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Femminielli
Corpo, Genere, Cultura
A cura di
Eugenio Zito e Paolo Valerio
LIBRERIA DANTE &
DESCARTES
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A Pino Simonelli e a Napoli
2019 Edizioni Libreria Dante & Descartes
via Mezzocannone, 55 | 80134 Napoli
tel. 081 5515368
libreriedantedescartes@gmail.com
Cura editoriale: Raimondo Di Maio
In copertina: foto di Michele Gurrieri, Montevergine (Av), 2 febbraio 2018.
ISBN 978-88-6157-197-6
Questo volume stato stampato con il contributo del Centro di Ateneo
SiNAPSi (Servizi per lInclusione Attiva e Partecipata degli Studenti)
dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II.
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INDICE
Sui femminielli napoletani. 7
Prefazione di Eugenio Zito, Paolo Valerio
I femminielli napoletani, tra realt storica, immaginario e
memoria. Prefazione di Luigi Maria Lombardi Satriani 15
Introduzione di Eugenio Zito, Paolo Valerio 23
1. Et io ne viddi uno in Napoli. I femminielli, ricognizione
storica e mitografica: spunti per una riflessione
sullidentit di genere 37
Eugenio Zito, Nicola Sisci, Paolo Valerio
2. Femminielli: storia di una parola, tra gergalit e comunicazione
antropologica 69
Patricia Bianchi
3. I femminielli napoletani: alcune riflessioni antropologiche
93
Gabriella DAgostino
4. Attraversamenti di genere e nuovi percorsi identitari 123
Gianfranca Ranisio
5. Napoletanit e identit post-moderne. Riplasmazioni
del femminiello a Napoli 149
Annalisa Di Nuzzo
6. Un matrimonio nella Baia di Napoli? 185
Gennaro Carrano, Pino Simonelli
5
7. Io/Noi; Maschile, Femminile/Transgender. La rivitalizzazione
del rito della juta dei femminielli 195
Francesca Verde
8. I femminielli o la rivalit seduttrice: affetti, identit e
sessualit a Napoli e in Campania. Approccio antropologico,
letterario e psicoanalitico 213
Corinne Fortier
9. Femminielli: un singolare limbo socio-culturale, tra la
sorte e la morte 241
Marinella Miano Borruso
10. Testo e contesto dei femminielli: riflessioni socio-antropologiche
su una ricerca di genere 269
Eugenio Zito
11. In nomine femminielli: una ricerca etnografica sulla
realt gender variant nella Napoli contemporanea 305
Marzia Mauriello
12. morto il femminiello! Evviva il femminiello! Patrimonializzazione
e rinascita di una figura sociale napoletana
331
Maria Carolina Vesce
13. Sognavo sempre che aprivo un portone grandissimo.
Narrazione di s e processi di costruzione identitaria
gender variant a Napoli 353
Eugenio Zito
Sulle tracce di Cibele: antecedenti storici e riscontri etnografici.
Postfazione di Nico Staiti 381
Autori 389
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Sui femminielli napoletani.
Prefazione
di Eugenio Zito e Paolo Valerio
La buona accoglienza che lettori e studiosi hanno riservato al
volume Genere: femminielli. Esplorazioni antropologiche e psicologiche,
da noi curato e pubblicato nel 2013, manifestatasi anche
con il suo veloce esaurimento e il buon numero di citazioni,
in parte internazionali, accumulate in questi sei anni, ci
ha incoraggiato insieme allEditore a impegnarci nella stesura
di questo nuovo volume. Del precedente se ne riprendono impianto
e organizzazione, insieme agli interrogativi di partenza,
ma con lintenzione di offrire del fenomeno trattato, allinterno
di una pi marcata prospettiva antropologica, una visione
critica, quanto pi ampia e complessa possibile, attraverso un
approccio multidisciplinare. Oltre a rettifiche, integrazioni e aggiornamenti
dei vari saggi, le maggiori novit di questo volume
consistono, accanto a questa prefazione, in tre nuovi capitoli e
in una postfazione. Due di essi, scritti rispettivamente da Marzia
Mauriello e Maria Carolina Vesce, arricchiscono il coro di
voci di studiose e studiosi che hanno esplorato il sorprendente
mondo dei femminielli napoletani. Il terzo di Eugenio Zito riflette
specificamente su narrazione di s e processi di costruzione
identitaria attraverso la storia di Gina raccolta nel corso di
unintervista durante la sua ricerca etnografica a Napoli.
In particolare Marzia Mauriello amplia i contributi gi
presenti riflettendo sulla realt transgender a Napoli a partire
da unanalisi socio-antropologica del termine femminiello, sviluppando
un discorso sui diversi usi che gli stessi rappresentanti
7
del mondo LGBTQI+ napoletano fanno oggi di tale termine
che diventa, nel suo includere molteplici esperienze del s, un
significante fluttuante.
Maria Carolina Vesce, invece, arricchisce il dibattito focalizzandosi
sui processi di reificazione e culturalizzazione che recentemente
hanno interessato la figura del femminiello napoletano,
mettendo in luce come tali processi agiscano su pi livelli,
da quello sociale e politico delle relazioni di genere, a quello
economico e istituzionale, fino a quello della produzione del
patrimonio culturale.
Nella postfazione di Nico Staiti vengono infine proposte
interessanti riflessioni sul fenomeno dei femminielli a Napoli e
pi in generale su quello degli effeminati incrociando analisi
storica sugli antecedenti con riscontri etnografici e dando particolare
rilievo alla dimensione musicologica.
Pi in generale si ricorda che la molteplicit dei contributi
di ricerca apparsi negli ultimi anni su questo tema, di cui
tale volume pu restituire una significativa rappresentazione,
non offre una definizione univoca e uniforme del fenomeno,
cos configurato certamente in via di estinzione. Come si vedr
dalla lettura del testo, infatti, la oramai ampia letteratura sul
fenomeno, muovendosi tra omosessualit effeminata e mediterranea,
travestitismo, terzo genere, transgenderismo, transessualismo
e trans-identit, ne coglie piuttosto sfaccettature diverse a
seconda del vertice di analisi di volta in volta scelto, a riprova
dellestrema complessit di quanto osservato e delle profonde
trasformazioni in atto (Atlas, 2010; Ceccarelli, 2010; Zito e
Valerio, 2010, 2013; DAmora, 2013; Zito, 2013, 2017; Bertuzzi,
2015; Vesce, 2017; Vincent e Manzano, 2017; Mauriello,
2018). I femminielli costituiscono, infatti, soggetti storicamente
presenti nellarea di Napoli, che esprimono la propria identit
sociale in una forma n maschile n femminile, contenendole
entrambe e sfuggendo perci a una definizione univoca, ma che
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potremmo provare a inquadrare, con una terminologia contemporanea,
proprio per la sua ampiezza semantica e simbolica, in
una dimensione gender variant1.
I femminielli rappresentano un genere al confine e di confine
(Zito e Valerio, 2010), che coniuga arcaicit e postmodernit,
ovvero le caratteristiche di un mondo e di una dimensione
socio-culturale non pi esistenti con quelle indicate come
conquiste del pensiero e della prassi contemporanea (Bernini,
2017). Tale fenomeno sta inoltre scomparendo a causa dei cambiamenti
sociali prodotti, da un lato, dalla moltiplicazione delle
diversit identitarie, dallaltra, da una spinta globale allomogeneizzazione
culturale e alla normalizzazione sessuale sostenuta
dalla cultura biomedica e resa possibile dai suoi avanzamenti
tecnici e scientifici. Anche la metamorfosi del tessuto urbano
della citt degli ultimi decenni, con i nuovi flussi migratori extracomunitari,
il significativo incremento del turismo nel centro
storico e una perdita dellequilibrio legato alla vecchia struttura
del vicolo napoletano con la sua tipica economia ormai quasi
scomparsa, in particolare dei suoi quartieri popolari, hanno
contribuito a innescare meccanismi di trasformazione e progressiva
estinzione del fenomeno.
Dallanalisi del ruolo tradizionale dei femminielli nella societ
napoletana, intrecciando ricerca etnografica con riflessioni
linguistiche e con fonti storiche, antropologiche, letterarie e
mitografiche, particolarmente interessanti risultano quei complessi
processi di plasmazione e riplasmazione di tali soggetti
gender variant, gender fluid e/o gender non-conforming (Arietti
et al., 2010; Bernini, 2017), dei quali va evidenziata la forte
componente performativa del loro stare al mondo e quindi la
natura profondamente culturale delle loro pratiche di costruzione
del genere e dellidentit sociale (Zito, 2017). Infatti la
partecipazione ad alcuni riti di cui i femminielli sono ancora gli
officianti, come in particolare o spusarizio/il matrimonio, ma
9
anche il parto, a cui prende attivamente parte tutta la comunit,
costituisce, per esempio, da un lato una significativa prova della
grande integrazione e del notevole riconoscimento di cui queste
persone possono godere entro una precisa cornice simbolica
e culturale, quella dei quartieri cui storicamente appartengono,
dallaltro ci aiuta a comprendere meglio la loro sorprendente
agency.
DAgostino (2000, 2010, 2016), parlando dei femminielli,
li considera acutamente proprio come un esempio molto particolare
di travestitismo istituzionalizzato, in quanto protagonisti
di tutta una serie di atti tesi ad affermare, esibire e sancire ritualmente
la loro appartenenza di genere. La centralit del rapporto
con la propria comunit che sancisce il riconoscimento di
genere dunque un elemento fondamentale come mostra il fatto
che le attivit rituali dei femminielli si concentrano proprio
intorno ad alcuni momenti centrali della vita sociale di tutte
le culture e di tutti i gruppi umani, quali nascite, matrimoni e
morti, configurandosi cos come un insieme unico di pratiche,
peculiare espressione del loro stare al mondo. Inoltre, al di l
delle differenze, rilevante resta il dato della persistenza di tali
dispositivi rituali tradizionali, come quello del matrimonio, in
un contesto metropolitano contemporaneo, pur nelle progressive
plasmazioni e riplasmazioni che li hanno caratterizzati nel
tempo (Zito, 2017).
Se nella contemporaneit le identit di genere si configurano
sempre pi come fluid, dimensioni processuali in perpetua
rielaborazione e riconfigurazione (Bernini, 2017), il singolare
fenomeno urbano dei femminielli napoletani offre un orizzonte
simbolico unico che riesce, attraverso lesperienza esistenziale
incarnata in corpi trasformati con le relative pratiche sociali,
a mettere nei fatti in discussione lordine simbolico e discorsivo
egemone in merito alla complessit del sistema sesso-genere
(Bourdieu, 1998). Pu risultare interessante in merito ricordare
10
che dai primi di luglio 20142 in Italia definirsi in materia di
genere, orientamento sessuale e identit di genere, sulle pagine
on line di un noto social network come Facebook, diventato
pi democratico, come gi avvenuto negli Stati Uniti, e sotto
la stretta supervisione di Arcigay. Gli utenti, infatti, nella maschera
dove va indicato il proprio sesso/genere, e dove fino al
2014 erano presenti solo le categorie di maschio o femmina,
trovano anche la voce personalizzata con a disposizione
cinquantotto modi diversi per connotare il proprio profilo che
vanno da agender a two-spirit passando proprio per femminiello.
Colpisce che tra i tanti anglismi compaia proprio questo termine
napoletano, perch oltre tutto rimanda a una realt molto
specifica e locale, strettamente legata allidentit storica e culturale
della citt di Napoli. significativo come nelliper-mondo
di Facebook con questa ampia pluralit di scelte identitarie si
evidenzi una complessa e articolata combinazione di avanzata
contemporaneit che arriva quasi a diventare post-gender e di
tradizione locale che, nel caso dello specifico termine femminiello,
si situa in un territorio addirittura intermedio tra lingua
italiana e dialetto napoletano.
Per concludere, la diversit e ricchezza di contributi tutti
peer-reviewed di cui si compone questo volume sul mondo
dei femminielli ci aiuta ancora una volta a ricordare che sempre
pi quelle di genere sono categorie innanzitutto costruite entro
e attraverso le relazioni vissute e agite nella cornice culturale
di un preciso contesto sociale (Butler, 1990). Inoltre, se lo
spazio pubblico fondamentalmente gendered, cio connotato
nel senso del gender spesso in modo strettamente dicotomico
rispetto alle dimensioni culturali del maschile e del femminile,
altre volte immaginabile invece in maniera pi fluida come un
continuum (Namaste, 1996) la storia dei femminielli mostra
che possibile creare spazi creativi intermedi e liminali (Turner,
1969), in cui la trasgressione delle norme di genere non deter
11
mina rifiuto, ma al contrario si rende possibile in modo molto
originale, proprio nel confronto con la comunit che concorre a
sostenerla e produrla, come le loro peculiari ritualit mostrano
bene. Infatti, nello spazio delle relazioni agite e vissute, tali soggetti
sociali hanno la possibilit di rappresentarsi a se stessi e
agli altri definendo continuamente, in una dimensione altamente
dinamica, le condizioni del proprio stesso processo di soggettivazione
in cui il corpo non solo un complesso strumento
con le sue tecniche (Mauss, 2000), ma diviene spazio pieno di
agency per lespressione e la costruzione della propria identit,
intesa come un essere e uno stare al mondo attraverso un fare
pratico, irriducibile e in continuo divenire.
Si ringraziano vivamente le studiose e gli studiosi che con
i loro ricchi e originali contributi hanno reso possibile la realizzazione
di questo volume.
12
Note
1 Tale termine, usato nellambito dei gender studies, si riferisce a una
variet di persone la cui identit di genere e le cui manifestazioni e ruoli non
si conformano alle norme e alle aspettative di genere maschile o femminile
definite dal contesto sociale e culturale di appartenenza.
2 Per maggiori dettagli si rimanda allarticolo di Maria Novella De Luca
pubblicato il 4 luglio 2014 sul quotidiano la Repubblica nella sezione cronaca
a pagina 27 e intitolato Sesso allitaliana anche femminiello nelle 50 sfumature
scelte da Facebook.
Bibliografia
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13
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14
I femminielli napoletani,
tra realt storica, immaginario e memoria.
Prefazione
di Luigi Maria Lombardi Satriani
... sono uomini che vivono da donne: vestiti, truccati da donne.
Sovente prostitute ma non necessariamente. Ogni vicolo ha il
suo femminiello, accettato dalla comunit. Vive in famiglia e attende
ad occupazioni riservate tradizionalmente alle donne: cucinare,
cucire, lavare la biancheria. Si sposano tra di loro, secondo
un rituale coniugale preso dal matrimonio in chiesa; giungono
persino a mimare scene di parto e di battesimo, come lo ha raccontato
Malaparte ne La pelle. Intelligente e saggio modo di regolare
la questione del terzo sesso (Fernandez, 1983).
Cos Dominique Fernandez, nelle sue Promenades dans
Naples (1983), coglie acutamente un tratto della vita della citt
e della cultura che questa ha elaborato attraverso una plasmazione
plurisecolare.
In una versione napoletana ottocentesca de Il Barbiere di
Siviglia (Cammarano e Rossini, 1818) viene gioiosamente affermato:
Penso che per esser felici in questo mondo tutti i
ragazzi dovrebbero essere ragazze, tutte le ragazze dovrebbero
essere ragazzi e non dovrebbero pi esistere n ragazzi n ragazze
allo scopo di poter tutti condurre una vita tranquilla.
Secoli prima Giovanni Battista Della Porta in De Humana
Physiognomonia (1586) scriveva: Nellisola di Sicilia sono molti
effeminati. Et io ne viddi uno in Napoli di pochi peli in barba
o quasi niuno; di piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di
occhio vergognoso, come donna; la voce debole, sottile, non poteva
soffrir molta fatica; di collo non fermo, di color bianco, che
15
si mordeva le labra; et insomma con corpo e gesti di femina.
Volentieri stava in casa e sempre con una faldiglia come donna
attendeva alla cucina et alla conocchia; fuggiva gli omini, e
conversava con le femine volentieri, e giacendo con loro, era pi
femina che listesse femine; ragionava come femina, e si dava
larticolo femmineo sempre: trista me, amara me.
I femminielli non possono essere relegati tout court nellarea
dellomosessualit, come pure a volte stato fatto, n equiparati
familisticamente ad altre realt storiche e culturali, come per la
condizione dei berdache, categoria ampiamente utilizzata dagli
antropologi di cultura anglosassone e ripresa anche nella riflessione
antropologica italiana.
che a Napoli si dispiegato un unicum con proprie modalit,
tratti rituali, norme regolatrici che sollecitano per la comprensione
una molteplicit di punti di vista, di angolazioni disciplinari;
non certamente un caso che i femminielli napoletani
abbiano attirato lattenzione di viaggiatori stranieri, di scrittori,
di antropologi e di studiosi di altri settori delle scienze umane.
I femminielli rinviano alla problematica del corpo, a quella
delle innumerevoli modalit di manipolazione di esso, come a
quelle del mascheramento e del travestimento. Il corpo, lo sappiamo
bene, sempre e comunque un prodotto culturale, come
ha posto in risalto una vastissima letteratura scientifica, a partire
dal celeberrimo saggio Le tecniche del corpo (1965) di Marcel
Mauss, ed ancora di pi labbigliamento. E contrariamente
a quanto sostiene un diffuso proverbio, si pu legittimamente
affermare che labito fa il monaco, che labbigliamento, cio,
fornisca una serie di indicazioni su chi lo indossa, delineando
nella figura, il ruolo sociale, i valori che ritiene essenziali. Si
ricordi, esemplificativamente, lopulenza e lo sfarzo dellabito
aristocratico, sia quello di cerimonia che quello della normale
quotidianit, e analogamente, pur nellindubbia diversit di
classe, la ricchezza dellabito cerimoniale contadino cos lonta
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no dal misero abito di fatica dei lavoratori della terra. Perci le
scienze demo-etno-antropologiche hanno rivolto la loro attenzione
alluniverso dellabbigliamento, comՏ testimoniato, anche
in questo ambito, da unampia letteratura scientifica; mi limiter
a ricordare, al riguardo, lottima monografia antropologica di
Ernesta Cerulli, Vestirsi, spogliarsi, travestirsi (1999), da poco riedita
da Sellerio. Lo spogliarsi, il velarsi, il travestirsi sviluppano
la loro carica di seduzione, come le recenti cronache politiche
e giornalistiche documentano, spesso con notevole drammaticit
e con finalit a volte strumentali, indubbiamente discutibili.
Il crescente successo della moda testimonia la sempre maggiore
consapevolezza della centralit dellabbigliamento. Anche il
vestire le statue della Vergine, del Cristo morto, dei Santi ha
forti valori rituali e simbolici, come ho avuto modo pi volte di
sottolineare in altra sede (Lombardi Satriani, 1971; Lombardi
Satriani e Meligrana, 1996; Lombardi Satriani, 2000). Connessa
a tale tematica quella delle maschere, lungamente indagata
dallantropologia e dalla demologia: anche qui limitandomi soltanto
ad alcune citazioni, La via delle maschere (1985) di Claude
Lvi-Strauss e Le origini del teatro italiano (1955) di Paolo
Toschi. Le maschere rinviano a un universo in cui dimensione
mitica, orizzonti della classicit, piani psicopatologici si intrecciano
continuamente, ponendo in risalto analogie e differenze,
come hanno mostrato esemplarmente Bruno Callieri e Laura
Faranda nel loro Medusa allo specchio: maschere fra antropologia e
psicopatologia (2001).
Patricia Bianchi, Marinella Miano Borruso, Gennaro Carrano,
Gabriella DAgostino, Annalisa Di Nuzzo, Corinne Fortier,
Marzia Mauriello, Gianfranca Ranisio, Pino Simonelli,
Nicola Sisci, Nico Staiti, Paolo Valerio, Francesca Verde, Maria
Carolina Vesce ed Eugenio Zito nei saggi presenti in questo
volume, tutti peer-reviewed, forniscono una serie di notazioni
critiche e suggestioni, oltre che unampia gamma di riferimenti
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alla letteratura etno-antropologica, storico-religiosa, linguistica
e psicoanalitica, con significative citazioni teatrali, letterarie, cinematografiche,
musicologiche, giornalistiche e di cronaca.
quindi la complessit della tematica dei femminielli a determinare
la conseguente necessit di un accostamento ad essa da
molteplici angoli disciplinari, purch nessuno di essi sia tentato
da pulsioni di supremazia scientifica o di improbabile esaustivit:
in ci consiste la riuscita operazione di metodo con cui Eugenio
Zito e Paolo Valerio hanno curato la raccolta delle molteplici e
diversificate voci di cui si compone questo prezioso volume.
superfluo, in questa sede, riprendere notazioni critiche
e suggestioni dei vari saggi proposti, mi sembra opportuno,
per, segnalare complessivamente la loro originalit e carica
problematica.
Il lettore potr rapportarsi direttamente a questi scritti cogliendo
cos, sulla scorta di essi, le molteplici sfaccettature della
realt dei femminielli, con cui ebbi lopportunit di venire in
contatto nei primi anni Settanta, quando ottenni lincarico di
Antropologia Culturale allUniversit Federico II di Napoli e
iniziai con entusiasmo lattivit di insegnamento, trovando una
platea di studenti reattiva e desiderosa di confrontarsi criticamente
con il proprio territorio.
Ritenni in quel tempo che fosse doveroso da parte mia avviare
ricerche e riflessioni su tematiche napoletane o sulle modalit
che assumevano in Campania tratti rituali presenti anche
in altre aree. Con il sostegno di studiosi che allora collaboravano
con la cattedra da me tenuta Lello Mazzacane, Gianfranca
Ranisio, Pino Simonelli elaborai una serie di progetti
di ricerca su Napoli e la Campania che portammo avanti in
diverse direzioni. Tra le altre pensai di avviare una ricerca anche
sui femminielli. Ne parlai con i miei pi assidui collaboratori,
tra i primi Pino Simonelli, che da tempo aveva focalizzato
su di loro la propria attenzione. Andammo assieme e con
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Lello Mazzacane a osservare dei femminielli (ne ricordo uno
particolarmente attraente a Corso Vittorio Emanuele o altri in
Via Marina ai piedi del Maschio Angioino) e ci recammo pi
volte in alcuni ristoranti specializzati sul Vesuvio, dove si celebravano
i festeggiamenti in occasione dei loro matrimoni.
Ne ricordo uno iniziato al mattino e che si sarebbe protratto
per tutta la giornata e la notte successiva, scandito dalla musica
eseguita da complessini composti da femminielli. Lo stesso
Pino mi inform che, spesso, al matrimonio seguiva il parto,
cerimonia nella quale uno dei due femminielli restava a letto
con accanto un bambolotto o un neonato prestato loro; il festeggiamento
prevedeva che la puerpera ricevesse le visite del
vicinato secondo un protocollo e regali dettagliatamente codificati.
Fu Pino Simonelli, fra laltro, a seguire nella preparazione
della sua tesi di laurea, dedicata alla Cantata dei pastori, Annibale
Ruccello. Il suo lavoro, di notevole spessore, fu pubblicato
con il titolo Il Sole e la Maschera (1978) nella collana La terra
deportata, da me diretta presso leditore Guida. Nella Cantata
un personaggio , appunto, un femminiello. Lo stesso Ruccello
rappresenter nei suoi lavori teatrali lamore, la solidariet, la
solitudine, la tragicit incombente che marcano lesistenza dei
travestiti: si pensi, per tutti, a Le cinque rose di Jennifer (1980)1.
Certo, femminielli e travestiti sono notevolmente diversi, ma,
spesso, nellimmaginario dei pi sono sostanzialmente coincidenti.
Il candore e lestrema tolleranza presenti nelluniverso
dei femminielli sono testimoniati, fra laltro, dallinserimento nel
presepe napoletano di questa figura, trasgressiva e profana, accanto
alle figure della sacralit.
Andai anche al Santuario di Montevergine, nei pressi di
Avellino, in occasione del tradizionale pellegrinaggio dei femminielli,
con le macchine bardate a festa, che avevo gi visto
a met degli anni Cinquanta da studente di Scienze Politiche.
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Tutto ci si concluse bruscamente perch la mia personale
vicenda accademica mi port allUniversit di Messina come
titolare di cattedra, mentre una docente incaricata aveva fatto
domanda per linsegnamento di Antropologia Culturale al
mio posto, con la conseguente interruzione della mia attivit
didattica e di ricerca a Napoli. Ricordo dettagliatamente tutto
questo non per acre desiderio di rivalsa, ma perch la ricerca
sui femminielli da me progettata non pot aver luogo per le impreviste
difficolt sopraggiunte. Con i collaboratori continuai ad
avere ottimi rapporti di colleganza e amicizia che ancora oggi
permangono in tutta la loro saldezza, ma limpegno di ricerca
sulle diverse modalit della cultura campana ebbe unindubbia
battuta di arresto. Solo in questi ultimi anni, essendo stato
sollecitato a insegnare allUniversit Suor Orsola Benincasa di
Napoli, ho ripreso un rapporto di presenza settimanale in citt,
guidando di nuovo ricerche anche per tesi di laurea. Sono
stato nella valle dove si celebrava il culto di Mephite2 e ho
continuato le peregrinazioni campane tra feste popolari, culti e
monumenti del passato.
Pino Simonelli purtroppo non cՏ pi. Restano il ricordo di
quanti fummo a lui legati da vincoli di affetto e stima, la memoria
della sua dolcezza e capacit affabulatoria. Restano i suoi
scritti, i suoi racconti, le sue poesie, le sue intuizioni su Napoli,
sui femminielli.
Per tale complesso di ragioni, qui schematicamente indicate,
questo volume dedicato ai femminielli mi sembra opportuno
omaggio alla sua figura e, assieme, uno strumento indispensabile
per la comprensione di un dato culturale cos significativo
e dai complessi universi simbolici. una realt, questa, che
in trasformazione, come in trasformazione tutto il suo contesto
sociale e culturale. Non possiamo quindi irrigidirlo in un
passato immobile, dobbiamo comprenderlo nelle sue molteplici
valenze e nelle sue nuove possibili evoluzioni.
20
Note
1 Il testo di questo lavoro pubblicato nella raccolta Teatro (2005), che
comprende tutte le opere di Annibale Ruccello.
2 La dea Mephite una divinit italica, invocata per la fertilit. I luoghi
di culto, a lei dedicati, erano in genere caratterizzati dalla presenza delle
acque. Divinit importante del pantheon sannita, era anche collegata agli
Inferi.
Bibliografia
Callieri B. e Faranda L. (2001) Medusa allo specchio: maschere tra an
tropologia e psicopatologia, Edizioni Universitarie Romane, Roma.
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21
22
Introduzione
di Eugenio Zito e Paolo Valerio
Nel passaporto, documento che identifica il viaggiatore che si
muove tra le diverse nazioni, presente, tra gli altri, un campo
che corrisponde al termine sesso. La categoria che vi sottesa
rimanda semplicemente alla dimensione biologica dellessere
maschio o femmina e quindi non esaustiva della complessit
esistenziale e socio-culturale relativa a ogni individuo sessuato.
Il termine genere, cos come si venuto definendo a partire dagli
studi di Stoller (1968) e prima ancora in quelli di Money
(1955), con il suo ampliamento linguistico e semantico, invece
sicuramente idoneo a includere pienamente tale complessit
dellessere maschio, femmina o trans (Stryker, Currah e Moore,
2008). Le ricerche antropologiche, in particolare, hanno ampiamente
e profondamente dimostrato che il rapporto tra sesso
e genere varia a seconda delle culture, delle societ, delle aree
geografiche e naturalmente delle epoche storiche, evidenziando
il ruolo specifico che la cultura gioca nel determinare ci che
femminile e maschile e facendo emergere inoltre che la cultura
stessa a definire il valore precipuo dei sessi, le differenze
di status e quindi il controllo sui corpi (Ranisio, 2011). Piccone
Stella e Saraceno (1996) ci ricordano infatti che il genere
esattamente il modo in cui in un determinato contesto sociale
e culturale e in un definito momento storico si attribuiscono significati
specifici e variabili alle differenze biologiche tra donne
e uomini e ovviamente rilevanza ai fini della differenziazione
sociale. Inoltre molte culture hanno previsto e in alcuni casi
23
tuttoggi prevedono la possibilit di una mancata corrispondenza
tra sesso biologico e modo soggettivo di vivere lappartenenza
a un dato genere sessuale, consentendo una frattura tra
natura e cultura, o in altri termini tra sesso e genere, senza considerarla
patologica, rimandandoci chiaramente a quella che la
natura culturale e performativa del genere (Butler, 1990)1.
A questo punto, come il passaporto con la voce sesso resta
il documento di identificazione indispensabile per viaggiare
nel mondo, cos, sostituendo sesso con genere, disponiamo di un
simbolico lasciapassare utile per avventurarci ancora in un continente
misterioso (Breen, 2000), in parte sommerso, ma del
quale emerge un arcipelago di isole di cui abbiamo tentato di
esplorarne ulteriormente, con laiuto di guide esperte, una in
particolare: quella dei femminielli napoletani.
Gi in altra sede stato affrontato con una lunga ricerca
sul campo questo complesso fenomeno peculiare della citt di
Napoli (Zito e Valerio, 2010, 2012a, 2012b, 2013; Zito, 2013a,
2013b), individuandone una serie di caratteristiche che, in questo
volume, si tentato di approfondire per avanzare ancora
nella sua comprensione di complessa realt multicomponente.
A tal fine ci si mossi allinterno di una cornice di riferimento
multidisciplinare, anche sul versante del metodo, integrando
lanalisi antropologica con quella linguistica e psicologica.
Daltro canto la ricerca nellambito degli studi di genere implica
necessariamente, per sua natura, una molteplicit di sguardi
cui corrispondono pluralit disciplinari e contaminazioni metodologiche,
collocandosi il genere, come complesso costrutto,
nellintersezione simbolica tra esperienza soggettiva, dimensione
culturale e socialit, e offrendo, cos, la possibilit di definire
lindefinibile, superando vecchie e parziali categorie.
Perci la molteplicit di contributi di ricerca sul tema,
presenti in questo volume, tutti peer-reviewed, pi che dirigersi
verso una definizione univoca e uniforme del fenomeno,
24
ne coglie piuttosto sfaccettature diverse, a riprova dellestrema
complessit di quanto osservato. Tra omosessualit effeminata,
omosessualit mediterranea ed etnica, terzo genere, transgenderismo,
travestitismo, transessualismo, trans-identit e gender
variance si gioca la complessa partita della configurazione di
una realt molto articolata e al contempo fluida in relazione
alla sua dimensione contestuale (Ekins e King, 2006; Valerio e
Zito, 2006; DAgostino, 2010; Zito e Valerio, 2010, 2013; Zito,
2017; Mauriello, 2017). E paradossalmente, proprio la molteplicit
di voci presentate, non conducendo a una definizione
univoca del fenomeno, chiede al lettore di tollerare lindeterminatezza
e di provare a integrare nella mente le differenti
letture avanzate, in quanto indicatore dellestrema complessit
di quanto osservato. In tal senso i diversi contributi proposti
costituiscono un ulteriore tentativo di decifrare, comprendere
e interpretare il fenomeno dei femminielli napoletani da pi
vertici, senza pretese di esaustivit. Si tratta, infatti, di soggetti
sociali che sfuggono a una semplice definizione, ma che potremmo
provare a inquadrare, con una terminologia contemporanea,
in una dimensione gender variant, gender fluid e/o gender
non-conforming (Arietti et al., 2010; Bernini, 2017). Storicamente
presenti nellarea di Napoli e delle provincie limitrofe i
femminielli esprimono la propria identit sociale in una forma
che non n maschile n femminile, contenendole entrambe,
con caratteristiche liminali e coerenti con il contesto in cui si
declinano: Napoli, citt europea protesa nel Mediterraneo, a
met strada tra stratificazioni arcaiche e spinte postmoderne.
Tale metropoli sembra infatti coniugare un profilo di citt
arcobaleno (Corbisiero e Monaco, 2017), come comunit di
pratiche, omologazione identitaria e cittadinanza LGBT, con
una tradizione di luogo queer e drag (Bernini, 2017), cos come
mostra liconografia tradizionale dei femminielli stessi, soggetti
sociali liminali, al confine tra i generi e tra tradizione/arcaismo
25
e trasgressione/liberazione, riproponendo cos un nuovo binarismo
LGBT/queer (Zito e Valerio, 2010, 2013; Zito, 2013a,
2013b). Identit liminali in un contesto liminale (Turner, 1969,
1983) dunque, strettamente legati nel loro divenire (cfr. Miano
Borruso infra). Del resto qualsiasi processo di costruzione di
identit indissolubile dai percorsi storici del contesto stesso
entro cui tali identit si formano e si trasformano e genere e
sessualit costituiscono forme simboliche significative che vanno
interpretate prima di potere essere spiegate (cfr. DAgostino
infra). A Napoli, infatti, i femminielli hanno trovato la loro
nicchia ecologica nei quartieri storici popolari dove sono stati
sempre accettati come realt sociale riconosciuta, perch in
grado di ritagliarsi un proprio ruolo e un proprio stile di vita.
Affrontare sul piano antropologico questa realt cos complessa
nel rapporto con la societ napoletana significa da un lato confrontarsi
con le teorie sul genere (Ortner e Whitehead, 2000;
Hritier, 2002; Strathern, 2016) e i movimenti di rivendicazione
dei diritti delle persone LGBT con le relative istanze di cittadinanza
(Corbisiero e Monaco, 2017) e dallaltro interrogarsi
sui rapporti stessi con la cultura popolare napoletana (Corvino,
2017) entro cui va iscritto il fenomeno, tra continuit, tradizioni
e profondi mutamenti (cfr. Ranisio infra).
Nel caso del nostro oggetto di studio, poi, la questione del
genere, articolandosi con la specificit di un contesto storico, geografico
e urbano tipico, quale quello che rimanda alla cultura
popolare napoletana, aggiunge complessit ulteriore al campo di
ricerca. Tutto ci rimarca, in modo ancora pi evidente, allinterno
di una cornice di riferimento e di analisi prevalentemente
antropologica, la necessit di un approccio multidisciplinare
al tema in questione, perch un punto di vista univoco su un
fenomeno, per sua natura cangiante e multi-sfaccettato, come
quello delle rappresentazioni di genere a Napoli, sarebbe risultato
parziale e insufficiente alla comprensione.
26
Infatti, i contributi peer-reviewed di cui si compone questo
volume collettaneo provengono da campi di studio diversificati,
che vanno dallantropologia culturale alla linguistica, dalla
psicoanalisi dellidentit di genere alla gruppoanalisi, con uno
sguardo ampio sul fenomeno, nelle sue tracce storiche, letterarie,
iconografiche e artistiche, cercando di prescindere il pi
possibile da una visione essenzialistica e riduttiva.
Dopo la prefazione dei curatori, la particolare premessa di
Luigi Maria Lombardi Satriani, densa di ricordi e suggestioni
personali, cui vanno calorosi ringraziamenti e questa introduzione,
apre il percorso di lettura il contributo di Eugenio Zito,
Nicola Sisci2 e Paolo Valerio che rappresenta un tentativo di far
luce sulle radici, lorigine e levoluzione del fenomeno, avvalendosi,
tra laltro, del supporto di fonti letterarie e iconografiche.
Tale ricognizione storico-mitografica si conclude con delle riflessioni
antropologiche sulla condizione attuale dei femminielli,
sollevando una serie di interrogativi sulla possibile trasformazione
e/o estinzione del fenomeno in relazione con i profondi
cambiamenti sociali e culturali sopraggiunti nel loro contesto
di riferimento.
Il successivo contributo di Patricia Bianchi aggiunge una
singolare rassegna di testi letterari e di saggi ed ha come fine
la ricostruzione della parola femminiello e delle sue possibili varianti
nei contesti duso, in cui entra in gioco la percezione del
s e degli altri, nella reciprocit tra nome, identit gruppale e
identit individuale. In particolare lautrice nel suffisso -iello del
termine femminiello individua, confrontandolo con altri della
lingua napoletana, un nuovo lemma indicatore di una categoria
a s stante, cio in questo caso di un fenomeno straordinario
del mondo occidentale, una sorta di terzo genere.
Gabriella DAgostino affronta in modo molto originale il
mondo dei femminielli, cogliendone gli elementi strutturali comuni
rintracciabili in altri contesti culturali e facendo emergere
27
come lattribuzione di particolari qualit a determinati soggetti
derivi dagli elementi sacrali legati a rappresentazioni di genere
non risolte, ossia non immediatamente classificabili allinterno
delle categorie dicotomiche del maschile e del femminile,
ma costruite su un continuum tra le due polarit.
Linteressante apporto di Gianfranca Ranisio, che integra
le osservazioni tratte dagli altri studi antropologici con le descrizioni
presenti nella letteratura e nel teatro napoletano, offre
un singolare quadro del rapporto del femminiello con la citt,
esplorando gli elementi arcaici di struttura che si stratificano
nel tempo, sulla base di modelli che cambiano e si trasformano,
adattandosi a forme pi moderne e metropolitane di relazione
tra individui e contesto.
Nel quinto capitolo Annalisa di Nuzzo approfondisce il
tema della plasmazione di un genere altro che integra il maschile
e il femminile, in quanto fenomeno presente in quasi
tutte le culture. Il tratto comune la difficolt di definizione
di queste figure, non maschio, non femmina. Nel femminiello
a Napoli, invece, la teatralizzazione e lacquisizione del ruolo
determina una sorta di schismogenesi individuale nella quale si
ironizza e si drammatizza il comportamento sociale e sessuale
del maschile e del femminile in unomeostasi che attiva processi
di integrazione di unidentit altrimenti impossibile.
Nel sesto capitolo viene presentata la traduzione svolta da
Eugenio Zito di un singolare articolo di Gennaro Carrano e
Pino Simonelli3, apparso sul n. 18 di Masques. Revue des Homosexualites
del 1983, vero e proprio antesignano della ricerca
sul tema. Secondo questi autori la sacralit del travestimento a
Napoli si esprime soprattutto attraverso alcune manifestazioni
rituali quali il matrimonio, il parto e il battesimo. Il contributo
ha la forma di un reportage e ha come tema il matrimonio
dei femminielli. Questa manifestazione rituale presenta molte
caratteristiche di quelle normali, ma anche molte differenze
28
e consente di comprendere il ruolo che i femminielli giocano
allinterno del loro gruppo sociale.
Francesca Verde approfondisce nel suo contributo, dalloriginale
vertice della gruppoanalisi, un altro aspetto specifico del
mondo dei femminielli, la recente rivitalizzazione del rito della
juta. In questa prospettiva, il rito dellandata al Santuario
della Madonna di Montevergine nei pressi di Avellino, un
modo attraverso cui un gruppo costruisce lidentit e sancisce
la propria presenza nel pi ampio spazio sociale. Lattuale movimento
di rivitalizzazione del rito offre alcuni spunti di riflessione
sulla necessit di un cambiamento di prospettiva circa la
costruzione dellidentit, anche di genere e sessuale, non pi
pensata come processo lineare, ma come movimento plurale e
circolare, mai definito e completo, che investe soggetti, gruppi,
istituzioni e societ.
Nellottavo capitolo Corinne Fortier, tradotta da Eugenio
Zito, propone un originale studio antropologico e psicoanalitico
sulla dimensione seduttiva e sessuale dei femminielli, basato su
di una ricerca etnologica condotta in Campania e sullanalisi
del romanzo Scende gi per Toledo (1975) di Giuseppe Patroni
Griffi, di per s autentica testimonianza etnografica. I femminielli
descritti da Fortier presentano attributi fisici, una gestualit
e occupazioni femminili, inclusa la prostituzione: rivali delle
donne a cui cercano di sottrarre gli uomini, incarnano certi
desideri erotici maschili basati su di una sessualit totalmente
svincolata dalla procreazione.
Nel suo illuminante contributo Mariella Miano Borruso4
offre al lettore una riflessione sullistituzionalizzazione culturale
dellinversione di genere nellambito metropolitano della citt
di Napoli, dove vi una forma di cambiamento di sesso peculiare
e sconosciuta in altri paesi europei, i cui attori sociali
sono proprio i femminielli. Attraverso una chiave di lettura storico-
culturale anche di pratiche connesse alla sorte, di culti ma
29
riani e delle anime del Purgatorio, la studiosa formula alcune
interessanti ipotesi di lettura sulla base delle forme di legittimit
sociale che sono concesse a questi soggetti fuori dalla norma
sessuale e che rendono possibile, nella societ napoletana,
il travestimento e linversione di genere.
Nel decimo capitolo Eugenio Zito presenta i risultati di
una ricerca sul campo elaborata lungo due direttrici: una attenta
al contesto e laltra al testo dei femminielli. Per la prima
lautore offre una ricostruzione storico-antropologica del loro
retroterra culturale nella citt di Napoli. Per la seconda ha utilizzato
una metodologia qualitativa di analisi e di interpretazione
di dati testuali raccolti attraverso interviste semi-strutturate
nel corso di una lunga ricerca etnografica condotta nel contesto
urbano di Napoli. I discorsi dei femminielli analizzati e risignificati
anche con lausilio del software Alceste ci introducono in
un mondo sorprendente che insieme arcaico e postmoderno,
sempre pronto a trasformarsi per sopravvivere, ma forse, oggi, a
rischio di estinzione.
Nel suo contributo Marzia Mauriello riflette sulla realt
transgender a Napoli a partire da unanalisi socio-antropologica
del termine femminiello (o femminella), sviluppando un discorso
sui diversi usi che gli stessi rappresentanti del mondo LGBT
napoletano ne fanno oggi. Attraverso un puntuale riferimento
alle interviste da lei raccolte in quasi un decennio di ricerca sul
campo, la parola femminiello per certi versi sembra addirittura,
nel suo includere molteplici esperienze del s, sovrapporsi al
termine ombrello transgender, seppur con le differenze legate
allo specifico contesto preso in esame. Al tempo stesso, il termine
pu assumere ora valenza positiva, ora segno negativo, divenendo
una sorta di significante fluttuante.
Maria Carolina Vesce propone invece una riflessione critica
sui processi di reificazione, culturalizzazione e patrimonializzazione
che interessano, da oltre un decennio, la figura del
30
femminiello. A partire dai dati raccolti nel corso di una ricerca
di campo a Napoli e in Campania, il suo contributo mette in
luce come tali processi agiscano su pi livelli: su quello sociale e
politico delle relazioni di genere, su quello economico, su quello
istituzionale, fino al livello della produzione del patrimonio
culturale. Lobiettivo cercare di comprendere se e fino a che
punto la retorica dellestinzione riproduca forme di orientalismo
che, se da un lato stimolano una riflessione critica sul posizionamento
dei diversi soggetti attivi sul campo, dallaltro consentono
di ripensare le stesse categorie egemoni di genere.
Nellultimo capitolo di questo volume Eugenio Zito riporta
la storia di vita integrale di Gina raccolta nel corso di unintervista
svolta nel 2002, con lobiettivo, da un lato di riflettere
su narrazione di s e processi di costruzione dellidentit gender
variant a Napoli, e dallaltro di ridare voce ai femminielli
(o femminelle) in maniera pi ampia, integrando i discorsi di
ricercatori e studiosi prima esposti, riconnettendo piano emico
e piano etico. Con tale operazione lautore mira infatti, in
qualche modo, a rimarcare la funzione sociale pi alta dellantropologia,
quella cio di promuovere alternative, in questo caso
esistenziali, quali le esperienze e le storie dei femminielli possono
certamente offrire con tutta la loro carica di resistenza e la
loro profonda umanit.
La postfazione di Nico Staiti che chiude questa raccolta
di saggi, incrociando analisi storica con riscontri etnografici e
muovendosi in unoriginale prospettiva musicologica, ci riconduce
sulle tracce di Cibele allargando lanalisi dal fenomeno dei
femminielli di Napoli a quello pi generale degli effeminati.
In questo modo viene mostrato come dal subcontinente indiano
a tutta larea del Mediterraneo persone che attraversano le
identit di genere agiscono sia in contesti sacri come officianti
di divinit prevalentemente femminili, sia nei riti di nascita,
matrimonio e in alcuni casi in quelli funebri.
31
In conclusione tale volume, guardando alle nozioni di sesso
e genere con uno sguardo decisamente pi ampio (Vitelli e
Valerio, 2012), nellambito del dibattuto discorso sulla trans-identit,
effettua un chiaro spostamento dalle categorie della
clinica (Chiodi, Ricciardi, Santamaria, Valerio e Zito, 2008) a
quelle del discorso sociale (Zito e Valerio, 2012a; 2012b; Rinaldi,
2012). Rimarca per, allo stesso tempo, implicitamente,
anche la necessit di un ripensamento sempre pi forte negli
ambiti clinici e sanitari, depatologizzando ulteriormente quelle
manifestazioni che in altri contesti e momenti storici sono
state etichettate come morbose, grazie soprattutto allapporto
critico dellantropologia culturale e dei queer studies che ci ricordano
che la sessualit non riducibile alla sua sola dimensione
biologica, in quanto soprattutto realt culturale, sociale
ed esperienziale (Valentine, 2007; Gressgrd, 2010; Bernini,
2017).
Sotto questo aspetto, e cio con lintento di ampliare lo
sguardo attraverso cui guardare a tali fenomeni, al di l del registro
medico-psichiatrico, il lavoro nato in una prospettiva di
studio pionieristica (Zito e Valerio, 2010, 2012a, 2012b; Vitelli
e Valerio, 2012) allinterno delle attivit del Dottorato di Ricerca
Interpolo in Studi di Genere dellUniversit degli Studi di
Napoli Federico II, dove, da diversi anni, ha oramai preso corpo
un filone di ricerca tesa a interrogare in unottica multidisciplinare
la complessa realt del mondo trans (Ward, 2010).
Si propone, quindi, con tale nuovo volume a pi voci, una
rilettura globale della figura del femminiello napoletano, espressione
del mondo transgender e/o gender variant, concependolo
quale luogo sociale/privato funzionale, da un lato allallestimento
di una mappa di ipotesi utili a una sempre pi approfondita
interrogazione del sistema sesso-genere (McDougall, 1993;
Chodorow, 1995; Simon, 1996; Giuffrida, 2002; Ekins e King,
2006; Valentine, 2007; Bernini, 2017), dallaltro come espres
32
sione di resistenza (e si badi non di resilienza) per poter anche
alimentare la capacit umana di immaginare come destabilizzare
il futuro (Quaranta, 2018).
Note
1 In particolare Butler (1990) teorizza il genere, insieme al sesso e alla
sessualit, come realt performativa. Secondo la sua teoria la coerenza delle
categorie di sesso, genere e sessualit culturalmente costruita attraverso la
ripetizione di atti stilizzati nel tempo. Questi atti corporei, nella loro ripetizione,
fissano lapparenza di un nucleo del genere inteso come essenziale e
ontologico. Lesibizione di genere, sesso e sessualit, tuttavia, non una scelta
volontaria secondo Butler, che, con il suo originale pensiero, sfida esplicitamente
le posizioni biologiche relative al carattere binario della sessualit,
concependo piuttosto il corpo sessuato stesso come culturalmente costruito
dai discori normativi.
2 A Nicola Sisci va un particolare ringraziamento, perch liniziale idea
del primo volume collettaneo del 2013, poi modificata nel tempo, nata proprio
in seguito al Convegno tenutosi a Napoli il 17 ottobre 2008 intitolato
I femminielli napoletani: riflessioni preliminari e da lui organizzato con
grande entusiasmo e capacit insieme a Paolo Valerio.
3 A Pino Simonelli, purtroppo scomparso prematuramente nel 1986,
idealmente dedicato anche questo volume.
4 A Marinella Miano Borruso, improvvisamente scomparsa nel 2013,
va un pensiero speciale di gratitudine per la guida nella fase iniziale di sistematizzazione
dei lavori di cui si compone il primo volume collettaneo del
2013 e per laccoglienza ricevuta nellautunno 2012 durante uno stimolante
periodo di didattica, studio e ricerca presso il Centro de Estudios Antropolgicos
de Gnero, Sexualidad y Etnicidad, Cuerpo Acadmico Anlisis
del Discurso y Semitica de la Cultura, Lnea de Investigacin Poltica y
Gnero da lei al tempo diretto nellEscuela Nacional de Antropologia e Historia
(ENAH) dellInstituto National de Antropologia e Historia (INAH)
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femminielli, International Journal of Multiple Research
Approaches, vol. 7, n. 2, pp. 204-217.
Zito E. (2013b), Femmin-ielli. Cera una volta a Napoli?, in Romano
G., a cura di, La Tarantina e la sua dolce vita. Racconto autobiografico
di un femminiello napoletano, Ombre Corte, Verona, pp.
79-107.
Zito E. (2017) Scene da un matrimonio. Performance, genere e identit
a Napoli, EtnoAntropologia, vol. 5, n. 2, pp. 417-462.
36
Et io ne viddi uno in Napoli.
I femminielli, ricognizione storica e mitografica:
spunti per una riflessione sullidentit di genere
di Eugenio Zito, Nicola Sisci e Paolo Valerio
Oh benedetto dalla Madonna!
O figlio miracoloso!
Curzio Malaparte, La pelle, 1949.
Premessa
La possibilit di un al di l della suddivisione biologica dei sessi
ha abitato, sin dalle origini dellumanit, il luogo del mito
e le rappresentazioni. Allo stesso tempo, culture diverse hanno
contemplato, e in alcuni casi contemplano tuttora, la possibilit
di una mancata corrispondenza tra il sesso biologico e il vissuto
soggettivo di appartenenza a un dato genere sessuale, e ci al
di fuori di qualsivoglia categoria patologizzante: dai Berdache
nativi americani, agli Hijira, ancora oggi presenti nel contesto
indiano, dai Mux della societ zapoteca messicana (Miano
Borruso, 2002, 2011) fino alloggetto di questa ricerca: i femminielli
napoletani (Zito e Valerio, 2010), fenomeno questultimo
che forse va estinguendosi sotto le spinte della post-modernit,
rischiando di trasformarsi in forme non pi immediatamente
riconoscibili (Vitelli, Bottone, Sisci e Valerio, 2006).
Volendo connotarla con un linguaggio attuale potremmo
collocare la complessa realt dei femminielli nelluniverso del
transgenderismo1.
La radice, lorigine e levoluzione di tale fenomeno, peculiare
della citt di Napoli, sono, in realt, ancora storicamente
37
oscure, nel senso che un filo continuo e documentato, che giunga
fino ai nostri giorni, non cՏ (Zito e Valerio, 2010).
Vorremmo innanzitutto sottolineare come, a oggi, sembrano
sopravvivere solo pochissimi femminielli, spesso anziani. La
probabile estinzione, se lecito luso di questo termine, ha forse
tra le sue cause levoluzione sociale in termini, da una parte, di
una moltiplicazione delle diversit identitarie, dallaltra, di una
spinta globale allomogeneizzazione culturale. Anche la metamorfosi
del tessuto urbano della citt di Napoli, in particolare
dei suoi quartieri popolari dopo il terremoto del 1980, potrebbe,
probabilmente, aver contribuito alla trasformazione e alla
progressiva scomparsa del fenomeno2.
Et io ne viddi uno in Napoli
La prima fonte letteraria utile alla ricostruzione storica del fenomeno
ci riconduce a Giovanni Battista Della Porta, che in
De Humana Physiognomonia (1586) scrive:
nellisola di Sicilia son molti effeminati, et io ne viddi
uno in Napoli di pochi peli in barba o quasi niuno; di
piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di occhio vergognoso,
come donna; la voce debole, sottile, non poteva
soffrir molta fatica; di collo non fermo, di color bianco,
che si mordeva le labra; et insomma con corpo e gesti di
femina. Volentieri stava in casa e sempre con una faldi-
glia come donna attendeva alla cucina et alla conocchia;
fuggiva gli omini, e conversava con le femine volentieri,
e giacendo con loro, era pi femina che listesse femine;
ragionava come femina, e si dava larticolo femmineo
sempre: trista me, amara me.
In questo frammento rilevabile, forse, la prima descrizione
di un femminiello napoletano. Finora non siamo riusciti
a rintracciare alcun altro testo che fornisse elementi cos det
38
tagliati (anche se esigui) sul piano fenomenologico. Lautore si
sofferma sia sugli aspetti morfologici, che su quelli comportamentali.
Su questi ultimi intendiamo investire la nostra attenzione.
Il personaggio descritto si comporta come se fosse una
donna e ragiona come una donna; infatti attendeva alla cucina
et alla conocchia, attivit a quel tempo di squisita competenza
femminile; fuggiva gli omini, e conversava con le femine volentieri,
assumendo cos la modalit relazionale tipica delle donne
del tempo. Nellopera non emergono descrizioni di accadimenti
discriminatori: ci che descrive lautore ci che presente l,
in quella strada di Napoli, che cos fortemente cattura la sua
attenzione e che, quindi, probabilmente rientra nellecologia
di quello specifico contesto. Questo potrebbe riflettere la tolleranza
di cui, gi in quegli anni, il femminiello godeva. Gabriella
DAgostino (2000) scrive:
La gente dei quartieri popolari in cui essi vivono, in generale
disprezza lomosessualit, soprattutto nella forma
della pederastia, ma riconosce e rispetta il sesso dei femminielli.
La loro diversit, che si manifesta nelladolescenza,
culturalmente accettata. A Napoli le famiglie
non considerano questo tipo di diversit una disgrazia
e non emarginano il soggetto. Lo integrano nella cerchia
familiare e nel contesto pi ampio del vicolo, della
strada, del quartiere. Il femminiello si presta alle faccende
domestiche, svolge commissioni per le vicine, gli si affida
la sorveglianza dei bambini pi piccoli da parte delle
donne del vicinato.
Gli affeminati di Napoli
Durante una ricerca bibliografica effettuata presso la Biblioteca
Nazionale di Napoli3 emersa, pubblicata nel testo Il segno di
Virgilio (De Simone, 1982), la seguente riproduzione.
39
Nel testo in questione non vengono specificati il nome
dellautore dellopera, o alcuna fonte, o collezione di appartenenza,
n tantomeno una datazione precisa.
Limmagine riporta, tuttavia, una didascalia in cui possibile
leggere Ballo Di Tarantella DelAffeminati Di Napoli. Pur
essendo la riproduzione fotografica in bianco e nero e di qualit
non ottimale, un esperto in storia dellarte moderna4 ha
ipotizzato che possa trattarsi di un acquerello, o di una incisione
acquerellata, realizzata nellultimo quarto del 700, il secolo
dellEnciclopedia, dei Grand Tour e delle prime guide e resoconti
di viaggio. Dunque molto probabile che lopera in questione
facesse parte di una guida o un resoconto di viaggio, di cui tuttavia
non siamo riusciti a trovare copia negli archivi napoletani.
Lacquerello mostra due soggetti che indossano abiti maschili,
ma che a differenza degli altri uomini rappresentati nella
40
scena, sembrano assumere movenze femminili durante la danza
della tammurriata5, attorniati da una folta schiera di suonatori
e spettatori in festa, che partecipano tutti divertiti allevento.
Nella parte superiore destra dellimmagine riconoscibile sullo
sfondo una costruzione arroccata su una montagna, presumibilmente
il profilo del monte Partenio con labbazia di Montevergine.
Lopera conferma il clima di tolleranza popolare gi
emerso nel brano del Della Porta. Sarebbe tuttavia ingenuo affermare
che lacquerello in questione raffiguri una scena ripresa
dal vero, come una fotografia. Si tratta piuttosto, molto probabilmente,
di uno studio di composizione, in cui lartista, nel
suo atelier, cerca di condensare, in uno spazio limitato, gli elementi
dellargomento che ha intenzione di esporre. Lacquerello
darebbe, comunque, la misura di quanto un fenomeno come
quello dei femminielli, attraverso la mediazione della tradizione,
trovasse un posto nella societ, fino a diventare iconograficamente
rappresentativo di una cultura e di una particolare realt
sociale. Da cosa scaturisce la possibilit di integrazione di cui
hanno goduto i femminielli presso la societ popolare napoletana?
Sancire lappartenenza
modo di dire diffuso a Napoli femminielli si nasce, come
se nellimmaginario popolare quella del femminiello fosse una
sorta di diversit naturale. In realt possiamo supporre che la
societ tradizionale avesse la necessit di produrre il femminiello,
come a rassicurarsi che lambiguit fosse riposta tutta da
qualche parte, nel femminiello appunto, sorta di eccezione adatta
al riconfermarsi dei ruoli di genere dominanti, ma su questo
aspetto sociologico torneremo in seguito, preferendo, adesso,
soffermarci antropologicamente sugli aspetti attivi di integrazione,
messi in atto da parte dei femminielli. I femminielli sono
41
protagonisti di tutta una serie di atti tesi ad affermare, esibire
permanentemente e a sancire ritualmente la loro appartenenza
di genere (DAgostino, 2000), tra questi, quelli di maggiore rilevanza
sono la figliata o partorenza, lo spusarizio, la riffa,
e il pellegrinaggio a Montevergine6.
La riffa
Un aspetto che probabilmente facilitava lintegrazione nel tessuto
sociale risiedeva nella credenza popolare che i femminielli
portassero fortuna. Pertanto gli si affidava lorganizzazione della
riffa, ossia la tombola pubblica, che si svolgeva in molte zone
del centro storico di Napoli. Secondo DAgostino (2000):
questi tratti confermano lassimilazione dei femminielli
ad un ambito che trascende le forme del travestitismo
omosessuale comunemente conosciuto. In virt della
loro ambiguit possono essere attribuiti loro poteri di
ordine magico-sacrale, tipici degli esseri connotati da
segni di natura indefinita, impossibili da classificare con
certezza e per questo in relazione con lordine soprannaturale
da cui attingono a loro validazione.
I femminielli napoletani, dunque, portano fortuna nellimmaginario
popolare, come nellet classica si credeva portassero
fortuna gli agrtes, i sacerdoti di Cibele che si eviravano ritualmente
per la dea, ma su questi aspetti torneremo pi avanti nel
testo.
Lo spusarizio
Una prima descrizione di questo rito quella inserita da Abele
De Blasio in Usi e costumi dei camorristi, pubblicato a Napoli
nel 1897; il titolo del capitolo : O spusarizio masculino.
42
Giunti che sono i ricchioni alla prima alba della pubert,
sentono il bisogno di essere...goduti; e, trovato che
hanno lommo e mmerda (pederasta attivo), lamano,
come ben si espresse il Mantegazza, con una passione
vera, ardente, che ha tutte le esigenze, tutte le gelosie
di un amor vero. Il vasetto, tutto contento dellacquisto
fatto, colma di carezze lamante e poi cerca raggruzzolare
quel tanto che indispensabile per preparare lara
dove spontaneamente va ad offrirsi in...olocausto. Il luogo
del sacrifizio quasi sempre qualche lurida locanda,
dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare lamante,
qualche sonatore di organetto e chitarra ed una schiera
di ricchioni, che fan corona alla timida...fanciulla. Dopo
un balletto erotico, il pi provetto della...materia augura
alla felice coppia la buona notte; ma la sposina, prima di
lasciar partire glinvitati, distribuisce loro i tradizionali
tarallucci e vino. Il giorno dopo, o ricchione anziano, accompagnato
da un caffettiere ambulante, porta agli sposi
due tazze piccole di latte e caff e poi fa nel talamo
unaccurata rivista per accertarsi se il sacrifizio fu compiuto
in tutta regola. Dopo la luna di miele, che non
dura oltre le 24 ore, e verso sera il sacrificato principia
a serpeggiare pei quartieri pi alti della citt per procurarsi,
come fanno le prostitute, qualche soggetto che
conducono nella locanda di D. Luigi Caprinolo, detto o
capo tammurro, o, se la persona pulita (signore), nella
casa particolare di donna Benedetta a turrese. Intanto
mentre lattivo guazza in quel loco dogni luce muto,
un altro mascalzone, che gi se ne stava nascosto sotto
il letto, glinvola dagli abiti il portafogli o qualche altro
valore... Le nostre femminelle di giorno si occupano di
faccende domestiche, appunto come fanno le donne, e
poi in ora stabilita si fanno alla finestra ed aspettano i
loro amanti. Parecchi vasetti, per rendersi ai soggetti pi
attraenti, si truccano gli occhi, altri si fanno tatuare sul
viso qualche neo di bellezza e molti, mediante ovatta,
43
cercano rendersi pi formose le parti posteriori e pi
sporgente il petto. Qualcuno si femminizza anche nel
nome.
De Blasio, medico e antropologo che vive e opera a Napoli
a cavallo tra Ottocento e Novecento, in questo lavoro del 1897,
parla dei cosiddetti pederasti passivi di professione, distinti
nella mala-vita coi nomignoli di femminelle, ricchioni o vasetti
e chiamati dal Brouardel delinquenti nati semifemminei7. Ne
descrive un matrimonio con un amante pederasta attivo, accenna
a una luna di miele e parla degli adescamenti che essi
perpetrano a danno di clienti per poterli poi derubare.
Nella prima parte del frammento emerge la chiara scissione
tra lommo e mmerda (pederasta attivo) e il ricchione (passivo),
questultimo riferito, appunto, al femminiello. Secondo questa
concettualizzazione viene posta una netta distinzione fra colui
che viene individuato come lomosessuale in senso stretto
(cio lindividuo che assume il ruolo passivo nel rapporto sessuale)
e lindividuo che assume il ruolo attivo, che non si considera,
n viene considerato dagli altri, omosessuale. Del resto
nelle societ tendenzialmente patriarcali del passato non esistevano
i concetti di identit di genere e orientamento sessuale, n
tantomeno i termini di omosessualit ed eterosessualit, bens
quelli di sodomia o rapporti tra persone dello stesso sesso e ci
che veniva stigmatizzato era la femminilizzazione del maschio,
per cui il passivo era la persona effeminata o colui che assumeva
un tale ruolo disprezzato, mentre colui che aveva un ruolo
attivo era normalizzato. Tale dinamica ci spinge a prendere in
considerazione lesistenza di una sorta di meccanismo di difesa
sociale, da mettersi in relazione con quella che oggi definiamo
omofobia. Simmetrizzando, infatti, orientamento sessuale e genere,
scompare il concetto stesso di omosessualit, intesa come
relazione tra due persone dello stesso sesso.
44
Appare, quindi, che, per il De Blasio, il femminiello di fine
Ottocento impersonasse anche un tipo di omosessuale, che oggi
definiremmo effeminato, collocato nel contesto sociale delinquenziale
della camorra, nellambito di quella folla che si agitava
nei bassifondi della citt di Napoli. Interpretato secondo il
modello lombrosiano del tempo (Bastide, 1975) che collegava
anomalie psicofisiche e degenerazioni delinquenziali, viene individuato
come un deviante sessuale tendenzialmente portato a
delinquere. evidente che si tratta di un tentativo di dare al
fenomeno un inquadramento scientifico e nosografico che utilizza
una terminologia da criminologo naturalista.
Il nostro autore presenta, inoltre, un caso significativo di
suicidio per gelosia, nel quale pone in evidenza lattaccamento
al proprio amante di tali soggetti, descritto come intenso
e genuino, dal che ne deduce che la sodomia psichica non
un vizio, ma passione Qualificando come psichica laffezione
in oggetto, cogliendo degli aspetti peculiari del tipo umano in
osservazione, come lassunzione di comportamenti femminili e
di ruoli femminili tradizionali, e riconoscendo anche una certa
genuinit alla loro passionalit sentimentale, il De Blasio si
sposta sul terreno dellantropologia culturale con occhio attento
a qualche implicazione socio-psicologica. Intuisce che il fenomeno
delle femminelle molto complesso e che i soggetti che
ha di fronte pongono una serie di interrogativi che non possono
essere affrontati e risolti con gli strumenti e le categorie che
lorientamento positivistico dellepoca gli mette a disposizione.
Potrebbero rappresentare qualcosa di pi e di diverso da ci
che si vuol vedere nel contesto della societ patriarcale e degli
orientamenti scientifici del tempo. Traspare un certo imbarazzo
interpretativo anche dallincertezza linguistica che manifesta
nellattribuire il genere grammaticale al termine femminella: la
parola usata in tono neutro senza articolo, con larticolo al
femminile e anche con larticolo al maschile.
45
Ne La prostituzione in Napoli nei secoli XV XVI e XVII di
Di Giacomo (1899) si legge che a Napoli, a partire dal 1530,
tra i luoghi destinati dalle autorit allesercizio della prostituzione
femminile, vi erano indicati anche quelli utilizzati specificamente
dai travestiti. Si trattava di unarea, LImbrecciata, che si
estendeva tra Porta Capuana e il contiguo borgo di SantAntonio
Abate, dove, ancora fino alla fine dellOttocento, esisteva
vico Femminelle, frequentato solo da quelli che, al tempo, erano
definiti travestiti. Di questa strada malfamata ne parla anche,
proprio alla fine dellOttocento, lo stesso De Blasio, collegando
le attivit che vi si svolgevano con la malavita organizzata che
controllava tutto il quartiere gi dal Settecento.
Unaltra descrizione del fenomeno dello spusarizio la troviamo
quasi un secolo dopo in un articolo di Carrano e Simonelli
pubblicato nel 1983 sul numero 18 della rivista francese
Masques. Revue des homosexualites, e riproposto, tradotto in
italiano da Eugenio Zito, in questo volume. Il matrimonio inizia
con la vestizione della sposa alla presenza della madrina o
testimone. Dopo aver fatto le foto per lalbum, la sposa si reca
allentrata della chiesa dove attesa dallo sposo, di solito un
altro femminiello che in questa occasione veste abiti maschili. I
femminielli non entrano in chiesa, ma rimangono sul sagrato,
limitandosi a scendere la scalinata circondati dalla folla gioiosa
di amici e parenti. Gli sposi, poi, su unauto lussuosa si recano,
insieme a un folto pubblico di amici e persone, al ristorante
per il pranzo di nozze, a cui partecipano moltissimi invitati,
con lesibizione di cantanti popolari; la festa andr avanti fino
a notte. Secondo Carrano e Simonelli (1983) questi riti sono
solo in apparenza imitativi, poich le condizioni e le regole in
base alle quali sono celebrati, indicherebbero pi che ununione
dei sessi, unabolizione dei ruoli sessuali. I coniugi, infatti,
durante il rito lasciano la loro condizione di femminielli, per
ri-travestirsi nellassumere questa volta i ruoli propri dei due
46
sessi, maschile e femminile, rappresentati nel momento in cui
si manifesta la loro massima differenza, ovvero il matrimonio.
I femminielli durante il matrimonio non si limiterebbero dunque
a rappresentare i ruoli che si sono assegnati, ma essi li interpreterebbero
allinterno di un complesso gioco di ambiguit
non solo sessuale, ma soprattutto simbolico, probabilmente al
di l delle loro stesse intenzioni. Il matrimonio chiaramente
finto, non tanto perch non riconosciuto dallo Stato e dalla
Chiesa, ma piuttosto perch non prevede alcuna trasformazione
sociale dei femminielli, e dei rapporti che intercorrono tra gli
sposi. A tal proposito lantropologa Corinne Fortier afferma,
nel corso dellintervista presente nel documentario La Candelora
a Montevergine (Valerio e Sisci, 2007), che i femminielli
tradizionali avrebbero considerato contronatura un siffatto
matrimonio. Dunque, evidente che non il matrimonio, inteso
come rito di passaggio, a costituire lo scopo ultimo della
messa in scena, ma esiste un significato pi complesso ignorato
dagli stessi femminielli. Carrano e Simonelli (1983) sostengono
che tutto ci avviene allo scopo di celebrare lunione dei sessi
in una situazione che si potrebbe definire di doppia dimensione
effimera del matrimonio. Dunque lesistenza di tali riti non
sarebbe giustificata dal bisogno di normalit e di accettazione,
che tra laltro gi appartengono ai femminielli, grazie al ruolo
che svolgono in seno al loro gruppo sociale.
Confronto Dalla Porta-De Blasio
A un confronto tra le caratteristiche messe in evidenza dai due
autori, pur nelle differenze storico-sociali di posizioni e di termini,
sembrerebbe esistere una continuit lungo i tre secoli che
separano gli effeminati del Della Porta dalle femminelle del De
Blasio (Zito e Valerio, 2010). A ritroso nel tempo, tuttavia, il
filo della storia dei femminielli si riavvolge in un gomitolo con
47
molti capi che non facile dipanare, per lassenza di documentazione
certa e per luso di terminologie sotto cui gli autori
antichi ponevano fenomeni diversi che avrebbero richiesto, a
evitare confusioni, termini distinti. Tracce, indizi ce ne sono.
Voci riportate esistono, ma rimangono nel campo della leggenda,
del si diceva.
Per, se si analizzano meglio i documenti prima riportati,
si possono desumere indicazioni utili a ipotesi di ricostruzione,
per i femminielli, di un percorso di realt collettiva risalente addirittura,
in qualche modo, pur nella diversit di forme e manifestazioni
specifiche, alle origini stesse della citt di Napoli
o quanto meno alla pi generale area mediterranea. Anche se,
per quanto riguarda il Mezzogiorno dItalia, una densit fisica
di popolazione molto bassa pu aver dato luogo, soprattutto
tra il VI-VII secolo e il IX secolo d.C., periodo della massima
depressione demografica di tale popolazione, con effetti che si
sono prolungati fino al XV secolo, a soluzioni di continuit per
quanto riguarda le tradizioni, il patrimonio etnico e gli elementi
antropologici della cultura e della civilt meridionale, creando
cos difficolt nella ricostruzione storica di molti fenomeni ed
eventi di carattere socio-antropologico (Galasso, 2009).
comunque ammissibile che gli autori citati, parlando del
loro tempo, in qualche modo, direttamente o indirettamente,
ci abbiano offerto elementi a loro giunti dal passato e da
tradizioni anteriori riguardanti loggetto su cui si volgeva la loro
attenzione in quel momento. Analogamente vale per le notizie
desunte da cronache o da documenti iconografici.
Della Porta un autore tardo-rinascimentale, ci potrebbe
far pensare che i suoi effeminati siano collegabili alla figura del
sodomita rinascimentale, cos come emerge dalle fonti letterarie
dellepoca e dagli studi fatti su esse (Ruggiero, 1988; Tannahill,
1994; Scholz, 2000). Nel contesto rinascimentale la figura del
sodomita quella di un adulto che assume ruolo attivo nei rap
48
porti sessuali con adolescenti maschi che sono sempre passivi,
salvo, eventualmente, a diventare, poi, attivi in et adulta. In
merito lautore non fa cenno, e leffeminato da lui visto a Napoli
collegato a figure analoghe presenti in modo rilevante in
Sicilia. Ci induce a ritenere, piuttosto, che Della Porta segua
come riferimento una traccia geografica legata allarea mediterranea,
dove accertata la diffusione, soprattutto nei territori
costieri, di una concezione particolare di quella condizione che,
oggi, inquadreremmo nellambito dellomosessualit. In essa
veniva individuato come sodomita soprattutto chi rivestiva un
ruolo passivo potendo assumere ruoli e atteggiamenti femminili.
Cera una netta distinzione tra chi assumeva, nel rapporto
sessuale, un ruolo passivo e colui che svolgeva un ruolo attivo,
che non veniva considerato diverso n concettualmente n linguisticamente
dal maschio che oggi consideriamo eterosessuale.
Si riverberava cos il medesimo quadro di riferimento valido
per la eterosessualit di un contesto sociale a struttura patriarcale
cos come si manifesta oggi in molti paesi che si affacciano
sul Mediterraneo e in molti paesi mediorientali. Si manteneva
allora e si mantiene ancora oggi, in molti contesti sociali e geografici,
lo schema bipolare della netta separazione fra chi assume
il ruolo passivo femminile e chi quello attivo maschile, con
la dicotomia maschile/femminile, attivo/passivo. Si riconosceva
che chiunque assumesse un ruolo attivo in un rapporto sessuale
era comunque considerato un maschio, mentre chi riveste un
ruolo passivo viene femminilizzato e stigmatizzato. Si salvava
allora e si salva oggi il sistema sociale, perch comunque il maschio
che avesse predilezioni sessuali per soggetti del proprio
sesso, se svolgeva un ruolo sessualmente attivo, conservava il
suo ruolo sociale e non subiva stigmatizzazioni di sorta.
Era necessario, quindi, creare un sistema di denotazione per
indicare chi viveva un ruolo passivo, cio una specie di femmina
(femmenella) e perci tale da produrre un forma di sottocultura
49
nella quale si usa un gergo particolare e si favorisce una socializzazione
di gruppo tra simili. Questa la strada che potrebbe
collegare il femminiello allo stile di vita del mollis8 romano e del
kinaidos9 greco10.
Daltra parte va ricordato lepisodio dellincendio avvenuto
nel 1611 in locali posti in stretta prossimit del Santuario di
Montevergine, dove furono rinvenuti numerosi cadaveri di pellegrini
maschi che indossavano abiti femminili.
Questo, congiuntamente alliconografia di effeminati che
danzano, precedentemente descritti, riporta a una forma di
travestitismo religioso, pure esso diffuso in area mediterranea,
legato alla sacralit della maternit e fecondit con forme localmente
variabili e che trova nel culto della dea Cibele la sua
forma pi nota. Chiamiamola, questa ipotesi, sacrale.
Il De Blasio ci offre, infine, due percorsi: quello linguistico
che nasce dal termine ricchione, e quello socio-antropologico
che collega i femminielli alla plebe, considerata depositaria delle
pi antiche tradizioni e usanze della citt, in una sorta di sottocultura
arcaica resistente a ogni forma di cambiamento evidente,
ma pronta ad assorbire aspetti e forme di novit in qualche
modo rispondenti alla sua esigenza di sopravvivenza.
Lessico e rappresentazioni sociali
Molto si opinato sullorigine del termine dialettale ricchione,
che sicuramente di origine meridionale. Per Battaglia (1990)
e Cortellazzo (1999) la parola sarebbe collegabile al termine
hirculone riferito allhircus ovvero il caprone e avrebbe una connotazione
negativa nel senso di essere immondo nelle abitudini
sessuali. Nascerebbe, quindi, dallidea che un eccesso di lussuria
dovrebbe necessariamente tramutarsi in sodomia o rapporti tra
persone dello stesso sesso. Unaltra ipotesi forse pi plausibile
fa risalire il termine a un verbo dialettale calabrese arrichi
50
derivato da ad-hircare ovvero andare verso, desiderare lirco cio
il caprone. Veniva usato per indicare la capra in calore che cercava
il caprone. Arrichione era un uomo che desiderava un altro
uomo, non un essere animalesco. unipotesi plausibile anche
pi di quella avanzata da Ballone che vedeva come origine del
termine il soprannome orejones attribuito nel XVI secolo dagli
spagnoli a notabili Incas che presentavano orecchie artificiosamente
ingrandite e ritenuti sodomiti e dediti al vizio innominabile.
Peraltro, questo percorso si ricollegherebbe ad un dato
topografico, cio al Quartiere degli Spagnoli11 di Napoli, dove
tradizionalmente sono sempre stati presenti i femminielli.
Comunque questo riferimento linguistico ci riporta nuovamente
allarea mediterranea e alluso di un termine che serviva
per indicare, in zone di questa area, la condizione di un uomo
che assume ruoli sessuali femminili e si comporta come una
donna (Zito e Valerio, 2010).
Lindizio socio-antropologico presente nel lavoro del De
Blasio, poi, pi misterioso e, in un certo senso, riassorbe tutti
gli altri. Si pu, invero, dire che i femminielli gi dovevano apparire
al De Blasio uomini che sentivano e vivevano da donne e
che la loro appartenenza alla folla dei bassifondi aveva non tanto
e non solo carattere delinquenziale, quanto piuttosto nasceva
da un legame con la plebe pi bassa che in qualche modo li
collegava alla parte pi remota della citt di Napoli risalente
addirittura alle sue origini.
A questo punto si rende necessario il tentativo di avanzare
in unanalisi lessicale del termine femminiello, per rintracciare
la rappresentazione che esso contribuisce a veicolare; il nostro
tentativo non ha pretesa di esaustivit, dal momento che il termine
non sembra essere riportato sui maggiori dizionari etimologici
e vocabolari di lingua italiana e/o napoletana. Siamo
consapevoli, inoltre, che avanzare unipotesi che si muove sul
piano linguistico e lessicale equivale, gioco forza, ad avanzare
51
unipotesi interpretativa su un fenomeno antropologico-relazionale.
Il termine femminiello costituito dalla radice femmin-,
dallalterazione -ell- e dalla desinenza -o. La radice femmin-
rimanderebbe a un posizionamento/attribuzione riguardo al
genere femminile, che si connoterebbe in un senso maggiormente
identitario (sentirsi femmina) o pi semplicemente di
ruolo (comportarsi come una femmina). Lorientamento verso
il ruolo di genere che sembra essere giustificato dalla rappresentazione
socialmente condivisa del femminiello sarebbe desumibile
dallalterazione e dalla desinenza. Lalterazione -ell-
un diminutivo con un aggiunto valore di vezzeggiativo: il valore
diminutivo andrebbe a sottolineare sia una dimensione
riduttiva dellessere (e, quindi, del non essere) femmina, sia
un atteggiamento di benevola subordinazione e copertura
sotteso a una percezione di piccolo e incompiuto. Il valore
vezzeggiativo aggiuntivo, da un lato esprimerebbe unistanza
di consenso (con quanto di sentimentale, tenero e bonario
insito nella costellazione affettiva della rappresentazione sociale),
dallaltro posizionerebbe il soggetto, che ne destinatario,
in una dimensione di beffa e di scherno leggero che rimanderebbe,
probabilmente, a una necessit di distanziamento da
ci che, essendo cos diverso, suscita turbamento. In sintesi
nellalterazione -ell- che verrebbe incarnata tutta lambiguit
insita nella rappresentazione sociale del femminiello. La desinenza
-o, che nella lingua italiana esprime il genere maschile,
fungerebbe da contraltare alla questione posta dalla radice femmin-,
andando a mitigare la forza di contenuto che essa esprime,
riportando, cos, in tale denominazione, lidea di un aggancio
con il principio di realt. Spingendoci oltre potremmo
supporre che la radice femmin- come se rimandasse al voler
essere, la desinenza -o allessere reale, mentre l-ell- a tutto ci
che potrebbe essere, le infinite coloriture affettive intermedie
52
legate alla rappresentazione di questo character (Cuomo, Ferraro,
Romano, Sisci e Valerio, 2009).
Ipotizziamo dunque che la funzione antropologica e sociale
del femminiello risiederebbe, da una parte, nel farsi punto
di appiglio di un meccanismo di difesa collettivo rigidamente
strutturato in senso patriarcale, per cui il soggetto maschile
che assume un ruolo passivo nellambito dei rapporti sessuali
femminilizzato o considerato come una femmina un po difettosa,
mentre chi assume un ruolo attivo considerato come un
maschio a tutti gli effetti; dallaltra, nella gratificazione inconscia
del contatto con la mezza femmina, lunit indifferenziata,
fantasia onnipotente del narcisismo primario.
Questa rappresentazione bilogica del femminiello, articolata
tra fascinazione\attrazione da un lato e distanziamento/
isolamento dallaltro, sembra riconfermarsi anche nella contestualizzazione
socio-geografica di tale character, allinterno dei
Quartieri Spagnoli, poveri e popolari, stretti tra Corso Vittorio
Emanuele e Via Toledo, le vie bene e borghesi della citt. A
Napoli i principali elementi di struttura discriminanti la figura
del femminiello sono verosimilmente condivisi, e costituiscono
specifiche modalit di organizzare in termini di contenuti e di
spiegazioni familiari ci che, al contrario, difficilmente spiegabile
e comprensibile alla coscienza.
Da un punto di vista lacaniano (Lacan, 1966) il femminiello
potrebbe rappresentare per gli altri, uomini e donne, una deroga
al divieto, la possibilit, rinvenuta nel simile, di essere altro da
ci che i codici simbolici prescrivono con la loro trascendenza
sul piano del reale.
Daltra parte potremmo, sempre per ipotesi, pensare che,
alla fascinazione/attrazione, fa da controparte la spinta a segregare,
a tenere serrato in una delimitazione spaziale circoscritta, i
quartieri popolari, il ventre di Napoli, ci che di pi perturbante
esista: lincontro con la realizzazione dellonnipotenza-impoten
53
za originaria e le relative angosce, descritte da Melanie Klein
(Klein, 1978).
questo ventre, tessuto sociale omogeneo, e pur tuttavia
condensato di eterogeneit, che diviene lunico possibile ricettacolo
della coesistenza di femminile e maschile, di sacro e profano.
Queste unioni o fusioni di elementi diversi trovano una
radice comune anche nella cultura esoterica che a Napoli fatta
risalire al Medioevo, e, pi indietro ancora nel tempo, alle
leggende di Virgilio Mago, ma che di fatto comincia molto
prima con i Misteri Isiaci, legati alla cultura degli alessandrini,
che a Napoli costituirono una rilevante colonia. La figura
del dio Nilo, che troneggia nellomonima piazzetta, levidente
simbolo di questa commistione di culture e riti. La compresenza
di sacro e profano fusa con la napoletanit, intesa, qui,
come manifestazione tradizionale e artistica della citt. Basti
pensare allinserimento nel presepe napoletano, di una figura
cos dissacratoria e profana, come quella del femminiello, accanto
alle figure della sacralit.
Qui la storia deve necessariamente cedere il campo a una
mitografia, che non deve essere considerata luogo eminente
dellirrazionalit ma, luogo abitando il quale possibile affrontare
altrimenti lincertezza dellavventura umana quando sfugge
al piano del controllo documentale sulla certezza delle fonti.
I femminielli tra mito, storia e cultura
Nellantichit greco-latina landrogino, lessere umano riconosciuto
in qualche modo bisessuato, era considerato, nei fatti e
nella concretezza della vita quotidiana, funesto anche se numinoso.
Veniva per questo motivo allontanato dalla citt o addirittura
eliminato. In certe circostanze lespulsione era accompagnata
da alcuni riti come quelli descritti da Diodoro Siculo
54
(Fram. XXXII) e da Tito Livio (XXVII, 36, 7). Sradicato dalla
realt, landrogino giocava in compenso un ruolo considerevole
nel campo dellimmaginario. Era un mito arcaico dellarea mediterranea,
secondo Eliade (1976) un archetipo universalmente
diffuso, di grande valenza socio-antropologica che aveva assunto
e riassunto tutte quelle situazioni sessuali che non erano nettamente
femminili o maschili, ma partecipavano della natura di
entrambe. Sul piano simbolico era un mito potente, evocatore
del concetto della polarit concatenata di ogni forma di dualit,
ed era immagine dellambiguit.
Platone valorizza il mito e pone nellesistenza originaria
di un terzo genere, quello dellandrogino appunto, il raccordo
concettuale e metaforico tra il tema dellamore, tema centrale
nel Simposio (Cerinotti, 1989), ritenuto espressione dellumana
nostalgia per uninterezza perduta, e il tema della parit tra
uomo e donna che ritiene fondamentale nella concezione politica
espressa ne La Repubblica (Lozza, 2003).
Si pu quindi ritenere che in questa visione di Platone
riaffiori lantica anima femminile del Mediterraneo, che costituisce
unaltra distinta e parallela espressione di quella unit
originaria della psiche umana e della sua potenza creatrice
che si manifesta poi nei miti e nei riti discendenti dalla remota
tradizione della Madre Primordiale. Secondo la tesi di
Neumann (La grande madre, 1956), il mito della Grande Madre,
un archetipo fondamentale, sintesi di feconda pienezza
e di principio trasformatore, cio di una divinit che partecipa
del femminile e del maschile. una sorta di androgino divino
(Eliade, 1976), che riflesso e astrazione dellunit originaria
della psiche umana considerata nelle sue dinamiche tra fusione
e distacco, tra simbiosi e relazione.
Si tratta di un complesso di antichissime tradizioni culturali
che si perpetuano anche attraverso il ricordo dei primi clan
agricoli nella storia umana in cui la donna-madre aveva una sua
55
preminenza per la sua capacit di mettere al mondo e per le sue
abilit nel riconoscere, conservare e nellimpiantare i semi agricoli.
In questo complesso di tradizioni culturali il femminile era
spesso concepito come in s autosufficiente e quindi vergine. A
discendere dal paleolitico si era manifestata nelle sculture delle
cosiddette veneri preistoriche, e aveva trovato poi, tra le altre,
espressione nel culto della Grande Madre. Nel caso del femminile
autosufficiente, nella fascia egeo-anatolico-cretese, in et
gi storica (1500 a.C.), ricorreva anche liconografia delle sirene
ornitomorfe, sirene vergini met donne, met uccello, come loriginaria
sirena Partenope (800 a.C.) in area campana.
Si pu ipotizzare che la rappresentazione del femminile
nelle veneri preistoriche, ritenute raffigurazioni della Madre
Primordiale, passi progressivamente, sotto laspetto iconografico,
attraverso le Veneri di Malta, le Matres Matutae capuane, la
Magna Mater Cibele frigia, e giunga fino alle varie immagini
della Madonna presenti nella cultura cristiana, testimoniando,
pur caricandosi nel corso dei millenni di valenze culturali differenziate,
pi articolate e specifiche, la continuit del valore primario
e sacro della femminilit (Neumann, 1956) nellarea del
Mediterraneo (Fernandez, 1967) e pi in generale nei territori
meridionali euro-asiatici.
Questo tema delloriginario femminile nel Mediterraneo
offre degli indizi utili per rintracciare alcune delle radici antropologiche
e culturali peculiari del fenomeno dei femminielli dei
quartieri popolari della citt di Napoli. Non a caso il termine
femminiello ha una forte carica allusiva particolarmente significativa:
esso grammaticalmente di genere maschile ma, come
gi detto, sul piano etimologico e semantico rimanda alluniverso
femminile (Zito e Valerio, 2010).
A Napoli, quindi, questo tipo di transgenderismo e di travestitismo,
quello dei femminielli appunto, si differenzia, da fenomeni
analoghi di altre grandi citt occidentali. si un transgen
56
derismo urbano e perci diverso da quello che esprime ruoli
tribali come nel caso dei Berdache presso gli indiani Mohave del
Nord America (DAgostino, 1998) o ruoli essenzialmente religiosi
presenti in alcune popolazioni dellestremo oriente (Herdt,
1993). Non camuffamento della virilit, non semplicemente
legato a tradizioni di teatralit popolana documentata da opere
come il cosiddetto Ballo di Sfessania o la Canzone di Zeza
risalenti rispettivamente al XVI e XVII secolo, in cui spesso i
femminielli sono stati utilizzati in ruoli fondamentali. In realt
presenta quasi i caratteri di una condizione di diversit naturale
e di unespressione sessuale che ha una propria realt largamente
riconosciuta e integrata nel suo contesto sociale con aspetti
di sacralit rituale e di sapore arcaico profondamente stratificati
nella cultura (Simonelli e Carrano, 1983, 1987). E i due aspetti
della sacralit e dellintegrazione sociale sono correlati, perch la
ritualit attuale si manifesta soprattutto nella rappresentazione
di cerimonie fondamentali della vita sociale, quali il matrimonio,
il parto e il battesimo, nellesercizio della divinazione sotto
varie forme e nel riconosciuto potere di portare fortuna.
