IL VALDARNO TRA TARDANTICHITÀ
E MEDIOEVO: ARCHEOLOGIA
DI UNA GRANDE VALLE FLUVIALE
di
Federico Cantini, Jacopo Bruttini,
Francesco Carrera, Beatrice Fatighenti,
Emiliano Scampoli, Caterina Toscani
1. C
In questo contributo illustreremo le linee guida e alcuni
risultati preliminari di scavi e ricerche che fanno parte di un
progetto, diretto da chi scrive (cattedra di Archeologia Medievale, Università di Pisa), che ha l’obbiettivo di studiare le
trasformazioni dell’economia della valle dell’Arno tra la Tarda
Antichità e il Medioevo.
La scelta di quest’area di indagine è stata dettata dall’idea
che questo territorio avesse una sua peculiarità e identità, anche
economica, legata alla presenza del iume Arno, che da sempre
ha costituito un asse viario importante, capace di collegare le
diverse zone della Toscana settentrionale, dagli Appennini ino
al mare. In particolare ci è sembrato interessante veriicare,
attraverso l’archeologia, l’efettiva esistenza di questa identità,
i suoi caratteri e come essi si siano trasformati nel tempo.
L’agenda della ricerca, costruita tenendo conto dello
stretto legame tra economia, insediamento e ambiente, è stata
organizzata su più livelli di analisi, contraddistinti da gradi di
approfondimento diverso: raccolta dei dati editi e lettura delle
fotograie aeree e satellitari; realizzazione di campagne di ricognizione in aree con diverse caratteristiche paesaggistiche; scavo
archeologico di alcuni siti campione, diferenti per tipologia
insediativa, e indagini mirate allo studio dei paesaggi naturali
(carotaggi o piccoli scavi in corrispondenza dei paleolvei dell’Arno e in zone caratterizzate da particolari condizioni ambientali).
La scelta dei siti e delle aree da indagare in maniera più
approfondita è stata condizionata dalla loro maggiore o minore
potenzialità nel fornire risposte ad alcune domande (ig. 1):
– come si modiicò l’economia in rapporto alle trasformazioni dell’assetto insediativo rurale (crisi del sistema delle ville,
cristianizzazione delle campagne, incastellamento, espansione
delle città sul contado) e urbano, della proprietà e dello sfruttamento delle risorse naturali?
– che rapporto vi fu tra variabilità delle forme di occupazione,
sfruttamento del territorio e cambiamenti ambientali?
– l’Arno e i suoi aluenti riuscirono, e in che modo, a mantenere un ruolo di collegamento tra le diverse zone della valle?
– in questa rete di relazioni che tipo di gerarchie e di rapporti
economici si instaurarono tra i diversi tipi di insediamento
(rurale e urbano)?
Per rispondere a queste domande stiamo analizzando
alcuni contesti urbani e rurali cronologicamente inquadrabili
tra il IV e il XIV secolo, attraverso studi e scavi programmati,
realizzati anche in collaborazione con la Soprintendenza ai Beni
Archeologici della Toscana, alcune amministrazioni comunali
e altre Università: la villa tardo antica dell’Oratorio (IV-inizio
VI secolo, Capraia e Limite-Fi), il vicus Wallari-borgo di San
Genesio (IV-XIII secolo, San Miniato-Pi), la chiesa rurale dei
SS. Quirico e Lucia (VII-XV secolo, Montelupo Fiorentino-Fi),
la città di Firenze (scavo degli Uizi, Biblioteca Magliabechiana
e Palazzo Vecchio, IV-XV secolo) e inine la città di Arezzo (IVXV secolo). A questi contesti abbiamo recentemente aggiunto
una ricognizione del territorio comunale di San Miniato (Pi)
e uno scavo condotto dalla Soprintendenza a Pisa negli ex
Laboratori Gentili, che è ora oggetto di tre tesi di dottorato.
