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Sui Femminielli Napoletani Prefazione

2019, Femminielli Corpo, Genere e Cultura

1 2 Femminielli Corpo, Genere, Cultura A cura di Eugenio Zito e Paolo Valerio LIBRERIA DANTE & DESCARTES 3 A Pino Simonelli e a Napoli 2019 Edizioni Libreria Dante & Descartes via Mezzocannone, 55 | 80134 Napoli tel. 081 5515368 libreriedantedescartes@gmail.com Cura editoriale: Raimondo Di Maio In copertina: foto di Michele Gurrieri, Montevergine (Av), 2 febbraio 2018. ISBN 978-88-6157-197-6 Questo volume stato stampato con il contributo del Centro di Ateneo SiNAPSi (Servizi per lInclusione Attiva e Partecipata degli Studenti) dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II. 4 INDICE Sui femminielli napoletani. 7 Prefazione di Eugenio Zito, Paolo Valerio I femminielli napoletani, tra realt storica, immaginario e memoria. Prefazione di Luigi Maria Lombardi Satriani 15 Introduzione di Eugenio Zito, Paolo Valerio 23 1. Et io ne viddi uno in Napoli. I femminielli, ricognizione storica e mitografica: spunti per una riflessione sullidentit di genere 37 Eugenio Zito, Nicola Sisci, Paolo Valerio 2. Femminielli: storia di una parola, tra gergalit e comunicazione antropologica 69 Patricia Bianchi 3. I femminielli napoletani: alcune riflessioni antropologiche 93 Gabriella DAgostino 4. Attraversamenti di genere e nuovi percorsi identitari 123 Gianfranca Ranisio 5. Napoletanit e identit post-moderne. Riplasmazioni del femminiello a Napoli 149 Annalisa Di Nuzzo 6. Un matrimonio nella Baia di Napoli? 185 Gennaro Carrano, Pino Simonelli 5 7. Io/Noi; Maschile, Femminile/Transgender. La rivitalizzazione del rito della juta dei femminielli 195 Francesca Verde 8. I femminielli o la rivalit seduttrice: affetti, identit e sessualit a Napoli e in Campania. Approccio antropologico, letterario e psicoanalitico 213 Corinne Fortier 9. Femminielli: un singolare limbo socio-culturale, tra la sorte e la morte 241 Marinella Miano Borruso 10. Testo e contesto dei femminielli: riflessioni socio-antropologiche su una ricerca di genere 269 Eugenio Zito 11. In nomine femminielli: una ricerca etnografica sulla realt gender variant nella Napoli contemporanea 305 Marzia Mauriello 12. morto il femminiello! Evviva il femminiello! Patrimonializzazione e rinascita di una figura sociale napoletana 331 Maria Carolina Vesce 13. Sognavo sempre che aprivo un portone grandissimo. Narrazione di s e processi di costruzione identitaria gender variant a Napoli 353 Eugenio Zito Sulle tracce di Cibele: antecedenti storici e riscontri etnografici. Postfazione di Nico Staiti 381 Autori 389 6 Sui femminielli napoletani. Prefazione di Eugenio Zito e Paolo Valerio La buona accoglienza che lettori e studiosi hanno riservato al volume Genere: femminielli. Esplorazioni antropologiche e psicologiche, da noi curato e pubblicato nel 2013, manifestatasi anche con il suo veloce esaurimento e il buon numero di citazioni, in parte internazionali, accumulate in questi sei anni, ci ha incoraggiato insieme allEditore a impegnarci nella stesura di questo nuovo volume. Del precedente se ne riprendono impianto e organizzazione, insieme agli interrogativi di partenza, ma con lintenzione di offrire del fenomeno trattato, allinterno di una pi marcata prospettiva antropologica, una visione critica, quanto pi ampia e complessa possibile, attraverso un approccio multidisciplinare. Oltre a rettifiche, integrazioni e aggiornamenti dei vari saggi, le maggiori novit di questo volume consistono, accanto a questa prefazione, in tre nuovi capitoli e in una postfazione. Due di essi, scritti rispettivamente da Marzia Mauriello e Maria Carolina Vesce, arricchiscono il coro di voci di studiose e studiosi che hanno esplorato il sorprendente mondo dei femminielli napoletani. Il terzo di Eugenio Zito riflette specificamente su narrazione di s e processi di costruzione identitaria attraverso la storia di Gina raccolta nel corso di unintervista durante la sua ricerca etnografica a Napoli. In particolare Marzia Mauriello amplia i contributi gi presenti riflettendo sulla realt transgender a Napoli a partire da unanalisi socio-antropologica del termine femminiello, sviluppando un discorso sui diversi usi che gli stessi rappresentanti 7 del mondo LGBTQI+ napoletano fanno oggi di tale termine che diventa, nel suo includere molteplici esperienze del s, un significante fluttuante. Maria Carolina Vesce, invece, arricchisce il dibattito focalizzandosi sui processi di reificazione e culturalizzazione che recentemente hanno interessato la figura del femminiello napoletano, mettendo in luce come tali processi agiscano su pi livelli, da quello sociale e politico delle relazioni di genere, a quello economico e istituzionale, fino a quello della produzione del patrimonio culturale. Nella postfazione di Nico Staiti vengono infine proposte interessanti riflessioni sul fenomeno dei femminielli a Napoli e pi in generale su quello degli effeminati incrociando analisi storica sugli antecedenti con riscontri etnografici e dando particolare rilievo alla dimensione musicologica. Pi in generale si ricorda che la molteplicit dei contributi di ricerca apparsi negli ultimi anni su questo tema, di cui tale volume pu restituire una significativa rappresentazione, non offre una definizione univoca e uniforme del fenomeno, cos configurato certamente in via di estinzione. Come si vedr dalla lettura del testo, infatti, la oramai ampia letteratura sul fenomeno, muovendosi tra omosessualit effeminata e mediterranea, travestitismo, terzo genere, transgenderismo, transessualismo e trans-identit, ne coglie piuttosto sfaccettature diverse a seconda del vertice di analisi di volta in volta scelto, a riprova dellestrema complessit di quanto osservato e delle profonde trasformazioni in atto (Atlas, 2010; Ceccarelli, 2010; Zito e Valerio, 2010, 2013; DAmora, 2013; Zito, 2013, 2017; Bertuzzi, 2015; Vesce, 2017; Vincent e Manzano, 2017; Mauriello, 2018). I femminielli costituiscono, infatti, soggetti storicamente presenti nellarea di Napoli, che esprimono la propria identit sociale in una forma n maschile n femminile, contenendole entrambe e sfuggendo perci a una definizione univoca, ma che 8 potremmo provare a inquadrare, con una terminologia contemporanea, proprio per la sua ampiezza semantica e simbolica, in una dimensione gender variant1. I femminielli rappresentano un genere al confine e di confine (Zito e Valerio, 2010), che coniuga arcaicit e postmodernit, ovvero le caratteristiche di un mondo e di una dimensione socio-culturale non pi esistenti con quelle indicate come conquiste del pensiero e della prassi contemporanea (Bernini, 2017). Tale fenomeno sta inoltre scomparendo a causa dei cambiamenti sociali prodotti, da un lato, dalla moltiplicazione delle diversit identitarie, dallaltra, da una spinta globale allomogeneizzazione culturale e alla normalizzazione sessuale sostenuta dalla cultura biomedica e resa possibile dai suoi avanzamenti tecnici e scientifici. Anche la metamorfosi del tessuto urbano della citt degli ultimi decenni, con i nuovi flussi migratori extracomunitari, il significativo incremento del turismo nel centro storico e una perdita dellequilibrio legato alla vecchia struttura del vicolo napoletano con la sua tipica economia ormai quasi scomparsa, in particolare dei suoi quartieri popolari, hanno contribuito a innescare meccanismi di trasformazione e progressiva estinzione del fenomeno. Dallanalisi del ruolo tradizionale dei femminielli nella societ napoletana, intrecciando ricerca etnografica con riflessioni linguistiche e con fonti storiche, antropologiche, letterarie e mitografiche, particolarmente interessanti risultano quei complessi processi di plasmazione e riplasmazione di tali soggetti gender variant, gender fluid e/o gender non-conforming (Arietti et al., 2010; Bernini, 2017), dei quali va evidenziata la forte componente performativa del loro stare al mondo e quindi la natura profondamente culturale delle loro pratiche di costruzione del genere e dellidentit sociale (Zito, 2017). Infatti la partecipazione ad alcuni riti di cui i femminielli sono ancora gli officianti, come in particolare o spusarizio/il matrimonio, ma 9 anche il parto, a cui prende attivamente parte tutta la comunit, costituisce, per esempio, da un lato una significativa prova della grande integrazione e del notevole riconoscimento di cui queste persone possono godere entro una precisa cornice simbolica e culturale, quella dei quartieri cui storicamente appartengono, dallaltro ci aiuta a comprendere meglio la loro sorprendente agency. DAgostino (2000, 2010, 2016), parlando dei femminielli, li considera acutamente proprio come un esempio molto particolare di travestitismo istituzionalizzato, in quanto protagonisti di tutta una serie di atti tesi ad affermare, esibire e sancire ritualmente la loro appartenenza di genere. La centralit del rapporto con la propria comunit che sancisce il riconoscimento di genere dunque un elemento fondamentale come mostra il fatto che le attivit rituali dei femminielli si concentrano proprio intorno ad alcuni momenti centrali della vita sociale di tutte le culture e di tutti i gruppi umani, quali nascite, matrimoni e morti, configurandosi cos come un insieme unico di pratiche, peculiare espressione del loro stare al mondo. Inoltre, al di l delle differenze, rilevante resta il dato della persistenza di tali dispositivi rituali tradizionali, come quello del matrimonio, in un contesto metropolitano contemporaneo, pur nelle progressive plasmazioni e riplasmazioni che li hanno caratterizzati nel tempo (Zito, 2017). Se nella contemporaneit le identit di genere si configurano sempre pi come fluid, dimensioni processuali in perpetua rielaborazione e riconfigurazione (Bernini, 2017), il singolare fenomeno urbano dei femminielli napoletani offre un orizzonte simbolico unico che riesce, attraverso lesperienza esistenziale incarnata in corpi trasformati con le relative pratiche sociali, a mettere nei fatti in discussione lordine simbolico e discorsivo egemone in merito alla complessit del sistema sesso-genere (Bourdieu, 1998). Pu risultare interessante in merito ricordare 10 che dai primi di luglio 20142 in Italia definirsi in materia di genere, orientamento sessuale e identit di genere, sulle pagine on line di un noto social network come Facebook, diventato pi democratico, come gi avvenuto negli Stati Uniti, e sotto la stretta supervisione di Arcigay. Gli utenti, infatti, nella maschera dove va indicato il proprio sesso/genere, e dove fino al 2014 erano presenti solo le categorie di maschio o femmina, trovano anche la voce personalizzata con a disposizione cinquantotto modi diversi per connotare il proprio profilo che vanno da agender a two-spirit passando proprio per femminiello. Colpisce che tra i tanti anglismi compaia proprio questo termine napoletano, perch oltre tutto rimanda a una realt molto specifica e locale, strettamente legata allidentit storica e culturale della citt di Napoli. significativo come nelliper-mondo di Facebook con questa ampia pluralit di scelte identitarie si evidenzi una complessa e articolata combinazione di avanzata contemporaneit che arriva quasi a diventare post-gender e di tradizione locale che, nel caso dello specifico termine femminiello, si situa in un territorio addirittura intermedio tra lingua italiana e dialetto napoletano. Per concludere, la diversit e ricchezza di contributi tutti peer-reviewed di cui si compone questo volume sul mondo dei femminielli ci aiuta ancora una volta a ricordare che sempre pi quelle di genere sono categorie innanzitutto costruite entro e attraverso le relazioni vissute e agite nella cornice culturale di un preciso contesto sociale (Butler, 1990). Inoltre, se lo spazio pubblico fondamentalmente gendered, cio connotato nel senso del gender spesso in modo strettamente dicotomico rispetto alle dimensioni culturali del maschile e del femminile, altre volte immaginabile invece in maniera pi fluida come un continuum (Namaste, 1996) la storia dei femminielli mostra che possibile creare spazi creativi intermedi e liminali (Turner, 1969), in cui la trasgressione delle norme di genere non deter 11 mina rifiuto, ma al contrario si rende possibile in modo molto originale, proprio nel confronto con la comunit che concorre a sostenerla e produrla, come le loro peculiari ritualit mostrano bene. Infatti, nello spazio delle relazioni agite e vissute, tali soggetti sociali hanno la possibilit di rappresentarsi a se stessi e agli altri definendo continuamente, in una dimensione altamente dinamica, le condizioni del proprio stesso processo di soggettivazione in cui il corpo non solo un complesso strumento con le sue tecniche (Mauss, 2000), ma diviene spazio pieno di agency per lespressione e la costruzione della propria identit, intesa come un essere e uno stare al mondo attraverso un fare pratico, irriducibile e in continuo divenire. Si ringraziano vivamente le studiose e gli studiosi che con i loro ricchi e originali contributi hanno reso possibile la realizzazione di questo volume. 12 Note 1 Tale termine, usato nellambito dei gender studies, si riferisce a una variet di persone la cui identit di genere e le cui manifestazioni e ruoli non si conformano alle norme e alle aspettative di genere maschile o femminile definite dal contesto sociale e culturale di appartenenza. 2 Per maggiori dettagli si rimanda allarticolo di Maria Novella De Luca pubblicato il 4 luglio 2014 sul quotidiano la Repubblica nella sezione cronaca a pagina 27 e intitolato Sesso allitaliana anche femminiello nelle 50 sfumature scelte da Facebook. Bibliografia Arietti L., Ballarin C., Cuccio G. e Marcasciano P., a cura di, (2010) Elementi di critica trans, Manifestolibri, Roma. Atlas M. (2010) Die Femminielli von Neapel. Zur Kulturellen Konstruktion von Transgender, Campus Verlag, Frankfurt/New York. Bernini L. (2017) Queer Apocalypses. Elements of Antisocial Theory, Palgrave Macmillan, London. Bertuzzi M. (2015) I femminielli. Il labile confine tra lumano e il sacro, Multimage, Firenze. Bourdieu P. (1998) La domination masculine, ditions di Seuil, Paris. Butler J. (1990) Gender trouble: Feminism and the subversion of identity, Routledge, New York. Ceccarelli M. (2010) Mamma Schiavona. La madonna di Montevergine e la Candelora. Religiosit e devozione popolare di persone omosessuali e transessuali, Gramma, Trezzano sul Naviglio (Mi). DAgostino G. (2000) Travestirsi. Appunti per una trasgressione del sesso, in Ortner S.B. e Whitehead H., Sesso e Genere. Lidentit maschile e femminile, Sellerio, Palermo, pp. 11-51. DAgostino G. (2010) Prefazione, in Zito E. e Valerio P., Corpi sulluscio, identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, Filema, Napoli, pp. 5-24. DAgostino G. (2016) Sottotraccia. Percorsi tra antropologia e contemporaneit, Bonanno, Acireale-Roma. 13 DAmora M. (2013) La figura del femminiello/travestito nella cultura e nel teatro contemporaneo napoletano, Cahiers dՎtudes italiennes, vol. 16, pp. 201-212. Mauriello M. (2018) Corpi dissonanti: note su gender variance e sessualit. Il caso dei femminielli napoletani, Archivio Antropologico Mediterraneo, Anno XXI, vol. 20, n. 2, pp. 1-21. Mauss M. (2000) Le tecniche del corpo, in Mauss M., Teoria generale della magia e altri saggi, Einaudi, Torino, pp. 383-409, (I ed. 1965). Namaste K. (1996) Genderbashing: Sexuality, Gender, and the Regulation of Public Space, Environment & Planning D: Society and Space, vol. 14, n. 2, pp. 221-240. Turner V.W. (1969) Liminality and communitas, in Turner V.W., The ritual process: Structure and anti-structure, Aldine Publishing, Chicago, pp. 94-113, 125-130. Vesce M. C. (2017) Altri transiti. Modelli di genere, pratiche del corpo e rappresentazioni del s di femminelle e transessuali, Mimesis Edizioni, Sesto San Giovanni (MI). Vincent B. e Manzano A. (2017) History and Cultural Diversity, in Richards C., Bouman W.P. e Barker M-J., eds., Genderqueer and Non-Binary Genders. Critical and Applied Approaches in Sexuality, Gender and Identity, Palgrave Macmillan, London, pp. 11-30. Zito E. e Valerio P. (2010) Corpi sulluscio, identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, prefazione di DAgostino G., Filema, Napoli. Zito E. e Valerio P. (2013) Genere: femminielli. Esplorazioni antropologiche e psicologiche, Libreria Dante & Descartes, Napoli. Zito E. (2013) Disciplinary crossings and methodological contaminations in gender research: A psycho-anthropological survey on Neapolitan femminielli, International Journal of Multiple Research Approaches, vol. 7, n. 2, pp. 204-217. Zito E. (2017) Scene da un matrimonio. Performance, genere e identit a Napoli, EtnoAntropologia, vol. 5, n. 2, pp. 417-462. 14 I femminielli napoletani, tra realt storica, immaginario e memoria. Prefazione di Luigi Maria Lombardi Satriani ... sono uomini che vivono da donne: vestiti, truccati da donne. Sovente prostitute ma non necessariamente. Ogni vicolo ha il suo femminiello, accettato dalla comunit. Vive in famiglia e attende ad occupazioni riservate tradizionalmente alle donne: cucinare, cucire, lavare la biancheria. Si sposano tra di loro, secondo un rituale coniugale preso dal matrimonio in chiesa; giungono persino a mimare scene di parto e di battesimo, come lo ha raccontato Malaparte ne La pelle. Intelligente e saggio modo di regolare la questione del terzo sesso (Fernandez, 1983). Cos Dominique Fernandez, nelle sue Promenades dans Naples (1983), coglie acutamente un tratto della vita della citt e della cultura che questa ha elaborato attraverso una plasmazione plurisecolare. In una versione napoletana ottocentesca de Il Barbiere di Siviglia (Cammarano e Rossini, 1818) viene gioiosamente affermato: Penso che per esser felici in questo mondo tutti i ragazzi dovrebbero essere ragazze, tutte le ragazze dovrebbero essere ragazzi e non dovrebbero pi esistere n ragazzi n ragazze allo scopo di poter tutti condurre una vita tranquilla. Secoli prima Giovanni Battista Della Porta in De Humana Physiognomonia (1586) scriveva: Nellisola di Sicilia sono molti effeminati. Et io ne viddi uno in Napoli di pochi peli in barba o quasi niuno; di piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di occhio vergognoso, come donna; la voce debole, sottile, non poteva soffrir molta fatica; di collo non fermo, di color bianco, che 15 si mordeva le labra; et insomma con corpo e gesti di femina. Volentieri stava in casa e sempre con una faldiglia come donna attendeva alla cucina et alla conocchia; fuggiva gli omini, e conversava con le femine volentieri, e giacendo con loro, era pi femina che listesse femine; ragionava come femina, e si dava larticolo femmineo sempre: trista me, amara me. I femminielli non possono essere relegati tout court nellarea dellomosessualit, come pure a volte stato fatto, n equiparati familisticamente ad altre realt storiche e culturali, come per la condizione dei berdache, categoria ampiamente utilizzata dagli antropologi di cultura anglosassone e ripresa anche nella riflessione antropologica italiana. che a Napoli si dispiegato un unicum con proprie modalit, tratti rituali, norme regolatrici che sollecitano per la comprensione una molteplicit di punti di vista, di angolazioni disciplinari; non certamente un caso che i femminielli napoletani abbiano attirato lattenzione di viaggiatori stranieri, di scrittori, di antropologi e di studiosi di altri settori delle scienze umane. I femminielli rinviano alla problematica del corpo, a quella delle innumerevoli modalit di manipolazione di esso, come a quelle del mascheramento e del travestimento. Il corpo, lo sappiamo bene, sempre e comunque un prodotto culturale, come ha posto in risalto una vastissima letteratura scientifica, a partire dal celeberrimo saggio Le tecniche del corpo (1965) di Marcel Mauss, ed ancora di pi labbigliamento. E contrariamente a quanto sostiene un diffuso proverbio, si pu legittimamente affermare che labito fa il monaco, che labbigliamento, cio, fornisca una serie di indicazioni su chi lo indossa, delineando nella figura, il ruolo sociale, i valori che ritiene essenziali. Si ricordi, esemplificativamente, lopulenza e lo sfarzo dellabito aristocratico, sia quello di cerimonia che quello della normale quotidianit, e analogamente, pur nellindubbia diversit di classe, la ricchezza dellabito cerimoniale contadino cos lonta 16 no dal misero abito di fatica dei lavoratori della terra. Perci le scienze demo-etno-antropologiche hanno rivolto la loro attenzione alluniverso dellabbigliamento, comՏ testimoniato, anche in questo ambito, da unampia letteratura scientifica; mi limiter a ricordare, al riguardo, lottima monografia antropologica di Ernesta Cerulli, Vestirsi, spogliarsi, travestirsi (1999), da poco riedita da Sellerio. Lo spogliarsi, il velarsi, il travestirsi sviluppano la loro carica di seduzione, come le recenti cronache politiche e giornalistiche documentano, spesso con notevole drammaticit e con finalit a volte strumentali, indubbiamente discutibili. Il crescente successo della moda testimonia la sempre maggiore consapevolezza della centralit dellabbigliamento. Anche il vestire le statue della Vergine, del Cristo morto, dei Santi ha forti valori rituali e simbolici, come ho avuto modo pi volte di sottolineare in altra sede (Lombardi Satriani, 1971; Lombardi Satriani e Meligrana, 1996; Lombardi Satriani, 2000). Connessa a tale tematica quella delle maschere, lungamente indagata dallantropologia e dalla demologia: anche qui limitandomi soltanto ad alcune citazioni, La via delle maschere (1985) di Claude Lvi-Strauss e Le origini del teatro italiano (1955) di Paolo Toschi. Le maschere rinviano a un universo in cui dimensione mitica, orizzonti della classicit, piani psicopatologici si intrecciano continuamente, ponendo in risalto analogie e differenze, come hanno mostrato esemplarmente Bruno Callieri e Laura Faranda nel loro Medusa allo specchio: maschere fra antropologia e psicopatologia (2001). Patricia Bianchi, Marinella Miano Borruso, Gennaro Carrano, Gabriella DAgostino, Annalisa Di Nuzzo, Corinne Fortier, Marzia Mauriello, Gianfranca Ranisio, Pino Simonelli, Nicola Sisci, Nico Staiti, Paolo Valerio, Francesca Verde, Maria Carolina Vesce ed Eugenio Zito nei saggi presenti in questo volume, tutti peer-reviewed, forniscono una serie di notazioni critiche e suggestioni, oltre che unampia gamma di riferimenti 17 alla letteratura etno-antropologica, storico-religiosa, linguistica e psicoanalitica, con significative citazioni teatrali, letterarie, cinematografiche, musicologiche, giornalistiche e di cronaca. quindi la complessit della tematica dei femminielli a determinare la conseguente necessit di un accostamento ad essa da molteplici angoli disciplinari, purch nessuno di essi sia tentato da pulsioni di supremazia scientifica o di improbabile esaustivit: in ci consiste la riuscita operazione di metodo con cui Eugenio Zito e Paolo Valerio hanno curato la raccolta delle molteplici e diversificate voci di cui si compone questo prezioso volume. superfluo, in questa sede, riprendere notazioni critiche e suggestioni dei vari saggi proposti, mi sembra opportuno, per, segnalare complessivamente la loro originalit e carica problematica. Il lettore potr rapportarsi direttamente a questi scritti cogliendo cos, sulla scorta di essi, le molteplici sfaccettature della realt dei femminielli, con cui ebbi lopportunit di venire in contatto nei primi anni Settanta, quando ottenni lincarico di Antropologia Culturale allUniversit Federico II di Napoli e iniziai con entusiasmo lattivit di insegnamento, trovando una platea di studenti reattiva e desiderosa di confrontarsi criticamente con il proprio territorio. Ritenni in quel tempo che fosse doveroso da parte mia avviare ricerche e riflessioni su tematiche napoletane o sulle modalit che assumevano in Campania tratti rituali presenti anche in altre aree. Con il sostegno di studiosi che allora collaboravano con la cattedra da me tenuta Lello Mazzacane, Gianfranca Ranisio, Pino Simonelli elaborai una serie di progetti di ricerca su Napoli e la Campania che portammo avanti in diverse direzioni. Tra le altre pensai di avviare una ricerca anche sui femminielli. Ne parlai con i miei pi assidui collaboratori, tra i primi Pino Simonelli, che da tempo aveva focalizzato su di loro la propria attenzione. Andammo assieme e con 18 Lello Mazzacane a osservare dei femminielli (ne ricordo uno particolarmente attraente a Corso Vittorio Emanuele o altri in Via Marina ai piedi del Maschio Angioino) e ci recammo pi volte in alcuni ristoranti specializzati sul Vesuvio, dove si celebravano i festeggiamenti in occasione dei loro matrimoni. Ne ricordo uno iniziato al mattino e che si sarebbe protratto per tutta la giornata e la notte successiva, scandito dalla musica eseguita da complessini composti da femminielli. Lo stesso Pino mi inform che, spesso, al matrimonio seguiva il parto, cerimonia nella quale uno dei due femminielli restava a letto con accanto un bambolotto o un neonato prestato loro; il festeggiamento prevedeva che la puerpera ricevesse le visite del vicinato secondo un protocollo e regali dettagliatamente codificati. Fu Pino Simonelli, fra laltro, a seguire nella preparazione della sua tesi di laurea, dedicata alla Cantata dei pastori, Annibale Ruccello. Il suo lavoro, di notevole spessore, fu pubblicato con il titolo Il Sole e la Maschera (1978) nella collana La terra deportata, da me diretta presso leditore Guida. Nella Cantata un personaggio , appunto, un femminiello. Lo stesso Ruccello rappresenter nei suoi lavori teatrali lamore, la solidariet, la solitudine, la tragicit incombente che marcano lesistenza dei travestiti: si pensi, per tutti, a Le cinque rose di Jennifer (1980)1. Certo, femminielli e travestiti sono notevolmente diversi, ma, spesso, nellimmaginario dei pi sono sostanzialmente coincidenti. Il candore e lestrema tolleranza presenti nelluniverso dei femminielli sono testimoniati, fra laltro, dallinserimento nel presepe napoletano di questa figura, trasgressiva e profana, accanto alle figure della sacralit. Andai anche al Santuario di Montevergine, nei pressi di Avellino, in occasione del tradizionale pellegrinaggio dei femminielli, con le macchine bardate a festa, che avevo gi visto a met degli anni Cinquanta da studente di Scienze Politiche. 19 Tutto ci si concluse bruscamente perch la mia personale vicenda accademica mi port allUniversit di Messina come titolare di cattedra, mentre una docente incaricata aveva fatto domanda per linsegnamento di Antropologia Culturale al mio posto, con la conseguente interruzione della mia attivit didattica e di ricerca a Napoli. Ricordo dettagliatamente tutto questo non per acre desiderio di rivalsa, ma perch la ricerca sui femminielli da me progettata non pot aver luogo per le impreviste difficolt sopraggiunte. Con i collaboratori continuai ad avere ottimi rapporti di colleganza e amicizia che ancora oggi permangono in tutta la loro saldezza, ma limpegno di ricerca sulle diverse modalit della cultura campana ebbe unindubbia battuta di arresto. Solo in questi ultimi anni, essendo stato sollecitato a insegnare allUniversit Suor Orsola Benincasa di Napoli, ho ripreso un rapporto di presenza settimanale in citt, guidando di nuovo ricerche anche per tesi di laurea. Sono stato nella valle dove si celebrava il culto di Mephite2 e ho continuato le peregrinazioni campane tra feste popolari, culti e monumenti del passato. Pino Simonelli purtroppo non cՏ pi. Restano il ricordo di quanti fummo a lui legati da vincoli di affetto e stima, la memoria della sua dolcezza e capacit affabulatoria. Restano i suoi scritti, i suoi racconti, le sue poesie, le sue intuizioni su Napoli, sui femminielli. Per tale complesso di ragioni, qui schematicamente indicate, questo volume dedicato ai femminielli mi sembra opportuno omaggio alla sua figura e, assieme, uno strumento indispensabile per la comprensione di un dato culturale cos significativo e dai complessi universi simbolici. una realt, questa, che in trasformazione, come in trasformazione tutto il suo contesto sociale e culturale. Non possiamo quindi irrigidirlo in un passato immobile, dobbiamo comprenderlo nelle sue molteplici valenze e nelle sue nuove possibili evoluzioni. 20 Note 1 Il testo di questo lavoro pubblicato nella raccolta Teatro (2005), che comprende tutte le opere di Annibale Ruccello. 2 La dea Mephite una divinit italica, invocata per la fertilit. I luoghi di culto, a lei dedicati, erano in genere caratterizzati dalla presenza delle acque. Divinit importante del pantheon sannita, era anche collegata agli Inferi. Bibliografia Callieri B. e Faranda L. (2001) Medusa allo specchio: maschere tra an tropologia e psicopatologia, Edizioni Universitarie Romane, Roma. Cerulli E. (1999) Vestirsi, spogliarsi, travestirsi, Sellerio, Palermo. Della Porta G. B. (1586) Della fisionomia delluomo, Longanesi, Mi lano, 1971. Fernandez D. (1983) Le Volcan Sous la Ville. Promenades dans Naples, Plon, Paris. Lvi-Strauss C. (1985) La via delle maschere, Einaudi, Torino. Lombardi Satriani L. M., a cura di, (1971) Santi, streghe e diavoli. Il patrimonio delle tradizioni popolari nella societ meridionale e in Sardegna, Sansoni, Firenze. Lombardi Satriani L. M. e Meligrana M. (1996) Il ponte di San Giacomo, Sellerio, Palermo (I edizione Rizzoli 1982). Lombardi Satriani L. M., a cura di, (2000) Madonne, Pellegrini e santi. Itinerari antropologico-religiosi nella Calabria di fine millennio, Meltemi, Roma. Malaparte C. (1949) La pelle, Oscar Mondadori, Milano, 1978. Mauss M. (1965) Tecniche del corpo, in Teoria generale della magia e altri saggi, Einaudi, Torino, pp. 385-409. Ruccello A. (1978) Il Sole e la Maschera. Una lettura antropologica della Cantata dei Pastori, Guida, Napoli (rist. Stamperia del Valentino, Napoli 2008). Ruccello A. (2005) Teatro, introduzione di E. Fiore, Ubulibri, Milano. Toschi P. (1955) Le origini del teatro italiano, Einaudi, Torino. 21 22 Introduzione di Eugenio Zito e Paolo Valerio Nel passaporto, documento che identifica il viaggiatore che si muove tra le diverse nazioni, presente, tra gli altri, un campo che corrisponde al termine sesso. La categoria che vi sottesa rimanda semplicemente alla dimensione biologica dellessere maschio o femmina e quindi non esaustiva della complessit esistenziale e socio-culturale relativa a ogni individuo sessuato. Il termine genere, cos come si venuto definendo a partire dagli studi di Stoller (1968) e prima ancora in quelli di Money (1955), con il suo ampliamento linguistico e semantico, invece sicuramente idoneo a includere pienamente tale complessit dellessere maschio, femmina o trans (Stryker, Currah e Moore, 2008). Le ricerche antropologiche, in particolare, hanno ampiamente e profondamente dimostrato che il rapporto tra sesso e genere varia a seconda delle culture, delle societ, delle aree geografiche e naturalmente delle epoche storiche, evidenziando il ruolo specifico che la cultura gioca nel determinare ci che femminile e maschile e facendo emergere inoltre che la cultura stessa a definire il valore precipuo dei sessi, le differenze di status e quindi il controllo sui corpi (Ranisio, 2011). Piccone Stella e Saraceno (1996) ci ricordano infatti che il genere esattamente il modo in cui in un determinato contesto sociale e culturale e in un definito momento storico si attribuiscono significati specifici e variabili alle differenze biologiche tra donne e uomini e ovviamente rilevanza ai fini della differenziazione sociale. Inoltre molte culture hanno previsto e in alcuni casi 23 tuttoggi prevedono la possibilit di una mancata corrispondenza tra sesso biologico e modo soggettivo di vivere lappartenenza a un dato genere sessuale, consentendo una frattura tra natura e cultura, o in altri termini tra sesso e genere, senza considerarla patologica, rimandandoci chiaramente a quella che la natura culturale e performativa del genere (Butler, 1990)1. A questo punto, come il passaporto con la voce sesso resta il documento di identificazione indispensabile per viaggiare nel mondo, cos, sostituendo sesso con genere, disponiamo di un simbolico lasciapassare utile per avventurarci ancora in un continente misterioso (Breen, 2000), in parte sommerso, ma del quale emerge un arcipelago di isole di cui abbiamo tentato di esplorarne ulteriormente, con laiuto di guide esperte, una in particolare: quella dei femminielli napoletani. Gi in altra sede stato affrontato con una lunga ricerca sul campo questo complesso fenomeno peculiare della citt di Napoli (Zito e Valerio, 2010, 2012a, 2012b, 2013; Zito, 2013a, 2013b), individuandone una serie di caratteristiche che, in questo volume, si tentato di approfondire per avanzare ancora nella sua comprensione di complessa realt multicomponente. A tal fine ci si mossi allinterno di una cornice di riferimento multidisciplinare, anche sul versante del metodo, integrando lanalisi antropologica con quella linguistica e psicologica. Daltro canto la ricerca nellambito degli studi di genere implica necessariamente, per sua natura, una molteplicit di sguardi cui corrispondono pluralit disciplinari e contaminazioni metodologiche, collocandosi il genere, come complesso costrutto, nellintersezione simbolica tra esperienza soggettiva, dimensione culturale e socialit, e offrendo, cos, la possibilit di definire lindefinibile, superando vecchie e parziali categorie. Perci la molteplicit di contributi di ricerca sul tema, presenti in questo volume, tutti peer-reviewed, pi che dirigersi verso una definizione univoca e uniforme del fenomeno, 24 ne coglie piuttosto sfaccettature diverse, a riprova dellestrema complessit di quanto osservato. Tra omosessualit effeminata, omosessualit mediterranea ed etnica, terzo genere, transgenderismo, travestitismo, transessualismo, trans-identit e gender variance si gioca la complessa partita della configurazione di una realt molto articolata e al contempo fluida in relazione alla sua dimensione contestuale (Ekins e King, 2006; Valerio e Zito, 2006; DAgostino, 2010; Zito e Valerio, 2010, 2013; Zito, 2017; Mauriello, 2017). E paradossalmente, proprio la molteplicit di voci presentate, non conducendo a una definizione univoca del fenomeno, chiede al lettore di tollerare lindeterminatezza e di provare a integrare nella mente le differenti letture avanzate, in quanto indicatore dellestrema complessit di quanto osservato. In tal senso i diversi contributi proposti costituiscono un ulteriore tentativo di decifrare, comprendere e interpretare il fenomeno dei femminielli napoletani da pi vertici, senza pretese di esaustivit. Si tratta, infatti, di soggetti sociali che sfuggono a una semplice definizione, ma che potremmo provare a inquadrare, con una terminologia contemporanea, in una dimensione gender variant, gender fluid e/o gender non-conforming (Arietti et al., 2010; Bernini, 2017). Storicamente presenti nellarea di Napoli e delle provincie limitrofe i femminielli esprimono la propria identit sociale in una forma che non n maschile n femminile, contenendole entrambe, con caratteristiche liminali e coerenti con il contesto in cui si declinano: Napoli, citt europea protesa nel Mediterraneo, a met strada tra stratificazioni arcaiche e spinte postmoderne. Tale metropoli sembra infatti coniugare un profilo di citt arcobaleno (Corbisiero e Monaco, 2017), come comunit di pratiche, omologazione identitaria e cittadinanza LGBT, con una tradizione di luogo queer e drag (Bernini, 2017), cos come mostra liconografia tradizionale dei femminielli stessi, soggetti sociali liminali, al confine tra i generi e tra tradizione/arcaismo 25 e trasgressione/liberazione, riproponendo cos un nuovo binarismo LGBT/queer (Zito e Valerio, 2010, 2013; Zito, 2013a, 2013b). Identit liminali in un contesto liminale (Turner, 1969, 1983) dunque, strettamente legati nel loro divenire (cfr. Miano Borruso infra). Del resto qualsiasi processo di costruzione di identit indissolubile dai percorsi storici del contesto stesso entro cui tali identit si formano e si trasformano e genere e sessualit costituiscono forme simboliche significative che vanno interpretate prima di potere essere spiegate (cfr. DAgostino infra). A Napoli, infatti, i femminielli hanno trovato la loro nicchia ecologica nei quartieri storici popolari dove sono stati sempre accettati come realt sociale riconosciuta, perch in grado di ritagliarsi un proprio ruolo e un proprio stile di vita. Affrontare sul piano antropologico questa realt cos complessa nel rapporto con la societ napoletana significa da un lato confrontarsi con le teorie sul genere (Ortner e Whitehead, 2000; Hritier, 2002; Strathern, 2016) e i movimenti di rivendicazione dei diritti delle persone LGBT con le relative istanze di cittadinanza (Corbisiero e Monaco, 2017) e dallaltro interrogarsi sui rapporti stessi con la cultura popolare napoletana (Corvino, 2017) entro cui va iscritto il fenomeno, tra continuit, tradizioni e profondi mutamenti (cfr. Ranisio infra). Nel caso del nostro oggetto di studio, poi, la questione del genere, articolandosi con la specificit di un contesto storico, geografico e urbano tipico, quale quello che rimanda alla cultura popolare napoletana, aggiunge complessit ulteriore al campo di ricerca. Tutto ci rimarca, in modo ancora pi evidente, allinterno di una cornice di riferimento e di analisi prevalentemente antropologica, la necessit di un approccio multidisciplinare al tema in questione, perch un punto di vista univoco su un fenomeno, per sua natura cangiante e multi-sfaccettato, come quello delle rappresentazioni di genere a Napoli, sarebbe risultato parziale e insufficiente alla comprensione. 26 Infatti, i contributi peer-reviewed di cui si compone questo volume collettaneo provengono da campi di studio diversificati, che vanno dallantropologia culturale alla linguistica, dalla psicoanalisi dellidentit di genere alla gruppoanalisi, con uno sguardo ampio sul fenomeno, nelle sue tracce storiche, letterarie, iconografiche e artistiche, cercando di prescindere il pi possibile da una visione essenzialistica e riduttiva. Dopo la prefazione dei curatori, la particolare premessa di Luigi Maria Lombardi Satriani, densa di ricordi e suggestioni personali, cui vanno calorosi ringraziamenti e questa introduzione, apre il percorso di lettura il contributo di Eugenio Zito, Nicola Sisci2 e Paolo Valerio che rappresenta un tentativo di far luce sulle radici, lorigine e levoluzione del fenomeno, avvalendosi, tra laltro, del supporto di fonti letterarie e iconografiche. Tale ricognizione storico-mitografica si conclude con delle riflessioni antropologiche sulla condizione attuale dei femminielli, sollevando una serie di interrogativi sulla possibile trasformazione e/o estinzione del fenomeno in relazione con i profondi cambiamenti sociali e culturali sopraggiunti nel loro contesto di riferimento. Il successivo contributo di Patricia Bianchi aggiunge una singolare rassegna di testi letterari e di saggi ed ha come fine la ricostruzione della parola femminiello e delle sue possibili varianti nei contesti duso, in cui entra in gioco la percezione del s e degli altri, nella reciprocit tra nome, identit gruppale e identit individuale. In particolare lautrice nel suffisso -iello del termine femminiello individua, confrontandolo con altri della lingua napoletana, un nuovo lemma indicatore di una categoria a s stante, cio in questo caso di un fenomeno straordinario del mondo occidentale, una sorta di terzo genere. Gabriella DAgostino affronta in modo molto originale il mondo dei femminielli, cogliendone gli elementi strutturali comuni rintracciabili in altri contesti culturali e facendo emergere 27 come lattribuzione di particolari qualit a determinati soggetti derivi dagli elementi sacrali legati a rappresentazioni di genere non risolte, ossia non immediatamente classificabili allinterno delle categorie dicotomiche del maschile e del femminile, ma costruite su un continuum tra le due polarit. Linteressante apporto di Gianfranca Ranisio, che integra le osservazioni tratte dagli altri studi antropologici con le descrizioni presenti nella letteratura e nel teatro napoletano, offre un singolare quadro del rapporto del femminiello con la citt, esplorando gli elementi arcaici di struttura che si stratificano nel tempo, sulla base di modelli che cambiano e si trasformano, adattandosi a forme pi moderne e metropolitane di relazione tra individui e contesto. Nel quinto capitolo Annalisa di Nuzzo approfondisce il tema della plasmazione di un genere altro che integra il maschile e il femminile, in quanto fenomeno presente in quasi tutte le culture. Il tratto comune la difficolt di definizione di queste figure, non maschio, non femmina. Nel femminiello a Napoli, invece, la teatralizzazione e lacquisizione del ruolo determina una sorta di schismogenesi individuale nella quale si ironizza e si drammatizza il comportamento sociale e sessuale del maschile e del femminile in unomeostasi che attiva processi di integrazione di unidentit altrimenti impossibile. Nel sesto capitolo viene presentata la traduzione svolta da Eugenio Zito di un singolare articolo di Gennaro Carrano e Pino Simonelli3, apparso sul n. 18 di Masques. Revue des Homosexualites del 1983, vero e proprio antesignano della ricerca sul tema. Secondo questi autori la sacralit del travestimento a Napoli si esprime soprattutto attraverso alcune manifestazioni rituali quali il matrimonio, il parto e il battesimo. Il contributo ha la forma di un reportage e ha come tema il matrimonio dei femminielli. Questa manifestazione rituale presenta molte caratteristiche di quelle normali, ma anche molte differenze 28 e consente di comprendere il ruolo che i femminielli giocano allinterno del loro gruppo sociale. Francesca Verde approfondisce nel suo contributo, dalloriginale vertice della gruppoanalisi, un altro aspetto specifico del mondo dei femminielli, la recente rivitalizzazione del rito della juta. In questa prospettiva, il rito dellandata al Santuario della Madonna di Montevergine nei pressi di Avellino, un modo attraverso cui un gruppo costruisce lidentit e sancisce la propria presenza nel pi ampio spazio sociale. Lattuale movimento di rivitalizzazione del rito offre alcuni spunti di riflessione sulla necessit di un cambiamento di prospettiva circa la costruzione dellidentit, anche di genere e sessuale, non pi pensata come processo lineare, ma come movimento plurale e circolare, mai definito e completo, che investe soggetti, gruppi, istituzioni e societ. Nellottavo capitolo Corinne Fortier, tradotta da Eugenio Zito, propone un originale studio antropologico e psicoanalitico sulla dimensione seduttiva e sessuale dei femminielli, basato su di una ricerca etnologica condotta in Campania e sullanalisi del romanzo Scende gi per Toledo (1975) di Giuseppe Patroni Griffi, di per s autentica testimonianza etnografica. I femminielli descritti da Fortier presentano attributi fisici, una gestualit e occupazioni femminili, inclusa la prostituzione: rivali delle donne a cui cercano di sottrarre gli uomini, incarnano certi desideri erotici maschili basati su di una sessualit totalmente svincolata dalla procreazione. Nel suo illuminante contributo Mariella Miano Borruso4 offre al lettore una riflessione sullistituzionalizzazione culturale dellinversione di genere nellambito metropolitano della citt di Napoli, dove vi una forma di cambiamento di sesso peculiare e sconosciuta in altri paesi europei, i cui attori sociali sono proprio i femminielli. Attraverso una chiave di lettura storico- culturale anche di pratiche connesse alla sorte, di culti ma 29 riani e delle anime del Purgatorio, la studiosa formula alcune interessanti ipotesi di lettura sulla base delle forme di legittimit sociale che sono concesse a questi soggetti fuori dalla norma sessuale e che rendono possibile, nella societ napoletana, il travestimento e linversione di genere. Nel decimo capitolo Eugenio Zito presenta i risultati di una ricerca sul campo elaborata lungo due direttrici: una attenta al contesto e laltra al testo dei femminielli. Per la prima lautore offre una ricostruzione storico-antropologica del loro retroterra culturale nella citt di Napoli. Per la seconda ha utilizzato una metodologia qualitativa di analisi e di interpretazione di dati testuali raccolti attraverso interviste semi-strutturate nel corso di una lunga ricerca etnografica condotta nel contesto urbano di Napoli. I discorsi dei femminielli analizzati e risignificati anche con lausilio del software Alceste ci introducono in un mondo sorprendente che insieme arcaico e postmoderno, sempre pronto a trasformarsi per sopravvivere, ma forse, oggi, a rischio di estinzione. Nel suo contributo Marzia Mauriello riflette sulla realt transgender a Napoli a partire da unanalisi socio-antropologica del termine femminiello (o femminella), sviluppando un discorso sui diversi usi che gli stessi rappresentanti del mondo LGBT napoletano ne fanno oggi. Attraverso un puntuale riferimento alle interviste da lei raccolte in quasi un decennio di ricerca sul campo, la parola femminiello per certi versi sembra addirittura, nel suo includere molteplici esperienze del s, sovrapporsi al termine ombrello transgender, seppur con le differenze legate allo specifico contesto preso in esame. Al tempo stesso, il termine pu assumere ora valenza positiva, ora segno negativo, divenendo una sorta di significante fluttuante. Maria Carolina Vesce propone invece una riflessione critica sui processi di reificazione, culturalizzazione e patrimonializzazione che interessano, da oltre un decennio, la figura del 30 femminiello. A partire dai dati raccolti nel corso di una ricerca di campo a Napoli e in Campania, il suo contributo mette in luce come tali processi agiscano su pi livelli: su quello sociale e politico delle relazioni di genere, su quello economico, su quello istituzionale, fino al livello della produzione del patrimonio culturale. Lobiettivo cercare di comprendere se e fino a che punto la retorica dellestinzione riproduca forme di orientalismo che, se da un lato stimolano una riflessione critica sul posizionamento dei diversi soggetti attivi sul campo, dallaltro consentono di ripensare le stesse categorie egemoni di genere. Nellultimo capitolo di questo volume Eugenio Zito riporta la storia di vita integrale di Gina raccolta nel corso di unintervista svolta nel 2002, con lobiettivo, da un lato di riflettere su narrazione di s e processi di costruzione dellidentit gender variant a Napoli, e dallaltro di ridare voce ai femminielli (o femminelle) in maniera pi ampia, integrando i discorsi di ricercatori e studiosi prima esposti, riconnettendo piano emico e piano etico. Con tale operazione lautore mira infatti, in qualche modo, a rimarcare la funzione sociale pi alta dellantropologia, quella cio di promuovere alternative, in questo caso esistenziali, quali le esperienze e le storie dei femminielli possono certamente offrire con tutta la loro carica di resistenza e la loro profonda umanit. La postfazione di Nico Staiti che chiude questa raccolta di saggi, incrociando analisi storica con riscontri etnografici e muovendosi in unoriginale prospettiva musicologica, ci riconduce sulle tracce di Cibele allargando lanalisi dal fenomeno dei femminielli di Napoli a quello pi generale degli effeminati. In questo modo viene mostrato come dal subcontinente indiano a tutta larea del Mediterraneo persone che attraversano le identit di genere agiscono sia in contesti sacri come officianti di divinit prevalentemente femminili, sia nei riti di nascita, matrimonio e in alcuni casi in quelli funebri. 31 In conclusione tale volume, guardando alle nozioni di sesso e genere con uno sguardo decisamente pi ampio (Vitelli e Valerio, 2012), nellambito del dibattuto discorso sulla trans-identit, effettua un chiaro spostamento dalle categorie della clinica (Chiodi, Ricciardi, Santamaria, Valerio e Zito, 2008) a quelle del discorso sociale (Zito e Valerio, 2012a; 2012b; Rinaldi, 2012). Rimarca per, allo stesso tempo, implicitamente, anche la necessit di un ripensamento sempre pi forte negli ambiti clinici e sanitari, depatologizzando ulteriormente quelle manifestazioni che in altri contesti e momenti storici sono state etichettate come morbose, grazie soprattutto allapporto critico dellantropologia culturale e dei queer studies che ci ricordano che la sessualit non riducibile alla sua sola dimensione biologica, in quanto soprattutto realt culturale, sociale ed esperienziale (Valentine, 2007; Gressgrd, 2010; Bernini, 2017). Sotto questo aspetto, e cio con lintento di ampliare lo sguardo attraverso cui guardare a tali fenomeni, al di l del registro medico-psichiatrico, il lavoro nato in una prospettiva di studio pionieristica (Zito e Valerio, 2010, 2012a, 2012b; Vitelli e Valerio, 2012) allinterno delle attivit del Dottorato di Ricerca Interpolo in Studi di Genere dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II, dove, da diversi anni, ha oramai preso corpo un filone di ricerca tesa a interrogare in unottica multidisciplinare la complessa realt del mondo trans (Ward, 2010). Si propone, quindi, con tale nuovo volume a pi voci, una rilettura globale della figura del femminiello napoletano, espressione del mondo transgender e/o gender variant, concependolo quale luogo sociale/privato funzionale, da un lato allallestimento di una mappa di ipotesi utili a una sempre pi approfondita interrogazione del sistema sesso-genere (McDougall, 1993; Chodorow, 1995; Simon, 1996; Giuffrida, 2002; Ekins e King, 2006; Valentine, 2007; Bernini, 2017), dallaltro come espres 32 sione di resistenza (e si badi non di resilienza) per poter anche alimentare la capacit umana di immaginare come destabilizzare il futuro (Quaranta, 2018). Note 1 In particolare Butler (1990) teorizza il genere, insieme al sesso e alla sessualit, come realt performativa. Secondo la sua teoria la coerenza delle categorie di sesso, genere e sessualit culturalmente costruita attraverso la ripetizione di atti stilizzati nel tempo. Questi atti corporei, nella loro ripetizione, fissano lapparenza di un nucleo del genere inteso come essenziale e ontologico. Lesibizione di genere, sesso e sessualit, tuttavia, non una scelta volontaria secondo Butler, che, con il suo originale pensiero, sfida esplicitamente le posizioni biologiche relative al carattere binario della sessualit, concependo piuttosto il corpo sessuato stesso come culturalmente costruito dai discori normativi. 2 A Nicola Sisci va un particolare ringraziamento, perch liniziale idea del primo volume collettaneo del 2013, poi modificata nel tempo, nata proprio in seguito al Convegno tenutosi a Napoli il 17 ottobre 2008 intitolato I femminielli napoletani: riflessioni preliminari e da lui organizzato con grande entusiasmo e capacit insieme a Paolo Valerio. 3 A Pino Simonelli, purtroppo scomparso prematuramente nel 1986, idealmente dedicato anche questo volume. 4 A Marinella Miano Borruso, improvvisamente scomparsa nel 2013, va un pensiero speciale di gratitudine per la guida nella fase iniziale di sistematizzazione dei lavori di cui si compone il primo volume collettaneo del 2013 e per laccoglienza ricevuta nellautunno 2012 durante uno stimolante periodo di didattica, studio e ricerca presso il Centro de Estudios Antropolgicos de Gnero, Sexualidad y Etnicidad, Cuerpo Acadmico Anlisis del Discurso y Semitica de la Cultura, Lnea de Investigacin Poltica y Gnero da lei al tempo diretto nellEscuela Nacional de Antropologia e Historia (ENAH) dellInstituto National de Antropologia e Historia (INAH) a Citt del Messico. 33 Bibliografia Arietti L., Ballarin C., Cuccio G. e Marcasciano P., a cura di, (2010) Elementi di critica trans, Manifestolibri, Roma. 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I femminielli, ricognizione storica e mitografica: spunti per una riflessione sullidentit di genere di Eugenio Zito, Nicola Sisci e Paolo Valerio Oh benedetto dalla Madonna! O figlio miracoloso! Curzio Malaparte, La pelle, 1949. Premessa La possibilit di un al di l della suddivisione biologica dei sessi ha abitato, sin dalle origini dellumanit, il luogo del mito e le rappresentazioni. Allo stesso tempo, culture diverse hanno contemplato, e in alcuni casi contemplano tuttora, la possibilit di una mancata corrispondenza tra il sesso biologico e il vissuto soggettivo di appartenenza a un dato genere sessuale, e ci al di fuori di qualsivoglia categoria patologizzante: dai Berdache nativi americani, agli Hijira, ancora oggi presenti nel contesto indiano, dai Mux della societ zapoteca messicana (Miano Borruso, 2002, 2011) fino alloggetto di questa ricerca: i femminielli napoletani (Zito e Valerio, 2010), fenomeno questultimo che forse va estinguendosi sotto le spinte della post-modernit, rischiando di trasformarsi in forme non pi immediatamente riconoscibili (Vitelli, Bottone, Sisci e Valerio, 2006). Volendo connotarla con un linguaggio attuale potremmo collocare la complessa realt dei femminielli nelluniverso del transgenderismo1. La radice, lorigine e levoluzione di tale fenomeno, peculiare della citt di Napoli, sono, in realt, ancora storicamente 37 oscure, nel senso che un filo continuo e documentato, che giunga fino ai nostri giorni, non cՏ (Zito e Valerio, 2010). Vorremmo innanzitutto sottolineare come, a oggi, sembrano sopravvivere solo pochissimi femminielli, spesso anziani. La probabile estinzione, se lecito luso di questo termine, ha forse tra le sue cause levoluzione sociale in termini, da una parte, di una moltiplicazione delle diversit identitarie, dallaltra, di una spinta globale allomogeneizzazione culturale. Anche la metamorfosi del tessuto urbano della citt di Napoli, in particolare dei suoi quartieri popolari dopo il terremoto del 1980, potrebbe, probabilmente, aver contribuito alla trasformazione e alla progressiva scomparsa del fenomeno2. Et io ne viddi uno in Napoli La prima fonte letteraria utile alla ricostruzione storica del fenomeno ci riconduce a Giovanni Battista Della Porta, che in De Humana Physiognomonia (1586) scrive: nellisola di Sicilia son molti effeminati, et io ne viddi uno in Napoli di pochi peli in barba o quasi niuno; di piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di occhio vergognoso, come donna; la voce debole, sottile, non poteva soffrir molta fatica; di collo non fermo, di color bianco, che si mordeva le labra; et insomma con corpo e gesti di femina. Volentieri stava in casa e sempre con una faldi- glia come donna attendeva alla cucina et alla conocchia; fuggiva gli omini, e conversava con le femine volentieri, e giacendo con loro, era pi femina che listesse femine; ragionava come femina, e si dava larticolo femmineo sempre: trista me, amara me. In questo frammento rilevabile, forse, la prima descrizione di un femminiello napoletano. Finora non siamo riusciti a rintracciare alcun altro testo che fornisse elementi cos det 38 tagliati (anche se esigui) sul piano fenomenologico. Lautore si sofferma sia sugli aspetti morfologici, che su quelli comportamentali. Su questi ultimi intendiamo investire la nostra attenzione. Il personaggio descritto si comporta come se fosse una donna e ragiona come una donna; infatti attendeva alla cucina et alla conocchia, attivit a quel tempo di squisita competenza femminile; fuggiva gli omini, e conversava con le femine volentieri, assumendo cos la modalit relazionale tipica delle donne del tempo. Nellopera non emergono descrizioni di accadimenti discriminatori: ci che descrive lautore ci che presente l, in quella strada di Napoli, che cos fortemente cattura la sua attenzione e che, quindi, probabilmente rientra nellecologia di quello specifico contesto. Questo potrebbe riflettere la tolleranza di cui, gi in quegli anni, il femminiello godeva. Gabriella DAgostino (2000) scrive: La gente dei quartieri popolari in cui essi vivono, in generale disprezza lomosessualit, soprattutto nella forma della pederastia, ma riconosce e rispetta il sesso dei femminielli. La loro diversit, che si manifesta nelladolescenza, culturalmente accettata. A Napoli le famiglie non considerano questo tipo di diversit una disgrazia e non emarginano il soggetto. Lo integrano nella cerchia familiare e nel contesto pi ampio del vicolo, della strada, del quartiere. Il femminiello si presta alle faccende domestiche, svolge commissioni per le vicine, gli si affida la sorveglianza dei bambini pi piccoli da parte delle donne del vicinato. Gli affeminati di Napoli Durante una ricerca bibliografica effettuata presso la Biblioteca Nazionale di Napoli3 emersa, pubblicata nel testo Il segno di Virgilio (De Simone, 1982), la seguente riproduzione. 39 Nel testo in questione non vengono specificati il nome dellautore dellopera, o alcuna fonte, o collezione di appartenenza, n tantomeno una datazione precisa. Limmagine riporta, tuttavia, una didascalia in cui possibile leggere Ballo Di Tarantella DelAffeminati Di Napoli. Pur essendo la riproduzione fotografica in bianco e nero e di qualit non ottimale, un esperto in storia dellarte moderna4 ha ipotizzato che possa trattarsi di un acquerello, o di una incisione acquerellata, realizzata nellultimo quarto del 700, il secolo dellEnciclopedia, dei Grand Tour e delle prime guide e resoconti di viaggio. Dunque molto probabile che lopera in questione facesse parte di una guida o un resoconto di viaggio, di cui tuttavia non siamo riusciti a trovare copia negli archivi napoletani. Lacquerello mostra due soggetti che indossano abiti maschili, ma che a differenza degli altri uomini rappresentati nella 40 scena, sembrano assumere movenze femminili durante la danza della tammurriata5, attorniati da una folta schiera di suonatori e spettatori in festa, che partecipano tutti divertiti allevento. Nella parte superiore destra dellimmagine riconoscibile sullo sfondo una costruzione arroccata su una montagna, presumibilmente il profilo del monte Partenio con labbazia di Montevergine. Lopera conferma il clima di tolleranza popolare gi emerso nel brano del Della Porta. Sarebbe tuttavia ingenuo affermare che lacquerello in questione raffiguri una scena ripresa dal vero, come una fotografia. Si tratta piuttosto, molto probabilmente, di uno studio di composizione, in cui lartista, nel suo atelier, cerca di condensare, in uno spazio limitato, gli elementi dellargomento che ha intenzione di esporre. Lacquerello darebbe, comunque, la misura di quanto un fenomeno come quello dei femminielli, attraverso la mediazione della tradizione, trovasse un posto nella societ, fino a diventare iconograficamente rappresentativo di una cultura e di una particolare realt sociale. Da cosa scaturisce la possibilit di integrazione di cui hanno goduto i femminielli presso la societ popolare napoletana? Sancire lappartenenza modo di dire diffuso a Napoli femminielli si nasce, come se nellimmaginario popolare quella del femminiello fosse una sorta di diversit naturale. In realt possiamo supporre che la societ tradizionale avesse la necessit di produrre il femminiello, come a rassicurarsi che lambiguit fosse riposta tutta da qualche parte, nel femminiello appunto, sorta di eccezione adatta al riconfermarsi dei ruoli di genere dominanti, ma su questo aspetto sociologico torneremo in seguito, preferendo, adesso, soffermarci antropologicamente sugli aspetti attivi di integrazione, messi in atto da parte dei femminielli. I femminielli sono 41 protagonisti di tutta una serie di atti tesi ad affermare, esibire permanentemente e a sancire ritualmente la loro appartenenza di genere (DAgostino, 2000), tra questi, quelli di maggiore rilevanza sono la figliata o partorenza, lo spusarizio, la riffa, e il pellegrinaggio a Montevergine6. La riffa Un aspetto che probabilmente facilitava lintegrazione nel tessuto sociale risiedeva nella credenza popolare che i femminielli portassero fortuna. Pertanto gli si affidava lorganizzazione della riffa, ossia la tombola pubblica, che si svolgeva in molte zone del centro storico di Napoli. Secondo DAgostino (2000): questi tratti confermano lassimilazione dei femminielli ad un ambito che trascende le forme del travestitismo omosessuale comunemente conosciuto. In virt della loro ambiguit possono essere attribuiti loro poteri di ordine magico-sacrale, tipici degli esseri connotati da segni di natura indefinita, impossibili da classificare con certezza e per questo in relazione con lordine soprannaturale da cui attingono a loro validazione. I femminielli napoletani, dunque, portano fortuna nellimmaginario popolare, come nellet classica si credeva portassero fortuna gli agrtes, i sacerdoti di Cibele che si eviravano ritualmente per la dea, ma su questi aspetti torneremo pi avanti nel testo. Lo spusarizio Una prima descrizione di questo rito quella inserita da Abele De Blasio in Usi e costumi dei camorristi, pubblicato a Napoli nel 1897; il titolo del capitolo : O spusarizio masculino. 42 Giunti che sono i ricchioni alla prima alba della pubert, sentono il bisogno di essere...goduti; e, trovato che hanno lommo e mmerda (pederasta attivo), lamano, come ben si espresse il Mantegazza, con una passione vera, ardente, che ha tutte le esigenze, tutte le gelosie di un amor vero. Il vasetto, tutto contento dellacquisto fatto, colma di carezze lamante e poi cerca raggruzzolare quel tanto che indispensabile per preparare lara dove spontaneamente va ad offrirsi in...olocausto. Il luogo del sacrifizio quasi sempre qualche lurida locanda, dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare lamante, qualche sonatore di organetto e chitarra ed una schiera di ricchioni, che fan corona alla timida...fanciulla. Dopo un balletto erotico, il pi provetto della...materia augura alla felice coppia la buona notte; ma la sposina, prima di lasciar partire glinvitati, distribuisce loro i tradizionali tarallucci e vino. Il giorno dopo, o ricchione anziano, accompagnato da un caffettiere ambulante, porta agli sposi due tazze piccole di latte e caff e poi fa nel talamo unaccurata rivista per accertarsi se il sacrifizio fu compiuto in tutta regola. Dopo la luna di miele, che non dura oltre le 24 ore, e verso sera il sacrificato principia a serpeggiare pei quartieri pi alti della citt per procurarsi, come fanno le prostitute, qualche soggetto che conducono nella locanda di D. Luigi Caprinolo, detto o capo tammurro, o, se la persona pulita (signore), nella casa particolare di donna Benedetta a turrese. Intanto mentre lattivo guazza in quel loco dogni luce muto, un altro mascalzone, che gi se ne stava nascosto sotto il letto, glinvola dagli abiti il portafogli o qualche altro valore... Le nostre femminelle di giorno si occupano di faccende domestiche, appunto come fanno le donne, e poi in ora stabilita si fanno alla finestra ed aspettano i loro amanti. Parecchi vasetti, per rendersi ai soggetti pi attraenti, si truccano gli occhi, altri si fanno tatuare sul viso qualche neo di bellezza e molti, mediante ovatta, 43 cercano rendersi pi formose le parti posteriori e pi sporgente il petto. Qualcuno si femminizza anche nel nome. De Blasio, medico e antropologo che vive e opera a Napoli a cavallo tra Ottocento e Novecento, in questo lavoro del 1897, parla dei cosiddetti pederasti passivi di professione, distinti nella mala-vita coi nomignoli di femminelle, ricchioni o vasetti e chiamati dal Brouardel delinquenti nati semifemminei7. Ne descrive un matrimonio con un amante pederasta attivo, accenna a una luna di miele e parla degli adescamenti che essi perpetrano a danno di clienti per poterli poi derubare. Nella prima parte del frammento emerge la chiara scissione tra lommo e mmerda (pederasta attivo) e il ricchione (passivo), questultimo riferito, appunto, al femminiello. Secondo questa concettualizzazione viene posta una netta distinzione fra colui che viene individuato come lomosessuale in senso stretto (cio lindividuo che assume il ruolo passivo nel rapporto sessuale) e lindividuo che assume il ruolo attivo, che non si considera, n viene considerato dagli altri, omosessuale. Del resto nelle societ tendenzialmente patriarcali del passato non esistevano i concetti di identit di genere e orientamento sessuale, n tantomeno i termini di omosessualit ed eterosessualit, bens quelli di sodomia o rapporti tra persone dello stesso sesso e ci che veniva stigmatizzato era la femminilizzazione del maschio, per cui il passivo era la persona effeminata o colui che assumeva un tale ruolo disprezzato, mentre colui che aveva un ruolo attivo era normalizzato. Tale dinamica ci spinge a prendere in considerazione lesistenza di una sorta di meccanismo di difesa sociale, da mettersi in relazione con quella che oggi definiamo omofobia. Simmetrizzando, infatti, orientamento sessuale e genere, scompare il concetto stesso di omosessualit, intesa come relazione tra due persone dello stesso sesso. 44 Appare, quindi, che, per il De Blasio, il femminiello di fine Ottocento impersonasse anche un tipo di omosessuale, che oggi definiremmo effeminato, collocato nel contesto sociale delinquenziale della camorra, nellambito di quella folla che si agitava nei bassifondi della citt di Napoli. Interpretato secondo il modello lombrosiano del tempo (Bastide, 1975) che collegava anomalie psicofisiche e degenerazioni delinquenziali, viene individuato come un deviante sessuale tendenzialmente portato a delinquere. evidente che si tratta di un tentativo di dare al fenomeno un inquadramento scientifico e nosografico che utilizza una terminologia da criminologo naturalista. Il nostro autore presenta, inoltre, un caso significativo di suicidio per gelosia, nel quale pone in evidenza lattaccamento al proprio amante di tali soggetti, descritto come intenso e genuino, dal che ne deduce che la sodomia psichica non un vizio, ma passione Qualificando come psichica laffezione in oggetto, cogliendo degli aspetti peculiari del tipo umano in osservazione, come lassunzione di comportamenti femminili e di ruoli femminili tradizionali, e riconoscendo anche una certa genuinit alla loro passionalit sentimentale, il De Blasio si sposta sul terreno dellantropologia culturale con occhio attento a qualche implicazione socio-psicologica. Intuisce che il fenomeno delle femminelle molto complesso e che i soggetti che ha di fronte pongono una serie di interrogativi che non possono essere affrontati e risolti con gli strumenti e le categorie che lorientamento positivistico dellepoca gli mette a disposizione. Potrebbero rappresentare qualcosa di pi e di diverso da ci che si vuol vedere nel contesto della societ patriarcale e degli orientamenti scientifici del tempo. Traspare un certo imbarazzo interpretativo anche dallincertezza linguistica che manifesta nellattribuire il genere grammaticale al termine femminella: la parola usata in tono neutro senza articolo, con larticolo al femminile e anche con larticolo al maschile. 45 Ne La prostituzione in Napoli nei secoli XV XVI e XVII di Di Giacomo (1899) si legge che a Napoli, a partire dal 1530, tra i luoghi destinati dalle autorit allesercizio della prostituzione femminile, vi erano indicati anche quelli utilizzati specificamente dai travestiti. Si trattava di unarea, LImbrecciata, che si estendeva tra Porta Capuana e il contiguo borgo di SantAntonio Abate, dove, ancora fino alla fine dellOttocento, esisteva vico Femminelle, frequentato solo da quelli che, al tempo, erano definiti travestiti. Di questa strada malfamata ne parla anche, proprio alla fine dellOttocento, lo stesso De Blasio, collegando le attivit che vi si svolgevano con la malavita organizzata che controllava tutto il quartiere gi dal Settecento. Unaltra descrizione del fenomeno dello spusarizio la troviamo quasi un secolo dopo in un articolo di Carrano e Simonelli pubblicato nel 1983 sul numero 18 della rivista francese Masques. Revue des homosexualites, e riproposto, tradotto in italiano da Eugenio Zito, in questo volume. Il matrimonio inizia con la vestizione della sposa alla presenza della madrina o testimone. Dopo aver fatto le foto per lalbum, la sposa si reca allentrata della chiesa dove attesa dallo sposo, di solito un altro femminiello che in questa occasione veste abiti maschili. I femminielli non entrano in chiesa, ma rimangono sul sagrato, limitandosi a scendere la scalinata circondati dalla folla gioiosa di amici e parenti. Gli sposi, poi, su unauto lussuosa si recano, insieme a un folto pubblico di amici e persone, al ristorante per il pranzo di nozze, a cui partecipano moltissimi invitati, con lesibizione di cantanti popolari; la festa andr avanti fino a notte. Secondo Carrano e Simonelli (1983) questi riti sono solo in apparenza imitativi, poich le condizioni e le regole in base alle quali sono celebrati, indicherebbero pi che ununione dei sessi, unabolizione dei ruoli sessuali. I coniugi, infatti, durante il rito lasciano la loro condizione di femminielli, per ri-travestirsi nellassumere questa volta i ruoli propri dei due 46 sessi, maschile e femminile, rappresentati nel momento in cui si manifesta la loro massima differenza, ovvero il matrimonio. I femminielli durante il matrimonio non si limiterebbero dunque a rappresentare i ruoli che si sono assegnati, ma essi li interpreterebbero allinterno di un complesso gioco di ambiguit non solo sessuale, ma soprattutto simbolico, probabilmente al di l delle loro stesse intenzioni. Il matrimonio chiaramente finto, non tanto perch non riconosciuto dallo Stato e dalla Chiesa, ma piuttosto perch non prevede alcuna trasformazione sociale dei femminielli, e dei rapporti che intercorrono tra gli sposi. A tal proposito lantropologa Corinne Fortier afferma, nel corso dellintervista presente nel documentario La Candelora a Montevergine (Valerio e Sisci, 2007), che i femminielli tradizionali avrebbero considerato contronatura un siffatto matrimonio. Dunque, evidente che non il matrimonio, inteso come rito di passaggio, a costituire lo scopo ultimo della messa in scena, ma esiste un significato pi complesso ignorato dagli stessi femminielli. Carrano e Simonelli (1983) sostengono che tutto ci avviene allo scopo di celebrare lunione dei sessi in una situazione che si potrebbe definire di doppia dimensione effimera del matrimonio. Dunque lesistenza di tali riti non sarebbe giustificata dal bisogno di normalit e di accettazione, che tra laltro gi appartengono ai femminielli, grazie al ruolo che svolgono in seno al loro gruppo sociale. Confronto Dalla Porta-De Blasio A un confronto tra le caratteristiche messe in evidenza dai due autori, pur nelle differenze storico-sociali di posizioni e di termini, sembrerebbe esistere una continuit lungo i tre secoli che separano gli effeminati del Della Porta dalle femminelle del De Blasio (Zito e Valerio, 2010). A ritroso nel tempo, tuttavia, il filo della storia dei femminielli si riavvolge in un gomitolo con 47 molti capi che non facile dipanare, per lassenza di documentazione certa e per luso di terminologie sotto cui gli autori antichi ponevano fenomeni diversi che avrebbero richiesto, a evitare confusioni, termini distinti. Tracce, indizi ce ne sono. Voci riportate esistono, ma rimangono nel campo della leggenda, del si diceva. Per, se si analizzano meglio i documenti prima riportati, si possono desumere indicazioni utili a ipotesi di ricostruzione, per i femminielli, di un percorso di realt collettiva risalente addirittura, in qualche modo, pur nella diversit di forme e manifestazioni specifiche, alle origini stesse della citt di Napoli o quanto meno alla pi generale area mediterranea. Anche se, per quanto riguarda il Mezzogiorno dItalia, una densit fisica di popolazione molto bassa pu aver dato luogo, soprattutto tra il VI-VII secolo e il IX secolo d.C., periodo della massima depressione demografica di tale popolazione, con effetti che si sono prolungati fino al XV secolo, a soluzioni di continuit per quanto riguarda le tradizioni, il patrimonio etnico e gli elementi antropologici della cultura e della civilt meridionale, creando cos difficolt nella ricostruzione storica di molti fenomeni ed eventi di carattere socio-antropologico (Galasso, 2009). comunque ammissibile che gli autori citati, parlando del loro tempo, in qualche modo, direttamente o indirettamente, ci abbiano offerto elementi a loro giunti dal passato e da tradizioni anteriori riguardanti loggetto su cui si volgeva la loro attenzione in quel momento. Analogamente vale per le notizie desunte da cronache o da documenti iconografici. Della Porta un autore tardo-rinascimentale, ci potrebbe far pensare che i suoi effeminati siano collegabili alla figura del sodomita rinascimentale, cos come emerge dalle fonti letterarie dellepoca e dagli studi fatti su esse (Ruggiero, 1988; Tannahill, 1994; Scholz, 2000). Nel contesto rinascimentale la figura del sodomita quella di un adulto che assume ruolo attivo nei rap 48 porti sessuali con adolescenti maschi che sono sempre passivi, salvo, eventualmente, a diventare, poi, attivi in et adulta. In merito lautore non fa cenno, e leffeminato da lui visto a Napoli collegato a figure analoghe presenti in modo rilevante in Sicilia. Ci induce a ritenere, piuttosto, che Della Porta segua come riferimento una traccia geografica legata allarea mediterranea, dove accertata la diffusione, soprattutto nei territori costieri, di una concezione particolare di quella condizione che, oggi, inquadreremmo nellambito dellomosessualit. In essa veniva individuato come sodomita soprattutto chi rivestiva un ruolo passivo potendo assumere ruoli e atteggiamenti femminili. Cera una netta distinzione tra chi assumeva, nel rapporto sessuale, un ruolo passivo e colui che svolgeva un ruolo attivo, che non veniva considerato diverso n concettualmente n linguisticamente dal maschio che oggi consideriamo eterosessuale. Si riverberava cos il medesimo quadro di riferimento valido per la eterosessualit di un contesto sociale a struttura patriarcale cos come si manifesta oggi in molti paesi che si affacciano sul Mediterraneo e in molti paesi mediorientali. Si manteneva allora e si mantiene ancora oggi, in molti contesti sociali e geografici, lo schema bipolare della netta separazione fra chi assume il ruolo passivo femminile e chi quello attivo maschile, con la dicotomia maschile/femminile, attivo/passivo. Si riconosceva che chiunque assumesse un ruolo attivo in un rapporto sessuale era comunque considerato un maschio, mentre chi riveste un ruolo passivo viene femminilizzato e stigmatizzato. Si salvava allora e si salva oggi il sistema sociale, perch comunque il maschio che avesse predilezioni sessuali per soggetti del proprio sesso, se svolgeva un ruolo sessualmente attivo, conservava il suo ruolo sociale e non subiva stigmatizzazioni di sorta. Era necessario, quindi, creare un sistema di denotazione per indicare chi viveva un ruolo passivo, cio una specie di femmina (femmenella) e perci tale da produrre un forma di sottocultura 49 nella quale si usa un gergo particolare e si favorisce una socializzazione di gruppo tra simili. Questa la strada che potrebbe collegare il femminiello allo stile di vita del mollis8 romano e del kinaidos9 greco10. Daltra parte va ricordato lepisodio dellincendio avvenuto nel 1611 in locali posti in stretta prossimit del Santuario di Montevergine, dove furono rinvenuti numerosi cadaveri di pellegrini maschi che indossavano abiti femminili. Questo, congiuntamente alliconografia di effeminati che danzano, precedentemente descritti, riporta a una forma di travestitismo religioso, pure esso diffuso in area mediterranea, legato alla sacralit della maternit e fecondit con forme localmente variabili e che trova nel culto della dea Cibele la sua forma pi nota. Chiamiamola, questa ipotesi, sacrale. Il De Blasio ci offre, infine, due percorsi: quello linguistico che nasce dal termine ricchione, e quello socio-antropologico che collega i femminielli alla plebe, considerata depositaria delle pi antiche tradizioni e usanze della citt, in una sorta di sottocultura arcaica resistente a ogni forma di cambiamento evidente, ma pronta ad assorbire aspetti e forme di novit in qualche modo rispondenti alla sua esigenza di sopravvivenza. Lessico e rappresentazioni sociali Molto si opinato sullorigine del termine dialettale ricchione, che sicuramente di origine meridionale. Per Battaglia (1990) e Cortellazzo (1999) la parola sarebbe collegabile al termine hirculone riferito allhircus ovvero il caprone e avrebbe una connotazione negativa nel senso di essere immondo nelle abitudini sessuali. Nascerebbe, quindi, dallidea che un eccesso di lussuria dovrebbe necessariamente tramutarsi in sodomia o rapporti tra persone dello stesso sesso. Unaltra ipotesi forse pi plausibile fa risalire il termine a un verbo dialettale calabrese arrichi 50 derivato da ad-hircare ovvero andare verso, desiderare lirco cio il caprone. Veniva usato per indicare la capra in calore che cercava il caprone. Arrichione era un uomo che desiderava un altro uomo, non un essere animalesco. unipotesi plausibile anche pi di quella avanzata da Ballone che vedeva come origine del termine il soprannome orejones attribuito nel XVI secolo dagli spagnoli a notabili Incas che presentavano orecchie artificiosamente ingrandite e ritenuti sodomiti e dediti al vizio innominabile. Peraltro, questo percorso si ricollegherebbe ad un dato topografico, cio al Quartiere degli Spagnoli11 di Napoli, dove tradizionalmente sono sempre stati presenti i femminielli. Comunque questo riferimento linguistico ci riporta nuovamente allarea mediterranea e alluso di un termine che serviva per indicare, in zone di questa area, la condizione di un uomo che assume ruoli sessuali femminili e si comporta come una donna (Zito e Valerio, 2010). Lindizio socio-antropologico presente nel lavoro del De Blasio, poi, pi misterioso e, in un certo senso, riassorbe tutti gli altri. Si pu, invero, dire che i femminielli gi dovevano apparire al De Blasio uomini che sentivano e vivevano da donne e che la loro appartenenza alla folla dei bassifondi aveva non tanto e non solo carattere delinquenziale, quanto piuttosto nasceva da un legame con la plebe pi bassa che in qualche modo li collegava alla parte pi remota della citt di Napoli risalente addirittura alle sue origini. A questo punto si rende necessario il tentativo di avanzare in unanalisi lessicale del termine femminiello, per rintracciare la rappresentazione che esso contribuisce a veicolare; il nostro tentativo non ha pretesa di esaustivit, dal momento che il termine non sembra essere riportato sui maggiori dizionari etimologici e vocabolari di lingua italiana e/o napoletana. Siamo consapevoli, inoltre, che avanzare unipotesi che si muove sul piano linguistico e lessicale equivale, gioco forza, ad avanzare 51 unipotesi interpretativa su un fenomeno antropologico-relazionale. Il termine femminiello costituito dalla radice femmin-, dallalterazione -ell- e dalla desinenza -o. La radice femmin- rimanderebbe a un posizionamento/attribuzione riguardo al genere femminile, che si connoterebbe in un senso maggiormente identitario (sentirsi femmina) o pi semplicemente di ruolo (comportarsi come una femmina). Lorientamento verso il ruolo di genere che sembra essere giustificato dalla rappresentazione socialmente condivisa del femminiello sarebbe desumibile dallalterazione e dalla desinenza. Lalterazione -ell- un diminutivo con un aggiunto valore di vezzeggiativo: il valore diminutivo andrebbe a sottolineare sia una dimensione riduttiva dellessere (e, quindi, del non essere) femmina, sia un atteggiamento di benevola subordinazione e copertura sotteso a una percezione di piccolo e incompiuto. Il valore vezzeggiativo aggiuntivo, da un lato esprimerebbe unistanza di consenso (con quanto di sentimentale, tenero e bonario insito nella costellazione affettiva della rappresentazione sociale), dallaltro posizionerebbe il soggetto, che ne destinatario, in una dimensione di beffa e di scherno leggero che rimanderebbe, probabilmente, a una necessit di distanziamento da ci che, essendo cos diverso, suscita turbamento. In sintesi nellalterazione -ell- che verrebbe incarnata tutta lambiguit insita nella rappresentazione sociale del femminiello. La desinenza -o, che nella lingua italiana esprime il genere maschile, fungerebbe da contraltare alla questione posta dalla radice femmin-, andando a mitigare la forza di contenuto che essa esprime, riportando, cos, in tale denominazione, lidea di un aggancio con il principio di realt. Spingendoci oltre potremmo supporre che la radice femmin- come se rimandasse al voler essere, la desinenza -o allessere reale, mentre l-ell- a tutto ci che potrebbe essere, le infinite coloriture affettive intermedie 52 legate alla rappresentazione di questo character (Cuomo, Ferraro, Romano, Sisci e Valerio, 2009). Ipotizziamo dunque che la funzione antropologica e sociale del femminiello risiederebbe, da una parte, nel farsi punto di appiglio di un meccanismo di difesa collettivo rigidamente strutturato in senso patriarcale, per cui il soggetto maschile che assume un ruolo passivo nellambito dei rapporti sessuali femminilizzato o considerato come una femmina un po difettosa, mentre chi assume un ruolo attivo considerato come un maschio a tutti gli effetti; dallaltra, nella gratificazione inconscia del contatto con la mezza femmina, lunit indifferenziata, fantasia onnipotente del narcisismo primario. Questa rappresentazione bilogica del femminiello, articolata tra fascinazione\attrazione da un lato e distanziamento/ isolamento dallaltro, sembra riconfermarsi anche nella contestualizzazione socio-geografica di tale character, allinterno dei Quartieri Spagnoli, poveri e popolari, stretti tra Corso Vittorio Emanuele e Via Toledo, le vie bene e borghesi della citt. A Napoli i principali elementi di struttura discriminanti la figura del femminiello sono verosimilmente condivisi, e costituiscono specifiche modalit di organizzare in termini di contenuti e di spiegazioni familiari ci che, al contrario, difficilmente spiegabile e comprensibile alla coscienza. Da un punto di vista lacaniano (Lacan, 1966) il femminiello potrebbe rappresentare per gli altri, uomini e donne, una deroga al divieto, la possibilit, rinvenuta nel simile, di essere altro da ci che i codici simbolici prescrivono con la loro trascendenza sul piano del reale. Daltra parte potremmo, sempre per ipotesi, pensare che, alla fascinazione/attrazione, fa da controparte la spinta a segregare, a tenere serrato in una delimitazione spaziale circoscritta, i quartieri popolari, il ventre di Napoli, ci che di pi perturbante esista: lincontro con la realizzazione dellonnipotenza-impoten 53 za originaria e le relative angosce, descritte da Melanie Klein (Klein, 1978). questo ventre, tessuto sociale omogeneo, e pur tuttavia condensato di eterogeneit, che diviene lunico possibile ricettacolo della coesistenza di femminile e maschile, di sacro e profano. Queste unioni o fusioni di elementi diversi trovano una radice comune anche nella cultura esoterica che a Napoli fatta risalire al Medioevo, e, pi indietro ancora nel tempo, alle leggende di Virgilio Mago, ma che di fatto comincia molto prima con i Misteri Isiaci, legati alla cultura degli alessandrini, che a Napoli costituirono una rilevante colonia. La figura del dio Nilo, che troneggia nellomonima piazzetta, levidente simbolo di questa commistione di culture e riti. La compresenza di sacro e profano fusa con la napoletanit, intesa, qui, come manifestazione tradizionale e artistica della citt. Basti pensare allinserimento nel presepe napoletano, di una figura cos dissacratoria e profana, come quella del femminiello, accanto alle figure della sacralit. Qui la storia deve necessariamente cedere il campo a una mitografia, che non deve essere considerata luogo eminente dellirrazionalit ma, luogo abitando il quale possibile affrontare altrimenti lincertezza dellavventura umana quando sfugge al piano del controllo documentale sulla certezza delle fonti. I femminielli tra mito, storia e cultura Nellantichit greco-latina landrogino, lessere umano riconosciuto in qualche modo bisessuato, era considerato, nei fatti e nella concretezza della vita quotidiana, funesto anche se numinoso. Veniva per questo motivo allontanato dalla citt o addirittura eliminato. In certe circostanze lespulsione era accompagnata da alcuni riti come quelli descritti da Diodoro Siculo 54 (Fram. XXXII) e da Tito Livio (XXVII, 36, 7). Sradicato dalla realt, landrogino giocava in compenso un ruolo considerevole nel campo dellimmaginario. Era un mito arcaico dellarea mediterranea, secondo Eliade (1976) un archetipo universalmente diffuso, di grande valenza socio-antropologica che aveva assunto e riassunto tutte quelle situazioni sessuali che non erano nettamente femminili o maschili, ma partecipavano della natura di entrambe. Sul piano simbolico era un mito potente, evocatore del concetto della polarit concatenata di ogni forma di dualit, ed era immagine dellambiguit. Platone valorizza il mito e pone nellesistenza originaria di un terzo genere, quello dellandrogino appunto, il raccordo concettuale e metaforico tra il tema dellamore, tema centrale nel Simposio (Cerinotti, 1989), ritenuto espressione dellumana nostalgia per uninterezza perduta, e il tema della parit tra uomo e donna che ritiene fondamentale nella concezione politica espressa ne La Repubblica (Lozza, 2003). Si pu quindi ritenere che in questa visione di Platone riaffiori lantica anima femminile del Mediterraneo, che costituisce unaltra distinta e parallela espressione di quella unit originaria della psiche umana e della sua potenza creatrice che si manifesta poi nei miti e nei riti discendenti dalla remota tradizione della Madre Primordiale. Secondo la tesi di Neumann (La grande madre, 1956), il mito della Grande Madre, un archetipo fondamentale, sintesi di feconda pienezza e di principio trasformatore, cio di una divinit che partecipa del femminile e del maschile. una sorta di androgino divino (Eliade, 1976), che riflesso e astrazione dellunit originaria della psiche umana considerata nelle sue dinamiche tra fusione e distacco, tra simbiosi e relazione. Si tratta di un complesso di antichissime tradizioni culturali che si perpetuano anche attraverso il ricordo dei primi clan agricoli nella storia umana in cui la donna-madre aveva una sua 55 preminenza per la sua capacit di mettere al mondo e per le sue abilit nel riconoscere, conservare e nellimpiantare i semi agricoli. In questo complesso di tradizioni culturali il femminile era spesso concepito come in s autosufficiente e quindi vergine. A discendere dal paleolitico si era manifestata nelle sculture delle cosiddette veneri preistoriche, e aveva trovato poi, tra le altre, espressione nel culto della Grande Madre. Nel caso del femminile autosufficiente, nella fascia egeo-anatolico-cretese, in et gi storica (1500 a.C.), ricorreva anche liconografia delle sirene ornitomorfe, sirene vergini met donne, met uccello, come loriginaria sirena Partenope (800 a.C.) in area campana. Si pu ipotizzare che la rappresentazione del femminile nelle veneri preistoriche, ritenute raffigurazioni della Madre Primordiale, passi progressivamente, sotto laspetto iconografico, attraverso le Veneri di Malta, le Matres Matutae capuane, la Magna Mater Cibele frigia, e giunga fino alle varie immagini della Madonna presenti nella cultura cristiana, testimoniando, pur caricandosi nel corso dei millenni di valenze culturali differenziate, pi articolate e specifiche, la continuit del valore primario e sacro della femminilit (Neumann, 1956) nellarea del Mediterraneo (Fernandez, 1967) e pi in generale nei territori meridionali euro-asiatici. Questo tema delloriginario femminile nel Mediterraneo offre degli indizi utili per rintracciare alcune delle radici antropologiche e culturali peculiari del fenomeno dei femminielli dei quartieri popolari della citt di Napoli. Non a caso il termine femminiello ha una forte carica allusiva particolarmente significativa: esso grammaticalmente di genere maschile ma, come gi detto, sul piano etimologico e semantico rimanda alluniverso femminile (Zito e Valerio, 2010). A Napoli, quindi, questo tipo di transgenderismo e di travestitismo, quello dei femminielli appunto, si differenzia, da fenomeni analoghi di altre grandi citt occidentali. si un transgen 56 derismo urbano e perci diverso da quello che esprime ruoli tribali come nel caso dei Berdache presso gli indiani Mohave del Nord America (DAgostino, 1998) o ruoli essenzialmente religiosi presenti in alcune popolazioni dellestremo oriente (Herdt, 1993). Non camuffamento della virilit, non semplicemente legato a tradizioni di teatralit popolana documentata da opere come il cosiddetto Ballo di Sfessania o la Canzone di Zeza risalenti rispettivamente al XVI e XVII secolo, in cui spesso i femminielli sono stati utilizzati in ruoli fondamentali. In realt presenta quasi i caratteri di una condizione di diversit naturale e di unespressione sessuale che ha una propria realt largamente riconosciuta e integrata nel suo contesto sociale con aspetti di sacralit rituale e di sapore arcaico profondamente stratificati nella cultura (Simonelli e Carrano, 1983, 1987). E i due aspetti della sacralit e dellintegrazione sociale sono correlati, perch la ritualit attuale si manifesta soprattutto nella rappresentazione di cerimonie fondamentali della vita sociale, quali il matrimonio, il parto e il battesimo, nellesercizio della divinazione sotto varie forme e nel riconosciuto potere di portare fortuna. Napoli una citt che porta stratificata nella sua peculiare cultura lantica anima femminile del Mediterraneo. La letteratura antropologica sottolinea la natura femminile della citt, riprendendo il mito della Grande Madre Mediterranea, richiamando i riti di Cibele e poi di Venere dea della fecondit nelle grotte Platamoniche del Chiatamone. Napoli ancora la citt mestruata di San Gennaro e Santa Patrizia (Niola, 1994). E larcheologia stessa ci segnala lesistenza anche di riti della fecondit nelle grotte di Piedigrotta e nellantico tempio di Cere- re nellarea di Santa Patrizia (Arcidiacono, 1999). Napoli, citt femminile, consente dunque a degli uomini di manifestare il lato femminile della loro natura anche in un contesto che ha sempre risentito dellordine patriarcale risalente alla colonizzazione greca dellVIII-VII secolo a.C., e consolidatosi 57 nel corso dello sviluppo della civilt occidentale, ma innestato su antichi culti matriarcali italici e su strutture familiari matricentriche (Belmonte, 1997) che comunque sono stati attivi e dinamici nella configurazione dellanima della citt attraverso la trasmissione di una ritualit molto esibita, quasi teatrale, come nello spusarizio di cui si gi parlato. In questultimo caso, infatti, colpisce, particolarmente, la larga partecipazione di tutto il quartiere, giovani e anziani, uomini, donne e bambini la cui presenza sottolinea la realt che il femminiello non costituisce per la comunit un deviante (DAgostino, 1998), quanto piuttosto una figura quasi magica. Infatti, attraverso la partecipazione comunitaria ai riti di cui i femminielli sono gli officianti, ciascuno pu conseguire catarticamente la sensazione di ottenere una temporanea liberazione dai propri mali. E ci in analogia a quanto accadeva con i riti celebrati dai Gallae, i sacerdoti evirati e travestiti della Grande Madre Cibele, il cui culto storicamente ebbe una grande diffusione sul Partenio (Montevergine) e nellarea compresa tra la zona flegrea a nord di Napoli e il territorio capuano a partire dal II secolo a.C., incontrandosi e sovrapponendosi col culto delle Matres Matutae. Il mito legato a Cibele presenta unimportanza particolare sia sul piano delle matrici storico-culturali del fenomeno dei femminielli a Napoli attraverso i suoi aspetti rituali, sia per una possibile interpretazione di questo fenomeno di transgenderismo e delle sue differenze rispetto ad altre forme di transessualismo sul piano simbolico e analitico per i suoi aspetti sostanziali. Nel mito, infatti, Cibele produce un ciclo di vita e morte incentrato sullevirazione di Attis, figura divina che essa stessa genera, attraverso il sangue fecondante del figlio ermafrodito Agdisti con la ninfa Nana, sposa e poi indirettamente uccide per farlo rinascere. Per un processo di mimesi, nella ritualit derivata dal mito, i sacerdoti seguaci di Attis si autocastravano, si travestivano e svolgevano mansioni da donna. 