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F R O N T I E R A D ’ E U R O PA STUDI E TESTI Nuova Serie Collana diretta da Raffaele Ajello 6 Frontiera d’Europa - Studi e Testi Il Mezzogiorno ha costituito, rispetto all’espandersi dell’Islam, il piú tormentato confine tra due mondi, l’avamposto d’Europa, un argine a difesa della civiltà occidentale. E tuttavia le popolazioni meridionali, finite ai margini dell’orbita spagnola, furono disarmate dal governo centrale, che della nobiltà di spada non poteva fidarsi, avendone sperimentato l’indipendenza. Infatti la sanguinosa rivoluzione che scoppiò a Napoli nel 1547 contro la violenta autocrazia del viceré Pedro de Toledo indusse la corte spagnola ad adottare verso i benestanti una mediazione politica fondata sull’incremento del debito pubblico, la cui amministrazione e tutela fu affidata alle magistrature di toga e ai Seggi nobiliari di Napoli. Ne nacque un modello di sviluppo ‘coloniale’, che esaltò la burocrazia, mortificando, con la gente d’armi, la tecnologia, la difesa dei mercati e lo spirito imprenditoriale. Inoltre impedí che si superasse l’ambigua conciliazione medievale tra formalismo idealistico assoluto e dominio pratico dell’egoismo e del cinismo. Il Sud d’Italia, pertanto, si ridusse, durante altri tre secoli, ad oggetto passivo della produzione e del commercio altrui. Il naturale processo d’introversione dei condizionamenti esterni ha favorito caratteri culturali riflessivi, inclini all’umanitarismo, alle esperienze giuridiche, letterarie, religiose, estetiche, e non al rigore sociale, che è fonte della coesione e del benessere collettivo. Una fase reattiva ebbe impulso dall’empirismo illuministico. Ma l’immagine disegnata nel secolo scorso dalla prevalente storiografia meridionale è ancora del tutto interna alle ormai anacronistiche visioni soltanto ideali: perciò ne è necessaria una profonda revisione. Da queste esigenze scientifiche, politiche e culturali nacque nel 1995 la rivista semestrale «Frontiera d’Europa. Società, economia, istituzioni, diritto del Mezzogiorno d’Italia». Dieci anni dopo, in base ad una comune progettazione con l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, parve utile affiancare al periodico una collana di studi e testi, espressione degli stessi orientamenti storiografici e metodologici. Dal 2014 ha avuto inizio una nuova serie di questa collana, che mette gratuitamente a disposizione i volumi on line, sul sito “www.frontieradeuropa.it”, e ne pubblica a stampa soltanto le copie destinate alle biblioteche ed agli omaggi. PABLO VÁZQUEZ GESTAL VERSO LA RIFORMA DELLA SPAGNA IL CARTEGGIO TRA MARIA AMALIA DI SASSONIA E BERNARDO TANUCCI (1759-1760) con un saggio di RAFFAELE AJELLO LA NASCITA DELLA SOCIALITÀ MODERNA VOL. II CARTEGGIO - APPENDICE NELLA SEDE DELL’ISTITUTO NAPOLI 2016 La collana «Frontiera d’Europa - Studi e Testi» fa parte delle attività editoriali e scientifiche dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Direttore: Raffaele Ajello Condirettore: Francesco Di Donato Vicedirettore: Raffaele Iovine Comitato scientifico: Orazio Abbamonte, Giorgia Alessi, Andrea Amatucci, Imma Ascione, Gianfranco Borrelli, Nicola D’Antuono, Ileana Del Bagno, Robert Descimon, Vanda Fiorillo, José María García Marín, Jacques Krynen, Dario Luongo, Aldo Mazzacane, Renata Pilati, Albert Rigaudière, Andrea Romano, Sonia Scognamiglio, Mario Tedeschi, Massimo Tita, Roberto Tufano, Dale K. Van Kley, Ortensio Zecchino, Silvio Zotta Comitato redazionale: Giuseppe F. de Tiberiis, Saverio Di Franco, Rocco Giurato, Maria Luisa Pisacane, Gerardo Ruggiero VÁZQUEZ GESTAL, Pablo Verso la riforma della Spagna. Il carteggio tra Maria Amalia di Sassonia e Bernardo Tanucci (1759-1760) - Vol. II Collana: Frontiera d’Europa - Studi e Testi, Nuova Serie, 6 Napoli: Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 2016 pp. VIII+452, 39 figure; 24 cm. ISBN 978-88-89946-51-0 © 2016 Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Questo libro è scaricabile gratuitamente dal sito “www.frontieradeuropa.it”. Ne sono state stampate trecento copie numerate, recanti la scritta “Fuori commercio”, destinate agli omaggi, in primo luogo alle Università, ai Dipartimenti, alle maggiori accademie e biblioteche, alle riviste scientifiche, ed a quanti ne facciano richiesta dimostrando interesse per questi temi. SOMMARIO NOTA INTRODUTTIVA 1. Presentazione 2. Criteri e norme della trascrizione 3. Abbreviazioni 4. Fonti online impiegate 5. Indice delle Lettere di Maria Amalia di Sassonia 6. Indice delle Lettere di Bernardo Tanucci CARTEGGIO 1. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Napoli 6 ottobre 1759 2. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Barcellona 17 ottobre 1759 3. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Barcellona 21 ottobre 1759 I. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 9 ottobre 1759 4. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Lerida 25 ottobre 1759 II. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 16 ottobre 1759 5. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Saragozza 1 novembre 1759 III. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 23 ottobre 1759 6. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Saragozza 8 novembre 1759 IV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 30 ottobre 1759 IVBis. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 30 ottobre 1759 V. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 6 novembre 1759 VI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 13 novembre 1759 VII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 20 novembre 1759 7. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 11 dicembre 1759 VIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 27 novembre 1759 8. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 18 diciembre 1759 IX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 4 dicembre 1759 9. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 25 diciembre 1759 10. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 1 gennaio 1760 X. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 11 dicembre 1759 XI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 18 dicembre 1759 11. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 8 gennaio 1760 12. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 15 gennaio 1760 XII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 25 dicembre 1759 XIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 1 gennaio 1760 13. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 22 gennaio 1760 XIV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 8 gennaio 1760 14. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 29 gennaio 1760 XV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 15 gennaio 1760 3 6 9 10 10 16 25 27 30 38 41 43 45 49 50 52 53 54 57 59 61 67 72 77 79 80 85 86 88 90 93 95 97 99 102 107 VI SOMMARIO 15. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 5 febbraio 1760 XVI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 22 gennaio 1760 XVIBis. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 22 gennaio 1760 16. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 12 febbraio 1760 XVII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 29 gennaio 1760 17. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 19 febbraio 1760 XVIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 5 febbraio 1760 18. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 26 febbraio 1760 XIX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 12 febbraio 1760 19. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 4 marzo 1760 XX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 19 febbraio 1760 20. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 11 marzo 1760 XXI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 26 febbraio 1760 21. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 18 marzo 1760 XXII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 4 marzo 1760 22. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 24 marzo 1760 XXIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 11 marzo 1760 23. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 1 aprile 1760 XXIV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 18 marzo 1760 24. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 8 aprile 1760 XXV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 25 marzo 1760 25. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 15 aprile 1760 XXVI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 1 aprile 1760 26. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 22 aprile 1760 XXVII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 8 aprile 1760 27. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 29 aprile 1760 XXVIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 15 aprile 1760 28. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 6 maggio 1760 XXIX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 22 aprile 1760 29. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 13 maggio 1760 XXX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 29 aprile 1760 30. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 20 maggio 1760 XXXI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 6 maggio 1760 31. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 27 maggio 1760 XXXII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 13 maggio 1760 32. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 3 giugno 1760 XXXIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 20 maggio 1760 33. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Aranjuez 10 giugno 1760 XXXIV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Caserta 27 maggio 1760 34. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 17 giugno 1760 XXXV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 3 giugno 1760 35. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 24 giugno 1760 XXXVI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 10 giugno 1760 36. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 1 luglio 1760 XXXVII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 17 giugno 1760 37. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 8 luglio 1760 XXXVIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 24 giugno 1760 38. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 15 luglio 1760 XXXIX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 1 luglio 1760 39. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, Buen Retiro 22 luglio 1760 108 111 115 117 128 130 133 139 146 148 150 152 155 159 161 165 167 170 172 176 179 180 184 187 195 199 201 204 206 207 209 214 216 219 221 223 226 228 231 236 238 241 244 248 251 255 257 260 261 263 SOMMARIO XL. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 8 luglio 1760 40. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 29 luglio 1760 XLI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 15 luglio 1760 41. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 5 agosto 1760 XLII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 22 luglio 1760 42. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 12 agosto 1760 XLIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 29 luglio 1760 43. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 19 agosto 1760 XLIV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 5 agosto 1760 44. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 26 agosto 1760 XLV. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 12 agosto 1760 45. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 2 settembre 1760 XLVI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 19 agosto 1760 46. Maria Amalia a Bernardo Tanucci, San Ildefonso 9 settembre 1760 XLVII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 26 agosto 1760 XLVIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 2 settembre 1760 XLIX. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Napoli 9 settembre 1760 L. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Portici 16 settembre 1760 LI. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Portici 23 settembre 1760 LII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Portici 30 settembre 1760 LIII. Bernardo Tanucci a Maria Amalia, Portici 7 ottobre 1760 VII 268 271 276 279 283 285 286 288 289 292 293 297 298 302 304 307 309 311 313 315 317 APPENDICE I. Memoria sulla corte e sullo Stato delle Due Sicilie redatta dal marchese di Puyzieulx nel 1737 II. «Registro curioso de lo interior y exterior de la corte de Napoles» III. Memoria di Alfonso Clemente de Aróstegui sulla sua prima udienza con i sovrani delle Due Sicilie, luglio 1753 IV. «Españoles que sirven en palacio», gennaio 1754 V. Dispaccio del conte di Bristol sulla corte e governo di Spagna, 11 febbraio 1760 VI. Relazione delle feste di proclamazione di Carlo III quale re di Spagna 1. La serie dei festeggiamenti 2. Giuramento 3. Descrizione della corrida 4. Fonti inedite ed edite sulle feste VII. Documenti sulla malattia e sulla morte di Maria Amalia (1760) 1. Il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 8 settembre 1760 2. Il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 10 settembre 1760 3. Il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 15 settembre 1760 4. Il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 22 settembre 1760 5. Il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 29 settembre 1760 6. Ricardo Wall al conte di Aranda, Madrid 28 settembre 1760 7. Riassunto del testamento della Regina VIII. Lettere fra Carlo III e il Consiglio di Reggenza per la morte di Maria Amalia (1760) 1. Il Consiglio di Reggenza del regno delle Due Sicilie a Carlo III, Portici 14 ottobre 1760 2. Carlo III al Consiglio di Reggenza, Buen Retiro 4 novembre 1760 IX. Elogi funebri dedicati a Maria Amalia di Sassonia 1. Spagna 2. Italia 3. Europa e America X. Dispaccio del conte di Bristol sulla corte di Spagna dopo la morte di Maria Amalia (1760) 321 330 338 340 342 344 344 348 350 351 354 354 354 354 355 355 357 357 359 359 359 361 361 366 366 369 SOMMARIO VIII XI. «Ricomporre un Popolo abbandonato, e formarne una Nazione». Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone de Le Antichità di Ercolano Esposte Documenti: 1. José Joaquín de Montealegre a Roque Joaquín de Alcubierre, Napoli 8 febbraio 1740 2. Il cardinale Acquaviva al marchese di Villarías, Roma 9 settembre 1745 3. Il marchese Giovanni Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, Portici 18 maggio 1747 4. José de Carvajal a Alfonso Clemente de Aróstegui, Aranjuez 12 giugno 1747 5. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, Roma 13 luglio 1747 6. Il marchese Giovanni Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, Napoli 2 agosto 1747 7. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, Roma 10 agosto 1747 8. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, Roma 21 dicembre 1747 9. Il marchese Giovanni Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, 16 settembre 1748 10. José de Carvajal a Alfonso Clemente de Aróstegui, Buen Retiro 8 ottobre 1748 11. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, Roma 24 ottobre 1748 12. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, Roma 7 novembre 1748 13. Ottavio Antonio Bayardi a Anton Francesco Gori, Napoli 15 agosto 1752 14. Ottavio Antonio Bayardi a Anton Francesco Gori, Napoli 16 settembre 1752 15. Il marchese Giovanni Fogliani al marchese Angelo Acciajuoli, 25 novembre 1753 16. Il marchese Giovanni Fogliani al marchese Angelo Acciajuoli, 3 dicembre 1753 17. Commenti del Bayardi sull’inizio ed sviluppo della ‘scuola di Portici’, Napoli 1754 18. Sir James Gray a Thomas Robinson, Napoli 29 ottobre 1754 19. Il marchese Giovanni Fogliani al principe di Francavilla, Portici 2 novembre 1754 20. Ordine di pagamento del signor principe di Francavilla, Napoli 24 agosto 1755 21. Bernardo Tanucci a Tommaso Trabucco, Portici 8 maggio 1756 373 401 401 401 401 402 403 403 403 404 404 404 405 405 406 406 407 407 408 409 409 410 INDICE DELLE OPERE RIPRODOTTE 411 FIGURE 415 INDICE DEI NOMI 417 NOTA INTRODUTTIVA 1 PRESENTAZIONE Le lettere originali inviate da Maria Amalia a Tanucci (ottobre 1759 - settembre 1760) sono conservate in AGS, Estado, libro 3171. Questo fascio è inventariato come libro poiché le lettere originali, di pugno della Regina, sono state rilegate insieme. Qualche volta si sono pure conservate, aggiunte al codice, le buste originali. Quanto alle lettere di Tanucci a Maria Amalia (ottobre 1759 - ottobre 1760) esse sono presenti nei libri copiadores dello statista toscano in AGS, Estado, libros 235, 236, 242 e 243; non sono dunque le originali, ma copie, per uso personale dell’autore2. Il carteggio risulta, pertanto, composto di 101 lettere, 46 di Maria Amalia e 55 di Tanucci. Esse sono distribuite nel seguente ordine: Anno 1759 1760 Mese ottobre novembre dicembre gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre Totale Lettere di Maria Amalia 4 2 3 5 4 4 5 4 4 5 4 2 0 Lettere di Tanucci 6 4 4 5 4 4 5 4 4 5 4 5 1 46 55 1 Vedi Ricardo MAGDALENO REDONDO, Catálogo XXI del Archivo de Simancas: Secretaría de Estado. Reino de las Dos Sicilias (siglo XVIII), CSIC, Valladolid 1956, pp. 295-7, dove si fa un accurato riassunto di tutti i soggetti trattati nelle lettere. Qualche volta viene citato mediante la sua antica segnatura: AGS, Estado, legajo 6085, come nella monografia di Vicente RODRÍGUEZ CASADO, La política y los políticos en el reinado de Carlos III, Rialp, Madrid 1962. 2 Si conserva ancora un’altra copia di queste lettere nell’AGS, libros 231, 237, 238, 239 4 Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva È utile porre a confronto le lettere di Tanucci a Maria Amalia con quelle da lui inviate, nella stessa data, a Carlo III: testi che sono stati riassunti e parzialmente trascritti nel volume di Rosa Mincuzzi e che saranno utilizzati in questo volume, ma non ripubblicati3. Di questo carteggio, ora per la prima volta pubblicato a stampa, Manuel Danvila y Collado4 citò profusamente alcune lettere di Maria Amalia a Bernardo Tanucci, ma sempre in modo frammentario e traducendole nella lingua spagnola. Qualche brano degli stessi documenti è stato utilizzato, dopo di allora, in modo molto parziale, da altri storici, quali Palacio Atard5, Rodríguez Casado6, Fernández Murga7, Pérez Samper8, Barrio9, Sambricio10, Urrea11, e 240. Le differenze fra una copia e l’altra sono minime. Sul carteggio tanucciano e sul suo benemerito progetto di pubblicazione, cfr. Mario D’ADDIO, Prefazione, in Bernardo TANUCCI, Epistolario, vol. I: 1723-1746, a cura di Romano Paolo COPPINI; Lamberto DEL BIANCO e Rolando NIERI, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 1980, pp. VII-LXXI. 3 Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), a cura di Rosa MINCUZZI, Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano, Roma 1969. 4 Vedi Manuel DANVILA Y COLLADO, Historia General de España. Reinado de Carlos III, vol. II, El Progreso Editorial, Madrid 1893, pp. 48-66. Prima di lui, Antonio FERRER DEL RÍO si avvalse di queste lettere, ma molto meno proficuamente: cfr. il suo Historia del reinado de Carlos III en España, vol. I-IV, Imp. de los Señores Matute y Compagni, Madrid 1856, vol. I, pp. 272-7. 5 Vicente PALACIO ATARD, El Tercer Pacto de Familia, CSIC, Madrid 1945, p. 95. 6 RODRÍGUEZ CASADO, op. cit. nella pagina precedente, nota 1, p. 75 ss. 7 Félix FERNÁNDEZ MURGA, Carlo III a Napoli, in I Borbone di Napoli e i Borbone di Spagna. Un bilancio storiografico, vol. I, a cura di Mario DI PINTO, Guida, Napoli 1985, pp. 241-50 e Carlos III y los descubrimientos de Pompeya, Herculano y Estabia, Universidad de Salamanca, Salamanca 1989, p. 121. 8 María de los Ángeles PÉREZ SAMPER, Yo el Rey. Poder y sociedad entre dos reinados, in «Boletín de la Real Academia de la Historia», a. CLXXXV, 1988, n. 3, pp. 501-86, in part. pp. 545-6, 569, 574 e 576-8; El rey y la Corte. Poder y Ceremonia. Un ejemplo: el acceso al trono de Carlos III, in Carlos III y la Ilustración, vol. I: El rey y la Monarquía, Ministerio de Cultura, Madrid 1989, pp. 551-68, in part. pp. 559-61 ed El poder del símbolo y el símbolo del poder: fiestas reales en Madrid al advenimiento al trono de Carlos III, in Carlos III y su siglo, vol. II, a cura di Luis Miguel ENCISO RECIO, Universidad Complutense, Madrid 1990, pp. 377-93, in part. p. 391. 9 Maximiliano BARRIO GOZALO, Carlos III y su actividad política a través de su correspondencia con Tanucci (1759-1783), in Carlos III y la Ilustración, op. cit. nella nota precedente, vol. I, pp. 275-98, in part. pp. 275 e 279. 10 Carlos III. Alcade de Madrid, 1788-1988, a cura di Carlos SAMBRICIO, Ayuntamiento de Madrid, Madrid 1988, p. 602, n. 16, p. 604, n. 56-58 e p. 608, n. 115. 11 Itinerario italiano de un monarca español. Carlos III en Italia, 1731-1759, a cura di Jesús URREA FERNÁNDEZ, Museo del Prado, Madrid 1989, ficha 32, p. 152. Presentazione 5 Maiorini12, Mafrici13, Ajello14, Téllez Alarcia15 e Caridi16. Incomprensibilmente, queste lettere non sono mai citate nell’unica biografia della Regina17. Le missive inviate da Tanucci a Maria Amalia sono anch’esse inedite e sono state ancora meno utilizzate. Infatti, i volumi dell’Epistolario tanucciano – dove, secondo il piano generale dell’opera, in gran parte già realizzato, dovrebbero essere pubblicate – non hanno ancora visto la luce. Manca l’intero anno 1759. Il volume IX ha inizio dal 18 ottobre 1760, giorno in cui l’eminente Segretario di Stato, «con estremo dolore», trasmise ad alcuni suoi corrispondenti la «triste» notizia che la Regina non era più in vita. L’insistente impegno del professor Raffaele Ajello – fondato su un interesse che corrisponde al mio modo d’intendere la realtà storica quale parte del patrimonio individuale e collettivo dell’intera umanità – ha reso disponibile ad ogni studioso la fruizione di questa fonte. Qualche anno fa egli mi manifestò il suo desiderio che le lettere di Maria Amalia fossero pubblicate e che vi fossero aggiunte le risposte di Tanucci, testi che sono anch’essi presenti in Spagna. Bisognava individuare queste lettere, trascrivere le due corrispondenti serie del Carteggio e corredarle di un accurato commento, su eventi, luoghi, personaggi citati. Infatti, il mondo interattivo della corte, degli apparati di governo e della diplomazia internazionale fa da interlocutore e da tramite verso l’ancora più ampio e più complesso 12 Maria Grazia MAIORINI, La Reggenza Borbonica (1759-1767), Giannini, Napoli 1991, pp. 136, 266 e 329. A p. 95, un penetrante giudizio su Maria Amalia. 13 Mirella MAFRICI, Fascino e potere di una regina. Elisabetta Farnese sulla scena europea (1715-1759), Avagliano Editore, Cava de’ Tirreni 1999, p. 157; Maria Amalia Wettin, una principessa sassone regina delle Sicilie e di Spagna, in «Annali di Storia moderna e contemporanea», 2004, n. 10, pp. 269-84, in part. pp. 280-3 e Una principessa sassone sui troni delle Due Sicilie e di Spagna: Maria Amalia Wettin, in All’ombra della corte. Donne e potere nella Napoli borbonica (1734-1860), a cura di Mirella MAFRICI, Fridericiana Editrice Universitaria, Napoli 2010, pp. 31-49. Le note a pié di pagina riportano l’uso diretto delle lettere conservate in archivio, ma alcune delle trascrizioni fatte dall’autrice non corrispondono con quelle fatte da noi. 14 Raffaele AJELLO, Carlo di Borbone, re delle due Sicilie, in Carlo di Borbone. Lettere ai sovrani di Spagna, vol. I: 1720-1734, a cura di Imma ASCIONE, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Roma 2001, pp. 13-64, pp. 59-61. 15 Diego TÉLLEZ ALARCIA, Guerra y regalismo a comienzos del reinado de Carlos III: el final del ministerio Wall, in «Hispania. Revista española de historia», a. LXI, 2001, n. 209, pp. 1051-90, in part. p. 1060. 16 Giuseppe CARIDI, Carlo III, Salerno Editrice, Roma 2014, pp. 210-2 e 223-6. Come nelle pubblicazioni di Mirella Mafrici, le note riportano l’uso diretto delle lettere conservate in archivio, ma nessuna delle trascrizioni coincide con quelle fatte da noi. 17 María Teresa OLIVEROS DE CASTRO, María Amalia de Sajonia, esposa de Carlos III, CSIC, Madrid 1953. 6 Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva ambiente sociale cui è diretto il coerente messaggio della Regina, del suo statista-confidente e innanzi tutto del re Carlo, che in questo carteggio è assente ma presente come il maggiore protagonista. Il progetto editoriale ha potuto porre insieme notizie quasi sempre di prima mano e pubblicare pensieri e giudizi di due persone che disponevano di raffinate, autentiche sensibilità. A parte queste doti, decisamente rare, essi erano in grado di osservare e di utilizzare un ampio giro di esperienze, grazie alle loro collocazioni istituzionali e sociali di primissimo piano. Alle domande della Sovrana sassone-ispanica – giovane donna dotata di un’intelligenza molto acuta e vivace – rispondono le lettere con cui il colto, maturo statista toscano cercò di risolvere quei dubbi, di soddisfare quelle curiosità. Egli era un uomo coscienzioso, molto legato alla monarchia borbonica, profondamente esperto di problemi storici, giuridici, in genere culturali, ed aveva, come pochi altri, la capacità di collocarli sul piano della psicologia sia individuale sia sociale. 2 CRITERI E NORME DELLA TRASCRIZIONE Le lettere redatte da Maria Amalia sono indicate qui con numeri arabi, e quelle scritte da Tanucci con numeri romani. La trascrizione è fedele nella sostanza e adotta un criterio intermedio, diretto a rispettare l’ortografia originale, quindi a riprodurne gli errori, se essi sono espressivi, ma a correggerli, dove sia evidente la svista casuale e dove fossero d’inutile intralcio alla lettura scorrevole del testo. Bisogna tener conto che le parole sono soltanto il mezzo, legato alle regole di uno tra gli innumerevoli linguaggi umani, quello usato da chi scrive per trasmettere le sue idee e le sue emozioni: ma queste sono la materia storica che c’interessa in primo luogo. Tuttavia i segni dotati di piena certezza sono le parole; perciò sono qui riportate fedelmente anche quelle che l’autrice cancellò e sostituí. Ed è necessario tener conto del rapporto specifico che specialmente l’ancor giovane donna sassone ebbe con una lingua che non era la propria, materna, e che era solo una tra quelle che usava. Un “caso” può essere considerato di carattere generale: nello scrivere in italiano, Maria Amalia incontrava il problema di distinguere tra consonanti semplici e doppie. Ne scriveva due dove dovrebbero essere singole, o rendeva uniche quelle che avrebbero do- Criteri e norme della trascrizione 7 vuto essere doppie. Ad esempio, scriveva a volte «puppila» per «pupilla», «Maddona» per «Madonna», «pasatto» per «passato», «accerimo» per «acerrimo», «providdere» per «provvedere». Questa frequente singolarità grafica, non fu ben valutata dall’autrice, ma rende strana, artificiosa e meno scorrevole l’espressione, la cui spontaneità ed immediatezza di linguaggio è, invece, un pregio molto notevole, che corrisponde pienamente al carattere della Regina. L’uso di due consonanti al posto di una – «datte» per «date», «ditte» per «dite», «avrette» per «avrete», «statto» per «stato», «pocco» per «poco»; o viceversa, «coriere» per «corriere» – crea accentuazioni sonore che, al lettore italiano (destinatario privilegiato, a lui è diretta la scelta linguistica di Maria Amalia) possono riuscire sgradevoli. L’armonia del linguaggio subalpino preferisce i suoni tenui, scorrevoli, privi di cesure e di asprezze. Si pensi alla dizione toscana, che va ovviamente privilegiata come la più significativa e che scioglie e riduce quasi ad un soffio i suoni gutturali, fino ad annullare quasi (ad esempio) la “c” di casa. Al contrario, la pronunzia dei sardi esalta il suono delle consonanti semplici, pronunziandole quasi doppie. È un effetto che distrae il lettore, ostacola la trasmissione del pensiero, la cui consistenza va sempre privilegiata, specialmente se non si è in presenza di una forma studiata e ricercata. Nella trascrizione, questo particolare uso delle consonati è stato corretto, perché non comporta dubbi sul significato delle espressioni. Dopo aver accertato che questa deficienza nell’ortografia è presente e che non è affatto significativa, è ragionevole non infastidire il lettore nel volerla riprodurre fedelmente. Se essa avesse reconditi significati, aver indicato che il “caso” esiste può soddisfare l’esigenza di oggettività, che ha guidato rigorosamente il curatore. È al fine di non mantenere in vita inutili ostacoli alle doti di scorrevolezza e di spontanea semplicità, possedute dal testo come suo molto notevole pregio, che siamo intervenuti a sopprimere qualche consonante (errata come doppia), e ad aggiungerne qualcuna (necessaria). È stata anche modernizzata la punteggiatura, che nell’originale utilizza molto poco il “punto e a capo”, mentre preferisce largamente le virgole, a volte “il punto e virgola”, e perciò non interrompe la compattezza del testo, non concede soste e cesure. Ma esse sono necessarie quando l’oggetto del discorso si sposta su altri piani, quando il tema cambia completamente. Il lettore moderno ha esigenze diverse rispetto a quelle di estrema sintesi, che erano privilegiate da chi scriveva allora, e che non si poneva problemi di forma, tanto meno ambizioni letterarie. Tuttavia, il salto da un argomento ad un altro, comprensibile al singolo e ben determinato fruitore di allora 8 Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva (persona che già conosceva le situazioni ed era in grado di distinguere subito e senza problemi le differenze tra gli argomenti), può ingenerare confusioni nel lettore moderno. Inoltre, la spontaneità e forza intima dell’espressione, che sono doti presenti nella prosa di Maria Amalia, sono segni del suo carattere, di cui il lettore potrà cogliere meglio il valore se il rispetto del segno grafico originale non diventi un feticismo tale da creare ostacoli alla trasmissione del pensiero. Allo stesso fine di facilitare la lettura anche a fruitori non specialisti, sono state sciolte le abbreviature, sono stati aggiunti o eliminati alcuni accenti per evitare equivoci, sono state rese minuscole molte inutili maiuscole, tipiche di una tendenza all’enfasi che oggi, da molto