Napoli una citt che porta stratificata nella sua peculiare
cultura lantica anima femminile del Mediterraneo. La letteratura
antropologica sottolinea la natura femminile della citt,
riprendendo il mito della Grande Madre Mediterranea, richiamando
i riti di Cibele e poi di Venere dea della fecondit nelle
grotte Platamoniche del Chiatamone. Napoli ancora la citt
mestruata di San Gennaro e Santa Patrizia (Niola, 1994). E
larcheologia stessa ci segnala lesistenza anche di riti della fecondit
nelle grotte di Piedigrotta e nellantico tempio di Cere-
re nellarea di Santa Patrizia (Arcidiacono, 1999).
Napoli, citt femminile, consente dunque a degli uomini di
manifestare il lato femminile della loro natura anche in un contesto
che ha sempre risentito dellordine patriarcale risalente alla
colonizzazione greca dellVIII-VII secolo a.C., e consolidatosi
57
nel corso dello sviluppo della civilt occidentale, ma innestato
su antichi culti matriarcali italici e su strutture familiari matricentriche
(Belmonte, 1997) che comunque sono stati attivi e
dinamici nella configurazione dellanima della citt attraverso la
trasmissione di una ritualit molto esibita, quasi teatrale, come
nello spusarizio di cui si gi parlato. In questultimo caso,
infatti, colpisce, particolarmente, la larga partecipazione di tutto
il quartiere, giovani e anziani, uomini, donne e bambini la cui
presenza sottolinea la realt che il femminiello non costituisce
per la comunit un deviante (DAgostino, 1998), quanto piuttosto
una figura quasi magica. Infatti, attraverso la partecipazione
comunitaria ai riti di cui i femminielli sono gli officianti, ciascuno
pu conseguire catarticamente la sensazione di ottenere
una temporanea liberazione dai propri mali. E ci in analogia
a quanto accadeva con i riti celebrati dai Gallae, i sacerdoti evirati
e travestiti della Grande Madre Cibele, il cui culto storicamente
ebbe una grande diffusione sul Partenio (Montevergine)
e nellarea compresa tra la zona flegrea a nord di Napoli e il
territorio capuano a partire dal II secolo a.C., incontrandosi e
sovrapponendosi col culto delle Matres Matutae.
Il mito legato a Cibele presenta unimportanza particolare
sia sul piano delle matrici storico-culturali del fenomeno dei
femminielli a Napoli attraverso i suoi aspetti rituali, sia per una
possibile interpretazione di questo fenomeno di transgenderismo
e delle sue differenze rispetto ad altre forme di transessualismo
sul piano simbolico e analitico per i suoi aspetti sostanziali.
Nel mito, infatti, Cibele produce un ciclo di vita e morte
incentrato sullevirazione di Attis, figura divina che essa stessa
genera, attraverso il sangue fecondante del figlio ermafrodito
Agdisti con la ninfa Nana, sposa e poi indirettamente uccide
per farlo rinascere. Per un processo di mimesi, nella ritualit
derivata dal mito, i sacerdoti seguaci di Attis si autocastravano,
si travestivano e svolgevano mansioni da donna.
58
Presumibilmente situato proprio nella zona di Montevergine
in provincia di Avellino le cronache ci hanno tramandato
lesistenza di un tempio dedicato alla dea ctonia delle grotte e
delle montagne in stretta relazione con il culto di Cibele. In
proposito labate di Montevergine e storico Giordano, in Croniche
di Montevergine (1649), sostiene che la tradizione locale
citata da tutti gli storici di Montevergine asseriva che il monte
prendesse il nome di Cibele da un tempio che era proprio l.
Anche lagiografo Bargellini, in Mille santi del Giorno (1977),
parlando della fondazione del santuario di Montevergine da
parte di San Gugliemo, riferisce che avvenne sul Partenio presso
le rovine di un tempio dedicato alla dea pagana Cibele. Infine
secondo la tradizione riportata dal Martirologio Gerominiano
risalente alla prima met dellVIII secolo d.C., ripresa e sviluppata
anche dal Martirologio Beneventano di Santa Maria del
Gualdo risalente al XII secolo d.C., San Vitaliano, vescovo di
Capua del VII secolo d.C., si sarebbe ritirato sul Partenio, cio
lattuale Montevergine, dopo essere stato coinvolto in unoscura
vicenda di travestitismo e qui avrebbe edificato una cappella
dedicata alla Madonna sui resti di un tempio dedicato a Cibele
(De Simone, 1982).
I momenti fondamentali del culto di Cibele erano: lascesa
verso il monte sacro, ladorazione di una pietra sacra, e la presenza
di fedeli maschi travestiti da donna che manifestavano
una devozione frenetica ed estatica con canti e danze sfrenate
al suono di tamburi e cimbali. Questo culto in era cristiana sarebbe
stato progressivamente sostituito, come avvenuto in altre
aree e santuari pagani, dal culto per la Madonna. Si sarebbero
per conservate alcune manifestazioni di questa antica ritualit
appannaggio specifico di devoti travestiti e transessuali campani.
Ancora oggi lascesa al santuario di Montevergine costituisce
uno dei momenti fondamentali e altamente ritualizzati
della vita dei femminielli. Ogni anno nel giorno della Candelora
59
essi si inerpicano sulla montagna diretti al santuario dedicato
alla Mamma Schiavona, la Madonna Nera. Dal ventre di Partenope
alla cima del Partenio si ripete il rito del pellegrinaggio dei
femminielli al santuario, accompagnati da suonatori di nacchere,
tammorre e cimbali e abbigliati in modo decorosamente vistoso
e curato con indumenti particolarmente colorati. La prima sosta
avviene in prossimit di una grotta dove si trova un rozzo
sedile in pietra, antico ricordo della pietra sacra del culto di
Cibele. Poi si riparte per raggiungere la scala santa, una scalinata
di ventitr gradini che spesso si percorrono in ginocchio
intonando una strofa a ogni gradino, infine ci si presenta al cospetto
della Santa Madre. Dopo la visita, sulle aree prospicienti
il sacrato si balla e si canta con musiche e ritmi ossessivi, con
gesti nei quali vanno a fondersi espressioni di sincera devozione
e movimenti di antichissima ritualit che mimano il gesto della
mietitura e della raccolta dei frutti, non privi inoltre di allusioni
sessuali. significativo che attorno la gente si disponga in
cerchio, uomini, donne, bambini, anziani, guardando ammirati,
applaudendo e spesso partecipando. In questo evento ci sono
insieme elementi di attualit, di arcaicit e soprattutto espressioni
e manifestazioni di grande tolleranza e integrazione (De
Simone, 1982).
Se il mito di Cibele ha trasferito la sua ritualit nelle
manifestazioni di devozione alla Madonna da parte dei femminielli,
offrendo cos la prova di una continuit tra il travestitismo
dei sacerdoti Gallae e quello dei femminielli attuali,
sotto laspetto simbolico e analitico, offre, attraverso la lettura
che ne d Neumann (1956), elementi utili a inquadrare il fenomeno
transessuale. La transessuale sperimenterebbe in s il
mito di Attis e come questi tenderebbe a evirarsi perch attraverso
la castrazione diventerebbe la Madre stessa. Si potrebbe
quindi parlare di uno sviluppo della mente per cui il soggetto
non distaccandosi dalle immagini primordiali non diventa au
60
tonomo in una propria identit diversa da quella della madre
generante. La transessuale non riuscirebbe n a ritualizzare n
a vivere e superare sul piano simbolico la spinta a possedere la
vagina: vivrebbe il proprio corpo di maschio come un errore
della natura. Sotto questo aspetto il figlio simbiotico descritto
da Stoller (1968) pu essere in un certo qual modo comparato
ad Attis, il figlio amante della Grande Madre. Se non ci si distacca
dalla madre reale e da quella archetipica ci si priva della
possibilit di riconoscersi e individuarsi come maschio diverso
e separato da lei. Le soluzioni a questo punto sarebbero almeno
di due tipi o quella di diventare donna simbolicamente
mantenendo i propri genitali maschili intatti o quella reale di
castrarsi per sottoporsi a un intervento chirurgico di riconversione
dei caratteri sessuali.
Le due posizioni andrebbero a collocarsi lungo il sistema
cromatico di genere descritto dalla Rothblatt (1995) in posizione
notevolmente distanti (Abbate et al., 2004).
Si avverte per nella condizione del femminiello una situazione
diversa in quanto egli realizza il superamento della propria
mascolinit su un piano pi rituale e simbolico. In altri
termini perpetua la sua simbiosi con la madre a prescindere dal
conseguimento di una completa assimilazione sul piano biologico.
Si pu ritenere che ci costituisca lelemento distintivo di
questo transgenderismo, coniugato con unascendenza arcaica
stratificata nel peculiare contesto culturale di provenienza.
In definitiva sembrerebbe che la specificit sul piano socio-
antropologico dei femminielli di Napoli sia quella di aver
perpetuato con continui adeguamenti alle mutazioni storiche
e sociali questa tradizione arcaica di identificazione rituale e
psicologica con il femminile originario e quindi con la Grande
Madre. Quello dei femminielli si sarebbe pertanto cos configurato
come un terzo genere, con un suo tipico universo di signi
61
ficati, cio unidentit altra, distinta nettamente sia dal genere
femminile sia da quello maschile, senza per superare la frontiera
del deteriore grazie a un sociale accogliente e tollerante
portatore di una cultura risalente, stratificata e tutto sommato
cos evoluta da incarnare un tipo di post-modernit sui generis
(Zito e Valerio, 2010).
Riflessioni conclusive: estinzione o trasformazione?
In conclusione vorremmo avanzare una serie di riflessioni sulla
condizione attuale dei femminielli nel contesto urbano napoletano.
La scomparsa e/o profonda trasformazione a cui sembrerebbe
che il fenomeno dei femminielli stia andando incontro
potrebbe essere pensata anche come conseguenza dei profondi
mutamenti a livello urbanistico, architettonico, culturale che
Napoli ha attraversato nel suo passaggio alla contemporaneit.
La metropoli contemporanea, inscindibile espressione del modo
di produzione capitalistico, nasce allinsegna del superamento
di ci che precedentemente vincolava e limitava gli organismi
urbani, compresi quei fattori che potevano portare a drastici
ridimensionamenti. La metropoli un organismo pi resistente
perch si alimenta delle differenze producendone di nuove,
a cominciare dalle diversificate opportunit di investimento e
di valorizzazione del capitale. Il ruolo e la funzione sociale di
cui i femminielli sono stati rappresentanti sembrerebbero invece
vincolati allidea di una chiusura anticapitalistica delleconomia
del vicolo, a una sorta di autogestione che con lo sfilacciamento
del tessuto urbano e lincalzante pressione delle spinte
globalizzanti ha lasciato analogamente sfilacciare le tradizioni,
intese come conservazione e trasmissione di una cultura,
di un modo di attrezzarsi alla vita, fortemente connotative
dellappartenenza a questa citt. Pensiamo alla scomparsa dei
62
mestieri di strada che sono rimasti ormai iconografie nelle fonti
degli archivi storici. Tuttavia, pur non volendo ridurre lanalisi
al solo contesto urbano, possiamo affermare che anche i pochi
femminielli rintracciabili nelle campagne delle zone vesuviane
e in quelle avellinesi si muovono in un contesto assai ristretto
e sono inseriti in una sottocultura di tipo contadino che pare
anchessa in via destinzione. Questo avanzare della globalizzazione
ha prodotto nuove forme sociali in cui incastonare la
diversit. Ci riferiamo a queste come a forme sociali poich
ci domandiamo se le istanze personali di coloro i quali fanno
richiesta di cambiamento di sesso, ad esempio, non rispondano,
in modo speculare, a unofferta proveniente dal sociale che va
in questa direzione (Cuomo, Ferraro, Romano, Sisci e Valerio,
2009). Ci poniamo allora questo interrogativo: coloro che oggi
si sottopongono alla pratica chirurgica per la riattribuzione di
sesso sono quelli che nel passato negoziavano nel sociale la loro
presenza come diversi, o sono piuttosto da considerarsi delle
soggettivit del tutto diverse, mosse da istanze differenti? A
questo proposito ci sembra interessante quanto afferma Schinaia
(2006) riprendendo il pensiero psicoanalitico di alcuni autori
lacaniani:
si passati da una cultura fondata sulla rappresentazione,
che si basava sullevocazione delloggetto desiderato,
ad una cultura della presentazione, che consiste nellappropriarsi
automaticamente e immediatamente, senza
mediazioni, delloggetto stesso. In altre parole, si passati
da una cultura basata sulla rimozione dei desideri e
quindi sulla nevrosi, ad unaltra che raccomanda la loro
libera espressione e soddisfazione e promuove in cotal
guisa la perversione.
Secondo questottica il femminiello rientrerebbe nella modalit
rappresentativa in cui lessere femminile e il sentire femmi
63
nile veniva mediato dalle pratiche di travestimento, dalla vitalit
giocosa, dal ruolo, il tutto allinterno di una vivace cornice di
rapporti sociali (Zito e Valerio, 2010). Al contrario il transessualismo
suggerirebbe un passaggio ad un desiderio reificato
che si presenta sottoforma di trasformazione corporea irreversibile.
Tutto ci darebbe anche la misura di un processo molto
pi solipsistico in cui lidentit di genere non sembra pi essere
una ricerca di s in rapporto allaltro sociale, ma un processo
repentino che si d nel momento stesso in cui si concretizza
il passaggio allatto prima diagnostico-giuridico e poi chirurgico.
64
Note
1 Per transgenderismo si intende quella realt di persone che, vivendo
unidentit di genere opposta a proprio sesso biologico, non desiderano tuttavia
cambiare completamente il proprio corpo, ma vogliono e chiedono di
poter esprimere, nei comportamenti e nelle relazioni interpersonali, il sentirsi
uomo o donna, al di l della propria struttura anatomica e senza dover essere
costretti a omologazioni di alcun tipo. Il termine sembra, inoltre, avere
anche unaltra accezione pi ampia, riferibile a una condizione caratterizzata
da unidentit di genere in movimento e che non si identifica stabilmente n
nel genere maschile n in quello femminile.
2 Questa probabile fase di transizione molto ben esposta nel documentario
dellantropologo Massimo Andrei, Cerasella: ovvero estinzione della
femminella, prodotto dalla Universit degli Studi di Napoli Federico II nel
2007 e disponibile presso larchivio del SOF-tel della medesima universit.
3 Ringraziamo il dottore Mauro Giancaspro per la gentile disponibilit
mostrata durante la nostra ricerca.
4 Ringraziamo il dott. Luigi Corro per la consulenza.
5 La tammurriata, cio ballo o canto su tamburo, un antica forma
coreutico-musicale ancora diffusa in alcune aree della Campania, dove
praticata in numerose varianti. Essa si svolge principalmente nellambito
delle feste, celebrazioni stagionali di ritualit collettiva associate alla religiosit
popolare e soprattutto al culto devozionale rivolto alle madonne
venerate in questi luoghi. La tammurriata espressione diretta della cultura
contadina ed quindi connessa a credenze e culti arcaici antichissimi di
origine precristiana.
6 Per ci che riguarda gli aspetti psico-sociali e antropologici del pellegrinaggio
si rimanda il lettore alla visione del documentario La Candelora a
Montevergine, di Paolo Valerio e Nicola Sisci, prodotto dalla Universit degli
Studi di Napoli Federico II nel 2007 e disponibile presso larchivio del SOFtel
della medesima universit.
7 De Blasio A., op. cit., p. 99.
8 Lespressione significa letteralmente effeminato ed presente in diversi
autori latini tra cui Petronio (Satyricon 23.3).
9 Il termine greco aveva originariamente il significato di danzatore, successivamente
di giovane effeminato (Platone, Gorgia 494) e come tale passato
nella lingua latina, diventando cinaedus (Catullo, Carme XXIX).
10 Peraltro Salviano di Marsiglia ancora nel V secolo d.C. in De gubernatione
Dei stigmatizzava il fatto che a Cartagine vi fossero uomini vestiti da
donna e sessualmente passivi.
65
11 In merito, in una nota al suo testo Un paradiso abitato da diavoli, Benedetto
Croce, citando il Bouchard, riporta le dicerie che correvano sui motivi
per i quali durante il XVI secolo molti spagnoli si arruolavano per venire in
Italia, includendo fra essi le tendenze omosessuali, al fine di sfuggire alle persecuzioni
dellInquisizione, al tempo molto attiva in Spagna (Croce B., Un
paradiso abitato da diavoli, a cura di Giuseppe Galasso, Adelphi, Milano 2006).
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67
68
Femminielli: storia di una parola,
tra gergalit e comunicazione antropologica
di Patricia Bianchi
Un nome tra maschile e femminile*
Cominciamo dal nome. La ricognizione sul nome in uso presso
i parlanti meridionali (e non solo) per designare un gruppo sociale
rientra a pieno titolo in una prospettiva di analisi sulla variazione
linguistica di genere e, pi in generale, sulla variazione
nel repertorio dellitaliano e del napoletano anche in diacronia.
La storia della parola femminiello e delle sue varianti trova un
suo spessore di significati nella declinazione dei contesti duso,
sia parlati che scritti, e di questi contesti antropologici culturali
diversificati si dar qui conto sinteticamente con esemplificazioni
da testi letterari e di saggistica.
Ma di interesse primario, in una prospettiva di storia linguistica,
proprio la parola femminiello, con la sua costellazione
di varianti lessicali, morfologiche e grafico-fonetiche, in quanto
nome designante nei processi di una costruzione identitaria.1
Attorno a questa parola specifica (e a questa realt di corpi e
di persone) si costruiscono poi i processi di rielaborazione e
rappresentazione, espressi ad esempio nella letteratura o nella
rappresentazione iconografica, ma anche negli studi dellambito
delle scienze umane e mediche.
Il rapporto tra nome e identit di gruppo (o di singoli individui)
plastico e reciproco: si potrebbe dire sia che il nome
crea unidentit di genere, riconoscibile nel sociale, sia che unidentit
di genere crea il nome.
69
Il significato di base del napoletano femminiello m. sing./
femminielli m. pl.2, termine oggi panitaliano, , come sappiamo,
quello che indica un uomo orientato al femminile negli atteggiamenti,
nellabbigliamento e nelle scelte sessuali.
La parola ha impressa nella sua forma metafonetica lorigine
meridionale o pi precisamente napoletana: presenta infatti
il dittongo di tipo metafonetico /je/ nella forma maschile singolare
e plurale, in sillaba chiusa3 e nel parlato pronunciata
con la vocale finale evanescente.4
Osserviamo il suffisso -iello/-ielli maschile unito a femmina,
una parola di base femminile che, ricordiamo, in napoletano
ha il significato di donna senza la coloritura negativa che pu
avere in italiano: nel napoletano alcuni nomi femminili possono
avere un doppio diminutivo, uno al maschile in -iello e uno al
femminile in -ella5: ad esempio da cammara si ha cammariello e
cammerella, da fenestra si ha fenestriello e fenestrella, da fune si
ha foneciello e foniciella, da mazza si ha mazzariello e mazzarella.
Dunque nel nostro caso stata utilizzata dai parlanti una
possibilit morfologica del sistema dialettale, ma desemantizzando
il valore diminutivo e puntando invece sul suffisso come
elemento di formazione di un nuovo lemma indicatore di una
categoria, come avviene ad esempio nel caso di saponariello apprendista
rigattiere, scarpariello apprendista calzolaio, vastasiello
apprendista facchino, nomi che indicano chi apprende o
inizia a praticare un mestiere.
Daltro canto sappiamo che proprio della creazione dei
gerghi intervenire sulle parole di un dialetto o di una lingua
con lo svisamento fonetico e con luso di suffissi per la formazione
di parole gergalizzate non riconoscibili fuori del gruppo.
6
probabile che la parola, di cui non sono state ancora
rintracciate con sicurezza le prime attestazioni, si diffonda in
un ambiente di gergalit,7 dove la comunicazione era prevalen
70
temente interna al gruppo e doveva essere in qualche modo
oscurata verso lesterno sia per motivi di accettazione sociale
dellidentit sessuale altra sia a causa di intrecci sotterranei tra
marginalit, devianza e illegalit. La circolazione della parola tra
fine Ottocento e inizio Novecento sar estesa proprio a partire
dalla saggistica del positivismo antropologico per poi arrivare
nella seconda met del Novecento a una diffusione del regionalismo
nellitaliano attraverso testi letterari e teatrali, come si
dir pi avanti.
Sul piano delluso sincronico, va poi considerata la forma
che si realizza nel parlato dialettale diastraticamente basso dove
oggi sono attestate pronunce con il dileguo delle vocali atone:
f(u)mm(o)niell(o), fmmniell. Da qui la variante abbreviata e forse
volutamente criptica fummo, fumm.
Troviamo la forma fummo attestata in un articolo del 1910
sul lessico erotico dialettale della penisola sorrentina: lautore, di
lingua tedesca, riporta parole e espressioni dialettali riferite alla
sessualit raccolte da una sua inchiesta, ma incorre in un inconveniente
di traduzione dovuto a somiglianza di significante tra
fummo dial. e fumo it.: tu vai p o fummo (du gehst fr desn
Rauch, machst den Racherer) e ancora, elencando i nomi
dellomosessualit, fumist (fumo Rauch, also Racherer).8
Una studiosa dei gerghi ci informa che il vocabolo fmm
le fu indicato come termine del gergo omosessuale nel 1990 ed
tuttora in uso:
Gi a vista si intuisce che il termine gergale e quello
dialettale sono vicini fra loro e che, in particolare, il termine
gergale nasce dallaccorciamento del termine dialettale
con il necessario mutamento della vocale centralizzata
pretonica in vocale piena tonica; stata scelta la
perch in questo modo si realizza una metafora della
condizione esistenziale del fmmnill, fmm non arrosto,
apparenza, non sostanza.9
71
Un nome tra maschile e femminile: perch sono in uso, attestate
a partire dallOttocento, le forme femminella/femminelle
e femmenella/femmenelle in parallelo al maschile femminiello e
le sue varianti. Anche per la forma grammaticale femminile si
tratta di parole del dialetto, che in questo caso coincidono nel
significante con litaliano, dove per altro di antica attestazione
femminella nel significato di uomo debole, pavido, credulone.10
Questa parziale coincidenza con litaliano e un significato pi
generico sembrano dare un grado di gergalit pi basso alla
forma femminile, che tuttavia, proprio per questo, maggiormente
specializzata allinterno del gruppo chiuso dei parlanti
che condividono il codice di un linguaggio di genere.
Una traccia toponomastica la troviamo nel vico Femminelle
menzionato da Salvatore Di Giacomo11, un vicolo adibito alla
prostituzione dei travestiti in una zona cittadina compresa tra
LImbrecciata, Porta Capuana e SantAntonio Abate dove sin
dal Cinquecento si esercitava la prostituzione, l confinata anche
da provvedimenti statali, sotto il controllo della malavita e
della camorra.
Si colloca sul registro nettamente dialettale la forma con
dileguo della vocale finale femmenell che oggi troviamo largamente
adoperata nel parlato e anche nello scritto: basti qui ricordare
lintitolazione dellassociazione Femminell Antiche Napoletane12
e la frequenza di questa forma nei blog e nei siti in
rete. Ricordiamo un caso di trasposizione di questa forma nello
scritto con una normalizzazione mediante aggiunta della vocale
finale ma del maschile:
Si cazzottano, le teste che sbattono contro le pareti
dellangusto abitacolo, si scambiano insulti che suonano
raddoppio dineco [...] soltanto a femmenello leco risponde
marchettaro13.
72
Nelluso e nellopzione tra le forme maschili e femminili
entra in gioco la percezione del s e dellidentit di genere:
infatti la percezione degli altri porta a scegliere femminiello14
e le sue varianti, mentre per nominarsi e autonominarsi le individualit
del gruppo aderiscono, ovviamente, a una narrazione
del s al femminile e dunque usano femminella, femmenella e
femm(e)nell.
Non a caso il film-documento di Massimo Andrei, che ha
un punto di vista interno al gruppo, si intitola Cerasella, ovvero
estinzione della femmenella15 e racconta di Mina a russollela.
Nella nobilt del genere grammaticale rientra anche la posizione
dellarticolo masch. o innanzi a femminile: in rete troviamo
Giggin o femmenell, Aitan o femmenell e notizie di cronaca
nera riferite a un pregiudicato detto o femmenell.
In un testo teatrale di Eduardo De Filippo, Mia famiglia
del 1955, si menziona un personaggio presunto omosessuale
con lepiteto o femmenella.16 Per la circolazione del termine si
segnala anche unattestazione nella forma italianizzata in Una
vita violenta (1959) di Pasolini17: Parlavano tutti come le femminelle,
mezzo in napoletano18. Ancora a Pasolini si deve la
diffusione di effe, abbreviativo gergale di effeminato:
Dimme un po, chiedeva uno dei pischelli alleffe,
Sabbrina che fine ha fatto? Come? fece leffe, driz
zandosi come gli avessero messo un zeppo nel didietro.19
Ricordiamo che il termine napoletano con le varianti e
femminella nello specifico significato iniziarono a diffondersi a
livello sovraregionale veicolati dal successo teatrale della Gatta
Cenerentola di De Simone,20 dove si assiste alle scene del suicidio
del femminella e il Rosario dei femminielli.
Nonostante sia legata a una realt e a una fenomenologia
che in larga parte non esiste pi nel contesto napoletano per
processi di trasformazione ed evoluzione interni alle ricerche
73
individuali di identit di genere, la parola femminiello con le sue
varianti tuttora vitale nel dialetto napoletano, sia nella produzione
che nella comprensione, anche con uno spettro meno
specifico del significato.
Di questo radicamento della parola troviamo traccia nella
ripresa nella comunicazione giovanile parlata e scritta, come nel
caso delle scritte murali di un istituto alberghiero napoletano,
che sono un esempio della vitalit del dialetto a Napoli e delle
tendenze della sua scrittura spontanea, ma anche di un cambiamento
nelluso di una parola che va verso un significato evocativo
di un campo semantico della sessualit, slegato da una
specificit denotativa, e comunque con una carica ingiuriosa:
Guidorizz o fmmnel c piace o capucchion pa faccia soia!21
La mobilit della parola dunque non pu essere descritta
come unalternanza inconsapevole o confusione tra forme dialettali
e italiane, ma deve essere osservata come una grammatica
delluso relativo a una parola, dove nelle opzioni entra a pieno
titolo la percezione e la valutazione del parlante.
Parlare di s al femminile una consuetudine che pu essere
esemplificata da questo breve racconto di Peppe Barra:
Nei Quartieri Spagnoli cera un vecchio femmeniello che
si chiamava a pullera perch in passato aveva venduto i
polli. Caduto in disgrazia, diventato poverissimo, vendeva
sigarette di contrabbando, venite a nonna vostra, che
vi d e sigarette, si vulite qualche altra cosa non ve pu
d cchi diceva.22
Un altro tema collegato al nome del gruppo quello dei
soprannomi, che attestano anche le evoluzioni interne agli atteggiamenti
sociali del gruppo. In unintervista23 ricca di informazioni
Ernesto detto la pacchiana ricorda di aver conociuto a
74
pullera24, una delle prime dichiarate, che cio anche negli anni
del fascismo si vestivano e si comportavano pubblicamente
come donne, a differenza delle femmenelle velettate, che tenevano
nascoste la loro tendenza. Tra queste femminelle storiche,
Ernesto ricorda la Piedigrotta o a Peregrotta, che aveva come
secondo soprannome Sfutteme-Sfuttume perch aveva labitudine
di ironizzare e attribuire soprannomi allusivi a particolarit
fisiche o nomi gergali di organi e pratiche sessuali come Zeppola,
Anguilla, Schiavuttiella, Zaganella. Spesso accompagna il
soprannome un parodico titolo nobiliare che si fregia della col-
locazione in un quartiere napoletano: marchesa di Santa Teresa,
principessa di Santa Lucia, duchessa del Borgo di SantAntonio.
Sono segnali da un gruppo di parlati che si muoveva ancora
uno spazio linguistico dialettale e in parte gergale, in sintonia
con le tendenze linguistiche urbane.25
Sul piano della comunicazione si giocava anche una parte
dei meccanismi di accettazione sociale legati alla funzione
apotropaica, lascito del patrimonio di antichi miti, ma sentita e
praticata in ambienti popolari sino alla met del secolo scorso:
Negli anni Cinquanta i femmenielli si tingevano i capelli,
si facevano chiamare con nomi di donna, e li trovavi
soprattutto nei Quartieri Spagnoli. Venivano accettati
come figure, ma il loro amore restava segreto. Erano
sfottuti e dileggiati. Ma a Napoli o femmeniello si esponeva.
Era ritenuto benaugurante, o si fotografava con i
neonati. Veniva chiamato quando si doveva arriffare a
Natale per il cappone, a Pasqua per luovo e per la tombola.
Lui andava e faceva un pezzo di grande teatro.26
E se vero che a Napoli negli ambienti urbani, e non solo,
cera generalmente una tradizionale tolleranza, se non laccettazione,
di diversi orientamenti e comportamenti sessuali, anche
vero che nelle famiglie della borghesia medio-alta nessuno vole
75
va o femminiello int a casa, come ci dice Ernesto, con conseguenti
allontanamenti arrivando sino alla reclusione manicomiale.
Ancora Ernesto la pacchiana racconta che negli anni Cinquanta,
di sera, in un luogo allaperto eufemisticamente chiamato
la cattedrale di Porta Capuana, si ritrovavano le femminelle,
con appariscenti abiti quasi di scena, e si esibivano in danze
e canti, sul modello del cabaret e del teatro di avanspettacolo.
Anche i soprannomi evocano questo esotismo da variet:
Hawayana, Shangay, Creola Nera.27
Possiamo ipotizzare, a partire dalle diverse scelte di rappresentarsi
che deduciamo dai soprannomi, che, attorno agli anni
Cinquanta, cambi il modello di femminilit a cui si ispira il
gruppo, e il modello linguistico di riferimento diventi, pi pervasivamente,
litaliano in quanto lingua del teatro di variet e
del cinema, ma anche dei giornali popolari che illustravano la
vita dei divi e delle dive e dunque di un nuovo modello.
Nominare e nominarsi dunque una faccenda complessa
quando riguarda i femminielli, come ci fa capire Giuseppe Patroni
Griffi in Scende gi per Toledo a proposito della conflittualit
comunicativa tra Rosalinda Sprint e il ragazzino figlio del suo
sarto:
il figlio del sarto sta nella guardiola con la testa affondata
in un libro, la vede arrivare quellaria stravolta, lo strillo
in pizzo al labbro si spaventa (vuoi vedere che mi rif la
storia di ieri?) e premuroso, senza aspettare che Rosalinda
Sprint attraversi landrone, si slancia fuori vociando a tutto
fiato verso i ballatoi in alto: Pap, il ricchione!.
Uno schiaffo che rintrona nellimbuto del palazzo gli incolla
guancia a guancia strepiti, pianto, il precipitarsi del
sarto gi per le scale e della moglie fuori da suo tugurio.
Figlio di mappina scarda di cesso cntero ma chՏ successo
io non ho fatto niente stronzillo dimmerda che ho
detto il ricchione [...].
76
A un tratto, silenzio. Girano per landrone frastornati
muti, ad esaurire la nevrastenia che si scarica a terra
dalle gambe [...] il portiere si avvia nella grotta buia dietro
la guardiola, camera da letto e laboratorio, Rosalinda
Sprint lo segue; la moglie e il ragazzino scompaiono in
un altro buco.
Il bavero del palt perfetto, sta su rigido e le incornicia
la testa che sembra testa mozza in coppa di lenci [...].
Rosalinda Sprint pronta a perdonare, dimentica di
quanto si sono buttati in faccia il sarto sente ancora
il dovere di giustificare suo figlio. Quello va a scuola,
un ragazzo istruito, le cose le dice col nome scientifico.
Voi non vi dovete offendere, lui non ci ha messo malizia.
listruzione che lo fa parlare cos. Il ragazzo non
ci ha ancora quel, diciamo, corrompimento della vita che
abbiamo noi grandi, che ti fa comprendere, ver, che
anche se la cosa scientifica si chiama cos, anche se ha
il suo nome nei libri, non si deve dire. Il ragazzo crede
ancora che tutto quello che ha un nome si pu dire.28
Mantesinielli
Chi il mantesiniello? Secondo la testimonianza di un parlante
autorevole, il Maestro Peppe Barra,
i mantesinielli erano femminielli che svolgevano lavori
domestici, come le monache di casa, si prendevano cura
della casa e dei parenti, e spesso per conto dei vicini e
degli amici di quartiere facevano delle piccole commissioni
o la spesa. I mantesinielli erano accettati e inseriti
nellambiente familiare e sociale.29
Il termine deriva da mantesino grembiule; secondo i dizio
nari dialettali, mantesiniello significa referendario, inframmet
tente, chi per farsi bello riferisce i fatti altrui30 e dicesi cos,
77
quasi degno di portar grembiule, luomo che cerca di ingraziarsi,
cattivarsi laltrui benevolenza, con artificio o anche col nuocere
altrui Bellin bellino.31. Sono definizioni lessicografiche
con un non detto rispetto alla dimensione della sessualit. La
figura del mantesiniello conservata nelliconografia: in stampe,
guaches e acquerelli distribuiti tra Seicento e Ottocento vediamo
danzatori di tarantella, in ambienti allaperto di campagna.
In alcune incisioni i danzatori hanno legato in vita, a mo di fusciacca,
un piccolo grembiule. Queste figure, secondo De Simone,
32 sono riconducibili al rito del pellegrinaggio di Candelora
a Montevergine, dove il percorso era scandito da tappe rituali e,
dopo la visita alla Madonna Schiavona, cera la festa sul sagrato
della chiesa con canti e danze codificati dalla tradizione, con
movimenti duplicemente allusivi alla mietitura e al raccolto e
alla sessualit.
In una raccolta privata ho potuto osservare due statuette,
ciascuna di circa quaranta centimetri, opera contemporanea di
figurinai napoletani: in apparenza simili per struttura, decori e
abbigliamento ad altri prodotti dellarte presepiale napoletana,
riproducono due uomini vestiti con camicie a sbuffo di tipo
seicentesco, con pantaloni attillati al ginocchio, come i danzatori
di tarantella, con nacchere nelle mani, e con il grembiule.
Collane e orecchini di corallo, come quelli tradizionalmente regalati
alle balie o comunque ornamento delle popolane, completano
labbigliamento al femminile dei due mantesinielli, che
lartigiano ha realisticamente caratterizzato con le tracce del
pomo dAdamo e della barba sugli zigomi pronunciati.
Il collezionista ci informa che le due statuette sono state
riprodotte in base a un modello ricavato da una foto fatta ad
un acquerello, rinvenuto presso un antiquario napoletano, dove
appunto era raffigurata una tarantella contadina.
Mantesiniello dunque parola antica del napoletano, oggi
non pi in uso, indica una parte per il tutto, e si tratta di una
78
parte altamente significativa come il grembo e lindumento che
lo protegge nella quotidianit33. Mettersi il grembiule una
modalit basica di tra-vestirsi, molto antica e radicata nellItalia
meridionale come attesta Giovan Battista Della Porta:
Nellisola di Sicilia son molti effeminati, et io ne viddi
uno in Napoli di pochi peli in barba o quasi niuno; di
piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di occhio vergognoso,
come donna; la voce debile e sottile non poteva
soffrir molta fatica; di collo non fermo, di colore
bianco; che si mordeva le labra; et insomma con corpo
e gesti di femina. Volentieri stava in casa e sempre
con una famiglia come donna attendeva alla cucina e
alla conocchia; fuggiva gli uomini, e conversava con e
femmine volentieri, e giacendo con loro, era pi femina
che listesse femine; ragionava come femina e si dava
larticolo femmineo sempre: trista me, amara me, et il
peggio era che peggior duna femina sopportava la nefanda
venere.34
La faldiglia della descrizione di Della Porta unampia e
ricca sopraveste35, adoperata dalle donne, e pu rientrare in una
tipologia barocca del grembiule.
La citazione dellaportiana ricorre spesso negli studi36, e qui
aggiungiamo che anche nel sesto libro di Della celeste fisionomia
compare un passo simile in cui si ribadisce luso specifico del
termine effeminati:
Vi sono uomini in Sicilia che si chiamano effeminati, senza
barba, con voce sottile, vestiti di vesti da donne, in tutto
scordati di esser uomini, attendono a i servigi domestici
insieme con le fantesche, e bruttamente soffriscono sottoporsi
a gli uomini.37
79
Rappresentazioni dei femminielli nei testi tra Otto e Novecento
La rappresentazione dei femminielli tra Otto e Novecento viene
fatta, con filtri diversi, in testi di saggistica e di ricerca e in testi
letterari e teatrali.
Il positivismo ottocentesco di matrice lombrosiana, che a
Napoli vantava una scuola di studi antropologici e criminologi-
ci allavanguardia, si interessa a questo gruppo: tra la fine degli
anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta scienziati e demologi
contribuiscono in forme diverse allo studio degli emarginati,
dei devianti, dei gruppi camorristici con una particolare attenzione
agli usi comunicativi gergali. Sulla lingua segreta della
comunicazione tra omosessuali si sofferma Alfredo Niceforo,
che non ci informa esplicitamente sui femminielli, ma descrive
alcune situazioni duso del gergo nella coppia, di marginali e
non, fatta di persone che si sforzavano di apparire eterosessuali:
La continuit dei rapporti e della vicinanza tra i due
individui oltre a far sempre accrescere la complessit e
la organizzazione del gergo, fa s che i due [...] avevano
bisogno del gergo per nascondere i loro rapporti sessuali
e finiscono col divenire amanti, e amanti veri e propri;
ed allora non solo ci saranno tra di loro scambi di idee
sessualmente volgari, ma anche idee, le pi spirituali,
damore; al gergo quindi che serviva di maschera alle
loro relazioni sessuali, si andr a mano a mano aggiungendo
il gergo che nasconder gli scambi delle loro idee
amorose. Cos il gergo della coppia si accresce.38
La comunicazione segreta necessaria ad esempio nel collegio,
dove era necessario nascondere le amicizie sessuali tra ragazzi:
una coppia cos formata ha inevitabilmente bisogno del
gergo: questo diventa una maschera, unarma difensiva
80
di prima necessit quando tra due individui corrano
rapporti di simile genere.39
Il gergo, sia pure limitato a un certo ambito e di uso ristretto,
per Niceforo, come per i lombrosiani, lespressione
della devianza patologica, dove era fluido il confine tra emarginazione
e delinquenza.
Rappresenta una prima fonte ampia per lo studio dei femminielli
a Napoli la ricerca di Abele De Blasio40 che, per primo,
racconta e documenta spaccati di ambienti malavitosi nei quali si
muovevano anche i femminielli. La sua una descrizione di una
realt a lui contemporanea, che testimonia attraverso una visione
diretta o comunque con informazioni di prima mano, e proprio
per questo motivo raccoglie ora luna ora laltra delle variazioni
grammaticali e grafico-fonetiche della parola femminiello, che
anche per la sua gergalit parola mobile tra Otto e Novecento.
La parola al femminile viene lanciata come ingiuria nella
petrejata, cio nella sassaiola:
ecco intanto uno dei motivi pi salienti che dava, fra
noi, luogo alla petrejata. Se uno dei nostri scugnizze
veniva maltrattato da un abitante di altro rione, e se
la faccenda non si aggiustava subito, con lo scambiarsi
qualche pugneturella dint a panza (coltellata) [...] la
cosa si diffondeva e i guagliune, dopo che si erano provvisti
di pietre, si avviavano a morre (in gran numero)
al quartiere delloffensore e quivi gridavano: Ainella!
Ain! Ascessero e guagliune d o Buvero, ca so belle!
E quelli di rimando:
E guagliune d o Buvero so belle e buie site na rocchia e
femmenelle.41
Quello di De Blasio un resoconto a cui limpostazione
ideologica degli studi di antropologia positivista sulle devianze
imprime colori forti e un tono giudicante, accresciuto dalla
81
connessione tra inchiesta sulla camorra e sui comportamenti
sessuali.
Nel 1897, in Usi e costumi della camorra ripreso poi in Nel
paese della camorra. LImbrecciata42, De Blasio dedica un capitolo
al matrimonio tra due uomini, O spusarizio masculino in cui
parla del legame che poteva unire un camorrista anche bisessuale,
definito pederasta attivo, a un omosessuale, generalmente
travestito, detto pederasta passivo, dandoci anche elementi
per una nomenclatura:
accanto ai martiri della lussuria troviamo i pederasti passivi
di professione, distinti nella malavita coi nomignoli
di ricchioni, femminelle o vasetti, chiamati da Brouardel
delinquenti nati semifemminei. Essi fanno parte di
quella folla che si agita per i bassi fondi della citt e che
si procura col furto il pane quotidiano.
Giunti che sono i ricchioni alla prima alba della pubert,
sentono il bisogno di essere...goduti, e, trovato che hanno
lommo e merda (pederasta attivo), lamano, come ben si
espresse il Mantegazza, con una passione vera, ardente,
che ha tutte le esigenze, tutte le gelosie di un amor vero.
Il vasetto, tutto contento dellacquisto fatto, colma di carezze
lamante e poi cerca raggruzzolare quel tanto che
indispensabile per preparar lara dove spontaneamente
va ad offrirsi in...olocausto.
Il luogo del sacrificio quasi sempre qualche lurida locanda,
dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare
lamante, qualche sonatore di organetto e di chitarra ed
una schiera di ricchioni, che fan corona alla timida...fanciulla.
Dopo un balletto erotico, il pi provetto della...
materia augura alla felice coppia la buona notte; ma la
sposina, prima di lasciar partire glinvitati, distribuisce
i tradizionali tarallucci e vino [...] le nostre femminelle
di giorno si occupano di faccende domestiche, appunto
come fanno le donne, e poi in ora stabilita si fanno alla
finestra ed aspettano i toro amanti.
82
Parecchi vasetti, per rendersi ai soggetti pi attraenti, si
truccano gli occhi, altri si fanno tatuare sul viso qualche
neo di bellezza e molti, mediante ovatta, cercano rendersi
pi formose le parti posteriori e pi sporgente il
petto. Qualcuno si femminizza anche nel nome.43
Se De Blasio non manca di passare in rassegna le casistiche
di uomini che vivono come donne nei vari paesi e nelle diverse
epoche, nel suo collegare i femminielli con la camorra sembra
legare questo gruppo a un carattere della Napoli antropologica.
In un progetto letterario largamente rivolto alla narrazione
della citt e delle sue contraddizioni sociali, Ferdinando Russo,
il poeta di E scugnizze,44 in Gente e mala vita45 disegna realisticamente,
con un verseggiare terso, una figura la cui doppia
identit femminile sottolineata dal titolo, apparentemente
non marcato, che un nome femminile preceduto, e rinforzato,
dallappellativo Onna Teresina:
Si parla, parla tutto affemmenato;
chmmalo bello, e chillo quase svene...
Porta o bracciale, tene o nnamurato...
malata, che ssa, chella ca tene!
Dille caddora e musco e ll e priato
Falle nu surdiglino, e chillo vene.
colleruso, e si sta risturbato,
sputa cu nu risgusto, comm e pprne.
O ccert ca se fraveca e russette,
se tegne ll uocchie cu na gravunella,
tene a cammisa e seta cu e merlette.
Rire sempe, cu a gente mmiez a via,
e porta a carza rosa e a scarpinella
cu a nocca ncoppa e o tacco a fantasia.46
83
interessante notare nel teatro di Eduardo De Filippo una
rappresentazione sostanzialmente giudicante dellomosessualit
in alcune commedie, dove linguisticamente tabuizza termini
espliciti riferiti allomosessualit, come era del resto nel costume
di quegli anni. Significativo in Mia famiglia (1955) il dialogo
del padre Alberto, speaker radiotelevisivo, che rimprovera alla
moglie di aver accolto in casa il giovane Guidone, amico dei
figli:
ALBERTO [] E tu per prima hai permesso che quel
signore frequentasse i nostri figli. Da un uomo che appartiene
ad una categoria di gente che non ha niente da
perdere e che una famiglia non se la potr mai creare,
che ti puoi aspettare di buono? Una setta diabolica, che
funziona da un capo allaltro del mondo, ramificando e
mettendo radici da per tutto. Simpongono servendosi
dellArte per corrompere e distruggere quel tanto di
buono che ci serve a credere nella vita che dobbiamo
vivere giorno per giorno. E si servono del gusto raffinato
. Mettono su negozio? E tutti di corsa al negozio dei
raffinati. Non sapete niente? uscito il romanzo del
raffinato. In quella strada, cՏ la sartoria del raffinato
; in quellaltra cՏ il parrucchiere raffinato. Guarda
comՏ raffinata tua figlia. Non sembra pi nemmeno
una donna, si pu confondere con uomo.47
La parola dialettale ricchione (come la forma diminutiva al
vocativo ricchiunci) invece utilizzata da Eduardo non nel significato
proprio di omosessuale, pederasta ma come insulto,
con valore di mascalzone, imbroglione, traditore, secondo
un uso comune del parlato disfemico meridionale, senza riferimento
allorientamento sessuale, in Il sindaco del rione Sanit
(1960), marcando uno scambio di battute dopo una sparatoria:
84
FABIO Ti ho pregato, stai zitto. Adesso ti lamenti? Ci
pensavi prima della sparatoria.
PALUMMIELLO [] Questo un fetente ricchione
O NAIT O ricchione si tu.
FABIO [ ] Va bene, siete ricchioni tutti e due.48
Nello scenario storico di Tommaso dAmalfi (1965) Eduardo
rappresenta anche la vita di un sordida casa dove si muove un
gruppetto di servitori i cui soprannomi sono gi caratterizzanti:
Bab (nome del tipico dolce napoletano, per traslato sinonimo
di dolcezza e morbidezza), Fravulella (fragolina attributo dato
al colorito fresco e roseo delle ragazze), Perzechella (piccola pesca
riferito a un incarnato femminile turgido e liscio) e Palla e
zucchero. Uno scambio di battute ci chiarisce chi siano costoro,
e ancora pi esplicito lo stigmatizzante commento eduardiano
nella didascalia:
Un lurido lupanare, situato in una traversa del Lavinaio.
[] Una voce femminile, dallaccento teutonico, si leva,
autoritaria, per ristabilire la calma. la voce di Madama
Meyer, la padrona del bordello.
MAYER Pasta! Pasta! Siete cani arrappiatiTutti cani
arrappiati! Non afete rispettoMia casa essere Pordello
serio [] PerzechellaFravulellaPalla di zucchero
BabPerzechella, dove sei?
PERZECHELLA (dallinterno) Madama Mayer, stiamo
venendo.
MAYER Foi cattivi mantesinielli, perch mai pronti
quando io chiamare.
FRAVULELLA (dallinterno) Pronti!
PALLA E ZUCCHERO Prontissima!
BAB Sto qua.
I quattro compaiono nel riquadro del portoncino e si
schierano di fronte alla loro padrona.
85
PERZECHELLA Schiavuttielle di Madama Meyer.
FRAVULELLA, PALLA E ZUCCHERO, BAB,
PERZECHELLA Schiavuttielle! (Si inchinano rispetto
samente.)
I quattro servitorelli di Madama sono gli esponenti massimi
dellinfima pederastia dellepoca. Pure la pederastia, come
del resto le abitazioni, i posti in teatro, negli ospedali, nei tram,
fu sempre classificata in categorie diverse e distinte tra loro:
nobilt e plebe. Se un nobile si poteva permettere il lusso di essere
pederasta senza urtare le suscettibilit degli ambienti mondani
e delle corti, un plebeo doveva nascondere la sua vergogna
nei bordelli e nei lupanari pi malfamati del Reame. Venivano
assunti in qualit di servitorelli e denominati con lappellativo
di Mantesinielli.49
In pieno Novecento, ancora linteresse per la cultura
popolare dellarea napoletana che genera la descrizione della
figliata de femminielli, in La pelle di Curzio Malaparte50, ambientata
a Torre del Greco: memoria di antichi riti, gli uomini
che partoriscono feticci di legno, trovano uneco nel racconto
di Fabrizia Ramondino Il fratello di Enzino con il parto delle
bambole, come nota Antonella Cilento.51
La rappresentazioni dei femminielli e del loro sistema comunicativo
nella seconda met del Novecento si muove gi nella
dimensione del recupero di una figura e una cultura in via
di estinzione.
Su questa linea, il riferimento fondamentale senzaltro il
recupero e la riscrittura anche linguistica messi in atto da De
Simone nella Gatta Cenerentola. I femminielli della Gatta, anche
con il ritmo cadenzato e veloce dello loro litanie, giocano con le
risorse delle formule proverbiali e cabalistiche del dialetto, riutilizzate
come veicolo di doppi sensi e giochi linguistici sui comportamenti
sessuali. Ne deriva un lessico della sessualit in chiave
86
comica che in parte vuole sorprendere gli ascoltatori e in parte
vuole ribadire la condivisione di un linguaggio comune nella tradizione
dialettale, come ad esempio nel Rosario dei femminielli:
E nel Terzo Mistero e Ntunettella
Pe nfuc na tianella
jetta a fern sott a furnacella
po venette o solachianello
e se nfucaie o bancariello po venette o munaciello
e llarracquaie e rafanielle
po venette e femmenielle
e sagliuttettero e cucuzzielle.52
La rappresentazione dei femminielli nei testi letterari cronologicamente
pi vicini sembra funzionale alla narrazione della
citt, come elemento di caratterizzazione descrittiva a volte
inserito come una citazione evocativa ( il caso di Domenico
Rea in Pensieri della notte53) o sviluppato come personaggio, ad
esempio come linformatore di polizia del commissario Ricciardi
nei noir napoletani di Maurizio De Giovanni.
Molteplici e di diversa valenza sono le rappresentazioni dei
femminielli nel teatro, da Manlio Santanelli a Enzo Moscato a
Fortunato Calvino.
Un punto di congiunzione tra antico e nuovo mondo dei
femminielli quello che si ritrova nel teatro di Annibale Ruccello,
in cui in filigrana si scorge anche la sua formazione antropologica54,
un teatro sempre sul filo della tensione tra primitivo
e moderno, dove il dialetto la lingua antica ma anche postmoderna,
contaminata dallimmaginario televisivo consumistico.
Cos la Jennifer delle Cinque rose lemblema del cambiamento
che dal femminiello ha condotto al travestito o al trans,
un cambiamento che anche sociale e linguistico, pagato in
termini di uno smarrimento di identit e di riconoscimento in
un contesto urbano locale.
87
Note
1 Per un approfondimento in chiave di studi di genere si rinvia al recente
Zito E. e Valerio P., Corpi sulluscio. Il fenomeno dei femminielli a Napoli,
Napoli, Filema, 2010; sulle parole che nelle diverse lingue e culture indicano
gli uomini al femminile si veda la descrizione antropologica di DAgostino
G., Il sesso in maschera in Maschere e corpi: tempi e luoghi dei Carnevale, a cura
di Castelli F. e Grimaldi R., Roma, Meltemi, 1997, pp. 152-153.
2 Tra i dizionari del napoletano attribuisce alla parola un significato
riferito alluomo Andreoli, Essere nu femminella, dicesi di uomo vago di pettegolezzi
e di scandali. Essere un pettegolo, un mettiscandali (Andreoli R.,
Vocabolario napoletano-italiano, Torino, Paravia, 1887, s.v.). La reticenza di altri
dizionari ottocenteschi induce a ipotizzare la gergalit della parola.
3 Per una descrizione del napoletano e della metafonia nei dialetti campani
De Blasi N., Profilo linguistico della Campania, Bari-Roma, Laterza,
2006.
4 Il fenomeno socio-antropologico dei femminielli viene qui considerato
nella sua specificit caratterizzante della realt urbana moderna di Napoli.
Per i rimandi ai miti e alle testimonianze storiche pi antiche e i parallelismi
con altri contesti culturali nazionali e internazionali si veda Corpi sulluscio,
cit., pp. 47-71.
5 Capozzoli R., Grammatica del dialetto napoletano, Napoli, Chiurazzi,
1889, pp. 69-70. Per una descrizione diacronica del napoletano si veda Ledgeway
A., Grammatica diacronica del napoletano, Niemeyer, Tbingen, 2009.
6 Per i gerghi in area italiana e una rassegna degli studi precedenti Marcato
C., Il gergo, in Storia della lingua italiana a cura di Serianni L. e Trifone
P., vol. II, Torino, Einaudi, 1994, pp. 757-791; Ead., Dialetto e gergo in I
dialetti italiani. Storia, struttura, uso a cura di Cortelazzo M., Marcato C., De
Blasi N., e Clivio G. I., Torino, UTET, 2002, pp. 1056-1362.
7 La voce in Ferrero E., Dizionario storico dei gerghi italiani. Dal Quattrocento
ad oggi, Milano, Mondadori, 1991, con la notazione di un cambiamento
generazionale, Oggi femminielli sono i giovani travestiti, che spesso
escono dal calvario di complesse operazioni chirurgiche, e rappresentano una
delle pi drammatiche piaghe sociali di Napoli; da Ferrero la voce ripresa
in Boggione V. e Casalegno G., Dizionario letterario del lessico amoroso. Metafore,
eufemismi, trivialismi, Torino, UTET, 2000.
8 Von Spectator, Erotische Ausdruckweisen der Sorrentiner Landbevlkerung,
Anthropopohyteia, n. 7, 1910, pp. 47-53; la citazione a p. 49. Ringrazio
il collega Luca Lorenzetti per la segnalazione dellarticolo. Fummo non
registrato nei dizionari del napoletano.
88
9 Greco M.T., Gergo e dialetti, in Lo spazio del dialetto in citt, a cura di
De Blasi N. e Marcato C., Napoli, Liguori, 2006, p. 146.
10 Battaglia S., Grande dizionario della lingua italiana - GDLI, Torino,
Utet, 1968, vol. V, s.v.
11 Di Giacomo S., La prostituzione a Napoli nei secoli XV, XVI e XVII
(1899), Napoli, Gazzetta di Napoli, 1994, p. 181.
12 Laggettivo Antiche esprime efficacemente latteggiamento di rivisitazione
e di recupero di una dimensione esistenziale e di comportamenti
oggi mutati, di cui si ha traccia solo nel ricordo e nella memoria, cos come
Napoletane rimarca la dimensione geografica di appartenenza.
13 Patroni Griffi G., Scende gi per Toledo, Milano, Garzanti, 1975, p. 66.
14 Ricordiamo, ad esempio, che, per citare contesti antropologici rituali,
si parla comunemente di Juta de femminielli a Montevergine e della Tombola
de femminielli.
15 Il film del 2007.
16 Mia Famiglia in Il teatro di Eduardo De Filippo -Cantata dei giorni
dispari, a cura di De Blasi N. e Quarenghi N., Milano, Mondadori, 2005,
vol. II, p. 1414.
17 Pasolini P.P., Una vita violenta, Milano, Garzanti, (1959) 19652, p.
142.
18 Per la datazione di femminella si veda DAchille P., Retrodatazioni
di parole nuove, in Studi latini e italiani in memoria di Marcello Aurigemma,
Roma, Herder, 1997, pp. 345-347; si veda anche DAchille P., Memoria del
parlante e diacronia dei parlanti, Studi di lessicografia italiana, XI, 1991, pp.
269-322.
19 Una vita violenta, cit., p. 147; si veda anche Dizionario del lessico amoroso,
cit. s.v.
20 De Simone R., La Gatta Cenerentola, Torino, Einaudi, 1977.
21 Qui fmmnell, che non ha metafonesi, potrebbe essere sia a variante
italianizzata sia il femminile e pu intendersi genericamente come effeminato,
omosessuale con valore di epiteto ingiurioso: le scritture giovanili esposte
in Montuori F., Larea metropolitana di Napoli e la scrittura spontanea del
dialetto, in Lo spazio del dialetto in citt, a cura di De Blasi N. e Marcato C.,
Napoli, Liguori, 2006, pp. 175-210.
22 Riferisce laneddoto Peppe Barra in Diario dartista a cura di Bianchi
P., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012.
23 Il video dellintervista reperibile su YouTube www.femmenell.com.
24 Nellintervista si dice che a pullera ha partecipato a film La pelle di
Liliana Cavani ed stata ripresa e intervistata da Ugo Gregoretti e Nanni Loy.
25 Si veda De Blasi N., Storia linguistica di Napoli, Roma, Carocci, 2012.
89
26 Diario dartista, cit.
27 Sono dello stesso tipo, con allusioni a mondo del cinema e delle
grandi dive, i soprannomi in Scende gi per Toledo cit.: Marlene Dietrich, la
Viacolvento, Mariacallas, Sayonara. Si veda anche il catalogo della mostra fotografica
di Esposito S., Trasmutazioni, a cura di Lo Cicero A., Museo Archeologico
Virtuale - MAV, Ercolano, 2009.
28 Patroni Griffi G., Scende gi per Toledo, Milano, Garzanti, 1975, pp.
32-33.
29 Diario dartista, cit.
30 Cos sotto la voce DAmbra R., Vocabolario napolitano-toscano domestico
di arti e mestieri, Napoli, presso lAutore, 1873, 8 rist. anastatica, Bologna,
Forni, 1996; DAscoli F., Nuovo vocabolario dialettale napoletano, Napoli, Gallina,
1993; Volpe P.P., Vocabolario napolitano-italiano tascabile, Napoli, Saracino,
1869, (rist. anastatica Bologna, Forni, 1970).
31 Andreoli R., Vocabolario, cit.
32 De Simone R., Il segno di Virgilio, Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno
e Turismo di Pozzuoli, Sezione Editoriale Puteoli, Pozzuoli, 1982.
33 Grembiale, grembiule in italiano, per metonimia, indicano anche
lorgano genitale femminile. Il grembiule adoperato anche dagli uomini
per mestieri artigianali o mansioni contadine, di qui lespressione uomo di
grembiule artiere, artigiano (DELI, s.v.).
34 Della Porta G.B., Della Fisionomia delluomo (1588-89) libro IV, a
cura di Cicognani M., Milano, Longanesi, 1971.
35 DELI, s.v.
36 Ad esempio in Corpi sulluscio, cit., p. 47.
37 Il testo di Della celeste Fisionomia del 1614 pubblicato in appendice
a Della Porta G.B., Coelestis Physiognomia, a cura di Paolella A., Napoli, Edizioni
Scientifiche Italiane, 1996, p. 294.
38 Niceforo A., Il gergo nei normali, nei degenerati e nei criminali, Torino,
F.lli Bocca, 1897, (rist. anastatica Bologna, Forni), p. 37.
39 Il gergo, cit., p. 37.
40 Per un profilo biobibliografico di De Blasio, che da 1904 insegn
Antropologia generale allUniversit di Napoli, si veda Bruno I., Il gergo della
camorra negli studi di Abele De Blasio in Le rappresentazioni della camorra,
a cura di Bianchi R. e Sabbatino P., Napoli Edizioni Scientifiche Italiane,
2009, pp. 111-163. Ricordiamo qui di De Blasio A., La malavita a Napoli
tra Otto e Novecento (Napoli, Pierro 1905), Napoli, Stamperia del Valentino,
2007; La pubert dei napoletani normali e delinquenti, Napoli, Priore, 1907; Secrezione
lattea nei pederasti passivi in Archivio di Antropologia, Criminologia,
Psichiatria e Medicina Legale, Torino, 1918.
90
41 De Blasio A., Usi e costumi dei camorristi (prima ed. Napoli, Gambella,
1897), Napoli, Luca Torre, 1993, p. 31.
42 De Blasio A., Usi e costumi dei camorristi, cit.; Nel paese della camorra.
LImbrecciata, prefazione di Sergi C., Napoli, a spese dellautore, 1901.
43 Usi dei camorristi, cit., pp. 99-102.
44 Russo F., E scugnizze diciassette sonetti. Nel testo del 1897 edizione
critica a cura di De Blasi N., Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2009; per
la storia della parola De Blasi N., Testimonianze per la storia di scugnizzo,
probabile neologismo di fine Ottocento, Lingua e Stile, XLI, 2006, pp. 229254.
45 Russo F., Gente e mala vita, Napoli, Pierro, 1897; si cita qui da Ame
deo G., Ferdinando Russo, Napoli, Cuzzolin, 2007, vol. II.
46 Si riproduce qui il testo da Ferdinando Russo, cit., vol. II, p. 63.
47 De Filippo E., Teatro cit., tomo II, pp. 1425-1426.
48 De Filippo E., Teatro cit., tomo III, p. 828.
49 De Filippo E., Teatro cit., tomo III, pp. 992-994. Per i soprannomi
Bianchi P., Note di onomastica eduardiana in Eduardo De Filippo. Dizionario
dei personaggi, a cura di Bianchi P. e De Blasi N., Venosa, Osanna, 2014,
pp. 21-34. Su corporeit, osceno e turpiloquio Maddaloni G., Io, lerede. La
lezione di Pulcinella nel teatro di Eduardo, Venosa, Osanna, 2014, pp. 35-45.
50 La pelle usc a Parigi e a Milano nel 1949; si veda ora ledizione a
cura di Guagni C. e Pinotti G., Milano, Adelphi, 2010.
51 Recensione di Cilento A. a La pelle in Tuttolibri, La Stampa,
2010.
52 La Gatta Cenerentola, cit., p. 32.
53 Rea D., Pensieri della notte, (Milano, Rusconi, 1985), Napoli, Libreria
Dante & Descartes, 2006.
54 Ruccello A., Teatro con introduzione di Fiore E., Milano, Ubulibri,
2005; su vari aspetti della drammaturgia di Ruccello si vedano i contributi
di pi autori in Annibale Ruccello e il teatro nel secondo Novecento, a cura di
Sabbatino P., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009.
* Ringrazio vivamente i colleghi Paolo DAchille, Nicola De Basi,
Luca Lorenzetti, Pietro Maturi, Giuseppe Merlino e il Maestro Peppe
Barra per le indicazioni e i suggerimenti bibliografici generosamente
dati.
91
92
I femminielli napoletani:
alcune riflessioni antropologiche
di Gabriella DAgostino
Lo studio dellomosessualit presso le culture di interesse etnografico
sembra dimostrare che non esiste un comportamento
o un modo di essere che possa universalmente definirsi tale,
nel senso che la questione dellomosessualit non separabile
da quella prospettiva pi ampia relativa alle attitudini verso la
sessualit in rapporto con le rappresentazioni di genere di una
societ determinata. I significati attribuiti al maschile e al femminile
sono costruzioni sociali, storicamente determinate, e la
categoria di genere, almeno da un trentennio, nella prospettiva
antropologica, la chiave di accesso privilegiata per comprendere
le relazioni sociali attraverso cui si esprimono i rapporti di
potere, le connesse strutture di prestigio e di status, le strategie
matrimoniali e lorganizzazione della parentela. La nozione di
genere, proposta come categoria analitica a partire dalla quale
ripensare ci che per millenni stata considerata naturale differenza
tra il maschile e il femminile, con la conseguente subordinazione
del secondo al primo, imprescindibile per la messa
a fuoco di un punto di vista adeguato a rendere conto della
configurazione storica dei rapporti tra uomo e donna. Il genere
e la sessualit sono forme simboliche significative che, come per
ogni altra dimensione umana, devono essere interpretate prima
che spiegate1. Uno dei possibili scenari in cui collocare le relazioni
tra gli individui costituito, dunque, dai rapporti di potere
alla luce delle nozioni di prestigio e di status. In questottica,
sessualit, fertilit, riproduzione, allevamento, sterilit emergono
93
anchessi come costrutti storicamente e culturalmente determinati
a partire da realt concrete in cui livello economico, politico
e simbolico risultano essere nostre discretizzazioni arbitrarie
di sistemi di rappresentazione coerenti2.
La prospettiva antropologica, per definizione, interessata
non tanto alle inclinazioni dei singoli individui, alle loro caratteristiche
idiosincratiche, ma agli individui in quanto rappresentativi
di un determinato contesto sociale e culturale e alla
comprensione delle dinamiche, delle relazioni tra inclinazione
individuale e sistema di regole, codici, collettivamente condivisi,
assumendole come tipiche. Studiando configurazioni culturali
particolari, a partire dal concreto comportamento degli
individui che si muovono allinterno di quella configurazione
determinata, da ci che essi fanno, da ci che dicono di fare
ma anche da ci che fanno e non sanno di fare, la prospettiva
antropologica si pone lobiettivo di comprendere sistemi di regole,
sistemi di valori, concezioni del mondo e della vita, complessi
simbolici sulla cui base quegli individui, implicitamente
o esplicitamente, si rapportano tra loro dando luogo a quelle
configurazioni.
Riguardo allomosessualit, lattenzione degli antropologi si
concentrata pertanto sulla cosiddetta omosessualit istituzionalizzata,
e/o rituale, rispetto alla quale sono stati rilevati due
modelli: il primo caratterizzato dallinversione di genere di cui
lesempio pi noto costituito dalla condizione del berdache; laltro,
organizzato secondo il criterio dellet, vede coinvolti in un
comportamento omosessuale per un periodo di tempo variabile,
uomini appartenenti a generazioni diverse, un po come nel
modello della Grecia antica. In questo caso, siamo in presenza
di pratiche connesse ai riti di iniziazione allet adulta e il rapporto
tra adulti e giovani finalizzato allacquisizione da parte
di questi ultimi della capacit riproduttiva attraverso modalit di
trasmissione del seme atte a garantire il raggiungimento della
94
maturit fisiologica e sociale. Questo tipo di pratiche va dunque
interpretato nel contesto pi vasto dei processi attraverso cui determinate
societ rappresentano le procedure socialmente condivise
di trasformazione della natura e le relazioni tra i sessi: il
circuito di scambio dello sperma tra gli uomini, nella fattispecie,
lega gli uomini tra loro e, in un secondo tempo, alle donne, disegnando
un rete di relazioni di dipendenza e di obblighi reciproci
che costituisce la trama del sociale. Un esempio di questo tipo di
pratiche stato rilevato presso diverse societ della Nuova Guinea.
I Neoguineani ritengono in sostanza che la maschilit, nei
suoi aspetti sia fisici sia culturali, sia incorporata nello sperma
che, pertanto, deve essere trasmesso in un modo regolato. Parallelamente,
ritengono che la femminilit sia incorporata nel
sangue mestruale e in quello del parto e i maschi ritengono che
anche le donne possiedano un qualche mezzo per trasmettere
questa sostanza alla generazione successiva. Come ha rilevato
Harriet Whitehead, esempi di questo tipo fanno comprendere
come un particolare costume sessuale istituito (in questo caso
questa forma di pederastia) non sia che una manifestazione tra
tante di un modo di classificare e pensare i sessi, modo che, se
delineato in tutti i suoi dettagli, si scopre radicato sia allinterno
di un insieme pi ampio di premesse cosmologiche sia allinterno
di un modello caratteristico di privilegi e obbligazioni sociali
che divide le categorie di sesso e et. Inoltre, spesso sono proprio
le pratiche sessuali o connesse al sesso non convenzionali ai
nostri occhi, come questa forma di pederastia o la manducazione
rituale dello sperma, o i tab della contaminazione mestruale, o
luso, nella caccia alle teste, di armi che simboleggiano la copulazione,
per citare solo alcuni esempi relativi ai gruppi della Nuova
Guinea, a mettere in evidenza, pi chiaramente, la teoria indigena
e a individuarne la natura simbolica3.
Quanto alle forme di inversione di genere note in etnografia
come travestitismo, una delle pi note, come dicevo,
95
rappresentata dalla berdacit. Nel Nord America indigeno era
ammissibile che un uomo, rispetto a importanti aspetti sociali,
divenisse donna (e viceversa, anche se pi raramente)4. La
pratica omosessuale era uno dei comportamenti che accompagnavano
questa trasgressione di genere, tuttavia questo stile di
omosessualit istituzionalizzata molto diverso da quello della
Nuova Guinea e luno e laltro sono molto diversi dal modello
di omosessualit (ipotizziamo che ce ne sia solo uno, per semplificare)
del mondo occidentale moderno. E per, le differenze
possono essere classificate e comprese se ci si rende conto
che ciascuna delle omosessualit si fonda su una diversa costruzione
culturale del genere, mentre le costruzioni culturali
del genere, per quanto dissimili nel contenuto, presentano tutte
alcuni tratti di similarit strutturali. Whitehead sottolinea
inoltre che le costruzioni culturali di genere, ossia le idee che
conferiscono significato sociale alle differenze fisiche tra i sessi,
dando luogo a due classi biologiche, il maschio e la femmina,
costruiscono due classi sociali, gli uomini e le donne, facendo
apparire ragionevoli e appropriate le relazioni sociali tramite cui
uomini e donne si rapportano lun laltro. In tutte le societ
note presente una dicotomia di genere, nel senso che ovunque
le differenze sessuali di tipo anatomico, osservabili alla nascita,
vengono utilizzate per incanalare il neonato nelluno o nellaltro
dei due complessi sociali di ruolo. [...] In nessuna cultura,
tuttavia, essa esaurisce le idee che circondano le due classi costituite
in questo modo minimale. Entrano in gioco anche tratti
definitori addizionali dello status di genere, alcuni connessi a
ulteriori differenze fisiologiche, reali o supposte, tra i sessi, altri
a una miriade di altre dimensioni quali il fato, il temperamento,
il potere spirituale, labilit, la storia mitica; e sono questi
ipotetici attributi addizionali a variare in modo significativo da
cultura a cultura5. Whitehead osserva ancora che fintantoch
il genere non viene pienamente definito da un qualunque tratto
96
singolo, vi sempre la possibilit che, per varie ragioni (che
cambieranno in funzione del sistema di genere) possa sorgere
per certe persone, o categorie di persone, uno status di genere
misto o deficitario. Per esempio, in Nuova Guinea i ragazzi
sono deficitari in quanto a maschilit e bench lomosessualit
non accompagni inevitabilmente tali situazioni, queste possono
fornire occasioni in cui essa sia ritenuta appropriata: sia
in Nuova Guinea sia nel Nord America indigeno loccasione
per listituzionalizzazione delle relazioni omosessuali data da
peculiari status di genere costruiti su altre basi. Nella nostra
societ, di contro, lattivit omosessuale in quanto tale che d
luogo al riconoscimento culturale, nella forma della riprovazione,
della condanna o della presa datto, di uno status di genere
peculiare, quello dellomosessuale6.
Vediamo pi in dettaglio in cosa consisteva e per quali
tratti si caratterizzava la condizione di berdache. Berdache un
termine generico con cui nella letteratura etnografica si indica
uno status di genere distinto da quelli maschile e femminile
nellarea nord-americana. Utilizzato soprattutto dagli antropologi
di cultura anglosassone deriva dal francese bardash (dallitaliano
bardassa sulla base dellarabo bardaj, dal persiano bardah).
NellOxford English Dictionary berdache viene definito come:
efebo [...] giovane mantenuto per fini contro natura; giovane
mantenuto; prostituto. Il termine pare che sia stato utilizzato
per la prima volta dai Francesi in riferimento a un omosessuale
passivo in abiti femminili per essere esteso, successivamente,
anche ai prostituti maschi non travestiti, agli omosessuali
istituzionalizzati travestiti e ai prigionieri di guerra costretti ad
assumere ruolo e status da donna7.
Callender e Kochems lo definiscono come un individuo,
generalmente maschio, anatomicamente normale, che assumeva
abito, occupazioni e comportamento dellaltro sesso per realizzare
un cambiamento nello stato di genere. Questo cambia
97
mento non era completo; esso consisteva piuttosto nel movimento
verso uno status intermedio che combinava attributi
sociali maschili e femminili8. I termini che nelle diverse culture
denotano il fenomeno fanno riferimento proprio alla sua
natura ambigua; nella traduzione letterale infatti le denominazioni
sono traducibili con espressioni come mezzo uomo-mezzo
donna9, uomo-donna10, possibile donna11, espressione
questultima che interpreta lo stato di tensione verso il sesso
femminile, quale tratto dominante non risolto. Il contributo dei
due antropologi americani consiste in una rassegna degli studi
sullargomento con intenti di sistematizzazione di una materia
spesso frammentaria, soggetta a letture pregiudiziali da parte
soprattutto degli osservatori occidentali, con il fine di consentire
un esaustivo esame comparativo. Per di pi, il contatto degli
Europei con le culture indigene americane ha giocato un ruolo
determinante per la sparizione di questo fenomeno culturale sia
per lostilit manifesta nei confronti di un costume contrario
alla moralit europea dominante (che ha pesato appunto sulle
interpretazioni) sia per il prevalere di modelli ideologici occidentali
allinterno delle culture indigene12. La progressiva scomparsa
dellistituto tra gli Indiani spesso non ne ha consentito
losservazione diretta e la sua stessa ricostruzione attraverso il
recupero della memoria e dei racconti di tradizione orale ha incontrato
ostacoli nella reticenza crescente dei membri delle culture
osservate che, non di rado, hanno negato lesistenza stessa
del fenomeno, seppur attestato per altre vie.
La trasgressione di genere nel Nord America indigeno
consisteva, in sostanza, al livello minimo, nella ammissibilit
che una persona anatomicamente di un sesso, assumesse per
un periodo indeterminato, in parte o del tutto, labbigliamento,
loccupazione e lo status sociale, compreso quello coniugale,
del sesso opposto. La via pi comune verso lo status era la
manifestazione, durante linfanzia o la prima adolescenza, del
98
comportamento ritenuto caratteristico del sesso opposto. Queste
manifestazioni erano salutate dalla famiglia e dalla comunit
con una variet di risposte, da un moderato scoraggiamento
a un incoraggiamento attivo, a seconda del sentimento tribale
prevalente, ma raramente vi erano dubbi circa il significato di
determinati comportamenti tendenti al sesso opposto. Essi erano
segnali del fatto che i giovani potevano essere destinati alla
speciale carriera dellindividuo transgenere. Tra gli aspetti del
comportamento sociale che pi definiscono lo status di genere
del berdache il posto donore veniva assegnato alla partecipazione
al lavoro produttivo. Diventava donna chi svolgeva un lavoro
da donna, chi preferiva gli utensili dei mestieri femminili,
o colui al quale il fato aveva imposto questo tipo di mestieri
e di utensili. Linclinazione poteva manifestarsi sin prima della
nascita: una donna incinta che voleva conoscere il sesso del
nascituro faceva scegliere a un bambino tra due oggetti: larco
e la cinghia del fardello, o altri specifici di attivit e occupazioni
maschili e femminili, assumendo che la scelta del bambino
fosse condizionata dallinfluenza del feto. La scelta verso luno
o laltro oggetto era un indizio significativo. Oppure, la donna
incinta faceva attenzione se i suoi sogni riguardassero attrezzi
o abbigliamento maschili o femminili. Durante linfanzia questi
segni potevano essere confermati o contraddetti dal comportamento
reale del bambino il quale, manifestando interesse per
le attivit ritenute appropriate al sesso opposto al proprio sesso
anatomico, veniva allevato come tale. Anche labbigliamento e
latteggiamento definivano fortemente il genere. Luso spontaneo
di modelli di discorso femminile, una voce acuta, modi
femminili di ridere o camminare sono talvolta menzionati nei
resoconti etnografici per identificare il berdache in erba.
probabile che i due criteri sociali, lavoro e aspetto esteriore, si
rafforzassero reciprocamente. Ciascuno in se stesso era allusivo
di un destino transgenere che conduceva a una riclassificazio99
ne dellindividuo, ma ci si aspettava che alla comparsa di un
tratto trasversale dovesse seguire anche laltro. Tra la preferenza
occupazionale e labbigliamento comunque il primo a essere
menzionato pi frequentemente. Dal punto di vista anatomico
il berdache era dunque un uomo, dal punto di vista occupazionale,
e dellabbigliamento, una donna. Agli occhi degli Indiani
dAmerica, egli era dunque una creatura mista. Proprio in virt
di questa natura, il berdache si riteneva eccellere in compiti quali
le mediazioni matrimoniali, la preparazione di filtri damore, la
guarigione da malattie veneree, ambiti legati al rapporto tra i
due sessi e godeva dunque di particolare prestigio sociale. Non
di rado, il berdache pur privilegiando compiti femminili, svolgeva
anche attivit maschili. I Navaho, per esempio, lo apprezzavano
particolarmente proprio per il fatto che fosse capace di
svolgere il lavoro produttivo di entrambi i sessi.
Agli occhi degli osservatori occidentali, il tratto dellomosessualit,
conseguente alla eterosessualit sociale, sembra aver
suscitato linteresse maggiore. In generale, laccento stato posto
sulla dimensione omoerorica riconducibile a qualche forma
di omosessualit familiare allOccidente, e le risposte che
culture diverse dalla nostra avrebbero dato a questo fenomeno
sono, nella migliore delle ipotesi, guardate come modelli funzionali
al mantenimento dellordine sociale, risposte ragionevoli,
sagge da tenere in considerazione nella riflessione antropologica
che finisce sempre per instaurare una comparazione
tra un noi e un loro. Kroeber, per esempio, ritenendo che
le istituzioni culturali possano sorgere anche per dare una collocazione
alla devianza individuale, ha ritenuto che la risposta
degli Amerindiani con listituto del berdache consistesse nellassegnare
loro uno status regolarizzato, una nicchia specializzata
13. Non diversamente Devereux, per fare un altro esempio,
nel saggio sullomosessualit istituzionalizzata dei Mohave14. Il
punto, tuttavia, non negare che i berdaches avessero una atti
100
vit omosessuale, fatto ampiamente documentato, quanto piuttosto
ribadire che il comportamento omosessuale in quanto
tale, nei resoconti etnografici, non viene mai menzionato per
spiegare le ragioni della riclassificazione di un individuo nello
stato transgenere. Gli atti omosessuali tra persone con uno
stato di genere ordinario avevano luogo o erano riconosciuti; in
alcuni casi il comportamento sembrerebbe non aver incontrato
alcuna obiezione; pi spesso era sanzionato ma, in ogni caso,
sembra che essi non fossero in alcun modo allusivi di una disposizione
durevole come quella che caratterizzava il berdache,
lindividuo transgenere (o lomosessuale nella nostra cultura) e,
nella prospettiva indigena, tali atti non erano confusi con la
trasgressione di genere. Riguardo alle scelte sessuali del berdache,
per esempio tra i Navaho, sappiamo che potevano sposarsi
o avere relazioni sessuali sia con persone dello stesso sesso che
del sesso opposto. Se la relazione omoerotica in s non ha conseguenze
trasformative sul genere significa che essa ricadeva al
di fuori della sfera di ci che, pubblicamente e ufficialmente,
era ritenuto importante per definire i ruoli degli individui. La
scelta delloggetto sessuale in realt era lo strascico piuttosto
che lelemento conduttore della definizione di genere, in se
stessa non sufficiente per mettere in moto il processo di riclassificazione.
Si potrebbe allora porre il berdache anzich nella
categoria dellomosessuale (nel senso occidentale del termine)
in quella del transessuale. La transessualit infatti stata definita
come limpulso ad assumere il comportamento e lidentit
pubblica del sesso opposto, con caratteristiche psicologiche
distinte dalla omosessualit. Il comportamento anatomicamente
omosessuale in seno alla tendenza transessuale lespressione
di una eterosessualit; segue dalla tendenza transessuale piuttosto
che condurre a essa. Tuttavia a ci stato obiettato che la
transessualit come posizione psicologica, che appaia nella
nostra cultura o in qualunque altra, sorge by default, dallas101
senza di categorie culturali abbastanza sofisticate da consentire
agli omosessuali di concettualizzare la loro natura. Avendo
strumenti culturali inadeguati per lauto-comprensione, essi
tend[erebbero] a calare i loro desideri nella struttura eterosessuale
socialmente dominante15.
A sollecitare una identit tra berdache e omosessuale occidentale
probabilmente il fatto che rispetto al secondo, al di
l delle diverse interpretazioni, ricorre la lettura di una sorta di
sessualit intermedia, di androginia. In campo medico, spesso
si tornati sulla possibilit che nel corpo dellomosessuale covi
materiale genetico o ormonale del sesso opposto, anche se parrebbe
che tutte le differenze misurate riguardino comunque
dettagli di cui praticamente impossibile stabilire la rilevanza.
Tuttavia, avverte Whitehead, anche a voler mantenere questa
identit, se scendiamo al livello dellindividuazione dei tratti
che caratterizzano i due tipi occupazione, vestiario/contegno,
scelta delloggetto sessuale il centro di gravit nei due sistemi
di genere, quello amerindiano e quello occidentale, diverso,
essendo posto sul primo dei tratti della sequenza, nel caso del
berdache, e sullultimo dei tratti della sequenza nel caso dellomosessuale
occidentale16.
La conclusione che propone Whitehead, per spiegare la
differenza, la seguente: nel tipo di societ nord-americane in
cui si trovava listituzione della trasgressione di genere, vi era
uno scarso sviluppo della stratificazione sociale generale. Let
e il sesso, come accade in molte societ di interesse etnografico,
erano le direzioni principali lungo cui si manifestava la
gerarchia di prestigio. Un ulteriore sviluppo dei meccanismi di
differenziazione del prestigio individuale operava tra gli uomini
nellambito delle abilit militari, venatorie, rituali e artigianali
che servivano a stabilire in maniera ascrittiva la posizione
pi elevata degli uomini rispetto alle donne, creando differenze
tra gli status raggiunti dagli uomini. Nello stesso tempo, per,
102
esisteva anche una arena distintiva della differenziazione del
prestigio femminile derivante dal tipo di attivit produttive affidate
alle donne. Unarena del prestigio che non poteva rimanere
insignificante agli occhi degli uomini poich alcune donne
erano regolarmente capaci, attraverso le loro abilit, di rivaleggiare
con gli uomini per ricchezza e influenza sociale17.
Significativo, in questo senso, il caso delle cosiddette
donne dal cuore duomo. Si tratta dello studio di un tipo
femminile, studiato negli anni Quaranta da Oscar Lewis tra
un gruppo di Indiani Blackfoot del Canada, i Nord Piegan, che
si presenta deviato rispetto al modello normativo corrente, in
quanto caratterizzato da tratti, relativi alla personalit, al comportamento,
caratterizzati come maschili. A queste donne si
riconosceva una grande abilit in compiti sia maschili che femminili
(la conciatura di una pelle, la decorazione di un abito
con le perline, la fabbricazione di mocassini), che svolgevano in
modo eccellente e in tempi di gran lunga minori18.
Se il successo nella sfera femminile, di cui la matrona piegan
lesempio massimo, poteva essere ragionevolmente paragonabile
al successo in quella maschile, se la femminilit rappresentava
una sorta di potere positivo, allora concepibile che
la sfera femminile esercitasse unattrazione verso gli uomini ben
oltre la dimensione erotica. La stratificazione di genere, strettamente
connessa alle specializzazioni occupazionali dei due sessi,
poteva dunque essere mantenuta e ribadita proprio attraverso
listituzione della berdacit: se le attivit delle donne generavano
ricchezza e influenza paragonabili a quelle degli uomini,
potevano esserci uomini disposti a svolgere queste attivit; tuttavia,
poich queste attivit marcavano il genere femminile gli
uomini che le assumevano dovevano trasgredire il loro sesso
attraverso il genere. in questo senso che la scelta del partner
sessuale non connota in primo luogo il berdache, anche se la
relazione omoerotica pu essere stata contemplata. una delle
103
risposte che le societ hanno dato al rapporto tra i sessi e al
mantenimento della dominanza maschile.
Callender e Kochems nellarticolo prima citato, ripercorrono
lo stato degli studi sulle culture del Nord America distribuite
lungo una vasta area estesa dalla California alla Valle
del Mississipi sino alla regione dei Grandi Laghi che riconoscono
lo status di berdache. Pur nella variet delle articolazioni
assunte dal fenomeno nei diversi contesti, il tratto dominante
sembrerebbe essere quello della necessit di una sua validazione
soprannaturale, espressa in forma di visione durante let adolescenziale19,
e dunque lassimilazione verso una sfera pi o meno
marcatamente sacrale che, in forma pi o meno forte, conferiva
ai berdaches un particolare prestigio sociale, Sacri e santi per i
Navaho20, misteriosi e sacri per gli Hidatsa, nelle societ tradizionali
indiane i travestiti erano rispettati, forse temuti, per
il fatto che la loro condizione manifestava un potere conferito
loro dal soprannaturale21. Gli autori contestano anchessi lassimilazione
della berdacit alla omosessualit avanzata da alcuni
studiosi22 e ritengono il suo tratto pertinente proprio nellindefinitezza
del genere quale approssimazione verso il modello
sessuale opposto a quello biologico di appartenenza allincrocio
delle categorie di maschile e femminile.
Questultimo aspetto, unitamente alla considerazione di
cui questi individui godono, pu suggerire unaltra prospettiva
alla comprensione dellistituto, assumendolo come esempio del
ben noto e diffuso modello di travestitismo istituzionalizzato
che fonda il suo senso nella sfera dellandroginia sacra, unione
dellopposizione dei principi maschile e femminile. Questa sembra
essere linterpretazione del fenomeno privilegiata dagli antropologi
europei anche sulla base dellosservazione di fenomeni
analoghi in unarea ben pi vasta del Nord America, riguardante
anche il sud del Continente, larea andina e la Mesoamerica, il
nord dellAlaska e, ancora, il nord-est asiatico e alcune culture
104
del bacino del Mediterraneo. Hermann Baumann, tra questi, ha
analizzato il fenomeno soprattutto per le culture del bacino del
Mediterraneo, del vicino Oriente e del sud dellAsia collegandolo
al sacerdozio e alla prostituzione sacra23. Lasciando da parte
il travestitismo quale risposta a motivazioni di ordine esclusivamente
biologico, lo studioso prende in considerazione altre due
forme di travestitismo. La prima, spontanea, sarebbe propria
delle pi arcaiche societ a regime agricolo che hanno fondato
il proprio mito dorigine su una coppia gemellare e articolato il
proprio ordine sociale in due parti, ciascuna legittimata da un
proprio corpus di miti. La seconda, del travestitismo cultuale,
fonderebbe il proprio status nel mito di un dio bisessuato che
supererebbe lopposizione dualistica posta allorigine del cosmo
e delluomo sussumendo in s le potenze maschile e femminile
quale stato di caos originario precedente la separazione degli esseri
secondo le categorie del mondo organizzato24. Alfonso M.
