MIMESIS / FILOSOFIA DELLA PERSONA
N. 5
Collana diretta da Claudio Ciancio, Giuseppe Goisis†, Vittorio Possenti,
Francesco Totaro
comitato scientifico
Calogero Caltagirone (Università LUMSA, Roma), Claudio Ciancio (Università del
Piemonte Orientale, Torino), Gennaro Cicchese (Pontificia Università Lateranense,
Roma), Michele Indellicato (Università A. Moro, Bari), Angela Maria Michelis (Liceo
Scientifico e Classico “G. Peano – S. Pellico”, Cuneo), Donatella Pagliacci (Università di Macerata), Anna Maria Pezzella (Pontificia Università Lateranense, Roma), Vittorio Possenti (Università Ca’ Foscari, Venezia), Giorgio Rivolta (Liceo delle Scienze
Umane, Abbiategrasso), Luca Robino, Flavia Silli (Pontificia Università Lateranense,
Roma), Lucia Stefanutti (Liceo delle Scienze Umane “Duca degli Abruzzi”, Treviso),
Luigi Vero Tarca (Università Ca’ Foscari, Venezia), Francesco Totaro (Università di
Macerata), Gianni Vacchelli (Università Statale di Milano), Tommaso Valentini (Università G. Marconi, Roma).
La collana FILOSOFIA DELLA PERSONA, promossa e curata da Persona al centro.
Associazione per la filosofia della persona (costituitasi nel 2020), intende mettere al
centro la persona quale “prospettiva delle prospettive”, assumendola nell’insieme delle
sue componenti spirituali, materiali, razionali, emozionali e nella capacità di generare legami comunitari. Occorre riprendere a “pensare la persona” in una fase storica
nella quale si riscontra una forte pluralità d’interpretazioni che esige un adeguato discernimento del concetto stesso di persona e della sua dignità, così da non svuotarne
il significato fino al suo appiattimento in un naturalismo riduttivo. Si tratta perciò di
pensare e realizzare un rinnovato umanesimo di fronte alle sfide del post-umano e del
trans-umano. Ciò comporta il superamento di ogni riduzionismo naturalistico o antropocentrico, l’apertura al paradigma dell’ecologia integrale e a una comprensione della
persona costituita nella relazione con una trascendenza in armonia con il valore delle
realtà finite. In questa cornice sono valorizzate le differenze e le relazioni di genere nel
riconoscimento e nella pratica della reciprocità.
Cristiano Calì
IL LIBERO ARBITRIO
IN QUESTIONE
Una ricerca tra filosofia, scienze
e intelligenza artificiale
MIMESIS
La pubblicazione è stata realizzata con il contributo di Persona al Centro. Associazione per la filosofia della persona, in quanto il manoscritto è risultato vincitore del
“Premio Filosofia della Persona 2023”. Il manoscritto ha anche ottenuto il primo
posto al Premio Nazionale di Filosofia “Le figure del pensiero” (2023) per la sezione Saggio filosofico inedito.
MIMESIS EDIZIONI (Milano – Udine)
www.mimesisedizioni.it
mimesis@mimesisedizioni.it
Collana: Filosofia della Persona, n. 5
Isbn: 9791222303901
© 2024 – MIM EDIZIONI SRL
Piazza Don Enrico Mapelli, 75 – 20099
Sesto San Giovanni (MI)
Phone: +39 02 24861657 / 24416383
INDICE
Introduzione
11
PARTE PRIMA
ALCUNE PREMESSE IRRINUNCIABILI
Capitolo I – La libertà si predica di molte cose
1. La libertà “ad extra”
2. La libertà del volere
2.1. La controversa nozione di “libero arbitrio”
2.2. I requisiti del libero arbitrio
3. Una libertà composita, incarnata, graduale
4. Di “chi” si predica la libertà
4.1. L’azione come evento fisico
4.2. L’azione come evento mentale
4.3. L’azione come evento composito
5. L’interpretazione dell’azione
Capitolo II – L’orizzonte di riferimento del dibattito
1. “Quando” si realizza la libertà?