58 Presumibilmente situato proprio nella zona di Montevergine in provincia di Avellino le cronache ci hanno tramandato lesistenza di un tempio dedicato alla dea ctonia delle grotte e delle montagne in stretta relazione con il culto di Cibele. In proposito labate di Montevergine e storico Giordano, in Croniche di Montevergine (1649), sostiene che la tradizione locale citata da tutti gli storici di Montevergine asseriva che il monte prendesse il nome di Cibele da un tempio che era proprio l. Anche lagiografo Bargellini, in Mille santi del Giorno (1977), parlando della fondazione del santuario di Montevergine da parte di San Gugliemo, riferisce che avvenne sul Partenio presso le rovine di un tempio dedicato alla dea pagana Cibele. Infine secondo la tradizione riportata dal Martirologio Gerominiano risalente alla prima met dellVIII secolo d.C., ripresa e sviluppata anche dal Martirologio Beneventano di Santa Maria del Gualdo risalente al XII secolo d.C., San Vitaliano, vescovo di Capua del VII secolo d.C., si sarebbe ritirato sul Partenio, cio lattuale Montevergine, dopo essere stato coinvolto in unoscura vicenda di travestitismo e qui avrebbe edificato una cappella dedicata alla Madonna sui resti di un tempio dedicato a Cibele (De Simone, 1982). I momenti fondamentali del culto di Cibele erano: lascesa verso il monte sacro, ladorazione di una pietra sacra, e la presenza di fedeli maschi travestiti da donna che manifestavano una devozione frenetica ed estatica con canti e danze sfrenate al suono di tamburi e cimbali. Questo culto in era cristiana sarebbe stato progressivamente sostituito, come avvenuto in altre aree e santuari pagani, dal culto per la Madonna. Si sarebbero per conservate alcune manifestazioni di questa antica ritualit appannaggio specifico di devoti travestiti e transessuali campani. Ancora oggi lascesa al santuario di Montevergine costituisce uno dei momenti fondamentali e altamente ritualizzati della vita dei femminielli. Ogni anno nel giorno della Candelora 59 essi si inerpicano sulla montagna diretti al santuario dedicato alla Mamma Schiavona, la Madonna Nera. Dal ventre di Partenope alla cima del Partenio si ripete il rito del pellegrinaggio dei femminielli al santuario, accompagnati da suonatori di nacchere, tammorre e cimbali e abbigliati in modo decorosamente vistoso e curato con indumenti particolarmente colorati. La prima sosta avviene in prossimit di una grotta dove si trova un rozzo sedile in pietra, antico ricordo della pietra sacra del culto di Cibele. Poi si riparte per raggiungere la scala santa, una scalinata di ventitr gradini che spesso si percorrono in ginocchio intonando una strofa a ogni gradino, infine ci si presenta al cospetto della Santa Madre. Dopo la visita, sulle aree prospicienti il sacrato si balla e si canta con musiche e ritmi ossessivi, con gesti nei quali vanno a fondersi espressioni di sincera devozione e movimenti di antichissima ritualit che mimano il gesto della mietitura e della raccolta dei frutti, non privi inoltre di allusioni sessuali. significativo che attorno la gente si disponga in cerchio, uomini, donne, bambini, anziani, guardando ammirati, applaudendo e spesso partecipando. In questo evento ci sono insieme elementi di attualit, di arcaicit e soprattutto espressioni e manifestazioni di grande tolleranza e integrazione (De Simone, 1982). Se il mito di Cibele ha trasferito la sua ritualit nelle manifestazioni di devozione alla Madonna da parte dei femminielli, offrendo cos la prova di una continuit tra il travestitismo dei sacerdoti Gallae e quello dei femminielli attuali, sotto laspetto simbolico e analitico, offre, attraverso la lettura che ne d Neumann (1956), elementi utili a inquadrare il fenomeno transessuale. La transessuale sperimenterebbe in s il mito di Attis e come questi tenderebbe a evirarsi perch attraverso la castrazione diventerebbe la Madre stessa. Si potrebbe quindi parlare di uno sviluppo della mente per cui il soggetto non distaccandosi dalle immagini primordiali non diventa au 60 tonomo in una propria identit diversa da quella della madre generante. La transessuale non riuscirebbe n a ritualizzare n a vivere e superare sul piano simbolico la spinta a possedere la vagina: vivrebbe il proprio corpo di maschio come un errore della natura. Sotto questo aspetto il figlio simbiotico descritto da Stoller (1968) pu essere in un certo qual modo comparato ad Attis, il figlio amante della Grande Madre. Se non ci si distacca dalla madre reale e da quella archetipica ci si priva della possibilit di riconoscersi e individuarsi come maschio diverso e separato da lei. Le soluzioni a questo punto sarebbero almeno di due tipi o quella di diventare donna simbolicamente mantenendo i propri genitali maschili intatti o quella reale di castrarsi per sottoporsi a un intervento chirurgico di riconversione dei caratteri sessuali. Le due posizioni andrebbero a collocarsi lungo il sistema cromatico di genere descritto dalla Rothblatt (1995) in posizione notevolmente distanti (Abbate et al., 2004). Si avverte per nella condizione del femminiello una situazione diversa in quanto egli realizza il superamento della propria mascolinit su un piano pi rituale e simbolico. In altri termini perpetua la sua simbiosi con la madre a prescindere dal conseguimento di una completa assimilazione sul piano biologico. Si pu ritenere che ci costituisca lelemento distintivo di questo transgenderismo, coniugato con unascendenza arcaica stratificata nel peculiare contesto culturale di provenienza. In definitiva sembrerebbe che la specificit sul piano socio- antropologico dei femminielli di Napoli sia quella di aver perpetuato con continui adeguamenti alle mutazioni storiche e sociali questa tradizione arcaica di identificazione rituale e psicologica con il femminile originario e quindi con la Grande Madre. Quello dei femminielli si sarebbe pertanto cos configurato come un terzo genere, con un suo tipico universo di signi 61 ficati, cio unidentit altra, distinta nettamente sia dal genere femminile sia da quello maschile, senza per superare la frontiera del deteriore grazie a un sociale accogliente e tollerante portatore di una cultura risalente, stratificata e tutto sommato cos evoluta da incarnare un tipo di post-modernit sui generis (Zito e Valerio, 2010). Riflessioni conclusive: estinzione o trasformazione? In conclusione vorremmo avanzare una serie di riflessioni sulla condizione attuale dei femminielli nel contesto urbano napoletano. La scomparsa e/o profonda trasformazione a cui sembrerebbe che il fenomeno dei femminielli stia andando incontro potrebbe essere pensata anche come conseguenza dei profondi mutamenti a livello urbanistico, architettonico, culturale che Napoli ha attraversato nel suo passaggio alla contemporaneit. La metropoli contemporanea, inscindibile espressione del modo di produzione capitalistico, nasce allinsegna del superamento di ci che precedentemente vincolava e limitava gli organismi urbani, compresi quei fattori che potevano portare a drastici ridimensionamenti. La metropoli un organismo pi resistente perch si alimenta delle differenze producendone di nuove, a cominciare dalle diversificate opportunit di investimento e di valorizzazione del capitale. Il ruolo e la funzione sociale di cui i femminielli sono stati rappresentanti sembrerebbero invece vincolati allidea di una chiusura anticapitalistica delleconomia del vicolo, a una sorta di autogestione che con lo sfilacciamento del tessuto urbano e lincalzante pressione delle spinte globalizzanti ha lasciato analogamente sfilacciare le tradizioni, intese come conservazione e trasmissione di una cultura, di un modo di attrezzarsi alla vita, fortemente connotative dellappartenenza a questa citt. Pensiamo alla scomparsa dei 62 mestieri di strada che sono rimasti ormai iconografie nelle fonti degli archivi storici. Tuttavia, pur non volendo ridurre lanalisi al solo contesto urbano, possiamo affermare che anche i pochi femminielli rintracciabili nelle campagne delle zone vesuviane e in quelle avellinesi si muovono in un contesto assai ristretto e sono inseriti in una sottocultura di tipo contadino che pare anchessa in via destinzione. Questo avanzare della globalizzazione ha prodotto nuove forme sociali in cui incastonare la diversit. Ci riferiamo a queste come a forme sociali poich ci domandiamo se le istanze personali di coloro i quali fanno richiesta di cambiamento di sesso, ad esempio, non rispondano, in modo speculare, a unofferta proveniente dal sociale che va in questa direzione (Cuomo, Ferraro, Romano, Sisci e Valerio, 2009). Ci poniamo allora questo interrogativo: coloro che oggi si sottopongono alla pratica chirurgica per la riattribuzione di sesso sono quelli che nel passato negoziavano nel sociale la loro presenza come diversi, o sono piuttosto da considerarsi delle soggettivit del tutto diverse, mosse da istanze differenti? A questo proposito ci sembra interessante quanto afferma Schinaia (2006) riprendendo il pensiero psicoanalitico di alcuni autori lacaniani: si passati da una cultura fondata sulla rappresentazione, che si basava sullevocazione delloggetto desiderato, ad una cultura della presentazione, che consiste nellappropriarsi automaticamente e immediatamente, senza mediazioni, delloggetto stesso. In altre parole, si passati da una cultura basata sulla rimozione dei desideri e quindi sulla nevrosi, ad unaltra che raccomanda la loro libera espressione e soddisfazione e promuove in cotal guisa la perversione. Secondo questottica il femminiello rientrerebbe nella modalit rappresentativa in cui lessere femminile e il sentire femmi 63 nile veniva mediato dalle pratiche di travestimento, dalla vitalit giocosa, dal ruolo, il tutto allinterno di una vivace cornice di rapporti sociali (Zito e Valerio, 2010). Al contrario il transessualismo suggerirebbe un passaggio ad un desiderio reificato che si presenta sottoforma di trasformazione corporea irreversibile. Tutto ci darebbe anche la misura di un processo molto pi solipsistico in cui lidentit di genere non sembra pi essere una ricerca di s in rapporto allaltro sociale, ma un processo repentino che si d nel momento stesso in cui si concretizza il passaggio allatto prima diagnostico-giuridico e poi chirurgico. 64 Note 1 Per transgenderismo si intende quella realt di persone che, vivendo unidentit di genere opposta a proprio sesso biologico, non desiderano tuttavia cambiare completamente il proprio corpo, ma vogliono e chiedono di poter esprimere, nei comportamenti e nelle relazioni interpersonali, il sentirsi uomo o donna, al di l della propria struttura anatomica e senza dover essere costretti a omologazioni di alcun tipo. Il termine sembra, inoltre, avere anche unaltra accezione pi ampia, riferibile a una condizione caratterizzata da unidentit di genere in movimento e che non si identifica stabilmente n nel genere maschile n in quello femminile. 2 Questa probabile fase di transizione molto ben esposta nel documentario dellantropologo Massimo Andrei, Cerasella: ovvero estinzione della femminella, prodotto dalla Universit degli Studi di Napoli Federico II nel 2007 e disponibile presso larchivio del SOF-tel della medesima universit. 3 Ringraziamo il dottore Mauro Giancaspro per la gentile disponibilit mostrata durante la nostra ricerca. 4 Ringraziamo il dott. Luigi Corro per la consulenza. 5 La tammurriata, cio ballo o canto su tamburo, un antica forma coreutico-musicale ancora diffusa in alcune aree della Campania, dove praticata in numerose varianti. Essa si svolge principalmente nellambito delle feste, celebrazioni stagionali di ritualit collettiva associate alla religiosit popolare e soprattutto al culto devozionale rivolto alle madonne venerate in questi luoghi. La tammurriata espressione diretta della cultura contadina ed quindi connessa a credenze e culti arcaici antichissimi di origine precristiana. 6 Per ci che riguarda gli aspetti psico-sociali e antropologici del pellegrinaggio si rimanda il lettore alla visione del documentario La Candelora a Montevergine, di Paolo Valerio e Nicola Sisci, prodotto dalla Universit degli Studi di Napoli Federico II nel 2007 e disponibile presso larchivio del SOFtel della medesima universit. 7 De Blasio A., op. cit., p. 99. 8 Lespressione significa letteralmente effeminato ed presente in diversi autori latini tra cui Petronio (Satyricon 23.3). 9 Il termine greco aveva originariamente il significato di danzatore, successivamente di giovane effeminato (Platone, Gorgia 494) e come tale passato nella lingua latina, diventando cinaedus (Catullo, Carme XXIX). 10 Peraltro Salviano di Marsiglia ancora nel V secolo d.C. in De gubernatione Dei stigmatizzava il fatto che a Cartagine vi fossero uomini vestiti da donna e sessualmente passivi. 65 11 In merito, in una nota al suo testo Un paradiso abitato da diavoli, Benedetto Croce, citando il Bouchard, riporta le dicerie che correvano sui motivi per i quali durante il XVI secolo molti spagnoli si arruolavano per venire in Italia, includendo fra essi le tendenze omosessuali, al fine di sfuggire alle persecuzioni dellInquisizione, al tempo molto attiva in Spagna (Croce B., Un paradiso abitato da diavoli, a cura di Giuseppe Galasso, Adelphi, Milano 2006). 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La ricognizione sul nome in uso presso i parlanti meridionali (e non solo) per designare un gruppo sociale rientra a pieno titolo in una prospettiva di analisi sulla variazione linguistica di genere e, pi in generale, sulla variazione nel repertorio dellitaliano e del napoletano anche in diacronia. La storia della parola femminiello e delle sue varianti trova un suo spessore di significati nella declinazione dei contesti duso, sia parlati che scritti, e di questi contesti antropologici culturali diversificati si dar qui conto sinteticamente con esemplificazioni da testi letterari e di saggistica. Ma di interesse primario, in una prospettiva di storia linguistica, proprio la parola femminiello, con la sua costellazione di varianti lessicali, morfologiche e grafico-fonetiche, in quanto nome designante nei processi di una costruzione identitaria.1 Attorno a questa parola specifica (e a questa realt di corpi e di persone) si costruiscono poi i processi di rielaborazione e rappresentazione, espressi ad esempio nella letteratura o nella rappresentazione iconografica, ma anche negli studi dellambito delle scienze umane e mediche. Il rapporto tra nome e identit di gruppo (o di singoli individui) plastico e reciproco: si potrebbe dire sia che il nome crea unidentit di genere, riconoscibile nel sociale, sia che unidentit di genere crea il nome. 69 Il significato di base del napoletano femminiello m. sing./ femminielli m. pl.2, termine oggi panitaliano, , come sappiamo, quello che indica un uomo orientato al femminile negli atteggiamenti, nellabbigliamento e nelle scelte sessuali. La parola ha impressa nella sua forma metafonetica lorigine meridionale o pi precisamente napoletana: presenta infatti il dittongo di tipo metafonetico /je/ nella forma maschile singolare e plurale, in sillaba chiusa3 e nel parlato pronunciata con la vocale finale evanescente.4 Osserviamo il suffisso -iello/-ielli maschile unito a femmina, una parola di base femminile che, ricordiamo, in napoletano ha il significato di donna senza la coloritura negativa che pu avere in italiano: nel napoletano alcuni nomi femminili possono avere un doppio diminutivo, uno al maschile in -iello e uno al femminile in -ella5: ad esempio da cammara si ha cammariello e cammerella, da fenestra si ha fenestriello e fenestrella, da fune si ha foneciello e foniciella, da mazza si ha mazzariello e mazzarella. Dunque nel nostro caso stata utilizzata dai parlanti una possibilit morfologica del sistema dialettale, ma desemantizzando il valore diminutivo e puntando invece sul suffisso come elemento di formazione di un nuovo lemma indicatore di una categoria, come avviene ad esempio nel caso di saponariello apprendista rigattiere, scarpariello apprendista calzolaio, vastasiello apprendista facchino, nomi che indicano chi apprende o inizia a praticare un mestiere. Daltro canto sappiamo che proprio della creazione dei gerghi intervenire sulle parole di un dialetto o di una lingua con lo svisamento fonetico e con luso di suffissi per la formazione di parole gergalizzate non riconoscibili fuori del gruppo. 6 probabile che la parola, di cui non sono state ancora rintracciate con sicurezza le prime attestazioni, si diffonda in un ambiente di gergalit,7 dove la comunicazione era prevalen 70 temente interna al gruppo e doveva essere in qualche modo oscurata verso lesterno sia per motivi di accettazione sociale dellidentit sessuale altra sia a causa di intrecci sotterranei tra marginalit, devianza e illegalit. La circolazione della parola tra fine Ottocento e inizio Novecento sar estesa proprio a partire dalla saggistica del positivismo antropologico per poi arrivare nella seconda met del Novecento a una diffusione del regionalismo nellitaliano attraverso testi letterari e teatrali, come si dir pi avanti. Sul piano delluso sincronico, va poi considerata la forma che si realizza nel parlato dialettale diastraticamente basso dove oggi sono attestate pronunce con il dileguo delle vocali atone: f(u)mm(o)niell(o), fmmniell. Da qui la variante abbreviata e forse volutamente criptica fummo, fumm. Troviamo la forma fummo attestata in un articolo del 1910 sul lessico erotico dialettale della penisola sorrentina: lautore, di lingua tedesca, riporta parole e espressioni dialettali riferite alla sessualit raccolte da una sua inchiesta, ma incorre in un inconveniente di traduzione dovuto a somiglianza di significante tra fummo dial. e fumo it.: tu vai p o fummo (du gehst fr desn Rauch, machst den Racherer) e ancora, elencando i nomi dellomosessualit, fumist (fumo Rauch, also Racherer).8 Una studiosa dei gerghi ci informa che il vocabolo fmm le fu indicato come termine del gergo omosessuale nel 1990 ed tuttora in uso: Gi a vista si intuisce che il termine gergale e quello dialettale sono vicini fra loro e che, in particolare, il termine gergale nasce dallaccorciamento del termine dialettale con il necessario mutamento della vocale centralizzata pretonica in vocale piena tonica; stata scelta la perch in questo modo si realizza una metafora della condizione esistenziale del fmmnill, fmm non arrosto, apparenza, non sostanza.9 71 Un nome tra maschile e femminile: perch sono in uso, attestate a partire dallOttocento, le forme femminella/femminelle e femmenella/femmenelle in parallelo al maschile femminiello e le sue varianti. Anche per la forma grammaticale femminile si tratta di parole del dialetto, che in questo caso coincidono nel significante con litaliano, dove per altro di antica attestazione femminella nel significato di uomo debole, pavido, credulone.10 Questa parziale coincidenza con litaliano e un significato pi generico sembrano dare un grado di gergalit pi basso alla forma femminile, che tuttavia, proprio per questo, maggiormente specializzata allinterno del gruppo chiuso dei parlanti che condividono il codice di un linguaggio di genere. Una traccia toponomastica la troviamo nel vico Femminelle menzionato da Salvatore Di Giacomo11, un vicolo adibito alla prostituzione dei travestiti in una zona cittadina compresa tra LImbrecciata, Porta Capuana e SantAntonio Abate dove sin dal Cinquecento si esercitava la prostituzione, l confinata anche da provvedimenti statali, sotto il controllo della malavita e della camorra. Si colloca sul registro nettamente dialettale la forma con dileguo della vocale finale femmenell che oggi troviamo largamente adoperata nel parlato e anche nello scritto: basti qui ricordare lintitolazione dellassociazione Femminell Antiche Napoletane12 e la frequenza di questa forma nei blog e nei siti in rete. Ricordiamo un caso di trasposizione di questa forma nello scritto con una normalizzazione mediante aggiunta della vocale finale ma del maschile: Si cazzottano, le teste che sbattono contro le pareti dellangusto abitacolo, si scambiano insulti che suonano raddoppio dineco [...] soltanto a femmenello leco risponde marchettaro13. 72 Nelluso e nellopzione tra le forme maschili e femminili entra in gioco la percezione del s e dellidentit di genere: infatti la percezione degli altri porta a scegliere femminiello14 e le sue varianti, mentre per nominarsi e autonominarsi le individualit del gruppo aderiscono, ovviamente, a una narrazione del s al femminile e dunque usano femminella, femmenella e femm(e)nell. Non a caso il film-documento di Massimo Andrei, che ha un punto di vista interno al gruppo, si intitola Cerasella, ovvero estinzione della femmenella15 e racconta di Mina a russollela. Nella nobilt del genere grammaticale rientra anche la posizione dellarticolo masch. o innanzi a femminile: in rete troviamo Giggin o femmenell, Aitan o femmenell e notizie di cronaca nera riferite a un pregiudicato detto o femmenell. In un testo teatrale di Eduardo De Filippo, Mia famiglia del 1955, si menziona un personaggio presunto omosessuale con lepiteto o femmenella.16 Per la circolazione del termine si segnala anche unattestazione nella forma italianizzata in Una vita violenta (1959) di Pasolini17: Parlavano tutti come le femminelle, mezzo in napoletano18. Ancora a Pasolini si deve la diffusione di effe, abbreviativo gergale di effeminato: Dimme un po, chiedeva uno dei pischelli alleffe, Sabbrina che fine ha fatto? Come? fece leffe, driz zandosi come gli avessero messo un zeppo nel didietro.19 Ricordiamo che il termine napoletano con le varianti e femminella nello specifico significato iniziarono a diffondersi a livello sovraregionale veicolati dal successo teatrale della Gatta Cenerentola di De Simone,20 dove si assiste alle scene del suicidio del femminella e il Rosario dei femminielli. Nonostante sia legata a una realt e a una fenomenologia che in larga parte non esiste pi nel contesto napoletano per processi di trasformazione ed evoluzione interni alle ricerche 73 individuali di identit di genere, la parola femminiello con le sue varianti tuttora vitale nel dialetto napoletano, sia nella produzione che nella comprensione, anche con uno spettro meno specifico del significato. Di questo radicamento della parola troviamo traccia nella ripresa nella comunicazione giovanile parlata e scritta, come nel caso delle scritte murali di un istituto alberghiero napoletano, che sono un esempio della vitalit del dialetto a Napoli e delle tendenze della sua scrittura spontanea, ma anche di un cambiamento nelluso di una parola che va verso un significato evocativo di un campo semantico della sessualit, slegato da una specificit denotativa, e comunque con una carica ingiuriosa: Guidorizz o fmmnel c piace o capucchion pa faccia soia!21 La mobilit della parola dunque non pu essere descritta come unalternanza inconsapevole o confusione tra forme dialettali e italiane, ma deve essere osservata come una grammatica delluso relativo a una parola, dove nelle opzioni entra a pieno titolo la percezione e la valutazione del parlante. Parlare di s al femminile una consuetudine che pu essere esemplificata da questo breve racconto di Peppe Barra: Nei Quartieri Spagnoli cera un vecchio femmeniello che si chiamava a pullera perch in passato aveva venduto i polli. Caduto in disgrazia, diventato poverissimo, vendeva sigarette di contrabbando, venite a nonna vostra, che vi d e sigarette, si vulite qualche altra cosa non ve pu d cchi diceva.22 Un altro tema collegato al nome del gruppo quello dei soprannomi, che attestano anche le evoluzioni interne agli atteggiamenti sociali del gruppo. In unintervista23 ricca di informazioni Ernesto detto la pacchiana ricorda di aver conociuto a 74 pullera24, una delle prime dichiarate, che cio anche negli anni del fascismo si vestivano e si comportavano pubblicamente come donne, a differenza delle femmenelle velettate, che tenevano nascoste la loro tendenza. Tra queste femminelle storiche, Ernesto ricorda la Piedigrotta o a Peregrotta, che aveva come secondo soprannome Sfutteme-Sfuttume perch aveva labitudine di ironizzare e attribuire soprannomi allusivi a particolarit fisiche o nomi gergali di organi e pratiche sessuali come Zeppola, Anguilla, Schiavuttiella, Zaganella. Spesso accompagna il soprannome un parodico titolo nobiliare che si fregia della col- locazione in un quartiere napoletano: marchesa di Santa Teresa, principessa di Santa Lucia, duchessa del Borgo di SantAntonio. Sono segnali da un gruppo di parlati che si muoveva ancora uno spazio linguistico dialettale e in parte gergale, in sintonia con le tendenze linguistiche urbane.25 Sul piano della comunicazione si giocava anche una parte dei meccanismi di accettazione sociale legati alla funzione apotropaica, lascito del patrimonio di antichi miti, ma sentita e praticata in ambienti popolari sino alla met del secolo scorso: Negli anni Cinquanta i femmenielli si tingevano i capelli, si facevano chiamare con nomi di donna, e li trovavi soprattutto nei Quartieri Spagnoli. Venivano accettati come figure, ma il loro amore restava segreto. Erano sfottuti e dileggiati. Ma a Napoli o femmeniello si esponeva. Era ritenuto benaugurante, o si fotografava con i neonati. Veniva chiamato quando si doveva arriffare a Natale per il cappone, a Pasqua per luovo e per la tombola. Lui andava e faceva un pezzo di grande teatro.26 E se vero che a Napoli negli ambienti urbani, e non solo, cera generalmente una tradizionale tolleranza, se non laccettazione, di diversi orientamenti e comportamenti sessuali, anche vero che nelle famiglie della borghesia medio-alta nessuno vole 75 va o femminiello int a casa, come ci dice Ernesto, con conseguenti allontanamenti arrivando sino alla reclusione manicomiale. Ancora Ernesto la pacchiana racconta che negli anni Cinquanta, di sera, in un luogo allaperto eufemisticamente chiamato la cattedrale di Porta Capuana, si ritrovavano le femminelle, con appariscenti abiti quasi di scena, e si esibivano in danze e canti, sul modello del cabaret e del teatro di avanspettacolo. Anche i soprannomi evocano questo esotismo da variet: Hawayana, Shangay, Creola Nera.27 Possiamo ipotizzare, a partire dalle diverse scelte di rappresentarsi che deduciamo dai soprannomi, che, attorno agli anni Cinquanta, cambi il modello di femminilit a cui si ispira il gruppo, e il modello linguistico di riferimento diventi, pi pervasivamente, litaliano in quanto lingua del teatro di variet e del cinema, ma anche dei giornali popolari che illustravano la vita dei divi e delle dive e dunque di un nuovo modello. Nominare e nominarsi dunque una faccenda complessa quando riguarda i femminielli, come ci fa capire Giuseppe Patroni Griffi in Scende gi per Toledo a proposito della conflittualit comunicativa tra Rosalinda Sprint e il ragazzino figlio del suo sarto: il figlio del sarto sta nella guardiola con la testa affondata in un libro, la vede arrivare quellaria stravolta, lo strillo in pizzo al labbro si spaventa (vuoi vedere che mi rif la storia di ieri?) e premuroso, senza aspettare che Rosalinda Sprint attraversi landrone, si slancia fuori vociando a tutto fiato verso i ballatoi in alto: Pap, il ricchione!. Uno schiaffo che rintrona nellimbuto del palazzo gli incolla guancia a guancia strepiti, pianto, il precipitarsi del sarto gi per le scale e della moglie fuori da suo tugurio. Figlio di mappina scarda di cesso cntero ma chՏ successo io non ho fatto niente stronzillo dimmerda che ho detto il ricchione [...]. 76 A un tratto, silenzio. Girano per landrone frastornati muti, ad esaurire la nevrastenia che si scarica a terra dalle gambe [...] il portiere si avvia nella grotta buia dietro la guardiola, camera da letto e laboratorio, Rosalinda Sprint lo segue; la moglie e il ragazzino scompaiono in un altro buco. Il bavero del palt perfetto, sta su rigido e le incornicia la testa che sembra testa mozza in coppa di lenci [...]. Rosalinda Sprint pronta a perdonare, dimentica di quanto si sono buttati in faccia il sarto sente ancora il dovere di giustificare suo figlio. Quello va a scuola, un ragazzo istruito, le cose le dice col nome scientifico. Voi non vi dovete offendere, lui non ci ha messo malizia. listruzione che lo fa parlare cos. Il ragazzo non ci ha ancora quel, diciamo, corrompimento della vita che abbiamo noi grandi, che ti fa comprendere, ver, che anche se la cosa scientifica si chiama cos, anche se ha il suo nome nei libri, non si deve dire. Il ragazzo crede ancora che tutto quello che ha un nome si pu dire.28 Mantesinielli Chi il mantesiniello? Secondo la testimonianza di un parlante autorevole, il Maestro Peppe Barra, i mantesinielli erano femminielli che svolgevano lavori domestici, come le monache di casa, si prendevano cura della casa e dei parenti, e spesso per conto dei vicini e degli amici di quartiere facevano delle piccole commissioni o la spesa. I mantesinielli erano accettati e inseriti nellambiente familiare e sociale.29 Il termine deriva da mantesino grembiule; secondo i dizio nari dialettali, mantesiniello significa referendario, inframmet tente, chi per farsi bello riferisce i fatti altrui30 e dicesi cos, 77 quasi degno di portar grembiule, luomo che cerca di ingraziarsi, cattivarsi laltrui benevolenza, con artificio o anche col nuocere altrui Bellin bellino.31. Sono definizioni lessicografiche con un non detto rispetto alla dimensione della sessualit. La figura del mantesiniello conservata nelliconografia: in stampe, guaches e acquerelli distribuiti tra Seicento e Ottocento vediamo danzatori di tarantella, in ambienti allaperto di campagna. In alcune incisioni i danzatori hanno legato in vita, a mo di fusciacca, un piccolo grembiule. Queste figure, secondo De Simone, 32 sono riconducibili al rito del pellegrinaggio di Candelora a Montevergine, dove il percorso era scandito da tappe rituali e, dopo la visita alla Madonna Schiavona, cera la festa sul sagrato della chiesa con canti e danze codificati dalla tradizione, con movimenti duplicemente allusivi alla mietitura e al raccolto e alla sessualit. In una raccolta privata ho potuto osservare due statuette, ciascuna di circa quaranta centimetri, opera contemporanea di figurinai napoletani: in apparenza simili per struttura, decori e abbigliamento ad altri prodotti dellarte presepiale napoletana, riproducono due uomini vestiti con camicie a sbuffo di tipo seicentesco, con pantaloni attillati al ginocchio, come i danzatori di tarantella, con nacchere nelle mani, e con il grembiule. Collane e orecchini di corallo, come quelli tradizionalmente regalati alle balie o comunque ornamento delle popolane, completano labbigliamento al femminile dei due mantesinielli, che lartigiano ha realisticamente caratterizzato con le tracce del pomo dAdamo e della barba sugli zigomi pronunciati. Il collezionista ci informa che le due statuette sono state riprodotte in base a un modello ricavato da una foto fatta ad un acquerello, rinvenuto presso un antiquario napoletano, dove appunto era raffigurata una tarantella contadina. Mantesiniello dunque parola antica del napoletano, oggi non pi in uso, indica una parte per il tutto, e si tratta di una 78 parte altamente significativa come il grembo e lindumento che lo protegge nella quotidianit33. Mettersi il grembiule una modalit basica di tra-vestirsi, molto antica e radicata nellItalia meridionale come attesta Giovan Battista Della Porta: Nellisola di Sicilia son molti effeminati, et io ne viddi uno in Napoli di pochi peli in barba o quasi niuno; di piccola bocca, di ciglia delicate e dritte, di occhio vergognoso, come donna; la voce debile e sottile non poteva soffrir molta fatica; di collo non fermo, di colore bianco; che si mordeva le labra; et insomma con corpo e gesti di femina. Volentieri stava in casa e sempre con una famiglia come donna attendeva alla cucina e alla conocchia; fuggiva gli uomini, e conversava con e femmine volentieri, e giacendo con loro, era pi femina che listesse femine; ragionava come femina e si dava larticolo femmineo sempre: trista me, amara me, et il peggio era che peggior duna femina sopportava la nefanda venere.34 La faldiglia della descrizione di Della Porta unampia e ricca sopraveste35, adoperata dalle donne, e pu rientrare in una tipologia barocca del grembiule. La citazione dellaportiana ricorre spesso negli studi36, e qui aggiungiamo che anche nel sesto libro di Della celeste fisionomia compare un passo simile in cui si ribadisce luso specifico del termine effeminati: Vi sono uomini in Sicilia che si chiamano effeminati, senza barba, con voce sottile, vestiti di vesti da donne, in tutto scordati di esser uomini, attendono a i servigi domestici insieme con le fantesche, e bruttamente soffriscono sottoporsi a gli uomini.37 79 Rappresentazioni dei femminielli nei testi tra Otto e Novecento La rappresentazione dei femminielli tra Otto e Novecento viene fatta, con filtri diversi, in testi di saggistica e di ricerca e in testi letterari e teatrali. Il positivismo ottocentesco di matrice lombrosiana, che a Napoli vantava una scuola di studi antropologici e criminologi- ci allavanguardia, si interessa a questo gruppo: tra la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta scienziati e demologi contribuiscono in forme diverse allo studio degli emarginati, dei devianti, dei gruppi camorristici con una particolare attenzione agli usi comunicativi gergali. Sulla lingua segreta della comunicazione tra omosessuali si sofferma Alfredo Niceforo, che non ci informa esplicitamente sui femminielli, ma descrive alcune situazioni duso del gergo nella coppia, di marginali e non, fatta di persone che si sforzavano di apparire eterosessuali: La continuit dei rapporti e della vicinanza tra i due individui oltre a far sempre accrescere la complessit e la organizzazione del gergo, fa s che i due [...] avevano bisogno del gergo per nascondere i loro rapporti sessuali e finiscono col divenire amanti, e amanti veri e propri; ed allora non solo ci saranno tra di loro scambi di idee sessualmente volgari, ma anche idee, le pi spirituali, damore; al gergo quindi che serviva di maschera alle loro relazioni sessuali, si andr a mano a mano aggiungendo il gergo che nasconder gli scambi delle loro idee amorose. Cos il gergo della coppia si accresce.38 La comunicazione segreta necessaria ad esempio nel collegio, dove era necessario nascondere le amicizie sessuali tra ragazzi: una coppia cos formata ha inevitabilmente bisogno del gergo: questo diventa una maschera, unarma difensiva 80 di prima necessit quando tra due individui corrano rapporti di simile genere.39 Il gergo, sia pure limitato a un certo ambito e di uso ristretto, per Niceforo, come per i lombrosiani, lespressione della devianza patologica, dove era fluido il confine tra emarginazione e delinquenza. Rappresenta una prima fonte ampia per lo studio dei femminielli a Napoli la ricerca di Abele De Blasio40 che, per primo, racconta e documenta spaccati di ambienti malavitosi nei quali si muovevano anche i femminielli. La sua una descrizione di una realt a lui contemporanea, che testimonia attraverso una visione diretta o comunque con informazioni di prima mano, e proprio per questo motivo raccoglie ora luna ora laltra delle variazioni grammaticali e grafico-fonetiche della parola femminiello, che anche per la sua gergalit parola mobile tra Otto e Novecento. La parola al femminile viene lanciata come ingiuria nella petrejata, cio nella sassaiola: ecco intanto uno dei motivi pi salienti che dava, fra noi, luogo alla petrejata. Se uno dei nostri scugnizze veniva maltrattato da un abitante di altro rione, e se la faccenda non si aggiustava subito, con lo scambiarsi qualche pugneturella dint a panza (coltellata) [...] la cosa si diffondeva e i guagliune, dopo che si erano provvisti di pietre, si avviavano a morre (in gran numero) al quartiere delloffensore e quivi gridavano: Ainella! Ain! Ascessero e guagliune d o Buvero, ca so belle! E quelli di rimando: E guagliune d o Buvero so belle e buie site na rocchia e femmenelle.41 Quello di De Blasio un resoconto a cui limpostazione ideologica degli studi di antropologia positivista sulle devianze imprime colori forti e un tono giudicante, accresciuto dalla 81 connessione tra inchiesta sulla camorra e sui comportamenti sessuali. Nel 1897, in Usi e costumi della camorra ripreso poi in Nel paese della camorra. LImbrecciata42, De Blasio dedica un capitolo al matrimonio tra due uomini, O spusarizio masculino in cui parla del legame che poteva unire un camorrista anche bisessuale, definito pederasta attivo, a un omosessuale, generalmente travestito, detto pederasta passivo, dandoci anche elementi per una nomenclatura: accanto ai martiri della lussuria troviamo i pederasti passivi di professione, distinti nella malavita coi nomignoli di ricchioni, femminelle o vasetti, chiamati da Brouardel delinquenti nati semifemminei. Essi fanno parte di quella folla che si agita per i bassi fondi della citt e che si procura col furto il pane quotidiano. Giunti che sono i ricchioni alla prima alba della pubert, sentono il bisogno di essere...goduti, e, trovato che hanno lommo e merda (pederasta attivo), lamano, come ben si espresse il Mantegazza, con una passione vera, ardente, che ha tutte le esigenze, tutte le gelosie di un amor vero. Il vasetto, tutto contento dellacquisto fatto, colma di carezze lamante e poi cerca raggruzzolare quel tanto che indispensabile per preparar lara dove spontaneamente va ad offrirsi in...olocausto. Il luogo del sacrificio quasi sempre qualche lurida locanda, dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare lamante, qualche sonatore di organetto e di chitarra ed una schiera di ricchioni, che fan corona alla timida...fanciulla. Dopo un balletto erotico, il pi provetto della... materia augura alla felice coppia la buona notte; ma la sposina, prima di lasciar partire glinvitati, distribuisce i tradizionali tarallucci e vino [...] le nostre femminelle di giorno si occupano di faccende domestiche, appunto come fanno le donne, e poi in ora stabilita si fanno alla finestra ed aspettano i toro amanti. 82 Parecchi vasetti, per rendersi ai soggetti pi attraenti, si truccano gli occhi, altri si fanno tatuare sul viso qualche neo di bellezza e molti, mediante ovatta, cercano rendersi pi formose le parti posteriori e pi sporgente il petto. Qualcuno si femminizza anche nel nome.43 Se De Blasio non manca di passare in rassegna le casistiche di uomini che vivono come donne nei vari paesi e nelle diverse epoche, nel suo collegare i femminielli con la camorra sembra legare questo gruppo a un carattere della Napoli antropologica. In un progetto letterario largamente rivolto alla narrazione della citt e delle sue contraddizioni sociali, Ferdinando Russo, il poeta di E scugnizze,44 in Gente e mala vita45 disegna realisticamente, con un verseggiare terso, una figura la cui doppia identit femminile sottolineata dal titolo, apparentemente non marcato, che un nome femminile preceduto, e rinforzato, dallappellativo Onna Teresina: Si parla, parla tutto affemmenato; chmmalo bello, e chillo quase svene... Porta o bracciale, tene o nnamurato... malata, che ssa, chella ca tene! Dille caddora e musco e ll e priato Falle nu surdiglino, e chillo vene. colleruso, e si sta risturbato, sputa cu nu risgusto, comm e pprne. O ccert ca se fraveca e russette, se tegne ll uocchie cu na gravunella, tene a cammisa e seta cu e merlette. Rire sempe, cu a gente mmiez a via, e porta a carza rosa e a scarpinella cu a nocca ncoppa e o tacco a fantasia.46 83 interessante notare nel teatro di Eduardo De Filippo una rappresentazione sostanzialmente giudicante dellomosessualit in alcune commedie, dove linguisticamente tabuizza termini espliciti riferiti allomosessualit, come era del resto nel costume di quegli anni. Significativo in Mia famiglia (1955) il dialogo del padre Alberto, speaker radiotelevisivo, che rimprovera alla moglie di aver accolto in casa il giovane Guidone, amico dei figli: ALBERTO [] E tu per prima hai permesso che quel signore frequentasse i nostri figli. Da un uomo che appartiene ad una categoria di gente che non ha niente da perdere e che una famiglia non se la potr mai creare, che ti puoi aspettare di buono? Una setta diabolica, che funziona da un capo allaltro del mondo, ramificando e mettendo radici da per tutto. Simpongono servendosi dellArte per corrompere e distruggere quel tanto di buono che ci serve a credere nella vita che dobbiamo vivere giorno per giorno. E si servono del gusto raffinato . Mettono su negozio? E tutti di corsa al negozio dei raffinati. Non sapete niente? uscito il romanzo del raffinato. In quella strada, cՏ la sartoria del raffinato ; in quellaltra cՏ il parrucchiere raffinato. Guarda comՏ raffinata tua figlia. Non sembra pi nemmeno una donna, si pu confondere con uomo.47 La parola dialettale ricchione (come la forma diminutiva al vocativo ricchiunci) invece utilizzata da Eduardo non nel significato proprio di omosessuale, pederasta ma come insulto, con valore di mascalzone, imbroglione, traditore, secondo un uso comune del parlato disfemico meridionale, senza riferimento allorientamento sessuale, in Il sindaco del rione Sanit (1960), marcando uno scambio di battute dopo una sparatoria: 84 FABIO Ti ho pregato, stai zitto. Adesso ti lamenti? Ci pensavi prima della sparatoria. PALUMMIELLO [] Questo un fetente ricchione O NAIT O ricchione si tu. FABIO [ ] Va bene, siete ricchioni tutti e due.48 Nello scenario storico di Tommaso dAmalfi (1965) Eduardo rappresenta anche la vita di un sordida casa dove si muove un gruppetto di servitori i cui soprannomi sono gi caratterizzanti: Bab (nome del tipico dolce napoletano, per traslato sinonimo di dolcezza e morbidezza), Fravulella (fragolina attributo dato al colorito fresco e roseo delle ragazze), Perzechella (piccola pesca riferito a un incarnato femminile turgido e liscio) e Palla e zucchero. Uno scambio di battute ci chiarisce chi siano costoro, e ancora pi esplicito lo stigmatizzante commento eduardiano nella didascalia: Un lurido lupanare, situato in una traversa del Lavinaio. [] Una voce femminile, dallaccento teutonico, si leva, autoritaria, per ristabilire la calma. la voce di Madama Meyer, la padrona del bordello. MAYER Pasta! Pasta! Siete cani arrappiatiTutti cani arrappiati! Non afete rispettoMia casa essere Pordello serio [] PerzechellaFravulellaPalla di zucchero BabPerzechella, dove sei? PERZECHELLA (dallinterno) Madama Mayer, stiamo venendo. MAYER Foi cattivi mantesinielli, perch mai pronti quando io chiamare. FRAVULELLA (dallinterno) Pronti! PALLA E ZUCCHERO Prontissima! BAB Sto qua. I quattro compaiono nel riquadro del portoncino e si schierano di fronte alla loro padrona. 85 PERZECHELLA Schiavuttielle di Madama Meyer. FRAVULELLA, PALLA E ZUCCHERO, BAB, PERZECHELLA Schiavuttielle! (Si inchinano rispetto samente.) I quattro servitorelli di Madama sono gli esponenti massimi dellinfima pederastia dellepoca. Pure la pederastia, come del resto le abitazioni, i posti in teatro, negli ospedali, nei tram, fu sempre classificata in categorie diverse e distinte tra loro: nobilt e plebe. Se un nobile si poteva permettere il lusso di essere pederasta senza urtare le suscettibilit degli ambienti mondani e delle corti, un plebeo doveva nascondere la sua vergogna nei bordelli e nei lupanari pi malfamati del Reame. Venivano assunti in qualit di servitorelli e denominati con lappellativo di Mantesinielli.49 In pieno Novecento, ancora linteresse per la cultura popolare dellarea napoletana che genera la descrizione della figliata de femminielli, in La pelle di Curzio Malaparte50, ambientata a Torre del Greco: memoria di antichi riti, gli uomini che partoriscono feticci di legno, trovano uneco nel racconto di Fabrizia Ramondino Il fratello di Enzino con il parto delle bambole, come nota Antonella Cilento.51 La rappresentazioni dei femminielli e del loro sistema comunicativo nella seconda met del Novecento si muove gi nella dimensione del recupero di una figura e una cultura in via di estinzione. Su questa linea, il riferimento fondamentale senzaltro il recupero e la riscrittura anche linguistica messi in atto da De Simone nella Gatta Cenerentola. I femminielli della Gatta, anche con il ritmo cadenzato e veloce dello loro litanie, giocano con le risorse delle formule proverbiali e cabalistiche del dialetto, riutilizzate come veicolo di doppi sensi e giochi linguistici sui comportamenti sessuali. Ne deriva un lessico della sessualit in chiave 86 comica che in parte vuole sorprendere gli ascoltatori e in parte vuole ribadire la condivisione di un linguaggio comune nella tradizione dialettale, come ad esempio nel Rosario dei femminielli: E nel Terzo Mistero e Ntunettella Pe nfuc na tianella jetta a fern sott a furnacella po venette o solachianello e se nfucaie o bancariello po venette o munaciello e llarracquaie e rafanielle po venette e femmenielle e sagliuttettero e cucuzzielle.52 La rappresentazione dei femminielli nei testi letterari cronologicamente pi vicini sembra funzionale alla narrazione della citt, come elemento di caratterizzazione descrittiva a volte inserito come una citazione evocativa ( il caso di Domenico Rea in Pensieri della notte53) o sviluppato come personaggio, ad esempio come linformatore di polizia del commissario Ricciardi nei noir napoletani di Maurizio De Giovanni. Molteplici e di diversa valenza sono le rappresentazioni dei femminielli nel teatro, da Manlio Santanelli a Enzo Moscato a Fortunato Calvino. Un punto di congiunzione tra antico e nuovo mondo dei femminielli quello che si ritrova nel teatro di Annibale Ruccello, in cui in filigrana si scorge anche la sua formazione antropologica54, un teatro sempre sul filo della tensione tra primitivo e moderno, dove il dialetto la lingua antica ma anche postmoderna, contaminata dallimmaginario televisivo consumistico. Cos la Jennifer delle Cinque rose lemblema del cambiamento che dal femminiello ha condotto al travestito o al trans, un cambiamento che anche sociale e linguistico, pagato in termini di uno smarrimento di identit e di riconoscimento in un contesto urbano locale. 87 Note 1 Per un approfondimento in chiave di studi di genere si rinvia al recente Zito E. e Valerio P., Corpi sulluscio. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, Napoli, Filema, 2010; sulle parole che nelle diverse lingue e culture indicano gli uomini al femminile si veda la descrizione antropologica di DAgostino G., Il sesso in maschera in Maschere e corpi: tempi e luoghi dei Carnevale, a cura di Castelli F. e Grimaldi R., Roma, Meltemi, 1997, pp. 152-153. 2 Tra i dizionari del napoletano attribuisce alla parola un significato riferito alluomo Andreoli, Essere nu femminella, dicesi di uomo vago di pettegolezzi e di scandali. Essere un pettegolo, un mettiscandali (Andreoli R., Vocabolario napoletano-italiano, Torino, Paravia, 1887, s.v.). La reticenza di altri dizionari ottocenteschi induce a ipotizzare la gergalit della parola. 3 Per una descrizione del napoletano e della metafonia nei dialetti campani De Blasi N., Profilo linguistico della Campania, Bari-Roma, Laterza, 2006. 4 Il fenomeno socio-antropologico dei femminielli viene qui considerato nella sua specificit caratterizzante della realt urbana moderna di Napoli. Per i rimandi ai miti e alle testimonianze storiche pi antiche e i parallelismi con altri contesti culturali nazionali e internazionali si veda Corpi sulluscio, cit., pp. 47-71. 5 Capozzoli R., Grammatica del dialetto napoletano, Napoli, Chiurazzi, 1889, pp. 69-70. Per una descrizione diacronica del napoletano si veda Ledgeway A., Grammatica diacronica del napoletano, Niemeyer, Tbingen, 2009. 6 Per i gerghi in area italiana e una rassegna degli studi precedenti Marcato C., Il gergo, in Storia della lingua italiana a cura di Serianni L. e Trifone P., vol. II, Torino, Einaudi, 1994, pp. 757-791; Ead., Dialetto e gergo in I dialetti italiani. Storia, struttura, uso a cura di Cortelazzo M., Marcato C., De Blasi N., e Clivio G. I., Torino, UTET, 2002, pp. 1056-1362. 7 La voce in Ferrero E., Dizionario storico dei gerghi italiani. Dal Quattrocento ad oggi, Milano, Mondadori, 1991, con la notazione di un cambiamento generazionale, Oggi femminielli sono i giovani travestiti, che spesso escono dal calvario di complesse operazioni chirurgiche, e rappresentano una delle pi drammatiche piaghe sociali di Napoli; da Ferrero la voce ripresa in Boggione V. e Casalegno G., Dizionario letterario del lessico amoroso. Metafore, eufemismi, trivialismi, Torino, UTET, 2000. 8 Von Spectator, Erotische Ausdruckweisen der Sorrentiner Landbevlkerung, Anthropopohyteia, n. 7, 1910, pp. 47-53; la citazione a p. 49. Ringrazio il collega Luca Lorenzetti per la segnalazione dellarticolo. Fummo non registrato nei dizionari del napoletano. 88 9 Greco M.T., Gergo e dialetti, in Lo spazio del dialetto in citt, a cura di De Blasi N. e Marcato C., Napoli, Liguori, 2006, p. 146. 10 Battaglia S., Grande dizionario della lingua italiana - GDLI, Torino, Utet, 1968, vol. V, s.v. 11 Di Giacomo S., La prostituzione a Napoli nei secoli XV, XVI e XVII (1899), Napoli, Gazzetta di Napoli, 1994, p. 181. 12 Laggettivo Antiche esprime efficacemente latteggiamento di rivisitazione e di recupero di una dimensione esistenziale e di comportamenti oggi mutati, di cui si ha traccia solo nel ricordo e nella memoria, cos come Napoletane rimarca la dimensione geografica di appartenenza. 13 Patroni Griffi G., Scende gi per Toledo, Milano, Garzanti, 1975, p. 66. 14 Ricordiamo, ad esempio, che, per citare contesti antropologici rituali, si parla comunemente di Juta de femminielli a Montevergine e della Tombola de femminielli. 15 Il film del 2007. 16 Mia Famiglia in Il teatro di Eduardo De Filippo -Cantata dei giorni dispari, a cura di De Blasi N. e Quarenghi N., Milano, Mondadori, 2005, vol. II, p. 1414. 17 Pasolini P.P., Una vita violenta, Milano, Garzanti, (1959) 19652, p. 142. 18 Per la datazione di femminella si veda DAchille P., Retrodatazioni di parole nuove, in Studi latini e italiani in memoria di Marcello Aurigemma, Roma, Herder, 1997, pp. 345-347; si veda anche DAchille P., Memoria del parlante e diacronia dei parlanti, Studi di lessicografia italiana, XI, 1991, pp. 269-322. 19 Una vita violenta, cit., p. 147; si veda anche Dizionario del lessico amoroso, cit. s.v. 20 De Simone R., La Gatta Cenerentola, Torino, Einaudi, 1977. 21 Qui fmmnell, che non ha metafonesi, potrebbe essere sia a variante italianizzata sia il femminile e pu intendersi genericamente come effeminato, omosessuale con valore di epiteto ingiurioso: le scritture giovanili esposte in Montuori F., Larea metropolitana di Napoli e la scrittura spontanea del dialetto, in Lo spazio del dialetto in citt, a cura di De Blasi N. e Marcato C., Napoli, Liguori, 2006, pp. 175-210. 22 Riferisce laneddoto Peppe Barra in Diario dartista a cura di Bianchi P., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2012. 23 Il video dellintervista reperibile su YouTube www.femmenell.com. 24 Nellintervista si dice che a pullera ha partecipato a film La pelle di Liliana Cavani ed stata ripresa e intervistata da Ugo Gregoretti e Nanni Loy. 25 Si veda De Blasi N., Storia linguistica di Napoli, Roma, Carocci, 2012. 89 26 Diario dartista, cit. 27 Sono dello stesso tipo, con allusioni a mondo del cinema e delle grandi dive, i soprannomi in Scende gi per Toledo cit.: Marlene Dietrich, la Viacolvento, Mariacallas, Sayonara. Si veda anche il catalogo della mostra fotografica di Esposito S., Trasmutazioni, a cura di Lo Cicero A., Museo Archeologico Virtuale - MAV, Ercolano, 2009. 28 Patroni Griffi G., Scende gi per Toledo, Milano, Garzanti, 1975, pp. 32-33. 29 Diario dartista, cit. 30 Cos sotto la voce DAmbra R., Vocabolario napolitano-toscano domestico di arti e mestieri, Napoli, presso lAutore, 1873, 8 rist. anastatica, Bologna, Forni, 1996; DAscoli F., Nuovo vocabolario dialettale napoletano, Napoli, Gallina, 1993; Volpe P.P., Vocabolario napolitano-italiano tascabile, Napoli, Saracino, 1869, (rist. anastatica Bologna, Forni, 1970). 31 Andreoli R., Vocabolario, cit. 32 De Simone R., Il segno di Virgilio, Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo di Pozzuoli, Sezione Editoriale Puteoli, Pozzuoli, 1982. 33 Grembiale, grembiule in italiano, per metonimia, indicano anche lorgano genitale femminile. Il grembiule adoperato anche dagli uomini per mestieri artigianali o mansioni contadine, di qui lespressione uomo di grembiule artiere, artigiano (DELI, s.v.). 34 Della Porta G.B., Della Fisionomia delluomo (1588-89) libro IV, a cura di Cicognani M., Milano, Longanesi, 1971. 35 DELI, s.v. 36 Ad esempio in Corpi sulluscio, cit., p. 47. 37 Il testo di Della celeste Fisionomia del 1614 pubblicato in appendice a Della Porta G.B., Coelestis Physiognomia, a cura di Paolella A., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996, p. 294. 38 Niceforo A., Il gergo nei normali, nei degenerati e nei criminali, Torino, F.lli Bocca, 1897, (rist. anastatica Bologna, Forni), p. 37. 39 Il gergo, cit., p. 37. 40 Per un profilo biobibliografico di De Blasio, che da 1904 insegn Antropologia generale allUniversit di Napoli, si veda Bruno I., Il gergo della camorra negli studi di Abele De Blasio in Le rappresentazioni della camorra, a cura di Bianchi R. e Sabbatino P., Napoli Edizioni Scientifiche Italiane, 2009, pp. 111-163. Ricordiamo qui di De Blasio A., La malavita a Napoli tra Otto e Novecento (Napoli, Pierro 1905), Napoli, Stamperia del Valentino, 2007; La pubert dei napoletani normali e delinquenti, Napoli, Priore, 1907; Secrezione lattea nei pederasti passivi in Archivio di Antropologia, Criminologia, Psichiatria e Medicina Legale, Torino, 1918. 90 41 De Blasio A., Usi e costumi dei camorristi (prima ed. Napoli, Gambella, 1897), Napoli, Luca Torre, 1993, p. 31. 42 De Blasio A., Usi e costumi dei camorristi, cit.; Nel paese della camorra. LImbrecciata, prefazione di Sergi C., Napoli, a spese dellautore, 1901. 43 Usi dei camorristi, cit., pp. 99-102. 44 Russo F., E scugnizze diciassette sonetti. Nel testo del 1897 edizione critica a cura di De Blasi N., Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2009; per la storia della parola De Blasi N., Testimonianze per la storia di scugnizzo, probabile neologismo di fine Ottocento, Lingua e Stile, XLI, 2006, pp. 229254. 45 Russo F., Gente e mala vita, Napoli, Pierro, 1897; si cita qui da Ame deo G., Ferdinando Russo, Napoli, Cuzzolin, 2007, vol. II. 46 Si riproduce qui il testo da Ferdinando Russo, cit., vol. II, p. 63. 47 De Filippo E., Teatro cit., tomo II, pp. 1425-1426. 48 De Filippo E., Teatro cit., tomo III, p. 828. 49 De Filippo E., Teatro cit., tomo III, pp. 992-994. Per i soprannomi Bianchi P., Note di onomastica eduardiana in Eduardo De Filippo. Dizionario dei personaggi, a cura di Bianchi P. e De Blasi N., Venosa, Osanna, 2014, pp. 21-34. Su corporeit, osceno e turpiloquio Maddaloni G., Io, lerede. La lezione di Pulcinella nel teatro di Eduardo, Venosa, Osanna, 2014, pp. 35-45. 50 La pelle usc a Parigi e a Milano nel 1949; si veda ora ledizione a cura di Guagni C. e Pinotti G., Milano, Adelphi, 2010. 51 Recensione di Cilento A. a La pelle in Tuttolibri, La Stampa, 2010. 52 La Gatta Cenerentola, cit., p. 32. 53 Rea D., Pensieri della notte, (Milano, Rusconi, 1985), Napoli, Libreria Dante & Descartes, 2006. 54 Ruccello A., Teatro con introduzione di Fiore E., Milano, Ubulibri, 2005; su vari aspetti della drammaturgia di Ruccello si vedano i contributi di pi autori in Annibale Ruccello e il teatro nel secondo Novecento, a cura di Sabbatino P., Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2009. * Ringrazio vivamente i colleghi Paolo DAchille, Nicola De Basi, Luca Lorenzetti, Pietro Maturi, Giuseppe Merlino e il Maestro Peppe Barra per le indicazioni e i suggerimenti bibliografici generosamente dati. 91 92 I femminielli napoletani: alcune riflessioni antropologiche di Gabriella DAgostino Lo studio dellomosessualit presso le culture di interesse etnografico sembra dimostrare che non esiste un comportamento o un modo di essere che possa universalmente definirsi tale, nel senso che la questione dellomosessualit non separabile da quella prospettiva pi ampia relativa alle attitudini verso la sessualit in rapporto con le rappresentazioni di genere di una societ determinata. I significati attribuiti al maschile e al femminile sono costruzioni sociali, storicamente determinate, e la categoria di genere, almeno da un trentennio, nella prospettiva antropologica, la chiave di accesso privilegiata per comprendere le relazioni sociali attraverso cui si esprimono i rapporti di potere, le connesse strutture di prestigio e di status, le strategie matrimoniali e lorganizzazione della parentela. La nozione di genere, proposta come categoria analitica a partire dalla quale ripensare ci che per millenni stata considerata naturale differenza tra il maschile e il femminile, con la conseguente subordinazione del secondo al primo, imprescindibile per la messa a fuoco di un punto di vista adeguato a rendere conto della configurazione storica dei rapporti tra uomo e donna. Il genere e la sessualit sono forme simboliche significative che, come per ogni altra dimensione umana, devono essere interpretate prima che spiegate1. Uno dei possibili scenari in cui collocare le relazioni tra gli individui costituito, dunque, dai rapporti di potere alla luce delle nozioni di prestigio e di status. In questottica, sessualit, fertilit, riproduzione, allevamento, sterilit emergono 93 anchessi come costrutti storicamente e culturalmente determinati a partire da realt concrete in cui livello economico, politico e simbolico risultano essere nostre discretizzazioni arbitrarie di sistemi di rappresentazione coerenti2. La prospettiva antropologica, per definizione, interessata non tanto alle inclinazioni dei singoli individui, alle loro caratteristiche idiosincratiche, ma agli individui in quanto rappresentativi di un determinato contesto sociale e culturale e alla comprensione delle dinamiche, delle relazioni tra inclinazione individuale e sistema di regole, codici, collettivamente condivisi, assumendole come tipiche. Studiando configurazioni culturali particolari, a partire dal concreto comportamento degli individui che si muovono allinterno di quella configurazione determinata, da ci che essi fanno, da ci che dicono di fare ma anche da ci che fanno e non sanno di fare, la prospettiva antropologica si pone lobiettivo di comprendere sistemi di regole, sistemi di valori, concezioni del mondo e della vita, complessi simbolici sulla cui base quegli individui, implicitamente o esplicitamente, si rapportano tra loro dando luogo a quelle configurazioni. Riguardo allomosessualit, lattenzione degli antropologi si concentrata pertanto sulla cosiddetta omosessualit istituzionalizzata, e/o rituale, rispetto alla quale sono stati rilevati due modelli: il primo caratterizzato dallinversione di genere di cui lesempio pi noto costituito dalla condizione del berdache; laltro, organizzato secondo il criterio dellet, vede coinvolti in un comportamento omosessuale per un periodo di tempo variabile, uomini appartenenti a generazioni diverse, un po come nel modello della Grecia antica. In questo caso, siamo in presenza di pratiche connesse ai riti di iniziazione allet adulta e il rapporto tra adulti e giovani finalizzato allacquisizione da parte di questi ultimi della capacit riproduttiva attraverso modalit di trasmissione del seme atte a garantire il raggiungimento della 94 maturit fisiologica e sociale. Questo tipo di pratiche va dunque interpretato nel contesto pi vasto dei processi attraverso cui determinate societ rappresentano le procedure socialmente condivise di trasformazione della natura e le relazioni tra i sessi: il circuito di scambio dello sperma tra gli uomini, nella fattispecie, lega gli uomini tra loro e, in un secondo tempo, alle donne, disegnando un rete di relazioni di dipendenza e di obblighi reciproci che costituisce la trama del sociale. Un esempio di questo tipo di pratiche stato rilevato presso diverse societ della Nuova Guinea. I Neoguineani ritengono in sostanza che la maschilit, nei suoi aspetti sia fisici sia culturali, sia incorporata nello sperma che, pertanto, deve essere trasmesso in un modo regolato. Parallelamente, ritengono che la femminilit sia incorporata nel sangue mestruale e in quello del parto e i maschi ritengono che anche le donne possiedano un qualche mezzo per trasmettere questa sostanza alla generazione successiva. Come ha rilevato Harriet Whitehead, esempi di questo tipo fanno comprendere come un particolare costume sessuale istituito (in questo caso questa forma di pederastia) non sia che una manifestazione tra tante di un modo di classificare e pensare i sessi, modo che, se delineato in tutti i suoi dettagli, si scopre radicato sia allinterno di un insieme pi ampio di premesse cosmologiche sia allinterno di un modello caratteristico di privilegi e obbligazioni sociali che divide le categorie di sesso e et. Inoltre, spesso sono proprio le pratiche sessuali o connesse al sesso non convenzionali ai nostri occhi, come questa forma di pederastia o la manducazione rituale dello sperma, o i tab della contaminazione mestruale, o luso, nella caccia alle teste, di armi che simboleggiano la copulazione, per citare solo alcuni esempi relativi ai gruppi della Nuova Guinea, a mettere in evidenza, pi chiaramente, la teoria indigena e a individuarne la natura simbolica3. Quanto alle forme di inversione di genere note in etnografia come travestitismo, una delle pi note, come dicevo, 95 rappresentata dalla berdacit. Nel Nord America indigeno era ammissibile che un uomo, rispetto a importanti aspetti sociali, divenisse donna (e viceversa, anche se pi raramente)4. La pratica omosessuale era uno dei comportamenti che accompagnavano questa trasgressione di genere, tuttavia questo stile di omosessualit istituzionalizzata molto diverso da quello della Nuova Guinea e luno e laltro sono molto diversi dal modello di omosessualit (ipotizziamo che ce ne sia solo uno, per semplificare) del mondo occidentale moderno. E per, le differenze possono essere classificate e comprese se ci si rende conto che ciascuna delle omosessualit si fonda su una diversa costruzione culturale del genere, mentre le costruzioni culturali del genere, per quanto dissimili nel contenuto, presentano tutte alcuni tratti di similarit strutturali. Whitehead sottolinea inoltre che le costruzioni culturali di genere, ossia le idee che conferiscono significato sociale alle differenze fisiche tra i sessi, dando luogo a due classi biologiche, il maschio e la femmina, costruiscono due classi sociali, gli uomini e le donne, facendo apparire ragionevoli e appropriate le relazioni sociali tramite cui uomini e donne si rapportano lun laltro. In tutte le societ note presente una dicotomia di genere, nel senso che ovunque le differenze sessuali di tipo anatomico, osservabili alla nascita, vengono utilizzate per incanalare il neonato nelluno o nellaltro dei due complessi sociali di ruolo. [...] In nessuna cultura, tuttavia, essa esaurisce le idee che circondano le due classi costituite in questo modo minimale. Entrano in gioco anche tratti definitori addizionali dello status di genere, alcuni connessi a ulteriori differenze fisiologiche, reali o supposte, tra i sessi, altri a una miriade di altre dimensioni quali il fato, il temperamento, il potere spirituale, labilit, la storia mitica; e sono questi ipotetici attributi addizionali a variare in modo significativo da cultura a cultura5. Whitehead osserva ancora che fintantoch il genere non viene pienamente definito da un qualunque tratto 96 singolo, vi sempre la possibilit che, per varie ragioni (che cambieranno in funzione del sistema di genere) possa sorgere per certe persone, o categorie di persone, uno status di genere misto o deficitario. Per esempio, in Nuova Guinea i ragazzi sono deficitari in quanto a maschilit e bench lomosessualit non accompagni inevitabilmente tali situazioni, queste possono fornire occasioni in cui essa sia ritenuta appropriata: sia in Nuova Guinea sia nel Nord America indigeno loccasione per listituzionalizzazione delle relazioni omosessuali data da peculiari status di genere costruiti su altre basi. Nella nostra societ, di contro, lattivit omosessuale in quanto tale che d luogo al riconoscimento culturale, nella forma della riprovazione, della condanna o della presa datto, di uno status di genere peculiare, quello dellomosessuale6. Vediamo pi in dettaglio in cosa consisteva e per quali tratti si caratterizzava la condizione di berdache. Berdache un termine generico con cui nella letteratura etnografica si indica uno status di genere distinto da quelli maschile e femminile nellarea nord-americana. Utilizzato soprattutto dagli antropologi di cultura anglosassone deriva dal francese bardash (dallitaliano bardassa sulla base dellarabo bardaj, dal persiano bardah). NellOxford English Dictionary berdache viene definito come: efebo [...] giovane mantenuto per fini contro natura; giovane mantenuto; prostituto. Il termine pare che sia stato utilizzato per la prima volta dai Francesi in riferimento a un omosessuale passivo in abiti femminili per essere esteso, successivamente, anche ai prostituti maschi non travestiti, agli omosessuali istituzionalizzati travestiti e ai prigionieri di guerra costretti ad assumere ruolo e status da donna7. Callender e Kochems lo definiscono come un individuo, generalmente maschio, anatomicamente normale, che assumeva abito, occupazioni e comportamento dellaltro sesso per realizzare un cambiamento nello stato di genere. Questo cambia 97 mento non era completo; esso consisteva piuttosto nel movimento verso uno status intermedio che combinava attributi sociali maschili e femminili8. I termini che nelle diverse culture denotano il fenomeno fanno riferimento proprio alla sua natura ambigua; nella traduzione letterale infatti le denominazioni sono traducibili con espressioni come mezzo uomo-mezzo donna9, uomo-donna10, possibile donna11, espressione questultima che interpreta lo stato di tensione verso il sesso femminile, quale tratto dominante non risolto. Il contributo dei due antropologi americani consiste in una rassegna degli studi sullargomento con intenti di sistematizzazione di una materia spesso frammentaria, soggetta a letture pregiudiziali da parte soprattutto degli osservatori occidentali, con il fine di consentire un esaustivo esame comparativo. Per di pi, il contatto degli Europei con le culture indigene americane ha giocato un ruolo determinante per la sparizione di questo fenomeno culturale sia per lostilit manifesta nei confronti di un costume contrario alla moralit europea dominante (che ha pesato appunto sulle interpretazioni) sia per il prevalere di modelli ideologici occidentali allinterno delle culture indigene12. La progressiva scomparsa dellistituto tra gli Indiani spesso non ne ha consentito losservazione diretta e la sua stessa ricostruzione attraverso il recupero della memoria e dei racconti di tradizione orale ha incontrato ostacoli nella reticenza crescente dei membri delle culture osservate che, non di rado, hanno negato lesistenza stessa del fenomeno, seppur attestato per altre vie. La trasgressione di genere nel Nord America indigeno consisteva, in sostanza, al livello minimo, nella ammissibilit che una persona anatomicamente di un sesso, assumesse per un periodo indeterminato, in parte o del tutto, labbigliamento, loccupazione e lo status sociale, compreso quello coniugale, del sesso opposto. La via pi comune verso lo status era la manifestazione, durante linfanzia o la prima adolescenza, del 98 comportamento ritenuto caratteristico del sesso opposto. Queste manifestazioni erano salutate dalla famiglia e dalla comunit con una variet di risposte, da un moderato scoraggiamento a un incoraggiamento attivo, a seconda del sentimento tribale prevalente, ma raramente vi erano dubbi circa il significato di determinati comportamenti tendenti al sesso opposto. Essi erano segnali del fatto che i giovani potevano essere destinati alla speciale carriera dellindividuo transgenere. Tra gli aspetti del comportamento sociale che pi definiscono lo status di genere del berdache il posto donore veniva assegnato alla partecipazione al lavoro produttivo. Diventava donna chi svolgeva un lavoro da donna, chi preferiva gli utensili dei mestieri femminili, o colui al quale il fato aveva imposto questo tipo di mestieri e di utensili. Linclinazione poteva manifestarsi sin prima della nascita: una donna incinta che voleva conoscere il sesso del nascituro faceva scegliere a un bambino tra due oggetti: larco e la cinghia del fardello, o altri specifici di attivit e occupazioni maschili e femminili, assumendo che la scelta del bambino fosse condizionata dallinfluenza del feto. La scelta verso luno o laltro oggetto era un indizio significativo. Oppure, la donna incinta faceva attenzione se i suoi sogni riguardassero attrezzi o abbigliamento maschili o femminili. Durante linfanzia questi segni potevano essere confermati o contraddetti dal comportamento reale del bambino il quale, manifestando interesse per le attivit ritenute appropriate al sesso opposto al proprio sesso anatomico, veniva allevato come tale. Anche labbigliamento e latteggiamento definivano fortemente il genere. Luso spontaneo di modelli di discorso femminile, una voce acuta, modi femminili di ridere o camminare sono talvolta menzionati nei resoconti etnografici per identificare il berdache in erba. probabile che i due criteri sociali, lavoro e aspetto esteriore, si rafforzassero reciprocamente. Ciascuno in se stesso era allusivo di un destino transgenere che conduceva a una riclassificazio99 ne dellindividuo, ma ci si aspettava che alla comparsa di un tratto trasversale dovesse seguire anche laltro. Tra la preferenza occupazionale e labbigliamento comunque il primo a essere menzionato pi frequentemente. Dal punto di vista anatomico il berdache era dunque un uomo, dal punto di vista occupazionale, e dellabbigliamento, una donna. Agli occhi degli Indiani dAmerica, egli era dunque una creatura mista. Proprio in virt di questa natura, il berdache si riteneva eccellere in compiti quali le mediazioni matrimoniali, la preparazione di filtri damore, la guarigione da malattie veneree, ambiti legati al rapporto tra i due sessi e godeva dunque di particolare prestigio sociale. Non di rado, il berdache pur privilegiando compiti femminili, svolgeva anche attivit maschili. I Navaho, per esempio, lo apprezzavano particolarmente proprio per il fatto che fosse capace di svolgere il lavoro produttivo di entrambi i sessi. Agli occhi degli osservatori occidentali, il tratto dellomosessualit, conseguente alla eterosessualit sociale, sembra aver suscitato linteresse maggiore. In generale, laccento stato posto sulla dimensione omoerorica riconducibile a qualche forma di omosessualit familiare allOccidente, e le risposte che culture diverse dalla nostra avrebbero dato a questo fenomeno sono, nella migliore delle ipotesi, guardate come modelli funzionali al mantenimento dellordine sociale, risposte ragionevoli, sagge da tenere in considerazione nella riflessione antropologica che finisce sempre per instaurare una comparazione tra un noi e un loro. Kroeber, per esempio, ritenendo che le istituzioni culturali possano sorgere anche per dare una collocazione alla devianza individuale, ha ritenuto che la risposta degli Amerindiani con listituto del berdache consistesse nellassegnare loro uno status regolarizzato, una nicchia specializzata 13. Non diversamente Devereux, per fare un altro esempio, nel saggio sullomosessualit istituzionalizzata dei Mohave14. Il punto, tuttavia, non negare che i berdaches avessero una atti 100 vit omosessuale, fatto ampiamente documentato, quanto piuttosto ribadire che il comportamento omosessuale in quanto tale, nei resoconti etnografici, non viene mai menzionato per spiegare le ragioni della riclassificazione di un individuo nello stato transgenere. Gli atti omosessuali tra persone con uno stato di genere ordinario avevano luogo o erano riconosciuti; in alcuni casi il comportamento sembrerebbe non aver incontrato alcuna obiezione; pi spesso era sanzionato ma, in ogni caso, sembra che essi non fossero in alcun modo allusivi di una disposizione durevole come quella che caratterizzava il berdache, lindividuo transgenere (o lomosessuale nella nostra cultura) e, nella prospettiva indigena, tali atti non erano confusi con la trasgressione di genere. Riguardo alle scelte sessuali del berdache, per esempio tra i Navaho, sappiamo che potevano sposarsi o avere relazioni sessuali sia con persone dello stesso sesso che del sesso opposto. Se la relazione omoerotica in s non ha conseguenze trasformative sul genere significa che essa ricadeva al di fuori della sfera di ci che, pubblicamente e ufficialmente, era ritenuto importante per definire i ruoli degli individui. La scelta delloggetto sessuale in realt era lo strascico piuttosto che lelemento conduttore della definizione di genere, in se stessa non sufficiente per mettere in moto il processo di riclassificazione. Si potrebbe allora porre il berdache anzich nella categoria dellomosessuale (nel senso occidentale del termine) in quella del transessuale. La transessualit infatti stata definita come limpulso ad assumere il comportamento e lidentit pubblica del sesso opposto, con caratteristiche psicologiche distinte dalla omosessualit. Il comportamento anatomicamente omosessuale in seno alla tendenza transessuale lespressione di una eterosessualit; segue dalla tendenza transessuale piuttosto che condurre a essa. Tuttavia a ci stato obiettato che la transessualit come posizione psicologica, che appaia nella nostra cultura o in qualunque altra, sorge by default, dallas101 senza di categorie culturali abbastanza sofisticate da consentire agli omosessuali di concettualizzare la loro natura. Avendo strumenti culturali inadeguati per lauto-comprensione, essi tend[erebbero] a calare i loro desideri nella struttura eterosessuale socialmente dominante15. A sollecitare una identit tra berdache e omosessuale occidentale probabilmente il fatto che rispetto al secondo, al di l delle diverse interpretazioni, ricorre la lettura di una sorta di sessualit intermedia, di androginia. In campo medico, spesso si tornati sulla possibilit che nel corpo dellomosessuale covi materiale genetico o ormonale del sesso opposto, anche se parrebbe che tutte le differenze misurate riguardino comunque dettagli di cui praticamente impossibile stabilire la rilevanza. Tuttavia, avverte Whitehead, anche a voler mantenere questa identit, se scendiamo al livello dellindividuazione dei tratti che caratterizzano i due tipi occupazione, vestiario/contegno, scelta delloggetto sessuale il centro di gravit nei due sistemi di genere, quello amerindiano e quello occidentale, diverso, essendo posto sul primo dei tratti della sequenza, nel caso del berdache, e sullultimo dei tratti della sequenza nel caso dellomosessuale occidentale16. La conclusione che propone Whitehead, per spiegare la differenza, la seguente: nel tipo di societ nord-americane in cui si trovava listituzione della trasgressione di genere, vi era uno scarso sviluppo della stratificazione sociale generale. Let e il sesso, come accade in molte societ di interesse etnografico, erano le direzioni principali lungo cui si manifestava la gerarchia di prestigio. Un ulteriore sviluppo dei meccanismi di differenziazione del prestigio individuale operava tra gli uomini nellambito delle abilit militari, venatorie, rituali e artigianali che servivano a stabilire in maniera ascrittiva la posizione pi elevata degli uomini rispetto alle donne, creando differenze tra gli status raggiunti dagli uomini. Nello stesso tempo, per, 102 esisteva anche una arena distintiva della differenziazione del prestigio femminile derivante dal tipo di attivit produttive affidate alle donne. Unarena del prestigio che non poteva rimanere insignificante agli occhi degli uomini poich alcune donne erano regolarmente capaci, attraverso le loro abilit, di rivaleggiare con gli uomini per ricchezza e influenza sociale17. Significativo, in questo senso, il caso delle cosiddette donne dal cuore duomo. Si tratta dello studio di un tipo femminile, studiato negli anni Quaranta da Oscar Lewis tra un gruppo di Indiani Blackfoot del Canada, i Nord Piegan, che si presenta deviato rispetto al modello normativo corrente, in quanto caratterizzato da tratti, relativi alla personalit, al comportamento, caratterizzati come maschili. A queste donne si riconosceva una grande abilit in compiti sia maschili che femminili (la conciatura di una pelle, la decorazione di un abito con le perline, la fabbricazione di mocassini), che svolgevano in modo eccellente e in tempi di gran lunga minori18. Se il successo nella sfera femminile, di cui la matrona piegan lesempio massimo, poteva essere ragionevolmente paragonabile al successo in quella maschile, se la femminilit rappresentava una sorta di potere positivo, allora concepibile che la sfera femminile esercitasse unattrazione verso gli uomini ben oltre la dimensione erotica. La stratificazione di genere, strettamente connessa alle specializzazioni occupazionali dei due sessi, poteva dunque essere mantenuta e ribadita proprio attraverso listituzione della berdacit: se le attivit delle donne generavano ricchezza e influenza paragonabili a quelle degli uomini, potevano esserci uomini disposti a svolgere queste attivit; tuttavia, poich queste attivit marcavano il genere femminile gli uomini che le assumevano dovevano trasgredire il loro sesso attraverso il genere. in questo senso che la scelta del partner sessuale non connota in primo luogo il berdache, anche se la relazione omoerotica pu essere stata contemplata. una delle 103 risposte che le societ hanno dato al rapporto tra i sessi e al mantenimento della dominanza maschile. Callender e Kochems nellarticolo prima citato, ripercorrono lo stato degli studi sulle culture del Nord America distribuite lungo una vasta area estesa dalla California alla Valle del Mississipi sino alla regione dei Grandi Laghi che riconoscono lo status di berdache. Pur nella variet delle articolazioni assunte dal fenomeno nei diversi contesti, il tratto dominante sembrerebbe essere quello della necessit di una sua validazione soprannaturale, espressa in forma di visione durante let adolescenziale19, e dunque lassimilazione verso una sfera pi o meno marcatamente sacrale che, in forma pi o meno forte, conferiva ai berdaches un particolare prestigio sociale, Sacri e santi per i Navaho20, misteriosi e sacri per gli Hidatsa, nelle societ tradizionali indiane i travestiti erano rispettati, forse temuti, per il fatto che la loro condizione manifestava un potere conferito loro dal soprannaturale21. Gli autori contestano anchessi lassimilazione della berdacit alla omosessualit avanzata da alcuni studiosi22 e ritengono il suo tratto pertinente proprio nellindefinitezza del genere quale approssimazione verso il modello sessuale opposto a quello biologico di appartenenza allincrocio delle categorie di maschile e femminile. Questultimo aspetto, unitamente alla considerazione di cui questi individui godono, pu suggerire unaltra prospettiva alla comprensione dellistituto, assumendolo come esempio del ben noto e diffuso modello di travestitismo istituzionalizzato che fonda il suo senso nella sfera dellandroginia sacra, unione dellopposizione dei principi maschile e femminile. Questa sembra essere linterpretazione del fenomeno privilegiata dagli antropologi europei anche sulla base dellosservazione di fenomeni analoghi in unarea ben pi vasta del Nord America, riguardante anche il sud del Continente, larea andina e la Mesoamerica, il nord dellAlaska e, ancora, il nord-est asiatico e alcune culture 104 del bacino del Mediterraneo. Hermann Baumann, tra questi, ha analizzato il fenomeno soprattutto per le culture del bacino del Mediterraneo, del vicino Oriente e del sud dellAsia collegandolo al sacerdozio e alla prostituzione sacra23. Lasciando da parte il travestitismo quale risposta a motivazioni di ordine esclusivamente biologico, lo studioso prende in considerazione altre due forme di travestitismo. La prima, spontanea, sarebbe propria delle pi arcaiche societ a regime agricolo che hanno fondato il proprio mito dorigine su una coppia gemellare e articolato il proprio ordine sociale in due parti, ciascuna legittimata da un proprio corpus di miti. La seconda, del travestitismo cultuale, fonderebbe il proprio status nel mito di un dio bisessuato che supererebbe lopposizione dualistica posta allorigine del cosmo e delluomo sussumendo in s le potenze maschile e femminile quale stato di caos originario precedente la separazione degli esseri secondo le categorie del mondo organizzato24. Alfonso M. Di Nola ha osservato il fatto che le rappresentazioni bisessuali presenti nel mito [...] sono, in effetti, una forma particolare della pi vasta esperienza della bipolarit25. Allinterno dei sistemi bipolari, che riguardano unampia gamma di elementi su cui diverse culture possono fondare il proprio ordine (elementi naturali, direzioni cosmiche, funzioni sociali, ecc.), per determinate culture si sarebbe verificato un processo di sessualizzazione delle categorie e, in dipendenza da esso, il superamento della opposizione attraverso la coincidenza dei contrari si sarebbe espresso in termini di bisessualit26. Il travestitismo cultuale legato al sacerdozio e alla prostituzione sacra etero e omosessuale sarebbe pertanto un mezzo per raggiungere la bisessualit del dio. Lidea della bisessualit veicolata attraverso il mito dellandroginia rimanderebbe, dunque, per esprimersi nei termini di Eliade, al principio dellunit-totalit indistinta primordiale da cui ha avuto origine lesistente. Essa si ritrova tanto nelle culture arcaiche quanto in culture che hanno sviluppato forme di re 105 ligione complesse27. Sin dalle culture megalitiche, a partire dalle quali la bisessualit divina sembrerebbe chiaramente attestata, lidea della divinit androgina su cui si fonda lordine di svariate culture anche lontane nel tempo e nello spazio suggerisce che, a livello delle strutture profonde, lopposizione primaria attraverso cui la realt stata discretizzata sia stata quella sessuale di maschile e femminile. Secondo questa prospettiva, basata su una grande mole spazialmente e cronologicamente estesa di dati esemplificativi, la divinit che ha dato origine al mondo conosciuto non potrebbe che avere in s entrambi i principi che nella realt si osservano in forma separata28. Esempi di androginazione rituale, di riattualizzazione del mito originario del dio bisessuato, secondo Eliade, sono da considerare determinate forme di travestimento intersessuale connesse ai riti di iniziazione nella Grecia antica, sia come rituali privati in relazione al matrimonio sia come rituali pubblici in relazione ad alcune cerimonie dionisiache o nelle feste di Hera a Samo; cos come i travestimenti legati al carnevale o alle feste di rigenerazione del tempo. Lo studioso ritiene che la funzione principale di questi riti fosse quella di: uscire da se stessi, trascendere la propria situazione particolare fortemente storicizzata, per ripristinare una situazione originaria, trans-umana e trans-storica perch anteriore alla costituzione della societ umana; situazione paradossale, impossibile da mantenere nella durata profana, nel tempo storico, ma che era necessario reintegrare periodicamente, onde restaurare, anche per un solo istante, la totalit iniziale, la sorgente intatta della sacralit e della potenza. E aggiunge: il cambiamento rituale delle vesti implicava una inversione simbolica dei comportamenti, pretesto per buffonerie carnevalesche, e anche per il libertinaggio dei Saturnali. Insomma, era una sospensione delle leggi e delle consuetudini, perch la condotta dei sessi era esattamente il contrario di ci che essa deve essere normalmente. 