CAPITOLO QUARTO
BIANCOCELESTI, BIANCONERI E ROSSOGIALLI (1907-1908).
Lazio docet: il Campionato di Roma del 1907 e l’avventura di Perugia
Nel gennaio 1907 la Virtus annunciò l’organizzazione di un “Campionato di Roma di Football”.
Due tornei, di prima e seconda categoria, da giocarsi in Piazza di Siena, a febbraio, sotto l’arbitrato
di Tifi ma con le regole della FIF. Si iscrissero per la prima categoria la Lazio, la Virtus e il Roman.
Questi stessi club (con le loro seconde squadre), più l’Atalanta e la Juventus, parteciparono al
torneo di seconda categoria. Gli incontri iniziarono il 24 febbraio, con le eliminatorie della seconda
categoria. La Lazio batté l’Atalanta (2-0) e poi la Virtus (3-0); la Juventus superò il Roman 2-1. I
rossogialli di Borsarelli fallirono anche con la loro prima squadra, battuta dalla Virtus di Clarke e
Dalber (passato per l’occasione nelle file bianconere). 1 Nella finalissima, giocata nel pomeriggio di
domenica 3 marzo tra la Virtus e la Lazio, i biancocelesti s’imposero 3-0. 2 Il campionato di
seconda categoria andò invece alla Juventus, che mise in fila Lazio, Virtus, Atalanta e Roman. 3 Nel
commentare l’evento, il cronista di un giornale romano inaugurò due linee narrative che avranno
successo nella letteratura sportiva, la linea epica e quella mammarola:
Il giuoco è terribile e raffinato; la guerra per il pallone è la più tremenda che si conosca. Questi
eroi sono soggetti agli inciampi, alle incertezze, ai precipizi minimi; alle malvagità distratte delle
bucce di arancio e di limone, involontarie e fatali; dei sassi piccoli che ostacolano i piedi e che
provocano dolori che arrivano fino al cuore; di un urto fortuito, di uno sgambetto che si riversa
sulla vita di questi atleti feroci. Il giocatore cade per un colpo misterioso. Egli cadde e non grida:
ma le madri dalle scalinate urlano, dritte in piedi, toccate violentemente dallo stesso colpo che ha
abbattuto il figlio (…).
Grazie ai buoni uffici del cavalier Ballerini, la Podistica aveva da poco come presidente onorario
Paolo Boselli, ministro della Pubblica Istruzione. Si poteva considerare il sodalizio sportivo più
forte della Capitale. Durante il 1906 aveva ottenuto 24 primi posti, 18 secondi, 15 terzi. La
conquista del Campionato costituiva, però, la prima affermazione in un appuntamento calcistico
ufficiale. In primavera, dopo i fratelli Cerruti (trasferitisi a Torino), lo svizzero Frey e il maltese
Silvio Mizzi, un altro straniero entrò nelle file della sua sezione calcio: il portoghese Francisco Dos
Santos, capitato al Parco dei Daini una mattina per portarvi a spasso il cane. Dos Santos era a Roma
per studiare pittura e scultura. Piccolo di statura (meno di 1 e 60), irsuto, con una riserva di fiato
notevole, si guadagnò presto il ruolo di centerhalf (centromediano) della prima squadra. Nella
classica gara sociale kicking the football, svoltasi a fine giugno, il lusitano si piazzò al quarto posto,
dietro agli altri nuovi arrivati: Mizzi, Andreoli e Omodei; il quinto posto fu occupato da Fernando
Saraceni, detto “Cecè”. Il resto dell’anno, i footballer lo passarono nella routine degli allenamenti
delle due squadre al campo dell’Uccelliera. Per la prima volta furono nominati un “trainer”
(Baccani) e due capitani per le squadre (Ancherani e Canalini).
I mesi estivi segnarono, come al solito, la stasi del calcio e l’esplosione delle attività natatorie.
Questa volta, però, invece di ricominciare gli allenamenti con la caduta delle foglie dagli alberi, il
pallone da football rientrò in gioco subito. Appena passato il solleone di ferragosto, dalla Società
Ginnastica ”Braccio Fortebraccio” di Perugia arrivò alla Casina dell’Uccelliera di Villa Umberto
un telegramma per la “Lazio” di Roma: un bell’invito a partecipare al “Torneo di Football”
previsto all’interno del Concorso Ginnastico Interprovinciale di Perugia. Fortunato Ballerini, in
qualità di alto dirigente della Federginnastica, aveva funzionato da filo di raccordo tra la cittadina
1
Le due formazioni. Virtus: Balestrieri, Venarucci, Clarke, Diana, Monarchi, Golini, Peroni F., Corelli C., Gualdi,
Corelli F., Dalber (cap). Roman: Hastings, De Fiori, Olivieri, Gambetta, Telfener, Canalini, Maraini, Nathan, Suardi, De
Forti, Borsarelli (cap).
2
Formazione della Lazio campione di Roma 1907: Zaccagna, Marrajeni, D’Amico, Mariotti, Andreoli, Onori, Novelli,
Mizzi, Ancherani (cap), Saraceni, Omodei.
