SCIENZA & POLITICA
per u na s tor ia delle do ttrine
Il discorso femminista.
Storia e critica del canone politico moderno
The Feminist Discourse.
History and Critique of Modern Political Canon
Eleonora Cappuccilli
–
Roberta Ferrari
Università di Bologna
eleonor.cappuccilli2@unibo.it
roberta.ferrari6@unibo.it
ABSTRACT
Il pensiero femminista è parte costitutiva del pensiero politico e della sua storia. Esso è sia metodo di indagine, presa
di parola e di parte sul mondo e rivendicazione della centralità politica delle donne, sia critica paradossale del pensiero politico e filosofico moderno. In quanto obiezione imprevista, il discorso femminista tende costantemente i confini del canone della politica e produce teoria politica, imponendo la ridefinizione delle categorie usate per interpretare il presente e il passato. Attraversando sei secoli di storia, dalla riappropriazione della tradizione nel XV secolo
fino alla tensione con il neoliberalismo nel XX secolo, il discorso protofemminista e femminista costituisce nel tempo
una costante interruzione del monologo della civiltà patriarcale occidentale, mostrando la sua centralità nella produzione, nella crisi e nella ridefinizione dell’ordine politico e sociale e dimostrando pertanto di essere una fonte imprescindibile per la storia delle dottrine politiche.
PAROLE CHIAVE: Pensiero femminista; Ordine; Patriarcato; Autorità; Differenza; Sociale.
*****
Feminist thought is a constitutive part of political thought and its history. It is both a method of inquiry, a voice and
a stance on the world, a claim of women’s political centrality, and a paradoxical critique of modern political and
philosophical thought. As unexpected objection, feminist discourse constantly stretches the borders of the political
canon and produces critical political theory, imposing the redefinition of the categories used to interpret the present
and the past. Going through six centuries of history, from the reappropriation of tradition in XV century to the
tension with neoliberalism in XX century, protofeminist and feminist discourse constitutes in time a constant
interruption of the monologue of Western patriarchal civilization, showing its centrality in the production, crisis and
redefinition of political and social order. Thus, feminist discourse is an essential source of the history of political
thought.
KEYWORDS: Feminist Thought; Order; Patriarchy; Authority; Difference; Social.
SCIENZA & POLITICA, vol. XXVIII, no. 54, anno 2016, pp. 5-20
DOI: 10.6092/issn.1825-9618/6220
ISSN: 1825-9618
5
CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
1. Nell'ultimo ventennio la pubblicazione di numerosi volumi nella serie
Re-reading the Canon ha proposto diverse Feminist Interpretations di classici
del pensiero politico e filosofico, da Aristotele e Platone, passando per Machiavelli e Thomas Hobbes, John Locke e Alexis de Tocqueville, Kant e Hegel,
fino a Mary Wollstonecraft, Emma Goldman e Hannah Arendt. Si tratta di
1
un impresa imponente che attualmente conta quasi quaranta volumi e che ha
accompagnato un ritorno dell'attenzione scientifica sul discorso femminista
come prospettiva in grado di gettare uno sguardo originale sul pensiero occidentale nel suo complesso. La sfida della collana è decisamente ambiziosa: dichiarando di voler rileggere il canone della politica occidentale, essa intende
metterlo in discussione e riscriverlo da un punto di vista femminista.
Il pensiero femminista nella sua molteplicità, gli approcci e i metodi analitici che esso ha prodotto, dalla storia delle donne agli studi di genere, sono
oggi un punto di riferimento per diverse discipline, non solo per la storia del
pensiero politico e la filosofia, ma anche per la sociologia, il diritto e
l economia. Il femminismo può quindi essere rivendicato come un discorso
che ha innovato le scienze sociali e politiche, forzando i rapporti che ne definivano i confini, i soggetti e i metodi. Esso si è affermato definitivamente come lente che non consente solo di leggere negli interstizi tra le discipline,
dentro un ambito specifico, come un sapere locale e separato, ma anche come
un pensiero capace di innovarle sfidando i limiti dell analisi storica e ragionando sul passato e sul presente. Si tratta dunque di un discorso che si muove
costantemente tra la teoria e i rapporti materiali, tra la scienza storica e la politica2. Questa capacità di scrutare tanto il pensiero che interpreta la realtà,
quanto la materialità dei processi e dei rapporti sociali, passati e presenti, rappresenta il tratto distintivo del femminismo: metodo d indagine, presa di parola e di parte sul mondo, componente costitutiva, fin dal principio, del pensiero politico e filosofico moderno in quanto obiezione imprevista e in quanto
suo paradosso interno. La rilevanza del discorso femminista per la storia del
pensiero politico moderno consiste prima di tutto nella critica che esso opera
dall interno in ogni frangente storico e, in secondo luogo, nella produzione di
discorso dentro e fuori le categorie esistenti. Esso mette in luce i significati
che la storia del pensiero non prevede e non può prevedere senza il punto di
1
La lista complete dei volumi che compongono la collana Re-reading the Canon, pubblicata da
Pennysilvania University Press è consultabile al sito: http://www.psupress.org/books/series/
book_SeriesReReading.html. Nonostante l'ideazione e la redazione di questa introduzione siano
frutto di una stretta collaborazione, i paragrafi 2, 4 e 6 sono stati scritti da Eleonora Cappuccilli,
mentre il 3 e il 5 da Roberta Ferrari.
2
J.W. SCOTT, Il 'genere': un'utile categoria di analisi storica (1986), in P. DI CORI (ed), Altre storie.
La critica femminista alla storia, Bologna, Clueb, 1987.
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osservazione da cui pensano e parlano le donne, ovvero quell angolo cieco di
ogni ordine che esse costringono a riconoscere. Il discorso delle donne, al di là
di ogni essenzialismo, ovvero di ogni posizione data, e in quanto presa di parola contesa continuamente, è perciò, anche prima di dichiararsi femminista,
quella voce determinata storicamente e politicamente che tende e trasforma i
canoni del pensiero.