106 Linversione dei comportamenti implicava quella completa confusione dei valori che un tratto specifico di ogni rituale orgiastico. Morfologicamente i travestimenti intersessuali e landroginia simbolica sono omologabili alle orge cerimoniali. In ciascuno di questi casi, si constata una totalizzazione rituale, una reintegrazione dei contrari, una regressione allindistinzione primordiale. Insomma, si tratta della restaurazione simbolica del Caos, dellunit indifferenziata anteriore alla creazione, e questo ritorno allindistinto si traduce in una suprema rigenerazione, in un prodigioso aumento di potenza29. Lattribuzione da parte di Eliade della medesima funzione a ogni forma di travestimento pone molti dubbi. La questione richiederebbe lanalisi puntuale di ciascuna delle tipologie indicate dallo studioso. In questa sede tuttavia mi limito a segnalare almeno il fatto che, per esempio, i casi di travestimento in determinati riti iniziatici, simulando un cambiamento del sesso circoscritto al tempo del rito, pongono laccento sulla condizione di linearit, di indistinzione da superare perch si abbia accesso a un nuovo status ribadendo, in sostanza, la necessit dellordine su cui ogni societ fonda il proprio equilibrio. Non un caso che forme di travestimento di questo tipo si ritrovassero, per esempio nella Grecia antica, in riti di iniziazione alla pubert che preparavano al matrimonio o alla guerra, istituzioni fondate su una chiara e precisa prescrizione dei ruoli di genere. Lindistinto, temporaneamente introdotto, potrebbe dunque essere inteso come disordine necessario a ribadire lordine sociale30. Tali pratiche possono essere classificate tra i casi di cambiamento occasionale del sesso e in questo senso si possono intendere anche i travestimenti di Carnevale tesi a ribadire lordine esistente quando minacciato da cause di varia natura, proprio attraverso la sua temporanea sospensione31. Un esempio interessante in questo senso pu essere tratto dalla cultura Ashanti. Quando si determinava uno stato di guerra nel 107 villaggio, privato dei maschi idonei al combattimento, le donne andavano in giro nude (sorta di grado zero del travestimento) proclamandosi guerrieri. I maschi rimasti assumevano invece il ruolo di donne e cos venivano chiamati per lintera durata della guerra. La guerra, avvertita come caos, si svolgeva in una propria dimensione senza tempo. Essa pertanto introduceva a un tempo altro che non poteva essere scandito dai consueti indicatori32. La cesura introdotta nel contesto sociale ordinario si esprimeva infatti nella sospensione della attivit fondanti la sussistenza stessa della societ con il divieto di rapporti sessuali, di toccare la terra sia riguardo al lavoro dei campi e allavvio di una nuova coltura sia riguardo alla preparazione dellargilla per la produzione di vasellame, di svolgere i funerali. Il controllo sociale del caos attraverso lintroduzione di un ordine temporalmente circoscritto allo stato di guerra che si pone come negazione dellordinario, trova senso alla luce delle opposizioni su cui gli Ashanti basavano la loro rappresentazione del mondo: fuori/dentro, foresta/villaggio, guerra/pace, maschio/femmina. La sospensione delle normali attivit e lassunzione di ruoli sociali opposti a quelli di genere, esorcizzando in sostanza il caos, erano tesi a ribadire lordine sociale su cui la comunit fondava il proprio equilibrio. Consideriamo adesso il caso dei femminielli napoletani. I femminielli sono individui biologicamente di sesso maschile che conseguono la piena attuazione della loro identit nella assunzione consapevole del modello femminile. Sono omosessuali travestiti che vivono dunque in maniera manifesta e consapevole lidentit femminile mostrandola attraverso le movenze, gli abiti, il trucco. Il fenomeno presenta per delle caratteristiche peculiari che ne suggeriscono una lettura in termini diversi da quelli adottati in relazione a fenomeni di travestitismo omosessuale presente in altri contesti urbani, nella quale, schematiz 108 zando, lassunzione di abiti femminili rimanda al ruolo passivo nel rapporto sessuale. I femminielli infatti sono stati protagonisti, almeno sino a un passato relativamente recente, di tutta una serie di atti tesi a ribadire, e in qualche modo a sancire ritualmente la loro appartenenza di genere. Nelle pagine che seguono user il presente etnografico anche se le informazioni raccolte si riferiscono a qualche anno fa33. Questo nuovo volume, cos come quello precedente, daltro canto, offrono approcci e piste di riflessione diversi che confermano la complessit del fenomeno in esame. I femminielli si sposano tra di loro e mettono al mondo dei figli. Nel caso del matrimonio il femminiello che assume il ruolo maschile verrebbe in questo modo a costituire una nuova categoria. Si tratta per di una finzione solo temporanea. Il rito del matrimonio generalmente viene celebrato al tramonto davanti a una chiesa chiusa. Il femminiello che ricopre il ruolo di sposa si presenta alla cerimonia nel tradizionale abito bianco mentre il compagno veste labito scuro. Qualche ora prima, nella propria casa, la sposa, come vuole la tradizione, stata vestita dalla madrina e ha posato per le fotografie che apriranno lalbum di famiglia. Gli sposi sono accompagnati da due damigelle, anchesse donne dal corpo duomo34. Alla fine del rito, cui prendono parte anche numerosi invitati, uomini, donne e bambini, si svolge in un locale pubblico il banchetto nuziale offerto da tutti i femminielli convenuti. Esso prevede numerose portate, brindisi, taglio tradizionale della torta, canti e danze. Allo scadere dei nove mesi dalla data del matrimonio ha luogo la figliata. In casa degli sposi la donna, a letto, alla presenza di soli femminielli, urla e si contorce simulando le doglie, finch non d alla luce un bambino. La nascita avviene mettendole tra le braccia un neonato preso in prestito dal vicinato o, quando questo non possibile, un bambolotto35. Il figlio appena nato, che sempre di sesso maschile, viene poi mostrato 109 in pubblico ritualmente. La prima uscita una cerimonia di battesimo che generalmente viene festeggiata contestualmente al matrimonio di una nuova coppia di femminielli. Alla fine di un rito nuziale i giovani sposi prima di recarsi al banchetto fanno visita a una coppia di altri femminielli che ha da poco avuto un bambino. Questa pratica sancisce lingresso del neonato nella comunit. I genitori e gli sposi infatti festeggeranno insieme gli eventi della nascita e delle nozze con un unico banchetto36. La partecipazione di individui normali alle cerimonie segno del riconoscimento di cui i femminielli godono. La gente dei quartieri popolari del centro storico in cui essi vivono, in generale disprezza lomosessualit, soprattutto nella forma della pederastia, ma riconosce e rispetta il loro sesso sociale. La diversit rispetto al genere maschile si manifesta nelladolescenza. Le famiglie non considerano levento una disgrazia e non emarginano il loro membro; piuttosto lo integrano nella cerchia familiare ristretta e allargata e nel contesto pi ampio del vicolo, della strada, del quartiere. Il femminiello si presta alle faccende domestiche, svolge commissioni per le vicine, a lui si affida la sorveglianza dei bambini pi piccoli da parte delle donne del vicinato che lavorano fuori casa. Egli dunque non considerato un deviato, pu essere oggetto di scherno ma in modo compiacente e bonario. A questi segni evidenti della loro integrazione nel gruppo se ne aggiungono altri, spie di sensi pi profondi che il fenomeno riveste a livello popolare quantomeno a livello inconsapevole. Si ritiene, per esempio, che il femminiello porti fortuna. A lui affidata sia lorganizzazione della riffa, sorta di lotteria che si svolge il luned, giorno della luna dedicato ai morti, davanti le catacombe di San Gaudioso presso la chiesa del Monacone, sia di altre forme di tombola organizzate nei Quartieri Spagnoli o ai Ponti Rossi, zone del centro storico della citt. 110 Alcune televisioni locali, in occasione delle festivit natalizie, hanno mandato in onda una tombola con annessa smorfia (attribuzione di particolari significati ai numeri estratti) chiamata da un femminiello. Questi tratti confermano lassimilazione dei femminielli a un ambito che trascende le forme del travestitismo omosessuale comunemente inteso. In primo luogo, il termine stesso che definisce questo istituto, nel riferirsi a una precisa condizione biologica declinata al maschile (femmin(iell)-o) connota uno stato di genere non risolto. Daltro canto, non tutti gli omosessuali travestiti sono femminielli (sanciscono ritualmente il loro status), ma tutti i femminielli sono omosessuali travestiti. Non tutti i travestiti sono socialmente integrati ma tutti i femminielli lo sono. Solo essi portano fortuna. A questo primo livello, il loro statuto pu essere assimilato a quello di particolari individui, oggetti, eventi cui si attribuiscono valori e poteri di ordine magico-sacrale in virt della loro ambiguit. Il fenomeno, noto sia relativamente al mondo antico sia alle culture tradizionali del mondo occidentale sia a quelle di interesse etnografico, riguarda oggetti strani, piante, animali o esseri umani portatori di malformazioni fisiche, individui epilettici o psicolabili. In genere tutti quei fenomeni o esseri connotati da una natura indefinita, che sfuggono dunque a classificazioni certe. questo fatto a metterli in relazione con lordine soprannaturale da cui attingono la loro validazione. Esiste la possibilit di seguire una traccia, labile ma significativa, per cercare di ricostruire un percorso che in qualche modo lega lodierno fenomeno dei femminielli a quello ben pi noto del travestitismo rituale connesso al sacro. In territorio campano, nei pressi di Avellino, sorge il Santuario di Monte- vergine, luogo di culto mariano che ha un legame molto forte con il Napoletano, meta di tre importanti pellegrinaggi, a maggio, a settembre, a febbraio. Il primo di essi detto dei 111 cafoni, il secondo dei napoletani. Il terzo, effettuato il 2 febbraio (festa della Candelora) detto dei femminielli e vede la partecipazione numerosa di questi individui partiti da Napoli la notte precedente la festa. La loro presenza si registra pure per altre occorrenze festive legate al Santuario nelle quali tradizionalmente si prevede laccompagnamento di gruppi di pellegrini da parte di uno di loro che incita al canto e alla danza. Il legame che sembra sussistere tra questo luogo di culto e i femminielli napoletani pu trovare una qualche giustificazione se si ripercorre la storia del sito di Montevergine, interessato, sin dallantichit da culti in onore della Grande Madre. Intanto, larea irpina si caratterizzava per culti pagani e oracolari il pi importante dei quali era quello tributato alla dea Mefite, divinit androgina appellata sia al femminile sia al maschile come dio Mefito, presso un santuario risalente al VI secolo a.C.37. Nella stessa area, sul versante opposto, attestato un antico culto a Giano, la divinit bifronte, ambigua e doppia in relazione con gli inizi. Invocato allinizio di unimpresa, allinizio del mese e dellanno a Giano si riconosceva un ruolo nella creazione del mondo. Il culto pi forte tuttavia era quello riservato a Cibele e come Monte di Cibele il sito era ricordato ancora in et cristiana. Numerosi eruditi in riferimento al luogo del Santuario mariano di Montevergine si attengono alla toponomastica tradizionale di Monte di Cibele e riportano la notizia della precedente esistenza di un tempio dedicato alla Grande Madre. Tratto proprio della gran parte degli dei della vegetazione e delle Grandi Madri la bisessualit. Il mito dellandroginia divina, sussumendo nella divinit i principi maschile e femminile, rimanda al principio dellunit-totalit indistinta da cui ha avuto origine lesistente38. Il culto di Cibele si caratterizzava per levirazione rituale dei suoi fedeli; i suoi sacerdoti raggiungevano attraverso levirazione e il travestimento con abiti femminili lunione estatica con la dea. Un collegio di sacerdoti sodomiti, 112 daltro canto, era riconosciuto ufficialmente nei suoi templi a Tiro, Ioppa, Ierapoli, Gerusalemme sino al periodo immediatamente precedente lEsilio (Primo Libro dei Re XV, 12; Secondo Libro dei Re XXIII, 7). Secondo Gunon, inoltre, letimologia del nome Cibele, ricollegandosi allebraico gebal e allarabo jabal, montagna, rivela una valenza bipolare della divinit. Il suo carattere celeste di dea della montagna in stretto rapporto con il suo carattere di madre terra per il fatto che il suo attributo, la pietra nera, il betile, simbolo assiale della montagna, in quanto asse connette cielo e terra39. Per unarea non lontana, Plutarco (Mul. virt. 261f ) attesta che Aristodemo, tiranno di Cuma intorno al 500 a.C., obbligava i giovani a portare i capelli lunghi e ad adornarsi di gioielli mentre le fanciulle dovevano indossare il mantello e portare la testa rasata. Il costume di cui evidentemente si era smarrito il senso dal momento che se ne riferisce come di una burla vessatoria, sembrerebbe da connettere a riti di travestimento studiati in riferimento al mondo antico. interessante per che esso sia attestato per unarea che sembra essere particolarmente interessata a culti e rituali connessi con la sfera della sessualit di ordine sacro. Per tornare a Montevergine e a tempi successivi, la Vita di San Vitaliano, un documento datato intorno ai primi decenni del XII secolo, riferisce della prima fondazione in questo sito di un tempio alla Madonna e riporta alcuni elementi particolarmente interessanti ai fini del discorso che qui interessa. Si legge che Vitaliano, vescovo di Capua, godeva di molta stima e venerazione. Le sue grandi e riconosciute virt avevano suscitato linvidia di alcuni individui i quali, introducendosi nottetempo nella camera del vescovo, sostituirono i suoi abiti con indumenti da donna. La mattina seguente, Vitaliano, non accortosi dellinganno, indossava gli abiti e si recava in chiesa per celebrare 113 le funzioni. I devoti presenti, di fronte a quel travestimento, accusarono il vescovo di empiet e sacrilegio e lo calunniarono di avere rapporti con donne. Pertanto, condannato a morte, fu gettato in mare chiuso in un sacco. Riusc a salvarsi e volle costruire un tempio alla Madonna su Montevergine dove chiese di essere seppellito40. Il documento allude evidentemente a un costume cultuale che non doveva essere del tutto scomparso se lanonimo autore del testo sente lesigenza di fare riferimento a un episodio, condannato in forma parabolare, che non troverebbe ragion dessere se non allinterno di una logica arcaica di rapporti con il soprannaturale. Ancora tracce di travestitismo a Montevergine ritroviamo in relazione a un incendio che distrusse il Santuario nella notte di Pentecoste del 1611. Secondo la testimonianza dei Padri Benedettini, quando lincendio fu domato e si cominciarono a contare i morti circa quattrocento fedeli ricoverati nella foresteria del Santuario si present uno spettacolo inquietante: molti dei pellegrini erano uomini in abiti da donna. Un castigo divino per pratiche pagane che, secondo una testimonianza di poco posteriore al disastro, consistevano oltre che nel travestimento nellesecuzione di riti orgiastici in stato di euforica ebbrezza41. Nella storia recente del Santuario, significativamente, nel giorno di Pentecoste, Montevergine teatro di riti estatici di possessione o, comunque, di manifestazioni rituali nelle quali il canto e la danza svolgono un ruolo centrale; per di pi, come ho gi riferito, proprio a un travestito viene tradizionalmente affidato il compito di guidare i pellegrini in queste pratiche quasi a indicare lininterrotto legame con le caratteristiche cultuali del sito in et arcaica. Il fenomeno dei femminielli tanto pi interessante in quanto pur presentandosi in un contesto contemporaneo urba 114 nizzato mantiene, per certi versi inalterati, determinati caratteri di arcaicit connessi con landroginia simbolica. Pur a non volere leggere il fenomeno esclusivamente insistendo sulla possibile relazione tra il costume moderno e certi fenomeni storico-religiosi del passato, un fatto appare particolarmente significativo. stato osservato che nella figliata il sesso del neonato sempre rigorosamente maschile e nella descrizione del rito di Curzio Malaparte il bambino rappresentato da una statuetta con un enorme fallo. Questi aspetti sembrerebbero in contraddizione con lordine del discorso che conferisce senso allo statuto dei femminielli. In realt, in questo modo si ribadisce lindefinitezza di genere: lattribuzione di un sesso diverso al neonato porrebbe fine al processo che d coerenza a questa condizione proprio in quanto stato di genere non risolto. La sua enfatizzazione con la scelta del simulacro di Priapo in questo senso particolarmente significativa in quanto esso, a dispetto del suo attributo, anzi proprio a causa della sua condizione permanente, non pu avere una sessualit normale (Corpus Priapeorum, 23). Per di pi, alcune tradizioni assimilano Priapo a Dioniso ma soprattutto a Ermafrodito. Cos, per esempio, Diodoro che riferisce della tradizione secondo la quale il dio era dotato di una natura corporea promiscua di maschio e femmina e aveva la bellezza e la morbidezza del corpo quasi come una donna, e laspetto virile e il vigore di un uomo42. Lenfatizzazione di tratti biologicamente maschili e tratti psichicamente femminili sembrerebbe dar luogo nella societ napoletana attuale a una sorta di berdacit contemporanea che, attraverso tutta una serie di atti rituali, conferisce uno statuto identitario, risolvendo quanto in una logica dicotomica si connota come uno squilibrio, allinterno di uno spazio normativo, in ultima istanza, sacrale 43. 115 Note 1 Per una sintesi cfr. DAgostino G., Travestirsi. Appunti per una trasgressione del sesso, in Ortner S. e Whitehead H., Sesso e genere. Lidentit maschile e femminile, ed. it. a cura di G. DAgostino, Sellerio, Palermo 2000, pp. 11-16. Dellampia bibliografia recente su queste questioni mi limito a segnalare, oltre a Heritier F., Maschile e femminile. Il pensiero della differenza, Laterza, Roma-Bari 1988, e Dissolvere la gerarchia. Maschile/femminile II, Raffaello Cortina, Milano 2004, Forni S., Pennacini C., Pussetti C. (a cura di), Antropologia, genere, riproduzione. La costruzione culturale della femminilit, Carocci, Roma 2006 e Mattaucci C. (a cura di), Etnografie di genere. Immaginari, relazioni e mutamenti sociali, Altavista, Pavia 2012. 2 Cfr. lintroduzione di Ortner S. e Whitehead H., op. cit., e in particolare i paragrafi 3.2 e 3.3, pp. 90-105. 3 Whitehead H., Larco e la cinghia del fardello. Uno sguardo sulla omosessualit istituzionalizzata nel Nord America indigeno, in Ortner S., Whitehead H., op. cit., p. 176. Cfr. pure Herdt G., Guardians of the Flutes. Idioms of Masculinity, McGraw-Hill, New York 1981; Id. (ed.), Rituals of Manhood, California University Press, Berkeley 1982; Id. (ed.), Ritualized Homosexuality in Melanesia, University of California Press, Berkeley 1984; Id. (ed.), Third Sex, Third Gender. Beyond Dimorphism in Culture and History, Zone Books, New York 1996. 4 Per una discussione puntuale rimando a Whitehead H., op. cit., pp. 173-218. 5 Whitehead H., op. cit., pp. 177-178. 6 Ivi, p. 178. 7 Angelino H., Shedd C.L., A Note on Berdache, American Anthropologist, 57, 1955, pp. 121-126, cit. in Signorini I., Transvestitism and Institutionalized Homosexuality in North America, in Atti del XL Congresso internazionale degli Americanisti, Tilgher, Genova 1974, p. 158. 8 Callender Ch., Kochems L.M., The North American Berdache, Current Anthropology, 24, 4 (aug.-oct.), 1983, p. 443. 9 Grinell G.B., The Cheyenne Indians, Cooper Square, New York 1962 cit. in Callender Ch., Kochems L.M., op. cit. 10 Bowers A., Hidatsa social and cerimonial organisation, Chicago University Press, Chicago 1965, cit. in Callender Ch., Kochems L.M., op. cit. 11 Powers W.K., Oglala religion, University of Nebraska Press, Lincoln 1977 cit. in Callender Ch., Kochems L.M., op. cit. 12 Signorini I., op. cit., pp. 155-156. 116 13 Kroeber A. L., Handbook of the Indians of California, Bureau of American Ethnology Bullettin, n. 78, Washington 1925; cfr. pure Id., Psicosi e sanzione sociale, in La natura della cultura, trad. it. Il Mulino, Bologna 1952, pp. 579-597. 14 Devereux O., Institutionalized homosexuality of the Mohave Indians, Human Biology, 9, 1937, pp. 498-527. 15 Whitehead H., op. cit., p. 197; Katz J., Gay American History: lesbian and gay men in U.S.A., Crowell, New York 1976, p. 278. 16 Whitehead H., op. cit., p. 198. 17 Whitehead H., op. cit., p. 217. 18 Lewis O., Manly-hearted women among the North Piegan, American Anthropologist, n.s., 43, 1941, pp. 173-187. 19 Callender Ch., Kochems L.M., op. cit., p. 451. 20 Hill W.W., The status of hermaphrodite and transvestite in Navaho cul ture, American Anthropologist, n.s., 37, 1935, pp. 274. 21 Callender Ch., Kochems L.M., op. cit., p. 453. 22 Cfr. ivi, p. 443 e passim. 23 Cfr. Baumann H., Der kultische Geschlechtswandel bei Naturvlkern, Zeitschrift fr Sexualforschung, 3-4, 1950, pp. 1-39; Id., Das doppelte Geschlecht. Ethnol. Studien zur Bisexualitt in Ritus und Mythos, Reimer, Berlin 1955. 24 Baumann H., Das doppelte Geschlecht, cit. 25 Di Nola A.M., Bisessualit e androginia, in Enciclopedia delle Religioni, Vallecchi, Firenze 1970, vol. I, p. 1145. 26 Ivi, p. 1146. 27 Cfr. Eliade M., Trattato di storia delle religioni, trad. it. Bollati Bo ringhieri, Torino 1976; Id., Mefistofele e landrogine, trad. it., Edizioni Mediterranee, Roma 1989; Id., Lo sciamanesimo e le tecniche dellestasi, trad. it. Edizioni Mediterranee, Roma 1992. 28 Cfr. Eliade M., Trattato, cit., p. 433 e sgg.; Id., Mefistofele, cit., p. 94 e sgg. 29 Eliade M., Mefistofele, cit., pp. 103-104. 30 Per i casi di travestimento nei riti di iniziazione connessi al matri monio e alla guerra cfr. DAgostino G., op. cit., pp. 16-31 e i riferimenti bibliografici ivi contenuti. 31 Nella letteratura etnografica, un esempio classico di inversione occasionale dei ruoli sessuali attraverso il travestimento costituita dal naven, un complesso rituale degli Iatmul della Nuova Guinea studiato, come noto, da Gregory Bateson negli anni Trenta. Astenendomi dallentrare nel merito del modello interpretativo fornito dallautore (che pone non poche 117 questioni dordine teorico e metodologico, su cui rimando allintroduzione di Houseman, Severi), qui pu essere sufficiente fare riferimento al naven in quanto rituale di travestimento collettivo agito nel momento in cui un giovane Iatmul compie la prima azione culturalmente rilevante. Nel rito i protagonisti, riuniti intorno a un giovane Ego, mettono in atto linversione sistematica delle [loro] posizioni strutturali [...] nel sistema di parentela, tramite le identificazioni che questo prevede e rende possibili (p. XXIII). Il rito, nei suoi tratti invarianti, si articola nel modo seguente: La madre di Ego si denuda. Il fratello della madre (wau), designato anchegli con il termine madre, indossa costumi femminili, grottescamente contraffatti. Generalmente accompagnato da sua moglie [...], che prende il nome rituale di sposa maschile dello zio materno, questi si mette alla ricerca del suo laua (il figlio della sorella: Ego) per offrirgli del cibo e riceverne in cambio delle conchiglie preziose. A questo punto, quando la ricerca del giovane e lo scambio dei doni gi diventato uno spettacolo pubblico, il fratello della madre di Ego esclama rivolto al giovane: Sei tu, mio marito!, e strofina platealmente le natiche contro una gamba del nipote. A questa manifestazione esplicita di omosessualit rituale lo zio pu aggiungere poi limitazione grottesca del parto che ha visto la nascita del giovane nipote. La sorella del padre di Ego, chiamata per loccasione padre, indossa uno splendido costume di guerriero e picchia violentemente il giovane figlio di suo fratello. La moglie del fratello maggiore di Ego, chiamata fratello maggiore veste, come la sorella del padre, costumi maschili, e picchia anchessa il giovane fratello di suo marito [...]. La sorella di Ego, che prende il nome rituale di sorella-maschio, indossa uno splendido costume maschile (ivi, p. XXI). A livello strutturale il comportamento rituale espressione di premesse implicite, logicamente articolate in un sistema coerente di pensiero, che fissano leidos della cultura Iatmul (ivi, p. XXII). Alla inversione di ruoli attraverso le identificazioni strutturalmente possibili (fratello/sorella; padre/figlio; moglie/ marito) si accompagna la drammatizzazione delle emozioni e dei sentimenti in forma caricaturale da parte degli individui Iatmul in un giorno di naven che si attribuiscono le parti in forma invertita: lorgoglio, sentimento socialmente attribuito ai guerrieri, viene espresso dalle donne nella forma di vuota vanteria; gli uomini imitano il comportamento femminile enfatizzandone in forma grottesca i tratti pi osceni: ognuno [...] si mette nei panni dellaltro, ne imita lo stereotipo collettivo, accentuandone fino alleccesso gli aspetti pi miserabili, o ridicoli (ivi, p. XXIV). Agiscono, in sostanza, in forma rovesciata e deformata lethos maschile e quello femminile. A questo primo livello, dunque, linversione rituale dei ruoli e della rispettiva grammatica delle passioni culturalmente attribuita, su cui si fonda la differenziazione so 118 ciale, iniziando il giovane Iatmul ai sistemi di relazioni socialmente previsti, conferma e ribadisce lordine che imprime coerenza ed equilibrio al gruppo. Cfr. Bateson O., Naven. Un rituale di travestimento nella Nuova Guinea, trad. it. Einaudi, Torino, introduzione di Houseman M. e Severi C., pp. I-LIV. 32 McLeod M., Arte africana e idee sul tempo, in Marazzi A. (a cura di), Antropologia. Tendenze contemporanee, Scritti in onore di Bernardo Bernardi, Hoepli, Milano 1989, pp. 241-242. 33 Nelle pagine seguenti riprendo una riflessione gi presente in DAgostino G., Travestirsi. Appunti per una trasgressione del sesso cit., e in G. DAgostino, Il sesso in maschera, in Castelli F., Grimaldi P., Maschere e corpi, Meltemi, Roma 1997, pp. 146-167. 34 Ringrazio il signor Enzo Simonelli per avermi mostrato alcune fotografie relative al matrimonio dei femminielli, scattate negli anni Settanta da Pino Simonelli, studioso prematuramente scomparso, che aveva rilevato la peculiarit del fenomeno. 35 Curzio Malaparte, nel romanzo La pelle (1949), d una descrizione molto vivida del rito della figliata: Un suono di voci sommesse giungeva dallinterno della casa, e un lungo e alto gemito, una specie di lamento cantato, quasi un inno doloroso, simile al lamento di una partoriente modulato sul motivo di una canzone amorosa. Ci alzammo incuriositi, ci avvicinammo senza far rumore alla casa, entrammo. Il suono delle voci, e quello strano lamento, scendevano dal piano superiore. Salimmo in silenzio la scala, spingemmo una porta, e ci fermammo sulla soglia. Era una povera stanza di pescatori, ingombra di un immenso letto nel quale, sotto una coperta di seta gialla, giaceva, uomo o donna, un vago essere umano: la testa, affondata in una candida cuffia orlata di merletti e stretta sotto il mento da un largo nastro azzurro, posava in mezzo a un ampio e gonfio guanciale dalla lucida federa di seta bianca, come una testa mozza in un piatto dargento. Nel viso bruciato dal sole e dal vento splendevano gli occhi grandi e scuri. Aveva la bocca larga, dalle labbra rosse ombreggiate da un paio di baffetti neri. Era un uomo, senza dubbio, un giovane di non pi di ventanni. Si lamentava cantando a bocca aperta, e dondolava la testa qua e l sul guanciale, agitava fuor dei lenzuoli le braccia muscolose strette nelle maniche di una femminile camicia da notte, come se non potesse pi sostenere il morso di qualche sua crudele doglia, e ogni tanto si toccava con ambe le mani, cantando: ohi! ohi! misera me! il ventre stranamente gonfio, proprio il ventre di una donna incinta. Intorno al letto, Jeanlouis e i suoi amici si agitavano premurosi e spaventati, come in preda allangoscia che stringe il cuore dei familiari intorno al capezzale di una partoriente: e quale rinfrescava con pezzuole bagnate la 119 fronte del paziente, quale, versati in un fazzoletto aceti e aromi, glielaccostava alle nari, quale preparava asciugamani, garze, bende di lino, quale si affaccendava intorno a due catinelle dove una vecchia dal viso grinzoso, e dai capelli arruffati, con gesti lenti e studiati, in contrasto con langoscioso dondolar del capo, con i sospiri affannosi che traeva da petto, con gli sguardi imploranti che alzava al cielo, andava versando acqua calda da due brocche che sollevava e abbassava ritmicamente. Tutti gli altri correvano senza posa qua e per l stanza, incrociandosi, urtandosi, stringendosi il capo fra le mani, e gridando Mon Dieu! mon Dieu! ogni volta che il partoriente gettava un urlo pi acuto, o un gemito pi straziante. In piedi in mezzo alla stanza, con un enorme pacco di cotone idrofilo stretto tra le mani, dal quale con gesto solenne veniva traendo larghi fiocchi di bambagia che, lanciati in aria, gli ricadevano intorno, lentamente come una tiepida neve da un cielo luminoso e caldo, Georges pareva la statua dellAngoscia e del Dolore. Ohi! ohi! misera me! cantava il partoriente picchiandosi con le mani nel ventre gonfio, che risuonava come un tamburo, e il tonfo profondo di quelle forti dita di marinaio in quel ventre di donna incinta suonava crudelissimo a Georges, che chiudeva gli occhi, smorto in viso e tremante, e gemeva Mon Dieu! ah! mon Dieu! Non appena Jeanlouis e i suoi amici si accorsero di noi, che, fermi sulla soglia, contemplavamo quella scena straordinaria, ci furono addosso con un grido solo: e con timidi gesti, con violenza pudica, con cento specie di smanie e di mossette graziose, con leggere toccatine che pareano carezze, con sospiri che parevano di spavento, ed eran, quasi, di piacere, tentavano di spingerci fuori dalla porta. E sarebbero forse riusciti nel toro intento, se allimprovviso un grido altissimo non fosse risuonato nella stanza. Tutti si voltarono, e con un mugolio di dolore e di spavento si avventarono al letto. Pallido, gli occhi sbarrati, e due mani strette intorno alle tempie, il partoriente sbatteva il capo qua e l sul guanciale, gridando con voce acutissima. Una bava sanguigna gli schiumava intorno alle labbra, e grosse lacrime gli solcavano il bruno e maschio viso, imperlandogli i neri baffi. Cicillo! Cicillo! grid la vecchia gettandosi sul letto, e, ficcate le mani sotto le lenzuola, soffiando, facendo schioccar la lingua, sconciamente rumoreggiando con le labbra, stralunando gli occhi, e traendo su dal profondo del seno gorgoglianti sospiri, andava travagliando intorno a quel gonfio ventre, che ora si alzava, ora si abbassava, dondolando goffamente sotto la coperta di seta gialla. Ogni tanto la vecchia urlava: Cicillo! Cicillo! non aver paura, ci songo io acc! e pareva che, afferrata con le due mani qualche schifosa bestiaccia nascosta tra le coltri, tentasse di strozzarla. Cicillo giaceva a gambe larghe, schiumando dalla bocca, invocando: San Gennaro! San Gennaro aiutatemi! e sbatteva la testa 120 qua e l con cieca violenza, invano trattenuto da Georges che, piangendo e con soavissima tenerezza abbracciandolo, badava a impedire che si ferisse il capo con i ferri del letto. A un tratto la vecchia si mise a tirare a s con ambe le mani qualcosa dal ventre di Cicillo, e finalmente con un grido di trionfo strapp, sollev in alto, mostr a tutti una specie di mostriciattolo di colore scuro, dal viso grinzoso sparso di macchie rosse. A quella vista, tutti furono invasi da una gioia furiosa, si abbracciavan lun laltro lacrimando, si baciavano in bocca, e saltando e gridando si stringevano intorno alla vecchia che, ficcate le unghia nella scura e rugosa carne del neonato, lo andava sollevando al cielo, quasi loffrisse in dono a un qualche Dio, e gridava Oh benedetto! oh benedetto dalla Madonna! oh figlio miracoloso! Finch tutti, come invasati, si misero a correre qua e l per la stanza, a fare il verso del bambino appena nato, a frignare, a piangere con voce acutissima allargando la bocca fino agli orecchi e stropicciandosi gli occhi con i pugni chiusi: Ih! ih! ih! ih! ih! Strappato alle unghia della vecchia, e passando di mano in mano, il neonato giunse finalmente al capezzale di Cicillo, che, drizzandosi a sedere sul letto, il bel viso maschio e baffuto illuminato da un dolcissimo sorriso materno, apriva le muscolose braccia al frutto delle sue viscere. Figlio mio! grid, e afferrato il mostriciattolo se lo strinse al seno, se lo strofin contro il villoso petto, gli copr il viso di baci, se lo cull a lungo fra le braccia, canterellando, e alla fine, con un bellissimo sorriso, lo tese a Georges. Quel gesto, nel rito della figliata, significava che lonore della paternit spettava a Georges: il quale, accolto nelle aperte mani il neonato, si mise a palleggiarlo, a vezzeggiarlo, a baciarlo, mirandolo con occhi ridenti e lacrimosi. Io guardai il bambino, e inorridii. Era unantica statuetta di legno, un feticcio rozzamente scolpito, e pareva uno di quei simulacri fauci dipinti sulle pareti nelle case di Pompei. Il capo aveva piccolissimo e informe, le braccia corte e scheletriche, il ventre gonfio enorme, e dal basso ventre sporgeva un fallo di grossezza e forma mai viste, quasi la testa di un fungo velenoso, rossa e sparsa di macchioline bianche. Dopo aver ammirato a lungo il mostriciattolo, Georges se lo accost al viso, appoggi le labbra sulla testa di quel fungo, e landava baciando e mordendo. Era pallido, sudato, ansante, e gli tremavano le mani. Tutti gli si strinsero intorno squittendo, sollevando e agitando le braccia, e facendo a gara per baciare quello schifoso fallo, con un furore che aveva del meraviglioso e dellorribile. In quel momento, dal fondo delle scale, una voce forte grid: I spaghetti! i spaghetti! e un odore di pasta cotta e di salsa di pomodoro entr con la voce nella stanza. A quel grido Cicillo gett le gambe fuori dal letto, e appoggiata una mano sulla spalla di Georges, quasi abbracciandolo, con lal 121 tra pudicamente stringendosi al petto i lembi della camicia, si sollev, pos i piedi sul pavimento: adagio adagio, con gesti graziosi, con flebili sospiri, con languidi sguardi, sorretto e sospinto da dieci braccia amorose, si mosse, e avvolto in una vestaglia di seta rossa, che la vecchia gli aveva gettato sulle spalle, si avvi gemendo verso la porta. E tutti gli tenemmo dietro (Malaparte C., La pelle, Vallecchi, Firenze, 19665, pp. 116-119). 36 Simonelli P., Carrano G., Le manage des femminielli Naples, Masques. Revue des Homosexualites, n. 18, 1983, pp. 106-115; e degli stessi autori: Mito e seduzione dellimmagine femminile a Napoli, in Mattace-Raso R. (a cura di), Sessualit e sessuologia nel Sud, Societ Editrice Napoletana, Napoli 1987, pp. 17-23. 37 Pauly F. e Wissowa G., Realincyclopdie der Classischen Altertumswissenschaft, A. Druckenmller, Stuttgart 1931, s.v.; Roscher W. H., Mefitis, in Ausfhrliches Lexicon der griechischen und rmischen Mythologie, Georg Olms, Hildesheim 1965, II.2, pp. 2519-2521; Mambella R., Mefitis, in Lexicon iconographicum mythologiae classicae, Artemis, Zrich-Mnchen 1992, VI.1, pp. 400-402. 38 Eliade M., Mefistofele, cit. 39 Cfr. Gunon R., Simboli della Scienza sacra, trad. it. Adelphi, Milano 1990, pp. 266-268. 40 De Simone R., Il segno di Virgilio, Pozzuoli, Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo 1982, p. 91. 41 Giordano G. I., Croniche di Monte Vergine, Camillo Cavallo, Napoli 1648, cit. in De Simone R., op. cit., p. 92. 42 Diodoro Siculo, Biblioteca storica, 4, 6, ed. a cura di Canfora L., Sellerio, Palermo 1988, p. 193. Su Priapo cfr. Olender M., Priapo. Lultimo degli dei, in Bonnefoy Y., (a cura di), Dizionario delle mitologie e delle religioni, Rizzoli, Milano 1989, 3 voll., pp. 1438-1443 e la bibliografia relativa. 43 Pi recentemente sono tornata sulla questione dei femminielli e, lasciando sullo sfondo la prospettiva che avevo privilegiato negli studi precedenti, mi sono concentrata sulle loro narrazioni di s e i processi di costruzione identitaria che sembrano privilegiare, confermare e ribadire la logica dicotomica di genere. Cfr. DAgostino G., Sottotraccia. Percorsi tra antropologia e contemporaneit, Bonanno, Acireale-Roma 2016, in particolare le pp. 118-126. 122 Attraversamenti di genere e nuovi percorsi identitari di Gianfranca Ranisio Le societ contemporanee sono caratterizzate da una sempre pi estesa eterogeneit sessuale, che pone in discussione la rigida divisione maschile/femminile. Anche nella societ italiana, nonostante chiusure ideologiche di alcuni o episodi di omofobia da parte di altri, i movimenti LGBT rivendicano nuovi rapporti tra sessualit e societ, pieni diritti e sollecitano interventi contro ogni forma di discriminazione della diversit sessuale e di genere. Proprio per questi motivi, importante tener conto che, anche in passato nelle diverse societ, si sono presentati casi di sessualit e identit di genere che esulavano dalla rigida divisione binaria maschile/femminile, per i quali sono state date molteplici e differenti risposte socioculturali: alcune societ hanno creato specifici ambiti di azione, integrando questi soggetti nella vita quotidiana e attribuendo loro ruoli specifici, altre hanno loro negato un ruolo, in alcune culture le pratiche sessuali tra soggetti dello stesso sesso sono state consentite allinterno dei riti di passaggio allet adulta. Nelle societ occidentali per lungo tempo la disciplina e il controllo della diversit sessuale hanno coinciso con la costruzione e la formalizzazione di un modello sessuale rigido, che distingueva ci che era normale da ci che era anormale. Per questo importante considerare il modo in cui in una grande citt dEuropa, come Napoli, che stata per un lungo periodo della sua storia capitale di un regno, la diversit sessuale stata considerata e integrata. 123 Affrontare sotto il profilo antropologico una tematica quale la presenza e il ruolo dei femminielli nella societ napoletana senzaltro complesso, poich significa da un lato confrontarsi con le teorie sul genere, dallaltro interrogarsi sui rapporti tra i femminielli e la cultura popolare napoletana, nelle sue dinamiche e quindi nei suoi mutamenti. Per una comprensione pi ampia di queste figure opportuno ricorrere sia a un approccio interdisciplinare, che permetta di inquadrarle allinterno di una prospettiva storica che attraversa i miti della Magna Grecia e le antiche forme di ritualit per arrivare sino ai giorni nostri, sia analizzare il loro rapporto con il contesto socioculturale del napoletano (citt e provincia) e con i profondi cambiamenti intervenuti nel tessuto urbano. I femminielli sono espressione di una subcultura specifica, che racchiude una propria visione del mondo e della religione; essi partecipano tuttora a rituali, nei quali arcaicit e contemporaneit si fondono, come nel pellegrinaggio al Santuario di Montevergine, dove in passato erano presenti in modo significativo soprattutto, ma non solo, nella ricorrenza della Candelora. Questa pratica rituale ha antiche origini, connotate da profonde stratificazioni riscontrabili sia nelle modalit di partecipazione al culto che nella leggenda, sulla quale si fonda il rapporto preferenziale dei femminielli napoletani con la Mamma Schiavona, ripresa nel 2008 da parte del movimento dei gay per ribadire la rivendicazione dei loro diritti e, allo stesso tempo, per prendere le distanze dai femminielli della tradizione1. Nella societ napoletana, infatti, i femminielli rappresentano e sono considerati espressione di un mondo tradizionale, lontano da quello di gay e lesbiche, i quali pongono in modo politico le loro rivendicazioni (Corbisiero, 2010). La leggenda, a cui il movimento dei gay ha fatto riferimento in quella circostanza, infatti, istituisce un legame diretto tra la Madonna di Montevergine e i femminielli, tuttavia questa tradizione sembra pi 124 recente, rispetto ad altre leggende che sono state addotte per motivare tale rapporto e che hanno alla base il motivo del travestitismo con abiti femminili, come la leggenda di San Vitaliano o quella legata allincendio del santuario nel 16112. Il pellegrinaggio a Montevergine, in occasione della Candelora, era una tradizione diffusa tra i femminielli napoletani, che organizzavano in questa circostanza dei pullman, sui quali prendevano posto, assieme alle donne. Gli studiosi antropologi e storici delle religioni hanno formulato una serie di ipotesi, soprattutto si sono soffermati sulla presenza in et arcaica in questarea dellIrpinia di culti dedicati a divinit femminili o a divinit dai forti contenuti ambivalenti. stato rilevato che nella zona esistevano antichi rituali rivolti a divinit femminili, tra cui la divinit androgina Mefite o Mefito e la stessa Cibele, al cui culto si dedicavano sacerdoti eunuchi, che si erano evirati nellambito del rituale stesso (DAgostino, 1997: 150; 2000: 46). La Candelora, cos denominata perch si benedicono e distribuiscono ai fedeli candele, una ricorrenza particolare, poich in questa giornata si commemora la visita di Maria al Tempio e la purificazione dopo il parto3. Questa ricorrenza cade in un periodo specifico, allinizio di febbraio, allinterno del periodo del Carnevale, che in Campania inizia il 17 gennaio, festa di S. Antonio Abate. Nella Roma arcaica il mese di febbraio era il mese dedicato alle purificazioni, a Juno Februata e al rito dei Lupercali, un mese, durante il quale si alternavano rituali di purificazione e di fecondazione simbolica, un mese di passaggio, un periodo caotico in cui tutto si mescolava (Cattabiani, 1988: 133). A Montevergine i femminielli, dopo la visita alla Madonna, si riunivano davanti al santuario, ballavano le tammurriate, danze della tradizione napoletana, festeggiavano nei ristoranti del luogo, talvolta mimavano il parto e la nascita. 125 Nel Carnevale campano frequenti sono i travestimenti degli uomini con abiti femminili, travestimenti che permettono di poter manifestare atteggiamenti e unespressivit tutta al femminile, allinterno di un contesto basato sullinversione dei ruoli. Il Carnevale rappresenta uno spazio nel quale lassunzione di ruoli femminili e il travestitismo maschile erano/sono ancora spazi consentiti e legittimati dal rito e dalla collettivit che si ricostituisce sia pure provvisoriamente e momentaneamente. Il travestimento femminile in molte societ etnologiche fa parte dei rituali di iniziazione, anche nel mondo antico era inserito in rituali collegati ai miti di morte-resurrezione (DAgostino, 2000). Attraverso il travestimento calendarizzato e ritualizzato, come appare nei Carnevali campani, trova espressione il desiderio inconscio sia di rivelare la propria parte femminile per poterla superare, che di vincere langoscia della castrazione. Come scrive Annabella Rossi: Qui il travestimento non gioco, n semplice maschera. Gli atteggiamenti femminili, i gesti, le pance ingrossate esprimono spesso una femminilit non grottesca, un travestitismo riuscito. Per alcuni giorni, questi uomini, abbigliandosi con vesti femminili realizzano inconsciamente il loro aspetto di donne. questo un discorso che noi non possiamo portare avanti, ma che rimandiamo allinteresse che potr suscitare tra gli psicoanalisti (1977: 218-219). Nelle culture latine, nelle quali vi era una categorizzazione rigida del maschile e del femminile e il mondo pubblico era regolato da norme maschili, erano presenti spazi di trasgressione, erano ammesse occasioni in cui i generi si invertivano e si sovrapponevano, il travestimento con abiti femminili rispondeva per gli uomini al desiderio di godere di un ruolo sociale, e soprattutto sessuale, diverso da quello imposto dal corpo. NellEuropa preindustriale il Carnevale assolveva dunque alla funzione di messa in scena dellinversione dei ruoli e dei ses 126 si, accentuando gli aspetti pi vistosi del femminile, e questi aspetti si sono a lungo conservati nelle culture popolari, soprattutto in contesto contadino. Questa caratterizzazione presente ancora nei carnevali, anche in quello pi noto, il Carnevale di Rio, nel quale sono presenti non solo travestimenti ma anche mescolamenti di identit sessuali e ampio spazio hanno i travestiti (Kottak, 2008: 190-191). Nei Carnevali campani il travestimento uomo- donna era il travestimento pi frequente, nella stessa Canzone della Zeza, di origine napoletana, ma attualmente presente solo nei contesti rurali, che una delle rappresentazioni pi note di questo istituto festivo, i ruoli femminili di Zeza e Vicenzella sono impersonati da uomini, allinterno di un contesto basato sullinversione dei ruoli. In occasione della Candelora, stata documentata la partecipazione al pellegrinaggio di Montevergine anche di uomini travestiti da donna, che mimano atteggiamenti femminili, esprimendo una parte femminile del s, che consentito manifestare entro tempi e spazi dati. La stessa maschera di Pulcinella presenta componenti ermafroditiche e di ambiguit sessuale (De Simone, 1977: 201). Pulcinella ambiguo per i tratti femminili inscritti nel suo corpo, perch si accompagna spesso al suo corrispettivo femminile e perch talvolta nelle pulcinellate si traveste da donna ed cercato in quanto donna. Nelle societ tradizionali il sacro poteva manifestarsi anche come anomalia ed eccesso, e viceversa le manifestazioni dellirregolare tendevano a cadere nella sfera del sacro e del magico (Scafoglio, 1990: 219). Come avremo modo di considerare, figure dallidentit di genere ambigua in varie religioni sono considerate appartenenti alla sfera del sacro e svolgono dei ruoli collegati allambito del sacro. Sul rapporto con il sacro vi sono degli indizi rilevanti a proposito dei compiti attribuiti al femminiello nella cultura popolare napoletana. 127 I femminielli, infatti, sono presenti nel culto delle anime del Purgatorio, come dimostra la loro partecipazione ai culti che si svolgevano negli ipogei (Niola, 2003: 130). Inoltre segni di tale collegamento si possono ritrovare in alcune pratiche, legate alla sfera del gioco: nella tombola popolare, che si gioca nei quartieri del centro storico, sono i femminielli a leggere e commentare i numeri, ma i femminielli danno anche i numeri da giocare al lotto, in un ambito in cui dare i numeri significa rapportarsi allaldil ed essere considerati intermediari dellaldil (Scafoglio, 2000: 62). La loro identit ambigua, legata a rituali magici e simbolici viene considerata di buon auspicio, tanto che erano i femminielli ad estrarre i numeri del lotto e quelli della tombola tra i vicoli dei quartieri. Questa veniva praticata in genere il luned (giorno dedicato al culto dei morti), durante la tombola il femminiello elencava i numeri estratti indicando il significato secondo la Smorfia napoletana, fino a costruire quasi una storia dai toni molto coloriti, assumendo movenze e toni vocalici femminili, amplificati da una gestualit molto espressiva. Ogni numero aveva il suo significato: tre o femmeniello, quattro o puorco, cinque a mano ca te tocca, otto il bacio che non potr mai avere.4 Tutti questi riti possono essere considerati come aspetti attivi dintegrazione sociale, messi in atto da parte dei femminielli con lo scopo di affermare e sancire ritualmente la loro appartenenza di genere. In questo contesto, sono ritenuti partecipi di un potere magico- religioso, sia che si ritenga che la loro marginalit li rende figure potenziali di mediazione con il sacro, sia che si accetti linterpretazione secondo la quale sono attributi loro poteri magici per via dellambiguit di natura e della stessa devianza dalla norma eterosessuale. Nella cultura popolare, pertanto, la diversit del femminiello non tanto collegabile al tema dellomosessualit, quanto al valore simbolico della sua diversit, del suo 128 essere una figura liminale e quindi tramite con la realt ultraterrena e con la morte. Anche la leggenda di Montevergine pu inquadrarsi nellambito di questi profondi legami tra i femminielli e la sfera del sacro perduranti nel contesto napoletano e campano e, soprattutto, nella cultura popolare dei centri urbani del napoletano. I femminielli fanno parte di unantica immagine di Napoli e sono considerati strettamente legati al centro storico, in particolare ai Quartieri Spagnoli e a quelleconomia del vicolo, basata su scambi di beni e servizi definitivamente tramontata dopo il terremoto dellOttanta, ma allepoca gi in crisi. Erano figure che avevano legami con le prostitute, partecipavano ed erano contigue agli ambiti dellillecito e dellillegalit5, ma, come appare dalle documentazioni raccolte, si occupavano anche di lavori domestici e di cura, come fare compagnia agli anziani o guardare i bambini delle vicine. Rappresentavano una realt accettata e integrata, un altro modo di essere, rispetto al quale la citt e la sua cultura sono sempre state inclusive, nonostante le censure e i vari tentativi di criminalizzazione. La costruzione storica della sessualit, come discorso distinto ma legato alle pratiche del potere, si form allinizio del XVIII secolo. Foucault ha ricostruito in modo esemplare il concetto di norma eterosessuale, come ordine del discorso, quando ha analizzato come, a partire dallIlluminismo e dallimporsi del potere pastorale della chiesa, con listituto della confessione, siano stati messi in atto i processi di naturalizzazione dei corpi e di normalizzazione della sessualit, che sono alla base della cultura occidentale, tesa a rifiutare altre forme di sessualit, che non siano finalizzate alla riproduzione. Verso la fine del XIX secolo, con laffermarsi dellantropologia criminale e della psichiatrizzazione delle anomalie sessuali, stata elaborata la teoria per cui ogni comportamento sessuale poteva venire classificato 129 allinterno di una scala. In tale ottica, in pieno clima positivista De Blasio, il pi importante studioso della camorra fra gli esponenti della scuola di antropologia criminale, ha descritto i femminielli (o femminelle, come le chiama nel testo), come figure devianti, legate alla vita dei bassifondi napoletani e in gran parte dedite alla prostituzione e ad attivit illegali, soffermandosi su o spusarizio masculino e su alcuni aspetti del festeggiamento (1897: 99-102). Egli ha applicato anche a queste figure il processo di criminalizzazione del diverso, che stato poi perseguito durante il fascismo con le condanne allesilio, in quanto i femminielli esprimevano caratteristiche di genere contrastanti con il modello della virilit fascista. Sia la letteratura con Malaparte, che il cinema con Liliana Cavani, hanno rappresentato riti antichi come a figliata d e femminielli, rito che avveniva alla presenza delle donne del quartiere, allinterno di una cornice collettiva, e assumeva la forma di uniniziazione alla femminilit in un contesto di inclusione sociale. Oltre a questo, anche i matrimoni davano luogo a festeggiamenti collettivi, nel contesto del vicolo e della vita del vicolo. Si trattava di forme simboliche, attraverso le quali si sanciva una pratica di femminilizzazione (Simonelli e Carrano, 1983, 1987; DAgostino, 2000). La letteratura e il teatro napoletano contemporaneo hanno descritto queste figure e il loro rapporto con il contesto sociale, individuandone mutamenti e cesure. pertanto interessante analizzare come nel teatro se ne colgano le trasformazioni nel rapporto con il contesto urbano. Il terremoto dellOttanta ha segnato profondamente il centro storico e la vita dei suoi abitanti: in questo contesto di trasformazioni si muove/va il femminiello. Se negli anni Settanta Patroni Griffi in Scende gi per Toledo (1975) pone come protagonista del suo romanzo Rosalinda Sprint, un femminiello ancora inserito nel tessuto sociale, ma 130 in un mondo che sta cambiando, per cui questa figura diviene unardita metafora della citt costretta a fare i conti con i ritmi di una frenetica contemporaneit, tuttavia a partire dagli anni Ottanta che il nuovo teatro napoletano pone queste figure a specchio della solitudine della contemporaneit dei centri urbani. Sia Ruccello che Moscato riprendono queste figure ambigue e complesse e le collocano al di fuori di quel tessuto sociale che ne aveva consentito in certo modo lesistenza. Ne Le cinque rose di Jennifer Ruccello sposta la scena allinterno di una casa di un quartiere degradato di periferia, dove vive la protagonista, Jennifer, un femminiello, che qui si trasferita dai Quartieri Spagnoli, dove prima abitava, dopo il terremoto del 1980. Il dramma ha la forma di un giallo, nella protagonista si alternano stati danimo, ella apprende dai notiziari trasmessi dalla radio che in giro un maniaco che uccide travestiti come lei. Attende una telefonata che non arriva, quella di Franco un ingegnere settentrionale conosciuto mesi prima in discoteca, ma il telefono squilla solo per sbaglio, inutilmente, la solitudine della protagonista ingigantita dal frastuono della radio. Linterno, dove si svolge la scena, riproduce in modo ossessivo simboli femminili, mentre lesterno, che penetra nellinterno, attraverso il telefono, la radio, appare infido e minaccioso (Sabino, 2009). Anche Moscato, specie nella sua prima produzione, mette al centro della sua ricerca la figura del femminiello, figura consueta per chi, come lui, originario dei Quartieri Spagnoli. Nella realt napoletana, da lui rappresentata, tuttavia il femminiello non ha pi le caratteristiche del travestimento al femminile sul modello della Zeza, ormai legato al mondo contadino, ma si trasforma secondo il modello della prostituta metropolitana (Libero, 1988: 14). Enzo Moscato esprime lambiguit del diverso rappresentando una soggettivit che non n maschile, n femminile ma le contiene entrambe. Attraverso tale ambiguit egli trova il modo di descrivere una diversit che del 131 personaggio, ma anche della citt, una citt europea protesa nel Mediterraneo con tutti i suoi misteri e le sue contraddizioni. Napoli rappresenta la citt soglia, luogo di confine tra la razionalit e una dimensione misterica e segreta, collegata alla morte o abituata a fare i conti con la morte, con i suoi cunicoli sotterranei e i suoi palazzi densi di mistero, ma anche la citt con unalta tradizione teatrale e culturale (DAngeli, 2003: 2). Nel teatro di Moscato il travestito acquista un ruolo simbolico, quel femminiello della tradizione si modificato, ma, soprattutto, Moscato, come gi Ruccello, accentua lo sradicamento e la solitudine dei suoi personaggi. Il femminiello, per la sua ambiguit, rappresenta la possibilit di confrontarsi con la parte oscura di s e la possibilit di sconfinamenti anche letterari, attraverso la creazione di una lingua ibrida che mescola e contamina suoni dialettali, anche arcaici, lingua colta e lingua dei mass-media (Sabino, 2009). Nello stesso tempo, per, al di l del rapporto femminiello- citt, gli autori pongono in evidenza il tema di unidentit di genere che non ha caratteristiche stabili e definite. Napoli diviene il sintomo di ci che sono le metropoli degradate del mondo e figure dalla natura ambigua rappresentano mondi popolati di mutanti che si muovono in frammenti di spazio/tempo ambigui (Cuomo, 2008: 49). Cos luniverso narrativo di Moscato Ǐ abitato da travestiti, transessuali, ibridi di genere, che confondono lidentit in un raffinato gioco di spiazzamento, che non solo slittamento di genere, ma anche slittamento della produzione del senso e dunque della cultura (Cuomo, 2008: 33). Anche il ruolo del femminiello risulta modificato: sradicamento e solitudine lo circondano in contrapposizione alla socialit del vicolo della visione tradizionale. Gli autori si pongono in rapporto con la loro natura segreta e con il lato oscuro del mondo; utilizzano brandelli di tradizione ma non possono essere riportati nellalveo della napoletanit (Cuomo, 2008: 34; De Matteis, 132 1991: 18). Universale e particolare attraversano questo teatro che decostruisce linguaggio e rappresentazione e ci introducono alla complessit della modernit. Questo tipo di lettura artistica rappresenta la difficolt di definire le identit di genere e questo a maggior ragione se si rimane dentro la prospettiva dicotomica dei generi, propria della cultura occidentale. Anche sotto la prospettiva antropologica evidente la difficolt di procedere per classificazioni, nel momento in cui la ricerca si focalizza su societ in cui il legame tra organi genitali, comportamento sessuale e ruoli sociali assume forme differenti da quelle presenti nella societ occidentale. Nel filmato Cerasella, Andrei sostiene la tesi del progressivo venire meno dei femminielli tra i pi giovani e ne ricerca le motivazioni, in parte trovandole nelle possibilit offerte dalla pi recenti tecniche di chirurgia plastica che permettono di operare sul proprio corpo, che non pi considerato come condanna e destino ma come possibilit. Viene perci seguita nei suoi percorsi la giovane Cerasella, che non accetta pi di essere identificata con la figura del femminiello, come si evince chiaramente dalla scena finale, nella quale afferma il suo diritto a scegliere di non diventare una vecchia pazza femminella ma una transessuale rispettata, cambiando cos anche lidentit anagrafica6. La premessa esplicita che il femminiello sia una figura arcaica, che era radicata in un determinato contesto storico culturale, oggi in gran parte scomparso, soprattutto tra le generazioni pi giovani, che non vi si riconoscono pi, una figura che pu per evolvere in quella della transessuale. In effetti le possibilit offerte dalla medicina contemporanea forniscono non solo delle soluzioni e delle possibilit, ma anche una maggiore consapevolezza. Casi come quello di Cera- sella, per la quale il corpo come una prigione da cui doversi e potersi liberare, manifestano la consapevolezza che il corpo pu essere ridisegnato secondo il proprio desiderio, poich il 133 corpo, la materia non sono irriducibilmente dati, ma plasmabili. La chirurgia offre quindi la possibilit di scegliere se optare per una costruzione corporea personalizzata e non riconducibile alla visione bipolare del corpo oppure modificare gli organi sessuali, per adattarli al genere con cui ci si identifica, negando la corporeit data per approdare a quella scelta. Con lintervento sugli organi genitali si attua lattraversamento di genere in modo irreversibile; un atto medico chiamato a riscrivere ci che la natura ha compiuto, sia a livello fisico che legale. Infatti, secondo la legge italiana, la chirurgia lunica strada che possono percorrere coloro che vogliono mutare la propria identit anagrafica. attraverso il mutamento di sesso che viene riconosciuto il cambiamento di genere, consentendo allindividuo di essere inscritto in una delle due classi che la societ riconosce socialmente e legalmente, e cio o uomo o donna; in questo modo, la biopolitica stata delegata dallo stato ai medici e alla istituzione medica, che stata legittimata a stabilire lappartenenza di genere. Tuttavia la scelta radicale dellintervento chirurgico si rivela problematica per molti, sia per gli elevati costi delle varie fasi del trattamento, sia perch le condizioni di salute impediscono a molti di intraprendere lintero percorso, sia per problemi di ordine psicologico (Zito e Valerio, 2010). Alcuni/e dichiarano espressamente di avvertirne linutilit, in quanto non potranno mai diventare fisiologicamente donne e quindi madri (Di Nuzzo, 2007: 54-55; DAgostino, 2010). La chirurgia e lendocrinologia offrono, in questi casi, la possibilit di appagare il proprio desiderio estetico, agendo sui caratteri sessuali secondari attraverso terapie ormonali e attraverso trattamenti alle labbra o al seno, rendendo il corpo flessibile, anche se i messaggi dati dai mass-media sono spesso fuorvianti, interventi chirurgici e terapie ormonali producono sofferenze, complicanze, difficolt molto gravi. 134 Le operazioni di travestimento di oggi hanno a che fare con il corpo piuttosto che con labito, mentre lidentit personale non sembra pi legata a ruoli sessuali definiti e la fluidit del genere non riconosce limiti o regole (Molfino, 2003: 119). A questa concezione di un corpo fluido e plasmabile ben si adatta la teoria del genere performativo formulata da Judith Butler, la quale parte dalla premessa che le categorie di sesso e genere sono una costruzione culturale prodotta dalla ripetizione di atti performati nel tempo e che il genere non un fatto o unessenza, ma un insieme di azioni che produce leffetto. Secondo lautrice i corpi non sono spazialit date ma mutano nel tempo, invecchiano, cambiano forma, cambiano a seconda delle loro reti di interazioni. Per Butler di fondamentale importanza tenere conto del fatto che la differenza sessuale non un dato, n una premessa, n un fondamento su cui costruire una teoria femminista e non possibile istituire un confine tra biologico e psichico, tra discorsivo e sociale (2006: 210). Da questo scaturisce il suo invito a sviluppare un nuovo lessico, sia a livello giuridico, che psichiatrico, sociologico e letterario, che sia rispondente alla complessit di genere con cui dobbiamo confrontarci. Se al di l degli interventi medico-chirurgici, consideriamo il genere nella sua fluidit, tenendo presente che non tutti possono n vogliono sottoporsi a trattamenti cos invasivi, dobbiamo convenire che queste figure ibride appartengono alla contemporaneit. Anche i femminielli fanno parte di essa, non possono scomparire in modo netto e in breve tempo, tuttavia non devono essere considerati come immutabili e quindi essenzializzati ma allinterno di realt in trasformazione ed essi stessi specchio di trasformazioni. Senza mitizzare il buon tempo andato, si pu rilevare che oggi i quartieri del centro storico e le periferie sono espressione della disgregazione di quella cultura popolare del passato, forse un po mitizzata e considerata in modo edulcorato, ma certo pi inclusiva di quella attuale. 135 Rispetto, quindi, alla questione relativa alla specificit dei femminielli napoletani, si possono rilevare analogie e diversit con altre identit di genere presenti in culture, che ammettevano e includevano generi non riconducibili alla dicotomia maschile/femminile e non prescrivevano la normalizzazione dei corpi. Il primo ad avere descritto questa tipologia di individui tra le popolazioni etnologiche stato Carpenter che nel 1914 ha scritto: Intermediate Types among Primitive Folk, un testo poco considerato dagli antropologi, ma presente negli studi sullomosessualit, in quanto ha posto in evidenza che questa esisteva tra i popoli di natura e non era quindi frutto di degenerazioni o di perversioni, come era sostenuto in quelle teorie che riscuotevano consensi nellEuropa degli inizi del Novecento. Egli ha rilevato che tra i popoli etnologici esistevano individui che occupavano sfere intermedie di vita sociale e lavoro, e che spesso erano considerati un terzo sesso. Anzi, sulla base di resoconti di viaggiatori e antropologi, si spinto ad affermare, anche con tono apologetico, che gli omosessuali tendevano ad avere eccezionali doti mentali e spirituali. I collegamenti tra individui dal genere doppio o ambiguo e la sfera del sacro, riscontrabili in molte culture, sono stati in vario modo posti in risalto a partire da questo testo, che stato il primo a documentare la presenza di individui dal genere n maschile n femminile nelle culture extraoccidentali. Negli anni Venti e Trenta del XX secolo antropologi come Malinowski e Mead, nei loro soggiorni sul campo, scoprirono che vi erano molte forme del comportamento che si allontanavano dalle idee e pratiche accettate in Occidente e che molte culture avevano forme istituzionalizzate di omosessualit o ruoli accettati per gli omosessuali (Sandfort, 2000: 8283). Sino alla met del XX secolo tuttavia la discussione stata confinata tra gli antropologi influenzati dalle teorie psicoanalitiche, i quali hanno contribuito a patologizzare queste figure, 136 nonostante rilevassero che erano integrate nelle culture native ed soltanto in epoche pi recenti che si rivolta lattenzione a quelle forme di comportamento, prima viste come diverse secondo la concezione medicalizzata della sessualit presente in occidente. Ha iniziato cos ad imporsi nella letteratura il concetto di terzo genere, che stato applicato a molte tipologie di comportamenti presenti in varie societ, che non rientravano nella bipolarit maschile/femminile propria dello schema concettuale occidentale, ma rappresentavano un altro modo di vivere lappartenenza di genere, come gli Xanith in Oman, i cosiddetti Berdache fra i nativi americani, i Kathoeys in Tailandia, gli Hijras in India, i Muxe tra gli zapotecas dellIstmo di Tehuantepec e altri ancora (cfr. Herdt, 1994). Gli antropologi americani si sono spesso interrogati sulle figure dei cosiddetti berdache, che rappresentano forse il caso pi noto e discusso nella letteratura etnologica a questo proposito, ma hanno potuto avvalersi solo di descrizioni frammentarie, spesso basate su informazioni di seconda mano. Infatti i berdache sono scomparsi o si sono trasformati con la disgregazione delle culture native, ma erano presenti in molte, non in tutte, le societ native americane, le quali riconoscevano identit di genere, al di l dellappartenenza binaria, determinate pi in base alla scelta delle occupazioni e al pi ampio contesto delle preferenze e delle pratiche sociali, che alle scelte sessuali (Robbins, 2009). Questi individui, biologicamente maschi, che non occupavano un ruolo maschile standard, nelle societ native dAmerica, nelle quali erano presenti, svolgevano funzioni specifiche, spesso collegate con lambito magico-religioso e con poteri mistici; in quanto diversi, erano sciamani, indovini, persone dotate di poteri sovrannaturali (Lorbert, 1995: 135; DAgostino, 2000). Ad esempio, tra i Lakota i ragazzi imparavano, che, se lo desideravano, potevano scegliere di adottare i vestiti e il lavoro delle donne e fare sesso con gli uomini, sebbene il ruo 137 lo non implicasse necessariamente un tipo di comportamento sessuale. Infatti non avevano solo ruoli femminili, alcuni erano noti per le loro imprese di caccia e di guerra. Harriet Whitehead sostiene che gli occidentali hanno difficolt a riconoscere un terzo genere perch partono da premesse etnocentriche, i gruppi che riconoscevano lidentit di berdache o nadleehi definivano il genere dalle scelte degli abiti, delle occupazioni e dei comportamenti, a differenza di quanto accade nella cultura occidentale, nella quale si definisce il sesso sulla base delle preferenze sessuali, prestando poca attenzione alla complessit di queste scelte. Secondo lantropologa questo ruolo era un esempio di omosessualit istituzionalizzata, legata a motivi economici, in quanto queste figure erano dotate di prestigio sociale (1981). Callender e Kochems hanno dato un importante contribuito a questi studi, poich hanno rilevato lesistenza di queste figure in 113 societ tribali, dalla California alla valle del Mississippi, alla regione dei Grandi Laghi, sottolineando che probabilmente queste figure erano meno eccezionali di quanto si pensi, ma che il loro numero diminu drasticamente dopo il contatto con i bianchi (1983: 446-447). I due antropologi hanno compilato un elenco di aspetti e caratteristiche principali: tra i quali travestitismo e occupazioni erano strettamente correlate, ponendo in evidenza due aspetti di questo ruolo: i poteri soprannaturali spesso loro attribuiti e la natura intermedia del loro status di genere. Rispetto allattivit omosessuale, essi hanno rilevato che possibile che alcune culture le attribuissero un ruolo importante, altre no (1983: 449-451). Whitehead, Callender e Kochem concordano che lassunzione di questo ruolo era determinata dal prestigio che conferiva e che era uno status di genere intermedio. Lo stesso termine berdache, utilizzato per indicare queste figure di uomo-donna, un termine generico, oggi respinto dai nativi e sottoposto a revisione anche nella let 138 teratura etnografica, perch connotato ideologicamente e quindi considerato offensivo (Fulton e Anderson, 1992: 603; Epple, 1998). Daltra parte degli altri termini proposti: gay, alternate gender, Two-Spirit, nessuno si rivela adeguato. Inoltre unidentificazione con lesbiche e gay che lottano in modo politico nelle societ postindustriali senzaltro inappropriata per definirli (Epple, 1998). Molti preferiscono usare il termine Due-Spiriti, prescelto anche dai nativi, ad indicare che allinterno dello stesso corpo convivono due spiriti e due sessi, tuttavia questo termine non generalizzabile a tutte le figure presenti nelle varie culture indiane. Come rileva Epple, scegliere uno di questi termini significa ignorare la variabilit tra le stesse culture dei nativi americani. Ella pone in evidenza che i Navajo, popolazione da lei studiata, utilizzano il termine ndleehi e danno pi enfasi a definizioni basate su situazioni, che su categorie fissate rigidamente. Tra i Navajo questi individui non sono definiti n come uomini, n come donne, essi occupano un altro ruolo che culturalmente accettato, definito, in alcuni casi oggetto di riverenza e rispetto. Rispetto a queste figure presenti in culture non occidentali non possiamo farci influenzare dalla concezione dicotomica del genere propria della cultura occidentale n dal concetto contemporaneo di omosessualit. La concezione del maschile e femminile occidentale ha poco in comune con il sistema dei generi delle culture native americane, cos come questo ha poco in comune con il concetto di gay (Fulton e Anderson, 1992: 608). Dovremmo pensare a un genere distinto, che inglobava una potenza spirituale sia maschile che femminile, aveva un ruolo di intermediazione con il potere del soprannaturale, che non n maschile, n femminile. Le caratteristiche delineate possono essere meglio spiegate interpretando il loro come un ruolo sacerdotale. Allinterno di questo ruolo questi individui svolgevano compiti rituali gestendo tre eventi della vita umana: 139 la nascita, il matrimonio, la morte. Si tratta di tre eventi fondamentali per la societ, ma di tre eventi che hanno le caratteristiche della liminalit, che in molte culture era percepita come pericolosa, la ragione dessere di questo ruolo era il mantenimento dellordine e della continuit, un ruolo associato con un unico genere, che incorporava una potenza spirituale inaccessibile al maschile o al femminile (Fulton e Anderson, 1992: 609). Tuttavia in questo modo si rischia ancora una volta di operare unastrazione, come ha rilevato Morris (1995). Queste figure, che appartengono a culture specifiche, devono essere considerate piuttosto come forme di identit, che sono inserite dentro situazioni e relazioni di genere, che si attuano in una variet di modi e in una gamma di temporalit (Morris, 1995: 581). Inoltre queste figure devono essere contestualizzate e storicizzate, cos, per quanto riguarda il mondo dei nativi americani, anche rispetto ai cosiddetti berdache, non si possono tralasciare gli effetti che su di essi ha avuto il colonialismo, che ha imposto il modello dominante dei bianchi, per cui oggi non sono pi accettati ma sono degli emarginati, cos come, per quanto riguarda i kathoeys, Morris pone in evidenza che essi si sono riposizionati in risposta alla transnazionalizzazione dellidentit gay (ivi: 582). Ci troviamo di fronte a una vasta e complessa morfologia culturale, che fissa un continuum tra il maschile e il femminile, contro cui si infrange il tentativo di costruire tipologie e classificazioni. Unaltra situazione rilevante rappresentata dai Muxe dellIstmo di Tehuantepec, presso i quali Miano Borruso ha condotto varie ricerche, ponendo in evidenza i ruoli e gli spazi loro assegnati allinterno di una cultura specifica, quale quella zapoteca (2002). Lantropologa, in studi pi recenti, si interrogata sul destino di questo gruppo per gli effetti delle trasformazioni introdotte dalla globalizzazione, chiedendosi se questa cultura sapr difendere la sua specificit, tra cui anche la pos 140 sibilit di unidentit di genere che non rientra nello schema bipolare maschile/femminile (2010). Interessante il caso degli Hijras del sud dellIndia, i quali formano una comunit numerosa, anche se vi una disputa sul numero che oscillerebbe tra i 10.000 e i due milioni. Piuttosto che costituire un gruppo omogeneo, la classe degli Hijras costituita da individui geneticamente maschi, che sono omosessuali, prostitute omosessuali, castrati, ermafroditi, transessuali e travestiti, quindi molto controverso parlare di un tipo di sessualit degli Hijras (Nanda, 1986, 1990; Davis e Witten, 1987: 86). Come mette in luce Gayatri Reddy (2005), che ha svolto unindagine etnografica molto accurata con il proposito di raccontare la storia di alcuni di loro e porre in evidenza i motivi per cui sono al tempo stesso rispettati e stigmatizzati, la nozione della differenza sessuale non lunica lente attraverso cui gli Hijras percepiscono il mondo e si aspettano a loro volta di essere percepiti. Non sono riportabili a una categoria sessuale, o di genere, come sono stati talvolta considerati nella letteratura, un esempio di un terzo sesso transnazionale, come stato rappresentato da giornalisti, studiosi e da esponenti del movimento omosessuale, che hanno fatto conoscere tale immagine allopinione pubblica, indiana e internazionale. Infatti, come i membri di ogni altra comunit in India, le loro identit sono modellate anche da una gamma di altri fattori, includendo tra questi la parentela, la religione, la classe e le gerarchie da rispettare. Sono sia di religione ind, che musulmana. Molti di loro si sottopongono alla castrazione rituale, gli Ind dedicandola alla dea Badhraj Mata, i musulmani considerando invece questo rito come unestensione della circoncisione. Come conseguenza di questo atto rituale sono ritenuti dotati del potere di conferire fertilit sia agli sposi che ai neonati e trovano legittimazione nei rituali religiosi, questo permette loro di essere integrati nella societ indiana (Lorber, 1995: 138; Nanda, 1986, 1990). Hanno abiti e 141 modi femminili, che sono in contrapposizione con limmagine ideale della donna ind. Il rituale di evirazione a cui si sottopongono segna lappartenenza alla pi ampia comunit degli Hijras. Tuttavia molti di loro non svolgono solo funzioni sociali nei rituali e nelle cerimonie, ma si dedicano anche alla prostituzione e questo crea gravi problemi per la diffusione che sta avendo lAIDS, allinterno di queste comunit. Si sono affacciati anche sulla scena politica con la loro corporalit fondando proprio su questa una loro differenza etica, poich il non fare famiglia li preserverebbe da forme di familismo e nepotismo e quindi rappresenterebbero un argine alla corruzione (Reddy, 2005: 223). La corporalit essenziale alla costruzione della loro identit ed con questa corporalit che entrano in relazione con i vari ambiti del sociale e nello specifico della societ indiana contemporanea nei rapporti tra globale e locale. Accettazione, inclusione, pertinenza con lambito rituale ma anche marginalit sembrano quindi caratterizzare gli Hijras, mentre attualmente le testimonianze degli indiani americani sottolineano che oggi la condizione di ambiguit di genere non pi accettata, poich prevalso il modello di genere della cultura dominante dei bianchi. Da quanto sinora illustrato per evidente che tracciare un confine tra travestitismo, ermafroditismo e omosessualit si rivela arduo per molte culture. Anche i femminielli napoletani possono essere inseriti in questa ampia gamma di generi, ed anche in questo caso importante prescindere da una visione essenzialistica: le caratterizzazioni di genere e quindi i rapporti tra i generi non sono dati una volta per tutte ma sono allinterno di processi storici, sono realt processuali, cos anche i processi di costruzione didentit mutano e portano a nuovi esiti. Inoltre anche per i femminielli napoletani va valutato limpatto con il movimento gay e dei trans e in questottica la po 142 liticizzazione della festa di Montevergine, da cui siamo partiti, pu essere un interessante terreno di confronto per la situazione attuale. I femminielli napoletani rappresentano, quindi, una forma sociale e culturale attraverso cui si espressa una differenza di genere, presente a Napoli come in altre culture, come le ricerche antropologiche hanno dimostrato. La specificit napoletana rispetto al genere che queste identit rappresentate dai femminielli hanno resistito a lungo rispetto alle semplificazioni e ai progetti di normalizzazione del corpo, e poi di criminalizzazione della devianza, che si sono imposti allinterno della cultura occidentale. Infatti, in una grande e popolosa citt del mondo occidentale, come Napoli, per un lungo periodo i femminielli sono stati accettati dal tessuto sociale, svolgendo un ruolo, che si andato articolando secondo modalit storiche, allinterno delle quali hanno espresso le loro caratteristiche di genere e le loro identit fluide. Tuttavia disgregazione sociale, delocalizzazione abitativa, nuovi modelli non solo di organizzazione sociale, ma anche di rapporti tra generi e di rivendicazione sessuale ci impongono di rivedere queste figure nella contemporaneit per non rimanere ancorati al passato e non trasformare aspetti che sono stati reali in nuovi stereotipi su Napoli, i napoletani e linclusivit del diverso. 143 Note 1 Cfr. anche il film documentario La Candelora a Montevergine. Nuove tradizioni. Antichi diritti (2008), di Valerio P. e Sisci N., produzione Universit degli Studi di Napoli Federico II. 2 Sulle leggende cfr. DAgostino 1997, p. 152, De Simone 1982, p. 91. 3 Soltanto recentemente la chiesa ha restituito a questa ricorrenza la categoria di festa di Cristo, cio della presentazione del Signore al tempio (Cattabiani, 1988, p. 137). 4 Delia Vaccarello 2003 riporta i contenuti di unintervista fatta a Peppe Barra. 5 Ha fatto notizia larresto di un femminiello divenuto boss della camorra, che continuava a prostituirsi e a offrire sesso e cocaina, nonostante avesse fatto carriera nel mondo della criminalit organizzata. Il Corriere della Sera del 13 febbraio 2009, cos titolava la notizia, Presa Ketty, boss femminiello e il giornalista Fulvio Bufi rilevava pure che Ketty ha sovvertito una delle regole pi antiche della camorra, quella che prevede il comando sempre agli uomini, o alle mogli, ma solo per delega. 6 Si fa riferimento a film-documento di Andrei M., Cerasella, ovvero lestinzione della femminella, realizzato da Mater e dallUniversit degli Studi di Napoli Federico II nel 2007. 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Riflessioni tra contaminazioni di saperi contigui Risulta immediatamente complesso e complicato avviare una definizione sulle differenze sessuate oggi, ma ritengo che sia proprio questa prossimit definitoria e terminologica a dare un possibile avvio alla rete di percorsi per dar senso a un arduo se non velleitario tentativo di fare il punto sulle tematiche attuali attraversando, come spesso accade a unantropologa, contigui ambiti disciplinari. Lontani gli anni di mobilitazioni e di grandi eventi intorno al tema della differenza discriminazione uomo-donna gli studi attuali sono percorsi da fermenti forse pi silenziosi ma talvolta pi contraddittori. ancora lecito chiedersi se esistono differenze legate al sesso cui appartengono gli individui? Lannosa e perdurante questione natura-cultura che attraversa ancora tutta lantropologia culturale, costituisce un adeguato parametro interpretativo? Genere, differenza, identit sono tre cardini su cui ristabilire equilibri, contesti, strumenti interpretativi. Lidentit probabilmente lelemento pi ricco di ambivalenze e che appartiene a tutti i modelli interpretativi individuati. Identit imprescindibilmente legata ad alterit e immediatamente ricca di articolazioni nelle quali finisce con il delinearsi una delle tante differenze che quella legata al primo aspetto apparentemente biologico, ovvero, la differenza sessuale. 