La controversa nozione di causalità
1.1. La causalità nel mondo della natura
1.1.1. L’in-dispensabilità del concetto di causa
tra antichità e periodo moderno
1.1.2. La rilettura dei rapporti causali nella
contemporaneità
2. La causalità del mentale
2.1. Storia del problema
2.2. Il problema in sé
2.2.1. Il principio di chiusura causale
del mondo fisico
25
26
38
40
46
69
72
73
82
87
91
103
105
106
106
113
121
123
126
129
2.2.2. La sovradeterminazione e l’argomento
dell’esclusione causale
3. Il terreno “dove” si muove questa riflessione
3.1. Il dualismo delle sostanze e la comprensione
epifenomenica del mentale
3.1.1. La fallace soluzione epifenomenica
3.1.2. Un tentativo di revisione dell’interazionismo
3.2. L’ampio spettro del monismo
3.2.1. Il materialismo eliminativista
3.2.2. Il materialismo riduttivista
3.2.3. Il fisicalismo non riduttivista
3.2.3.a. Il Funzionalismo
3.2.3.b. La Teoria dell’identità di occorrenza
e il Monismo anomalo
3.2.3.c. La nozione di sopravvenienza
4. Il dualismo delle proprietà e il concetto di emergenza:
una scelta di campo
5. “Come” si approccerà il tema
132
138
139
141
144
148
150
152
155
156
160
164
170
178
PARTE SECONDA
TRA EMPIRIA E FILOSOFIA
Capitolo III – Il libero arbitrio al vaglio della scienza 189
1. Le nostre azioni ci precedono: la scoperta di Kornhuber
e Deecke
193
2. Una libertà soltanto correttiva: Benjamin Libet
197
2.1. Esperimenti preliminari
197
2.2. La neurofisiologia confuta parzialmente
il libero arbitrio
199
2.2.1. Descrizione dell’esperimento
199
2.2.2. Conclusioni di Libet
202
2.2.3. Le obiezioni all’esperimento
206
2.2.3.a. Il setting sperimentale
207
2.2.3.b. La metodologia
213
2.2.3.c. Il “Potenziale di prontezza”
217
2.2.3.d. Conclusioni dedotte e non provate
221
2.3. Precomprensioni e riletture filosofiche
225
2.3.1. Presupposti metaempirici
226
2.3.2. Riletture filosofiche dei dati
229
3. Gli esperimenti successivi comprovanti l’inesistenza
del libero arbitrio
233
3.1. Daniel Wegner: la causazione mentale apparente 234
3.1.1. Il presupposto deterministico e la conseguenza
dell’illusorietà
234
3.1.2. L’argomentazione wegneriana
238
3.1.3. Alcuni punti poco chiari
246
3.1.4. Wegner e il problema del libero arbitrio
253
3.1.5. Lo sviluppo della prospettiva wegneriana
(2007)
254
3.2. La prevedibilità delle nostre azioni
255
3.2.1. L’esperimento del gruppo franco-belga (2008) 256
3.2.2. Meriti e demeriti
260
3.2.3. Interpretazioni filosofiche
263
3.3. Ulteriori esperimenti negano il libero arbitrio
(2011 & 2013)
265
4. I dati si prestano a un’altra lettura
269
4.1. Patrick Haggard e il misconoscimento del ruolo
del “Readiness potential” (1999-2002)
269
4.2. La prova sperimentale del “Free won’t” (2007-2009) 272
4.3. Godiamo di una certa libertà (2012; 2014;
2016 & 2019-2021)
274
5. Una modalità di studio metadisciplinare
279
5.1. La psicologia empirica
279
5.2. La psicologia sociale
281
5.3. Valutare le conseguenze di un’eclissi:
la filosofia sperimentale
283
Capitolo IV – Una disputa filosofica insoluta
1. Il determinismo
1.1. Una “costante storica”
1.2. La dilucidazione del determinismo e delle
sue varie forme
1.3. Determinismo e libertà
1.4. Critiche al determinismo
2. Il concetto di indeterminismo
2.1. Sviluppo storico
2.2. Indeterminismo e libertà
3. Le teorie compatibiliste
291
293
294
299
311
316
329
329
331
339
3.1. Una lunga tradizione
3.1.1. Le versioni di compatibilismo
3.2. Pregi e difetti delle tesi compatibiliste
4. L’incompatibilismo
4.1. L’“Hard determinism”
4.2. Libertà e indeterminismo: i libertari
4.2.1. I libertari radicali o non causali
4.2.2. I libertari causali
5. Lo scetticismo e la libertà
5.1. L’illusione della libertà: lo scetticismo ontologico
5.2. Il mistero della libertà: lo scetticismo epistemico
339
343
352
364
365
368
373
377
390
390
396
PARTE TERZA
UN POSSIBILE RI-ORIENTAMENTO DELLA QUESTIONE
Capitolo V – L’ultima via percorribile: la causalità
dell’agente
1. Origini antiche di un’idea inusuale
2. Il recupero di un’idea intuitiva
3. L’originale proposta kantiana
4. La riscoperta dell’intuizione primitiva
4.1. Esseri agenti e relazione di causalità
4.2. La libertà come capacità emergente
5. Un bilancio ancora provvisorio
5.1. Le critiche più cogenti
5.2. La strenua difesa dei libertari
Capitolo VI – Il libero arbitrio Constitutivum Humani
1. Per una diversa visione ontologica: dal fisicalismo
al naturalismo
2. Per un differente approccio scientifico: dal cerchio
all’ellisse
2.1. Olismo: dai pixel all’immagine
2.2. Processo: dalla catena alla corda
3. Per una mutata comprensione filosofica della libertà:
dall’autodeterminazione all’autoattuazione
3.1. La libertà o è composita, incarnata e graduale,
o non è libertà
405
406
410
419
435
436
445
453
453
463
475
476
483
487
497
506
506
3.2. Libero arbitrio e determinismo psicologico
4. Il “constitutivum” dell’essere umano
4.1. Il libero arbitrio come “unicum humani”
4.2. L’irriducibilità del libero arbitrio
4.2.1. Dalla libertà all’illusione e ritorno
5. Libero arbitrio e intelligenza artificiale
5.1. Qualche precisazione metodologica
5.1.1. IA forte
5.1.2. Il mito dell’“uomo-macchina”
5.1.3. Il “discrimen” tra essere umano e macchina:
coscienza o libertà?