Di Nola ha osservato il fatto che le rappresentazioni bisessuali
presenti nel mito [...] sono, in effetti, una forma particolare della
pi vasta esperienza della bipolarit25. Allinterno dei sistemi
bipolari, che riguardano unampia gamma di elementi su cui diverse
culture possono fondare il proprio ordine (elementi naturali,
direzioni cosmiche, funzioni sociali, ecc.), per determinate
culture si sarebbe verificato un processo di sessualizzazione delle
categorie e, in dipendenza da esso, il superamento della opposizione
attraverso la coincidenza dei contrari si sarebbe espresso
in termini di bisessualit26. Il travestitismo cultuale legato al sacerdozio
e alla prostituzione sacra etero e omosessuale sarebbe
pertanto un mezzo per raggiungere la bisessualit del dio.
Lidea della bisessualit veicolata attraverso il mito dellandroginia
rimanderebbe, dunque, per esprimersi nei termini di
Eliade, al principio dellunit-totalit indistinta primordiale da
cui ha avuto origine lesistente. Essa si ritrova tanto nelle culture
arcaiche quanto in culture che hanno sviluppato forme di re
105
ligione complesse27. Sin dalle culture megalitiche, a partire dalle
quali la bisessualit divina sembrerebbe chiaramente attestata,
lidea della divinit androgina su cui si fonda lordine di svariate
culture anche lontane nel tempo e nello spazio suggerisce che,
a livello delle strutture profonde, lopposizione primaria attraverso
cui la realt stata discretizzata sia stata quella sessuale
di maschile e femminile. Secondo questa prospettiva, basata
su una grande mole spazialmente e cronologicamente estesa di
dati esemplificativi, la divinit che ha dato origine al mondo
conosciuto non potrebbe che avere in s entrambi i principi che
nella realt si osservano in forma separata28.
Esempi di androginazione rituale, di riattualizzazione
del mito originario del dio bisessuato, secondo Eliade, sono da
considerare determinate forme di travestimento intersessuale
connesse ai riti di iniziazione nella Grecia antica, sia come rituali
privati in relazione al matrimonio sia come rituali pubblici
in relazione ad alcune cerimonie dionisiache o nelle feste di
Hera a Samo; cos come i travestimenti legati al carnevale o
alle feste di rigenerazione del tempo. Lo studioso ritiene che la
funzione principale di questi riti fosse quella di: uscire da se
stessi, trascendere la propria situazione particolare fortemente
storicizzata, per ripristinare una situazione originaria, trans-umana
e trans-storica perch anteriore alla costituzione della societ
umana; situazione paradossale, impossibile da mantenere
nella durata profana, nel tempo storico, ma che era necessario
reintegrare periodicamente, onde restaurare, anche per un solo
istante, la totalit iniziale, la sorgente intatta della sacralit e
della potenza. E aggiunge: il cambiamento rituale delle vesti
implicava una inversione simbolica dei comportamenti, pretesto
per buffonerie carnevalesche, e anche per il libertinaggio
dei Saturnali. Insomma, era una sospensione delle leggi e delle
consuetudini, perch la condotta dei sessi era esattamente il
contrario di ci che essa deve essere normalmente.
106
Linversione dei comportamenti implicava quella completa
confusione dei valori che un tratto specifico di ogni rituale
orgiastico. Morfologicamente i travestimenti intersessuali e landroginia
simbolica sono omologabili alle orge cerimoniali. In
ciascuno di questi casi, si constata una totalizzazione rituale,
una reintegrazione dei contrari, una regressione allindistinzione
primordiale. Insomma, si tratta della restaurazione simbolica
del Caos, dellunit indifferenziata anteriore alla creazione, e
questo ritorno allindistinto si traduce in una suprema rigenerazione,
in un prodigioso aumento di potenza29.
Lattribuzione da parte di Eliade della medesima funzione
a ogni forma di travestimento pone molti dubbi. La questione
richiederebbe lanalisi puntuale di ciascuna delle tipologie indicate
dallo studioso. In questa sede tuttavia mi limito a segnalare
almeno il fatto che, per esempio, i casi di travestimento in
determinati riti iniziatici, simulando un cambiamento del sesso
circoscritto al tempo del rito, pongono laccento sulla condizione
di linearit, di indistinzione da superare perch si abbia
accesso a un nuovo status ribadendo, in sostanza, la necessit
dellordine su cui ogni societ fonda il proprio equilibrio. Non
un caso che forme di travestimento di questo tipo si ritrovassero,
per esempio nella Grecia antica, in riti di iniziazione
alla pubert che preparavano al matrimonio o alla guerra, istituzioni
fondate su una chiara e precisa prescrizione dei ruoli
di genere. Lindistinto, temporaneamente introdotto, potrebbe
dunque essere inteso come disordine necessario a ribadire lordine
sociale30. Tali pratiche possono essere classificate tra i casi
di cambiamento occasionale del sesso e in questo senso si
possono intendere anche i travestimenti di Carnevale tesi a
ribadire lordine esistente quando minacciato da cause di varia
natura, proprio attraverso la sua temporanea sospensione31.
Un esempio interessante in questo senso pu essere tratto dalla
cultura Ashanti. Quando si determinava uno stato di guerra nel
107
villaggio, privato dei maschi idonei al combattimento, le donne
andavano in giro nude (sorta di grado zero del travestimento)
proclamandosi guerrieri. I maschi rimasti assumevano invece
il ruolo di donne e cos venivano chiamati per lintera durata
della guerra. La guerra, avvertita come caos, si svolgeva in una
propria dimensione senza tempo. Essa pertanto introduceva a
un tempo altro che non poteva essere scandito dai consueti indicatori32.
La cesura introdotta nel contesto sociale ordinario
si esprimeva infatti nella sospensione della attivit fondanti la
sussistenza stessa della societ con il divieto di rapporti sessuali,
di toccare la terra sia riguardo al lavoro dei campi e allavvio di
una nuova coltura sia riguardo alla preparazione dellargilla per
la produzione di vasellame, di svolgere i funerali. Il controllo
sociale del caos attraverso lintroduzione di un ordine temporalmente
circoscritto allo stato di guerra che si pone come negazione
dellordinario, trova senso alla luce delle opposizioni su
cui gli Ashanti basavano la loro rappresentazione del mondo:
fuori/dentro, foresta/villaggio, guerra/pace, maschio/femmina.
La sospensione delle normali attivit e lassunzione di ruoli sociali
opposti a quelli di genere, esorcizzando in sostanza il caos,
erano tesi a ribadire lordine sociale su cui la comunit fondava
il proprio equilibrio.
Consideriamo adesso il caso dei femminielli napoletani. I
femminielli sono individui biologicamente di sesso maschile che
conseguono la piena attuazione della loro identit nella assunzione
consapevole del modello femminile. Sono omosessuali
travestiti che vivono dunque in maniera manifesta e consapevole
lidentit femminile mostrandola attraverso le movenze, gli
abiti, il trucco. Il fenomeno presenta per delle caratteristiche
peculiari che ne suggeriscono una lettura in termini diversi da
quelli adottati in relazione a fenomeni di travestitismo omosessuale
presente in altri contesti urbani, nella quale, schematiz
108
zando, lassunzione di abiti femminili rimanda al ruolo passivo
nel rapporto sessuale. I femminielli infatti sono stati protagonisti,
almeno sino a un passato relativamente recente, di tutta
una serie di atti tesi a ribadire, e in qualche modo a sancire
ritualmente la loro appartenenza di genere. Nelle pagine che
seguono user il presente etnografico anche se le informazioni
raccolte si riferiscono a qualche anno fa33. Questo nuovo volume,
cos come quello precedente, daltro canto, offrono approcci
e piste di riflessione diversi che confermano la complessit del
fenomeno in esame.
I femminielli si sposano tra di loro e mettono al mondo
dei figli. Nel caso del matrimonio il femminiello che assume il
ruolo maschile verrebbe in questo modo a costituire una nuova
categoria. Si tratta per di una finzione solo temporanea.
Il rito del matrimonio generalmente viene celebrato al tramonto
davanti a una chiesa chiusa. Il femminiello che ricopre il
ruolo di sposa si presenta alla cerimonia nel tradizionale abito
bianco mentre il compagno veste labito scuro. Qualche ora
prima, nella propria casa, la sposa, come vuole la tradizione,
stata vestita dalla madrina e ha posato per le fotografie che
apriranno lalbum di famiglia. Gli sposi sono accompagnati da
due damigelle, anchesse donne dal corpo duomo34. Alla fine
del rito, cui prendono parte anche numerosi invitati, uomini,
donne e bambini, si svolge in un locale pubblico il banchetto
nuziale offerto da tutti i femminielli convenuti. Esso prevede
numerose portate, brindisi, taglio tradizionale della torta, canti
e danze. Allo scadere dei nove mesi dalla data del matrimonio
ha luogo la figliata. In casa degli sposi la donna, a letto,
alla presenza di soli femminielli, urla e si contorce simulando le
doglie, finch non d alla luce un bambino. La nascita avviene
mettendole tra le braccia un neonato preso in prestito dal vicinato
o, quando questo non possibile, un bambolotto35. Il figlio
appena nato, che sempre di sesso maschile, viene poi mostrato
109
in pubblico ritualmente. La prima uscita una cerimonia di
battesimo che generalmente viene festeggiata contestualmente
al matrimonio di una nuova coppia di femminielli. Alla fine di
un rito nuziale i giovani sposi prima di recarsi al banchetto
fanno visita a una coppia di altri femminielli che ha da poco
avuto un bambino. Questa pratica sancisce lingresso del neonato
nella comunit. I genitori e gli sposi infatti festeggeranno
insieme gli eventi della nascita e delle nozze con un unico
banchetto36.
La partecipazione di individui normali alle cerimonie
segno del riconoscimento di cui i femminielli godono. La gente
dei quartieri popolari del centro storico in cui essi vivono, in
generale disprezza lomosessualit, soprattutto nella forma della
pederastia, ma riconosce e rispetta il loro sesso sociale. La diversit
rispetto al genere maschile si manifesta nelladolescenza.
Le famiglie non considerano levento una disgrazia e non emarginano
il loro membro; piuttosto lo integrano nella cerchia familiare
ristretta e allargata e nel contesto pi ampio del vicolo,
della strada, del quartiere. Il femminiello si presta alle faccende
domestiche, svolge commissioni per le vicine, a lui si affida la
sorveglianza dei bambini pi piccoli da parte delle donne del
vicinato che lavorano fuori casa. Egli dunque non considerato
un deviato, pu essere oggetto di scherno ma in modo compiacente
e bonario.
A questi segni evidenti della loro integrazione nel gruppo
se ne aggiungono altri, spie di sensi pi profondi che il fenomeno
riveste a livello popolare quantomeno a livello inconsapevole.
Si ritiene, per esempio, che il femminiello porti fortuna.
A lui affidata sia lorganizzazione della riffa, sorta di lotteria
che si svolge il luned, giorno della luna dedicato ai morti, davanti
le catacombe di San Gaudioso presso la chiesa del Monacone,
sia di altre forme di tombola organizzate nei Quartieri
Spagnoli o ai Ponti Rossi, zone del centro storico della citt.
110
Alcune televisioni locali, in occasione delle festivit natalizie,
hanno mandato in onda una tombola con annessa smorfia (attribuzione
di particolari significati ai numeri estratti) chiamata
da un femminiello.
Questi tratti confermano lassimilazione dei femminielli a
un ambito che trascende le forme del travestitismo omosessuale
comunemente inteso. In primo luogo, il termine stesso che
definisce questo istituto, nel riferirsi a una precisa condizione
biologica declinata al maschile (femmin(iell)-o) connota uno
stato di genere non risolto. Daltro canto, non tutti gli omosessuali
travestiti sono femminielli (sanciscono ritualmente il loro
status), ma tutti i femminielli sono omosessuali travestiti. Non
tutti i travestiti sono socialmente integrati ma tutti i femminielli
lo sono. Solo essi portano fortuna. A questo primo livello, il
loro statuto pu essere assimilato a quello di particolari individui,
oggetti, eventi cui si attribuiscono valori e poteri di ordine
magico-sacrale in virt della loro ambiguit. Il fenomeno, noto
sia relativamente al mondo antico sia alle culture tradizionali
del mondo occidentale sia a quelle di interesse etnografico, riguarda
oggetti strani, piante, animali o esseri umani portatori
di malformazioni fisiche, individui epilettici o psicolabili. In
genere tutti quei fenomeni o esseri connotati da una natura
indefinita, che sfuggono dunque a classificazioni certe. questo
fatto a metterli in relazione con lordine soprannaturale da cui
attingono la loro validazione.
Esiste la possibilit di seguire una traccia, labile ma significativa,
per cercare di ricostruire un percorso che in qualche
modo lega lodierno fenomeno dei femminielli a quello ben pi
noto del travestitismo rituale connesso al sacro. In territorio
campano, nei pressi di Avellino, sorge il Santuario di Monte-
vergine, luogo di culto mariano che ha un legame molto forte
con il Napoletano, meta di tre importanti pellegrinaggi, a
maggio, a settembre, a febbraio. Il primo di essi detto dei
111
cafoni, il secondo dei napoletani. Il terzo, effettuato il 2 febbraio
(festa della Candelora) detto dei femminielli e vede la
partecipazione numerosa di questi individui partiti da Napoli la
notte precedente la festa. La loro presenza si registra pure per
altre occorrenze festive legate al Santuario nelle quali tradizionalmente
si prevede laccompagnamento di gruppi di pellegrini
da parte di uno di loro che incita al canto e alla danza.
Il legame che sembra sussistere tra questo luogo di culto e
i femminielli napoletani pu trovare una qualche giustificazione
se si ripercorre la storia del sito di Montevergine, interessato,
sin dallantichit da culti in onore della Grande Madre. Intanto,
larea irpina si caratterizzava per culti pagani e oracolari il pi
importante dei quali era quello tributato alla dea Mefite, divinit
androgina appellata sia al femminile sia al maschile come dio
Mefito, presso un santuario risalente al VI secolo a.C.37. Nella
stessa area, sul versante opposto, attestato un antico culto a
Giano, la divinit bifronte, ambigua e doppia in relazione con
gli inizi. Invocato allinizio di unimpresa, allinizio del mese
e dellanno a Giano si riconosceva un ruolo nella creazione del
mondo. Il culto pi forte tuttavia era quello riservato a Cibele
e come Monte di Cibele il sito era ricordato ancora in et cristiana.
Numerosi eruditi in riferimento al luogo del Santuario
mariano di Montevergine si attengono alla toponomastica tradizionale
di Monte di Cibele e riportano la notizia della precedente
esistenza di un tempio dedicato alla Grande Madre.
Tratto proprio della gran parte degli dei della vegetazione
e delle Grandi Madri la bisessualit. Il mito dellandroginia
divina, sussumendo nella divinit i principi maschile e femminile,
rimanda al principio dellunit-totalit indistinta da cui ha
avuto origine lesistente38. Il culto di Cibele si caratterizzava per
levirazione rituale dei suoi fedeli; i suoi sacerdoti raggiungevano
attraverso levirazione e il travestimento con abiti femminili
lunione estatica con la dea. Un collegio di sacerdoti sodomiti,
112
daltro canto, era riconosciuto ufficialmente nei suoi templi a
Tiro, Ioppa, Ierapoli, Gerusalemme sino al periodo immediatamente
precedente lEsilio (Primo Libro dei Re XV, 12; Secondo
Libro dei Re XXIII, 7). Secondo Gunon, inoltre, letimologia
del nome Cibele, ricollegandosi allebraico gebal e allarabo jabal,
montagna, rivela una valenza bipolare della divinit. Il suo
carattere celeste di dea della montagna in stretto rapporto
con il suo carattere di madre terra per il fatto che il suo attributo,
la pietra nera, il betile, simbolo assiale della montagna, in
quanto asse connette cielo e terra39.
Per unarea non lontana, Plutarco (Mul. virt. 261f ) attesta
che Aristodemo, tiranno di Cuma intorno al 500 a.C., obbligava
i giovani a portare i capelli lunghi e ad adornarsi di gioielli
mentre le fanciulle dovevano indossare il mantello e portare la
testa rasata. Il costume di cui evidentemente si era smarrito il
senso dal momento che se ne riferisce come di una burla vessatoria,
sembrerebbe da connettere a riti di travestimento studiati
in riferimento al mondo antico. interessante per che esso
sia attestato per unarea che sembra essere particolarmente interessata
a culti e rituali connessi con la sfera della sessualit di
ordine sacro.
Per tornare a Montevergine e a tempi successivi, la Vita di
San Vitaliano, un documento datato intorno ai primi decenni
del XII secolo, riferisce della prima fondazione in questo sito di
un tempio alla Madonna e riporta alcuni elementi particolarmente
interessanti ai fini del discorso che qui interessa. Si legge
che Vitaliano, vescovo di Capua, godeva di molta stima e venerazione.
Le sue grandi e riconosciute virt avevano suscitato
linvidia di alcuni individui i quali, introducendosi nottetempo
nella camera del vescovo, sostituirono i suoi abiti con indumenti
da donna. La mattina seguente, Vitaliano, non accortosi dellinganno,
indossava gli abiti e si recava in chiesa per celebrare
113
le funzioni. I devoti presenti, di fronte a quel travestimento,
accusarono il vescovo di empiet e sacrilegio e lo calunniarono
di avere rapporti con donne. Pertanto, condannato a morte, fu
gettato in mare chiuso in un sacco. Riusc a salvarsi e volle costruire
un tempio alla Madonna su Montevergine dove chiese
di essere seppellito40. Il documento allude evidentemente a un
costume cultuale che non doveva essere del tutto scomparso se
lanonimo autore del testo sente lesigenza di fare riferimento
a un episodio, condannato in forma parabolare, che non troverebbe
ragion dessere se non allinterno di una logica arcaica di
rapporti con il soprannaturale.
Ancora tracce di travestitismo a Montevergine ritroviamo
in relazione a un incendio che distrusse il Santuario nella notte
di Pentecoste del 1611. Secondo la testimonianza dei Padri
Benedettini, quando lincendio fu domato e si cominciarono a
contare i morti circa quattrocento fedeli ricoverati nella foresteria
del Santuario si present uno spettacolo inquietante:
molti dei pellegrini erano uomini in abiti da donna. Un castigo
divino per pratiche pagane che, secondo una testimonianza di
poco posteriore al disastro, consistevano oltre che nel travestimento
nellesecuzione di riti orgiastici in stato di euforica ebbrezza41.
Nella storia recente del Santuario, significativamente, nel
giorno di Pentecoste, Montevergine teatro di riti estatici di
possessione o, comunque, di manifestazioni rituali nelle quali il
canto e la danza svolgono un ruolo centrale; per di pi, come
ho gi riferito, proprio a un travestito viene tradizionalmente
affidato il compito di guidare i pellegrini in queste pratiche
quasi a indicare lininterrotto legame con le caratteristiche cultuali
del sito in et arcaica.
Il fenomeno dei femminielli tanto pi interessante in
quanto pur presentandosi in un contesto contemporaneo urba
114
nizzato mantiene, per certi versi inalterati, determinati caratteri
di arcaicit connessi con landroginia simbolica. Pur a non volere
leggere il fenomeno esclusivamente insistendo sulla possibile
relazione tra il costume moderno e certi fenomeni storico-religiosi
del passato, un fatto appare particolarmente significativo.
stato osservato che nella figliata il sesso del neonato
sempre rigorosamente maschile e nella descrizione del rito di
Curzio Malaparte il bambino rappresentato da una statuetta
con un enorme fallo. Questi aspetti sembrerebbero in contraddizione
con lordine del discorso che conferisce senso allo statuto
dei femminielli. In realt, in questo modo si ribadisce lindefinitezza
di genere: lattribuzione di un sesso diverso al neonato
porrebbe fine al processo che d coerenza a questa condizione
proprio in quanto stato di genere non risolto. La sua enfatizzazione
con la scelta del simulacro di Priapo in questo senso
particolarmente significativa in quanto esso, a dispetto del suo
attributo, anzi proprio a causa della sua condizione permanente,
non pu avere una sessualit normale (Corpus Priapeorum,
23). Per di pi, alcune tradizioni assimilano Priapo a Dioniso
ma soprattutto a Ermafrodito. Cos, per esempio, Diodoro che
riferisce della tradizione secondo la quale il dio era dotato di
una natura corporea promiscua di maschio e femmina e aveva
la bellezza e la morbidezza del corpo quasi come una donna, e
laspetto virile e il vigore di un uomo42.
Lenfatizzazione di tratti biologicamente maschili e tratti
psichicamente femminili sembrerebbe dar luogo nella societ
napoletana attuale a una sorta di berdacit contemporanea
che, attraverso tutta una serie di atti rituali, conferisce uno statuto
identitario, risolvendo quanto in una logica dicotomica si
connota come uno squilibrio, allinterno di uno spazio normativo,
in ultima istanza, sacrale 43.
115
Note
1 Per una sintesi cfr. DAgostino G., Travestirsi. Appunti per una trasgressione
del sesso, in Ortner S. e Whitehead H., Sesso e genere. Lidentit
maschile e femminile, ed. it. a cura di G. DAgostino, Sellerio, Palermo 2000,
pp. 11-16. Dellampia bibliografia recente su queste questioni mi limito a
segnalare, oltre a Heritier F., Maschile e femminile. Il pensiero della differenza,
Laterza, Roma-Bari 1988, e Dissolvere la gerarchia. Maschile/femminile II,
Raffaello Cortina, Milano 2004, Forni S., Pennacini C., Pussetti C. (a cura
di), Antropologia, genere, riproduzione. La costruzione culturale della femminilit,
Carocci, Roma 2006 e Mattaucci C. (a cura di), Etnografie di genere. Immaginari,
relazioni e mutamenti sociali, Altavista, Pavia 2012.
2 Cfr. lintroduzione di Ortner S. e Whitehead H., op. cit., e in particolare
i paragrafi 3.2 e 3.3, pp. 90-105.
3 Whitehead H., Larco e la cinghia del fardello. Uno sguardo sulla omosessualit
istituzionalizzata nel Nord America indigeno, in Ortner S., Whitehead
H., op. cit., p. 176. Cfr. pure Herdt G., Guardians of the Flutes. Idioms of
Masculinity, McGraw-Hill, New York 1981; Id. (ed.), Rituals of Manhood,
California University Press, Berkeley 1982; Id. (ed.), Ritualized Homosexuality
in Melanesia, University of California Press, Berkeley 1984; Id. (ed.), Third
Sex, Third Gender. Beyond Dimorphism in Culture and History, Zone Books,
New York 1996.
4 Per una discussione puntuale rimando a Whitehead H., op. cit., pp.
173-218.
5 Whitehead H., op. cit., pp. 177-178.
6 Ivi, p. 178.
7 Angelino H., Shedd C.L., A Note on Berdache, American Anthropologist,
57, 1955, pp. 121-126, cit. in Signorini I., Transvestitism and Institutionalized
Homosexuality in North America, in Atti del XL Congresso internazionale
degli Americanisti, Tilgher, Genova 1974, p. 158.
8 Callender Ch., Kochems L.M., The North American Berdache, Current
Anthropology, 24, 4 (aug.-oct.), 1983, p. 443.
9 Grinell G.B., The Cheyenne Indians, Cooper Square, New York 1962
cit. in Callender Ch., Kochems L.M., op. cit.
10 Bowers A., Hidatsa social and cerimonial organisation, Chicago University
Press, Chicago 1965, cit. in Callender Ch., Kochems L.M., op. cit.
11 Powers W.K., Oglala religion, University of Nebraska Press, Lincoln
1977 cit. in Callender Ch., Kochems L.M., op. cit.
12 Signorini I., op. cit., pp. 155-156.
116
13 Kroeber A. L., Handbook of the Indians of California, Bureau of American
Ethnology Bullettin, n. 78, Washington 1925; cfr. pure Id., Psicosi e
sanzione sociale, in La natura della cultura, trad. it. Il Mulino, Bologna 1952,
pp. 579-597.
14 Devereux O., Institutionalized homosexuality of the Mohave Indians,
Human Biology, 9, 1937, pp. 498-527.
15 Whitehead H., op. cit., p. 197; Katz J., Gay American History: lesbian
and gay men in U.S.A., Crowell, New York 1976, p. 278.
16 Whitehead H., op. cit., p. 198.
17 Whitehead H., op. cit., p. 217.
18 Lewis O., Manly-hearted women among the North Piegan, American
Anthropologist, n.s., 43, 1941, pp. 173-187.
19 Callender Ch., Kochems L.M., op. cit., p. 451.
20 Hill W.W., The status of hermaphrodite and transvestite in Navaho cul
ture, American Anthropologist, n.s., 37, 1935, pp. 274.
21 Callender Ch., Kochems L.M., op. cit., p. 453.
22 Cfr. ivi, p. 443 e passim.
23 Cfr. Baumann H., Der kultische Geschlechtswandel bei Naturvlkern,
Zeitschrift fr Sexualforschung, 3-4, 1950, pp. 1-39; Id., Das doppelte Geschlecht.
Ethnol. Studien zur Bisexualitt in Ritus und Mythos, Reimer, Berlin
1955.
24 Baumann H., Das doppelte Geschlecht, cit.
25 Di Nola A.M., Bisessualit e androginia, in Enciclopedia delle Religioni,
Vallecchi, Firenze 1970, vol. I, p. 1145.
26 Ivi, p. 1146.
27 Cfr. Eliade M., Trattato di storia delle religioni, trad. it. Bollati Bo
ringhieri, Torino 1976; Id., Mefistofele e landrogine, trad. it., Edizioni Mediterranee,
Roma 1989; Id., Lo sciamanesimo e le tecniche dellestasi, trad. it.
Edizioni Mediterranee, Roma 1992.
28 Cfr. Eliade M., Trattato, cit., p. 433 e sgg.; Id., Mefistofele, cit., p. 94
e sgg.
29 Eliade M., Mefistofele, cit., pp. 103-104.
30 Per i casi di travestimento nei riti di iniziazione connessi al matri
monio e alla guerra cfr. DAgostino G., op. cit., pp. 16-31 e i riferimenti
bibliografici ivi contenuti.
31 Nella letteratura etnografica, un esempio classico di inversione occasionale
dei ruoli sessuali attraverso il travestimento costituita dal naven,
un complesso rituale degli Iatmul della Nuova Guinea studiato, come
noto, da Gregory Bateson negli anni Trenta. Astenendomi dallentrare nel
merito del modello interpretativo fornito dallautore (che pone non poche
117
questioni dordine teorico e metodologico, su cui rimando allintroduzione
di Houseman, Severi), qui pu essere sufficiente fare riferimento al naven
in quanto rituale di travestimento collettivo agito nel momento in cui un
giovane Iatmul compie la prima azione culturalmente rilevante. Nel rito i
protagonisti, riuniti intorno a un giovane Ego, mettono in atto linversione
sistematica delle [loro] posizioni strutturali [...] nel sistema di parentela,
tramite le identificazioni che questo prevede e rende possibili (p. XXIII).
Il rito, nei suoi tratti invarianti, si articola nel modo seguente: La madre
di Ego si denuda. Il fratello della madre (wau), designato anchegli con il
termine madre, indossa costumi femminili, grottescamente contraffatti. Generalmente
accompagnato da sua moglie [...], che prende il nome rituale
di sposa maschile dello zio materno, questi si mette alla ricerca del suo
laua (il figlio della sorella: Ego) per offrirgli del cibo e riceverne in cambio
delle conchiglie preziose. A questo punto, quando la ricerca del giovane e
lo scambio dei doni gi diventato uno spettacolo pubblico, il fratello della
madre di Ego esclama rivolto al giovane: Sei tu, mio marito!, e strofina
platealmente le natiche contro una gamba del nipote. A questa manifestazione
esplicita di omosessualit rituale lo zio pu aggiungere poi limitazione
grottesca del parto che ha visto la nascita del giovane nipote. La sorella
del padre di Ego, chiamata per loccasione padre, indossa uno splendido costume
di guerriero e picchia violentemente il giovane figlio di suo fratello.
La moglie del fratello maggiore di Ego, chiamata fratello maggiore veste,
come la sorella del padre, costumi maschili, e picchia anchessa il giovane
fratello di suo marito [...]. La sorella di Ego, che prende il nome rituale
di sorella-maschio, indossa uno splendido costume maschile (ivi, p. XXI).
A livello strutturale il comportamento rituale espressione di premesse implicite,
logicamente articolate in un sistema coerente di pensiero, che fissano
leidos della cultura Iatmul (ivi, p. XXII). Alla inversione di ruoli attraverso le
identificazioni strutturalmente possibili (fratello/sorella; padre/figlio; moglie/
marito) si accompagna la drammatizzazione delle emozioni e dei sentimenti
in forma caricaturale da parte degli individui Iatmul in un giorno di naven
che si attribuiscono le parti in forma invertita: lorgoglio, sentimento socialmente
attribuito ai guerrieri, viene espresso dalle donne nella forma di vuota
vanteria; gli uomini imitano il comportamento femminile enfatizzandone in
forma grottesca i tratti pi osceni: ognuno [...] si mette nei panni dellaltro,
ne imita lo stereotipo collettivo, accentuandone fino alleccesso gli aspetti
pi miserabili, o ridicoli (ivi, p. XXIV). Agiscono, in sostanza, in forma
rovesciata e deformata lethos maschile e quello femminile. A questo primo
livello, dunque, linversione rituale dei ruoli e della rispettiva grammatica
delle passioni culturalmente attribuita, su cui si fonda la differenziazione so
118
ciale, iniziando il giovane Iatmul ai sistemi di relazioni socialmente previsti,
conferma e ribadisce lordine che imprime coerenza ed equilibrio al gruppo.
Cfr. Bateson O., Naven. Un rituale di travestimento nella Nuova Guinea, trad.
it. Einaudi, Torino, introduzione di Houseman M. e Severi C., pp. I-LIV.
32 McLeod M., Arte africana e idee sul tempo, in Marazzi A. (a cura
di), Antropologia. Tendenze contemporanee, Scritti in onore di Bernardo Bernardi,
Hoepli, Milano 1989, pp. 241-242.
33 Nelle pagine seguenti riprendo una riflessione gi presente in DAgostino
G., Travestirsi. Appunti per una trasgressione del sesso cit., e in G.
DAgostino, Il sesso in maschera, in Castelli F., Grimaldi P., Maschere e corpi,
Meltemi, Roma 1997, pp. 146-167.
34 Ringrazio il signor Enzo Simonelli per avermi mostrato alcune fotografie
relative al matrimonio dei femminielli, scattate negli anni Settanta da
Pino Simonelli, studioso prematuramente scomparso, che aveva rilevato la
peculiarit del fenomeno.
35 Curzio Malaparte, nel romanzo La pelle (1949), d una descrizione
molto vivida del rito della figliata: Un suono di voci sommesse giungeva
dallinterno della casa, e un lungo e alto gemito, una specie di lamento cantato,
quasi un inno doloroso, simile al lamento di una partoriente modulato
sul motivo di una canzone amorosa. Ci alzammo incuriositi, ci avvicinammo
senza far rumore alla casa, entrammo. Il suono delle voci, e quello strano
lamento, scendevano dal piano superiore. Salimmo in silenzio la scala, spingemmo
una porta, e ci fermammo sulla soglia.
Era una povera stanza di pescatori, ingombra di un immenso letto nel
quale, sotto una coperta di seta gialla, giaceva, uomo o donna, un vago essere
umano: la testa, affondata in una candida cuffia orlata di merletti e stretta
sotto il mento da un largo nastro azzurro, posava in mezzo a un ampio e
gonfio guanciale dalla lucida federa di seta bianca, come una testa mozza
in un piatto dargento. Nel viso bruciato dal sole e dal vento splendevano
gli occhi grandi e scuri. Aveva la bocca larga, dalle labbra rosse ombreggiate
da un paio di baffetti neri. Era un uomo, senza dubbio, un giovane di non
pi di ventanni. Si lamentava cantando a bocca aperta, e dondolava la testa
qua e l sul guanciale, agitava fuor dei lenzuoli le braccia muscolose strette
nelle maniche di una femminile camicia da notte, come se non potesse pi
sostenere il morso di qualche sua crudele doglia, e ogni tanto si toccava con
ambe le mani, cantando: ohi! ohi! misera me! il ventre stranamente gonfio,
proprio il ventre di una donna incinta.
Intorno al letto, Jeanlouis e i suoi amici si agitavano premurosi e spaventati,
come in preda allangoscia che stringe il cuore dei familiari intorno
al capezzale di una partoriente: e quale rinfrescava con pezzuole bagnate la
119
fronte del paziente, quale, versati in un fazzoletto aceti e aromi, glielaccostava
alle nari, quale preparava asciugamani, garze, bende di lino, quale si
affaccendava intorno a due catinelle dove una vecchia dal viso grinzoso, e
dai capelli arruffati, con gesti lenti e studiati, in contrasto con langoscioso
dondolar del capo, con i sospiri affannosi che traeva da petto, con gli sguardi
imploranti che alzava al cielo, andava versando acqua calda da due brocche
che sollevava e abbassava ritmicamente. Tutti gli altri correvano senza posa
qua e per l stanza, incrociandosi, urtandosi, stringendosi il capo fra le mani,
e gridando Mon Dieu! mon Dieu! ogni volta che il partoriente gettava
un urlo pi acuto, o un gemito pi straziante.
In piedi in mezzo alla stanza, con un enorme pacco di cotone idrofilo
stretto tra le mani, dal quale con gesto solenne veniva traendo larghi fiocchi
di bambagia che, lanciati in aria, gli ricadevano intorno, lentamente come
una tiepida neve da un cielo luminoso e caldo, Georges pareva la statua
dellAngoscia e del Dolore. Ohi! ohi! misera me! cantava il partoriente
picchiandosi con le mani nel ventre gonfio, che risuonava come un tamburo,
e il tonfo profondo di quelle forti dita di marinaio in quel ventre di donna
incinta suonava crudelissimo a Georges, che chiudeva gli occhi, smorto in
viso e tremante, e gemeva Mon Dieu! ah! mon Dieu!
Non appena Jeanlouis e i suoi amici si accorsero di noi, che, fermi sulla
soglia, contemplavamo quella scena straordinaria, ci furono addosso con un
grido solo: e con timidi gesti, con violenza pudica, con cento specie di smanie
e di mossette graziose, con leggere toccatine che pareano carezze, con sospiri
che parevano di spavento, ed eran, quasi, di piacere, tentavano di spingerci
fuori dalla porta. E sarebbero forse riusciti nel toro intento, se allimprovviso
un grido altissimo non fosse risuonato nella stanza. Tutti si voltarono, e con
un mugolio di dolore e di spavento si avventarono al letto. Pallido, gli occhi
sbarrati, e due mani strette intorno alle tempie, il partoriente sbatteva il capo
qua e l sul guanciale, gridando con voce acutissima. Una bava sanguigna
gli schiumava intorno alle labbra, e grosse lacrime gli solcavano il bruno e
maschio viso, imperlandogli i neri baffi. Cicillo! Cicillo! grid la vecchia
gettandosi sul letto, e, ficcate le mani sotto le lenzuola, soffiando, facendo
schioccar la lingua, sconciamente rumoreggiando con le labbra, stralunando
gli occhi, e traendo su dal profondo del seno gorgoglianti sospiri, andava
travagliando intorno a quel gonfio ventre, che ora si alzava, ora si abbassava,
dondolando goffamente sotto la coperta di seta gialla. Ogni tanto la vecchia
urlava: Cicillo! Cicillo! non aver paura, ci songo io acc! e pareva che,
afferrata con le due mani qualche schifosa bestiaccia nascosta tra le coltri,
tentasse di strozzarla. Cicillo giaceva a gambe larghe, schiumando dalla bocca,
invocando: San Gennaro! San Gennaro aiutatemi! e sbatteva la testa
120
qua e l con cieca violenza, invano trattenuto da Georges che, piangendo e
con soavissima tenerezza abbracciandolo, badava a impedire che si ferisse il
capo con i ferri del letto.
A un tratto la vecchia si mise a tirare a s con ambe le mani qualcosa
dal ventre di Cicillo, e finalmente con un grido di trionfo strapp, sollev
in alto, mostr a tutti una specie di mostriciattolo di colore scuro, dal viso
grinzoso sparso di macchie rosse. A quella vista, tutti furono invasi da una
gioia furiosa, si abbracciavan lun laltro lacrimando, si baciavano in bocca, e
saltando e gridando si stringevano intorno alla vecchia che, ficcate le unghia
nella scura e rugosa carne del neonato, lo andava sollevando al cielo, quasi
loffrisse in dono a un qualche Dio, e gridava Oh benedetto! oh benedetto
dalla Madonna! oh figlio miracoloso! Finch tutti, come invasati, si misero
a correre qua e l per la stanza, a fare il verso del bambino appena nato, a
frignare, a piangere con voce acutissima allargando la bocca fino agli orecchi
e stropicciandosi gli occhi con i pugni chiusi: Ih! ih! ih! ih! ih! Strappato
alle unghia della vecchia, e passando di mano in mano, il neonato giunse
finalmente al capezzale di Cicillo, che, drizzandosi a sedere sul letto, il bel
viso maschio e baffuto illuminato da un dolcissimo sorriso materno, apriva le
muscolose braccia al frutto delle sue viscere. Figlio mio! grid, e afferrato
il mostriciattolo se lo strinse al seno, se lo strofin contro il villoso petto, gli
copr il viso di baci, se lo cull a lungo fra le braccia, canterellando, e alla
fine, con un bellissimo sorriso, lo tese a Georges.
Quel gesto, nel rito della figliata, significava che lonore della paternit
spettava a Georges: il quale, accolto nelle aperte mani il neonato, si mise a
palleggiarlo, a vezzeggiarlo, a baciarlo, mirandolo con occhi ridenti e lacrimosi.
Io guardai il bambino, e inorridii. Era unantica statuetta di legno, un
feticcio rozzamente scolpito, e pareva uno di quei simulacri fauci dipinti sulle
pareti nelle case di Pompei. Il capo aveva piccolissimo e informe, le braccia
corte e scheletriche, il ventre gonfio enorme, e dal basso ventre sporgeva
un fallo di grossezza e forma mai viste, quasi la testa di un fungo velenoso,
rossa e sparsa di macchioline bianche. Dopo aver ammirato a lungo il mostriciattolo,
Georges se lo accost al viso, appoggi le labbra sulla testa di
quel fungo, e landava baciando e mordendo. Era pallido, sudato, ansante, e
gli tremavano le mani. Tutti gli si strinsero intorno squittendo, sollevando e
agitando le braccia, e facendo a gara per baciare quello schifoso fallo, con un
furore che aveva del meraviglioso e dellorribile.
In quel momento, dal fondo delle scale, una voce forte grid: I spaghetti!
i spaghetti! e un odore di pasta cotta e di salsa di pomodoro entr
con la voce nella stanza. A quel grido Cicillo gett le gambe fuori dal letto, e
appoggiata una mano sulla spalla di Georges, quasi abbracciandolo, con lal
121
tra pudicamente stringendosi al petto i lembi della camicia, si sollev, pos
i piedi sul pavimento: adagio adagio, con gesti graziosi, con flebili sospiri,
con languidi sguardi, sorretto e sospinto da dieci braccia amorose, si mosse,
e avvolto in una vestaglia di seta rossa, che la vecchia gli aveva gettato sulle
spalle, si avvi gemendo verso la porta. E tutti gli tenemmo dietro (Malaparte
C., La pelle, Vallecchi, Firenze, 19665, pp. 116-119).
36 Simonelli P., Carrano G., Le manage des femminielli Naples, Masques.
Revue des Homosexualites, n. 18, 1983, pp. 106-115; e degli stessi
autori: Mito e seduzione dellimmagine femminile a Napoli, in Mattace-Raso
R. (a cura di), Sessualit e sessuologia nel Sud, Societ Editrice Napoletana,
Napoli 1987, pp. 17-23.
37 Pauly F. e Wissowa G., Realincyclopdie der Classischen Altertumswissenschaft,
A. Druckenmller, Stuttgart 1931, s.v.; Roscher W. H., Mefitis, in
Ausfhrliches Lexicon der griechischen und rmischen Mythologie, Georg Olms,
Hildesheim 1965, II.2, pp. 2519-2521; Mambella R., Mefitis, in Lexicon
iconographicum mythologiae classicae, Artemis, Zrich-Mnchen 1992, VI.1,
pp. 400-402.
38 Eliade M., Mefistofele, cit.
39 Cfr. Gunon R., Simboli della Scienza sacra, trad. it. Adelphi, Milano
1990, pp. 266-268.
40 De Simone R., Il segno di Virgilio, Pozzuoli, Azienda Autonoma di
Cura, Soggiorno e Turismo 1982, p. 91.
41 Giordano G. I., Croniche di Monte Vergine, Camillo Cavallo, Napoli
1648, cit. in De Simone R., op. cit., p. 92.
42 Diodoro Siculo, Biblioteca storica, 4, 6, ed. a cura di Canfora L., Sellerio,
Palermo 1988, p. 193. Su Priapo cfr. Olender M., Priapo. Lultimo degli
dei, in Bonnefoy Y., (a cura di), Dizionario delle mitologie e delle religioni,
Rizzoli, Milano 1989, 3 voll., pp. 1438-1443 e la bibliografia relativa.
43 Pi recentemente sono tornata sulla questione dei femminielli e, lasciando
sullo sfondo la prospettiva che avevo privilegiato negli studi precedenti,
mi sono concentrata sulle loro narrazioni di s e i processi di costruzione
identitaria che sembrano privilegiare, confermare e ribadire la logica
dicotomica di genere. Cfr. DAgostino G., Sottotraccia. Percorsi tra antropologia
e contemporaneit, Bonanno, Acireale-Roma 2016, in particolare le pp.
118-126.
122
Attraversamenti di genere
e nuovi percorsi identitari
di Gianfranca Ranisio
Le societ contemporanee sono caratterizzate da una sempre
pi estesa eterogeneit sessuale, che pone in discussione la rigida
divisione maschile/femminile. Anche nella societ italiana,
nonostante chiusure ideologiche di alcuni o episodi di omofobia
da parte di altri, i movimenti LGBT rivendicano nuovi rapporti
tra sessualit e societ, pieni diritti e sollecitano interventi
contro ogni forma di discriminazione della diversit sessuale e
di genere. Proprio per questi motivi, importante tener conto
che, anche in passato nelle diverse societ, si sono presentati
casi di sessualit e identit di genere che esulavano dalla rigida
divisione binaria maschile/femminile, per i quali sono state
date molteplici e differenti risposte socioculturali: alcune societ
hanno creato specifici ambiti di azione, integrando questi soggetti
nella vita quotidiana e attribuendo loro ruoli specifici, altre
hanno loro negato un ruolo, in alcune culture le pratiche sessuali
tra soggetti dello stesso sesso sono state consentite allinterno
dei riti di passaggio allet adulta. Nelle societ occidentali per
lungo tempo la disciplina e il controllo della diversit sessuale
hanno coinciso con la costruzione e la formalizzazione di un
modello sessuale rigido, che distingueva ci che era normale da
ci che era anormale.
Per questo importante considerare il modo in cui in una
grande citt dEuropa, come Napoli, che stata per un lungo
periodo della sua storia capitale di un regno, la diversit sessuale
stata considerata e integrata.
123
Affrontare sotto il profilo antropologico una tematica quale
la presenza e il ruolo dei femminielli nella societ napoletana
senzaltro complesso, poich significa da un lato confrontarsi
con le teorie sul genere, dallaltro interrogarsi sui rapporti tra i
femminielli e la cultura popolare napoletana, nelle sue dinamiche
e quindi nei suoi mutamenti. Per una comprensione pi
ampia di queste figure opportuno ricorrere sia a un approccio
interdisciplinare, che permetta di inquadrarle allinterno di una
prospettiva storica che attraversa i miti della Magna Grecia e
le antiche forme di ritualit per arrivare sino ai giorni nostri,
sia analizzare il loro rapporto con il contesto socioculturale del
napoletano (citt e provincia) e con i profondi cambiamenti intervenuti
nel tessuto urbano.
I femminielli sono espressione di una subcultura specifica,
che racchiude una propria visione del mondo e della religione;
essi partecipano tuttora a rituali, nei quali arcaicit e contemporaneit
si fondono, come nel pellegrinaggio al Santuario di
Montevergine, dove in passato erano presenti in modo significativo
soprattutto, ma non solo, nella ricorrenza della Candelora.
Questa pratica rituale ha antiche origini, connotate da
profonde stratificazioni riscontrabili sia nelle modalit di partecipazione
al culto che nella leggenda, sulla quale si fonda il
rapporto preferenziale dei femminielli napoletani con la Mamma
Schiavona, ripresa nel 2008 da parte del movimento dei
gay per ribadire la rivendicazione dei loro diritti e, allo stesso
tempo, per prendere le distanze dai femminielli della tradizione1.
Nella societ napoletana, infatti, i femminielli rappresentano e
sono considerati espressione di un mondo tradizionale, lontano
da quello di gay e lesbiche, i quali pongono in modo politico
le loro rivendicazioni (Corbisiero, 2010). La leggenda, a cui il
movimento dei gay ha fatto riferimento in quella circostanza,
infatti, istituisce un legame diretto tra la Madonna di Montevergine
e i femminielli, tuttavia questa tradizione sembra pi
124
recente, rispetto ad altre leggende che sono state addotte per
motivare tale rapporto e che hanno alla base il motivo del travestitismo
con abiti femminili, come la leggenda di San Vitaliano
o quella legata allincendio del santuario nel 16112.
Il pellegrinaggio a Montevergine, in occasione della Candelora,
era una tradizione diffusa tra i femminielli napoletani,
che organizzavano in questa circostanza dei pullman, sui quali
prendevano posto, assieme alle donne. Gli studiosi antropologi
e storici delle religioni hanno formulato una serie
di ipotesi, soprattutto si sono soffermati sulla presenza in
et arcaica in questarea dellIrpinia di culti dedicati a divinit
femminili o a divinit dai forti contenuti ambivalenti. stato
rilevato che nella zona esistevano antichi rituali rivolti a divinit
femminili, tra cui la divinit androgina Mefite o Mefito e
la stessa Cibele, al cui culto si dedicavano sacerdoti eunuchi,
che si erano evirati nellambito del rituale stesso (DAgostino,
1997: 150; 2000: 46).
La Candelora, cos denominata perch si benedicono e
distribuiscono ai fedeli candele, una ricorrenza particolare,
poich in questa giornata si commemora la visita di Maria al
Tempio e la purificazione dopo il parto3. Questa ricorrenza
cade in un periodo specifico, allinizio di febbraio, allinterno
del periodo del Carnevale, che in Campania inizia il 17 gennaio,
festa di S. Antonio Abate. Nella Roma arcaica il mese di
febbraio era il mese dedicato alle purificazioni, a Juno Februata
e al rito dei Lupercali, un mese, durante il quale si alternavano
rituali di purificazione e di fecondazione simbolica, un mese di
passaggio, un periodo caotico in cui tutto si mescolava (Cattabiani,
1988: 133).
A Montevergine i femminielli, dopo la visita alla Madonna,
si riunivano davanti al santuario, ballavano le tammurriate, danze
della tradizione napoletana, festeggiavano nei ristoranti del
luogo, talvolta mimavano il parto e la nascita.
125
Nel Carnevale campano frequenti sono i travestimenti degli
uomini con abiti femminili, travestimenti che permettono
di poter manifestare atteggiamenti e unespressivit tutta al
femminile, allinterno di un contesto basato sullinversione dei
ruoli. Il Carnevale rappresenta uno spazio nel quale lassunzione
di ruoli femminili e il travestitismo maschile erano/sono
ancora spazi consentiti e legittimati dal rito e dalla collettivit
che si ricostituisce sia pure provvisoriamente e momentaneamente.
Il travestimento femminile in molte societ etnologiche fa
parte dei rituali di iniziazione, anche nel mondo antico era inserito
in rituali collegati ai miti di morte-resurrezione (DAgostino,
2000). Attraverso il travestimento calendarizzato e ritualizzato,
come appare nei Carnevali campani, trova espressione
il desiderio inconscio sia di rivelare la propria parte femminile
per poterla superare, che di vincere langoscia della castrazione.
Come scrive Annabella Rossi: Qui il travestimento non
gioco, n semplice maschera. Gli atteggiamenti femminili,
i gesti, le pance ingrossate esprimono spesso una femminilit
non grottesca, un travestitismo riuscito. Per alcuni giorni, questi
uomini, abbigliandosi con vesti femminili realizzano inconsciamente
il loro aspetto di donne. questo un discorso che
noi non possiamo portare avanti, ma che rimandiamo allinteresse
che potr suscitare tra gli psicoanalisti (1977: 218-219).
Nelle culture latine, nelle quali vi era una categorizzazione
rigida del maschile e del femminile e il mondo pubblico era
regolato da norme maschili, erano presenti spazi di trasgressione,
erano ammesse occasioni in cui i generi si invertivano e
si sovrapponevano, il travestimento con abiti femminili rispondeva
per gli uomini al desiderio di godere di un ruolo sociale,
e soprattutto sessuale, diverso da quello imposto dal corpo.
NellEuropa preindustriale il Carnevale assolveva dunque alla
funzione di messa in scena dellinversione dei ruoli e dei ses
126
si, accentuando gli aspetti pi vistosi del femminile, e questi
aspetti si sono a lungo conservati nelle culture popolari, soprattutto
in contesto contadino.
Questa caratterizzazione presente ancora nei carnevali,
anche in quello pi noto, il Carnevale di Rio, nel quale
sono presenti non solo travestimenti ma anche mescolamenti
di identit sessuali e ampio spazio hanno i travestiti (Kottak,
2008: 190-191). Nei Carnevali campani il travestimento uomo-
donna era il travestimento pi frequente, nella stessa Canzone
della Zeza, di origine napoletana, ma attualmente presente
solo nei contesti rurali, che una delle rappresentazioni pi
note di questo istituto festivo, i ruoli femminili di Zeza e Vicenzella
sono impersonati da uomini, allinterno di un contesto
basato sullinversione dei ruoli.
In occasione della Candelora, stata documentata la partecipazione
al pellegrinaggio di Montevergine anche di uomini
travestiti da donna, che mimano atteggiamenti femminili, esprimendo
una parte femminile del s, che consentito manifestare
entro tempi e spazi dati. La stessa maschera di Pulcinella presenta
componenti ermafroditiche e di ambiguit sessuale (De
Simone, 1977: 201). Pulcinella ambiguo per i tratti femminili
inscritti nel suo corpo, perch si accompagna spesso al suo corrispettivo
femminile e perch talvolta nelle pulcinellate si traveste
da donna ed cercato in quanto donna. Nelle societ
tradizionali il sacro poteva manifestarsi anche come anomalia
ed eccesso, e viceversa le manifestazioni dellirregolare tendevano
a cadere nella sfera del sacro e del magico (Scafoglio, 1990:
219). Come avremo modo di considerare, figure dallidentit di
genere ambigua in varie religioni sono considerate appartenenti
alla sfera del sacro e svolgono dei ruoli collegati allambito del
sacro. Sul rapporto con il sacro vi sono degli indizi rilevanti a
proposito dei compiti attribuiti al femminiello nella cultura popolare
napoletana.
127
I femminielli, infatti, sono presenti nel culto delle anime del
Purgatorio, come dimostra la loro partecipazione ai culti che si
svolgevano negli ipogei (Niola, 2003: 130). Inoltre segni di tale
collegamento si possono ritrovare in alcune pratiche, legate alla
sfera del gioco: nella tombola popolare, che si gioca nei quartieri
del centro storico, sono i femminielli a leggere e commentare
i numeri, ma i femminielli danno anche i numeri da giocare
al lotto, in un ambito in cui dare i numeri significa rapportarsi
allaldil ed essere considerati intermediari dellaldil (Scafoglio,
2000: 62). La loro identit ambigua, legata a rituali magici
e simbolici viene considerata di buon auspicio, tanto che
erano i femminielli ad estrarre i numeri del lotto e quelli della
tombola tra i vicoli dei quartieri.
Questa veniva praticata in genere il luned (giorno dedicato
al culto dei morti), durante la tombola il femminiello elencava
i numeri estratti indicando il significato secondo la Smorfia
napoletana, fino a costruire quasi una storia dai toni molto coloriti,
assumendo movenze e toni vocalici femminili, amplificati
da una gestualit molto espressiva. Ogni numero aveva il suo
significato: tre o femmeniello, quattro o puorco, cinque a
mano ca te tocca, otto il bacio che non potr mai avere.4
Tutti questi riti possono essere considerati come aspetti attivi
dintegrazione sociale, messi in atto da parte dei femminielli
con lo scopo di affermare e sancire ritualmente la loro appartenenza
di genere.
In questo contesto, sono ritenuti partecipi di un potere magico-
religioso, sia che si ritenga che la loro marginalit li rende
figure potenziali di mediazione con il sacro, sia che si accetti
linterpretazione secondo la quale sono attributi loro poteri magici
per via dellambiguit di natura e della stessa devianza dalla
norma eterosessuale. Nella cultura popolare, pertanto, la diversit
del femminiello non tanto collegabile al tema dellomosessualit,
quanto al valore simbolico della sua diversit, del suo
128
essere una figura liminale e quindi tramite con la realt ultraterrena
e con la morte.
Anche la leggenda di Montevergine pu inquadrarsi
nellambito di questi profondi legami tra i femminielli e la sfera
del sacro perduranti nel contesto napoletano e campano e,
soprattutto, nella cultura popolare dei centri urbani del napoletano.
I femminielli fanno parte di unantica immagine di Napoli
e sono considerati strettamente legati al centro storico, in particolare
ai Quartieri Spagnoli e a quelleconomia del vicolo, basata
su scambi di beni e servizi definitivamente tramontata dopo
il terremoto dellOttanta, ma allepoca gi in crisi. Erano figure
che avevano legami con le prostitute, partecipavano ed erano
contigue agli ambiti dellillecito e dellillegalit5, ma, come
appare dalle documentazioni raccolte, si occupavano anche di
lavori domestici e di cura, come fare compagnia agli anziani
o guardare i bambini delle vicine. Rappresentavano una realt
accettata e integrata, un altro modo di essere, rispetto al quale
la citt e la sua cultura sono sempre state inclusive, nonostante
le censure e i vari tentativi di criminalizzazione. La costruzione
storica della sessualit, come discorso distinto ma legato alle
pratiche del potere, si form allinizio del XVIII secolo. Foucault
ha ricostruito in modo esemplare il concetto di norma
eterosessuale, come ordine del discorso, quando ha analizzato
come, a partire dallIlluminismo e dallimporsi del potere pastorale
della chiesa, con listituto della confessione, siano stati
messi in atto i processi di naturalizzazione dei corpi e di normalizzazione
della sessualit, che sono alla base della cultura
occidentale, tesa a rifiutare altre forme di sessualit, che non
siano finalizzate alla riproduzione. Verso la fine del XIX secolo,
con laffermarsi dellantropologia criminale e della psichiatrizzazione
delle anomalie sessuali, stata elaborata la teoria
per cui ogni comportamento sessuale poteva venire classificato
129
allinterno di una scala. In tale ottica, in pieno clima positivista
De Blasio, il pi importante studioso della camorra fra
gli esponenti della scuola di antropologia criminale, ha descritto
i femminielli (o femminelle, come le chiama nel testo), come
figure devianti, legate alla vita dei bassifondi napoletani e in
gran parte dedite alla prostituzione e ad attivit illegali, soffermandosi
su o spusarizio masculino e su alcuni aspetti del festeggiamento
(1897: 99-102). Egli ha applicato anche a queste
figure il processo di criminalizzazione del diverso, che stato
poi perseguito durante il fascismo con le condanne allesilio, in
quanto i femminielli esprimevano caratteristiche di genere contrastanti
con il modello della virilit fascista. Sia la letteratura
con Malaparte, che il cinema con Liliana Cavani, hanno rappresentato
riti antichi come a figliata d e femminielli, rito che
avveniva alla presenza delle donne del quartiere, allinterno di
una cornice collettiva, e assumeva la forma di uniniziazione alla
femminilit in un contesto di inclusione sociale. Oltre a questo,
anche i matrimoni davano luogo a festeggiamenti collettivi, nel
contesto del vicolo e della vita del vicolo. Si trattava di forme
simboliche, attraverso le quali si sanciva una pratica di femminilizzazione
(Simonelli e Carrano, 1983, 1987; DAgostino,
2000).
La letteratura e il teatro napoletano contemporaneo hanno
descritto queste figure e il loro rapporto con il contesto sociale,
individuandone mutamenti e cesure. pertanto interessante
analizzare come nel teatro se ne colgano le trasformazioni nel
rapporto con il contesto urbano. Il terremoto dellOttanta ha
segnato profondamente il centro storico e la vita dei suoi abitanti:
in questo contesto di trasformazioni si muove/va il femminiello.
Se negli anni Settanta Patroni Griffi in Scende gi per Toledo
(1975) pone come protagonista del suo romanzo Rosalinda
Sprint, un femminiello ancora inserito nel tessuto sociale, ma
130
in un mondo che sta cambiando, per cui questa figura diviene
unardita metafora della citt costretta a fare i conti con i ritmi
di una frenetica contemporaneit, tuttavia a partire dagli anni
Ottanta che il nuovo teatro napoletano pone queste figure a
specchio della solitudine della contemporaneit dei centri urbani.
Sia Ruccello che Moscato riprendono queste figure ambigue
e complesse e le collocano al di fuori di quel tessuto sociale
che ne aveva consentito in certo modo lesistenza. Ne Le cinque
rose di Jennifer Ruccello sposta la scena allinterno di una casa
di un quartiere degradato di periferia, dove vive la protagonista,
Jennifer, un femminiello, che qui si trasferita dai Quartieri
Spagnoli, dove prima abitava, dopo il terremoto del 1980. Il
dramma ha la forma di un giallo, nella protagonista si alternano
stati danimo, ella apprende dai notiziari trasmessi dalla radio
che in giro un maniaco che uccide travestiti come lei. Attende
una telefonata che non arriva, quella di Franco un ingegnere
settentrionale conosciuto mesi prima in discoteca, ma il
telefono squilla solo per sbaglio, inutilmente, la solitudine della
protagonista ingigantita dal frastuono della radio. Linterno,
dove si svolge la scena, riproduce in modo ossessivo simboli
femminili, mentre lesterno, che penetra nellinterno, attraverso
il telefono, la radio, appare infido e minaccioso (Sabino, 2009).
Anche Moscato, specie nella sua prima produzione, mette
al centro della sua ricerca la figura del femminiello, figura
consueta per chi, come lui, originario dei Quartieri Spagnoli.
Nella realt napoletana, da lui rappresentata, tuttavia il femminiello
non ha pi le caratteristiche del travestimento al femminile
sul modello della Zeza, ormai legato al mondo contadino,
ma si trasforma secondo il modello della prostituta metropolitana
(Libero, 1988: 14). Enzo Moscato esprime lambiguit del
diverso rappresentando una soggettivit che non n maschile,
n femminile ma le contiene entrambe. Attraverso tale ambiguit
egli trova il modo di descrivere una diversit che del
131
personaggio, ma anche della citt, una citt europea protesa
nel Mediterraneo con tutti i suoi misteri e le sue contraddizioni.
Napoli rappresenta la citt soglia, luogo di confine tra la
razionalit e una dimensione misterica e segreta, collegata alla
morte o abituata a fare i conti con la morte, con i suoi cunicoli
sotterranei e i suoi palazzi densi di mistero, ma anche la citt
con unalta tradizione teatrale e culturale (DAngeli, 2003: 2).
Nel teatro di Moscato il travestito acquista un ruolo simbolico,
quel femminiello della tradizione si modificato, ma, soprattutto,
Moscato, come gi Ruccello, accentua lo sradicamento e la
solitudine dei suoi personaggi. Il femminiello, per la sua ambiguit,
rappresenta la possibilit di confrontarsi con la parte
oscura di s e la possibilit di sconfinamenti anche letterari,
attraverso la creazione di una lingua ibrida che mescola e contamina
suoni dialettali, anche arcaici, lingua colta e lingua dei
mass-media (Sabino, 2009).
Nello stesso tempo, per, al di l del rapporto femminiello-
citt, gli autori pongono in evidenza il tema di unidentit di
genere che non ha caratteristiche stabili e definite. Napoli diviene
il sintomo di ci che sono le metropoli degradate del mondo
e figure dalla natura ambigua rappresentano mondi popolati di
mutanti che si muovono in frammenti di spazio/tempo ambigui
(Cuomo, 2008: 49). Cos luniverso narrativo di Moscato Ǐ
abitato da travestiti, transessuali, ibridi di genere, che confondono
lidentit in un raffinato gioco di spiazzamento, che non
solo slittamento di genere, ma anche slittamento della produzione
del senso e dunque della cultura (Cuomo, 2008: 33).
Anche il ruolo del femminiello risulta modificato: sradicamento
e solitudine lo circondano in contrapposizione alla socialit del
vicolo della visione tradizionale. Gli autori si pongono in rapporto
con la loro natura segreta e con il lato oscuro del mondo;
utilizzano brandelli di tradizione ma non possono essere riportati
nellalveo della napoletanit (Cuomo, 2008: 34; De Matteis,
132
1991: 18). Universale e particolare attraversano questo teatro
che decostruisce linguaggio e rappresentazione e ci introducono
alla complessit della modernit. Questo tipo di lettura artistica
rappresenta la difficolt di definire le identit di genere
e questo a maggior ragione se si rimane dentro la prospettiva
dicotomica dei generi, propria della cultura occidentale.
Anche sotto la prospettiva antropologica evidente la difficolt
di procedere per classificazioni, nel momento in cui la
ricerca si focalizza su societ in cui il legame tra organi genitali,
comportamento sessuale e ruoli sociali assume forme differenti
da quelle presenti nella societ occidentale.
Nel filmato Cerasella, Andrei sostiene la tesi del progressivo
venire meno dei femminielli tra i pi giovani e ne ricerca le motivazioni,
in parte trovandole nelle possibilit offerte dalla pi
recenti tecniche di chirurgia plastica che permettono di operare
sul proprio corpo, che non pi considerato come condanna e
destino ma come possibilit. Viene perci seguita nei suoi percorsi
la giovane Cerasella, che non accetta pi di essere identificata
con la figura del femminiello, come si evince chiaramente
dalla scena finale, nella quale afferma il suo diritto a scegliere
di non diventare una vecchia pazza femminella ma una transessuale
rispettata, cambiando cos anche lidentit anagrafica6.
La premessa esplicita che il femminiello sia una figura arcaica,
che era radicata in un determinato contesto storico culturale,
oggi in gran parte scomparso, soprattutto tra le generazioni pi
giovani, che non vi si riconoscono pi, una figura che pu per
evolvere in quella della transessuale.
In effetti le possibilit offerte dalla medicina contemporanea
forniscono non solo delle soluzioni e delle possibilit, ma
anche una maggiore consapevolezza. Casi come quello di Cera-
sella, per la quale il corpo come una prigione da cui doversi
e potersi liberare, manifestano la consapevolezza che il corpo
pu essere ridisegnato secondo il proprio desiderio, poich il
133
corpo, la materia non sono irriducibilmente dati, ma plasmabili.
La chirurgia offre quindi la possibilit di scegliere se optare
per una costruzione corporea personalizzata e non riconducibile
alla visione bipolare del corpo oppure modificare gli organi
sessuali, per adattarli al genere con cui ci si identifica, negando
la corporeit data per approdare a quella scelta. Con lintervento
sugli organi genitali si attua lattraversamento di genere in
modo irreversibile; un atto medico chiamato a riscrivere
ci che la natura ha compiuto, sia a livello fisico che legale.
Infatti, secondo la legge italiana, la chirurgia lunica strada
che possono percorrere coloro che vogliono mutare la propria
identit anagrafica. attraverso il mutamento di sesso che viene
riconosciuto il cambiamento di genere, consentendo allindividuo
di essere inscritto in una delle due classi che la societ
riconosce socialmente e legalmente, e cio o uomo o donna;
in questo modo, la biopolitica stata delegata dallo stato ai
medici e alla istituzione medica, che stata legittimata a stabilire
lappartenenza di genere.
Tuttavia la scelta radicale dellintervento chirurgico si rivela
problematica per molti, sia per gli elevati costi delle varie fasi
del trattamento, sia perch le condizioni di salute impediscono
a molti di intraprendere lintero percorso, sia per problemi di
ordine psicologico (Zito e Valerio, 2010). Alcuni/e dichiarano
espressamente di avvertirne linutilit, in quanto non potranno
mai diventare fisiologicamente donne e quindi madri (Di Nuzzo,
2007: 54-55; DAgostino, 2010). La chirurgia e lendocrinologia
offrono, in questi casi, la possibilit di appagare il proprio
desiderio estetico, agendo sui caratteri sessuali secondari
attraverso terapie ormonali e attraverso trattamenti alle labbra
o al seno, rendendo il corpo flessibile, anche se i messaggi dati
dai mass-media sono spesso fuorvianti, interventi chirurgici e
terapie ormonali producono sofferenze, complicanze, difficolt
molto gravi.
134
Le operazioni di travestimento di oggi hanno a che fare con
il corpo piuttosto che con labito, mentre lidentit personale non
sembra pi legata a ruoli sessuali definiti e la fluidit del genere
non riconosce limiti o regole (Molfino, 2003: 119). A questa
concezione di un corpo fluido e plasmabile ben si adatta la teoria
del genere performativo formulata da Judith Butler, la quale
parte dalla premessa che le categorie di sesso e genere sono una
costruzione culturale prodotta dalla ripetizione di atti performati
nel tempo e che il genere non un fatto o unessenza, ma un
insieme di azioni che produce leffetto. Secondo lautrice i corpi
non sono spazialit date ma mutano nel tempo, invecchiano,
cambiano forma, cambiano a seconda delle loro reti di interazioni.
Per Butler di fondamentale importanza tenere conto del
fatto che la differenza sessuale non un dato, n una premessa,
n un fondamento su cui costruire una teoria femminista e non
possibile istituire un confine tra biologico e psichico, tra discorsivo
e sociale (2006: 210). Da questo scaturisce il suo invito
a sviluppare un nuovo lessico, sia a livello giuridico, che psichiatrico,
sociologico e letterario, che sia rispondente alla complessit
di genere con cui dobbiamo confrontarci.
Se al di l degli interventi medico-chirurgici, consideriamo
il genere nella sua fluidit, tenendo presente che non tutti
possono n vogliono sottoporsi a trattamenti cos invasivi,
dobbiamo convenire che queste figure ibride appartengono alla
contemporaneit. Anche i femminielli fanno parte di essa, non
possono scomparire in modo netto e in breve tempo, tuttavia
non devono essere considerati come immutabili e quindi essenzializzati
ma allinterno di realt in trasformazione ed essi stessi
specchio di trasformazioni. Senza mitizzare il buon tempo
andato, si pu rilevare che oggi i quartieri del centro storico e
le periferie sono espressione della disgregazione di quella cultura
popolare del passato, forse un po mitizzata e considerata in
modo edulcorato, ma certo pi inclusiva di quella attuale.
135
Rispetto, quindi, alla questione relativa alla specificit dei
femminielli napoletani, si possono rilevare analogie e diversit
con altre identit di genere presenti in culture, che ammettevano
e includevano generi non riconducibili alla dicotomia
maschile/femminile e non prescrivevano la normalizzazione dei
corpi.
Il primo ad avere descritto questa tipologia di individui tra
le popolazioni etnologiche stato Carpenter che nel 1914 ha
scritto: Intermediate Types among Primitive Folk, un testo poco
considerato dagli antropologi, ma presente negli studi sullomosessualit,
in quanto ha posto in evidenza che questa esisteva
tra i popoli di natura e non era quindi frutto di degenerazioni
o di perversioni, come era sostenuto in quelle teorie che riscuotevano
consensi nellEuropa degli inizi del Novecento. Egli ha
rilevato che tra i popoli etnologici esistevano individui che occupavano
sfere intermedie di vita sociale e lavoro, e che spesso
erano considerati un terzo sesso. Anzi, sulla base di resoconti
di viaggiatori e antropologi, si spinto ad affermare, anche con
tono apologetico, che gli omosessuali tendevano ad avere eccezionali
doti mentali e spirituali. I collegamenti tra individui dal
genere doppio o ambiguo e la sfera del sacro, riscontrabili in
molte culture, sono stati in vario modo posti in risalto a partire
da questo testo, che stato il primo a documentare la presenza
di individui dal genere n maschile n femminile nelle culture
extraoccidentali. Negli anni Venti e Trenta del XX secolo antropologi
come Malinowski e Mead, nei loro soggiorni sul campo,
scoprirono che vi erano molte forme del comportamento che
si allontanavano dalle idee e pratiche accettate in Occidente e
che molte culture avevano forme istituzionalizzate di omosessualit
o ruoli accettati per gli omosessuali (Sandfort, 2000: 8283).
Sino alla met del XX secolo tuttavia la discussione stata
confinata tra gli antropologi influenzati dalle teorie psicoanalitiche,
i quali hanno contribuito a patologizzare queste figure,
136
nonostante rilevassero che erano integrate nelle culture native
ed soltanto in epoche pi recenti che si rivolta lattenzione
a quelle forme di comportamento, prima viste come diverse
secondo la concezione medicalizzata della sessualit presente in
occidente. Ha iniziato cos ad imporsi nella letteratura il concetto
di terzo genere, che stato applicato a molte tipologie
di comportamenti presenti in varie societ, che non rientravano
nella bipolarit maschile/femminile propria dello schema
concettuale occidentale, ma rappresentavano un altro modo di
vivere lappartenenza di genere, come gli Xanith in Oman, i
cosiddetti Berdache fra i nativi americani, i Kathoeys in Tailandia,
gli Hijras in India, i Muxe tra gli zapotecas dellIstmo di
Tehuantepec e altri ancora (cfr. Herdt, 1994).
Gli antropologi americani si sono spesso interrogati sulle
figure dei cosiddetti berdache, che rappresentano forse il caso
pi noto e discusso nella letteratura etnologica a questo proposito,
ma hanno potuto avvalersi solo di descrizioni frammentarie,
spesso basate su informazioni di seconda mano. Infatti i
berdache sono scomparsi o si sono trasformati con la disgregazione
delle culture native, ma erano presenti in molte, non in
tutte, le societ native americane, le quali riconoscevano identit
di genere, al di l dellappartenenza binaria, determinate pi
in base alla scelta delle occupazioni e al pi ampio contesto
delle preferenze e delle pratiche sociali, che alle scelte sessuali
(Robbins, 2009). Questi individui, biologicamente maschi, che
non occupavano un ruolo maschile standard, nelle societ native
dAmerica, nelle quali erano presenti, svolgevano funzioni
specifiche, spesso collegate con lambito magico-religioso e con
poteri mistici; in quanto diversi, erano sciamani, indovini, persone
dotate di poteri sovrannaturali (Lorbert, 1995: 135; DAgostino,
2000). Ad esempio, tra i Lakota i ragazzi imparavano,
che, se lo desideravano, potevano scegliere di adottare i vestiti e
il lavoro delle donne e fare sesso con gli uomini, sebbene il ruo
137
lo non implicasse necessariamente un tipo di comportamento
sessuale. Infatti non avevano solo ruoli femminili, alcuni erano
noti per le loro imprese di caccia e di guerra.
Harriet Whitehead sostiene che gli occidentali hanno difficolt
a riconoscere un terzo genere perch partono da premesse
etnocentriche, i gruppi che riconoscevano lidentit di
berdache o nadleehi definivano il genere dalle scelte degli abiti,
delle occupazioni e dei comportamenti, a differenza di quanto
accade nella cultura occidentale, nella quale si definisce il sesso
sulla base delle preferenze sessuali, prestando poca attenzione
alla complessit di queste scelte. Secondo lantropologa questo
ruolo era un esempio di omosessualit istituzionalizzata, legata
a motivi economici, in quanto queste figure erano dotate di
prestigio sociale (1981).
Callender e Kochems hanno dato un importante contribuito
a questi studi, poich hanno rilevato lesistenza di queste
figure in 113 societ tribali, dalla California alla valle del
Mississippi, alla regione dei Grandi Laghi, sottolineando che
probabilmente queste figure erano meno eccezionali di quanto
si pensi, ma che il loro numero diminu drasticamente dopo il
contatto con i bianchi (1983: 446-447). I due antropologi hanno
compilato un elenco di aspetti e caratteristiche principali:
tra i quali travestitismo e occupazioni erano strettamente correlate,
ponendo in evidenza due aspetti di questo ruolo: i poteri
soprannaturali spesso loro attribuiti e la natura intermedia del
loro status di genere. Rispetto allattivit omosessuale, essi hanno
rilevato che possibile che alcune culture le attribuissero un
ruolo importante, altre no (1983: 449-451). Whitehead, Callender
e Kochem concordano che lassunzione di questo ruolo
era determinata dal prestigio che conferiva e che era uno status
di genere intermedio. Lo stesso termine berdache, utilizzato per
indicare queste figure di uomo-donna, un termine generico,
oggi respinto dai nativi e sottoposto a revisione anche nella let
138
teratura etnografica, perch connotato ideologicamente e quindi
considerato offensivo (Fulton e Anderson, 1992: 603; Epple,
1998). Daltra parte degli altri termini proposti: gay, alternate
gender, Two-Spirit, nessuno si rivela adeguato. Inoltre unidentificazione
con lesbiche e gay che lottano in modo politico nelle
societ postindustriali senzaltro inappropriata per definirli
(Epple, 1998).
Molti preferiscono usare il termine Due-Spiriti, prescelto
anche dai nativi, ad indicare che allinterno dello stesso corpo
convivono due spiriti e due sessi, tuttavia questo termine non
generalizzabile a tutte le figure presenti nelle varie culture indiane.
Come rileva Epple, scegliere uno di questi termini significa
ignorare la variabilit tra le stesse culture dei nativi americani.
Ella pone in evidenza che i Navajo, popolazione da lei studiata,
utilizzano il termine ndleehi e danno pi enfasi a definizioni
basate su situazioni, che su categorie fissate rigidamente. Tra i
Navajo questi individui non sono definiti n come uomini, n
come donne, essi occupano un altro ruolo che culturalmente
accettato, definito, in alcuni casi oggetto di riverenza e rispetto.
Rispetto a queste figure presenti in culture non occidentali
non possiamo farci influenzare dalla concezione dicotomica
del genere propria della cultura occidentale n dal concetto
contemporaneo di omosessualit. La concezione del maschile
e femminile occidentale ha poco in comune con il sistema dei
generi delle culture native americane, cos come questo ha poco
in comune con il concetto di gay (Fulton e Anderson, 1992:
608). Dovremmo pensare a un genere distinto, che inglobava
una potenza spirituale sia maschile che femminile, aveva un
ruolo di intermediazione con il potere del soprannaturale, che
non n maschile, n femminile. Le caratteristiche delineate
possono essere meglio spiegate interpretando il loro come un
ruolo sacerdotale. Allinterno di questo ruolo questi individui
svolgevano compiti rituali gestendo tre eventi della vita umana:
139
la nascita, il matrimonio, la morte. Si tratta di tre eventi fondamentali
per la societ, ma di tre eventi che hanno le caratteristiche
della liminalit, che in molte culture era percepita come
pericolosa, la ragione dessere di questo ruolo era il mantenimento
dellordine e della continuit, un ruolo associato con un
unico genere, che incorporava una potenza spirituale inaccessibile
al maschile o al femminile (Fulton e Anderson, 1992: 609).
Tuttavia in questo modo si rischia ancora una volta di
operare unastrazione, come ha rilevato Morris (1995). Queste
figure, che appartengono a culture specifiche, devono essere
considerate piuttosto come forme di identit, che sono inserite
dentro situazioni e relazioni di genere, che si attuano in
una variet di modi e in una gamma di temporalit (Morris,
1995: 581). Inoltre queste figure devono essere contestualizzate
e storicizzate, cos, per quanto riguarda il mondo dei nativi
americani, anche rispetto ai cosiddetti berdache, non si possono
tralasciare gli effetti che su di essi ha avuto il colonialismo,
che ha imposto il modello dominante dei bianchi, per cui oggi
non sono pi accettati ma sono degli emarginati, cos come,
per quanto riguarda i kathoeys, Morris pone in evidenza che
essi si sono riposizionati in risposta alla transnazionalizzazione
dellidentit gay (ivi: 582). Ci troviamo di fronte a una vasta
e complessa morfologia culturale, che fissa un continuum tra il
maschile e il femminile, contro cui si infrange il tentativo di
costruire tipologie e classificazioni.
Unaltra situazione rilevante rappresentata dai Muxe
dellIstmo di Tehuantepec, presso i quali Miano Borruso ha
condotto varie ricerche, ponendo in evidenza i ruoli e gli spazi
loro assegnati allinterno di una cultura specifica, quale quella
zapoteca (2002). Lantropologa, in studi pi recenti, si interrogata
sul destino di questo gruppo per gli effetti delle trasformazioni
introdotte dalla globalizzazione, chiedendosi se questa
cultura sapr difendere la sua specificit, tra cui anche la pos
140
sibilit di unidentit di genere che non rientra nello schema
bipolare maschile/femminile (2010).
Interessante il caso degli Hijras del sud dellIndia, i quali
formano una comunit numerosa, anche se vi una disputa sul
numero che oscillerebbe tra i 10.000 e i due milioni. Piuttosto
che costituire un gruppo omogeneo, la classe degli Hijras costituita
da individui geneticamente maschi, che sono omosessuali,
prostitute omosessuali, castrati, ermafroditi, transessuali e
travestiti, quindi molto controverso parlare di un tipo di sessualit
degli Hijras (Nanda, 1986, 1990; Davis e Witten, 1987:
86). Come mette in luce Gayatri Reddy (2005), che ha svolto
unindagine etnografica molto accurata con il proposito di raccontare
la storia di alcuni di loro e porre in evidenza i motivi
per cui sono al tempo stesso rispettati e stigmatizzati, la nozione
della differenza sessuale non lunica lente attraverso cui
gli Hijras percepiscono il mondo e si aspettano a loro volta di
essere percepiti. Non sono riportabili a una categoria sessuale, o
di genere, come sono stati talvolta considerati nella letteratura,
un esempio di un terzo sesso transnazionale, come stato rappresentato
da giornalisti, studiosi e da esponenti del movimento
omosessuale, che hanno fatto conoscere tale immagine allopinione
pubblica, indiana e internazionale. Infatti, come i membri
di ogni altra comunit in India, le loro identit sono modellate
anche da una gamma di altri fattori, includendo tra questi la
parentela, la religione, la classe e le gerarchie da rispettare. Sono
sia di religione ind, che musulmana. Molti di loro si sottopongono
alla castrazione rituale, gli Ind dedicandola alla dea Badhraj
Mata, i musulmani considerando invece questo rito come
unestensione della circoncisione. Come conseguenza di questo
atto rituale sono ritenuti dotati del potere di conferire fertilit
sia agli sposi che ai neonati e trovano legittimazione nei rituali
religiosi, questo permette loro di essere integrati nella societ
indiana (Lorber, 1995: 138; Nanda, 1986, 1990). Hanno abiti e
141
modi femminili, che sono in contrapposizione con limmagine
ideale della donna ind. Il rituale di evirazione a cui si sottopongono
segna lappartenenza alla pi ampia comunit degli
Hijras. Tuttavia molti di loro non svolgono solo funzioni sociali
nei rituali e nelle cerimonie, ma si dedicano anche alla prostituzione
e questo crea gravi problemi per la diffusione che sta
avendo lAIDS, allinterno di queste comunit.
Si sono affacciati anche sulla scena politica con la loro corporalit
fondando proprio su questa una loro differenza etica,
poich il non fare famiglia li preserverebbe da forme di familismo
e nepotismo e quindi rappresenterebbero un argine alla
corruzione (Reddy, 2005: 223). La corporalit essenziale alla
costruzione della loro identit ed con questa corporalit che
entrano in relazione con i vari ambiti del sociale e nello specifico
della societ indiana contemporanea nei rapporti tra globale
e locale.
Accettazione, inclusione, pertinenza con lambito rituale
ma anche marginalit sembrano quindi caratterizzare gli Hijras,
mentre attualmente le testimonianze degli indiani americani
sottolineano che oggi la condizione di ambiguit di genere non
pi accettata, poich prevalso il modello di genere della
cultura dominante dei bianchi. Da quanto sinora illustrato
per evidente che tracciare un confine tra travestitismo, ermafroditismo
e omosessualit si rivela arduo per molte culture.
Anche i femminielli napoletani possono essere inseriti in questa
ampia gamma di generi, ed anche in questo caso importante
prescindere da una visione essenzialistica: le caratterizzazioni di
genere e quindi i rapporti tra i generi non sono dati una volta
per tutte ma sono allinterno di processi storici, sono realt processuali,
cos anche i processi di costruzione didentit mutano
e portano a nuovi esiti.
Inoltre anche per i femminielli napoletani va valutato limpatto
con il movimento gay e dei trans e in questottica la po
142
liticizzazione della festa di Montevergine, da cui siamo partiti,
pu essere un interessante terreno di confronto per la situazione
attuale.
I femminielli napoletani rappresentano, quindi, una forma
sociale e culturale attraverso cui si espressa una differenza di
genere, presente a Napoli come in altre culture, come le ricerche
antropologiche hanno dimostrato.
La specificit napoletana rispetto al genere che queste
identit rappresentate dai femminielli hanno resistito a lungo
rispetto alle semplificazioni e ai progetti di normalizzazione del
corpo, e poi di criminalizzazione della devianza, che si sono
imposti allinterno della cultura occidentale. Infatti, in una
grande e popolosa citt del mondo occidentale, come Napoli,
per un lungo periodo i femminielli sono stati accettati dal tessuto
sociale, svolgendo un ruolo, che si andato articolando secondo
modalit storiche, allinterno delle quali hanno espresso
le loro caratteristiche di genere e le loro identit fluide. Tuttavia
disgregazione sociale, delocalizzazione abitativa, nuovi modelli
non solo di organizzazione sociale, ma anche di rapporti tra
generi e di rivendicazione sessuale ci impongono di rivedere
queste figure nella contemporaneit per non rimanere ancorati
al passato e non trasformare aspetti che sono stati reali in nuovi
stereotipi su Napoli, i napoletani e linclusivit del diverso.
143
Note
1 Cfr. anche il film documentario La Candelora a Montevergine. Nuove
tradizioni. Antichi diritti (2008), di Valerio P. e Sisci N., produzione Universit
degli Studi di Napoli Federico II.
2 Sulle leggende cfr. DAgostino 1997, p. 152, De Simone 1982, p. 91.
3 Soltanto recentemente la chiesa ha restituito a questa ricorrenza la
categoria di festa di Cristo, cio della presentazione del Signore al tempio
(Cattabiani, 1988, p. 137).
4 Delia Vaccarello 2003 riporta i contenuti di unintervista fatta a Peppe
Barra.
5 Ha fatto notizia larresto di un femminiello divenuto boss della camorra,
che continuava a prostituirsi e a offrire sesso e cocaina, nonostante avesse
fatto carriera nel mondo della criminalit organizzata. Il Corriere della Sera
del 13 febbraio 2009, cos titolava la notizia, Presa Ketty, boss femminiello
e il giornalista Fulvio Bufi rilevava pure che Ketty ha sovvertito una delle
regole pi antiche della camorra, quella che prevede il comando sempre agli
uomini, o alle mogli, ma solo per delega.
6 Si fa riferimento a film-documento di Andrei M., Cerasella, ovvero
lestinzione della femminella, realizzato da Mater e dallUniversit degli Studi
di Napoli Federico II nel 2007.
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Napoletanit e identit post-moderne.
Riplasmazioni del femminiello a Napoli
di Annalisa Di Nuzzo
Sessualit, corpo e genere. Riflessioni tra contaminazioni di
saperi contigui
Risulta immediatamente complesso e complicato avviare una definizione
sulle differenze sessuate oggi, ma ritengo che sia
proprio questa prossimit definitoria e terminologica a dare un
possibile avvio alla rete di percorsi per dar senso a un arduo se
non velleitario tentativo di fare il punto sulle tematiche attuali
attraversando, come spesso accade a unantropologa, contigui
ambiti disciplinari.
Lontani gli anni di mobilitazioni e di grandi eventi intorno
al tema della differenza discriminazione uomo-donna gli
studi attuali sono percorsi da fermenti forse pi silenziosi ma
talvolta pi contraddittori. ancora lecito chiedersi se esistono
differenze legate al sesso cui appartengono gli individui? Lannosa
e perdurante questione natura-cultura che attraversa ancora
tutta lantropologia culturale, costituisce un adeguato parametro
interpretativo?
Genere, differenza, identit sono tre cardini su cui ristabilire
equilibri, contesti, strumenti interpretativi. Lidentit
probabilmente lelemento pi ricco di ambivalenze e che appartiene
a tutti i modelli interpretativi individuati. Identit imprescindibilmente
legata ad alterit e immediatamente ricca di
articolazioni nelle quali finisce con il delinearsi una delle tante
differenze che quella legata al primo aspetto apparentemente
biologico, ovvero, la differenza sessuale.
149
Ma a partire dal dato biologico che si apre immediatamente
il dibattito. Sembra addirittura ovvio riconoscere scientificamente
le differenze che caratterizzano il corredo cromosomico,
le masse muscolari, i corredi neuronici, ma su questi dati
apparentemente indiscutibili la scienza ha poi individuato nel
passato, risoluzioni culturali e identificazioni di ruoli ritenuti
naturali.
Diventa opportuno, dunque, riesaminare le diversit biologiche
solo per esaltare le differenze e riconoscerle al meglio
in quanto alterit che interagiscono con il contesto ridefinendo
identit. Secondo le teorie evoluzioniste la continuit della specie
assicurata al meglio da un modello riproduttivo basato sulla
riproduzione sessuata e sarebbe questo il motivo dellesistenza
dei due sessi. Gli esseri umani per, operano una rielaborazione
culturale tra il sesso ascritto biologicamente e quello autopercepito
che quasi sempre coincide ma, talvolta, non totalmente.
