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Claudia Benvestito • Giancarlo Breschi • Giuseppe Capriotti Antonella Dejure • Pierluigi Falaschi • Adriano Gattucci Nicoletta Giovè • Roberto Lambertini • Massimo Reschiglian Angela Emmanuela Scandella • Mario Sensi Chiara Laura Serboli • Silvia Serventi Maria Grazia • Nico Ottaviani • Gabriella Zarri UN DESIDERIO SENZA MISURA La santa Battista Varano e i suoi scritti Atti della IV giornata di studio sull!Osservanza Francescana al femminile 7 novembre 2009 Monastero Clarisse S. Chiara, Camerino a cura di MESSA MASSIMO RESCHIGLIAN CLARISSE DI CAMERINO PIETRO EDIZIONI PORZIUNCOLA © Edizioni Porziuncola Via Protomartiri Francescani, 2 06088 S. Maria degli Angeli - Assisi (PG) www.edizioniporziuncola.it ISBN 978-88-270-0922-2 Prima edizione: novembre 2010 Grafica: Lelli&Masotti Monastero Clarisse S. Lucia di Foligno in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani (Pontificia Università "Antonianum" in Roma), diretta da Pietro Messa. Giuseppe Capriotti PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ. IL CORO NEL MONASTERO DELLE CLARISSE DI CAMERINO 1. STORIA MATERIALE E COLLOCAZIONE ORIGINARIA Firmato e datato 1489 dall•intagliatore e intarsiatore Domenico Indivini di Sanseverino Marche, tramite una singolare iscrizione nella quale l•artista chiede alle suore di ricordarsi di lui durante la loro preghiera1, il coro delle clarisse di Camerino (fig. 1), forse proprio in virtù di quella firma apposta da un intagliatore che nell•Ottocento era stato mitizzato dagli studiosi settempedani2, è noto alla comunità scientifica dal 1904, per merito del sanseverinate Vittorio Emanuele Aleandri3, già autore di un pionieristico saggio documentario su Indivini4. A seguito del crollo del tetto dell•ambiente che dietro l•altare maggiore della chiesa di Santa Chiara ospitava il coro, avvenuto a causa di una nevicata la notte tra il 18 e il 19 gennaio del 1904, Aleandri, allora vicesegretario comunale di Camerino, viene contattato dall•ispettore ai monumenti della stessa città, Milziade Santoni, perché un antiquario, approfittando dell•incidente, aveva proposto alle suore di acquistare gli stalli oramai malconci e inutilizzabili per 1500 o 2000 lire. Subito attribuito a Indivini, sia per vicinanza stilistica con quello della cattedrale di 1 ORANTES / ANCILLE DEI MEMENTOTE MEI / OPVS DOMINICI SEVERINATIS 14X9 2 In particolare dall•illustre erudito Giuseppe Ranaldi (1790-1855), che nelle sue Memorie di Belle Arti (Biblioteca Comunale di Sanseverino Marche, ms. 30/a, vol. I, parte I) compilò un significativo dossier su Indivini, che attende ancora di essere analizzato dalla moderna storia della critica d•arte. 3 V. E. ALEANDRI, Il coro di M.° Domenico Indivini Sanseverinate scoperto in S. Chiara di Camerino e trasportato nel Museo Civico, in Atti e Memorie della R. Deputazione di Storia Patria per le province delle Marche, I-1 (1904) p. 99-105. 4 V. E. ALEANDRI, Prospetto cronologico della vita e delle opere di M.° Domenico Indivini, in Nuova Rivista Misera, VI (1893) p. 44-48, 59-62, 68-76, aggiornato e ripubblicato come Prospetto cronologico della vita e delle opere di M° Domenico Indivini sanseverinate artefice di tarsie e d!intagli nel secolo XV al XVI, in Il II centenario della morte di S. Pacifico Divini, San Severino 1921, p. 48-69. Fig. 1: Domenico Indivini, Coro delle clarisse, Camerino, Monastero Santa Chiara PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 229 Sanseverino, che per il rinvenimento dell•iscrizione tra le macerie, il coro viene messo in sicurezza nella chiesa della Santissima Annunziata, sede del neocostituito Museo Civico: il 28 gennaio vi erano già state trasportate tutte le parti del coro, e il primo marzo gli stalli erano già stati interamente ricomposti nell•abside della chiesa, dopo un•accurata ripulitura5. Nel 1907, probabilmente su richiesta delle stesse suore, il Fondo del Culto, che aveva parzialmente finanziato il rifacimento del tetto, chiede all•Ufficio del Registro di Perugia, incaricato della sorveglianza dei monumenti, di poter riportare il coro in chiesa. Dopo questo primo tentativo non andato a buon fine, nel 1944, in occasione dello smantellamento del museo dell•Annunziata per motivi bellici, il nuovo confessore padre Amedeo Damiani ottiene il permesso dalla Sovrintendenza di ricollocare il coro nel vano del monastero ove ancora oggi si trova6. Ma possiamo considerare l•aula che si apre dietro l•altare della chiesa di Santa Chiara la sede originaria del coro? Già Aleandri si era posto il problema: •L•ubicazione originaria del Coro in S. Chiara sembra fosse diversa dall•attuale, ossia composto dapprima nel lato dove ora è la porta della chiesa, difatti, rimovendolo, fu constatato lo spostamento degli stalli, dietro cui rimanevano incollate delle figure a stampe di soggetto sacro, indizio certo che non fu sempre addossato al muro•7. Durante il recente restauro si è potuto appurare che queste immagini devozionali, insieme ad alcune scritte, sono ancora presenti8. Oltre a proporre, in relazione alla presenza di tali 5 ALEANDRI, Il coro, 104-105, ci dà anche numerose informazioni sullo stato di conservazione degli stalli e sull•intervento di pulitura: •Le tarsie sono in molti punti alquanto danneggiate dal tarlo ed avevano subito un restauro con impasto giallo, a base di cera, spalmato anche sulla superficie piana degli specchi in maniera tale da alterare tutto il disegno. Quell•impasto è stato tolto, tutto il coro nettato dal fango e dalla polvere, lavate con acqua e sapone, prosciugato diligentemente, iniettato d•acido fenico nei tarli, rinfrescato con vernice d•acqua ragia e olio di lino crudo, a parti eguali, e, da ultimo, riasciugato con strofinacci di lana•. 6 Cfr. A. TALAMONTI, Cronistoria dei Frati Minori della Provincia Lauretana delle Marche. Monasteri delle Clarisse (VII), Sassoferrato 1962, p. 47 e p. 51. 7 ALEANDRI, Il coro, 102. 8 Interpretando erroneamente la •natura• di queste stampe incollate dietro gli stalli, alcuni studiosi hanno ipotizzato che il coro fosse originariamente intarsiato anche sul retro. Queste stampe sono probabilmente omologhe alle quaranta miniature incollate sui soffitti degli stalli del coro delle clarisse di Santa Lucia di Foligno. Cfr. M. SENSI, I monasteri e bizzocaggi dell!osservanza francescana nel XV secolo a Foligno, in All!ombra della Chiara Luce, a cura di A. Horowski, Roma 2005, p. 87-175. Sul restauro del coro cfr. A. IACHINI, Proposte per il restauro del coro del mo- 230 GIUSEPPE CAPRIOTTI stampe, una collocazione diversa dall•allineamento alla parete, Aleandri ipotizzava anche che il coro dovesse essere composto sul lato opposto della chiesa, ove ora è la porta d•ingresso, cioè su via Coldibove. Tale ipotesi si basa probabilmente sul fatto che almeno fino al XVII secolo, come documentano un disegno del complesso monastico pubblicato da Talamonti9 e un dipinto del 1603 conservato nel monastero10, la chiesa, che insieme al contiguo coro occupa tutto lo spessore del corpo di fabbrica cinto da due vie (via Medici a Oriente e via Coldibove a Occidente), era orientata in maniera diversa, cioè con la facciata rivolta verso via Medici e non come si presenta oggi su via Coldibove. Forse proprio sulla base di questo diverso orientamento, Aleandri riteneva che il coro fosse collocato nell•originaria zona presbiteriale, ovviamente opposta all•ingresso di via Medici. Più recentemente, in occasione di uno studio sul complesso monastico di Santa Chiara, Gaia Remiddi, dopo aver evidenziato la difficoltà nel leggere le strutture architettoniche rinascimentali, profondamente modificate dal disastroso terremoto del 1799, ha proposto una diversa soluzione del problema11. Partendo dal presupposto che le suore, anche quelle camerti, sin dall•epoca varanesca, venivano per consuetudine seppellite nel coro12, e visto che proprio sul lato di via Medici sono stati ritrovati dei resti ossei, la studiosa congettura che ingresso e coro potessero essere originariamente sovrapposti. Secondo tale supposizione bisognerebbe immaginare il coro nello stesso vano attuale, ma montato su una specie di soppalco al piano superiore della vecchia porta della chiesa, sul luogo ove nastero di Santa Chiara di Camerino: sistema di integrazione lamellare applicato ai pannelli intarsiati, in Riflessioni sul Rinascimento scolpito, a cura di M. Giannatiempo Lopez, R. Casciaro, Macerata 2006, p. 20-21. 