5.1.4. Il modo di intendere l’“agere” delle IA
5.2. Libero arbitrio e intelligenza artificiale
allo specchio
5.3. Agere sequitur tantummodo esse
517
527
527
532
542
543
545
545
551
554
558
562
571
Una conclusione, una sintesi e un’apertura
575
Bibliografia
591
Ringraziamenti
637
Indice dei nomi
639
INTRODUZIONE
“Faber est suae quisque fortunae”1 scriveva Appio Claudio Cieco
nella seconda delle due Epistulae ad Caesarem senem de re publica
che ci riporta Sallustio. Dopo oltre un millennio una frase simile,
parafrasata, veniva fatta proferire a Dio da Pico della Mirandola.
Il Creatore, rivolgendosi al primo uomo, diceva: “Non ti creammo
né celeste né terreno, né mortale né immortale, in modo tale che tu,
quasi volontario e onorario scultore e modellatore di te stesso, possa
foggiarti nella forma che preferirai”2. Per quanto il contenuto possa
apparire lo stesso, forse il grande umanista aveva colto – nell’ampio
arco storico in cui la riflessione sulla libertà si era svolta – un lieve
ma sostanziale sviluppo, e introducendo quel quasi iniziava a far
vacillare l’impostazione alla quale sin dall’inizio della storia del nostro mondo l’essere umano si è ispirato: la capacità di essere libero.
Ciascuno di noi, quotidianamente e permanentemente, si rifà al
brocardo latino che è stato posto in esergo: decidiamo cosa fare e
dove andare, organizziamo le nostre giornate, gestiamo le nostre risorse, perché sappiamo che dal buon uso di esse dipenderà la nostra
realizzazione personale. Tutto ciò viene fatto perché si è consapevoli (a volte anche senza averne piena coscienza) che è in nostro
potere decidere dei propri atti e, salvo alcune variabili che sfuggono
al nostro diretto controllo, è possibile orientare il cammino della
vita. Alla base di ciò sta un concetto tanto scontato quanto complesso, quello di libertà, alla cui soluzione, diceva Immanuel Kant,
“migliaia di anni lavorano invano”3.
1
2
3
Sallustius, Epistulae ad Caesarem senem de re publica, i, 1, 2; ed. it. a cura
di P. Cugusi, Fratelli Palombi, Roma 1969, p. 77.
G. Pico della Mirandola, Oratio de hominis dignitate, 1487, 22-25; ed. it. Discorso sulla dignità dell’uomo, a cura di F. Bausi, Guanda, Varese 2014, p. 11.
I. Kant, Kritik der praktischen Vernunft, 1788, 172; ed. it. Critica della ragion pratica, tr. di F. Capra, introduzione di S. Landucci, Laterza, Roma-Bari
2006, p. 211.
12
Il libero arbitrio in questione
Il tema della libertà si costituisce, infatti, come leitmotiv dell’intera riflessione filosofica sin dal suo sorgere, quando vide l’apporto
delle più grandi scuole, quella atomista e quella stoica in primis,
e dei più grandi filosofi: si pensi – uno fra tutti – ad Aristotele.
La pioniera della libertà fu presto affiancata, tuttavia, dalla scienza
teologica, la quale, preoccupata di conciliare gli oggetti della sua
argomentazione – l’essere umano e Dio – non poteva non occuparsi
di un attributo che viene predicato tanto dell’uno quanto dell’Altro.
Le due discipline sono state artefici, infine, nel periodo moderno,
del passaggio del testimone alla scienza empirica: all’approccio
naturalistico prima e alle nuove scienze concernenti lo studio del
cervello dopo.
Realizzare una storia di come la discussione sia stata approcciata
sarebbe impossibile non solo in ragione del vastissimo arco temporale che essa copre, ma anche in considerazione del fatto che il tema
della libertà interseca inevitabilmente una molteplicità di altre questioni non meno complesse. A tal proposito è opportuno far notare
come non esista soltanto un problema del libero arbitrio ma come
esso chiami in causa un’innumerevole serie di questioni spesso affascinanti e intrinsecamente collegate tra loro.