tempo, è tramontata. È, invece, a volte conservata (com’è consueto nella lingua italiana) la maiuscola, se il sostantivo generico (nome “comune”) stia ad indicare un nome “proprio” (ad esempio la parola “Re” usata al posto di Carlo III). Sono state inserite parentesi quadre e punti interrogativi al posto di poche parole illeggibili, e per distinguere dal testo le indicazioni esplicative, inserite dove il significato poteva ragionevolmente apparire oscuro. I nomi dei personaggi citati sono trascritti secondo l’ortografia presente nel documento, ma la forma corretta e originale di ciascuno è stata riprodotta nella prima delle note, che sono raggruppate ed aggiunte in serie alla fine di ogni lettera. Si è preferito non inserirle a pié di pagina, perché le ampie indicazioni di analisi, le notizie integrative ed i molti riferimenti bibliografici avrebbero indotto a disperdere il profilo unitario dei singoli testi, spezzettandoli in più pagine, a volte un rigo o due per pagina; e, spesso, neanche così la formula “note a pié di pagina” sarebbe stata rispettata. Nella redazione delle note sono stati fedelmente seguiti i criteri adottati dalla Collana, e perciò, dove l’opera è in seguito richiamata una o più volte, è indicato il solo cognome dell’autore, ed è reso sempre esplicito il rinvio alla prima citazione, mediante la formula op. cit. seguita dai due numeri, della pagina in cui è presente la lettera e della nota relativa. Alla fine del “libro” originale, contenente le lettere di Maria Amalia, è aggiunto un sommario intitolato “Indice”, che forse è stato redatto dopo la raccolta di tutto il materiale, a distanza di qualche tempo. Una mano anonima (non tanucciana) scrisse il riassunto di ciascuna lettera, ed esse si succedono nella serie secondo le date di spedizione. Se si considera il carattere estremamente riservato dei giudizi trasmessi dalla Regina, che per buone ragioni era convinta della piena serietà e fedeltà del suo confidente, è da ritenere che Tanucci abbia conservato quei fogli nel massimo Abbreviazioni 9 segreto, o li abbia affidati a persone molto responsabili. Perciò quelle sintesi sono probabilmente sue e possono fornire indicazioni sul punto di vista del destinatario circa ogni messaggio ricevuto. Nella presente stampa quei brani, ossia i testi dell’“Indice”, essendo utili quali regesti, sia pure alquanto arcaici, dei singoli contenuti, sono trascritti non di seguito, ma ognuno è premesso alla lettera cui si riferisce, com’è d’uso nella pubblicazione degli epistolari, allo scopo di facilitare il reperimento delle notizie principali. Oltre alla dizione «Indice», è premesso a quei brevi testi il rinvio alla precedente pagina 8, dov’è indicata e spiegata la loro origine. Poiché la redazione dei sommari appare coeva alle lettere, anche questi testi sono trascritti fedelmente, nella loro forma originaria, e sono stampati in carattere corsivo, affinché siano nettamente distinti dalla prosa di Maria Amalia. 3 ABBREVIAZIONI AGP Archivo General de Palacio (Madrid, Spagna) AGS Archivo General de Simancas (Valladolid, Spagna) AHN Archivo Histórico Nacional (Madrid, Spagna) AMAE ASFI ASNA Archives du ministère des Affaires étrangères (La Courneuve, Francia) Archivio di Stato di Firenze (Firenze, Italia) Archivio di Stato di Napoli (Napoli, Italia) ASV Archivio Segreto Vaticano (Città del Vaticano) BANLC BAV BL Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana (Roma, Italia) Biblioteca Apostolica Vaticana (Città del Vaticano) The British Library (Londra, Regno Unito) BMF Biblioteca Marucelliana di Firenze (Firenze, Italia) BNE Biblioteca Nacional de España (Madrid, Spagna) BNN Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III” (Napoli, Italia) BPR Biblioteca del Palacio Real (Madrid, Spagna) DBI Dizionario Biografico degli Italiani MANN Museo Archeologico Nazionale di Napoli (Napoli, Italia) NA The National Archives (Kew, Regno Unito) NBPP Nova Bibliotheca Pompeiana Project 10 Verso la riforma della Spagna moderna: Nota introduttiva 4 FONTI ONLINE IMPIEGATE La Gaceta de Madrid è stata spesso consultata per ricavare notizie sulla corte spagnola, sui personaggi che ne facevano parte e sulle notizie relative alla guerra dei Sette Anni (1754-1763). Di questa fonte è possibile consultare i numeri originali nell’indirizzo web: www.boe.es/aeboe/consultas/ bases datos/gazeta.php Le citazioni latine della Bibbia e le loro traduzioni in lingua italiana sono conformi, se non è indicata altra fonte, alla pagina web dello Stato Vaticano: www.vatican.va. Lo stesso criterio è stato usato per le citazioni del dizionario della Real Academia Española de la Lengua: www.rae.es. Il Dizionario Biografico degli Italiani (DBI) è stato consultato nella sua versione online: www.treccani.it/biografie/. L’Epistolario Gori on-line è consultabile in: www.maru.firenze.sbn.it/ gori/a.f.gori.htm. La Nova Bibliotheca Pompeiana Project (NBPP), a cura di Laurentino Garcia y Garcia, è consultabile in: www.arborsapientiae.com/pagina/nova bibliotheca pompeiana project.html. 5 INDICE DELLE LETTERE DI MARIA AMALIA DI SASSONIA* N. LUOGO DATA REGESTO 1 Napoli 6 ottobre 1759 La Regina chiede a Tanucci di ordinare all’inviato napoletano a Dresda, duca di Santa Elisabetta, di mandargli le sue lettere non più a Napoli, ma in Spagna. 2 Barcellona 17 ottobre 1759 Commenti sul viaggio da Napoli a Barcellona. Che Santa Elisabetta non faccia accenni a Ricardo Wall, segretario di Stato spagnolo, sulle rimesse di denaro di lei a suo fratello Federico Cristiano. * La numerazione delle lettere risulta qui rivista e corretta dal curatore, ossia da chi scrive, perché la serie presente nell’originale dell’unità archivistica corrispondente è imperfetta. È da notare che anche i regesti sono stati redatti dal curatore, a differenza dei sommari originali (indicati come “Indice”), che sono presenti solo per le lettere di Maria Amalia. Questi ultimi sono riportati nella loro forma a volte arcaica, prima di ciascuna lettera. Di essi sono state date notizie alle pp. 8-9, alla fine delle “Norme della trascrizione”, prima delle “Abbreviazioni”. Indice delle Lettere di Maria Amalia di Sassonia N. LUOGO DATA 11 REGESTO 3 Barcellona 21 ottobre 1759 Prime osservazioni negative sulla monarchia spagnola. Critiche a Elisabetta Farnese. 4 Lerida 25 ottobre 1759 Informazioni sul viaggio. Il figlio Carlo viene chiamato da tutti príncipe de Asturias, titolo impiegato per l’erede della corona spagnola. Esprime grande stima verso Tanucci. 5 Saragozza 1 novembre 1759 Lode della Reggenza napoletana. Posizione favorevole di Luigi XV a Carlo III. Descrive l’Aragona e la Catalogna. Il figlio Carlo è malato. 6 Saragozza 8 novembre 1759 A letto con febbre, la Regina scrive a Tanucci per tranquillizzarlo. Carlo III risponderà ai suoi dubbi e lei al principe di San Nicandro, membro del Consiglio di Reggenza. I figli sono anche malati. 7 Palazzo del 11 dicembre 1759 Arrivo a Madrid. Incontro fra Elisabetta Farnese e Carlo Buen Retiro, III. Commenti politici e confronti sulla prassi di governo Madrid in Spagna e nella Reggenza napoletana. Chiede a Tanucci di lasciare operare più liberamente il principe di San Nicandro. Ritiratosi il duca di Santa Elisabetta, la corrispondenza con Dresda si deve fare con il conte Wackerbarth, ministro del re di Polonia. Commenti sulla guerra dei Sette Anni (1756-1763). 8 Buen Retiro 18 dicembre 1759 Ringrazia per le notizie sulla salute del figlio Ferdinando. Commenti sul ‘ministero’ spagnolo e sul nuovo stile di governo di Carlo III. Trattative con Vienna. Morte della duchessa di Parma, sua cognata. Progetti matrimoniali dei suoi figli. Giudizi negativi su Elisabetta Farnese. 9 Buen Retiro 25 dicembre 1759 Disposizione ad aiutare Carlo III nel governo della monarchia spagnola. Problemi per le rimesse di denaro verso Dresda. 10 Buen Retiro 1 gennaio 1760 Carlo III è di cattivo umore per la gestione degli affari a Napoli. Rapporti con Elisabetta Farnese. Situazione dell’infante don Luis, fratello di Carlo III. Chiede a Tanucci di scrivere due lettere in risposta: una a Ricardo Wall, di mera apparenza, e la vera risposta a Paglia, suo segretario. 11 Buen Retiro 8 gennaio 1760 Ringrazia per le notizie sul re di Napoli suo figlio. Commenti sulla Francia, sulla corte di Torino e sulle rimesse di denaro in Polonia. Chiede relazioni sui lavori in corso nel Sito Reale di Portici e sulla vera situazione del segretario dell’ambasciata spagnola a Roma. La Regina difende gli interessi del regno di Napoli contro i francesi. 12 N. LUOGO Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva DATA REGESTO 12 Buen Retiro 15 gennaio 1760 Giudizi molto negativi sul suo soggiorno a Madrid e sul palazzo del Buen Retiro. Commenti sulla salute e disposizione di Carlo III. Ancora sul segretario dell’ambasciata spagnola a Roma. 13 Buen Retiro 22 gennaio 1760 Situazione di Parma e Piacenza dopo la morte della duchessa. Commenti sulla Francia e sulla corte di Torino. Ancora sugli affari interni della Casa Reale napoletana. La Regina rinnova esplicitamente la sua stima e fiducia verso Tanucci. 14 Buen Retiro 29 gennaio 1760 Rapporti internazionali con l’Inghilterra e con la Francia. Promette di difendere gli interessi del regno delle Due Sicilie. Ringrazia per le notizie sugli infanti Filippo e Ferdinando, ed accenna ai progetti matrimoniali di Carlo e Ferdinando. Commenti sugli affari romani e sull’ambasciatore di Torino a Madrid. Controllare il corriere. 15 Buen Retiro 5 febbraio 1760 Giudizi negativi sulla Spagna. Loda la sua amicizia con Tanucci e la fedeltà di questo ministro. Accenni sulla politica internazionale. Morte di Valparaíso, antico segretario d’Azienda spagnolo. Salute degli infanti. 16 Buen Retiro 12 febbraio 1760 La Regina scrive sulla classe politica spagnola e sulla lotta fra manteístas e colegiales negli organismi amministrativi. Posizione di Carlo III in questa vicenda. Vuole che gli sia inviato un offizio della Madonna dalla Stamperia Reale napoletana ed anche qualche Notiziario. Accenna a dettagli sui progetti matrimoniali fra Vienna e Parma. Non crede ci saranno problemi per l’investitura di Ferdinando da parte di Roma. Commissione per sei candelieri simili a quelli che aveva a Portici, disegnati da Luigi Vanvitelli. 17 Buen Retiro 19 febbraio 1760 Ringrazia per le notizie sulla salute di Ferdinando. Commenti sull’affare di Parma e Piacenza con l’Inghilterra. Sui problemi nel Consiglio di Reggenza e la Segreteria d’Azienda a Napoli. È contraria al progetto matrimoniale fra l’infante don Luis e la principessa del Brasile. 18 Buen Retiro 26 febbraio 1760 Ringrazia ancora per le notizie sul suo figlio Ferdinando. Ritratti del re di Napoli fatti da Mengs. Sulla nomina dell’ambasciatore napoletano a Madrid e su altre cariche. Errori e correzioni del Notiziario napoletano. 19 Buen Retiro 4 marzo 1760 Accenna dettagli sulla propria salute. Sugli affari internazionali con Parma e sugli interessi della Francia, di Torino e dell’Inghilterra in questa vicenda. Rapporti con Elisabetta Farnese. Indice delle Lettere di Maria Amalia di Sassonia N. LUOGO DATA 13 REGESTO 20 Buen Retiro 11 marzo 1760 Trattative con l’Inghilterra e la Francia. La Regina segnala di aver difeso gli interessi della monarchia napoletana davanti a Carlo III. Trattative con la Russia. Commenti sulla Reggenza, sui diversi personaggi spagnoli e napoletani e sulla corte di Dresda. Ancora sui rapporti con Elisabetta Farnese. 21 Buen Retiro 18 marzo 1760 Commenti sulla personalità di suo figlio Ferdinando, re delle Due Sicilie. Opinione sulla politica internazionale, sulla vicenda di Parma e Piacenza e sulle lagnanze fatte da Roma. Apprezzamenti negativi sulla Spagna. 22 Buen Retiro 24 marzo 1760 Ringrazia per le notizie sulla salute di Ferdinando. Ancora sulla società politica spagnola, sulla lotta fra manteístas e colegiales e sulla pratica di governo di Carlo III. Commenti sul padre Della Torre, direttore della Stamperia Reale, e sull’investitura del re di Napoli. Loda la monarchia delle Due Sicilie. Notizie sulle trattative con Vienna. 23 Buen Retiro 1 aprile 1760 Ringrazia per le notizie sulla salute di Ferdinando. Carlo, principe d’Asturias, lodato dal popolo. La Francia vuole la pace. Maria Amalia riceve da sua sorella Maria Giuseppina, delfina di Francia, un paio di braccialetti. Accenni sul trattato con Vienna e sulla successione di Parma e Piacenza. Informazione sui cavalli arrivati a Barcellona da Napoli e commenti sugli affari finanziari. Ringrazia per le relazioni ricevute su Portici dall’ingegnere Caputo. 24 Buen Retiro 8 aprile 1760 Ringrazia ancora Tanucci per le notizie sulla salute di Ferdinando e sul suo ritratto dipinto da Mengs. Informa sulla funzione dell’ordine del Santo Spirito, concessa da Luigi XV ai suoi figli Carlo e Ferdinando. Commenti sulla politica perseguita dall’Austria e dalla Francia. 25 Aranjuez 15 aprile 1760 Ringrazia e loda Tanucci per il suo zelo a favore di Ferdinando. Accenna ai cambiamenti avvenuti nella politica internazionale e alla posizione di Carlo III. Sui rapporti con Elisabetta Farnese. Impressioni positive sul Sito Reale di Aranjuez. 26 Aranjuez 22 aprile 1760 Ringraziamenti per le notizie su Ferdinando. Sull’ambasciatore francese a Madrid e sulla politica americana che dovrebbe difendere la corona spagnola contro gli interessi dell’Inghilterra. Commenta le notizie napoletane inviate da Tanucci. Il marchese de la Ensenada ritorna dal suo esilio per grazia di Carlo III. 14 Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva N. LUOGO DATA REGESTO 27 Aranjuez 29 aprile 1760 Ringraziamenti per le notizie su Ferdinando. Sulle corti di Torino, Parigi e Vienna e sulle loro ambizioni politiche. Sul duca di Noja e sulla sua pianta della città di Napoli. Commenti sul matrimonio fra le corti di Parma e Vienna. Notizie sui cavalli arrivati a Madrid da Barcellona e sull’architetto Francesco Sabatini, allievo di Vanvitelli. 28 Aranjuez 6 maggio 1760 Consueti ringraziamenti. Ancora sui colegiales. Impressioni molto negative sulla Spagna. Commenti su Roma e sulle vicende interne del regno delle Due Sicilie. Ringrazia Tanucci per avere ricevuto gli Offizi della Madonna stampati a Napoli. 29 Aranjuez 13 maggio 1760 Commenti su Ferdinando. Notizie sulla politica internazionale delle corti europee e sull’affare di Parma e Piacenza. Lagnanze sul cattivo tempo che incombe in Spagna. L’architetto Sabatini è finalmente arrivato a Madrid. 30 Aranjuez 20 maggio 1760 Aspetta con grande impazienza il ritratto di suo figlio. Ancora sulle corti di Parma e Vienna. Carlo III ha fatto pagare i debiti che avevano contratti i suoi predecessori. Sui braccialetti ricevuti dalla Francia. 31 Aranjuez 27 maggio 1760 Sulla salute del figlio Ferdinando. Lode dei Siti Reali di Portici e Caserta e opinioni negative sulla qualità della campagna castigliana. Trattative di pace con la Francia e compromesso per difendere gli interessi internazionali del regno delle Due Sicilie. Elogio della Reggenza. Rapporti con Elisabetta Farnese. 