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Quaderni Borromaici, 2016
Quanto segue intende proporsi come il resoconto di una conversazione che Andrea Oliani, Bruno Cortesi e Pietro Vigiani, tutti studenti presso l’Almo Collegio Borromeo di Pavia, hanno intrattenuto con Emanuele Severino, volta ad enucleare, muovendo da spunti talvolta anche polemici, alcune delle concettualità fondanti quel corpus di dottrine che cade sotto il nome di severinismo. Severino è stato squisito nell’accoglierci e ospitarci nella sua dimora di Brescia, lucido e assolutamente puntuale nel controbattere alle nostre provocazioni. La discussione ha poi trovato naturale seguito in una conferenza di carattere più divulgativo tenuta dal filosofo presso il Collegio Borromeo, dal titolo Sulla Tecnica. Severino consegue la laurea in Filosofia nel 1950 come alunno del Collegio Borromeo, discutendo una tesi intitolata Heidegger e la metafisica sotto la supervisione di Gustavo Bontadini. Solo un anno più tardi ottiene la libera docenza in filosofia teoretica. Nel 1964 pubblica lo scritto Ritornare a Parmenide, che, insieme a La Struttura Originaria rappresenta la miccia che innescherà negli anni successivi quello che molti hanno definito lo “scandalo” del severinismo. Questi scritti, come altri, posseggono una portata teorica tanto dirompente che già nel 1969, a seguito di un lungo e accurato esame condotto da Cornelio Fabro, la Chiesa cattolica proclamerà l’insanabile opposizione tra il pensiero di Severino e il Cristianesimo. Comprendere tale pensiero è cosa ardua, se prima non ci sia volti alla grecità delle origini: essa è, per Severino, il luogo ove in maniera inaudita (nel senso letterale di “mai udita prima”) viene pensato l’Incontrovertibile, il “Sempre Salvo”, ciò la cui negazione è auto-negazione, e che pertanto non può in alcun modo essere contraddetto; In altri termini: la Verità. Essa è anche stata in grado per la prima volta di concepire in maniera radicale L’Essere e il suo corrispettivo: il Niente inteso come radicale assenza di qualsiasi positività. L’aver inteso la Verità come Saphés (“Ciò che brilla di luce propria” da cui Philo-Sophìa) da un lato, e l’aver posto L’Essere e il Niente dall’altro, sono gli atti che per Severino fon dano quell’immenso edificio culturale che ancora oggi domina il pianeta tutto: L’Occidente. È possibile, dunque, individuare una pars construens e una pars de-struens negli scritti di Emanuele Severino: da una parte sembra che, facendo uso di un apparato logico e ontologico raffinatissimo, egli cerchi di porre in questione le categorie di pensiero occidentali risolvendo il Problema dell’Occidente alla radice, cioè eliminandolo (accenneremo a quale sia questo problema e a cosa significhi eliminarlo); in questa che è una vera e propria opera di demolizione, il Nostro (pars construens) intende mostrare come tutto quanto si mostra nell’orizzonte esperienziale sia “da sempre salvo” perché eterno. Ciò sfocia, in scritti quali "Pensieri sul Cristianesimo", "Technè", "Il Giogo", "Il Nulla e la Poesia", in una ricostruzione volta a mostrare come le categorie introdotte dal pensiero greco si riverberino in ogni forma della razionalità occidentale, dall’arte, alla filosofia, al diritto, alla politica, determinandone in maniera necessaria gli sviluppi. Precisiamo, per correttezza, che lo stesso non è stato rivisto da Severino.
L'articolo illustra la dottrina degli eterni di Emanuele Severino, mostrando come gli stessi argomenti del filosofo conducano a un assurdo, le cui conseguenze sono radicalmente diverse dalla tesi che egli intendeva dimostrare: nessun ente sensibile è eterno. Inoltre, argomenta sull'uso improprio della logica nei sistemi ontologici e metafisici.
L. Candiotto, L. V. Tarca (a cura di), Primum Philosophari. Verità di tutti i tempi per la vita di tutti i giorni, Mimesis, Milano-Udine 2013.
La filosofia di Severino ha più volte evidenziato il nichilismo della prassi. La sua filosofia si pone quindi come una grande sfida per le pratiche filosofiche. É possibile pensare a delle pratiche di verità a partire dal pensiero di Severino? Gli autori propongono delle vie di risposta positiva a questa domanda proponendo delle pratiche capaci di porsi in ascolto dell'eternità dell'essere. Tali pratiche, pur non potendo essere esenti dalla contraddizione dell’agire, la trasformano in modo decisivo, per il modo in cui sono in relazione alla verità: esse rappresentano l’esercizio stesso del filosofare.