Già la stessa definizione di libero arbitrio, infatti, costituisce di
per sé stessa un dilemma. Vi è, poi, una questione empirica della
libertà – che cerca di indagare con i metodi propri delle scienze
dure se vi sia la possibilità per l’essere umano di determinarsi
all’azione – e una questione puramente teoretica – che svolge invece una riflessione apriori sul darsi della libertà. A questi due
aspetti del medesimo problema se ne aggiungono di ulteriori: il
rapporto con il fato e la casualità, le conseguenze per le nozioni
teologiche di prescienza e onniscienza divina, le implicanze del
determinismo e dell’indeterminismo, il problema del dualismo
mente-corpo, i rapporti con la legge di causalità, e molti altri. Ancora oggi le domande che sorgono in riferimento alla questione
sulla libertà sono incalcolabili e vengono poste sia alla filosofia
sia alle scienze empiriche, spazi in cui tanti si affannano per dare
risposte nuove a domande antiche.
Scopo di questo saggio sarà quello di definire il punto di approdo al quale è giunto il dibattito odierno sul libero arbitrio, facendo
emergere alcuni nodi gordiani che sono rimasti insoluti nonostante
l’avvicendarsi dei secoli. Si cercherà quindi, proprio a partire da
Introduzione
13
questa impasse, di argomentare in favore di una specifica nozione di libertà, che sia garante dell’autodeterminazione del soggetto
da un lato e compatibile con le migliori conoscenze empiriche sul
cervello dall’altro, per identificare, infine, in questa capacità mentale lo specimen dell’essere umano, attraverso un ripensamento
della modalità di approccio alla questione del libero arbitrio. Fine
di questa ricerca, pertanto, non sarà difendere una specifica teoria
della libertà, dimostrando che essa sia migliore delle altre o che
corrisponda a quanto le scienze dure ci dicono sul funzionamento
cerebrale; si cercherà di individuare, piuttosto, quale sia, in linea
di principio, l’unica argomentazione che permette di sostanziare la
libertà così come la nostra intuizione prima e una certa tradizione
filosofica dopo ce l’hanno riconsegnata. Si proverà, in conclusione, a mostrare come questa libertà sia una dimensione irriducibile
dell’essere umano.
Per compiere questi passaggi, tuttavia, è necessario attuare alcuni accorgimenti ermeneutici, in ragione della mole di lavoro e del
progetto che, diversamente, potrebbe apparire eccessivamente ambizioso. È fondamentale, anzitutto, una delimitazione dell’ambito
di ricerca.
Il presente saggio affronta la questione del libero arbitrio da quella che si potrebbe definire una prospettiva secolarizzata. La nozione
stessa di liberum arbitrium, infatti, richiama alla mente il padre di
questa definizione, Agostino d’Ippona, e una vastissima tradizione
teologica, di matrice non esclusivamente cattolica. In questa sede
non si affronteranno i molteplici problemi che la teologia ha posto alla questione della libertà dell’essere umano; si farà soltanto
qualche riferimento a come la riflessione filosofica, ma soprattutto
l’analisi empirica della questione, impongano oggi un radicale ripensamento di alcune prospettive teologiche.
Similmente si è scelto di non entrare nel merito degli svariati problemi che la questione della libertà porta con sé. Determinismo, responsabilità morale, dualismo, causalità mentale, sono
soltanto alcune delle questioni ancora oggi aperte in filosofia; cionondimeno senza di esse la riflessione sulla capacità della libertà
non potrebbe essere neppure condotta. Per tali motivazioni alcune
di esse sono state introdotte suggerendo delle brevi bibliografie
che possano guidare l’approfondimento, altre sono state volutamente tralasciate.
14
Il libero arbitrio in questione
Un altro scopo che non si è prefisso questo libro è di rispondere ai
molteplici dissidi che sorgono all’interno dell’una o dell’altra fazione che difende o nega la libertà. Non solo il compito sarebbe stato
improbo ma non avrebbe potuto essere assolto da un unico studio.
Si è cercato di mostrare, invece, quali siano le problematiche che
affliggono i diversi orientamenti per suggerire poi quella che appare, a detta dei critici, una pista di ricerca sicuramente ardua ma né
contradditoria né antiscientifica.
Per condurre quest’indagine sono state utilizzate una molteplicità di fonti e di studi spesso diversi tra loro. Da un lato, infatti, si
è cercato di porre l’attenzione sugli aspetti classici e quindi anche
sull’evoluzione storica del problema del libero arbitrio, dall’altro
sono stati analizzati gli studi più recenti, tanto in ambito filosofico
quanto in ambito scientifico, per comprendere la mutua circolarità
delle due prospettive e tentare di definire il punto al quale la problematica è giunta.
All’interno della ricerca, tuttavia, sono state anche introdotte alcune voci che nel dibattito internazionale risultano del tutto assenti.
