo
respiro della differenziazione degli Elementi pre-cosmici o della Materia. Bhûtâdi significa
“l’origine degli Elementi” e precede Bhûtasarga, la “creazione” o differenziazione di quegli
Elementi nell’Âkâsha Primordiale, il Chaos o il Vuoto.3 Nel Vishnu Purâna si legge che essa
procede e appartiene al triplice aspetto di Ahamkâra, tradotto come Egotismo, ma che
significa piuttosto questo termine intraducibile, “il senso dell’io separato”, che emana in
primo luogo da Mahat, o Mente Divina; il primo e vago delinearsi della percezione di Sé,
poiché il “puro” Ahamkâra diviene “appassionato” e finalmente “rudimentale” o iniziale; è
l’origine di tutti gli esseri coscienti ed incoscienti, per quanto la Scuola Esoterica respinge
l’idea che esista una qualsiasi cosa “incosciente”, salvo sul nostro piano di illusione e di
ignoranza. Durante questa fase della Creazione Secondaria, appare la Seconda Gerarchia dei
Manu, i Dhyân Chohan o Deva, che sono l’origine della Forma (Rûpa), i Chitrashikhandina,
dalla “Corona brillante” o Riksha; quei Rishi che sono diventati le Anime ispiratrici delle
1
Brucker, ibid.
Confrontare con il Genesi, XIX, 34-8 e IV, 1.
3
Vishnu è contemporaneamente Bhûtesha, il “Signore degli Elementi” e di tutte le cose, e Vishvarûpa, la “Sostanza
Universale” o Anima.
2
340
Sette Stelle (dell’Orsa Maggiore)1. Nel linguaggio astronomico e cosmogonico, questa
Creazione si riferisce al Periodo della Bruma di Fuoco, il primo stadio della Vita Cosmica
dopo il suo stato caotico, quando gli Atomi escono dallo stato Laya.
III) La Terza Creazione: La Terza Creazione o Creazione Indriya fu la forma
modificata di Ahamkâra, la concezione dell’ “Io” (da Aham, “Io”), chiamata la Creazione
Organica o Creazione dei Sensi, Aindriyaka. “Queste tre furono le Creazioni Prâkrita, gli
sviluppi (distinti) della natura indistinta, preceduti dal princìpio indistinto”. Il termine
“preceduti da” dovrebbe essere sostituito qui da “cominciando con Buddhi”; poiché
quest’ultimo non è una quantità distinta né indistinta, ma partecipa della natura di entrambe,
tanto nell’uomo quanto nel Cosmo. Costituendo un’unità o una Monade umana sul piano
dell’illusione, Buddhi, una volta affrancatosi dalle tre forme di Ahamkâra e liberato dal suo
Manas terrestre, diventa veramente una quantità continua, tanto come durata quanto come
estensione, poiché esso è eterno ed immortale. In precedenza è asserito che la Terza
Creazione “abbondantemente fornita della qualità della bontà”, è chiamata Ûrdhvasrotas; e
una o due pagine dopo, la Creazione Ûrdhvasrotas è citata come “la sesta creazione... o
quella delle divinità”. Questo dimostra chiaramente che alcuni Manvantara antichi, come
pure altri più recenti, sono stati intenzionalmente confusi per impedire al profano di
percepire la verità. Gli orientalisti chiamano ciò “incongruità” e “contraddizioni”. Le “tre
creazioni che cominciano con l’Intelligenza sono elementari, ma le sei creazioni che
procedono dalla serie, delle quali l’Intelletto è la prima, sono l’opera di Brâhma”2. Qui,
“Creazioni” vuol dire sempre fasi dell’evoluzione. Mahat, “l’Intelletto” o la Mente, che
corrisponde a Manas, il primo trovandosi sul piano cosmico e quest’ultimo sul piano umano,
si trova qui anch’esso al di sotto di Buddhi o Intelligenza super-divina. Quindi, quando
leggiamo nel Linga Purâna che “la prima Creazione fu quella di Mahat, l’Intelligenza
essendo la prima a manifestarsi”, dobbiamo riferire quella creazione (specificata) alla prima
evoluzione del nostro Sistema o anche della nostra Terra, poiché nessuna delle creazioni
precedenti è esaminata nei Purâna, ma vi si fa solo occasionalmente qualche allusione.
Questa Creazione dei primi Immortali, o Devasarga, è l’ultima della serie ed ha un
significato universale; essa non si riferisce cioè particolarmente al nostro Manvantara, ma
all’Evoluzione in generale, che ricomincia sempre nel medesimo modo, dimostrando così di
riferirsi a parecchi Kalpa distinti. Poiché è detto: “alla fine dell’ultimo Kalpa (Pâdma) il
divino Brahmâ si risvegliò dopo la sua notte di sonno e contemplò l’Universo vuoto”. Quindi
ci viene mostrato Brahmâ che ricomincia un’altra volta le “Sette Creazioni” nella fase
secondaria dell’evoluzione, ripetendo le prime tre sul piano oggettivo.
IV) La Quarta Creazione: La Creazione Mukhya o Primaria, poiché essa è la prima
della serie di quattro. Né il termine corpi “inanimati”, né “cose immobili”, come è tradotto
da Wilson, danno un’idea corretta delle parole sanscrite adoperate. La Filosofia Esoterica
non è la sola a respingere l’idea che un atomo qualsiasi possa essere “inorganico”, poiché si
ritrova pure tale opinione nell’Induismo ortodosso. Inoltre Wilson stesso dice: “Tutti i
1
Si confronti, per i loro “modelli posteriori”, il Trattato scritto durante il sedicesimo secolo da Tritemio, il maestro di
Agrippa, “Sulle Sette Intelligenze Secondarie o Spirituali, le quali, dopo Dio, azionano l’Universo”. Trattato che, oltre ai
cicli segreti e a parecchie profezie, spiega certi fatti e certe credenze relative ai Geni o agli Elohim, che presiedono e guidano
le fasi settenarie del Progresso del Mondo.
[Trithemius, o Johannes Tritheim, fu un mistico ed occultista tedesco, figlio di un tale di nome Hildenberg, e il cui nome,
latinizzato, deriva da Tritheim, un villaggio nell’elettorato di Trier (Trèves). Fu uno scrittore prolifico, ma le sue opere,
scritte in latino, non sono state tradotte. Esse trattano di vari argomenti, come la Geomanzia, la Stregoneria, l’Alchimia, gli
Angeli Guardiani, ecc. …….Si dice che abbia gratificato l’Imperatore Massimiliano con una visione della sua consorte
deceduta, Mary of Burgundy, e la tradizione racconta che egli avesse la facoltà di produrre oro. Fu l’amico e l’istruttore di
Cornelius Agrippa. –da una Nota di B. de Zirkoff.]
2
Vâyu Purâna.
341
sistemi indù considerano i corpi vegetali come dotati di vita”1. La parola Charâchara, ed i
suoi sinonimi sthâvara e jangama, sono quindi tradotti in modo inesatto con le parole
“animato ed inanimato”, “esseri senzienti” e “non-coscienti”, o “esseri coscienti ed
incoscienti”, ecc. “Mobile e fisso” sarebbe meglio, “poiché gli alberi si considerano come
aventi un’anima”. La Mukhya è la “creazione”, o piuttosto l’evoluzione organica del regno
vegetale. In questo Periodo Secondario i tre gradi dei regni elementali o rudimentali sono
evoluti in questo mondo, e corrispondono in ordine inverso alle tre Creazioni Prakritiche
durante il Periodo Primario dell’attività di Brahmâ.
Come in quel Periodo, secondo le parole dei Vishnu Purâna, “la prima creazione fu
quella di Mahat o dell’Intelletto..... la seconda fu quella dei Princìpi Rudimentali (i
Tanmâtra)..... la terza fu... la creazione dei sensi (Aindriyaka)”; così in questo Periodo
l’ordine delle Forze Elementali è il seguente: 1) i nascenti Centri di Forza, intellettuale e
fisica 2); i Princìpi Rudimentali, la forza nervosa, per così dire; 3) la nascente Appercezione,
che è il Mahat dei regni inferiori, ed è sviluppato specialmente nel terzo ordine degli
Elementali; a questi segue il regno oggettivo dei minerali, nel quale questa “appercezione” è
interamente latente, per svilupparsi di nuovo soltanto nelle piante. La Creazione Mukhya è
dunque il punto mediano fra i tre regni inferiori ed i tre superiori, i quali rappresentano i sette
regni esoterici del Cosmo e della Terra.
(V) La Quinta Creazione: la Creazione Tiryaksrota o Tairyagyonya,2 quella degli
“animali (sacri)”, che corrisponde sulla Terra unicamente alla creazione degli animali muti.
Ciò che si intende per “animali” nella Creazione Primaria, è il germe della coscienza che si
risveglia, o della “appercezione”, quella che si può rintracciare debolmente in alcune piante
sensitive sulla Terra, e più distintamente nella Monera protistica.3 Sul nostro Globo, durante
la Prima Ronda, la “creazione” animale precede quella dell’uomo, mentre gli animali
mammiferi evolvono dall’uomo nella nostra Quarta Ronda, sul piano fisico. Nella Prima
Ronda gli atomi animali sono attratti per coesione, e costituiscono una forma fisica umana;
mentre nella Quarta avviene il contrario in conformità alle condizioni magnetiche sviluppate
durante la vita. E questa è “metempsicosi”.4
Questo quinto Stadio dell’Evoluzione, chiamato exotericamente “Creazione”, può
essere considerato, nel Periodo Primario, come spirituale e cosmico, ed in quello Secondario
come materiale e terrestre. È l’archebiosis, origine della vita; “origine”, naturalmente, per
quanto concerne la manifestazione della vita su tutti i sette piani.
È durante questo periodo dell’evoluzione che il movimento universale assolutamente
eterno, o vibrazione, quello che è chiamato nel linguaggio esoterico il “Grande Soffio”, si
differenzia per divenire l’Atomo primordiale, il primo manifestato. Di giorno in giorno, con
il progredire delle scienze chimiche e fisiche, questo assioma occulto trova la sua conferma
nel mondo della conoscenza; l’ipotesi scientifica, secondo la quale anche gli elementi più
semplici della materia sono identici nella loro natura e differiscono fra di loro soltanto in
conseguenza della differente distribuzione degli atomi nella molecola o frammento di
sostanza, o per il modo della sua vibrazione atomica, acquista ogni giorno terreno.
1
Collected Works, III, 381.
Il prof. Wilson traduce come se gli animali fossero più elevati, nella scala della “creazione”, delle divinità, o angeli, per
quanto la verità relativa ai Deva sia chiaramente spiegata più innanzi. Questa “Creazione”, dice il testo, è tanto Primaria
(Prâkrita), quanto Secondaria (Vaikrita). Essa è Secondaria per quanto concerne l’origine degli Dèi emanati da Brahmâ, il
creatore personale antropomorfico del nostro universo materiale; ed è Primaria per quanto concerne Rudra, che è la
produzione immediata del Primo Princìpio. Il termine Rudra non è soltanto un titolo di Shiva, ma comprende pure gli agenti
della creazione, angeli ed uomini, come dimostreremo più oltre.
3
Nè pianta, né animale, ma un’esistenza fra i due.
4
Five Years of Theosophy, pag. 276, articolo “Mineral Monad”.
2
342
Così come la differenziazione del germe primordiale della vita deve precedere
l’evoluzione dei Dhyân Chohan del Terzo Gruppo o Gerarchia di Esseri nella Creazione
Primaria, prima che quegli Dèi possano essere incorporati nella loro prima forma (Rûpa)
eterea; così la creazione animale deve, per la medesima ragione, precedere “l’uomo divino”
sulla Terra. Ed è per questo che leggiamo nei Purâna “che la quinta Creazione o la
Creazione Tairyagyonya, fu quella degli animali”.
VI) La Sesta Creazione: la Creazione Ûrdhvasrota è quella delle Divinità. Ma queste
Divinità sono semplicemente i Prototipi della Prima Razza, i Padri della loro progenie “nati
dalla mente” con le “ossa tenere”. Sono questi gli Evolutori dei “nati dal sudore” —
espressione che verrà spiegata nel Volume II. “Gli Esseri creati”, spiega il Vishnu Purâna,
“per quanto siano distrutti (nelle loro forme individuali) nei periodi di dissoluzione,
subiscono tuttavia gli effetti delle azioni buone o cattive delle loro esistenze antecedenti, e
non sono esenti dalle loro conseguenze. E quando Brahmâ riproduce il mondo, essi sono la
progenie della sua volontà”.
“Concentrando la mente in se stesso (la volontà dello yoga), Brahmâ crea i quattro
Ordini di Esseri, chiamati rispettivamente Dèi, Demoni, Progenitori e Uomini”. Progenitori
ha qui il significato di Prototipi e Creatori della prima Razza-Radice degli Uomini. I
Progenitori sono i Pitri, e sono divisi in Sette Classi. Nella mitologia exoterica sono
rappresentati come nati dal “fianco di Brahmâ”, così come Eva nacque dalla costola di
Adamo. Infine, dopo la Sesta Creazione, e per terminare la “Creazione” generale, segue:
VII) La Settima Creazione: l’evoluzione degli Esseri Arvâksrota, “che fu..... quella
dell’uomo”.
“L’Ottava Creazione” menzionata non è affatto una Creazione: si tratta di un “velo”,
poiché essa si riferisce ad un processo puramente mentale, la conoscenza della “Nona
Creazione”, che, a sua volta, è un effetto, che si manifesta durante la Creazione Secondaria,
di ciò che fu una “Creazione durante quella Primaria (Prâkrita)1. L’Ottava, chiamata
Anugraha, la Creazione Pratyayasarga o Creazione Intellettuale dei Sânkhya,2 è dunque “la
creazione di cui abbiamo un’idea (nel suo aspetto esoterico), o a cui noi diamo un consenso
intellettuale (Anugraha), in contrapposizione alla creazione organica”. È la giusta
percezione delle nostre relazioni con l’intero ordine di “Dèi”, specialmente di quelle che noi
abbiamo con i Kumâra, la cosiddetta “Nona Creazione”, che è in realtà un aspetto o riflesso
della Sesta nel nostro Manvantara (la Vaivasvata). “Vi è una nona Creazione, quella
Kaumâra, che è contemporaneamente primaria e secondaria”, si legge nel Vishnu Purâna, il
più antico di tali testi3. Come spiega un testo esoterico:
I Kumâra sono i Dhyâni derivati immediatamente dal Princìpio Supremo, che
appaiono di nuovo durante il periodo del Vaivasvata Manu, per il progresso dell’umanità.4
Il traduttore del Vishnu Purâna corrobora tale asserzione rilevando che “questi
Saggi... vivono tanto quanto Brahmâ; ed essi sono creati da lui soltanto nel Primo Kalpa, per
quanto la loro generazione sia molto spesso, ma incoerentemente, introdotta nel Vârâha
1
“Queste idee”, osserva il prof. Wilson, “della nascita di Rudra e dei Santi, sembra siano state prese in prestito dagli
Shivaiti, e che siano state innestate malamente nel sistema Vaishnava”. Si sarebbe dovuto consultare il significato esoterico
prima di arrischiare una simile ipotesi.
2
Vedere Sânkhya Kârikâ, V. 46, pag. 146.
3
Parâshara, il Rishi vedico, che ricevette il Vishnu Purâna da Pulastya e lo insegnò a Maitreya, è collocato dagli orientalisti
in varie epoche. Come viene giustamente osservato nell’Hindû Classical Dictionary: “Le diverse teorie intorno alla sua èra
differiscono fortemente, e cioè dall’anno 575 a. C. al 1391 a. C., e non danno affidamento”. Precisamente così, però queste
date non sono meno degne di fede di qualsiasi altra assegnata dai sanscritisti, così famosi dal punto di vista della fantasia
arbitraria.
4
Essi possono contrassegnare in realtà una “creazione speciale” o extra, poiché sono essi che, incarnandosi negli involucri
umani senza senno delle due prime Razze-Radici e di una gran parte della Terza Razza-Radice, crearono, per così dire, una
nuova razza, quella degli uomini pensanti, auto-coscienti e divini.
343
(Secondario) o Pâdma Kalpa”. I Kumâra sono dunque, exotericamente, “la creazione di
Rudra o Nilalohita, una forma di Shiva, di Brahmâ... e di certi altri figli nati dalla mente di
Brahmâ”. Invece, negli insegnamenti esoterici, essi sono i Progenitori del vero Sé spirituale
nell’uomo fisico, i Prajâpati superiori; mentre i Pitri o Prajâpati inferiori, non sono altro che i
Padri del modello, o tipo, della sua forma fisica, fatta “a loro immagine”. Quattro (e talvolta
cinque) sono menzionati liberamente nei testi exoterici, poiché tre dei Kumâra sono segreti.
“I quattro Kumâra (sono) i Figli di Brahmâ nati dalla mente. Qualcuno ne indica
sette”1. Tutti questi sette Vaidhâtra, nome patronimico dei Kumâra, i “Figli del Costruttore”,
sono menzionati e descritti nel Sânkhya Kârikâ di Îshvara Krishna, con l’annesso
commentario di Gaudapâdâchârya (il Paramaguru di Shankarâchârya). In esso viene
esaminata la natura dei Kumâra, per quanto si eviti di menzionarli tutti e sette per nome, e
vengono invece chiamati i “sette figli di Brahmâ”, e lo sono effettivamente, essendo creati da
Brahmâ in Rudra. La lista dei nomi che ci sono dati è la seguente: Sanaka, Sanandana,
Sanâtana, Kapila, Ribhu, e Panchashikha. Ma anche questi, a loro volta, sono tutti
pseudonimi.
I quattro exoterici sono Sanatkumâra, Sananda, Sanaka e Sanâtana, i tre esoterici
sono Sana, Kapila e Sanatsujâta. Richiamiamo ancora una volta l’attenzione particolare su
questa classe di Dhyân Chohan, poiché qui si trova il mistero della generazione e
dell’ereditarietà a cui è fatto cenno nel Commento alla Stanza VII, che tratta dei Quattro
Ordini di Esseri Angelici. Il Volume II spiegherà la loro posizione nella Gerarchia Divina.
Vediamo, intanto, ciò che ne dicono i testi exoterici.
Ne dicono poco e, per colui che non sappia leggere fra le righe, non dicono niente.
“Dobbiamo ricorrere ad altri Purâna per la spiegazione di questo termine”, osserva Wilson,
che non sospetta di trovarsi qui alla presenza degli “Angeli delle Tenebre”, il mitico “grande
nemico” della sua Chiesa. Egli s’ingegna qui di “chiarire” che “queste (Divinità),
rifiutandosi di creare della progenie (ribellandosi quindi a Brahmâ), rimasero sempre, come
è implicito nel nome del primo (Sanatkumâra), degli adolescenti, dei Kumâra, e cioè sempre
puri ed innocenti, per cui la loro creazione è chiamata la creazione Kaumâra”. I Purâna
possono però darci un pò più di luce. “Essendo sempre come nacque, esso è chiamato qui un
adolescente, quindi il suo nome è ben conosciuto come Sanatkumâra”2. Negli Shiva Purâna,
si parla sempre dei Kumâra come se fossero degli Yogi. Il Kurma Purâna, dopo averli
enumerati, dice: “Questi cinque, O Brâhmani, erano degli Yogi che si erano affrancati
completamente dalla passione”. Sono Cinque, perché due dei Kumâra caddero.
Alcune delle traduzioni degli orientalisti sono così poco degne di fede, che, nella
traduzione francese dell’Hari Vamsha, si legge: “I sette Prajâpati, Rudra, Skanda (suo figlio)
e Sanatkumâra cominciarono a creare degli esseri”; mentre il testo originale, come dimostra
Wilson, dice “Questi sette... crearono della progenie; e così fece Rudra, ma Skanda e
Sanatkumâra, reprimendo il loro potere, si astennero (dalla creazione)”. Si parla talvolta dei
“quattro ordini di esseri” come di Ambhâms, che Wilson traduce “letteralmente le Acque”, e
crede che esso sia “un termine mistico”. Lo è indubbiamente, però non ha saputo afferrarne
il reale significato esoterico. “Le Acque” e “l’Acqua” sono il simbolo dell’Âkâsha,
“l’Oceano Primordiale dello Spazio”, sul quale Nârâyana, lo Spirito auto-generato, si muove
appoggiandosi su quello che è la sua progenie”3. “L’Acqua è il corpo di Nara; così abbiamo
sentito spiegare il nome di Acqua. Siccome Brahmâ si riposa sull’Acqua, è chiamato perciò
Nârâyana”4. “Purusha, puro, creò le Acque pure”. L’Acqua è nel medesimo tempo il Terzo
1
Hindû Classical Dictionary.
Linga Purâna, Sezione prima, LXX, 174.
3
Vedere Manu, I, 10.
4
Vedere i Purâna, Linga, Vâyu e Mârkandeya.
2
344
Princìpio nel Cosmo materiale ed il terzo nel regno Spirituale: lo Spirito del Fuoco, la
Fiamma, l’Âkâsha, l’Etere, l’Acqua, l’Aria, la Terra sono i princìpi cosmico, siderale,
psichico, spirituale e mistico, preminentemente occulti, su ciascun piano dell’essere. “Gli
Dèi, i Demoni, i Pitri e gli Uomini”, sono i quattro ordini di esseri cui viene applicato il
termine Ambhâmsi, perché essi sono tutti il prodotto delle Acque (dal punto di vista
mistico), dell’Oceano Âkâshico e del Terzo princìpio in Natura. Nei Veda è sinonimo di Dèi.
I Pitri e gli Uomini sulla terra sono trasformazioni o rinascite di Dèi e Demoni (Spiriti) su un
piano superiore. In un altro senso, l’Acqua è il princìpio femminile. Venere Afrodite è la
personificazione del Mare e Madre del Dio dell’Amore, la Generatrice di tutti gli Dèi; come
in Occidente la Vergine Maria dei cristiani è il Mare, la Madre del Dio dell’Amore, della
Misericordia e della Carità. Se chi studia la Filosofia Esoterica rifletterà su questo fatto,
potrà rilevare certamente quanto sia suggestivo il termine Ambhâmsi, nelle sue molteplici
relazioni con la Vergine del Cielo, con la Vergine Celestiale degli alchimisti e perfino con le
“Acque della Grazia” del Battista moderno.
Di tutte le sette grandi divisioni dei Dhyân Chohan, o Deva, nessun’altra ha maggiori
rapporti con l’umanità di quella dei Kumâra. I teologi cristiani che hanno abbassato i
Kumâra al livello di Angeli Decaduti, e che adesso li chiamano Satana e Demoni, sono
imprudenti; poiché fra questi abitanti celesti che si “rifiutano di creare”, l’Arcangelo Michele
occupa uno dei posti più preminenti, ed egli è il più grande Santo e Patrono delle Chiese
Occidentali ed Orientali, sotto il duplice nome di S. Michele e della sua supposta copia sulla
terra, San Giorgio vincitore del Drago.
I Kumâra, i Figli nati dalla mente di Brahmâ-Rudra, o Shiva, misticamente il
ruggente e spaventevole distruttore delle passioni umane e dei sensi fisici che ostacolano
continuamente lo sviluppo delle percezioni spirituali superiori e la crescita dell’uomo eterno
interiore, sono la progenie di Shiva, il Mahâyogi, il grande patrono di tutti gli Yogî e di tutti
i mistici dell’India.
Shiva-Rudra è il Distruttore, come Vishnu è il Preservatore; entrambi sono
Rigeneratori della Natura spirituale come della Natura fisica. Per vivere come pianta,
bisogna che il seme muoia. Per vivere come entità cosciente nell’Eternità, bisogna che le
passioni ed i sensi dell’uomo muoiano prima che muoia il suo corpo. Il detto: “vivere è
morire, e morire è vivere”, è stato compreso poco in Occidente. Shiva, il Distruttore, è il
Creatore ed il Salvatore dell’Uomo Spirituale, così come è il buon giardiniere della Natura.
Egli estirpa le piante umane e cosmiche, ed uccide le passioni dell’uomo fisico per chiamare
alla vita le percezioni dell’uomo spirituale.
Quindi i Kumâra stessi, essendo gli “asceti vergini”, si rifiutano di creare l’essere che
è l’Uomo materiale. Giustamente si suppone che vi sia un legame diretto fra essi e
l’Arcangelo cristiano Michele, il “combattente vergine” del Drago Apophis, la cui vittima è
ogni anima unita troppo debolmente al suo Spirito immortale; l’Arcangelo che, come
dimostrano gli Gnostici, si rifiutò di creare, precisamente come i Kumâra. Questo Angelo
protettore degli ebrei non presiede forse su Saturno (Shiva o Rudra), ed al Sabbath, il giorno
di Saturno? Non si dice forse che sia della medesima essenza di suo Padre (Saturno), e non è
chiamato il Figlio del Tempo, Crono, o Kâla, una forma di Brahmâ (Vishnu e Shiva)? E non
è forse il vecchio Tempo dei greci, con la sua falce e la sua clessidra, identico all’Antico dei
giorni dei cabalisti; quest’ultimo “Antico” non è una sola cosa con l’Antico dei Giorni indù,
Brahmâ, nella sua forma una e trina, il cui nome è pure Sanat, l’Antico? Ogni Kumâra porta
il prefisso di Sanat e Sana. E Shanaishchara è Saturno, il pianeta Shani, il Re Saturno, il cui
Assistente in Egitto fu il primo Thot-Hermes. Essi si identificano quindi entrambi con il
pianeta e con il Dio (Shiva), i quali, a loro volta, vengono descritti come i prototipi di
345
Saturno, che non è altro che Bel, Baal, Shiva e Jehovah Sabbaoth, del quale l’Angelo della
Faccia1 è Michele “מינאלche (è) come Dio”. Egli è il patrono, l’Angelo Custode degli
ebrei, come dice Daniele; e prima che i Kumâra fossero degradati al rango di Demoni e di
Angeli Decaduti da coloro che ignoravano perfino il senso stesso del loro nome, gli Ofiti
greci, i predecessori e precursori con tendenze occultistiche della Chiesa Cattolica Romana,
avevano identificato Michele con il loro Ophiomorphos, lo spirito ribelle ed oppositore. Ciò
non significa altro che l’aspetto opposto, simbolicamente, di Ophis, la Saggezza Divina o
Christos. Nel Talmud, Michele è il “Principe dell’Acqua” e il Capo dei Sette Spiriti, per la
medesima ragione che uno dei suoi numerosi prototipi, Sanatsujâta, il capo dei Kumâra, è
chiamato Ambhâmsi, le “Acque”, secondo il commentario del Vishnu Purâna. Perché?
Perché le Acque è un altro nome del Grande Abisso, le Acque Primordiali dello Spazio o
Chaos, e significa pure Madre, Ambâ, che vuol dire Aditi e Âkâsha, la Vergine-Madre
Celeste dell’Universo visibile. Inoltre, le “Acque del Diluvio” sono chiamate pure il “Grande
Drago” o Ophis, Ophiomorphos.
Parleremo dei Rudra e del loro carattere settenario di “Spiriti del Fuoco” nel
“Simbolismo” annesso alle Stanze nel Volume II. Vi esamineremo pure la Croce (3 + 4)
nella sua forma primordiale e nelle sue forme successive, e ci serviremo, a scopo di
confronto, dei numeri pitagorici paragonati con la metrologia ebraica. L’immensa
importanza del numero sette sarà posta così in chiara evidenza, come numero fondamentale
della Natura. Lo esamineremo dal punto di vista dei Veda e delle Scritture Sacre caldee;
come esisteva in Egitto migliaia di anni avanti Cristo e come veniva interpretato negli annali
gnostici; dimostreremo come la sua importanza quale numero basilare sia stata a poco a poco
riconosciuta dalla scienza fisica; e cercheremo di dimostrare che l’importanza attribuita al
numero sette durante tutta l’antichità non era dovuta all’immaginazione fantastica di preti
senza istruzione, bensì ad una profonda conoscenza della Legge Naturale.
_______
1
[Identificabile nel cabalistico “Principe delle Facce”, Metraton (ebr.), l’Intelligenza Prima della Sephira…È anche l’Angelo
del mondo di Briah (il secondo mondo dei cabalisti, quello dei più alti Arcangeli)…ed è uguale a Jehovah, il “Signore Dio”
degli israeliti -N.d.T.]
346
SEZIONE XIV
I QUATTRO ELEMENTI
Metafisicamente ed esotericamente, in Natura non vi è che UN ELEMENTO UNICO, e
alla radice di esso vi è la Divinità; e i cosiddetti sette Elementi, dei quali cinque sono già
manifestati ed hanno affermato la loro esistenza, sono il vestimento, il velo, di quella
Divinità, dall’essenza della quale l’Uomo proviene direttamente, sia che lo si consideri dal
punto di vista fisico, psichico, mentale o spirituale. Nell’antichità più recente si parla
generalmente solo di quattro Elementi, mentre la filosofia ne ammette solo cinque. Poiché il
corpo dell’Etere non è ancora pienamente manifestato, ed il suo noumeno è tuttora
“l’Onnipotente Padre Ǽther”, la sintesi degli altri elementi. Ma che cosa sono questi
Elementi, i cui corpi composti, secondo le recenti scoperte della Chimica e della Fisica,
contengono innumerevoli sub-elementi, dei quali i sessanta o settanta conosciuti non sono
niente in confronto dell’intero numero sospettato? Seguiamo la loro evoluzione almeno
dall’inizio storico.
I Quattro Elementi furono magnificamente descritti da Platone quando disse che essi
erano quello “che compone e decompone i corpi composti”. Quindi la Cosmolatria non fu
mai, nemmeno nel suo peggiore aspetto, il feticismo che adora la forma passiva esterna e la
materia di qualsiasi oggetto, ma essa considerò sempre il Noumeno ivi racchiuso. Il Fuoco,
l’Aria, l’Acqua, la Terra, erano solo gli aspetti visibili, i simboli delle Anime o Spiriti
invisibili che li animavano, gli Dèi Cosmici, ai quali gli ignoranti dedicavano un culto,
mentre i più saggi ne riconoscevano semplicemente, ma rispettosamente, l’esistenza. Le
suddivisioni fenomeniche degli Elementi noumenali erano, a loro volta, animate dai
cosiddetti Elementali, gli “Spiriti di Natura” dei gradi inferiori.
Nella Teogonia di Môco, troviamo all’inizio l’Etere e quindi l’Aria, i due princìpi dai
quali nacque Ulom, il Dio Intelligibile (νοητòς), l’Universo visibile della Materia1.
Negli Inni Orfici, l’Eros-Phanes evolve dall’Uovo Spirituale impregnato dai Venti
Eterici, il Vento essendo lo “Spirito di Dio”, che si dice si muova nell’Ǽther, “che cova il
Chaos”, l’Idea Divina. Nella Kathopanishad indù, Purusha, lo Spirito Divino, esiste già
prima della Materia Originale, e dalla loro unione scaturisce la grande Anima del Mondo,
“Mahâ-Âtmâ, Brahman, lo Spirito della Vita”,2 quest’ultimo nome è di nuovo identico a
quello di Anima Universale o Anima Mundi; la Luce Astrale dei teurgi e dei cabalisti
essendo la sua ultima e la più bassa delle sue divisioni.
Gli Elementi (στοιχεîα) di Platone e di Aristotele erano, di conseguenza, i princìpi
incorporei collegati con le quattro grandi divisioni del nostro Mondo Cosmico, e
giustamente Creuzer definisce queste credenze primitive “una specie di Magia, un
paganesimo psichico, una deificazione dei poteri; una spiritualizzazione che poneva i
credenti in una stretta comunione con queste potenze”.3 Così stretta, in realtà, che le
Gerarchie di queste Potenze, o Forze, sono state classificate secondo una scala graduata di
sette, dal ponderabile all’imponderabile. Esse sono settenarie, non in una maniera artificiale
per facilitarne la loro comprensione, ma secondo una reale gradazione cosmica, dalla loro
composizione chimica o fisica, fino alla loro composizione puramente spirituale. Per le
masse ignoranti sono Dèi, Dèi indipendenti e supremi; sono Demoni per i fanatici, i quali,
pur essendo talvolta degli intellettuali, sono incapaci di comprendere lo spirito dell’aforisma
1
Movers, Phoinizer, pag. 282.
Weber; Akad. Vorles., 13, 214, ecc.
3
IX, 850.
2
347
filosofico, in pluribus unum. Per il filosofo Ermetico sono delle Forze relativamente
“cieche” o “intelligenti”, secondo che si tratti dell’uno o dell’altro dei princìpi racchiusi in
esse. Molti e molti millenni furono necessari per ridurle, infine, nella nostra èra culturale, a
semplici elementi chimici.
In ogni modo i buoni cristiani e specialmente i Protestanti biblici, dovrebbero
mostrare maggiore rispetto per i Quattro Elementi, se vogliono conservarne qualcuno per
Mosè. La Bibbia infatti dimostra, in ciascuna pagina del Pentateuco, la considerazione in cui
essi erano tenuti dal Legislatore ebraico, e il senso mistico che egli attribuiva loro. La tenda
che conteneva il Santo dei Santi era un Simbolo Cosmico, consacrato, in uno dei suoi
significati, agli Elementi, i quattro punti cardinali e l’Etere. Giuseppe Flavio ce la
rappresenta bianca, del colore cioè dell’Etere. E ciò spiega pure perché nei templi egiziani
ed ebraici, secondo Clemente Alessandrino1, una gigantesca cortina, sostenuta da cinque
colonne, separava, dalla parte accessibile ai profani, il sanctum sanctorum — rappresentato
adesso dall’altare nelle chiese cristiane — nel quale solo i sacerdoti erano autorizzati ad
entrare. Questa cortina con i suoi quattro colori, simboleggiava i quattro Elementi principali
e con le cinque colonne significava la conoscenza del divino che i cinque sensi permettono
all’uomo di acquisire con l’aiuto dei quattro Elementi.
In Ancient Fragments di Cory, uno degli “Oracoli Caldei” esprime delle idee sugli
Elementi ed sull’Etere in un linguaggio che somiglia singolarmente a quello usato in The
Unseen Universe, scritto da due eminenti scienziati dei nostri giorni.
In quest’opera si legge che tutte le cose provengono dall’Etere e che all’Etere tutte
ritorneranno; che le immagini di tutte le cose vi sono impresse indelebilmente, e che vi sono
immagazzinati i germi o i residui di tutte le forme visibili, perfino delle idee. Si potrebbe dire
che questo caso conferma stranamente la nostra asserzione, e cioè che dovremmo constatare
che qualunque scoperta fatta ai giorni nostri è stata già anticipata di molte migliaia di anni
dai nostri “antenati sempliciotti”.
Da dove provennero i Quattro Elementi ed i Malachim degli ebrei? Mediante un
gioco di mano teologico compiuto dai Rabbini e dai successivi Padri della Chiesa, si è
pervenuti a fonderli in Jehovah, ma la loro origine è identica a quella degli Dèi Cosmici di
tutte le altre nazioni. Sia che abbiano avuto origine sulle rive dell’Oxus, nelle sabbie ardenti
dell’Alto Egitto, nelle foreste selvagge, misteriose e glaciali, che ricoprono i fianchi ed i
picchi nevosi delle montagne sacre della Tessaglia, sia che abbiano avuto origine nelle
Pampas dell’America — i loro simboli, lo ripetiamo, sono sempre i medesimi, se si risale
alla loro sorgente. Che fosse egiziano o pelasgico, ariano o semitico, il Genius Loci, il Dio
locale, abbracciava nella sua unità tutta la Natura; ma non in modo particolare i quattro
elementi, quanto una qualsiasi delle loro creazioni, come gli alberi, i fiumi, le montagne o le
stelle. Il Genius Loci, prodotto di un’idea che sorse molto più tardi nelle ultime sottorazze
della Quinta Razza-Radice, quando il significato primitivo e grandioso era quasi
completamente perduto, rappresentava tuttavia, sotto i suoi diversi titoli, tutti i suoi colleghi.
Era il Dio del Fuoco, simboleggiato dal tuono, come Giove o Agni; il Dio dell’Acqua,
simboleggiato dal toro fluviale o da un fiume o da una fontana sacra, come Varuna, Nettuno,
ecc.; il Dio dell’Aria, che si manifestava negli uragani e nelle tempeste, come Vâyu e Indra;
e il Dio, o Spirito della Terra, che appariva nei terremoti, come Plutone, Yama e tanti altri.
Tali erano gli Dèi Cosmici, sempre sintetizzati tutti in uno solo, come li ritroviamo in
tutte le cosmogonie o mitologie. Così i greci avevano il loro Giove di Dodona, che includeva
in sé i quattro Elementi ed i quattro punti cardinali, e che per tale ragione era riconosciuto
nella Roma antica sotto il titolo panteistico di Jupiter Mundus; e che adesso, nella Roma
1
Stromata, Libro V Cap. 6
348
moderna, è diventato il Deus Mundus, l’unico Dio del Mondo e che la Teologia più recente
ci presenta come se avesse assorbito tutti gli altri, grazie ad una decisione arbitraria dei suoi
appositi ministri.
Quali Dèi del Fuoco, dell’Aria e dell’Acqua essi erano Dèi Celesti; Quali Dèi della
Regione Inferiore, essi erano Divinità Infernali; ma quest’ultimo aggettivo si applicava
puramente alla Terra. Essi erano “Spiriti della Terra” sotto i loro rispettivi nomi di Yama,
Plutone, Osiride, il “Signore del Regno Inferiore”, ecc; ed il loro carattere tellurico lo prova
a sufficienza. Gli antichi non conoscevano dimora peggiore, dopo la morte, del Kâma Loka,
il Limbo su questa Terra1. Se Giove di Dodona era identificato con Dis, o il Plutone dei
Romani con Dionysus Chthonius, il Sotterraneo, e con Aϊdoneus, il Re del Mondo
Sotterraneo, dove, secondo Creuzer2, venivano dati gli oracoli, allora gli occultisti avranno il
piacere di dimostrare che sia Aϊdoneus che Dioniso sono le basi di Adonaϊ o Iurbo-Adonaϊ,
come è chiamato Jehovah nel Codex Nazareus. “Tu non adorerai il Sole, che si chiama
Adonaϊ, e il cui nome è pure Kadush e El-El”3, ed anche il “Signore Bacco”. Baal-Adonis
dei Sôd, i Misteri degli ebrei pre-babilonesi, divenne l’Adonaϊ della Massorah4, e in seguito
fu scritto Jehovah. Quindi i cattolici romani hanno ragione. Tutti questi Giovi sono della
stessa famiglia, però bisogna includervi pure Jehovah per renderla completa. Il Giove Aërius
o Pan, il Giove-Ammone ed il Giove-Bel-Moloch, sono tutte correlazioni ed una sola cosa
con Iurbo-Adonaϊ, perché essi costituiscono tutti una sola Natura Cosmica. È quella Natura
e quel Potere che creano il simbolo terrestre specifico ed il suo involucro fisico e materiale, e
ciò dimostra che l’energia che si manifesta attraverso di esso è estrinseca.
Infatti, come ha rilevato Schelling, la religione primitiva era molto più che una
semplice preoccupazione relativa ai fenomeni fisici; e princìpi più elevati di quelli conosciuti
da noi moderni Sadducei, “erano celati sotto il velo trasparente di simili divinità puramente
naturali, quali il tuono, i venti e la pioggia”. Gli antichi conoscevano e sapevano distinguere
gli Elementi corporei da quelli spirituali nelle Forze della Natura.
Il Giove quadruplice, come Brahmâ dalle quattro facce, il Dio aereo, folgorante,
terrestre e marino, il Signore e padrone dei quattro Elementi, può essere considerato come il
rappresentante dei grandi Dèi Cosmici di ogni nazione. Per quanto delegasse ad EfestoVulcano il suo potere sul fuoco, a Poseidone-Nettuno quello sul mare, e a Plutone-Aϊdoneus
quello sulla terra, il Giove Aereo li comprendeva tutti, perché l’Ǽther aveva fin dall’inizio
la preminenza su tutti gli altri Elementi e ne costituiva la sintesi. La tradizione parla di una
grotta, una vasta caverna nei deserti dell’Asia Centrale, nella quale la luce penetra da quattro
aperture o fessure, in apparenza naturali, disposte in croce di fronte ai quattro punti cardinali.
Da mezzogiorno fino ad un’ora prima del tramonto del sole, la luce vi penetra con quattro
colori differenti, secondo quanto si afferma, e cioè rossa, azzurra, arancione dorato, e bianca,
e ciò è dovuto a condizioni naturali o artificiali della vegetazione e del suolo. La luce
converge al centro intorno ad una colonna di marmo bianco che sorregge un globo, il quale
rappresenta la nostra terra. Questa caverna è chiamata la “Grotta di Zaratushtra”.
Inclusa fra le arti e le scienze della Quarta Razza, quella degli Atlantidei, la
manifestazione fenomenica dei Quattro Elementi, che i credenti attribuivano con ragione
all’interferenza intelligente degli Dèi Cosmici, assumeva un carattere scientifico. La Magia
1
La Gehenna della Bibbia era una vallata vicino Gerusalemme, dove gli ebrei monoteisti immolavano i loro figli a Moloch,
se dobbiamo credere alle parole del profeta Geremia. La località scandinava di Hel o Hela era una regione glaciale — di
nuovo il Kâma Loka — e l’Amenti degli egiziani un luogo di purificazione. (Vedi Iside Svelata, II, 11).
2
I, VI, 1.
3
Cod. Naz., I, 47; vedi pure Salmi. LXXXIX, 18.
4
[Massorah o Masorah (ebr.) Una collezione di note esplicative grammaticali e critiche, che si trovano ai margini dei vecchi
manoscritti ebraici o rotoli del Vecchio Testamento. Dal Glossario Teosofico. - N.d.T.]
349
degli antichi sacerdoti consisteva, a quell’epoca, nel rivolgersi ai loro Dèi nel loro proprio
linguaggio.
Il linguaggio degli uomini della Terra non può raggiungere i Signori. Bisogna
rivolgersi ad ognuno di essi adoperando il linguaggio del suo Elemento rispettivo.
Così dice il Libro delle Regole, in una massima il cui profondo significato apparirà
evidente dalla seguente frase aggiunta quale spiegazione relativa alla natura di quel
linguaggio degli elementi:
Esso è composto di SUONI, non di parole; di suoni, di numeri e di cifre. Colui che
saprà fondere insieme questi tre, attirerà la risposta del Potere dirigente (il Dio-Reggente
dell’Elemento specifico occorrente).
Questo “linguaggio” è dunque quello degli incantesimi o dei mantra, come sono
chiamati in India, poiché il suono è il più potente ed il più efficace degli agenti magici e la
prima delle chiavi che apre la porta di comunicazione fra i Mortali e gli Immortali. Colui
che crede alle parole e agli insegnamenti di S. Paolo, non ha il diritto di scegliere solo le frasi
che preferisce accettare e respingere le altre. Ora, S. Paolo insegna incontestabilmente
l’esistenza degli Dèi Cosmici e la loro presenza fra di noi. Il Paganesimo predicava una
duplice e simultanea evoluzione, una “creazione” spiritualem ac mundanum, come dice la
Chiesa Romana, molti e molti secoli prima dell’avvento della stessa Chiesa Romana. La
fraseologia exoterica è cambiata ben poco per quanto concerne le Gerarchie Divine
dall’epoca più gloriosa del Paganesimo, o “Idolatria”. I nomi soltanto sono cambiati, insieme
a certe asserzioni che sono diventate adesso delle false pretese. Poiché, quando per esempio
Platone pone in bocca al Princìpio Supremo (il Padre Ǽther o Giove) le parole: “gli Dèi
degli Dèi dei quali io sono il creatore, come io sono il padre di tutte le loro opere”, egli
conosceva, secondo noi, lo spirito di questa frase tanto quanto S. Paolo allorchè diceva:
“Poiché, sebbene vi siano in Cielo e in Terra quelli chiamati Dèi, vi sono pure molti Dèi e
molti Signori…..”1 Entrambi conoscevano il senso ed il significato di quanto affermavano in
termini così circospetti.
Nè i Protestanti possono farci delle obiezioni sul nostro modo di interpretare il
versetto dell’Epistola ai Corinti, poiché, se la traduzione data dalla Bibbia inglese è resa
ambigua, non è certamente tale nei testi originali, e la Chiesa Cattolica Romana accetta le
parole dell’Apostolo nel loro senso reale. Per una prova di ciò, si legga San Dionigi,
l’Areopagita, che fu “direttamente ispirato dall’Apostolo”, e “che scrisse sotto sua
dettatura”, come ci assicura il Marchese de Mirville, le cui opere sono approvate da Roma; e
che, commentando questo versetto particolare, dice: “E sebbene vi siano (di fatto) quelli che
sono chiamati Dèi, poiché sembra che vi siano parecchi Dèi, ciò nonostante, il PrincìpioDio, e il Dio Superiore, non cessa di rimanere essenzialmente uno e indivisibile”2. Così si
esprimevano pure gli antichi Iniziati, sapendo che l’adorazione degli Dèi minori non poteva
mai nuocere al “Princìpio-Dio”.3
Sir W. Grove, Membro della Royal Society, parlando della correlazione delle forze,
dice:
Gli antichi, quando erano testimoni di un fenomeno naturale che si distaccava dalle ordinarie analogie
e che non si poteva spiegare con nessuna delle azioni meccaniche da loro conosciute, lo attribuivano ad
un’anima, ad un potere spirituale o soprannaturale... Pure l’aria ed i gas furono all’inizio considerati come
spirituali, ma successivamente si attribuì loro un carattere più materiale, e le stesse parole πνεûµα, spirito, ecc.,
1
Epistola ai Corinti, VIII, 5.
Concerning Divine Names, traduzione Darboy, pag. 364.
3
Vedi: De Mirville, Des Eprits, II, 322. [Consultando l’opera di De Mirville, Des Esprits, Vol. II, pag. 322, risulta evidente
quanto il suo testo, come pure le citazioni, siano confuse. Abbiamo controllato l’opera di San Giovanni Crisostomo,
Commentari sulle Epistole di San Paolo, e riteniamo che egli sia la fonte più attendibile per la frase citata da H. P. B.,
sebbene i pareri possano differire nel consultare De Mirville. Il testo francese è ambiguo, e le citazioni sono piene di errori. –
Nota di B. de Zirkoff.]
2
350
furono adoperate per designare l’anima o un gas; e la parola gas, derivata da geist, un fantasma o spirito, ci dà
un esempio della graduale trasformazione di un concetto spirituale in un concetto fisico1.
Il grande scienziato, nella prefazione alla sesta edizione della sua opera, considera
questo fatto come la sola cosa che interessi la scienza esatta, che non deve occuparsi delle
cause.
Causa ed effetto non sono, dunque, nella loro relazione astratta con queste forze, che semplici parole
di convenienza. Noi non sappiamo assolutamente niente del potere generatore ultimo di ciascuna di esse e di
tutte quante; e sarà probabilmente sempre così. Noi siamo soltanto in grado di constatare la normalità delle loro
azioni; noi dobbiamo umilmente attribuire la loro causalità ad un’influenza onnipresente e contentarci di
studiarne i loro effetti, e di dedurre, mediante esperimenti, le loro mutue relazioni.2
Una volta accettato questo metodo ed ammesso virtualmente il sistema come è
descritto nelle parole citate sopra, e cioè: ammessa la spiritualità del “potere generatore
ultimo”, sarebbe più che illogico rifiutarsi di riconoscere questa medesima qualità che è
inerente agli elementi materiali, o piuttosto ai loro composti, e che è presente nel fuoco,
nell’aria, nell’acqua o nella terra.
Gli antichi conoscevano così bene questi poteri che, pur celandone la loro vera natura
sotto svariate allegorie, a beneficio o a detrimento della plebe ignorante, non si
allontanavano mai dall’obiettivo multiplo in vista, pur invertendoli. Essi cercarono di gettare
un fitto velo sul nucleo di verità racchiuse nel simbolo, ma in pari tempo cercarono sempre
di preservarle per le generazioni future come un indizio, sufficientemente trasparente da
permettere agli uomini saggi di discernere la verità dietro alla forma fiabesca del glifo o
dell’allegoria. Questi antichi Saggi vengono accusati di superstizione e credulità da quelle
stesse nazioni che, per quanto versate in tutte le arti e scienze moderne, e per quanto le loro
generazioni attuali siano colte e sapienti, pur tuttavia accettano, anche oggi, quale loro unico
Dio vivente ed infinito, l’antropomorfico “Jehovah” degli ebrei!
Quali erano alcune di queste pretese “superstizioni”? Esiodo credeva, per esempio,
che “i venti fossero i figli del Gigante Tifeo”, che Eolo li incatenava o li scatenava a volontà;
e i greci politeisti, come Esiodo, adottarono questa idea. E perché non avrebbero dovuto
farlo dal momento che gli ebrei monoteisti avevano le stesse credenze, con nomi differenti
per le loro dramatis personae; e che da allora i cristiani conservano questa stessa credenza
fino ai giorni nostri? L’Eolo di Esiodo, Borea, ecc. erano chiamati Kedem, Tzephum, Derum
e Ruach Hayum dal “popolo eletto” di Israele. Qual’ è dunque la differenza fondamentale?
Mentre si insegnava agli elleni che Eolo legava e discioglieva i venti, gli ebrei credevano
altrettanto ferventemente che il loro Signore Iddio:
“con il “fumo” che gli saliva per le narici e il fuoco consumante per la bocca …..
cavalcava sopra Cherubini e volava; ed appariva sopra le ali del vento”3.
Le espressioni adoperate dalle due nazioni sono ambedue figure retoriche, o
superstizioni. Noi crediamo che non siano né l’una né l’altra, ma che avessero origine
soltanto da un sottile senso di unità con la Natura e da una percezione di ciò che vi è di
misterioso e di intelligente dietro ogni fenomeno naturale, percezione che i moderni non
posseggono più. Né era una “superstizione” dei greci pagani ascoltare l’oracolo di Delfo,
allorquando, all’approssimarsi della flotta di Serse, tale oracolo consigliava loro di
“sacrificare ai venti”, se la stessa cosa deve essere considerata come un culto divino da parte
degli israeliti, che sacrificavano spesso al vento, e specialmente, al fuoco. Non dicono essi
che il loro “Dio è un fuoco che consuma”4, che appariva generalmente come fuoco ed
“avvolto dal fuoco”? Ed Elia non cercava egli il “Signore” nel “grande vento violento e nel
1
W. Grove, The Correlation of Physical Forces, pag. 89.
Ibid., XIV.
3
II Samuele, XXII, 9, 11.
4
Deuteronomio, IV, 24.
2
351
terremoto”? E i cristiani non ripetono forse, dopo di loro, la medesima cosa? Inoltre non
sacrificano, fino ai giorni nostri, al medesimo “Dio del Vento e dell’Acqua”? Essi lo fanno
indubbiamente, poiché preghiere speciali per la pioggia, per il tempo asciutto, per i venti
propizi e per il placarsi delle tempeste sul mare, esistono anche attualmente nei libri di
preghiere delle tre Chiese Cristiane; e le varie centinaia di sètte della Religione Protestante
pregano il loro Dio ogni volta che sono minacciate da una calamità. Che le preghiere non
siano esaudite da Jehovah, più di quanto non lo fossero, probabilmente, da Giove Pluvio, non
altera il fatto che tali preghiere siano rivolte al Potere o ai Poteri che si suppone governino
gli Elementi; né che questi Poteri siano identici nel Paganesimo e nel Cristianesimo.
Dobbiamo noi forse credere che queste preghiere siano una forma di grossolana idolatria e di
“superstizione” assurda solamente quando sono rivolte da un pagano al suo “idolo”; e che
questa stessa superstizione si trasformi istantaneamente in un atto di “devozione lodevole” e
di “religione” perché il nome dell’essere celeste a cui sono rivolte è cambiato? Ma l’albero
si conosce dai suoi frutti; e poiché il frutto dell’albero cristiano non è migliore di quello
dell’albero del Paganesimo, perché dovrebbe ricevere maggiore considerazione di
quest’ultimo?
Così, quando il Cavaliere Drach, un ebreo convertito, e il Marchese de Mirville, un
fanatico cattolico romano dell’aristocrazia francese, ci dicono che in ebraico “fulmine” è un
sinonimo di “furia”, e che il fulmine è sempre maneggiato dallo Spirito “maligno”; che
Giove Folgore, o Fulgurans, è anche chiamato dai cristiani Elicius ed è accusato di essere
“l’anima della folgore”, il suo Daemon1, dobbiamo applicare la medesima spiegazione e le
medesime definizioni al “Signore Iddio di Israele”, oppure rinunciare al diritto di oltraggiare
gli Dèi e i credi delle altre nazioni.
Queste affermazioni, che emanano da due ardenti ed eruditi cattolici romani, sono per
lo meno pericolose di fronte alla Bibbia ed ai suoi profeti. Infatti, se Giove, il “Capo dei
Demoni dei greci pagani”, scagliava i suoi fulmini mortali e le sue saette contro coloro che
provocavano la sua collera, il Signore Iddio di Abramo e di Giacobbe faceva altrettanto,
poiché leggiamo che:
Il Signore tuonò dal cielo e l’Altissimo mandò fuori la sua voce; scagliò saette e disperse coloro (le
armate di Saul) con la folgore, e li mise in rotta.2
Gli Ateniesi vengono accusati di aver sacrificato a Borea, e si accusa questo
“Daemon” di aver fatto naufragare 400 vascelli della flotta dei persiani contro le rocce del
Monte Pelio, e di aver scatenato una tale furia che tutti i Magi di Serse poterono a malapena
neutralizzare offrendo a loro volta dei sacrifici a Teti3. Fortunatamente, negli annali delle
guerre cristiane, non si cita nessun esempio autentico che ci presenti una catastrofe analoga
di così vasta portata, che abbia colpito una flotta cristiana grazie alle “preghiere” di un’altra
nazione cristiana sua nemica. Ma se ciò non è accaduto, non è per colpa loro, poiché
ciascuna nazione prega Jehovah di distruggere l’altra, tanto ardentemente quanto gli ateniesi
pregavano Borea. Gli uni come gli altri ricorrevano, con amore4, semplicemente ad un
piccolo atto di Magia nera. Siccome l’astensione di ogni intervento divino potrebbe essere
difficilmente attribuito alla mancanza di preghiere rivolte ad un medesimo Dio Onnipotente
per la reciproca distruzione, dove potremo noi dunque tracciare la linea di divisione che
separi i pagani dai cristiani? E chi potrebbe dubitare della gioia che proverebbe tutta
l’Inghilterra Protestante e delle funzioni sacre di ringraziamento che rivolgerebbe al Signore
se, durante qualche guerra futura, 400 navi della flotta nemica facessero naufragio in seguito
a simili sante preghiere? Qual’è dunque la differenza, domandiamo ancora una volta, che
1
Op. cit., III, 415.
II Samuele, XXII, 14, 15.
3
Erodoto, Polymnia, 190, 191.
4
[In italiano nel testo.]
2
352
esiste fra un Giove, un Borea ed un Jehovah? Essa si limita a questo: il delitto commesso da
un parente prossimo, per esempio dal proprio padre, è sempre scusato e spesso esaltato;
mentre il crimine del padre del nostro vicino è sempre punito con piacere mediante
l’impiccagione. Eppure il delitto è lo stesso.
Finora sembra che le “benedizioni del Cristianesimo” non abbiano operato alcun
progresso apprezzabile sulla morale dei pagani convertiti.
Tutto questo non è scritto in difesa degli Dèi pagani, né vuole essere un attacco
contro la Divinità Cristiana, e non significa neppure credere negli uni o nell’altra. L’autrice è
del tutto imparziale e respinge le testimonianze a favore di entrambi, poiché essa non rivolge
preghiere ad alcun Dio “personale” ed antropomorfico di questo genere, e non crede né teme
alcuno di loro. I paralleli che abbiamo messo in evidenza servono soltanto a dimostrare
ancora una volta il fanatismo illogico e cieco dei teologi civilizzati. Infatti, fino ad ora, non
vi è davvero grande differenza tra le due fedi, e non ve ne è alcuna negli effetti che esse
producono rispettivamente sulla moralità o sulla natura spirituale. La “luce di Cristo”
risplende attualmente sulle fattezze orribili dell’uomo-animale, come la “luce di Lucifero” vi
risplendeva nel passato. Dice il missionario Lavoisier nel Journal des Colonies:
Questi sventurati pagani, con la loro superstizione, considerano perfino gli elementi come un qualche
cosa che possiede capacità di intendere!... Essi conservano tuttora la fede nel loro idolo Vâyu - il Dio, o
piuttosto, il Demone del Vento e dell’Aria... e credono fermamente nell’efficacia delle loro preghiere e nei
poteri dei loro Brâhmani sui venti e sugli uragani.
In risposta a ciò, possiamo citare un passo di S. Luca:
“Ed egli (Gesù), destatosi, sgridò il vento ed il fiotto dell’acqua, e quelli si
acquietarono e si fece bonaccia”1.
Ed ecco ancora un’altra citazione tolta da un libro di preghiere: “O Vergine del Mare,
Madre e Regina benedetta delle Acque, calma le tue onde”. Questa preghiera dei marinai
napoletani e provenzali, è copiata testualmente da quella che i marinai fenici rivolgevano alla
loro Dea-Vergine Astarte. La conclusione logica ed irreprimibile che deriva dai paralleli qui
esposti e dall’accusa mossa dal missionario, è che, non restando “inefficaci” i comandi
rivolti dai Brâhmani ai loro Dèi degli Elementi, il potere dei Brâhmani è quindi posto allo
stesso livello di quello di Gesù. Inoltre, è provato che Astarte non è per niente inferiore come
potenza alla “Vergine del Mare” dei marinai cristiani. Non basta attribuire una colpa a un
individuo per impiccarlo; bisogna dimostrare che egli è effettivamente colpevole. Per la
fantasia teologica, Borea ed Astarte possono essere dei “Demoni”; ma, come abbiamo già
fatto osservare, l’albero deve essere giudicato dai suoi frutti e, dal momento che è dimostrato
che i cristiani sono tanto immorali e tanto perversi quanto i pagani, quale beneficio è
derivato all’Umanità dal suo cambiamento di Dèi e di Idoli?
Quello che si riconosce che il Dio ed i Santi cristiani abbiano il diritto di compiere,
diventa un crimine per un semplice mortale, se coronato da successo. I sortilegi e gli
incantesimi sono considerati attualmente come favole; eppure, dalle Istituzioni di
Giustiniano fino alle leggi dell’Inghilterra e dell’America contro la stregoneria — leggi
cadute in disuso, ma che fino ad oggi non sono state abrogate — tutte le leggi punivano
simili incantesimi come delittuosi, anche se soltanto sospetti. Perché punire una chimera? E
leggiamo ancora che l’Imperatore Costantino condannò a morte il filosofo Sopatrus per
“aver scatenato i venti”, impedendo così che dei vascelli carichi di grano arrivassero in
tempo per porre fine alla carestia. Ci si beffa di Pausania perché afferma di aver visto con i
propri occhi “degli uomini che, per mezzo di semplici preghiere e di incantesimi”,
arrestarono una violenta grandinata. Ciò non impedisce a scrittori cristiani moderni di
raccomandare la preghiera durante gli uragani e durante il pericolo, e di credere nella sua
1
S. Luca, VIII, 24.
353
efficacia. Hoppo e Stadlein, due maghi e stregoni, furono condannati a morte per “aver
gettato degli incantesimi su della frutta” e per aver trasferito, mediante arti magiche, il
raccolto di un campo ad un altro, e ciò appena un secolo fà, se possiamo prestar fede a
Sprenger, il famoso scrittore, che afferma: “Qui fruges excantassent segetem pellicentes
incantando”. Terminiamo ricordando al lettore che si può credere, senza la minima ombra di
superstizione, alla natura duale di qualsiasi oggetto esista sulla Terra, alla natura spirituale e
a quella materiale, alla natura visibile e a quella invisibile; e che la scienza stessa
virtualmente lo dimostra, pur negando le sue stesse dimostrazioni. Poiché, se come dice Sir
William Grove, l’elettricità che noi maneggiamo non è che il risultato della materia ordinaria
sulla quale opera qualche cosa di invisibile, il “potere generatore ultimo” di ogni Forza,
“l’influenza unica onnipresente”, allora diventa semplicemente naturale il condividere la
credenza degli antichi, e cioè che ogni Elemento è duale nella sua natura. “Il Fuoco Etereo è
l’emanazione del Kabir propriamente detto; il Fuoco Aereo non è che l’unione (la
correlazione) del primo con il Fuoco Terrestre; e la sua guida e la sua applicazione sul piano
terrestre è di pertinenza di un Kabir di minore importanza” — forse di un Elementale, come
lo chiamerebbe un occultista; e la stessa cosa può essere detta di ogni Elemento Cosmico.
Nessuno vorrà negare che l’essere umano sia in possesso di varie forze, magnetiche,
simpatiche, antipatiche, nervose, dinamiche, occulte, meccaniche, mentali, insomma di ogni
specie di forza; e che le forze fisiche sono tutte biologiche nella loro essenza, poiché si
mescolano e spesso si fondono con quelle forze che noi abbiamo chiamate intellettuali e
morali, le prime essendo, per così dire, i veicoli, le upâdhi, delle seconde. Nessuno di coloro
che non negano l’esistenza di un’anima nell’uomo, esiterebbe ad ammettere che la loro
presenza e la loro mescolanza costituiscono l’essenza stessa del nostro essere e che, in realtà,
esse costituiscono l’Ego nell’uomo. Questi poteri hanno i loro fenomeni fisiologici, fisici,
meccanici, come pure i loro fenomeni nervosi, estatici, di chiaroudienza e chiaroveggenza,
che la scienza stessa prende in considerazione ed ammette attualmente come perfettamente
naturali. Perché l’uomo dovrebbe essere la sola eccezione nella Natura, e perché gli Elementi
stessi non potrebbero avere i loro Veicoli, i loro Vâhana, in ciò che noi chiamiamo le Forze
Fisiche? E perché, soprattutto, simili credenze, insieme a quelle delle religioni antiche,
dovrebbero essere qualificate come delle “superstizioni”?
__________
354
SEZIONE XV
KWAN-SHI-YIN E KWAN-YIN
Come Avalokiteshvara, Kwan-Shi-Yin è passato attraverso numerose trasformazioni,
ma è un errore dire che esso è un’invenzione moderna dei buddhisti del Nord, poiché, fin dai
tempi più remoti, egli era conosciuto sotto altro nome. La Dottrina, Segreta insegna che:
“Colui che è il primo ad apparire al Rinnovamento sarà l’ultimo a venire prima del
Riassorbimento (Pralaya)”. Così i Logoi di tutte le nazioni, dal Vishvakarman vedico dei
Misteri fino al Salvatore delle attuali nazioni civilizzate, sono il “Verbo” che era al
“Princìpio”, o il risveglio dei Poteri vivificanti della Natura, con l’Uno ASSOLUTO. Nato dal
Fuoco e dall’Acqua, prima che questi divenissero degli Elementi distinti, Egli fu il
“Creatore”, il plasmatore o modellatore di tutte le cose. “Senza di lui niente fu fatto di ciò
che fu fatto. In lui era la vita, e la vita fu la luce degli uomini”; e si può chiamarlo infine,
come è stato sempre chiamato, l’Alfa e l’Omega della Natura Manifestata. “Il grande Drago
di Saggezza è nato dal Fuoco e dall’Acqua; e tutto sarà riassorbito con lui nel Fuoco e
nell’Acqua”1. Siccome è detto che questo Bodhisattva “assume la forma che vuole”
dall’inizio di un Manvantara fino alla sua fine, per quanto il suo giorno di nascita speciale o
il suo giorno commemorativo sia celebrato, secondo il Kin-kwang-ming-King (“Sûtra
Luminoso della Luce Dorata”), il diciannovesimo giorno del secondo mese, e quello di
Maitreya Buddha sia celebrato il primo giorno del primo mese, tuttavia i due non sono che
uno solo. Egli apparirà come Maitreya Buddha, l’ultimo degli Avatâra e dei Buddha, durante
la Settima Razza. Questa credenza e questa attesa sono universali in tutto l’Oriente. Soltanto
non è durante il Kali Yuga, la nostra tenebrosa era attuale spaventosamente materialistica,
“l’Età Nera”, che un nuovo Salvatore dell’Umanità potrà mai apparire. Il Kali Yuga è “l’Età
dell’Oro” (!) soltanto negli scritti mistici di alcuni pseudo-occultisti francesi.2
Quindi, il rituale del culto exoterico di questa Divinità era basato sulla Magia. I
mantram sono tratti tutti da libri speciali tenuti segreti dai sacerdoti, e si dice che ciascuno di
questi mantram produca un effetto magico, poiché colui che li recita o li legge produce,
semplicemente cantandoli, una causalità segreta che si traduce in effetti immediati. KwanShi-Yin è Avalokiteshvara, ed entrambi sono forme del Settimo Princìpio Universale, mentre
nel suo carattere metafisico più elevato questa Divinità è l’aggregato sintetico di tutti gli
Spiriti Planetari, i Dhyân Chohan. Egli è “l’Auto-Manifestato”, cioè il “Figlio del Padre”.
Egli è incoronato da sette draghi, e sopra alla sua statua si legge la seguente iscrizione: Putsi-k’iun-ling, “il Salvatore universale di tutti gli esseri viventi”.
Naturalmente, il nome che si trova nel Volume arcaico delle Stanze è molto diverso,
ma Kwan-Yin ne è un equivalente perfetto. In un tempio di P’u-to, l’isola sacra dei buddhisti
della Cina, Kwan-Shi-Yin è rappresentato nell’atto di galleggiare su di un uccello acquatico
nero (Kâlahamsa), e di riversare sulle teste dei mortali l’elisir di vita che, mentre scorre, si
trasforma in uno dei principali Dhyâni-Buddha, il Reggente della stella chiamata “Stella di
Salvezza”. Nella sua terza trasformazione Kwan-Yin è lo Spirito o il Genio informatore
dell’Acqua. In Cina si crede che il Dalaϊ-Lama sia un’incarnazione di Kwan-Shi-Yin che,
nella sua terza apparizione terrestre, era un Bodhisattva, mentre il Teshu Lama è
un’incarnazione di Amitâbha Buddha, o Gautama.
Si può osservare en passant che uno scrittore deve avere veramente
un’immaginazione malata per scoprire ovunque un culto fallico, come fanno McClatchey e
1
2
Fa-hwa-King.
Saint-Yves d’Alveydre, La Mission des Juifs, 1884.
355
Hargrave Jennings. Il primo scopre “gli antichi Dèi fallici, rappresentati da due simboli
evidenti, il Kheen o Yang, che è il membrum virile, ed il Khw-an, o Yin, la pudendum
muliebre”1.
Una simile interpretazione sembra tanto più strana in quanto Kwan-Shi-Yin
(Avalokiteshvara) e Kwan-Yin, oltre ad essere attualmente le Divinità protettrici degli asceti
buddhisti, gli Yogî del Tibet, sono pure gli Dèi della Castità; e non sono, nel loro significato
esoterico, nemmneno ciò che è implicito nella versione data da Rhys David nel suo
Buddhism: “Il nome di Avalokiteshvara... significa “il Signore che guarda giù dall’alto””2. E
Kwan-Shi-Yin non è lo “Spirito dei Buddha presente nella Chiesa”, ma, interpretato
letteralmente, vuol dire “il Signore che è visto”, e, in un senso, “il SÉ Divino percepito da
Sé” - il Sé umano - e cioè l’Âtman o Settimo Princìpio fuso nell’Universale, percepito dalla
Buddhi, il Sesto Princìpio o l’Anima Divina nell’uomo, quale oggetto della sua percezione.
In un senso ancora più elevato, Avalokiteshvara-Kwan-Shi-Yin, di cui si parla come del
Settimo Princìpio Universale, è il Logos percepito dal Buddhi Universale o Anima
Universale, quale aggregato sintetico dei Dhyâni-Buddha; e non è lo “Spirito di Buddha
presente nella Chiesa”, bensì lo Spirito Universale Onnipresente manifestato nel tempio del
Cosmo o Natura. Questa etimologia orientalistica di Kwan e di Yin è uguale a quella di
Yoginî, che Hargrave Jennings ci dice essere una parola sanscrita “pronunciata nei dialetti
Jogi o Zogee (!), e che è ……equivalente a Sena ed esattamente la medesima di Duti o
Dutica”, e cioè una prostituta sacra del tempio, adorata quale Yoni o Shakti3. “I libri di
morale (in India) consigliano ad una moglie fedele di evitare la compagnia delle Yogini, o
femmine che sono state adorate come Shakti”4. Dopo di ciò, niente dovrebbe più
sorprenderci. Ed è sorridendo appena che scopriamo un’altra enorme assurdità, secondo la
quale “Budh” sarebbe una parola “che significa sia il sole quale sorgente della generazione,
che l’organo riproduttore maschile”5. Max Müller, trattando di “false analogie”, dice che “il
più famoso e colto studioso di lingua cinese del suo tempo, Abel Rémusat... sostiene che le
tre sillabe I Hi Wei (nel quattordicesimo capitolo del Tao-te-King) significano Je-ho-vah6; e
che Padre Amyot “era convinto che le tre persone della Trinità potevano essere riconosciute”
in quella medesima opera.
E se Abel Rémusat lo ha capito, perché non lo ha capito Hargrave Jennings?
Qualunque erudito riconoscerà quanto sia assurdo vedere nella parola Budh, “l’illuminato” e
il “risvegliato”, un “simbolo fallico” .
Kwan-Shi-Yin è dunque, dal punto di vista mistico, “il Figlio identico a suo Padre”, o
i1 Logos (il Verbo). Nella Stanza III è chiamato il “Drago di Saggezza”, poiché tutti i Logoi
di tutti i sistemi religiosi antichi sono collegati con i serpenti e simboleggiati da essi.
Nell’antico Egitto, il Dio Nahbkoon, “colui che unisce i doppi”, era rappresentato da un
serpente con gambe umane, con braccia o senza braccia. Egli rappresentava la Luce Astrale
che riunisce con il suo duplice potere fisiologico e spirituale l’Umano-Divino alla sua
Monade puramente Divina, il Prototipo in “Cielo” o la Natura. Era l’emblema della
resurrezione della Natura; del Cristo per gli Ofiti, e di Jehovah, sotto forma del serpente di
rame che guariva coloro che lo guardavano. Il serpente fu pure un emblema del Cristo presso
i Templari, come lo prova il grado dei Templari nella Massoneria. Il simbolo di Knooph
(anche Khoom), o l’Anima del Mondo, dice Champollion, “è rappresentato, fra varie altre
forme, sotto quella di un enorme serpente con gambe umane; questo rettile, essendo
1
China Revealed, secondo la citazione fatta da Hargrave Jennings nella sua opera Phallicism, pag. 273.
Rhys David, Buddhism, pag. 202.
3
H. Jennings, Op cit. pag. 60.
4
Ibid.
5
O’ Brien, Round Towers of Ireland, p. 61, citato da Hargrave Jennings nella sua opera Phallicism, pag. 246.
6
Introduction to the Science of Religion, pag. 331.
2
356
l’emblema del Genio del Bene e del vero Agathodaemon, talvolta è barbuto”.1 Questo
animale sacro è quindi identico al serpente degli Ofiti ed è rappresentato su un gran numero
di pietre scolpite, chiamate gemme Gnostiche o Basilidiane. Esso è rappresentato con varie
teste, umane e di animali, ma su tutte queste gemme vi si legge sempre il nome ΧNOYBIΣ
(Chnoubis). Questo simbolo è identico ad un altro che, secondo Giamblico e Champollion,
era chiamato il “Primo degli Dèi Celesti”, il Dio Hermes o Mercurio per i greci, Dio al quale
Ermete Trismegisto attribuiva l’invenzione della Magia e la prima iniziazione dell’uomo a
quest’arte. E Mercurio è Budh, la Saggezza, l’Illuminazione, o il “Risvegliarsi” alla Scienza
Divina.
Per terminare, Kwan-Shi-Yin e Kwan-Yin sono i due aspetti, maschile e femminile,
del medesimo princìpio, nel Cosmo, nella Natura e nell’Uomo, della Saggezza Divina e
dell’Intelligenza. Essi sono il Christos-Sophia dei mistici gnostici, il Logos e la sua Shakti.
Nel loro desiderio di esprimere alcuni dei misteri che non dovranno mai essere compresi
completamente dai profani, gli antichi, sapendo che niente poteva essere conservato nella
memoria umana senza l’aiuto di qualche simbolo esteriore, scelsero le immagini, spesso
ridicole per noi, dei Kwan-Yin, per ricordare all’uomo la sua origine e la sua natura interiore.
Tuttavia, per coloro che sono imparziali, le Madonne in crinolina ed i Cristi in guanti di pelle
bianca, debbono sembrare molto più assurdi che i Kwan-Shi-Yin e Kwan-Yin sotto la loro
veste di draghi. Il soggettivo può difficilmente essere espresso da ciò che è oggettivo. Di
conseguenza, poiché la formula simbolica tenta di caratterizzare ciò che è al disopra del
ragionamento scientifico e che è spesso molto al di là dei nostri intelletti, è necessario che
essa vada oltre queste intelligenze, sotto una forma o sotto un’altra, altrimenti svanirebbe
dalla memoria umana.
_______
1
J. F. Champollion-Figeac, Pantheon Egyptienne, testo 3 folio 3a (verso).
357
PARTE III
ADDENDA
__________
DELLA SCIENZA OCCULTA E DI QUELLA MODERNA
358
La conoscenza di questo basso mondo,
dimmi, amico, è falsa o vera?
Il falso, qual’è il mortale che vorrebbe conoscerlo?
Il vero, qual’è il mortale che l’ha mai conosciuto?
SEZIONE I
LE RAGIONI DI QUESTI ADDENDA
Molte delle dottrine contenute nelle sette Stanze e nei Commentari precedenti sono
state studiate e sottoposte all’esame critico di alcuni teosofi occidentali, e certi insegnamenti
occulti sono stati giudicati incompleti dal punto di vista comune del sapere scientifico
moderno. La loro accettazione sembrò incontrare difficoltà insormontabili, e parve quindi
necessario prenderli nuovamente in esame a causa delle critiche scientifiche. Alcuni amici si
sentivano già spinti a rimpiangere la necessità di dover spesso porre in dubbio le asserzioni
della scienza moderna. Sembrava loro — ed io ripeto qui semplicemente le loro
argomentazioni — che “il contrastare gli insegnamenti dei suoi maggiori esponenti
significasse esporsi, agli occhi del mondo occidentale, ad una sconfitta prematura”. È quindi
necessario definire una volta per sempre la posizione che l’autrice intende sostenere, non
trovandosi, su questo punto, d’accordo con i suoi amici.
Finché la scienza continuerà ad essere “il senso comune organizzato”, secondo le
parole del prof. Huxley, finché le sue deduzioni saranno tratte da premesse accurate e le sue
generalizzazioni poggeranno su una base puramente induttiva, tutti i teosofi ed occultisti
accoglieranno con rispetto e con la dovuta ammirazione le sue scoperte nel campo delle
leggi cosmologiche. Finché le conclusioni della cosiddetta scienza esatta saranno basate su
di un substrato di fatti inattaccabili, nessun conflitto sarà possibile fra i suoi insegnamenti e
quelli della Scienza Occulta. Solo quando i suoi più ardenti interpreti, oltrepassando i limiti
dei fenomeni osservati per penetrare negli arcani dell’Essere, tentano di strappare allo Spirito
la formazione del Cosmo e delle sue Forze viventi, per attribuire tutto alla Materia cieca, gli
occultisti affermano il diritto di discutere e di mettere in dubbio le loro teorie.
La scienza non può, a causa della natura stessa delle cose, svelare il mistero
dell’Universo che ci circonda. Essa può, è vero, raggruppare, classificare e generalizzare i
fenomeni; ma l’occultista, basando i suoi ragionamenti su dati metafisici ammessi, afferma
che l’audace indagatore che voglia esplorare i segreti più intimi della Natura, deve
trascendere gli angusti limiti dei sensi e trasferire la sua coscienza nella regione del
Noumeno e nella sfera delle Cause Primordiali.
Per effettuare ciò, egli deve sviluppare facoltà che, salvo qualche caso raro ed
eccezionale, sono assolutamente latenti nella costituzione dei discendenti della nostra Quinta
Razza-Radice attuale, in Europa ed in America. Egli non può raccogliere in nessun altro
modo concepibile i fatti su cui basare le sue speculazioni. E ciò non è forse tanto evidente,
secondo i princìpi della Logica Induttiva, quanto secondo quelli della Metafisica?
Inoltre, malgrado i suoi sforzi, l’autrice non potrà mai soddisfare la Verità e la
Scienza contemporaneamente. È impossibile presentare al lettore una versione sistematica ed
ininterrotta delle Stanze Arcaiche. Bisogna lasciare un intervallo di 43 versetti o shloka, fra
il 7°, che abbiamo già dato, e il 51°, con il quale incomincia il Libro II, per quanto la
359
numerazione dei versetti abbia inizio in quest’ultimo con il n. 1 e seguenti, per facilitare la
lettura e le citazioni.1
L’apparizione dell’uomo sulla Terra occupa da sola un eguale numero di Stanze che
descrivono minuziosamente la sua evoluzione primordiale, partendo dai Dhyân Chohan
umani, lo stato del globo a quell’epoca, ecc.
Uno spazio considerevole è occupato da molti nomi che si riferiscono a sostanze
chimiche e ad altri composti che attualmente hanno cessato di combinarsi fra loro e che, di
conseguenza, sono sconosciuti agli ultimi discendenti della nostra Quinta Razza.
Siccome essi sono intraducibili e resterebbero sempre inesplicabili, sono stati omessi
insieme a quei passi che non possono essere resi pubblici. Ciò nonostante, anche il poco che
è stato dato basterà ad irritare quei seguaci e difensori della scienza dogmatica materialistica
che lo leggeranno.
In considerazione delle critiche che ci sono state fatte, ci proponiamo, prima di
procedere oltre con le rimanenti Stanze, di difendere quelle che abbiamo già esposto.
Sappiamo tutti benissimo che esse non sono in perfetto accordo né in armonia con la scienza
moderna. Ma anche se avessero potuto collimare con il punto di vista della conoscenza
moderna così come viene espresso in una conferenza di Sir William Thomson, sarebbero
state egualmente respinte, poiché esse insegnano a credere nell’esistenza di Poteri coscienti e
di Entità Spirituali, di Forze terrestri semi-intelligenti ed altamente intellettuali che si
trovano su altri piani,2 e di Esseri che dimorano intorno a noi in sfere non percepibili da
nessun telescopio o microscopio. Da qui la necessità di esaminare ciò che crede la scienza
materialistica, di confrontare i suoi modi di considerare gli “Elementi” con le opinioni degli
antichi e di analizzare le Forze fisiche come esse esistono nelle concezioni moderne, prima
che gli occultisti possano ammettere di aver torto. Parleremo della costituzione del Sole e dei
pianeti e delle caratteristiche occulte dei cosiddetti Deva e Genii, ai quali la scienza dà
attualmente il nome di Forze, o di “modalità di movimento”, e vedremo se la credenza
esoterica è suscettibile o no di essere difesa. Nonostante gli sforzi compiuti per stabilire il
contrario, una mente ardita rileverà che “nell’agente materiale o immateriale” di Newton3,
l’agente che produce la gravità, e nel suo Dio personale che agisce, si trovano i Deva ed i
Genii metafisici, quanto nell’Angelus Rector di Keplero che dirige ciascun pianeta e nella
species immateriata, per mezzo della quale i corpi celesti, secondo questo astronomo, erano
trasportati nei loro percorsi.
Nel Volume II sull’Antropogenesi dovremo trattare francamente alcuni soggetti
pericolosi. Dovremo affrontare coraggiosamente la scienza e, a costo del disprezzo del
sapere materialistico, dell’Idealismo, dell’Hylo-Idealismo, del Positivismo e della Psicologia
moderna che nega tutto, dichiarare che il vero occultista crede nei “Signori di Luce”; crede
in un Sole che — lungi dall’essere un semplice “luminare del giorno” che si muove
conforme alla legge fisica e lungi dall’essere semplicemente uno di quei Soli che, secondo
Richter, “sono i fiori solari di una luce superiore” — è, come miliardi di altri Soli, la dimora
od il veicolo di un Dio, e di una legione di Dèi.
In questo dibattito saranno naturalmente gli occultisti ad avere la peggio. Essi
saranno considerati, attenendoci all’aspetto prima facie della questione, come ignorantoni, e
saranno gratificati degli epiteti che il pubblico dal giudizio superficiale e che ignora le grandi
verità sottostanti della Natura, dispensa a coloro che accusa di credere alle superstizioni del
1
[ Risulta ovvio, da un’attenta lettura, che H. P. B. intende 43 Stanze e non shloka o versi. Se Sette Stanze “già date” sono
aggiunte alle 43 che mancano, il risultato è 50; quindi, la Stanza successiva sarebbe la 51.a, che ella scelse di numerare
ancora come Stanza I. Il Libro II indica il Volume II dell’Antropogenesi. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
La loro intelligenza è naturalmente di una natura del tutto diversa da quella che noi possiamo concepire sulla Terra.
3
Vedi la sua terza lettera a Bentley.
360
Medioevo. E così sia. Sottoponendosi in precedenza a tutte le critiche, allo scopo di
proseguire il loro compito, gli occultisti non reclamano altro che il privilegio di dimostrare
che vi è tanto poco accordo tra i fisici stessi a proposito delle loro teorie e speculazioni,
quanto fra queste teorie e gli insegnamenti dell’Occultismo.
Il Sole è Materia, e il Sole è Spirito. I nostri antenati, i “pagani”, come i loro
successori moderni, i Parsi, erano e sono ancora abbastanza saggi per vedere in esso il
simbolo della divinità e, in pari tempo, percepirvi, celato sotto il simbolo fisico, il Dio
radioso della Luce Spirituale e Terrestre. Una tale convinzione può essere considerata come
una superstizione soltanto dal Materialismo più grossolano, che nega la Divinità, lo Spirito,
l’Anima, e non ammette altra intelligenza all’infuori della mente umana. Ma se la troppo
errata superstizione, incoraggiata da ciò che Laurence Oliphant chiama “spirito chiesastico”,
“rende l’uomo sciocco”, il troppo scetticismo lo rende pazzo. Noi preferiamo essere accusati
di stupidità perché crediamo troppo, piuttosto che credere in una demenza che nega tutto,
come il Materialismo e l’Hylo-Idealismo. Gli occultisti sono dunque ben preparati a ricevere
ciò che riserba loro il Materialismo e ad affrontare le critiche ostili che saranno scagliate
contro l’autrice di quest’opera, non perché l’ha scritta, ma perché crede in ciò che essa
contiene.
Dobbiamo quindi prevenire le scoperte, le ipotesi e le inevitabili obiezioni che ci
verranno fatte dai critici scientifici, e combatterle in anticipo. Dobbiamo pure dimostrare
fino a qual punto gli Insegnamenti Occulti si allontanano da quelli della scienza moderna, e
quali, fra le teorie antiche e moderne, sono le più logiche e, filosoficamente, le più giuste.
L’unità e le mutue relazioni di tutte le parti del Cosmo erano conosciute dagli antichi prima
che divenissero evidenti agli occhi degli astronomi e dei filosofi moderni. E anche se le parti
esterne e visibili dell’Universo, come pure le loro mutue relazioni, non possono essere
spiegate dalla scienza fisica in termini diversi da quelli adoperati dagli aderenti alla teoria
meccanica dell’Universo, il materialista che nega l’esistenza dell’anima del Cosmo (fatto
che appartiene alla filosofia metafisica) non ha per questo il diritto di violare questo dominio
metafisico. Il fatto che la scienza fisica tenti di violarlo, e oggi lo fa realmente, è soltanto
un’altra prova che la “forza costituisce il diritto”, ma ciò non giustifica l’usurpazione.
Un’altra buona ragione della pubblicazione di questo Volume è data dal fatto che,
essendo possibile nell’epoca presente rivelare soltanto parzialmente gli Insegnamenti segreti,
le dottrine esposte non sarebbero mai capite nemmeno dai teosofi, se venissero pubblicate
senza spiegazioni o senza commentari. È necessario quindi che queste dottrine siano
contrapposte alle speculazioni della scienza moderna, che gli assiomi arcaici siano
confrontati con le ipotesi moderne; ed il confronto del loro rispettivo valore sarà lasciato
all’apprezzamento del lettore sagace.
Per quanto concerne la questione dei “Sette Governatori” — come Ermete chiama i
“Sette Costruttori”, gli Spiriti che guidano le operazioni della natura, e i cui atomi animati
sono, nel proprio mondo, le ombre dei loro Primari dei Regni Astrali — quest’opera
incontrerà l’opposizione dei materialisti e degli scienziati. Tale opposizione però non potrà
essere che temporanea. Le cose insolite sono state sempre derise, e da princìpio le masse
hanno sempre respinto sdegnosamente le idee impopolari, che poi hanno finito per essere
accettate. Il Materialismo e lo Scetticismo sono mali che sussisteranno nel mondo finché
l’uomo non avrà abbandonato il suo grossolano involucro attuale per indossare nuovamente
quello che aveva durante la prima e la seconda razza di questa Ronda. A meno che lo
scetticismo e la nostra attuale ignoranza naturale non siano equilibrati dall’intuizione e da
una naturale spiritualità, ogni essere che sia afflitto da simili sentimenti non vedrà in se
stesso niente di meglio che la sua massa di carne, di ossa e di muscoli, avente all’interno una
soffitta vuota atta solo ad immagazzinare le sue sensazioni ed i suoi sentimenti. Sir
361
Humphrey Davy fu un grande scienziato profondamente versato in Fisica quanto qualsiasi
altro teorico dei nostri giorni, eppure detestava il Materialismo. Egli disse:
“Ho ascoltato con disgusto, nelle sale anatomiche, la teoria dei fisiologi sulla secrezione graduale della
materia, da cui nascerebbe l’irritabilità, che si trasformerebbe in sensibilità, sviluppando poi gli organi
necessari per mezzo delle proprie forze inerenti, elevandosi infine all’esistenza intellettuale”.
Tuttavia i fisiologi non sono da biasimare più degli altri se parlano soltanto di ciò che
possono vedere ed apprezzare mediante i loro sensi fisici. A noi sembra che con le loro idee
materialistiche gli astronomi ed i fisici siano molto più illogici dei fisiologi stessi, e questo
va da noi dimostrato. Come scrive Milton,
La Luce Eterea
la prima di tutte le cose, pura quintessenza,
è diventata per i materialisti solo
Messaggero primordiale di gaiezza, luce,
di tutte le cose materiali, la prima e la migliore.
Per gli occultisti è ad un tempo Spirito e Materia. Dietro alla “modalità di
movimento”, considerata adesso come una “proprietà della materia” e nient’altro, essi
percepiscono il Noumeno radioso. È lo “Spirito della Luce”, il primogenito dell’Eterno
Elemento puro, la cui energia, o emanazione, è immagazzinata nel Sole, il Grande Datore di
Vita del Mondo Fisico, come il Sole spirituale occulto è la Luce e il Datore di Vita dei Regni
Spirituale e Psichico. Bacone fu uno dei primi a diffondere il Materialismo, non solo
mediante il suo metodo induttivo derivato dalla cattiva comprensione di Aristotele, ma
mediante il tenore generale dei suoi scritti. Egli inverte l’ordine dell’Evoluzione mentale
quando dice:
La prima creazione di Dio fu la luce dei sensi, l’ultima fu la luce della ragione; e la sua opera del Sabbath, da
allora in poi, è l’illuminazione dello Spirito.
È precisamente l’opposto. La luce dello Spirito è l’eterno Sabbath del mistico o
dell’occultista, che presta ben poca attenzione a quella dei soli sensi. La frase allegorica
“Fiat lux”, interpretata esotericamente, significa : “Che i “Figli della Luce “ siano”, ossia i
Noumeni di tutti i fenomeni. I cattolici romani interpretano quindi giustamente questo passo
come se si riferisse agli Angeli, ma è erroneo il significato che i poteri creati da un Dio
antropomorfico siano personificati nel tuonante Jehovah che punisce incessantemente.
Questi esseri sono i “Figli della Luce”, perché emanano da quell’infinito Oceano di
Luce nel quale nascono per auto-generazione; Oceano di cui uno dei poli è puro Spirito che
si perde nell’assolutezza del Non-Essere, e l’altro la Materia nella quale esso si condensa,
“cristallizzandosi” in una forma sempre più grossolana a misura che discende in
manifestazione. Quindi la Materia, per quanto in un senso sia soltanto il residuo illusorio di
quella Luce, i cui Raggi sono le Forze Creatrici, tuttavia racchiude in se stessa l’intera
presenza della sua Anima, di quel Princìpio che nessuno conoscerà mai, nemmeno i “Figli
della Luce”, evoluti dalle sue TENEBRE ASSOLUTE. L’idea è espressa in un modo così bello e
vero da Milton, che saluta la Luce sacra, che è:
La primogenita progenie del Cielo,
o dell’Eterno raggio coeterno;
. . . Poiché Dio è Luce
e soltanto nella Luce inaccessibile
dimora dall’Eternità; dimora quindi in te,
Luminosa emanazione della radiosa essenza increata.
__________
362
SEZIONE II
I FISICI MODERNI STANNO GIOCANDO A MOSCA CIECA
E adesso l’Occultismo pone alla scienza il seguente problema: la luce è o non è un
corpo? Qualunque sia la risposta della scienza, l’Occultismo è pronto a dimostrare che, fino
ad ora, i più eminenti fisici non posseggono una reale conoscenza su questo soggetto. Per
sapere che cos’è la luce e se è una sostanza reale o una semplice ondulazione del “mezzo
eterico”, bisogna che la scienza sappia innanzitutto che cosa sono in realtà la Materia,
l’Atomo, l’Etere e la Forza. Ora, la verità è che essa non sa niente di tutto ciò, e che ammette
la propria ignoranza. Non vi è ancora un accordo su cosa credere, poiché intorno al
medesimo soggetto vi sono dozzine di ipotesi opposte l’una all’altra, avanzate da diversi
eminenti scienziati. Così, con un po’ di buona volontà, le loro erudite speculazioni possono,
come dice Stallo, essere accettate in senso secondario, quali “ipotesi di lavoro”. Ma essendo
radicalmente incompatibili l’una con l’altra, debbono infine distruggersi reciprocamente.
L’autore di Concepts and Theories of Modern Physics dice:
Non bisogna dimenticare che i diversi rami della scienza non sono altro che divisioni arbitrarie della
scienza in generale. In questi differenti rami il medesimo oggetto fisico può essere esaminato sotto differenti
aspetti. Il fisico può studiare le sue relazioni molecolari, mentre il chimico ne determina la costituzione
atomica. Ma quando entrambi trattano lo stesso elemento o agente, questo non può avere una serie di proprietà
fisiche contraddicenti un’altra serie di proprietà chimiche. Se tanto il fisico che il chimico ammettono
l’esistenza di atomi primordiali assolutamente invariabili come volume e come peso, quest’atomo non può
essere un cubo o uno sferoide schiacciato per gli scopi della Fisica, ed una sfera per quelli della Chimica. Un
gruppo di atomi costanti può essere un aggregato di masse estese, assolutamente inerti ed impenetrabili in un
crogiuolo o in una storta, ed un sistema di semplici centri di forza come parte di un magnete o di una batteria
Clamond. L’etere universale non può essere morbido e mobile per contentare il chimico, e rigido-elastico per
soddisfare il fisico; non può essere continuo agli ordini di Sir William Thomson, e discontinuo a richiesta di
Cauchy o di Fresnel”.1
Possiamo citare pure l’eminente fisico G. A. Hirn, che esprime lo stesso pensiero nel
43° volume delle Mémoires de l’Académie Royale de Belgique, che traduciamo dal francese:
Quando si vede la sicurezza con la quale si affermano oggigiorno dottrine che attribuiscono la
collettività, l’universalità dei fenomeni al solo movimento degli atomi, si ha il diritto di aspettarsi di trovare la
medesima unanimità nelle qualità attribuite a quest’essere unico, la base fondamentale di tutto ciò che esiste.
Ora, al primo esame dei sistemi particolari proposti, si resta profondamente delusi, constatando che l’atomo dei
fisici, l’atomo dei chimici, quello dei metafisici e quello dei matematici... non hanno assolutamente altro in
comune che il nome! L’inevitabile risultato è la suddivisione esistente nelle nostre scienze, ognuna delle quali,
chiusa nel proprio piccolo scompartimento, costruisce un atomo che corrisponde alle esigenze del fenomeno
che essa studia, senza curarsi affatto delle esigenze richieste dallo studio del fenomeno dello scompartimento
vicino. Il metafisico respinge i princìpi dell’attrazione e della repulsione come se fossero sogni; il matematico
che analizza le leggi dell’elasticità e della propagazione della luce, le ammette implicitamente senza nemmeno
nominarle... Il chimico non sa spiegare l’aggruppamento degli atomi in molecole spesso complicate, senza
attribuire ai suoi atomi stessi delle qualità specifiche distinte; per i fisici ed i metafisici, sostenitori delle
dottrine moderne, l’atomo invece è sempre ed ovunque il medesimo. Che dico? Non vi è accordo intorno alle
proprietà dell’atomo nemmeno in un solo e medesimo ramo della scienza. Ognuno si costruisce un atomo
secondo la propria fantasia, per spiegare qualche fenomeno speciale che lo interessa in modo particolare.2
Quanto sopra è il ritratto, fotograficamente esatto, della scienza moderna e della
Fisica. Le “esigenze di quell’incessante gioco di immaginazione scientifica”, che si trova
1
J. B. Stallo, Concepts and Theories of Modern Physics – pp. XI, Introd. alla seconda edizione.
“Recherches expérimentales sur la relation qui existe entre la résistance de l’air et sa température”, pag. 68, tradotto dalla
citazione di Stallo pag. XII.
2
363
così spesso negli eloquenti discorsi del prof. Tyndall, sono veramente vivide, come dimostra
Stallo, e come varietà contraddittoria lascia molto indietro qualsiasi “fantasia”
dell’Occultismo. Con tutto ciò, se si ammette che le teorie fisiche non sono altro che
“spiegazioni puramente formali, espedienti didattici”, e se, per usare le parole di una delle
critiche di Stallo, “l’atomismo è soltanto un sistema grafico simbolico1, allora è difficile
sostenere che l’occultista si spinge troppo lontano quando pone, a lato di questi “espedienti”
e di questi “sistemi simbolici” della scienza moderna, i simboli e gli artifizi degli
Insegnamenti Arcaici.