149 Ma a partire dal dato biologico che si apre immediatamente il dibattito. Sembra addirittura ovvio riconoscere scientificamente le differenze che caratterizzano il corredo cromosomico, le masse muscolari, i corredi neuronici, ma su questi dati apparentemente indiscutibili la scienza ha poi individuato nel passato, risoluzioni culturali e identificazioni di ruoli ritenuti naturali. Diventa opportuno, dunque, riesaminare le diversit biologiche solo per esaltare le differenze e riconoscerle al meglio in quanto alterit che interagiscono con il contesto ridefinendo identit. Secondo le teorie evoluzioniste la continuit della specie assicurata al meglio da un modello riproduttivo basato sulla riproduzione sessuata e sarebbe questo il motivo dellesistenza dei due sessi. Gli esseri umani per, operano una rielaborazione culturale tra il sesso ascritto biologicamente e quello autopercepito che quasi sempre coincide ma, talvolta, non totalmente. Questo sempre pi vero oggi attraverso lausilio della stessa scienza, ovvero, la chirurgia plastica che riduce e reinventa lo scarto tra identit sessuale e quella di genere. Il corto circuito lessicale deve essere chiarito. Per alcuni studiosi si pu usare indifferentemente il termine genere e sesso, mentre sarebbe pi opportuno usare un maggiore rigore nel distinguere tra fattori biologici (sesso) e fattori socio-culturali (genere), anche se i due piani interagiscono indissolubilmente nella determinazione dellappartenenza alluno o allaltro sesso. Dunque il maschile ed il femminile hanno avuto compiti biologici diversi che si sono sostanziati in ruoli diversi, quasi mai simmetrici, e con poteri e gestioni degli spazi assai diversificati. Le societ tradizionali e/o esotiche hanno costruito una presunta naturalit fatta di domesticit e accudimento per il femminile, e spazi aperti, capacit di procacciarsi il cibo e difesa della prole per il maschile. Molte in questo presunto schema naturale le eccezioni e i mascheramenti come chiarir nel corso di questo 150 scritto di reali poteri gestiti in tuttaltro modo. Il tentativo di riconoscere simmetrie storia recente e non ancora scritta. Il presunto dato biologico e la costruzione sociale del ruolo si intersecano in una inestricabile sovrapposizione che sar a lungo ratificata dalle diverse societ che storicamente si sono succedute. Religioni, societ tradizionali contadine, societ industriali, fanno la loro parte nel ribadire differenze che diventano subordinazioni. Lanima, lintelligenza, la massa cerebrale sono state variamente utilizzate per ribadire gerarchie e stereotipi magari negati nelle attuali societ avanzate, ma sedimentati nellinconscio collettivo. La nuove proposte e i filoni di ricerca ribadiscono le differenze perduranti ma simmetriche per comprendere il funzionamento cognitivo umano generale. La psicologia cognitiva si contamina sempre di pi con il culturalismo, poich interventi sui processi educativi e cambiamenti nellambiente circostante, possono modificare lo stesso sviluppo biologico. Una dinamica di azione e retroazione di cui si deve continuamente tener conto nel definire e riconoscere le differenze. Un significativo esempio di questa questione posta dagli studi sul cervello. Recentemente si ulteriormente chiarita una differenza di funzionamento tra i due emisferi cerebrali nei maschi e nelle femmine. Nel cervello femminile si riscontra una maggiore comunicazione interemisferica tra lemisfero sinistro (quello deputato al linguaggio) e quello destro (sede dei processi di integrazione globale delle informazioni e dei processi cognitivi) determinando cos una modalit di approccio conoscitivo e risolutivo della realt. Si verificherebbe una maggiore influenza di fattori emotivi e affettivi sui processi di ragionamento seriale e un approccio pi solistico e o intuitivo a problemi complessi. Anche la biochimica cerebrale ci fornisce elementi di riflessione; il differente metabolismo della serotonina nei due 151 sessi influenzerebbe anche le modalit di espressione dellaggressivit, che nei maschi vedrebbe una maggiore tendenza allestroversione quindi a manifestare comportamenti violenti mentre nelle femmine allintroversione. Cos per le percezioni spazio-temporali ci sarebbero diversit significative tra i due sessi. Gli esempi potrebbero continuare a lungo, ma in questa sede ci sembra pi significativo considerare come su queste basi biochimiche e cognitive si costruiscono schemi comportamentali e culturali, quale sia lo spazio reciproco di influenza e come le altre scienze sociali possono dare contributi alle riflessioni. Gli attraversamenti di genere sono il coagulo di questa impostazione, nelle costruzioni transessuali che, biologia, medicina, sociologia, psicologia, antropologia possono convergere ed interagire. Identit plurime che costruiscono consapevolezze di s e relazioni con il mondo cercando di superare stereotipi e modalit collaudate. Cure ormonali per supportare scelte culturali di genere sembrano modificare abilit e risposte cognitive anche se non ancora certo in che misura, diversamente dai transessuali, negli omosessuali identit genetica e percepita coincidono, linteresse sessuale diretto verso individui dello stesso sesso, ma le abilit e le sensibilit si modificano significativamente anche senza radicali mutamenti corporei. Tutto deve concorrere ad una nuova consapevolezza. La densit del problema si condensa e la riflessione sembra prendere connessioni reticolari esasperate. Abilit cognitive, affettivit, capacit di relazionarsi e di essere assertivi potrebbero essere i cardini da cui non allontanarsi troppo per navigare tra le complesse differenze. Il mondo delle emozioni una discriminate forte nella differenza sessuale? Su questo punto gli stereotipi e i luoghi comuni sembrano essere i pi diffusi e condivisi socialmente tanto da determinare ruoli e mansioni lavorative allinterno dei sistemi familiari; la psicologia fornisce 152 conferme ma anche clamorose smentite. Si soliti ritenere che le donne siano pi emotive degli uomini, sia sulla base della minore capacit di controllare lequilibrio delle reazioni, sia sulla maggiore capacit empatica di collegarsi agli altri. Se si esamina pi a fondo unemozione essa risulta composta da diversi elementi: una componente espressivo-comportamentale, una componente esperenziale o verbale, e una componente fisiologica. Ma, cosa forse pi significativa per il nostro discorso, manifestare unemozione non coincide necessariamente con il fatto di provare o meno quella emozione. La differenza pi rilevante tra uomini e donne sta proprio nella modalit attraverso cui si manifesta lemozione e, quindi, nella cultura che ne codifica la grammatica ed il valore attribuito ad essa. Alle donne sarebbe concesso uno stile espressivo pi plateale ed una sapienza nel delinearlo e nellesplicitarlo, mentre luomo imploderebbe nelle sue reazioni destinando uno spazio tutto interno e invisibile a queste ultime. Sanzioni sociali e giudizi negativi peserebbero su questa modalit e questa differenza. Gli uomini si vergognano delle manifestazioni emotive e non sanno poi come manifestarle qualora si decidessero a comunicarle e a viverle. Una ricerca di qualche anno fa ha evidenziato che i cosiddetti soggetti androgini sarebbero pi capaci a manifestare in maniera efficace le emozioni. Soggetti androgini sono quelli che sottoposti a particolari questionari risultano avere una equilibrata presenza nella propria identit di mascolinit e femminilit, indipendentemente dal sesso dei soggetti. Questi soggetti risultano quelli in cui la manifestazione dei comportamenti emotivi meno polarizzata e quindi pi flessibile e armonicamente relazionata alle situazioni. E questo equilibrio consente di avere maggiore successo sociale. Gli autori della ricerca, Kring e Gordon, hanno quindi ipotizzato che sia landroginia a far s che nelle donne si riscontri una maggiore espressivit emotiva e non il genere sessuale o 153 la femminilit. Il dato ancor pi rilevante in quanto statisticamente vi sono pi donne androgine che uomini e questo ha spesso ratificato erroneamente lo stereotipo ritenendo che fosse il genere sessuale a determinare la manifestazione emotiva (Cattaneo e Vecchi, 2006: 79-80). Su questa androginia si sono soffermate anche altre studiose ribadendo la necessit di criticare il concetto bipolare mascolinit/femminilit fondato su un sistema di opposti tale per cui ogni tratto associato con una polarit non possa, per definizione, essere associato anche alla polarit opposta (Burr, 2000: 144-145). Importante dunque superare le teorie della contrapposizione e lavorare ad un costruttivismo sociale e linguistico che non dimentica alcune consapevolezze interpretative date dal femminismo storico e liberale. necessaria la considerazione e la riconsiderazione dei processi di socializzazione e di definizione dei ruoli anche e soprattutto attraverso la sessualit, perch la costruzione dominante della mascolinit, cos come della femminilit, avviene attraverso una plasmazione complessa dei generi. Attualmente si discute sulla necessit di considerare alla luce della teoria della maschilit, il maschile come elemento determinante per la definizione del trangenderismo insieme alla femminilit. Non si pu non partire dal noto saggio dellantropologa femminista Gayle Rubin The Traffic in Women (1975), e dalle riflessioni di David D. Gilmore ne La genesi del maschile (1993) solo per citarne alcuni. La vocazione olistica de Lantropologie du proche (Aug, 1992) offre al tema, una vista dallinterno ricca di suggestioni e spunti indicativi chiarendo, ancora una volta, come lantropologia non sia solo pi alla ricerca di strumenti oggettivanti, ma sia sempre pi legata allinterpretazione oltre che alla descrizione, in maniera problematica ed attraverso un acceso dibattito sul senso e i compiti di unantropologia del quotidiano. In questottica il mestiere dellantropologo caratterizzato da un eccesso di senso e di informazioni che possono far 154 smarrire gli elementi significativi fino a banalizzarli con il rischio di perdere unidentit epistemologica. Vi sono aspetti della vita sociale contemporanea che appaiono, oggi, idonei ad una ricerca antropologica, proprio come le questioni della parentela, del matrimonio, del dono e dello scambio. Luso dei materiali di osservazione antropologica pone, inoltre, il problema di un utilizzo del linguaggio e di una scrittura della diversit, oltre che una scelta degli stessi materiali. Descrivere una cultura diventa unattivit creativa che va portata alle estreme conseguenze come scrittura della diversit: sia come riscrittura dal punto di vista degli altri, sia come documentazione della loro voce, sia introduzione dellalterit nelle pratiche antropologiche, sia come apertura agli altri generi letterari (Dal Lago, 1995: 41). La ricerca dei saperi contigui si apre sempre di pi al confronto; a specifici diversi come lantropologia, la sociologia, il romanzo, il teatro e fornisce unautocostruzione continua degli stessi. Cos lantropologo continuer a fare lantropologo, il romanziere a scrivere romanzi, il sociologo il sociologo anche se ognuno attinger allopera degli altri senza troppe preoccupazioni. Indubbiamente leccesso di senso, di cui parla Aug (Aug, 1996), contribuisce ad arricchire la problematicit della nuova professionalit dellantropologo, annullando anche la nozione di tempo e luogo della ricerca tradizionale, offrendo, ancora, nuovi orizzonti definitori insieme alla necessit di coniugare pi strumenti di analisi cos come in questo saggio in cui ho utilizzato oltre all antropologie du proche le teorie sulla costruzione dei generi, prendendo in considerazione anche la mascolinit, superando dicotomie e integrando le diverse analisi. Il mondo contemporaneo stesso, a causa dei cambiamenti spazio-temporali e delle sue trasformazioni accelerate, richiama la necessit dello sguardo antropologico attraverso una riflessione rinnovata e sistematica sulla categoria dellalterit. 155 La sottile ambiguit che attraversa le culture: costruzioni del gender, attraversamenti e rituali La plasmazione di un genere altro che integra il maschile e il femminile un fenomeno presente in quasi tutte le culture. In questo processo di definizione si apre la possibilit di un libero spazio di esistenza della diversit o meglio di ci che non ascritto comunemente alla normalit e alla presunta natura. Nelle riflessioni di Ruth Benedict, normale il comportamento culturalmente previsto e approvato dal gruppo; anormale invece il comportamento percepito come estraneo al modello culturale di una determinata societ (Benedict, 1970). La nozione di anormale avalla per un verso pratiche di esclusione allinterno di societ che Lvi-Strauss denomina antropoemiche che vomitano ed espellono i devianti, ma, per un altro verso, le societ antropofagiche digeriscono le anormalit, integrandole nel gruppo attraverso particolari funzioni e ritualit1. In generale le societ tradizionali avevano una concezione fortemente ambivalente dellanormalit capace di coniugare positivo e negativo, oscenit e pudore, norma e trasgressione. Di fatto, proprio perch il risultato di una trasgressione figura dellinversione, lanormalit appare dotata di poteri magici collegati allextra-umano. Questi poteri dipendono dalla sua appartenenza a una dimensione che sfugge alla normale categorizzazione che fonda la conoscenza e ordina lesistenza. Questa dimensione incognita e misteriosa avvertita come fonte di potere benefico e malefico. CՏ una energia, un sovrappi di senso che circola negli interstizi delle categorie che ordinano il mondo; per questa ragione latteggiamento verso gli anormali di rispetto mescolato a paura (Scafoglio, 2006a: 158). Una particolare forma di anormalit quella definita attraverso scelte di costruzione ambigue della sessualit. Indubbiamente ciascuna cultura ne delinea una propria specificit ma ne possiamo cogliere alcuni aspetti comuni, si 156 mili ma non identici a quelli che ritroveremo nel femminiello napoletano. Mi riferisco, come da pi parti stato sottolineato, in particolare alla figura del berdache dei nativi americani ma anche ad alcune pratiche di travestitismo degli Iatmul studiati da Beatson (Beatson, 1988) ed infine agli Hijras, particolare casta del Pakistan, dellIndia e del Bangladesh (Reddy, 2005). Il tratto comune che si evince da una prima comparazione la difficolt di definizione di queste figure, non maschio, non femmina, omosessuali, travestiti, transessuali o seguendo le ultime riflessioni sul genere queer e post-queer. Allinterno delle societ amerinde i ruoli maschili e femminili erano ben distinti e caratterizzati, ma era possibile attraversare e costruire un genere diverso da quello ascritto naturalmente senza essere considerati devianti. Questi omosessuali vennero definiti dagli osservatori europei berdaches che in francese arcaico significava pi o meno impropriamente omosessuale. Primo elemento di omogeneit ad altre forme di omosessualit, prese in esame in questa breve riflessione, era laccettazione sociale del berdache, generalmente tollerato e accettato in quanto detentore sia dello spirito maschile che di quello femminile e per questo mediatore tra i due sessi e in possesso di particolari poteri che lo dotavano di capacit sciamaniche, e gli procuravano la stima della comunit. Altro elemento in comune proprio questo legame con il divino o comunque con il modo magico cos come per i femminielli che a Napoli danno i numeri e portano fortuna. Si evidenzia anche in questo specifico contesto culturale, un legame con la pratica divinatoria, misto di magia e sacralit ambivalente connotata anche di elementi diabolici (Scafoglio, 2000: 62). La condizione del berdache inoltre non designa cos come per il femminiello un travestito, un ermafrodita o necessariamente un omosessuale puro, ma un essere dotato di una ses 157 sualit ambigua, implicante una spiritualit dotata di attributi sia maschili sia femminili trasmessi dalla volont divina. Il berdache era il mediatore tra luomo e la donna, la controparte pi importante del genere umano, in possesso di particolari poteri, soprattutto curativi ed educativi per la comunit. Era dedito ad alcune attivit prettamente femminili che includevano la cura della casa, laccudimento di bambini e anziani. Da un punto di vista sessuale praticava spesso lastinenza o la passivit intesa come ruolo femminile nel rapporto. In ogni caso era il Grande Spirito a investire di potere spirituale il berdache che privo di senso di colpa accettato e integrato perfettamente nella comunit. Un uomo quello che la natura o i suoi sogni lo hanno fatto e quindi va accettato per quello che affermer lo sciamano Lakota Lame Deer (Fire, Erdoes e Deer, 1972: 119, traduzione mia). In tuttaltre latitudini, altre culture tradizionali ritualizzano una particolare forma di travestitismo per codificare il riconoscimento e la rigida acquisizione delle differenze dei ruoli sessuati attraverso quella che Gregory Bateson defin il Naven. Con questo rito gli Iatmul celebrano la prima azione significativa di un ragazzo attraverso unapparente temporanea negazione dei ruoli sessuati in maniera talvolta violenta. un rito di travestitismo collettivo che finir con il ribadire le rigide modalit sessuate che la schismogenesi elabora. In questo simmetrico capovolgimento dei ruoli sessuati, il travestitismo produce un effetto di teatralizzazione amplificata che fa risaltare i comportamenti falsi e genera ilarit. Tuttavia il carattere drammatico ed emozionale, e lesagerazione caricaturale di ogni atteggiamento sono fondamentali nel Naven. In questo modo, secondo Bateson, si orienta lethos, ossia il comportamento che la societ prescrive allindividuo durante la socializzazione del bambino, che varia principalmente in base al genere. Nel Naven, dunque, limmedesimarsi nellaltro sesso produce la radicale distanza da 158 questultimo e la riaffermazione dellironico disprezzo degli uomini e della fiera vanit delle donne2. Nel femminiello napoletano la teatralizzazione e lacquisizione del ruolo determina una sorta di schismogenesi individuale nella quale si ironizza, si drammatizza il comportamento sociale e sessuale del maschile e del femminile in una omeostasi che talvolta singolare e che magicamente attiva processi di integrazione di una identit altrimenti impossibile. Complementariet e simmetria si coniugano attraverso questa continua interpretazione dei ruoli. Anche se la scelta del partner rigidamente quella di un maschio eterosessuale verso il quale si elabora una particolare forma di relazione amorosa e di dinamica di coppia. La costruzione del corpo e delle sue possibili definizioni non solo travestitismo, ma anche iscrizione del corpo e nel corpo con pratiche invasive e chirurgiche: in tal senso ancor pi complessa la definizione e lidentit sessuata degli Hijras. Al di l delle molteplici classificazioni interne che si possono fare in base alle abitudini sessuali, alle pratiche religiose o al ruolo sociale, possiamo dire che un Hijra si riconosce come un uomo che desidera altri uomini, ma ha abitudini femminili. Questa femminilit si costruisce attraverso un cruento intervento sul corpo, attraverso una castrazione che diventa un vero e proprio rito iniziatico e una sorta di dovere religioso. Gli Hijras rimuovono la mascolinit inscritta nel corpo e secondo un pattern diffuso in Asia meridionale: essi amministrano ci che non hanno, cio la fertilit. Come accade per i femminielli, sono generalmente bene accolti in occasione di matrimoni e nascite. Gli Hijras come gli eunuchi hanno rimosso gli organi riproduttivi maschili, ma si vestono e si comportano come le donne; generalmente non hanno genitali ambigui come gli ermafroditi, sono attratti dai maschi ma, diversamente dagli omosessuali, sono castrati che si 159 comportano come donne. Come i transessuali hanno modificato il loro corpo, ma non tentano di ricostruire le caratteristiche sessuali femminili e non sono travestiti perch sono consapevoli di quello che sono: quelli che parlano inglese si definiscono transgender, con una consapevolezza delle identit plurime che coniugano nel loro comportamento sociale e affettivo (Ferrari, 2007). Identit sessuali, pratiche simboliche, specificit napoletana La cultura napoletana continua ad avere una vitalit che si evidenzia dalla sua capacit di entrare in contatto con ci che diverso, appropriandosene e riutilizzandone gli strumenti e i modelli senza tuttavia perdere, mai, la specificit originaria che si arricchisce e acquisisce una nuova complessit. Per Napoli, tutto ci, sempre pi vero oggi, cos come lo stato per il passato. La napoletanit un grande serbatoio di cultura popolare. Ma cosa significa la tradizione popolare, cosa giusto ritenere autentico in questa definizione e cosa logorato e superato? Che cosa normale, conforme e rispettabile tanto da determinare il valore autentico della tradizione che deve essere protetto ed eventualmente salvaguardato? Qual se deve esserci un modello di riferimento che ne definisce le caratteristiche, come lo si determina e soprattutto chi ne il depositario? Per gran parte dellOttocento si indicava come popolare ci che apparteneva alla comunit nel suo complesso con esclusione della cultura delle esigue minoranza intellettuali: in questo modo, popolare diventava sinonimo di non intellettuale, tradizionale, arcaico. Questa definizione ottocentesca non rende giustizia delle articolate e significative diversit interne che compongono una societ e in particolare le attuali societ complesse. La diffusione di questa nuova cultura di massa ha investito e investe valori e forme della societ e della cultura 160 tradizionale contribuendo alla sua trasformazione in maniera ambivalente: per un verso, attenuando rigidit e resistenze verso le culture del mondo, per un altro comportando la crisi di certi valori e la perdita di autonomia a vantaggio di omologazioni planetarie. Probabilmente, soprattutto per lo specifico che stiamo esaminando, la realt molto pi intrisa di forme ibridate di folklore e cultura di massa, che occorre comprendere e decodificare. Domande complesse seppure apparentemente semplici, che lantropologo e losservatore di una cultura non riesce mai a definire radicalmente. Per Napoli questo ancora pi difficile: qui la differenza tra cultura alta e cultura bassa assume un aspetto molto particolare. A partire dal Seicento, la cultura popolare, che prerogativa di alcune classi sociali di quelli che verranno denominati lazzari, della plebe urbana e, per certi aspetti, anche del mondo contadino diventa una cultura trasversale: la monarchia spagnola crea le premesse per una progressiva urbanizzazione del baronaggio, che risiedeva nei propri possedimenti nelle province, secondo un progetto politico che tende a trasformare i nobili in cortigiani per defunzionalizzare il loro particolarismo feudale (Galasso, 1994). Uno spostamento che far vivere la nobilt a stretto contatto con gli strati popolari, in una trasmissione continua della cultura popolare alla nobilt, una sorta di reciprocit che produrr forme di condivisione di simboli, valori, orizzonti di senso, realizzando una circolarit culturale tra le diverse classi sociali (Scafoglio, 1996). Questo render Napoli una citt unica, di grande tolleranza e apertura: qualcuno lha definita grande spugna mediterranea, la citt porosa (Velardi, 1992) che trattiene e poi emana il calore; una citt che riesce a condensare, a contenere, a conciliare. In tutte le sue manifestazioni la napoletanit ricca di ambivalenze, di apparenti polarizzazioni che in realt realizzano impossibili integrazioni, una volont di forma assolutamente 161 unica. In tal senso si determina una plasmazione particolare e atavica anche della pi radicale polarizzazione che le culture tendono a definire (Heritier, 2002), ossia della identit sessuata e in particolare del fluido attraversamento tra maschile e femminile che la figura del femminiello o femmenella riuscito a interpretare per molto tempo. La tolleranza napoletana e la cultura popolare lo integra e ne fa una riconosciuta figura della diversit e della liminarit. In accordo con quanto sostiene Lvi-Strauss, la societ tradizionale tendenzialmente antropofagica lo assume segnando lanormalit come simbolo del divino e di quelle possibilit di attraversare il limite tra lumano e loltreumano, tra il maschile e il femminile, tra lillecito e il lecito senza indugiare n al peccato, n al patologico (Lvi-Strauss, 1966). Cos per secoli il femminiello vive nel vicolo, si dipinge il volto, si costruisce la sua immagine corporea e il suo posto contraddistinto dallaccudimento e dalla protezione nei confronti degli altri attraverso una teatralizzazione talvolta esasperata che, come sostiene Thomas Belmonte, dentro ogni gesto e comunicazione della cultura napoletana (Belmonte, 1997) e che non riguarda solo il travestitismo o linterpretazione che il femminiello fa del suo ruolo, ma, anche, il modo di interpretare socialmente ed emotivamente i ruoli maschili e femminili. In questo senso per la napoletanit il femminiello non eccesso ma un modo di vivere la liminarit. Indubbiamente questa teatralizzazione resta una costante della cultura napoletana anche nelle attuali riplasmazioni, come cercher di evidenziare pi avanti. Nella Gatta Cenerentola, noto testo teatrale di Roberto De Simone che rielabora la favola di Cenerentola del Basile (De Simone, 1999), un femminiello che si arroga il diritto di educare la Gatta a diventare principessa, le trasmette modalit, elementi seduttivi e non escluso quindi che molti modi di agire delle donne napoletane, specialmente per le classi pi popolari, 162 siano il risultato di questo confronto continuo tra soggettivit sessuate naturalmente femminili e identit sessuali acquisite del femminile. Senza voler entrare in un discorso di approfondimento letterario- teatrale, gli elementi della teatralizzazione del racconto che offrono elementi inconsapevolmente etnografici giocano su un continuo rimando tra il maschile e il femminile, tra attori maschi che interpretano ruoli femminili in un gioco continuo che potrebbe evidenziare che cՏ stato un rispecchiamento reciproco tra donne e femminielli nella cultura napoletana: essi si sono riconosciuti a lungo e hanno condiviso percorsi di accudimento e modelli di seduzione e di sensualit senza apparente competizione producendo quelle forme di tolleranza che caratterizzano Napoli. Come per gli Iatmul del Naven, leccesso teatralizzato (sulla scena come nella vita, per Napoli lo stesso) produce la definizione del ruolo opposto che si radica e si stabilizza. Ma, ovviamente, per Napoli il discorso ha un che di assolutamente specifico che ha a che fare con il matricentrismo e le forme di accudimento familiare presenti in alcune classi sociali (Belmonte, 1997). Il suo stesso mito di fondazione legato alla Sirena Partenope e al fallimento di una particolare tipologia di femminilit. singolare come sia presente da una parte il suicidio del femminella nella Gatta Cenerentola di De Simone, dallaltra il suicidio della Sirena Partenope che non riuscita a sedurre Ulisse. La dimensione pi condivisa del femminile nasce, atavicamente, da uno scacco seduttivo che mette in crisi il potere sessuale della femminilit a vantaggio della verginit e della maternit. In questo senso il femminella reintegra nella diversit questi due elementi ribadendo la sconfitta ma rinnovando elementi passionali e trasgressivi che vengono contestualizzati. Il femminiello ama come e pi di una donna, ha modalit sessuali femminili, la sua passione spesso destinata 163 a fallire perch non ha il potere della maternit e della purezza che sono gli elementi di forza del matricentrismo meridionale. In questo rispecchiamento cՏ fortemente il desiderio da parte del femminiello di essere integrato e accettato dalle donne. Il modo attraverso cui avviene questo riconoscimento nella vita del vicolo, i femminielli accudivano e accudiscono i neonati, i figli delle donne, che affidavano e affidano i figli a loro perch essi hanno un proprio codice etico che quello del rispetto dellinfanzia, senza fantasie pedofile. Le madri si fidano di lasciare, in accudimento temporaneo, i loro figli rafforzando paradossalmente il forte matricentrismo napoletano. Nei racconti di molti anziani cՏ la presenza di un omosessuale-femminiello che li ha accuditi, ha svolto compiti che erano riservati alle donne e non ne hanno un ricordo traumatico, ma tenero e riconoscente (la diversit e lanormalit sempre nellocchio di chi guarda, cos come losceno e il perverso) (Scafoglio, 2006b: 12). Cos non strano che anche gli aspetti religiosi e della devozione mariana siano presenti allinterno della costruzione sociale del femminiello. Notissima la devozione alla Madonna Schiavona e al Santuario di Montevergine. Sacralit, religiosit, elementi rituali e simbolici atavici si integrano in un sincretismo complesso che arriva fino alla contemporaneit. Recentemente sono state riprese alcune scene della processione fatta da femminielli, che, in occasione della Candelora, vanno al Santuario di Montevergine dove cՏ canto, musica, e un rituale di preghiera molto particolare. Riti della fertilit, trasgressione, devozione cristiana si coniugano per garantire la persistenza di un universo altro che comprende una religiosit sincretica in cui il femminiello protagonista ancora una volta di un legame particolare con il divino e come in altre culture depositano della fertilit, del rapporto con la terra, del ciclo vita-morte. Luniverso dellambiguit sessuale assai vario e le parole che lo definiscono sono molteplici. Potremmo individuare un 164 possibile schema interpretativo che non vuole essere risolutivo ma piuttosto orientativo. Termini diversi che tuttavia mettono in rilievo aspetti dello stesso universo di senso che, ovviamente, non mai univoco. Se la parola omosessualit evoca lorientamento sessuale verso lo stesso sesso, omoerotismo mette in evidenza un aspetto pi barbaramente sessuale, cos come omogenitalit, mentre lomofilia mette maggiormente in rilievo la condivisione amicale verso lo stesso sesso. Il termine pi appropriato per definire queste dinamiche relazionali fatte di questo sesso-non sesso forse lomotropia che significa rivolgimento, dove cՏ di pi questo rispecchiamento tra maschile e femminile, dove viene messo in evidenza il fatto che ci sono pi componenti. Questo ha a che fare con quello che a noi interessa da un punto di vista culturale e cio il ruolo che riveste il travestito napoletano come definizione di genere e come ruolo sociale. Allora qui che entra in gioco il problema della tolleranza: quando si inizia ad avere uno spazio di appropriazione di unidentit, che sia anche costruita nella maniera pi incredibile, inizia il problema dellaccettazione e del riscontro sociale. Il discorso dellomosessualit sembra oggi pi di ieri dover passare attraverso lintegrazione, lomosessuale che non ha niente di eccentrico, apparentemente un uomo che veste in giacca e cravatta (quindi non effemminato). Ma a questo punto lomosessualit spaventa, perch perturbante, sfugge alla eccentricit paradossalmente rassicurante, si insinua tra le maglie sociali, costruendo spazi di affermazione che impongono ridefinizioni di ruoli e compiti. Napoli ha ritualizzato la diversit attraverso i femminielli, lidentit costruita non per semplici opposizioni, ma per trasgressione del sesso attraverso il genere, insieme ad una costruzione sociale. Tanto vero che i femminielli hanno matrimoni, battesimi, tutta una serie di riti nella loro vita sociale a cui 165 partecipano tutti gli altri del quartiere, del vicolo. Nelle culture elementi fondanti sono la nascita, la morte, il matrimonio, ecc. e come in ogni comunit che si rispetti, anche i femminielli hanno ritualizzato questi momenti fondamentali del loro stare al mondo. I femminielli si sposano nella maniera tradizionale, escono di casa, ci sono dei locali che ospitano i banchetti dei travestiti, vanno sul sagrato della chiesa (perch chiaramente non sono accettati allinterno) e si scambiano un bacio, una promessa vestiti come la tradizione vuole. Dopo nove mesi, come in un qualsiasi buon matrimonio nasce il figlio che sempre maschio e il parto diventa una rappresentazione rituale che si tiene allinterno di una casa, questa volta in maniera pi discreta rispetto ad altri riti. In questa particolare coppia omosessuale, quello che ha interpretato il ruolo della sposa, finge di avere questo ventre gonfio e si procede al noto rito della figliata nel quale il femminiello mette in scena tutte le fasi di un parto, ha il ventre gonfio, si riposa sul letto e partorisce un figlio maschio (paradosso pi forte) che in genere un fantoccio di legno dalla dimensione di un neonato con un grosso fallo per sottolineare il sesso maschile e la sua forza. Altre volte addirittura quando poi si fa il battesimo lo si espone e spesso una donna del quartiere porta un neonato per dare la possibilit di procedere come in un battesimo normale. Cos la consapevolezza di avere una dimensione sociale condivisa concretamente realizzata. Il miracolo che loro riescono a ritagliarsi una definizione di ruolo che in realt non hanno, in una continuit di condivisione sociale che non avviene in nessuna altra cultura in maniera cos teatralizzata. La cultura popolare, seppure con momenti e complessit qui appena intraviste, conserva a Napoli in maniera sotterranea questa percezione della sessualit, schiacciata da secoli di sessuofobica cultura cattolica che emerge ancora una volta 166 in riti, figure popolari, maschere, testi letterari, travestimenti. Anche nella dimensione teatrale il senso di questo possibile attraversamento continuo tra maschile e femminile dato da un travestitismo che assegna i ruoli femminili ad uomini, tanto che a Napoli il travestitismo non considerato conseguenza del camuffamento della virilit, ma la condizione di una realt presente integrata e pienamente riconosciuta (Simonelli e Carrano 1987: 27). Primi esempi significativi sono in farse carnevalesche del Seicento rappresentate ancora oggi, quali la Canzone di Zeza, nella quale i personaggi di Zeza e Vincenzella, cio moglie e figlia di Pulcinella, sono sempre interpretati da uomini. Pulcinella stesso richiama ad un concetto di sacro come di anomalia e di eccesso, fondamento di tutta la sua figura (Scafoglio e Lombardi Satriani, 1997: 223). Lambiguit sessuale di Pulcinella, la sua androginia, iscritta nel suo stesso corpo, rigonfiamenti del petto, accentuate pieghe della camicia, voce stridula e rotta di castrato; cos come nei testi teatrali in cui lambivalenza sessuale si articola nel gioco dei travestimenti, si pu dire che Pulcinella abbia indossato vesti femminili con frequenza ossessiva, lungo tutto larco della sua vita teatrale (Scafoglio e Lombardi Satriani, 1997: 222). La commedia dellarte aveva sfruttato le possibilit del travestimento femminile, come sostiene Scafoglio, per consentire a due uomini di fare lamore rendendo rappresentabile lomosessualit sotto la copertura dellequivoco e del comico. Ma la teatralit popolare tradizionale riesce a riappropriarsi, in un tema come quello della Cantata dei Pastori, legato alla cultura controriformista del Seicento, di spazi, seppure asfittici, alle sue licenziosit liberatorie. cos che, come testimonia lo studio di Annibale Ruccello, in alcune rappresentazioni della Cantata, il ruolo della Madonna era affidato ad un uomo. Al di l delle motivazioni che potevano spingere ad una tale scelta, resta il fatto rappresentativo che di per s indica una scelta legata, an 167 cora una volta, alla tradizione del travestitismo e ad unambigua connotazione di genere. La nostalgia di maternit un motivo ricorrente fin dalle prime pulcinellate romane del Seicento e si manifesta anche come allattamento paterno, e come invidia del seno. Sarebbe, cos, ancora una volta, simbolicamente percepita, lesigenza della natura maschile di appropriarsi di un diritto esclusivo sulla prole, compromesso in momenti fisiologicamente decisivi quali il parto e lallattamento, da cui il padre rimane emarginato e di una proclamazione enfatica di autarchia nei confronti della donna (Scafoglio e Lombardi Satriani, 1997: 222). Quella maternit che nella societ napoletana contemporanea e non solo, stata definita matricentrismo. In una citt fortemente caratterizzata da una difficile condizione economica in cui cՏ una forte instabilit del ruolo economico maschile, si produce una struttura familiare prevalentemente matriarcale, che incide in maniera determinante sulla prole ed i suoi comportamenti (Scafoglio, 2000). Molto spesso la madre rappresenta il motore economico ed etico-affettivo (nel bene e nel male) del nucleo familiare, come esemplarmente descritto in alcune commedie di Eduardo (Natale in casa Cupiello, Sabato, Domenica e Luned, Filumena Marturano). La madre a Napoli (specialmente quella del sottoproletariato) una che di fatto regge leconomia familiare, perch in genere il padre cronicamente alla ricerca del lavoro, non ha un ruolo effettivamente propositivo anche se comunque il ruolo direttivo e il ruolo di sanzione educativa spetta al padre, ma chi regge le fila del tessuto familiare la madre, che incide nel bilancio familiare, si occupa dellalimentazione, del cibo ed elabora quel comportamento privato della definizione del suo ruolo che le impedisce di lavorare fuori delle mura domestiche come il noto lavoro della Goddar ha evidenziato (Goddar, 1987). 168 La visibilit pubblica sempre del padre. Per molte volte accade che il genitore propositivo in un certo tipo di famiglia continua ad essere la madre, allora comincia a manifestarsi una identificazione conflittuale con il padre che non un qualcosa da imitare, ma qualcosa da cui prendere distanza. Dunque, il figlio maschio tende nello stesso tempo a rinnegare e ad interiorizzare il modello materno, ed in questa difficolt di equilibrata crescita psicologica, ci sarebbe una delle cause della scelta omosessuale del maschio napoletano, che tuttavia non abbandona del tutto la mascolinit che ha respirato seppure attraverso il matricentrismo. Tradizione, trasformazione, unetnografia della contemporaneit La domanda che ha spesso animato il dibattito attuale e se ancora lecito parlare del femminiello, a femminella, del femminella (la terminologia varia) o, come alcuni sostengono, la sua presenza sia ormai da ritenersi estinta cos come la vecchia struttura dei vicolo napoletano. Indubbiamente a seguito del terremoto degli anni Ottanta si sono definitivamente rotti gli equilibri del quartiere, ma altre forme di comunit si sono sostituite e cos, come la vecchia musica della tradizione stata sostituita da altre forme come quelle, per esempio, dei neo-melodici che fanno rabbrividire i puristi della tradizione, ma che invece sono indicatori di altre forme di aggregazioni e di valori che non spetta allo studioso giudicare, ma conoscerle per comprenderne le dinamiche, cos il travestitismo e la figura ambigua del femminiello vive una sua intrinseca trasformazione, mantenendo continuit e evidenziando differenze. Un esempio di continuit e rottura stato quello di Valentina, ma molte testimonianze letterarie, cinematografiche ecc. danno significativi esempi per delineare quella etnografia della contemporaneit che stiamo cercando di realizzare. Si 169 tratta di operare una sorta di comparazione interna per individuare continuit e differenze: la Jennifer di Ruccello, la Rosalinda di Patroni Griffi, Eva del Vico del Purgatorio, le protagoniste dei film di Massimo Andrei mi riferisco per un verso a Cerasella fiction etnografica, ma anche al film Mater Natura e la Valentina cantante neo-melodica. Tuttavia ineludibile uno sguardo comparativo verso lesterno che offre lopportunit di riconoscere forme analoghe seppure distinte in altre culture come quella americana, a proposito di Lavern Cox come a breve spiegher. Infine, in questi ultimissimi tempi, luso del web con le sue diverse caratterizzazioni produce forme di auto-etnografia e di conservazione della propria tradizione realizzando nuove forme di integrazione comunitaria e di salvaguardia della propria diversit senza indulgere a derive folkloriche ma attraverso operazioni in cui sono gli stessi protagonisti che descrivono se stessi e ricostruiscono la loro tradizione per offrirsi allosservazione e alla catalogazione. Diversi sono i filmati su YouTube che raccontano storie di vita di transgender-femminielli. Sara, per esempio che continua a rivendicare la sua costruzione del corpo non ritenendolo inadeguato ma cos come per i femminielli utilizza una grammatica esteriore, simbolica, allusiva, non invasiva, e soprattutto non definitiva che reclama la sospensione tra pi definizioni di genere. Dice di s: io sono femmina di testa non di sesso (http://www.youtube.com/watch?vLNK_ 75V1w7w&NR 1&feature=fvwp)3. La Valentina neo-melodica potrebbe essere definito un neo-femminiello che ha praticato la chirurgia estetica come travestitismo, ne ha interiorizzato tutti i valori stabilendo cos la continuit nella nuova pratica e utilizzando i nuovi mezzi di comunicazione, accolta dal quel vicolo-villaggio globale che la televisione locale (Di Nuzzo, 2007). Nel film-reportage Cerasella, Andrei sembra voler ritrovare e rispettare una tradizione 170 che si trasformata. Cercher di cogliere gli aspetti dellambiguit di genere in questi diversi registri e modalit. Non interessa tanto la storia personale di Valentina e la sua vicenda, che indubbiamente ha un suo valore, ma ci che colpisce in questo contesto sono le teatralizzazioni, le rappresentazioni dellambiguit sessuale che si possono riscontrare nella cultura napoletana. La teatralizzazione eccessiva e ridondante insieme ad una solidariet e tolleranza condivisa uno degli elementi di persistenza e di continuit dellambiguit sessuale oltre il tradizionale ruolo del femminiello. Nel film Mater Natura ancora il regista antropologo Massimo Andrei che configura il superamento della crisi del modello tradizionale del femminiello e del contesto che lo accoglieva sostituendo la solidariet ormai superata del vicolo in una sorta di utopica comunit in cui cՏ spazio per tutti. Ma non cambiano i valori di fondo condivisi dellaccoglienza e della solidariet, se questo significa la morte simbolica del femminiello io non ne sono ancora sicura, ma certamente significa che la specificit di una cultura non muore a contatto con il mutamento e con le trasformazioni del mondo globalizzato ma quelli che qualcuno considera i relitti culturali della tradizione non sono tali se rinnovano la tradizione conservando la loro specificit. Condividendo la definizione di Enzo Moscato (attore, regista, autore di testi teatrali), Napoli una grande citt di voci e di suoni e possiede una musicalit che non musica in senso ristretto, ma in senso ampio; a partire dalluso televisivo, soprattutto delle televisioni locali, che sono quindi televisioni del vicolo. La televisione locale ha in qualche modo, a livello di utilizzo mediatico, riproposto certe forme di napolitanit condivisa come per esempio quelle del teatro di Eduardo, non si compara ovviamente il valore artistico, ma la funzione che svolge, i meccanismi simbolici di appartenenza riproposti e questo utilizzo per cos dire etnicizzato delle televisioni private. 171 La dialettica dellosservazione di s esasperata a Napoli. Un esempio mediatico quello dellattrice comica Rosalia Porcaro che qualche anno fa nella trasmissione televisiva Telegaribaldi proponeva limitazione di Valentina, cio un travestito che viene imitato da una donna, che si traveste da Valentina. CՏ un significativo meccanismo dialettico, un circuito di rimandi che produce, unautoetnografia inconsapevole ma autorevole. La nuova drammaturgia napoletana dopo Eduardo, rinnova e reinterpreta il gioco della sovrapposizione dei ruoli e del travestitismo come elemento comune a tutta la tradizione culturale napoletana che continua ad essere ridefininito e riproposto in molti testi contemporanei non solo teatrali. Nel film di Lina Wertmuller del 1986, Un complicato intrigo di donne, vicoli, delitti, seppure su di una trama debole e sostanzialmente legata ad una modulazione a tratti pittoresca e di maniera, la Napoli della emarginazione e del vicolo delineata anche attraverso una significativa presenza dellomosessuale e del travestito. Nella vicenda la stretta complicit tra prostitute redente e femminielli costante ed legata alla difesa dei valori antichi del vicolo, ad una guapparia che non pu cedere alle nuove regole dei mercati illeciti internazionali e che deve salvaguardare una particolare forma di onest e di difesa della famiglia e della prole. La Wertmuller, cos, conferma nel testo filmico, nonostante diversi stereotipi, la parte significativa che la citt assegna allambiguit liminare costituita da una sessualit polimorfa come quella del travestito-femminiello, che agisce ed opera nella teatralit napoletana come attore e protagonista, con unautonomia di valori propositiva, che entra in relazione, non solo con gli altri aspetti culturali marginali, ma con la realt tutta. Il copione , mirabilmente, ripreso nello struggente testo di Annibale Ruccello, Le cinque rose di Jennifer, in cui il/la protagonista, in un monologo alla Cocteau, ripercorre i temi della 172 solitudine, dei quartieri periferici della citt, della solidariet, talvolta beffarda, del vicinato, dellamore, anche attraverso lo specchio, luogo privilegiato del corpo femminile, dove lambiguit del travestitismo riproduce una sorta di rovesciamento ermeneutico della realt; una scena nella scena, che riprende ancora una volta il tema di una dialettica che continuamente si avvolge su se stessa tra identit-alterit e che, continuamente, contribuisce a ridefinizioni di senso. Cos nel testo di Ruccello: Jennifer ha un moto di piacere. Canticchiando la canzone ed imitando Mina dispone davanti lo specchio il suo buticasa. Con molta femminilit e sempre cantando estrae gli strumenti per farsi la barba. Si insapona il viso. Dopo aver fatto la barba inizia a vestirsi mentre la radio trasmette quattro vestiti. Alla fine della canzone pronta. Si siede composta vicino al telefono, guarda lorologio, poi compone un numero telefonico (Ruccello, 1979: 221). Nella definizione scenica riportata, due sono gli elementi che continuamente agiscono per segnalare il carattere di mutamento culturale del/della protagonista: il telefono e la radio locale. Simboli e strumenti di una societ post-moderna cercano di attivare incontri senza pi luoghi, in un labirinto delletere che rassicura senza fornire pi senso. Quella ricerca di senso che fa sostenere ad autori teatrali come Moscato, Silvestri, e ad un profetico Ruccello, come la diversit definibile solo attraverso il testo, la parola, il linguaggio che veicola un vissuto cui si condensano spostamenti dalla campagna alla citt, dalla periferia alla metropoli, deliri di verbalit fondati su contaminazioni e alterazioni del linguaggio. Testi in cui i ruoli femminili sono affidati ad attori in unimmagine di donna, di femminilit e di seduzione legata alla seducente ambiguit del travestitismo. In questo delirio verbale e di definizioni di ruoli altri esempi ci restituiscono la femminilit ambigua e complessa del 173 femminiello come in Scende gi per Toledo di Giuseppe Patroni Griffi. Mentre il film della Wertmuller del 1986 il romanzo a cui mi riferisco dei primi anni Settanta e Rosalinda Sprint ne la protagonista. Etnografia inconsapevole come spesso accade per i romanzi efficaci e di qualit Rosalinda interprete a suo modo del vecchio e del nuovo, della tradizione e del mutamento che la citt di Napoli vive. Lattuale dimensione post-moderna che le nuove riflessioni sul gender propongono, modelli in cui la sessualit spesso in bilico tra diversi orientamenti e non vuole definirsi in rigide appartenenze di ruoli sessuati, trova a Napoli percorsi talvolta anticipatori e lungimiranti. A partire dalluso del corpo, utile, forse, una riflessione sulla legittimit della radicale differenza che ci sarebbe oggi tra il transessuale e il femminiello, sulluso del corpo e sulla definizione del genere scelto. Un tratto di continuit della plasmazione del corpo e della fisicit che ne deriva , per esempio, luso e la modulazione della voce. In tutte le rappresentazioni e le teatralizzazioni dellambiguo femminile, la costante la modulazione stridula e acuta della voce sia se si ci sottoposti a cure ormonali, sia se si rifiutano le costruzioni del corpo biochimica e chirurgica. Per Valentina la voce il cantare, la melodica e raffinata possibilit di essere cantante neo-melodica. In Rosalinda Sprint cՏ invece, sempre, nei momenti pi drammatici luso significativo della voce abilmente teatralizzato, nelle prime pagine del romanzo si legge: Lo vuoi andare a chiamare s o no uno strillo isterico di volume cos spropositato, che il ragazzo schizza su per le scale e fa di corsa fino allultimo piano (Patroni Griffi, 1975: 9), E pi avanti: Andiamoci a fare questo pokr strilla , al solito esaltata quando cՏ una decisione che la eccita (Patroni Griffi, 1975: 20). Ma cՏ anche lossessione per i capelli e il colore biondo, anche questo un tratto di continuit sia per lantico femminiello che, come si sottolinea nel filmato Cerasella di Andrei, 174 nonostante let matura indossa una parrucca al mattino come rituale della vestizione giornaliera, cos come per i transessuali o per coloro i quali hanno scelto una costruzione del corpo non rigidamente determinata, mai conclusa e mai definitiva che spesso non prevede lasportazione dellorgano genitale, ma piuttosto un seno siliconato e labbra a canotto. Voglio dire con questi esempi che la natura identitaria del femminiello non pu essere solo definita dalluso della corporeit, ma soprattutto dalle scelte dei valori a dallinterpretazione del ruolo allinterno della comunit, la quale, ovviamente, cambia e quindi si ridefiniscono alcuni aspetti ma non le funzioni e i valori della relazione che resta napoletana. Del resto nelluniverso descritto da Patroni Griffi gi negli anni Settanta la chirurgia estetica era oggetto di discussione tra i femminielli: Marlene Dietrich ha la pupilla sbarrata nel vuoto, lentamente con tutti e due i medi si massaggia le rughe intorno agli occhi, stira la pelle verso le tempie desiderio fisso di chirurgia plastica. Dovreste farvi tagliare qua e qua e tirare la pelle, viene locchio orientale. Cos ha fatto la Scopa lhanno talmente tirata, che quando apre gli occhi si spalanca la bocca e se la chiude si chiudono pure gli occhi (Patroni Griffi, 1975: 12). Sintomo di cambiamento che gi lo scrittore aveva avvertito nel delineare i suoi personaggi, che nascevano dalla diretta osservazione della vita della citt. Ci che resta invariato il rapporto con linfanzia, con lamicizia e con la protezione solidale con il gruppo allinterno di un quadro di riferimento che comunque coniuga, violenze, marginalit, perversioni. Franfellicche il piccolo scugnizzo del vicolo che ha un tenero rapporto con Rosalinda, le compra il giornale ed il suo tester preferito per sperimentare le tinture che prover sui suoi capelli, lo accudisce nei ritagli di tempo. Anche Valentina accudisce i bambini utilizzando il mezzo televisivo, li educa attraverso i suoi discorsi mediatici; sono i suoi telespettatori preferiti che la seguono con entusiasmo, siamo di 175 fronte a forme di maternit sublimate e paradossali che continuano ad avere persistenza. Sicuramente efficace la definizione che Rosalinda fa di se stessa: Rissosa, esaltata, pazza, aggressiva, accaparratrice, orgogliosa, invidiosa, no, invidiosa no non religiosa, s, sՏ confessata e comunicata alle elementari, dopo non ne ha sentito il bisogno (Patroni Griffi, 1975: 113). Pi descrittiva e ancora una volta fortemente teatralizzata a tratti legata forse al timore della perdita della tradizione, la descrizione di Eva-Saverio nel recentissimo romanzo di Giuseppina De Rienzo, che ripropone a distanza di trentanni circa i luoghi e le atmosfere del romanzo di Patroni Griffi. Saverio Derosa, detto Eva, compare alto alla fine della salita [...]. Tunica bianca al ginocchio, pantaloni celesti, sandali apertamente vezzosi e una parrucca marrone esibita con smaniosa civetteria. I capelli a caschetto, pettinati con ordine fino allaltezza delle orecchie, gli fanno il viso ancora pi roseo e liscio, come quello di una ragazza [...] con uno scatto si irrigidisce come per mettersi in posa. Si capisce che abituato a essere osservato, giudicato da sempre. La sua andatura troppo composta fa subito pensare al rigore che lui stesso simpone, al freno che mette a un bisogno di stravaganza e di eccesso; una foia che lo titilla nel profondo dei visceri... Scusa, ma tu sai quanti anni tengo? Settanta continua solenne, riprendendo a camminare (De Rienzo, 2008: 12). In questa lunga descrizione si condensano diversi elementi: Eva per et appartiene alla tradizione antica del femminiello, costruisce il suo gender con un travestitismo allo stesso tempo eccessivo e composto e interpreta una modalit che continua a Napoli, ovvero la ricerca della compostezza nella trasgressione. Anche lamica del cuore, modello di vita e di identit per Rosalinda, la invita allequilibrio e ad espungere leccesso: Marlene Dietrich dice che la tinta troppo chiara e le stecche di balena 176 unesagerazione e lesagerazione sempre da evitarsi. Oramai fatta. Daccordo ma se lo tenga per regola (Patroni Griffi, 1975: 11). In Eva la sua ambivalenza sessuale descritta con grande sensibilit e precisi dettagli che fanno di questo ultimo femminiello il portatore di identit ambigue e in bilico tra il maschile e il femminile, cos come la post-modernit costruisce. Eppure il suo modo di muoversi fa sempre pensare a unaltra sua sofferenza, a qualcosa di non risolto, a un segreto che lo tormenta. Cammina mantenendo le natiche strette, come un esercizio di dominio su muscoli braccia fianchi occhi, per frenare qualcosa di intenso e stravagante che, se esplodesse, certo gli inventerebbe riccioli biondi sulla fronte e seni di fanciulla sul petto [...]. Lespressione cos svagata e triste da far apparire ancora pi maldestri i miei tentativi di volerlo definire a ogni costo. La parrucca e la faccia sotto liscia e rosea, lo fanno decisamente somigliare a una vecchia dama. Ma lo sguardo seguente, quello che mi rivolge subito dopo, fugace, lontano, accompagnato da uno scatto nervoso dei muscoli, gi me lo fanno uguale ad un antico, maschio cavaliere (De Rienzo, 2008: 80-81). Nel romanzo il femminiello Eva il portatore di giustizia e dei valori che ne conseguono, ma questo compito non configge con la sua ambiguit sessuale: secondo quanto sostiene Judith Butler se lidentit sessuale un ruolo sociale, possiamo interpretarlo a piacere (Butler, 2006) e a Napoli questo possibile da sempre. La cultura di questa citt tende ad andare oltre la semplice tolleranza e utilizzare la diversit come un vero laboratorio culturale della post-modernit in cui la tradizione innovazione, anticipazione e originale reinterpretazione. Attraverso le diverse soggettivit fin qui esaminate emerge una componente di mascolinit che rende oltremodo necessario confrontarsi con la teoria della maschilit (Ciccone, 2010) e del particolare transgenderismo preso in esame. I tratti di femmi 177 nilit coesistono con elementi di mascolinit che persistono e sono consapevolmente mantenuti, come nel caso di Valentina e non solo. Valentina cos come Eva, come Jennifer, integrano nella loro definizione di genere un forte elemento di assertivit, la necessit di presenza sociale, di utilizzo della stessa per promuovere un riconoscimento delle diversit nellorientamento sessuale e di partecipazione attiva a costruzioni di mutamento sociale in una sorta di schismogenesi post-moderna che a partire da atteggiamenti di mascolinit rimescola gli elementi di genere sia del maschile che del femminile e assume una dimensione definitoria dai tratti post-queer. Per la cantante neomelodica questo spazio pubblico assume i caratteri della comunicazione televisiva che la rende una vera e propria pioniera in questo campo, solo recentemente, infatti, una transgender come Lavern Cox4 (Di Martino, 2018) ha avuto la possibilit di essere una sostenitrice dei diritti dei trasgender negli Sati Uniti. Lattrice soprattutto nota per il suo ruolo nella serie televisiva americana Orange Is the New Black, dove interpreta la detenuta Sophia Burset, grazie a cui entrata nella storia come prima persona transgender ad essere candidata per un premio Emmy in un ruolo dattrice e ad apparire sulla copertina della rivista TIME. Cox ha una storia altrettanto potente da raccontare nella vita reale, come sostenitrice dei diritti transgender sia a parole (ha tenuto, tra le altre cose, un discorso di forte denuncia alla conferenza Creating Change 2014 per LGBT Equality) che azioni: si sottratta fermamente alle domande insistenti della giornalista Katie Couric sulla chirurgia transgender e, soprattutto, ha sostenuto pubblicamente CeCe McDonald, una persona afro-americana transgender condannata a quarantuno mesi di carcere per un omicidio avvenuto, a quanto pare, per legittima difesa. La sua presenza nei media mainstream statunitensi cos visibile che lomissione del suo nome dalla lista dei personaggi dellanno del 2014 ha provocato forte 178 indignazione; in seguito gli editori della rivista TIME hanno deciso di dedicarle la copertina di un numero, suggerendo, nel titolo, che il movimento transgender aveva raggiunto un punto di svolta (vedi la foto di Cox pubblicata sulla copertina di TIME, 29 maggio 2014). La presenza di elementi di mascolinit, diventa dunque un tratto identificabile anche in altre culture e si manifesta allo stesso modo come assertivit pubblica, responsabilit nellorientare nel sociale dando vita ad un transgenderismo simile a quello fin qui esaminato, in una societ, come quella americana, apparentemente pi aperta e progressista, che invece ha digerito con qualche difficolt la presenza di Lavern Cox facendola diventare un caso da copertina del TIME. In area napoletana questa trasformazione avvenuta a partire dalla presenza del femminiello che ha dato modo di riplasmare costantemente lo spazio di questa diversit e che contiene elementi di una possibile definizione post-queer. In questo caleidoscopio napoletano emergono aspetti di una post-modernit che rende possibile una comparazione con fenomeni identitari e di gender legati al post-queer per confermare, qualora ce ne fosse bisogno, come i processi identitari sono il continuo risultato di dinamiche trasformazioni. Credo che Valentina possa essere avvicinata alla logica del post-queer perch ha dimostrato di interpretare pi ruoli e valori utilizzando, in largo anticipo rispetto ad altri contesti, i mezzi di comunicazione di massa, non fossilizzandosi in rituali prescritti, con rapidit e istinto istrionico senza radicarsi in un modello (Di Nuzzo, 2018). Tali modalit sono in linea con quanto sostiene il post-queer che ritiene necessario e caratterizzante vivere la rapidit e la mutazione continua, lasciando continuamente dialogare le diverse identit di genere. Il continuo nomadismo identitario che ne deriva, non lascia deserti culturali, ma arricchisce le nuove identit mutanti. Le categorie sono ancora da definire ma, forse, il senso autentico del post-queer non definire. 179 Queste forme di transgengerismo suggeriscono di rimando anche nuove possibilit di costruzione dei ruoli sessuali sia maschili che femminili. Il protagonismo delle donne promosso dalle teoriche del femminismo non costituisce per i teorici della maschilit una minaccia, ma unoccasione per esprimere una domanda latente di libert maschile dagli stereotipi che costringono la vita degli uomini e imprigionano la loro vita, la loro sessualit e la loro esperienza (Connel, 1996). Napoli continua ad essere una citt in cui la purezza e il pericolo, lordine e il disordine, il lecito e lillecito, loscenit e la purezza, il perverso e lordinario continuano a vivere senza che sia necessario ribadire forme, tradizioni, modalit. Un polimorfo affascinante e poliedrico. Una sensualit che ripristina zone di interdizione e offre originali rivisitazioni. In questo breve percorso ho tentato di definire un frammento etnografico cogliendo una delle mille facce del caleidoscopio napoletano che si confronta con le trasformazioni delle culture contemporanee e le condivide senza abdicare alla sua diversit. 180 Note 1 In riferimento a questi termini, ormai entrati nel comune lessico an tropologico, rimando a Lvi-Strauss, 1993 e 1966. 2 Per unanalisi del rituale si veda Bateson, 1988. 3 In questa breve incursione nel web, ci si imbatte anche in un sito dellAFAN (Associazione Femmenelle Antiche Napoletane di Torre Annunziata) che ribadisce la legittimit di esistenza degli stessi e delle categorie di riferimento socio-antropologico e insieme alla necessit di raccogliere, conservare e catalogare quanto la cultura napoletana ha prodotto, in sintesi una demo-etno-antropologia del s. 4 Il riferimento al caso di Lavern Cox il risultato di una ricerca condotta insieme ad Emilia Di Martino, studiosa di socio-linguistica inglese in cui abbiamo confrontato e analizzato, da saperi contigui, affinit e differenze sul transgenderismo in aree culturali diverse nella post-modernit, in particolare nella comunicazione televisiva. I risultati di queste riflessioni sono contenuti nei rispettivi saggi citati in questo lavoro. Bibliografia Argentieri S. (2007) Transvestitism, Transexualism, Transgender: iden tification and imitation, Karnac, London. Aug M. (1992) Non Luoghi, Heleuthera, Milano, 1996. Bateson G. (1936) Naven, un rituale di travestitismo in Nuova Guinea, Einaudi, Torino, 1998. Belmonte T. (1997) La fontana rotta. Vite napoletane: 1974-1983, Meltemi, Roma. Benedict R. (1934) Modelli di cultura, Feltrinelli, Milano, 1970. Braidotti, R. (2002) In metamorfosi. Verso una teoria materialista del divenire, Feltrinelli, Milano. Burr V. (2000) Psicologia delle differenze di genere, Il Mulino, Bologna. Butler J. (2004) La disfatta del genere, Meltemi, Roma, 2006. Cattaneo Z., Vecchi T. (2006) Psicologia delle differenze sessuali, Ca rocci, Roma. 181 Cavarero A. (1995) Corpo in figure. Filosofie della corporeit, Feltrinelli, Milano. Ciccone S. (2010) Essere maschi. Tra potere e libert, Rosenberg & Sellier, Milano. Connell R.W. (1996) Maschilit. Identit e trasformazioni del maschio occidentale, Feltrinelli, Milano. DAgostino G. (1998) Il sesso ambiguo, Archivio Antropologico Mediterraneo, n. 0, pp. 103-104. Dal Lago A. (1995) I nostri riti quotidiani, Costa & Nolan, Genova. De Rienzo G. (2008) Vico del fico al Purgatorio, Pietro Manni, Lecce. Di Martino E. (2018) Painting Social Change on a Body Canvas: Tans Bodies and their social impact, in Baker P. and Balirano G., Queerig Masculinities in language and culture, Palgrave Macmillan, London. De Simone R. (1999) La Gatta Cenerentola, Einaudi, Torino. Di Nuzzo A. (2007) Valentina e le altre in Scafoglio D., a cura di, Lodore della bellezza. Antropologia del fitness e del wellness, Delfino, Milano. Di Nuzzo A. 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Il matrimonio delle dee Penso che per essere felici in questo mondo tutti i ragazzi dovrebbero essere ragazze, tutte le ragazze dovrebbero essere ragazzi e non dovrebbero pi esistere n ragazzi n ragazze allo scopo di poter tutti condurre una vita tranquilla. Cammarano F. e Rossini G., Il barbiere di Siviglia, versione napoletana, 1818. Cochinelle aveva nascosto il suo enorme seno sotto un vestito di tulle blu ornato con un boa di piume nere, gi indossato a volte per passeggiare sotto le arcate del Teatro San Carlo. Ancheggiando in modo provocante e seguita da fischi di ammirazione, arriv a piedi da Antonio detto A scugnata a causa dei suoi denti. Dopo gli sposi, Cochinelle era il personaggio pi impor 185 tante delle nozze, la madrina, colei che fa da testimone alla celebrazione dellunione coniugale. Avresti potuto almeno farti sistemare i denti! esclam vedendo il sorriso sdentato di Antonio vestito da sposa, che stava posando per il fotografo di fronte allo specchio dellarmadio... Avrei dovuto avere la tua bellezza per potermi pagare il dentista! rispose Antonio facendo delle giravolte nel suo lungo vestito bianco ed evitando di aprire le labbra soprattutto quando il fotografo gli diceva Sorridi!. Cochinelle cominci ad agitarsi: Presto, presto la Mercedes arrivata...oh! QuantՏ bello lautista! Andiamo lo sposo ci aspetta. Su una grande piazza assolata, Mario lo sposo detto Sguessera, attendeva in smoking e cravatta larrivo della Mercedes. Era circondato da parenti ed amici, Pasqualina, Scarola, Sofialoren e Tiziana, in jeans e maglietta o in gilet ricamato e minigonna, tacchi a spillo e trucco pesante. Cochinelle, scendendo dalla Mercedes con la sposa, si gett correndo nella braccia dello sposo ed esclam: Come sei bello vestito da uomo!. Mario la tranquillizz in questo modo: Non ti preoccupare solamente per oggi! e si avvicin alla sposa per verificare i denti, poi si mise a posare da innamorato per il fotografo. Dietro di loro la chiesa era chiusa, gli sposi non provarono neppure ad entrarvi, forse, in fondo, se lo sarebbero augurato, ma in una vita diversa, in un mondo diverso. Il vero matrimonio non lo si celebrava sullaltare, quanto piuttosto, sulla tavola meno liturgica di un ristorante alle pendici del Vesuvio. Per prima di raggiungere il luogo per tale celebrazione, gli sposi e i loro invitati non mancarono di andare a rendere omaggio a due amici di Pozzuoli, (comune limitrofo di Napoli), Attilio, detto Trammiata e Gianni, detto La Castellana. Questi, malgrado let avanzata, avevano celebrato il loro matrimonio nove mesi prima, sotto la protezione di San Vincenzo Ferreri detto O Munacone, e al momento pote 186 vano mostrare il bambino nato a termine dalla loro unione. La gente del quartiere era tutta fuori o alle finestre per assistere e partecipare alla festa lanciando petali di fiori e riso allarrivo e durante il corteo nuziale. La Trammiata e La Castellana, entrambe con un vestito di seta nera, gilet ricamati e gioielli neri, data la loro et, mostravano con tenerezza e soddisfazione la prova della loro fertilit, manifestando, forse, anche il vecchio sogno della maternit che da sempre vive in tutti gli uomini... Il neonato, sotto lo sguardo orgoglioso della vicina che laveva prestato alla coppia, fu condotto per tutto il quartiere in processione. Una donna alla finestra esclam: Quelli portano fortuna, la buona sorte!. Infine, il gruppo, dopo un abbraccio collettivo, si mise in viaggio per il ristorante sul Vesuvio, dove il pranzo di nozze ebbe inizio, otte portate e unimmensa torta. Numerose famiglie al completo, nonni, nipoti, mangiavano con Pummarola e Carmencita, con Russulella e Pompadur, che non rinunciavano tuttavia a discutere delle loro cose tra chiacchiere e sorrisi: Ma le scarpe che si comprano in via Toledo non sono di qualit, sono disgustose! Dopo due o tre notti di passeggio sui marciapiedi, i tacchi sono gi consumati! E allora ci significa che tu hai pochi clienti se passeggi tutta la notte. Ma perch, prego, un generale o un cardinale...? Vedete il nostro cardinale: si maschera da cardinale e si libera da uninibizione. Mentre io mi vesto da donna, allora dovՏ il male?. Tra la pasta e la frittura, si cominci a ballare, dapprima gli sposi ballarono il valzer vertiginosamente, fino al momento in cui Cochinelle annunci al microfono: E ora la celebre interprete di Profumo di Ginestra, la celeberrima cantante Giulietta Sacco!. Una voce molto acuta salutata da uno scroscio di applausi cominci a cantare con passione, poi lasci il posto al ballo. Cochinelle, in una crisi di follia esibizionistica, mostr le sue forme prosperose, mettendo il seno fuori dalla camicetta, 187 come se fosse di gomma, mentre una voce eccitata sinnalz: Pu anche servire per allattare!. Volgendo la festa alla fine, al ritmo di Paris-Paris, ci si cominci a spogliare con grazia sensuale, si incrociavano gambe nude, seni abbondanti, camicette ricamate, lustrini. Le nozze, iniziate al mattino, si conclusero allegramente la sera, con canti e sorrisi. Una volta rientrato, Mario, lo sposo, salut Antonio, la sposa, augurandogli la buona notte e ciascuno ritorn a casa sua. Napoli citt travestita Un uomo in una donna anzi un dio... Michelangelo, Rime. Il travestimento a Napoli non considerato un mero camuffamento della virilit, ma come la condizione di una realt tradizionalmente presente e integrata e pienamente riconosciuta. Da secoli si trasmettono a Napoli storie di travestiti; la prima che si conosca risale al XVI secolo e racconta, al ritmo di una danza chiamata Ballo di Sfessania, le vicissitudini di un travestito di nome Lucio Canazza, che seduce un turco eccitatissimo facendogli credere di essere una donna, ma una volta scoperti gli altarini, dopo aver subito violenza, viene ucciso. Unaltra occasione di incontrare tradizionalmente uomini vestiti da donne quella di una farsa carnevalesca del XVII secolo che si rappresenta ancora oggi, La Canzone di Zeza, dove Zeza e Vincenzella, cio la moglie e la figlia di Pulcinella, sono sempre interpretate da uomini. Ma in aggiunta a queste tradizioni legate alla teatralit popolare, esiste a Napoli una forma di travestimento che si differenzia dai fenomeni apparentemente analoghi a quelli di New York o Tokyo. Non che i travestiti napoletani non condividano con gli altri condizioni di vita 188 come la prostituzione e lo sfruttamento, ma ci non ha mai impedito la celebrazione periodica di rituali come il matrimonio, il parto e il battesimo. Tali riti hanno luogo pubblicamente con la partecipazione di tutto il quartiere, donne comprese, anziani e bambini, la presenza dei quali evidenzia il fatto che il travestimento non costituisce una forma di devianza, quanto piuttosto una espressione sessuale che ha una sua propria realt e senza una precisa definizione e che pu essere individuata nella figura del femminiello. A Napoli si femminiello per nascita. Si tratta di una condizione di diversit naturale, di cui nessuno colpevole. Ovviamente cՏ anche lomossessuale che non si traveste, generalmente chiamato ricchione, ma che non gode della stessa popolarit. Infatti non a caso si crede che i femminielli portino fortuna; tra di loro cՏ chi organizza piccole lotterie, alcuni sono invitati dalle famiglie a partecipare alle loro feste, durante le quali vestiti da suora, recitano testi osceni. Questo avviene solo allinterno di quella che Dumas nel suo Corricolo ha definito una vera trib di sopravvissuti e di cui Pasolini un secolo dopo avrebbe detto: Napoletani, vale a dire unici irriducibili e incorruttibili, decisi ad estinguersi piuttosto che a trasformarsi. Il femminiello fa parte di questa trib. Ma qual la sua vera natura al di l di quella che socialmente gli si riconosce? Giustamente la voce di Pasolini che, esprimendosi attraverso limmaginazione di Dominique Fernandez (Dans la main de lange, Grasset, p. 412), formula forse una prima risposta descrivendo un femminiello che passa per un vicolo di Napoli: La cosa pi curiosa che, in violazione di una delle leggi pi rigorose del mondo mediterraneo, egli non suscita alcuna ostilit, non attira alcun biasimo. A malapena solo qualche battuta innocua risuona senza cattiveria alle sue spalle... In effetti perch dovrei stupirmi del favore che gode da voi il travestito? I vicini hanno un bel punzecchiarlo quando ondeggia sotto il suo 189 cappello a fiori, hanno bisogno di sentirlo in mezzo a loro. Di quale oscura gratitudine non si sentono pieni per colui che ha il coraggio di essere donna a loro posto?... Uomini ai quali la loro societ vieta di manifestare il lato femminile della loro natura onorano in segreto il ragazzo che osa trasgredire linterdetto. E certamente, per rivestire questo ruolo simbolico, la natura del femminiello non pu essere spiegata banalmente come se fosse una versione di un ermafrodismo psicologico, o ancora meno riferirsi al ruolo tribale di figure apparentemente simili, come il berdache un tempo presente nella trib dei Mohave, in America del Nord (cfr. A. Kroeber, Antropologia dei modelli culturali e Masques n. 3 Lhomosexualit dans les socites nord-americaines). Landroginia come fusione dei due sessi pu essere considerata uno stato successivo rispetto a quello del femminiello, perch rappresenta qualcosa di diverso; non insomma lessere squilibrato mezzo uomo e mezzo donna del mito che Platone nel Simposio attribuisce ad Aristofane. Il femminiello incarna, invece, una natura astratta, metafisica, di cui possiede uninquietante sacralit. Il matrimonio La sacralit dei travestiti a Napoli si esprime soprattutto attraverso alcune manifestazioni rituali fondamentali della vita sociale quali il matrimonio, il parto e il battesimo. Queste manifestazioni rituali presentano tutte le caratteristiche di quelle normali. Infatti il matrimonio comincia con la tradizionale vestizione della sposa a casa sua, in presenza della madrina, cio della testimone. Poi dopo la foto di rito, la sposa si reca allingresso della chiesa dove lo sposo lattende per condurla allaltare. Ma per i femminielli la porta della chiesa non aperta ed essi si limitano al bacio per poi scendere i gradini della chiesa circondati da una folla festosa di amici e parenti invitati, come se 190 uscissero dopo aver pronunciato sullaltare il fatidico Si. Come vuole lusanza, gli sposi salgono poi su una lussuosa vettura noleggiata per loccasione e raggiungono il ristorante per il pranzo di nozze. Ma in questo caso vanno prima da altri due femminielli, che, gi sposati da nove mesi, hanno dopo un parto simulato in segreto, alla presenza di qualche intimo esclusivamente femminiello il loro bambino da mostrare per la prima volta in pubblico, al momento del rito tipico del battesimo normale, e che si chiama prima uscita. Il bambino, un maschio sempre, a volte una bambola, pi spesso un neonato prestato da una vicina. Anche questa cerimonia ha luogo con la partecipazione di tutto il vicinato, con le due madri che mostrano la loro improbabile progenie e vanno ad accogliere gli sposi. Tutti insieme, gli sposi, le madri, gli invitati, parenti e vicini si dirigono al ristorante per festeggiare come si deve i due avvenimenti con un pranzo sontuoso che dura fino a notte, durante il quale si esibiscono cantanti molto popolari e femminielli. Questi riti, solo allapparenza imitativi, hanno in tale circostanza un senso che va al di l del tradizionale significato sociale, perch essenzialmente a causa delle condizioni e regole secondo le quali sono celebrati, essi suggeriscono pi che ununione dei sessi, unabolizione dei ruoli sessuali. I femminielli, durante il matrimonio, non si limitano obbligatoriamente a rappresentare i ruoli che rivestono, ma li interpretano totalmente in un gioco complesso dambiguit non solo sessuale, ma soprattutto simbolica, forse anche al di l delle loro intenzioni. un matrimonio finto non solo perch civilmente e religiosamente non riconosciuto (tanto pi che gli sposi non lo chiederanno mai), ma soprattutto perch non prevede alcuna trasformazione del rapporto che esiste tra i due femminielli. dunque evidente che il matrimonio non costituisce la finalit di tale rito, ma che vi in esso un significato pi complesso che 191 da tutti tacitamente intuito. Infatti sia durante il matrimonio che durante il battesimo, la partecipazione delle persone presenti acquista un senso fondamentale, soprattutto perch esse non vivono la dimensione fittizia degli avvenimenti, ma vi sono attivamente coinvolte, da protagoniste. Inoltre gli sposi, durante la rappresentazione, abbandonano il loro stato di femminielli o di travestiti, per ritravestirsi assumendo questa volta i ruoli specifici dei due sessi, maschile e femminile, rappresentati giustamente nel momento in cui si gioca al massimo la loro differenza, vale a dire il matrimonio. Tutto questo allo scopo di celebrare lunione dei sessi in una situazione che potremmo definire non solo come doppia dimensione teatrale, ma anche come doppia dimensione effimera del matrimonio. Daltronde, lesistenza di tali riti non pu essere spiegata unicamente, allapparenza, come se si trattasse per i femminielli dun bisogno di normalit e di accettazione, tanto pi che essi hanno gi un ruolo in seno al gruppo sociale cui appartengono. Per poter comprendere il ruolo che essi giocano allinterno del loro gruppo sociale, necessario considerare queste manifestazioni non solo nel loro aspetto imitativo e teatrale, ma soprattutto per la loro valenza interpretativa. Si pu dunque affermare che i femminielli con il matrimonio diventano gli interpreti dun rito collettivo che li fa protagonisti pienamente dellunione dei sessi per eccellenza, volendo quasi personificare la coppia primordiale che nasce effettivamente dalla loro astrazione sessuale, e che pu essere riportata al mito dellandroginia divina (cfr. M. Eliade, Trattato di storia delle religioni). 192 Bibliografia Buonarroti M. (1967) Rime, a cura di Noe Girardi E., Laterza, Bari. Cammarano F. (1818) Il barbiere di Siviglia (libretto), di Rossini G., versione napoletana. Dumas A. (1841) Il Corricolo, Ricciardi, Napoli, 1950. Eliade M. (1948) Trattato di storia delle religioni, Boringhieri, Torino, 1976. Fernandez D. (1982) Dans la main de lange, Grasset, Paris. Kroeber A.L. (1976) Antropologia dei modelli culturali, Il Mulino, Bo logna. Malaparte C. (1949) La pelle, Mondadori, Milano, 1978. Platone, Simposio, a cura di Colli O., Adelphi, Milano, 1979. * Questa traduzione del testo francese di Gennaro Carrano e Pino Simonelli, Un marriage dans la Baie de Naples?, Masques. Revue des Homosexualites, n. 18, 1983, pp. 105-115, di Eugenio Zito. Il testo nella versione originale corredato di interessanti testimonianze fotografiche raccolte dagli autori. 193 194 Io/Noi; Maschile, Femminile/Transgender. La rivitalizzazione del rito della juta dei femminielli di Francesca Verde Premessa Proviamo a percorrere la juta, la salita, in compagnia di alcuni femminielli che giungono al Santuario di Montevergine per adorare Mamma Schiavona, nel tentativo di attraversare vari livelli di esperienza e provare a cogliere il senso che questa ritualit aveva nel passato e il senso che assume la sua recente rivitalizzazione nel presente. In una storia non troppo remota a Napoli i femminielli, uomini abbigliati da donna, svolgevano diversi compiti nel complesso ordine sociale dei quartieri pi popolari, come quello di accudire i bambini delle donne impegnate nelle faccende domestiche o nello svolgimento di altri mestieri. Pi in generale i femminielli erano ben voluti e considerati in grado di portare fortuna, per questo mai denigrati, al massimo oggetto di sfott popolari. Attraverso pratiche e rituali, come la tombolata o la figliata1, essi rendevano ufficiale la loro presenza nella societ partenopea. Devoti alla Mamma Schiavona, prendevano parte a un pellegrinaggio che si svolgeva in suo onore: la juta, che si ripete ancora oggi ogni anno nei mesi di settembre e di febbraio, e che parte da un piccolo paese nella provincia di Avellino fino a giungere al Santuario di Montevergine. A mattina inoltrata, i fedeli raggiungono a piedi la piazza del Santuario: il luogo di culto appare completamente buio e i devoti percorrono la navata della chiesa per fermarsi di fronte allimmagine della Madonna Nera, tenendo in mano le candele che vengono offerte in voto. 195 Escono poi dalla chiesa e si uniscono ai balli e ai canti dei vari cerchi di tammurriate seguendo la salita della Scala Santa del Santuario. Oltre al festeggiamento a Settembre, mese dedicato alla Madonna, cՏ la data del due Febbraio dove ufficialmente si ricorda la presentazione di Ges al tempio e tradizionalmente si festeggia la Candelora: in questa occasione che i femminielli fanno la loro comparsa. Intorno agli anni Sessanta e Settanta del Novecento vi stata la pi ampia diffusione del culto, a cui seguita una sorta di calo fisiologico dovuto probabilmente alla progressiva estinzione numerica dei femminielli. Attualmente sopravvivono pochissimi femminielli, quasi tutti anziani. Questa ritualit era profondamente legata a un mito che la fondava: si narra, ancora oggi, di un episodio della vita di San Vitaliano, vescovo di Capua, che celebr per errore le funzioni religiose abbigliato da donna e che, in seguito alla sua fuga per sottrarsi alla morte, fond il Santuario di Montevergine. Ancor prima si racconta che in un passato remoto sul Monte Partenio esisteva un tempio dedicato a Cibele, la Grande Madre, i cui sacerdoti erano evirati e indossavano abiti femminili: del suo solenne corteo facevano parte anche uomini che laccompagnavano con una danza estatica tra le stridule note di strumenti montani. Questi mithoi sono racconti collettivi attraverso cui lintera comunit si spiegata la presenza di queste figure androgine, attribuendo allesperienza liminale di contatto con laltro, vissuto come non familiare, un senso particolare ricollocabile nellordine del sacro. Landrogino nasce da un mithos collettivo. Nello spazio rituale descritto lidentit instabile dellessere n maschio n femmina era individuata e si individuava nella collettivit attraverso la costruzione di unidentit gruppale, favorendo una localizzazione del gruppo eccentrico dei femminielli e garantendone una rappresentabilit nel pi ampio spazio sociale. 196 Nellesperienza rituale, come in un sogno, ci che non pensabile ma percepibile come preconcezione, contattato ed elaborato attraverso una funzione di rverie di gruppo, la funzione gamma (Corrao, 1981), analoga alla funzione alfa bioniana2 (Bion, 1967): da questo contatto si producono elementi utilizzati per i pensieri della veglia. Ogni comprensione cognitiva, ogni idea, prevede infatti uno sviluppo che viene prodotto come processo inconscio molto prima di una formulazione razionale: in questa condizione, al posto di concetti chiari, vi sono immagini con forte contenuto emotivo (preconcezioni) che non sono pensate ma guardate, si pu dire, pittoricamente. Si suppone con Freud che, attraverso salti quantici di energia, la presentazione delle immagini si converta in rappresentazioni verbali simboliche. Gli elementi indifferenziati sensoriali o emozionali sono trasformati dalla funzione alfa (Bion, 1967) e dalla funzione gamma a livello del gruppo. Queste funzioni possono definirsi funzioni di trasformazione del campo per le quali gli eventi dellesperienza fattuale sono resi disponibili in forma di proto-pensieri per lelaborazione coscienziale (Corrao, 1986). In questottica interessante soffermarsi allora sul senso che la recente rivitalizzazione di questo rituale pu avere. Negli ultimi anni cՏ stata, infatti, una certa ripresa del festeggiamento nel giorno della Candelora da parte di persone transessuali, transgender3 ed omosessuali che, in un processo di sostituzione, si stanno riappropriando del culto. Queste persone, dopo un episodio di discriminazione da parte di chi esercitava le funzioni religiose, rivendicano il diritto a venerare Mamma Schiavona, protettrice dei femminielli. Come nel passato questo culto serviva a definire lidentit dei femminielli, favorendo una loro collocazione nella societ, e a far entrare in contatto la comunit con unalterit sentita come estraneit, la recente rivitalizzazione potrebbe essere un 197 tentativo di assimilare le sessualit periferiche in una sessualit normale polimorfa (Foucault, 1972) e pi in generale essere un esempio di posizionamento liminale nella realt fisica e psichica e di funzione elaborativa di una crisi. Identit in crisi: Io, maschile/femminile La passata chiarezza circa la costruzione dellidentit come processo lineare scandito in tappe temporali, dove era generalmente esclusa linfluenza del campo entro cui si dispiegava questo processo, definiva un Io stabile e racchiuso in categorie biologiche, psicologiche e culturali chiare. Una di queste era quella del maschile/ femminile biologico come corrispondente alla categoria uomo/donna nei termini di ruoli attribuiti dalla cultura. In questa visione del mondo, tuttavia, erano contemplate delle eccezioni alla regola, come nel caso dei femminielli, come se ci fosse un riconoscimento, nellesperienza di gruppo, dellesistenza di realt altre che restituivano al mondo la sua natura complessa rispetto a un processo di categorizzazione mentale teso a semplificarla. Queste realt altre erano addomesticate attraverso rituali dove, in uno stato di coscienza gruppale, erano integrate e rese familiari. Inoltre la viva partecipazione della comunit ai rituali il cui protagonista era il femminiello, come xenos essere straniero e familiare , dava la possibilit di ri-contattare proprie parti di s messe nellaltro qualificato come diverso. Anche nellambito degli studi di biologia, la materia propriamente organica, in genere classificata come divisa in due oggetti, il femminile biologico e il maschile biologico, mostra nella realt fattuale lesistenza di organi riproduttivi che presentano entrambi i sessi (intersessualit). Lo splitting4, come processo mentale di scissione, risulta inadeguato di fronte alla natura complessa della realt dove alcune specie viventi mutano il loro sesso biologico nel corso del tempo o li presentano entrambi. Il somato-psichico, inteso come stato dindifferen 198 ziazione tra psiche e corpo, descrive una condizione fusiva tra maschio/femmina. Allora se il processo di categorizzazione molto importante per il funzionamento della coscienza ordinaria, daltro lato esclude tutte quelle situazioni non categorizzabili, considerando cos, ad esempio, lintersessualit come unanomalia della differenziazione sessuale e il transessuale come diverso. Questi scarti operati dalla mente possono essere ricontattati attraverso la percezione di rudimenti della psiche, si pensi ad esempio agli elementi beta bioniani, in unesperienza collettiva che rievoca quella condizione con-fusiva, riconoscendo la magmaticit della psiche e i suoi movimenti, la possibilit di confusioni e sovrapposizioni: i due poli, maschio e femmina, tendono luno verso laltro sia nella realt materiale sia nella realt del sogno. Il progressivo ripensamento circa le definizioni di ruolo e la sempre maggiore attenzione alla tematica dellintersessualit, dei transessualismi e del transgenderismo anche da un punto di vista scientifico, ha spinto a una riconsiderazione circa la costruzione dellidentit di genere come un processo di scambio e come passaggio dallIo del singolo al Noi dei gruppi attraversati durante tutto il percorso di vita. Da un vertice sociale questi movimenti sembrano concretizzarsi nella continua ricerca di unidentit fluida, magmatica: lidentit sociale ha iniziato ad assumere cos le caratteristiche dei fluidi similmente alla societ di cui parte (Bauman, 2000). Nellottica qui portata la crisi, come momento con-fusivo che attraversa un sistema sociale e le identit che ne fanno parte, si configura come un punto di trasformazione e riorganizzazione nella ridistribuzione di nuove traiettorie di sviluppo. La presenza del fenomeno transgender nella realt pu essere allora pensato come un punto di snodo importante in quanto muove potenzialmente verso un superamento dello schema binario che condiziona pi in generale le strutture mentali, socio-politiche e culturali del nostro mondo. 