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UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI TORINO Corso di laurea magistrale Interfacoltà di Sociologia La flessibilità della prestazione di lavoro Applicazione dell'analisi delle classi latenti per la definizione di una tipologia empirica Relatrice: prof.ssa ADRIANA LUCIANO Correlatore: prof. ROBERTO DI MONACO Tesi di ANDREA MANISCALCO Anno Accademico 2010-2011 2 Indice Pag. Introduzione ........................................................................................................... 4 Capitolo 1 - Prestazione di lavoro e flessibilità ..................................................... 7 1.1 Origini e applicazioni .................................................................................... 7 1.1.1 Assetti economici e processi di produzione ............................................ 8 1.1.2 Il discorso europeo e la normativa italiana ........................................... 12 1.2 La flessibilità della prestazione di lavoro: verso una tipologia ................... 19 1.2.1 Le dimensioni della flessibilità ............................................................. 19 1.2.2 Misurare la flessibilità .......................................................................... 24 1.3 Stato ed evoluzione del mercato del lavoro italiano .................................... 26 1.3.1 Struttura e stocks ................................................................................... 26 1.3.2 Flessibili d’Italia ................................................................................... 35 Capitolo 2 - L'analisi delle classi latenti ............................................................. 43 2.1 Da una domanda ad una tecnica .................................................................. 43 2.2 L’approccio a classi latenti: fondazione e sviluppo .................................... 48 2.3 La scelta del software: breve recensione ..................................................... 55 2.4 Descrizione formale e applicazione in poLCA ........................................... 59 2.4.1 Terminologia e definizione del modello ............................................... 59 2.4.2 Stima dei parametri ............................................................................... 61 2.4.3 Massimo locale ed errore standard della stima ..................................... 62 2.4.4 Selezione del modello e valutazione dell’adattamento ......................... 68 2.5 Scelta e preparazione delle variabili manifeste ........................................... 70 Capitolo 3 - Tipologia della flessibilità della prestazione ................................... 92 3.1 Scelta del modello ....................................................................................... 92 3.1.1 Output ed etichettatura .......................................................................... 93 3.1.2 Identificazione e valutazione .............................................................. 104 3.2 Lavoratori flessibili della prestazione ....................................................... 110 Conclusioni ......................................................................................................... 137 Riferimenti bibliografici..................................................................................... 144 Appendice ........................................................................................................... 162 3 Introduzione Nel corso degli ultimi due decenni i mercati del lavoro nazionali sono profondamente mutati a seguito delle costanti richieste di flessibilizzazione poste in essere dalle imprese. L'organizzazione fordista-taylorista è stata progressivamente superata e sostituita da organizzazioni flessibili meglio adattabili a mercati economicamente saturi e con una domanda instabile e differenziata. Le istituzioni sovranazionali e i governi nazionali hanno accolto le esigenze delle imprese assecondandole attraverso una revisione della legislazione in materia di lavoro. Essi hanno così permesso l'avvio del processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro. Si sono quindi diffuse forme di occupazione distanti da quelle tipiche fino ad allora adottate. Quest'ultime sono caratterizzate per essere a tempo indeterminato e a tempo pieno, diurne e con monte orario costante. Le occupazioni flessibili sono quindi innanzitutto diverse da quelle standard, tipiche del periodo fordista. Si usa definire flessibili "quelle occupazioni che richiedono alla persona di adattare ripetutamente l'organizzazione della propria esistenza alle esigenze delle organizzazioni produttive" 1 . Con l'aggravarsi della situazione economica mondiale, sconfinata nella crisi finanziaria di fine 2008, la flessibilità del lavoro è diventata argomento centrale del dibattuto pubblico e accademico. Sempre più frequenti sono gli articoli di denuncia delle condizioni precarie di lavoro e degli effetti della flessibilità sulle aspettative e sulla vita dei lavoratori. Rimangono tuttavia inalterate le richieste di flessibilizzazione da parte di imprenditori e industriali che ripongono proprio in ulteriori misure di flessibilizzazione del lavoro la speranza di una ripresa economica. 1 (Gallino, 2007) 4 L'interesse accademico e dei media è stato concentrato principalmente sulla dimensione contrattuale della flessibilità del lavoro. Interessarsi unicamente della precarietà del lavoro, tuttavia, rischia di mettere in ombra l’altra faccia della flessibilità, quella relativa alla flessibilità della prestazione di lavoro. Quest’ultima coinvolge buona parte dei lavoratori e delle loro famiglie e concorre, assieme ad altri elementi, come stabilità dell’occupazione e soddisfazione nel lavoro, a determinarne il benessere psico-fisico e socioeconomico. La flessibilità della prestazione di lavoro si riferisce alla "modulazione da parte delle imprese di vari parametri della situazione in cui i salariati prestano la loro attività"2, ovvero si riferisce alle variazioni che il lavoratori sperimentano rispetto alla condizione di lavoro standard inteso come diurno, a tempo pieno con monte orario costante, dal lunedì al venerdì in assenza di turnazione e straordinari. L'oggetto di analisi del lavoro di tesi è la flessibilità della prestazione di lavoro e le forme che essa assume nel mercato di lavoro italiano. In particolare, la ricerca è finalizzata a definire una tipologia della flessibilità della prestazione di lavoro che consenta di descrivere ed analizzare le prestazioni di lavoro dei lavoratori dipendenti italiani, migliorando la comprensione della struttura del mercato del lavoro italiano. Sotto il profilo metodologico, la ricerca propone l'utilizzo dell' Analisi delle Classi Latenti quale metodo di individuazione della tipologia. La latent class analysis3 è una tecnica di analisi della struttura latente - i cui input ed output sono variabili qualitative - adatta a sviluppare tentativi di identificazione di tipologie empiricamente determinate. Sia l'identificazione della tipologia sia le analisi preliminari e di presentazione dei principali risultati sono realizzate sui microdati Istat dell’Indagine Continua sulle Forze di Lavoro del 2009. 2 3 Ibidem. In letteratura è spesso indicato per mezzo dell'acronimo, LCA. 5 La tesi si compone di tre capitoli. Nel primo capitolo sono approfondite le ragioni economiche che hanno stimolato il percorso di flessibilizzazione del mercato del lavoro avvenuto, su sollecitazione delle istituzioni europee, attraverso la revisione normativa del diritto del lavoro italiano. In questo capitolo sono messa in evidenza le principali definizioni di flessibilità e viene discussa la definizione operativa della tipologia. A conclusione del primo capitolo sono presentate, con l'ausilio delle elaborazioni su serie storiche di Istat, le principali evoluzioni storiche del mercato del lavoro italiano conseguenti alla flessibilizzazione. Il secondo capitolo è dedicato alla discussione metodologica dell'approccio utilizzato e agli strumenti di analisi. In particolare è presentata la definizione formale dell'analisi delle classi latenti ed è analizzata la scelta delle variabili manifeste considerate per la realizzazione del modello e per il processo di ricodifica. Nel terzo capitolo sono presentati i risultati dell'analisi delle classi latenti e del processo di selezione del modello. In questo capitolo conclusivo è esposta la tipologia della flessibilità della prestazione attraverso la quantificazione e la qualificazione dei lavoratori con prestazioni flessibili. A conclusione del lavoro di tesi viene analizzata l'esistenza e l'intensità della relazione tra la tipologia di flessibilità della prestazione e le forme di flessibilità contrattuale. 6 Capitolo 1 Prestazione di lavoro e flessibilità In questo primo capitolo è presentata una selezione di contributi teorici legati al tema della flessibilità del lavoro. In primis si ripercorrerà l’evoluzione del concetto di flessibilità del lavoro nei cambiamenti economici legati al mercato e alla sua evoluzione nel dibattito europeo e nazionale fino alle modifiche realizzate al complesso legislativo italiano. Successivamente verrà fornita una definizione analitica della flessibilità del lavoro e una definizione operativa per la realizzazione della tipologia della flessibilità della prestazione di lavoro. Infine, attraverso dati e confronti longitudinali, sarà presentato un quadro empirico del mercato del lavoro italiano con particolare riguardo all’evoluzione della flessibilità dagli anni ’90 ad oggi ed agli effetti della recente crisi economica. 1.1 Origini e applicazioni Sono due gli aspetti determinanti nella maturazione e nella diffusione di pratiche flessibili del lavoro: la struttura economica e la sovrastruttura istituzionale e normativa. Per maggior chiarezza i due temi sono trattati separatamente ma si invita a non considerarli indipendenti. Nonostante gli impulsi al processo di flessibilizzazione del lavoro siano legati al mercato economico globale il mutamento del mondo del lavoro è indissolubilmente legato agli sviluppi culturali e normativi italiani ed europei, pertanto, sono da considerarsi legati e interrelati. 7 1.1.1 Assetti economici e processi di produzione Nel corso degli ultimi decenni l’economia mondiale è profondamente mutata. Sotto il profilo della produzione, più ancora che del consumo, sono stati sconvolti gli equilibri storici tra primo mondo e paesi in via di sviluppo. Con la fine del secolo breve, l’economia mondiale è mutata in virtù della globalizzazione e con essa il mercato del lavoro. L’economia di stampo fordista di inizio Novecento, caratterizzata da grandi imprese verticalmente integrate per la produzione di massa e da un'organizzazione tayloristica del lavoro raggiunge la maturità negli anni '50 e '60 del boom economico. A partire dagli anni '70 essa verrà gradualmente sostituita dal modello produttivo post-fordista. Il modello fordista della produzione di beni è entrato in crisi a seguito di una crescente saturazione del mercato dovuta ad un sostanziale eccesso di offerta di beni. Pur essendo in grado di garantire una produzione efficiente di beni su larga scala, la crescente competizione a reso necessaria la riduzione dei costi di produzione e un nuovo modo di gestire l’ottimizzazione dei processi di produzione e di vendita. L’introduzione di nuove tecnologie elettroniche e lo sviluppo di nuovi stili di vita e modelli di consumo hanno ulteriormente indirizzato verso questo cambiamento. Lo sviluppo di nuovi modelli produttivi flessibili si è meglio adattato ai nuovi trend di consumo. Il modello fordista viene quindi contaminato, e man mano sostituito, dall’economia dell’appropriatezza, in inglese economy of scope (Reyneri, 2005a). Quest’ultima è basata su un modello ad autorità decentrata con unità operative orizzontali e specializzate, radicate sul mercato e flessibili alle esigenze e ai desideri dei consumatori (Trigilia, 2009). Numerosi studi, specie quelli di area sociologica, hanno analizzato i cambiamenti economici in termine di variazione dei tempi di produzione e di lavoro, concentrandosi sulla durata del monte orario effettivo e sulla presenza di orari diversificati nel giorno e nella settimana. Ciò che emerge è la pluralità e la diversificazione dei regimi temporali. Questo mutamento organizzativo viene ricondotto alla differenziazione dei modelli produttivi avvenuta nei diversi settori economici. (Krings, Nierling, Pedaci, & Piersanti, 2009) Essa è stata generata dalla struttura dei mercati, dalla 8 saturazione dei beni durevoli e standardizzati, dalla differenziazione delle scelte dei consumatori, dalle crescenti limitazioni dei mercati ad alta competizione ed infine dall’alto grado di conflittualità industriale. L’insieme di questi elementi tende ad aumentare l’incertezza e mina la stabilità imprenditoriale, ovvero i due elementi cardine su cui il modello fordista-taylorista basava gli ingenti investimenti. L’organizzazione aziendale viene rifondata sul concetto del ―just in time‖. Tutti i processi organizzativi legati alla produzione e alla vendita sono realizzati contestualmente alla loro utilità. Sono pertanto ridotti al massimo i tempi morti o gli spazi superflui e vengono limitati il più possibile i rischi legati alla produzione. Gli sforzi di vendita anticipano gli sforzi di produzione. Questo agire flessibile delle imprese viene inevitabilmente esteso alla componente lavoro così da poter adattare l’agire d’impresa con i mercati ad alta frammentazione e instabilità (Reyneri, 2005a). Il passaggio ad un’economia dell’appropriatezza ha favorito la centralità delle unità organizzative legate al marketing. Le analisi economiche legate al marketing descrivono i cambiamenti economici come una evoluzione di orientamento di prospettiva delle imprese, identificandone tre (Collesei, 2000): A. L’orientamento delle imprese alla produzione, tipico del modello fordista, centrato sulla produzione di beni su larga scala ed a basso costo dovuto ad una domanda di beni superiore all’offerta. B. L’orientamento alla vendita, tipico della fase di transizione verso un modello post-industriale, dovuto ad una offerta di beni superiori alla domanda e caratterizzato dal ruolo chiave dei processi di vendita attraverso una espansione delle attività di comunicazione e reclamizzazione. C. L’orientamento al mercato, peculiare della fase economica in corso da qualche decennio, centrato sui desideri e bisogni dei consumatori, veri o indotti; capace di rispondere a mercati complessi ed altamente flessibili. 9 Quali sono gli effetti sul mercato del lavoro generati dai nuovi assetti economici e dai nuovi modelli di produzione? A livello macro economico, il processo di globalizzazione ha portato con sé una ridistribuzione territoriale dell'attività economica e del lavoro. Le imprese hanno attuato delle strategie di delocalizzazione trasferendo le unità operative e produttive maggiormente influenzate dal costo del lavoro nei paesi emergenti e in via di sviluppo in cui il costo della forza lavoro è inferiore e in cui le aziende possono avvantaggiarsi di una minore tutela sindacale. Vi sono in particolare due effetti che la globalizzazione sortisce sul lavoro. Da un lato la divisione a livello globale della produzione di beni e servizi che rende possibile l’abbattimento dei costi di produzione. Su questo, pur essendoci distinzioni e peculiarità tipiche di ogni paese e mercato, la tendenza è verso la delocalizzazione della produzione a minor valore aggiunto nei paesi emergenti e il mantenimento della produzione ad alta tecnologia ed alto valore aggiunto nei paesi occidentali. Su questa tendenza influisce tuttavia il costo delle materie prime e l'incidenza variabile dei costi di trasporto dovuta al valore del petrolio e alla disponibilità di infrastrutture locali (Daveri, Manasse, & Africa, 2003). In secondo luogo vi sono gli effetti sul mercato del lavoro internazionale e il relativo stato di precarietà e sfruttamento a cui, spesso, sono soggetti i lavoratori nei paesi in via di sviluppo. Tale stato aumenta il rischio di squilibrio tra domanda e offerta di lavoro favorendo pratiche lesive di diritti e tutele dei lavoratori. Ciò può determinare, di ritorno, una riduzione del peso contrattuale dei lavoratori occidentali, specie di quelli ―rimpiazzabili‖ 4 . Polanyi 5 (Polanyi, 1974) e Amartya Sen 6 (Sen, 1994, 2002) confutano le analisi positive sulla ridistribuzione del benessere generata dalla globalizzazione economica, mostrando quanto sia erroneo considerare 4 Il dilemma del prigioniero si addice perfettamente alle dinamiche competitive tra i lavoratori a livello internazionale. 5 Ci si riferisce alla distinzione tra economia formale, lavoro svolto per il mercato a fini di guadagno monetario; e economia sostanziale, finalizzata alla produzione di beni e servizi non scambiati per mezzo del denaro. 6 Il riferimento è alla impossibilità di utilizzo di alcuni indicatori di ricchezza, ad esempio il Pil o il reddito medio, per determinare i risultati economici in termini di miglioramento della qualità della vita. 10 necessariamente positive tali evoluzioni7. Lo studio degli effetti del mutamento del mercato del lavoro risulta centrale anche nella spiegazione dei teorici della transizione (Bauman, 2007, 2008; Beck, 2000, 2007; Sennett, 2009). Questi autori hanno avuto il merito di mostrare a partire dal concetto di rischio, quali siano gli effetti sui lavoratori e le loro vite, declinando l’attuale transizione del lavoro come un processo di de-standardizzazione della società industriale: dal sistema di occupazione standardizzata, tipico dell’economia industriale fondata sul lavoro salariato, ad un sistema di ―sotto-occupazione‖ con elevata flessibilità, attraverso forme di lavoro de-regolato, time intensive e decentralizzato (Trigilia, 2003, 2009). Sono reintrodotte due categorie sociologiche forti: l’individualizzazione e la riflessività (Semenza, 2004). Beck sostiene che la modernità diventa riflessiva e l’individuazione, intesa come l’inizio di un nuovo modo di sociazione, è definita come una sorta di metamorfosi del rapporto tra individuo e società (Beck, 2000). Concludendo, i processi economici mondiali sono mutati rapidamente negli ultimi decenni, diventando globalizzati e flessibili. Ciò è avvenuto in relazione all’instabilità del mercato globale e alla saturazione del mercato di beni durevoli. I nuovi processi produttivi necessitano di un'ampia flessibilità organizzativa per potersi adattare ai nuovi mercati di beni diversificati. A livello macro, gli effetti positivi sono la redistribuzione internazionale del lavoro e la potenziale ridistribuzione della ricchezza; gli effetti negativi sono il rischio di precarizzazione del lavoro, lo spostamento del rischio di impresa dagli imprenditori ai lavoratori e il potenziale circolo vizioso della competizione internazionale tra i lavoratori. Le necessità economiche di flessibilizzazione del mercato del lavoro sono legate al più vasto processo di flessibilizzazione dell’economia e sono il risultato naturale delle strategie di internazionalizzazione delle imprese e di de-standardizzazione della società industriale. Compito della politica nazionale e sovranazionale dovrebbe essere governare questi fenomeni secondo criteri di coesione sociale, prosperità e giustizia, attraverso riforme normative dell’economia e del mercato del lavoro. In altre parole, le istituzioni 7 Si rimanda agli stessi autori un'esposizione completa delle tesi sostenute che qui non possono trovare spazio in modo soddisfacente. 11 politiche dovrebbero armonizzare la connessione tra flessibilità di mercato e flessibilità sociale attraverso lo stimolo della responsabilità d'impresa (Biagioli & Reyneri, 2004). Con responsabilità sociale dell'impresa (Semenza, 2004) si intende la capacità dell'azienda di offrire risposta alle istanze che la flessibilità sociale solleva. Le imprese socialmente responsabili devono impegnarsi a fornire una buona compatibilità della sfera lavorativa con quella familiare; orari di lavoro, che pur flessibili, si adattino alle esigenze dei lavoratori; un rapporto che concili lavoro e formazione; prevenzione e gestione delle eventuali situazioni di crisi aziendale. 1.1.2 Il discorso europeo e la normativa italiana Nel paragrafo precedente si è cercato di mostrare come alla base della flessibilità del lavoro vi siano delle esigenze prevalentemente economiche, determinate e sostenute, dalla globalizzazione economica. In risposta alle esigenze del mercato, si è sviluppata una vasta riflessione teorica, e politica, sia nel mondo accademico che all’interno delle istituzioni. E’ da sottolineare, tuttavia, che la prevalenza di analisi e contributi è prevalentemente orientata al tema della flessibilità inteso come precarietà del lavoro. Nonostante il centro di interesse di questo lavoro sia legato espressamente alla flessibilità nella prestazione di lavoro, si ritiene opportuno offrire una breve introduzione sull’evoluzione del discorso pubblico e delle normative legate al tema della flessibilità del lavoro nel suo insieme, rimandando successivamente la distinzione tra le diverse accezioni di flessibilità. Le politiche sul mercato del lavoro legate alla flessibilità, si possono distinguere in tre fasi temporali (Berton, Richiardi, & Sacchi, 2009):    Anni ’40 – ’70; modello garantista dei rapporti di lavoro Anni ’70 – ’90; modello di garantismo flessibile Anni ’90 – in corso; ridefinizione del diritto del lavoro 12 L'attenzione sarà concentrata prevalentemente su quest’ultima fase, fornendo un’interpretazione in parallelo, tra la normativa italiana e le sollecitazioni delle istituzioni europee. Luciano Gallino sostiene che le maggiori motivazioni a sostegno della flessibilizzazione del mercato del lavoro siano da attribuire alle esigenze del mercato e alle sollecitazioni delle istituzioni europee.: ―Ce lo chiede l’Europa‖, ―ce la chiedono i mercati‖ (Gallino, 2007). Il ruolo dello Stato Italiano è stato, per Gallino e altri autori (Rullani, 2007), soprattutto quello di esecutore di pensieri, politiche, perseguite nel migliore dei casi su proposta dell'Unione Europea, nel peggiore, attuate in assenza di una riflessione programmatica e lungimirante. Nonostante questa interpretazione non sia completamente condivisibile nella sua assolutezza e non riscontri diffusi favori, essa garantisce una lettura lineare del processo di flessibilizzazione del lavoro, seppur al costo di sottostimare l’azione dei parlamento e del governo italiano. La fine degli anni ’90 è segnata dal documento Employment Outlook del 1999 realizzato dall’OCSE 8 , (OECD, 1999) nel quale l’Italia viene classificata tra i paesi con il più alto tasso di rigidità del mercato del lavoro. (Conte, Devillanova, Liebman, & Morelli, 2003; Gualmini, 2001; Massimiani, 2007) Il tasso di rigidità dei regimi di protezione dell’impiego (RPI) viene interpretato come indicatore strategico nell’analisi dello stato di salute dei mercati del lavoro nazionali e come responsabile di una maggiore, o minore, capacità recettiva dei sistemi economici nazionali sugli investimenti delle imprese 9 . Il suo utilizzo permette, secondo l'OCSE, di individuare specifici istituti responsabili della rigidità e di conseguenza modificarli. Il discorso europeo ha basato la propria impostazione analitica su questo rapporto dell'OCSE (Berton, 2009). Inaspettatamente, almeno da quanto 8 Organizzazione europea per la cooperazione e lo sviluppo economico. Un RPI si caratterizza per la presenza di uno o più di questi elementi: a) pagamento di un ―buono uscita‖ (severance payment) nei confronti del lavoratore licenziato; b) periodo minimo di preavviso prima di terminare il rapporto; c) obbligo di reintegro del lavoratore in caso di licenziamento ingiustificato (job property); d) procedure preventive per l’avvio di licenziamenti collettivi; e) vincoli quantitativi o procedurali all’utilizzo di contratti a tempo. (Nannicini, 2005) 9 13 traspare dai documenti ufficiali, il discorso europeo sulla flessibilizzazione del mercato europeo è di per sé iniziato a partire da una interpretazione netta del fenomeno: l’indiscutibile necessità di rendere flessibile il mercato del lavoro. Pur senza voler contestare nel merito tale approccio, sembra quantomeno inappropriata questa impostazione di metodo, specie tenendo a mente la storia europea e le sue peculiarità politico-sociali. A partire dai primi anni novanta i legislatori italiani hanno intrapreso azioni per rispondere alle esigenze di mercato dando priorità agli interventi volti a promuovere l’occupazione flessibile nelle imprese. Come direbbe Gallino, in direzione di una ri-mercificazione del lavoro. I tanti interventi rispondono all’idea di accrescere la flessibilità del lavoro su una concezione di lavoro come merce, separata ed indipendente dal soggetto, il lavoratore. Gli anni novanta rappresentano quindi l'avvio del periodo di revisione legislativa del diritto del lavoro, dovuto alle esigenze di flessibilità, attraverso una strategia esplicitamente rivolta all’incremento dei livelli di occupazione. I legislatori manifestano la certezza, per alcuni studiosi quantomeno ingenua (Ricci, Damiani, & Pompei, 2011; Zoppoli, 2007), che al rilassamento dei vincoli contrattuali di tutela dei lavoratori corrisponda un aumento della capacità occupazionale del sistema economico. Queste motivazioni stimolano la modifica legislativa degli anni ’90 (Berton, 2009; Gallino, 2007; Gualmini, 1997):  il protocollo Ciampi del 1993 apre ad importanti spazi di negoziazione nell’ambito della flessibilità salariale e del costo del lavoro, portando alla  definizione di una nuova articolazione degli assetti contrattuali; la legge n°451 del 1994 prevede la fiscalizzazione degli oneri sociali per le assunzioni di lavoratori a tempo parziale e l’innalzamento dell’età massima per i contratti di formazione e lavoro, estendendola a 32 anni, vengono inoltre istituiti i piani di inserimento professionale e l’attivazione dei lavori socialmente utili; 14  la legge n°335 del 1995 istituisce la Gestione separata Inps 10 rivolta ai lavoratori autonomi sprovvisti di casse previdenziali di appartenenza e ai  titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa 11; la legge Treu del 1997 intitolata ―Norme in materia di promozione dell’occupazione‖ stabilisce l’orario canonico di lavoro, 40 ore settimanali, da intendersi rispetto alla durata media delle prestazioni lavorative in un periodo superiore all’anno (art.13) pur mantenendo la distinzione interna ai contratti nazionali. Una spinta ulteriore verso il processo di flessibilizzazione del lavoro viene portata dalla Strategia di Lisbona, definita nel 2000, che si prefigge per il decennio 20002010 12 di far divenire l’Europa l’economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, così da ―realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale‖. Tale approccio si basa a sua volta su tre pilastri portanti (Decaro, 2010; Presidenza del consiglio dei ministri, 2010):  un approccio microeconomico ispirato al modello americano di sviluppo che, attraverso il passaggio verso un’economia e una società basate sulla conoscenza, migliora le politiche in materia di società dell’informazione accelerando il processo di riforma strutturale ai fini della competitività e   dell’innovazione e completando il mercato del lavoro interno; una politica sociale attiva che mira a modernizzare il modello sociale europeo investendo nelle persone e combattendo l’esclusione sociale; una visione macroeconomica coerente con il Trattato, impegnata a sostenere un contesto economico sano e delle prospettive di crescita favorevoli, applicando un adeguato policy-mix. L’aliquota di riferimento per i lavoratori parasubordinati era inizialmente molto modesta rispetto a quella applicata ai lavoratori subordinati. 11 Definiti come: ―rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato‖. 12 Nel 2005 a seguito della difficoltà di raggiungimento di alcuni obiettivi l’Unione Europea a dato priorità agli obiettivi di sviluppo economico e occupazionale. 10 15 Nel dettaglio, la Strategia sancita dal titolo VIII del Trattato di Amsterdam si articola su quattro dimensioni fondamentali: occupabilità, imprenditorialità, adattabilità e pari opportunità. I conseguenti obiettivi operativi da raggiungere per i Paesi dell’Unione Europea sono (Decaro, 2010):    un tasso di occupazione medio europeo pari al 70 per cento; un tasso di occupazione femminile al 60 per cento; un rapporto tra investimenti in ricerca e sviluppo pari al 3 per cento del PIL dell'UE. Il sistema Italia ha recepito le direttive europee, attraverso diversi provvedimenti legislativi. I principali sono (Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2005):  il decreto legislativo n°61 del 2000 che supera la diffidenza italiana verso il part-time istituendo il part-time orizzontale, verticale e misto, aprendo la  strada ad una flessibilizzazione degli orari di lavoro; il decreto legislativo del 6 settembre 2001 che introduce la possibilità di costituire dei ―contratti di lavoro subordinato a durata determinata a fronte  di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo‖; la legge n°30 del 2003, detta Legge Biagi, poi modificata dal decreto legislativo n°276 del 2003, che elimina i limiti di contenimento dei contratti atipici e moltiplica le tipologie contrattuali (contratto in somministrazione, apprendistato, contratto di lavoro ripartito, contratto di lavoro intermittente, lavoro accessorio e lavoro occasionale, contratto a progetto) permettendo e favorendo la contrattazione individuale dei contratti di lavoro e istituendo le agenzie di somministrazione di lavoro. Le modifiche al corpus normativo hanno di fatto prodotto una segmentazione del mercato del lavoro favorendo la creazione di due separati filoni contrattuali, da un lato la normativa del canonico contratto da dipendente subordinato a tempo pieno e indeterminato, dall’altro una normativa multiforme di contratti atipici a bassa tutela giuridica. Simili direttive sono state riprodotte in molti paesi europei con la conseguenza di rendere visibili i limiti e gli eccessi di un processo di deregolazione dei contratti di lavoro. A questo proposito, la letteratura sociologica 16 parla di sistema a flessibilità dualistica (Krings et al., 2009; Reyneri, 2005a). La forza lavoro delle imprese viene distinta in due fasce a geometrie variabili, a cui si associano diverse qualità interaziendali e diverse tutele contrattuali: - una fascia fissa di lavoratori stabili con cui perseguire una politica interna di flessibilità funzionale che, pur non costituendo necessariamente il cuore professionale dell’azienda, è considerata strategica. Ai lavoratori di fascia fissa è garantita una copertura totale di tutele e diritti. - una fascia periferica o marginale, che affianca e integra la fascia fissa, composta da lavoratori flessibili, inclusi professionisti ad alta qualificazione, a cui viene garantita una copertura parziale, e in alcuni casi minima, di garanzie e tutele. In risposta ai rischi delineati, le istituzioni europee hanno gradualmente modificato le proprie indicazioni. (Biagioli & Reyneri, 2004; Gallino, 2009) Il Libro Verde della Commissione Europea (Houben, 2007; Massimiani, 2007; Unione Europea, 2003) introduce il concetto di flexicurity, in italiano flessicurezza, per indicare ―una strategia integrata destinata a migliorare allo stesso tempo la flessibilità e la sicurezza nel mercato del lavoro‖ (Unione Europea, 2007a). Nel documento viene mantenuta la vocazione di apertura alla flessibilizzazione del lavoro, ma allo stesso tempo, essa viene accompagnata da una strategia di attenuazione dei danni prodotti sulla vita dei lavoratori flessibili. L’Unione Europea sostiene che: (Isfol, 2007; Road, 2009; Unione Europea, 2007b)  la flessicurezza è potenzialmente in grado di apportare un decisivo miglioramento alla competitività dell’economia europea, creando livelli di  occupazione più elevati; le aziende, i lavoratori e la società devono riuscire a raggiungere un accordo in materia di flessicurezza, sistema in cui devono poter riporre  piena fiducia; la sicurezza deve fondarsi sulla sicurezza dell’occupazione, e non del posto di lavoro, fornendo un insieme di diritti e strumenti. 