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EVOLUZIONE TECNICA E FORMALE NELLA PRODUZIONE DI FIBULE E SPILLONI TRA IL IX E IL IV SEC. A.C. NELL’AREA ALPINO-ORIENTALE A. GIUMLIA-MAIR 1. INTRODUZIONE. 1.1. Analisi di manufatti databili all’età del bronzo finale e alla prima età del ferro, provenienti da diverse zone, hanno dimostrato che nel corso di questo periodo ci sono stati importanti cambiamenti ed innovazioni nella metallurgia del rame (Giumlia-Mair 1988; 1992; 1995; 1997). Una delle più importanti innovazioni tecnologiche è la diffusione di fornaci più evolute che portano alla riduzione di maggiori quantità di rame greggio dal minerale. Per quanto riguarda le tecniche di allegazione, nel corso dell’età del bronzo medio, recente e finale nelle leghe usate per piccoli oggetti decorativi di uso personale, come fibule e spilloni, si nota l’uso di percentuali relativamente alte di stagno. Com’è noto, l’addizione di stagno al rame aumenta la durezza del metallo, migliora la resistenza, la colabilità allo stato fuso, l’elasticità e la duttilità, fino ad un tenore di circa 10-12%. Percentuali più alte rendono la lega più dura e resistente (fino al 19%), ma riducono notevolmente l’elasticità e la duttilità della lega. Nell’età del ferro vengono introdotte nuove leghe al piombo che semplificano i processi di colata e permettono la produzione di manufatti di forma più elaborata, riducendo inoltre notevolmente i tempi di lavorazione. 1.2. Leghe a base di rame contenenti piombo sono note già da molti contesti delle prima età del bronzo1, ma il loro uso non è correlato alla tecnica di lavorazione, nè alla funzione dell’oggetto prodotto. Nei periodi più antichi l’impressione generale è che i fabbri non fossero consapevoli della presenza di piombo nella lega, cioè che usassero metallo ridotto da minerali misti di rame e piombo senza purificarlo, oppure che aggiunges- sero piombo al rame come additivo di basso costo senza alcuna reale funzione metallurgica, all’unico scopo di aumentare la quantità del metallo. Appare invece chiaro che nel corso dell’età del ferro gli artigiani si impadroniscono di una nuova tecnologia e che la scelta delle leghe viene determinata dalle proprietà richieste dalle diverse lavorazioni e dall’impiego degli oggetti da produrre (Giumlia-Mair 1997; 1998b, 47-51; 1998c.). La più importante funzione del piombo nelle leghe a base di rame è quella di aumentare la fluidità del metallo allo stato fuso. Il massimo di fluidità viene raggiunto già ad una percentuale di piombo del 2%. Percentuali maggiori non hanno più alcun influsso su questa proprietà della lega, ma abbassano la temperatura di fusione proporzionalmente al tenore di piombo presente e sono quindi utili alla produzione di manufatti lavorati a getto: il metallo raggiunge prima lo stato fuso e riempie più facilmente tutte le cavità della matrice, permettendo così la manifattura di oggetti di forma complessa. Leghe contenenti piombo sono inoltre più facili da lavorare meccanicamente a freddo: il piombo agisce come lubrificante interno ed il metallo può venir più facilmente inciso, decorato a punzonatura, forato o tagliato. 1.3. L’addizione di piombo alla lega può essere però deleteria per alcuni tipi di lavorazione, ad esempio quando il metallo deve venir ridotto in lamina o nel caso di oggetti rifiniti a martellatura. Il piombo infatti non è solubile nel rame come lo sono lo stagno, lo zinco, l’argento o l’oro, ma forma nella struttura del metallo globuli chiaramente visibili al microscopio metallografico che, rendendo il metallo non omogeneo, indeboliscono la lega. Leghe a base di rame contenenti piombo risultano fragili se sottoposte a battitura (Giumlia-Mair 45 1998b, 35-36). Alti tenori di piombo conferiscono inoltre un colore più scuro alla lega e la superficie diviene più opaca anche se lucidata. Durante la lucidatura minute particelle di piombo vengono infatti distribuite sulla superficie e si ricoprono quasi immediatamente di uno strato di ossidazione. 