3
Nella Juventus esordì Augusto Faccani (classe 1890), che poi la stagione successiva doveva passare alla Lazio.
umbra e la Capitale. Ballerini si trovava in villeggiatura sul lago Trasimeno e aveva saputo della
gara di calcio in programma. Di lì a pochi mesi, la Podistica sarebbe entrata addirittura nei ranghi
della FGI, per mano del grande presidente. I calciatori laziali si guardarono in faccia e qualcuno
fece capire di avere problemi di pecunia: i bagordi estivi avevano svuotato le tasche a più d’uno,
ed anche un normalissimo viaggio d’andata e ritorno in terza classe poteva costituire un ostacolo
insormontabile per un Augusto Faccani, che di mestiere faceva il fruttarolo a Trastevere. Ma
quando c’è la passione, nessun ostacolo è davvero insormontabile. Ecco subito trovato il
finanziatore. Giovanni Baldi, detto “nasone”, ha un papà impresario edile che sta costruendo il
cavalcavia che deve unire Villa Borghese al Pincio, al di sopra del Muro Torto; i soldi per la
trasferta li mette lui, ed anche uno stock di bottiglie di Grignolino, tanto per dare la carica giusta:
basta che lo si faccia giocare! Baldi venne nominato titolare seduta stante. La domenica mattina
del primo settembre 1907, sotto un cielo piovigginoso, i laziali giunsero a Perugia, dove dal giorno
precedente si erano raccolte diverse società ginnastiche e sportive. Nel pomeriggio al campo delle
feste li attendeva a piè fermo la squadra dello Sport Club Senese, designato dal comitato direttivo
del Concorso per disputare ai romani la coppa d’argento. Come cornice un gran pubblico e molta
curiosità per vedere il nuovo gioco del “football”, tanto di moda in Inghilterra.
I biancocelesti si spogliarono degli abiti borghesi e andarono in campo con la seguente
formazione: Zaccagna, Federici, Andreoli, Omodei, Dos Santos, Faccani, Pellegrini, Saraceni,
Ancherani, Zucchi, Baldi (messo all’ala per fare meno danni). L’arbitro, un maestro di ginnastica
con in tasca l’ultima edizione del “manuale dei giuochi”, raccomandò l’etica (“tra il pubblico ci
sono donne e bambini”) e diede il via alle danze. A metà del primo tempo, la Lazio vinceva già 50. Cos’era successo? Semplicemente che i laziali provenivano da un altro pianeta; grazie ai
“contatti ravvicinati del terzo tipo” coi marziani scozzesi, appartenevano ad una categoria
superiore rispetto ai volenterosi ginnasti dello Sport Club. I senesi non poterono far altro che
assistere inermi ai rapidi passaggi, ai dribbling dell’artista diavoletto Dos Santos, alle volate
dell’imprendibile Saraceni. I poveretti non sapevano cosa fare, abituati al gioco statico ed asettico,
quasi senza contatti fisici, tipico del calcio ginnastico. La palla entrò nella rete e venne rimessa sul
disco di calce al centro del campo per una, due, tre, quattro, cinque volte. Infine, a dare un taglio
alla tragicomica situazione, ecco irrompere trafelato un organizzatore dal palco della giuria:
“Basta, basta, per carità! Ormai avete vinto, avete segnato cinque gol in venti minuti, che altro
volete? Noi siamo in ritardo col programma ginnastico. Aiutateci, prendete coppe, diplomi e
medaglie e sgomberateci il campo”. I giocatori laziali si guardarono in faccia, indecisi se ridere o
arrabbiarsi. Ore ed ore di treno per una manciata di minuti di partita: praticamente una lezione di
football a domicilio. Il più sconcertato di tutti appariva “nasone” Baldi, che protestò accorato: “Ma
come, una volta che arrivo in prima squadra, la partita dura solo dieci minuti?”. I compagni un po’
lo presero in giro e un po’ lo calmarono. Anche questa è la vita, che si può fare? Baldi rimise nel
sacco i suoi sogni e si accomodò in tribuna, per assistere ai volteggi e ai salti mortali dei ginnasti
umbri e toscani. Poi tutti in carrozza per Roma, con le bottiglie di Grignolino a fare dolce
compagnia.
Derby inaugurale fra rossogialli e biancocelesti
La prima parte della nuova stagione calcistica scivolò via senza altre emozioni. A scuotere la quiete,
nel dicembre del 1907 due soci fra i più abbienti, Alfredo Tosti e Augusto Viscogliosi Baccelli,
offrirono due coppe da mettersi in palio secondo il sistema “challenge”. Si trattava di vere e proprie
sfide che, di volta in volta, garantivano il possesso della coppa alla squadra vincente fino alla partita
successiva. Il regolamento prevedeva che ciascun trofeo rimanesse di definitiva proprietà di quel
sodalizio che fosse riuscito a incidervi il proprio nome più volte entro il 30 aprile 1910; la sfida
doveva essere mandata alla squadra campione in carica ogni mese, pena l’automatica incisione del
nome sul trofeo. Le Coppe “Tosti” e “Viscogliosi Baccelli” furono riservate a squadre
rispettivamente di prima e seconda categoria. Dovevano servire a mantenere vivo l’interesse
agonistico per uno sport che contava un paio di centinaia di proseliti a Roma, e ancora mancava di
una direzione unitaria. Oltre ai club che avevano partecipato al campionato del 1907, giocavano
saltuariamente a Villa Umberto e a Piazza d’Armi sia l’Enotria che una nuova formazione, la S. S.