3
Se non può esistere una storia del pensiero politico senza donne , in quanto la loro posizione è sempre determinante nell'ordine politico e sociale e nel
modo in cui esso viene teorizzato, allo stesso tempo il discorso femminista influisce profondamente sulla formazione e sul cambiamento finanche di quegli
stessi concetti che sanciscono la loro subordinazione. La contestazione femminista delle identità e dei ruoli sessuali, infatti, impone il ripensamento delle
gerarchie costitutive delle società. Il movimento che tale contestazione produce non può essere arrestato attraverso la sua segregazione o riduzione a una
branca specifica del sapere. Al contrario, l'ordine patriarcale deve sempre riconoscere la presenza delle donne come problema e, anzi, pur predicandone
l'irrilevanza nel processo decisionale e affermando la necessità del loro assoggettamento, fonda se stesso sul riconoscimento della loro differenza. Allo stesso tempo, il femminismo veicola un messaggio di sovversione del potere,
mentre punta alla sua trasformazione e reinvenzione. Il discorso e la pratica
messi in campo dalle donne nella storia producono una dialettica tra ordine e
disordine che ha un peso cruciale nella ridefinizione delle dottrine politiche e
delle loro categorie.
Quello delle donne è un pensiero politico costitutivamente interno e contrario alle relazioni di potere, così come si danno nella loro evoluzione storica
e si caratterizza perciò come eminentemente politico. Per questa ragione il
pensiero femminista, che è qui inteso come pensiero politico delle donne, ha
la primigenia pretesa di scrivere la propria storia e di riscrivere tutta la storia,
perché mette in luce la sua parzialità. Esso svela, tra le ombre del passato e del
3
Questa affermazione è ormai suffragata da un ampia letteratura: R. BARITONO, Il pensiero politico
delle donne, in R. GHERARDI, La politica e gli Stati. Problemi e figure del pensiero occidentale, Roma,
Carocci, 2011, pp. 65-78; K. GREEN, A History of Women s Political Thought in Europe,
–1800,
Cambridge, Cambridge University Press, 2014; J. BROAD – K. GREEN, A History of Women s Political
Thought in Europe, 1400-1700, Cambridge, Cambridge University Press, 2009; H.L. SMITH – B.
CARROLL, Women's Political and Social Thought: An Anthology, Bloomington, Indiana University
Press, 2000; T. AKKERMAN – S. STUURMAN (eds), Perspectives on Feminist Political Thought in
European History from the Middle Ages to the Present, London, Routledge 1998; H. PRINGLE,
Women in Political Thought, «Hypatia: A Journal of Feminist Philosophy», 8, 3/1993, pp. 136-159;
B. CASALINI, I rischi del materno: pensiero politico femminista e critica del patriarcalismo tra Sette e
Ottocento, Pisa, PLUS, 2004; D.H. COOLE, Women in Political theory: From Ancient Misogyny to
Contemporary Feminism, New York, Harvester Wheatsheaf, 1993; M.M. RIVERA GARRETAS,
Nominare il mondo al femminile: pensiero delle donne e teoria femminista, Roma, Editori Riuniti,
1998; M. FRAIRE (ed), Lessico politico delle donne. Teorie del femminismo, Milano, Gulliver, 1978.
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CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
4
presente, tra le «tracce non reperibili» , dietro la narrazione ideologica, «la
5
gerarchia tra i sessi» . Riscrivere la storia, dunque, crea le condizioni per fare
6
7
la storia , per «interrompere il monologo della civiltà patriarcale» , per contestare un ordine e la sua presunta naturalità, mettendo in tensione la stessa
concezione della natura.
Con questa sezione monografica ci proponiamo di mostrare che quel monologo non si è mai dato senza essere costantemente interrotto dalla presa di
parola femminile. Non esiste di conseguenza un momento unico e «autentico» della rottura di quel silenzio a cui invano è stato condannato il pensiero
delle donne. Esso si ritrova in forme e tempi diversi, con esiti e obiettivi contrastanti nelle diverse epoche e nei discorsi politici che le accompagnano,
aprendo crepe e fessure che si richiudono solo temporaneamente e che
nell arco lungo della storia si configurano come elemento ricorsivo e impre8
scindibile, sempre interno e allo stesso tempo dirompente .
Nel 1704 Mary Astell, pensatrice politica, filosofa e teologa inglese, scrive:
9
«voi Gentiluomini siete gli storici» . Con queste parole, come Christine de
Pizan aveva fatto già tre secoli prima, Astell denuncia il monopolio maschile
della scrittura della storia come pratica di potere orientata a cancellare la presenza delle donne, negando loro autorità e libertà. Richiamare questa lucida
denuncia non serve a indicare la necessità di scrivere una storia separata delle
donne, condannandola al margine proprio in virtù di quella separatezza, ma
rivendica la centralità politica delle donne in tutta la storia. Per le donne che
prendono parola nel lungo processo di costituzione della modernità politica,
contestare quel ruolo ha l'obiettivo ultimo di intervenire nella politica, piegando il fashion – ciò che è di moda, appropriato e accettabile secondo la
norma patriarcale – agli standard decisi da loro stesse, a partire dalla propria
esperienza. Mettendo in questione il potere e sottoponendo a critica l ordine
dei sessi, il discorso delle donne mette in questione tanto l'idea di uguaglianza
originaria che fonda il discorso politico moderno, quanto la creazione di sfere
10
separate, dirette a naturalizzare l autorità e a legittimare la sottomissione .
Anche prima che si diano movimenti organizzati e pratiche femministe in
4
C. LONZI, Sputiamo su Hegel, Milano, Scritti di Rivolta femminile, 1974, p. 16.
Ivi, p. 14.
6
P. RUDAN, Riscrivere la storia, fare la storia. Sulla donna come soggetto in Christine de Pizan e
Margaret Cavendish, in questo numero, pp. 21-41.
7
C. LONZI, Sputiamo su Hegel, p. 14.
8
M. RICCIARDI, Rivoluzione, Bologna, Il Mulino, 2001, pp. 196-200.
9
M. ASTELL, Moderation Truly Stated, London, printed for R. Wilkin, 1704, p. liii.
10
P. PERSANO, La purezza perduta. Il sociale nei femminismi otto-novecenteschi, in questo numero,
pp. 43-53.
5
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senso proprio la presa di parola delle donne è elemento costitutivo della politica moderna.