Le indagini sono state progettate tenendo conto della necessità di utilizzare degli strumenti il più possibile attendibili per la
lettura dei dati archeologici. Per questo motivo abbiamo iniziato
a lavorare alla creazione di sicure cronotipologie delle ceramiche
(che rimangono uno dei fossili guida dell’archeologia) e degli altri
manufatti, che ci permettessero da una parte di datare i contesti
e dall’altra di metterli in relazione tra loro. I primi lavori hanno
perciò riguardato siti produttivi. Al momento abbiamo analizzato
il caso di Empoli, attivo tra il IV e l’inizio del VI secolo, quando vi
si producevano ceramiche acrome, ingobbiate di rosso e dipinte,
oltre che anfore, e San Genesio, dove abbiamo individuato una
fornace alto medievale in cui erano cotte ceramiche dipinte con
colature di ingobbio rosso. Per deinire la cronologia di questi
indicatori ci siamo poi aidati alle datazioni archeomagnetiche
dei resti delle fornaci, in collaborazione con il CNR di Pisa, e a
quelle radiocarboniche dei resti organici.
Naturalmente per la valutazione delle trasformazioni degli
assetti economici stiamo tenendo conto anche degli altri tipi di
attività produttive (metallurgia, lavorazione del vetro, edilizia,
sfruttamento agricolo dei suoli, etc.) e delle diverse forme di
circolazione dei manufatti.
Contestualmente stiamo lavorando dal punto di vista
archeometrico sia sulle ceramiche (sezioni sottili, analisi dei
residui organici per l’identiicazione dei contenuti) che sui
metalli e i vetri (analisi delle materie prime).
Per la comprensione delle diverse forme di circolazione
dei prodotti abbiamo poi intenzione di indagare alcuni esempi
di infrastrutture, come i porti, i luoghi di mercato le vie di
comunicazione.
Inine, con l’intento di cercare di gestire e organizzare l’insieme dei dati raccolti abbiamo sperimentato diverse soluzioni
informatiche, per testarne l’efettiva potenzialità ed eicacia nei
diversi ambiti della ricerca (dati editi, ricognizioni, scavi stratigraici urbani e rurali) e della comunicazione delle informazioni.
Fe.C.
2. M
Per le indagini in aree rurali è stato creato un sistema GIS
che consente di poter acquisire i dati in micro e macro scala
contemporaneamente (ig. 2), senza doversi avvalere di GIS
intra-sito e inter-sito (Forte 2002, pp. 47-64), utilizzati di
solito in maniera indipendente l’uno dall’altro. Questo sistema integrato permette di individuare e registrare ogni tipo di
informazione archeologica, storica e topograica del territorio a
vari livelli di scala, dalla localizzazione di un singolo elemento
(struttura, sito o unità topograica) alla ricostruzione della
maglia insediativa di una determinata porzione di territorio.
Il software che ci ha permesso di progettare un tale strumento è Autocad Map 3d dell’Autodesk che racchiude in sé le
classiche funzionalità CAD, utili per la vettorializzazione e la
redazione di piante di scavo, insieme a una gestione tridimensionale dei dati e alle più moderne applicazioni GIS.
La piattaforma GIS è stata realizzata tramite la costruzione
di un database relazionale normalizzato, con struttura ad albero
e singoli archivi distinti ma relazionati tra loro, in grado di
raccogliere le informazioni, storiche e archeologiche, provenienti dall’analisi dell’edito e tutta la documentazione raccolta
durante le indagini archeologiche estensive e intensive. Il livello
più alto della struttura relazionale è rappresentato dalla scheda
“sito”, seguita dalle schede “anomalie”, per la registrazione delle
anomalie individuate dall’analisi delle fotograie aeree, “UT”,
per la ricognizione o “US”, “USM”, “rinvenimento sepolture”,
per le indagini intensive.
Il database comprende inoltre archivi speciici per lo studio
dei reperti in fase post-scavo o post-ricognizione: “ceramica”,
“metalli”, “vetri”, “monete”, “elementi lapidei”, “reperti faunistici”, “reperti archeobotanici”.