32 Aranjuez 3 giugno 1760 Commenti sul marchese de la Ensenada e sulle reazioni dei suoi antichi nemici Ricardo Wall e il duca d’Alba. Usurpazioni inglesi nell’America spagnola ed idee sulla politica che Carlo III deve perseguire contro di loro. Commenti su diversi personaggi napoletani e grazie che la Regina chiede per qualche suo raccomandato. 33 Aranjuez 10 giugno 1760 Ringrazia per le notizie su Ferdinando; lo discolpa sui giochi infantili. Accenna all’affare di Piacenza e alla posizione delle corti di Francia e di Torino a questo riguardo. Ancora non è arrivata la notizia delle nozze fra l’arciduca e l’infanta parmense. Consiglia a Tanucci fermezza nei rapporti con la corte papale. Matrimonio della principessa del Brasile con suo zio l’infante Pietro e reazione di Elisabetta Farnese e dell’infante don Luigi. Relazione sul proprio stato di salute. Nota delle piante che vuole fare venire da Portici. Indice delle Lettere di Maria Amalia di Sassonia N. LUOGO DATA 15 REGESTO 34 Buen Retiro 17 giugno 1760 La Regina accenna al proprio stato di animo. Trattative difficili con Roma. Commenti sui rapporti anglo-spagnoli e sullo stato dell’Azienda napoletana. Sono arrivati a Madrid altri Offizi della Madonna ed a Barcellona le giumente. 35 Buen Retiro 24 giugno 1760 Sulle notizie di salute di Ferdinando. Difende Tanucci contro il parere di San Nicandro. Opinioni sui matrimoni fra le corti borboniche e quella di Vienna. Notizie sull’affare di Piacenza. Trattative fra la corte di Napoli e la Repubblica di Venezia. Ancora giudizi molto negativi sulla Spagna. Notizia sull’espulsione del nunzio da Lisbona. Nuove idee di Elisabetta Farnese sul Portogallo. Angoscia per le notizie di salute di suo figlio. Ancora sull’affare di Piacenza e sugli avvenimenti bellici della guerra dei Sette Anni. Il conte Mahony ricevuto come ministro spagnolo a Vienna. Commenti sull’intendente di Marina a Napoli. Ha ricevuto altri Offizi della Madonna. Salute del Re. 36 Buen Retiro 1 luglio 1760 37 Buen Retiro 8 luglio 1760 38 Buen Retiro 15 luglio 1760 Ringraziamenti per le notizie sulla salute di suo figlio Ferdinando. Affermazioni molto negative sulla corte di Spagna, sugli spagnoli e su Elisabetta Farnese. Rapporti con la Francia e notizie sull’affare di Piacenza. Inizio delle feste per la proclamazione di Carlo come re di Spagna. Raccomanda le suore di Capua. Lodi delle feste spagnole per la proclamazione. 39 Buen Retiro 22 luglio 1760 Stato di salute di Ferdinando e il suo. Sono arrivate le lettera da Vienna con la notizia delle nozze fra l’arciduca Giuseppe e l’infanta Isabella di Parma. Sentimenti sul suo figlio Filippo. Trattative con la corte di Londra sull’America. Commenti sulla proclamazione di Carlo III e di Carlo, principe d’Asturias. Lode sulla festa dei Tori. Notizie sulle diverse feste ed attività a Madrid. 40 La Granja de 29 luglio 1760 San Ildefonso. Segovia Ringrazia per le notizie sui suoi figli e accenna al suo cattivo stato d’animo. Notizie sul Portogallo e sul matrimonio toscano voluto dalla corte di Vienna. Ancora sulle trattative con l’Inghilterra per la politica americana e sullo stato dell’Azienda napoletana. Descrizioni del Real Sito di El Escorial e di La Granja de San Ildefonso. 41 San Ildefonso 5 agosto 1760 Buone notizie sulla salute del figlio Ferdinando. Sono arrivati i ritratti del re di Napoli fatti da Mengs e da Liani. La Regina loda il secondo e accenna a impressioni sull’ambasciatore austriaco a Madrid. Progetti matrimoniali di Maria Amalia per gl’infanti borbonici. Opinioni su Francia e af- 16 Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva N. LUOGO DATA REGESTO fare di Piacenza. Notizie sulla guerra dei Sette Anni e sui problemi nella corte di Lisbona. Stato dell’Azienda napoletana. Difesa dell’attività svolta da Tanucci. La Regina si dispiace per la mancanza di segretezza nel Consiglio di Reggenza. Commenti negativi sul Sito Reale di La Granja. 42 San Ildefonso 12 agosto 1760 La Regina scrive una breve lettera sul suo cattivo stato di salute. 43 San Ildefonso 19 agosto 1760 Ringrazia per le notizie sui figli. La Regina si lamenta per le cattive notizie pervenute da Dresda. Si sofferma sul proprio stato di salute e sulle medicine prese. 44 San Ildefonso 26 agosto 1760 Ringraziamento per le notizie sul suo figlio Ferdinando. Ancora si rattrista per la situazione della Sassonia. Sono arrivati i candelieri commissionati in una lettera precedente. Opinioni sulla Real Paggeria napoletana. La Regina fornisce accenni di notizie sullo stato di salute suo e dei figli. 45 San Ildefonso 2 settembre 1760 Brevi notizie sul suo cattivo stato di salute. 46 San Ildefonso 9 settembre 1760 Ancora notizie sul suo cattivo stato di salute. 6 INDICE DELLE LETTERE DI BERNARDO TANUCCI* N. LUOGO DATA REGESTO I Napoli 9 ottobre 1759 Invio delle lettere dalla corte sassone da Varsavia e da Praga e dei drappi. Sulla salute di Ferdinando, re delle Due Sicilie. II Napoli 16 ottobre 1759 Notizie pervenute da Roma. Ancora sull’invio dei drappi. Diverse notizie su Napoli e su Ferdinando. III Napoli 23 ottobre 1759 Invio di lettere diverse. Notizie sulla guerra in Germania. IV Napoli 30 ottobre 1759 Sulle tratte di denaro con la corte sassone. Tanucci ringrazia la regina Amalia. IVBis Napoli V 30 ottobre 1759 Grazie per le notizie pervenute. Notizie da Praga. Napoli 6 novembre 1759 Invidia i catalani. Stato della Spagna e riforme di Carlo III. Sull’attitudine di Elisabetta Farnese e sul marchese Ossun, ambasciatore francese in Spagna. * Del curatore sono sia i regesti sia la numerazione delle lettere, che risulta rivista e corretta, perché la serie presente nell’originale dell’unità archivistica è imperfetta. Indice delle Lettere di Bernardo Tanucci 17 N. LUOGO DATA REGESTO VI Napoli 13 novembre 1759 Salute della famiglia reale di Spagna. Nomina del principe d’Asturias. Lettera da Varsavia. Sull’invio e indirizzo delle lettere. Ringrazia Maria Amalia. VII Napoli 20 novembre 1759 Grazie per le notizie della famiglia reale in Spagna. Notizie sulla guerra dei Sette Anni. Lettere dalla Sassonia. Commenti sulla Spagna. VIII Napoli 27 novembre 1759 Lagnanze per l’andata dei sovrani in Spagna. Salute della regina Amalia. Cifra di Praga. Notizie di Ferdinando. Commenti sulla politica internazionale. Vienna e il matrimonio dell’arciduca Giuseppe con l’infanta di Parma. Sul Consiglio di Reggenza. Canillac è ancora a Napoli. 4 dicembre 1759 Commenti sulla salute di Maria Amalia e di Ferdinando. Problemi con le tratte sassoni. IX Napoli X Napoli 11 dicembre 1759 Salute della Regina e di Ferdinando. Ancora sulle tratte sassoni. Notizie da Roma. Paragone fra la Spagna e il regno delle Due Sicilie. XI Napoli 18 dicembre 1759 Sul viaggio reale in Spagna. Problemi con le tratte sassoni. Relazione dei lavori del palazzo reale di Portici. Problemi del segretario spagnolo a Roma. Sul Consiglio di Reggenza. Commento sulla situazione internazionale della Francia. 25 dicembre 1759 Sulla salute della Regina. Invio di una cassetta per il principe d’Asturias. Commenti sulla situazione della casa di Parma. Appunti sulle tratte sassoni. XII Napoli XIII Napoli 1 gennaio 1760 Salute della famiglia reale spagnola. Sul rapporto di Maria Amalia con i segretari di Stato spagnoli. Commenti sulla Casa Reale delle Due Sicilie e sul medico e chirurgo di Camera. Sulla corte sassone e le sue tratte. Un’altra memoria sul sito reale di Portici. XIV Napoli 8 gennaio 1760 Salute dei regnanti. Sulla minaccia inglese. San Nicandro e difficoltà con il Consiglio di Reggenza. Lettere di Orto e Caracciolo. Auguri per i successi militari dei principi sassoni. Lagnanze di Santa Elisabetta e tratte con la corte di Dresda. Commenti sul rapporto fra Amalia ed Elisabetta Farnese. Matrimoni dei principi reali con le arciduchesse d’Austria. Ancora sul Consiglio di Reggenza napoletano. XV Napoli 15 gennaio 1760 Salute della regina di Spagna. Lettera della regina d’Austria, di Orto e di Caracciolo. Denaro inviato a Praga. XVI Napoli 22 gennaio 1760 Commenti sulle ultime cariche concesse dal Consiglio di Reggenza e sull’azienda napoletana. Su Elisabetta Farnese e sul matrimonio dell’infante don Luis con una principessa portoghese. Sul privilegio di Villa Castel. 18 N. Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva LUOGO DATA REGESTO XVIBis Napoli 22 gennaio 1760 Salute del re Ferdinando. Invio di cedrati da Portici. Denaro per Praga. Maio non parla più di matrimonio. Lettera di Orto. Invio d’Agnus Dei da parte del Papa. Napoli 29 gennaio 1760 Sulla salute dei regnanti spagnoli. Bolza e le tratte di denaro con Dresda. Sul sito reale di Portici e su Maria Amalia. Sull’affare di Piacenza con francesi e inglesi. Lettera di Orto. XVII XVIII Napoli 5 febbraio 1760 Sul re Ferdinando. Commenti sul palazzo del Buen Retiro a Madrid e sul carattere di Carlo III. Ritratti di Ferdinando fatti da Mengs. Sul Consiglio di Reggenza e sulle cariche che essa attribuisce. Notizie su Roma. Problemi con i duchi di Postiglione. XIX Napoli 12 febbraio 1760 Sulla salute dei regnanti. Problemi con San Nicandro e con l’amministrazione della Casa Reale delle Due Sicilie. Francia, Inghilterra ed affare di Piacenza. Invio delle lettere della corte sassone e di Orto. XX Napoli 19 febbraio 1760 Salute della famiglia reale spagnola e stato di quella monarchia. Sulla corte di Vienna. Amicizia con San Nicandro. Tratte sassoni. Notizie pervenute da Roma. Sul duca di Santa Elisabetta e il suo soggiorno con il principe reale di Polonia. Tanucci chiede a Maria Amalia di proteggerlo presso Carlo III. XXI Caserta 26 febbraio 1760 Salute dei regnanti e vita di Ferdinando. Lettere austriache. Sulla Spagna, le Due Sicilie e l’Inghilterra. Tanucci loda Maria Amalia. Affare di Piacenza. Morte di Valdeparaíso. Problemi per la Bagnara. Lettere ricevute e rinviate in Spagna. Concordia nel Consiglio di Reggenza. XXII Caserta 4 marzo 1760 XXIII Caserta 11 marzo 1760 Sulla vita del re Ferdinando e sul freddo di Caserta. Notizie della salute dei regnanti di Spagna. Sulla politica spagnola e sul conflitto fra segretari e collegiali. Problemi con gli Offizi della Madonna chiesti da Amalia, con la Stamperia Reale di Napoli e con il suo responsabile padre Della Torre. Conclusa l’investitura di Ferdinando da parte del papato. Matrimonio di Parma. Concordia nel Consiglio di Reggenza. Salute della famiglia reale. Sull’affare di Piacenza. Lettera del principe reale di Polonia. Sui gradi militari dati dal Consiglio di Reggenza. Problemi per le nozze della famiglie nobili di Viggiano e Bruzzano. Su Torino, sui cavalli inviati da Napoli in Spagna e sul ministro di Lucca a Napoli. Problemi dell’azienda napoletana. Indice delle Lettere di Bernardo Tanucci 19 REGESTO LUOGO DATA Caserta 18 marzo 1760 Commenti sulla salute dei regnanti. Sul ritratto del re Ferdinando fatto da Mengs. Ancora sulla polemica dei gradi militari concessi dalla Reggenza. Sulle correzioni del Notiziario di Napoli fatte da Maria Amalia in una lettera precedente. Lettere inviate dal principe reale di Polonia e da Orto. Lettera di Luigi XV sulla concessione dell’ordine del Santo Spirito al re Ferdinando. Il padre predicatore Ignazio della Croce è a Napoli. Esercizi della Settimana Santa a palazzo. Commenti sugli episodi della guerra in Germania. L’Austria spende 4 milioni per le nozze di Parma. Concordia nel Consiglio di Reggenza. Caserta 25 marzo 1760 Sulla salute di Maria Amalia, su quella del re Ferdinando e XXV sulla vita del Re a Caserta. Sulla Francia e l’Inghilterra. Lettere di Orto e Rubion. Sulla regina vedova di Spagna, Elisabetta Farnese. Salute della regina Amalia. Ferdinando riceve l’inviato prusXXVI Napoli 1 aprile 1760 siano. Sulla Francia, sulla sua politica internazionale e su Venezia. Problemi dell’azienda napoletana. Ancora su Elisabetta Farnese. Il diacono Friozzi è stato inviato a Pantelleria. Concordia nel Consiglio di Reggenza. Finiti gli Offizi della Madonna. Notizie sui candelieri richiesti da Maria Amalia. Sulla salute della famiglia reale spagnola e sulle feste paXXVII Caserta 8 aprile 1760 squali a Caserta. Grazie a Maria Amalia per i suoi commenti su di lui. Problemi con la Francia e Torino. Commenti sulle campagne di Broglie in Germania. Su Vienna, la Russia e la Slesia. Su problemi con le suore teresiane di Chiaja. Sulla richiesta del duca di Noja. Ancora sulla salute dei regnanti. Sullo stato della monarchia 1760 aprile 15 XXVIII Caserta di Spagna e sui problemi con i colegiales. Sulla politica ecclesiastica del regno di Napoli e l’investitura del re Ferdinando. Sul padre Della Torre e sui lavori della Regia Stamperia di Napoli. Morte di Orto. Problemi dell’azienda napoletana. XXIX Caserta 22 aprile 1760 Sulla salute della famiglia reale spagnola e sui rumori di una pace per la guerra dei Sette Anni. Sull’affare di Piacenza e sul matrimonio di Parma. Commenti sul regalo fatto dalla corte francese a Maria Amalia. Ancora sull’azienda napoletana. Ringrazierà l’ingegnere di Portici per le memorie inviate in Spagna. XXX Caserta 29 aprile 1760 Sulla salute della famiglia reale di Spagna e di Ferdinando. Lettera di Ferdinando a Luigi XV. Sulla guerra e sull’affare di Piacenza. Loda Carlo III per volere pagare tutti i debiti dei sovrani spagnoli. Problemi con le lettere cifrate che sono state intercettate. N. XXIV 20 N. Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva LUOGO DATA REGESTO XXXI Caserta 6 maggio 1760 Salute della famiglia reale di Spagna. Il re Ferdinando è stato nella cappella di San Gennaro. Grazie per la bella descrizione del Sito Reale di Aranjuez. Ancora sulla guerra e la Francia. Concordia nel Consiglio di Reggenza napoletano. Sul difficile rapporto di Maria Amalia con la sua suocera Elisabetta Farnese. XXXII Caserta 13 maggio 1760 Salute di Maria Amalia e di Ferdinando. Sull’inviato prussiano a Napoli, commosso delle parole del giovane re. Sulla Francia e l’America spagnola. Gray preoccupato per la presenza di Ensenada, lodato da Tanucci, nella corte spagnola. Su Venezia e sulla presenza del dominio austriaco in Italia. XXXIII Caserta 20 maggio 1760 Salute di Maria Amalia. Il re Ferdinando ha qualche malanno; si comporta da bambino in privato. Ancora sull’affare di Piacenza. Matrimoni organizzati da Vienna. Commenti su diversi problemi napoletani e sui rapporti con Vienna. XXXIV Caserta 27 maggio 1760 Ferdinando è ricoverato. Sui colegiales spagnoli e sulla politica regalista di Carlo III. Critiche su alcuni usi invalsi in Spagna. Problemi diversi con la corte romana. Sui ministri austriaci a Madrid e Napoli. Rapporti fra la Spagna e l’Inghilterra. Problemi dell’azienda napoletana. Si invieranno ancora Offizi della Madonna per la regina di Spagna. XXXV Napoli 3 giugno 1760 Buona salute della Regina e della famiglia reale spagnola. Notizie di Napoli e della sua corte. Commenti sulla corte di Vienna, sull’Europa e sulla guerra. Ancora sull’affare di Piacenza e sul Consiglio di Reggenza. XXXVI Napoli 10 giugno 1760 Accenna a piccoli problemi di salute del re Ferdinando. Commenti sull’affare di Piacenza, sulla pace che si deve trattare e sulla guerra dei Sette Anni. Sui segretari d’Azienda spagnoli. Diverse notizie sugli ambasciatori stranieri a Napoli. Problemi coll’intendente di Marina di Napoli. XXXVII Napoli 17 giugno 1760 Salute della Regina. Lodi del sito reale di Portici. Pensieri sulla nazione spagnola. Tanucci si rattrista di vedere la Regina malinconica. Trattato di pace all’Aia. Concordia fra i membri del Consiglio napoletano. Udienza del re Ferdinando al nunzio. Notizie della corte napoletana. XXXVIIII Napoli 24 giugno 1760 Buona salute della regina di Spagna e di Ferdinando. Sulla politica spagnola, su Ensenada, sulle riforme da farsi da Carlo III, sulla Francia e su Piacenza. Notizie sull’amministrazione della Casa Reale. Accenna ad alcune richieste dalla regina Amalia. Indice delle Lettere di Bernardo Tanucci N. LUOGO DATA 21 REGESTO XXXIX Napoli 1 luglio 1760 Sulla salute di Maria Amalia. Morte di Sanseverino, medico di Tanucci. Notizie sulla politica internazionale, su Piacenza e sulla corte di Vienna. Invierà da Portici le piante richieste precedentemente da Maria Amalia. XL Napoli 8 luglio 1760 Salute di Maria Amalia. Su Roma, sulla guerra e sui matrimoni voluti da Vienna. Commenti sull’America spagnola e sugli inglesi. Affare di Piacenza. Problemi con l’azienda napoletana. Ringrazia la Regina per le buone notizie delle giumente arrivate in Spagna. Provvede alle richieste della Regina. XLI Napoli 15 luglio 1760 Salute di Maria Amalia e di Ferdinando. Notizie sulla corte di Vienna, sulla Prussia, la Russia e la Francia. Problemi a Roma con la corte del Portogallo. Concordia del Consiglio di Reggenza, ma ci sono contrasti per la situazione dell’Azienda delle Sicilie. XLII Napoli 22 luglio 1760 Totale ristabilimento della salute del re Ferdinando. Ringraziamenti per le notizie su Carlo III. Si commuove per le sofferenze di Maria Amalia. Sull’affare di Piacenza. Commenti sul corso della guerra dei Sette Anni. Il duca di Santa Elisabetta chiede denaro per il suo soggiorno. Problemi dell’Azienda napoletana. XLIII Napoli 29 luglio 1760 Salute della Regina. Osservazioni critiche sugli spagnoli. Si preoccupa della malinconia di Maria Amalia. Problemi francesi nella guerra. Affare di Piacenza. Santa Elisabetta vuole ritornare a Napoli. Notizie riguardanti la corte napoletana. XLIV Napoli 5 agosto 1760 XLV Napoli 12 agosto 1760 Grazie per le notizie della sua salute. Dresda distrutta. Nozze concertate dalla corte di Vienna. Problemi a Roma per trovare un informatore. Nozze della donzella Viggiano. XLVI Napoli 19 agosto 1760 Notizie sulla salute e sull’umore di Maria Amalia. Dresda è stata liberata. Sul buon percorso delle cose in Spagna. Commenti sulla descrizione del Real Sito di San Ildefonso compiuta da Maria Amalia. Affare di Piacenza. Corti papale e portoghese. Matrimoni austriaci. Varie notizie di Napoli. Notizie sulla salute della famiglia reale spagnola e su Ferdinando. Su Dresda e sulla guerra in Germania. Sull’America spagnola. Non è ancora finita la commissione sul monastero di San Gabriele di Capua. Problemi per i candelieri commissionati da Maria Amalia e con la Reale Paggeria comandata dal principe di Stigliano. 22 N. Verso la riforma della Spagna: Nota introduttiva LUOGO DATA XLVII Napoli 26 agosto 1760 REGESTO Salute di Maria Amalia e di Ferdinando. Critica di San Ildefonso. Condanna di Vienna. Loda i matrimoni pensati dalla Regina. Guerra in Germania, affare di Piacenza, pace in Europa, Azienda di Napoli. La Reggenza procede bene. Affari con la corte papale. XLVIII Napoli 2 settembre 1760 Sulla salute di Ferdinando e quella cattiva della Regina. Sulla guerra in Germania. Il monastero di San Gabriele di Capua fatto Regio. XLIX Napoli 9 settembre 1760 Sulla salute di Maria Amalia. Ferdinando è andato al santuario della Madonna di Piedigrotta. Sono arrivati i francesi per fare la funzione dell’ordine dello Spirito Santo. Guerra in Germania. Sui colegiales spagnoli. Concordia nella Reggenza e notizie napoletane. L Portici 16 settembre 1760 Cattiva salute di Maria Amalia. Sulla guerra in Germania, sui candelieri comandati, sulla corte napoletana e sui lavori del palazzo reale di Portici. LI Portici 23 settembre 1760 Lagnanze sulla salute di Maria Amalia. Invio dei candelieri e di lavori di pietre dure. Notizie di Ferdinando e della corte napoletana. LII Portici 30 settembre 1760 Salute di Maria Amalia e di Ferdinando. Sono stati già inviati i candelieri e le pietre dure. Guerra in Germania. Angustie dell’Azienda napoletana. Sui diversi problemi nei Consigli di Reggenza. Portici 7 ottobre 1760 Sulla salute di Maria Amalia e di Ferdinando. LIII CARTEGGIO 1 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Foglio sciolto senza data, ma sicuramente Napoli, 6 ottobre 1759]1. Mi sono scordata di dirvi di scrivere a Santa Elisabetta2 che d’ora in avanti le lettere mie3 le diriga in Spagna a Wall4, mentre non più qui [a Napoli] mi ritrovarebbero e molto tardarebbero poi dovendole mandare da qui in Spagna, e che gli quel stesso carteggio carteggi anche col mede[si]mo Wall, perché non vi è ministro di Spagna colà ed jo rimarei priva di notizie5. Pare anche che si dovrebbe avertire a Wall dell’ordine che si manda a Santa Elisabeta. 1 Questa lettera fu scritta da Maria Amalia mentre era in partenza da Napoli verso la Spagna, come c’informa la nota redatta in arrivo e qui edita a p. 27 prima della Lettera 2 del 17 ottobre 1759. 2 Antonio MoNtAPErto E MASSA (?-1782), duca di Santa Elisabetta dal 1741 in poi, era in quella data l’inviato napoletano alla corte di Sassonia. Cominciò la sua carriera politica nel 1746 a Palermo, quando fu eletto governatore della pace. Nel 1751 fu nominato ministro plenipotenziario di Carlo di Borbone presso la corte di Augusto III di Sassonia (1693-1763), re di Polonia e padre della regina Maria Amalia (le Istruzioni che furono redatte per quella carica diplomatica si trovano in ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4815; la sua corrispondenza con il segretario di Stato da feb. fino a dic. del 1752 è conservata ivi, fascio 904). Nel 17531754 fu l’inviato napoletano a Madrid in sostituzione temporale del principe di Aci (AGS, Estado, legajo 5855, folios 19 e 42 e legajo 5894, folios 175-178, dove si trovano le sue credenziali e il passaporto), ma ritornò a Dresda nel 1755 (cfr. la sua corrispondenza da lug. 1755 fino a dic. di 1756 in ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 905), dove rimase fino al 1761. In quell’anno fu nominato ministro napoletano presso la corte di Vienna, dove rimarrà fino al 1770. Dal 1770 al 1781 fu inviato delle Due Sicilie nella corte spagnola di Carlo III, e poi sostituito dal nipote, il principe di raffadale (AGS, Estado, legajo 5929). Morì a Napoli il 23 dic. 1782 come presidente della regia Giunta di Sicilia (Giovanni Evangelista DI BLASI E GAMBACortA, Storia cronologica dei vicerè, luogotenenti, e presidenti del regno di Sicilia. Seguita da un’appendice sino al 1842, Dalla Stamperia oretea, Palermo 1842, p. XLI). Per maggiori notizie sulla sua vita pubblica, vedi specialmente ad indicem MAGDALENo rEDoNDo, op. cit. a p. 3, nota 1, e i diversi volumi dell’Epistolario di Bernardo tanucci: cfr. p. 5. 3 Maria Amalia si riferisce alle lettere che il suo fratello Frederick Christian (1722-1763), principe-elettore di Sassonia, le scriveva periodicamente da Dresda. Non siamo riusciti a rintracciare queste lettere negli archivi spagnoli. Quelle inviate da Frederick Christian al cognato Carlo III si trovano invece in AGS, Estado, legajo 8120. 26 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 4 ricardo WALL y DEVrEuX (1694-1777) era il segretario di Stato e del Dispaccio di Stato spagnolo alla morte del re Ferdinando VI, nell’agosto del 1759. Carlo III lo confermò in questa carica al suo arrivo in Spagna nell’ottobre 1759. rimase in questa carica fino al 1763, quando si dimise per contrasti con la politica internazionale voluta dal Sovrano. Fu nominato in quella data «Gobernardor del Soto de roma», luogo di propietà regale vicino a Granada, dove si ritirò fino alla morte (vedi FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 246-8 e la breve rassegna di Didier ozANAM, Les Diplomates espagnols du XVIIIe siècle. Introduction et répertoire biographique (1700-1808), Casa de Velázquez-Maison des Pays Ibériques, Madrid-Bordeaux 1998, pp. 471-2, con interessanti riferimenti archivistici). Wall proveniva di una famiglia originaria dell’Irlanda arrivata in Francia dopo la caduta del re d’Inghilterra Giacomo II, nel 1688. Cominciò la carriera in marina nel 1718, ascendendo nella scala militare e partecipando alle guerre del 1734 per la conquista di Napoli e della Sicilia e del 1743-47. Con i preparativi per il trattato di Aquisgrana del 1748, Wall intraprese anche il percorso diplomatico appoggiato dal duca di Huéscar, poi duca d’Alba. Fu nominato di conseguenza ministro di Spagna a Londra dal 1749 al 1754. In quest’ultimo anno fu richiamato a Madrid dopo la morte di Carvajal, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, ed assunse questa carica nel gabinetto di Ferdinando VI (vedi José Antonio ESCuDEro, Los orígenes del Consejo de Ministros en España. La Junta Suprema de Estado, vol. I, Editora Nacional, Madrid 1979, p. 213 ss. e Beatriz BADorrEy MArtíN, Los orígenes del Ministerio de Asuntos Exteriores (1714-1808), Ministerio de Asuntos Exteriores, Madrid 1999, p. 102 ss.). Wall aveva cospirato attivamente per la condanna all’esilio subíta dal marchese de la Ensenada, potente segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, di Marina e Indias, e di Guerra, nell’estate del 1754 (cfr. José Luis GóMEz urDáñEz, El proyecto reformista de Ensenada, Milenio, Lleida 1996, p. 126 ss. e Diego téLLEz ALArCIA, El caballero don Ricardo Wall y la conspiración antiensenadista, in Ministros de Fernando VI, a cura di José Miguel DELGADo BArrADo e José Luis GóMEz urDáñEz, universidad de Córdoba, Córdoba 2002, pp. 93138). Carlo III lo nominò segretario di Stato e del Dispaccio di Guerra e consigliere di Stato nel 1759, prima del suo arrivo in Spagna (per la prima carica, si veda AGS, Estado, legajo 6090, folios 100 e 144 e legajo 6091, folio 403; per la seconda, cfr. Gaceta de Madrid, 9 octubre 1759, n. 41, p. 328: «Igual merced [consejero de Estado] se ha dignado conceder S. M. al Sr. D. ricardo Wall, Cavallero Comendador de Pañansende en la orden de Santiago, theniente General de Sus reales Exercitos, y su Primer Secretario de Estado, y del Despacho de la misma Negociacion, en atencion a sus muchos distinguidos servicios en la Guerra, y al zelo, vigilancia, amor, y fidelidad con que desempeñó las importancias de su Ministerio durante la vida del rey Don Fernando el Sexto, su amado Hermano»). Wall era stato il più attivo sostenitore della neutralità della Spagna nella guerra dei Sette Anni (1756-63). Nel 1761 Wall era descritto dal conte di Bristol, ambasciatore inglese a Madrid, con queste parole: «I have frequently, sir, acquainted you with my opinion of General Wall, and his abilitys are sufficiently known in England. Notwithstanding all that has past, I am persuaded he is too good a Spaniard, not to be a friend to England, but if he acted in the manner we have reason to expect he should, he thinks his conduct would be attributed to that predilection. He has ever been accused of towards Great Britain, and that no one would believe he was influenced by Spanish principles therefore to obtain that impartiality he aims at. He is often hurried on to appear and to conduct himself as if he was in interests diametrically opposite to our’s. His Excellency is, like every other person here, in the greatest awe of his royal Master, and I fear does not constantly report what I advance, lest he should be suspected to be pleading our cause, whilst he was only reciting what he had heard from me» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761). tanucci ebbe con lui una corrispondenza 2. Maria Amalia - 17 ottobre 1759 27 molto interessante che rimane fondamentale per capire la politica estera dei regni delle Due Sicilie e di Spagna dal 1759 fino al 1763 (vedi AGS, Estado, legajos 6090-6094). La biografia di questo personaggio è stata recentemente rivalutata dagli studi di Diego téLLEz ALArCIA: D. Ricardo Wall. Aut Caesar aut nullus, Ministerio de Defensa, Madrid 2008; Absolutismo e Ilustración en la España del siglo XVIII. El Despotismo Ilustrado de D. Ricardo Wall, Fundación Española de Historia Moderna, Madrid 2010 e El ministerio Wall. La España discreta del ministro olvidado, Marcial Pons-Fundación Pablo de olavide, Madrid 2012. ringrazio cordialmente l’autore per avermi donato copie delle sue pubblicazioni. 5 tanucci aveva già pensato a questa eventualità chiedendo a Wall di avere corrispondenza diretta con Santa Elisabetta: «P. S. Scrivo al duca di Santa Elisabetta a Dresda che carteggi con Vostra Eccellenza perché la regina al suo arrivo possa subito cominciare ad aver le notizie della sua real casa» (AGS, Estado, libro 235, p. 321: Bernardo tanucci a riccardo Wall [Madrid], Napoli 11 set. 1759). tanucci scrisse allo stesso duca a questo riguardo: «Circa le notizie [della corte di Dresda] dovrà Vostra Eccellenza scriverle a me e al signor Wall, com’ebbi l’onor di dirle la settimana passata e come questa si scrive d’officio» (AGS, Estado, libro 235, pp. 341-2: tanucci a Santa Elisabetta [Dresda], Napoli 18 set. 1759). 2 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Viaggio e arrivo a Barcellona. E che si avvisi a Santa Elisabetta che non scriva niente a Wall intorno rimesse di denaro al Principe Reale ed Ellettorale. Nota: questa lettera corregge il viglietto che la precede scritto dalla Regina nell’atto della partenza da Napoli. Barcelona, il 17 8bre 1759. Essendo noi giunti con ogni felicità questa passata mezza notte in questa rada, e sbarcati sul mezzo giorno doppo 9 giorni della più felice navigazione che desiderare si potesse, ve lo fò sapere a voi contandovi fra quelli che certamente con gran desiderio aspettate di sapere l’esito del nostro viaggio1, ed insieme per avertirvi di un mio oblio: cioè, che avendomi ordinato di scrivere a Santa Elisabetha che scrivesse a Wall il duplicato di ciò che a voi scrive2, mi dimenticai avertirvi che, quando scrive qualche cosa di rimessa di denaro, non vorei che ne facesse menzione a Wall, dovendo questa materia restare unicamente tra voi e me3, non importando niente un poco di ritardo che questo giro delle lettere possa cagionare. Il re4 vi saluta ed jo vi assicuro della mia benevolenza5. Amalia. 