9 Nel disegno è riprodotto il lato su via Medici del monastero. Cfr. TALAMONTI, Cronistoria, tav. IX. 10 Il dipinto, datato 1603, rappresenta suor Battista che riceve da un angelo un libro (forse la regola) con sopra il modellino del monastero camerte con la facciata della chiesa su via Medici. 11 G. REMIDDI, Rilevamenti e ipotesi sull!architettura del Monastero di Santa Chiara a Camerino, in Camilla Battista da Varano e il suo tempo. Atti del convegno di studi sul V centenario del monastero delle Clarisse di Camerino, Camerino 1987, p. 229-251 e ID., Monastero di Santa Chiara a Camerino, in Studi storici per Angelo Antonio Bittarelli, a cura di G. Tomassini, Camerino 2001, p. 153-174. 12 Anche le spoglie stesse della veneratissima suor Battista da Varano, beatificata nel 1843, vennero disposte nel coro. Cfr. TALAMONTI, Cronistoria, 25. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 231 in genere venivano collocate le cantorie nel XVIII secolo13. Anche se la proposta si basa su scarsissimi indizi14, al secondo piano del monastero, sul muro che separa l•ipotetico spazio del coro pensile e il dormitorio delle suore, si aprivano due porte, ora occluse: una più grande, probabilmente più recente, ed una più piccola, forse quattrocentesca, quasi addossata al muro di cinta, munita ancora di architrave a sesto ribassato fatto a mattoncini. Specialmente quest•ultima potrebbe esser stata effettivamente usata dalle religiose per accedere con comodità dalle celle al coro, durante le ore notturne o mattutine15. Oltre a questi dati materiali, è soprattutto però il confronto con altri cori monastici ad essere a nostro avviso risolutivo per meglio comprendere la collocazione originaria del coro. Mentre ad esempio nei monasteri delle clarisse di Sanseverino Marche e Fermo, così come in altri complessi monastici francescani, le suore entrano nel coro passando da dietro, attraverso un varco che si apre al centro del coro stesso, a Camerino questo ingresso centrale manca e le suore accedono dal davanti. Tuttavia non è da escludere che anche il coro camerte avesse in origine un•apertura centrale, che esso non fosse dunque addossato al muro di fondo, e che vi fosse una specie di corridoio (accessibile dalla succitata porta piccola tra dormitorio e coro) per permettere alle suore di entrare da tergo. Questa collocazione spiegherebbe almeno due prime evidenze: la presenza della piccola porta in quel preciso punto e l•esistenza di stampe e scritte dietro gli stalli, apposte forse dalle stesse suore che vi transitavano16. A prescindere da questa ipotetica collocazione, se agli episodi succitati si aggiungono gli adeguamenti prescritti dal Concilio di 13 I cori pensili sono diffusi praticamente in tutta Europa. Cfr. comunque M. ROSNote inedite di Tommaso Temanza sullo scomparso coro pensile di San Salvador, in La chiesa di San Salvador. Storia, arte, teologia, a cura di G. Guidarelli, Saonara (Padova) 2009, p. 87-99. 14 Le ossa, ad esempio, potrebbero essere di monache defunte dopo la nuova sistemazione del coro su via Medici. 15 Nei pressi di questa porta occlusa è stata costruita, in epoca imprecisata, una scalinata che permette alle suore di scendere dal dormitorio (piano superiore) al vano del coro (piano terra). Essa potrebbe essere stata fabbricata quando il coro venne rimontato a piano terra e la chiesa riorientata. 16 In occasione dei recenti lavori di ristrutturazione nel monastero, è stata scoperta in una parete del vano che ospita il coro, una cornice cinquecentesca in stucco, pertinente ad un altare ora rimosso. Si tratta di una inconfutabile prova del fatto che originariamente gli stalli non si trovavano in quell•ambiente. SO, 232 GIUSEPPE CAPRIOTTI Trento, che ha irrigidito la clausura in tutti i monasteri femminili17, obbligando le monache ad una coatta ridistribuzione degli spazi18, il coro delle clarisse di Camerino potrebbe essere stato scomposto e ricomposto addirittura più di tre volte. Una singolare coincidenza ci permette tuttavia di ipotizzare che, nonostante le sciagure subite, il coro non sia stato interessato da perdite di stalli, i quali ammontano oggi a 29 nell•ordine superiore e 16 in quello inferiore, per un totale di 45 posti. Questa cifra coincide di fatto col numero massimo di religiose che suor Battista da Varano, figlia di Giulio Cesare e •signora• del monastero a partire dal 148419, era disposta ad accogliere nell•edificio forse per motivi di sussistenza. Nel 1519 la religiosa ottiene infatti dal Ministro generale dell•Ordine, padre Francesco Lichetti, un decreto col quale si ordinava che le suore non superassero le 45 unità20. Sembra quasi che la Varano abbia fissato il numero di presenze accettabili nel monastero in base ai posti utilizzabili nel coro. Anche se i numerosi smontaggi non hanno probabilmente provocato sostanziali perdite di stalli, la disposizione che Aleandri aveva descritto, almeno dei postergali quadrilunghi, non corrisponde con quella odierna e probabilmente neanche con quella quattrocentesca. Nell•impossibilità di proporre un integrale recupero del sistema figurativo originario, si può procedere solo per ipotesi partendo almeno da due evidenze: uno dei due specchi col motto Funes amoris•, sul quale torneremo, è con ogni evidenza quello più importante, perché è l•unico ad avere un piccolo fregio intarsiato intorno al disegno 17 Cfr. R. CREYTENS, La Riforma dei monasteri femminili dopo i Decreti Tridentini, in Il Concilio di Trento e la riforma tridentina. Atti del convegno storico internazionale (Trento 2-6 settembre 1963), I, Roma 1965, p. 45-84. 18 Cfr. G. Zarri, Recinti. Donne, clausura e matrimonio nella prima età moderna, Bologna 2000, pp. 117-130. 19 Su questa singolare figura di mistica cfr. il classico Camilla Battista da Varano e il suo tempo (Camerino 1987) e i recenti contributi di: G. ZARRI, Camilla Battista da Varano e le scrittrici religiose del Quattrocento, in I da Varano e le arti (I), a cura di A. De Marchi, P. L. Falaschi, Ripatransone 2003, p. 137-145 e EADEM, L!autobiografia religiosa negli scritti di Camilla Battista da Varano: "La Vita Spirituale# (1491) e le "Istruzioni al discepolo# (1501), in "In quella parte del libro della mia memoria#. Verità e finzioni dell!"io# autobiografico, a cura di. F. Bruni, Venezia 2003, p. 133158. Cfr. anche il profilo tracciato da A. GATTUCCI, in B. BATTISTA DA VARANO, Il felice transito del Beato Pietro da Mogliano, a cura di A. Gattucci, Firenze 2007, p. XIIIXXXIX. 20 Cfr. TALAMONTI, Cronistoria, 20. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 233 principale21; è possibile inoltre supporre che in principio gli intarsi fossero sistemati simmetricamente da lato a lato, come di sovente succede anche in altri cori monastici22, perché per ogni soggetto esistono sempre due stalli (o multipli di due). Un rapido sguardo alla minima letteratura critica sull•argomento dimostrerà che finora gli studi si sono scarsamente interessati ai numerosi problemi, anche iconografici, che il coro camerte ancora oggi pone. 2. DAL 1904 ALLA MOSTRA DI CAMERINO DEL 2006: STORIA DI UNA RIVALUTAZIONE CRITICA Se si esclude l•articolo di Aleandri, nel quale il giudizio di valore sugli stalli è legato all•identificazione dell•autore dell•opera in una gloria sanseverinate e alla committenza varanesca individuata subito grazie agli stemmi di Giulio Cesare, il coro entra nel dibattito storico-artistico vero e proprio per merito di Luigi Serra che, nel 1934, dopo aver descritto brevemente lo stato di conservazione e alcuni soggetti degli specchi, osserva: •È, in sostanza, uno schema decorativo vicino al coro di Jesi; Sanseverino ed Assisi rappresentano due tappe avanzate rispetto a queste posizioni primitive, che risentono ancora del primo Quattrocento•23. Si tratta con ogni evidenza di un giudizio che considera lo stile degli stalli di Santa Chiara come una tappa ancora rozza nell•evoluzione che porterà l•artista alle conquiste pienamente rinascimentali del coro della cattedrale di Sanseverino e di quello della Basilica superiore di Assisi. Lo stesso pregiudizio si ritrova nella tesi di laurea di Olivia Pallotto, ampiamente citata da Bittarelli, la quale afferma che i motivi ornamentali sono spesso ripetuti e semplificati negli stalli minori, che nonostante la somiglianza col coro di Sanseverino l•intaglio è meno •forte e sicuro•, che pur essendo •una pregevole opera•, con qualche affinità con 21 Cfr. ALEANDRI, Il coro, 104. Cfr. ad esempio S. BANDERA, Il coro ligneo dell!abbazia di Morimondo, di Francesco Giramo (1522). Indagine stilistica e lettura simbolica, in Itinerari d!arte in Lombardia dal XIII al XX secolo. Scritti offerti a Maria Teresa Binagli Olivari, a cura di M. Ceriana, F. Mazzocca, Milano 1998, p. 143-156. 