Questo sempre pi vero oggi attraverso lausilio della
stessa scienza, ovvero, la chirurgia plastica che riduce e reinventa
lo scarto tra identit sessuale e quella di genere. Il corto
circuito lessicale deve essere chiarito. Per alcuni studiosi si pu
usare indifferentemente il termine genere e sesso, mentre sarebbe
pi opportuno usare un maggiore rigore nel distinguere tra
fattori biologici (sesso) e fattori socio-culturali (genere), anche
se i due piani interagiscono indissolubilmente nella determinazione
dellappartenenza alluno o allaltro sesso. Dunque il
maschile ed il femminile hanno avuto compiti biologici diversi
che si sono sostanziati in ruoli diversi, quasi mai simmetrici, e
con poteri e gestioni degli spazi assai diversificati. Le societ
tradizionali e/o esotiche hanno costruito una presunta naturalit
fatta di domesticit e accudimento per il femminile, e spazi
aperti, capacit di procacciarsi il cibo e difesa della prole per
il maschile. Molte in questo presunto schema naturale le eccezioni
e i mascheramenti come chiarir nel corso di questo
150
scritto di reali poteri gestiti in tuttaltro modo. Il tentativo di
riconoscere simmetrie storia recente e non ancora scritta.
Il presunto dato biologico e la costruzione sociale del ruolo
si intersecano in una inestricabile sovrapposizione che sar a
lungo ratificata dalle diverse societ che storicamente si sono
succedute.
Religioni, societ tradizionali contadine, societ industriali,
fanno la loro parte nel ribadire differenze che diventano subordinazioni.
Lanima, lintelligenza, la massa cerebrale sono state
variamente utilizzate per ribadire gerarchie e stereotipi magari
negati nelle attuali societ avanzate, ma sedimentati nellinconscio
collettivo. La nuove proposte e i filoni di ricerca ribadiscono
le differenze perduranti ma simmetriche per comprendere il
funzionamento cognitivo umano generale.
La psicologia cognitiva si contamina sempre di pi con il
culturalismo, poich interventi sui processi educativi e cambiamenti
nellambiente circostante, possono modificare lo stesso
sviluppo biologico. Una dinamica di azione e retroazione di cui
si deve continuamente tener conto nel definire e riconoscere le
differenze. Un significativo esempio di questa questione posta
dagli studi sul cervello. Recentemente si ulteriormente chiarita
una differenza di funzionamento tra i due emisferi cerebrali
nei maschi e nelle femmine. Nel cervello femminile si riscontra
una maggiore comunicazione interemisferica tra lemisfero
sinistro (quello deputato al linguaggio) e quello destro (sede
dei processi di integrazione globale delle informazioni e dei
processi cognitivi) determinando cos una modalit di approccio
conoscitivo e risolutivo della realt. Si verificherebbe una
maggiore influenza di fattori emotivi e affettivi sui processi di
ragionamento seriale e un approccio pi solistico e o intuitivo
a problemi complessi.
Anche la biochimica cerebrale ci fornisce elementi di riflessione;
il differente metabolismo della serotonina nei due
151
sessi influenzerebbe anche le modalit di espressione dellaggressivit,
che nei maschi vedrebbe una maggiore tendenza
allestroversione quindi a manifestare comportamenti violenti
mentre nelle femmine allintroversione. Cos per le percezioni
spazio-temporali ci sarebbero diversit significative tra i due
sessi. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma in questa
sede ci sembra pi significativo considerare come su queste
basi biochimiche e cognitive si costruiscono schemi comportamentali
e culturali, quale sia lo spazio reciproco di influenza e
come le altre scienze sociali possono dare contributi alle riflessioni.
Gli attraversamenti di genere sono il coagulo di questa impostazione,
nelle costruzioni transessuali che, biologia, medicina,
sociologia, psicologia, antropologia possono convergere ed
interagire. Identit plurime che costruiscono consapevolezze di
s e relazioni con il mondo cercando di superare stereotipi e
modalit collaudate. Cure ormonali per supportare scelte culturali
di genere sembrano modificare abilit e risposte cognitive
anche se non ancora certo in che misura, diversamente
dai transessuali, negli omosessuali identit genetica e percepita
coincidono, linteresse sessuale diretto verso individui dello
stesso sesso, ma le abilit e le sensibilit si modificano significativamente
anche senza radicali mutamenti corporei. Tutto
deve concorrere ad una nuova consapevolezza.
La densit del problema si condensa e la riflessione sembra
prendere connessioni reticolari esasperate. Abilit cognitive,
affettivit, capacit di relazionarsi e di essere assertivi potrebbero
essere i cardini da cui non allontanarsi troppo per navigare
tra le complesse differenze. Il mondo delle emozioni una
discriminate forte nella differenza sessuale? Su questo punto
gli stereotipi e i luoghi comuni sembrano essere i pi diffusi
e condivisi socialmente tanto da determinare ruoli e mansioni
lavorative allinterno dei sistemi familiari; la psicologia fornisce
152
conferme ma anche clamorose smentite. Si soliti ritenere che
le donne siano pi emotive degli uomini, sia sulla base della
minore capacit di controllare lequilibrio delle reazioni, sia sulla
maggiore capacit empatica di collegarsi agli altri. Se si esamina
pi a fondo unemozione essa risulta composta da diversi
elementi: una componente espressivo-comportamentale, una
componente esperenziale o verbale, e una componente fisiologica.
Ma, cosa forse pi significativa per il nostro discorso, manifestare
unemozione non coincide necessariamente con il fatto
di provare o meno quella emozione. La differenza pi rilevante
tra uomini e donne sta proprio nella modalit attraverso cui si
manifesta lemozione e, quindi, nella cultura che ne codifica la
grammatica ed il valore attribuito ad essa. Alle donne sarebbe
concesso uno stile espressivo pi plateale ed una sapienza nel
delinearlo e nellesplicitarlo, mentre luomo imploderebbe nelle
sue reazioni destinando uno spazio tutto interno e invisibile a
queste ultime. Sanzioni sociali e giudizi negativi peserebbero su
questa modalit e questa differenza.
Gli uomini si vergognano delle manifestazioni emotive
e non sanno poi come manifestarle qualora si decidessero
a comunicarle e a viverle. Una ricerca di qualche anno fa ha
evidenziato che i cosiddetti soggetti androgini sarebbero pi
capaci a manifestare in maniera efficace le emozioni. Soggetti
androgini sono quelli che sottoposti a particolari questionari
risultano avere una equilibrata presenza nella propria identit
di mascolinit e femminilit, indipendentemente dal sesso dei
soggetti. Questi soggetti risultano quelli in cui la manifestazione
dei comportamenti emotivi meno polarizzata e quindi pi
flessibile e armonicamente relazionata alle situazioni. E questo
equilibrio consente di avere maggiore successo sociale.
Gli autori della ricerca, Kring e Gordon, hanno quindi ipotizzato
che sia landroginia a far s che nelle donne si riscontri
una maggiore espressivit emotiva e non il genere sessuale o
153
la femminilit. Il dato ancor pi rilevante in quanto statisticamente
vi sono pi donne androgine che uomini e questo
ha spesso ratificato erroneamente lo stereotipo ritenendo che
fosse il genere sessuale a determinare la manifestazione emotiva
(Cattaneo e Vecchi, 2006: 79-80). Su questa androginia si
sono soffermate anche altre studiose ribadendo la necessit di
criticare il concetto bipolare mascolinit/femminilit fondato su
un sistema di opposti tale per cui ogni tratto associato con una
polarit non possa, per definizione, essere associato anche alla
polarit opposta (Burr, 2000: 144-145). Importante dunque superare
le teorie della contrapposizione e lavorare ad un costruttivismo
sociale e linguistico che non dimentica alcune consapevolezze
interpretative date dal femminismo storico e liberale.
necessaria la considerazione e la riconsiderazione dei processi
di socializzazione e di definizione dei ruoli anche e soprattutto
attraverso la sessualit, perch la costruzione dominante della
mascolinit, cos come della femminilit, avviene attraverso una
plasmazione complessa dei generi. Attualmente si discute sulla
necessit di considerare alla luce della teoria della maschilit,
il maschile come elemento determinante per la definizione del
trangenderismo insieme alla femminilit. Non si pu non partire
dal noto saggio dellantropologa femminista Gayle Rubin
The Traffic in Women (1975), e dalle riflessioni di David D. Gilmore
ne La genesi del maschile (1993) solo per citarne alcuni.
La vocazione olistica de Lantropologie du proche (Aug,
1992) offre al tema, una vista dallinterno ricca di suggestioni
e spunti indicativi chiarendo, ancora una volta, come lantropologia
non sia solo pi alla ricerca di strumenti oggettivanti, ma
sia sempre pi legata allinterpretazione oltre che alla descrizione,
in maniera problematica ed attraverso un acceso dibattito
sul senso e i compiti di unantropologia del quotidiano.
In questottica il mestiere dellantropologo caratterizzato
da un eccesso di senso e di informazioni che possono far
154
smarrire gli elementi significativi fino a banalizzarli con il rischio
di perdere unidentit epistemologica. Vi sono aspetti
della vita sociale contemporanea che appaiono, oggi, idonei ad
una ricerca antropologica, proprio come le questioni della parentela,
del matrimonio, del dono e dello scambio. Luso dei
materiali di osservazione antropologica pone, inoltre, il problema
di un utilizzo del linguaggio e di una scrittura della diversit,
oltre che una scelta degli stessi materiali. Descrivere una
cultura diventa unattivit creativa che va portata alle estreme
conseguenze come scrittura della diversit: sia come riscrittura
dal punto di vista degli altri, sia come documentazione della
loro voce, sia introduzione dellalterit nelle pratiche antropologiche,
sia come apertura agli altri generi letterari (Dal Lago,
1995: 41).
La ricerca dei saperi contigui si apre sempre di pi al confronto;
a specifici diversi come lantropologia, la sociologia, il
romanzo, il teatro e fornisce unautocostruzione continua degli
stessi. Cos lantropologo continuer a fare lantropologo, il romanziere
a scrivere romanzi, il sociologo il sociologo anche se
ognuno attinger allopera degli altri senza troppe preoccupazioni.
Indubbiamente leccesso di senso, di cui parla Aug (Aug,
1996), contribuisce ad arricchire la problematicit della nuova
professionalit dellantropologo, annullando anche la nozione di
tempo e luogo della ricerca tradizionale, offrendo, ancora, nuovi
orizzonti definitori insieme alla necessit di coniugare pi strumenti
di analisi cos come in questo saggio in cui ho utilizzato
oltre all antropologie du proche le teorie sulla costruzione
dei generi, prendendo in considerazione anche la mascolinit,
superando dicotomie e integrando le diverse analisi. Il mondo
contemporaneo stesso, a causa dei cambiamenti spazio-temporali
e delle sue trasformazioni accelerate, richiama la necessit
dello sguardo antropologico attraverso una riflessione rinnovata
e sistematica sulla categoria dellalterit.
155
La sottile ambiguit che attraversa le culture: costruzioni del
gender, attraversamenti e rituali
La plasmazione di un genere altro che integra il maschile e il
femminile un fenomeno presente in quasi tutte le culture. In
questo processo di definizione si apre la possibilit di un libero
spazio di esistenza della diversit o meglio di ci che non
ascritto comunemente alla normalit e alla presunta natura.
Nelle riflessioni di Ruth Benedict, normale il comportamento
culturalmente previsto e approvato dal gruppo; anormale invece
il comportamento percepito come estraneo al modello culturale
di una determinata societ (Benedict, 1970). La nozione di
anormale avalla per un verso pratiche di esclusione allinterno di
societ che Lvi-Strauss denomina antropoemiche che vomitano
ed espellono i devianti, ma, per un altro verso, le societ antropofagiche
digeriscono le anormalit, integrandole nel gruppo
attraverso particolari funzioni e ritualit1.
In generale le societ tradizionali avevano una concezione
fortemente ambivalente dellanormalit capace di coniugare
positivo e negativo, oscenit e pudore, norma e trasgressione.
Di fatto, proprio perch il risultato di una trasgressione figura
dellinversione, lanormalit appare dotata di poteri magici
collegati allextra-umano. Questi poteri dipendono dalla sua appartenenza
a una dimensione che sfugge alla normale categorizzazione
che fonda la conoscenza e ordina lesistenza. Questa
dimensione incognita e misteriosa avvertita come fonte di
potere benefico e malefico. CՏ una energia, un sovrappi di
senso che circola negli interstizi delle categorie che ordinano il
mondo; per questa ragione latteggiamento verso gli anormali
di rispetto mescolato a paura (Scafoglio, 2006a: 158). Una
particolare forma di anormalit quella definita attraverso scelte
di costruzione ambigue della sessualit.
Indubbiamente ciascuna cultura ne delinea una propria
specificit ma ne possiamo cogliere alcuni aspetti comuni, si
156
mili ma non identici a quelli che ritroveremo nel femminiello
napoletano. Mi riferisco, come da pi parti stato sottolineato,
in particolare alla figura del berdache dei nativi americani ma
anche ad alcune pratiche di travestitismo degli Iatmul studiati
da Beatson (Beatson, 1988) ed infine agli Hijras, particolare
casta del Pakistan, dellIndia e del Bangladesh (Reddy, 2005).
Il tratto comune che si evince da una prima comparazione la
difficolt di definizione di queste figure, non maschio, non femmina,
omosessuali, travestiti, transessuali o seguendo le ultime
riflessioni sul genere queer e post-queer.
Allinterno delle societ amerinde i ruoli maschili e femminili
erano ben distinti e caratterizzati, ma era possibile attraversare
e costruire un genere diverso da quello ascritto naturalmente
senza essere considerati devianti. Questi omosessuali
vennero definiti dagli osservatori europei berdaches che in francese
arcaico significava pi o meno impropriamente omosessuale.
Primo elemento di omogeneit ad altre forme di omosessualit,
prese in esame in questa breve riflessione, era laccettazione
sociale del berdache, generalmente tollerato e accettato in
quanto detentore sia dello spirito maschile che di quello femminile
e per questo mediatore tra i due sessi e in possesso di
particolari poteri che lo dotavano di capacit sciamaniche, e gli
procuravano la stima della comunit. Altro elemento in comune
proprio questo legame con il divino o comunque con il modo
magico cos come per i femminielli che a Napoli danno i numeri
e portano fortuna. Si evidenzia anche in questo specifico
contesto culturale, un legame con la pratica divinatoria, misto
di magia e sacralit ambivalente connotata anche di elementi
diabolici (Scafoglio, 2000: 62).
La condizione del berdache inoltre non designa cos come
per il femminiello un travestito, un ermafrodita o necessariamente
un omosessuale puro, ma un essere dotato di una ses
157
sualit ambigua, implicante una spiritualit dotata di attributi
sia maschili sia femminili trasmessi dalla volont divina. Il berdache
era il mediatore tra luomo e la donna, la controparte pi
importante del genere umano, in possesso di particolari poteri,
soprattutto curativi ed educativi per la comunit. Era dedito ad
alcune attivit prettamente femminili che includevano la cura
della casa, laccudimento di bambini e anziani. Da un punto di
vista sessuale praticava spesso lastinenza o la passivit intesa
come ruolo femminile nel rapporto. In ogni caso era il Grande
Spirito a investire di potere spirituale il berdache che privo
di senso di colpa accettato e integrato perfettamente nella
comunit. Un uomo quello che la natura o i suoi sogni lo
hanno fatto e quindi va accettato per quello che affermer lo
sciamano Lakota Lame Deer (Fire, Erdoes e Deer, 1972: 119,
traduzione mia).
In tuttaltre latitudini, altre culture tradizionali ritualizzano
una particolare forma di travestitismo per codificare il riconoscimento
e la rigida acquisizione delle differenze dei ruoli
sessuati attraverso quella che Gregory Bateson defin il Naven.
Con questo rito gli Iatmul celebrano la prima azione significativa
di un ragazzo attraverso unapparente temporanea negazione
dei ruoli sessuati in maniera talvolta violenta. un rito di
travestitismo collettivo che finir con il ribadire le rigide modalit
sessuate che la schismogenesi elabora. In questo simmetrico
capovolgimento dei ruoli sessuati, il travestitismo produce un
effetto di teatralizzazione amplificata che fa risaltare i comportamenti
falsi e genera ilarit. Tuttavia il carattere drammatico
ed emozionale, e lesagerazione caricaturale di ogni atteggiamento
sono fondamentali nel Naven. In questo modo, secondo
Bateson, si orienta lethos, ossia il comportamento che la societ
prescrive allindividuo durante la socializzazione del bambino,
che varia principalmente in base al genere. Nel Naven, dunque,
limmedesimarsi nellaltro sesso produce la radicale distanza da
158
questultimo e la riaffermazione dellironico disprezzo degli uomini
e della fiera vanit delle donne2.
Nel femminiello napoletano la teatralizzazione e lacquisizione
del ruolo determina una sorta di schismogenesi individuale
nella quale si ironizza, si drammatizza il comportamento sociale
e sessuale del maschile e del femminile in una omeostasi
che talvolta singolare e che magicamente attiva processi di
integrazione di una identit altrimenti impossibile. Complementariet
e simmetria si coniugano attraverso questa continua
interpretazione dei ruoli. Anche se la scelta del partner
rigidamente quella di un maschio eterosessuale verso il quale si
elabora una particolare forma di relazione amorosa e di dinamica
di coppia.
La costruzione del corpo e delle sue possibili definizioni
non solo travestitismo, ma anche iscrizione del corpo e nel
corpo con pratiche invasive e chirurgiche: in tal senso ancor
pi complessa la definizione e lidentit sessuata degli Hijras.
Al di l delle molteplici classificazioni interne che si possono
fare in base alle abitudini sessuali, alle pratiche religiose o
al ruolo sociale, possiamo dire che un Hijra si riconosce come
un uomo che desidera altri uomini, ma ha abitudini femminili.
Questa femminilit si costruisce attraverso un cruento intervento
sul corpo, attraverso una castrazione che diventa un vero
e proprio rito iniziatico e una sorta di dovere religioso. Gli Hijras
rimuovono la mascolinit inscritta nel corpo e secondo un
pattern diffuso in Asia meridionale: essi amministrano ci che
non hanno, cio la fertilit.
Come accade per i femminielli, sono generalmente bene accolti
in occasione di matrimoni e nascite. Gli Hijras come gli
eunuchi hanno rimosso gli organi riproduttivi maschili, ma
si vestono e si comportano come le donne; generalmente non
hanno genitali ambigui come gli ermafroditi, sono attratti dai
maschi ma, diversamente dagli omosessuali, sono castrati che si
159
comportano come donne. Come i transessuali hanno modificato
il loro corpo, ma non tentano di ricostruire le caratteristiche
sessuali femminili e non sono travestiti perch sono consapevoli
di quello che sono: quelli che parlano inglese si definiscono
transgender, con una consapevolezza delle identit plurime che
coniugano nel loro comportamento sociale e affettivo (Ferrari,
2007).
Identit sessuali, pratiche simboliche, specificit napoletana
La cultura napoletana continua ad avere una vitalit che si evidenzia
dalla sua capacit di entrare in contatto con ci che
diverso, appropriandosene e riutilizzandone gli strumenti e i
modelli senza tuttavia perdere, mai, la specificit originaria che
si arricchisce e acquisisce una nuova complessit. Per Napoli,
tutto ci, sempre pi vero oggi, cos come lo stato per il
passato. La napoletanit un grande serbatoio di cultura popolare.
Ma cosa significa la tradizione popolare, cosa giusto
ritenere autentico in questa definizione e cosa logorato e superato?
Che cosa normale, conforme e rispettabile tanto da
determinare il valore autentico della tradizione che deve essere
protetto ed eventualmente salvaguardato? Qual se deve esserci
un modello di riferimento che ne definisce le caratteristiche,
come lo si determina e soprattutto chi ne il depositario?
Per gran parte dellOttocento si indicava come popolare
ci che apparteneva alla comunit nel suo complesso con
esclusione della cultura delle esigue minoranza intellettuali: in
questo modo, popolare diventava sinonimo di non intellettuale,
tradizionale, arcaico. Questa definizione ottocentesca non
rende giustizia delle articolate e significative diversit interne
che compongono una societ e in particolare le attuali societ
complesse. La diffusione di questa nuova cultura di massa ha
investito e investe valori e forme della societ e della cultura
160
tradizionale contribuendo alla sua trasformazione in maniera
ambivalente: per un verso, attenuando rigidit e resistenze verso
le culture del mondo, per un altro comportando la crisi di certi
valori e la perdita di autonomia a vantaggio di omologazioni
planetarie. Probabilmente, soprattutto per lo specifico che stiamo
esaminando, la realt molto pi intrisa di forme ibridate
di folklore e cultura di massa, che occorre comprendere e decodificare.
Domande complesse seppure apparentemente semplici,
che lantropologo e losservatore di una cultura non riesce mai
a definire radicalmente.
Per Napoli questo ancora pi difficile: qui la differenza
tra cultura alta e cultura bassa assume un aspetto molto particolare.
A partire dal Seicento, la cultura popolare, che prerogativa
di alcune classi sociali di quelli che verranno denominati
lazzari, della plebe urbana e, per certi aspetti, anche del mondo
contadino diventa una cultura trasversale: la monarchia
spagnola crea le premesse per una progressiva urbanizzazione
del baronaggio, che risiedeva nei propri possedimenti nelle province,
secondo un progetto politico che tende a trasformare i
nobili in cortigiani per defunzionalizzare il loro particolarismo
feudale (Galasso, 1994). Uno spostamento che far vivere
la nobilt a stretto contatto con gli strati popolari, in una trasmissione
continua della cultura popolare alla nobilt, una sorta
di reciprocit che produrr forme di condivisione di simboli,
valori, orizzonti di senso, realizzando una circolarit culturale
tra le diverse classi sociali (Scafoglio, 1996).
Questo render Napoli una citt unica, di grande tolleranza
e apertura: qualcuno lha definita grande spugna mediterranea,
la citt porosa (Velardi, 1992) che trattiene e poi emana il calore;
una citt che riesce a condensare, a contenere, a conciliare.
In tutte le sue manifestazioni la napoletanit ricca di ambivalenze,
di apparenti polarizzazioni che in realt realizzano
impossibili integrazioni, una volont di forma assolutamente
161
unica. In tal senso si determina una plasmazione particolare e
atavica anche della pi radicale polarizzazione che le culture
tendono a definire (Heritier, 2002), ossia della identit sessuata
e in particolare del fluido attraversamento tra maschile e femminile
che la figura del femminiello o femmenella riuscito a
interpretare per molto tempo.
La tolleranza napoletana e la cultura popolare lo integra e
ne fa una riconosciuta figura della diversit e della liminarit.
In accordo con quanto sostiene Lvi-Strauss, la societ tradizionale
tendenzialmente antropofagica lo assume segnando lanormalit
come simbolo del divino e di quelle possibilit di
attraversare il limite tra lumano e loltreumano, tra il maschile
e il femminile, tra lillecito e il lecito senza indugiare n al peccato,
n al patologico (Lvi-Strauss, 1966). Cos per secoli il
femminiello vive nel vicolo, si dipinge il volto, si costruisce la
sua immagine corporea e il suo posto contraddistinto dallaccudimento
e dalla protezione nei confronti degli altri attraverso
una teatralizzazione talvolta esasperata che, come sostiene
Thomas Belmonte, dentro ogni gesto e comunicazione della
cultura napoletana (Belmonte, 1997) e che non riguarda solo
il travestitismo o linterpretazione che il femminiello fa del suo
ruolo, ma, anche, il modo di interpretare socialmente ed emotivamente
i ruoli maschili e femminili. In questo senso per la
napoletanit il femminiello non eccesso ma un modo di vivere
la liminarit. Indubbiamente questa teatralizzazione resta una
costante della cultura napoletana anche nelle attuali riplasmazioni,
come cercher di evidenziare pi avanti.
Nella Gatta Cenerentola, noto testo teatrale di Roberto De
Simone che rielabora la favola di Cenerentola del Basile (De
Simone, 1999), un femminiello che si arroga il diritto di educare
la Gatta a diventare principessa, le trasmette modalit, elementi
seduttivi e non escluso quindi che molti modi di agire
delle donne napoletane, specialmente per le classi pi popolari,
162
siano il risultato di questo confronto continuo tra soggettivit
sessuate naturalmente femminili e identit sessuali acquisite del
femminile.
Senza voler entrare in un discorso di approfondimento letterario-
teatrale, gli elementi della teatralizzazione del racconto
che offrono elementi inconsapevolmente etnografici giocano
su un continuo rimando tra il maschile e il femminile,
tra attori maschi che interpretano ruoli femminili in un gioco
continuo che potrebbe evidenziare che cՏ stato un rispecchiamento
reciproco tra donne e femminielli nella cultura napoletana:
essi si sono riconosciuti a lungo e hanno condiviso percorsi
di accudimento e modelli di seduzione e di sensualit senza
apparente competizione producendo quelle forme di tolleranza
che caratterizzano Napoli. Come per gli Iatmul del Naven, leccesso
teatralizzato (sulla scena come nella vita, per Napoli lo
stesso) produce la definizione del ruolo opposto che si radica e
si stabilizza.
Ma, ovviamente, per Napoli il discorso ha un che di assolutamente
specifico che ha a che fare con il matricentrismo e le
forme di accudimento familiare presenti in alcune classi sociali
(Belmonte, 1997). Il suo stesso mito di fondazione legato alla
Sirena Partenope e al fallimento di una particolare tipologia
di femminilit. singolare come sia presente da una parte il
suicidio del femminella nella Gatta Cenerentola di De Simone,
dallaltra il suicidio della Sirena Partenope che non riuscita
a sedurre Ulisse. La dimensione pi condivisa del femminile
nasce, atavicamente, da uno scacco seduttivo che mette in crisi
il potere sessuale della femminilit a vantaggio della verginit
e della maternit. In questo senso il femminella reintegra
nella diversit questi due elementi ribadendo la sconfitta ma
rinnovando elementi passionali e trasgressivi che vengono contestualizzati.
Il femminiello ama come e pi di una donna, ha
modalit sessuali femminili, la sua passione spesso destinata
163
a fallire perch non ha il potere della maternit e della purezza
che sono gli elementi di forza del matricentrismo meridionale.
In questo rispecchiamento cՏ fortemente il desiderio da
parte del femminiello di essere integrato e accettato dalle donne.
Il modo attraverso cui avviene questo riconoscimento nella
vita del vicolo, i femminielli accudivano e accudiscono i neonati,
i figli delle donne, che affidavano e affidano i figli a loro perch
essi hanno un proprio codice etico che quello del rispetto
dellinfanzia, senza fantasie pedofile. Le madri si fidano di lasciare,
in accudimento temporaneo, i loro figli rafforzando paradossalmente
il forte matricentrismo napoletano. Nei racconti di
molti anziani cՏ la presenza di un omosessuale-femminiello che
li ha accuditi, ha svolto compiti che erano riservati alle donne e
non ne hanno un ricordo traumatico, ma tenero e riconoscente
(la diversit e lanormalit sempre nellocchio di chi guarda,
cos come losceno e il perverso) (Scafoglio, 2006b: 12).
Cos non strano che anche gli aspetti religiosi e della
devozione mariana siano presenti allinterno della costruzione
sociale del femminiello. Notissima la devozione alla Madonna
Schiavona e al Santuario di Montevergine. Sacralit, religiosit,
elementi rituali e simbolici atavici si integrano in un sincretismo
complesso che arriva fino alla contemporaneit. Recentemente
sono state riprese alcune scene della processione fatta
da femminielli, che, in occasione della Candelora, vanno al
Santuario di Montevergine dove cՏ canto, musica, e un rituale
di preghiera molto particolare. Riti della fertilit, trasgressione,
devozione cristiana si coniugano per garantire la persistenza di
un universo altro che comprende una religiosit sincretica in
cui il femminiello protagonista ancora una volta di un legame
particolare con il divino e come in altre culture depositano
della fertilit, del rapporto con la terra, del ciclo vita-morte.
Luniverso dellambiguit sessuale assai vario e le parole
che lo definiscono sono molteplici. Potremmo individuare un
164
possibile schema interpretativo che non vuole essere risolutivo
ma piuttosto orientativo. Termini diversi che tuttavia mettono
in rilievo aspetti dello stesso universo di senso che, ovviamente,
non mai univoco.
Se la parola omosessualit evoca lorientamento sessuale
verso lo stesso sesso, omoerotismo mette in evidenza un aspetto
pi barbaramente sessuale, cos come omogenitalit, mentre
lomofilia mette maggiormente in rilievo la condivisione amicale
verso lo stesso sesso. Il termine pi appropriato per definire
queste dinamiche relazionali fatte di questo sesso-non sesso
forse lomotropia che significa rivolgimento, dove cՏ di pi
questo rispecchiamento tra maschile e femminile, dove viene
messo in evidenza il fatto che ci sono pi componenti. Questo
ha a che fare con quello che a noi interessa da un punto di
vista culturale e cio il ruolo che riveste il travestito napoletano
come definizione di genere e come ruolo sociale. Allora qui
che entra in gioco il problema della tolleranza: quando si inizia
ad avere uno spazio di appropriazione di unidentit, che sia
anche costruita nella maniera pi incredibile, inizia il problema
dellaccettazione e del riscontro sociale.
Il discorso dellomosessualit sembra oggi pi di ieri dover
passare attraverso lintegrazione, lomosessuale che non ha niente
di eccentrico, apparentemente un uomo che veste in giacca
e cravatta (quindi non effemminato). Ma a questo punto
lomosessualit spaventa, perch perturbante, sfugge alla eccentricit
paradossalmente rassicurante, si insinua tra le maglie
sociali, costruendo spazi di affermazione che impongono ridefinizioni
di ruoli e compiti.
Napoli ha ritualizzato la diversit attraverso i femminielli,
lidentit costruita non per semplici opposizioni, ma per trasgressione
del sesso attraverso il genere, insieme ad una costruzione
sociale. Tanto vero che i femminielli hanno matrimoni,
battesimi, tutta una serie di riti nella loro vita sociale a cui
165
partecipano tutti gli altri del quartiere, del vicolo. Nelle culture
elementi fondanti sono la nascita, la morte, il matrimonio, ecc.
e come in ogni comunit che si rispetti, anche i femminielli
hanno ritualizzato questi momenti fondamentali del loro stare
al mondo.
I femminielli si sposano nella maniera tradizionale, escono
di casa, ci sono dei locali che ospitano i banchetti dei travestiti,
vanno sul sagrato della chiesa (perch chiaramente non
sono accettati allinterno) e si scambiano un bacio, una promessa
vestiti come la tradizione vuole. Dopo nove mesi, come
in un qualsiasi buon matrimonio nasce il figlio che sempre
maschio e il parto diventa una rappresentazione rituale che
si tiene allinterno di una casa, questa volta in maniera pi discreta
rispetto ad altri riti. In questa particolare coppia omosessuale,
quello che ha interpretato il ruolo della sposa, finge di
avere questo ventre gonfio e si procede al noto rito della figliata
nel quale il femminiello mette in scena tutte le fasi di un parto,
ha il ventre gonfio, si riposa sul letto e partorisce un figlio
maschio (paradosso pi forte) che in genere un fantoccio di
legno dalla dimensione di un neonato con un grosso fallo per
sottolineare il sesso maschile e la sua forza. Altre volte addirittura
quando poi si fa il battesimo lo si espone e spesso una
donna del quartiere porta un neonato per dare la possibilit di
procedere come in un battesimo normale. Cos la consapevolezza
di avere una dimensione sociale condivisa concretamente
realizzata. Il miracolo che loro riescono a ritagliarsi una definizione
di ruolo che in realt non hanno, in una continuit di
condivisione sociale che non avviene in nessuna altra cultura in
maniera cos teatralizzata.
La cultura popolare, seppure con momenti e complessit
qui appena intraviste, conserva a Napoli in maniera sotterranea
questa percezione della sessualit, schiacciata da secoli di
sessuofobica cultura cattolica che emerge ancora una volta
166
in riti, figure popolari, maschere, testi letterari, travestimenti.
Anche nella dimensione teatrale il senso di questo possibile
attraversamento continuo tra maschile e femminile dato da
un travestitismo che assegna i ruoli femminili ad uomini, tanto
che a Napoli il travestitismo non considerato conseguenza
del camuffamento della virilit, ma la condizione di una realt
presente integrata e pienamente riconosciuta (Simonelli
e Carrano 1987: 27). Primi esempi significativi sono in farse
carnevalesche del Seicento rappresentate ancora oggi, quali la
Canzone di Zeza, nella quale i personaggi di Zeza e Vincenzella,
cio moglie e figlia di Pulcinella, sono sempre interpretati
da uomini. Pulcinella stesso richiama ad un concetto di sacro
come di anomalia e di eccesso, fondamento di tutta la sua figura
(Scafoglio e Lombardi Satriani, 1997: 223). Lambiguit
sessuale di Pulcinella, la sua androginia, iscritta nel suo stesso
corpo, rigonfiamenti del petto, accentuate pieghe della camicia,
voce stridula e rotta di castrato; cos come nei testi teatrali in
cui lambivalenza sessuale si articola nel gioco dei travestimenti,
si pu dire che Pulcinella abbia indossato vesti femminili con
frequenza ossessiva, lungo tutto larco della sua vita teatrale
(Scafoglio e Lombardi Satriani, 1997: 222).
La commedia dellarte aveva sfruttato le possibilit del travestimento
femminile, come sostiene Scafoglio, per consentire
a due uomini di fare lamore rendendo rappresentabile lomosessualit
sotto la copertura dellequivoco e del comico. Ma
la teatralit popolare tradizionale riesce a riappropriarsi, in un
tema come quello della Cantata dei Pastori, legato alla cultura
controriformista del Seicento, di spazi, seppure asfittici, alle sue
licenziosit liberatorie. cos che, come testimonia lo studio
di Annibale Ruccello, in alcune rappresentazioni della Cantata,
il ruolo della Madonna era affidato ad un uomo. Al di l delle
motivazioni che potevano spingere ad una tale scelta, resta il
fatto rappresentativo che di per s indica una scelta legata, an
167
cora una volta, alla tradizione del travestitismo e ad unambigua
connotazione di genere.
La nostalgia di maternit un motivo ricorrente fin dalle
prime pulcinellate romane del Seicento e si manifesta anche
come allattamento paterno, e come invidia del seno. Sarebbe,
cos, ancora una volta, simbolicamente percepita, lesigenza della
natura maschile di appropriarsi di un diritto esclusivo sulla
prole, compromesso in momenti fisiologicamente decisivi quali
il parto e lallattamento, da cui il padre rimane emarginato e
di una proclamazione enfatica di autarchia nei confronti della
donna (Scafoglio e Lombardi Satriani, 1997: 222). Quella
maternit che nella societ napoletana contemporanea e non
solo, stata definita matricentrismo. In una citt fortemente
caratterizzata da una difficile condizione economica in cui cՏ
una forte instabilit del ruolo economico maschile, si produce
una struttura familiare prevalentemente matriarcale, che incide
in maniera determinante sulla prole ed i suoi comportamenti
(Scafoglio, 2000).
Molto spesso la madre rappresenta il motore economico
ed etico-affettivo (nel bene e nel male) del nucleo familiare,
come esemplarmente descritto in alcune commedie di Eduardo
(Natale in casa Cupiello, Sabato, Domenica e Luned, Filumena
Marturano). La madre a Napoli (specialmente quella del sottoproletariato)
una che di fatto regge leconomia familiare,
perch in genere il padre cronicamente alla ricerca del lavoro,
non ha un ruolo effettivamente propositivo anche se comunque
il ruolo direttivo e il ruolo di sanzione educativa spetta al padre,
ma chi regge le fila del tessuto familiare la madre, che
incide nel bilancio familiare, si occupa dellalimentazione, del
cibo ed elabora quel comportamento privato della definizione
del suo ruolo che le impedisce di lavorare fuori delle mura
domestiche come il noto lavoro della Goddar ha evidenziato
(Goddar, 1987).
168
La visibilit pubblica sempre del padre. Per molte volte
accade che il genitore propositivo in un certo tipo di famiglia
continua ad essere la madre, allora comincia a manifestarsi una
identificazione conflittuale con il padre che non un qualcosa
da imitare, ma qualcosa da cui prendere distanza. Dunque, il figlio
maschio tende nello stesso tempo a rinnegare e ad interiorizzare
il modello materno, ed in questa difficolt di equilibrata
crescita psicologica, ci sarebbe una delle cause della scelta omosessuale
del maschio napoletano, che tuttavia non abbandona
del tutto la mascolinit che ha respirato seppure attraverso il
matricentrismo.
Tradizione, trasformazione, unetnografia della contemporaneit
La domanda che ha spesso animato il dibattito attuale e se
ancora lecito parlare del femminiello, a femminella, del femminella
(la terminologia varia) o, come alcuni sostengono, la
sua presenza sia ormai da ritenersi estinta cos come la vecchia
struttura dei vicolo napoletano. Indubbiamente a seguito
del terremoto degli anni Ottanta si sono definitivamente
rotti gli equilibri del quartiere, ma altre forme di comunit si
sono sostituite e cos, come la vecchia musica della tradizione
stata sostituita da altre forme come quelle, per esempio, dei
neo-melodici che fanno rabbrividire i puristi della tradizione,
ma che invece sono indicatori di altre forme di aggregazioni e
di valori che non spetta allo studioso giudicare, ma conoscerle
per comprenderne le dinamiche, cos il travestitismo e la figura
ambigua del femminiello vive una sua intrinseca trasformazione,
mantenendo continuit e evidenziando differenze.
Un esempio di continuit e rottura stato quello di Valentina,
ma molte testimonianze letterarie, cinematografiche
ecc. danno significativi esempi per delineare quella etnografia
della contemporaneit che stiamo cercando di realizzare. Si
169
tratta di operare una sorta di comparazione interna per individuare
continuit e differenze: la Jennifer di Ruccello, la Rosalinda
di Patroni Griffi, Eva del Vico del Purgatorio, le protagoniste
dei film di Massimo Andrei mi riferisco per un verso
a Cerasella fiction etnografica, ma anche al film Mater Natura
e la Valentina cantante neo-melodica. Tuttavia ineludibile
uno sguardo comparativo verso lesterno che offre lopportunit
di riconoscere forme analoghe seppure distinte in altre culture
come quella americana, a proposito di Lavern Cox come a
breve spiegher.
Infine, in questi ultimissimi tempi, luso del web con le sue
diverse caratterizzazioni produce forme di auto-etnografia e di
conservazione della propria tradizione realizzando nuove forme
di integrazione comunitaria e di salvaguardia della propria diversit
senza indulgere a derive folkloriche ma attraverso operazioni
in cui sono gli stessi protagonisti che descrivono se stessi
e ricostruiscono la loro tradizione per offrirsi allosservazione e
alla catalogazione. Diversi sono i filmati su YouTube che raccontano
storie di vita di transgender-femminielli. Sara, per esempio
che continua a rivendicare la sua costruzione del corpo
non ritenendolo inadeguato ma cos come per i femminielli
utilizza una grammatica esteriore, simbolica, allusiva, non invasiva,
e soprattutto non definitiva che reclama la sospensione
tra pi definizioni di genere. Dice di s: io sono femmina di
testa non di sesso (http://www.youtube.com/watch?vLNK_
75V1w7w&NR 1&feature=fvwp)3.
La Valentina neo-melodica potrebbe essere definito un
neo-femminiello che ha praticato la chirurgia estetica come travestitismo,
ne ha interiorizzato tutti i valori stabilendo cos la
continuit nella nuova pratica e utilizzando i nuovi mezzi di
comunicazione, accolta dal quel vicolo-villaggio globale che
la televisione locale (Di Nuzzo, 2007). Nel film-reportage Cerasella,
Andrei sembra voler ritrovare e rispettare una tradizione
170
che si trasformata. Cercher di cogliere gli aspetti dellambiguit
di genere in questi diversi registri e modalit. Non interessa
tanto la storia personale di Valentina e la sua vicenda,
che indubbiamente ha un suo valore, ma ci che colpisce in
questo contesto sono le teatralizzazioni, le rappresentazioni
dellambiguit sessuale che si possono riscontrare nella cultura
napoletana. La teatralizzazione eccessiva e ridondante insieme
ad una solidariet e tolleranza condivisa uno degli elementi di
persistenza e di continuit dellambiguit sessuale oltre il tradizionale
ruolo del femminiello.
Nel film Mater Natura ancora il regista antropologo Massimo
Andrei che configura il superamento della crisi del modello
tradizionale del femminiello e del contesto che lo accoglieva
sostituendo la solidariet ormai superata del vicolo in una sorta
di utopica comunit in cui cՏ spazio per tutti. Ma non cambiano
i valori di fondo condivisi dellaccoglienza e della solidariet,
se questo significa la morte simbolica del femminiello io non ne
sono ancora sicura, ma certamente significa che la specificit di
una cultura non muore a contatto con il mutamento e con le
trasformazioni del mondo globalizzato ma quelli che qualcuno
considera i relitti culturali della tradizione non sono tali se rinnovano
la tradizione conservando la loro specificit.
Condividendo la definizione di Enzo Moscato (attore,
regista, autore di testi teatrali), Napoli una grande citt di
voci e di suoni e possiede una musicalit che non musica in
senso ristretto, ma in senso ampio; a partire dalluso televisivo,
soprattutto delle televisioni locali, che sono quindi televisioni
del vicolo. La televisione locale ha in qualche modo, a livello
di utilizzo mediatico, riproposto certe forme di napolitanit
condivisa come per esempio quelle del teatro di Eduardo,
non si compara ovviamente il valore artistico, ma la funzione
che svolge, i meccanismi simbolici di appartenenza riproposti e
questo utilizzo per cos dire etnicizzato delle televisioni private.
171
La dialettica dellosservazione di s esasperata a Napoli. Un
esempio mediatico quello dellattrice comica Rosalia Porcaro
che qualche anno fa nella trasmissione televisiva Telegaribaldi
proponeva limitazione di Valentina, cio un travestito che viene
imitato da una donna, che si traveste da Valentina.
CՏ un significativo meccanismo dialettico, un circuito di
rimandi che produce, unautoetnografia inconsapevole ma autorevole.
La nuova drammaturgia napoletana dopo Eduardo, rinnova
e reinterpreta il gioco della sovrapposizione dei ruoli e del travestitismo
come elemento comune a tutta la tradizione culturale
napoletana che continua ad essere ridefininito e riproposto
in molti testi contemporanei non solo teatrali. Nel film di Lina
Wertmuller del 1986, Un complicato intrigo di donne, vicoli, delitti,
seppure su di una trama debole e sostanzialmente legata
ad una modulazione a tratti pittoresca e di maniera, la Napoli
della emarginazione e del vicolo delineata anche attraverso
una significativa presenza dellomosessuale e del travestito. Nella
vicenda la stretta complicit tra prostitute redente e femminielli
costante ed legata alla difesa dei valori antichi del vicolo, ad
una guapparia che non pu cedere alle nuove regole dei mercati
illeciti internazionali e che deve salvaguardare una particolare
forma di onest e di difesa della famiglia e della prole. La
Wertmuller, cos, conferma nel testo filmico, nonostante diversi
stereotipi, la parte significativa che la citt assegna allambiguit
liminare costituita da una sessualit polimorfa come quella del
travestito-femminiello, che agisce ed opera nella teatralit napoletana
come attore e protagonista, con unautonomia di valori
propositiva, che entra in relazione, non solo con gli altri aspetti
culturali marginali, ma con la realt tutta.
Il copione , mirabilmente, ripreso nello struggente testo
di Annibale Ruccello, Le cinque rose di Jennifer, in cui il/la protagonista,
in un monologo alla Cocteau, ripercorre i temi della
172
solitudine, dei quartieri periferici della citt, della solidariet,
talvolta beffarda, del vicinato, dellamore, anche attraverso lo
specchio, luogo privilegiato del corpo femminile, dove lambiguit
del travestitismo riproduce una sorta di rovesciamento
ermeneutico della realt; una scena nella scena, che riprende
ancora una volta il tema di una dialettica che continuamente si
avvolge su se stessa tra identit-alterit e che, continuamente,
contribuisce a ridefinizioni di senso. Cos nel testo di Ruccello:
Jennifer ha un moto di piacere. Canticchiando la canzone ed
imitando Mina dispone davanti lo specchio il suo buticasa.
Con molta femminilit e sempre cantando estrae gli strumenti
per farsi la barba. Si insapona il viso. Dopo aver fatto la barba
inizia a vestirsi mentre la radio trasmette quattro vestiti.
Alla fine della canzone pronta. Si siede composta vicino al
telefono, guarda lorologio, poi compone un numero telefonico
(Ruccello, 1979: 221).
Nella definizione scenica riportata, due sono gli elementi
che continuamente agiscono per segnalare il carattere di mutamento
culturale del/della protagonista: il telefono e la radio
locale. Simboli e strumenti di una societ post-moderna
cercano di attivare incontri senza pi luoghi, in un labirinto
delletere che rassicura senza fornire pi senso. Quella ricerca
di senso che fa sostenere ad autori teatrali come Moscato, Silvestri,
e ad un profetico Ruccello, come la diversit definibile
solo attraverso il testo, la parola, il linguaggio che veicola un
vissuto cui si condensano spostamenti dalla campagna alla citt,
dalla periferia alla metropoli, deliri di verbalit fondati su
contaminazioni e alterazioni del linguaggio. Testi in cui i ruoli
femminili sono affidati ad attori in unimmagine di donna, di
femminilit e di seduzione legata alla seducente ambiguit del
travestitismo.
In questo delirio verbale e di definizioni di ruoli altri
esempi ci restituiscono la femminilit ambigua e complessa del
173
femminiello come in Scende gi per Toledo di Giuseppe Patroni
Griffi. Mentre il film della Wertmuller del 1986 il romanzo a
cui mi riferisco dei primi anni Settanta e Rosalinda Sprint ne
la protagonista. Etnografia inconsapevole come spesso accade
per i romanzi efficaci e di qualit Rosalinda interprete a suo
modo del vecchio e del nuovo, della tradizione e del mutamento
che la citt di Napoli vive. Lattuale dimensione post-moderna
che le nuove riflessioni sul gender propongono, modelli in
cui la sessualit spesso in bilico tra diversi orientamenti e non
vuole definirsi in rigide appartenenze di ruoli sessuati, trova a
Napoli percorsi talvolta anticipatori e lungimiranti.
A partire dalluso del corpo, utile, forse, una riflessione
sulla legittimit della radicale differenza che ci sarebbe oggi tra
il transessuale e il femminiello, sulluso del corpo e sulla definizione
del genere scelto. Un tratto di continuit della plasmazione
del corpo e della fisicit che ne deriva , per esempio, luso
e la modulazione della voce. In tutte le rappresentazioni e le
teatralizzazioni dellambiguo femminile, la costante la modulazione
stridula e acuta della voce sia se si ci sottoposti a cure
ormonali, sia se si rifiutano le costruzioni del corpo biochimica
e chirurgica. Per Valentina la voce il cantare, la melodica e
raffinata possibilit di essere cantante neo-melodica. In Rosalinda
Sprint cՏ invece, sempre, nei momenti pi drammatici
luso significativo della voce abilmente teatralizzato, nelle prime
pagine del romanzo si legge: Lo vuoi andare a chiamare s o
no uno strillo isterico di volume cos spropositato, che il ragazzo
schizza su per le scale e fa di corsa fino allultimo piano
(Patroni Griffi, 1975: 9), E pi avanti: Andiamoci a fare questo
pokr strilla , al solito esaltata quando cՏ una decisione
che la eccita (Patroni Griffi, 1975: 20).
Ma cՏ anche lossessione per i capelli e il colore biondo,
anche questo un tratto di continuit sia per lantico femminiello
che, come si sottolinea nel filmato Cerasella di Andrei,
174
nonostante let matura indossa una parrucca al mattino come
rituale della vestizione giornaliera, cos come per i transessuali
o per coloro i quali hanno scelto una costruzione del corpo
non rigidamente determinata, mai conclusa e mai definitiva
che spesso non prevede lasportazione dellorgano genitale, ma
piuttosto un seno siliconato e labbra a canotto. Voglio dire
con questi esempi che la natura identitaria del femminiello non
pu essere solo definita dalluso della corporeit, ma soprattutto
dalle scelte dei valori a dallinterpretazione del ruolo allinterno
della comunit, la quale, ovviamente, cambia e quindi si ridefiniscono
alcuni aspetti ma non le funzioni e i valori della relazione
che resta napoletana. Del resto nelluniverso descritto da
Patroni Griffi gi negli anni Settanta la chirurgia estetica era
oggetto di discussione tra i femminielli: Marlene Dietrich ha
la pupilla sbarrata nel vuoto, lentamente con tutti e due i medi
si massaggia le rughe intorno agli occhi, stira la pelle verso le
tempie desiderio fisso di chirurgia plastica. Dovreste farvi tagliare
qua e qua e tirare la pelle, viene locchio orientale. Cos
ha fatto la Scopa lhanno talmente tirata, che quando apre gli
occhi si spalanca la bocca e se la chiude si chiudono pure gli
occhi (Patroni Griffi, 1975: 12). Sintomo di cambiamento che
gi lo scrittore aveva avvertito nel delineare i suoi personaggi,
che nascevano dalla diretta osservazione della vita della citt.
Ci che resta invariato il rapporto con linfanzia, con lamicizia
e con la protezione solidale con il gruppo allinterno
di un quadro di riferimento che comunque coniuga, violenze,
marginalit, perversioni. Franfellicche il piccolo scugnizzo del
vicolo che ha un tenero rapporto con Rosalinda, le compra il
giornale ed il suo tester preferito per sperimentare le tinture
che prover sui suoi capelli, lo accudisce nei ritagli di tempo.
Anche Valentina accudisce i bambini utilizzando il mezzo televisivo,
li educa attraverso i suoi discorsi mediatici; sono i suoi
telespettatori preferiti che la seguono con entusiasmo, siamo di
175
fronte a forme di maternit sublimate e paradossali che continuano
ad avere persistenza.
Sicuramente efficace la definizione che Rosalinda fa di se
stessa: Rissosa, esaltata, pazza, aggressiva, accaparratrice, orgogliosa,
invidiosa, no, invidiosa no non religiosa, s, sՏ confessata
e comunicata alle elementari, dopo non ne ha sentito il
bisogno (Patroni Griffi, 1975: 113).
Pi descrittiva e ancora una volta fortemente teatralizzata
a tratti legata forse al timore della perdita della tradizione, la
descrizione di Eva-Saverio nel recentissimo romanzo di Giuseppina
De Rienzo, che ripropone a distanza di trentanni circa
i luoghi e le atmosfere del romanzo di Patroni Griffi. Saverio
Derosa, detto Eva, compare alto alla fine della salita [...]. Tunica
bianca al ginocchio, pantaloni celesti, sandali apertamente
vezzosi e una parrucca marrone esibita con smaniosa civetteria.
I capelli a caschetto, pettinati con ordine fino allaltezza delle
orecchie, gli fanno il viso ancora pi roseo e liscio, come quello
di una ragazza [...] con uno scatto si irrigidisce come per mettersi
in posa. Si capisce che abituato a essere osservato, giudicato
da sempre. La sua andatura troppo composta fa subito
pensare al rigore che lui stesso simpone, al freno che mette a
un bisogno di stravaganza e di eccesso; una foia che lo titilla
nel profondo dei visceri... Scusa, ma tu sai quanti anni tengo?
Settanta continua solenne, riprendendo a camminare (De Rienzo,
2008: 12).
In questa lunga descrizione si condensano diversi elementi:
Eva per et appartiene alla tradizione antica del femminiello,
costruisce il suo gender con un travestitismo allo stesso tempo
eccessivo e composto e interpreta una modalit che continua a
Napoli, ovvero la ricerca della compostezza nella trasgressione.
Anche lamica del cuore, modello di vita e di identit per Rosalinda,
la invita allequilibrio e ad espungere leccesso: Marlene
Dietrich dice che la tinta troppo chiara e le stecche di balena
176
unesagerazione e lesagerazione sempre da evitarsi. Oramai
fatta. Daccordo ma se lo tenga per regola (Patroni Griffi,
1975: 11).
In Eva la sua ambivalenza sessuale descritta con grande
sensibilit e precisi dettagli che fanno di questo ultimo femminiello
il portatore di identit ambigue e in bilico tra il maschile
e il femminile, cos come la post-modernit costruisce. Eppure
il suo modo di muoversi fa sempre pensare a unaltra sua sofferenza,
a qualcosa di non risolto, a un segreto che lo tormenta.
Cammina mantenendo le natiche strette, come un esercizio di
dominio su muscoli braccia fianchi occhi, per frenare qualcosa
di intenso e stravagante che, se esplodesse, certo gli inventerebbe
riccioli biondi sulla fronte e seni di fanciulla sul petto [...].
Lespressione cos svagata e triste da far apparire ancora pi
maldestri i miei tentativi di volerlo definire a ogni costo. La
parrucca e la faccia sotto liscia e rosea, lo fanno decisamente
somigliare a una vecchia dama. Ma lo sguardo seguente, quello
che mi rivolge subito dopo, fugace, lontano, accompagnato da
uno scatto nervoso dei muscoli, gi me lo fanno uguale ad un
antico, maschio cavaliere (De Rienzo, 2008: 80-81).
Nel romanzo il femminiello Eva il portatore di giustizia e
dei valori che ne conseguono, ma questo compito non configge
con la sua ambiguit sessuale: secondo quanto sostiene Judith
Butler se lidentit sessuale un ruolo sociale, possiamo interpretarlo
a piacere (Butler, 2006) e a Napoli questo possibile
da sempre. La cultura di questa citt tende ad andare oltre la
semplice tolleranza e utilizzare la diversit come un vero laboratorio
culturale della post-modernit in cui la tradizione
innovazione, anticipazione e originale reinterpretazione. Attraverso
le diverse soggettivit fin qui esaminate emerge una
componente di mascolinit che rende oltremodo necessario
confrontarsi con la teoria della maschilit (Ciccone, 2010) e del
particolare transgenderismo preso in esame. I tratti di femmi
177
nilit coesistono con elementi di mascolinit che persistono e
sono consapevolmente mantenuti, come nel caso di Valentina
e non solo. Valentina cos come Eva, come Jennifer, integrano
nella loro definizione di genere un forte elemento di assertivit,
la necessit di presenza sociale, di utilizzo della stessa per
promuovere un riconoscimento delle diversit nellorientamento
sessuale e di partecipazione attiva a costruzioni di mutamento
sociale in una sorta di schismogenesi post-moderna che a partire
da atteggiamenti di mascolinit rimescola gli elementi di
genere sia del maschile che del femminile e assume una dimensione
definitoria dai tratti post-queer.
Per la cantante neomelodica questo spazio pubblico assume
i caratteri della comunicazione televisiva che la rende una vera
e propria pioniera in questo campo, solo recentemente, infatti,
una transgender come Lavern Cox4 (Di Martino, 2018) ha avuto
la possibilit di essere una sostenitrice dei diritti dei trasgender
negli Sati Uniti. Lattrice soprattutto nota per il suo ruolo
nella serie televisiva americana Orange Is the New Black, dove
interpreta la detenuta Sophia Burset, grazie a cui entrata nella
storia come prima persona transgender ad essere candidata
per un premio Emmy in un ruolo dattrice e ad apparire sulla
copertina della rivista TIME. Cox ha una storia altrettanto potente
da raccontare nella vita reale, come sostenitrice dei diritti
transgender sia a parole (ha tenuto, tra le altre cose, un discorso
di forte denuncia alla conferenza Creating Change 2014 per
LGBT Equality) che azioni: si sottratta fermamente alle domande
insistenti della giornalista Katie Couric sulla chirurgia
transgender e, soprattutto, ha sostenuto pubblicamente CeCe
McDonald, una persona afro-americana transgender condannata
a quarantuno mesi di carcere per un omicidio avvenuto, a quanto
pare, per legittima difesa. La sua presenza nei media mainstream
statunitensi cos visibile che lomissione del suo nome
dalla lista dei personaggi dellanno del 2014 ha provocato forte
178
indignazione; in seguito gli editori della rivista TIME hanno
deciso di dedicarle la copertina di un numero, suggerendo, nel
titolo, che il movimento transgender aveva raggiunto un punto
di svolta (vedi la foto di Cox pubblicata sulla copertina di
TIME, 29 maggio 2014). La presenza di elementi di mascolinit,
diventa dunque un tratto identificabile anche in altre culture
e si manifesta allo stesso modo come assertivit pubblica,
responsabilit nellorientare nel sociale dando vita ad un transgenderismo
simile a quello fin qui esaminato, in una societ,
come quella americana, apparentemente pi aperta e progressista,
che invece ha digerito con qualche difficolt la presenza
di Lavern Cox facendola diventare un caso da copertina del
TIME. In area napoletana questa trasformazione avvenuta a
partire dalla presenza del femminiello che ha dato modo di riplasmare
costantemente lo spazio di questa diversit e che contiene
elementi di una possibile definizione post-queer. In questo
caleidoscopio napoletano emergono aspetti di una post-modernit
che rende possibile una comparazione con fenomeni identitari
e di gender legati al post-queer per confermare, qualora ce
ne fosse bisogno, come i processi identitari sono il continuo risultato
di dinamiche trasformazioni. Credo che Valentina possa
essere avvicinata alla logica del post-queer perch ha dimostrato
di interpretare pi ruoli e valori utilizzando, in largo anticipo
rispetto ad altri contesti, i mezzi di comunicazione di massa,
non fossilizzandosi in rituali prescritti, con rapidit e istinto
istrionico senza radicarsi in un modello (Di Nuzzo, 2018). Tali
modalit sono in linea con quanto sostiene il post-queer che
ritiene necessario e caratterizzante vivere la rapidit e la mutazione
continua, lasciando continuamente dialogare le diverse
identit di genere. Il continuo nomadismo identitario che ne
deriva, non lascia deserti culturali, ma arricchisce le nuove identit
mutanti. Le categorie sono ancora da definire ma, forse, il
senso autentico del post-queer non definire.
179
Queste forme di transgengerismo suggeriscono di rimando
anche nuove possibilit di costruzione dei ruoli sessuali sia
maschili che femminili. Il protagonismo delle donne promosso
dalle teoriche del femminismo non costituisce per i teorici
della maschilit una minaccia, ma unoccasione per esprimere
una domanda latente di libert maschile dagli stereotipi che
costringono la vita degli uomini e imprigionano la loro vita, la
loro sessualit e la loro esperienza (Connel, 1996).
Napoli continua ad essere una citt in cui la purezza e il
pericolo, lordine e il disordine, il lecito e lillecito, loscenit e la
purezza, il perverso e lordinario continuano a vivere senza che
sia necessario ribadire forme, tradizioni, modalit.
Un polimorfo affascinante e poliedrico. Una sensualit che
ripristina zone di interdizione e offre originali rivisitazioni. In
questo breve percorso ho tentato di definire un frammento etnografico
cogliendo una delle mille facce del caleidoscopio napoletano
che si confronta con le trasformazioni delle culture
contemporanee e le condivide senza abdicare alla sua diversit.
180
Note
1 In riferimento a questi termini, ormai entrati nel comune lessico an
tropologico, rimando a Lvi-Strauss, 1993 e 1966.
2 Per unanalisi del rituale si veda Bateson, 1988.
3 In questa breve incursione nel web, ci si imbatte anche in un sito
dellAFAN (Associazione Femmenelle Antiche Napoletane di Torre Annunziata)
che ribadisce la legittimit di esistenza degli stessi e delle categorie di
riferimento socio-antropologico e insieme alla necessit di raccogliere, conservare
e catalogare quanto la cultura napoletana ha prodotto, in sintesi una
demo-etno-antropologia del s.
4 Il riferimento al caso di Lavern Cox il risultato di una ricerca condotta
insieme ad Emilia Di Martino, studiosa di socio-linguistica inglese in
cui abbiamo confrontato e analizzato, da saperi contigui, affinit e differenze
sul transgenderismo in aree culturali diverse nella post-modernit, in particolare
nella comunicazione televisiva. I risultati di queste riflessioni sono contenuti
nei rispettivi saggi citati in questo lavoro.
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184
Un matrimonio nella Baia di Napoli?*
di Gennaro Carrano e Pino Simonelli
La sacralit del travestimento a Napoli si esprime soprattutto
attraverso alcune manifestazioni rituali quali il matrimonio, il
parto e il battesimo. Si pensi al libro di Curzio Malaparte La
Pelle e allomonimo film di Liliana Cavani.
Questo reportage viene direttamente dalla baia di Napoli,
dal piccolo porto di Pozzuoli tra il mare e la Solfatara.
Un documento eccezionale perch queste cerimonie si svolgono
con la partecipazione degli abitanti del quartiere.
Il matrimonio delle dee
Penso che per essere felici in questo mondo tutti i ragazzi
dovrebbero essere ragazze, tutte le ragazze dovrebbero
essere ragazzi e non dovrebbero pi esistere n ragazzi
n ragazze allo scopo di poter tutti condurre una
vita tranquilla.
Cammarano F. e Rossini G., Il barbiere di Siviglia, versione
napoletana, 1818.
Cochinelle aveva nascosto il suo enorme seno sotto un vestito di
tulle blu ornato con un boa di piume nere, gi indossato a volte
per passeggiare sotto le arcate del Teatro San Carlo. Ancheggiando
in modo provocante e seguita da fischi di ammirazione,
arriv a piedi da Antonio detto A scugnata a causa dei suoi
denti. Dopo gli sposi, Cochinelle era il personaggio pi impor
185
tante delle nozze, la madrina, colei che fa da testimone alla
celebrazione dellunione coniugale.
Avresti potuto almeno farti sistemare i denti! esclam
vedendo il sorriso sdentato di Antonio vestito da sposa, che stava
posando per il fotografo di fronte allo specchio dellarmadio...
Avrei dovuto avere la tua bellezza per potermi pagare il
dentista! rispose Antonio facendo delle giravolte nel suo lungo
vestito bianco ed evitando di aprire le labbra soprattutto quando
il fotografo gli diceva Sorridi!.
Cochinelle cominci ad agitarsi: Presto, presto la Mercedes
arrivata...oh! QuantՏ bello lautista! Andiamo lo sposo ci
aspetta. Su una grande piazza assolata, Mario lo sposo detto
Sguessera, attendeva in smoking e cravatta larrivo della Mercedes.
Era circondato da parenti ed amici, Pasqualina, Scarola,
Sofialoren e Tiziana, in jeans e maglietta o in gilet ricamato e
minigonna, tacchi a spillo e trucco pesante.
Cochinelle, scendendo dalla Mercedes con la sposa, si gett
correndo nella braccia dello sposo ed esclam: Come sei bello
vestito da uomo!. Mario la tranquillizz in questo modo:
Non ti preoccupare solamente per oggi! e si avvicin alla
sposa per verificare i denti, poi si mise a posare da innamorato
per il fotografo. Dietro di loro la chiesa era chiusa, gli sposi
non provarono neppure ad entrarvi, forse, in fondo, se lo sarebbero
augurato, ma in una vita diversa, in un mondo diverso.
Il vero matrimonio non lo si celebrava sullaltare, quanto piuttosto,
sulla tavola meno liturgica di un ristorante alle pendici
del Vesuvio. Per prima di raggiungere il luogo per tale celebrazione,
gli sposi e i loro invitati non mancarono di andare a
rendere omaggio a due amici di Pozzuoli, (comune limitrofo
di Napoli), Attilio, detto Trammiata e Gianni, detto La Castellana.
Questi, malgrado let avanzata, avevano celebrato il
loro matrimonio nove mesi prima, sotto la protezione di San
Vincenzo Ferreri detto O Munacone, e al momento pote
186
vano mostrare il bambino nato a termine dalla loro unione. La
gente del quartiere era tutta fuori o alle finestre per assistere
e partecipare alla festa lanciando petali di fiori e riso allarrivo
e durante il corteo nuziale. La Trammiata e La Castellana,
entrambe con un vestito di seta nera, gilet ricamati e gioielli
neri, data la loro et, mostravano con tenerezza e soddisfazione
la prova della loro fertilit, manifestando, forse, anche il vecchio
sogno della maternit che da sempre vive in tutti gli uomini...
Il neonato, sotto lo sguardo orgoglioso della vicina che laveva
prestato alla coppia, fu condotto per tutto il quartiere in
processione. Una donna alla finestra esclam: Quelli portano
fortuna, la buona sorte!. Infine, il gruppo, dopo un abbraccio
collettivo, si mise in viaggio per il ristorante sul Vesuvio, dove
il pranzo di nozze ebbe inizio, otte portate e unimmensa torta.
Numerose famiglie al completo, nonni, nipoti, mangiavano
con Pummarola e Carmencita, con Russulella e Pompadur, che
non rinunciavano tuttavia a discutere delle loro cose tra chiacchiere
e sorrisi: Ma le scarpe che si comprano in via Toledo
non sono di qualit, sono disgustose! Dopo due o tre notti di
passeggio sui marciapiedi, i tacchi sono gi consumati! E
allora ci significa che tu hai pochi clienti se passeggi tutta
la notte. Ma perch, prego, un generale o un cardinale...?
Vedete il nostro cardinale: si maschera da cardinale e si libera
da uninibizione. Mentre io mi vesto da donna, allora dovՏ il
male?.
Tra la pasta e la frittura, si cominci a ballare, dapprima
gli sposi ballarono il valzer vertiginosamente, fino al momento
in cui Cochinelle annunci al microfono: E ora la celebre
interprete di Profumo di Ginestra, la celeberrima cantante Giulietta
Sacco!. Una voce molto acuta salutata da uno scroscio di
applausi cominci a cantare con passione, poi lasci il posto al
ballo. Cochinelle, in una crisi di follia esibizionistica, mostr le
sue forme prosperose, mettendo il seno fuori dalla camicetta,
187
come se fosse di gomma, mentre una voce eccitata sinnalz:
Pu anche servire per allattare!. Volgendo la festa alla fine, al
ritmo di Paris-Paris, ci si cominci a spogliare con grazia sensuale,
si incrociavano gambe nude, seni abbondanti, camicette
ricamate, lustrini. Le nozze, iniziate al mattino, si conclusero
allegramente la sera, con canti e sorrisi. Una volta rientrato,
Mario, lo sposo, salut Antonio, la sposa, augurandogli la
buona notte e ciascuno ritorn a casa sua.
Napoli citt travestita
Un uomo in una donna anzi un dio...
Michelangelo, Rime.
Il travestimento a Napoli non considerato un mero camuffamento
della virilit, ma come la condizione di una realt tradizionalmente
presente e integrata e pienamente riconosciuta.
Da secoli si trasmettono a Napoli storie di travestiti; la
prima che si conosca risale al XVI secolo e racconta, al ritmo
di una danza chiamata Ballo di Sfessania, le vicissitudini di un
travestito di nome Lucio Canazza, che seduce un turco eccitatissimo
facendogli credere di essere una donna, ma una volta
scoperti gli altarini, dopo aver subito violenza, viene ucciso.
Unaltra occasione di incontrare tradizionalmente uomini
vestiti da donne quella di una farsa carnevalesca del XVII
secolo che si rappresenta ancora oggi, La Canzone di Zeza, dove
Zeza e Vincenzella, cio la moglie e la figlia di Pulcinella, sono
sempre interpretate da uomini. Ma in aggiunta a queste tradizioni
legate alla teatralit popolare, esiste a Napoli una forma
di travestimento che si differenzia dai fenomeni apparentemente
analoghi a quelli di New York o Tokyo. Non che i travestiti
napoletani non condividano con gli altri condizioni di vita
188
come la prostituzione e lo sfruttamento, ma ci non ha mai
impedito la celebrazione periodica di rituali come il matrimonio,
il parto e il battesimo. Tali riti hanno luogo pubblicamente
con la partecipazione di tutto il quartiere, donne comprese,
anziani e bambini, la presenza dei quali evidenzia il fatto che
il travestimento non costituisce una forma di devianza, quanto
piuttosto una espressione sessuale che ha una sua propria realt
e senza una precisa definizione e che pu essere individuata
nella figura del femminiello. A Napoli si femminiello per nascita.
Si tratta di una condizione di diversit naturale, di cui
nessuno colpevole. Ovviamente cՏ anche lomossessuale che
non si traveste, generalmente chiamato ricchione, ma che non
gode della stessa popolarit. Infatti non a caso si crede che i
femminielli portino fortuna; tra di loro cՏ chi organizza piccole
lotterie, alcuni sono invitati dalle famiglie a partecipare alle
loro feste, durante le quali vestiti da suora, recitano testi osceni.
Questo avviene solo allinterno di quella che Dumas nel suo
Corricolo ha definito una vera trib di sopravvissuti e di cui
Pasolini un secolo dopo avrebbe detto: Napoletani, vale a dire
unici irriducibili e incorruttibili, decisi ad estinguersi piuttosto
che a trasformarsi.
Il femminiello fa parte di questa trib. Ma qual la sua
vera natura al di l di quella che socialmente gli si riconosce?
Giustamente la voce di Pasolini che, esprimendosi attraverso
limmaginazione di Dominique Fernandez (Dans la main de
lange, Grasset, p. 412), formula forse una prima risposta descrivendo
un femminiello che passa per un vicolo di Napoli:
La cosa pi curiosa che, in violazione di una delle leggi pi
rigorose del mondo mediterraneo, egli non suscita alcuna ostilit,
non attira alcun biasimo. A malapena solo qualche battuta
innocua risuona senza cattiveria alle sue spalle... In effetti perch
dovrei stupirmi del favore che gode da voi il travestito? I
vicini hanno un bel punzecchiarlo quando ondeggia sotto il suo
189
cappello a fiori, hanno bisogno di sentirlo in mezzo a loro. Di
quale oscura gratitudine non si sentono pieni per colui che ha il
coraggio di essere donna a loro posto?... Uomini ai quali la loro
societ vieta di manifestare il lato femminile della loro natura
onorano in segreto il ragazzo che osa trasgredire linterdetto.
E certamente, per rivestire questo ruolo simbolico, la natura del
femminiello non pu essere spiegata banalmente come se fosse
una versione di un ermafrodismo psicologico, o ancora meno
riferirsi al ruolo tribale di figure apparentemente simili, come il
berdache un tempo presente nella trib dei Mohave, in America
del Nord (cfr. A. Kroeber, Antropologia dei modelli culturali e
Masques n. 3 Lhomosexualit dans les socites nord-americaines).
Landroginia come fusione dei due sessi pu essere
considerata uno stato successivo rispetto a quello del femminiello,
perch rappresenta qualcosa di diverso; non insomma
lessere squilibrato mezzo uomo e mezzo donna del mito che
Platone nel Simposio attribuisce ad Aristofane. Il femminiello
incarna, invece, una natura astratta, metafisica, di cui possiede
uninquietante sacralit.
Il matrimonio
La sacralit dei travestiti a Napoli si esprime soprattutto attraverso
alcune manifestazioni rituali fondamentali della vita
sociale quali il matrimonio, il parto e il battesimo. Queste manifestazioni
rituali presentano tutte le caratteristiche di quelle
normali. Infatti il matrimonio comincia con la tradizionale
vestizione della sposa a casa sua, in presenza della madrina, cio
della testimone. Poi dopo la foto di rito, la sposa si reca allingresso
della chiesa dove lo sposo lattende per condurla allaltare.
Ma per i femminielli la porta della chiesa non aperta ed essi
si limitano al bacio per poi scendere i gradini della chiesa circondati
da una folla festosa di amici e parenti invitati, come se
190
uscissero dopo aver pronunciato sullaltare il fatidico Si. Come
vuole lusanza, gli sposi salgono poi su una lussuosa vettura noleggiata
per loccasione e raggiungono il ristorante per il pranzo
di nozze. Ma in questo caso vanno prima da altri due femminielli,
che, gi sposati da nove mesi, hanno dopo un parto
simulato in segreto, alla presenza di qualche intimo esclusivamente
femminiello il loro bambino da mostrare per la prima
volta in pubblico, al momento del rito tipico del battesimo
normale, e che si chiama prima uscita. Il bambino, un maschio
sempre, a volte una bambola, pi spesso un neonato prestato
da una vicina. Anche questa cerimonia ha luogo con la partecipazione
di tutto il vicinato, con le due madri che mostrano la
loro improbabile progenie e vanno ad accogliere gli sposi. Tutti
insieme, gli sposi, le madri, gli invitati, parenti e vicini si dirigono
al ristorante per festeggiare come si deve i due avvenimenti
con un pranzo sontuoso che dura fino a notte, durante il quale
si esibiscono cantanti molto popolari e femminielli. Questi riti,
solo allapparenza imitativi, hanno in tale circostanza un senso
che va al di l del tradizionale significato sociale, perch essenzialmente
a causa delle condizioni e regole secondo le quali
sono celebrati, essi suggeriscono pi che ununione dei sessi,
unabolizione dei ruoli sessuali.
I femminielli, durante il matrimonio, non si limitano obbligatoriamente
a rappresentare i ruoli che rivestono, ma li interpretano
totalmente in un gioco complesso dambiguit non solo
sessuale, ma soprattutto simbolica, forse anche al di l delle loro
intenzioni.
un matrimonio finto non solo perch civilmente e religiosamente
non riconosciuto (tanto pi che gli sposi non lo
chiederanno mai), ma soprattutto perch non prevede alcuna
trasformazione del rapporto che esiste tra i due femminielli.
dunque evidente che il matrimonio non costituisce la finalit di
tale rito, ma che vi in esso un significato pi complesso che
191
da tutti tacitamente intuito. Infatti sia durante il matrimonio
che durante il battesimo, la partecipazione delle persone presenti
acquista un senso fondamentale, soprattutto perch esse non
vivono la dimensione fittizia degli avvenimenti, ma vi sono attivamente
coinvolte, da protagoniste. Inoltre gli sposi, durante la
rappresentazione, abbandonano il loro stato di femminielli o di
travestiti, per ritravestirsi assumendo questa volta i ruoli specifici
dei due sessi, maschile e femminile, rappresentati giustamente
nel momento in cui si gioca al massimo la loro differenza,
vale a dire il matrimonio. Tutto questo allo scopo di celebrare
lunione dei sessi in una situazione che potremmo definire non
solo come doppia dimensione teatrale, ma anche come doppia
dimensione effimera del matrimonio. Daltronde, lesistenza
di tali riti non pu essere spiegata unicamente, allapparenza,
come se si trattasse per i femminielli dun bisogno di normalit
e di accettazione, tanto pi che essi hanno gi un ruolo in seno
al gruppo sociale cui appartengono. Per poter comprendere il
ruolo che essi giocano allinterno del loro gruppo sociale,
necessario considerare queste manifestazioni non solo nel loro
aspetto imitativo e teatrale, ma soprattutto per la loro valenza
interpretativa. Si pu dunque affermare che i femminielli con il
matrimonio diventano gli interpreti dun rito collettivo che li fa
protagonisti pienamente dellunione dei sessi per eccellenza,
volendo quasi personificare la coppia primordiale che nasce
effettivamente dalla loro astrazione sessuale, e che pu essere
riportata al mito dellandroginia divina (cfr. M. Eliade, Trattato
di storia delle religioni).
192
Bibliografia
Buonarroti M. (1967) Rime, a cura di Noe Girardi E., Laterza, Bari.
Cammarano F. (1818) Il barbiere di Siviglia (libretto), di Rossini G.,
versione napoletana.
Dumas A. (1841) Il Corricolo, Ricciardi, Napoli, 1950.
Eliade M. (1948) Trattato di storia delle religioni, Boringhieri, Torino,
1976.
Fernandez D. (1982) Dans la main de lange, Grasset, Paris.
Kroeber A.L. (1976) Antropologia dei modelli culturali, Il Mulino, Bo
logna.
Malaparte C. (1949) La pelle, Mondadori, Milano, 1978.
Platone, Simposio, a cura di Colli O., Adelphi, Milano, 1979.
* Questa traduzione del testo francese di Gennaro Carrano e Pino
Simonelli, Un marriage dans la Baie de Naples?, Masques. Revue des
Homosexualites, n. 18, 1983, pp. 105-115, di Eugenio Zito. Il testo
nella versione originale corredato di interessanti testimonianze
fotografiche raccolte dagli autori.
193
194
Io/Noi; Maschile, Femminile/Transgender.
La rivitalizzazione del rito della juta dei femminielli
di Francesca Verde
Premessa
Proviamo a percorrere la juta, la salita, in compagnia di alcuni
femminielli che giungono al Santuario di Montevergine per
adorare Mamma Schiavona, nel tentativo di attraversare vari
livelli di esperienza e provare a cogliere il senso che questa ritualit
aveva nel passato e il senso che assume la sua recente
rivitalizzazione nel presente.
In una storia non troppo remota a Napoli i femminielli, uomini
abbigliati da donna, svolgevano diversi compiti nel complesso
ordine sociale dei quartieri pi popolari, come quello di
accudire i bambini delle donne impegnate nelle faccende domestiche
o nello svolgimento di altri mestieri. Pi in generale i femminielli
erano ben voluti e considerati in grado di portare fortuna,
per questo mai denigrati, al massimo oggetto di sfott popolari.
Attraverso pratiche e rituali, come la tombolata o la figliata1, essi
rendevano ufficiale la loro presenza nella societ partenopea.
Devoti alla Mamma Schiavona, prendevano parte a un pellegrinaggio
che si svolgeva in suo onore: la juta, che si ripete
ancora oggi ogni anno nei mesi di settembre e di febbraio, e
che parte da un piccolo paese nella provincia di Avellino fino
a giungere al Santuario di Montevergine. A mattina inoltrata,
i fedeli raggiungono a piedi la piazza del Santuario: il luogo di
culto appare completamente buio e i devoti percorrono la navata
della chiesa per fermarsi di fronte allimmagine della Madonna
Nera, tenendo in mano le candele che vengono offerte in voto.
195
Escono poi dalla chiesa e si uniscono ai balli e ai canti dei vari
cerchi di tammurriate seguendo la salita della Scala Santa del
Santuario. Oltre al festeggiamento a Settembre, mese dedicato
alla Madonna, cՏ la data del due Febbraio dove ufficialmente si
ricorda la presentazione di Ges al tempio e tradizionalmente
si festeggia la Candelora: in questa occasione che i femminielli
fanno la loro comparsa.
Intorno agli anni Sessanta e Settanta del Novecento vi
stata la pi ampia diffusione del culto, a cui seguita una sorta
di calo fisiologico dovuto probabilmente alla progressiva estinzione
numerica dei femminielli. Attualmente sopravvivono pochissimi
femminielli, quasi tutti anziani.
Questa ritualit era profondamente legata a un mito che la
fondava: si narra, ancora oggi, di un episodio della vita di San
Vitaliano, vescovo di Capua, che celebr per errore le funzioni
religiose abbigliato da donna e che, in seguito alla sua fuga per
sottrarsi alla morte, fond il Santuario di Montevergine. Ancor
prima si racconta che in un passato remoto sul Monte Partenio
esisteva un tempio dedicato a Cibele, la Grande Madre, i cui
sacerdoti erano evirati e indossavano abiti femminili: del suo solenne
corteo facevano parte anche uomini che laccompagnavano
con una danza estatica tra le stridule note di strumenti montani.
Questi mithoi sono racconti collettivi attraverso cui lintera
comunit si spiegata la presenza di queste figure androgine,
attribuendo allesperienza liminale di contatto con laltro, vissuto
come non familiare, un senso particolare ricollocabile nellordine
del sacro. Landrogino nasce da un mithos collettivo.
Nello spazio rituale descritto lidentit instabile dellessere
n maschio n femmina era individuata e si individuava
nella collettivit attraverso la costruzione di unidentit gruppale,
favorendo una localizzazione del gruppo eccentrico dei
femminielli e garantendone una rappresentabilit nel pi ampio
spazio sociale.
196
Nellesperienza rituale, come in un sogno, ci che non
pensabile ma percepibile come preconcezione, contattato ed
elaborato attraverso una funzione di rverie di gruppo, la funzione
gamma (Corrao, 1981), analoga alla funzione alfa bioniana2
(Bion, 1967): da questo contatto si producono elementi
utilizzati per i pensieri della veglia. Ogni comprensione cognitiva,
ogni idea, prevede infatti uno sviluppo che viene prodotto
come processo inconscio molto prima di una formulazione
razionale: in questa condizione, al posto di concetti chiari, vi
sono immagini con forte contenuto emotivo (preconcezioni)
che non sono pensate ma guardate, si pu dire, pittoricamente.
Si suppone con Freud che, attraverso salti quantici di energia,
la presentazione delle immagini si converta in rappresentazioni
verbali simboliche. Gli elementi indifferenziati sensoriali o
emozionali sono trasformati dalla funzione alfa (Bion, 1967)
e dalla funzione gamma a livello del gruppo. Queste funzioni
possono definirsi funzioni di trasformazione del campo per le
quali gli eventi dellesperienza fattuale sono resi disponibili in
forma di proto-pensieri per lelaborazione coscienziale (Corrao,
1986).
In questottica interessante soffermarsi allora sul senso
che la recente rivitalizzazione di questo rituale pu avere. Negli
ultimi anni cՏ stata, infatti, una certa ripresa del festeggiamento
nel giorno della Candelora da parte di persone transessuali,
transgender3 ed omosessuali che, in un processo di sostituzione,
si stanno riappropriando del culto. Queste persone, dopo un
episodio di discriminazione da parte di chi esercitava le funzioni
religiose, rivendicano il diritto a venerare Mamma Schiavona,
protettrice dei femminielli.
Come nel passato questo culto serviva a definire lidentit
dei femminielli, favorendo una loro collocazione nella societ,
e a far entrare in contatto la comunit con unalterit sentita
come estraneit, la recente rivitalizzazione potrebbe essere un
197
tentativo di assimilare le sessualit periferiche in una sessualit
normale polimorfa (Foucault, 1972) e pi in generale essere un
esempio di posizionamento liminale nella realt fisica e psichica
e di funzione elaborativa di una crisi.
Identit in crisi: Io, maschile/femminile
La passata chiarezza circa la costruzione dellidentit come processo
lineare scandito in tappe temporali, dove era generalmente
esclusa linfluenza del campo entro cui si dispiegava questo processo,
definiva un Io stabile e racchiuso in categorie biologiche,
psicologiche e culturali chiare. Una di queste era quella del maschile/
femminile biologico come corrispondente alla categoria
uomo/donna nei termini di ruoli attribuiti dalla cultura. In questa
visione del mondo, tuttavia, erano contemplate delle eccezioni
alla regola, come nel caso dei femminielli, come se ci fosse un
riconoscimento, nellesperienza di gruppo, dellesistenza di realt
altre che restituivano al mondo la sua natura complessa rispetto
a un processo di categorizzazione mentale teso a semplificarla.
Queste realt altre erano addomesticate attraverso rituali dove,
in uno stato di coscienza gruppale, erano integrate e rese familiari.
Inoltre la viva partecipazione della comunit ai rituali il cui
protagonista era il femminiello, come xenos essere straniero e
familiare , dava la possibilit di ri-contattare proprie parti di s
messe nellaltro qualificato come diverso.
Anche nellambito degli studi di biologia, la materia propriamente
organica, in genere classificata come divisa in due
oggetti, il femminile biologico e il maschile biologico, mostra
nella realt fattuale lesistenza di organi riproduttivi che presentano
entrambi i sessi (intersessualit). Lo splitting4, come
processo mentale di scissione, risulta inadeguato di fronte alla
natura complessa della realt dove alcune specie viventi mutano
il loro sesso biologico nel corso del tempo o li presentano
entrambi. Il somato-psichico, inteso come stato dindifferen
198
ziazione tra psiche e corpo, descrive una condizione fusiva tra
maschio/femmina.
Allora se il processo di categorizzazione molto importante
per il funzionamento della coscienza ordinaria, daltro lato
esclude tutte quelle situazioni non categorizzabili, considerando
cos, ad esempio, lintersessualit come unanomalia della differenziazione
sessuale e il transessuale come diverso.
Questi scarti operati dalla mente possono essere ricontattati
attraverso la percezione di rudimenti della psiche, si pensi ad
esempio agli elementi beta bioniani, in unesperienza collettiva che
rievoca quella condizione con-fusiva, riconoscendo la magmaticit
della psiche e i suoi movimenti, la possibilit di confusioni e sovrapposizioni:
i due poli, maschio e femmina, tendono luno verso
laltro sia nella realt materiale sia nella realt del sogno.
Il progressivo ripensamento circa le definizioni di ruolo e
la sempre maggiore attenzione alla tematica dellintersessualit,
dei transessualismi e del transgenderismo anche da un punto
di vista scientifico, ha spinto a una riconsiderazione circa la costruzione
dellidentit di genere come un processo di scambio e
come passaggio dallIo del singolo al Noi dei gruppi attraversati
durante tutto il percorso di vita. Da un vertice sociale questi
movimenti sembrano concretizzarsi nella continua ricerca di
unidentit fluida, magmatica: lidentit sociale ha iniziato ad
assumere cos le caratteristiche dei fluidi similmente alla societ
di cui parte (Bauman, 2000).
Nellottica qui portata la crisi, come momento con-fusivo
che attraversa un sistema sociale e le identit che ne fanno parte,
si configura come un punto di trasformazione e riorganizzazione
nella ridistribuzione di nuove traiettorie di sviluppo. La
presenza del fenomeno transgender nella realt pu essere allora
pensato come un punto di snodo importante in quanto muove
potenzialmente verso un superamento dello schema binario che
condiziona pi in generale le strutture mentali, socio-politiche
e culturali del nostro mondo.
199
La presenza del transgender nella societ, come segno evidente
di unambiguit che a volte entra in contatto con i temi
della follia, dellebbrezza, del furore, e quindi a uno stato di coscienza
gruppale, ben descrive la concettualizzazione scientifica
alla quale si sta provando a pervenire, che tenta di andare al di
l di una cultura dicotomica, mostrando una logica di pensiero
pi complessa. Lepoca post-moderna, emblematicamente rappresentata
dal transgenderismo nella sua accezione pi ampia,
anche collocabile nel cambio di paradigma delle scienze, spinge
a ripensare allo sviluppo nei termini di movimenti plurali che
danno luogo a continue trasformazioni, accantonando quei modelli
che sostenevano una linearit dei processi identitari (Zito
e Valerio, 2010). Limmersione nella complessit restituisce cos
quel movimento dinamico collettivo e individuale che evidenzia
relative trasformazioni non-lineari. Come procedere allora nello
sviluppo di un pensiero circa questi fenomeni osservati nellottica
della complessit?