1 La famiglia di Carlo III si era imbarcata a Napoli il 6 ottobre 1759 lasciando il porto il giorno seguente. La grande squadra arrivò in vista della costa catalana il 16 ottobre, e lo sbarco avvenne a Barcellona il giorno dopo. La Gaceta de Madrid informava il 23 ottobre 28 Verso la riforma della Spagna: Carteggio che «[...] llegò el Sabado à la tarde, la plausible importante noticia de haver desembarcado allì [Barcellona] sus Magestades, y toda su real amada Familia el dia 17 del corriente entre once, y doce de la mañana con entera felicidad, y en la mas perfecta salud. Esta dichosa novedad, que produxo en el ternissimo amor de la reyna Madre nuestra Señora un imponderable alborozo, se anunciò inmediatamente al Pueblo, que la esperaba con la mayor ansia, por un general repique de Campanas» (Gaceta de Madrid, 23 ottobre 1759, n. 43, p. 344). Sulla partenza da Napoli, cfr. Michele AVEtA, Distinta relazione di tutto ciòcchè seguì in Napoli nella partenza del re Carlo di Borbone per le Spagne, ad occupar quel Reame & la morte di Ferdinando suo fratello, [Napoli 1759]; Pietro D’oNoFrI, Elogio estemporaneo per la gloriosa memoria di Carlo III, monarca delle Spagne e delle Indie, dedicato alla Maestà de Ferdinando IIII re delle Due Sicilie suo amatissimo figlio, Stamperia de Pietro Perger, Napoli 1789, pp. CLXXVIII-CLXXXIII e Francesco BECAttINI, Storia del Regno di Carlo III di Borbone re cattolico delle Spagne e dell’Indie corredata degli opportuni documenti dell’abate Francesco Becattini, Francesco Pitteri e Francesco Sansoni, Venezia 1790, pp. 199-202. I dettagli amministrativi e organizzativi del viaggio di Carlo III da Napoli a Barcellona si conservano in AGP, Histórica, cajas 228-32 e di quello fra Barcellona a Madrid in AGP, Reinados, Carlos III, legajo 1353; vedi anche ASNA, Ministerio deli Affari Esteri, fascio 4514. Sul viaggio da Napoli in Spagna, vedi il ms. Relacion del Viage que ha hecho la Esquadra del mando del Marques de la Victoria, desde su salida de Cadiz por el Rey Nuestro Señor hasta su buelta al mismo puesto in real Academia de la Historia, Varios de Indias y Marina, E. 175 (trascritto in DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, pp. 17-27). Sulla permanenza a Barcellona, cfr. i dispacci n. 50-51 (15 e 22 ott. rispettivamente) dell’ambasciatore austriaco a Madrid Franz Xaver Wolfgang von orsini-rosenberg in Berichte der diplomatischen Vertreter des Wiener Hofes aus Spanien in der Regierungszeit Karls III (1759-1788), vol. I: Die Berichte des Grafen Rosenberg (1759-1761), a cura di Hans JurEtSCHkE, CSIC, Madrid 1970 e i lavori di María de los ángeles PérEz SAMPEr: Poder y sociedad en la Cataluña de mediados del siglo XVIII: la visita real de Carlos III en 1759, in Actes. Primer Congrés d’Història Moderna de Catalunya, vol. II, universitat de Barcelona, Barcellona 1984, pp. 275-286 e La visita de Carlos III a Barcelona, vista por los académicos de Buenas Letras in Haciendo historia. Homenaje al profesor Carlos Seco, universidad Complutense-universitat de Barcelona, Madrid/Barcellona 1989, pp. 235-50. Sul trasferimento Napoli-Madrid, cfr. Carlo kNIGHt, De la desembocadura del Sebeto a orillas del Manzanares, in Carlos III entre Nápoles y España, a cura di Nicola SPINoSA, real Academia de Bellas Artes de San Fernando-Endesa-Embajada de España en Italia, Madrid 2009, pp. 34-45. 2 Cioè, il dispaccio diplomatico settimanale con le notizie sulla corte di Dresda che l’inviato napoletano, duca di Santa Elisabetta, mandava a tanucci periodicamente. 3 Queste «rimesse di denaro» erano a carico di Maria Amalia ed a favore del principe elettorale di Sassonia Frederick Christian. Già dal 1756 la regina inviava denaro alla sua famiglia in Dresda, come c’informa Sir James Gray, ambasciatore britannico a Napoli, in quell’anno: «Her Sicilian Majesty, I am told, is very deeply affected [per la situazione di Dresda] and in consequence of some letters she has received from the queen her mother, mentioning her distressed condition, Her Majesty, as a mark of her filial duty and affection, has sent the queen of Poland a present of six thousand pistoles out of her private treasure. the king, who is tenderly fond of the Queen, sympathizes with her concern and endevours to relieve and divert her affliction. But I am assured this concern goes no farther than to what relates personally to the Queen’s family and that I must not be deceived by appearances as it cannot be supposed this court can seriously wish to see the house of Austria more powerfull, especially as they suspect the Empress Queen, since her alliance with France, of having very ambitious projects 2. Maria Amalia - 17 ottobre 1759 29 for the establishment of her children, & it was added that the project upon Silesia ought to be a warning to them of what they may expect, whenever an occasion offers» (NA, SP 93/14: James Gray a Henry Fox, Napoli 9 novembre 1756). Stanier Porten, diplomatico britannico a Napoli, spiega molto bene la natura di questi invii di denaro: «the situation of her parents affected her very much; and all the money she had collected in her own private purse –from the produce of two lotteries or beneficiate every year, and from little negotiations in trade, which her ministers always took care to render, or make appear, advantageous– she sent to Poland for her parents’ use; which I have heard might amount to about 150.000l. sterling» (Stanier PortEN, Letter from Stanier Porten to Mr. Pitt, Surrey Street, April 28, 1760, in Correspondence of William Pitt, Earl of Chatham. Edited by William Stanhope Taylor, Esq., and Captain John Henry Pringle, the executors of his son John, Earl of Chatham, and published from the original manuscripts in their possession, Londra 1838, vol. II, p. 31-40, p. 36). Danvila conferma come queste erano «socorros que enviaba [Maria Amalia] á la familia real de Polonia» (DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, p. 35). Nell’epistolario si fa riferimento più volte a questo soggetto. Vedi anche le lettere indirizzate a Santa Elisabetta in Bernardo tANuCCI, Epistolario, vol. V: 1757-1758, a cura di Guido DE LuCIA, Edizioni di Storia e Letteratura, roma 1985. 4 CArLo DI BorBoNE E FArNESE (1716-1788), marito di Maria Amalia, fu successivamente infante-duca di Parma ed erede del granducato di toscana (1731-1735), re di Napoli (1734-1759) e di Sicilia (1735-1759) e, finalmente, sovrano della Spagna (1759-1788). regnò come Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, senza numero d’ordine, come decise dopo la consulta di una giunta che, riunita fra 1741-2 e formata da Bernardo tanucci, Pietro Contegna, dal principe Bartolomeo Corsini, dal cappellano maggiore Celestino Galiani e dal bibliotecario Matteo Egizio, consigliò che fosse meglio non aggiungere il numero d’ordine, per varie ragioni e, in primo luogo, perché sarebbe stato un problema non considerare che Carlo d’Asburgo, poi imperatore come Carlo VI, era stato indicato come successore di Carlo II di Spagna e quindi come Carlo III sia per la Corona spagnola, sia per i regni da essa dipendenti (in particolare l’ungheria, ma anche il regno di Napoli, conquistato nel 1707, e poi quello di Sicilia), ossia fino a quando, per la morte del fratello Giuseppe I avvenuta il 7 aprile del 1711, ascese al trono imperiale di Vienna. Per questo ed altri motivi fu sempre nominato “Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie”, e così era indirizzata la corrispondenza della Cancelleria; vedi ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 892, dove sono conservati i verbali di quella giunta. Nel 1759, dopo la morte di Ferdinando VI, re della Spagna, Carlo prese possesso della sua corona come III di quel nome, dopo Carlo II. La bibliografia su di lui è abbondante. Vedi come introduzione la sintetica ma compiuta scheda biografica redatta da raffaele AJELLo, Carlo di Borbone, re di Napoli e di Sicilia in DBI, ed il riassunto bibliografico Francisco AGuILAr PIñAL, Bibliografía de estudios sobre Carlos III y su siglo, CSIC, Madrid 1988. Per la storiografia coeva, cfr. le opere di D’oNoFrI e quella di BECAttINI, citate nella precedente nota 1. La più ampia opera storiografica sul periodo napoletano è di Michelangelo SCHIPA, Il regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, tipografia Luigi Pierro, Napoli 1904, e poi Società Editrice Dante Alighieri, Milano/roma/Napoli 19232, in due volumi; impiegho questa edizione. Ampio anche il contributo di raffaele AJELLo, La vita politica napoletana sotto Carlo di Borbone. «La fondazione ed il tempo eroico» della dinastia, nel settimo volume (pp. 459-718, e pp. 961-84 per le note) edito nel 1972, della Storia di Napoli, Società editrice omonina (15 volumi di grande formato, divisi in undici tomi, singoli o doppi), distribuita dalle Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1967-1978. Cfr. inoltre Elvira CHIoSI, Il Regno dal 1734 al 1799 in Storia del Mezzogiorno, vol. IV: Il Regno dagli Angioini ai Borboni, Edizioni del Sole, roma 1986, pp. 372-467 e Giuseppe GALASSo, Storia d’Italia, volume XV, tomo 30 Verso la riforma della Spagna: Carteggio IV: Il Regno di Napoli. Il Mezzogiorno borbonico e napoleonico (1734-1815), utEt, torino 2007. un anno dopo il suo arrivo in Spagna, Carlo III era descritto dal conte di Bristol, ambasciatore inglese a Madrid, con queste parole: «I will begin by the very respectable one of the Catholick king, who has good talents, a happy memory, and an uncommon command of himself upon all occasions. His having been often deceived has rendered him suspicious. He ever prefers carrying a point by gentle means, and has the patience to repeat exhortations, rather than to exert his authority even in trifles. With the greatest air of gentleness, he keeps his ministers and attendants in the utmost awe» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761, citato con piccole varianti in William CoXE, Memoirs of the Kings of Spain of the House of Bourbon, from the Accession of Philip the Fifth to the Death of Charles the Third: 1700 to 1788. Drawn from Original and Unpublished Documents, vol. IIII, Longman, Hurst, rees, orme & Brown, Londra 1983, vol. III, p. 239). 5 La prima lettera da Carlo III a Bernardo tanucci è del 25 ott. 1759 in risposta ad una del Segretario del 9 ott. 1759. Il carteggio fra questi due personaggi durò fino alla morte del giurista pisano nel 1783. La sua corrispondenza, custodita nell’AGS, è stata inventariata da MAGDALENo rEDoNDo, op. cit. a p. 3, nota 1, e pubblicata in parte come Carlos III. Cartas a Tanucci, 1759-1763, a cura di Maximiliano BArrIo, BBV, Madrid 1988. 3 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Cattivo stato in cui il Re Cattolico1 ha trovato tutto. Sua applicazione a darvi sistema. Il giorno susseguente si rimetterebbono in viaggio. Barcelona, il 21 8bre 1759. Ieri sera passò da qui il coriere che andava a Napoli. Il re lo sbalisciò per vedere se non vi fosse cosa d’importanza e mi comanda di rimetervi le qui accluse. Se la regina2 si conterrà, come yaci3 lo dice, potremo sperare pace, ma ne dubito molto, particolarmente per la seconda parte del discorso4. Il paese fa pazie d’allegrezza e di dimostrazioni di giubilo alla vista del Padrone, che si guadagna li cuori di tutti5 ed ad altri fa venire la cacarella6, ma la corte è una Babilonia7: nemeno sa nessuno quello che aspetta a farli per il suo impiego. Non dico niente poi della profusione in tutto e della gente inutile che vi è. La truppa stà per terra8. L’arsenale che visitò l’altro ieri il re è scarsissimo in tutti generi9. In fine, le cose stanno in peggior statto di quello che sapevamo ed il re avrà molto da fare avanti di rimettere le cose in sistema10. Questi giorni che qui abbiamo dimorato11 le ha impiegati a vedere le truppe e le fortificazioni e non ha perso il suo tempo12, mentre molti già si sono persuasi che bisogna mutare stile. Do- 3. Maria Amalia - 21 ottobre 1759 31 mani, piacendo a Dio, ci rimeteremo in viaggio, il quale sarà lungo e penoso mentre ci dicono che le strade sono pessime. Il re vi saluta ed jo vi assicuro della mia benevolenza. Amalia. 1 Il titolo di “rey Católico” era l’intitolazione generica che si dava nelle corti europee al re di Spagna, come quello di “Cristianissimo” al sovrano di Francia. Fu concesso dal papa Alessandro VI nella bolla Si convenit, emanata a roma il 17 dic. 1496, e diretta ai regnanti Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona. Confermata da Leone X nella bolla Pacificus et aeternus del 1 apr. 1517, il titolo non fu ratificato in futuro per i restanti re spagnoli, ma l’uso delle cancellerie ispanica ed europee lo fece perpetuare. Su questo argomento, cfr. i lavori d’álvaro FErNáNDEz DE CórDoVA MIrALLES: Alejandro VI y los Reyes Católicos. Relaciones político-eclesiásticas (1492-1503), Edizioni università della Santa Croce, roma 2005, pp. 17982 e 354-5 e ‘Reyes Católicos’: mutaciones y permanencias de un paradigma político en la Roma del Renacimiento in Roma y España. Un crisol de la cultura europea en la Edad Moderna, a cura di Carlos José HErNANDo SáNCHEz, Seacex, Madrid 2007, pp. 133-54. Vedi anche Eusebio rEy, La bula de Alejandro VI otorgando el título de Católicos a Fernando e Isabel, in «razón y Fe», 1952, n. 146, pp. 59-74 e pp. 324-47; Eusebio rEy, Reyes Católicos in Diccionario de Historia Eclesiástica de España, vol. III: Man-Ru, a cura di Quintín ALDEA VAQuEro; tomás MAríN MArtíNEz e José VIVES GAtELL, CSIC, Madrid 1972, pp. 2083-4; Pablo FErNáNDEz ALBADALEJo, ‘Rey Católico’: gestación y metamorfosis de un título in Repubblica e Virtù. Pensiero politico e Monarchia Cattolica fra XVI e XVII secolo, a cura di Chiara CoNtINISIo e Cesare MozzArELLI, Bulzoni, roma 1995, pp. 109-20 e Fernando CAMPo DEL Pozo, Catolicismo de la Reina Isabel I y del Rey Fernando V: por qué y cuándo se les concedió el título de Reyes Católicos, in «revista agustiniana», a. XLIV, 2004, n. 138, pp. 661-99. ringrazio álvaro Fernández de Córdova per avermi fornito quest’informazione bibliografica. 