1.4. Dato il numero ancora limitato di analisi eseguite su materiali datati all’età del bronzo finale e alla prima età del ferro non è ancora chiaro in quale modo le innovazioni tecniche si siano diffuse in Italia, ma le analisi eseguite di recente su alcuni gruppi di materiali ben datati, provenienti dalle regioni intorno alle Alpi orientali, permettono ora di definire più chiaramente – per lo meno in queste zone – la data dell’introduzione della nuova tecnologia del rame (Giumlia-Mair 1998a, 196-199). Bisogna anche notare che le analisi hanno evidenziato ovunque l’impiego relativamente regolare e ricorrente di leghe ben definite per diverse classi di oggetti. In particolare si è notato come le stesse leghe di bronzo di buona qualità venissero usate sia per fibule che per spilloni. Tali manufatti devono quindi venir considerati appartenenti ad un’unica classe ed è opportuno, per lo meno negli studi tecnologici, raccoglierli in un unico gruppo. Alcune caratteristiche di piccoli oggetti decorativi di uso personale, come fibule e spilloni, rivelano una stretta correlazione tra forma e tecnica di allegazione. 2. LAVORAZIONE DI PICCOLI OGGETTI DECORATIVI D’USO PERSONALE NELL’ETÀ DEL BRONZO FINALE. 2.1. Nel corso dell’età del Bronzo finale in generale, ed in particolare nelle zone alpine orientali, per quanto riguarda piccoli oggetti decorativi di uso personale, come spilloni e fibule, si rilevano forme di base allungate e piuttosto lineari, pezzi lavorati a battitura, un largo impiego di martellatura a freddo ed ampio uso di decorazioni ad incisione. 46 Gli spilloni più comuni mostrano semplici decorazioni incise e noduli non molto pronunciati (ad es. Fig. 1). Le fibule serpeggianti e ad arco semplice sono in realtà elaborazioni di semilavorati allungati simili a quelli per spilloni, martellati con ricotture intermedie per ricavare la staffa ed assottigliare la verga dove necessario, ed infine lucidati e incurvati in modo diverso a seconda della forma voluta, per ottenere occhielli ed ago (Figg. 2a e fig. 3a). Le decorazioni ad incisione, cioè eseguite a freddo, possono essere molto elaborate2 e sono spesso di una sorprendente precisione nei motivi geometrici o nei solchi elicoidali (Figg. 1, b, c; 2, a)3. 2.2. Le tecniche di lavorazione dei manufatti del bronzo finale sono esattamente le stesse impiegate dagli artigiani già da molti secoli. Le differenze di lavorazione tra i manufatti più antichi e quelli più recenti dell’età del Bronzo sono da imputare solamente alla maggior dimestichezza dei fabbri con il materiale da lavorare e alla maggiore abilità nel produrre attrezzi appuntiti in leghe di bronzo di buona qualità e della composizione più adatta per incidere il metallo, ed anche nel mantenere efficienti i loro attrezzi con operazioni incrudimento a martellatura, dopo le ricotture eseguite per ritoccare ed affilare le punte usurate. 2.3. Nella lavorazione degli spilloni dell’età del bronzo antico veniva impiegata le tecnica di battitura per arrotondare, appuntire ed indurire lo stelo, un’estesa martellatura per ottenere eventuali laminette foliate, cruciformi, a disco ecc., e, dopo la lucidatura con pietre e con polveri abrasive a grana sempre più fine, si usavano punte di vario spessore per le decorazioni geometriche ad incisione. Nell’età del Bronzo finale i manufatti sono più massicci, ma i princìpi di lavorazione rimangono gli stessi. Il maggior impiego di metallo per piccoli oggetti decorativi può derivare dalla maggior circolazione di rame in seguito alla diffusione delle fornaci più grandi ed efficienti, con migliore ti- raggio e migliore atmosfera riducente, a cui si accennato in precedenza, ma le possibilità di scelta degli artigiani nella lavorazione dei manufatti erano limitate dalle proprietà meccaniche delle leghe da loro usate. 