“AN LUMEN SIT CORPUS, NEC NON?”2
Si afferma decisamente che la luce non è un corpo. Le scienze fisiche dicono che la
luce è una forza, una vibrazione, l’ondulazione dell’etere. È una proprietà o qualità della
materia, o perfino un’affezione di essa, ma mai un corpo! La scienza deve prevalentemente,
se non unicamente, a Sir William Grove questa scoperta; la conoscenza cioè che la luce o il
calorico non è un movimento di particelle materiali. Fu lui che, in una conferenza tenuta alla
London Institution nel 1842, dimostrò per primo che il “calore e la luce3 potevano essere
considerati affezioni della materia stessa, e non un fluido etereo distinto ‘imponderabile’
(adesso, uno stato della materia) che la permeasse”.4 Forse, però, per alcuni fisici — come
per Oersted, uno scienziato molto eminente — la Forza e le Forze erano tacitamente “Spirito
(e quindi Spiriti) nella Natura”. Diversi scienziati di tendenza alquanto mistica insegnavano
che la luce, il calore, il magnetismo, l’elettricità e la gravità, ecc. non erano le Cause finali
dei fenomeni visibili, compreso il movimento planetario, ma erano essi stessi gli effetti
secondari di altre Cause, delle quali la scienza odierna si cura ben poco, ma nelle quali
l’Occultismo crede, poiché gli occultisti hanno dato in tutte le epoche delle prove che
dimostrano la validità delle loro affermazioni. Ed in quale epoca non vi sono stati occultisti o
Adepti?
Sir Isaac Newton sosteneva la teoria corpuscolare dei Pitagorici ed era pure propenso
ad ammettere le conseguenze che ne derivano; ciò che fece sperare ad un certo momento al
conte de Maistre che Newton avrebbe alla fine ricondotto la scienza a riconoscere il fatto che
le Forze ed i Corpi celesti erano mossi e guidati da Intelligenze5. Ma de Maistre faceva il
conto senza l’oste. Le idee e i pensieri più intimi di Newton venivano pervertiti, e della sua
profonda erudizione matematica si sfruttò soltanto la semplice scorza fisica. Il dr. Lewins,
idealista ateo, diceva:
Quando Sir Isaac, nel 1687....... dimostrò che la massa e l’atomo sono posti in azione........ da
un’attività innata ....... mise effettivamente da parte lo Spirito, l’Anima o la Divinità, come realtà superflue.
1
Dalla critica di Concepts of Modern Physics, in Nature, Vedi l’opera di Stallo, pag. XVI dell’Introduzione.
[La Luce è o non è un corpo?]
3
Robert Ward, discutendo le questioni del calore e della luce nel Journal of Science del novembre 1881, ci dimostra fino a
qual punto arrivi l’ignoranza della scienza relativamente ad uno dei fatti più comuni della natura, il calore del Sole. Egli
dice: “La questione della temperatura del sole è stata oggetto d’investigazione da parte di molti scienziati: Newton, uno dei
primi investigatori di questo problema, tentò di determinarla e, dopo di lui, tutti gli scienziati che si sono occupati della
calorimetria hanno seguito il suo esempio. Tutti hanno creduto di esservi riusciti ed hanno formulato con grande sicurezza i
risultati da loro ottenuti. Ecco, nell’ordine cronologico della pubblicazione dei risultati, le temperature (in gradi centigradi)
trovate da ciascuno di essi: Newton: 1.699.300°; Pouillet: 1.461°; Tollner: 102.200°; Secchi: 5344.840°; Ericsson:
2.726.700°; Fizeau; 7.500°; Waterston, 9.000.000°; Spoëren: 27.000°; Deville: 9.500°; Soret: 5.801.846°; Vicaire: 1.500°;
Rosetti: 20.000°. La differenza varia da 1400° a 9.000.000°! Non esiste probabilmente nella scienza una contraddizione più
sorprendente di quella che ci rivelano queste cifre.” Eppure è indubitabile che, se un occultista emettesse una propria stima,
ognuno di questi signori protesterebbe veementemente in nome della scienza “esatta” perché i suoi risultati particolari sono
stati respinti.
4
Vedi Correlation of the Physical Forces, prefazione.
5
J. M. de Maistre, Soirées de Saint-Petersbourg, Vol. II. 1822.
2
364
Se il povero Sir Isaac avesse preveduto quale uso avrebbero fatto della sua “gravità” i
suoi successori ed i suoi discepoli, quell’uomo pio e religioso avrebbe certamente mangiato
tranquillamente la sua mela, e non avrebbe mai lasciato trapelare una sola parola intorno alle
teorie meccaniche collegate alla caduta di quest’ultima. Gli scienziati ostentano un grande
disprezzo per la Metafisica in generale e per la Metafisica Ontologica in particolare; ma ogni
qualvolta gli occultisti sono abbastanza arditi da sollevare il capo, possiamo constatare che la
scienza fisica materialistica è satura di Metafisica1; che i suoi princìpi più fondamentali,
mentre sono inseparabilmente uniti al Trascendentalismo, vengono tuttavia torturati e spesso
ignorati nel labirinto delle teorie e delle ipotesi contraddittorie, per dimostrare che la scienza
moderna ha divorziato da simili “sogni”. Un’eccellente conferma di questa accusa è che la
scienza si trova nella necessità assoluta di accettare “l’ipotetico” Etere, e di cercare di
spiegarlo in base alle leggi materialistiche atomiche-meccaniche. Questo tentativo ha
condotto direttamente alle contraddizioni più fatali ed alle incoerenze più radicali fra la
presunta natura dell’Etere e la sua azione fisica. Un’altra prova risulta dalle numerose teorie
contraddittorie intorno all’atomo, l’oggetto più metafisico della creazione.
Ora, che cosa sa la scienza fisica moderna intorno all’Etere, il cui primo concetto
appartiene innegabilmente ai filosofi antichi, poiché i greci lo hanno preso in prestito dagli
ariani; perché l’origine dell’etere moderno si trova sia pure deformato nell’Âkâsha. Si
pretende che questa deformazione sia una modificazione e un raffinamento dell’idea di
Lucrezio. Esaminiamo dunque il concetto moderno studiando i diversi volumi scientifici che
contengono le ammissioni dei fisici stessi.
Come dimostra Stallo, l’esistenza dell’etere è accettata dall’Astronomia fisica, dalla
Fisica ordinaria e dalla Chimica.
Originariamente gli astronomi consideravano quest’etere come un fluido di una mobilità e tenuità
estrema, non opponente nessuna resistenza sensibile ai movimenti dei corpi celesti, e la questione della sua
continuità e della sua discontinuità non era discussa seriamente. La sua funzione principale nell’Astronomia
moderna è stata quella di servire di base alle teorie idrodinamiche della gravitazione. Nella fisica, questo fluido
apparve per un certo tempo sotto vari aspetti unito agli “imponderabili” (così crudelmente messi a morte da Sir
William Grove), ed alcuni fisici giunsero perfino a identificarlo con uno o più di essi.2
Stallo pone quindi in evidenza i cambiamenti causati dalle teorie cinetiche; come, per
esempio, all’inizio della teoria dinamica del calore, l’Etere fu scelto nell’Ottica come un
substrato per le ondulazioni luminose. In seguito, per spiegare la dispersione e la
1
L’opera di Stallo che abbiamo citato più sopra, Concepts of Modern Physics, che ha provocato le proteste e le critiche più
veementi, è raccomandata a tutti coloro che sono propensi a dubitare di quest’affermazione. “L’antagonismo che la scienza
dimostra verso le speculazioni metafisiche”, scrive egli “ha indotto la maggioranza degli specialisti scientifici ad assumere
che i metodi ed i risultati della ricerca empirica siano del tutto indipendenti dal controllo delle leggi del pensiero. Essi
passano sotto silenzio, oppure ripudiano apertamente i canoni più elementari della logica, incluse le leggi della noncontraddizione, e... dimostrano il più veemente risentimento ogni volta che si applicano le regole della consistenza alle loro
ipotesi e alle loro teorie... e considerano l’esame delle medesime... alla luce di queste leggi, come un’intromissione
impertinente di princìpi e di metodi a priori nel campo della scienza empirica. Gli individui con un simile abito mentale non
trovano nessuna difficoltà nel sostenere che gli atomi sono assolutamente inerti, e nell’asserire al tempo stesso che questi
atomi sono perfettamente elastici; o nell’affermare che l’universo fisico, in ultima analisi, si risolve semplicemente in
materia “morta” e in movimento, pur negando che tutta l’energia fisica è in realtà cinetica; o nel proclamare che tutte le
differenze fenomeniche nel mondo oggettivo sono dovute infine ai diversi movimenti di unità materiali assolutamente
semplici, e respingendo tuttavia l’idea che queste unità sono uguali”. (p. XIX). L’accecamento di certi eminenti fisici
relativamente a qualcuna delle conseguenze più evidenti delle loro teorie, è stupefacente. “Quando il prof. Tait, unitamente
al prof. Stewart, annuncia che “la materia è semplicemente passiva” (The Unseen Universe, sez. 104); e quindi, in accordo
con Sir William Thomson, dichiara che “la materia possiede un potere innato di resistere alle influenze esterne” (Treat. on
Nat. Phil., Vol. I, sez. 216), non sarebbe un’impertinenza domandare come si possano conciliare queste affermazioni
contrastanti. Quando il prof. Du Bois Reymond... insiste sulla necessità di ridurre tutti i processi della natura ai movimenti di
un substrato sostanziale indifferente, completamente destituito di qualità ( Ueber die Grenzen des Naturerkennens, p. 5), pur
avendo dichiarato poco prima nella medesima conferenza che “la risoluzione di tutti i cambiamenti che si producono nel
mondo materiale in movimenti degli atomi, causati dalle loro forze centrali costanti, sarebbe il compimento della scienza
naturale”; ci sentiamo invasi da una perplessità dalla quale abbiamo il diritto di essere liberati”. (Prefazione, XLIII).
2
Stallo, loc. cit., pag. x.
365
polarizzazione della luce, i fisici fecero nuovamente ricorso alla loro “immaginazione
scientifica” e subito dotarono l’Etere: (a) di una struttura atomica o molecolare, e (b) di una
elasticità enorme, “in modo che la sua resistenza alla deformazione sorpassasse moltissimo
quella dei corpi rigidi più elastici”. Questo rendeva necessaria la teoria della discontinuità
essenziale della Materia e quindi dell’Etere. Dopo avere accettato questa discontinuità, per
spiegare la dispersione e la polarizzazione, furono scoperte delle impossibilità teoriche in
relazione a tale dispersione. “L’immaginazione scientifica”di Couchy vide negli atomi dei
“punti materiali senza estensione”, e per ovviare agli ostacoli più formidabili che si
opponevano alla teoria ondulatoria (e cioè alcuni teoremi di meccanica ben conosciuti che
sbarravano la strada), propose di ammettere che il mezzo eterico, anziché essere continuo,
sarebbe costituito da particelle separate da distanze sensibili. Fresnel rese il medesimo
servizio al fenomeno della polarizzazione. E. B. Hunt capovolse le teorie di entrambi1. Vi
sono attualmente degli scienziati che le proclamano “materialmente fallaci”, mentre altri —
fautori della teoria “atomico-meccanica”— si aggrappano ad esse con tenacia disperata. La
supposizione che l’Etere abbia una costituzione atomica o molecolare viene capovolta
inoltre dalla termodinamica, poiché Clerk Maxwell ha dimostrato che un simile mezzo
sarebbe semplicemente un gas2. L’ipotesi di “intervalli limitati” si è dimostrata così di
nessuna utilità quale corollario della teoria ondulatoria. Inoltre le eclissi non rivelano alcuna
delle variazioni di colore che supponeva Couchy, basate sull’assunzione che i raggi
cromatici si propagano con velocità differenti. L’Astronomia ha posto in evidenza più di un
fenomeno assolutamente contrastante con tale dottrina.
Così, mentre in un ramo della Fisica la costituzione atomico-molecolare dell’Etere è
accettata quale spiegazione di uno speciale ordine di fenomeni, in un altro ramo si rileva che
una simile costituzione è in completo contrasto con un certo numero di fatti ben accertati;
per cui le accuse di Hirn sono giustificate. La Chimica considerava come
Impossibile ammettere l’enorme elasticità dell’Etere, senza privarlo di quelle proprietà dalle quali
dipende soprattutto la sua utilità nella costruzione delle teorie chimiche.
Ciò ebbe termine con una trasformazione finale dell’Etere.
Le esigenze della teoria atomica-meccanica hanno indotto matematici e fisici eminenti a tentare di
sostituire agli atomi tradizionali di materia alcune forme particolari di movimento vorticoso in un mezzo
materiale universale, omogeneo, incompressibile e continuo (l’Etere)3.
L’autrice di quest’opera, — che non pretende di possedere una grande istruzione
scientifica, ma solo una discreta conoscenza generale delle teorie moderne ed una
conoscenza più profonda delle Scienze Occulte — raccoglie armi contro i detrattori
dell’Insegnamento Esoterico nell’arsenale stesso della scienza moderna. Le contraddizioni
evidenti, le ipotesi di scienziati di fama mondiale che vengono distrutte scambievolmente, le
loro dispute, le loro accuse e denunce reciproche, dimostrano chiaramente che le teorie
occulte, accettate o no, hanno il diritto di essere ascoltate quanto qualsiasi altra ipotesi
cosiddetta scientifica ed accademica. Quindi, che gli aderenti alla Royal Society si decidano
a considerare l’Etere come un fluido continuo oppure come discontinuo, ha ben poca
importanza, ed è del tutto indifferente al nostro fine attuale. Ciò prova semplicemente un
fatto, e cioè che la scienza ufficiale, fino ad ora, non sa niente sulla costituzione dell’Etere.
Che la scienza lo chiami Materia, se lo desidera; soltanto non si trova né come Âkâsha, né
come l’unico Æther sacro dei greci, in nessuno degli stati della Materia conosciuti dalla
Fisica moderna. È Materia su un piano di percezione e dell’essere del tutto diverso, e non
può essere né analizzata mediante apparecchi scientifici, né apprezzata o nemmeno
1
Silliman’s Journal, Vol. VIII, pag. 364 e seguenti.
Vedi Treatise on Electricity di Clerk Maxwell e confrontarlo con Mémoirs sur la Dispersion de la Lumière, di Couchy.
3
Stallo, loc. cit., pag. X.
2
366
concepita dalla “immaginazione scientifica”, a meno che coloro che la posseggono non
studino le Scienze Occulte. Quanto segue è la prova di questa affermazione.
È stato chiaramente dimostrato da Stallo, per quanto concerne i problemi cruciali
della Fisica moderna, come è stato fatto da De Quatrefages e da molti altri per i problemi
inerenti all’Antropologia, la Biologia, ecc., che i più eminenti ed eruditi materialisti, nei
tentativi tendenti a sostenere le loro ipotesi ed i loro sistemi individuali, fanno ricorso ai
sofismi più assurdi. Prendiamo per esempio il seguente caso. La maggior parte di essi
respinge l’azione a distanza (actio in distans) — che, per l’Occultismo, è uno dei princìpi
fondamentali nella questione dell’Æther o dell’Âkâsha — mentre, come giustamente osserva
Stallo, non vi è azione fisica “che, esaminata attentamente, non si risolva in actio in distans”;
ed egli ne dà la prova.
Ora gli argomenti metafisici, secondo il prof. Lodge1, sono “appelli inconsci all’
esperienza”. Ed egli aggiunge che se una tale esperienza non è concepibile, allora essa non
esiste. Ecco le sue stesse parole:
Se una mente, o un gruppo di menti altamente sviluppate, trovano che una dottrina intorno ad un
soggetto relativamente semplice e fondamentale non è assolutamente inimmaginabile, è una prova..... che lo
stato di cose non immaginabili non esiste.
E, dopo di ciò, verso la fine della sua conferenza, il professore indica che la
spiegazione della coesione, come pure della gravità, “deve essere ricercata nella teoria dei
vortici di atomi di Sir William Thomson”.
È inutile fermarsi ad indagare se è da attribuirsi pure a questa teoria dei vortici di
atomi la caduta sulla terra del primo germe di vita, che una meteora o una cometa di
passaggio vi avrebbe lasciato cadere, secondo le ipotesi di Sir William Thomson; ma si
potrebbe ricordare al prof. Lodge la saggia critica fatta da Stallo alla sua conferenza, nella
sua opera Concepts of Modern Physics. Rilevando la succitata dichiarazione del professore,
l’autore si domanda:
Se..... gli elementi della teoria dei vortici atomici sono fatti sperimentali familiari, o possibili? Poiché,
se non lo sono, evidentemente quella teoria è soggetta alle medesime critiche che si dice infirmino l’assunzione
dell’actio in distans2.
L’eminente critico dimostra quindi ciò che l’Etere non è, né potrà mai essere,
nonostante tutte le pretese scientifiche che vogliono dimostrare il contrario. Egli spalanca
così la porta, per quanto forse incoscientemente, ai nostri Insegnamenti Occulti. Infatti dice:
Il mezzo nel quale sorgono i movimenti vorticosi è, secondo la precisa affermazione del prof. Lodge
stesso (Nature, vol. XXVII. Pag. 305), “un corpo perfettamente omogeneo, incompressibile e continuo,
impossibile ad essere risolto in elementi semplici o in atomi; è in realtà un mezzo continuo e non molecolare”.
E, dopo questa affermazione, il prof. Lodge aggiunge: “Non esiste alcun altro corpo di cui possa dirsi ciò, e
quindi le proprietà dell’Etere debbono essere alquanto differenti da quelle della materia ordinaria”. È
evidente quindi che l’intera teoria dei vortici atomici, che ci viene offerta come un sostituto alla “teoria
metafisica”dell’actio in distans, si basa sull’ipotesi dell’esistenza di un mezzo materiale che è assolutamente
sconosciuto all’esperienza e che possiede delle proprietà alquanto differenti3 da quelle della materia ordinaria.
Quindi questa teoria, anziché essere, come si afferma, la trasformazione di un fatto dell’esperienza poco
familiare in un fatto familiare, è, al contrario, la riduzione di un fatto perfettamente familiare in un fatto che
non è soltanto poco familiare, ma completamente sconosciuto, non osservato ed impossibile da osservare.
Inoltre, il preteso movimento vorticoso del mezzo eterico, o piuttosto nel presunto mezzo eterico è.....
impossibile, perché “il movimento in un fluido perfettamente omogeneo, non compressibile e
conseguentemente continuo, non è movimento sensibile”..... È evidente quindi... che ovunque possa condurci la
1
Nature, vol. XXVII, 1883 pag. 304.
Op. cit., p. XXIV.
3
“Alquanto differenti!” esclama Stallo. “I1 vero significato di questo “alquanto” è che il mezzo in questione non è in nessun
senso intelligibile, affatto materiale, non avendo nessuna delle proprietà della materia.” Tutte le proprietà della materia sono
il risultato di differenze e di cambiamenti, e l’Etere “ipotetico” qui descritto non solo è privo di differenze, ma incapace di
differenze e di cambiamenti — in senso fisico, aggiungiamo noi. Questo dimostra che se l’Etere è “materiale “, lo è soltanto
come qualche cosa di visibile, tangibile ed esistente, per i soli sensi spirituali: che è, in verità, un Essere — però non del
nostro piano — Pater Æther o Âkâsha.
2
367
teoria dei vortici atomici, essa però non ci condurrà davvero nel campo della fisica, o nel dominio delle verae
causae1. Ed io posso aggiungere che, nonostante l’ipotetico mezzo indifferenziato2 e indifferenziabile sia
chiaramente un’involontaria riesumazione del vecchio concetto ontologico di essere puro, la teoria di cui si
discute ha tutti gli attributi di un inafferrabile fantasma metafisico.3
Un “fantasma”, in verità, che può essere reso comprensibile soltanto dall’Occultismo.
Fra una simile Metafisica scientifica e l’Occultismo vi è appena un passo. Quei fisici che
credono che la costituzione atomica della materia si accordi con la sua penetrabilità, non
hanno bisogno di allontanarsi molto dal loro cammino per giungere a rendersi conto dei più
grandi fenomeni dell’Occultismo, così derisi attualmente dagli scienziati fisici e dai
materialisti. “I punti materiali senza estensione” di Cauchy sono le Monadi di Leibnitz e, nel
medesimo tempo, sono i materiali di cui gli “Dèi” e le altre Potenze invisibili formano i loro
corpi. La disintegrazione e la reintegrazione di particelle “materiali” senza estensione, come
un fattore principale nelle manifestazioni fenomeniche, dovrebbe apparire facilmente come
una possibilità evidente, almeno a quelle poche menti scientifiche che accettano il punto di
vista di Cauchy. Poiché, disponendo di quella proprietà della materia che essi chiamano
l’impenetrabilità, il teorico francese, considerando semplicemente gli Atomi come “punti
materiali che esercitano l’uno sull’altro delle attrazioni e delle repulsioni che variano a
seconda delle distanze che li separano”, spiega che:
Da questo deriva che, se all’autore della natura piacesse modificare semplicemente le leggi secondo le
quali gli atomi si attraggono o si respingono reciprocamente, noi potremmo vedere istantaneamente i corpi più
duri penetrarsi l’un l’altro, le più piccole particelle di materia occupare spazi immensi o le masse più grandi
ridursi ai minimi volumi, l’universo intero concentrandosi, per così dire, in un punto solo4.
E quel “punto”, invisibile sul nostro piano di percezione e di materia, è perfettamente
visibile agli occhi dell’Adepto che può seguirlo, e constatare la sua presenza su altri piani.
Per gli occultisti, che dicono che l’autore della Natura è la Natura stessa, qualche cosa di
indistinto e di inseparabile dalla Divinità, ne consegue che coloro che sono versati nelle leggi
occulte della Natura e sanno come cambiare le condizioni nell’Etere e provocare nuove
condizioni, possono non modificare le leggi, ma lavorare in conformità con queste leggi
immutabili.
_________
1
Le verae causae della Scienza Fisica sono delle cause mâyâviche o illusorie per l’occultista, e vice versa.
Molto “differenziato”, al contrario, fin dal giorno in cui esso ha lasciato la sua condizione laya.
3
Op. cit., pp. xxiv – xxvi.
4
Sept Leçons de Physique Générale, pag. 38 e seg., ed. Moigno.
2
368
SEZIONE III
LA GRAVITAZIONE È UNA LEGGE?
La teoria corpuscolare è stata messa da parte senza tante cerimonie, ma la
gravitazione — princìpio per cui tutti i corpi si attraggono fra loro con una forza
direttamente proporzionale alla loro massa ed inversamente proporzionale al quadrato delle
distanze che li separano — sopravvive ancora e regna sulle supposte onde eteree dello
Spazio. Come ipotesi, è stata minacciata di morte, dimostrandosi inadeguata ad abbracciare
tutti i fatti che le venivano presentati; come legge fisica la gravitazione è la sovrana dei
recenti “Imponderabili” che furono un tempo onnipotenti. “Il dubitarne è quasi una
bestemmia... un insulto alla grande memoria di Newton!” esclama un recensore americano di
Iside Svelata. E sta bene; ma che cosa è, in sostanza, quell’invisibile ed intangibile Dio, nel
quale dovremmo credere ciecamente? Gli astronomi, che nella gravitazione vedono una
facile soluzione per molte cose ed una forza universale che permette loro di calcolare i
movimenti planetari, si preoccupano ben poco della Causa dell’Attrazione. Essi chiamano la
Gravitazione una legge, una causa di per se stessa. Noi consideriamo le forze che agiscono
sotto quel nome come effetti, e per di più come effetti molto secondari. Un giorno si
constaterà che, dopo tutto, l’ipotesi scientifica non è soddisfacente, e allora seguirà la stessa
sorte della teoria corpuscolare della luce, e resterà a dormire per molti secoli negli archivi
delle teorie abbandonate. E Newton stesso non ha forse espresso gravi dubbi intorno alla
natura della Forza e della materialità degli “Agenti”, come venivano chiamati allora? E così
pure Cuvier, quest’altra luce scientifica che illumina le tenebre delle ricerche. Nella sua
Révolution du Globe egli richiama l’attenzione dei lettori sulla natura dubbia delle cosiddette
Forze, dicendo che “non è affatto certo che quegli agenti non siano, dopo tutto, delle Potenze
Spirituali (des agents spirituels)”.
Nell’esposizione dei suoi Principia, Sir Isaac Newton ebbe cura di far comprendere
alla sua scuola che egli non adoperava la parola “attrazione” in senso fisico per quanto
concerneva l’azione reciproca esercitata dai corpi. Per lui, diceva, era un concetto puramente
matematico, che non implicava alcuna considerazione di cause fisiche reali e primarie. In un
passo dei suoi Principia1, egli dice chiaramente che le attrazioni, considerate dal punto di
vista fisico, sono piuttosto impulsi. Nella Sezione XI (Introduzione), esprime l’opinione che
“esiste qualche spirito sottile, la cui forza e la cui azione determinano tutti i movimenti della
materia”2; e nella sua Terza Lettera a Bentley dice:
È inconcepibile che la materia bruta inanimata possa, senza l’interposizione di qualche altra cosa che
non è materiale, influenzare ed agire su altra materia, senza contatto reciproco, come dovrebbe fare se la
gravitazione, nel senso inteso da Epicuro, fosse essenziale e inerente ad essa..... L’idea che la gravità debba
essere innata, inerente ed essenziale alla materia, in modo che un corpo possa agire su di un altro a distanza,
attraverso il vuoto, senza la mediazione di nessun’altra cosa, per il tramite della quale la loro azione possa
essere trasmessa dall’uno all’altro, mi sembra essere una tale assurdità, che nessun uomo, come io credo, dotato
della facoltà di meditare con competenza sui problemi filosofici, può cadere in un simile errore. La
gravitazione deve essere causata da un agente che agisce costantemente in conformità a certe leggi; ma ho
lasciato ai miei lettori la cura di risolvere la questione se questo agente sia materiale o immateriale.
Perfino i contemporanei stessi di Newton furono spaventati da questo apparente
ritorno delle Cause Occulte nel dominio della Fisica. Leibnitz chiamava il suo princìpio di
attrazione “un potere incorporeo ed inesplicabile”. La supposizione dell’esistenza simultanea
di una facoltà di attrazione e di un vuoto perfetto, fu qualificata da Bernouilli come
1
2
Defin. 8, Libro I. Proposiz. 69, “Scholium”.
Modern Materialism, del Rev. W. F. Wilkinson.
369
“rivoltante”; il princìpio dell’actio in distans non trovò allora un’accoglienza migliore di
quella di oggi. D’altra parte, Eulero pensava che l’azione della gravitazione fosse dovuta o
ad uno Spirito o a qualche mezzo sottile. Eppure Newton aveva conoscenza dell’Etere degli
antichi, malgrado non l’accettasse. Egli considerava vuoto lo spazio intermedio che separa i
corpi siderali. Perciò, egli credeva, come noi, a “Spiriti sottili” e a Spiriti che guidassero la
cosiddetta attrazione. Le succitate parole del grande uomo hanno prodotto dei risultati ben
magri. “L’assurdità”è diventata adesso un dogma per il puro materialista, che ripete: “Non vi
è Materia senza Forza, non vi è Forza senza Materia; la Materia e la Forza sono inseparabili,
eterne e indistruttibili (ciò è vero); non può esistere una Forza indipendente, poiché ogni
Forza è una proprietà inerente e necessaria della Materia (ciò è falso); di conseguenza, non
esiste un Potere Creatore immateriale”. Oh, povero Sir Isaac!
Se, lasciando da parte tutti gli altri eminenti scienziati che condividono l’opinione di
Eulero e di Leibnitz, gli occultisti si riferiscono soltanto all’autorità ed all’appoggio dei
succitati Sir Isaac Newton e Cuvier, avranno poco da temere dalla scienza moderna e
potranno proclamare altamente e fieramente le loro convinzioni. Ma le esitazioni e i dubbi
delle autorità citate e di molte altre ancora non hanno minimamente impedito alla
speculazione scientifica di continuare ad errare alla ventura nel campo della materia bruta.
Prima furono la materia ed un fluido imponderabile distinto da essa, poi venne il fluido
imponderabile tanto criticato da Grove, quindi l’Etere considerato prima discontinuo e
divenuto poi continuo; dopo di che, vennero le Forze “meccaniche”. Queste si sono ora
assestate in qualità di “modalità di movimento”, e l’Etere è diventato ancora più misterioso e
problematico di prima. Più di uno scienziato protesta contro teorie così crudamente
materialiste ma, dall’epoca di Platone, che incitava continuamente i suoi lettori a non
confondere gli Elementi incorporei con i loro Princìpi — gli Elementi trascendentali o
spirituali; da quella dei grandi alchimisti, i quali, come Paracelso, facevano una grande
differenza tra un fenomeno e la sua causa, o il suo Noumeno; a Grove, il quale, pur non
vedendo “alcuna ragione di privare la materia universalmente diffusa delle funzioni che sono
comuni a tutta la materia”, adopera tuttavia il termine di Forze là dove i suoi critici, “che non
attribuiscono alla parola alcuna idea di un’azione specifica”, dicono Forza; da quei giorni
fino ad oggi, non vi è niente che si sia dimostrato capace di resistere alla marea inarrestabile
del più brutale Materialismo. La gravitazione è la causa unica, il Dio agente, e la Materia è il
suo profeta, dicevano gli scienziati solo pochi anni addietro.
Da allora in poi essi hanno cambiato parecchie volte idea; ma gli scienziati di adesso
comprendono forse meglio di quelli di allora il pensiero intimo di Newton, uno degli uomini
più religiosi e più spirituali della sua epoca? Vi è certamente da dubitarne. Si attribuisce a
Newton il merito di aver dato il colpo di grazia ai Vortici Elementari di Cartesio — che, sia
detto per incidenza, non erano altro che il riemergere dell’idea di Anassagora — per quanto
gli ultimi moderni “atomi turbinanti” di Sir William Thomson non differiscano molto, in
realtà, dai precedenti. Tuttavia, quando il suo discepolo Forbes scrisse, nella Prefazione
all’opera principale del suo maestro, una frase nella quale dichiarava che “l’attrazione era la
causa del sistema”, Newton fu il primo a protestare solennemente. Ciò che nella mente del
grande matematico assumeva l’aspetto vago, ma solidamente radicato di Dio come
Noumeno di tutte le cose1 era chiamato in un modo più filosofico, dai filosofi ed occultisti
antichi e moderni — gli “Dèi” o le Potenze creatrici e formatrici. La maniera di esprimersi
1
“L’attrazione”, scrive il materialista Le Couturier, “è diventata adesso per il pubblico ciò che era per Newton stesso — una
semplice parola, un’Idea (Panorama des Mondes), poiché la causa è sconosciuta. Herschell dice virtualmente la medesima
cosa quando fa osservare che, ogni volta che studia il movimento dei corpi celesti ed il fenomeno dell’attrazione, si sente
penetrato ad ogni istante dall’idea “dell’esistenza di cause che agiscono per noi dietro ad un velo, mascherando la loro
azione diretta”. (Musée des Sciences, agosto 1856).
370
può essere stata differente, e le idee possono essere state enunciate più o meno
filosoficamente dall’antichità, tanto sacra che profana, ma l’idea fondamentale era la
medesima1. Per Pitagora le Forze erano Entità Spirituali, Dèi, indipendenti dai pianeti e dalla
materia quale noi li vediamo e li conosciamo sulla Terra, e sovrani del Cielo Siderale.
Platone rappresenta i pianeti come mossi da un Governatore intrinseco, che si identifica con
la propria dimora, come “un battelliere con il proprio battello”. Quanto ad Aristotele, egli
chiamava quei governatori “sostanze immateriali”2, benché, non essendo mai stato iniziato,
si rifiutasse di riconoscere gli Dèi quali Entità3. Ma tutto ciò non gli impediva di riconoscere
il fatto che le stelle ed i pianeti “non erano masse inanimate, bensì corpi operanti e viventi”.
Come se gli spiriti siderali fossero “le parti più divine dei loro fenomeni (τά θειότερα των
φαυερων)”.4
Se cerchiamo delle conferme in epoche più moderne e più scientifiche, vediamo
Tycho Brahe riconoscere nelle stelle una triplice forza: divina, spirituale e vitale. Keplero,
unendo la frase pitagorica “il Sole, guardiano di Giove”, ai versi di David “Egli collocò il
suo trono nel Sole”, e “il Signore è il Sole”, ecc., disse che egli comprendeva perfettamente
come i Pitagorici potessero credere che tutti i globi disseminati attraverso lo Spazio fossero
delle Intelligenze razionali (facultates ratiocinativae), che circolavano attorno al Sole, “nel
quale risiede un puro spirito di fuoco, la sorgente dell’armonia generale”.5
Quando un occultista parla di Fohat, l’Intelligenza vitalizzante e dirigente del Fluido
Universale Elettrico o Vitale, lo si deride. Tuttavia, come abbiamo dimostrato, fino ad oggi
non è conosciuta la natura né dell’elettricità, e nemmeno della vita e della luce. L’occultista
vede, nella manifestazione di ciascuna Forza della Natura, l’azione della qualità o della
speciale caratteristica del suo Noumeno; Noumeno che è un’Individualità distinta ed
intelligente dall’altro lato dell’universo manifestato e meccanico. Ora l’occultista non nega
— anzi, è pronto a sostenere il punto di vista che la luce, il calore, l’elettricità, e così via,
sono affezioni e non proprietà o qualità della Materia. Ossia, per parlare più chiaramente, la
Materia è la condizione, la base o il veicolo necessario, la condizione sine qua non della
manifestazione di queste Forze o Agenti sul nostro piano.
Ma per raggiungere il loro fine, gli occultisti debbono esaminare sotto ogni aspetto le
credenziali della legge di gravità e, prima di tutte, quella della “Gravitazione, Regina e
sovrana della Materia”. Per far ciò efficacemente, dobbiamo richiamare alla memoria le
ipotesi come furono formulate al loro primo apparire. Innanzi tutto, fu Newton il primo a
scoprirla? Nell’Athenaeum del 26 gennaio 1867 si leggono alcune curiose informazioni
intorno a questo argomento:
1
Se ci viene fatta obiezione perché noi crediamo a Déi e a Spiriti attivi, mentre ci rifiutiamo di ammettere un Dio personale,
rispondiamo ai teisti e ai monoteisti: Ammettete che il vostro Jehovah sia uno degli Elohim e noi siamo pronti a
riconoscerlo. Fate di lui, come ne avete l’abitudine, l’Infinito, il Dio UNO ed Eterno, e noi non lo accetteremo mai sotto
questo aspetto. Molti erano gli Déi tribalici, la Divinità Unica Universale è un Princìpio, una Idea-Radice astratta, che non ha
niente a che fare con l’opera impura della Forma finita. Noi non adoriamo gli Dèi, li onoriamo soltanto quali Esseri a noi
superiori. In ciò obbediamo all’ingiunzione di Mosé, mentre i cristiani disobbediscono alla loro Bibbia — ed i missionari più
di tutti gli altri. “Non dir male degli Déi”, dice uno di essi— Jehovah — nell’Esodo, XXII, 28; ma nel medesimo tempo, al
versetto 20 vi è il comandamento: “Chi sacrificherà ad altri Déi, fuor che al Signore solo, sia sterminato e distrutto”. Ora, nei
testi originali non vi è “Dio”, ma Elohim — e sfidiamo a dimostrare il contrario — e Jehovah è uno degli Elohim, come è
dimostrato dalle sue stesse parole nel Genesi, III, 22, quando “il Signore Iddio disse: Ecco, l’uomo è divenuto come uno di
noi”. Quindi, tanto coloro che adorano gli Elohim, gli Angeli e Jehovah, e offrono loro sacrifici, quanto coloro che
oltraggiano gli Dèi dei loro confratelli umani, trasgrediscono la legge molto più degli occultisti o dei teosofi. Frattanto molti
di questi ultimi preferiscono credere in questo o quel “Signore”, e sono perfettamente liberi di fare come vogliono.
2
Paragonare le “specie immateriali al legno ferreo”e ridere di Spiller perché egli ne parla come di “materia incorporea”, non
risolve il mistero (Vedere Concepts of Modern Physics, pag. 165 et infra).
3
Vossius, Vol. II, pag. 528.
4
De Coelo, I. 9.
5
De Motibus Planetarum Harmonicis, pag. 248.
371
Si può provare in modo positivo che Newton attinse tutte le sue cognizioni sulla gravitazione e sulle
sue leggi da Boehme, per il quale la gravitazione o attrazione era la prima proprietà della Natura... Poiché il suo
sistema (di Boehme) ci mostra il lato interiore delle cose, mentre la scienza fisica moderna si contenta di
considerare il lato esteriore.
E più oltre :
La scienza dell’elettricità che non esisteva ancora quando egli (Boehme) scriveva, è presentita nelle
sue opere, e non solo Boehme descrive tutti i fenomeni di quella forza come sono conosciuti attualmente, ma
descrive perfino l’origine, la genesi e la nascita dell’elettricità stessa.
Così Newton, la cui mente profonda leggeva agevolmente fra le righe e penetrava il
pensiero spirituale del grande Veggente nella sua particolare presentazione mistica, deve la
sua grande scoperta a Jacob Boehme, il beniamino dei Genii, dei Nirmânakâya che
vegliavano su di lui e lo guidavano; e, a proposito del quale, l’autore dell’articolo in
questione fa giustamente osservare che:
Ogni nuova scoperta scientifica contribuisce a dimostrare la sua profonda conoscenza intuitiva dei
procedimenti più segreti della Natura.
E avendo scoperto la gravità, Newton, per rendere possibile l’azione dell’attrazione
nello spazio, doveva annientare, per così dire, ogni ostacolo fisico capace di impedirne la sua
libera azione e, fra gli altri, l’Etere, per quanto egli avesse più di un presentimento della sua
esistenza. Per sostenere la teoria corpuscolare, egli stabilì un vuoto assoluto fra i corpi
celesti. Qualunque fossero le sue congetture e le sue convinzioni intime relativamente
all’Etere, per quanto numerosi fossero gli amici con i quali poteva aprire il suo cuore —
come nel caso della sua corrispondenza con Bentley — i suoi insegnamenti non
dimostrarono mai che condividesse una simile credenza. Se egli era “persuaso che il potere
di attrazione non poteva essere esercitato dalla materia attraverso il vuoto”1, come mai,
perfino nel 1860, alcuni astronomi francesi, come per esempio Le Couturier, combattevano
ancora “i disastrosi risultati della teoria del vuoto istituita dal grande uomo”? Le Couturier
dice:
Oggi non è più possibile sostenere, come Newton, che i corpi celesti si muovono in mezzo al vuoto
immenso degli spazi... Fra le conseguenze della teoria del vuoto stabilita da Newton, non resta in piedi altro
che la parola ‘attrazione’... Noi vediamo avvicinarsi il giorno in cui la parola attrazione sparirà dal vocabolario
scientifico.2
Il prof. Winchell scrive:
Questi brani (lettera a Bentley) dimostrano quali fossero le sue idee in rapporto alla natura del mezzo
interplanetario di comunicazione. Pur dichiarando che i cieli “sono vuoti di materia sensibile”, altrove egli
faceva un’eccezione: “forse di qualche esalazione molto leggera, di vapori, di effluvi che si alzano
dall’atmosfera della terra, dei pianeti e delle comete; e di un mezzo etereo straordinariamente rarefatto come lo
abbiamo descritto altrove”.3
Ciò prova semplicemente che perfino uomini grandi come Newton non hanno sempre il
coraggio delle loro opinioni. Il dr. T. S. Hunt,
Ha richiamato l’attenzione su alcuni brani delle opere di Newton per molto tempo trascurati, dai quali
risulta che la credenza in un simile mezzo universale intracosmico si radicò gradatamente nella sua mente4.
Ma non si era mai prestato attenzione ai suddetti brani prima del 28 novembre 1881,
quando il dr. Hunt dette lettura della sua “Celestial Chemistry from the time of Newton”.
Come dice Le Couturier:
Fino ad allora era diffusa universalmente l’idea, anche fra gli scienziati, che Newton, sostenendo la
teoria corpuscolare, volesse affermare l’ipotesi del vuoto.
Se questi brani sono stati “per molto tempo trascurati”, ciò è dovuto indubbiamente al
fatto che erano in contraddizione ed in conflitto con le teorie preconcette e favorite
1
World-Life, di Winchell, pp. 49-50.
Panorama des Mondes, pp. 47 e 53.
3
Newton, Optics, III. Quesito 28, 1704; citato in World-Life, pag. 50.
4
Ibid.
2
372
dell’epoca, e rimasero in voga fino al momento in cui la presenza di un “mezzo etereo”
divenne una necessità imperiosa per spiegare la teoria ondulatoria. Qui sta tutto il segreto.
In ogni modo, è dal momento in cui questa teoria del vuoto universale fu insegnata da
Newton, per quanto forse lui stesso non vi credesse, che è nato il disprezzo immenso che la
fisica moderna dimostra per quella antica. I saggi antichi avevano sostenuto che “la Natura
aborre il vuoto”, e i più grandi matematici del mondo — ossia delle razze occidentali —
avevano scoperto e condannato questa loro “illusione”. Ed ora la scienza moderna rende
giustizia, per quanto a malincuore, alla Conoscenza Arcaica; e deve inoltre rivendicare, sia
pure in ritardo, il carattere e la potenza d’osservazione di Newton, dopo aver trascurato, per
un secolo e mezzo, di prestare attenzione a dei passi di tale importanza — forse perché era
più prudente non farli rilevare. In ogni modo, meglio tardi che mai!
Ora il Padre Æther è nuovamente il benvenuto, accolto a braccia aperte ed unito alla
gravitazione, alla quale resterà legato nel bene e nel male fino al giorno in cui uno di essi, o
entrambi, saranno sostituiti da qualche altra cosa. Trecento anni fa, il plenum regnava
ovunque, poi fu rimpiazzato da un lugubre vuoto; più tardi ancora, gli oceani siderali, che la
scienza aveva prosciugato, avanzarono nuovamente con le loro onde eteree. Recede ut
procedas deve diventare il motto della scienza esatta — “esatta” principalmente nel trovare
“inesatta” se stessa ogni anno bisestile.
Ma noi non vogliamo venire a contesa con i grandi uomini. Essi hanno dovuto
risalire fino ai più antichi “Déi di Pitagora e del vecchio Kanâda” per costituire l’essenza
stessa delle loro correlazioni e delle loro scoperte “più recenti”; e ciò permette agli occultisti
di sperar bene per i loro Dèi minori, poiché noi crediamo alla profezia di Le Couturier
relativa alla gravitazione. Noi sappiamo che si avvicina il giorno in cui gli scienziati stessi
reclameranno una riforma dei procedimenti attuali della scienza. Fino a quel giorno non vi è
niente da fare; poiché, se domani la gravitazione fosse detronizzata, gli scienziati si
affretterebbero a scoprire qualche altra modalità di movimento meccanico.1
Arduo e scosceso è il sentiero della vera scienza, ed essa è esposta a molte contrarietà
ed a molti crucci. Ma di fronte alle “mille” ipotesi contraddittorie che sono state offerte per
spiegare i fenomeni fisici, non si è trovata un’ipotesi migliore di quella del “movimento”,
per quanto sia stata interpretata in modo paradossale dal Materialismo. Come si potrà
constatare esaminando le prime pagine di quest’opera, gli occultisti non hanno niente da
obiettare contro il Movimento,2 il Grande Soffio “dell’Inconoscibile” di Herbert Spencer.
Ma siccome essi credono che tutto ciò che esiste sulla terra sia il riflesso di qualche cosa che
esiste nello Spazio, credono nell’esistenza di “Soffi” minori, che sono viventi, intelligenti e
indipendenti da tutto salvo che dalla Legge, e che soffiano in tutte le direzioni durante i
periodi manvantarici. La scienza non ne ammetterà l’esistenza, ma qualunque cosa sarà fatta
per rimpiazzare l’attrazione, alias gravitazione, il risultato sarà il medesimo. La scienza sarà
tanto lontana allora dalla soluzione delle sue difficoltà quanto lo è attualmente, a meno che
non venga a qualche compromesso con l’Occultismo e perfino con l’Alchimia — una
supposizione che sarà considerata come un’impertinenza, ma che tuttavia rimane un fatto.
Come dice Faye:
1
Leggendo le opere di Sir Isaac Newton con mente serena e libera da ogni idea preconcetta, si ha continuamente la prova
che egli deve avere esitato fra la gravitazione, l’impulso e qualche altra causa sconosciuta per spiegare il corso regolare dei
movimenti planetari. Si consulti soltanto il suo Treatise on Colour (Vol. III. Questione 31). Herschell ci dice che Newton
lasciò ai suoi successori la cura di trarre dalla sua scoperta tutte le conclusioni scientifiche. Possiamo renderci conto di come
la scienza moderna abbia abusato di tale privilegio per poggiare le sue più recenti teorie sulla legge della gravitazione, se si
ricorda come quel grande uomo fosse profondamente religioso.
2
L’idea materialistica, secondo la quale il Movimento eterno del Cosmo e nel Cosmo — considerato quale Spazio infinito
— sarebbe una finzione, perché secondo le leggi della fisica il movimento reale o sensibile sarebbe impossibile nello spazio
puro o vuoto, prova semplicemente che le espressioni di “puro Spazio”, “Essere puro”, “l’Assoluto”, ecc., delle quali si serve
la Metafisica Orientale, non sono mai state comprese in Occidente.
373
Ai geologi manca qualche cosa per fare la geologia della Luna, e cioè manca loro di essere astronomi.
In verità, anche agli astronomi manca qualche cosa per affrontare con profitto tale studio, cioè di non essere
geologi.1
Tuttavia egli avrebbe potuto aggiungere ancora con maggiore acutezza:
“Ciò che manca ad entrambi è l’intuizione del mistico”.
Ricordiamo le sagge “conclusioni”di Sir William Grove relative alla struttura finale
della Materia, o alla minuzia delle azioni molecolari che, secondo lui, l’uomo non conoscerà
mai.
È già molto, il danno che è risultato dal tentativo di dissezionare ipoteticamente la materia e di
discutere la forma, la grandezza e il numero degli atomi, come pure le loro atmosfere di calore, di etere o di
elettricità. Che sia o no ammissibile considerare l’elettricità, la luce, il magnetismo, ecc., come semplici
movimenti della materia ordinaria, è certo il fatto che tutte le teorie passate come pure le teorie attualmente
esistenti ridussero e riducono l’azione di queste forze in movimento. Sia che attribuiamo al movimento,
essendoci familiare, altre affezioni, come un modo di espressione che è più facilmente costruito e più atto a
spiegare queste forze, sia che in realtà il solo modo con il quale le nostre menti, distinguendole dai nostri sensi,
sono capaci di concepire delle operazioni materiali, è certo il fatto che fin dall’epoca nella quale le nozioni
mistiche di potenze spirituali o sovrannaturali furono poste in campo per spiegare i fenomeni fisici, tutte le
ipotesi create per spiegare tali fenomeni si sono risolte in movimento.
E quindi l’erudito scienziato espone un princìpio puramente occulto :
Il termine movimento perpetuo, che io ho spesso usato in queste pagine, è esso stesso equivoco. Se le
dottrine qui esposte sono ben fondate, ogni movimento è, in un certo senso, perpetuo. Nelle masse, il cui
movimento è arrestato per un urto reciproco, esso dà origine a calore o a movimento delle particelle; il
movimento quindi continua, per cui, se ci potessimo azzardare ad estendere all’universo un simile modo di
vedere, dovremmo assumere che una medesima quantità di movimento agisce in perpetuo sulla medesima
quantità di materia.2
Questo è precisamente quanto afferma l’Occultismo basandosi sul princìpio che:
Quando una forza è opposta ad un’altra forza e produce un equilibrio statico, l’equilibrio preesistente è
turbato, e viene generato un nuovo movimento che è equivalente a quello che è posto in uno stato di attesa.
Questo processo subisce delle pause durante il Pralaya, ma è eterno ed incessante
come il “Soffio”, anche quando il Cosmo manifestato è nello stato di riposo.
Così, supponendo che l’attrazione o gravitazione venga abbandonata per considerare
il Sole come un colossale magnete — teoria già accettata da alcuni fisici — un magnete che
agisca sui pianeti come si suppone attualmente agisca l’attrazione, dove arriverebbero con
ciò gli astronomi, e quale progresso realizzerebbero di fronte al punto a cui sono giunti
attualmente? Non avanzerebbero nemmeno di un pollice. Keplero pervenne a questa
“curiosa ipotesi” quasi 300 anni fa. Egli non aveva scoperto la teoria dell’attrazione e della
repulsione nel Cosmo perché era già conosciuta fin dall’epoca di Empedocle, che aveva
chiamato queste due forze “amore” e “odio”— parole che implicavano la medesima idea.
Tuttavia Keplero dette una descrizione assai esatta del magnetismo cosmico. Che un simile
magnetismo esista in Natura è tanto certo quanto è certo che non esiste la gravitazione, per lo
meno nel modo come ce la insegna la scienza, che non ha mai preso in considerazione i
differenti modi in cui la Forza duale, che l’Occultismo chiama attrazione e repulsione, può
agire nell’ambito del nostro Sistema Solare, dell’atmosfera della Terra e al di là nel Cosmo.
Così scrive il grande Humboldt:
Lo spazio trans-solare non ha mostrato fino ad oggi nessun fenomeno analogo a quelli del nostro
sistema solare. Una particolarità del nostro sistema è che la materia deve essersi condensata in anelli nebulosi, i
cui nuclei, condensandosi, formarono le terre e le lune. Come ripeto, finora niente di simile è mai stato
osservato al di là del nostro sistema planetario.3
È vero che dopo il 1860 è nata la teoria delle nebulose e, meglio conosciuta, ha fatto
supporre che alcuni fenomeni identici siano stati osservati al di là del sistema solare.
1
World-Life, di Winchell, p. 379.
Correl. Phys. Forces, pag. 170-173.
3
Revue Germanique del 31 Dicembre 1860, art. “Lettres et Conversations di Alexander Humboldt”.
2
374
Tuttavia il grande scienziato ha perfettamente ragione; nessuna terra, nessuna luna, può
essere scoperta, se non apparentemente, al di là del nostro sistema, né si può riconoscere che
sia formata della medesima specie di materia che costituisce il nostro sistema stesso. Tale è
l’Insegnamento Occulto.
Ciò fu provato anche da Newton, poiché egli confessò di essere incapace di spiegare
mediante la legge di gravitazione molti fenomeni esistenti nel nostro Sistema Solare, per
esempio “l’uniformità della direzione dei movimenti planetari, la forma quasi circolare delle
orbite e la loro notevole conformità ad un medesimo piano”1. E se vi è una sola eccezione, la
legge di gravitazione non può quindi essere più qualificata come una legge universale. Si
dice che Newton, nel suo Scholium [Commentario] Generale, abbia dichiarato che questi
aggiustamenti sono “l’opera di un Essere intelligente ed onnipotente”. Può darsi che quell’
“Essere” sia intelligente, ma in quanto ad “onnipotente”, vi sarebbero molte ragioni per
dubitarne. Sarebbe un “Dio” ben misero quello che si occupa dei dettagli minori lasciando il
lavoro più importante a forze secondarie! La povertà di un simile argomento e di una simile
logica è sorpassata soltanto da Laplace, il quale, cercando giustamente di sostituire a
“l’Essere onnipotente” di Newton il Movimento, ed ignorando la vera natura di quel
Movimento Eterno, vide in esso soltanto una legge fisica cieca. “Tali adattamenti non
potrebbero essere un effetto della legge del moto?”, si domanda, dimenticando, come tutti gli
scienziati moderni, che questa legge e questo moto formeranno un circolo vizioso fino a che
non verrà spiegata la natura di entrambi. La sua famosa risposta a Napoleone: “Dieu est
devenu une hypothèse inutile”, avrebbe potuto essere giusta soltanto in bocca ad un seguace
della filosofia vedantina; ma non è che un puro e semplice sofisma, se escludiamo
l’interferenza di Esseri operanti, intelligenti, potenti (mai onnipotenti), che vengono chiamati
“Dèi”.
Noi vorremmo domandare ai critici degli astronomi medioevali: perché si dovrebbe
accusare Keplero di essere estremamente antiscientifico allorché egli presenta precisamente
la medesima soluzione offerta da Newton, dimostrandosi soltanto più sincero, più coerente
ed anche più logico? Quale differenza può esserci fra “l’Essere onnipotente” di Newton ed i
Rettori di Keplero, le sue Forze Siderali o Cosmiche, o Angeli? Si critica pure Keplero per la
sua “curiosa ipotesi che supponeva l’esistenza di un movimento vorticoso nei limiti del
sistema solare”, per le sue teorie in generale, e perché appoggiava le idee di Empedocle
sull’attrazione e la repulsione, ed in particolare sul “magnetismo solare”. Eppure numerosi
scienziati moderni, come dimostreremo — Hunt, se dobbiamo escludere Metcalfe, il dr.
Richardson, ecc. — sostengono energicamente la stessa idea. Egli viene però scusato a metà
con il pretesto che:
Fino all’epoca di Keplero non era stata chiaramente riconosciuta nessuna azione reciproca, fra le
masse di materia, che fosse genericamente differente dal magnetismo2.
È ciò chiaramente riconosciuto adesso? Può il prof. Winchell pretendere che la
scienza abbia una conoscenza qualsiasi, reale e profonda, della natura dell’elettricità o del
magnetismo, all’infuori di quella che tanto l’una che l’altro, sembrano essere gli effetti di un
risultato derivante da una causa indeterminata?
Le idee di Keplero, scartandone le tendenze teologiche, sono puramente occulte. Egli
osservò che:
1
2
Prof. A. Winchell, World Life pag. 607
A. Winchell, World-Life, pag. 553.
375
I)
II)
III)
Il Sole è un grande magnete1. Questo è quanto credono alcuni eminenti scienziati
moderni, come pure gli occultisti.
La sostanza solare è immateriale2. Nel senso, naturalmente, di materia esistente in
stati sconosciuti alla scienza.
Egli attribuiva il moto costante, il rinnovamento dell’energia del sole, e i moti
planetari, alle cure incessanti di uno Spirito o di più Spiriti.
Tutta l’antichità condivideva tale idea. Gli occultisti non adoperano la parola Spiriti,
ma parlano di Forze creatrici dotate d’intelligenza; però potremmo pure chiamarle Spiriti. Ci
si accuserà di contraddizione. Si dirà che mentre neghiamo Dio, ammettiamo delle Anime e
degli Spiriti attivi ed operanti, e che a sostegno dei nostri argomenti citiamo dei bigotti
scrittori cattolici romani. A ciò rispondiamo: Noi neghiamo l’esistenza del Dio antromorfico
dei monoteisti, ma non abbiamo mai negato l’esistenza del Princìpio Divino nella natura.
Noi oppugniamo varie credenze dogmatiche teologiche di origine umana e settaria dei
protestanti e dei cattolici romani; ma siamo d’accordo con loro nel credere nell’esistenza di
Spiriti e di Potenze attive intelligenti, per quanto non abbiamo un culto per gli “Angeli”,
come fanno i cattolici della Chiesa Romana Latina.
Questa teoria è messa all’indice a causa degli “Spiriti” che vi sono accolti, più che
per qualsiasi altra ragione. Anche Herschell, il maggiore, vi credeva, come vi credono pure
diversi scienziati moderni. Ciò nonostante, il prof. Winchell dichiara che “un’ipotesi più
fantastica e meno in accordo con le esigenze dei princìpi fisici non è mai stata prospettata, né
in tempi antichi né in quelli moderni”3.
Lo stesso è stato detto a suo tempo dell’Etere universale; e adesso non solo lo si
accetta per forza, ma viene altresì considerato come la sola teoria che sia capace di spiegare
certi misteri.
Le idee di Grove, quando vennero da lui enunciate per la prima volta verso il 1840
furono dichiarate antiscientifiche; tuttavia, adesso, la sua teoria della correlazione delle forze
è accettata universalmente. Per combattere con qualche probabilità di successo certe idee
attualmente predominanti e relative alla gravitazione e ad altre “soluzioni” analoghe dei
misteri cosmici, occorrerebbe probabilmente qualcuno che sia più competente dell’Autrice in
campo scientifico. Ciò nonostante, rievocheremo certe obiezioni che sono state mosse da
scienziati ben noti, da astronomi e fisici eminenti, che hanno respinto la teoria della
rotazione come pure quella della gravitazione. Si legge, per esempio, nell’Enciclopedia
Francese, che “la scienza ammette, per bocca di tutti i suoi rappresentanti, che è impossibile
spiegare l’origine fisica del moto rotatorio del sistema solare”.
Se poniamo la domanda: “Qual è la causa della rotazione?”, ci viene risposto: “È la
forza centrifuga”. “E questa forza da che cosa è prodotta?” “Dalla forza di rotazione”, ci
viene risposto seriamente4. Sarebbe forse bene esaminare fino a che punto queste due teorie
sono legate tra loro, direttamente o indirettamente.
____________
1
Si consulti semplicemente l’Astronomie du Moyen Age, di Delambre.
Iside Svelata, Vol. I pag. 270-271.
3
A. Winchell, World-Life, pag. 554.
4
Godefroy, La Cosmogonie de la Révélation, 1841.
2
376
SEZIONE IV
LE TEORIE DELLA ROTAZIONE SECONDO LA SCIENZA
__________
Considerando che “la causa finale è dichiarata una chimera e che la Grande Causa
Prima è relegata nella sfera dell’Ignoto”, come si lamenta giustamente un reverendo
gentiluomo, il numero delle ipotesi prospettate e che costituiscono una vera nebbia, è molto
notevole. Lo studioso profano rimane perplesso, non sapendo a quale delle teorie della
scienza esatta deve credere.
Riportiamo qui appresso varie ipotesi, sufficienti a soddisfare tutti i gusti e capacità
intellettuali. Esse sono estratte da varie opere scientifiche.
IPOTESI CORRENTI CHE SPIEGANO L’ORIGINE DELLA ROTAZIONE
La rotazione ha origine:
a) Dalla collisione delle masse nebulose che vagano senza scopo nello Spazio; o
dall’attrazione, “nei casi in cui non ha luogo nessun impatto effettivo”.
b) Dall’azione tangenziale di correnti di materia nebulosa (nel caso di una
nebulosa amorfa) discendenti da livelli superiori a livelli inferiori1; o semplicemente
dall’azione del centro di gravità della massa2.
“È un princìpio fondamentale della fisica che nessuna rotazione potrebbe essere
generata in una simile massa dall’azione delle sue proprie parti. Sarebbe come tentare di
modificare il corso di una nave spingendo il parapetto del ponte della nave”, osserva a
questo proposito il prof. Winchell nella sua opera World-Life3.
IPOTESI SULL’ORIGINE DEI PIANETI E DELLE COMETE
a) La nascita dei pianeti è dovuta:
1) ad un’esplosione del Sole, generata dalla sua massa centrale4 o
2) ad una specie di rottura degli anelli nebulosi.
b) “Le comete sono estranee al sistema planetario”5 “Le comete sono innegabilmente
generate nel nostro sistema solare”6.
c) Le “stelle fisse sono immobili”, dice un’autorità. “Tutte le stelle sono effettivamente in
movimento”, risponde un’altra autorità. “Indubbiamente tutte le stelle si
muovono”7.
d) “Da oltre 350.000.000 di anni, il lento e maestoso movimento del sole attorno al suo
asse non ha mai cessato per un solo istante”8.
1
I termini “superiore”ed “inferiore”, essendo soltanto relativi alla posizione che occupa l’osservatore nello spazio, il loro
uso, nel senso di indurre l’impressione che essi rappresentano delle realtà astratte, sarebbe necessariamente fallace.
2
Jacob Ennis, The Origin of the Stars, pag. 221.
3
A. Winchell, World-Life, pag. 99, nota.
4
Se questo è il caso, come può la scienza spiegare il volume comparativamente piccolo dei pianeti più vicini al sole? La
teoria dell’aggregazione meteoritica non ha per risultato che quello di allontanarci dalla verità, più di quanto non lo faccia la
concezione delle nebulose, e non possiede nemmeno la qualità di quest’ultima, il suo elemento metafisico.
5
Laplace, Exposition du système du Monde, pag. 435, ediz. 1883.
6
Faye, Sur l’origine du systeme solaire in Comptes Rendus de l’Academie des Sciences pag. 640.
7
Wolf.
8
Panorama des Mondes, Le Couturier.
377
e) “Maedler crede che...... il nostro sole ha Alcyone nelle Pleiadi come centro della sua
orbita, e che impieghi 180.000.000 di anni per completare una singola rivoluzione”1.
f) “Il sole non esiste che da 15.000.000 di anni ed emetterà calore per non più di altri
10.000.000 di anni”2.
Pochi anni prima, questo eminente scienziato diceva al pubblico che il tempo occorso
alla terra per raffreddarsi, dal princìpio della formazione della crosta terrestre al suo stato
attuale, non poteva superare gli 80.000.000 di anni3. Se l’età della terra, provvista di una
crosta solida, è solo di 40.000.000 di anni, ossia della metà del periodo assegnato, e se l’età
del sole è solo di 15.000.000 di anni, dobbiamo desumere da ciò che, in un certo periodo, la
terra fosse indipendente dal sole?
Siccome l’età rispettiva del sole, dei pianeti e della terra, com’è indicata nelle varie
ipotesi scientifiche degli astronomi e dei fisici, verrà data in seguito, per il momento
abbiamo detto abbastanza per mettere in evidenza il disaccordo che esiste fra i vari oracoli
della scienza moderna. Che si accettino i quindici milioni di anni di Sir William Thomson o i
mille milioni di Huxley per l’evoluzione rotatoria del nostro sistema solare, il risultato sarà
sempre il seguente: e cioè l’ammettere quanto insegna la scienza a proposito dell’autorotazione dei corpi celesti che sono composti di materia inerte, e che tuttavia hanno
continuato a muoversi sotto l’impulso del proprio movimento interno durante milioni di
anni, significa:
a) Una smentita evidente data a quella legge fisica fondamentale, che afferma che “un corpo
in movimento tende costantemente all’inerzia, e cioè che tende a mantenersi nel
medesimo stato di moto o di riposo, a meno che una forza attiva superiore non lo spinga
ad una nuova azione”.
b) Riconoscere che la gravitazione universale termina in un moto inalterabile all’interno
della resistenza dell’Etere, che Newton ha dichiarato incompatibile con quel movimento.
c) Riconoscere che la gravitazione universale, la quale, secondo quanto ci viene insegnato,
tende sempre verso un centro, secondo una caduta rettilinea, è la causa unica della
rivoluzione dell’intero sistema solare, che effettua eternamente un doppio movimento
circolare, ciascun corpo roteando attorno al proprio asse e percorrendo la propria orbita.
Oppure, secondo un’altra versione:
d) Un magnete nel Sole; o che la suddetta rivoluzione è dovuta ad una forza magnetica, che
agisce precisamente nel medesimo modo della gravitazione, e cioè secondo una linea
retta e con un’intensità che varia in ragione inversa al quadrato della distanza4.
e) Tutto agisce sotto l’imperio di leggi invariabili ed immutabili che, tuttavia, ci vengono
spesso presentate come variabili, come, per esempio, quando i pianeti o altri corpi si
abbandonano a delle bizzarrie ben note, o quando le comete si avvicinano o si
allontanano dal sole.
f) L’esistenza di una Forza Motrice sempre proporzionale alla massa sulla quale agisce, ma
indipendente dalla natura specifica di quella massa alla quale essa è proporzionale; il che
equivale a dire, come afferma Le Couturier, che:
1
World-Life, di Winchell, p. 140.
Conferenza di Sir William Thomson su “La teoria dinamica latente concernente la probabile origine, l’ammontare totale
del calore e la durata del sole”, 1887.
3
Thomson e Tait, Natural Philosophy. Bischof non concorda con Thomson nemmeno su queste cifre e calcola che
occorrerebbero alla terra 350.000.000 di anni per raffreddarsi, passando da una temperatura di 20.000° a quella di 200°
centigradi. Questa è pure l’opinione di Helmholtz.
4
Legge di Coulomb.
2
378
Senza quella forza, indipendente dalla suddetta massa, e di una natura del tutto
diversa da essa, questa massa, sia essa colossale come quella di Saturno o piccola come
quella di Cerere, cadrebbe sempre con la stessa rapidità.1
Una massa, inoltre, che deriva il proprio peso dal corpo sul quale essa pesa. Per cui,
né le percezioni di Laplace di un fluido atmosferico solare che si estenderebbe al di là
dell’orbita dei pianeti, né l’elettricità di Le Couturier, né il calore di Foucault2, né questo né
altro, potranno mai impedire che qualcuna delle numerose ipotesi sull’origine e sulla
permanenza della rotazione sfugga a questo circolo vizioso, tanto quanto la teoria della
gravitazione stessa. Questo mistero è il letto di Procuste della scienza fisica. Se, come ci
viene insegnato adesso, la materia è passiva, non si può dire che il più semplice movimento
sia una proprietà essenziale della materia, poiché quest’ultima viene considerata come una
semplice massa inerte. Come può dunque un movimento così complicato, un movimento
composto e multiplo, armonioso ed equilibrato, che persiste nelle eternità durante milioni e
milioni di anni, essere semplicemente attribuito alla propria forza inerente, a meno che
questa forza non sia un’Intelligenza? Una volontà fisica è una cosa del tutto nuova, una
concezione che gli antichi non avrebbero certamente mai accolta! Da oltre un secolo ogni
distinzione fra i corpi e le forze è stata abolita. “La forza”, dicono i fisici, “non è che la
proprietà di un corpo in movimento”; — “la vita — che è proprietà dei nostri organi animali
— non è che il risultato dei loro aggruppamenti molecolari”, rispondono i fisiologi. Come ha
insegnato Littré:
In seno a quell’aggregato che si chiama pianeta, si sviluppano tutte le forze immanenti nella materia,
vale a dire che la materia possiede in se stessa e per se stessa le forze che le sono proprie... forze che sono
primarie e non secondarie. Tali forze sono la proprietà della pesantezza; la proprietà dell’elettricità, del
magnetismo terrestre, la proprietà della vita. Ogni pianeta può sviluppare la vita... come, per esempio, la Terra,
che non è sempre stata abitata da esseri umani e che adesso porta uomini.3
Un astronomo dice :
Noi parliamo della pesantezza dei corpi celesti, ma poiché è riconosciuto che il peso
diminuisce in proporzione alla distanza dal centro, è evidente che ad una certa distanza quel
peso deve essere forzatamente ridotto a zero. Se vi fosse una qualsiasi attrazione vi sarebbe
equilibrio. E poiché la scuola moderna non ammette né un sotto né un sopra nello spazio
universale, non risulta chiaro che cosa dovrebbe provocare la caduta della Terra, anche se
non esistessero gravitazione e attrazione4.
Io credo che il Conte de Maistre avesse ragione a risolvere la questione secondo le
proprie idee teologiche. Egli taglia il nodo gordiano dicendo: — “I pianeti roteano perché
vengono fatti roteare... e il sistema fisico moderno dell’universo è una impossibilità fisica”5.
Ed Herschell non disse forse la stessa cosa quando fece osservare che era necessaria una
Volontà per imprimere un moto circolare, e che occorreva un’altra Volontà per frenarlo?6
Questo dimostra e spiega come un pianeta ritardato sia abbastanza sagace da
calcolare il proprio tempo con tale esattezza da arrivare al minuto prefissato. Poiché, se la
scienza riesce, talvolta con molta ingegnosità, a spiegare qualcuno di questi arresti, di questi
movimenti retrogradi, di questi angoli al di fuori delle orbite, ecc., qualificandoli come
semplici apparenze risultanti dall’ineguaglianza dei loro e dei nostri progressi nel percorso
delle orbite rispettive, pure noi sappiamo che esistono altre “deviazioni molto reali e molto
considerevoli”, secondo Herschell, “che non possono essere spiegate che dall’azione
reciproca ed irregolare di quei pianeti e dall’influenza perturbatrice del Sole”.
1
Musée des Sciences, 15 Agosto 1857.
Panorama des Mondes, pag. 55.
3
Revue des Deux Mondes, 15 luglio 1860.
4
Cosmographie.
5
Soirées, etc. tomo II
6
Discours sur l’étude de la philosophie naturelle, pag. 165.
2
379
Ci viene detto tuttavia che vi sono, oltre a queste perturbazioni piccole ed accidentali,
altre perturbazioni continue chiamate “secolari”— a causa della estrema lentezza con la
quale l’irregolarità aumenta ed influenza le relazioni del movimento ellittico — e che queste
perturbazioni possono essere corrette. Da Newton, che constatò che questo mondo
necessitava spesso di riparazioni, fino a Reynaud, tutti dicono la stessa cosa. Quest’ultimo si
esprime così nel suo Ciel et Terre:
Le orbite descritte dai pianeti sono ben lungi dall’essere immutabili e sono, al contrario, soggette a
perpetui cambiamenti nelle loro posizioni e nelle loro forme.1
Egli dimostrò che la gravitazione e le leggi della traslazione sono tanto negligenti
quanto pronte a riparare ai loro errori. L’accusa che si muove loro sembra essere la seguente:
Queste orbite si allargano o si restringono alternativamente, il loro asse maggiore si allunga e si
raccorcia, oscilla nel medesimo tempo da destra a sinistra attorno al Sole, mentre il piano stesso nel quale sono
situate si eleva e si abbassa periodicamente roteando su se stesso come su un cardine con una specie di tremito.
A ciò, de Mirville, che crede ad “artefici” intelligenti che governano invisibilmente il
sistema solare — come crediamo pure noi — osserva molto argutamente:
Ecco certamente un viaggio che non presenta una grande precisione meccanica; si potrebbe tutt’al più
paragonarlo a quello di una nave sballottata dalle onde, spinta qua e là, ritardata ed accelerata, e di cui ciascuno
di questi impedimenti potrebbe impedire indefinitamente l’arrivo se non vi fosse l’intelligenza del pilota e dei
2
macchinisti per riprendere il tempo perso e riparare le avarie .
La legge di gravità sembra, tuttavia, divenire una legge antiquata nel cielo stellato. In
ogni modo, quei corpi siderali dalla lunga chioma che si chiamano comete, sembrano essere
ben poco rispettosi della maestà di questa legge, e se la ridono impunemente. Benché offrano
sotto quasi tutti gli aspetti “dei fenomeni che non sono ancora completamente compresi”, le
comete e le meteore sono presentate dai seguaci della scienza moderna come obbedienti alle
stesse leggi, e composte della medesima materia “dei soli, delle stelle e delle nebulose” e
perfino “della terra e dei suoi abitanti”3.
Ciò è quello che potremmo definire: prendere le cose per fiducia, anzi perfino per
fede cieca. Ma la scienza esatta non deve essere discussa, e colui che respingesse le ipotesi
elaborate dai suoi adepti — come, ad esempio, la gravitazione — verrebbe considerato,
quale punizione per il suo ardire, come uno stolto ignorante. Eppure l’autore che abbiamo
citato adesso ci narra una strana leggenda tratta dagli annali della scienza.
La cometa del 1811 aveva una coda che misurava 120 milioni di miglia di lunghezza e 25 milioni di
miglia di diametro nella sua parte più larga, mentre il diametro del nucleo misurava circa 127 mila miglia, cioè
più di dieci volte quello della Terra.
Egli ci dice:
Perché i corpi di tale dimensione che passano nelle vicinanze della Terra non influiscano sul suo
movimento né cambino di un solo secondo la lunghezza dell’anno, occorre che la loro sostanza reale sia
rarefatta ad un punto inconcepibile.
Non vi è dubbio che debba essere così, però:
L’estrema tenuità della massa della cometa è dimostrata pure dal fenomeno che presenta la sua coda,
la quale, all’approssimarsi della cometa stessa al Sole, viene proiettata talvolta ad una distanza di 90 milioni di
miglia in poche ore. E ciò che è notevole, è il fatto che questa coda viene proiettata, in un senso contrario alla
forza di gravità, da una forza repulsiva, probabilmente elettrica, di modo che essa si allontana sempre dal sole
(!!! )..... Tuttavia, per quanto rarefatta, la materia della cometa obbedisce alla legge ordinaria della gravitazione
(!?) e, sia che la cometa percorra un’orbita compresa in quella dei pianeti esteriori, oppure che precipiti negli
abissi dello spazio, per ritornare soltanto dopo centinaia di anni, il suo cammino è regolato ad ogni istante dalla
medesima forza che provoca la caduta al suolo di una mela.4
La scienza è come la moglie di Cesare, e non se ne deve dubitare, ciò è evidente.
Deve essere però permesso di criticarla rispettosamente, e, in tutti i casi, conviene ricordarsi
1
Reynaud, Terre et Ciel pag. 28.
Des Esprits, III. 155. Deuxième Mémoire.
3
Laing, Modern Science and Modern Thought, pag. 15.
4
Ibid., pag. 17.
2
380
che la “mela” è un frutto pericoloso. Per la seconda volta nella storia dell’umanità essa può
diventare la causa della Caduta e, questa volta, della caduta della scienza “esatta”. Una
cometa, la cui coda sfida la legge della gravitazione proprio di fronte alla superficie del sole
stesso, non può considerarsi obbediente a questa legge.
In una serie di lavori scientifici sull’Astronomia e sulla Teoria delle Nebulose, scritti
fra il 1865 e il 1866, l’Autrice di questa opera, che è una modesta apprendista nel campo
della scienza, ha enumerato nello spazio di poche ore non meno di trentanove ipotesi
contraddittorie destinate a spiegare il movimento di rotazione primitivo autogenerato dei
corpi celesti. L’autrice non è né un astronomo, né un matematico, né uno scienziato, ma è
stata costretta ad esaminare questi errori per difendere l’Occultismo in generale e, ciò che è
ancora più importante, per attingervi degli argomenti in favore degli insegnamenti occulti
relativi all’Astronomia e alla Cosmologia. Gli occultisti venivano minacciati di terribili pene
perché si permettevano di mettere in dubbio le verità scientifiche, ma adesso attingono
nuovo coraggio. La scienza è meno sicura, nella sua posizione “inespugnabile”, di quel che
essi credevano, e molte delle sue certezze sono costruite su sabbie mobilissime.
Quindi, anche questo modesto esame senza pretese scientifiche è stato utile e, di
certo, molto istruttivo. Abbiamo infatti imparato molte cose, avendo soprattutto esaminato
attentamente quei dati astronomici che con maggiore probabilità si trovano in contrasto con
le nostre credenze eterodosse e “superstiziose”.
Così, per esempio, abbiamo scoperto, per quanto concerne la gravitazione, il
movimento intorno all’asse ed intorno all’orbita: una volta superato questo movimento
sincrono durante la fase primordiale, ciò era sufficiente a dare origine ad un movimento
rotatorio persistente fino al termine del Manvantara. Siamo pure venuti a conoscenza, in tutte
le combinazioni di possibilità che abbiamo citato relativamente alla rotazione e che sono
sempre molto complesse, di qualcuna delle cause alle quali potrebbe essere attribuito il
movimento di rotazione; come pure di alcune altre cause alle quali esso avrebbe dovuto e
dovrebbe attribuirsi, per quanto ciò non sia stato fatto per una ragione o per un’altra. Fra
l’altro, ci viene detto che la rotazione iniziale può essere stata provocata con la medesima
facilità tanto in una massa allo stato di fusione ignea, quanto in una massa avente per
caratteristica un’opacità glaciale;1 che la gravitazione è una legge che niente può vincere, ma
che, ciò nonostante, è vinta ad ogni momento dai più comuni corpi celesti o terrestri — per
esempio dalle code delle impudenti comete; che noi dobbiamo l’universo alla santa Trinità
Creatrice chiamata Materia Inerte, Forza Insensibile, e Caso cieco. La scienza non sa niente
riguardo alla loro essenza reale ed alla loro natura, ma questo è un particolare di ben poca
importanza.
Ci viene quindi detto che quando una massa di materia cosmica o nebulare — la cui
natura è assolutamente sconosciuta e che può essere in uno stato di fusione (Laplace), oppure
oscura e fredda (Thomson), poiché “questo intervento del calore è di per se stesso una pura
ipotesi” (Faye) — si decide ad esibire la sua energia meccanica sotto forma di rotazione,
essa agisce nel modo seguente: essa (la massa) o entra spontaneamente in conflagrazione,
oppure rimane inerte, tenebrosa e fredda, poiché entrambi questi stati sono egualmente
capaci di lanciarla, senza nessuna causa adeguata, attraverso allo spazio per milioni di anni.
Il suo movimento può essere retrogrado o diretto, e vengono offerte circa un centinaio di
svariate ragioni per spiegare queste due specie di movimenti, in un numero per lo più eguale
di ipotesi; in ogni modo essa va a raggiungere le miriadi di stelle, la cui origine appartiene al
medesimo ordine miracoloso e spontaneo — poiché:
1
Heaven and Earth.
381
La teoria nebulare non pretende di scoprire L’ORIGINE delle cose, ma soltanto uno stadio nella storia
materiale1.
Quei milioni di soli, di pianeti e di satelliti, composti di materia inerte, continueranno
a roteare attorno al firmamento con una simmetria assai più impressionante e maestosa,
mossi e diretti soltanto, malgrado la loro inerzia, “dal loro movimento interno”.
Ci meravigliamo dunque, dopo di ciò, se sapienti mistici, pii cattolici romani e
perfino dotti astronomi quali furono Chaubard e Godefroy2, hanno preferito la Cabala ed i
sistemi antichi all’interpretazione tetra e contraddittoria dell’universo? In ogni modo, lo
Zohar fa una distinzione fra “le Hajaschar (le ‘Forze di Luce’), le Hachoser (le ‘Luci
Riflesse’) ed i semplici fenomeni esteriori dei loro modelli spirituali”3.
La questione della “gravità” può essere ora messa da parte per prendere in esame
altre ipotesi. È evidente che la scienza fisica non sa niente intorno alle “Forze”. Possiamo
chiudere la discussione sull’argomento chiamando in nostro aiuto un altro scienziato, il prof.
Jaumes, membro dell’Accademia di Medicina di Montpellier. Ecco che cosa dice riguardo
alle Forze questo eminente scienziato:
Una causa è quella che agisce essenzialmente nella genealogia dei fenomeni, in ogni produzione come
in ogni modificazione. Ho detto che l’attività (o forza) era invisibile... Supporla materiale e facente parte delle
proprietà della materia sarebbe un’ipotesi del tutto gratuita... Il ridurre tutte le cause a Dio... equivarebbe a
confondersi con un’ipotesi ostile a molte verità. Però, parlare di una pluralità di forze che procedono dalla
Divinità e che posseggono dei poteri a loro inerenti, non è irragionevole... ed io sono disposto ad ammettere dei
fenomeni prodotti da agenti intermediari chiamati Forze o Agenti secondari. La distinzione delle Forze è il
princìpio della divisione delle scienze; tante forze reali e separate, ed altrettante scienze-madri... No, le Forze
non sono supposizioni ed astrazioni, ma realtà, e sono le sole realtà agenti i cui attributi possono essere
determinati con l’aiuto dell’osservazione diretta e dell’induzione”4.
_________
1
Winchell, World-Life, pag. 196.
L’Univers expliqué par la Révélation, e Cosmogonie de la Révélation. Vedere pure la Deuxième Mémoire, di De Mirville.
L’autore, un terribile nemico dell’Occultismo, ha scritto tuttavia delle grandi verità.
3
Kabbala Denudata, II. 67.
4
“Sur la Distinction des Forces”, pubblicata in Mémoires de l’Académie des Sciences de Montpellier, Vol. II. fasc. I, 1854.
2
382
SEZIONE V
LE MASCHERE DELLA SCIENZA
___________
FISICA O METAFISICA?
Se il progresso esiste sulla terra, la scienza sarà un giorno costretta a rinunciare, nolens
volens, a idee mostruose come quella delle sue leggi fisiche che si auto-dirigono, prive di
anima e di spirito, e dovrà volgersi agli insegnamenti occulti. Essa lo ha già fatto, per quanto
alterati possano essere i titoli e le edizioni rivedute del catechismo scientifico. È trascorso
ormai più di un mezzo secolo da quando, confrontando il pensiero moderno con quello antico,
fu constatato che, per quanto differente potesse apparire la nostra filosofia da quella dei nostri
antenati, essa è tuttavia unicamente composta di elementi aggiunti o sottratti alla filosofia
antica e trasmessi goccia a goccia attraverso il filtro di quelli antecedenti.
Questo fatto era ben noto a Faraday come pure ad altri eminenti scienziati. Il concetto
degli Atomi, dell’Etere, dell’Evoluzione stessa — tutto perviene alla scienza moderna da
nozioni antiche, tutto è basato sui concetti delle nazioni arcaiche. “Concetti” per il profano,
presentati sotto forma di allegorie; verità evidenti insegnate agli Eletti durante le Iniziazioni,
verità che sono state in parte divulgate dagli scrittori greci e che sono pervenute fino a noi.
Ciò non vuol dire che l’Occultismo abbia mai avuto, sulla Materia, sugli Atomi e sull’Etere,
lo stesso punto di vista che si trova nell’exoterismo degli scrittori classici greci. Tuttavia, se
dobbiamo credere a Tyndall, Faraday stesso fu un aristotelico, e piuttosto un agnostico che un
materialista. Nella sua opera intitolata Faraday, as a Discoverer, l’autore ci mostra il grande
fisico che adopera le “vecchie riflessioni di Aristotele”, le quali “si ritrovano in forma concisa
in alcuni dei suoi lavori”. Tuttavia Faraday, Boscovitch e tutti gli altri, che vedono negli
Atomi e nelle molecole dei “centri di forza”, e nell’elemento corrispondente la Forza,
un’entità per se stessa, sono forse molto più vicini alla verità di coloro che, accusandoli,
condannano in pari tempo “l’antica teoria corpuscolare pitagorica”— teoria che, detto fra
parentesi, non è mai giunta alla posterità quale l’insegnò realmente il grande filosofo —
basandosi sul pretesto della sua “illusione che gli elementi concettuali della materia possano
essere afferrati come entità separate e reali”.
Il principale e più fatale errore e sofisma commesso dalla scienza, secondo gli
occultisti, risiede nell’idea che si possa ammettere la possibilità dell’esistenza nella natura di
ciò che si chiama materia inorganica o morta. Può una cosa morta o inorganica essere capace
di trasformazione o di cambiamento? — domanda l’Occultismo. Ed esiste forse sotto il sole
una cosa qualsiasi che rimanga immutabile o senza cambiamento?
Perché una cosa sia morta è necessario che ad un momento qualsiasi sia stata vivente.
Quando e durante quale periodo della cosmogonia? L’Occultismo sostiene che, in ogni caso,
la materia è più attiva proprio quando appare inerte. Un blocco di legno o di pietra è immobile
ed impenetrabile sotto tutti i rapporti. Tuttavia, e de facto, le sue particelle sono animate da un
movimento vibratorio incessante ed eterno, talmente rapido che, all’occhio fisico, il corpo
sembra assolutamente privo di movimento; e lo spazio che separa queste particelle nel loro
movimento vibratorio è — considerato da un altro piano dell’essere e della percezione —
altrettanto grande quanto quello che separa i fiocchi di neve o le gocce di pioggia. Ma la
scienza fisica considererà tutto ciò un’assurdità.
383
La migliore descrizione di questo falso raziocinio ci viene da un’opera scientifica di
uno scienziato tedesco, il prof. Philip Spiller. Nel suo trattato di cosmologia, egli cerca di
provare che:
Nessun costituente materiale di un corpo, nessun atomo, è in origine dotato di per sè di forza, ma che
ciascuno di questi atomi è assolutamente morto e senza nessun potere inerente di agire a distanza1.
Questa affermazione non impedisce tuttavia a Spiller di enunciare una dottrina ed un
princìpio occulto. Egli afferma la sostanzialità indipendente della Forza, e la presenta come
una “materia o Sostanza incorporea” (unkörperlicher Stoff). Ora, in Metafisica, Sostanza non
è Materia, e ai fini della discussione si può ammettere che l’espressione sia erronea; ma ciò è
dovuto alla povertà delle lingue europee e specialmente alla scarsità di termini scientifici.
Quindi questa “stoffa” è identificata e connessa da Spiller con l’Æther. Espresso in linguaggio
occulto, si direbbe, con maggiore esattezza, che questa “Forza-Sostanza” è il positivo
fenomenico e sempre attivo Etere-Prakriti; mentre l’Æther onnipresente che tutto compenetra
è il noumeno della prima, il substrato di tutto, o Âkâsha. Pertanto, Stallo attacca Spiller, come
attacca tutti i materialisti. Egli è accusato di “trascurare completamente la correlazione
fondamentale della forza e della materia”, a proposito delle quali la scienza non ha nessuna
cognizione sicura. Agli occhi di tutti gli altri fisici, questo “semi-concetto ipostasico” è non
solo imponderabile, ma destituito di forza coesiva, chimica, termica, elettrica e magnetica,
delle quali forze — secondo l’Occultismo — l’Æther è la Sorgente e la Causa.
Quindi Spiller, malgrado tutti i suoi errori, dimostra di possedere maggiore intuizione
di qualsiasi altro scienziato moderno, ad eccezione forse del dr. Richardson, l’autore della
teoria della “Forza Nervosa”, o Etere Nervoso, come pure di quella della “Forza del Sole e
della Forza della Terra”2. Poiché l’Æther, nell’Esoterismo, è la quintessenza stessa di ogni
energia possibile ed è certamente a questo Agente Universale (composto di numerosi agenti)
che sono dovute tutte le manifestazioni di energia nel mondo materiale, nel mondo psichico e
nel mondo spirituale.
Infatti, che cosa sono l’elettricità e la luce? Come può sapere la scienza che l’una è un
fluido e l’altra una “modalità di movimento”? Perché non si spiega la ragione per cui si
dovrebbe stabilire una differenza fra di esse, dal momento che entrambe sono considerate
come correlazioni di forza? L’Elettricità, si dice, è un fluido immateriale e non molecolare —
per quanto Helmholtz pensi diversamente, e la prova di ciò è data dal fatto che possiamo
imbottigliarla, accumularla ed immagazzinarla. Allora deve essere semplicemente Materia e
non un “fluido” peculiare. E non è neppure semplicemente una “modalità di movimento”,
poiché sarebbe difficile immagazzinare il movimento in una bottiglia di Leyda. In quanto alla
luce, si tratta di una “modalità di movimento” ancora più straordinaria, poiché, “per quanto
possa sembrare meraviglioso, la luce (essa pure) può effettivamente essere immagazzinata per
l’uso”, come fu dimostrato da Grove quasi mezzo secolo fa.
Prendete una lastra che sia stata tenuta all’oscuro per qualche giorno ed esponetela in pieno sole e cioè
sottoponetela per 15 minuti all’azione del sole. Applicatela quindi su una carta impressionabile, in un luogo
oscuro, e dopo 24 ore essa si sarà impressa sulla carta sensibile e i bianchi appariranno neri... Sembra che non vi
sia alcun limite per la riproduzione delle lastre3.
Che cosa è dunque ciò che rimane fissato, inchiodato, per così dire, sulla carta? È
certamente una forza quella che ha fissato tale cosa, ma in che consiste quella cosa, il cui
residuo rimane sulla carta?
I nostri scienziati si trarranno d’impiccio con qualche termine tecnico scientifico; ma
che cos’è ciò che viene intercettato, in modo da lasciare una certa parte di se stessa sul vetro,
sulla carta o sul legno? Si tratta di un “movimento”o si tratta di una “forza”? Oppure ci verrà
1
Der Weltaether als Kosmische Kraft, pag. 4.
Popular Science Review, Vol. V. pp. 329-34.
3
Correlation of Physical Forces, pag. 110.
2
384
detto che la traccia rimasta è soltanto l’effetto della forza o del movimento? Ed allora che
cos’è questa Forza? La Forza o l’Energia è una qualità; ma ogni qualità deve appartenere a
qualche cosa o a qualcheduno. Nella fisica, la Forza viene definita “ciò che modifica o tende a
modificare una qualsiasi relazione fra i corpi; relazione meccanica, termica, chimica, elettrica,
magnetica, ecc. “Ma non è quella Forza, o quel Movimento, che rimane impressa sulla carta,
quando la Forza o il Movimento ha cessato di agire; eppure qualche cosa che i nostri sensi
fisici non riescono a percepire vi è rimasto, per divenire a sua volta una causa e produrre degli
effetti. Che cos’è dunque? Non è Materia, quale questa viene definita dalla scienza — e cioè
Materia in uno dei suoi stati conosciuti. Un alchimista direbbe che si tratta di una secrezione
spirituale — e si riderebbe di lui. Eppure, quando i fisici hanno detto che l’elettricità
immagazzinata è un fluido, o che quella luce fissata sulla carta è tuttora luce solare — hanno
fatto della scienza. È vero che le autorità più recenti hanno respinto queste spiegazioni
qualificandole come “teorie superate”, deificando adesso il “movimento” come unico loro
idolo. Non vi è dubbio però che essi e il loro idolo condivideranno un giorno la sorte dei loro
predecessori! Un occultista ricco di esperienza, che ha verificato la serie completa dei Nidâna,
delle cause e degli effetti che finiscono con il produrre il loro effetto ultimo su questo nostro
piano di manifestazione, un occultista che ha seguito il corso della Materia fino al suo
Noumeno, è dell’opinione che la spiegazione data dai fisici equivarrebbe al chiamare la
collera o i suoi effetti — esclamazioni provocate da essa — una secrezione o un fluido, e
l’uomo, che ne è la causa, il suo conduttore materiale. Ma, come Grove ha fatto osservare con
senso profetico, si avvicina rapidamente il giorno in cui si dovrà confessare che le forze che
noi conosciamo sono soltanto le manifestazioni fenomeniche di Realtà a noi sconosciute —
Realtà che erano però conosciute e venerate dagli antichi.
Egli fece un’osservazione più suggestiva, che avrebbe dovuto divenire il motto della
scienza, ciò che purtroppo non è avvenuto. Sir William Grove disse che: “La scienza non
dovrebbe avere né desideri né prevenzioni. Il suo solo scopo dovrebbe essere la Verità”.
Frattanto, ai giorni nostri, gli scienziati sono più ostinati nelle loro opinioni e più
bigotti del clero stesso, poiché essi servono, anche se non la venerano realmente, la “ForzaMateria”, che è il loro Dio Sconosciuto. E fino a qual punto questo Dio sia sconosciuto, può
essere dedotto dalle numerose confessioni dei più eminenti fisici e biologi, Faraday per primo.
Questi non soltanto ha detto che non si sentirebbe mai di assumere la responsabilità di
decidere se la Forza è una proprietà o una funzione della Materia, ma ha affermato di non
sapere effettivamente nemmeno che cosa si volesse significare con la parola Materia.
Vi fu un tempo, aggiunse, in cui aveva creduto di sapere qualcosa a proposito della Materia;
ma quanto più si inoltrava negli anni e quanto più accuratamente la studiava, tanto più si
sentiva convinto della propria completa ignoranza circa la natura della Materia stessa.1
Questa confessione fatale fu fatta, crediamo, ad un Congresso Scientifico a Swansea.
Faraday diede comunque una tale opinione, come è stato affermato da Tyndall:
Che cosa sappiamo noi dell’atomo all’infuori della sua forza? Immaginatevi un nucleo centrale che
possiamo chiamare a e circondatelo con delle forze che possiamo chiamare m; secondo me, a, o il nucleo,
svanisce, e la sostanza consiste dei poteri di m. E, in realtà, quale idea possiamo farci del nucleo
indipendentemente dai suoi poteri? Qual’è il pensiero che rimane, a cui collegare l’idea di una a indipendente
dalle forze riconosciute?
Spesso gli occultisti non vengono compresi, perché, in mancanza di un termine
migliore, applicano all’Essenza della Forza, sotto certi aspetti, l’epiteto descrittivo di
Sostanza. Ora i nomi delle varie specie di Sostanze sui differenti piani di percezione e
dell’essere, sono legione.
1
F. C. Bakewell, Electric Science, London 1853.
385
L’Occultismo orientale ha un nome diverso per ciascuna specie, ma la scienza ne ha
uno solo per tutte, e precisamente quello di “Sostanza”— proprio come l’Inghilterra che,
secondo l’espressione di un arguto francese, è gratificata da trentasei religioni e da una sola
salsa di pesce. Inoltre sembra che tanto i fisici ortodossi quanto i loro critici, non siano molto
sicuri delle loro premesse, e sono quindi portati a confondere gli effetti con la stessa facilità
con cui confondono le cause. Così, per esempio, è inesatto ciò che dice Stallo, e cioè che “si
può realizzare o concepire la Materia come una cosa positivamente presente nello spazio
soltanto sotto la forma di una concrezione di Forze”, oppure che la “Forza non è niente senza
la massa e la massa non è niente senza la forza”— poiché l’una è il Noumeno e l’altro il
fenomeno. E così pure Schelling è inesatto quando dice:
È una semplice illusione dell’immaginazione credere che qualche cosa, di cui ignoriamo la natura,
sussista dopo che un oggetto è stato spogliato di tutti gli attributi che gli appartengono1.
Tale osservazione non avrebbe mai potuto applicarsi al regno della Metafisica
trascendentale. È vero che la forza pura è niente nel mondo fisico, ma essa è Tutto nel
dominio dello Spirito.
Stallo dice :
Se riduciamo la massa sulla quale agisce una determinata forza, per quanto piccola essa sia, al suo
limite zero — o matematicamente, fino a che essa divenga infinitamente piccola — ne conseguirà che la velocità
del movimento risultante sarà infinitamente grande e che la “cosa”... a un determinato momento non sarà né in
questo né in quel luogo, ma ovunque — ossia che non vi sarà presenza reale. È impossibile, dunque costituire
della materia mediante una sintesi di forze2.
Ciò può essere vero nel mondo fenomenico, in quanto il riflesso illusorio della Realtà
Unica del mondo supersensorio può apparire vero alle concezioni ristrette di un materialista.
Ma è assolutamente inesatto quando si voglia applicare tale argomento alle cose che si
trovano in ciò che i cabalisti chiamano le sfere supermondane. La cosidetta Inerzia è una
Forza, secondo Newton3, e la più potente delle Forze Occulte secondo gli studiosi delle
Scienze Esoteriche. Solo nel pensiero, e soltanto su questo piano d’illusione, un corpo può
essere considerato come separato dalle sue relazioni con altri corpi — relazioni che, secondo
la fisica e la meccanica, danno origine ai suoi attributi.
In realtà, esso non può mai esserne distaccato in tal modo; la morte stessa è incapace
di separarlo dalle sue relazioni con le forze universali, delle quali la Forza Unica o Vita, è la
sintesi: l’interrelazione continua semplicemente su un altro piano. Ma, se Stallo ha ragione,
che cosa intende dire il dr. James Croll, quando, parlando della “trasformazione della gravità”,
presenta le idee sostenute da Faraday, da Waterston e da altri? Poiché egli dice molto
chiaramente che la gravità:
È una forza che pervade tutto lo spazio, esterna ai corpi; e quando i corpi si avvicinano gli uni agli altri,
questa forza non è accresciuta, come si suppone generalmente, ma sono i corpi che passano semplicemente in un
luogo dove questa forza domina con un’intensità maggiore4.