Cristoforo Colombo. Nata nel marzo 1906, aveva la sua sede in un sottoscala di via Brunetti (al 39),
contava pochi iscritti, ma tutti volenterosi e dinamici. Gli allenamenti dei podisti avvenivano per lo
più di sera, nella piccola pista della Passeggiata di Ripetta, tra le due casine dei canottieri
dell’Aniene e della Tevere. La “Colombo” era guidata da Placido Ansidei Scifoni e Umberto Fanti.
Nel periodo tra il 1908 e il 1915 diventò una delle più forti società podistiche cittadine,
annoverando tra le sue fila campioni come Umberto Blasi e Silla Del Sole.
I primi a sfidare i laziali per la Coppa Tosti furono gli scapigliati footballer del Roman. Il match si
svolse il 19 gennaio 1908 in Piazza di Siena e venne arbitrato dal principe Filippo Doria Pamphili.
Col senno di poi, fu questo il primo derby “Roma-Lazio” della storia. I rossogialli, infatti,
diciannove anni dopo si sarebbero fusi ad altre società per dare vita alla Associazione Sportiva
Roma. I laziali vinsero 5-3, profittando del fatto che i “romanisti” disputarono la partita in dieci, in
quanto uno dei loro elementi, il temibile terzino Giacomo Peroni, non aveva potuto intervenire. 4 Il
26 gennaio s’inaugurò la Coppa Viscogliosi Baccelli, con una partita in Piazza d’Armi tra la Lazio e
la Virtus, arbitrata da Clarke; i biancocelesti vinsero 5-0. 5 Si notino alcune apparenti incongruenze,
tipiche del calcio pionieristico, che riguardano l’effettuazione di queste “challenge” (o “test match”,
come si direbbe oggi in campo rugbistico). Ad esempio, il fatto che Balestrieri preferisse giocare in
porta, non perché fosse effettivamente forte in quel ruolo, ma per evitare d’incorrere in guai
muscolari che avrebbero nuociuto alla sua attività di marciatore. Notevole è anche la consuetudine
di fare arbitrare le partite da uno dei soci dei due club: al nord questa particolarità era già
scomparsa, almeno negli incontri ufficiali. Bizzarra la presenza del prof. Gualdi nelle file virtussine,
dopo aver disputato partite in varie altre squadre. Il fondatore dell’Universitaria era uno di quei
classici elementi calcisticamente senza fissa dimora, che cercavano compagini alle quali
agganciarsi, sia pure per un’occasione soltanto. Infine, è da rilevare la presenza di Egisto Federici,
già del Milan Football Club, che stava facendo il servizio militare nella Capitale. Molti milanesi,
torinesi e genovesi, di leva a Roma, giocheranno negli anni seguenti nelle file delle varie squadre.
La Lazio fu la più abile a catturare nella propria orbita queste autentiche meteore del football: uno
dei tanti motivi per cui i laziali rimasero dominatori del campo fino allo scoppio della Grande
Guerra. Di estrazione subalpina, ligure e lombarda, cioè figli della “calata barbarica” susseguita al
1870 (basta vedere i cognomi), erano la maggior parte degli sportsmen della Roma umbertina. E
abitanti dei quartieri sorti dall’immigrazione post-unitaria (Esquilino, Sallustiano, Ludovisi, Parioli,
Prati) erano quasi tutti i fondatori delle società sportive.
Guido Baccani, il primo “trainer”
Dall’inizio dell’estate del 1907, come abbiamo visto, la Lazio aveva deciso di nominare Guido
Baccani ”trainer” della sezione calcio. Fino ad allora, in realtà, le funzioni di consigliere tecnico e
selezionatore erano state principalmente nelle mani di Ancherani; non si trattò mai di una vera
investitura, quanto di un riconoscimento tributato verso il calciatore più forte, il capitano. Con
Baccani, il discorso fu diverso. I contatti col calcio del nord stavano per diventare, se non frequenti,
almeno ricorrenti. L’improvvisazione tattica della Lazio sarebbe risultata evidente negli scontri
diretti. Occorreva lavorare sul piano teorico e Baccani era l’uomo giusto. Già negli anni successivi
cominciarono ad apparire su “Il Messaggero” i suoi annunci severi, volti a raggruppare per l’inizio
della stagione agonistica i trenta o quaranta giocatori delle varie squadre. Baccani chiedeva
disciplina e senso della responsabilità. “Chi non si presenta agli allenamenti, poi non giocherà le
partite ufficiali” - questo il tono che serviva a stabilire le distanze tra i footballer della Podistica e
4
Le formazioni dello storico “derby”. Lazio: Federici, Forlivesi, A. Canalini, A. Zucchi, Dos Santos (cap), Andreoli,
Scicluna, Mizzi, Ancherani, Saraceni, Della Longa. Roman: C. Serventi, R. De Fiori, Mariotti, Giannetta, Telfener,
Coletti, F. Peroni, Borsarelli (cap), Dalber, F. De Fiori.