3. SEZIONI QUADRANGOLARI. 3.1. Una caratteristica tecnica di molti manufatti dell’età del bronzo, rilevabile anche nel periodo di passaggio tra il bronzo recente e finale e la prima età del ferro, può essere considerata un indizio di arcaicità nell’uso delle leghe. Osservando ad esempio in dettaglio i reperti della necropoli di Brežec, datata tra il periodo del bronzo finale e l’età del ferro iniziale, si notano molte sezioni quadrangolari su segmenti di verga bronzea in varie parti degli oggetti. Si tratta in particolare di occhielli di fibule ad arco, di semilunate e di varie sezioni di spilloni di diverso tipo (cfr. Fig. 1, b; 2 a, b, c; 3, c.). Anche i torques a tortiglione in bronzo sono caratterizzati da estremità liscie a sezione quadrangolare, ma per tale tipo di oggetti è questa la logica forma di partenza del semilavorato da ritorcere per ottenere il tortiglione. La stessa spiegazione è accettabile nel caso delle fibule ad arco semplice ritorto (ad esempio Fig. 2 b), ma la sezione quadrangolare si rileva anche su oggetti per i quali non era previsto il tortiglione. La presenza di occhielli a sezione quadrangolare su fibule ad arco o su fibule semilunate non può certo avere ragioni estetiche (Fig. 2 a, c). La spiegazione più logica è quella tecnica: il semilavorato è uscito dalla matrice con una sezione quadrangolare, il segmento destinato a divenire la staffa è stato appiattito e battuto in forma, quello destinato a divenire l’ago è stato arrotondato, appuntito ed incrudito a battitura per essere rigido e resistente e in grado di bucare anche stoffe spesse senza piegarsi, mentre il segmento che doveva venir incurvato a formare l’occhiello non è stato lavorato per non indurirlo e per mantenerlo elastico. 3.2. La decisione di produrre semilavorati con sezione quadrangolare può avere varie ragioni tecniche: 1) è più semplice incidere due solchi paralleli su una pietra friabile da usare come matrice, che non un solco di forma semicircolare regolare che deve combaciare con un solco regolare sull’altra valva della matrice. 2) se il semilavorato deve venir arrotondato e rifinito a martellatura con ripetute ricotture, il getto può venir eseguito in una matrice intagliata a sezione quadrangolare da un lato, mentre come seconda valva può essere usata una lastrina di pietra levigata senza alcuna incisione. Anche in altre regioni alpine, la sezione triangolare di manufatti più antichi4 suggerisce che il semilavorato per questo tipo di oggetto sia stato prodotto con un simile metodo. 3) Specialmente con steatiti e cloriti – pietre largamente impiegate per la produzione di matrici per manufatti in leghe a base di rame – il taglio in forme ad angolo retto è più semplice che non quello in forme arrotondate, in particolare se si vogliono ottenere semilavorati lunghi e sottili. Steatiti e cloriti sono infatti caratterizzate da una struttura lamellare nel verso dei piani di clivaggio (o di scistosità), che facilità l’incisione in linee rette. Si deve inoltre ricordare che le cloriti e le steatiti sono particolarmente adatte alla lavorazione dei metalli, a causa della loro proprietà di diventare durissime se riscaldate e quindi di conservare a lungo profili netti anche se riusate più volte. Un secondo vantaggio di queste pietre è che sono pessime conduttrici di calore e di conseguenza si raffreddano molto lentamente. Il raffreddamento lento provoca la formazione di cristalli molto grandi all’interno della lega, quindi la lavorabilità dei getti migliora: si possono martellare più a lungo senza molte ricotture e si evitano fratture durante la lavorazione. 