Comprendere il rapporto tra il discorso femminista e la teoria politica significa allora ricostruire i passaggi e gli scarti che hanno contraddistinto il
modo in cui il femminismo si è costituito e ha polemizzato contro l ordine patriarcale, come ha ripensato i grandi temi del pensiero politico occidentale a
partire dai suoi limiti, ovvero non solo da ciò che ha detto, bensì soprattutto
da ciò che esso ha taciuto. La storia del femminismo come discorso politico è
anche la storia della trasformazione dello statuto della politica nella sua pretesa di presentarsi come scienza. Il discorso femminista ha messo in atto un
processo di rovesciamento e ridefinizione delle categorie e dei loro presupposti, ha portato alla luce i problemi filosofici e le questioni politiche sommerse,
attraversando e occupando campi disciplinari differenti ed eterogenei. In questo senso, la parola scritta è il primo atto di sovversione compiuto dalle donne.
Si tratta di una scrittura che non si lascia racchiudere dentro modalità
espressive convenzionali, ma che al contrario attraversa tutte le forme della
parola scritta, mettendo in crisi la coerenza interna e gli scopi del discorso
maschile. Nel Seicento il sermone, la profezia, l orazione, il racconto, il trattato di filosofia naturale sono modalità che le donne della prima modernità impiegano per spendere il proprio discorso nel dibattito politico-religioso, mettendo in questione i mezzi usuali della controversia politica e persino la sede
11
della verità . Lo stesso uso politico della parola da parte delle donne torna a
metà dell Ottocento con quello che Emily Dickinson definisce un genere
«senza nome», ovvero una scrittura inventata e vissuta dalle donne nel mondo
12
isolato e spesso immaginario delle loro camere . Ciò non significa che essa sia
13
confinata in una «stanza tutta per sé» che non comunica con il mondo, in
uno spazio angusto che resta dietro le quinte, ma mostra la pretesa delle donne di veicolare discorsi politici nuovi in forme non canoniche. L utilizzo di
forme espressive non convenzionali da parte delle donne consente infatti una
critica delle fonti su cui si basa la storia del pensiero politico.
11
I. GRUNDY – S. WISEMAN (eds), Women, Writing, History 1640-1740, London, Batsford, 1992; R.
BALLASTER (ed), The History of British Women's Writing, 1690–1750, Chippenham and Eastbourne,
Palgrave Macmillan, 2010, vol. IV; C. BRANT – D. PURKISS (eds), Women, Texts and Histories, 15751760, London, Routledge, 1992.
12
LIBRERIA DELLE DONNE DI MILANO, Non credere di avere dei diritti, Torino, Rosenberg & Sellier,
1987, pp. 11 e ss.
13
V. WOOLF, Una stanza tutta per sé (1929), Torino, Einaudi, 2005.
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9
CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
«La differenza tra Fede e Scienza non è poi così grande come si suole pen14
sare», dice ancora Astell nel 1694 , equiparando la verità scientifica e quella
religiosa e rifiutando la dicotomia tra la religione come territorio femminile e
15
la ragione come riserva maschile . Adottando e mescolando dispositivi narrativi estranei alla razionalità convenzionale, le donne della prima modernità
seguono traiettorie inaspettate e producono teorie originali. Contemporaneamente, esse si domandano quale sia il valore della propria autorialità, tra
16
17
ambizione e brama di separatezza da una sfera pubblica che viene fin dal
principio maschilizzata, ma che al contempo è percorsa dall'insubordinazione
femminile.
Riconoscere questi conflitti permette di vedere come il discorso femminista fin dalle sue origini abbia messo in tensione il pensiero politico costringendolo a confrontarsi con i rapporti giuridici, politici e sociali, proponendo
una visione problematica e polemica della storia costituzionale dell'Occidente
europeo. La presenza di tale discorso obbliga così il pensiero politico moderno
a inventare una sua storia per legittimare la sua pretesa normativa. Il discorso
femminista, scontrandosi con l'istituzionalizzazione del pensiero politico occidentale, ne rivela la contingenza e dimostra che esso non è né necessario né
naturale ma esprime un ordine di rapporti sempre conteso e che, perciò, va
continuamente definito e costruito.
La storia del pensiero politico deve quindi necessariamente fare i conti con
il discorso femminista come prospettiva epistemologica interna e contraddittoria imposta dalle donne. Tale prospettiva non si limita alla pur importante
rilettura dei concetti politici e degli autori classici alla luce della posizione che
essi hanno preteso di imporre alle donne – come hanno fatto negli anni
90 Jean Bethke Elshtain, Carole Pateman e Susan Moller Okin
18
0e
– ma deve
mostrare il modo in cui le donne hanno attivamente contestato quei concetti
e quelle posizioni, determinando la loro continua ridefinizione. A partire dal
vasto patrimonio di studi sul rapporto tra discorso femminista e pensiero poli-
14
M. ASTELL, A Serious Proposal to the Ladies, Part I and II, a cura di P. Springborg, Peterborough,
Broadview, 2002, p. 150.
15
S. APETREI, Women, Feminism and Religion in Early Enlightenment England, Cambridge,
Cambridge University Press, 2010, p. 9.
16
«Sono talmente vanitosa (se si tratta di vanità) che mi sforzo di essere adorata piuttosto di essere ignorata». M. CAVENDISH, A True Relation of My Birth, Breeding and Life, in E. JENKINS, The Cavalier and His Lady, London, MacMillan and co., 1872, pp. 75-77.
17
Astell vuole «scivolare dolcemente nel mondo senza essere vista né notata più di tanto». M. ASTELL, Preface, in M. ASTELL – J. NORRIS, Letters Concerning the Love of God, London, Printed for
Samuel Manship, 1705, p. 24 (non numerata).
18
J.B. ELSHTAIN, Public Man, Private Woman: Women in Social and Political Thought, Princeton,
Princeton University Press, 1981; S.M. OKIN, Women in Western Political Thought, N.J., Princeton
University Press, 1992; C. PATEMAN, Il contratto sessuale: i fondamenti nascosti della società
moderna (1988), Bergamo, Moretti & Vitali, 2015.
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10
tico moderno, è quindi possibile ricostruire il modo in cui il femminismo ha
prodotto, secondo modalità eccentriche, teoria politica. Ci proponiamo dunque di segnalare alcuni momenti cruciali della storia del femminismo e di
esaminare le discussioni che lo attraversano, mostrando alcune delle contraddizioni e delle questioni da esso imposte e che sono tuttora vive e irrisolte
all'interno del pensiero politico tout court.