17 La nuova direttiva si fonda sui concetti di flessibilità e di sicurezza, posti entrambi al centro del discorso e riferiti ai percorsi individuali dei lavoratori europei (Houben, 2007). Vi è forse il tentativo di curare gli effetti della flessibilizzazione del lavoro ma al tempo stesso sostenendone le cause? 13 L’obiettivo indicato dalla Commissione Europea è nel contempo un aumento della possibilità per le imprese di liberarsi delle prestazioni di lavoro superflue in un dato momento, un aumento della libertà di licenziamento e inoltre, l'aumento della probabilità dei lavoratori di spostarsi da un lavoro all’altro riducendo così al minimo i periodi di disoccupazione. La provocazione di Gallino, pur essendo di natura politica e quindi poco discutibile, consente di mettere in evidenza che l’intensità con cui è stato sostenuto il processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro è giustificabile solo ammettendo la subordinazione del potere politico delle istituzioni europee al potere economico (Leonardi, 2007; Rullani, 2007, 2010). Al contrario, più coerenti ad un’idea europea della politica e dell’economia, sono i tentativi legati alla flexicurity che in parte rivedono le applicazioni sregolate dal contesto della flessibilità sul mercato del lavoro Gallino a questo proposito titola il capitolo dedicato alla flexicurity: ―La flessicurezza, o come curare gli effetti ignorando le cause‖. Su quest’ultimo punto del titolo è richiesta una precisazione. Le cause non sono ignorate bensì accettate e sostenute, poiché ritenute necessarie, per poter mantenere competitive le imprese europee all’interno dell’economia mondiale e globalizzata. 13 18 1.2 La flessibilità della prestazione di lavoro: verso una tipologia La letteratura sociologica offre importanti contributi sul concetto di flessibilità economica e del lavoro. I principali sono la tassonomia di Dore (Dore, 1988) e, per la letteratura italiana, i contributi di Reyneri e Gallino (Gallino, 2007; Reyneri, 2005a). Gli strumenti analitici presentati orienteranno la definizione operativa della flessibilità della prestazione di lavoro. 1.2.1 Le dimensioni della flessibilità Nella letteratura sociologica il termine flessibilità del lavoro è utilizzato in relazione alla ―capacità di adattare vari aspetti del rapporto lavorativo alle esigenze espresse dal datore di lavoro e dai lavoratori‖ (Berton, 2009). Una definizione più critica è presentata da Gallino: flessibili sono quelle ―occupazioni che richiedono alla persona di adattare ripetutamente l’organizzazione della propria esistenza – nell’arco della vita, dell’anno, sovente perfino del mese o della settimana – alle esigenze produttive che la occupano o si offrono di occuparla, private o pubbliche che siano.‖ (Gallino, 2007). In questa definizione è centrale la connotazione negativa sugli effetti della flessibilità sui lavoratori. A questo proposito, si nota una visione passiva, per non dire succube, dei lavoratori rispetto alle imprese. Questa interpretazione, connotata politicamente, è anche sostenuta da alcuni dati empirici, almeno a livello italiano, che rilevano il netto squilibrio di potere tra lavoratori e imprese. A titolo esemplificativo, si pensi alle difficoltà che incontrano i lavoratori a tempo pieno nel richiedere il part-time, che qualora non incontri il favore da parte dell’impresa, si risolve a favore di quest’ultima. Difficoltà ancora maggiori sono registrate nel caso di un primo accordo verso il part-time e di un successivo ripensamento del lavoratore, magari a seguito di necessità economiche. 19 Ricorrente in tutti gli autori è il riferimento alle flessibilità, intesa al plurale, così da sottolinearne le diverse forme. Le flessibilità nel mercato del lavoro possono essere così distinte e definite: (Dore, 1988; Reyneri, 2005a) A. Flessibilità salariale, composta a sua volta di una componente strutturale, riguardante le differenze retributive determinate da diversi livelli di produttività per territorio, settore, qualifica ed età; una componente congiunturale, relativa all’adeguamento dei salari alle fluttuazioni cicliche del sistema economico nazione, (macro), e relativa al collegamento delle retribuzioni all’andamento economico dell’impresa (micro). B. Flessibilità nell’uso della forza lavoro, composta da una componente statica, relativa alle differenziazione delle attività lavorative; ed una dinamica, riguardante la capacità di aggiustamento rapito ai mutamenti. Le aree di interesse caratteristiche sono qui l’orario di lavoro, l’ingresso e l’uscita dall’impresa e la mobilità interna all’impresa. ―Le diverse alternative di queste tre aree, combinandosi insieme tra loro in vario modo, danno vita alla tipologia dei rapporti di impiego‖, mentre rispetto all’orario di lavoro, la componente dinamica è esemplificata dalla variabilità del monte orario prestato dal lavoratori attraverso straordinari e variazioni di orario su base annua. Diversamente, la componente dinamica relativa all’orario di lavoro si specifica attraverso il superamento del tradizionale orario di lavoro diurno, rigido e su cinque giorni lavorativi, sostituito da lavoro serale, festivo, su turni o a tempo parziale. C. Flessibilità numerica o esterna, ovvero il grado di libertà con cui un’impresa può adeguare il volume e le caratteristiche professionali dell’occupazione con l’andamento della produzione o in relazione ai mutamenti tecnologici. Gli aspetti chiave di questo tipo di flessibilità sono: i vincoli normativi, contrattuali o convenzionali che regolano licenziamenti e assunzioni; la possibilità di ricorrere a rapporti di lavoro 20 dipendente diversa da quelli a tempo determinato, ovvero i contratti inseriti nella normativa del diritto del lavoro a partire dalla legge Biagi in poi (subordinati e parasubordinati); la possibilità di ricorrere a processi di esternalizzazione o subappalto ad imprese esterne e liberi professionisti. D. Flessibilità funzionale od organizzativa, ovvero la possibilità di spostare dei lavoratori da un posto di lavoro all’altro, anche cambiando funzione, all’interno dell’impresa o di variare il contenuto della prestazione. Una diversa definizione è presentata da Gallino in ―Il lavoro non è una merce‖ (Gallino, 2007): A. Flessibilità dell’occupazione, che consiste nella possibilità, da parte dell’impresa di variare, positivamente o negativamente, la quantità di lavoro utilizzata, ovvero il numero di lavoratori, consentendo così, in relazione ai cicli produttivi, l’adeguamento in tempi rapidi della componente di costo legata al lavoro. Ciò avverrebbe qualora siano consentite un’ampia libertà di licenziare i lavoratori in eccesso o la possibilità di occupare salariati14 secondo norme del diritto del lavoro il più possibile flessibili e non definitive. La flessibilità dell’occupazione si traduce in una variegata tipologia di contratti di lavoro. Questi contratti sono definiti atipici, per sottolinearne la distinzione e la separazione dai contratti di lavoro tipici, ovvero quei contratti di lavoro dipendente a durata indeterminata e a tempo pieno. Sono quindi da considerarsi indicatori di flessibilità dell’occupazione la varietà dei contratti: a durata determinata, a tempo parziale, in somministrazione, ex interinale, il lavoro parasubordinato e il lavoro ripartito, oltre le prestazioni occasionali e il lavoro intermittente. I lavoratori contrattualizzati, secondo queste forme di lavoro, rappresentano il bacino di riferimento da cui partire per l'analisi della flessibilità dell’occupazione del mercato del lavoro italiano. 14 Gallino parla consapevolmente di occupati salariati e non di lavoratori assunti così da evidenziare ancora più, la deriva precaria associata ai contratti flessibili. 21 B. Flessibilità della prestazione, si riferisce alla modulazione della qualità e della quantità di lavoro prestata all’impresa dai lavoratori. Questo tipo di flessibilità riguarda l'insieme dei lavoratori occupati in un'impresa, sia di quelli con contratti tradizionali sia di quelli con contratti atipici. La flessibilità della prestazione riguarda: l’articolazione dei salari, che consente l’ancoramento degli stessi ai meriti individuali o alla produttività di reparto o di impresa e l'articolazione degli orari su archi temporali variabili, tesa ad accrescere l’utilizzo degli impianti e l’aderenza alle singolarità del ciclo produttivo. In questo senso, la flessibilità della prestazione può concretizzarsi in una pluralità di aspetti. Ne sono esempi il lavoro su turni e gli orari slittanti. Le prestazioni prefestive e festive garantiscono una continuità produttiva ed operativa. Gli orari pluriperiodali o annualizzati e il lavoro straordinario garantiscono l'aderenza della forza lavoro alle esigenze effettive dell’impresa. La condivisione di mezzi di produzione e le improvvise variazioni del ritmo, del tipo e del luogo di lavoro, permettono di far fronte alle peculiarità operative dell’attività economica o la risoluzione di occasionali disfunzioni del ciclo produttivo. Legislativamente, la flessibilità della prestazione è regolata da contratti collettivi tra le imprese e i sindacati, sia a livello nazione che a livello d'impresa, ed è regolata da norme specifiche per ciascuna tipologia contrattuale atipica. (Gallino, 2007) La definizione proposta da Gallino associa la condizione di part-time alla flessibilità della condizione di lavoro. Ciò è senz’altro accettabile a seguito dell’impatto che tale condizione ha sulle altre dimensioni della flessibilità della condizione. Tuttavia, in questo lavoro essa sarà considerata in relazione al significato che qualitativo che il part-time ha sulla prestazione del lavoratore. La resa grafica della tassonomia, figura 1.1, rende apprezzabile la completezza della definizione di Dore e la complessità della flessibilità del mercato del lavoro. 22 Il merito di questo approccio è la relativa schematicità con cui si descrive un fenomeno molto articolato e dai tanti attori. Il riferimento a processi micro e macro, statici e dinamici, rende possibile una lettura completa degli attori in gioco, delle dinamiche strutturali e dei processi dinamici che caratterizzano la flessibilità del lavoro. Figura 1.1 - Le forme della flessibilità lavorativa, ricostruzione grafica propria sul definizione di Dore, (Dore, 1988). Numerica (esterna) Adeguamenti normativi e contrattuali Strutturale FLESSIBILITÀ (salario di ingresso) Macro (fluttuazioni cicliche) Salariale Congiunturale Funzionale (organizzativa) Polivalenza professionale e mobilità interna Micro (adeguamenti dell’impresa) Dinamica (aggiustamento rapido ai mutamenti) Orario di lavoro, ingresso ed uscita dall’impresa Statica (differenziazione delle situazioni di lavoro) Orario giornalieri, festivi, notturno, turni, part-time Dell’uso, della prestazione Nel grafico è indicata, attraverso l’utilizzo dei colori, la distinzione fornita da Gallino tra flessibilità dell’occupazione, in rosso, e flessibilità della prestazione di lavoro, in blu. In grigio sono segnate le dimensioni comuni che hanno implicazioni su entrambe le dimensioni della flessibilità discusse dall'autore. La definizione di Gallino risulta quindi meno dettagliata, ma permette, almeno in relazione ai fini di questo lavoro, una divisione efficace e puntuale della flessibilità della prestazione di lavoro dalla flessibilità della condizione di lavoro. 23 Riassumendo, la flessibilità della condizione viene applicata sui lavoratori attraverso le forme atipiche di lavoro in relazione alla natura e alla durata contrattuale. Al contrario la flessibilità della prestazione si manifesta su quei lavoratori, tipici e/o atipici, che vedono variare quantitativamente e qualitativamente le dimensioni sostanziali del proprio lavoro: orario e turnazioni (straordinari, lavoro serale, notturno, su turni), composizione giornaliera di lavoro (lavoro al sabato, domenica, festivi), luogo (lavoro da casa). In accordo con quest'ultima definizione, i lavoratori che sperimentano forme di flessibilità legate alla prestazione di lavoro rappresentano il soggetto analitico di ricerca. 1.2.2 Misurare la flessibilità Data la complessità e la variabilità delle prestazioni di lavoro, si è ritenuto opportuno fondare la definizione della tipologia, non solo su una riflessione teorica della flessibilità, ma soprattutto in relazione alle prestazioni effettive dei lavoratori subordinati e parasubordinati italiani. Pur meritando altrettanto interesse, i lavoratori autonomi sono stati esclusi dall’analisi. I dati a disposizione, oltre a considerevoli difficoltà metodologiche, non ne hanno reso possibile l’inclusione15. Prima di poter misurare la flessibilità è dunque necessario darne una definizione operativa. La definizione di flessibilità della prestazione è costruita sul negativo della definizione di prestazione standard di lavoro. Il lavoratore standard della prestazione di lavoro presenta le seguenti caratteristiche:   lavoro a tempo pieno,  assenza di lavoro straordinario,  monte orario costante compreso tra 36 e 40 ore settimanali, diurno nella fascia oraria 8-20, E’ tuttavia in questo senso che sarebbe necessario muoversi per poter comprende a pieno la vera struttura della flessibilità della prestazione di lavoro italiana. 15 24   dal lunedì al venerdì e senza turnazione, svolto presso l’azienda. I lavoratori standard della prestazione costituiscono quello che può essere definito il gruppo di controllo nella definizione della tipologia di lavoro flessibile della prestazione. L'utilizzo di una definizione per contrasto permette di definire in modo univoco le caratteristiche di assenza di prestazioni flessibili rimandando all'analisi empirica il compito di individuare la presenza, e la natura, delle diverse forme di flessibilità della prestazione di lavoro. La locuzione "lavoratori flessibili della prestazione" sarà usata nel corso del testo per identificare quei lavoratori che sperimentano forme di flessibilità della prestazione di lavoro. Questo approccio bene si associa all'utilizzo dei dati Istat e alla definizione di una tipologia attraverso l'uso di tecniche di analisi della struttura latente. Come vedremo, la ricostruzione della tipologia attraverso questo metodo consentirà di definire in modo empirico il numero di tipi di cui la tipologia si compone e allo stesso modo di diversificare i diversi tipi di lavoratori a seconda di pattern ricorrenti nel mercato del lavoro italiano. Il punto di forza di una definizione operativa siffatta è la capacità di adattarsi ai dati a disposizione permettendo l'identificazione di una tipologia empirica, poiché del tutto costruita a partire dalle osservazioni sulle prestazioni di lavoro rilevate dall'indagini trimestrali sulla forza lavoro. Di contro, in questo modo, vi è il rischio di trascurare la dimensione teoretica della tipologia. Tuttavia si è scelto di privilegiare la vocazione analitica e descrittiva. 25 1.3 Stato ed evoluzione del mercato del lavoro italiano Come è cambiata la struttura del mercato del lavoro a seguito dei cambiamenti economici e normativi discussi? E’ possibile parlare di una struttura flessibile del lavoro? Come osservare e quantificare la flessibilità della prestazione in Italia? Quali sono gli effetti prodotti dalla crisi economica dell’ultimo triennio sui lavoratori? In questo paragrafo si proverà a dare risposta alle questioni sollevate attraverso l’utilizzo di dati16 sul mercato del lavoro. 1.3.1 Struttura e stocks L’occupazione, la disoccupazione e la popolazione inattiva sono gli ―stocks‖ del mercato del lavoro, ovvero quantità misurate in un dato istante17. La metafora dei bacini d’acqua comunicanti (Reyneri, 2005b) rende bene il funzionamento. Gli ―stocks” rappresentano le tre unità fondamentali del mercato del lavoro e possono essere immaginati come canali collegati ed emissari di diversa grandezza. Come mostrato nella figura 1.2, i bacini sono collegati da una complessa rete di flussi bidirezionali. Le variazioni di uno stock sono determinate dal saldo dei diversi flussi in entrata e in uscita e rappresentano il primo elemento di analisi dello stato di salute dell’economia e della società nel suo insieme. La principale fonte statistica italiana sul mercato del lavoro è la rilevazione continua delle forze di lavoro, RCFL, realizzata trimestralmente dall’Istat. Il 16 La mole di dati e di analisi rintracciabili sul mercato del lavoro italiano è cospicua e spesso ridondante. Si è scelto di riportare solo i tratti salienti privilegiando la fonte istituzionale più accreditata. 17 La rilevazione delle forze di lavoro Istat è condotta trimestralmente. La dinamicità del fenomeno e le peculiarità nostrane, come ad esempio l’oscillazione stagionale, ne motivano la cadenza elevata. 26 principale obiettivo dell’indagine è rappresentato dalla produzione delle stime ufficiali degli occupati e delle persone in cerca di occupazione. Fig. 1.2 - Rappresentazione grafica dei flussi del mercato del lavoro (Fonte: Repertorio delle professioni, Isfol in (Reyneri, 2005b) La popolazione in età lavorativa (15 anni e oltre) è stata ripartita in tre gruppi esaustivi e mutuamente esclusivi: occupati, disoccupati, inattivi. La composizione avviene secondo criteri classificatori basati sulle definizioni ispirate dall’International Labour Office, ILO, e recepite dai regolamenti comunitari e 27 nazionali. Il risultato complessivo è una discreta uniformità metodologica a livello europeo18. ―Nella condizione di occupato si classificano le persone (con almeno 15 anni) che nella settimana di riferimento, quella che in generale precede la settimana in cui viene condotta l’intervista, hanno svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario. Nella condizione di occupato vengono inoltre classificati coloro che, sempre nella settimana di riferimento, hanno svolto almeno un’ora di lavoro anche non retribuito nella ditta di un familiare nella quale collaborano abitualmente.‖ (Istat, 2006) ―L’individuazione delle persone in cerca di occupazione si fonda su requisiti classificatori molto dettagliati, validi per le persone di età compresa tra i 15 e i 74 anni. Il primo requisito è risultare non occupato; il secondo di essere disponibile a lavorare (o ad avviare un attività autonoma) entro le due settimane successive il giorno dell’intervista; il terzo è avere fatto almeno un’azione di ricerca di lavoro, tra quelle previste, nelle quattro settimane precedenti l’intervista. Quest’ultimo criterio non viene applicato agli individui non occupati che dichiarano di aver trovato un lavoro che inizierà entro tre mesi dalla data dell’intervista. Permane comunque anche per questo gruppo l’osservanza del requisito sulla disponibilità 18 A completamento delle definizioni utilizzate (Reyneri, 2005a, 2005b; Trigilia, 2003): Forze di lavoro o popolazione attiva, è la somma degli occupati e delle persone in cerca di occupazione. Rappresentano l’offerta di lavoro. - Domanda di lavoro, costituita dalla somma di occupati e dell’ammontare di lavoro non soddisfatta che le imprese necessitano. - Popolazione non attiva, i soggetti di età inferiore agli anni 15 e superiore a 64 e gli studenti, le casalinghe, i ritirati dal lavoro e gli inabili al lavoro. - Tasso di attività, costituito dal rapporto tra forze di in età attiva. Misura il grado di partecipazione al mercato del lavoro di una popolazione ovvero la sua propensione a lavorare o a cercare un lavoro. - Tasso di inattività, rapporto tra le persone appartenenti alle forze di lavoro e la corrispondente popolazione di riferimento. - Tasso di disoccupazione, è dato dal rapporto tra le persone in cerca di occupazione e le forze di lavoro. Indica la percentuale di soggetti che non trovano lavoro sul numero totale di coloro che lo cercano. - Tasso di occupazione, è dato dal rapporto tra occupati in età attiva e misura il livello della domanda di lavoro e il benessere economico. - 28 entro le due settimane qualora fosse possibili anticipare l’inizio del lavoro.‖ (Istat, 2006) Figura 1.3 - Metodologia di individuazione degli occupati, Forze di Lavoro Istat, Fonte: (Istat, 2006) È giunto il momento di affrontare la prima questione sollevata: come è cambiata la struttura del mercato del lavoro italiano? Il periodo di riferimento considerato è l’intervallo 1993-2009 e le relative serie storiche. In relazione agli effetti delle politiche sulle flessibilità, è bene precisare che l’impatto delle modifiche normative può essere verificato solo al lordo delle oscillazioni economiche congiunturali o strutturali. Ciò che è possibile analizzare sono gli indici di rigidità del mercato del lavoro prodotti dall'OCSE e come essi si siano modificati a seguito dei cambiamenti legislativi entrati in vigore in Italia. 29 Tabella 1.1 - Indici di protezione dell'impiego permanente e temporaneo. Confronto anni 1990, 1998 e 2003. Indice di protezione dell'impiego permanente Indice di protezione dell'impiego temporaneo 1990 1998 2003 1990 1998 2003 Austria Danimarca 2,9 1,5 2,9 1,5 2,4 1,5 1,5 3,1 1,5 1,4 1,5 1,4 Finlandia Francia 2,8 2,3 2,3 2,3 2,2 2,5 1,9 3,1 1,9 3,6 1,9 3,6 Germania Irlanda 2,6 1,6 2,7 1,6 2,7 1,6 3,8 0,3 2,3 0,3 1,8 0,6 Italia Norvegia 1,8 2,3 1,8 2,3 1,8 2,3 5,4 3,5 3,6 3,1 2,1 2,9 Olanda Portogallo 3,1 4,8 3,1 4,3 3,1 4,2 2,4 3,4 1,2 3,0 1,2 2,8 Spagna Svezia 3,9 2,9 2,6 2,9 2,6 2,9 3,8 4,1 3,3 1,6 3,5 1,6 UK USA 0,9 0,2 0,9 0,2 1,1 0,2 0,3 0,3 0,3 0,3 0,4 0,3 Fonte: (OECD, 2004) I dati riportati nella tabella 1.1 mostrano che in Italia l'indice OCSE sulla protezione dell'occupazione temporanea è diminuito più che negli altri paesi europei passando da 5,4 a 2,1. Diversamente, l'indice relativo ai lavoratori a tempo determinato è rimasto costante e rimane tra i più bassi dell'Europa, ad esclusione della liberale Regno Unito. L'impatto normativo ha quindi avuto un forte effetto sulla componente temporanea del lavoro, lasciando invariata la già ridotta rigidità dei posti di lavoro a tempo indeterminato. I dati presentati non motiverebbero le richieste di riduzione dei vincoli contrattuali da parte delle imprese italiane, ma è possibile che l'indice di rigidità non sia capace di rilevare correttamente il fenomeno che descrive. Altro elemento di indirizzo dell'azione dei legislatori è l'aumento dell'occupazione. Dal grafico successivo, figura 1.4, si coglie una lieve crescita del tasso di occupazione tra il 1993 e il 2008. Il picco positivo, registrato nel 2008 è seguito dalla perdita di un punto percentuale nel 2009 a causa dell’importante diminuzione del numero di occupati legata, presumibilmente, alla crisi economica. 30 Nonostante la crisi economica sia iniziata nel corso del 2008, palesandosi al mondo nel mese di settembre con il crollo di alcuni colossi bancari, gli effetti sull’economia reale, ed in particolar modo sulla componente lavoro dell’economia, si manifestano con un effetto ritardardo. In relazione al tasso di disoccupazione si riscontra un andamento positivo fino al 1998 e una costante riduzione negli anni successivi. Nuovamente il 2009 rompe il trend riportando il tasso di disoccupazione ampiamente sopra i sette punti percentuali. Figura 1.4 – Tasso di occupazione e tasso di disoccupazione, serie storica 1993-2009. Tasso di occupazione e tasso di disoccupazione. Serie storica 1993-2009 60,0 50,0 9,7 10,6 11,2 11,2 11,2 11,3 10,9 10,0 9,0 8,5 8,4 8,0 7,7 6,8 6,1 6,7 7,8 44,6 43,6 44,6 45,3 45,8 45,6 45,4 45,3 45,8 45,9 45,9 44,9 40,0 30,0 20,0 43,2 43,3 43,3 43,6 44,0 10,0 0,0 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 (f) Tasso di occupazione Tasso di disoccupazione Fonte: dati Istat, serie storiche, Archivio della Statistica Italiana Due precisazioni metodologiche: la prima, a partire dal 2004 l’Istat ha considerato i soggetti con almeno quindici anni per il computo del tasso di occupazione e per il computo del tasso di disoccupazione i soggetti di età compresa tra i quindici e i settantacinque anni19. La seconda precisazione riguarda il tasso di disoccupazione ed in particolare le difficoltà di una corretta lettura. Infatti, risulta poco indicativo se analizzato separatamente dagli altri indicatori. Il numero di disoccupati, in 19 Ne grafico il cambio di definizione viene indicato con la lettera (f). 31 alcune circostanze, può diminuire per effetti di scoraggiamento dei soggetti in cerca di occupazione. Il tasso di attività, composto dalla somma del tasso di disoccupazione e del tasso di occupazione, mostra, in accordo con quanto detto precedentemente, un trend negativo già a partire dalla metà degli anni duemila. Entrando nel dettaglio dei tassi di attività disgiunti per genere, figura 1.5, si colgono meglio alcune dinamiche. Dal 1993 al 2009 il tasso di attività femminile cresce di sette punti percentuali mentre quello maschile rimane sostanzialmente invariato. Le curve della serie storica mostrano una fase discendente del tasso di attività maschile dal 1993 al 1997, una crescita fino al 2003 ed una fase instabile prima del dato negativo del 2009. Il tasso femminile di attività è cresciuto in modo netto fino al 2003 per poi continuare in modo meno marcato fino al 2008. Si denota quindi un’importante crescita del tasso di attività femminile. Figura 1.5 – Tasso di attività netto per genere, serie storica 1993-2009. Fonte: (CNEL, 2010) In un confronto europeo (Altieri, Ferrucci, & Dota, 2008; Mandrone & ISFOL, 2008; Reyneri, 2008) il tasso di attività femminile, nonostante la netta crescita, è ancora lontano da quello dei principali paesi europei e dai target fissati dalla strategia di Lisbona mentre per quello maschile non vi sono rilevanti differenze. 32 Sull’effetto scoraggiamento si osservi il dettaglio della figura 1.6 che mostra la forbice tra il tasso ufficiale di disoccupazione e il tasso di disoccupazione de facto, che include gli inattivi disponibili. Figura 1.6 – Tasso di disoccupazione, area euro e Italia, 2005-2009. Fonte: (CNEL, 2010) A fronte di una difficoltà occupazionale crescente, degli ultimi tre anni, le statistiche ufficiali sulla disoccupazione rilevano con difficoltà l’effettivo numero dei soggetti disponibili al lavoro. Il grafico evidenzia come l’effetto scoraggiamento, che è tradizionalmente legato alla componente femminile, aumenta ulteriormente negli ultimi anni diventando un fenomeno anche maschile, con particolare incidenza nel sud del Paese (Altieri et al., 2008). Gli elementi peculiari della disoccupazione italiana sono (Reyneri, 2005): - la disoccupazione da inserimento. Essa colpisce quasi il 60% dei soggetti in cerca della prima occupazione, a differenza dialcuni paesi europei dove non supera il 10% ; - la disoccupazione di lunga durata. Essa descrive i disoccupati da oltre dodici mesi e registra valori superiori al 60%, contro una media europea del 45% . Si osservi ora nel dettaglio la ripartizione geografica dell’occupazione dell’ultimo biennio, grafico 1.7. 33 Figura 1.7 – Tasso di occupazione per area geografica, 2008 e 2009. Fonte: (CNEL, 2010) Nonostante il tasso di occupazione cali in modo uniforme su scala nazionale, rimane forte il divario territoriale tra il centro-nord e il sud Italia, in quest'area il tasso di occupazione è inferiore al 50%. Tabella 1.8 – Offerta di lavoro al centro-nord e al sud, serie storica 1992-2009. Fonte: (CNEL, 2010) 34 L’offerta di lavoro nel sud Italia precedentemente in linea con le altre aree territoriali, figura 1.8, diminuisce a partire dal 2002. Il dato può essere letto in relazione ai mutamenti demografici occorsi nell'intervallo storico preso in considerazione unitamente all'impatto dell'effetto scoraggiamento insito all'interno di un contesto italiano caratterizzato dall’assenza di opportunità d’impiego. Diverso è il trend dell’offerta di lavoro nel centro-nord, caratterizzato da un costante aumento a partire dal 2002. 1.3.2 Flessibili d’Italia In primo luogo è opportuno soffermarsi sulla flessibilità dell’occupazione. La letteratura in merito è ampia nonostante non vi sia spesso accordo sulla metodologia da adottare nel calcolare la stima precisa del numero di occupati con contratti a termine. Sulla quantificazione dei lavoratori atipici, Berton, Richiardi e Sacchi (Berton, 2009) hanno condotto un lavoro sia teorico che analitico. Questi autori hanno sviluppato, per primi in Italia, una definizione operativa di lavoro precario legata alla condizione di discontinuità occupazionale, e non alla sola presenza di contratti atipici di lavoro. La serie storica, grafico 1.9, mostra l'evoluzione numerica degli occupati dipendenti disaggregata per i contratti a tempo indeterminato e determinato. La percentuale di tempi determinati, sul totale degli occupati, indica un aumento della proporzione di lavoratori flessibili per durata contrattuale nel corso degli anni. La crescita relativa raggiunge il suo massimo nel 2008, prima di subire gli effetti della congiuntura economica del 2009. 