4) se i pezzi da arrotondare e rifinire hanno una sezione quadrangolare è più semplice controllare in qualsiasi momento del processo di battitura quali sezioni siano già state incrudite. 47 3.3. I ritrovamenti in una fossa della zona meridionale del castelliere di Pozzuolo del Friuli (Cassola Guida 1995a; 1995b; Cassola Guida & Vitri 1986; 1996) dimostrano che il metodo seguito era proprio questo. Dalla fossa sono stati recuperati vari manufatti non finiti ed in vari stadi di lavorazione, attrezzi di diverso genere, frammenti di crogioli, due matrici e scorie di purificazione e lavorazione del bronzo, associate a semilavorati in osso e corno, che testimoniano l’esistenza sul sito di un’officina di bronzista, attiva molto probabilmente per vari decenni nel IX sec. e fino alla sua distruzione, avvenuta a causa di un incendio agli inizi dell’VIII sec. a.C (Cassola Guida et al. 1998). I semilavorati recuperati durante lo scavo, riferibili a spilloni di varie misure, presentano tutti una sezione quadrangolare (Fig. 3, a, b, c). Il più grande dei semilavorati, che per forma e misura potrebbe anche essere riferibile a qualche tipo di fibula, mostra una lunga sezione già arrotondata ed incrudita a martellatura nella parte più sottile, mentre la parte superiore mostra una sezione di forma ottagonale (Fig. 3, a). È evidente che l’artigiano intendeva assottigliare, arrotondare ed incrudire anche questa parte, che, allo scopo di ottenere una forma regolare, aveva iniziato la battitura dai quattro spigoli del semilavorato e avrebbe appiattito gli otto spigoli formatesi con la battitura dei primi quattro in una seconda fase, fino ad ottenere una sezione arrotondata dello spessore desiderato. 3.4. Questo metodo di lavorazione è riconoscibile anche su reperti di altra provenienza. Un simile modo di procedere deve essere stato usato ad esempio anche dall’artigiano che ha prodotto lo spillone con testa a noduli serrati5 dalla necropoli di S. Lucia di Tolmino, ora nel Narodni Muzej di Ljubljana, che mostra una sezione ottagonale nella parte più alta dello stelo (Fig. 3, d). M. Sakara, Univerza v Ljubljani, Slovenia, mi segnala gentilmente uno spillone a sezione ottagonale con testa a globetto e due segmenti dello 48 stelo decorati ad incisioni elicoidali, proveniente dal castelliere presso Novi Vas in Istria (Croazia), scavato negli anni 1890-1892 da M.Hoernes e non ancora pubblicato (Sakara, in preparazione). La battitura per arrotondare semilavorati, eseguita per gradi lavorando sugli spigoli, era un passaggio di lavorazione diffuso in questo periodo in tutta l’area considerata nel presente lavoro e verosimilmente anche altrove. Se però il segmento doveva restare elastico, come per esempio all’altezza degli occhielli, le sezioni quadrangolari non venivano arrotondate a martellatura per evitare un eccessivo indurimento del bronzo. 4. LAVORAZIONE DI PICCOLI OGGETTI DECORATIVI D’USO PERSONALE NELL’ETÀ DEL FERRO. 