Ogni archivio è stato dotato di campi per l’inserimento
delle coordinate geograiche che permettono il collegamento
automatizzato tra il database e la base cartograica composta, sul
software precedentemente indicato, da cartograia georiferita in
formato vettoriale e raster, fotograie aeree e da elementi vettoriali rappresentati dai singoli rilievi di scavo e di ricognizione.
265
ig. 1 – Carta del Valdarno con i siti indagati e l’area ricognita (1. Comune di San Miniato; 2. Pisa; 3. San Genesio; 4. Empoli; 5. Capraia e Limite;
6. Montelupo Fiorentino; 7. Firenze; 8. Arezzo).
ig. 2 – Struttura
del sistema GIS
utilizzato.
Gli elementi vettoriali e raster risultano, quindi, collegati
ai rispettivi archivi alfanumerici rendendo possibile la realizzazione di cartograia tematica, altrimenti molto diicoltosa in
presenza di una vasta mole di dati, o di analisi spaziali vere e
proprie. L’utilizzo di tale sistema si dimostra inoltre vantaggioso
anche in sede interpretativa ofrendo un notevole supporto alla
ricostruzione del sito da una parte e delle dinamiche insediative
dall’altra: la sua funzione quindi non è relegata alla semplice
archiviazione dei dati, ma viene estesa anche alla produzione
di nuove informazioni.
Il software Autocad Map 3D, collegato a diferenti database
desktop, è stato utilizzato anche per creare un sistema GIS dei
dati archeologici urbani. Questa soluzione è stata elaborata
all’interno del progetto di ricerca su Firenze (Cantini et al.
2007; Scampoli 2010) per gestire la problematica ed eterogenea
documentazione iorentina. In sintesi, le informazioni edite
sono state schedate con un database relazionale la cui unità minima è l’elemento topograico (qui chiamata “unità funzionale
urbana”), riprendendo la classiicazione adottata dal dipartimento senese (Fronza et al. 2009). I rilievi archeologici sono
stati georeferenziati e trasformati in vettori poligonali, mentre
le informazioni non collocabili esattamente sono state rappresentate tramite punti. Con il software GIS suddetto, collegato
ad un database apposito, è stata poi gestita la documentazione
stratigraica di alcuni scavi recenti (v. parte su Firenze).
Il sistema creato è stato utilizzato per l’analisi e lo studio
dei dati di scavo, per una rilettura generale della storia urbana
iorentina e per la realizzazione di carte del potenziale archeologico del centro storico (Scampoli 2010).
L’intera banca dati geograica (dati vettoriali e alfanumerici)
è stata, in seguito, portata da un ambiente desktop ad uno server,
utilizzando un RDBMS opensource chiamato Postgresql in grado
di gestire in tabelle sia le informazioni alfanumeriche che quelle
geograiche, tramite la sua estensione Postgis (per questo motivo
tale sistema è chiamato geo-database). Questo permette una
migliore gestione dei dati ma, soprattutto, amplia notevolmente
le possibilità di pubblicazione e difusione delle informazioni.
Sono disponibili, infatti, numerosi applicativi open source in
grado di pubblicare i dati geograici contenuti in Postgres per la
realizzazione, ad esempio, di web-G.I.S. o per la produzione di
geo-servizi e geo-cataloghi in grado di fornire informazioni nei
formati W.M.S. e W.F.S. (Sahlin, Scampoli 2011).
266
ig. 3 – Strutture e mosaico della villa tardo antica di Capraia e Limite.
Proprio per questi motivi, Postgresql diventerà il geodatabase nel quale saranno riversati i dati delle banche dati
“locali” realizzate nel progetto Valdarno, limitando i problemi
di “frammentazione” e perdita di informazioni (problematiche
assi difuse nell’uso di database desktop). In questo modo, gli
esiti della ricerca archeologica seguiranno le indicazioni delle più
recenti direttive europee sulla difusione, pubblicazione e riuso
di banche dati geograiche (direttiva INSPIRE, anno 2007, per
la formazione di un’infrastruttura per l’informazione territoriale
nella Comunità Europea). Applicare il concetto di “open data”
alla ricerca archeologica signiica, infatti, poter difondere in
rete non solo metodologie e interpretazioni in formato testuale,
ma anche mappe, dati vettoriali, banche dati geograiche nei
formati e protocolli internazionali più comuni.