199 La presenza del transgender nella societ, come segno evidente di unambiguit che a volte entra in contatto con i temi della follia, dellebbrezza, del furore, e quindi a uno stato di coscienza gruppale, ben descrive la concettualizzazione scientifica alla quale si sta provando a pervenire, che tenta di andare al di l di una cultura dicotomica, mostrando una logica di pensiero pi complessa. Lepoca post-moderna, emblematicamente rappresentata dal transgenderismo nella sua accezione pi ampia, anche collocabile nel cambio di paradigma delle scienze, spinge a ripensare allo sviluppo nei termini di movimenti plurali che danno luogo a continue trasformazioni, accantonando quei modelli che sostenevano una linearit dei processi identitari (Zito e Valerio, 2010). Limmersione nella complessit restituisce cos quel movimento dinamico collettivo e individuale che evidenzia relative trasformazioni non-lineari. Come procedere allora nello sviluppo di un pensiero circa questi fenomeni osservati nellottica della complessit? Campi/corpi Essere consapevoli, da un punto di vista scientifico, della complessit della realt psico-fisica implica uno sforzo di superamento del binomio campo/corpo (massa/energia, particella/ onda), considerando piuttosto questa coppia di opposti nel loro carattere complementare. Il campo e i corpi cio si influenzano reciprocamente e non possono essere studiati prescindendo luno dallaltro. Il campo qui inteso non come uno spazio occupato dalle linee di forza tra i corpi, ma come una specifica sezione dello spazio tempo, definita da un particolare evento per un particolare osservatore5. La rappresentazione attuale dei fenomeni deve quindi necessariamente ricorrere a una descrizione pi astratta di essi, in cui entrano in gioco funzioni dipendenti da un sistema di riferimento (Corrao, 1986). Per rilevare le pro 200 priet caratteristiche del punto spaziale e dellistante temporale di un campo fondamentale allora lacquisizione di un metodo o uno strumento di osservazione. Per evidenziare la complementariet della coppia campo/ corpo mi servo del modello di multistrato complesso (Margherita, 2007) dove le strutture fisiche, mentali, sociali coinvolte nellanalisi di un fenomeno sono pensate e ordinate secondo una serie concentrica di sistemi semipermeabili che comunicano tra loro. La compartecipazione e la compenetrazione dei diversi livelli, che funzionano da contenitore/contenuto (Bion, 1970), evidenziano la natura complementare del campo e dei corpi: i mondi interni degli individui che costituiscono una collettivit, ad esempio, sintegrano nel contesto per costruire la loro realt esterna che poi quella interna degli organismi plurali complessi in cui sono contenuti. Sarebbe limitativo, o meglio lineare, considerare la realt di un singolo livello esaminato come avulsa dalla serie. Gli influenzamenti e i feedback tra i vari livelli rompono questa linearit aprendo cos alla complessit. Provare a mettere a fuoco, assumendo un vertice di osservazione, richiede quindi luso di strumenti. Per lo psicoanalista fondamentale sarebbe listituzione di un setting, magari in grado di contenere la complessit6, ma in queste condizioni macroscopiche lazione impossibile, allora importante tenere alla mente il modello multistrato e provare a individuare, come suggerito da Margherita (2007), quale relazione intercorre in particolare tra le identit, i linguaggi, la verit e gli stati di coscienza nel campo che si scelto di osservare. Identit Secondo una visione discreta, ognuno dei campi pu essere un corpo ben definito e possedere una sua identit: si pensi ad esempio al gruppo dei femminielli, alla Chiesa, ai gruppi di la 201 voro che si occupano di transgenderismo. I femminielli costituivano un gruppo sociale omogeneo che presentava una propria identit gruppale riconoscibile e riconosciuta socialmente (Zito e Valerio, 2010). Ogni corpo, quando a fuoco, individuato e pu comunicare con altri corpi a loro volta identificati, che fanno parte dello stesso sovrasistema, e anche con proprie parti: si pensi al rapporto tra la Chiesa e il gruppo dei femminielli devoti alla Madonna, oppure agli scambi tra questi ultimi e gli abitanti dei quartieri dove vivevano. Su questa dimensione discontinua della serie vi tuttavia sovraimpressa una dimensione continua, dove i margini di questi corpi sfumano luno nellaltro fino quasi ad annullarsi, restituendo alla realt il suo carattere fluido. La percezione di questa continuit avviene, per il singolo individuo coinvolto, in uno stato alterato di coscienza nel passaggio dallIo della coscienza individuale al Noi della coscienza gruppale o, in altri termini, dal sottosistema al sovrasistema. Questo ci che avviene, ad esempio, durante un pellegrinaggio: nel percorso rituale della juta le dicotomie maschio/ femmina e uomo/donna, prodotte da uno stato di coscienza ordinario, si fanno sfumate cogliendo piuttosto lespressione della sessualit globalmente, in un continuum che era rappresentato dalla figura del femminiello. Coscienza Lallargamento nel campo delle conoscenze dalle grandezze numerabili a quelle innumerabili7 rimanda alla possibilit di considerare il passaggio, sopra descritto, dal discreto al continuo nello stesso modo in cui pensabile un passaggio dal finito allinfinito. Il discreto espressione di una linearit di rapporto, propria del cos detto stato ordinario di coscienza, come risultato di una selezione di certe possibilit di esperien 202 za della coscienza e come modo semiarbitrario di strutturarla che facilita certe capacit adattive e inibisce lo sviluppo di altre possibilit. Questo stato ordinario di coscienza quello vigile dove la relazione tra i due corpi si esprime nel rapporto soggetto- oggetto. Uno stato alterato, dal latino alter altro, di coscienza quella condizione in cui lindividuo coglie uno stato di coscienza gruppale (sovrasistemico). In questa condizione si riconoscono altre possibili traiettorie non direttamente lineari rispetto alla coscienza individuale che possono essere sentite solo entrando in tale stato. Queste esperienze, tuttavia, non hanno possibilit di essere comunicate linearmente e hanno a che fare con contenuti psichici potenziali e immutati, sensazioni ed emozioni non simbolizzate, territorio trans-liminare delle desimbolizzazioni (Riolo, 2009). Con questo ampliamento di campo si sviluppa un passaggio dai resti inconsci della psicoanalisi freudiana ai rudimenti, precursori della possibilit di rappresentazione come espressione della bi-direzionalit tra mondo inconscio e coscienza. La possibilit di un ampliamento di campo suggerisce di focalizzare, quindi, lattenzione sul continuo, come dimensione dove sono osservabili i movimenti emozionali e dove avviene uno scambio profondo. Allora lacquisizione di una visione allinfinito, nella perdita della messa a fuoco delloggetto che si vuole osservare, produce uno stato alterato di coscienza simile a quello che potrebbe coglierci durante un pellegrinaggio. Linguaggi Le identit comunicano tra loro attraverso diversi linguaggi che Bion ha cercato di collocare in una griglia8 e che vanno dagli elementi non pensabili, non rappresentabili, fino al calcolo algebrico, espressione massima della chiarezza. Tra questi 203 vi il linguaggio mitico che permette di trasformare la rete comunicativa tra corpi in un sovrasistema che acquista identit che conferisce, a sua volta, ai membri che la costituiscono (Margherita e Auricchio, 2009). Il mito comunica lesistenza di una bilogica (Matte Blanco, 1975), ossia di una compresenza, a diversi gradi di salienza, della logica aristotelica e di quella funzionante per linconscio. Il racconto mitico polisemico (Stagnitta, 2006) e per questo in grado di far risuonare i campi. Il mito ha senso in quanto capace di comunicare una verit9 che non pu essere detta in altro modo e di dare garanzia di esistenza di certi rituali: le figure mitiche dei sacerdoti di Attis, del femminiello ne sono un esempio e definiscono identit singolari e plurali contemporaneamente. Identit collettiva: Noi, Transgender Il fatto importante sottolineato da questa formula di campo lindeterminatezza del margine. Pur essendo percepito senza estensione, il contenuto del margine presente, e aiuta tanto a guidare il nostro comportamento, quanto a determinare il successivo moto della nostra attenzione. Esso intorno a noi come un campo magnetico, dentro il quale il nostro centro di energia gira come lago di una bussola, ogni volta che un momento della coscienza si trasforma nel successivo. La nostra riserva di memorie galleggia interamente al di l del suo margine, pronta se toccata a ritornare. Lintera massa di poteri residui, di impulsi, di conoscenze, che costituisce il nostro Io, si stende con continuit al di l di esso. Cos vaghi sono i confini tra ci che in atto e ci che solo potenziale, in un qualunque momento della nostra vita cosciente, che sempre difficile dire di certi dementi psichici se ne siamo o no coscienti.10 204 Sospendiamo per un attimo questa intuizione di James e proviamo a cogliere il senso psicoanalitico della recente rivitalizzazione della juta dei femminielli. Ritornando al mito dellorigine di questo rituale, le immagini di uomini che danzano in estasi per la dea Cibele mi rimandano associativamente alla figura delle Baccanti e ai riti dionisiaci. Un cambiamento nellanalisi scientifica di alcuni fenomeni, nello spostamento ottico dal punto di vista individuale a quello gruppale, mi induce a un salto che sposta lattenzione dal mito di Edipo a quello di Dioniso. Se il primo fonda la psicoanalisi freudiana ponendo laccento sul vissuto individuale, il mito di Dioniso rimanda immediatamente a una dimensione collettiva: il dio fin da subito pubblico, a differenza della storia di Edipo, dove invece la vicenda assume inizialmente un carattere individuale e solo alla fine collettiva (Corrao, 1992). Forse il fenomeno della rivitalizzazione del rituale della juta meglio comunicato se portato attraverso un discorso dionisiaco, in quanto immediatamente legato a un discorso pubblico, collettivo e che sembra riguardare la posizione nel campo e il vertice dal quale si sceglie di osservare il fenomeno. Da un punto di vista scientifico questo vuol dire provare ad assumere uno sguardo globalizzante11 nel tentativo di comprendere quelle parti escluse in un ragionamento lineare, applicando cos una funzione inversa a quella analitica nel momento in cui si passa dallo studio del locale al globale, vale a dire, ad esempio, che il mito applicato alla teoria e non viceversa (Corrao, 1992). Dioniso il dio che si fa portatore di libert, il liberatore che mette in condizione chiunque di non essere pi se stesso, di lasciare il proprio punto di vista perdendosi nel campo. Dioniso il dio folle che si contrappone alla mentalit di una cultura meccanicistica: egli come un essere trans-gender. Nonostante il tentativo da parte della comunit scientifica, dei suoi gruppi di lavoro, infatti, di ricondurre il fenomeno tran 205 sgender a dei concetti ampi, il discorso che si costruisce non appartiene al mondo della chiarezza. Il mondo a cui ci si riferisce sfumato, tendente al continuo, alla fusione e alla confusione. Partecipare a un rito, fare un pellegrinaggio (dal latino peregrinatio, per-ager attraverso il campo) significa attraversare luoghi e particolari spazi mentali dove si generano processi trasformativi, dove accadono modificazioni profonde, mentali, psichiche e culturali. Fare un pellegrinaggio prendere parte a un vissuto collettivo dove si contatta, in uno stato alterato di coscienza nel passaggio dallIo al Noi, la contemporanea presenza di diversi livelli di esperienza (individuale, gruppale, istituzionale, sociale) risuonando con essi. Questa visione paradossale disorienta, ma stimola la mente a uno sforzo che amplia lorizzonte conoscitivo (Corrao, 1977) integrando elementi fino ad allora non pensabili come, ad esempio, lesistenza di molteplici identit di genere collocate lungo un continuum i cui poli sono rappresentati dai pi noti concetti di uomo e di donna (Chodorow, 1995). In ci, la sacralit di un territorio importante perch induce allattraversamento di questi spazi mentali: essere accolti nellordine del sacro significa abbandonare la modalit dialettica del pensiero unilaterale, adottando piuttosto una logica paradossale. Ed proprio il vissuto di crisi legato allesperienza di campo, al perdersi, la precondizione che favorisce il passaggio dagli Io individuali al Noi, congiuntamente alla costruzione di uno spazio rituale di condivisione nel quale prende corpo la rappresentazione di un gruppo di figure mitiche, come quella del femminiello o dei sacerdoti di Attis. Queste figure mitiche sono espressione di una religiosit liminale, similmente allatto del peregrinare, espressione possibile di unidentit collettiva mai concettualizzata chiaramente, ma solo guardata pittoricamente, come unimmagine emotiva contattata nellesperienza religiosa. La rivitalizzazione della juta dei femminielli allora uno snodo importante, unarea di turbolenza emotiva incentrata su 206 unidea nuova e nello stesso tempo che contatta la realt originaria12. Si pu pensare, non a torto, al termine mistico usato da Bion (1970) per intendere una categoria di personaggi che hanno in comune la caratteristica di esprimere un pensiero che astrae dalla cultura del gruppo al quale appartiene, ma che introduce una novit profonda. Da un punto di vista sociale il mistico inserito stabilmente nel gruppo di cui condivide cultura e tradizione (religione cattolica, devozione alla Madonna Nera ad esempio). La partecipazione sintonica dei movimenti che sono presenti nel gruppo e la percezione di congiunzioni costanti della realt originaria (come la possibilit di essere transgender, uomo e donna nel contempo) portano a movimenti considerati nuovi e dirompenti (Angeli, 2010). La rivitalizzazione della juta allora una possibilit di attraversamento di campo e di spazi mentali inesplorati: in questa dimensione si vive un senso di libert come prendre la cl des champs, una sorta di delocalizzazione, uninduzione benefica di trance dissociativa come tra(n)sfigurazione del reale dato. Le associazioni a sostegno dellomosessualit, del transessualismo e del transgenderismo che si stanno riappropriando negli ultimi anni del rito della juta a Montevergine, provano a individuare uno spazio dove poter esserci e questo spazio, attualmente, sembra configurarsi come un luogo ectopico, ossia un altro luogo che ha un centro che varia di continuo perch inventato e reinventato ogni volta dagli individui che compongono e scompongono le correnti associative (Siracusano, 1986). Il concetto di ectopia, dal greco ek-tpos fuori posto, allora centrale per evidenziare la funzione di questo gruppo rimandando alla disposizione di un organo (i femminielli) del corpo sociale in un punto considerato normalmente sbagliato. La figura del transgender, come nel passato quella del femminiello, ha allora una funzione mentale, sociale, culturale molto importante: di comunicare cio la possibilit di stare in una 207 posizione al margine, sostando nella con-fusione. Laffermazione iniziale di James, che mi sembra legata a un interrogativo circa il rapporto tra coscienza e inconscio, ma anche tra lesperienza di sentire di far parte di un campo e di essere corpo, descrive bene lesperienza di essere al margine. In questo senso, appropriarsi di questa posizione liminale restituisce al transgender il suo senso. Note 1 Per approfondimenti vedi Ceccarelli M. (2010). 2 Concetto chiave della teoria del pensiero elaborata da W.R. Bion. Secondo questo autore il pensiero pu svilupparsi solo quando lapparato psichico metabolizza le impressioni sensoriali delle esperienze emotive. Queste impressioni grezze, chiamate elementi beta, si originano sul piano della sensorialit e dellemotivit e sono destinate a rimanere tali se non vengono metabolizzate. La funzione alfa ha il compito di rendere disponibili gli elementi beta per lo sviluppo di un pensiero che sia orientato verso la modificazione della realt. Una volta che gli elementi beta sono pervenuti alla coscienza, la funzione alfa li trasforma in elementi alfa, vale a dire in elementi psichici che hanno caratteristiche tali da poter essere utilizzati sia come pensieri del sogno, che come pensieri della veglia. 3 Per un chiarimento sui significati del termine si rimanda al lavoro di Eugenio Zito e Paolo Valerio, Corpi sulluscio, Identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, Filema Edizioni, Napoli, 2010. 4 Nella sua teoria delle relazioni oggettuali, Melanie Klein ha introdotto il concetto di scissione delloggetto, unoperazione compiuta dal bambino sulla base delle esperienze emotive che lo porta a considerare separatamente loggetto buono e loggetto cattivo. Un passo importante nello sviluppo dellinfante la graduale integrazione di queste parti scisse in un oggetto intero che mostri le sfumature. 5 Queste considerazioni prendono le mosse dalle recenti concettualizzazioni della fisica moderna, in particolare dalla formula di Einstein sul rapporto tra materia ed energia che stabilisce lequivalenza tra lenergia e la massa di un sistema fisico, e dal principio di indeterminazione di Heinseberg 208 il quale afferma che in meccanica quantistica le particelle hanno alcune propriet tipiche delle onde, non possiedono una ben definita coppia posizione e momento, e che lindeterminazione risiede nella preparazione stessa del sistema. 6 Per un approfondimento sulla costruzione di un setting complesso vedi Margherita G. (2005) Per comprendere e proteggere i figli di Crono, Koinos gruppo e funzione analitica, anno XXVI, n. 2. 7 Si pensi, ad esempio, al concetto newtoniano di infinito come limite matematico a partire dal finito. 8 Per approfondimenti vedi Bion W.R. (1997) Addomesticare i pensieri selvatici, Franco Angeli, Milano, 1998. 9 Il termine verit qui considerato cos come concettualizzato da Bion. La verit ci che evolve, il non concluso; ha un potere trasformativo, e un carattere performativo. Per approfondimenti vedi Neri C. (2007) La verit come fattore terapeutico, Funzione Gamma Journal, n. 19. 10 James W. (1902) Le varie forme dellesperienza religiosa, Morcelliana, Brescia, 2009. 11 Per approfondimenti vedi Margherita G. (2008). 12 O, la realt originaria, un ipotesi bioniana sullesistenza di una realt ultima con la quale il soggetto entra in contatto attraverso la funzione alfa. Da questo contatto si producono elementi alfa, utilizzati per i pensieri della veglia e del sonno ed elementi beta, che derivano dalla imperfezione del lavoro di alfa e dalla qualit infinita della realt ultima (vedi nota 2). Questa teoria utilizzata da Bion, oltre che per descrivere lo sviluppo del pensiero nellindividuo, per fare alcune considerazioni sulla vita dei gruppi. Bibliografia Angeli S. (2010) Due Modelli usati da Bion per leggere i gruppi sociali, Koinos gruppo e funzione analitica, anno XXXI, n. 2. Bauman Z. (2000) Modernit liquida, Laterza, Roma-Bari, 2002. Bion W.R. (1961) Esperienze nei gruppi, Armando, Roma, 1971. Bion W.R. (1965) Trasformazioni, Armando, Roma, 1973. Bion W.R. (1970) Attenzione e interpretazione, Armando, Roma, 1973. Bion W.R. (1992) Cogitations, Armando, Roma, 1996. 209 Bion W.R. (1997) Addomesticare i pensieri selvatici, Franco Angeli, Milano, 1998. Ceccarelli M. 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Approccio antropologico, letterario e psicoanalitico* di Corinne Fortier Femminiello, femminielli CՏ una figura particolare a Napoli, e nella sua regione, la Campania, che non si ritrova altrove in Italia, comprese le altre regioni del sud, come la Sicilia, si tratta del femminiello (plurale: femminielli) o effeminato. Pi precisamente il femminiello, malgrado quello che si crede, non una figura tipica dei Quartieri Spagnoli di Napoli, infatti lo si ritrova in altre zone della citt, e non lo si incontra solo a Napoli, ma presente anche in altre localit della Campania. E cos nel corso di diverse campagne di ricerca condotte tra il 2004 e il 2007 in Campania e a Napoli, in particolare nei Quartieri Spagnoli, abbiamo potuto conoscerne alcuni, ed osservarli mentre agivano nel loro quartiere, nella loro famiglia, e durante le loro attivit. Oltre a questi dati etnografici basati sullosservazione partecipante e su interviste, ci avvarremo anche del romanzo di un autore napoletano, Giuseppe Patroni Griffi (nato nel 1921), Scende gi per Toledo1 (1990, ed. or. 1975), che, per quanto di fantasia, costituisce una testimonianza preziosa sul modo di vivere, di parlare e di pensare dei femminielli napoletani. Infatti, secondo noi, nessuno meglio di un romanziere pu restituire in modo preciso ed evidente il tessuto della loro vita soggettiva, cio i loro sentimenti, il loro dramma, la loro fantasia, la loro crudelt, la loro poesia e i loro sogni. 213 Sembra che la figura tradizionale del femminiello sia esistita anche in Spagna sotto altro nome, e si pu avanzare lipotesi che la sua specificit a Napoli e in Campania dipenda dallinfluenza di elementi culturali derivanti dalla dominazione spagnola durata nella regione due secoli, dal 1503 al 1707. I Quartieri Spagnoli dove si trovano molti dei femminielli devono, del resto, il loro nome ad un antico campo militare spagnolo insediatosi nel XV secolo. Inoltre a un livello pi aristocratico, Napoli a partire dal XVI secolo stata storicamente il luogo di provenienza dei castrati che cantavano con la loro voce acuta sulle scene dopera pi importanti dEuropa, come Carlo Broschi, detto Farinelli, o Caffarelli nel XVIII secolo (Fernandez e Schifano, 1983). Ma la figura popolare del femminiello in s molto diversa dal castrato napoletano in quanto non viene affatto evirato prima della pubert. Lo studioso di folklore Abele De Blasio, nel suo libro Usi e costumi dei camorristi pubblicato nel 1897, testimonia dellesistenza dei femminielli a Napoli nel XIX secolo. Essendo il termine femminiello diventato un po folkloristico, gli individui interessati lutilizzano raramente per autonominarsi. Allinizio della nostra ricerca, non conoscendo nei minimi particolari le ragioni di tale denominazione chiedemmo proprio ad uno di loro se egli si dicesse femminiello, si mise a ridere e ci spieg che non si doveva chiedere una tale cosa, stupito per altro che una straniera conoscesse questo termine tipicamente napoletano. Oggi, certi femminielli preferiscono usare il termine ricchione riferito a s stessi, termine con una connotazione peggiorativa che rinvia in italiano ad un orientamento sessuale preciso, quello dellomossessuale passivo, ma che essi usano per s stessi con una certa fierezza, secondo un rovesciamento dello stigma noto in altri ambienti omossessuali, si pensi alluso che taluni gay fanno in Francia del termine pd, o ancora negli Stati Uniti e poi in Europa del termine queer che significa biz 214 zarro. Questi femminielli preferiscono cos utilizzare una categoria pi moderna, legata alla loro sessualit, piuttosto che una categoria che a loro sembra desueta e folkloristica. Cos, a differenza dei trans, i femminielli fanno riferimento pi spesso ad una identit maschile di tipo omossessuale, agghindandosi esteriormente con segni di femminilit e svolgendo dei ruoli femminili. Gi il termine femminiello al maschile e non al femminile, designa letteralmente leffeminato, cio un uomo biologico che ha unapparenza femminile. Tenuto conto della loro identit di uomini effeminati, non impiegheremo il termine trans a proposito dei femminiel li. Quelli che abbiamo incontrati non hanno mai usato per se stessi la categoria di trans, nel senso di travestito, di transgender o di transessuale. Categoria che si riferisce ad unidentit di genere, e che, in generale, riservata ad individui che hanno trasformato lapparenza fisica del loro corpo, sia con lassunzione di ormoni, sia con interventi di chirurgia estetica per aumentare il seno, sia con la riconversione chirurgica dei genitali (Fortier e Brunet, 2012). Il termine femminiello ben corrisponde alla realt fisica dei femminielli che, in genere, non modificano il loro corpo; essi, pi spesso, non hanno fatto ricorso agli ormoni o alla chirurgia estetica per avere dei seni, e conservano del resto il loro pene. La trasformazione fisica del loro corpo si limita al rasarsi2, depilarsi e farsi crescere i capelli. In pi il termine femminielli ben corrisponde alla loro realt psichica, perch essi non si identificano con le donne e non mirano a essere riconosciuti in quanto tali come sperano in genere i trans. Delle prostitute al maschile Nati maschi, i femminielli non modificano, in generale, il loro corpo maschile, ma hanno aspetto esteriore, una gestualit e 215 delle occupazioni femminili. La maggior parte di loro ha come lavoro principale la prostituzione, attivit che, come ovunque altrove, socialmente riconosciuta quale tipicamente femminile, facendo la puttana, o essendo una puttana mascolo il femminiello. Ci sono molti femminielli nei Quartieri Spagnoli, zona molto popolare di Napoli, frequentata dalla mala-vita con i suoi ragazzi di strada e le sue prostitute. I Quartieri Spagnoli sono considerati malfamati, ed i napoletani compresi gli abitanti stessi del luogo consigliano di non frequentarli dopo le ore 173. Napoli una delle ultime citt dItalia, e pi in generale dEuropa, dove si trovano ancora rioni popolari in pieno centro citt. I Quartieri Spagnoli sono, in questo caso, collocati accanto ai luoghi pi turistici della citt, come Piazza del Plebiscito, ai pi distinti luoghi dincontro, come il Caff Gambrinus. Il senso di appartenenza al territorio molto sentito ai Quartieri Spagnoli, non solo al livello del quartiere stesso ma anche a quello del vicolo. Questultimo il luogo dei bassi, abitazioni di un vano a piano terra, che, come i negozi, danno direttamente sulla strada. Spesso la porta e la finestra del basso sono aperte sul vicolo in modo tale che i passanti possono osservare dallesterno la vita intima dei loro abitanti. I femminielli che si prostituiscono, ricevono i loro clienti nei bassi, e solo in questa circostanza chiudono porta e finestra al momento opportuno. Alcuni fittano un basso unicamente per esercitare il loro mestiere, mentre altri ricevono i loro clienti nella propria abitazione, nel proprio basso. I femminielli vivono in armonia con gli altri abitanti del quartiere. La loro attivit principale, la prostituzione, di fatto completamente tollerata. In questo quartiere segnato dalla disoccupazione, poco importa come ci si guadagna da vivere purch ci si dimostri generosi con chi sta intorno. Il contatto tra i bassi e la sorveglianza da parte del vicinato assicura ai femminielli la protezione contro i clienti malevoli che potrebbero 216 eventualmente aggredirli. Essi ricevono i clienti in giornata dalle ore nove e trenta alle ventidue, dal luned al sabato, riservando la domenica al riposo; molto credenti, come la maggioranza dei napoletani, di domenica si recano abitualmente alla messa. Un femminiello ci invita nel basso dove riceve i clienti. Quando arriviamo il basso tutto aperto, porta e finestre, lo troviamo che sta lavando per terra come ogni donna di famiglia napoletana che si rispetti, in attesa di ricevere i clienti. Si ritrova l una caratteristica delle abitazioni napoletane che sono estremamente pulite e sanno spesso di detersivo, le donne ne fanno un punto donore a tenere la casa perfettamente linda. Il nostro padrone di casa si dedica dunque a due attivit tipicamente femminili, la prostituzione e la cura delle faccende domestiche. Il basso che visitiamo fatto da un solo vano dove cՏ un letto, con un piccolo bagno. A differenza del basso come abitazione, dove spesso troneggia un armadio di formica che contiene un vaso di fiori di stoffa e unimmagine della Madonna dellArco, qui domina lapparenza funzionale e spoglia. Il femminiello che occupava questo basso pagava un fitto di 400 euro al mese. Non doveva prostituirsi per la strada perch i suoi clienti conoscevano il suo basso. Era lusingato del resto che in alcune serate di particolare affluenza questi facessero la fila in macchina nel vicolo dove si trovava il suo basso. La sua attivit, bene accettata nel quartiere, non dava fastidio in alcun modo ai suoi vicini. La tariffa delle prestazioni dipendeva dalla sua durata perch chiedeva ai suoi clienti, nel 2003, 6 euro per un quarto dora. La sua prestazione consisteva essenzialmente nel fare fellazioni e nel farsi sodomizzare. Pare, come dice Giuseppe Patroni Griffi (1990: 47-48), che alcuni femminielli, per paura che altri possano loro rubare i buoni clienti, preferiscano recarsi a casa di essi piuttosto che riceverli nel loro appartamento: Nemmeno a nominargliela, 217 Sayonara le prende un attacco isterico. Dice chՏ una zoccola invidiosa, perch vero che di lei parla con rispetto, ma lo fa apposta per renderla antipatica, che quando le capita un buon cliente tra le mani cosa rara si guarda bene dal portarlo a casa sua chՏ la migliore di Napoli, se lo va a rosicare in quella tana sifilitica dove abita, anche se sa che cos lo perde, ma non importa, lo preferisce, tantՏ invidia che la rode. Il femminiello incontrato riceveva i clienti nel basso dove sua zia sera prostituita; lattivit della prostituzione non era dunque una novit nella sua famiglia. Non lontano da l, negli altri vicoli, si potevano trovare anche donne che si prostituivano, che fossero napoletane o straniere, in questo caso una di esse dorigine africana. Ma, mentre stringono legami forti tra di loro, i femminielli non hanno alcun legame particolare con le donne del quartiere che si prostituiscono, prostituzione che per altro meno visibile di quella dei femminielli. Inoltre, la prostituzione dei femminielli cos bene integrata nel quartiere, di giorno come di notte, che non cos spettacolare come quella notturna dei transessuali che stanno non lontano da l, nelle vie adiacenti alla Piazza Municipio, dove creature siliconate, non originarie di Napoli ma spesso provenienti da altre citt dItalia, ostentano un abbigliamento sexy e si comportano come regine della notte. Integrazione nel quartiere Alcuni femminielli che non abitano nei Quartieri Spagnoli si prostituiscono in angoli pi o meno isolati prossimi al loro domicilio. il caso, per esempio, di un femminiello che di giorno lavora come impiegato municipale in un cimitero di Napoli, e che, venuta la sera, baratta la sua tuta di lavoro ed i suoi occhiali con una minigonna ed uno sguardo di brace che dovrebbero attirare gli uomini che passano per la strada dove si pro 218 stituisce. Si toglie i gioielli maschili che porta di solito, come un girocollo, orecchini e un braccialetto piatto, per sostituirli con gioielli pi femminili, come orecchini pendenti, una collana pendente lungo il petto e braccialetti sonori. Per rendersi pi femminile, davanti allo specchio, si trucca e si crea una nuova pettinatura facendosi una coda di cavallo. Dopo il tramonto si prostituisce vicino casa sua con il suo cane che non abbandona mai, essendo questi insieme il suo protettore e il suo compagno daffetto. Appoggiato al muro, aspettando i clienti, fuma tirando intensamente la sua sigaretta. Tutti sanno del suo travestimento e della prostituzione oltre al suo lavoro dimpiegato municipale al cimitero, senza che lo nasconda o che ne abbia disonore. Un altro femminiello che conosciamo ha la passione per il cucito per il quale ha ottenuto un diploma. Confeziona da solo vestiti sfarzosi che indossa in certe occasioni tra le quali la prostituzione. Molto religioso, aiuta frequentemente i membri della sua parrocchia a decorare la chiesa da fervente devoto. Fedeli e preti sanno della sua attivit di prostituzione e di travestimento senza muovergli alcuna osservazione, tanto lo zelo che mostra nelle sue attivit parrocchiali. Unaltra persona accostata, pi trans che femminiello, in quanto si fatta rifare un petto in silicone e labbra carnose, e che si presenta con un nome femminile, si dedica ugualmente a diverse attivit. In giornata svolge un lavoro molto femminile, facendo la parrucchiera nel suo salone per signore. Il giorno acconcia le madri di famiglia e le donne anziane del suo quartiere e raccoglie le loro confidenze di donna, e la notte fa striptease in un club gay. Questa persona che non abita ai Quartieri Spagnoli, ma in un altro quartiere popolare di Napoli, ha potuto aprire il suo salone di parrucchiera al piano terra dello stesso posto in cui abita, ricevendo le sue clienti di giorno gi, e sopra i suoi amanti di notte. Allingresso del suo salone si pu vedere il manifesto e le foto del film al quale ha partecipato come attrice. Le pose 219 glamour e sexy di queste foto non sembrano affatto scioccare le vecchiette del quartiere che vengono a farsi i capelli da lei. A questo punto ci che colpisce anche lintegrazione dei femminielli nel quartiere dove vivono, essendo accettati come tutti gli altri individui dallinsieme degli abitanti, senza che siano vittime di stigmatizzazione o di disprezzo per il fatto che si femminilizzano o si prostituiscono, e senza che debbano vivere effettivamente una doppia vita come spesso capita a persone che si travestono o che si prostituiscono, a causa dello stigma che generalmente colpisce queste attivit. Essi sono anche talvolta considerati come star del quartiere, essendo spesso molto socievoli, assai servizievoli, e popolarissimi. Divertono le persone con il loro lato isterico, teatrale ed imprevedibile. Il legame con la prostituzione permette loro, a volte, di conoscere in modo stretto uomini influenti nel campo della politica ai quali chiedere dei favori, anche per i membri della loro famiglia, per il loro amante, o ancora per il loro vicino. Cos sono anche rispettati per il danaro ed i servigi che possono rendere al quartiere attraverso le loro conoscenze. Il fatto che i femminielli si comportino molto spesso come delle regine che o adorano il loro interlocutore e lo colmano di favori, o lo esecrano e lo insultano, attiene contemporaneamente alle loro regole tradizionali che li autorizzano a dire ci che vogliono senza pudore ne ritegno, ma anche allattivit di prostituzione che offre loro, qualche volta, loccasione di allacciare relazioni di protezione con persone ben collocate politicamente e socialmente. Un portamento femminile A differenza dei travestiti incontrati in Francia, che vivono da uomini gran parte della loro vita e si travestono indossando abiti femminili solo di tanto in tanto, i femminielli vestono per 220 la maggior parte del tempo abiti androgini, senza necessariamente portare vestiti o gonne, ma pi spesso indossando jeans femminili modellanti che mettano in risalto le gambe. I femminielli portano generalmente vestiti eleganti solo quando escono per prostituirsi. La pi comune caratteristica dei femminielli consiste nel lasciarsi crescere i capelli, la cui lunghezza il segno per eccellenza della femminilit4. Ordinariamente li tengono legati per decenza quando circolano per la strada con un aspetto androgino e li sciolgono in privato o quando vanno a prostituirsi per mostrarsi pi femminili. Sono generalmente molto fieri della loro capigliatura che consente di non usare parrucche. Ai capelli lunghi anche associato un gesto femminile come quello di lanciare la testa allindietro per riportare i capelli dietro la nuca, gesto per eccellenza della sensualit femminile, o, come lo descrive Giuseppe Patroni Griffi (1990: 15): La mano rovesciata, due tre colpi sotto la nuca per gonfiarsi i capelli5. Alcuni femminielli si colorano i capelli di biondo, essendo questo colore evocatore di una fantasia erotica in una societ dove la maggioranza delle donne ha i capelli o castani o neri. Il romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 27) fa riferimento a questa tinta di capelli ideale per i femminielli: Non mi faccio capace perch il biondo in testa a te viene naturale. La prossima volta proviamo lhenn. La tintura dei capelli, ma anche il trucco concorrono alla femminilizzazione dei femminielli. Giuseppe Patroni Griffi (1990: 29) descrive la camera del protagonista del suo romanzo, Rosalinda Sprint, piena di bottigliette destinate a diverse esigenze estetiche: La stanza di Rosalinda Sprint la stanza di Rosalinda Sprint.., e bottiglie, bottigliette, dacqua ossigenata, di essenze, di trucco e strucco, colonia, profumo, tintura, e lozioni da quelle per rinforzare il bulbo capillare a quelle per ammorbidire lepidermide e per altre cose vaghe, e...in fila indiana, un centinaio di minuscoli flaconi di smalto 221 per le unghie che vanno dal nero pece, attraverso tutte le gamme delliride e le possibili sfumature, allargento e alloro. Peraltro i femminielli assumono spesso una gestualit femminile caratterizzata dal modo di parlare con le mani, il loro ancheggiare, il loro modo di spingere il busto in avanti come se avessero il petto. Si distinguono anche per un certo modo di relazionarsi con gli uomini, basato sulla provocazione, punteggiando spesso il discorso con allusioni sessuali o con gesti di significato osceno che fanno ridere il loro auditorio. Questo modo di fare molto ben descritto nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 25): Le risate, a fermare la gente per la strada gli racconti storie incredibili, fai proposte le pi oscene. Possiamo citare a titolo desempio una delle tante scene di questo tipo che abbiamo potuto osservare. Mentre accompagniamo un femminiello per la strada, questi si ferma a salutare un uomo che tiene per mano la figlia. Comprendiamo subito che si tratta di un suo abituale cliente. Invece di fingere di non vedersi, per evitare un incontro che pu essere considerato imbarazzante, si salutano apertamente dimostrando che non cՏ da vergognarsi a conoscersi, n per luno n per laltro. Addirittura, per provocazione e con orgoglio a sottolineare la sua attivit e il suo rapporto con quelluomo, il femminiello domanda ostentatamente alla bambina di ripetere la parola puttana. Oltre alla prostituzione, attivit femminile per eccellenza, i femminielli si dedicano ad altre attivit considerate tipicamente femminili, cucinare, cucire, fare i capelli, attendere alle faccende domestiche come ogni buona donna di casa. Si occupano molto spesso anche di fare compere per le vicine anziane che hanno difficolt a muoversi. E le madri di famiglia non esitano ad affidare loro i figli quando hanno bisogno di assentarsi da casa, non facendo affatto quella confusione che altrove si fa tra pedofilia e pederastia. Molti femminielli possiedono, inoltre, un 222 cagnolino che adorano e che trattano come un figlioletto, adottando cos un atteggiamento molto materno verso lanimale. sorprendente constatare come ai femminielli faccia piacere rendere servizio al vicinato, facendosi cos pi bene accetti e acquisendo con questo una buona reputazione, indipendentemente dal loro orientamento sessuale e dalla loro attivit professionale. Essendo la societ napoletana basata sullo scambio dei favori, ogni individuo che partecipa a tale scambio, mostrandosi generoso con la famiglia ed il vicinato, socialmente integrato e gode di una reputazione, non importa quali siano le sue preferenze sessuali e come abbia fatto il danaro. Uomini effeminati, non trans Nella tradizione i femminielli non avevano a disposizione ormoni per trasformare il loro corpo, ma oggi qualcuno vi fa ricorso, qualcunaltro va ancora oltre facendosi rifare il seno con la chirurgia estetica. Cos cambiano di categoria diventando pi dei transgender che femminielli. Malgrado la trasformazione del seno non pensano generalmente di far ricorso allintervento di riconversione dei genitali, essendo il pene essenziale per la loro identit. I femminielli parlano spesso di se stessi al maschile nella vita quotidiana. Conservano in genere il nome di nascita, salvo quando si prostituiscono da donna, in questo caso, assumono un nome femminile che evoca nella maggior parte una bella creatura di fantasia come Cleopatra, Flamma, Sara. Nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990) i nomi sono ispirati ad attrici o a personaggi del cinema che incarnano temibili seduttrici, come quello di Marlene Dietrich, o ancora quello di Sayonara, che giunge a rimpiazzare quello di Mim Bluette, nome rtro di un personaggio di cocotte parigina dorigine italiana6: Allora mi chiamavo Mim Bluette, il nome lho cambiato dopo il 223 film di Marlobbrando, pi moderno. Sayonara, e mi sta bene, mette in evidenza locchio a mandorla, no? (1990: 39). In tale romanzo (1990: 26), il protagonista principale ha un nome con consonanti sonore che Marguerite Duras non avrebbe disprezzato, Rosalinda Sprint, dopo essersi chiamato allinizio Rosa di Napoli, nome che ormai giudica fuori moda: Allinizio mi chiamavo Rosa di Napoli. Dmod7. In conclusione, per noi difficile impiegare i termini di travestito, di transgender o di transessuale, che sono abbastanza lontani dallidentit dei femminielli. Infatti, mentre i travestiti, i transgender o i transessuali chiedono di essere riconosciuti come donne ed usano il femminile a loro proposito, la stessa cosa non avviene per i femminielli che parlano in genere di se stessi al maschile. Il termine androgino non ci sembra pi appropriato, perch queste persone non hanno necessariamente una parvenza fisica androgina, ma vivono nel loro corpo maschile accentuando un modo dessere femminile. Il termine terzo genere non ci sembra pi pertinente nella misura in cui i femminielli non creano un nuovo genere ma conservano il corpo maschile e sviluppano insieme attributi fisici e ruoli sociali femminili. N per altro si apparentano alle drag queen, termine che designa persone che, nella comunit gay, si vestono di tanto in tanto da donna essenzialmente in occasione di prestazioni sceniche. Cos ci sembra pi giusto di non sussumere i femminielli sotto una di queste categorie, ma piuttosto di mettere in evidenza prospettica ci che fa la loro identit e la loro specificit. Una sessualit senza procreazione Per i femminielli loperazione chirurgica di riconversione sessuale molto spesso impensabile, non hanno alcun problema con il loro pene, come invece accade nel caso di alcune persone trans. Lidea di avere o anche di vedere un sesso femminile pro 224 voca in molti di loro un certo disgusto. Questa ripugnanza per il sesso femminile conferma la loro omosessualit, non avendo mai avuto la maggior parte di loro, a differenza di molti trans che abbiamo incontrati in Francia, relazioni sessuali con donne ma solo esclusivamente con uomini. In pi, modificare il loro sesso significa trasgredire. Si tratta, da una parte di una trasgressione nei confronti di Dio che li ha creati con un sesso definito, e pertanto non si pu andare contro la volont divina. Dallaltra parte, si tratta anche di una trasgressione nei confronti della propria madre che li ha generati di sesso maschile. Infatti a noi sembrato che per i femminielli, come per il resto della popolazione locale, prima di tutto la madre che li ha fatti cos, ossia ha dato loro un pene come organo sessuale e procreativo. Tanto pi che il pene, chiamato localmente luccello, in riferimento ad un ragazzino, spesso esaltato dalla madre, che in genere nella societ mediterranea molto fiera di avere un figlio maschio. Infine, cambiare sesso sarebbe una trasgressione nei confronti della differenza dei sessi, che i femminielli, secondo la societ in cui si muovono, considerano non come culturale ma biologica. E lanatomia a segnare definitivamente il fatto che si sia uomo o donna, e non esiste per loro altra opzione possibile. Daltra parte, realizzare lintervento di riassegnazione sessuale come si usa dire in ambito medico, non li renderebbe pi donne, perch, pur conferendo loro un sesso femminile, non darebbe tuttavia il potere di procreare, potere femminile che caratterizza in modo naturale la donna in questa regione8. Gli stessi femminielli affermano che non potranno mai essere allaltezza di una donna, dal momento che manca loro la capacit riproduttiva propria della donna stessa. La femminilit nella societ napoletana, come in altre societ, legata al fatto di procreare e di fare bambini, significativamente chiamati creature. Capacit particolarmente valorizzata nella zona 225 di Napoli, dove la madre messa su un piedistallo proprio in ragione del potere di dare la vita, in ci simile a Dio. E per questa ragione la Madonna, pi di ogni altra figura cristiana, compresa quella di Ges Cristo, abbondantemente festeggiata in Campania. Quando evochiamo con i femminielli la possibilit per gli omosessuali di adottare bambini o di far ricorso alla procreazione medicalmente assistita, si mostrano contrariati dallidea che una coppia omosessuale possa avere un bambino. Per essi questi il prodotto dellincontro tra un uomo ed una donna e non pu essere altrimenti. I femminielli sono chiaramente molto lontani dalle lotte degli omosessuali che rivendicano il diritto di formare famiglie omoparentali. La procreazione cos strettamente legata alla differenza dei sessi in questa parte del sud dItalia che non ne pu essere dissociata; lidea che un bambino possa nascere solo dallincontro sessuale di un uomo e di una donna qui insuperabile. Rivalit di conquista I femminielli dicono che non possono avere bambini con gli uomini, possono di contro avere rapporti sessuali con loro, rapporti evidentemente non procreativi per leguaglianza degli organi genitali dei partner impegnati. In un certo modo, i femminielli, a differenza delle donne, incarnano la pura sessualit senza procreazione e senza dubbio, per questa ragione, possono attirare uomini eterosessuali. Infatti si distinguono dagli omosessuali perch hanno relazioni sessuali con uomini eterosessuali. Come dice Rosalinda Sprint nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 31): La razza duomo che mi fa perdere la testa. Gli uomini eterosessuali che hanno relazioni sessuali con i femminielli non si considerano e n sono considerati localmente come omosessuali9. 226 Questi uomini possono essere padri di famiglia o celibi. Pi sono belli, giovani, virili, muscolosi, pelosi, attraenti pi sono bersagli scelti dei femminielli. Questi infatti seguono una logica predatoria verso questo tipo duomini. Tra di loro i femminielli intrattengono rapporti di competizione, si tratta di sapere chi la pi bella nel suo specchio, e alcuni fanno per conseguenza ricorso alla chirurgia facciale per essere pi attraenti. Marlene Dietrich, nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 14), si burla cos di Scopa che, avendo fatto la chirurgia estetica per avere locchio orientale, si ritrova con un ghigno meccanico: Marlene Dietrich ha la pupilla sbarrata nel vuoto, lentamente con tutti e due i medi si massaggia le rughe intorno agli occhi, stira la pelle verso le tempie desiderio fisso di chirurgia plastica. Dovreste farvi tagliare qua e qua tirare la pelle, viene locchio orientale. Cos ha fatto la Scopa10 lhanno talmente tirata, che quando apre gli occhi si spalanca la bocca e se la chiude si chiudono pure gli occhi. I femminielli daltronde hanno rapporti di concorrenza astiosa con le donne, sperando di fregare loro il compagno, lamante o il marito, per provare che sono pi desiderabili delle donne stesse. Unintervista raccolta da Eugenio Zito e commentata da Gabriella DAgostino (2010: 17) testimonia chiaramente la rivalit dei femminielli con le donne per prendersi (prendere) il loro uomo, rivalit che, nei loro discorsi proiettano sulle donne, trasferendo cos ad esse i sentimenti di gelosia che essi stessi provano: ...le donne sono invidiose di quelle come me perch noi ci sappiamo vestire, ci sappiamo preparare, ci piacciono le cose belle, abbiamo gusto e soprattutto ci sappiamo fare con gli uomini tanto che, se vogliamo, ci possiamo prendere i loro uomini come e quando vogliamo, perch, a vedere bene, noi non ce le vediamo proprio a molte donne e per questo cՏ molto invidia anche perch ci vedono sempre belle e preparate e soprattutto vedono che riusciamo ad attrarre mol 227 to pi di loro gli uomini e quindi ce li portiamo a letto o ne facciamo quello che vogliamo, siamo fatte cos e quindi siamo anche tanto invidiate11. Comportarsi come una regina Per farsi desiderare dagli uomini eterosessuali che i femminielli vogliono, si devono femminilizzare. Devono avere gli attributi della femminilit e la gestualit che consentir loro di avvincere gli uomini in tutti i sensi del termine. Come consiglia un femminiello ad un altro nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 41): Gli uomini, ricordati, li devi sbalordire. Se ci riesci, potrai scegliere tu senza aspettare dessere scelta. I femminielli mettono in scena la femminilit con una mascherata ben conosciuta anche dalle donne. Ci riferiamo alla nozione di mascherata cos come stata introdotta per la prima volta da Joan Rivire (1994: 176, ed. or. 1929), e che stata ripresa da Lacan (1973, ed. or. 1964), secondo la quale, la mascherata rimanda ad una certa messa in scena della femminilit. Femminilit di cui i femminielli si riappropriano molto meglio di quanto d a vedere unimmagine archetipica della femminilit stessa. Cos possono apparire agli occhi di certi uomini come una figura desiderabile, per il fatto che, abbigliati con gli abiti della femminilit ed esagerando con questi, rappresentano un oggetto erotico. Esiste dunque una doppia concorrenza, da una parte tra i femminielli stessi, e dallaltra tra questi e le donne. Si tratta di sapere chi risulter la pi seduttrice e provocante per gli uomini. E per questo bisogna essere una regina come dicono i femminielli; cos come lo ricorda un femminiello ad un altro nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 41), per conquistare gli uomini: Ci vuole stoffa, ti devi sentire importante, una regina. 228 Non conoscendo quella ferita che rappresenta simbolicamente il sesso femminile e possedendo lorgano sessuale di valore che il fallo, i femminielli non soffrono di quella disistima di s che spesso colpisce le donne, ma manifestano al contrario una sicurezza tutta narcisistica, come lo dimostra per esempio il fatto che alcuni si considerano delle regine e prendono a volte il nome di una regina come Cleopatra. I femminielli vogliono mostrare agli uomini che possono dare loro qualche cosa in pi rispetto alle donne, considerandosi, in particolare, come migliori partner sessuali. Non essendo sottomessi alle regole del pudore femminile, appaiono sessualmente pi intraprendenti delle donne. Provano in genere a sedurre gli uomini con la loro mimica, le loro pose lascive, le allusioni oscene, e possono molto rapidamente fare gesti sessuali verso di loro, come mettere la mano nella zona del sesso per stimolare il loro desiderio. Abbiamo potuto verificare quanto lappartenenza al genere femminile renda meno facili i contatti con i femminielli, nella misura in cui, in quanto donne, non li interessiamo sessualmente. Ci avrebbero sicuramente prestato maggiore attenzione se fossimo stati uno scalpitante giovanotto. Lo sguardo femminile che volgiamo su di loro per essi indifferente, perch solo uno sguardo maschile li erotizza, li isterizza, li anima, li fa vibrare ed esistere. Per noi, quindi, ci un segno dellidentit risolutamente maschile dei femminielli, il cui atteggiamento molto diverso dai trans che abbiamo incontrati in Francia i quali si possono sentire valorizzati ed anche riconosciuti dallo sguardo benevolo delle donne. I femminielli vedono nella maggior parte dei casi le donne come degli esseri concorrenti e inferiori che non posseggono quel potere fallico a cui essi danno molto valore. Per loro, strappare degli uomini alle donne, un modo per affermare il loro sex appeal e il loro potere. Cos stanno in una sfida costante con le donne per sottrarre loro il partner. Abbiamo descritto nella 229 societ maura della Mauritania (Fortier, 2004), un gioco di tipo omosociale che consiste per un uomo celibe nel conquistare la donna di un uomo sposato, a Napoli, assistiamo a un gioco non pi solamente omosociale ma omosessuale consistente per i femminielli nel distogliere un uomo eterosessuale dal suo desiderio per la donna. Dolce schiavit damore Ma leccitazione di questo gioco di predazione svanisce, i femminielli sanno che gli uomini che hanno sedotto ritorneranno dalla loro partner femminile. Passata limpressione piacevole della loro superiorit nei confronti delle donne che gli procura la conquista di un uomo, realizzano la loro inferiorit, non potendo come esse passeggiare per la strada al braccio del proprio uomo o vivere con lui in coppia12. Essi ci hanno confessato la loro sofferenza per non avere un ruolo socialmente riconosciuto presso gli uomini che frequentano anche se sanno dallinizio che non si possono aspettare niente da essi: gli sposati rimangono con la madre del loro figlio e i celibi continueranno a flirtare con colei che forse diventer la loro sposa. Tuttal pi hanno con questi uomini una posizione di amante. Ed ben raro che questi amanti li ricoprano della loro generosit, piuttosto sono essi che in genere li riempiono di regali sontuosi allo scopo di tenerseli. Giuseppe Patroni Griffi (1990: 38-39) fa cos parlare Sayonara, innamorata di un uomo sposato col quale si intratteneva: Anche a me, cara, sarebbe piaciuto tenermi Elia per la vita. Unico amore. Vero. Avevo let tua. Era un sardo che stava in Sardegna. Mi poteva seguire, me lo potevo portare appresso? Si, domani. Aveva moglie, e figli, non sapeva neppure dove stava il continente13. Un cuore e una capanna? S, domani! Lavoravo per mantenere lui? E lui si faceva mantenere da me?. 230 Innamorati di questi uomini, i femminielli accettano tutto da loro, compreso dessere picchiati per gelosia, essendo ci, dal loro punto di vista, una prova damore come lo per le donne degli ambienti popolari di Napoli. Cos, il femminiello di cui abbiamo gi parlato che ci ricevette nel basso dove si prostituiva, era fiero di presentarci il suo giovane bel protetto a cui aveva acquistato una fiammante moto nuova con i proventi della prostituzione, ed era anche orgoglioso di mostrarci i segni che quegli gli aveva fatto alle gambe in un eccesso di gelosia. Giuseppe Patroni Griffi, cos mette in scena Rosalinda Sprint, che, malgrado il fatto che lamante le abbia rubato il danaro, gli grida dalla finestra ti amo in una scena molto cinematografica: Si impadronisce della borsa che intanto ha adocchiato, la rovescia, prende il danaro che trova, scappa. Ti amo, ti amo, piange Rosalinda Sprint. Corre sul balcone, lo vede uscire che si sta infilando ancora i soldi in tasca. Attraversa la strada e scompare come un ladro. Magnifico (1990: 60). Le relazioni dei femminielli con i loro amanti richiamano le relazioni tradizionali delle prostitute con il loro protettore, con cui hanno un rapporto di sottomissione amorosa accettando dessere malmenate, derubate, tradite. Folle damore A questo punto, citeremo abbondantemente Giuseppe Patroni Griffi, sembra la persona che meglio di tutti abbia saputo rendere la soggettivit amorosa dei femminielli. Questa attinge il suo codice sentimentale e sessuale dalla femminilit. Ci gi evidente nel passaggio precedentemente citato, e appare ugualmente nel modo in cui Rosalinda Sprint pazza del suo amante: Quando il brigadiere lacchiappa sul fatto, sul fatto ci sta con un giovanotto di cui pazza, col quale da qualche tempo amoreggia (Patroni Griffi, 1990: 37). 231 La follia amorosa una follia del corpo delluomo. Sayonara nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 39) confronta la bellezza liscia del suo amante con quella di un Cristo di legno: era bello, bellissimo, un Cristo di legno (non soltanto la faccia, intendiamoci, scolpita nel legno). Rosalinda Sprint, quanto a lei, pi sensibile alla bellezza bruta e paradossale degli uomini, che rasenta il laido e lanimalit (1990: 55-56): Resta in piedi vicino a me, ti guardo pezzo per pezzo e ti descrivo le tue bellezze. Stammi a sentire. Labbra. Sono rivoltate in fuori. Nere. Morbide. Lunghe. Provocazione a morderle. Bocca. Larga. Io con la mia bocca entro dentro alla tua bocca. Bocca maschia, tipo cane da presa. Denti. Uno spezzato uno sovrapposto. Scuri. Nicotina. Denti di uomo. Faccia. Bella come devessere brutta la faccia del maschio. Mi segui? Tutti quei punti neri sullepidermide del viso, bucano. Non te, bucano chi guarda. Mi sento uno scolapasta sono tutta bucataaaaaa, strilla. Il pene delluomo in particolare fatto oggetto di una sacralit amorosa. Rosalinda Sprint esclamer, in adorazione davanti al pene di un uomo, chiamato affettuosamente a Napoli il pesce, quantՏ bello il pesce comՏ buono (Patroni Griffi, 1990: 57). Questa venerazione per il pene di un uomo pu condurre ad amare questa persona, confusione di sentimenti sottolineata da Sayonara (Patroni Griffi, 1990: 41): ... parlate di membro virile e credete di parlare damore, ecco lequivoco. Giuseppe Patroni Griffi (1990: 32-33) descrive questa confusione di sentimenti di Rosalinda Sprint per Gaetano al quale lei continua a pensare nostalgicamente bench sappia che egli non nutre alcun sentimento per lei e che glielo fa capire per il fatto che continua a pagarla come una prostituta: E questo Gaetano, che non lascia un addio, pure lui! ... E infatti diecimila lire! Stanno trafitte da uno spillo nel cuore di un fiore di pezza. Gaetano Gaetano non comprendi un cacchio, avrai un paio di palle potenti ma cervello nix. Il tuo ritmo impla 232 cabile ho sentito che simbrogliava coi battiti del mio cuore, li accavallava fino allo spavento che mo sarresta ma tu cuore, Gaetano, nix. La tua pelle liscia sincrespa in folate di ebrezza che scorrono rapide dai piedi fino alla radice dei cappelli ma sangue nelle vene, tu, nix. Sar pur bene distribuito il tuo peso per chi ti sta sotto, sar forte nelle cosce che debordano curve dal mio corpo fragile, sar leggero nelle caviglie sottili che manovrano i piedi tuoi irrequieti contro i miei troppo grandi, sar solido nella pancia che ti parte nervosa dagli inguini e si allarga tesa senza un briciolo di mollicio, sar qualcosa di vivo e mutevole nel petto che non ampio, Gaetano, eppure carnoso (Che hai fatto nuoto? Facevo. Ora non lo fai pi? Tengo un motoscafo), secco nelle braccia che stringono a tenaglia, sar sar sar il corpo tuo una bellezza di volumi e forze in equilibrio ma, un po di sensibilit, dove la trovi tu sensibilit, Gaetano, nix. Sei come la tua bocca che non bacia, che a labbra strette schifa il mescolarsi tiepido delle salive sei un pezzo di mmerda, Gaetano. E io la diecimilalire te la tiro in faccia, ti dovessi incontrare al braccio della regina Tait14, ti dovessi veder passare sotto la Caracciolo15 nel tuo allegro motoscafo. Se sei un maschio, e lo sei, dove vivi? Non thanno insegnato che a un maschio si offre, si regala, ci si d?. Lamante di piacere In questo passaggio, come nel seguente (1990: 40), si vede che Rosalinda Sprint non vuole assolutamente mischiare lamore con il danaro: Questi racconti la fanno star male perch si convince meglio che lamore dovrebbe essere un tesoro privato, nascosto, sul quale non deve agire nessuna ragione dinteresse. Lamore non deve avere niente a che fare con la moneta. A questa concezione pura e disinteressata dellamore si aggiunge, per Rosalinda Sprint, una visione sentimentale e recet 233 tiva della sessualit (1990: 58): La rivolta, le allarga le cosce, munge saliva con la bocca ma non la sputa, ne lascia cadere un grosso fiotto diritto al centro del culo che si contrae. calda. Rosalinda Sprint perde un grido acuto, torce la testa a guardarlo. Dalle labbra di Gennaro si parte un filo di bava che la tiene legata prima catena damore. Gennaro non si muove, le mani ferme a tenere aperta la polpa delle carni aspetta. La catena si assottiglia a poco a poco, si spezza. Due dita nel mucchio di saliva denso, e via, dentro. Un fremito si spande a onde per il corpo una refola debbrezza, il mare, lestate, io sono lestate, io sono il mare, la chiglia dun veliero mi solca, mi apre, mincrespa. Non massaggio, una masturbazione che sfinisce, vorrebbe capire se le dita sono sempre due o tre, non riesce a distinguere, forse quattro, tutte, non sa. Il vento cala, svanisce, laria tesa minaccia un ciclone fatale. Unonda misteriosa si gonfia, si erge carica di forza, e sbatte il veliero contro gli scogli a infrangerne lorgogliosa polena doro. Grida Rosalinda Sprint, grida, quanto a lungo grida, Gennaro entra vivo in lei, ancora grida, non smette mai dentrare Gennaro vivo, inesorabilmente lento Gennaro saddentra, singolfa, si affonda, esala un primo respiro profondo. Le incastra i superbi neri coglioni tra le cosce. Non la lacrima di prima, un pianto copioso le bagna le gote schiacciate sul letto. Giuseppe Patroni Griffi (1990: 37) descrive molto bene il lato contemporaneamente romantico di Rosalinda Sprint che sidentifica con Madame Butterfly e che la spinge ad apprezzare rapporti sessuali selvaggi durante i quali si sente diventare femmina a fianco di colui che tuttocazzo: ...sono la tua Butterfl...E poi emozione dellattesa, amore traboccante e voglia, e lui chՏ diventato tuttocazzo e la piega di forza in ginocchio nel fosso umido fa caldo, lerba bagnata striscia tra le cosce nude appena divaricate ad aggiungere frenesia e lui la carica tenendosela abbracciata, le grosse mani martirizzano i 234 capezzoli sottili, li bruciano, una tortura alla quale non potrebbe resistere se non fosse la destrezza con cui la sta caricando a confondere ogni sentimento, e lei che si mette ad abbaiare alla luna che esplode dal mare nero dietro gli alberi neri e si sente un animale felice come un animale.... Violenza di godimento Il romanziere descrive lintensit delle sensazioni fisiche ed emotive che Rosalinda Sprint prova con colui dal pesce doro di Tutankamon (Patroni Griffi, 1990: 58-59): Gennaro la fotte e Rosalinda Sprint si sente fottuta sensazione rara nel suo mestiere. Si sente giusta sotto di lui, si sente fica, si sente aperta, usata e utile, si sente vacca, troia, gorgogliante, insalivata, bavosa, si sente dissossata, tuttacarne, medusa tremolante, si sente allargata, piatta, che si espande, si sente crescere come il pane lasciato a crescere, calda di lievito, impastata di sangue e merda bollente, si sente priva di parole, incapace di dire, foga di puri suoni che le partono dal fondo e sono rochi, selvaggi, disumani, spezzati o lunghissimi, mai prima intesi, e Gennaro continua a fotterla con andamento esasperante che toglie il fiato che gi hai capito ti porta al manicomio avanti di raggiungere la distruzione finale. Sa che sar la sua follia, sa che dal momento che si staccheranno incomincer a ricercarlo, sa che la sua vita ne sar avvelenata perch certo le cose non andranno lisce, troppo bello sarebbe...sbatte la testa a destra e a sinistra, non regge pi il piacere, a destra e sinistra, punta i gomiti contro il materasso. No! grida Gennaro. Si arresta. Un attimo. Lafferra di sorpresa, se la tira su contro il petto, e corre per la stanza stringendosela addosso, mordendole il collo, le spalle, annaspando, mentre le scarica dentro getti e getti di roba. Quando ha finito se la lascia scivolare dalle braccia, dal pesce, e Rosalinda Sprint 235 sbatte con lanca a terra se ne accorger pi tardi: una lividura e un gonfiore cos. Puliscimi. Gennaro a gambe aperte, inginocchiato su lei, le appoggia il pesce alle labbra, Rosalinda Sprint con la lingua glielo lava dalla punta alla radice: umiliazione, intimit andate, privilegio orgoglioso. Glielo asciuga scorrendovi sopra le labbra asciutte: o pesce doro di Tutankamon, dolce schiavit damore. Tre volte Gennaro la chiava, tre volte la riempie... Rosalinda Sprint rimasta morta. Il sentimento di morte violenta che prova Rosalinda Sprint al momento del godimento, e che non sarebbe dispiaciuto a Georges Bataille, si esprime con le immagini di colpi di coltello e di anima errabonda ereditate dellimmaginario napoletano: Nellapoteosi dorata duna settecentesca raggiera daltare agonizzano nel letto glorioso di macchie di sperma, in un gorgoglio di sangue che fugge dai loro corpi aperti. La rivelazione suprema abbagliante non muore sola Rosalinda Sprint, muore con lamante ed lei a dare il godimento della morte a entrambi. Di quante coltellate tho decorato mentre te ne venivi? Pi te ne davo pi godevi. Mhai esalato lanima in culo. Ho rivolto il coltello contro di me e quante bocche avevo aperto sul tuo corpo tante ne ho aperte sul mio, e nella stessa direzione, che si potessero baciare. Ho sentito il tuo pesce morirmi dentro, sento lanima mia che si stacca e va incontro alla tua. Si mescolano, prigioniere felici, nei corpi amati (1990: 78). Il peso della prostituzione Giuseppe Patroni Griffi (1990: 37) descrive bene ci che Rosalinda Sprint chiama il peso della prostituzione, soprattutto quando debutta in tale attivit: I primi anni non riesce a vincere la ripugnanza di compiere i gesti, gli atti dellamore, 236 accompagnandosi a vecchi, in generale a uomini che non le piacciono. Nel suo intimo cՏ una sorta di delicatezza nessuna volgarit per cui sente il peso della prostituzione. Pensare a scene damore con il suo amante aiuta Rosalinda Sprint a sopportare il tormento della prostituzione: Quante volte rivive la scena mentre si vende agli schifosi che la pagano... Rivivere i momenti preferiti la sua maniera per superare il tormento della prostituzione (Patroni Griffi, 1990: 37). Ritrovarsi nel pensiero con un proprio amante di piacere quando si con un cliente un modo di allentare la violenza dellesperienza della prostituzione come appare da questo dialogo tra Marlene Dietrich e Rosalinda Sprint (Patroni Griffi, 1990: 38): E figlia mia, ti credevi che nella vita permesso solo ci che piace? Non sarebbe vita, sarebbe paradiso. Quando stai sotto a uno che ti paga, immaginatene un altro. A me viene voglia di sputargli in faccia. E te la fai passare. Pensa a chi tha fatto godere. Giuseppe Patroni Griffi (1990: 41) mostra per altro, motivazioni non esclusivamente venali dei femminielli a prostituirsi: ...se i fessi che vi pagano decidessero di non scucire pi una lira, ve li fareste ugualmente gratis. Brutti e gratis. Lamore del cuore, lamore della moneta non mi fate ridere.... In modo sottile, Giuseppe Patroni Griffi (1990: 39), evidenzia la dolorosa confusione che pu sopraggiungere nella testa del femminiello ma anche di qualsiasi prostituta come dimostrato da colloqui con donne che si prostituiscono in Francia tra il cliente e lamante quando fa lamore con questultimo: Sembra a te che fai le stesse cose sia con quelli che ti pagano sia con chi ti piace o che tu ami.... Senza dubbio nella prostituzione il denaro ad essere importante non la bellezza delluomo. Come per molte prostitute, che si tratti di uomini o di donne, amore e danaro non si confondono. Cos come lo dice in modo crudo e colorito Marle 237 ne Dietrich a Rosalinda Sprint (1990: 51 e 67), bisogna avere due culi, uno per lavorare e laltro per lamore, sottintendendo che necessaria una separazione nella mente di chi si prostituisce tra cliente ed amante: se nel lavoro cerchi lamore sei fottuta. Tu tieni due culi te lo deve mettere in testa. Poich i femminielli non devono farsi alcuna illusione sulle intenzioni dei clienti, come ricorda Marlene Dietrich a Rosalinda Sprint (1990: 52): Il cliente... ҏ inutile che lo stai a trattenere in salotto con la conversazione; a giocare alle signore lo irriti, lo perdi! Il cliente che si vuole trattenere, capita una volta allanno. Quelli vogliono fare e scomparire perch si vergognano di te e di loro; tuo compito agevolare la ritirata, se vuoi che ti apprezzano. Cos come lo lascia ugualmente intravedere questo ultimo brano del romanzo di Giuseppe Patroni Griffi, dietro il folklore e la poesia della figura dei femminielli e pi in generale delle prostitute si nasconde anche una violenza sociale di genere. Al di l della loro immagine di regina, della loro mascherata femminile, delle loro provocazioni oscene, e della inversione di genere che possono rappresentare, la loro vita fatta anche di umiliazione, di frustrazione e di disprezzo. I femminielli sono il prodotto di certi desideri erotici maschili che invece di essere socialmente repressi hanno diritto di cittadinanza. Secondo noi la societ napoletana ha creato cos questa categoria di persone per rispondere al bisogno maschile arcaico di svincolare la sessualit dalla procreazione. I femminielli incarnano con i loro corpi, a differenza delle donne, la fantasia maschile di una sessualit che non sarebbe in alcun modo procreativa ma puramente sessuale, dunque in modo unico dedicata al godimento maschile. 238 Note 1 Il titolo Scende gi per Toledo si riferisce a una via pedonale di Napoli costeggiata di negozi di lusso dove i napoletani amano fare la loro passeggiata. 2 Per quanto riguarda i peli i femminielli si rasano ogni giorno la barba e solo alcuni tra loro ricorrono alla tecnica della epilazione a laser che eliminerebbe i peli in maniera definitiva. 3 Consiglio che non abbiamo mai seguito dal momento che vi abitavamo. 4 Per il tema dei capelli lunghi come segno di femminilit in diverse societ vedi Fortier (2010). 5 I capelli lunghi offrono anche la presa quando due femminielli vogliono prendersi per i capelli, come possono fare le donne, cos come mostra il romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1990: 27): ...stasera finisce che le afferro pei capelli a tutte due e me le strascino appresso. 6 Questo nome deriva da film Mim Bluettefiore del mio giardino (1977) di Carlo di Palma, ispirato al romanzo di successo di Guida da Verona (1919), con lo stesso titolo. Vi si seguono le peripezie di una cocotte da quando viene venduta in Italia a 12 anni da sua madre ad un uomo che la condurr a Parigi. 7 Lo stesso un nome con consonanti sonore che viene scelto dal romanziere napoletano Pasquale Ferro (nato nel 1956) per designare leroina travestita che d il nome al romanzo, Genny Flowers (2002). Essa per altro chiamata dai suoi amici travestiti: Farfallina. 8 Questo fatto cos sottolineato da Gabriella DAgostino (2010: 15). 9 Questa situazione anche rilevata da Marinella Miano Borruso (2010: 193). 10 La Scopa senza dubbio il nome dun femminiello, bench niente sia detto di lui nel romanzo. 11 Nota del traduttore. Il testo qui riportato tra virgolette appartiene al corpus delle interviste raccolte da Eugenio Zito, citato e commentato da Gabriella DAgostino nella prefazione di Corpi sulluscio, Identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, di Eugenio Zito e Paolo Valerio, Filema, Napoli, 2010. 12 Questo aspetto di frustrazione affettiva e di mancanza di riconoscenza da parte del loro amante compare nel film Mater Natura (2005) di Massimo Andrei o ancora nel romanzo di Giuseppe Patroni Griffi (1991: 62). 13 Il continente designa il resto dellItalia per gli insulari che qui rappresentano i Sardi. 14 Si tratta di una regina africana immaginaria. 15 Strada che costeggia il mare lungo il quale i napoletani amano trascorrere il tempo libero. 239 Bibliografia Andrei M. (2005) Mater Natura, film, 93 mns. DAgostino G. (2010) Prefazione, in Zito E. e Valerio P., Corpi sulluscio identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, Filema, Napoli. De Blasio A. (1897) Usi e costumi dei camorristi, Torre, Napoli, 1993. Fernandez D. e Schifano J. (1983) Le volcan sous la ville. Promenades dans Naples, Plon, Paris. Ferro P. (2002) Genny Flowers. Confessioni di una travestita in attesa di pensione di invalidit, La Vrit, Napoli. Fortier C. (2004) Sduction, jalousie et dfi entre hommes. Chorgraphie des affects et des corps dans la socit maure, in Heritier F. e Xanthakou M. (ds.), Corps et affects, Odile Jacob, Paris, pp. 237-254. Fortier C. (2007) Interview sur la question des femminielli Naples dans le DVD La Candelora a Montevergine. Nuove tradizioni, antichi diritti di Valerio P. e Sisci N., Produzione Universit degli Studi di Napoli Federico II. Fortier C. (2010) La barbe et la tresse. Marqueurs de la diffrence sexue (socit maure de Mauritanie), Les Cahiers du Laboratoire dAnthropologie Sociale 6, Karadimas D. (d.), Poils et sang, LHerne, Paris, pp. 94-104. Fortier C. e Brunet L. (2012) Changement dՎtat civil des personnes trans en France: du transsexualisme la transidentit, in Gallus N. et Van Gysel A. (eds.), Droit des faimilles, genre et sexualit, Anthemis, Limal. Lacan G. (1973) Le Sminaire. Livre XI. Les quatre concepts fondamentaux de la psychanalyse, Seuil, Paris. Miano Borruso M. (2011) Muxe et femminielli: genre, sexe, sexualit et culture, Journal des Anthropologues, n. 124-125; pp. 179-198. Patroni Griffi G. (1990) Scende gi per Toledo, Gli Elefanti Garzanti, Milano. Rivire J. (1994) La fminit en tant que mascarade, in Hamon M.-C., Fminit Mascarade. tudes psychanalytiques, Champ freudien Le Seuil, Paris, pp. 197-213. * La traduzione dal francese del testo originale di Corinne Fortier di Eugenio Zito. 240 Femminielli: un singolare limbo socio-culturale, tra la sorte e la morte di Marinella Miano Borruso Genere e culture In linea generale, in ogni societ, lappartenenza di genere definita in base alla natura biologica che circoscrive, in una rigida dicotomia, gli ambiti di competenza socialmente attribuiti a uomini e donne. Ma, in molte societ, esistono personaggi anomali, caratterizzati da comportamenti sociali e pratiche sessuali che invertono quelli convenzionalmente associati al loro sesso. Le risposte socioculturali alla diversit sesso/genere sono molteplici. Alcune culture hanno creato specifici ambiti di azione e rappresentazione culturale per i soggetti sessualmente atipici, integrandoli nella vita quotidiana; altre li hanno negati, esclusi o repressi; in alcune culture, le pratiche sessuali tra persone dello stesso sesso fanno parte dei riti di passaggio dalladolescenza allet adulta; in altre ancora, sono stati creati ruoli specifici per le persone intersessuali o ermafrodite, luomo effeminato o la donna mascolinizzata. La letteratura etnologica presenta diversi esempi dinversione sessuale per mezzo del travestimento, dellintegrazione sociale di questi personaggi e, spesso, della loro relazione con la sfera magico-religiosa (Nieto, 1998, 2003; Cardin, 1984). Lesempio pi famoso quello dei berdache, documentato nellarea nord americana. Questo termine si riferisce a un individuo, generalmente maschio, anatomicamente normale, che assumeva abito, occupazioni e comportamento dellaltro sesso per realizzare 241 un cambiamento nello stato di genere. Questo cambiamento non era completo, esso consisteva piuttosto nella tensione verso uno status intermedio che combinava attributi sociali maschili e femminili (Callender e Kochems, 1983: 443 citato da DAgostino, 2000: 32). Il suo stato sociale gli conferiva un ruolo importante nelle intercessioni, nei matrimoni, nelle pratiche magiche e nelle guarigioni. I berdache sono sciamani, guaritori, esorcisti, veggenti e occupano una posizione centrale nelle cerimonie, un posto privilegiato riguardo a tutto ci che mette in gioco la dimensione simbolica (Desy, 1978: 90). Tra i Mohave, un maschio diventava del genere opposto in seguito a una visione che gli inviavano gli spiriti totemici (Devereux, 1973). In India, fin dal VIII secolo a.C., si registra il riconoscimento sociale degli hijras, culturalmente definiti n uomini, n donne. Venerano la dea Madre hinduista Bahuchara Mata, che in particolare associata al transgenderismo, vestono, si adornano e si comportano come donne, sono nati maschi e attraverso unoperazione chirurgica rituale si convertono in una terza categoria di sesso/genere (Nanda 2003: 262). Il termine hijra si traduce abitualmente come eunuco o intersessuato, non come omosessuale; il potere del hijra risiede nella rinuncia alla sessualit e nella trasformazione del desiderio sessuale in ispirazione religiosa e ascetismo. Hanno unimportante funzione nei matrimoni e alla nascita di un bambino cantano, ballano, benedicono il neonato e i genitori affinch siano pi fertili e prosperi in nome della dea (Nanda, op. cit.). In Messico, nella societ zapoteca dellIstmo di Tehuantepec, uno dei pi importanti gruppi etnici del paese di origine preispanica e che oggi una ricca etnia urbana che ha saputo articolare la tradizione con la modernit non esiste stigmatizzazione ed emarginazione sociale dellomosessuale (muxe1 in zapoteco), al contrario esiste unattitudine sociale e culturale particolarmente permissiva e partecipativa rispetto allomosessualit 242 e al travestitismo, in grande contrasto con il modello nazionale. Il muxe svolge funzioni socialmente riconosciute nella famiglia e in ambito pubblico; presiede unampia gamma di manifestazioni, dalla vestita come nominato colui che si veste e vive quotidianamente come una donna, al travestito occasionale, alleffeminato, allomosessuale maschile, al gay attivista (Miano, 1998). Il muxe quindi parte integrante della costruzione e organizzazione del genere e gode di prestigio per le attivit che sviluppa nella comunit a favore dellidentit etnica e della coesione del gruppo (Miano, 2002). stato anche messo in evidenza il suo protagonismo sociale in relazione a spazi esperienziali di aree liminali dellessere. I muxe possono anche essere guaritori e veggenti...in generale sono la primadonna in spazi liminali che uomini e donne trascurano o non possono occupare: lestetica dei corpi e degli spazi del quotidiano, gli oggetti e le aree sacre, larte dellerotismo; il senso di leggerezza, le risate e il gioco come costruzione e linterpretazione della vita quotidiana, la gioia della vita come controparte alla solennit culturale dellesistere, la gestione quotidiana della seduzione, o piuttosto la seduzione come asse dellesistenza (ibidem: 180). Nella societ occidentale per molto tempo il controllo della diversit sessuale ha coinciso con la costruzione di una rigida divisione tra il modello eterosessuale normale e il modello omosessuale anormale e pervertito o deviato, etica consacrata dalla chiesa e dagli stati, sostenuta dal sistema educativo, dalla medicina, dalle istituzioni sociali e dal pregiudizio popolare. Tuttavia, le societ contemporanee sono caratterizzate da una constante e sempre pi riconosciuta eterogeneit sessuale, che mette in discussione la rigida classificazione sesso/genere tra maschio/uomo e femmina/donna, cos come la legittimit della sessualit riproduttiva come norma universale. Sebbene le teorie sul genere oscillino tra una visione dicotomica biologizzante universale e la decostruzione delle ca 243 tegorie di sesso/genere e quindi del ruolo del corpo e della sessualit importante ripensare le relazioni esistenti tra sesso, sessualit, genere e cultura a partire da studi sistematici ed empirici su cui costruire nuovi modelli di interpretazione. La sessualit, infatti, un prodotto storico e socioculturale che spesso sfugge alle determinanti normative del genere e la sessualit non riproduttiva deve essere intesa nel contesto dellordine di genere specifico, tenendo conto delle concezioni culturali che ogni societ genera. Esistono societ non necessariamente tradizionali che superano la dicotomia sessuale e si organizzano incorporando pi di due elementi sessuati nel suo ordine di genere e ammettono la possibilit della trasversalit e dellinversione di genere durante il corso della vita individuale (Miano, 1998). Daltra parte, il sesso biologico e lorientamento sessuale possono essere elementi meno significativi per la costruzione sociale del genere dellambito di produzione, riproduzione e azione sociale nel quale si realizzano gli individui. In altri termini, la definizione e lassegnazione sociale di genere possono non essere definite unicamente a partire del sesso biologico dellindividuo, ma dalla sua posizione sociale in base allambito di azione e funzionalit sociale occupato dallindividuo (De Barbieri, 1991) ai fini della riproduzione socioculturale del gruppo. La costruzione del genere intimamente legata al ciclo biologico della vita, per tanto si pu ipotizzare lesistenza di molteplici costruzioni socioculturali di genere, anche allinterno di societ dicotomiche2. In questo contributo, attraverso una chiave di lettura storicoculturale, presentiamo una ricerca sullistituzionalizzazione culturale dellinversione di genere in ambito metropolitano, dove vi una forma di cambiamento di sesso peculiare e sconosciuta in altri paesi europei, i cui attori sociali sono noti con il nome di femminielli (Zito e Valerio, 2010). 244 Prendendo spunto dalle premesse sopraesposte vorremo formulare alcune ipotesi di lettura del caso dei femminielli per chiarire quali sono le basi delle forme di legittimit sociale che sono concesse a questi individui fuori dalla norma sessuale e che permettono una forma distituzionalizzazione dellinversione di genere e del travestimento nella societ napoletana. Il femminiello nella tradizione popolare napoletana Con il termine femminielli si denotano uomini effeminati, travestiti e attualmente transessuali, con orientamento sessuale verso persone del proprio sesso, cio tutti quei soggetti nati maschi che hanno messo in moto un processo di decostruzione a diversi livelli del sesso e del genere di nascita (Marcasciano, 2005). Sono quindi individui, geneticamente maschili, che si riconoscono in unidentit femminile e che si relazionano sessualmente solamente con altri maschi, non omosessuali3. Come afferma DAgostino (2000): non tutti i travestiti o transessuali sono femminielli, n sanciscono ritualmente il loro status, ma tutti i femminielli sono omosessuali travestiti; non tutti i travestiti sono socialmente integrati, ma tutti i femminielli lo sono. Gi prima che il fenomeno transessuale diventasse visibile durante gli anni Ottanta e che si diffondessero le pratiche di chirurgia plastica e di cure ormonali, i femminielli erano protagonisti di una serie di atti tesi ad affermare e a rendere visibile permanentemente linversione di genere e legittimare ritualmente la loro appartenenza al genere femminile. La declinazione del termine, nonostante oggi sia riferito a trans e travestiti, sempre e comunque al maschile, prova ne lusanza di festeggiare lonomastico considerando il nome di nascita anzich quello di adozione (Marcasciano, 2005), fatto che indica come il sostrato biologico comunque presente anche nella costruzione e messa in scena dellidentit di genere opposta. 