Nicola Severino Nasce nel 1960 a Sparanise, un piccolo paesino agricolo della provincia di Caserta, ma al centro di un territorio che dal 1071 al XIII secolo conobbe l'evolversi e l'espandersi dell'arte cosmatesca per mano degli artisti che frequentarono la scuola per mosaicisti istituita dall'abate Desiderio a Montecassino. Diplomatosi geometra, intraprende, invece, la carriera musicale che porta avanti per alcuni decenni. Nel frattempo si sposa a Gaeta con Daniela Iacovella, attualmente insegnante di lettere nelle scuole di primo e secondo grado, e risiede a Roccasecca, patria di San Tommaso d'Aquino. Dal 1985 coltiva per diversi anni la passione dell'astronomia osservativa, fonda associazioni di astrofili e piccole riviste divulgative, collaborando con l'Unione Astrofili Italiani. Nel 1989 incontra la Gnomonica e la coltiva con amore e passione per oltre vent'anni, fino allo stato attuale, scrivendo sull'argomento dozzine di libri e centinaia di articoli a livello mondiale, divenendo uno dei massimi esponenti della divulgazione della storia della gnomonica. Nel 2010, nell'ambito di un progetto di ricognizione degli affreschi medievali presenti sul territorio del basso Lazio, incontra per la prima volta l'arte cosmatesca, rimanendone estremamente affascinato. Non è un caso allora che tale incontro sia avvenuto proprio nel 2010, cioè nell'ottavo centenario della fabbrica della cattedrale cosmatesca di Civita Castellana, insigne monumento dei magistri marmorari romani. Da allora, il pensiero fisso, 24 ore su 24, sono i pavimenti cosmateschi, il loro mistero, la loro storia, la loro leggenda, le opinioni degli esperti, le indagini ricognitive, le verità mancate. Risiedendo a 15 km dall'abbazia di Montecassino, è ovvio che abbia iniziato il percorso di studio proprio dal capostipite di quelli che saranno i pavimenti cosmateschi, cioè il pavimento musivo della chiesa abbaziale cassinese, fatto costruire dall'abate Desiderio in occasione della sua nuova consacrazione avvenuta nel 1071. Poi la ricerca e l'analisi ti tutte le opere simili e derivate da Montecassino sul territorio dell'alta Campania e del basso Lazio. Infine, la città cosmatesca per eccellenza: Roma. Sette libri in meno di due anni non sono pochi e se da una parte essi potrebbero peccare di approssimazione nella grafica, nell'impaginazione e nello stile di esposizione del testo rispetto ai canoni della scrittura della storia dell'arte, dall'altra presentano un nuovo modus operandi che ha portato a nuove ipotesi, da studiare, verificare, ma che comunque hanno aperto una nuova pagina da quel lontano 1980 in cui Glass pubblicò per la prima volta un'opera dedicata esclusivamente ai pavimenti cosmateschi. Non perché egli non sia uno storico dell'arte professionista, o un architetto, o uno studioso di storia antica, gli è preclusa la ricerca dell'analisi di questi monumenti e il confronto con le fonti ufficiali. Anzi, proprio perchè scarsissime sono stati i riferimenti specifici ai pavimenti cosmateschi, egli ha avuto la libertà di muoversi in modo completamente autonomo rispetto a procedimenti di analisi che in genere vengono stabiliti da procedure canonizzate dagli esperti. Come per gli edifici antichi, anche per i pavimenti cosmateschi, ha scoperto che la loro analisi e la loro storia è stata ricostruita in modo parzialmente oggettivo, perché in mancanza di documentazioni storiche ed epigrafiche i pochi studiosi che si sono pronunciati hanno elaborato ipotesi basate sostanzialmente su cose già scritte in passato e su analisi alquanto approssimative degli stessi pavimenti. Per esempio, nessuno ha mai tenuto a conto in modo significativo il fatto che quasi tutti i pavimenti delle basiliche romane sono una ricostruzione, spesso arbitraria, con il riuso di ciò che avanzava degli antichi litostrati cosmateschi smantellati dal XV secolo in poi. Molti hanno trattato tali pavimenti come se fossero i veri originali, producendo ipotesi su improbabili significati iconologici e impossibili analisi di rapporti proporzionali numerici su monumenti ricostruiti in cui molti elementi erano
Emanuele Severino. Con l'Occidente, oltre l'Occidente, 2023
Gli Ordini di Terrasanta: questioni aperte, nuove acquisizioni (secoli XII-XVI), a cura di Arnaud Baudin, Sonia Merli, Mirko Santanicchia, Perugia, Fabrizio Fabbri editore, 2021
Journal of Travel Research, 2013
Syracuse University Press, 2019
HAREZMŞAHLAR VE ETRAFINDAKİ DÜNYA, 2024
Hortus Artium Medievalium, 2016
Connected Histories of India and Southeast Asia: Icons, Narratives, Monuments [Ed. by Parul Pandya Dhar], 2023
Viruses, 2021
Journal of Environmental Health Engineering, 2021
Information Technology for Dynamical Systems, 2004
Environmental Microbiology, 2007
Tanzania Dental Journal, 2014
The British Journal of Psychiatry, 2008