B.F., E.S.
3. I :
Presentiamo qui di seguito alcuni degli scavi che sono in
corso di svolgimento o di studio per fornire un panoramica sui
contesti che stiamo prendendo in considerazione.
3.1 Ricognizioni
Il progetto di ricognizione del territorio comunale di
San Miniato, inalizzato anche alla redazione di una carta
archeologica, ha previsto la raccolta e schedatura del materiale
edito e della cartograia storica, l’analisi delle fotograie aeree
e successivamente la ricognizione di supericie vera e propria.
Il quadro che avevamo potuto ricostruire basandosi sull’edito mostra una trasformazione dell’insediamento che prevede
la presenza di ville e fattorie in epoca romana e una profonda
crisi del popolamento tra il III e il IV secolo, quando continua
a sopravvivere solo il sito di San Genesio (vedi infra); assistiamo poi, nell’alto Medioevo, alla nascita del sistema curtense e
all’organizzazione della cura d’anime per pievi; dal IX secolo
iniziano a comparire insediamenti deiniti come ville che
avranno continuità ino al basso Medioevo, quando aumentano
anche di numero; inine, nell’XI secolo sono attestati i primi
castelli, mentre si moltiplicano le chiese dipendenti dalle pievi.
Le indagini di supericie, realizzate in due campagne di
un mese ciascuna, hanno permesso di individuare un totale di
176 unità topograiche e 42 siti, databili tra l’età tardo antica
e il basso Medioevo. Le linee di tendenza generali mostrano
una discontinuità dell’insediamento tra il VI e il VII secolo e
una rioccupazione dei siti romani in età altomedievale e per
tutto il basso Medioevo, quando gli spargimenti sul campo
sembrano riferibili a nuclei abitativi di dimensioni ridotte,
con uno o due ediici.
Per quanto riguarda la disposizione dei siti, in età tardo
antica e medievale, è possibile notarne una concentrazione sui
versanti collinari o sulle alture, mentre sono deserte le valli,
dove i iumi e i torrenti, come suggerito anche dai numerosi
paleoalvei individuati nelle foto aeree, dovevano essere sottoposti ad una scarsa regimazione.
Fe.C., B.F.
3.2 Siti rurali
3.2.1 Empoli (Fi)
Grazie a un accordo con la Soprintendenza ai Beni
Archeologici per la Toscana e la locale Associazione Archeologia
Medio Valdarno è stato possibile studiare i materiali emersi
da alcuni scavi condotti nel centro storico di Empoli e nelle
sue immediate vicinanze. Sono emersi numerosi tubuli da
fornace e scarti di produzione relativi alle anfore di Empoli e
al vasellame da tavola ingobbiato di rosso e dipinto, oltre che
ad alcune forme da dispensa acrome. Il centro è attivo tra il
IV e l’inizio del VI secolo, quando sembra rifornire una vasta
zona del Valdarno. Sulle produzioni locali da mensa e dispensa
sono state realizzate sezioni sottili, mentre le anfore sono state
sottoposte dalla Soprintendenza anche ad analisi chimiche
(Cantini, Boschian, Gabriele c.s.; Pallecchi et al. c.s.).
Fe.C.
3.2.2 La villa tardoantica dell’Oratorio (Capraia e Limite, Fi)
Il sito dell’Oratorio è stato oggetto di due campagne di
scavo dirette dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della
Toscana e dall’Università di Pisa, cattedra di Archeologia
Cristiana e Medievale. Le indagini hanno permesso di portare
alla luce i resti di una grande villa, realizzata, probabilmente
sui resti di un ediicio precedente, nella prima metà del IV
secolo, in una piccola valle che si afaccia sull’Arno (ig. 3a).