D altra parte le costellazioni concettuali prese in esame in questa sezione
monografica non rispondono esclusivamente a un criterio di rilevanza storica
generale, ma rappresentano ancora oggi terreni polemici della teoria femminista. Non vogliamo perciò esaminare il ruolo delle donne e delle pensatrici
femministe negli interstizi delle grandi ideologie, ma indagare il modo in cui
esse hanno contribuito alla formulazione di una teoria politica critica non
confinabile a un ambito determinato. Se la parola femminista pretende di es19
sere «all altezza di un universo senza risposte» , la teoria politica che essa ha
prodotto ha cercato di dare forma e contenuto a una complessità indispensabile per comprendere il problema del potere.
All'interno delle congiunture storiche prese in esame si mette in luce, perciò, la dialettica tra alcuni concetti cruciali della teoria politica che s'interroga
sul
potere,
come
ad
esempio
uguaglianza/differenza
e
uguaglian-
za/emancipazione, libertà/liberazione e sfera pubblica/privata, con la consapevolezza che si tratta di polarizzazioni insufficienti che lo stesso discorso
femminista ha contribuito a complicare. Gettare luce su queste coppie concettuali vuol dire ripensare le categorie classiche del pensiero politico moderno
come intrinsecamente e costitutivamente determinate dalla presa di parola
femminile, la quale ha rappresentato anche un loro superamento. Alla base di
questa selezione, perciò, non c'è tanto l'individuazione delle soglie storiche
più significative per la storia delle donne, ma di alcuni dei passaggi che hanno
più di altri partorito problemi di lungo periodo, mettendo il discorso femminista e le sue domande al centro della teoria politica nel suo complesso.
2. Il primo passaggio individuato è quello della prima modernità, al fine di
mostrare la rilevanza che il pensiero delle donne acquisisce nella genesi e nella conformazione della sfera pubblica e dello Stato e per le trasformazioni del
diritto in relazione all affermarsi dell'individuo neutro come agente del merca20
to . Nella cornice rivoluzionaria del XVII secolo le donne affermano posizioni
che possono essere definite «protofemministe», nella misura in cui fanno della
19
C. LONZI, Sputiamo su Hegel, p. 18.
E. CAPPUCCILLI, Remarkable Women in a Remarkable Age. Sulla genesi della sfera pubblica
inglese, 1642-1752, «Scienza & Politica», 27, 52/2015, pp. 105-134.
20
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11
CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
differenza sessuale una prospettiva che mette in questione le dicotomie fondamentali sulle quali poggia l'ordine politico moderno in via di costituzione,
come
maschile/femminile,
pubblico/privato,
ragione/passione,
natu-
ra/cultura. Allo stesso tempo, l irruzione delle donne nella sfera pubblica mostra la pretesa di rifiutare il posto fisico, discorsivo e simbolico che viene loro
assegnato. Il movimento delle petitioners, durante e poco dopo la guerra civile
21
inglese (1642-1648) , è un espressione potente di questo processo di soggettivazione pubblica delle donne: rivendicando davanti al re e al parlamento i loro
diritti di suddite e cittadine sulla base del loro ruolo essenziale nell'economia
domestica e della nazione, le petitioners occupano il dibattito politico maschilizzato e obbligano il privato a mescolarsi con il pubblico. La separazione tra
pubblico e privato sulla quale si fonda l ordine politico moderno, e che trova
la sua prima e compiuta espressione nelle dottrine di Jean Bodin e Thomas
Hobbes, risponde quindi, in primo luogo, all'esigenza di neutralizzare il disor22
dine scatenato dalla presenza pubblica delle donne . In questa cornice, il contributo di Margaret Cavendish, analizzato nel saggio di Paola Rudan, si rivela
fondamentale per il modo in cui trasforma la concezione moderna
dell autorità formulata da Hobbes in un arma attraverso la quale le donne protagoniste di Bell in Campo sono in grado di contestare la posizione di subordinazione e neutralizzazione politica che viene loro imposta dalla stessa dottrina hobbesiana. Il confronto con La città delle dame di Christine de Pizan permette, da questo punto di vista, di valorizzare la soglia storica costituita dalla
modernità, che libera la politica dal peso della tradizione e mette in discussione la concezione teologica dell ordine, aprendo per le donne uno spazio di
azione altrimenti impensabile. Come quello di Cavendish, tuttavia, anche il
discorso di Pizan e la sua pretesa di riscrivere la storia facendo delle donne le
sue protagoniste mostra la capacità del femminismo di contestare dall interno
il canone politico appropriandosi dei suoi strumenti e delle sue categorie. In
questo senso, la metafora del confronto bellico ricorre nell'opera delle due autrici come espressione della pretesa di definire autonomamente il posto delle
donne nel mondo, in opposizione a quello riservato loro dagli uomini. Nello
21
Sulle petitioners inglesi si vedano ad esempio: A. BUTTON, Royalist Women Petitioners in SouthWest England, 1655-62, «Seventeenth Century», 15, 1/2000, pp. 53-66; A.M. MCENTEE, The
[Un]Civill-Sisterhood of Oranges and Lemons : Female Petitioners and Demonstrators, 4 -53, in J.
HOLSTUN (ed), Pamphlet Wars. Prose in the English Revolution, London and Portland, Frank Cass,
1992, pp. 92-111.
22
La letteratura sull origine della dicotomia tra pubblico e privato è sterminata. Vale la pena
segnalare: K. GILLESPIE, Domesticity and Dissent in the Seventeenth Century: English Women s
Writing and the Public Sphere, New York, Cambridge University Press, 2004; C. PATEMAN, Feminist
Critiques of the public/private, in C. PATEMAN, The Disorder of Women. Democracy, Feminism and
Political Theory, Stanford, Stanford University Press, 1989, pp. 118-140; M. MCKEON, The Secret
History of Domesticity. Public, Private, and the Division of Knowledge, Baltimore, The Johns
Hopkins University Press, 2005.
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12
spazio della finzione è combattuta una vera «guerra tra i sessi» cha avrebbe
assunto tutto il suo peso politico alla fine del Settecento, quando la critica della subordinazione delle donne nella sfera privata e della loro esclusione da
quella pubblica dà luogo a una radicale contestazione del carattere pienamente razionale dell ordine nato dalla rivoluzione. La Dichiarazione dei diritti della
donna e della cittadina di Olympe de Gouges e la Rivendicazione dei diritti della
donna di Mary Wollstonecraft segnano l'inizio del femminismo in senso proprio, non tanto perché esprimono la pretesa delle donne di accedere ai diritti
universali di cittadinanza, ma perché mostrano la parzialità dell universalismo
23
moderno nel momento stesso in cui si afferma storicamente .