Nessuno potrà negare che una forza, sia essa gravità, elettricità o una qualsiasi altra
forza che esiste esteriormente ai corpi e nello spazio aperto —sia questo l’etere o il vuoto —
deve essere qualche cosa e non un semplice niente, quando è concepita come indipendente da
una massa. Altrimenti sarebbe difficile che possa esistere in un luogo con un’“intensità”
ridotta. G. A. Hirn dice la medesima cosa nella sua opera Théorie Mécanique de l’Univers.
Egli cerca di dimostrare:
Che l’atomo dei chimici non è un’entità puramente convenzionale o un artificio o un mezzo esplicativo,
ma esiste realmente, ed il suo volume è inalterabile e, di conseguenza, non è elastico (!!). La forza dunque non
risiede nell’atomo, bensì nello spazio che separa gli atomi gli uni dagli altri.
1
Schelling, Ideen zur einer Philosophie der Natur, 1757 pag. 18.
J. B. Stallo, Concepts and Theories of Modern Physics, pag. 161, 2a edizione, 1882.
3
Principia, Definizione III.
4
Philosophical Magazine, Serie V Vol. II, pag. 252.
2
386
Le idee succitate, espresse da due eminenti scienziati tenuti in grande considerazione
nei loro rispettivi paesi, dimostra che non è affatto antiscientifico parlare della sostanzialità
delle cosiddette Forze. Questa Forza, che in un futuro più o meno prossimo riceverà un nome
specifico qualsiasi, è una Sostanza di una certa specie e non può essere altra cosa; forse un
giorno la scienza sarà la prima ad adottare di nuovo il nome, già messo in ridicolo, di
phlogiston. Qualunque sia il nome futuro che le verrà assegnato, può essere però
sufficientemente scientifico sostenere che quella Forza non risiede negli atomi, ma soltanto
nello “spazio esistente fra essi”; tuttavia ciò non è vero. Agli occhi di un occultista, sarebbe
come dire che l’acqua non risiede nelle gocce che compongono l’oceano, ma soltanto nello
spazio esistente fra quelle gocce!
L’obiezione consistente nel dire che vi sono due scuole distinte di fisici, una delle
quali:
Considera questa forza come un’entità sostanziale indipendente, che non è né una proprietà della
materia, né essenzialmente in relazione con la materia1.
è molto probabile che non serva ad aiutare il profano a capire più chiaramente. Anzi, tale
obiezione renderà la questione ancora più confusa, poiché la Forza non sarebbe allora né
questa, né quella. La teoria secondo la cui la Forza viene considerata come “un’entità
sostanziale indipendente”, stende amichevolmente la destra all’Occultismo; mentre la strana
idea contraddittoria che essa ha “relazione con la materia soltanto mediante il suo potere di
agire su di essa”2 conduce la scienza fisica alle più assurde e contraddittorie ipotesi. Che sia
una “Forza” o un “Movimento” (l’Occultismo, non vedendo alcuna differenza fra di essi, non
cerca mai di separarli), questo non può agire in un dato modo per coloro che aderiscono alla
teoria atomo-meccanica, ed in un altro modo per i sostenitori della scuola rivale. E gli atomi
non possono essere assolutamente uniformi come dimensione e come peso in un dato caso, e
in un altro variare nel loro peso (legge di Avogadro). Poiché, con le parole stesse del
medesimo valente critico:
Mentre l’uguaglianza assoluta delle unità primordiali della massa forma così una parte essenziale delle
basi stesse della teoria meccanica, tutta la scienza chimica moderna è basata su di un princìpio direttamente
opposto — un princìpio del quale è stato detto recentemente che esso “occupa nella Chimica il medesimo posto
che la legge di gravitazione occupa nell’Astronomia”3. Questo princìpio è conosciuto sotto il nome di legge di
Avogadro o di Ampère4.
Questo dimostra che, o il princìpio fondamentale della Chimica moderna, o quello
della Fisica moderna, è completamente errato. Poiché, se si giudica assurda la supposizione
dell’esistenza di atomi di peso specifico differente, sulla base della teoria atomica della Fisica,
e se ciò nonostante la Chimica, in base a questa stessa supposizione, ottiene delle “verifiche
sperimentali infallibili” nella formazione e trasformazione dei composti chimici, allora è
evidente che la teoria atomo-meccanica è insostenibile. La spiegazione data da quest’ultima
che “le differenze di peso sono soltanto differenze di densità, e che le differenze di densità
sono dovute a differenze di distanza fra le particelle contenute in un determinato spazio”, non
è certamente valida; poiché, prima che un fisico possa sostenere a sua difesa che: “siccome
1
‘Concepts of Modern Physics’, XXXI., Introduzione alla seconda edizione.
Loc. cit.
3
J. P. Cooke, The New Chemistry, 1874, pag. 13.
4
“Ciò significa che volumi eguali di tutte le sostanze, quando sono allo stato gassoso e nelle medesime condizioni di
pressione e di temperatura, contengono il medesimo numero di molecole — ne segue quindi che il peso delle molecole è
proporzionale al peso specifico dei gas; che perciò, essendo questi pesi specifici differenti, il peso delle molecole è pure
differente; e siccome le molecole di certe sostanze elementari sono mono-atomiche (sono composte cioè di una sola
molecola), mentre le molecole di varie altre sostanze contengono il medesimo numero di atomi, ne risulta egualmente che gli
atomi primordiali di tali sostanze hanno un peso differente”. (Concepts and Theories of Modern Physics, pag. 34). Come
verrà dimostrato ulteriormente in questo stesso volume, questo princìpio cardinale della chimica teorica moderna è in
assoluto ed irriconciliabile conflitto con la prima proposizione della teoria atomo-meccanica — e cioè l’eguaglianza assoluta
delle unità di massa primordiali.
2
387
nell’atomo non vi è molteplicità di particelle né spazio vuoto, e che quindi le differenze di
densità o di peso sono impossibili nel caso degli atomi”, egli dovrebbe sapere innanzitutto che
cosa è in realtà un atomo, e questo è precisamente ciò che non può sapere. Bisognerebbe che
lo potesse sottoporre all’osservazione di almeno uno dei suoi sensi fisici — e non può farlo, e
ciò per la semplice ragione che nessuno ha mai visto, odorato, udito, toccato o gustato un
atomo. L’atomo appartiene completamente al dominio della Metafisica. È un’astrazione
trasformata in entità — almeno per la scienza fisica — e, rigorosamente parlando, non ha
niente a che fare con la Fisica, perché non può essere mai sottoposto alla prova della storta o
della bilancia. La concezione meccanica diviene quindi un miscuglio di teorie e dilemmi, i più
contraddittori nella mente di molti scienziati che non concordano né su questo punto né su
altri; e la sua evoluzione è osservata con enorme sorpresa dall’occultista orientale, che segue
questa lotta scientifica.
Ed ora concludiamo sulla questione della gravità. Come può la scienza presumere di
possedere delle nozioni certe intorno a quest’ultima? Come può sostenere le sue posizioni e le
sue ipotesi contro quelle degli occultisti, i quali non vedono nella gravitazione altro che
simpatia ed antipatia, o attrazione e repulsione, causate da polarità fisica sul nostro piano
terrestre e da cause spirituali al di fuori della sua influenza? Come possono gli scienziati
essere in disaccordo con gli occultisti quando non concordano nemmeno fra di loro? Infatti si
sente parlare della conservazione dell’energia e nello stesso tempo della completa durezza e
mancanza di elasticità negli atomi; della teoria cinetica dei gas come identica alla cosiddetta
“energia potenziale” e, in pari tempo, delle unità elementari di massa come assolutamente
dure e mancanti di elasticità! Un occultista apre un’opera scientifica e vi legge quanto segue:
L’atomismo fisico deriva tutte le proprietà qualitative della materia dalle forme del movimento atomico.
Gli atomi stessi restano come elementi totalmente privi di qualità1.
E più oltre:
La Chimica, nella sua forma ultima, deve essere meccanica atomica2.
E poco dopo:
I gas sono composti di atomi che si comportano come sfere solide, perfettamente elastiche3.
E finalmente, per coronare il tutto, si constata che Sir W. Thomson dichiara che:
La teoria moderna della conservazione dell’energia ci vieta di credere alla mancanza di elasticità o a
qualche cosa di meno dell’elasticità perfetta delle molecole finali, tanto della materia ultraterrestre, quanto di
quella terrestre4.
Che cosa dicono di ciò i veri scienziati? Per “veri scienziati” intendiamo quelli a cui la
verità sta più a cuore della vanità personale per poter dogmatizzare su qualsiasi cosa, come fa
la maggioranza. Ve ne sono parecchi fra di loro — e forse sono più numerosi di quelli che
osano pubblicare apertamente le proprie conclusioni segrete, e ciò per timore di essere
metaforicamente “lapidati”— che mediante l’intuizione hanno potuto superare l’abisso che
separa l’aspetto terrestre della materia da quello, per noi, sul nostro piano d’illusione,
soggettivo, cioè della Sostanza trascendentalmente oggettiva; e sono stati indotti a proclamare
l’esistenza di quest’ultima. Bisogna ricordare che per l’occultista la materia è quella totalità di
esistenze nel Cosmo che sono comprese in uno qualunque dei piani di percezione possibile.
Sappiamo benissimo che le teorie ortodosse del suono, del calore e della luce sono contrarie
alle Dottrine Occulte; ma non basta agli scienziati o ai loro difensori dire che non negano il
potere dinamico della luce e del calore, e di citare come prova il fatto che il radiometro di
Crookes non ha sconvolto nessuna teoria. Se vogliono penetrare la natura ultima di queste
forze, debbono innanzitutto ammettere la loro natura sostanziale, per quanto supersensibile
1
Wundt, Die Theorie der Materie, pag. 381.
Nazesmann, Thermochemie, pag. 150.
3
Kroenig, Clausius, Maxwell, ecc. Philosophical Magazine, Vol. XIX. p. 18.
4
Philosophical Magazine, Vol. XIV. pag. 321.
2
388
possa essere. Né gli occultisti negano l’esattezza della teoria vibratoria1. Solo essi ne limitano
le funzioni alla nostra Terra — affermando la sua insufficienza su altri piani, poiché i Maestri
delle Scienze Occulte percepiscono le cause che producono le vibrazioni eteree. Se tutte
queste cose fossero soltanto invenzioni degli alchimisti o sogni dei mistici, bisognerebbe
considerare uomini quali Paracelso, Filalete, Van Helmont e tanti altri, peggio dei visionari;
essi diventerebbero impostori e mistificatori consapevoli. Gli occultisti vengono ripresi perché
danno il nome di Sostanza2 alla Causa della luce, del calore, del suono, della coesione, del
magnetismo, ecc., ecc. Clerk Maxwell ha stabilito che la pressione esercitata da una forte luce
solare su un miglio quadrato è di circa 3¼ di libbre. È, vien detto loro, “l’energia delle miriadi
di onde eteree”, e quando essi la chiamano una sostanza che urta contro quella superficie, si
dice che la loro spiegazione non è scientifica.
Niente giustifica una simile accusa. Come abbiamo già detto più di una volta, gli
occultisti non contestano affatto che le spiegazioni della scienza diano una soluzione degli
agenti oggettivi immediati in azione. La scienza erra soltanto nel credere che, avendo essa
scoperto nelle onde vibratorie la causa immediata di questi fenomeni, ha rivelato tutto ciò che
si trova al di là della soglia dei sensi. Essa segue soltanto la successione dei fenomeni su un
piano di effetti, proiezioni illusorie provenienti da regioni nelle quali l’Occultismo è penetrato
già da molto tempo. E quest’ultimo afferma che quei fremiti eterici non sono prodotti, come
asserisce la scienza, dalle vibrazioni delle molecole di corpi conosciuti, Materia della nostra
coscienza oggettiva terrestre, ma che dobbiamo ricercare le cause ultime della luce, del calore,
ecc. nella Materia che esiste in stati supersensori — stati che sono tuttavia tanto oggettivi
all’occhio spirituale dell’uomo, quanto un cavallo o un albero all’occhio del mortale comune.
La luce ed il calore sono i fantasmi o le ombre della Materia in movimento. Tali stati possono
essere percepiti dal Veggente o dall’Adepto durante le ore di estasi, sotto il Raggio di
Sushumnâ — il primo dei Sette Raggi mistici del Sole.3
Quindi noi presentiamo l’Insegnamento Occulto, il quale afferma la realtà di
un’essenza super-sostanziale e supersensibile di quell’Âkâsha — non l’Etere, che è soltanto
un aspetto di essa — la cui natura non può essere dedotta dalle sue manifestazioni più lontane,
dalla falange puramente fenomenica di effetti, su questo piano terrestre. La scienza invece ci
insegna che il calore non può mai essere considerato come Materia in qualsiasi stato
concepibile. Citiamo un critico dei più imparziali, la cui autorità non è da mettere in dubbio,
per ricordare ai dogmatici occidentali che la questione non può essere considerata in alcun
modo come risolta.
Non vi è nessuna differenza fondamentale fra la luce ed il calore... ciascuno dei due è semplicemente
una metamorfosi dell’altro... Il calore è luce in completo riposo. La luce è calore in rapido movimento. Quando
la luce è combinata con un corpo, essa diviene calore, ma quando è allontanata da quel corpo diviene
nuovamente luce4.
1
Parlando dell’“Aura”, uno dei Maestri dice in Occult World: pag. 187 “Come potreste farvi capire, ed in realtà, farvi
obbedire, da quelle forze semi-intelligenti, il cui mezzo di comunicazione con noi non avviene mediante parole articolate,
bensì mediante suoni e colori correlate con le vibrazioni di questi due ultimi?”. È questa “correlazione” che non è conosciuta
dalla scienza moderna, per quanto sia stata molte volte spiegata dagli alchimisti.
2
Tuttavia la Sostanza degli occultisti sta alla più raffinata sostanza dei fisici come la materia radiante sta al cuoio degli
stivali del chimico.
3
I nomi dei Sette Raggi — che sono: Sushumnâ, Harikesha, Vishvakarman, Vishvatryarchâs, Sannaddha, Sarvâvasu e
Svarâj — sono tutti mistici, ed ognuno di essi ha la sua applicazione distinta in uno stato di coscienza particolare per scopi
occulti. Il raggio di Sushumnâ, che serve solo, come è detto nel Nirukta (II, 6), per illuminare la Luna, è tuttavia il Raggio
amato dagli Yogi iniziati. La totalità dei Sette Raggi diffusi attraverso il sistema Solare costituisce, per così dire, l’Upâdhi (la
Base) fisica dell’Etere della scienza; nell’Upâdhi, la luce, il calore, l’elettricità, ecc., cioè le Forze della scienza ortodossa,
entrano in correlazione per produrre i loro effetti terrestri. Per ciò che concerne i loro effetti psichici e spirituali, essi
emanano dall’Upâdhi super-solare dove hanno origine, nell’Æther degli occultisti — o Âkâsha.
4
Fluid Theory of Light and Heat, di Leslie.
389
Noi non possiamo affermare se ciò sia vero o falso, e molti anni, e forse molte
generazioni, trascorreranno prima che si sia in grado di dirlo1. Ci viene pure detto che i due
grandi ostacoli contro i quali urta la teoria fluidica (?) del calore, sono indubbiamente:
1) La produzione del calore mediante attrito — eccitazione del movimento molecolare.
2) La conversione del calore in movimento meccanico.
La risposta che viene data è che vi sono fluidi di diverse specie. L’Elettricità è
chiamata un fluido, e così pure veniva definito recentemente il calore; definizione basata però
sulla supposizione che il calore fosse una qualche sostanza imponderabile. Ciò avveniva
durante il regno supremo e autocratico della Materia. Quando la Materia fu detronizzata e il
Movimento fu proclamato l’unico sovrano reggitore dell’Universo, il calore divenne una
“modalità di movimento”. Non dobbiamo disperare: domani potrà diventare qualcosa d’altro.
Come l’Universo stesso, la scienza è in continuo divenire e non può mai dire : “Io sono quello
che sono”. D’altro canto, la Scienza Occulta ha le sue tradizioni immutabili fin dai tempi
preistorici. Può sbagliare nei particolari; non può mai rendersi colpevole di un errore nelle
questioni concernenti la Legge Universale, semplicemente perché quella Scienza, giustamente
qualificata dalla filosofia come Divina, nacque su piani superiori, ed è stata portata sulla terra
da Esseri che erano più saggi perfino dell’uomo della Settima Razza nella Settima Ronda. E
quella scienza sostiene che le Forze non sono ciò che l’insegnamento moderno vorrebbe
farne; per esempio, che il magnetismo non è una “modalità di movimento” e, per lo meno in
questo caso particolare, la scienza esatta moderna andrà certamente incontro a forti
disillusioni. Niente, a prima vista, può apparire più ridicolo, più oltraggiosamente assurdo che
il dire, per esempio: Lo Yogî indù iniziato ne sa realmente dieci volte più del più grande fisico
europeo, intorno alla natura finale e alla costituzione della luce, tanto solare che lunare.
Tuttavia, perché si considera il Raggio Sushumnâ come quello che fornisce alla Luna la luce
che essa prende in prestito? Perché è “il Raggio amato dagli Yogî iniziati”? Perché la Luna
viene considerata da questi stessi Yogî come la Divinità della Mente? È, diciamo noi, perché
la luce, o piuttosto tutte le sue proprietà occulte, tutte le sue combinazioni e le sue correlazioni
con altre forze, mentali, psichiche e spirituali, erano perfettamente conosciute dagli antichi
Adepti.
Di conseguenza, benché la Scienza Occulta possa essere meno informata della
Chimica moderna per quanto concerne il modo di comportarsi degli elementi composti in
differenti casi di correlazione fisica, tuttavia, per la sua conoscenza degli stati occulti finali
della Materia e della sua vera natura, essa è immensamente superiore a tutti i fisici ed a tutti i
chimici moderni messi insieme.
Ora, se noi affermassimo la verità apertamente e con tutta sincerità, e cioè che gli
antichi Iniziati possedevano una conoscenza della Fisica, quale Scienza della Natura, molto
più estesa di quella che posseggono tutte le nostre Accademie delle Scienze messe insieme,
tale asserzione sarebbe considerata come un’impertinenza ed un’assurdità, poiché si ritiene
che le scienze fisiche abbiano raggiunto attualmente l’apice della perfezione. È stato ciò che
ha provocato la domanda dei critici: possono gli occultisti spiegare in modo soddisfacente
questi due punti, e cioè: a) la produzione del calore per mezzo dell’attrito — eccitazione di
movimento molecolare; e b) la trasformazione del calore in forza meccanica, se si attengono
alla vecchia teoria ormai respinta, secondo la quale il calore sarebbe una sostanza o un fluido?
Per rispondere a questa domanda bisogna innanzitutto far osservare che le Scienze
Occulte non considerano né l’elettricità, né alcuna delle forze che si suppongono generate da
essa, come materia in uno qualsiasi degli stati conosciuti dalla scienza fisica; ossia, per parlare
più chiaramente, queste cosiddette forze non sono né solidi, né gas, né fluidi. Se l’occultista
1
Buckle, History of Civilization, Vol. III. pag. 384.
390
non temesse di passare per pedante, farebbe obiezione perfino al fatto che l’elettricità venga
chiamata fluido — poiché essa è un effetto e non una causa. Egli direbbe invece che il suo
Noumeno è una Causa Cosciente. Lo stesso avviene nel caso della “forza”e dell’“atomo”.
Vediamo ora che cosa ci dice un eminente accademico, il chimico Butlerof, relativamente a
queste due astrazioni. Così si esprime questo grande scienziato:
Che cos’è la Forza? Che cos’è dal punto di vista strettamente scientifico, e come è giustificata dalla
legge della conservazione dell’energia? Le nostre concezioni della Forza si riassumono nell’idea che ci facciamo
di questa, di quella, o di un’ altra modalità di movimento. Così la Forza è semplicemente il passaggio da uno
stato di moto ad un altro; dall’elettricità al calore e alla luce, dal calore al suono o ad una funzione meccanica
qualsiasi, e cosi via1. La prima volta che il fluido elettrico fu prodotto sulla terra dall’uomo, deve essere stato per
attrito; quindi, come già ben sappiamo, è il calore che lo produce quando viene disturbato il suo stato zero,2 e
l’elettricità non esiste sulla terra di per sé, come non esistono il calore, la luce, e qualsiasi altra forza. Esse sono
tutte correlazioni, come dice la scienza. Quando una data quantità di calore, per mezzo di una macchina a
vapore, è trasformata in lavoro meccanico, noi parliamo di forza del vapore. Quando un corpo che cade incontra
un ostacolo sul suo cammino e genera così del calore e del suono — si ha la cosiddetta forza di collisione.
Quando l’elettricità decompone l’acqua o rende incandescente un filo di platino, parliamo della forza del fluido
elettrico. Quando i raggi del sole sono intercettati dal bulbo di un termometro ed il mercurio in esso contenuto si
dilata, parliamo dell’energia calorifica del sole. Insomma, quando uno stato di moto, di una determinata
intensità, cessa, un altro equivalente subentra ad esso, e il risultato di una simile trasformazione o correlazione è
la Forza. In tutti quei casi in cui una simile trasformazione, o il passaggio da uno stato di movimento ad un altro,
è completamente assente, nessuna Forza è possibile. Ammettiamo per un istante uno stato assolutamente
omogeneo dell’Universo e la nostra concezione della Forza si riduce a zero.
Di conseguenza, è evidente che la Forza, che il Materialismo considera come la causa della diversità che
ci circonda, è in realtà soltanto un effetto, un risultato di quella diversità. Da un simile punto di vista, la Forza
non è la causa del Movimento, ma un risultato, mentre la causa di quella Forza, o forze, non è la Sostanza o
Materia, ma il Movimento stesso. Così la Materia deve essere messa da parte, e con essa il princìpio basilare del
Materialismo, che è diventato inutile, poiché la Forza ridotta ad uno stato di moto non può dare alcuna idea della
Sostanza. Se la Forza è la risultante del moto, diventa allora incomprensibile la ragione per cui quel moto
dovrebbe essere una testimonianza dell’esistenza della Materia e non di quella dello Spirito o di un’essenza
spirituale. È vero che la nostra ragione non è capace di concepire l’idea di un movimento senza la presenza di
qualcosa che si muova (e la nostra ragione è nel giusto), ma la natura di questo qualcosa che si muove resta
completamente sconosciuta alla scienza; e in tal caso lo Spiritualista ha diritto di attribuirlo ad uno “Spirito”,
tanto quanto il materialista alla Materia creatrice e onnipossente. In questo caso, il materialista non ha nessun
privilegio speciale né ha il diritto di pretenderne. Come abbiamo visto, è dimostrato che la legge della
conservazione dell’energia emette in questo caso delle pretese illegittime. Il “grande dogma” che afferma che —
“non vi è forza senza materia, né materia senza forza”— cade e perde completamente il significato solenne che
il Materialismo ha cercato di attribuirgli. Il concetto di Forza non dà ancora nessuna idea della Materia, e non ci
obbliga in nessun modo a vedere in essa “l’origine di tutte le origini”3.
Ci viene assicurato che la scienza moderna non è materialista e ne siamo convinti noi
stessi, quando il suo sapere è reale. E per questo vi sono delle buone ragioni, pure chiaramente
definite da alcuni fisici e chimici. Le scienze naturali non possono accordarsi con il
Materialismo. Per essere all’altezza della loro missione, gli scienziati debbono respingere
perfino la possibilità che le dottrine materialiste abbiano qualche cosa in comune con la teoria
atomica, e constatiamo infatti che Lange, Butlerof, Du Bois Reymond — quest’ultimo
probabilmente a livello inconscio — e molti altri, lo hanno dimostrato. E ciò è ulteriormente
provato dal fatto che Kanâda in India, Leucippo e Democrito in Grecia, e dopo di loro
Epicuro — cioè i primi atomisti conosciuti in Europa — mentre propagavano la loro dottrina
delle proporzioni determinate, credevano in pari tempo agli Dèi, cioè ad Entità supersensorie.
Le loro idee sulla materia differivano quindi da quelle prevalenti attualmente. Per rendere più
chiara la nostra esposizione faremo un breve esame sinottico delle teorie filosofiche antiche e
moderne relative agli atomi, dimostrando così che la Teoria Atomica uccide il Materialismo.
1
Può essere così sul piano della manifestazione e della materia illusoria; ma non che sia semplicemente questo, poiché in
realtà è enormemente di più.
2
Stato Neutro, o Laya.
3
Prof. Butlerof, Scientific Letters.
391
Dal punto di vista del Materialismo, che riduce l’origine di tutte le cose alla Materia,
l’Universo, in tutta la sua pienezza, consiste di Atomi e di vuoto. Anche lasciando da parte
l’assioma insegnato dagli antichi, la cui esattezza è adesso assolutamente dimostrata dal
telescopio e dal microscopio, assioma secondo il quale la Natura aborre il vuoto, che cosa è
un Atomo? Il prof. Butlerof scrive:
L’atomo, ci dice la scienza, è la divisione limitata della sostanza, la particella indivisibile della Materia.
Ammettere la divisibilità dell’atomo, corrisponde ad ammettere la divisibilità infinita della Sostanza, il che
equivale a ridurre la sostanza a nihil, cioè al nulla. Obbedendo semplicemente ad un sentimento di
conservazione, il Materialismo non può ammettere la divisibilità infinita, altrimenti dovrebbe rinunciare per
sempre al suo princìpio fondamentale e segnare così la propria condanna a morte1.
Infatti Buchner, da vero dogmatico del Materialismo, dichiara che:
Accettare la divisibilità infinita è assurdo, e corrisponde a mettere in dubbio
l’esistenza stessa della Materia.
L’atomo è dunque indivisibile, dice il Materialismo? Benissimo. Butlerof risponde:
Vedete dunque a quale curiosa contraddizione questo princìpio fondamentale porta i materialisti:
l’atomo è indivisibile e nel medesimo tempo sappiamo che è elastico. Non si può pensare di privarlo della sua
elasticità; ciò sarebbe un’assurdità. Atomi assolutamente non-elastici non potrebbero produrre nemmeno uno dei
numerosi fenomeni che vengono attribuiti alle loro correlazioni. Senza elasticità non potrebbero manifestare la
loro energia, e la Sostanza dei materialisti resterebbe priva di qualsiasi forza. Di conseguenza, se l’universo è
composto di atomi, questi atomi debbono essere elastici. È qui che ci troviamo di fronte ad un ostacolo
insormontabile. Poiché, quali sono le condizioni necessarie per la manifestazione dell’elettricità? Una palla
elastica, quando urta contro un ostacolo, si appiattisce e si contrae, la qual cosa non potrebbe avvenire se la palla
non fosse composta di particelle la cui posizione relativa subisce un cambiamento temporaneo al momento del
colpo. Ciò può essere detto dell’elasticità in generale; nessuna elasticità è possibile senza cambiamento nella
posizione delle particelle che compongono un corpo elastico. Ciò significa che il corpo elastico è mutabile, e che
consiste di particelle, o, in altre parole, che l’elasticità è una proprietà che appartiene solo a quei corpi che sono
divisibili. E l’atomo è elastico”2.
Questo è sufficiente a dimostrare quanto sia assurdo ammettere simultaneamente la
non-divisibilità e l’elasticità dell’atomo. L’Atomo è elastico, ergo, l’Atomo è divisibile e deve
consistere di particelle o di sotto-atomi. E questi sotto-atomi? O non sono elastici, e in tal caso
non hanno alcuna importanza dinamica, o essi pure sono elastici, e in tal caso sono soggetti
anch’essi alla divisibilità. E così ad infinitum. Ma la divisibilità infinita degli Atomi risolve la
Materia in semplici centri di forza, cioè preclude la possibilità di concepire la Materia come
una sostanza oggettiva.
Questo circolo vizioso è fatale al Materialismo, il quale si trova impigliato nella
propria rete, senza possibilità di uscita dal dilemma. Se afferma che l’Atomo è indivisibile, si
troverà di fronte alla Meccanica che gli porrà l’imbarazzante domanda:
In questo caso come si muove l’Universo e come avviene la correlazione delle sue forze? Un mondo
composto di atomi assolutamente non elastici è simile ad una macchina senza vapore, ed è condannato all’inerzia
eterna”3.
Accettate le spiegazioni e gli insegnamenti dell’Occultismo, ed essendo l’inerzia cieca
della scienza fisica rimpiazzata dai poteri attivi ed intelligenti che agiscono dietro il velo della
materia — il movimento e l’inerzia diverranno subordinati a quei poteri. Tutta la Scienza
dell’Occultismo è basata sulla dottrina della natura illusoria della Materia e della divisibilità
infinita dell’Atomo. Essa dischiude orizzonti illimitati alla Sostanza animata dal soffio divino
della sua Anima in tutti gli stati possibili di tenuità, stati che nemmeno i chimici ed i fisici
meglio disposti spiritualmente si sono mai sognati.
Queste teorie vennero enunciate da un accademico, il più grande chimico di Russia,
un’autorità ben riconosciuta anche in Europa, e precisamente dal defunto prof. Butlerof. È
1
Ibid.
Ibid.
3
Prof. Butlerof, Scientific Letters.
2
392
vero che egli difendeva i fenomeni degli Spiritisti (le cosiddette materializzazioni) nei quali
egli credeva e nei quali credevano pure i Professori Zöllner e Hare, come pure A. Russel
Wallace, W. Crookes e molti altri membri della Royal Society, sia apertamente che
segretamente. Ma i suoi argomenti per quanto concerne la natura dell’Essenza che agisce
dietro ai fenomeni fisici della luce, del calore, dell’elettricità, ecc., non sono per questo meno
scientifici e meno autorevoli, e si applicano a meraviglia al caso in questione. La scienza non
ha il diritto di negare agli occultisti la superiorità che essi affermano di avere nella conoscenza
delle cosiddette Forze, le quali, come dicono, sono soltanto gli effetti di cause generate da
Poteri sostanziali, per quanto super-sensori e posti al di là di qualsiasi genere di materia fino
ad ora conosciuta dagli scienziati. Tutt’al più, la scienza può assumere e mantenere
un’attitudine agnostica. Essa può dire allora: il vostro caso non è più provato del nostro, ma
riconosciamo di non saper niente, in realtà, né della Forza né della Materia, o relativamente a
ciò che si trova alla base della cosiddetta correlazione delle Forze. Quindi, il tempo soltanto
potrà provare chi ha ragione e chi ha torto. Attendiamo dunque pazientemente, e nel frattempo
diamo prova di una mutua cortesia, anziché schernirci a vicenda.
Ma per farlo è necessario avere un amore illimitato per la verità e la rinuncia a quel
prestigio — per quanto falso esso sia — di infallibilità, che gli scienziati hanno acquisito tra la
massa dei profani, che in complesso è sempre ignorante e superficiale. La fusione delle due
Scienze, quella arcaica e quella moderna, richiede innanzitutto l’abbandono dell’attuale
atteggiamento materialistico. Essa necessita di una specie di Misticismo religioso e perfino
dello studio dell’antica Magia, cosa che i nostri accademici non vorranno mai fare. Tale
necessità si spiega facilmente. Come nelle antiche opere di Alchimia il significato reale delle
sostanze e degli elementi in esse menzionati è celato sotto le metafore più ridicole, così la
natura fisica, psichica e spirituale degli elementi (come, per esempio, del fumo) è celata nei
Veda e specialmente nei Purâna sotto allegorie comprensibili soltanto agli Iniziati. Se le
allegorie non avessero alcun significato, allora tutte queste lunghe leggende relative al
carattere sacro dei tre tipi di Fuoco e dei Quarantanove Fuochi originali — personificati dai
Figli delle Figlie di Daksha e dei Rishi, loro Mariti, “i quali, con il primo Figlio di Brahmâ e i
suoi tre discendenti, costituiscono i Quarantanove Fuochi”— non sarebbero che delle idiote
verbosità e niente altro. Ma non è così. Ogni Fuoco ha una funzione ed un significato distinto,
nel mondo fisico e in quello spirituale. Per di più, nella sua natura essenziale, Esso ha una
relazione corrispondente ad una delle facoltà psichiche umane, oltre ai suoi poteri chimici e
fisici ben determinati quando viene in contatto con la materia differenziata della terra. La
scienza non ha nessuna speculazione da offrirci intorno al Fuoco per se; mentre ce l’hanno
l’Occultismo e l’antica Scienza religiosa. Questo è dimostrato perfino dalla fraseologia scarna
ed intenzionalmente velata dei Purâna, nei quali, come nel Vâyu Purâna sono spiegate molte
delle qualità dei Fuochi personificati. Così Pâvaka è il Fuoco Elettrico o Vaidyuta; Pavamâna,
il Fuoco prodotto mediante Frizione o Nirmathya; e Shuchi è il Fuoco Solare o Saura1 — e
tutti questi tre sono i figli di Abhimânin, l’Agni (il Fuoco), il figlio maggiore di Brahmâ e di
Svâhâ. Inoltre, Pâvaka è rappresentato come padre di Kavyavâhana, il Fuoco dei Pitri; Shuchi
di Havyavâhana, il Fuoco degli Dèi; e Pavamâna di Saharaksha, il Fuoco degli Asura. Ora,
tutto questo dimostra che gli autori dei Purâna erano perfettamente al corrente delle forze
della scienza e delle loro correlazioni, come pure delle diverse qualità di quest’ultime nella
loro azione su quei fenomeni psichici e fisici ai quali la scienza fisica non presta fede e li
ignora. È naturale che un orientalista, specialmente se di tendenze materialistiche, quando
legge che questi sono soltanto nomi dati al fuoco ed usati nelle invocazioni e nei rituali,
chiami tutto ciò “una superstizione ed una mistificazione Tântrika”, ed abbia più cura di
1
Chiamato il “bevitore di acque”, perché il calore fa evaporare l’acqua.
393
evitare errori di ortografia piuttosto che fare attenzione al significato segreto connesso a tali
personificazioni, o cercare la loro spiegazione nella correlazione fisica delle Forze, per quanto
queste siano conosciute. Si dà, infatti, così poco credito al sapere degli antichi ariani, che
perfino brani così evidenti come quelli contenuti nel Vishnu Purâna, passano inosservati.
Nondimeno, quale significato può avere la seguente frase?
Allora l’etere, l’aria, la luce, l’acqua e la terra, uniti individualmente alle proprietà del suono e del
riposo, esistevano ed erano distinguibili secondo le loro qualità... ma, possedendo molte e svariate energie e, non
essendo collegati fra loro, essi non potevano, senza combinarsi, creare degli esseri viventi, non essendosi ancora
mescolati gli uni con gli altri. Perciò, essendosi combinati gli uni con gli altri, assunsero, in virtù della loro
mutua associazione, il carattere di una massa unica ed assolutamente uniforme e sotto la direzione dello Spirito,
ecc.1
Questo significa naturalmente che gli autori conoscevano perfettamente la
correlazione, ed erano ben consapevoli dell’origine del Cosmo dal “Princìpio Omogeneo”,
Avyaktânugrahena, che si applica congiuntamente a Parabrahman ed a Mûlaprakriti, e non ad
“Avyakta, Causa Prima o Materia”, come traduce Wilson. Gli antichi Iniziati non
conoscevano nessuna “creazione miracolosa”, ma insegnavano l’evoluzione degli Atomi sul
nostro piano fisico e la loro prima differenziazione dallo stato Laya al Protile, nome
suggestivo dato da William Crookes alla Materia, o sostanza primordiale, al di là della linea
zero — là dove noi collochiamo Mûlaprakriti, il Princìpio-Radice della Stoffa-Materia del
Mondo e di tutto ciò che si trova nel Mondo.
Questo può essere facilmente dimostrato. Prendiamo ad esempio il catechismo, dei
vedantini Vishishthâdvaita, un sistema ortodosso ed exoterico che era stato tuttavia
pienamente enunciato ed insegnato nell’XI secolo2, in un’epoca, cioè, in cui la scienza
europea credeva ancora alla Terra quadrata e piatta di Cosmas Indicopleustes del VI secolo.
Questo sistema insegna che, prima che iniziasse l’evoluzione, Prakriti, la Natura, era in uno
stato di Laya o di omogeneità assoluta, poiché “la Materia esiste in due condizioni, la
Sûkshma, o condizione latente e indifferenziata, e la Sthûla o condizione differenziata”. Essa
diventa allora Anu, atomica. Ci parla quindi di Suddasattva — “una sostanza non soggetta alle
qualità della Materia, dalla quale differisce completamente”, e aggiunge che è di quella
Sostanza che sono formati i corpi degli Dèi, gli abitatori di Vaikunthaloka, il Cielo di Vishnu.
Ci insegna che ogni particella o atomo di Prakriti contiene Jîva (la vita divina) ed è lo Sharîra
(il corpo) di quel Jîva che esso racchiude, mentre ogni Jîva è, a sua volta, lo Sharîra dello
Spirito Supremo, poiché “Parabrahman pervade ogni Jîva, come pure ogni particella di
materia”.
Per quanto dualistica ed antropomorfica possa essere la filosofia dei Vishishthâdvaita
paragonata a quella degli Advaita (i non-dualisti), essa è pur sempre infinitamente superiore
come logica e come filosofia alla cosmogonia accettata sia dalla Cristianità, sia dalla sua
grande antagonista, la scienza moderna. I seguaci di una delle più grandi menti che siano mai
apparse sulla terra, i vedantini Advaita, sono chiamati atei perché considerano tutto come
illusorio, ad eccezione di Parabrahman, l’Unico Senza Secondo o la Realtà Assoluta. Eppure,
i più saggi Iniziati, come i più grandi Yogî, vennero tutti dalle loro fila. Le Upanishad
dimostrano che essi sapevano indubbiamente non solo che cosa è la sostanza causale negli
effetti dell’attrito, e che i loro antenati conoscevano la conversione del calore in forza
meccanica, ma che conoscevano pure il numero di tutti i fenomeni, tanto spirituali che
cosmici.
In verità, il giovane Brâhmano che si laurea con i maggiori onori nelle Università e nei
Collegi dell’India, che inizia la sua carriera nella vita come un Laureato in Lettere e Dottore
in Legge, con tutta la serie di lettere, dall’alfa all’omega, che accompagnano il suo nome, e
1
2
Libro I. Cap. II. (Wilson, I. pag. 38).
Il suo fondatore, Râmânujachârya, nacque nel 1017 d.C.
394
con un disprezzo per i suoi Dèi nazionali proporzionato agli onori conquistati negli studi delle
scienze fisiche, in verità questo giovane Brâhmano non avrebbe che da leggere, alla luce di
queste scienze e non perdendo di vista la correlazione delle forze fisiche, certi passi dei suoi
Purâna, se volesse imparare quanto maggiore è la conoscenza raggiunta dai suoi antenati,
conoscenza che egli non potrà mai ottenere, a meno che non divenga un occultista. Ponga
attenzione all’allegoria di Purûravas1 e del celestiale Gandharva2 che fornisce al primo un
vaso colmo di fuoco celeste. Il modo primitivo di ottenere il fuoco mediante sfregamento è
scientificamente spiegato nei Veda ed è pieno di significato per chi sa leggere tra le righe. La
Tretâgni (la triade sacra dei fuochi) ottenuta mediante l’attrito di verghe fatte con il legno
dell’albero Ashvattha, l’albero Bo della Saggezza e della Conoscenza, verghe “aventi la
lunghezza di tanti spessori di dita quante sillabe vi sono nella Gâyatrî”, deve avere un
significato segreto, altrimenti gli autori dei Veda e dei Purâna non sarebbero stati degli
scrittori sacri ma dei mistificatori. Gli occultisti indù sono la prova dell’esistenza di un tale
significato, ed essi soltanto sono in grado di illuminare la scienza sul perché e sul come il
Fuoco, che originariamente era Unico, sia stato fatto triplice (tretâ) nel nostro presente
Manvantara dal Figlio di Ilâ (Vâch), la Donna Primordiale dopo il diluvio, la sposa e la figlia
del Vaivasvata Manu. L’allegoria è suggestiva, qualunque sia il Purâna nel quale essa possa
essere letta e studiata.
_________
1
[Purûravas (Sanscrito) è il figlio di Budha, il figlio di Soma (la luna) e di Ilâ. – N.d.T.]
Il Gandharva dei Veda è la divinità che conosce e rivela ai mortali i segreti del cielo e le verità divine. Dal punto di vista
cosmico i Gandharva rappresentano l’aggregato dei Poteri del Fuoco Solare e costituiscono le sue Forze; dal punto di vista
psichico rappresentano l’intelligenza che risiede nel Sushumnâ, il Raggio Solare, il più elevato dei Sette Raggi; dal punto di
vista mistico, la forza occulta di Soma, la Luna, o pianta lunare, e la bevanda che ne viene tratta; dal punto di vista fisico e
dal punto di vista spirituale rappresentano le cause fenomeniche e quelle noumeniche del suono e della “Voce della Natura”.
Essi sono perciò chiamati i 6.333 cantori e musici celesti del Loka di Indra, che personificano, anche per il loro numero, i
vari e molteplici suoni della Natura, tanto in alto quanto in basso. Nelle allegorie posteriori, si attribuisce loro un potere
mistico sulle donne, delle quali si dice che siano innamorati. Il significato esoterico è evidente. Essi costituiscono una delle
forme, se non il prototipo, degli Angeli di Enoch, i Figli di Dio, i quali videro che le figlie degli uomini erano belle (Genesi,
VI.) e le sposarono, insegnando alle figlie della Terra i segreti del Cielo.
2
395
SEZIONE VI
UNO SCIENZIATO ATTACCA LA TEORIA SCIENTIFICA DELLA FORZA
Vanno ora citate a nostro favore le sagge parole di diversi scienziati inglesi. Bandite
da una minoranza per “ragioni di princìpio”, sono tacitamente approvate dalla maggioranza.
Tutti gli occultisti ed anche alcuni lettori profani rileveranno che uno di questi scienziati
insegna quasi delle dottrine occulte, che sono identiche, sotto certi aspetti, al nostro “Fohat e
ai suoi sette Figli”, il Gandharva Occulto dei Veda.
Se questi lettori consultassero il quinto volume della Popular Science Review,1 vi
troverebbero un articolo su “Sun-Force and Earth-Force” [Forza solare e Forza terrestre] del
dr. B. W. Richardson, Membro della Royal Society, dove è scritto quanto segue:
In questo momento, quando la teoria del semplice movimento come l’origine di tutte le varietà di forze
diventa nuovamente l’idea prevalente, sarebbe quasi un’eresia riaprire il dibattito che sembra essersi
virtualmente chiuso da qualche tempo, per consenso generale; però io accetto tale rischio ed esporrò quindi
l’opinione esatta dell’immortale eretico, il cui nome ho sussurrato ai lettori (Samuel Metcalfe2), intorno alla
Forza Solare. Partendo dal princìpio sul quale quasi tutti i fisici sono d’accordo, e cioè che esistono in natura due
agenti — la materia che è ponderabile, visibile e tangibile, e qualche cosa che è imponderabile, invisibile ed
apprezzabile soltanto per la sua influenza sulla materia — Metcalfe sostiene che l’agente imponderabile ed attivo
che egli chiama “il calorico” non è una semplice forma di movimento, né una vibrazione fra le particelle della
materia ponderabile, ma è esso stesso una sostanza materiale che fluisce dal sole attraverso lo spazio3,
colmando i vuoti che esistono fra le particelle dei corpi solidi e trasmettendo per sensazione la proprietà
chiamata calore. La natura del calorico, o forza solare, è da lui sostenuta per le seguenti ragioni:
I.
Questa forza può essere aggiunta ad altri corpi o esserne sottratta, e può essere misurata con precisione
matematica.
II.
Essa aumenta il volume dei corpi, che si riducono nuovamente di grandezza quando questa viene sottratta.
III. Modifica le forme, le proprietà e le condizioni di tutti gli altri corpi.
IV. Passa per radiazione attraverso il vuoto più perfetto4 che possiamo formare, e vi produce, sul
termometro, i medesimi effetti che nell’atmosfera.
V.
Essa pone in azione delle forze meccaniche e chimiche che niente può reprimere, come nei vulcani,
nell’esplosione della polvere da sparo e di altri composti esplosivi.
VI. Essa agisce in maniera sensibile sul sistema nervoso, producendo sofferenze intense; e se si trova in
eccesso, produce la disorganizzazione dei tessuti.
Contro la teoria vibratoria, Metcalfe osserva poi che se il calorico non fosse che una semplice proprietà
o qualità, non potrebbe aumentare il volume degli altri corpi; per produrre un tale effetto bisogna che esso stesso
abbia un volume; deve occupare uno spazio, deve essere quindi un agente materiale. Se il calorico fosse soltanto
effetto del movimento vibratorio fra le particelle di materia ponderabile, non potrebbe irradiarsi dai corpi caldi
senza che avvenga la simultanea transizione delle particelle vibranti; ma è dimostrato il fatto che il calore può
irradiare dalla sostanza materiale ponderabile senza che questa perda del proprio peso…... Con questa idea
relativa alla natura materiale del calorico o forza solare, e con l’impressione fermamente fissa nella mente che
“tutto in Natura è composto di due specie di materia, l’una essenzialmente attiva ed eterea, l’altra passiva e priva
di moto”5, Metcalfe emise l’ipotesi che la forza solare, o calorico, sia un princìpio auto-attivo. Egli ritiene che
questa forza abbia repulsione per le proprie particelle ed affinità per le particelle di tutta la materia ponderabile;
1
Pagine 329 – 334.
[Samuel L. Metcalfe, fisico americano e scrittore (1798–1856). Tra le sue opere: “New Theory of Terrestrial Magnetism”,
e ‘Caloric: Its Agencies in the Phenomena of Nature’. N.d.T.
3
Non soltanto attraverso lo spazio; ma esso riempie ogni punto del nostro Sistema Solare, perché è, per così dire, il residuo
fisico dell’Etere, il suo “rivestimento” (involucro) sul nostro piano, in quanto l’Etere serve ad altri scopi cosmici e terrestri,
oltre che essere “l’agente” per la trasmissione della luce. È il fluido astrale o la Luce Astrale dei cabalisti, come pure i Sette
Raggi del Sole-Vishnu.
4
Che necessità vi è allora di onde eteriche per la trasmissione della luce, del calore ecc., se questa sostanza può passare
attraverso il vuoto?
5
E come può essere altrimenti? La materia grossolana ponderabile è il corpo, il guscio di materia o sostanza, Prâna, il
maschio e l’attivo. Nel nostro globo questa sostanza è il secondo princìpio dell’Elemento Settenario — Terra; nell’atmosfera
è quello dell’Aria che è il corpo cosmico grossolano; nel Sole diviene il Corpo Solare e quello dei Sette Raggi; nello Spazio
Siderale corrisponde con un altro princìpio, e così via. L’insieme è un’Unità sola omogenea, le parti sono tutte
differenziazioni.
2
396
essa attrae le particelle di materia ponderabile con una forza che varia in ragione inversa al quadrato delle
distanze. Essa agisce così attraverso la materia ponderabile. Se lo spazio universale fosse riempito soltanto di
calorico, di forza-solare (senza materia ponderabile) il calorico sarebbe anche inattivo, e costituirebbe un oceano
illimitato di etere impotente o allo stato di riposo, poiché allora non avrebbe niente su cui agire, mentre la
materia ponderabile, per quanto inattiva di per sé, possiede “certe proprietà mediante le quali modifica e
controlla l’azione del calorico, ed entrambi sono governati da leggi immutabili che traggono la loro origine dalle
mutue relazioni e dalle proprietà specifiche di ognuna di esse”.
Egli formula quindi una legge che considera come assoluta e che esprime nei seguenti termini :
“Il calorico, a causa della sua attrazione per la materia ponderabile, unisce e tiene insieme tutte le cose;
a causa della sua energia auto-repulsiva separa ed espande tutte le cose”.
Questo, naturalmente, rappresenta quasi la spiegazione occulta della coesione. Quindi
il dr. Richardson continua:
Come ho già detto, nell’insegnamento moderno vi è la tendenza a basarsi
sull’ipotesi….... che il calore è moto, o forse sarebbe meglio definirlo una forza o forma
specifica del moto1.
Ma, per quanto popolare sia questa ipotesi, essa non dovrebbe essere accettata escludendo la teoria più
semplice della natura materiale della forza-solare e dell’influenza che essa esercita nel modificare le condizioni
della materia. Noi non sappiamo ancora abbastanza per essere dogmatici2.
L’ipotesi di Metcalfe relativa alla forza solare ed alla forza terrestre non è soltanto molto semplice, ma è
pure estremamente affascinante. Ecco qui due elementi nell’universo: uno è la materia ponderabile..... l’altro è
l’etere onnipervadente, il fuoco solare. È senza peso, senza sostanza né forma, né calore; è materia infinitamente
divisibile, e le sue particelle si respingono l’una con l’altra; la sua rarefazione è tale che non abbiamo altra parola
per esprimerla, eccettuata quella di etere3. Esso pervade e riempie lo spazio, ma da solo esso è pure inerte,
morto4. Mettiamo insieme i due elementi, la materia inerte e l’etere auto-repulsivo (?) ed ecco che la materia
ponderabile morta (?) è vivificata; (la materia ponderabile può essere inerte ma mai morta, questa è la Legge
occulta)... Attraverso le particelle della sostanza ponderabile l’etere (il secondo princìpio dell’Etere) penetra e,
penetrandola, si combina con le particelle ponderabili e le unisce in una massa, le mantiene insieme in un legame
di unione; esse sono dissolte nell’etere.
Tale distribuzione nell’etere di materia solida ponderabile si estende, secondo questa teoria, a tutto ciò
che esiste in questo momento. L’etere è onnipervadente. Il corpo umano stesso è saturo di etere (piuttosto di
Luce Astrale); è questo che mantiene la coesione fra le sue particelle più minute. Il medesimo fatto si verifica
nelle piante, come pure nella terra, nelle rocce, nei diamanti, nei cristalli e nei metalli più solidi. Tuttavia vi è una
differenza nella capacità di ricevere forza solare da parte delle differenti specie di materia ponderabile, ed è da
ciò che dipendono le condizioni mutevoli della materia: lo stato solido, lo stato liquido e lo stato gassoso. I corpi
solidi hanno attratto un eccesso di calorico sui corpi fluidi, e da ciò proviene la loro ferma coesione; quando lo
zinco fuso è versato su una lastra di zinco solido, lo zinco fuso diviene altrettanto solido perché il calorico si
precipita dal liquido nel solido e, quando si ristabilisce l’equilibrio, le particelle precedentemente svincolate o
liquide sono unite insieme più strettamente... Metcalfe stesso, approfondendo maggiormente lo studio dei
suddetti fenomeni, e attribuendoli all’unità del princìpio di azione che è già stato spiegato, riassume le sue
argomentazioni in termini molto chiari commentando la densità dei differenti corpi. “La durezza e la
morbidezza”, egli dice, “la solidità e la fluidità non sono condizioni essenziali dei corpi, ma dipendono dalle
proporzioni relative di materia eterea e di materia ponderabile che le compongono. Il gas più elastico può essere
ridotto allo stato liquido per mezzo della sottrazione di calorico ed essere quindi convertito in una forma solida,
le cui particelle aderirebbero le une alle altre con una forza proporzionale alla loro aumentata affinità per il
calorico. D’altra parte, aggiungendo una quantità sufficiente del medesimo princìpio ai metalli più densi, la loro
attrazione per esso è diminuita quando sono dilatati, fino a ridurli allo stato gassoso, e la loro coesione è
distrutta.
1
O il riverbero, e per il suono la ripercussione, sul nostro piano, di ciò che è un movimento perpetuo di quella sostanza sui
piani superiori. Il nostro mondo ed i nostri sensi sono incessantemente vittime di Mâyâ.
2
Ecco una confessione onesta.
3
Tuttavia non è l’etere, ma soltanto uno dei princìpi dell’etere, non essendo l’etere stesso che uno dei princìpi di Âkâsha.
4
E così Prana (Jîva) pervade l’intero corpo vivente dell’uomo; ma da solo, non avendo un atomo sul quale poter agire,
sarebbe inerte, morto: ossia sarebbe nello stato Laya o, secondo l’espressione di W. Crookes, “rinchiuso nel Protile”. È
l’azione esercitata da Fohat su un corpo composto o anche su un corpo semplice, che produce la vita. Quando un corpo
muore assume la medesima polarità della sua energia maschile e, di conseguenza, respinge l’agente attivo, il quale, perdendo
il suo potere sul tutto, si attacca alle parti o molecole, ciò che costituisce quello che si chiama azione chimica. Vishnu, il
Preservatore, si trasforma in Rudra-Shiva, il Distruttore — una correlazione che sembra essere ignorata dalla scienza.
397
Dopo aver citato ed esposto estesamente le teorie eterodosse del grande “eretico”—
teorie per correggere le quali basterebbe soltanto fare qua e là delle piccole modifiche di
termini — il dr. Richardson, che è indubbiamente un pensatore originale e liberale, si accinge
a riassumerle e prosegue:
Non mi soffermerò a lungo sull’unità della forza solare e della forza terrestre che implica questa teoria;
ma vorrei aggiungere che da essa, o dalla ipotesi del semplice movimento quale forza, e da quella delle proprietà
senza sostanza, noi possiamo trarre, intorno a questo soggetto che è uno dei più complessi e profondi, le seguenti
conclusioni che si avvicinano il più possibile alla verità:
(a) Lo spazio interstellare, interplanetario, intermateriale, interorganico, non è vuoto, ma è riempito da un fluido
sottile o gas che, per mancanza di un termine migliore1, chiameremo ancora, come facevano gli antichi, Aithur — Fuoco solare — Æther. Questo fluido, immutabile nella sua composizione, indistruttibile, invisibile2,
permea tutte le cose e tutta la materia (ponderabile)3; la ghiaia nel ruscello che scorre, l’albero che vi si
specchia, l’uomo che lo contempla, sono impregnati di etere a gradi diversi; la ghiaia meno dell’albero,
l’albero meno dell’uomo. Tutto sul pianeta è impregnato in tal maniera! Un mondo è costruito nel fluido
eterico e si muove in mezzo ad un oceano di etere.
(b) L’etere, qualunque sia la sua natura, proviene dal sole e dai soli4: i soli lo generano, lo immagazzinano e lo
diffondono5.
(c) Senza l’etere non vi potrebbe essere movimento; senza di esso le particelle di materia ponderabile non
potrebbero scorrere le une sulle altre, senza di esso non vi potrebbe essere alcun impulso per spingere quelle
particelle all’azione.
(d) L’etere determina la costituzione dei corpi. Se l’etere non esistesse non vi potrebbe essere nessun
cambiamento di costituzione nella sostanza; l’acqua, per esempio, potrebbe esistere soltanto come una
sostanza compatta ed insolubile, al di là di qualsiasi idea che potremmo farcene. Senza la presenza dell’etere,
essa non potrebbe mai essere nemmeno ghiaccio, né fluido, né vapore.
(e) L’etere congiunge il sole ai pianeti, i pianeti fra loro, l’uomo al pianeta e l’uomo all’uomo. Senza etere non
potrebbe esservi comunicazione nell’universo; non potrebbe esserci luce, né calore, né alcun fenomeno di
moto”.
Così noi vediamo che l’etere e gli atomi elastici costituiscono lo Spirito e l’Anima del
Cosmo nella pretesa concezione meccanica dell’Universo, e che la teoria — in qualunque
modo venga esposta o mascherata — offre sempre agli scienziati un campo molto più vasto di
quello che la maggioranza possa immaginarsi, dando agli scienziati stessi la possibilità di
meditare su dei soggetti al di là della portata del Materialismo moderno6. Che si tratti di
Atomi, di Etere o di ambedue, la speculazione moderna non può superare il cerchio tracciato
dal pensiero antico, che era saturo di Occultismo arcaico: che si tratti della teoria ondulatoria
o della teoria corpuscolare, è tutt’uno. Non sono che speculazioni dedotte dagli aspetti dei
fenomeni e non dalla conoscenza della natura essenziale della causa e delle cause. Quando la
scienza moderna ha spiegato al suo uditorio le ultime scoperte di Bunsen e di Kirchoff,
1
Certamente, a meno che non si adottino i termini occulti dei cabalisti.
“Immutabile” soltanto durante i periodi manvantarici, dopo i quali si fonde nuovamente in Mûlaprakriti; “invisibile” per
sempre nella propria essenza, ma visibile sotto i bagliori riflessi della sua luce, chiamata la Luce Astrale dai cabalisti
moderni. Tuttavia alcune grandi Entità coscienti si muovono in mezzo a questa Essenza, di cui esse sono rivestite.
3
Bisogna aggiungere la parola “ponderabile” per distinguerla dall’etere che, per quanto sia un substrato, tuttavia è materia.
4
Le Scienze Occulte capovolgono questa affermazione e dicono che è il Sole e tutti i Soli che provengono da esso, che
emanano dal Sole Centrale all’aurora del Manvantara.
5
Qui dissentiamo decisamente dalle opinioni del grande scienziato. Non dimentichiamo che quest’Etere — che la parola si
applichi ad Âkâsha o al suo princìpio inferiore, l’Etere — è settenario. Nell’allegoria, Âkâsha è Aditi e la madre di
Mârttânda, il Sole, la Devamâtri, Madre degli Dèi. Nel sistema solare il Sole è il suo Buddhi e il suo Vâhana, il Veicolo,
quindi il sesto princìpio; nel Cosmo tutti i Soli sono il Kâma Rupa dell’Âkâsha, e così è pure il nostro. È soltanto quando lo
si considera come un’Entità individuale nel suo regno, che Sûrya, il Sole, è il settimo princìpio del grande corpo della
Materia.
6
Per essere più esatti chiamiamolo piuttosto Agnosticismo. Il Materialismo brutale e franco è più onesto dell’Agnosticismo
dei giorni nostri con la sua doppia faccia di Giano. Il cosiddetto Monismo occidentale è il Pecksniff della filosofia moderna,
che volge una faccia farisaica alla psicologia e all’idealismo, e la sua faccia naturale di Aùgure romano che gonfia le gote
con la lingua al Materialismo. Simili monisti sono peggiori dei materialisti, perché, mentre studiano l’universo e l’uomo
psico-spirituale dal medesimo punto di vista negativo, spiegano il loro caso in una maniera molto meno plausibile degli
scettici come Tyndall o anche dello stampo di Huxley. Herbert Spencer, Bain e Lewes sono più pericolosi di Büchner per le
verità universali.
2
398
quando ha dimostrato che i sette colori costituiscono il primario di un raggio che è
decomposto su uno schermo secondo un certo ordine fisso, e ha descritto le rispettive
lunghezze delle onde luminose, che cosa ha dimostrato? Ha giustificato la reputazione di cui
gode per la precisione matematica delle sue scoperte, misurando perfino la lunghezza di
un’onda luminosa che “varia da circa settecentosessanta milionesimi di millimetri
all’estremità rossa dello spettro, a circa trecentonovantatre milionesimi di millimetri alla
estremità violetta”. Però, dopo che l’esattezza del calcolo relativo all’effetto prodotto sulle
onde luminose è così rivendicata, la scienza è costretta ad ammettere che si ritiene che la
forza, che è la causa supposta, produca “ondulazioni di una piccolezza inconcepibile” in
qualche mezzo — “che si identifica generalmente con il mezzo eterico”1 — e questo mezzo
stesso è tuttora soltanto — “un agente ipotetico”!
Il pessimismo di Auguste Comte circa la possibilità di conoscere un giorno quale sia la
composizione chimica del sole, non è stato smentito trent’anni dopo da Kirchoff, come era
stato affermato. Lo spettroscopio ci ha permesso di constatare che gli elementi che sono
familiari ai chimici moderni debbono probabilmente essere presenti negli “involucri” esterni
del sole — e non nel Sole stesso; e scambiando questi “involucri”, il velo cosmico solare, per
il sole stesso, i fisici hanno dichiarato che la sua luminosità è dovuta alla combustione ed alle
fiamme; e, prendendo il princìpio vitale di quella luce per una cosa puramente materiale,
l’hanno chiamato “cromosfera”2. Ad ogni modo, finora, abbiamo soltanto delle ipotesi e delle
teorie, non delle leggi.
___________
1
Geology, del prof. A. Winchell.
Five Years of Theosophy, pp. 245-262. Articoli: “Do the Adepts deny the Nebular Theory?”, e “Is the Sun merely a
Cooling Mass?”, per avere il vero insegnamento occulto.
2
399
SEZIONE VII
VITA, FORZA, O GRAVITÀ
I fluidi imponderabili hanno fatto il loro tempo; si parla sempre meno di forze
meccaniche; la scienza ha assunto un nuovo aspetto durante quest’ultimo quarto di secolo, ma
la gravitazione perdura tuttora grazie a nuove combinazioni che hanno sostituito quelle
vecchie che quasi l’avevano uccisa. Essa può soddisfare benissimo a delle ipotesi scientifiche,
tuttavia la questione è di sapere se risponde egualmente bene alla verità e se rappresenta un
fatto in natura.
Per se stessa, l’attrazione non è sufficiente a spiegare nemmeno il moto planetario;
come si può allora pretendere che essa serva a spiegare il movimento rotatorio nelle infinità
dello Spazio? La sola attrazione non potrà mai colmare tutte le lacune, a meno che non si
ammetta un impulso speciale per ciascun corpo siderale e non si dimostri che il movimento di
rotazione di ciascun pianeta e dei suoi satelliti è dovuto ad una causa combinata con
l’attrazione. Ed anche in tal caso, dice un astronomo1, la scienza dovrebbe specificare quella
causa. L’Occultismo l’ha indicata già da secoli, e così pure tutti gli antichi filosofi, ma tutte
queste credenze sono considerate e proclamate adesso come delle superstizioni ormai cadute
in discredito. Il Dio extracosmico ha distrutto ogni possibilità di credere nell’esistenza di
Forze intra-cosmiche intelligenti; e tuttavia chi è o che cosa è “l’iniziatore” originale di quel
movimento? Francoeur dice2:
Quando avremo imparato a conoscere la causa, unica e speciale, che dà la spinta motrice, saremo in
grado di combinarla con quella che attrae.
E più avanti:
L’attrazione che si manifesta tra i corpi celesti non è altro che repulsione: è il sole che li spinge
incessantemente in avanti, perché altrimenti il loro moto cesserebbe.
Se questa teoria della Forza Solare quale causa primordiale di tutta la vita sulla terra e
di ogni movimento nel cielo venisse accettata, e se l’altra teoria, molto più ardita, di
Herschell, relativa a certi organismi esistenti nel Sole, fosse accettata anche a titolo di
semplice ipotesi provvisoria, allora i nostri insegnamenti sarebbero giustificati, e sarebbe
dimostrato che l’allegoria esoterica ha probabilmente preceduto la scienza moderna di milioni
di anni, perché tali sono gli insegnamenti arcaici. Mârttânda, il Sole, sorveglia e minaccia i
suoi sette fratelli, i pianeti, senza abbandonare la posizione centrale nella quale sua madre,
Aditi, lo ha relegato. Il Commentario3 dice:
Li segue girando lentamente su se stesso... ed egli segue da lontano la direzione in cui
si muovono i suoi fratelli, nel sentiero che circonda le loro case — o le loro orbite.
Sono i fluidi solari, o le emanazioni, che danno origine ad ogni movimento e
risvegliano tutto alla vita nel sistema solare. Sono l’attrazione e la repulsione, ma non come le
intende la Fisica moderna o le spiega la legge di gravitazione, ma in armonia con le leggi del
movimento manvantarico designate dal Sandhyâ primordiale, l’Aurora della ricostruzione e
della riforma superiore del Sistema. Queste leggi sono immutabili, ma il movimento di tutti i
corpi — movimento che è multiforme e che cambia ad ogni Kalpa minore — è regolato dai
Motori, le Intelligenze che risiedono nell’Anima Cosmica. Abbiamo proprio torto nel credere
a tutto ciò? Ebbene, ecco qui un grande scienziato moderno che, parlando dell’elettricità
vitale, adopera un linguaggio molto più affine a quello dell’Occultismo che non al pensiero
materialistico moderno. Invitiamo pertanto lo scettico lettore a leggere un articolo su “The
1
L. B. Francoeur, Philosophie Naturelle, art. 142.
L. B. Francoeur, Uranographie, Traité élémentaire d’Astronomie, 1828 pag. 342.
3
Commento alla Stanza IV in questo volume pag. 94.
2
400
Source of Heat in the Sun” [La Sorgente del calore nel Sole] di Robert Hunt, Membro della
Royal Society,1 il quale, parlando dell’involucro luminoso del Sole e del suo “particolare
aspetto lattiginoso, coagulato”, dice:
Arago propose che questo involucro fosse chiamato Fotosfera, nome che è stato adesso adottato
universalmente. Il suo predecessore, Herschell, aveva paragonato la superficie di questa fotosfera alla
madreperla... Essa somiglia all’oceano in una calma giornata estiva, quando la sua superficie è leggermente
increspata da una lieve brezza. Nasmyth ha scoperto una condizione più notevole di qualsiasi altra sospettata
precedentemente...... oggetti che presentano una particolare forma lenticolare...... simile a “foglie di salice”... di
differenti grandezze…... raggruppati senza alcun ordine...... incrociantisi in tutte le direzioni con un movimento
irregolare fra loro...... Si vedono avvicinarsi ed allontanarsi l’uno dall’altro, assumendo talvolta delle nuove
posizioni angolari, per cui il loro aspetto... è stato paragonato a una quantità di pesci ai quali, effettivamente,
somigliano per la forma... La dimensione di questi oggetti dà un’alta idea della scala gigantesca su cui si
svolgono le operazioni fisiche (?) nel sole. Essi non possono avere meno di 1000 miglia di lunghezza e da due a
trecento miglia di larghezza. La supposizione più probabile che è stata fatta in rapporto a quelle foglie o a quegli
oggetti simili a lenti, è che la fotosfera2 è un immenso oceano di materia gassosa (che specie di “materia”?)......
in uno stato di intensa incandescenza (apparente), e che quegli oggetti sono la proiezione in prospettiva delle
lingue di fuoco.
Le “fiamme solari” viste tramite i telescopi sono dei riflessi, dice l’Occultismo. Ma il
lettore sa già quello che gli occultisti hanno da dire a questo proposito.
Qualsiasi cosa (quelle lingue di fuoco) possano essere, è evidente che esse sono la sorgente immediata
del calore e della luce solare. Abbiamo qui un involucro esteriore di materia fotogenica3 che oscilla come un
pendolo con energia formidabile e che, comunicando il suo movimento al mezzo etereo dello spazio stellare,
produce calore e luce in mondi assai distanti. Abbiamo detto che quelle forme sono state paragonate a certi
organismi, ed Herschell dice: “Per quanto sia troppo audace parlare di simili organizzazioni come partecipanti
alla vita (e perché no?),4 tuttavia non sappiamo se l’azione vitale sia capace di sviluppare calore, luce ed
elettricità”... Questo pensiero elevato racchiude forse una verità? Le pulsazioni della materia vitale nel sole
centrale del nostro sistema, sarebbero forse la sorgente di tutta quella vita che ricopre la terra e che
indubbiamente si estende pure agli altri pianeti dei quali il sole è il potente agente?
L’Occultismo risponde affermativamente a queste questioni e la scienza riconoscerà
un giorno che è effettivamente così.
Robert Hunt scrive ancora:
Se consideriamo la Vita — la Forza Vitale — come un potere infinitamente superiore alla luce, al
calore, o all’elettricità, e veramente capace di esercitare un potere di controllo su di esse tutte (questo è
assolutamente occulto)... saremmo certamente disposti ad esaminare con soddisfazione quella speculazione che
suppone che la fotosfera sia la sede primordiale del potere vitale, e di considerare con piacere poetico l’ipotesi
5
che attribuisce l’energia solare alla Vita .
Abbiamo quindi un’importante corroborazione scientifica per uno dei nostri dogmi
fondamentali e cioè che: a) il Sole è il serbatoio della Forza Vitale, che è il Noumeno
dell’Elettricità; e che b) dalle sue profondità misteriose ed insondabili sgorgano quelle
correnti di vita che vibrano attraverso lo Spazio, come vibrano attraverso l’organismo di tutto
ciò che vive sulla Terra. Vediamo infatti che cosa dice un altro eminente fisico, che dà a
questo nostro fluido vitale il nome di “Etere Nervoso”. Cambiate poche frasi nell’articolo del
quale riproduciamo qui alcuni brani, ed avrete un altro trattato quasi occulto sulla Forza
Vitale. È ancora il dr. B. W. Richardson, Membro della Royal Society, ad esprimere la sua
1
Popular Science Review; Vol. IV. pag. 148.
Come pure la massa centrale, come si constaterà, o piuttosto il centro del riflesso.
3
Questa “materia” somiglia esattamente al riflesso della fiamma di un “fotogenico” lucignolo di lampada in uno specchio.
4
Vedi Five Years of Theosophy, p. 258, per una risposta a questa speculazione di Herschell.
5
Ibid., pag. 156.
2
401
opinione a proposito dell’ “Etere Nervoso”, come l’ha già espressa sulla “Forza Solare” e
sulla “Forza Terrestre”:
L’idea che la teoria cerca di prospettare è che fra le molecole della materia, solida o liquida, di cui sono
composti gli organismi nervosi e, in realtà, tutte le parti organiche del corpo, esiste un mezzo sottile raffinato,
vaporoso o gassoso, che mantiene le molecole in uno stato che permette loro di muoversi le une sulle altre,
favorendo la costituzione e la ricostituzione della forma; un mezzo mediante il quale, ed attraverso il quale, un
organo o una parte del corpo è mantenuto in rapporto con le altre parti; mediante il quale, e attraverso il quale, è
trasmesso ogni movimento; attraverso il quale e mediante il quale, il mondo vivente esteriore comunica con
l’uomo vivente; un mezzo che, per la sua presenza, permette la dimostrazione dei fenomeni della vita e che, se
fosse universalmente assente, lascerebbe il corpo completamente morto.
E l’autore avrebbe potuto aggiungere: l’intero Sistema Solare entrerebbe in Pralaya.
Ma continuiamo a leggere :
Adopero la parola etere nel suo senso generale, e cioè di una materia estremamente tenue, vaporosa o
gassosa; l’adopero insomma come la adoperano gli astronomi quando parlano dell’etere dello spazio, intendendo
con ciò esprimere l’idea di un mezzo sottile ma materiale…... Quando parlo di un etere nervoso, non intendo dire
che l’etere esiste soltanto nella struttura nervosa: io credo veramente che sia una parte speciale della
organizzazione nervosa, ma siccome i nervi attraversano tutti i tessuti che sono suscettibili di movimento e di
sensibilità, così l’etere nervoso attraversa pure tutte queste parti; e poiché, secondo il mio modo di vedere, l’etere
nervoso è un prodotto diretto del sangue, così possiamo considerarlo come costituente una parte dell’atmosfera
del sangue…... Le prove a favore dell’esistenza di un mezzo elastico che permea la materia nervosa e che è
suscettibile di essere influenzato dalla semplice pressione sono del tutto convincenti...... Nella struttura nervosa
esiste indubbiamente un vero fluido nervoso, come insegnavano i nostri predecessori.1 La precisa composizione
chimica (?)2 di questo fluido non è ancora ben conosciuta; le sue caratteristiche fisiche sono state poco studiate.
Non sappiamo se il suo movimento assume la forma di correnti, se circola; se si forma nei centri e da essi passa
quindi nei nervi, oppure se si forma ovunque il sangue penetra i nervi. Non conosciamo quindi nemmeno l’esatta
funzione di questo fluido. Penso tuttavia che il vero fluido di materia nervosa non sia sufficiente, da solo, ad
agire quale mezzo sottile che mette in rapporto l’universo esterno con l’universo interno dell’uomo e
dell’animale. Io penso — ed è questa la modificazione che propongo di introdurre nell’antica teoria — che
un’altra qualità di materia deve esistere durante la vita; una materia che esiste allo stato di vapore o di gas, che
permea l’intero sistema nervoso, circondando come un involucro atmosferico3 ogni molecola della struttura
nervosa, e che è il mezzo per cui si effettua ogni movimento, comunicato ai centri nervosi o provenienti da essi.
Quando la mente si sarà abituata all’idea che durante la vita esiste nel corpo animale una specie di materia
sottilmente diffusa, un vapore che riempie ogni parte — e che si trova accumulato in alcune parti; una materia
costantemente rinnovata dalla Chimica vitale; una materia della quale ci si libera tanto facilmente quanto del
respiro dopo che ha adempiuto alla sua funzione — allora un nuovo fiotto di luce irromperà nell’intelligenza4.
Un nuovo fiotto di luce è certamente proiettato sulla sapienza dell’Occultismo antico e
medioevale e sui suoi seguaci. Poiché Paracelso scriveva le medesime cose oltre trecento anni
fa, nel XVI secolo. Egli diceva:
L’intero Microcosmo è contenuto potenzialmente nel Liquor Vitae, un fluido nervoso... che contiene in
sé la natura, la qualità, il carattere e l’essenza degli esseri.5
L’Archaeus è un’essenza che è distribuita egualmente in tutte le parti del corpo umano…... Lo Spiritus
Vitae trae la sua origine dallo Spiritus Mundi. Essendo una emanazione di quest’ultimo, esso contiene gli
elementi di tutte le influenze cosmiche, ed è quindi la causa per cui l’azione delle stelle (le forze cosmiche sul
corpo invisibile dell’uomo (il suo Linga Sharîra vitale) può essere spiegata6.
Se il dr. Richardson avesse studiato tutte le opere segrete di Paracelso non sarebbe
stato obbligato a ripetere tanto spesso “noi non sappiamo”, “noi non conosciamo”, ecc.; né
avrebbe mai scritto la seguente frase, che è una ritrattazione delle parti migliori delle sue
nuove scoperte indipendenti:
Dobbiamo rilevare che questa nuova corrente di pensiero include senz’altro la teoria dell’esistenza
dell’etere…... che si suppone pervada lo spazio…... Si può dire che quest’etere universale pervade l’intero
1
Fra gli altri, Paracelso, che lo chiamava Liquor Vitae e Archaeus.
La “composizione” alchemica, piuttosto.
3
“Questa forza vitale... si irradia intorno all’uomo simile ad una sfera luminosa”, dice Paracelso in Paragranum.
4
Popular Science Review, Vol. X, pp. 380 - 3.
5
De Generatione Hominis.
6
De Viribus Membrorum. Vedi Life of Paracelsus, di Franz Hartmann, pag. 133, 1887.
2
402
organismo del corpo animale come se provenisse dall’esterno e facesse parte di tutte le organizzazioni. Questo
modo di vedere sarebbe Panteismo scoperto fisicamente, se fosse vero (!!) Non può esser vero perché
1
distruggerebbe l’individualità di ogni senso individuale.
Noi non lo crediamo, e sappiamo che non è così. Il Panteismo può essere “scoperto di
nuovo fisicamente.” Esso era conosciuto, visto e percepito da tutta l’antichità. Il Panteismo si
manifesta nell’immensa distesa dei cieli stellati, nel respiro dei mari e degli oceani e nel
fremito di vita che anima il più piccolo filo d’erba. La Filosofia respinge l’idea di un Dio
finito ed imperfetto nell’universo, la divinità antropomorfica del monoteista come è
rappresentata dai suoi seguaci. Essa ripudia, in virtù, del suo nome stesso di Philo-theosophia, l’idea grottesca che la Divinità infinita, Assoluta, abbia o piuttosto possa avere,
qualsiasi relazione diretta o indiretta con l’evoluzione limitata ed illusoria della Materia, e non
può quindi immaginarsi un universo al di fuori di quella Divinità, o l’assenza di questa
Divinità nel più piccolo frammento di Sostanza, animata o inanimata. Ciò non vuol dire che
ogni cespuglio, ogni albero od ogni pietra sia Dio o un Dio, ma semplicemente che ogni
frammento della Materia manifestata del Cosmo fa parte della Sostanza di Dio e costituisce
quella Sostanza stessa, per quanto in basso possa essere caduta nel corso della sua evoluzione
ciclica attraverso le Eternità dell’Incessante-Divenire; così, anche ciascuno di questi
frammenti preso individualmente, ed il Cosmo preso collettivamente, sono un aspetto che
ricorda quell’Anima Unica Universale che la filosofia si rifiuta di chiamare Dio, perché
limiterebbe così la Radice e l’Essenza eterna ed onnipresente.
Perché l’Etere dello Spazio o “l’Etere Nervoso” dovrebbe “distruggere l’individualità
di ogni senso” appare incomprensibile a chiunque abbia familiarità con la natura reale di
quell’“Etere Nervoso” sotto il suo nome sanscrito o, piuttosto, sotto quello esoterico e
cabalistico. Il dr. Richardson ammette che :
Se non producessimo individualmente il mezzo di comunicazione fra noi e il mondo esterno, se questo
fosse prodotto dall’esterno e adattato ad un solo genere di vibrazione, sarebbero stati necessari meno sensi di
quelli che possediamo. Prendiamo infatti due soli esempi: l’etere di luce non è adatto per il suono e tuttavia noi
udiamo come pure vediamo; mentre l’aria, il mezzo nel quale si trasmette il movimento del suono, non è il
mezzo di trasmissione della luce, pur tuttavia noi vediamo e udiamo.
Ma non è così. L’opinione che il Panteismo “non può essere vero perché
distruggerebbe l’individualità di ogni senso individuale”, dimostra che tutte le conclusioni del
sapiente dottore sono basate sulle teorie fisiche moderne, per quanto egli aspiri probabilmente
a riformarle; ma dovrà constatare che è impossibile farlo, a meno che voglia ammettere
l’esistenza di sensi spirituali che sostituiscano la graduale atrofia di quelli fisici. “Noi
vediamo e udiamo” (naturalmente secondo l’opinione del dr. Richardson), conformemente
alle spiegazioni del fenomeno della vista e dell’udito che ci vengono date da quella medesima
scienza materialista che afferma che noi non possiamo vedere e udire in altro modo. Gli
occultisti ed i mistici hanno conoscenze più estese. Gli ariani vedici erano tanto familiari con i
misteri del suono e del colore sul piano fisico quanto i nostri fisiologi, ma essi avevano pure
imparato a conoscere i loro segreti sui piani superiori, inaccessibili ai materialisti.
Conoscevano una doppia serie di sensi: spirituali e materiali.
Nell’uomo che è privo di uno o più sensi, quelli rimanenti si sviluppano
maggiormente; per esempio, il cieco sostituirà la vista con il tatto, l’udito, ecc.; colui che è
affetto da sordità potrà capire mediante la vista, vedendo le parole articolate dalle labbra e
dalla bocca di colui che parla come se le udisse. Questi però sono casi che appartengono
tutt’ora al mondo della materia. I sensi spirituali, che agiscono su un piano di coscienza
superiore, sono respinti a priori dalla fisiologia, che ignora la Scienza Sacra. Essa limita
l’azione dell’Etere alle vibrazioni e, separandolo dall’aria — per quanto l’aria sia
semplicemente Etere differenziato e composto, gli fa assumere delle funzioni che si adattano
1
B. W. Richardson, Theory of a Nervous Ether, pag. 384.
403
alle teorie speciali dei fisiologi. Ma gli insegnamenti delle Upanishad, se ben compresi,
contengono molta più scienza vera di quello che sono disposti ad ammettere gli orientalisti,
che non li comprendono affatto. Le correlazioni mentali quanto quelle fisiche dei sette sensi
— sette sul piano fisico e sette sul piano mentale —sono chiaramente spiegate e definite nei
Veda e specialmente nella Upanishad chiamata Anugîtâ:
L’indistruttibile e il distruttibile, tale è la doppia manifestazione del Sé. Di questi due, è l’indistruttibile
che esiste (la vera essenza o natura del Sé, i princìpi sottostanti), la manifestazione quale entità individuale è
chiamata il distruttibile.1
Così parla l’Asceta nell’Anugîtâ e, proseguendo:
Chiunque sia due volte nato (iniziato) sa che tale è l’insegnamento degli antichi... Lo Spazio è la prima
entità... Ora lo Spazio (Akâsha o il Noumeno dell’Etere) ha una qualità…... e si afferma che questa è soltanto il
suono... (e le) qualità del suono (sono) Shadja, Rishabha, insieme a Gândhâra, Madhyama, Panchama; ed oltre a
questi (si dovrebbe capire che sono) Nishâda e Dhaivata (la scala musicale indù).2
Queste sette note della scala sono i princìpi del suono. Le qualità di ogni elemento,
come di ogni senso, sono settenarie; e giudicare e dogmatizzare su di esse basandosi sulla loro
manifestazione sul piano materiale o oggettivo — manifestazione a sua volta settenaria in se
stessa — è del tutto arbitrario. Poiché è soltanto mediante l’emancipazione del SÉ da queste
sette cause di illusione che possiamo acquisire la conoscenza (la Saggezza Segreta) delle
qualità degli oggetti dei sensi sul loro duplice piano di manifestazione, quello visibile e quello
invisibile. Così è detto:
Ascoltami... esporre questo meraviglioso mistero... Ascolta pure l’assegnazione esauriente delle cause.
Il naso, la lingua, l’occhio, la pelle e l’orecchio come il quinto (organo dei sensi), la mente e la ragione3, questi
sette (sensi) dovrebbero essere considerati come le cause (della conoscenza) delle qualità. L’odorato, il gusto, il
colore, il suono ed il tatto come il quinto, l’oggetto dell’operazione mentale, e l’oggetto della ragione, (il senso
spirituale più elevato o la percezione), questi sensi sono le cause dell’azione. Colui che odora, che mangia, che
vede, che parla e che ode come il quinto, che pensa e che comprende, deve rendersi conto che questi sette
dovrebbero essere considerati quali le cause degli agenti. Questi (gli agenti), essendo in possesso delle qualità
(sattwa, rajas, tamas), gustano le loro proprie qualità, sia gradevoli che sgradevoli.4
I commentatori moderni, incapaci di comprendere il sottile significato degli antichi,
interpretano la frase “le cause degli agenti” con il significato che “le facoltà di odorare, ecc.,
quando sono attribuite al Sé, lo fanno apparire come un agente, come un princìpio attivo” (!),
la qual cosa è del tutto fantastica. Questi “sette” sono considerati le cause degli agenti,
essendo “gli oggetti delle cause, poiché il loro godimento causa un’impressione”.
Esotericamente significa che essi, questi sette sensi, sono causati dagli agenti, che sono le
“divinità” ; poiché altrimenti che cosa significherebbe o potrebbe significare la frase che
segue? “Così”, è detto, “questi sette (sensi) sono le cause dell’emancipazione” — cioè,
quando queste cause sono rese inefficaci. Ed ancora la frase, “fra i dotti (i saggi Iniziati) che
comprendono ogni cosa, le qualità che sono nella posizione (o piuttosto, nella natura) delle
divinità, ciascuna al suo posto”, ecc., significa semplicemente che i “dotti” comprendono la
natura del Noumeno dei vari fenomeni; e che, in questo caso, “qualità” vuol dire le qualità
degli Dèi elevati o Intelligenze Planetarie, o Elementali, che governano gli elementi ed i loro
prodotti, e niente affatto i “sensi”, come pensano i commentatori moderni. Poiché gli eruditi
1
Cap. XIII, traduzione di Telang, p. 292.
Ibid. cap. XXXVI, p. 385.
3
La divisione dei sensi fisici in cinque ci proviene dalla più lontana antichità, ma, pur adottandone il numero, nessun filosofo moderno
si è domandato come questi sensi possano esistere, cioè essere percepiti e adoperati in maniera cosciente, a meno che non esista il sesto
senso, la percezione mentale, per registrarli e ricordarli; e — questo per i metafisici e gli occultisti — il settimo per preservarne il
frutto spirituale ed il ricordo, come in un Libro della Vita che appartiene al Karma.
Gli antichi dividevano i sensi in cinque semplicemente perché i loro Istruttori, gli Iniziati, si fermavano all’udito,
sviluppandosi tale senso sul piano fisico, o piuttosto, essendo stato diminuito e limitato a questo piano soltanto al princìpio
della Quinta Razza. Già la Quarta Razza aveva cominciato a perdere la condizione spirituale sviluppata in modo così
preminente nella Terza Razza.
4
Anugita, cap. X, pp. 277, 278. Traduzione K. T. Telang, 1882 Oxford – Clarendon Press.
2
404
non suppongono che i loro sensi abbiano a che fare con loro stessi più che con il proprio SÉ.
Inoltre, nella Bhagavad Gîtâ, leggiamo di Krishna, o la Divinità, che dice:
Solo alcuni mi conoscono veramente. Terra, acqua, fuoco, aria, spazio (o Âkâsha, Etere), intelligenza,
ragione ed egoismo (o la percezione di tutti i precedenti sul piano illusorio)…... questo è una forma inferiore
della mia natura. Sappi (che vi è) un’altra (forma della mia) natura, più elevata di questa, che è il princìpio di vita
dal quale, o tu dalle possenti braccia, questo universo è sostenuto…... Tutto ciò è intessuto su di me, come una
quantità di perle su un filo1. Io sono il sapore delle acque, o figlio di Kuntî; io sono la luce del sole e della luna.
Io sono…... il suono (“cioè l’essenza occulta sottostante a tutte queste qualità e a tutte le altre delle diverse cose
menzionate — nota del traduttore: Telang) nello spazio... la pura fragranza nella terra, il fulgore nel fuoco...
ecc.”2.
Si dovrebbe, in realtà, studiare la filosofia occulta prima di porsi alla ricerca e alla
verifica dei misteri della Natura soltanto alla sua superficie; poiché solo colui “che conosce la
verità relativamente alle qualità della Natura, colui che comprende la creazione di tutte le
entità... è emancipato” dall’errore. Dice l’Istruttore:
Quando si comprende esattamente il grande (albero) del quale il non-percepito (la Natura Occulta, la
radice di tutto) è il germoglio che esce dal seme (Parabrahman), che consiste dell’intelletto (Mahat, o l’Anima
Intelligente Universale) quale suo tronco, i cui rami sono il grande egoismo3, nei cui fori sono i germogli, cioè i
sensi, dei quali i grandi (occulti o invisibili) elementi sono i fasci di fiori4, gli elementi grossolani (la materia
densa oggettiva) i ramoscelli minori, che sono costantemente coperti di foglie e di fiori... che è eterno e il cui il
seme è il Brahman (la Divinità); e tagliandolo con quella spada eccellente — la conoscenza (la Saggezza
Segreta) — possiamo raggiungere l’immortalità e liberarci dalla nascita e dalla morte.5
Questo è l’Albero della vita, l’Albero Ashvattha, ed è solo dopo averlo tagliato che
l’Uomo, lo schiavo della vita e della morte, potrà emanciparsi.
Ma gli scienziati non conoscono, né vogliono sentir parlare della “Spada della
Conoscenza” adoperata dagli Adepti e dagli Asceti. Da ciò derivano le osservazioni unilaterali
fatte anche dagli scienziati più liberali, basate sulla importanza ingiustificata attribuita alle
divisioni e classificazioni arbitrarie della scienza fisica. Tanto l’Occultismo che la Natura vi
prestano pochissima attenzione. La serie intera dei fenomeni fisici procede dall’Originale
dell’Æther-Âkâsha; poiché l’Âkâsha dalla duplice natura procede dal cosidetto Chaos
indifferenziato, essendo quest’ultimo l’aspetto primario di Mûlaprakriti, la Radice della
Materia e la prima Idea astratta che possiamo formarci di Parabrahman. La scienza moderna
può dividere il suo ipotetico Etere in tutti i modi che desidera, ma il vero Æther dello Spazio
rimarrà dappertutto quale è. Esso ha i suoi sette “princìpi”, come tutto il resto della Natura, e
dove non vi fosse Æther non vi sarebbe “suono”, poiché esso è la tavola armonica vibrante
nella Natura in tutte le sue sette differenziazioni. Questo è il primo dei misteri che gli antichi
Iniziati imparavano a conoscere. In quei giorni di evoluzione discendente lenta e progressiva e
di caduta nella Materia, i nostri attuali sensi fisici erano, dal nostro punto di vista attuale,
anomali. E vi fu un’epoca in cui tutto quello che attualmente viene considerato come
eccezionale, e che è così sconcertante per i fisiologi, costretti adesso ad ammettere certi
fenomeni quali la trasmissione del pensiero, la chiaroveggenza, la chiaroudienza, ecc., in
poche parole: tutto ciò che viene definito come “meraviglioso ed anomale” — apparteneva ai
sensi ed alle facoltà comuni a tutta l’umanità. Noi però procediamo ciclicamente,
retrocedendo ed avanzando in pari tempo; ossia, avendo perduto in spiritualità quanto
abbiamo acquisito in sviluppo fisico, finché adesso quasi al termine della Quarta Razza,
stiamo adesso perdendo gradatamente ed impercettibilmente nel fisico tutto ciò che stiamo
1
Mundakopanishad, pag. 298.
Bhagavadgîtâ, canto VII.; ibid., pp. 73-74.
3
Supponiamo che Ahamkâra sia quella “percezione di essere un Ego o l’esseità di Aham”, che porta ad ogni
errore.
4
Gli elementi sono i cinque Tanmâtra della terra, dell’acqua, del fuoco, dell’aria e dell’etere, che producono gli
elementi più grossolani.
5
Anugîtâ, cap. XX; ibid. pag. 313.
2
405
nuovamente riacquisendo nella nuova evoluzione spirituale. Questo processo proseguirà fino
al raggiungimento del periodo che porterà la Sesta Razza-Radice ad un livello parallelo a
quello della spiritualità in cui si trovava la Seconda Razza, un’umanità da lungo tempo
estinta.
Ma tutto questo, adesso, difficilmente sarà capito. Dobbiamo ritornare all’ipotesi
colma di speranze, benché alquanto inesatta, del dr. Richardson relativa “all’Etere Nervoso”.
L’Âhâsha, mal tradotto con la parola “Spazio”, parola che può sviare dal suo vero significato,
è presentato nell’antico sistema indù come il “primogenito” dell’Uno, che ha una sola qualità,
il “Suono”, che è settenario. Nel linguaggio esoterico questo Uno è il Dio Padre, ed il Suono è
un sinonimo del Logos, del Verbo o del Figlio. Consciamente o no, deve trattarsi di
quest’ultimo; il dr. Richardson, mentre insegna una dottrina occulta, sceglie la forma più
bassa della Natura settenaria di quel Suono e, meditandovi sopra, aggiunge:
La teoria che propongo è che l’etere nervoso sia un prodotto animale. Nelle diverse specie animali esso
può differire come qualità fisica onde adattarsi alle speciali necessità dell’animale, però esso esplica una
funzione essenzialmente identica in tutti gli animali, ed è prodotto nel medesimo modo.
È in ciò che si trova la radice dell’errore dal quale derivano tutte le varie concezioni
errate. Questo “Etere Nervoso” è il princìpio inferiore dell’Essenza Primordiale che
costituisce la Vita. È la Vitalità Animale diffusa in tutta la Natura, e che agisce a seconda
delle condizioni che essa trova per l’esplicazione della propria attività. Non è un “prodotto
animale”, ma l’animale vivente, il fiore e la pianta viventi sono i suoi prodotti. I tessuti
animali l’assorbono soltanto, secondo il loro stato di maggiore o minore salute o infermità —
come i materiali e le strutture fisiche (nota bene, nel loro stato primigenio) — e fin dal
momento della nascita dell’entità, sono regolati, fortificati ed alimentati da essa. Questa
Vitalità discende in misura maggiore nella vegetazione nel Raggio Solare Sushumnâ che
illumina ed alimenta la Luna, ed è attraverso i suoi raggi che esso riversa la sua luce
sull’uomo e sull’animale penetrando in essi durante il loro sonno e il loro riposo, più che
quando sono in piena attività. Di conseguenza, il dr. Richardson s’inganna nuovamente
affermando che:
L’etere nervoso, secondo la mia idea, non è attivo di per sé e non è neppure un eccitante del movimento
animale nel senso di una forza; ma è essenziale per fornire le condizioni mediante le quali il movimento è reso
possibile. (È invece precisamente l’opposto)…... È il conduttore di tutte le vibrazioni del calore, della luce, del
suono, dell’azione elettrica, dell’attrito meccanico”1. Mantiene in tutto e per tutto il sistema nervoso in tensione
perfetta durante gli stati della vita (è vero). È disposto dall’esercizio (o meglio, generato)…... e quando la
richiesta supera la provvista esistente, la sua deficienza è indicata dal collasso nervoso o dall’esaurimento2. Si
accumula durante il sonno nei centri nervosi, portandoli, per così dire, alla loro dovuta tonalità, ridestando in tal
modo i muscoli all’attività ed a rinnovata vitalità.
Proprio così, ciò è giusto e molto chiaro. Quindi:
Il corpo, completamente rinnovato da esso, dimostra capacità di movimento, pienezza di forma, di vita.
Privo di quest’etere nervoso, il corpo appare inerte, prende l’aspetto contratto della morte, dando così la prova
evidente di aver perduto qualche cosa di fisico che era in esso quando era vivo.
La scienza moderna nega l’esistenza di un “princìpio vitale”. Questo estratto è una
prova evidente del suo grande errore. Ma questo “qualche cosa di fisico” che noi chiamiamo il
fluido vitale — il Liquor Vitae di Paracelso — non ha abbandonato il corpo, come pensa il dr.
Richardson, ma è passato semplicemente dallo stato attivo a quello passivo, è diventato
latente a causa dello stato troppo morboso dei tessuti, sui quali non può più agire. Quando il
rigor mortis è assoluto, il Liquor Vitae si risveglierà all’azione e comincerà chimicamente il
1
Il conduttore nel senso di Upâdhi — cioè di una base materiale o fisica; ma, nella sua qualità di secondo princìpio
dell’Anima Universale e Forza Vitale nella Natura, è guidato intelligentemente dal suo quinto princìpio.
2
E la sua eccessiva esuberanza nel sistema nervoso conduce spesso alla malattia ed alla morte. Se fosse il sistema animale a
generarlo, ciò non accadrebbe certamente. Quindi quest’ultima circostanza dimostra la sua indipendenza rispetto al sistema,
ed il suo collegamento con la Forza-Solare, come spiegano Metcalfe e Hunt.
406
suo lavoro sugli atomi. Brahmâ-Vishnu, il Creatore ed il Preservatore della Vita, si sarà
trasformato allora in Shiva, il Distruttore.