23 L. SERRA, L!arte nelle Marche. Il periodo del Rinascimento, Roma 1934, p. 483. 22 234 GIUSEPPE CAPRIOTTI Assisi, •certamente è inferiore a quelle successive, poiché il disegno è talvolta un po• ingenuo e la linea non sempre elegante•24. A prescindere da questo giudizio, che oggi non ci sembra più condivisibile, alla studiosa, autrice anche di un importante saggio documentario sulla scuola di Indivini25, spetta il merito di aver colto per prima il probabile rapporto tra i soggetti degli specchi intarsiati e la spiritualità della beata Battista da Varano. Proprio in relazione a questa singolare figura di religiosa, il coro delle clarisse di Camerino compare nel catalogo sul Quattrocento a Camerino del 2002, con un piccolo saggio redatto da Marta Paraventi, la quale evidenzia ancora la centralità dell•esperienza mistica della beata Battista ai fini di una corretta comprensione di alcuni specchi del coro26. Nello stesso luogo Matteo Ceriana, sottolineando l•importanza del cantiere di Santa Chiara all•interno delle fabbriche varanesche, fortemente caratterizzate da un linguaggio classico, su modello urbinate, rileva a ragione che il coro indiviniano •nel 1489, era con le sue paraste scanalate e i capitelli tutti uguali, di un austero modello a unghiature e acanti, forse il più aulico oggetto !all•antica• della città•27. La vera svolta critica sull•argomento è rappresentata però dalla mostra Rinascimento scolpito del 2006. Non solo Francesca Coltrinari inserisce il coro delle clarisse nel percorso artistico di Indivini, evidenziandola giustamente come •un•opera monumentale per l•importanza del materiale e delle forme, solide e semplici, e classica per il rigore geometrico della struttura, per la grammatica anticheggiante delle paraste, dei capitelli corinzi e della trabeazione•28, ma 24 Stralci di tesi di laurea citati da A. A. BITTARELLI, Camerino anni 70, Camerino 1971, p. 78. 25 O. PALLOTTO, La scuola sanseverinate di Domenico Indivini, in Studi Maceratesi, 5 (1969) p. 255-275. 26 M. PARAVENTI, Il coro di Santa Chiara, in Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca, a cura di A. De Marchi, M. Giannatiempo Lopez, Milano 2002, p. 278-279. 27 M. CERIANA, Note sull!architettura e la scultura nella Camerino di Giulio Cesare da Varano, in Il Quattrocento a Camerino, p. 98-115, la citazione a p. 107. 28 F. COLTRINARI, in Rinascimento scolpito. Maestri del legno tra Marche e Umbria, a cura di R. Casciaro, Cinisello Balsamo 2006, p. 158. La studiosa evidenzia inoltre quanto il coro delle clarisse sia •sobrio e classico• rispetto invece a quello della cattedrale di Sanseverino •ornato e iperdecorato•. Cfr. F. COLTRINARI, Domenico Indivini e Sebastiano d!Appennino: una bottega di scultura e intarsio ligneo nelle Marche del Rinascimento, in Rinascimento scolpito, p. 47-71, specialmente a p. 55. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 235 addirittura un•importante ritrovamento documentario di Matteo Mazzalupi ha permesso di accertare la diretta partecipazione di suor Battista da Varano, ovviamente supportata dal padre, nella gestione economica dei fondi destinati alla fabbricazione del coro29. Se da un lato tale scoperta ha confermato ciò che finora si era solo potuto ipotizzare, cioè l•importante ruolo avuto dalla Varano nella committenza del coro, dall•altro essa ha supportato la possibilità di leggere molte figurazioni presenti negli specchi intarsiati come un•emanazione delle pratiche religiose della committente che quotidianamente, insieme alle sorelle, utilizzava quello spazio30. Come cercheremo di dimostrare, i soggetti con cui sono decorati gli stalli del coro compongono a tutti gli effetti quella che deve essere riconosciuta e considerata come un•opera spirituale per immagini, progettata da suor Battista sulla base della funzione stessa del coro. 3. NEL CUORE DI UN PARADISO: LA FUNZIONE DEL CORO In assenza di un programma iconografico scritto, è proprio dalla specificità di questo spazio, e dalla funzione che esso aveva all•interno del monastero, che bisogna ripartire per tentare di decodificare il messaggio che l•eminente religiosa potrebbe aver trascritto nel sistema figurativo degli stalli. All•interno del recinto claustrale l•ambiente del coro ha un valore semantico molto importante. Come esponente e promotrice dell•Osservanza francescana, movimento che ridefinisce la centralità della Regola e attribuisce molta importanza alla clausura31, suor Battista concepisce il monastero come una cittadella sacra, un edenico hortus conclusus circoscritto dalle mura. Lo afferma lei stessa nel Trattato della purità del cuore, citando e spiegando un passo del Cantico dei cantici, mentre descrive un cruccio inflitto alla sposa del Cantico (che nella simbologia del Trattato è sempre la suora) dai custodi della città: !Quaerentem me dilectum meum 29 Rinascimento scolpito, doc. 161, p. 264. Questo percorso è solo cominciato, cfr. G. CAPRIOTTI, Simulacri dell!invisibile. "Cultura lignea# ed esigenze devozionali nella Camerino del Rinascimento, in Rinascimento scolpito, p. 73-83, in particolare p. 79-81. 31 Cfr. G. BOCCANERA, L!osservanza e la B. Camilla Battista da Varano (14581524), in Picenum Seraphicum, XII (1975) p. 138-159. 30 236 GIUSEPPE CAPRIOTTI invenerunt custodes Civitatis et percusserunt me, in super tulerunt a me pallium meum custodes murorum. Li guardiani della città sono li prelati a! quali appartiene la cura dell!anime, le quali sono la bella città del Dio. Dice dunque l!anima semplice e pura: Mentre io cercava il mio diletto Redentore, li mei Padri, dalli quali sperava aiuto e consolazione, m!hanno percossa di parole aspre e con peggiori fatti m!hanno piegata e sotto specie di bene m!hanno levato un mio patre, che era il rifugio mio nelle mie tribolazioni. Questi tali prelati indiscreti sono ben guardiani delle mura cerimoniali della religione, ma non delle mura de! boni e santi costumi"32. A prescindere dalla severa polemica contro i #prelati pastori che dissipano il gregge del Signore"33, suor Battista, prima ancora che il Concilio di Trento trasformi #realmente" i monasteri femminili in recinti di sacre vergini34, definisce lo spazio claustrale delimitato dalle mura come una città di Dio, come una #terrena" Gerusalemme celeste, in cui le #spose" cercano in continuazione il #diletto Redentore"35. Questa ricerca, per le suore coriste (cioè quelle che avevano come unico impegno la preghiera), si attua esclusivamente attraverso l!orazione, in particolar modo nella Liturgia delle Ore, scandita in sette momenti da svolgersi sempre ed obbligatoriamente nel coro, durante l!intero arco della giornata, compresa la notte. Nonostante 32 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere spirituali, a cura di G. Boccanera, Iesi 1958, p. 239-240. Le considerazioni della Beata partono da citazioni bibliche (Ct 3,3; 5,7). 33 Ivi, 240. 34 Cfr. G. ZARRI, Recinti sacri. Sito e forma dei monasteri femminili a Bologna tra !500 e !600, in Luoghi sacri e spazi della santità, a cura di S. Boesch Gajano, L. Scaraffia, Torino 1990, p. 381-396. La studiosa osserva anche come nel Rinascimento i monasteri femminili vengano in genere localizzati urbanisticamente verso le mura o le porte della città: #ciò consente di ipotizzare [$] un intento magico sacrale in funzione di protezione nel luogo stesso che la letteratura religiosa e la predicazione presentano come spazio conteso, teatro di battaglia tra angeli e demoni, e che numerose culture identificano come immagine stessa del femminile" (p. 382). A questo proposito non va trascurato che anche a Camerino il monastero delle clarisse viene edificato a ridosso di una porta trecentesca (ora inglobata dal monastero), attigua al vecchio complesso olivetano di Santa Maria Nuova, del quale le clarisse nel 1484 hanno preso il posto. Cfr. Remiddi 1987 e 2001. Sul valore simbolico delle chiese sulle porte, in relazione al culto di San Sebastiano a Camerino, cfr. G. CAPRIOTTI, Da Camerino al Vittoriale: venture e sventure di un San Sebastiano ligneo, in Quaderni del Vittoriale, 2 (2006) p. 97-130. 