35 Occupati dipendenti per carattere dell'occupazione. Serie storica1993-2009 20.000 20,0 15.000 15,0 10.000 10,0 5.000 5,0 0 0,0 A tempo indeterminato % tempo determinato sul totale valori assoluti in migliaia di unità Figura 1.9 – Occupati dipendenti per carattere dell’occupazione 1993-200920 A tempo determinato A tempo determinato sul 100 dipendenti Fonte: dati Istat, serie storiche, Archivio della Statistica Italiana 21 Nell'arco temporale preso in considerazione gli occupati aumentano numericamente per entrambe le contrattualizzazioni, pur con un margine relativo maggiore per i lavoratori a tempo determinato. La flessibilizzazione dei contratti di lavoro permette alle aziende di rispondere alla fluttuazione del mercato attraverso l'utilizzo della forza lavoro il più possibile rispondente ai fabbisogni produttivi. Le fluttuazioni dell'occupazione, registrate negli ultimi anni, permettono di verificare quali siano gli effetti sull'occupazione permanente e temporanea, figura 1.1022. Durante periodi di aumento occupazionale, dal 2005 al 2008, si riscontra il ricorso ad entrambe le tipologie contrattuali. I contratti temporanei di natura dipendente risultano ridotti negli anni 2007 e 2008 mentre rimangono pressoché 20 La definizione di occupato si modifica nel corso degli anni. Dal 1993 al 2003, i dati sono stati ricostruiti tenendo conto per la prima volta della revisione della popolazione nel periodo intercensuario 1991-2001 e sono stati resi coerenti con quelli degli anni successivi. I totali potrebbero non coincidere con la somma delle singole voci a causa degli arrotondamenti. 21 http://seriestoriche.istat.it/fileadmin/allegati/Mercato_del_lavoro/Tavole/Tavola_10.9.xls 22 Il dato riguarda i soli occupati dipendenti escludendo quindi i contratti parasubordinati e le prestazioni occasioni. 36 invariati i contributi all'occupazione dipendente a tempo indeterminato. Alla crisi economica del 2009 si associa una decrescita in termini di occupazione. La quota di lavoratori a tempo indeterminato non ha subito variazioni in relazione alle ingenti risorse destinati alla cassa integrazione ordinaria e a quella straordinaria finalizzate a contenere la perdita, in alcuni casi solo formale, dell'occupazione. Un destino diverso è toccato ai lavoratori a tempo determinato in scadenza di contratto in parte, o del tutto, esclusi da misure equiparabili. Figura 1.10 – Contributi all’occupazione dipendente per lavoratori temporanei e a tempo indeterminato. Serie storica 2005-2009. (CNEL, 2010) L'impatto delle oscillazioni economiche sul mercato italiano del lavoro è declinato in relazione al grado di tutele previste sui diversi tipi di contratti. La figura 1.11, oltre a mostrare la quantità totale dei lavoratori italiani flessibili per la condizione nel 2008 e nel 2009, permette di verificare le variazioni dovute alla crisi economica rispetto al numero di lavoratori dipendenti a tempo determinato e ai collaboratori coordinati e continuativi e ai prestatori d'opera. Su un totale di circa due milioni e mezzo di lavoratori flessibili la gran parte è relativa ai lavoratori subordinati a tempo determinato che sono senz’altro i lavoratori più tutelati tra gli atipici. 37 Figura 1.11 – Quantificazione degli contratti atipici di lavoro e variazione 2008-2009, valori assoluti in migliaia di unità (CNEL, 2010) Il gruppo maggiormente penalizzato dalla crisi è senza dubbio quello dei collaboratori23 con una variazione negativa di 17 punti percentuale a fronte di una diminuzione media del 8,6%. La prestazione d’opera occasionale, pur essendo nella gerarchia delle tutele la forma contrattuale meno tutelata, subisce solo una diminuzione del 6,3%. La natura stessa delle prestazioni occasionali, in aggiunta a numeri assoluti piuttosto esigui, non consente ulteriori considerazioni. Per approfondire la relazione tra fluttuazione del numero di occupati e tutele contrattuali, servirebbe considerare anche il lavoro sommerso e irregolare che rappresentano il riferimento limite per assenza di tutele. Quindi, a pagare maggiormente la crisi, almeno in termini di perdita del lavoro, sono stati i lavoratori temporanei ed in particolare quelli meno tutelati. Nella tabella 1.12 è rappresentata la composizione degli occupati flessibili per durata contrattuale per fasce di età in percentuale sul totale degli occupati. La percentuale sul totale dei contratti flessibili risulta particolarmente elevata per le fasce di età giovanili. Che l'ingresso nel mercato del lavoro passi attraverso forme di lavoro non permanente è oramai verificato da tutta la letteratura di riferimento. 23 Le collaborazioni a progetto sono inserite in questo gruppo. Si è tuttavia mantenuto la dicitura del grafico della fonte per conservare l’autenticità della citazione a cui si rimanda per ulteriori precisazioni metodologiche. 38 Tabella 1.12 – Incidenza del lavoro flessibile per classi di età 2009. (CNEL, 2010) Diversa è la situazione delle collaborazioni con una presenza relativamente costante su tutte le fasce di età. Fanno eccezione i lavoratori anziani, soggetti a forme contrattuali che consentono una graduale uscita dal mercato del lavoro. Ad esclusione della presenza dei contratti a tempo parziale, la letteratura economica e sociologica considerata, non presenta dati particolari o considerazioni specifiche sul tema della flessibilità della prestazione e risulta quindi impossibile procedere, in accordo a quanto fatto fino ora, alla presentazione di serie storiche di dati24. La constatazione di questa assenza analitica è alla base della ricerca svolta ed essa giustifica il tentativo di esplorare il tema della flessibilità della prestazione di lavoro. La tendenza di differenziazione delle prestazioni orarie, orientata alla individualizzazione 24 dell’orario di lavoro, è legata alla comparsa e Per i dati sul 2009 legati alla flessibilità della prestazione si rimanda al terzo capitolo. 39 all’intensificazione di orari non standard, legati a forme dell’impiego flessibili per prestazione. E’ il caso del part-time e delle altre forme di flessibilità legate alla prestazione di lavoro come l’organizzazione su turni, il lavoro serale, notturno e festivo. (Pero, 1998) Occupati dipendenti per tipologia di orario. Serie storica 1993-2009 20,0 18,0 16,0 14,0 12,0 10,0 8,0 6,0 4,0 2,0 0,0 16.000 14.000 12.000 10.000 8.000 6.000 4.000 2.000 0 Full-time Part-time % tempo part-time sul totale valori assoluti in migliaia di unità Figura 1.13 – Occupati dipendenti full-time e part-time. Serie storica 1993-2009 Part-time su 100 dipendenti Fonte: dati Istat, serie storiche, Archivio della Statistica Italiana In termini assoluti il lavoro part-time rappresenta in Italia una quota poco superiore al 14% degli occupati. Il confronto europeo 25 evidenzia tuttavia una tendenza costante di diffusione, figura 1.14, seppur relativa quasi unicamente alle donne. (Eurostat, 2011; OECD, 2003; Reyneri, 2008; Signorelli, 2004). 25 L'analisi comparata del part-time presenta alcune problemi di natura metodologica. La definizione di part-time non è omogenea in Europa presentando diverse caratteristiche a secondo dei paesi. L'OCSE utilizza nei confronti europei la soglia delle 30 ore settimanali che comporta 40 Figura 1.14 – Donne, dipendenti per tipologia di orario. Serie storica 1993-2009 5.000 4.500 4.000 3.500 3.000 2.500 2.000 1.500 1.000 500 0 72,0 70,0 68,0 66,0 64,0 62,0 60,0 58,0 56,0 54,0 52,0 Full-time Part-time Donne su 100 dipendenti part-time % part-time femminile sul totale part-time valori assoluti in migliaia di unità Donne, dipendenti per tipologia di orario. Serie storica 1993-2009 Fonte: dati Istat, serie storiche, Archivio della Statistica Italiana Fino al 1993 l'Italia è stata esclusa dalla tendenza europea di aumento dell'occupazione femminile attraverso il part-time. Nella figura 1.14 si nota un aumento femminile del part-time costante negli anni e sempre più incidente. La percentuale di part-time femminile, sul totale degli occupati part-time, cresce in modo deciso a partire dagli anni 2000 raggiungendo quota 70% del totale degli occupati a tempo parziale. Il lavoro part-time italiano si qualifica per tre caratteristiche distintive: - la crescita, quale strumento di flessibilità del lavoro, nelle forme del parttime orizzontale, verticale e misto; - il genere, il 70% degli occupati part-time è costituito da donne; - il basso livello di istruzione, tra il 1993 e il 2009 i lavoratori part-time che hanno concluso il proprio percorso di studi con la scuola dell'obbligo è passato dal 25% al 44% (Semenza, 2004). una sovrastima dei lavoratori italiani nel confronto europeo dato il monte ore ridotto di alcune professioni come ad esempio gli insegnanti delle scuole. 41 Concludendo, la struttura del mercato del lavoro italiano si caratterizza per (CNEL, 2010; Dell’Aringa, 2009; Istat, 2010a, 2010b; Reyneri, 2005a, 2005b; Semenza, 2004):  un indice di rigidità del lavoro permanente inferiore a quello di gran parte  dei paesi europei;  sostanzialmente in linea alla media europea;  flussi migratori in entrata; un indice di rigidità del lavoro temporaneo ridotto nel tempo e un'offerta di lavoro in lieve contrazione, nonostante l’impatto positivo dei una caduta dei tassi di attività molto marcata nel sud Italia, già interessato da tassi di partecipazione molto bassi, e caratterizzata da una marcata  componente femminile e giovanile;  la crescita dell'occupazione femminile sia part-time che full-time  particolare su i giovani e le donne;  europea; la crescita dell'occupazione flessibile in termini di durata contrattuale, in un ricorso a contratti di lavoro part-time modesto rispetto alla media la presenza quasi nulla di occupazione part-time maschile. 42 Capitolo 2 L’analisi delle classi latenti 2.1 Da una domanda ad una tecnica Molti fenomeni sociali possono essere rappresentati attraverso un modello che contraddistingua sottogruppi, tipi e categorie di individui. A questo proposito assume rilevanza l’utilizzo di modelli a variabili latenti. Questi modelli indagano la presenza e natura di sottogruppi omogenei di individui. Una variabile latente è una variabile non misurata direttamente. Essa viene misurata a partire dall’osservazione di due o più variabili manifeste. Spesso le variabili latenti vengono chiamate costrutti, termine appropriato proprio per rendere evidente la natura non immediatamente tangibile della loro rilevazione. Si pensi al ricercatore interessato a scoprire quale sia il grado di religiosità di un gruppo di individui. Il ricercatore sarà necessariamente obbligato a fare riferimento a delle opinioni, degli atteggiamenti e dei comportamenti che rappresentino il grado di religiosità dell’individuo senza però indagare direttamente questa dimensione che sul piano empirico rimane invisibile, direttamente insondabile, ovvero latente. Non sarebbe infatti verosimile affidare alla sola opinione del soggetto osservato l’indicazione circa il proprio grado di religiosità, essa sarebbe del tutto soggettiva e poco omogenea rispetto agli altri soggetti presi in studio. Ne consegue che, il ricercatore, qualora si occupi di studiare una dimensione non immediatamente classificabile, debba considerare la presenza di una dimensione latente da indagare attraverso l’utilizzo di indicatori opportunamente selezionati. Nell'esempio proposto si potrà ritenere utile indagare, tra gli altri, la frequenza della 43 partecipazione ad attività religiose, il grado di dedizione alle pratiche di preghiera e frequenza, il rispetto dei dettami e delle prescrizioni religiose e così via. Nessuno di questi indicatori sarebbe da solo in grado di misurare in modo semanticamente appropriato e completo il grado di religiosità di un soggetto. Al contrario tutti questi indicatori, e altri eventualmente, potrebbero permettere al ricercatore di misurare la dimensione latente, ovvero la dimensione oggetto di studio. L'approccio di analisi, deduttivo o induttivo, è un interrogativo metodologico da valutare attentamente e con importanti implicazioni. Questa scelta rappresenta approcci metodologici completamente opposti da valutare a seconda dell'oggetto di studio e delle particolarità del caso. Figura 2.1 - Struttura di una variabile latente In Corbetta (Corbetta, 2003) l’attività di operativizzazione è resa peculiare nel passaggio che avviene a partire dai concetti, intesi come contenuto semantico dei segni linguistici e delle immagini mentali alle variabili. L’operativizzazione avviene a seguito dell'associazione tra concetti e oggetti concreti, ovvero attraverso trasformazione di concetti in attributi, o proprietà di oggetti, di specifiche unità di analisi. Attraverso la definizione operativa il ricercatore stabilisce le regole per la traduzione in osservazioni empiriche di un concetto. La definizione operativa viene quindi operata sui casi concreti di analisi. 44 Qual è la differenza tra concetti e variabili latenti? La distinzione è di natura puramente formale poiché legata a diverse fasi della ricerca. Infatti se nella fase di predisposizione di uno strumento di rilevazione dei dati non vi è ragione di parlare di variabili latenti ma al contrario è necessario preoccuparsi dell’operativizzazione di concetti in variabili, nella fase di analisi dei dati al ricercatore è precluso l'intervento sulle definizione operative delle variabili e gli è consentito solo l'elaborazione e la ricodifica. La distinzione tra concetti semplici e concetti complessi 26 può esser d'aiuto. I concetti semplici sono quei concetti di cui è possibile esprimere il contenuto semantico attraverso l’operativizzazione e la conseguente creazione di una ed una sola variabile. Al contrario i concetti complessi richiedono che l’operativizzazione dia luogo ad un numero maggiore di variabili. Le variabili latenti, quindi, possono essere considerate la conseguenza dell’operativizzazione di concetti complessi allo stesso modo con cui le variabili osservate sono il frutto dell’operativizzazione dei concetti semplici. Da un punto di vista pratico sia i concetti semplici che i concetti complessi danno luogo a indicatori della realtà empirica ed hanno una funzione indicatrice propria, tuttavia, è solo in relazione a quest’ultimi che si parla propriamente di variabili o costrutti latenti. Nel presente lavoro il riferimento alle variabili latenti è frutto dell'idea che il tema della flessibilità del lavoro e la conseguente misurazione della flessibilità della prestazione di lavoro può avvenire solo considerando la natura complessa e non direttamente osservabile del fenomeno. 26 La distinzione è a soli fini metodologici. Non vi è richiamo o riferimento a distinzioni filosofiche o filologiche. 45 Figura 2.2 - Concetti semplici e concetti complessi I modelli a variabili latenti hanno l’obbiettivo di esplorare, o confermare, la relazione tra le variabili osservate ed una variabile latente, ovvero un concetto complesso. Molti metodi sono stati sviluppati a questo fine e si distinguono a seconda della natura delle variabili a disposizione del ricercatore. A seconda della natura delle variabili manifeste (continue o categoriche) e per le assunzione sulle variabili latenti (continue o categoriche) sono disponibili diverse tecniche di elaborazione dei dati. In particolare si prenderà ad esempio la distinzione tra analisi fattoriale e analisi delle classi latenti. Ciò che accomuna le tecniche che studiano la struttura latente è la vocazione alla semplificazione di sistemi complessi di dati. Ad esempio, l’obiettivo dell’analisi fattoriale è di sintetizzare le relazioni tra più variabili di tipo cardinale in poche dimensioni, anch’esse quantitative, capaci di aiutare lo studioso a comprendere meglio il fenomeno oggetto di studio. (De Lillo, Argentin, Lucchini, Sarti, & Terraneo, 2007). Parallelamente l’obiettivo dell’analisi delle classi latenti è di sintetizzare le relazioni tra più variabili categoriali in un numero ridotto di classi omogenee di individui. L’analisi delle classi latenti ricostruisce una variabile latente avente distribuzione multinomiale. Le classi definiscono differenze qualitative all’interno dei gruppi presenti nel dataset utilizzato. Lo studio delle prerogative di ciascuna tecnica è risultato necessario ai fini di una ricognizione necessaria all'individuazione della tecnica che meglio si potesse 46 adattare ai dati in possesso e alle finalità della ricerca. I diversi metodi di analisi della struttura latente possono essere organizzati a partire dal tipo di scala27 a cui fanno riferimento le variabili manifeste e al tipo di scala a cui fa riferimento la variabile latente. Nella figura 2.3 vengono rese graficamente le principali tecniche a struttura latente in relazione al tipo di dati su cui effettuare l'analisi. Figura 2.3 - Classificazione delle tecniche di analisi della struttura latente Variabili osservate Continue Continue Categoriali Analisi Analisi del fattoriale tratto latente Analisi del Analisi della profilo latente classe latente Variabili latenti Categoriali L’analisi della classe latente è la tecnica più adatta allo studio della struttura latente su variabili manifeste di tipo categoriale permettendo al tempo stesso di definire una variabile latente di tipo categoriale. Risulta quindi essere appropriata per il dataset Istat sul quale si vuole verificare la presenza e la struttura di una tipologia di lavoratori flessibili determinata a costruita empiricamente sui dati rilevati. 27 Si veda la definizione di scala di Stevens (Cardano & Miceli, 1991; Ricolfi, 2002) 47 2.2 L’approccio a classi latenti: fondazione e sviluppo Lo scopo di questo paragrafo è di offrire una descrizione agevole della tecnica utilizzata per la definizione della tipologia della flessibilità del mercato italiano del lavoro. In particolare verranno offerti i contributi metodologici più appropriati per la comprensione dell’analisi delle classi latenti (abbreviazione inglese LCA) e il suo utilizzo. La descrizione formale della tecnica di analisi verrà presentata solo a seguito di una discussione della tecnica il più possibile accessibile e di significato. In questo senso è necessario discutere innanzitutto le implicazioni di utilizzo della tecnica. L’analisi delle classi latenti è compresa nella più ampia famiglia dell’analisi della struttura latente formulata da Lazarsfeld negli anni cinquanta e successivamente evoluta e adattata da vari autori. Il lavoro di Lazarsfeld ha lo scopo di superare le difficoltà dell’analisi quantitativa nello studio delle sole variabili manifeste presenti nei dataset di norma utilizzati dai ricercatori sociali 28. Non vi è alcun riferimento alla costruzione di strumenti che permettessero di ―misurare oggettivamente‖ determinati fenomeni sociali. Infatti, nelle intenzioni di Lazarsfeld era assente l’idea di voler predisporre tecniche scientiste. Su questo punto Lazarsfeld scrive: “Dal momento che questa formalizzazione del processo di costruzione del test è un postulato, non è soggetto a verifica diretta, esso può essere giudicato solamente in termini di ragionevolezza e di utilità” (Lazarsfeld, 1950, p.379). Proprio sui criteri di ragionevolezza ed utilità andrebbe affrontato l’utilizzo dell’analisi dei dati. In questo senso il lavoro di Lazarsfeld consente di dare nuovo smalto e soprattutto più ragionevolezza e utilità alle analisi quantitative. Infatti come ricorda Capecchi (Capecchi, 1964) prima dell’introduzione della tecnica di L’importanza ricoperta dalle variabili latenti è stata tematizzata nella distinzione tra concetti semplici e concetti complessi 28 48 analisi della struttura latente i due procedimenti usati nelle ricerche sociali per limitare la numerosità delle classi erano deterministici e piuttosto arbitrari. A seconda delle situazioni si poteva aggregare le classi tra loro simili, ad esempio quando tra le due sequenze cambia una sola risposta, oppure assegnare un punteggio arbitrario per ogni risposta positiva ad ogni domanda (Di Franco, 1999). “Ora è appunto per ovviare a queste arbitrarietà e a queste incertezze nella determinazione di un limitato numero di classi omogenee che è stata proposta da Lazarsfeld e dalla sua scuola l’analisi della struttura latente. [...] E l’elemento base costitutivo che si contrappone agli approcci precedentemente ricordati è che l’analisi della struttura latente comprende modelli tutti di tipo probabilistico mentre prima si trattava solo di approcci deterministici. Con l’analisi della struttura latente non si parte quindi da una decisione deterministica e arbitraria sulla composizione delle classi ma ci si propone di raggiungere questi obiettivi: a) numero minimo di classi omogenee in modo da verificare il modello e numerosità relativa dei soggetti; b) relazione probabilistica classi - domande: si cerca di individuare quali siano le probabilità di rispondere alle varie domande da parte dei soggetti appartenenti ad ognuna delle diverse classi omogenee; c) relazioni probabilistica soggetti - classi: si cerca di individuare, data una sequenza di risposte individuale, qual è la sua diversa probabilità di appartenere alle classi omogenee. Questi elementi incogniti sono stati da Lazarsfeld chiamati “latenti” in contrapposizione agli elementi noti (le frequenze di risposta) che sono definiti come “dati manifesti”. Si parlerà perciò di classi latenti, parametri latenti e struttura latente indicando con questo aggettivo “latente” gli obiettivi “non manifesti” che il ricercatore si propone di raggiungere” (Capecchi, 1964). 49 A proposito del legame tra l’analisi della struttura latente e l’analisi fattoriale, sulla natura delle variabili lo stesso Lazarsfeld afferma: “La presente teoria ha numerose similarità e differenze con l’analisi fattoriale. La più grande familiarità riguarda la logica. [...] E’ un dato di fatto, il presente sistema è stato sviluppato dal desiderio di adattare l’analisi fattoriale a dati qualitativi. Precedenti autori hanno applicato l’analisi fattoriale a dicotomie producendo tabelle tetracoriche 29 tra tutte le coppie di items e calcolando i coefficienti di correlazione di queste tabelle. Poi questi coefficienti sono immessi nella matrice di correlazioni e viene effettuata l’analisi fattoriale. Questo procedimento sembra essere ingiustificato perché ci sono altri coefficienti che possono essere calcolati sulle tabelle tetracoriche rispetto al coefficiente di correlazione di Pearson. L’analisi della struttura latente supera questa difficoltà non richiedendo il calcolo di coefficienti di correlazione. L’unico concetto che è necessario matematicamente è la nozione di indipendenza delle variabili, che ha un significato univoco per le dicotomie. [...] L’analisi della struttura latente non è altro che l’analisi fattoriale dove la matrice dei prodotti incrociati gioca il ruolo dei coefficienti di correlazione. [...] Nell’analisi della struttura latente però non si assume sempre una relazione lineare tra gli items e i fattori latenti in quanto si usano correlazioni superiori all’ordine zero” (Lazarsfeld, 1950b) Sintetizzando, l’analisi della struttura latente è in grado di applicare i principi dell’analisi fattoriale superando i vincoli dovuti all’utilizzo di variabili cardinali. Infatti, viene resa possibile l’osservazione delle relazioni esistenti tra delle variabili manifeste senza che queste abbiano distribuzione normale. Inoltre, a differenza dell’analisi fattoriale, non presuppone l’applicazione della rotazione degli assi. Al contrario, analogamente all’analisi fattoriale, consente di fissare a priori la struttura latente e di controllare successivamente la capacità di riprodurre i dati osservati. 29 Tavole di contingenza a doppia entrata in cui ciascuna delle variabili assume unicamente due distinti valori. 50 Prima di procedere nella spiegazione della fondazione e dell’evoluzione dell’analisi delle classi latenti è utile presentare brevemente l’approccio generale di Lazarsfeld a cui viene ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica un ruolo di primo piano nello sviluppo dell’analisi dei dati e della metodologia quantitativa. Non a caso infatti proprio Lazarsfeld viene citato da Bagnasco (Bagnasco, 2007) a proposito della distinzione dei due paradigmi dell’analisi sociologica: il paradigma olistico e il paradigma dell’azione. Si può lecitamente affermare che Lazarsfeld nell’ambito della ―sociologia delle variabili‖ è tra gli autori più fecondi e autorevoli. Tuttavia ciò che emerge dai suoi scritti è una predisposizione all’uso strumentale dell’analisi. Da sollievo osservare che in modo ancor più evidente di Durkheim, la lezione weberiana su spiegazione e comprensione di un fenomeno sociale risulta più condivisa di quando frequentemente si voglia credere in alcune ricostruzioni del pensiero sociologico. Sembrerebbe infatti che la netta divisione tra i due paradigmi sociologici sia isolabile al solo perimetro emozionale. Inoltre, alla luce della lezione di Boudon (Boudon, 1985) l’utilizzo dell’analisi dei dati, anche in una forma estesa quale può essere considerata la varietà di tecniche di inferenza come l’analisi delle classi latenti, non sembra dare adito a teorie deterministiche che non tengono conto del disordine dei fenomeni sociali. Proprio per le peculiarità dell’analisi delle classi latenti, a breve descritte, la ricerca di sottogruppi omogenei a partire dall’osservazione empirica permette di tenere conto sia delle necessità euristiche di classificazione e analisi, sia della necessità contestuale e dinamica del fenomeno sociale studiato. L'analisi dei dati, anche avanzata, non determina per sè un approccio deterministico né tantomeno snatura l’intrinseca essenza dell’oggetto di studio: l’uomo. Riconoscere l’importanza e la presenza dell’identità dinamica dei fenomeni, il ruolo dell’interazione, le specificità del contesto etc., non deve essere ostacolo alla ricerca di descrizioni, meglio performanti dei dati a condizione di un utilizzo ragionevole di procedure e risultati. Peraltro, il medesimo invito potrebbe estendersi a tutti quegli studi di tipo qualitativo che spesso vedono elusa la tematizzazione di queste questioni. 51 Si richiama ora la distinzione tra l’approccio variable-oriented e quello personoriented (Bergman & Trost, 2006; Collins & Lanza, 2010). L’approccio orientato alle variabili enfatizza l’identificazione della relazione tra le variabili e assume che queste relazioni siano applicabili agli individui. Tradizionalmente l’analisi fattoriale è un buon esempio di un approccio così orientato. L’enfasi è posta nell’identificazione della struttura fattoriale che viene riprodotta attraverso relazioni lineari tra le diverse variabili manifeste. In questo tipo di analisi, viene assunto che vi sia una struttura fattoriale costante per tutti gli individui. Al contrario, nell’approccio orientato agli individui, di cui l’analisi delle classi latenti è esempio, l’enfasi è posta sull’individuo. Da un punto di vista statistico, l’individuo viene studiato attraverso la sequenza di opinioni, caratteristiche e comportamenti presi in considerazione. Solo successivamente, e a partire da queste sequenze individuali, è possibile pervenire, attraverso l'induzione, a conclusioni complessive e generali applicate alla totalità degli individui studiati. Nell’analisi delle classi latenti il punto di partenza è costituito da una matrice di dati contenente una pluralità di variabili manifeste scelte in relazione al fenomeno che si intende descrivere. L’assunto fondamentale della LCA è che le variabili manifeste sono interconnesse tra loro a livello di struttura dei dati, ovvero che queste siano state scelte come indicanti di uno stesso concetto complesso. Non tutta l’associazione rilevata tra le variabili manifeste è dovuta al rapporto con un unico tratto latente. Considerando che, la struttura delle connessioni tra le variabili è dovuta in modo prevalente ai legami semantici che le variabili hanno con una comune proprietà, l'analisi delle classi latenti rende possibile ricostruire la variabile latente in modo esatto rendendo possibile l'annullamento dell’associazione tra ogni coppia di variabile manifesta. In letteratura quanto appena descritto, è definito principio di indipendenza locale e costituisce uno degli assunti dell’analisi delle classi latenti (Di Franco, 1999). Utilizzando le parole di Lazarsfeld, l’applicazione dei principio di indipendenza locale comporta: “Un sistema dicotomico di m items è detto riducibile in λ classi se le seguenti condizioni sono soddisfatte: a) esistono λ sistemi omogenei di m items; b) 52 un’unica corrispondenza è stabilita tra ogni frequenza nel sistema originale e una frequenza in ognuno dei sistemi omogenei; c) addizionando i corrispondenti items nei sistemi omogenei noi otteniamo il corrispondente item nel sistema originale‖ (Lazarsfeld, 1950a). Parafrasando, le associazioni statistiche tra le modalità delle variabili manifeste, verificate sulla totalità dei casi, ovvero gli individui, devono annullarsi all’interno di ogni classe latente. Per spiegare nel dettaglio il funzionamento dell’LCA30 si ricorre alla descrizione offerta da Di Franco (Di Franco, 1999). Il punto di partenza della LCA consiste nell’applicazione di un modello matematico ad un problema di misura, corrispondente ad un problema di classificazione discusso negli scritti di Lazarsfeld. E' il problema tipico dell’approccio psicometrico che consiste nella predisposizione di un numero di test per la rilevazione di atteggiamenti e comportamenti in una batteria di items. Per semplicità di esposizione si faccia riferimento alle sole rilevazioni dicotomiche che registrano presenza o assenza di un determinato atteggiamento. Le batterie di items vengono sottoposte ad un campione di soggetti attribuendo ad ogni individuo, sulla base delle risposte fornite, un punteggio che rappresenta lo stato di presenza o assenza dell’atteggiamento. Con le parole di Lazarsfeld il primo problema che la LCA vuole risolvere è: “[...] rendere misurabili tali serie di rilevazioni qualitative. I tipi di trattamento ai quali si possono sottoporre tali test dettagliati sono limitati. L’analisi della struttura latente mira a fornire modelli matematici che permettano di mettere in relazione le risposte date ai vari test. Lo scopo principale del modello è mettere in evidenza i presupposti impliciti in questo tipo di “misurazione”. Non si richiede che gli esecutori della misurazione siano consapevoli di questi presupposti, né si Abbreviazione di Latent Class Analysis. Si è scelto l’utilizzo dell’abbreviazione inglese per coerenza con vasta letteratura, prevalentemente in inglese. Ciò consente di mettere in condizione il lettore che voglia approfondire la letteratura di riferimento e utilizzare la tecnica, di familiarizzare con il termine più frequentemente usato e unico a essere richiamato dai pacchetti statistici che ne prevedono l’impiego. 