Infine il dr. Richardson scrive :
L’etere nervoso può essere avvelenato, e intendo dire con ciò che può essere permeato, per semplice
diffusione gassosa, da altri gas o vapori provenienti dall’esterno; può trarre dall’interno prodotti di sostanze
trangugiate ed ingerite, o gas di decomposizione prodotti nell’organismo stesso durante le malattie.1
E l’erudito scienziato avrebbe potuto aggiungere, sulla base del medesimo princìpio
occulto, che “l’Etere Nervoso” di un individuo può essere avvelenato dall’“Etere Nervoso” di
un altro, o dalle sue “emanazioni auriche”. Vediamo ora che cosa dice Paracelso a proposito
di questo “ Etere Nervoso”:
L’Archaeus è di natura magnetica, ed attrae o respinge altre forze simpatiche o antipatiche appartenenti
al medesimo piano. Quanto minore è il potere di resistenza alle influenze astrali posseduto da un individuo, tanto
maggiormente egli sarà soggetto a tali influenze. La forza vitale non è racchiusa nell’uomo, ma si irradia (dentro
di lui e) attorno a lui simile ad una sfera luminosa (l’aura) e la si può far agire a distanza….. Può avvelenare
l’essenza della vita (il sangue) e produrre malattie, oppure può purificarla se divenuta impura e ristabilire la
salute2.
Che i due, “l’Archaeus” e l’ Etere Nervoso” siano identici è dimostrata dallo
scienziato inglese il quale dice che generalmente la sua tensione può essere troppo elevata o
troppo bassa; e può essere così:
In conseguenza di cambiamenti locali nella materia nervosa di cui si riveste... Sotto eccitazione violenta
può vibrare come in una tempesta e porre tutti i muscoli sotto controllo cerebrale o spinale in moto incontrollato
— in convulsioni inconscienti.
Questo viene chiamato “eccitazione nervosa”, ma nessuno, ad eccezione
dell’occultista, conosce la ragione di una simile perturbazione nervosa o ne sa spiegare le
cause prime. Il princìpio di vita può uccidere se è troppo esuberante ed anche se è troppo
scarso. Ma questo “princìpio” sul piano manifestato, e cioè sul nostro piano, è soltanto
l’effetto e il risultato dell’azione intelligente della “Legione” o Princìpio collettivo, la Vita e
la Luce in manifestazione. Questo princìpio è subordinato alla Vita Unica Assoluta,
eternamente invisibile, dalla quale emana in una scala discendente e nuovamente ascendente
di gradi gerarchici; una vera scala settenaria avente alla sua sommità il Suono, il Logos, ed
alla sua base i Vidyâdhara3, i Pitri inferiori.
Naturalmente gli occultisti sono pienamente consapevoli del fatto che il “sofisma
vitalista” così deriso da Vogt e da Huxley è, tuttavia ancora condiviso in ambienti scientifici
1
Pag. 387.
In Paragranum; da Vita di Paracelso, del dr. F. Hartmann.
3
In una recente opera sul Simbolismo nel Buddhismo e nel Cristianesimo — o piuttosto nel Buddhismo e nel Cattolicesimo
Romano, poiché molti dei riti e dei dogmi posteriori del Buddhismo del Nord, nella sua forma popolare exoterica, sono
identici a quelli della Chiesa Latina — si trovano alcuni fatti curiosi. L’autore di questo volume, mostrando più pretese che
erudizione, ha riempito la sua opera indistintamente di insegnamenti buddhisti antichi e moderni, ed ha fatto una grande
confusione fra Lamaismo e Buddhismo. A p. 404 di detto volume il cui titolo è: “Buddhism in Christendom, or Jesus
the Essene [Il Buddismo nel Cristianesimo, o Gesù l’Esseno”], il nostro pseudo-orientalista si dedica alla critica dei
“Sette Princìpi” dei “buddhisti esoterici” e tenta di metterli in ridicolo. A pag. 405, la pagina finale, egli parla
entusiasticamente dei Vidyâdhara, “le sette grandi Legioni degli uomini morti divenuti saggi”. Ora questi Vidyâdhara, che
alcuni orientalisti chiamano “semidèi”, sono infatti, exotericamente, una specie di Siddha, “pieni di devozione”, ed
esotericamente sono identici alle sette classi dei Pitri, una delle quali dota l’uomo della Terza Razza di auto-coscienza,
incarnandosi nei gusci umani. L’“Inno del Sole” che si trova in fondo a questo strano volume a mosaico che attribuisce al
Buddhismo un Dio personale (!) è un infelice colpo dato alle prove stesse riunite con tanta cura dallo sfortunato autore.
I teosofi sanno benissimo che Rhys Davids ha espresso pure la propria opinione sulle loro credenze. Egli dice che le
teorie esposte dall’autore del “Buddhismo Esoterico” non erano né buddhiste né esoteriche. L’osservazione è il risultato di
un infelice errore commesso nello scrivere “Buddhismo” invece di “Budhaismo” o “Budhismo”, cioè congiungendo il
sistema con la religione di Gautama, invece che con la Saggezza Segreta insegnata da Krishna, Shankarâchârya e da molti
altri come dal Buddha stesso, e dell’impossibilita in cui si trova Rhys Davids di sapere qualcosa sui veri insegnamenti
esoterici. Nondimeno, siccome egli è il più grande conoscitore odierno della letteratura Pali e buddhista, bisogna ascoltarlo
con rispetto. Ma allorché un individuo che non conosce il Buddhismo Esoterico dal punto di vista scientifico e materialista,
più della Filosofia Esoterica, diffama coloro che il suo disprezzo rende più onorati, ed assume di fronte ai teosofi delle arie
da profondo scienziato, non ci resta altro che sorridere o meglio addirittura ridergli in faccia.
2
407
molto elevati, e sono quindi lieti di pensare che non sono soli. Così il prof. de Quatrefages,
scrive:
È verissimo che non sappiamo cosa sia la vita, ma è altrettanto vero che non sappiamo nemmeno cosa
sia la forza che mette le stelle in movimento... Gli esseri viventi sono pesanti e, conseguentemente, soggetti alla
gravitazione; essi sono sede di numerosi e svariati fenomeni fisico-chimici che sono indispensabili alla loro
esistenza, e che dobbiamo attribuire all’azione eterodinamica (elettricità, calore, ecc.). Ma questi fenomeni si
manifestano qui sotto l’influenza di un’altra forza… La vita non è in antagonismo con le forze inanimate, ma
essa governa e dirige la loro azione mediante le sue leggi”1.
__________
1
The Human Species, pp. 10-11.
408
SEZIONE VIII
LA TEORIA SOLARE
BREVE ANALISI DEGLI ELEMENTI COMPOSTI E SEMPLICI DELLA SCIENZA
CONFRONTATI CON GLI INSEGNAMENTI OCCULTI. FINO A CHE PUNTO QUESTA TEORIA, COSÌ
COM’È GENERALMENTE ACCETTATA, È SCIENTIFICA.
Nella sua replica all’attacco del dottor Gull contro la teoria della Vitalità, che nella
Filosofia Occulta è connessa in modo inseparabile con gli Elementi degli antichi, il prof.
Beale, il grande fisiologo, ha alcune parole tanto suggestive quanto belle:
Nella vita c’è un mistero che non è mai stato scandagliato, e che appare tanto più grande quanto più
profondamente sono studiati e meditati i fenomeni della vita. Nei centri viventi — di gran lunga più centrali dei
centri visti dai più potenti mezzi d’ingrandimento — nei centri della materia vivente dove l’occhio non può
penetrare, ma verso cui l’intelletto può tendere — vi sono continui cambiamenti, sulla natura dei quali i chimici
e i fisici più avanzati non sanno darci alcuna spiegazione: né vi è ragione di credere che la natura di questi
cambiamenti sarà mai accertata dall’investigazione fisica, in quanto essi sono certamente di ordine o di natura
del tutto diversa da quelli fra cui si può collocare ogni altro fenomeno a noi noto.
Questo “mistero” o l’origine dell’Essenza di Vita, l’Occultismo lo pone nello stesso
centro del nucleo della prima materia del nostro sistema solare, poiché essi sono un’unica
cosa. Come dice il Commentario:
Il Sole è il cuore del Mondo [Sistema] Solare, e il suo cervello è nascosto dietro il
Sole [visibile]. Da qui, la sensazione è irradiata ad ogni centro nervoso del grande corpo, e
le onde dell’essenza di vita scorrono in ogni arteria e in ogni vena... I pianeti sono le sue
membra e le sue pulsazioni.
È stato detto altrove1 che la filosofia occulta nega che il Sole sia un globo in
combustione, ma lo definisce semplicemente come un mondo, una sfera ardente dietro cui è
nascosto il Sole reale, del quale il Sole visibile è soltanto il riflesso, il guscio. Le foglie di
salice di Nasmyth, scambiate da Sir John Herschell per “abitanti solari”, sono i serbatoi
dell’energia vitale solare, “l’elettricità vitale che alimenta l’intero sistema; il sole in
abscondito è così il magazzino del nostro piccolo Cosmo, che genera da sé il suo fluido vitale
e che riceve sempre tanto quanto dà” ; ed il sole visibile è solo una finestra tagliata nel vero
palazzo solare, che però mostra senza deformazioni il lavorio interiore.
Così, durante il periodo, o vita, solare manvatarico, vi è una regolare circolazione del
fluido vitale attraverso il nostro sistema, di cui il Sole è il cuore — simile alla circolazione del
sangue nel corpo umano, poiché il Sole si contrae altrettanto ritmicamente come il cuore
umano ad ogni riflusso di sangue. Soltanto, invece di compiere il circuito in un secondo o giù
di lì, il sangue solare impiega dieci dei suoi anni a circolare, e un anno intero a passare
attraverso i suoi atri e i suoi ventricoli, prima di andare nei polmoni e ritornare quindi alle
grandi arterie e vene del Sistema.
Questo la scienza non lo negherà, dato che l’Astronomia è a conoscenza del ciclo fisso
di undici anni, quando aumenta il numero delle macchie solari,2 aumento dovuto alle
1
The Theosophist.
La scienza non solo non nega il fatto, anche se l o attribuisce come sempre a una causa erronea, e anche se tutte le teorie si
contraddicono l’una con l’altra (vedi le teorie di Secchi, di Faye e di Young), come, ad esempio, che le macchie
dipendono dall’accumulazione in superficie di vapori più freddi della fotosfera (?), ecc. ecc.; addirittura ci sono degli
scienziati che astrologizzano sulle macchie. Il professor J e v o n s attribuisce tutte le grandi crisi periodiche commerciali
all’influenza delle macchie solari ogni undicesimo anno ciclico (vedi il suo Investigations into Currency and Finance).
Questo è certo degno di lode e d’incoraggiamento.
2
409
contrazioni del cuore solare. L’Universo, in questo caso il nostro mondo, respira, proprio
come sulla Terra respirano l’uomo ed ogni creatura vivente, ogni pianta, persino ogni
minerale; e come respira ogni ventiquattrore il nostro globo stesso. La zona oscura non è
dovuta ad assorbimento esercitato dai vapori uscenti dal grembo del sole ed interposti fra
l’osservatore e la fotosfera”, come vorrebbe padre Secchi1, né le macchie sono formate dalla
“stessa (materia gassosa infiammata) che l’irruzione proietta sul disco solare”. I1 fenomeno è
simile alla regolare e sana pulsazione del cuore, quando il fluido vitale passa attraverso i suoi
muscoli cavi. Se il cuore umano potesse divenire luminoso, e l’organo vivente pulsante
potesse essere reso visibile, come fosse riflesso su uno schermo, proprio come gli insegnanti
di Astronomia, per esempio, usano mostrare la luna, allora ognuno vedrebbe i fenomeni della
macchia solare ripetersi ad ogni secondo, e si renderebbe conto che essi sono dovuti alla
contrazione e all’affluire del sangue. In un’opera di Geologia leggiamo che:
Il sogno della scienza è che un giorno venga scoperto che tutti gli elementi chimici riconosciuti sono
2
soltanto modificazioni di un elemento materiale” .
Questo la Filosofia Occulta l’ha insegnato da quando esistono la parola ed il
linguaggio umano, aggiungendo, peraltro, secondo il princìpio dell’immutabile legge di
analogia: “come è in alto, così è in basso”, un altro dei suoi assiomi: che non c’è, in realtà, né
Spirito né Materia, ma solo innumerevoli aspetti dell’Unico sempre celato, l’Essere assoluto o
Sat. L’elemento primordiale omogeneo è semplice e unico solo sul piano terrestre della
coscienza e della sensazione — poiché la Materia, dopo tutto, non è altro che il susseguirsi dei
nostri stati di coscienza, e lo Spirito un’idea d’intuizione psichica. Perfino sul piano
successivo più elevato, quell’elemento unico, che sulla nostra terra è definito dalla scienza
corrente come l’ultimo costituente indecomponibile di qualche specie di Materia, sarebbe
considerato, nel mondo di una più alta percezione spirituale, come qualcosa di veramente
molto complesso. La nostra acqua più pura rivelerebbe, invece dei suoi elementi cosiddetti
semplici di idrogeno e ossigeno, molti altri costituenti che la nostra Chimica terrestre non si
sogna neppure. Sia nel regno della Materia, come in quello dello Spirito, l’ombra di ciò che è
conosciuto sul piano oggettivo, esiste su quello della pura soggettività. La particella della
sostanza perfettamente omogenea, il sarcode della Moneron Haeckeliana, è ora considerato
come l’archebiosi dell’esistenza terrestre (il protoplasma di Huxley)3, e il Bathybius Haeckelii
si deve far risalire all’archebiosi pre-terrestre. Questo è percepito innanzitutto dagli astronomi,
ma solo al suo terzo stadio di evoluzione, e nella cosiddetta “creazione secondaria”. Ma gli
studiosi di Filosofia Esoterica comprendono bene il significato segreto della Stanza :
Brahmâ... ha essenzialmente l’aspetto di Prakriti, sia evoluto e sia non evoluto... Lo spirito, o Nato duevolte [Iniziato] è l’aspetto principale di Brahmâ. Quello successivo è un aspetto duplice [di Prakriti e Purusha]...
sia evoluto e sia non evoluto; e l’ultimo è il Tempo!4
Anu è uno dei nomi di Brahmâ, distinto da Brahman, e significa “atomo”: anîyâmsam
aniyasâm, “il più atomico degli atomici”, “l’immutabile ed imperituro (achyuta)
Purushottama”.
È certo quindi che gli elementi da noi finora conosciuti — qualunque sia il loro
numero — intesi e definiti come lo sono adesso, non sono, né possono essere, gli elementi
primordiali. Essi furono formati “dai grumi della fredda Madre radiante” e “dal seme di
fuoco del Padre ardente”, che “sono uno”; o, per esprimerci nel linguaggio più semplice della
scienza moderna, quegli Elementi ebbero la loro genesi nelle profondità della primordiale
1
Padre Angelo Secchi, Le soleil, II, pag. 184. 1875-1877.
World-Life, pag. 48.
3
Disgraziatamente, mentre scriviamo queste pagine, “l’archebiosi dell’esistenza terrestre” è diventata, in seguito ad
un’analisi chimica un po’ più severa, un semplice precipitato di solfato di calcio; vale a dire, dal punto di vista scientifico,
neppure una sostanza organica! Sic transit gloria mundi!
4
Vishnu Purâna, Wilson, I, 16, traduzione di Fitzedward Hall.
2
410
Nebbia di Fuoco, nelle masse di vapore incandescente delle nebulose irresolvibili; poiché,
come dimostra il prof. Newcomb, le nebulose resolvibili non costituiscono una classe di
nebulose vere e proprie. Egli ritiene che più della metà di quelle che furono dapprima
scambiate per nebulose siano ciò che lui chiama “ammassi stellari” .
Gli elementi finora conosciuti sono arrivati al loro stato di permanenza in questa
Quarta Ronda e Quinta razza. Essi hanno un breve periodo di riposo prima di essere proiettati
ancora una volta nella loro evoluzione spirituale ascendente, quando il “fuoco vivente
dell’Orco”1 disgregherà il più insolubile di essi e li disperderà nuovamente nell’Uno
primordiale.
Intanto l’occultista va più in là, come si è dimostrato nei Commentari delle sette
Stanze. Perciò, difficilmente può sperare in qualsiasi aiuto o riconoscimento da parte della
scienza, che respingerà sia il suo “anîyâmsam anîyâsam”, l’atomo assolutamente spirituale,
sia i suoi “Mânasaputra” o Uomini nati dalla Mente. Nel risolvere “l’elemento unico materiale
“ in un unico elemento assoluto, non solubile, lo Spirito, o Radice della Materia, mettendolo
così d’un colpo al di fuori della portata e della competenza della filosofia fisica, egli ha
naturalmente ben poco in comune con gli ortodossi della scienza. Egli sostiene che Spirito e
Materia sono due facce o aspetti dell’inconoscibile Unità, poiché i loro aspetti apparentemente
contrastanti dipendono: a) dai vari gradi di differenziazione della Materia, e b) dai gradi di
coscienza raggiunti dall’uomo stesso. Questa peraltro è Metafisica, ed ha ben poco a che fare
con la Fisica, per quanto grande sia la Filosofia fisica malgrado le proprie limitazioni terrestri.
Eppure, una volta che la scienza accetterà, se non l’effettiva esistenza, almeno la
possibilità dell’esistenza di un Universo con le sue innumerevoli forme, condizioni e aspetti
costruiti di “un’unica sostanza”2, essa dovrà andare ancora più in là.
A meno che non ammetta anch’essa la possibilità di un Elemento Unico, o della Vita
Unica degli occultisti, dovrà sospendere quella “Sostanza Unica”— specie se limitata soltanto
alle nebulose solari — a mezz’aria, come la cassa mortuaria di Maometto, pur senza la
calamita che sosteneva quella cassa. Fortunatamente per i fisici speculativi, se non siamo
capaci di stabilire con un certo grado di precisione che cosa mai implica la teoria delle
nebulose, grazie al prof. Winchell ed ai vari astronomi dissidenti abbiamo potuto almeno
imparare che cosa essa non implichi.
Purtroppo ciò è ben lontano dal far luce anche sul più semplice dei problemi che
hanno tormentato e tormentano ancora gli eruditi nella loro ricerca della verità. Dobbiamo
continuare con le nostre investigazioni, partendo fin dalle prime ipotesi della scienza
moderna, se vogliamo scoprire dove e perché essa sbaglia. Forse si constaterà che Stallo, dopo
1
[L’Ade, il mondo sotterraneo. –N.d.T.]
N e l suo World-Life (pag. 48), nelle note annesse, i l prof. Winchell dice: “ È generalmente ammesso che a
temperature altissime la materia esista in una stato di dissociazione; cioè, non può esistere alcuna combinazione
chimica e, per provare l’unità della materia, bisognerà ricorrere allo spettro, che, in ogni caso di omogeneità,
mostrerà una linea brillante laddove nel caso di diversi ordinamenti molecolari — esistenti nelle nebulose o in
una stella — “lo spettro consterebbe di due o tre linee brillanti”! Questa, per il fisico occultista, non sarebbe
affatto una prova, poiché egli afferma che, al di là di un certo limite della materia visibile, né spettro, né
telescopio, né microscopio servono. L’unità della materia, di quella che per l’alchimista è veramente materia
cosmica, o “Terra di Adamo” come la chiamano i cabalisti, può difficilmente essere provata o confutata, sia
dall’erudito francese Dumas, che attribuisce la “natura composta” degli “elementi” a “certe relazioni fra i pesi
atomici, sia pure dalla “materia radiante di Crookes, sebbene, a quanto pare, i suoi esperimenti “siano compresi
meglio ammettendo l’ipotesi dell’omogeneità degli elementi della materia e della continuità degli stati della
materia”. Poiché tutto questo non va al di là della Materia materiale, per così dire, anche in ciò che ci mostra lo
spettro, questo moderno “occhio di Shiva” degli esperimenti fisici. È solo di questa materia che H. St. Claire
Deville poteva dire che “quando i corpi giudicati semplici si combinano insieme, svaniscono, sono
individualmente annullati” semplicemente perché non poteva seguire questi corpi nella loro ulteriore
trasformazione nel mondo della Materia cosmica spirituale. In verità, la scienza moderna non sarà mai in grado
di penetrare nelle formazioni cosmologiche abbastanza a fondo da trovare le radici della Stoffa del Mondo, o
Materia, a meno che non segua la stessa linea di pensiero dell’alchimista medievale.
2
411
tutto, ha ragione, e che gli spropositi, le contraddizioni e gli errori in cui cadono i più eminenti
uomini di cultura sono dovuti semplicemente alla loro attitudine anormale. Sono e vogliono
restare materialisti quand même, e tuttavia “i princìpi generali della teoria atomico-meccanica
— la base della fisica moderna — sono sostanzialmente identici alle dottrine cardinali della
Metafisica ontologica”. Così “gli errori fondamentali dell’ontologia divengono evidenti in
proporzione dei progressi della scienza fisica”1. La scienza è piena di concezioni metafisiche,
ma gli scienziati non vogliono ammetterlo e combattono disperatamente per ricoprire di una
maschera atomico-meccanica le leggi puramente incorporee e spirituali della Natura sul
nostro piano, rifiutando di ammettere la loro sostanzialità anche su altri piani, dei quali
respingono a priori la stessa esistenza.
Tuttavia è facile dimostrare come gli scienziati, attaccati ai loro punti di vista
materialistici, dal tempo di Newton in poi si siano sforzati di mettere delle maschere
menzognere sui fatti e sulle verità. Ma il loro compito diventa ogni giorno più difficile; e ogni
anno la Chimica, oltre alle altre scienze, si avvicina sempre più al regno dell’occulto, nella
Natura. Essa sta assimilando le verità stesse insegnate da secoli dalle Scienze Occulte, ma
finora aspramente derise. “La Materia è eterna” dice la Dottrina Esoterica. Ma la Materia che
l’occultista concepisce nel suo stato laya o stato zero, non è la materia della scienza moderna,
neppure nel suo stato gassoso più rarefatto. La “materia radiante” di Crookes apparirebbe
materia della specie più grossolana nel regno dei princìpi, poiché diventa puro Spirito prima
di ritornare ancora al suo primo punto di differenziazione. Perciò, quando l’Adepto o
l’alchimista aggiunge che, sebbene la materia sia eterna perché è Pradhâna, tuttavia gli atomi
nascono ad ogni nuovo Manvantara, o ricostruzione dell’Universo, non è una contraddizione,
come potrebbe pensare il materialista, che non crede in niente al di là dell’atomo. C’è una
differenza tra Materia manifestata e Materia non-manifestata, tra Pradhâna, la causa senza
inizio e senza fine, e Prakriti, l’effetto manifestato. La shloka dice:
Ciò che è causa non evoluta è chiamata chiaramente dai più eminenti Saggi Pradhâna, base originale,
che è la Prakriti sottile, vale a dire ciò che è eterno e che nello stesso tempo è e non è, un mero processo2.
Ciò che nella fraseologia moderna è considerato come Spirito e Materia, è UNO
nell’eternità come la Causa Perpetua, e non è né Spirito né Materia, ma ESSO — reso in
Sanscrito da TAT, “quello” — tutto ciò che è, fu o sarà, tutto ciò che l’immaginazione
dell’uomo è capace di concepire. Persino il panteismo exoterico dell’Induismo rende tutto
questo come la filosofia monoteistica non fece mai, poiché con una fraseologia superba, la sua
Cosmogonia comincia con le ben note parole:
Non c’era né giorno né notte, né cielo né terra, né tenebra né luce. E non c’era niente che i sensi o le
facoltà mentali potessero percepire. Vi era, tuttavia, l’unico Brahmâ, essenzialmente Prakriti [Natura] e Spirito.
Perché i due aspetti di Vishnu, che differiscono dal suo aspetto supremo essenziale, sono Prakriti e Spirito, o
Brâhman. Quando questi suoi due altri aspetti non sussistono più ma sono dissolti, allora quell’aspetto, dal quale
procedono di nuovo la forma e il rimanente, cioè la creazione, è chiamato tempo, o due volte-nato.3
È ciò che si dissolve, o l’illusorio aspetto duale di Quello, la cui essenza è eternamente
Una, che noi chiamiamo Materia Eterna o Sostanza, senza sesso, inconcepibile anche per il
nostro sesto senso o Mente4, e nel quale, per questo motivo, ci rifiutiamo di vedere ciò che i
monoteisti chiamano un Dio personale e antropomorfico.
Come sono considerate queste due proporzioni — che la “materia è eterna” e che
l’atomo è periodico e non eterno” — dal punto di vista della scienza esatta moderna?
Il fisico materialista le criticherà e le schernirà. Tuttavia lo scienziato liberale e
progredito, il vero e zelante ricercatore scientifico della verità, come l’eminente chimico
1
Concepts of Modern Physics, pag. vi.
Vedi Vishnu Purâna, trad. di Fitzedward Hall, Vol. I, pag 20.
3
Libro I, capitolo II, p. 25. Vishnu Purâna, trad. di Fitzedward Hall.
4
Vedi, nella precedente Sezione VII: “Vita, Forza o Gravità”, la citazione tolta dall’Anugîtâ.
2
412
Crookes, corroborerà la probabilità delle due affermazioni. Poiché si era appena spenta l’eco
della sua conferenza sulla “Genesi degli Elementi” — conferenza da lui tenuta davanti alla
Chemical Section della British Association, al Convegno di Birmingham nel 1887, che
impressionò tanto tutti gli evoluzionisti che la ascoltarono e la lessero — che ne seguì un’altra
nel marzo 1888. Ancora una volta il Presidente della Chemical Society presentò davanti al
mondo della scienza e al pubblico i risultati di alcune nuove scoperte nel regno degli atomi, e
queste scoperte giustificavano pienamente gli Insegnamenti Occulti. Esse sono ancora più
impressionanti di ciò che egli espose nella sua prima conferenza, e meritano bene l’attenzione
di ogni occultista, teosofo e metafisico. Ecco quel che dice nel suo “Elements and MetaElements”, giustificando così le accuse e le previsioni di Stallo, con l’ardimento di una mente
scientifica che ama la scienza per conseguire la verità, senza riguardo a qualsiasi conseguenza
che possa derivarne alla sua gloria e alla sua reputazione. Citiamo le sue stesse parole :
Ora permettetemi, signori, di richiamare brevemente la vostra attenzione su un soggetto che concerne i
princìpi fondamentali della Chimica; soggetto che può condurci ad ammettere la possibile esistenza di corpi che,
sebbene né composti né miscugli, non sono elementi nel senso più stretto della parola - corpi che oserei chiamare
“meta-elementi”. Per spiegarvi ciò che intendo dire mi è necessario tornare al nostro concetto di elemento. Con
qual criterio giudicare un elemento? Dove tirare una linea di demarcazione fra esistenza distinta e identità?
Nessuno mette in dubbio che l’ossigeno, il sodio, il cloro, lo zolfo, siano elementi separati; e quando veniamo a
gruppi come il cloro, il bromo, lo iodio, ecc., non nutriamo pure alcun dubbio, sebbene siano ammissibili gradi
di “elementarietà”— ed a quella dovremo infine pervenire — e potrebbe essere ammesso che il cloro si avvicina
molto più strettamente al bromo che all’ossigeno, al sodio o allo zolfo.
Ancora, il nickel e il cobalto sono vicini fra loro, vicinissimi, sebbene nessuno metta in dubbio il loro
diritto di essere classificati fra gli elementi distinti. Peraltro, io non posso fare a meno di chiedermi quale sarebbe
stata l’opinione prevalente fra i chimici se le soluzioni rispettive di questi corpi e i loro composti presentassero
colori identici, invece di colori che, parlando approssimativamente, sono reciprocamente complementari. La loro
natura distinta sarebbe stata anche ora riconosciuta? Quando passiamo oltre e veniamo alle cosiddette terre rare,
si perde sempre più sicurezza. Forse possiamo accettare lo scandio, l’itterbio ed altri della stessa specie
nell’ordine degli elementi, ma che cosa diremo nel caso del praseo e neo-dimio, tra i quali si può dire non esista
una differenza chimica ben marcata, il loro principale diritto a una individualità separata essendo solo una lieve
differenza nella basicità e nei poteri cristallizzanti, per quanto le loro distinzioni fisiche, come mostrano le
osservazioni dello spettro, siano molto fortemente marcate? Anche qui possiamo immaginare che la disposizione
della maggioranza dei chimici sarebbe incline alla clemenza, per cui ammetterebbero questi due corpi dentro il
cerchio magico. Se così facendo potranno appellarsi a qualche chiaro princìpio, è quel che resta da vedersi. Se
ammettiamo questi candidati, come potremo, in coscienza, escludere la serie dei corpi elementari o metaelementi, che ci hanno fatto conoscere Krüsse e Nilson? Qui le differenze dello spettro sono ben marcate mentre
le mie stesse ricerche sul didimio mostrano anche una lieve differenza nella basicità tra qualcuno almeno di
questi corpi dubbiosi. Nella stessa categoria debbono essere inclusi i numerosi corpi separati, fra i quali è
probabile che l’erbio, l’ittrio, il samario ed altri “elementi”— così comunemente chiamati — siano stati e siano
presentemente suddivisi. Dove si deve allora tirare la linea di demarcazione? I differenti aggruppamenti si
compenetrano così impercettibilmente l’uno con l’altro che è impossibile tracciare una limite ben definito fra due
corpi adiacenti, e dire che il corpo che si trova da una parte della linea è un elemento, mentre quello che si trova
dall’altra parte non lo è, o è soltanto qualcosa che assomiglia o si avvicina a un elemento. Ovunque fosse
tracciata una linea apparentemente ragionevole, sarebbe senza dubbio facile assegnare subito la maggior parte
dei corpi dalla parte giusta, dato che in tutti i casi di classificazione la vera difficoltà sopravviene quando ci si
avvicina alla linea di confine. Delle lievi differenze chimiche, naturalmente, sono ammesse, e così pure avviene,
fino a un certo punto, tra differenze fisiche ben marcate.
Eppure che cosa si deve dire, quando la sola differenza chimica consiste in una quasi impercettibile
tendenza di uno dei corpi — di una coppia, di un gruppo — a precipitare prima dell’altro? Ancora, ci sono dei
casi in cui le differenze chimiche sono quasi evanescenti, mentre permangono ancora differenze fisiche ben
marcate. Qui ci troviamo di fronte ad una nuova difficoltà: in una simile oscurità che cosa può si può dire che sia
chimico e che cosa fisico? Non abbiamo forse il diritto di qualificare come “differenza fisica” una lieve tendenza
di un Precipitato amorfo appena nato a precipitare prima di un altro? E non possiamo chiamare “differenze
chimiche” le reazioni colorate che dipendono dalla quantità di qualche particolare acido presente, e che varia
secondo il grado di concentrazione della soluzione e secondo il solvente impiegato?
Non vedo come si possa negare il carattere di elemento a un corpo che differisca da un altro per il
colore ben definito o per le reazioni dello spettro, mentre lo accordiamo ad un altro corpo a causa di una
piccolissima differenza nel potere basico. Una volta che si è aperta la porta quel tanto che basta per ammettere
qualche differenza dello spettro, vogliamo vedere quanto è minima la differenza che dà al candidato il diritto di
413
passare? Trarrò dalla mia propria esperienza gli esempi di qualcuno di questi candidati incerti”.
Qui il grande chimico cita diversi casi del comportamento davvero straordinario da
parte di molecole e di terre apparentemente simili, che, tuttavia, esaminate molto
rigorosamente, fecero vedere differenze che, sebbene molto piccole, pure dimostrano che
nessuna di esse è un corpo semplice, e che i sessanta o settanta elementi accettati dalla
Chimica sono insufficienti. Il loro nome, apparentemente, è legione, ma siccome la cosiddetta
“teoria periodica” si oppone ad una illimitata moltiplicazione di elementi, Crookes è costretto
a trovare qualche mezzo per conciliare la nuova scoperta con la vecchia teoria. “Quella teoria”
dice :
Ha ricevuto una così abbondante verifica, che non possiamo accettare alla leggera qualsiasi
interpretazione dei fenomeni che manchi di essere in accordo con essa. Ma se supponiamo gli elementi rinforzati
da un vasto numero di corpi che differiscono leggermente l’uno dall’altro nelle loro proprietà, e formano, se
posso esprimermi così, aggregazioni di nebulose dove già abbiamo visto, o abbiamo creduto di vedere, delle
stelle separate, la classifica periodica non può essere più definitivamente impugnata, se manteniamo ancora la
nostra usuale concezione dell’elemento. Modifichiamo, allora, questa concezione. Per “elemento” bisogna
intendere invece “gruppo elementare” – poiché tali gruppi elementari prendono il posto dei vecchi elementi nello
schema periodico — e la difficoltà sparirà. Definendo l’elemento, prendiamo non un limite esterno, ma un tipo
interno. Diciamo, per esempio, che la più piccola quantità ponderabile di ittrio è un’assemblaggio di atomi
definitivi quasi infinitamente più simili l’uno all’altro di quel che non lo siano riguardo agli atomi di qualche
altro elemento approssimativo. Non ne segue necessariamente che gli atomi saranno tutti assolutamente uguali
fra loro. Il peso atomico che attribuivamo all’ittrio rappresenta perciò soltanto una valore medio intorno a cui gli
attuali pesi degli atomi individuali “dell’elemento” si collocano entro certi limiti. Ma se la mia congettura è
sostenibile, se potessimo separare atomo da atomo, constateremmo che variano entro stretti limiti da ciascuna
parte del punto intermedio. Il processo di frazionamento implica l’esistenza di tali differenze in certi corpi.
Così i fatti e la verità hanno ancora una volta forzato la mano alla scienza “esatta”, e la
costringono ad allargare le sue vedute ed a cambiare i suoi termini, i quali, celando la
molteplicità, la riducevano ad un unico corpo — come i fanatici materialisti trasformarono il
Settenario Elohim e le proprie legioni in un unico Jehovah. Una volta rimpiazzati i termini
chimici di “molecola”, “atomo”, “particella” ecc., con le parole “Legioni”, “Monadi”,
“Deva”, ecc., si potrebbe pensare alla descrizione della genesi degli Dèi, l’evoluzione
primordiale delle Forze manvantariche intelligenti. Ma il dotto conferenziere aggiunge alle
sue note descrittive qualcosa che è ancora più suggestivo; se lo fa coscientemente o no, chi
può saperlo? Egli dice:
Fino a poco fà, tali corpi erano considerati come elementi. Avevano proprietà definite, chimiche e
fisiche; avevano pesi atomici riconosciuti. Se prendiamo una soluzione pura diluita di un certo corpo, per
esempio dell’ittrio, e ci aggiungiamo una gran quantità di ammoniaca concentrata, otteniamo un precipitato che
appare perfettamente omogeneo. Ma se invece vi aggiungiamo ammoniaca molto diluita in quantità sufficiente a
precipitare solo una metà della base presente, non otteniamo un precipitato immediato. Se mescoliamo il tutto
accuratamente in modo da ottenere un miscuglio uniforme della soluzione e dell’ammoniaca, e lasciamo riposare
il recipiente per un’ora, al sicuro dalla polvere, troveremo ancora il liquido chiaro e limpido senza alcun segno di
torbidezza. Dopo tre o quattro ore, tuttavia, apparirà una certa opalescenza, e la mattina dopo troveremo un
precipitato. Ora domandiamoci: quale può essere il significato di questo fenomeno? La quantità del precipitante
aggiunto era insufficiente a far precipitare più della metà dell’ittrio presente, perciò per diverse ore è andato
formandosi un processo affine alla selezione. La precipitazione evidentemente non si è effettuata a caso, le
molecole della base che si sono decomposte sono quelle venute in contatto con una corrispondente molecola di
ammoniaca, avendo noi avuto cura che i liquidi fossero uniformemente mescolati, in modo che una molecola del
sale originale non fosse esposta alla decomposizione più di ogni altra. Se, inoltre, consideriamo il tempo che
occorre perché appaia un precipitato, siamo obbligati a giungere alla conclusione che l’azione effettuatasi
durante le prime poche ore è di carattere selettivo. Il problema non consiste nel sapere perché si è prodotto un
precipitato, ma nel conoscere che cosa determina o induce certi atomi a precipitare, ed altri a rimanere in
soluzione. Fra la moltitudine degli atomi presenti, qual’è il potere che spinge ogni atomo a scegliere il proprio
sentiero? Possiamo raffigurarci qualche forza dirigente che passa in rivista gli atomi uno per uno, scegliendone
uno per la precipitazione e un altro per la soluzione, finché tutti non siano stati sistemati.
I corsivi di questo passaggio sono nostri. Uno scienziato può domandarsi: quale potere
dirige ciascun atomo? E qual’è il significato del suo carattere selettivo? I teisti
risponderebbero “Dio”, ma in tal modo non risolverebbero niente dal punto di vista filosofico.
414
L’Occultismo risponde restando nel suo ambito panteistico, ed espone agli studiosi i suoi
insegnamenti sugli Déi, le Monadi e gli Atomi. II dotto conferenziere vede in questo ciò che è
la sua principale preoccupazione: le indicazioni e le tracce di un sentiero che conduce alla
scoperta e alla piena e completa dimostrazione di un elemento omogeneo in Natura. Egli
osserva:
Perché una tale selezione possa essere effettuata, ci devono essere evidentemente delle leggere
differenze fra cui sia possibile la selezione; e questa differenza dev’essere quasi certamente di basicità, così lieve
da risultare impercettibile ad ogni prova finora conosciuta, ma suscettibile di essere alimentata ed incoraggiata
fino al punto in cui la differenza può essere apprezzata da prove ordinarie.
L’Occultismo, che conosce l’esistenza e la presenza in Natura di un Unico Elemento
Eterno, alla cui prima differenziazione si innestano periodicamente le radici dell’albero della
Vita, non ha bisogno di prove scientifiche. Esso dice: la Sapienza antica ha risolto il problema
da secoli e secoli. Proprio così, o lettore fervente oppure scettico: la scienza si sta avvicinando
lentamente ma sicuramente ai nostri dominii dell’Occulto. È costretta, volens nolens, dalle sue
proprie scoperte, ad adottare la nostra fraseologia e i nostri simboli. La Scienza Chimica è ora
costretta, per forza di cose, ad accettare anche il nostro modo di spiegare l’evoluzione degli
Déi e degli Atomi, raffigurata in modo così suggestivo ed innegabile nel Caduceo di
Mercurio, il Dio della Sapienza, e nel linguaggio allegorico dei Saggi Arcaici. Un
commentario della Dottrina Esoterica dice :
“Il tronco di ASVATTHA (l’albero della Vita e dell’Essere,
la VERGA del Caduceo) spunta e discende ad ogni Inizio (ogni
nuovo Manvatara) dalle due ali oscure del cigno (HAMSA) della
Vita. I due Serpenti, l’Immortale e la sua illusione (Spirito e
Materia) le cui teste spuntano da una sola testa fra le due ali,
discendono lungo il tronco intrecciati in uno stretto abbraccio. Le
due code si congiungono a terra, (l’Universo Manifestato) in una
sola, e questa è la grande illusione, o Lanu!”
Tutti sanno com’è fatto il Caduceo, considerevolmente modificato dai greci. II
simbolo originale — con la triplice testa del serpente — fu alterato in una bacchetta con un
pomo, e le due teste più basse furono separate, travisando alquanto il significato originale.
Tuttavia esso serve abbastanza bene ad illustrare i nostri concetti. Veramente i
meravigliosi poteri del magico Caduceo furono cantati da tutti i poeti antichi, e a buona
ragione per quelli che ne capivano il significato segreto. Ora, cosa dice il dotto Presidente
della Chemical Society della Gran Bretagna, in quella stessa conferenza che ha qualche punto
di riferimento, o di contatto, con la nostra summenzionata dottrina? Pochissimo: solo questo
— e nient’altro:
Nel mio discorso di Birmingham, al quale ho già fatto allusione, consigliai al mio uditorio di
raffigurarsi l’azione di due forze sul protile originale — una delle quali è il tempo, accompagnato da un
abbassamento di temperatura; l’altra, che oscilla su e giù come un potente pendolo ed ha cicli periodici di flusso
e riflusso, di riposo e di attività, intimamente connessa con l’imponderabile materia, essenza o fonte di energia,
che chiamiamo elettricità. Ora, un paragone come questo raggiunge il suo scopo se fissa nella mente il fatto
particolare su cui vuole porre l’accento, ma non ci si deve aspettare necessariamente che concordi con tutti gli
altri fatti. Oltre all’abbassamento di temperatura con il flusso e riflusso periodico dell’elettricità, positiva o
negativa, che è necessaria per conferire agli elementi nati di fresco la loro particolare atomicità, è evidente che si
deve prendere in considerazione un terzo fattore. La natura non agisce su una superficie piatta; richiede spazio
per le sue operazioni cosmogoniche, e se come terzo fattore noi introduciamo lo spazio, tutto ci è chiaro. Invece
415
di un pendolo che, sebbene sia fino ad un certo punto una buona raffigurazione, è tuttavia impossibile come fatto
reale, dobbiamo cercare qualche modo più soddisfacente per rappresentare ciò che immagino possa essere
intervenuto. Supponiamo che il diagramma a zig-zag non giaccia su di un piano, ma si proietti nello spazio a tre
dimensioni. Quale forma sceglieremo che risponda meglio a tutte le condizioni implicate? Molti fatti possono
essere ben spiegati supponendo che la proiezione nello spazio della curva a zig-zag del prof. Emerson Reynold
sia una spirale. Questa figura è tuttavia inammissibile in quanto la curva deve passare in ciascun ciclo due volte,
attraverso un punto neutro riguardo l’elettricità e l’energia Chimica. Dobbiamo, perciò, adottare qualche altra
figura. La figura dell’otto (8) o lemniscata,1 si accorcerà in un zig-zag così bene come una spirale, e adempirà
tutte le condizioni del problema.
Una lemniscata per l’evoluzione verso il basso, dallo Spirito alla Materia; un’altra a
forma di spirale, forse, nella sua reinvoluzione verso l’alto, dalla materia allo spirito; e il
necessario riassorbimento graduale e finale nella condizione laya, quello che la scienza
chiama, nella propria terminologia, “il punto neutro riguardo l’elettricità” o il punto zero. Tali
sono i fatti e gli insegnamenti occulti. Si può credere con la massima sicurezza che un giorno
la scienza li giustificherà. Del resto sentiamo qualcos’altro su questo tipo genetico primordiale
del simbolico Caduceo.
Una tale figura risulterà da tre semplicissimi movimenti simultanei. Primo, una semplice oscillazione
avanti e indietro (supponete da est a ovest); secondo, una semplice oscillazione, ad angolo retto con la prima
(supponete da nord a sud), di metà del tempo periodico — cioè doppiamente veloce; — e terzo, un movimento
ad angolo retto con questi due (supponete dall’alto in basso), che, nella sua forma più semplice, sarebbe a
velocità invariabile.
Se proiettiamo questa figura nello spazio, troviamo, esaminandola, che i punti della curva, dove si
formano il cloro, il bromo e lo iodio, si avvicinano l’uno al disotto dell’altro; così faranno anche lo zolfo, il
selenio e il tellurio; e anche il fosforo, l’arsenio e l’antimonio; e in maniera simile altre serie di corpi analoghi.
Ci si può domandare se questo schema spieghi come e perché gli elementi ci appaiano così disposti.
Immaginiamo una traslazione ciclica nello spazio, con ciascuna evoluzione che testimonia la genesi del gruppo
di elementi che ho rappresentato in precedenza come prodotti durante una vibrazione completa del pendolo.
Supponiamo che un ciclo sia stato così compiuto, e che il centro della sconosciuta forza creativa nel suo grande
viaggio attraverso lo spazio abbia sparso lungo il percorso gli atomi primitivi — i semi, se posso usare
l’espressione — che adesso devono incorporarsi e svilupparsi nei gruppi ora conosciuti come littio, berillo, boro,
carbonio, nitrogeno, ossigeno, fluoro, sodio, magnesio, alluminio, silicio, fosforo, zolfo e cloro. Qual’è ora la
probabile forma seguita dal percorso? Se fossero strettamente limitati allo stesso piano di temperatura e di
tempo, i gruppi ad apparire per primi sarebbero ancora stati quelli del littio, e il ciclo originale si sarebbe ripetuto
eternamente, riproducendo sempre gli stessi quattordici elementi. Tuttavia le condizioni non sono affatto le
stesse. Lo spazio e l’elettricità sono come da princìpio, ma la temperatura si è alterata, e così, invece di avere gli
atomi del littio rinforzati da atomi analoghi sotto tutti i rapporti, gli aggruppamenti atomici che vengono in
esistenza quando comincia il secondo ciclo formano non littio, ma il suo discendente in linea diretta, il potassio.
Supponete, perciò, la vis generatrix che viaggia su e giù per i cicli lungo un percorso a lemniscata, come
abbiamo suggerito sopra, mentre nello stesso tempo la temperatura sta calando e il tempo sta scorrendo —
variazioni che mi sono sforzato di rappresentare con la caduta dall’alto al basso — ciascun avvolgimento del
percorso a lemniscata incrocia la medesima linea verticale in punti sempre più bassi. Proiettata nello spazio, la
curva mostra una linea centrale neutra per quanto concerne l’elettricità e le proprietà chimiche — elettricità
positiva al nord, negativa al sud. Le atomicità dominanti sono regolate dalla distanza che le separa ad est e ad
ovest dalla linea centrale neutra; gli elementi monoatomici trovandosi ad una unità di distanza da essa, i
diatomici a due unità, e così via. In ogni spira successiva è valida la stessa legge.
E, come a provare il postulato della Scienza Occulta e della Filosofia indù, al tempo
del Pralaya i due aspetti della Divinità Inconoscibile — il “Cigno nelle tenebre” — Prakriti e
Purusha, la Natura e la Materia in tutte le sue forme, e lo Spirito, non sussistono più ma sono
assolutamente dissolti — ecco l’opinione scientifica conclusiva del grande chimico inglese,
che chiude le sue prove dicendo:
Abbiamo ora delineato il formarsi degli elementi chimici da gruppi e spazi vuoti, in un fluido primitivo
informe. Abbiamo dimostrato la possibilità, anzi la probabilità che gli atomi non abbiano esistenza eterna, ma
condividano con tutti gli altri esseri creati gli attributi del decadimento e della morte.
1
La lemniscata (o analemma), disegnata a cavallo delle linee orarie di numerosi orologi solari, è una caratteristica linea
curva a forma di otto, che riproduce la posizione del Sole sulla sfera celeste in una determinata ora del giorno, nel corso
dell’anno. (N.d.T.)
416
L’Occultismo dice amen a tutto questo, poiché le “possibilità e probabilità”
scientifiche sono per esso dei fatti dimostrati senza necessità di un’ulteriore prova, o di una
testimonianza fisica estranea. Ciò nonostante, esso ripete con più certezza che mai: LA
MATERIA È ETERNA, divenendo atomica nei suoi aspetti solo periodicamente. Questo è tanto
certo quanto è certo che l’altra proposizione, accettata quasi all’unanimità dagli astronomi e
dai fisici — cioè, che il logorarsi e il deteriorarsi del corpo dell’Universo procede
instancabilmente, e condurrà all’estinzione dei Fuochi Solari e alla distruzione dell’Universo
— è del tutto erronea, almeno secondo le linee in cui è presentata dagli scienziati. Ci saranno,
come sempre ci furono nel tempo e nell’eternità, dissoluzioni periodiche dell’Universo
manifestato, tali come un Pralaya parziale dopo ogni Giorno di Brahmâ, ed un Pralaya
universale — il Mâha-Pralaya — soltanto dopo il decorso di ogni Età di Brahmâ. Ma le cause
scientifiche di tale dissolvimento, come appaiono prospettate dalla scienza esatta, non hanno
niente a che fare con le cause vere. Sia quel che sia, l’Occultismo è ancora una volta
giustificato dalla scienza, perché Crookes ha detto :
Abbiamo dimostrato, con argomenti tratti dal laboratorio chimico, che nella materia che ha corrisposto
ad ogni prova per essere classificata come elemento, ci sono piccole sfumature di differenze che rendono
possibile la selezione. Abbiamo visto che la veneranda distinzione fra elementi e composti non va più d’accordo
con gli sviluppi della scienza chimica, ma dev’essere modificata e includere una vasta schiera di elementi
intermedi — “meta-elementi”. Abbiamo dimostrato come le obiezioni di Clerk Maxwell, per potenti che siano,
possano essere tralasciate; e finalmente abbiamo adottato ragioni per credere che la materia primitiva fu formata
dall’azione di una forza generatrice che lancia a intervalli di tempo atomi dotati di una quantità variabile di
forme primitive di energia. Se azzardassimo qualche congettura circa le sorgenti dell’energia incorporata in un
atomo chimico, credo che diremmo in primo luogo che le radiazioni di calore diffuse attraverso l’etere dalla
materia ponderabile dell’universo, per qualche processo di natura ancora sconosciuto, sono trasformate ai confini
dell’universo nei movimenti primari — essenziali — degli atomi chimici che, nell’istante in cui si formano,
gravitano verso il centro, e così restituiscono all’universo l’energia che altrimenti essi perderebbero attraverso il
calore radiante. Se questa congettura è ben fondata, la spaventosa previsione di Sir William Thomson sulla
decrepitezza finale dell’universo attraverso la dissipazione della sua energia, cade. Mi sembra, signori, che la
questione degli elementi possa essere provvisoriamente trattata in questo modo. La nostra tenue conoscenza di
questi misteri di capitale importanza si sta estendendo fermamente, sicuramente, sebbene lentamente.
Per una strana e curiosa coincidenza, anche la nostra dottrina settenaria sembra
imporsi alla scienza. Se comprendiamo bene, la Chimica parla di quattordici aggruppamenti
di atomi primitivi: littio, berillio, boro, carbonio, nitrogeno, ossigeno, fluoro, sodio, magnesio,
alluminio, silicio, fosforo, zolfo, e cloro; e Crookes, parlando delle “atomicità dominanti.”, ne
numera sette gruppi. Dice:
Mentre il potente fuoco dell’energia creativa circola, lo vediamo spargere in cicli successivi, in una
regione dello spazio, semi di littio, potassio, rubidio e cesio; in un’altra regione cloro, bromo e iodio; in una terza
sodio, rame, argento e oro; in una quarta zolfo, selenio e tellurio; in una quinta berillo, calcio, stronzio e bario; in
una sesta magnesio, zinco, cadmio e mercurio; in una settima fosforo, arsenico, antimonio e bismuto [il che fa
sette raggruppamenti da un lato. E dopo aver mostrato]... in altre regioni gli altri elementi — cioè alluminio,
gallio, indio e tallio; silicio, germanio e stagno; carbonio, titanio e zinconio... [aggiunge] mentre una posizione
naturale vicino all’asse neutra si trova per i tre gruppi di elementi relegata dal prof. Mendeleeff in una specie di
ospedale per incurabili — la sua ottava famiglia.
Sarebbe interessante confrontare questi sette gruppi e l’ottava famiglia di “incurabili”,
con le allegorie concernenti i sette primi figli della “la Madre, Spazio Infinito” o Aditi, e
l’ottavo figlio da lei respinto. Molte strane coincidenze possono così essere trovate fra “quegli
anelli intermedi della catena... chiamati “meta-elementi” o elementoidi, e quelli che la Scienza
Occulta chiama i loro Noumeni, le Menti Intelligenti e i Reggitori di questi aggruppamenti di
Monadi e di Atomi. Ma questo ci condurrebbe troppo lontano. Contentiamoci di trovare la
confessione del fatto che:
Questa deviazione dall’omogeneità assoluta dovrebbe contrassegnare la costituzione di queste molecole
o aggregazioni di materia, che noi designiamo come elementi, e forse ci sarà più chiara se con l’immaginazione
ritorniamo al primo barlume del nostro universo materiale e, faccia a faccia con il Grande Segreto, ci sforziamo
di considerare i processi dell’evoluzione elementare.
Così finalmente la scienza, nella persona dei suoi più alti rappresentanti, per rendersi
417
più chiara al profano adotta la fraseologia di vecchi Adepti come Ruggero Bacone, e ritorna al
“protile”. Tutto questo dà buone speranze, ed è indice suggestivo dei “segni dei tempi”.
Infatti questi “segni” sono molti, e crescono ogni giorno; ma nessuno è più importante
di quelli ora citati. Perché adesso l’abisso fra gli insegnamenti occulti “superstiziosi e per
niente scientifici” e quelli della scienza “esatta” è completamente valicato; e uno almeno dei
pochi chimici eminenti della nostra epoca già si trova nel regno delle infinite possibilità
dell’Occultismo. Ogni nuovo passo che farà lo porterà sempre più vicino a quel centro
misterioso da cui si irradiano gli innumerevoli sentieri che conducono dallo Spirito alla
Materia e che trasformano gli Déi e le Monadi viventi in uomo e Natura senziente.
Ma su questo argomento diremo qualcosa di più nella prossima sezione.1
SEZIONE IX
LA FORZA FUTURA
SUE POSSIBILITÀ E SUE IMPOSSIBILITÀ
DIREMO che la Forza è “Materia che si muove”, o “Materia in movimento”, e una
manifestazione dell’Energia; o che la Materia e la Forza sono aspetti fenomenici differenziati
dell’unica Sostanza Cosmica primitiva indifferenziata?
Facciamo questa domanda riferendoci a quella Stanza che tratta di FOHAT e dei suoi
“Sette Fratelli o Figli” ; o, in altre parole, della causa e degli effetti dell’Elettricità Cosmica,
poiché i Fratelli o i Figli della terminologia occulta sono le sette forze primarie
dell’Elettricità, i cui effetti puramente fenomenici, e quindi più grossolani, possono essere
conosciuti dai fisici solo sul piano cosmico e specialmente su quello terrestre. Questi effetti
comprendono, fra l’altro, il suono, la luce, il colore, ecc. Ora che cosa ci dice la scienza fisica
di queste “Forze”? Il SUONO, afferma, è una sensazione prodotta dall’urto di molecole
atmosferiche sul timpano che, provocando delicati tremolii nell’apparato auditivo,
comunicano così le loro vibrazioni al cervello. La LUCE è la sensazione causata dall’urto di
vibrazioni inconcepibilmente piccole dell’etere sulla retina dell’occhio.
È quello che diciamo anche noi. Ma questi sono semplicemente gli effetti che si
producono nella nostra atmosfera e nelle sue vicinanze immediate: tutte cose che rientrano nei
limiti della nostra coscienza terrestre. Giove Pluvio mandava il suo simbolo sotto forma di
gocce di pioggia, in acqua composta, come si crede, di due “elementi”, che la Chimica
dissocia e torna a combinare. Le molecole composte sono in suo potere, ma i suoi atomi
sfuggono ancora alla sua stretta. L’Occultismo vede in tutte queste forze e manifestazioni una
scala, di cui i gradini più bassi appartengono alla Fisica exoterica, e quelli più alti
appartengono ad un Potere vivente, intelligente, invisibile, che è in generale Causa
indifferente, ed, eccezionalmente, Causa cosciente, dei fenomeni causati dai sensi, e attribuiti
a questa o a quella legge naturale.
Noi diciamo e sosteniamo che il SUONO è, di fatto, un tremendo potere occulto; che è
una forza meravigliosa, la cui più piccola potenzialità, qualora fosse diretta dalla Scienza
1
[Gli studiosi dovrebbero consultare parecchie fonti teosofiche per ulteriori informazioni su Sir William Crookes e il
Movimento teosofico. I riferimenti più importanti sono: The Mahatma Letters to A. P. Sinnett, 3.a edizione originale, pp. 50,
267, 268, 299, 336; The Letters of H. P. Blavatsky to A. P. Sinnett, pp. 224, 225, 226. Alcuni di questi riferimenti mostrano
l’alta stima che i Maestri avevano di Sir William Crookes, e che egli aveva ricevuto un aiuto speciale dietro le quinte nella
sua ricerca. Questo fatto si accorda esattamente con le parole di H. P. B. sul “misterioso aiuto” dato a “individui rari” (La
Dottrina Segreta, Volume I, Sezione XIV: Dèi, Monadi e Atomi; pag. 612, ed. or. Nota di B. de Zirkoff.]
418
Occulta, non potrebbe essere contrastata nemmeno dall’elettricità generata da un milione di
cascate del Niagara. Si può produrre un suono di natura tale da sollevare in aria la piramide di
Cheope, o da far tornare in vita e da colmare di nuova energia e di nuovo vigore un uomo
moribondo, anzi, al suo ultimo respiro.
Perché il Suono genera, o meglio, attrae insieme gli elementi che producono un ozono,
la cui fabbricazione è al di là delle possibilità della Chimica, ma entro i limiti dell’Alchimia.
Può persino resuscitare un uomo o un animale il cui “corpo vitale” astrale non si sia
irrimediabilmente separato dal corpo fisico per recisione della corda magnetica o odica.
Essendo stata salvata tre volte dalla morte mediante quel potere, colei che scrive dovrebbe
essere creduta, perché ne sa qualcosa personalmente.
E se tutto questo sembra troppo antiscientifico da essere preso in considerazione,
spieghi la scienza a quali leggi meccaniche e fisiche, ad essa conosciute, sono dovuti i
fenomeni prodotti di recente dal cosiddetto motore di Keely. Cos’è che agisce come il
formidabile generatore di una forza invisibile ma tremenda, di quel potere che è capace non
solo di azionare una macchina di 25 cavalli vapore, ma che è stato persino impiegato per
sollevare la macchina stessa? Eppure questo si ottiene passando semplicemente un archetto di
violino sopra un diapason, come è stato provato più volte. La Forza Eterica scoperta da John
Worrel Keely, di Filadelfia, ben noto in America e in Europa, non è un’allucinazione.
Nonostante il suo fallimento nell’utilizzarla — fallimento presagito e sostenuto fin da
princìpio da qualche occultista — i fenomeni prodotti dallo scopritore in questi pochi ultimi
anni sono stati meravigliosi, quasi miracolosi, non nel senso di soprannaturale1, ma di superumano. Se si fosse permesso a Keely di riuscire, avrebbe ridotto in atomi un intero esercito
nello spazio di pochi secondi, con la stessa facilità con cui ridusse in quelle condizioni un bue
morto.
Il lettore è ora pregato di fare seria attenzione a quella potenza scoperta nuovamente,
che lo scopritore ha chiamato Forza Inter-Eterica.
Secondo l’umile opinione degli occultisti e dei loro amici più intimi, Keely era, ed è
ancora, alla soglia di uno dei più grandi segreti dell’Universo; principalmente di quello su cui
è edificato tutto il mistero delle Forze fisiche ed il significato esoterico del simbolismo dell’
“Uovo del Mondo”. La Filosofia Occulta, che considera il Cosmo non manifestato e quello
manifestato come una UNITÀ, simboleggia la concezione ideale del Cosmo manifestato con
l’Uovo d’Oro con due poli in esso. È il polo positivo che agisce nel Mondo manifestato della
Materia, mentre quello negativo si perde nell’assolutezza inconoscibile di SAT, l’Esseità.2 Se
questo si accorda con la filosofia di Keely, non lo possiamo dire e, in fin dei conti, non ha
molta importanza.
Tuttavia, le idee che Keely ha sulla costruzione dell’Universo somigliano stranamente
alle nostre; anzi, su questo punto, sono quasi identiche ad esse. Ecco ciò che egli dice, stando
a quel che troviamo in un eccellente opuscolo compilato da Bloomfield-Moore, una signora
1
La parola “soprannaturale” significa al di sopra o al di fuori della natura. La natura e lo spazio sono una sola cosa. Ora,
lo spazio, per il metafisico, esiste al di fuori di ogni fatto di sensazione, ed è una rappresentazione puramente soggettiva,
malgrado le contestazioni del Materialismo che lo vorrebbe congiungere per forza con l’uno o con l’altro dato della
sensazione. Per i nostri sensi esso è compiutamente soggettivo quando è indipendente da tutto ciò che racchiude. Come
sarebbe allora possibile che un fenomeno, o qualsiasi altra cosa, possa uscire al di fuori o prodursi al di là di ciò che non ha
limiti? Ma quando l’estensione dello spazio diventa semplicemente concettuale, e si connette nel pensiero con certe azioni,
come avviene per i materialisti e per i fisici, allora essi non hanno il diritto di definire e proclamare ciò che può o non può
essere prodotto dalle Forze generate in spazi sia pure limitati, poiché non hanno neppure la più vaga idea di quel che siano
queste Forze.
2
Non è corretto, quando si parla dell’Idealismo, di farlo apparire basato sulle “vecchie supposizioni ontologiche, secondo le
quali le cose o le entità esistono indipendentemente l’una dall’altra, e in modo diverso che come termini di relazioni”
(Stallo). Comunque sia, è scorretto dire questo dell’Idealismo della Filosofia Orientale e della sua cognizione, perché è
proprio tutto l’opposto.
419
americana ricca e di alta posizione sociale, i cui sforzi incessanti per la ricerca della verità non
saranno mai abbastanza apprezzati.
Keely, spiegando il funzionamento della sua macchina, dice: “Nella concezione di ogni macchina fin
qui costruita, non si è mai trovato il mezzo per determinare un centro neutro. Se lo si fosse trovato, sarebbero
finite le difficoltà per i ricercatori del moto perpetuo, e questo problema sarebbe diventato un fatto stabilito e
operante. Basterebbe solo un impulso iniziale di qualche libbra, su un simile congegno, per farlo andare avanti
per secoli. Concependo la mia macchina vibratoria, io non cercavo di ottenere il moto perpetuo; però ho formato
un circuito che ha realmente un centro neutro, che è in condizione di essere animato dal mio etere vibratorio, e,
mentre si trova sotto l’effetto di detta sostanza, è davvero una macchina virtualmente indipendente dalla massa
(o globo),1 ed è la velocità meravigliosa del circuito vibratorio a far questo. Peraltro, con tutta la sua perfezione,
per rendere quella macchina un motore indipendente bisogna alimentarla con l’etere vibratorio...... Tutte le
costruzioni necessitano di fondamenta di una solidità proporzionale al peso della massa che essi devono portare,
ma le fondamenta dell’universo poggiano su un punto vacuo molto più piccolo di una molecola, ossia, per
esprimere con esattezza questa verità, su un punto inter-eterico, che può essere compreso solo da una mente
infinita. Scandagliare le profondità di un centro eterico è proprio come se ci si mettesse a scrutare nel vasto
spazio dell’etere celeste per trovarne la fine, con questa differenza: che il primo è il campo positivo, mentre
l’altro è quello negativo”.
Questo, come si può vedere facilmente, è per l’appunto la Dottrina Orientale. Il punto
inter-eterico di Keely è il punto-Laya degli occultisti; per questi, però, non c’è bisogno di
“una mente infinita che lo comprenda”, ma bastano intuizione ed abilità specifiche per
rintracciare dove esso si celi in questo mondo di Materia. Naturalmente il centro-Laya non
può essere prodotto, mentre un vuoto inter-eterico lo può essere, come è provato dal suono
delle campane nello spazio; ciò nonostante, Keely parla come un occultista inconscio, quando
osserva, nella sua teoria della sospensione planetaria:
Riguardo il volume dei pianeti, vorremmo domandare da un punto di vista scientifico: come mai può
esistere quell’immensa differenza di volume dei pianeti senza disorganizzare l’armonia che li caratterizza? Posso
rispondere adeguatamente a questa domanda solo addentrandomi in un’analisi progressiva, cominciando dai
centri eterici rotanti costituiti dal Creatore2 col loro potere attrattivo o accumulativo. Se domandate qual’è il
potere che dà ad ogni atomo eterico la sua inconcepibile velocità di rotazione (o impulso originario), debbo
rispondere che nessuna mente finita sarà mai in grado di concepirlo. La filosofia dell’accumulazione è la sola
prova che tale potere esiste. L’area di un simile atomo, se così si può dire, presenta alla forza attrattiva o
magnetica, a quella elettiva o propulsiva, tutte le forze ricettive e tutte quelle antagoniste che caratterizzano un
pianeta di prima grandezza; di conseguenza, mentre l’accumulazione prosegue, l’equazione perfetta rimane la
stessa. Una volta che questo piccolissimo centro si è costituito, il potere che ci vorrebbe per strapparlo dalla sua
posizione dovrebbe essere necessariamente tanto grande quanto quello che occorrerebbe per spostare il più
immenso pianeta che esista. Se questo centro atomico neutro viene spostato, il pianeta deve muoversi insieme ad
esso. Il centro neutro porta il carico completo di ogni accumulazione fin dallo slancio iniziale, e rimane lo stesso,
equilibrato per sempre nello spazio eterno.
Keely spiega così l’idea che ha di “un centro neutro”:
Immaginiamo che, dopo l’accumulazione di un pianeta con un diametro qualsiasi, mettiamo di 20.000
miglia più o meno – poiché la dimensione non ha niente a che fare con il problema – ci sia una crosta dello
spessore di 5.000 miglia; effettuando un spostamento di tutto il materiale, in modo che intercorra un vuoto fra
questa crosta e un centro dalle dimensioni di un’ordinaria palla da biliardo, per smuovere la piccola massa
centrale ci vorrebbe una forza tanto grande quanto quella che occorrerebbe per smuovere la corteccia spessa
5.000 miglia. Inoltre, la piccola massa centrale porterebbe per sempre il carico di questa crosta, mantenendola
equidistante; e non ci sarebbe alcuna forza contraria, per quanto grande, capace di farle cozzare insieme. Il
pensiero vacilla nel considerare il carico immenso che grava su questo punto centrale dove il peso cessa di
esistere. Così noi concepiamo un centro neutro”.
E questo è ciò gli occultisti intendono con centro-laya. Quanto sopra è stato dichiarato
da molti non-scientifico. Ma in tal modo è giudicata qualunque cosa che non sia confermata e
mantenuta entro i limiti strettamente ortodossi della scienza fisica. A meno che non si accetti
la spiegazione data dallo stesso inventore — e le sue spiegazioni, essendo del tutto ortodosse
dal punto di vista spirituale e occulto, se non da quello della scienza materialistica e
1
2
Indipendente, in un certo senso ma non disgiunta da essa.
“Da Fohat, più esattamente” replicherebbe un occultista.
420
speculativa chiamata esatta, sono perciò nostre in questo particolare — che cosa può
rispondere la scienza a fatti già visti, che nessuno può più negare?
La Filosofia Occulta divulga pochi dei suoi importantissimi misteri vitali. Li rivela
goccia a goccia come perle preziose, uno ad uno e a grandi intervalli, ed anche questo solo
quando è forzata a farlo dalla marea montante dell’evoluzione, che trasporta l’umanità
lentamente, silenziosamente, ma fermamente, verso l’alba della Sesta Razza umana. Una volta
fuori dalla custodia sicura dei loro eredi e guardiani, quei misteri cessano di essere occulti:
diventano di dominio pubblico e corrono il rischio di diventare maledizioni, invece che
benedizioni, nelle mani degli egoisti — dei Caino della razza umana. Ciò nonostante, ogni
volta che nascono individui come lo scopritore della Forza Eterica — uomini con peculiari
capacità psichiche e mentali,1 essi sono in genere più frequentemente aiutati, che destinati ad
andarsene brancolando e senza assistenza per la propria strada; se si abbandonano alle loro
risorse, cadono molto spesso vittime del martirio, o diventano preda di speculatori poco
scrupolosi. Ma essi sono aiutati solo alla condizione che non divengano, sia coscientemente
che incoscientemente, un pericolo di più per la loro epoca: un pericolo per il povero, ora
offerto in olocausto quotidiano dal meno ricco al più ricco.2 Questo richiede una breve
digressione e una spiegazione. Circa dodici anni fa, durante l’esposizione del Centenario di
Filadelfia, colei che scrive, rispondendo alle premurose domande di un teosofo, uno dei
maggiori ammiratori di Keely, gli ripeté quel che aveva sentito dire nell’ambiente,
informazione di cui ella non poteva mai dubitare.
Le era stato detto che l’inventore “dell’Auto-Motore” era quello che nel gergo dei
cabalisti si chiama un mago nato; che era e sarebbe rimasto inconsapevole di tutta
l’estensione dei suoi poteri, ed avrebbe sfruttato solo quelli che aveva scoperto e constatato
nella propria natura — prima di tutto perché, attribuendoli ad una sorgente erronea, non poté
mai svilupparli completamente, e, in secondo luogo, perché il passare ad altri ciò che era una
capacità inerente alla sua particolare natura, andava al di là del suo potere. Perciò l’intero
segreto non poté essere trasmesso permanen-temente a nessuno per usi o scopi pratici3.
Persone venute al mondo con simili capacità non sono rarissime. Se non si presta loro
attenzione più spesso, ciò è dovuto al fatto che quasi sempre esse vivono e muoiono
ignorando nel modo più completo di possedere dei poteri anormali. Keely possiede poteri che
sono detti anormali proprio perché avviene che al giorno d’oggi siano così poco conosciuti,
come lo era la circolazione del sangue prima di Harvey. Il sangue esisteva e si comportava
come adesso, anche nel primo uomo che nacque da una donna; e nello stesso modo esiste ed è
sempre esistito nell’uomo quel princìpio che può controllare e guidare la forza eterica
vibratoria. Comunque sia, esiste in tutti quei mortali il cui Sé Interiore è collegato
originariamente, per successione diretta, con quel gruppo dei Dhyân-Chohan che sono
chiamati “i primogeniti dell’Æther”. Il genere umano, considerato psichicamente, si divide in
vari gruppi, e ciascun gruppo è connesso con uno dei gruppi Dhyânici, che per primi
formarono l’uomo psichico (vedi i paragrafi 1, 2, 3, 4 e 5 nel Commentario alla Stanza VII).
Keely — che sotto questo aspetto è stato favorito in modo particolare e che, oltre ad un
temperamento psichico, è anche un genio in meccanica — può ottenere i risultati più
1
Diremo più in là la ragione di queste capacità psichiche.
Quanto sopra fu scritto nel 1866, al tempo in cui le speranze di successo per il motore di Keely erano al culmine.
Ogni parola allora detta dalla scrittrice provò il vero, e adesso solo qualche osservazione viene aggiunta riguardo il fallimento delle
aspettative di Keely; fallimento ora ammesso dallo stesso scopritore. Sebbene si usi la parola fallimento, il lettore lo deve capire in un
senso relativo; perché, come spiega la Bloomfield-Moore: “Keely ammette che, non essendo riuscito ad applicare la forza vibratoria alla
meccanica dopo la prima o seconda serie di ricerche sperimentali, fu obbligato a confessare un fallimento commerciale, o a tentare una
terza soluzione prendendo la sua base o il suo princìpio quale punto di partenza e cercando il successo per un’altra via”. E questa “via” è
sul piano fisico.
3
Apprendiamo che queste osservazioni non sono applicabili all’ultima scoperta di Keely; solo il tempo può mostrare il limite esatto
della sua opera.
2
421
meravigliosi. Ne ha già ottenuti più di quello che abbia mai ottenuto in quest’epoca, fino ad
oggi, qualsiasi altro uomo non iniziato ai Misteri finali. Quel che egli ha fatto è — come
giustamente dicono i suoi amici — proprio del tutto sufficente “a demolire con il martello
della scienza gli idoli della scienza” — gli idoli di materia con i piedi di argilla. Colei che
scrive non penserebbe neppure per un istante di contraddire la Bloomfield-Moore quando, nel
suo articolo sulla “Forza Psichica ed Eterica”, afferma che Keely come filosofo:
Ha sufficiente grandezza d’animo, saggezza intellettuale e arditezza per superare tutte le difficoltà, e per
essere considerato dal mondo il più grande scopritore ed inventore che esista nel mondo stesso.
E scrive inoltre:
Anche se Keely non facesse altro che trarre fuori gli scienziati dai tetri reami dove stanno brancolando
nel campo aperto della forza elementale, dove la gravità e la coesione vengono disturbate nei loro ritiri e sviate
per essere adoperate, dove, dall’unità di origine, scaturisce un’energia infinita in forme svariate, egli
acquisirebbe fama immortale. Quando dimostrasse, distruggendo il Materialismo, che l’universo è animato da un
princìpio misterioso a cui la materia, per quanto perfettamente organizzata, è subordinata in modo assoluto,
sarebbe un così grande benefattore spirituale per la nostra razza, quale il mondo moderno non ne ha finora
trovato l’eguale. Se sarà capace di sostituire, nella cura delle malattie, le forze più sottili della natura alle
operazioni grossolanamente materiali, che hanno mandato più esseri umani al cimitero di quel che non abbiano
fatto la peste, la guerra e la carestia messe insieme, meriterà ed otterrà la gratitudine dell’umanità. Egli farà
questo e anche di più se tanto lui che quelli che hanno seguito per anni, giorno per giorno, il suo progresso, non
saranno troppo impazienti nella loro aspettativa.
La stessa signora, nel suo opuscolo Keely’s Secrets1, riporta il seguente brano, tratto da
un articolo scritto pochi anni fa sul Theosophist dall’Autrice di questo libro:
L’autore del N. 5 degli opuscoli pubblicati dalla Theosophical Publication Society, What is Matter and
What is Force [Cos’è la Materia e cos’è la Forza] dice: “Gli scienziati hanno appena scoperto un quarto stato
della materia, mentre gli occultisti sono penetrati già da anni oltre il sesto, e perciò non arguiscono, ma sanno
dell’esistenza del settimo, l’ultimo.” Questa dottrina racchiude uno dei segreti del cosiddetto “composto segreto”
di Keely. Molti sanno già che questo segreto comprende “l’aumento di energia”, l’isolamento dell’Etere e
l’adattamento della forza dinasferica alla meccanica.
È appunto perché la scoperta di Keely condurrebbe alla conoscenza di uno dei segreti
più occulti, un potere che non dovrà mai cadere nelle mani della massa, che agli occultisti
sembra certa la cattiva riuscita di Keely nello spingere le sue scoperte verso il loro fine logico.
Ma ora basta con questo argomento. Anche nelle sue limitazioni, questa scoperta può essere
di grande vantaggio. Perché:
Passo per passo, con una paziente perseveranza che un giorno il mondo onorerà, quest’uomo di genio ha
fatto le sue ricerche, superando le difficoltà colossali che infinite volte gli si drizzavano sul sentiero e che
sembravano (a tutti fuorché a lui) barriere insormontabili per potere avanzare ulteriormente; ma il mondo non è
mai stato così attento, come adesso che tutto si prepara per l’avvento della nuova forma di forza che l’umanità
sta aspettando. La natura, sempre riluttante a concedere i suoi segreti, dà ascolto alle richieste che le fa la sua
padrona, la necessità. Le miniere di carbone non possono più sopperire a lungo allo sfruttamento sempre
crescente che si fa di esse. Il vapore è arrivato agli estremi limiti del suo potere, e non appaga più le esigenze del
secolo. Sa che i suoi giorni sono contati. L’elettricità tiene duro con il fiato corto, il che dipende dall’avvicinarsi
della sua sorella e collega. Le navi dell’aria sono, per così dire, ancorate, attendendo la forza che renderà la
navigazione aerea qualcosa di più che un sogno. Gli abitanti dei vari continenti si parleranno attraverso l’oceano
con la stessa facilità con cui gli uomini comunicano da casa con il loro ufficio per mezzo del telefono.
L’immaginazione resta paralizzata quando cerca di prevedere i risultati grandiosi di questa meravigliosa
scoperta, una volta che sarà applicata all’arte e alla meccanica. Salendo sul trono e costringendo il vapore ad
abdicare, la forza dinasferica dominerà il mondo con un potere così grande per gli interessi della civiltà, che una
mente finita non può congetturarne i risultati. Laurence Oliphant, nella sua prefazione a Scientific Religion, dice :
“Un nuovo avvenire morale sorge sulla razza umana, la quale ne ha certo molto bisogno.” Questo nuovo
avvenire morale non poteva avere un inizio così vasto, così universale se non con l’utilizzazione della forza
dinasferica a scopi benefici della vita”.2
Gli occultisti sono d’accordo con l’eloquente scrittrice. La vibrazione molecolare è,
incontrastabilmente, “il campo di ricerche legittimo di Keely”, e le sue scoperte ne saranno
1
2
Theosophical Siftings, Vol. I, n. 9, pag. 15.
Ibid. pagg. 16-17.
422
una prova meravigliosa — però solo nelle sue mani e attraverso lui stesso. Il mondo riceverà
solo ciò che gli può essere confidato senza pericolo. La verità di questa asserzione forse non è
ancora penetrata del tutto nello scopritore stesso, dato che egli scrive di essere assolutamente
sicuro che manterrà tutto quel che ha promesso, e che poi lo diffonderà nel mondo; però ciò
dovrà sorgere in lui, e fra non molto. E quel che dice sulla sua opera ne è una buona prova:
Considerando il funzionamento della mia macchina, il visitatore, per avere un’idea sia pure
approssimativa del suo modus operandi, deve completamente tralasciare di pensare alle macchine il cui
funzionamento è basato sul princìpio di pressione e di aspirazione, dell’espansione del vapore o di altri gas
analoghi che premono contro un ostacolo, simile allo stantuffo di una macchina a vapore. La mia macchina non
ha né stantuffo né eccentrici, e dentro di essa non si esercita mai la minima pressione, quali che siano le sue
dimensioni o la sua capacità. Il mio sistema, in ogni parte e in ogni dettaglio, sia nello sviluppo del mio potere
come in ogni ramo di utilizzazione, è basato e fondato sulla vibrazione sintonizzata. Non sarebbe possibile in
alcun altro modo risvegliare o sviluppare la mia forza, e ugualmente impossibile sarebbe il far funzionare la mia
macchina basandosi su qualsiasi altro princìpio... Questo, invece, è il sistema che ci vuole; e d’ora in poi tutte le
mie operazioni saranno condotte in questo modo — vale a dire il mio potere si produrrà, le mie macchine
andranno avanti e il mio cannone lavorerà attraverso un filo. È soltanto dopo anni di lavoro incessante, e dopo
aver fatto quasi innumerevoli esperimenti che consistevano non solo nel costruire un grandissimo numero di
congegni meccanici speciali, e nelle ricerche e negli studi più severi sulle proprietà fenomeniche della sostanza
etere, che si produce per se, che ho potuto fare a meno di meccanismi complicati ed ottenere la padronanza sulla
strana forza sottile della quale sto trattando.
Le frasi che abbiamo sottolineate sono quelle che si riferiscono direttamente al lato
occulto per ciò che concerne l’applicazione della forza vibratoria, quella che Keely chiama
“vibrazione sintonizzata.” Il “filo metallico” è già un passo indietro, una retrocessione dal
puro piano eterico a quello terrestre. Lo scopritore ha fatto meraviglie — la parola “miracolo”
non è esagerata — raggiungendo per mezzo della sola forza inter-eterica il quinto e il sesto
princìpio di Âkâshâ. Da un generatore lungo sei piedi, è sceso ad uno “non più grande di un
orologio d’argento antico”; e questo è di per sè un miracolo da genio meccanico, ma non da
genio spirituale. Come dice giustamente la sua paladina e protettrice, la Bloomfield-Moore:
Le due forme di forza che egli ha sperimentato, e i fenomeni ad esse inerenti, sono davvero in antitesi
l’una con l’altra.
Una delle forze era generata da lui stesso e azionata attraverso lui stesso. Nessuno che
avesse ripetuto ciò che egli fece, avrebbe potuto produrre gli stessi risultati. Era veramente
l’Etere di Keely quello che agiva, mentre quello di Tizio o di Caio sarebbe rimasto per sempre
sterile di risultati. La difficoltà per Keely è stata finora il creare una macchina che sviluppasse
e regolasse quella forza senza l’intervento di nessuno “sforzo di volontà” o di nessuna
influenza personale dell’operatore, conscia o inconscia che fosse. In questo egli non è riuscito,
per quanto concerne altre persone, poiché nessuno tranne lui stesso poteva avere effetto sulle
sue “macchine”. Secondo l’Occultismo, questo fu un conseguimento molto più grande che
non il “successo” che egli si aspetta dal suo filo metallico; ma non sarà mai permesso che i
risultati ottenuti per mezzo del quinto e sesto piano della Forza Eterica, o Astrale, servano a
scopi di commercio e di traffici. Che l’organismo di Keely sia direttamente collegato con il
prodursi dei suoi risultati meravigliosi è provato dal seguente rapporto, proveniente da
persona che conosce intimamente il grande scopritore :
Una volta gli azionisti della “Keely Motor Co.” posero nel suo laboratorio un tale con il preciso incarico
di scoprire il suo segreto. Dopo sei mesi di studio intenso, un giorno egli disse a J. W. Keely: “Ora so com’è
fatto.” Si misero insieme a una macchina, e Keely manovrò il rubinetto regolatore della forza. “Provate voi”,
allora rispose. Quello manovrò il rubinetto, e non venne nulla. “Fatemi vedere un’altra volta”, disse a Keely. Egli
accondiscese, e subito il macchinario funzionò. L’altro provò ancora, ma senza successo. Allora Keely gli mise
la mano su una spalla e gli disse di provare ancora una volta. Egli obbedì, e la corrente si produsse all’istante.
Questo fatto, se è vero, chiude la questione. Ci hanno detto che Keely definisce
l’elettricità “come una forma particolare di vibrazione atomica”. In questo ha perfettamente
ragione; ma questa è l’elettricità sul piano terrestre, e attraverso correlazioni terrestri. Egli
calcola :
Le vibrazioni molecolari a
100.000.000
423
al secondo.
Le vibrazioni inter-molecolari a
Le vibrazioni atomiche a
Le vibrazioni inter-atomiche a
Le vibrazioni eteriche a
Le vibrazioni inter-eteriche a
300.000.000
900.000.000
2.700.000.000
8.100.000.000
24.300.000.000
al secondo.
al secondo.
al secondo.
al secondo.
al secondo.
Questo prova la nostra affermazione. Su questo nostro piano non ci sono vibrazioni
che si possano contare o valutare, sia pure approssimativamente, oltre “il regno del quarto
Figlio di Fohat”, per usare una frase occulta, ovvero oltre quel movimento che corrisponde
alla formazione della materia radiante di Crookes, chiamata con leggerezza qualche anno fa il
“quarto stato della materia” – su questo nostro piano.
Se si domandasse perché Keely non poté oltrepassare un certo limite, sarebbe facile
rispondere; fu perché quella che egli ha inconsciamente scoperto è la terribile forza siderale,
conosciuta dagli Atlantidei e chiamata Mash-mak, e dai Rishi ariani, nel loro Astra Vidyâ, con
un nome che non ci piace rendere di dominio pubblico. È il Vril della Coming Race [Razza
Futura] di Bulwer Lytton, e delle razze future della nostra umanità. Il nome Vril può essere
una finzione; la forza è un fatto che in India non è messo in dubbio, come non è messa in
dubbio l’esistenza dei Rishi, essendo menzionata in tutti i libri segreti.
È questa forza vibratoria che, se adoperata in battaglia da un Agni-ratha, fissata in un
vascello volante, un pallone, secondo le istruzioni trovate in Astra Vidyâ, ridurrebbe in cenere
100.000 uomini ed elefanti, con la stessa facilità con cui si ucciderebbe un topo. Nel Vishnu
Purâna, nel Râmâyana e in altre opere, questo è allegorizzato nella favola sul saggio Kapila,
il cui “sguardo ridusse i 60.000 figli del re Sagara a una montagna di cenere”; sguardo
chiamato in termini esoterici il Kapilâksha, l’Occhio di Kapila.
Ed è questa Forza Satanica che dovrebbe esser concessa alle nostre generazioni,
perché la aggiungano alla loro serie di giocattoli degli Anarchici, conosciuti come melenite,
dinamite a orologeria, arance esplosive, “canestri di fiori”, e sotto altri nomi ugualmente
innocenti? È questa fonte di distruzione che, una volta posta nelle mani di qualche Attila
moderno, per esempio di un anarchico assetato di sangue, ridurrebbe in pochi giorni l’Europa
al suo stato caotico primitivo, in modo che nessuno potrebbe sopravvivere per raccontarlo —
è questa Forza che deve diventare proprietà comune di tutti gli uomini indistintamente?
Ciò che ha già fatto Keely è grandioso e meraviglioso al massimo grado; il lavoro che
deve compiere per dimostrare il suo nuovo sistema è sufficiente ad “umiliare la superbia degli
scienziati materialisti, rivelando quei misteri che giacciono dietro il mondo della materia”,
senza che ci sia bisogno, volens nolens, di rivelarli a tutti. Perché certamente i fisici e gli
spiritualisti, un buon numero dei quali è negli eserciti europei, sarebbero i primi a
sperimentare personalmente i frutti della rivelazione di simili misteri. Migliaia di essi si
troverebbero in cielo da un momento all’altro, magari in compagnia delle popolazioni di interi
paesi; quindi, anche se tale forza venisse scoperta del tutto, si guardino bene dal farla
conoscere pubblicamente. Questa scoperta, nella sua integrità, è prematura di diverse migliaia
di anni — o, meglio ancora, di centinaia di migliaia. Il suo tempo verrà solo quando la grande
piena ruggente della fame, della miseria e del lavoro mal pagato calerà, il che avverrà quando
le richieste della moltitudine saranno finalmente ascoltate; quando il proletariato esisterà solo
di nome, e il grido pietoso che chiede pane, che risuona inascoltato in ogni parte del mondo, si
sarà spento. Tutto questo può essere affrettato dal diffondersi del sapere, dall’aprire nuove
strade al lavoro e all’emigrazione, con prospettive migliori di quelle che esistono ora, e su
qualche nuovo continente che può apparire. Solo allora il motore e la forza di Keely, così
come li progettavano originariamente lui stesso e i suoi amici, saranno necessari, perché allora
abbisogneranno più al povero che al ricco.
Frattanto, la Forza da lui scoperta agirà attraverso fili metallici, e, se egli avrà
successo, questo sarà sufficiente a renderlo, nella presente generazione, il più grande
scopritore dell’epoca. Ciò che Keely dice del Suono e del Colore è giusto anche dal punto di
424
vista occulto. Ascoltatelo quando parla come se fosse il beniamino degli “Dèi Rivelatori” e
come se per tutta la vita avesse scrutato nelle profondità dell’Etere Padre-Madre. Paragonando
la rarefazione dell’atmosfera con quella delle correnti eteriche, ottenuta per mezzo
dell’invenzione fatta per separare le molecole dell’aria con la vibrazione, Keely dice :
È come il platino in confronto al gas idrogeno. La separazione molecolare dell’aria ci porta solo alla
prima suddivisione; quella inter-molecolare, alla seconda suddivisione; quella atomica, alla terza; quella interatomica, alla quarta; quella eterica, alla quinta; quella inter-atomica, alla sesta, o all’associazione positiva con
l’etere luminoso1. All’inizio del mio discorso ho affermato che questo è l’involucro vibrante di tutti gli atomi.
Definendo l’atomo, non mi limito alla sesta suddivisione, dove questo etere luminoso è sviluppato nella sua
forma grezza, per quanto lo provino le mie ricerche2. Credo che questa idea sarà considerata dai fisici
d’oggigiorno una stramba fantasia. È possibile che con il tempo si faccia luce su questa teoria, che dimostrerà la
sua semplicità davanti alla ricerca scientifica. Per il momento non la posso paragonare che ad un pianeta in uno
spazio oscuro, che la luce del sole della scienza non ha ancora raggiunto... Io presumo che il suono. come
l’odore, sia una vera e propria sostanza di una tenuità sconosciuta e prodigiosa, che emani da un corpo in cui sia
stata indotta per percussione, ed emetta veri corpuscoli di materia, particelle inter-atomiche, alla velocità di
1.120 piedi al secondo; in vacuo, di 20.000. La sostanza così sparsa è una parte, una porzione della massa
agitata, e, se mantenuta ininterrottamente in questa agitazione, nel corso di un certo periodo di tempo verrebbe
interamente assorbita dall’atmosfera; o, per meglio dire, passerebbe attraverso l’atmosfera ad un punto elevato di
tenuità, corrispondente alla condizione di suddivisione che presiede alla sua liberazione del corpo che l’ha
generata... I suoni usciti dalle vibrazioni del diapason si dispongono in modo da formare delle corde eteriche,
mentre, propagando i loro toni (composti), permeano interamente di sé tutte le sostanze che capitano a portata
del loro bombardamento atomico. Il battere di una campana in vacuo, libera questi atomi con la stessa velocità e
con lo stesso volume di come avverrebbe all’aria aperta; e qualora l’agitarsi della campana potesse continuare
ininterrottamente per milioni di secoli, tornerebbe interamente al suo elemento primitivo; e, se la camera fosse
chiusa ermeticamente, e forte abbastanza, il vuoto che circonda la campana sarebbe portato alla pressione di
molte migliaia di libbre al pollice quadrato dalla tenue sostanza sprigionata. A mio modo di vedere, il suono
propriamente definito è la perturbazione dell’equilibrio atomico, poiché spezza gli attuali corpuscoli atomici; e la
sostanza così liberata deve appartenere certamente ad una determinata categoria di corrente eterica. A queste
condizioni, è forse irragionevole supporre che, se questa corrente potesse continuare per un tempo indefinito, e il
corpo perdesse così il suo elemento, a un certo momento sparirebbe del tutto? Tutti i corpi in princìpio sono
formati da questo etere sottilissimo: quelli animali, quelli vegetali e quelli minerali, e sono restituiti alla loro
condizione gassosa solo quando sono portati ad uno stato di equilibrio differenziale... In. quanto all’odore,
possiamo farci un’idea precisa della sua estrema e mirabile tenuità solo prendendo in considerazione che una
vasta superficie dell’atmosfera può restare impregnata per molti e molti anni da un solo granello di muschio che,
pesato dopo questo lungo intervallo, non mostrerebbe di essere diminuito in modo apprezzabile. II grande
paradosso riguardo al flusso delle particelle odorose è che si possono tenere imprigionate in un recipiente di
vetro! È una sostanza di ben maggiore tenuità del vetro che la contiene, eppure non può sfuggire. È come uno
staccio dalle maglie della rete così larghe da lasciar passare le pietruzze, e che pure trattiene la sabbia minuta,
che non vi può passare attraverso; in realtà, un recipiente molecolare che contiene una sostanza atomica. Questo
è un problema che confonderebbe coloro che vi riflettessero. Ma l’odore, infinitamente sottile com’è, ha una
certa relazione rudimentale con la sostanza della suddivisione che governa una corrente magnetica (una corrente
di simpatia, se volete chiamarla così). Questa suddivisione viene dopo il suono, ma è al di sopra del suono.
L’azione della corrente di un magnete coincide alquanto con la parte ricevente e distribuente del cervello umano,
che dà sempre in proporzione minore di quello che riceve. E questa è una grande dimostrazione del controllo
esercitato dalla mente sopra la materia; la mente deteriora gradatamente il fisico, finché non sopravviene la
dissoluzione. Il magnete perde la sua forza nella stessa proporzione, e diventa inerte. Se le relazioni che esistono
fra mente e materia potessero equipararsi e mantenersi così, vivremmo nel nostro stato fisico eternamente, dato
che non ci sarebbe un deterioramento progressivo della materia. Ma questo deterioramento conduce, al suo
termine, all’origine di uno sviluppo molto superiore — vale a dire, alla liberazione dell’etere puro da quello
greggio molecolare; il che, a mio parere, è molto auspicabile3.
Si può notare che, tranne per poche divergenze, nessun Adepto o nessun alchimista
avrebbe potuto spiegare meglio queste teorie alla luce della scienza moderna, sebbene gli
scienziati possano protestare contro queste vedute nuove. In tutti i suoi princìpi fondamentali,
1
Questa è la divisione fatta sotto altri nomi anche dagli occultisti.
Giustissimo, poiché al di là vi è la settima, che ricomincia la stessa numerazione, dalla prima all’ultima, su un
piano superiore.
3
Dall’opuscolo The New Philosophy, di Bloomfield- Moore.
2
425
se non nei suoi particolari, questo è Occultismo puro e semplice; e inoltre, è anche filosofia
naturale moderna.
Cos’è questa nuova Forza (o in qualsiasi altro modo la possa chiamare la scienza), i
cui effetti sono innegabili — come ammette più di un naturalista o di un fisico che abbia
visitato il laboratorio di Keely e sia stato personalmente testimone dei suoi effetti tremendi? È
un “genere di moto” sia pure in vacuo, poiché non c’è materia che lo generi se non il suono —
un altro genere di moto, senza dubbio, una sensazione causata, come il colore, da vibrazioni?
Come crediamo pienamente che queste sensazioni siano la causa più prossima, la causa
immediata di tali vibrazioni, respingiamo altrettanto assolutamente la unilaterale teoria
scientifica che afferma come non ci sia nessun fattore che si possa considerare a noi esterno,
se non le vibrazioni eteriche o atmosferiche. In questo caso i Sostanzialisti americani non
hanno torto — anche se nelle loro vedute sono troppo antropomorfici e materiali — quando
una di loro, la dottoressa M. S. Organ afferma che:
Negli oggetti che hanno una relazione costituzionale con le sensazioni dei nervi degli animali, ci devono
essere delle proprietà positive individualizzatrici, altrimenti non può esserci alcuna percezione. Nessuna
impressione di qualsiasi specie può prodursi sul cervello, sui nervi o sulla mente, nessuno stimolo ad agire —
senza che ci sia una comunicazione reale e diretta con una forza sostanziale [“sostanziale” non in realtà, ma
come appare, nel senso comune della parola, in questo universo di illusione e di Mâyâ]. Questa forza può essere
la più raffinata e sublimata entità immateriale [?]; eppure deve esistere; perché nessun senso, nessun elemento o
nessuna facoltà dell’essere umano può ricevere una percezione, o essere stimolata all’azione, senza qualche forza
sostanziale che venga in contatto con essa. Questa è la legge fondamentale che domina tutto il mondo organico e
mentale. In senso filosofico, l’azione indipendente non esiste: perché ogni forza o sostanza è collegata a qualche
altra forza o sostanza. Possiamo asserire con ragione che nessuna sostanza possiede alcuna proprietà gustativa od
olfattiva che le sia inerente — che il sapore e l’odore sono semplicemente sensazioni causate da vibrazioni; e
quindi pure illusioni delle percezioni animali.