35 In un altro luogo del Trattato la religiosa afferma: #li conventi delli religiosi sono come paradisi et in similitudine della città superna". Cfr. BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 255-256. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 237 le numerose riforme che l•hanno interessata nel corso dei secoli, la Liturgia delle Ore, nel rito romano, è stata sempre considerata il viatico che conduce ad una progressiva partecipazione al mistero salvifico di Cristo, il momento del contatto !reale" con Dio36: il canto (o la proclamazione) delle suore si congiunge idealmente con quello delle celesti schiere angeliche, le quali, nell•iconografia, sono infatti spesso rappresentate sedute su stalli corali non dissimili da quelli realmente esistenti37. All•interno dell•hortus conclusus claustrale, cinto come spazio intimo, altro rispetto alla città, il coro, accessibile solo alle suore e scarsamente visibile dai laici, si configura come il posto più sacro di tutto il monastero, un omphalos, ove Cristo si fa presente durante l•orazione, soddisfacendo il bisogno della clarissa di comunicare con lui. Il peculiare status del coro, come soglia e intercapedine tra questo e l•altro mondo, è sottolineato ancora da due aspetti: il luogo di sepoltura delle suore, per tradizione, almeno fino al famoso editto napoleonico, coincide quasi sempre con un vano appositamente scavato sotto il coro; molte esperienze estatiche di mistiche francescane si sono verificate proprio durante la Liturgia delle Ore38 o a causa del canto39. Che la preghiera nel coro e il canto provocassero questi effetti anche su Battista da Varano lo sappiamo proprio dalla sua Vita spirituale, ove si racconta sia l•arrivo di un serafino che, !una notte de po• Matutino", la fa entrare !in un mare tanto alto e profondo"40, sia l•estasi originata dalla melodia di una lauda che !Sora Costanzia" aveva cominciato a intonare e alla quale la religiosa aveva preso !a 36 R. M. LEIKAM, La liturgia delle ore nel rito romano, in Scientia Liturgica. Manuale di Liturgia (V). Tempo e spazio liturgico, Casale Monferrato 1998, p. 90-130. 37 Cfr. ad esempio la miniatura con la caduta degli angeli ribelli nelle Très riches heures del Duca di Berry: Giorni del Medioevo. Le miniature delle Très riches heures del Duca di Berry, Milano 1988. 38 Ringrazio suor Chiara Laura e suor Laura Cristiana (Camerino) per avermi fanno notare quest•aspetto. Singolare è il caso della beata Maria Angela Astorch (1592-1665), che racconta i suoi rapimenti estatici provocati proprio dal canto dei salmi durante la preghiera nel coro. Cfr. L. IRIARTE, Beata Maria Angela Astorch clarisa capuchina (1592-1665). La mistica del breviario, Valencia 1982, p. 34. 39 Sul rapporto tra musica e stati modificati di coscienza è oramai un classico G. ROUGET, Musica e trance. I rapporti fra la musica e i fenomeni di possessione, Torino 1986 [ed. orig. Paris 1980]. 40 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 51-52. 238 GIUSEPPE CAPRIOTTI tenere tenore•, cioè a fare la seconda voce41. Nonostante la Regola di Santa Chiara indicasse di pregare l!ufficio senza canto42, la musica, come dimostrano retrospettivamente le prescrizioni contenute nelle Costituzioni generali delle clarisse emanate dopo il Concilio di Trento43, aveva un ruolo centrale all!interno del coro, forse proprio perché essa era considerata il mezzo sensibile attraverso il quale accedere alle armonie celesti e alla comunione con gli angeli44. 41 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 43-45. Il testo della lauda, scritta probabilmente da suor Caterina Vigri, santa, pittrice e musicista di Bologna (cui la beata ha dedicato anche un!operetta intitolata Visioni di S. Caterina da Bologna, cfr. ID., Le Opere, p. 117-124), è un continuo incitamento a guardare i patimenti di Cristo, come se davanti agli occhi dell!osservatore ci fosse realmente un dipinto. La melodia e il reiterato invito a guardare provocano la formazione di vere e proprie immagini nella mente della beata, che cade in deliquio e assiste alla scena della Pietà (descritta come un dipinto o una scultura, cfr. CAPRIOTTI, Simulacri dell!invisibile, 80). Se da un lato quest!episodio dimostra ancora una volta lo stretto rapporto che intercorre tra le visioni delle mistiche e l!iconografia contemporanea (cfr. C. FRUGONI, Le mistiche, le visioni e l!iconografia: rapporti ed influssi, in Temi e problemi della mistica femminile trecentesca (14-17 ottobre 1979), Todi 1983, p. 137-179), dall!altro esso conferma con forza come alcuni monasteri femminili costituissero una vera e propria rete di centri di cultura non solo artistica, ma anche musicale, visto che le suore camerti conoscevano una lauda composta da un!eminente suora bolognese. Cfr. ad esempio I monasteri femminili come centri di cultura fra Rinascimento e Barocco, a cura di G. Pomata, G. Zarri, Roma 2005 e, nello specifico del monastero bolognese ove è vissuta Caterina Vigri, Vita artistica nel monastero femminile. Exempla, a cura di V. Fortunati, Bologna 2002. 42 Nella Regola di Santa Chiara, approvata da papa Innocenzo IV il 9 agosto 1253, si prescrive che le sorelle celebrino l!ufficio divino "leggendo senza canto•. Come è stato osservato, Chiara voleva probabilmente evitare ogni differenza tra chi sapeva leggere e cantare il gregoriano e chi non era in grado di farlo, senza permettere che il canto divenisse momento di ostentazione di virtuosità, motivo di distrazione o di discriminazione culturale. Cfr. Novus Ordo, Nova vita. Regola di santa Chiara di Assisi del 9 agosto 1253, a cura di C. A. Lainati, Matelica 2001, p. 99. 43 Datate 27 aprile 1582 ed inviate a tutti i monasteri di clarisse dopo il Concilio di Trento, le Constitutioni generali delle monache dell!ordine di S. Chiara" (ed. consultata: Roma 1602), nel capitolo I ("Del Divino Ufficio•), dopo aver sottolineato l!importanza di stare in coro con diligenza durante la Liturgia delle Ore, affermano: "Comandiamo ancora, che per l!avvenire, senza licenza nostra, o del Provinciale, che niuno Monasterio possi usar in Choro se non canto fermo, e non figurato, imo semplice, e uniforme, e crediamo che più espediente fosse, si eleggesse, e salmeggiasse con voce quieta a chiara: con attentione di mente, che occuparsi nella musica e canti, e chi senza tal licenza usasse detta musica, farà la disciplina in pubblica•. Queste prescrizioni ci rivelano che prima del Concilio di Trento, cioè nell!epoca della beata Battista, il canto nel coro era un aspetto assolutamente centrale nella vita liturgica delle suore. Cfr. ZARRI, Recinti, 107 e 167-169. 44 Così era infatti per una famosa mistica bolognese contemporanea di suor Battista, cioè la beata Elena Buglioli dall!Oglio (1472-1520), nota per le sue estasi musicali e per esser stata la committente dell!Estasi di Santa Cecilia di Raffaello. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 239 Il coro delle clarisse di Camerino, così come quello delle suore di Sanseverino45, sembra proprio configurarsi come uno spazio paradisiaco, cui i motivi vegetali e floreali degli stalli appaiono alludere con forza. Definite le specificità di questo spazio edenico e di intima comunicazione con Dio, un altro aspetto che va considerato, per intuire come potevano essere originariamente disposti gli stalli e quindi capire il sistema iconografico, è la posizione che le suore, in base alla loro gerarchia, assumevano all•interno del coro durante l•orazione. In diversi cori monastici è stato possibile infatti appurare che le decorazioni sui postergali sono distribuite in funzione della dignità e dell•importanza delle persone che utilizzano i seggi, come per significare che la gerarchia ecclesiastica riproduce con esattezza l•immagine dell•ordine divino46. Se da un lato non esiste un testo ufficiale che descrive come le clarisse si dovevano disporre nel coro tra XV e XVI secolo, dall•altro la vita claustrale, nelle sue pratiche e formalità liturgiche, è così conservativa da permettere in molti casi il mantenimento di numerose antichissime abitudini. Prima del Concilio Vaticano II, che ha abolito la differenza tra coriste e converse47, le suore dei monasteri di Camerino, Sanseverino e Fermo (tutti e tre legati in modi diversi alla figura di suor Battista48) Cfr. G. ZARRI, Le sante vive. Profezie di corte e devozione femminile tra •400 e •500, Torino 1990, p. 165-196. 