245 Marcasciano sottolinea come: Negli ultimi anni lantica tradizione fatta di riti e regole sopravvive solo in piccolissimi gruppi, composti prevalentemente da persone in et avanzata che abitano nei Quartieri Spagnoli, lantico quartiere popolare a ridosso del porto, centro e crocevia della microcriminalit urbana (ibidem). , infatti, principalmente nei quartieri popolari che troviamo il femminiello come personaggio integrato della vita quotidiana. La sua presenza sociale circoscritta alle zone pi popolari e tradizionali del centro storico della citt e ormai, secondo vari studiosi, sta scomparendo come figura rappresentativa nella misura in cui si modifica la composizione socioeconomica di queste aree. Gli abitanti dei quartieri popolari dove essi vivono non accettano lomosessualit, il termine ricchione per definire luomo omosessuale dispregiativo e rivolto ad un uomo eterosessuale ha, indubbiamente, il valore di insulto. Tuttavia si riconosce e si rispetta il genere dei femminielli. La loro diversit si manifesta nelladolescenza ed culturalmente accettata. Di solito le famiglie, in particolare le madri e le donne della famiglia, non considerano questo tipo di diversit una disgrazia e non emarginano il soggetto, lo integrano nella cerchia familiare e nel contesto pi ampio del vicolo e del quartiere, assegnando loro ruoli e mansioni particolari. Non si trovano femminielli in strati sociali pi alti, cosa che indica come il potere e il prestigio sociale sempre legato alla mascolinit. Pasqualina, un femminiello ormai vicina ai sessantanni mi raccontava in unintervista che prima, in quel tempo indeterminato della memoria storica, il femminiello aiutava nelle faccende domestiche, realizzava lavori di sartoria, faceva il bucato, lavoro pesante per le donne quando ancora non esisteva la lavatrice, le vicine li incaricavano di fare le commissioni di diverso tipo e gli affidavano la sorveglianza dei bambini pi piccoli e degli anziani. Ancora oggi il femminiello pu essere bravissimo e apprezzato come parrucchiera o, come si diceva anticamente, 246 capera: colei addetta alla cura della capa (la testa) che, girando di casa in casa, per questa sua attivit, conosce tutti i segreti e quindi i pettegolezzi del quartiere4. Ma Pasqualina aggiungeva che solo negli anni Ottanta, quando appare la figura del transessuale legato alla prostituzione, ha sentito che si verificato un riscatto sociale del femminiello: prima non eravamo niente, facevamo ridere, la gente si burlava di noi, non in senso cattivo, ma eravamo lo sfizio di tutti, quelle che non erano accettate dalla famiglia, vivevano per strada, in un sottoscala, facevano le marchette, ma per pochi soldi, per un piatto di maccheroni. Ma poi da quando siamo diventati trans ci pagano bene, il nostro corpo vale denaro. La tradizione orale parla di un Rosario dei femminielli, rituale ormai scomparso, che si svolgeva periodicamente come una sorta di servizio informativo o radio di quartiere. Il femminiello ha quindi un ruolo, un luogo, una storia, una propria natura particolare, in sostanza non considerato come un deviato, pu essere oggetto di scherno ma in modo complice e bonario (DAgostino, op. cit.). A questi segni dintegrazione nella vita quotidiana si aggiunge il protagonismo dei femminielli in alcune cerimonie e alcuni rituali. Questo svela una relazione speciale con lambito magico religioso che, nella mia ipotesi, conforma un sistema simbolico dove i femminielli esprimono particolari funzioni, che spesso condividono tradizionalmente con le donne. Infatti, si crede che il femminiello porti buona fortuna come gli uomini che hanno la gobba. la controparte dello jettatore, figura popolare anchessa istituzionalizzata che, al contrario del femminiello, attrae la cattiva sorte, la jella, attraverso lo sguardo o la sua semplice presenza (De Martino, 1960). Il femminiello quindi, nella cultura popolare, collocato in opposizione al male, alla sfortuna, al malocchio come potere magico 247 attribuito allo sguardo desideroso o invidioso dei beni altrui (Di Nola, 1993), trae una carica o una vibra, in termini new age, positiva e benevola che si espande a chi lo circonda. Come portatori di un potere benefico, i femminielli sono delegati a distribuire parte di questa peculiare facolt agli altri nelle riffe, nei giochi, negli eventi positivi che marcano il ciclo della vita. Per questo, molto spesso, sono invitati ad assistere a feste e cerimonie come battesimi, comunioni, matrimoni e in generale a quegli eventi sociali, civili o religiosi in cui si riconosce la comunit del quartiere. Questo ricorda la funzione degli hijras indiani, ma in una situazione pi profana e secolare. Come i muxe zapotechi, si dedicano al canto e alla danza spesso come una vera e propria professione: infatti i femminielli rendono amene le feste con canzoni, danze e spettacoli del repertorio della tradizione napoletana, con una predilezione per la sceneggiata, forma di teatro popolare che alterna il dramma alla musica. Un gruppo di tre femminielli, Le Coccinelle, divent famoso su tutto il territorio nazionale, durante gli anni Ottanta, per il repertorio teatrale e musicale che mettevano in scena. In altre situazioni, i femminielli sono i protagonisti di differenti rituali popolari e la loro presenza testimonia di una relazione privilegiata con lambito simbolico magico-religioso, in particolare con il gioco, gli spiriti dei morti e le antiche divinit associate alla sessualit. Ci soffermeremo su questambito per cercare di chiarire come e perch la tradizione culturale autoctona differenzia nettamente il femminiello dallomosessuale o dal gay metropolitano moderno. La mia ipotesi che, oltre le funzioni svolte nellambito familiare e sociale, il femminiello portatore di un plus sociale, porta fortuna, e, inoltre, per la sua indeterminatezza di genere, gli si riconosce una liminalit simbolica, che si traduce anche in liminalit sociale, e gli permette di essere intermediario tra il mondo del reale e quello del non reale. Inoltre il fenomeno 248 dei femminielli tanto pi interessante in quanto, pur presentandosi in un contesto contemporaneo urbanizzato, mantiene, a volte inalterati, determinati caratteri di arcaicit connessi con landroginia simbolica. Le tradizioni che descriver costituiscono un complesso simbolico religioso che mette in relazione la dimensione trasgressiva della sessualit, la liminalit tra la vita e la morte, e il destino/fortuna. Il femminiello un attore importante di questo insieme simbolico in virt della sua indeterminatezza sessogenerica. Questa particolare posizione dei femminielli nella dimensione simbolica religiosa alla base della loro legittimazione sociale. Nei rituali, infatti, il femminiello, come una figura polimorfa, assume diversi ruoli, che vanno dallessere il protagonista di una messa in scena, nella drammaturgia della vita quotidiana e dei giochi e delle riffe, allessere intermediario tra gli uomini e il mondo degli spiriti e portatore di un possibile destino di benessere e prosperit, fino allessere uno specialista della cabala napoletana, dei sogni, delle pratiche danza e canto che avvicinano gli umani alla divinit e cos assume una posizione intermedia tra il medium e lo sciamano, tra la vita reale e laldil. A sua volta questo aldil si estende a diversi livelli simbolici: linframondo abitato dalle anime dei defunti, il mondo sacro delle divinit, e finalmente la sfera pi in l della razionalit umana, dallimmaginario individuale (il sogno) allimmaginario collettivo (miti, simboli), allimponderabile destino amministrato dalla fortuna. Lambito della fortuna: Tumbulella, Smorfia e Lotto In Italia molto popolare il gioco della tombola, gioco intorno al quale si riuniscono le famiglie e gli amici nel periodo di Natale e Capodanno. Tuttavia, la tombola napoletana presenta caratteristiche che la rendono differente da quella che le fami 249 glie italiane giocano tradizionalmente nelle feste menzionate. Nella tumbulella nome in vernacolo a ogni numero, dalluno al novanta, associato un significato: la persona che bada al tabellone ed estrae i numeri generalmente li chiama (nel doppio significato di estrarre e designare) per il significato al quale associato culturalmente, per esempio dice la disgrazia, quando esce il 17; le gambe della donna, al posto dell11; morto che parla, invece del 48; lo scemo, al posto del 23; ecc. Nelle famiglie napoletane pi tradizionali cՏ sempre un familiare o un amico che conosce pi degli altri il significato dei numeri. Il piacere di tutti i presenti che questo personaggio sia laddetto al tabellone e a chiamare i numeri, perch al gioco si aggiunge lelemento istrionico e teatrale, che si esprime in divertenti doppi sensi, in giochi di parole, burle e allegria che coinvolgono bambini, giovani e adulti. Inoltre, a Napoli, la tumbulella non si gioca solamente nelle feste convenzionali: societ di quartiere che si formano ad hoc la organizzano durante tutto lanno. Si tratta di societ costituite unicamente da donne e femminielli, gli uomini sono esclusi. I pantaloni (gli uomini) portano jella, mi dissero. I numeri sono completamente sostituiti dal loro significato e, molto spesso, da una metafora del significato, soprattutto quando questo si presta a interpretazioni di tipo sessuale. Di solito un femminiello incaricato di chiamare i numeri, sia perch gli si attribuisce quella capacit di attrarre e distribuire la fortuna, sia per la capacit di teatralizzare il gioco attraverso il linguaggio e luso brillante del vernacolo e per le sue capacit istrioniche, rendendo cos la situazione vissuta e condivisa nel gioco uno spettacolo comune. Riporto dal mio diario di campo la descrizione di una tumbulella alla quale fui invitata da un dei femminielli storici del rione Carit. 250 Tatiana mi ha invitato a una tombola, sabato 19 dicembre alle 10 di sera. Sono arrivata a casa sua con cinque minuti di ritardo, lei e Luna si erano gi avviate al luogo della tombola. La vicina, donna Lina, mi ha indicato vagamente dove dirigermi, la mia impressione fu che non erano molto interessate che io assistessi. Comunque mi avvio nella direzione indicata, un garbuglio di vicoli sempre pi deprimenti, scuri e solitari, ma, indossata la faccia di antropologa e chiesto con insistenza a chiunque lungo il cammino, un giovane femminiello mi ha guidato al posto giusto. La sorpresa stata trovarmi in un basso rimodellato con tutti i lussi moderni. Si scendono alcuni gradini e si entra in un ambiente che sembra ricavato da una grotta, con il tetto curvo e basso. A parte una piccola fontana kitsch che emetteva fumo, il pavimento chiaro, i materiali di prima classe del bancone sul fondo, i bagni quasi erotici, a ricopertura del soffitto in calce che lascia scoperto parte delle mura in pietra e il modernissimo sistema di aerazione in alluminio, tutto mostrava chiaramente la mano di un architetto di buon gusto. Limpianto di aereazione mi ha lasciata stupita, perch sebbene tutti fumassero abbondantemente, non cera traccia di fumo, laria era limpida e respirabile, alla faccia delle scritte apocalittiche sui pacchetti di sigarette. Mi sono sentita in casa mia. Entrando a sinistra cera una sala da ballo con lo stereo a tutto volume, risuonava musica salsa, affittata, mi dissero, a un gruppo di cubani. Mi sono affacciata per vedere, ma sono stata scacciata dal volume della musica e dalla quasi totale oscurit. Nel basso sedie e tavolini erano strabocchevoli di donne e femminielli che schiamazzavano a voce stereofonica in napoletano stretto, arcaico, incomprensibile. Tutti si conoscevano, era linaugurazione del locale, che, secondo la locandina affissa al muro, era unassociazione sportiva dilettantistica, fondata nel 2004, per compleanni, battesimi, feste di 18 anni. Cerano vari bambini mantenuti 251 separati dallaerea degli adulti, seduti sulle scale dellentrata a giocare fra loro. Due persone mi colpiscono in maniera particolare. Una donna giovane, alta, grassissima, con una bella faccia rotonda, sembrava il modello in vivo di una statua o un dipinto di Botero, spalle rotonde, seni piccoli e separati, la curva accentuata della vita, fianchi e pancia molto grossi e rotondi. Si occupava di servire al bancone, controllava i movimenti nel basso e dava ordini con gli occhi, si imponeva con la sua mole e per la calma energia che emanava dal suo sguardo e dal suo corpo. Laltra donna interessante, Anna, era invece di apparenza assolutamente maschile, in jeans e camicetta, capelli corti, braccia grosse e abituate, sintuiva, a sollevare forti pesi e a colpire a cazzotti. Era quella che dominava lambiente, organizzava tutto, smistava la gente e i bambini, gridava pi di tutti e sapeva che tutti la rispettavano. Non ho capito se era la proprietaria o solo affittava il locale. Una guappa camorrista a prima vista e, infatti, Tatiana mi conferma che tutti la temono sui quartieri, ma che generosissima e splendida quando organizza le sue feste nei vicoli per la comunit e per questo la rispettavano tutti. Cerano vari femminielli gi maturi, anzi di giovani ho visto solo Luna, conosciuta da Lina due sere prima assieme a Tatiana. Tutti hanno il proprio soprannome, molti hanno il petto operato, vita stretta e chiappe ampie, forse anchesse siliconate. Ben vestite, alla moda, gonna o pantalone e blusa, va molto il nero, il trucco a volte esagerato lascia comunque intravedere lorigine maschile. Ma anche cerano femminielli legittimi non travestiti, di cui comunque si parla al femminile, ma che si presentano al maschile. Pantaloni e camicia, un codino trattenuto da un elastico, un impercettibile filo di trucco, mocassini di marca, quasi un metrosexual. Erano i pi anziani, quelli che ormai gi non potevano sostenere limpegno della trasformazione al femminile. Tutto il pubblico composto da donne, gli 252 unici uomini sono i cubani che rimangono rintanati nel night e uno o due giovani, familiari di Anna, che per spariscono dalla circolazione una volta iniziato il gioco. Mentre aspettavamo che cominciasse la tombola, Luna stata contattata per organizzarne una in un ristorante, la sentivo negoziare per telefono. Il prezzo delle cartelle mi ha sbalordito e fatto desistere. 50 euro, anzi euri, per 6 cartelle, il minimo, sembra, per avere la speranza di fare tombola. Un vero gioco dazzardo. Prima dellinizio, vendevano a 20 euro una striscia con tre numeri da tirare a sorte. Il numero estratto dava una vincita di 150 euro. Ne ho comprato una, per non essere tacciata di avarizia. Quando gi si era riempita la sala con tutti i partecipanti, sono stati distribuiti una fetta di pandoro, caff e vermut e quindi, ben rifocillati, via alla fortuna!!! A richiesta generale Luna ha fatto muovere o panare. In prima istanza, chiamava il significato del numero, secondo la Smorfia, poi diceva il numero, ma spesso improvvisava una metafora, facendo riferimento a cose o avvenimenti conosciuti e condivisi da tutti i presenti che si sganasciavano dalle risate e incrementavano le allusioni. Era impossibile capire per me, occupata inoltre a riempire tre cartelle che Lella mi aveva assegnato in assenza della legittima proprietaria. Le sue cartelle le riempiva una signora, che poi ha vinto. La donna che vinse i 150 euro delle strisce, dette un biglietto a Luna, come ricompensa per aver partecipato della fortuna nella vincita. E altri biglietti, dai 10 ai 50 euro per ci che potetti intravedere, gliene regalarono dopo la tombola. In verit, vidi un gran passaggio di soldi di mano in mano, ma non compresi in base a quali motivi e in appannaggio di chi, circolavano con troppa rapidit. Sicuramente una buona parte finirono nelle mani di Luna. Appena finita la tombola tutti i femminielli si alzarono allo stesso tempo, come soldatini di piombo resuscitati dopo la battaglia, e abbandonarono il locale. Si senti il brruum delle 253 sedie scostate. Erano venuti solo per quello. Tatiana mi disse che la maggiore parte si dirige al Bingo di via dei Fiorentini aperto fino alle due di notte, per continuare a giocare. Da questa descrizione risulta evidente lalleanza tra donne e femminielli, cos come le multiple relazioni sotterranee, tra clientela, paura e rispetto, che si stabiliscono tra femminielli e i capi del quartiere vicini alla criminalit, alla marginalit sociale e con donne che maneggiano abbastanza denaro. Certo che vidi circolare una gran quantit di soldi, cosa che risulta abbastanza sorprendente dato il basso tenore di vita delle persone in questi quartieri. Latteggiamento compulsivo verso il gioco dazzardo fa si che il bingo, di recente importazione a Napoli, sia costantemente assiepato di clienti, al punto da dover fare la fila per entrare. Tuttavia la tumbulella, per lo meno quelle due a cui ho assistito, sfoggia unatmosfera familiare, dove non cՏ spazio per lanonimato o la riservatezza, dove nel rituale si giocano molti livelli di interazioni sociali e simboliche. Risult anche chiaro che non necessariamente i femminielli sono travestiti, infatti se Tatiana (quasi settantina, per dirla alla Camilleri), Luna e alcuni altri giovani sfoggiavano unapparenza femminile, con gonne e camicette scollate, orecchini e falpal, gli altri femminielli, sopra i cinquantanni, avevano rinunziato alla performance a favore di uno stile pi comodo per la loro et, anche se, ovviamente, non mancava il tocco femminile nellacconciatura dei capelli o nel trucco del viso. * * * Da dove viene questa relazione fra numeri e idee? Lattribuzione di particolari significati ai numeri codificata dalla Smorfia5, una forma ai cabala locale, un compendio di numeri 254 e significati dalluno al novanta che si tramandato in forma anonima, sia nella tradizione scritta che orale. La tradizione scritta della Smorfia riportata in un libro conosciuto sotto il nome popolare di Libro dei Sogni. Matilde Serao nel Ventre di Napoli (1884) definisce la Smorfia come una prima forma letteraria, rudimentale, analfabeta, fondata sulla tradizione orale come certe fiabe e certe leggende. Tutti i napoletani che non sanno leggere, vecchi, bimbi, donne, specialmente le donne, conoscono la Smorfia, ossia la Chiave dei Sogni a memoria e ne fanno speditamente lapplicazione a qualunque sogno o qualunque cosa della vita reale (Serao, 1975: 41). La pubblicazione pi antica risale alla fine del XVII secolo. Successive edizioni della Smorfia, pi complesse, la definiscono anche come manuale di interpretazione dei sogni e guida per il gioco del lotto, lotteria pubblica alla quale sono particolarmente e appassionatamente dediti i napoletani, senza distinzione di classe, et, sesso ed educazione. Le edizioni pi semplici forniscono una lista di nomi comuni, aggettivi, avverbi ecc., in ordine alfabetico con la corrispondente traduzione in numeri dalluno al novanta, ma le edizioni pi complesse offrono oltre un ventaglio di strategie di gioco che include linterpretazione dei sogni e calcoli definiti cabalistici che servono per giocare al Lotto. Il Lotto e la Smorfia sono tradizioni tanto radicate che a Napoli il pi delle volte si traduce in numero qualsiasi evento notevole della vita, vale a dire che linterpretazione della realt si esprime in segni numerici che immediatamente si scommettono nella lotteria, con la speranza di cambiare il proprio destino6. Nel 1891, Matilde Serao (1881: 45) scriveva: Il popolo napoletano, che sobrio, non si corrompe per lacquavite, non muore di delirium tremens; esso si corrompe e muore per il lotto. Il lotto lacquavite di Napoli. Considerava il gioco del lotto una vera peste che da secoli contagiava i napoletani, soprattutto il popolo e i pi poveri che ogni settimana si indebitano e 255 impegnano perfino i vestiti per giocarsi un biglietto, con la speranza di vincere il premio maggiore7. Per i napoletani i numeri custodiscono la speranza e lattesa di un cambio radicale del destino, sempre concepito come sostanzialmente negativo, poich associato alla secolare frustrazione e miseria delle plebi meridionali, la speranza il riscatto della povert. Nel linguaggio dei giocatori del lotto, dare i numeri assume un significato altamente positivo, perch significa la capacit di prevedere la ruota della fortuna. Quelle persone considerate capaci di dare i numeri godono di un enorme prestigio (Macry, 1997: 46). La tradizione popolare assegna ai frati, monaci e a un personaggio codificato dalla cultura, lassistito (assistito da uno spirito dellaldil), una speciale capacit di dare i numeri, (non perch danno direttamente i numeri, ma perch tutto ci che dicono e fanno viene ritenuto buono per essere Smorfiato e giocato), ma al postiere delle ricevitorie del lotto colui al quale ci si rivolge per chiedere consigli, suggerimenti, interpretazioni. Tuttavia esiste una differenza sostanziale tra la Smorfia per il lotto e la tombola figurata, dove il gioco nel gioco consiste nel dichiarare il significato dei numeri estratti (i significati sono novanta come i numeri) durante lestrazione che determinata dal caso, dallimponderabilit del fato. Nella Smorfia, sia di tradizione orale sia scritta, invece, ogni numero possiede un campo di significati molto vasto che permette linterpretazione dei segni onirici e si applica in maniera inversa nel gioco del lotto, dal momento che il significato attribuito allevento, onirico o no, quindi non al caso, ma in base a una interpretazione, relativamente specializzata, dei fatti che si tramutano in numero secondo la norma stabilita dal mito di origine, ossia la Smorfia stessa. Sebbene al femminiello sia attribuito il potere della sorte, della fortuna, prodotto dal caso, di quellaldil imponderabile che sfugge al ragionamento umano, e per questo incaricato di chiamare i numeri o regola le riffe, egli non fa parte dei 256 personaggi legittimati che danno i numeri per il gioco del lotto, dove ci che conta non il fato, ma la normativit della interpretazione del segno onirico o reale. Tra i numeri magici, i pi ambiti sono quelli che derivano dallinterpretazione dei sogni, soprattutto se nel sogno apparso qualche familiare, un amico defunto o unanima del purgatorio. Anzi, ai defunti nei quali si ha una pi grande fiducia, gli individui chiedono di inviare loro i numeri vincenti8. Secondo limmaginario popolare tutti i sogni hanno oltre il contenuto, che si esprime attraverso le immagini, la messa in scena e la trama, vale a dire le relazioni esistenti tra le immagini un significato velato e nascosto che il vero nucleo, lobiettivo finale da svelare e interpretare. Il sogno unesperienza allucinatoria, unattivit psichica, che sfugge alla logica del cosciente, evoca vicende che il dormiente sviluppa sulla base di [...] eventi, persone, cose che appartengono al suo ambiente attuale (Di Nola, 1993: 81) socioculturale. Il sogno connesso col processo di formazione del simbolo e i simboli onirici non sono soltanto quelli personali del soggetto, ossia privati, ma anche simboli universali condivisi dai membri di un determinato contesto culturale, e questo rappresenta la Smorfia. Il sogno quindi sta alla base di molte credenze e concezioni, dotte e popolari, che danno origine alloniromanzia o divinazione attraverso i sogni, gi presente in Mesopotamia. La letteratura demologica ha mostrato come i sogni nelle culture contadine e in alcuni ceti urbani sono concepiti come unemanazione del mondo dellaldil o provengono direttamente dal mondo dei defunti. I numeri che derivano dallinterpretazione dei sogni si giocano al Lotto. I sogni come portatori dinformazioni dai morti [...] spesso vengono fatti tradurre in numeri dal postiere, limpiegato della ricevitoria del lotto cui ci si rivolge abitualmente chiedendo consigli, interpretazioni, suggerimenti (De Matteis, 1997: 28). 257 Linterpretazione dei sogni e lattribuzione ai numeri di un significato profondo sono eseguite da persone che il contesto sociale riconosce come specializzate, essendo abili conoscitrici della tradizione orale della Smorfia. Il femminiello pu svolgere questa funzione, ma non ho trovato nel mio lavoro di campo un nesso specifico che lo legittimi come specialista dellinterpretazione dei sogni, mentre ricordo, nel repertorio selettivo della memoria, una signora che circolava nel quartiere alla quale molti ricorrevano perch sapeva scegliere tra i molti segni onirici di un sogno privato quelli pi pregnanti di significato. Ritornando ai femminielli, in virt del maneggio della Smorfia, allora, sembrano poter avere una speciale relazione con lambito dei sogni e in particolare con quelli inviati dai defunti, ma in forma marginale, direi liminale, perch privi della chiarezza che conferisce riconoscimento sociale. Essendo n uomini n donne, sono rappresentati, nel senso comune, come la figura per eccellenza della diversit e assimilati simbolicamente alle anime del Purgatorio. Sogno e anime del Purgatorio sono elementi fortemente correlati poich permettono ai viventi di accedere al mondo dellignoto, di costruire un dialogo con le persone scomparse, di mantenere vigenti i legami affettivi ed emozionali. Lambito del sacro: il culto delle anime del Purgatorio e il culto mariano al monastero di Montevergine Le manifestazioni descritte si possono associare al culto popolare delle anime del Purgatorio alle quali limmaginario popolare attribuisce speciali capacit di cambiare il destino dei viventi. Molti studiosi collocano lorigine o per lo meno la diffusione di questo culto popolare nella seconda met del XVIII secolo, e lo mettono in relazione con la risonanza della peste del 1656 258 sullimmaginario collettivo. Nei sotterranei delle chiese e nel Cimitero delle Fontanelle furono seppelliti migliaia di corpi di defunti a causa della peste, morti senza congedo e senza conforto, lontani dagli affetti familiari, anime abbandonate, come i napoletani devoti designano i teschi, le ossa e i resti umani. In questo periodo si diffonde la devozione alle anime del Purgatorio, concepite come anime in pena, come popolo che soffre, coinvolto nella vita degli uomini sia attraverso la pratica dei suffragi sia attraverso lintenso scambio simbolico che sistaura tra vivi e morti in nome della caritas. Nellambito del culto alle anime del Purgatorio, la religione popolare napoletana si rivolge particolarmente alle anime anonime e abbandonate, da aiutare e cui chiedere aiuto, stabilendo un sistema di comunicazione con laldil a partire dalla comune posizione di marginalit sociale e liminalit. Le anime condannate al Purgatorio e i devoti condannati alla marginalit sociale condividono una zona di confine: i primi sono collocati in un luogo di passaggio nella morte che certa; i secondi vivono marginalmente in una vita che precaria. Da secoli, la piet popolare sincarica di questi teschi senza nome, identificandoli con le anime del Purgatorio chiamate anime pezzentelle (povere, mendicanti), anime scordate o semplicemente e affettuosamente capuzzelle (piccoli teschi). Le anime in pena sono spiriti senza pace e senza nome, il cui abbandono e la cui marginalit continuerebbero ab aeterno nellaldil se non ci fossero le cure e le preghiere dei fedeli che sincaricano di pulirle e lustrarle, di accendere candele, portare fiori, pregare e mandare a dire messa per loro. Il culto alle anime pezzentelle ha una forte connotazione femminile, poich lo praticano essenzialmente le donne. Ogni fedele adotta una capuzzella, alla quale rende culto tutta la vita in cambio di favori e buona fortuna nellambito della salute, dellamore e della ricchezza, affinch aiuti i vivi a vivere meglio. 259 Anche in questo culto il sogno ha una funzione importante in una doppia versione. Il fedele pu scegliere la capuzzella e adottarla, attraverso visite costanti e regolari, finch il morto gli appare in sogno e si fa riconoscere con il suo vero nome; oppure, al contrario, lanima appare nel sogno del fedele per farsi individuare e quindi adottare. Il sogno resta quindi il mezzo privilegiato della comunicazione tra vivi e morti. Nelle pratiche e nel linguaggio stesso del rituale di adozione della capuzzella possibile rinvenire il carattere femminile della devozione e la correlata connotazione infantile degli spiriti adottati, una corrispondenza mitico-simbolica tra bambini, vecchi e defunti, associati in quanto categorie non perfettamente integrate nel corpo sociale, figure marginali, carenti, insufficienti a se stessi, e, pertanto, oggetto di carit e ritualmente stigmatizzate. Nella tradizione popolare i bambini rappresentano le anime del Purgatorio (testimonianza orale) e gli adulti sono soliti portare i bambini nei luoghi di culto delle capuzzelle, come portare con s la cornucopia della felicit e della fertilit (Niola, 2003: 33). Luso del termine adozione rimanda al campo metaforico dellinfanzia abbandonata e innocente, ma, allo stesso tempo, al campo femminile della maternit. E, infatti, oltre che per religiosit o per culto o per devozione, i femminielli si recavano in questi luoghi per un desiderio di maternit, di femminilit o comunque per ritrovarsi in un mondo femminile [...] non dimentichiamo la forte teatralit del culto e la forte teatralit dei femminielli (Niola, 2003: 130). Nellimmaginario popolare, quindi, la liminalit delle anime si relaziona, a sua volta, con la liminalit sociale dei bambini e dei femminielli, i quali a loro volta si ubicano nella liminalit tra fertilit simbolica, di cui testimonianza il rito della figliata (Simonelli e Carrano, 1983) e la infertilit reale biologica. Tradizionalmente il luned era il giorno dedicato al culto. In molte aree del sud dItalia in questo giorno si facevano, e 260 ancora oggi si fanno, le offerte ai defunti. Nel mondo greco antico esisteva un uso analogo, essendo il giorno dedicato ai morti e legato alla periodicit lunare delle ceni di Ecate, divinit infera per antonomasia, stabilendo una correlazione tra la luna e la fortuna. Come nel caso precedente, incontriamo una volta ancora i femminielli con una funzione peculiare che associa la morte alla sorte: sono loro che organizzavano la riffa che si realizzava i luned in vari punti dei quartieri popolari, bench la pi famosa fosse quella davanti alla chiesa di Santa Maria alla Sanit, conosciuta popolarmente come la chiesa del Monacone, alluscita delle catacombe di San Gaudioso, santo rappresentato come un monaco. Essendo il portatore di una carica magica e stando al limite del diverso, nella condizione dellermafrodismo, il femminiello delegato a distribuire parte della sua fortuna agli altri nelle riffe dove si sorteggiavano cibi e beni di prima necessit, in un sistema legato alla estrazione dei numeri del lotto. Ormai questa funzione non si esercita pi, ed alcune fonti hanno sottolineato che era praticata sporadicamente negli ultimi anni del secolo scorso. * * * Il protagonismo de femminielli si registra in unaltra occasione festiva e cerimoniale riguardo al culto mariano nel Santuario di Montevergine, vicino ad Avellino, che meta di tre importanti pellegrinaggi: in maggio, quello dei cafoni (contadini), in settembre, quello dei napoletani (urbani) e il due di febbraio, festa della Candelora, quello dei femminielli, che partono in comitiva da Napoli e altri paesi della Campania la notte precedente. Tuttavia, anche negli altri pellegrinaggi, tradizionalmente, un femminiello accompagnava i pellegrini incoraggiando con canti e danze. 261 Il santuario di Montevergine legato, secondo gli studiosi locali, allesistenza di un tempio di Cibele la grande madre il cui culto era caratterizzato dal rituale di castrazione dei suoi fedeli e dal travestitismo dei suoi sacerdoti (De Simone, 1982: 89). Per altro, larea geografica di Montevergine sembra essere particolarmente legata ai culti e rituali connessi con la sfera della sessualit di ordine sacro. Un santuario del VI secolo era dedicato alla dea Mefite (Mefitis), divinit androgina, nominata al maschile e femminile. La stessa leggenda della comunit religiosa legata al Santuario, narrata nella vita di San Vitaliano XII secolo riferisce che Vitaliano, vescovo di Capua, fond il Santuario dopo che fu risparmiato dal linciaggio di fedeli che lo scoprirono travestito con abiti femminili. E ancora nel 1611, secondo la storia riferita dai padri benedettini, dopo lincendio che distrusse il Santuario, si scoprirono tra i morti (probabilmente gli ospiti del convento) molti corpi di uomini vestiti da donne. Una leggenda che si trasmette da secoli e che risale al 1256, narra che due sodomiti, in quel tempo, furono cacciati dalla comunit per atti osceni e portati sul monte Partenio per lasciarli morire di freddo in un giorno dinverno. Tuttavia avvenne il miracolo: apparve il sole e i due uomini potettero amarsi secondo la loro natura. Questo il mito di origine della festa dei femminielli nella Candelora, perch vanno a ringraziare la Vergine per il miracolo, portando una tammurriata che coinvolge nel ritmo e nella danza tutti i pellegrini9. Il mito costruisce, ordina, narra e trasmette qualcosa che rimane ed immodificabile, che si ricrea ogni volta che si ripete e che si trasmette; organizza la realt per darle un senso e integra il soggetto nel mondo offrendogli unidentit, un luogo e una storia, da conto di ci che non possiamo spiegare, che scappa alla ragione e alla parola: limpossibile, in questo caso linverso della natura sessuata. Questo mito, quindi, legittima e 262 sacralizza la figura anormale, condannata dai sacri testi, e la reintegra nella storia. Nel contesto del pellegrinaggio a Montevergine, il femminiello che canta e guida le danze, potrebbe ricordare la funzione del medium o dello sciamano ma allinverso; mi spiego. La capacit dello sciamano di viaggiare in stato di trance nel mondo degli spiriti e di utilizzare i loro poteri. Lo sciamano, attraverso il suono del tamburo o il ritmo dei sonagli raggiunge lo stato estatico (stato alterato di coscienza) per entrare nella realt impercettibile dello spirito al fine di ottenere aiuto per s stesso e gli altri. Pu essere in grado di produrre lestasi e controllare la trance. Ma il femminiello a Montevergine non entra in trance come lo sciamano, pu provocarla nei presenti, come conseguenza del ritmo ossessivo della tammurriata e della danza, ma questa non la sua funzione n la caratteristica principale della sua attuazione: la comunicazione con la divinit non va verso lestasi, in unascesi dellumano verso il divino, ma al contrario una rappresentazione, una messa in scena giocosa della vita sessuata e della sessualit della vita umana di fronte alla divinit, sessualizza latto religioso. la divinit ad essere chiamata ad assistere al delirio degli umani. Riflessioni finali I femminielli, come gli altri personaggi simili, sono ubicati nellasse della liminalit, della rottura delle norme legittimate dalla comunit, in una fase intermedia e di transizione, in una zona di ambiguit, una sorta di limbo socioculturale, in cui i simboli culturali possono essere manipolati e ricomposti secondo modalit inedite. Turner sostiene che lessenza della liminalit consiste nella scomposizione della cultura nei suoi fattori costitutivi e nella ricomposizione libera o ludica dei medesimi 263 in ogni e qualsiasi configurazione possibile, per quanto bizzarra (Turner, 1986: 61). I femminielli mettono in discussione la rigidit dei codici e delle classificazioni socioculturali, rendono caduche e fluide le frontiere tra maschio e femmina, fra la vita (precaria) e la morte (certa), fra il sacro e il profano, il sesso (biologico) e il genere (culturale). In altri termini nella liminalit la persona gioca con gli elementi della sfera familiare e li rende altri, in combinazioni senza precedenti. Sebbene considerati fuori dalla norma, qualcosa di poco chiaro nella loro natura, figure come il berdache, lhijra, il muxe o il femminiello trovano forme di espressione e affermazione in spazi legittimati dalla cultura tanto come femminili che maschili, in quegli interstizi e zone di convivenza e produzione culturale che rimangono fuori o periferici, rispetto allinfluenza della cultura eterosessuale. Producono una cultura dellambiguit, della performance, dellesibizionismo e della trasgressione che sfugge tanto agli stereotipi di genere che alle ristrette classificazioni della cultura occidentale. Il concetto di terzo genere come repertorio di caratteristiche di ambedue i sessi che si coagulano nellindividuo, come spesso usato da alcuni autori riguardo agli individui con orientamenti sessuali e di genere che non sono ortodossi, troppo ristretto, occulta la complessit di ruoli, identit, interrelazioni contraddittorie tra diverse dimensioni: biologica, sessuale, di genere, culturale, religiosa. Per questo, luso del termine omosessuale per definire personaggi cos peculiari errata. Questa parola pone laccento sullespressione della sessualit individuale mentre il muxe o il femminiello rimandano a pratiche e ordini sociali molto complessi, dove lidentit sessuale non lelemento centrale o preponderante di definizione sociale, come potrebbe esserlo per un omosessuale o gay nella societ occidentale moderna. Inoltre interessante notare che le societ che incorporano e non demonizzano questi personaggi danno spazio e le 264 gittimit alle zone dombra, allindefinito, alla contraddizione, alla liminalit (quella soglia infinitesimale tra lessere e il non essere, tra una cosa e unaltra in processo di cambiamento e mutazione) della natura, del genere, delle relazioni in societ e con la divinit. Si tratta, senza dubbio, di culture dinamiche, espressioni di popolazioni che riescono a coniugare in forma originale tradizione e modernit, cambiamenti e permanenze, conflitti e armonie, scienza e magia, bipolarit e tridimensionalit di genere. Queste esperienze ci indicano anche che bisogna superare il nostro etnocentrismo per rispettare tali manifestazioni e studiarle ubicandole nel contesto storico, sociale, culturale tenendo conto dellorganizzazione sociopolitica del genere che specifica di ogni societ e di ogni momento storico. Le logiche dei valori sociali, in base al loro grado dinclusione o esclusione, possono produrre mostri, deviati, anormali, o, al contrario, permettere agli individui di esprimere forme diverse di sessualit, cos come costruire altri stili di vita e di relazioni che possono anche articolare le caratteristiche di ambedue i generi, ma, allo stesso tempo, dar vita a pratiche, comportamenti ed elementi culturali propri della trasversalit di genere. 265 Note 1 Muxe la traduzione in zapoteco della parola mujer (donna, in spagnolo), in questo caso il suono assomiglia alla je francese. 2 La condizione di genere durante il ciclo di vita di una donna marcata dalla presenza o assenza della capacit riproduttiva. La concezione del corpo e gli ambiti di potere familiare e sociale cambiano in una donna dallet riproduttiva alla menopausa. 3 Importante anche la funzione di questi personaggi nella costruzione della sessualit maschile in societ segregate. Una differenza importante con la cultura occidentale urbana che per la cultura popolare napoletana ha significato solamente la relazione sessuale che un femminiello realizza con un uomo eterosessuale. La relazione fra due femminielli, tra un femminiello e un uomo omosessuale di tipo occidentale inconcepibile, anzi disgustosa a detta di tutti. Il femminiello vuole solamente un uomo dichiarato e senza dubbi eterosessuale. Nella societ zapoteca, le pratiche sessuali dei maschi adulti con un muxe, molto frequenti in stato di ebbrezza, non sono considerate segni di omosessualit ma, piuttosto, affermazione di virilit e machismo purch luomo svolga la parte attiva nella relazione. Queste stesse concezioni culturali sulla sessualit le ritroviamo tra i femminielli a Napoli. Vale a dire che esiste in ambedue societ una netta differenza didentit e concettualizzazione tra lindividuo riconosciuto come omosessuale in senso stretto sia o no effemminato e luomo che ha relazioni sessuali con lui, si concepisce il primo come un individuo che assume nella relazione sessuale un ruolo passivo, di penetrato, e il secondo un ruolo attivo, di penetratore. Luomo che ha pratiche sessuali con un muxe o un femminiello non mai considerato omosessuale, cio il suo etero-status non messo socialmente in discussione. Questo modello didentit sessuale, detta anche omosessualit mediterranea o etnica, una particolare concezione dellomosessualit che troviamo molto diffusa nei paesi di cultura latina (europea e latinoamericana) e islamica del Mediterraneo, e inoltre nellarea balcanica (DallOrto, 1990). 4 Nei miei ricordi dinfanzia presente un femminiello capera che veniva a elaborare il tuppo a mia zia quando loccasione sociale lo richiedeva. 5 Anagramma di Morfeo, dio del sogno. 6 Alcuni esempi quasi storici: durante i Mondiali di calcio a Madrid, nel 1982, Paolo Rossi, che giocava con il numero 9, marca 3 gol contro il Brasile, che si tradussero nel terno vincente, 82 9 3; Diego Maradona (numero 5 al terno) e la caduta del governo pentapartito, il 2 maggio 1985, danno origine al terno 5 25 85. 7 Sempre dal repertorio dei miei ricordi infantili, rammento con chiarezza le interminabili (per me) discussioni che si istauravano tra la nostra 266 cameriera, il ragazzo che distribuiva la spesa a domicilio e il mio nonno paterno che faceva il sarto, con lintervento spesso di mio padre, gi medico affermato a quei tempi, sui numeri da giocare al lotto alla fine della settimana. 8 Mia zia, per esempio, mi diceva: Chiedi i numeri allanima di tua nonna, la santa donna di mia madre, morta quando ero ancora bambina. 9 Bench la chiesa cattolica abbia tollerato per molto tempo i pellegrinaggi dei femminielli, nel febbraio del 2002, labate del Santuario di Monte- vergine scacci i femminielli dal sagrato della Chiesa accusandoli di profanare un luogo sacro, affermando che le loro preghiere non erano gradite e urlando: vergogna, vergogna!. A partire da questo momento si verifica unirruzione del movimento urbano del gay pride che si appropria, in un certo senso, della tradizione. Bibliografia Cardin A. (1984) Guerreros, chamanes y travestis. Indicios de homosexualidad entre los exticos, Tusquets, Barcelona. DallOrto G. (1990) Mediterranean homosexuality, in Dynes Wayne R. (eds.), Encyclopedia of homosexuality, Garland, NewYork, vol. 2, pp. 796-798. DAgostino G. (2000) Travestirsi. Appunti per una transgressione del sesso, in Ortner S.B. e Whitehead H., Sesso e genere. Lidentit maschile e femminile, Sellerio, Palermo. De Barbieri T. (1991) Los mbitos de accin de las mujeres, Revista Mexicana de Sociologia, anno LIII, n. 1. De Martino E. (1960), Sud e magia, Feltrinelli, Milano. De Matteis S. e Niola M. (1997) Antropologia delle anime in pena, Argo, Lecce. De Sanctis Ricciardone P. (1987) La smorfia nellOttocento italiano: tradizione scritta e tradizione orale, La ricerca folklorica, n. 15. De Simone R. 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Nina, 44 anni Introduzione I femminielli, uomini che sentono e vivono come donne (Simonelli e Carrano, 1983, 1987), costituiscono una realt collettiva risalente, in qualche modo, pur nella diversit di forme e manifestazioni specifiche, alle origini della citt di Napoli, almeno sul piano socio-antropologico, anche se non per unininterrotta e provata sequenzialit storica (Zito e Valerio, 2010). I femminielli si sposano tra di loro con un rito che imita le nozze religiose in chiesa, e arrivano anche a mimare scene di parto e battesimo come Malaparte (1949) ha raccontato ne La Pelle e la regista Liliana Cavani ha mostrato in alcune memorabili scene dellomonimo film del 1981 (DAgostino, 2000). Essi rappresentano una realizzazione sui generis che insieme, paradossalmente, arcaica e attuale, perch coniuga caratteristiche di un 269 mondo e di una realt socio-culturale non pi esistenti (Della Porta, 1586), con quelle indicate come conquiste del pensiero e della prassi contemporanea (Simon, 1996). Questo fenomeno espressione di una sorprendente post-modernit, perch avvalora nel campo dellidentit di genere, con tutto il peso della sua storia, lidea di un continuum tra maschile e femminile, in opposizione ad una rigida polarit sessuale di uomo e donna. Nella sua arcaicit, poi, la figura del femminiello prolunga fino a oggi il mito e archetipo dellandrogino che richiama lonnipotenza e lautosufficienza dellunit narcisistica primaria e sembra anche evocare, concretamente, il bagaglio fantasmatico della bisessualit psichica di ciascuno (Freud, 1932). Ma, considerando che si tratta di un fenomeno caratteristico della citt di Napoli, immediato il richiamo alla figura della sirena Partenope, cui legato il mito di fondazione della citt, come idea del doppio e dellautosufficiente. Nel testo in epigrafe un femminiello intervistato parla lucidamente della sua condizione. La inquadra in un tutto omnicomprensivo (femmina, maschio, maschio-femmina, femmina- maschio), la caratterizza, per, con il sostantivo femmina, reso superlativo con il termine molto e la qualifica pi speciale. Tutto ci a prescindere dalla capacit di avere figli. Questultima viene considerata solo quel valore aggiunto che potrebbe dare senso ad un intervento completo di riconversione chirurgica del sesso laddove si rendesse veramente attuabile. Ma, poich cos non , manifesto che il nostro soggetto esprima una certa consapevolezza di vivere unidentit di genere che , consentite il gioco di parole, sui generis. Volendo connotarla con un linguaggio attuale potremmo collocare questa complessa realt identitaria nelluniverso del transgenderismo1. Si avverte, infatti, nella condizione dei femminielli una situazione diversa rispetto al registro della transessualit (Chiodi, Ricciardi, Santamaria, Valerio e Zito, 2008), in quanto essi realizzano il su 270 peramento della propria mascolinit su un piano pi rituale e simbolico. In altri termini perpetuano la propria simbiosi con la madre a prescindere dal conseguimento di una completa assimilazione sul piano biologico. Si pu ritenere che ci costituisca lelemento distintivo di questo transgenderismo, coniugato con unascendenza arcaica stratificata nel peculiare contesto culturale di provenienza. A Napoli il transgenderismo e il travestitismo dei femminielli si differenziano, dunque, da fenomeni analoghi di altre grandi citt europee o di New York quali quello delle drag queen(Schacht e Underwood, 2004). s un transgenderismo urbano e perci diverso da quello che esprime ruoli tribali come nel caso dei Berdache presso gli indiani Mohave del Nord America (DAgostino, 1998, 2000) o ruoli essenzialmente religiosi presenti in alcune popolazioni dellestremo oriente (Herdt, 1993). Presenta piuttosto analogie, somiglianze ed affinit con il mondo dei Muxe della societ zapoteca del Messico (Miano Borruso, 2011). Non camuffamento della virilit, non semplicemente legato a tradizioni di teatralit popolana documentata da opere come il cosiddetto Ballo di Sfessania o la Canzone di Zeza risalenti rispettivamente al XVI e XVII secolo, in cui spesso i femminielli sono stati utilizzati in ruoli fondamentali. In realt presenta quasi i caratteri di una condizione di diversit esibita con naturalezza e di unespressione sessuale che ha una propria realt largamente riconosciuta ed integrata nel suo contesto sociale con aspetti di sacralit rituale e di sapore arcaico profondamente stratificati nella cultura (Simonelli e Carrano, 1983, 1987). I due aspetti della sacralit e dellintegrazione sociale sono correlati, perch la ritualit attuale si manifesta soprattutto nella rappresentazione di cerimonie fondamentali della vita sociale, quali il matrimonio, il parto e il battesimo, nellesercizio della divinazione sotto varie forme e nel riconosciuto potere di portare fortuna. In proposito, molto diffusa stata, per esempio, 271 la loro pittoresca presenza nelle famiglie della borghesia napoletana durante il tradizionale gioco della tombola2. In definitiva sembrerebbe che la specificit sul piano socio- antropologico dei femminielli di Napoli sia quella di aver perpetuato, con continui adeguamenti alle mutazioni storiche e sociali, questa tradizione arcaica di identificazione rituale e psicologica con il femminile originario. Quello dei femminielli si sarebbe pertanto cos configurato come un terzo genere, con un suo tipico universo di significati, cio unidentit altra, distinta nettamente sia dal genere femminile sia da quello maschile, senza per superare la frontiera del deteriore grazie ad un sociale accogliente e tollerante, portatore di una cultura risalente, stratificata e tutto sommato cos evoluta da incarnare un tipo di post-modernit sui generis. Lobiettivo della ricerca di seguito presentata stato quello di verificare la consistenza di tali elementi e di questo particolare connubio, a partire da unanalisi dei discorsi prodotti da alcuni femminielli napoletani, in considerazione della significativa potenzialit del linguaggio a rivelare gli universi di senso. Nel delineare questo obiettivo si tenuto presente, in modo particolare, la verifica delladeguatezza di questo tipo di condizione caratterizzata da tratti apparentemente grotteschi, bizzarri, stereotipici e antifemministi, con un contesto socioculturale che, nellallargamento delle sue ottiche di tolleranza, di globalizzazione in atto, paradossalmente, rende allo stato difficile mantenere le differenze locali. In ordine a questa finalit si pu rilevare che lesperienza esistenziale del femminiello si traduce in una grossa tolleranza dellambiguit sessuale che pu essere considerata come una modalit abbastanza evoluta di affrontare la varianza di genere. La loro esperienza costituisce, inoltre, la prova continua che si pu vivere lidentit di genere che si sente come propria senza dovere necessariamente adeguarvi il corpo fino alla totale riconversione chirurgica dei caratteri ses 272 suali, peraltro regolamentata in Italia dalla legge 1643 (Vitelli, Bottone, Sisci e Valerio, 2006). La ricerca Questa ricerca ha come oggetto di studio i discorsi di alcuni femminielli dei quartieri popolari della citt di Napoli, a partire dal complesso costrutto di genere, con un posizionamento di confine in una prospettiva multidisciplinare che tiene conto di aspetti esistenziali in una cornice socio-antropologica. Negli ultimi decenni, infatti, si andato delineando un nuovo campo di sapere, quello cosiddetto degli studi di genere, che analizza i rapporti tra soggetti sociali, genere, corpo e sessualit ridefiniti come strumenti di analisi interdisciplinari. Per lo svolgimento della ricerca, operativamente, ci si mossi lungo due direttrici: una attenta al contesto e laltra al testo dei femminielli. Per la prima si privilegiata una ricerca storico-socio-antropologica del loro retroterra culturale nella citt di Napoli, humus pi che mai fertile per lo sviluppo della loro realt e da cui non si poteva prescindere per una loro adeguata comprensione. Per la seconda si scelta una metodologia di analisi e di interpretazione di dati testuali raccolti attraverso quindici interviste semi-strutturate su cui ci si soffermer ampiamente nelle pagine seguenti. Per tutti questi motivi si optato per una procedura di tipo qualitativo che, mentre salvaguardava la soggettivit delle persone intervistate, risultando il meno intrusiva possibile lungo il processo del ricercare, fosse, al contempo, aperta ad ibridazioni e contaminazioni metodologiche altre. Napoli ha tante anime che si sono stratificate, sovrapposte e a volte contrapposte nel corso della sua lunga storia. Quella femminile rilevante, e sembra avere una sua sugge 273 stiva espressione proprio nella sirena, immagine-simbolo che risale indietro nel tempo fino alle origini stesse della citt cui legato il mito di Partenope. Secondo la tradizione Partenope era una sirena ornitomorfa, essere met donna e met uccello, quindi di natura doppia, simbolo riconosciuto di una femminilit autosufficiente ed integrale, vergine, come suggerito dalletimo greco. Napoli citt femminile che porta stratificata nella sua cultura lantica anima femminile del Mediterraneo, della quale la figura del femminiello stesso pu, a nostro avviso, essere assunta a immagine-metafora per molti dei suoi aspetti. Larcaicit di questa figura, inoltre, sta nel conservare una certa primitivit legata allistinto di sopravvivenza, che si traduce nellarte di arrangiarsi (Belmonte, 1997) sul piano sociale e soprattutto su quello psichico. Quella di genere elaborata dal femminiello, rappresenta, infatti, una soluzione estrema eppure socialmente compatibile per sopravvivere, malgrado traumi di vario ordine e grado. Questa particolare forma di riassetto dellidentit, frutto di una strategia di sopravvivenza della psiche rispetto allaggressione esterna di una realt svantaggiata e multiproblematica, che, tuttavia, nella sua complessa ricchezza culturale offre una cornice di senso, d luogo alla manifestazione di una soggettivit altra, come teorizzato dal pensiero post-moderno. Ne costituisce quasi una comprova sul piano della possibilit perch, nel suo svuotare e decostruire per poi ricostruirsi, la figura del femminiello, pur convivendo con esso, mette in crisi lordine simbolico patriarcale, dimostrandone la mera artificiosit socioculturale. Tuttavia lesistenza di questo particolarissimo modo di essere, che, come si detto, oggi includeremmo nel variegato universo del transgenderismo (Valerio e Zito, 2006), il frutto di un equilibrio delicato che rischia, al momento, paradossalmente, per diverse ragioni legate anche ad un accelerato e radicale mutamento socioculturale del contesto di riferimento, di vira 274 re verso una forma di soggettivit deteriorata. La caratteristica di una tale soggettivit non pi quella di aspirare al superamento della categorizzazione maschile-femminile (Chodorow, 1995; Hritier, 2002), ma di proporre una forma consistente nel trasformarsi, in tutti i sensi, nella stereotipata copia di un certo femminile. Questo deterioramento potrebbe sconvolgere il riassetto identitario che fino a questo momento i femminielli hanno realizzato e potrebbe sfociare in una forma di identificazione totale di un maschio che coinvolge anche il corpo con il polo femminile. Lobiettivo principale della ricerca, come si accennato in precedenza, stato quello di esplorare alcune caratteristiche so- cio-culturali delluniverso transgender dei femminielli, a partire dalla complessit del costrutto di genere, tentandone, quindi, unarticolazione sia sul piano dellanalisi esistenziale che della cornice socio-antropologica. Il genere, strumento ermeneutico-concettuale di rilevante interesse per il discorso antropologico, rappresenta, infatti, un concetto complesso che si colloca nellintersezione simbolica tra la dimensione individuale e quella sociale, dal momento che si impone sia come una rilevante ncora identitaria che assolve alla funzione di individuazione/identificazione sulla base della quale si struttura il senso di appartenenza sessuale dei soggetti, sia come costrutto sociale, ossia come derivato dei processi so- cio-culturali che concorrono alla determinazione delle differenze tra uomini e donne (Taurino, 2003). Nello specifico si tentato di indagare, utilizzando una metodologia qualitativa basata sullanalisi dei testi di interviste semi- strutturate, la complessa area dellimmagine di s in relazione allinserimento nel contesto socio-culturale di appartenenza presso un gruppo di femminielli, soggetti transgender con sesso biologico e anagrafico maschile, tutti provenienti dalla medesima area topografica e culturale della citt di Napoli costituita da 275 tre quartieri storici. In questo modo si tentato di costruire ipotesi relativamente alla loro condizione attuale, a partire da quella che la percezione di se stessi come terzo genere allinterno della complessit e ricchezza del contesto culturale napoletano. La scelta si concentrata sui quartieri di Sanit, Montecalvario, e Avvocata, tre zone della citt di Napoli nelle quali i femminielli abitano per tradizione e che storicamente nascono come quartieri marginali, cio ai margini topografici del tracciato storico della citt nel XVII secolo. Si trattava di luoghi eccentrici nel senso di ex-centro, cio dislocati in posizione distante dal centro della citt, spesso destinati a funzioni particolari e a persone o gruppi segnate da una qualche diversit rispetto alla popolazione ordinaria e normale. In particolare il quartiere Sanit nasce come lazzaretto per gli appestati, Montecalvario come sito di accampamento delle truppe spagnole, mentre Avvocata aveva parti in comune con queste due zone collegandole. Si trattava, inoltre, di aree che, trovandosi ai piedi o sui primi balzi della zona collinare della citt, presentavano molte cavit e grotte naturali o scavate nel tufo destinate da sempre ad usi vari. Tra questi usi, a parte quello abitativo, nel corso di tutta la storia della citt, era prevalente, nel periodo greco-romano, quello che destinava le grotte a sede per celebrare riti e culti di divinit ctonie della fertilit. In questi quartieri, nel corso dei secoli successivi, per diversi motivi, si andata a radicare la parte pi popolare della citt, che pi sembra aver conservato abitudini, credenze e tradizioni antiche ereditate dalla sovrapposizione delle diverse civilt e dominazioni che si sono succedute a Napoli nel corso dei secoli. La scelta di soggetti tutti provenienti da questi tre quartieri garantisce la loro omogeneit rispetto alla variabile contesto, intesa nella sua accezione non solo territoriale e geografica, ma soprattutto culturale. Dopo una fase iniziale di osservazione e frequentazione del contesto scelto per la ricerca, cio i tre quartieri nella citt di 276 Napoli, si iniziato a selezionare la popolazione attraverso una prima segnalazione e un primo contatto da parte di unassociazione di quartiere operante su una delle zone scelte4. Si proceduto, poi, grazie alla segnalazione e al contatto in successione di singoli partecipanti allo studio che hanno provveduto a reperirne altri. La scelta dei partecipanti stata, dunque, in larga parte controllata da essi stessi. Questa procedura si fonda sul principio che i membri di un gruppo siano in grado di riconoscere meglio del ricercatore coloro che fanno parte del gruppo stesso. La popolazione considerata stata di quindici soggetti, dopo un lungo lavoro di contatti non sempre facili, di inviti a volte disattesi e di incontri concordati ma in alcuni casi non andati a buon fine. Tutti i soggetti intervistati hanno assunto ormoni femminilizzanti in qualche momento della loro vita, si sono sottoposti a mastoplastica additiva e a vari interventi di chirurgia estetica. Nessuno per ha dichiarato di aver effettuato un intervento di riconversione chirurgica dei genitali. Tutti vivono secondo un ruolo di genere femminile. Il range di et dei soggetti intervistati varia da 37 anni (et minima) a 67 anni (et massima), con una media di 46,3 anni e una deviazione standard di 8,9 anni. Per la raccolta dei dati si deciso di incontrare ciascun soggetto almeno due volte. Nel primo incontro stato spiegato per linee generali lo scopo della ricerca, raccolto il consenso informato, e infine sono stati chiesti let, il quartiere di residenza, il livello di riconversione ormonale e chirurgica dei caratteri sessuali primari e secondari. Nel secondo incontro si proceduto a effettuare e ad audio-registrare unintervista semi-strutturata. Tale intervista ha avuto una durata media di unora; la domanda stimolo, uguale per tutti gli intervistati, costituente lelemento attorno al quale stata organizzata la produzione discorsiva, stata formulata nel seguente modo: Mi parli di lei e dei rapporti che ha con la gente del suo quartiere, cercan 277 do di non porre vincoli alla libera produzione del discorso nel soggetto. In alcuni casi stato necessario lintervento dellintervistatore, comunque mai in termini direttivi; in questi casi lattivit dellintervistatore si concretizzata nella formulazione di domande che, riprendendo le ultime parole dellintervistato, ne chiedevano un approfondimento, come per esempio cosa intende dire quando afferma che...?, oppure semplicemente invitandolo a continuare, ci fino a quando la produzione linguistica non risultava esaurita. Chiudeva lintervista la domanda: Ha qualcosa da aggiungere?. Occorre evidenziare che in questo tipo di intervista stato molto difficile mantenere il giusto equilibrio tra una produzione discorsiva dei soggetti, libera, spontanea ma sufficientemente adeguata e un atteggiamento di ascolto del ricercatore, non direttivo ma stimolante e contenitivo. Le interviste, registrate con un apparecchio audio, sono state poi trascritte ed accorpate in un testo unico. Lanalisi informatica del corpus testuale delle interviste stata preceduta da un trattamento5 del testo stesso finalizzato anche a predisporlo per la lettura da parte del software prescelto. Il corpus cos pre-trattato stato analizzato con la metodologia di elaborazione statistica dei dati testuali di Reinert (1995) mediante il software Alceste6, per esplorare gli universi semantici utilizzati dai soggetti nei loro discorsi. Tale software uno strumento di statistica testuale che consente di classificare gli enunciati di un testo sulla base delle co-occorrenze di parole, cio del loro comparire in associazione, allinterno degli enunciati stessi e di organizzarli entro specifiche classi. Si tratta non di studiare le distribuzioni statistiche delle parole in differenti corpus, ma di studiare la struttura formale delle loro co-occorrenze negli enunciati di un determinato corpus7. Obiettivo di Alceste di analizzare la struttura interna del testo stesso, attraverso lo studio della distribuzione delle parole 278 e nello specifico dellassociazione tra parole nelle diverse parti di un testo, evidenziando i diversi mondi lessicali di un particolare corpus, che a loro volta rimandano a dei luoghi mentali investiti dai soggetti-enuncianti per costruire e comunicare il proprio punto di vista. Inoltre, interessante sottolineare che la nozione di mondo lessicale, implicando un punto di vista, rinvia, quindi, alla nozione di soggetto-enunciante. Questa metodologia stata integrata da una rielaborazione dellanalisi fattoriale (Kim e Mueller, 1978) prodotta da Alceste stesso, attraverso la quale si proceduto, poi, ad estrarre e ad interpretare i fattori significativi che a nostro avviso collegavano gli universi semantici evidenziati. Il corpus testuale Femminielli: denominazione, descrizione e interpretazione delle classi semantiche Dallanalisi statistica dei testi delle quindici interviste raccolte sono emerse sei classi semantiche, cos di seguito denominate, descritte ed interpretate. La prima classe, che abbiamo denominato CONFLITTO RISPETTO ALLINTERVENTO, caratterizzata da forme specifiche che fanno riferimento al tema dellintervento di riassegnazione chirurgica dei caratteri sessuali. In particolare se ne parla in termini conflittuali, da un lato come di qualche cosa desiderata, sperata perch in grado di dare una presunta felicit attraverso un poter fare ma, al contempo, dallaltro lato, come qualche cosa di temuto in quanto rischiosa e soprattutto irreversibile poich porta via parti di s e per questo non attuata. Inoltre il riferimento ad una significativa oscillazione tra i poli dellessere e dellavere, cio dellessere ci che si contrapposto alla possibilit di avere un nuovo corpo attraverso la chirurgia. Ci che importante sottolineare che questa prima classe si configura come una riflessione 279 aperta rispetto ad una tematica centrale per soggetti con varianza di genere, e cio quella della possibilit di ricorrere o meno alla chirurgia estetica in generale e a quella di riconversione dei caratteri sessuali nello specifico. In particolare emerge forte, sul piano conscio, lidea che la riconversione dei caratteri sessuali non consente di diventare donna, perch non permette comunque la possibilit di procreare, come se la dimensione precipua da ascrivere al femminile fosse, nella loro fantasia, principalmente quella della maternit. Dietro questa idea condivisa si nasconde un desiderio ambivalente di trasformazione e di rinascita, frenato dalla paura di perdere parti fondanti della propria identit. Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici di questa classe, emersi dallanalisi computerizzata dellintero corpus delle interviste: ... da pazze farsi lintervento e poi non ha senso tanto non diventi femmina e i figli non li puoi fare e allora meglio rimanere cos come si . E poi non vero che se non ti operi sei meno femmina, tanto femmina non lo puoi mai essere allora meglio essere come sei senza pensarci troppo e poi soprattutto godersi la vita facendo le proprie scelte... ...piccoli interventi che mi sono fatta e ora non cՏ la faccio pi voglio stare tranquilla e godermi quello che tengo. Perch se invece lintervento te lo vuoi fare in una struttura pubblica allora devi fare tutta una cosa lunga che poi alla fine ti stanca e non ne puoi pi e allora meglio cos come sto... ...pure per questo io ho deciso di non operarmi perch comunque dei figli non li puoi fare e allora tanto vale che rimani come sei e io sto bene cos e speriamo di stare bene cos ancora per molto... ...no andava bene cos perch tu puoi vivere quello che senti anche cos come sei ed da pazzi fare loperazione perch poi che rimane mica divieni una donna. Perch secondo te 280 quelle l operate veramente non la sanno la differenza con le vere donne e secondo te i clienti che vanno con loro e si giustificano dicendo che vanno con delle donne non lo sanno che sono maschi e non femmine... ...e poi se ti devo dire la verit ho paura assai dellanestesia, perch troppo lunga e poi non so dopo che succede. Invece io sto bene cos sono femmina abbastanza, e poi guarda che petto che tengo... ...perch anche io adesso non voglio questo cambiamento con lintervento perch gi sono e vivo come una femmina. E poi a dire tutta la verit quelle come me non possono mai essere donne completamente perch cՏ il problema che comunque non sar mai possibile fare dei figli e allora che senso ha farsi lintervento, secondo me nessuno... ... importante avere un po di fede e io credo molto e in tutte le cose mi affido a Dio e forse lui alla fine ha fatto in modo che non mi dovevo operare... ...accorgono di me e pensano che io sono una donna veramente, ma non cos perch non mi sono mai operata e non credo che lo far, neanche i seni mi sono rifatto nel senso che bastato prendere gli ormoni e il seno cresciuto di per s guarda come sono femmina, non mi voglio operare mi vado bene come sono e poi tutti mi scambiano per una femmina e qual il problema... ...essere ottimista e poi credo che se Dio mi ha fatto nascere cos una ragione ci sar pure se no che senso ha, comunque non so, so che sono cos e che non cՏ niente da fare tanto vale cercare di godersela la vita... ...da spiegare, non so come dirti una situazione complicata e difficile da spiegare comunque ora sto bene cos almeno per il momento e non penso di fare altri interventi tranne lelettro-depilazione e perch pi te ne fai e pi alla fine i peli spariscono completamente dal corpo e questo importante 281 perch se no devi stare ogni volta con la ceretta e la pinzetta ed una schiavit.... La seconda classe che abbiamo denominato RAPPORTO CON IL QUARTIERE, costituita da forme caratteristiche che rimandano ad una descrizione di azioni e relazioni quotidiane nel proprio contesto di riferimento. In particolare sembra emergere una modalit di rapportarsi al proprio contesto caratterizzata da marcato esibizionismo, spettacolarit, seduttivit, essere guardati, congiunta ad un bisogno costante di prepararsi, di apparire per affrontare una vita quotidiana che vissuta come spettacolo. I rapporti interpersonali sembrano improntati a dinamiche quali invidia, gelosia, seduttivit, aggressivit, venalit, divertimento, festosit, il tutto in una cornice sociale caratterizzata da una forte aggregazione comunitaria. Questa classe sembra ricostruire e tracciare un profilo di vita comunitaria peculiare di questi soggetti, piuttosto vivace e articolata, anche se prevalentemente connotata da dinamiche interpersonali in negativo quali appunto, come si detto precedentemente, aggressivit, invidia, gelosia, scandita inoltre dallimperativo categorico dellapparire ad ogni costo perch si ҏ attraverso lo sguardo dellaltro. Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici di questa classe: ... la gente ti rispetta e non succede niente salvo poi qualche gelosia che sempre pu capitare nella vita. Sono fortunata perch tengo un bel gruppo di amici che scendono con me pure a via Toledo come le mie amiche Luciana e Carmela e non si fanno problemi, loro non tengono nessun problema a farsi vedere con me... ...una merceria che poi vende pure biancheria e ogni tanto li vado a trovare e capita pure che se sto un po libera a volte in alcuni periodi dellanno come sotto Natale gli d una mano e mi guadagno la giornata e poi un lavoro bello... 282 ...solidariet e comunque pur essendo straniera e diversa andato tutto bene e pure mo tengo tante amiche e amici. Vedi per esempio ci sta Luciana e Carmela che vengono tutti i giorni a giocare a carte con me e poi ci andiamo a fare un giro per via Toledo a vedere i negozi sotto al braccio e non ci stanno problemi, vedi ... ...costruire nella mia vita, la mia casa, la mia famiglia e qualche amico che mi vuole bene. E poi perch no, quando capita lavventura me la prendo perch ancora gli uomini si girano quando mi vedono e poi soprattutto quando sto tutta bella riposata e preparata e devi vedere quanti uomini mi cercano e mi vogliono e questa cosa bella assai... ... e poi farei venire pure le signore del mio quartiere a far vedere quello che sono capace di fare. vero nel mio quartiere e nel mio palazzo mi rispettano, per a volte me ne accorgo che sotto sotto cՏ un po di invidia per quelle come me perch siamo libere e non teniamo marito e figli, abbiamo pi tempo per noi, ci sappiamo preparare e vestire e se vogliamo possiamo essere pi... ...soprattutto mi piace e mi consente di vivere abbastanza in tranquillit. E poi il lavoro mi d soddisfazione perch tengo un sacco di clienti affezionate che fanno la fila o aspettano anche tanti giorni pur di farsi fare i capelli da me, e poi sono proprio brava... ...e ci divertiamo un sacco insieme, facciamo tante cose, sono una buona compagnia per me e io per loro e ci aiutiamo come possiamo e anche economicamente se tengo un problema che per esempio devo pagare... ...poi siamo noi che vogliamo prenderci ai loro mariti e non sanno che sono loro stesse che se si trascurano perdono i mariti. Perch poi tu luomo te lo devi pure coltivare altrimenti che fai, che succede che rimani con le corna in testa e quante ne conosco che stanno piene di corna perch non si sanno tenere i mariti e non sanno farli divertire come sappiamo fare... 283 ...vedi il nostro gruppo costituito da me e da lui che gay si chiama le Nuove Lucciole, e lui sembra un uomo e poi si trasforma durante lo spettacolo. Poi a volte quando mi capita lavoro anche da solista, cio da sola, vado a fare qualche serata tipo tombola o nei ristoranti o nelle case private, e faccio divertire molto perch poi mi preparo... ...e poi vedi nella mia casetta ricevo la sera un sacco di amici e soprattutto amiche sincere che mi vogliono un sacco di bene, mentre ho poche amiche trans come me, non mi trovo con le altre trans, perch se ne salva qualcuno che come me.... La terza classe, denominata LA FAMIGLIA, si articola in una narrazione delle dinamiche familiari caratterizzate prevalentemente da distacchi, traumi, perdite, lutti, preoccupazioni e da unorganizzazione familiare stessa piuttosto estesa ed allargata, in cui per si osserva unassenza dinamica della funzione paterna e dove il maschile ridotto a ruolo di marito, fidanzato o zio. Ci che sembra importante sottolineare che in questa classe prevale una narrazione dei rapporti familiari caratterizzata da madri forti e in generale da figure femminili energiche che si offrono come allettanti poli di identificazione in contrapposizione allassenza del padre e a figure maschili svilite e deboli. Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici di questa classe: ...il rapporto con mamma buono, ma ora si fatta vecchia e si sta un po scemendo, per con lei sta mia sorella sposata, lultima figlia che non teneva la possibilit di comprarsi una casa perch il marito non guadagna molto e lavora saltuariamente come operaio e allora sta con mamma a casa, gli fa i servizi, la accudisce e in cambio mamma la aiuta con la... ...mia mamma abita qui sopra, due palazzi prima di questo e con lei ci sta mia sorella con il marito ed il figlio. E mia mamma per esempio non voleva che io stavo con il mio ultimo fidanzato perch aveva capito che era un buono a nulla 284 e che sfruttava il mio lavoro sulla strada me lo aveva detto che lo dovevo lasciare stare che... ...bella bionda alta era veramente una bella donna e soprattutto era forte, molto forte, lei che era rimasta vedova giovane ed era riuscita a portare avanti una famiglia con quattro figli e li ha cresciuti tutti, tra cui mia mamma... ...po mi arrangio. Io vivo con mia madre che non sta tanto bene con la salute, mia mamma ha lavorato una vita intera per mantenere a me e ai miei fratelli, siamo cinque figli, io sono lultimo, prima di me ci stanno due sorelle sposate... ...ed un problema perch lei prima stava veramente bene, teneva la casa di propriet e poi ora sta aspettando pure due gemelli e il marito che uno buono a fare niente e allora a me mi fa piacere darle una mano lei lultima e tiene... ...mio zio continu finch mio padre ebbe un incidente in Germania e ritorn definitivamente a Napoli e da allora ha avuto una pensione di invalidit e io sono ritornata a casa con lui finch non me ne sono andata via di casa intorno ai... ...e poi sto bene anche con la mia famiglia, vedi ho due sorelle femmine e quattro maschi, e ho perso una sorella lanno scorso, li frequento, loro quando possono vengono da me... ...sono la quinta figlia, e ci stanno tre maschi e una femmina prima di me, sto a casa con mamma e con il mio fidanzato da quando morto pap che proprio non accettava la mia posizione, perci solo allora sono andata a casa da mia madre... ...poi io gli feci una domanda per laccompagnamento e dopo un anno ha avuto questaccompagnamento, e allora aveva raddoppiato la sua pensione. E io una volta le dissi mamma senti io non ti ho mai chiesto niente, perch logicamente tu con una pensione devi gestire tante cose, e devi fare una volta ad uno una volta ad un altro, non mi sono mai permesso, e mi sono sempre arrangiato... 285 ...mia mamma ora abita con una mia sorella e io ho affittato un appartamento, dove vivo con il mio fidanzato. Io e il mio fidanzato la domenica andiamo a mangiare fuori, una volta dalla sua famiglia una volta con le mie sorelle, stiamo abbastanza bene insieme.... La quarta classe denominata VITA AL MARGINE, caratterizzata da forme specifiche che fanno riferimento agli aspetti pi problematici legati alle peculiari scelte esistenziali e professionali di questi soggetti. Viene decritto un contesto, che anche quello del lavoro sui marciapiedi, della prostituzione, della notte, caratterizzato da violenza, droga, delinquenza, ma in cui sembra potersi cogliere una grande umanit e in cui sembrano destreggiarsi con disinvoltura e una certa autoironia per sopravvivere. Soprattutto sembra emergere il senso di una degradazione dellodierna realt contestuale di riferimento. Ci che importante sottolineare che questa classe si caratterizza proprio per la consapevolezza espressa di un disfacimento dellodierno contesto sociale di riferimento, di un oggi multiproblematico e pericoloso cui non si riesce a dare un senso rispetto ad un passato un po idealizzato, connotato prevalentemente da una dimensione ludica, giocosa e pi serena, associata anche alla trascorsa giovinezza. Questa quarta classe era originariamente accorpata alla prima classe denominata CONFLITTO RISPETTO ALLINTERVENTO. Questaccorpamento sembrerebbe indicare, inoltre, che loscillazione verso la probabile decisione di un intervento di riconversione chirurgica dei caratteri sessuali sia il portato dello sgretolarsi di un contesto sociale fondamentale per unidentit quale quella del femminiello, fortemente connotata in senso sociale, come una sorta di gesto estremo rispetto ad un sociale che non sostiene pi e che risulta inspiegabile nelle sue veloci trasformazioni. Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici di questa classe: 286 ...ora si sparano solo, si uccidono come se niente fosse e poi cՏ la droga che ha rovinato tutto e non si capisce pi niente ora la gente pensa solo a farsi la droga... ...semplice e cera pi voglia di vivere e di divertirsi. Allora cerano un sacco di locali pure qui ai quartieri o non lontano e la gente si voleva divertire, si usciva cera rispetto di tutti, e di tutto cera una bella atmosfera mica come oggi... ...molto pi vivace e animata, oggi non ci sta pi niente a parte la droga e questo oggi Napoli. Oggi quello che ha rovinato tutto la droga, prima magari si beveva, si giocava, oggi si uccidono, si sparano, si accoltellano e stanno pieni di droga e non si capisce pi niente... ...ho avuto anche delle rapine brutte proprio e cos ho imparato che meglio stare molto attenti. Prima si prendevano i soldi e al massimo ti facevano una mazziata, oggi no, pi pericoloso, ti sparano per niente, ti puntano la pistola o il coltello e che fai pi, oggi lambiente della strada di notte proprio brutto... ...perch io mi ricordo che Napoli una volta era diversa e la gente teneva sempre voglia di divertirsi non come ora che non si capisce pi niente. Che ti sparano e non sai nemmeno il perch oppure non te ne accorgi nemmeno, no oggi non si capisce proprio niente. Una volta la gente a Napoli si voleva divertire, voleva vivere e Napoli era una citt di notte... ...purtroppo il tempo passato, Napoli cambiata, noi siamo cambiate, la gente cambiata, le cose intorno sono cambiate, e i soldi come si facevano prima ora non si fanno pi, e da quando cՏ leuro non si capisce pi niente, perch adesso un euro ha il valore di mille lire e non ci troviamo pi con niente... ...io nella mia vita ho avuto tanta violenza proprio come altre, tante mazzate ma pure parole brutte che sono peggio di una mazziata... 287 ...oggi non cՏ pi niente oggi la gente scappa, ha paura, oggi non cՏ rispetto, niente, non trovi niente di interessante non ci sono locali, prima no cerano locali aperti tutta la notte continuamente e la gente si divertiva assai, io me lo ricordo... ...per ora anche lambiente e gli incontri non mi interessano pi anche perch sono diventati pericolosi, pieni di gente cos che invece di divertirsi si spara, non si capisce pi niente. CՏ anche troppa violenza dovuta anche alluso troppo esagerato della droga di oggi... ...non penso che solo un fatto di casi, non possibile, ci stanno sicuramente altre cose, io tengo una confusione generale. Non so pi che altro dirti.... La quinta classe, denominata LINFANZIA, costituita da forme caratteristiche che rimandano ad una narrazione della propria infanzia quale realt segnata dalla dimensione della diversit, connotata da vissuti di colpa e sofferenza e in cui si coglie il tema del confronto con gli altri bambini oltre che con i genitori e in generale con il mondo degli adulti. Questa quinta classe, in cui si declina il racconto della propria infanzia come caratterizzata dalla diversit, era originariamente accorpata alla terza classe LA FAMIGLIA, in cui, come si visto precedentemente, si parla della famiglia, con la differenza che in questa quinta classe sembra emergere, in modo chiaro e inequivocabile, la figura del padre a cui si associa probabilmente un vissuto di persecuzione, di punizione e di colpa. Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici di questa classe: ...mi ricordo che quando ero ancora pi piccolo mio padre mi prendeva a botte ogni volta che mi vedeva giocare con le bambole di mia sorella e mi diceva meglio morto che perduto e mi riempiva di botte e poi mi regalava sempre scatole di... ...io volevo la bambola di mia sorella, giocavo con le bambole di mia sorella, volevo le cose delle donne e stavo sempre 288 in mezzo alle donne. Poi mano a mano ad otto anni nove anni io mi sentivo diverso, cio, io e mio fratello avevamo la stanza insieme no, e se io mi dovevo spogliare davanti a lui no... ...eppure mio padre era un tipo debole senza tanto carattere, invece mia mamma sempre stata molto forte e io stavo sempre con lei e soprattutto mi sentivo dominato da lei e poi la copiavo... ...alla scuola elementare era un casino perch io volevo stare sempre con le bambine perch mi trovavo di pi, volevo giocare con loro ma poi gli altri mi prendevano in giro. E poi mi ricordo che le maestre se ne accorgevano che cera qualcosa che non andava e una volta una maestra ne ha parlato a mia mamma ma mia mamma ha detto che non era niente anche perch teneva paura di mio padre che quando si incazzava... ...mi ricordo che facevo di tutto per andare in questa casa, avevo otto anni e mia madre non voleva che ci andavo, ma invece ero sempre l, mangiavo con loro e la signora non mi diceva niente, io mi mettevo a fare la cucina, a lavare i piatti... ...quando stavo a casa con mia mamma e con mio padre andavo con mia mamma. In quel periodo cera anche una mia sorella a casa e in quel periodo mio pap lavorava al Circolo Canottieri vicino la piscina e guadagnava bene, molto bene e non ci faceva mai mancare niente... ...quella maestra mi voleva molto bene anche perch io non andavo molto bene a scuola, anche perch lavoravo perch poi ero un caso bisognoso, allora uscivo dalla scuola e andavo in fabbrica a lavorare nella fabbrica di borse per guadagnare settemila lire alla settimana che davo a mia mamma, avevo sei- sette anni, per aiutare mia mamma e mio padre... ...ma mio fratello mi ha sempre trattato male perch per colpa mia la gente parlava di noi e ci prendeva in giro, ma a me non me ne frega niente, anche perch erano altri tempi ora va tutto meglio... 289 ...perch diceva io per te non voglio soffrire cos come ho sofferto per mia sorella. Invece mio cugino, il figlio di questa sorella di mio padre, che lavora in societ con me per la gestione di questa attivit a maschio, gay, e non si mai travestito per colpa della mamma, perch lui era molto innamorato della mamma... ...piccolo e mi travestivo e mi comportavo in modo effeminato eppure i miei fratelli mi prendevano in giro perch dicevano che io poi ero ricchione e queste cose qua e non stato facile.... La sesta classe, denominata COSTRUZIONE DELLA PROPRIA IDENTIT AL FEMMINILE, rinvia direttamente alle tappe della costruzione di una presunta identit al femminile, attraverso la realizzazione di una nuova immagine corporea mediante anche il travestimento, lassunzione di ormoni, la chirurgia estetica, che conferiscono una marcata visibilit e che confluiscono nellesperienza, inevitabile per molti di questi soggetti, della prostituzione. Sembra, inoltre, che la costruzione di una identit al femminile debba passare per unesperienza di allontanamento dal proprio ambiente dove la completa trasformazione non sembra possibile cui segue, tuttavia, un veloce ritorno. Questultima classe appare in definitiva incentrarsi, in modo particolare, anche, soprattutto, intorno alla tematica prostituzione come suggerito da un ampio utilizzo del termine in tutte le sue pi svariate articolazioni e declinazioni, evidenziando la centralit di qualche cosa che non tanto e solo incidente di percorso, ma esperienza sentita e necessaria nella propria identit. Di seguito riportiamo alcuni frammenti di testo caratteristici di questa classe: ...che non erano femmine e facevano la prostituzione, facevamo credere che eravamo femmine e allora ci divertivamo un mondo. In quel periodo ai Quartieri ci stavano tutte 290 femmine ed erano tutte veramente belle anzi erano bellissime e poi cerano quelle come me che comunque tenevano il loro mercato ma gli americani non se ne dovevano assolutamente accorgere... ...vedi io col mio lavoro sulla strada ho fatto tanti soldi, tanti tanti, tenevo i cassetti pieni di soldi, di oro e di orologi che mi lasciavano gli americani che poi mi volevano sposare per io non ho mai curato i soldi e ho sempre fatto campare tutti, tutti quelli che mi stavano intorno davo a chi potevo e aiutavo sempre se mi era possibile qualcuno... ...mica allora cerano le strutture che ci sono oggi con i medici che ti seguono. Allora allinizio degli anni Ottanta si facevano e basta e io mi ricordo che cera una vecchia trans esperta proprio qui ai Quartieri Spagnoli e sul suo consiglio ho iniziato a prenderli... ...a venti anni mi sono fatto il seno e speravo prima o poi di farmi lintervento completo ma poi mi sono fermata qua perch ci volevano troppi soldi e io non li avevo... ...e cos e io mi ricordo quando ero pi giovane e mi prendevo gli ormoni dalle altre trans pi grandi ed adulte mi ricordo che vedevo la vita che queste facevano e qui a Napoli... ...ho iniziato gli ormoni a diciotto anni, erano gli anni Ottanta e allora non cera la possibilit di essere seguite da un medico, cerano solo i consigli dati dalle amiche oppure la possibilit di vedere sulle altre e poi ti regoli tu... ...e gli uomini e tenevamo un basso in due dove ci prostituivamo e allora era molto bello a Napoli. E poi cerano un sacco di militari americani, questi ragazzi molto belli che venivano e si volevano divertire e allora andavano da quelle come me per divertirsi un mondo ed stato un bel periodo e poi era un periodo... ...mi ricordo ancora che mi procuravo gli ormoni sottobanco, attraverso il mercato nero, attraverso alcune amiche 291 trans pi anziane e pi esperte di me e poi li prendevo di nascosto nelle cabine delle foto tessera che tanti anni fa stavano a piazza Carlo III... ...comunque, poi, in quel periodo a Napoli ho conosciuto unaltra come me e abbiamo cominciato a vivere insieme, abbiamo preso un basso qua al quartiere, allora siamo andate a vivere l e poi abbiamo deciso che dovevamo provare ad andare pure a... ...e questa strada era piena zeppa di donne bellissime e con tutto che io allinizio ero magrolina e ci stavano invece delle donne bellissime che si prostituivano qui comunque lavoravo tantissimo e avevo un sacco di clienti veramente assai.... Discussione e conclusioni I dati ottenuti sono stati ulteriormente elaborati, individuando, a seguito di analisi statistiche e di relativi controlli di attendibilit8, due fattori fondamentali in grado di spiegare le relazioni tra le sei classi appena descritte ed interpretate: IDENTIT e CRISI. Levidenziazione di un asse fattoriale dellIDENTIT che si dipana tra soggettivit e socialit e di un asse fattoriale di CRISI che nel tempo scorre da uninfanzia poli-traumatica e da peculiari relazioni familiari al disagio attuale pu essere interpretata come conferma implicita del fatto che i femminielli costituirebbero un gruppo sociale omogeneo che presenta una propria identit gruppale riconosciuta socialmente, per i quali lintervento di riconversione chirurgica dei caratteri sessuali pi che un elemento costitutivo di un processo identitario fantasticato in via difensiva specularmente ad una condizione di vita sociale e comunitaria critica e marginale, in quanto attualmente in deterioramento. In particolare, osservando pi attentamente tutti gli elementi emersi, si conferma lidea che lidentit di questi soggetti sia stabilmente giocata nel rapporto indivi 292 duo-societ. Pertanto lintervento di riconversione chirurgica dei caratteri sessuali di cui pure parlano, non sembra costituire un elemento essenziale nelle loro dinamiche identitarie. Si caratterizzerebbe, piuttosto, come reazione difensiva, espressione di una crisi rispetto ad un sociale che si sgretola e a cui non si riesce a dare un senso. Ci confermerebbe lassunto che il fenomeno dei femminielli sia pi correttamente inquadrabile nellambito del transgenderismo che nel transessualismo in senso stretto, configurandosi come lincarnazione di un terzo genere che si sempre dipanato tra un forte convincimento soggettivo associato ad un processo di metamorfosi e trasformazione de visu e un sociale accogliente e pronto a significare unalterit, grazie ad un patrimonio socio-antropologico e culturale stratificato nei secoli. Questo patrimonio ha conservato e portato sempre in superficie elementi arcaici di valorizzazione rituale del femminile come dimensione positiva, che, pur trovando origine nella potenza generativa della donna, si stilizzato in una forma esteriore e di ruolo fino ad arrivare a prescindere del tutto dalla capacit generativa della donna stessa. Di questultima se ne conserva per il ricordo e se ne perpetua il valore attraverso quella mimesi che ripropone prima il matrimonio poi la figliata di alcune rappresentazioni tipiche dei femminielli napoletani. Forse i femminielli, con il loro complesso mondo fatto di travestimento, ambiguit, superamento fluido delle barriere sessuali che attinge al grande serbatoio della cultura napoletana, intesa come arcaica, popolare, tradizionale, capace di grande tolleranza ed apertura, contenitiva e conciliante, in grado di conservare ambivalenze e contraddizioni e di realizzare impossibili integrazioni, vivono, oggi, una profonda ed intrinseca trasformazione mantenendo continuit ed evidenziando differenze (Di Nuzzo, 2009). significativo in questa direzione, che il forte senso didentit come terza opzione di genere, n maschile n 293 femminile, sia pi presente nei soggetti pi anziani e radicati in quel territorio cittadino pi tradizionalmente legato alla presenza e alle varie manifestazioni di vita dei femminielli e anche noto come Quartieri Spagnoli. Mentre nei soggetti pi giovani, presenti prevalentemente negli altri due quartieri considerati (Avvocata e Sanit), sembra pi evidente la dimensione della crisi attuale manifestata attraverso una percezione di vita al margine collegata al conflitto rispetto allintervento. Ci spinge a ritenere che in realt questo terzo genere, attualmente, viva una crisi profonda molto probabilmente collegata allo stravolgimento del tessuto sociale e culturale dei tradizionali quartieri di appartenenza. Anche a seguito del terremoto del 1980 e dei conseguenti cambiamenti sociali occorsi, lequilibrio legato alla vecchia struttura del vicolo napoletano sembra essersi rotto (Di Nuzzo, 2009). Inoltre non sono trascurabili gli effetti dei processi di globalizzazione economici e della cultura, anche attraverso la capillare diffusione delle nuove reti mediatiche. uno stravolgimento che potrebbe non consentire pi a unidentit altra di trovare una sponda di sostegno e in grado di significarla sul piano relazionale, sul piano della gratificazione esistenziale, nonch su quello dei rapporti socioeconomici, a meno che non si mettano in atto dei meccanismi di adeguamento idonei a recuperare elementi identitari e funzioni sociali. Questo tipo di identit si sta deteriorando perch si sta sgretolando quel particolare habitat socio-culturale che sempre stato parte notevole e fondamentale nella percezione di unidentit compiuta anche se altra. Questo habitat ha sempre consentito ai femminielli la libera espressione di tutta una serie di manifestazioni ritualizzate tipiche e la possibilit di conciliare lesercizio di attivit nelle quali potevano confluire e con-fondersi ruoli maschili e femminili per dar luogo ad espressioni di vita sui generis, in quanto soggetti altri. 