30 53 richiede che un altro modello non riproduca altrettanto bene le varie operazioni che furono eseguite o che si potrebbero ideare. Ma affermiamo che l’analisi della struttura latente dà logica forma di assiomi alle pratiche e ai dibattiti nel campo della misurazione, e che i suoi assiomi consentono operazioni algebriche che inducono a relazioni non ancora osservate e precisano il significato della nozione di misura nelle scienze sociali.” (Lazarsfeld, 1954b; tr. it., 1967)31. I concetti sono definiti come concetti non riferibili ad indicatori osservati, alla tendenza di mostrare particolari stati da parte degli individui. Uno dei maggiori lavori dedicati allo studio dell’analisi delle classi latenti è il libro di Lazarsfeld ed Henry (Lazarsfeld & Henry, 1968) che rappresenta la tecnica in modo comprensivo e concettuale. Nonostante Lazarsfeld e Henry abbiano dimostrano in modo efficace le potenzialità dell’utilizzo della tecnica nell’ambito delle scienze sociali rimase il problema della mancanza di un metodo attendibile per l’ottenimento delle stime dei parametri. Questo problema ha costituito negli anni sessanta la principale barriera alla diffusione della tecnica. Nel decennio successivo, Goodman (Goodman, 1974a, 1974b) sviluppò ulteriormente la tecnica attraverso l’implementazione del metodo di massima verosimiglianza per l’ottenimento dei coefficienti stimati. L'approccio di stima dei parametri venne successivamente associato all’algoritmo EM ―expectationmaximization‖ (Agresti & Hitchcock, 2005; Fienberg & Linden, 2008; Fuchs & Neumaier, 2010), lo stesso algoritmo viene usato nella gran parte dei software utilizzati per l’analisi delle classi latenti. Negli anni ’80 la tecnica si sviluppò ulteriormente verso una struttura log-lineare che permise ulteriori sviluppi tra cui la possibilità di inserire nei modelli LCA una o più variabili covariate (Patterson, Dayton, & Graubard, 2002). Inoltre fu introdotta la possibilità di ricostruire traiettorie individuali su dati longitudinali32. 31 32 Citato in (Di Franco, 1999 pag. 15) In letteratura definita come LTA, latent transition analysis. 54 2.3 La scelta del software: breve recensione Prima di procedere con la descrizione matematica del modello viene presentata in sintesi l’offerta di software e programmi statistici principali per l'utilizzo della tecnica LCA. Per completezza, e al fine di consentire il paragone, sono messi in rassegna i principali programmi utilizzati nelle scienze sociali (SPSS, Stata, Sas, R-project) anche qualora non presentino la possibilità di svolgere l’analisi delle classi latenti. Successivamente verrà presentata in breve rassegna la presenza di programmi statistici dedicati all’analisi della struttura latente o specifici per l’LCA (Latent GOLD e MPlus) 33. - SPSS (Statistical Package for Social Science) è il programma maggiormente diffuso nel campo delle scienze sociali, consente di realizzare le più diffuse tecniche di analisi a fronte di una necessità minima di programmazione. Si adatta molto bene ad una utenza con esigenze comuni o poco esperta nella redazione di script di comando. Non presenta alcuna procedura per il trattamento dei dati per l'analisi delle classi latenti. Anche indagando i tanti moduli aggiuntivi, ad esempio Amos o il modulo Categories, non è stata individuata alcuna funzione specifica per l’LCA. - Stata (Data Analysis and Statistical Software) è un programma statistico largamente usato nelle scienze sociali e rappresenta la prima alternativa al software SPSS. Rispetto alle necessità della LCA presenta la funzione GLLAMM. I forum dedicati al programma Stata forniscono una review tecnica della funzione sostenendo, tuttavia, che l’uso di questa funzione ai fini della LCA non è consolidato. Sembrerebbe appunto che la procedura GLLAMM sia stata costruita con intenti più ampi dell’analisi delle classi latenti ma che con le dovute accortezze tecniche si possa applicare anche Per una rassegna completa dei programmi con i quali è possibile effettuare l’analisi delle classi latenti si faccia riferimento all’indirizzo: http://www.john-uebersax.com/stat/soft.htm nel quale vengono descritti molti programmi anche gratuiti meno conosciuti che tuttavia non sono stati trovati o presentavano importanti difficoltà di utilizzo o una completa mancanza di documentazione. 33 55 ad esse. L’uso di Stata viene quindi escluso in questa sede per l’incertezza diffusa e per il timore nella gestione di eventuali modifiche e adattamenti statistici. Inoltre l’assenza di materiali tecnici dedicati ed esempi, non si adatta bene a questo lavoro mosso dalla necessità di realizzare l’analisi delle classi latenti più che addentrarsi in scelte statistiche complesse e certamente più appropriate per statistici e matematici. - SAS (Statistical Analysis Software), è un programma per l’analisi dei dati abbastanza diffuso, nonostante richieda all’utente una certa dimestichezza con il linguaggio di programmazione, risultando infatti il più complesso tra i programmi finora descritti. Rispetto alla LCA è da segnalare la creazione del pacchetto PROC LCA & LTA sviluppato dal Methodology Center della Pennsylvania State University. Il pacchetto PROC LCA viene rilasciato direttamente sul sito http://methodology.psu.edu/downloads/proclcalta in forma gratuita. Nonostante vengano forniti ottimi materiali didattici e di supporto non è stato possibile utilizzarlo a seguito della difficoltà di accesso alla versione 9.2 o superiore del programma SAS. - R (R-project for Statistical Computing) è un programma rilasciato gratuitamente dall’omonima fondazione no profit 34. Viene rilasciato con certificazione GNU GPL ovvero di libero accesso, distribuzione e modifica. Il programma è dal punto di vista informatico molto completo e veloce, tuttavia necessita di una programmazione completa delle funzioni richieste che ne costituisce il più limitante vincolo alla diffusione. Sono state sviluppate due funzioni dedicate all’analisi delle classi latenti. Il pacchetto e1071 (Dimitriadou et al., 2010) è stato studiato per permettere la realizzazione di analisi delle classi latenti a partire da variabili manifeste dicotomiche e non presenta la possibilità di inserire variabili manifeste correlate. Si presenta con un dettagliato manuale corredato degli algoritmi utilizzati come consuetudine per tutte le risorse collegate ad R. Risulta 34 Reperibile all'indirizzo http://www.r-project.org/ 56 quindi un valido strumento anche se limitato alle sole variabili dicotomiche. L’altro pacchetto del programma R è poLCA (polynomious Latent Class Analysis). PoLCA è stato sviluppato specificamente per l’utilizzo di variabili politomiche nell’analisi delle classi latenti consentendo l’inserimento di covariate nella realizzazione del modello. Al pari del pacchetto e1071 non consente l’utilizzo di variabili continue se non appropriatamente ricodificate. Del pacchetto poLCA (D. A. Linzer & J. Lewis, 2010; M. D. Linzer, 2010) è disponibile un manuale contenente applicazioni, esempi e formule di calcolo. Proprio per queste ragioni, gratuità del programma, e del modulo, e congruenza rispetto alle necessità di analisi e dei dati in possesso, è scelta la soluzione poLCA. La complessità dell’esecuzione della piattaforma R ha reso tuttavia necessario lo studio dei rudimenti del programma (AA.VV., 2000) e si sconsiglia il suo utilizzo a meno di mancanza di alternative e di una notevole determinazione nell’apprendimento matematico-informatico applicato al programma35. Nonostante sia stato tentato l’utilizzo di applicativi statistici dedicati alla LCA, di seguito descritti, non è stato possibile procedere a causa del costo ingente e dell’impossibilità di reperimento in sede accademica. - Latent Gold è un programma dedicato all’applicazione dell’analisi delle classi latenti, dei profili latenti e delle altre tecniche di analisi della struttura latente36. L’interfaccia di lavoro principale è l’uso della sintassi che pur consentendo l’agevole controllo delle statistiche richieste, non risulta immediata. Le risorse reperibili sul sito internet del fornitore 37 Nel caso i cui si voglia effettuare l’elaborazione di banche dati molto estese, oltre i cinquantamila casi, si consiglia di installare la versione a 64 bit sia del programma sia del sistema operativo utilizzato, consentendo così l’utilizzo di tutta la memoria RAM disponibile sul computer utilizzato. Infatti, al pari del programma STATA, Il programma R-project effettua il caricamento dei dati e l’elaborazione degli stessi sulla memoria RAM. Il risultato sono elaborazioni più rapide, questione decisamente importante nell’analisi della struttura latente. 36 Il costo di una licenza per utenza accademica si aggira intorno i seicento dollari americani. 37 http://www.statisticalinnovations.com/ 35 57 consentono di usufruire di guide, manuali d’uso e video dedicati sia all’apprendimento tecnico del programma sia all’apprendimento e consolidamento delle procedure necessarie all’applicazione delle tecniche. E’ stato molto utile, e se ne consiglia l’utilizzo, dei video38 e delle altre risorse a disposizione. - Mplus è il programma a pagamento più completo nell’ambito delle soluzioni informatiche dedicate allo studio della struttura latente 39. La dotazione informatica del programma ne consente l'uso, in modo relativamente semplice ed immediato, anche ad utenti poco esperti da un punto di vista matematico-informatico. Infatti l’interfaccia risulta completamente mediata graficamente ed è assimilabile all’esperienza di utilizzo di SPSS. Nel ventaglio di scelta di programmi dedicati all’analisi della struttura latente risulta pertanto il più semplice da utilizzare e il più completo. Il programma consente di utilizzare nell’elaborazione dei dati tutti i tipi di scala, anche simultaneamente. Inoltre la manualistica di approfondimento sviluppata dalla UCLA (University of California, Los Angeles), è reperibile on-line ed è certamente la più completa. Anche in questo caso, si consiglia di utilizzare le risorse disponibili in rete, specialmente i video 40 anche nel caso in cui non si intenda utilizzare questo programma. 38 http://www.statisticalinnovations.com/products/latentgold_v4.html#video; Il costo di una licenza per utenza accademica si aggira intorno i seicento dollari americani. 40 Si veda la pagina http://www.statmodel.com/trainhandouts.shtml dove sono presenti materiali specifici alla realizzazione della LCA. 39 58 2.4 Descrizione formale e applicazione in poLCA La descrizione dell’impianto formale della tecnica di analisi delle classi latenti è riferita all’approccio utilizzato dal programma R-project e precisamente dal pacchetto poLCA utilizzato nell’analisi dei dati Istat 2009. 2.4.1 Terminologia e definizione del modello poLCA è la funzione del programma R che permette di stimare modelli a classi latenti a partire da variabili manifeste politomiche, e nel caso sia necessario, l’inserimento di covariate, per la stima delle classi latenti (D. A. Linzer & J. Lewis, 2010; D. A. Linzer & J. B. Lewis, 2009; M. D. Linzer, 2010) 41 . A differenza di altre funzioni di R in poLCA viene indicato con ―modelli di regressione a classi latenti‖ (in inglese LCR models), il procedimento di calcolo della probabilità di appartenenza ad una classe predetta da una o più covariate. Si è ritenuto utile specificare quanto detto nonostante nel presente lavoro non si faccia uso di covariate a seguito delle varie accezioni con cui ci si riferisce ai modelli di regressione delle classi latenti. Tuttavia si tralasceranno le specificazioni matematiche e i riferimenti sull'utilizzo delle covariate reperibili sui testi di rifermento già segnalati. Data la complessità della tecnica, della sua applicazione e dell'uso esplorativo è risultato eccessivo procedere nella specificazione di modelli che tenessero conto anche dell’interferenza di covariate. Si supponga di osservare J variabili categoriali politomiche, le variabili manifeste che si intende inserire nel modello. Ognuna di questa vanterà Kj modalità possibili, per gli individui i = 1…N. Le diverse modalità delle variabili manifeste sono d’ora in poi indicati con j. Si osservi come Yijk valori osservati delle variabili manifeste J siano Yijk = 1 nel caso in cui si abbia la k-ennesima risposta alla jennesima variabile, e Yijk = 0 altrimenti, dove j = 1 e k = 1 … Kj. 41 Alcuni parti a seguire sono state liberamente tradotte e integrate ai fini del presente lavoro. 59 Il modello a classi latenti approssima la distribuzione associata osservata delle variabili manifeste come sommatoria di un numero finito, R, della tavola di contingenza. R può fissare una stima a priori alternativamente sulla base di ragioni teoriche o sulla base dell’adattamento del modello. Si consideri π jrk la probabilità condizionata delle classi prodotta nell’osservazione nelle classi r = 1 del k-ennesimo risultato della j-ennesima variabile. All’interno di ogni classe, e per ogni variabile manifesta, . Si consideri ora pr la proporzione di R che fornisce i pesi nella sommatoria della tabella composta, con La probabilità che un individuo i in una classe r produca un particolare set di J osservazioni sulla variabile manifesta, assume l’indipendenza locale, il cui prodotto è (1) La funzione della probabilità della densità tra le classi è la sommatoria (2) Le stime dei parametri del modello a classi latenti sono pr e Siano le stime e . di pr , rispettivamente la probabilità a posteriori che ogni individuo appartenga ad ogni classe, condizionato dai valori osservati sulla variabile manifesta, è possibile calcolare con la formula di Bayes: (3) Si ricordi che sono le stime delle probabilità ottenute, condizionate alla classe r. E’ importante ricordare inoltre che il numero di parametri indipendenti stimati dal modello a classi latenti aumenta rapidamente con R, J e Kj . Dati questi valori, il numero dei parametri è . Se il numero supera il totale delle osservazioni il modello a classi latenti non può essere identificato. 60 2.4.2 Stima dei parametri Per la stima dei parametri, poLCA stima il modello massimizzando la funzione log-lineare di massima verosimiglianza (4) rispetto a pr e , usando l’algoritmo EM (expectation-maximization). La funzione log-lineare di massima verosimiglianza è identica per forma alla definizione del modello di log-likelihood mixture standard. L’algoritmo EM è applicabile poiché l’appartenenza di classe di ogni individuo è sconosciuta e può essere tratta come dato mancante. L’algoritmo EM inoltre procedendo in modo iterativo inizia da un valore casuale di e , chiamandoli e . A seguito del calcolo dei valori attesi, l’algoritmo calcola i valori mancanti delle probabilità di appartenenza alle classi usando l’equazione (3). L'algoritmo, aggiornando di volta in volta, la stima dei parametri a seguito della massimizzazione della funzione log-lineare di verosimiglianza data dalla probabilità di appartenenza a posteriori di , sostituisce con (5) come nuova probabilità a priori e (6) come nuova risultato delle probabilità condizionate alla classi. Nell’equazione (6) è il vettore di lunghezza Kj del risultato delle probabilità condizionate dalle classi r per la j-ennesima variabile manifesta; e Yij è la matrice delle osservazioni Yijk sulla stessa variabile. L’algoritmo ripete questi step, assegnando il nuovo (new) al vecchio (old) in modo continuo fino al raggiungimento della massimizzazione totale log-lineare di verosimiglianza; il numero di iterazioni massimo viene definito nella specificazione del modello. poLCA utilizza la natura 61 iterativa dell’algoritmo EM al fine di rendere possibile la stima del modello a classi latenti anche nel caso in cui alcuni valori osservati sulle variabili manifeste siano mancanti. Infatti, poLCA rende possibili l’eliminazione dei casi mancanti prima di procederne alla stima. Nel presente lavoro le osservazioni mancanti sono state ricodificate come ennesima modalità delle variabili manifeste in modo da considerare questi valori come significanti42. Inoltre, nel calcolo delle stime del modello poLCA utilizza solo quelle modalità della variabili manifeste effettivamente osservate. 2.4.3 Massimo locale ed errore standard della stima A seconda del valore iniziale scelto casualmente, per e il livello di complessità della stima del modello a classi latenti, l’algoritmo EM può trovare il massimo locale (local maximum) della funzione log-lineare di massima verosimiglianza, invece del massimo globale (global maximum) della stessa funzione. La stima dei parametri risulta in questo caso compromessa. A partire da una stessa matrice dati e da uno stesso numero di classi latenti è possibile identificare tanti modelli alternativi quanti sono i massimi locali. Ne consegue che, nel caso in cui non si tenga presente questa particolarità del modello, si corra il rischio di invalidare l’analisi in merito ad attendibilità e riproducibilità. Si rinvia alla figura 2.4 per ulteriori commenti ed esempi. La procedura poLCA permette inoltre di stimare gli errori standard della stima delle probabilità di risposta condizionate alle classi e dei parametri utilizzando la matrice dei valori osservati (7) 42 Per una descrizione accurata si faccia riferimento al paragrafo dedicato alla ricodifica delle variabili manifeste utilizzate nella costruzione del modello. 62 è il risultato della funzione in relazione al vettore dei parametri Dove per l’i-ennesima osservazione, calcolato sulla stima di massime verosimiglianza di ; (8) è la probabilità a posteriori dell’osservazione i di appartenere dove alla classe r (3). La matrice di covarianza delle stime dei parametri viene quindi approssimata attraverso l’inverso di Data la costrizione di . tra 0 e 1 per le variabili manifeste, è utile riparametrizzare i risultati della funzione in termini di log-ratio / per i risultati ottenuto dalle variabili j e dalle classi r. Quindi, per l’l-ennesima risposta sull’h-ennesima modalità nella q-ennesima classe, (9) In modo simile, viene indicato e si procede quindi con il corrispondente log-ratio del q-ennesimo parametro, (10) Per trasformare la matrice di covarianza ottenuta all’unità originale di e p viene applicato il metodo delta- per le probabilità di risposta, sia g( . Considerando VAR( la sottomatrice dell’inverso di corrispondente ai parametri , sia = dove è la costituzione Jacobiana degli elementi 63 Per i parametri misti, si renda similmente Considerando VAR( la sottomatrice dell’inverso di . corrispondente ai parametri , Dove h’( è costituzione Jacobiana degli elementi Gli errori standard delle stime dei parametri sono uguali alla radice quadrata dei valori della diagonale principale della matrice di covarianza e di . Per una rappresentazione grafica di quanto detto in relaziona al massimo locale e globale e all’errore standard della stima si veda la figura 2.4. Figura 2.4 - Local and global maxima 43 L’immagine è una diapositiva del corso: ―Categorical Latent Variable Modeling Using MPlus: Cross Sectional Data‖ realizzato da Linda K. Muthén e Bengt Muthén nel 2009, argomento 5 del corso di MPlus. Materiali reperibili su http://statmodel.com nella sezione training. 43 64 Nel grafico sono presenti quattro situazioni esemplari. Si immagini di porre sull’asse delle ascisse la stima del parametro e sull’asse delle ordinate la stima di massima verosimiglianza log-lineare. Nei grafici, a solo titolo esplicativo e a ragion di semplicità, è rappresentata la stima di un solo parametro. Il numero di dimensioni necessarie alla rappresentazione grafica è il numero di parametri meno uno. Nel primo schema (case 1) si osservi la presenza di un solo picco rappresentante il processo iterativo di stima del parametro. La presenza di un solo picco informa che la struttura del nostro modello ha un'unica identificazione, perfetta, ovvero che per qualsiasi valore iniziale scelto casualmente si otterrà sempre la medesima stima del modello. Altro elemento informativo immediatamente osservabile è la curvatura della parabola: maggiore è la pendenza della parabola minore è il margine di errore della stima. Nel primo esempio ne consegue un errore standard limitato ed è sotto ogni aspetto il modello che ogni ricercatore vorrebbe osservare rimanendo tuttavia abbastanza raro nell’esperienza empirica. Nel secondo schema (case 2) si osservano due distinti picchi rappresentanti un massimo locale ed un massimo globale della funzione di verosimiglianza sulla struttura dei dati considerata. Essi indicano che i risultati finali a cui si perviene nel calcolo del parametro da stimare sono due, ovvero che a partire dalla struttura dei dati sottostante il modello, è possibile identificare due modelli alternativi con relativi valori verosimiglianza. Processando più volte i dati si otterranno, a seconda, due distinti modelli a classi latenti. Il modello migliore è rappresentato dalla parabola più alta ovvero dal modello che ottiene valori più elevati nella funzione di verosimiglianza log-lineare. Nella funzione poLCA di R questa peculiarità dell’analisi delle classi latenti viene gestita inserendo la possibilità di riprodurre l’analisi un numero variabile di volte a partire da numeri casuali consentendo quindi di identificare il migliore modello osservabile ovvero il modello che massimizza le stime di massima verosimiglianza log-lineare del modello. Nell’esempio in questione (case 2) non si riscontrano particolari difficoltà data la difformità dei valori di massima verosimiglianza (indicata dall’altezza della parabola). La presenza di più soluzioni del modello può indicare che il modello è sotto-identificato e sarà necessario, qualora sia possibile, 65 specificare diversamente il modello ad esempio aumentando il numero delle classi latenti. L’identificazione è da considerarsi un continuum che può variare molto a seconda delle variabili manifeste inserite a modello e al numero di classi latenti identificate. Nel terzo esempio (case 3) si osservano nuovamente due picchi ma, al contrario dell’esempio precedente, essi risultano molto simili nei valori della funzione di verosimiglianza. I due picchi sono molto vicini tra loro e conseguentemente le stime del parametro non risultano troppo dissimili, comportando così una variazione sostantiva limitata ma pur sempre non ottimale. Si tratta tuttavia di una struttura dei dati di complessa analisi. Nell’ultimo esempio (case 4) si osserva la situazione di maggiore complessità a livello di struttura dei dati: due picchi simili per altezza ma molto distanti rispetto alla stima del parametro. Si tratta certamente dell’esempio più complesso poiché indica la presenza di due modelli possibili sostanzialmente equiparabili rispetto a verosimiglianza log-lineare ma che presentano, una volta identificati, valori del parametro molto diversi. Nella funzione poLCA di R, come detto, è possibile processare un numero specificato di volte il modello in modo da realizzare una stima dei parametri attendibile e replicabile rispetto al valore migliore della stima di massima verosimiglianza log-lineare. La funzione poLCA tuttavia non consente di realizzare uno studio preciso della presenza e della costituzione della parabole ma altrimenti consente di identificare il numero di picchi di verosimiglianza e attraverso un'ampia ripetizione della stima del modello, consente di verificare l'intensità con cui si occorre su di essi. Rispetto agli esempi proposti non sarà possibile verificare in modo preciso l’occorrenza del caso 3 o del caso 4 ma unicamente che vi è presenza di altezze variabili di picchi e del numero di volte che questi picchi occorrono su un numero specificato di tentativi, per i dati in possesso è risultata sufficiente il calcolo ripetuto cento volte. In realtà, come quasi sempre nel caso dell’analisi delle classi latenti, le indicazione fornite dagli output del modello non consentono, in modo univoco e puntale, di definire la correttezza del modello o la presenza di un modello migliore in assoluto. Il ricercatore ha 66 sempre la necessità di interpretare i risultati e conseguentemente agire in scelte il più possibile consapevoli ma pur sempre arbitrarie. Non a caso la letteratura di riferimento si esprime in modo condiviso ed a volte ridondante sul processo di adattamento del modello alle finalità della ricerca secondo principi di parsimonia 44 capacità significante del modello. A questo proposito sono importanti riferimenti bibliografici e materiali video. Essi permettono di comparare il proprio lavoro con quello di altri studiosi e poter avere sostegno delle scelte da intraprendere. Rispetto all’identificazione del modello e alla gestione del massimo locale sopra discusso, Linda Collins (Collins & Lanza, 2010) propone un approccio che si adatta bene alle esigenze di questo lavoro data l’impossibilità di descrivere la struttura latente attraverso l’uso di poLCA nel modo sopra descritto. Collins suggerisce di testare il modello a classi latenti a partire da un discreto numero, ad esempio cento, di valori casuali iniziali e verificare quale valore di massima verosimiglianza log-lineare risultante sia più rappresentato. Verificando poi che il modello più frequente sia al tempo stesso anche il modello in assoluto migliore, ovvero con valori di verosimiglianza loglineare maggiore, è possibile ritenere che esso rappresenti un modello accettabile. Questo approccio verrà successivamente applicato al modello di classi latenti elaborato in modo da verificarne l’aderenza alla struttura dei dati ed è consigliato per coloro che non possono verificare diversamente la struttura dei dati sottostante. L’algoritmo EM massimizzando i valori di verosimiglianza risale la parabola fino a giungere al punto oltre il quale essa scende nuovamente. L’approccio sopra descritto individua il miglior modello identificato in ragione di un alta frequenza di identificazione e in ragione di una migliore identificazione delle classi latenti. 44 Un modello parsimonioso è tale per la capacità di ridurre la complessità dei dati input. Nella LCA modelli parsimoniosi saranno quelli riescono a ridurre il numero di classi latenti utili a rappresentare la struttura latente. 67 2.4.4 Selezione del modello e valutazione dell’adattamento Un beneficio dell’analisi delle classi latenti, specie in contrasto con altre tecniche di cluster dei dati, è la varietà di strumenti presenti per la verifica dell’adattamento del modello e la determinazione di un appropriato numero di classi latenti R per una dato dataset. Nelle applicazioni confermative il numero di classi latenti sarà specificato a partire da elementi teorici identificativi. Nelle applicazioni esplorative il numero delle classi sarà specificato attraverso la verifica di modelli meglio prestanti in termini di adattamento, in termini di parsimonia e di capacità esplicativa delle classi latenti. A partire dall’identificazione di un modello a completa indipendenza con aumentando progressivamente il numero di classi latenti fino a raggiungere un modello soddisfacentemente identificato. Riducendo la parsimonia del modello, aumentando il numero di classi, se ne aumenterà il rischio di aumentare la componente rumore del modello e al costo di stimare un aggiuntivo al numero di parametri del modello. Il criterio di parsimonia, infatti, tende a bilanciare tra la sovra e la sotto identificazione del modello penalizzando la verosimiglianza log-lineare per il numero di parametri da stimare. I due criteri maggiormente usati per indagare la parsimonia, criteri presenti nella funzione poLCA, sono il criterio di informazione Bayesiano BIC e il criterio di Akaike AIC. Modelli preferibili sono indicati da valori minimizzati di BIC e/o di AIC. Se rappresentiamo con la massima verosimiglianza log-lineare del modello e il numero totale di parametri stimati, avremo e . L’algoritmo di poLCA calcola questi parametri automaticamente durante la stima del modello. Solitamente viene considerato BIC appropriato per modelli a classi latenti semplici data la sua relativa semplicità. Per la verifica dell’adattamento del modello viene utilizzato il di Pearson e il rapporto di verosimiglianza tra i 68 valori osservati rispetto al numero di celle. Consideriamo ognuna delle celle Indichiamo il numero di casi in della tavola di contingenza delle variabili manifeste. il numero di casi attesi in ogni cella di un dato modello. La c- ennesima cella (con ) corrisponde ad una particolare sequenza di risultati J di una variabile manifesta. Utilizzando corrispondente ai soli risultati, si avrà Inoltre i due testi statistici sono così calcolati: e Al pari di AIC e del BIC, queste statistiche sono presenti negli output previsti dal programma poLCA di R. Generalmente l’obiettivo è di preferire valori minimi di e di senza estimare un numero eccessivo di parametri. Si noti tuttavia, che gli assunti di distribuzione per questi test statistici non sono soddisfatti se molte celle della tavola di contingenza dei valori osservati contengono un ridotto numero di osservazioni. Infatti è buona prassi che non meno del 10-20% delle celle contenga meno di cinque osservazione. 69 2.5 Scelta e preparazione delle variabili manifeste La costruzione del modello a classi latenti è realizzato a partire dai microdati Istat della rilevazione continua delle forze di lavoro 2009. Al fine di escludere oscillazioni stagionali sono presi in considerazione i dati aggregati dei quattro trimestri. Per una descrizione metodologica completa dell’indagine sulle Forze di lavoro Istat si rimanda alla nota metodologica reperibile sul sito internet dell’Istituto nazionale di Statistica45. In questo paragrafo sono presentate le variabili utilizzate nell’ambito dell’analisi a classi latenti. Alla presentazione puntuale delle osservazioni seguirà la presentazione delle variabili ricodificate per soddisfare i requisiti tecnici, dell'analisi delle classi latenti, e analitici per una corretta costruzione della tipologia di lavoro flessibile della prestazione. La realizzazione dell’elaborazioni di grafici e tabelle è stata effettuata con l’ausilio del programma SPSS. La rilevazione Istat è costruita in modo tale da essere rappresentativa dell’intera popolazione italiana. Nel testo i numeri assoluti faranno riferimento, se non diversamente specificato, al numero delle osservazioni rilevate da Istat in modo da rendere sempre disponibile il controllo statistico e metodologico. Compito delle frequenze percentuali è fornire un’indicazione immediatamente comprensibile sul mercato del lavoro italiano. Il questionario Istat prevede, nella sezione C, la rilevazione della condizione degli occupati 200946. Per prima cosa si è proceduto all’individuazione dei lavoratori su cui era possibile effettuare l’analisi. La scelta metodologica effettuata da Istat ha previsto, in sede di questionario, dei percorsi variabili a seconda dei profili dei rispondenti. In questo modo sono state predisposti set di domande diversi a seconda della posizione occupazionale. 