La struttura era dotata di una grande sala absidata, destinata a
triclinio e ambiente di rappresentanza, arricchita con intonaci
dipinti e un tappeto musivo (ig. 3b). Quest’ultimo presenta
un emblema centrale con raigurata una scena di caccia al
cinghiale. Il rinvenimento di un frammento di iscrizione
permette poi di ipotizzare che il complesso appartenesse alla
famiglia dei Vetti, almeno nella fase di IV secolo, e forse a quel
267
Vettio Agorio Pretestato che fu corrector Tusciae et Umbriae
prima del 362 e praefectus urbi nel 384, nonché proprietario
di terre nella regione, dove soggiornava per lunghi periodi.
Nel V secolo, probabilmente, la villa passò nelle mani di un
altro proprietario, che la ampliò aggiungendo alcuni vani che
andarono a delimitare un giardino dotato di fontana, sul cui
fondo fu reimpiegata l’iscrizione sopracitata. I reperti ceramici
ci indicano un consumo, quasi esclusivo, dei manufatti prodotti
nella vicina Empoli, da cui provengono anche le anfore destinate
a contenere il vino (Alderighi, Cantini 2011).
3.2.3 Vicus Wallari-borgo di San Genesio (San Miniato, Pi)
Lo scavo del sito di San Genesio, prima condotto come
Università di Siena e poi di Pisa, ha consentito di indagare
archeologicamente un vicus altomedievale, ricordato dalle
fonti scritte nel 715 come vicus Wallari e dall’XI secolo come
burgum Sancti Genesii. I dati sono ora in corso di elaborazione
per l’edizione scientiica dello scavo. Il centro sembra avere
uno spiccato ruolo produttivo, come dimostra il ritrovamento
di una fornace e di uno scarico di ceramiche altomedievali,
dipinte con colature di ingobbio rosso, e di tracce della lavorazione del metallo (ferro e bronzo). Queste due produzioni
sono ora al centro di analisi archeometriche (sezioni sottili,
analisi dell’ematite per individuarne la provenienza). Il ruolo
centrale di questo vicus si deve anche alla sua posizione, posta
in prossimità dell’Arno e del suo aluente Elsa, all’incrocio della
strada romana che univa Pisa a Firenze e della via Francigena.
Questa centralità ne promosse la destinazione a sede di una
grande pieve, dedicata a S. Genesio, e probabilmente anche di
un mercato. Eccezionali sono anche le restituzioni numismatiche e ceramiche che confermano il ruolo di “central place”
dell’insediamento ancora dopo il 1000, quando, insieme a Pisa,
sarà uno dei pochi luoghi dove arriveranno i primi esemplari
di vasellame islamico. L’abitato, sviluppatosi come submansio
della via Francigena, sarà raso al suolo dagli abitanti del vicino
castello di San Miniato nel 1248 (Cantini, Salvestrini 2010].
Fe.C., B.F.
3.2.4 SS. Quirico e Lucia (Montelupo, Fi)
Si tratta di una piccola chiesa, posta vicino alla conluenza
della Pesa nell’Arno, che oggi appare nelle vesti assunte in età
moderna, quando fu sconsacrata e trasformata in una casa
colonica. Lo scavo, eseguito con il Museo Archeologico e della
Ceramica di Montelupo Fiorentino, ha interessato sia l’interno
che l’esterno del complesso architettonico, permettendo di
individuare una prima frequentazione di età imperiale, un uso
necropolare dell’area in età tardo antica, e la costruzione in età
alto medievale di un primo ediicio di culto, di cui ci rimangono anche alcuni elementi scolpiti del recinto presbiteriale.
La chiesa sarà riediicata nel primo basso Medioevo in forme
romaniche. L’indagine archeologica ha previsto anche lo scavo
e lo studio antropologico delle sepolture che dall’alto ino al
basso Medioevo erano collocate intorno all’ediicio.
Fe.C.