2 Si riferisce ad ELISABEttA FArNESE (1692-1766), madre di Carlo III e regina vedova della Spagna. Era figlia di odoardo Farnese (1666-1693) – primogenito di ranuccio II, duca di Parma – e di Dorotea Sofia di Neuburg (1670-1748). Era anche nipote della regina vedova di Spagna, Maria Anna di Neuburg, seconda moglie del defunto re Carlo II (1661-1700). Dopo la morte dei suoi zii paterni Francesco (1678-1727) ed Antonio Farnese (1679-1731), secondo e terzogenito di ranuccio II, Elisabetta ereditò i diritti dinastici del lignaggio farnesiano, che trasferí al suo primogenito Carlo di Borbone. Come seconda moglie di Filippo V di Spagna dal 1714 fino al 1746 ebbe i seguenti figli: Carlos (1716-1788), duca di Parma (1731-1738), re delle Due Sicilie (1734-1759) e di Spagna (1759-1788); Francisco (1717); María Ana Victoria (1718-1781), regina del Portogallo; Felipe (1720-1765), duca di Parma dal 1746; María teresa rafaela (1726-1746), chiamata dal 1744 in poi la delfina per il suo sposalizio con Luigi, delfino di Francia e primogenito di Luigi XV; Luis Antonio Jaime (17271785), cardinale-infante, arcivescovo di toledo e di Siviglia, e, finalmente, María Antonia Fernanda (1729-1785), regina di Sardegna (vedi Francisco José zorrILLA y GoNzáLEz DE MENDozA, Genealogía de la casa de Borbón de España, Editora Nacional, Madrid 1971). una piccola ma utile biografia, anche (dal punto di vista storiografico) discutibile, in Marina roMANELLo, Elisabetta Farnese, regina di Spagna, in DBI. La storiografia intorno a Elisabetta Farnese non è soltanto scarsa ma spesso molto schierata e negativa. Già in vita, il numero degli scrittori sfavorevoli fu cospicuo: cfr. Jean rouSSEt DE MISSy, Histoire publique et secrète de la cour de Madrid depuis l’avenement du roy Philipe V jusqu’au commencement de la Guerre avec la France. Seconde Edition. Revüe, corrigée & augmentée. Avec un discours sur l’état present 32 Verso la riforma della Spagna: Carteggio de la Monarchie d’Espagne, tome I-II, Liege 1719; Memoirs of Elizabeth Farnesio, the present Queen Dowager of Spain. Containing her intrigues and ambitious views, from the Year 1714, in which she was married to Philip V. King of Spain, till the year 1746, in which that Monarch died with the Alarms occasioned in several Courts of Europe, and the Civil Wars attempted to be kindled by her Means, in England and France; with her Famous Scheme for carrying the Duke of Orleans Prisoner from Versailles to Segovia, and many other Important Passager not known in the Histories of those Times. Translated from a Spanish manuscript, t. Gardner, Londra 1746 e teófanes EGIDo LóPEz, Prensa clandestina española del siglo XVIII: «El Duende Crítico», universidad de Valladolid, Valladolid 20022 (1968). Gli storici francesi ed inglesi dell’ottocento hanno fornito un’immagine caricaturale e viziata di questa regina, come ci dimostrano le monografie di CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, Alfred BAuDrILLArt (cfr. il suo enciclopedico lavoro in vari volumi Philippe V et la cour de France d’après des documents inédits tirés des archives espagnoles de Simancas et d’Alcala de Hénarès, et des Archives du Ministère des Affaires Étrangères a Paris, t. I: Philippe V et Louis XIV; t. II: Philippe V et le Duc d’Orleáns; t. III: Philippe V, le duc de Bourbon et le Cardinal de Fleury; t. IV: Philippe V, Louis XV et le Cardinal de Fleury, 1729-1740 e, finalmente, t. V: Philippe V et Louis XV, 1740-1746. La Paix d’Aix-La-Chapelle, 1748, Librairie de Firmin-Didot, Parigi 1890) e Georges-Nicolas DESDEVISES Du DEzért (La España del Antiguo Régimen, Fundación universitaria Española, Madrid 1989 [originalmente 1899]). Soltanto negli ultimi anni ha cominciato ad essere rivalutato l’importante significato storico di questa regina; cfr. le disiguali biografie di Mirella MAFrICI, Fascino e potere di una regina. Elisabetta Farnese sulla scena europea (1715-1759), Cava de tirreni, Napoli 1999; teresa LAVALLE-CoBo, Isabel de Farnesio. La reina coleccionista, Fundación Caja Madrid-Fundación de Apoyo a la Historia del Arte Hispánico, Madrid 2002 e María de los ángeles PérEz SAMPEr, Isabel de Farnesio, Plaza & Janés, Barcellona 2003 e anche Elisabetta Farnese, principessa di Parma e regina di Spagna, a cura di Gigliola FrAGNIto, Viella, roma 2009. Il ruolo svolto dalla regina Farnese nella cultura politica della monarchia spagnola, tradizionalmente sottovalutato, è stato di recente studiato minutamente; vedi Charles C. NoEL, «Bárbara succeeds Elizabeth...»: The Feminisation and Domestication of Politics in the Spanish Monarchy, 1701-1759 in Queenship in Europe 1660-1815. The Role of the Consort, a cura di Clarissa CAMPBELL-orr, Cambridge university Press, Cambridge 2004, pp. 155-85 e Pablo VázQuEz GEStAL, Una nueva majestad. Felipe V, Isabel de Farnesio y la identidad de la monarquía (1700-1729), Marcial Pons-Fundación Pablo de olavide, Madrid 2013. Nel 1761, il conte di Bristol, ambasciatore inglese a Madrid, la descriverà con queste parole: «the queen mother’s capacity is not equal to what it was once reputed to be. Her Majesty, one may infer from many little artifices, has not yet discovered what every other person is convinced of, that she neither has nor ever will obtain any influence in affairs. the queen mother not only slights the three principal persons here, general Wall, marquis Squillace, and the duke of Lossada, but I have myself been present when she has ridiculed some of them in a manner which was not to have been expected from one in Her Majesty’s station» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761). 3 Stefano rEGGIo E GrAVINA (c. 1715-1790), principe di Aci (citato delle volte come Iacci, Jacci, Jaci, yaci, yacci, yachi o yache) e dal 1758 principe di Campofiorito (a volte Campoflorido), era in questa data ambasciatore delle Due Sicile in Spagna. Era figlio di Luigi reggio e Branciforte (1677-1757), principe di Campofiorito, grande di Spagna di prima classe, nipote di Michele reggio e Branciforte, capitano generale delle galere del regno di Napoli e membro del Consiglio di reggenza. tutto il lignaggio dei reggio – d’origine siciliana – fu molto legato ai sovrani spagnoli, anche dal 1713 in poi, quando il regno di Sicilia fu perso da quella Corona (cfr. ad indicem i volumi di BAuDrILLArt già citati nella nota precedente, 3. Maria Amalia - 21 ottobre 1759 33 ed inoltre Javier SáNCHEz MárQuEz, Auge y promoción de un linaje siciliano al servicio de la Monarquía Católica: Los Reggio, príncipes de Campofiorito in Nobleza hispana, nobleza cristiana: la Orden de San Juan, a cura di Manuel rIVEro roDríGuEz, Polifemo, Madrid 2009, pp. 977-1020 e dello stesso: La fine della Sicilia Spagnola e l’esperienza politica di Luigi Reggio, principe di Campofiorito, in «rivista Storica Italiana», a. CXXIII, 2011, n. II, pp. 537-91). Questa circostanza mise Stefano reggio in un’ottima posizione per fare carriera nelle corti spagnola e napoletana. Così, fu educato in Spagna, e venne nel 1734 a Napoli con l’esercito dell’infante don Carlos alla riconquista di Napoli e della Sicilia. Fu promosso nel 1738 teniente general dell’esercito napoletano (AGS, Estado, legajo 5816, folio 122). Nel 1740 Carlo di Borbone lo propose come candidato, dopo il principe d’Ardore, ad ambasciatore napoletano alla corte di Francia (vedi Carta 780: Carlo di Borbone ai re di Spagna, Napoli 22 nov. 1740 in Carlo di Borbone. Lettere ai sovrani di Spagna, vol. III: 1740-1744, a cura di Imma ASCIoNE, Ministero de Beni Culturali, roma 2002, p. 129), ma senza successo. Finalmente, nel marzo del 1743 fu indirizzato alla carriera diplomatica essendo nominato ministro napoletano nella corte di Spagna in sostituzione del duca di termoli, ossia il principe di San Nicandro (AGS, Estado, legajo 5841, folios 135 e 136; legajo 5842, folios 258 e 259 e legajo 5894, folios 132141). rimase in questo posto fino al 1761, tranne un breve periodo di assenza –sostituito dal duca di Santa Elisabetta – dal 1753 al 1754 (AGS, Estado, legajo 5855, folios 19 e 42 e legajo 5894, folios 175-178). Aci ebbe un felice sucesso come ambasciatore napoletano in Spagna guadagnandosi la fiducia personale di Carlo III, sopratutto nella complessa situazione politica della malattia, morte e successione di Ferdinando VI fra il 1758-1759 (la sua corrispondenza con il marchese di Gamoneda, segretario della regina Elisabetta Farnese, dal 7 nov. 1758 fino ad agosto 1759, è in AHN, Estado, legajo 2483). Infatti, nel 1759 ottenne come segni di riconoscenza l’ordine di San Gennaro, la nomina di Capitano Generale (AGS, Estado, libro 235, p. 379) e un posto di consigliere di Stato in Spagna (Gaceta de Madrid, 9 ottobre 1759, n. 41, p. 328: «Atendiendo el rey a las distinguidas circunstancias y servicios del Sr. D. Estevan reggio, Principe de yachi y Campopflorido, theniente General de sus Exercitos, Coronel de sus reales Guardias Italianas y su Embajador Extraordinario en esta Corte, ha venido S. M. en hacerle merced de Plaza de Consejero de Estado, con los Honores, Sueldo Gages, y Preheminencias, que como a tal le corresponden desde el dia veinte y tres de agosto proximo anterior»). Il 24 ottobre 1759 stava già a fianco di Carlo III e Maria Amalia in Catalogna (vedi Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 38). Finalmente, dal 1761 fece parte del Consiglio di reggenza del regno delle Due Sicilie (vedi ad indicem MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12). Su questo personaggio, cfr. ancora ad indicem MAGDALENo rEDoNDo, op. cit. a p. 3, nota 1; roberto zAPPErI, Aci (Iaci, Yaci), Stefano, principe di, in DBI e ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 409. ringrazio Javier Sánchez Márquez per le informazioni su questo personaggio. 4 Maria Amalia aveva varie ragioni per sospettare della futura intromissione di Elisabetta Farnese nella prassi di governo, non soltanto per la fondamentale attività politica svolta come regina consorte dal 1716 al 1746, ma anche per il ruolo giocato durante il regno di Ferdinando VI (1746-1759) in difesa dei diritti e della legittimità di Carlo di Borbone come erede del regno di Spagna. A questo riguardo si devono osservare attentamente le lettere ancora inedite scritte fra ricardo Wall e il marchese di Gamoneda, segretario della regina vedova (AHN, Estado, legajo 2584) e quelle fra Elisabetta Farnese ed il futuro Carlo III dal 1758 in poi (AHN, Estado, legajos 2548 e 2714, che sono state pubblicate in breve da Imma ASCIoNE, Elisabetta Farnese e Carlo di Borbone: il carteggio dell’«año sin rey» (1759), in Elisabetta Farnese, principessa di Parma, a cura di FrAGNIto, cit. qui nella nota 2, pp. 287-315 e in maniera compiuta in L’avvento di Carlo III al trono 34 Verso la riforma della Spagna: Carteggio di Spagna nel carteggio inedito con Elisabetta Farnese (1759), in «Frontiera d’Europa», a. XVI, 2010, n. 1, pp. 23-182. Non a caso, già nel 1754 Carlo di Borbone aveva concesso ad Elisabetta Farnese il diritto di assumere la di lui potestas sovrana come re della Spagna in caso di scomparsa di Ferdinando VI (cfr. DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 335-6). Fu per questa ragione che Elisabetta Farnese divenne reina gobernadora della Spagna il 12 agosto 1759 dopo la morte di Ferdinando VI il 10 di quel mese (AHN, Estado, legajo 2498). Danvila infatti ci spiega come «Isabel de Farnesio, por el poder que le tenía conferido su hijo y por la cláusula del testamento de Fernando VI, asumió desde los primeros instantes el gobierno de la nación, y el 12 [agosto 1759] la reina Gobernadora ofició al obispo de Cartagena, gobernador del Consejo [de Castilla], trasladándole el origen de su representación para que en los despachos se siguiese el estilo y la práctica acostumbrada en semejantes casos» (DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, p. 4) tanucci, come tanti altri funzionari al servizio di Carlo di Borbone, si rendeva conto del pericolo e dei conflitti che potevano svilupparsi fra Maria Amalia ed Elisabetta Farnese: «Prego Dio che le due regine [Elisabetta Farnese e Maria Amalia] convengano e colla loro concordia contribuiscano alla pace di casa e alla quiete e salute del re. Prego Dio che illumini tutti quelli che alle due regine staranno intorno» (AGS, Estado, libro 235, p. 372: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 2 ott. 1759). Ancora Bristol accennava la rivalità fra le due regine: «the new Catholick Queen will undoubtedly hurry the voyage as much as possible, not caring to have the queen mother continue too long in the exercise of her authority. All people are of opinion the regent will be forced to yield to the consort. there will be some struggle, but the weight will fall into the scale of the wife, and by the ensuing winter, the system of this court may probably be penetrated» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 13 agosto 1759, ma si veda anche la lettera dell’8 ott. 1759 nella stessa filza). Edward Clarke scrisse a sua volta che: «though almost blind, [Elisabeth Farnese] still retains her ancient spirit and vivacity. Her ambition will probably never expire but with her breath: And whenever she dies, I am persuaded her last words to the king will be, «Remember tuSCANy for Don Luis» (Edward CLArkE, Letters Concerning the Spanish Nation: Written at Madrid during the Years 1760 and 1761, t. Becket and P. A. De Hondt, Londra 1763, p. 329). Sul protagonismo pubblico di Elisabetta Farnese nel 1759, FErNáN NúñEz scrisse che «cualquiera creería que, después de doce años de semejante vida, no podría S. M. [Isabel de Farnesio] emprender un viaje de catorce leguas de mal camino, con un puerto como el de la Fonfría, sin mucho cuidado y precauciones, y en silla de manos; pero esto del mando, para el que tiene la suerte de gustar de él, es la pasión más dominante y el remedio más seguro de todos los males. Apenas recibió la reina la noticia y poderes para la regencia, se puso en coche, y en un día se halló en Madrid, habiendo hecho todo el viaje sin el menor quebranto. tanto puede en el hombre la fuerza de la imaginación y el gusto ó pesar con que se hacen las cosas» (Carlos José Gutiérrez de los ríos, conte di FErNáN NúñEz, Vida de Carlos III, tomi I-II, a cura di Alfred MorEL-FAtIo e Antonio PAz y MELIá; con prologo di Juan VALErA, Librería de los Bibliófilos Fernando Fe, Madrid 1898 [1788], tomo I, p. 93). 5 Carlo III diceva a tanucci nella sua prima lettera a questo riguardo che «gracias a Dios continuamos con igual felizidad el [viaje] de tierra aviendo llegado oy aqui todos muy buenos y yo lleno de gozo de ver el amor que nos demuestran todos estos pueblos pues llega a tanto, que son locuras las que hazen» (Lettera 1: Carlo III a Bernardo tanucci, Lerida 25 ottobre 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 38). Queste impressioni furono da lui ripetute in altre lettere della stessa serie. 6 Maria Amalia si riferisce sarcasticamente ai sospetti della classe politica spagnola, 3. Maria Amalia - 21 ottobre 1759 35 che vedeva come Carlo III cominciasse a prendere decisioni senza aspettare il suo arrivo ufficiale nella capitale del regno. Infatti, a Madrid si ebbe l’impressione che il nuovo sovrano volesse modificare lo stile di governo, come indicano i commenti dell’ambasciatore austriaco rosenberg (Dispaccio n. 50 da rosenberg a Vienna, Madrid 15 ott. 1759 in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 31-2) e come vivacemente spiega FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 243-4: «sobre el rumbo que daría a los negocios el nuevo Soberano versaban a la sazón y de continuo las animadas conversaciones de los políticos y noticieros. Siendo ya públicas las máximas gubernativas de D. Carlos, tras de tantos años de corona, opinaban casi todos los adictos y desafectos que se atendría a ellas ahora como antes; bien que algunos de los segundos sonrieran con la esperanza de que, variando las circunstancias de napolitanos y españoles, tampoco sería igual el sistema para con los unos y los otros; y confiaran además en que bajo el cetro de su primer hijo recuperaría Isabel de Farnesio toda la influencia que bajo el de Felipe V, su esposo, tuvo siempre. Aunque ya estaba dado el impulso hacia muchas mejoras, sus más solícitos promovedores podían abrigar recelos de que tornara a ser preponderante lo que empezaba a estar decadente, pues había aciagos ejemplos de perder mucho la nación española en prosperidad interior y sólida grandeza al aclamar nuevo soberano. todos hubieron de mantenerse en anhelosa espectativa, porque D. Carlos no pecaba de precipitado ni de impaciente al procurar lo que le parecía más útil y justo». Lafuente segnala anche che «aunque las ideas de gobierno de Cárlos eran harto conocidas, como monarca de tantos años esperimentado en Nápoles, habia no obstante cierta impaciencia por ver qué rumbo daba á su politica en España, si la reina madre recobraria su antigua influencia, ó quién la ejerceria con el nuevo soberano; y agitaban á los politicos, como en casos tales acontece, temores y esperanzas» (Modesto LAFuENtE, Historia General de España, tomo XX, parte tercera: Edad Moderna, Establecimiento tipográfico de Mellado, Madrid 1858, pp. 12-3). In realtà, la caotica situazione politica seguita alla malattia di Ferdinando VI aveva fatto nascere una forte tensione politica a Madrid, dove i segretari di Stato e del Dispaccio e l’aristocrazia di corte giocavano fortemente nel loro rispettivo tentativo di dominare la scena politica spagnola. Come ci spiega William Coxe: «during the declining health of Ferdinand, and especially during the species of interregnum occasioned by his last illness, active cabals took place for the disposal of his crown, and a strong party was formed either by French influence or connivance, in favour of Don Philip [duca di Parma]» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 229). Su questo argomento, vedi inoltre roDríGuEz CASADo, La política, op. cit. a p. 3, nota 1; ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 243-8; Carlos CoroNA BArAtECH, Carlos III, in Historia General de España y América. La España de las Reformas hasta el final del reinado de Carlos IV, tomo X-2, rialp, Madrid 1984, pp. 381456 (in part. III. El poder político y la oposición, pp. 394-8); teófanes EGIDo LóPEz, Las elites de poder, el gobierno y la oposición, in Historia de España fundada por Ramón Ménendez Pidal, tomo XXXI: La época de la Ilustración, vol. I: El Estado y la cultura (1759-1808), Espasa-Calpe, Madrid 1987, pp. 131-70; José ANDréS-GALLEGo, El motín de Esquilache, América y Europa, CSIC-Fundación Mapfre tavera, Madrid 2003 e Niccolò GuAStI, Lotta politica e riforme all’inizio del regno di Carlo III. Campomanes e l’espulsione dei gesuiti dalla monarchia spagnola (1759-1768), Alinea Editrice, Firenze 2006. 