45 Cfr. da ultimo P. BRAGAGLIA, in La cultura lignea nelle alte valli del Potenza e dell!Esino, a cura di M. Giannatiempo Lopez, Milano 1999, p. 111-112. 46 M. D. TEIJEIRA PABLOS, Les stalles du groupe de Leòn. Typologie et programme iconographique dans la sculpture gothique tardive espagnole, in Revue de l!art, 116-4 (1996) p. 57-62. 47 Le coriste, che in genere erano nobili e sapevano leggere e cantare in latino l•ufficio, avevano solo il compito di pregare e fare lavori di cucito o ricamo; le converse erano invece suore serve che svolgevano tutti gli altri tipi di lavoro e recitavano per preghiera solo i Pater noster. 48 Il monastero delle clarisse di Fermo è stato fondato da suor Battista Varano (insieme a suor Angela Ottoni) nel 1505 (cfr. B. FELICIANGELI, Notizie e documenti sulla vita della beata Camilla " Battista da Camerino, in Picenum Seraphicum, 5-6 (1915) p. 581-621, 721-741 e U. PICCIAFUOCO, Il Terz!ordine francescano a Fermo dagli anni 1450 al 1506. L!opera della beata Camilla Battista Varano da Camerino (1458-1524), in Picenum Seraphicum, XVII (1984-87) p. 191-213). Che il viaggio realizzato dalla riformatrice suor Battista a Sanseverino Marche nel 1522 fosse legato ad una visita al monastero delle clarisse, passate dalla regola del Terz•ordine a quella del secondo nel 1519, è una ragionevole ipotesi di Luzi (cfr. P. LUZI, Camilla Battista da Varano. Una spiritualità fra papa Borgia e Lutero, Torino 1989, p. 102- 240 GIUSEPPE CAPRIOTTI usavano distribuirsi secondo la seguente gerarchia (basata in parte su cariche elettive che, come testimonia la Dechiarazione sopra i capituli de le sore povere de Santa Chiara, manoscritto della prima metà del XVI secolo, conservato nel monastero camerte49, esistevano già al tempo della beata): lo stallo centrale a sinistra, in alcuni casi differenziato con una decorazione o un!immaginetta, era (ed è ancora oggi) riservato alla badessa (madre superiora), quello di destra alla vicaria (madre vicaria), poi, per ordine di religione (cioè in base all!anzianità nella professione religiosa) si disponevano le discrete, poi sempre per ordine di religione le coriste, e, infine, prima le novizie che sedevano sui seggi anteriori, poi le converse che, in mancanza di spazio, pregavano in altri banchi50. Possiamo congetturare che questa gerarchia si rifletta in qualche modo negli stalli? Anche se per il momento non siamo in grado di dare una risposta esauriente a tale quesito, il confronto con altri cori cenobitici può essere forse esemplificativo, senza tuttavia trascurare le specificità dell!Ordine clariano, il più democratico ed egalitario tra tutti gli ordini monastici. Nella Certosa di Padula, padri e conversi hanno due cori distinti, nelle decorazioni dei quali si avverte chiaramente un!allusione al passaggio dalla semplicità della vita del converso alla complessità di quella del padre, proposta, in un continuo rimandare di motti e immagini alle abitudini certosine, attraverso la nota dialettica che oppone la vita attiva a quella contemplativa51. Un compendio dei principi informativi della regola e della vita monastica si ritrova, solo per fare degli esempi fra quelli più studiati, anche nel coro dell!abbazia di Morimondo in Lombardia52 e in quello dell!abbazia della Novalesa in Piemonte53. Come in questi casi, anche nel 103), messa recentemente in discussione da R. PACIARONI, La beata Battista Varano e la città di Sanseverino, in Studia Picena, LXXIII (2008) p. 117-136. 49 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, p. 267-302. 50 Il gruppo delle discrete, che compongono ancora oggi il Discretorio e variano di numero in base all!entità della comunità, forma un ristretto consiglio cui la badessa si appella per decisioni importanti. Le cariche di badessa, vicaria (che è la prima discreta) e discreta sono comunque elettive. Devo tutte queste preziose informazioni alle clarisse dei monasteri di Fermo, Sanseverino e Camerino. 51 L. GAETA, L!iconografia e lo stile dei cori lignei di S. Lorenzo, in La Certosa Sotterranea. Padula, Certosa di San Lorenzo, Napoli 1992, p. 95-108. 52 Cfr. BANDERA, Il coro. 53 G. GENTILE, "Symbolum veteris et novi testamenti#. Apparato iconografico e struttura degli antichi stalli corali della Novalesa, in La Novalesa. Ricerche $ Fonti Documentarie $ Restauri, s.l. 1988, p. 191-210. Il valore morale e allegorico di molte PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 241 coro delle clarisse di Camerino sembra quasi che le decorazioni degli stalli siano pensate in un crescendo di complessità • che dagli stalli con semplici fiori culmina nel postergale coi simboli della Passione e il motto Funes amoris• • come ad esemplificare, in diversi gradi di sacralità, l•iter spirituale che la suora deve percorrere nel monastero e nella sua vita per avvicinarsi a Dio (cioè il senso stesso della Liturgia delle Ore)54. Più che con cori di altri ordini cenobitici (con alcuni dei quali le clarisse hanno comunque relazioni molto strette, come ad esempio con i benedettini), un simile impianto concettuale trova diretti rapporti con moltissima letteratura devozionale scritta dalle monache o per le monache. Si tratta perlopiù di !brevi compendi di ascetica e mistica volti soprattutto a diffondere la pratica dell•orazione mentale quale mezzo per giungere alla contemplazione e ["] come via facile e sicura per raggiungere la salvezza#55. Tra tutte queste operette devote, che attraverso progressivi passaggi forniscono alla suora una vera e propria !scala del paradiso#, metafora spesso ricorrente addirittura nei titoli e sottotitoli dei testi, vanno annoverate anche Le Sette armi spirituali di Caterina Vigri da Bologna56, conosciuta e letta anche da suor Battista, e il Trattato della purità del cuore e i Dolori mentali di Gesù nella sua Passione della stessa Varano. In particolare in quest•ultima opera, costruita in un crescendo di dolore, la finalità pedagogica è dichiarata all•inizio e ribadita alla fine: dopo aver premesso che quei !dolori mentali# le erano stati descritti quando era ancora novizia ad Urbino da una suora di quel monastero, cui Cristo li aveva comunicati direttamente57, suor Battista afferma che, su incitamento delle sorelle di Camerino, cui lei li aveva a sua volta spiegati, aveva messo per iscritto figurazioni presenti nei cori, in diretta allusione alla vita monastica, è stato sottolineato anche in La fede e i mostri. Cori lignei scolpiti in Piemonte e Valle d!Aosta (secoli XIV-XVI), a cura di G. Romano, Torino 2002. 54 Un simile crescendo di complessità si ritrova anche nelle miniature che decorano i soffitti degli stalli del coro delle clarisse di Foligno, interpretato da Mario Sensi come un !atrio della Gerusalemme celeste#. Cfr. SENSI, I monasteri. 55 ZARRI, Recinti sacri, 21-50 (la cit. a p. 27). 56 Si tratta di un testo pedagogico rivolto proprio alle novizie, chiamate amanti di Cristo ed esortate ad abbandonare il mondo. Cfr. SANTA CATERINA VIGRI, Le sette armi spirituali, a cura di C. Foletti, Padova 1985. 57 Come è stato spesso notato, dovrebbe trattarsi di un espediente letterario, escogitato da suor Battista per non attribuirsi il merito di aver composto l•opera, cfr. le osservazioni di G. BOCCANERA in BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, p. XXII. 242 GIUSEPPE CAPRIOTTI quelle conversazioni •a utilità de l•aneme della passione de Cristo innamorate•58, •perché ogni intelletto non è atto a navigare in tal marina, e massime nui donne che non avemo multa capacità, alle quale io indirizzai e scrissi e comunicai queste cose•59. 