4.1. Le innovazioni metallurgiche dell’età del ferro sono discusse nei paragrafi 1.1-1.4. L’introduzione a Pozzuolo del Friuli delle nuove leghe al piombo sembra essere avvenuta per gradi agli inizi dell’VIII sec. a.C. (Giumlia-Mair 1998a, 196200). Dai dati di analisi dei manufatti dall’officina di bronzista di Pozzuolo (IX-VIII sec. a.C) e dei manufatti (VIII-IV sec. a.C.) dalla necropoli di S.Lucia di Tolmino/ Most na Soči di proprietà dei Civici Musei di Arte e di Storia di Trieste si nota una notevole corrispondenza tra i valori percentuali degli elementi in traccia presenti nel metallo di base usato dalle due facies culturali. Questo fatto suggerisce che i due importanti centri dell’età del ferro si rifornissero di metallo dalle stesse fonti di approvvigionamento (GiumliaMair, 1998a, 192-195; 1998b, 75-76; 1998e, 5052; Giumlia-Mair et al. 1998, 828). I risultati delle analisi confermano le ipotesi e le constatazioni degli studiosi (Cassola Guida 1995a; Cassola Guida 1995b; Cassola Guida & Vitri 1983; 1996; Cassola Guida & Mizzan 1996, 198-203) che hanno sottolineato i contatti culturali e commerciali dei due siti. I giacimenti sfruttati nel periodo sono certamente da cercare nel Norico meridionale o nell’area più settentrionale del territorio di S.Lucia, ma fino ad ora i tentativi di individuare tracce di antiche coltivazioni delle miniere o resti di processi di estrazione non hanno avuto successo. I risultati delle analisi dei piccoli oggetti decorativi d’uso personale discussi nel presente articolo sono riportati nella tabella6. 4.2. Dai dati di analisi risulta che per gli spilloni a noduli della necropoli di S. Lucia vennero usate le stesse leghe impiegate per la produzione degli spilloni di Pozzuolo (cfr. Tab.). È possibile che simili leghe siano state usate per questo tipo di oggetti anche in periodi più tardi, ma per ora non esistono sufficienti dati d’analisi per confermare quest’ipotesi. Nell’età del ferro l’impiego del piombo come allegante nei manufatti prodotti a getto permette la realizzazione di forme più complesse, che vengono spesso ottenute assemblando parti prodotte in leghe di composizione diversa a seconda della tecnica di produzione del pezzo. La manifattura dei bronzi di S. Lucia è stata descritta in dettaglio altrove (Giumlia-Mair 1998d), ma in questa sede è opportuno ricordare come venivano eseguite alcuni tipi di fibule. È importante notare che già nel corso della prima età del ferro le sezioni quadrangolari tendono a scomparire e sono praticamente assenti nella piena età del ferro. Ciò è certamente dovuto all’introduzione delle diverse tecniche di manifattura e leghe divenute comuni nel corso dell’età del ferro. 4.3. L’evoluzione è particolarmente evidente nel caso delle fibule a nodi. I due esemplari da S.Lucia n. 286680 e n. 24968 (v. Tabella e cfr. Fig. 4, a) sono prodotte a getto tutte in un pezzo, impiegando le leghe con alte percentuali di stagno e solo tracce di piombo, caratteristiche dei periodi più arcaici. Gli aghi sono spezzati e non restano tracce visibili delle sezioni quadrangolari. L’alto tenore di stagno e l’assenza di piombo dalla lega permettono un’estesa ed accurata martellatura del manufatto. Nel caso dell’esemplare di fibula ad arco con noduli n. 28673 invece, per l’arco ed i noduli sono state usate leghe di composizione diversa (cfr. Fig. 4, b). L’arco, formato in matrice tutto in un pezzo assieme all’ago (ora perduto) ed alla staffa, conserva l’originale sezione quadrangolare nella porzione da cui è stato ricavato l’occhiello. La lega contiene una percentuale di stagno intorno al 5% e circa il 2% di piombo. Una lega di tale composizione può venir martellata con ricotture intermedie, ma è meno malleabile di quelle impiegate per le fibule a nodi n. 286680 e n. 24968. L’artigiano ha preferito lasciare l’occhiello in condizione di getto, cioè come è uscito dalla matrice, non l’ha nè martellato nè ricotto, per evitare fratture dovute ad eccessivo incrudimento durante l’uso. 4.4. I noduli delle fibule n. 286680 e n. 24968 sono, con tutta probabilità, ottenuti elaborando a freddo un semilavorato su cui i noduli erano appena accennati, come sembra indicare l’irregolarità della decorazione, particolarmente nel caso dell’esempio n. 24968. Per