Location via proxy:   [ UP ]  
[Report a bug]   [Manage cookies]                
DAY 2: SESSION 3 June 20, 9:00-10:3032 June 20, 9:00-10:30 Panel F: Text, Image, and Intermediality – J.J. García, S. Stifano - M. Ruggieri (chair) (Room 1-03) Speakers&Papers: 1) Javier Jurado García, From trendy to extinction. The North Italian Printmakers and the identity of the antique in the quattrocento: from the beginning of the quattrocento, Italy became in the centre of the revolution of the new Renaissance ideas, which led to the creation of its own identity in the field of art, giving rise to the so-called 'Italian forms' that would have a fundamental influence on the rest of the European schools. Within this period, from the 1460s to 1500, a movement of printmakers took place in Italy and more specifically around the northern schools (Florence, Mantua, Padua) who developed their own modes of creation and discourse which, in barely fifty years, gave rise to the creation of a set of some 300 compositions, unique in the history of graphic art, created using the technique of fine manner and broad manner. However, it would be at the end of the century, between the first (1494) and the second journey of Dürer (1505) when the Italian forms and language of the fine and broad manner would disappear due to the impact of the graphics of the aforementioned master and the northern schools. Becoming what literature is known as a dead language. The contribution will present the results of the analysis of the Italian graphic collections of the Albertina and the British Museum among others, in order to present the peculiarities of this period and the loss of the pure Italian character and identity, giving way to new “italian modes” with traces of this first period. 2) Sara Stifano, «Pianga la bella dea l’amante amato». Lacrime e immagini nell’Adone di Marino: si è indagato come il personaggio di Adone e il poema omonimo possano essere considerati una reazione alla violenza collettiva imperante sulla fine del XVI e nel corso del XVII sec. Abbiamo individuato due forze contrastanti nell’opera: la violenza e la pietà, analizzando specialmente quest’ultima sia a livello di microtessere lessicali sia di macromecccanismi descrittivi e narrativi. Soprattutto, ci si è concentrati sull’evento cardine della morte di Adone del c. XVIII, tanto nel suo confronto con le precedenti riscritture del mito e con il modello cristologico della letteratura delle lacrime, quanto – specialmente – nel raffronto con il repertorio iconografico di Cinque e Seicento. Ci si propone di fornire alcune considerazioni finali sul rapporto tra testo e immagine all’interno del grande poema mariniano, opera in verità assai più ecfrastica de La Galeria, focalizzando l’attenzione non solo sulla potenza evocativa e visuale del Marino, ma soprattutto valutando in che modo l’Adone si inserisca nella lunga tradizione dei libri illustrati e se e come abbia influito sulla iconografia secentesca del triste e finale addio dei due sfortunati amanti. 3) Salvatore Francesco Lattarulo, «Rileggo molte volte le tue lettere … sono tue fotografie»: l’epistolarità come strategia narrativa e via di fuga in Una vita di Italo Svevo: già Giuseppe Genco notava che il protagonista di Una vita è «al centro di una fitta rete di lettere di ogni tipo» (Italo Svevo tra psicanalisi e letteratura, Guida, 1998, p. 46). Il primo romanzo di Italo Svevo è inaugurato e concluso da due missive: la lunga confidenza di Alfonso alla madre sul disagio esistenziale del fuorisede e il breve dispaccio della banca sulle circostanze della morte di un suo dipendente. Il personaggio principale entra così in scena con una lettera autografa ed abbandona il teatro della vita con una lettera semi-anonima. L’epistola iniziale funge da testo in limine destinato a presentare l’identikit psicologico del Nitti, a farne affiorare l’autocoscienza. Il giovane impiegato ha un culto quasi feticistico per la carta da lettera vergata dalla sua cara genitrice. Come una madeleine proustiana il materiale scrittorio stretto tra le mani lo riporta con la fantasia al villaggio nativo. La comunicazione epistolare obbedisce a una ricca polisemia nell’opera. Se ora è veicolo degli affetti intimi di Alfonso, talaltra è sintomo della sua alienazione, quella di lavorante della ditta Maller costretto di contraggenio a occuparsi della corrispondenza bancaria. Crocevia di questi due poli dell’epistolarità è la relazione con Annetta: dopo la separazione dei due il loro intenso carteggio oscilla tra amore e gelo sentimentale. La lettera è uno strumento strategico non solo nell’economia narrativa ma anche nella logica comportamentale dei personaggi. A una missiva essi affidano spesso le scelte cruciali della loro esistenza. La scrittura privata diventa altresì un alibi per sottrarsi a un confronto diretto, un modo vile per abdicare all’azione, un tratto, si potrebbe dire, della proverbiale ‘inettitudine’ dei caratteri sveviani. Talvolta astenersi dalla redazione di un testo epistolare rappresenta un gesto non meno eloquente di incapacità di vivere a pieno i rapporti umani, di solipsismo estremo e inguaribile. È il caso emblematico della rinuncia di Alfonso a far pervenire un messaggio d’addio all’amata prima del suo suicidio: «Si trovava con la penna in mano dinanzi al suo tavolo, ma non gli riusciva di vergare una sola parola». È il muto e fiero commiato dell’eroe dal mondo. Il fluviale epistolografo della prima ora si inaridisce perciò al cospetto della sua ultima ora.