3.3 Centri urbani
3.3.1 Pisa
Lo scavo urbano, iniziato nel 2008 e tutt’ora in corso, è
ubicato nell’area occidentale del² quartiere medievale di Kinzica e
occupa un’area di circa 9500 m . Le indagini hanno permesso di
portare alla luce un intero quartiere artigianale per la produzione
e la vendita di oggetti in vetro e metallo, inquadrabile entro un
arco cronologico compreso tra la ine del XII secolo e il 1406, data
che segna la distruzione delle botteghe a seguito della conquista
iorentina. Il contesto risulta particolarmente interessante per la
quantità e qualità del materiale rinvenuto che non ha eguali a Pisa
(ig. 4a), oltre che per la sequenza stratigraica che permette una
puntuale cronotipologizzazione dei reperti nonché una buona
lettura del contesto storico-archeologico del quartiere.
La lavorazione del vetro è attestata dalla presenza di tre
forni per la fusione, di cui uno rinvenuto all’interno di una
bottega annessa a un probabile magazzino. Gli indicatori della
produzione consistono sia in resti della fase di fusione, come
crogioli utilizzati e non, prove di luidità, riccioli, gocciolature,
ilamenti, colletti, ritagli con segni di strumenti, scorie, masse
e nuclei di vetro, sia in scarti di lavorazione. Dai malfatti si
evince che la produzione locale consisteva principalmente in
oggetti di uso comune: bicchieri, bottiglie, coppe, ampolle,
lampade a sospensione e iale da spezieria; tra i manufatti di
pregio vi sono frammenti di vetri da inestra nei colori verde
smeraldo, ambra e viola, bicchieri in vetro rosso e coppe con
decoro in blu. Inine, sono stati rinvenuti alcuni semilavorati,
consistenti in pani di vetro in diferenti colorazioni, bacchette
tortili bicrome e lastrine di vetro al rame.
La lavorazione dei metalli, principalmente ferro e leghe di
rame, è attestata dal rinvenimento della bottega e delle aree di
lavorazione e di stoccaggio dei materiali ad essa limitrofe, dove
è stato possibile identiicare le tracce delle attrezzature quali
forni, forge, mantici, banconi di lavoro, ecc.
In questo settore sono stati rinvenuti tutti gli elementi per
la ricostruzione dell’intera iliera produttiva: piombo, ematite
e rottami in lega di rame, tuyeres, scorie, crogioli, stampi in
ceramica, elementi semilavorati e initi – principalmente ibbie e lamine ornamentali – nonché strumenti da lavoro (ig.
4c). Questa produzione si distingue sia per l’elevato numero
di rinvenimenti, sia per le tecnologie utilizzate; infatti, il ritrovamento di numerosi stampi ceramici a valve multiple per
la fusione a grappolo (ig. 4d) – dei quali è stato rinvenuto il
forno per realizzarli – mostrano un’attività altamente specializzata che poteva soddisfare elevati volumi di produzione.
L’importanza di questi rinvenimenti permetterà di tracciare
l’organizzazione, il funzionamento e il volume di produzione
di una bottega specializzata in un contesto urbano di rilievo
sul piano economico-commerciale mediterraneo.
Le ceramiche provenienti dal quartiere artigianale testimoniano, come già attestato da altri scavi urbani, gli intensi legami
commerciali di Pisa con il resto del Mediterraneo: è infatti
documentata un’ingente presenza di vasellame proveniente
dal Nord Africa, dalla Penisola Iberica, dall’Italia meridionale
e dalla Sicilia, dalla Liguria e dall’Oriente bizantino (ig. 4b).
La grande quantità di materiale ceramico ofre, poi, la
possibilità di fare chiarezza sulla cultura materiale di una città
al culmine del suo sviluppo, che sembra aver intensi contatti
anche con il resto della regione, in particolare con la zona delle
Colline Metallifere, da dove proviene un numero elevato di olle
realizzate a mano. Numerosa risulta essere, inoltre, la ceramica
di produzione locale, acroma e rivestita.