3. L Ottocento introduce un ulteriore complicazione nel rapporto tra sfera
privata e sfera pubblica. Si tratta del processo innescato dalla ridefinizione del
sociale , sia in quanto questione , fonte di tensioni e conflitti, nuova arena
politica, sia in quanto scienza del secolo, laboratorio di reinvenzione
dell ordine politico, economico e giuridico. È in questo contesto che nel suo
saggio Paola Persano affronta la differenza sessuale come variabile fondamentale della riflessione sulla vita sociale, perché mette in tensione tanto i discorsi
politici – il liberalismo, il socialismo, l ideologia repubblicana – quanto
l organizzazione della società, l amministrazione pubblica, la divisione sessuale del lavoro e della cittadinanza. L ipotesi di Persano è che le società ottocentesche – tanto quella europea, quanto quella statunitense – abbiano, in modi
diversi, esperito l ingresso nello spazio sociale di un sapere sulla sessualità che
ha poi prodotto anche specifiche politiche di governo della vita delle donne.
Contemporaneamente i femminismi socialisti e liberali emersi in questo secolo hanno trasformato queste stesse società, mettendo a nudo la doppia faccia
dell uguaglianza. In Francia ciò avviene in modo evidente in relazione al ruolo
contraddittorio giocato dall ideologia repubblicana. La diversité repubblicana
diventa nel discorso di Hubertine Auclert – la prima donna a rivendicare pubblicamente di essere femminista – una différence che va valorizzata sul piano
sociale e che presuppone un uguaglianza non solo formale, imponendo un generale ripensamento di quei concetti. Questo discorso apre però il paradosso
per cui la «sessualizzazione» del sociale implica anche quella che Persano
chiama «inclusione controllata delle donne» nella società. Il discorso della differenza sessuale rischia, cioè, di ratificare un femminile che si misura su un
criterio di «social purity», di igiene morale , la cui immagine rappresentativa
è la «social motherhood».
23
C. PATEMAN, The Patriarchal Welfare State, in C. PATEMAN, The Disorder of Women, pp. 179-209.
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13
CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
Anche in Inghilterra la maternità assume un contraddittorio significato sociale: la «womanhood» è in principio utilizzata per indicare una differenza
funzionale ai bisogni della comunità. Tuttavia, nel contesto inglese maternizzare la funzione sociale delle donne diventa anche un modo per legittimarne
il protagonismo, reso ancora più evidente dal fatto che tra 1850 e 1860 si registra un aumento del numero di donne non sposate, lavoratrici, impegnate nel
campo sociale o intellettuale, che vengono perciò definite «redundant» o
«surplus women» e che, pur godendo di diritti preclusi alle mogli, soffrono lo
stigma sociale riservato alla loro particolare condizione. Queste donne diventano una delle cause dell emergere di un movimento
24
che porta alla luce il
conflitto tra una questione femminile che rappresenta le donne come un
soggetto sociale – e quindi oggetto di studio e di intervento – e le questioni
poste dalle donne, ovvero la loro pretesa di costituirsi come soggetto politi25
co , accompagnata dalla convinzione di essere indispensabili agenti di civilizzazione. Lottare per il voto significa quindi, fin da subito, lottare per una nuova immagine delle donne e per il proprio potere sociale. Le suffragette esprimono una rivendicazione di libertà perché mostrano la posta in gioco dietro il
suffragio e perché, fuori da ogni convenzione o valorizzazione di un femminile
già dato, continuano a combattere, senza remore di forma, la spaventosa
«guerra tra i sessi». La donna che irrompe nei comizi e lancia pietre alle finestre dei benestanti, che tollera con sprezzo la prigione e sciopera dalla fabbrica senza il consenso del marito e il sostegno degli altri operai è l immagine
mai vista che frantuma tutta la precedente iconografia del femminile. «The
New Woman»
26
è il termine che precede di poco il diffondersi della parola
«femminismo» ed esprime esattamente la libertà alla qualificazione di sé. Il
diritto a essere rappresentate costituisce il riconoscimento di una possibilità
di autorappresentazione: in una fase di crisi e revisione dell individualismo,
dell imporsi del paradigma della società, le donne possono rivendicare la propria individualità mentre costruiscono un identità politica collettiva, rompendo dall interno i confini della cittadinanza, mostrando la sua parzialità e la sua
27
insufficienza politica . È in questo senso che, sin dal principio, la lotta per il
voto – ma anche contro il voto (anti-suffragist movement) – è una lotta per
24
B. CAINE, Beatrice Webb and The Woman Question , «History Workshop», 14/1982, pp. 23-43.
Così E. GUERRA, Storia e cultura politica delle donne, Bologna, Archetipolibri, 2008.
26
K. OFFEN, European Feminisms, 1700-1950: A Political History, Standford, Standford University
Press, 2000; W.H. COOLEY, The New Womanhood, New York, Broadway, 1904; E.H. DIXON, The
Story of a Modern Woman (1894), Toronto, Steve Farmer, 2004; L. DUMENIL, The New Woman and
the Politics of the 1920s, «Magazine of history», 21, 3/2007, pp. 22-26; S. ROWBOTHAM, A Century of
Women. The History of Women in Britain and the United States, London, Verso, 2012.
27
A. ROSSI-DORIA, Rappresentare un corpo. Individualità e anima collettiva nelle lotte per il suffragio, in G. BONACCHI – A. GROPPI (eds), Il dilemma della cittadinanza, Roma-Bari, Laterza, 1993.
25
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qualcosa di più del solo suffragio universale, perché mette in gioco il rapporto
complesso tra uguaglianza e differenza e tra liberazione e libertà aprendo
nuovi paradossi dell azione politica delle donne. Come emerge in modo evidente nel caso del dissidio tra il femminismo impegnato nella battaglia per
l approvazione delle leggi di fabbrica protettive per le donne e il femminismo
delle lavoratrici che si battono per ottenere un eguale salario e orario di lavoro, il diritto, il discorso della legge, si rivela profondamente ambiguo e insufficiente a raccogliere le istanze femministe: mentre riconosce la parità formale,
esso fissa l identità femminile e la sottopone al controllo sociale, confermando
così, in ultima analisi, la legittimità di una disuguaglianza materiale.