C’è un insieme trascendentale di cause messe in movimento, per così dire, quando
accadono questi fenomeni che, non essendo in relazione con il nostro stretto ambito di
cognizione, possono essere compresi e delineati nella loro origine e nella loro natura solo
dalle facoltà spirituali dell’Adepto. Essi sono, come Asclepio li descrive al Re, “corporeità
incorporee”, simili alle “immagini riflesse in uno specchio” e alle “forme astratte” che
vediamo, ascoltiamo e odoriamo nei sogni e nelle visioni. Cos’hanno a che fare con esse i
“generi di movimento”, come la luce e l’etere? Eppure noi le vediamo, le ascoltiamo, le
odoriamo e le tocchiamo, ergo, nei nostri sogni, sono per noi delle realtà, come lo è ogni altra
cosa su questo piano di Mâyâ.1
______
1
[Alla fine di questa Sezione IX riteniamo opportuno riportare quanto dice, a proposito di Keely, il Glossario Teosofico
della Dottrina Segreta di H.P. Blavatsky: nato a Filadelfia nel 1837, John Ernst Warrell Keely fu inventore dotato di
peculiari capacità mentali e psichiche; inventò numerosi e svariati dispositivi basati su una forza della natura ancora
sconosciuta, correlata all'armonia dei centri laya eterici. Dimostrò tutto ciò costruendo nel 1872 una macchina basata su tale
forza… La macchina era immensamente grande, pesava oltre 22 tonnellate, e venne costruita da un paio di industrie
abbastanza potenti. Seguirono modelli di minori dimensioni, via via che si capiva meglio la struttura del congegno. Il
Generatore del 1878 pesava 3 tonnellate, misurava un metro per un metro e mezzo…Non usava calore, nè elettricità, nè
prodotti chimici. Era messo in moto avviando una valvola a quattro vie, che era anche l'unico organo in movimento; l'uscita
era sempre la stessa, indipendentemente dal lavoro effettuato. Speculatori senza scrupoli provocarono a Keely un mare di
guai, e fu Mr. Babcock a scrivere un opuscolo di 32 pagine nel quale spiegava, in risposta alle tante domande, caratteristiche
e vicissitudini del motore di Keely. Gli ordinativi non furono molti e molti esemplari furono distrutti. Vennero prodotti nuovi
modelli, la vendita sembrò aumentare, ma solo un quarto delle macchine vendute furono pagate. Keely, che nella sua
impresa era stato aiutato da Mrs. Clara Bloomfield-Moore, si ritrovò sull'orlo del fallimento. Keely inventò una nuova
terminologia per descrivere la sua invenzione e le sue macchine veramente uniche, che per ben ventiquattro anni si erano
dimostrate efficienti in modo completo. Ma alla fine, il figlio di Mrs. Clara fece interdire la madre, le tolse il potere di
amministrare il patrimonio ed interruppe i finanziamenti per Keely. Questi distrusse le sue invenzioni e sparì dalla
circolazione; morì solo e disperato nel 1898. –N.d.T.]
426
SEZIONE X
DEGLI ELEMENTI E DEGLI ATOMI
Quando l’occultista parla degli Elementi e degli Esseri umani che vivevano durante
quelle età geologiche la cui durata è ritenuta tanto impossibile a determinarsi — secondo
l’opinione di uno dei migliori geologi inglesi1 — quanto la natura della Materia, lo fa perché
sa quel che dice. Quando dice Uomo ed Elemento, egli non vuole significare né l’uomo nella
sua forma fisiologica ed antropologica attuale, né gli Atomi degli elementi, quelle concezioni
ipotetiche che esistono oggi nelle menti scientifiche, le entità astratte della Materia nel suo
stato più raffinato; e neppure vuol significare gli Elementi composti dell’antichità. In
Occultismo la parola Elemento significa sempre Rudimento.
Quando diciamo “Uomo Elementare”, intendiamo parlare o dell’abbozzo primitivo,
incipiente, dell’uomo, nella sua condizione incompleta e non sviluppata, in questa forma
quindi che giace ora latente nell’uomo fisico durante la sua vita, e che si mostra solo qualche
volta ed in certe condizioni; o di quella forma che sopravvive per un certo tempo al corpo
materiale, meglio conosciuta come un Elementare2. In quanto a “Elemento”, quando il
termine è adoperato metafisicamente, significa l’Uomo Divino nascente che va distinto da
quello mortale; e, quando si usa in senso fisico, significa la Materia iniziale nella sua
primordiale condizione indifferenziata, o nello stato Laya, la condizione eterna e normale
della Sostanza, che si differenzia solo periodicamente; durante questa differenziazione, la
Sostanza è realmente in uno stato anormale — in altre parole, è solo una illusione transitoria
dei sensi.
Quanto ai cosiddetti Atomi Elementali, gli occultisti si riferiscono a quelli il cui nome
ha un significato analogo al significato che gli indù danno a Brahmâ, quando lo chiamano,
Anu l’Atomo. Ogni Atomo Elementale, nella ricerca del quale molti chimici hanno seguito il
sentiero indicato dagli alchimisti, è, per loro ferma convinzione — se non per cognizione —
un’Anima; non un’Anima necessariamente disincarnata, ma uno Jiva, come lo chiamano gli
indù; un centro di Vitalità Potenziale contenente intelligenza latente, e, nel caso delle Anime
composte, un’Esistenza intelligente e attiva, dall’ordine più alto a quello più basso, una forma
composta di maggiori o minori differenziazioni. Ci vuole un metafisico — e un metafisico
orientale — per comprendere quello che intendiamo dire. Tutte queste Anime-Atomi sono
differenziazioni dell’Uno, e stanno ad esso come l’Anima Divina, Buddhi, sta ad Âtmâ, lo
Spirito che le anima e che è da lui inseparabile.
I fisici moderni, prendendo in prestito dagli antichi la loro teoria atomica, si sono
dimenticati di un punto, il punto più importante di tutta la dottrina; perciò sono arrivati solo al
guscio e non potranno mai raggiungere il nocciolo. Adottando gli Atomi fisici, hanno
tralasciato il fatto suggestivo che, da Anassagora ad Epicuro, al romano Lucrezio, e infine allo
stesso Galileo, tutti questi filosofi hanno più o meno creduto negli Atomi animati, e non nelle
particelle invisibili della cosiddetta materia “bruta”. Secondo loro, il moto rotatorio è stato
generato da Atomi più grandi (leggi: più divini e più puri) che hanno spinto in giù gli altri
Atomi, mentre quelli più leggeri venivano simultaneamente proiettati verso l’alto. Nel
significato esoterico, questo corrisponde all’eterna curva ciclica degli Elementi differenziati,
1
Rispondendo a un amico, quell’eminente geologo scrive: “ I n risposta alla vostra lettera posso solo dire che per ora è, e forse lo
sarà sempre, impossibile ridurre l’epoca geologica in anni, e persino in millenni, sia pure approssimativamente”, (firmato William
Pengelly, membro della Royal Society).
2
Platone, quando parla degli elementi irrazionali, turbolenti, “composti di fuoco, d’aria, d’acqua e di terra”, vuol significare i
Demoni Elementari (Vedi Timeo).
427
che sale e discende durante le fasi intercicliche dell’Esistenza, finché ognuno di essi
raggiunge di nuovo il suo punto di partenza, o luogo di nascita. L’idea era tanto metafisica
che fisica; poiché l’interpretazione segreta ammette gli Déi o le Anime, sotto forma di Atomi
come cause di tutti gli effetti prodotti sulla terra dalle secrezioni dei corpi divini1. Nessun
filosofo antico, nemmeno i cabalisti ebrei, ha mai dissociato lo Spirito dalla Materia o la
Materia dallo Spirito. Tutto ebbe origine nell’Uno, e, provenendo dall’Uno, deve ritornare
infine all’Uno.
La luce diviene calore, e si consolida con particelle ardenti, che, da infuocate, diventano fredde e dure,
rotonde e lisce. Ed essa si chiama Anima, imprigionata nella sua veste di materia2.
Nel linguaggio degli Iniziati, gli Atomi e le Anime erano sinonimi. La dottrina delle
“Anime vorticanti”, il Gilgoolem, nella quale hanno creduto tanti ebrei istruiti3
esotericamente, non ha altro significato. I dotti iniziati ebrei non designarono mai solo la
Palestina come loro Terra Promessa, ma intendevano con ciò lo stesso Nirvâna, come fanno il
buddhista ed il brâhmano sapienti — il grembo dell’Uno Eterno, simboleggiato dal Dio unico
di Abramo, e dalla Palestina come suo sostituto sulla Terra.
Nessun ebreo istruito credeva certamente al senso letterale di questa allegoria: che i
corpi degli ebrei contengono un princìpio di Anima che non può aver riposo se i corpi sono
sepolti in terra straniera, finché, per un procedimento chiamato l’“errare dell’Anima”, la
particella immortale raggiunge ancora una volta il sacro suolo della “Terra Promessa”4.
Il significato di tutto questo è evidente per un occultista. Si supponeva che il
procedimento di cui sopra si compisse con una specie di metempsicosi, e si credeva che la
scintilla psichica trasmigrasse nell’uccello, nel pesce e nell’insetto più minuscolo5.
L’allegoria ha una relazione con gli Atomi del corpo, ciascuno dei quali deve passare
attraverso tutte le forme prima di raggiungere completamente lo stato finale — che è il punto
di partenza primordiale di ogni atomo — il suo stato Laya originario. Ma il significato
primitivo del Gilgoolem, o la “Rivoluzione delle anime”, era la reincarnazione delle Anime o
degli Ego. “Tutte le Anime passano per il Gilgoolah”, per il processo ciclico della rinascita.
Alcuni cabalisti interpretano questa dottrina come se significasse solo una specie di purgatorio
per le anime dei cattivi. Ma non è così.
Il passaggio dell’Anima-Atomo “attraverso le sette Camere Planetarie” aveva il
medesimo significato metafisico e fisico. Aveva quest’ultimo significato quando si diceva che
l’Anima si dissolveva nell’Etere. Persino Epicuro, tipico ateo e materialista, conosceva così
bene l’antica Saggezza e credeva tanto in essa, da pensare che l’Anima — distinta del tutto
dallo Spirito immortale, quando si conserva latente in esso, come lo è in ogni particella
atomica — sia composta di un’essenza sottile e tenera, formata con gli atomi più lisci, più ben
fatti e più belli.6
E questo dimostra che gli antichi Iniziati, che erano seguiti più o meno attentamente da
tutta l’antichità profana, con la parola Atomo volevano significare un’Anima, un Genio o un
Angelo, il primogenito della Causa eternamente celata di tutte le cause; e in questo senso i
loro insegnamenti divengono comprensibili. Essi affermavano, come i loro successori, che
l’esistenza degli Dèi e dei Genii, degli Angeli o dei Demoni non è al di fuori, non è
indipendente dal Plenum Universale, ma è dentro di esso. Soltanto questo Plenum, durante i
cicli della vita, è infinito. Essi ammettevano ed insegnavano una buona parte di ciò che
insegna oggi la scienza moderna — cioè l’esistenza di una primordiale Stoffa del mondo o
1
Platone nel Timeo adopera la parola “secrezioni” riferendola a Elementi turbolenti.
Trattato esoterico sulla dottrina di Gilgul, di Valentino.
3
Royal Masonic Cyclopaedia, di Mackenzie.
4
Iside Svelata, Vol. III, pag. 152.
5
Vedi Mackenzie, opera citata.
6
Iside Svelata, I, 317.
2
428
Sostanza Cosmica, eternamente omogenea, tranne che durante la sua esistenza periodica;
allora, universalmente diffusa attraverso lo Spazio infinito, si differenzia, e gradatamente
forma i corpi siderali. Essi credevano nella rivoluzione dei Cieli, nella rotazione della Terra,
nel Sistema eliocentrico, e nei Vortici Atomici — poiché gli Atomi sono in realtà Anime e
Intelligenze. Questi “atomisti” erano dei panteisti spirituali, molto trascendentali e filosofici.
Non sono stati loro a concepire, e neppure a sognarsi quella progenie mostruosa e degenere
che è l’incubo della nostra razza moderna e civilizzata: gli Atomi inanimati, materiali e
semoventi da una parte, e un Dio extra-cosmico dall’altra.
Può essere utile vedere cosa fosse la Monade e quale sia la sua origine, secondo gli
insegnamenti degli antichi Iniziati.
La scienza esatta moderna, non appena cominciò a divenire adulta, intuì il grande
assioma che per essa, fino ad allora, era rimasto esoterico, cioè che nel regno dell’Essere sia
spirituale che psichico e fisico, niente poteva venire dal niente. Nell’Universo manifestato non
c’è causa senza i suoi relativi effetti, sia nello Spazio che nel Tempo; né ci può essere un
effetto senza la causa che lo origina, la quale, a sua volta, deve la propria esistenza a una
causa ancora superiore — mentre la Causa finale e assoluta deve rimanere eternamente per
l’uomo una incomprensibile Causa Senza Causa. Tuttavia, anche questa non è una soluzione,
e bisogna vederla, semmai, dal più alto punto di vista filosofico e metafisico, altrimenti è
meglio non affrontare il problema. È un’astrazione, sull’orlo della quale la ragione umana —
per quanto abituata alle sottigliezze metafisiche — vacilla, minacciando di venir meno.
Questo si può dimostrare ad ogni europeo che volesse accingersi a risolvere il problema
dell’esistenza, per esempio con gli articoli di fede del vero vedantino.
Legga e studi i sublimi insegnamenti di Shankarâchârya riguardanti l’Anima e lo
Spirito, e si renderà conto di quanto abbiamo detto1.
Mentre ai cristiani si insegna che l’Anima umana è un soffio di Dio, da lui creata per
un’esistenza sempiterna, e che essa ha un princìpio, ma non una fine — e perciò non potrà
mai dirsi eterna — l’insegnamento occulto dice: Niente è creato, ma tutto è soltanto
trasformato. Non c’è niente in questo Universo — dall’astro al più vago e rapido dei pensieri
— che possa manifestarsi, se non perché si trovava già nell’Universo stesso; sul piano
soggettivo ogni cosa è eternamente; mentre sul piano oggettivo tutto è un eterno divenire
perché tutto e transitorio.
La Monade — una “cosa veramente indivisibile”, come la definì Good, che non dava a
quella parola il senso che le diamo noi — è espressa qui con Âtmâ, in unione con Buddhi e
con il Manas superiore. Questa trinità è una ed eterna, dato che i suoi due ultimi termini
vengono riassorbiti dal primo, al termine della vita condizionata ed illusoria. La Monade,
dunque, si può seguire nel corso del suo pellegrinaggio e dei suoi cambiamenti di veicoli
transitori, solo dalla fase preliminare dell’Universo manifestato. Nel Pralaya — il periodo
intermedio fra due Manvantara — essa non si chiama più Monade, e lo stesso avviene quando
il vero Unico Sé dell’uomo si fonde con Brahman, nei casi di alto Samâdhi (lo stato Turîya) o
Nirvâna finale; come dice Shankara:
Quando il discepolo, pervenuto a quella coscienza primordiale, a quella felicità assoluta la cui natura è
la verità, che è senza forma e senza azione, abbandona questo corpo illusorio che è stato assunto dall’Âtmâ,
proprio come un attore (abbandona) il costume (che si era messo)”.
Perché Buddhi, l’Involucro Anandamaya, è solo uno specchio che riflette la felicità
assoluta; e, inoltre, questo suo stesso riflesso non si è ancora liberato dall’ignoranza, e non
costituisce lo Spirito Supremo poiché è sottomesso a certe condizioni, è una modificazione
1
Vivekâ Chûdâmani, che Mohini M. Chatterji ha tradotto: “The Crest Jewel of Wisdom”. Vedi The Theosophist,
luglio e agosto 1886.
429
spirituale di Prakriti, ed è un effetto. Solo Âtmâ è l’unico substrato reale ed eterno, l’essenza e
la conoscenza assoluta, lo Kshetrajña. Ora che è stata pubblicata la versione riveduta dei
Vangeli, e che sono stati corretti gli errori di traduzione più lampanti delle vecchie versioni, si
possono capire meglio le parole del Vangelo di S. Giovanni, V, 6°: “È lo Spirito che rende
testimonianza, poiché lo Spirito è verità”. Le parole che seguono nella versione travisata sulle
“tre testimonianze”, che finora si è creduto volessero significare “il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo”, mostrano molto chiaramente cosa intendeva dire colui che scriveva, che a questo
riguardo identificava così ancora di più il suo insegnamento con quello di Shankarâchârya.
Perché, cosa può significare la frase “ci sono tre che rendono testimonianza... Lo Spirito e
l’Acqua e il Sangue” — se non ha alcuna relazione o connessione con ciò che dice, in modo
più filosofico, il grande maestro vedântino, che, parlando degli Involucri — i princìpi
nell’uomo — Jîva, Vijnânamaya, ecc., che sono, nella loro manifestazione fisica, “Acqua e
Sangue” o Vita, aggiunge che solo l’Âtmâ, lo Spirito, rimane dopo che gli Involucri sono stati
scartati; e che esso è l’Unico testimone, o unità sintetizzata. La scuola meno spirituale e meno
filosofica, attaccata all’idea della Trinità, di un “solo Testimone” ne fece tre, connettendolo
così più con la Terra che con il Cielo. Nella filosofia esoterica essa è chiamata l’“unica
testimonianza”, e, mentre riposa nel Devachan, “i Tre Testimoni del Karma.” Se Âtmâ, il
nostro settimo princìpio, si identifica con lo Spirito Universale, e l’uomo nella sua essenza è
una cosa sola con esso, che cosa è allora la Monade vera e propria? È quella scintilla
omogenea e che emana in milioni di raggi dai sette raggi primitivi; dei quali raggi diremo
qualcosa ulteriormente. È la SCINTILLA CHE EMANA DAL RAGGIO INCREATO; un mistero. Nel
Buddhismo esoterico, e anche in quello exoterico del Nord, Âdi-Buddha (Chogi Dangpoi
Sangye), lo Sconosciuto, senza princìpio o senza fine, identificato con Parabrahman e Ain
Suph, emette un Raggio brillante dalle sue Tenebre. Questo è il Logos, il Primo, o Vajradhara,
il Buddha Supremo, chiamato anche Dorjechang. Come Signore di tutti i Misteri, egli non può
manifestarsi, ma manda nel mondo della manifestazione il suo cuore — il “Cuore di
Diamante”, Vajrasattva o Dorjesempa. Questo è il secondo Logos della Creazione, da cui
emanano i sette Dhyâni-Buddha, chiamati gli Anupâdaka, i “Senza Genitori” — che
nell’exoterismo diventano cinque. Questi Buddha sono le Monadi primitive provenienti dal
mondo dell’Essere Incorporeo, il mondo di Arûpa, dove le Intelligenze (soltanto su quel
piano) nel sistema exoterico non hanno forma né nome, ma nella filosofia esoterica hanno i
loro sette nomi distinti. Questi Dhyâni-Buddha emanano da se stessi, in virtù del potere di
Dhyâna, i Sé celesti, i Boddhisattva superumani. Questi, incarnandosi sulla terra al princìpio
di ogni ciclo umano come uomini mortali, diventano, qualche volta, per loro merito personale,
dei Boddhisattva tra i Figli dell’Umanità, dopo di che possono riapparire come Buddha
umani, o Mânushi. Gli Anupâdaka, o i Dhyâni-Buddha, si identificano così con i Mânasaputra
brâhmanici, i Figli nati dalla Mente — sia di Brâhma, sia di una delle altre due ipostasi della
Trimûrti; si identificano anche con i Rishi e i Prajâpati. A questo proposito, si trova
nell’Anugîtâ un passo che, letto esotericamente, mostra in modo chiaro, sebbene con
immagini diverse, la stessa idea e lo stesso sistema. Dice:
Tutte quante le entità che esistono in questo mondo, mobili o immobili, sono le prime a dissolversi [al
Pralaya]; e subito dopo lo saranno gli sviluppi prodotti dagli elementi [da cui è formato l’universo visibile]; e
(dopo) questi sviluppi [le entità evolute], tutti gli elementi. Tale è fra le entità la gradazione verso l’alto. Gli Dèi,
gli uomini, i Gandharva, i Pishâcha, gli Asura, i Râkshasa, sono stati creati tutti dalla natura [Svabhâva, o
Prakriti, la Natura plastica], non dalle azioni, né da una causa [non da una causa fisica]. Questi Brâhmani [i Rishi
Prajâpati?], i creatori del mondo, nascono qui (sulla terra) infinite volte. E tutto ciò che hanno prodotto si
dissolve a tempo debito in quei cinque grandi elementi [i cinque, o piuttosto i sette Dhyâni-Buddha, chiamati
anche “Elementi” del genere umano], come onde nell’oceano. Questi grandi elementi sono assolutamente (al di
là) degli elementi grossolani che formano il mondo.
430
E colui che si libera anche da questi cinque elementi [i Tanmâtra]1 raggiunge la meta più alta. Il Signore
Prajâpati [Brahmâ] creò tutto questo solo dalla mente [da Dhyâna, o meditazione astratta e i poteri mistici, come
i Dhyâni-Buddha]2.
Evidentemente questi Brâhmani sono identici dunque ai Bodhisattva terrestri dei
Dhyâni-Buddha celesti. Entrambi, come “Elementi” primordiali intelligenti, diventano i
Creatori o gli Emanatori delle Monadi destinate a diventare umane in quel ciclo; dopo di che
si evolvono, o, per così dire, si espandono in loro stessi come Bodhisattva o Brâhmani, in
cielo e in terra, per divenire infine dei semplici uomini. “I creatori del mondo nascono
davvero infinite volte qui sulla terra”. Nel sistema buddhista settentrionale, o nella religione
popolare exoterica, si crede che ogni Buddha, mentre predica la Buona Legge sulla Terra, si
manifesti simultaneamente in tre mondi: nel Mondo senza forma come Dhyâni Buddha, nel
Mondo delle Forme come Bodhisattva, e nel Mondo del Desiderio, il mondo più basso, cioè il
nostro — come uomo. L’insegnamento esoterico è diverso. La Monade divina, puramente
Adi-Buddhica si manifesta come il Buddhi universale, la Mahâ-Buddhi o Mahat delle
filosofie indù, la radice spirituale onnisciente e onnipotente dell’Intelligenza divina, la più alta
Anima Mundi o il Logos. Essa scende “come una fiamma che esce dal fuoco eterno, senza
crescere o diminuire, immota, sempre la stessa fino alla fine” del ciclo dell’esistenza, e
diventa Vita Universale sul piano terrestre. Da questo Piano di Vita cosciente guizzano fuori,
come sette lingue di fuoco, i Figli della Luce, i Logoi della Vita; poi i Dhyâni-Buddha della
contemplazione, le forme concrete dei loro Padri senza forma, i sette Figli della Luce, ancora
loro, a cui si può applicare la frase mistica brâhmanica : “Tu sei QUELLO” — Brahman. È da
questi Dhyâni-Buddha che emanano le loro Chhâyâ o ombre, i Bodhisattva dei reami celesti, i
prototipi dei Bodhisattva super-terrestri, dei Buddha terrestri, e infine degli uomini. I sette
Figli della Luce sono chiamati anche Stelle.
La stella sotto cui nasce un’entità umana — dice l’insegnamento occulto — rimarrà
per sempre la sua stella dal princìpio alla fine di tutto il ciclo delle sue incarnazioni in un
Manvantara. Ma essa non è la sua stella astrologica. Questa riguarda la Personalità ed è
collegata con essa; l’altra riguarda invece l’Individualità. L’Angelo di quella stella, o il
Dhyâni-Buddha ad essa connesso, sarà l’Angelo che guida, o semplicemente l’Angelo che
presiede, per così dire, ogni nuova rinascita della Monade, che è parte della sua propria
essenza, sebbene il suo veicolo, l’uomo, possa ignorare per sempre questo fatto.
Ogni Adepto ha il suo Dhyâni-Buddha, la sua “Anima Gemella” maggiore; e lo sa, e
lo chiama “Anima-Padre” e “Padre di Fuoco”. Tuttavia è solo all’ultima e suprema
Iniziazione che, messo faccia a faccia con l’“Immagine” splendente, impara a riconoscerlo.
Fino a che punto Bulwer Lytton era a conoscenza di questo fatto mistico, quando descriveva,
in uno dei suoi migliori momenti di ispirazione, Zanoni faccia a faccia con il suo Augoide?
Il Logos, o il Mondo, sia manifestato che immanifesto, viene chiamato dagli indù
Îshvara, il Signore, sebbene gli occultisti gli diano un altro nome. Îshvara, dicono i vedântini,
è la più alta coscienza che esista nella Natura. “Questa più alta coscienza” rispondono gli
occultisti “è solo un’unità sintetica nel mondo del Logos manifestato — o sul piano
dell’illusione; perché è la somma totale della coscienza Dhyân-Chohanica”. “O uomo saggio,
non restare nella concezione che il Non-Spirito sia lo Spirito” dice Shankarâchârya. Âtmâ è il
non-spirito nel suo stato Parabrahmico finale; Îshvara, o il Logos, è lo Spirito; o, come spiega
l’Occultismo, è un’unità composta degli Spiriti viventi manifestati, il genitore originario e la
sorgente di tutte le Monadi terrestri, plus i loro riflessi divini, che emanano dal Logos e vi
ritornano al punto culminante dei loro percorso. Esistono sette gruppi principali di tali Dhyân
1
I Tanmâtra sono letteralmente il tipo o il rudimento di un elemento privo di qualità; ma esotericamente, sono i noumeni
primitivi di ciò che, nel corso dell’evoluzione, diventa un Elemento Cosmico, nel senso che si dava a questo termine
nell’antichità, e non nel senso fisico. Sono i Logoi, le sette emanazioni o i Sette Raggi del Logos.
2
Anugîtâ, Cap. XXXVI, traduzione di Telang, pp. 387-388.
431
Chohan, e li si può ritrovare e riconoscere in ogni religione, perché sono i sette raggi
primitivi. L’umanità, come c’insegna l’Occultismo, è divisa in sette gruppi distinti, con le loro
suddivisioni mentali, spirituali e fisiche. Quindi ci sono sette pianeti principali, le sfere dei
sette Spiriti che vi dimorano, sotto ciascuno dei quali nasce uno dei gruppi umani, che è da
esso guidato e influenzato. Ci sono solo sette pianeti uniti specialmente con la Terra, e dodici
case; ma le combinazioni possibili dei loro aspetti sono innumerevoli.
Siccome ogni pianeta può stare in rapporto con gli altri sotto dodici aspetti differenti,
le loro combinazioni devono essere quasi infinite; così infinite, infatti, come le capacità
spirituali, psichiche, mentali e fisiche delle varietà innumerevoli del genus homo; ognuna
delle quali varietà nasce sotto uno dei sette pianeti e sotto una delle suddette innumerevoli
combinazioni planetarie1.
Quindi la Monade, considerata quale Unità, è al disopra del settimo princìpio nel
Cosmo e nell’uomo, e considerata come una triade, è la radiante pregenie diretta di quella
unità composta, non il Soffio di “Dio”, come questa Unità è stata chiamata, né una creazione
dal nihil; anzi una simile idea non è affatto filosofica, e degrada la Divinità, abbassandola ad
una condizione finita e attributiva. Come ha ben detto il traduttore del Crest-Jewel of Wisdom:
(Sommo Gioiello di Saggezza) [Benché Îshvara sia “Dio”],
Immutato nei più profondi abissi dei Pralaya e nella più intensa attività dei Manvantara, [ancora] al
2
disopra [di lui] vi è ÂTMÂ, intorno al cui velario vi è l’oscurità dell’eterna MÂYÂ .
Le “Triadi” nate sotto lo stesso Pianeta-Genitore, o meglio, sotto le radiazioni di uno
stesso Spirito planetario o Dhyâni-Buddha sono su questa Terra in tutte le loro rinascite e in
tutti i loro periodi di disincarnazione, anime sorelle o “gemelle”. L’idea è la stessa espressa
nella Trinità Cristiana, i “Tre nell’Uno”; soltanto, è ancor più metafisica: lo “Spirito
Supremo” Universale che si manifesta sui due piani più alti; quello di Buddhi e quello di
Mahat. Queste sono le tre ipostasi, metafisiche, ma mai personali. Ogni grande Iniziato di
ogni epoca e di ogni paese fu a conoscenza di questo: “Io e mio Padre siamo una sola cosa”
disse Gesù3. Quando in un altro punto dice: “Io ascendo al Padre mio ed al Padre vostro”4,
vuole appunto significare ciò che abbiamo spiegato ora. L’identità, e nello stesso tempo la
differenziazione illusoria fra la Monade-Angelica e la Monade-umana si dimostra nelle frasi:
“Mio Padre è più grande di me”5; “Glorificate il Padre vostro che è in Cielo”6; “Allora i giusti
risplenderanno come il sole nel regno del loro Padre” (non del nostro Padre).7 Così pure
Paolo domanda: “Non sapete che siete il tempio di Dio, e che lo spirito di Dio dimora in
voi?”8. Tutto questo mirava semplicemente a dimostrare che un gruppo dei suoi discepoli e
dei suoi seguaci apparteneva allo stesso Dhyâni-Buddha, Stella, o Padre; e che questo, a sua
volta, apparteneva allo stesso regno e alla stessa divisione planetaria. È la cognizione di
questa dottrina occulta che trovò espressione nella recensione dell’Idillio del Loto Bianco,
quando T. Subba Row scrisse:
1
The Theosophist, agosto 1886.
L’errore, ora universale, di attribuire agli antichi la conoscenza di soli sette pianeti, semplicemente perché non ne
menzionavano altri, è dovuto alla stessa ignoranza generale che si ha riguardo alle loro dottrine occulte. La questione non è
se essi fossero o non fossero al corrente dell’esistenza dei pianeti scoperti ulteriormente; ma se la riverenza che tributavano
ai quattro grandi Dèi exoterici e ai tre Dèi segreti o gli Angeli-Stellari non avesse qualche ragione speciale. Io oso dire che
questa ragione esisteva, ed è questa. Anche se avessero conosciuto tanti pianeti quanti ne conosciamo noi, e d’altronde
questo è ora molto difficile a stabilirsi sia in un senso che nell’altro — avrebbero ugualmente congiunto con il loro culto
religioso solo quei sette, perché essi sono connessi direttamente e particolarmente con la nostra Terra, o, secondo la
fraseologia esoterica, con il nostro Anello settenario di sfere.
3
Giovanni, X, 30.
4
Ib., XX, 17.
5
Ib., XIV, 28.
6
Matteo, V, 16.
7
Matteo, XIII, 43.
8
Corinti, III, 16.
2
432
Ogni Buddha incontra nella sua ultima iniziazione tutti i grandi Adepti che raggiunsero lo stato di
Buddha durante le età precedenti... Gli Adepti di ogni classe hanno il loro particolare legame di comunione
spirituale che li unisce insieme... La sola via possibile ed efficace per entrare in una simile fratellanza... è il porsi
sotto l’influsso della luce spirituale che s’irradia dal nostro proprio Logos. Posso qui inoltre precisare... che tale
comunione è possibile solo fra persone le cui anime attingono vita e alimento dallo stesso raggio divino, e che,
siccome dal “Sole Spirituale centrale” si irradiano sette raggi distinti, tutti gli Adepti e Dhyân Chohan si possono
dividere in sette classi, ognuna delle quali è guidata, controllata e protetta, da una delle sette forme o
manifestazioni della Saggezza divina1.
I Sette Figli della Luce — chiamati con il nome dei loro pianeti e spesso identificati
con essi dalla plebe; cioè: Saturno, Giove, Mercurio, Marte, Venere e presumibilmente il Sole
e la Luna; per la critica moderna che non va oltre la superficie delle vecchie religioni2, —
sono dunque, secondo gli Insegnamenti Occulti, i nostri Genitori celesti, o sinteticamente il
nostro “Padre. Perciò, come abbiamo già notato, il politeismo è realmente più filosofico e più
giusto, riguardo i fatti e la natura, del monoteismo antropomorfico. Saturno, Giove, Mercurio
e Venere, i quattro pianeti exoterici, e gli altri tre che devono restare innominati, erano i corpi
celesti in comunicazione diretta, astrale e psichica, moralmente e fisicamente, con la Terra, le
sue Guide e i suoi Sorveglianti; poiché le sfere visibili danno alla nostra umanità le loro
caratteristiche esteriori ed interiori, mentre le nostre facoltà spirituali provengono dai loro
Reggenti o Rettori. Per evitare nuovi malintesi, mettiamo in chiaro che né Urano né Nettuno
erano inclusi fra le tre sfere segrete, o Angeli-Stellari; non solo perché sotto questi nomi erano
sconosciuti agli antichi Saggi, ma perché essi, come tutti quanti gli altri pianeti, sono Déi e
Guardiani di altre Catene settenarie di Globi esistenti nel nostro Sistema.
Né i due grandi pianeti scoperti ultimamente dipendono nel tutto dal Sole come gli
altri pianeti. Altrimenti, come si spiegherebbe il fatto che Urano riceve la 390ª parte della luce
che riceve la nostra Terra, mentre Nettuno, ne riceve solo la 900ª parte; e che i loro satelliti
hanno la particolarità della rotazione inversa, il che non avviene per alcun altro pianeta del
sistema solare? Per Urano questo accade senza discussione, sebbene il fatto sia stato di nuovo
recentemente contestato.
Naturalmente, questo sarà considerato pura fantasia da tutti coloro che confondono
l’ordinamento universale degli esseri con i propri sistemi di classificazione. Si tratta invece di
accettare o di respingere, a seconda dei casi, dei semplici fatti stabiliti dagli Insegnamenti
Occulti. Vi sono dei dettagli che, a causa della loro grande astrazione, non si possono
indicare. Quindi noi ci limitiamo a stabilire che solo sette dei nostri pianeti sono con il nostro
globo in relazione così intima, come il Sole lo è con tutti i corpi ad esso soggetti nel suo
sistema. Fra questi corpi, il misero numero di pianeti primari e secondari conosciuti
dall’Astronomia fa davvero una ben meschina figura3. Perciò c’è ragione di credere che ci sia
un gran numero di pianeti, piccoli e grandi, che non siano ancora stati scoperti, ma della cui
esistenza gli antichi astronomi — che erano tutti degli Adepti iniziati, — dovevano
1
The Theosophist, agosto 1886.
Questi sono i pianeti accettati solo per necessità dell’astrologia giudiziaria. La divisione astro-teogonica differiva da questa. Il Sole,
che è una stella centrale e non un pianeta, ha, con il nostro globo insieme ai suoi sette pianeti, delle relazioni più occulte e misteriose
di quello che generalmente si crede. Perciò il Sole era considerato il grande Padre di tutti i Sette “Padri”, e questo spiega le diversità che
si sono trovate fra i sette e gli otto grandi Dèi della Caldea e quelli degli altri paesi. La Terra, il suo satellite Luna e persino le stelle per
un’altra ragione, non erano che dei sostituti adoperati ai fini esoterici. Eppure, anche escludendo dal calcolo il Sole e la Luna, pare
che gli antichi conoscessero sette pianeti. E noi quanti ne conosciamo, se escludiamo la Terra e la Luna? Non più di sette: sette
pianeti primari o principali, poiché gli altri sono dei planetoidi piuttosto che dei pianeti.
3
Quando ci si ricorda che l’eminente astronomo William Herschell — scandagliando soltanto quella porzione di cielo del
piano equatoriale — di cui la nostra terra occupa approssimativamente il centro — vide per mezzo del suo potente telescopio
passare 16.000 stelle in un quarto d’ora; ed applicando questo calcolo a tutto il complesso della Via Lattea, vi trovò non
meno di diciotto milioni di soli, non ci si meraviglia più che Laplace, in una conversazione con Napoleone I abbia chiamato
Dio un’ipotesi che è perfettamente inutile discutere, almeno per ciò che riguarda la scienza fisica esatta, La Metafisica
occulta e la Filosofia trascendentale saranno le sole a poter sollevare un piccolissimo lembo del velo impenetrabile da questo
lato.
2
433
certamente essere a conoscenza. Ma, siccome i rapporti di questi pianeti con gli Déi erano
sacri, dovevano rimanere segreti, come accadeva anche per il nome di altri diversi pianeti e
stelle.
Inoltre, anche la Teologia cattolica romana parla di “settanta pianeti che presiedono ai
destini delle nazioni di questo mondo”; e, a parte l’applicazione sbagliata che ne è stata fatta,
c’è più verità in questa tradizione che nelle affermazione dell’Astronomia esatta moderna. I
settanta pianeti sono collegati con i settanta anziani più importanti del popolo d’Israele,1 e
stanno a significare i Rettori di questi pianeti, e non le sfere stesse; la parola settanta è un
artificio ed uno schermo basato sul 7 x 7 e sulle sue suddivisioni; ogni popolo ed ogni
nazione, come abbiamo già detto, ha nel Cielo il suo Sorvegliante, il suo Guardiano e il suo
Padre diretto - cioè uno Spirito Planetario. Noi siamo pronti a lasciare il loro Dio nazionale,
Jehovah, ai discendenti d’Israele, gli adoratori di Sabaoth o Saturno; poiché infatti le Monadi
del popolo da lui prescelto proprio sono le sue, e la Bibbia non l’ha mai tenuto nascosto. Solo
il testo della Bibbia inglese protestante è, come sempre, in disaccordo con quelli della
versione dei Settanta e della Volgata. Così, mentre nella Bibbia protestante si legge:
Quando l’Altissimo [non Jehovah] distribuì alle nazioni la loro eredità... egli pose i confini dei popoli a
seconda del numero dei figli d’Israele”2.
Nel testo dei Settanta si legge: “a seconda del numero degli Angeli”, — gli AngeliPianeti, — versione più concordante con la verità e con i fatti. Inoltre, tutti i testi sono
d’accordo nel dire che “la parte del Signore [Jehovah] è il suo popolo; Giacobbe è la parte
della sua eredità”3 e questo risolve la questione. Il “Signore” Jehovah prese Israele come la
parte che gli spettava; cos’hanno a che fare dunque le altre nazioni con questa divinità
nazionale particolare? Lasciamo dunque che “l’Angelo Gabriele” vigili sull’Iran, e che
“Jehovah-Michele” vigili sugli ebrei. Essi non sono gli Dèi delle altre nazioni, ed è difficile
capire come mai i cristiani abbiano scelto un Dio contro i cui comandamenti Gesù fu il primo
a ribellarsi.
Gli Gnostici insegnavano l’origine planetaria della Monade, o Anima, e delle sue
facoltà: Durante la sua discesa verso la Terra e il suo ritorno da essa, ogni Anima nata nella
“Luce Infinita” da cui è emanata4, doveva passare attraverso le sette regioni o vie planetarie
sia all’andata che al ritorno. I puri Dhyâni e i Deva delle religioni più antiche, con il passare
degli anni, divennero per gli zoroastriani i sette Dev, ministri di Ahriman, “ognuno dei quali
era incatenato al suo pianeta”5 per i Brâhmani divennero gli Asura e alcuni dei Rishi — buoni,
cattivi e indifferenti; — per gli Gnostici egiziani diventarono Thoth o Hermes, il capo dei
Sette, i cui nomi sono da Origene spiegati come Adonai, genio del Sole; Tao, genio della
Luna; Eloi, quello di Giove; Sabaoth, di Marte; Orai, di Venere; Astaphai, di Mercurio, e
Ildabaoth (Jehovah) di Saturno. Infine la Pistis-Sophia, antico documento che la più grande
autorità moderna delle dottrine gnostiche exoteriche, il defunto C. W. King, chiama “quel
prezioso monumento dello Gnosticismo”, riflette la fede arcaica dei secoli, sia pure
travisandola per adattarla a scopi settari. I dominatori astrali delle sfere dei pianeti creano le
Monadi, o Anime, con la loro stessa sostanza, “con le lacrime dei loro occhi, e con il sudore
dei loro tormenti”, fornendo alle Monadi una scintilla della loro Sostanza, che è Luce Divina.
Dimostreremo nel Volume II perché questi “Signori dello Zodiaco e delle Sfere” siano stati
trasformati dalla Teologia settaria negli Angeli Ribelli dei cristiani, che li presero dai sette
1
Numeri, XI. 16.
Deuteronomio, XXXII, 8, 9.
3
Ibidem, 9.
4
C. W. King in The Gnostics and their Remains (p. 344) la identifica con “quel summum bonum dell’aspirazione orientale, il Nirvâna
dei buddhisti, il perfetto riposo, l’indolentia epicurea”; un punto di vista che ci sembra espresso in modo piuttosto sconsiderato, sebbene
non sia del tutto erroneo.
5
Vedi la copia, dovuta a Origene, del Diagramma degli Ofiti.
2
434
Dev dei Magi, senza capire il significato dell’allegoria1.
Come al solito quel che è ed era alla sua origine divino, puro e spirituale nella sua
unità primitiva, divenne umano ed impuro a causa della sua differenziazione attraverso il
prisma falso delle concezioni dell’uomo, quasi rispecchiando la stessa natura corrotta
dell’uomo. Così, con il tempo, il pianeta Saturno fu oltraggiato dagli adoratori degli altri Dèi.
Le nazioni nate sotto Saturno — per esempio gli ebrei, per i quali egli divenne Jehovah, dopo
essere stato considerato quale figlio di Saturno o IldaBaoth dagli Ofiti, e nel libro di Jasher —
furono eternamente in lotta con le nazioni nate sotto Giove, Mercurio o qualsiasi altro pianeta
che non fosse Jehovah-Saturno. Nonostante tutte le genealogie e le profezie, Gesù l’Iniziato (o
Jehoshua) — da cui fu copiato il tipo “storico” di Gesù — non era di puro sangue giudaico, e
per questo non riconosceva Jehovah; né adorò alcun Dio planetario all’infuori del suo stesso
“Padre”, che egli conosceva e con il quale comunicava, come fa ogni alto Iniziato, “Spirito
con Spirito ed Anima con Anima”. Su questo non vi può esser nulla da ridire, a meno che la
critica non spieghi, con soddisfazione generale, le strane frasi che l’autore del Quarto
Evangelo mette in bocca a Gesù durante le sue dispute con i Farisei:
Io so che voi siete la progenie di Abramo2... Io parlo di ciò che ho veduto presso il Padre mio; e voi
altresì fate le cose che avete vedute presso il Padre vostro... Voi fate le opere del Padre vostro... Voi siete il
vostro Padre, il Diavolo... Egli fu un omicida fin dal princìpio, e non amava la verità; perché in lui non c’è verità.
Quando mente parla da suo pari, giacché egli è mendace ed è il padre della menzogna3 .
Questo “Padre” dei Farisei era Jehovah, e veniva identificato con Caino, Saturno,
Vulcano, ecc., il pianeta sotto il quale essi erano nati, e il Dio che adoravano. Evidentemente
ci deve essere un significato occulto in queste parole e in questi ammonimenti, anche se
travisati, dato che essi erano detti da una persona che minacciava del fuoco infernale chiunque
dicesse al suo fratello soltanto Raca, cioè pazzo4. Inoltre, i pianeti non sono evidentemente
solo delle sfere che scintillano nello Spazio senza alcuno scopo, ma sono anche sede di vari
Esseri, di cui i non-Iniziati ignorano completamente l’esistenza, ma che nonostante ciò hanno
un’attinenza misteriosa, ininterrotta e potente con gli uomini e con i pianeti stessi. Ogni corpo
celeste è il tempio di un Dio, e questi Dèi sono a loro volta i templi di DIO, il “Non-Spirito”
Sconosciuto. Nell’Universo non c’è niente di profano. Tutta la Natura è un luogo consacrato,
come dice Young:
Ognuna di queste stelle è una casa religiosa.
Così si può dimostrare che tutte le religioni exoteriche sono copie alterate
dell’Insegnamento Esoterico. È la casta sacerdotale che deve essere ritenuta responsabile della
reazione di oggigiorno a favore del Materialismo. È stato forzando le masse al culto
dell’involucro vuoto degli ideali pagani — personificati a scopo allegorico — che la religione
exoterica più recente ha fatto delle terre occidentali un pandemonio, in cui le classi più alte
adorano il vitello d’oro, e i ceti più bassi e più ignoranti si sono ridotti ad adorare un idolo con
i piedi di argilla.
_________
1
Vedi pure Sezione XIV.
Nella simbologia degli astri Abramo e Saturno si identificano, ed egli è il progenitore degli ebrei di Jehovah.
3
Giovanni, VIII 37, 38, 41, 44.
4
Matteo, V, 22.
2
435
SEZIONE XI
IL PENSIERO DEGLI ANTICHI SOTTO VESTE MODERNA
La scienza moderna è il Pensiero degli Antichi distorto e nulla più. Abbiamo visto
però cosa pensano e di che si occupano gli scienziati più intuitivi; e adesso daremo al lettore
ulteriori prove del fatto che più di un Membro della Royal Society si avvicina
inconsapevolmente alle tanto derise Scienze Segrete.
Per quel che concerne la Cosmogonia e la materia primordiale, le speculazioni
moderne riflettono innegabilmente il pensiero antico, anche se “perfezionate” dalle teorie
contraddittorie di origine recente. Le loro basi appartengono interamente all’ Astronomia e
alla fisica arcaiche, greche e indiane, che allora si chiamavano sempre Filosofia. In tutte le
speculazioni ariane e greche incontriamo la concezione di una materia che pervade tutto, nonorganizzata ed omogenea, o Chaos, ribattezzata dagli scienziati moderni “condizione nebulosa
della stoffa del mondo”. Ciò che Anassagora nel suo Homoiomeria chiamava Chaos viene ora
chiamato da Sir William Thomson “fluido primitivo”. Gli atomisti indù e greci –Kanâda,
Leucippo, Democrito, Epicuro, Lucrezio, ecc. — si riflettono adesso, come in un chiaro
specchio, nei sostenitori della teoria atomica di oggi, cominciando dalle Monadi di Leibnitz, e
finendo con gli “atomi vorticanti” di Sir William Thomson1. È vero che la vecchia teoria
corpuscolare è stata respinta, e che la teoria ondulatoria ha preso il suo posto; ma la questione
è di sapere se quest’ultima si sia così saldamente affermata da non andare soggetta ad essere
detronizzata, come è avvenuto a quella che l’ha preceduta. La Luce, nel suo aspetto
metafisico, è stata ampiamente trattata in Iside Svelata.
La Luce è il figlio primogenito e la prima emanazione del Supremo, e la Luce è vita, dice l’evangelista
[e il cabalista]. Entrambe sono elettricità — il princìpio vitale, l’Anima Mundi — che pervade l’universo, il
princìpio vivificatore elettrico di tutte le cose. La Luce è il grande mago proteiforme, e sotto la divina Volontà
dell’Architetto2 [o piuttosto degli Architetti, i “Costruttori”, chiamati collettivamente Uno] le sue onde
multiformi ed onnipotenti diedero origine ad ogni forma come ad ogni essere vivente. Dal gonfiarsi del suo
grembo elettrico sgorgano la Materia e lo Spirito. Nei suoi raggi giace il princìpio di ogni azione fisica e
chimica, e di ogni fenomeno cosmico e spirituale; essa vitalizza e disorganizza; dà la vita e provoca la morte, e
dal suo Punto Primordiale emergono gradatamente all’esistenza miriadi di mondi, corpi celesti visibili e
invisibili. Fu al raggio di questa Prima Madre, una in tre, che “Dio”, secondo Platone, “accese un Fuoco che ora
chiamiamo il Sole”,3 il quale non è la causa né della luce né del calore, ma soltanto il centro o, per così dire, la
lente per mezzo della quale i Raggi della Luce Primordiale vengono materializzati e si concentrano sul nostro
Sistema Solare, e producono tutte le correlazioni di forze”4.
Questo è l’Etere, come ben spiega Metcalfe nelle sue teorie, che vengono riprese
anche dal dr. Richardson, a parte il fatto che il primo accetta alcuni dettagli della teoria
ondulatoria moderna. Noi non possiamo dire che respingiamo questa teoria; affermiamo solo
che va completata e riordinata. Ma gli occultisti non sono affatto i soli eretici a questo
riguardo; perché Robert Hunt, Membro della Royal Society, trova che :
La teoria ondulatoria non spiega affatto i risultati dei suoi esperimenti5. Sir David Brewster, nel suo
Treatise on Optics, dimostrando “che i colori della vita vegetale provengono... da un’attrazione specifica che le
particelle di questi corpi esercitano sui raggi di luce diversamente colorati”, e che “è dalla luce del sole che viene
elaborato il succo colorato delle piante, che vengono mutati i colori dei corpi, ecc.”, osserva che non è facile
ammettere “che tali effetti possano essere prodotti dalla sola vibrazione di un mezzo etereo. Ed è costretto, dice,
1
I Vortici Elementali inaugurati dalla “ Mente” non sono stati migliorati dalla loro trasformazione moderna.
Sono stata spesso rimproverata per avere, in Iside Svelata, usato delle espressioni che denotano la credenza in un Dio
antropomorfico. Questa non è la mia idea. Cabalisticamente parlando, “Architetto “ è il nome generico dei Sephiroth, i
Costruttori dell’Universo, come la “Mente Universale” rappresenta la collettività delle Menti Dhyân-Chohaniche.
3
Timeo.
4
I. 258.
5
Resarches on Light in its Chemical Relations.
2
436
“dalla forza dei fatti, a ragionare come se la luce fosse materiale” [?]. ll professor Josiah P. Cooke,
dell’Università di Harward, dice che “non può essere d’accordo... con quelli che considerano la teoria
ondulatoria della luce come un princìpio ormai indiscutibile della scienza”.1 La dottrina di Herschell, che
l’intensità della luce per effetto di ogni ondulazione, “è inversamente proporzionale al quadrato della sua
distanza dal corpo luminoso”, se esatta, danneggia in buon parte, se non annienta, la teoria ondulatoria. Gli
esperimenti con i fotometri provarono più volte che egli ha ragione; ma sebbene cominci ad essere messa in
dubbio, la teoria ondulatoria si mantiene ancora in vita.2
C’è molto da replicare alla frase di Sir David Brewster che dice “sono costretto a
ragionare come se la luce fosse materiale”. La Luce, in un certo senso, è veramente materiale,
come lo è l’elettricità stessa. E se l’elettricità non fosse materiale, se fosse soltanto un genere
di moto”, come potrebbe venire immagazzinata negli accumulatori di Faure? Helmholtz dice
che l’elettricità deve essere tanto atomica quanto lo è la materia; e W. Crookes, Membro della
Royal Society, sostenne questo punto di vista nel suo discorso di Birmingham nel 1886, alla
Sezione Chimica dell’Associazione Britannica, di cui era presidente. Ecco quello che dice
Helmholtz :
Se accettiamo l’ipotesi che le sostanze elementari sono composte di atomi, non. possiamo fare a meno
di concludere che anche l’elettricità, sia positiva che negativa, è divisa in determinate parti elementari, che si
comportano come atomi di elettricità.3
Qui dobbiamo ripetere ciò che già dicemmo nella Sezione VIII: che c’è solo una
scienza che può d’ora innanzi dirigere la ricerca moderna sull’unico sentiero che condurrà alla
scoperta di tutta la verità, restata fino ad ora occulta, ed è la scienza più giovane di tutte, la
Chimica, così come è stata riformata adesso. Non c’è alcun’altra scienza, neppure
l’Astronomia, che possa guidare l’intuito scientifico così infallibilmente come la Chimica.
Due prove di quanto abbiamo detto si possono trovare nel mondo delle scienze; e sono
fornite da due grandi chimici; ognuno dei quali è fra i più grandi della sua nazione; cioè
Crookes e il defunto professor Butlerof: il primo crede del tutto nei fenomeni anormali; l’altro
fu tanto fervido come spiritualista, quanto grande nelle scienze naturali.
È evidente che, mentre si medita sulla divisibilità definitiva della Materia, e si dà
inutilmente la caccia all’elemento dal peso atomico negativo, la mente del chimico esercitata
alla scienza deve sentirsi irresistibilmente trascinata verso quei mondi non ancora svelati,
verso quel misterioso Aldilà, i cui abissi smisurati sembrano rinchiudersi all’avvicinarsi di
una mano troppo materialistica che volesse assolutamente strappare il suo velo. “È l’ignoto e
resterà sempre inconoscibile” avverte il Monista-Agnostico. “Non è vero” risponde il chimico
perseverante. “Siamo sulle sue tracce e non ci sentiamo intimiditi, e vogliamo entrare in ogni
modo nella regione misteriosa che l’ignoranza chiama sconosciuta”.
Nel suo discorso presidenziale di Birmingham, Crookes dice:
C’è solo una cosa sconosciuta: il substrato definitivo dello Spirito [Spazio]. Quello che non è l’Assoluto
e l’Uno, anche se assai lontano dai sensi fisici, è, in virtù di quella stessa differenzazione, sempre accessibile alla
mente spirituale umana, che è una scintilla dell’Intero indifferenziabile.
Due o tre frasi, alla fine di questa stessa conferenza sulla Genesi degli Elementi,
dimostrano che il grande scienziato si trova sulla strada maestra che porta alle più grandi
scoperte. Egli ha studiato per qualche tempo “il protile originario”, ed è pervenuto alla
conclusione che “colui che ne troverà la chiave potrà penetrare qualche mistero fra i più
profondi della creazione”. Protile, come spiega il grande chimico:
..... è una parola analoga a protoplasma, che esprime l’idea della materia prima originale che esisteva
prima dell’evoluzione degli elementi chimici. La parola che ho osato adoperare a questo proposito è composta di
πρό (avanti di) e di űλη (la stoffa di cui sono fatte le cose). La parola non è del tutto di nuovo conio, poiché 600
anni fa Ruggero Bacone scrisse nel suo Arte Chymiae: “Gli elementi sono fatti di űλη, ed ogni elemento si
converte nella natura di un altro elemento.
1
Modern Chemistry.
Iside Svelata, I, pag. 137.
3
Faraday Lectures, 1881.
2
437
La conoscenza di Ruggero Bacone non venne a questo vecchio mago meraviglioso1
per ispirazione, ma perché egli studiò le antiche opere sulla Magia e l’Alchimia, e possedeva
la chiave del vero significato del loro linguaggio. Ma vediamo cosa dice Crookes del Protile,
che ha una stretta parentela con la Mûlaprakriti inconscia degli occultisti:
Partiamo dal momento in cui venne in esistenza il primo elemento. Prima di allora, la materia, così
come la conosciamo, non esisteva. Concepire la materia senza energia è altrettanto impossibile che concepire
l’energia senza materia; da un certo punto di vista, entrambe sono termini convertibili. Prima della nascita degli
atomi, tutte queste forme di energia che divengono evidenti quando la materia agisce sulla materia, non potevano
esistere2; erano racchiuse nel protile solo come potenzialità latenti. Mentre sono creati gli atomi, tutti quegli
attributi e quelle proprietà che forniscono i mezzi per distinguere un elemento chimico dall’altro, vengono in
esistenza pienamente dotati di energia”3.
Con tutto il rispetto che è dovuto alla grande scienza del conferenziere, l’occultista si
esprimerebbe in un altro modo. Egli direbbe che nessun Atomo può mai venire “creato”,
perché gli Atomi sono eterni nel grembo dell’Atomo Unico — “l’Atomo degli Atomi”, che
durante il Manvantara è considerato come la Jagad-Yoni, l’utero materiale che causa il
mondo. Pradhâna, la Materia non-modificata, quella che è la prima forma di Prakriti, o la
Natura materiale, tanto visibile quanto invisibile, e Purusha, lo Spirito, sono eternamente una
sola cosa; sono Nirupâdhi, senza qualità ed attributi accidentali, solo durante il Pralaya, e al di
là di ogni piano di esistenza cosciente. L’Atomo, così come lo conosce la scienza moderna, è
inseparabile da Purusha, che è Spirito, ma che ora la scienza chiama “energia”. L’AtomoProtile non è stato né sminuzzato né assottigliato; è passato semplicemente in quel piano, che
non è un piano, ma l’eterno stato di ogni cosa oltre i piani dell’illusione. Purusha e Pradhâna
sono entrambi inalterabili e non soggetti a consumarsi, o Aparinâmin e Avyaya, per l’eternità;
ed entrambi, durante i periodi di Mâyâvici, si chiamano Vyaya e Parinâmin, o ciò che può
espandersi, passare oltre e sparire, e che è “modificabile”. In questo senso, Purusha deve
essere naturalmente considerato distinto, nelle nostre concezioni, da Parabrahman. Ciò
nondimeno, quel che la scienza chiama “energia” o “forza, e che Metcalfe spiegò come una
forza duale, in realtà non è mai e non può essere, sola energia; perché è la Sostanza del
Mondo, la sua Anima, Sarvaga che Tutto permea, in congiunzione con Kâla, Tempo. Questi
tre sono la trinità in uno durante il Manvantara, l’Unità onnipotenziale, che agisce come tre
cose distinte su Mâyâ, il piano dell’illusione. Nella filosofia orfica dell’antica Grecia si
chiamano Phanes, Chaos e Cronos, la triade dei filosofi occulti di quel periodo.
Ma vediamo fino a che punto Crookes sfiora l’“Inconoscibile”, e quante probabilità
hanno le verità occulte di essere accettate attraverso le sue scoperte. Egli continua, parlando
dell’evoluzione degli atomi :
Fermiamoci alla fine della prima vibrazione completa ed esaminiamo il risultato. Abbiamo già trovato
come elementi l’acqua, l’ammoniaca, l’acido carbonico, l’atmosfera, la vita animale e vegetale; il fosforo per il
cervello; il sale per i mari, l’argilla per la terra solida... i fosfati e i silicati sufficienti per un mondo e i suoi
abitanti non molto diversi dai nostri di adesso. È vero che gli abitanti umani dovrebbero vivere in uno stato di
semplicità più che arcadica, e che l’assenza del fosfato di calcio renderebbe difficile la formazione delle ossa4.
All’estremità inferiore della nostra curva... vediamo una grande interruzione... Queste oasi, e le lacune che la
1
Così, ciò che l’autrice di questo libro disse dieci anni fa in Iside Svelata fu, a quel che pare, profetico. Ecco le sue parole: “Molti di
questi mistici, seguendo ciò che imparavano da alcuni trattati, conservati segretamente da una generazione all’altra, fecero delle
scoperte che non sarebbero disprezzate neppure nella nostra epoca di scienze esatte. Roger Bacon, il frate, era deriso come un
ciarlatano, ed ora è generalmente relegato fra i “pretendenti” all’arte magica; ma con tutto questo, le sue scoperte furono accettate, ed
ora sono utilizzate da quelli che più lo mettono in ridicolo. Roger Bacon appartenne di diritto, se non di fatto, a quella Fratellanza che
abbraccia tutti coloro che studiano le Scienze Occulte. Egli visse nel tredicesimo secolo, e fu perciò quasi contemporaneo di Alberto
Magno e di Tommaso d’Aquino; e le sue scoperte — come la polvere da sparo, le lenti ottiche ed i suoi lavori meccanici — furono da
tutti considerate altrettanti miracoli. Egli fu persino accusato di aver fatto un patto con il Diavolo”. (Vol. I, pp. 64, 65).
2
Proprio così: “quelle forme di energia... che diventano evidenti...” nel laboratorio del chimico e del fisico; ma esistono altre
forme di energia congiunte ad altre forme di materia, che sono supersensorie, come sanno bene gli Adepti.
3
Sir William Crookes, Presidential Address at Birmingham. 1886, pag. 16.
4
L’occultista afferma appunto l’esistenza di tali mondi su altri piani di coscienza. La Scienza Segreta insegna che la razza primitiva era
senza ossa, e che ci sono mondi, a noi invisibili, abitati come i nostri, oltre alle popolazioni dei Dhyân Chohan.
438
precedono e che la seguono, possono attribuirsi con molta probabilità al modo particolare in cui la nostra terra si
sviluppò come membro del nostro sistema solare. Se è così, può darsi che queste lacune si presentino solo sulla
nostra terra, e non in tutto l’universo.
Questo giustifica diverse affermazioni che si trovano nelle opere occulte.
Anzitutto, che né le stelle né il sole possono dirsi costituiti di quegli elementi terrestri
con cui i chimici hanno dimestichezza, sebbene questi elementi si trovino tutti presenti negli
involucri esteriori del sole, come pure un numero grandissimo di altri elementi finora
sconosciuti alla scienza.
In secondo luogo, che il nostro pianeta ha un suo laboratorio speciale nelle regioni più
lontane della propria atmosfera, passando per il quale ogni atomo ed ogni molecola cambiano
e si discostano dalla loro natura primordiale.
E in terzo luogo, che, sebbene non sia possibile che alcun elemento presente sulla
nostra terra possa mancare nel sole, ce ne sono là molti altri che non hanno ancora raggiunto il
nostro globo, o non sono stati ancora scoperti.
Alcuni di essi possono mancare in certe stelle e in certi corpi celesti in corso di formazione; o, anche se
sono in essi presenti, questi elementi, a causa del loro stato attuale, possono non essere rilevabili con i metodi
scientifici abituali”1.
Il Prof. Crookes parla dell’elio, un elemento dal peso atomico ancora più basso di
quello dell’idrogeno, un elemento puramente ipotetico per quel che concerne la nostra terra,
benché esista in abbondanza nella cromosfera del sole. La Scienza Occulta aggiunge che
nessun elemento considerato tale dalla Chimica merita realmente quel nome.
Inoltre vediamo che il Prof. Crookes parla con approvazione anche degli:
importanti argomenti del dr. Carnelly a favore della natura composta dei cosiddetti elementi, dedotta
dalla loro analogia con i radicali dei composti.
Finora solo l’Alchimia, nel periodo storico e nei cosiddetti paesi civili, è riuscita ad
ottenere un vero elemento, o una particella della Materia omogenea, il Mysterium Magnum di
Paracelso. Ma questo fu prima dei tempi di Lord Bacon.2
….Torniamo adesso alla parte superiore dello schema. Essendo il peso atomico dell’idrogeno = 1, resta
poco posto per altri elementi; tranne, forse, che per l’ipotetico elio. Ma che cosa otterremo cercando i nuovi
princìpi “attraverso il microscopio” e valicando la linea zero; che cosa troveremo dall’altra parte dello zero? Il
dr. Carnelly cerca un elemento dal peso atomico negativo; qui ci sono spazio e limiti abbastanza ampi per una
serie fantastica di tali immaterialità. Helmholtz dice che l’elettricità è probabilmente atomica quanto la materia;
forse che l’elettricità è uno degli elementi negativi, e l’etere luminoso un altro? La materia, così come noi la
conosciamo, qui non esiste; le forme di energia che appaiono nei movimenti della materia sono ancora solo delle
1
Five Years of Theosophy, pag. 253 e seguenti, o anche HPB Collected Writings, Vol. V, pag. 156.
Crookes nello stesso discorso dice: “Il primo enigma che incontriamo nella chimica è: “Cosa sono gli elementi?” Nessuno
dei tentativi fatti finora per definire o spiegare un elemento dà soddisfazione alle domande dell’intelletto umano. I libri di
testo dicono che un elemento è “un corpo che non si è potuto scomporre”; che è “qualcosa a cui si può aggiungere
qualcos’altro, ma a cui non si può sottrarre niente, o “un corpo che cresce di peso ad ogni cambiamento chimico”. Queste
definizioni sono doppiamente insoddisfacenti: sono provvisorie, e possono cessare di essere applicabili domani, in certi
determinati casi. Esse sono basate non sugli attributi delle cose che devono essere definite, ma sulle limitazioni del potere
umano: sono confessioni di impotenza intellettuale”.
[L’elio (da helios, il sole) è uno dei gas inerti, un elemento incolore, monoatomico e gassoso. Il suo numero atomico è 2, il
suo peso atomico è 4.003. Dopo l’idrogeno, è il più leggero dei gas. L’elio fu osservato la prima volta nello spettro della
cromosfera del sole nel 1868. E’ caratterizzato da una linea di un giallo brillante. L’elio terrestre fu scoperto da Sir W.
Ramsey nel 1894 mentre stava facendo degli esperimenti sull’origine dell’argon. Sir William Crookes fu l’unico a provare
definitivamente che la linea gialla in questi esperimenti era identica con la linea osservata da J. Jannsen nello spettro solare.
Per la prima volta, nel 1903, si dimostrò che l’elio era un elemento prodotto della disintegrazione radioattiva del radio,
stabilendo così, per la prima volta nell’èra moderna, l’effettività della trasmutazione degli elementi. – in Nature Sept. 2,
1886, pp. 430-431. Nota di B. de Zirkoff.]
2
439
possibilità latenti. Una sostanza dal peso negativo non è inconcepibile1. Ma possiamo farci un’idea chiara di un
corpo che si combina con altri corpi in proporzioni esprimibili da qualità negative?2
Una genesi degli elementi come quella che abbiamo qui abbozzata non si limiterebbe al nostro piccolo
sistema solare ma, probabilmente, la stessa serie di avvenimenti si susseguirebbe in ogni centro di energia ora
visibile come stella.
Prima che gli atomi cominciassero a gravitare gli uni intorno agli altri, non era possibile esercitare
alcuna pressione; ma ai limiti della sfera di nebbia infuocata, nella quale tutto è protile — sul cui involucro le
forze tremende coinvolte nella nascita di un elemento chimico esercitano pieno potere — il calore fortissimo
sarebbe accompagnato da una gravitazione sufficiente a impedire agli elementi appena nati di involarsi nello
spazio. Siccome la temperatura aumenta, aumentano l’espansione e il movimento molecolare, le molecole
tendono a frantumarsi, e le loro affinità chimiche si attenuano; ma l’enorme pressione della gravitazione della
massa della materia atomica, la parte esterna della quale chiamerò, per brevità, l’involucro in cui avviene la
nascita, ostacolerebbe l’azione del calore.
Al di là di questo involucro ci sarebbe uno spazio in cui non potrebbe aver luogo alcuna azione chimica,
per il fatto che la temperatura sorpasserebbe quello che si chiama il punto di dissociazione dei compiti. In questo
spazio il leone e l’agnello si coricherebbero insieme; il fosforo e l’ossigeno si mescolerebbero senza unirsi;
l’idrogeno e il cloro non mostrerebbero alcuna tendenza a stringere rapporti più stretti; e persino il fluoro, questo
gas energetico che i chimici sono riusciti ad isolare solo uno o due mesi fa, vagherebbe intorno, libero e senza
combinarsi con altri elementi.
Esternamente a questo spazio di libera materia atomica ci sarebbe un altro involucro, in cui gli elementi
chimici già formati si raffredderebbero fino a potersi combinare insieme, ed avrebbe ora luogo la serie di
avvenimenti così pittorescamente descritti da Mattieu Williams in The Fuel of the Sun; avvenimenti che
culminano con la formazione della terra solida e a cominciare dell’epoca geologica. (pag. 19)
Questa è, in linguaggio rigorosamente scientifico ma bello, la descrizione della
evoluzione dell’universo differenziato secondo gli insegnamenti occulti. Il dotto scienziato
chiude il suo discorso in modo che ogni sua frase è come un lampo luminoso che attraversi il
velo oscuro del Materialismo, fino a cadere sulle scienze esatte; e rappresenta un passo
innanzi verso il Sancta Sanctorum dell’Occulto. Egli dice :
Ci siamo resi conto della difficoltà di definire un elemento; abbiamo inoltre osservato come molti
illustri fisici e chimici si ribellino al senso che si dà ordinariamente al termine elemento; abbiamo considerato
l’improbabilità che gli elementi abbiano un’esistenza eterna,3 o che la loro origine derivi dal caso. Come ultima
alternativa, abbiamo pensato che la loro origine vada ricercata in un processo di evoluzione simile a quello dei
corpi celesti secondo Laplace, e a quello delle piante e degli animali del nostro pianeta secondo Lamarck,
Darwin e Wallace4. Abbiamo visto come l’ordinamento complessivo degli elementi a noi conosciuti presenti una
somiglianza sorprendente con quello del mondo organico5. In mancanza di prove dirette della decomposizione di
ogni elemento, abbiamo cercato e trovato delle prove indirette... Abbiamo poi dato un’occhiata alla teoria della
genesi degli elementi; e infine abbiamo esaminato uno schema della loro origine suggerito dal metodo del
professor Reynold per dimostrare la classificazione periodica6... Considerando quanto precede, non possiamo
1
Ed il conferenziere cita Sir George Airy, che dice (in Faraday’s Life and Letters, Vol, I, pag. 354): “Posso concepire
benissimo che intorno a noi ci sia una gran quantità di corpi non soggetti a questa azione intermutua, e perciò non soggetti
alla legge di gravitazione”.
2
La filosofia vedântica concepisce simili corpi; allora questo non rientra più nella Fisica, ma nella Metafisica, che Tyndall
chiama “poesia”e “finzione”.
3
Nella loro forma attuale, ce lo immaginiamo?
4
E, specialmente e soprattutto, secondo Kapila e Manu.
5
Qui la scienza corrobora la legge eterna delle corrispondenze e dell’analogia.
6
Questo metodo di dimostrare la legge periodica con la classificazione degli elementi è, con le parole di Crookes, proposto dal
professor Emerson Reynolds dell’Università di Dublino, il quale... “dimostra che in ogni periodo le proprietà generali degli elementi
variano dall’uno all’altro, con una regolarità approssimativa, finchè non raggiungono il settimo membro, che è in contrasto più o meno
notevole con il primo elemento dello stesso periodo, come pure con il primo del periodo successivo. Così il cloro, il settimo membro del
terzo periodo di Mendeleef, contrasta fortemente sia con il sodio, il primo membro della stessa serie, sia con il potassio, il primo
membro della serie successiva; mentre d’altra parte il sodio e il potassio sono strettamente analoghi. I sei elementi, i cui pesi atomici
sono compresi fra quelli del sodio e del potassio, cambiano poco a poco le loro proprietà, finché si arriva al cloro, che è l’antitesi del
sodio. Ma dal cloro aI potassio, elemento analogo al sodio, c’è un cambiamento di proprietà per saltum... Così se riconosciamo un
contrasto — più o meno deciso — fra le proprietà del primo e dell’ultimo membro di ogni serie, non possiamo fare a meno di
ammettere in ogni sistema l’esistenza di un punto intermedio di variazione. In genere, il quarto elemento di ogni serie possiede la
proprietà che ci aspettiamo da un elemento di transizione... Così, per rappresentare la cosa graficamente, il professor Reynolds osserva
che il quarto membro di un periodo, il silicio, per esempio, si può mettere all’apice di una curva simmetrica, che rappresenti, per questo
periodo particolare, la direzione in cui le proprietà delle serie di elementi cambiano al crescere del peso atomico”.
440
davvero arrischiarci ad affermare positivamente che i nostri cosiddetti elementi si siano evoluti da una materia
primordiale; ma possiamo affermare, io credo, che la bilancia dell’evidenza pende, almeno credo, in favore di
questa ipotesi”.
Così la scienza induttiva, nei rami dell’Astronomia, della Fisica e della Chimica,
mentre avanza timidamente alla conquista dei segreti della natura nei loro effetti finali sul
nostro piano terrestre, nelle sue scoperte (a) sull’origine del nostro mondo fenomenico, e (b)
su come si formano i corpi che compongono l’universo, ritorna al tempo di Anassagora e dei
Caldei. E siccome, per le loro ipotesi cosmogoniche, hanno dovuto rivolgersi alle credenze
dei filosofi più antichi, ed ai loro sistemi — sistemi che per quel che concerne la Materia
primordiale, le sue proprietà, le sue funzioni e le sue leggi, si basarono tutti sulla Dottrina
Segreta Universale — non abbiamo il diritto di sperare che non è lontano il giorno in cui la
scienza apprezzerà la Sapienza degli antichi più di quello che non abbia fatto finora?
La Filosofia Occulta avrebbe senza dubbio molto da imparare dalla scienza moderna;
ma questa, d’altra parte, potrebbe approfittare degli insegnamenti antichi in più di un modo;
specialmente per ciò che riguarda la Cosmogonia. Per esempio, potrebbe imparare il
significato mistico, alchemico e trascendentale delle tante sostanze imponderabili che
riempiono lo spazio interplanetario e che, interpenetrandosi l’una con l’altra, sono infine la
causa diretta, all’estremità inferiore, della produzione dei fenomeni naturali che si
manifestano attraverso la cosiddetta vibrazione. La conoscenza della natura reale, e non
ipotetica, dell’Etere, o piuttosto dell’Âkâsha, e di altri misteri, in poche parole, è la sola che
possa condurre alla conoscenza delle Forze. Si tratta di quella Sostanza contro cui la scuola
materialistica dei fisici si ribella con tanto furore, specialmente in Francia1 e che, nonostante
questo, la scienza esatta deve sostenere. Non si può escluderla senza correre il rischio di
abbattere i pilastri del tempio della scienza, come moderni Sansoni, e di seppellirci sotto le
sue rovine.
Le teorie basate sul non concepire la forza al di fuori e indipendentemente dalla
Materia pura e semplice, si sono mostrate tutte erronee. Esse non spiegano nulla, né lo
potrebbero fare; e molti dati scientifici si sono così rivelati per niente scientifici. “L’Etere
produce il Suono” è detto nei Purâna; e si ride di questa affermazione. Il Suono risulta dalle
vibrazioni dell’aria, ci dicono: E che cosa è l’aria? Potrebbe essa esistere se nello spazio non
ci fosse un mezzo eterico che sostenesse le sue molecole? Le cose stanno semplicemente così.
Ora, colei che scrive confessa umilmente la sua completa ignoranza della Chimica moderna e dei suoi misteri. Ma conosce
assai bene la Dottrina Occulta relativa alle corrispondenze dei tipi e degli antitipi in natura e alla loro perfetta analogia, che
nell’Occultismo è una legge fondamentale. Perciò osa fare un’osservazione che colpirà ogni occultista, anche se sarà forse
derisa dalla scienza ortodossa. Questa maniera di dimostrare la legge periodica per mezzo del comportamento degli elementi, sia essa
per la Chimica ancora un’ipotesi, o no, per le Scienze Occulte è una legge. Ogni dotto occultista sa che i settimi e i quarti membri —
sia in una catena settenaria di mondi, nella gerarchia settenaria degli angeli, sia nella costituzione dell’uomo, dell’animale, della pianta, o
dell’atomo minerale — nei movimenti geometricamente e matematicamente uniformi delle leggi immutabili della natura, rappresentano
sempre una parte distinta e specifica nel sistema settenario. Dalle stelle che splendono alte nel cielo, alle scintille che si staccano
volando dal rozzo fuoco acceso dal selvaggio nella sua foresta; dalle gerarchie e dalla costituzione essenziale dei Dhyân Chohan, — che
hanno intelletti così elevati ed un così alto grado di percezione come il più grande psicologo occidentale non si sognerebbe neppure, fino
alla classificazione naturale delle specie fra i più umili insetti: infine, dai mondi agli atomi, tutto nell’universo, dal grande al piccolo,
procede nella sua evoluzione spirituale e fisica, ciclica e settenaria; dimostrando che il suo settimo ed il suo quarto numero (il quarto è il
punto di transizione) si comportano nella stessa maniera che si osserva nella legge periodica degli atomi. La natura non procede mai
per saltum. Perciò, quando Crookes osserva, a proposito, che “vuole dedurre solo gli spazi vuoti della tavola di Mendeleef, e che,
nella loro rappresentazione grafica [il diagramma che mostra l’evoluzione degli Atomi] significano necessariamente che esistono
attualmente degli elementi che possano riempire questi spazi vuoti; questi spazi significano solo che alla nascita degli elementi esisteva
una facile potenzialità nella formazione di un elemento che avrebbe occupato questo posto” — un occultista gli farebbe rispettosamente
osservare che quest’ultima ipotesi può essere ritenuta valida solo se non interferisce con l’ordinamento settenario degli atomi. Questa è
la legge unica, e il metodo infallibile che porterà sempre al successo chiunque lo seguirà.
1
Un gruppo di fisici che si occupano di elettricità ha appunto protestato contro la nuova teoria di Clausius, il famoso
professore dell’Università di Bonn. Quale fosse il tenore della protesta si può vederlo dalla firma, che è: “Jules Bourdin, a
nome del gruppo dei fisici dell’elettricità, che ebbe l’onore di essere presentato al professor Clausius nel 1881, e il cui grido
di guerra (cri de ralliement) è ‘À bas l’Ether”. Niente Etere, dunque; essi hanno bisogno del Vuoto universale, a quel che
pare!
441
Il Materialismo non può ammettere l’esistenza di qualcosa al di fuori della Materia perché,
accettando una Forza imponderabile — la sorgente e l’origine di tutte le Forze fisiche —
bisognerebbe ammettere virtualmente altre Forze intelligenti, e questo porterebbe la scienza
molto lontano. Poiché, come conseguenza logica, essa dovrebbe accettare nell’uomo la
presenza di un potere ancor più spirituale — del tutto indipendente, una volta tanto, da
qualsiasi specie di Materia che i fisici conoscono. Quindi, fatta eccezione per un Etere
ipotetico dello Spazio e per i corpi fisici grossolani, per i materialisti l’intero Spazio sidereo
invisibile è un immenso vuoto della Natura — cieco, non intelligente, inutile. Ed ora la
domanda che segue è: Cos’è la Sostanza Cosmica, ed in che modo ci si può fare un’idea della
sua natura o strapparle i suoi segreti, così da poter avere il diritto di darle un nome? E
soprattutto, fin dove è arrivata la scienza moderna sulla strada che porta a questi segreti, e
cosa sta facendo per risolverli? L’ultimo trastullo della scienza, la Teoria Nebulare, può dare
qualche risposta a questa domanda. Esaminiamo fino a che punto è credibile questa Teoria
Nebulare.
___________
442
SEZIONE XII
PROVE SCIENTIFICHE ED ESOTERICHE A FAVORE DELLA MODERNA TEORIA
NEBULARE, E OBIEZIONI CONTRO DI ESSA.
In questi ultimi tempi, alla Cosmogonia Esoterica è stata spesso contrapposto lo
spettro di questa teoria e delle ipotesi che ne conseguono. “Questo insegnamento,
sommamente scientifico, può forse essere respinto dai vostri Adepti?” ci viene domandato.
“Non del tutto”, rispondiamo, “ma sono le affermazioni degli stessi scienziati che lo
uccidono, e agli Adepti non rimane più niente da negare”.
Infatti, per fare della scienza un tutto integrale, è necessario lo studio della Natura
spirituale e psichica, come pure di quella fisica. Altrimenti accadrà come per l’anatomia
umana, che anticamente i profani giudicavano solo dal punto di vista dell’involucro esteriore,
ignorando completamente la struttura interna. Persino Platone, il più grande filosofo della
Grecia, prima della sua Iniziazione, commise l’errore di affermare che i liquidi passano nello
stomaco attraverso i polmoni. Senza Metafisica, come dice H. J. Slack, la vera scienza reale è
inammissibile.
Le nebulose esistono; eppure, la Teoria Nebulare è errata. Una nebulosa esiste in uno
stato di completa dissociazione elementare. È gassosa ed ha, inoltre, altri componenti che è
difficile possano avere attinenza con i gas, così come sono conosciuti dalla scienza fisica; ed
emana luce da sé. Ma questo è tutto. Le sessantadue “coincidenze” enumerate dal professor
Stephen Alexander1, per confermare la teoria delle nebulose, possono essere tutte spiegate
dalla Scienza Esoterica; ma, siccome la presente non è un’opera di astronomia, non ci
metteremo qui ora, a fare delle confutazioni. Laplace e Faye si avvicinano più di ogni altro
alla teoria esatta; ma nella teoria attuale rimane ben poco delle speculazioni di Laplace, se si
eccettuano le caratteristiche generali.
Ciò nonostante, John Stuart Mill dice:
Nella teoria di Laplace non c’è niente di ipotetico; è un esempio di ragionamento legittimo che va
dall’effetto presente alla sua causa passata; non presume nient’altro se non che degli oggetti realmente esistenti
obbediscano a quelle leggi a cui notoriamente obbediscono tutti gli oggetti terrestri che assomigliano ad essi”2.
Essendo queste parole di un logico eminente come Mill, non sarebbero certo da
disprezzarsi, se si potesse solo provare che “gli oggetti terrestri che assomigliano” agli oggetti
celesti che si trovano a una così grande distanza come le nebulose, assomigliano realmente a
quegli oggetti, e non solo in apparenza.
Un altro degli errori, dal punto di vista occulto, insiti nella teoria moderna, come si
presenta oggi, è l’ipotesi che i Pianeti si siano tutti staccati dal Sole; che siano ossa delle sue
ossa, e carne della sua carne; mentre invece il Sole e i Pianeti sono soltanto dei fratelli uterini,
aventi origine dalla stessa nebulosa, ma in modo diverso da quello affermato dall’Astronomia
moderna.
Le molte obiezioni sollevate da alcuni oppositori della moderna Teoria della Nebulosa
Solare contro l’omogeneità della Materia originale diffusa, sulla base dell’uniformità della
composizione delle stelle fisse, non attacca affatto nel vivo la questione di quell’omogeneità,
ma solo la teoria stessa. La nostra nebulosa solare può non essere completamente omogenea,
o piuttosto può non rivelarsi tale agli astronomi, e tuttavia essere de facto omogenea. Le stelle
differiscono molto nel materiale da cui sono formate, e presentano anche degli elementi che
sulla nostra terra sono del tutto sconosciuti; tuttavia, questo non infirma il principio che la
1
2
Smithsonian c o n t r i b u t i o n , XXI, art. I, pp. 79-97.
S y s t e m o f L o g i c , pag. 229.
443
Materia Primordiale — la Materia giusto come apparve nella sua prima differenziazione dalla
sua condizione di laya1 — è tuttora omogenea, a distanze immense, tanto negli abissi
dell’infinito, come nei punti non molto lontani dai limiti del nostro Sistema Solare.
Infine, non un solo fatto addotto dai sapienti oppositori della Teoria Nebulare (falsa
com’è, e perciò illogicamente fatale all’ipotesi dell’omogeneità della Materia) può reggere
alla critica. Si passa da un errore all’altro. Una falsa premessa porterà naturalmente ad una
falsa conclusione, per quanto non è detto che una deduzione inammissibile distrugga
necessariamente la validità della proposizione principale del sillogismo. Così si può scartare
ogni seduzione ed ogni conclusione tratte dalla prova degli spettri e delle linee, per ora
semplicemente provvisorie, e abbandonare tutte le questioni di dettaglio alla scienza fisica. Il
compito dell’occultista concerne l’Anima e lo Spirito dello Spazio Cosmico, e non solo il suo
aspetto e il suo comportamento illusori. Il compito della scienza fisica ufficiale è invece di
analizzare e studiare il suo guscio — l’ultima Thule dell’universo e dell’uomo, secondo il
Materialismo.
Con questo l’Occultismo non ha niente a che fare. È solo con le teorie di scienziati
come Keplero, Kant, Oersted e Sir William Herschell, i quali credevano in un mondo
spirituale, che la Cosmogonia Occulta può trattare, e tentare un accomodamento
soddisfacente. Ma le vedute di questi fisici differiscono grandemente dalle più recenti
speculazioni moderne. Kant ed Herschell fecero della speculazione sull’origine e il destino
finale dell’Universo, così come sul suo aspetto presente, da un punto di vista molto più
filosofico e psichico; mentre la Cosmologia e l’Astronomia moderna respingono adesso tutto
ciò che assomigli a una ricerca dei misteri dell’essere. Il risultato è quello che ci si poteva
aspettare: il fallimento completo e le contraddizioni inestricabili delle mille cosiddette teorie
scientifiche e di questa teoria, come di tutte le altre.
L’ipotesi nebulare, che implica la teoria dell’esistenza di una Materia Primordiale,
diffusa in una condizione nebulosa, non è per l’Astronomia molto nuova, come tutti sanno.
Anassimene, della Scuola Ionia, già pensava che i corpi siderali si formassero per
condensazione progressiva di una Materia pregenetica primordiale, che avesse un peso quasi
negativo, e fosse diffusa attraverso lo Spazio in una condizione estremamente rarefatta.
Tycho-Brahé, che considerava la Via Lattea come una sostanza eterica, pensava che la
nuova stella, che apparve in Cassiopeia nel 1572, fosse formata di quella Materia2. Keplero
credeva che la stella apparsa nel 1606 fosse parimente formata dalla sostanza eterea che
riempie l’universo3. Attribuiva a quello stesso Etere anche l’apparizione di un anello luminoso
intorno alla luna, durante l’eclissi totale di sole osservato a Napoli nel 16054. Ancora più
recentemente, nel 1714, l’esistenza di una materia auto-luminosa fu riconosciuta da Halley
nelle sue Philosophical Transactions. Infine, lo stesso giornale pubblicò nel 1811 la famosa
ipotesi dell’eminente astronomo William Herschell sulla trasformazione delle nebulose in
stelle5 e, in seguito a questo, la Teoria Nebulare fu accolta nelle Accademie Reali.
In Five Years of Theosophy, a pag. 245, si può leggere un articolo intitolato : “Negano
gli Adepti la Teoria Nebulare? La risposta che viene data è:
“No, Essi non negano né le sue proposizioni generali nè la verità approssimativa delle
ipotesi scientifiche. Si rifiutano di trovarle perfette, così come riconoscono la falsità delle
tante vecchie teorie dette “fuori moda” che, in quest’ultimo secolo, si sono susseguite l’una
all’altra in maniera così rapida”.
1
Al di là dello zero della linea di azione.
Progymnasmata p. 795.
3
De Stella Nova in Pede Serpentarii, p. 115.
4
Kant Hypothèses Cosmogoniques, pag. 2, C, W o l f , Paris 1886.
5
Philosophical Transactions, p. 269, e seg.
2
444
Allora si disse che questa era una “risposta evasiva”. Una simile irriverenza verso la
scienza ufficiale, si argomentò, si può giustificare soltanto rimpiazzando la speculazione
ortodossa con un’altra teoria più completa, che si basi su un terreno più solido. Per tutto
questo non c’è che una risposta: è inutile proclamare delle teorie isolate su delle cose che si
trovano incorporate in un sistema completo e consecutivo, perché, quando vengono separate
dal tronco principale dell’insegnamento, perdono necessariamente la loro coerenza vitale, e
così, studiate separatamente, non danno alcun profitto. Per poter apprezzare ed accettare le
vedute degli occultisti sulla Teoria Nebulare, dovremmo studiare l’intero sistema
cosmogonico esoterico. Ma non è ancora giunto il momento in cui si possa chiedere agli
astronomi di accettare Fohat e i divini Architetti. Persino le supposizioni innegabilmente
giuste di Sir William Herschell, che non hanno in sé nulla di “soprannaturale”, dato che in
esse il Sole è chiamato un “globo di fuoco”, forse metaforicamente, e le sue prime
speculazioni sulla natura di quella che ora viene chiamata teoria della foglia di salice di
Nasmyth, fecero ridere, alle spalle di questo astronomo più eminente di tutti gli altri, i suoi
colleghi molto meno illustri, che videro e vedono tuttora nelle sue idee solo delle “teorie
immaginose e fantastiche”. Prima di studiare ed apprezzare l’intero sistema esoterico, gli
astronomi dovrebbero tornare ad alcune di quelle “idee antiquate”: non solo a quelle di
Herschell, ma persino ai dogmi dei più antichi astronomi indù, e abbandonare così le proprie
teorie, le quali non sono davvero meno “fantastiche” per il solo fatto che sono apparse circa
ottant’anni dopo quelle di Herschell, e molte migliaia di anni dopo le altre. Prima di tutto, essi
dovrebbero rinnegare le loro idee sulla solidità e sull’incandescenza del Sole che
innegabilmente fiammeggia” ma non “brucia”.
In quanto alle “foglie di salice”, gli occultisti affermano che quegli “oggetti”, come li
chiama William Herschell, sono le sorgenti immediate della luce e del calore solare. Benchè
l’Insegnamento Esoterico non li consideri come faceca lui — cioè come “organismi” che
partecipano della natura della vita, poiché gli “Esseri” Solari difficilmente si renderanno
visibili per mezzo del telescopio — asserisce che tutto l’Universo è pieno di questi
“organismi”, coscienti e attivi in proporzione alla maggiore e minore distanza dei loro piani
dal nostro piano di coscienza; ed infine, che il grande astronomo aveva ragione quando,
riflettendo su questi supposti “organismi”, diceva che “noi non sappiamo se l’azione vitale è
incapace di sviluppare in una sola volta calore, luce ed elettricità”. Perché, anche a rischio di
essere derisi da tutto il mondo dei fisici, gli occultisti sostengono che quelle che gli scienziati
chiamano “Forze” hanno origine nel princìpio vitale, nella Vita Una collettiva del nostro
Sistema Solare; dato che quella “vita” è una parte, o piuttosto uno degli aspetti della VITA
Una Universale.
Perciò — come nell’articolo in questione, in cui, sull’autorità degli Adepti, si
affermava che “basta fare un résumé di ciò che i fisici che studiano il sole non conoscono”,
possiamo sostenere e sosteniamo e definiamo la nostra posizione riguardo alla Teoria
Nebulare moderna e ai suoi evidenti errori, indicando semplicemente dei fatti diametralmente
opposti a quella teoria nella sua veste attuale. Tanto per cominciare, che cosa insegna questa
teoria?
Riassumendo le ipotesi che abbiamo esposto, è chiaro che la teoria di Laplace — che
oltretutto è stato resa ora completamente irriconoscibile — è stata una teoria sfortunata. Egli
suppone innanzitutto che la Materia Cosmica esista in uno stato di nebulosità diffusa “così
sottile, che difficilmente ci si potrebbe accorgere della sua presenza”. Egli non cerca affatto di
penetrare negli Arcani dell’Essere, tranne per ciò che concerne l’evoluzione immediata del
nostro piccolo sistema solare.
Di conseguenza, sia che si accetti, sia che si respinga la sua teoria per ciò che riguarda
la soluzione di problemi cosmologici immediati, non si può dire che egli sia penetrato nel
mistero un pò più degli altri. Alle eterne domande: “Da dove viene la Materia; da dove viene
445
l’impeto evolutivo che è causa delle sue aggregazioni e delle sue dissoluzioni cicliche; da
dove vengono la simmetria e l’ordine squisito con cui gli Atomi primordiali si raggruppano?”
Laplace non tenta di dare alcuna risposta. Tutto quello che egli ci dà, è un probabile abbozzo
dei vasti princìpi su cui si presume che sia basato il procedimento attuale. Bene, e qual’è la
spiegazione, diventata adesso così celebre, del suddetto procedimento? Che cosa ha detto egli
di tanto straordinariamente nuovo e originale, perché il suo abbozzo sia comunque servito da
base alla Teoria Nebulare moderna? Quanto segue è ciò che si è potuto dedurre da varie opere
di Astronomia.
Laplace credeva che, in conseguenza della condensazione degli atomi della nebulosa
primitiva, la massa gassosa, o forse in parte liquida, acquisisse a causa della “legge” di gravità
un movimento rotatorio. Crescendo la velocità di questa rotazione, la massa assunse la forma
di un disco sottile; infine la forza centrifuga prese il sopravvento su quella di coesione,
immensi anelli si distaccarono dall’orlo delle masse roteanti e incandescenti, e questi anelli
divennero necessariamente, a causa della gravitazione (come è stato accettato), dei corpi
sferoidali che continuarono per forza a mantenersi nell’orbita occupata in precedenza dalla
zona esterna da cui si erano separati1. Egli dice che, siccome la velocità della parte esterna di
ogni pianeta nascente supera quella della parte interna, ne risulta che il pianeta deve ruotare
sul suo asse. I corpi più densi si distaccano per ultimi; e infine, durante lo stato preliminare
della loro formazione, le nuove sfere causano a loro volta la formazione di uno o più satelliti.
Raccontando com’è che gli anelli si rompono e divengono pianeti, Laplace dice:
Quasi sempre ogni anello di vapore deve essersi diviso in numerose masse che, muovendosi con una
velocità pressoché uniforme, devono aver continuato a circolare alla stessa distanza intorno al sole. Queste masse
devono aver preso una forma sferoidale a causa di un movimento di rotazione nella stessa direzione del loro
movimento di rivoluzione, poiché le molecole interne (quelle più vicine al sole) avrebbero avuto una velocità
meno forte di quelle esterne. Poi, esse devono avere formato molti pianeti in una stato di vapore. Ma, se uno di
essi aveva il potere sufficiente a riunire successivamente, per mezzo della sua forza d’attrazione, tutti gli altri
intorno al suo centro, l’anello di vapore deve essersi trasformato in un’unica massa sferoidale di vapore
circolante intorno al sole con un movimento di rotazione nello stesso senso di quello di rivoluzione. Questo è il
caso che è accaduto più frequentemente; ma il sistema solare ci dà un saggio del primo caso con i quattro
pianetini che si muovono tra Giove e Marte.
Sebbene pochi possano negare la “magnifica audacia di questa ipotesi”, è impossibile
non riconoscere le difficoltà insormontabili che l’accompagnano. Perché, per esempio,
vediamo che i satelliti di Nettuno e di Urano sono animati da un movimento retrogrado?
Perché, malgrado la sua vicinanza maggiore al Sole, Venere è meno densa della Terra? E
perché Urano, che è il più distante dal Sole, è più denso di Saturno? Come mai, nella supposta
progenie del globo centrale, ci sono tante variazioni nell’inclinazione delle loro assi e delle
loro orbite? Come mai tante sorprendenti diversità possono registrarsi nella grandezza dei
Pianeti; come mai i satelliti di Giove sono 288 volte più densi del pianeta da cui dipendono;
come mai i fenomeni dei sistemi delle meteore e delle comete sono ancora inesplicabili?
Citeremo le parole di un Maestro :
Essi [gli Adepti] trovano che la teoria centrifuga di origine occidentale ha troppi
punti deboli; che, senza aiuto, non può né spiegare l’origine di ogni corpo schiacciato
sferoidale, né far sparire le evidenti difficoltà che intervengono a causa della densità relativa
di alcuni pianeti. Come può infatti qualsiasi calcolo sulla forza centrifuga spiegarci, ad
esempio, perché Mercurio, la cui rotazione è, ci dicono, solo “circa un terzo di quella della
Terra, e la cui densità è maggiore solo di circa un quarto di quella della Terra”, ha una
compressione polare almeno dieci volte maggiore di quella della Terra? E ancora, perché
1
Laplace credeva che le zone esterne ed interne dell’anello ruotassero con la stessa velocità angolare con cui avrebbe ruotato un solido;
ma il princìpio delle aree uguali fa sì che le zone interne ruotino più rapidamente che le esterne. (World-Life, pag. 121) Il prof. Winchell fa
notare un buon numero di sbagli commessi da Laplace; ma egli stesso, come geologo, non è infallibile nelle sue “speculazioni
astronomiche”.
446
Giove, la cui rotazione equatoriale è, a quanto dicono, “ventisette volte maggiore, e la cui
densità è solo un quinto di quella della Terra”, ha una compressione polare diciassette volte
maggiore di quella della Terra? Oppure, perché Saturno, con una velocità equatoriale
cinquantacinque volte maggiore di quella di Mercurio per lottare contro la forza centripeta,
ha una compressione polare solo tre volte maggiore di quella di Mercurio? Per completare
tutte queste contraddizioni, vorrebbero che credessimo nelle Forze Centrali, come ce le
presenta la scienza moderna, anche se ci dicono che la materia equatoriale del Sole, che ha
una velocità centrifuga maggiore più di quattro volte di quella della superficie equatoriale
della Terra, e una gravitazione che è circa la quarta parte di quella della nostra materia
equatoriale, non ha mai manifestato alcuna tendenza a gonfiarsi all’equatore solare, né a
deprimersi ai poli dell’asse solare. In altre parole, per esprimerci più chiaramente, il Sole,
che ha una densità quattro volte minore a quella della nostra Terra a causa della forza
centrifuga, non ha alcuna compressione polare! Troviamo che più di un astronomo ha fatto
queste stesse obiezioni, ma, per quanto ne sanno gli “Adepti”, non hanno mai dato alcuna
spiegazione soddisfacente.1
“Perciò essi [gli Adepti] affermano che i grandi scienziati occidentali, che non
sanno... quasi niente né sulla materia delle comete, sulle forze centrifuga e centripeta e sulla
natura delle nebulose, né sulla costituzione fisica del Sole, delle Stelle e anche della Luna, si
mostrano imprudenti a parlare così confidenzialmente della “massa centrale del Sole” che
proietta nello spazio pianeti, comete e chi sa cos’altro ancora... Noi sosteniamo che esso [il
Sole] produce solo il princìpio vitale, l’Anima di questi corpi, emanandolo e tornando ad
inspirarlo, nel nostro piccolo Sistema Solare, come il “Dispensatore della Vita Universale”...
nell’Infinito e nell’Eternità; e che il Sistema Solare è un Microcosmo dell’Unico
Macrocosmo, così come lo è l’uomo nei confronti del proprio piccolo Cosmo Solare”2.