averne la certezza assoluta sarebbe naturalmente necessario esaminare al microscopio un campione metallografico dei noduli, ma questo tipo di indagine è distruttivo e possibile solo con frammenti insignificanti. Nel caso dell’esemplare n. 28673 i noduli sono colati a parte in forma di “perle” e poi infilati sull’arco (cfr. Fig. 4, b). Per le perle è stata usata una lega contenente circa l’8% di piombo, una percentuale molto alta per un oggetto di dimensioni così ridotte. L’impiego di una lega ad alto tenore di piombo è certo dovuto al desiderio di ottenere un buon getto, facile da lavorare a freddo. È infatti immaginabile che le perle siano state colate in un’unica matrice ed in solo pezzo, unite solo alle estremità e che in seguito siano state separate, tagliando il semilavorato e trapanando i singoli elementi (cfr. 1.2.). Lo stesso tipo di procedimento è stato usato anche per altri esemplari di fibule a nodi provenienti dalla necropoli di S. Lucia, ad esempio per la fibula a noduli n. 25521, che 49 presenta un occhiello a sezione quadrangolare e noduli molto pronunciati. Il pezzo non è stato campionato, ma è di particolare interesse, perchè la posizione dei suoi noduli, scivolati sull’arco e raggruppati di lato, dimostra come tali elementi fossero in origine mobili (Giumlia-Mair 1998d, 173, fig. 7). L’associazione di un elemento arcaico come l’occhiello a sezione quadrangolare e della nuova lega al piombo usata per i noduli, suggerisce che questi oggetti siano indicativi della fase di passaggio tra i metodi di lavorazione dell’età del Bronzo e quelli dell’età del Ferro. In periodi più tardi, forse anche per evitare difetti di fusione, venivano invece spesso usate leghe contenenti bassi tenori di piombo anche per gli aghi. Per evitare una martellatura troppo prolungata del segmento dell’occhiello i semilavorati venivano quindi prodotti con tutta probabilità già provvisti di sezione circolare. 4.5. La manifattura delle più tarde fibule a drago (VI sec. a.C.) illustra molto bene il livello della tecnologia del bronzo ed il grado di abilità raggiunto dagli artigiani del metallo nella piena età del ferro (cfr. Fig. 5 e Tab.). Il corpo della fibula, con eventuali prime antenne, contiene altissimi tenori di stagno che toccano anche il 16%. L’artigiano ha scelto questo tipo di lega in modo da ottenere una fibula sottile, ma molto rigida e capace di trattenere le pieghe di pesanti stoffe di lana, nonostante il suo ridotto spessore. A causa della composizione, la rifinitura delle fibule a drago ed in particolare quella dell’ago, deve assere stata alquanto difficoltosa e non alla portata di tutti gli artigiani. È indicativo che quasi tutti gli esemplari portati alla luce dagli scavi nella necropoli siano spezzati nella zona dell’ago più soggetta a stress durante l’uso. Per gli elementi decorativi da applicare al corpo della fibula in una seconda fase della lavorazione gli artigiani hanno invece impiegato leghe con inferiore tenore di stagno, ma elevato contenuto di piombo. È il caso ad esempio delle se- 50 conde antenne, fissate al corpo con un rivetto, di placchette decorate, baccelli, rosette o elementi teriomorfi. Anche il fermapieghe veniva confezionato con una lega per getti, contenente piombo, ed era certamente mobile, in modo da permettere un diverso posizionamento a seconda dello spessore della stoffa o del volume delle pieghe (v. fig. 5, b, c1). 5. CONCLUSIONE. 