Da più di cinquant’anni, infatti, la questione sul libero arbitrio è
appannaggio pressoché esclusivo della filosofia angloamericana;
eppure anche nell’area continentale non sono mancate interessanti
prospettive su questo argomento: da qui il ricorso, in questo libro,
ad autori come Adriano Bausola, Max Planck, Romano Guardini,
soltanto per citarne alcuni. Questa scelta non è un vezzo: mi è sembrato piuttosto di intercettare in queste prospettive – che molto di
rado, per non dire mai, è possibile incontrare nell’innumerevole bibliografia analizzata – considerazioni interessanti e meno categorizzate rispetto a quelle consuete presenti nella produzione scientifica
sull’argomento. Anche su quest’ultimo elemento è necessaria una
breve premessa.
La letteratura sul libero arbitrio costituisce un problema in
sé e per sé. Essa è elefantiaca, al pari, forse, di pochissime altre questioni filosofiche. La difficoltà di muoversi all’interno di
questa foresta amazzonica non è esclusivamente legata alla vastità dei contributi prodotti ma anche, ahimè, al fatto che spesso
non solo negli scritti di autori differenti ma anche nell’ingente
produzione del medesimo autore, i contenuti risultano ridondanti
e non aggiungono alcunché al dibattito. Per poter esprimere un
tale giudizio, tuttavia, quella medesima letteratura ha richiesto di
Introduzione
15
essere studiata. Cionondimeno, credo che anche questo dato sia
particolarmente significativo. Esso riconsegna una molteplicità
di fattori: la necessità, per una miriade di filosofi, di approcciare
in prima persona la questione del libero arbitrio nonostante gli
sforzi precedentemente compiuti da altri; la quasi impossibilità di
giungere a risposte definitive; il rischio di ridurre la problematica
a controversie che sanno di bizantinismo. La vastissima ricerca
bibliografica condotta ha quindi portato a una selezione ragionata
dei contenuti, optando per gli autori classici e per i maggiori esponenti delle varie scuole di pensiero.
Un criterio differente è stato riservato, invece, alla letteratura sui
dati empirici, la quale è stata approcciata quasi nella sua interezza,
al fine di avere quanti più dati possibili che facessero luce sulla libertà da un punto di vista “naturalistico”. Una ricerca come quella
che questo libro si prefigge – volta a conciliare una certa visione
della libertà, riconsegnataci dalla nostra intuizione, con le migliori
teorie scientifiche – non potrebbe esistere senza la valutazione dei
dati sul funzionamento delle nostre capacità cognitive e un’attenta
lettura di essi. È necessario, allora, in tal senso esplicitare un’ultima
premessa metodologica.
L’idea del libero arbitrio, benché nasca dall’intuizione che ciascun essere agente ha di sé come padrone dei propri atti, nel corso
della storia è stata minacciata dal determinismo teologico, annullata
dalla fisica newtoniana con la legge di causalità universale, reintegrata con le scoperte della meccanica dei quanti, seriamente messa sotto ipoteca dalle nuove acquisizioni neuroscientifiche. Oggi
coloro che sulla base degli esperimenti neuroscientifici difendono
ancora la libertà sarebbero, a detta di Daniel Wegner (uno dei maggiori esperti sulla questione) dei “cattivi scienziati, una congrega di
mistici confusi, incapaci di comprendere in che modo l’umanità rientri nel grande schema dell’universo”4. La questione, a mio modo
di vedere, non è così semplice da poter essere ridotta a un aut aut,
ed è l’evoluzione storica del problema del libero arbitrio a rendermi
disilluso dinanzi a soluzioni talmente semplicistiche che tengono in
considerazione soltanto un fattore e un unico punto di vista.
4
D.M. Wegner, L’illusione della volontà cosciente, in M. De Caro – A. Lavazza
– G. Sartori (eds.), Siamo davvero liberi? Le neuroscienze e il mistero del libero
arbitrio, Codice, Torino 2019, p. 44.
16
Il libero arbitrio in questione
Bisogna anzitutto rilevare che, in considerazione della vastità
dell’argomento, non esiste un campo d’indagine precipuo. Il tema
del libero arbitrio, infatti, nella prima e articolata formulazione che
ricevette, fu primariamente teologico, nel senso che esso si costituiva teologicamente impostato ma anche teologicamente condotto.
A partire dalla modernità, quindi, la questione ha visto una sorta di
processo di antropologizzazione ma non per questo è venuta meno
l’attenzione alla dimensione metafisica del libero arbitrio, che rimane ancora oggi uno dei temi più dibattuti e intensamente discussi.
Il libero arbitrio è quindi una questione primariamente metafisica,
dimensione alla quale si lega però la questione morale.
Parlare della libertà, infatti, se coinvolge da un lato l’essenza
stessa della persona umana, il suo sostrato ontologico, dall’altro
aiuta a cogliere la persona umana nella sua dimensione sociale.