45 http://www.istat.it/lavoro/lavret/forzedilavoro/ La sezione C è inserita in allegato per consentire al lettore un riferimento puntuale sulla generalità delle domande presenti nella sezione dedicata alla condizione di lavoro principale del rispondente. 46 70 I lavoratori a cui ci si riferisce sono i soli lavoratori a cui sono state poste le domande identificate come chiave nell’indagine della flessibilità lavorativa, successivamente presentate. Sono di conseguenza esclusi dall’indagine, oltre a disoccupati e inoccupati, i lavoratori appartenenti alla categoria di lavoratori autonomi (imprenditori, liberi professionisti, laboratori in proprio, coadiuvanti familiari e soci di cooperative). E' stato possibile prendere in considerazione senza eccessive difficoltà le tre categorie di lavoratori subordinati o parasubordinati: lavoratori alle dipendenze, collaboratori coordinati e continuativi con e senza progetto e prestatori d’opera occasionale. L’intera rilevazione delle forze di lavoro a visto intervistati 659561 individui di cui 232488 identificati come occupati ovvero il 35,5% della popolazione italiana. Le percentuali cumulate delle tre categorie di lavoratori a cui si farà riferimento rappresentano circa il 75% del totale dei lavoratori italiani. Altro elemento rilevante, da tenere in considerazione, è l’enorme disparita tra il numero di lavoratori subordinati e lavoratori parasubordinati. I soli lavoratori alle dipendenze costituiscono il 73% degli occupati. 71 Tabella 2.1 C1 - Lei svolge: Frequenza Percentuale Percentuale valida Percentuale cumulata 169945 25,8 73,1 73,1 2715 ,4 1,2 74,3 Prestazione d'opera occasionale 871 ,1 ,4 74,6 Un lavoro autonomo come: Imprenditore 2721 ,4 1,2 75,8 Un lavoro autonomo come: Libero professionista 11360 1,7 4,9 80,7 Un lavoro autonomo come: Lavoratore in proprio 38295 5,8 16,5 97,2 Un lavoro autonomo come: Coadiuvante nell'az. di un fam. 4913 ,7 2,1 99,3 Un lavoro autonomo come: Socio di cooperativa 1668 ,3 ,7 100,0 Totale Mancante di sistema 232488 427073 659561 35,2 64,8 100,0 100,0 Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. (con o senza prog.) Totale Per semplicità l’esposizione delle variabili manifeste prese in considerazione sarà limitata ai soli tre gruppi di occupati utilizzati per l’analisi47. Un breve commento sulle domande del questionario non prese in considerazione per la definizione del modello LCA. Nella sottosezione del questionario dedicata alla ―Posizione nella professione‖ dell’occupazione principale sono presenti le domande: C5, ―Lavora per una sola azienda e/o cliente o per più di una azienda e/o cliente? ‖; C6, ―Abitualmente decide dove lavorare o è tenuto a lavorare presso l’azienda e/o cliente?‖; C7, In questo modo sarà possibile semplificare l’esposizione, specie nelle tabelle. Per ridurre il tempo di elaborazione dei dati e vista l’esclusione delle altre categorie di occupati dal dataset sono stati eliminati tutti i soggetti non appartenenti alla categorie di subordinati e parasubordinati nella domanda relativa alla professione principale. 47 72 ‖Decide autonomamente l’orario di lavoro o è tenuto a rispettare quello dell’azienda committente/cliente?‖. Queste domande sono state prese in considerazione data l’inerenza al tema della flessibilità della prestazione di lavoro. Tuttavia si è ritenuto non utile il loro inserimento poiché sono domande ad accesso esclusivo per i lavoratori parasubordinati: collaboratori coordinati e continuativi e prestatori d’opera. Inserire queste tre variabili, specie tenendo in considerazione la residualità numerica di questi lavoratori rispetto ai dipendenti, avrebbe alterato i risultati dell’analisi in modo prevedibile ma non desiderato. Non viene esclusa, tuttavia, la possibilità di includerle nel modello nel corso di altre ricerche aventi diverso avviso o in relazione a future ricerche a seguito di sostanziali cambiamenti della struttura del questionario o del mercato del lavoro italiano. Inoltre, sono rimaste escluse le domande dedicate alla rilevazione della durata del lavoro dell’occupazione principale. La durata contrattuale del lavoratore, a tempo indeterminato o determinato, non assume qui rilevanza analitica. Lo scopo della ricerca è l'analisi è della flessibilità della prestazione lavorativa e non della flessibilità dell'occupazione. Per le variabili considerate coerenti alla definizione del modello si mostreranno la distribuzione di frequenza dei soggetti secondo le modalità di risposta dell’indagine, successivamente verrà presentata e discussa la procedura di ricodifica e la distribuzione delle variabili ricodificate. In entrambi i casi le tavole di contingenza consentiranno il controllo sui tre gruppi di occupati, quello dei subordinati e i due gruppi relativi ai lavoratori parasubordinati. Il primo set di variabili appartiene a quella che il questionario definisce sottosezione ―Orario di lavoro‖ nella sezione ―Professione principale‖ 48 48 . La D’ora in poi il riferimento alla professione principale verrà sottinteso. 73 domanda C27 ―Lei lavora a tempo pieno o part-time (a tempo parziale)?‖ si distribuisce come da tabella 2.2 Tabella 2.2 C27 - Lei lavora a tempo pieno o part-time (a tempo parziale)? Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. (con o senza prog.) Prestazione d'opera occasionale Totale A tempo pieno (full-time) A tempo parziale (part-time) Totale 144318 25627 169945 84,9% 15,1% 100,0% 1542 1173 2715 56,8% 43,2% 100,0% 327 544 871 37,5% 62,5% 100,0% 146187 27344 173531 84,2% 15,8% 100,0% Si osservi il numero che il numero totale di rispondenti è 173531 e costituiscono la popolazione di riferimento. Nel questionario viene poi posta la domanda C28, la ragione di tale condizione. Tabella 2.3 C28 - Lavora part-time (a tempo parziale) perché non vuole un lavoro a tempo pieno, non ha trovato un lavoro a tempo pieno o per altri motivi? Lei Un lavoro alle svolge: dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Non vuole Non ha trovato Altro Non sa Totale 10845 11949 2794 39 25627 42,3% 46,6% 10,9% ,2% 100,0% 437 631 102 3 1173 37,3% 53,8% 8,7% ,3% 100,0% 206 285 53 0 544 37,9% 52,4% 9,7% ,0% 100,0% 11488 12865 2949 42 27344 42,0% 47,0% 10,8% ,2% 100,0% La domanda C28 è stata posta solo a coloro hanno indicato la modalità part-time nella precedente domanda. E’ stato così possibile suddividere i lavoratori parttime a seconda delle ragioni della condizione. Sono conseguentemente due le domande utilizzabili nell’analisi. 74 E’ stato scelto di utilizzare una versione ricodificata di questa seconda domanda ed stata quindi ricostruita la variabile C28new49. Ricostruendo la variabile è stato possibile sia rilevare la condizione del lavoratore rispetto all’orario a tempo pieno o a tempo parziale sia preservare il dato sull’intenzionalità. La ricodifica è così avvenuta: la modalità full-time rappresenta i casi mancanti alla domanda C28. La modalità ―part-time intenzionale‖ racchiude coloro che: "non vogliono un lavoro a tempo pieno", "altri motivi e non sa". La modalità ―part-time non intenzionale‖ comprende coloro che hanno indicato come causa il fatto che non hanno trovato un lavoro a tempo pieno. Tabella 2.4 C28new – Full-time, part-time e motivo del tempo parziale Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d’opera occasionale Totale full-time part-time intenzionale part-time non intenzionale Totale 147112 10884 11949 169945 86,6% 6,4% 7,0% 100,0% 1644 440 631 2715 60,6% 16,2% 23,2% 100,0% 380 206 285 871 43,6% 23,7% 32,7% 100,0% 149136 11530 12865 173531 85,9% 6,6% 7,4% 100,0% La variabile così ricodificata preserva l’informazione di entrambe le variabili e non desta particolari motivi di preoccupazione metodologica. L’unica accortezza in fase di lettura del dato sarà di tenere in considerazione che, a prescindere dall’intenzionalità, la seconda e la terza modalità indicano una condizione di lavoro a tempo parziale. Della stessa sezione è presente la domanda C31 ―Considerando le ultime 4 settimane, escludendo l’interruzione per i pasti e gli spostamenti casa-lavoro, mediamente quante ore ha lavorato a settimana?‖. Per chiarezza viene mantenuto il nome della variabile con l’aggiunta del suffisso ―new‖ il quale indica che si tratta di una variabile ricodificata. Il nome della variabile consente di risalire immediatamente alla variabile di partenza sul questionario. Inoltre. il suffisso identifica le variabili manifeste utilizzate per l’identificazione del modello a classi latenti. 49 75 L’inserimento di questa variabile risulta utile, ad integrazione della C28new, caratterizzando maggiormente le classi individuate a seguito della LCA rispetto alla quantità di lavoro effettuato. Più precisamente inserendo questa variabile è possibile tenere sotto controllo il monte ore lavorato dai singoli soggetti rispetto all’insieme dei lavoratori. La rilevazione continua delle ore di lavoro medie settimanali nell’ultimo mese è presentata attraverso la figura 2.5. Figura 2.5 - Media delle ore settimanalmente lavorate Nel grafico non sono rappresentati i rispondenti che hanno segnalato un monte orario settimanale molto variabile e coloro che hanno indicato di non saperlo. Questa variabile è stata ricodificata in una variabile a classi ordinate che verranno, ad ogni modo, trattate come politomiche nell’ambito del modello a classi latenti. Si tratta della sola variabile che viene presa in considerazione ed inserita a modello rilevata su valori discreti. La variabile C31new è stata ricodificata nelle classi mostrate dalla tabella 2.5. E’ stato scelto di costruire una categoria contenente sia i lavoratori ad orario molto variabile (1753 casi) sia i lavoratori che non sono stati in grado di fornire un 76 orario medio (487 casi). La mancanza di capacità definitoria del monte orario è diretta conseguenza della variabilità dello stesso 50 . In questo modo sono state definite sei distinte modalità. Tabella 2.5 C31new - Orario di lavoro settimanale Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale da 1 a 15 ore da 16 a 25 ore da 26 a 35 ore da 36 a 40 ore da 41 a 120 ore molto variabile Totale 4142 24269 11475 111048 17045 1966 169945 2,4% 14,3% 6,8% 65,3% 10,0% 1,2% 100,0% 339 673 388 927 232 156 2715 12,5% 24,8% 14,3% 34,1% 8,5% 5,7% 100,0% 227 216 114 148 48 118 871 26,1% 24,8% 13,1% 17,0% 5,5% 13,5% 100,0% 4708 25158 11977 112123 17325 2240 173531 2,7% 14,5% 6,9% 64,6% 10,0% 1,3% 100,0% Le classi della variabile C31new sono state costruite secondo criteri qualitativi. La prima classe comprende i lavoratori a bassissima intensità oraria, la seconda i lavoratori a bassa intensità oraria, la terza identifica il part-time tipico, la quarta fa riferimento al lavoratore standard per monte orario e la quinta a lavoratori ad alta ed altissima intensità oraria settimanale. La sesta categoria comprende i lavoratori con orario molto variabile. Successivamente sono state considerate le domande del questionario C32, ―La settimana scorsa, ha lavorato meno ore o più ore rispetto alle ore che lavora di solito? Ad esempio per ferie, festività, malattia, straordinario‖; C34, ―Qual è il motivo principale per cui ha lavorato meno del solito?‖. Nel fare riferimento alle domande sulla variabilità oraria del lavoratore si cercato di estrapolare la condizione del lavoratore rispetto alla flessibilità, in senso stretto, dell’orario di lavoro. Ciò a cui si è inteso pervenire è una nuova variabile che 50 Si tratta di scelta sia arbitraria e non verificabile, tuttavia necessaria. Il numero limitato di casi (487) non giustificava tuttavia, la definizione di una ulteriore modalità. 77 accertasse l’aumento, la diminuzione o il mantenimento di regimi orari abituali a seguito di cambiamenti riconducibile ad esigenze di flessibilità aziendale. Tabella 2.6 C33 - Ha lavorato più o meno del solito? Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Meno del solito Più del solito Come al solito 30835 5617 132968 525 169945 18,1% 3,3% 78,2% ,3% 100,0% 409 65 2230 11 2715 15,1% 2,4% 82,1% ,4% 100,0% 138 18 712 3 871 15,8% 2,1% 81,7% ,3% 100,0% 31382 5700 135910 539 173531 18,1% 3,3% 78,3% ,3% 100,0% Non sa Totale Per questa ragione la variabile C32 non consente di raggiungere questo scopo senza aver preventivamente indagato le ragioni della diminuzione dell’orario nella settimana di riferimento. Le cause di un lavoro superiore al solito sono state indagate attraverso la domanda C3351 e sono tutte riferite, come immaginabile, a necessità funzionali. E quindi possibile argomentare che tutti coloro che hanno risposto, domanda C32, che nella settimana di riferimento hanno lavorato più del solito lo hanno fatto per ragioni funzionali. L’indicazione di un ―orario simile al solito‖ costituisce il riferimento standard. La domanda C34 fornisce invece le indicazioni necessarie per definire coloro che hanno, per cause interne al lavoro o al datore di lavoro, lavorato meno dell’orario contrattuale. Nella tabella 2.7 sono indicati in grigio le motivazioni della riduzione delle ore lavorate legate all’attività lavorativa o alternativamente alla conciliazione tra famiglia e lavoro. 51 Per un riferimento puntuale alla domanda si rimanda al questionario in allegato 78 Tabella 2.7 C34 - Qual è il motivo principale per cui ha lavorato meno del solito? Lei svolge: Un lavoro alle Collaborazione Prestazione d'opera dipendenze co. e co. occasionale Totale Cassa Integrazione Guadagni Ridotta attività dell'imp. per motivi econ. o tecnici Vertenza sindacale, controversia di lavoro Maltempo Malattia, problemi di salute personali Ferie Festività nella settimana Orario variabile o flessibile Part-time verticale Studio o formaz. non organiz. nell’ambito del proprio lavoro Assenza obbligatoria per maternità Assenza fac. fino all’8° anno del bambino (congedo parentale) Motivi fam. (esclusa maternità obb. e congedo parentale) Mancanza di occasioni di maggior lavoro Inizio o cambiamento del lavoro nella settimana Ha concluso il lavoro nella settimana Altro (specificare) Totale 2927 0 0 2927 100,0% ,0% ,0% 100,0% 960 30 25 1015 94,6% 3,0% 2,5% 100,0% 41 2 0 43 95,3% 4,7% ,0% 100,0% 453 4 6 463 97,8% ,9% 1,3% 100,0% 2768 29 6 2803 98,8% 1,0% ,2% 100,0% 12328 137 44 12509 98,6% 1,1% ,4% 100,0% 7814 126 20 7960 98,2% 1,6% ,3% 100,0% 213 13 3 229 93,0% 5,7% 1,3% 100,0% 18 0 0 18 100,0% ,0% ,0% 100,0% 34 5 2 41 82,9% 12,2% 4,9% 100,0% 1512 12 0 1524 99,2% ,8% ,0% 100,0% 195 0 0 195 100,0% ,0% ,0% 100,0% 237 6 3 246 96,3% 2,4% 1,2% 100,0% 542 27 20 589 92,0% 4,6% 3,4% 100,0% 69 2 2 73 94,5% 2,7% 2,7% 100,0% 76 5 2 83 91,6% 6,0% 2,4% 100,0% 648 11 5 664 97,6% 1,7% ,8% 100,0% 30835 409 138 31382 98,3% 1,3% ,4% 100,0% Si osservi tuttavia che l’incidenza della flessibilità osservata sulla conciliazione tra famiglia e lavoro è minima in termini numerici. 79 La categoria più frequente tra quelle che concorrono alla creazione della modalità flessibile rispetto ad una riduzione di ore lavorative è la cassa integrazione guadagni. La variabile C34new è stata costruita secondo i criteri esposti e permetterà di individuare, in prima istanza, i lavoratori standard, il cui orario di lavoro varia poco, dai lavoratori flessibili. Il mantenimento della distinzione tra variazioni positive (più ore del solito) e negative (meno ore del solito) costituisce un dettaglio eventualmente utile per analizzare in modo sostantivo i risultati. Tabella 2.8 C34new - Variabilità delle ore lavorate Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale orario abituale meno ore del solito più ore del solito Totale 159202 5126 5617 169945 93,7% 3,0% 3,3% 100,0% 2569 81 65 2715 94,6% 3,0% 2,4% 100,0% 800 53 18 871 91,8% 6,1% 2,1% 100,0% 162571 5260 5700 173531 93,7% 3,0% 3,3% 100,0% Il set di domande della sezione ―orario di lavoro‖ prese in considerazione per la definizione del modello si conclude con la domanda C35 relativa agli straordinari ―Rispetto all’orario contrattuale (o accordo verbale) la settimana scorsa ha svolto comunque ore di straordinario retribuito e/o straordinario non retribuito (ore in più non recuperabili)?‖. Tabella 2.9 - C35 La scorsa settimana, ha svolto straordinari (retribuiti e/o non retribuiti)? Lei svolge: Totale Sì No Non sa Totale Un lavoro alle 10469 158446 1030 169945 dipendenze 6,2% 93,2% ,6% 100,0% 10469 158446 1030 169945 6,2% 93,2% ,6% 100,0% 80 La domanda C35 è stata posta ai soli lavoratori dipendenti poiché non è previsto per contratto l'istituto del lavoro straordinario per i lavoratori parasubordinati. La variabile è stata ricodificata nella variabile dicotomica C35new in modo da rappresentare la presenza e l’assenza di lavoro straordinario. Tabella 2.10 - C35new Nell'ultima settimana ha svolto straordinari? ha fatto straordinari Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Non ha fatto straordinario Totale 11499 158446 169945 6,8% 93,2% 100,0% 2715 0 2715 100,0% ,0% 100,0% 871 0 871 100,0% ,0% 100,0% 15085 158446 173531 8,7% 91,3% 100,0% Alla categoria di lavoro parasubordinato è stata attribuita l’assenza di lavoro straordinario. Lo stesso è stato fatto per i lavoratori alle dipendenze che hanno indicato di non sapere se avessero fatto o meno lavoro straordinario. Si è ritenuto appropriato non attribuire, senza motivi ragionevoli, lo stato di condizione flessibile nelle situazioni dubbie. Come già avvenuto in precedenza non si è ritenuto appropriato prevedere la modalità del "non ricordo, non so". Essa sarebbe stata numericamente irrisoria e semanticamente marginale. Ricapitolando, le domande C28new, C31new, C34new e C35new ricodificate raccolgono le informazioni cardine per descrivere la durata oraria della prestazione lavorativa. La ricodifica è stata realizzata in termini di massimizzazione della capacità informativa delle variabili. Le variabili permettono di identificare: la distinzione tra lavoratori part-time e full-time, a livello contrattuale; la distinzione tra lavoratori ad intensità orarie diverse, a livello di esperienza lavorativa nel periodo di riferimento; la variabilità delle ore lavorate in relazione a motivazioni lavorative e/o di conciliazione; prestazioni di 81 lavoro straordinario, retribuito e non. Se è vero che la variabilità contrattuale italiana è alta, ancor più presente è la variabilità sostanziale tra i lavoratori. Lo stesso part-time può assumere diverse dimensioni in termini di orario di lavoro, non equivalendo necessariamente al 50% del monte orario full-time. A partire dalle quattro variabili manifeste considerate, è possibile invece farsi un' idea verosimilmente accettabile delle caratteristiche orarie delle prestazioni lavorative. Il tentativo qui condotto è considerare unitamente tutte le variabili che riescano a coprire il più possibile, e nel modo migliore, le dimensioni della flessibilità della prestazione di lavoro. Sono state quindi analizzate le domande inerenti il tipo di prestazione sostenuta dai lavatori ovvero la sezione del questionario dedicata alla rilevazione di prestazioni di lavoro in orari disagiati e turni. In primo luogo si consideri la domanda C42, ―Nelle 4 settimane di riferimento ha lavorato di sera? (dalle 20 alle 23 circa)‖. Con la domanda C42 Istat rileva non solo l’occorrenza di lavoro serale ma anche la quantità di sere lavorate. Tabella 2.11 - C42 - Nell'ultimo mese ha lavorato di sera? Sì, 2 o più volte Sì, meno di 2 a settimana volte a settimana Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale No Non sa Totale 22079 8181 139567 118 169945 13,0% 4,8% 82,1% ,1% 100,0% 296 134 2284 1 2715 10,9% 4,9% 84,1% ,0% 100,0% 144 58 669 0 871 16,5% 6,7% 76,8% ,0% 100,0% 22519 8373 142520 119 173531 13,0% 4,8% 82,1% ,1% 100,0% 82 Si è scelto, arbitrariamente, di considerare importante la sola presenza/assenza di lavoro serale a scapito di questa ulteriore informazione. Questa scelta è giustificata dall'osservazione delle frequenze relative: per tutte e tre le tipologie di lavoro vi è un’incidenza almeno doppia di lavoratori serali per la modalità "due o più volte a settimana". Tabella 2.12 - C42new - Lavora la sera Non lavora la sera Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Lavora la sera Totale 139685 30260 169945 82,2% 17,8% 100,0% 2285 430 84,2% 15,8% 669 202 76,8% 23,2% 100,0% 142639 30892 173531 82,2% 17,8% 100,0% 2715 100,0% 871 La questione si ripropone in altre domande dello stesso tipo (lavoro notturno, lavoro di domenica ecc...) che saranno presentata a seguire, per le quali si è seguito lo stesso procedimento. Pertanto si è proceduto alla ricodifica nella variabili C42new e se ne presentano le frequenze relative sempre mantenendo la distinzione per tipologia di lavoro. In linea con quanto fatto finora la modalità di risposta ―non so‖ è inserita come profilo standard, in questo caso ―non lavora la sera‖. 83 Tabella 2.13 - C43 - Nell'ultimo mese ha lavorato di notte? Sì, 2 o più volte Sì, meno di 2 a settimana volte a settimana Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Non sa Totale 13193 5692 150962 98 169945 7,8% 3,3% 88,8% ,1% 100,0% 107 43 2564 1 2715 3,9% 1,6% 94,4% ,0% 100,0% 70 27 774 0 871 8,0% 3,1% 88,9% ,0% 100,0% 13370 5762 154300 99 173531 7,7% 3,3% 88,9% ,1% 100,0% Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale No Per quanto riguarda il lavoro notturno si ci si riferisce alla domanda C43, ―Nelle quattro settimana di riferimento ha lavorato di notte? (dopo le ore 23)‖ . Secondo i principi sopra spiegati si è proceduto alla ricodifica nella variabile C43new. Tabella 2.14 - C43new - Lavora la notte Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Non lavora la notte Lavora la notte Totale 151060 18885 169945 88,9% 11,1% 100,0% 2565 150 2715 94,5% 5,5% 100,0% 774 97 871 88,9% 11,1% 100,0% 154399 19132 173531 89,0% 11,0% 100,0% Successivamente si è trattato di verificare l’occorrenza di prestazioni di lavoro festive e prefestive con particolare riferimento a sabati e domeniche (C44 e C45), ―Nelle quattro settimana di riferimento ha lavorato di sabato ? (indipendentemente dall’orario)‖, e ―Nelle quattro settimane di riferimento ha lavorato di domenica? (indipendente dall’orario)‖. 84 Tabella 2.14 - C44 - Nell'ultimo mese ha lavorato di sabato? Sì, 2 o più volte Sì, meno di 2 volte No Non sa Totale 52614 14192 102954 185 169945 31,0% 8,4% 60,6% ,1% 100,0% 682 277 1756 0 2715 25,1% 10,2% 64,7% ,0% 100,0% 304 96 471 0 871 34,9% 11,0% 54,1% ,0% 100,0% 53600 14565 105181 185 173531 30,9% 8,4% 60,6% ,1% 100,0% Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Tabella 2.15 - C45 - Nell'ultimo mese ha lavorato di domenica? Sì, 2 o più volte Sì, meno di 2 (nelle 4 volte (nelle 4 settimane) settimane) Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale No Non sa Totale 19736 9433 140652 124 169945 11,6% 5,6% 82,8% ,1% 100,0% 246 136 2332 1 2715 9,1% 5,0% 85,9% ,0% 100,0% 153 51 667 0 871 17,6% 5,9% 76,6% ,0% 100,0% 20135 9620 143651 125 173531 11,6% 5,5% 82,8% ,1% 100,0% Mantenendo i criteri già utilizzati si sono costruite le relative variabili ricodificate. Si osservi come quasi il 40% del totale dei lavoratori subordinati e parasubordinati lavori il sabato. In particolare la tipologia di lavoratori più colpita, come da aspettativa, sono le prestazioni d’opera occasionali. 85 Tabella 2.16 - C44new - Lavora il sabato Non lavora il sabato Lavora il sabato Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze 103139 66806 169945 60,7% 39,3% 100,0% 1756 959 2715 64,7% 35,3% 100,0% 471 400 871 54,1% 45,9% 100,0% 105366 68165 173531 60,7% 39,3% 100,0% Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Totale Analoghe considerazioni si possono trarre per quanto riguarda il lavoro di domenica. Tabella 2.17 - C45new – Lavora la domenica Non lavora la domenica Lavora la domenica Totale 140776 29169 169945 82,8% 17,2% 100,0% 2333 382 2715 85,9% 14,1% 100,0% 667 204 871 76,6% 23,4% 100,0% 143776 29755 173531 82,9% 17,1% 100,0% Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d’opera occasionale Totale Si riportano ora le ultime due domande poste all’interno del questionario di rilevazione delle forze di lavoro prese in considerazione per la costruzione del modello a classi latenti che vanno a completare le informazioni sulla prestazione lavorativa. La domanda C47 si occupa di indagare il lavoro su turni, ―Nelle quattro settimane di riferimento lei ha svolto turni di lavoro?‖. 86 Tabella 2.18 - C47 Nell'ultimo mese ha svolto turni di lavoro? Sì Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Totale No Non sa Totale 29161 140766 18 169945 17,2% 82,8% ,0% 100,0% 29161 140766 18 169945 17,2% 82,8% ,0% 100,0% La domanda C47 è stata posta ai soli dipendenti, subordinati, e quindi presenta valori mancanti per tutti i lavoratori parasubordinati. Si è scelto comunque di considerare questa domanda valida dal momento che il gruppo di lavoratori di maggior importanza numerica è rappresentato. Certo è che, qui come in precedenza, la migliore condizione di partenza sarebbe stata, da un punto di vista metodologico, aver rilevate le stesse domande, nelle stesso modo, per tutti le categorie di rispondenti. Tabella 2.19 - C47new2 - Lavora su turni? Non lavora su turni Lavora su turni Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Totale 140784 29161 169945 82,8% 17,2% 100,0% 2715 0 2715 100,0% ,0% 100,0% 871 0 871 100,0% ,0% 100,0% 144370 29161 173531 83,2% 16,8% 100,0% Le risposte mancanti alla domanda C47, identificanti i soggetti parasubordinati a cui non è stata posta la domanda, sono state ricodificate come indicanti l’assenza di lavoro su turni, C47new2, così da non impattare sull’identificazione della struttura a classi latenti. Per concludere viene presentata l’ultima variabile utilizzata nella costruzione della tipologia di prestazioni lavorative di subordinati e parasubordinati. La domanda 87 C48 è riferita alla presenza o meno di prestazioni di lavoro da casa. ―Nelle quattro settimana di riferimento le è capitato di svolgere a casa il suo lavoro? ‖. Per mezzo di questa variabile si perviene ad un’ulteriore faccia della prestazione di lavoro. In questo caso l’attenzione è posta sulla possibilità di conciliazione tra vita privata e lavoro e/o sull’interferenza del lavoro nella vita privata. Tabella 2.20 - C48 Nell'ultimo mese le è capitato di svolgere a casa il suo lavoro? Sì, 2 o più volte Sì, meno di 2 a settimana volte a settimana Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale No Non sa 1652 947 167267 1,0% ,6% 98,4% 239 95 2379 8,8% 3,5% 87,6% 72 29 770 8,3% 3,3% 88,4% 1963 1071 170416 1,1% ,6% 98,2% 79 Totale 169945 ,0% 100,0% 2 2715 ,1% 100,0% 0 871 ,0% 100,0% 81 173531 ,0% 100,0% Come previsto l’incidenza del lavoro a domicilio per le forme di contratto parasubordinate è sostanzialmente superiore ai lavoratori subordinati. Tabella 2.21 - C48new - Lavora da casa? Non lavora da casa Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale Totale Lavora da casa Totale 167346 2599 169945 98,5% 1,5% 100,0% 2381 334 2715 87,7% 12,3% 100,0% 770 101 871 88,4% 11,6% 100,0% 170497 3034 173531 98,3% 1,7% 100,0% Il dato interessante, e metodologicamente importante ai fini della LCA, è dato dalla presenza, seppur minima, di lavoratori alle dipendenze che lavorano da casa. Si procede quindi alla ricodifica di quest’ultima variabile inserendo gli indecisi 88 nella categoria del lavoratore standard, ―no‖, e trascurando l’informazione che quantifica l’occorrenza del lavoro da casa. Tabella 2.21 Analisi della correlazione di Spearman tra le variabili inserite a modello c28new c31new full-time orario c34new flex oraria c35new c42new c43new c44new c45new c47new2 c48new straord. serale notturno sabato domenica turni da casa 1 c28new full-time c31new -0.670* 1 orario settimanale 0.000 c34new -0.029* flessibilità oraria 0.000 c35new -0.022* straordinari 0.000 c42new -0.048* lavoro serale 0.000 c43new -0.074* lavoro notturno 0.000 c44new 0.06 lavoro il sabato 0.017 c45new 0.090* lavoro la domenica 0.000 c47new2 -0.026* lavoro su turni 0.0000 c48new 0.002 lavoro da casa 0.337 0.024* 1 0.000 -0.084* -0.347* 1 0.000 0.000 0.136* 0.032* -0.066* 0.000 0.000 0.000 0.123* 0.020* -0.040* 0.683* 0.000 0.000 0.000 0.000 0.085* -0.008* -0.076* 0.376* 0.336* 0.000 0.001 0.000 0.000 0.000 0.088* 0.011* -0.057* 0.556* 0.545* 0.535* 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.032* 0.024* -0.120* 0.541* 0.498* 0.355* 0.513* 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 -0.002 0.015* -0.071* 0.056* 0.032* 0.037* 0.040* 0.012* 0.438 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 0.000 1 1 1 1 1 1 Elaborazione realizzata su Stata: spearman: c28new c31new c34new c35new c42new c43new c44new c45new c47new c48new, stats(rho p) star(0.01) Sono state quindi presentate le dieci variabili manifeste prese in considerazione per la definizione di un modello a classi latenti per l’identificazione di una tipologia di prestazioni di lavoro flessibile. A conclusione delle verifiche sulle variabili è stata prodotta l’analisi della correlazione tra le variabili selezionate, tabella 2.21. L’indice di correlazione 89 utilizzato è quello di Spearman data la natura non quantitativa delle variabili. In rosso sono segnate le correlazioni statisticamente non significative (0.01), in verde le correlazioni positive superiori o uguali a 0.1 e in blu quelle minori o uguali a 0.1 . Le variabili manifeste prese in esame per i modelli a classi latenti presentano per la gran parte correlazioni statisticamente significative. Rispetto al significato delle relazioni si può osservare due distinti gruppi aventi correlazioni non solo significative ma di una certo significato sostantivo. Si è scelto di considerare in questo modo le correlazioni con impatti di almeno 0,1. Emerge la presenza di tre gruppi di variabili molto correlate: il primo è legato alle variabili relative all’orario di lavoro (C28new, C31new e C35new), il secondo legato alle variabili relative alla distribuzione del lavoro in orari non standard (C43new e C44new) e il terzo è legato alle variabili che identificano prestazioni di lavoro il sabato e la domenica (C44new e C45new). Rispetto al primo gruppo, si noti la relazione negativa tra la presenza del full-time e la rilevazione di numero elevato di ore medie settimanali di lavoro. Questa relazione era attesa ma non scontata nel'insieme delle risposte. Infatti, nell'ultimo decennio il ricorso a contratti di natura part-time si è diversificato sia in relazione alla concentrazione delle prestazioni di lavoro, part-time verticale, sia in relazione alla composizione oraria del part-time, che varia solitamente dal 30 al 90 percento. La seconda correlazione osservata, in questo primo gruppo, è tra variabile rilevante la flessibilità oraria nella settimana di riferimento rispetto all’orario settimanale medio del lavoratore e l’occorrenza di lavoro straordinario. Questa relazione risulta negativa, indicano che a seguito di prestazioni di lavoro straordinario non si associa un aumento del monte orario rispetto ad un monte orario costante. Ciò indica che le richieste di lavoro straordinario, contrariamente al significato stesso di questa pratica, sono costanti e rappresentano un elemento tipico di alcune prestazioni di lavoro. Il secondo gruppo di interesse è determinato dalle variabili relative al lavoro serale e a quello notturno. Le relazioni espresse dagli indici di correlazione di Spearman mettono in mostra una doppia relazione di queste due variabili. Le 90 variabili, oltre ad essere correlate positivamente tra loro, sono correlate in modo positivo sia con il monte orario dei lavoratori: a monti orari elevati corrisponde la presenza di lavoro serale e notturno; sia con le variabili che indicano la presenza di lavoro prefestivo (sabato) e festivo (domenica) e del lavoro su turni. Il terzo gruppo di variabili correlate tra loro è relativo alla presenza di prestazioni lavorative durate il sabato o la domenica e del lavoro sui turni. Quest’ultimo gruppo mette in luce la presenza di una associazione tra le diverse modalità di flessibilità di lavoro flessibile: sono infatti correlate tra di loro il lavoro nei tradizionali giorni di riposo settimanale e il lavoro su turni. Come si osserva dalla figura, la principale distinzione tra queste variabili e quelle corrispondenti al lavoro serale e notturno è che quest’ultime non presentano relazioni di un certo significato con le variabili legate al monte orario settimanale o la presenza di straordinari. Vi è tuttavia, una debole relazione negativa tra le prestazioni di lavoro che prevedono i turni e gli straordinari che merita essere segnalata. Chiariti questi aspetti metodologici preliminari è dunque possibile procedere alla realizzazione dei modelli a classi latenti. 