Il potere essenziale che possiedono tutti gli elementi cosmici e terrestri di generare tra
1
[Questi passaggi, e quelli nel prossimo paragrafo, sono estrapolati da una lunga serie di risposte su The Theosophist (Vol.
IV, settembre 1883) sotto il titolo generale di “Alcune Domande Suggerite dal Buddhismo Esoterico di A. P. Sinnett….. La
maggior parte del testo fu dettata ad H. P. B. da uno o più Adepti della Fratellanza, sebbene le loro parole non siano riportate
come citazioni. Dovrebbe essere chiaramente compreso che in questi passaggi, ai quali si riferisce la presente Nota, né i
Maestri né la stessa H. P. B. esprimono le proprie idee sui fatti astronomici ivi discussi.
Essi riportano i punti di vista e le opinioni di alcuni astronomi del tempo. La scienza dell’Astronomia ha sperimentato un
vasto sviluppo ed espansione fin dal XIX secolo, e specialmente nella seconda metà del XX secolo, con il risultato di un
totale cambio dei punti di vista, sulla base di nuove tecniche scientifiche e nuovi metodi di indagine, particolarmente
riguardo l’invio di sonde e satelliti interplanetari. Alla luce delle attuali ricerche, molte delle affermazioni succitate devono
essere rettificate o totalmente cambiate, come segue:
Nettuno ha due satelliti: il movimento orbitale di Tritone è retrogado, ma quello di Nereide (il terzo satellite naturale di
Nettuno) è diretto. Tutti i cinque satelliti di Urano sono diretti, nel senso che la loro rivoluzione è nella stessa direzione della
rotazione del loro primario, ed effettivamente nel suo piano equatoriale. E’ vero, comunque, che l’inclinazione dell’asse di
Urano è di 98 gradi, ma il fatto importante è il movimento regolare all’interno del sistema uraniano. E’ altresì corretto che
Venere è meno densa della Terra, e che Urano è più denso di Saturno. La densità di Giove è di 1.31 (la densità dell’acqua
essendo di 1), quella del satellite Callisto è solo di 1.63, e quella di Ganimede è di 1.94. Riguardo Mercurio, i fatti sono
alquanto differenti. La rotazione di Mercurio intorno al proprio asse era considerata sincrona, cioè che essa coincideva con il
suo periodo di rivoluzione intorno al Sole. Come la nostra Luna, che mostra sempre la stessa faccia alla Terra, ora si sa che,
mentre Mercurio gira intorno al Sole in circa 88 dei nostri giorni, il suo periodo di rotazione siderale è di 58.6 giorni. La
densità di Mercurio è di 5.44 (comparata ai 5.52 della Terra), e il suo schiacciamento ai poli è di molto minore a quello della
Terra. Il periodo siderale venne definito qualche decina di anni fa dai rilevamenti radar, mentre l’esattezza dei valori della
sua densità e lo schiacciamento ai poli è stato gradualmente verificato da Mariner 10 nel 1974. La velocità equatoriale è di
12.6 km./s, mentre quella della Terra è di 0.47 km al secondo. Quindi, l’affermazione è sostanzialmente corretta. Il suo
schiacciamento ai poli è di 0.60, paragonato agli 0.003367 di quello della Terra. La sua densità è di 1.31, comparata ai 5.52
della Terra. Riguardo Saturno, la sua velocità equatoriale è di 10.2 km./s, comparata agli 0.003 km./s per Mercurio. Lo
schiacciamento ai poli di Saturno è di 0.1, ed è molto più grande di quello di Mercurio, che è di 0.0012. La velocità
equatoriale del Sole è di 2.0 km./s, comparata con i 0.47 km./s della Terra. La sua compressione polare o schiacciamento dei
poli è di circa 0.0005, secondo Dicke e Goldenberg (1968). E’ stata contestata, e tuttavia potrebbe essere molto più piccola.
La sua densità è stata calcolata 1.47, solo circa un quarto di quella della Terra. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
FiveYears of Theosophy, pp. 249. 251, art. “Gli Adepti negano la Teoria Nebulare?”
447
loro una serie regolare ed armoniosa di risultati, una concatenazione di cause e di effetti, è una
prova incontestabile che essi: o sono animati da una Intelligenza, ab extra o ab intra, o che
nascondono una simile Intelligenza dentro o dietro il “velo manifestato”.
L’Occultismo non nega l’origine meccanica dell’Universo; proclama solo la necessità
assoluta dell’esistenza di meccanici stessi dentro o dietro quegli Elementi — e questo è per
noi un dogma.
Non è stato il concorso casuale degli Atomi di Lucrezio — come ben sapeva lui stesso
— a creare il Cosmo e tutto ciò che esso contiene. La Natura stessa contraddice una simile
teoria. Lo Spazio celeste, che contiene un tipo di Materia sottile come l’Etere — non può
essere chiamato a spiegare, con l’attrazione o senza l’attrazione, il movimento comune delle
legioni siderali. Sebbene l’accordo perfetto delle loro rivoluzioni reciproche indichi
chiaramente la presenza nella Natura di una causa meccanica, Newton, che aveva maggior
ragione di tutti gli altri uomini a fidarsi delle proprie deduzioni, fu costretto ad abbandonare
l’idea di spiegare l’impulso originale dato ai milioni di sfere con le sole leggi della Natura
conosciuta e con le sue Forze materiali. Egli riconobbe pienamente i limiti che separano
l’azione delle Forze naturali da quella delle Intelligenze che presiedono all’ordinamento e
all’attività delle leggi immutabili. E se un Newton dovette rinunciare a una simile speranza,
quale moderno pigmeo materialista può avere il diritto di dire: “Io ne so più di lui”?
Una teoria cosmogonica, per divenire completa e comprensibile, deve basarsi su una
Sostanza Primordiale diffusa per lo Spazio infinito, di natura intellettuale e divina. Questa
Sostanza deve essere l’Anima e lo Spirito, la Sintesi e il Settimo Princìpio del Cosmo
manifestato; e, per servirle da Upâdhi spirituale, ci dev’essere il sesto Princìpio, il suo
veicolo, la Materia Fisica Primordiale, per così dire, sebbene la sua natura debba per sempre
sfuggire ai nostri limitati sensi normali. È facile, per un astronomo che sia dotato di
immaginazione, costruire una teoria che parli di come l’Universo emerse dal Chaos,
applicando semplicemente a questa teoria i princìpi della meccanica. Ma un simile Universo
riuscirà sempre un mostro di Frankenstein in rapporto al suo creatore scientifico umano; esso
lo condurrà a delle perplessità infinite. L’applicazione delle sole leggi meccaniche non potrà
mai portare colui che le applica oltre il mondo oggettivo; e non svelerà mai agli uomini
l’origine e il destino finale del Cosmo. Ecco dove la Teoria Nebulare ha condotto la scienza.
Per dire le cose come stanno, questa Teoria è la sorella gemella di quella dell’Etere, ed
entrambe sono figlie della necessità; una è indispensabile per accreditare la trasmissione della
luce, l’altra per spiegare il problema dell’origine dei Sistemi Solari. Il problema per la scienza
è come la stessa Materia, omogenea1, possa, secondo le leggi di Newton, dar vita a dei corpi
— il Sole, i Pianeti e i loro satelliti — soggetti a condizioni di identità di movimento, e
formati di tanti elementi eterogenei.
La Teoria Nebulare ha aiutato a risolvere il problema, anche se applicata solo ai corpi
considerati inanimati e materiali? Si può rispondere categoricamente di no. Che progressi ha
fatto dal 1811, quando il primo articolo di William Herschell, con i suoi fatti basati
sull’osservazione e sulla dimostrazione dell’esistenza della materia nebulare, fece “gridare di
gioia” i membri della Royal Society? Dopodiché, una scoperta ancora più grande permise,
attraverso l’analisi dello spettro, la verifica e la corroborazione della congettura di Herschell.
Laplace ebbe bisogno di una certa specie di “stoffa del mondo” primitiva per dimostrare
l’idea dell’evoluzione e della crescita progressiva del mondo. Eccola, come si presentava due
1
Se gli astronomi, nel loro stato attuale di conoscenza, si fossero attenuti solo alla ipotesi di Laplace, che si limitava alla
formazione del Sistema Planetario, con il tempo si sarebbero un pò avvicinati alla verità. Ma le due parti del problema
generale — quella che riguarda la formazione dell’Universo, o la formazione dei Soli e delle Stelle dalla Materia
Primordiale, e quella che riguarda lo sviluppo dei Pianeti dalla Materia intorno al loro Sole — si basano su dei
fatti di Natura completamente diversi, e tali sono considerati dalla scienza stessa. Essi sono i poli opposti
dell’Essere.
448
millenni fa.
La “stoffa del mondo”, che ora chiamano nebulosa, era conosciuta fin dalla più
lontana antichità. Anassagora insegnava che, una volta avvenuta la differenziazione, la
mistura di sostanze eterogenee che ne risultava rimaneva immobile ed inorganica, fino a che
la “Mente”— il corpo collettivo dei Dhyân Chohan, come diciamo noi occultisti — non
cominciasse a lavorarci sopra e non le comunicasse il movimento e l’ordine1. Questa teoria
viene ora ripresa per quel che concerne la sua prima parte; mentre la sua ultima parte, quella
che parla dell’intervento di una “Mente”, viene respinta. L’analisi dello spettro rivela
l’esistenza di certe nebulose formate completamente di gas e di vapori luminosi. È questa la
Materia nebulare primitiva? Gli spettri rivelano, a quel che si dice, le condizioni fisiche della
Materia che emette luce cosmica. Gli spettri delle nebulose riducibili e irriducibili appaiono
del tutto differenti, poiché quelli delle nebulose irriducibili mostrano che il loro stato fisico è
quello di un gas o di un vapore rovente. Le linee brillanti di una nebulosa rivelano l’esistenza
dell’idrogeno e di altre sostanze materiali conosciute e sconosciute. Lo stesso avviene con le
atmosfere del Sole e delle stelle. Questo porta alla conclusione che una stella è formata dalla
condensazione di una nebulosa; e che quindi anche gli stessi metalli si formano sulla Terra per
condensazione dell’idrogeno o di qualche altra materia primitiva, forse di qualche lontano
parente dell’elio, o di qualche materiale ancora sconosciuto. Questo non è in contrasto con gli
Insegnamenti Occulti. E questo è il problema che la Chimica sta cercando di risolvere; e
riuscirà prima o poi a risolverlo accettando, nolens volens, l’Insegnamento Esoterico. Ma
questo, quando accadrà, ucciderà la Teoria Nebulare come si presenta adesso.
Frattanto, l’Astronomia se vuole essere considerata una scienza esatta, non può in
nessun modo accettare l’attuale teoria della filiazione delle Stelle — anche se l’Occultismo a
modo suo l’accetta, spiegando questa filiazione in modo differente, perché l’Astronomia non
ha un solo dato fisico per dimostrarla. L’Astronomia potrebbe anticipare la Chimica nel
provare l’esistenza di questa filiazione, se fosse in grado di mostrare una nebulosa planetaria
che presentasse uno spettro di tre o quattro linee brillanti, che gradualmente si condensasse e
si trasformasse in una stella, con uno spettro tutto coperto da una quantità di linee scure. Ma:
La questione della variabilità delle nebulose, anche riguardo alla loro forma, è ancora uno dei misteri
dell’Astronomia. I dati di osservazione posseduti fin qui sono di origine troppo recente, troppo incerta per
permetterci di affermare qualcosa2.
Da quando fu scoperto lo spettroscopio, il potere magico di questo strumento non ha
rivelato ai suoi adepti che una sola trasformazione di una Stella di questa specie; e anch’essa
mostrò subito il contrario di quello che ci sarebbe voluto per provare la validità della Teoria
Nebulare; perché fece vedere una Stella che si trasformava in una nebulosa planetaria. Come
è riferito in The Observatory3, la Stella temporanea scoperta da J.F.J. Schmidt nella
costellazione del Cigno, nel novembre del 1876, presentava uno spettro striato da righe
brillantissime. Un pò alla volta, lo spettro e la maggior parte delle linee sparirono, lasciando
infine una sola linea brillante, che mostrava di coincidere con la linea verde della nebulosa.
Sebbene questa metamorfosi non sia inconciliabile con l’ipotesi dell’origine nebulare
delle Stelle, ciò nonostante questo unico caso isolato è sostenuto dall’osservazione, e men che
mai dall’osservazione diretta. Il fatto può essere dovuto a diverse altre cause. Dato che gli
astronomi sono propensi a credere che i nostri Pianeti tendono a precipitare nel Sole, perché
quella stella non sarebbe andata in fiamme a causa di una collisione con uno di quei Pianeti
precipitati o, come molti suggeriscono, a causa dell’urto con una Cometa? Sia come sia, la
sola prova sulla trasformazione di una Stella che abbiamo avuto fin dal 1811 non è favorevole
1
Physica, di Aristotele, VIII, I.
Hypothèses Cosmogoniques, pag. 3, di Wolf.
3
Vol. I, pag. 185, citato da Wolf, p. 3. I ragionamenti di Wolf sono qui riassunti.
2
449
alla Teoria Nebulare. Inoltre, gli astronomi sono in disaccordo sulla questione di questa teoria,
come lo sono su tutte le altre.
Nel nostro secolo, e ancor prima che Laplace ci avesse mai pensato, Buffon, che era
rimasto molto colpito dalla identità del moto dei Pianeti, fu il primo a formulare l’ipotesi che i
Pianeti e i loro satelliti avessero avuto origine dentro il Sole. A questo proposito egli inventò
subito una Cometa speciale, che suppose avesse lanciato fuori, con un potente getto obliquo,
la quantità di materia necessaria alla loro formazione. E Laplace si occupò appunto di questa
“Cometa” nel suo Exposition du Système du Monde1. Ma ci si era ormai appropriati dell’idea,
che fu anche perfezionata con una concezione dell’evoluzione alterna, dalla massa centrale
del Sole, di Pianeti apparentemente senza peso o influenza sul movimento dei Pianeti visibili
— evidentemente con un’esistenza altrettanto ipotetica quando ne ha il ritratto di Mosè che si
crede raffigurato nella Luna.
Ma la teoria moderna è anche una variazione dei sistemi elaborati da Kant e da
Laplace. L’idea di entrambi era che, all’origine delle cose, tutta quella Materia che adesso fa
parte della composizione dei corpi planetari si fosse sparsa per lo Spazio compreso nel
Sistema Solare, e anche più in là.
Era una nebulosa dalla densità minima, e la sua condensazione, con un meccanismo
che per ora non è stato spiegato, diede vita gradualmente ai vari corpi del nostro Sistema.
Questa è la Teoria Nebulare originale: una ripetizione incompleta, anche se fedele, degli
Insegnamenti della Dottrina Segreta, un breve capitolo estratto dal grande volume della
Cosmogonia Esoterica Universale. Ed entrambi i sistemi, quello di Kant e quello di Laplace,
differiscono molto dalla teoria moderna, ridondante di sotto-teorie contrastanti e di ipotesi
fantastiche. I Maestri dicono:
“L’essenza della materia delle comete [e di quella di cui sono composte le stelle]... ha
delle caratteristiche chimiche e fisiche totalmente differenti da tutte quelle che sono familiari
ai più grandi chimici e ai più grandi fisici della terra... Mentre lo spettroscopio ha mostrato
la probabile somiglianza [dovuta all’azione chimica della luce terrestre sui raggi intercettati]
fra la sostanza terrestre e quella siderale, non è stato provato né scoperto che le azioni
chimiche peculiari ai globi dello spazio diversamente progrediti siano identiche a quelle
osservate sul nostro pianeta2.”
Crookes dice quasi la stessa cosa nel frammento citato della sua Conferenza, Elementi
e Meta-Elementi. C. Wolf, Membro dell’Istituto, astronomo dell’Osservatorio di Parigi,
osserva:
In fondo, l’ipotesi nebulare non può che appoggiarsi, con W. Herschell, sull’esistenza delle nebulose
planetarie in vari gradi di condensazione, e delle nebulose a spirale, con nuclei di condensazione sui rami e al
centro3. Ma, in realtà, ci è negato conoscere il legame che unisce le nebulose alle stelle; e siccome ci manca
l’osservazione diretta, siamo per ora impossibilitati a stabilirlo su un’analogia nella composizione chimica.4
Anche se gli scienziati — lasciando da parte la difficoltà che si incontra a causa di tale
innegabile varietà ed eterogeneità nella Materia che costituisce le nebulose — hanno
ammesso, d’accordo con gli antichi, che l’origine di tutti i corpi celesti visibili e invisibili va
ricercata in una stoffa del mondo primordiale ed omogenea, in una specie di Pre-Protile,5 è
1
Nota VII. Riassunto da Wolf, pag. 6.
Five Years of Theosophy, pp. 24 e 239.
3
Ma gli spettri di queste nebulose non sono stati ancora bene accertati. Potremo citarli solo quando avranno delle linee
brillanti.
4
Hypothèses Cosmogonique, pag. 3.
5
Il Protile di Crookes non va considerato come la stoffa primordiale, di cui i Dhyân Chohan, in accordo con le leggi
immutabili della Natura, si servirono per ordire il nostro Sistema Solare. Questo Protile non può esser neppure la Prima
Materia di Kant, che, secondo quella gran mente, fu adoperata nella formazione dei mondi, non permanendo più, dunque,
allo stato diffuso. Il Protile è una fase intermedia della differenziazione progressiva della Sostanza Cosmica dal suo stato
normale indifferenziato. È dunque l’aspetto che ha assunto la Materia a metà del suo cammino verso la piena obiettività.
2
450
evidente che questo non può mettere fine alle loro perplessità. A meno che essi non
ammettano anche che il nostro attuale Universo visibile è puramente lo Sthûla Sharîra, il
corpo grossolano del Cosmo settuplice, dovranno far fronte ad un altro problema,
specialmente se osano affermare che i corpi ora visibili dell’Universo siano il risultato della
condensazione di quella materia primordiale unica e sola. Perché la semplice osservazione
dimostra loro che le operazioni che hanno prodotto l’Universo attuale sono troppo complesse
per poter essere contenute in quella teoria.
Prima di tutto, vi sono due classi distinte di nebulose “irresolubili”, come insegna la
scienza stessa.
Il telescopio non ha la possibilità di far distinzione fra queste due classi, ma la
spettroscopio lo può fare, e rimarca una differenza essenziale fra le loro costituzioni fisiche.
La questione della risolubilità delle nebulose è stata spesso presentata in un modo troppo affermativo e
del tutto contrario alle idee dell’illustre scienziato che fece esperimenti sugli spettri di queste costellazioni:
Huggins. Ogni nebulosa, il cui spettro contenga solo delle linee brillanti, è gassosa, dicono, e perciò irresolubile;
mentre ogni nebulosa dallo spettro continuo, con uno strumento abbastanza potente, finirà per risolversi in stelle.
Questa supposizione è contraria sia ai risultati ottenuti che alla teoria spettroscopica. La nebulosa della “Lira”, la
nebulosa “M27 Dumb-Bell”,1 la regione centrale della nebulosa di Orione, risultano tutte risolubili, e presentano
uno spettro di linee brillanti; la nebulosa dei Canes Venatici non è risolubile, ed ha uno spettro continuo. Infatti
lo spettroscopio ci ragguaglia sullo stato fisico della materia costituente delle stelle, ma non ci dà alcuna notizia
sui loro tipi di aggregazione. Una nebulosa formata di globi gassosi (o anche nuclei, debolmente luminosi,
circondati da un’atmosfera potente) avrebbe uno spettro formato di linee e sarebbe ancora risolubile; in tale stato
sembra trovarsi la regione di Huggins nella nebulosa di Orione. Una nebulosa formata di particelle fluide in uno
stato d’incandescenza, una vera nuvola, darebbe uno spettro continuo e sarebbe irresolubile.
Alcune di queste nebulose, come ci dice Wolf:
Hanno uno spettro di tre o quattro linee brillanti, oltre ad uno spettro continuo. Le prime sono gassose,
le altre sono formate da una materia polverosa. Le prime devono costituire una vera e propria atmosfera: è tra
queste che bisogna mettere la nebulosa solare di Laplace. Le seconde formano un insieme di particelle che
possono considerarsi indipendenti, e la cui rotazione obbedisce alle leggi del peso interno: tali sono le nebulose
adottate da Kant e da Faye. L’osservazione ci permette di collocare sia le une che le altre all’origine del mondo
planetario. Ma se vogliamo andare più in là e risalire fino al chaos primitivo che ha prodotto tutti quanti i corpi
celesti, dobbiamo prima spiegare l’esistenza attuale di queste due classi di nebulose. Se il chaos primitivo era un
gas freddo e luminoso2, si potrebbe capire in che modo la contrazione che risulta dall’attrazione lo avrebbe
scaldato e reso luminoso. Dobbiamo spiegare la condensazione di questo gas ad uno stato di particelle
incandescenti, la cui presenza in certe nebulose ci è rivelata dallo spettroscopio. Se il chaos originale era
composto di tali particelle, come mai parte di esse passò allo stato gassoso, mentre altre conservarono la loro
condizione primitiva?
Questo è il riassunto delle obiezioni e delle difficoltà che si oppongono
all’accettazione della Teoria Nebulare; riassunto fornitoci dal sapiente francese, che conclude
questa interessante argomentazione dichiarando che:
la parte principale del problema cosmogonico su cos’è la materia primitiva del chaos, e come fece
questa materia a dar vita al sole e alle stelle — rimane fino ad oggi nel regno della fantasia e della pura
immaginazione3.
Se questa è l’ultima parola della scienza sul soggetto, dove ci dovremo rivolgere per
sapere cosa si suppone che insegni la Teoria Nebulare? Cos’è, infine, questa teoria? Ci
sembra che nessuno lo sappia con precisione. Quel che non è, lo possiamo apprendere dal
dotto autore di World-Life. Egli ci dice che:
1
[Detta anche ‘Nebulosa a Manubrio’; in inglese: Dumb-bell. Situata in Vulpecula –N.d.T.]
Vedi Stanza III, Commentario 9, sulla “luce”o “fiamma fredda”, dove è spiegato che la “Madre” — il Chaos — è un fuoco
freddo, una radiazione fredda senza colore, senza forma, priva di qualsiasi qualità. “Il moto inteso come l’Unico Eterno È, e
contiene le potenzialità di tutte le qualità nei Mondi Manvatarici” vi è scritto.
3
Hypothèses Cosmogoniques, pp. 4-5.
2
451
I. Non è una teoria dell’evoluzione dell’Universo. È prima di tutto una spiegazione genetica dei fenomeni del
sistema solare, e, secondariamente, la coordinazione, in una concezione comune, dei fenomeni principali del
firmamento stellare e nebulare, fino al punto a cui può arrivare la vista umana.
II. Non ritiene che le comete siano comprese in quella evoluzione particolare che ha prodotto il sistema solare.
[La Dottrina Esoterica “ ritiene invece che anche le comete siano forme di esistenza cosmica, coordinate con
delle fasi antecedenti di evoluzione nebulare”; e attualmente assegna principalmente ad esse la formazione
di tutti mondi].
III. Non nega una storia antecedente della nebbia di fuoco luminoso — [lo stadio secondario dell’evoluzione
della Dottrina Segreta] [e]... non pretende di avere raggiunto un princìpio assoluto. [Ed ammette anche che
questa] nebbia di fuoco possa essere esistita precedentemente in una condizione non luminosa ed invisibile.
IV. [Ed infine] essa non pretende di scoprire l’ORIGINE delle cose, ma solo uno stadio della storia materiale...
[e lascia] il filosofo ed il teologo liberi, come sono sempre stati, di ricercare l’origine delle modalità di
esistenza1.
Ma questo non è tutto. Persino il più grande filosofo d’Inghilterra — Herbert Spencer
— si schierò contro questa teoria fantastica dicendo che (a) “Non risolve il problema
dell’esistenza”(b) l’ipotesi nebulare “non fa alcuna luce sull’origine della materia diffusa”; e
(c) “l’ipotesi nebulare (come si presenta ora) implica una Causa Prima”.2 Temo che
quest’ultima obiezione sia di maggior peso di qualsiasi altra che sia mai stata mossa dai fisici.
Così, a quanto pare, la povera “ipotesi” può difficilmente aspettarsi di trovare aiuto e
conferma persino nel mondo dei metafisici.
Considerato tutto questo, gli occultisti credono di avere il diritto di far conoscere la
loro filosofia, per quanto incompresa e ostracizzata possa essere al giorno d’oggi.
E sostengono che il fallimento degli scienziati nello scoprire la verità sia del tutto
dovuto al loro Materialismo e al loro disprezzo per le Scienze trascendentali. Tuttavia,
sebbene le menti scientifiche del nostro secolo siano lontane come sempre dalla vera ed esatta
dottrina dell’evoluzione, ci può essere ancora qualche speranza per il futuro, dato che anche
adesso si è trovato un altro scienziato che ci ha dato di quella dottrina un debole barlume.
In un articolo del Popular Scienze Review sulle “Recenti Ricerche sulla Vita
Infinitamente Piccola”, H. J. Slack dice:
È evidente che tutte le scienze, dalla fisica alla Chimica e alla Fisiologia, convergono verso una dottrina
di evoluzione e di sviluppo, di cui faranno parte i dati del Darwinismo; ma non abbiamo nessuna prova che ci
metta in grado di dimostrare quale aspetto finale assumerà questa dottrina, né la mente umana potrà forse farlo
finché le ricerche, sia metafisiche che fisiche, non saranno molto più avanzate”3.
Questa è davvero una felice predizione. Può dunque venire il giorno in cui la
“Selezione naturale”, com’è stata concepita da Darwin e da Herbert Spencer, formerà, nella
sua modificazione definitiva, soltanto una parte della nostra Dottrina Orientale
dell’evoluzione, che consisterà in Manu e Kapila spiegati esotericamente.
________
1
World-Life, p. 196.
Westminster Rewiew, XX, 27 Luglio 1868.
3
H. J. Slack in Popular Scienze Review Vol. XIV, pag. 252.
2
452
SEZIONE XIII
LE FORZE SONO MODALITÀ DI MOVIMENTO O INTELLIGENZE?
Questa è dunque l’ultima parola della scienza fisica fino al corrente anno, 1888. Le
leggi meccaniche non potranno mai provare l’omogeneità della Materia Primordiale, se non
per deduzione e in caso di necessità disperata, quando non ci sarà proprio altra via d’uscita,
come nel caso dell’Etere. La scienza moderna si sente sicura solo sul proprio terreno; cioè
entro i limiti fisici del nostro Sistema Solare, al di là del quale ogni cosa, ogni particella di
Materia è differente dalla Materia che essa conosce, e dove la Materia esiste in condizioni di
cui la scienza non potrebbe farsi la minima idea. Questa Materia, che è veramente omogenea,
è al di là della percezione umana, se la percezione è vincolata ai soli cinque sensi. Noi ne
sentiamo gli effetti attraverso quelle INTELLIGENZE che sono i risultati della sua
differenziazione primordiale; Intelligenze che noi denominiamo Dhyân Chohan, chiamati,
nelle opere ermetiche, i “Sette Governatori”; quelli che Pimandro, il “Pensiero Divino”,
nomina come “Forze Costruttrici”, e che Asclepio chiama gli “Dèi Supremi”. Persino alcuni
dei nostri astronomi sono stati indotti a credere in questa Materia — la vera Sostanza
Primordiale, il Noumeno di tutta la “materia” che noi conosciamo — perché essi disperano
nella possibilità di spiegare la rotazione, la gravitazione e l’origine di ogni legge fisica
meccanica, se la scienza non ammette l’esistenza di queste INTELLIGENZE. Nell’opera di Wolf
sull’Astronomia, che abbiamo già citato1, l’autore accetta completamente la teoria di Kant, e
questa teoria, in qualche particolare, se non nel suo aspetto generale, ricorda molto da vicino
certi Insegnamenti veramente esoterici. Dice infatti che il sistema del mondo “rinasce dalle
sue ceneri” a causa di una nebulosa — l’emanazione dei corpi morti e dissolti nello Spazio,
derivante dall’incandescenza del Centro Solare — rianimato dalla materia combustibile dei
Pianeti. In questa teoria, nata e sviluppatasi nel cervello di un giovane appena venticinquenne,
che non aveva mai lasciato il suo luogo natale, Könisberg, una cittadina della Prussia
settentrionale, non si può fare a meno di riconoscere o la presenza di un potere che ha ispirato
il giovane dal di fuori, o una prova della reincarnazione, come pensano gli occultisti. Questa
teoria colma una lacuna che Newton, con tutto il suo genio, non seppe valicare. E certamente
Kant voleva parlare della nostra Materia Primordiale, l’Âkâsha, quando, per risolvere le
difficoltà che aveva incontrato Newton, il quale fallì nel voler spiegare solo con le forze
naturali l’impulso originario impartito ai Pianeti, postulò una Sostanza Primordiale che
pervade l’universo. Perché, come egli fa osservare nel Capitolo VIII, se si ammette che la
perfetta armonia delle Stelle e dei Pianeti e la coincidenza dei piani delle loro orbite provano
l’esistenza di una causa naturale che sarebbe così la Causa Prima, “quella Causa non può
davvero essere la Materia che ora riempie gli spazi celesti”. Dev’essere stata la causa che
riempiva lo Spazio — era lo Spazio — originariamente, che, muovendosi nella Materia
differenziata, ha provocato l’origine dei movimenti attuali dei corpi siderali; e,
“condensandosi in quei corpi abbandonò così lo Spazio che ora è percepito come vuoto”. In
altre parole, è di quella stessa Materia che sono ora composti i Pianeti, le Comete e il Sole
stesso, e quella Materia, trasformandosi originariamente in quei corpi, ha conservato la sua
qualità innata di movimento, qualità che ora, localizzatasi nei loro nuclei, dirige tutto il
movimento. Se si cambiasse appena qualche parola e vi si facessero poche aggiunte, tutto
questo diverrebbe la nostra Dottrina Esoterica.
1
C. Wolf, Les Hypothèses Cosmogoniques. Paris 1886.
453
Questa insegna che è questa Prima Materia originaria e primordiale, divina ed
intelligente, l’emanazione diretta della Mente Universale, la Daiviprakriti — la Luce Divina1
che emana dal Logos — che formò i nuclei di tutte le sfere “automoventisi” del Cosmo. È il
potere sempre presente, che anima e che dà movimento, ed è il princìpio della vita, l’Anima
vitale dei Soli, delle Lune, dei Pianeti ed anche della nostra Terra; il primo latente, l’altro
attivo — il Reggitore invisibile e la Guida del corpo grossolano ad esso affidato e connesso, la
sua Anima, che dopo tutto è l’emanazione spirituale di questi rispettivi Spiriti Planetari.
Un’altra Dottrina completamente Occulta è la teoria di Kant, che insegna come la
Materia di cui sono formati gli abitanti e gli animali degli altri pianeti sia di una specie più
leggera e più sottile e di una conformazione più perfetta, in proporzione alla loro distanza dal
Sole. Questo è troppo pieno di Elettricità vitale, del princìpio fisico che dà la vita. Perciò, gli
uomini di Marte sono più eterei di noi, mentre quelli di Venere sono più grossolani, ma assai
più intelligenti, anche se meno spirituali.
Quest’ultima dottrina non è del tutto quella nostra; tuttavia le teorie di Kant sono tanto
metafisiche e tanto trascendentali quanto lo è ogni Dottrina Occulta; e più di uno scienziato le
accetterebbe, come ha fatto Wolf, solo se osasse svelare il proprio pensiero. Dalla mente e
dall’anima dei Soli e delle Stelle di cui parla Kant, al Mahat (Mente) e Prakriti dei Purâna il
passo è breve. Dopo tutto, se la scienza ammettesse questo, non ammetterebbe che una causa
naturale arrivi o non arrivi a spingere le sue credenze fino a tali altezze metafisiche. Ma qui
Mahat, la Mente, è un “Dio”, e la Fisiologia considera la “mente” solo come una funzione
temporanea del cervello materiale, e niente di più. Il demone del Materialismo deride ora allo
stesso modo tutto quel che c’è, e nega il visibile come l’invisibile. Vedendo nella luce, nel
calore, nell’elettricità e persino nei fenomeni della vita, solo delle proprietà inerenti alla
Materia, esso ride ogni volta che la vita viene chiamata il Princìpio Vitale, e si burla dell’idea
che esso sia indipendente e distinto dall’organismo. Ma anche su questo punto le opinioni
scientifiche differiscono come in qualsiasi altra cosa, e ci sono diversi scienziati che
accettano dei punti di vista molto simili ai nostri. Sentite per esempio quel che dice il dottor
Richardson, membro della Royal Society (citato a lungo altrove) di quel “Princìpio Vitale”
che egli chiama “Etere Nervoso”:
Parlo solo di un vero e proprio agente materiale, forse troppo tenue per il mondo in generale; ma
effettivo e sostanziale: un agente che ha un peso ed un volume, un agente suscettibile di combinarsi
chimicamente, e perciò di cambiare stato e condizioni fisiche; un agente passivo nelle sue azioni, che viene
sempre mosso, per così dire, da influssi che gli sono estranei2, e che obbedisce ad altre influenze, un agente che
non possiede alcun potere d’iniziativa, né alcuna vis o energia naturae,3 ma che, ciò nonostante, ha una parte
molto importante, se non la principale, nel produrre dei fenomeni che risultano dall’azione dell’energia sulla
materia visibile”4.
Siccome la Biologia e la Fisiologia negano in toto l’esistenza di un Princìpio Vitale,
questo estratto, insieme a ciò che ammette De Quatrefages, conferma chiaramente che vi sono
degli scienziati che hanno, riguardo le “cose occulte”, gli stessi punti di vista dei teosofi e
degli occultisti. Questi riconoscono un Princìpio Vitale distinto, indipendente dall’organismo:
materiale, naturalmente, poiché la Forza fisica non può essere disgiunta dalla Materia, ma di
una sostanza esistente in uno stato sconosciuto alla scienza. La vita è per essi qualcosa di più
che la sola azione mutua delle molecole e degli atomi. Vi è un Princìpio Vitale senza il quale
non si manifesterebbe mai alcuna combinazione molecolare in un organismo vivente, e meno
di tutti nella cosiddetta materia “inorganica” del nostro piano di coscienza.
1
Quella “Luce” noi la chiamamo Fohat.
Questo è un errore, che implica l’esistenza di un agente materiale, distinto dagli influssi che lo muovono; cioè materia cieca
e forse anche “Dio”, giacché questa Vita Una è “Essa stessa” Dio e gli Dèi.
3
Lo stesso errore.
4
Popular Science Review,.
2
454
Naturalmente, per “combinazioni molecolari” si intendono naturalmente quelle della
Materia delle nostre percezioni illusorie attuali; Materia che dà energia solo su questo nostro
piano. E questo è il punto della controversia1.
Così gli occultisti non sono i soli a credere a certe dottrine. E, in fin dei conti, non
sono così sciocchi da negare addirittura la “gravità” di cui parla la scienza moderna e insieme
tutte le altre leggi fisiche, e ammettere invece l’attrazione e la repulsione. Inoltre, essi vedono
in queste due forze opposte solo i due aspetti dell’Unità Universale, che viene chiamata la
Mente che si manifesta; nei quali aspetti l’Occultismo scorge, per mezzo dei suoi grandi
Veggenti, un’immensa Legione di Esseri attivi: i Dhyân Chohan cosmici, le Entità la cui
essenza è, nella sua natura duale, la Causa di tutti i fenomeni terrestri. Poiché quell’essenza è
consustanziale con l’Oceano Elettrico universale, che è VITA; ed essendo duale — come
abbiamo già detto — cioè positiva e negativa — sono le emanazioni di quella dualità che
agiscono ora sulla Terra sotto il nome di “modalità di movimento”; anche la parola “Forza”
essendo ora sospetta, per la paura che, soltanto a pensarla, possa indurre qualcuno a separarla
dalla Materia! Secondo l’Occultismo, si tratta degli effetti duali di quella essenza duale che
ora è stata chiamata forza centripeta e forza centrifuga, ora poli negativi e positivi, o polarità,
ora caldo e freddo, luce ed oscurità, ecc.
Ed inoltre, sosteniamo che persino i cristiani cattolici greci o romani, nel credere agli
Angeli, agli Arcangeli, agli Arconti, ai Serafini e alle Stelle del Mattino, insomma a tutte
quelle teologiche deliciae humani generis che reggono gli Elementi Cosmici — anche se le
congiungono e le attribuiscono ciecamente a un Dio antropomorfico — sono più saggi di
colui che non crede affatto a quelle entità, e sostiene le sue Forze meccaniche. Poiché queste
Scienze agiscono molto spesso in modo più intelligente e più appropriato di quel che non
farebbe l’uomo stesso. Ciò nondimeno, questa loro intelligenza viene negata e attribuita solo
al caso. Ma, come aveva ragione De Maistre nel dire che la legge di gravitazione è soltanto
una parola che rimpiazzava “la cosa sconosciuta”, così noi abbiamo ragione di applicare la
stessa osservazione a tutte le altre forze della scienza. E se ci faranno notare che il conte De
Maistre era un fervente cattolico romano, noi potremo citare Le Couturier, fervente
materialista, che disse la stessa cosa, come fecero anche Herschell e molti altri.2
Dagli Dèi agli uomini, dai Mondi agli atomi, da una Stella a una piccola candela, dal
Sole al calore vitale dell’essere organico più minuscolo — il mondo della Forma e
dell’Esistenza è un’immensa catena, i cui anelli sono tutti connessi fra loro. La legge di
analogia è la chiave principale del problema del mondo, e questi anelli vanno studiati in modo
coordinato nelle loro reciproche relazioni occulte.
Perciò quando la Dottrina Segreta — affermando che lo Spazio (quale luogo)
condizionato o limitato non esiste in realtà che in questo mondo di illusione o, in altre parole,
nelle nostre facoltà di percezione — insegna che ognuno dei mondi, superiore e inferiore, si
fonde con il nostro mondo oggettivo; che milioni di cose e di esseri sono, dal punto di vista
dell’ubicazione, intorno a noi e in noi, come noi siamo intorno, vicino, e dentro di essi; non
adopera una semplice immagine retorica, ma constata un fatto reale della Natura, per quanto
incomprensibile ai nostri sensi.
1
“Lo Jîva è un mito, come dice la scienza, oppure no?” chiede qualche teosofo, che oscilla fra la scienza materialista e
quella idealista. Le difficoltà di afferrare realmente i problemi esoterici relativi allo stato ultimo della Materia” proviene
sempre dalla differenza fra l’oggettivo e il soggettivo. Che cos’è la Materia? La Materia della nostra coscienza oggettiva di
adesso non è forse qualcos’altro che le nostre sensazioni? È vero che le sensazioni che riceviamo vengono dal di fuori, ma
— tranne ciò che concerne i fenomeni — possiamo veramente parlare della “materia grossolana” di questo piano come di
un’entità che sta a sé ed è da noi indipendente? A tutti questi argomenti l’Occultismo risponde: È vero, in realtà la Materia
non è indipendente dalle nostre percezioni né esiste al di fuori di esse. L’uomo è un’illusione: siamo d’accordo. Ma
l’esistenza e la realtà di altre entità, ancora più illusorie ma non meno effettive di quanto lo siamo noi, sono argomenti che
non vengono menomati, anzi, vengono rafforzati da questa dottrina dell’Idealismo dei Veda ed anche di Kant.
2
Vedi Musées des Sciences, Agosto 1856.
455
Bisogna tuttavia comprendere la fraseologia dell’Occultismo prima di criticare ciò che
esso afferma. Per esempio, la Dottrina Segreta si rifiuta di adoperare le parole “sopra” e
“sotto”, “superiore” e “inferiore”, riferendosi alle sfere invisibili, poiché tali parole sono senza
significato — e su questo, in un certo senso, pure la scienza si trova d’accordo.
Anche le parole “Est” ed “Ovest” sono puramente convenzionali, e necessarie solo per
aiutare le nostre percezioni umane. Perché, sebbene la Terra abbia i suoi due punti fissi nel
Polo Nord e nel Polo Sud, tuttavia sia l’est che l’ovest sono variabili relativamente alla
posizione che occupiamo sulla superficie della terra e al suo movimento di rotazione
dall’Ovest all’Est.
Perciò l’occultista, quando parla degli “altri mondi”, — siano essi migliori o peggiori
del nostro, più spirituali o ancora più materiali, sebbene tutti invisibili — non colloca queste
sfere al di fuori o al di dentro della Terra, come fanno i teologi e i poeti; perché la loro
ubicazione non è in alcuna parte dello spazio conosciuto o concepito dal profano. Sono, per
così dire, fuse con il nostro mondo; lo interpenetrano e ne sono interpenetrate.
Ci sono milioni e milioni di mondi e di firmamenti a noi visibili; e ve ne sono ancora
di più che non sono visibili al telescopio, e molti di questi non appartengono alla nostra sfera
oggettiva di esistenza. Sebbene ci siano invisibili come se fossero a milioni di miglia dal
nostro Sistema Solare, essi sono con noi, vicino a noi, dentro il nostro stesso mondo, così
oggettivi e materiali per i loro rispettivi abitanti, come il nostro mondo lo è per noi. Ma i
rapporti esistenti fra questi mondi con il nostro non sono quelli di una serie di scatole a forma
di uovo incastrate le une nelle altre, come quei giochi chiamati nidi cinesi; ognuno di essi è
del tutto sottomesso a leggi e condizioni sue speciali, e non ha alcuna relazione diretta con la
nostra sfera. Gli abitanti di questi mondi, come abbiamo già detto, possono passare — per
quanto ne sappiamo o percepiamo — attraverso di noi e intorno a noi, come se fossimo
spazio vuoto, poiché le loro abitazioni ed i loro paesi si interpenetrano con i nostri, sebbene
non li vediamo, non avendo ancora le facoltà necessarie per farlo. Però gli Adepti, ed anche
certi Veggenti e certi sensitivi, per mezzo della loro vista spirituale, sono capaci di discernere,
in maggiore o minor grado, la presenza e la grande vicinanza a noi di Esseri appartenenti ad
altre sfere di vita. Quelli dei mondi spiritualmente più elevati comunicano solo con quegli
abitanti della Terra che si elevano fino a loro, attraverso sforzi individuali, sul piano più alto
che essi abitano.
I figli di Bhûmi [Terra] considerano i figli dei Deva-loka [sfere degli Angeli] come i
loro Dèi; e i Figli dei regni inferiori considerano gli uomini di Bhûmi come i loro Deva
[Dèi]; gli uomini, nella loro cecità, sono inconsapevoli di essi... Essi [gli uomini] tremano
davanti a loro mentre se ne servono [per scopi magici]... La Prima Razza degli Uomini fu
quella dei “Figli nati dalla Mente” di quelli. Essi [i Pitri e i Deva] sono i nostri progenitori1.
La cosiddetta “gente colta” deride l’idea delle Silfidi, delle Salamandre, delle Ondine e
degli Gnomi; gli scienziati considerano un insulto il solo rammentare queste superstizioni; e
con quel disprezzo del buon senso logico e comune, che è spesso prerogativa delle “autorità
riconosciute”, permettono che quelli, che essi avrebbero il dovere di istruire, lavorino sotto
l’impressione assurda che in tutto il Cosmo, o almeno nella nostra atmosfera, non ci siano altri
esseri consapevoli ed intelligenti all’infuori di noi2. Essi si rifiuterebbero di chiamare umana
qualsiasi altra umanità (composta di esseri umani distinti) che non avesse due gambe, due
braccia ed una testa con lineamenti di uomo; benché l’etimologia della parola sembri aver
poco a che fare con l’aspetto generale di una creatura. Così, mentre la scienza respinge
sdegnosamente anche la possibilità che ci siano tali creature invisibili (invisibili per molti di
1
Libro II del Commentario al Libro di Dzyan.
Anche la questione della pluralità dei mondi abitati da creature senzienti viene respinta o accettata con grande
circospezione! Eppure, vedete ciò che dice il grande astronomo Camille Flammarion nel suo Pluralité des Mondes.
2
456
noi, in genere), la società, che pure crede segretamente in tutto questo, è costretta a deridere
apertamente l’idea. Essa accoglie con ilarità opere come Le Comte de Gabalis1, e non capisce
che il fare satira aperta è la maschera più sicura.
Ciò nondimeno, tali mondi invisibili esistono. Abitati densamente come il nostro, essi
sono sparsi in numero immenso attraverso lo Spazio apparente; alcuni sono molto più
materiali del nostro stesso mondo; altri divengono sempre più eterei, finché non hanno più
forma e sono come “respiri”. Il fatto che i nostri occhi fisici non li vedano, non è una buona
ragione per non crederci. I fisici non possono vedere il loro Etere, i loro Atomi, le loro
“modalità di movimento” o Forze; eppure li accettano e li insegnano.
Se troviamo, anche nel mondo naturale che ben conosciamo, della Materia che ha una
parziale analogia con la difficile concezione di tali mondi invisibili, non ci sembra tanto
difficile riconoscere la possibilità della loro presenza. La coda di una cometa, che, sebbene
attiri la nostra attenzione a causa della sua luminosità, non ci impedisce di vedere attraverso di
essa gli oggetti che vi sono al di là, e costituisce il primo passo verso la prova che tali mondi
invisibili esistono.
La coda di una cometa passa rapidamente per il nostro orizzonte, e noi non
l’avvertiremmo né ci accorgeremmo del suo passaggio, se non fosse per il suo balenare
splendente, che spesso viene percepito solo dalle poche persone interessate al fenomeno,
mentre tutte le altre ignorano la sua presenza e il suo passaggio attraverso o sopra una parte
del nostro globo. Questa coda può essere o no parte integrante dell’esistenza della cometa, ma
la sua tenuità è una prova di quanto abbiamo detto. Infatti, ammettere l’esistenza di mondi
formati da una Materia ancora molto più tenue di quella che costituisce la coda di una cometa
non è superstizione, ma semplicemente un risultato della Scienza trascendentale, e ancor più
della logica. Negando tale possibilità, la scienza, in quest’ultimo secolo, non ha fatto il gioco
né della filosofia né della vera religione, ma semplicemente della Teologia. Per poter meglio
contestare la pluralità degli stessi mondi materiali, che ai molti ecclesiastici sembrava una
credenza incompatibile con gli insegnamenti e le dottrine della Bibbia2, Maxwell fu obbligato
a calunniare la memoria di Newton e a cercare di convincere il suo pubblico che i princìpi
contenuti nella filosofia di Newton sono quelli “che si trovano alla base di tutti i sistemi
atei”3.
“Il dr. Whewell contestò la pluralità dei mondi appellandosi a delle prove scientifiche”
scrive il prof. Winchell4. E se persino l’abitabilità dei mondi fisici, dei pianeti e delle stelle
lontane che brillano a miriadi sopra le nostre teste, è tanto contestata, quante poche probabilità
ci sono che venga accettata l’esistenza dei mondi invisibili nello Spazio stesso,
apparentemente trasparente, che circonda il nostro mondo!
Ma, se possiamo concepire un mondo composto di materia ancora più tenue, ai nostri
sensi, della coda di una cometa, a ragione i suoi abitanti sono eterei, in confronto al loro
globo, quanto noi lo siamo in confronto alla nostra Terra così rocciosa e dalla crosta così
dura, non c’è dunque da meravigliarsi se noi non vediamo questi abitanti e se non ci
accorgiamo né della loro presenza né della loro esistenza. Dunque, in che cosa è contraria alla
1
[Nicolas de Montfaucon de Villars nacque nella diocesi di Alet, vicino Tolosa, nel 1635…Dopo aver preso gli ordini come
abate benedettino, venne a Parigi per predicare, nel 1667…I suoi libri, che promulgavano tolleranza e libertà di religione,
suscitarono l’antagonismo in vari settori del monopolio ecclesiastico. Gli fu proibito di predicare, e fu costretto a ritirare
alcune sue pubblicazioni, fra cui Le Comte de Gabalis, che consiste di Cinque Discorsi sulla Scienza Occulta e sulle idee dei
Rosacroce, con una Sezione dedicata agli Spiriti della Natura e le loro Gerarchie…Verso la fine del 1673 muore,
presumibilmente assassinato. –Nota di B. de Zirkoff.]
2
Ciò nonostante, si può dimostrare, secondo la testimonianza della stessa Bibbia e di un buon cristiano e buon teologo come
il Cardinale Wiseman, che si parla di questa pluralità sia nel Vecchio che nel Nuovo Testamento.
3
Plurality of Worlds, vol. II.
4
Vedi a questo riguardo La pluralité des Mondes Habités, di C. Flammarion, dove si trova una lista dei tanti scienziati che
hanno scritto per provare questa teoria.
457
scienza questa idea? Non si può supporre che ci siano uomini, animali, piante e rocce
provvisti di un sistema sensoriale del tutto diverso da quello che possediamo noi? I loro
organismi non potrebbero nascere, svilupparsi ed esistere sotto leggi di esistenza differenti da
quelle che regnano nel nostro piccolo mondo? È assolutamente necessario che ogni essere
provvisto di corpo sia rivestito con un “vestito di pelle”, come quello che possedevano Adamo
ed Eva nella leggenda del Genesi? Eppure, più di uno scienziato afferma che la sostanza
corporea “può esistere sotto condizioni diversissime”. Il professor A. Winchell — discutendo
sulla pluralità dei mondi — fa le seguenti osservazioni:
Non è del tutto improbabile che delle sostanze di natura refrattaria possano essere mescolate con altre
sostanze, a noi conosciute o sconosciute, in modo da essere capaci di resistere all’alternarsi del caldo e del
freddo molto più di quel che sia possibile agli organismi terrestri. I tessuti degli animali terrestri si conformano
semplicemente alle condizioni terrestri. Eppure anche tra di loro si trovano tipi e specie diverse di animali che si
adattano a delle condizioni di esistenza estremamente dissimili... Il fatto che un animale sia un quadrupede o un
bipede non dipende dalle necessità dell’organismo, né dell’istinto, né dell’intelligenza. Il fatto che un animale
possieda proprio cinque sensi non è una necessità dell’esistenza percettiva. Sulla terra ci possono essere animali
senza odorato e senza gusto. In altri mondi, come anche nel nostro, possono esistere degli esseri che hanno sensi
più numerosi dei nostri. Che questo sia possibile appare evidente se si considera la probabilità che nelle risorse
del Cosmo e anche della materia terrestre esistano altre proprietà ed altri generi di esistenza. Vi sono degli
animali che vivono dove l’uomo ragionevole morrebbe: sotto terra, nei fiumi e nel mare... [e perché in questo
caso non potrebbe trattarsi di esseri umani con un diverso organismo?]... L’esistenza razionale che si trova in un
corpo non si basa sul sangue caldo, né di qualsiasi altra temperatura, perché questo non cambia la forma della
materia di cui può essere composto l’organismo. Ci possono essere delle intelligenze incarnate secondo una
concezione che non implica processi di immissione, di assimilazione e di riproduzione. Corpi simili non
avrebbero bisogno né di cibo giornaliero, né di calore. Si potrebbe lasciarli negli abissi dell’oceano, o porli su
una rupe battuta dalle tempeste di un inverno artico, o immergerli in un vulcano per cento anni, senza che essi
perdano la coscienza e il pensiero. Questo è concepibile. Perché certe nature psichiche non potrebbero essere
racchiuse in selci e platino indistruttibili? Queste sostanze non sono più lontane dalla natura dell’intelligenza di
quanto non lo siano il carbonio, l’idrogeno, l’ossigeno e la calce. Ma, senza lasciare che il nostro pensiero arrivi
a tali estremi [?], potrebbe darsi che un’intelligenza elevata sia incorporata in una struttura così indifferente alle
condizioni esterne, come lo sono la salvia delle pianure occidentali, o i licheni del Labrador, le rotifere che si
conservano secche per anni, o i batteri, che possono vivere nell’acqua bollente... Questi paragoni sono stati fatti
semplicemente per ricordare al lettore quanto poco si possa dedurre sulle condizioni necessarie all’esistenza
intelligente e organica, dal tipo di esistenza corporale che troviamo sulla terra. L’intelligenza è, per sua natura,
altrettanto universale ed uniforme quanto le leggi dell’universo. I corpi non sono che l’adattamento locale
dell’intelligenza a delle modificazioni particolari della materia o forza universale”1.
Non sappiamo, per mezzo delle scoperte di quella stessa scienza che nega tutto, che
noi siamo circondati da miriadi di vite invisibili? Se questi microbi; questi batteri e tutti
quanti gli esseri dell’infinitamente piccolo, sono per noi invisibili a causa della loro
piccolezza, non ci possono essere, d’altra parte, degli esseri altrettanto invisibili a causa del
loro tessuto o della loro materia, troppo tenui per essere veduti?
Non abbiamo un altro esempio di una forma semivisibile di vita e di sostanza negli
effetti della materia cometaria? Il raggio di sole che entra nel nostro appartamento ci rivela,
nel suo percorso, miriadi di esseri minuscoli che vivono la loro piccola vita e muoiono
indipendenti e senza preoccuparsi se sono o non sono percepiti dalla nostra materialità, tanto
più grossolana della loro. E lo stesso avviene per i microbi, i batteri e gli esseri invisibili dello
stesso genere che vivono in altri elementi.
Li abbiamo passati sotto silenzio durante quei lunghi secoli di triste ignoranza, in cui
la lampada del sapere dei sistemi altamente filosofici dei pagani non diffondeva più la sua
luce splendente, poiché era l’epoca dell’intolleranza e del bigottismo del primo Cristianesimo;
e si vorrebbe passarli sotto silenzio anche adesso.
Eppure queste vite ci circondavano allora come ci circondano adesso. Si sono sempre
mosse obbedendo alle loro leggi, e noi abbiamo cominciato a conoscerle, insieme agli effetti
1
World- Life, pag. 496 - 498 e seguenti.
458
da esse prodotti, solo quando ci sono state rivelate un poco alla volta dalla scienza.
Quanto tempo ha impiegato il mondo per divenire com’è adesso? Se si può dire che
persino ai nostri giorni la polvere cosmica, “che prima di adesso non è mai appartenuta alla
terra”1, arriva fino al nostro globo, quanto è più logico credere — come fanno gli occultisti —
che durante gli innumerevoli milioni di anni che sono trascorsi da quando questa polvere si
aggregò e formò il globo su cui viviamo, intorno al suo nucleo di sostanza primordiale
intelligente, molte umanità — diverse dal nostro genere umano di adesso, come a sua volta
sarà diversa da esso l’umanità che verrà fra milioni di anni — siano apparse sulla faccia della
terra e siano da essa scomparse, come farà anche la nostra. Si nega che queste umanità
primitive e lontanissime da noi siano mai esistite, perché, come credono i geologi, non hanno
lasciato alcun resto tangibile. Ogni loro traccia è stata cancellata, e perciò non sono mai
esistite. Eppure i loro resti — sebbene davvero molto pochi, in verità — devono essere
ritrovati, e scoperti nelle ricerche geologiche. Ma, anche se non si dovessero mai scoprire, non
sarebbe una buona ragione dire che nessun uomo può aver mai vissuto nei periodi geologici
che vengono assegnati alla sua presenza sulla terra. Poiché l’organismo di tali uomini non
aveva bisogno né di sangue caldo, né di atmosfera, né di cibo; l’autore di World-Life ha
ragione, e non è affatto stravagante credere, — e noi infatti vi crediamo, — che — come,
secondo le ipotesi scientifiche, possono esistere anche ai nostri giorni “delle nature psichiche
racchiuse in selci e platino indistruttibili, così vi sono certe nature psichiche racchiuse in
forme di Materia Primordiale ugualmente indistruttibile — i veri antenati della nostra Quinta
Razza.
Perciò, quando noi parliamo, come nel Volume II, di uomini che abitarono questo
globo 18.000.000 di anni fa, non pensiamo né agli uomini delle nostre razze attuali, né alle
leggi atmosferiche e alle condizioni termiche di adesso. La Terra e l’Umanità, come il Sole, la
Luna e i Pianeti, nei loro periodi di vita hanno tutti la loro crescita, i loro cambiamenti, il loro
sviluppo e la loro evoluzione graduale; nascono, divengono bambini, poi ragazzi, adolescenti,
adulti, vecchi, e alla fine muoiono. Perché l’Umanità non dovrebbe sottostare anch’essa a
questa legge universale? Uriel dice ad Enoch:
Guarda, io ti ho mostrato tutto, o Enoch... Tu vedi il sole, la luna e coloro che guidano le stelle del cielo,
e che provocano tutte le loro operazioni, le loro stagioni e il loro ripetersi. All’epoca dei peccatori gli anni si
accorceranno... Tutto ciò che si farà sulla terra sarà sovvertito... la luna cambierà le sue leggi2.
“L’epoca dei peccatori” significa l’epoca in cui la Materia sarà nel suo pieno potere
sulla Terra, e l’uomo avrà raggiunto l’apice del proprio sviluppo fisico in statura ed
animalità. Questo accadde durante il periodo degli Atlantidei, verso la metà del tempo in cui
la loro Razza, la Quarta, visse sulla Terra; e fu sommersa, come aveva predetto Uriel. Da
allora in poi, la statura, la forza e la durata degli anni dell’uomo sono andati decrescendo,
come dimostreremo nel Volume II. Ma, essendo noi al punto mediano della nostra sotto-razza
della Quinta Razza Radice —l’acme della materialità in ciascuno — le tendenze animali,
sebbene più raffinate, sono nondimeno assai sviluppate; e questo avviene soprattutto nei paesi
civilizzati.
__________
1
2
World - Life.
Il Libro di Enoch, traduzione dell’arcivescovo Laurence, Cap. LXXIX.
459
SEZIONE XIV
DÉI, MONADI E ATOMI
Qualche anno fa notammo che:
La Dottrina Esoterica può benissimo essere chiamata... la “Dottrina del Filo”, perché, come Sûtrâtmâ
[nella filosofia Vedânta]1 attraversa e collega insieme tutti gli antichi sistemi filosofici e religiosi, e... li riconcilia
e li spiega.2
Ora diciamo che essa fa anche di più. Non solo riconcilia i vari sistemi in apparente
contrasto, ma verifica le scoperte della scienza esatta moderna, dimostrando come alcune di
esse siano necessariamente giuste, dato che sono corroborate dagli Antichi Archivi. Tutto
questo, senza dubbio, sarà considerato terribilmente impertinente ed irriverente, un vero
delitto di lesa-scienza; ciò nondimeno è un fatto.
La scienza della nostra epoca è innegabilmente ultra-materialistica; ma, in un certo
senso, si può anche giustificarla. La natura, che si comporta sempre esotericamente in actu, ed
è, secondo i cabalisti, in abscondito, può essere giudicata dal profano solo dalla sua
apparenza, e questa apparenza sul piano fisico è sempre ingannevole. D’altra parte, i
naturalisti si rifiutano di mescolare la Fisica con la Metafisica, il Corpo con l’Anima e con lo
Spirito che lo vivificano. Preferiscono ignorare Io Spirito. Per alcuni è questione di scelta,
mentre la minoranza si sforza, molto giudiziosamente, di allargare il dominio della scienza
fisica violando i confini del terreno proibito della Metafisica, cosa spiacevole per certi
materialisti. Questi scienziati sono i più saggi della loro generazione. Perché tutte le loro
scoperte meravigliose saranno inutili, e rimarranno per sempre dei corpi senza testa se non
solleveranno il velo della Materia e non aguzzeranno lo sguardo per vedere al di là. Ora che
hanno studiato la struttura fisica della Natura in lunghezza, in larghezza e in densità, è tempo
di mettere da parte lo scheletro e di cercare nelle profondità sconosciute l’entità vivente e
reale, la sua sostanza, il noumeno della Materia evanescente.
È solo seguendo questa via che si scoprirà come certe verità, che ora vengono
chiamate “superstizioni fuori moda”, siano dei fatti, e provengano inoltre dalla conoscenza e
dalla saggezza antiche.
Una di tali credenze “degradanti” — degradanti secondo l’opinione degli scettici che
negano tutto — è l’idea che il Cosmo, oltre ai suoi abitanti planetari oggettivi, le sue umanità
in altri mondi abitati, sia pieno di Esistenze invisibili ed intelligenti. I cosiddetti Arcangeli,
Angeli e Spiriti dell’Occidente, copie dei loro prototipi, i Dhyân Chohan, i Deva e i Pitri
dell’Oriente, non sono esseri reali, ma invenzioni. Su questo punto la scienza materialista è
inesorabile. Per sostenere le sue affermazioni, capovolge il suo stesso princìpio assiomatico di
uniformità e di continuità nelle leggi della Natura, e tutta la serie logica delle analogie
nell’evoluzione dell’essere. La massa dei profani è invitata, e quasi obbligata a credere, che
tutto l’insieme di prove che ci fornisce la storia — la quale dimostra che persino gli antichi
“atei”, come Epicuro e Democrito, credevano negli Dèi — è falso; e che filosofi come Socrate
e Platone, i quali asserivano l’esistenza di tali Dèi, erano dei pazzi e dei fanatici che
sbagliavano. Anche se poggiamo le nostre opinioni soltanto sul terreno della storia,
sull’autorità di un numero grandissimo di Saggi, dei Neoplatonici e dei mistici più eminenti di
tutte le epoche, da Pitagora fino ai grandi scienziati e ai professori di questo secolo, i quali,
anche se respingono gli “Dèi”, credono negli “Spiriti”, dobbiamo considerare tali persone
1
L’Âtmâ, o Spirito, il SÉ Spirituale, che passa come un filo attraverso i cinque corpi sottili, o princìpi, Kosha, nella filosofia
vedantina viene chiamato “anima-filo”, o Sûtrâtmâ.
2
“Il Princìpio Settenario”, Five Years of Theosophy, pag. 197.
460
sciocche e pazze, come un qualsiasi contadino cattolico romano che crede al suo Santo — che
a suo tempo fu uomo, — o all’arcangelo Michele, e li prega? Ma non c’è differenza tra la fede
del contadino e quella dei successori occidentali dei Rosacrociani e degli alchimisti del
Medioevo? Sono i Van Helmont, i Khunrath, i Paracelso e gli Agrippa, da Roger Bacon a St.
Germain, che sono stati tutti degli entusiasti ciechi, degli isterici o degli impostori, o non sarà
piuttosto questo pugno di scettici moderni — i “maestri del pensiero” — ad essere colpito
dalla cecità della negazione? Crediamo che quest’ultimo caso sia quello vero. Sarebbe
davvero un miracolo, un fatto del tutto anormale nel regno delle probabilità e della logica, se
questi pochi pensatori fossero i custodi esclusivi della verità, mentre le schiere di persone che
credono negli Dèi, negli Angeli e negli Spiriti, — anche a parlare solo degli europei e degli
americani — e cioè i cristiani greci e latini, i teosofi, gli spiritualisti, i mistici, ecc. fossero
formate solo di fanatici illusi e di medium allucinati, e spesso di semplici vittime di
imbroglioni e di impostori! Sebbene differiscano nel loro aspetto esteriore e nei loro dogmi,
tutte le dottrine che affermano l’esistenza di legioni di intelligenze invisibili di vari gradi
hanno la stessa base. In ognuna di esse la verità si mescola con l’errore. L’estensione, la
profondità, la larghezza e la lunghezza esatte dei misteri della Natura si trovano solo nella
Scienza Esoterica Orientale. Si tratta di cose così vaste e così profonde, che soltanto pochi,
pochissimi fra i maggiori Iniziati — quelli la cui stessa esistenza non è conosciuta che da un
numero ristretto di Adepti — sono capaci di assimilarne la conoscenza. Eppure tutto sta lì, e
ai fatti e ai procedimenti del laboratorio della Natura viene permesso che, uno alla volta, si
facciano strada nella scienza esatta, mentre a rari individui viene dato un misterioso aiuto nel
penetrarne gli arcani. È verso la fine dei grandi cicli connessi con lo sviluppo della razza che
si verificano in generale tali avvenimenti. Noi siamo appunto alla fine del ciclo di 5000 anni
dell’attuale Kali Yuga ariano; e nel tempo che intercorre da adesso al 1897, nel velo della
Natura verrà fatto un grande squarcio, e la scienza materialista riceverà un colpo mortale.
Senza voler gettare in alcun modo il minimo discredito su queste credenze onorate da
tempo, siamo costretti a tirare una linea di demarcazione tra la fede cieca a cui le Teologie
hanno dato sviluppo, e la Sapienza dovuta alle ricerche indipendenti di lunghe generazioni di
Adepti; insomma, tra fede e filosofia. In tutte le epoche ci sono stati degli uomini
innegabilmente colti e validi che, essendo stati allevati in certe credenze settarie, morirono
nelle loro convinzioni cristallizzate. Per i protestanti, il giardino dell’Eden è il punto di
partenza del dramma dell’umanità, e la solenne tragedia svoltasi sulla sommità del Calvario è
il preludio del tanto agognato Millennio. Per i cattolici romani, Satana è alla base del Cosmo,
Cristo è al suo centro, e l’Anticristo all’apice. Per entrambi, la gerarchia dell’essere comincia
e finisce entro i limiti ristretti delle loro rispettive Teologie: un Dio personale creatosi da sé,
ed un empireo echeggiante degli alleluja di angeli creati; il resto: Dèi falsi, Satana e spiriti
maligni.
La Teo-Filosofia procede su linee più vaste. Fin dal principio degli eoni — nel tempo
e nello spazio della nostra Ronda e sul nostro Globo — i misteri della Natura (almeno quelli
che le nostre Razze è lecito conoscere) furono rappresentati con figure geometriche e simboli
dai discepoli di quelli stessi “Uomini Celesti” ora invisibili. Le chiavi, inoltre, si
trasmettevano da una generazione all’altra di “Saggi”. Così alcuni di quei simboli passarono
dall’Oriente all’Occidente, perché furono portati in Occidente da Pitagora, che non fu
l’inventore del suo famoso “Triangolo”. Questa figura è, insieme al quadrato ed al cerchio,
una descrizione dell’ordine dell’evoluzione dell’Universo, spirituale, psichico e fisico, più
eloquente e più scientifica di interi volumi di Cosmogonie descrittive e di “Genesi” rivelate. I
dieci punti iscritti in quel “Triangolo Pitagorico valgono tutte le Teogonie e le Angelologie
che siano mai uscite da un cervello teologico. Poiché, chi sa interpretare questi diciassette
punti (i sette Punti in più sono quelli matematici occulti) nel modo giusto e nell’ordine
indicato, troverà in essi la serie ininterrotta delle genealogie, dal primo Uomo Celeste al
461
primo Uomo Terrestre. E, insieme all’ordine degli Esseri, essi rivelano anche l’ordine
secondo cui si sono evoluti il Cosmo, la nostra Terra e gli Elementi primordiali da cui essa fu
generata. Siccome la Terra ebbe origine negli stessi “Abissi” invisibili e nella Matrice della
stessa “Madre” dei globi che le sono compagni, colui che s’impadronisce dei misteri della
nostra Terra s’impadronirà anche di quelli di tutte le altre terre.
Qualunque cosa abbiano da obiettare l’ignoranza, l’orgoglio o il fanatismo, si può
dimostrare che la Cosmologia Esoterica è legata inseparabilmente tanto alla Filosofia che alla
Scienza moderna. Gli Dèi e le Monadi degli antichi — da Pitagora a Leibnitz — e gli Atomi
delle scuole materialistiche attuali (che li hanno presi a prestito dalle teorie degli antichi
atomisti greci) non sono che una unità composta, o una unità graduata, come lo è la struttura
umana, che comincia con il corpo e finisce con lo spirito. Nelle Scienze Occulte possono
essere studiati separatamente, ma non si potrà mai penetrarli senza osservarli nelle loro
correlazioni mutue durante il ciclo della loro vita, e come un’Unità Universale durante i
Pralaya.
La Pluche dimostra sincerità, ma ci dà una cattiva idea delle sue capacità filosofiche,
quando espone le sue vedute personali sulla Monade o sul punto matematico. Egli dice:
Un punto basta a mettere in convulsione tutte le scuole del mondo. Ma che bisogno ha l’uomo di
conoscere quel punto, dato che la creazione di un essere così piccolo è al di là del suo potere? A maggior
ragione, la filosofia va contro ogni probabilità, quando da quel punto che assorbe e sconcerta tutte le sue
meditazioni, pretende di passare alla generazione del mondo.
Tuttavia la filosofia non avrebbe mai potuto formarsi la concezione di una Divinità
logica, universale e assoluta, se non avesse avuto nel Cerchio un Punto Matematico su cui
basare le sue speculazioni. Soltanto il Punto manifestato, che per i nostri sensi si è perduto,
dopo la sua apparizione pre-genetica, nell’infinito e nell’inconoscibile del Cerchio, rende
possibile una riconciliazione tra la Filosofia e la Teologia — a condizione che quest’ultima
abbandoni i suoi dogmi rozzamente materialistici. Poiché ha respinto così scioccamente la
Monade di Pitagora e le figure geometriche, la Teologia cristiana ha prodotto il suo Dio autocreatosi, umano e personale, il Capo mostruoso da cui scaturiscono le due correnti dei dogmi
della Salvazione e della Dannazione. Questo è così vero, che persino quegli ecclesiastici che
sono Massoni, e che vorrebbero essere filosofi, nelle loro interpretazioni arbitrarie hanno
attribuito agli antichi saggi la bizzarra idea che:
La Monade rappresentasse [per loro] il trono della Divinità Onnipotente, posta al centro dell’Empireo
per indicare T.G.A.O.T.U. [leggi “il grande Architetto dell’Universo”]1.
Questa è una curiosa spiegazione, più massonica che strettamente pitagorica.
Inoltre l’Ideogramma iscritto in un Cerchio, o il Triangolo equilatero, non ha mai
significato “la spiegazione dell’unità dell’Essenza divina”; poiché questa era rappresentata dal
piano del Cerchio senza limiti. Ciò che il Triangolo significava realmente era la Natura
coeguale una e trina della prima Sostanza differenziata, o la consustanzialità dello Spirito
(manifestato), della Materia e dell’Universo — il loro “Figlio” — che procede dal Punto, il
vero Logos Esoterico o la Monade Pitagorica. Infatti in greco Monas significa “Unità” nel suo
senso originale. Quelli che non sono capaci di afferrare la differenza che passa tra la Monade
— l’Unità Universale — e le Monadi, o l’Unità manifestata, come anche quella che intercorre
fra il Logos eternamente celato e quello rivelato, o Verbo, non dovrebbero interessarsi di
Filosofia, e tanto meno le Scienze Esoteriche. Non c’è bisogno di rammentare al lettore
erudito la tesi sostenuta da Kant per dimostrare la sua seconda antinomia2. Coloro che l’hanno
letta e compresa, vedranno chiaramente la linea di demarcazione che noi tracciamo fra
l’Universo assolutamente ideale e il Cosmo manifesto, anche se invisibile. I nostri Dei e le
1
2
Pythagorean Triangle, del Rev. G. Oliver, pag. 36.
Vedi la Critica della Ragion Pura di Kant, nella traduzione di Barni, II, 54 (ed. or.).
462
nostre Monadi non sono gli Elementi della stessa estensione, ma solo quelli dell’invisibile
Realtà che sta alla base del Cosmo manifestato.
Né la Filosofia Esoterica, né Kant, per non parlare di Leibnitz, avrebbero mai
ammesso che l’estensione possa esser composta di parti semplici o senza estensione. Ma i
filosofi-teologi non lo capiranno mai. Il Cerchio e il Punto – quest’ultimo si ritira nel primo e
si fonde con esso – dopo avere emanato i primi tre Punti ed averli congiunti con delle linee,
formando così la prima base noumenica del Secondo Triangolo nel Mondo Manifestato, sono
sempre stati un ostacolo insuperabile ai voli teologici negli empirei dogmatici. Basandosi
sull’autorità di questo simbolo arcaico, un Dio maschio e personale, creatore e padre di tutte le
cose, diventa un’emanazione di terz’ordine, la Sephira, che, nel cabalistico Albero della Vita,
occupa il quarto posto nella successione, alla sinistra di Ain Suph. Quindi la Monade è
abbassata al rango di veicolo, un “Trono”!
La Monade — che non è altro che l’emanazione e il riflesso del Punto, o del Logos,
nel Mondo fenomenico — quando è all’apice del Triangolo equilatero manifestato diviene il
“Padre”. Il lato sinistro o la linea sinistra è la Diade, la “Madre”, considerata come il
princìpio malvagio, che fa opposizione1; il lato destro rappresenta il “Figlio”, “lo sposo di sua
madre” in ogni Cosmogonia, ed è una sola cosa con il vertice: la base è il piano universale
della natura produttiva, che unisce nel piano fenomenico il Padre, la Madre e il Figlio, come
questi sono unificati al vertice, nel mondo supersensorio2. In seguito a trasmutazione mistica
essi divennero il Quaternario: — il Triangolo diventò la Tetraktis.
Questa applicazione trascendente della Geometria alla Teogonia cosmica e divina —
l’Alfa e l’Omega della concezione mistica — dopo Pitagora fu sminuita da Aristotele.
Omettendo il Punto ed il Cerchio, e non tenendo in conto il vertice, egli impoverì il valore
metafisico dell’idea, e ridusse così la dottrina della grandezza a una semplice Triade: la linea,
la superficie, ed il volume. I suoi eredi moderni, che giocano all’Idealismo, hanno interpretato
queste tre figure geometriche come Spazio, Forza e Materia, — “le potenze di un’unità
operante”. La scienza materialista, che vede soltanto la base del Triangolo manifestato – il
piano della Materia – la traduce praticamente con (Padre)-Materia, (Madre)-Materia, e
(Figlio)-Materia e, teoricamente, con Materia, Forza e Correlazione. Ma per il fisico comune,
come nota un cabalista:
Spazio, Forza e Materia hanno lo stesso valore che hanno i segni algebrici per un matematico, cioè
sono dei simboli puramente convenzionali; oppure la Forza come Forza, e la Materia come Materia, sono
assolutamente inconoscibili, come il cosiddetto spazio vuoto in cui si suppone che essi agiscano.3
I simboli rappresentano delle astrazioni, e su queste:
Il fisico basa delle ipotesi ragionate sull’origine delle cose... sente il bisogno di tre
cose in ciò che egli chiama la creazione: un luogo in cui creare; un mezzo con cui creare, un
materiale da cui creare. E nel dare un’espressione logica a questa ipotesi per mezzo dei
termini Spazio, Forza e Materia, crede di aver provato l’esistenza di ciò che rappresenta
ognuno di essi, nel concetto che egli se n’è fatto4.
Il fisico che considera lo Spazio semplicemente come una rappresentazione della
nostra mente, o come un’estensione che non ha alcun rapporto con le cose che esso contiene e
che Locke, ad esempio, definiva incapace di resistenza e di movimento; il paradossale
1
Plutarco, De placitis Philosophorum.
Nelle Chiese Greca e Latina — che considerano il matrimonio come un sacramento — il prete che officia durante la
cerimonia rappresenta il vertice del triangolo; la sposa il suo lato sinistro femminile, lo sposo il lato destro, e la base è
rappresentata dalla serie dei testimoni, delle damigelle d’onore e degli uomini più importanti. Ma dietro il prete si trova il
Santo dei Santi con il suo contenuto misterioso e il suo significato simbolico, dentro il quale nessuno può penetrare se non i
preti consacrati. Nei primi tempi del Cristianesimo la cerimonia del matrimonio era un mistero ed un vero e proprio simbolo.
Ora invece anche le chiese hanno perduto il vero significato di questo simbolismo.
3
New Aspects of Life and Religion, di Henry Pratt, pag. 7. Ed. 1886.
4
Ib. pp. 7, 8.
2
463
materialista, che pretende vi sia il vuoto dove egli non può vedere della Materia,
respingerebbe con il massimo disprezzo l’idea che lo Spazio sia:
“Un’Entità vivente sostanziale, anche se [apparentemente e assolutamente] inconoscibile”1.
Tuttavia questo è ciò che insegnano i cabalisti, ed anche la Filosofia Arcaica. Lo
Spazio è il Mondo reale, mentre il nostro è un mondo artificiale. È l’Unità Unica in tutta la
sua infinità, nei suoi abissi senza fondo come sulla sua superficie illusoria, una superficie
tempestata di innumerevoli universi fenomenici, di sistemi e di mondi simili a miraggi. Ciò
nondimeno, per l’occultista orientale, che in fondo è un idealista oggettivo, nel mondo reale,
che è un’unità di forze, c’è “connessione di tutta la Materia nel Plenum”, come avrebbe detto
Leibnitz. Questo è simboleggiato nel Triangolo Pitagorico. Esso consiste in Dieci Punti iscritti
in forma di piramide (dall’uno al quattro) entro i suoi tre lati, e simbolizza l’Universo nella
famosa Decade Pitagorica. II Punto che sta da solo in alto è una Monade, e rappresenta un
Punto-Unità, che è l’Uno da cui tutto procede. Tutto è della stessa sua essenza. Mentre i Dieci
Punti dentro il Triangolo equilatero rappresentano iI mondo fenomenico, i tre lati che
racchiudono la piramide di punti sono le barriere della Materia o della Sostanza noumenica,
che la separano dal mondo del pensiero.
Pitagora pensava che il punto corrispondesse in proporzione all’unità; una linea al 2; una superficie al 3;
un solido al 4; e definiva un punto come una monade che aveva posizione e princìpio di tutte le cose; una linea
corrispondeva, secondo lui, alla dualità, perché era stata prodotta dal primo movimento della natura indivisibile,
e formava il congiungimento fra due punti. Una superficie era comparata al numero tre perché è la prima di tutte
le cause che si trovano nelle figure; poiché un cerchio, che è la principale di tutte le figure rotonde, comprende
una triade, costituita dal centro, dallo spazio e dalla circonferenza. Ma un triangolo, che è la prima di tutte le
figure rettilinee, è incluso in un ternario, e riceve la sua forma conformemente a quel numero; e, secondo i
pitagorici, fu l’autore di tutte le cose sublunari. I quattro punti che si trovano alla base del triangolo pitagorico
corrispondono ai solidi o ad un cubo, che combina in sé i principi di lunghezza, larghezza e densità, poiché
nessun solido può avere meno di quattro punti estremi che lo delimitano2.
Si crede che “la mente umana non possa concepire un’unità indivisibile senza
annullare l’idea con il suo soggetto”. Questo è un errore, come hanno dimostrato i Pitagorici,
e prima di loro un certo numero di Veggenti, sebbene ci sia bisogno di uno speciale
addestramento per capire questo concetto, e sebbene una mente profana possa appena
arrivarci. Ma c’è qualcosa che si chiama Meta-matematica e Meta-geometria. Anche la
matematica pura e semplice procede dall’universale al particolare, dal punto matematico
indivisibile alle figure solide. Questo insegnamento ebbe origine in India, e fu portato in
Europa da Pitagora, che, gettando un velo sul Cerchio e sul Punto, — che nessun uomo di
questa terra può definire se non come astrazioni incomprensibili, — pose nella base del
Triangolo l’origine della Materia cosmica differenziata. Così questo divenne la principale
delle figure geometriche. L’autore di New Aspects of Life, trattando dei misteri cabalistici,
protesta contro l’oggettivazione, per così dire, della concezione pitagorica e contro l’uso del
triangolo equilatero, e lo chiama un “errore di denominazione”. La sua tesi, secondo la quale
un corpo equilatero solido,
la cui base, come pure i suoi lati, formino dei triangoli eguali, deve avere quattro lati o quattro superfici
eguali fra loro, mentre un piano triangolare ne avrà necessariamente cinque3.
dimostra, al contrario, la grandezza della concezione in tutte le sue applicazioni
esoteriche all’idea della pregenesi, e della genesi del Cosmo. Ammettiamo che un triangolo
1
Ib. pag. 9.
Pythagorean Triangle, del Rev. George Oliver, pp. 18, 19.
3
Pag. 387.
2
464
ideale, definito da linee matematiche immaginarie,
non possa in alcun modo avere dei lati, poiché non è che un fantasma della mente, i cui lati, se gli
vengono attribuiti, sarebbero i lati dell’oggetto che egli rappresenta costruttivamente1.
Ma in tal caso molte ipotesi scientifiche non sono migliori dei “fantasmi della mente”;
non sono verificabili se non per deduzione e sono state adottate solo per rispondere a necessità
scientifiche. Inoltre il Triangolo ideale — “come idea astratta di un corpo triangolare, e perciò
come modello dell’idea astratta” — corrispondeva alla perfezione al doppio simbolismo che
proponeva. Come emblema applicabile all’idea oggettiva, il semplice triangolo divenne un
solido. Quando veniva raffigurato in pietra, fronteggiante i quattro punti cardinali, assumeva
la forma di una Piramide — simbolo dell’Universo fenomenico che si fonde con quello
noumenico del pensiero, all’apice dei quattro triangoli — e come “figura immaginaria
costruita con tre linee matematiche” simboleggiava le sfere soggettive — quelle linee “che
racchiudono uno spazio matematico — che equivale al niente che racchiude il niente”.
E questo perché per i sensi e per la coscienza non allenata del profano e dello
scienziato, tutto ciò che è oltre il limite della Materia differenziata — cioè al di fuori e al di là
del regno della Sostanza più spirituale — deve rimanere per sempre uguale al niente. È l’Ain
Suph: il Nulla.
Eppure questi “fantasmi della mente” sono, in verità, astrazioni non più grandi delle
idee astratte che si hanno in generale sull’evoluzione e sullo sviluppo fisico, per esempio sulla
Gravitazione, sulla Materia, sulla Forza, ecc. — su cui sono basate le scienze esatte. I nostri
chimici e i nostri fisici più eminenti si stanno dedicando assiduamente al tentativo, su cui
hanno qualche speranza di arrivare finalmente a raggiungere il Protile nel suo nascondiglio, il
Protile, o la base del Triangolo di Pitagora. Quest’ultimo, come abbiamo già detto, è la più
grande concezione che si possa immaginare, perché simboleggia sia l’Universo ideale che
quello visibile2. Poiché, se
L’unità possibile è solo una possibilità quale fatto in natura, in quanto un’individualità di qualsiasi tipo
[poiché] ogni oggetto individuale e naturale è suscettibile a dividersi, e con questa divisione perde la sua unità, o
cessa di essere un’unità”3,
questo è vero solo nel regno della scienza esatta, in un mondo tanto fallace quanto
illusorio. Nel regno della Scienza Esoterica l’Unità divisa ad infinitum, invece di perdere la
sua unità, si avvicina con ogni divisione ai piani dell’unica REALTÀ eterna. L’occhio del
Veggente può seguirla e contemplarla in tutta la sua gloria pre-genetica. Questa stessa idea
della realtà dell’Universo soggettivo, e dell’irrealtà di quello oggettivo, si ritrova alla base
degli insegnamenti pitagorici e platonici, riservati solo agli eletti; infatti Porfirio, parlando
della Monade e della Diade, dice che soltanto la prima era considerata sostanziale e reale,
“poiché quell’Essere semplicissimo è causa dell’unità e misura di tutte le cose”.
Ma la Diade, benché sia l’origine del Male o Materia — e quindi in filosofia sia
considerata irreale — è ancora Sostanza durante il Manvantara, e viene spesso chiamata in
Occultismo la Terza Monade, e la linea di congiungimento fra due Punti, o due Numeri,
proveniente da QUELLO “che esisteva prima dei Numeri”, come dice il Rabbino Barahiel. E da
questa diade provengono tutte le Scintille dei tre Mondi o Piani Superiori e dei quattro
Inferiori, che sono in costante rapporto e corrispondenza. Questo è un insegnamento che la
Cabala ha in comune con l’Occultismo Orientale. Nella Filosofia Occulta c’è infatti la “Causa
UNICA” e la “Causa Prima”, che diviene così, in modo paradossale, la Seconda, come spiega
chiaramente l’autore della Qabbalah, from the Philosophical Writings of Ibn Gebirol [Cabala
dagli Scritti Filosofici di Ibn Gebirol] che dice:
1
Pag. 387.
Nel Mondo della Forma il simbolismo che trova espressione nelle Piramidi, ha in esse il triangolo e il quadrato, quattro
triangoli o superfici coeguali, quattro punti di base e il quinto punto, il vertice.
3
Pag. 385, 386.
2
465
Nel trattare della Causa Prima, si debbono considerare due cose: la Causa Prima, per se, e la relazione e
il legame tra la Causa Prima e l’universo visibile ed invisibile1.
Egli ci mostra così che anche gli antichi ebrei, e gli arabi che li seguirono, si
muovevano sui passi della Filosofia Orientale, come di quella caldea, persiana, indù, ecc. La
loro Causa Prima fu dapprima indicata:
dal triadico יךשShaiddaï, l’Onnipotente [uno e trino], indi dal Tetragramma, חוחי, YHVH, simbolo
del Passato, Presente e Futuro2,
e, aggiungiamo, dell’eterno È, o IO SONO. Inoltre, nella Cabala il nome YHVH (o
Jehovah) esprime un genere maschile ed un genere femminile, due in uno, o Chokmah e
Binah, ed il suo, o meglio il loro Shekinah o Spirito sintetizzante (o Grazia) che della Diade fa
ancora una Triade. Questo è dimostrato nella liturgia ebrea della Pentecoste, e dalla preghiera:
Nel nome dell’Unità, del Santo e Benedetto Hû [Egli] e della sua She’ keenah, l’Hû nascosto e occulto,
sia benedetto per sempre YHVH [il quaternario]. Dicono che Hû è maschile e YaH femminile, e insieme
formano un unico יחוח שחך, cioè YHVH. Unico, di natura maschile e femminile. Nella Cabala She’ keenah è
sempre considerata femminile...3
E così è considerata nei Purâna exoterici, poiché Shekinah, in tal caso, non è altro che
Shakti — il doppio princìpio femminile di ogni Dio. — E così anche per i primi cristiani, il
cui Spirito Santo era femminile, come Sophia lo era per gli gnostici, Ma nella Cabala caldea
trascendentale, o Libro dei Numeri, Shekinah è senza sesso e rappresenta la più pura
astrazione, uno stato, come il Nirvâna, che non è soggetto né oggetto, niente se non una
PRESENZA assoluta.
Così è soltanto nei sistemi antropomorfizzati, come adesso è divenuta la maggior parte
della Cabala — che Shekinah-Shakti viene considerata femminile. È come tale che essa
diventa la Diade di Pitagora, le due linee rette che non possono formare alcuna figura
geometrica e sono il simbolo della Materia. Da questa Diade, quando è unita alla base del
Triangolo sul piano inferiore (il Triangolo superiore dell’Albero Sephirotale) emergono gli
Elohim, o le divinità nella natura cosmica, secondo i veri cabalisti la designazione più bassa,
che nella Bibbia è tradotta con “Dio”4. Da questi (gli Elohim) emanano le Scintille.
Le Scintille sono le “Anime”, e queste Anime appaiono sotto il triplice aspetto di
Monadi (Unità), di Atomi e di Déi, secondo i nostri insegnamenti. Come dice il Catechismo
Esoterico:
Ogni Atomo diviene un’unità visibile e complessa [una molecola] e, una volta attratta
nella sfera dell’attività terrestre, l’Essenza Monadica, passando attraverso i regni minerale,
vegetale e animale, diventa uomo.
E ancora:
Dio, Monade ed Atomo corrispondono a Spirito, Mente e Corpo [Atmâ, Manas e
Sthûla Sharîra] nell’uomo.
Nella loro aggregazione settenaria costituiscono “l’Uomo Celeste” in senso
cabalistico; mentre l’uomo terrestre è il riflesso provvisorio di quello Celeste. O ancora :
Le Monadi [Jîva] sono le Anime degli Atomi; entrambi formano il tessuto di cui si
vestono i Chohan [i Dhyânî, gli Dèi] quando hanno necessità di assumere una forma.
1
Op. cit., di Isaac Myer, pag. 174.
Pag. 175.
3
Pag. 175.
4
“La designazione più bassa, o la divinità nella natura, il termine più generale di Elohim, viene tradotto con Dio”. (pag.175)
Opere recenti come la Qabbalah di Isaac Meyer e di S. L. MacGregor Mathers giustificano pienamente il nostro
atteggiamento verso la Divinità Jehovistica. Non è all’astrazione trascendentale, filosofica ed altamente metafisica del
pensiero cabalistico originale — Ain-Suph-Shekinah-Adamo-Kadmon, e tutto ciò che segue — che noi facciamo guerra, ma
alla loro cristallizzazione nello Jehovah altamente antifilosofico, repulsivo ed antropomorfico, la divinità finita e androgina,
alla quale sono rivendicate eternità, onnipotenza ed onniscienza. Noi non combattiamo contro la Realtà Ideale, ma contro la
pericolosa Ombra teologica.
2
466
Questo si riferisce alle Monadi cosmiche e sub-planetarie, e non alla Monas supercosmica, la Monade di Pitagora, come viene chiamata, nel suo carattere sintetico, dai
peripatetici panteisti. Le Monadi di questa nostra dissertazione sono trattate, dal punto di vista
della loro individualità, come Anime Atomiche, prima che questi Atomi discendano in una
forma puramente terrestre. Perché questa discesa nella materia concreta segna il punto medio
del loro pellegrinaggio individuale. Da quel momento, perdendo la loro individualità nel
regno minerale, cominciano ad ascendere attraverso i sette stati di evoluzione terrestre, fino al
punto in cui si stabilisce una costante corrispondenza fra la coscienza umana e quella Devica
(divina). Tuttavia per ora non ci occuperemo delle loro metamorfosi e delle loro tribolazioni
terrestri, ma della loro vita e del loro comportamento nello Spazio, su piani dove l’occhio dei
chimici e dei fisici più intuitivi non le può raggiungere — a meno che questi scienziati non
sviluppino in se stessi delle facoltà di alta chiaroveggenza.
Si sa bene che Leibnitz fu molte volte vicinissimo alla verità, ma che definì
l’evoluzione delle Monadi in modo non giusto, della qual cosa non c’è da meravigliarsi,
perché non era un Iniziato, e neppure un mistico, ma soltanto un filosofo molto intuitivo.
Tuttavia non c’è mai stato alcun psico-fisico che sia andato tanto vicino come lui allo schema
generale esoterico dell’evoluzione. Questa evoluzione — vista sotto i suoi aspetti diversi, cioè
sotto quelli della Monade Universale e della Monade Individualizzata, e sotto quelli principali
dell’energia che si evolve dopo la differenziazione, sotto quello puramente spirituale, sotto
quello intellettuale, sotto quello psichico e sotto quello fisico — questa evoluzione può essere
così formulata come una legge invariabile: una discesa dello Spirito nella Materia,
equivalente, nell’evoluzione fisica, ad una ascesa; una nuova ascesa dagli abissi della
materialità verso il suo status quo ante, con un corrispondente disfacimento della forma e
della sostanza concreta, finché sopravviene lo stato-Laya, o ciò che la scienza chiama il
“punto-zero”, e quel che è al di là di esso.
Questi stati — una volta che si è afferrato lo spirito della Filosofia Esoterica —
divengono assolutamente necessari per delle semplici considerazioni logiche ed analogiche.
La scienza fisica, ora che ha verificato, attraverso il suo dipartimento di Chimica, la legge
invariabile di questa evoluzione degli Atomi — dal loro stato di “Protili” a quello di
particelle, o molecole, prima fisiche e poi chimiche — non può respingere questi stati come
legge generale. E una volta che le sue nemiche — la Metafisica e la Psicologia1 — la
cacceranno fuori dalle sue fortezze inespugnabili, essa troverà più difficile di quel che non
sembri adesso rifiutare di dare un posto nella distesa dello SPAZIO agli Spiriti Planetari (Dèi),
agli Elementali, e perfino agli Spettri Elementari o Fantasmi, e ad altre entità. Figuier e Paul
D’Assier, positivisti e materialisti, si sono già sottomessi a questa necessità logica. Altri
scienziati ancora più grandi li seguiranno in quella “caduta” intellettuale. Saranno scacciati
dalle loro posizioni non da fenomeni spirituali, teosofici, fisici, o anche mentali, ma
semplicemente dalle enormi brecce e falle che si aprono quotidianamente e che continueranno
ad aprirsi davanti a loro, mentre una scoperta segue l’altra, finché non si sentiranno battuti dal
semplice senso comune.
Possiamo prendere come esempio l’ultima scoperta di W. Crookes, che egli ha
chiamato Protile. Un conferenziere, uno dei migliori metafisici e studiosi dei Veda che vi
siano in India, nelle Note sulla Bhagavad Gîtâ, riferendosi con precauzione a certe “cose
occulte” contenute nella grande opera esoterica indiana, fa un’osservazione tanto suggestiva
quanto perfettamente giusta. Dice:
1
Che la parola “Psicologia” non provochi nel lettore, per associazione di idee, il pensiero dei cosiddetti “psicologi” moderni,
il cui Idealismo non è che un altro nome del Materialismo inflessibile, e il cui preteso Monismo non è altro che una
maschera messa a nascondere il vuoto dell’annichilimento finale — annichilimento anche della coscienza. Noi vogliamo
invece parlare della Psicologia spirituale.
467
Per me non è necessario entrare nei particolari dell’evoluzione dello stesso sistema solare. Ci possiamo
fare un’idea sul modo in cui i vari elementi vengono in esistenza emanando da questi tre princìpi, nei quali
Mûlaprakriti [il Triangolo Pitagorico] viene differenziato, esaminando la conferenza fatta poco tempo fa dal
professor Crookes sui cosidetti elementi della Chimica moderna. Questa conferenza vi darà un’idea della
maniera in cui i cosiddetti elementi scaturiscono dal seno di Vishvânara1, il più oggettivo di questi tre princìpi,
che sembra stare al posto del Protile che viene ricordato in quella conferenza. Tranne che per pochi particolari,
questa conferenza sembra disegnare lo schema della teoria dell’evoluzione fisica sul piano di Vishvânara, che è,
per quanto ne so, quella che, fra le altre teorie degli investigatori moderni, si avvicina più di tutte, su questo
soggetto, alla vera teoria occulta2.