5
Le due formazioni. Lazio: R. Forlivesi, Pellicciari, L Zucchi, Faccani, Pellegrini, Ferracciù, Matteini, A. Zucchi,
Masini, Fantacone, Canalini (cap). Virtus: Balestrieri, Tancredi, Grassi, Paolini, Diana, De Censi, De Giuli, Gualdi,
Angelotti, Albert, Caniggia (cap).
quelli del Roman, che ad allenarsi non pensavano affatto. Non che Baccani fosse un allenatore
nell’accezione moderna del termine, i suoi schemi erano approssimativi, la preparazione atletica e
tecnica piuttosto sommaria: molta corsa, tiro alla fune, i palleggi, il “kicking the football” e un po’
di “torello”, nuova metodica inventata da un maestro di ginnastica toscano, la terra di Baccani. Non
esistevano né ritiri né assistenza medica, rimborsi spese o altro. Il lavoro da svolgere era semplice.
Si trattava di sistemare bene le pedine in campo e di valorizzare le doti di ciascuno. Poi, durante la
partita, toccava al capitano (Dos Santos fu molto abile in questo, e dopo di lui Fioranti e Maranghi)
operare i cambiamenti in corsa; mutamenti di posizione che venivano concordati nei conciliaboli in
mezzo al campo tra il primo e il secondo tempo, con Baccani che assisteva e partecipava alle
discussioni dei suoi consoci. 6
Il “sistema Caniggia”
Tra i nomi nuovi di questa seconda generazione di pionieri, tre in particolare avrebbero avuto negli
anni a venire un’importante carriera: il fruttivendolo Faccani, che aveva debuttato sedicenne nella
Juventus; Umberto Grassi, uno studente di buona famiglia, futuro capitano del Roman; Alberto
Caniggia, studente anche lui, prossimo a diventare uno dei primi “opinionisti” e cronisti di calcio
della città. Il diciottenne capitano dei bianconeri aveva brevettato un sistema molto ingegnoso per
attirare nella sua squadra gli stranieri (per tale motivo l’avevano fatto capitano). Lo riportiamo
perché è davvero curioso. Considerato il ritardo tecnico-tattico, il giocatore forestiero per il football
romano rappresentava quello che il boxeur nero era nel pugilato: la squadra che fosse riuscita ad
assicurarsi, almeno per un giorno, il footballer britannico, francese, germanico o svizzero, poteva
permettersi di guardare dall’alto in basso le altre concorrenti, che ci morivano dall’invidia. In breve,
il sistema di Caniggia era questo: i giorni che non aveva nulla da fare, si metteva con aria sorniona e
andatura lemme a girare in lungo e in largo quei quartieri della città in genere più battuti dagli
stranieri di passaggio. In tasca il nostro uomo teneva una modesta e approssimativa palla fatta di
stracci arrotolati e legati. Bighellonava così, senza meta, fin quando non s’imbatteva in qualche
giovane che, dall’aspetto e dal vestire, mostrasse in modo evidente di non avere avuto dal destino la
fortuna di nascere nel dolce paese ove il sì suona. Avvistata la preda, Caniggia passava
immediatamente all’azione; traeva cioè dalla tasca la palla e, lasciatala cadere a terra, con un calcio
di stile la scagliava tra i piedi del “barbaro”. Se l’altro, meravigliato, si scansava e passava oltre,
niente di fatto: non era un cultore del football; ma se lo stesso colpo di stile rimandava la palla fra i
piedi di Caniggia, non c’era più da sbagliarsi, ed il giovanotto romano col migliore dei suoi sorrisi
aggrediva l’anglosassone e se lo trascinava a piazza d’Armi. Non stupisca l’invenzione del “sistema
Caniggia”. I giocatori britannici non sempre erano disponibili. Il Roman dovette rinunciare nel
febbraio 1908 alle due sfide per le coppe “challenge” a causa della mancanza d’elementi (e questo
nonostante Baccani li avesse già invitati al Caffè Cavour per una “bicchierata” ante gara). La
Juventus di Mazzucchetti, Clarke e Trotter fece lo stesso per il trofeo Viscogliosi Baccelli. I
seminaristi erano merce proibita, essi non accettavano di unirsi individualmente alle squadre. Non
rimaneva che arrangiarsi.
La Lazio in gita a Napoli
Intanto, un triste avvenimento colpiva il mondo sportivo capitolino. Pubblicava il 6 marzo 1908 “Il
Messaggero”:
Ci giunge da Bruxelles la triste notizia della morte di Luigi Bigiarelli. Egli era noto a Roma e non
aveva che 32 anni. Qui aveva fondato insieme ad Arturo Balestrieri la Società Podistica Lazio, ed
era campione mondiale di marcia podistica.
6
Con l’avvento del genovese Carlo Maranghi, Baccani nel 1913 avrebbe lasciato la direzione tecnica della “sezione
calcio”. Nel novembre di quell’anno uscì, per i tipi della casa editrice Bemporad di Firenze, il suo “Annuario italiano
del Football”; un’opera basilare nella quale Baccani racchiudeva tutta l’esperienza e il sapere enciclopedico accumulati
in dieci anni di frequentazione dello sport più amato. L’Annuario era un’autentica novità per l’Italia, ma non per gli altri
paesi europei, dove tali sussidiari erano già parecchio in voga. Questo manuale, insieme alla stima di Francesco Mauro,
l’ingegnere milanese amico del calcio capitolino, furono il trampolino di lancio per la sua carriera di dirigente tecnico.