Campi/corpi
Essere consapevoli, da un punto di vista scientifico, della complessit
della realt psico-fisica implica uno sforzo di superamento
del binomio campo/corpo (massa/energia, particella/
onda), considerando piuttosto questa coppia di opposti nel loro
carattere complementare. Il campo e i corpi cio si influenzano
reciprocamente e non possono essere studiati prescindendo luno
dallaltro. Il campo qui inteso non come uno spazio occupato
dalle linee di forza tra i corpi, ma come una specifica sezione
dello spazio tempo, definita da un particolare evento per
un particolare osservatore5. La rappresentazione attuale dei fenomeni
deve quindi necessariamente ricorrere a una descrizione
pi astratta di essi, in cui entrano in gioco funzioni dipendenti
da un sistema di riferimento (Corrao, 1986). Per rilevare le pro
200
priet caratteristiche del punto spaziale e dellistante temporale
di un campo fondamentale allora lacquisizione di un metodo
o uno strumento di osservazione.
Per evidenziare la complementariet della coppia campo/
corpo mi servo del modello di multistrato complesso (Margherita,
2007) dove le strutture fisiche, mentali, sociali coinvolte
nellanalisi di un fenomeno sono pensate e ordinate secondo
una serie concentrica di sistemi semipermeabili che comunicano
tra loro. La compartecipazione e la compenetrazione dei diversi
livelli, che funzionano da contenitore/contenuto (Bion, 1970),
evidenziano la natura complementare del campo e dei corpi: i
mondi interni degli individui che costituiscono una collettivit,
ad esempio, sintegrano nel contesto per costruire la loro realt
esterna che poi quella interna degli organismi plurali complessi
in cui sono contenuti. Sarebbe limitativo, o meglio lineare, considerare
la realt di un singolo livello esaminato come avulsa dalla
serie. Gli influenzamenti e i feedback tra i vari livelli rompono
questa linearit aprendo cos alla complessit.
Provare a mettere a fuoco, assumendo un vertice di osservazione,
richiede quindi luso di strumenti. Per lo psicoanalista
fondamentale sarebbe listituzione di un setting, magari in grado
di contenere la complessit6, ma in queste condizioni macroscopiche
lazione impossibile, allora importante tenere
alla mente il modello multistrato e provare a individuare, come
suggerito da Margherita (2007), quale relazione intercorre in
particolare tra le identit, i linguaggi, la verit e gli stati di coscienza
nel campo che si scelto di osservare.
Identit
Secondo una visione discreta, ognuno dei campi pu essere un
corpo ben definito e possedere una sua identit: si pensi ad
esempio al gruppo dei femminielli, alla Chiesa, ai gruppi di la
201
voro che si occupano di transgenderismo. I femminielli costituivano
un gruppo sociale omogeneo che presentava una propria
identit gruppale riconoscibile e riconosciuta socialmente (Zito
e Valerio, 2010). Ogni corpo, quando a fuoco, individuato
e pu comunicare con altri corpi a loro volta identificati, che
fanno parte dello stesso sovrasistema, e anche con proprie parti:
si pensi al rapporto tra la Chiesa e il gruppo dei femminielli
devoti alla Madonna, oppure agli scambi tra questi ultimi e gli
abitanti dei quartieri dove vivevano.
Su questa dimensione discontinua della serie vi tuttavia
sovraimpressa una dimensione continua, dove i margini di questi
corpi sfumano luno nellaltro fino quasi ad annullarsi, restituendo
alla realt il suo carattere fluido. La percezione di questa
continuit avviene, per il singolo individuo coinvolto, in uno
stato alterato di coscienza nel passaggio dallIo della coscienza
individuale al Noi della coscienza gruppale o, in altri termini,
dal sottosistema al sovrasistema.
Questo ci che avviene, ad esempio, durante un pellegrinaggio:
nel percorso rituale della juta le dicotomie maschio/
femmina e uomo/donna, prodotte da uno stato di coscienza ordinario,
si fanno sfumate cogliendo piuttosto lespressione della
sessualit globalmente, in un continuum che era rappresentato
dalla figura del femminiello.
Coscienza
Lallargamento nel campo delle conoscenze dalle grandezze
numerabili a quelle innumerabili7 rimanda alla possibilit di
considerare il passaggio, sopra descritto, dal discreto al continuo
nello stesso modo in cui pensabile un passaggio dal
finito allinfinito. Il discreto espressione di una linearit di
rapporto, propria del cos detto stato ordinario di coscienza,
come risultato di una selezione di certe possibilit di esperien
202
za della coscienza e come modo semiarbitrario di strutturarla
che facilita certe capacit adattive e inibisce lo sviluppo di altre
possibilit. Questo stato ordinario di coscienza quello vigile
dove la relazione tra i due corpi si esprime nel rapporto soggetto-
oggetto.
Uno stato alterato, dal latino alter altro, di coscienza
quella condizione in cui lindividuo coglie uno stato di coscienza
gruppale (sovrasistemico). In questa condizione si riconoscono
altre possibili traiettorie non direttamente lineari rispetto alla
coscienza individuale che possono essere sentite solo entrando
in tale stato. Queste esperienze, tuttavia, non hanno possibilit
di essere comunicate linearmente e hanno a che fare con contenuti
psichici potenziali e immutati, sensazioni ed emozioni non
simbolizzate, territorio trans-liminare delle desimbolizzazioni
(Riolo, 2009). Con questo ampliamento di campo si sviluppa
un passaggio dai resti inconsci della psicoanalisi freudiana
ai rudimenti, precursori della possibilit di rappresentazione
come espressione della bi-direzionalit tra mondo inconscio e
coscienza. La possibilit di un ampliamento di campo suggerisce
di focalizzare, quindi, lattenzione sul continuo, come dimensione
dove sono osservabili i movimenti emozionali e dove
avviene uno scambio profondo.
Allora lacquisizione di una visione allinfinito, nella perdita
della messa a fuoco delloggetto che si vuole osservare, produce
uno stato alterato di coscienza simile a quello che potrebbe coglierci
durante un pellegrinaggio.
Linguaggi
Le identit comunicano tra loro attraverso diversi linguaggi
che Bion ha cercato di collocare in una griglia8 e che vanno
dagli elementi non pensabili, non rappresentabili, fino al calcolo
algebrico, espressione massima della chiarezza. Tra questi
203
vi il linguaggio mitico che permette di trasformare la rete
comunicativa tra corpi in un sovrasistema che acquista identit
che conferisce, a sua volta, ai membri che la costituiscono
(Margherita e Auricchio, 2009). Il mito comunica lesistenza di
una bilogica (Matte Blanco, 1975), ossia di una compresenza,
a diversi gradi di salienza, della logica aristotelica e di quella
funzionante per linconscio. Il racconto mitico polisemico
(Stagnitta, 2006) e per questo in grado di far risuonare i campi.
Il mito ha senso in quanto capace di comunicare una verit9
che non pu essere detta in altro modo e di dare garanzia di
esistenza di certi rituali: le figure mitiche dei sacerdoti di Attis,
del femminiello ne sono un esempio e definiscono identit singolari
e plurali contemporaneamente.
Identit collettiva: Noi, Transgender
Il fatto importante sottolineato da questa formula di
campo lindeterminatezza del margine. Pur essendo
percepito senza estensione, il contenuto del margine
presente, e aiuta tanto a guidare il nostro comportamento,
quanto a determinare il successivo moto della nostra
attenzione. Esso intorno a noi come un campo magnetico,
dentro il quale il nostro centro di energia gira
come lago di una bussola, ogni volta che un momento
della coscienza si trasforma nel successivo. La nostra riserva
di memorie galleggia interamente al di l del suo
margine, pronta se toccata a ritornare. Lintera massa di
poteri residui, di impulsi, di conoscenze, che costituisce
il nostro Io, si stende con continuit al di l di esso.
Cos vaghi sono i confini tra ci che in atto e ci
che solo potenziale, in un qualunque momento della
nostra vita cosciente, che sempre difficile dire di certi
dementi psichici se ne siamo o no coscienti.10
204
Sospendiamo per un attimo questa intuizione di James e
proviamo a cogliere il senso psicoanalitico della recente rivitalizzazione
della juta dei femminielli. Ritornando al mito dellorigine
di questo rituale, le immagini di uomini che danzano
in estasi per la dea Cibele mi rimandano associativamente alla
figura delle Baccanti e ai riti dionisiaci.
Un cambiamento nellanalisi scientifica di alcuni fenomeni,
nello spostamento ottico dal punto di vista individuale a quello
gruppale, mi induce a un salto che sposta lattenzione dal mito
di Edipo a quello di Dioniso. Se il primo fonda la psicoanalisi
freudiana ponendo laccento sul vissuto individuale, il mito di
Dioniso rimanda immediatamente a una dimensione collettiva:
il dio fin da subito pubblico, a differenza della storia di
Edipo, dove invece la vicenda assume inizialmente un carattere
individuale e solo alla fine collettiva (Corrao, 1992).
Forse il fenomeno della rivitalizzazione del rituale della
juta meglio comunicato se portato attraverso un discorso
dionisiaco, in quanto immediatamente legato a un discorso
pubblico, collettivo e che sembra riguardare la posizione nel
campo e il vertice dal quale si sceglie di osservare il fenomeno.
Da un punto di vista scientifico questo vuol dire provare ad assumere
uno sguardo globalizzante11 nel tentativo di comprendere
quelle parti escluse in un ragionamento lineare, applicando cos
una funzione inversa a quella analitica nel momento in cui si
passa dallo studio del locale al globale, vale a dire, ad esempio,
che il mito applicato alla teoria e non viceversa (Corrao, 1992).
Dioniso il dio che si fa portatore di libert, il liberatore
che mette in condizione chiunque di non essere pi se stesso,
di lasciare il proprio punto di vista perdendosi nel campo.
Dioniso il dio folle che si contrappone alla mentalit di una
cultura meccanicistica: egli come un essere trans-gender.
Nonostante il tentativo da parte della comunit scientifica,
dei suoi gruppi di lavoro, infatti, di ricondurre il fenomeno tran
205
sgender a dei concetti ampi, il discorso che si costruisce non appartiene
al mondo della chiarezza. Il mondo a cui ci si riferisce
sfumato, tendente al continuo, alla fusione e alla confusione.
Partecipare a un rito, fare un pellegrinaggio (dal latino peregrinatio,
per-ager attraverso il campo) significa attraversare luoghi
e particolari spazi mentali dove si generano processi trasformativi,
dove accadono modificazioni profonde, mentali, psichiche
e culturali. Fare un pellegrinaggio prendere parte a un vissuto
collettivo dove si contatta, in uno stato alterato di coscienza nel
passaggio dallIo al Noi, la contemporanea presenza di diversi
livelli di esperienza (individuale, gruppale, istituzionale, sociale)
risuonando con essi. Questa visione paradossale disorienta, ma
stimola la mente a uno sforzo che amplia lorizzonte conoscitivo
(Corrao, 1977) integrando elementi fino ad allora non pensabili
come, ad esempio, lesistenza di molteplici identit di genere collocate
lungo un continuum i cui poli sono rappresentati dai pi
noti concetti di uomo e di donna (Chodorow, 1995).
In ci, la sacralit di un territorio importante perch induce
allattraversamento di questi spazi mentali: essere accolti
nellordine del sacro significa abbandonare la modalit dialettica
del pensiero unilaterale, adottando piuttosto una logica paradossale.
Ed proprio il vissuto di crisi legato allesperienza di
campo, al perdersi, la precondizione che favorisce il passaggio
dagli Io individuali al Noi, congiuntamente alla costruzione di
uno spazio rituale di condivisione nel quale prende corpo la rappresentazione
di un gruppo di figure mitiche, come quella del
femminiello o dei sacerdoti di Attis. Queste figure mitiche sono
espressione di una religiosit liminale, similmente allatto del
peregrinare, espressione possibile di unidentit collettiva mai
concettualizzata chiaramente, ma solo guardata pittoricamente,
come unimmagine emotiva contattata nellesperienza religiosa.
La rivitalizzazione della juta dei femminielli allora uno
snodo importante, unarea di turbolenza emotiva incentrata su
206
unidea nuova e nello stesso tempo che contatta la realt originaria12.
Si pu pensare, non a torto, al termine mistico usato
da Bion (1970) per intendere una categoria di personaggi che
hanno in comune la caratteristica di esprimere un pensiero che
astrae dalla cultura del gruppo al quale appartiene, ma che introduce
una novit profonda. Da un punto di vista sociale il
mistico inserito stabilmente nel gruppo di cui condivide cultura
e tradizione (religione cattolica, devozione alla Madonna
Nera ad esempio). La partecipazione sintonica dei movimenti
che sono presenti nel gruppo e la percezione di congiunzioni
costanti della realt originaria (come la possibilit di essere
transgender, uomo e donna nel contempo) portano a movimenti
considerati nuovi e dirompenti (Angeli, 2010).
La rivitalizzazione della juta allora una possibilit di attraversamento
di campo e di spazi mentali inesplorati: in questa
dimensione si vive un senso di libert come prendre la cl des
champs, una sorta di delocalizzazione, uninduzione benefica di
trance dissociativa come tra(n)sfigurazione del reale dato.
Le associazioni a sostegno dellomosessualit, del transessualismo
e del transgenderismo che si stanno riappropriando
negli ultimi anni del rito della juta a Montevergine, provano
a individuare uno spazio dove poter esserci e questo spazio,
attualmente, sembra configurarsi come un luogo ectopico, ossia
un altro luogo che ha un centro che varia di continuo perch
inventato e reinventato ogni volta dagli individui che compongono
e scompongono le correnti associative (Siracusano, 1986).
Il concetto di ectopia, dal greco ek-tpos fuori posto, allora
centrale per evidenziare la funzione di questo gruppo rimandando
alla disposizione di un organo (i femminielli) del corpo
sociale in un punto considerato normalmente sbagliato.
La figura del transgender, come nel passato quella del femminiello,
ha allora una funzione mentale, sociale, culturale molto
importante: di comunicare cio la possibilit di stare in una
207
posizione al margine, sostando nella con-fusione. Laffermazione
iniziale di James, che mi sembra legata a un interrogativo circa
il rapporto tra coscienza e inconscio, ma anche tra lesperienza
di sentire di far parte di un campo e di essere corpo, descrive
bene lesperienza di essere al margine. In questo senso, appropriarsi
di questa posizione liminale restituisce al transgender il
suo senso.
Note
1 Per approfondimenti vedi Ceccarelli M. (2010).
2 Concetto chiave della teoria del pensiero elaborata da W.R. Bion. Secondo
questo autore il pensiero pu svilupparsi solo quando lapparato psichico
metabolizza le impressioni sensoriali delle esperienze emotive. Queste
impressioni grezze, chiamate elementi beta, si originano sul piano della sensorialit
e dellemotivit e sono destinate a rimanere tali se non vengono metabolizzate.
La funzione alfa ha il compito di rendere disponibili gli elementi
beta per lo sviluppo di un pensiero che sia orientato verso la modificazione
della realt. Una volta che gli elementi beta sono pervenuti alla coscienza, la
funzione alfa li trasforma in elementi alfa, vale a dire in elementi psichici
che hanno caratteristiche tali da poter essere utilizzati sia come pensieri del
sogno, che come pensieri della veglia.
3 Per un chiarimento sui significati del termine si rimanda al lavoro di
Eugenio Zito e Paolo Valerio, Corpi sulluscio, Identit possibili. Il fenomeno dei
femminielli a Napoli, Filema Edizioni, Napoli, 2010.
4 Nella sua teoria delle relazioni oggettuali, Melanie Klein ha introdotto
il concetto di scissione delloggetto, unoperazione compiuta dal bambino
sulla base delle esperienze emotive che lo porta a considerare separatamente
loggetto buono e loggetto cattivo. Un passo importante nello sviluppo
dellinfante la graduale integrazione di queste parti scisse in un oggetto
intero che mostri le sfumature.
5 Queste considerazioni prendono le mosse dalle recenti concettualizzazioni
della fisica moderna, in particolare dalla formula di Einstein sul
rapporto tra materia ed energia che stabilisce lequivalenza tra lenergia e la
massa di un sistema fisico, e dal principio di indeterminazione di Heinseberg
208
il quale afferma che in meccanica quantistica le particelle hanno alcune propriet
tipiche delle onde, non possiedono una ben definita coppia posizione
e momento, e che lindeterminazione risiede nella preparazione stessa del
sistema.
6 Per un approfondimento sulla costruzione di un setting complesso vedi
Margherita G. (2005) Per comprendere e proteggere i figli di Crono, Koinos
gruppo e funzione analitica, anno XXVI, n. 2.
7 Si pensi, ad esempio, al concetto newtoniano di infinito come limite
matematico a partire dal finito.
8 Per approfondimenti vedi Bion W.R. (1997) Addomesticare i pensieri
selvatici, Franco Angeli, Milano, 1998.
9 Il termine verit qui considerato cos come concettualizzato da
Bion. La verit ci che evolve, il non concluso; ha un potere trasformativo,
e un carattere performativo. Per approfondimenti vedi Neri C.
(2007) La verit come fattore terapeutico, Funzione Gamma Journal, n. 19.
10 James W. (1902) Le varie forme dellesperienza religiosa, Morcelliana,
Brescia, 2009.
11 Per approfondimenti vedi Margherita G. (2008).
12 O, la realt originaria, un ipotesi bioniana sullesistenza di una
realt ultima con la quale il soggetto entra in contatto attraverso la funzione
alfa. Da questo contatto si producono elementi alfa, utilizzati per i pensieri
della veglia e del sonno ed elementi beta, che derivano dalla imperfezione del
lavoro di alfa e dalla qualit infinita della realt ultima (vedi nota 2). Questa
teoria utilizzata da Bion, oltre che per descrivere lo sviluppo del pensiero
nellindividuo, per fare alcune considerazioni sulla vita dei gruppi.
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212
I femminielli o la rivalit seduttrice:
affetti, identit e sessualit a Napoli e in Campania.
Approccio antropologico, letterario e psicoanalitico*
di Corinne Fortier
Femminiello, femminielli
CՏ una figura particolare a Napoli, e nella sua regione, la Campania,
che non si ritrova altrove in Italia, comprese le altre regioni
del sud, come la Sicilia, si tratta del femminiello (plurale:
femminielli) o effeminato. Pi precisamente il femminiello,
malgrado quello che si crede, non una figura tipica dei Quartieri
Spagnoli di Napoli, infatti lo si ritrova in altre zone della
citt, e non lo si incontra solo a Napoli, ma presente anche in
altre localit della Campania.
E cos nel corso di diverse campagne di ricerca condotte
tra il 2004 e il 2007 in Campania e a Napoli, in particolare
nei Quartieri Spagnoli, abbiamo potuto conoscerne alcuni, ed
osservarli mentre agivano nel loro quartiere, nella loro famiglia,
e durante le loro attivit. Oltre a questi dati etnografici basati
sullosservazione partecipante e su interviste, ci avvarremo anche
del romanzo di un autore napoletano, Giuseppe Patroni Griffi
(nato nel 1921), Scende gi per Toledo1 (1990, ed. or. 1975), che,
per quanto di fantasia, costituisce una testimonianza preziosa
sul modo di vivere, di parlare e di pensare dei femminielli napoletani.
Infatti, secondo noi, nessuno meglio di un romanziere
pu restituire in modo preciso ed evidente il tessuto della loro
vita soggettiva, cio i loro sentimenti, il loro dramma, la loro
fantasia, la loro crudelt, la loro poesia e i loro sogni.
213
Sembra che la figura tradizionale del femminiello sia esistita
anche in Spagna sotto altro nome, e si pu avanzare lipotesi
che la sua specificit a Napoli e in Campania dipenda
dallinfluenza di elementi culturali derivanti dalla dominazione
spagnola durata nella regione due secoli, dal 1503 al 1707. I
Quartieri Spagnoli dove si trovano molti dei femminielli devono,
del resto, il loro nome ad un antico campo militare spagnolo
insediatosi nel XV secolo. Inoltre a un livello pi aristocratico,
Napoli a partire dal XVI secolo stata storicamente il luogo di
provenienza dei castrati che cantavano con la loro voce acuta
sulle scene dopera pi importanti dEuropa, come Carlo Broschi,
detto Farinelli, o Caffarelli nel XVIII secolo (Fernandez
e Schifano, 1983). Ma la figura popolare del femminiello in
s molto diversa dal castrato napoletano in quanto non viene
affatto evirato prima della pubert.
Lo studioso di folklore Abele De Blasio, nel suo libro Usi
e costumi dei camorristi pubblicato nel 1897, testimonia dellesistenza
dei femminielli a Napoli nel XIX secolo. Essendo il
termine femminiello diventato un po folkloristico, gli individui
interessati lutilizzano raramente per autonominarsi. Allinizio
della nostra ricerca, non conoscendo nei minimi particolari le
ragioni di tale denominazione chiedemmo proprio ad uno di
loro se egli si dicesse femminiello, si mise a ridere e ci spieg
che non si doveva chiedere una tale cosa, stupito per altro che
una straniera conoscesse questo termine tipicamente napoletano.
Oggi, certi femminielli preferiscono usare il termine ricchione
riferito a s stessi, termine con una connotazione
peggiorativa che rinvia in italiano ad un orientamento sessuale
preciso, quello dellomossessuale passivo, ma che essi usano per
s stessi con una certa fierezza, secondo un rovesciamento dello
stigma noto in altri ambienti omossessuali, si pensi alluso che
taluni gay fanno in Francia del termine pd, o ancora negli
Stati Uniti e poi in Europa del termine queer che significa biz
214
zarro. Questi femminielli preferiscono cos utilizzare una categoria
pi moderna, legata alla loro sessualit, piuttosto che una
categoria che a loro sembra desueta e folkloristica.
Cos, a differenza dei trans, i femminielli fanno riferimento
pi spesso ad una identit maschile di tipo omossessuale, agghindandosi
esteriormente con segni di femminilit e svolgendo
dei ruoli femminili. Gi il termine femminiello al maschile
e non al femminile, designa letteralmente leffeminato, cio
un uomo biologico che ha unapparenza femminile.
Tenuto conto della loro identit di uomini effeminati,
non impiegheremo il termine trans a proposito dei femminiel
li. Quelli che abbiamo incontrati non hanno mai usato per se
stessi la categoria di trans, nel senso di travestito, di transgender
o di transessuale. Categoria che si riferisce ad unidentit
di genere, e che, in generale, riservata ad individui che hanno
trasformato lapparenza fisica del loro corpo, sia con lassunzione
di ormoni, sia con interventi di chirurgia estetica per aumentare
il seno, sia con la riconversione chirurgica dei genitali
(Fortier e Brunet, 2012).
Il termine femminiello ben corrisponde alla realt fisica dei
femminielli che, in genere, non modificano il loro corpo; essi,
pi spesso, non hanno fatto ricorso agli ormoni o alla chirurgia
estetica per avere dei seni, e conservano del resto il loro pene.
La trasformazione fisica del loro corpo si limita al rasarsi2, depilarsi
e farsi crescere i capelli. In pi il termine femminielli ben
corrisponde alla loro realt psichica, perch essi non si identificano
con le donne e non mirano a essere riconosciuti in quanto
tali come sperano in genere i trans.
Delle prostitute al maschile
Nati maschi, i femminielli non modificano, in generale, il loro
corpo maschile, ma hanno aspetto esteriore, una gestualit e
215
delle occupazioni femminili. La maggior parte di loro ha come
lavoro principale la prostituzione, attivit che, come ovunque
altrove, socialmente riconosciuta quale tipicamente femminile,
facendo la puttana, o essendo una puttana mascolo il femminiello.
Ci sono molti femminielli nei Quartieri Spagnoli, zona
molto popolare di Napoli, frequentata dalla mala-vita con i
suoi ragazzi di strada e le sue prostitute. I Quartieri Spagnoli
sono considerati malfamati, ed i napoletani compresi gli abitanti
stessi del luogo consigliano di non frequentarli dopo le ore
173. Napoli una delle ultime citt dItalia, e pi in generale
dEuropa, dove si trovano ancora rioni popolari in pieno centro
citt. I Quartieri Spagnoli sono, in questo caso, collocati accanto
ai luoghi pi turistici della citt, come Piazza del Plebiscito, ai
pi distinti luoghi dincontro, come il Caff Gambrinus.
Il senso di appartenenza al territorio molto sentito ai
Quartieri Spagnoli, non solo al livello del quartiere stesso ma
anche a quello del vicolo. Questultimo il luogo dei bassi, abitazioni
di un vano a piano terra, che, come i negozi, danno
direttamente sulla strada. Spesso la porta e la finestra del basso
sono aperte sul vicolo in modo tale che i passanti possono osservare
dallesterno la vita intima dei loro abitanti. I femminielli
che si prostituiscono, ricevono i loro clienti nei bassi, e solo in
questa circostanza chiudono porta e finestra al momento opportuno.
Alcuni fittano un basso unicamente per esercitare il
loro mestiere, mentre altri ricevono i loro clienti nella propria
abitazione, nel proprio basso.
I femminielli vivono in armonia con gli altri abitanti del
quartiere. La loro attivit principale, la prostituzione, di fatto
completamente tollerata. In questo quartiere segnato dalla
disoccupazione, poco importa come ci si guadagna da vivere
purch ci si dimostri generosi con chi sta intorno. Il contatto
tra i bassi e la sorveglianza da parte del vicinato assicura ai femminielli
la protezione contro i clienti malevoli che potrebbero
216
eventualmente aggredirli. Essi ricevono i clienti in giornata dalle
ore nove e trenta alle ventidue, dal luned al sabato, riservando
la domenica al riposo; molto credenti, come la maggioranza
dei napoletani, di domenica si recano abitualmente alla messa.
Un femminiello ci invita nel basso dove riceve i clienti.
Quando arriviamo il basso tutto aperto, porta e finestre, lo
troviamo che sta lavando per terra come ogni donna di famiglia
napoletana che si rispetti, in attesa di ricevere i clienti. Si
ritrova l una caratteristica delle abitazioni napoletane che sono
estremamente pulite e sanno spesso di detersivo, le donne ne
fanno un punto donore a tenere la casa perfettamente linda.
Il nostro padrone di casa si dedica dunque a due attivit tipicamente
femminili, la prostituzione e la cura delle faccende
domestiche.
Il basso che visitiamo fatto da un solo vano dove cՏ un
letto, con un piccolo bagno. A differenza del basso come abitazione,
dove spesso troneggia un armadio di formica che contiene
un vaso di fiori di stoffa e unimmagine della Madonna
dellArco, qui domina lapparenza funzionale e spoglia.
Il femminiello che occupava questo basso pagava un fitto di
400 euro al mese. Non doveva prostituirsi per la strada perch
i suoi clienti conoscevano il suo basso. Era lusingato del resto
che in alcune serate di particolare affluenza questi facessero la
fila in macchina nel vicolo dove si trovava il suo basso. La sua
attivit, bene accettata nel quartiere, non dava fastidio in alcun
modo ai suoi vicini. La tariffa delle prestazioni dipendeva dalla
sua durata perch chiedeva ai suoi clienti, nel 2003, 6 euro per
un quarto dora. La sua prestazione consisteva essenzialmente
nel fare fellazioni e nel farsi sodomizzare.
Pare, come dice Giuseppe Patroni Griffi (1990: 47-48),
che alcuni femminielli, per paura che altri possano loro rubare
i buoni clienti, preferiscano recarsi a casa di essi piuttosto che
riceverli nel loro appartamento: Nemmeno a nominargliela,
217
Sayonara le prende un attacco isterico. Dice chՏ una zoccola
invidiosa, perch vero che di lei parla con rispetto, ma lo fa
apposta per renderla antipatica, che quando le capita un buon
cliente tra le mani cosa rara si guarda bene dal portarlo a
casa sua chՏ la migliore di Napoli, se lo va a rosicare in quella
tana sifilitica dove abita, anche se sa che cos lo perde, ma non
importa, lo preferisce, tantՏ invidia che la rode.
Il femminiello incontrato riceveva i clienti nel basso dove sua
zia sera prostituita; lattivit della prostituzione non era dunque
una novit nella sua famiglia. Non lontano da l, negli altri vicoli,
si potevano trovare anche donne che si prostituivano, che
fossero napoletane o straniere, in questo caso una di esse dorigine
africana. Ma, mentre stringono legami forti tra di loro,
i femminielli non hanno alcun legame particolare con le donne
del quartiere che si prostituiscono, prostituzione che per altro
meno visibile di quella dei femminielli.
Inoltre, la prostituzione dei femminielli cos bene integrata
nel quartiere, di giorno come di notte, che non cos spettacolare
come quella notturna dei transessuali che stanno non
lontano da l, nelle vie adiacenti alla Piazza Municipio, dove
creature siliconate, non originarie di Napoli ma spesso provenienti
da altre citt dItalia, ostentano un abbigliamento sexy e
si comportano come regine della notte.
Integrazione nel quartiere
Alcuni femminielli che non abitano nei Quartieri Spagnoli si
prostituiscono in angoli pi o meno isolati prossimi al loro domicilio.
il caso, per esempio, di un femminiello che di giorno
lavora come impiegato municipale in un cimitero di Napoli, e
che, venuta la sera, baratta la sua tuta di lavoro ed i suoi occhiali
con una minigonna ed uno sguardo di brace che dovrebbero
attirare gli uomini che passano per la strada dove si pro
218
stituisce. Si toglie i gioielli maschili che porta di solito, come
un girocollo, orecchini e un braccialetto piatto, per sostituirli
con gioielli pi femminili, come orecchini pendenti, una collana
pendente lungo il petto e braccialetti sonori. Per rendersi pi
femminile, davanti allo specchio, si trucca e si crea una nuova
pettinatura facendosi una coda di cavallo. Dopo il tramonto si
prostituisce vicino casa sua con il suo cane che non abbandona
mai, essendo questi insieme il suo protettore e il suo compagno
daffetto. Appoggiato al muro, aspettando i clienti, fuma tirando
intensamente la sua sigaretta. Tutti sanno del suo travestimento
e della prostituzione oltre al suo lavoro dimpiegato municipale
al cimitero, senza che lo nasconda o che ne abbia disonore.
Un altro femminiello che conosciamo ha la passione per il
cucito per il quale ha ottenuto un diploma. Confeziona da solo
vestiti sfarzosi che indossa in certe occasioni tra le quali la prostituzione.
Molto religioso, aiuta frequentemente i membri della
sua parrocchia a decorare la chiesa da fervente devoto. Fedeli e
preti sanno della sua attivit di prostituzione e di travestimento
senza muovergli alcuna osservazione, tanto lo zelo che mostra
nelle sue attivit parrocchiali.
Unaltra persona accostata, pi trans che femminiello, in
quanto si fatta rifare un petto in silicone e labbra carnose, e
che si presenta con un nome femminile, si dedica ugualmente
a diverse attivit. In giornata svolge un lavoro molto femminile,
facendo la parrucchiera nel suo salone per signore. Il giorno acconcia
le madri di famiglia e le donne anziane del suo quartiere
e raccoglie le loro confidenze di donna, e la notte fa striptease in
un club gay. Questa persona che non abita ai Quartieri Spagnoli,
ma in un altro quartiere popolare di Napoli, ha potuto aprire il
suo salone di parrucchiera al piano terra dello stesso posto in cui
abita, ricevendo le sue clienti di giorno gi, e sopra i suoi amanti
di notte. Allingresso del suo salone si pu vedere il manifesto
e le foto del film al quale ha partecipato come attrice. Le pose
219
glamour e sexy di queste foto non sembrano affatto scioccare le
vecchiette del quartiere che vengono a farsi i capelli da lei.
A questo punto ci che colpisce anche lintegrazione dei
femminielli nel quartiere dove vivono, essendo accettati come
tutti gli altri individui dallinsieme degli abitanti, senza che siano
vittime di stigmatizzazione o di disprezzo per il fatto che si
femminilizzano o si prostituiscono, e senza che debbano vivere
effettivamente una doppia vita come spesso capita a persone
che si travestono o che si prostituiscono, a causa dello stigma
che generalmente colpisce queste attivit. Essi sono anche talvolta
considerati come star del quartiere, essendo spesso molto
socievoli, assai servizievoli, e popolarissimi. Divertono le persone
con il loro lato isterico, teatrale ed imprevedibile.
Il legame con la prostituzione permette loro, a volte, di conoscere
in modo stretto uomini influenti nel campo della politica
ai quali chiedere dei favori, anche per i membri della loro
famiglia, per il loro amante, o ancora per il loro vicino. Cos
sono anche rispettati per il danaro ed i servigi che possono rendere
al quartiere attraverso le loro conoscenze.
Il fatto che i femminielli si comportino molto spesso come
delle regine che o adorano il loro interlocutore e lo colmano di
favori, o lo esecrano e lo insultano, attiene contemporaneamente
alle loro regole tradizionali che li autorizzano a dire ci che
vogliono senza pudore ne ritegno, ma anche allattivit di prostituzione
che offre loro, qualche volta, loccasione di allacciare
relazioni di protezione con persone ben collocate politicamente
e socialmente.
Un portamento femminile
A differenza dei travestiti incontrati in Francia, che vivono da
uomini gran parte della loro vita e si travestono indossando
abiti femminili solo di tanto in tanto, i femminielli vestono per
220
la maggior parte del tempo abiti androgini, senza necessariamente
portare vestiti o gonne, ma pi spesso indossando jeans
femminili modellanti che mettano in risalto le gambe. I femminielli
portano generalmente vestiti eleganti solo quando escono
per prostituirsi.
La pi comune caratteristica dei femminielli consiste nel
lasciarsi crescere i capelli, la cui lunghezza il segno per eccellenza
della femminilit4. Ordinariamente li tengono legati per
decenza quando circolano per la strada con un aspetto androgino
e li sciolgono in privato o quando vanno a prostituirsi per
mostrarsi pi femminili. Sono generalmente molto fieri della
loro capigliatura che consente di non usare parrucche. Ai capelli
lunghi anche associato un gesto femminile come quello di
lanciare la testa allindietro per riportare i capelli dietro la nuca,
gesto per eccellenza della sensualit femminile, o, come lo descrive
Giuseppe Patroni Griffi (1990: 15): La mano rovesciata,
due tre colpi sotto la nuca per gonfiarsi i capelli5.
Alcuni femminielli si colorano i capelli di biondo, essendo
questo colore evocatore di una fantasia erotica in una societ
dove la maggioranza delle donne ha i capelli o castani o neri. Il
romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 27) fa riferimento a
questa tinta di capelli ideale per i femminielli: Non mi faccio
capace perch il biondo in testa a te viene naturale. La prossima
volta proviamo lhenn. La tintura dei capelli, ma anche il
trucco concorrono alla femminilizzazione dei femminielli. Giuseppe
Patroni Griffi (1990: 29) descrive la camera del protagonista
del suo romanzo, Rosalinda Sprint, piena di bottigliette
destinate a diverse esigenze estetiche: La stanza di Rosalinda
Sprint la stanza di Rosalinda Sprint.., e bottiglie, bottigliette,
dacqua ossigenata, di essenze, di trucco e strucco, colonia, profumo,
tintura, e lozioni da quelle per rinforzare il bulbo capillare
a quelle per ammorbidire lepidermide e per altre cose vaghe,
e...in fila indiana, un centinaio di minuscoli flaconi di smalto
221
per le unghie che vanno dal nero pece, attraverso tutte le gamme
delliride e le possibili sfumature, allargento e alloro.
Peraltro i femminielli assumono spesso una gestualit femminile
caratterizzata dal modo di parlare con le mani, il loro
ancheggiare, il loro modo di spingere il busto in avanti come
se avessero il petto. Si distinguono anche per un certo modo
di relazionarsi con gli uomini, basato sulla provocazione, punteggiando
spesso il discorso con allusioni sessuali o con gesti
di significato osceno che fanno ridere il loro auditorio. Questo
modo di fare molto ben descritto nel romanzo di Giuseppe
Patroni Griffi (1990: 25): Le risate, a fermare la gente per
la strada gli racconti storie incredibili, fai proposte le pi
oscene.
Possiamo citare a titolo desempio una delle tante scene di
questo tipo che abbiamo potuto osservare. Mentre accompagniamo
un femminiello per la strada, questi si ferma a salutare
un uomo che tiene per mano la figlia. Comprendiamo subito
che si tratta di un suo abituale cliente. Invece di fingere di non
vedersi, per evitare un incontro che pu essere considerato imbarazzante,
si salutano apertamente dimostrando che non cՏ da
vergognarsi a conoscersi, n per luno n per laltro. Addirittura,
per provocazione e con orgoglio a sottolineare la sua attivit e
il suo rapporto con quelluomo, il femminiello domanda ostentatamente
alla bambina di ripetere la parola puttana.
Oltre alla prostituzione, attivit femminile per eccellenza, i
femminielli si dedicano ad altre attivit considerate tipicamente
femminili, cucinare, cucire, fare i capelli, attendere alle faccende
domestiche come ogni buona donna di casa. Si occupano
molto spesso anche di fare compere per le vicine anziane che
hanno difficolt a muoversi. E le madri di famiglia non esitano
ad affidare loro i figli quando hanno bisogno di assentarsi da
casa, non facendo affatto quella confusione che altrove si fa tra
pedofilia e pederastia. Molti femminielli possiedono, inoltre, un
222
cagnolino che adorano e che trattano come un figlioletto, adottando
cos un atteggiamento molto materno verso lanimale.
sorprendente constatare come ai femminielli faccia piacere
rendere servizio al vicinato, facendosi cos pi bene accetti
e acquisendo con questo una buona reputazione, indipendentemente
dal loro orientamento sessuale e dalla loro attivit professionale.
Essendo la societ napoletana basata sullo scambio
dei favori, ogni individuo che partecipa a tale scambio, mostrandosi
generoso con la famiglia ed il vicinato, socialmente
integrato e gode di una reputazione, non importa quali siano le
sue preferenze sessuali e come abbia fatto il danaro.
Uomini effeminati, non trans
Nella tradizione i femminielli non avevano a disposizione ormoni
per trasformare il loro corpo, ma oggi qualcuno vi fa ricorso,
qualcunaltro va ancora oltre facendosi rifare il seno con
la chirurgia estetica. Cos cambiano di categoria diventando pi
dei transgender che femminielli. Malgrado la trasformazione del
seno non pensano generalmente di far ricorso allintervento di
riconversione dei genitali, essendo il pene essenziale per la loro
identit.
I femminielli parlano spesso di se stessi al maschile nella
vita quotidiana. Conservano in genere il nome di nascita, salvo
quando si prostituiscono da donna, in questo caso, assumono un
nome femminile che evoca nella maggior parte una bella creatura
di fantasia come Cleopatra, Flamma, Sara. Nel romanzo
di Giuseppe Patroni Griffi (1990) i nomi sono ispirati ad attrici
o a personaggi del cinema che incarnano temibili seduttrici,
come quello di Marlene Dietrich, o ancora quello di Sayonara,
che giunge a rimpiazzare quello di Mim Bluette, nome rtro
di un personaggio di cocotte parigina dorigine italiana6: Allora
mi chiamavo Mim Bluette, il nome lho cambiato dopo il
223
film di Marlobbrando, pi moderno. Sayonara, e mi sta bene,
mette in evidenza locchio a mandorla, no? (1990: 39). In tale
romanzo (1990: 26), il protagonista principale ha un nome con
consonanti sonore che Marguerite Duras non avrebbe disprezzato,
Rosalinda Sprint, dopo essersi chiamato allinizio Rosa
di Napoli, nome che ormai giudica fuori moda: Allinizio mi
chiamavo Rosa di Napoli. Dmod7.
In conclusione, per noi difficile impiegare i termini di
travestito, di transgender o di transessuale, che sono abbastanza
lontani dallidentit dei femminielli. Infatti, mentre i travestiti, i
transgender o i transessuali chiedono di essere riconosciuti come
donne ed usano il femminile a loro proposito, la stessa cosa non
avviene per i femminielli che parlano in genere di se stessi al
maschile. Il termine androgino non ci sembra pi appropriato,
perch queste persone non hanno necessariamente una parvenza
fisica androgina, ma vivono nel loro corpo maschile accentuando
un modo dessere femminile. Il termine terzo genere
non ci sembra pi pertinente nella misura in cui i femminielli
non creano un nuovo genere ma conservano il corpo maschile
e sviluppano insieme attributi fisici e ruoli sociali femminili. N
per altro si apparentano alle drag queen, termine che designa
persone che, nella comunit gay, si vestono di tanto in tanto da
donna essenzialmente in occasione di prestazioni sceniche. Cos
ci sembra pi giusto di non sussumere i femminielli sotto una di
queste categorie, ma piuttosto di mettere in evidenza prospettica
ci che fa la loro identit e la loro specificit.
Una sessualit senza procreazione
Per i femminielli loperazione chirurgica di riconversione sessuale
molto spesso impensabile, non hanno alcun problema
con il loro pene, come invece accade nel caso di alcune persone
trans. Lidea di avere o anche di vedere un sesso femminile pro
224
voca in molti di loro un certo disgusto. Questa ripugnanza per
il sesso femminile conferma la loro omosessualit, non avendo
mai avuto la maggior parte di loro, a differenza di molti trans
che abbiamo incontrati in Francia, relazioni sessuali con donne
ma solo esclusivamente con uomini.
In pi, modificare il loro sesso significa trasgredire. Si tratta,
da una parte di una trasgressione nei confronti di Dio che
li ha creati con un sesso definito, e pertanto non si pu andare
contro la volont divina. Dallaltra parte, si tratta anche di una
trasgressione nei confronti della propria madre che li ha generati
di sesso maschile. Infatti a noi sembrato che per i femminielli,
come per il resto della popolazione locale, prima di tutto
la madre che li ha fatti cos, ossia ha dato loro un pene come
organo sessuale e procreativo. Tanto pi che il pene, chiamato
localmente luccello, in riferimento ad un ragazzino, spesso
esaltato dalla madre, che in genere nella societ mediterranea
molto fiera di avere un figlio maschio.
Infine, cambiare sesso sarebbe una trasgressione nei confronti
della differenza dei sessi, che i femminielli, secondo la
societ in cui si muovono, considerano non come culturale ma
biologica. E lanatomia a segnare definitivamente il fatto che si
sia uomo o donna, e non esiste per loro altra opzione possibile.
Daltra parte, realizzare lintervento di riassegnazione sessuale
come si usa dire in ambito medico, non li renderebbe pi
donne, perch, pur conferendo loro un sesso femminile, non
darebbe tuttavia il potere di procreare, potere femminile che
caratterizza in modo naturale la donna in questa regione8.
Gli stessi femminielli affermano che non potranno mai essere
allaltezza di una donna, dal momento che manca loro la
capacit riproduttiva propria della donna stessa. La femminilit
nella societ napoletana, come in altre societ, legata al
fatto di procreare e di fare bambini, significativamente chiamati
creature. Capacit particolarmente valorizzata nella zona
225
di Napoli, dove la madre messa su un piedistallo proprio in
ragione del potere di dare la vita, in ci simile a Dio. E per
questa ragione la Madonna, pi di ogni altra figura cristiana,
compresa quella di Ges Cristo, abbondantemente festeggiata
in Campania.
Quando evochiamo con i femminielli la possibilit per gli
omosessuali di adottare bambini o di far ricorso alla procreazione
medicalmente assistita, si mostrano contrariati dallidea
che una coppia omosessuale possa avere un bambino. Per essi
questi il prodotto dellincontro tra un uomo ed una donna e
non pu essere altrimenti. I femminielli sono chiaramente molto
lontani dalle lotte degli omosessuali che rivendicano il diritto
di formare famiglie omoparentali. La procreazione cos strettamente
legata alla differenza dei sessi in questa parte del sud
dItalia che non ne pu essere dissociata; lidea che un bambino
possa nascere solo dallincontro sessuale di un uomo e di una
donna qui insuperabile.
Rivalit di conquista
I femminielli dicono che non possono avere bambini con gli uomini,
possono di contro avere rapporti sessuali con loro, rapporti
evidentemente non procreativi per leguaglianza degli organi
genitali dei partner impegnati. In un certo modo, i femminielli,
a differenza delle donne, incarnano la pura sessualit senza procreazione
e senza dubbio, per questa ragione, possono attirare
uomini eterosessuali. Infatti si distinguono dagli omosessuali
perch hanno relazioni sessuali con uomini eterosessuali. Come
dice Rosalinda Sprint nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi
(1990: 31): La razza duomo che mi fa perdere la testa. Gli
uomini eterosessuali che hanno relazioni sessuali con i femminielli
non si considerano e n sono considerati localmente come
omosessuali9.
226
Questi uomini possono essere padri di famiglia o celibi. Pi
sono belli, giovani, virili, muscolosi, pelosi, attraenti pi sono
bersagli scelti dei femminielli. Questi infatti seguono una logica
predatoria verso questo tipo duomini. Tra di loro i femminielli
intrattengono rapporti di competizione, si tratta di sapere chi
la pi bella nel suo specchio, e alcuni fanno per conseguenza
ricorso alla chirurgia facciale per essere pi attraenti. Marlene
Dietrich, nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 14), si
burla cos di Scopa che, avendo fatto la chirurgia estetica per
avere locchio orientale, si ritrova con un ghigno meccanico:
Marlene Dietrich ha la pupilla sbarrata nel vuoto, lentamente
con tutti e due i medi si massaggia le rughe intorno agli occhi,
stira la pelle verso le tempie desiderio fisso di chirurgia
plastica. Dovreste farvi tagliare qua e qua tirare la pelle, viene
locchio orientale. Cos ha fatto la Scopa10 lhanno talmente
tirata, che quando apre gli occhi si spalanca la bocca e se la
chiude si chiudono pure gli occhi.
I femminielli daltronde hanno rapporti di concorrenza
astiosa con le donne, sperando di fregare loro il compagno, lamante
o il marito, per provare che sono pi desiderabili delle
donne stesse. Unintervista raccolta da Eugenio Zito e commentata
da Gabriella DAgostino (2010: 17) testimonia chiaramente
la rivalit dei femminielli con le donne per prendersi
(prendere) il loro uomo, rivalit che, nei loro discorsi proiettano
sulle donne, trasferendo cos ad esse i sentimenti di gelosia che
essi stessi provano: ...le donne sono invidiose di quelle come
me perch noi ci sappiamo vestire, ci sappiamo preparare, ci
piacciono le cose belle, abbiamo gusto e soprattutto ci sappiamo
fare con gli uomini tanto che, se vogliamo, ci possiamo
prendere i loro uomini come e quando vogliamo, perch, a vedere
bene, noi non ce le vediamo proprio a molte donne e per
questo cՏ molto invidia anche perch ci vedono sempre belle e
preparate e soprattutto vedono che riusciamo ad attrarre mol
227
to pi di loro gli uomini e quindi ce li portiamo a letto o ne
facciamo quello che vogliamo, siamo fatte cos e quindi siamo
anche tanto invidiate11.
Comportarsi come una regina
Per farsi desiderare dagli uomini eterosessuali che i femminielli
vogliono, si devono femminilizzare. Devono avere gli attributi
della femminilit e la gestualit che consentir loro di avvincere
gli uomini in tutti i sensi del termine. Come consiglia un
femminiello ad un altro nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi
(1990: 41): Gli uomini, ricordati, li devi sbalordire. Se ci riesci,
potrai scegliere tu senza aspettare dessere scelta.
I femminielli mettono in scena la femminilit con una mascherata
ben conosciuta anche dalle donne. Ci riferiamo alla
nozione di mascherata cos come stata introdotta per la prima
volta da Joan Rivire (1994: 176, ed. or. 1929), e che stata
ripresa da Lacan (1973, ed. or. 1964), secondo la quale, la mascherata
rimanda ad una certa messa in scena della femminilit.
Femminilit di cui i femminielli si riappropriano molto meglio
di quanto d a vedere unimmagine archetipica della femminilit
stessa. Cos possono apparire agli occhi di certi uomini come
una figura desiderabile, per il fatto che, abbigliati con gli abiti
della femminilit ed esagerando con questi, rappresentano un
oggetto erotico.
Esiste dunque una doppia concorrenza, da una parte tra i
femminielli stessi, e dallaltra tra questi e le donne. Si tratta di
sapere chi risulter la pi seduttrice e provocante per gli uomini.
E per questo bisogna essere una regina come dicono i
femminielli; cos come lo ricorda un femminiello ad un altro nel
romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 41), per conquistare
gli uomini: Ci vuole stoffa, ti devi sentire importante, una
regina.
228
Non conoscendo quella ferita che rappresenta simbolicamente
il sesso femminile e possedendo lorgano sessuale di valore
che il fallo, i femminielli non soffrono di quella disistima
di s che spesso colpisce le donne, ma manifestano al contrario
una sicurezza tutta narcisistica, come lo dimostra per esempio il
fatto che alcuni si considerano delle regine e prendono a volte
il nome di una regina come Cleopatra.
I femminielli vogliono mostrare agli uomini che possono
dare loro qualche cosa in pi rispetto alle donne, considerandosi,
in particolare, come migliori partner sessuali. Non essendo
sottomessi alle regole del pudore femminile, appaiono sessualmente
pi intraprendenti delle donne. Provano in genere a
sedurre gli uomini con la loro mimica, le loro pose lascive, le
allusioni oscene, e possono molto rapidamente fare gesti sessuali
verso di loro, come mettere la mano nella zona del sesso per
stimolare il loro desiderio. Abbiamo potuto verificare quanto
lappartenenza al genere femminile renda meno facili i contatti
con i femminielli, nella misura in cui, in quanto donne, non li
interessiamo sessualmente. Ci avrebbero sicuramente prestato
maggiore attenzione se fossimo stati uno scalpitante giovanotto.
Lo sguardo femminile che volgiamo su di loro per essi indifferente,
perch solo uno sguardo maschile li erotizza, li isterizza,
li anima, li fa vibrare ed esistere. Per noi, quindi, ci un
segno dellidentit risolutamente maschile dei femminielli, il cui
atteggiamento molto diverso dai trans che abbiamo incontrati
in Francia i quali si possono sentire valorizzati ed anche riconosciuti
dallo sguardo benevolo delle donne.
I femminielli vedono nella maggior parte dei casi le donne
come degli esseri concorrenti e inferiori che non posseggono
quel potere fallico a cui essi danno molto valore. Per loro, strappare
degli uomini alle donne, un modo per affermare il loro
sex appeal e il loro potere. Cos stanno in una sfida costante con
le donne per sottrarre loro il partner. Abbiamo descritto nella
229
societ maura della Mauritania (Fortier, 2004), un gioco di tipo
omosociale che consiste per un uomo celibe nel conquistare la
donna di un uomo sposato, a Napoli, assistiamo a un gioco
non pi solamente omosociale ma omosessuale consistente per
i femminielli nel distogliere un uomo eterosessuale dal suo desiderio
per la donna.
Dolce schiavit damore
Ma leccitazione di questo gioco di predazione svanisce, i femminielli
sanno che gli uomini che hanno sedotto ritorneranno
dalla loro partner femminile. Passata limpressione piacevole
della loro superiorit nei confronti delle donne che gli procura
la conquista di un uomo, realizzano la loro inferiorit, non potendo
come esse passeggiare per la strada al braccio del proprio
uomo o vivere con lui in coppia12. Essi ci hanno confessato la
loro sofferenza per non avere un ruolo socialmente riconosciuto
presso gli uomini che frequentano anche se sanno dallinizio
che non si possono aspettare niente da essi: gli sposati rimangono
con la madre del loro figlio e i celibi continueranno a
flirtare con colei che forse diventer la loro sposa.
Tuttal pi hanno con questi uomini una posizione di
amante. Ed ben raro che questi amanti li ricoprano della loro
generosit, piuttosto sono essi che in genere li riempiono di
regali sontuosi allo scopo di tenerseli. Giuseppe Patroni Griffi
(1990: 38-39) fa cos parlare Sayonara, innamorata di un uomo
sposato col quale si intratteneva: Anche a me, cara, sarebbe
piaciuto tenermi Elia per la vita. Unico amore. Vero. Avevo
let tua. Era un sardo che stava in Sardegna. Mi poteva seguire,
me lo potevo portare appresso? Si, domani. Aveva moglie, e
figli, non sapeva neppure dove stava il continente13. Un cuore e
una capanna? S, domani! Lavoravo per mantenere lui? E lui si
faceva mantenere da me?.
230
Innamorati di questi uomini, i femminielli accettano tutto
da loro, compreso dessere picchiati per gelosia, essendo ci, dal
loro punto di vista, una prova damore come lo per le donne
degli ambienti popolari di Napoli.
Cos, il femminiello di cui abbiamo gi parlato che ci ricevette
nel basso dove si prostituiva, era fiero di presentarci il suo
giovane bel protetto a cui aveva acquistato una fiammante moto
nuova con i proventi della prostituzione, ed era anche orgoglioso
di mostrarci i segni che quegli gli aveva fatto alle gambe in un
eccesso di gelosia. Giuseppe Patroni Griffi, cos mette in scena
Rosalinda Sprint, che, malgrado il fatto che lamante le abbia
rubato il danaro, gli grida dalla finestra ti amo in una scena
molto cinematografica: Si impadronisce della borsa che intanto
ha adocchiato, la rovescia, prende il danaro che trova, scappa.
Ti amo, ti amo, piange Rosalinda Sprint.
Corre sul balcone, lo vede uscire che si sta infilando ancora
i soldi in tasca. Attraversa la strada e scompare come un ladro.
Magnifico (1990: 60). Le relazioni dei femminielli con i loro
amanti richiamano le relazioni tradizionali delle prostitute con
il loro protettore, con cui hanno un rapporto di sottomissione
amorosa accettando dessere malmenate, derubate, tradite.
Folle damore
A questo punto, citeremo abbondantemente Giuseppe Patroni
Griffi, sembra la persona che meglio di tutti abbia saputo
rendere la soggettivit amorosa dei femminielli. Questa attinge
il suo codice sentimentale e sessuale dalla femminilit. Ci
gi evidente nel passaggio precedentemente citato, e appare
ugualmente nel modo in cui Rosalinda Sprint pazza del suo
amante: Quando il brigadiere lacchiappa sul fatto, sul fatto
ci sta con un giovanotto di cui pazza, col quale da qualche
tempo amoreggia (Patroni Griffi, 1990: 37).
231
La follia amorosa una follia del corpo delluomo. Sayonara
nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 39) confronta la
bellezza liscia del suo amante con quella di un Cristo di legno:
era bello, bellissimo, un Cristo di legno (non soltanto la faccia,
intendiamoci, scolpita nel legno). Rosalinda Sprint, quanto a
lei, pi sensibile alla bellezza bruta e paradossale degli uomini,
che rasenta il laido e lanimalit (1990: 55-56): Resta
in piedi vicino a me, ti guardo pezzo per pezzo e ti descrivo le
tue bellezze. Stammi a sentire. Labbra. Sono rivoltate in fuori.
Nere. Morbide. Lunghe. Provocazione a morderle. Bocca. Larga.
Io con la mia bocca entro dentro alla tua bocca. Bocca maschia,
tipo cane da presa. Denti. Uno spezzato uno sovrapposto.
Scuri. Nicotina. Denti di uomo. Faccia. Bella come devessere
brutta la faccia del maschio. Mi segui? Tutti quei punti neri
sullepidermide del viso, bucano. Non te, bucano chi guarda. Mi
sento uno scolapasta sono tutta bucataaaaaa, strilla.
Il pene delluomo in particolare fatto oggetto di una sacralit
amorosa. Rosalinda Sprint esclamer, in adorazione davanti
al pene di un uomo, chiamato affettuosamente a Napoli
il pesce, quantՏ bello il pesce comՏ buono (Patroni Griffi,
1990: 57). Questa venerazione per il pene di un uomo pu
condurre ad amare questa persona, confusione di sentimenti
sottolineata da Sayonara (Patroni Griffi, 1990: 41): ... parlate
di membro virile e credete di parlare damore, ecco lequivoco.
Giuseppe Patroni Griffi (1990: 32-33) descrive questa confusione
di sentimenti di Rosalinda Sprint per Gaetano al quale
lei continua a pensare nostalgicamente bench sappia che egli
non nutre alcun sentimento per lei e che glielo fa capire per
il fatto che continua a pagarla come una prostituta: E questo
Gaetano, che non lascia un addio, pure lui! ... E infatti diecimila
lire! Stanno trafitte da uno spillo nel cuore di un fiore
di pezza. Gaetano Gaetano non comprendi un cacchio, avrai
un paio di palle potenti ma cervello nix. Il tuo ritmo impla
232
cabile ho sentito che simbrogliava coi battiti del mio cuore, li
accavallava fino allo spavento che mo sarresta ma tu cuore,
Gaetano, nix. La tua pelle liscia sincrespa in folate di ebrezza
che scorrono rapide dai piedi fino alla radice dei cappelli ma
sangue nelle vene, tu, nix. Sar pur bene distribuito il tuo peso
per chi ti sta sotto, sar forte nelle cosce che debordano curve
dal mio corpo fragile, sar leggero nelle caviglie sottili che
manovrano i piedi tuoi irrequieti contro i miei troppo grandi,
sar solido nella pancia che ti parte nervosa dagli inguini e si
allarga tesa senza un briciolo di mollicio, sar qualcosa di vivo
e mutevole nel petto che non ampio, Gaetano, eppure carnoso
(Che hai fatto nuoto? Facevo. Ora non lo fai pi? Tengo un
motoscafo), secco nelle braccia che stringono a tenaglia, sar
sar sar il corpo tuo una bellezza di volumi e forze in equilibrio
ma, un po di sensibilit, dove la trovi tu sensibilit,
Gaetano, nix. Sei come la tua bocca che non bacia, che a labbra
strette schifa il mescolarsi tiepido delle salive sei un pezzo
di mmerda, Gaetano. E io la diecimilalire te la tiro in faccia,
ti dovessi incontrare al braccio della regina Tait14, ti dovessi
veder passare sotto la Caracciolo15 nel tuo allegro motoscafo. Se
sei un maschio, e lo sei, dove vivi? Non thanno insegnato che
a un maschio si offre, si regala, ci si d?.
Lamante di piacere
In questo passaggio, come nel seguente (1990: 40), si vede che
Rosalinda Sprint non vuole assolutamente mischiare lamore
con il danaro: Questi racconti la fanno star male perch si
convince meglio che lamore dovrebbe essere un tesoro privato,
nascosto, sul quale non deve agire nessuna ragione dinteresse.
Lamore non deve avere niente a che fare con la moneta.
A questa concezione pura e disinteressata dellamore si aggiunge,
per Rosalinda Sprint, una visione sentimentale e recet
233
tiva della sessualit (1990: 58): La rivolta, le allarga le cosce,
munge saliva con la bocca ma non la sputa, ne lascia cadere un
grosso fiotto diritto al centro del culo che si contrae. calda.
Rosalinda Sprint perde un grido acuto, torce la testa a guardarlo.
Dalle labbra di Gennaro si parte un filo di bava che la tiene
legata prima catena damore. Gennaro non si muove, le mani
ferme a tenere aperta la polpa delle carni aspetta. La catena
si assottiglia a poco a poco, si spezza. Due dita nel mucchio di
saliva denso, e via, dentro. Un fremito si spande a onde per il
corpo una refola debbrezza, il mare, lestate, io sono lestate,
io sono il mare, la chiglia dun veliero mi solca, mi apre,
mincrespa. Non massaggio, una masturbazione che sfinisce,
vorrebbe capire se le dita sono sempre due o tre, non riesce a
distinguere, forse quattro, tutte, non sa. Il vento cala, svanisce,
laria tesa minaccia un ciclone fatale. Unonda misteriosa si gonfia,
si erge carica di forza, e sbatte il veliero contro gli scogli a
infrangerne lorgogliosa polena doro. Grida Rosalinda Sprint,
grida, quanto a lungo grida, Gennaro entra vivo in lei, ancora
grida, non smette mai dentrare Gennaro vivo, inesorabilmente
lento Gennaro saddentra, singolfa, si affonda, esala un primo
respiro profondo. Le incastra i superbi neri coglioni tra le cosce.
Non la lacrima di prima, un pianto copioso le bagna le gote
schiacciate sul letto.
Giuseppe Patroni Griffi (1990: 37) descrive molto bene il
lato contemporaneamente romantico di Rosalinda Sprint che
sidentifica con Madame Butterfly e che la spinge ad apprezzare
rapporti sessuali selvaggi durante i quali si sente diventare
femmina a fianco di colui che tuttocazzo: ...sono la
tua Butterfl...E poi emozione dellattesa, amore traboccante e
voglia, e lui chՏ diventato tuttocazzo e la piega di forza in ginocchio
nel fosso umido fa caldo, lerba bagnata striscia tra
le cosce nude appena divaricate ad aggiungere frenesia e lui la
carica tenendosela abbracciata, le grosse mani martirizzano i
234
capezzoli sottili, li bruciano, una tortura alla quale non potrebbe
resistere se non fosse la destrezza con cui la sta caricando a
confondere ogni sentimento, e lei che si mette ad abbaiare alla
luna che esplode dal mare nero dietro gli alberi neri e si sente
un animale felice come un animale....
Violenza di godimento
Il romanziere descrive lintensit delle sensazioni fisiche ed
emotive che Rosalinda Sprint prova con colui dal pesce doro
di Tutankamon (Patroni Griffi, 1990: 58-59): Gennaro la
fotte e Rosalinda Sprint si sente fottuta sensazione rara nel
suo mestiere. Si sente giusta sotto di lui, si sente fica, si sente
aperta, usata e utile, si sente vacca, troia, gorgogliante, insalivata,
bavosa, si sente dissossata, tuttacarne, medusa tremolante, si
sente allargata, piatta, che si espande, si sente crescere come il
pane lasciato a crescere, calda di lievito, impastata di sangue e
merda bollente, si sente priva di parole, incapace di dire, foga
di puri suoni che le partono dal fondo e sono rochi, selvaggi,
disumani, spezzati o lunghissimi, mai prima intesi, e Gennaro
continua a fotterla con andamento esasperante che toglie il fiato
che gi hai capito ti porta al manicomio avanti di raggiungere
la distruzione finale.
Sa che sar la sua follia, sa che dal momento che si staccheranno
incomincer a ricercarlo, sa che la sua vita ne sar
avvelenata perch certo le cose non andranno lisce, troppo bello
sarebbe...sbatte la testa a destra e a sinistra, non regge pi il
piacere, a destra e sinistra, punta i gomiti contro il materasso.
No! grida Gennaro. Si arresta. Un attimo. Lafferra di sorpresa,
se la tira su contro il petto, e corre per la stanza stringendosela
addosso, mordendole il collo, le spalle, annaspando,
mentre le scarica dentro getti e getti di roba. Quando ha finito
se la lascia scivolare dalle braccia, dal pesce, e Rosalinda Sprint
235
sbatte con lanca a terra se ne accorger pi tardi: una lividura
e un gonfiore cos.
Puliscimi.
Gennaro a gambe aperte, inginocchiato su lei, le appoggia
il pesce alle labbra, Rosalinda Sprint con la lingua glielo lava
dalla punta alla radice: umiliazione, intimit andate, privilegio
orgoglioso. Glielo asciuga scorrendovi sopra le labbra asciutte: o
pesce doro di Tutankamon, dolce schiavit damore.
Tre volte Gennaro la chiava, tre volte la riempie... Rosalinda
Sprint rimasta morta.
Il sentimento di morte violenta che prova Rosalinda Sprint
al momento del godimento, e che non sarebbe dispiaciuto a
Georges Bataille, si esprime con le immagini di colpi di coltello
e di anima errabonda ereditate dellimmaginario napoletano:
Nellapoteosi dorata duna settecentesca raggiera daltare
agonizzano nel letto glorioso di macchie di sperma, in un gorgoglio
di sangue che fugge dai loro corpi aperti. La rivelazione
suprema abbagliante non muore sola Rosalinda Sprint,
muore con lamante ed lei a dare il godimento della morte a
entrambi. Di quante coltellate tho decorato mentre te ne venivi?
Pi te ne davo pi godevi. Mhai esalato lanima in culo. Ho
rivolto il coltello contro di me e quante bocche avevo aperto sul
tuo corpo tante ne ho aperte sul mio, e nella stessa direzione,
che si potessero baciare. Ho sentito il tuo pesce morirmi dentro,
sento lanima mia che si stacca e va incontro alla tua. Si
mescolano, prigioniere felici, nei corpi amati (1990: 78).
Il peso della prostituzione
Giuseppe Patroni Griffi (1990: 37) descrive bene ci che Rosalinda
Sprint chiama il peso della prostituzione, soprattutto
quando debutta in tale attivit: I primi anni non riesce a
vincere la ripugnanza di compiere i gesti, gli atti dellamore,
236
accompagnandosi a vecchi, in generale a uomini che non le
piacciono. Nel suo intimo cՏ una sorta di delicatezza nessuna
volgarit per cui sente il peso della prostituzione. Pensare a
scene damore con il suo amante aiuta Rosalinda Sprint a sopportare
il tormento della prostituzione: Quante volte rivive
la scena mentre si vende agli schifosi che la pagano... Rivivere
i momenti preferiti la sua maniera per superare il tormento
della prostituzione (Patroni Griffi, 1990: 37).
Ritrovarsi nel pensiero con un proprio amante di piacere
quando si con un cliente un modo di allentare la violenza
dellesperienza della prostituzione come appare da questo dialogo
tra Marlene Dietrich e Rosalinda Sprint (Patroni Griffi,
1990: 38): E figlia mia, ti credevi che nella vita permesso
solo ci che piace? Non sarebbe vita, sarebbe paradiso. Quando
stai sotto a uno che ti paga, immaginatene un altro.
A me viene voglia di sputargli in faccia.
E te la fai passare. Pensa a chi tha fatto godere.
Giuseppe Patroni Griffi (1990: 41) mostra per altro, motivazioni
non esclusivamente venali dei femminielli a prostituirsi:
...se i fessi che vi pagano decidessero di non scucire pi una
lira, ve li fareste ugualmente gratis. Brutti e gratis. Lamore del
cuore, lamore della moneta non mi fate ridere....
In modo sottile, Giuseppe Patroni Griffi (1990: 39), evidenzia
la dolorosa confusione che pu sopraggiungere nella
testa del femminiello ma anche di qualsiasi prostituta come
dimostrato da colloqui con donne che si prostituiscono in
Francia tra il cliente e lamante quando fa lamore con questultimo:
Sembra a te che fai le stesse cose sia con quelli che ti
pagano sia con chi ti piace o che tu ami....
Senza dubbio nella prostituzione il denaro ad essere importante
non la bellezza delluomo. Come per molte prostitute,
che si tratti di uomini o di donne, amore e danaro non si confondono.
Cos come lo dice in modo crudo e colorito Marle
237
ne Dietrich a Rosalinda Sprint (1990: 51 e 67), bisogna avere
due culi, uno per lavorare e laltro per lamore, sottintendendo
che necessaria una separazione nella mente di chi si prostituisce
tra cliente ed amante: se nel lavoro cerchi lamore sei
fottuta. Tu tieni due culi te lo deve mettere in testa. Poich
i femminielli non devono farsi alcuna illusione sulle intenzioni
dei clienti, come ricorda Marlene Dietrich a Rosalinda Sprint
(1990: 52): Il cliente... ҏ inutile che lo stai a trattenere in
salotto con la conversazione; a giocare alle signore lo irriti, lo
perdi! Il cliente che si vuole trattenere, capita una volta allanno.
Quelli vogliono fare e scomparire perch si vergognano di
te e di loro; tuo compito agevolare la ritirata, se vuoi che ti
apprezzano.
Cos come lo lascia ugualmente intravedere questo ultimo
brano del romanzo di Giuseppe Patroni Griffi, dietro il folklore
e la poesia della figura dei femminielli e pi in generale delle
prostitute si nasconde anche una violenza sociale di genere.
Al di l della loro immagine di regina, della loro mascherata
femminile, delle loro provocazioni oscene, e della inversione di
genere che possono rappresentare, la loro vita fatta anche di
umiliazione, di frustrazione e di disprezzo.
I femminielli sono il prodotto di certi desideri erotici maschili
che invece di essere socialmente repressi hanno diritto di
cittadinanza. Secondo noi la societ napoletana ha creato cos
questa categoria di persone per rispondere al bisogno maschile
arcaico di svincolare la sessualit dalla procreazione. I femminielli
incarnano con i loro corpi, a differenza delle donne, la
fantasia maschile di una sessualit che non sarebbe in alcun
modo procreativa ma puramente sessuale, dunque in modo unico
dedicata al godimento maschile.
238
Note
1 Il titolo Scende gi per Toledo si riferisce a una via pedonale di Napoli
costeggiata di negozi di lusso dove i napoletani amano fare la loro passeggiata.
2 Per quanto riguarda i peli i femminielli si rasano ogni giorno la barba
e solo alcuni tra loro ricorrono alla tecnica della epilazione a laser che eliminerebbe
i peli in maniera definitiva.
3 Consiglio che non abbiamo mai seguito dal momento che vi abitavamo.
4 Per il tema dei capelli lunghi come segno di femminilit in diverse
societ vedi Fortier (2010).
5 I capelli lunghi offrono anche la presa quando due femminielli vogliono
prendersi per i capelli, come possono fare le donne, cos come mostra il romanzo
di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 27): ...stasera finisce che le afferro
pei capelli a tutte due e me le strascino appresso.
6 Questo nome deriva da film Mim Bluettefiore del mio giardino (1977)
di Carlo di Palma, ispirato al romanzo di successo di Guida da Verona (1919),
con lo stesso titolo. Vi si seguono le peripezie di una cocotte da quando viene
venduta in Italia a 12 anni da sua madre ad un uomo che la condurr a Parigi.
7 Lo stesso un nome con consonanti sonore che viene scelto dal romanziere
napoletano Pasquale Ferro (nato nel 1956) per designare leroina
travestita che d il nome al romanzo, Genny Flowers (2002). Essa per altro
chiamata dai suoi amici travestiti: Farfallina.
8 Questo fatto cos sottolineato da Gabriella DAgostino (2010: 15).
9 Questa situazione anche rilevata da Marinella Miano Borruso (2010:
193).
10 La Scopa senza dubbio il nome dun femminiello, bench niente sia
detto di lui nel romanzo.
11 Nota del traduttore. Il testo qui riportato tra virgolette appartiene al
corpus delle interviste raccolte da Eugenio Zito, citato e commentato da
Gabriella DAgostino nella prefazione di Corpi sulluscio, Identit possibili. Il
fenomeno dei femminielli a Napoli, di Eugenio Zito e Paolo Valerio, Filema,
Napoli, 2010.
12 Questo aspetto di frustrazione affettiva e di mancanza di riconoscenza
da parte del loro amante compare nel film Mater Natura (2005) di Massimo
Andrei o ancora nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1991: 62).
13 Il continente designa il resto dellItalia per gli insulari che qui rappresentano
i Sardi.
14 Si tratta di una regina africana immaginaria.
15 Strada che costeggia il mare lungo il quale i napoletani amano trascorrere
il tempo libero.
239
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dans le DVD La Candelora a Montevergine. Nuove tradizioni, antichi
diritti di Valerio P. e Sisci N., Produzione Universit degli
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Fminit Mascarade. tudes psychanalytiques, Champ freudien Le
Seuil, Paris, pp. 197-213.
* La traduzione dal francese del testo originale di Corinne Fortier
di Eugenio Zito.
240
Femminielli: un singolare limbo socio-culturale,
tra la sorte e la morte
di Marinella Miano Borruso
Genere e culture
In linea generale, in ogni societ, lappartenenza di genere definita
in base alla natura biologica che circoscrive, in una rigida
dicotomia, gli ambiti di competenza socialmente attribuiti a uomini
e donne. Ma, in molte societ, esistono personaggi anomali,
caratterizzati da comportamenti sociali e pratiche sessuali
che invertono quelli convenzionalmente associati al loro sesso.
Le risposte socioculturali alla diversit sesso/genere sono molteplici.
Alcune culture hanno creato specifici ambiti di azione e
rappresentazione culturale per i soggetti sessualmente atipici,
integrandoli nella vita quotidiana; altre li hanno negati, esclusi
o repressi; in alcune culture, le pratiche sessuali tra persone dello
stesso sesso fanno parte dei riti di passaggio dalladolescenza
allet adulta; in altre ancora, sono stati creati ruoli specifici per
le persone intersessuali o ermafrodite, luomo effeminato o la
donna mascolinizzata.
La letteratura etnologica presenta diversi esempi dinversione
sessuale per mezzo del travestimento, dellintegrazione sociale
di questi personaggi e, spesso, della loro relazione con la sfera
magico-religiosa (Nieto, 1998, 2003; Cardin, 1984). Lesempio
pi famoso quello dei berdache, documentato nellarea nord
americana. Questo termine si riferisce a un individuo, generalmente
maschio, anatomicamente normale, che assumeva abito,
occupazioni e comportamento dellaltro sesso per realizzare
241
un cambiamento nello stato di genere. Questo cambiamento
non era completo, esso consisteva piuttosto nella tensione verso
uno status intermedio che combinava attributi sociali maschili
e femminili (Callender e Kochems, 1983: 443 citato da
DAgostino, 2000: 32). Il suo stato sociale gli conferiva un ruolo
importante nelle intercessioni, nei matrimoni, nelle pratiche
magiche e nelle guarigioni. I berdache sono sciamani, guaritori,
esorcisti, veggenti e occupano una posizione centrale nelle cerimonie,
un posto privilegiato riguardo a tutto ci che mette in
gioco la dimensione simbolica (Desy, 1978: 90). Tra i Mohave,
un maschio diventava del genere opposto in seguito a una visione
che gli inviavano gli spiriti totemici (Devereux, 1973).
In India, fin dal VIII secolo a.C., si registra il riconoscimento
sociale degli hijras, culturalmente definiti n uomini, n
donne. Venerano la dea Madre hinduista Bahuchara Mata, che
in particolare associata al transgenderismo, vestono, si adornano
e si comportano come donne, sono nati maschi e attraverso
unoperazione chirurgica rituale si convertono in una
terza categoria di sesso/genere (Nanda 2003: 262). Il termine
hijra si traduce abitualmente come eunuco o intersessuato,
non come omosessuale; il potere del hijra risiede nella rinuncia
alla sessualit e nella trasformazione del desiderio sessuale in
ispirazione religiosa e ascetismo. Hanno unimportante funzione
nei matrimoni e alla nascita di un bambino cantano, ballano,
benedicono il neonato e i genitori affinch siano pi fertili e
prosperi in nome della dea (Nanda, op. cit.).
In Messico, nella societ zapoteca dellIstmo di Tehuantepec,
uno dei pi importanti gruppi etnici del paese di origine
preispanica e che oggi una ricca etnia urbana che ha saputo
articolare la tradizione con la modernit non esiste stigmatizzazione
ed emarginazione sociale dellomosessuale (muxe1 in zapoteco),
al contrario esiste unattitudine sociale e culturale particolarmente
permissiva e partecipativa rispetto allomosessualit
242
e al travestitismo, in grande contrasto con il modello nazionale.
Il muxe svolge funzioni socialmente riconosciute nella famiglia
e in ambito pubblico; presiede unampia gamma di manifestazioni,
dalla vestita come nominato colui che si veste e vive
quotidianamente come una donna, al travestito occasionale,
alleffeminato, allomosessuale maschile, al gay attivista (Miano,
1998). Il muxe quindi parte integrante della costruzione e organizzazione
del genere e gode di prestigio per le attivit che
sviluppa nella comunit a favore dellidentit etnica e della coesione
del gruppo (Miano, 2002). stato anche messo in evidenza
il suo protagonismo sociale in relazione a spazi esperienziali
di aree liminali dellessere. I muxe possono anche essere
guaritori e veggenti...in generale sono la primadonna in spazi
liminali che uomini e donne trascurano o non possono occupare:
lestetica dei corpi e degli spazi del quotidiano, gli oggetti
e le aree sacre, larte dellerotismo; il senso di leggerezza, le
risate e il gioco come costruzione e linterpretazione della vita
quotidiana, la gioia della vita come controparte alla solennit
culturale dellesistere, la gestione quotidiana della seduzione, o
piuttosto la seduzione come asse dellesistenza (ibidem: 180).
Nella societ occidentale per molto tempo il controllo della
diversit sessuale ha coinciso con la costruzione di una rigida
divisione tra il modello eterosessuale normale e il modello
omosessuale anormale e pervertito o deviato, etica consacrata
dalla chiesa e dagli stati, sostenuta dal sistema educativo, dalla
medicina, dalle istituzioni sociali e dal pregiudizio popolare.
Tuttavia, le societ contemporanee sono caratterizzate da una
constante e sempre pi riconosciuta eterogeneit sessuale, che
mette in discussione la rigida classificazione sesso/genere tra
maschio/uomo e femmina/donna, cos come la legittimit della
sessualit riproduttiva come norma universale.
Sebbene le teorie sul genere oscillino tra una visione dicotomica
biologizzante universale e la decostruzione delle ca
243
tegorie di sesso/genere e quindi del ruolo del corpo e della
sessualit importante ripensare le relazioni esistenti tra
sesso, sessualit, genere e cultura a partire da studi sistematici
ed empirici su cui costruire nuovi modelli di interpretazione.
La sessualit, infatti, un prodotto storico e socioculturale
che spesso sfugge alle determinanti normative del genere
e la sessualit non riproduttiva deve essere intesa nel contesto
dellordine di genere specifico, tenendo conto delle concezioni
culturali che ogni societ genera. Esistono societ non necessariamente
tradizionali che superano la dicotomia sessuale
e si organizzano incorporando pi di due elementi sessuati
nel suo ordine di genere e ammettono la possibilit della
trasversalit e dellinversione di genere durante il corso della
vita individuale (Miano, 1998).
Daltra parte, il sesso biologico e lorientamento sessuale
possono essere elementi meno significativi per la costruzione
sociale del genere dellambito di produzione, riproduzione
e azione sociale nel quale si realizzano gli individui. In altri
termini, la definizione e lassegnazione sociale di genere possono
non essere definite unicamente a partire del sesso biologico
dellindividuo, ma dalla sua posizione sociale in base allambito
di azione e funzionalit sociale occupato dallindividuo (De
Barbieri, 1991) ai fini della riproduzione socioculturale del
gruppo. La costruzione del genere intimamente legata al ciclo
biologico della vita, per tanto si pu ipotizzare lesistenza di
molteplici costruzioni socioculturali di genere, anche allinterno
di societ dicotomiche2.
In questo contributo, attraverso una chiave di lettura storicoculturale,
presentiamo una ricerca sullistituzionalizzazione
culturale dellinversione di genere in ambito metropolitano,
dove vi una forma di cambiamento di sesso peculiare e sconosciuta
in altri paesi europei, i cui attori sociali sono noti con
il nome di femminielli (Zito e Valerio, 2010).
244
Prendendo spunto dalle premesse sopraesposte vorremo
formulare alcune ipotesi di lettura del caso dei femminielli per
chiarire quali sono le basi delle forme di legittimit sociale che
sono concesse a questi individui fuori dalla norma sessuale e
che permettono una forma distituzionalizzazione dellinversione
di genere e del travestimento nella societ napoletana.
Il femminiello nella tradizione popolare napoletana
Con il termine femminielli si denotano uomini effeminati, travestiti
e attualmente transessuali, con orientamento sessuale
verso persone del proprio sesso, cio tutti quei soggetti nati
maschi che hanno messo in moto un processo di decostruzione
a diversi livelli del sesso e del genere di nascita (Marcasciano,
2005). Sono quindi individui, geneticamente maschili, che si
riconoscono in unidentit femminile e che si relazionano sessualmente
solamente con altri maschi, non omosessuali3.
Come afferma DAgostino (2000): non tutti i travestiti o
transessuali sono femminielli, n sanciscono ritualmente il loro
status, ma tutti i femminielli sono omosessuali travestiti; non
tutti i travestiti sono socialmente integrati, ma tutti i femminielli
lo sono. Gi prima che il fenomeno transessuale diventasse
visibile durante gli anni Ottanta e che si diffondessero le
pratiche di chirurgia plastica e di cure ormonali, i femminielli
erano protagonisti di una serie di atti tesi ad affermare e a rendere
visibile permanentemente linversione di genere e legittimare
ritualmente la loro appartenenza al genere femminile. La
declinazione del termine, nonostante oggi sia riferito a trans e
travestiti, sempre e comunque al maschile, prova ne lusanza
di festeggiare lonomastico considerando il nome di nascita anzich
quello di adozione (Marcasciano, 2005), fatto che indica
come il sostrato biologico comunque presente anche nella costruzione
e messa in scena dellidentit di genere opposta.
245
Marcasciano sottolinea come: Negli ultimi anni lantica
tradizione fatta di riti e regole sopravvive solo in piccolissimi
gruppi, composti prevalentemente da persone in et avanzata
che abitano nei Quartieri Spagnoli, lantico quartiere popolare
a ridosso del porto, centro e crocevia della microcriminalit urbana
(ibidem). , infatti, principalmente nei quartieri popolari
che troviamo il femminiello come personaggio integrato della
vita quotidiana. La sua presenza sociale circoscritta alle zone
pi popolari e tradizionali del centro storico della citt e ormai,
secondo vari studiosi, sta scomparendo come figura rappresentativa
nella misura in cui si modifica la composizione socioeconomica
di queste aree.
Gli abitanti dei quartieri popolari dove essi vivono non accettano
lomosessualit, il termine ricchione per definire luomo
omosessuale dispregiativo e rivolto ad un uomo eterosessuale
ha, indubbiamente, il valore di insulto. Tuttavia si riconosce e
si rispetta il genere dei femminielli. La loro diversit si manifesta
nelladolescenza ed culturalmente accettata. Di solito le
famiglie, in particolare le madri e le donne della famiglia, non
considerano questo tipo di diversit una disgrazia e non emarginano
il soggetto, lo integrano nella cerchia familiare e nel
contesto pi ampio del vicolo e del quartiere, assegnando loro
ruoli e mansioni particolari. Non si trovano femminielli in strati
sociali pi alti, cosa che indica come il potere e il prestigio sociale
sempre legato alla mascolinit.
Pasqualina, un femminiello ormai vicina ai sessantanni mi
raccontava in unintervista che prima, in quel tempo indeterminato
della memoria storica, il femminiello aiutava nelle faccende
domestiche, realizzava lavori di sartoria, faceva il bucato,
lavoro pesante per le donne quando ancora non esisteva la lavatrice,
le vicine li incaricavano di fare le commissioni di diverso
tipo e gli affidavano la sorveglianza dei bambini pi piccoli e
degli anziani. Ancora oggi il femminiello pu essere bravissimo
e apprezzato come parrucchiera o, come si diceva anticamente,
246
capera: colei addetta alla cura della capa (la testa) che, girando
di casa in casa, per questa sua attivit, conosce tutti i segreti e
quindi i pettegolezzi del quartiere4. Ma Pasqualina aggiungeva
che solo negli anni Ottanta, quando appare la figura del transessuale
legato alla prostituzione, ha sentito che si verificato
un riscatto sociale del femminiello:
prima non eravamo niente, facevamo ridere, la gente
si burlava di noi, non in senso cattivo, ma eravamo
lo sfizio di tutti, quelle che non erano accettate dalla
famiglia, vivevano per strada, in un sottoscala, facevano
le marchette, ma per pochi soldi, per un piatto di
maccheroni. Ma poi da quando siamo diventati trans ci
pagano bene, il nostro corpo vale denaro.
La tradizione orale parla di un Rosario dei femminielli, rituale
ormai scomparso, che si svolgeva periodicamente come
una sorta di servizio informativo o radio di quartiere. Il femminiello
ha quindi un ruolo, un luogo, una storia, una propria
natura particolare, in sostanza non considerato come un deviato,
pu essere oggetto di scherno ma in modo complice e
bonario (DAgostino, op. cit.).
A questi segni dintegrazione nella vita quotidiana si aggiunge
il protagonismo dei femminielli in alcune cerimonie e
alcuni rituali. Questo svela una relazione speciale con lambito
magico religioso che, nella mia ipotesi, conforma un sistema
simbolico dove i femminielli esprimono particolari funzioni, che
spesso condividono tradizionalmente con le donne.
Infatti, si crede che il femminiello porti buona fortuna
come gli uomini che hanno la gobba. la controparte dello
jettatore, figura popolare anchessa istituzionalizzata che, al contrario
del femminiello, attrae la cattiva sorte, la jella, attraverso
lo sguardo o la sua semplice presenza (De Martino, 1960). Il
femminiello quindi, nella cultura popolare, collocato in opposizione
al male, alla sfortuna, al malocchio come potere magico
247
attribuito allo sguardo desideroso o invidioso dei beni altrui
(Di Nola, 1993), trae una carica o una vibra, in termini new
age, positiva e benevola che si espande a chi lo circonda.
Come portatori di un potere benefico, i femminielli sono
delegati a distribuire parte di questa peculiare facolt agli altri
nelle riffe, nei giochi, negli eventi positivi che marcano il ciclo
della vita. Per questo, molto spesso, sono invitati ad assistere
a feste e cerimonie come battesimi, comunioni, matrimoni e
in generale a quegli eventi sociali, civili o religiosi in cui si riconosce
la comunit del quartiere. Questo ricorda la funzione
degli hijras indiani, ma in una situazione pi profana e secolare.
Come i muxe zapotechi, si dedicano al canto e alla danza
spesso come una vera e propria professione: infatti i femminielli
rendono amene le feste con canzoni, danze e spettacoli del repertorio
della tradizione napoletana, con una predilezione per
la sceneggiata, forma di teatro popolare che alterna il dramma
alla musica. Un gruppo di tre femminielli, Le Coccinelle, divent
famoso su tutto il territorio nazionale, durante gli anni Ottanta,
per il repertorio teatrale e musicale che mettevano in scena.
In altre situazioni, i femminielli sono i protagonisti di differenti
rituali popolari e la loro presenza testimonia di una relazione
privilegiata con lambito simbolico magico-religioso, in
particolare con il gioco, gli spiriti dei morti e le antiche divinit
associate alla sessualit. Ci soffermeremo su questambito per
cercare di chiarire come e perch la tradizione culturale autoctona
differenzia nettamente il femminiello dallomosessuale o dal
gay metropolitano moderno.
La mia ipotesi che, oltre le funzioni svolte nellambito
familiare e sociale, il femminiello portatore di un plus sociale,
porta fortuna, e, inoltre, per la sua indeterminatezza di genere,
gli si riconosce una liminalit simbolica, che si traduce anche
in liminalit sociale, e gli permette di essere intermediario tra
il mondo del reale e quello del non reale. Inoltre il fenomeno
248
dei femminielli tanto pi interessante in quanto, pur presentandosi
in un contesto contemporaneo urbanizzato, mantiene,
a volte inalterati, determinati caratteri di arcaicit connessi con
landroginia simbolica.