4. ALCUNI STALLI E IL PROBABILE SIGNIFICATO DEL SISTEMA ICONOGRAFICO DEL CORO Così come nei suoi scritti spirituali suor Battista si rivolge spesso alle sorelle da istruire, anche nel sistema iconografico del coro, a nostro avviso, si nasconde un messaggio devoto, espresso come una predica figurata rivolta alle anime del monastero. Alla luce delle opere di suor Battista è possibile, infatti, interpretare il senso di alcune figurazioni che, insieme a stemmi varaneschi e a simboli di tipo convenzionale60, ripropongono molti temi presenti nelle meditazioni della religiosa. Giacché alcune di queste immagini non si trovano mai negli altri cori realizzati da Indivini, sembra molto probabile che l•eminente suora, oltre a partecipare finanziariamente alla fabbrica del coro, abbia anche redatto il programma iconografico seguito dalla bottega negli intarsi dei pannelli. Questa collaborazione intima e diretta tra artista e committente giustifica forse la captatio benevolentiae che traspare nella succitata iscrizione con la firma di Domenico Indivini. La decorazione dei due postergali più complessi e importanti, che con ogni probabilità inquadravano il varco d•accesso e segnavano il posto della badessa (quello a sinistra col fregio, fig. 2) e della vicaria (quello a destra senza fregio), è accompagnata dall•iscrizione FVNES AMORIS TVI IESUS CIRCVMPLEXE SVNT ME IDEO SERAPHIN AMABILES CIRCVMDATE ME FLORIBVS QVIA AMORE LANGVEO61, che nel linguaggio e nel contenuto ricorda molto da vicino il 58 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 146. Ivi, 172. 60 I simboli convenzionali utilizzati sono: l•Agnus Dei col vessillo crociato; il calice del Getsemani da cui emergono i simboli della Passione; il monogramma di San Bernardino; spighe di grano che escono da eleganti vasi; ibis che mangiano i serpenti che insidiano le spighe di grano. Nella cultura medievale l•ibis che si ciba del serpente è il simbolo di Cristo che combatte il diavolo. Cfr. M. LEVI D•ANCONA, Lo zoo del Rinascimento. Il significato degli animali nella pittura italiana dal XIV al XVI secolo, Lucca 2001, p. 143. 61 Le funi del tuo amore, Gesù, mi hanno cinto, perciò amabili serafini circondatemi di fiori perché languo d!amore. 59 Fig. 2: Domenico Indivini, Stallo con cuore tra le funi, simboli della Passione e cartiglio con iscrizione, Camerino, Monastero Santa Chiara 244 GIUSEPPE CAPRIOTTI Trattato della purità del cuore e il Cantico dei Cantici, e che con ogni evidenza è stato dunque concepito dalla stessa religiosa. Nel motto, che inevitabilmente vincola il senso dell!intera figurazione, suor Battista celebra la compartecipazione mistica e amorosa con Cristo e festeggia il suo "matrimonio# invocando i serafini, esattamente come avviene nel Trattato della purità del cuore, quando l!anima, dopo esser stata purgata dai vizi, e quindi illuminata, viene infiammata "d!amor serafico#. Nell!immagine sullo stallo il cuore (lo stesso purificato del Trattato) viene cinto dalle funi d!amore di Gesù, le quali sono però legate a quelle della colonna, simbolo della Flagellazione del Cristo, morto per amore62. Nonostante il cuore di Cristo sia una delle più significative immagini della teologia spirituale di suor Battista63, in questo caso il cuore cinto dalle corde sembra essere più propriamente quello della stessa religiosa, e in generale della suora, che amorosamente partecipa alla Passione di Gesù, espressa attraverso tutti i tradizionali simboli del suo martirio (croce sul Golgota, titulo, corona di spine, flagelli, tenaglie, lancia, bastone con spugna imbevuta d!aceto, scala, chiodi e colonna)64. Mediante questo postergale la religiosa non fa altro che rispondere in termini amorosi allo stesso Gesù che, in una visione mistica, le aveva dichiarato il suo amore mediante le parole EGO TE DILIGO CAMILLAM, impresse nel proprio "vermiglio core# a "lettere d!oro grande ed antiche#65. Suor Battista aveva così sentito inverarsi il noto versetto del Cantico del Cantici che recita "mettimi come sigillo sul tuo cuore#66. In più di un pannello si citano tre gigli aperti (o tre piante di giglio), emergenti da un vaso e avvolti allo stelo da un filatterio con 62 In un passo della Vita spirituale il cuore della religiosa è esplicitamente la sede dell!amore per lo sposo Gesù: "Allora allentai la briglia allo amore del mio core, el quale più anni, per timore dello onore mundano, col freno de la discrezione, con grande fatiga avia tenuto infrenato stretto, e lassailo andare impetuosamente e furiosamente e tutto lo efusi e collocai nel mio dulcissimo sposo Cristo Iesù benedetto#. Cfr. BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 26. 63 G. NAPOLI, La teologia spirituale della Beata Battista da Varano, in Camilla Battista da Varano, p. 282-287. Il cuore è la sede delle pene mentali di Gesù, tema centrale delle meditazioni della religiosa, che per prima ha concentrato la sua attenzione sui dolori mentali di Cristo e non solo su quelli fisici. 64 In un primo momento avevo sostenuto che il cuore tra le funi fosse quello del Messia. Cfr. CAPRIOTTI, Simulacri dell!invisibile, 80. 65 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 39. A quest!episodio, raccontato nella, la Beata fa riferimento nella Vita spirituale. 66 Ct 8,6. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 245 la scritta AVE MARIA GRATIA PLENA (fig. 3). Il riferimento più immediato è ovviamente la tradizionale simbologia mariana dell•episodio dell•Annunciazione, che la beata cita nella Vita Spirituale in relazione ad una predica di Francesco da Urbino, a seguito della quale la religiosa dichiara di aver fatto voto alla Vergine di !tenere tutti li miei sentimenti immaculati finché Dio de me altro disponia; ma con questo patto io voliva in ogne modo sentire una sentilla de quello amore che essa in tal dì avea sentito"67. Quando finalmente Dio passa nella sua anima chiamandola alla consacrazione proprio come aveva chiesto alla Vergine, la religiosa afferma: !per darme certo segno che esso era stato nell•anima mia, me lassò tre vernanti e odoriferi gigli". Questi tre gigli hanno per la beata un preciso significato simbolico: il primo è !uno odio del mondo", il quale le sembra solo un inferno; il secondo è !una cordiale umiltà", cioè la convinzione d•essere la massima peccatrice; il terzo !uno infocato desiderio de mal patire" come aveva sofferto Cristo68. Alla luce di questi passi sembra molto probabile che la Beata abbia voluto fissare in un•immagine sensibile, estremamente efficace per memorizzare i tre concetti centrali della sua vita spirituale (odio del mondo, cordiale umiltà e mal patire), i simboli stessi attraverso i quali Dio gli si era rivelato. Sempre nella Vita Spirituale, ma anche in altre sue opere, molto spesso è evocata la potenza del fuoco, come agente purificatore: !remase ne l•anima mia un foco tanto grande che ho ardire de dire con summa verità che l•anima mia fo cusì veramente affiamata et arsa da questo ardente immateriale foco, como nello materiale foco se affiara e abrusa la cosa materiale. E questo foco me pare, se ben me recordo, che me durasse più de tre mesi. Questo foco era un desiderio de ussire della carcere de questo corpo per essere con Cristo"69. In alcuni stalli del coro sono infatti citate delle fiamme che emergono da eleganti bracieri a forma di candelabro (fig. 4). 67 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 20. Questa che sembra essere un•esplicita volontà di ripercorrere il cammino spirituale della Vergine, si giustifica, all•interno del pensiero francescano, col fatto che come il Poverello d•Assisi è l•alter Christus, così Santa Chiara è l•altera Maria, modello per ogni clarissa (ringrazio suor Chiara Laura Serboli che mi ha fornito questa lettura). Nella chiusura della Vita Spirituale (ID., Le Opere, 65), suor Battista afferma di essere intatta e immacolata nel corpo !et vere cum Dei matre dicere possum: Ego virum non cognosco", citando Lc 1,34 e paragonandosi dunque direttamente alla Vergine. 68 ID., Le Opere, 30-31. 69 ID., Le Opere, 55. Sull•importanza che l•immagine del fuoco purificatore ha per la beata, cfr. LUZI, Camilla Battista da Varano, 376. 