294 Alterit termine trasversale ai diversi approcci disciplinari, si riferisce ad entit, situazioni e a concetti dei quali si vuole mettere in evidenza il carattere relazionale e insieme di contrapposizione polare rispetto ad entit, situazioni o concetti presi come punto di riferimento, quindi come da altro da s. Per lindividuo legata alla possibilit della distinzione e sul piano psicoanalitico rimanda alla costruzione del s che consente al bambino di uscire dalla simbiosi col materno, realizzando lindividuazione che intanto ha luogo se si attua nella relazione. Per i gruppi sociali lalterit la qualit dellaltro, cio lout, quello che sta fuori e che non partecipa del gruppo stesso in quanto non ne presenta le caratteristiche previste e codificate. Sul piano dei comportamenti, laddove per motivazioni di varia natura prevalga questa valenza dellout, cio del fuori, emergono dinamiche di esclusione e di emarginazione, mentre, se scattano dinamiche di inclusione e di sostegno, laltro mantiene la differenza ma acquisisce, allinterno del gruppo, anche la funzione. in questultimo senso che si usa lespressione identit altra, cio di unidentit diversa ma funzionale rispetto al gruppo. Quando per per unidentit altra, gi portatrice di per s di una situazione esistenziale problematica, viene meno linclusione e il sostegno del contesto, i processi di disgregazione e di trasformazione o processi di crisi sociale o di rifiuto innescano per essa processi di deterioramento. In poche parole unidentit, quella deteriorata, che non si sostanzia pi della linfa relazionale e si disancora da uno specifico contesto: il caso, per esempio, di tutte quelle identit diverse e che rispetto a rigidi canoni di natura socioculturale non hanno, spesso, riconoscimento n funzione. Secondo questo schema lanziano emarginato che diventato di peso per la famiglia, oggi, praticamente, rischia di diventare unidentit deteriorata cos come stato o 295 potrebbe essere il disabile o lammalato psichico in determinati contesti e/o momenti storici. Potremmo in definitiva dire che il primo fattore fondamentale emerso dalla ricerca ci parla di unidentit altra, diversa ma funzionale, in grado di svolgere i suoi compiti. Il secondo fattore fondamentale rivela la presenza sottostante del deterioramento attuale di tale identit legato a uno stravolgimento in corso del contesto socioculturale di riferimento. Tale deterioramento, trovando il suo punto di innesto in unesperienza dellinfanzia poli-traumatica e caratterizzata da peculiari configurazioni familiari, ne riattiva le dinamiche e sollecita processi di riassetto dellidentit che possono sfociare in soluzioni impossibili. In questa ottica i due fattori principali, cio IDENTIT e CRISI, possono essere interpretati anche come proiezioni attraverso i discorsi, rispettivamente dello spazio e del tempo psichici, tenendo conto di unidea freudiana sul tempo psichico stesso e sullatemporalit dellinconscio. Gli sviluppi psichici hanno una peculiarit che non si riscontra in alcun altro processo evolutivo [...]. Nellevoluzione psichica le cose procedono in modo affatto diverso; e la situazione, non comparabile con altre situazioni, pu essere descritta soltanto dicendo che ogni fase evolutiva precedente continua a sussistere accanto alla fase successiva a cui ha dato luogo: la successione comporta anche una coesistenza (Freud, 1915)9. singolare come Freud metta insieme per il tempo psichico le due qualit che Leibnitz e il razionalismo in generale indicano come rispettivamente caratteristiche del tempo e dello spazio fisico, vale a dire la successione e la coesistenza. In questa straordinaria commistione Freud individua lessenza della malattia mentale che non distruzione della vita psichica ed intellettuale, ma un ritorno a condizioni anteriori di vita affettiva e di funzionamento psichico10 che continuano a coesistere con le acquisizioni e le fasi evolutive successive. Quin 296 di latemporalit dellinconscio non consiste tanto nellassenza del tempo, quanto piuttosto in un modo diverso del tempo di rapportarsi allo spazio. Se lo spazio lordine della coesistenza degli eventi e il tempo lordine della successione degli stadi di coesistenza, sul piano fisico impossibile che coesistano nello stesso luogo eventi di tempi diversi come impossibile che esistano nello stesso attimo gli eventi che si verificano nel medesimo luogo. Invece, sul piano psichico, avviene la compresenza e la compenetrazione di eventi che appartengono a tempi e a spazi diversi. Quello psichico, quindi, uno spazio-tempo sui generis che ibrida coesistenza e successione, nel quale si danno insieme progressione, fissazione e regressione, sviluppo e conservazione, pulsione di vita e coazione a ripetere. Questa compresenza e questa compenetrazione di eventi consentono da un lato la riformulabilit del passato e dallaltro lattivit allinterno dellindividuo di tutti i vissuti che sono maturati nellarco della sua esistenza, che talora possono anche essere stati rimossi, ma che, conservando la loro carica energetica, possono tornare o ritornare ad agire nel tempo corrente. Ci determina lesigenza di un continuo riassetto dinamico dellidentit. Laddove ci sono elementi non tradotti di altre epoche della vita o parti scisse non sufficientemente integrate nel soggetto nasce la crisi nel riassetto identitario che si rivela come deterioramento della persona. Pertanto il deterioramento cui si fa riferimento nellanalisi relativa alla condizione attuale dei femminielli, non ha tanto il significato solito di realt che si guasta perdendo progressivamente le sue caratteristiche, ma piuttosto quello di un ritorno a condizioni anteriori di vita affettiva e di funzionamento psichico, a causa, secondo la nostra ipotesi, di un mancato riassetto identitario nel rapporto con un sociale in trasformazione non pi significante. Si conferma, per questi ultimi aspetti, lincidenza di tutta la complessa rete di elementi evidenziati dalla 297 letteratura psicoanalitica sulla genesi e sulla strutturazione delle disforie di genere (Lacan, 1958; Stoller, 1968, 1975, 1985; Ovesey e Person, 1973, 1974, 1983; Czermak, 1986; Oppenheimer, 1992; Chiland, 1997; Di Ceglie, 1998). Sembra, inoltre, che sia in qualche modo utile al nostro discorso quanto scrive Molfino (2003): La liberazione dai ruoli sessuali e la necessit di trasparenza ha portato in evidenza il corpo nudo, che diventato il portatore non pi del sesso biologico, ma del genere sessuale, che una volta era affidato al vestito. Il corpo ha quindi inconsapevolmente subito le leggi dellabito. Per essere un mediatore tra lindividuo e la collettivit, la pelle si trasformata in una stoffa soggetta agli interventi di taglia e cuci. Le operazioni di chirurgia plastica e di rimodellamento sono ormai diffusissime tra donne e uomini. Le operazioni di travestimento di oggi hanno a che fare con il corpo piuttosto che con il vestito: sono diverse le immagini che si cercano: o unimmagine di s fuori del tempo, dellinvecchiamento, o unimmagine di un angelo senza sesso o limmagine di un ermafrodito...11. Quindi nellattuale contesto di una globalizzazione che non risparmia a diversi livelli nessun genere sessuale, il travestitismo locale dei femminielli, che era la soluzione transgender tipica adottata da questo gruppo di soggetti per risolvere il proprio dramma identitario grazie a un sociale compiacente, rischia di sfociare in un travestitismo totale del corpo, attraverso le cure ormonali e la chirurgia tese a realizzare il desiderio impossibile di diventare donna. In tal modo, come sostiene Garber in Interessi truccati (1994), si perderebbe anche la dimensione creativa caratteristica di una posizione intermedia, n maschile n femminile. Secondo lautrice, infatti, senza il travestitismo non pu esservi cultura. Il travestito, il terzo ci che non n maschile n femminile, che non si lascia ricondurre n ridurre a queste categorie, e che eccentrico (De Lauretis, 1999), 298 come sono stati e continuano in parte ad essere i femminielli, per Garber alla base della creativit, del superamento dello schema binario che ha condizionato il pensiero e le strutture dellorganizzazione socio-politica del mondo occidentale. Se tutto questo era vero una volta, oggi cՏ il rischio che quel mondo di rottura degli schemi scompaia con tutto il suo valore trasformativo. CՏ anche la possibilit che i femminielli possano rispondere alle trasformazioni in cui sono immersi mantenendo continuit pur manifestando differenze rispetto alla tradizione. Per esempio, grazie allutilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione, spostando la scena di rappresentazione della loro teatralit ridondante dal vicolo al villaggio globale della televisione locale, recuperando visibilit, solidariet e tolleranza condivisa, qualcuno di loro ha effettuato unoperazione di conservazione e di rottura della tradizione assorbendo le novit che avanzano (Di Nuzzo, 2009). In questo modo il rischioso travestimento totale del corpo attraverso la chirurgia, che pure sarebbe apparsa come lunica strada praticabile, stato esorcizzato attraverso un travestitismo mediatico che si rispecchia di nuovo in una comunit accogliente. In definitiva il femminiello, pur tra mille difficolt esistenziali, conservando la sua particolarissima fluidit di genere, non riconoscendo limiti o regole al riguardo, potrebbe rappresentare ancora oggi, come nel passato, un modo per risolvere i problemi di confine, attraverso un riassetto dellidentit personale che si sposta continuamente, sintesi unica di arcaicit e sorprendente post-modernit. 299 Note 1 Per transgenderismo si intende quella realt di persone che, vivendo unidentit di genere opposta al proprio sesso biologico, non desiderano tuttavia cambiare completamente il proprio corpo, ma vogliono e chiedono di poter esprimere, nei comportamenti e nelle relazioni interpersonali, il sentirsi uomo o donna, al di l della propria struttura anatomica e senza dover essere costretti ad omologazioni di alcun tipo. Il termine sembra, inoltre, avere anche unaltra accezione pi ampia, riferibile a una condizione caratterizzata da unidentit di genere in movimento e che non si identifica stabilmente n nel genere maschile n in quello femminile. 2 un tradizionale gioco da tavolo natalizio originario dellItalia meridionale e tipico della Campania, si basa sullestrazione da un cestino dei numeri da 1 a 90, ad ognuno dei quali associata unimmagine e/o un significato. 3 La legge n. 164 del 14 aprile 1982 promulga le Norme in materia di rettificazione di attribuzione di sesso. La legge consente, non nominando mai il termine transessualismo ma parlando di intervenute modificazioni dei caratteri sessuali di ricorrere allintervento chirurgico di riconversione in seguito a sentenza del tribunale chiamato a valutare la genuinit della richiesta. 4 A tutte le persone incontrate si esprime un riconoscente e grato ringraziamento perch senza la loro paziente collaborazione e sensibilit umana non sarebbe stato possibile raccogliere i dati fondamentali di questo studio. Un caloroso ringraziamento va anche ad Anna Stanco, responsabile dellAssociazione Quartieri Spagnoli, decana di riferimento per tanti lavori di ricerca su campo, la cui grande disponibilit ha consentito un primo indispensabile contatto con alcune delle persone intervistate. 5 Il trattamento del testo preliminare alla sua analisi ha consentito, inoltre, di migliorare la qualit del dato linguistico, cercando di lasciare intatto il sistema di variabilit dei significati, riducendo, per esempio, le ambiguit semantiche, migliorando la monosemia, conservando distinte nel testo le variazioni significative in termini semantici e fondendo le forme che potevano costituire, a nostro avviso, degli invarianti semantici. Il trattamento del testo, preliminare allanalisi informatizzata e al lavoro di interpretazione, ha richiesto, tra laltro, le seguenti operazioni: distinzione tra alcune forme aventi lo stesso significante e significati diversi, disambiguazione di alcune forme grafiche, fusione di due o pi forme aventi differente significante e medesimo significato, fusione semantica, ricorso a poli-formi. 300 6 Alceste (Analyse des Lexemes Cooccurrents dans les Enonces simplex dun Texte) un software per lanalisi testuale dei dati, sviluppato da C.N.R.S. in collaborazione con ANVAR rappresenta un importante strumento per lanalisi automatica dei dati testuali (domande aperte, documenti letterari, articoli di giornali, saggi ed altro). uno strumento di statistica testuale che consente di classificare gli enunciati di un testo sulla base delle co-occorrenze di parole al loro interno e di organizzarli entro specifici clusters (classi). Come tutti i software per lanalisi computerizzata dei dati testuali, Alceste contribuisce a gettare un ponte tra i due approcci della ricerca, quello quantitativo e quello qualitativo; infatti, questo programma su una base di dati qualitativi (le parole) effettua una serie di analisi numeriche e statistiche allo scopo di facilitare la comprensione del contenuto e dellorganizzazione interna del testo analizzato. In particolare, lo scopo quello di quantificare un testo per estrarre le strutture pi significative cos da illustrare le informazioni essenziali contenute nel testo stesso. 7 Reinert M. (1993), Les mondes lexicaux et leur logique travers lanalyse statistique dun corpus de rcits de cauchemars, Langage et Socit, vol. 66, n. 1, p. 9. 8 Per tutti i dettagli relativi alle varie tecniche e procedure statistiche di analisi ed interpretazione dei dati si rimanda a Il fenomeno dei femminielli a Napoli: un terzo genere tra alterit e deterioramento di Eugenio Zito, Tesi di Dottorato in Studi di Genere, Facolt di Lettere e Filosofia, Dipartimento di Scienze Relazionali G. Iacono, Universit degli Studi di Napoli Federico II, 2005, URL: http://www.fedoa.unina.it/view/peope/Zito,_Eugenio.html 9 Freud S. (1915) Considerazioni attuali sulla guerra e sulla morte, in Opere, vol. 8, Bollati Boringhieri, Torino 2008, p. 133. 10 Ibidem. 11 Molfino F. (2003) Cambiare vestito o cambiare corpo? Transessualit: il corpo un vestito per la mente, in Guidi L. e Lamarra A.M., a cura di, Travestimenti e metamorfosi. Percorsi dellidentit di genere tra epoche e culture, Filema, Napoli, pp. 119-120. 301 Bibliografia Belmonte T. (1997) La fontana rotta. Vite napoletane: 1974, 1983, Meltemi, Roma (I ed. 1989). Carrano G. e Simonelli P. (1983) Un mariage dans la baie de Naples, Masques. Revue des Homosexualities, n. 18, pp. 105-115. Chiodi A., Ricciardi A., Santamaria F., Valerio P. e Zito E. (2008) Un adolescente alla ricerca della sua identit: riflessioni teoriche e cliniche sullo sviluppo atipico dellidentit di genere, Psichiatria dellinfanzia e delladolescenza, vol. 75, n. 2, pp. 285-296. Chodorow N.J. (1995) Femminile, maschile, sessuale, La Tartaruga, Milano. DAgostino G. (1998) Il sesso ambiguo. Pratiche e funzioni del travestitismo, Archivio Antropologico Mediterraneo, anno I, n. 0, pp. 93-112. DAgostino G. (2000) Travestirsi. Appunti per una trasgressione del sesso, in Ortner S. e Whitehead H., Sesso e Genere. Lidentit maschile e femminile, Sellerio, Palermo, pp. 11-61. De Lauretis T. 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Quando si parla di femminielli non lo si fa solo di una tipologia o di una categoria, ma di unesperienza e di unessenza, di fatto. Sullantichit di questa figura non intendo soffermarmi, vista lesaustivit delle altre analisi a riguardo presenti in questo stesso volume. Vorrei, invece, esplorare, con lausilio delle essenze che in quasi un decennio di ricerca sul campo hanno condiviso con me le loro riflessioni e soprattutto la loro esperienza di s, il senso che oggi ha assunto il lemma femminiello. In altri termini, chi sono i femminielli oggi? Che cosa si intende con femminiello nella Napoli contemporanea? In primo luogo, bisogna fare un opportuno distinguo tra il livello definitorio dallalto e/o da un punto di vista etico (eterodenominazione) e le esperienze dei soggetti che vivono lesperienza di un s variante, dal basso e/o da un punto di vista emi 305 co (autodenominazione). Le due prospettive, esterna e interna, potrebbero non solo non convergere ma, addirittura, essere in contrasto luna con laltra. Anche nel caso del livello definitorio dallalto, le interpretazioni di questa esperienza del s possono risultare non univoche o date per certe. Da omosessuale effeminato (lasciando da parte, dunque, la questione identitaria1) si passa a transgender (forse la definizione pi accreditata), a terzo genere. Nei casi che intendo riportare attraverso un puntuale riferimento alle interviste raccolte durante la ricerca sul campo femminiello per certi versi sembra sovrapporsi al termine ombrello transgender nel suo includere molteplici esperienze del s. Nello specifico contesto preso in esame, quello del cosiddetto popolino napoletano, difatti, identit di genere (trans-) e sessualit (omo-) sono nozioni non cos ben definite n, tantomeno, irriducibilmente separate tra loro2, per cui femminiello diventa una categoria semantica allargata. Inoltre, femminiello un termine ambivalente; questo, di fatto, pu assumere ora valenza positiva, ora segno negativo, allinterno cos come allesterno della comunit LGBT, divenendo, quindi, una sorta di significante fluttuante. Proprio questultima espressione, coniata da Lvi-Strauss (1950), consente un collegamento con la prospettiva analitica che qui intendo adottare, quella dei queer studies. Il lemma queer , infatti, definito dal filosofo politico Lorenzo Bernini, autore del recente volume Le teorie queer. Unintroduzione, come [] un termine polisemico il cui valore teorico deriva proprio dal fatto di non avere un referente determinato: la sua ricchezza consiste nel dover essere definito a ogni suo uso, o al contrario nel poter essere utilizzato senza essere compiutamente definito (2017, pos. 1585). Queer , dunque, sostiene Bernini, un significante fluttuante (2017, pos. 110), cos come, a mio avviso, oggi venuto a esserlo, anche se in un senso diverso, il termine femminiello3. 306 Il parallelismo tra i due termini, pur con le dovute distanze, mi induce a proporre unanalisi che parta da alcune riflessioni sui e dei queer studies allo scopo di tentare di comprendere il senso e il significato attribuiti oggi al genere femminiello, per riprendere il titolo di questo volume. In molti sensi, oltre che includibili nella categoria ombrello transgender, i femminielli sono senzaltro i rappresentanti di un al tro genere4, ma sono anche soggetti queer o, meglio, genderqueer5. Il caso che riporto qui di seguito, che parte dei miei ap punti di campo, dovrebbe chiarire meglio questo collegamento: Napoli, 8 luglio 2018 Summer Minerva una artista genderqueer di New York, di origini italiane (avellinesi), che qualche anno fa ha lanciato uniniziativa per raccogliere fondi allo scopo di ritrovare la sacralit delle figure come la sua, che incarnano la doppiezza identitaria, attraverso lesperienza dellincontro con Mamma Schiavona, alias Madonna di Montevergine, che da alcuni anni diventata una vera e propria icona LGBT, specie, ma non solo, per la legittimazione dellidentit e dellorgoglio transgender (in questo caso utilizzo il termine nel suo pieno senso di termine ombrello, che include diverse categorie di soggetti gender variant, inclusa quella dei femminielli). Summer ha deciso di venire a Napoli per girare un documentario sullesperienza della ricerca di s a partire dalle sue origini italiane e campane che, nel culto e nella devozione a Mamma Schiavona, trovano nuova linfa e un elemento di conferma. Mi racconta, infatti, di essere venuta in Italia per ritrovare le sue origini (sua nonna materna era di un paese in provincia di Avellino), visto che, nel suo luogo di provenienza, non riusciva a ritrovarsi. Quando, la prima volta che ci vediamo nel gennaio 2018 , le chiedo come si definisce, mi dice genderqueer. Quando la intervisto sei mesi dopo, questa volta 307 dopo un suo soggiorno di qualche mese a Napoli, dove tornata per stabilirsi per un periodo pi lungo in realt indefinito, sottolinea , mi dice che si sente femminella e che anche gli altri la definiscono cos oppure ricchione. Summer mi racconta di aver rilevato come, da parte maschile, si mettano in atto molte volte dinamiche scherzose con lei come se, ma questo glielo faccio notare io, in qualche modo lei incarnasse, appunto, la figura del femminiello, con il quale la popolazione napoletana (specie maschile), in effetti, cos abituata a interagire, col doppio senso in ogni conversazione. Quando le chiedo chi sono i femminielli per lei, mi racconta della difficolt che ha riscontrato qui nelle definizioni e nellindividuare le categorie. Negli USA, mi spiega, tutto molto pi schematizzato e ci sono termini per ogni cosa, per esprimere le identit e le soggettivit. La sua impressione che in questa realt (Napoli) sia quasi impossibile capire a fondo che cosa si intenda quando si parla di femminielli, anche se ha unidea piuttosto chiara del significato di questa figura che, lei, ritiene di incarnare: una creatura a met tra il femminile e il maschile. Aggiunge che la differenza tra femminielli e trans la fa il fatto di modificarsi nel corpo oppure no, di voler sembrare e vedersi come donne oppure no. Quindi, aggiunge, non sono tanto le modifiche del corpo a segnare una differenza tra femminielli e trans quanto il bisogno di apparire come donne. Lei mi spiega che sente la sua parte femminile pi forte di quella maschile, ma che si rende anche ben conto che gli stessi concetti di maschile e femminile, dopotutto, sono costruiti e sono performance; sono, non a caso, espressioni del s. Aggiunge anche che, per, resta il fatto che ognuno ha il diritto di definirsi come vuole e che non cosa buona (mi dice che negli USA ad esempio questo assolutamente da non farsi), decidere chi una persona in base alla sua apparenza, vale a dire, definirla basandosi solo su come quella persona si mostra. 308 Chi sono io per dire a una persona chi ? Se quella persona si sente femminella, anche se io direi che trans, evidentemente si sente femminella. Chi pi di lei pu saperlo? (Summer). Il fondamento del pensiero di Summer si sposa perfettamente con unidea queer del s e pone con forza la questione della necessit del doppio sguardo, esterno e interno; definitorio dallalto, da un lato, e, dallaltro, rivelatore di un sentirsi nella propria soggettivit. Il problema delle categorizzazioni, seppur necessarie al processo stesso di definizione della realt6, , daltra parte, proprio il loro essere costitutivamente riduttive rispetto alla complessit e alla vastit delle esperienze umane e, soprattutto, in molti casi, escludenti. Da questo punto di vista, il pensiero queer pare differenziarsi, per, dal pensiero LGBT, non solo per quel che attiene alle dinamiche categorizzanti, quanto per il fatto che allinterno del pensiero e dellattivismo LGBT spesso si riproducano modelli normativi e gerarchici molte volte escludenti (Valentine, 2007; Bernini, 2017) al fine del riconoscimento sociale attraverso la proposta di unimmagine rispettabile e rassicurante di omosessualit, in primis maschile [] (Bernini, 2017, pos. 1608). Il termine gay, allontanandosi dalla sua accezione iniziale, che indicava proprio uno stato di frivolezza anche dei costumi in una prospettiva sovversiva, col tempo si essenzializzato in una categoria, seppur col nobile fine della rivendicazione dei diritti, iniziando nel contempo a escludere al suo interno chi si opponeva ai processi di normalizzazione, che spingevano e spingono alla riproduzione e riproposizione del modello binario maschile-femminile (Mauriello, 2012: 100-101)7. Il binarismo di genere, daltra parte, una conseguenza della scoperta del dimorfismo sessuale (si vedano, tra gli altri, Laqueur, 1990). Gilbert Herdt, a tal proposito, parla di un principio di dimorfismo sessuale, un paradigma, nato allin 309 terno delle logiche dellevoluzionismo darwininano e legato alla riproduzione che divenuto una sorta di legge naturale uniforme, dice Herdt, come la gravit (1996: 26), un principio binario di struttura sociale (1996: 32). Dopo la Seconda guerra mondiale e con listituzione delle moderne cliniche del sesso, continua lo studioso, emergono le due espressioni chiave di un dimorfismo essenzializzato: lassegnazione del sesso alla nascita e la teoria evoluzionistica della progressiva affermazione dellidentit di genere (1996: 29, traduzione mia). Il che ci riconduce alla questione accennata in precedenza sulla separazione tra orientamento sessuale e identit di genere. Se, come ha gi sostenuto Judith Butler, i generi non sono prodotti dalla pratica sessuale, vero anche che identificare una categoria soltanto sulla base dellidentit di genere implica escludere dallordine dei discorsi sulle produzioni identitarie non solo la sessualit ma anche i vari altri elementi che costituiscono le soggettivit (Mauriello, 2012). Il sistema classificatorio sesso-genere-orientamento sessuale dunque imperfetto, insufficiente e contraddittorio e produce degli idealtipi (lUomo, la Donna, ma anche lEterosessuale, lOmosessuale) che sono talvolta assai lontani dalle esperienze vissute dei soggetti che da tale sistema dovrebbero essere descritte (Bernini, 2017, pos. 846). Infine, la tesi della piena e perfetta adesione di gay e lesbiche al genere corrispondente al sesso di nascita, oltre a non dare conto dellesistenza di donne transgender lesbiche e uomini transgender gay, cancella le esperienze e i comportamenti non conformi al genere che caratterizzano il vissuto di molti uomini gay cisgender e di molte donne lesbiche cisgender, e quindi i fenomeni delle mascolinit femminili e delle femminilit maschili (Bernini, 2017, pos. 834). 310 Come dicevo pocanzi, bisogna sempre riflettere nella duplice prospettiva etica/emica. Bernini si chiede, dunque, il perch di questo sistema classificatorio in ogni trattazione contemporanea sulla sessualit includendo, naturalmente, anche le fonti di tali classificazioni, vale a dire, i saperi dallalto, consapevoli, continua, della multidimensionalit e della complessit delle identificazioni sessuali degli esseri umani (Bernini, 2017, pos. 846). La sua risposta si rif alla metodologia storica-costruttivista di Foucault che, comՏ noto, interpreta la sessualit come un dispositivo di potere (2006 [1976]). In particolare, Bernini definisce la sessualit un dispositivo di potere tipico della piena modernit, come un complesso intreccio di convenzioni, norme, pratiche, saperi, il cui effetto il governo di corpi, di comportamenti, delle soggettivit mediante la definizione e limposizione di identit sessuali (Bernini, 2017, pos. 846) sostenendo che il binarismo sessuale sia di fatto un operatore biopolitico che agisce riducendo la complessit dei fattori che intervengono nella definizione dellidentit sessuale (Bernini, 2017, pos. 858). in tale prospettiva che le identit di genere vengono immaginate come un attributo della persona e non come un processo costitutivamente fluido e legato, e qui ancora una volta mi rifaccio a Butler, alla performance8. Non tralasciando, ovviamente, laltro, centrale, elemento della intersezionalit legata al genere il quale, sostiene a tal proposito Butler, non sempre costituito in maniera coerente o uniforme in contesti storici diversi ed , quindi, inseparabile dalle intersezioni politiche e culturali in cui viene invariabilmente prodotto e mantenuto (Butler, 2004 [1990]: 6). Quelle che si definiscono espressioni di genere si legano, di fatto, a doppio filo con comportamenti e ruoli che sono veicolati da e vincolati a contesti, pratiche ed elementi specifici. La sessualit uno di questi elementi, perch si riflette nelle esperienze di vita di un individuo, caratterizzandone talvolta 311 abitudini, preferenze, stili di vita, che, in alcuni casi, e ritorno al discorso di poco fa, si uniformano e vengono a caratterizzare non pi il soggetto, ma lintera categoria. Ci spiega anche i processi discriminatori interni alla stessa comunit gay per chi non si riconosce in uno stile, tendente oggi, per quanto riguarda lomosessualit maschile, al macho (Mauriello, 2012). In linea col pensiero di Valentine (2007), questi processi discriminatori sono la risultante di una rigida separazione tra identit di genere e sessualit che una parte della comunit gay ha pienamente assunto in virt della necessit di una chiarezza identitaria che, nel caso dellomosessualit maschile, si traduce con leliminazione dello spettro della femminilit dai loro corpi; femminilit alla quale, a sua volta, si associa lidea di debolezza (Mauriello, 2012: 100-101). Se gli omosessuali effeminati sono emarginati perch il contesto in cui si muovono tuttora assume su di s, nelle forme di un neo-patriarcato, la svalutazione strutturale della femminilit; venendola parzialmente a incarnare, specie attraverso un corpo maschile, sono portatori di un ibridismo oggi evidentemente inaccettabile. Femminielli impropri (?) Sebbene i femminielli, come molti di loro tengono a sottolineare, non rientrino, per varie ragioni, nella categoria gay, il termine femminiello, nella sua versione abbreviata femmen, viene utilizzato a scopo offensivo dagli omosessuali nei confronti di altri omosessuali, proprio in virt di questa discriminazione nei confronti di chi incarna il femminile, in un modo o nellaltro (Mauriello, 2012). Tale inconscio androcentrico, come Bourdieu lo ha definito (1998), cos strutturato da condizionare le forme linguistiche allinterno della stessa comunit dei femminelli. Come nel caso di un intervistato che, sulla definizione di 312 se stesso, ha avuto dubbi e ripensamenti. In un primo momento, si identificato come gay, termine al quale, mi ha raccontato, essere arrivato dopo. Prima mi sentivo pi femmenella, ora pi gay. Quando, nel corso della nostra conversazione, emerge la questione della coppia gay9, il mio interlocutore si immediatamente dissociato dalla categoria affermando con piena sicurezza di essere femminella. plausibile, dunque, che questultimo utilizzasse il termine gay associandolo a modernit, allemancipazione dei tempi moderni. Sempre in relazione allautodefinizione e alluso dei termini, riporto qui di seguito parte dellintervista a Ernesto10, che si identifica come femminiello e che qui risponde alla mia domanda sul fatto di rivolgersi a se stesso al femminile o al maschile11: Al maschile!... no, non il caso al femminile quando stiamo tra di noi s tra di noi omosessuali, femminielli (mi fa esempi in dialetto). Quando stiamo con le persone cosiddette normali mi sembra strano che mi danno del femminile; se me lo d una femminella, s. Di primo acchito, sembrerebbe non fare distinzione tra femminiello e gay: Io sono un femminello, siamo le ultime a Napoli, perch la femmenella a Napoli sta in estinzioneperch adesso tu vedi noi siamo stati fortunatiperch ci stava una femminella che la chiamavano La Creola Nera, era una travestita che morta a 74/75 anni e che da maschietto era di una bellezza sconvolgentetalmente che era bella che faceva il bolero a Porta Capuana, il bolero di Ravel e tutti gli davano i soldi. Perch allepoca i femminielli campavano con la posteggia (fine anni Cinquanta)lei mi diceva che siamo stati fortunati perch quelle della sua 313 generazione ci avevano aperto la strada e noi la stavamo sfruttando. Quelli degli anni novanta/duemila sono quelli che la stanno pagando e sai perch? Sono quelli che si fanno chiamare gay e si chiudono dentro le dark room, i locali e non sono visibili, noi siamo gli ultimi visibili. Si fanno crescere i baffi, i pizzetti, palestrati, vanno dentro le dark room e sono femminissime, ma quando escono fuori fanno i macho, invece noi eravamo visibili, nelle case, per la strada e nei locali. Noi eravamo pi liberi. Avevamo piazza Vittoria che era la cosiddetta piazza gay. Adesso hanno piazza Bellini ma poi li picchiano...a noi non ci hanno mai picchiato. La Villa Comunalecera un battuage di sera che era una cosa pazzesca, si rideva, si scherzava. Stava tutta la provincia di Napolivenivano al Roof Garden per vedere i femminielliora non le vedi pi nella strada. Li vedi dentro i locali perch per la strada li picchiano adesso, a meno che non sei un bel trans. CՏ stato il passaggio: se ti accettano come femmenella visibileio sono cos come mi vedi sempre, non mi maschero, mentre adesso i gay si reprimono. Con le transessuali cՏ il passaggio gay, femmenelle e transessuali. Cominciano a togliersi i peli, si fanno crescere i capelli, fanno gli ormoni, fanno gli accorgimenti. Ci sarebbe, dunque, una chiara analogia, una vera e propria sovrapposizione, tra gay e femminiello. Nel corso dellintervista, per, emergono le differenze, relative non solo agli stili di vita e alle performance del s, nei contesti sia ordinario sia extra-ordinario, ma anche relative allidentit di genere. Io faccio spettacoli nei ristoranti, canto le canzoni di Giulietta Saccoquindi automaticamente sono una femminella dichiarata! Ma il gay non ti canta la canzone di Giulietta Sacco! Che unicona dei gay napoletani, una cantante bellissima, una voce stupenda. Ma il gay non te la canta la canzone. 314 Le differenze [tra gay e femminielli] sono tante. Un gay con un femminiello dichiarato appresso non ci cammina. Io ho avuto un sacco di battibecchi con i gay per questo fatto qua. Perch si sentono che vogliono fare i maschi. Unaltra cosaio con unaltra femminella dichiarata come me mai! Mi viene lallergia! Mentre loro, invece, gay e gay fanno lamore, si fidanzano! Il vero amore quello tra persone dello stesso sesso [qui intende genere]. Con una femminella il cosiddetto eterosessuale che si nasconde, con moglie e figli, pu dedicarti [a te femminella] qualche ora nellarco della giornata, ma non tutto il tempo perch ha moglie e figlitu sei sempre femminella. Invece gay e gay decidono di stare insieme e vanno a vivere insieme, fanno tutto assieme e vivono felicemente ed una storia che pu durare. Per una femminella impossibile avere questo con un maschio, come piacciono a noi. Quando, prima, il mio interlocutore distingueva tra femmi nielli e gay in relazione al fatto di vivere e mostrare la propria diversit/femminilit in pubblico (omosessuale/femminiello di chiarato), evidentemente, quindi, si riferiva ai femminielli che non hanno il coraggio di dichiararsi tali e che, quindi, si repri mono assimilandosi ai gay. Riconduce questo mascheramento al contesto, vale a dire Napoli, che diventato escludente e violento nei confronti di chi incarna la doppiezza/diversit. Laltro aspetto affascinante riguarda il passaggio, che lui in dividua, dallomosessualit al transessualismo. Io non cambierei mai il mio corpo, io mi sento realizzato femmenella come sonoio ho fatto anche lesperienza del travestimento [] per di giorno ero sempre la femminella, di sera ero un trans, un travestito. Il trans che quello che comincia a fare le modifiche sul corpo, io invece mi mettevo le mie coppette di silicone, la parrucca, mi mascheravo: il travestito. 315 [] Adesso quelli rimasti si contano sulle dita delle maniadesso sono pi trans, pi gay che femminiellii femminielli ora a Napoli pi dichiaratite ne posso elencare una decina. Quelli proprio dichiarati visibili. Una delle ragioni del processo di depauperamento (estinzione) di questa figura , a suo dire, anche la risultante di pratiche discriminatorie che operano allinterno cos come allesterno del sistema. Racconta del cambiamento che lui ha percepito molto chiaramente essere avvenuto a Napoli nel corso di qualche decennio (Avevamo piazza Vittoria che era la cosiddetta piazza gay. Adesso hanno piazza Bellini ma poi li picchiano...a noi non ci hanno mai picchiato). Eppure, nei suoi vari riflessi, al positivo ma anche al negativo, il legame tra i femminielli e la citt resta inscindibile. Le femminelle e i luoghi Sci Sci: femmeniell tombola e tammorre uno spettacolo ideato da Luigi Di Cristo, che anche il presidente dellAssociazione Femmenelle Antiche Napoletane (AFAN). Cos lo racconta il suo ideatore: Un pomeriggio di autunno del 2008 a Roma esternai a Ciretta12 una esigenza che mi nasceva dentro, sentivo un bisogno di ricerca nel mio passato e con il territorio nativo. Mi rispose di materializzarlo e viverlo. Ero entrato in un divertente gioco che mi conduceva ai miei nonni, ai briganti, ai contrabbandieri e ai contadini, ai pellegrinaggi a Montevergine, al mare a 100 metri dalla mia casa di campo, alle mie prime esperienze di giochi sessuali innocenti. Tante immagini e coincidenze passano per i miei occhi. Il mondo del femmeniello sempre stato presente in me e, dopo anni di assenza, il 316 gioco mi ha consentito di incontrare la mia genteho visitato tanto e tanti [femminielli] ho conosciuto e riconosciuto. Nel 2009 incontro Gerardo Amarante, attore e cantante. Fu una grande visione e da allora ho sempre amato la sua arte di canto e attore. stato lui che ha ispirato in me Sci Sci. Lo racconto a Ciretta e lei, contenta, poi regaler allo spettacolo il teatro popolare contemporaneo. Sci Sci Ciucciuv diventa cos spettacolo di cultura popolare, musica, teatro, danza e gioco della tombola. I due personaggi principali, insieme ai musici, si fondano nel percorso, portando lo spettatore in uno stato diverso di coscienza, il sogno. Se lo spettatore di cultura popolare partenopea, allora pu diventare anche attore per una notte. Anno 2013. La mia ricerca continua, siamo pi grandicelli, ho pi informazioni, foto, documenti, storie e personaggi; per succede qualcosa di diverso, decidiamo di liberare la ciucciuvettola dal titolo, cambiando con Sci Sci: femmeniell tombola e tammorre. Con il ritmo della tammorra e la voce di Marcello Colasurdo, il passato della storia antica partenopea prende il suo spazio sotto il tendone da circo. Un bellissimo ed emozionante incontro con Marcello, lui che come la mamma culla e canta a tutti i suoi figli. Ecco, questi tre personaggi sono le colonne portanti di Sci Sci. Mi dissi: lo spettacolo completo. Intorno girano altri artisti e personaggi del pubblico che donano sfumature ai colori principali. Sci Sci uno spettacolo composto, senza una regia tecnica, solo punti di tempo; uno spettacolo che sempre hanno organizzato, in forme diverse, e organizzano tuttora, i femminielli nei loro quartieri, nei cortili o nelle case private. A Pullera, Recchie e puorc, Piererotta, a Shangai, erano personaggi del quartiere Forcella a Napoli durante gli anni 60 e 70, e organizzavano annualmente una festa di Piazza e durante lanno sempre venivano invitate alle cerimonie. Erano attive artisticamente e molto amate. 317 La mia ricerca diventa conoscenza, un mondo che avevo lasciato e che ritornato con questo regalo. Un occhio attento e un udito sensibile possono ritrovare le scene e suoni di Sci Sci sparsi in forme diverse, nei quartieri popolari lungo la costa del golfo o nellentroterra vesuviano. Lo spettacolo di un solo tempo di durata approssimativa di 2 ore. CiroCiretta (Cascina), femmenella e performer, nel corso della presentazione pubblica dello spettacolo Sci Sci ha affer mato13: Sci Sci non lo potremmo fare a Berlino, lo possiamo fare qui perch il pubblico che viene ad assistere un pubblico che la mezza femmina ce lha nel sangue; questo pubblico non ti percepisce come curiosit, ma come espressione normale. Il nostro un pubblico molto popolarequando dico popolare non voglio dire delle vaiasse14, voglio dire un pubblico che mantiene una cultura popolare, che dallambiente borghese non amata affatto. La borghesia, che ha pi forme perch ha la stanza da letto, la sala da pranzo, ad esempio, una cosa come pucchiacca15 pu affermare che si dice nel cesso. Nella cultura popolare, nel vascio16, dove il cesso tuttuno [col resto della casa], esiste, invece, questo tipo di linguaggio, per me raffinatissimola pucchiacca, la cervella e il cuore tuttuno. Non posso vivermi la parte pelvica il sabato sera nei locali e poi, tutta la settimana, che ne faccio del mio corpo? un corpo diviso, destinato alla schizofrenia, nel bene che ti vada. Invece, nella cultura popolare, questa interezza del corpo sostenuta ancora perch cՏ ancora cultura popolare e il nostro pubblico maggiormente di cultura popolare. Quando dico che questo il nostro pubblico vuol dire che riconoscono non solo in me la mezza femmina, ma lo riconoscono in loro che appartengono a un territo 318 rio dove il doppio lo respirinon una cosa che non cՏ. Anche i maschietti che nascono dalle nostre parti hanno una virilit che diversa da quella di Berlino. Hanno una dolcezza, hanno questa cosa di portare la pasterella alla mamma alla domenica. Hanno una loro grazia, per cui ci si incontra non solo nella parte culturale, ma anche quando vai a letto [si riferisce a incontri sessuali/amorosi] incontri dolcezze che non te lo fa prevedere un altro tipo di culturaɏ un altro luogo prima di arrivare allomosessualit, che una parola cos globale, enorme, che fa perdere la possibilit di poterci vedere e di poterci capireperch sono parole globalizzate. Gay lo puoi trovare dappertutto, hanno lo stesso look. Sci Sci prima di arrivare a questa cosa enorme, torniamo al fatto di una misura umana dove io ho pi possibilit di capire meglio. Riduco questa parola enorme (gay) che abbraccia tante cose a una geografia precisa, quella del femminiello. Perch mi d la possibilit di capire come si adattano le cose in un territorio. Perch basta andare ad Afragola, a Roma ed gi un altro fatto. Bisogna tornare nelle proprie misure. Il mio ritorno al femminiello la possibilit che mi do di dialogo con una mia misura geografica; non posso parlare dellomosessualit che in alcuni casi non ci capisco nienteperch quella di Milano una cosa diversissima dalla mia. Io sento che ci sono duemila anni di lontananza, che non sono solo tra le femmenelle e le transessuali, ma tra le femminelle stesse. Questa pesantezza dei duemila anni si sente, io la sento moltissimo. Iniziare il discorso con quella bella fluidita me piace proprio raccontare che non ce lho. Perch sento che per tanti anni siamo state divise tra noi e divise dalla cultura quella l ufficiale. La riflessione di CiroCiretta sullesperienza del suo s di femminella rende chiara la necessit di distinguersi al fine di 319 proclamarsi nella propria autenticit, indissociabile dal contesto di riferimento, vale a dire un luogo fisico, profondamente connotato culturalmente e socialmente, e un passato, un tempo antico, che legittima un modus vivendi et operandi unico nel suo genere. CiroCiretta parla di gay come di una realt che oggi include molte categorie, dalle quali, per, lei (lui) ama dissociarsi. Cos come, per, si dissocia dalla fluidit, che forse per lui (lei) sinonimo del non avere radici, di essere gli e le stessi/e in qualunque luogo, il che delegittimerebbe lessenza stessa di femminella che lei (lui) sente di incarnare. Il rapporto con la citt di Napoli e del napoletano resta centrale nel discorso sulle femminelle, specie nella loro connotazione di altro genere. Come sostiene Gilbert Herdt, [] there is non ready-made formula that will produce divergent sex or gender categories and roles, suggesting that special conditions demographic, symbolic and historical combine to create the necessary and sufficient basis for the conventionalization and historical transmission of the third sex or ger (1996: 22). In diverse parti di questo volume si trattato dei simbolismi, inclusi quelli rituali, che vedono protagoniste le femminelle e che sono stati, e in certa misura lo sono ancora, disposti- vi di inclusione sociale e fonte di legittimazione di unidentit altra, di un terzo (altro) genere, appunto. Il rapporto con la citt pur se la figura delle femminelle non riguarda solo il contesto urbano, ma anche altri luoghi del napoletano che in molti hanno definito dalla natura femminile se non dalla natura doppia, resta lelemento pi evidente, soprattutto quando si tratta del rapporto che i femminielli hanno con le sue tradizioni, religiose specie nella forma della devozione popolare, altra caratteristica peculiare del contesto di riferimen 320 to rituali, artistiche. Per non parlare poi di alcune modalit espressive tipiche del popolo napoletano, dei linguaggi, verbali e non verbali, della peculiare visione dello spazio pubblico/ privato17 che, comՏ plausibile, sono stati storicamente incorporati dai femminielli e rielaborati nelle forme che oggi li contraddistinguono. Ecco perch, nellottica di una legittimazione della varianza, sessuale o di genere, la figura del femminiello diventa il riferimento imprescindibile. Ed ecco che, in alcune circostanze, soprattutto in quelle in cui previsto un certo impatto mediatico, il termine perde qualsiasi connotazione negativa e diventa simbolo di libert, di inclusione sociale, di rivendicazione di diritti negati (Mauriello, 2017b: 217). Diventa il termine ombrello che include tutte le diversit, sessuali e di genere. Dal punto di vista semantico, si sovrappone, in questi casi, al termine transgender. Questo processo di appropriazione identitaria avviene in virt di un passato che legittima e sacralizza la praesentia dei soggetti oggi detti gender non conforming. La figura del femminello in certi casi fa da sfondo, diventando una presenza politicamente rassicurante che autorizza e valorizza un fenomeno culturale, un evento, anche quando non vi partecipa direttamente18. Femminelle, non in transito Nella comunit trans mtf il termine femminiello pu venire a indicare diverse esperienze. Qui di seguito uno stralcio di intervista a Sara, una donna trans che ho intervistato nel 2012. Una di noi quando piccolina vede per strada le altre vede una somiglianza e quindi lo sa. Tu dici: che devo fare il gay, quelli l effeminati, il femminello, oppure mi piace pi la transperch a me piace pi la trans! Perch uno poi le vede e vuole diventare come loro. 321 Segue il discorso sugli ormoni, presi sin da ragazzine e fuori del controllo medico perch ti senti troppo femmina dentro e gli interventi di chirurgia estetica19. Una frase che spesso ricorre quella non si vede proprio che trans!, vale a dire, passa per una donna, che poi lobiettivo di molte delle donne trans che ho incontrato in questi anni20, sia operate, vale a dire sottopostesi a riconversione chirurgica dei genitali, sia non. La tensione a un corpo conforme, ossia indirizzato ad acquisire le sembianze del genere cui si sente di appartenere (tensione allUno), ci che a mio avviso stride maggiormente con la doppiezza, anche visiva, proposta dai femminielli. Tali visioni contrastanti possono creare, anche allinterno dellesperienza transgender, utilizzando ora questo termine in un senso totalmente inclusivo di tutte le identit gender variant, una distanza nei confronti di chi, in modo evidentemente diverso, vive lesperienza del proprio s e lo mette in scena in una modalit non conforme. Femminiello diventa dunque un lemma associabile ad antichit, intesa qui, per, non come elemento di legittimazione, ma nel senso di cosa superata, vecchia, o a bruttezza, in riferimento a un femminile che non si rappresenta come tale, ma in un corpo ancora evidentemente maschile (Mauriello, 2014, 2017a, 2017b, 2018); in alcuni casi, femminiello viene a indicare, in senso spregiativo e allinterno della stessa comunit trans, le donne trans non operate. In questo caso, femminiello combacia con o si sovrappone a ricchione, termine anche questo, nella comunit trans, spesso utilizzato in senso negativo, a sottolineare la maschilit (ossia, mancanza di femminilit) del soggetto cui si rivolge lepiteto (Mauriello, 2018). Lutilizzo indiscriminato di un termine o dellaltro non casuale, naturalmente, ma la risultante di uno sguardo dal basso che, da un lato, non dissocia la sessualit dallidentit (di genere)21 e, dallaltro, opera oggi una discriminazione sulla base di un riduzionismo al corpo, alla sua parte genitale, che deve diventare conforme, attra 322 verso unopera di demolizione e ricostruzione, per consentire la legittimit identitaria (Mauriello, 2013, 2014, 2017a). In una parola: transnormativit, per chiamare in causa ancora una volta la prospettiva queer. Dalla prospettiva dei femminielli non trans che ho incontrato, invece, la distanza tra loro e le donne trans riguarda, a parte la visione del proprio s attraverso un corpo che cambia oppure no, anche la continuit con le tradizioni del luogo, del vicolo, del quartiere, nel loro senso pi ampio. Oltre alle pratiche simboliche, devozionali e rituali, che appartengono a tale tradizione, va incluso anche il legame con alcuni valori che si potrebbero definire, appunto, tradizionali, come quello della famiglia (eterosessuale), luogo considerato sacro per i femminielli, specie se e quando contesto di accoglienza e condivisione (e quindi con una funzione di famiglia allargata, se vogliamo). Qui, difatti, emerge una ulteriore, spesso rimarcata, distanza con la figura delle trans contemporanee che, a causa della loro prorompenza fisica, o per il solo fatto di essere assimilabili visivamente alle donne biologiche (passing), potrebbero venire a rappresentare un pericolo per la stabilit coniugale delle famiglie con cui entrano in contatto (Mauriello, 2014: 450). Soprattutto, di l dalla questione estetica (ma plausibile che vi sia un collegamento tra una certa scelta di modificare il corpo e lallontanamento da certe tradizioni), per la distanza delle donne trans dalle dinamiche vicolare, che includono il rispetto per i valori del luogo, di cui la famiglia rappresenta il nucleo. Il rispetto, daltra parte, reciproco, come pi di un interlocutore ha tenuto a sottolineare, raccontando di uninclusione sociale che parte dalla condivisione dei valori succitati: bisogna comportarsi bene. Il discorso si pu ricondurre al corpo nel senso di un diverso approccio a esso a seguito dei mutamenti legati anche ai processi di medicalizzazione di certe esperienze, nonch a un pi facile e immediato accesso alle tecnologie chirurgiche 323 in grado di ricostruire i corpi non conformi; tali mutamenti segnano una differenza tra i soggetti gender variant in relazione allet anagrafica, che cambia in modo significativo lesperienza che si fa del proprio corpo cos come (i due elementi risultano legati a mio avviso) definisce il rapporto con la comunit circostante (Mauriello, 2014, 2017a, 2017b, 2018). Anche tra chi si definisce trans e ha fatto ricorso alle cure ormonali e alla chirurgia estetica emergono riflessioni sulle differenze tra femminelle e trans. Come nel caso di Carmen, intervistata nel 201322. La mentalit era unaltra, il femminiello faceva parte della famiglia, il palazzo era tutta una famiglia. CՏ ancora ma la mentalit cambiata, la trans si sente strafica perch il popolo la fa sentire cos. Ancora oggi i femminielli della Sanit23 stanno a casa con le famiglie. Le trans di oggi non hanno queste caratteristiche, mirano alla bellezza, al benessere e sono ignoranti. Noi siamo ignoranti, ma abbiamo imparato dalla strada, dalla vita. Una trans di oggi si trova in difficolt, non sa stare. In questo caso Carmen parla di trans di ieri e di oggi, a sottolineare una distanza legata proprio al rapporto col contesto e coi suoi valori di riferimento24. Nel suo racconto, inoltre, il femminiello viene distinto dalle trans e definito un uomo molto effeminato, proprio in relazione alle mancate modifiche al corpo. Femminiello , dunque, un significante fluttuante, per la sua propriet trasformativa in relazione ai contesti e ai soggetti che ne fanno uso. Si oscilla tra il queer (rifiuto del passing, ad esempio) e il terzo o altro genere, anche in virt dei simbolismi che connotano questa categoria. Oppure, si fa riferimento a transgender, se con questo termine si intende una possibile alleanza politica fra tutte le forme immaginabili di antinormativit di genere (e, in questo caso, transgender si articola con queer)25. 324 Da questo punto di vista, lindagine sul campo prolungata nel tempo ha consentito di cogliere le sfumature di questo termine che, nel suo fluttuare, spesso pi che a chiarire sembra ostacolare il tentativo di categorizzare. Il che ci riporta al senso profondo della queerness. In tale prospettiva, quella dei femminielli unidentit profondamente sovversiva, in grado di destabilizzare chi tenta di sistematizzarne scientificamente il senso (prospettiva dallalto). Sovversiva anche nel suo riproporre unambiguit, unindefinitezza, che oggi non pu essere accettata (prospettiva dal basso). Allinizio di questo saggio, definivo i femminielli anche come soggetti genderqueer. Questa definizione, in realt, si riferisce soprattutto alle giovani generazioni nordamericane, nella loro capacit/possibilit di sfidare il binarismo e, con questo, la tendenza alla normativit/normalizzazione che si traduce spesso in unassenza di ambiguit presente, abbiamo visto, negli stessi contesti LGBT e, quindi, anche allinterno della comunit transgender. Le identit genderqueer destabilizzano, dunque, non solo le categorie del gender ma anche quelle del transgender26 (Beemyn, 2009: 370). I femminielli conducono, a mio avviso, alla medesima destabilizzazione, pur se non consapevolmente e anche se la loro non unoperazione politica o di rivendicazione di unidentit altra. Loro esistono e basta. 325 Note 1 Su questo punto, ossia sulla distinzione tra identit di genere e orientamento sessuale, torner nei paragrafi successivi. Mi limito, in questa fase, a sottolineare, attraverso la citazione che segue, il percorso/processo di costruzione di tali nozioni. Soltanto nel 1953, dalla pubblicazione dellarticolo Transvestism and Transsexualism di Harry Benjamin, il termine transessuale, gi utilizzato da Cauldwell come aggettivo, viene sostantivizzato per indicare una precisa categoria di persone: a questo punto, quindi, lidentit dellinvertito si divide, dando vita alle due identit dellomosessuale e del transessuale. Viene cos concettualizzata la differenza tra identit di genere e orientamento sessuale [] (Bernini, 2017, pos. 871). 2 Daltra parte, come dicevo pocanzi, questa separazione essa stessa oggetto di riflessione, come vedremo a breve. 3 In linea con Bernini, per significante fluttuante non si intende un significante completamente vuoto o aperto a qualsiasi significazione (Bernini, 2017, pos. 1596). La differenza tra i due termini sta nel fatto che queer abbia una forte valenza e connotazione politica, critica e contrastiva rispetto ai binarismi sessuali e di genere e alle forme fobiche verso le varianti di genere e sessuali. Il termine femminiello e le stesse identit che si identificano in questa categoria, pur mettendo in atto, a mio avviso, una pratica di resistenza ai diversi ordini normativi e normalizzanti, nella maggior parte dei casi non hanno la coscienza di una valenza politica, fosse non altro che per la forte dimensione locale che le riguarda. 4 Che non definirei terzo, o quarto, nellottica di un superamento delle classificazioni che comunque lasciano fuori dalle categorie chi non si incasella in queste. 5 Riporto qui parte della definizione di genderqueer tratta dalla Encyclopedia of Gender and Society: [] The concept of genderqueer has its genesis in the development of a queer movement in the 1990s that redefined queer as a term of empowerment and confronted heteronormativity and the conformist ideologies of many lesbian and gay organizations. In a similar way, the term genderqueer challenges gender normativity and the common assumption, even among many transgender people, that everyone is either male or female. A genderqueer identity challenges the traditional transsexual paradigm that individuals who feel themselves to be a gender different from the one assigned to them at birth will seek to express that different gender completely through changing their bodies and presenting unambiguously as that gender [] (Beemyn, 2009: 370). 326 6 Come sostiene Elisabeth Badinter la conoscenza del mondo comincia con la classificazione e la distinzione (1992: 98, traduzione mia). 7 Uno dei casi pi evidenti, emerso nel corso della mia etnografia a Napoli, mostra leffettiva esistenza di dinamiche discriminatorie e processi di ostracismo quando non addirittura di violenza da parte degli stessi uomini gay nei confronti degli omosessuali effeminati (Mauriello, 2012). 8 Mi preme chiarire, sulla questione della performativit dei generi, la natura etimologica del termine, cos come individuata da Victor Turner, padre degli studi sulla performance in antropologia. Il termine deriva dal francese antico parfournir che significa completare. Per Turner, una performance , quindi, la conclusione adeguata di unesperienza, cos come unesperienza vissuta non mai veramente completa finch non viene espressa, cio finch non viene comunicata in termini intelligibili dagli altri, tramite il linguaggio o in altro modo (Turner, 1986 [1982]: 37). Portando il discorso sullordine delle identit individuali, chiaro che non possiamo essere se non in relazione e in riferimento allaltro, che ci guarda e che, col suo sguardo, ci completa. Lidentit , daltra parte, costitutivamente un processo dialettico e relazionale, come ci insegna lantropologia. In questo senso, dopotutto, siamo tutti costitutivamente doppi (o, meglio, multipli)! 9 Come si vedr anche pi avanti nel testo, per un femminiello una relazione con un altro come lui (lei), vale a dire con un altro femminiello, impensabile. Sul tema si veda Mauriello, 2012, 2017a, 2017b, 2018. 10 Ho intervistato Ernesto pi volte tra il 2011 e il 2014 a Napoli. 11 Cfr. Mauriello, 2014, p. 439; 2018, p. 10. 12 Si veda dopo nel testo. Si tratta di CiroCiretta Cascina. 13 Levento di presentazione dello spettacolo si tenuto il 21 gennaio 2015 presso il caff letterario IntraMoenia in Piazza Bellini, a Napoli. CiroCiretta (Cascina) in quella occasione interveniva come performer dello spettacolo e anche come membro dellAFAN (Associazione Femmenelle Antiche Napoletane) presieduta da Luigi di Cristo, anchgli presente allevento. Lo spettacolo, cui ho assistito, si poi tenuto il 23 gennaio dello stesso anno presso il Teatro Politeama di Torre Annunziata. 14 Termine della lingua napoletana che letteralmente si traduce con servaccia e che indica donne di bassissima condizione sociale. 15 Termine della lingua napoletana che indica il genitale femminile. 16 Termine della lingua napoletana che indica abitazioni monovano al livello della strada tipiche dei quartieri popolari di Napoli. 17 Mi permetto di rinviare al mio testo (2016). 18 Come accade nello spusarizio sulla cui descrizione non mi soffermer visto che in questo stesso volume altri e altre lo hanno fatto in modo 327 egregio che, di fatto, storicamente connotava la figura del femminiello e che oggi, invece, capita che sia celebrato anche da chi, nel quotidiano, non si riconosce come femminella, come nel caso di uomini gay o soggetti che si definiscono trans. Ci non toglie, per, che il matrimonio resti dei femminielli. 19 Cfr. Mauriello, 2013. 20 La qual cosa sembrerebbe unovviet, quando, invece, non lo ; come ho rilevato sul campo, alcune donne trans amano essere riconosciute (individuate) come trans poich per loro elemento di distinzione e motivo di orgoglio identitario. 21 Ricchione nella lingua napoletana indica lomosessuale cosiddetto passivo. Dal momento che la passivit, anche in senso sessuale, associata alla femminilit, il ruolo sessuale passivo, quindi femminile, viene a corrispondere con lidentit del soggetto. Ci in un contesto, quello del popolino, in cui, come accennavo allinizio del saggio, identit di genere e sessualit non sono nozioni separate tra loro, perlomeno non sempre e non in modo cos netto. da tale contesto, di fatto, che proviene buona parte dei soggetti transgender con cui mi sono confrontata negli ultimi anni. 22 Carmen allepoca dellintervista aveva 46 anni. 23 Si tratta di un rione di Napoli. 24 Per approfondimenti, si veda Mauriello, 2014. 25 Cfr. Stryker S. (2015 [2008]) Una storia del movimento transgender. Esperienza, omonormativit e pratiche disciplinari, pp. 40-41, cit. in Bernini, 2017, nota 27, pos. 1376. 26 Con particolare riferimento al paradigma transessuale tradizionale per il quale gli individui che si sentono di un genere diverso da quello assegnato loro alla nascita, aspireranno a esprimere quel diverso genere in modo completo, modificando i loro corpi e presentandosi in modo non ambiguo come quel genere (Beemyn, 2009: 370, traduzione mia). 328 Bibliografia Badinter E. (1992) XY. De lidentit masculine, Odile Jacob, Paris. Bauman Z. (2000) Liquid Modernity, Polity Press, Cambridge. Beemyn B.G. (2009) Genderqueer, in OBrien J., ed., Encyclopedia of Gender and Society (Volumes 1&2), SAGE Publications, Thousand Oaks, California. Bernini L. (2017) Le teorie queer. Unintroduzione, Mimesis, Milano (versione e-book). Bourdieu P. (1998) La domination masculine, ditions di Seuil, Paris. Butler J. (1990) Scambi di genere. 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Esperienze marginali e vulnerabili, rappresentate come parte integrante di quel sottoproletariato urbano (Mauriello 2012, 2018) che a Napoli stato a lungo identificato con il popolo dei lazzari, associate alla vita di strada, alla prostituzione, alla delinquenza e alla pazzia morale. Fa da specchio a questa rappresentazione unimmagine positiva e rassicurante del femminiello come fidato care-giver, identit1 antica che incarna una femminilit alla vecchia maniera (Vesce, 2013, 2017), che possiede poteri speciali e, proprio per il suo essere doppio, pu farsi canale di comunicazione tra terreno e ultraterreno. Accomunate dalla constatazione delle profonde trasformazioni che hanno attraversato il tessuto sociale napoletano, le pi recenti rappresentazioni del femminiello sembrano condividere la preoccupazione per limminente scomparsa di questa particolare figura sociale. Le pi anziane tra le rappresentanti del genere vengono intervistate, riprese e fotografate come gli ultimi 331 femminielli2, si rimettono in scena riti e performance che ne caratterizza(va)no lesperienza sociale e antropologi, psicologi, storici, documentaristi e giornalisti producono centinaia di pagine che indagano i diversi aspetti delle loro esistenze. Soggetto conteso (Grilli, 2017), il femminiello diviene protagonista di un vero e proprio processo di patrimonializzazione (Vesce, 2013, 2017), supporto ideale per il condensato di stereotipi, positivi e negativi, potenzialmente associato alla napoletanit (Signorelli, 2002; Dines, 2012a, 2012b; Ferraro, 2015). Vorrei soffermarmi in questo scritto sulle relazioni e le frizioni che si producono tra gli stereotipi positivi e negativi del femminiello e uno sguardo emico che lo concepisce e riproduce come esperienza del s. A partire dalle osservazioni raccolte durante una ricerca di campo3 di lunga durata a Napoli e in Campania, vorrei sostenere che se il ricorso a immagini stereotipiche del femminiello, divenuto soggetto ideale ed emblema della cultura napoletana, favorisce la recrudescenza di forme di orientalismo essenzialista caratteristiche delle rappresentazioni dominanti della meridionalit e, in particolare, della napoletanit (Schneider, 1998; Palumbo, 2013; Ferraro, 2015), la rivendicazione a s delleredit e dellesperienza del femminiello innesca un meccanismo di inedita ri-produzione di questa figura sociale, non pi solo figura della napoletanit ma modello, tra gli altri, della complessit di genere. Un genere precario e resistente Nel restituire il mio percorso di ricerca mi capita spesso di introdurre il mio lavoro riferendo il senso di profondo imbarazzo e inadeguatezza che provai appena arrivata sul campo, nel febbraio 2006, quando mi venne comunicato che le persone con cui intendevo condurre la mia etnografia si erano estinte (Vesce, 2017). Pi che un espediente narrativo, lo spaesamento di fronte 332 a siffatte affermazioni consente di introdurre le domande che, inevitabilmente, si dovette porre lantropologa: pu lincontro etnografico prendere forma a partire da unassenza? possibile fare etnografia di un (s)oggetto scomparso? Esauritosi lhumus sociale in cui trovavano una propria collocazione, i femminielli si sarebbero trasformati in altre identit: gay e trans innanzitutto, poi, pi di recente, persone non binarie, gender-queer o gender- non-conforming (Arietti et al., 2010; Zito e Valerio, 2010; Marcasciano, 2002, 2007, 2018; Mauriello, 2012, 2013, 2018; Zito e Valerio, 2013). Mi veniva detto che tuttal pi avrei potuto far ricerca con gli o le eredi delle antiche femminelle, di nuovo, omosessuali o transessuali, in base allinterlocutore. Interrogati a riguardo, tuttavia, i gay e le trans moderne (Barbagli e Colombo, 2007) non necessariamente avrebbero riconosciuto questa genealogia, manifestando a volte insofferenza per laccostamento con il femminiello (Mauriello, 2012; Vesce, 2017), o rivendicando invece la discendenza da quella figura (Arietti et al., 2010; Vesce, 2017). Limmagine che delle femminelle restituiva la letteratura era, gi allora, unimmagine complessa e iridescente: dagli effeminati di Della Porta alle femminelle di De Blasio, dai mantesinelli di De Filippo al femminella di De Simone, da quel capolavoro di Giuseppe Patroni Griffi che Rosalinda Sprint alle due Jennifer messe in scena da Ruccello, dai femminelli di Enzo Moscato a quelli ripresi da Michele Buono e Carmine Fornari, fotografati da Luciano Ferrara, cantati da Pino Daniele. 4 E ancora, le Coccinelle femmene e notte, Valentina Ok che canta se tu mi vuoi, Russulella lultima femmenella, Europa e Cerasella, protagoniste dei lavori di Massimo Andrei, per citare solo alcune delle rappresentazioni pi note.5 Chi volesse cimentarsi in una rassegna dei prodotti culturali che mettono in scena i femminielli, pur senza tenere in conto lenorme produzione di letteratura grigia cartacea e on-line , arriverebbe a contare diverse decine di titoli. 333 Una figura fluida,6 in continua trasformazione, la cui esperienza non riconducibile a unidentit precisa e chiaramente definibile (Vesce, 2017; Zito, 2017). I tentativi di rintracciare i tratti distintivi che avrebbero caratterizzato lesperienza sociale delle femminelle in discontinuit con le esperienze omosessuali e transessuali, gi nei primi mesi della ricerca, mi parevano condurre inevitabilmente a unossessione identitaria (Remotti, 2001) e contigua ansia autenticaria (Bendix, 1992, 1997) che risvegliava in me lo stesso imbarazzo provato nel momento dellincontro etnografico. Lopposizione soggettivit-politiche/ figure-tradizionali mi appariva poco convincente e, anzi, strumentale in quanto potenzialmente spendibile sul mercato, decisamente politico, delle identit. Anche in ambito antropologico, le retoriche dominanti consideravano il femminiello una figura tipicamente cio esclusivamente napoletana, una sorta di terzo genere (DAgostino, 2000, infra; Ranisio, infra) irriducibile alle identit omosessuali e transessuali e pi vicino, semmai, alle esperienze transgender (Mauriello, 2012, 2013; Zito, Sisci e Valerio, infra). N maschio n femmina, femmenell chi impara a essere donna, un apprendista del genere (Bianchi, infra; Vesce, 2017). Il suo un corpo che non n maschile n femminile, un corpo, insieme, atrofico e ipertrofico: corpo manchevole e perfettibile da un lato, che manca di attributi sessuali primari e secondari, e dallaltro corpo eccentrico, talvolta eccessivo, che eccede i limiti dei generi e si presenta come altro da ci che ci si aspetta esso sia. Corpo di mezzo che nellimmaginario comune vive perfettamente integrato nella struttura sociale del vicolo e in quello spazio a volte incaricato del lavoro riproduttivo, dellaccudimento dei bambini o della cura delle case. Un corpo inattuale e inatteso, che sfida non solo le rappresentazioni dominanti del maschile, del femminile e, per certi aspetti, lordine eterosessuale, ma anche quello omosessuale o la norma trans 334 (Vesce, 2013, 2017). In questo senso, un corpo (e un genere) vulnerabile e precario, quello del femminiello, che non si lascia ricondurre ad una norma e sfugge alle definizioni proprie dei modelli egemonici di omosessualit, transessualit, transgenderismo, fluidit o non-binarismo. Le persone che ho incontrato durante il mio percorso di ricerca abitano corpi tra loro estremamente differenti, che contemplano tutte le sfumature che vanno dallomosessuale effeminato alla trans, comprese tutte le sfumature che queste stesse esperienze possono di per s contemplare. Alcuni di loro incarnano una condizione che sfida lordine sociale dei generi proprio per il suo essere indefinita e non immediatamente riconoscibile. Non lottano per il matrimonio egualitario, n rivendicano il diritto alladozione, semmai rimettono in scena lo spusarizio e la figliata, tirano la tombola, partecipano alla processione della Candelora (Vesce, 2017). Non indossano minigonne, illuminanti e tacchi a spillo, tuttal pi ricorrono allutilizzo di accessori chiaramente connotati dal punto di vista di genere, come una sciarpa particolarmente colorata, una grande borsa o un paio di pantaloni pi attillati di quanto la moda non conceda al genere maschile (Vesce, 2013, 2017). Tra loro cՏ chi ha assunto o assume ormoni, chi eventualmente ha fatto ricorso alla chirurgia estetica, mentre solo due hanno scelto di adire il tribunale per chiedere la rettifica dellattribuzione di sesso e il cambio del nome sui registri di stato civile.7 Con la costituzione, nel 2009, dellAssociazione Femminelle Antiche Napoletane (AFAN) un gruppo di femminelle ha iniziato ad avocare apertamente a s leredit della femminella, impegnandosi a documentarne la storia e la cultura e a preservarne la memoria (Vesce, 2013, 2017). Da soggetto (e genere) precario e in via destinzione il femminiello diviene soggetto (e genere) resistente, che travalica i confini regionali e nazionali e si trasforma in una vera e propria 335 identit; una figura della napoletanit, che entra nel circuito patrimoniale e produce localit (Vesce, 2013, 2017). Napoletanit e femminielli In Cultura popolare a Napoli e in Campania nel Novecento cos scriveva Amalia Signorelli: Napoli senza dubbio la citt dItalia sulla quale pi numerosi si sono prodotti e si producono stereotipi. Spesso in contraddizione tra loro e con quelli gi consolidati, che non scompaiono sostituiti dai nuovi, ma persistono. Tutti insieme e ad onta delle contraddizioni, confluiscono nellidea di quella qualit (immaginata) che ontologicamente dovrebbe permeare di s tutti i partenopei: la napoletanit (Signorelli, 2002: 11). Intorno a questa qualit immaginata si andato strutturando un corpus teorico e pratico che entrato a far parte della cultura e della coscienza collettiva (Said, 1995) producendo pensiero distintivo, che penetra le rappresentazioni che gli stessi napoletani hanno di s (Signorelli, 2002). Da un lato, quindi lidea di napoletanit viene a coincidere con la cultura stessa del popolo napoletano, dallaltro, come sottolinea Giuseppina Della Sala: la napoletanit il distribuirsi di una consapevolezza geopolitica allinterno di una serie di testi letterari, scientifici, sociologici e storiografici che hanno contributo non solo allelaborazione di una distinzione sia geografica che politica, sia di interessi che di pratiche culturali; ma anche a dare origine a caratteri identitari specifici che, di volta in volta, ingabbiano i napoletani in forme di vita stereotipe e generalizzanti (Della Sala, 2015: 62). 336 In quanto figura della napoletanit, il femminiello entra a pieno titolo nelle rappresentazioni della citt, assume le vesti di Bambinella, informatore del commissario Ricciardi nei romanzi gialli di Maurizio De Giovanni, o di Rosa, la donna trans che apre il videoclip di Me staj appennenn am di Liberato. Pu farsi maschera per interpretare la figliata ripresa da Ferzan Ozpeteck in Napoli velata o caricarsi della violenza cruda della vita nelle immagini dellamore tra don Salvatore Conte e Nina, nella serie tv Gomorra. Il processo di naturalizzazione ed etnicizzazione del femminiello funzionale alla sua patrimonializzazione. Citt e soggetto sociale sembrerebbero intrattenere un rapporto metonimico e le rappresentazioni del femminiello sembrerebbero destinate a sfumare in unimmagine della citt divisa tra radicati stereotipi positivi e negativi, che agiscono tanto sul piano emico quanto su quello etico (Signorelli, 2002). Il rapporto con il territorio fondante e inscindibile e la citt, divisa tra il mare e un monte fatto di fuoco, chiamata a normalizzare e incorporare la natura doppia del femminiello. I discorsi di quanti hanno recentemente iniziato a rivendicare a s lesperienza del femminiello, innescando quello che, come ho sottolineato altrove, mi parso configurarsi come un vero e proprio processo di patrimonializzazione dal basso, insistono molto sul rapporto plastico e reciproco con la citt e il territorio. Nelle parole di Ciro Ciretta, tra i pi vivaci animatori dellAFAN, questo legame tanto riproduttivo quanto generativo: Prima delle femminelle, prima di tutte le etichette che inevitabilmente tratteremo in questa nostra conversazione, prima di tutto questo esiste una terra, e questa terra partorisce, un elemento vivo, partorisce delle cose, e come madre ti tiene legato a s. Credo che per tutta 337 la piccola vita che ci riguarda, ti tiene legato a s nella radice, perch anche se ti lascia la libert di farti gli ormoni, di farti crescere i capelli... nella radice non ti lascer mai. [...] Quindi prima sprofondare sotto e poi, dal sotto, risalire. Per il sotto che andrebbe visitato perch da l che partono le questioni di sopra. Perch sopra ci stanno delle trasformazioni, degli interventi botanici... uno li potrebbe vedere anche politicamente... per non hanno potuto colpire la radice. Allora vero che sei di una forma diversa, per la radice quella. E la radice di questo territorio questo, come tu lo vedi qua davanti a te: lazzurro del mare...e non a caso qui, nei tempi pi antichi, nasce la favola, la storia...perch anche la favola simbolo di storia, anche la legenda costruisce la storia... e allora qui, ma potevano andare pi sopra, invece qui fanno partire il mito del doppio, della sirena. Perch cՏ questo azzurro, incredibile e morbido, e poi cՏ un fuoco che ti pu distruggere. Quindi due elementi che appartengono innanzitutto ad un territorio. Perch vero che certe figure, per sensibilit loro, perch tu potevi scegliere, perch lo scibile umano immenso, e tu dello scibile devi scegliere...Allora io penso che chi nasce qui, chi nasce in questo territorio, molto portato al doppio. Se tu pensi alla sfilata di sabato8, alcune figure dei carri, alcune figure che sfilavano erano tuttuno con le figure che stavano ai lati. Perch loro hanno loro stesse questa sensibilit del doppio ed questo doppio che ci fa incontrare. Non lo so a chi mi riferisco, se alla gente del popolo o alle femminelle, perch sono tuttuno.9 Lessere tuttuno con il territorio, con la sua gente e con i suoi simboli pone le femminelle in simbiosi con lecosistema culturale della citt. I Quartieri Spagnoli, in particolare, rappresentano uno spazio deccezione che nellimmaginario nazionale 338 associato al pericolo, allinsicurezza, allillegalit (DAloisio, 2011) e che, tuttavia, si configura anche come il luogo, per eccellenza, dellospitalit e del calore dei napoletani. Nelle parole di Gianna: Tanti anni fa, le femminelle se ne andavano di casa, perch venivano cacciate dalle famiglie. Allora qualcuna, mettiamo caso: io sono un poco pi grande e, per esempio, mi sono fittata un basso a Napoli, perch a Napoli accettiamo tutti, i Quartieri Spagnoli erano i quartieri in cui cerano travestiti di tutta Italia, perch scappando scappando arrivavano a Napoli. E il motivo per cui le femminelle si riunivano era che nessuna di loro aveva una casa. Tanti anni fa si usava cos.10 Come Napoli, per prima, ci ha insegnato cosՏ la libert di genere,11 Una storia antica: Napoli, i femminielli e la figliata, 12 Il femminiello a Napoli: lorigine sacra di una parola piena di storia e folklore,13 o ancora I femminielli: tra passato millenario e futuro necessario14 sono alcuni dei titoli recentemente comparsi su organi di stampa cartacei o on-line che esemplificano bene, a mio avviso, il legame tra la figura del femminiello e unimmagine della citt come luogo della straordinariet. Queste rappresentazioni fanno ricorso a un repertorio di aggettivi che rimanda al campo semantico dellaccoglienza, alla giovialit e alla natura solare e benevola del popolo napoletano. La retorica dellinclusione sembra dominare questi discorsi, connotando la relazione tra citt e figura sociale in termini di tolleranza, accettazione, ammissione, non respingimento. Napoli, citt dellaccoglienza, si configura come il luogo in cui, gi in tempi non sospetti, si valorizzavano le differenze e si praticava linclusione. 339 Ritratti di femminielli Se a Napoli femminielli si nasce, femminielli non si nasce solo a Napoli. La storia di Tarantina ne una prova evidente; storia emblematica proprio perch da essa traspaiono i temi dellinclusione e dellaccoglienza caratteristici delle rappresentazioni positive della napoletanit. Nata in un paesino della Puglia, ripudiata dalla famiglia quando era ancora un bambino, Tarantina arriva a Napoli, subito dopo la guerra, proprio nel giorno della festa di Piedigrotta. Abbandonata dal giovane marinaio con cui era partito, come in una favola, si addormenta sotto il portone del Maschio Angioino, salvo essere svegliato da una guardia, che vedendolo solo, vestito di stracci gli intima di andarsene a casa, dicendogli che l non pu stare. Scappando, scappando Tarantina arriva sui Quartieri Spagnoli, dove viene accolta, pur nelle ristrettezze del dopoguerra, e dove ancora vive, circondata dallaffetto e dal rispetto della gente del quartiere. Forse il volto pi noto della comunit dei femminielli napoletani, dopo la morte di Mina a Russulella,15 nel 2011, molti hanno voluto riconoscere in lei il nuovo ultimo femminiello e, anzi, lei stessa ha orgogliosamente assunto il titolo, autoproclamandosi tale. Narratrice infaticabile, profondamente consapevole del valore documentario della sua esperienza di vita, lei stessa a contattare la biografa perch raccolga la sua storia e la trasformi in un libro (Romano, 2013). Protagonista di due importanti lavori di Fortunato Calvino, un film-documento16 e uno spettacolo teatrale17, Tarantina un personaggio pubblico, che si racconta da s. Il primo e lultimo dei femminielli a Napoli la definisce il sindaco Luigi De Magistris in occasione dellinaugurazione del murale Tarantina Taran, realizzato da Vittorio Valiante nellambito delliniziativa ST.ART, nata dalla collaborazione tra Comune di Napoli e FOQUS (Fondazione Quartieri Spagnoli) 340 e volta a valorizzare le nuove espressioni della creativit urbana per la riqualificazione degli spazi cittadini. Icona dei Quartieri Spagnoli, Tarantina viene individuata come simbolo della citt, un patrimonio da esibire e far conoscere, come Pulcinella, o forse come Maradona. La citt incorpora il volto di Tarantina, ritratto sulle mura di Via Concezione a Montecalvario nel gesto di agitare il panaro che contiene i numeri della tombola. Gesto culturale, che connota la cultura del femminiello e ne diventa topos. Definitivamente assunto tra i simboli della citt e proprio in quanto simbolo, esposto allo sfregio, il femminiello , in questa vicenda pi che mai, patrimonio culturale da difendere e salvaguardare. La cancellazione del volto di Tarantina e lapposizione della scritta Non Napoli, potrebbe essere considerato una prova del processo di simbolizzazione alla base della scelta iconografica. E tuttavia, a seguito del gesto di intolleranza omofoba, ancora il sindaco a richiamare il nesso tra la figura del femminiello e la cultura napoletana e rimandare laccusa al mittente quando afferma: Lo sfregio dellopera di street art compiuta da Vittorio Valiante ai Quartieri Spagnoli, raffigurante Tarantina, un fatto indegno e barbaro commesso da mani sporche di incivilt e antinapoletanit.18 Laccusa di reciproca anti-napoletanit si gioca su un terreno apertamente politico-culturale. Il presidio di solidariet e resilienza, indetto dallo stesso comune di Napoli il giorno successivo alla vandalizzazione del murale riceve ladesione di diverse componenti della giunta comunale, della societ civile e del mondo associativo LGBT+. Alla presenza delle autorit, lartista riposiziona simbolicamente al suo posto il volto di Tarantina, attacchinando sul nero-sfregio il volto stampato e ritagliato della protagonista del murale. Lopera, si dice, sar ripristinata quanto prima. Gi in occasione delle elezioni per il rinnovo delle rappresentanze nelle municipalit della citt metropolitana di Napoli un gruppo di trans e femminelle napoletane si era schierata per 341 la rielezione del sindaco De Magistris, animandone la campagna elettorale e candidandosi nelle liste DeMA. Lepisodio dello sfregio al murale di Tarantina, tuttavia, chiarisce definitivamente il ruolo che il femminiello viene a ricoprire nel quadro delle retoriche e delle politiche culturali che articolano in senso distintivo il gioco dei posizionamenti entro la dialettica napoletanit/ antinapoletanit. Femminelle del terzo millennio Summer Minerva unattivista queer italo-americana. Si definisce un femminiello nato a Brooklyn e, da qualche anno, ha intrapreso un percorso spirituale alla ricerca delle proprie radici. Nel gennaio 2018, mentre a Napoli per portare avanti il proprio progetto di ricerca spirituale e documentaria sulle tracce dei propri antenati, a pochi giorni dalla festa della Candelora a Montevergine, Summer scrive una lettera indirizzata a Mamma Schiavona19, la pi cara, la pi bella, in cui traccia il proprio percorso di avvicinamento alla cultura dei femminielli.20 Discendente di migranti irpini, Summer decide di compiere allindietro il tragitto percorso da sua nonna set- tantanni prima per andare alla ricerca delle proprie radici. Nel 2018 la performer trascorre a Napoli diversi mesi, frequenta la comunit dei femminielli e ne studia la storia. In unintervista raccolta in occasione della presentazione del suo progetto documentario, Summer afferma: Ho iniziato a studiare il ruolo delle persone transgender in diversi contesti culturali nel corso della storia e ho scoperto che i transgender sono stati conosciuti in tutte le civilt per essere potenti, grazie alla nostra capacit di camminare tra i mondi: di genere, cielo e terra, vita e morte, ecc. Ho iniziato a intervistare importanti leader spirituali transgender nelle mie comunit a New York 342 e Chicago, e ho imparato molto sulle esperienze di altre persone spirituali nella comunit transgender, ma ho iniziato a chiedermi dove ero io nella storia. Le lotte e le vittorie della mia vita di tutti i giorni non erano presenti. Avevo bisogno di raccontare una storia non da un punto di vista accademico, ma dalla mia esperienza umana, di trovare il mio posto nel mondo come risultato del mio genere, spiritualit, etnia e altre categorie sociali.21 Lungi dallessere in via destinzione il femminiello sembra vivo, oggi pi che mai. Non solo figura ponte, ma esperienza di confine: un vero e proprio genere nel quale ci si pu riconoscere e che pu muovere un sentimento di appartenenza.22 Rientrata in America, Summer diffonde la cultura del femminiello e, nel 2019, torna a Napoli e a Montevergine in compagnia di un gruppo di cinque ragazz* queer italo-american* interessati a conoscere i femminielli e la loro cultura. Negli stessi giorni a Napoli e a Montevergine cՏ anche Valentina, una giovane e brillante studentessa di psicologia, attivista trans-femminista e responsabile del settore migrazione del Mit - Movimento di identit trans. Nata e cresciuta in un paesino dellentroterra campano, da circa due anni Valentina vive e lavora a Bologna. In occasione della Candelora 2019, insieme ad un gruppo di attiviste, operatori e operatrici alla pari del Mit, siamo partite da Bologna per partecipare alla festa della Madonna dei femminielli. Era la prima volta che ci tornavo da trans dice allinizio di unintervista raccolta al nostro rientro. Insieme a noi, alcune ragazze richiedenti e titolari di protezione internazionale, beneficiarie di un pioneristico progetto di accoglienza specificamente dedicato alle persone trans.23 Per noi, per lequipe, era importante far conoscere una cultura sul genere diversa, che non la transessualit, per lorigine della transessualit e del transgenderismo in Italia24. 