Le tradizioni che descriver costituiscono un complesso
simbolico religioso che mette in relazione la dimensione trasgressiva
della sessualit, la liminalit tra la vita e la morte,
e il destino/fortuna. Il femminiello un attore importante di
questo insieme simbolico in virt della sua indeterminatezza
sessogenerica. Questa particolare posizione dei femminielli nella
dimensione simbolica religiosa alla base della loro legittimazione
sociale.
Nei rituali, infatti, il femminiello, come una figura polimorfa,
assume diversi ruoli, che vanno dallessere il protagonista di
una messa in scena, nella drammaturgia della vita quotidiana e
dei giochi e delle riffe, allessere intermediario tra gli uomini e il
mondo degli spiriti e portatore di un possibile destino di benessere
e prosperit, fino allessere uno specialista della cabala napoletana,
dei sogni, delle pratiche danza e canto che avvicinano
gli umani alla divinit e cos assume una posizione intermedia tra
il medium e lo sciamano, tra la vita reale e laldil. A sua volta
questo aldil si estende a diversi livelli simbolici: linframondo
abitato dalle anime dei defunti, il mondo sacro delle divinit, e
finalmente la sfera pi in l della razionalit umana, dallimmaginario
individuale (il sogno) allimmaginario collettivo (miti,
simboli), allimponderabile destino amministrato dalla fortuna.
Lambito della fortuna: Tumbulella, Smorfia e Lotto
In Italia molto popolare il gioco della tombola, gioco intorno
al quale si riuniscono le famiglie e gli amici nel periodo di
Natale e Capodanno. Tuttavia, la tombola napoletana presenta
caratteristiche che la rendono differente da quella che le fami
249
glie italiane giocano tradizionalmente nelle feste menzionate.
Nella tumbulella nome in vernacolo a ogni numero, dalluno
al novanta, associato un significato: la persona che bada al tabellone
ed estrae i numeri generalmente li chiama (nel doppio
significato di estrarre e designare) per il significato al quale
associato culturalmente, per esempio dice la disgrazia, quando
esce il 17; le gambe della donna, al posto dell11; morto che
parla, invece del 48; lo scemo, al posto del 23; ecc. Nelle
famiglie napoletane pi tradizionali cՏ sempre un familiare o
un amico che conosce pi degli altri il significato dei numeri. Il
piacere di tutti i presenti che questo personaggio sia laddetto
al tabellone e a chiamare i numeri, perch al gioco si aggiunge
lelemento istrionico e teatrale, che si esprime in divertenti
doppi sensi, in giochi di parole, burle e allegria che coinvolgono
bambini, giovani e adulti.
Inoltre, a Napoli, la tumbulella non si gioca solamente nelle
feste convenzionali: societ di quartiere che si formano ad hoc la
organizzano durante tutto lanno. Si tratta di societ costituite
unicamente da donne e femminielli, gli uomini sono esclusi. I
pantaloni (gli uomini) portano jella, mi dissero. I numeri sono
completamente sostituiti dal loro significato e, molto spesso,
da una metafora del significato, soprattutto quando questo si
presta a interpretazioni di tipo sessuale. Di solito un femminiello
incaricato di chiamare i numeri, sia perch gli si attribuisce
quella capacit di attrarre e distribuire la fortuna, sia
per la capacit di teatralizzare il gioco attraverso il linguaggio
e luso brillante del vernacolo e per le sue capacit istrioniche,
rendendo cos la situazione vissuta e condivisa nel gioco uno
spettacolo comune.
Riporto dal mio diario di campo la descrizione di una tumbulella
alla quale fui invitata da un dei femminielli storici del
rione Carit.
250
Tatiana mi ha invitato a una tombola, sabato 19 dicembre
alle 10 di sera. Sono arrivata a casa sua con cinque
minuti di ritardo, lei e Luna si erano gi avviate al luogo
della tombola. La vicina, donna Lina, mi ha indicato
vagamente dove dirigermi, la mia impressione fu che
non erano molto interessate che io assistessi. Comunque
mi avvio nella direzione indicata, un garbuglio di vicoli
sempre pi deprimenti, scuri e solitari, ma, indossata la
faccia di antropologa e chiesto con insistenza a chiunque
lungo il cammino, un giovane femminiello mi ha guidato
al posto giusto. La sorpresa stata trovarmi in un basso
rimodellato con tutti i lussi moderni. Si scendono alcuni
gradini e si entra in un ambiente che sembra ricavato
da una grotta, con il tetto curvo e basso. A parte una
piccola fontana kitsch che emetteva fumo, il pavimento
chiaro, i materiali di prima classe del bancone sul
fondo, i bagni quasi erotici, a ricopertura del soffitto in
calce che lascia scoperto parte delle mura in pietra e il
modernissimo sistema di aerazione in alluminio, tutto
mostrava chiaramente la mano di un architetto di buon
gusto. Limpianto di aereazione mi ha lasciata stupita,
perch sebbene tutti fumassero abbondantemente, non
cera traccia di fumo, laria era limpida e respirabile, alla
faccia delle scritte apocalittiche sui pacchetti di sigarette.
Mi sono sentita in casa mia. Entrando a sinistra cera
una sala da ballo con lo stereo a tutto volume, risuonava
musica salsa, affittata, mi dissero, a un gruppo di cubani.
Mi sono affacciata per vedere, ma sono stata scacciata
dal volume della musica e dalla quasi totale oscurit. Nel
basso sedie e tavolini erano strabocchevoli di donne e
femminielli che schiamazzavano a voce stereofonica in
napoletano stretto, arcaico, incomprensibile. Tutti si conoscevano,
era linaugurazione del locale, che, secondo la
locandina affissa al muro, era unassociazione sportiva
dilettantistica, fondata nel 2004, per compleanni, battesimi,
feste di 18 anni. Cerano vari bambini mantenuti
251
separati dallaerea degli adulti, seduti sulle scale dellentrata
a giocare fra loro. Due persone mi colpiscono in
maniera particolare. Una donna giovane, alta, grassissima,
con una bella faccia rotonda, sembrava il modello in
vivo di una statua o un dipinto di Botero, spalle rotonde,
seni piccoli e separati, la curva accentuata della vita,
fianchi e pancia molto grossi e rotondi. Si occupava di
servire al bancone, controllava i movimenti nel basso e
dava ordini con gli occhi, si imponeva con la sua mole e
per la calma energia che emanava dal suo sguardo e dal
suo corpo. Laltra donna interessante, Anna, era invece
di apparenza assolutamente maschile, in jeans e camicetta,
capelli corti, braccia grosse e abituate, sintuiva, a
sollevare forti pesi e a colpire a cazzotti. Era quella che
dominava lambiente, organizzava tutto, smistava la gente
e i bambini, gridava pi di tutti e sapeva che tutti la
rispettavano. Non ho capito se era la proprietaria o solo
affittava il locale. Una guappa camorrista a prima vista
e, infatti, Tatiana mi conferma che tutti la temono sui
quartieri, ma che generosissima e splendida quando
organizza le sue feste nei vicoli per la comunit e per
questo la rispettavano tutti. Cerano vari femminielli gi
maturi, anzi di giovani ho visto solo Luna, conosciuta
da Lina due sere prima assieme a Tatiana. Tutti hanno
il proprio soprannome, molti hanno il petto operato, vita
stretta e chiappe ampie, forse anchesse siliconate. Ben
vestite, alla moda, gonna o pantalone e blusa, va molto
il nero, il trucco a volte esagerato lascia comunque
intravedere lorigine maschile. Ma anche cerano femminielli
legittimi non travestiti, di cui comunque si parla al
femminile, ma che si presentano al maschile. Pantaloni
e camicia, un codino trattenuto da un elastico, un impercettibile
filo di trucco, mocassini di marca, quasi un
metrosexual. Erano i pi anziani, quelli che ormai gi
non potevano sostenere limpegno della trasformazione
al femminile. Tutto il pubblico composto da donne, gli
252
unici uomini sono i cubani che rimangono rintanati nel
night e uno o due giovani, familiari di Anna, che per
spariscono dalla circolazione una volta iniziato il gioco.
Mentre aspettavamo che cominciasse la tombola, Luna
stata contattata per organizzarne una in un ristorante,
la sentivo negoziare per telefono. Il prezzo delle cartelle
mi ha sbalordito e fatto desistere. 50 euro, anzi euri, per
6 cartelle, il minimo, sembra, per avere la speranza di
fare tombola. Un vero gioco dazzardo. Prima dellinizio,
vendevano a 20 euro una striscia con tre numeri
da tirare a sorte. Il numero estratto dava una vincita di
150 euro. Ne ho comprato una, per non essere tacciata
di avarizia. Quando gi si era riempita la sala con tutti
i partecipanti, sono stati distribuiti una fetta di pandoro,
caff e vermut e quindi, ben rifocillati, via alla fortuna!!!
A richiesta generale Luna ha fatto muovere o panare. In
prima istanza, chiamava il significato del numero, secondo
la Smorfia, poi diceva il numero, ma spesso improvvisava
una metafora, facendo riferimento a cose o avvenimenti
conosciuti e condivisi da tutti i presenti che si
sganasciavano dalle risate e incrementavano le allusioni.
Era impossibile capire per me, occupata inoltre a riempire
tre cartelle che Lella mi aveva assegnato in assenza
della legittima proprietaria. Le sue cartelle le riempiva
una signora, che poi ha vinto. La donna che vinse i 150
euro delle strisce, dette un biglietto a Luna, come ricompensa
per aver partecipato della fortuna nella vincita.
E altri biglietti, dai 10 ai 50 euro per ci che potetti
intravedere, gliene regalarono dopo la tombola. In verit,
vidi un gran passaggio di soldi di mano in mano, ma
non compresi in base a quali motivi e in appannaggio
di chi, circolavano con troppa rapidit. Sicuramente una
buona parte finirono nelle mani di Luna. Appena finita
la tombola tutti i femminielli si alzarono allo stesso tempo,
come soldatini di piombo resuscitati dopo la battaglia,
e abbandonarono il locale. Si senti il brruum delle
253
sedie scostate. Erano venuti solo per quello. Tatiana mi
disse che la maggiore parte si dirige al Bingo di via dei
Fiorentini aperto fino alle due di notte, per continuare
a giocare.
Da questa descrizione risulta evidente lalleanza tra donne
e femminielli, cos come le multiple relazioni sotterranee, tra
clientela, paura e rispetto, che si stabiliscono tra femminielli e i
capi del quartiere vicini alla criminalit, alla marginalit sociale
e con donne che maneggiano abbastanza denaro. Certo che
vidi circolare una gran quantit di soldi, cosa che risulta abbastanza
sorprendente dato il basso tenore di vita delle persone
in questi quartieri.
Latteggiamento compulsivo verso il gioco dazzardo fa si
che il bingo, di recente importazione a Napoli, sia costantemente
assiepato di clienti, al punto da dover fare la fila per
entrare. Tuttavia la tumbulella, per lo meno quelle due a cui ho
assistito, sfoggia unatmosfera familiare, dove non cՏ spazio per
lanonimato o la riservatezza, dove nel rituale si giocano molti
livelli di interazioni sociali e simboliche. Risult anche chiaro
che non necessariamente i femminielli sono travestiti, infatti se
Tatiana (quasi settantina, per dirla alla Camilleri), Luna e alcuni
altri giovani sfoggiavano unapparenza femminile, con gonne
e camicette scollate, orecchini e falpal, gli altri femminielli, sopra
i cinquantanni, avevano rinunziato alla performance a favore
di uno stile pi comodo per la loro et, anche se, ovviamente,
non mancava il tocco femminile nellacconciatura dei capelli o
nel trucco del viso.
* * *
Da dove viene questa relazione fra numeri e idee? Lattribuzione
di particolari significati ai numeri codificata dalla
Smorfia5, una forma ai cabala locale, un compendio di numeri
254
e significati dalluno al novanta che si tramandato in forma
anonima, sia nella tradizione scritta che orale.
La tradizione scritta della Smorfia riportata in un libro
conosciuto sotto il nome popolare di Libro dei Sogni. Matilde
Serao nel Ventre di Napoli (1884) definisce la Smorfia come una
prima forma letteraria, rudimentale, analfabeta, fondata sulla tradizione
orale come certe fiabe e certe leggende. Tutti i napoletani
che non sanno leggere, vecchi, bimbi, donne, specialmente le
donne, conoscono la Smorfia, ossia la Chiave dei Sogni a memoria
e ne fanno speditamente lapplicazione a qualunque sogno o
qualunque cosa della vita reale (Serao, 1975: 41).
La pubblicazione pi antica risale alla fine del XVII secolo.
Successive edizioni della Smorfia, pi complesse, la definiscono
anche come manuale di interpretazione dei sogni e guida per il
gioco del lotto, lotteria pubblica alla quale sono particolarmente
e appassionatamente dediti i napoletani, senza distinzione di
classe, et, sesso ed educazione. Le edizioni pi semplici forniscono
una lista di nomi comuni, aggettivi, avverbi ecc., in ordine
alfabetico con la corrispondente traduzione in numeri dalluno al
novanta, ma le edizioni pi complesse offrono oltre un ventaglio
di strategie di gioco che include linterpretazione dei sogni e
calcoli definiti cabalistici che servono per giocare al Lotto.
Il Lotto e la Smorfia sono tradizioni tanto radicate che a
Napoli il pi delle volte si traduce in numero qualsiasi evento
notevole della vita, vale a dire che linterpretazione della realt
si esprime in segni numerici che immediatamente si scommettono
nella lotteria, con la speranza di cambiare il proprio destino6.
Nel 1891, Matilde Serao (1881: 45) scriveva: Il popolo
napoletano, che sobrio, non si corrompe per lacquavite, non
muore di delirium tremens; esso si corrompe e muore per il lotto.
Il lotto lacquavite di Napoli. Considerava il gioco del lotto
una vera peste che da secoli contagiava i napoletani, soprattutto
il popolo e i pi poveri che ogni settimana si indebitano e
255
impegnano perfino i vestiti per giocarsi un biglietto, con la
speranza di vincere il premio maggiore7. Per i napoletani i numeri
custodiscono la speranza e lattesa di un cambio radicale
del destino, sempre concepito come sostanzialmente negativo,
poich associato alla secolare frustrazione e miseria delle plebi
meridionali, la speranza il riscatto della povert.
Nel linguaggio dei giocatori del lotto, dare i numeri assume
un significato altamente positivo, perch significa la capacit
di prevedere la ruota della fortuna. Quelle persone considerate
capaci di dare i numeri godono di un enorme prestigio (Macry,
1997: 46). La tradizione popolare assegna ai frati, monaci e a un
personaggio codificato dalla cultura, lassistito (assistito da uno
spirito dellaldil), una speciale capacit di dare i numeri, (non
perch danno direttamente i numeri, ma perch tutto ci che dicono
e fanno viene ritenuto buono per essere Smorfiato e giocato),
ma al postiere delle ricevitorie del lotto colui al quale
ci si rivolge per chiedere consigli, suggerimenti, interpretazioni.
Tuttavia esiste una differenza sostanziale tra la Smorfia per
il lotto e la tombola figurata, dove il gioco nel gioco consiste
nel dichiarare il significato dei numeri estratti (i significati sono
novanta come i numeri) durante lestrazione che determinata
dal caso, dallimponderabilit del fato. Nella Smorfia, sia di tradizione
orale sia scritta, invece, ogni numero possiede un campo
di significati molto vasto che permette linterpretazione dei segni
onirici e si applica in maniera inversa nel gioco del lotto, dal momento
che il significato attribuito allevento, onirico o no, quindi
non al caso, ma in base a una interpretazione, relativamente
specializzata, dei fatti che si tramutano in numero secondo la
norma stabilita dal mito di origine, ossia la Smorfia stessa.
Sebbene al femminiello sia attribuito il potere della sorte,
della fortuna, prodotto dal caso, di quellaldil imponderabile
che sfugge al ragionamento umano, e per questo incaricato
di chiamare i numeri o regola le riffe, egli non fa parte dei
256
personaggi legittimati che danno i numeri per il gioco del lotto,
dove ci che conta non il fato, ma la normativit della interpretazione
del segno onirico o reale.
Tra i numeri magici, i pi ambiti sono quelli che derivano
dallinterpretazione dei sogni, soprattutto se nel sogno apparso
qualche familiare, un amico defunto o unanima del purgatorio.
Anzi, ai defunti nei quali si ha una pi grande fiducia, gli
individui chiedono di inviare loro i numeri vincenti8.
Secondo limmaginario popolare tutti i sogni hanno oltre
il contenuto, che si esprime attraverso le immagini, la messa in
scena e la trama, vale a dire le relazioni esistenti tra le immagini
un significato velato e nascosto che il vero nucleo, lobiettivo
finale da svelare e interpretare. Il sogno unesperienza
allucinatoria, unattivit psichica, che sfugge alla logica del
cosciente, evoca vicende che il dormiente sviluppa sulla base
di [...] eventi, persone, cose che appartengono al suo ambiente
attuale (Di Nola, 1993: 81) socioculturale. Il sogno connesso
col processo di formazione del simbolo e i simboli onirici non
sono soltanto quelli personali del soggetto, ossia privati, ma
anche simboli universali condivisi dai membri di un determinato
contesto culturale, e questo rappresenta la Smorfia.
Il sogno quindi sta alla base di molte credenze e concezioni,
dotte e popolari, che danno origine alloniromanzia o divinazione
attraverso i sogni, gi presente in Mesopotamia. La
letteratura demologica ha mostrato come i sogni nelle culture
contadine e in alcuni ceti urbani sono concepiti come unemanazione
del mondo dellaldil o provengono direttamente dal
mondo dei defunti. I numeri che derivano dallinterpretazione
dei sogni si giocano al Lotto. I sogni come portatori dinformazioni
dai morti [...] spesso vengono fatti tradurre in numeri
dal postiere, limpiegato della ricevitoria del lotto cui ci si rivolge
abitualmente chiedendo consigli, interpretazioni, suggerimenti
(De Matteis, 1997: 28).
257
Linterpretazione dei sogni e lattribuzione ai numeri di
un significato profondo sono eseguite da persone che il contesto
sociale riconosce come specializzate, essendo abili conoscitrici
della tradizione orale della Smorfia. Il femminiello pu
svolgere questa funzione, ma non ho trovato nel mio lavoro
di campo un nesso specifico che lo legittimi come specialista
dellinterpretazione dei sogni, mentre ricordo, nel repertorio
selettivo della memoria, una signora che circolava nel quartiere
alla quale molti ricorrevano perch sapeva scegliere tra i molti
segni onirici di un sogno privato quelli pi pregnanti di significato.
Ritornando ai femminielli, in virt del maneggio della
Smorfia, allora, sembrano poter avere una speciale relazione con
lambito dei sogni e in particolare con quelli inviati dai defunti,
ma in forma marginale, direi liminale, perch privi della chiarezza
che conferisce riconoscimento sociale. Essendo n uomini
n donne, sono rappresentati, nel senso comune, come la figura
per eccellenza della diversit e assimilati simbolicamente alle
anime del Purgatorio.
Sogno e anime del Purgatorio sono elementi fortemente
correlati poich permettono ai viventi di accedere al mondo
dellignoto, di costruire un dialogo con le persone scomparse, di
mantenere vigenti i legami affettivi ed emozionali.
Lambito del sacro: il culto delle anime del Purgatorio e il culto
mariano al monastero di Montevergine
Le manifestazioni descritte si possono associare al culto popolare
delle anime del Purgatorio alle quali limmaginario popolare
attribuisce speciali capacit di cambiare il destino dei viventi.
Molti studiosi collocano lorigine o per lo meno la diffusione
di questo culto popolare nella seconda met del XVIII secolo,
e lo mettono in relazione con la risonanza della peste del 1656
258
sullimmaginario collettivo. Nei sotterranei delle chiese e nel
Cimitero delle Fontanelle furono seppelliti migliaia di corpi di
defunti a causa della peste, morti senza congedo e senza conforto,
lontani dagli affetti familiari, anime abbandonate, come
i napoletani devoti designano i teschi, le ossa e i resti umani.
In questo periodo si diffonde la devozione alle anime del Purgatorio,
concepite come anime in pena, come popolo che soffre,
coinvolto nella vita degli uomini sia attraverso la pratica dei
suffragi sia attraverso lintenso scambio simbolico che sistaura
tra vivi e morti in nome della caritas.
Nellambito del culto alle anime del Purgatorio, la religione
popolare napoletana si rivolge particolarmente alle anime anonime
e abbandonate, da aiutare e cui chiedere aiuto, stabilendo
un sistema di comunicazione con laldil a partire dalla comune
posizione di marginalit sociale e liminalit. Le anime
condannate al Purgatorio e i devoti condannati alla marginalit
sociale condividono una zona di confine: i primi sono collocati
in un luogo di passaggio nella morte che certa; i secondi vivono
marginalmente in una vita che precaria.
Da secoli, la piet popolare sincarica di questi teschi senza
nome, identificandoli con le anime del Purgatorio chiamate anime
pezzentelle (povere, mendicanti), anime scordate o semplicemente
e affettuosamente capuzzelle (piccoli teschi). Le anime in
pena sono spiriti senza pace e senza nome, il cui abbandono e
la cui marginalit continuerebbero ab aeterno nellaldil se non
ci fossero le cure e le preghiere dei fedeli che sincaricano di
pulirle e lustrarle, di accendere candele, portare fiori, pregare e
mandare a dire messa per loro.
Il culto alle anime pezzentelle ha una forte connotazione
femminile, poich lo praticano essenzialmente le donne. Ogni
fedele adotta una capuzzella, alla quale rende culto tutta la vita
in cambio di favori e buona fortuna nellambito della salute,
dellamore e della ricchezza, affinch aiuti i vivi a vivere meglio.
259
Anche in questo culto il sogno ha una funzione importante
in una doppia versione. Il fedele pu scegliere la capuzzella e
adottarla, attraverso visite costanti e regolari, finch il morto
gli appare in sogno e si fa riconoscere con il suo vero nome;
oppure, al contrario, lanima appare nel sogno del fedele per
farsi individuare e quindi adottare. Il sogno resta quindi il mezzo
privilegiato della comunicazione tra vivi e morti.
Nelle pratiche e nel linguaggio stesso del rituale di adozione
della capuzzella possibile rinvenire il carattere femminile
della devozione e la correlata connotazione infantile degli spiriti
adottati, una corrispondenza mitico-simbolica tra bambini,
vecchi e defunti, associati in quanto categorie non perfettamente
integrate nel corpo sociale, figure marginali, carenti, insufficienti
a se stessi, e, pertanto, oggetto di carit e ritualmente
stigmatizzate. Nella tradizione popolare i bambini rappresentano
le anime del Purgatorio (testimonianza orale) e gli adulti
sono soliti portare i bambini nei luoghi di culto delle capuzzelle,
come portare con s la cornucopia della felicit e della fertilit
(Niola, 2003: 33). Luso del termine adozione rimanda
al campo metaforico dellinfanzia abbandonata e innocente, ma,
allo stesso tempo, al campo femminile della maternit. E, infatti,
oltre che per religiosit o per culto o per devozione, i
femminielli si recavano in questi luoghi per un desiderio di maternit,
di femminilit o comunque per ritrovarsi in un mondo
femminile [...] non dimentichiamo la forte teatralit del
culto e la forte teatralit dei femminielli (Niola, 2003: 130).
Nellimmaginario popolare, quindi, la liminalit delle anime si
relaziona, a sua volta, con la liminalit sociale dei bambini e dei
femminielli, i quali a loro volta si ubicano nella liminalit tra
fertilit simbolica, di cui testimonianza il rito della figliata
(Simonelli e Carrano, 1983) e la infertilit reale biologica.
Tradizionalmente il luned era il giorno dedicato al culto.
In molte aree del sud dItalia in questo giorno si facevano, e
260
ancora oggi si fanno, le offerte ai defunti. Nel mondo greco antico
esisteva un uso analogo, essendo il giorno dedicato ai morti
e legato alla periodicit lunare delle ceni di Ecate, divinit
infera per antonomasia, stabilendo una correlazione tra la luna
e la fortuna. Come nel caso precedente, incontriamo una volta
ancora i femminielli con una funzione peculiare che associa la
morte alla sorte: sono loro che organizzavano la riffa che si
realizzava i luned in vari punti dei quartieri popolari, bench la
pi famosa fosse quella davanti alla chiesa di Santa Maria alla
Sanit, conosciuta popolarmente come la chiesa del Monacone,
alluscita delle catacombe di San Gaudioso, santo rappresentato
come un monaco. Essendo il portatore di una carica magica e
stando al limite del diverso, nella condizione dellermafrodismo,
il femminiello delegato a distribuire parte della sua fortuna
agli altri nelle riffe dove si sorteggiavano cibi e beni di prima
necessit, in un sistema legato alla estrazione dei numeri del
lotto. Ormai questa funzione non si esercita pi, ed alcune fonti
hanno sottolineato che era praticata sporadicamente negli ultimi
anni del secolo scorso.
* * *
Il protagonismo de femminielli si registra in unaltra occasione
festiva e cerimoniale riguardo al culto mariano nel Santuario
di Montevergine, vicino ad Avellino, che meta di tre
importanti pellegrinaggi: in maggio, quello dei cafoni (contadini),
in settembre, quello dei napoletani (urbani) e il due
di febbraio, festa della Candelora, quello dei femminielli, che
partono in comitiva da Napoli e altri paesi della Campania la
notte precedente. Tuttavia, anche negli altri pellegrinaggi, tradizionalmente,
un femminiello accompagnava i pellegrini incoraggiando
con canti e danze.
261
Il santuario di Montevergine legato, secondo gli studiosi
locali, allesistenza di un tempio di Cibele la grande madre
il cui culto era caratterizzato dal rituale di castrazione dei suoi
fedeli e dal travestitismo dei suoi sacerdoti (De Simone, 1982:
89). Per altro, larea geografica di Montevergine sembra essere
particolarmente legata ai culti e rituali connessi con la sfera
della sessualit di ordine sacro. Un santuario del VI secolo era
dedicato alla dea Mefite (Mefitis), divinit androgina, nominata
al maschile e femminile.
La stessa leggenda della comunit religiosa legata al Santuario,
narrata nella vita di San Vitaliano XII secolo riferisce
che Vitaliano, vescovo di Capua, fond il Santuario dopo
che fu risparmiato dal linciaggio di fedeli che lo scoprirono travestito
con abiti femminili. E ancora nel 1611, secondo la storia
riferita dai padri benedettini, dopo lincendio che distrusse il
Santuario, si scoprirono tra i morti (probabilmente gli ospiti del
convento) molti corpi di uomini vestiti da donne.
Una leggenda che si trasmette da secoli e che risale al
1256, narra che due sodomiti, in quel tempo, furono cacciati
dalla comunit per atti osceni e portati sul monte Partenio
per lasciarli morire di freddo in un giorno dinverno. Tuttavia
avvenne il miracolo: apparve il sole e i due uomini potettero
amarsi secondo la loro natura. Questo il mito di origine della
festa dei femminielli nella Candelora, perch vanno a ringraziare
la Vergine per il miracolo, portando una tammurriata che
coinvolge nel ritmo e nella danza tutti i pellegrini9.
Il mito costruisce, ordina, narra e trasmette qualcosa che
rimane ed immodificabile, che si ricrea ogni volta che si ripete
e che si trasmette; organizza la realt per darle un senso e
integra il soggetto nel mondo offrendogli unidentit, un luogo
e una storia, da conto di ci che non possiamo spiegare, che
scappa alla ragione e alla parola: limpossibile, in questo caso
linverso della natura sessuata. Questo mito, quindi, legittima e
262
sacralizza la figura anormale, condannata dai sacri testi, e la
reintegra nella storia.
Nel contesto del pellegrinaggio a Montevergine, il femminiello
che canta e guida le danze, potrebbe ricordare la funzione
del medium o dello sciamano ma allinverso; mi spiego.
La capacit dello sciamano di viaggiare in stato di trance
nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. Lo sciamano,
attraverso il suono del tamburo o il ritmo dei sonagli
raggiunge lo stato estatico (stato alterato di coscienza) per entrare
nella realt impercettibile dello spirito al fine di ottenere
aiuto per s stesso e gli altri. Pu essere in grado di produrre
lestasi e controllare la trance.
Ma il femminiello a Montevergine non entra in trance come
lo sciamano, pu provocarla nei presenti, come conseguenza del
ritmo ossessivo della tammurriata e della danza, ma questa non
la sua funzione n la caratteristica principale della sua attuazione:
la comunicazione con la divinit non va verso lestasi,
in unascesi dellumano verso il divino, ma al contrario una
rappresentazione, una messa in scena giocosa della vita sessuata
e della sessualit della vita umana di fronte alla divinit, sessualizza
latto religioso. la divinit ad essere chiamata ad assistere
al delirio degli umani.
Riflessioni finali
I femminielli, come gli altri personaggi simili, sono ubicati
nellasse della liminalit, della rottura delle norme legittimate
dalla comunit, in una fase intermedia e di transizione, in una
zona di ambiguit, una sorta di limbo socioculturale, in cui i
simboli culturali possono essere manipolati e ricomposti secondo
modalit inedite. Turner sostiene che lessenza della liminalit
consiste nella scomposizione della cultura nei suoi fattori
costitutivi e nella ricomposizione libera o ludica dei medesimi
263
in ogni e qualsiasi configurazione possibile, per quanto bizzarra
(Turner, 1986: 61). I femminielli mettono in discussione la
rigidit dei codici e delle classificazioni socioculturali, rendono
caduche e fluide le frontiere tra maschio e femmina, fra la vita
(precaria) e la morte (certa), fra il sacro e il profano, il sesso
(biologico) e il genere (culturale). In altri termini nella liminalit
la persona gioca con gli elementi della sfera familiare e li
rende altri, in combinazioni senza precedenti.
Sebbene considerati fuori dalla norma, qualcosa di poco
chiaro nella loro natura, figure come il berdache, lhijra, il muxe
o il femminiello trovano forme di espressione e affermazione in
spazi legittimati dalla cultura tanto come femminili che maschili,
in quegli interstizi e zone di convivenza e produzione
culturale che rimangono fuori o periferici, rispetto allinfluenza
della cultura eterosessuale. Producono una cultura dellambiguit,
della performance, dellesibizionismo e della trasgressione
che sfugge tanto agli stereotipi di genere che alle ristrette classificazioni
della cultura occidentale. Il concetto di terzo genere
come repertorio di caratteristiche di ambedue i sessi che si coagulano
nellindividuo, come spesso usato da alcuni autori riguardo
agli individui con orientamenti sessuali e di genere che
non sono ortodossi, troppo ristretto, occulta la complessit
di ruoli, identit, interrelazioni contraddittorie tra diverse dimensioni:
biologica, sessuale, di genere, culturale, religiosa. Per
questo, luso del termine omosessuale per definire personaggi
cos peculiari errata. Questa parola pone laccento sullespressione
della sessualit individuale mentre il muxe o il femminiello
rimandano a pratiche e ordini sociali molto complessi, dove
lidentit sessuale non lelemento centrale o preponderante di
definizione sociale, come potrebbe esserlo per un omosessuale o
gay nella societ occidentale moderna.
Inoltre interessante notare che le societ che incorporano
e non demonizzano questi personaggi danno spazio e le
264
gittimit alle zone dombra, allindefinito, alla contraddizione,
alla liminalit (quella soglia infinitesimale tra lessere e il non
essere, tra una cosa e unaltra in processo di cambiamento e
mutazione) della natura, del genere, delle relazioni in societ
e con la divinit. Si tratta, senza dubbio, di culture dinamiche,
espressioni di popolazioni che riescono a coniugare in forma
originale tradizione e modernit, cambiamenti e permanenze,
conflitti e armonie, scienza e magia, bipolarit e tridimensionalit
di genere.
Queste esperienze ci indicano anche che bisogna superare
il nostro etnocentrismo per rispettare tali manifestazioni e
studiarle ubicandole nel contesto storico, sociale, culturale tenendo
conto dellorganizzazione sociopolitica del genere che
specifica di ogni societ e di ogni momento storico. Le logiche
dei valori sociali, in base al loro grado dinclusione o esclusione,
possono produrre mostri, deviati, anormali, o, al contrario,
permettere agli individui di esprimere forme diverse di
sessualit, cos come costruire altri stili di vita e di relazioni che
possono anche articolare le caratteristiche di ambedue i generi,
ma, allo stesso tempo, dar vita a pratiche, comportamenti ed
elementi culturali propri della trasversalit di genere.
265
Note
1 Muxe la traduzione in zapoteco della parola mujer (donna, in spagnolo),
in questo caso il suono assomiglia alla je francese.
2 La condizione di genere durante il ciclo di vita di una donna marcata
dalla presenza o assenza della capacit riproduttiva. La concezione del
corpo e gli ambiti di potere familiare e sociale cambiano in una donna
dallet riproduttiva alla menopausa.
3 Importante anche la funzione di questi personaggi nella costruzione
della sessualit maschile in societ segregate. Una differenza importante con
la cultura occidentale urbana che per la cultura popolare napoletana ha
significato solamente la relazione sessuale che un femminiello realizza con
un uomo eterosessuale. La relazione fra due femminielli, tra un femminiello
e un uomo omosessuale di tipo occidentale inconcepibile, anzi disgustosa
a detta di tutti. Il femminiello vuole solamente un uomo dichiarato e senza
dubbi eterosessuale. Nella societ zapoteca, le pratiche sessuali dei maschi
adulti con un muxe, molto frequenti in stato di ebbrezza, non sono considerate
segni di omosessualit ma, piuttosto, affermazione di virilit e machismo
purch luomo svolga la parte attiva nella relazione. Queste stesse concezioni
culturali sulla sessualit le ritroviamo tra i femminielli a Napoli. Vale a dire
che esiste in ambedue societ una netta differenza didentit e concettualizzazione
tra lindividuo riconosciuto come omosessuale in senso stretto sia
o no effemminato e luomo che ha relazioni sessuali con lui, si concepisce
il primo come un individuo che assume nella relazione sessuale un ruolo
passivo, di penetrato, e il secondo un ruolo attivo, di penetratore. Luomo
che ha pratiche sessuali con un muxe o un femminiello non mai considerato
omosessuale, cio il suo etero-status non messo socialmente in discussione.
Questo modello didentit sessuale, detta anche omosessualit mediterranea
o etnica, una particolare concezione dellomosessualit che troviamo molto
diffusa nei paesi di cultura latina (europea e latinoamericana) e islamica del
Mediterraneo, e inoltre nellarea balcanica (DallOrto, 1990).
4 Nei miei ricordi dinfanzia presente un femminiello capera che veniva
a elaborare il tuppo a mia zia quando loccasione sociale lo richiedeva.
5 Anagramma di Morfeo, dio del sogno.
6 Alcuni esempi quasi storici: durante i Mondiali di calcio a Madrid,
nel 1982, Paolo Rossi, che giocava con il numero 9, marca 3 gol contro
il Brasile, che si tradussero nel terno vincente, 82 9 3; Diego Maradona
(numero 5 al terno) e la caduta del governo pentapartito, il 2 maggio 1985,
danno origine al terno 5 25 85.
7 Sempre dal repertorio dei miei ricordi infantili, rammento con chiarezza
le interminabili (per me) discussioni che si istauravano tra la nostra
266
cameriera, il ragazzo che distribuiva la spesa a domicilio e il mio nonno paterno
che faceva il sarto, con lintervento spesso di mio padre, gi medico affermato
a quei tempi, sui numeri da giocare al lotto alla fine della settimana.
8 Mia zia, per esempio, mi diceva: Chiedi i numeri allanima di tua
nonna, la santa donna di mia madre, morta quando ero ancora bambina.
9 Bench la chiesa cattolica abbia tollerato per molto tempo i pellegrinaggi
dei femminielli, nel febbraio del 2002, labate del Santuario di Monte-
vergine scacci i femminielli dal sagrato della Chiesa accusandoli di profanare
un luogo sacro, affermando che le loro preghiere non erano gradite e urlando:
vergogna, vergogna!. A partire da questo momento si verifica unirruzione
del movimento urbano del gay pride che si appropria, in un certo senso,
della tradizione.
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268
Testo e contesto dei femminielli: riflessioni
socio-antropologiche su una ricerca di genere
di Eugenio Zito
[...] vedi il problema proprio questo, cos che
secondo me ha senso fare loperazione, se poi
dopo puoi avere dei figli se no a che serve, a
niente perch non cambia niente, tu comunque
non puoi avere figli e allora perch farlo meglio
cos che puoi essere tutto essendo comunque
molto femmina perch poi cos sei pi speciale e
ti cercano molto di pi [...].
Nina, 44 anni
Introduzione
I femminielli, uomini che sentono e vivono come donne (Simonelli
e Carrano, 1983, 1987), costituiscono una realt collettiva
risalente, in qualche modo, pur nella diversit di forme e
manifestazioni specifiche, alle origini della citt di Napoli, almeno
sul piano socio-antropologico, anche se non per unininterrotta
e provata sequenzialit storica (Zito e Valerio, 2010). I
femminielli si sposano tra di loro con un rito che imita le nozze
religiose in chiesa, e arrivano anche a mimare scene di parto e
battesimo come Malaparte (1949) ha raccontato ne La Pelle e
la regista Liliana Cavani ha mostrato in alcune memorabili scene
dellomonimo film del 1981 (DAgostino, 2000). Essi rappresentano
una realizzazione sui generis che insieme, paradossalmente,
arcaica e attuale, perch coniuga caratteristiche di un
269
mondo e di una realt socio-culturale non pi esistenti (Della
Porta, 1586), con quelle indicate come conquiste del pensiero e
della prassi contemporanea (Simon, 1996). Questo fenomeno
espressione di una sorprendente post-modernit, perch avvalora
nel campo dellidentit di genere, con tutto il peso della
sua storia, lidea di un continuum tra maschile e femminile, in
opposizione ad una rigida polarit sessuale di uomo e donna.
Nella sua arcaicit, poi, la figura del femminiello prolunga fino a
oggi il mito e archetipo dellandrogino che richiama lonnipotenza
e lautosufficienza dellunit narcisistica primaria e sembra
anche evocare, concretamente, il bagaglio fantasmatico della bisessualit
psichica di ciascuno (Freud, 1932). Ma, considerando
che si tratta di un fenomeno caratteristico della citt di Napoli,
immediato il richiamo alla figura della sirena Partenope, cui
legato il mito di fondazione della citt, come idea del doppio e
dellautosufficiente.
Nel testo in epigrafe un femminiello intervistato parla lucidamente
della sua condizione. La inquadra in un tutto
omnicomprensivo (femmina, maschio, maschio-femmina, femmina-
maschio), la caratterizza, per, con il sostantivo femmina,
reso superlativo con il termine molto e la qualifica pi
speciale. Tutto ci a prescindere dalla capacit di avere figli.
Questultima viene considerata solo quel valore aggiunto che
potrebbe dare senso ad un intervento completo di riconversione
chirurgica del sesso laddove si rendesse veramente attuabile.
Ma, poich cos non , manifesto che il nostro soggetto esprima
una certa consapevolezza di vivere unidentit di genere che
, consentite il gioco di parole, sui generis. Volendo connotarla
con un linguaggio attuale potremmo collocare questa complessa
realt identitaria nelluniverso del transgenderismo1. Si avverte,
infatti, nella condizione dei femminielli una situazione diversa
rispetto al registro della transessualit (Chiodi, Ricciardi, Santamaria,
Valerio e Zito, 2008), in quanto essi realizzano il su
270
peramento della propria mascolinit su un piano pi rituale e
simbolico. In altri termini perpetuano la propria simbiosi con
la madre a prescindere dal conseguimento di una completa assimilazione
sul piano biologico. Si pu ritenere che ci costituisca
lelemento distintivo di questo transgenderismo, coniugato
con unascendenza arcaica stratificata nel peculiare contesto culturale
di provenienza.
A Napoli il transgenderismo e il travestitismo dei femminielli
si differenziano, dunque, da fenomeni analoghi di altre
grandi citt europee o di New York quali quello delle drag queen(Schacht e Underwood, 2004). s un transgenderismo urbano
e perci diverso da quello che esprime ruoli tribali come nel
caso dei Berdache presso gli indiani Mohave del Nord America
(DAgostino, 1998, 2000) o ruoli essenzialmente religiosi presenti
in alcune popolazioni dellestremo oriente (Herdt, 1993).
Presenta piuttosto analogie, somiglianze ed affinit con il mondo
dei Muxe della societ zapoteca del Messico (Miano Borruso,
2011). Non camuffamento della virilit, non semplicemente
legato a tradizioni di teatralit popolana documentata da
opere come il cosiddetto Ballo di Sfessania o la Canzone di Zeza
risalenti rispettivamente al XVI e XVII secolo, in cui spesso i
femminielli sono stati utilizzati in ruoli fondamentali. In realt
presenta quasi i caratteri di una condizione di diversit esibita
con naturalezza e di unespressione sessuale che ha una propria
realt largamente riconosciuta ed integrata nel suo contesto sociale
con aspetti di sacralit rituale e di sapore arcaico profondamente
stratificati nella cultura (Simonelli e Carrano, 1983,
1987). I due aspetti della sacralit e dellintegrazione sociale
sono correlati, perch la ritualit attuale si manifesta soprattutto
nella rappresentazione di cerimonie fondamentali della vita
sociale, quali il matrimonio, il parto e il battesimo, nellesercizio
della divinazione sotto varie forme e nel riconosciuto potere di
portare fortuna. In proposito, molto diffusa stata, per esempio,
271
la loro pittoresca presenza nelle famiglie della borghesia napoletana
durante il tradizionale gioco della tombola2.
In definitiva sembrerebbe che la specificit sul piano socio-
antropologico dei femminielli di Napoli sia quella di aver
perpetuato, con continui adeguamenti alle mutazioni storiche e
sociali, questa tradizione arcaica di identificazione rituale e psicologica
con il femminile originario. Quello dei femminielli si
sarebbe pertanto cos configurato come un terzo genere, con un
suo tipico universo di significati, cio unidentit altra, distinta
nettamente sia dal genere femminile sia da quello maschile,
senza per superare la frontiera del deteriore grazie ad un sociale
accogliente e tollerante, portatore di una cultura risalente,
stratificata e tutto sommato cos evoluta da incarnare un tipo di
post-modernit sui generis.
Lobiettivo della ricerca di seguito presentata stato quello
di verificare la consistenza di tali elementi e di questo particolare
connubio, a partire da unanalisi dei discorsi prodotti da
alcuni femminielli napoletani, in considerazione della significativa
potenzialit del linguaggio a rivelare gli universi di senso.
Nel delineare questo obiettivo si tenuto presente, in modo
particolare, la verifica delladeguatezza di questo tipo di condizione
caratterizzata da tratti apparentemente grotteschi, bizzarri,
stereotipici e antifemministi, con un contesto socioculturale
che, nellallargamento delle sue ottiche di tolleranza, di globalizzazione
in atto, paradossalmente, rende allo stato difficile
mantenere le differenze locali. In ordine a questa finalit si pu
rilevare che lesperienza esistenziale del femminiello si traduce
in una grossa tolleranza dellambiguit sessuale che pu essere
considerata come una modalit abbastanza evoluta di affrontare
la varianza di genere. La loro esperienza costituisce, inoltre,
la prova continua che si pu vivere lidentit di genere che si
sente come propria senza dovere necessariamente adeguarvi il
corpo fino alla totale riconversione chirurgica dei caratteri ses
272
suali, peraltro regolamentata in Italia dalla legge 1643 (Vitelli,
Bottone, Sisci e Valerio, 2006).
La ricerca
Questa ricerca ha come oggetto di studio i discorsi di alcuni
femminielli dei quartieri popolari della citt di Napoli, a partire
dal complesso costrutto di genere, con un posizionamento
di confine in una prospettiva multidisciplinare che tiene conto
di aspetti esistenziali in una cornice socio-antropologica. Negli
ultimi decenni, infatti, si andato delineando un nuovo campo
di sapere, quello cosiddetto degli studi di genere, che analizza i
rapporti tra soggetti sociali, genere, corpo e sessualit ridefiniti
come strumenti di analisi interdisciplinari.
Per lo svolgimento della ricerca, operativamente, ci si
mossi lungo due direttrici: una attenta al contesto e laltra al
testo dei femminielli.
Per la prima si privilegiata una ricerca storico-socio-antropologica
del loro retroterra culturale nella citt di Napoli, humus
pi che mai fertile per lo sviluppo della loro realt e da cui non si
poteva prescindere per una loro adeguata comprensione.
Per la seconda si scelta una metodologia di analisi e di
interpretazione di dati testuali raccolti attraverso quindici interviste
semi-strutturate su cui ci si soffermer ampiamente nelle
pagine seguenti.
Per tutti questi motivi si optato per una procedura di tipo
qualitativo che, mentre salvaguardava la soggettivit delle persone
intervistate, risultando il meno intrusiva possibile lungo il
processo del ricercare, fosse, al contempo, aperta ad ibridazioni
e contaminazioni metodologiche altre.
Napoli ha tante anime che si sono stratificate, sovrapposte
e a volte contrapposte nel corso della sua lunga storia.
Quella femminile rilevante, e sembra avere una sua sugge
273
stiva espressione proprio nella sirena, immagine-simbolo che
risale indietro nel tempo fino alle origini stesse della citt cui
legato il mito di Partenope. Secondo la tradizione Partenope
era una sirena ornitomorfa, essere met donna e met uccello,
quindi di natura doppia, simbolo riconosciuto di una femminilit
autosufficiente ed integrale, vergine, come suggerito
dalletimo greco. Napoli citt femminile che porta stratificata
nella sua cultura lantica anima femminile del Mediterraneo,
della quale la figura del femminiello stesso pu, a nostro avviso,
essere assunta a immagine-metafora per molti dei suoi aspetti.
Larcaicit di questa figura, inoltre, sta nel conservare una certa
primitivit legata allistinto di sopravvivenza, che si traduce
nellarte di arrangiarsi (Belmonte, 1997) sul piano sociale e
soprattutto su quello psichico. Quella di genere elaborata dal
femminiello, rappresenta, infatti, una soluzione estrema eppure
socialmente compatibile per sopravvivere, malgrado traumi
di vario ordine e grado. Questa particolare forma di riassetto
dellidentit, frutto di una strategia di sopravvivenza della psiche
rispetto allaggressione esterna di una realt svantaggiata e
multiproblematica, che, tuttavia, nella sua complessa ricchezza
culturale offre una cornice di senso, d luogo alla manifestazione
di una soggettivit altra, come teorizzato dal pensiero
post-moderno. Ne costituisce quasi una comprova sul piano
della possibilit perch, nel suo svuotare e decostruire per poi
ricostruirsi, la figura del femminiello, pur convivendo con esso,
mette in crisi lordine simbolico patriarcale, dimostrandone la
mera artificiosit socioculturale.
Tuttavia lesistenza di questo particolarissimo modo di essere,
che, come si detto, oggi includeremmo nel variegato universo
del transgenderismo (Valerio e Zito, 2006), il frutto di
un equilibrio delicato che rischia, al momento, paradossalmente,
per diverse ragioni legate anche ad un accelerato e radicale
mutamento socioculturale del contesto di riferimento, di vira
274
re verso una forma di soggettivit deteriorata. La caratteristica
di una tale soggettivit non pi quella di aspirare al superamento
della categorizzazione maschile-femminile (Chodorow,
1995; Hritier, 2002), ma di proporre una forma consistente
nel trasformarsi, in tutti i sensi, nella stereotipata copia di un
certo femminile. Questo deterioramento potrebbe sconvolgere
il riassetto identitario che fino a questo momento i femminielli
hanno realizzato e potrebbe sfociare in una forma di identificazione
totale di un maschio che coinvolge anche il corpo con
il polo femminile.
Lobiettivo principale della ricerca, come si accennato in
precedenza, stato quello di esplorare alcune caratteristiche so-
cio-culturali delluniverso transgender dei femminielli, a partire
dalla complessit del costrutto di genere, tentandone, quindi,
unarticolazione sia sul piano dellanalisi esistenziale che della
cornice socio-antropologica.
Il genere, strumento ermeneutico-concettuale di rilevante
interesse per il discorso antropologico, rappresenta, infatti, un
concetto complesso che si colloca nellintersezione simbolica tra
la dimensione individuale e quella sociale, dal momento che si
impone sia come una rilevante ncora identitaria che assolve
alla funzione di individuazione/identificazione sulla base della
quale si struttura il senso di appartenenza sessuale dei soggetti,
sia come costrutto sociale, ossia come derivato dei processi so-
cio-culturali che concorrono alla determinazione delle differenze
tra uomini e donne (Taurino, 2003).
Nello specifico si tentato di indagare, utilizzando una metodologia
qualitativa basata sullanalisi dei testi di interviste semi-
strutturate, la complessa area dellimmagine di s in relazione
allinserimento nel contesto socio-culturale di appartenenza
presso un gruppo di femminielli, soggetti transgender con sesso
biologico e anagrafico maschile, tutti provenienti dalla medesima
area topografica e culturale della citt di Napoli costituita da
275
tre quartieri storici. In questo modo si tentato di costruire ipotesi
relativamente alla loro condizione attuale, a partire da quella
che la percezione di se stessi come terzo genere allinterno della
complessit e ricchezza del contesto culturale napoletano. La
scelta si concentrata sui quartieri di Sanit, Montecalvario, e
Avvocata, tre zone della citt di Napoli nelle quali i femminielli
abitano per tradizione e che storicamente nascono come quartieri
marginali, cio ai margini topografici del tracciato storico
della citt nel XVII secolo. Si trattava di luoghi eccentrici nel
senso di ex-centro, cio dislocati in posizione distante dal centro
della citt, spesso destinati a funzioni particolari e a persone o
gruppi segnate da una qualche diversit rispetto alla popolazione
ordinaria e normale. In particolare il quartiere Sanit nasce
come lazzaretto per gli appestati, Montecalvario come sito di accampamento
delle truppe spagnole, mentre Avvocata aveva parti
in comune con queste due zone collegandole. Si trattava, inoltre,
di aree che, trovandosi ai piedi o sui primi balzi della zona collinare
della citt, presentavano molte cavit e grotte naturali o
scavate nel tufo destinate da sempre ad usi vari. Tra questi usi,
a parte quello abitativo, nel corso di tutta la storia della citt,
era prevalente, nel periodo greco-romano, quello che destinava
le grotte a sede per celebrare riti e culti di divinit ctonie della
fertilit. In questi quartieri, nel corso dei secoli successivi, per
diversi motivi, si andata a radicare la parte pi popolare della
citt, che pi sembra aver conservato abitudini, credenze e
tradizioni antiche ereditate dalla sovrapposizione delle diverse
civilt e dominazioni che si sono succedute a Napoli nel corso
dei secoli. La scelta di soggetti tutti provenienti da questi
tre quartieri garantisce la loro omogeneit rispetto alla variabile
contesto, intesa nella sua accezione non solo territoriale e geografica,
ma soprattutto culturale.
Dopo una fase iniziale di osservazione e frequentazione del
contesto scelto per la ricerca, cio i tre quartieri nella citt di
276
Napoli, si iniziato a selezionare la popolazione attraverso una
prima segnalazione e un primo contatto da parte di unassociazione
di quartiere operante su una delle zone scelte4. Si
proceduto, poi, grazie alla segnalazione e al contatto in successione
di singoli partecipanti allo studio che hanno provveduto
a reperirne altri. La scelta dei partecipanti stata, dunque, in
larga parte controllata da essi stessi. Questa procedura si fonda
sul principio che i membri di un gruppo siano in grado di
riconoscere meglio del ricercatore coloro che fanno parte del
gruppo stesso. La popolazione considerata stata di quindici
soggetti, dopo un lungo lavoro di contatti non sempre facili,
di inviti a volte disattesi e di incontri concordati ma in alcuni
casi non andati a buon fine. Tutti i soggetti intervistati hanno
assunto ormoni femminilizzanti in qualche momento della loro
vita, si sono sottoposti a mastoplastica additiva e a vari interventi
di chirurgia estetica. Nessuno per ha dichiarato di aver
effettuato un intervento di riconversione chirurgica dei genitali.
Tutti vivono secondo un ruolo di genere femminile. Il range di
et dei soggetti intervistati varia da 37 anni (et minima) a 67
anni (et massima), con una media di 46,3 anni e una deviazione
standard di 8,9 anni.
Per la raccolta dei dati si deciso di incontrare ciascun
soggetto almeno due volte. Nel primo incontro stato spiegato
per linee generali lo scopo della ricerca, raccolto il consenso informato,
e infine sono stati chiesti let, il quartiere di residenza,
il livello di riconversione ormonale e chirurgica dei caratteri
sessuali primari e secondari. Nel secondo incontro si proceduto
a effettuare e ad audio-registrare unintervista semi-strutturata.
Tale intervista ha avuto una durata media di unora; la
domanda stimolo, uguale per tutti gli intervistati, costituente
lelemento attorno al quale stata organizzata la produzione
discorsiva, stata formulata nel seguente modo: Mi parli di lei
e dei rapporti che ha con la gente del suo quartiere, cercan
277
do di non porre vincoli alla libera produzione del discorso nel
soggetto. In alcuni casi stato necessario lintervento dellintervistatore,
comunque mai in termini direttivi; in questi casi
lattivit dellintervistatore si concretizzata nella formulazione
di domande che, riprendendo le ultime parole dellintervistato,
ne chiedevano un approfondimento, come per esempio cosa
intende dire quando afferma che...?, oppure semplicemente
invitandolo a continuare, ci fino a quando la produzione
linguistica non risultava esaurita. Chiudeva lintervista la domanda:
Ha qualcosa da aggiungere?. Occorre evidenziare che
in questo tipo di intervista stato molto difficile mantenere
il giusto equilibrio tra una produzione discorsiva dei soggetti,
libera, spontanea ma sufficientemente adeguata e un atteggiamento
di ascolto del ricercatore, non direttivo ma stimolante e
contenitivo. Le interviste, registrate con un apparecchio audio,
sono state poi trascritte ed accorpate in un testo unico. Lanalisi
informatica del corpus testuale delle interviste stata preceduta
da un trattamento5 del testo stesso finalizzato anche a predisporlo
per la lettura da parte del software prescelto. Il corpus
cos pre-trattato stato analizzato con la metodologia di elaborazione
statistica dei dati testuali di Reinert (1995) mediante
il software Alceste6, per esplorare gli universi semantici utilizzati
dai soggetti nei loro discorsi. Tale software uno strumento di
statistica testuale che consente di classificare gli enunciati di
un testo sulla base delle co-occorrenze di parole, cio del loro
comparire in associazione, allinterno degli enunciati stessi e di
organizzarli entro specifiche classi.
Si tratta non di studiare le distribuzioni statistiche delle
parole in differenti corpus, ma di studiare la struttura formale
delle loro co-occorrenze negli enunciati di un determinato
corpus7.
Obiettivo di Alceste di analizzare la struttura interna del
testo stesso, attraverso lo studio della distribuzione delle parole
278
e nello specifico dellassociazione tra parole nelle diverse parti
di un testo, evidenziando i diversi mondi lessicali di un particolare
corpus, che a loro volta rimandano a dei luoghi mentali
investiti dai soggetti-enuncianti per costruire e comunicare il
proprio punto di vista. Inoltre, interessante sottolineare che la
nozione di mondo lessicale, implicando un punto di vista, rinvia,
quindi, alla nozione di soggetto-enunciante.
Questa metodologia stata integrata da una rielaborazione
dellanalisi fattoriale (Kim e Mueller, 1978) prodotta da Alceste
stesso, attraverso la quale si proceduto, poi, ad estrarre e ad
interpretare i fattori significativi che a nostro avviso collegavano
gli universi semantici evidenziati.
Il corpus testuale Femminielli: denominazione, descrizione e
interpretazione delle classi semantiche
Dallanalisi statistica dei testi delle quindici interviste raccolte
sono emerse sei classi semantiche, cos di seguito denominate,
descritte ed interpretate.
La prima classe, che abbiamo denominato CONFLITTO
RISPETTO ALLINTERVENTO, caratterizzata da
forme specifiche che fanno riferimento al tema dellintervento
di riassegnazione chirurgica dei caratteri sessuali. In particolare
se ne parla in termini conflittuali, da un lato come di
qualche cosa desiderata, sperata perch in grado di dare una
presunta felicit attraverso un poter fare ma, al contempo,
dallaltro lato, come qualche cosa di temuto in quanto rischiosa
e soprattutto irreversibile poich porta via parti di s e per
questo non attuata. Inoltre il riferimento ad una significativa
oscillazione tra i poli dellessere e dellavere, cio dellessere
ci che si contrapposto alla possibilit di avere un nuovo
corpo attraverso la chirurgia. Ci che importante sottolineare
che questa prima classe si configura come una riflessione
279
aperta rispetto ad una tematica centrale per soggetti con varianza
di genere, e cio quella della possibilit di ricorrere o
meno alla chirurgia estetica in generale e a quella di riconversione
dei caratteri sessuali nello specifico. In particolare emerge
forte, sul piano conscio, lidea che la riconversione dei caratteri
sessuali non consente di diventare donna, perch non
permette comunque la possibilit di procreare, come se la dimensione
precipua da ascrivere al femminile fosse, nella loro
fantasia, principalmente quella della maternit. Dietro questa
idea condivisa si nasconde un desiderio ambivalente di trasformazione
e di rinascita, frenato dalla paura di perdere parti
fondanti della propria identit.
Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici
di questa classe, emersi dallanalisi computerizzata dellintero
corpus delle interviste:
... da pazze farsi lintervento e poi non ha senso tanto
non diventi femmina e i figli non li puoi fare e allora meglio
rimanere cos come si . E poi non vero che se non ti operi
sei meno femmina, tanto femmina non lo puoi mai essere allora
meglio essere come sei senza pensarci troppo e poi soprattutto
godersi la vita facendo le proprie scelte...
...piccoli interventi che mi sono fatta e ora non cՏ la
faccio pi voglio stare tranquilla e godermi quello che tengo.
Perch se invece lintervento te lo vuoi fare in una struttura
pubblica allora devi fare tutta una cosa lunga che poi alla fine
ti stanca e non ne puoi pi e allora meglio cos come sto...
...pure per questo io ho deciso di non operarmi perch
comunque dei figli non li puoi fare e allora tanto vale che rimani
come sei e io sto bene cos e speriamo di stare bene cos ancora
per molto...
...no andava bene cos perch tu puoi vivere quello che
senti anche cos come sei ed da pazzi fare loperazione perch
poi che rimane mica divieni una donna. Perch secondo te
280
quelle l operate veramente non la sanno la differenza con
le vere donne e secondo te i clienti che vanno con loro e si
giustificano dicendo che vanno con delle donne non lo sanno
che sono maschi e non femmine...
...e poi se ti devo dire la verit ho paura assai dellanestesia,
perch troppo lunga e poi non so dopo che succede. Invece io
sto bene cos sono femmina abbastanza, e poi guarda che petto
che tengo...
...perch anche io adesso non voglio questo cambiamento
con lintervento perch gi sono e vivo come una femmina. E
poi a dire tutta la verit quelle come me non possono mai essere
donne completamente perch cՏ il problema che comunque
non sar mai possibile fare dei figli e allora che senso ha farsi
lintervento, secondo me nessuno...
... importante avere un po di fede e io credo molto e
in tutte le cose mi affido a Dio e forse lui alla fine ha fatto in
modo che non mi dovevo operare...
...accorgono di me e pensano che io sono una donna
veramente, ma non cos perch non mi sono mai operata e
non credo che lo far, neanche i seni mi sono rifatto nel senso
che bastato prendere gli ormoni e il seno cresciuto di per
s guarda come sono femmina, non mi voglio operare mi vado
bene come sono e poi tutti mi scambiano per una femmina e
qual il problema...
...essere ottimista e poi credo che se Dio mi ha fatto
nascere cos una ragione ci sar pure se no che senso ha,
comunque non so, so che sono cos e che non cՏ niente da fare
tanto vale cercare di godersela la vita...
...da spiegare, non so come dirti una situazione
complicata e difficile da spiegare comunque ora sto bene cos
almeno per il momento e non penso di fare altri interventi
tranne lelettro-depilazione e perch pi te ne fai e pi alla fine i
peli spariscono completamente dal corpo e questo importante
281
perch se no devi stare ogni volta con la ceretta e la pinzetta
ed una schiavit....
La seconda classe che abbiamo denominato RAPPORTO
CON IL QUARTIERE, costituita da forme caratteristiche
che rimandano ad una descrizione di azioni e relazioni quotidiane
nel proprio contesto di riferimento. In particolare sembra
emergere una modalit di rapportarsi al proprio contesto caratterizzata
da marcato esibizionismo, spettacolarit, seduttivit,
essere guardati, congiunta ad un bisogno costante di prepararsi,
di apparire per affrontare una vita quotidiana che vissuta
come spettacolo. I rapporti interpersonali sembrano improntati
a dinamiche quali invidia, gelosia, seduttivit, aggressivit, venalit,
divertimento, festosit, il tutto in una cornice sociale caratterizzata
da una forte aggregazione comunitaria. Questa classe
sembra ricostruire e tracciare un profilo di vita comunitaria peculiare
di questi soggetti, piuttosto vivace e articolata, anche se
prevalentemente connotata da dinamiche interpersonali in negativo
quali appunto, come si detto precedentemente, aggressivit,
invidia, gelosia, scandita inoltre dallimperativo categorico
dellapparire ad ogni costo perch si ҏ attraverso lo sguardo
dellaltro.
Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici
di questa classe:
... la gente ti rispetta e non succede niente salvo poi qualche
gelosia che sempre pu capitare nella vita. Sono fortunata
perch tengo un bel gruppo di amici che scendono con me
pure a via Toledo come le mie amiche Luciana e Carmela e
non si fanno problemi, loro non tengono nessun problema a
farsi vedere con me...
...una merceria che poi vende pure biancheria e ogni tanto
li vado a trovare e capita pure che se sto un po libera a volte in
alcuni periodi dellanno come sotto Natale gli d una mano e
mi guadagno la giornata e poi un lavoro bello...
282
...solidariet e comunque pur essendo straniera e diversa
andato tutto bene e pure mo tengo tante amiche e amici. Vedi
per esempio ci sta Luciana e Carmela che vengono tutti i giorni
a giocare a carte con me e poi ci andiamo a fare un giro per
via Toledo a vedere i negozi sotto al braccio e non ci stanno
problemi, vedi ...
...costruire nella mia vita, la mia casa, la mia famiglia
e qualche amico che mi vuole bene. E poi perch no, quando
capita lavventura me la prendo perch ancora gli uomini si
girano quando mi vedono e poi soprattutto quando sto tutta
bella riposata e preparata e devi vedere quanti uomini mi cercano
e mi vogliono e questa cosa bella assai...
... e poi farei venire pure le signore del mio quartiere a far
vedere quello che sono capace di fare. vero nel mio quartiere
e nel mio palazzo mi rispettano, per a volte me ne accorgo che
sotto sotto cՏ un po di invidia per quelle come me perch siamo
libere e non teniamo marito e figli, abbiamo pi tempo per noi, ci
sappiamo preparare e vestire e se vogliamo possiamo essere pi...
...soprattutto mi piace e mi consente di vivere abbastanza
in tranquillit. E poi il lavoro mi d soddisfazione perch tengo
un sacco di clienti affezionate che fanno la fila o aspettano
anche tanti giorni pur di farsi fare i capelli da me, e poi sono
proprio brava...
...e ci divertiamo un sacco insieme, facciamo tante cose,
sono una buona compagnia per me e io per loro e ci aiutiamo
come possiamo e anche economicamente se tengo un problema
che per esempio devo pagare...
...poi siamo noi che vogliamo prenderci ai loro mariti e
non sanno che sono loro stesse che se si trascurano perdono i
mariti. Perch poi tu luomo te lo devi pure coltivare altrimenti
che fai, che succede che rimani con le corna in testa e quante ne
conosco che stanno piene di corna perch non si sanno tenere i
mariti e non sanno farli divertire come sappiamo fare...
283
...vedi il nostro gruppo costituito da me e da lui che
gay si chiama le Nuove Lucciole, e lui sembra un uomo e
poi si trasforma durante lo spettacolo. Poi a volte quando mi
capita lavoro anche da solista, cio da sola, vado a fare qualche
serata tipo tombola o nei ristoranti o nelle case private, e faccio
divertire molto perch poi mi preparo...
...e poi vedi nella mia casetta ricevo la sera un sacco di
amici e soprattutto amiche sincere che mi vogliono un sacco di
bene, mentre ho poche amiche trans come me, non mi trovo
con le altre trans, perch se ne salva qualcuno che come me....
La terza classe, denominata LA FAMIGLIA, si articola in
una narrazione delle dinamiche familiari caratterizzate prevalentemente
da distacchi, traumi, perdite, lutti, preoccupazioni e da
unorganizzazione familiare stessa piuttosto estesa ed allargata, in
cui per si osserva unassenza dinamica della funzione paterna e
dove il maschile ridotto a ruolo di marito, fidanzato o zio. Ci
che sembra importante sottolineare che in questa classe prevale
una narrazione dei rapporti familiari caratterizzata da madri
forti e in generale da figure femminili energiche che si offrono
come allettanti poli di identificazione in contrapposizione allassenza
del padre e a figure maschili svilite e deboli.
Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici
di questa classe:
...il rapporto con mamma buono, ma ora si fatta vecchia
e si sta un po scemendo, per con lei sta mia sorella sposata,
lultima figlia che non teneva la possibilit di comprarsi una casa
perch il marito non guadagna molto e lavora saltuariamente
come operaio e allora sta con mamma a casa, gli fa i servizi, la
accudisce e in cambio mamma la aiuta con la...
...mia mamma abita qui sopra, due palazzi prima di
questo e con lei ci sta mia sorella con il marito ed il figlio. E
mia mamma per esempio non voleva che io stavo con il mio
ultimo fidanzato perch aveva capito che era un buono a nulla
284
e che sfruttava il mio lavoro sulla strada me lo aveva detto che
lo dovevo lasciare stare che...
...bella bionda alta era veramente una bella donna e
soprattutto era forte, molto forte, lei che era rimasta vedova
giovane ed era riuscita a portare avanti una famiglia con quattro
figli e li ha cresciuti tutti, tra cui mia mamma...
...po mi arrangio. Io vivo con mia madre che non sta tanto
bene con la salute, mia mamma ha lavorato una vita intera per
mantenere a me e ai miei fratelli, siamo cinque figli, io sono
lultimo, prima di me ci stanno due sorelle sposate...
...ed un problema perch lei prima stava veramente
bene, teneva la casa di propriet e poi ora sta aspettando pure
due gemelli e il marito che uno buono a fare niente e allora a
me mi fa piacere darle una mano lei lultima e tiene...
...mio zio continu finch mio padre ebbe un incidente
in Germania e ritorn definitivamente a Napoli e da allora ha
avuto una pensione di invalidit e io sono ritornata a casa con
lui finch non me ne sono andata via di casa intorno ai...
...e poi sto bene anche con la mia famiglia, vedi ho due
sorelle femmine e quattro maschi, e ho perso una sorella lanno
scorso, li frequento, loro quando possono vengono da me...
...sono la quinta figlia, e ci stanno tre maschi e una
femmina prima di me, sto a casa con mamma e con il mio
fidanzato da quando morto pap che proprio non accettava
la mia posizione, perci solo allora sono andata a casa da mia
madre...
...poi io gli feci una domanda per laccompagnamento e
dopo un anno ha avuto questaccompagnamento, e allora aveva
raddoppiato la sua pensione. E io una volta le dissi mamma
senti io non ti ho mai chiesto niente, perch logicamente tu
con una pensione devi gestire tante cose, e devi fare una volta
ad uno una volta ad un altro, non mi sono mai permesso, e mi
sono sempre arrangiato...
285
...mia mamma ora abita con una mia sorella e io ho
affittato un appartamento, dove vivo con il mio fidanzato. Io
e il mio fidanzato la domenica andiamo a mangiare fuori, una
volta dalla sua famiglia una volta con le mie sorelle, stiamo
abbastanza bene insieme....
La quarta classe denominata VITA AL MARGINE,
caratterizzata da forme specifiche che fanno riferimento agli
aspetti pi problematici legati alle peculiari scelte esistenziali
e professionali di questi soggetti. Viene decritto un contesto,
che anche quello del lavoro sui marciapiedi, della prostituzione,
della notte, caratterizzato da violenza, droga, delinquenza,
ma in cui sembra potersi cogliere una grande umanit e in cui
sembrano destreggiarsi con disinvoltura e una certa autoironia
per sopravvivere. Soprattutto sembra emergere il senso di una
degradazione dellodierna realt contestuale di riferimento. Ci
che importante sottolineare che questa classe si caratterizza
proprio per la consapevolezza espressa di un disfacimento
dellodierno contesto sociale di riferimento, di un oggi multiproblematico
e pericoloso cui non si riesce a dare un senso
rispetto ad un passato un po idealizzato, connotato prevalentemente
da una dimensione ludica, giocosa e pi serena, associata
anche alla trascorsa giovinezza. Questa quarta classe era
originariamente accorpata alla prima classe denominata CONFLITTO
RISPETTO ALLINTERVENTO. Questaccorpamento
sembrerebbe indicare, inoltre, che loscillazione verso la
probabile decisione di un intervento di riconversione chirurgica
dei caratteri sessuali sia il portato dello sgretolarsi di un contesto
sociale fondamentale per unidentit quale quella del femminiello,
fortemente connotata in senso sociale, come una sorta
di gesto estremo rispetto ad un sociale che non sostiene pi e
che risulta inspiegabile nelle sue veloci trasformazioni.
Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici
di questa classe:
286
...ora si sparano solo, si uccidono come se niente fosse
e poi cՏ la droga che ha rovinato tutto e non si capisce pi
niente ora la gente pensa solo a farsi la droga...
...semplice e cera pi voglia di vivere e di divertirsi. Allora
cerano un sacco di locali pure qui ai quartieri o non lontano e
la gente si voleva divertire, si usciva cera rispetto di tutti, e di
tutto cera una bella atmosfera mica come oggi...
...molto pi vivace e animata, oggi non ci sta pi niente
a parte la droga e questo oggi Napoli. Oggi quello che ha
rovinato tutto la droga, prima magari si beveva, si giocava,
oggi si uccidono, si sparano, si accoltellano e stanno pieni di
droga e non si capisce pi niente...
...ho avuto anche delle rapine brutte proprio e cos ho
imparato che meglio stare molto attenti. Prima si prendevano
i soldi e al massimo ti facevano una mazziata, oggi no, pi
pericoloso, ti sparano per niente, ti puntano la pistola o il
coltello e che fai pi, oggi lambiente della strada di notte
proprio brutto...
...perch io mi ricordo che Napoli una volta era diversa
e la gente teneva sempre voglia di divertirsi non come ora che
non si capisce pi niente. Che ti sparano e non sai nemmeno
il perch oppure non te ne accorgi nemmeno, no oggi non si
capisce proprio niente. Una volta la gente a Napoli si voleva
divertire, voleva vivere e Napoli era una citt di notte...
...purtroppo il tempo passato, Napoli cambiata, noi
siamo cambiate, la gente cambiata, le cose intorno sono
cambiate, e i soldi come si facevano prima ora non si fanno
pi, e da quando cՏ leuro non si capisce pi niente, perch
adesso un euro ha il valore di mille lire e non ci troviamo pi
con niente...
...io nella mia vita ho avuto tanta violenza proprio come
altre, tante mazzate ma pure parole brutte che sono peggio di
una mazziata...
287
...oggi non cՏ pi niente oggi la gente scappa, ha paura,
oggi non cՏ rispetto, niente, non trovi niente di interessante
non ci sono locali, prima no cerano locali aperti tutta la notte
continuamente e la gente si divertiva assai, io me lo ricordo...
...per ora anche lambiente e gli incontri non mi
interessano pi anche perch sono diventati pericolosi, pieni di
gente cos che invece di divertirsi si spara, non si capisce pi
niente. CՏ anche troppa violenza dovuta anche alluso troppo
esagerato della droga di oggi...
...non penso che solo un fatto di casi, non possibile, ci
stanno sicuramente altre cose, io tengo una confusione generale.
Non so pi che altro dirti....
La quinta classe, denominata LINFANZIA, costituita
da forme caratteristiche che rimandano ad una narrazione della
propria infanzia quale realt segnata dalla dimensione della diversit,
connotata da vissuti di colpa e sofferenza e in cui si coglie
il tema del confronto con gli altri bambini oltre che con i
genitori e in generale con il mondo degli adulti. Questa quinta
classe, in cui si declina il racconto della propria infanzia come
caratterizzata dalla diversit, era originariamente accorpata alla
terza classe LA FAMIGLIA, in cui, come si visto precedentemente,
si parla della famiglia, con la differenza che in questa
quinta classe sembra emergere, in modo chiaro e inequivocabile,
la figura del padre a cui si associa probabilmente un vissuto
di persecuzione, di punizione e di colpa.
Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici
di questa classe:
...mi ricordo che quando ero ancora pi piccolo mio padre
mi prendeva a botte ogni volta che mi vedeva giocare con le
bambole di mia sorella e mi diceva meglio morto che perduto
e mi riempiva di botte e poi mi regalava sempre scatole di...
...io volevo la bambola di mia sorella, giocavo con le
bambole di mia sorella, volevo le cose delle donne e stavo sempre
288
in mezzo alle donne. Poi mano a mano ad otto anni nove anni
io mi sentivo diverso, cio, io e mio fratello avevamo la stanza
insieme no, e se io mi dovevo spogliare davanti a lui no...
...eppure mio padre era un tipo debole senza tanto
carattere, invece mia mamma sempre stata molto forte e io
stavo sempre con lei e soprattutto mi sentivo dominato da lei
e poi la copiavo...
...alla scuola elementare era un casino perch io volevo
stare sempre con le bambine perch mi trovavo di pi, volevo
giocare con loro ma poi gli altri mi prendevano in giro. E poi
mi ricordo che le maestre se ne accorgevano che cera qualcosa
che non andava e una volta una maestra ne ha parlato a mia
mamma ma mia mamma ha detto che non era niente anche
perch teneva paura di mio padre che quando si incazzava...
...mi ricordo che facevo di tutto per andare in questa casa,
avevo otto anni e mia madre non voleva che ci andavo, ma
invece ero sempre l, mangiavo con loro e la signora non mi
diceva niente, io mi mettevo a fare la cucina, a lavare i piatti...
...quando stavo a casa con mia mamma e con mio padre
andavo con mia mamma. In quel periodo cera anche una mia
sorella a casa e in quel periodo mio pap lavorava al Circolo
Canottieri vicino la piscina e guadagnava bene, molto bene e
non ci faceva mai mancare niente...
...quella maestra mi voleva molto bene anche perch io
non andavo molto bene a scuola, anche perch lavoravo perch
poi ero un caso bisognoso, allora uscivo dalla scuola e andavo
in fabbrica a lavorare nella fabbrica di borse per guadagnare
settemila lire alla settimana che davo a mia mamma, avevo sei-
sette anni, per aiutare mia mamma e mio padre...
...ma mio fratello mi ha sempre trattato male perch per
colpa mia la gente parlava di noi e ci prendeva in giro, ma a
me non me ne frega niente, anche perch erano altri tempi ora
va tutto meglio...
289
...perch diceva io per te non voglio soffrire cos come ho
sofferto per mia sorella. Invece mio cugino, il figlio di questa
sorella di mio padre, che lavora in societ con me per la gestione
di questa attivit a maschio, gay, e non si mai travestito
per colpa della mamma, perch lui era molto innamorato della
mamma...
...piccolo e mi travestivo e mi comportavo in modo
effeminato eppure i miei fratelli mi prendevano in giro perch
dicevano che io poi ero ricchione e queste cose qua e non
stato facile....
La sesta classe, denominata COSTRUZIONE DELLA
PROPRIA IDENTIT AL FEMMINILE, rinvia direttamente
alle tappe della costruzione di una presunta identit al
femminile, attraverso la realizzazione di una nuova immagine
corporea mediante anche il travestimento, lassunzione di ormoni,
la chirurgia estetica, che conferiscono una marcata visibilit
e che confluiscono nellesperienza, inevitabile per molti
di questi soggetti, della prostituzione. Sembra, inoltre, che la
costruzione di una identit al femminile debba passare per
unesperienza di allontanamento dal proprio ambiente dove la
completa trasformazione non sembra possibile cui segue, tuttavia,
un veloce ritorno. Questultima classe appare in definitiva
incentrarsi, in modo particolare, anche, soprattutto, intorno alla
tematica prostituzione come suggerito da un ampio utilizzo del
termine in tutte le sue pi svariate articolazioni e declinazioni,
evidenziando la centralit di qualche cosa che non tanto e
solo incidente di percorso, ma esperienza sentita e necessaria
nella propria identit.
Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici
di questa classe:
...che non erano femmine e facevano la prostituzione,
facevamo credere che eravamo femmine e allora ci divertivamo
un mondo. In quel periodo ai Quartieri ci stavano tutte
290
femmine ed erano tutte veramente belle anzi erano bellissime
e poi cerano quelle come me che comunque tenevano il loro
mercato ma gli americani non se ne dovevano assolutamente
accorgere...
...vedi io col mio lavoro sulla strada ho fatto tanti soldi,
tanti tanti, tenevo i cassetti pieni di soldi, di oro e di orologi
che mi lasciavano gli americani che poi mi volevano sposare
per io non ho mai curato i soldi e ho sempre fatto campare
tutti, tutti quelli che mi stavano intorno davo a chi potevo e
aiutavo sempre se mi era possibile qualcuno...
...mica allora cerano le strutture che ci sono oggi con i
medici che ti seguono. Allora allinizio degli anni Ottanta si
facevano e basta e io mi ricordo che cera una vecchia trans
esperta proprio qui ai Quartieri Spagnoli e sul suo consiglio ho
iniziato a prenderli...
...a venti anni mi sono fatto il seno e speravo prima o
poi di farmi lintervento completo ma poi mi sono fermata qua
perch ci volevano troppi soldi e io non li avevo...
...e cos e io mi ricordo quando ero pi giovane e mi
prendevo gli ormoni dalle altre trans pi grandi ed adulte mi
ricordo che vedevo la vita che queste facevano e qui a Napoli...
...ho iniziato gli ormoni a diciotto anni, erano gli anni
Ottanta e allora non cera la possibilit di essere seguite da
un medico, cerano solo i consigli dati dalle amiche oppure la
possibilit di vedere sulle altre e poi ti regoli tu...
...e gli uomini e tenevamo un basso in due dove ci
prostituivamo e allora era molto bello a Napoli. E poi cerano
un sacco di militari americani, questi ragazzi molto belli che
venivano e si volevano divertire e allora andavano da quelle
come me per divertirsi un mondo ed stato un bel periodo e
poi era un periodo...
...mi ricordo ancora che mi procuravo gli ormoni
sottobanco, attraverso il mercato nero, attraverso alcune amiche
291
trans pi anziane e pi esperte di me e poi li prendevo di
nascosto nelle cabine delle foto tessera che tanti anni fa stavano
a piazza Carlo III...
...comunque, poi, in quel periodo a Napoli ho conosciuto
unaltra come me e abbiamo cominciato a vivere insieme,
abbiamo preso un basso qua al quartiere, allora siamo andate a
vivere l e poi abbiamo deciso che dovevamo provare ad andare
pure a...
...e questa strada era piena zeppa di donne bellissime e
con tutto che io allinizio ero magrolina e ci stavano invece delle
donne bellissime che si prostituivano qui comunque lavoravo
tantissimo e avevo un sacco di clienti veramente assai....
Discussione e conclusioni
I dati ottenuti sono stati ulteriormente elaborati, individuando,
a seguito di analisi statistiche e di relativi controlli di attendibilit8,
due fattori fondamentali in grado di spiegare le relazioni
tra le sei classi appena descritte ed interpretate: IDENTIT e
CRISI. Levidenziazione di un asse fattoriale dellIDENTIT
che si dipana tra soggettivit e socialit e di un asse fattoriale
di CRISI che nel tempo scorre da uninfanzia poli-traumatica e
da peculiari relazioni familiari al disagio attuale pu essere interpretata
come conferma implicita del fatto che i femminielli
costituirebbero un gruppo sociale omogeneo che presenta una
propria identit gruppale riconosciuta socialmente, per i quali
lintervento di riconversione chirurgica dei caratteri sessuali pi
che un elemento costitutivo di un processo identitario fantasticato
in via difensiva specularmente ad una condizione di
vita sociale e comunitaria critica e marginale, in quanto attualmente
in deterioramento. In particolare, osservando pi attentamente
tutti gli elementi emersi, si conferma lidea che lidentit
di questi soggetti sia stabilmente giocata nel rapporto indivi
292
duo-societ. Pertanto lintervento di riconversione chirurgica dei
caratteri sessuali di cui pure parlano, non sembra costituire un
elemento essenziale nelle loro dinamiche identitarie. Si caratterizzerebbe,
piuttosto, come reazione difensiva, espressione di una
crisi rispetto ad un sociale che si sgretola e a cui non si riesce a
dare un senso. Ci confermerebbe lassunto che il fenomeno dei
femminielli sia pi correttamente inquadrabile nellambito del
transgenderismo che nel transessualismo in senso stretto, configurandosi
come lincarnazione di un terzo genere che si sempre
dipanato tra un forte convincimento soggettivo associato ad un
processo di metamorfosi e trasformazione de visu e un sociale
accogliente e pronto a significare unalterit, grazie ad un patrimonio
socio-antropologico e culturale stratificato nei secoli.
Questo patrimonio ha conservato e portato sempre in superficie
elementi arcaici di valorizzazione rituale del femminile come
dimensione positiva, che, pur trovando origine nella potenza generativa
della donna, si stilizzato in una forma esteriore e di
ruolo fino ad arrivare a prescindere del tutto dalla capacit generativa
della donna stessa. Di questultima se ne conserva per
il ricordo e se ne perpetua il valore attraverso quella mimesi che
ripropone prima il matrimonio poi la figliata di alcune rappresentazioni
tipiche dei femminielli napoletani.
Forse i femminielli, con il loro complesso mondo fatto di
travestimento, ambiguit, superamento fluido delle barriere sessuali
che attinge al grande serbatoio della cultura napoletana,
intesa come arcaica, popolare, tradizionale, capace di grande
tolleranza ed apertura, contenitiva e conciliante, in grado di
conservare ambivalenze e contraddizioni e di realizzare impossibili
integrazioni, vivono, oggi, una profonda ed intrinseca trasformazione
mantenendo continuit ed evidenziando differenze
(Di Nuzzo, 2009).
significativo in questa direzione, che il forte senso
didentit come terza opzione di genere, n maschile n
293
femminile, sia pi presente nei soggetti pi anziani e radicati
in quel territorio cittadino pi tradizionalmente legato alla
presenza e alle varie manifestazioni di vita dei femminielli e
anche noto come Quartieri Spagnoli. Mentre nei soggetti pi
giovani, presenti prevalentemente negli altri due quartieri considerati
(Avvocata e Sanit), sembra pi evidente la dimensione
della crisi attuale manifestata attraverso una percezione di
vita al margine collegata al conflitto rispetto allintervento. Ci
spinge a ritenere che in realt questo terzo genere, attualmente,
viva una crisi profonda molto probabilmente collegata allo
stravolgimento del tessuto sociale e culturale dei tradizionali
quartieri di appartenenza. Anche a seguito del terremoto del
1980 e dei conseguenti cambiamenti sociali occorsi, lequilibrio
legato alla vecchia struttura del vicolo napoletano sembra essersi
rotto (Di Nuzzo, 2009). Inoltre non sono trascurabili gli
effetti dei processi di globalizzazione economici e della cultura,
anche attraverso la capillare diffusione delle nuove reti mediatiche.
uno stravolgimento che potrebbe non consentire pi a
unidentit altra di trovare una sponda di sostegno e in grado
di significarla sul piano relazionale, sul piano della gratificazione
esistenziale, nonch su quello dei rapporti socioeconomici,
a meno che non si mettano in atto dei meccanismi di adeguamento
idonei a recuperare elementi identitari e funzioni sociali.
Questo tipo di identit si sta deteriorando perch si sta
sgretolando quel particolare habitat socio-culturale che sempre
stato parte notevole e fondamentale nella percezione di
unidentit compiuta anche se altra. Questo habitat ha sempre
consentito ai femminielli la libera espressione di tutta una serie
di manifestazioni ritualizzate tipiche e la possibilit di conciliare
lesercizio di attivit nelle quali potevano confluire e con-fondersi
ruoli maschili e femminili per dar luogo ad espressioni di
vita sui generis, in quanto soggetti altri.
294
Alterit termine trasversale ai diversi approcci disciplinari,
si riferisce ad entit, situazioni e a concetti dei quali si
vuole mettere in evidenza il carattere relazionale e insieme di
contrapposizione polare rispetto ad entit, situazioni o concetti
presi come punto di riferimento, quindi come da altro da s.
Per lindividuo legata alla possibilit della distinzione e
sul piano psicoanalitico rimanda alla costruzione del s che
consente al bambino di uscire dalla simbiosi col materno, realizzando
lindividuazione che intanto ha luogo se si attua nella
relazione.
Per i gruppi sociali lalterit la qualit dellaltro, cio
lout, quello che sta fuori e che non partecipa del gruppo stesso
in quanto non ne presenta le caratteristiche previste e codificate.
Sul piano dei comportamenti, laddove per motivazioni
di varia natura prevalga questa valenza dellout, cio del fuori,
emergono dinamiche di esclusione e di emarginazione, mentre,
se scattano dinamiche di inclusione e di sostegno, laltro mantiene
la differenza ma acquisisce, allinterno del gruppo, anche
la funzione. in questultimo senso che si usa lespressione
identit altra, cio di unidentit diversa ma funzionale rispetto
al gruppo.
Quando per per unidentit altra, gi portatrice di per s
di una situazione esistenziale problematica, viene meno linclusione
e il sostegno del contesto, i processi di disgregazione e di
trasformazione o processi di crisi sociale o di rifiuto innescano
per essa processi di deterioramento. In poche parole unidentit,
quella deteriorata, che non si sostanzia pi della linfa relazionale
e si disancora da uno specifico contesto: il caso, per
esempio, di tutte quelle identit diverse e che rispetto a rigidi
canoni di natura socioculturale non hanno, spesso, riconoscimento
n funzione. Secondo questo schema lanziano emarginato
che diventato di peso per la famiglia, oggi, praticamente,
rischia di diventare unidentit deteriorata cos come stato o
295
potrebbe essere il disabile o lammalato psichico in determinati
contesti e/o momenti storici.