5.1. L’analisi di fibule e spilloni databili al periodo tra il Bronzo finale e la piena età del Ferro ha permesso di constatare l’evoluzione tecnologica avvenuta in questo periodo nella lavorazione del bronzo e di riscontrare caratteristiche nella lavorazione di piccoli oggetti decorativi che possono servire da indicazione nell’identificazione della tecnica di produzione e delle leghe usate. In particolare le sezioni quadrangolari di alcuni manufatti sembrano poter essere correlate ad alcune leghe e lavorazioni in uso nei periodi più antichi. Le tecniche di produzione delle fibule della piena e tarda età del ferro mostrano che degli artigiani di questo periodo conoscevano una varietà di leghe ed erano molto abili nello scegliere di volta in volta la lega e la tecnica di produzione più adatta al tipo di manufatto (o alla parte di manufatto) da produrre. 5.2. La ricerca non può certo dirsi conclusa e gli interrogativi che si pongono nello studio dei manufatti dell’area alpino-orientale sono ancora molti. Il significato degli oggetti infilati sull’arco delle fibule di S. Lucia è certamente una delle questioni più interessanti. Solo pochi esempi sono stati analizzati fino ad ora, ma gli oggetti sono risultati di leghe molto diverse l’una dall’altra (cfr. Tab.). È ora in programma in un futuro, si spera, abbastanza vicino una ricerca più approfondita anche su questi tipici esempi dell’antico artigianato del bronzo nelle Alpi Orientali. 51 a a c b c Fig. 1 - Spilloni dalla necropoli di Brežec, presso S.Canziano del Carso (IX sec. a.C.) (cfr. §§ 2.1.-2.3.). a) Spillone con testa globulare e collo ingrossato, decorato a costolature oblique imitanti il tortiglione. Fondo Snidersich, T. Sn 28. L.: cm 9,7, n. inv. 23142. b) Spillone incompleto, in 2 frammenti con testa approssimativamente biconica, piccolo nodulo sottostante, collo ingrossato, decorato a costolature oblique imitanti il tortiglione al di sotto delle quali si presenta per un piccolo tratto a sezione quadrangolare. Fondo Gombac, T. 124, n. inv. 23358. c) Spillone incompleto e frammentario con piccola testa a vaso e collo ingrossato con incisioni oblique imitanti il tortiglione. L.: cm 16, n. inv. 23665. (disegni di G. Righi da Steffè de Piero et al. 1977) b Fig. 2 - Esempi di sezioni quadrangolari (cfr. §§ 3.1.-3.4.). a) Frammento di fibula ad arco semplice con 2 noduli, a sezione circolare con decorazione incisa e frammento di occhiello a sezione quadrangolare, da Brežec, fondo Gombac, Tomba 116,1. L.: ric. cm 12,5 ca. n. inv. 23516. (disegno di G. Righi da Steffè de Piero et al. 1977) b) Frammento di fibula ad arco con tortiglione, occhiello a sezione quadrangolare e staffa decorata a punzonatura con occhi di dado dalla necropoli di S.Lucia di Tolmino/Most na Soči, Narodni Muzej Ljubljana, tomba 1693 C, L.: cm 8. (disegno da Teržan, Lo Schiavo, Trampuž-Orel 1984) c) Frammento di fibula semilunata con pendagli triangolari e catenella, arco a bugnette sbalzate e doppio occhiello a sezione quadrata da Brežec, fondo Gombac, T.47,1. L.: ric. cm 8,4, n. inv. 23736. (disegno di G. Righi da Steffè de Piero et al. 1977) a b c d Fig. 3 - Semilavorati con sezioni quadrangolari (Cfr. §§ 3.1.-3.4.). a) Frammento di semilavorato per spillone o fibula dall’officina di Pozzuolo del Friuli. La parte inferiore dello stelo è stata arrotondata a battitura, un tratto della parte superiore è ancora a sezione ottagonale (cfr. § 3.1., 3.2.). (disegno di G. Merlatti da Cassola Guida et al. 1998) b) Semilavorato di spillone a sezione quadrangolare con due noduli da Pozzuolo. (disegno di G. Merlatti da Cassola Guida et al. 1998) c) Semilavorato frammentario di spillone di tipo “Sirolo” con incisione elicoidale, un nodulo a sezione quadrangolare ed uno a sezione circolare. Il manufatto sembra essersi spezzato in fase di lavorazione. Presumibilmente in origine anche questo manufatto presentava una sezione quadrangolare. (disegno di G. Merlatti da Cassola Guida et al. 1998) d) Frammento di spillone con testa a noduli serrati dalla