Il passaggio da un linguaggio maternalista a un linguaggio dei diritti mostra nuove questioni che il discorso femminista pone al sociale . In fabbrica,
le donne producono il corto-circuito della classe, immettono un doppio livello
nella lotta per il potere: contro il sistema industriale che le sfrutta e contro i
lavoratori che detengono un potere contrattuale maggiore, grazie alla divisione sessuale del lavoro. Esse rappresentano perciò una contraddizione tanto
per un discorso dei diritti individuali, quanto per la concezione sociale della
cittadinanza e della democrazia che acquista sempre più peso nel corso del
Novecento. Nello stesso tempo, la politica delle donne impone la costante rottura di un sociale pensato come organico o omogeneo. Mettendo in tensione
uguaglianza e suffragio, mostrando che il sociale è uno spazio segnato a tutti i
livelli dalla differenza sessuale, le donne imprimono una torsione tanto alla
rappresentanza quanto al governo della società, rivelandone le aporie. Il femminismo emerge così, con più evidenza in questo frangente e in quello a venire, non come un paradosso in sé ma sempre in relazione paradossale con una
determinata concezione dell individuo in società di cui denuncia l irresolubile
28
contraddizione .
4. Ad affrontare questo nodo cruciale nella seconda metà del Novecento
sono due filosofe femministe, Simone De Beauvoir e Luce Irigaray, che a partire da prospettive molto diverse ragionano sul problema politico della differenza e sul rapporto tra sesso e genere, mettendo in discussione i presupposti
teorici tanto del canone marxista quanto di quello psicanalitico. Federica
Giardini ricostruisce il dialogo tra le due pensatrici con l intento di mostrare
come la prospettiva emancipatoria sostenuta da Beauvoir possa beneficiare
28
J.W. SCOTT, Only Paradoxes to Offer: French Feminists and the Rights of Man, CambridgeLondon, Harvard University Press, 1996; K. NASH, The Feminist Critique of Liberal Individualism as
Masculinist, «Journal of Political Ideologies», 2, 1/1997, pp. 13-28; W. BROWN, Manhood and Politics: A Feminist Reading in Political Theory, Totowa, NJ, Rowman & Littlefield, 1988; J.W. SCOTT,
Feminism & History, Oxford, Oxford University Press, 1996.
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CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
29
dell analisi critica del simbolico di cui Irigaray è fautrice . Per Beauvoir, la richiesta di inclusione materiale delle donne nella società a pari titolo con gli
uomini mostra la sua insufficienza nel momento in cui tale inclusione può
darsi esclusivamente a costo di nascondere i suoi presupposti patriarcali. La
liberazione auspicata deve passare non solo per l'integrazione delle donne nel
sistema produttivo, ma attraverso il risarcimento delle attività di riproduzione
che le donne eseguono senza compenso da secoli. Contemporaneamente, il
riconoscimento giuridico della parità non basta quando è in gioco il potere
simbolico maschile: «i diritti astratti […] non sono mai stati sufficienti per assicurare alla donna una presa concreta sul mondo: oggi, tra i due sessi, non
30
esiste ancora una vera uguaglianza» .
La congiuntura degli anni
0 e 0 porta alla luce nuove tensioni e conflitti
che manifestano chiaramente l'esigenza di una politica femminista che non si
limiti alla critica delle ingiustizie materiali e quindi a una politicizzazione
dell oppressione, ma che contesti l'integrazione delle donne in un mondo fatto a misura d'uomo, che miri cioè a politicizzare la differenza. Questa rappresenta quindi un processo di liberazione che avviene dentro un «ordine simbolico» che non può essere ignorato con il richiamo a un uguaglianza formale, o
assunto e superato con l emanci-pazione. Per fare questo, Luce Irigaray si
pone una domanda tanto semplice quanto complessa e imprevista: «uguale a
chi?» e «se la donna avesse altri desideri»? Se la donna potesse avere altre parole, altri nomi? «Non si potrebbe più pianificare la specularità, e la specula31
zione, di ciò che mette in gioco il suo desiderio – il desiderio» . Pensare la differenza significa pensare la propria presenza nel mondo e la propria autorità a
partire da ciò che è stato nominato come assenza, quel «niente da vedere» che
la psicanalisi freudiana dell «invidia del pene» ha interpretato esclusivamente
in relazione speculare al tipo maschile. Tra gli anni
suale trova nella filosofia di Irigaray un
0 e 0 la differenza ses-
potere
che non comporta
l essenzializzazione delle identità biologiche o storico-culturali, ma la messa
in discussione radicale dei pilastri su cui è costruita la filosofia occidentale e in
modo particolare la psicanalisi – primi tra tutti l individuo neutro e la sua libertà.
Il discorso femminista svela dietro la libertà del soggetto ciò che la rende
possibile, lo specchio che la riflette continuamente. L Altro donna è garante
della libertà del Soggetto solo fino a quando se ne priva e ne è privata, è garante del suo desiderio solo finché ne riproduce le condizioni. Sottrarsi al fallolo-
29
F. GIARDINI, Simone de Beauvoir, Luce Irigaray. Una rilettura, in questo numero, pp. 55-69.
S. DE BEAUVOIR, Il secondo sesso (1949), Milano, Il Saggiatore, 2002, p. 176.
31
L. IRIGARAY, Speculum. Dell altro in quanto donna (1974), Milano, Feltrinelli, 1974, p. 45.
30
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gocentrismo, sottoporre all analisi critica la grammatica che lo costituisce e
che ha la pretesa di dire la donna è la sfida del femminismo. Ma essa non è
sufficiente se non si muove anche su un piano altro dal medesimo , dal maschile. L uguaglianza, assieme alla libertà, è allora un concetto mancante e al
tempo stesso condizionato, perché la donna è uguale all uomo solo a condizione di assumere il suo linguaggio. L uguaglianza è una trappola che rende lo
stesso fatto di essere donna un nonsense, qualcosa da reinventare per mezzo
di un processo di liberazione, qualcosa che deve ancora essere detto, ma che
non può più essere ignorato e che non può essere supplito. «Questo sesso che
non è uno» è allora anche l espressione della possibilità della non definizione
e contemporaneamente è la messa in tensione del concetto di unità e la risignificazione dell autorità. In questa riflessione, la ricerca dell essere donna, di
un linguaggio che la faccia esistere e renda possibile il suo godimento, passa
innanzitutto attraverso il rapporto con l altra donna. Esso verrà tematizzato in
una molteplicità di forme dal discorso e dalle pratiche femministe e aprirà
nuove questioni e contraddizioni: dalla sisterhood, all affidamento fino alla
messa a tema del problema delle differenze tra le donne che il femminismo
nero porta alla ribalta mostrando la disomogeneità del significato politico di
donna 32.