Lo studio del materiale ceramico, proprio grazie all’abbondanza di vasellame importato dal bacino mediterraneo che ofre
sicuri agganci cronologici, permetterà, inoltre, una rilettura
delle cronologie del materiale acromo di produzione locale o
regionale (Ducci et al., 2011).
Fr.C., B.F., C.T..
3.3.2 Firenze
Nel centro storico di Firenze, grazie a un accordo con la
Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana, sono stati
studiati la stratigraia e i reperti emersi dagli scavi condotti
nella terza corte di Palazzo Vecchio e nell’area compresa tra gli
Uizi e via dei Castellani.
Quest’ultima, posta fuori dalle difese romane e altomedievali, fu utilizzata come luogo di discarica e coltivazione sino al
XII secolo, quando fu realizzato un muraglione che prolungava
il lato orientale delle mura sino al iume, presso un punto fortiicato chiamato “castrum Altafrontis”. Le altre strutture di un
certo rilievo sono testimoniate solo nel XIII secolo quando si
formò una viabilità e comparvero i primi ediici. Il muraglione
fu progressivamente demolito o riutilizzato dalle abitazioni
suddette nel corso del XIII secolo, quando ormai aveva perso
la sua funzione. Nel XIV secolo l’urbanizzazione delle aree
indagate giunse ad occupare quasi tutti gli spazi disponibili e,
verso la ine del secolo, furono realizzati i primi ambienti sotterranei. Lo studio dei materiali ha potuto delineare un quadro
268
ig. 4 – Materiali rinvenuti durante le indagini presso gli ex Laboratori Gentili: a. Grosso pisano in argento; b. Ciotola in cobalto e manganese
tunisina; c. Crogiolo per leghe di rame; d. Ricostruzione di uno stampo in ceramica.
ig. 5 – L’enclave degli Uberti. Vista in direzione Nord-Ovest: alla destra dell’immagine è visibile l’aniteatro riutilizzato nel Bassomedioevo, a sinistra
il teatro, ancora a sinistra la turris major; lungo il iume si collocano lo scalo luviale, il castello d’Altafronte e ponte Vecchio prima della distruzione
della piena dell’Arno del 1177 (disegno di Mirko Picchioni).
dei commerci e dell’economia della città dall’epoca tardoantica
sino all’età moderna. In particolare, l’analisi della ceramica
da mensa, cucina e trasporto databile tra III e VII secolo ha
fornito un quadro inedito dei rapporti commerciali di Florentia. La città, in età imperiale, aveva un’economia pienamente
inserita all’interno dei traici mediterranei, con importazioni
di prodotti alimentari e ceramiche dalle province (soprattutto
dall’Africa Settentrionale). A partire dal IV secolo, i dati indicano una progressiva diminuzione di ceramica d’importazione
sino alla cesura di VIII secolo, con la ine delle importazioni
mediterranee e un impoverimento delle produzioni locali. Nel
XIII secolo, quando l’area fu pienamente urbanizzata, i reperti
tornano a parlarci di un’economia complessa, con monete veneziane e milanesi e numerosi tipi di vasellame acromo prodotto
localmente (Cantini et al. 2007).
Nella terza corte di Palazzo Vecchio sono emersi i resti del
teatro della città romana di Florentia, che ha fatto da contenitore
a una stratigraia databile ino ai giorni nostri.
269
Il teatro, realizzato nella metà del I sec. a.C. e ampliato in
epoca adrianea, cambiò la sua destinazione d’uso in età tardo
antica: parte della struttura fu adibita ad area sepolcrale e, mentre una camera radiale venne impiegata come riparo, la restante
parte dell’ediicio subì pesanti spoliazioni. Successivamente
si trasformò in una sorta di contenitore in cui si riversarono
consistenti dark layers.
Tra la seconda metà dell’XI e il XII secolo, poi, l’area del
teatro fu recuperata con la realizzazione di ediici, torri, livellamenti e terrazzamenti. Il monumento manteneva comunque
pressoché intatta la sua mole e la sua riconoscibilità.