246 GIUSEPPE CAPRIOTTI Fig. 3: Domenico Indivini, Stallo con gigli, Camerino, Monastero Santa Chiara Fig. 4: Domenico Indivini, Stallo con candelabro e fuoco, Camerino, Monastero Santa Chiara PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 247 Visto che i gigli e il fuoco sono segni che Dio nella sua infinita misericordia ha utilizzato per comunicare direttamente con la suora durante l•estasi, possiamo senz•altro affermare che la natura del simbolismo della religiosa è intrinsecamente legata alla cultura neoplatonica70. Utilizzando sempre i testi della Varano, è possibile spiegare anche altri intarsi, come ad esempio quello con le colombe che si abbeverano su un alto vaso (fig. 5). Nel Trattato della purità del cuore, parafrasando o citando ancora direttamente il Cantico dei Cantici, lo sposo invoca spesso la sposa chiamandola !mia colomba"71; in un altro luogo l•anima che compie il percorso di purità, cioè la suora da educare, guarda il suo Dio !con l•occhio colombino"72; anche nelle Sette armi di Caterina da Bologna, la badessa, cioè la deputata ad istruire le novizie, non deve !aprire li ochii alle simplicitade colombine"73. Attraverso queste fonti sembra abbastanza plausibile ipotizzare che la colomba simboleggi la suora nel monastero74. Cosa invece rappresenti il vaso lo spiega ancora una volta suor Battista alle sue sorelle nei Dolori mentali: !E fòme mostrato che tanta differenzia è da chi se deletta solo dell•umanità de Cristo apassionata e da chi se deletta delle pene mentale de Iesù Cristo, quanta differenzia è dal vaso, che dentro sta el mèle o vero el balsamo, al vaso che de fora è irigato un poco de quello liquore che sta dentro. Cusì chi vole gustare della passione de Cristo, non de• gire sempre licando le righe del vaso, cioè le piaghe de Cristo, del sangue del quale è rigato el vaso divino de la sua umanità, che mai, non se saziaria 70 Sulla natura essenziale dei simboli ricevuti durante l•estasi mistica (in opposizione ad una simbologia convenzionale di tipo aristotelico), cfr. E. H. GOMBRICH, Icones Symbolicae. Filosofie del simbolismo e loro portata nell!arte (1948), in ID., Immagini simboliche. Studi sull!arte del Rinascimento, Torino 1978, p. 223-228. L•unico studioso che finora ha evidenziato, seppur di sfuggita, un legame della religiosa col linguaggio platonico è LUZI, Camilla Battista da Varano, 163-164. 71 In riferimento a Ct 2,14; 5,2, BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 223-224. 72 Ancora in riferimento a Ct 1,15; 4,1, cfr. BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 223. 73 SANTA CATERINA VIGRI, Le sette armi, 132. 74 Nella trattatistica medievale le specie di uccelli indicano spesso i diversi strati della società. Nello specifico del francescanesimo si pensi ad esempio al significato proprio dei volatili nel famoso episodio della predica agli uccelli di Francesco d•Assisi. Cfr. C. FRUGONI, Francesco e l!invenzione delle stimmate. Una storia per parole e immagini fino a Bonaventura e Giotto, Torino 1993, p. 233-268. Fig. 5: Domenico Indivini, Stallo con colombe, Camerino, Monastero Santa Chiara PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 249 chi de tali cibi fosse afamato. Ma, che vole saziarse, entre dentro al vaso, cioè al core e mare de Iesù benedetto e serà saziato più che non vole•75. Se è vero dunque che attingere il nutrimento dentro il vaso significa accedere direttamente al cuore dei dolori mentali di Gesù, è molto probabile che l•immagine raffiguri sotto forma allegorica un importante precetto che la religiosa prescriveva alle suore, rappresentate come colombe (due che bevono e due che non bevono). Nel brano la pedagoga suor Battista si è avvalsa infatti del procedimento tipico che i predicatori, soprattutto francescani, utilizzavano per plasmare delle imagines agentes, cioè delle immagini mentali capaci di condensare in sé una fitta rete di associazioni e corrispondenze, che permettevano di memorizzare più facilmente un concetto importante76. Non solo la mnemotecnica, che usa spesso per i propri scopi una tassonomia morale modellata da lunghissima tradizione sul mondo animale, si serve sin dalle sue origini di queste immagini mentali77, ma addirittura i predicatori dell•osservanza francescana adottano molto spesso figure reali che servono a fissare meglio il testo nella mente e a guidare il devoto verso l•invisibile: !parola e immagine aiutano a costruire una solida immagine interiore, i cui referenti sensibili aprono la porta a una realtà superiore alla quale ci si può accostare solo per similitudine, per analogia•78. Si creano così !immagini cariche di efficacia spirituale, capaci cioè, grazie ai loro significati allegorici, di colpire l•animo di chi ascolta (e di chi legge), e di operarvi una trasformazione, morale prima e mistica poi•79. Vista l•importanza che suor Battista attribuiva alla funzione mnemonica, cui fa riferimento in maniera ossessiva nei suoi scritti80, 75 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 171-172. Cfr. L. BOLZONI, Iconografia e arte della memoria, in Arte lombarda, 105-107 (1993) p. 114-118. 77 Sull•arte della memoria è oramai un classico F. YATES, L!arte della memoria, Torino 1972, aggiornato con M. CARRUTHERS, Machina memorialis. Meditazione, retorica e costruzione delle immagini (400-1200), Pisa 2006. 78 L. BOLZONI, Predicazione e arte della memoria: un quaresimale di Bernardino da Siena e l!immagine del Serafino, in Musagetes. Festschrift für Wolfram Prinz, a cura di R. G. Kecks, Berlin 1991, p. 179-195. 79 L. BOLZONI, La rete delle immagini. Predicazione in volgare dalle origini a Bernardino da Siena, Torino 2002, p. 56, cui si rimanda per una vasta indagine sulle dinamiche del rapporto tra predicazione e immagine, mentale e sensibile. 80 Sulla necessità di esercitare e santificare la memoria della Passione, la Varano ritorna in più volte nel Trattato della purità di cuore (cfr. ad esempio BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 248) e soprattutto nelle Considerazioni sulla Passio76 250 GIUSEPPE CAPRIOTTI non è da escludere dunque che il sistema figurativo del coro sia un dizionario di immagini della memoria, create dalla committente per spiegare modelli di comportamento o per alludere al corretto modo di vivere le tappe fondamentali della vita spirituale della suora dalla vocazione fino alla contemplazione mistica del divino (che è lo scopo della Liturgia delle Ore). Un altro soggetto iconografico potrebbe infatti simboleggiare l!entrata in monastero della suora: quello con la fontana, uccelli di difficile identificazione che si abbeverano e due serpenti che escono dalla vasca inferiore (fig. 6). Dopo aver almeno ricordato come la serpe sia il tradizionale simbolo del maligno, "l!antico serpente#81, e la fontana quello della rigenerazione in Dio, che nel Trattato è definito infatti "la fontana d!ogni perfezione, il sommo bene di ogni creatura#82, si può proporre un confronto iconografico con una stampa bolognese dell!inizio del XVIII secolo che mostra l!ingresso di una religiosa camaldolese in monastero83. Per motivi geografici, cronologici e "religiosi# la stampa non può ovviamente essere legata per via diretta all!intarsio. Tuttavia alcuni innegabili punti di contatto dimostrano forse che i due soggetti appartengono ad una medesima tradizione claustrale e iconografia, che ha mantenuto invariati certi simboli attraverso i secoli. L!immagine settecentesca rappresenta due mondi diversi, separati da una porta guarnita col primo versetto del V capitolo del Cantico: l!hortus conclusus del monastero, cioè un giardino irrorato da una fontana alla quale si dissetano due colombe, contrasta col mondo selvaggio e pericoloso ove strisciano due serpi. La novizia che entra nel monastero rinuncia dunque al peccato per andare a dissetarsi, candida come una colomba, alla rigogliosa fonte ne di Nostro Signore, ove suor Battista non solo crea numerose immagini mentali, ma promuove anche la famosa pratica della visualizzazione interiore studiata ad esempio da M. BAXANDALL (Pittura ed esperienze sociali nell!Italia del Quattrocento, Torino 1978 [ed. orig. Oxford 1972], p. 56-64). Tra i tanti passi che si potrebbero citare: "bisogna in principio durare fatica ad immaginare con la mente i luoghi della Passione, come è l!orto, il palazzo, Monte Calvario et altri simili, o pure figùrateli in qualche terra dove ti trovi, e se non ci fussero, formali con la mente a tuo modo e in questi luoghi così formati sempre stùdiati stare con la persona nel tempo dell!orazione et anche dopo, per quanto più puoi, procura di non partire da essi#. Cfr. BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 332. 