Queste parole saranno raccolte ed approvate da ogni occultista orientale. Abbiamo già
citato molti passaggi delle conferenze di Crookes nella Sezione XI. Egli ha fatto una seconda
conferenza, notevole come la prima, sulla “Genesi degli elementi”3, ed anche una terza. Qui si
trova quasi una conferma a quegli insegnamenti della Filosofia Esoterica che concernono la
maniera in cui avvenne l’evoluzione primordiale. È infatti un avvicinamento alla Dottrina
Segreta, dovuto ad un grande studioso e specialista di Chimica4, come sarebbe stato reso
possibile dall’applicazione delle Monadi e degli Atomi ai dogmi della Metapsichica
puramente trascendentale, e ai loro rapporti e alla loro relazione con “gli Dèi e le Monadi
intelligenti e coscienti”. Ma la Chimica è ora in fase ascendente, grazie a uno dei suoi più
elevati rappresentanti europei. Per questo è impossibile ritornare ai tempi in cui il
Materialismo considerava i suoi sotto-elementi come corpi assolutamente semplici ed
omogenei e, nella sua cecità, li elevava al rango di elementi. Ora la maschera è stata strappata
via da una mano troppo sicura perché vi sia da temere che avvenga un nuovo travisamento. E
dopo anni di pseudologia, di molecole bastarde apparse sotto il nome di elementi, dietro e al
di là dei quali non ci poteva essere che il vuoto, un grande professore di Chimica chiede
ancora una volta:
Cosa sono questi elementi, da dove vengono, qual’è il loro significato?... Questi elementi ci rendono
perplessi nelle nostre ricerche, ci sconcertano nelle nostre speculazioni, e ci tormentano persino in sogno. Si
distendono davanti a noi come un mare sconosciuto — beffando, imbrogliando e mormorando strane rivelazioni
e strane possibilità5.
Coloro che sono eredi delle rivelazioni primordiali hanno pensato a queste
“possibilità” in ogni epoca, ma non hanno mai trovato un ascoltatore ragionevole. Le verità
che furono ispirate a Keplero, a Leibnitz, a Gassendi, a Swedenborg, ecc., furono sempre
guastate dalle loro speculazioni nell’una o nell’altra determinata direzione; e perciò furono
deformate. Ma ecco che adesso una delle più grandi verità ha illuminato un eminente
professore della scienza esatta moderna, che proclama senza paura, come un assioma
fondamentale, che la scienza non è ancora a conoscenza dei veri elementi semplici. Infatti
Crookes dice al suo uditorio :
Se oso affermare che gli elementi comunemente chiamati semplici non sono né semplici né primitivi, e
che non sono nati per caso né sono stati creati in maniera saltuaria e meccanica, ma si sono evoluti da tipi più
semplici di materia — o forse da un’unica specie di materia — non faccio altro che dar forma a un’idea che da
qualche tempo è, per così dire, “nell’aria” della scienza. Chimici, fisici e filosofi del più alto merito, dichiarano
esplicitamente di credere che i settanta elementi (o giù di lì) dei nostri libri di testo non sono le colonne d’Ercole,
che non si può mai sperare di oltrepassare... I filosofi del presente e del passato — uomini che non hanno certo
lavorato nei laboratori — sono arrivati allo stesso punto di vista da un altro lato. Così Herbert Spencer ha la
convinzione che “gli atomi chimici provengano da atomi veri, o atomi fisici, per dei processi di evoluzione sotto
1
“Vishvânara non è semplicemente il mondo oggettivo manifestato ma anche l’unica base fisica [la linea orizzontale del
triangolo] da cui tutto il mondo oggettivo viene in esistenza”. E questa è la Diade Cosmica, la Sostanza Androgina. Al di là
di essa si trova il vero Protile.
2
T. Subba Row. Vedi The Theosophist, febbraio 1887.
3
Da Crookes, Membro della Royal Society; conferenza fatta al Royal Institute, Londra, venerdì 18 febb. 1887.
4
Quanto questo sia vero verrà dimostrato in maniera completa solo il giorno in cui la scoperta della materia radiante fatta da
Crookes rischiarerà la questione della vera sorgente della luce, e rivoluzionerà tutte le attuali speculazioni. Una maggiore
familiarità con le fiamme delle aurore boreali del nord può aiutare a riconoscere questa verità.
5
Genesis of the Elements, pag. 1.
468
condizioni che la Chimica non ha saputo ancora riprodurre”... E il poeta ha prevenuto il filosofo. Nel Paradiso
Perduto di Milton (libro V) l’Arcangelo Raffaele dice ad Adamo, che è animato dall’idea dell’evoluzione — che
l’Onnipotente creò
“… Una materia prima, tutta
rivestita di varie forme, in vari gradi
di sostanza”.
Tuttavia l’idea sarebbe rimasta cristallizzata “nell’aria della scienza”, e non sarebbe
penetrata nella densa atmosfera del Materialismo e dei profani mortali per molti anni ancora,
se Crookes non l’avesse ridotta coraggiosamente alla sua più semplice espressione, e non
l’avesse così imposta pubblicamente all’attenzione della scienza. Plutarco dice:
Un’idea è un Essere incorporeo, che non può sussistere di per sé, ma che dà figura e forma alla materia
1
informe, e diviene la causa della manifestazione.
La rivoluzione prodotta da Avogadro nella vecchia Chimica, fu la prima pagina della
“Chimica Nuova”. Crookes ha ora voltato la seconda pagina, e indica arditamente quella che
potrebbe essere l’ultima. Poiché, una volta che si sarà accettato e riconosciuto il Protile —
come lo è stato l’Etere invisibile, essendo entrambi necessità logiche e scientifiche — la
Chimica avrà cessato virtualmente di vivere: riapparirà nella sua reincarnazione come “Nuova
Alchimia” o “Meta-Chimica”. Lo scopritore della materia radiante avrà infine vendicato le
opere di Occultismo ariane arcaiche, ed anche i Veda e i Purâna. Poiché, che cosa sono la
“Madre”, il “Padre-Figlio-Sposo” (Aditi e Daksha, una forma di Brahmâ, come Creatori), e il
“Figlio” manifestati— i tre “Primogeniti” — se non altro che l’Idrogeno, l’Ossigeno e ciò che
nella sua manifestazione terrestre viene chiamato Azoto? Anche le descrizioni exoteriche
della Triade “Primogenita” presentano tutte le caratteristiche di questi tre “gas”. Priestley, lo
“scopritore” dell’Ossigeno, scoprì dunque ciò che era già conosciuto fin dai tempi più antichi!
Pertanto tutti i poeti e i filosofi antichi, medioevali e moderni sono stati anticipati
anche dai libri exoterici indù dai Vortici Elementali messi in moto dalla Mente Universale. Il
“Plenum” della Materia differenziata in particelle, secondo Cartesio; il “fluido etereo” di
Leibnitz; il “fluido primitivo” di Kant, dissolto nei suoi elementi; il vortice solare e i sistemi
di vortici di Keplero; insomma, da Anassagora a Galileo, a Torricelli e a Swedenborg, e dopo
di essi alle più recenti speculazioni dei mistici europei, tutto questo si trova negli inni indù, o
Mantram, che si rivolgono agli “Déi, alle Monadi e agli Atomi”, nel loro insieme, poiché sono
inseparabili. Negli Insegnamenti Esoterici, le concezioni più trascendentali dell’Universo e
dei suoi misteri si trovano conciliate con le speculazioni apparentemente più materialistiche,
perché questa scienza comprende tutto quanto il campo dell’evoluzione, dallo Spirito alla
Materia. Come dichiara un teosofo americano:
Le Monadi [di Leibnitz] possono, da un certo punto di vista, essere chiamate forza, e da un altro punto
di vista materia. Per la Scienza Occulta, la forza e la materia non sono che due aspetti della stessa sostanza2.
Il lettore si ricordi di queste “Monadi” di Lebnitz, ognuna delle quali è uno specchio
vivente dell’Universo, poiché ogni Monade riflette tutte le altre, e faccia il raffronto fra
questo modo di vedere e queste definizioni, e certe shloka sanscrite tradotte da Sir William
Jones, nelle quali è scritto che la sorgente creativa della mente divina,
Nascosta in un velo di fitte tenebre, ridusse gli atomi del mondo a tanti specchi, e proiettò il riflesso
della propria faccia su ciascuno di essi.
Perciò quando Crookes dichiara che:
Se potremo dimostrare come sono stati generati i cosiddetti elementi chimici, colmeremo un’enorme
lacuna nella nostra conoscenza dell’universo,
si fa presto a rispondere. La conoscenza teoretica si trova nel significato esoterico di tutta la
cosmogonia racchiusa nei Purâna; la sua dimostrazione pratica è nelle mani di quelli che non
saranno riconosciuti in questo secolo tranne che da pochissime persone. Le possibilità
1
2
De Placitis Philosophorum, (L’opinione dei Filosofi) Libro I, cap. X.
The Path, I, 10, pag. 297.
469
scientifiche delle varie scoperte, che devono condurre inevitabilmente la scienza esatta ad
accettare i punti di vista occulti orientali, che possiedono tutti i requisiti materiali per riempire
quelle “lacune”, sono finora in balia del Materialismo moderno. Soltanto seguendo la
direzione presa da William Crookes si può sperare che vengano riconosciute alcune verità,
rimaste fino a questo momento occulte. Intanto, tutti quelli che desiderano avere un’idea di
uno schema pratico dell’evoluzione della Materia primordiale — che, separandosi e
differenziandosi sotto l’impulso della legge ciclica, si divide secondo uno schema generale in
una gradazione settenaria di Sostanze — faranno bene ad esaminare le illustrazioni annesse
alla conferenza di Crookes intitolata Genesis of Elements, e a riflettere profondamente su
certe frasi del testo. Ad un certo punto egli dice:
Le nozioni che abbiamo di un elemento chimico si sono estese. Finora la molecola è stata considerata
come un’aggregazione di due o più atomi, e non si è mai preso in alcuna considerazione il piano architettonico
secondo il quale questi atomi si sono riuniti. Si può pensare che la struttura di un elemento chimico sia più
complicata di quello che si sia mai supposto finora. Fra le molecole che noi siamo abituati a trattare nelle
reazioni chimiche, e gli atomi definitivi che furono creati per primi, ci sono delle molecole più piccole o degli
aggregati di atomi fisici; queste sotto-molecole differiscono una dall’altra, secondo la posizione che occupano
nella costituzione dell’ittrio.
Possiamo forse rendere più semplice questa ipotesi, se immaginiamo che l’ittrio sia rappresentato da
una moneta da cinque scellini. Con frazionamento chimico io l’ho diviso in cinque scellini separati, e trovo che
questi scellini non sono la controparte l’uno dell’altro, ma, come gli atomi di carbonio nell’anello del benzolo,
hanno l’impronta della loro posizione, 1, 2, 3, 4, 5, stampata su di loro... Se getto i miei scellini nel crogiuolo o li
scompongo chimicamente, il loro conio sparisce, ed essi divengono tutti del semplice argento”1.
Così avverrà di tutti gli Atomi e di tutte le molecole quando verranno separati dalle
loro forme e dai loro corpi composti, al momento del Pralaya. Capovolgete il caso e
immaginiamo il sorgere di un nuovo Manvantara. Il puro “argento” della materia assorbita si
dividerà ancora una volta in una SOSTANZA, che genererà delle “Essenze Divine” i cui
“Princìpi”2 sono gli Elementi Primari, i Sotto-Elementi, le Energie Fisiche, e la Materia
soggettiva ed oggettiva; o, per abbreviare, DÉI, MONADI, ed ATOMI. Se, lasciando per un
momento il lato metafisico e trascendentale della questione — non tenendo conto per ora
degli Esseri e delle Entità sopra-sensoriali e intelligenti a cui credono i cabalisti ed i cristiani
— ci occupiamo della teoria dell’evoluzione atomica, troveremo che gli Insegnamenti Occulti
sono ancora confermati dalla scienza esatta e dalle sue confessioni, per lo meno riguardo agli
Elementi che si supponevano essere semplici”, e che ora sono stati improvvisamente degradati
al rango di lontani parenti poveri, che non arrivano neppure ad essere cugini dei veri
Elementi. Poiché Crookes dice che:
Finora si è ritenuto che, se il peso atomico di un metallo, determinato da osservatori differenti che si
basano su composti diversi, si mantiene sempre costante... allora sarebbe giusto che quel metallo prendesse posto
fra i corpi semplici o elementari. Ma ora apprendiamo... che non è più così. In questo campo i cambiamenti si
susseguono a cambiamenti. Il gadolinio non è un elemento, ma un composto... Abbiamo dimostrato che l’ittrio è
un complesso di cinque o più elementi. E chi si azzarderebbe a sostenere che ognuno di questi costituenti, se lo si
attaccasse in qualche maniera diversa e se il risultato ottenuto venisse sottomesso ad una prova più delicata e
penetrante di quella che si può ottenere con la materia radiante, non potrebbe mostrarsi ulteriormente divisibile?
Dov’è, allora, l’attuale elemento definitivo? Più avanziamo, più esso retrocede, come il miraggio torturante di
laghi e di boschi che il viaggiatore del deserto, stanco ed assetato, crede di vedere. Siamo forse noi pure
destinati, nella nostra ricerca della verità, a rimanere delusi e disingannati? La stessa idea di elemento, come
qualcosa di assolutamente primitivo e di definitivo, diventa sempre meno chiara3.
In Iside Svelata è scritto:
Questo mistero della prima creazione, che è sempre stato la disperazione della scienza, resta
impenetrabile se non accettiamo la dottrina di Ermete. Se egli (Darwin) potesse trasportare le sue ricerche
1
Pag. 11.
Tutto questo corrisponde, nell’ordine cosmico, allo Spirito, all’Anima, alla Mente, alla Vita e ai tre Veicoli: il Corpo
Astrale, quello Mâyâvico e quello fisico (della razza umana), qualunque divisione venga fatta.
3
Ib., pag. 16.
2
470
dall’universo visibile a quello invisibile, si troverebbe sulla strada giusta. Ma allora seguirebbe le orme degli
Ermetisti1.
La nostra profezia comincia ad avverarsi.
Ma fra Ermete e Huxley c’è una via di mezzo. Lasciamo che soltanto gli scienziati
gettino un ponte a mezza strada e pensino seriamente alle teorie di Leibnitz. Noi abbiamo
dimostrato che le nostre teorie riguardanti l’evoluzione degli Atomi — dato che la loro ultima
formazione nelle molecole chimiche composte si produce nel laboratorio terrestre
dell’atmosfera del nostro pianeta, e non altrove — si accordano stranamente con l’evoluzione
degli Atomi mostrataci dallo schema di Crookes. Abbiamo già detto diverse volte in questo
Volume che Mârttânda, il Sole, si è evoluto ed aggregato, insieme ai suoi sette fratelli minori,
emanando dal seno di sua madre Aditi; il quale seno è poi la Prima Mater-ia — il Protile
primordiale del conferenziere. Le Dottrine Esoteriche insegnano l’esistenza di
una forma antecedente di energia che ha cicli periodici di flusso e riflusso, di riposo e di attività.2.
Ed ecco ora un grande studioso di scienza che chiede al mondo di accettare questo
come uno dei suoi postulati! Noi abbiamo dimostrato che la “Madre” calda e fiammeggiante
diviene gradualmente fredda e radiante, e questo lo stesso scienziato lo chiama il suo secondo
postulato che, a quanto sembra, sarebbe una necessità scientifica,
un’azione interna, una specie di raffreddamento, che opera lentamente nel Protile.
La Scienza Occulta insegna che la “Madre” giace distesa nell’Infinito, durante il
Pralaya, come il grande Abisso, le “Acque asciutte dello Spazio”, secondo la bizzarra
espressione usata dal Catechismo, e diventa umida solo dopo la separazione e dopo che sulla
sua faccia ha cominciato a muoversi Nârâyana,
Spirito che è Fiamma invisibile, che non brucia mai, ma che dà fuoco a tutto quel che
tocca, oltre a dargli vita e generazione”3.
Ed ora la scienza viene a dirci che “l’elemento nato per primo... che è molto simile al
Protile” sarebbe “l’idrogeno... che sarebbe stato per qualche tempo l’unica forma di Materia
esistente” nell’Universo. Che cosa dice la Scienza Antica? Dice: “Proprio così; ma noi
chiameremmo l’Idrogeno (e l’Ossigeno), che instilla il fuoco della vita nella Madre per
incubazione — nell’epoca pre-geologica ed anche pre-genetica — lo spirito, il noumeno di
ciò che diventa, nella sua forma più grossolana, l’Ossigeno, l’Idrogeno e l’Azoto sulla Terra
— L’Azoto non ha alcuna origine divina, ma è semplicemente un cemento prodottosi sulla
terra per unire gli altri gas e gli altri fluidi, e per servire, come una spugna, a portare in sé il
Soffio di vita, l’aria pura4. Prima di divenire quello che sono nella nostra atmosfera, questi
gas e questi fluidi sono stati etere interstellare; ancora prima, e su un piano più profondo, essi
sono stati ancora qualcos’altro, e così via in infinitum. L’eminente e dotto scienziato
perdonerà ad un occultista se viene citato troppo a lungo; ma questo è lo scotto che deve
pagare un membro della Royal Society che si avvicina tanto ai recinti del Sacro Adytum dei
Misteri Occulti, da oltrepassarne virtualmente i limiti proibiti.
Ma ora è tempo di abbandonare la scienza fisica moderna e di tornare al lato
psicologico e metafisico della questione. Vorremmo soltanto osservare che ai “due postulati
alquanto ragionevoli” richiesti dall’eminente conferenziere “per gettare un’occhiata sui segreti
nascosti dietro tante tenebre” oltre “la porta dell’Ignoto”, ne andrebbe aggiunto un terzo5 —
altrimenti si potrebbe rischiare di battere a quella porta inutilmente — e cioè il postulato che
Leibnitz, nelle sue teorie, si basò sul terreno solido dei fatti e della verità. L’ammirevole ed
1
Vol. I, pag. 429.
Genesis of Elements, pag. 21.
3
“Il Signore è un fuoco che consuma”. “In lui era la vita, e la vita era la luce degli uomini”.
4
Che, se venisse diviso alchemicamente, produrrebbe lo Spirito della Vita e il suo Elisir.
5
Prima di tutto, il postulato che nella natura non esistono sostanze o corpi inorganici. Le pietre, i minerali, le rocce e anche
gli “atomi” chimici non sono altro che unità organiche in profondo letargo. Il loro coma ha una fine e la loro inerzia diventa
attività.
2
471
accurato riassunto di queste speculazioni — datoci da John Theodore Mertz nel suo
“Leibnitz” — ci mostra quanto da vicino egli ha sfiorato i segreti occulti della Teogonia
Esoterica nella sua Monadologie. Eppure questo filosofo, nelle sue speculazioni, si è appena
elevato al disopra dei primi piani, al di sopra dei princìpi più bassi del gran corpo cosmico. La
sua teoria non si innalza ad altezze più sublimi di quelle della vita manifestata, dell’autocoscienza e dell’intelligenza, senza penetrare nei primordiali misteri post-genetici, essendo il
suo fluido etereo post-planetario. Ma questo terzo postulato difficilmente potrà essere
accettato dagli scienziati moderni; essi preferiranno attenersi, come fece Descartes, alle
proprietà delle cose esterne, che, come l’estensione, sono incapaci di spiegare il fenomeno del
moto, piuttosto che ammettere che questo è una forza indipendente. Essi, in questa
generazione, non diverrano mai anti-cartesiani; e non ammetteranno mai che:
Questa proprietà dell’inerzia non è una proprietà puramente geometrica; indica nei corpi esterni
l’esistenza di qualcosa che non è solo estensione.
Questa è l’idea di Leibnitz com’è stata analizzata da Mertz, il quale aggiunge che egli
chiamò questo “qualcosa” Forza, e sostenne che le cose esteriori sono dotate di Forza, e che,
per portare questa Forza, devono avere una Sostanza, poiché non sono delle masse inerti e
senza vita, ma centri e veicoli della Forma — affermazione puramente Esoterica, perché la
Forza era per Leibnitz un princìpio attivo; — conclusione finale in cui sparisce ogni divisione
fra Mente e Materia.
Le ricerche matematiche e dinamiche di Leibnitz non avrebbero portato allo stesso risultato la mente di
un investigatore puramente scientifico. Ma Leibnitz non era uno scienziato nel senso moderno della parola. Se lo
fosse stato, avrebbe potuto arrivare ad una concezione dell’energia, avrebbe definito matematicamente l’idea di
forza e di lavoro meccanico, e sarebbe arrivato alla conclusione che, anche a scopo puramente scientifico, è bene
considerare la forza non come una quantità primaria, ma come una quantità derivata da qualche altro valore.
Ma, fortunatamente per la verità:
Leibnitz era un filosofo; e come tale aveva certi princìpi basilari che lo influenzarono a favore di certe
conclusioni, e la sua scoperta che le cose esteriori sono delle sostanze fornite di forza fu subito impiegata per
applicare questi princìpi. Uno dei princìpi era la legge di continuità, la convinzione che il mondo fosse collegato
in ogni sua parte, senza vuoti né lacune impossibili da valicare. Il contrasto delle sostanze pensanti estese gli era
insopportabile. La definizione delle sostanze estese era divenuta già insostenibile; era naturale che una simile
ricerca fosse fatta per definire la mente, la sostanza pensante.
Le divisioni fatte da Leibnitz, sebbene incomplete e difettose dal punto di vista
occulto, mostrano uno spirito d’intuizione metafisica al quale nessun uomo di scienza, né
Cartesio, né Kant, è mai giunto. Per lui è sempre esistita un’infinita gradazione di pensiero.
Solo una piccola parte del contenuto dei nostri pensieri, diceva, si eleva alla chiara
appercezione, “alla luce della coscienza perfetta”. Molti restano in uno stato confuso ed
oscuro, allo stato di “percezioni” ; ma esistono ugualmente. Descartes non ammetteva che gli
animali avessero un’anima; Leibnitz, come gli occultisti, affermava che “tutte le creature
hanno una vita mentale, poiché tale vita è, secondo lui, capace di gradazioni infinite”. E
questo, come osserva giustamente Mertz:
Allargò ad un tratto il regno della vita mentale distruggendo il contrasto fra materia animata e materia
inanimata; e fece ancor di più: reagì al concetto della materia e a quello di sostanza estesa. Poiché divenne
evidente che le cose materiali presentavano la proprietà di estensione solo ai nostri sensi, e non alle nostre facoltà
di pensiero. Il matematico, per calcolare le figure geometriche, ha dovuto dividerle in un numero infinito di parti
infinitamente piccole, e il fisico non vede un limite alla divisibilità della materia in atomi. Il volume con cui le
cose esterne sembrano riempire lo spazio, è una proprietà che ha acquisito solo a causa della grossolanità dei
nostri sensi... Leibnitz seguì questi argomenti fino ad un certo punto, ma non poteva accontentarsi di ammettere
che la materia è composta di un numero finito di parti piccolissime. La sua mente matematica lo costrinse a
trattare questo argomento ad infinitum. E cosa avvenne allora degli atomi? Persero la loro estensione e
conservarono solo la loro proprietà di resistenza; divennero dei centri di forza. Furono ridotti a punti
matematici... Ma se la loro estensione nello spazio si ridusse a nulla, la loro vita interiore divenne tanto più
completa. Ammettendo che l’esistenza interiore, come quella della mente umana, è una nuova dimensione, una
dimensione non geometrica ma metafisica... e riducendo a niente l’estensione geometrica degli atomi, Leibnitz
disse che questi sono muniti di estensione infinita nel senso della loro dimensione metafisica. Dopo averli persi
di vista nel mondo dello spazio, la mente deve penetrare in qualsiasi modo nel mondo metafisico per provare e
472
comprendere la vera essenza di ciò che nello spazio appare solo come un punto matematico... Come un cono sta
sul proprio vertice, o come una retta perpendicolare taglia un piano orizzontale solo in un punto matematico, ma
può estendersi infinitamente in altezza e in profondità, così l’essenza delle cose reali non ha che un’esistenza che
può essere rappresentata da un punto, in questo mondo fisico dello spazio; ma nel mondo metafisico del pensiero
ha una infinita profondità di vita interna”1.
Questo è lo spirito, la vera radice della Dottrina e del pensiero occulti. Lo “SpiritoMateria” e la Materia-Spirito” si estendono infinitamente in profondità, e come l’essenza
delle cose” di Leibnitz, la nostra essenza delle cose reali è alla settima profondità; mentre la
materia irreale e grossolana della scienza e del mondo esteriore è all’estremità più bassa della
percezione dei nostri sensi. L’occultista sa quanto vale, o quanto non vale, questa percezione.
Bisogna ora mostrare allo studioso la differenza fondamentale tra il sistema di
Leibnitz2 e quello della Filosofia Occulta per ciò che concerne le Monadi; e questo si può
farlo tenendoci davanti la Monadologie di Leibnitz. Si può dire con ragione che qualora i
sistemi di Leibnitz e di Spinoza si accordassero, ne scaturirebbe l’essenza e lo spirito della
Filosofia Esoterica. Dal cozzo dei due sistemi — che si oppongono al sistema di Cartesio —
vengono alla luce le verità della Dottrina Arcaica. Entrambi combattono la Metafisica di
Descartes. La sua idea del contrasto fra le due sostanze — Estensione e Pensiero — che
differiscono radicalmente l’una dall’altra e sono reciprocamente irriducibili, è per loro troppo
arbitraria e troppo poco filosofica. Così Leibnitz fece delle due sostanze di Cartesio due
attributi di un’unica Unità universale, in cui egli vedeva Dio.
Spinoza riconosceva soltanto una Sostanza universale indivisibile, un TUTTO assoluto,
simile a Parabrahman. Leibnitz invece intuiva l’esistenza di una pluralità di Sostanze.
Per Spinoza c’era soltanto UN ESSERE; per Leibnitz un’infinità di esseri, provenienti
dall’Essere Unico ed esistenti in esso. Perciò, sebbene entrambi ammettessero solo un’Unica
Entità Reale, mentre Spinoza la considerava impersonale e indivisibile, Leibnitz divideva la
sua divinità personale in un certo numero di esseri divini e semi-divini.
Spinoza era un panteista soggettivo, Leibnitz un panteista oggettivo; ma erano
entrambi grandi filosofi nelle loro percezioni intuitive.
Ora, se questi due insegnamenti si mescolassero insieme, e si correggessero l’uno con
l’altro, — e prima di tutto se l’Unica Realtà venisse spogliata dalla sua personalità — si
avrebbe come risultato un vero spirito di Filosofia Esoterica, l’Essenza Divina impersonale,
assoluta, senza attributi, che non è un “essere”, ma è la radice di tutti gli esseri.
Tracciate con il pensiero una profonda linea di demarcazione fra quell’Essenza
eternamente inconoscibile e la Presenza, invisibile ma tuttavia comprensibile, Mûlaprakriti o
Shekinah, dalla quale e oltre la quale vibra il Suono del Verbo, e da cui si evolvono le
innumerevoli gerarchie di Ego intelligenti, di esseri coscienti o semi-coscienti, “appercettivi”
e “percettivi”, la cui Essenza è la Forza spirituale, la cui Sostanza sono gli Elementi e i cui
Corpi (quando ne hanno bisogno) sono gli Atomi, ed avrete la nostra dottrina. Leibnitz dice
infatti:
Essendo l’elemento primitivo di ogni corpo materiale la forza, che non ha alcuna caratteristica della
materia [oggettiva], lo si può anche concepire, ma non se ne potrà mai fare l’oggetto di una rappresentazione
immaginativa.
Dunque, quello che per lui era l’elemento primordiale e definitivo in ogni corpo e in
ogni oggetto, non consisteva negli atomi o nelle molecole materiali necessariamente più o
meno estesi, come quelli di Epicuro e di Gassendi, ma, come dimostra Mertz, consisteva negli
Atomi immateriali e metafisici, i “punti matematici”, o le anime reali, come spiega Henry
Lachelier (professore aggregato di filosofia), il suo biografo francese.
1
Ib., pag. 144.
L’ortografia di questo nome — come lui stesso lo scriveva — è Leibniz. Egli era di origine slava, sebbene nato in
Germania.
2
473
Ciò che esiste in maniera assoluta al di fuori di noi sono le Anime, la cui essenza è forza1.
Così, la realtà nel mondo manifestato è composta di una unità di tante unità, per così
dire immateriale — dal nostro punto di vista — ed infinita. Leibnitz chiama queste unità
Monadi, la Filosofia Orientale Jîva, mentre I’Occultismo, insieme ai cabalisti e ai cristiani, dà
loro i più svariati nomi. Secondo noi, come secondo Leibnitz, essi sono “l’espressione
dell’universo”,2 ed ogni punto fisico non è che l’espressione fenomenica del punto metafisico
noumenico. La sua distinzione fra “percezione” e “appercezione” è l’espressione filosofica,
benché poco chiara, degli Insegnamenti Esoterici. I suoi “universi ridotti”, dei quali “ce ne
sono tanti quante sono le Monadi”, sono la raffigurazione caotica del nostro sistema settenario
con le sue divisioni e le sue suddivisioni.
In quanto ai rapporti che possono avere le sue Monadi con i nostri Dhyân Chohan, gli
Spiriti Cosmici, i Deva, e gli Elementali, possiamo riprodurre brevemente, a questo proposito,
l’opinione di un dotto e serio teosofo, C. H. A. Bjerregaard. Nell’ottimo articolo “Sugli
Elementi, gli Spiriti Elementari e i rapporti fra Essi e gli Esseri umani”, che egli lesse davanti
alla Società Teosofica Ariana di New York, Bjerregaard esprime chiaramente la sua opinione
in questo modo:
Per Spinoza, la sostanza è morta e inattiva, ma per gli acuti poteri mentali di Leibnitz ogni cosa è
attività vivente ed energia attiva. Sostenendo questa opinione, egli si avvicina alle dottrine orientali infinitamente
più di quel che non abbia mai fatto alcun altro pensatore della sua epoca, o di epoche posteriori. L’avere scoperto
che l’essenza della sostanza è formata da un’energia attiva è un princìpio che lo mette in relazione diretta con i
Veggenti Orientali.3
E il conferenziere passa a dimostrare che per Leibnitz gli Atomi e gli Elementi sono
Centri di Forza, o piuttosto “esseri spirituali la cui vera natura è l’azione”, perché le
particelle elementari sono forze vitali, che non agiscono meccanicamente, ma per un princìpio interno.
Sono delle unità incorporee spirituali [tuttavia “sostanziali” ma non “immateriali” nel senso che noi attribuiamo
alla parola], inaccessibili ad ogni cambiamento proveniente dal di fuori... [e] che non possono esser distrutte da
alcuna forza esterna. Le monadi di Leibnitz differiscono dagli atomi nei seguenti particolari, di cui è molto
importante ricordarci, altrimenti non potremmo vedere che differenza passa fra gli Elementali e la semplice
materia. Gli atomi non si distinguono l’uno dall’altro, e sono qualitativamente uguali; ma ogni monade differisce
qualitativamente dalle altre, e ciascuna di esse costituisce un peculiare mondo a sé. Non così per gli atomi; essi
sono assolutamente uguali, quantitativamente e qualitativamente, e non possiedono una propria individualità4. E
poi, gli atomi [o meglio le molecole] della filosofia materialista possono considerarsi come estesi e divisibili,
mentre le monadi sono, semplicemente dei “punti metafisici” e indivisibili. Infine, e a questo riguardo le monadi
di Leibnitz somigliano moltissimo agli Elementali della filosofia mistica, queste monadi sono degli esseri
rappresentativi. Ogni monade riflette tutte le altre. Ogni monade è uno specchio vivente dell’universo nella
propria sfera. Notate bene questo, perché da ciò dipende il potere posseduto dalle monadi, e il lavoro che esse
fanno per noi; rispecchiando il mondo, le monadi non sono soltanto degli agenti passivi riflessivi, ma agenti
spontaneamente auto-attivi; riproducono le immagini spontaneamente, come l’anima riproduce un sogno. Perciò
l’Adepto può leggere tutto nella monade, anche il futuro. Ogni monade — o Elementale — è uno specchio
parlante”.
È a questo punto che la filosofia di Leibnitz crolla. Egli non si è curato minimamente
di stabilire alcuna distinzione fra la Monade “Elementale” e quella di un alto Spirito
1
Leibnitz, Monadologie, Introduzione.
“Il dinamismo di Leibnitz” dice il professor Lachelier “non presenterebbe grande difficoltà se, secondo lui, la monade fosse
rimasta un semplice atomo di forza cieca. Ma...” Si capisce benissimo la perplessità del Materialismo moderno!
3
The Path, I, 10, pag. 297.
4
Leibnitz era un idealista assoluto sostenendo che “gli atomi materiali sono contrari alla ragione”. (Système Nouveau,
Erdmann, p. 126, col. 2) Per lui la Materia era una semplice rappresentazione della Monade, umana o atomica che fosse. Le
Monadi, egli pensava (e lo pensiamo anche noi) sono dappertutto. Così l’anima umana è una Monade, ed ogni cellula del
corpo umano ha la sua Monade, come anche ogni cellula dei corpi animali, vegetali e persino di quelli cosiddetti inorganici.
I suoi Atomi sono le molecole della scienza moderna, e le sue Monadi sono quegli atomi semplici che la scienza materialista
accetta senza discutere, sebbene non le capiti mai di intercettarli, se non con la fantasia. Ma Leibnitz è piuttosto
contradditorio nelle sue teorie sulle Monadi. Egli parla talvolta dei suoi “Punti Metafisici” e dei suoi “Atomi Formali” come
di realtà che occupano lo spazio; ed altre volte come di idee puramente spirituali; e ancora, li dice forniti di oggettività, di
aggregazioni e di posizioni nelle loro relazioni reciproche.
2
474
Planetario, e neppure con la Monade Umana o Anima. Qualche volta arriva perfino a
domandarsi se
Dio abbia mai fatto qualcos’altro all’infuori delle monadi o di sostanze senza estensione1.
Egli stabilisce una distinzione fra Monadi e Atomi,2 perché, come ripete più volte,
i corpi con tutte le loro qualità sono soltanto fenomenici, come l’arcobaleno. Corpora omnia cum
omnibus qualitatibus suis non sunt aliud quam phenomena bene fundata, ut Iris .3
Ma, poco dopo, egli provvede a questo con una corrispondenza sostanziale, un certo
legame metafisico fra le Monadi — vinculum substantiale. La Filosofia Esoterica, insegnando
un Idealismo oggettivo, sebbene consideri l’universo oggettivo e tutto ciò che è in esso come
Mâyâ, illusione temporanea, — fa una distinzione pratica fra l’illusione collettiva, Mahâmâya,
dal punto di vista puramente metafisico, e le relazioni oggettive che vi sono fra diversi Ego
coscienti, fintanto che dura questa illusione. Perciò un Adepto può leggere il futuro in una
Monade Elementale, ma per farlo deve radunare un gran numero di Monadi, poiché ognuna di
esse rappresenta solo una parte del Regno a cui appartiene.
Le Monadi sono limitate non nell’oggetto, ma nella modificazione della cognizione dell’oggetto.
Tendono tutte (confusamente) verso l’infinito, verso il tutto, ma sono limitate e si distinguono a seconda del
4
grado di chiarezza della loro percezione.
E, come spiega Leibnitz:
Tutte le parti dell’universo sono rappresentate distintamente nelle monadi, ma alcune si riflettono in
una monade, alcune in un’altra.
Un certo numero di Monadi potrebbe rappresentare simultaneamente i pensieri dei due
milioni di abitanti di Parigi.
Ma cosa dicono su tutto questo le Scienze Occulte, e cos’hanno da aggiungere?
Dicono che quelle che Leibnitz chiama collettivamente Monadi, — studiandole
grossolanamente e tralasciando per ora ogni suddivisione — si possono dividere in tre Legioni
distinte5 che, cominciando dai piani più elevati, sono, prima di tutto gli “Dèi”, o gli Ego
spirituali coscienti, gli Architetti intelligenti che lavorano secondo il piano della Mente
Divina. Poi vengono gli Elementali, o “Monadi”, che formano collettivamente ed
inconsciamente i grandi Specchi Universali di tutto ciò che si riferisce ai loro rispettivi regni.
Infine vengono gli “Atomi”, o le molecole materiali, che a loro volta sono animati dalle loro
Monadi “percettive”, come ne è animata ogni cellula del corpo umano. C’è una moltitudine di
tali Atomi animati che, a loro turno, animano le molecole; un’infinità di Monadi, o per meglio
dire di Elementali, e di innumerevoli Forze spirituali — senza Monadi, perché sono
puramente incorporee, tranne quando sotto certe leggi assumono una forma, non
necessariamente umana. Da dove viene la sostanza che le riveste, l’organismo apparente che
esse evolvono attorno al loro centro?6 Le Radiazioni Senza Forma (Arûpa) che esistono
1
Examen des Principes du P. Malebranche.
Gli Atomi di Leibnitz non hanno in verità altro che il nome in comune con gli Atomi dei materialisti greci, o con le
molecole della scienza moderna. Egli li chiama “Atomi Formali”, e li paragona alle “Forme Sostanziali” di Aristotele. (Vedi
Système Nouveau, § 3).
3
Letter to Father Des Bosses, Correspondence, xviii.
4
Monadologie, § 60. Leibnitz, come Aristotele, chiama le Nomadi “create”o emanate (gli Elementali usciti dagli Spiriti
Cosmici o Dèi) Еντελέχειαι, e “atomi incorporei”. (Monadologie, § 18).
5
Queste tre “divisioni grossolane” corrispondono a Spirito, Mente (o Anima) e Corpo, nella costituzione umana.
6
Il fratello C.H.A. Bjerregaard, nella conferenza che abbiamo già rammentato, avverte il suo uditorio di non considerare
troppo i Sephiroth come individualità, ma di evitare nello stesso tempo di vedere in essi delle astrazioni. “Non arriveremo
mai alla verità”, dice, “e ancor meno raggiungeremo il potere di associarci a questi esseri celesti, finché non ritorneremo alla
semplicità e all’ardimento delle età primitive, quando gli uomini si mescolavano liberamente con gli Dèi, e gli Dèi
scendevano fra gli uomini e li guidavano verso la verità e la santità. (p. 296). Nella Bibbia vi sono diverse descrizioni di
“angeli”, il che dimostra chiaramente che con questo termine si devono intendere degli esseri simili agli elementali della
Cabala e alle monadi di Leibnitz, piuttosto che dare ad esso quello che è il significato comune. Questi esseri vengono
chiamati “stelle del mattino, “fuochi fiammeggianti”, esseri potenti”, e San Paolo, nella sua visione cosmogonica, li vede
come “Sovranità e Potenze.” Nomi come questi escludono ogni idea di personalità, e ci costringono a pensare a questi esseri
come a delle esistenze impersonali... come ad un influsso, una sostanza spirituale, o una forza cosciente”. (pp. 321, 322).
2
475
nell’armonia della Volontà Universale e che sono ciò che chiamiamo la collettività o
l’aggregato della Volontà Cosmica sul piano dell’Universo soggettivo, uniscono insieme
un’infinità di Monadi, ognuna delle quali è lo specchio del proprio Universo, e così
individualizzano al momento presente una Mente indipendente, onnisciente ed universale; e
con lo stesso procedimento di aggregazione magnetica creano per se stesse dei corpi visibili
ed oggettivi, traendoli dagli Atomi interstellari. Poiché Atomi e Monadi, associati o dissociati,
semplici o composti, sono, fin dal momento della prima differenziazione, soltanto dei
“princìpi” corporei, psichici e spirituali degli “Dèi” — che sono essi stessi le Radiazioni della
Natura Primordiale. Così i Poteri Planetari superiori appaiono all’occhio del Veggente sotto
due aspetti: quello soggettivo — come influssi — e quello oggettivo — come forme mistiche
che, sotto la legge karmica, divengono una Presenza — poiché Spirito e Materia sono una sola
cosa, come è già stato detto ripetutamente. Lo Spirito è Materia sul settimo piano; la Materia
è Spirito al punto più basso della sua attività ciclica; ed entrambi sono Mâyâ.
In Occultismo gli Atomi sono chiamati Vibrazioni; lo stesso avviene —
collettivamente — per il Suono. Questo non contrasta con la scoperta scientifica di Tyndall.
Egli ha descritto, all’estremità inferiore della scala dell’essere monadico, l’intero percorso
delle vibrazioni atmosferiche; e questo costituisce la parte oggettiva del processo di Natura.
Egli ha descritto e registrato la rapidità del loro movimento e della loro trasmissione; la forza
del loro urto; la loro capacità di produrre delle vibrazioni nel timpano e il trasmettersi di
queste all’apparecchio auditivo, fino a che comincia la vibrazione del nervo acustico, e
interviene un nuovo fenomeno: il lato soggettivo del processo o la sensazione del suono.
Forse che egli vede tutto questo, o ha modo di percepirlo? No, perché la sua specialità è di
scoprire il modo di comportarsi della Materia. Ma perché non potrebbe vederla uno psichico,
un Veggente spirituale, il cui occhio interno è aperto in modo da poter vedere attraverso al
velo della Materia? Le onde e le ondulazioni della scienza sono causate tutte da Atomi che
lanciano dal di dentro le loro molecole in attività. Gli Atomi riempiono l’immensità dello
Spazio, e con le loro vibrazioni continue costituiscono quel MOVIMENTO che tiene in moto
perpetuo le ruote della Vita. È questo lavorio interiore che produce il fenomeno naturale
chiamato la correlazione delle Forze. Ma, all’origine di ognuna di tali “Forze” si trova il
Noumeno cosciente che la guida, — Angelo o Dio, Spirito o Demone, o potere governatore,
che sia.
Secondo la descrizione dei Veggenti — di quelli che possono vedere il movimento
delle moltitudini interstellari, e le seguono nelle loro evoluzioni mediante la chiaroveggenza
— esse sono abbaglianti, come particelle di neve immacolata nella luce raggiante del sole. La
loro velocità è più rapida del pensiero, così grande, che nessun occhio mortale potrebbe
seguirla e, a quanto si può giudicare malgrado l’impressionante rapidità della loro corsa, il
loro moto è circolare. Stando su un piano aperto, o meglio sulla sommità di una montagna, e
fissando la vasta volta che ci sovrasta e lo spazio infinito che ci circonda, tutta l’atmosfera ci
sembrerà fiammeggiare, mentre l’aria parrà imbevuta di lampeggiamenti abbaglianti. A volte
l’intensità del loro movimento produce dei bagliori simili alle luci dell’aurora boreale. Le
spettacolo è così meraviglioso che il Veggente, quando guarda in questo mondo interiore e
sente sfrecciargli intorno quei punti scintillanti, è colpito da sacro terrore nel pensare ad altri
misteri ancora più grandi che si trovano oltre e dentro questo oceano radiante.
Sebbene questa spiegazione sugli “Dèi, Monadi ed Atomi” sia imperfetta ed
incompleta, si spera che almeno qualche studioso e qualche teosofo avrà compreso che vi può
essere davvero una stretta relazione fra Scienza Materialista e Occultismo, che è il suo
complemento e l’anima che le manca.
_________
476
SEZIONE XV
L’EVOLUZIONE CICLICA E IL KARMA.
È l’evoluzione spirituale dell’uomo interiore e immortale, quella che forma il
principio fondamentale delle Scienze Occulte. Per capire, sia pure parzialmente, questo
processo, lo studioso dovrebbe credere: (a) nella Vita Una Universale, indipendente dalla
Materia (o da ciò che la scienza considera come Materia); e (b) nelle Intelligenze individuali
che animano le varie manifestazioni di questo Princìpio. Huxley non crede nella Forza Vitale;
altri scienziati sì. Il lavoro del dr. J. H. Hutchinson Stirling, As regards Protoplasm, ha fatto
grande strage di questa negazione dogmatica. Anche il prof. Beale si è pronunciato a favore di
un princìpio vitale; ed abbiamo già citato le conferenze del dr. B.W. Richardson sull’Etere
Nervoso. Così, le opinioni sono discordi.
La Vita Una ha stretto rapporto alla Unica Legge che governa il mondo dell’essere: il
KARMA. In senso exoterico, esso è semplicemente e letteralmente “l’azione”, o meglio la
“causa che produce l’effetto”. Esotericamente, è una cosa del tutto diversa, con degli effetti
morali molto estesi. È la LEGGE infallibile di RETRIBUZIONE.
Spiegare a coloro che ignorano il significato reale, le caratteristiche e l’enorme
importanza di questa immutabile Legge eterna, che nessuna definizione teologica di divinità
personale può dare un’idea di questo Princìpio impersonale, tuttavia sempre presente e attivo,
è parlare invano. E neppure si può dare a questa Legge il nome di Provvidenza. Perché la
Provvidenza dei teisti — o almeno dei cristiani protestanti — è un essere di genere maschile,
mentre per i cattolici romani è una potenza femminile. “La Divina Provvidenza modera le sue
benedizioni per assicurare loro gli effetti migliori” ci dice Wogan. Infatti “Egli” le modera,
mentre il Karma, un princìpio senza sesso, non lo fa.
Nelle prime due parti, abbiamo dimostrato che, ai primi palpiti della vita rinascente,
Svabhâvat, “la Radianza Mutevole della Tenebra Immutabile ed incoscia nell’eternità”,
passa, ad ogni nuova rinascita del Cosmo, da uno stato inattivo ad uno stato di intensa attività;
poi si differenzia, e quindi comincia la sua opera in quella differenziazione. Questa opera è il
KARMA.
Anche i Cicli sono subordinati agli effetti prodotti da questa attività.
L’Atomo Cosmico Unico diventa sette Atomi sul piano della Materia, e ciascuno di
essi si trasforma in un centro di energia; quello stesso Atomo diventa sette Raggi sul piano
dello Spirito; e le sette forze creatrici della natura, che si irradiano dall’Essenza originaria...
seguono l’una il sentiero di destra, l’altra il sentiero di sinistra, separate fino al termine del
Kalpa, ma nello stesso tempo strettamente allacciate. Cos’è che le unisce insieme? Il Karma.
Gli atomi emanati dal punto centrale emanano a loro volta dei nuovi centri di energia
che, sotto il soffio potenziale di Fohat, cominciano il loro lavoro dall’interno all’esterno, e
moltiplicano altri centri minori. Questi, nel corso dell’evoluzione e dell’involuzione, formano
a loro volta le radici o le cause che producono nuovi effetti, dai mondi e dai globi “abitati da
uomini”, fino ai generi, alle specie e alle classi di tutti i sette regni, di cui noi ne conosciamo
solo quattro. Poiché, come dice il Libro degli Aforismi di Tson-ka-pa:
I lavoratori benedetti hanno ricevuto il Thyan-kam per l’eternità.
Il Thyan-kam è il potere o la capacità di guidare gli impulsi dell’Energia Cosmica
nella direzione giusta.
Il vero buddhista, che non riconosce alcun “Dio personale”, né alcun “Padre” e
“Creatore del Cielo e della Terra”, crede però in una Coscienza Assoluta, Adi-Buddhi; ed il
filosofo buddhista sa che vi sono gli Spiriti Planetari, i Dhyan Chohan. Ma, anche se ammette
delle “Vite Spirituali”, tuttavia, poiché queste sono temporanee nell’eternità, sono anch’esse,
secondo la sua filosofia, “la Mâyâ del Giorno”, l’illusione di un “Giorno di Brahmâ”, un
477
breve Manvantara di 4.320.000.000 anni. Il Yin-Sin non è fatto per le speculazioni umane,
perché il Signore Buddha ha severamente proibito ogni ricerca del genere. Se i DhyânChohan e tutti gli Esseri Invisibili — i Sette Centri e le loro emanazioni dirette, i centri minori
di energia — sono il riflesso diretto della Luce Unica, tuttavia gli uomini sono ancora
lontanissimi da loro, dato che tutto il Cosmo visibile è formato da “esseri auto-producentisi,
le creature del Karma”. Considerando quindi ogni Dio personale “semplicemente come
un’ombra gigantesca gettata sul vuoto dello spazio dall’immaginazione degli uomini
ignoranti”1, i buddhisti insegnano che solo “due cose sono [oggettivamente] eterne, e cioè
l’Âkâsha e il Nirvâna”, che sono in realtà una cosa sola, e sono Mâyâ quando si trovano
divise.
Tutto è uscito dal seno di Âkâsha [o di Svabhâvat, sulla nostra terra] conformemente a una legge di
moto che gli è inerente, e, dopo una certa esistenza, passa oltre. Non c’è niente che sia uscito dal nulla. Noi non
crediamo nei miracoli; perciò non accettiamo la creazione e non possiamo concepire l’idea di un creatore2.
Se si domandasse ad un Brâhmano vedântino della setta Advaita se egli crede
all’esistenza di Dio, probabilmente risponderebbe, come rispose a Jacolliot: “Io stesso sono
Dio”; mentre un buddhista (specialmente un singalese) si limiterebbe a ridere, e direbbe per
tutta risposta : “Non c’è Dio, né creazione”. Eppure la radice della filosofia dei sapienti
advaiti e di quella dei buddhisti è identica, ed entrambe le filosofie hanno lo stesso rispetto
per la vita animale, perché entrambe credono che sulla terra ogni creatura, anche piccola e
umile, “è una parte immortale della Materia immortale”, tenendo presente che la Materia ha
per essi un significato completamente diverso da quello che ha per i cristiani o per i
materialisti — e che ogni creatura è soggetta al Karma.
La risposta del Brahmano sarebbe stata quella di qualsiasi filosofo, cabalista o
gnostico, delle età più antiche. Essa contiene il vero spirito dei comandamenti delfici e
cabalistici, poiché la Filosofia Esoterica ha risolto da secoli il problema di quel che l’uomo
era, è, e sarà; la sua origine, il suo ciclo vitale — di una durata interminabile a causa delle
incarnazioni o rinascite successive — e il suo finale riassorbimento entro la Sorgente da cui
era scaturito.
Non è certo alla scienza fisica che possiamo domandare di decifrare l’uomo come
l’enigma del passato o del futuro, dato che nessun filosofo può dirci che cosa è l’uomo, qual’è
conosciuto dalla Fisiologia e dalla Psicologia. Dopo essere stata in dubbio se l’uomo fosse un
Dio o una bestia, la scienza l’ha ora collegato con le bestie e lo fa derivare da un animale.
Certamente il compito di analizzare e di classificare l’essere umano come animale terrestre
può essere lasciato alla scienza, che gli occultisti, più di ogni altro uomo, considerano con
venerazione e con rispetto. Essi riconoscono le sue ragioni ed il lavoro maraviglioso che ha
fatto, i progressi raggiunti dalla Fisiologia e anche, fino ad un certo punto — dalla Biologia.
Ma la natura interiore, spirituale, psichica o anche morale dell’uomo non può esser lasciata
alla mercè di un Materialismo inveterato; perché neppure la più elevata filosofia psicologica
occidentale può, nella sua imperfezione attuale e nella sua tendenza verso un ben deciso
agnosticismo, rendere giustizia alla parte interiore dell’uomo; specialmente alle sue capacità e
alle sue percezioni superiori, e a quegli stati di coscienza sul cui decorso delle autorità come
Mill hanno tracciato una forte linea di demarcazione, dicendo: “Arriverai fin qui, ma non
oltre”.
Nessun occultista negherebbe che l’uomo — insieme all’elefante e al microbo, al
coccodrillo e alla lucertola, al filo d’erba e al cristallo — è, nella sua formazione fisica, il
semplice prodotto delle forze evolutive della Natura attraverso una serie interminabile di
trasformazioni; ma egli presenta la cosa sotto un altro aspetto.
1
2
Catechismo Buddhista, di H. S. Olcott, Presidente della Società Teosofica, pag. 51.
Ib., pag. 51, 52.
478
Non è contro le scoperte zoologiche ed antropologiche basate sui resti fossili
dell’uomo e dell’animale, che si ribellano interiormente i mistici e tutti coloro che credono in
un’anima divina, ma solo contro le conclusioni inutili che si basano su delle teorie preconcette
e che vengono fatte coincidere con certi pregiudizi. Ma le premesse degli scienziati possono
essere vere o no; e siccome alcune di queste teorie hanno breve durata, le deduzioni che se ne
traggono debbono per forza essere sempre dalla parte degli evoluzionisti materialisti. Eppure
è in fede di tali autorità effimere che la maggior parte degli scienziati riceve degli onori che
non merita affatto1.
Perché il funzionamento del Karma — nei rinnovamenti periodici dell’Universo — sia
più evidente e più intelligibile allo studioso quando arriva all’origine e all’evoluzione
dell’uomo, bisogna che egli esamini ora con noi l’influsso esoterico dei Cicli Karmici
sull’etica universale. La questione è di sapere se quelle divisioni misteriose di tempo chiamate
Yuga e Kalpa, dagli indù e dai greci chiamate così giustamente κύκλοι: cicli, anelli o circoli,
hanno qualche influsso sulla vita umana e se sono collegati con essa. La stessa Filosofia
Esoterica spiega che questi circoli perpetui di tempo girano sempre su se stessi,
periodicamente e intelligentemente, nello Spazio e nell’Eternità. Vi sono dei “Cicli di
Materia”2, vi sono dei “Cicli di Evoluzione Spirituale”, e vi sono dei Cicli razziali, nazionali e
individuali. Le speculazioni esoteriche possono permetterci una conoscenza ancora più
profonda del loro operare? Questa idea è espressa stupendamente in un’opera scientifica
geniale.
La possibilità di arrivare alla comprensione di un sistema di coordinazione che oltrepassi di gran lunga
nel tempo e nello spazio ogni specie di osservazione umana, è una circostanza che fa risaltare il potere che ha
l’uomo di trascendere i limiti della materia mutevole e inconsistente, e di affermare la sua superiorità su tutte le
forme insensibili e periture dell’essere. Vi è un metodo, nel succedersi degli avvenimenti e nei rapporti fra le
cose coesistenti, di cui la mente dell’uomo si rende conto; e servendosene come di un bandolo con cui districare
la matassa, percorre degli eoni di storia materiale passata o futura di cui l’esperienza umana non può fare alcuna
testimonianza. Gli avvenimenti germogliano e si sviluppano. Hanno un passato che si ricollega con il presente,
ed abbiamo ragione di sperare che vi sia un futuro che sarà ugualmente collegato con il presente e con il passato.
Questa continuità e questa unità della storia si ripete sotto i nostri occhi in tutti i periodi concepibili di progresso.
Questi fenomeni ci forniscono il terreno per generalizzare due leggi che sono veramente dei princìpi di
divinazione scientifica, e che da sole possono far sì che la mente umana penetri negli archivi sigillati del passato
e nelle pagine ancora ignote del futuro. La prima è la legge di evoluzione, o, per chiamarla in termini che
rispondono al nostro scopo, la legge di successione correlativa o di storia organizzata nell’individuo, dimostrata
dalle fasi mutevoli di ogni sistema di risultati in via di maturazione... Questi pensieri richiamano alla nostra
1
Rinviamo quelli che considerassero quello che diciamo come una impertinenza o una mancanza di rispetto verso la scienza
accettata, all’opera del dr. James Hutchinson Stirling, As regards Protoplasm, che è una difesa del princìpio vitale contro i
molecolaristi — Huxley, Tyndall, Vogt, e compagni — e che, li prega di esaminare se è vero o no che, sebbene le premesse
scientifiche possano non essere giuste, vengono nondimeno accettate per riempire una lacuna o un buco in qualche
passatempo materialistico a cui ci si è affezionati. Parlando dei protoplasma e degli organi dell’uomo, come sono
“considerati da Huxley”, l’autore dice: “Probabilmente in ciò che concerne la continuità del potere, della forma e della
sostanza nel protoplasma abbiamo trovato tante lacune che bastano. Non solo, ma su questo argomento può essere citato
proprio lo stesso Huxley. Non di rado troviamo nei suoi saggi che egli ammette una probabilità, laddove sarebbe occorsa la
certezza. Dice, per esempio: — È più che probabile che quando potremo esplorare completamente il mondo vegetale
troveremo tutte le piante in possesso degli stessi poteri. — Quando una conclusione ci viene annunciata con tanta decisione,
è piuttosto sconcertante sentir dire, come in questo caso, che si devono ancora stabilire le premesse [!!]... — Ed ecco un altro
passaggio in cui si vede che egli distrugge la propria base sotto i suoi stessi piedi. Dopo averci detto che tutte le forme di
protoplasma sono formate da carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto “in unione molto complessa”, continua: — “A questa
combinazione composta, la cui natura non è mai stata determinata con esattezza [!!] si è dato il nome di proteina”. —
Questo, per parlar chiaro, è un’identificazione, da parte di Huxley, del protoplasma con la proteina; e siccome ciò che si dice
di uno di essi, è necessariamente vero anche nell’altro, ne segue che egli ammette la natura del protoplasma senza averla mai
determinata con esattezza, e che anche ai suoi occhi la causa è ancora sub judice. Inoltre questa ammissione è ancora
rafforzata dalle parole: “Se adoperiamo questo termine (proteina) con tutta la cautela necessaria alla nostra relativa
ignoranza riguardo alla cosa che esso vuol significare” — … ecc. (pp. 33 e 34, ed. 1872, nella risposta a Huxley su Yeast).
È l’eminente Huxley, il re della fisiologia e della biologia, che, come è qui dimostrato, gioca a mosca cieca con le premesse
e i fatti! Che cosa non potrà fare dopo di questo la “frittura mista” della scienza!
2
“I Cicli della Materia”, è il titolo che il professor Winchell ha dato ad un saggio scritto nel 1860.
479
presenza immediata il passato smisurato o l’altrettanto smisurato futuro della storia materiale. Sembra che essi
dischiudano già un orizzonte infinito, e che diano all’intelletto umano un’esistenza e una visione esente dai limiti
di tempo, spazio e causalità finita, e lo elevino fino a una concezione sublime della Suprema Intelligenza la cui
dimora è l’eternità1.
Secondo gli insegnamenti, Mâyâ — l’aspetto illusorio del succedersi degli
avvenimenti e delle azioni su questa terra — cambia, varia a seconda delle nazioni e dei
luoghi. Ma le caratteristiche principali della vita di un individuo sono sempre in rapporto con
la “costellazione” sotto cui esso è nato o, potremmo dire, con i tratti salienti del princìpio che
lo anima o della Divinità che lo domina, sia che la chiamiamo Dhyân Chohan, come in Asia,
sia che la chiamiamo Arcangelo, come fanno le chiese greche e latine. Nel simbolismo antico
era sempre il sole — sebbene si volesse significare il sole spirituale, e non quello visibile —
che si supponeva inviasse i principali Salvatori ed Avatâra. Di qui proviene un’intimo
collegamento fra i Buddha, gli Avatâra, e molte altre incarnazioni dei Sette superiori. Più
s’avvicina al suo prototipo nel “Cielo”, e meglio è per il mortale la cui personalità sia stata
scelta dalla propria Divinità personale (il Settimo Princìpio) come sua dimora terrestre.
Perché ad ogni sforzo di volontà verso la purificazione e l’unione con quel “Dio personale”,
uno dei raggi inferiori si rompe, e l’entità spirituale dell’uomo è trascinata sempre più in alto
verso il Raggio che sostituisce il primo, finché, di raggio in raggio, l’uomo interiore è attratto
dal Raggio unico e supremo del Sole-Genitore. Così, “gli avvenimenti dell’umanità sono
coordinati con le forme dei numeri”, poiché le singole unità di quell’umanità provengono tutte
dalla stessa sorgente — il Sole Centrale e la sua ombra, quello visibile. Infatti gli equinozi e i
solstizi, i periodi e le varie fasi del corso del sole, espressi astronomicamente e
numericamente, non sono altro che i simboli concreti della verità eternamente viva, sebbene ai
non-iniziati sembrino solo idee astratte. E questo spiega le straordinarie coincidenze
numeriche con le relazioni geometriche, che sono mostrate da diversi autori.
Sì, “il nostro destino è scritto nelle stelle”! Soltanto, più è stretta l’unione tra il riflesso
mortale, cioè l’Uomo, e il suo Prototipo celeste, meno sono pericolose le condizioni esteriori e
le susseguenti reincarnazioni — a cui non possono sfuggire né i Buddha né i Cristi. — Questa
non è superstizione, e meno ancora fatalismo. Il fatalismo implica l’azione cieca di qualche
potere ancora più cieco, ma l’uomo, durante la sua permanenza sulla terra, ha libertà di
azione. Non può sfuggire al suo destino dominante, ma ha la scelta fra due strade che lo
conducono in quella direzione, ed egli può raggiungere, come meta, la miseria — se gli è
riservato questo — sia nelle vesti del martire, bianche come la neve, sia sotto gli abiti sporchi
di un volontario sulla via del male; perché ci sono condizioni esterne ed interne che
influenzano la determinazione della nostra volontà sulle nostre azioni, ed è in nostro potere
seguire le une o le altre. Quelli che credono nel Karma devono credere nel Destino che ogni
uomo tesse intorno a sé dalla nascita alla morte, filo per filo, come un ragno tesse la sua tela; e
questo Destino è guidato o dalla voce celestiale del prototipo invisibile che si trova al di fuori
di noi, o dal nostro più intimo uomo astrale, l’uomo interiore, che troppo spesso è il cattivo
genio dell’entità incarnata che si chiama uomo. Entrambi questi influssi agiscono sull’uomo
esteriore, ma uno di essi prevale sull’altro; e fin dal princìpio di questa lotta invisibile la
severa ed implacabile Legge di Compensazione interviene e comincia il suo corso, seguendo
fedelmente tutte le vicende della battaglia. Quando l’ultimo filo è tessuto, e l’uomo sembra
essere avviluppato nella rete delle sue stesse azioni, si trova completamente sotto il dominio
del Destino creato da lui stesso. Questo allora o lo inchioda come una conchiglia inerte alla
roccia immobile, o lo porta via come una piuma nel turbine sollevato dalle sue proprie azioni;
e questo è - KARMA.
Un materialista, trattando delle creazioni periodiche del nostro globo, ha espresso tutto
1
World-Life, pp. 535-548.
480
ciò in una sola frase:
Tutto il passato della terra non è altro che un presente non sviluppato”.
L’autore di questa frase è Büchner, che non sospettava affatto di ripetere un assioma
degli occultisti. Ed è assolutamente vero, come nota Burmeister, che:
Le ricerche storiche sullo sviluppo della terra hanno dimostrato che il presente e il passato poggiano
sulla stessa base; il passato si è sviluppato nella stessa maniera in cui si svolge il presente; e le forze che erano in
azione sono sempre rimaste le stesse1.
Le Forze, o piuttosto i loro Noumeni, sono naturalmente le stesse; perciò anche le
Forze fenomeniche devono essere le stesse. Ma come si può essere tanto sicuri che gli
attributi della Materia non si siano alternati sotto l’azione dell’Evoluzione Proteiforme? Come
possono tutti i materialisti affermare con tanta sicurezza, come fa Rossmassler, che:
Questa conformità eterna nell’essenza dei fenomeni ci dà la certezza che il fuoco e l’acqua hanno
posseduto in tutti i tempi gli stessi poteri, e sempre li possiederanno.
Chi sono coloro “che ci ottenebrano la ragione con parole senza senso”, e dov’erano
gli Huxley e i Büchner quando la Grande Legge decise la fondazione della Terra? Questa
stessa omogeneità della Materia e l’immutabilità delle leggi naturali, su cui il Materialismo
insiste tanto, sono un princìpio fondamentale della Filosofia Occulta; ma questa unità si basa
sulla inseparabilità dello Spirito dalla Materia, poiché se essi si separassero, l’intero Cosmo
ricadrebbe nel Chaos e nel Non-Essere. Perciò è assolutamente falsa l’asserzione degli
scienziati che tutti i grandi cambiamenti geologici e i terribili sommovimenti del passato siano
stati prodotti da Forze fisiche ordimarie e conosciute, e dimostra una volta di più la grande
tendenza a fantasticare che si riscontra nella nostra epoca. Perché queste Forze non furono che
gli strumenti ed i mezzi finali per il compimento di certi disegni, e agirono periodicamente e
in apparenza meccanicamente, per un impulso interno che è collegato con loro, ma che
oltrepassa la loro natura materiale, ma che si trova al di là della medesima. C’è un proposito
in ogni azione importante della Natura; e i suoi atti sono tutti ciclici e periodici. Ma siccome
le Forze spirituali sono state in genere confuse con quelle puramente fisiche, esse vengono
negate, e perciò, essendo state lasciate inosservate, devono rimanere sconosciute per la
scienza2. Hegel dice:
La storia del Mondo comincia dal suo scopo generale, la realizzazione dell’Idea dello Spirito —
soltanto in una forma implicita (an sich) cioè come Natura; un istinto inconscio nascosto molto profondamente, e
l’intero processo della storia... tende a fare di questo impulso incosciente un impulso cosciente. Così,
manifestandosi sotto forma di una esistenza puramente naturale, la volontà naturale — quella che è stata
chiamata il lato soggettivo — il desiderio fisico, l’istinto, la passione, l’interesse privato, come pure l’opinione e
la concezione soggettiva, si presentano spontaneamente fin da princìpio. Tutte queste volizioni, questi interessi e
queste attività sono gli strumenti ed i mezzi di cui si serve il mondo dello spirito per conseguire il suo scopo:
condurli alla coscienza e realizzarla. Questo scopo non è altro che ritrovarsi, divenire se stesso e contemplare se
stessi nell’attualità concreta. Ma che quelle manifestazioni di vitalità da parte di individui e di popoli, che
cercano e soddisfano per mezzo di esse i propri scopi, siano allo stesso tempo strumenti che servono
all’esplicarsi di uno scopo più alto e più vasto di cui quei popoli e questi individui non sanno niente — perché li
realizzano inconsapevolmente — questo può mettersi in discussione; o meglio è già stato messo in dubbio... A
tale riguardo ho espresso la mia maniera di vedere fin dal princìpio, ed ho sostenuto la nostra ipotesi... e la nostra
fede che la Ragione governa il Mondo e di conseguenza ha governato la sua storia. In rapporto a questa esistenza
indipendentemente universale e sostanziale — tutto il resto è ad essa subordinato, non essendo altro che mezzi
adatti al suo sviluppo”3.
Nessun metafisico o teosofo potrebbe dubitare di queste verità, che sono tutte
racchiuse negli Insegnamenti Esoterici. Esiste una predestinazione nella vita geologica del
nostro globo, come pure nella storia, passata e futura, delle razze e delle nazioni. Questo è
1
Citato in Force and Matter di Büchner.
Gli scienziati diranno: Noi neghiamo, perché niente di simile si è mai manifestato nel campo della nostra esperienza. Il
fisiologo Charles Richet osserva: “E sia così; ma avete almeno dimostrato il contrario?... In ogni caso, non negate a priori.
La scienza attuale non è abbastanza progredita per darvi tale diritto” -La Suggestion Mentale et le Calcul des Probabilités.
3
Lectures on the Philosophy of History, pag. 26, traduzione inglese di Sibree.
2
481
strettamente collegato a ciò che noi chiamiamo Karma, e che i panteisti occidentali
chiamarono Nemesi e Cicli. La legge dell’evoluzione ci conduce ora lungo l’arco ascendente
del nostro ciclo, fino a quando gli effetti si fonderanno ancora una volta con le cause ora
neutralizzate, e tutte le cose che erano influenzate da questi effetti torneranno alla loro
armonia originale. Questo sarà il ciclo della nostra Ronda particolare, un solo attimo in
confronto alla durata del grande Ciclo, o Mahâyuga.
Le acute osservazioni filosofiche di Hegel trovano la loro applicazione negli
insegnamenti della Scienza Occulta, che dimostrano come la Natura agisce sempre con un
determinato scopo, i cui risultati sono sempre duplici. Questo l’abbiamo stabilito fin dalle
nostre prime opere occulte, in questi termini :
Come il nostro Pianeta compie ogni anno un giro intorno al Sole, e nello stesso tempo ogni
ventiquattr’ore compie un giro sul proprio asse, tracciando così dei circoli minori sul percorso di un circolo
maggiore, nello stesso modo l’opera dei periodi ciclici inferiori si compie e ricomincia durante il corso di ogni
Grande Saros. La rivoluzione del mondo fisico, secondo l’antica dottrina, è accompagnata da una rivoluzione
analoga nel mondo dell’intelletto — poiché l’evoluzione spirituale del mondo procede in cicli, come
l’evoluzione fisica. Così vediamo nella storia un regolare alternarsi di flusso e riflusso nella marea del progresso
umano. I grandi regni e i grandi imperi del mondo, dopo aver raggiunto il culmine della loro grandezza, tornano
a declinare, a causa della stessa legge per mezzo della quale avevano raggiunto la loro epoca di splendore;
finché, dopo aver toccato il punto più basso, l’umanità si riafferma e torna ancora a salire; e il culmine che
raggiungerà questa volta sarà, per questa legge della progressione ascendente attraverso cicli, un po’ più alto del
punto da cui era discesa precedentemente”1.
Ma questi cicli — l’uno dentro l’altro, simboleggiati così ingegnosamente ed in modo
tanto comprensibile dai vari Manu e Rishi dell’India, e dai Kabiri occidentali2 — non
influenzano tutta l’umanità nello stesso tempo. Da ciò proviene, come si vede, la difficoltà
che si incontra nel comprenderli e nel distinguerli l’uno dall’altro, per ciò che concerne i loro
effetti fisici e spirituali, senza avere completamente compreso le loro relazioni con le
rispettive posizioni delle nazioni e delle razze, e il loro influsso su di esse, riguardo al proprio
destino e alla propria evoluzione. Non si può comprendere questo sistema se si separa l’azione
spirituale di questi periodi — preordinati, per così dire, dalla legge del Karma — dal loro
corso fisico. I calcoli dei più grandi astrologi sarebbero infruttuosi o rimarrebbero comunque
imperfetti, se non si prende in considerazione questa azione duale e non la si intende in questa
maniera. E questa padronanza la si può acquisire solo attraverso l’Iniziazione.
Il Grande Ciclo comprende il progredire della specie umana fin dal primo apparire
dell’uomo primordiale dalla forma eterea. Esso percorre i cicli interiori dell’evoluzione
progressiva dell’uomo, da quello etereo a quello semi-etereo e a quello puramente fisico; fino
a quando l’uomo si purifica dalla sua “veste di pelle” e di materia, dopo di che continua
ancora nei suoi periodi discendenti, finché raggiunge il culmine di una Ronda, allorché il
serpente manvantarico “divora la propria coda” e sono passati sette cicli minori.
Questi sono i grandi cicli razziali, che interessano ugualmente tutte le nazioni e le tribù
comprese in quella razza speciale; ma entro questi cicli ve ne sono altri minori, nazionali o di
tribù, che seguono il proprio corso indipendentemente l’uno dall’altro. Nell’Esoterismo
Orientale essi sono chiamati Cicli Karmici.
In Occidente — ripudiata la Sapienza Pagana come se questa discendesse e avesse
1
Iside Svelata, vol. I, pag. 34.
Questo simbolismo non impedisce che questi personaggi che ora ci sembrano un mito non abbiamo regnato una volta sulla
Terra sotto la forma umana di esseri realmente viventi, sebbene veramente divini e simili agli Dèi. Ciò che pensa il
colonnello Vallancey — ed anche il conte de Gebelin — e cioè che i “nomi dei Kabiri sembra fossero allegorici, e non
significassero altro [?] che un almanacco dell’avvicendarsi delle stagioni, calcolate per comodo delle operazioni
dell’agricoltura”. (Collect. De Reb. Hibern, n. 13, Praef. Sect. 5) è tanto assurda come la sua affermazione che Æon, Crono,
Saturno e il Drago siano tutti la stessa persona, e cioè il “Patriarca Adamo”. I Kabiri insegnarono all’umanità l’agricoltura,
perché erano i Reggenti delle stagioni e dei Cicli Cosmici. Erano quindi essi che regolavano, come Spiriti Planetari o Angeli
(Messaggeri), i misteri dell’arte dell’agricoltura.
2
482
preso sviluppo dalle potenze oscure, che sono considerate in continua lotta e in continuo
contrasto con il piccolo Dio tribale Jehovah — il significato completo e terribile della Nemesi
dei greci, o Karma, è stato del tutto dimenticato.
Se non fosse per questo, i cristiani avrebbero meglio compreso quanto è
profondamente vero che Nemesi non ha attributi; che, mentre questa temuta Dea è assoluta e
immutabile come un Princìpio, siamo noi stessi — nazioni e individui — che la spingiamo ad
agire e le imprimiamo una direzione. Karma-Nemesi è la creatrice delle nazioni e degli esseri
mortali ma, una volta creati, sono essi che fanno di lei una Furia o un Angelo che ci dà le
nostre ricompense. È proprio vero che :
Saggi sono coloro che adorano Nemesi1.
come il Coro dice a Prometeo. E non sono saggi coloro che credono che si possa propiziare la
Dea con sacrifici e preghiere, e che il suo cammino si possa cambiare una volta che essa l’ha
intrapreso. “Le tre Parche e le Furie sempre vigili” si identificano con i loro attributi solo sulla
Terra, e sono state generate da noi. Non si può tornare indietro sui sentieri che Nemesi
percorre; eppure questi sentieri sono stati fatti da noi stessi; siamo stati noi a prepararli,
collettivamente o individualmente. Karma-Nemesi è sinonimo di Provvidenza, meno
l’intenzione, la bontà ed ogni altro attributo e qualità finita che poco filosoficamente si
attribuiscono a quest’ultima. Un occultista o un filosofo non parlerà della bontà o della
crudeltà della Provvidenza; ma, identificandola con Karma-Nemesi, insegnerà ugualmente
che essa protegge i buoni e veglia su di essi sia in questa vita che in quelle future e che
punisce il cattivo — a volte fino alla sua settima rinascita — fintanto che non sia stato
finalmente estinto l’effetto che egli ha prodotto, perturbando anche il più piccolo atomo del
Mondo Infinito dell’Armonia. Poiché il solo decreto del Karma — un decreto eterno ed
immutabile — è l’Armonia assoluta sia nel mondo della Materia che in quello dello Spirito.
Perciò non è Karma che ricompensa o che punisce, ma siamo noi che ci ricompensiamo o ci
puniamo da noi stessi, agendo con la Natura, attraverso la Natura e insieme alla Natura,
obbedendo alle leggi da cui dipende quell’armonia, o infrangendole.
Le vie del Karma non sarebbero imperscrutabili se gli uomini lavorassero uniti e in
armonia, e non nella disunione e nella lotta. Perché la nostra ignoranza di queste vie — che
una parte dell’umanità chiama le vie della Provvidenza, oscure ed intricate, mentre un’altra ci
vede in esse l’azione di un cieco Fatalismo, e una terza un semplice caso, senza Dèi né
Diavoli che a guidarlo — sparirebbe certamente, se le attribuissimo tutte quante alla causa
giusta. Sapendo con precisione, o almeno essendo convinti senza alcun dubbio che i nostri
vicini non tramano il nostro male, più di quanto noi non pensiamo di nuocere a loro, due terzi
del male che è nel mondo svanirebbero nell’aria. Se nessuno facesse del male a suo fratello,
Karma-Nemesi non avrebbe alcun motivo di agire, né alcuna arma da adoperare. È la continua
presenza in mezzo a noi di elementi di lotta e di opposizione, e la divisione delle razze, delle
nazioni, delle tribù, delle società e degli individui in Caini e in Abeli, in lupi ed agnelli, la
causa principale che provoca le “vie della Provvidenza”. Noi giornalmente scaviamo nel
nostro destino tanti meandri e con le nostre mani, mentre pensiamo di seguire la grande strada
maestra della rispettabilità e del dovere, e poi ci lamentiamo perché quei meandri sono così
intricati ed oscuri. Ci smarriamo davanti al mistero della nostra stessa opera, ed agli enigmi
della vita che non vogliamo risolvere, e poi accusiamo la grande Sfinge di divorarci. Ma nelle
nostre vite non c’è veramente un solo caso, un solo giorno infausto o una sola disgrazia che
non possa essere addebitata alle nostre azioni in questa o in un’altra vita. Se si violano le leggi
dell’Armonia, o, come si esprime uno scrittore teosofico, le “leggi della vita”, bisogna
prepararci a cadere nel chaos che noi stessi abbiamo provocato. Poiché, secondo lo stesso
scrittore:
1
Sarebbe stato meglio dire: “Che temono Karma-Nemesi”.
483
L’unica conclusione cui si può arrivare è che queste leggi della vita si vendicano da loro stesse; e che di
conseguenza ogni angelo vendicatore non è che una rappresentazione simbolica della loro reazione.
Perciò, se c’è qualcuno che resta senza aiuto davanti a queste leggi immutabili, non
siamo noi, artefici del nostro destino, ma piuttosto quegli Angeli, i guardiani dell’Armonia.
Karma-Nemesi non è altro che l’effetto dinamico spirituale delle cause prodotte dalle nostre
stesse azioni, e delle forze messe in attività da queste azioni medesime. È una legge di
dinamica occulta che “una data quantità di energia spesa sul piano spirituale o su quello
astrale produce risultati molto maggiori di quel che non produca la stessa quantità spesa sul
piano fisico oggettivo di esistenza”.
Questo stato di cose durerà finché le intuizioni spirituali dell’uomo non si saranno
pienamente sviluppate, e questo non avverrà se non quando ci saremo completamente
spogliati dalle nostre spesse vesti di materia; quando cominceremo ad agire dall’interno,
invece di seguire sempre gli impulsi esterni, prodotti dai nostri sensi fisici e dal nostro corpo
grossolano ed egoista. Quando insomma gli unici rimedi ai mali della vita saranno l’unione e
l’armonia — una fratellanza in actu, e un altruismo che non sia tale soltanto di nome. La
soppressione di una sola cattiva causa sopprimerà non uno, ma molti cattivi effetti. E se una
Fratellanza, o anche un certo numero di Fratellanze, non possono impedire alle nazioni di
tagliarsi la gola l’una con l’altra non appena se ne presenta l’occasione, tuttavia l’unità nel
pensiero e nell’azione, e l’indagine filosofica nei misteri dell’essere, impediranno sempre ad
alcune di quelle persone, che cercano di comprendere ciò che finora è per loro rimasto un
enigma, di creare delle cause in più di disgrazia in un mondo già tanto pieno di guai e di male.
La conoscenza del Karma dà la convinzione che se
La virtù in augustie e il vizio in trionfo rendono l’umanità atea”,1
è solo perché l’umanità non ha mai voluto vedere la grande verità che l’uomo stesso è
il proprio salvatore e il proprio distruttore. Egli non deve accusare il cielo e gli Dèi, le Parche
e la Provvidenza per l’apparente ingiustizia che regna in mezzo all’umanità. Rammenti e
ripeta invece questo frammento della sapienza greca, che ammonisce l’uomo di astenersi
dall’accusare Quello che
giusto, anche se misterioso, ci conduce infallibilmente, attraverso vie inosservate, dalla colpa alla punizione;
e sono queste le vie su cui attualmente le grandi nazioni europee marciano in avanti. Ogni
nazione ed ogni tribù degli ariani occidentali, come i loro fratelli orientali della Quinta Razza,
ha avuto la sua Età dell’Oro e la sua Età del Ferro, il suo periodo di relativa irresponsabilità, o
la sua Età Satya di purezza; ed attualmente parecchie di esse hanno raggiunto la loro Età del
Ferro, il Kali Yuga, un’epoca piena di orrori. D’altra parte è vero, come è stato giustamente
dimostrato, che i cicli exoterici di ogni nazione sono derivati e dipendono dai movimenti
siderali. Questi sono legati inseparabilmente ai destini delle nazioni e degli uomini. Ma, nel
senso puramente fisico, l’Europa non conosce altri cicli che quelli astronomici, e fa i suoi
calcoli secondo questi. E non vuole sentire parlare che di cerchi o di rotazioni immaginari nel
cielo stellato che li circonda,
arabescato di cicli e di epicicli
centrici ed eccentrici, sfera dentro sfera.
Ma per i pagani — di cui Coleridge dice giustamente: “Il tempo, il tempo ciclico era la
loro astrazione della Divinità”, quella “Divinità” che si manifestava in coordinazione con il
Karma e solo attraverso il Karma, ed era essa stessa questo Karma-Nemesi — i Cicli
significavano qualcosa di più che una semplice successione di avvenimenti, o uno spazio di
tempo periodico di durata più o meno lunga. Poiché generalmente questi Cicli venivano
segnalati con ricorrenze di un carattere più vario e più intellettuale di quelle che si
manifestano nel ritorno periodico delle stagioni o di certe costellazioni.
1
Dryden.
484
La sapienza moderna si contenta di calcoli astronomici e di profezie, basate su delle
leggi matematiche infallibili. La Sapienza Antica aggiunse al freddo guscio dell’Astronomia
gli elementi vivificanti della sua anima e del suo spirito: l’Astrologia. E, siccome i movimenti
siderali regolano e determinano sulla Terra anche avvenimenti che non concernono le patate e
le malattie periodiche di questo utile vegetale - affermazione, questa, che non è suscettibile di
spiegazione scientifica, e perciò è soltanto derisa, e non viene accettata - questi avvenimenti
devono sottomettersi a una predeterminazione basata su semplici calcoli astronomici. Coloro
che credono nell’Astrologia capiranno quel che vogliamo dire, mentre gli scettici rideranno di
questa credenza e si burleranno di questa idea. E in questo modo chiuderanno gli occhi, come
fanno gli struzzi, sul loro stesso fato1.
Questo perché il loro piccolo periodo cosiddetto storico, non offre ad essi alcun
margine per fare paragoni. Hanno davanti a sé il cielo stellato; e sebbene la loro vista
spirituale sia ancora ottenebrata, e la polvere atmosferica di origine terrestre impedisca la loro
vista e la tenga incatenata entro i limiti dei sistemi fisici, ciò nondimeno si accorgono dei
movimenti delle meteore e delle comete e prendono nota del loro comportamento. Essi
registrano le venute periodiche di quei “messaggeri fiammeggianti” e vaganti, e profetizzano
di conseguenza terremoti, piogge di meteore, l’apparizione di certe stelle, comete, ecc. Sono
dunque, dopo tutto, degli indovini? No; sono dei dotti astronomi.
Perché allora gli occultisti e gli astrologi, che sono altrettanto eruditi quanto questi
astronomi, non sono creduti quando profetizzano il ritorno di qualche avvenimento ciclico
basandosi sugli stessi princìpi matematici? Perché, quando affermano di sapere quando
avverrà questo ritorno, sono messi in ridicolo? Se i loro antenati e i loro predecessori
registrarono il ritorno di tali avvenimenti nell’epoca e nel giorno esatti in cui sarebbero
avvenuti, per un periodo che abbraccia centinaia di migliaia di anni, la congiunzione delle
stesse costellazioni deve produrre necessariamente degli effetti che, se non sono proprio gli
stessi, sono ad ogni modo ad essi analoghi. Le profezie devono essere derise per il fatto che
affermano di basarsi su centinaia di migliaia di anni di osservazione, e su milioni di anni per
ciò che concerne la razza umana? La scienza moderna a sua volta viene derisa da coloro che
sono rimasti ancorati alla cronologia biblica, per le sue cifre geologiche e antropologiche
molto più modeste. Così il Karma regola anche il sarcasmo umano a spese delle sètte, delle
dotte società e degli individui, che si burlano l’un l’altro. Eppure la predizione di tali
avvenimenti futuri, che ad ogni modo sono stati tutti previsti sull’autorità delle ricorrenze
cicliche, non implica nessun fenomeno psichico. Non si tratta né di previsione, né di profezia,
non più della segnalazione di una cometa o di una stella diversi anni prima della loro
apparizione. È semplicemente per conoscenza, e per calcoli matematici corretti, che i Saggi
orientali sono capaci di predire, per esempio, che l’Inghilterra è alla vigilia dell’una o
dell’altra catastrofe; che la Francia si sta avvicinando a un dato punto del suo ciclo; e che
l’Europa in generale è minacciata da un cataclisma, o meglio si trova alla vigilia di esso;
cataclisma a cui l’ha condotta il suo stesso ciclo di Karma razziale. II nostro punto di vista
1
Non tutti, però, perché ci sono degli scienziati che aprono gli occhi sulla verità. Ecco quel che ci è dato leggere: “Da
qualsiasi parte volgiamo lo sguardo, incontriamo un mistero... Nella Natura tutto ci è sconosciuto... Eppure non sono poche
le menti superficiali per le quali niente può essere prodotto dalle forze naturali se non dei fatti già osservati da lungo tempo,
consacrati dai libri e raggruppati più o meno abilmente con l’aiuto di teorie la cui durata effimera dovrebbe ormai avere
dimostrato la loro insufficienza... Non pretendo di contestare la possibilità dell’esistenza di esseri invisibili, di natura
differente dalla nostra e capaci di spingere la materia ad agire. Dei profondi filosofi hanno ammesso tutto questo in ogni
epoca, come conseguenza della grande legge di continuità che regola l’universo. Quella vita intellettuale che vediamo
emanare in qualche modo dal non-essere (néant) e raggiungere a poco a poco l’uomo, può fermarsi bruscamente all’uomo
stesso per riapparire solo nell’infinito, nel regolatore supremo del mondo? È poco probabile.” Perciò, “non nego l’esistenza
degli spiriti più di quel che non neghi l’esistenza dell’anima, anche se cerco di spiegare certi fatti senza questa ipotesi.”The
Non-Defined Forces, Historical and Experimental Researches, pag. 3. (Parigi, 1877) L’autore è A. de Rochas, uno
scienziato molto conosciuto in Francia, e la sua opera è un sintomo dei tempi.
485
sulla maggiore o minore attendibilità della notizia varia naturalmente a seconda che
accettiamo o respingiamo l’affermazione che essi sono basati su un enorme periodo di
osservazione storica. Gli Iniziati orientali sostengono di avere registrato gli avvenimenti
relativi allo sviluppo della razza e gli eventi di importanza universale fin dal princìpio della
Quarta Razza — mentre la loro conoscenza di avvenimenti che precedono questa epoca è
tradizionale. Inoltre, quelli che credono nella chiaroveggenza e nei poteri occulti non avranno
difficoltà a credere almeno al carattere generale di una data informazione, anche se essa è
tradizionale, una volta che la tradizione sia controllata e corretta dalla chiaroveggenza e dalla
conoscenza esoterica. Ma nel caso di cui trattiamo non pretendiamo alcuna credenza
metafisica di quel genere, perché la prova è fornita — in modo equivalente, per ogni
occultista, all’evidenza interamente scientifica — da documenti conservati mediante lo
Zodiaco da epoche incalcolabili.
Oggigiorno si è largamente dimostrato che anche gli oroscopi e l’Astrologia
giudiziaria non sono basati del tutto sulla finzione e che, di conseguenza, le stelle e le
costellazioni hanno un’influenza occulta e misteriosa sugli individui, e sono collegate ad essi.
E se sono collegate agli individui, perché non lo dovrebbero essere anche alle nazioni, alle
razze e all’intera umanità? Anche questo postulato è basato sull’autorità dei documenti dello
Zodiaco. Vedremo ora fino a qual punto lo Zodiaco era conosciuto dagli antichi, e fino a che
punto i moderni l’hanno dimenticato.
__________
486
SEZIONE XVI
LO ZODIACO LA SUA ANTICHITÀ
“Tutti gli uomini sono portati ad avere un’alta opinione del proprio intelletto, e a
rimanere tenacemente attaccati alle idee che professano” dice Jordan, aggiungendo poi
giustamente: “Eppure quasi tutti sono guidati dalle intelligenze degli altri, non dalle proprie, e
si può dire con ragione che adottano le proprie opinioni, più che crearle,”.
Questo è doppiamente vero per ciò che riguarda le opinioni scientifiche su delle
ipotesi che vengono prese in considerazione — dato che i pregiudizi e i preconcetti delle
cosiddette “autorità” decidono spesso su questioni della più vitale importanza per la storia. A
diverse di queste opinioni preconcette si sono attaccati i nostri dotti orientalisti, e non c’è
niente di più ingiusto o di più illogico del concetto erroneo che ci si è fatti generalmente
dell’antichità dello Zodiaco. Grazie alla mania di qualche orientalista tedesco, i sanscritisti
inglesi e americani hanno accettato l’opinione del professor Weber, il quale sostiene che le
popolazioni dell’India non avevano alcuna idea né alcuna conoscenza dello Zodiaco prima
dell’invasione macedone, e che gli antichi indù lo importarono nel loro paese dai greci. Poi ci
hanno detto che, secondo diverse altre “autorità”, nessuna nazione orientale conosceva lo
Zodiaco prima che gli elleni insegnassero gentilmente ai loro vicini quella loro invenzione. E
questo a dispetto del Libro di Giobbe, che essi stessi ritengono il più vecchio del canone
ebraico e certamente anteriore a Mosè; un libro che parla della creazione di “Arturo
[Arcturus], di Orione e delle Pleiadi [Osh, Kesil e Kimah] e delle camere del Sud”1; dello
Scorpione e di Mazaruth — i dodici segni2; — parole che, se significano qualcosa, implicano
la conoscenza dello Zodiaco anche fra le tribù degli arabi nomadi. Si afferma che il Libro di
Giobbe è anteriore a Omero e ad Esiodo di almeno mille anni, e i due poeti greci sono vissuti
circa otto secoli prima dell’èra cristiana (!). Sebbene, sia detto fra parentesi, chi preferisce
credere a Platone — il quale dimostra che Omero visse molto prima — potrebbe indicare un
certo numero di segni dello Zodiaco rammentati nell’Iliade e nell’Odissea, nei poemi orfici ed
altrove. Ma siccome, secondo l’ipotesi fantastica di certi critici moderni, non solo Orfeo, ma
persino Omero o Esiodo non sono mai esistiti, sarebbe tempo perduto il solo rammentare
questi autori arcaici. Basterà l’arabo Giobbe; a meno che il suo volume di lamentazioni,
insieme ai poemi dei due greci, a cui possiamo aggiungere quelli di Lino, non si attribuisca
ora alla falsificazione patriottica dell’ebreo Aristobulo. Ma se lo Zodiaco era conosciuto ai
tempi di Giobbe, gli indù civili e filosofici come avrebbero potuto ignorarlo?
Rischiando i dardi della critica moderna, — piuttosto spuntati per l’abuso che se ne è
fatto — il lettore può fare conoscenza con la dotta opinione di Bailly a questo riguardo. Si può
dimostrare che le speculazioni che si basano su delle deduzioni sono erronee. I calcoli
matematici poggiano su un terreno più sicuro. Prendendo come punto di partenza diverse
citazioni astronomiche contenute nel Libro di Giobbe, Bailly escogitò un mezzo
ingegnosissimo per provare che i primi fondatori della Scienza dello Zodiaco discendevano da
un popolo primitivo antidiluviano. II fatto che egli cerchi di vedere alcuni dei patriarchi
biblici in Toth, Seth e nel Fohi cinese, non toglie validità a questa prova sull’antichità dello
Zodiaco3. Anche accettando, nell’interesse dell’argomento, la sua cauta affermazione che l’età
giusta della Scienza dello Zodiaco è di 3700 anni a.C., questa data dimostra nel modo più
incontestabile che non furono i greci ad inventare lo Zodiaco, per la semplice ragione che
1
IX, 9.
XXXVIII, 31, 32.
3
Astronomie Antique.
2
487
trentasette secoli a.C. essi non esistevano come nazione, o almeno come razza storica
ammessa dai critici. Bailly calcolò dunque il periodo in cui le costellazioni manifestarono
quell’influsso atmosferico che Giobbe chiama i “dolci influssi delle Pleiadi”1, nel Kimah
ebraico; quello di Orione, Kesil; e quello delle piogge del deserto, che è in rapporto con lo
Scorpione, l’ottava costellazione; e trovò che, data l’eterna conformità di queste divisioni
dello Zodiaco e dei nomi dei pianeti applicati sempre e dappertutto nello stesso ordine, e data
l’impossibilità di attribuire tutto questo al caso e alle “coincidenze”— “che non producono
mai tali somiglianze” — bisognava veramente considerare lo Zodiaco come estremamente
antico2.
Inoltre, se si suppone che la Bibbia sia un’autorità in ogni campo — e ci sono alcuni
che la considerano ancora tale, tanto per ragioni cristiane che per ragioni cabalistiche — si
può allora vedere che lo Zodiaco viene chiaramente rammentato nel Secondo Libro dei Re,
XXIII, 5. Prima che il grande sacerdote Hilkiah, “scoprisse” il “libro della legge”, i segni
dello Zodiaco erano già conosciuti e adorati. Si tributava ad essi lo stesso culto che si aveva
per il sole e la luna, poiché i
sacerdoti, a cui i re di Giuda avevano ordinato di bruciare dell’incenso... a Baal, al sole, alla luna, ai
pianeti e a tutta la legione del cielo,
o ai “dodici segni o costellazioni”, come spiega la nota in margine alla Bibbia inglese,
continuarono a obbedire a questa ingiunzione per dei secoli. Smisero questa idolatria solo per
ordine di re Josiah, nel 624 a.C.
Il Vecchio Testamento è pieno di allusioni ai dodici segni dello Zodiaco, ed è tutto
basato su di esso — eroi, personaggi ed avvenimenti. Così quando nel sogno di Giuseppe si
parla di undici stelle” che si piegano davanti alla dodicesima stella, che era la sua “stella”, ci
si riferisce allo Zodiaco. Inoltre i cattolici romani hanno scoperto in questo sogno una profezia
riguardante Cristo, che, a quanto dicono, è rappresentato proprio da quella dodicesima stella,
mentre le altre sono gli undici apostoli; anche l’assenza del dodicesimo apostolo è considerata
come un’allusione profetica al tradimento di Giuda. Anche i dodici figli di Giacobbe sono un
riferimento alla stessa cosa, come osserva giustamente Villapandus3. Sir James Malcolm,
nella sua Storia della Persia, dimostra che il Dabistan riflette tutte queste tradizioni
riguardanti lo Zodiaco. Egli fa risalire l’invenzione dello Zodiaco ai tempi rigogliosi dell’Età
d’Oro dell’Iran, osservando che una di quelle tradizioni sostiene che i Genii dei Pianeti
vengono rappresentati sotto la stessa forma e lo stesso aspetto che avevano assunto quando si
erano mostrati a diversi santi profeti, e così provocarono l’istituzione dei riti basati sullo
Zodiaco.
Pitagora, e in seguito Filone Giudeo, consideravano il numero 12 come veramente
sacro.