91 Capitolo 3 Tipologia della flessibilità della prestazione Il capitolo è dedicato alla presentazione della tipologia di flessibilità della prestazione di lavoro, costruita sui dati della rilevazione delle forze di lavoro Istat 2009. Il primo paragrafo è dedicato alla presentazione delle analisi della struttura latente attraverso gli output dell'analisi a classi latenti. Viene descritta la procedura di selezione del modello definitivo a seguito di test statistici e di significato. Nel secondo paragrafo viene presentata la tipologia della flessibilità della prestazione di lavoro in riferimento al mercato del lavoro italiano. Attraverso grafici e tabelle, viene esplorato il lavoro flessibile italiano nel 2009. Il terzo e conclusivo paragrafo offre una valutazione dello strumento realizzato e sulle possibili applicazioni della tipologia. 3.1 Scelta del modello Il processo di selezione del modello a classi latenti è reso fruibile così da garantire accessibilità e ripetibilità dell'analisi. Considerando che l'analisi delle classi latenti è per natura soggetta ad un ampio numero di scelte, in particolar modo in relazione alla scelta del modello finale, si è ritenuto opportuno non tralasciare i risultati intermedi ed i modelli scartati. La procedura di etichettatura e i test statistici e di significato sostantivo dovrebbero consentire la comprensione dei principali aspetti della selezione. 92 3.1.1 Output ed etichettatura Lo studio delle classi latenti si è articolato attraverso la realizzazione di diverse versioni del modello a classi latenti. Le variabili con cui è stato costruito il modello, presentate e discusse nel primo capitolo, corrispondono alla versione che meglio riesce a rappresentare la struttura dei dati e che viene ora presentata. Riportare nel testo, oltre alla scelta tra modelli alterativi della stessa versione, l'intero esame della struttura dei dati avrebbe reso la lettura del testo eccessivamente prolissa e articolata, rischiando di non consentire la comprensione di un procedimento già complesso. La scelta di un modello a classi latenti non è operazione semplice. Ciò è determinato principalmente dalla mancanza di indicatori di selezione efficaci (Bentler, 1980; Bergman & Trost, 2006; Collins & Lanza, 2010; Dean & Raftery, 2008; Di Franco, 1999; Hagenaars, 1998; Hagenaars & McCutcheon, 2002a, 2002b; Little, Lindenberger, & Nesselroade, 1999; Lubke & Neale, 2006; Menezes & Bartholomew, 1996; Vermunt, 2010) ed in particolare dalla struttura52 particolarmente complessa del dataset: altissimo numero di osservazioni, cospicuo numero di variabili ed alto numero di gradi di libertà del modello. Ciò nonostante, le verifiche statistiche sui modelli, nel loro complesso, sono successivamente presentate, discusse e prese in considerazione per la scelta del modello migliore, che sarà tuttavia determinata prevalentemente a partire dall’analisi degli output di poLCA, legati alla composizione delle classi latenti e alla loro etichettatura, secondo principi di capacità indicativa e parsimonia. In modo preliminare all'analisi dei modelli, sono riportate le principali sequenze delle variabili a maggiore ricorrenza nella struttura dati. L'insieme delle ricorrenze costituisce la matrice target dell'analisi delle classi latenti 53 . Riprendendo il 52 Il termine struttura si riferisce allo spazio multidimensionale risultante dalle relazioni esistenti tra le modalità delle variabili inserite a modello. 53 Si tratta di una tabella soggetto per oggetto (SxO) definita dalla matrice disgiuntiva completa (Ricolfi, 2002) delle variabili ricodificate. 93 paragone con l'analisi fattoriale, essa è equivalente alla matrice di correlazione delle variabili del modello54. Tabella 3.1 - Sequenze ricorrenti tra le variabili, ordinate per frequenza 55 c28new c31new c34new c35new c42new c43new c44new c45new c47new2 c48new observed 1 1 1 1 2 1 1 3 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 3 3 4 4 4 2 2 5 5 2 3 4 2 4 4 4 4 3 4 4 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 2 2 2 2 2 2 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 1 1 1 2 1 1 1 2 2 2 1 2 1 2 1 2 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 2 2 1 1 1 2 1 1 1 1 1 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 2 1 2 1 2 2 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 58517 14684 6977 5187 3814 3768 3719 3321 3321 2883 2855 2461 1985 1909 1735 1609 1538 1490 1450 1374 Da un punto di vista numerico, tabella 3.1., sono presenti nella prima sequenza della matrice dati, 58.517 soggetti. Essi presentano esattamente lo stesso profilo sulle variabili inserite a modello. Si tratta di lavoratori full-time con un monte orario costante compreso tra le 36 e le 40 ora settimanali, che non hanno effettuato lavoro straordinario, che non lavorano su turni, non lavorano il sabato o la domenica, né la sera o la notte, né lavorano da casa. Questi lavoratori rappresentano in modo perfetto la definizione standard di lavoratore flessibile per la prestazione. Osservando la seconda stringa, si nota che il secondo gruppo a 54 Per ragioni di spazio, sono indicate solo le prime venti stringhe. Il numero complessivo di combinazioni esistenti per il dataset Istat 2009 è 1631. 55 Il grafico è realizzato a partire dall'output poLCA$predcell e può essere richiamato successivamente all'elaborazione dell'analisi delle classi latenti. Per la definizione delle ricorrenze non costituisce rilevanza il numero di classi latenti elaborate bensì le variabili inserite a modello. 94 maggiore ricorrenza è composto in modo del tutto uguale al primo, ad eccezione della presenza di prestazioni di lavoro effettuate il sabato. Se il numero di tipi definiti dall'analisi delle classi latenti, fosse uguale al numero delle stringhe contenenti le ricorrenze, si otterrebbe una tipologia perfetta per aderenza ai dati, ma del tutto inadeguata a descrivere il fenomeno. I risultati esposti nei prossimi grafici corrispondono a modelli con un numero crescente di classi latenti. La rappresentazione grafica dei modelli consente l’individuazione delle tipologie e rende agevole il processo di etichettatura. Data la presenza di alcune variabili politomiche si è ritenuto necessario individuare, per ciascuna variabile manifesta, la modalità indicante la prestazione standard di lavoro, ovvero la negazione della flessibilità della prestazione56. Nei grafici è rappresentata, per ogni singola modalità indicante una prestazione standard, la probabilità di appartenenza alla classe latente. I valori tendenti a 0 indicano una probabilità minima di occorrenza della modalità standard all’interno della classe, ovvero identificano prestazioni flessibili di lavoro. Viceversa, i valori prossimi a 1 indicano la presenza di modalità legate a prestazioni standard di lavoro. Una volta individuato il profilo delle classi si è proceduto all'attribuzione di un etichetta. Questo metodo di avanzamento ha permesso di raggiungere una comparazione dei modelli a diverse classi latenti, tenendo presente l'obiettivo dell'analisi: identificare una tipologia della flessibilità della prestazione di lavoro in grado di aggregare i lavoratori per tipo di articolazione della prestazione. In accordo a quanto consigliato nei testi di riferimento, i modelli sono stati realizzati in ordine di complessità, aggiungendo man mano un'ulteriore classe latente. Si osservi la figura 3.1 relativa al modello a due classi latenti. Le due classi si distinguono nettamente in relazione alla probabilità che si osservino le modalità legate alla flessibilità oraria e dei giorni di lavoro (lavoro serale, notturno, sabato, domenica e turnazione). Le altre variabili del modello hanno circa la stessa probabilità di essere presenti nei due gruppi. La prima classe è 56 Analogamente al processo di definizione operativa presentato nel primo capitolo. 95 tipica dei lavoratori standard della prestazione che costituiscono la classe di riferimento della tipologia. La seconda classe identificata con la dicitura flessibili si riferisce ai lavoratori che presentano gli elementi, già citati, di flessibilità della prestazione di lavoro. Figura 3.1 Modello a due classi latenti 2 classi 0,0000 0,2500 standard flessibili 0,5000 0,7500 1,0000 La procedura di analisi a due classi non mette in evidenza distinzioni relative alla modalità full-time o part-time della prestazione di lavoro. Il dato è espressione del fatto che, in relazione alle variabili inserite a modello, la dimensione del lavoro part-time non è discriminante nell'analisi della struttura latente rispetto alle dimensioni della flessibilità legate all'organizzazione oraria e giornaliera del lavoro. Poiché l'analisi delle classi latenti opera modellizzando la struttura latente, in funzione della matrice della sequenza delle osservazioni dei lavoratori che rimane stabile, ci si attende, a seguito dell'aumento del numero di classi latenti, di pervenire ad una identificazione migliore ed in grado di consolidare le classi latenti elaborate su un numero inferiore di classi. Tuttavia non si tratta di un processo garantito che ipoteticamente potrebbe portare ad una lettura del tutto alternativa della struttura latente. 96 La descrizione qualitativa dei modelli a classi latenti viene integrata dalle frequenze relative della tavola di contingenza tra il tipo di occupazione e la tipologia di flessibilità della prestazione costruita sulla base del modello descritto attraverso l'indicazione modale di appartenenza alle classi latenti. Sono da considerarsi migliori i modelli che non registrano osservazioni numericamente marginali tra i gruppi di lavoratori e, al tempo stesso, tra i tipi di lavoratori caratterizzati da prestazioni flessibili. Tabella 3.2 Tipologia 2 e tipo di occupazione. Lei svolge: tipologia 2 classi Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co Prestazione d'opera occasionale standard 131530 2210 626 134366 flessibile 38415 169945 505 2715 245 871 39165 173531 Totale Totale La tipologia a due classi evidenzia la presenza di un gruppo di lavoratori predominante, il tipo standard, con 134.366 casi e di 39.165 lavoratori tipizzati come flessibili della prestazione. Le frequenze marginali del tipo di occupazione non evidenziano particolari anomalie o elementi inattesi. Figura 3.2 Modello a tre classi latenti 3 classi 0,0000 standard part.time 0,2500 flessibili 0,5000 0,7500 1,0000 97 Il modello a tre classi, figura 3.2, riproduce in modo atteso la distinzione tra lavoratori standard e lavoratori flessibili già osservata nel modello a due classi. La terza classe definita dal modello, gravita sulla distinzione tra part-time e full-time e sulla relativa diversificazione oraria dei lavoratori. Osservare che la struttura delle classi è qualitativamente stabile rispetto al modello a due classi, rassicura circa coerenza della matrice input nonostante essa non sia da considerare elemento necessario. Dalla tavola di contingenza, tabella 3.3, si ricava un'informazione positiva sull'identificazione delle classi. Essa non mostra categorie numericamente residuali. Poiché la tipologia è costruita sull'evidenza empirica, è necessario verificare che il costrutto latente non sia sotto-rappresentato nella matrice dati, ovvero che non proceda all'identificazione di una tipologia puramente formale. Tabella 3.3 Tipologia 3 e tipo di occupazione. Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze tipologia 3 classi Totale Collaborazione co. Prestazione d'opera e co. occasionale Totale standard 114495 1314 254 116063 part-time 20730 1018 438 22186 flessibile 34720 169945 383 2715 179 871 35282 173531 In merito alla ripartizione dei soggetti sui tre tipi di flessibilità, si osserva una corrispondenza preponderante di questi lavoratori sulla categoria dei lavoratori non flessibili per la prestazione, il tipo standard, quantificata in circa centodiecimila unità. I lavoratori appartenenti al tipo part-time risultano essere di poco superiori a ventiduemila unità, a fronte di circa trentacinquemila lavoratori flessibili. Ad un analisi attenta si può individuare il percorso di provenienza dei lavoratori definiti come part-time, ovvero della terza classe latente. Nel modello a due classi latenti, a questi lavoratori era stata attribuita prevalentemente la dicitura di standard. Infatti, aggiungendo una classe latente il numero di lavoratori standard si è ridotto da circa 134 mila a 116 mila mentre la quantificazione dei 98 lavoratori flessibili si è ridotta di circa 4 mila unità. Questa osservazione non comporta considerazioni di natura qualitativa sulla definizione della tipologia, ma è chiave nella corretta lettura dei modelli con un numero progressivo di classi latenti e consolida in modo diffuso, la comprensione della struttura dei dati analizzatis. Con la figura 3.3 si presenta il modello a quattro classi latenti. Anche per questo modello rimangono sostanzialmente stabili le probabilità relative delle classi standard, part-time e flessibili. L'azione di etichettatura viene rimodulata nei confronti dei flessibili e sostituita con l'etichetta flessibili dell'organizzazione così da rimarcare la tipicità di questi lavoratori in merito all'organizzazione temporale della propria prestazione di lavoro (sera, notte, sabato, domenica e turni). I flessibili ad alta intensità lavorativa, quarto costrutto latente, registrano una probabilità elevata sull'incidenza delle variabili relative alla quantità di lavoro prestato, monte orario elevato, molto variabile o soggetto ad variazioni positive, presenza di straordinari. Inoltre prevede, rispetto al tipo standard, probabilità superiori su tutte le variabili. L'etichetta di flessibili ad alta intensità lavorativa unifica le caratteristiche riscontrante distinguendo questa classe dai flessibili per organizzazione della prestazione. Figura 3.3 Modello a quattro classi latenti 4 classi standard 0,0000 0,2500 part.time f.alta intensità f.organizzazione 0,5000 0,7500 1,0000 99 Nonostante la separazione visiva dei flessibili ad alta intensità risulti poco evidente nella figura 3.3, la distribuzione sulle singole variabili di questo gruppo di lavoratori rende accettabile l'etichettatura 57. Per consentire una lettura esatta delle probabilità relative di ogni classe su ogni modalità delle variabili inserite a modello, viene presentata la tabella 3.4 . Tabella 3.4 Probabilità relative delle classi latenti sulle modalità58 standard part-time full-time* 0,9989 0,0974 0,9960 0,9225 part-time intenz. 0,0007 0,4357 0,0006 0,029 part-time non intenz. 0,0005 0,4668 0,0035 0,0485 da 1 a 15 0,0019 0,1745 0,0000 0,0099 da 16 a 25 0,0729 0,6095 0,0635 0,0579 da 26 a 35 0,0451 0,1991 0,0463 0,0578 da 36 a 40* 0,8266 0,0006 0,5988 0,7034 da 41 a 120 0,0474 0,0000 0,2688 0,1506 molto variabile 0,0061 0,0163 0,0227 0,0204 orario abituale* 0,9574 0,9588 0,8741 0,9291 meno del solito 0,0426 0,0211 0,0099 0,0238 più del solito 0,0000 0,0201 0,1160 0,0472 svolto straordinari: no* sì 0,9818 0,0182 0,9062 0,0938 0,7566 0,2434 0,8921 0,1079 lavora sera: no* si 0,9856 0,0144 0,9418 0,0582 0,8523 0,1477 0,0779 0,9221 lavora notte: no* si 0,9976 0,0024 0,9938 0,0062 0,9837 0,0163 0,2716 0,7284 lavora il sabato: no* si 0,8447 0,1553 0,6502 0,3498 0,3190 0,6810 0,1175 0,8825 lavora domenica: no* si 1,0000 0,0000 0,8909 0,1091 0,7781 0,2219 0,2250 0,7750 lavora su turni: no* si 0,9741 0,0259 0,8991 0,1009 0,8238 0,1762 0,2699 0,7301 0,9919 0,0081 0,5141 0,9802 0,0198 0,1418 0,9680 0,0320 0,2001 0,9712 0,0288 0,144 full-time, part-time e intenzionalità: monte orario: variabilità monte orario: lavora da casa: no* si Stima delle probabilità delle classi latenti 57 58 f. alta intensità f. organizzazione Reperibili nell'appendice nell'allegato 3. Le modalità che si riferiscono alla definizione standard sono segnate con un asterisco. 100 Tabella 3.5 Tipologia 4 e tipo di occupazione. Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze Collaborazione co. e co. Prestazione d'opera occasionale 99307 642 86 100035 21319 1054 467 22840 f. alta intensità 25352 870 217 26439 f. organizzazione 23967 169945 149 2715 101 871 24217 173531 tipologia 4 standard classi part-time Totale Totale La distribuzione tipologica sulla condizione contrattuale risulta ragionevolmente distribuita. I lavoratori non flessibili per la prestazione calano ulteriormente attestandosi a circa centomila unità; il tipo part-time rimane sostanzialmente invariato, circa ventiduemila; i flessibili dell'organizzazione diventano circa ventiquattromila a fronte di una quantificazione nel modello a tre classi latenti di trentacinquemila unità. A fare numericamente le spese dei soggetti assegnati alla nuova classe latente, i flessibili ad alta intensità, sono la classe dei lavoratori standard e quella dei lavoratori flessibili per organizzazione. In altre parole, l'introduzione di una ulteriore classe latente, permette di consolidare le classi precedentemente individuate, escludendo da esse, quella parte di lavoratori che meno si adattavano all'assegnazione precedente. Da un punto di vista numerico, la tavola di contingenza registra frequenze marginali distribuite su tutte le modalità. L'intenzione non è di verificare un'omogeneità nelle distribuzioni relative, bensì come detto, di escludere la costruzione di tipizzazioni fittizzie. Il modello a cinque classi latenti è l'ultimo modello presentato. In linea con quanto avvenuto precedentemente le classi individuate nel modello a quattro classi latenti sono confermate. La classe aggiuntiva permette di individuare la categoria dei flessibili per organizzazione part-time. Questa classe si differenza da quella parttime solo in relazione alle probabilità di prestazioni di lavoro legate alla flessibilità organizzativa (sera, notte, sabato, domenica e turni). A questo punto è legittimo aspettarsi una diminuzione delle frequenze assolute marginali della classe part-time, prevalentemente a scapito della nuova classe. 101 Figura 3.4 Modello a cinque classi latenti 5 classi standard 0,0000 part-time 0,2500 f.organizzazione, part-time f.alta intensità 0,5000 0,7500 f.organizzazione 1,0000 Effettivamente, buona parte dei circa cinquemila lavoratori flessibili per organizzazione part-time provengono intuitivamente dalla categoria part-time. Tuttavia, questa nuova classe offre meno garanzie di solidità empirica: su un base dati di circa 170.000 casi, essa rappresenta solo il 3%. Tabella 3.6 Tipologia 5 e tipo di occupazione. Lei svolge: Un lavoro alle dipendenze tipologia 5 standard classi part-time Prestazione d'opera occasionale Totale 99151 574 67 99792 18328 980 405 19713 part-time f. org. 4963 182 130 5275 f. alta intensità 24007 883 223 25113 23496 169945 96 2715 46 871 23638 173531 f. organizzazione Totale Collaborazione co. e co. Al contrario, nel modello a quattro classi latenti la categoria meno popolata rappresenta il 13% del totale. In merito a questo dato, il modello a cinque classi latenti rappresenterebbe una scelta più appetibile in ragione di una maggior diversificazione. Il modello a quattro classi latenti tuttavia garantisce maggiori tutele empiriche e di solidità statistica. In forza a quanto detto, ed in relazione alla 102 natura esplorativa dell'analisi e della tecnica di analisi, pare opportuno seguire il percorso che minimizza il rischio di costruire categorie empiricamente poco osservabili. Inoltre, la distinzione a quattro classi latenti dovrebbe consentire di esplorare soddisfacentemente la descrizione della flessibilità della prestazione di lavoro in Italia. Poiché la costruzione dei modelli a classi latenti è basata sulle effettive osservazioni della prestazione di lavoro, è ipotizzabile che già nei prossimi anni, in funzione di cambiamenti della struttura del mercato del lavoro italiano, si possano consolidare le categorie identificate magari in direzione della tipologia a cinque classi latenti. La scelta del miglior modello a classi latenti è legata unicamente alle considerazioni del ricercatore che, per quanto condivisibili, restano soggette ad interpretazione e sensibilità, in funzione del rapporto dialettico tra indicazione e parsimonia. 103 3.1.2 Identificazione e valutazione A completamento degli elementi relativi la scelta del modello, è presentata una breve analisi dei principali indicatori statistici legati alla valutazione dei modelli. Fermo restante, la poca efficacia di tali test, data la loro non determinatezza nel definire un modello accettabile o non accettabile, essi sono esposti e commentati. Il primo elemento di verifica tecnica dei modelli è la presenza e la struttura di massimi locali e massimi globali sui modelli a diverse classi latenti. I grafici permettono di valutare questo aspetto in relazione all’occorrenza numerica del massimo globale rispetto ai minimi locali identificati da poLCA su 100 tentativi di identificazione a partire da altrettanti valori iniziali casuali59. Figura 3.5 Massimo locale e massimo globale, frequenza sulla stima di cento modelli a due classi latenti. 2 CLASSI - Local and global max-likelihood ML e numero di osservazioni su 100 punti di partenza casuali -100000,0 1 5 9 13 17 21 25 29 33 37 41 45 49 53 57 61 65 69 73 77 81 85 89 93 97 0,0 -200000,0 -300000,0 -400000,0 -500000,0 -600000,0 -700000,0 -713446,2 -800000,0 -900000,0 Il risultato confermativo di una corretta procedura di stima è rappresentato da una elevata frequenza della stima ottimizzata per il modello a classi latenti. Definita la composizione di variabili manifeste e il numero di classi, è considerata migliore la stima che massimizza il rapporto di massima verosimiglianza log-lineare che rappresenta il massimo globale. Il controllo sulla frequenza di stima permette di 59 La necessità di punti di partenza multipli e casuali è stata spiegata nel secondo capitolo nel paragrafo "Massimo locale e errore standard della stima". 104 verificare la frequenza di stime legate a massimi locali ovvero l'incidenza di stime non corrette del modello, e verificare così la stabilità e l'attendibilità della stima definitiva. La figura 3.5 mostra il controllo sul modello a due classi latenti. Il grafico evidenza la presenza di due diverse stime di massima verosimiglianza loglineare rappresentate dai due picchi. Settantatre tentativi su cento dell'algoritmo di poLCA viene stimato il massimo globale pervenendo pertanto ad una corretta stima del modello a classi latenti. Di norma, la stima di un centinaio di modelli alternativi rende possibile l'identificazione corretta del modello di analisi delle classi latenti. La stabilità del modello è determinata dalla proporzione esistente tra la stima del modello migliore e il numero di tentativi. Figura 3.6 Massimo locale e massimo globale, frequenza sulla stima di cento modelli a tre classi latenti. 3 CLASSI - Local and global max-likelihood ML e numero di osservazioni su 100 punti di partenza casuali 1 5 9 13 17 21 25 29 33 37 41 45 49 53 57 61 65 69 73 77 81 85 89 93 97 0,0 -100000,0 -200000,0 -300000,0 -400000,0 -500000,0 -600000,0 -700000,0 -679293,9 -800000,0 Da quanto emerge dalla letteratura e dalle ricerche reperibili, è buona prassi considerare stabili quei modelli che presentano una frequenza di stima del massimo globale maggiore rispetto a stime legate ai massimi locali. Tuttavia, maggiore è il numero di classi latenti stimate, maggiore è la complessità della struttura latente. Ci si attende quindi di verificare un aumento dell'incidenza di massimi locali all'aumentare del numero di classi latenti stimate. La figura 3.6 conferma l'attesa, evidenziando la presenza di cinque diverse stime di massima verosimiglianza log-lineare. La frequenza del massimo globale, che 105 corrisponde a -679293,9, è verificata ottantuno volte su cento tentativi. La stima del modello a tre classi latenti risulta quindi corretta e stabile. Figura 3.7 Massimo locale e massimo globale, frequenza sulla stima di cento modelli a quattro classi latenti. 4 CLASSI - Local and global max-likelihood ML e numero di osservazioni su 100 punti di partenza casuali -100000,0 1 5 9 13 17 21 25 29 33 37 41 45 49 53 57 61 65 69 73 77 81 85 89 93 97 0,0 -200000,0 -300000,0 -400000,0 -500000,0 -600000,0 -700000,0 -669995,5 -800000,0 Analogamente si è proceduto per il modello a quattro classi latenti, figura 3.7. Pur verificando un costante aumento del numero di stime legate a massimi locali ed una riduzione rilevante della frequenza di stima del massimo globale, in quarantasette casi su cento si è pervenuto al modello che meglio massimizzava la stima di massima verosimiglianza. Pertanto, il modello a quattro classi soddisfa i criteri di correttezza e stabilità consentendone l'utilizzo per la definizione della tipologia di flessibilità della prestazione di lavoro. Il modello a cinque classi latenti, figura 3.8, presenta una numero ancora maggiore delle stime errate del rapporto di massima verosimiglianza log-lineare, vedendo ridursi a ventisette su cento il numero di stime che identificano il massimo globale. Nonostante i parametri statistici siano soddisfatti, stima del massimo globale e maggiore frequenza del massimo globale rispetto ai massimi locali, la proporzione tra stime errate e stime corrette è valutata come eccessiva ai fini di una analisi di tipo esplorativo, sia in relazione alla tecnica, sia rispetto allo studio delle dimensioni della flessibilità della prestazione di lavoro. 106 Figura 3.8 Massimo locale e massimo globale, frequenza sulla stima di cento modelli a due cinque latenti. 5 CLASSI - Local and global max-likelihood ML e numero di osservazioni su 100 punti di partenza casuali 1 5 9 13 17 21 25 29 33 37 41 45 49 53 57 61 65 69 73 77 81 85 89 93 97 0,0 -100000,0 -200000,0 -300000,0 -400000,0 -500000,0 -600000,0 -661723,5 -700000,0 -800000,0 Come già stato evidenziato contestualmente alla comparazione sostantiva dei modelli, il modello a cinque classi latenti può essere considerato il modello limite sulla struttura dati su cui sono state effettuate le analisi e per prudenza analitica, esso viene quindi scartato. In relazione all’identificazione dei modelli viene presentata, figura 3.9, la variazione della massima verosimiglianza log-lineare per i modelli da 2 a 5 classi. Figura 3.9 Stime di massima verosimiglianza log-lineare, massimi globali su modelli alternativi log-linear max-likelihood estimates -630000,0 -640000,0 -650000,0 2 3 4 5 classi -660000,0 -670000,0 -680000,0 -690000,0 -700000,0 -710000,0 -720000,0 107 Il valore di massima verosimiglianza log-lineare tende a crescere all’aumento del numero di classi latenti poiché maggiore è il numero di classi latenti considerate, minore è l’effetto di riduzione che il modello è costretto ad esercitare sulla struttura dei dati. Valutare la sola diminuzione dell'indice in termini assoluti non porta a considerazioni interessanti, al contrario, può essere utile fare attenzione all'impatto che l'aggiunta marginale di una classe ha sulla massima verosimiglianza log-lineare. Dall'analisi di questo dato, si trova indicazione di un buon rapporto tra spiegazione e parsimonia per il modello a tre e a quattro classi latenti. Tuttavia rimane un'indicazione poco restrittiva che non esclude il ricorso a modelli a cinque classi o superiori. Gli altri indicatori statistici a disposizione sono: il Chi2, il G2 e il BIC e l'AIC che sono ora presentati. Il Chi2 e il G2 indicano in senso assoluto la capacità del modello di rappresentare la struttura latente, e in senso comparativo, la relazione tra i modelli con numero diverso di classi latenti, nella variazione marginale di ogni singola classe, relativa all'aderenza con la struttura latente. E' bene ricordare che il Chi2 e il G2 sono indicatori poco efficienti in caso di modelli molto complessi con elevati gradi di libertà e quando è presente una base dati particolarmente ampia. Poiché non sono da considerarsi discriminanti nella scelta o nella verifica del modello a classi latenti, essi vengono riportati senza ulteriori commenti. Figura 3.10 - Chi2 dei modelli a classi latenti elaborati Chi2 450000,0 400000,0 350000,0 300000,0 250000,0 200000,0 150000,0 100000,0 50000,0 0,0 2 3 4 5 6 classi 108 Figura 3.11 - G2 dei i modelli a classe latenti elaborati G2 180000,0 160000,0 140000,0 120000,0 100000,0 80000,0 60000,0 40000,0 20000,0 0,0 2 3 4 5 6 classi Analogamente sono riportati i valori del AIC e del BIC che sono degli indicatori sintetici di adattamento e parsimonia. Entrambi presentano i medesimi problemi del Chi2 e del G2 poiché sono calcolati in funzione dei gradi di libertà del modello che, nell'applicazione presentata, risulta particolarmente elevata e di conseguenza, li rende appropriati solo a verificare l'impatto marginale di ogni classe aggiuntiva. Figura 3.12 - AIC e BIC dei i modelli a classe latenti elaborati AIC e BIC 1440000 1420000 1400000 1380000 1360000 1340000 1320000 1300000 1280000 1260000 1240000 2 3 4 5 6 classi AIC BIC 109 3.2 Lavoratori flessibili della prestazione L'analisi delle classi latenti, sulle variabili legate alla prestazione di lavoro dei lavoratori dipendenti subordinati e parasubordinati italiani, ha consentito di pervenire ad una tipologia di flessibilità della prestazione di lavoro. Analizzando la struttura latente, si è raggiunto il risultato di rappresentare il concetto di flessibilità della prestazione attraverso una tipologia indicante quattro tipi di lavoratori. In particolare, la tipologia proposta è costituita da: 1. I lavoratori standard, ovvero i lavoratori non flessibili per la prestazione di lavoro. 