In seguito i ruderi della struttura entrarono a far parte di
quello spazio urbano gestito dalla famiglia degli Uberti, che
ne fece una vera e propria enclave, che comprendeva anche la
turris major, il castello d’Altafronte, l’aniteatro e il porto (ig. 5).
Nel corso del XIII secolo parte delle volte del teatro furono riutilizzate nella costruzione di nuovi palazzi e a partire
dal XIV secolo alcuni ediici posti in quest’area ospitarono i
rappresentanti del Comune.
Solo nel XVI secolo, per consentire la costruzione della terza
corte, le strutture murarie antiche furono rasate e riorientate,
mentre furono innalzati nuovi muri perimetrali e posti in opera
smaltitoi, pozzi, pozzi di butto e canalizzazioni (Cianferoni,
Cantini, Bruttini 2007; Bruttini c.s.; Nicosia et al. c.s.).
Fe.C., J.B., E.S.
3.3.3 Arezzo
Ad Arezzo stiamo studiando i reperti ceramici, databili tra
l’età tardo antica e il XV secolo, emersi dallo scavo del colle del
Pionta, diretto dalle Prof.sse Alessandra Molinari e Elisabetta De
Minicis. Questo lavoro ha permesso, per la prima volta in questa
città, di creare cronotipologie ancorate a una buona sequenza stratigraica. Particolarmente interessanti sono i manufatti ingobbiati
di rosso o decorati con colature di ingobbio, databili tra il IV e il
VII secolo, e quelli caratterizzati da vetrina sparsa, prodotti dalla
seconda metà del X al XIII secolo. Su questi reperti stiamo ora
realizzando una serie di analisi su sezione sottile, per caratterizzarli dal punto di vista mineralogico e veriicarne la provenienza.
Fe.C.
B
Alderighi L., Cantini F. (a cura di) 2011, La villa dei Vetti. Nuove
e vecchie indagini archeologiche in una grande villa tardoantica del
medio Valdarno (Capraia e Limite-Fi), «Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana» 6, 2010, pp. 47-81.
Bruttini J. c.s., Enclavi urbane a Firenze: il caso della famiglia Uberti,
«Annali di Storia di Firenze».
Cantini F. c.s., Produzioni e indicatori di produzione ceramica a Empoli
tra IV e VI secolo, in L. Alderighi, L. Terreni (a cura di), L’anfora
“di Empoli”: produzioni e difusione in età romana (Empoli, 14-16
ottobre 2010).
Cantini F., Boschian G., Gabriele M. c.s., Empoli, a pottery
production centre in the Arno valley (Florence, Tuscany, Italy) (4th6th century), in A. Mentzos, N. Poulou-Papadimitriou, V.
Kilikoglou (a cura di), LRCW 4. 4th International Conference
on Late Roman Coarse Wares, Cooking Wares and Amphorae in the
Mediterranean: Archaeology and Archaeometry, Mediterranean: a
market without frontiers (hessaloniki, 7-10 april 2011).
Cantini et al. 2007 = Cantini F., Cianferoni C., Francovich R.,
Scampoli E. (a cura di), Firenze prima degli Uizi. Lo scavo di
via de’ Castellani. Contributi per un’archeologia urbana fra tardo
antico ed età moderna, Firenze.
Cantini F., Salvestrini F. 2010 (a cura di), Vico Wallari-San Genesio.
Ricerca storica e indagini archeologiche su una comunità del Medio
Valdarno inferiore fra alto e pieno Medioevo (1 dicembre 2007),
Firenze.
Cianferoni C., Cantini F., Bruttini J. 2007, Firenze. Indagini archeologiche nell’area della terza corte di Palazzo Vecchio, «Notiziario
della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana», pp.
103-106.
Ducci et al. 2011 = Ducci S., Bonaiuto M., Carrera F., Pasini D.,
Pisa. Archeologia urbana: notizie preliminari sulle indagini presso
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