5. Tali questioni e contraddizioni emergono sempre più chiaramente alla
fine del Novecento, quando si rende necessario, non solo all'interno della riflessione femminista, un confronto aperto e continuo sui concetti e le categorie che maggiormente incidono sull'esistenza delle donne e degli uomini nello
spazio globalizzato: la classe, la razza, il genere, la sessualità33 ma anche il ruolo dello Stato in un orizzonte globale e la riconfigurazione dello spazio sociale.
Che cosa significano tali categorie nel quadro della formazione di movimenti
femministi transnazionali? In questa direzione, Cristina Demaria interroga
l intersezionalità
34
35
a vent anni dalla sua prima teorizzazione , e si chiede se
32
G.T. HULL – P. BELL-SCOTT – B. SMITH (eds), All the Women Are White, All the Blacks Are Men,
but Some of Us Are Brave, New York, Feminist press, 1982. Cfr. M.F. BEAL, Double Jeopardy. To be
Black and Female, in «Meridians: Feminism, Race, Transnationalism», 8, 2/2008, pp. 166-176; B.
HOOKS, Ain't I a Woman. Black Women and Feminism, Boston, South End Press, 1981; B. HOOKS,
Black Looks. Race and Representation, Boston, South End Press, 1992.
33
Le teorie queer riaprono il dibattito sulla natura e sul significato performativo delle differenze
nell ambito della sessualità, mettendo in gran parte a margine o contestando esplicitamente il
problema della differenza sessuale: J. BUTLER, Scambi di genere. Identità, sesso e desiderio, Firenze,
Sansoni, 2004. Si veda anche: T. DE LAURETIS, Sui generis: scritti di teoria femminista, Milano, Feltrinelli, 1996 e infine R. BRAIDOTTI, Soggetto nomade: femminismo e crisi della modernità, Roma,
Manifestolibri, 1995.
34
C. DEMARIA, Intersezionalità e femminismo transnazionale tra costruttivismo, poststrutturalismo e performance epistemologiche, in questo numero pp. 71-85.
35
Cfr. R. FERRARI, Donne, migrazioni, confini, in S. MEZZADRA – M. RICCIARDI (eds), Movimenti indisciplinati. Migrazioni, migranti e discipline scientifiche, Verona, ombre corte, 2013, pp. 29-49; J.C.
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CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
essa possa essere qualcosa di più di un metodo, di una sensibilità analitica in
ultima istanza utile solamente a tracciare i confini delle identità oppresse oppure a disarticolare le identità all interno dello schema univoco imposto
dall oppressione. Pensare l intersezionalità come strumento polemico per osservare e criticare le relazioni di potere e quindi come «metodo epistemologico» implica invece un uso consapevole delle categorie in cui si rinchiudono i
processi di dominazione e subordinazione, così come dei processi di riconoscimento
e
identificazione.
Si
tratta
di
decidere
se
l obiettivo
dell intersezionalità sia la ridefinizione costante delle identità su assi di volta
in volta diversi e moltiplicati, o se possa invece varcare le soglie dell analisi sociologica e antropologica per produrre una riflessione politica sui processi di
soggettivazione e di empowerment. Le analisi e gli studi sulle migrazioni delle
donne mostrano in maniera esemplare questo problema: le differenze che le
migranti portano con sé non sono stratificazioni di identità tra loro intrecciate, ma costituiscono un portato politico soggettivo che, nel passaggio da un
sistema patriarcale ad un altro36, si modifica e mostra la persistenza della divisione sessuale del lavoro.
Demaria discute il femminismo transnazionale come il laboratorio di un
pensiero politico che può darsi solamente osservando gli assi di differenziazione a livello globale. Tali assi, lungi dall'essere meri posizionamenti delle
singole identità o delle storie collettive, in sé coerenti e impermeabili, costituiscono dei nessi che vanno compresi nel loro statuto globale e che possono
37
essere utilizzati per una «politica fuori dalla storia» , ovvero per una critica
consapevole della fine di ogni concezione lineare e progressiva del tempo. Se
genere, sesso, classe, razza, etnia non sono gli oggetti delle intersezioni ma
intersezioni essi stessi, connessioni vive e mobili che stanno tra loro in relazione gerarchica e conflittuale, non pacificata o risolta dai diritti e dal loro riconoscimento, il noi comune messo in questione dal femminismo transna38
zionale deve darsi su basi del tutto nuove, prodotte al di fuori di ogni omo-
NASH, Feminist Originalism: Intersectionality and the Politics of Reading, «Feminist Theory», 17,
1/2016, pp. 3-20.
36
Per un approccio femminista alle migrazioni delle donne si vedano anche: R.S. PARREÑAS, Servants of Globalization. Women, Migration and Domestic Work, Stanford, Stanford University
Press, 2001; B. EHRENREICH – A.R. HOCHSCHILD (eds), Donne globali: tate, colf e badanti, Milano,
Feltrinelli, 2004; V. MOGHADAM, Global Feminism, Citizenship, and the State, in S. BENHABIB – J.
RESNIK (eds), Migrations and Mobilities. Citizenship, Borders, New York and London, New York
University Press, 2009.
37
W. BROWN, La politica fuori dalla storia e P. RUDAN, Prefazione, in W. BROWN, La politica fuori
dalla storia, Bari, Laterza, 2012, pp. VII-XV.
38
Il femminismo transnazionale è oramai un tema ampiamente dibattuto da diverse prospettive,
come dimostrano: C.T. MOHANTY, Sotto gli occhi dell Occidente, in C.T. MOHANTY, Femminismo
senza frontiere: teoria, differenze, conflitti (2003), introduzione a cura di Raffaella Baritono, Verona, Ombre corte, 2012, pp. 176-215; J. ALEXANDER – C.T. MOHANTY (eds), Feminist Genealogies, Colonial Legacies, Democratic Futures, New York, Routledge, 1997; V. MOGHADAM, Globalizing Wo-
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geneizzazione analogica. Si tratta di un noi che può, cioè, essere pensato solamente sul piano della politica, ovvero in grado di valorizzare le differenze,
ma anche di riconoscere la loro incoerenza interna. Ciò dovrebbe in ultima
istanza mettere in discussione l'esistenza stessa di Nord e Sud del mondo, di
Occidente e Oriente come poli distinti, svelando il modo in cui essi si producono a vicenda e si trasformano sotto l'impatto di massicci movimenti globali.