Bigiarelli era spirato per problemi al fegato, forse in conseguenza degli eccessivi sforzi che la sua
attività atletica gli aveva imposto. Il lutto non impedì alla società biancoceleste di far svolgere il
“Premio Lazio” e di bandire la prima sfida di football per il “Premio Arudian”, riservato alle sue
due squadre. Il match cadde il 22 marzo e fu vinto dall’undici capitanato da Dos Santos. Ai primi di
aprile, sempre con l’organizzazione della Lazio, si svolse la prima di una serie di tre riunioni
atletiche interscolastiche a Piazza di Siena e al Parco dei Daini; in programma anche un torneo di
calcio, a testimonianza del favore che il gioco stava incontrando nelle nuove leve romane. Mentre la
ginnastica perdeva via via l’aggancio con le scuole, gli sport entravano di prepotenza nello scenario
ricreativo giovanile, e il “fubballe” era il numero uno dei giochi sportivi. Parteciparono al torneo il
Liceo E. Q. Visconti (con due squadre), il Collegio Nazareno, l’Istituto Tecnico Leonardo da Vinci
e il Liceo Terenzio Mamiani. Nel frattempo, la Coppa Tosti veniva aspramente contesa dalla Virtus,
che sfidò la Lazio e il 4 di aprile la bloccò sull’1-1, prima che un acquazzone facesse sospendere la
gara. La partita fu rimandata ma la Lazio, regolamento alla mano, impedì alla Virtus di schierare
Mizzi, appena passato nelle file bianconere e divenutone il capitano. Finalmente, il 19 aprile la sfida
venne portata a termine a Piazza d’Armi; vinsero i biancocelesti 4-2, arbitro Mario De Fiori. 7
Nello stesso giorno si giocò la finale del campionato interscolastico, che i biancoviola del Nazareno
s’aggiudicarono battendo i grigioblu del Visconti.
Sgominati i rivali romanisti e virtussini, i laziali accettarono l’invito del Naples Football Club a
giocarsi una coppa d’argento, donata dall’imprenditore Luigi Salsi, 8 sul Campo dei Bagnoli, un bel
tratto fuori la città partenopea. Sabato 25 aprile 1908, alle undici e mezza di sera, la comitiva di
Baccani partì in treno dalla Stazione Termini, direzione Vesuvio. Il giorno successivo, alle sedici, i
biancocelesti sconfissero 3-1 i celeste-azzurri a righe verticali del Naples, capitanati dall’anglogenovese Hector Bayon e con i fratelli Paolo e Michele Scarfoglio in squadra. L’entrata al pubblico,
secondo le consuetudini degli sportsmen, fu gratis. A giudizio delle cronache locali, i romani
mostrarono un gioco “cortese e brillante”; particolarmente apprezzato fu il capitano, l’anziano e
minuscolo Dos Santos. Gli altri partecipanti alla seconda trasferta calcistica della storia laziale
furono: Sante Ancherani, Fernando Saraceni, Carlo Della Longa, i fratelli Luigi e Alberto Zucchi,
Prospero Omodei Zorini, Pierluigi Andreoli, Fernando Pellegrini, Egisto Federici, Augusto Faccani,
Oreste Zaccagna, Umberto Grassi, Francesco Marrajeni, Luigi Fiorini. Il settimanale “Roma
Sportiva” pubblicò nel suo terzo numero il resoconto della trasferta. Lo riportiamo per esteso, si
tratta della prima cronaca di una certa completezza di una partita della Lazio apparsa su un qualsiasi
giornale: 9
Napoli, 27. – Ieri ha avuto luogo il grande match di football Roma-Napoli (sic). L’aspettativa per
l’incontro fra le squadre della Società Podistica Lazio e del Naples Football Club era vivissima.
Roma e Napoli dovevano disputarsi la vittoria: poiché se la Lazio è campione di Roma, il Naples è
meglio quotato nel Campionato Regionale che si sta svolgendo. La Società Podistica Lazio era
accompagnata dal vice-presidente signor Filippo Maldura e dal direttore sportivo signor Guido
Baccani. All’ora prestabilita si calcolavano circa duemila persone presenti alla pelouse del Campo
dei Bagnoli. Alle quattro e pochi minuti l’arbitro, il signor Lau-Esposito, chiama in campo le due
squadre. La squadra della Lazio (camicette bianco-celesti) è favorita dalla sorte e il suo capitano,
Dos Santos, sceglie il campo: alla squadra del Naples (camicette bleu-celesti), capitano Potts,
resta la palla. Le due squadre si dispongono nel modo seguente:
S. P. Lazio. – Zaccagna, Faccani, Federici, Pellegrini, Omodei, Andreoli, Dos Santos, Zucchi A.,
Ancherani, Saraceni, Della Longa.
7
Le due formazioni. Lazio: Forlivesi, Canalini, Marrajeni, Faccani, Dos Santos, Andreoli, Bompiani, Zucchi L.,
Ancherani, Saraceni, Della Longa. Virtus: Venuti, Venarucci, Monarchi, Mattioli, Vivante, Mesones, Diana, Corelli C.,
Mizzi, De Giuli, Corelli F.
8
Luigi Salsi aveva fondato il Naples FBC nel 1905, partendo dalla base di un circolo nautico.