Chiunque si sia trovato a dover discernere tra due corsi di laurea
differenti, tra due opportunità lavorative diverse, o sul come aiutare un parente in seria difficoltà, ha avuto a che fare con il libero arbitrio: “È proprio nelle decisioni che prendo che mi affermo
quale sono, che manifesto chi sono, sullo sfondo di ciò che avrei
potuto essere”5. Chiamando in causa le azioni vengono coinvolte
quasi tutte le branche della filosofia – dalla teoria dell’azione alla
filosofia politica, dall’epistemologia alla filosofia del linguaggio,
dalla filosofia del diritto alla filosofia della mente, dalla filosofia
delle scienze naturali alla filosofia della religione – ma anche svariate altre discipline: la fisica e la neurobiologia col concetto di
causalità naturalistica, la psicologia con gli studi comportamentisti
e sociologici, le neuroscienze con le nuove acquisizioni circa il
funzionamento del nostro dispositivo mentale. La questione della
libertà si caratterizza quindi non soltanto come transfilosofica ma
anche transdisciplinare, ma questa vastità di orizzonti ha imposto
l’adozione di una precisa scelta di metodo.
La discussione è stata condotta attraverso i mezzi propri dell’indagine filosofica, una filosofia non giustapposta ma informata dai
dati provenienti dalle scienze dure. Ritengo inappropriato, infatti,
sia l’approccio per il quale tra scienza e filosofia vi sarebbe una
radicale frattura, sia quello di quanti, avendo come capostipite Wil5
R. De Monticelli, Che cosa è una scelta? Fenomenologia e neurobiologia, in
Ivi, p. 113.
Introduzione
17
lard Van Orman Quine, hanno ritenuto che la filosofia debba ormai
limitarsi a un commento a latere dei dati della scienza. Penso, piuttosto, che la riflessione filosofica non possa prescindere al giorno
d’oggi dalle acquisizioni scientifiche, senza per questo appiattirsi in
un riduzionismo radicale6.
Troppo spesso, infatti, la discussione sul libero arbitrio è stata
ridotta alla seguente domanda: “Come conciliare la piena naturalità
dell’essere umano, che sottostà alle leggi di natura, col privilegio di
affrancarsi da quest’ultime, così da agire secondo libertà (come ci
riconsegna la nostra immediata intuizione)”? In tale quesito si cela
un fortissimo dualismo, tanto ontologico quanto epistemologico,
e si contrappongono (tacitamente) senso comune e dati scientifici,
scienze empiriche e filosofia, neuroscienze e psicologia. Se partendo dalla semplice intuizione della libertà non è possibile difendere
tout court il libero arbitrio, è altrettanto vero che i soli dati scientifici non sembrano riconsegnarci né una smentita né una prova di
esso. Scopo del libro, pertanto, sarà quello di mostrare l’intima circolarità tra le scienze empiriche – che si sono prodigate con i propri
mezzi a ricercare la libertà all’interno dell’organismo umano – e
le diverse teorie filosofiche che: o sono state formulate a partire da
presupposti filosofici circa il concetto di natura o, una volta formulate, hanno imposto necessariamente di prendere posizione per una
visione del mondo piuttosto che per un’altra. Tale impostazione nasce dall’“ineludibile esigenza di incardinare le teorie morali su una
psicologia che non sia il mero prodotto dell’incontenibile immaginazione di filosofi e teologi, ma sia congruente con ciò che oggi la
scienza ci dice su di noi”7.
Conscio dell’impossibilità di poter dire tutto, il libro vuole anche
essere uno stimolo per suscitare ulteriori ricerche e aprire nuovi
campi di indagine. Il problema della libertà, infatti, non richiede
né di essere eliminato né risolto ma di essere attraversato, e il presente saggio vuole assolvere proprio a questo compito: “Prendere
sul serio quello che la nostra intuizione empirica attesta, finanche
6
7
Per un’analisi del rapporto che intercorre (o dovrebbe intercorrere) tra filosofia e scienze, cfr. S. Songhorian, Etica e science cognitive, Carocci, Roma
2020 (in particolare, pp. 19-21).
M. De Caro – M. Marraffa, Mente e morale. Una piccola introduzione, Luiss
University Press, Roma 2016, p. 9.
18
Il libero arbitrio in questione
la possibilità di un eventuale inganno, e capire poi se è realmente
un inganno o se è l’attestarsi di un’altra prospettiva per guardare gli
stessi fattori in gioco”8. A questo punto rimane però da chiedersi se
abbia ancora senso parlare del libero arbitrio.
È stato un autore come Bausola a porsi una tale questione: “Anche se di fatto il problema della libertà è sempre stato un grande
problema preliminare di tutte le etiche, vale veramente la pena di
parlarne? Non saremo forse di fronte ad una vana logomachia”9?
Una domanda del genere ritengo sia abbastanza lecita alla luce del
vastissimo arco temporale che è stato dedicato a tale questione.
Penso, tuttavia, che il quesito abbia una risposta affermativa.
Bisogna rilevare in primo luogo che la questione sul libero arbitrio “è anzitutto un problema teoretico, di conoscenza, di ricerca,
e, in quanto tale, esso ha un interesse che è meramente conoscitivo
(l’uomo cerca il sapere anche per puro amore del sapere)”10.