Potremmo in definitiva dire che il primo fattore fondamentale
emerso dalla ricerca ci parla di unidentit altra, diversa
ma funzionale, in grado di svolgere i suoi compiti. Il secondo
fattore fondamentale rivela la presenza sottostante del deterioramento
attuale di tale identit legato a uno stravolgimento in
corso del contesto socioculturale di riferimento. Tale deterioramento,
trovando il suo punto di innesto in unesperienza dellinfanzia
poli-traumatica e caratterizzata da peculiari configurazioni
familiari, ne riattiva le dinamiche e sollecita processi di
riassetto dellidentit che possono sfociare in soluzioni impossibili.
In questa ottica i due fattori principali, cio IDENTIT
e CRISI, possono essere interpretati anche come proiezioni
attraverso i discorsi, rispettivamente dello spazio e del tempo
psichici, tenendo conto di unidea freudiana sul tempo psichico
stesso e sullatemporalit dellinconscio. Gli sviluppi psichici
hanno una peculiarit che non si riscontra in alcun altro processo
evolutivo [...]. Nellevoluzione psichica le cose procedono
in modo affatto diverso; e la situazione, non comparabile con
altre situazioni, pu essere descritta soltanto dicendo che ogni
fase evolutiva precedente continua a sussistere accanto alla fase
successiva a cui ha dato luogo: la successione comporta anche
una coesistenza (Freud, 1915)9.
singolare come Freud metta insieme per il tempo
psichico le due qualit che Leibnitz e il razionalismo in generale
indicano come rispettivamente caratteristiche del tempo e
dello spazio fisico, vale a dire la successione e la coesistenza.
In questa straordinaria commistione Freud individua lessenza
della malattia mentale che non distruzione della vita psichica
ed intellettuale, ma un ritorno a condizioni anteriori di vita
affettiva e di funzionamento psichico10 che continuano a coesistere
con le acquisizioni e le fasi evolutive successive. Quin
296
di latemporalit dellinconscio non consiste tanto nellassenza
del tempo, quanto piuttosto in un modo diverso del tempo di
rapportarsi allo spazio. Se lo spazio lordine della coesistenza
degli eventi e il tempo lordine della successione degli stadi di
coesistenza, sul piano fisico impossibile che coesistano nello
stesso luogo eventi di tempi diversi come impossibile che esistano
nello stesso attimo gli eventi che si verificano nel medesimo
luogo. Invece, sul piano psichico, avviene la compresenza
e la compenetrazione di eventi che appartengono a tempi e a
spazi diversi. Quello psichico, quindi, uno spazio-tempo sui
generis che ibrida coesistenza e successione, nel quale si danno
insieme progressione, fissazione e regressione, sviluppo e conservazione,
pulsione di vita e coazione a ripetere. Questa compresenza
e questa compenetrazione di eventi consentono da un
lato la riformulabilit del passato e dallaltro lattivit allinterno
dellindividuo di tutti i vissuti che sono maturati nellarco della
sua esistenza, che talora possono anche essere stati rimossi, ma
che, conservando la loro carica energetica, possono tornare o
ritornare ad agire nel tempo corrente. Ci determina lesigenza
di un continuo riassetto dinamico dellidentit. Laddove ci
sono elementi non tradotti di altre epoche della vita o parti
scisse non sufficientemente integrate nel soggetto nasce la crisi
nel riassetto identitario che si rivela come deterioramento della
persona.
Pertanto il deterioramento cui si fa riferimento nellanalisi
relativa alla condizione attuale dei femminielli, non ha tanto il
significato solito di realt che si guasta perdendo progressivamente
le sue caratteristiche, ma piuttosto quello di un ritorno a
condizioni anteriori di vita affettiva e di funzionamento psichico,
a causa, secondo la nostra ipotesi, di un mancato riassetto
identitario nel rapporto con un sociale in trasformazione non
pi significante. Si conferma, per questi ultimi aspetti, lincidenza
di tutta la complessa rete di elementi evidenziati dalla
297
letteratura psicoanalitica sulla genesi e sulla strutturazione delle
disforie di genere (Lacan, 1958; Stoller, 1968, 1975, 1985; Ovesey
e Person, 1973, 1974, 1983; Czermak, 1986; Oppenheimer,
1992; Chiland, 1997; Di Ceglie, 1998).
Sembra, inoltre, che sia in qualche modo utile al nostro
discorso quanto scrive Molfino (2003): La liberazione dai ruoli
sessuali e la necessit di trasparenza ha portato in evidenza
il corpo nudo, che diventato il portatore non pi del sesso
biologico, ma del genere sessuale, che una volta era affidato al
vestito. Il corpo ha quindi inconsapevolmente subito le leggi
dellabito. Per essere un mediatore tra lindividuo e la collettivit,
la pelle si trasformata in una stoffa soggetta agli interventi
di taglia e cuci. Le operazioni di chirurgia plastica e di
rimodellamento sono ormai diffusissime tra donne e uomini.
Le operazioni di travestimento di oggi hanno a che fare con il
corpo piuttosto che con il vestito: sono diverse le immagini che
si cercano: o unimmagine di s fuori del tempo, dellinvecchiamento,
o unimmagine di un angelo senza sesso o limmagine
di un ermafrodito...11.
Quindi nellattuale contesto di una globalizzazione che
non risparmia a diversi livelli nessun genere sessuale, il travestitismo
locale dei femminielli, che era la soluzione transgender
tipica adottata da questo gruppo di soggetti per risolvere il
proprio dramma identitario grazie a un sociale compiacente,
rischia di sfociare in un travestitismo totale del corpo, attraverso
le cure ormonali e la chirurgia tese a realizzare il desiderio
impossibile di diventare donna. In tal modo, come sostiene
Garber in Interessi truccati (1994), si perderebbe anche la dimensione
creativa caratteristica di una posizione intermedia, n
maschile n femminile. Secondo lautrice, infatti, senza il travestitismo
non pu esservi cultura. Il travestito, il terzo ci che
non n maschile n femminile, che non si lascia ricondurre n
ridurre a queste categorie, e che eccentrico (De Lauretis, 1999),
298
come sono stati e continuano in parte ad essere i femminielli,
per Garber alla base della creativit, del superamento dello
schema binario che ha condizionato il pensiero e le strutture
dellorganizzazione socio-politica del mondo occidentale.
Se tutto questo era vero una volta, oggi cՏ il rischio che
quel mondo di rottura degli schemi scompaia con tutto il suo
valore trasformativo. CՏ anche la possibilit che i femminielli
possano rispondere alle trasformazioni in cui sono immersi
mantenendo continuit pur manifestando differenze rispetto
alla tradizione. Per esempio, grazie allutilizzo dei nuovi mezzi
di comunicazione, spostando la scena di rappresentazione della
loro teatralit ridondante dal vicolo al villaggio globale della
televisione locale, recuperando visibilit, solidariet e tolleranza
condivisa, qualcuno di loro ha effettuato unoperazione di conservazione
e di rottura della tradizione assorbendo le novit
che avanzano (Di Nuzzo, 2009). In questo modo il rischioso
travestimento totale del corpo attraverso la chirurgia, che pure
sarebbe apparsa come lunica strada praticabile, stato esorcizzato
attraverso un travestitismo mediatico che si rispecchia di
nuovo in una comunit accogliente.
In definitiva il femminiello, pur tra mille difficolt esistenziali,
conservando la sua particolarissima fluidit di genere, non
riconoscendo limiti o regole al riguardo, potrebbe rappresentare
ancora oggi, come nel passato, un modo per risolvere i problemi
di confine, attraverso un riassetto dellidentit personale che si
sposta continuamente, sintesi unica di arcaicit e sorprendente
post-modernit.
299
Note
1 Per transgenderismo si intende quella realt di persone che, vivendo
unidentit di genere opposta al proprio sesso biologico, non desiderano tuttavia
cambiare completamente il proprio corpo, ma vogliono e chiedono di
poter esprimere, nei comportamenti e nelle relazioni interpersonali, il sentirsi
uomo o donna, al di l della propria struttura anatomica e senza dover essere
costretti ad omologazioni di alcun tipo. Il termine sembra, inoltre, avere
anche unaltra accezione pi ampia, riferibile a una condizione caratterizzata
da unidentit di genere in movimento e che non si identifica stabilmente n
nel genere maschile n in quello femminile.
2
un tradizionale gioco da tavolo natalizio originario dellItalia meridionale
e tipico della Campania, si basa sullestrazione da un cestino dei
numeri da 1 a 90, ad ognuno dei quali associata unimmagine e/o un significato.
3 La legge n. 164 del 14 aprile 1982 promulga le Norme in materia
di rettificazione di attribuzione di sesso. La legge consente, non nominando
mai il termine transessualismo ma parlando di intervenute modificazioni
dei caratteri sessuali di ricorrere allintervento chirurgico di riconversione in
seguito a sentenza del tribunale chiamato a valutare la genuinit della richiesta.
4 A tutte le persone incontrate si esprime un riconoscente e grato ringraziamento
perch senza la loro paziente collaborazione e sensibilit umana
non sarebbe stato possibile raccogliere i dati fondamentali di questo studio.
Un caloroso ringraziamento va anche ad Anna Stanco, responsabile dellAssociazione
Quartieri Spagnoli, decana di riferimento per tanti lavori di ricerca
su campo, la cui grande disponibilit ha consentito un primo indispensabile
contatto con alcune delle persone intervistate.
5 Il trattamento del testo preliminare alla sua analisi ha consentito, inoltre,
di migliorare la qualit del dato linguistico, cercando di lasciare intatto
il sistema di variabilit dei significati, riducendo, per esempio, le ambiguit
semantiche, migliorando la monosemia, conservando distinte nel testo le variazioni
significative in termini semantici e fondendo le forme che potevano
costituire, a nostro avviso, degli invarianti semantici. Il trattamento del testo,
preliminare allanalisi informatizzata e al lavoro di interpretazione, ha richiesto,
tra laltro, le seguenti operazioni: distinzione tra alcune forme aventi lo
stesso significante e significati diversi, disambiguazione di alcune forme grafiche,
fusione di due o pi forme aventi differente significante e medesimo
significato, fusione semantica, ricorso a poli-formi.
300
6 Alceste (Analyse des Lexemes Cooccurrents dans les Enonces simplex dun
Texte) un software per lanalisi testuale dei dati, sviluppato da C.N.R.S. in
collaborazione con ANVAR rappresenta un importante strumento per lanalisi
automatica dei dati testuali (domande aperte, documenti letterari, articoli
di giornali, saggi ed altro). uno strumento di statistica testuale che consente
di classificare gli enunciati di un testo sulla base delle co-occorrenze di
parole al loro interno e di organizzarli entro specifici clusters (classi). Come
tutti i software per lanalisi computerizzata dei dati testuali, Alceste contribuisce
a gettare un ponte tra i due approcci della ricerca, quello quantitativo e
quello qualitativo; infatti, questo programma su una base di dati qualitativi
(le parole) effettua una serie di analisi numeriche e statistiche allo scopo
di facilitare la comprensione del contenuto e dellorganizzazione interna del
testo analizzato. In particolare, lo scopo quello di quantificare un testo per
estrarre le strutture pi significative cos da illustrare le informazioni essenziali
contenute nel testo stesso.
7 Reinert M. (1993), Les mondes lexicaux et leur logique travers lanalyse
statistique dun corpus de rcits de cauchemars, Langage et Socit, vol. 66, n.
1, p. 9.
8 Per tutti i dettagli relativi alle varie tecniche e procedure statistiche di
analisi ed interpretazione dei dati si rimanda a Il fenomeno dei femminielli a
Napoli: un terzo genere tra alterit e deterioramento di Eugenio Zito, Tesi di
Dottorato in Studi di Genere, Facolt di Lettere e Filosofia, Dipartimento di
Scienze Relazionali G. Iacono, Universit degli Studi di Napoli Federico
II, 2005, URL: http://www.fedoa.unina.it/view/peope/Zito,_Eugenio.html
9 Freud S. (1915) Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, in Opere,
vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 133.
10 Ibidem.
11 Molfino F. (2003) Cambiare vestito o cambiare corpo? Transessualit: il
corpo un vestito per la mente, in Guidi L. e Lamarra A.M., a cura di, Travestimenti
e metamorfosi. Percorsi dellidentit di genere tra epoche e culture, Filema,
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303
304
In nomine femminielli:
una ricerca etnografica sulla realt gender variant
nella Napoli contemporanea
di Marzia Mauriello
Femminielli a parole
In questo contributo propongo una riflessione sullesperienza
gender variant a Napoli attraverso lanalisi socio-antropologica
del termine femminiello (o femminella), sviluppando un discorso
sui diversi usi che gli stessi rappresentanti del mondo LGBT
napoletano, tra gli altri, fanno oggi di questo termine.
Il titolo di questo volume Genere: femminielli, gi di per
s indicativo della portata di questa esperienza dellessere, di
questa essenza, come un femminiello una volta si definito
nel corso di una nostra conversazione (Mauriello, 2018). Quando
si parla di femminielli non lo si fa solo di una tipologia o
di una categoria, ma di unesperienza e di unessenza, di fatto.
Sullantichit di questa figura non intendo soffermarmi, vista
lesaustivit delle altre analisi a riguardo presenti in questo stesso
volume. Vorrei, invece, esplorare, con lausilio delle essenze
che in quasi un decennio di ricerca sul campo hanno condiviso
con me le loro riflessioni e soprattutto la loro esperienza di s,
il senso che oggi ha assunto il lemma femminiello.
In altri termini, chi sono i femminielli oggi? Che cosa si
intende con femminiello nella Napoli contemporanea?
In primo luogo, bisogna fare un opportuno distinguo tra il
livello definitorio dallalto e/o da un punto di vista etico (eterodenominazione)
e le esperienze dei soggetti che vivono lesperienza
di un s variante, dal basso e/o da un punto di vista emi
305
co (autodenominazione). Le due prospettive, esterna e interna,
potrebbero non solo non convergere ma, addirittura, essere in
contrasto luna con laltra.
Anche nel caso del livello definitorio dallalto, le interpretazioni
di questa esperienza del s possono risultare non univoche
o date per certe. Da omosessuale effeminato (lasciando da parte,
dunque, la questione identitaria1) si passa a transgender (forse
la definizione pi accreditata), a terzo genere.
Nei casi che intendo riportare attraverso un puntuale riferimento
alle interviste raccolte durante la ricerca sul campo
femminiello per certi versi sembra sovrapporsi al termine ombrello
transgender nel suo includere molteplici esperienze del s.
Nello specifico contesto preso in esame, quello del cosiddetto
popolino napoletano, difatti, identit di genere (trans-) e
sessualit (omo-) sono nozioni non cos ben definite n, tantomeno,
irriducibilmente separate tra loro2, per cui femminiello
diventa una categoria semantica allargata. Inoltre, femminiello
un termine ambivalente; questo, di fatto, pu assumere ora
valenza positiva, ora segno negativo, allinterno cos come allesterno
della comunit LGBT, divenendo, quindi, una sorta di
significante fluttuante.
Proprio questultima espressione, coniata da Lvi-Strauss
(1950), consente un collegamento con la prospettiva analitica che
qui intendo adottare, quella dei queer studies. Il lemma queer ,
infatti, definito dal filosofo politico Lorenzo Bernini, autore del
recente volume Le teorie queer. Unintroduzione, come [] un
termine polisemico il cui valore teorico deriva proprio dal fatto di
non avere un referente determinato: la sua ricchezza consiste nel
dover essere definito a ogni suo uso, o al contrario nel poter essere
utilizzato senza essere compiutamente definito (2017, pos.
1585). Queer , dunque, sostiene Bernini, un significante fluttuante
(2017, pos. 110), cos come, a mio avviso, oggi venuto a esserlo,
anche se in un senso diverso, il termine femminiello3.
306
Il parallelismo tra i due termini, pur con le dovute distanze,
mi induce a proporre unanalisi che parta da alcune riflessioni
sui e dei queer studies allo scopo di tentare di comprendere
il senso e il significato attribuiti oggi al genere femminiello, per
riprendere il titolo di questo volume.
In molti sensi, oltre che includibili nella categoria ombrello
transgender, i femminielli sono senzaltro i rappresentanti di un al
tro genere4, ma sono anche soggetti queer o, meglio, genderqueer5.
Il caso che riporto qui di seguito, che parte dei miei ap
punti di campo, dovrebbe chiarire meglio questo collegamento:
Napoli, 8 luglio 2018
Summer Minerva una artista genderqueer di New York,
di origini italiane (avellinesi), che qualche anno fa ha
lanciato uniniziativa per raccogliere fondi allo scopo di
ritrovare la sacralit delle figure come la sua, che incarnano
la doppiezza identitaria, attraverso lesperienza
dellincontro con Mamma Schiavona, alias Madonna di
Montevergine, che da alcuni anni diventata una vera
e propria icona LGBT, specie, ma non solo, per la legittimazione
dellidentit e dellorgoglio transgender (in
questo caso utilizzo il termine nel suo pieno senso di
termine ombrello, che include diverse categorie di soggetti
gender variant, inclusa quella dei femminielli).
Summer ha deciso di venire a Napoli per girare un documentario
sullesperienza della ricerca di s a partire
dalle sue origini italiane e campane che, nel culto e nella
devozione a Mamma Schiavona, trovano nuova linfa e
un elemento di conferma. Mi racconta, infatti, di essere
venuta in Italia per ritrovare le sue origini (sua nonna
materna era di un paese in provincia di Avellino), visto
che, nel suo luogo di provenienza, non riusciva a ritrovarsi.
Quando, la prima volta che ci vediamo nel gennaio
2018 , le chiedo come si definisce, mi dice genderqueer.
Quando la intervisto sei mesi dopo, questa volta
307
dopo un suo soggiorno di qualche mese a Napoli, dove
tornata per stabilirsi per un periodo pi lungo in realt
indefinito, sottolinea , mi dice che si sente femminella
e che anche gli altri la definiscono cos oppure ricchione.
Summer mi racconta di aver rilevato come, da parte
maschile, si mettano in atto molte volte dinamiche scherzose
con lei come se, ma questo glielo faccio notare io, in
qualche modo lei incarnasse, appunto, la figura del femminiello,
con il quale la popolazione napoletana (specie
maschile), in effetti, cos abituata a interagire, col doppio
senso in ogni conversazione. Quando le chiedo chi
sono i femminielli per lei, mi racconta della difficolt che
ha riscontrato qui nelle definizioni e nellindividuare le
categorie. Negli USA, mi spiega, tutto molto pi schematizzato
e ci sono termini per ogni cosa, per esprimere
le identit e le soggettivit. La sua impressione che in
questa realt (Napoli) sia quasi impossibile capire a fondo
che cosa si intenda quando si parla di femminielli, anche
se ha unidea piuttosto chiara del significato di questa
figura che, lei, ritiene di incarnare: una creatura a met
tra il femminile e il maschile. Aggiunge che la differenza
tra femminielli e trans la fa il fatto di modificarsi nel
corpo oppure no, di voler sembrare e vedersi come donne
oppure no. Quindi, aggiunge, non sono tanto le modifiche
del corpo a segnare una differenza tra femminielli e
trans quanto il bisogno di apparire come donne. Lei mi
spiega che sente la sua parte femminile pi forte di quella
maschile, ma che si rende anche ben conto che gli stessi
concetti di maschile e femminile, dopotutto, sono costruiti
e sono performance; sono, non a caso, espressioni del
s. Aggiunge anche che, per, resta il fatto che ognuno ha
il diritto di definirsi come vuole e che non cosa buona
(mi dice che negli USA ad esempio questo assolutamente
da non farsi), decidere chi una persona in base
alla sua apparenza, vale a dire, definirla basandosi solo su
come quella persona si mostra.
308
Chi sono io per dire a una persona chi ? Se quella
persona si sente femminella, anche se io direi che trans,
evidentemente si sente femminella. Chi pi di lei pu
saperlo? (Summer).
Il fondamento del pensiero di Summer si sposa perfettamente
con unidea queer del s e pone con forza la questione
della necessit del doppio sguardo, esterno e interno; definitorio
dallalto, da un lato, e, dallaltro, rivelatore di un sentirsi nella
propria soggettivit. Il problema delle categorizzazioni, seppur
necessarie al processo stesso di definizione della realt6, , daltra
parte, proprio il loro essere costitutivamente riduttive rispetto
alla complessit e alla vastit delle esperienze umane e, soprattutto,
in molti casi, escludenti. Da questo punto di vista, il pensiero
queer pare differenziarsi, per, dal pensiero LGBT, non solo
per quel che attiene alle dinamiche categorizzanti, quanto per il
fatto che allinterno del pensiero e dellattivismo LGBT spesso si
riproducano modelli normativi e gerarchici molte volte escludenti
(Valentine, 2007; Bernini, 2017) al fine del riconoscimento
sociale attraverso la proposta di unimmagine rispettabile e
rassicurante di omosessualit, in primis maschile [] (Bernini,
2017, pos. 1608). Il termine gay, allontanandosi dalla sua accezione
iniziale, che indicava proprio uno stato di frivolezza anche dei
costumi in una prospettiva sovversiva, col tempo si essenzializzato
in una categoria, seppur col nobile fine della rivendicazione
dei diritti, iniziando nel contempo a escludere al suo interno
chi si opponeva ai processi di normalizzazione, che spingevano e
spingono alla riproduzione e riproposizione del modello binario
maschile-femminile (Mauriello, 2012: 100-101)7.
Il binarismo di genere, daltra parte, una conseguenza
della scoperta del dimorfismo sessuale (si vedano, tra gli altri,
Laqueur, 1990). Gilbert Herdt, a tal proposito, parla di un
principio di dimorfismo sessuale, un paradigma, nato allin
309
terno delle logiche dellevoluzionismo darwininano e legato alla
riproduzione che divenuto una sorta di legge naturale uniforme,
dice Herdt, come la gravit (1996: 26), un principio
binario di struttura sociale (1996: 32). Dopo la Seconda guerra
mondiale e con listituzione delle moderne cliniche del sesso,
continua lo studioso, emergono le due espressioni chiave di un
dimorfismo essenzializzato: lassegnazione del sesso alla nascita
e la teoria evoluzionistica della progressiva affermazione dellidentit
di genere (1996: 29, traduzione mia).
Il che ci riconduce alla questione accennata in precedenza
sulla separazione tra orientamento sessuale e identit di genere.
Se, come ha gi sostenuto Judith Butler, i generi non sono
prodotti dalla pratica sessuale, vero anche che identificare
una categoria soltanto sulla base dellidentit di genere implica
escludere dallordine dei discorsi sulle produzioni identitarie
non solo la sessualit ma anche i vari altri elementi che costituiscono
le soggettivit (Mauriello, 2012).
Il sistema classificatorio sesso-genere-orientamento sessuale
dunque imperfetto, insufficiente e contraddittorio
e produce degli idealtipi (lUomo, la Donna, ma
anche lEterosessuale, lOmosessuale) che sono talvolta
assai lontani dalle esperienze vissute dei soggetti
che da tale sistema dovrebbero essere descritte (Bernini,
2017, pos. 846).
Infine, la tesi della piena e perfetta adesione di gay e
lesbiche al genere corrispondente al sesso di nascita, oltre
a non dare conto dellesistenza di donne transgender
lesbiche e uomini transgender gay, cancella le esperienze
e i comportamenti non conformi al genere che caratterizzano
il vissuto di molti uomini gay cisgender e
di molte donne lesbiche cisgender, e quindi i fenomeni
delle mascolinit femminili e delle femminilit maschili
(Bernini, 2017, pos. 834).
310
Come dicevo pocanzi, bisogna sempre riflettere nella duplice
prospettiva etica/emica. Bernini si chiede, dunque, il perch di
questo sistema classificatorio in ogni trattazione contemporanea
sulla sessualit includendo, naturalmente, anche le fonti di tali
classificazioni, vale a dire, i saperi dallalto, consapevoli, continua,
della multidimensionalit e della complessit delle identificazioni
sessuali degli esseri umani (Bernini, 2017, pos. 846). La sua
risposta si rif alla metodologia storica-costruttivista di Foucault
che, comՏ noto, interpreta la sessualit come un dispositivo di
potere (2006 [1976]). In particolare, Bernini definisce la sessualit
un dispositivo di potere tipico della piena modernit, come
un complesso intreccio di convenzioni, norme, pratiche, saperi, il
cui effetto il governo di corpi, di comportamenti, delle soggettivit
mediante la definizione e limposizione di identit sessuali
(Bernini, 2017, pos. 846) sostenendo che il binarismo sessuale sia
di fatto un operatore biopolitico che agisce riducendo la complessit
dei fattori che intervengono nella definizione dellidentit
sessuale (Bernini, 2017, pos. 858).
in tale prospettiva che le identit di genere vengono
immaginate come un attributo della persona e non come un
processo costitutivamente fluido e legato, e qui ancora una volta
mi rifaccio a Butler, alla performance8. Non tralasciando, ovviamente,
laltro, centrale, elemento della intersezionalit legata al
genere il quale, sostiene a tal proposito Butler, non sempre costituito
in maniera coerente o uniforme in contesti storici diversi
ed , quindi, inseparabile dalle intersezioni politiche e culturali
in cui viene invariabilmente prodotto e mantenuto (Butler,
2004 [1990]: 6).
Quelle che si definiscono espressioni di genere si legano,
di fatto, a doppio filo con comportamenti e ruoli che sono veicolati
da e vincolati a contesti, pratiche ed elementi specifici.
La sessualit uno di questi elementi, perch si riflette nelle
esperienze di vita di un individuo, caratterizzandone talvolta
311
abitudini, preferenze, stili di vita, che, in alcuni casi, e ritorno
al discorso di poco fa, si uniformano e vengono a caratterizzare
non pi il soggetto, ma lintera categoria. Ci spiega anche i
processi discriminatori interni alla stessa comunit gay per chi
non si riconosce in uno stile, tendente oggi, per quanto riguarda
lomosessualit maschile, al macho (Mauriello, 2012). In linea
col pensiero di Valentine (2007), questi processi discriminatori
sono la risultante di una rigida separazione tra identit di genere
e sessualit che una parte della comunit gay ha pienamente
assunto in virt della necessit di una chiarezza identitaria che,
nel caso dellomosessualit maschile, si traduce con leliminazione
dello spettro della femminilit dai loro corpi; femminilit
alla quale, a sua volta, si associa lidea di debolezza (Mauriello,
2012: 100-101). Se gli omosessuali effeminati sono emarginati
perch il contesto in cui si muovono tuttora assume su di
s, nelle forme di un neo-patriarcato, la svalutazione strutturale
della femminilit; venendola parzialmente a incarnare, specie
attraverso un corpo maschile, sono portatori di un ibridismo
oggi evidentemente inaccettabile.
Femminielli impropri (?)
Sebbene i femminielli, come molti di loro tengono a sottolineare,
non rientrino, per varie ragioni, nella categoria gay, il termine
femminiello, nella sua versione abbreviata femmen, viene
utilizzato a scopo offensivo dagli omosessuali nei confronti di
altri omosessuali, proprio in virt di questa discriminazione nei
confronti di chi incarna il femminile, in un modo o nellaltro
(Mauriello, 2012).
Tale inconscio androcentrico, come Bourdieu lo ha definito
(1998), cos strutturato da condizionare le forme linguistiche
allinterno della stessa comunit dei femminelli.
Come nel caso di un intervistato che, sulla definizione di
312
se stesso, ha avuto dubbi e ripensamenti. In un primo momento,
si identificato come gay, termine al quale, mi ha raccontato,
essere arrivato dopo.
Prima mi sentivo pi femmenella, ora pi gay.
Quando, nel corso della nostra conversazione, emerge la
questione della coppia gay9, il mio interlocutore si immediatamente
dissociato dalla categoria affermando con piena sicurezza
di essere femminella. plausibile, dunque, che questultimo utilizzasse
il termine gay associandolo a modernit, allemancipazione
dei tempi moderni.
Sempre in relazione allautodefinizione e alluso dei termini,
riporto qui di seguito parte dellintervista a Ernesto10, che si
identifica come femminiello e che qui risponde alla mia domanda
sul fatto di rivolgersi a se stesso al femminile o al maschile11:
Al maschile!... no, non il caso al femminile quando
stiamo tra di noi s tra di noi omosessuali, femminielli
(mi fa esempi in dialetto). Quando stiamo con le persone
cosiddette normali mi sembra strano che mi danno
del femminile; se me lo d una femminella, s.
Di primo acchito, sembrerebbe non fare distinzione tra
femminiello e gay:
Io sono un femminello, siamo le ultime a Napoli, perch
la femmenella a Napoli sta in estinzioneperch adesso
tu vedi noi siamo stati fortunatiperch ci stava una
femminella che la chiamavano La Creola Nera, era una
travestita che morta a 74/75 anni e che da maschietto
era di una bellezza sconvolgentetalmente che era bella
che faceva il bolero a Porta Capuana, il bolero di Ravel e
tutti gli davano i soldi. Perch allepoca i femminielli campavano
con la posteggia (fine anni Cinquanta)lei mi
diceva che siamo stati fortunati perch quelle della sua
313
generazione ci avevano aperto la strada e noi la stavamo
sfruttando. Quelli degli anni novanta/duemila sono quelli
che la stanno pagando e sai perch? Sono quelli che si
fanno chiamare gay e si chiudono dentro le dark room, i
locali e non sono visibili, noi siamo gli ultimi visibili. Si
fanno crescere i baffi, i pizzetti, palestrati, vanno dentro
le dark room e sono femminissime, ma quando escono
fuori fanno i macho, invece noi eravamo visibili, nelle
case, per la strada e nei locali. Noi eravamo pi liberi.
Avevamo piazza Vittoria che era la cosiddetta piazza gay.
Adesso hanno piazza Bellini ma poi li picchiano...a noi
non ci hanno mai picchiato. La Villa Comunalecera
un battuage di sera che era una cosa pazzesca, si rideva,
si scherzava. Stava tutta la provincia di Napolivenivano
al Roof Garden per vedere i femminielliora non le
vedi pi nella strada. Li vedi dentro i locali perch per
la strada li picchiano adesso, a meno che non sei un bel
trans. CՏ stato il passaggio: se ti accettano come femmenella
visibileio sono cos come mi vedi sempre, non mi
maschero, mentre adesso i gay si reprimono. Con le transessuali
cՏ il passaggio gay, femmenelle e transessuali.
Cominciano a togliersi i peli, si fanno crescere i capelli,
fanno gli ormoni, fanno gli accorgimenti.
Ci sarebbe, dunque, una chiara analogia, una vera e propria
sovrapposizione, tra gay e femminiello. Nel corso dellintervista,
per, emergono le differenze, relative non solo agli stili di vita e
alle performance del s, nei contesti sia ordinario sia extra-ordinario,
ma anche relative allidentit di genere.
Io faccio spettacoli nei ristoranti, canto le canzoni di
Giulietta Saccoquindi automaticamente sono una
femminella dichiarata! Ma il gay non ti canta la canzone
di Giulietta Sacco! Che unicona dei gay napoletani,
una cantante bellissima, una voce stupenda. Ma il gay
non te la canta la canzone.
314
Le differenze [tra gay e femminielli] sono tante. Un gay
con un femminiello dichiarato appresso non ci cammina.
Io ho avuto un sacco di battibecchi con i gay per questo
fatto qua. Perch si sentono che vogliono fare i maschi.
Unaltra cosaio con unaltra femminella dichiarata
come me mai! Mi viene lallergia! Mentre loro, invece,
gay e gay fanno lamore, si fidanzano! Il vero amore
quello tra persone dello stesso sesso [qui intende
genere]. Con una femminella il cosiddetto eterosessuale
che si nasconde, con moglie e figli, pu dedicarti [a te
femminella] qualche ora nellarco della giornata, ma non
tutto il tempo perch ha moglie e figlitu sei sempre
femminella. Invece gay e gay decidono di stare insieme
e vanno a vivere insieme, fanno tutto assieme e vivono
felicemente ed una storia che pu durare. Per una
femminella impossibile avere questo con un maschio,
come piacciono a noi.
Quando, prima, il mio interlocutore distingueva tra femmi
nielli e gay in relazione al fatto di vivere e mostrare la propria
diversit/femminilit in pubblico (omosessuale/femminiello di
chiarato), evidentemente, quindi, si riferiva ai femminielli che
non hanno il coraggio di dichiararsi tali e che, quindi, si repri
mono assimilandosi ai gay. Riconduce questo mascheramento
al contesto, vale a dire Napoli, che diventato escludente e
violento nei confronti di chi incarna la doppiezza/diversit.
Laltro aspetto affascinante riguarda il passaggio, che lui in
dividua, dallomosessualit al transessualismo.
Io non cambierei mai il mio corpo, io mi sento realizzato
femmenella come sonoio ho fatto anche lesperienza
del travestimento [] per di giorno ero sempre la
femminella, di sera ero un trans, un travestito. Il trans
che quello che comincia a fare le modifiche sul corpo, io
invece mi mettevo le mie coppette di silicone, la parrucca,
mi mascheravo: il travestito.
315
[] Adesso quelli rimasti si contano sulle dita delle
maniadesso sono pi trans, pi gay che femminiellii
femminielli ora a Napoli pi dichiaratite ne posso
elencare una decina. Quelli proprio dichiarati visibili.
Una delle ragioni del processo di depauperamento (estinzione)
di questa figura , a suo dire, anche la risultante di pratiche
discriminatorie che operano allinterno cos come allesterno
del sistema. Racconta del cambiamento che lui ha percepito
molto chiaramente essere avvenuto a Napoli nel corso di qualche
decennio (Avevamo piazza Vittoria che era la cosiddetta
piazza gay. Adesso hanno piazza Bellini ma poi li picchiano...a
noi non ci hanno mai picchiato). Eppure, nei suoi vari riflessi,
al positivo ma anche al negativo, il legame tra i femminielli e la
citt resta inscindibile.
Le femminelle e i luoghi
Sci Sci: femmeniell tombola e tammorre uno spettacolo ideato
da Luigi Di Cristo, che anche il presidente dellAssociazione
Femmenelle Antiche Napoletane (AFAN).
Cos lo racconta il suo ideatore:
Un pomeriggio di autunno del 2008 a Roma esternai
a Ciretta12 una esigenza che mi nasceva dentro, sentivo
un bisogno di ricerca nel mio passato e con il territorio
nativo. Mi rispose di materializzarlo e viverlo. Ero entrato
in un divertente gioco che mi conduceva ai miei
nonni, ai briganti, ai contrabbandieri e ai contadini, ai
pellegrinaggi a Montevergine, al mare a 100 metri dalla
mia casa di campo, alle mie prime esperienze di giochi
sessuali innocenti. Tante immagini e coincidenze
passano per i miei occhi. Il mondo del femmeniello
sempre stato presente in me e, dopo anni di assenza, il
316
gioco mi ha consentito di incontrare la mia genteho
visitato tanto e tanti [femminielli] ho conosciuto e riconosciuto.
Nel 2009 incontro Gerardo Amarante, attore
e cantante. Fu una grande visione e da allora ho sempre
amato la sua arte di canto e attore. stato lui che
ha ispirato in me Sci Sci. Lo racconto a Ciretta e lei,
contenta, poi regaler allo spettacolo il teatro popolare
contemporaneo. Sci Sci Ciucciuv diventa cos spettacolo
di cultura popolare, musica, teatro, danza e gioco
della tombola. I due personaggi principali, insieme ai
musici, si fondano nel percorso, portando lo spettatore
in uno stato diverso di coscienza, il sogno. Se lo spettatore
di cultura popolare partenopea, allora pu diventare
anche attore per una notte. Anno 2013. La mia
ricerca continua, siamo pi grandicelli, ho pi informazioni,
foto, documenti, storie e personaggi; per succede
qualcosa di diverso, decidiamo di liberare la ciucciuvettola
dal titolo, cambiando con Sci Sci: femmeniell tombola
e tammorre. Con il ritmo della tammorra e la voce di
Marcello Colasurdo, il passato della storia antica partenopea
prende il suo spazio sotto il tendone da circo.
Un bellissimo ed emozionante incontro con Marcello,
lui che come la mamma culla e canta a tutti i suoi figli.
Ecco, questi tre personaggi sono le colonne portanti di
Sci Sci. Mi dissi: lo spettacolo completo. Intorno girano
altri artisti e personaggi del pubblico che donano
sfumature ai colori principali. Sci Sci uno spettacolo
composto, senza una regia tecnica, solo punti di tempo;
uno spettacolo che sempre hanno organizzato, in
forme diverse, e organizzano tuttora, i femminielli nei
loro quartieri, nei cortili o nelle case private. A Pullera,
Recchie e puorc, Piererotta, a Shangai, erano personaggi
del quartiere Forcella a Napoli durante gli anni 60 e
70, e organizzavano annualmente una festa di Piazza e
durante lanno sempre venivano invitate alle cerimonie.
Erano attive artisticamente e molto amate.
317
La mia ricerca diventa conoscenza, un mondo che avevo
lasciato e che ritornato con questo regalo. Un occhio
attento e un udito sensibile possono ritrovare le scene
e suoni di Sci Sci sparsi in forme diverse, nei quartieri
popolari lungo la costa del golfo o nellentroterra
vesuviano. Lo spettacolo di un solo tempo di durata
approssimativa di 2 ore.
CiroCiretta (Cascina), femmenella e performer, nel corso
della presentazione pubblica dello spettacolo Sci Sci ha affer
mato13:
Sci Sci non lo potremmo fare a Berlino, lo possiamo
fare qui perch il pubblico che viene ad assistere
un pubblico che la mezza femmina ce lha nel sangue;
questo pubblico non ti percepisce come curiosit,
ma come espressione normale. Il nostro un pubblico
molto popolarequando dico popolare non voglio dire
delle vaiasse14, voglio dire un pubblico che mantiene
una cultura popolare, che dallambiente borghese non
amata affatto. La borghesia, che ha pi forme perch
ha la stanza da letto, la sala da pranzo, ad esempio,
una cosa come pucchiacca15 pu affermare che si dice nel
cesso. Nella cultura popolare, nel vascio16, dove il cesso
tuttuno [col resto della casa], esiste, invece, questo
tipo di linguaggio, per me raffinatissimola pucchiacca,
la cervella e il cuore tuttuno. Non posso vivermi la
parte pelvica il sabato sera nei locali e poi, tutta la settimana,
che ne faccio del mio corpo? un corpo diviso,
destinato alla schizofrenia, nel bene che ti vada. Invece,
nella cultura popolare, questa interezza del corpo
sostenuta ancora perch cՏ ancora cultura popolare e
il nostro pubblico maggiormente di cultura popolare.
Quando dico che questo il nostro pubblico vuol dire
che riconoscono non solo in me la mezza femmina, ma
lo riconoscono in loro che appartengono a un territo
318
rio dove il doppio lo respirinon una cosa che non
cՏ. Anche i maschietti che nascono dalle nostre parti
hanno una virilit che diversa da quella di Berlino.
Hanno una dolcezza, hanno questa cosa di portare la
pasterella alla mamma alla domenica. Hanno una loro
grazia, per cui ci si incontra non solo nella parte culturale,
ma anche quando vai a letto [si riferisce a incontri
sessuali/amorosi] incontri dolcezze che non te lo fa
prevedere un altro tipo di culturaɏ un altro luogo
prima di arrivare allomosessualit, che una parola cos
globale, enorme, che fa perdere la possibilit di poterci
vedere e di poterci capireperch sono parole globalizzate.
Gay lo puoi trovare dappertutto, hanno lo stesso
look. Sci Sci prima di arrivare a questa cosa enorme,
torniamo al fatto di una misura umana dove io ho
pi possibilit di capire meglio. Riduco questa parola
enorme (gay) che abbraccia tante cose a una geografia
precisa, quella del femminiello. Perch mi d la possibilit
di capire come si adattano le cose in un territorio.
Perch basta andare ad Afragola, a Roma ed gi
un altro fatto. Bisogna tornare nelle proprie misure. Il
mio ritorno al femminiello la possibilit che mi do
di dialogo con una mia misura geografica; non posso
parlare dellomosessualit che in alcuni casi non ci capisco
nienteperch quella di Milano una cosa diversissima
dalla mia. Io sento che ci sono duemila anni
di lontananza, che non sono solo tra le femmenelle e le
transessuali, ma tra le femminelle stesse. Questa pesantezza
dei duemila anni si sente, io la sento moltissimo.
Iniziare il discorso con quella bella fluidita me piace
proprio raccontare che non ce lho. Perch sento che
per tanti anni siamo state divise tra noi e divise dalla
cultura quella l ufficiale.
La riflessione di CiroCiretta sullesperienza del suo s di
femminella rende chiara la necessit di distinguersi al fine di
319
proclamarsi nella propria autenticit, indissociabile dal contesto
di riferimento, vale a dire un luogo fisico, profondamente
connotato culturalmente e socialmente, e un passato, un tempo
antico, che legittima un modus vivendi et operandi unico nel suo
genere. CiroCiretta parla di gay come di una realt che oggi include
molte categorie, dalle quali, per, lei (lui) ama dissociarsi.
Cos come, per, si dissocia dalla fluidit, che forse per lui (lei)
sinonimo del non avere radici, di essere gli e le stessi/e in
qualunque luogo, il che delegittimerebbe lessenza stessa di femminella
che lei (lui) sente di incarnare.
Il rapporto con la citt di Napoli e del napoletano resta
centrale nel discorso sulle femminelle, specie nella loro connotazione
di altro genere. Come sostiene Gilbert Herdt,
[] there is non ready-made formula that will produce
divergent sex or gender categories and roles, suggesting
that special conditions demographic, symbolic and historical
combine to create the necessary and sufficient
basis for the conventionalization and historical transmission
of the third sex or ger (1996: 22).
In diverse parti di questo volume si trattato dei simbolismi,
inclusi quelli rituali, che vedono protagoniste le femminelle
e che sono stati, e in certa misura lo sono ancora, disposti-
vi di inclusione sociale e fonte di legittimazione di unidentit
altra, di un terzo (altro) genere, appunto. Il rapporto con la
citt pur se la figura delle femminelle non riguarda solo il
contesto urbano, ma anche altri luoghi del napoletano che
in molti hanno definito dalla natura femminile se non dalla
natura doppia, resta lelemento pi evidente, soprattutto quando
si tratta del rapporto che i femminielli hanno con le sue
tradizioni, religiose specie nella forma della devozione popolare,
altra caratteristica peculiare del contesto di riferimen
320
to rituali, artistiche. Per non parlare poi di alcune modalit
espressive tipiche del popolo napoletano, dei linguaggi, verbali
e non verbali, della peculiare visione dello spazio pubblico/
privato17 che, comՏ plausibile, sono stati storicamente incorporati
dai femminielli e rielaborati nelle forme che oggi li contraddistinguono.
Ecco perch, nellottica di una legittimazione
della varianza, sessuale o di genere, la figura del femminiello
diventa il riferimento imprescindibile. Ed ecco che, in alcune
circostanze, soprattutto in quelle in cui previsto un certo impatto
mediatico, il termine perde qualsiasi connotazione negativa
e diventa simbolo di libert, di inclusione sociale, di rivendicazione
di diritti negati (Mauriello, 2017b: 217). Diventa
il termine ombrello che include tutte le diversit, sessuali e di
genere. Dal punto di vista semantico, si sovrappone, in questi
casi, al termine transgender. Questo processo di appropriazione
identitaria avviene in virt di un passato che legittima e sacralizza
la praesentia dei soggetti oggi detti gender non conforming.
La figura del femminello in certi casi fa da sfondo, diventando
una presenza politicamente rassicurante che autorizza e valorizza
un fenomeno culturale, un evento, anche quando non
vi partecipa direttamente18.
Femminelle, non in transito
Nella comunit trans mtf il termine femminiello pu venire a
indicare diverse esperienze. Qui di seguito uno stralcio di intervista
a Sara, una donna trans che ho intervistato nel 2012.
Una di noi quando piccolina vede per strada le altre
vede una somiglianza e quindi lo sa. Tu dici: che devo
fare il gay, quelli l effeminati, il femminello, oppure mi
piace pi la transperch a me piace pi la trans! Perch
uno poi le vede e vuole diventare come loro.
321
Segue il discorso sugli ormoni, presi sin da ragazzine e fuori
del controllo medico perch ti senti troppo femmina dentro e
gli interventi di chirurgia estetica19. Una frase che spesso ricorre
quella non si vede proprio che trans!, vale a dire, passa per
una donna, che poi lobiettivo di molte delle donne trans che
ho incontrato in questi anni20, sia operate, vale a dire sottopostesi
a riconversione chirurgica dei genitali, sia non. La tensione
a un corpo conforme, ossia indirizzato ad acquisire le sembianze
del genere cui si sente di appartenere (tensione allUno),
ci che a mio avviso stride maggiormente con la doppiezza,
anche visiva, proposta dai femminielli. Tali visioni contrastanti
possono creare, anche allinterno dellesperienza transgender,
utilizzando ora questo termine in un senso totalmente inclusivo
di tutte le identit gender variant, una distanza nei confronti di
chi, in modo evidentemente diverso, vive lesperienza del proprio
s e lo mette in scena in una modalit non conforme.
Femminiello diventa dunque un lemma associabile ad antichit,
intesa qui, per, non come elemento di legittimazione,
ma nel senso di cosa superata, vecchia, o a bruttezza, in riferimento
a un femminile che non si rappresenta come tale, ma
in un corpo ancora evidentemente maschile (Mauriello, 2014,
2017a, 2017b, 2018); in alcuni casi, femminiello viene a indicare,
in senso spregiativo e allinterno della stessa comunit trans, le
donne trans non operate. In questo caso, femminiello combacia
con o si sovrappone a ricchione, termine anche questo, nella comunit
trans, spesso utilizzato in senso negativo, a sottolineare
la maschilit (ossia, mancanza di femminilit) del soggetto cui
si rivolge lepiteto (Mauriello, 2018). Lutilizzo indiscriminato
di un termine o dellaltro non casuale, naturalmente, ma la
risultante di uno sguardo dal basso che, da un lato, non dissocia
la sessualit dallidentit (di genere)21 e, dallaltro, opera
oggi una discriminazione sulla base di un riduzionismo al corpo,
alla sua parte genitale, che deve diventare conforme, attra
322
verso unopera di demolizione e ricostruzione, per consentire la
legittimit identitaria (Mauriello, 2013, 2014, 2017a). In una
parola: transnormativit, per chiamare in causa ancora una volta
la prospettiva queer.
Dalla prospettiva dei femminielli non trans che ho incontrato,
invece, la distanza tra loro e le donne trans riguarda, a parte
la visione del proprio s attraverso un corpo che cambia oppure
no, anche la continuit con le tradizioni del luogo, del vicolo,
del quartiere, nel loro senso pi ampio. Oltre alle pratiche simboliche,
devozionali e rituali, che appartengono a tale tradizione,
va incluso anche il legame con alcuni valori che si potrebbero
definire, appunto, tradizionali, come quello della famiglia
(eterosessuale), luogo considerato sacro per i femminielli, specie
se e quando contesto di accoglienza e condivisione (e quindi
con una funzione di famiglia allargata, se vogliamo). Qui, difatti,
emerge una ulteriore, spesso rimarcata, distanza con la figura
delle trans contemporanee che, a causa della loro prorompenza
fisica, o per il solo fatto di essere assimilabili visivamente alle
donne biologiche (passing), potrebbero venire a rappresentare
un pericolo per la stabilit coniugale delle famiglie con cui entrano
in contatto (Mauriello, 2014: 450). Soprattutto, di l dalla
questione estetica (ma plausibile che vi sia un collegamento
tra una certa scelta di modificare il corpo e lallontanamento da
certe tradizioni), per la distanza delle donne trans dalle dinamiche
vicolare, che includono il rispetto per i valori del luogo, di
cui la famiglia rappresenta il nucleo. Il rispetto, daltra parte,
reciproco, come pi di un interlocutore ha tenuto a sottolineare,
raccontando di uninclusione sociale che parte dalla condivisione
dei valori succitati: bisogna comportarsi bene.
Il discorso si pu ricondurre al corpo nel senso di un diverso
approccio a esso a seguito dei mutamenti legati anche
ai processi di medicalizzazione di certe esperienze, nonch a
un pi facile e immediato accesso alle tecnologie chirurgiche
323
in grado di ricostruire i corpi non conformi; tali mutamenti
segnano una differenza tra i soggetti gender variant in relazione
allet anagrafica, che cambia in modo significativo lesperienza
che si fa del proprio corpo cos come (i due elementi risultano
legati a mio avviso) definisce il rapporto con la comunit circostante
(Mauriello, 2014, 2017a, 2017b, 2018). Anche tra chi si
definisce trans e ha fatto ricorso alle cure ormonali e alla chirurgia
estetica emergono riflessioni sulle differenze tra femminelle
e trans. Come nel caso di Carmen, intervistata nel 201322.
La mentalit era unaltra, il femminiello faceva parte della
famiglia, il palazzo era tutta una famiglia. CՏ ancora
ma la mentalit cambiata, la trans si sente strafica perch
il popolo la fa sentire cos. Ancora oggi i femminielli
della Sanit23 stanno a casa con le famiglie. Le trans di
oggi non hanno queste caratteristiche, mirano alla bellezza,
al benessere e sono ignoranti. Noi siamo ignoranti,
ma abbiamo imparato dalla strada, dalla vita. Una
trans di oggi si trova in difficolt, non sa stare.
In questo caso Carmen parla di trans di ieri e di oggi, a
sottolineare una distanza legata proprio al rapporto col contesto
e coi suoi valori di riferimento24. Nel suo racconto, inoltre, il
femminiello viene distinto dalle trans e definito un uomo molto
effeminato, proprio in relazione alle mancate modifiche al
corpo.
Femminiello , dunque, un significante fluttuante, per la sua
propriet trasformativa in relazione ai contesti e ai soggetti che
ne fanno uso. Si oscilla tra il queer (rifiuto del passing, ad esempio)
e il terzo o altro genere, anche in virt dei simbolismi che
connotano questa categoria. Oppure, si fa riferimento a transgender,
se con questo termine si intende una possibile alleanza
politica fra tutte le forme immaginabili di antinormativit di
genere (e, in questo caso, transgender si articola con queer)25.
324
Da questo punto di vista, lindagine sul campo prolungata
nel tempo ha consentito di cogliere le sfumature di questo
termine che, nel suo fluttuare, spesso pi che a chiarire sembra
ostacolare il tentativo di categorizzare. Il che ci riporta al senso
profondo della queerness.
In tale prospettiva, quella dei femminielli unidentit profondamente
sovversiva, in grado di destabilizzare chi tenta di
sistematizzarne scientificamente il senso (prospettiva dallalto).
Sovversiva anche nel suo riproporre unambiguit, unindefinitezza,
che oggi non pu essere accettata (prospettiva dal basso).
Allinizio di questo saggio, definivo i femminielli anche
come soggetti genderqueer. Questa definizione, in realt, si riferisce
soprattutto alle giovani generazioni nordamericane, nella
loro capacit/possibilit di sfidare il binarismo e, con questo,
la tendenza alla normativit/normalizzazione che si traduce
spesso in unassenza di ambiguit presente, abbiamo visto,
negli stessi contesti LGBT e, quindi, anche allinterno della comunit
transgender.
Le identit genderqueer destabilizzano, dunque, non solo le
categorie del gender ma anche quelle del transgender26 (Beemyn,
2009: 370).
I femminielli conducono, a mio avviso, alla medesima destabilizzazione,
pur se non consapevolmente e anche se la loro
non unoperazione politica o di rivendicazione di unidentit
altra. Loro esistono e basta.
325
Note
1 Su questo punto, ossia sulla distinzione tra identit di genere e orientamento
sessuale, torner nei paragrafi successivi. Mi limito, in questa fase,
a sottolineare, attraverso la citazione che segue, il percorso/processo di costruzione
di tali nozioni. Soltanto nel 1953, dalla pubblicazione dellarticolo
Transvestism and Transsexualism di Harry Benjamin, il termine transessuale,
gi utilizzato da Cauldwell come aggettivo, viene sostantivizzato per indicare
una precisa categoria di persone: a questo punto, quindi, lidentit dellinvertito
si divide, dando vita alle due identit dellomosessuale e del transessuale.
Viene cos concettualizzata la differenza tra identit di genere e orientamento
sessuale [] (Bernini, 2017, pos. 871).
2 Daltra parte, come dicevo pocanzi, questa separazione essa stessa
oggetto di riflessione, come vedremo a breve.
3 In linea con Bernini, per significante fluttuante non si intende un significante
completamente vuoto o aperto a qualsiasi significazione (Bernini,
2017, pos. 1596). La differenza tra i due termini sta nel fatto che queer abbia
una forte valenza e connotazione politica, critica e contrastiva rispetto ai binarismi
sessuali e di genere e alle forme fobiche verso le varianti di genere
e sessuali. Il termine femminiello e le stesse identit che si identificano in
questa categoria, pur mettendo in atto, a mio avviso, una pratica di resistenza
ai diversi ordini normativi e normalizzanti, nella maggior parte dei casi non
hanno la coscienza di una valenza politica, fosse non altro che per la forte
dimensione locale che le riguarda.
4 Che non definirei terzo, o quarto, nellottica di un superamento delle
classificazioni che comunque lasciano fuori dalle categorie chi non si incasella
in queste.
5 Riporto qui parte della definizione di genderqueer tratta dalla Encyclopedia
of Gender and Society: [] The concept of genderqueer has its
genesis in the development of a queer movement in the 1990s that redefined
queer as a term of empowerment and confronted heteronormativity and the
conformist ideologies of many lesbian and gay organizations. In a similar
way, the term genderqueer challenges gender normativity and the common
assumption, even among many transgender people, that everyone is either
male or female. A genderqueer identity challenges the traditional transsexual
paradigm that individuals who feel themselves to be a gender different from
the one assigned to them at birth will seek to express that different gender
completely through changing their bodies and presenting unambiguously as
that gender [] (Beemyn, 2009: 370).
326
6 Come sostiene Elisabeth Badinter la conoscenza del mondo comincia
con la classificazione e la distinzione (1992: 98, traduzione mia).
7 Uno dei casi pi evidenti, emerso nel corso della mia etnografia a
Napoli, mostra leffettiva esistenza di dinamiche discriminatorie e processi
di ostracismo quando non addirittura di violenza da parte degli stessi
uomini gay nei confronti degli omosessuali effeminati (Mauriello, 2012).
8 Mi preme chiarire, sulla questione della performativit dei generi,
la natura etimologica del termine, cos come individuata da Victor Turner,
padre degli studi sulla performance in antropologia. Il termine deriva dal
francese antico parfournir che significa completare. Per Turner, una performance
, quindi, la conclusione adeguata di unesperienza, cos come unesperienza
vissuta non mai veramente completa finch non viene espressa,
cio finch non viene comunicata in termini intelligibili dagli altri, tramite il
linguaggio o in altro modo (Turner, 1986 [1982]: 37). Portando il discorso
sullordine delle identit individuali, chiaro che non possiamo essere se non
in relazione e in riferimento allaltro, che ci guarda e che, col suo sguardo, ci
completa. Lidentit , daltra parte, costitutivamente un processo dialettico e
relazionale, come ci insegna lantropologia. In questo senso, dopotutto, siamo
tutti costitutivamente doppi (o, meglio, multipli)!
9 Come si vedr anche pi avanti nel testo, per un femminiello una relazione
con un altro come lui (lei), vale a dire con un altro femminiello,
impensabile. Sul tema si veda Mauriello, 2012, 2017a, 2017b, 2018.
10 Ho intervistato Ernesto pi volte tra il 2011 e il 2014 a Napoli.
11 Cfr. Mauriello, 2014, p. 439; 2018, p. 10.
12 Si veda dopo nel testo. Si tratta di CiroCiretta Cascina.
13 Levento di presentazione dello spettacolo si tenuto il 21 gennaio
2015 presso il caff letterario IntraMoenia in Piazza Bellini, a Napoli.
CiroCiretta (Cascina) in quella occasione interveniva come performer dello
spettacolo e anche come membro dellAFAN (Associazione Femmenelle Antiche
Napoletane) presieduta da Luigi di Cristo, anchgli presente allevento.
Lo spettacolo, cui ho assistito, si poi tenuto il 23 gennaio dello stesso anno
presso il Teatro Politeama di Torre Annunziata.
14 Termine della lingua napoletana che letteralmente si traduce con
servaccia e che indica donne di bassissima condizione sociale.
15 Termine della lingua napoletana che indica il genitale femminile.
16 Termine della lingua napoletana che indica abitazioni monovano al
livello della strada tipiche dei quartieri popolari di Napoli.
17 Mi permetto di rinviare al mio testo (2016).
18 Come accade nello spusarizio sulla cui descrizione non mi soffermer
visto che in questo stesso volume altri e altre lo hanno fatto in modo
327
egregio che, di fatto, storicamente connotava la figura del femminiello e
che oggi, invece, capita che sia celebrato anche da chi, nel quotidiano, non si
riconosce come femminella, come nel caso di uomini gay o soggetti che si definiscono
trans. Ci non toglie, per, che il matrimonio resti dei femminielli.
19 Cfr. Mauriello, 2013.
20 La qual cosa sembrerebbe unovviet, quando, invece, non lo ; come
ho rilevato sul campo, alcune donne trans amano essere riconosciute (individuate)
come trans poich per loro elemento di distinzione e motivo di
orgoglio identitario.
21 Ricchione nella lingua napoletana indica lomosessuale cosiddetto passivo.
Dal momento che la passivit, anche in senso sessuale, associata alla
femminilit, il ruolo sessuale passivo, quindi femminile, viene a corrispondere
con lidentit del soggetto. Ci in un contesto, quello del popolino, in cui,
come accennavo allinizio del saggio, identit di genere e sessualit non sono
nozioni separate tra loro, perlomeno non sempre e non in modo cos netto.
da tale contesto, di fatto, che proviene buona parte dei soggetti transgender
con cui mi sono confrontata negli ultimi anni.
22 Carmen allepoca dellintervista aveva 46 anni.
23 Si tratta di un rione di Napoli.
24 Per approfondimenti, si veda Mauriello, 2014.
25 Cfr. Stryker S. (2015 [2008]) Una storia del movimento transgender.
Esperienza, omonormativit e pratiche disciplinari, pp. 40-41, cit. in Bernini,
2017, nota 27, pos. 1376.
26 Con particolare riferimento al paradigma transessuale tradizionale
per il quale gli individui che si sentono di un genere diverso da quello assegnato
loro alla nascita, aspireranno a esprimere quel diverso genere in modo
completo, modificando i loro corpi e presentandosi in modo non ambiguo
come quel genere (Beemyn, 2009: 370, traduzione mia).
328
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330
morto il femminiello! Evviva il femminiello!
Patrimonializzazione e rinascita di una figura
sociale napoletana
di Maria Carolina Vesce
Nel corso degli ultimi decenni cresciuto e si andato intensificando
linteresse per quelle figure di genere liminali (Besnier,
1993, 2014) o dissidenti (Ribeiro, 2018) che nel contesto napoletano
e in alcune aree della Campania vengono raggruppate
sotto letichetta di femminielli. Figure estremamente complesse,
che sono state oggetto delle attenzioni di commediografi, scrittori
e scienziati sociali in quanto portatori di un ethos comune
o per la loro capacit di adattarsi al contesto e di agire i processi
di trasformazione. Esperienze marginali e vulnerabili, rappresentate
come parte integrante di quel sottoproletariato urbano
(Mauriello 2012, 2018) che a Napoli stato a lungo identificato
con il popolo dei lazzari, associate alla vita di strada,
alla prostituzione, alla delinquenza e alla pazzia morale. Fa
da specchio a questa rappresentazione unimmagine positiva e
rassicurante del femminiello come fidato care-giver, identit1
antica che incarna una femminilit alla vecchia maniera (Vesce,
2013, 2017), che possiede poteri speciali e, proprio per il suo
essere doppio, pu farsi canale di comunicazione tra terreno e
ultraterreno.
Accomunate dalla constatazione delle profonde trasformazioni
che hanno attraversato il tessuto sociale napoletano, le pi
recenti rappresentazioni del femminiello sembrano condividere
la preoccupazione per limminente scomparsa di questa particolare
figura sociale. Le pi anziane tra le rappresentanti del genere
vengono intervistate, riprese e fotografate come gli ultimi
331
femminielli2, si rimettono in scena riti e performance che ne
caratterizza(va)no lesperienza sociale e antropologi, psicologi,
storici, documentaristi e giornalisti producono centinaia di pagine
che indagano i diversi aspetti delle loro esistenze. Soggetto
conteso (Grilli, 2017), il femminiello diviene protagonista di un
vero e proprio processo di patrimonializzazione (Vesce, 2013,
2017), supporto ideale per il condensato di stereotipi, positivi e
negativi, potenzialmente associato alla napoletanit (Signorelli,
2002; Dines, 2012a, 2012b; Ferraro, 2015).
Vorrei soffermarmi in questo scritto sulle relazioni e le frizioni
che si producono tra gli stereotipi positivi e negativi del
femminiello e uno sguardo emico che lo concepisce e riproduce
come esperienza del s. A partire dalle osservazioni raccolte
durante una ricerca di campo3 di lunga durata a Napoli e in
Campania, vorrei sostenere che se il ricorso a immagini stereotipiche
del femminiello, divenuto soggetto ideale ed emblema
della cultura napoletana, favorisce la recrudescenza di forme di
orientalismo essenzialista caratteristiche delle rappresentazioni
dominanti della meridionalit e, in particolare, della napoletanit
(Schneider, 1998; Palumbo, 2013; Ferraro, 2015), la rivendicazione
a s delleredit e dellesperienza del femminiello innesca
un meccanismo di inedita ri-produzione di questa figura
sociale, non pi solo figura della napoletanit ma modello, tra
gli altri, della complessit di genere.
Un genere precario e resistente
Nel restituire il mio percorso di ricerca mi capita spesso di introdurre
il mio lavoro riferendo il senso di profondo imbarazzo
e inadeguatezza che provai appena arrivata sul campo, nel febbraio
2006, quando mi venne comunicato che le persone con
cui intendevo condurre la mia etnografia si erano estinte (Vesce,
2017). Pi che un espediente narrativo, lo spaesamento di fronte
332
a siffatte affermazioni consente di introdurre le domande che,
inevitabilmente, si dovette porre lantropologa: pu lincontro
etnografico prendere forma a partire da unassenza? possibile
fare etnografia di un (s)oggetto scomparso? Esauritosi lhumus
sociale in cui trovavano una propria collocazione, i femminielli si
sarebbero trasformati in altre identit: gay e trans innanzitutto,
poi, pi di recente, persone non binarie, gender-queer o gender-
non-conforming (Arietti et al., 2010; Zito e Valerio, 2010;
Marcasciano, 2002, 2007, 2018; Mauriello, 2012, 2013, 2018;
Zito e Valerio, 2013). Mi veniva detto che tuttal pi avrei potuto
far ricerca con gli o le eredi delle antiche femminelle, di nuovo,
omosessuali o transessuali, in base allinterlocutore. Interrogati
a riguardo, tuttavia, i gay e le trans moderne (Barbagli
e Colombo, 2007) non necessariamente avrebbero riconosciuto
questa genealogia, manifestando a volte insofferenza per laccostamento
con il femminiello (Mauriello, 2012; Vesce, 2017), o rivendicando
invece la discendenza da quella figura (Arietti et al.,
2010; Vesce, 2017). Limmagine che delle femminelle restituiva la
letteratura era, gi allora, unimmagine complessa e iridescente:
dagli effeminati di Della Porta alle femminelle di De Blasio, dai
mantesinelli di De Filippo al femminella di De Simone, da quel
capolavoro di Giuseppe Patroni Griffi che Rosalinda Sprint
alle due Jennifer messe in scena da Ruccello, dai femminelli di
Enzo Moscato a quelli ripresi da Michele Buono e Carmine
Fornari, fotografati da Luciano Ferrara, cantati da Pino Daniele.
4 E ancora, le Coccinelle femmene e notte, Valentina Ok
che canta se tu mi vuoi, Russulella lultima femmenella, Europa
e Cerasella, protagoniste dei lavori di Massimo Andrei, per
citare solo alcune delle rappresentazioni pi note.5 Chi volesse
cimentarsi in una rassegna dei prodotti culturali che mettono in
scena i femminielli, pur senza tenere in conto lenorme produzione
di letteratura grigia cartacea e on-line , arriverebbe a
contare diverse decine di titoli.
333
Una figura fluida,6 in continua trasformazione, la cui esperienza
non riconducibile a unidentit precisa e chiaramente
definibile (Vesce, 2017; Zito, 2017). I tentativi di rintracciare i
tratti distintivi che avrebbero caratterizzato lesperienza sociale
delle femminelle in discontinuit con le esperienze omosessuali
e transessuali, gi nei primi mesi della ricerca, mi parevano
condurre inevitabilmente a unossessione identitaria (Remotti,
2001) e contigua ansia autenticaria (Bendix, 1992, 1997) che
risvegliava in me lo stesso imbarazzo provato nel momento
dellincontro etnografico. Lopposizione soggettivit-politiche/
figure-tradizionali mi appariva poco convincente e, anzi, strumentale
in quanto potenzialmente spendibile sul mercato, decisamente
politico, delle identit.
Anche in ambito antropologico, le retoriche dominanti consideravano
il femminiello una figura tipicamente cio esclusivamente
napoletana, una sorta di terzo genere (DAgostino,
2000, infra; Ranisio, infra) irriducibile alle identit omosessuali
e transessuali e pi vicino, semmai, alle esperienze transgender
(Mauriello, 2012, 2013; Zito, Sisci e Valerio, infra).
N maschio n femmina, femmenell chi impara a essere
donna, un apprendista del genere (Bianchi, infra; Vesce, 2017).
Il suo un corpo che non n maschile n femminile, un
corpo, insieme, atrofico e ipertrofico: corpo manchevole e perfettibile
da un lato, che manca di attributi sessuali primari e
secondari, e dallaltro corpo eccentrico, talvolta eccessivo, che
eccede i limiti dei generi e si presenta come altro da ci che ci
si aspetta esso sia. Corpo di mezzo che nellimmaginario comune
vive perfettamente integrato nella struttura sociale del vicolo
e in quello spazio a volte incaricato del lavoro riproduttivo,
dellaccudimento dei bambini o della cura delle case. Un corpo
inattuale e inatteso, che sfida non solo le rappresentazioni dominanti
del maschile, del femminile e, per certi aspetti, lordine
eterosessuale, ma anche quello omosessuale o la norma trans
334
(Vesce, 2013, 2017). In questo senso, un corpo (e un genere)
vulnerabile e precario, quello del femminiello, che non si lascia
ricondurre ad una norma e sfugge alle definizioni proprie dei
modelli egemonici di omosessualit, transessualit, transgenderismo,
fluidit o non-binarismo.
Le persone che ho incontrato durante il mio percorso di
ricerca abitano corpi tra loro estremamente differenti, che contemplano
tutte le sfumature che vanno dallomosessuale effeminato
alla trans, comprese tutte le sfumature che queste stesse
esperienze possono di per s contemplare. Alcuni di loro incarnano
una condizione che sfida lordine sociale dei generi proprio
per il suo essere indefinita e non immediatamente riconoscibile.
Non lottano per il matrimonio egualitario, n rivendicano il
diritto alladozione, semmai rimettono in scena lo spusarizio e
la figliata, tirano la tombola, partecipano alla processione della
Candelora (Vesce, 2017). Non indossano minigonne, illuminanti
e tacchi a spillo, tuttal pi ricorrono allutilizzo di accessori
chiaramente connotati dal punto di vista di genere, come una
sciarpa particolarmente colorata, una grande borsa o un paio di
pantaloni pi attillati di quanto la moda non conceda al genere
maschile (Vesce, 2013, 2017). Tra loro cՏ chi ha assunto o assume
ormoni, chi eventualmente ha fatto ricorso alla chirurgia
estetica, mentre solo due hanno scelto di adire il tribunale per
chiedere la rettifica dellattribuzione di sesso e il cambio del
nome sui registri di stato civile.7
Con la costituzione, nel 2009, dellAssociazione Femminelle
Antiche Napoletane (AFAN) un gruppo di femminelle ha
iniziato ad avocare apertamente a s leredit della femminella,
impegnandosi a documentarne la storia e la cultura e a preservarne
la memoria (Vesce, 2013, 2017).
Da soggetto (e genere) precario e in via destinzione il femminiello
diviene soggetto (e genere) resistente, che travalica i
confini regionali e nazionali e si trasforma in una vera e propria
335
identit; una figura della napoletanit, che entra nel circuito patrimoniale
e produce localit (Vesce, 2013, 2017).
Napoletanit e femminielli
In Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento
cos scriveva Amalia Signorelli:
Napoli senza dubbio la citt dItalia sulla quale pi numerosi
si sono prodotti e si producono stereotipi. Spesso
in contraddizione tra loro e con quelli gi consolidati,
che non scompaiono sostituiti dai nuovi, ma persistono.
Tutti insieme e ad onta delle contraddizioni, confluiscono
nellidea di quella qualit (immaginata) che ontologicamente
dovrebbe permeare di s tutti i partenopei: la
napoletanit (Signorelli, 2002: 11).
Intorno a questa qualit immaginata si andato strutturando
un corpus teorico e pratico che entrato a far parte della
cultura e della coscienza collettiva (Said, 1995) producendo
pensiero distintivo, che penetra le rappresentazioni che gli stessi
napoletani hanno di s (Signorelli, 2002). Da un lato, quindi
lidea di napoletanit viene a coincidere con la cultura stessa
del popolo napoletano, dallaltro, come sottolinea Giuseppina
Della Sala:
la napoletanit il distribuirsi di una consapevolezza
geopolitica allinterno di una serie di testi letterari,
scientifici, sociologici e storiografici che hanno contributo
non solo allelaborazione di una distinzione sia
geografica che politica, sia di interessi che di pratiche
culturali; ma anche a dare origine a caratteri identitari
specifici che, di volta in volta, ingabbiano i napoletani
in forme di vita stereotipe e generalizzanti (Della Sala,
2015: 62).
336
In quanto figura della napoletanit, il femminiello entra a
pieno titolo nelle rappresentazioni della citt, assume le vesti
di Bambinella, informatore del commissario Ricciardi nei
romanzi gialli di Maurizio De Giovanni, o di Rosa, la donna
trans che apre il videoclip di Me staj appennenn am di
Liberato. Pu farsi maschera per interpretare la figliata ripresa
da Ferzan Ozpeteck in Napoli velata o caricarsi della violenza
cruda della vita nelle immagini dellamore tra don Salvatore
Conte e Nina, nella serie tv Gomorra. Il processo di naturalizzazione
ed etnicizzazione del femminiello funzionale alla sua
patrimonializzazione. Citt e soggetto sociale sembrerebbero
intrattenere un rapporto metonimico e le rappresentazioni del
femminiello sembrerebbero destinate a sfumare in unimmagine
della citt divisa tra radicati stereotipi positivi e negativi,
che agiscono tanto sul piano emico quanto su quello etico (Signorelli,
2002).
Il rapporto con il territorio fondante e inscindibile e la
citt, divisa tra il mare e un monte fatto di fuoco, chiamata
a normalizzare e incorporare la natura doppia del femminiello.
I discorsi di quanti hanno recentemente iniziato a rivendicare
a s lesperienza del femminiello, innescando quello che,
come ho sottolineato altrove, mi parso configurarsi come un
vero e proprio processo di patrimonializzazione dal basso, insistono
molto sul rapporto plastico e reciproco con la citt e
il territorio. Nelle parole di Ciro Ciretta, tra i pi vivaci animatori
dellAFAN, questo legame tanto riproduttivo quanto
generativo:
Prima delle femminelle, prima di tutte le etichette che
inevitabilmente tratteremo in questa nostra conversazione,
prima di tutto questo esiste una terra, e questa terra
partorisce, un elemento vivo, partorisce delle cose, e
come madre ti tiene legato a s. Credo che per tutta
337
la piccola vita che ci riguarda, ti tiene legato a s nella
radice, perch anche se ti lascia la libert di farti gli
ormoni, di farti crescere i capelli... nella radice non ti
lascer mai. [...] Quindi prima sprofondare sotto e poi,
dal sotto, risalire. Per il sotto che andrebbe visitato
perch da l che partono le questioni di sopra. Perch
sopra ci stanno delle trasformazioni, degli interventi
botanici... uno li potrebbe vedere anche politicamente...
per non hanno potuto colpire la radice. Allora vero
che sei di una forma diversa, per la radice quella. E
la radice di questo territorio questo, come tu lo vedi
qua davanti a te: lazzurro del mare...e non a caso qui,
nei tempi pi antichi, nasce la favola, la storia...perch
anche la favola simbolo di storia, anche la legenda costruisce
la storia... e allora qui, ma potevano andare pi
sopra, invece qui fanno partire il mito del doppio, della
sirena. Perch cՏ questo azzurro, incredibile e morbido,
e poi cՏ un fuoco che ti pu distruggere. Quindi
due elementi che appartengono innanzitutto ad un
territorio. Perch vero che certe figure, per sensibilit
loro, perch tu potevi scegliere, perch lo scibile umano
immenso, e tu dello scibile devi scegliere...Allora io
penso che chi nasce qui, chi nasce in questo territorio,
molto portato al doppio. Se tu pensi alla sfilata di sabato8,
alcune figure dei carri, alcune figure che sfilavano
erano tuttuno con le figure che stavano ai lati. Perch
loro hanno loro stesse questa sensibilit del doppio ed
questo doppio che ci fa incontrare. Non lo so a chi
mi riferisco, se alla gente del popolo o alle femminelle,
perch sono tuttuno.9
Lessere tuttuno con il territorio, con la sua gente e con
i suoi simboli pone le femminelle in simbiosi con lecosistema
culturale della citt. I Quartieri Spagnoli, in particolare, rappresentano
uno spazio deccezione che nellimmaginario nazionale
338
associato al pericolo, allinsicurezza, allillegalit (DAloisio,
2011) e che, tuttavia, si configura anche come il luogo, per eccellenza,
dellospitalit e del calore dei napoletani. Nelle parole
di Gianna:
Tanti anni fa, le femminelle se ne andavano di casa, perch
venivano cacciate dalle famiglie. Allora qualcuna,
mettiamo caso: io sono un poco pi grande e, per esempio,
mi sono fittata un basso a Napoli, perch a Napoli
accettiamo tutti, i Quartieri Spagnoli erano i quartieri
in cui cerano travestiti di tutta Italia, perch scappando
scappando arrivavano a Napoli. E il motivo per cui
le femminelle si riunivano era che nessuna di loro aveva
una casa. Tanti anni fa si usava cos.10
Come Napoli, per prima, ci ha insegnato cosՏ la libert
di genere,11 Una storia antica: Napoli, i femminielli e la figliata,
12 Il femminiello a Napoli: lorigine sacra di una parola
piena di storia e folklore,13 o ancora I femminielli: tra
passato millenario e futuro necessario14 sono alcuni dei titoli
recentemente comparsi su organi di stampa cartacei o on-line
che esemplificano bene, a mio avviso, il legame tra la figura del
femminiello e unimmagine della citt come luogo della straordinariet.
Queste rappresentazioni fanno ricorso a un repertorio
di aggettivi che rimanda al campo semantico dellaccoglienza,
alla giovialit e alla natura solare e benevola del popolo napoletano.
La retorica dellinclusione sembra dominare questi discorsi,
connotando la relazione tra citt e figura sociale in termini
di tolleranza, accettazione, ammissione, non respingimento. Napoli,
citt dellaccoglienza, si configura come il luogo in cui,
gi in tempi non sospetti, si valorizzavano le differenze e si
praticava linclusione.
339
Ritratti di femminielli
Se a Napoli femminielli si nasce, femminielli non si nasce solo a
Napoli. La storia di Tarantina ne una prova evidente; storia
emblematica proprio perch da essa traspaiono i temi dellinclusione
e dellaccoglienza caratteristici delle rappresentazioni
positive della napoletanit. Nata in un paesino della Puglia, ripudiata
dalla famiglia quando era ancora un bambino, Tarantina
arriva a Napoli, subito dopo la guerra, proprio nel giorno della
festa di Piedigrotta. Abbandonata dal giovane marinaio con cui
era partito, come in una favola, si addormenta sotto il portone
del Maschio Angioino, salvo essere svegliato da una guardia,
che vedendolo solo, vestito di stracci gli intima di andarsene
a casa, dicendogli che l non pu stare. Scappando, scappando
Tarantina arriva sui Quartieri Spagnoli, dove viene accolta, pur
nelle ristrettezze del dopoguerra, e dove ancora vive, circondata
dallaffetto e dal rispetto della gente del quartiere. Forse il volto
pi noto della comunit dei femminielli napoletani, dopo la
morte di Mina a Russulella,15 nel 2011, molti hanno voluto riconoscere
in lei il nuovo ultimo femminiello e, anzi, lei stessa
ha orgogliosamente assunto il titolo, autoproclamandosi tale.
Narratrice infaticabile, profondamente consapevole del valore
documentario della sua esperienza di vita, lei stessa a contattare
la biografa perch raccolga la sua storia e la trasformi in
un libro (Romano, 2013). Protagonista di due importanti lavori
di Fortunato Calvino, un film-documento16 e uno spettacolo
teatrale17, Tarantina un personaggio pubblico, che si racconta
da s.
Il primo e lultimo dei femminielli a Napoli la definisce
il sindaco Luigi De Magistris in occasione dellinaugurazione
del murale Tarantina Taran, realizzato da Vittorio Valiante
nellambito delliniziativa ST.ART, nata dalla collaborazione tra
Comune di Napoli e FOQUS (Fondazione Quartieri Spagnoli)
340
e volta a valorizzare le nuove espressioni della creativit urbana
per la riqualificazione degli spazi cittadini. Icona dei Quartieri
Spagnoli, Tarantina viene individuata come simbolo della citt,
un patrimonio da esibire e far conoscere, come Pulcinella, o
forse come Maradona. La citt incorpora il volto di Tarantina,
ritratto sulle mura di Via Concezione a Montecalvario nel gesto
di agitare il panaro che contiene i numeri della tombola.
Gesto culturale, che connota la cultura del femminiello e ne
diventa topos. Definitivamente assunto tra i simboli della citt
e proprio in quanto simbolo, esposto allo sfregio, il femminiello
, in questa vicenda pi che mai, patrimonio culturale da difendere
e salvaguardare. La cancellazione del volto di Tarantina
e lapposizione della scritta Non Napoli, potrebbe essere
considerato una prova del processo di simbolizzazione alla base
della scelta iconografica. E tuttavia, a seguito del gesto di intolleranza
omofoba, ancora il sindaco a richiamare il nesso
tra la figura del femminiello e la cultura napoletana e rimandare
laccusa al mittente quando afferma: Lo sfregio dellopera di
street art compiuta da Vittorio Valiante ai Quartieri Spagnoli,
raffigurante Tarantina, un fatto indegno e barbaro commesso
da mani sporche di incivilt e antinapoletanit.18 Laccusa di
reciproca anti-napoletanit si gioca su un terreno apertamente
politico-culturale. Il presidio di solidariet e resilienza, indetto
dallo stesso comune di Napoli il giorno successivo alla vandalizzazione
del murale riceve ladesione di diverse componenti
della giunta comunale, della societ civile e del mondo associativo
LGBT+. Alla presenza delle autorit, lartista riposiziona
simbolicamente al suo posto il volto di Tarantina, attacchinando
sul nero-sfregio il volto stampato e ritagliato della protagonista
del murale. Lopera, si dice, sar ripristinata quanto prima.
Gi in occasione delle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze
nelle municipalit della citt metropolitana di Napoli
un gruppo di trans e femminelle napoletane si era schierata per
341
la rielezione del sindaco De Magistris, animandone la campagna
elettorale e candidandosi nelle liste DeMA. Lepisodio
dello sfregio al murale di Tarantina, tuttavia, chiarisce definitivamente
il ruolo che il femminiello viene a ricoprire nel quadro
delle retoriche e delle politiche culturali che articolano in senso
distintivo il gioco dei posizionamenti entro la dialettica napoletanit/
antinapoletanit.
Femminelle del terzo millennio
Summer Minerva unattivista queer italo-americana. Si definisce
un femminiello nato a Brooklyn e, da qualche anno, ha
intrapreso un percorso spirituale alla ricerca delle proprie radici.
Nel gennaio 2018, mentre a Napoli per portare avanti
il proprio progetto di ricerca spirituale e documentaria sulle
tracce dei propri antenati, a pochi giorni dalla festa della
Candelora a Montevergine, Summer scrive una lettera indirizzata
a Mamma Schiavona19, la pi cara, la pi bella, in cui
traccia il proprio percorso di avvicinamento alla cultura dei
femminielli.20 Discendente di migranti irpini, Summer decide
di compiere allindietro il tragitto percorso da sua nonna set-
tantanni prima per andare alla ricerca delle proprie radici. Nel
2018 la performer trascorre a Napoli diversi mesi, frequenta la
comunit dei femminielli e ne studia la storia. In unintervista
raccolta in occasione della presentazione del suo progetto documentario,
Summer afferma:
Ho iniziato a studiare il ruolo delle persone transgender
in diversi contesti culturali nel corso della storia e ho
scoperto che i transgender sono stati conosciuti in tutte
le civilt per essere potenti, grazie alla nostra capacit di
camminare tra i mondi: di genere, cielo e terra, vita e
morte, ecc. Ho iniziato a intervistare importanti leader
spirituali transgender nelle mie comunit a New York
342
e Chicago, e ho imparato molto sulle esperienze di altre
persone spirituali nella comunit transgender, ma ho
iniziato a chiedermi dove ero io nella storia. Le lotte
e le vittorie della mia vita di tutti i giorni non erano
presenti. Avevo bisogno di raccontare una storia non da
un punto di vista accademico, ma dalla mia esperienza
umana, di trovare il mio posto nel mondo come risultato
del mio genere, spiritualit, etnia e altre categorie
sociali.21
Lungi dallessere in via destinzione il femminiello sembra
vivo, oggi pi che mai. Non solo figura ponte, ma esperienza di
confine: un vero e proprio genere nel quale ci si pu riconoscere
e che pu muovere un sentimento di appartenenza.22 Rientrata
in America, Summer diffonde la cultura del femminiello
e, nel 2019, torna a Napoli e a Montevergine in compagnia di
un gruppo di cinque ragazz* queer italo-american* interessati a
conoscere i femminielli e la loro cultura.
Negli stessi giorni a Napoli e a Montevergine cՏ anche
Valentina, una giovane e brillante studentessa di psicologia, attivista
trans-femminista e responsabile del settore migrazione
del Mit - Movimento di identit trans. Nata e cresciuta in un
paesino dellentroterra campano, da circa due anni Valentina
vive e lavora a Bologna. In occasione della Candelora 2019, insieme
ad un gruppo di attiviste, operatori e operatrici alla pari
del Mit, siamo partite da Bologna per partecipare alla festa della
Madonna dei femminielli. Era la prima volta che ci tornavo
da trans dice allinizio di unintervista raccolta al nostro rientro.
Insieme a noi, alcune ragazze richiedenti e titolari di protezione
internazionale, beneficiarie di un pioneristico progetto
di accoglienza specificamente dedicato alle persone trans.23 Per
noi, per lequipe, era importante far conoscere una cultura sul
genere diversa, che non la transessualit, per lorigine della
transessualit e del transgenderismo in Italia24.
343
Quando parla del femminiello, Valentina non parla solo di
una cultura sul genere, ma della propria cultura di genere e su
di essa si interroga, in senso riflessivo.
Questo viaggio mi ha fatto riflettere molto sul rapporto
tra il movimento trans e la cultura dei femminielli, che
secondo me un rapporto ancora non risolto, perch
soprattutto noi trans campane, stiamo nel mezzo: cio
io personalmente non mi definisco donna, anche se ho
una f sui documenti, da quel punto di vista mi sento
femminella. Di questo mondo che non n maschile n
femminile, questo terzo genere...io lo sento il terzo genere,
per poi, agli occhi della medicina, della psicologia,
della legge, sono inquadrata come trans. quasi unetichetta
attaccata addosso, che non rispecchia del tutto la
mia cultura. Perch, allo stesso tempo, sono in mezzo a
due mondi, anzi, potremmo dire anche tre, perch cՏ la
cultura etero-patriarcale, la cultura dei femminielli e la
cultura trans. E allora: dove ci poniamo noi trans campane?
Soprattutto, chi fa attivismo trans, chi si definisce
una trans femminista e poi va a cercare di dialogare con
i femminielli che invece reiterano un modello etero-patriarcale,
perch di fatto, nella cultura napoletana, il femminiello
nel sistema etero-patriarcale, anche se un
terzo genere, ma non un terzo genere che combatte
contro il patriarcato, un terzo genere a servizio del patriarcato.
E allora cosa significa essere femminielli oggi?
un po come...le femminelle del terzo millennio.
Nelle parole di Valentina quella del femminiello diviene
una vera e propria esperienza del s. Esperienza incarnata e,
per ci stesso, contraddittoria. Sentirsi e definirsi, come fanno
Summer e Valentina, un femminiello nato a Brooklyn o una
femminella del terzo millennio vuol dire ancora oggi incarnare
una condizione di genere non risolta, uno status-ponte, che
344
permette di collocarsi sul margine (Besnier, 2014). Queste inedite
forme di ri-produzione del soggetto femminiello, non pi
solo figura del passato o modello antico, ma forma dellessere
e del sentire, agiscono su un immaginario che prova ad intersecare
genere, nazionalit, status, spiritualit, ponendo questioni
irrisolte per lantropologia che sollecitano una riflessione da
un lato sugli strumenti concettuali a partire dai quali abbiamo
tradizionalmente pensato la differenza di genere nelle culture,
dallaltro sulla relazione stessa che sta alla base della produzione
di quel particolare tipo di conoscenza che veicolato nelle
nostre etnografie.