9
L’articolo data al 4 maggio 1908. “Roma Sportiva” era diretto da Giuseppe Rosati, col finanziamento di Aurelio
Cappabianca. Aveva quattro pagine e s’interessava soprattutto di ciclismo. La direzione stava in via Principe Amedeo
128.
Naples F. C. – Giolino, Bailey, Potts, Scarfoglio P., Scarfoglio M., Fortunato, Bayon, Treves,
Incarnati, Garozzo, Saltmarshe.
Al fischio dell’arbitro il giuoco comincia vivacissimo e la palla è presso ai forwards della Lazio
che assalgono continuamente. Dopo 4’ 30”, su un calcio d’angolo di Della Longa, Andreoli marca
il primo gool per i bianco-celesti. Il giuoco riprende quindi accanito. La Lazio assalta
maggiormente. Verso la fine della prima ripresa il Naples accresce di energia ed entra con più
frequenza nel campo della Lazio, i cui giocatori risentono evidentemente dello strapazzo del
viaggio e del sonno perduto. Dopo replicati assalti che si svolgono sempre tra viva emozione del
pubblico la Naples segna un gool. Sono passati 39’ 10” dall’inizio del giuoco. Uno scroscio di
applausi prolungato saluta questo primo successo dei napoletani che hanno così ristabilito
l’equilibrio della partita. La fine della prima ripresa termina lasciando le due squadre a un gool
pari. Il pubblico invade il campo e saluta e felicita i giocatori per la bella partita disputata con
accanimento, ma con perfetta cavalleria. Intanto Dos Santos, capitano della Lazio, dà alla sua
squadra una nuova sapiente disposizione.
Al fischio del referee la palla è alla Lazio che attacca subito meravigliosamente. I romani
sembrano trasformati e giuocano come forse mai giuocarono. La difesa della Naples è messa a
dura prova. Dopo 5’ dalla ripresa Saraceni, su un passaggio di Ancherani, segna a favore della
Lazio un gool e dopo 1’ 50” da quello i bianco-celesti marcano ancora un altro gool per mezzo del
centro forward Ancherani. La squadra della Lazio in questo tempo dimostra tutta la sua
superiorità; essa lavora con affiatamento e con una sicurezza davvero ammirabili, che strappano
sovente l’applauso entusiastico del pubblico. I primi stupiscono per i passaggi velocissimi, sicuri,
precisi; alla difesa Dos Santos, Omodei, Federici formano un triangolo davvero insormontabile.
Anche il Naples conduce un bel giuoco: Bayon, Garozzo, Potts, Scarfoglio M. si fanno ammirare,
come pure è ammirato Saltmarshe, un portiere mirabile per il grand’occhio e la gran calma tutta
inglese. Intanto avviene un violento incontro: Bayon è a terra quasi svenuto; viene prontamente
soccorso e poco dopo è di nuovo in piedi. Il giuoco si riprende con più ardore che mai. Dos Santos
giuoca in maniera davvero mirabile. Il valente Potts riesce una volta sola ad avvicinarsi al gool
della Lazio: incalzato da Federici e minacciato da Omodei tira in gool precipitatamente e la palla,
presa male, rotola lentamente a fallo. Dopo qualche minuto l’arbitro dà il segnale della fine del
giuoco, che è terminato con la vittoria della Società Podistica Lazio con tre gools a uno del Naples
Football Club.
Alla sera, vincitori e vinti, si sono riuniti al ristorante Starita, a Santa Lucia, per un pranzo offerto
dal Naples in onore dei romani. Sul centro del lungo tavolo, contornata da splendidi fiori, era
ammiratissima la splendida Coppa d’argento, messa in palio dal Naples, e dalla Lazio vinta;
mentre dall’alto pendeva e dondolava la palla adoprata nel match che ancora vibrava per gli
innumeri e potenti calci ricevuti. Ammirato poi l’indovinato ed elegante menu. Cordialità continua
regnò durante il pranzo e più ancora venero stretti i legami sinceri di affetto e di amicizia fra le
due Società. Si assicura che il 24 maggio la squadra del Naples F. C. sarà in Roma per il retourmatch e per la disputa della nuova Coppa di argento messa in palio dalla S. P. Lazio. Avremo così
occasione di assistere ad un altro emozionante match.
Dalla cronaca dell”inviato speciale” (un non meglio identificato The Blander) emergono
chiarissime alcune delle caratteristiche del football targato sportsmen. Il calcio a Napoli ebbe
un’origine esclusivamente di élite; le non poche rievocazioni storiche della squadra del Napoli
ricordano nelle pagine introduttive che i primi footballer erano tutti di “buona famiglia”. Il pubblico
andava in carrozza al lontano Campo di Tiro dei Bagnoli, ed era costituito da amici e parenti dei
giocatori stessi. Come si evince dai colori del Naples FBC (blu-celesti), erano stati i circoli nautici,
punto d’incontro tra gli inglesi e l’alta borghesia locale, la piattaforma sociale per la nascita dei club
di calcio. I podisti-calciatori laziali ebbero a Napoli il terzo loro incontro col football di matrice
anglosassone, dopo quelli col Roman e i seminaristi. Il fatto che potessero dimostrarsi già superiori
al Naples derivava, come avranno sicuramente riconosciuto gli stessi anglo-partenopei, dalla
stamina, cioè dal fiato, che i podisti biancocelesti avevano in misura molto maggiore rispetto ai
footballer puri. L’analisi dell’andamento del match rivela tutto ciò: nel primo tempo i laziali
partono decisi all’attacco e poi subiscono la reazione dei napoletani. Nell’intervallo Dos Santos si
pone davanti alla difesa, per impostare meglio il gioco e risparmiare energie, considerata la sua età
non verdissima. Nel secondo tempo gli ospiti ripartono a testa bassa e surclassano gli avversari,
macinandoli sul ritmo. La partita finisce con l’immagine di un forward inglese che non ha più la
forza sufficiente per battere a rete in modo corretto la palla. Riserva di fiato e frenesia di gioco
erano i due punti di forza della Lazio nel 1908.