In seconda istanza il problema della libertà sembra ancora catalizzare l’interesse sia del mondo scientifico sia dell’opinione
pubblica. La questione sulla libertà ha infatti visto, su scala mondiale, notevoli investimenti: si pensi al progetto finanziato dalla
John Templeton Foundation o al programma Closer to truth che
ha curato per diversi anni la ricerca Big Questions in Free Will
Project. In ambito accademico interi gruppi delle più prestigiose
istituzioni universitarie statunitensi, come il Chapman University
Brain Institute, si dedicano a tali questioni e l’opinione pubblica
è costantemente in cerca di risposte, tant’è che ogni nuova scoperta viene osannata sui vari rotocalchi internazionali, ora come
la smentita della libertà, ora come la prova. Nel panorama attuale,
pertanto, la discussione sulla libertà non appare una mera controversia di scuola ma assume notevole rilevanza soprattutto in
riferimento ai temi ad essa correlati.
In questo panorama si colloca la mia ricerca che è inevitabilmente debitrice del contributo dei grandi filosofi e scienziati che hanno
dedicato al problema del libero arbitrio tempi ed energie. Ciò che
mi è sembrato mancare, in questo quadro, è stato il suggerimento
8
9
10
C. Esposito, Il nichilismo del nostro tempo. Una cronaca, Carocci, Roma
2021, pp. 131-132.
A. Bausola, La libertà, La Scuola, Brescia 1986, p. 16.
Ivi, pp. 16-17.
Introduzione
19
che, forse, è possibile un’altra via di comprensione della questione
in grado di cogliere quella complessità che sinora reputo sia stata
disattesa. Sebbene l’ampiezza dell’argomento abbia portato a una
produzione massiccia di contributi, infatti, bisogna notare come
manchi del tutto – almeno così è emerso dalla mia ricerca – un’opera di sintesi sulla tematica.
Benché attualmente – vista l’ampiezza del problema e la nuova impostazione antropologica – possa risultare anacronistico
un trattato de libero arbitrio, uno sguardo ad un tempo analitico e sintetico sulla questione, ritengo invece sia quantomeno
auspicabile. Credo che proprio un tale sguardo sia l’elemento
di novità di questo saggio, il quale non vuole fornire una conoscenza manualistica ma desidera suggerire, non solo metodologicamente ma soprattutto contenutisticamente, una prospettiva
sintetica sulla libertà, la quale troppo spesso è stata ricondotta a
parcellizzazioni che, per quanto necessarie, non hanno permesso
di coglierne l’insieme. Questa volontà giustifica anche la molteplicità degli argomenti trattati, la quale più che essere voluta si
è resa necessaria.
Nella sua divisione tripartita il testo proverà quindi a fornire, in
modo progressivo, gli strumenti per una corretta cognizione del
problema (i parte), una lettura dello status quaestionis (ii parte),
una nuova comprensione della problematica (iii parte).
Il primo e il secondo capitolo forniscono, infatti, le coordinate
generali e le nozioni fondamentali per poter procedere nel discorso
sulla libertà. Seguendo lo schema del giornalismo classico i primi
due capitoli riconsegnano il che cosa, il chi, il quando, il dove e il
come della questione sulla libertà. In particolare, il primo capitolo
fornisce le indicazioni indispensabili per comprendere come intendere l’espressione stessa di libero arbitrio (onde evitare fraintendimenti che nel corso della storia si sono spesso verificati) e l’ambito
di azione della libertà che qui si vuole difendere: l’azione e la scelta.
Il secondo capitolo chiarisce quindi: la nozione di causalità, intrinsecamente legata al nostro problema; l’ontologia di riferimento per
parlare della libertà; la relazione col problema della responsabilità.
Scopo di questa parte introduttiva è di dirimere alcune questioni
preliminari e fornire quel bagaglio concettuale senza il quale ogni
altra riflessione sul libero arbitrio potrebbe risultare nebulosa. Essa
è una sezione squisitamente filosofica dal momento che, per seguire
20
Il libero arbitrio in questione
il simpatico giudizio di Searle, “proprio in ciò risiede la peculiarità
della filosofia: per risolvere un problema, bisogna innanzitutto risolvere una serie di altri problemi”11.
La seconda parte del saggio è dedicata, invece, a mostrare le acquisizioni alle quali il dibattito scientifico è giunto, tanto da parte
empirica quanto da parte filosofica. Formulare una propria idea di
libertà, o quantomeno suggerire una ricomprensione della questione non tenendo conto delle criticità e delle potenzialità delle vie già
percorse, potrebbe condurre a imboccare vicoli ciechi o a ripetere
quanto già detto. Il terzo e il quarto capitolo cercheranno, pertanto,
di far dialogare, in modo quasi speculare, la prospettiva filosofica
e quella scientifica pur sapendo che esse mantengono vocabolari
sempre differenti. La scelta di collocare la parte empirica prima di
quella teoretica potrebbe sembrare controintuitiva e astorica; essa
però è stata voluta, sia perché funzionale allo sviluppo generale
dell’argomentazione, sia per mostrare come i dati scientifici non
siano una minaccia per le nostre intuizioni su libertà e responsabilità ma degli elementi alla luce dei quali ripensare il nostro modo di
comprenderci come agenti coscienti, razionali e liberi. Scopo ultimo della seconda parte sarà pertanto quello di offrire una sintesi tra
rivelazioni empiriche e momento non empirico per l’affermazione
della libertà.