Solo elaborando discorsi all'altezza di questi movimenti reali le differenze
possono funzionare come elementi propulsivi di un femminismo capace di
produrre una teoria politica eccentrica, che ecceda e interroghi i canoni del
pensiero.
6. A partire da queste tensioni, riesaminando i concetti di sovranità statale
e welfare state, Nancy Fraser conclude la sezione aprendo interrogativi che investono la politica presente e l'eredità del femminismo di seconda ondata sui
movimenti femministi attuali. Mentre da un lato il femminismo dovrebbe interagire con l'idea di «democrazia partecipativa e [di] solidarietà sociale
39
espansiva» , al tempo stesso, secondo Fraser, esso cela un intrinseca ambivalenza che lo ha condotto a instaurare una relazione privilegiata con il neoliberalismo, sulla base di una specifica concezione dell'autonomia individuale di
donne e uomini. Se però si assume il discorso femminista come prospettiva, il
problema può essere riformulato a partire dal suo potenziale critico. Il femminismo, che si è storicamente presentato come una critica del comando, tesa
alla rottura degli assetti di potere e delle gerarchie consolidate, ha potuto
nondimeno essere presentato nel discorso pubblico come punto di vista compatibile con le istituzioni, dalle quote rosa nei parlamenti ai corsi universitari
di studi di genere. Per Fraser, ciò si è verificato perché la contestazione delle
gerarchie di sesso e genere si è allineata con la mercatizzazione, ovvero l'imposizione dell'economia di mercato declinata nei termini di una sopravvalutazione del lavoro salariato e svalutazione di quello di cura non retribuito – cioè
del lavoro di riproduzione. Il punto, però, è che non è sufficiente invertire le
alleanze e ambire alla riappropriazione sociale dell'economia per restituire al
discorso politico femminista il suo ruolo nella storia del pensiero politico, la
sua forza di critica e sovversione della norma patriarcale. Più che ambire a risolvere i conflitti sociali, più che presentarsi come prospettiva universale, il
discorso femminista può ancora mettere a nudo le contraddizioni del potere.
men: Transnational Feminist Networks, Baltimore and London, The Johns Hopkins University
Press, 2005; G.C. SPIVAK, In Other Worlds. Essays in Cultural Politics, New York-London,
Routledge, 2006; S.M. RAI – G. WAYLEN, Global Governance. Feminist Perspectives, Basingtoke, Palgrave Macmillan, 2008.
39
N. FRASER, Oltre l ambivalenza. La nuova sfida del femminismo, in questo numero, pp. 87-102.
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CAPPUCCILLI - FERRARI, Il discorso femminista
Difficilmente una solidarietà femminista, intesa come valorizzazione dell'interdipendenza dei soggetti in una visione armonica della società, può porsi
come punto di vista imprescindibile per portare alla luce gerarchie, differenze
e rapporti di dominazione. Se non vuole essere un arma spuntata, un discorso
a sé stante che non interagisce con le trasformazioni sociali, il discorso femminista deve mantenere il suo rapporto con le contraddizioni del presente
globale e a quest altezza formulare ipotesi politiche. In tal senso, il discorso
femminista risulta cruciale nel problematizzare il welfare come campo di tensione tra lotta alla disuguaglianza e riproposizione di gerarchie razziali e sessuali, che nel lavoro di cura salariato svolto dalle donne migranti trovano massima espressione. Nella riflessione di Fraser il welfare è riconosciuto come terreno di scontro sempre più generale 40, che tocca non solo le donne e la cosiddetta conciliazione di lavoro e famiglia, ma influenza l'esistenza di milioni di
individui alla conquista di un salario. Tenere insieme le rivendicazioni di riconoscimento, redistribuzione e rappresentanza 41 è per lei un modo per rimediare alle lacune di una politica unilaterale, volta solo a tutelare la differenza
42
oppure attenta unicamente all'ingiustizia economica e indifferente perciò agli
effetti che essa concretamente produce. Emerge così un ulteriore complicazione, se il discorso femminista possa realmente ed efficacemente porsi come
discorso unificante, prendendo posizione sulle rivendicazioni generali degli
43
oppressi , o se debba continuare ad essere un arma critica, un elemento di disordine. A partire dalla sua dialettica interna tra asserzione della differenza e
tensione all'universalità, il discorso femminista del terzo atto sembra ancora
avere gli strumenti per interrogare i movimenti sociali e ridefinire i confini
tanto del contesto sociale quanto del conflitto politico.
In un epoca in cui la teoria politica femminista rischia di nuovo di essere
cancellata o appiattita, ridotta a istanza tra le altre in nome di un pluralismo
che le impedisce di prendere parte nelle questioni cruciali che riguardano tanto i rapporti di potere quanto le condizioni del cambiamento sociale, si tratta
di capire se il femminismo sarà capace di tenere viva la sua fiamma polemica e
di produrre discorso politico, ovvero di interrogare e tenere aperti i confini
teorici e le categorie, di dettare le sue priorità, di dare indicazioni di ricerca e
40
Cfr. anche N. FRASER, Unruly Practices. Power, Discourse and Gender in Contemporary Social
Theory, Minneapolis, University of Minnesota Press, 1989, pp 161-190; L. GORDON (ed), Women,
the State and Welfare, Madison and London, The University of Wisconsin Press, 1990.
41
N. FRASER, Fortune del femminismo. Dal capitalismo regolato dallo stato alla crisi neoliberista
(2013), Roma, ombre corte, 2014.
42
S. HINES, Gender Diversity, Recognition and Citizenship: Towards a Politics of Difference, Basingstoke, Houndmills; New York, Palgrave Macmillan, 2013.
43
I. TYLER, Revolting Subjects: Social Abjection and Resistance in Neoliberal Britain, London, Zed
Books, 2013.
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porre questioni, pur sapendo di non avere alcun accesso immediato alle soluzioni, né il potere di sciogliere le contraddizioni che lo costituiscono.
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