Arriva la Juventus da Torino
A Roma, il socio Baldi offrì ai reduci della campagna vesuviana un brindisi alla Fiaschetteria
Piemontese, in via Firenze. Ma non c’era il tempo per rallegrarsi che già un altro appuntamento si
preannunciava: in occasione delle “Feste Sportive” a Villa Umberto, l’Istituto Nazionale per
l’incremento dell’Educazione Fisica in Italia (INEF) si prese la briga di organizzare un torneo sotto
la presidenza di Romano Guerra, che dell’INEF era commissario generale fin dalla sua costituzione
nel luglio 1906. In palio una “Targa” annuale, da aggiudicarsi fra due squadre del nord e altrettante
del sud. Guerra vantava ottimi agganci con la FIF e riuscì a far arrivare nella Capitale due squadre
molto forti: l’Unione Sportiva Milanese, dalla vivace maglia a scacchi bianchi e rossi, ed il
Football Club Juventus di Torino, dalla classica maglia a strisce bianconere. Il Naples vinse la
propria eliminazione regionale. La Lazio si qualificò battendo in una sfida secca 8-1 il Roman, alle
prese coi soliti problemi di formazione. Nella mattinata di martedì 2 giugno, ospiti nella sede INEF
in via Flaminia, i rappresentati delle squadre (mancava l’USM, cui il comitato organizzatore non
aveva dato regolare avviso) si misero d’accordo sulle modalità del torneo. Nel pomeriggio, con
inizio alle ore 17, si giocarono le semifinali al Prato dei Daini. Diressero le gare l’inglese John
Goodley della Juventus e il footballer doriano Francesco Calì - vale a dire proprio l’uomo che, di lì
a un paio d’anni, sarebbe stato il primo capitano della Nazionale. I giornali sportivi riferirono
ampiamente degli incontri e presenziò un pubblico per quei tempi considerato foltissimo: circa
cinquecento persone.
L’impatto tra i poli calcistici del Paese ebbe conseguenze tennistiche: la Juventus diede sei pappine
a zero ai napoletani; quelli dell’USM, vice campioni tricolori alle spalle della SGS Pro Vercelli, ne
rifilarono altrettante ai romani. A scapito dei biancocelesti, va però detto che essi si trovarono di
fronte un eccellente goalkeeper nel giovane Mario De Simoni (futuro portiere della Nazionale) e
furono costretti a rinunciare all’apporto di Dos Santos, per via del regolamento del torneo che
impediva la partecipazione agli stranieri. Per rinforzarsi, aggiunsero alla formazione alcuni elementi
della Virtus e del Roman; questo fatto procurò le rimostranze della squadra milanese, che cominciò
il gioco con riserva di protesta. Juventini e unionisti pareggiarono 1-1 nella finale del giorno
successivo 10, svoltasi a Piazza di Siena alla presenza del re Vittorio Emanuele III. “Sciaboletta”,
che due anni prima aveva premiato su quello stesso campo Dorando Pietri vincitore della maratona
preolimpica, consegnò ai capitani un equanime elenco di doni che comprendeva: una targa, una
coppa di cristallo, ventidue medaglie d’argento, un pallone da football e una cassetta di pronto
soccorso (molto apprezzata, pare). Sei mesi dopo, le squadre si ritrovarono di fronte all’Arena di
Milano per decidere chi delle due avrebbe dovuto fregiarsi del titolo di campione INEF. Vinsero i
biancorossi 2-1.
I sei gol di scarto tra romani e milanesi ben rappresentavano le differenze tecnico-tattiche tra il
calcio già abbastanza evoluto del nord e quello ancora in rodaggio della Capitale. Tuttavia il
ghiaccio era stato rotto; l’isolamento, patito fino a quel momento, finalmente debellato.
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Il giorno 4 doveva svolgersi la finale per il terzo posto tra la Lazio e il Naples. La Lazio, dopo aver tenuto sulle spese
quarantotto ore a Roma i napoletani, dichiarò di non poter giocare per mancanza di elementi disponibili.