L’ultima parte tenterà, infine, un superamento e una sintesi, analizzando gli apporti di una specifica corrente tra le molteplici che
difendono la libertà, l’agent causation theory (quinto capitolo) e
suggerendo come quel tipo di libertà possa costituirsi come unicum
humani (sesto capitolo). A ben pensarci, infatti, “nella questione del
libero arbitrio, la cosa stessa che in questione è la persona umana”12.
Cosa ancor più sorprendente è che la risposta ontologica che si darà
alla nostra questione cambierà drasticamente a seconda della risposta che sarà fornita alla questione del libero arbitrio. Essa conduce
quindi a interrogarsi, prima ancora che sulla natura e sul grado della
nostra libertà, sulla nostra stessa natura, poiché la libertà appare
ad un tempo l’elemento costituente la nostra natura ma anche quel
11
12
J.R. Searle, Liberté et nuerobiologie: réflexion sur le libre arbitre, le langage
et le pouvoir politique, B. Grasset, Paris 2004; ed. it. Libertà e neurobiologia,
a cura di E. Carli, Bruno Mondadori, Milano 2005, p. 31.
R. De Monticelli, Che cosa è una scelta?, cit., p. 112.
Introduzione
21
fattore che, in quanto esseri animali, ci colloca fuori dalla natura.
L’ultimo capitolo cercherà di difendere l’irriducibilità della libertà e
il suo ruolo costitutivo nella definizione della persona umana.
Il testo nella sua interezza si configura come una climax ascendente. Sebbene le diverse parti possano essere lette come analisi in
certo qual modo a sé stanti, lo scopo del libro non potrebbe essere
colto senza il percorso qui suggerito. Iniziando con la definizione
dei termini chiave, passando ai dati empirici e poi a quelli filosofici,
la ricerca proverà a mostrare come soltanto comprendendo l’essere agente non solo come oggetto della causazione ma anche come
soggetto di essa – senza per questo asserire che una tale prospettiva
sia scevra da criticità ancora da risolvere – sia possibile cogliere la
libertà, compresa nella sua dimensione irriducibile, come unicum et
constitutivum del concetto di persona.
Un’ultima annotazione. Nell’intraprendere la stesura di questo
saggio ero soltanto parzialmente consapevole dell’intricato numero
di strettoie e vicoli ciechi in cui mi sarei impaniato, dal momento
che, come dice Planck, “quasi illimitato è il numero delle ricerche
dei pensieri che gli spiriti più acuti di tutti i popoli civili hanno
dedicato a questo problema, e parimenti illimitato il numero delle
proposte che furono avanzate per risolverlo”13. Allineandomi a questo giudizio mi unisco, sin da subito, anche all’auspicio espresso del
medesimo autore e lo faccio mio: “Non attendete, o per meglio dire,
non temete che io abbia l’ambizione di aggiungere ancora un’altra
speculazione alle moltissime che già sono state architettate in questo campo”14.
E tuttavia, ritengo che lo studio condotto possa trovare cittadinanza nel dibattito. Agli inizi del Novecento così scriveva William
James: “È opinione generalmente diffusa che la sostanza della questione del libero arbitrio sia stata espressa ormai da qualche secolo,
e che nessun nuovo combattente non può fare altro che rimaneggiare argomenti vecchi che già tutti conoscono”15; era sempre lo
13
14
15
M. Planck, Kausalgesetz und Willensfreiheit, 1923; ed. it. Legge di causalità
e libero arbitrio, in Id., Libero arbitrio, a cura di P. Benanti, Castelvecchi,
Roma 2018, p. 27.
Ibidem.
W. James, The Will to Believe and Other Essays in Popular Philosophy,
Longmans Green, New York-London-Bombay 1897; ed. it. La volontà di
credere, Libreria Editrice Milanese, Milano 1912, p. 193.
22
Il libero arbitrio in questione
stesso James, tuttavia, a proseguire: “Questo è uno sbaglio radicale.
Io non conosco nessuno argomento meno esaurito, e nel quale uno
spirito pieno di ingegno abbia ancora maggiori probabilità di trovare nuovo terreno – non forse per arrivare ad una conclusione che
costringa all’assenso, ma per approfondire il nostro senso in ciò che
è realmente la via di uscita”16. Verso questa eventuale via d’uscita il
mio testo vuole porsi come una possibile indicazione.
16
Ibidem.