Il caso forse pi emblematico, che pu essere utile qui ricordare
brevemente, quello dei/delle berdache. Durante la Terza
Conferenza Internazionale dei nativi gay e lesbiche, svoltasi
a Winnipeg nel 1990, si discusse ampiamente linadeguatezza
del termine berdache, che tanta fortuna aveva avuto negli studi
etno-antropologici ( Jacobs e Lang, 1997; Morgensen, 2011),
ritenuta incapace di rendere conto della complessit delle esperienze
indigene e del legame fondamentale tra identit sessuali,
ruoli di genere e spiritualit per la definizione delle identit
dei nativi. Sessualizzazione, razzializzazione e imposizione del
modello patriarcale come unico strumento di redenzione erano
stati i principi cardine del progetto coloniale, nonch strumenti
dellazione dei governi particolari. La scelta dellespressione
Two-Spirit, come termine ombrello capace di identificare esperienze
assai diverse, avvenne in questo contesto. Dalla critica
della categoria antropologica di berdache ha preso forma nei primi
anni del III millennio il progetto critico di decolonizzazione
dei saperi e delle esperienze indigene di genere che si autodefinito
dei Queer Indigenous Studies (Driskill et al., 2011; Smith,
2005; Morgensen, 2010; Gilley, 2006, 2011). Nati in seno ai
movimenti e per volont di attivisti e intellettuali militanti e
cresciuti nel dialogo con lantropologia, i Queer Indigenous Stu
345
dies potrebbero apparire depositari del messianico compito di
rifondare la disciplina, intervenendo su pratiche e metodologie
e sulla relazione stessa alla base della pratica etnografica. Investimento
rischioso quello in cui ci si affida al supposto potere
rivoluzionario di tali discorsi, proiettando su di essi il potenziale
trasformativo che si sarebbe desiderato per s (Weiss, 2015).
Perch se vero che lantropologia essenzialmente e costitutivamente
politica e che la conoscenza a cui aspiriamo vorrebbe
essere votata alla trasformazione del soggetto della conoscenza
pi che del suo oggetto (Fabian, 2012) la posta in gioco ben
pi alta rispetto alla pur necessaria storicizzazione delle categorie
attraverso cui leggiamo il mondo.
Non si tratta, allora, di inserire il femminiello in una possibile
lista dei generi indigeni, stabilendo con pi o meno certezza
la comparabilit con altre esperienze indigene di genere, ma
di riconoscere lattualit del femminiello, il suo essere modello e
la capacit di incarnare, simultaneamente, lideale e il reale.
346
Note
1 Con lintento di segnalare linadeguatezza del termine identit in riferimento
ai soggetti protagonisti della ricerca, scelgo qui di virgolettare la
parola, prediligendo, in questo saggio come altrove e in linea con le prese
di posizione recentemente rese manifeste dal movimento trans italiano,
limpiego del termine esperienza. In particolare, nel quadro di unampia e
approfondita riflessione sulla depatologizzazione della transessualit, rivendicando
una sorta di discendenza genealogica dalla figura del femminiello, il
movimento trans ha suggerito di sostituire le espressioni disforia di genere,
fenomeno transessuale o identit transessuale/transgender con esperienza
umana significativa (Arietti et al., 2010).
2 Di particolare interesse, la tensione allindividuazione dellultimo femminiello,
richiederebbe tuttaltra attenzione di quella che possibile dedicarle
in questa sede. Nel 2006, allinizio della mia ricerca di campo, era ancora
viva Russulella, unanimemente considerata lultimo femminiello. Quando Mina
scompare, il 26 gennaio 2011, Repubblica e Il Corriere del Mezzogiorno battono
la notizia: Muore a 91 anni lultimo femminiello di Napoli e scomparsa a
91 anni A Russulella. Addio allultimo femminiello. Protagonista di diversi lavori,
tra cui La Candelora. Antiche tradizioni, nuovi diritti di Nicola Sisci e Paolo
Valerio, Cerasella, ovvero lestinzione della femminella di Massimo Andrei e A rose
is a rose di Margherita Pescetti, Russulella avrebbe ceduto il posto a Tarantina,
volto assai noto della comunit napoletana, a sua volta protagonista di un libro,
un documentario e uno spettacolo teatrale. A differenza di Russulella, tuttavia,
Tarantina attore consapevole del processo di (auto)patrimonializzazione come
del valore documentario della propria esperienza. Di recente, linaugurazione
e poi lo sfregio, da parte di ignoti, di un murale a lei dedicato nel quartiere
Montecalvario ha rappresentato un momento di grandi visibilit per Tarantina,
intervistata dai principali organi di stampa locali e nazionali (cfr: infra).
3 Dal febbraio 2007 fino al mese di marzo 2014 ho effettuato soggiorni
sul campo di durata variabile a Napoli e in Campania, per un totale di oltre
venti mesi. In seguito ho continuato a frequentare sporadicamente il terreno
e ad osservare da lontano, mantenendo contatti e comunicazioni con
le amiche e informatrici che hanno reso possibile questa ricerca. Nei loro
confronti nutro un debito umano cui nessuna pubblicazione scientifica potr
rendere giustizia.
4 Si vedano, oltre ai saggi di Eugenio Zito, Paolo Valerio, Patricia Bianchi,
Gianfranca Ranisio, Gabriella DAgostino e Corinne Forier qui contenuti,
Fiore, 2005; Sapienza, 2006; Vesce, 2017.
347
5 Il riferimento qui ad alcuni dei femminielli pi noti, il gruppo di
cabaret Le Coccinelle, protagonista del docu-film di Emanuela Pirelli Le
Coccinelle. Sceneggiata Transessuale, alla nota cantante neomelodica Valentina
(Di Nuzzo, 2007), al personaggio di Europa, interpretato da Enzo Moscato
nel film Mater Natura di Massimo Andrei e a quello di Cerasella, protagonista
dellomonima docu-fiction dello stesso regista.
6 Francesco Remotti ha di recente messo in guardi gli antropologi dallidea
che lidentit possa essere fluida. Scrive Remotti: Lidentit non esiste
al di l delle intenzioni dei soggetti: essa una rappresentazione mediante la
quale i soggetti compiono un passo che li porta oltre la fluidit. Lidentit
un espediente ideologico per contrastare tutto ci che pu essere chiamato
fluidit, instabilit, precariet. Non lidentit ad essere fluida; fluida invece
la realt (individuale o collettiva, naturale o sociale) contro cui lidentit, o
meglio i soggetti che la invocano o la brandiscono, combattono le loro battaglie
e affermano le loro pretese di stabilit. Dire che lidentit fluidit
una grave confusione concettuale: fluida la realt che lideologia identitaria
vuole negare e contrastare (Remotti, 2019: 28-29).
7 Nel corso della ricerca ho intervistato circa venti persone che si identificano
come femminelle e condotto colloqui informali con persone trans,
omosessuali, intellettuali, attivisti e chiunque fosse in qualche modo informato
sul mondo dei femminielli.
8 Ciretta si riferisce qui al corteo del Napoli Pride del giugno 2010.
9 Ciro, intervista raccolta a Boscotrecase il 5 luglio 2010.
10 Gianna, intervista raccolta a Napoli il 26 giugno 2007.
11 R. Ferr, Come Napoli per prima ci ha insegnato cosՏ la libert
di genere, The Vision, 10 gennaio 2019 https://thevision.com/cultura/napoli-
femminielli-liberta-genere/ (ultima consultazione 29/03/2019)
12 G. Melillo, Una storia antica: Napoli, i femminielli e la figliata,
Huffingtonpost, 24 gennaio 2018 https://www.huffingtonpost.it/giuseppe-melillo/
una-storia-antica-napoli-i-femminielli-e-la-figliata_a_23339374/ (ultima
consultazione 29/03/2019).
13 F. DAlfonso, Il femminiello a Napoli: lorigine sacra di una parola
piena di storia e folklore, Fanpage, 28 ottobre 2018 (ultima consultazione
29/03/2019).
14 M. Niola, I femminielli: tra passato millenario e futuro necessario,
La Repubblica, 30 novembre 2017 (ultima consultazione 29/03/2019).
15 Si veda https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/notizie/cronaca/
2011/26-gennaio-2011/scomparsa-91-anni-a-russulellaaddio-ultimo-femminiello-
napoletano--181333372682.shtml si veda inoltre la nota 2.
16 La Tarantina, Genere Femm()nell.
348
17 La Tarantina. Lultimo femminiello dei Quartieri Spagnoli.
18 Si veda https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/
2019/02/24/sfregiato-il-murale-di-tarantina-taran-il-ripuliremoNapoli17.
html.
19 Mamma Schiavona laffettuoso appellativo con cui i fedeli chiamano
la Madonna di Montevergine.
20 Si veda https://gaynews.it/attualit%C3%A0/item/1018-femminielli-
juta-montevergine-artista-queer-italo-americana-minerva-summer-lettera-
mamma-schiavona.html.
21 Si veda http://www.crudiezine.it/napoli-presentato-appartenenza-
il-viaggio-di-minerva-summer/.
22 Appartenenza il titolo che Summer aveva originariamente scelto
per il documentario a cui sta lavorando.
23 Il progetto Rise the difference, finanziato dallUfficio Nazionale Anti-
discriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha
permesso limplementazione di una casa rifugio per persone trans richiedenti
o titolari di protezione internazionale, unico servizio in Europa specificamente
dedicato ed stato realizzato dal Movimento di Identit trans, cooperativa
Cidas e Centro risorse LGBTQ.
24 Valentina, intervista raccolta a Bologna il 7 febbraio 2019 nel quadro
di una ricerca su Politiche di genere e pratiche dellaccoglienza. Etnografia
della presa in carico di rifugiati/e trans a Bologna, finanziata con fondi
Fondazione Alsos.
Bibliografia
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352
Sognavo sempre che aprivo un portone grandissimo.
Narrazione di s e processi di costruzione
identitaria gender variant a Napoli
di Eugenio Zito
La parola, per questa speciale abilit, arrangiarsi,
larte di accaparrarsi qualche soldo da una
delle tante incredibili attivit che riescono ad
inventarsi spinti da una fortunata e coraggiosa
strategia di sopravvivenza.
Thomas Belmonte, La fontana rotta. Vite napoletane:
1974, 1973, 1997: 130.
Incontri etnografici
Ho conosciuto Gina, di cui mi appresto a riportare la narrazione
della sua storia di vita raccolta nel corso di una lunga intervista
svolta nel 2002, durante la mia ricerca di dottorato sul mondo
dei ultimi femminielli nei quartieri storici e popolari di Napoli.
Allepoca Gina aveva trentasette anni ed stata la prima ad accettare
di essere intervistata per parlarmi di s, della sua identit
gender variant, gender fluid e/o gender non-conforming (Arietti et
al., 2010; Bernini, 2017), giocata tra tradizione dei femminielli
e trasformazioni transgender, del suo lavoro, del rapporto con la
comunit del suo quartiere e pi in generale con la citt di Napoli.
Era la fine della primavera del 2002 e grazie alla preziosa
mediazione di Anna Stanco, allora presidente dellAssociazione
Quartieri Spagnoli, che me la present, ebbi lopportunit di
conoscerla in un preliminare e veloce incontro informale a cui
353
segu quello in cui, circa dieci giorni dopo, potei intervistarla in
profondit. Di questa prima circostanza ricordo che mi colp
pi di tutto il suo aspetto un po dimesso, il viso magro, stanco
e poco truccato, gli occhi azzurri un po spenti, i capelli biondi e
lunghi, ma sistemati alla buona, gli abiti semplici e poco vistosi,
dallaspetto prevalentemente unisex e lo sguardo preoccupato
o piuttosto triste, ma fiero e molto dignitoso. Con gentilezza
mi diede appuntamento pochi giorni dopo, o almeno cos mi
sembr di capire, nella sua abitazione disposta al piano terra
di uno dei vicoli ai Quartieri Spagnoli, non lontano dalla sede
dellassociazione in cui la avevo conosciuta e a pochi passi dalla
centralissima via Toledo, indicandomi come orario per lincontro
quello del primo pomeriggio.
Thomas Belmonte, nella sua monografia La fontana rotta.
Vite napoletane: 1974, 1983 (1997), attraverso una serrata e ricca
narrazione etnografica, restituisce in modo vivido, anche sul
piano sensoriale, descrizioni intense dei Quartieri Spagnoli, storica
parte del centro di Napoli (Corvino, 2017) con la sua vita
pulsante e la sua storia e con la sua complessa umanit (Atlas,
2010). Qui lantropologo newyorkese visse in due fasi, nel 1974
e nel 1983, alloggiando proprio intorno a Fontana del Re, La
fontana rotta che d il titolo al suo lavoro, mostrandoci labisso
umano dei poveri di Napoli, prima e dopo il terremoto del
1980, evento catastrofico che pure profondamente modific la
percezione e la vita della citt, soprattutto nei suoi quartieri pi
antichi. Come ho raccontato e tematizzato altrove (Zito, 2017),
quando nel 2002 scesi per la prima volta su questo stesso
campo per raccogliere i dati della mia ricerca appena avviata,
caddi improvvisamente, fuor di metafora, in quello che restava
dellabisso descritto da Belmonte (1997). Carico di entusiasmo,
dopo il primo incontro informale sopra descritto, avevo infatti
ottenuto finalmente un appuntamento per intervistare in profondit
uno dei femminielli della zona (Zito e Valerio, 2010),
354
Gina appunto, che la presidentessa dellAssociazione Quartieri
Spagnoli, spendendo per me la sua autorevolezza in un contesto
piuttosto chiuso e difficile (DAloisio, 2007), mi aveva generosamente
procurato, dopo miei precedenti vani tentativi di
penetrare in quel complesso mondo. Nonostante ci la giornata
prevista per lincontro fu un vero disastro. Gina non si fece
trovare nel luogo e nellorario concordati, soltanto la settimana
successiva seppi che aveva confuso la data, o piuttosto realizzai
che ero stato io a non aver capito bene quanto mi aveva detto.
Cos, dopo la lunga vana attesa, presi a girovagare nel quartiere,
deluso per la mancata intervista, ma piuttosto incuriosito da un
contesto che conoscevo a malapena. Pochi minuti in giro tra
vecchi palazzi e strette stradine in salita, perso nei miei pensieri
e in un solo colpo, quasi senza accorgermene, fui rapinato
di quasi tutto quanto portavo con me in quella circostanza,
complice latmosfera solitaria della controra. Lo zainetto che
mi fu bruscamente sottratto conteneva un piccolo registratore,
un telefono portatile, un taccuino, delle chiavi e il portafoglio
con qualche soldo insieme ai miei documenti. Con prepotenza
mi fu tirato dalla spalla destra da cui distrattamente pendeva.
Furono le veloci ed esperte braccia di un ragazzo su un motorino
scalcagnato, ma guidato abilmente da un altro giovane,
che improvvisamente mi trovai dietro, a strapparmelo, mentre,
nel primo pomeriggio di un maggio gi infuocato, vagavo da
solo per quei vicoli. In pochi secondi, incredulo e frastornato
per laccaduto, mi ritrovai confuso, metaforicamente precipitato
nel fondo della fontana rotta di Belmonte (1997). Con il
furto e la materialit degli oggetti sottratta, dallalto valore simbolico
per me, oltre che pratico, avevo in pochi secondi perso
tutte le mie certezze e sicurezze, i ferri di un mestiere che mi
apprestavo ad apprendere e insieme a essi i riferimenti alla mia
identit di ricercatore in formazione, quasi una metafora concreta
di quello che spesso accade allantropologo nel confronto
355
con lalterit con cui sceglie di misurarsi. Uno shock multiplo,
insieme sensoriale, emotivo e cognitivo (Signorelli, 2015), mi
preparava involontariamente e concretamente a confrontarmi
con la complessa realt di cui di l a poco mi sarei occupato,
il singolare mondo degli ultimi femminielli (o femminelle) di
Napoli, come in una vigilia non attesa e perci traumatica. In
proposito, ancora Belmonte, nel descrivere il tessuto umano dei
luoghi da lui esplorati a Napoli fra il 1974 e il 1983, fa qualche
riferimento a tali soggetti sociali quando scrive: Infine ritornai
verso la zona della mia prima esplorazione, il vecchio Quartiere
Spagnolo. Di notte era luogo di prostitute, radunate attorno al
fuoco, e di travestiti, col viso truccato come geishe (Belmonte,
1997: 43).
La settimana successiva, chiarito il malinteso e con il paziente
supporto ancora di Anna Stanco, Gina mi accolse con
gentilezza e disponibilit nella sua abitazione terranea e fronte
strada, pulitissima e dal forte odore di detersivo, a pochi passi
della sede dellassociazione. Questa volta aveva un aspetto decisamente
pi curato, non solo per il make-up pi pronunciato
e la capigliatura bene acconciata, ma anche per gli abiti inequivocabilmente
femminili e lespressione del viso pi distesa e serena.
Con un sorriso, e congedando velocemente Anna Stanco
che mi aveva nuovamente accompagnato, mi fece accomodare
a un piccolo tavolo tondo con al centro un vaso con dei fiori
vivacemente colorati, in plastica, su di un centrotavola ricamato
e con intorno tre sedie, una per lei, una per me, laltra per il
suo cagnolino che si acciambell restando tranquillo per tutto
il tempo dellincontro. Il tavolo era disposto giusto a destra
delluscio prospiciente allunica finestra dellabitazione, contigua
al vano di ingresso, allinterno di un ambiente piuttosto ridotto
e con il soffitto a volte in cui si notava una piccola cucina, una
poltrona e una grande televisione su di un carrello oltre a due
porte che immaginai potessero essere quelle che davano nella
356
camera da letto e nel bagno. Durante questo secondo incontro,
avendo accettato di essere intervistata in profondit e avendomi
rilasciato il suo consenso per la registrazione, Gina mi raccont
con naturalezza e profonda dignit la sua vita gender variant, le
piccole trasformazioni chirurgiche apportate al suo corpo in direzione
femminile, il suo modo di vivere, le sue relazioni sociali
e affettive, la sua attivit lavorativa, in parte la sua storia familiare.
Lintervista lunga e intensa si chiudeva con il racconto di
un sogno ricorrente che le capitava di fare sin dallinfanzia:
sognavo sempre che aprivo un portone grandissimo e
cera tanta luce che mi accecava gli occhi e poi cerano
tanti fiori e uccelli, per mi mettevo vicino a questo
palazzo, lo guardavo, per non potevo passare, cio
lo vedevo, lo immaginavo che era bellissimo entrare in
quel palazzo, per non potevo entrare (Gina, Napoli 31
maggio 2002).
Tale sogno mi colp molto durante la narrazione che mi
stava facendo, proprio per la forte carica emotiva che la accompagnava.
In quella circostanza non ne compresi bene il significato.
Successivamente limmagine del portone/soglia mi sembr
di poterla pi chiaramente associare alla dimensione liminale
(Turner, 1969, 1983; DAgostino, 2010) del mondo dei femminielli
(Zito e Valerio, 2010, 2013; Zito, 2017; Mauriello, 2018) e
quindi allincompatibilit di tale mondo tradizionale e transgender
al contempo (Zito, 2013a, 2013b, 2017) con le logiche dicotomiche
in merito al genere della societ ordinaria al di fuori
dellhabitat del quartiere di provenienza (Vincent e Manzano,
2017), dove invece tutto sembrava possibile, fuori di ogni paradosso.
Dopo la circostanza dellintervista ho incontrato Gina diverse
volte, lultima delle quali stata esattamente la primavera
dellanno successivo, durante uno dei matrimoni per-formato
357
(Zito, 2017) da un altro femminiello in un vicolo contiguo e a
cui parteciparono, oltre alle persone del quartiere, diversi femminielli,
nel quale ebbi la possibilit di imbattermi durante la
mia ricerca di campo.
Nelle pagine che seguono riporto la storia integrale che
Gina mi ha raccontato nel lontano 2002, come un caso specifico
di storia di vita (Gallini, 1981; Franceschi, 2006; AA.VV.,
2012; Clemente, 2013; DAloisio, 2014) raccolta allinterno di
un incontro etnografico (De Martino, 1948, 1968, 2002; Signorelli,
2015) per me iniziatico, perch mi sembrato il modo
migliore per chiudere questo nuovo volume collettaneo sul sorprendente
mondo dei femminielli a Napoli, ridando loro voce
attraverso la sua di voce, in una prospettiva emica e provando
cos a restituire una parte del loro discorso denso di umanit,
con la sua carica sovversiva e al contempo di forte resistenza.
La storia di Gina: narrazione e costruzione identitaria
Lintervista aperta di cui di seguito riporto il testo integrale,
a cui sono stati ovviamente aggiunti i segni di interpunzione
necessari per restituire le pause del discorso dellintervistata,
durata poco meno di due ore e audio-registrata, stata raccolta
il 31 maggio 2002 presso labitazione di Gina ai Quartieri
Spagnoli a Napoli. La trascrizione integrale del testo di questa
intervista stata gi analizzata come parte di un unico corpus
narrativo insieme alle altre interviste raccolte nel biennio 20022003
ed confluita nel lavoro di ricerca presentato nella monografia
intitolata Corpi sulluscio, identit possibili. Il fenomeno dei
femminielli a Napoli (Zito e Valerio, 2010).
In questo caso la presentazione del singolo testo integrale
relativo allintervista svolta mira invece a consentire una riflessione
su alcuni specifici temi che si evidenziano, cos come
emergono dalla peculiare storia di vita di Gina, avendo provato
358
ad analizzare in questo modo la complessit dei processi di narrazione
di s e di costruzione identitaria gender variant. Come
spiega DAgostino (2012), se da un lato lo strumento dellintervista
pone tutta una serie di problemi metodologici per la
ricerca in generale e per quella antropologica in particolare
problemi che non mia intenzione affrontare in questa sede
essendo destinata in qualche misura a ricostruire fatti, raccogliere
esperienze di vita, ricomporre testimonianze di eventi e
situazioni il pi possibile autentiche, dallaltro implica sempre
una dimensione relazionale, quale quella che si instaura tra
antropologo e suo interlocutore, che si preferisce di gran lunga
al termine informatore (Fabietti, 2001), allinterno della quale
prende corpo. Lintervista sottende quindi un dialogo e una
relazione, e come tale comporta lattivazione anche di precipue
emozioni, non solo nellintervistato, ma anche nellintervistatore
presente sul campo con il suo corpo, allo stesso modo del
suo interlocutore. Il sapere antropologico si costruisce infatti
allinterno di un costante dialogo discorsivo, dove entrano in
gioco negoziazioni e compromessi, ma anche fraintendimenti
e selezioni da ambo i lati della relazione (Tyler, 1997) e dove
ovviamente gli interlocutori di campo restano i co-produttori
con lantropologo del suo stesso sapere (Fabietti, 2001; DAloisio,
2014). Tale relazione, con il suo complesso portato emotivo,
va necessariamente compresa e significata allinterno del frame
culturale entro cui ricercatore e interlocutore si muovono e nella
sua complessit confluisce, anche, a qualche livello, come di
seguito si vedr, nel testo etnografico (Geertz, 1990; Clifford e
Marcus, 1997).
Ho un bel rapporto con la gente del mio quartiere che
ci vuole bene, ci stima, ci rispetta e ci aiuta. Se succede
qualcosa viene, ci porta da mangiare, perch a volte
capitato che restavo senza niente. Questa la verit. Di
359
me posso dire che mi piace molto il mio lavoro anche
perch sono tutti ragazzi come me. La sera ci riuniamo
quando vengono a lavorare, alle volte prendiamo il caff
assieme, andiamo a prendere un cornetto quando cio
finisce il lavoro. Sono buoni, bravi ragazzi anche se soffrono
in mezzo alla strada, ma come lavoro buono.
Cio loro vengono qua a lavorare con il cliente, io ci
apro la porta, poi esco fuori, poi loro escono e mi pagano.
Poi entro unaltra volta, aggiusto il letto, pulisco e si
fa questo fino alle quattro-cinque di notte. Si comincia
dalle dieci alle quattro-cinque di notte. Ho tante persone
che vengono, anche i clienti per sono bravi sai, ti
danno la mancia, sono educati. Nessuno si lamenta qui
della gente del posto, perch non sentono rumori e i
clienti sono educati. Cio ci sta qualche rumore, la porta,
la macchina, per si fa con rispetto, uno rispetta la
gente che deve dormire, che deve andare a lavorare, non
che si fa molto chiasso perch io poi so dirigere. Se un
cliente per esempio ha la macchina accesa per cinque
minuti io gli dico Spegni!, se qualcuno ha lo stereo
acceso io gli faccio abbassare la voce, quando chiudono
la porta e fanno boom io dico di fare piano piano. Hai
capito si fa tutto, cio normale, per non dare fastidio.
Poi alle cinque del mattino vado a dormire e di giorno,
nel pomeriggio, verso le cinque scendo per pulire e ricominciare
di nuovo a lavorare di sera. E cos si va avanti
tutta la settimana, forse la domenica solo un po di
meno, tutti gli altri giorni si lavora tanto. E poi i rapporti
con la gente del quartiere, con gli amici e con la
mia famiglia sono buoni, proprio buoni, come fratello e
sorella. La mia famiglia felice, contenta per me, perch
dice Meglio questo che poi faceva unaltra cosa.
Perch io avevo mio padre che lui non accettava, quando
ero piccolo lui mi diceva Tu fai tutto ci che vuoi basta
che tu non ti prostituisci. Allora io ho rispettato mio
padre. Allora mia mamma, le mie sorelle, i miei nipoti
360
sono tutti contenti, perch cio pure faccio una vita un
po sulla strada per di fronte ai miei amici meglio cos
che poi, che mi dovevo prostituire anche io, no? Perch
noi non veniamo accettati in un altro lavoro. Io ho lavorato
da piccolo, avevo sei anni, poi quando ho cominciato
a trasformarmi e a prendere gli ormoni con tutto che
ci ho lavorato venti anni gi non mi guardavano pi
bene come quando ero bambino perch vedevano una
cosa diversa, hai capito. Perci ora se non avevo questo
lavoro, come facevo? Per me importante per vivere,
perch non ho un altro lavoro, solo questo. E meno
male che tengo il mio fidanzato. Io sono ventidue anni
che sto con lui, lui non sposato e non fidanzato, io
ero piccola avevo quindici anni, rimasto sempre con
me, mi aiuta, lui mi paga laffitto di casa dove abitiamo
io e lui, lui mi ha comprato i mobili, viviamo insieme,
mi d cento euro alla settimana, poi se finisce lo zucchero,
il caff queste cose qua, lui li compra e me li porta.
un ragazzo buono, tranquillo, poi lavora, lui ha il motorino
e se tu devi andare a fare un servizio lui ti porta
e gli dai cinque euro, devi andare a pagare la luce e te la
va a pagare, hai capito tutte queste cose qua, per guadagna,
guadagna abbastanza bene. Ha quarantacinque
anni, otto anni pi di me. Sono tre anni che viviamo
assieme. Io prima abitavo con mia mamma e mio padre,
poi sette anni fa morto mio padre, dopo quattro anni
che mio padre morto il proprietario ha venduto lappartamento
per trecento milioni, e noi non ce li avevamo.
Mia mamma ora abita con una mia sorella e io ho
affittato un appartamento, dove vivo con il mio fidanzato.
Io e il mio fidanzato la domenica andiamo a mangiare
fuori, una volta dalla sua famiglia, una volta con le
mie sorelle, stiamo abbastanza bene insieme. La mia famiglia
e la sua famiglia hanno completamente accettato
tutto dal primo giorno, anche perch le due famiglie si
conoscono da tanti e tanti anni, lui abitava proprio il
361
vicolo dove abitavo io con tutta la sua famiglia. Lui era
amico dei miei fratelli pi grandi di me, giocavano a
pallone insieme, e veniva a casa mia a prendere i miei
fratelli. Io ero piccola, avevo dodici anni, lui gi mi
guardava, per, cio perch a dodici anni tu ti vedi diversa,
ti senti, per non riesci ancora a capire, non riesci
a immaginare, cio non sai neanche tu, non capisci bene
la cosa, capito? E io facevo Ma perch lui mi guarda?
Poi a tredici-quattordici anni ho fatto ormoni, allora
portavo gi i capelli lunghi e frequentavo Piazza Vittoria.
E lui girava sempre con il motorino intorno a me,
poi un giorno si fermato vicino a me e gli ho detto
Ma cosa fai qua?. Lui mi ha detto Sono quattro anni
che ti giro intorno, non hai capito perch?. Io dissi di
no, perch poi quattordici anni di venti anni fa non
sono come quelli della gente di ora, cio non immaginavo.
Lui mi disse No perch tu mi piaci, io dissi Va
bene, ma noi ci conosciamo che facciamo, lui disse
Dai non ti preoccupare, e cos siamo usciti e sono
ventitr anni che stiamo insieme. Lui stato lunico mio
fidanzato, mi trovo bene. Certo un poco pazzerello,
per poi buono, chiacchierone, molto chiacchierone,
per un bravo ragazzo. Prima che facevo questo
lavoro siamo stati anche fuori qualche volta. Poi da
quando faccio questo lavoro non mi posso pi muovere,
solo in agosto per qualche giorno, prendiamo e andiamo
da qualche parte tipo Capri, una volta ad Ischia, hai capito
queste cose qua. E poi sto bene con lui perch non
mi fa problemi con il mio lavoro. Al principio era geloso,
anche perch allinizio quando ho aperto questa attivit
sei anni fa ero diversa da come sono ora. Adesso
non ho pi la testa di prepararmi, di vestirmi, allora lui
era molto geloso, mi sgridava e mi diceva Se poi tu
entri con qualcuno pure tu?. E io gli dicevo Ma tu lo
sai che non sono abituata!. Perch davvero io non sono
abituata. Cio se anche lo vorrei fare, ma non ci sono
362
capace. E vedi alle volte ci sta qualcuno, e anzi specialmente
in estate perch poi abbronzati, i vestiti pi belli,
allora vieni pi adocchiato, ma non mi sento, cio non
lo so fare proprio, non adatto a me. Per lui era geloso,
ora si calmato perch ha capito, cio si reso conto
che io non sono il tipo che dovrei andare con un altro,
perch non saprei prendere liniziativa, hai capito? Non
sono portato a queste cose. Mi capita molto spesso che
qualcuno si avvicina, anche in altre situazioni, per io
non ci vado, non do mai confidenza. E poi io sono molto
diversa dalle mie amiche che vengono a lavorare la
sera qui. Lo sai che cosa ? Che loro vengono di sera a
lavorare poi, cio dieci minuti che ci vediamo, poi escono,
scendono, pagano, non che abbiamo quelle cose da
raccontarci, non abbiamo il tempo. un lavoro. Vedi
questa unattivit antica. La faceva gi una mia zia,
per tanti anni fa e ci stavano le prostitute. Ai Quartieri
Spagnoli non lo so se lo sai cerano le prostitute e
venivano i marines americani e mia zia gestiva lei con
queste prostitute tutte donne, poi lei morta ventidue
anni fa e questi bassi li aveva sempre lei, per non di
propriet, affittati. Poi quando lei mor le figlie glieli
dettero a mio cugino che come me, cio non aveva
nessun lavoro, cio non lavorava, non aveva nessuna entrata
di soldi. Mio cugino li aveva affittati tutti e quattro
per ad una persona alla volta, poi io sono caduta in
disgrazia, perch ho perso mio padre, mia madre non ha
la pensione perch ancora giovane e allora io per sopravvivere
ho detto Perch non apriamo e facciamo invece
di quattro persone, diamo la voce. E cos la abbiamo
aperta, per lui non fa niente, non pulisce, io pulisco
e faccio tutto, solo ogni luned facciamo met ciascuno.
Non ho problemi con il lavoro, perch anche il rapporto
con le signore del posto buono, perch cՏ un rispetto
reciproco con la gente. Mi vengono a trovare, scendono,
si affacciano, mi portano il caff. Alle volte quando apro
363
pi tardi si affacciano e mi chiedono Come mai? Stavamo
in pensiero, non ti abbiamo visto. Si ti devo dire
la verit mi trovo proprio bene. E poi vedi questo il
mio unico lavoro e con questo ci vivo. E poi mio padre
non voleva che io mi prostituivo e per questo con il mio
lavoro io ho rispettato la sua volont. Non voleva che io
mi prostituivo, perch diceva Io non riesco a pensare
che tu puoi fare questa vita. Di mio padre guarda non
ti so descrivere. Mi diceva Guarda fa tutto ci che vuoi,
ma non ti prostituire. Guarda che io quando ventidue
anni fa ho conosciuto il mio ragazzo e sono uscito per
la prima volta con lui, mio padre subito se ne accorto
e mi ha detto Fallo salire sopra casa mia, fa tutte le
scelte che vuoi. Mi ha sempre accettato, mi ha dato la
libert, io avevo quattordici anni e vestivo da donna. Per
le mie amiche, per esempio, sempre stato molto difficile
farsi vedere ed accettare dai genitori, solo mi diceva
sempre di non prostituirmi e io ho rispettato la sua volont
perch lo meritava tanto. Anche mia madre mi ha
sempre lasciato libero di fare ci che volevo e mi ha
sempre accettato. I miei fratelli mi baciano in bocca, mi
hanno sempre accettato, mi vogliono bene. Anche i miei
nipoti. Io ho nipoti, pronipoti, mi vogliono tutti bene.
Ogni cosa che capita o si deve fare, per esempio si deve
sposare una nipote, io devo andare a scegliere labito,
devo vedere le bomboniere, sto sempre io in mezzo a
tutte le cose, ma non perch io caccio i soldi , perch
no. Ogni cosa mi fanno contare a me, tutto quello che
devono fare e decidere. Sono una persona molto importante
nella famiglia, anche perch quando io ero piccolo
avevo quattro anni mia sorella pi grande gi si sposata,
aveva dodici-tredici anni, poi io crescendo i genitori
mi hanno visto che io ero cos, quando le altre sorelle e
fratelli si fidanzarono in casa, mio padre e mia madre
facevano A noi non ce ne frega del rispetto, per rispettate
mio figlio, perch se non rispettate lui a casa mia
364
non state bene e sono venuto che i miei cognati e le
mie cognate mi vogliono molto bene anche loro. Pensa
che un mio cognato pi grande mentre io ero vestito da
donna mi ha fatto la cresima, mi ha fatto il compare. E
il sacerdote quando ha sentito il nome, cio mi chiamava,
no? Perch tu lo sai no quando lui ha detto il mio
nome da maschio, io mi sono avvicinato, mi ha guardato
cos e poi mi ha fatto la cresima, e poi lo sapeva pure lui
questa cosa delle femminelle. E poi lo dicono tutti di
Napoli, dei Quartieri Spagnoli, delle prostitute, dei travestiti,
dei femminielli, cio famosi per tutto il mondo e
molti salivano proprio per vedere queste persone, le
femminelle, hai capito. [A questo punto dellintervista il
suo cagnolino abbaia un po scuotendo la testa, per attirare
lattenzione e poi torna ad acciambellarsi in silenzio
sulla sedia mentre Gina lo accarezza]. Ti piace il mio
cagnolino? Vedi come sta buono. Lo tengo da un mese.
Gli voglio tanto bene e quando mi sento solo me lo
stringo forte a me, anche quando sto un po preoccupata
per il mio futuro, perch non facile lo sai. Io mi auguro
di avere una vita pi serena, ma no perch questa non
tranquilla, per devi fare dei sacrifici enormi, devi andare
a dormire di mattina, poi scendi, devi pulire, poi
inizi la giornata di lavoro e fai le cinque di mattina in
mezzo alla strada, allora io vorrei fare dei soldi per conservarli
per il domani per stare un po pi tranquilli. A
me questo lavoro qua piace, mi piace molto, cio mi piacerebbe
sempre, per perch adesso sono ancora giovane,
un domani se il signore mi fa vedere i cinquanta-
cinquantacinque anni mica posso fare ancora questo?
Si pu fare la vita fino alle cinque-sei di mattina?
normale no? Allora vorrei avere dei soldi che a cinquanta
anni io direi basta, ho qualcosa per andare avanti.
Vedi io ora ho solo questo lavoro, e che lavoro ci offrono?
Non ci offrono niente per quelli come me. difficile
vedi, perch io mi sento donna, per il mio nome
365
di uomo e allora se ti presenti per un lavoro che dici,
come spieghi questa situazione che sei femminella? Ma
io mi sono sempre sentito donna, cos sempre. Io ero
proprio piccolo e avevo sette anni e camminavo con mia
mamma e con mia sorella che ha trentacinque anni, due
anni in meno a me e la gente del quartiere diceva vicino
a mia mamma Per questa pi bella la bionda!, che
ero io, gi piccolo proprio ed io gi mi sentivo, cio giocavo
con le bambole. Poi ho un fratello di trentasei anni,
un anno meno di me, lui aveva il biliardo che gli aveva
portato la befana e mia mamma diceva fate tutti e due,
ma io non giocavo, io volevo la bambola di mia sorella,
giocavo con le bambole di mia sorella, volevo le cose
delle donne e stavo sempre in mezzo alle donne. Poi
mano a mano, ad otto-nove anni, io mi sentivo diverso,
cio, io e mio fratello avevamo la stanza insieme no, e se
io mi dovevo spogliare davanti a lui no, mentre che se
cera mia sorella che era ancora pi piccola io mi spogliavo
davanti a mia sorella perch hai capito non mi
dava fastidio, mentre che se mi dovevo spogliare davanti
ad un uomo non lo facevo. Poi sono cresciuto e ho
capito che cera la diversit, per anche fisicamente gi
si vedeva da piccoli, perch se vedi le foto da piccolo
non sembro un maschio, sembro proprio una femmina,
ero piccolina, un po cicciottella con i capelli biondi
biondi oro, gli occhi azzurri, il viso rotondo, cio sembro
proprio una femminuccia. E anche in classe mi ricordo
alla seconda elementare avevo sette anni e quando sono
andato il primo giorno con il grembiule azzurro, i maschietti
con il grembiule azzurro e le femminucce con il
grembiule rosa, la maestra disse Signora ma questa ragazzina
non deve stare in mezzo ai maschietti con il
grembiule azzurro, deve andare alla stanza accanto!, ma
mia mamma fece No, ma non una ragazzina un
ragazzino!. E quella maestra mi voleva molto bene, anche
perch io non andavo molto bene a scuola, anche
366
perch lavoravo, perch poi ero un caso bisognoso, allora
uscivo dalla scuola e andavo in fabbrica a lavorare, nella
fabbrica di borse per guadagnare settemila lire alla settimana
che davo a mia mamma, avevo sei-sette anni, per
aiutare mia mamma e mio pap, perch eravamo un sacco
di noi, poi mia sorella pi grande era sposata e aveva
i bambini, il marito non lavorava ed io laiutavo. E poi
mia mamma mi ha sempre lasciato libero, io gi da piccolino
dicevo No mamma non mi piace questo o quello,
e faceva mia mamma Ma mo che devi fare con
questi pantaloni cos o questo vestito cos e io dicevo
No mamma mi piace cos. Poi ho lavorato per anni in
fabbrica, andavo alle nove del mattino, facevo le borse e
alle sei di sera uscivo e gi da dodici anni mi vestivo da
donna, il pantalone pi stretto, la camicia pi sbottonata,
con i volant, queste cose qua. Poi venivo a casa, mi
lavavo, mi pulivo, mangiavo e me ne andavo a Piazza
Vittoria con i miei amici, cio a fare la mia vita, a parlare,
uscire, alle volte uscivo con qualcuno, mi gestivo la
mia vita da diverso hai capito, poi mano a mano ho fatto
cos, poi ho incontrato il mio ragazzo e quindi uscivo
sempre con lui. Mi veniva a prendere dove io lavoravo,
cio come una coppia normale hai capito. E la prima
esperienza sessuale, diciamo cos, la ho avuta verso i dodici-
tredici anni con una persona adulta, poi con altri e
poi alla fine solo con il mio ragazzo da quando ci siamo
messi insieme. Per non mi sono mai prostituita. Vedi la
gente dei Quartieri Spagnoli abituata a questo genere
di lavori, perch anche tanti anni fa cera la prostituzione
di notte, perch di giorno il cliente non viene, ha
vergogna, cio viene di notte, si nasconde e nessuno se
ne accorge. Solo i marines venivano a qualunque ora,
perch quelli che se ne fregavano. Per la gente di Napoli
no, e anche in questo quartiere cՏ gente che mi
conosce da piccola e viene sempre di notte per non farsi
riconoscere e vedere da nessuno. E quelle che lavora
367
no con me sono tutte femminelle, anche se alcune sono
completamente operate, sempre trans e sono molte
quelle che lavorano con me, per poi dipende dalle sere,
nel senso che non salgono tutte sempre, dipende dal
giro che cՏ, poi a volte vanno nelle macchine, anche se
da quando io ho aperto queste camere preferiscono venire
qui, perch stanno pi sicure, mentre nelle macchine
a volte hanno subito delle rapine e delle aggressioni.
Ma poi anche per loro, perch in mezzo alla strada ti
pu vedere qualcuno in macchina, cio meno scandalo e
poi pi pulito, pi sicuro. Qui dentro io avevo una
sorella di mio padre che gestiva la prostituzione, ecco
perch mio padre non voleva che io facevo questo lavoro.
E per questa sorella pi grande di mio padre che
lavorava qua dentro mio padre ha sofferto molto, perci
mi continuava a dire Tu fai tutto quello che vuoi, per
non fare la prostituzione, perch diceva Io per te non
voglio soffrire cos come ho sofferto per mia sorella. Invece
mio cugino, il figlio di questa sorella di mio padre,
che lavora in societ con me per la gestione di questa
attivit non femminiello come me, a maschio, gay,
e non si mai travestito per colpa della mamma, perch
lui era molto innamorato della mamma, poi la mamma
diceva Tu per fare questo mestiere devi essere abbastanza
sveglio, perch non sai con chi hai a che fare,
cio io lo vedo con i miei amici e mi rendo conto che
pu succedere qualche cosa. E mia zia era una donna di
strada e aveva le palle sotto cos. Mio cugino diceva
Mia mamma vive con questa gente e se vede me cos
ha un dispiacere, per questo non si mai dichiarato,
rimasto uomo. Per si vede che un ragazzo diverso,
per non come me che mi sono travestito e che mi
comporto da donna, cio che sono a femminiello. Vedi
non tutti hanno avuto la mia libert, io mi ricordo
quando ero piccolo cerano altre persone come me, ma
non erano libere come me, che potevo vestirmi e com
368
portarmi liberamente senza che i miei genitori si opponevano,
avevo molti amici come me e con qualcuno facevamo
pure la scuola insieme. Io perci mi sento molto
fortunata da questo punto di vista, anche perch sto
bene qui dove vivo e se hai un problema cՏ subito qualcuno
disposto ad aiutarti a risolverlo. Mi trovo molto
bene e mi sento aiutato, cՏ sempre qualcuno che mi
dice se ho un problema Non ti preoccupare ti aiuto io.
Guarda non ti so spiegare, forse pure perch credo
molto in Dio, sono un ragazzo che amo infinitamente
Dio, lo amo molto. E quando mi succede qualcosa ho
sempre tutte le porte aperte, o sar la parola divina, alle
volte la chiesa ci dice che noi non siamo accettati, ma
non vero anzi, io amo Dio, ho pure la bibbia a casa.
Certo io da piccolino la mia vita la volevo diversa, io ero
molto carina e mi prendevano proprio per una donna,
gli uomini si bisticciavano per me, mi vedevo carina, la
gente mi veniva dietro, e cera sempre qualcuno che mi
corteggiava e mi dava i soldi e devi sapere che tutte
queste piccole cose ai ragazzi come me piacciono tanto,
perch ti fanno sentire importante e bella. Allora quando
ho fatto diciotto anni volevo diventare bellissima,
volevo farmi il naso, questo e quello, volevo farmi lintervento,
poi non che mi passata questa idea, per poi
pensavo a mio padre, pensavo molto a mio padre e mi
sono fermato e dicevo lo faccio o non lo faccio, lo faccio
o non lo faccio, poi venuto il mio ragazzo e mi ha
bloccata ancora di pi, per anche se non veniva il mio
ragazzo credo che comunque non ci riuscivo a fare quello
che avevo pensato di fare e quindi ho messo da parte
il mio sogno perch cera sempre il pensiero di mio padre,
per non dargli un dispiacere. E chiaramente mio
padre non che era contrario a che io mi operavo, per
chiaro che per farti i seni, il naso e tutto il resto ci
vogliono assai soldi e chi te li d? Per fare tutte queste
cose ti devi prostituire per forza per avere i soldi se no
369
come fai, chi te li d? Alle volte guarda ci penso un po
su e mi dico ma che cosa ho fatto, ora magari potevo
gestire la mia vita in modo diverso, avere soldi, essere
bellissima, poi dico non dare retta meglio cos, forse
pure Dio ha voluto cos per il mio bene. Vedi io credo
molto in Dio e ho un buon rapporto con la parrocchia
qui vicino, ci sono due chiese. Quando posso vado in
chiesa e quando ero piccolo andavo tutte le domeniche
a messa. Quando stavo a casa con mia mamma e con
mio padre andavo con mia mamma. In quel periodo cera
anche una mia sorella a casa e in quel periodo mio
pap lavorava al Circolo canottieri vicino la piscina e
guadagnava bene, molto bene e non ci faceva mai mancare
niente. Allora era possibile perch non facevo questo
lavoro e stavo pi tranquilla, avevo una vita pi tranquilla
e quindi avevo pi tempo anche la mattina e
andavo anche a dire il rosario, ora non ho molto tempo
perch lavorando di notte non ho tempo al mattino perch
devo dormire. Perci non ci vado spesso, per ho la
bibbia a casa e poi con il prete ho buoni rapporti, e lui
quando andavo in chiesa e parlavo o per pregare, quando
finiva la messa il prete mi chiamava e mi diceva Tu
sei una testimonianza per la chiesa, cio la chiesa non
accetta, perch una cosa cos contro natura e non viene
da Dio, per tu non lo so che hai, io per sono sicuro
che il signore a tetu sei una testimonianza per tutti i
tuoi amici, tu sei una cosa da parte perch tu, per venire
in chiesa e conoscere il nome di Dio, Dio per stare in
bocca a te, significa che lui con te, perch io ho visto
tanti che non hanno la vita che hai tu, io ho capito che
tu volevi gestire la tua vita in un altro modo, e per amore
dei genitori ti sei sacrificato. Infatti io volevo diventare
come le altre, volevo diventare bellissima, volevo
fare i soldi, mi piacevano i gioielli, le pellicce, i vestiti
belli, perch la nostra vanit e tu per fare queste cose
devi fare la vita, ti devi prostituire, e a me cera il desi
370
derio di fare tutte queste cose, per poi non lo so, non
so se stato il signore che io veramente lo amo che mi
ha aiutato, che ha fatto in modo che io non sceglievo la
prostituzione. Alle volte vedo le mie amiche bellissime e
piene di soldi, sono belle, sembrano delle modelle e ci
penso. Per ora va bene cos, non importa, ho tante persone
che mi vogliono bene e mi stanno vicine, la mia
famiglia, il mio fidanzato e mia cognata, diciamo cos,
che sarebbe la sorella del mio fidanzato. Lei mi vuole
molto bene. Peccato solo che pap morto, e per me
stato molto doloroso quando successo. La perdita di
mio padre stata dolorosissima. Quando morto mio
padre e abbiamo perduto la casa, mia mamma ha preferito
andare da mia sorella e io ho preso casa con il mio
fidanzato che da poco aveva perso la madre e mia madre
ha pensato di lasciarmi con il mio fidanzato che avendo
perduto da poco la mamma si era completamente attaccato
a me. E poi lui un carattere un poco introverso e
non viene molto capito, anche la sorella e il padre per
esempio non che lo capiscono tanto. Poi, perch lui mi
ha cresciuto, come se fosse la stessa vita la mia e la
sua, allora ha bisogno molto di affetto e di tante cose
che lo fanno stare bene. Allora a mia mamma dispiaceva
intromettersi tra me e lui in casa, anche perch il mio
appartamento molto piccolo e a mia mamma dispiaceva
venire lei a posto suo, e tutti e tre stavamo male.
Allora mia mamma ha fatto questa scelta per me e per
lui, perch ha detto giustamente che lui con me si sente
pi sicuro. E poi ora sta da mia sorella che non molto
lontana da me, e solo per questo motivo ha fatto questa
scelta. Ma ora la cosa di cui avrei bisogno sarebbe una
bella settimana di riposo fuori con il mio fidanzato, e
me ne andrei lontano, molto lontano. Ogni tanto mi
piace sognare. Sai cՏ un sogno che facevo sempre quando
ero piccolo, e cio sognavo sempre che aprivo un
portone grandissimo e cera tanta luce che mi accecava
371
gli occhi e poi cerano tanti fiori ed uccelli, per mi
mettevo vicino a questo palazzo, lo guardavo, per non
potevo passare, cio lo vedevo, lo immaginavo che era
bellissimo entrare in quel palazzo, per non potevo entrare.
Per non lo so che cosa vuole dire, perch o per
io amo molto Dio come ti ho detto e per me era come
unimmaginazione come del paradiso, solo che io non ci
entravo perch ero piccolo, come quando qualcuno ti
dice nonnon puoi entrare perch sei ancora piccolo e
me ne faceva andare via. Era un sogno e lo facevo sempre,
e pu darsi che per la mia ignoranza io sognavo il
paradiso solo che non entravo perch non ancora il
momento. Se avr lonore di entrarci, non te lo so dire,
per perch io credo nei miei pensieri il paradiso cos
un portone che si apre e cՏ tanta luce e tanta pace.
Per concludere: incroci di sguardi e cantastorie
La scelta di riportare la storia di Gina, cos come stata raccontata
e raccolta, risponde alla necessit di provare a restituire
in maniera integrale, allinterno della complessa dialettica
emico-etico, il punto di vista dellaltro che diventa anche testo
autonomo dallantropologo e dal suo di punto di vista, pur se
prodotto nella relazione con questultimo (DAgostino, 2012),
a sua volta luogo di produzione del sapere antropologico stesso
(Fabietti, 2001). Il testo trascritto di unespressione orale, come
accade con la storia di Gina, infatti, pone in evidenza limportanza
e lutilit del racconto diretto per scoprire le specificit
individuali e culturali che entrano in gioco nellesperienza di
vita dei soggetti intervistati, soprattutto se questa viene raccolta
nella pi ampia cornice del lavoro etnografico e della pratica di
campo centrati su osservazione e su osservazione partecipante
allinterno di relazioni lunghe e profonde. Si deve ricordare,
tuttavia, che una narrazione della propria storia di vita costitui
372
sce sempre il prodotto complesso di un insieme di forze diverse
e disparate che si giocano nellincontro e che includono desiderio
di comunicare e di essere ascoltati, memoria e sue produzioni,
selezioni e distorsioni, emozioni di paura, dolore e quindi
reticenza e pudore, indicibilit sociale, conflittualit varie, dimensione
creativa. Ci ripropone la complessa problematica del
delicato rapporto tra resoconto soggettivo e realt oggettuale
contenuta nel racconto stesso (DAloisio, 2014). Inoltre, per
quanto la narrazione appartenga allinterlocutore, essa prodotta
nella dimensione dialogica dellincontro etnografico, dove
pure legemonia di conoscenza del ricercatore costituisce una
forza importante in gioco e in quanto tale sempre indirizzata
a riordinare trama e ordito delle narrazioni prodotte (Clemente,
2013), come inevitabilmente comporta il suo stesso ruolo di
autore nel tentativo di farsi testimone dellalterit. Lo sguardo
antropologico prova infatti a guardare nelle storie che osserva
e ascolta la singolarit di ogni racconto allinterno del quadro
collettivo della storia pi grande, mantenendo peculiarit del
primo e irriducibilit della seconda, ponendo cos gli antropologi
stessi nella posizione anche di cantastorie (Fassin, Le Marcis
e Lethata, 2008).
In particolare, attraverso il flusso dellintensa narrazione di
Gina appena presentata prendono corpo quei significativi processi
di costruzione identitaria gender variant di cui si gi
parlato. La narrazione di s si apre con una dettagliata descrizione
dellattivit che al momento dellintervista Gina svolgeva
per sopravvivere, cio affittare dei bassi ad alcune transessuali
che si prostituivano e gestirne il flusso umano e la pulizia dei
luoghi, come in una sorta di albergo ad ore. Questa attivit,
che diventa strategia di sopravvivenza in un pi complesso processo
fatto di arte di arrangiarsi (Belmonte, 1997), comune a
tanta umanit nel suo contesto, e che lei stessa definisce essere
in parte sulla strada, le ha per consentito, come pi volte
373
chiarisce nel corso della stessa narrazione, di essersi tenuta lontana
dalla prostituzione, esperienza che pure ha connotato la
vicenda storica della sua famiglia (zia, sorella del padre) e che
nel suo racconto si ripropone come endemica ai Quartieri Spagnoli.
Proprio questultimo relativo alla prostituzione costituisce
un nesso tematico importante intorno al quale si struttura la
sua vicenda esistenziale e biografica: lessere riuscita ad evitare
sempre tale esperienza per non dare dispiacere al padre, avendo
al contempo potuto anche esprimere la sua identit gender
variant in maniera pi libera e tranquilla nella sua famiglia,
potendo godere sempre di un significativo rispetto, tanto da divenire
punto di riferimento centrale nelle vicende e decisioni
familiari in merito a tante questioni, di piccolo e grosso conto.
Molto interessanti risultano i riferimenti allinfanzia, al vissuto
di diversit, alla differenza anche fisica che gli altri percepivano
nel confronto con i suoi fratelli e gli altri ragazzini e che le attribuivano
in differenti circostanze, allassunzione di ormoni da
un lato e al fatto di avere rinunciato alla trasformazione fisica
totale dallaltro, evitando lintervento di riconversione chirurgica
dei caratteri sessuali a cui si lega la necessit della prostituzione,
talvolta come unica soluzione possibile per trovare il denaro
necessario a sostenere il costoso processo di modificazione
corporea. Quello del corpo e delle sue trasformazioni necessarie
risulta, in particolare, un tema centrale della sua narrazione,
attraverso la quale possibile cogliere il relativo processo di
costruzione identitaria che si realizza per complesse operazioni
di eliminazione (di parti maschili) e di aggiunta (di parti femminili),
ma anche di travestimento e camuffamento e soprattutto
di pratiche per-formate e agite nella comunit, tese alla
costruzione, nelle relazioni sociali, della propria identit gender
variant. Nel suo racconto, spartiacque biografico essenziale diventa
certamente ladolescenza con le trasformazioni forti che
comporta e il progressivo cambio di status in merito al genere,
374
rispetto a uninfanzia pure segnata gi da qualche ambiguit,
come si evince chiaramente dalla narrazione riportata. Significativa
risulta inoltre, nella sua vicenda biografica, lesperienza di
una relazione stabile con un uomo e duratura negli anni, cos
come Gina la descrive. Rilevante appare poi il suo interessante
rapporto, da un lato con la comunit del quartiere caratterizzata
da una forte dimensione di solidariet pi volte rimarcata e
sottolineata (espressa anche rispetto alla sua attivit professionale
pienamente tollerata), dallaltra rispetto alla religione con
particolare riferimento alla devozione popolare e al legame con
la Madonna, cui si fa qualche riferimento attraverso un accenno
al possesso della bibbia, alla pratica del rosario e alla frequentazione
della chiesa del quartiere, senza dimenticare infine le
suggestioni di misticismo che pure riaffiorano dalla descrizione
del sogno infantile ricorrente e dalla sua convinzione di godere
di una protezione ultraterrena. Colpisce infine la pluralit di
modi che Gina utilizza nel corso della narrazione per riferirsi
a se stessa e alle altre, ora al maschile ora al femminile (cfr.
Mauriello infra), talvolta usando un termine come femminiello
(femminielli) altre volte femminella (femminelle), ora facendo
riferimento al sentirsi donna, ora al termine ragazzo/ragazzi
e cos via. In tal modo, ci rinvia sia al problema di una non
diretta corrispondenza tra definizioni ed esperienze, sia a un
universo semantico, molto complesso e liminale, di incertezza
e di irrisolutezza, ma in cui tutto sembra veramente possibile,
mostrando sempre, nonostante le articolate vicende esistenziali
e biografiche attraversate, una significativa agency. Lanalisi di
questultima, inoltre, certamente complessa, per la multifattorialit
che concorre ad influenzarla, evidenzia quanto essa sia
socialmente e culturalmente mediata.
La storia di Gina mostra molto bene, quindi, come tali
soggetti possano essere ben compresi nella loro complessit
solo prendendo in considerazione larticolata rete sociale e cul
375
turale in cui agiscono, con tutte le componenti simboliche che
concorrono a definirla, ma anche tenendo presenti strategie di
sopravvivenza, tattiche, forme di solidariet e di legame sociale,
sistemi di sfruttamento, ragioni economiche e materiali, rapporti
di potere.
DAgostino (2012), riprendendo criticamente il pensiero
di Portelli (2007) sulle fonti orali, ci ricorda che il termine
intervista (inter/vista) significa letteralmente guardare fra, e
come tale rimanderebbe a uno scambio di sguardi. in questo
scambio, e quindi incrocio di sguardi, che diviene pienamente
possibile la parola dellaltro, nonostante la relazione asimmetrica
che inevitabilmente caratterizza il processo conoscitivo nelle
scienze sociali e di cui si gi parlato. In questo senso la ricerca
etnografica pu far emergere laltro/a, con la sua storia,
perch proprio attraverso la narrazione nella relazione con il
ricercatore essa si costruisce e si rappresenta e in questo modo
concorre a dare corpo alla sua identit, considerando anche che
il meccanismo della memoria che ne alla base sempre dinamico
e che la memoria stessa si ricostruisce a partire dalle
sollecitazioni del presente. Infatti nel racconto autobiografico
raccolto con lintervista si giocano almeno due dimensioni
temporali diverse che attengono al soggetto narrante, quella in
cui il racconto viene sollecitato e raccolto durante lincontro etnografico
e quella della memoria, con i suoi articolati processi
di selezione, rappresentazione e narrazione, che linterlocutore
decide di consegnare al suo ascoltatore (DAloisio, 2014). A
ci si aggiunga il fatto che la memoria in s non un tutto
omogeneo, costituendo al contrario una realt molto complessa,
non solo individuale ma anche sociale e culturale, nella quale la
temporalit pu incappare in errori, scarti, distorsioni che diventano
preziosi indizi di riflessione antropologica. Certamente
a complicare ancora di pi il quadro bisogna ricordare che le
articolate dimensioni temporali del soggetto narrante si incro
376
ciano poi con la dimensione temporale della scrittura e quindi
del ricercatore-antropologo che, in un tempo diverso da quello
dellascolto e della registrazione, trasforma le memorie dellaltro
in testo, operando i suoi processi di selezione, riorganizzazione
e invenzione (Geertz 1988; 1990). Tutto ci rende certamente
i racconti di vita dei documenti estremamente complessi e
quindi passibili di molteplici livelli di analisi e di interpretazioni,
come pure la storia di Gina sembra mostrare.
Certamente, come si gi visto, centrale diventa nel processo
conoscitivo la relazione tra antropologo e suoi interlocutori
di campo, con tutta la valenza euristica di tale rapporto
dialogico dinamico che, pur nella sua inevitabile asimmetria di
fondo, costituisce la preziosa matrice della conoscenza antropologica
stessa.
La scelta di riportare in questa sede la narrazione integrale
di Gina nasce, come si precedentemente chiarito, dallesigenza
di provare a ridare ancora voce ai femminielli (o femminelle),
o comunque a tali soggetti gender variant e/o gender non-conforming,
attraverso una delle loro storie, integrando i discorsi
di ricercatori e studiosi prima esposti, rimarcando, in qualche
modo, con tale operazione, quella che la funzione sociale pi
alta dellantropologia (Quaranta, 2018), cio promuovere in una
prospettiva emica alternative possibili, in questo caso esistenziali,
quali le loro pratiche per-formate (Butler, 1990), le loro
esperienze e storie di vita possono certamente offrire, con tutta
la vigorosa carica di resistenza che pure le attraversa, connotandole
in maniera singolare.
377
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380
Sulle tracce di Cibele:
antecedenti storici e riscontri etnografici.
Postfazione
di Nico Staiti
Questo volume esplora, con molteplici approcci, punti di vista
e competenze disciplinari, la collocazione sociale e culturale,
gli aspetti psicologici del vissuto dei femminielli in Campania e
a Napoli. Alcuni dei saggi in esso contenuti approfondiscono
questioni legate ai culti e ai riti, e al ruolo in essi assolto dai
femminielli: che in questa area sono danzatori, cantori e suonatori
di tamburo a cornice, che hanno una funzione importante
e riconosciuta in alcuni riti, sacri e profani (il pellegrinaggio
a Montevergine e ad altri santuari dedicati alla Madonna, un
ruolo privilegiato in alcuni riti e rappresentazioni di carnevale,
lestrazione dei numeri del lotto in occasione delle festivit natalizie),
che hanno o hanno avuto fino a un recente passato dei
riti di loro esclusiva pertinenza (la messa in scena di un matrimonio
tra femminielli). Attualmente a Napoli alcuni femminielli
si sono organizzati in gruppi musicali, che prestano la propria
opera in occasione dei battesimi e delle feste di nozze1.
Val la pena di ricostruire, pur assai rapidamente, le vicende
storiche relative a Montevergine e al culto tributato alla nera
Madonna che lo abita da parte dei femminielli. Il santuario
alla Madonna di Montevergine fu costruito nel XII sec. da san
Guglielmo, in un luogo in cui verosimilmente gi esistevano
antichi culti della montagna sacra e in cui nellVIII sec. san
Vitaliano aveva gi fondato un tempio dedicato alla Vergine2.
Questo il mito di fondazione del santuario, quale si ricava da
una agiografia anonima di san Vitaliano, datata al XII sec.3:
381
Vitaliano, vescovo di Capua, una notte fu derubato dei propri
vestiti, che i ladri sostituirono con abiti da donna. La mattina,
senza accorgersene, indoss abiti femminili, e con quelli celebr
messa. Per punizione fu chiuso in un sacco e gettato in mare.
Approdato presso Roma, si ritir sul monte popolarmente chiamato
Vergine (cui vulgo Virgo dicitur), ove eresse la chiesa
alla Madonna in cui fu in seguito seppellito. Nella leggenda,
che contiene evidenti elementi mitici4, spicca linsolito episodio
del travestimento femminile, che starebbe ad adombrare
un primo passaggio da culti cibelici, che mantenevano antiche
connotazioni, a culti cattolici sotto il nuovo nome di Maria5. Il
travestimento femminile rimasto legato ai culti dedicati alla
Madonna di Montevergine, tanto che la cronaca di un incendio
divampato nel Santuario nel 1611 riferisce come nel giorno
seguente alla catastrofe, nel darsi sepoltura agli estinti, furono
trovati molti uomini in abito da donna6.
Nel XVIII e ancora nel XIX sec. delle incisioni raffigurano
tarantelle danzate da femminielli napoletani alla festa della Madonna
di Montevergine7. E ancora oggi la festa della Candelora
il giorno del pellegrinaggio a Montevergine dei femminielli,
che partono da Napoli la notte, e danzano e suonano tamburelli
e castagnette dinanzi e dentro al santuario8. E, anche in altre
occasioni festive, ҏ tradizione anche recente che dei gruppi di
pellegrini siano capeggiati e guidati da un omosessuale9.
Queste vicende locali si inquadrano in un contesto assai
ampio, e contribuiscono a disegnarlo in modo dettagliato e approfondito:
dal subcontinente indiano a tutta larea del Mediterraneo
persone che attraversano le identit di genere agiscono
sia in contesti sacri, in qualit di officianti a divinit femminili,
che nei riti di nascita e di matrimonio (e, in passato, quantomeno
in alcune aree e tradizioni, in quelli funebri).
I luoghi interessati dalla presenza di riti officiati da effeminati
rivelano una lunghissima persistenza storica di questi feno
382
meni: le prime attestazioni risalgono al XXXV sec. a.C. (Staiti,
2016: 13-27)10. Dalla civilt sumera ai riti dionisiaci e di Demetra
e Cibele nelle aree influenzate dalla cultura greco-romana,
e successivamente in molti luoghi ed epoche segnati dallinflusso
religioso ebraico, cristiano e/o islamico, donne e uomini
effeminati cantano e suonano il tamburo a cornice nellambito
di riti femminili. I loro repertori e i riti, pur diversi nelle varie
aree, presentano alcune caratteristiche comuni:
1. ove sopravvive un rapporto diretto con culti religiosi, essi
sono rivolti a divinit femminili, spesso dalla pelle nera
(Cibele, le molte Madonne nere il cui culto diffuso in
Europa, il jinn lalla Aicha in Maghreb e tra gli immigrati
nordafricani, ecc.);
2. in genere la divinit nera fa parte di un pantheon di spiriti
femminili di varia natura (in Italia meridionale ha una
serie di sorelle bianche; in Maghreb e tra gli immigrati
nordafricani ciascuno degli spiriti si identifica con un colore
diverso);
3. gli effeminati sovrintendono a riti di nascita, circoncisione
(ove praticata), nuziali e funebri;
4. gli strumenti musicali che accompagnano i riti e le danze
sono tamburi percossi con lausilio di mazzuoli. Si tratta di
tamburi a cornice, la cui simbologia legata al femminile
(Guizzi e Staiti, 1989);
5. le compagini musicali sono miste o intercambiabili, comprendono
cio sia uomini effeminati che donne;
6. nei luoghi in cui questi repertori e riti venivano e in molti
casi vengono tuttora eseguiti si riscontra un inserimento e
unaccettazione sociale degli effeminati e dei travestiti e transessuali
superiore che altrove, seppur settoriale e circoscritta;
ove pratiche di questo genere sono ancora presenti, vi sono
testimonianze storiche, materiali ed immateriali, che danno
conto dellantichit del fenomeno e del suo radicamento.
383
Laccettazione sociale e linserimento nella comunit con
ruoli specifici di uomini effeminati, travestiti e transessuali
sembra conoscere degli insediamenti privilegiati resistenti nel
tempo (ed questo il caso dei Quartieri Spagnoli di Napoli: si
veda Zito e Valerio 2010). Le indagini sugli aspetti culturali
degli orientamenti di genere (per esempio la ricerca sullomosessualit
nel mondo islamico di Murray e Roscoe 1997) non
hanno finora preso in esame in modo sistematico la funzione
rituale degli effeminati. I risultati delle ricognizioni finora effettuate
(cui qui si accennato rapidamente, e per le quali si
rinvia a Staiti 2016) mostrano che, incrociando le ricerche sui
riti femminili e degli effeminati con lo studio dei tamburi a
cornice, emerge un complesso culturale sommerso molto diffuso
e di lunga durata che va dal sud-est asiatico allarea mediterranea,
con propaggini nel resto dEuropa ed estensioni in
Messico e nellAfrica nera. Queste antiche e persistenti forme
rituali in Europa hanno influenzato segmenti importanti di
storia religiosa, oltre che le tradizioni teatrali e musicali. Tutto
ci pare affiorare nuovamente nei modi di declinare il rapporto
tra marginalit e centralit: basti pensare alle attuali forme
dellassociazionismo gay, alla rivendicazione dei diritti civili, alle
manifestazioni pubbliche quali i gay-pride. Espressioni, tutte,
innervate dalle forme di autorappresentazione elaborate dalla
cultura omosessuale durante i secoli. Tendenze pi che moderne
paiono far riaffiorare elementi immanenti al corpo sociale.
Paiono permanere, in rappresentazioni moderne e riattualizzate
di identit di genere di confine, aspetti consistenti della
funzione destabilizzatrice e perci riordinatrice della liminarit
di agenti rituali specializzati. La condizione di chi da
uomo si fa donna, in modo pi o meno esplicito ed evidente, in
quanto stato liminare permanente, comporta capacit elettive di
operare nelle condizioni rituali di liminarit: fa degli effeminati
gli officianti specialmente qualificati di alcuni riti di passag
384
gio da una condizione ad altra. Riti legati alla nascita (le feste
di circoncisione), al matrimonio, e, in passato, alla morte11. La
liminarit sembra comportare una statuizione implicita, unassenza
di istituzionalizzazione, di esplicitazione del ruolo degli
effeminati. Se fosse del tutto esplicitata e pienamente statuita
questa condizione perderebbe la propria forza, che dalla liminarit
trae alimento. Perci i modi coi quali pi si suscita il riso
sono le battute a doppio senso, i giochi di parole ambigui: le
cose utili a marcare lindeterminatezza, lirresoluzione.
Leffeminatezza suscita il riso: lo provocano gli stessi effeminati,
che nelle feste si mettono in scena, enfatizzando i
propri modi femminei e rendendoli paradossali e grotteschi; lo
raccolgono e lo amplificano gli altri, attendendo questi comportamenti
e sollecitandoli col proprio atteggiamento e con
le proprie battute. Gli elementi grotteschi e paradossali della
loro rappresentazione di s, della propria condizione, quelli che
suscitano il riso e la scurrilit, lambiguo e il non detto sono
necessari al loro ruolo rituale, alla loro funzione sociale. Insomma
quello che appare in evidenza, nel modo in cui i suonatori
effeminati si offrono allo sguardo altrui, in cui si mettono in
scena, con esibita, grottesca licenziosit, quel che pare rilevante
agli occhi degli altri, e dagli altri richiesto, non ha tanto a che
fare direttamente con il loro orientamento sessuale, quanto coi
loro modi femminei: che appaiono comici e paradossali, come
proprio delle cose bizzarre12. Il ridere e il piangere, il far ridere
e il far piangere, sono elementi fondamentali dei riti officiati
dagli effeminati. Tutto ci si attaglia alle tradizioni del presente
come a quelle documentate da fonti storiche, pi o meno
antiche, nella vasta parte del mondo in cui si manifesta o si
manifestata una relazione profonda tra donne, inversione dei
comportamenti maschili, riti della nascita, di nozze e funebri, e
musica (in specie il canto accompagnato dal tamburello).
385
Note
1 In particolare un gruppo, denominato Le Coccinelle, ha raggiunto una
notoriet nazionale, e si esibisce anche in concerti. Su questa vicenda in
corso di realizzazione un film documentario, di cui visibile un estratto su
http://www.toutube.com/watch?v= _L6XUSHrL3U.
2 Si veda De Simone 1982: 90. Secondo Roberto De Simone gli insistiti
tentativi di edificare un tempio cristiano su quella montagna avevano lintento
di cristianizzare un antico e resistente luogo cultuale pagano.
3 Vita di San Vitaliano, citata in De Simone 1982: 90.
4 Scrive Roberto De Simone: (De Simone 1982: 91) lo si rileva dal
particolare del Santo che, sebbene chiuso in un sacco e gettato in mare, pure
riesce non si sa come ad approdare presso Roma. E si sa quanto il tema
dellessere chiusi in un sacco, in una botte, in una cassa e gettati in mare, dal
quale si esce indenni, sia un antico e diffusissimo tema di iniziazione misterica,
attribuito ad eroi, a santi e, in particolare a fondatori di nuove citt e
di nuovi culti.
5 De Simone 1982: 91.
6 Cronaca dellincendio, ad opera dei Padri Benedettini, riportata in
Montevergine, Roma 1905: 26 e citata in De Simone 1982: 91.
7 Si veda De Simone 1982: 91.
8 Si veda De Simone 1982: 94 e Zito e Valerio 2010: 67. Analogo a
quello dei femminielli il ruolo dei muxe in alcune aree del Messico. I muxe,
travestiti e transessuali, godono di unaccettazione sociale controversa, ma
meno problematica che altrove. Sono devoti alla Madonna, in specie allImmacolata
Concezione, e partecipano attivamente allorganizzazione dei pellegrinaggi.
Uno di essi, la Vela de las Autnticas Intrpidas Buscadoras del Peligro,
di loro pertinenza, come la Candelora a Montevergine. Si veda Miano Borruso
1993 e Miano Borruso 1999. Numerosi video che documentano diverse
recenti edizioni della Vela de las Autnticas Intrpidas Buscadoras del Peligro
sono accessibili su YouTube: si veda ad esempio http://www.youtube.com/
watch?v=rlySEZsukqA, o http://www.youtube.com/watch?v=6DiSrFZDPJY.
9 De Simone 1982: 94.
10 Si scelto qui di utilizzare la parola effeminati per definire persone
di sesso maschile che, in senso ampio e in vario modo, si femminilizzano:
la parola daltronde ha lo stesso significato ampio e flessibile che ha la sua
declinazione locale femminielli. Lattraversamento dellidentit di genere pu
essere pi o meno marcato, pu essere permanente o venire accentuato nelle
occasioni rituali. Pu consistere nellaccentuazione di aspetti femminili del
386
gesticolare o delleloquio o nellesibizione di accessori di abbigliamento ambigui
o femminili, fino a un esplicito travestimento, la trasformazione permanente
del proprio corpo con il ricorso a farmaci o interventi di chirurgia
estetica, levirazione o il cambiamento di sesso. Spesso a questo corrisponde
un orientamento omosessuale, che tuttavia non laspetto pi rilevante; anzi,
spesso sottaciuto, o addirittura negato (anche per ragioni di tutela, in contesti
nei quali lomosessualit oggetto di riprovazione sociale o addirittura
reato). I comportamenti effeminati sono pubblici, e osservarli, identificarli
come tali responsabilit soggettiva di chi osserva, non delle persone di cui
si riferisce: luso della parola effeminati vale dunque anche a salvaguardare
le persone e le categorie osservate, attribuendo in modo esclusivo al ricercatore
la responsabilit delle sue deduzioni.
11 Il rapporto tra effeminati, tamburello e riti del lutto presente in
molteplici tradizioni, fin dalle prime attestazioni, presso i Sumeri. Se ne d
variamente conto in Staiti 2016.
12 Sulleffetto comico del paradosso il riferimento, del tutto ovvio, a
Freud 1905 e alle ulteriori considerazioni espresse da Jacques Le Goff in Le
Goff 1989.
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dei femminielli a Napoli, prefazione di Gabriella DAgostino,
Filema, Napoli.
388
Autori
Patricia Bianchi, professore ordinario di Linguistica italiana e
Storia della lingua italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici
dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II, ha sviluppato
i suoi interessi di ricerca con pubblicazioni sui temi della
storia della lingua letteraria ottocentesca, della didattica dellitaliano,
della filologia e variazione linguistica dei testi teatrali, della
dialettologia e sociolinguistica urbana.
Gennaro Carrano, laureato presso lUniversit di Napoli LOrientale,
si occupato di antropologia culturale, drammaturgia
e storia del teatro. Insieme a Pino Simonelli ha tenuto seminari
sulla genesi delle maschere nella commedia dellarte e sulla sperimentazione
teatrale presso il Kulturhuset di Stoccolma, ed ha
svolto una ricerca sui rapporti culturali tra il Regno di Svezia ed
il Regno di Napoli, confluita nella pubblicazione di un catalogo
con il patrocinio della Stockhlms Universitetet e del Ministero dei
Beni Culturali italiano. Si successivamente laureato in giurisprudenza
presso lUniversit degli Studi di Napoli Federico II ed attualmente
svolge la professione di avvocato.
Gabriella DAgostino professore ordinario di Discipline demo-
etno-antropologiche nellUniversit degli Studi di Palermo.
Dirige la rivista semestrale Archivio Antropologico Mediterraneo
(https://journals.openedition.org/aam); direttore scientifico
del Festival internazionale di documentari Sole Luna Doc Film
Festival (https://solelunadoc.org/). Tra i suoi lavori: Da vicino
389
e da lontano. Uomini e cose di Sicilia (Sellerio, 2002); Forme del
tempo. Introduzione a un immaginario popolare (Flaccovio, 2008);
Altre storie. Memoria dellItalia in Eritrea (ArchetipoLibri, 2012);
Sottotraccia. Percorsi tra antropologia e contemporaneit (Bonanno,
2016).
Annalisa Di Nuzzo, PhD in Antropologia culturale, processi migratori
e diritti umani, professore abilitato di II fascia in Discipline
demo-etno-antropologiche, professore a contratto di Geografia
delle lingue e delle migrazioni, corso di laurea in Lingue
moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale,
Universit degli Studi Suor Orsola Benincasa; professore a contratto
di Antropologia culturale presso il dipartimento DISUFF
dellUniversit di Salerno, fa parte del gruppo di esperti del Laboratorio
antropologico per la comunicazione interculturale e il turismo
diretto da Simona De luna della stessa universit. Tra i suoi
maggiori campi dindagine ricordiamo lantropologia delle migrazioni,
lantropologia del turismo, antropologia e genere, antropologia
e letteratura. autrice di numerosi saggi e monografie tra cui
Neapolitan Social-Transgenderism: The Discourse of Valentina OK, in
Baker P. e Balirano G., eds., Queerig Masculinities in language and
culture, Palgrave Macmillan, London 2018.
Corinne Fortier, antropologa e psicologa, responsabile di ricerca
al Centre National de Recherche Scientifique (CNRS) in Francia
e membro del Laboratoire dAnthropologie Sociale du Collge de
France. Ha ricevuto la medaglia di bronzo del CNRS nel 2005.
specializzata in questioni di genere, sessualit e procreazione ed
ha condotto ricerche sulla trans-identit, interessandosi dei femminielli
a Napoli e in Campania, oltre che di persone trans in
Francia e nel Qubec, e sulla trans-genitorialit. Pi recentemente
ha studiato anche transessualit e terzo genere nel mondo arabo-
mussulmano. Associa nel suo lavoro di ricerca la prospettiva
antropologica a quella psicoanalitica.
390
Luigi Maria Lombardi Satriani, professore ordinario di Discipline
demo-etno-antropologiche, ha insegnato nellUniversit Sapienza
di Roma, nelle Universit di Messina, della Calabria, Federico
II di Napoli, Suor Orsola Benincasa di Napoli e in diverse
altre universit straniere (USA, Canada e Brasile). Tra le sue numerose
pubblicazioni, molte delle quali tradotte in altre lingue, si
ricordano: Folklore e Profitto (Guaraldi, 1973); Antropologia culturale
e analisi delle culture subalterne (Rizzoli, 1974); in collaborazione
con Mariano Meligrana, Un villaggio nella memoria (Gangemi,
1987); Il ponte di San Giacomo (Sellerio, 1989); in collaborazione
con Domenico Scafoglio, Pulcinella, Il mito e la storia (Leonardo,
1992); De Sanguine (Meltemi, 2005). Collabora alle maggiori riviste
scientifiche italiane in ambito antropologico e ai principali
quotidiani italiani.
Marzia Mauriello assegnista di ricerca in Discipline demoetno-
antropologiche presso lUniversit di Napoli LOrientale e
docente a contratto di Antropologia medica presso lUniversit
della Magna Grcia di Catanzaro. Si occupa di studi di genere
e di antropologia dellalimentazione. Da circa un decennio svolge
ricerca etnografica a Napoli ed autrice di saggi e articoli sui
processi di medicalizzazione dellesperienza transgender, sulle
dinamiche di inclusione ed esclusione dei soggetti gender nonconforming
e sulle intersezioni tra cibo e genere. membro
dellInstitute of Gender Studies (IGS) presso lUniversit di
Chester (UK), del Gender History Research Center presso
lUniversit di Napoli LOrientale e del Centro Studi Cibo e
Alimentazione presso la stessa Universit.
Mariella Miano Borruso (1948-2013), PhD in Antropologia culturale,
stata professoressa e ricercatrice ordinaria nel programma
di Posgrados en Antropologa Fsica y Antropologa Social della
Escuela Nacional de Antropologia e Historia (E.N.A.H.) dellIstituto
Nacional de Antropologia e Historia (I.N.A.H.) di Citt del
391
Messico, dove ha coordinato larea di ricerca Genere, sessualit e
cultura. Si specializzata in studi di genere e sessualit di gruppi
etnici ed stata autrice di numerose pubblicazioni sul tema.
Ha coordinato il Centro de Estudios Antropolgicos de Gnero,
Sexualidad y Etnicidad (CEAGSE) presso lE.N.A.H.
Gianfranca Ranisio professore ordinario di Discipline demoetno-
antropologiche presso il Dipartimento di Scienze Sociali
dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II. vicepresidente
della Societ Italiana di Antropologia Medica e fa parte del
Comitato Scientifico della rivista AM-Antropologia Medica. Si
interessa da anni di tematiche di antropologia medica e di gender
studies. In particolare si soffermata sui processi di medicalizzazione
che interessano le tappe biologiche femminili ponendo in
evidenza come queste si intreccino con le rappresentazioni simboliche
e culturali del femminile. Tra i vari saggi pubblicati: Venire al
mondo. Pratiche, credenze e rituali del parto (Meltemi, 1998); Quando
le donne hanno la luna. Credenze e tab (Baldini & Castoldi,
2006); e in curatela Culture della nascita. Orizzonti della maternit
tra saperi e servizi (Dante & Descartes, 2012); Salute, formazione,
territorio (Ad est dellequatore, 2014); Rete, innovazione, cronicit
(Ad est dellequatore, 2016); e From curing to caring. Quality of life
and longevity in patients with HIV in Italy (PM edizioni, 2018).
Pino Simonelli (1948-1986) si occupato con Luigi Maria Lombardi
Satriani di antropologia culturale, sociolinguistica e filosofia
del linguaggio presso lUniversit degli Studi di Napoli Federico
II e in particolare di teatro dal punto di vista antropologico, ricoprendo,
inoltre, il ruolo di professore di Drammaturgia e Storia
del teatro presso lAccademia di Belle Arti di Napoli. Ha insegnato
come visiting professor allUniversit di Stoccolma dal 1978 al
1985, tenendo corsi di dialettologia, sociolinguistica e antropologia
culturale. Tra laltro, in quegli anni, ha svolto, in collaborazione
con Gennaro Carrano, una ricerca sui rapporti culturali tra il Re
392
gno di Svezia e il Regno di Napoli, confluita nella pubblicazione
di un catalogo con il patrocinio della Stockhlms Universitetet e
del Ministero dei Beni Culturali italiano.
Nicola Sisci, medico, psicologo clinico, videomaker, ha studiato
e lavorato nel campo degli studi di genere, producendo pubblicazioni
e video-documentari scientifici sul tema. Su committenza
dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II realizza nel 2008
i documentari La Candelora a Montevergine e (dis)abilit (s)velate.
Come produttore indipendente realizza diversi cortometraggi e lavori
di video-arte presentati in occasione di vari festival del cinema
italiani ed europei. Vincitore nel giugno 2009 del premio per
il miglior cortometraggio nellambito della sezione Schermonapoli
quick del Napoli Film Festival, con il lavoro La parabola dei ciechi.
Attualmente vive e lavora a Torino.
Nico Staiti professore di Etnomusicologia e di Organologia
allUniversit di Bologna presso il Dipartimento delle Arti, per il
quale coordina il Corso di Laurea Magistrale in Musica e Teatro.
co-direttore di Etnografie Sonore/Sound Etnographies e presidente
del Comitato Italiano dellInternational Council for Traditional
Music. Ha svolto e svolge ricerche in Italia centro-meridionale, in
Marocco e tra i rom in Kosovo e, pi in generale, nei Balcani. Si
occupa di musica, rito e attraversamenti di confini di genere, tra
fonti storiche e ricerche etnografiche.
Paolo Valerio professore ordinario di Psicologia clinica presso il
Dipartimento di Neuroscienze e Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche
dellUniversit degli Studi di Napoli Federico
II, presidente onorario del Centro di Ateneo SiNAPSi (Servizi
per lInclusione Attiva e Partecipata degli Studenti) della Federico
II, presidente dellOsservatorio Nazionale Identit di Genere
(ONIG) e della Fondazione Genere, Identit, Cultura di Napoli.
Da anni si occupa di ricerca e clinica nellarea dellidentit di ge
393
nere. co-autore di numerose pubblicazioni sul tema, tra le quali
si ricordano: Il Transessualismo: Saggi psicoanalitici (FrancoAngeli,
2001, 2008); Lenigma del transessualismo: Riflessioni cliniche e teoriche
(FrancoAngeli, 2004); Dilemmi dellidentit: chi sono? Saggi
psicoanalitici sul genere e dintorni, (FrancoAngeli, 2006); Corpi
sulluscio, identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli (Filema,
2010); Sesso e Genere. Uno sguardo tra storia e nuove prospettive
(Liguori, 2012); Figure dellidentit di genere. Uno sguardo tra
psicologia, clinica e discorso sociale (FrancoAngeli, 2013).
Francesca Verde, psicologa, formatasi allUniversit degli Studi di
Napoli Federico II, ha collaborato alla pubblicazione di diversi articoli
sulla modellizzazione per un lavoro analitico con i Grandi
Gruppi e le Istituzioni.
Maria Carolina Vesce, Phd in Antropologia e studi storico-linguistici
presso lUniversit di Messina, assegnista di ricerca presso
lUniversit degli Studi di Siena. Ha condotto ricerche sul campo
a Napoli e in Samoa, concentrando i propri interessi sui processi di
patrimonializzazione e culturalizzazione di alcune specifiche esperienze
di genere etero-dissidenti. In particolare si occupata della
relazione tra le rappresentazioni emiche dei femminielli napoletani
e delle faafafine samoane e limmaginario LGBTQ caratteristico
dei contesti euro-americani. Attualmente impegnata in una ricerca
etnografica sulla presa in carico di richiedenti e rifugiati/e
trans a Bologna, finanziata da Fondazione ALSOS. autrice di
saggi comparsi in volumi e riviste e di Altri Transiti. Corpi, pratiche,
rappresentazioni di femminielli e transessuali (Mimesis, 2017).
Eugenio Zito, PhD in studi di genere, professore abilitato di II
fascia in Discipline demo-etno-antropologiche, ricercatore presso
il Dipartimento di Scienze Sociali dellUniversit degli Studi
di Napoli Federico II dove insegna Etnologia e Antropologia della
comunicazione. Insegna anche Antropologia medica presso la
394
Scuola di Medicina e Chirurgia della Federico II. stato visiting
professor presso lEscuela Nacional de Antropologia e Historia a
Citt del Messico, il Centre Marocain des Sciences Sociales, Facult
des Lettres et des Sciences Humaines, Universit Hassan II,
Casablanca (Marocco) e il Dpartement de Sociologie, Facult des
Lettres et des Sciences Humaines, Universit Cadi Ayyad, Marrakech
(Marocco). membro ordinario della European Association
of Social Anthropologists, della Societ Italiana di Antropologia
Culturale e della Societ Italiana di Antropologia Medica. Autore
di diversi lavori sui temi del genere, corporeit, vulnerabilit
sociale e malattia, di recente ha pubblicato il volume Vivere (con)
il diabete. Uno sguardo antropologico su corpo, malattia e processi di
cura (Ledizioni, 2016).
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Finito di stampare
nel mese di maggio 2019
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