Tre vittorie in un giorno solo
In cerca di rivincite per l’umiliazione subita, Dos Santos e compagni si recarono la domenica
seguente a Pisa, per partecipare ad un torneo interregionale su invito del Comitato Toscano della
FIF. Le formazioni toscane, grazie alla favorevole collocazione geografica, avevano avuto già vari
contatti con gli squadroni liguri. La Virtus Juventusque Livorno si era addirittura misurata in un
match ufficiale col Genoa. Secondo accordi, la squadra romana avrebbe dovuto impegnarsi nel
pomeriggio con la vincente delle eliminatorie tra Spezia, Lucca, Pisa e Livorno. Sborsando trenta
lire a testa per il treno e con l’aiuto economico di Fernando Pellegrini (un altro dei footballer che
pagavano per giocare), i laziali si presentarono la sera del 6 giugno 1908 a Pisa. Della comitiva
facevano parte i baffuti Corelli della Virtus, che non avevano saputo sottrarsi alle lusinghe di
Ancherani. Portiere era Guglielmo Bompiani, fratello di quel Valentino che poi fonderà la casa
editrice. 11 Il 7 di giugno i biancocelesti affrontarono, in successione, alle undici del mattino il
Football Club Lucca (3-0) e alle due del pomeriggio lo Sporting Club Pisa (4-0), formazioni che
non avevano accettato di piegarsi ai risultati delle eliminatorie del giorno prima. Infine, alle quattro
e mezza, i laziali si misurarono contro la Spes Livorno, rinforzata però dai migliori elementi delle
altre squadre. La partita si svolse al cospetto di un pubblico di circa mezzo migliaio di spettatori.
Vinsero ancora, nonostante le tossine accumulate nelle gambe, per 1-0, grazie ad un gol di Sante
Ancherani. La segnatura cadde ad otto minuti dalla fine e fu immortalata da una fotografia che, fino
a qualche decennio or sono, faceva bella mostra di sé in alcune “pinacoteche” romane. Così, molti
anni dopo, Fernando Saraceni ricordò quella mitica trasferta:
(…) Sempre nel 1907 fummo invitati a un grande torneo di calcio che si svolse sul campo di Piazza
d’Armi a Pisa. (…) Arrivati a Pisa il sabato sera, fummo accompagnati ai nostri alloggi (sic!): uno
stanzone al pian terreno di un convento semi diroccato; pagliericci a terra e una coperta per
ciascuno. Rimanemmo un po’ male ma ci consolammo presto: eravamo tutti giovani e giovanissimi
e, se mancavano i soldi, per allegria e buon umore eravamo veri signori. Al mattino presto,
stavamo ancora dormendo, fummo destati da un membro del Comitato organizzatore il quale venne
a pregarci di disputare una partita con il Lucca. Nonostante la competizione non fosse stata
concordata, aderimmo a tale desiderio; però, per ritardato arrivo del Lucca, che battemmo per 30, la partita terminò poco prima delle 13. Tornati ai nostri alloggi, ci fu un vero arrembaggio sul
sontuoso pranzo che ci era stato preparato: pane e prosciutto e un buon bicchiere di toscano.
Subito dopo tentammo una dormitina; ma non avevamo fatto in tempo a stenderci sulla paglia che
si presenta il solito membro della mattina per convincerci che avremmo dovuto disputare un’altra
partita con il Pisa; questa volta protestammo energicamente, ma senza esito perché ci venne detto
che il nostro rifiuto sarebbe stato considerato come un forfait e non avremmo perciò ottenuto il
rimborso delle spese ferroviarie. Giocammo così anche con il Pisa alle ore 14 e lo battemmo per 40. Alle ore 16 l’ultimo colpo di scena: invece della Spes Livorno ci trovammo contro la
rappresentativa toscana; nostre proteste, solita minaccia di mancato rimborso, e il solito finale
lieto con la partita giocata e vinta per 1-0. Chi ci abbia dato il fiato per arrivare al termine è
ancora per me, dopo tanti anni, un mistero; penso che oltre all’attaccamento ai colori sociali influì
anche la rabbia che provavamo contro il Comitato organizzatore per l’incivile trattamento
riservatoci (…).
La “Targa d’onore” entrava quindi, insieme alla coppa del Campionato di Roma e a quella di
Napoli, nelle bacheche della Casina dell’Uccelliera. Facevano il loro ingresso nei ranghi della Lazio
anche Corrado e Filiberto Corelli, cui i compagni virtussini non avevano perdonato l’idea di giocare
con i rivali. Corrado, il più dotato dei due, insidiò subito il primato di Saraceni nella classica gara
kicking the football, andando molto vicino alla misura di quarantatre metri raggiunta da “Cecé”.
Negli stessi giorni, il team del Naples saliva a Roma per la rivincita del match d’aprile, ma
inutilmente. Il club biancoceleste si scusò col seguente annuncio pubblicato su “Il Mattino”:
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Baccani convocò per la trasferta i seguenti elementi: Bompiani, Marrajeni, Federici, Della Longa, Andreoli, Zucchi I,
Omodei, Dos Santos, Zucchi II, Faccani, Corelli I, Ancherani, Saraceni, Corelli II, Pellegrini.
La Società Podistica Lazio ci prega di pubblicare che se non si misurò col Team del Naples Foot
Ball Club che recentemente si recò a Roma, ciò avvenne solo perché non fu preavvisata in tempo
utile, e con cortesi espressioni per il NFBC si dichiara pronta a giocare il retour-match, purché
abbia preavviso di cinque giorni.
E pensare che il Naples, sodalizio cui certo non mancavano i quattrini, aveva messo in palio la
splendida Coppa Salsi, da disputarsi “fra squadre del Mezzogiorno e del Lazio”. I blu-celesti
cercarono di combinare, tramite gli Scarfoglio, con la Virtus, ma pure questa volta inutilmente.