necropoli di S. Lucia di Tolmino/Most na Soči, Narodni Muzej Ljubljana, tomba 2206 C, 3, con stelo parzialmente a sezione ottagonale (cfr. § 3.4.). (disegno da Teržan, Lo Schiavo, Trampuž-Orel 1984) 52 a b Fig. 4 - Ricostruzione ideale dei due tipi di fibula ad arco con noduli (cfr. §§ 4.3., 4.4.). a) Il manufatto è ricavato tutto in un pezzo da un semilavorato su cui i noduli dell’arco sono ottenuti in matrice. I resti di occhiello di reperti di questo tipo suggeriscono che il tratto del semilavorato destinato a diventare un occhiello usciva dalla matrice con sezione quadrangolare. (disegno di A. Giumlia-Mair) b) Il secondo tipo di fibula ad arco con noduli è composto: un semilavorato sottile, allungato e costolato con possibile parziale sezione quadrata nel tratto destinato a divenire occhiello ed ago veniva elaborato a battitura per ricavare la staffa e indurire l’ago ed alla fine i noduli venivano infilati sull’arco come perle di forma leggermente appiattita. (disegno di A. Giumlia-Mair) Fig. 5: Ricostruzione ideale della manifattura di fibule a drago. a) Il semilavorato, uscito dalla matrice, viene privato della parte più larga creata dall’imboccatura dalla parte dell’ago e delle eventuali sbavature entrate nei canali di sfiato dell’aria sulla continuazione della prima coppia di antenne. L’arco viene trapanato nel punto indicato dalle frecce per fissare la seconda coppia di antenne o altre decorazioni. b) Semilavorato visto di lato: la parte larga della staffa viene leggermente appiattita e incurvata a battitura. Le seconde antenne (o in alternativa le decorazioni teriomorfe, a baccello, a rosetta ecc.) vengono fissate con un rivetto. Le analisi indicano che il rivetto potrebbe essere stato ricavato dall’imboccatura eliminata in precedenza e martellata in una forma apposita. Sull’ago appuntito ed indurito a martellatura viene infilata una “perla” fermapieghe. c1) La fibula a drago finita, vista di fianco, mostra le prime antenne incurvate verso la staffa, le seconde antenne applicate con rivetto ed incurvate verso l’alto e il fermapieghe mobile. c2) La fibula a drago finita, vista dall’alto, mostra la posizione delle antenne rispetto all’arco e la posizione dell’ago all’interno della staffa. Il fermapieghe può venir regolato ad altezze diverse a seconda dello spessore della stoffa. (disegni di A. Giumlia-Mair) a b c1 c2 NOTE In questa sede desidero ringraziare la Prof. Paola Càssola Guida, Università di Udine e la Dr Grazia Bravar, Civici Musei di Arte e di Storia di Trieste per avermi offerto l’occasione di studiare i loro materiali. Ringrazio inoltre la Dr Manuela Montagnari Kokelj per il prezioso aiuto al momento della campionatura al museo di Trieste. Questo articolo è dedicato alla Dr Fulvia Lo Schiavo che con le sue domande costruttive e mirate mi ha spinta a riflettere e a indagare sul significato delle sezioni quadrangolari. 1 Per una discussione generale v. ad esempio Craddock & Giumlia-Mair 1988. Cfr. ad esempio Steffè De Piero et al. 1977, F. Silla, XXI, 250, 1; XXX, Xv, 2. 3 Cfr. Steffè De Piero et al. 1977, F. Gombac, T. 114, 1 e T. 116,1. 4 V. ad esempio lo spillone in bronzo con testa a disco e stelo a tortiglione da Molina di Ledro (Lunz & Marzatico, 1997, p. 411, Tav. 6, N° 5; cat. 445, p. 450). 5 Pubblicato in Teržan, Lo Schiavo, Trampuž 1984/1985, Tav. 228, tomba 2206 C, 3. 6 Per facilitare la lettura dalla tabella si sono omessi i risultati delle analisi per gli elementi Cd, Au, Mn, S e P. 2 53 BIBLIOGRAFIA. CASSOLA GUIDA P., Le prospettive della ricerca protostorica in Friuli, in Concordia e la X Regio, Giornate di studio in onore di D. Bertolini, Portogruaro, 1995a, pp. 197-205. 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