81 BEATA CAMILLA BATTISTA DA VARANO, Le Opere, 83. 82 ID., Le Opere, 251. 83 Cfr. S. BRIGHETTI, La "perfetta monaca#. Creanza cristiana in convento tra letteratura, precettistica e iconografia, in Vita artistica, p. 43-75, l!immagine è a p. 49. Fig. 6: Domenico Indivini, Stallo con fontana, colombe e serpenti, Camerino, Monastero Santa Chiara 252 GIUSEPPE CAPRIOTTI della salvezza. Intarsio e stampa sono creati usufruendo dei medesimi simboli, ricomposti però secondo un diverso criterio: per creare un emblema capziosamente simbolico nel primo caso, un•immagine allegorico-narrativa nel secondo84. Anche se non è possibile per il momento decodificare ogni singola figurazione, l•ipotetico programma iconografico del coro sembra oramai delinearsi come un percorso spirituale per immagines agentes, finalizzato, come gli scritti stessi della committente, a insegnare la strada per raggiungere il paradiso attraverso la preghiera e la meditazione interiore85. Cogliendo magistralmente questa tensione verso l•alto, Domenico Indivini si confronta senza alcun imbarazzo con l•architettura rinascimentale del monastero e studia uno stile essenziale ed efficace che gli permette di tradurre, quasi con il linguaggio asciutto e icastico della predica francescana, non solo il cosmo religioso di un ordine monastico, ma la tempra energica di una mistica straordinaria la cui ultima e più intima !opera spirituale", il coro, resta nonostante questi sforzi ancora in parte inedita86. Appendice. Elenco dei soggetti degli stalli del coro Ordine inferiore (in senso orario) 1) Tre gigli aperti (e due chiusi) emergenti da un vaso; cartiglio con la scritta AVE MARIA GRATIA PL(ENA) 2) Fontana con quattro volatili che bevono e due serpenti che escono dalla vasca inferiore 84 Questo soggetto intarsiato si trova anche nel contemporaneo coro della cattedrale di Jesi (cfr. P. BRAGAGLIA, Domenico Indivini intarsiatore sanseverinate (1445-1502) e il perduto coro della Cattedrale di Jesi, in Guardate con i vostri occhi! Saggi di storia dell"arte nelle Marche, a cura di A. Montironi, Ascoli Piceno 2002, p. 67-79). È molto probabile che Indivini abbia recuperato l•invenzione della Varano, utilizzandola, nella produzione seriale della sua bottega, in un coro di altra destinazione. 85 In questo contesto assumerebbe particolare rilevanza spiegare il valore che potrebbero avere gli stemmi varaneschi (inseriti tra l•altro in uno spazio a limitata visibilità). Si potrebbe trattare dunque di un•intima glorificazione di Giulio Cesare, nel momento in cui quest•ultimo ha oramai accettato la scelta di sua figlia, o, come osserva Cristina Galassi, un modo per ribadire, anche all•interno del monastero, il potere dei Da Varano, attraverso l•eminente figliola. Cfr. C. GALASSI, in Riflessioni sul Rinascimento scolpito, 127. 86 Ringrazio Mario Sensi, Maria Giannatiempo Lopez e le clarisse di Camerino, Sanseverino Marche e Fermo, che mi hanno sempre accolto con entusiasmo (suor Chiara Laura, suor Laura Cristiana, suor Maria Luigia, suor Rosella Chiara, suor Ludovica e suor Angela). Grazie a Francesco Rocchetti e a Chiara Frugoni. PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 253 3) Calice affiancato da due cornucopie e terminante in un fiore di loto 4) Calice reggente due delfini che inquadrano ghiande 5) Delfini che affiancano una pianta di loto 6) Vaso da cui emerge un fiore di loto; alle anse sono appesi due piccoli melograni 7) Calice da cui emergono simboli della Passione 8) Composizione floreale 9) Vaso da cui emergono garofani 10) Vaso da cui emergono spighe di grano 11) Calice reggente due delfini che inquadrano ghiande 12) Calice da cui emerge un fiore di loto 13) Tre gigli aperti (e due chiusi) emergenti da un vaso; cartiglio con la scritta AVE MARIA GRATIA PLENA DO(MINUS) 14) Fontana con quattro volatili che bevono e due serpenti che escono dalla vasca inferiore 15) Calice reggente due delfini che inquadrano ghiande 16) Cornucopie da cui emergono composizioni floreali Ordine superiore, stalli inferiori (in senso orario) 1) Vaso con anse a forma di delfino da cui escono garofani 2) Fontana con quattro volatili che bevono e due serpenti che escono dalla vasca inferiore 3) Agnus Dei entro una ghirlanda vegetale 4) Cornucopie da cui emergono composizioni floreali 5) Tre gigli aperti (e due chiusi) emergenti da un vaso; cartiglio con la scritta AVE MARIA 6) Monogramma bernardiniano entro ghirlanda vegetale 7) Vaso con quattro colombe, due delle quali bevono 8) Vaso con garofani 9) Stemma varanesco entro una ghirlanda di frutta 10) Composizione floreale 11) Monogramma bernardiniano entro una ghirlanda di quercia con ghiande 12) Braciere sorretto da due sfingi 13) Vaso con spighe di grano insidiato da serpenti e difeso da ibis 14) Braciere sorretto da due sfingi 254 GIUSEPPE CAPRIOTTI 15) Vaso con spighe di grano insidiato da serpenti e difeso da ibis 16) Vaso con spighe di grano 17) Calice affiancato da due cornucopie e terminante in un fiore di loto 18) Vaso con cornucopie 19) Calice affiancato da due cornucopie e terminante in un fiore di loto 20) Fontana con quattro volatili che bevono e due serpenti che escono dalla vasca inferiore 21) Vaso con garofani 22) Vaso con quattro colombe, due delle quali bevono 23) Vaso da cui emerge un fiore di loto; alle anse sono appesi due piccoli melograni 24) Vaso con spighe di grano 25) Calice con i simboli della Passione 26) Vaso da cui emerge un fiore di loto; alle anse sono appesi due piccoli melograni 27) Delfini che affiancano una pianta di loto 28) Fontana con quattro volatili che bevono e due serpenti che escono dalla vasca inferiore 29) Calice con i simboli della Passione Ordine superiore, stalli superiori (in senso orario) 1) Monogramma bernardiniano circondato da quattro delfini 2) Vaso con tre piante di giglio e la scritta AVE MARIA GRATIA PLENA 3) Calice con i simboli della Passione 4) Vaso con rose selvatiche e uccelli 5) Stemma varanesco circondato da quattro delfini 6) Braciere decorato con due delfini circondato da fiori 7) Vaso con due leopardi rampanti che tengono con una zampa fiori di garofano su cui poggiano uccelli 8) Vaso con decorazioni floreali che terminano con spighe di grano 9) Calice con i simboli della Passione 10) Racemi fioriti che inquadrano una candelabra con frutta 11) Stallo con cuore tra le funi, simboli della Passione e cartiglio con iscrizione FVNES AMORIS TVI IESUS CIRCVMPLEXE PER UN•OPERA SPIRITUALE IN PIÙ 12) 13) 14) 15) 16) 17) 18) 19) 20) 21) 22) 23) 24) 25) 26) 27) 28) 29) 255 SVNT ME IDEO SERAPHIN AMABILES CIRCVMDATE ME FLORIBVS QVIA AMORE LANGVEO Racemi fioriti che inquadrano una candelabra con frutta Agnus Dei circondato da racemi e uccelli Vaso di frutta da cui emerge una candelabra terminante con spighe di grano Stallo centrale (con cornicetta) con cuore tra le funi, simboli della Passione e cartiglio con iscrizione FVNES AMORIS TVI IESUS CIRCVMPLEXE SVNT ME IDEO SERAPHIN AMABILES CIRCVMDATE ME FLORIBVS QVIA AMORE LANGVEO Vaso di frutta da cui emerge una candelabra terminante con spighe di grano Agnus Dei circondato da racemi e uccelli Racemi fioriti che inquadrano un alto vassoio con frutta Calice con i simboli della Passione Racemi fioriti che inquadrano una candelabra con frutta Calice con i simboli della Passione Vaso con decorazioni floreali che terminano con spighe di grano Vaso con due leopardi rampanti che tengono con una zampa fiori di garofano su cui poggiano uccelli Braciere decorato con due delfini circondato da fiori Stemma varanesco circondato da quattro delfini Vaso con rose selvatiche e uccelli Calice con i simboli della Passione Vaso con tre piante di giglio e la scritta AVE MARIA GRATIA Monogramma bernardiniano circondato da quattro delfini