2. I lavoratori part-time, la cui caratteristica flessibile è determinata unicamente da un ridotto monte orario ed una contrattualizzazione parttime. 3. I lavoratori ad alta intensità lavorativa, caratterizzati da un numero elevato di ore lavorate, da una discreta oscillazione dell'orario di lavoro e dalla presenza ricorrente di lavoro straordinario. 4. I lavoratori flessibili per organizzazione della prestazione di lavoro, sono caratterizzati in modo determinante dall'occorrenza di prestazioni di lavoro in giorni e in orari non standard ed in relazione all'articolazione su turni delle prestazioni. In questo paragrafo conclusivo, verrà descritto il mercato del lavoro italiano in funzione della tipologia empiricamente costruita attraverso l'analisi delle classi latenti. I dati su cui sono state effettuate le analisi descrittive sono i microdati Istat 2009. In particolare sarà verificata la struttura socio-demografica dei lavoratori flessibili della prestazione e l'eventuale presenza di relazioni con la flessibilità della condizione di lavoro. Sarà quindi possibile rispondere alla domanda cognitiva che ha generato la ricerca: chi sono i flessibili della prestazione, quanti sono e in quale rapporto sono con la flessibilità dell'occupazione? 110 Per agevolare la lettura dei dati, le elaborazioni in valori assoluti sono riportate all'universo dei lavoratori subordinati e parasubordinati italiani, così da rappresentare il mercato del lavoro italiano in modo quantitativamente puntuale. I principali dati sono rappresentati graficamente, così da mettere in evidenza peculiarità o tendenze degli occupati italiani in relazione alla tipologia di flessibilità della prestazione di lavoro60. Secondo la rilevazione Istat, media 2009, i lavoratori subordinati e parasubordinati italiani sono 17.466.972 unità, di cui il 97,8% è relativo ai lavoratori dipendenti. Il 2,2% del totale, corrispondente a 385044 unità, è il numero di lavoratori parasubordinati italiani nel 2009, si tratta della somma dei lavoratori con contratti di collaborazione e dei lavoratori con contratti di prestazione d'opera occasionale. Subordinati e parasubordinati costituiscono la popolazione di riferimento dello studio realizzato sulla flessibilità della prestazione ed è solo in relazione a questi soggetti che le prossime statistiche si riferiscono. Per prima cosa si osservi la ripartizione dei lavoratori italiani sulla tipologia di flessibilità della prestazione, tabella 3.7. Quasi il 58% dei lavoratori sperimenta prestazioni di lavoro non flessibili, tipo standard. I lavoratori di tipo part-time sono 2.244.056, i flessibili ad alta intensità oraria sono 2.705.019 e i lavoratori flessibili per l'organizzazione sono 2.452.964 . Tabella 3.7 - Flessibili della prestazione, frequenze Flessibili della prestazione Frequency Percent Valid Percent standard 10064932 57,6 57,6 part-time 2244056 12,8 12,8 f. alta intensità 2705019 15,5 15,5 f. organizzazione 2452964 14,0 14,0 Total 17466972 100,0 100,0 60 Le elaborazioni statistiche e la resa grafica sono state realizzate con l'ausilio del programma SPSS. 111 Sottraendo il numero di lavoratori di tipo standard si perviene al numero di lavoratori flessibili della prestazione di lavoro in Italia nel 2009: circa sette milioni e quattrocento mila unità, corrispondenti al 42,4% del totale dei lavoratori. Figura 3.13 - Flessibili della prestazione, frequenze Indagando il genere dei lavoratori flessibili, tabella 3.8, spicca la relazione tra il tipo part-time e le donne. Circa una donna su quattro è descrivibile dalla categoria part-time della tipologia. Al contrario, essa è indicativa solo del 3,9% dei lavoratori di sesso maschile. Questo dato conferma sostanzialmente il carattere femminile dell'occupazione part-time in Italia, dato conosciuto e ampiamente mostrato dalle statistiche ufficiali. E' bene ricordare che il tipo part-time della tipologia qui proposta non è risultante dal solo elemento di contrattualizzazione part-time, bensì dall'insieme delle probabilità espresse sulle variabili considerate nell'analisi delle classi latenti precedentemente presentate. Il label part-time è stato attribuito per assegnare un'identificazione di senso a questo tipo di prestazioni di lavoro, caratterizzate prevalentemente da un monte orario lavorativo ridotto ed una sostanziale assenza di altre caratteristiche indicanti prestazioni flessibili di lavoro. 112 Tabella 3.8 - Flessibili della prestazione per genere sesso * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard Maschio V.a. % sesso Femmina V.a. % sesso Total V.a. % within sesso part-time f. alta intensità f. organiz. Total 6047458 379605 1725838 1660910 9813811 61,6% 3,9% 17,6% 16,9% 100,0% 4017474 1864452 979182 792054 7653162 52,5% 24,4% 12,8% 10,3% 100,0% 10064932 2244057 2705020 2452964 17466973 57,6% 12,8% 15,5% 14,0% 100,0% Pertanto, la categoria di flessibili part-time e i lavoratori contrattualizzati parttime non sono concettualmente sovrapponibili, pur essendo sostanzialmente simili. Figura 3.14 - Flessibili della prestazione per genere Risultano esclusi dal tipo part-time quei lavoratori che, pur indicando un occupazione part-time, fanno registrare un monte orario elevato o che sono 113 caratterizzati in modo prevalente da altre forme di lavoro flessibile della prestazione. Se, come è stato detto, le donne costituiscono quasi interamente il tipo part-time, i lavoratori maschi sono numericamente più numerosi, anche percentualmente, tra i lavoratori flessibili ad alta intensità e tra i flessibili per organizzazione delle prestazioni di lavoro. Data l'importanza della distinzione di genere, in generale nel mercato del lavoro e specificamente sulle dimensioni della flessibilità della prestazione, si cercherà, ove possibile, di rappresentarla graficamente. Nelle tabelle contenenti i valori assoluti riportati all'universo di riferimento e le percentuali marginali, al contrario, il genere è analizzato in modo aggregato così da farle risultare sintetiche ma al tempo esaustive 61. Tabella 3.9 - Flessibili della prestazione per età età * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard 15-24 25-34 65-75+ Total Total 187014 177829 180509 1175070 % età 53,6% 15,9% 15,1% 15,4% 100,0% 2431453 561910 680283 633053 4306699 56,5% 13,0% 15,8% 14,7% 100,0% 3060079 792752 855564 830963 5539358 55,2% 14,3% 15,4% 15,0% 100,0% 2773405 512028 711258 613567 4610258 60,2% 11,1% 15,4% 13,3% 100,0% 1130185 165579 262992 187584 1746340 % età 64,7% 9,5% 15,1% 10,7% 100,0% V.a. 40091 24773 17094 7288 89246 % età 44,9% 27,8% 19,2% 8,2% 100,0% 10064931 2244056 2705020 2452964 17466971 57,6% 12,8% 15,5% 14,0% 100,0% V.a. V.a. V.a. % età 55-64 f. organiz. 629718 % età 45-54 f. alta intensità V.a. % età 35-44 part-time V.a. V.a. % età 61 Quando presentate, le percentuali relative ai grafici disaggregati per genere consentono, unitamente alla lettura dei valori assoluti, di risalire al numero esatto di lavoratori flessibili nei diversi gruppi. 114 La tabella 3.9 mostra la ripartizione dei lavoratori flessibili della prestazione a seconda dell'età. Ad esclusione dei lavoratori anziani 62 , lavoratori con più di sessantacinque anni, si osserva una relazione tra anzianità e prestazioni di lavoro non flessibile. Al contrario vi è una relazione inversa per i lavoratori di tipo parttime che si riducono proporzionalmente al crescere dell'età. I lavoratori flessibili ad alta intensità lavorativa risultano il tipo di lavoratori flessibili meno differenziato relativamente alla variabile età. Al contrario, i lavoratori flessibili per organizzazione, pur in modo meno netto dei part-time, si riducono di numero nelle fasce di età più avanzate. Figura 3.15 - Flessibili della prestazione per età, uomini Disaggregando il genere, confronto delle figure 3.15 e 3.16, viene confermata la prevalenza di prestazioni part-time per le donne e la prevalenza di prestazioni ad 62 Questi sono i lavoratori in uscita dal mercato, o in tardiva uscita, e meriterebbero delle analisi specifiche sulla relazione tra prestazione di lavoro e capacità conciliative di uscita graduale dal mercato del lavoro. 115 alta intensità e prestazioni di flessibilità organizzativa per gli uomini. In particolare, al crescere dell'età diminuiscono progressivamente le donne impegnate in prestazioni flessibili per l'organizzazione. I giovanissimi, 15-24 anni presentano, nel confronto tra generi, similarità maggiori di quanto avvenga considerando le altre fasce di età. Infatti, pur essendo presente un'evidente distinzione legata al part-time, i restanti due tipi di prestazioni flessibili della prestazione sono in percentuale equiparabili. Figura 3.16 - Flessibili della prestazione per età, donne Per concludere, la ripartizione tra le classi di età mostra una presenza maggiore di lavoratori part-time e di lavoratori flessibili per organizzazione sulle generazioni più giovani. Questa relazione persiste anche considerando distintamente uomini e donne. Diversamente, alla maturità anagrafica e quindi professionale, si associano più frequentemente prestazioni ad alta intensità. Analogamente si considera il titolo di studio, tabella 3.10. Si è ritenuto importante analizzare la variabile titolo di studio previa ricodifica in quattro macro categorie, 116 corrispondenti ai quattro titoli di studio principali. La categoria "laurea triennale", nonostante il ridotto numero di soggetti, circa cinquecentomila, viene considerata separatamente così da permettere la verifica di eventuali differenze rispetto ai lavoratori con titoli di studio più elevati. I lavoratori con titolo di laurea triennale, data la recente creazione di tale titolo, sono sostanzialmente giovani che, come è stato già mostrato, presentano una elevata flessibilità della prestazione, in particolare di quella di tipo organizzativo. Tabella 3.10 - Flessibili della prestazione per titolo di studio titolo di studio * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard part-time f. alta intensità f. organiz. Total licenza media o inferiore V.a. licenza media superiore V.a. % titolo di studio 58,4% 13,1% 14,7% 13,8% 100,0% laurea triennale V.a. 258591 71895 72282 124865 527633 % titolo di studio 49,0% 13,6% 13,7% 23,7% 100,0% 1515060 227341 412908 260700 2416009 62,7% 9,4% 17,1% 10,8% 100,0% laurea specialistica o superiore Total % titolo di studio V.a. % titolo di studio V.a. % titolo di studio 3402216 843502 987412 912275 6145405 55,4% 13,7% 16,1% 14,8% 100,0% 1232417 1155124 8377926 4889066 1101319 10064933 2244057 57,6% 12,8% 2705019 2452964 17466973 15,5% 14,0% 100,0% I lavoratori laureati triennali presentano un elevato grado di flessibilità della prestazione. Solo un lavoratore su due è definito come lavoratore standard (49%). Inoltre, a fare la differenza nella composizione di questi lavoratori è una diffusa presenza di prestazioni di lavoro flessibile di tipo organizzativo. Questo dato sembra legato prevalentemente alla presenza di giovani lavoratori, o giovani studenti-lavoratori, che hanno occupazioni saltuarie o periodiche, ad esempio di lavoro festivo nei call centre o nei supermercati; o in relazione a lavori notturni in locali ricreativi.63 63 Uno studio specifico della relazione tra titolo di studio e flessibilità della prestazione di lavoro è consigliabile e di sicuro interesse. 117 In relazione ai titoli di studio più diffusi, vi è una stabilità dei lavoratori standard per gli uomini a fronte di un aumento del titolo di studio per le donne. In particolare, i lavoratori di sesso maschile registrano una maggiore frequenza di prestazioni ad alta intensità lavorativa in relazione ai titoli di studio più elevati e una diminuzione di prestazioni flessibili dell'organizzazione. Figura 3.17 - Flessibili della prestazione per titolo di studio, uomini Rispetto a questi due tipi di flessibilità della prestazione, sulle lavoratrici si osserva la medesima tendenza oltre ad una diminuzione considerevole della presenza di prestazioni part-time per i titoli di studio superiori. Le donne laureate garantiscono prestazioni più frequentemente standard e ad alta intensità oraria, ed in modo minore, prestazioni di tipo part-time e ad alta flessibilità organizzativa. 118 Figura 3.18 - Flessibili della prestazione per titolo di studio, donne La ripartizione territoriale dei flessibili della prestazione costituisce un ulteriore elemento attraverso il quale descrivere i lavoratori italiani. Si ricordi che i dati presentati si riferiscono alla sola forza occupata con forme di lavoro subordinato o parasubordinato. Non sono quindi presenti gli imprenditori e gli altri lavoratori aventi forme di impiego indipendente. Da quanto emerge dalla tabella 3.11, il centro-nord è caratterizzato da una minor presenza di prestazioni flessibili rispetto al sud e alle isole. In particolare è il sud Italia che presenta un'incidenza percentuale maggiore di prestazioni organizzate in modo flessibile, 16,3% a fronte dell'equivalente 12,9% del nord-est. Simile struttura è osservata rispetto ai lavoratori ad alta intensità: 16,6% al sud contro 14,7% nel nord-est. 119 Tabella 3.11 - Flessibili della prestazione per titolo area geografica ripartizione geografica in 5 classi * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard Nord ovest V.a. Total Total 779662 695661 5257886 58,6% 13,3% 14,8% 13,2% 100,0% 2295537 501163 569716 500499 3866915 59,4% 13,0% 14,7% 12,9% 100,0% 2080295 490890 587007 499373 3657565 56,9% 13,4% 16,0% 13,7% 100,0% 1762880 338030 521236 512492 3134638 % ripartizione geografica in 5 classi 56,2% 10,8% 16,6% 16,3% 100,0% V.a. 845307 212324 247398 244939 1549968 % ripartizione geografica in 5 classi 54,5% 13,7% 16,0% 15,8% 100,0% % ripartizione geografica in 5 classi V.a. % ripartizione geografica in 5 classi Isole f. organiz. 701650 % ripartizione geografica in 5 classi Sud f. alta intensità 3080913 Nord est V.a. Centro part-time V.a. V.a. % ripartizione geografica in 5 classi 10064932 2244057 57,6% 12,8% 2705019 2452964 17466972 15,5% 14,0% 100,0% In modo opposto si registrano le prestazioni di tipo part-time, ridotte al sud e più diffuse nel centro-nord e nelle isole. Questi elementi risultano poco comprensibili in prima istanza e individuano un terreno fertile per ulteriore ricerche. La retorica diffusa che identifica i lavoratori del nord come lavoratori ad elevata intensità, in contrasto con quelli del centro-sud, non solo non è confermata da questi dati, ma viene del tutto disattesa rispetto ai lavoratori considerati. Certamente, lo strumento proposto, ed in modo particolare le analisi qui condotte, non consentono una comprensione esauriente della relazione tra la flessibilità della prestazione e la ripartizione territoriale, ma permettono di produrre alcune sollecitazioni analitiche. La distinzione tra uomini e donne conferma ulteriormente quanto detto, figure 3.19 e 3.20. 120 Figura 3.19 - Flessibili della prestazione per area geografica, uomini Figura 3.20 - Flessibili della prestazione per area geografica, donne 121 La tabella 3.12 esplora la ripartizione delle forme di flessibilità della prestazione tra i cittadini nati in Italia e i cittadini nati all'estero. Più della metà dei lavoratori di origine straniera realizza prestazioni di lavoro flessibili rispetto a circa il 42% dei lavoratori nati in Italia. La distinzione percentualmente maggiore è legata alle prestazioni part-time con una differenza di circa sei punti percentuale. Tabella 3.12 - Flessibili della prestazione per cittadinanza E' nato in Italia o all'estero? * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard In Italia V.a. % è nato All'estero V.a. % è nato Total V.a. % è nato part-time f. alta intensità f. organiz. Total 9033136 1866783 2364185 2134074 15398178 58,7% 12,1% 15,4% 13,9% 100,0% 1031796 377273 340834 318890 2068793 49,9% 18,2% 16,5% 15,4% 100,0% 10064932 2244056 2705019 2452964 17466971 57,6% 12,8% 15,5% 14,0% 100,0% Analizzando il dato disaggregato per genere, emergono interessanti differenze tra i lavoratori italiani e quelli di origine straniera. Figura 3.21 - Flessibili della prestazione per cittadinanza, uomini e donne 122 Infatti, i lavoratori nati all'estero non si discostano molto dai loro colleghi italiani. Al contrario, è la componente femminile a fare la differenza rispetto al luogo di nascita. Le donne straniere presentano un'incidenza minima delle prestazioni standard, 36,04%, essendo per il 33,88% dei casi occupate in prestazioni di tipo part-time. Altro dato rilevante è la presenza maggiore tra le donne straniere di prestazioni flessibili per organizzazione 15,73% contro il relativo 9,61% delle lavoratrici nate in Italia. La posizione nella professione, tabella 3.13, descrive la relazione tra la flessibilità della prestazione e la posizione professionale. Tabella 3.13 - Flessibili della prestazione per posizione nella professione Posizione nella professione dettagliata * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard Dirigente part-time f. alta intensità f. organiz. Total V.a. 224296 7157 121758 107702 460913 % professione 48,7% 1,6% 26,4% 23,4% 100,0% V.a. 784153 52418 226554 132321 1195446 % professione 65,6% 4,4% 19,0% 11,1% 100,0% 4543805 874923 920619 929128 7268475 62,5% 12,0% 12,7% 12,8% 100,0% 4282717 1130294 1287636 1236870 7937517 % professione 54,0% 14,2% 16,2% 15,6% 100,0% V.a. 144344 24221 25425 18151 212141 % professione 68,0% 11,4% 12,0% 8,6% 100,0% Lavoratore presso il V.a. proprio domicilio % professione per un'impresa 2638 2512 1603 681 7434 35,5% 33,8% 21,6% 9,2% 100,0% V.a. 74675 103812 100134 17395 296016 % professione 25,2% 35,1% 33,8% 5,9% 100,0% Prestazione di opera V.a. occasionale % professione 8303 48719 21290 10716 89028 9,3% 54,7% 23,9% 12,0% 100,0% 10064931 2244056 2705019 2452964 17466970 57,6% 12,8% 15,5% 14,0% 100,0% Quadro Impiegato V.a. % professione Operaio Apprendista Collaborazione coordinata e continuativa Total V.a. V.a. % professione 123 Per le posizioni dirigenziali si osservano, come atteso, prestazioni part-time estremamente ridotte percentualmente e prestazioni non flessibili limitate. Circa un dirigente su quattro presenta prestazioni ad alta intensità lavorativa e per il 23,4% prestazioni di lavoro in giorni e orari non standard. Operai ed impiegati rappresentano, in numeri assoluti, la maggioranza dei lavoratori italiani dipendenti. I primi registrano, complessivamente, una maggiore ricorrenza di prestazioni flessibili rispetto agli impiegati, ed in modo particolare rispetto alle prestazioni di flessibilità organizzativa e ad alta intensità oraria. La categoria dei quadri si posiziona, coerentemente alla propria natura tecnocratica, in modo intermedio alle professioni dirigenziali e a quelle impiegatizie. Figura 3.22 - Flessibili della prestazione per posizione nella professione, uomini e donne 124 La distinzione di genere, figura 3.22, conferma le tendenze finora commentate e permette di fare alcune precisazioni sui lavoratori parasubordinati. Le differenze relative al genere sono notevolmente ridotte su questo gruppo. Esse evidenziano quanto la natura del contratto sia determinante, specie in relazione a prestazioni di tipo part-time. Tabella 3.14 - Flessibili della prestazione per attività produttive Ateco a 12 classi * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione f. alta standard part-time intensità f. organiz. Total Agricoltura, caccia e pesca V.a. 244087 35893 107591 24155 411726 % ateco 59,3% 8,7% 26,1% 5,9% 100,0% Industria dell'energia V.a. 120008 5771 25600 30428 181807 % ateco 66,0% 3,2% 14,1% 16,7% 100,0% 2767216 219079 520431 428637 3935363 Industria della trasformazione V.a. % ateco 70,3% 5,6% 13,2% 10,9% 100,0% Industria delle costruzioni V.a. 993838 61624 131580 22795 1209837 % ateco 82,1% 5,1% 10,9% 1,9% 100,0% Commercio V.a. 1040706 357047 483370 173289 2054412 % ateco 50,7% 17,4% 23,5% 8,4% 100,0% V.a. 107251 181011 155449 348728 792439 % ateco 13,5% 22,8% 19,6% 44,0% 100,0% Trasporti e comunicazioni V.a. 517613 62149 191951 277417 1049130 % ateco 49,3% 5,9% 18,3% 26,4% 100,0% Intermediaz. monet. e finanz. V.a. 477690 67419 86521 10406 642036 % ateco 74,4% 10,5% 13,5% 1,6% 100,0% Servizi alle imprese V.a. 822782 367953 201621 127791 1520147 % ateco 54,1% 24,2% 13,3% 8,4% 100,0% V.a. 818479 81698 197657 336931 1434765 % ateco 57,0% 5,7% 13,8% 23,5% 100,0% Istruzione, sanità ed altri V.a. servizi sociali % ateco 1678846 357588 399132 521703 2957269 56,8% 12,1% 13,5% 17,6% 100,0% V.a. 476416 446824 204118 150685 1278043 % ateco 37,3% 35,0% 16,0% 11,8% 100,0% Alberghi e ristoranti Pub. amm., difesa, assicuraz. sociali altri servizi pubblici, sociali e alle persone Total V.a. % ateco 10064932 2244056 57,6% 12,8% 2705021 2452965 17466974 15,5% 14,0% 100,0% 125 La ripartizione delle prestazioni flessibili sull'attività economica è presentata, in modo completo, nella tabella 3.14. Il commento viene limitato al confronto dei tre settori a maggior rilevanza in termini di presenza assoluta di lavoratori 64. L'industria della trasformazione registra in termini percentuali una ridotta occorrenza di prestazioni flessibili, circa il 30% totale, composte in prevalenza da prestazioni ad alta intensità, 13,2% e da prestazioni di flessibilità organizzativa 10,9%. Le prestazioni di tipo part-time sono, in questo settore economico, residuali. Diversa è la composizione delle prestazioni dei lavoratori del commercio che, in relazione alla natura del proprio settore, vede un'incidenza percentuale superiore del tipo part-time 17,4% e delle prestazioni ad elevata intensità, 23,5%. Il settore istruzione, sanità e servizi sociali presenta una distribuzione media delle prestazioni di lavoro in termini di flessibilità, evidenziando la propria l'eterogeneità interna. Un'ulteriore prospettiva di analisi è offerta dalla professione, tabella 3.15. Il confronto tra professioni intellettuali e professioni tecniche registra su queste ultime una maggiore propensione verso prestazioni flessibili di tipo part-time e, per contro, una ridotta presenza di prestazioni ad alta intensità e di prestazioni flessibili per organizzazione. Per i legislatori e i dirigenti continua a valere il commento già esposto. Il confronto tra professioni qualificate e non qualificate mostra come su queste ultime vi sia un minore impatto della flessibilità organizzativa e delle prestazioni flessibili ad alta intensità oraria. Al contrario essi presentano una maggiore ricorrenza del tipo standard ed una più alta incidenza di prestazioni di tipo parttime. 64 Nella tabella sono evidenziati in grigio. 126 Il confronto tra operai specializzati, inclusi gli artigiani, e operai semi-qualificati, mostra una differenza percentualmente rilevante sia rispetto al tipo standard, 18,1%, che in relazione alla flessibilità organizzativa, 20,4%. Tabella 3.15 - Flessibili della prestazione per professione professione a 1 digit attività principale * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard Legislatori, dirigenti e imprenditori V.a. Professioni intellettuali V.a. Professioni tecniche V.a. Impiegati V.a. % attività principale % attività principale % attività principale % attività principale part-time f. alta intensità f. organiz. Total 191054 6819 104452 46408 348733 54,8% 2,0% 30,0% 13,3% 100,0% 1005721 138324 280566 192523 1617134 62,2% 8,6% 17,3% 11,9% 100,0% 2466826 394120 519200 407366 3787512 65,1% 10,4% 13,7% 10,8% 100,0% 1676842 390849 248606 148189 2464486 68,0% 15,9% 10,1% 6,0% 100,0% 728831 519480 545537 746076 2539924 28,7% 20,5% 21,5% 29,4% 100,0% 2084242 196977 381037 192113 2854369 73,0% 6,9% 13,3% 6,7% 100,0% 906759 55588 267434 418512 1648293 55,0% 3,4% 16,2% 25,4% 100,0% 914954 541731 323739 175582 1956006 Professioni qualificate V.a. Artigiani, operai specializzati e agricoltori V.a. Conduttori impianti/operai semiqual. V.a. Professioni non qualificate V.a. % attività principale 46,8% 27,7% 16,6% 9,0% 100,0% Forze armate V.a. 89705 169 34449 126195 250518 % t attività principale 35,8% ,1% 13,8% 50,4% 100,0% 10064934 2244057 2705020 2452964 17466975 57,6% 12,8% 15,5% 14,0% 100,0% Total % attività principale % attività principale % attività principale V.a. % attività principale Il dato sulle forze armate descrive una categoria di lavoratori che opera con prestazioni decisamente flessibili per organizzazione. Più di un lavoratore su due è incluso in questo tipo di flessibilità della prestazione. Per concludere, la figura 127 3.23 permette di comprendere graficamente la eterogeneità delle prestazioni a seconda delle professioni tenendo conto del genere. Figura 3.23 - Flessibili della prestazione per professione disaggregato per genere Per quanto riguarda il reddito, vi è l'attesa di vedere maggiori i salari per gli occupati che sperimentano prestazioni flessibili per organizzazione o ad alta intensità oraria. Al contrario sono attesi salari proporzionalmente ridotti per i lavoratori di tipo part-time, ovvero a bassa intensità oraria. La tabella 3.16, e meglio ancora il grafico 3.24, mostrano una parziale conferma di quanto immaginato. Dalla distinzione tra generi emerge tuttavia, che la presenza di prestazioni di tipo part-time sia associata a salari minori per entrambi i sessi ma che, in relazione alle lavoratrici, ciò possa valere anche in relazione a salari maggiori. Inoltre è particolarmente ridotta la percentuale di donne di tipo standard a cui è associato un salario minore di seicento euro netti mensili. 128 Tabella 3.16 - Flessibili della prestazione per reddito reddito * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard fino a 600 euro V.a. part-time f. alta intensità f. organiz. Total 445339 967850 123338 137144 1673671 26,6% 57,8% 7,4% 8,2% 100,0% 2135272 866884 544532 452976 3999664 % reddito 53,4% 21,7% 13,6% 11,3% 100,0% da 1001 a 1300 V.a. euro % reddito 3723270 176465 868070 759949 5527754 67,4% 3,2% 15,7% 13,7% 100,0% da 1301 a 1800 V.a. euro % reddito 2714840 67955 682766 761503 4227064 64,2% 1,6% 16,2% 18,0% 100,0% da 1801 a 2500 V.a. euro % reddito 750730 10481 250722 208124 1220057 61,5% ,9% 20,6% 17,1% 100,0% da 2501 a 3000+ euro 212502 1891 114166 105157 433716 % reddito da 601 a 1000 euro Total V.a. V.a. % reddito V.a. % reddito 49,0% ,4% 26,3% 24,2% 100,0% 9981953 2091526 2583594 2424853 17081926 58,4% 12,2% 15,1% 14,2% 100,0% Figura 3.24 - Flessibili della prestazione per reddito, uomini e donne 129 Il salario medio associato ai tipi di prestazione flessibile è presentato nella figura 3.25. La relazione esaminata è tra il salario medio e il tipo di flessibilità della prestazione. Il grafico non permette di fare un raffronto dei salari medi tra i generi poiché non tiene conto delle variabili intervenienti. A livello descrittivo si osservi che, mentre il salario medio dei lavoratori di sesso maschile è maggiore di circa cento euro per i lavoratori flessibili per organizzazione e per quelli ad alta intensità oraria, la stessa cosa non si verifica per le colleghe donne. Mediamente le donne di tipo standard sono pagate di più delle colleghe flessibili. Figura 3.25 - Flessibili della prestazione per reddito, media per genere della retribuzione netta mensile A conclusione della descrizione dei lavoratori flessibili della prestazione presenti nel mercato del lavoro italiano nel 2009 viene analizzata la diversa composizione dei flessibili sulla durata contrattuale. Quest'ultima analisi permetterà di 130 rispondere sul merito della relazione tra flessibilità dell'occupazione e flessibilità della prestazione. Le due facce della flessibilità sono associate tra loro? In primo luogo, si osservi il dato descrittivo della tabella 3.17 . Tabella 3.17 - Flessibili della prestazione per flessibilità dell'occupazione Contratti indeterminati e a termine * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard Tempo indeterminato V.a A termine V.a % durata % durata Total V.a % durata part-time f. alta intensità f. organiz. Total 8969920 1733524 2306751 2137882 15148077 59,2% 11,4% 15,2% 14,1% 100,0% 1095012 510533 398268 315082 2318895 47,2% 22,0% 17,2% 13,6% 100,0% 10064932 2244057 2705019 2452964 17466972 57,6% 12,8% 15,5% 14,0% 100,0% I lavoratori flessibili a termine presentano un'incidenza minore di prestazioni di tipo standard di 12 punti percentuali: rispettivamente 47,2% e 59,2%. I flessibili di tipo part-time sono l'11,4% dei lavoratori a tempo indeterminato contro il 22% dei lavoratori con contratti a termine. Stessa tendenza vale anche per i lavoratori ad alta intensità che sono proporzionalmente più numerosi tra i lavoratori a termine, 17,2% contro il 15,2% dei lavoratori a tempo indeterminato. L'unica eccezione è, considerando in modo aggregato il genere, relativa alle prestazioni flessibili per organizzazione. Esse registrano un'incidenza maggiore , seppur lieve, tra i lavoratori a tempo indeterminato. In generale, considerando in modo aggregato uomini e donne, i lavoratori a tempo indeterminato si differenziano dai lavoratori flessibili per l'occupazione in ragione di una minore occorrenza di prestazioni di tipo part-time ed di prestazioni alta intensità. Inoltre sono caratterizzati per una maggiore presenza di prestazioni non flessibili. In relazione alla distinzione di genere, sono due le osservazioni: la prima riguarda l'incidenza dei contratti a termine, che è maggiore per le donne. La seconda, è una diversa relazione tra i generi nell'associazione tra i due tipi di flessibilità, figura 131 3.26 . Come si può vedere, mentre la percentuale di donne di tipo part-time con contratti a termine è alta ma in linea con gli altri tipi di flessibilità della prestazione, la percentuale relativa agli uomini è, anche visivamente, molto maggiore, 34,54% . Gli elementi descrittivi commentati sembrano indicare la presenza di una relazione tra le flessibilità del lavoro, di cui sarà necessario verificarne la significatività statistica. Figura 3.26 - Flessibili dell'occupazione nei tipi di flessibilità della prestazione disaggregati per genere A completamento descrittivo della relazione in esame si osservi della tabella 3.18, e figura 3,27 attraverso cui si descrive la durata contrattuale a seconda all'appartenenza ai diversi tipi di lavoratori flessibili per la prestazione. 