343 Quando parla del femminiello, Valentina non parla solo di una cultura sul genere, ma della propria cultura di genere e su di essa si interroga, in senso riflessivo. Questo viaggio mi ha fatto riflettere molto sul rapporto tra il movimento trans e la cultura dei femminielli, che secondo me un rapporto ancora non risolto, perch soprattutto noi trans campane, stiamo nel mezzo: cio io personalmente non mi definisco donna, anche se ho una f sui documenti, da quel punto di vista mi sento femminella. Di questo mondo che non n maschile n femminile, questo terzo genere...io lo sento il terzo genere, per poi, agli occhi della medicina, della psicologia, della legge, sono inquadrata come trans. quasi unetichetta attaccata addosso, che non rispecchia del tutto la mia cultura. Perch, allo stesso tempo, sono in mezzo a due mondi, anzi, potremmo dire anche tre, perch cՏ la cultura etero-patriarcale, la cultura dei femminielli e la cultura trans. E allora: dove ci poniamo noi trans campane? Soprattutto, chi fa attivismo trans, chi si definisce una trans femminista e poi va a cercare di dialogare con i femminielli che invece reiterano un modello etero-patriarcale, perch di fatto, nella cultura napoletana, il femminiello nel sistema etero-patriarcale, anche se un terzo genere, ma non un terzo genere che combatte contro il patriarcato, un terzo genere a servizio del patriarcato. E allora cosa significa essere femminielli oggi? un po come...le femminelle del terzo millennio. Nelle parole di Valentina quella del femminiello diviene una vera e propria esperienza del s. Esperienza incarnata e, per ci stesso, contraddittoria. Sentirsi e definirsi, come fanno Summer e Valentina, un femminiello nato a Brooklyn o una femminella del terzo millennio vuol dire ancora oggi incarnare una condizione di genere non risolta, uno status-ponte, che 344 permette di collocarsi sul margine (Besnier, 2014). Queste inedite forme di ri-produzione del soggetto femminiello, non pi solo figura del passato o modello antico, ma forma dellessere e del sentire, agiscono su un immaginario che prova ad intersecare genere, nazionalit, status, spiritualit, ponendo questioni irrisolte per lantropologia che sollecitano una riflessione da un lato sugli strumenti concettuali a partire dai quali abbiamo tradizionalmente pensato la differenza di genere nelle culture, dallaltro sulla relazione stessa che sta alla base della produzione di quel particolare tipo di conoscenza che veicolato nelle nostre etnografie. Il caso forse pi emblematico, che pu essere utile qui ricordare brevemente, quello dei/delle berdache. Durante la Terza Conferenza Internazionale dei nativi gay e lesbiche, svoltasi a Winnipeg nel 1990, si discusse ampiamente linadeguatezza del termine berdache, che tanta fortuna aveva avuto negli studi etno-antropologici ( Jacobs e Lang, 1997; Morgensen, 2011), ritenuta incapace di rendere conto della complessit delle esperienze indigene e del legame fondamentale tra identit sessuali, ruoli di genere e spiritualit per la definizione delle identit dei nativi. Sessualizzazione, razzializzazione e imposizione del modello patriarcale come unico strumento di redenzione erano stati i principi cardine del progetto coloniale, nonch strumenti dellazione dei governi particolari. La scelta dellespressione Two-Spirit, come termine ombrello capace di identificare esperienze assai diverse, avvenne in questo contesto. Dalla critica della categoria antropologica di berdache ha preso forma nei primi anni del III millennio il progetto critico di decolonizzazione dei saperi e delle esperienze indigene di genere che si autodefinito dei Queer Indigenous Studies (Driskill et al., 2011; Smith, 2005; Morgensen, 2010; Gilley, 2006, 2011). Nati in seno ai movimenti e per volont di attivisti e intellettuali militanti e cresciuti nel dialogo con lantropologia, i Queer Indigenous Stu 345 dies potrebbero apparire depositari del messianico compito di rifondare la disciplina, intervenendo su pratiche e metodologie e sulla relazione stessa alla base della pratica etnografica. Investimento rischioso quello in cui ci si affida al supposto potere rivoluzionario di tali discorsi, proiettando su di essi il potenziale trasformativo che si sarebbe desiderato per s (Weiss, 2015). Perch se vero che lantropologia essenzialmente e costitutivamente politica e che la conoscenza a cui aspiriamo vorrebbe essere votata alla trasformazione del soggetto della conoscenza pi che del suo oggetto (Fabian, 2012) la posta in gioco ben pi alta rispetto alla pur necessaria storicizzazione delle categorie attraverso cui leggiamo il mondo. Non si tratta, allora, di inserire il femminiello in una possibile lista dei generi indigeni, stabilendo con pi o meno certezza la comparabilit con altre esperienze indigene di genere, ma di riconoscere lattualit del femminiello, il suo essere modello e la capacit di incarnare, simultaneamente, lideale e il reale. 346 Note 1 Con lintento di segnalare linadeguatezza del termine identit in riferimento ai soggetti protagonisti della ricerca, scelgo qui di virgolettare la parola, prediligendo, in questo saggio come altrove e in linea con le prese di posizione recentemente rese manifeste dal movimento trans italiano, limpiego del termine esperienza. In particolare, nel quadro di unampia e approfondita riflessione sulla depatologizzazione della transessualit, rivendicando una sorta di discendenza genealogica dalla figura del femminiello, il movimento trans ha suggerito di sostituire le espressioni disforia di genere, fenomeno transessuale o identit transessuale/transgender con esperienza umana significativa (Arietti et al., 2010). 2 Di particolare interesse, la tensione allindividuazione dellultimo femminiello, richiederebbe tuttaltra attenzione di quella che possibile dedicarle in questa sede. Nel 2006, allinizio della mia ricerca di campo, era ancora viva Russulella, unanimemente considerata lultimo femminiello. Quando Mina scompare, il 26 gennaio 2011, Repubblica e Il Corriere del Mezzogiorno battono la notizia: Muore a 91 anni lultimo femminiello di Napoli e scomparsa a 91 anni A Russulella. Addio allultimo femminiello. Protagonista di diversi lavori, tra cui La Candelora. Antiche tradizioni, nuovi diritti di Nicola Sisci e Paolo Valerio, Cerasella, ovvero lestinzione della femminella di Massimo Andrei e A rose is a rose di Margherita Pescetti, Russulella avrebbe ceduto il posto a Tarantina, volto assai noto della comunit napoletana, a sua volta protagonista di un libro, un documentario e uno spettacolo teatrale. A differenza di Russulella, tuttavia, Tarantina attore consapevole del processo di (auto)patrimonializzazione come del valore documentario della propria esperienza. Di recente, linaugurazione e poi lo sfregio, da parte di ignoti, di un murale a lei dedicato nel quartiere Montecalvario ha rappresentato un momento di grandi visibilit per Tarantina, intervistata dai principali organi di stampa locali e nazionali (cfr: infra). 3 Dal febbraio 2007 fino al mese di marzo 2014 ho effettuato soggiorni sul campo di durata variabile a Napoli e in Campania, per un totale di oltre venti mesi. In seguito ho continuato a frequentare sporadicamente il terreno e ad osservare da lontano, mantenendo contatti e comunicazioni con le amiche e informatrici che hanno reso possibile questa ricerca. Nei loro confronti nutro un debito umano cui nessuna pubblicazione scientifica potr rendere giustizia. 4 Si vedano, oltre ai saggi di Eugenio Zito, Paolo Valerio, Patricia Bianchi, Gianfranca Ranisio, Gabriella DAgostino e Corinne Forier qui contenuti, Fiore, 2005; Sapienza, 2006; Vesce, 2017. 347 5 Il riferimento qui ad alcuni dei femminielli pi noti, il gruppo di cabaret Le Coccinelle, protagonista del docu-film di Emanuela Pirelli Le Coccinelle. Sceneggiata Transessuale, alla nota cantante neomelodica Valentina (Di Nuzzo, 2007), al personaggio di Europa, interpretato da Enzo Moscato nel film Mater Natura di Massimo Andrei e a quello di Cerasella, protagonista dellomonima docu-fiction dello stesso regista. 6 Francesco Remotti ha di recente messo in guardi gli antropologi dallidea che lidentit possa essere fluida. Scrive Remotti: Lidentit non esiste al di l delle intenzioni dei soggetti: essa una rappresentazione mediante la quale i soggetti compiono un passo che li porta oltre la fluidit. Lidentit un espediente ideologico per contrastare tutto ci che pu essere chiamato fluidit, instabilit, precariet. Non lidentit ad essere fluida; fluida invece la realt (individuale o collettiva, naturale o sociale) contro cui lidentit, o meglio i soggetti che la invocano o la brandiscono, combattono le loro battaglie e affermano le loro pretese di stabilit. Dire che lidentit fluidit una grave confusione concettuale: fluida la realt che lideologia identitaria vuole negare e contrastare (Remotti, 2019: 28-29). 7 Nel corso della ricerca ho intervistato circa venti persone che si identificano come femminelle e condotto colloqui informali con persone trans, omosessuali, intellettuali, attivisti e chiunque fosse in qualche modo informato sul mondo dei femminielli. 8 Ciretta si riferisce qui al corteo del Napoli Pride del giugno 2010. 9 Ciro, intervista raccolta a Boscotrecase il 5 luglio 2010. 10 Gianna, intervista raccolta a Napoli il 26 giugno 2007. 11 R. Ferr, Come Napoli per prima ci ha insegnato cosՏ la libert di genere, The Vision, 10 gennaio 2019 https://thevision.com/cultura/napoli- femminielli-liberta-genere/ (ultima consultazione 29/03/2019) 12 G. Melillo, Una storia antica: Napoli, i femminielli e la figliata, Huffingtonpost, 24 gennaio 2018 https://www.huffingtonpost.it/giuseppe-melillo/ una-storia-antica-napoli-i-femminielli-e-la-figliata_a_23339374/ (ultima consultazione 29/03/2019). 13 F. DAlfonso, Il femminiello a Napoli: lorigine sacra di una parola piena di storia e folklore, Fanpage, 28 ottobre 2018 (ultima consultazione 29/03/2019). 14 M. Niola, I femminielli: tra passato millenario e futuro necessario, La Repubblica, 30 novembre 2017 (ultima consultazione 29/03/2019). 15 Si veda https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/bari/notizie/cronaca/ 2011/26-gennaio-2011/scomparsa-91-anni-a-russulellaaddio-ultimo-femminiello- napoletano--181333372682.shtml si veda inoltre la nota 2. 16 La Tarantina, Genere Femm()nell. 348 17 La Tarantina. Lultimo femminiello dei Quartieri Spagnoli. 18 Si veda https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/ 2019/02/24/sfregiato-il-murale-di-tarantina-taran-il-ripuliremoNapoli17. html. 19 Mamma Schiavona laffettuoso appellativo con cui i fedeli chiamano la Madonna di Montevergine. 20 Si veda https://gaynews.it/attualit%C3%A0/item/1018-femminielli- juta-montevergine-artista-queer-italo-americana-minerva-summer-lettera- mamma-schiavona.html. 21 Si veda http://www.crudiezine.it/napoli-presentato-appartenenza- il-viaggio-di-minerva-summer/. 22 Appartenenza il titolo che Summer aveva originariamente scelto per il documentario a cui sta lavorando. 23 Il progetto Rise the difference, finanziato dallUfficio Nazionale Anti- discriminazioni Razziali della Presidenza del Consiglio dei Ministri ha permesso limplementazione di una casa rifugio per persone trans richiedenti o titolari di protezione internazionale, unico servizio in Europa specificamente dedicato ed stato realizzato dal Movimento di Identit trans, cooperativa Cidas e Centro risorse LGBTQ. 24 Valentina, intervista raccolta a Bologna il 7 febbraio 2019 nel quadro di una ricerca su Politiche di genere e pratiche dellaccoglienza. Etnografia della presa in carico di rifugiati/e trans a Bologna, finanziata con fondi Fondazione Alsos. Bibliografia Arietti L. et al. (2010) Elementi di critica trans, Manifestolibri, Roma. Barbagli M. e Colombo A. (2007) Omosessuali moderni. Gay e lesbiche in Italia, Il Mulino, Bologna. Bendix R. (1992) Diverging paths in Scientific Search for Authenticity, Journal of Folklore Research, vol. 29, n. 2, pp. 103-132. Bendix R. (1997) In search of autenticity. The formation of folklore studies, The University of Wisconsin Press, Madison. Besnier N. (1994) Polinesian Gender Liminality trough time and space, in Herdt G., a cura di, Third sex, Third Gender. Beyond sexual Dimorphism in Culture and History, Zone Books, New York, pp. 285-328. 349 Besnier N. e Alexeyeff K. (2014) Gender on the Edge. Transgender, gay and others Pacific Islanders, University of Hawaii Press, Honolulu. DAgostino G. (2000) Introduzione. Travestirsi. 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Vite napoletane: 1974, 1973, 1997: 130. Incontri etnografici Ho conosciuto Gina, di cui mi appresto a riportare la narrazione della sua storia di vita raccolta nel corso di una lunga intervista svolta nel 2002, durante la mia ricerca di dottorato sul mondo dei ultimi femminielli nei quartieri storici e popolari di Napoli. Allepoca Gina aveva trentasette anni ed stata la prima ad accettare di essere intervistata per parlarmi di s, della sua identit gender variant, gender fluid e/o gender non-conforming (Arietti et al., 2010; Bernini, 2017), giocata tra tradizione dei femminielli e trasformazioni transgender, del suo lavoro, del rapporto con la comunit del suo quartiere e pi in generale con la citt di Napoli. Era la fine della primavera del 2002 e grazie alla preziosa mediazione di Anna Stanco, allora presidente dellAssociazione Quartieri Spagnoli, che me la present, ebbi lopportunit di conoscerla in un preliminare e veloce incontro informale a cui 353 segu quello in cui, circa dieci giorni dopo, potei intervistarla in profondit. Di questa prima circostanza ricordo che mi colp pi di tutto il suo aspetto un po dimesso, il viso magro, stanco e poco truccato, gli occhi azzurri un po spenti, i capelli biondi e lunghi, ma sistemati alla buona, gli abiti semplici e poco vistosi, dallaspetto prevalentemente unisex e lo sguardo preoccupato o piuttosto triste, ma fiero e molto dignitoso. Con gentilezza mi diede appuntamento pochi giorni dopo, o almeno cos mi sembr di capire, nella sua abitazione disposta al piano terra di uno dei vicoli ai Quartieri Spagnoli, non lontano dalla sede dellassociazione in cui la avevo conosciuta e a pochi passi dalla centralissima via Toledo, indicandomi come orario per lincontro quello del primo pomeriggio. Thomas Belmonte, nella sua monografia La fontana rotta. Vite napoletane: 1974, 1983 (1997), attraverso una serrata e ricca narrazione etnografica, restituisce in modo vivido, anche sul piano sensoriale, descrizioni intense dei Quartieri Spagnoli, storica parte del centro di Napoli (Corvino, 2017) con la sua vita pulsante e la sua storia e con la sua complessa umanit (Atlas, 2010). Qui lantropologo newyorkese visse in due fasi, nel 1974 e nel 1983, alloggiando proprio intorno a Fontana del Re, La fontana rotta che d il titolo al suo lavoro, mostrandoci labisso umano dei poveri di Napoli, prima e dopo il terremoto del 1980, evento catastrofico che pure profondamente modific la percezione e la vita della citt, soprattutto nei suoi quartieri pi antichi. Come ho raccontato e tematizzato altrove (Zito, 2017), quando nel 2002 scesi per la prima volta su questo stesso campo per raccogliere i dati della mia ricerca appena avviata, caddi improvvisamente, fuor di metafora, in quello che restava dellabisso descritto da Belmonte (1997). Carico di entusiasmo, dopo il primo incontro informale sopra descritto, avevo infatti ottenuto finalmente un appuntamento per intervistare in profondit uno dei femminielli della zona (Zito e Valerio, 2010), 354 Gina appunto, che la presidentessa dellAssociazione Quartieri Spagnoli, spendendo per me la sua autorevolezza in un contesto piuttosto chiuso e difficile (DAloisio, 2007), mi aveva generosamente procurato, dopo miei precedenti vani tentativi di penetrare in quel complesso mondo. Nonostante ci la giornata prevista per lincontro fu un vero disastro. Gina non si fece trovare nel luogo e nellorario concordati, soltanto la settimana successiva seppi che aveva confuso la data, o piuttosto realizzai che ero stato io a non aver capito bene quanto mi aveva detto. Cos, dopo la lunga vana attesa, presi a girovagare nel quartiere, deluso per la mancata intervista, ma piuttosto incuriosito da un contesto che conoscevo a malapena. Pochi minuti in giro tra vecchi palazzi e strette stradine in salita, perso nei miei pensieri e in un solo colpo, quasi senza accorgermene, fui rapinato di quasi tutto quanto portavo con me in quella circostanza, complice latmosfera solitaria della controra. Lo zainetto che mi fu bruscamente sottratto conteneva un piccolo registratore, un telefono portatile, un taccuino, delle chiavi e il portafoglio con qualche soldo insieme ai miei documenti. Con prepotenza mi fu tirato dalla spalla destra da cui distrattamente pendeva. Furono le veloci ed esperte braccia di un ragazzo su un motorino scalcagnato, ma guidato abilmente da un altro giovane, che improvvisamente mi trovai dietro, a strapparmelo, mentre, nel primo pomeriggio di un maggio gi infuocato, vagavo da solo per quei vicoli. In pochi secondi, incredulo e frastornato per laccaduto, mi ritrovai confuso, metaforicamente precipitato nel fondo della fontana rotta di Belmonte (1997). Con il furto e la materialit degli oggetti sottratta, dallalto valore simbolico per me, oltre che pratico, avevo in pochi secondi perso tutte le mie certezze e sicurezze, i ferri di un mestiere che mi apprestavo ad apprendere e insieme a essi i riferimenti alla mia identit di ricercatore in formazione, quasi una metafora concreta di quello che spesso accade allantropologo nel confronto 355 con lalterit con cui sceglie di misurarsi. Uno shock multiplo, insieme sensoriale, emotivo e cognitivo (Signorelli, 2015), mi preparava involontariamente e concretamente a confrontarmi con la complessa realt di cui di l a poco mi sarei occupato, il singolare mondo degli ultimi femminielli (o femminelle) di Napoli, come in una vigilia non attesa e perci traumatica. In proposito, ancora Belmonte, nel descrivere il tessuto umano dei luoghi da lui esplorati a Napoli fra il 1974 e il 1983, fa qualche riferimento a tali soggetti sociali quando scrive: Infine ritornai verso la zona della mia prima esplorazione, il vecchio Quartiere Spagnolo. Di notte era luogo di prostitute, radunate attorno al fuoco, e di travestiti, col viso truccato come geishe (Belmonte, 1997: 43). La settimana successiva, chiarito il malinteso e con il paziente supporto ancora di Anna Stanco, Gina mi accolse con gentilezza e disponibilit nella sua abitazione terranea e fronte strada, pulitissima e dal forte odore di detersivo, a pochi passi della sede dellassociazione. Questa volta aveva un aspetto decisamente pi curato, non solo per il make-up pi pronunciato e la capigliatura bene acconciata, ma anche per gli abiti inequivocabilmente femminili e lespressione del viso pi distesa e serena. Con un sorriso, e congedando velocemente Anna Stanco che mi aveva nuovamente accompagnato, mi fece accomodare a un piccolo tavolo tondo con al centro un vaso con dei fiori vivacemente colorati, in plastica, su di un centrotavola ricamato e con intorno tre sedie, una per lei, una per me, laltra per il suo cagnolino che si acciambell restando tranquillo per tutto il tempo dellincontro. Il tavolo era disposto giusto a destra delluscio prospiciente allunica finestra dellabitazione, contigua al vano di ingresso, allinterno di un ambiente piuttosto ridotto e con il soffitto a volte in cui si notava una piccola cucina, una poltrona e una grande televisione su di un carrello oltre a due porte che immaginai potessero essere quelle che davano nella 356 camera da letto e nel bagno. Durante questo secondo incontro, avendo accettato di essere intervistata in profondit e avendomi rilasciato il suo consenso per la registrazione, Gina mi raccont con naturalezza e profonda dignit la sua vita gender variant, le piccole trasformazioni chirurgiche apportate al suo corpo in direzione femminile, il suo modo di vivere, le sue relazioni sociali e affettive, la sua attivit lavorativa, in parte la sua storia familiare. Lintervista lunga e intensa si chiudeva con il racconto di un sogno ricorrente che le capitava di fare sin dallinfanzia: sognavo sempre che aprivo un portone grandissimo e cera tanta luce che mi accecava gli occhi e poi cerano tanti fiori e uccelli, per mi mettevo vicino a questo palazzo, lo guardavo, per non potevo passare, cio lo vedevo, lo immaginavo che era bellissimo entrare in quel palazzo, per non potevo entrare (Gina, Napoli 31 maggio 2002). Tale sogno mi colp molto durante la narrazione che mi stava facendo, proprio per la forte carica emotiva che la accompagnava. In quella circostanza non ne compresi bene il significato. Successivamente limmagine del portone/soglia mi sembr di poterla pi chiaramente associare alla dimensione liminale (Turner, 1969, 1983; DAgostino, 2010) del mondo dei femminielli (Zito e Valerio, 2010, 2013; Zito, 2017; Mauriello, 2018) e quindi allincompatibilit di tale mondo tradizionale e transgender al contempo (Zito, 2013a, 2013b, 2017) con le logiche dicotomiche in merito al genere della societ ordinaria al di fuori dellhabitat del quartiere di provenienza (Vincent e Manzano, 2017), dove invece tutto sembrava possibile, fuori di ogni paradosso. Dopo la circostanza dellintervista ho incontrato Gina diverse volte, lultima delle quali stata esattamente la primavera dellanno successivo, durante uno dei matrimoni per-formato 357 (Zito, 2017) da un altro femminiello in un vicolo contiguo e a cui parteciparono, oltre alle persone del quartiere, diversi femminielli, nel quale ebbi la possibilit di imbattermi durante la mia ricerca di campo. Nelle pagine che seguono riporto la storia integrale che Gina mi ha raccontato nel lontano 2002, come un caso specifico di storia di vita (Gallini, 1981; Franceschi, 2006; AA.VV., 2012; Clemente, 2013; DAloisio, 2014) raccolta allinterno di un incontro etnografico (De Martino, 1948, 1968, 2002; Signorelli, 2015) per me iniziatico, perch mi sembrato il modo migliore per chiudere questo nuovo volume collettaneo sul sorprendente mondo dei femminielli a Napoli, ridando loro voce attraverso la sua di voce, in una prospettiva emica e provando cos a restituire una parte del loro discorso denso di umanit, con la sua carica sovversiva e al contempo di forte resistenza. La storia di Gina: narrazione e costruzione identitaria Lintervista aperta di cui di seguito riporto il testo integrale, a cui sono stati ovviamente aggiunti i segni di interpunzione necessari per restituire le pause del discorso dellintervistata, durata poco meno di due ore e audio-registrata, stata raccolta il 31 maggio 2002 presso labitazione di Gina ai Quartieri Spagnoli a Napoli. La trascrizione integrale del testo di questa intervista stata gi analizzata come parte di un unico corpus narrativo insieme alle altre interviste raccolte nel biennio 20022003 ed confluita nel lavoro di ricerca presentato nella monografia intitolata Corpi sulluscio, identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli (Zito e Valerio, 2010). In questo caso la presentazione del singolo testo integrale relativo allintervista svolta mira invece a consentire una riflessione su alcuni specifici temi che si evidenziano, cos come emergono dalla peculiare storia di vita di Gina, avendo provato 358 ad analizzare in questo modo la complessit dei processi di narrazione di s e di costruzione identitaria gender variant. Come spiega DAgostino (2012), se da un lato lo strumento dellintervista pone tutta una serie di problemi metodologici per la ricerca in generale e per quella antropologica in particolare problemi che non mia intenzione affrontare in questa sede essendo destinata in qualche misura a ricostruire fatti, raccogliere esperienze di vita, ricomporre testimonianze di eventi e situazioni il pi possibile autentiche, dallaltro implica sempre una dimensione relazionale, quale quella che si instaura tra antropologo e suo interlocutore, che si preferisce di gran lunga al termine informatore (Fabietti, 2001), allinterno della quale prende corpo. Lintervista sottende quindi un dialogo e una relazione, e come tale comporta lattivazione anche di precipue emozioni, non solo nellintervistato, ma anche nellintervistatore presente sul campo con il suo corpo, allo stesso modo del suo interlocutore. Il sapere antropologico si costruisce infatti allinterno di un costante dialogo discorsivo, dove entrano in gioco negoziazioni e compromessi, ma anche fraintendimenti e selezioni da ambo i lati della relazione (Tyler, 1997) e dove ovviamente gli interlocutori di campo restano i co-produttori con lantropologo del suo stesso sapere (Fabietti, 2001; DAloisio, 2014). Tale relazione, con il suo complesso portato emotivo, va necessariamente compresa e significata allinterno del frame culturale entro cui ricercatore e interlocutore si muovono e nella sua complessit confluisce, anche, a qualche livello, come di seguito si vedr, nel testo etnografico (Geertz, 1990; Clifford e Marcus, 1997). Ho un bel rapporto con la gente del mio quartiere che ci vuole bene, ci stima, ci rispetta e ci aiuta. Se succede qualcosa viene, ci porta da mangiare, perch a volte capitato che restavo senza niente. Questa la verit. Di 359 me posso dire che mi piace molto il mio lavoro anche perch sono tutti ragazzi come me. La sera ci riuniamo quando vengono a lavorare, alle volte prendiamo il caff assieme, andiamo a prendere un cornetto quando cio finisce il lavoro. Sono buoni, bravi ragazzi anche se soffrono in mezzo alla strada, ma come lavoro buono. Cio loro vengono qua a lavorare con il cliente, io ci apro la porta, poi esco fuori, poi loro escono e mi pagano. Poi entro unaltra volta, aggiusto il letto, pulisco e si fa questo fino alle quattro-cinque di notte. Si comincia dalle dieci alle quattro-cinque di notte. Ho tante persone che vengono, anche i clienti per sono bravi sai, ti danno la mancia, sono educati. Nessuno si lamenta qui della gente del posto, perch non sentono rumori e i clienti sono educati. Cio ci sta qualche rumore, la porta, la macchina, per si fa con rispetto, uno rispetta la gente che deve dormire, che deve andare a lavorare, non che si fa molto chiasso perch io poi so dirigere. Se un cliente per esempio ha la macchina accesa per cinque minuti io gli dico Spegni!, se qualcuno ha lo stereo acceso io gli faccio abbassare la voce, quando chiudono la porta e fanno boom io dico di fare piano piano. Hai capito si fa tutto, cio normale, per non dare fastidio. Poi alle cinque del mattino vado a dormire e di giorno, nel pomeriggio, verso le cinque scendo per pulire e ricominciare di nuovo a lavorare di sera. E cos si va avanti tutta la settimana, forse la domenica solo un po di meno, tutti gli altri giorni si lavora tanto. E poi i rapporti con la gente del quartiere, con gli amici e con la mia famiglia sono buoni, proprio buoni, come fratello e sorella. La mia famiglia felice, contenta per me, perch dice Meglio questo che poi faceva unaltra cosa. Perch io avevo mio padre che lui non accettava, quando ero piccolo lui mi diceva Tu fai tutto ci che vuoi basta che tu non ti prostituisci. Allora io ho rispettato mio padre. Allora mia mamma, le mie sorelle, i miei nipoti 360 sono tutti contenti, perch cio pure faccio una vita un po sulla strada per di fronte ai miei amici meglio cos che poi, che mi dovevo prostituire anche io, no? Perch noi non veniamo accettati in un altro lavoro. Io ho lavorato da piccolo, avevo sei anni, poi quando ho cominciato a trasformarmi e a prendere gli ormoni con tutto che ci ho lavorato venti anni gi non mi guardavano pi bene come quando ero bambino perch vedevano una cosa diversa, hai capito. Perci ora se non avevo questo lavoro, come facevo? Per me importante per vivere, perch non ho un altro lavoro, solo questo. E meno male che tengo il mio fidanzato. Io sono ventidue anni che sto con lui, lui non sposato e non fidanzato, io ero piccola avevo quindici anni, rimasto sempre con me, mi aiuta, lui mi paga laffitto di casa dove abitiamo io e lui, lui mi ha comprato i mobili, viviamo insieme, mi d cento euro alla settimana, poi se finisce lo zucchero, il caff queste cose qua, lui li compra e me li porta. un ragazzo buono, tranquillo, poi lavora, lui ha il motorino e se tu devi andare a fare un servizio lui ti porta e gli dai cinque euro, devi andare a pagare la luce e te la va a pagare, hai capito tutte queste cose qua, per guadagna, guadagna abbastanza bene. Ha quarantacinque anni, otto anni pi di me. Sono tre anni che viviamo assieme. Io prima abitavo con mia mamma e mio padre, poi sette anni fa morto mio padre, dopo quattro anni che mio padre morto il proprietario ha venduto lappartamento per trecento milioni, e noi non ce li avevamo. Mia mamma ora abita con una mia sorella e io ho affittato un appartamento, dove vivo con il mio fidanzato. Io e il mio fidanzato la domenica andiamo a mangiare fuori, una volta dalla sua famiglia, una volta con le mie sorelle, stiamo abbastanza bene insieme. La mia famiglia e la sua famiglia hanno completamente accettato tutto dal primo giorno, anche perch le due famiglie si conoscono da tanti e tanti anni, lui abitava proprio il 361 vicolo dove abitavo io con tutta la sua famiglia. Lui era amico dei miei fratelli pi grandi di me, giocavano a pallone insieme, e veniva a casa mia a prendere i miei fratelli. Io ero piccola, avevo dodici anni, lui gi mi guardava, per, cio perch a dodici anni tu ti vedi diversa, ti senti, per non riesci ancora a capire, non riesci a immaginare, cio non sai neanche tu, non capisci bene la cosa, capito? E io facevo Ma perch lui mi guarda? Poi a tredici-quattordici anni ho fatto ormoni, allora portavo gi i capelli lunghi e frequentavo Piazza Vittoria. E lui girava sempre con il motorino intorno a me, poi un giorno si fermato vicino a me e gli ho detto Ma cosa fai qua?. Lui mi ha detto Sono quattro anni che ti giro intorno, non hai capito perch?. Io dissi di no, perch poi quattordici anni di venti anni fa non sono come quelli della gente di ora, cio non immaginavo. Lui mi disse No perch tu mi piaci, io dissi Va bene, ma noi ci conosciamo che facciamo, lui disse Dai non ti preoccupare, e cos siamo usciti e sono ventitr anni che stiamo insieme. Lui stato lunico mio fidanzato, mi trovo bene. Certo un poco pazzerello, per poi buono, chiacchierone, molto chiacchierone, per un bravo ragazzo. Prima che facevo questo lavoro siamo stati anche fuori qualche volta. Poi da quando faccio questo lavoro non mi posso pi muovere, solo in agosto per qualche giorno, prendiamo e andiamo da qualche parte tipo Capri, una volta ad Ischia, hai capito queste cose qua. E poi sto bene con lui perch non mi fa problemi con il mio lavoro. Al principio era geloso, anche perch allinizio quando ho aperto questa attivit sei anni fa ero diversa da come sono ora. Adesso non ho pi la testa di prepararmi, di vestirmi, allora lui era molto geloso, mi sgridava e mi diceva Se poi tu entri con qualcuno pure tu?. E io gli dicevo Ma tu lo sai che non sono abituata!. Perch davvero io non sono abituata. Cio se anche lo vorrei fare, ma non ci sono 362 capace. E vedi alle volte ci sta qualcuno, e anzi specialmente in estate perch poi abbronzati, i vestiti pi belli, allora vieni pi adocchiato, ma non mi sento, cio non lo so fare proprio, non adatto a me. Per lui era geloso, ora si calmato perch ha capito, cio si reso conto che io non sono il tipo che dovrei andare con un altro, perch non saprei prendere liniziativa, hai capito? Non sono portato a queste cose. Mi capita molto spesso che qualcuno si avvicina, anche in altre situazioni, per io non ci vado, non do mai confidenza. E poi io sono molto diversa dalle mie amiche che vengono a lavorare la sera qui. Lo sai che cosa ? Che loro vengono di sera a lavorare poi, cio dieci minuti che ci vediamo, poi escono, scendono, pagano, non che abbiamo quelle cose da raccontarci, non abbiamo il tempo. un lavoro. Vedi questa unattivit antica. La faceva gi una mia zia, per tanti anni fa e ci stavano le prostitute. Ai Quartieri Spagnoli non lo so se lo sai cerano le prostitute e venivano i marines americani e mia zia gestiva lei con queste prostitute tutte donne, poi lei morta ventidue anni fa e questi bassi li aveva sempre lei, per non di propriet, affittati. Poi quando lei mor le figlie glieli dettero a mio cugino che come me, cio non aveva nessun lavoro, cio non lavorava, non aveva nessuna entrata di soldi. Mio cugino li aveva affittati tutti e quattro per ad una persona alla volta, poi io sono caduta in disgrazia, perch ho perso mio padre, mia madre non ha la pensione perch ancora giovane e allora io per sopravvivere ho detto Perch non apriamo e facciamo invece di quattro persone, diamo la voce. E cos la abbiamo aperta, per lui non fa niente, non pulisce, io pulisco e faccio tutto, solo ogni luned facciamo met ciascuno. Non ho problemi con il lavoro, perch anche il rapporto con le signore del posto buono, perch cՏ un rispetto reciproco con la gente. Mi vengono a trovare, scendono, si affacciano, mi portano il caff. Alle volte quando apro 363 pi tardi si affacciano e mi chiedono Come mai? Stavamo in pensiero, non ti abbiamo visto. Si ti devo dire la verit mi trovo proprio bene. E poi vedi questo il mio unico lavoro e con questo ci vivo. E poi mio padre non voleva che io mi prostituivo e per questo con il mio lavoro io ho rispettato la sua volont. Non voleva che io mi prostituivo, perch diceva Io non riesco a pensare che tu puoi fare questa vita. Di mio padre guarda non ti so descrivere. Mi diceva Guarda fa tutto ci che vuoi, ma non ti prostituire. Guarda che io quando ventidue anni fa ho conosciuto il mio ragazzo e sono uscito per la prima volta con lui, mio padre subito se ne accorto e mi ha detto Fallo salire sopra casa mia, fa tutte le scelte che vuoi. Mi ha sempre accettato, mi ha dato la libert, io avevo quattordici anni e vestivo da donna. Per le mie amiche, per esempio, sempre stato molto difficile farsi vedere ed accettare dai genitori, solo mi diceva sempre di non prostituirmi e io ho rispettato la sua volont perch lo meritava tanto. Anche mia madre mi ha sempre lasciato libero di fare ci che volevo e mi ha sempre accettato. I miei fratelli mi baciano in bocca, mi hanno sempre accettato, mi vogliono bene. Anche i miei nipoti. Io ho nipoti, pronipoti, mi vogliono tutti bene. Ogni cosa che capita o si deve fare, per esempio si deve sposare una nipote, io devo andare a scegliere labito, devo vedere le bomboniere, sto sempre io in mezzo a tutte le cose, ma non perch io caccio i soldi , perch no. Ogni cosa mi fanno contare a me, tutto quello che devono fare e decidere. Sono una persona molto importante nella famiglia, anche perch quando io ero piccolo avevo quattro anni mia sorella pi grande gi si sposata, aveva dodici-tredici anni, poi io crescendo i genitori mi hanno visto che io ero cos, quando le altre sorelle e fratelli si fidanzarono in casa, mio padre e mia madre facevano A noi non ce ne frega del rispetto, per rispettate mio figlio, perch se non rispettate lui a casa mia 364 non state bene e sono venuto che i miei cognati e le mie cognate mi vogliono molto bene anche loro. Pensa che un mio cognato pi grande mentre io ero vestito da donna mi ha fatto la cresima, mi ha fatto il compare. E il sacerdote quando ha sentito il nome, cio mi chiamava, no? Perch tu lo sai no quando lui ha detto il mio nome da maschio, io mi sono avvicinato, mi ha guardato cos e poi mi ha fatto la cresima, e poi lo sapeva pure lui questa cosa delle femminelle. E poi lo dicono tutti di Napoli, dei Quartieri Spagnoli, delle prostitute, dei travestiti, dei femminielli, cio famosi per tutto il mondo e molti salivano proprio per vedere queste persone, le femminelle, hai capito. [A questo punto dellintervista il suo cagnolino abbaia un po scuotendo la testa, per attirare lattenzione e poi torna ad acciambellarsi in silenzio sulla sedia mentre Gina lo accarezza]. Ti piace il mio cagnolino? Vedi come sta buono. Lo tengo da un mese. Gli voglio tanto bene e quando mi sento solo me lo stringo forte a me, anche quando sto un po preoccupata per il mio futuro, perch non facile lo sai. Io mi auguro di avere una vita pi serena, ma no perch questa non tranquilla, per devi fare dei sacrifici enormi, devi andare a dormire di mattina, poi scendi, devi pulire, poi inizi la giornata di lavoro e fai le cinque di mattina in mezzo alla strada, allora io vorrei fare dei soldi per conservarli per il domani per stare un po pi tranquilli. A me questo lavoro qua piace, mi piace molto, cio mi piacerebbe sempre, per perch adesso sono ancora giovane, un domani se il signore mi fa vedere i cinquanta- cinquantacinque anni mica posso fare ancora questo? Si pu fare la vita fino alle cinque-sei di mattina? normale no? Allora vorrei avere dei soldi che a cinquanta anni io direi basta, ho qualcosa per andare avanti. Vedi io ora ho solo questo lavoro, e che lavoro ci offrono? Non ci offrono niente per quelli come me. difficile vedi, perch io mi sento donna, per il mio nome 365 di uomo e allora se ti presenti per un lavoro che dici, come spieghi questa situazione che sei femminella? Ma io mi sono sempre sentito donna, cos sempre. Io ero proprio piccolo e avevo sette anni e camminavo con mia mamma e con mia sorella che ha trentacinque anni, due anni in meno a me e la gente del quartiere diceva vicino a mia mamma Per questa pi bella la bionda!, che ero io, gi piccolo proprio ed io gi mi sentivo, cio giocavo con le bambole. Poi ho un fratello di trentasei anni, un anno meno di me, lui aveva il biliardo che gli aveva portato la befana e mia mamma diceva fate tutti e due, ma io non giocavo, io volevo la bambola di mia sorella, giocavo con le bambole di mia sorella, volevo le cose delle donne e stavo sempre in mezzo alle donne. Poi mano a mano, ad otto-nove anni, io mi sentivo diverso, cio, io e mio fratello avevamo la stanza insieme no, e se io mi dovevo spogliare davanti a lui no, mentre che se cera mia sorella che era ancora pi piccola io mi spogliavo davanti a mia sorella perch hai capito non mi dava fastidio, mentre che se mi dovevo spogliare davanti ad un uomo non lo facevo. Poi sono cresciuto e ho capito che cera la diversit, per anche fisicamente gi si vedeva da piccoli, perch se vedi le foto da piccolo non sembro un maschio, sembro proprio una femmina, ero piccolina, un po cicciottella con i capelli biondi biondi oro, gli occhi azzurri, il viso rotondo, cio sembro proprio una femminuccia. E anche in classe mi ricordo alla seconda elementare avevo sette anni e quando sono andato il primo giorno con il grembiule azzurro, i maschietti con il grembiule azzurro e le femminucce con il grembiule rosa, la maestra disse Signora ma questa ragazzina non deve stare in mezzo ai maschietti con il grembiule azzurro, deve andare alla stanza accanto!, ma mia mamma fece No, ma non una ragazzina un ragazzino!. E quella maestra mi voleva molto bene, anche perch io non andavo molto bene a scuola, anche 366 perch lavoravo, perch poi ero un caso bisognoso, allora uscivo dalla scuola e andavo in fabbrica a lavorare, nella fabbrica di borse per guadagnare settemila lire alla settimana che davo a mia mamma, avevo sei-sette anni, per aiutare mia mamma e mio pap, perch eravamo un sacco di noi, poi mia sorella pi grande era sposata e aveva i bambini, il marito non lavorava ed io laiutavo. E poi mia mamma mi ha sempre lasciato libero, io gi da piccolino dicevo No mamma non mi piace questo o quello, e faceva mia mamma Ma mo che devi fare con questi pantaloni cos o questo vestito cos e io dicevo No mamma mi piace cos. Poi ho lavorato per anni in fabbrica, andavo alle nove del mattino, facevo le borse e alle sei di sera uscivo e gi da dodici anni mi vestivo da donna, il pantalone pi stretto, la camicia pi sbottonata, con i volant, queste cose qua. Poi venivo a casa, mi lavavo, mi pulivo, mangiavo e me ne andavo a Piazza Vittoria con i miei amici, cio a fare la mia vita, a parlare, uscire, alle volte uscivo con qualcuno, mi gestivo la mia vita da diverso hai capito, poi mano a mano ho fatto cos, poi ho incontrato il mio ragazzo e quindi uscivo sempre con lui. Mi veniva a prendere dove io lavoravo, cio come una coppia normale hai capito. E la prima esperienza sessuale, diciamo cos, la ho avuta verso i dodici- tredici anni con una persona adulta, poi con altri e poi alla fine solo con il mio ragazzo da quando ci siamo messi insieme. Per non mi sono mai prostituita. Vedi la gente dei Quartieri Spagnoli abituata a questo genere di lavori, perch anche tanti anni fa cera la prostituzione di notte, perch di giorno il cliente non viene, ha vergogna, cio viene di notte, si nasconde e nessuno se ne accorge. Solo i marines venivano a qualunque ora, perch quelli che se ne fregavano. Per la gente di Napoli no, e anche in questo quartiere cՏ gente che mi conosce da piccola e viene sempre di notte per non farsi riconoscere e vedere da nessuno. E quelle che lavora 367 no con me sono tutte femminelle, anche se alcune sono completamente operate, sempre trans e sono molte quelle che lavorano con me, per poi dipende dalle sere, nel senso che non salgono tutte sempre, dipende dal giro che cՏ, poi a volte vanno nelle macchine, anche se da quando io ho aperto queste camere preferiscono venire qui, perch stanno pi sicure, mentre nelle macchine a volte hanno subito delle rapine e delle aggressioni. Ma poi anche per loro, perch in mezzo alla strada ti pu vedere qualcuno in macchina, cio meno scandalo e poi pi pulito, pi sicuro. Qui dentro io avevo una sorella di mio padre che gestiva la prostituzione, ecco perch mio padre non voleva che io facevo questo lavoro. E per questa sorella pi grande di mio padre che lavorava qua dentro mio padre ha sofferto molto, perci mi continuava a dire Tu fai tutto quello che vuoi, per non fare la prostituzione, perch diceva Io per te non voglio soffrire cos come ho sofferto per mia sorella. Invece mio cugino, il figlio di questa sorella di mio padre, che lavora in societ con me per la gestione di questa attivit non femminiello come me, a maschio, gay, e non si mai travestito per colpa della mamma, perch lui era molto innamorato della mamma, poi la mamma diceva Tu per fare questo mestiere devi essere abbastanza sveglio, perch non sai con chi hai a che fare, cio io lo vedo con i miei amici e mi rendo conto che pu succedere qualche cosa. E mia zia era una donna di strada e aveva le palle sotto cos. Mio cugino diceva Mia mamma vive con questa gente e se vede me cos ha un dispiacere, per questo non si mai dichiarato, rimasto uomo. Per si vede che un ragazzo diverso, per non come me che mi sono travestito e che mi comporto da donna, cio che sono a femminiello. Vedi non tutti hanno avuto la mia libert, io mi ricordo quando ero piccolo cerano altre persone come me, ma non erano libere come me, che potevo vestirmi e com 368 portarmi liberamente senza che i miei genitori si opponevano, avevo molti amici come me e con qualcuno facevamo pure la scuola insieme. Io perci mi sento molto fortunata da questo punto di vista, anche perch sto bene qui dove vivo e se hai un problema cՏ subito qualcuno disposto ad aiutarti a risolverlo. Mi trovo molto bene e mi sento aiutato, cՏ sempre qualcuno che mi dice se ho un problema Non ti preoccupare ti aiuto io. Guarda non ti so spiegare, forse pure perch credo molto in Dio, sono un ragazzo che amo infinitamente Dio, lo amo molto. E quando mi succede qualcosa ho sempre tutte le porte aperte, o sar la parola divina, alle volte la chiesa ci dice che noi non siamo accettati, ma non vero anzi, io amo Dio, ho pure la bibbia a casa. Certo io da piccolino la mia vita la volevo diversa, io ero molto carina e mi prendevano proprio per una donna, gli uomini si bisticciavano per me, mi vedevo carina, la gente mi veniva dietro, e cera sempre qualcuno che mi corteggiava e mi dava i soldi e devi sapere che tutte queste piccole cose ai ragazzi come me piacciono tanto, perch ti fanno sentire importante e bella. Allora quando ho fatto diciotto anni volevo diventare bellissima, volevo farmi il naso, questo e quello, volevo farmi lintervento, poi non che mi passata questa idea, per poi pensavo a mio padre, pensavo molto a mio padre e mi sono fermato e dicevo lo faccio o non lo faccio, lo faccio o non lo faccio, poi venuto il mio ragazzo e mi ha bloccata ancora di pi, per anche se non veniva il mio ragazzo credo che comunque non ci riuscivo a fare quello che avevo pensato di fare e quindi ho messo da parte il mio sogno perch cera sempre il pensiero di mio padre, per non dargli un dispiacere. E chiaramente mio padre non che era contrario a che io mi operavo, per chiaro che per farti i seni, il naso e tutto il resto ci vogliono assai soldi e chi te li d? Per fare tutte queste cose ti devi prostituire per forza per avere i soldi se no 369 come fai, chi te li d? Alle volte guarda ci penso un po su e mi dico ma che cosa ho fatto, ora magari potevo gestire la mia vita in modo diverso, avere soldi, essere bellissima, poi dico non dare retta meglio cos, forse pure Dio ha voluto cos per il mio bene. Vedi io credo molto in Dio e ho un buon rapporto con la parrocchia qui vicino, ci sono due chiese. Quando posso vado in chiesa e quando ero piccolo andavo tutte le domeniche a messa. Quando stavo a casa con mia mamma e con mio padre andavo con mia mamma. In quel periodo cera anche una mia sorella a casa e in quel periodo mio pap lavorava al Circolo canottieri vicino la piscina e guadagnava bene, molto bene e non ci faceva mai mancare niente. Allora era possibile perch non facevo questo lavoro e stavo pi tranquilla, avevo una vita pi tranquilla e quindi avevo pi tempo anche la mattina e andavo anche a dire il rosario, ora non ho molto tempo perch lavorando di notte non ho tempo al mattino perch devo dormire. Perci non ci vado spesso, per ho la bibbia a casa e poi con il prete ho buoni rapporti, e lui quando andavo in chiesa e parlavo o per pregare, quando finiva la messa il prete mi chiamava e mi diceva Tu sei una testimonianza per la chiesa, cio la chiesa non accetta, perch una cosa cos contro natura e non viene da Dio, per tu non lo so che hai, io per sono sicuro che il signore a tetu sei una testimonianza per tutti i tuoi amici, tu sei una cosa da parte perch tu, per venire in chiesa e conoscere il nome di Dio, Dio per stare in bocca a te, significa che lui con te, perch io ho visto tanti che non hanno la vita che hai tu, io ho capito che tu volevi gestire la tua vita in un altro modo, e per amore dei genitori ti sei sacrificato. Infatti io volevo diventare come le altre, volevo diventare bellissima, volevo fare i soldi, mi piacevano i gioielli, le pellicce, i vestiti belli, perch la nostra vanit e tu per fare queste cose devi fare la vita, ti devi prostituire, e a me cera il desi 370 derio di fare tutte queste cose, per poi non lo so, non so se stato il signore che io veramente lo amo che mi ha aiutato, che ha fatto in modo che io non sceglievo la prostituzione. Alle volte vedo le mie amiche bellissime e piene di soldi, sono belle, sembrano delle modelle e ci penso. Per ora va bene cos, non importa, ho tante persone che mi vogliono bene e mi stanno vicine, la mia famiglia, il mio fidanzato e mia cognata, diciamo cos, che sarebbe la sorella del mio fidanzato. Lei mi vuole molto bene. Peccato solo che pap morto, e per me stato molto doloroso quando successo. La perdita di mio padre stata dolorosissima. Quando morto mio padre e abbiamo perduto la casa, mia mamma ha preferito andare da mia sorella e io ho preso casa con il mio fidanzato che da poco aveva perso la madre e mia madre ha pensato di lasciarmi con il mio fidanzato che avendo perduto da poco la mamma si era completamente attaccato a me. E poi lui un carattere un poco introverso e non viene molto capito, anche la sorella e il padre per esempio non che lo capiscono tanto. Poi, perch lui mi ha cresciuto, come se fosse la stessa vita la mia e la sua, allora ha bisogno molto di affetto e di tante cose che lo fanno stare bene. Allora a mia mamma dispiaceva intromettersi tra me e lui in casa, anche perch il mio appartamento molto piccolo e a mia mamma dispiaceva venire lei a posto suo, e tutti e tre stavamo male. Allora mia mamma ha fatto questa scelta per me e per lui, perch ha detto giustamente che lui con me si sente pi sicuro. E poi ora sta da mia sorella che non molto lontana da me, e solo per questo motivo ha fatto questa scelta. Ma ora la cosa di cui avrei bisogno sarebbe una bella settimana di riposo fuori con il mio fidanzato, e me ne andrei lontano, molto lontano. Ogni tanto mi piace sognare. Sai cՏ un sogno che facevo sempre quando ero piccolo, e cio sognavo sempre che aprivo un portone grandissimo e cera tanta luce che mi accecava 371 gli occhi e poi cerano tanti fiori ed uccelli, per mi mettevo vicino a questo palazzo, lo guardavo, per non potevo passare, cio lo vedevo, lo immaginavo che era bellissimo entrare in quel palazzo, per non potevo entrare. Per non lo so che cosa vuole dire, perch o per io amo molto Dio come ti ho detto e per me era come unimmaginazione come del paradiso, solo che io non ci entravo perch ero piccolo, come quando qualcuno ti dice nonnon puoi entrare perch sei ancora piccolo e me ne faceva andare via. Era un sogno e lo facevo sempre, e pu darsi che per la mia ignoranza io sognavo il paradiso solo che non entravo perch non ancora il momento. Se avr lonore di entrarci, non te lo so dire, per perch io credo nei miei pensieri il paradiso cos un portone che si apre e cՏ tanta luce e tanta pace. Per concludere: incroci di sguardi e cantastorie La scelta di riportare la storia di Gina, cos come stata raccontata e raccolta, risponde alla necessit di provare a restituire in maniera integrale, allinterno della complessa dialettica emico-etico, il punto di vista dellaltro che diventa anche testo autonomo dallantropologo e dal suo di punto di vista, pur se prodotto nella relazione con questultimo (DAgostino, 2012), a sua volta luogo di produzione del sapere antropologico stesso (Fabietti, 2001). Il testo trascritto di unespressione orale, come accade con la storia di Gina, infatti, pone in evidenza limportanza e lutilit del racconto diretto per scoprire le specificit individuali e culturali che entrano in gioco nellesperienza di vita dei soggetti intervistati, soprattutto se questa viene raccolta nella pi ampia cornice del lavoro etnografico e della pratica di campo centrati su osservazione e su osservazione partecipante allinterno di relazioni lunghe e profonde. Si deve ricordare, tuttavia, che una narrazione della propria storia di vita costitui 372 sce sempre il prodotto complesso di un insieme di forze diverse e disparate che si giocano nellincontro e che includono desiderio di comunicare e di essere ascoltati, memoria e sue produzioni, selezioni e distorsioni, emozioni di paura, dolore e quindi reticenza e pudore, indicibilit sociale, conflittualit varie, dimensione creativa. Ci ripropone la complessa problematica del delicato rapporto tra resoconto soggettivo e realt oggettuale contenuta nel racconto stesso (DAloisio, 2014). Inoltre, per quanto la narrazione appartenga allinterlocutore, essa prodotta nella dimensione dialogica dellincontro etnografico, dove pure legemonia di conoscenza del ricercatore costituisce una forza importante in gioco e in quanto tale sempre indirizzata a riordinare trama e ordito delle narrazioni prodotte (Clemente, 2013), come inevitabilmente comporta il suo stesso ruolo di autore nel tentativo di farsi testimone dellalterit. Lo sguardo antropologico prova infatti a guardare nelle storie che osserva e ascolta la singolarit di ogni racconto allinterno del quadro collettivo della storia pi grande, mantenendo peculiarit del primo e irriducibilit della seconda, ponendo cos gli antropologi stessi nella posizione anche di cantastorie (Fassin, Le Marcis e Lethata, 2008). In particolare, attraverso il flusso dellintensa narrazione di Gina appena presentata prendono corpo quei significativi processi di costruzione identitaria gender variant di cui si gi parlato. La narrazione di s si apre con una dettagliata descrizione dellattivit che al momento dellintervista Gina svolgeva per sopravvivere, cio affittare dei bassi ad alcune transessuali che si prostituivano e gestirne il flusso umano e la pulizia dei luoghi, come in una sorta di albergo ad ore. Questa attivit, che diventa strategia di sopravvivenza in un pi complesso processo fatto di arte di arrangiarsi (Belmonte, 1997), comune a tanta umanit nel suo contesto, e che lei stessa definisce essere in parte sulla strada, le ha per consentito, come pi volte 373 chiarisce nel corso della stessa narrazione, di essersi tenuta lontana dalla prostituzione, esperienza che pure ha connotato la vicenda storica della sua famiglia (zia, sorella del padre) e che nel suo racconto si ripropone come endemica ai Quartieri Spagnoli. Proprio questultimo relativo alla prostituzione costituisce un nesso tematico importante intorno al quale si struttura la sua vicenda esistenziale e biografica: lessere riuscita ad evitare sempre tale esperienza per non dare dispiacere al padre, avendo al contempo potuto anche esprimere la sua identit gender variant in maniera pi libera e tranquilla nella sua famiglia, potendo godere sempre di un significativo rispetto, tanto da divenire punto di riferimento centrale nelle vicende e decisioni familiari in merito a tante questioni, di piccolo e grosso conto. Molto interessanti risultano i riferimenti allinfanzia, al vissuto di diversit, alla differenza anche fisica che gli altri percepivano nel confronto con i suoi fratelli e gli altri ragazzini e che le attribuivano in differenti circostanze, allassunzione di ormoni da un lato e al fatto di avere rinunciato alla trasformazione fisica totale dallaltro, evitando lintervento di riconversione chirurgica dei caratteri sessuali a cui si lega la necessit della prostituzione, talvolta come unica soluzione possibile per trovare il denaro necessario a sostenere il costoso processo di modificazione corporea. Quello del corpo e delle sue trasformazioni necessarie risulta, in particolare, un tema centrale della sua narrazione, attraverso la quale possibile cogliere il relativo processo di costruzione identitaria che si realizza per complesse operazioni di eliminazione (di parti maschili) e di aggiunta (di parti femminili), ma anche di travestimento e camuffamento e soprattutto di pratiche per-formate e agite nella comunit, tese alla costruzione, nelle relazioni sociali, della propria identit gender variant. Nel suo racconto, spartiacque biografico essenziale diventa certamente ladolescenza con le trasformazioni forti che comporta e il progressivo cambio di status in merito al genere, 374 rispetto a uninfanzia pure segnata gi da qualche ambiguit, come si evince chiaramente dalla narrazione riportata. Significativa risulta inoltre, nella sua vicenda biografica, lesperienza di una relazione stabile con un uomo e duratura negli anni, cos come Gina la descrive. Rilevante appare poi il suo interessante rapporto, da un lato con la comunit del quartiere caratterizzata da una forte dimensione di solidariet pi volte rimarcata e sottolineata (espressa anche rispetto alla sua attivit professionale pienamente tollerata), dallaltra rispetto alla religione con particolare riferimento alla devozione popolare e al legame con la Madonna, cui si fa qualche riferimento attraverso un accenno al possesso della bibbia, alla pratica del rosario e alla frequentazione della chiesa del quartiere, senza dimenticare infine le suggestioni di misticismo che pure riaffiorano dalla descrizione del sogno infantile ricorrente e dalla sua convinzione di godere di una protezione ultraterrena. Colpisce infine la pluralit di modi che Gina utilizza nel corso della narrazione per riferirsi a se stessa e alle altre, ora al maschile ora al femminile (cfr. Mauriello infra), talvolta usando un termine come femminiello (femminielli) altre volte femminella (femminelle), ora facendo riferimento al sentirsi donna, ora al termine ragazzo/ragazzi e cos via. In tal modo, ci rinvia sia al problema di una non diretta corrispondenza tra definizioni ed esperienze, sia a un universo semantico, molto complesso e liminale, di incertezza e di irrisolutezza, ma in cui tutto sembra veramente possibile, mostrando sempre, nonostante le articolate vicende esistenziali e biografiche attraversate, una significativa agency. Lanalisi di questultima, inoltre, certamente complessa, per la multifattorialit che concorre ad influenzarla, evidenzia quanto essa sia socialmente e culturalmente mediata. La storia di Gina mostra molto bene, quindi, come tali soggetti possano essere ben compresi nella loro complessit solo prendendo in considerazione larticolata rete sociale e cul 375 turale in cui agiscono, con tutte le componenti simboliche che concorrono a definirla, ma anche tenendo presenti strategie di sopravvivenza, tattiche, forme di solidariet e di legame sociale, sistemi di sfruttamento, ragioni economiche e materiali, rapporti di potere. DAgostino (2012), riprendendo criticamente il pensiero di Portelli (2007) sulle fonti orali, ci ricorda che il termine intervista (inter/vista) significa letteralmente guardare fra, e come tale rimanderebbe a uno scambio di sguardi. in questo scambio, e quindi incrocio di sguardi, che diviene pienamente possibile la parola dellaltro, nonostante la relazione asimmetrica che inevitabilmente caratterizza il processo conoscitivo nelle scienze sociali e di cui si gi parlato. In questo senso la ricerca etnografica pu far emergere laltro/a, con la sua storia, perch proprio attraverso la narrazione nella relazione con il ricercatore essa si costruisce e si rappresenta e in questo modo concorre a dare corpo alla sua identit, considerando anche che il meccanismo della memoria che ne alla base sempre dinamico e che la memoria stessa si ricostruisce a partire dalle sollecitazioni del presente. Infatti nel racconto autobiografico raccolto con lintervista si giocano almeno due dimensioni temporali diverse che attengono al soggetto narrante, quella in cui il racconto viene sollecitato e raccolto durante lincontro etnografico e quella della memoria, con i suoi articolati processi di selezione, rappresentazione e narrazione, che linterlocutore decide di consegnare al suo ascoltatore (DAloisio, 2014). A ci si aggiunga il fatto che la memoria in s non un tutto omogeneo, costituendo al contrario una realt molto complessa, non solo individuale ma anche sociale e culturale, nella quale la temporalit pu incappare in errori, scarti, distorsioni che diventano preziosi indizi di riflessione antropologica. Certamente a complicare ancora di pi il quadro bisogna ricordare che le articolate dimensioni temporali del soggetto narrante si incro 376 ciano poi con la dimensione temporale della scrittura e quindi del ricercatore-antropologo che, in un tempo diverso da quello dellascolto e della registrazione, trasforma le memorie dellaltro in testo, operando i suoi processi di selezione, riorganizzazione e invenzione (Geertz 1988; 1990). Tutto ci rende certamente i racconti di vita dei documenti estremamente complessi e quindi passibili di molteplici livelli di analisi e di interpretazioni, come pure la storia di Gina sembra mostrare. Certamente, come si gi visto, centrale diventa nel processo conoscitivo la relazione tra antropologo e suoi interlocutori di campo, con tutta la valenza euristica di tale rapporto dialogico dinamico che, pur nella sua inevitabile asimmetria di fondo, costituisce la preziosa matrice della conoscenza antropologica stessa. La scelta di riportare in questa sede la narrazione integrale di Gina nasce, come si precedentemente chiarito, dallesigenza di provare a ridare ancora voce ai femminielli (o femminelle), o comunque a tali soggetti gender variant e/o gender non-conforming, attraverso una delle loro storie, integrando i discorsi di ricercatori e studiosi prima esposti, rimarcando, in qualche modo, con tale operazione, quella che la funzione sociale pi alta dellantropologia (Quaranta, 2018), cio promuovere in una prospettiva emica alternative possibili, in questo caso esistenziali, quali le loro pratiche per-formate (Butler, 1990), le loro esperienze e storie di vita possono certamente offrire, con tutta la vigorosa carica di resistenza che pure le attraversa, connotandole in maniera singolare. 377 Bibliografia AA.VV. (2012) Storie di vita/Autobiografie, Antropologia, n. 14, pp. 1-324. Arietti L., Ballarin C., Cuccio G. e Marcasciano P., a cura di, (2010) Elementi di critica trans, Manifestolibri, Roma. 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Alcuni dei saggi in esso contenuti approfondiscono questioni legate ai culti e ai riti, e al ruolo in essi assolto dai femminielli: che in questa area sono danzatori, cantori e suonatori di tamburo a cornice, che hanno una funzione importante e riconosciuta in alcuni riti, sacri e profani (il pellegrinaggio a Montevergine e ad altri santuari dedicati alla Madonna, un ruolo privilegiato in alcuni riti e rappresentazioni di carnevale, lestrazione dei numeri del lotto in occasione delle festivit natalizie), che hanno o hanno avuto fino a un recente passato dei riti di loro esclusiva pertinenza (la messa in scena di un matrimonio tra femminielli). Attualmente a Napoli alcuni femminielli si sono organizzati in gruppi musicali, che prestano la propria opera in occasione dei battesimi e delle feste di nozze1. Val la pena di ricostruire, pur assai rapidamente, le vicende storiche relative a Montevergine e al culto tributato alla nera Madonna che lo abita da parte dei femminielli. Il santuario alla Madonna di Montevergine fu costruito nel XII sec. da san Guglielmo, in un luogo in cui verosimilmente gi esistevano antichi culti della montagna sacra e in cui nellVIII sec. san Vitaliano aveva gi fondato un tempio dedicato alla Vergine2. Questo il mito di fondazione del santuario, quale si ricava da una agiografia anonima di san Vitaliano, datata al XII sec.3: 381 Vitaliano, vescovo di Capua, una notte fu derubato dei propri vestiti, che i ladri sostituirono con abiti da donna. La mattina, senza accorgersene, indoss abiti femminili, e con quelli celebr messa. Per punizione fu chiuso in un sacco e gettato in mare. Approdato presso Roma, si ritir sul monte popolarmente chiamato Vergine (cui vulgo Virgo dicitur), ove eresse la chiesa alla Madonna in cui fu in seguito seppellito. Nella leggenda, che contiene evidenti elementi mitici4, spicca linsolito episodio del travestimento femminile, che starebbe ad adombrare un primo passaggio da culti cibelici, che mantenevano antiche connotazioni, a culti cattolici sotto il nuovo nome di Maria5. Il travestimento femminile rimasto legato ai culti dedicati alla Madonna di Montevergine, tanto che la cronaca di un incendio divampato nel Santuario nel 1611 riferisce come nel giorno seguente alla catastrofe, nel darsi sepoltura agli estinti, furono trovati molti uomini in abito da donna6. Nel XVIII e ancora nel XIX sec. delle incisioni raffigurano tarantelle danzate da femminielli napoletani alla festa della Madonna di Montevergine7. E ancora oggi la festa della Candelora il giorno del pellegrinaggio a Montevergine dei femminielli, che partono da Napoli la notte, e danzano e suonano tamburelli e castagnette dinanzi e dentro al santuario8. E, anche in altre occasioni festive, ҏ tradizione anche recente che dei gruppi di pellegrini siano capeggiati e guidati da un omosessuale9. Queste vicende locali si inquadrano in un contesto assai ampio, e contribuiscono a disegnarlo in modo dettagliato e approfondito: dal subcontinente indiano a tutta larea del Mediterraneo persone che attraversano le identit di genere agiscono sia in contesti sacri, in qualit di officianti a divinit femminili, che nei riti di nascita e di matrimonio (e, in passato, quantomeno in alcune aree e tradizioni, in quelli funebri). I luoghi interessati dalla presenza di riti officiati da effeminati rivelano una lunghissima persistenza storica di questi feno 382 meni: le prime attestazioni risalgono al XXXV sec. a.C. (Staiti, 2016: 13-27)10. Dalla civilt sumera ai riti dionisiaci e di Demetra e Cibele nelle aree influenzate dalla cultura greco-romana, e successivamente in molti luoghi ed epoche segnati dallinflusso religioso ebraico, cristiano e/o islamico, donne e uomini effeminati cantano e suonano il tamburo a cornice nellambito di riti femminili. I loro repertori e i riti, pur diversi nelle varie aree, presentano alcune caratteristiche comuni: 1. ove sopravvive un rapporto diretto con culti religiosi, essi sono rivolti a divinit femminili, spesso dalla pelle nera (Cibele, le molte Madonne nere il cui culto diffuso in Europa, il jinn lalla Aicha in Maghreb e tra gli immigrati nordafricani, ecc.); 2. in genere la divinit nera fa parte di un pantheon di spiriti femminili di varia natura (in Italia meridionale ha una serie di sorelle bianche; in Maghreb e tra gli immigrati nordafricani ciascuno degli spiriti si identifica con un colore diverso); 3. gli effeminati sovrintendono a riti di nascita, circoncisione (ove praticata), nuziali e funebri; 4. gli strumenti musicali che accompagnano i riti e le danze sono tamburi percossi con lausilio di mazzuoli. Si tratta di tamburi a cornice, la cui simbologia legata al femminile (Guizzi e Staiti, 1989); 5. le compagini musicali sono miste o intercambiabili, comprendono cio sia uomini effeminati che donne; 6. nei luoghi in cui questi repertori e riti venivano e in molti casi vengono tuttora eseguiti si riscontra un inserimento e unaccettazione sociale degli effeminati e dei travestiti e transessuali superiore che altrove, seppur settoriale e circoscritta; ove pratiche di questo genere sono ancora presenti, vi sono testimonianze storiche, materiali ed immateriali, che danno conto dellantichit del fenomeno e del suo radicamento. 383 Laccettazione sociale e linserimento nella comunit con ruoli specifici di uomini effeminati, travestiti e transessuali sembra conoscere degli insediamenti privilegiati resistenti nel tempo (ed questo il caso dei Quartieri Spagnoli di Napoli: si veda Zito e Valerio 2010). Le indagini sugli aspetti culturali degli orientamenti di genere (per esempio la ricerca sullomosessualit nel mondo islamico di Murray e Roscoe 1997) non hanno finora preso in esame in modo sistematico la funzione rituale degli effeminati. I risultati delle ricognizioni finora effettuate (cui qui si accennato rapidamente, e per le quali si rinvia a Staiti 2016) mostrano che, incrociando le ricerche sui riti femminili e degli effeminati con lo studio dei tamburi a cornice, emerge un complesso culturale sommerso molto diffuso e di lunga durata che va dal sud-est asiatico allarea mediterranea, con propaggini nel resto dEuropa ed estensioni in Messico e nellAfrica nera. Queste antiche e persistenti forme rituali in Europa hanno influenzato segmenti importanti di storia religiosa, oltre che le tradizioni teatrali e musicali. Tutto ci pare affiorare nuovamente nei modi di declinare il rapporto tra marginalit e centralit: basti pensare alle attuali forme dellassociazionismo gay, alla rivendicazione dei diritti civili, alle manifestazioni pubbliche quali i gay-pride. Espressioni, tutte, innervate dalle forme di autorappresentazione elaborate dalla cultura omosessuale durante i secoli. Tendenze pi che moderne paiono far riaffiorare elementi immanenti al corpo sociale. Paiono permanere, in rappresentazioni moderne e riattualizzate di identit di genere di confine, aspetti consistenti della funzione destabilizzatrice e perci riordinatrice della liminarit di agenti rituali specializzati. La condizione di chi da uomo si fa donna, in modo pi o meno esplicito ed evidente, in quanto stato liminare permanente, comporta capacit elettive di operare nelle condizioni rituali di liminarit: fa degli effeminati gli officianti specialmente qualificati di alcuni riti di passag 384 gio da una condizione ad altra. Riti legati alla nascita (le feste di circoncisione), al matrimonio, e, in passato, alla morte11. La liminarit sembra comportare una statuizione implicita, unassenza di istituzionalizzazione, di esplicitazione del ruolo degli effeminati. Se fosse del tutto esplicitata e pienamente statuita questa condizione perderebbe la propria forza, che dalla liminarit trae alimento. Perci i modi coi quali pi si suscita il riso sono le battute a doppio senso, i giochi di parole ambigui: le cose utili a marcare lindeterminatezza, lirresoluzione. Leffeminatezza suscita il riso: lo provocano gli stessi effeminati, che nelle feste si mettono in scena, enfatizzando i propri modi femminei e rendendoli paradossali e grotteschi; lo raccolgono e lo amplificano gli altri, attendendo questi comportamenti e sollecitandoli col proprio atteggiamento e con le proprie battute. Gli elementi grotteschi e paradossali della loro rappresentazione di s, della propria condizione, quelli che suscitano il riso e la scurrilit, lambiguo e il non detto sono necessari al loro ruolo rituale, alla loro funzione sociale. Insomma quello che appare in evidenza, nel modo in cui i suonatori effeminati si offrono allo sguardo altrui, in cui si mettono in scena, con esibita, grottesca licenziosit, quel che pare rilevante agli occhi degli altri, e dagli altri richiesto, non ha tanto a che fare direttamente con il loro orientamento sessuale, quanto coi loro modi femminei: che appaiono comici e paradossali, come proprio delle cose bizzarre12. Il ridere e il piangere, il far ridere e il far piangere, sono elementi fondamentali dei riti officiati dagli effeminati. Tutto ci si attaglia alle tradizioni del presente come a quelle documentate da fonti storiche, pi o meno antiche, nella vasta parte del mondo in cui si manifesta o si manifestata una relazione profonda tra donne, inversione dei comportamenti maschili, riti della nascita, di nozze e funebri, e musica (in specie il canto accompagnato dal tamburello). 385 Note 1 In particolare un gruppo, denominato Le Coccinelle, ha raggiunto una notoriet nazionale, e si esibisce anche in concerti. Su questa vicenda in corso di realizzazione un film documentario, di cui visibile un estratto su http://www.toutube.com/watch?v= _L6XUSHrL3U. 2 Si veda De Simone 1982: 90. Secondo Roberto De Simone gli insistiti tentativi di edificare un tempio cristiano su quella montagna avevano lintento di cristianizzare un antico e resistente luogo cultuale pagano. 3 Vita di San Vitaliano, citata in De Simone 1982: 90. 4 Scrive Roberto De Simone: (De Simone 1982: 91) lo si rileva dal particolare del Santo che, sebbene chiuso in un sacco e gettato in mare, pure riesce non si sa come ad approdare presso Roma. E si sa quanto il tema dellessere chiusi in un sacco, in una botte, in una cassa e gettati in mare, dal quale si esce indenni, sia un antico e diffusissimo tema di iniziazione misterica, attribuito ad eroi, a santi e, in particolare a fondatori di nuove citt e di nuovi culti. 5 De Simone 1982: 91. 6 Cronaca dellincendio, ad opera dei Padri Benedettini, riportata in Montevergine, Roma 1905: 26 e citata in De Simone 1982: 91. 7 Si veda De Simone 1982: 91. 8 Si veda De Simone 1982: 94 e Zito e Valerio 2010: 67. Analogo a quello dei femminielli il ruolo dei muxe in alcune aree del Messico. I muxe, travestiti e transessuali, godono di unaccettazione sociale controversa, ma meno problematica che altrove. Sono devoti alla Madonna, in specie allImmacolata Concezione, e partecipano attivamente allorganizzazione dei pellegrinaggi. Uno di essi, la Vela de las Autnticas Intrpidas Buscadoras del Peligro, di loro pertinenza, come la Candelora a Montevergine. Si veda Miano Borruso 1993 e Miano Borruso 1999. Numerosi video che documentano diverse recenti edizioni della Vela de las Autnticas Intrpidas Buscadoras del Peligro sono accessibili su YouTube: si veda ad esempio http://www.youtube.com/ watch?v=rlySEZsukqA, o http://www.youtube.com/watch?v=6DiSrFZDPJY. 9 De Simone 1982: 94. 10 Si scelto qui di utilizzare la parola effeminati per definire persone di sesso maschile che, in senso ampio e in vario modo, si femminilizzano: la parola daltronde ha lo stesso significato ampio e flessibile che ha la sua declinazione locale femminielli. Lattraversamento dellidentit di genere pu essere pi o meno marcato, pu essere permanente o venire accentuato nelle occasioni rituali. Pu consistere nellaccentuazione di aspetti femminili del 386 gesticolare o delleloquio o nellesibizione di accessori di abbigliamento ambigui o femminili, fino a un esplicito travestimento, la trasformazione permanente del proprio corpo con il ricorso a farmaci o interventi di chirurgia estetica, levirazione o il cambiamento di sesso. Spesso a questo corrisponde un orientamento omosessuale, che tuttavia non laspetto pi rilevante; anzi, spesso sottaciuto, o addirittura negato (anche per ragioni di tutela, in contesti nei quali lomosessualit oggetto di riprovazione sociale o addirittura reato). I comportamenti effeminati sono pubblici, e osservarli, identificarli come tali responsabilit soggettiva di chi osserva, non delle persone di cui si riferisce: luso della parola effeminati vale dunque anche a salvaguardare le persone e le categorie osservate, attribuendo in modo esclusivo al ricercatore la responsabilit delle sue deduzioni. 11 Il rapporto tra effeminati, tamburello e riti del lutto presente in molteplici tradizioni, fin dalle prime attestazioni, presso i Sumeri. Se ne d variamente conto in Staiti 2016. 12 Sulleffetto comico del paradosso il riferimento, del tutto ovvio, a Freud 1905 e alle ulteriori considerazioni espresse da Jacques Le Goff in Le Goff 1989. Bibliografia De Simone R. (1982) Il segno di Virgilio, Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo di Pozzuoli, Sezione Editoriale Puteoli, Pozzuoli. Freud S. (1905) Der Witz und seine Beziehung zun Unbewuten, S. Fischer, Frankfurt. Le Goff J. (1989) Rire au Moyen ge, in Cahiers du Centre de Recherches historiques, n. 3, pp. 1-14. Miano Borruso M. (1994) Viaje a travs de la identidad de los zapotecos del Istmo de Tehuantepec, Tesis de Maestra en Antropologa Social, ENAH, Mexico. Miano Borruso M. (1999) Hombres, mujeres y muxe en la sociedad zapoteca del Istmo de Tehuantepec, Tesis de Doctorado en Antropologa, ENAH, Mexico. Murray S. O. e Roscoe W., eds., (1997) Islamic homosexualities: Culture, history and literature, New York University, New York. 387 Staiti N. (2016) Kajda. Music and womens rites among Roma in Kosovo, with two essays by Silvia Bruni, with dvd, Libreria Musicale Italiana, Lucca. Zito E. e Valerio P. (2010) Corpi sulluscio identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli, prefazione di Gabriella DAgostino, Filema, Napoli. 388 Autori Patricia Bianchi, professore ordinario di Linguistica italiana e Storia della lingua italiana presso il Dipartimento di Studi Umanistici dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II, ha sviluppato i suoi interessi di ricerca con pubblicazioni sui temi della storia della lingua letteraria ottocentesca, della didattica dellitaliano, della filologia e variazione linguistica dei testi teatrali, della dialettologia e sociolinguistica urbana. Gennaro Carrano, laureato presso lUniversit di Napoli LOrientale, si occupato di antropologia culturale, drammaturgia e storia del teatro. Insieme a Pino Simonelli ha tenuto seminari sulla genesi delle maschere nella commedia dellarte e sulla sperimentazione teatrale presso il Kulturhuset di Stoccolma, ed ha svolto una ricerca sui rapporti culturali tra il Regno di Svezia ed il Regno di Napoli, confluita nella pubblicazione di un catalogo con il patrocinio della Stockhlms Universitetet e del Ministero dei Beni Culturali italiano. Si successivamente laureato in giurisprudenza presso lUniversit degli Studi di Napoli Federico II ed attualmente svolge la professione di avvocato. Gabriella DAgostino professore ordinario di Discipline demo- etno-antropologiche nellUniversit degli Studi di Palermo. Dirige la rivista semestrale Archivio Antropologico Mediterraneo (https://journals.openedition.org/aam); direttore scientifico del Festival internazionale di documentari Sole Luna Doc Film Festival (https://solelunadoc.org/). Tra i suoi lavori: Da vicino 389 e da lontano. Uomini e cose di Sicilia (Sellerio, 2002); Forme del tempo. Introduzione a un immaginario popolare (Flaccovio, 2008); Altre storie. Memoria dellItalia in Eritrea (ArchetipoLibri, 2012); Sottotraccia. Percorsi tra antropologia e contemporaneit (Bonanno, 2016). Annalisa Di Nuzzo, PhD in Antropologia culturale, processi migratori e diritti umani, professore abilitato di II fascia in Discipline demo-etno-antropologiche, professore a contratto di Geografia delle lingue e delle migrazioni, corso di laurea in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale, Universit degli Studi Suor Orsola Benincasa; professore a contratto di Antropologia culturale presso il dipartimento DISUFF dellUniversit di Salerno, fa parte del gruppo di esperti del Laboratorio antropologico per la comunicazione interculturale e il turismo diretto da Simona De luna della stessa universit. Tra i suoi maggiori campi dindagine ricordiamo lantropologia delle migrazioni, lantropologia del turismo, antropologia e genere, antropologia e letteratura. autrice di numerosi saggi e monografie tra cui Neapolitan Social-Transgenderism: The Discourse of Valentina OK, in Baker P. e Balirano G., eds., Queerig Masculinities in language and culture, Palgrave Macmillan, London 2018. Corinne Fortier, antropologa e psicologa, responsabile di ricerca al Centre National de Recherche Scientifique (CNRS) in Francia e membro del Laboratoire dAnthropologie Sociale du Collge de France. Ha ricevuto la medaglia di bronzo del CNRS nel 2005. specializzata in questioni di genere, sessualit e procreazione ed ha condotto ricerche sulla trans-identit, interessandosi dei femminielli a Napoli e in Campania, oltre che di persone trans in Francia e nel Qubec, e sulla trans-genitorialit. Pi recentemente ha studiato anche transessualit e terzo genere nel mondo arabo- mussulmano. Associa nel suo lavoro di ricerca la prospettiva antropologica a quella psicoanalitica. 390 Luigi Maria Lombardi Satriani, professore ordinario di Discipline demo-etno-antropologiche, ha insegnato nellUniversit Sapienza di Roma, nelle Universit di Messina, della Calabria, Federico II di Napoli, Suor Orsola Benincasa di Napoli e in diverse altre universit straniere (USA, Canada e Brasile). Tra le sue numerose pubblicazioni, molte delle quali tradotte in altre lingue, si ricordano: Folklore e Profitto (Guaraldi, 1973); Antropologia culturale e analisi delle culture subalterne (Rizzoli, 1974); in collaborazione con Mariano Meligrana, Un villaggio nella memoria (Gangemi, 1987); Il ponte di San Giacomo (Sellerio, 1989); in collaborazione con Domenico Scafoglio, Pulcinella, Il mito e la storia (Leonardo, 1992); De Sanguine (Meltemi, 2005). Collabora alle maggiori riviste scientifiche italiane in ambito antropologico e ai principali quotidiani italiani. Marzia Mauriello assegnista di ricerca in Discipline demoetno- antropologiche presso lUniversit di Napoli LOrientale e docente a contratto di Antropologia medica presso lUniversit della Magna Grcia di Catanzaro. Si occupa di studi di genere e di antropologia dellalimentazione. Da circa un decennio svolge ricerca etnografica a Napoli ed autrice di saggi e articoli sui processi di medicalizzazione dellesperienza transgender, sulle dinamiche di inclusione ed esclusione dei soggetti gender nonconforming e sulle intersezioni tra cibo e genere. membro dellInstitute of Gender Studies (IGS) presso lUniversit di Chester (UK), del Gender History Research Center presso lUniversit di Napoli LOrientale e del Centro Studi Cibo e Alimentazione presso la stessa Universit. Mariella Miano Borruso (1948-2013), PhD in Antropologia culturale, stata professoressa e ricercatrice ordinaria nel programma di Posgrados en Antropologa Fsica y Antropologa Social della Escuela Nacional de Antropologia e Historia (E.N.A.H.) dellIstituto Nacional de Antropologia e Historia (I.N.A.H.) di Citt del 391 Messico, dove ha coordinato larea di ricerca Genere, sessualit e cultura. Si specializzata in studi di genere e sessualit di gruppi etnici ed stata autrice di numerose pubblicazioni sul tema. Ha coordinato il Centro de Estudios Antropolgicos de Gnero, Sexualidad y Etnicidad (CEAGSE) presso lE.N.A.H. Gianfranca Ranisio professore ordinario di Discipline demoetno- antropologiche presso il Dipartimento di Scienze Sociali dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II. vicepresidente della Societ Italiana di Antropologia Medica e fa parte del Comitato Scientifico della rivista AM-Antropologia Medica. Si interessa da anni di tematiche di antropologia medica e di gender studies. In particolare si soffermata sui processi di medicalizzazione che interessano le tappe biologiche femminili ponendo in evidenza come queste si intreccino con le rappresentazioni simboliche e culturali del femminile. Tra i vari saggi pubblicati: Venire al mondo. Pratiche, credenze e rituali del parto (Meltemi, 1998); Quando le donne hanno la luna. Credenze e tab (Baldini & Castoldi, 2006); e in curatela Culture della nascita. Orizzonti della maternit tra saperi e servizi (Dante & Descartes, 2012); Salute, formazione, territorio (Ad est dellequatore, 2014); Rete, innovazione, cronicit (Ad est dellequatore, 2016); e From curing to caring. Quality of life and longevity in patients with HIV in Italy (PM edizioni, 2018). Pino Simonelli (1948-1986) si occupato con Luigi Maria Lombardi Satriani di antropologia culturale, sociolinguistica e filosofia del linguaggio presso lUniversit degli Studi di Napoli Federico II e in particolare di teatro dal punto di vista antropologico, ricoprendo, inoltre, il ruolo di professore di Drammaturgia e Storia del teatro presso lAccademia di Belle Arti di Napoli. Ha insegnato come visiting professor allUniversit di Stoccolma dal 1978 al 1985, tenendo corsi di dialettologia, sociolinguistica e antropologia culturale. Tra laltro, in quegli anni, ha svolto, in collaborazione con Gennaro Carrano, una ricerca sui rapporti culturali tra il Re 392 gno di Svezia e il Regno di Napoli, confluita nella pubblicazione di un catalogo con il patrocinio della Stockhlms Universitetet e del Ministero dei Beni Culturali italiano. Nicola Sisci, medico, psicologo clinico, videomaker, ha studiato e lavorato nel campo degli studi di genere, producendo pubblicazioni e video-documentari scientifici sul tema. Su committenza dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II realizza nel 2008 i documentari La Candelora a Montevergine e (dis)abilit (s)velate. Come produttore indipendente realizza diversi cortometraggi e lavori di video-arte presentati in occasione di vari festival del cinema italiani ed europei. Vincitore nel giugno 2009 del premio per il miglior cortometraggio nellambito della sezione Schermonapoli quick del Napoli Film Festival, con il lavoro La parabola dei ciechi. Attualmente vive e lavora a Torino. Nico Staiti professore di Etnomusicologia e di Organologia allUniversit di Bologna presso il Dipartimento delle Arti, per il quale coordina il Corso di Laurea Magistrale in Musica e Teatro. co-direttore di Etnografie Sonore/Sound Etnographies e presidente del Comitato Italiano dellInternational Council for Traditional Music. Ha svolto e svolge ricerche in Italia centro-meridionale, in Marocco e tra i rom in Kosovo e, pi in generale, nei Balcani. Si occupa di musica, rito e attraversamenti di confini di genere, tra fonti storiche e ricerche etnografiche. Paolo Valerio professore ordinario di Psicologia clinica presso il Dipartimento di Neuroscienze e Scienze Riproduttive ed Odontostomatologiche dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II, presidente onorario del Centro di Ateneo SiNAPSi (Servizi per lInclusione Attiva e Partecipata degli Studenti) della Federico II, presidente dellOsservatorio Nazionale Identit di Genere (ONIG) e della Fondazione Genere, Identit, Cultura di Napoli. Da anni si occupa di ricerca e clinica nellarea dellidentit di ge 393 nere. co-autore di numerose pubblicazioni sul tema, tra le quali si ricordano: Il Transessualismo: Saggi psicoanalitici (FrancoAngeli, 2001, 2008); Lenigma del transessualismo: Riflessioni cliniche e teoriche (FrancoAngeli, 2004); Dilemmi dellidentit: chi sono? Saggi psicoanalitici sul genere e dintorni, (FrancoAngeli, 2006); Corpi sulluscio, identit possibili. Il fenomeno dei femminielli a Napoli (Filema, 2010); Sesso e Genere. Uno sguardo tra storia e nuove prospettive (Liguori, 2012); Figure dellidentit di genere. Uno sguardo tra psicologia, clinica e discorso sociale (FrancoAngeli, 2013). Francesca Verde, psicologa, formatasi allUniversit degli Studi di Napoli Federico II, ha collaborato alla pubblicazione di diversi articoli sulla modellizzazione per un lavoro analitico con i Grandi Gruppi e le Istituzioni. Maria Carolina Vesce, Phd in Antropologia e studi storico-linguistici presso lUniversit di Messina, assegnista di ricerca presso lUniversit degli Studi di Siena. Ha condotto ricerche sul campo a Napoli e in Samoa, concentrando i propri interessi sui processi di patrimonializzazione e culturalizzazione di alcune specifiche esperienze di genere etero-dissidenti. In particolare si occupata della relazione tra le rappresentazioni emiche dei femminielli napoletani e delle faafafine samoane e limmaginario LGBTQ caratteristico dei contesti euro-americani. Attualmente impegnata in una ricerca etnografica sulla presa in carico di richiedenti e rifugiati/e trans a Bologna, finanziata da Fondazione ALSOS. autrice di saggi comparsi in volumi e riviste e di Altri Transiti. Corpi, pratiche, rappresentazioni di femminielli e transessuali (Mimesis, 2017). Eugenio Zito, PhD in studi di genere, professore abilitato di II fascia in Discipline demo-etno-antropologiche, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Sociali dellUniversit degli Studi di Napoli Federico II dove insegna Etnologia e Antropologia della comunicazione. Insegna anche Antropologia medica presso la 394 Scuola di Medicina e Chirurgia della Federico II. stato visiting professor presso lEscuela Nacional de Antropologia e Historia a Citt del Messico, il Centre Marocain des Sciences Sociales, Facult des Lettres et des Sciences Humaines, Universit Hassan II, Casablanca (Marocco) e il Dpartement de Sociologie, Facult des Lettres et des Sciences Humaines, Universit Cadi Ayyad, Marrakech (Marocco). membro ordinario della European Association of Social Anthropologists, della Societ Italiana di Antropologia Culturale e della Societ Italiana di Antropologia Medica. Autore di diversi lavori sui temi del genere, corporeit, vulnerabilit sociale e malattia, di recente ha pubblicato il volume Vivere (con) il diabete. Uno sguardo antropologico su corpo, malattia e processi di cura (Ledizioni, 2016). 395 396 Finito di stampare nel mese di maggio 2019 397 398 399 400