Questo numero duodenario è perfetto. È il segno dello Zodiaco che il sole visita in dodici mesi, ed è in
onore di questo numero che Mosè divise la sua nazione in dodici tribù, che stabilì i dodici pani della
proposizione e che mise dodici pietre preziose sul pettorale dei pontefici.4
Secondo Seneca, Beroso insegnava a profetizzare ogni avvenimento ed ogni
cataclisma futuro basandosi sullo Zodiaco; e si è trovato che l’epoca da lui stabilita per la
conflagrazione del mondo – il Pralaya – e per un diluvio, corrispondeva all’epoca indicata in
un antico papiro egiziano. Simile catastrofe si produce ad ogni rinnovarsi del ciclo dell’Anno
Siderale di 25.868 anni. I nomi dei mesi degli akkadiani derivavano dai nomi dei segni dello
Zodiaco, ed essi erano di molto anteriori ai caldei. Proctor dimostra, nel suo Mythes and
1
Le Pleiadi, come tutti sanno, sono sette stelle al di là del Toro che appaiono al princìpio della Primavera. Hanno veramente
un significato occulto nella filosofia esoterica indù, e si ricollegano al Suono e ad altri princìpi mistici della Natura.
2
Vedi Astronomie Antique, pp. 63, 74.
3
Temple de Jérusalem, Vol. II, 2ª parte, cap. XXX.
4
Citato da De Mirville Des Esprits, IV, pag. 58.
488
Marvels of Astronomy, che gli antichi astronomi avevano un sistema fra i più accurati 2400
anni a. C.; gli indù fanno risalire il loro Kali Yuga ad una grande congiunzione periodica di
pianeti che avvenne trentun secoli a.C.; ma, nonostante tutto, furono i greci della spedizione
di Alessandro il Grande che istruirono in Astronomia gli indù!
Sia ariana che egiziana, l’origine dello Zodiaco è comunque infinitamente antica.
Simplicio, nel sesto secolo d.C., scrive di aver sempre sentito dire che gli egiziani avevano
conservato delle osservazioni e delle registrazioni astronomiche per un periodo di 634.000
anni. Questa dichiarazione sembra spaventare Gerald Massey, il quale osserva che:
Se consideriamo questo numero di anni tenendo presente che, come dice Eudosso, gli egiziani
chiamavano i mesi “anni”, cioè dei periodi di tempo, avremo sempre un periodo uguale a due cicli di precessione
[51.736 anni]1.
Diogene Laerzio faceva risalire i calcoli astronomici degli egiziani a 48.863 anni
prima di Alessandro il Grande2. Marziano Capella3 corrobora tutto questo lasciando detto alla
posterità che gli egiziani avevano studiato segretamente Astronomia per più di 40.000 anni,
prima di insegnare al mondo la loro dottrina.4 Nella Natural Genesis vengono fatte diverse
citazioni notevoli allo scopo di appoggiare le teorie dell’autore, ma esse riescono soprattutto a
confermare gli Insegnamenti della Dottrina Segreta. Per esempio, si cita la Vita di Silla di
Plutarco, dove egli dice:
Un giorno in cui il cielo era sereno e chiaro, si udì in esso il suono di una tromba, così forte, squillante e
lugubre che spaventò e sbalordì il mondo. I Saggi della Toscana dissero che questo preannunziava una nuova
razza di uomini, ed un rinnovamento del mondo; perché essi affermavano che vi erano otto razze diverse di
uomini, le quali erano tutte differenti una dall’altra come vita e come forma; e che il cielo aveva assegnato a
ciascuna di esse un dato periodo di tempo, limitato dalla durata del grande anno [25.868 anni]5.
Questo ricorda molto da vicino le nostre sette razze umane, e l’ottava razza – “l’uomo
animale” – discesa dall’ultima Terza Razza; come pure la sommersione e la distruzione
successive dei continenti che provocarono infine la sparizione di quasi tutta quella razza.
Giamblico dice:
Gli assiri non solo hanno conservato il ricordo di ventisette miriadi di anni [270.000 anni], come dice
Ipparco, ma hanno anche conservato quello di tutte le apocastasi e di tutti i periodi dei sette Reggenti del
Mondo6.
Questo si avvicina molto ai calcoli della Dottrina Esoterica. Poiché si assegnano
1.000.000 di anni alla nostra Razza Radice attuale (la Quinta), e sono passati circa 850.000
anni dalla sommersione dell’ultima grande Isola — parte del continente dell’Atlantide — la
Ruta della Quarta Razza, degli Atlantidei; mentre Daitya, un’isoletta abitata da una razza
mista, fu distrutta circa 270.000 anni fa, durante il periodo glaciale, o giù di lì. Ma i Sette
Reggitori, o le sette grandi Dinastie dei Re Divini, appartengono alle tradizioni di tutti i grandi
popoli antichi. In qualsiasi parte si ricordi il numero dodici, si tratta invariabilmente dei dodici
segni dello Zodiaco.
Questo è così evidente, che gli scrittori cattolici romani — specialmente i francesi
oltremontani — si sono accordati tacitamente per collegare i dodici patriarchi ebrei con i
segni dello Zodiaco. Questo viene fatto in maniera quasi profetica e mistica, che agli orecchi
dei pii e degli ignoranti suona come un avvertimento prodigioso, un tacito riconoscimento
divino del “popolo prescelto da Dio”, il cui dito ha segnato a bella posta nel cielo, fin dal
princìpio della creazione, il numero di questi patriarchi. Per fare un esempio abbastanza
curioso, questi scrittori, e fra gli altri De Mirville, riconoscono tutte le caratteristiche dei
dodici segni dello Zodiaco nelle parole che Giacobbe morente indirizza ai suoi figli, e nelle
1
Natural Genesis, II, pag. 318.
Proemio, 2.
3
[IV-V secolo .-N.d.T.]
4
Astronomy of the Ancients, Lewis, p. 264.
5
Natural Genesis, II, p. 319.
6
Proclo, In Timeum, I.
2
489
sue predizioni sul futuro di ogni tribù1. Inoltre, si dice che le rispettive bandiere di ogni tribù
portavano gli stessi simboli e gli stessi nomi dei segni, ripetuti nelle dodici pietre dell’Urim e
del Thummim, e sulle dodici ali dei due Cherubini. Lasciando ai suddetti mistici la
responsabilità dell’esattezza di questi pretesi rapporti con i segni dello Zodiaco, noi li citiamo:
l’Uomo, o Acquario, è nella sfera di Ruben, che vien detto “instabile come l’acqua” (nella
Vulgata è scritto “impetuoso” come l’acqua”); i Gemelli nella sfera di Simeon e di Levi, a
causa del loro stretto legame fraterno; il Leone, in quella di Giuda, “il forte Leone” della sua
tribù, “il figlio del Leone”; i Pesci, in quella di Zabulon, che “abita nel porto di mare); il Toro,
in quella di Issachar, perché egli è “un poderoso asino sdraiato”, ecc., e perciò ha rapporto con
le stalle; (la Vergine) e lo Scorpione in quella di Dan, che viene descritto come “un serpente,
una vipera che morde sul sentiero”, ecc.; il Capricorno in quella di Naphtali, che è “una cerva
(un cervo) lasciata libera”; il Cancro, in quella di Beniamino, poiché egli è “vorace”; la Libra,
la Bilancia, in quella di Asher, il cui “pane sarà grasso”; il Sagittario in quella di Giuseppe,
perché “il suo arco era molto forte”.
In quanto al dodicesimo segno, la Vergine, separatasi dallo Scorpione, possiamo
assegnarlo a Dinah, l’unica figlia di Giacobbe. La tradizione ci dice che le pretese tribù
portavano i dodici segni sulle loro bandiere. Ma la Bibbia, oltre a quanto sopra, è davvero
piena di simboli e di personificazioni teo-cosmologiche ed astronomiche.
Resta da sapere e da domandare: se il destino dei veri patriarchi viventi era veramente
legato in modo indissolubile allo Zodiaco, come mai, dopo che dieci tribù andarono disperse,
dieci segni su dodici non siano essi pure scomparsi dai campi siderali. Ma questo non ha
grande importanza, Occupiamoci piuttosto della storia dello Zodiaco.
Ricorderemo al lettore alcune opinioni che diverse alte autorità della scienza hanno
espresso al riguardo dello Zodiaco. Newton credeva che l’invenzione dello Zodiaco si potesse
far risalire fino alla spedizione degli Argonauti; e Dulaure stabilì che la sua origine doveva
essere stata 6.500 anni a.C., precisamente 2.496 anni prima della creazione del mondo,
secondo la cronologia della Bibbia.
Creuzer pensava che era facilissimo dimostrare che la maggior parte delle Teogonie
era intimamente collegata ai calendari religiosi, e aveva avuto la sua prima origine nello
Zodiaco; se non in uno Zodiaco come lo conosciamo adesso, in uno ad esso molto analogo.
Egli aveva la certezza che lo Zodiaco, con le sue relazioni mistiche, fu all’origine di tutte le
mitologie, sotto l’una o l’altra forma, e che è esistito nella sua forma antica per intere epoche,
prima che si mostrasse sotto la definitiva veste astronomica attuale, dovuta alla singolare
coordinazione di certi avvenimenti2.
Sia che i “genii dei pianeti”, i nostri Dhyân Chohan delle sfere superterrestri, si siano
mostrati o non si siano mostrati ai santi profeti” come si sostiene nel Dabistan, sembrerebbe
che grandi laici e grandi guerrieri siano stati favoriti anticamente nella stessa maniera in
Caldea, quando la Magia astrologica e la Teofania si davano la mano.
Senofonte, uomo straordinario, racconta che Ciro... al momento della sua morte ringraziò gli Dèi e gli
eroi, per averlo essi stessi così spesso istruito sui segni che sono in cielo έν ούρανίοις σηµείοις.3
A meno che non si ammetta che la scienza dello Zodiaco appartiene all’antichità ed
all’universalità più elevate, come ci si può spiegare il fatto che se ne rinvengono i segni nelle
Teogonie più antiche? Si dice che Laplace fosse colpito da stupore all’idea che i giorni di
Mercurio (mercoledì), di Venere (venerdì), di Giove (giovedì), di Saturno (sabato), ed altri,
1
Genesi, XLIV.
Creuzer, iii, pag. 930.
3
Cyropoedia, VIII, pag. 7, come viene citata in Des Esprits, IV, pag. 55.
2
490
avessero rapporto con i giorni della settimana nello stesso modo e con gli stessi nomi, tanto in
India che nell’Europa settentrionale.
Cercate, se vi riesce, di spiegare con l’attuale sistema di civilizzazione autoctona, tanto di moda
oggigiorno, come mai delle nazioni senza antenati, né tradizioni né luogo di nascita in comune, abbiano potuto
inventare una specie di fantasmagoria celeste, un vero e proprio imbroglio1 di denominazioni siderali, senza
seguito né scopo, senza alcuna relazione simbolica con le costellazioni che rappresentano, e ancor meno,
apparentemente, con le fasi della nostra vita terrestre che essi debbono significare,
se alla base di tutto questo non ci fossero state un’intenzione generale ed una causa e una fede
universale2. Dupuis ha asserito giustamente la stessa cosa:
Il est impossible de découvrir le moindre trait de ressemblance entre les parties du ciel et les figures que
les astronomes y ont arbitrairement tracées; et de l’autre côté, le hasard est impossible3.
È verissimo che il caso è “impossibile”. Nella Natura non c’è “caso” in cui tutte le
cose sono coordinate matematicamente, e collegate reciprocamente nelle loro unità. Coleridge
dice:
La parola “caso” non è che lo pseudonimo di Dio [o della Natura] nei casi particolari che egli non ama
segnare apertamente con la sua propria mano.
Sostituiamo la parola “Dio” con la parola “Karma”, e questo diventerà un assioma
orientale. Perciò le “profezie” siderali dello Zodiaco, come le chiamano i mistici cristiani, non
preannunziano mai alcun avvenimento particolare, per quanto sacro e solenne possa essere per
una certa parte dell’umanità, ma si riferiscono a leggi periodiche della Natura, che si ripetono
eternamente e che sono comprese solo dagli Iniziati degli stessi Dèi Siderali.
Nessun occultista, nessun astrologo nato in Oriente sarà mai d’accordo con i mistici
cristiani, e neppure con l’Astronomia mistica di Keplero, nonostante la sua grande scienza e la
sua grande erudizione; e questo perché, anche se le sue premesse sono del tutto giuste, le
deduzioni che ne trae sono unilaterali ed influenzate da preconcetti cristiani. Laddove Keplero
trova una profezia che si riferisce direttamente al Salvatore, altre nazioni vedono il simbolo di
una legge eterna, decretata per il Manvatara attuale. Perché vedere nei Pesci un riferimento
diretto a Cristo — uno dei tanti riformatori del mondo, un Salvatore per i suoi seguaci diretti,
ma per tutti gli altri niente più che un grande e glorioso Iniziato — quando quella
costellazione brilla come simbolo di tutti i Salvatori Spirituali passati, presenti e futuri, che
dispensano la luce e disperdono le tenebre della mente? I simbologisti cristiani hanno cercato
di provare che questo segno apparteneva ad Ephraim, il figlio di Giuseppe, l’eletto di
Giacobbe, e che perciò, quando il sole entrava nel segno dei Pesci, doveva nascere il “Messia
eletto”, l’Ιχθύς dei primi cristiani. Ma se Gesù di Nazareth fu quel Messia, nacque egli
veramente in quel “momento”, o l’ora della sua nascita non fu piuttosto stabilita secondo
l’adattamento dei teologi, che cercavano soltanto di far coincidere le loro idee preconcette con
gli avvenimenti celesti e con la fede popolare? Tutti sanno che l’ora e l’anno esatti della
nascita di Gesù sono totalmente sconosciuti. E gli ebrei — i cui antenati diedero alla parola
Dag il doppio significato di “Pesce” e di “Messia” durante lo sviluppo forzato del loro
linguaggio rabbinico — sono i primi a smentire questa affermazione dei cristiani. E che dire,
inoltre, del fatto che i Brâhmani collegano il loro a Messia”, l’eterno Avatâra Vishnu, con un
Pesce e con il Diluvio, e che i babilonesi fecero a loro volta un Pesce ed un Messia del loro
Dag-On, l’Uomo-Pesce e il Profeta?
Fra gli egittologi vi sono dei dotti iconoclasti che dicono che:
Quando i farisei cercavano un “segno del cielo”, Gesù disse: “Non vi sarà alcun segno.. se non quello
del profeta Giona”. (Matteo, XVI, 4)... Il segno di Giona è quello di Oan o l’Uomo-Pesce di Ninive... Certamente
non ci fu altro segno che quello del ritorno del Sole nei Pesci. La voce della Sapienza Segreta dice che coloro
1
[In italiano nel testo.]
Des esprits, IV, pp. 59, 60.
3
Charles F. Dupuis, Origine de tous les Cultes. “Zodiaque”.
2
491
che cercano dei segni non potranno trovare altro che quello del ritorno dell’Uomo-Pesce, Ichthys, Oannes o
Giona, che non poteva essere fatto carne.
Sembra che Keplero sostenesse come fatto positivo che, al momento della
“incarnazione”, tutti i pianeti fossero in congiunzione nel segno dei Pesci, che i cabalisti ebrei
chiamavano la “costellazione del Messia”. Keplero affermava che:
È in questa costellazione che si può trovare la stella dei Magi.
Quest’affermazione, che De Mirville cita dal dott. Sepp1, incoraggia il primo ad
osservare che:
Tutte le tradizioni ebraiche, mentre annunciavano quella stella che molte nazioni hanno veduta [!]2,
aggiungevano in seguito che essa avrebbe assorbito i settanta pianeti che presiedono ai destini di varie nazioni di
questa terra3. ”Per mezzo di quelle profezie naturali”, dice il dr. Sepp, “era scritto nelle stelle del firmamento che
il Messia sarebbe nato nell’anno lunare del mondo 4320, in quell’anno memorabile in cui l’intero coro dei
pianeti avrebbe celebrato il suo giubileo”4.
Era infatti con furore che al princìpio di questo secolo si pretendeva una restituzione
da parte degli indù, per un preteso furto che essi avrebbero commesso nei confronti degli
ebrei, riguardo ai loro “Dèi”, ai loro patriarchi e alla loro cronologia. Fu Wilford che
riconobbe Noè in Prithî e in Satyavrata, Enos in Dhruva, e persino Assur in Ishvara. Dopo
aver vissuto per tanti anni in India, alcuni orientalisti avrebbero almeno dovuto sapere che non
erano soltanto i Brâhmani a possedere questi simboli, o a dividere la loro Grande Epoca in
quattro epoche minori. Ciò nondimeno, coloro che scrivono in Asiatic Researches si
compiacciono nelle speculazioni più stravaganti. S. A. Mackey, il “filosofo, astronomo e
calzolaio di Norwich” dice molto giustamente:
I teologi cristiani pensano che sia loro dovere scrivere contro i lunghi periodi della cronologia indù, e
questo può anche essere loro perdonabile; ma quando un dotto crocifigge i nomi e i numeri degli antichi, e li
distorce e li tira per dargli una forma che significhi qualcosa di completamente estraneo all’intenzione degli
autori antichi; e dopo averli così mutilati, li fa calzare con la manifestazione di qualche capriccio che preesisteva
nel suo stesso cervello, con tanta esattezza che egli stesso pretende di essere sbalordito dalla scoperta, questo non
credo sia del tutto perdonabile.5
Quanto sopra deve intendersi rivolto al Capitano (poi Colonnello) Wilford, ma sono
parole che potrebbero essere benissimo indirizzate a più di uno dei nostri orientalisti moderni.
Il colonnello Wilford fu il primo a condurre a termine delle disgraziate speculazioni
sulla cronologia indù e sui Purâna stabilendo dei rapporti fra i 4.320.000 anni e la cronologia
biblica, con il sistema di rimpiccolire semplicemente la cifra a 4320 anni — l’anno lunare che
si supponeva essere quello della Natività — e il dr. Sepp non ha fatto altro che plagiare l’idea
di questo bravo ufficiale. Inoltre, si ostinò a considerarli di proprietà ebraica, e a vedere in essi
la profezia cristiana, accusando così gli ariani di essersi ispirati alla rivelazione semitica,
mentre è proprio tutto il contrario. D’altra parte, non si devono accusare gli ebrei di avere
saccheggiato direttamente gli indù, perché probabilmente Ezra non sapeva nulla dei loro
simboli. Li hanno evidentemente e indubbiamente presi in prestito dai caldei, nello stesso
modo in cui presero in prestito i loro Dèi. Essi ridussero i 432.000 anni delle divine dinastie
caldee6 a 4320 anni lunari, dalla creazione del mondo all’èra cristiana; in quanto agli Dèi
1
Vie de Notre Seigneur Jésus Christ, I, pag. 9.
Sia che molte nazioni abbiano veduto o no quella stessa stella, tutti sappiamo che le tombe dei “tre Magi” — che portano
nomi completamente teutonici come Gaspare e Melchiorre, che hanno ben poco di caldeo, mentre Balthazar [Baldassarre] è
la sola eccezione — vengono mostrate dai preti nella famosa cattedrale di Colonia, dove non solo si suppone, ma si crede
fermamente, che siano stati sepolti i corpi dei Magi.
3
Questa tradizione sui “settanta pianeti che presiedono ai destini delle nazioni” si basa sugli insegnamenti cosmogonici
occulti, secondo i quali, al di fuori della nostra catena settenaria di Mondi-Pianeti, ve ne sono molti altri nel sistema Solare.
4
Des Esprits, IV, p. 67.
5
The Mythological Astronomy of the Ancients Demonstrated; parte II, o The Key of Urania, pp. 23, 24. Ed. 1823.
6
Naturalmente ogni studioso sa che i caldei, per le loro dinastie divine, attribuivano le stesse cifre (432), o 432.000, degli
indù al loro Mahâyuga, e cioè 4.320.000. È per questo che il dr. Sepp di Monaco si mise a sostenere Keplero e Wilford, i
quali accusavano gli indù di averle prese a prestito dai cristiani, e i caldei di averle prese dagli ebrei che, si afferma,
aspettavano il loro Messia nell’anno lunare del mondo 4320!!! Poiché, secondo gli antichi scrittori, Beroso basò questi
2
492
babilonesi ed egiziani, li trasformarono tranquillamente e modestamente in Patriarchi. Tutte le
nazioni furono più o meno colpevoli di questo rifacimento o adattamento di un Pantheon —
un tempo comune a tutti — di Dèi e di Eroi universali in altrettanti Dèi ed Eroi nazionali di
tribù. Era una proprietà ebraica, sotto la nuova veste che le dava il Pentateuco, e nessun
israelita ha mai costretto un’altra nazione a fare altrettanto — e meno di tutte le nazioni
europee.
Senza fermarci a studiare più del necessario questa cronologia tutt’altro che
scientifica, possiamo fare ancora qualche osservazione che ci sembra molto pertinente. I 4320
anni lunari del mondo — nella Bibbia si adoperano gli anni solari — non sono una fantasia,
anche se la loro applicazione è del tutto erronea, perché non sono che il riflesso alterato della
dottrina primitiva esoterica, e di quella — più recente — Brâhmânica, riguardante gli Yuga.
Un Giorno di Brahmâ equivale a 4 miliardi e 320 milioni di anni, e così pure una Notte di
Brahmâ, o la durata del Pralaya; dopodiché un nuovo “sole” sorge trionfalmente sopra un
nuovo Manvantara, per illuminare la catena settenaria. Questo insegnamento è penetrato in
Palestina ed in Europa secoli prima dell’èra cristiana1, e fu tenuto in considerazione dagli
ebrei di Mosé, che basarono su di esso il loro piccolo ciclo, sebbene non abbia trovato piena
espressione che per mezzo dei cronologisti cristiani della Bibbia, che l’adottarono, come pure
adottarono il 25 dicembre, il giorno in cui si diceva che si fossero incarnati tutti gli Dèi solari.
Cosa c’è di straordinario, allora, nel fatto che il Messia sia stato fatto nascere nell’ “anno
lunare del mondo 4320”? Il “Sole di Giustizia e di Salvezza” era sorto una volta di più, e
aveva disperso le tenebre pralayche del Chaos e del Non-Essere sul piano oggettivo del nostro
piccolo globo e della nostra piccola catena. Una volta stabilito l’oggetto dell’adorazione, era
facile far coincidere i supposti avvenimenti della sua nascita, della sua vita e della sua morte
con le esigenze dello Zodiaco e con le vecchie tradizioni, pur dovendole un po’ modificare
per l’occasione.
È così diviene comprensibile quanto ha detto Keplero, da quel grande astronomo che
era. Egli riconosceva la grande ed universale importanza di tutte quelle congiunzioni
planetarie, “ciascuna delle quali”, come ha ribadito giustamente, “è un anno climaterico
dell’Umanità”2. La rara congiunzione di Saturno, di Giove e di Marte ha il suo significato e la
sua importanza, a causa dei grandi risultati innegabili, sia in India, in Cina, che in Europa, per
i rispettivi mistici di questi paesi.3 Ora, non è che una supposizione gratuita sostenere che la
numeri sui 120 Saros — poiché ciascuna divisione significava sei Neros 600 anni ciascuno, il che faceva un totale di
4.320.00 anni — essi sembrerebbero decisivi, come osserva De Mirville (Des Esprits, III, p. 24). Così il pio professore di
Monaco si accinse a spiegarli in maniera corretta. Pretende di aver risolto l'enigma dimostrando che “siccome il Saros è
composto, secondo Plinio, di 222 mesi sinodici, cioè di 18 anni e 6/10”, il calcolo deve naturalmente riferirsi alle cifre
“dateci da Suida, il quale affermava che “120 Saros equivalevano a 2.222 anni sacerdotali e ciclici, vale a dire a 1.656 anni
solari”. (Vie de Notre Seigneur Jésus Christ, II, pag. 417). Ma Suida non ha mai detto niente di simile; e, anche se l’avesse
detto, con tale riaffermazione avrebbe dimostrato poco o niente. I Neros e i Saros sono sempre stati una spina per gli antichi
scrittori non-iniziati, come il 666 della “grande Bestia” dell’Apocalisse è una spina per gli scrittori moderni; e tanto le une
che le altre cifre hanno avuto i loro sfortunati Newton.
1
Vedi Iside Svelata, II, pag. 132.
2
Il lettore deve tener presente che l’espressione “anno climaterico” quando è adoperata dagli occultisti e dai mistici significa
qualcosa di più dell’usuale. Non è solo un periodo critico, durante il quale si aspetta periodicamente qualche grande
cambiamento, sia nella costituzione umana che in quella cosmica, ma è un periodo che riguarda anche dei cambiamenti
universali e spirituali. Gli europei chiamavano ogni 63° anno “il grande anno climaterico”, e supponevano, forse
giustamente, che il numero di questi anni si ottenesse moltiplicando il 7 per i numeri dispari 3, 5, 7 e 9. Ma il 7 per
l’Occultismo è la vera scala della Natura, e deve essere moltiplicato in una maniera e con un metodo del tutto differenti da
quelli conosciuti finora dalle nazioni europee.
3
[Parlare di una congiunzione di Marte, Giove e Saturno in generale, non definisce in nessun modo le effettive circostanze
coinvolte in tale problema. Dobbiamo tenere a mente che questi tre pianeti possono essere in congiunzione (per noi, come
osservatori) nella direzione opposta del sole. Possono anche essere in congiunzione (per noi, come osservatori) sull’altro lato
del sole, o oltre di esso; poiché il sole è parte della configurazione. Possono anche essere in congiunzione, o visti sulla stessa
linea, da qualche altro punto nell’orbita terrestre, e questo includerebbe una o più parti dello sfondo zodiacale. Questo tipo di
493
Natura ha tenuto presente soltanto Cristo nel costruire le sue costellazioni, fantastiche e senza
significato (per il profano). Se si pretende che non è stato per caso che gli architetti arcaici
dello Zodiaco, migliaia di anni fa, hanno contrassegnato il simbolo del Toro con l’asterisco a,
il che non prova né in modo migliore né più valido che esso profetizzi il Verbo o Cristo
quanto l’aleph del Toro non significhi l’unico” e il “primo”, né che Cristo fosse l’alfa o
“l’unico”, si può allora dimostrare che questa “prova” ha più di un punto debole. Tanto per
cominciare, lo Zodiaco esisteva assolutamente prima dell’èra cristiana; poi, tutti gli Dèi solari,
Osiride, per esempio, — sono stati collegati misticamente con la costellazione del Toro, e
furono tutti chiamati dai loro rispettivi adoratori i “Primi”. Più tardi, i compilatori degli
appellativi dati al Salvatore cristiano s’impratichirono, più o meno tutti, con il significato dei
segni dello Zodiaco, ed è più facile supporre che essi abbiano aggiustato le loro pretese in
modo da collegarle con i segni mistici, che credere che questi abbiano brillato come una
profezia per una parte dell’umanità, durante milioni di anni, senza tener conto delle
innumerevoli generazioni che sono venute prima, né di quelle che dovevano nascere dopo. Ci
dicono:
Non è stato semplicemente il caso quello che in certe sfere ha posto su un trono la testa di questo toro
[Taurus] che cerca di respingere un drago con la croce uncinata; dovremmo sapere che questa costellazione del
Toro era chiamata “la grande città di Dio e la madre delle rivelazioni”, e anche “l’interprete della voce divina”,
l’Apis Pacis di Hermontis, in Egitto, il quale [come i padri della Chiesa vorrebbero far credere al mondo] si dice
abbia rivelato degli oracoli che si riferivano alla nascita del Salvatore”1.
Vi sono diverse risposte a questa pretesa teologica. Prima di tutto, la croce uncinata
egiziana, o Tau, la croce Jaina, o Svastika, e la croce cristiana, hanno tutte il medesimo
significato. Secondariamente, all’infuori dei cristiani, nessun popolo e nessuna nazione
diedero mai al Drago il significato che gli si dà ora.
Il Serpente era il simbolo della SAGGEZZA, e il Toro il simbolo della generazione
fisica o terrestre. Così il Toro che respinge il Drago, o la Divina Saggezza spirituale, con il
Tau, o con la croce — che esotericamente è “la base e lo scheletro di ogni costruzione” —
avrebbe avuto un significato completamente fallico e fisiologico, a meno che non avesse
ancora un altro significato sconosciuto ai nostri studiosi e ai nostri simbologisti biblici. Ad
ogni modo, non ha alcun riferimento speciale al Verbo di San Giovanni, tranne, forse, che in
senso generale. Il Taurus — che, fra parentesi, è un toro e non un agnello — fu considerato
sacro in ogni Cosmogonia, per gli indù come per gli zoroastriani, per i caldei come per gli
egiziani. Questo lo sanno tutti gli studiosi.
Potrà forse aiutare i nostri teosofi a rinfrescarsi la memoria invitarli a riferirsi a ciò che
è stato detto della Vergine e del Drago, e dell’universalità delle nascite e delle rinascite
periodiche dei Salvatori del mondo — gli Dèi solari — in Iside Svelata2, a proposito di certi
passaggi dell’Apocalisse. Nel 1853, il Sapiente conosciuto sotto il nome di Erard-Mollien
lesse davanti all’Istituto di Francia una conferenza che tendeva a provare l’antichità dello
Zodiaco indiano, nei segni del quale furono trovate la radice e la filosofia di tutte le feste
religiose più importanti di quel paese; il conferenziere cercò di dimostrare che l’origine di
queste cerimonie religiose si perde nella notte dei tempi, fino ad almeno 3000 anni a. C.
congiunzione potrebbe essere chiamato Congiunzione Sinodica. I Periodi Siderali e Sinodici di questi tre pianeti sono come
segue:
Periodo Siderale:
Periodo Sinodico
1.88 anni
Marte
780 giorni
11. 86 anni
Giove
399 giorni
29.47 anni
Saturno
378 giorni
Non vi è nulla, nel testo di H.P.B., che indichi a quale particolare tipo di congiunzione si riferisca. –Nota di B. de Zirkoff.]
1
Des esprits, IV, pag. 61.
2
H. P. Blavatsky Iside Svelata, II, pag. 490.
494
Lo Zodiaco degli indù, pensava, era di molto anteriore allo Zodiaco dei greci, e differiva
molto in alcuni particolari. In esso si vede il Drago sopra un albero, ai piedi del quale la
Vergine, Kanyâ-Durgâ, una delle Dee più antiche, sta su un Leone che traina il carro solare:
Ecco la ragione per cui questa Vergine Durgâ non è il semplice memento di un fatto astronomico, ma
veramente la divinità più antica dell’Olimpo indiano. È certamente la stessa Vergine il cui ritorno viene
annunciato in tutti i libri sibillini — sorgente di ispirazione per Virgilio — come un’epoca di rinnovamento
universale... E, dato che il popolo che parla il Malayalim [popolo dell’India meridionale] chiama ancora i mesi
basandosi su questo Zodiaco solare indiano, perché dovrebbe averlo abbandonato per prendere quello dei greci?
Tutto prova, al contrario, che queste figure dello Zodiaco furono trasmesse ai greci dai caldei, che le avevano
prese dai Brâhmani1.
Ma tutto questo costituisce una prova piuttosto meschina. Tuttavia ricordiamoci anche
di quel che dissero e accettarono i contemporanei di Volney, il quale osservò che, siccome
l’Ariete si trovava al suo quindicesimo grado 1447 anni a.C., ne segue che il primo grado
della Bilancia non poteva aver coinciso con l’equinozio primaverile più tardi di 15.194 anni
a.C.; se si aggiunge a questi i 1790 anni che ci separano dalla nascita di Cristo, risultano esser
passati 16.984 anni dall’origine dello Zodiaco2. Inoltre il dr. Schlegel, nel suo Uranographie
Chinoise, assegna alla sfera astronomica cinese un’antichità di 18.000 anni3. Ciò nondimeno,
siccome le opinioni che vengono citate senza le prove adeguate servono a poco, può essere
più utile rivolgersi alle prove scientifiche. M. Bailly, il famoso astronomo francese del secolo
scorso, membro dell’Accademia, ecc., afferma che i sistemi di Astronomia indiani sono di
gran lunga i più antichi, e che quelli egiziani, greci, romani e persino ebraici hanno preso da
essi le loro cognizioni. Per sostenere la sua idea, egli dice:
Gli astronomi che vissero prima del 1491 sono, prima di tutto, i greci di Alessandria: Ipparco, che visse
125 anni prima della nostra èra, e Tolomeo, che viene 260 anni dopo Ipparco. A questi seguirono gli arabi, che
ripristinarono lo studio dell’Astronomia nel nono secolo. Vennero poi i persiani e i tartari, ai quali dobbiamo le
Tavole di Nassireddin nel 1269, e quelle di Ulug-beg nel 1437. Tale è in Asia la successione degli avvenimenti
conosciuti prima dell’epoca indiana del 1491. Che cos’è, allora, un’epoca? È l’osservazione della longitudine di
una stella a un dato momento, del posto del cielo in cui è stata vista, e che serve come punto di riferimento, come
punto di partenza da cui calcolare le posizioni passate e future della stella osservandone il movimento. Ma
un’epoca è inutile se non si è determinato il movimento della stella. Un popolo nuovo alla scienza e costretto a
prendere in prestito un’Astronomia forestiera, non trova alcuna difficoltà nello stabilire un’epoca, poiché l’unica
osservazione necessaria è quella che si può fare al momento. Ma ciò che gli è assolutamente necessario, e che
esso è obbligato a prendere da altri, sono quegli elementi che debbono essere determinati accuratamente e che
richiedono un’osservazione continua; soprattutto i movimenti che dipendono dal tempo, e che possono essere
determinati con esattezza solo dopo secoli di osservazione. Questi movimenti, dunque, devono esser presi da una
nazione che ha fatto tali osservazioni, ed ha lavorato su esse per secoli. Perciò concludiamo che un popolo nuovo
non prenderà le epoche da un popolo antico, senza prendergli anche i “movimenti medi.” Con questo princìpio,
capiremo che le epoche indù 1491 e 3102 non possono essere derivate da quelle di Tolomeo o di Ulug-beg.
Rimane la supposizione che gli indù, confrontando le loro osservazioni nel 1491 con quelle fatte
precedentemente da Ulug-beg e da Tolomeo, adoperarono gli intervalli che intercorrevano fra queste
osservazioni per determinare i movimenti medi. La data di quelle di Ulug-beg è troppo recente perché possa
servire a una simile determinazione; mentre la data di quelle di Tolomeo e di Ipparco era lontana appena quel
che basta. Ma se i movimenti degli indù erano stati determinati per mezzo di tali comparazioni, le epoche
sarebbero collegate fra loro. Partendo dalle epoche di Ulug-beg e di Tolomeo, arriveremo a tutte quelle degli
indù4.
A tutto questo possiamo aggiungere un’altra importante considerazione. Quando una nazione è costretta
a prendere in prestito dai suoi vicini i metodi o i movimenti medi delle sue Tavole astronomiche, ha ancora
maggior bisogno di acquisire la loro conoscenza delle ineguaglianze e dell’inclinazione dei movimenti dei corpi
celesti, dei movimenti dell’apogeo, dei nodi e dell’inclinazione dell’eclittica; in poche parole, di quegli elementi
per la cui determinazione occorre l’arte di osservare, dell’applicazione di certi strumenti e di una grande
1
Vedi Recueil de l’Académie des Inscriptions, 185 citato in Des Esprits, IV, pag. 62.
Ruins of Empires, pag. 360.
3
Vedi pp. 54, 196 e seguenti.
4
Per aver una prova scientifica e dettagliata di questa conclusione vedi l’opera di M. Bailly, pag. 21, dove l’argomento viene
discusso tecnicamente.
2
495
diligenza. Tutti questi elementi astronomici, che differiscono più o meno fra loro, dei greci di Alessandria, degli
arabi, dei persiani e dei tartari, non mostrano alcuna somiglianza con quelli degli indù. Perciò è chiaro che questi
non presero niente dai loro vicini.
Se gli indù non presero da nessun altro popolo la loro epoca, vuol dire che ne possedevano una propria,
basata sulle loro stesse osservazioni; e questa dev’essere o l’epoca dell’anno 1491 della nostra èra, o quella del
3102 prima della nostra èra; quest’ultima epoca precede quella del 1491 di 4.592 anni.
Dobbiamo scegliere fra queste due epoche e decidere quale delle due è basata sull’osservazione. Ma
prima di esporre gli argomenti che possono e debbono decidere la questione, permetteteci di fare alcune
osservazioni per coloro che fossero portati a credere che siano stati i calcoli e le osservazioni moderne a porre gli
indù in grado di determinare le posizioni passate dei corpi celesti. Non è davvero facile determinare con una
certa esattezza i movimenti celesti per risalire la corrente del tempo fino a 4.592 anni fa, e descrivere i fenomeni
che devono essere accaduti in quel periodo. Oggi possediamo degli ottimi strumenti; per circa due o tre secoli
sono state fatte delle osservazioni esatte, che ci permettono già di calcolare con precisione considerevole i
movimenti medi dei pianeti; abbiamo le osservazioni dei caldei, di Ipparco e di Tolomeo, che, a causa della loro
lontananza dal tempo attuale, ci permettono di stabilire questi movimenti con una sicurezza maggiore. Ma non
possiamo ancora intraprendere con esattezza invariabile la descrizione delle osservazioni che si riferiscono al
lungo periodo che intercorre fra i caldei e noi; e ancor meno possiamo metterci a determinare con esattezza
avvenimenti accaduti 4.592 anni prima di noi. Sia Cassini che Maier hanno determinato, ognuno per suo conto, il
movimento secolare della Luna, e differiscono fra loro di 3’43”. Questa differenza in quarantasei secoli darebbe
luogo ad un’incertezza di quasi tre gradi riguardo al posto occupato dalla Luna. Senza dubbio uno di questi
calcoli è più esatto dell’altro; e sta alle osservazioni di grandissima antichità a decidere fra di essi. Ma quando si
tratta di epoche tanto remote, mancanti di osservazioni, accade che restiamo incerti riguardo ai fenomeni. Come
potevano gli indù far risalire i loro calcoli dall’anno 1491 d.C. fino all’anno 3102 a.C., se solo da poco si erano
messi a studiare l’Astronomia?
Gli orientali non sono mai stati come noi. Qualsiasi alta opinione ci possiamo fare del loro sapere
studiando la loro Astronomia, non supporremo mai che essi hanno posseduto tutti quegli strumenti che formano
il vanto dei nostri osservatori moderni, e che sono il prodotto del progresso simultaneo di varie arti; ed essi non
potevano possedere quel genio delle scoperte che finora sembra appartenere esclusivamente all’Europa, e che,
rimediando alla mancanza di tempo, provoca il rapido progresso della scienza e dell’intelligenza umana. Se gli
asiatici sono stati potenti, dotti e saggi, è al potere del tempo che debbono il loro merito ed il loro successo in
tutti i generi di cose. Il potere ha fondato o distrutto i loro imperi; ora ha eretto edifici imponenti per la loro
grandezza, ora li ha ridotti a delle venerabili rovine; e mentre queste vicende si alternavano l’una all’altra, la
perseveranza accumulava il sapere; e l’esperienza prolungata produsse la saggezza. È stata l’antichità delle
nazioni dell’Oriente che ha costruito la loro fama scientifica.
Se gli indù possedevano nel 1491 una conoscenza dei movimenti celesti abbastanza esatta da renderli
capaci di risalire fino a 4.592 anni indietro, ne segue che potevano avere ottenuto questo sapere solo da
osservazioni antichissime. Concedere loro tale sapienza, negando le osservazioni da cui è derivata, è supporre
un’assurdità; sarebbe come presumere che al princìpio del loro percorso avessero già raccolto i frutti del tempo e
dell’esperienza. E, d’altra parte, se si supponesse che la loro epoca del 3102 fosse quella vera, ne seguirebbe che
gli indù sarebbero semplicemente andati di pari passo coi secoli successivi fino all’anno 1491 della nostra èra.
Così, il tempo stesso è stato loro maestro; essi conoscevano i movimenti dei corpi celesti durante questi periodi,
perché li avevano veduti; e la durata del popolo indù sulla Terra è la causa della fedeltà delle sue registrazioni e
dell’esattezza dei suoi calcoli.
Parrebbe che il problema di sapere quale sia l’epoca vera, se quella del 3102 o quella del 1491, si
potesse risolvere basandosi su una certa considerazione, e cioè che gli antichi in generale e gli indù in
particolare, come si può vedere dall’ordinamento delle loro Tavole, calcolavano, e perciò osservavano, soltanto
le eclissi. Ora, al momento dell’epoca 1491 non vi fu alcuna eclisse di sole, e non fu osservata alcuna eclisse di
luna né durante i quattordici giorni che precedettero questo momento né durante i quattordici giorni che lo
seguirono. Perciò l’epoca 1491 non è basata sull’osservazione. In quanto all’epoca 3102, i Brâhmani di Tirvaloor
la pongono al sorgere del sole del 18 febbraio. Il sole allora si trovava nel primo punto dello Zodiaco, secondo la
sua vera longitudine. Le altre Tavole mostrano che alla mezzanotte precedente la luna era allo stesso posto, ma
secondo la sua longitudine media. I Brâhmani ci dicono anche che questo primo punto, l’origine del loro
Zodiaco, fu, nell’anno 3102, di 54 gradi indietro all’equinozio. Ne segue che l’origine — il primo punto del loro
Zodiaco — era perciò nel sesto grado dell’Acquario.
Perciò, all’incirca in quel tempo e in quel luogo, è avvenuta una congiunzione media; e infatti si parla di
questa congiunzione nelle nostre migliori Tavole: quelle di La Caille per il sole e quelle di Maier per la luna.
Non vi fu un’eclisse di sole, poiché la luna era troppo distante dal suo nodo; ma, quattordici giorni dopo, la luna
si avvicinò al nodo, e ci dev’essere stata un’eclisse. Le Tavole di Maier, adoperate senza la correzione per
l’accelerazione, registrano questa eclisse, ma la fanno avvenire durante il giorno, quando non avrebbe potuto
essere osservata in India. Le Tavole di Cassini invece la fanno avvenire di notte, il che dimostra che i movimenti
496
di Meier sono troppo rapidi per dei secoli così lontani da noi, quando non si tiene conto dell’accelerazione; e
questo prova anche che, malgrado il perfezionarsi della nostra conoscenza, siamo ancora incerti riguardo al vero
aspetto del cielo nei tempi passati.
Perciò crediamo che, fra le due epoche indù, la vera sia quella dell’anno 1302, perché fu accompagnata
da un’eclisse che poté essere osservata, e che dev’essere servita a determinarla. Questa è una prima prova
dell’esattezza della longitudine assegnata in quel momento dagli indù al sole e alla luna; e tale prova forse
basterebbe, se questa antica determinazione non fosse della più grande importanza per la verifica dei movimenti
di questi corpi, e non dovesse perciò essere corredata da ogni prova possibile che dimostri la sua autenticità.
Osserviamo:
1) che gli indù sembrerebbero aver combinato due epoche insieme nell’anno 3102. I Brâhmani di Tirvaloor
contano primariamente dal primo momento del Kali Yuga; ma hanno una seconda epoca che viene 2 giorni, 3
ore, 32’ e 30” più tardi. Quest’ultima è la vera epoca astronomica, mentre la prima è, a quanto pare, un’èra
civile. Ma se quest’epoca del Kali Yuga non era reale, ed era soltanto il risultato di un calcolo, perché sarebbe
stata così divisa? La loro epoca calcolata astronomicamente sarebbe divenuta quella del Kali Yuga, che sarebbe
stata posta alla congiunzione del sole e della luna, come è accaduto delle epoche delle altre tre Tavole. Devono
aver avuta una ragione per fare distinzione tra le due epoche; e questa ragione può esser dovuta soltanto alle
circostanze ed al tempo dell’epoca; che perciò non poteva essere il risultato di un calcolo. E questo non è tutto;
partendo dall’epoca solare determinata dal sorgere del sole il 18 febbraio 3102, e risalendo il corso degli
avvenimenti per 2 giorni, 3 ore, 32’ e 30”, arriviamo alle 2 ore, 27’ e 30” antimeridiane del 16 febbraio, che è il
momento in cui comincia il Kali Yuga. È curioso che questa età non sia stata fatta cominciare da una delle grandi
divisioni del giorno. Si potrebbe sospettare che l’epoca fosse a mezzanotte, e che le 2 ore, 27’e 30” siano una
correzione meridiana. Ma qualsiasi sia stata la ragione per cui si è stabilito questo momento, è chiaro che se
questa epoca fosse il risultato di un calcolo sarebbe stato tanto facile farla risalire alla mezzanotte, quanto far
coincidere l’epoca con una delle divisioni principali del giorno, invece di porla in un momento determinato da
una frazione di giorno.
2) Gli indù affermano che al primo momento del Kali Yuga vi fu una congiunzione di tutti i pianeti; e le loro
Tavole indicano questa congiunzione, mentre le nostre mostrano che essa potrebbe veramente aver avuto luogo.
Giove e Mercurio si trovavano esattamente nello stesso grado dell’eclittica; mentre Marte era distante da essa 8°
e Saturno 17°. Ne segue che intorno a questo tempo, o circa quindici giorni dopo il princìpio del Kali Yuga, e
mentre il sole avanzava nello Zodiaco, gli indù videro quattro pianeti emergere successivamente dai raggi del
sole; dapprima Saturno, poi Marte, Giove e Mercurio, e questi pianeti apparivano riuniti in uno spazio assai
piccolo. Sebbene Venere non fosse fra loro, il gusto per il meraviglioso indusse gli indù a chiamare ciò una
congiunzione generale di tutti i pianeti. La testimonianza dei Brâhmani qui coincide con quella delle nostre
Tavole; e questa prova, risultato di una tradizione, deve essere fondata su di un’osservazione reale.
3) Possiamo osservare che questo fenomeno fu visibile circa quindici giorni dopo l’epoca, ed esattamente
quando dev’essere stata osservata quell’eclisse di luna che servì a determinarla. Le due osservazioni si
confermano reciprocamente; e chi fece una di esse deve aver fatto anche l’altra.
4) Si può credere anche che gli indù determinassero nello stesso tempo il posto del nodo della luna; questo
sembra indicato dai loro calcoli. Essi danno la longitudine di questo punto dell’orbita lunare al tempo della loro
epoca, e vi aggiungono una costante di 40’, che rappresenta il movimento del nodo in 12 giorni e 14 ore. È come
se stabilissero che questa determinazione sia stata fatta tredici giorni dopo la loro epoca, e che per farla
corrispondere a quell’epoca, bisogna aggiungere i 40’ di cui il nodo è retrocesso nell’intervallo. Questa
osservazione ha perciò la stessa data di quella dell’eclisse lunare; abbiamo dunque tre osservazioni che si
confermano l’una con l’altra.
5) Dalla descrizione dello Zodiaco indù dataci da M. C. Gentil, vediamo che in esso i posti occupati dalle stelle
chiamate l’Occhio del Toro e la Spiga della Vergine determinano il princìpio del Kali Yuga. Ora, comparando
questi posti con le posizioni reali, ridotte dalla nostra precessione degli equinozi per il momento in questione,
vediamo che il punto di origine dello Zodiaco indù deve esser posto fra il quinto e il sesto grado dell’Acquario. I
Brâhmani, perciò, avevano ragione di metterlo nel sesto grado di quel segno, tanto più che questa piccola
differenza può esser dovuta al movimento proprio alle stelle, che è sconosciuto. Così fu ancora un’altra
osservazione che guidò gli indù in questa determinazione così accurata del primo punto del loro Zodiaco mobile.
Non sembra possibile dubitare che nell’antichità esistessero delle osservazioni su questa data. I persiani dicono
che quattro belle stelle furono poste come guardiani ai quattro angoli del mondo. Ora accadde che al cominciare
del Kali Yuga, 3.000 o 3.100 anni prima della nostra èra, l’Occhio del Toro e il Cuore dello Scorpione si
trovavano esattamente ai punti equinoziali, mentre il Cuore del Leone e il Pesce del Sud erano piuttosto vicini ai
punti solstiziali. Un’osservazione del sorgere delle Pleiadi di sera, sette giorni prima dell’equinozio autunnale,
risale pure all’anno 3000 avanti la nostra èra. Questa ed altre osservazioni del genere si trovano nei calendari di
Tolomeo, per quanto egli non ne nomini gli autori; queste osservazioni, più antiche di quelle dei caldei,
potrebbero essere benissimo opera degli indù. Essi conoscevano molto bene la costellazione delle Pleiadi, e
mentre noi la chiamiamo volgarmente le “Gallinelle”, essi la chiamano Pillaloo-codi: la “Gallina e i pulcini”.
497
Questo nome è perciò passato di popolo in popolo, e ci proviene dalle nazioni più antiche dell’Asia. Vediamo
che gli indù devono avere osservato il sorgere delle Pleiadi, ed essersene serviti per regolare i loro anni e i loro
mesi; per questo la costellazione viene chiamata anche Krittikâ. Ora essi hanno un mese che porta lo stesso
nome, e tale coincidenza può essere dovuta solo al fatto che questo mese era annunciato dal sorgere o dal
tramontare della costellazione in questione.
Ma ciò che dimostra in modo ancor più decisivo che gli indù osservavano le stelle, e nella stessa
maniera nostra, stabilendone la posizione dalla loro longitudine, è un fatto ricordato da Agostino Riccio; e cioè
che, secondo le osservazioni attribuite ad Ermete, e fatte 1.985 anni prima di Tolomeo, la stella brillante della
Lira e quella del Cuore dell’Idra erano ognuna sette gradi avanti le loro rispettive posizioni, come le aveva
determinate Tolomeo. Questa determinazione sembra davvero straordinaria. Le stelle avanzano regolarmente
rispetto all’equinozio; e Tolomeo dovrebbe aver trovato le longitudini superiori di 28 gradi a quelle di 1.985 anni
prima. Inoltre, in questo fatto vi è una particolarità notevole: che lo stesso errore o la stessa differenza è stata
trovata nella posizione di entrambe le stelle; perciò l’errore fu dovuto a qualche causa che interessava nello
stesso modo tutte e due le stelle. Fu per spiegare questa peculiarità che l’arabo Thebith immaginò che le stelle
avessero un movimento oscillatorio che le faceva avanzare e retrocedere alternativamente. Questa ipotesi fu
demolita con facilità; ma le osservazioni attribuite ad Ermete rimasero senza spiegazione. Inoltre, la loro
spiegazione si trova nell’Astronomia indù. Alla data stabilita per queste osservazioni, 1.985 anni prima di
Tolomeo, il primo punto dello Zodiaco indù sopravanzava l’equinozio di 35 gradi, perciò le longitudini calcolate
basandosi su questo punto superavano di 35 gradi quelle computate basandosi sull’equinozio. Ma dopo un
periodo di 1.985 anni le stelle sarebbero avanzate di 28 gradi, e tra le longitudini di Ermete e quelle di Tolomeo
rimarrebbe una differenza di solo 7 gradi; e questa differenza sarebbe la stessa per le due stelle, essendo dovuta
alla differenza tra i punti di partenza dello Zodiaco indù e quello di Tolomeo, che aveva inizio dall’equinozio.
Questa spiegazione è così semplice è così naturale che dev’essere vera. Non sappiamo se Ermete, così celebre
nell’antichità, fosse un indù, ma vediamo che le osservazioni che gli vengono attribuite sono computate al modo
degli indù, e concludiamo che furono fatte dagli indù, che erano perciò capaci di fare tutte le osservazioni che
abbiamo enumerate, e che troviamo annotate nelle loro Tavole.
6) L’osservazione dell’anno 3102, che sembra aver stabilito la loro epoca, non era difficile. Vediamo che gli
indù, una volta determinato il movimento giornaliero della luna di 13° 10’ 35”, lo adoperano per dividere lo
Zodiaco in 27 costellazioni, in rapporto con il periodo della luna, che impiega circa 27 giorni a percorrerlo.
Fu con questo metodo che essi determinarono la posizione delle stelle nello Zodiaco, e fu così che
trovarono che una certa stella della Lira era nel 8s 24°, il Cuore dell’Idra nel 4s 7°, longitudini che sono attribuite
ad Ermete, ma che sono calcolate secondo lo Zodiaco indù. Nello stesso modo scoprirono che la Spiga della
Vergine forma il princìpio della loro 15.ma costellazione, e l’Occhio del Toro la fine della quarta; poiché una di
queste stelle era nel 6s 6° 40’, l’altra nel 1s 23° 20’ dello Zodiaco indù. Stando così le cose, l’eclisse di luna che
avvenne quindici giorni dopo l’epoca del Kali Yuga, avvenne in un punto tra la Spiga della Vergine e la stella θ
della stessa costellazione. Queste stelle costituiscono quasi una costellazione a parte, poiché una comincia la
quindicesima, l’altra la sedicesima. Così non doveva esser difficile determinare il posto della luna misurando la
sua distanza da una di queste stelle; da questo dedussero la posizione del sole, che si trova in opposizione alla
luna, e poi, conoscendo i loro movimenti medi, calcolarono che la luna era al primo punto dello Zodiaco,
secondo la sua longitudine media della mezzanotte fra il 17-18 febbraio 3102 avanti la nostra èra, e che il sole
occupava lo stesso posto sei ore dopo secondo la sua vera longitudine; un avvenimento che stabilisce il princìpio
dell’anno indù.
7) Gli indù affermano che 20.400 anni prima del Kali Yuga il primo punto del loro Zodiaco coincideva con
l’equinozio di primavera, e che il sole e la luna vi si trovavano in congiunzione. Questa epoca è evidentemente
fittizia1 ma possiamo chiederci su quale punto, su quale epoca si sono basati per stabilirla. Se prendiamo le cifre
indù riguardanti la rivoluzione del sole e della luna, cioè 365 giorni, 6 ore, 12’ 30”, e 27 giorni, 7 ore, 43’, 13”,
abbiamo:
20.400 rivoluzioni del sole = 7.451.277 giorni, 2 ore.
272.724 rivoluzioni della luna = 7.451.277 giorni, 7 ore.
Tale è il risultato che si ottiene partendo dall’epoca del Kali Yuga; e l’affermazione degli indù che ci fu
un congiungimento al tempo stabilito, si fonda sulle loro Tavole; ma se, adoperando gli stessi elementi,
prendiamo per punto di partenza l’èra dell’anno 1491, o un’altra posta nell’anno 1282, di cui parleremo più
avanti, avremmo sempre una differenza di quasi un giorno o due. È nello stesso tempo giusto e naturale,
verificando i calcoli degli indù, prendere fra i loro elementi quelli che danno lo stesso risultato che essi hanno
ottenuto, a basarci su quella delle loro epoche che ci faccia arrivare all’epoca fittizia in questione. Quindi, poiché
per fare questo calcolo si devono esser basati sulla loro epoca reale, l’unica che sia fondata su un’osservazione, e
non su una di quelle che furono fatte derivare da essa per mezzo di questo calcolo, ne segue che la loro epoca
1
Perché sia “fittizia”, gli scienziati europei non sanno dirlo.
498
reale era quella dell’anno 3102 avanti la nostra èra.
8) I Brâhmani di Tirvaloor pongono il movimento della luna a 7s 2° 0’ 7” sullo Zodiaco mobile, ed a 9s 7° 45’ 1”
riferendosi all’equinozio in un grande periodo di 1.600.984 giorni, o 4.386 anni e 94 giorni. Crediamo che questo
movimento sia stato determinato con l’osservazione; e dobbiamo specificare subito che questo periodo ha
un’estensione che lo rende poco adatto al calcolo dei movimenti medi. Nei loro calcoli astronomici gli indù
adoperano dei periodi di 248.3.031 e 12.372 giorni; ma, a parte il fatto che questi periodi, sebbene troppo corti,
non presentano l’inconveniente del primo, contengono un numero esatto di rivoluzioni della luna in rapporto al
suo apogeo. Sono in realtà movimenti medi. Il grande periodo di 1.600.984 giorni non è la somma totale di un
certo numero di rivoluzioni; non c’è ragione perché debba contenere 1.600.984 giorni piuttosto che 1.600.985.
Sembrerebbe che solo l’osservazione dovesse aver stabilito il numero dei giorni e segnato il princìpio e la fine
del periodo.
Questo periodo finisce il 21 maggio 1282 della nostra èra, alle ore 5,15’30” a Benares. La luna allora
era all’apogeo, secondo gli indù, e la sua longitudine era di: 7s 13° 45’ 1”. Maier dà una longitudine di
7 13° 53’ 48” e pone l’apogeo a 7 s 14° 6’ 54”.
La determinazione della posizione della luna fatta dai Brâhmani differisce così solo di nove minuti dalla
nostra, e quella dell’apogeo di ventidue minuti; ed è evidentissimo che essi potevano ottenere questo accordo con
le nostre migliori Tavole e questa esattezza nel determinare le posizioni celesti solo per mezzo dell’osservazione.
Se è dunque stata l’osservazione che ha determinato la fine di questo periodo, vi è ogni ragione per credere che
essa ne determinò anche il princìpio. Ma allora questo movimento, determinato direttamente secondo la natura,
dovrebbe essere necessariamente in stretto accordo con i veri movimenti dei corpi celesti. Ed infatti, il
movimento degli indù, durante questo lungo periodo di 4.883 anni, non differisce di un minuto da quello di
Cassini, e concorda nello stesso modo con quello di Maier. Così due popoli, gli indù e gli europei, posti alle due
estremità del mondo, e forse altrettanto lontani per ciò che riguarda le loro istituzioni, hanno ottenuto
precisamente gli stessi risultati in ciò che concerne i movimenti della luna; il che sarebbe inconcepibile se non si
fossero basati sull’osservazione e sull’imitazione reciproca della natura. Dobbiamo notare che le quattro Tavole
degli indù sono tutte copie della stessa Astronomia. Non si può negare che le Tavole siamesi esistessero nel
1687, quando furono portate dall’India da M. de la Loubère. A quei tempi le Tavole di Cassini e di Maier non
esistevano, eppure gli indù erano già in possesso del movimento esatto contenuto in queste Tavole, quando noi
ancora non le possedevamo1. Perciò si deve ammettere che l’esattezza di questo movimento indù dipende dal
punto d’osservazione. È esatto durante questo periodo di 4.383 anni, perché è stato osservato nel cielo stesso; e
se l’osservazione determinò la sua fine, determinò anche il suo princìpio. È il più grande periodo che sia mai
stato osservato e di cui si conservi memoria negli annali dell’Astronomia. Ha la sua origine nell’epoca dell’anno
3102 a. C., ed è una prova dimostrativa della realtà di quell’epoca”2.
1
“Quanto segue è una risposta a quegli scienziati che potrebbero sospettare che la nostra Astronomia fosse stata portata in
India e comunicata agli indù per mezzo dei nostri Missionari. 1) L’Astronomia indù ha le sue forme particolari,
caratterizzate dalla loro originalità; se non fosse altro che una traduzione della nostra Astronomia, ci sarebbero volute una
grande abilità e una grande sapienza per mascherare il furto. 2) Adottando il movimento medio della Luna, avrebbero dovuto
adottare anche l’inclinazione dell’eclittica, l’equazione del centro del sole, la lunghezza dell’anno; questi elementi
differiscono completamente dai nostri, e sono notevolmente esatti se li applichiamo all’epoca del 3102; mentre sarebbero
stati estremamente scorretti, se calcolati per quest’ultimo secolo. 3) Infine, i nostri Missionari non potevano aver comunicato
agli indù nel 1687 le Tavole del Cassini, che ancora non esistevano; essi potevano conoscere tutt’al più i movimenti medi di
Tycho, di Riccioli, di Copernico, di Bouillaud, di Keplero, di Longomontano, e quelli delle Tavole di Alphonso. Darò adesso
una nomenclatura di questi movimenti medi per 4.383 anni e 94 giorni (Riccioli, Almag. I, p. 255):
Mov. medi
Differenze con gli indù
giorni ore minuti secondi
ore minuti secondi
Alphonso
9
7
2
47
—
0
42
14
Copernico
9
6
2
13
—
1
42
48
Tycho
9
7
54
40
+
0
9
39
Keplero
9
6
57
35
—
0
47
26
Longomontano
9
7
2
13
—
0
42
48
Bouillaud
9
6
48
8
—
0
58
53
Riccioli
9
7
53
57
+
0
8
56
Cassini
9
7
44
11
—
0
0
50
India
9
7
45
1
Nessuno di questi movimenti medi, tranne quello del Cassini, si accorda con quello degli indù, i quali perciò non possono
aver preso a prestito i loro movimenti medi, poiché le loro cifre si accordano solo con quelle del Cassini, le cui Tavole non
esistevano nel 1687. Questo movimento medio della luna appartiene perciò agli indù, i quali non potevano ottenerlo che con
l’osservazione”. Ibid., nota, pp. XXXIV, XXXVII.
2
Bailly, Traité de l’Astronomie Indienne et Orientale, pp. XX e seg. Ed. 1787.
499
Abbiamo citato Bailly così a lungo, perché è uno dei pochi scienziati che abbiano
cercato di rendere piena giustizia all’Astronomia degli ariani. Da John Bentley fino al SûryaSiddhânta di Burgess, nessun astronomo è mai stato così giusto verso il popolo più dotto
dell’antichità. Per quanto alterata ed incompresa possa essere la simbologia indù, nessun
occultista può mancare di renderle giustizia, solo che conosca qualcosa delle Scienze Segrete;
né si distaccherà dalla loro interpretazione metafisica e mistica dello Zodiaco, anche se
l’intera Pleiade delle Reali Società Astronomiche darà battaglia a queste interpretazioni
matematiche. La discesa e l’ascesa della Monade o Anima non può essere separata dai segni
dello Zodiaco, e sembra più naturale, nel senso dell’idoneità delle cose, credere a una
misteriosa simpatia tra l’anima metafisica e le brillanti costellazioni, e all’influsso di queste su
quella, che credere all’idea assurda che i creatori del Cielo e della Terra abbiano posto in cielo
i tipi di dodici ebrei viziosi. E se, come afferma l’autore di The Gnostics and their Remains, lo
scopo a cui miravano tutte le scuole Gnostiche e gli ultimi Platonici
era quello di conciliare la fede antica con l’influsso della Teosofia buddhista, la cui vera essenza era che
gli Dèi innumerevoli della mitologia indù non fossero che nomi di energie e della Prima Triade nei suoi
successivi Avatâra o manifestazioni dell’uomo.
Dove potremmo meglio cercare le tracce di queste idee teosofiche fino alla loro radice,
se non nell’antica saggezza indiana? Lo ripetiamo: l’Occultismo Arcaico rimarrebbe
incomprensibile a tutti, se non venisse propagato attraverso i sistemi più familiari del
Buddhismo e dell’Induismo. Poiché il primo è l’emanazione del secondo; ed entrambi sono
figli di una sola madre: l’antica Saggezza Lemuro-Atlantidea.
__________
500
SEZIONE XVII
RIEPILOGO DELLA SITUAZIONE
Abbiamo presentato al lettore l’intera questione vista da ambo le parti, e sta a lui
decidere se l’insieme è a nostro favore oppure no. Se nella Natura c’è qualcosa che assomigli
a un vuoto, a una lacuna, si dovrebbe ricercarlo, conformemente a una legge fisica, nella
mente dei poveri ammiratori dei “luminari” della scienza, che passano il tempo a distruggere
reciprocamente i loro insegnamenti. Se mai la teoria che “due luci producono le tenebre”
trovò un’applicazione, è proprio in questo caso, dove una metà delle “luci” impone le sue
forze e i suoi “tipi di movimento” alla buona fede dei fedeli, e l’altra metà ne controbatte
persino l’esistenza. “Etere, Materia, Energia”; ecco la sacra trinità ipostatica, i tre princìpi del
Dio veramente sconosciuto della scienza, da essa chiamato NATURA FISICA!
La Teologia è rimproverata e messa in ridicolo perché crede nell’unione di tre persone
in una sola divinità — un solo Dio come sostanza, tre persone come individualità; e si ride di
noi perché crediamo in dottrine che non sono state provate né si possono provare, negli
Angeli e nei Demoni, negli Dèi e negli Spiriti. Infatti ciò che ha dato la vittoria agli scienziati
contro i teologi, nel grande conflitto fra religione e scienza, è stato precisamente l’argomento
che né l’identità di questa sostanza, né la pretesa triplice individualità — dopo essere stata
concepita, inventata e portata a termine negli abissi della coscienza teologica, potevano essere
provate per mezzo della testimonianza dei nostri sensi. La religione deve morire, dicono,
perché insegna “misteri”. “Il mistero è la negazione del senso comune”, e la scienza lo
respinge. Secondo Tyndall, la Metafisica è una “finzione sullo stesso genere della poesia.
Lo scienziato “non si fida di nulla”; respinge tutto ciò che non gli sembra dimostrato”,
mentre il teologo accetta “tutto con fede cieca. Il teosofo e l’occultista, che non accettano
nulla per sola fede, neppure la scienza esatta, lo spiritualista che nega il dogma ma crede negli
Spiriti e in certi influssi invisibili ma potenti, tutto viene considerato con lo stesso disprezzo.
Benissimo, allora; quel che dobbiamo fare adesso è esaminare per l’ultima volta se la scienza
esatta non agisca precisamente nella stessa maniera in cui agiscono la Teosofia, lo
Spiritualismo e la Teologia.
In un’opera di S. Laing, considerata come un libro modello della scienza, Modern
Science and Modern Thought, il cui autore, secondo la critica plaudente che gli vien fatta sul
Times, “mostra in modo molto potente e suggestivo le immense scoperte della scienza e le sue
numerose vittorie sulle vecchie opinioni, ogni volta che queste hanno avuto la temerarietà di
contrastare le sue conclusioni”, si legge quanto segue:
Di che cosa è composto l’universo materiale? Di Etere, Materia ed Energia.
Qui ci fermiamo per domandare: Che cosa è l’Etere? E Laing risponde in nome della
scienza: L’Etere
non ci è per ora conosciuto per alcuna prova che sia alla portata dei nostri sensi, ma è una specie di
sostanza matematica che siamo costretti ad accettare per potere spiegare i fenomeni di luce e di calore1.
E cos’è la Materia? Conoscete su di essa qualcosa di più di quel che non conosciate
sull’agente “ipotetico”, l’Etere?
Per essere esatti, è vero che le ricerche chimiche non ci dicono direttamente nulla... sulla composizione
della materia vivente, ed... è pure assolutamente vero che non sappiamo niente sulla composizione di qualsiasi
corpo [materiale]2.
E l’Energia? Siete sicuri di poter definire la terza persona della Trinità del vostro
Universo Materiale? Possiamo trovare la risposta a questa domanda su ogni libro di fisica:
1
2
Cap. III: “On Matter”.
Lecture on Protoplasm, di Huxley.
501
L’energia è ciò che conosciamo solo a causa dei suoi effetti.
Vi preghiamo di spiegarvi, perché questa definizione è piuttosto vaga.
Nella meccanica c’è un’energia reale e un’energia potenziale: il lavoro realmente eseguito, e la capacità
di eseguirlo. In quanto alla natura dell’Energia Molecolare o delle Forze] i vari fenomeni che presentano i corpi
dimostrano che le loro molecole sono sotto l’influsso di due forze contrarie, una delle quali tende a riavvicinarle,
e l’altra a separarle... La prima forza... si chiama attrazione molecolare... la seconda forza è dovuta alla vis viva,
o alla forza che dà il moto1.
Va bene; ma è la natura di questa forza che dà il moto, di questa vis viva, che
vogliamo conoscere. Che cos’è?
“Non lo sappiamo!” è l’invariabile risposta. “È un’ombra vuota della mia
immaginazione” spiega Huxley nel suo Physical Basis of Life.
Così l’intero edificio della scienza moderna è costruito su una specie di “astrazione
matematica, su una “Sostanza proteiforme che sfugge ai sensi” (Dubois Reymond), e sugli
effetti, i fuochi fatui oscuri ed illusori di qualcosa che ci è completamente sconosciuto e che è
al di là della portata della scienza. Gli Atomi “auto-moventesi”! I Soli, i Pianeti, e le Stelle
auto-moventesi! Ma allora chi, o che cosa sono tutti quanti, se si muovono da sé? Perché
allora voi, fisici, deridete e mettete in ridicolo il nostro “Archeus auto-moventesi”? La scienza
respinge e beffeggia il mistero; eppure, come ha detto giustamente Padre Félix:
Essa non può sfuggirgli. II mistero è la fatalità della scienza.
Facciamo nostro il modo di parlare di questo predicatore francese che citiamo in Iside Svelata.
Chi di voi, scienziati — domanda:
ha potuto penetrare il segreto della formazione di un corpo, la generazione di un solo atomo? Cosa c’è,
non dirò al centro di un sole, ma al centro di un atomo? Chi ha sondato fino in fondo l’abisso di un granello di
sabbia? Il granello di sabbia, signori, è stato studiato dalla scienza per migliaia di anni; essa l’ha voltato e
rivoltato; lo divide e lo suddivide; lo tormenta con i suoi esperimenti; lo assilla con le sue domande, per
strappargli la parola finale riguardo alla sua costituzione segreta; gli domanda, con curiosità insaziabile: “Ti
dividerò infinitesimalmente.” Sospesa al di sopra di questo abisso, la scienza esita, inciampa, rimane abbacinata,
è presa da vertigini, dice disperata: “NON LO SO”.
“Ma se siete così fatalmente ignoranti sulla genesi e sulla natura nascosta di un granello di sabbia, come
potreste avere un’intuizione riguardo la generazione di un solo essere vivente? Da dove viene la vita di un essere
vivente? Dove comincia? Che cos’è il princìpio di vita?2
Possono gli scienziati negare tutte queste accuse? In nessun modo; ed ecco qui una
confessione di Tyndall, che dimostra quanto sia impotente la scienza, sia pure nel mondo
della materia.
Il primo ordinamento degli atomi, da cui dipendono tutte le azioni susseguenti, sfugge anche ad un
potere più penetrante di quello del microscopio... A causa della loro eccessiva complessità, e molto prima che
l’osservazione possa avere voce in capitolo, l’intelligenza più esercitata, l’immaginazione più raffinata e
disciplinata, si ritirano confuse dalla contemplazione del problema. Diveniamo muti per lo stupore che nessun
microscopio può mitigare, dubitando non solo del potere del nostro strumento, ma chiedendoci anche se noi
stessi possediamo gli elementi intellettuali che ci faranno raggiungere le energie definitive della struttura della
natura.
Infatti sono molti anni che si sospetta quanto poco conosciuto sia l’Universo materiale,
dietro stessa ammissione degli scienziati. Ed ora ci sono dei materialisti che vorrebbero
sbarazzarsi dell’Etere — se questo è il nome che la scienza dà alla sostanza infinita, il cui
Noumeno è chiamato Svabhâvat dai buddhisti — come pure degli Atomi; due cose troppo
pericolose a causa delle loro antiche associazioni filosofiche e delle loro attuali associazioni
cristiane e teologiche. Dai primi filosofi il cui ricordo sia stato trasmesso alla posterità, fino
alla nostra epoca attuale — che, se nega che nello spazio vi siano degli esseri invisibili, non
può essere così pazza da negare l’esistenza di un Plenum qualunque — e si è sempre
ammesso che l’Universo è pieno. E quel che contiene lo si apprende da Ermete Trismegisto
(nell’abile traduzione della dr. Anna Kingsford), al quale si fa dire:
1
2
Physics, di Ganot, pag. 68, traduz. inglese di Atkinson.
Vedi vol. I, pp. 338, 339, citazione da Le Mistère et la Science, conferenze di Padre Félix de Notre Dame.
502
Riguardo al vuoto... il mio pensiero è che esso non esiste, che non è mai esistito, e che mai esisterà,
perché tutte le varie parti dell’universo sono piene, come pure la terra è completa e piena di corpi, che
differiscono fra loro per qualità e per forma, che hanno le loro specie e la loro grandezza, e uno dei quali è più
grande, l’altro più piccolo, l’uno solido, l’altro tenue. I più grandi... si vedono con facilità; i più piccoli... si
percepiscono con difficoltà, o sono del tutto indivisibili. Veniamo a conoscenza della loro esistenza solo a causa
delle sensazioni che proviamo; ragion per cui, molte persone negano che simili entità siano dei corpi, e le
considerano semplicemente come spazi1; ma è impossibile che vi siano tali spazi. Infatti, se ci fosse qualcosa al
di fuori dell’universo... allora vi sarebbe uno spazio occupato da esseri intelligibili analoghi alla sua divinità [alla
divinità dell’universo]... Parlo dei Genii, che io ritengo abitino con noi, e degli Eroi, che stanno al di sopra di noi,
fra la terra e le atmosfere superiori; dove non ci sono né nubi né tempeste2.
Ed anche noi “riteniamo” questo. Solo, come abbiamo già osservato, nessun iniziato
orientale parlerebbe di sfere “sopra di noi, fra la terra e le atmosfere”, sia pure delle più alte,
poiché nel linguaggio occulto non vi è nessuna divisione o nessuna misura di quel genere:
nessun sopra, come nessun sotto, ma un eterno centro, dentro altri due centri, o i piani della
soggettività che si fondono gradualmente con quello dell’oggettività terrestre — che per
l’uomo è l’ultimo, il suo piano. Si può chiudere questa necessaria spiegazione esponendo, con
le stesse parole di Ermete, ciò che tutto il mondo dei mistici crede su questo punto particolare:
Ci sono molti ordini di Dèi; e in tutti c’è una parte intelligibile. Non si deve supporre che essi non siano
alla portata dei nostri sensi; al contrario, ci accorgiamo di loro ancora meglio di quelli che sono chiamati
visibili... Ci sono poi degli Dèi, superiori a tutte le apparenze; dopo di essi vengono gli Dèi il cui princìpio è
spirituale; e siccome questi Dèi sono sensibili, conformemente alla loro doppia origine, manifestano tutte le cose
con una natura sensibile, e illuminano le proprie opere l’uno con l’altro3. L’Essere Supremo del cielo, o di tutto
ciò che è compreso sotto questo nome, è Zeus, perché è dal cielo che Zeus dà vita a tutte le cose. L’Essere
Supremo del sole è la luce, perché è dal disco del sole che riceviamo il beneficio della luce. I trentasei oroscopi
delle stelle fisse hanno come Essere supremo, o come principe, colui il cui nome è Pantomorphos, colui che ha
tutte le forme, perché dà forme divine a diversi tipi. I sette pianeti, o sfere vaganti, hanno come spiriti supremi la
fortuna e il destino, che sostengono la stabilità eterna delle leggi della natura attraverso un’incessante
trasformazione ed una perpetua agitazione. L’etere è lo strumento o il mezzo tramite cui tutto si produce4.
Questo è del tutto filosofico e conforme allo spirito dell’Esoterismo Orientale; perché
tutte le forze come la luce, il calore, l’elettricità, ecc., esotericamente sono chiamate “Dèi”.
Deve proprio essere così, poiché gli Insegnamenti Esoterici dell’Egitto e quelli
dell’India erano identici. E quindi la personificazione di Fohat, sintetizzando tutte le Forze
che si manifestano nella Natura, ne è il risultato legittimo. Inoltre, come dimostreremo tra
poco, le vere Forze Occulte della Natura cominciano solo ora ad essere conosciute — ed
anche in questo caso dalla scienza eterodossa, non da quella ortodossa5, sebbene la loro
esistenza, almeno in un caso, sia sostenuta e certificata da un’immenso numero di gente
istruita, ed anche da qualche scienziato ufficiale.
Inoltre ciò che abbiamo stabilito nella VI Stanza — che Fohat mette in movimento i
Germi primordiali del Mondo, o l’aggregazione degli Atomi Cosmici e della Materia, “quale
in un modo, quale nell’altro”, nella direzione opposta — sembra abbastanza ortodosso e
scientifico.
In ogni caso c’è, in difesa di questa opinione, un fatto pienamente riconosciuto dalla
scienza, e cioè questo. Le piogge di meteore, che sono periodiche in novembre e in agosto,
1
Considerate il lavoro dei Cicli ed il loro ritorno periodico! Coloro che negavano che tali “Entità” (Forze) fossero dei corpi,
e li chiamavano “Spazi”, furono i prototipi del nostro pubblico moderno “ipnotizzato dalla scienza”, e dei loro insegnanti
ufficiali, che parlano delle Forze della Natura come dell’Energia imponderabile della Materia e come di tipi di movimento, e,
tanto per dirne una, ritengono persino che l’elettricità sia atomica come la Materia stessa (Helmholtz). L’inconsistenza e la
contraddizione regnano sia nella scienza ufficiale che in quella eterodossa.
2
The Virgin of the World [La Vergine del Mondo] di Ermete Mercurio Trismegisto, tradotto in inglese dalla dr. Anna
Kingsford e da Edward Maitland, pp. 83, 84.
3
“Ermete chiama qui Dèi le Forze sensibili della Natura, gli elementi ed i fenomeni dell’Universo”, osserva la dr. Kingsford
in una nota che spiega l’argomento in maniera molto corretta. Lo stesso fa la Filosofia Orientale.
4
Ibid., pp. 64, 65.
5
Vedi anche la Sezione IX, La Forza Futura.
503
appartengono ad un sistema che si muove in un’orbita ellittica intorno al Sole. L’afelio di
questo anello si trova a 1.232 milioni di miglia al di là dell’orbita di Nettuno, il suo piano è
inclinato verso la terra con un angolo di 64° 3’, e la direzione dello sciame meteoritico che si
muove intorno a quest’orbita è contraria a quella della rivoluzione della Terra.1
Questo fatto, riconosciuto solo nel 1833, appare come la nuova scoperta di ciò che era
conosciuto molto anticamente. Fohat volge in direzioni contrarie, con le sue due mani, il
“seme” e il “latte rappreso”, o la Materia Cosmica; in parole più chiare, mischia delle
particelle in uno stato estremamente attenuato, e delle nebulose.
Al di là dei limiti del Sistema Solare, ci sono altri Soli, e specialmente il misterioso
Sole Centrale — la “dimora della Divinità Invisibile”, come l’hanno chiamato alcuni
reverendi gentiluomini — che determina il movimento e la direzione dei corpi. Questo
movimento serve anche a differenziare la Materia omogenea, intorno e fra i diversi corpi, in
Elementi e sotto-elementi sconosciuti sulla nostra Terra, che sono considerati dalla scienza
moderna come Elementi distinti individuali, mentre non sono altro che apparenze temporanee,
che cambiano con ogni piccolo ciclo del Manvantara, e che vengono chiamati, in alcune opere
esoteriche: ”Maschere del Kalpa”.
Per l’Occultismo, Fohat è la chiave che apre e scioglie i simboli e le allegorie
multiformi della cosiddetta mitologia di ogni nazione; dimostrando la filosofia meravigliosa e
la profonda conoscenza dei misteri della Natura, contenuti nelle religioni egiziana e caldea,
così come in quella ariana. Fohat, presentato sotto il suo vero carattere, prova quanto
profondamente versate in ogni Scienza della Natura fossero tutte quelle nazioni preistoriche;
Scienze della Natura che ora sono chiamate i rami fisico e chimico della filosofia naturale.
In India, Fohat è l’aspetto scientifico sia di Vishnu che di Indra, quest’ultimo, nel Rig
Veda, è più antico e più importante del suo successore settario. In Egitto Fohat era conosciuto
come Toom uscito da Noot2, o Osiride nel suo carattere di Dio primordiale, creatore del cielo
e degli esseri3. Poiché si parla di Toom come del Dio proteiforme che genera gli altri Dèi e
prende la forma che più gli piace; “Maestro di Vita che dà agli Dèi il loro vigore”4. È il
sovrintendente degli Dèi, e colui “che crea gli spiriti e dà loro la forma e la vita” ; è “il Vento
del Nord e lo Spirito dell’Occidente”; e infine è il “Sole di Vita al tramonto”, o la forza
elettrica vitale che lascia il corpo alla morte; ragion per cui il defunto prega Toom di dargli il
respiro dalla narice destra (elettricità positiva) perché egli possa vivere nella sua seconda
forma. Sia il geroglifico che il testo del capitolo LXII del Libro dei Morti mostrano l’identità
di Toom e di Fohat. Il primo è rappresentato da un uomo in piedi, con il geroglifico dei respiri
nelle mani. Questo dice:
Io mi mostro al capo di An (Heliopolis). Io sono Toom. Io attraverso l’acqua versata da Thot-Hapi, il
signore dell’orizzonte, e sono il distributore della terra [Fohat divide lo spazio e, insieme ai suoi Figli, divide la
Terra in sette zone]...
1
[Il grande sciame meteoritico di agosto e novembre sono rispettivamente le Perseidi e le Leonidi, due delle più imponenti
dei circa 100 sciami meteoritici oggi conosciuti. Le Perseidi, in particolare, vengono sparse su un’ampia regione di spazio,
così qualsiasi gruppo di elementi orbitali costituisce necessariamente una media di qualche tipo. Gli elementi, come
menzionati da H. P. B., sono completamente esatti riguardo le Perseidi, ma non hanno nessuna relazione con le Leonidi. Gli
elementi per le Perseidi, come li conosciamo oggi, hanno un’inclinazione di circa 113° (67° retrogradi) che sono molto vicini
ai 64° e 3’, nel testo, ed un afelio dista approssimativamente di 44 AU (Unità Astronomica; un’unità è la principale distanza
della Terra dal Sole, o 93.000.000 miglia), ma con le meteore individuali varia di parecchi AU su entrambi i lati. L’afelio,
come indicato da H. P. B. nel testo, è di circa 49 AU. Le Leonidi, d’altra parte, hanno un’inclinazione di circa 162,6° (17, 4°
retrogradi) ed un afelio dista di soli 22 AU. Queste meteore sono apparentemente associate con la cometa Tempel-Tuttle. –
Nota di B. de Zirkoff.]
2
“O Toom, Toom! uscito dalla grande [femmina] che è in seno alle acque [il grande oceano o spazio], luminoso attraverso i
due Leoni”, la forza duale o il potere dei due occhi solari, o le forze elettro-positive ed elettro-negative, Vedi Libro dei
Morti, cap. III.
3
Vedi il Libro dei Morti, cap. XVII.
4
Cap. LXXIX.
504
Attraverso il cielo; sono i due Leoni. Sono Ra, sono Aam, mangio il mio erede1 ... Scivolo sul terreno
del campo di Aanroo2 che mi è stato dato dal maestro dell’eternità illimitata. Sono un germe di eternità. Sono
Toom, a cui è accordata l’eternità”.
Queste sono le autentiche parole che Fohat adopera nel Libro XI, e questi sono i titoli
che gli venivano attribuiti. Nei papiri egiziani si trova l’intera Cosmogonia della Dottrina
Segreta sparsa in frasi isolate, anche nel Libro dei Morti. Qui si insiste e si mette l’accento sul
numero sette, come si fa nel Libro di Dzyan. “Si dice che la Grande Acqua [Abisso o Chaos] è
profonda sette cubiti”. — “cubiti” naturalmente sta qui per divisioni, zone e princìpi. Là,
“nella Grande Madre, sono nati tutti gli Dèi e i Sette Grandi Esseri”. Ci si rivolge tanto a
Fohat che a Toom come ai “Grandi Esseri delle Sette Forze Magiche”, che “conquistano il
serpente Apap” o la Materia3.
Tuttavia nessun studioso di Occultismo deve essere tratto in inganno dalla fraseologia
usuale adoperata nelle traduzioni dei Libri Ermetici, e credere che gli antichi egiziani o gli
antichi greci, ad ogni momento della loro conversazione, parlassero, come fanno i frati, di un
Essere Supremo, Dio, il “Padre unico e Creatore di tutto”, ecc, come si trova in ogni pagina di
queste traduzioni. Le cose invero non stanno così; e quei testi non sono i testi originali
egiziani. Sono delle compilazioni greche, le più antiche delle quali non vanno oltre il primo
periodo del Neo-Platonismo. Nessuna opera Ermetica scritta dagli egiziani — come si può
vedere dal Libro dei Morti — parlerebbe dell’unico Dio universale dei sistemi monoteisti;
l’Unica Causa Assoluta di tutto era così innominabile ed inesprimibile nella mente degli
antichi filosofi egiziani, come è per sempre Inconoscibile nella concezione di Herbert
Spencer. Per ciò che concerne gli egiziani in generale, come osserva giustamente Maspero:
una volta arrivati alla nozione dell’Unità divina, il Dio Uno non fu mai semplicemente “Dio”. M. Le
Page-Renouf osserva molto giustamente che la parola Nouter, Nouti, “Dio”, non aveva mai cessato di essere un
nome generico per divenire un nome personale.
Per essi ogni Dio era “l’unico Dio vivente”.
Il loro monoteismo era puramente geografico. Se gli egiziani di Memphis, proclamavano che l’unità di
Phtah escludeva Ammon, gli egiziani di Tebe proclamavano che l’unità di Ammon escludeva Phtah [come
vediamo che accade adesso in India nel caso dei Shivaiti e dei Visnuiti]. Ra, il “Dio unico” di Heliopolis non è lo
stesso di Osiride, il “Dio unico” di Abydos, e può esser adorato insieme a lui, senza essere assorbito da lui. Il Dio
unico è solo il Dio del nome della città, Noutir Nouti, e non esclude l’esistenza o il nome del Dio unico della
città vicina. In breve, quando parliamo del monoteismo egiziano, dovremmo parlare degli Dèi Unici dell’Egitto,
e non del Dio Unico4.
È da questo tratto caratteristico, preminentemente egiziano, che dovrebbe essere
attestata l’autenticità dei diversi cosiddetti Libri Ermetici; è un tratto che manca totalmente
nei frammenti greci conosciuti sotto questo nome. Questo dimostra che nel redigere tali opere
è intervenuta, in misura piuttosto cospicua, qualche mano greca neo-platonica, o forse
cristiana. Naturalmente la Filosofia fondamentale è qui, e in molti altri posti, intatta. Ma lo
stile è stato alterato e levigato in una direzione monoteistica, altrettanto, se non di più, di
quello del Genesi ebraico nelle sue traduzioni greche e latine. Saranno certo delle opere
1
È un’immagine che esprime la successione delle funzioni divine, il tramutarsi di una forma in un’altra forma, o la
correlazione delle forze. Aam è la forza elettropositiva, che divora tutte le altre, come Saturno divorava la sua progenie.
2
Aanroo è nei domini di Osiride, un campo diviso in quattordici sezioni, “circondato da un recinto di ferro, nel quale cresce
alto sette cubiti il grano della vita”, il Kâma Loka degli egiziani. Fra i morti solo quelli che conoscono il nome dei guardiani
delle porte delle “sette sale” saranno ammessi per sempre nell’Amenti; cioè, passeranno coloro che avranno attraversato tutte
le sette razze di ciascuna Ronda; altrimenti resteranno nei campi inferiori; e questo rappresenta anche i sette Devachan
successivi, o Loka. In Amenti si diventa puri spiriti per l’eternità (XXX 4); mentre in Aonroo “l’anima dello spirito”, o il
defunto, viene divorata ogni volta da Ureo, il serpente, figlio della Terra (in altre parole, i princìpi vitali primordiali del
Sole); vale a dire, il Corpo Astrale del defunto o “l’Elementare” svanisce e sparisce nel figlio della Terra”, il tempo limitato.
L’anima lascia i campi di Aanroo e va sulla terra sotto un’altra forma che le piace assumere. (Vedi cap. XCIX. Libro dei
Morti).
3
Vedi il Libro dei Morti, cap. CVIII, 4.
4
Maspero, Guide au Musée de Boulaq, pag. 152. Ediz. 1883.
505
Ermetiche, ma non sono state scritte da uno dei due Ermeti — o piuttosto da Thot Ermete,
l’intelligenza direttiva dell’Universo1 o da Thot, la sua incarnazione terrestre chiamata
Trismegisto, della stele di Rosetta.
Ma tutto è dubbio, negazione, iconoclasma e indifferenza brutale, nella nostra epoca
dalle cento “dottrine”, ma senza alcuna religione. Ogni idolo è stato infranto, tranne il Vitello
d’Oro.
Disgraziatamente, nessuna nazione può sfuggire al suo fato karmico, come pure non vi
può sfuggire nessuna unità o nessun individuo. La storia stessa è trattata dai cosiddetti storici
così poco scrupolosamente come se fosse una leggenda. Per questo Augustin Thierry ha fatto
amende honorable, se si deve credere ai suoi biografi. Egli deplorò il falso princìpio che fece
lasciare la strada giusta a tanti sedicenti storiografi, ciascuno dei quali presume di correggere
la tradizione, “quella vox populi che nove volte su dieci è vox Dei”; ed infine ammise che
solo nella leggenda si nasconde la storia vera; infatti aggiunge:
La leggenda è tradizione vivente, e tre volte su quattro è più vera di ciò che chiamiamo storia2.
Mentre i materialisti negano che nell’Universo ci sia qualcos’altro all’infuori della
Materia, gli archeologi cercano di rimpicciolire l’antichità e di distruggere ogni diritto della
Saggezza Antica servendosi della cronologia. Gli orientalisti e gli scrittori dei nostri giorni
sono per la storia antica quello che in India le formiche bianche sono per le case.
Ancor più pericolosi di queste termiti, gli archeologi moderni — le “autorità” del
futuro in materia della storia universale — riserbano alla storia delle nazioni passate la stessa
sorte di certi edifici dei paesi tropicali. Come dice Michelet:
La storia cadrà e si spezzerà in tanti atomi nel corso del ventesimo secolo, divorata fino alle fondamenta
dai suoi annalisti.
Fra pochissimo tempo infatti, sotto i loro sforzi messi insieme, essa condividerà la
sorte di quelle città rovinate delle due Americhe, che giacciono profondamente sepolte sotto
le impassibili foreste vergini. I fatti storici rimarranno nascosti alla nostra vista dalle giungle
inestricabili delle ipotesi moderne, dei dinieghi e dello scetticismo. Ma, fortunatamente, la
storia effettiva si ripete, perché, come ogni altra cosa, procede per cicli; ed i fatti passati, come
pure gli avvenimenti sommersi deliberatamente nel mare dello scetticismo moderno, si
ripeteranno ancora una volta e riappariranno alla superficie.
Nel Volume II, il fatto che un’opera con pretese di Filosofia, e che è anche
un’esposizione dei problemi più astrusi, comincerà tracciando l’evoluzione dell’umanità da
parte di quelli che sono considerati come esseri soprannaturali — gli Spiriti — solleverà le
critiche più malevoli. Quelli che credono nella Dottrina Segreta e che la difendono dovranno
sopportare l’accusa di pazzia e, ancora peggio, come l’ha già sopportata filosoficamente per
lunghi anni l’Autrice di questo libro. Quando un teosofo è accusato di follia, dovrebbe
rispondere citando questa frase tolta dalle Lettres Persanes di Montesquieu:
Aprendo così facilmente i loro manicomi ai supposti pazzi, gli uomini cercano soltanto di assicurarsi
l’un l’altro che loro stessi non lo sono.
FINE DEL VOLUME I
1
2
Vedi Il Libro dei Morti, cap. XCIV.
Revue des deux mondes, 1865, pp. 157 e 158.
506
INDICE
Corrispondenza pagine ed. Italiana, III ed. Ingl., I ed. Ingl.
IT 3^ In 1^In
Prefazione alla I edizione (di H.P.B.)………………………
Prefazione alla III edizione (di Annie Besant e G.R.S. Mead)
Prefazione italiana (di Roberto Hack)………………………
Introduzione …………………………………………….….
Proemio …………………………………………………….
3 XIX VII
6 XXIII
6
8
1
XVII
27
31
1
PARTE I - L’EVOLUZIONE COSMICA
Sette Stanze tradotte dal Libro di Dzyan con i Commentari
STANZA I…………………………………………………...
STANZA II………………………………………………….
STANZA III…………………………………………………
STANZA IV…………………………………………………
STANZA V………………………………………………….
STANZA VI…………………………………………………
Digressione…………………………………………………..
Ulteriori Fatti e Spiegazioni…………………………………
STANZA VII………………………………………………..
Riepilogo……………………………………………………
Estratti da un Commentario Orientale………………………
44
51
64
70
85
98
118
127
141
169
208
220
55
67
83
91
113
131
160
175
193
233
290
309
27
35
53
62
86
106
136
151
170
213
269
289
229
234
246
258
264
271
279
286
292
321
329
347
365
373
384
395
406
415
303
310
325
342
349
359
368
379
386
304
310
320
335
434
443
457
480
403
411
414
445
347
355
497
510
460
470
PARTE II - L’EVOLUZIONE DEL SIMBOLISMO
SEZ.I
SEZ.II
SEZ.III
SEZ.IV
SEZ.V
SEZ.VI
SEZ.VII
SEZ.VIII
SEZ.IX
SEZ.X
SEZ.XI
SEZ.XII
SEZ.XIII
SEZ.XIV
SEZ.XV
Simbolismo e Ideogrammi ……………………..
Il Linguaggio dei Misteri e le Sue Chiavi……….
La Sostanza Primordiale e Il Pensiero Divino…...
Chaos: Theos: Kosmos…………………………..
Della Divinità Celata, Suoi Simboli i Glifi……
L’Uovo del Mondo………………………………
I Giorni e Le Notti di Brahmâ…………………...
Il Loto, come Simbolo Universale………………
La Luna, Deus Lunus, Phoebe..............................
Il
Culto
dell’Albero,
del
Serpente
e
Coccodrillo……………………………………….
Demon est Deus Inversus......................................
La Teogonia degli Dèi Creatori………………….
Le Sette Creazioni………………………………..
I Quattro Elementi……………………………….
Kwan-Shi-Yin e Kwan-Yin……………………...
507
del
PARTE III ADDENDA
SCIENZA OCCULTA E SCIENZA MODERNA
SEZ.I
SEZ.II
SEZ.III
SEZ.IV
SEZ.V
Le Ragioni di questi Addenda.…………………
I fisici moderni stanno giocando a mosca cieca..
La Gravitazione è una Legge?.............................
Teorie della Rotazione nella Scienza…………..
Le Maschere della Scienza: Fisica o Metafisica?
SEZ.VI
SEZ.VII
SEZ.VIII
SEZ.IX
SEZ.X
SEZ.XI
SEZ.XII
Uno scienziato che attacca la Teoria della Forza
Vita, Forza o Gravità?.........................................
La Teoria Solare………………………………..
La Forza Futura. Sue possibilità e impossibilità..
Degli Elementi e degli Atomi…………………..
Il Pensiero degli Antichi sotto veste moderna….
Prove scientifiche ed esoteriche a favore della
moderna Teoria delle Nebulose………………...
SEZ.XIII Le Forze sono tipi di movimento o Intelligenze?
SEZ.XIV Dèi Monadi e Atomi……………………………
SEZ.XV
L’Evoluzione Ciclica e il Karma……………….
SEZ.XVI Lo Zodiaco e la sua antichità…………………...
SEZ.XVII Riepilogo della Situazione……………………...
_______
508
359
363
517
523
477
482
369
377
532
544
490
500
383
396
400
409
418
427
436
552
571
577
590
605
619
633
506
523
529
540
554
566
579
443
453
460
477
487
501
643
658
669
695
710
731
588
601
610
634
647
668