132 Tabella 3.18 - Flessibili della prestazione per durata del contratto Durata del contratto * Flessibili della prestazione Crosstabulation Flessibili della prestazione standard Da 0 a 2 mesi Da 3 a 4 mesi Da 5 a 6 mesi Da 7 a 11 mesi Da 12 a 18 mesi Da 19 a 36 mesi Da 37 a 120 mesi f. alta intensità f. organiz. Total V.a. 77606 59405 32722 34443 204176 % durata 38,0% 29,1% 16,0% 16,9% 100,0% V.a. 117599 64598 52453 53878 288528 % durata 40,8% 22,4% 18,2% 18,7% 100,0% V.a. 168924 79605 74556 62375 385460 % durata 43,8% 20,7% 19,3% 16,2% 100,0% V.a. 135426 93862 46773 32455 308516 % durata 43,9% 30,4% 15,2% 10,5% 100,0% V.a. 318879 145110 117508 74035 655532 % durata 48,6% 22,1% 17,9% 11,3% 100,0% V.a. 150571 39725 41648 33682 265626 % durata 56,7% 15,0% 15,7% 12,7% 100,0% V.a. 126009 28228 32607 24215 211059 % durata Total part-time V.a. % durata 59,7% 13,4% 15,4% 11,5% 100,0% 1095014 510533 398267 315083 2318897 47,2% 22,0% 17,2% 13,6% 100,0% Le frequenza di prestazioni di tipo standard varia in modo considerevole a seconda del numero di mesi di lavoro pattuiti per contratto. Infatti, mentre per il lavoro a breve e brevissima durata il tipo standard è rappresentativo di circa il 40% dei lavoratori, per i contratti che superano l'anno e mezzo di lavoro, esso supera ampiamente il 55%. Una netta tendenza si verifica anche in relazione alle prestazioni flessibili per organizzazione e di tipo part-time, le cui frequenze si riducono costantemente in ordine alla maggior durata contrattuale. La frequenza dei lavoratori soggetti a prestazioni di lavoro ad alta intensità non sembra offrire chiavi di lettura altrettanto nette. 133 Figura 3.27 - Flessibili della prestazione per durata contrattuale disaggregati per genere In considerazione alle caratteristiche del mercato del lavoro, ed in particolare del dataset utilizzato, non si è ritenuta metodologicamente affidabile la verifica della relazione tra flessibilità della prestazione e flessibilità della condizione attraverso il solo uso della distinzione di genere. L'enorme numero di casi su cui testare la significatività della relazione ha effeti noti sul test del chi2 e su tutti i test di associazione da esso derivati. Si è pertanto ritenuto indispensabile, sia per una maggiore correttezza analitica sia in ragione dell'affidabilità degli strumenti di analisi, procedere con l'utilizzo della regressione logistica binomiale65. Il modello di regressione è quindi usato in termini di verifica causale e non a fini predittivi. La variabile dipendente corrisponde alla tipologia di flessibilità della prestazione. La variabile indipendente "Durata del contratto", a due modalità, 65 All'interno dell'appendice sono messi a disposizione gli output di SPSS per il modello di regressione. 134 rappresenta la variabile indipendente. Le variabili del genere, del luogo di nascita, del titolo di studio e dell'età, sono inserite nel modello con funzione di variabili i controllo. Tabella 3.19 - Regressione logistica multinomiale, la relazione tra flessibilità della prestazione e flessibilità dell'occupazione, controllata per genere, luogo di nascita, titolo di studio ed età. PART-TIME rispetto a STANDARD Intercept Dura ta del contra tto T.indeterminato A termine Genere Uomini Donne Nati in Italia Na scita Titolo di studio Nati all'estero Fino a medie inferiori B Std. Error 1,349 ,089 -,796 ,021 b 0 -2,091 0b -,395 0b ,962 Sig. ,000 ,000 Exp(B) ,451 . . . ,019 ,000 ,124 . . . ,024 ,000 ,674 . . . ,027 ,000 2,616 Diploma superiore ,605 ,026 ,000 1,831 Laurea triennale ,386 ,050 ,000 1,471 0b -1,662 . . . 15-24 anni ,087 ,000 ,190 25-34 anni -1,682 ,084 ,000 ,186 35-44 anni -1,514 ,083 ,000 ,220 45-54 anni -1,903 ,084 ,000 ,149 55-64 anni -2,060 ,086 ,000 ,127 65-75 + 0b . . . ALTA INTENSITA ORARIA rispetto a STANDARD B Std. Error Intercept -,511 ,093 Dura ta del contra tto T.indeterminato -,345 ,021 0b A termine . Sig. ,000 ,000 . Laurea specialistica Età Genere Uomini Titolo di studio ,015 ,000 1,150 0b . . . Nati in Italia -,211 ,023 ,000 ,810 Nati all'estero 0b . . . Fino a medie inferiori Diploma superiore Laurea triennale Laurea specialistica Età ,708 . ,140 Donne Na scita Exp(B) 15-24 anni 25-34 anni 35-44 anni 45-54 anni 55-64 anni 65-75 + ,039 ,022 ,071 1,040 -,085 ,021 ,000 ,919 ,024 ,047 ,603 1,025 0b . . . -,435 -,353 -,339 -,419 -,509 ,092 ,089 ,088 ,088 ,090 . ,000 ,000 ,000 ,000 ,000 . ,647 ,702 ,712 ,658 ,601 . 0b SEGUE 135 F. ORGANIZZAZIONE rispetto a STANDARD B Std. Error Intercept -1,691 ,118 Dura ta del contra tto T.indeterminato -,171 ,023 0b A termine . Uomini ,317 ,015 Genere 0b Donne . Nati in Italia -,253 ,023 Na scita 0b Nati all'estero . Titolo di studio Fino a medie inferiori ,355 ,025 Diploma superiore ,258 ,024 Laurea triennale 1,052 ,041 0b Laurea specialistica . Età 15-24 anni ,196 ,117 25-34 anni ,182 ,115 35-44 anni ,319 ,114 45-54 anni ,087 ,114 55-64 anni -,193 ,116 0b 65-75 + . Sig. ,000 ,000 . ,000 . ,000 . ,000 ,000 ,000 . ,093 ,111 ,005 ,447 ,096 . Exp(B) ,843 . 1,373 . ,777 . 1,427 1,294 2,862 . 1,217 1,200 1,375 1,091 ,824 . Nota: la variabile dipendente "tipologia della flessibilità della prestazione" ha come riferimento la categoria standard. La lettera b indica che il parametro è posto a 0 per evitare effetti di ridondanza. L'R2 di Nagelkerke indica che il modello di regressione spiega il 13,7% della varianza. Il calcoli sono stati realizzati su 173531 casi. L'indice di bontà dell'adattamento di Pearson è significativo con P-value=0,000. L'ipotesi causale della durata contrattuale sulla flessibilità della prestazione di lavoro viene confermata su tutti e tre i tipi di flessibilità. Infatti, mantenendo costanti le variabili di controllo, vi è una probabilità minore, beta -0,796 per i lavoratori di tipo part-time di avere contratti a tempo indeterminato rispetto ai lavoratori di tipo standard. Per i lavoratori ad alta intensità vi è una probabilità minore di avere contratti a tempo indeterminato, beta -0,511, rispetto ai lavoratori standard. Analoga condizione è appurata per i lavoratori flessibili per organizzazione della prestazione, beta -0,171. E' dunque verificata la relazione positiva tra flessibilità della condizione e flessibilità della prestazione. In merito alla direzione causale è necessario un commento. La flessibilità della prestazione non è necessariamente da considerare come variabile dipendente. Infatti rimane da esplorare la relazione di causalità tra i due tipi di flessibilità. L'intenzione dell'analisi effettuata è da considerarsi in relazione alla sola verifica della relazione tra le due flessibilità in termini di associazione positiva. 136 Conclusioni Il lavoro di tesi è stato condotto alla luce di alcune sollecitazioni teoriche relative allo studio della flessibilità del lavoro. Innanzitutto si è ritenuto interessante indagare il fenomeno della prestazione di lavoro, quale elemento centrale per l’organizzazione della vita quotidiana dei lavoratori e delle loro famiglie. Con prestazione di lavoro si è inteso l'insieme di quelle caratteristiche che regolano le modalità temporali di svolgimento dell’attività lavorativa. Il focus dell’analisi è stato quindi posto sulle prestazioni flessibili di lavoro in relazione alle pratiche effettivamente osservate nel corso delle attività dei lavoratori. Da un punto di vista teorico, le ricerche prodotte negli ultimi anni sulla flessibilità, si sono soffermate prevalentemente su quella che è stata definita la flessibilità dell'occupazione, ovvero le atipicità legate a forme contrattuali diverse dal contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Gli studi delle pratiche della flessibilità della prestazione si sono spesso limitati all'analisi delle prestazioni part-time o degli orari del lavoro. Elemento centrale dell'analisi svolta è stata l’esplorazione approfondita del tema della flessibilità della prestazione, complessivamente intesa, ovvero analizzando le diverse forme in cui si articolano le prestazioni di lavoro flessibili, così da comprendere la natura e le forme che assumono nel mercato del lavoro italiano. La domanda cognitiva ha quindi riguardato la natura e le forme di flessibilità della prestazione di lavoro. A completamento dello studio sulla flessibilità della prestazione si è proceduto alla verifica della relazione tra la questo tipo di flessibilità e la flessibilità dell'occupazione. Il dataset Istat della rilevazione delle forze di lavoro 2009 ha consentito di realizzare le analisi necessarie per rispondere agli interrogativi posti. Da un punto di vista metodologico, la realizzazione di un'indagine coerente a questi presupposti, ha richiesto un approccio metodologico specifico. Per poter descrivere la flessibilità della prestazione si è dovuto procedere innanzitutto alla 137 definizione di una tipologia che rappresentasse i diversi tipi di lavoratori caratterizzati da elementi di flessibilità della prestazione. Per la definizione della tipologia si è ritenuto più appropriato procedere secondo il metodo induttivo, persons oriented, piuttosto che per mezzo del metodo deduttivo, theory oriented. Il migliore strumento statistico individuato a tale scopo è a latent class analysis. L'analisi delle classi latenti (LCA), è un metodo statistico di analisi della struttura latente che permette di individuare dei gruppi omogenei di casi, le classi latenti, a partire dalla sequenza delle osservazioni di tipo qualitativo, ovvero inserendo come variabili manifeste variabili di scala nominale. Il metodo individuato non è molto diffuso in Italia ma presenta interessanti applicazioni nella definizione di tipologie esplorative di tipo empirico. Il software statistico utilizzato per l'analisi delle classi latenti è il pacchetto poLCA dell'applicativo R. Entrando nel merito dell'analisi, le variabili manifeste sono state ricodificate in modo da consentire l'operativizzazione delle dimensione della flessibilità. La ricodifica è avvenuta in accordo con la necessità di individuare, per ogni singola variabile manifesta legata alla prestazione di lavoro, la dimensione standard e la dimensione flessibile. Le operazioni di ricodifica delle variabili manifeste e le analisi sul mercato del lavoro italiano sono state realizzate con SPSS. Teoricamente, la flessibilità della prestazione di lavoro è stata definita, nel suo insieme, per contrasto con la definizione di lavoratore standard. E' prestazione standard, o prestazione di lavoro non flessibile, quella prestazione che presenta: un monte orario full-time, con orario di lavoro costante, compreso tra trentasei e quaranta ore settimanali, non serale o notturno, non festivo o di sabato, esente da turni di lavoro. In relazione alla presenza di proprietà non rilevabili, o non rilevate, dall’ISTAT su una parte degli occupati italiani, l'intera analisi del lavoro è stata realizzata sui soli lavoratori subordinati e parasubordinati italiani. L'analisi ha portato alla definizione di una tipologia costituita da quattro tipi di lavoratori che sono stati successivamente identificati secondo le caratteristiche di presenza o assenza dei tratti tipici della prestazione standard. Il numero delle classi latenti è stato definito in relazione alle indicazioni offerte dagli indicatori 138 statistici del modello e, in modo particolare, in relazione alle dimensioni di parsimonia ed indicazione che i modelli, a diverso numero di classi latenti, presentavano. Le classi latenti sono successivamente state etichettate in modo da consentirne l'utilizzo analitico. I quattro tipi della tipologia sono: il tipo standard, o tipo non flessibile, che identifica i soggetti con un probabilità elevata di non presentare nessuno dei caratteri definiti come flessibili; il tipo part-time, caratterizzato in modo flessibile per la probabilità di essere contrattualmente part-time ed avere un monte orario ridotto; il tipo ad alta intensità lavorativa che, in modo opposto al tipo part-time, presenta un'alta probabilità di avere prestazioni caratterizzate da un elevato monte orario, da un'alta probabilità di lavoro straordinario e da picchi positivi di flessibilità oraria infrasettimanale; il tipo flessibile per organizzazione, caratterizzato da alte probabilità di lavoro serale, notturno, di sabato, festivo e su turni. La tipologia così definita, identifica tre tipi di lavoratori flessibili per prestazione ed un tipo di lavoratore non flessibile. In particolare sono state individuate due dimensioni responsabili della diversificazione della flessibilità della prestazione. La prima è l'intensità della prestazione di lavoro, bassa od alta, che corrisponde rispettivamente ai lavoratori di tipo flessibile part-time e a quelli di tipo flessibile ad alta intensità. La seconda dimensione è l'organizzazione dei giorni e degli orari di lavoro, responsabile della 139 classificazione dei lavoratori di tipo flessibile per organizzazione del tempo di lavoro. A seguito dell'assegnazione modale delle classi sugli individui, è stata costruita una variabile a quattro modalità, su cui poter effettuare l'analisi descrittiva del mercato del lavoro italiano. Le statistiche descrittive sono state riportate all'universo della popolazione occupata, subordinata e parasubordinata, così da pervenire ad una verifica puntuale della composizione del mercato del lavoro italiano. Il numero di lavoratori italiani flessibili per la prestazione è 7.402.040, corrispondente al 42,4% del totale dei lavoratori subordinati e parasubordinati. Il numero di lavoratori flessibili di tipo part-time è 2.244.056, 12,8% del totale; i lavoratori flessibili ad alta intensità sono 2.705019, 15,5% del totale, mentre i lavoratori flessibili per l'organizzazione della prestazione sono 2.452.964, 14% del totale. Su un totale di 17466972 occupati, i lavoratori non flessibili per la prestazione sono 10.064.932, corrispondenti al 57,6% del totale degli occupati subordinati e parasubordinati italiani. La presenza di prestazioni di tipo part-time è prevalente tra le donne ed è un tipo di prestazione proporzionalmente più frequente tra lavoratori giovani e giovanissimi (14-34 anni), per i soggetti con titolo di studio non superiore, distribuiti territorialmente in modo omogeneo (escluso il sud, dove la presenza è minore) e nati all'estero. I lavoratori ad alta intensità sono proporzionalmente più frequenti tra gli uomini; con una lieve prevalenza tra i lavoratori anziani (più di 65 anni), con titoli di studio di licenza media inferiore o di laurea superiore, del centro-sud Italia e con lieve prevalenza dei nati all'estero. I lavoratori flessibili per l'organizzazione della prestazione sono proporzionalmente più frequenti tra gli uomini, i giovani (vi è una tendenza di riduzione proporzionale di questo tipo di prestazioni al crescere dell'età), con 140 titolo di studio non elevato (in particolare laureati triennali) e con lieve prevalenza dei nati all'estero. Infine, i lavoratori non flessibili per la prestazione di lavoro sono proporzionalmente in prevalenza uomini, più frequentemente maturi (45-64 anni) ma non anziani (oltre i 65 anni), con titolo di studio di licenza superiore oppure laureati superiori, del nord-est Italia e prevalentemente italiani di nascita. La distinzione delle prestazioni di lavoro rispetto alla posizione nella professione dettagliata (variabile Istat porpro), evidenzia una prevalenza di prestazioni flessibili tra i dirigenti tra i collaboratori e tra le prestazioni d'opera occasionali. Tra le posizioni professionali numericamente prevalenti, quadri, impiegati e operai, nel primo gruppo sono più frequenti i non flessibili e i flessibili ad alta intensità lavorativa; tra gli impiegati non vi sono differenze rilevanti nella frequenza dei diversi tipi di flessibilità; lo stesso vale per gli operai che registrano una maggiore incidenza di prestazioni flessibili di lavoro. I settori economici risultano determinanti nella configurazione delle prestazioni dei lavori a cui si riferiscono, variabile ateco12 nel dataset Istat. I lavoratori non flessibili sono molto presenti nell'industria delle costruzioni (82,1%). I lavoratori di tipo part-time sono particolarmente presenti nel settore alberghiero e della ristorazione; nei servizi alle imprese e nei servizi pubblici sociali e di cura della persona. I lavoratori con prestazioni ad alta intensità sono maggiormente presenti tra gli occupati dell'agricoltura ed i commercianti. I lavoratori flessibili per organizzazione sono particolarmente numerosi nel settore alberghiero e della ristorazione; nel settore dei trasporti e nelle telecomunicazioni; nella pubblica amministrazione in relazione al settore difesa e ai corpi di pubblica sicurezza e controllo. La pubblica amministrazione, pur non considerando le forze armate, non presenta un'incidenza di prestazioni di lavoro standard superiori alla media degli altri settori economici. Analizzando la distribuzione delle prestazioni di lavoro flessibili nella professione, prof1 in Istat, emergono ulteriori indicazioni. Alcune professioni 141 presentano una frequenza preponderante di prestazioni flessibili: prestazioni di tipo part-time sono molto frequenti, rispetto alla norma e solo in relazione alle donne, nelle professioni non qualificate; le prestazioni ad alta intensità lo sono per i dirigenti e per le professioni qualificate; le prestazioni flessibili per organizzazione rappresentano, come detto, oltre la metà delle prestazioni delle forze armate e sono più frequenti sia nelle professioni qualificate che tra gli operai semi-qualificati. Infine, la descrizione dei lavoratori caratterizzati da forme flessibili della prestazione di lavoro si è conclusa con la verifica della distribuzione dei redditi e la quantificazione del reddito medio tra i tipi. La dimensione del reddito è stata controllata in relazione al genere. Alle prestazioni di tipo part-time si associano generalmente redditi inferiori sia per gli uomini che per le donne. Ai lavoratori ad alta intensità si associano per gli uomini redditi più alti dei colleghi non flessibili, per le donne redditi simili a quelli delle colleghe standard. In relazione agli occupati flessibili per organizzazione della prestazione, si associano redditi alti per gli uomini e redditi simili al tipo non flessibile per le donne. Complessivamente la distribuzione dei redditi mostra che, ad esclusione del tipo part-time che non presenta differenze di genere, per gli uomini le prestazioni di lavoro flessibili corrispondono a salari proporzionalmente maggiori, mentre per le lavoratrici a prestazioni di lavoro flessibili non si associa un aumento medio degli stipendi. Per concludere è stata analizzata la relazione tra la flessibilità della prestazione e la flessibilità dell'occupazione al fine di verificare se i due tipi di flessibilità fossero, o meno, collegati e quale fosse la natura della loro relazione. A questo scopo si è reso necessario l'utilizzo della regressione logistica multinomiale, effettuata in relazione alla verifica causale della relazione. Nella regressione sono state inserite con funzione di controllo alcune variabili socio-demografiche, tra cui: il sesso, l'età, il titolo di studio e il luogo di nascita. La relazione tra la flessibilità dell'occupazione e la flessibilità della prestazione risulta 142 statisticamente significativa ed associa positivamente la condizione di lavoratore a termine a tutte le modalità che indicano prestazioni flessibili di lavoro. Concludendo, l'analisi delle prestazioni di lavoro, condotta per mezzo dell'analisi delle classi latenti, ha permesso di definire una tipologia della prestazione di lavoro, capace di descrivere sinteticamente la flessibilità dei tempi di lavoro nel mercato del lavoro italiano del 2009. In prospettiva, a fronte di ripetute future analisi, sarà possibile sia consolidare la tipologia, sia, a seguito di eventuali cambiamenti del mercato, modificare il numero o la connotazione delle categorie stesse. In relazione ad un mercato del lavoro fortemente segnato dalla recente recessione economica mondiale, non è possibile prevedere quali saranno gli sviluppi della tipologia così definita. Proprio per questa ragione è rassicurante la metodologia utilizzata. Infatti, il punto di forza dell'analisi delle classi latenti è proprio la capacità di far aderire descrizione empirica e strumento analitico. La definizione della tipologia della prestazione di lavoro e lo strumento utilizzato, quindi consentono di rappresentare le forme assunte della prestazione di lavoro e di attuare un monitoraggio delle evoluzioni del mercato del lavoro italiano. 143 Riferimenti bibliografici AA.VV. (2000). An Introduction to R. R Fondation for statistical computing. AA.VV. (2001). 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Allegato 4 L'output di SPSS della regressione logistica multinomiale 162 Allegato 1 163 164 165 166 167 168 169 170 171 172 173 Allegato 2 R Console > polca$attempts [1] -669995.5 -669995.5 -670718.8 -669995.5 -669995.5 -670975.8 -672970.9 -669995.5 -669995.5 -670993.0 [11] -670996.3 -669995.5 -695344.9 -670976.3 -669995.5 -697583.3 -669995.5 -670718.8 -670975.8 -670975.8 [21] -670975.8 -670718.8 -669995.5 -669995.5 -670993.0 -670720.4 -670718.8 -670993.0 -669995.5 -669995.5 [31] -669995.5 -670718.8 -669995.5 -669995.5 -669995.5 -670718.8 -670718.8 -669995.5 -669995.5 -693004.1 [41] -670718.8 -669995.5 -670993.0 -670996.3 -669995.5 -672970.9 -669995.5 -670718.8 -670976.3 -670995.0 [51] -669995.5 -669995.5 -669995.5 -670718.8 -670993.0 -669995.5 -694058.1 -669995.5 -670993.0 -669995.5 [61] -670719.2 -669995.5 -669995.5 -669995.5 -670993.0 -670975.8 -672970.9 -670975.8 -669995.5 -670718.8 [71] -672970.9 -670993.0 -672970.9 -669995.5 -669995.5 -670975.8 -670993.0 -669995.5 -670996.3 -669995.5 [81] -672970.9 -670993.0 -669995.5 -670975.8 -669995.5 -670993.0 -670718.8 -670996.3 -670718.8 -669995.5 [91] -669995.5 -670718.8 -669995.5 -669995.5 -670975.8 -669995.5 -670975.8 -670718.8 -670975.8 -669995.5 > POLCA Conditional item response (column) probabilities, by outcome variable, for each class (row) $c28new Pr(1) Pr(2) Pr(3) class 1: 0.9960 0.0006 0.0035 class 2: 0.0974 0.4357 0.4668 class 3: 0.9989 0.0007 0.0005 class 4: 0.9225 0.0290 0.0485 $c31new Pr(1) Pr(2) Pr(3) Pr(4) Pr(5) Pr(6) class 1: 0.0000 0.0635 0.0463 0.5988 0.2688 0.0227 class 2: 0.1745 0.6095 0.1991 0.0006 0.0000 0.0163 class 3: 0.0019 0.0729 0.0451 0.8266 0.0474 0.0061 class 4: 0.0099 0.0579 0.0578 0.7034 0.1506 0.0204 $c34new Pr(1) Pr(2) Pr(3) class 1: 0.8741 0.0099 0.1160 class 2: 0.9588 0.0211 0.0201 class 3: 0.9574 0.0426 0.0000 class 4: 0.9291 0.0238 0.0472 174 $c35new Pr(1) Pr(2) class 1: 0.2434 0.7566 class 2: 0.0938 0.9062 class 3: 0.0182 0.9818 class 4: 0.1079 0.8921 $c42new Pr(1) Pr(2) class 1: 0.8523 0.1477 class 2: 0.9418 0.0582 class 3: 0.9856 0.0144 class 4: 0.0779 0.9221 $c43new Pr(1) Pr(2) class 1: 0.9837 0.0163 class 2: 0.9938 0.0062 class 3: 0.9976 0.0024 class 4: 0.2716 0.7284 $c44new Pr(1) Pr(2) class 1: 0.3190 0.6810 class 2: 0.6502 0.3498 class 3: 0.8447 0.1553 class 4: 0.1175 0.8825R Console Page 2 $c45new Pr(1) Pr(2) class 1: 0.7781 0.2219 class 2: 0.8909 0.1091 class 3: 1.0000 0.0000 class 4: 0.2250 0.7750 $c47new2 Pr(1) Pr(2) class 1: 0.8238 0.1762 class 2: 0.8991 0.1009 class 3: 0.9741 0.0259 class 4: 0.2699 0.7301 175 $c48new Pr(1) Pr(2) class 1: 0.9680 0.0320 class 2: 0.9802 0.0198 class 3: 0.9919 0.0081 class 4: 0.9712 0.0288 Estimated class population shares 0.2001 0.1418 0.5141 0.144 Predicted class memberships (by modal posterior prob.) 0.1524 0.1316 0.5765 0.1396 ========================================================= Fit for 4 latent classes: ========================================================= number of observations: 173531 number of estimated parameters: 67 residual degrees of freedom: 6844 maximum log-likelihood: -669995.5 AIC(4): 1340125 BIC(4): 1340799 G^2(4): 68646.29 (Likelihood ratio/deviance statistic) X^2(4): 249661.4 (Chi-square goodness of fit) 176 Allegato 3 Motivo del part-time * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 motivo del part-time partstandard time f. alta intensità f. organiz. Total full-time 99,9% 2,4% 99,6% 92,2% 85,9% non vuole fulltime ,1% 46,9% ,0% 3,1% 6,6% ha trovato solo part-time ,0% 50,6% ,4% 4,8% 7,4% Total 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% Orario di lavoro settimanale * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 partstandard time Orario di lavoro settimanale f. organiz. Total da 1 a 15 ore ,0% 19,5% 1,0% 2,7% da 16 a 25 ore 8,9% 59,3% 4,7% 5,9% 14,5% da 26 a 35 ore 4,9% 19,6% 4,5% 5,6% 6,9% da 36 a 40 ore 81,5% 52,4% 69,0% 64,6% 35,2% 16,3% 10,0% 3,2% 2,1% 1,3% 100,0% 100,0% da 41 a 120 4,1% ore molto variabile Total f. alta intensità ,5% 1,6% 100,0% 100,0% 100,0% 177 Variabilità delle ore lavorate * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 Variabilità delle standard ore lavorate meno ore del solito più ore del solito Total partstandard time f. alta f. intensità organiz. Total 96,1% 95,8% 83,9% 92,4% 93,7% 3,9% 2,2% ,6% 2,9% 3,0% 4,8% 100,0% 3,3% 100,0% 2,0% 15,5% 100,0% 100,0% 100,0% Straordinari * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 straordinari ha fatto straordinario non ha fatto straordinario Total standard parttime f. alta intensità f. organiz. Total 2,1% 9,7% 31,1% 10,6% 8,7% 97,9% 90,3% 68,9% 89,4% 91,3% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% Lavora la sera * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 standard part-time Lavora la sera Total f. alta intensità f. organiz. Total Non lavora la 98,8% sera 94,0% 81,0% 3,8% 82,2% Lavora la sera 6,0% 19,0% 96,2% 17,8% 100,0% 100,0% 100,0% 1,2% 100,0% 100,0% 178 Lavora la notte * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 f. alta standard part-time intensità f. organiz. Total 99,8% Lavora la notte Non lavora la notte Total Lavora la notte ,2% 100,0% 99,4% 98,6% 23,9% 89,0% ,6% 100,0% 1,4% 100,0% 76,1% 100,0% 11,0% 100,0% Lavora il sabato * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 f. alta standard part-time intensità f. organiz. Total 81,1% Lavora il sabato Non lavora il sabato Total Lavora il sabato 18,9% 100,0% 65,8% 25,2% 10,5% 60,7% 34,2% 100,0% 74,8% 100,0% 89,5% 100,0% 39,3% 100,0% Lavora la domenica * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 partstandard time Lavora la domenica Non lavora la domenica 100,0% Lavora la domenica Total 100,0% f. alta intensità f. organiz. Total 88,5% 69,6% 21,2% 82,9% 11,5% 30,4% 78,8% 17,1% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 179 Lavora su turni * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 f. alta part-time intensità f. organiz. Total Lavora su Non lavora su 97,7% turni turni 90,3% 72,6% 28,2% 83,2% Lavora su turni 2,3% 9,7% 27,4% 71,8% 16,8% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% standard Total Lavora da casa * tipologia 4 Crosstabulation % tipologia 4 tipologia 4 partstandard time Lavora da casa Total f. alta intensità f. organiz. Total Non lavora 99,3% da casa 98,2% 95,3% 97,1% 98,3% Lavora da casa ,7% 1,8% 2,9% 1,7% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 100,0% 4,7% 180 Allegato 4 Case Processing Summary N Flessibili della prestazione standard 100035 57,6% part-time 22840 13,2% f. alta intensità 26439 15,2% 24217 149938 23593 95800 77731 155406 18125 62701 82581 5167 23082 11636 36687 53457 50665 20035 1051 173531 0 173531 186a 14,0% 86,4% 13,6% 55,2% 44,8% 89,6% 10,4% 36,1% 47,6% 3,0% 13,3% 6,7% 21,1% 30,8% 29,2% 11,5% ,6% 100,0% f. organiz. T.indeterminato A termine Maschio Femmina In Italia All'estero licenza media o inferiore licenza media superiore laurea triennale laurea specialistica o superiore 15-24 25-34 35-44 45-54 55-64 65-75+ indeterminati e determinati sesso è nato in Italia o all'estero? titolo di studio età Marginal Percentage Valid Missing Total Subpopulation a. The dependent variable has only one value observed in 13 (7,0%) subpopulations. Model Fitting Information Model Fitting Criteria Likelihood Ratio Tests -2 Log Likelihood Model AIC BIC Chi-Square Intercept Only 3,120E4 3,123E4 3,119E4 Final 8,468E3 8,831E3 8,396E3 2,280E4 Goodness-of-Fit Chi-Square df Sig. 33 ,000 Pseudo R-Square df Sig. Cox and Snell ,123 Pearson 6593,043 522 ,000 Nagelkerke ,137 Deviance 5932,194 522 ,000 McFadden ,057 181 Parameter Estimates 95% Confidence Interval for Exp(B) Flessibili della prestazionea part-time f. alta intensità Std. Error B Wald df Intercept 1,349 ,089 228,669 1 ,000 [c21new2=1] -,796 ,021 1495,952 1 ,000 [c21new2=2] b 0 . [sg11=1] -2,091 [sg11=2] b . 0 . [sg13=1] -,395 [sg13=2] b 0. ,019 11498,313 . ,024 0 . 1 . 1 ,451 . ,000 0. 276,222 Lower Bound Sig. Exp(B) ,124 ,000 0. ,433 . . ,470 . ,119 . ,674 . Upper Bound ,128 . ,643 . ,706 . [titolonew=1] ,962 ,027 1237,726 1 ,000 2,616 2,480 2,760 [titolonew=2] ,605 ,026 529,420 1 ,000 1,831 1,739 1,928 [titolonew=3] ,386 ,050 59,075 1 ,000 1,471 1,333 1,624 [titolonew=4] b 0 . . 0. . . . [etanew=1] -1,662 ,087 361,024 1 ,000 ,190 ,160 ,225 [etanew=2] -1,682 ,084 400,302 1 ,000 ,186 ,158 ,219 [etanew=3] -1,514 ,083 328,866 1 ,000 ,220 ,187 ,259 [etanew=4] -1,903 ,084 515,329 1 ,000 ,149 ,127 ,176 [etanew=5] -2,060 ,086 571,085 1 ,000 ,127 ,108 ,151 [etanew=6] b 0 . . 0. . Intercept -,511 ,093 30,324 1 ,000 [c21new2=1] -,345 ,021 273,608 1 ,000 [c21new2=2] b 0 . [sg11=1] ,140 [sg11=2] b . ,015 0 . [sg13=1] -,211 [sg13=2] b 0. 92,101 . ,023 0 . 1 . 1 ,708 . . . ,000 0. . ,680 ,000 1,150 0. 87,397 . . 1,118 . ,810 . ,738 1,184 . ,775 . ,846 . [titolonew=1] ,039 ,022 3,252 1 ,071 1,040 ,997 1,086 [titolonew=2] -,085 ,021 16,128 1 ,000 ,919 ,881 ,958 [titolonew=3] ,024 ,047 ,270 1 ,603 1,025 ,935 1,123 [titolonew=4] b 0 . . 0. . . . [etanew=1] -,435 ,092 22,501 1 ,000 ,647 ,541 ,775 [etanew=2] -,353 ,089 15,874 1 ,000 ,702 ,590 ,836 [etanew=3] -,339 ,088 14,728 1 ,000 ,712 ,599 ,847 [etanew=4] -,419 ,088 22,486 1 ,000 ,658 ,553 ,782 [etanew=5] -,509 ,090 32,120 1 ,000 [etanew=6] 0b . . 0. ,601 . ,504 . ,717 . 182 f. organiz. Intercept -1,691 ,118 203,613 1 ,000 [c21new2=1] -,171 ,023 57,098 1 ,000 [c21new2=2] b 0 . [sg11=1] ,317 [sg11=2] b . ,015 0 . [sg13=1] -,253 [sg13=2] b 0. 418,719 . ,023 0 . 1 . . 1 ,806 . ,000 1,373 0. 121,852 ,843 . ,000 0. . 1,332 . ,777 . ,881 1,415 . ,743 . ,812 . [titolonew=1] ,355 ,025 198,733 1 ,000 1,427 1,358 1,499 [titolonew=2] ,258 ,024 110,901 1 ,000 1,294 1,234 1,358 [titolonew=3] 1,052 ,041 649,150 1 ,000 2,862 2,640 3,103 [titolonew=4] b 0 . . 0. . . . [etanew=1] ,196 ,117 2,813 1 ,093 1,217 ,968 1,530 [etanew=2] ,182 ,115 2,534 1 ,111 1,200 ,959 1,503 [etanew=3] ,319 ,114 7,776 1 ,005 1,375 1,099 1,721 [etanew=4] ,087 ,114 ,579 1 ,447 1,091 ,872 1,365 [etanew=5] -,193 ,116 2,777 1 ,096 ,657 1,035 [etanew=6] b 0 . . 0. ,824 . . . a. The reference category is: standard. b. This parameter is set to zero because it is redundant. 183