7 Per corte si può intendere in questo contesto sia il suo significato più ampio di monarchia, sia il suo senso più specifico di Casa reale. Sono vari i testimoni che confermano la paralisi dell’amministrazione e gestione del potere per l’incapacità di Ferdinando VI di governare personalmente dall’autunno del 1758 fino alla sua morte nell’agosto del 1759. Su questo particolare, cfr. i lavori citati nella nota precedente, ed ancora Dolores MAtEoS 36 Verso la riforma della Spagna: Carteggio DorADo, La actitud de Carlos III durante el año «sin rey» (1758-1759), nel volume miscellaneo Carlos III y la Ilustración, op. cit. a p. 4, nota 8, vol. I, pp. 299-321; PérEz SAMPEr, El rey y la Corte, op. cit. a p. 4, nota 8; Charles C. NoEL, The Crisis of 1758-1759 in Spain: Sovereignty and Power during a «Species of Interregnum», in Royal and Republican Sovereignty in Early Modern Europe. Essays in Memory of Ragnhild Hatton, a cura di in robert orESko; G. C. GIBBS e Hamish M. SCott, Cambridge university Press, Cambridge 1997, pp. 580608; José ANDréS-GALLEGo, 1759, el cambio dinástico diferido, in El cambio dinástico y sus repercusiones en la España del siglo XVIII, a cura di José FErNáNDEz GArCíA, María Antonia BEL BrAVo e José Miguel DELGADo BArrADo, universidad de Jaén, Jaén 2001, pp. 45-51 e José Luis GóMEz urDáñEz e Diego téLLEz ALArCIA, 1759. El año «sin rey y con rey»: La naturaleza del poder al descubierto, en El poder en Europa y América. Mitos, tópicos y realidades, a cura di Ernesto GArCíA FErNáNDEz, universidad del País Vasco, Bilbao 2001, pp. 95-109. Sulla situazione della Casa reale spagnola al tempo di Ferdinando VI e dopo la sua morte, vedi AGP, Administrativa, legajos 924 e 941 e AGP, Reinados, Carlos III, legajo 5071-5, così come Carlos GóMEz-CENturIóN JIMéNEz, La reforma de las casas reales del Marqués de la Ensenada, in «Cuadernos de Historia Moderna», 1998, n. 20, pp. 59-83. Sulla corte spagnola del Settecento, cfr. Pablo VázQuEz GEStAL, ‘Non dialettica, non metafisica ...’. La corte y la cultura cortesana en la España del siglo XVIII, in «reales Sitios», a. XLIII, 2006, n. 169, pp. 50-69 e dello stesso ‘Dove dal nulla l’uomo s’innalza ai più sublimi onori’. La Corte de Carlos IV y la reina María Luisa (1788-1808), in La Nación recobrada. La España de 1808 y Castilla y León, a cura di Luis Miguel ENCISo rECIo, Junta de Castilla y León, Valladolid 2008, pp. 37-53. 8 Al riguardo dello stato di efficienza della truppa spagnola, cioè dell’esercito, tanucci scrisse in quei giorni: «Ma la truppa è e sarà e deve essere la prima cura del re. In Germania anno stampato il piano della truppa spagnola, la quale vi si vede molto scarsa. Pare che questa pubblicazione in tal tempo abbia del misterioso. Forse la corte di Vienna avrà voluto che non si tema tanto una potenza ch’ella non ha potuto e non potrà rigirare a suo piacimento, come essa fa della Francia» (AGS, Estado, libro 236, p. 10: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 16 ott. 1759). Circa un mese più tardi formulò la seguente critica in una lettera anche al duca di Losada: «Scrivon troppo e troppo anno scritto da Saragozza e da Barcellona. Vostra Eccellenza colla sua solita prudenza e attenzione pel re e per la Casa reale mi ha fatta qualche confidenza dello stato non buono della truppa, della marina, delle finanze. Ma altri senza riserva anno scritto molto più. tre sere sono venne rubion a visitarmi, stando io in casa per un ostinata emicrania anniversaria, e mi fece un ritratto il più lacrimevole della Spagna, e tirando le politiche conseguenze, che io lungamente e caldamente gli contrastai. Veramente son tanti indiscreti nel mondo che fanno desiderare che non ci sia la corrispondenza delle lettere» (AGS, Estado, libro 236, p. 259: Bernardo tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 25 dicembre 1759). una descrizione dello stato dell’esercito spagnolo poco dopo l’arrivo di Carlo III in Spagna si trova in NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 19 dic. 1759 e anche CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, pp. 244-5. 9 Carlo III scriveva invece a tanucci la sua alquanto diversa opinione: «he visto el plan que te ha enviado [Maio] de estas tropas y espero que no te engañes en tu pronostico, y te diré para tu consuelo que lo que he hallado es muy bueno, y en muy buen estado, y que lo demás es muy fácil de remediar» (Lettera 2: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 1 novembre 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 39). 10 Quanto al governo della Spagna, Carlo di Borbone era consapevole di quella supposta ‘anarchia’, come la qualificò in una lettera indirizzata alla madre Elisabetta Farnese, poco prima di arrivare a Barcellona, già come re di Spagna: «Sarò sempre obbligato ai tanti benefizi 3. Maria Amalia - 21 ottobre 1759 37 di Vostra Maestà. E reputo uno di questi la cura che si è presa per impedire le cabale alle quali dava luogo la malattia del corpo e della mente del re [Ferdinando VI]. uno ancora è quello di avvertirmi colla stimata lettera de 27 giugno [che si conserva in AHN, Estado, legajo 2548, expediente 39] portata da Loragna e speditami per espresso dall’infante mio fratello, della necessità di provedere ai tanti sconcerti e al pericolo ancora di cotesti regni caduti in si lunga anarchia e nella confusione di partiti, la maggior parte de quali, mentre mostra di desiderare il rimedio, veramente non lo vuole, come i popoli sinceramente lo bramano, e lo aspettano da me» (AGS, Estado, libro 235, pp. 269-70: Minuta di lettera del re alla regina madre [Elisabetta Farnese], Li 14 agosto 1759). È da notare la contrapposizione partiti-popoli. tanucci ritornò con insistenza su questo argomento a Wall scrivendogli: «Veramente i tanti lamenti che qua venivano, specialmente da San Ildefonso, dei danni della monarchia per la mancanza del governo, avevan comosso il re e voleva Sua Maestà con qualche sua disposizione andar di giorno in giorno mostrando alla nazione che principiava a pensar di sovvenirla e di assisterla» (AGS, Estado, libro 235, p. 351: tanucci a riccardo Wall [Madrid], Napoli 25 set. 1759). Anche al principe di Aci tanucci accennava queste impressione: «Per parlar sinceramente bisogna confessare che la pittura fatta da Vostra Eccellenza di quelli che compongono cotesta corte e ministero alto e basso dismostra francamente che un sovrano così perfetto e così buono si merita più di noi che da cotesti intriganti, imbroglioni, falsi. In una parola, pieni di passioni e senza principio di virtù, di animo, di cuore di tutto quello per cui si convive. Il re, che costì se ne viene ad estirpare e svellere, mi sembra quell’Ercole che andava pel mondo a domare i mostri e non poco si trattenne nelle Spagne» (AGS, Estado, libro 235, p. 371: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 2 ott. 1759). Questi sono segni importanti della perfetta intesa tra il re Carlo e lo statista italiano circa l’esigenza di accogliere le richieste politiche popolari, di cui si era fatta interprete una parte consistente della cultura illuministica. 11 Secondo Ferrer del río, «mientras permanecieron en Barcelona los viajeros augustos, no cesaron las fiestas ostentosas y los muy expansivos agasajos que todas las clases y todos los individuos les tributaron a porfía. Algunas veces hubieron de revestirse con todo el aparato de la Majestad, por exigirlo así determinadas ceremonias, fuera de las cuales usaron siempre el sencillo traje con que se les vio saltar en tierra: casaca de color de plomo, chupa y calzón de paño negro era el de D. Carlos, y el de su esposa una bata de lana como hábito de San Francisco. Por mostrar benévolo agradecimiento a los catalanes, perdonóles el Soberano a la despedida los atrasos de la contribución del catastro hasta fines de 1758, merced de que participaron asimismo los aragoneses» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 239-40). Due efficaci relazioni sul soggiorno a Barcellona di Carlo III e di Maria Amalia sono l’anonima Relación obsequiosa de los seis primeros días en que logró la Monarchía española su mas augusto principio anunciándose a todos los vasallos perpetuo regozijo y constituyéndose Barcelona un paraíso, con el arribo, desembarco y residencia que hicieron en ella desde los días 17 al 21 de octubre de 1759 las Reales Magestades del Rey nuestro señor Don Carlos III y de la Reina Nuestra Señora Doña Maria Amalia de Saxonia, con sus altezas el Príncipe Real y demás Soberana Familia. Escrita de orden del Muy ilustre Ayuntamiento de esta capital, María teresa Vendrell, Barcellona 1759, e la Mascara Real executada por los Colegios y Gremios de la Ciudad [sic] de Barcelona para festejar el feliz deseado arribo de nuestros Augustos Soberanos D.n Carlos tercero, y D.ª Maria Amalia de Saxonia, con el Real Principe e Infantes, thomas Piferrer, Barcellona 1764, con incisioni. Cfr., inoltre, la Relacion del pronto obsequio con que la ciudad de Barcelona solemnizò en los dias 24, 25 y 26 de septiembre de 1759 la Real Proclamacion del Rey nuestro Señor Don Carlos Tercero, (que Dios guarde) executada en el dia 24 por su muy Ilustre Ayuntamiento, que componian, reimpresso en Madrid en la Imprenta del Supremo Consejo 38 Verso la riforma della Spagna: Carteggio de la Inquisicion, 1759; José Julián de CAStro, Demostracion gozosa de la mas entrañable, y fidelisima lealtad. Magnificas, y solemnes funciones, con que la inclita ciudad de Barcelona ha felicitado la próspera navegacion, y venturoso arribo à sus famosas playas de nuestros Catholicisimos Monarcas Don Carlos Tercero, y Doña Maria Amelia de Saxonia, su dignissima consorte, en agradable compañia de su real y muy amada familia, Imprenta de Manuel Martin, Madrid [1759]; Real detencion con que la Magestad de Don Carlos III honrrò la feliz ciudad de Barcelona en su desembarco, y venida de Napoles à España, Ioseph Altès, Barcelona 1759 e Obsequiosa demostracion, que a su augusto monarcha Don Carlos III (que Dios guarde) puesto a los reales pies de su magestad consagra el Real Seminario de Nobles de la Compañia de Jesus de Barcelona, Imprenta de Francisco Suriá, Barcellona [1759]. 12 Su questo, Danvila segnala che «la inspección de las fuerzas militares en la ciudadela, Atarazanas y Montjuich, no le [Carlo III] satisfizo por completo, pues escribió a su madre que las encontró, aunque en buen estado, muy disminuídas, pero que todo se remediaría» (DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, p. 37). Vedi anche il Dispaccio n. 52 da rosenberg a Vienna, Madrid 29 ott. 1759 in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 36-7. I Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 9 ottobre 1759*. Lusingato dalla somma clemenza che ho tanto sperimentato di che la Maestà Vostra perdonarebbe per un errore di più ad uno che è tuttavia senza sensi e senza ragione il far l’ultimo atto del suo maggior decoro1, comparisco un’altra volta ai piedi della Maestà Vostra colle lettere del re2 da Varsavia3 e del Principe reale4 da Dresda5 e da Praga6. Queste ultime son venute per la staffetta in questa stessa notte. Aggiungo perché Vostra Maestà resti servita più presto una lettera al padre Ildebrando7 ove dice Palombo che si chiude una lettera del principe Saverio8. Alcune pezze di drappi verrebbono questa notte se l’ora fosse compatibile colla diligenza necessaria per serrarsi in tavolette ciascuna e tutte insieme incassarsi. Il pianto universale ha il solo sollievo del veder nella salute del nuovo 9 re e nella continuazione del sereno e placido cielo esaudite le nostre orazioni. Desidero una di quelle rubriche dei Consigli di Spagna10 per non sporcar questa carta che ardisce tanto col nome che si prostra ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 235, p. 386. 1 Su questo ‘errore’, vedi infra Lettera VI da tanucci alla regina Maria Amalia, 13 nov. 1759. I. tanucci - 9 ottobre 1759 39 2 FrIEDrICH AuGuSt II-AuGuSt III (1696-1763), padre di Maria Amalia. Principe elettore di Sassonia dal 1733, fu anche eletto re di Polonia nel 1734 con l’aiuto della russia e dell’Austria durante la guerra di Successione Polacca (1733-1738). Ebbe un ruolo determinante nella storia della cultura e delle arti europee del Settecento. Sulla sua corte, cfr. Harald MArX e Gregor J. M. WEBEr, Dresden in the Ages of Splendor and Enlightenment. EighteenthCentury Paintings from the Old Masters Picture Gallery, Columbus Museum of Art, Columbus 2000; Helen WAtANABE-o’kELLy, Court Culture in Dresden. From Renaissance to Baroque, Palgrave, New york 2002; The Glory of Baroque Dresden. The State Art Collections Dresden, the Mississippi Comission for International Cultural Exhange, Jackson 2004; Arte per i re. Capolavori del ’700 dalla Galleria Statale di Dresda, Arti grafiche friulane, udine 2004; Antonio BrIGHI, ‘Un appetito insaziabile’: Augusto III di Sassonia e la passione per il collezionismo in Gloria dell’assente. La Madonna per San Sisto di Piacenza, 1754-2004, a cura di Eugenio GAzzoLA e Fabio MILANA, Vicolo del Pavone, Piacenza 2004, pp. 33-41 e Splendeurs de la cour de Saxe. Dresde à Versailles, a cura di thomas W. GAEHtGENS, Dirk SyNDrAM e Béatrix SAuLE, réunion des Musées Nationaux, Parigi 2006. 3 Varsavia, capitale della Polonia, era la città dove il re Augusto III si era rifugiato per sfuggire all’esercito prussiano dopo l’inizio della guerra dei Sette Anni nel 1756. I sui figli, i principi Saverio e Carlo, erano andati con lui. Vedi tANuCCI, Epistolario, vol. V: 1757-1758, op. cit. a p. 29, nota 3, p. 6. 4 FrIEDrICH CHrIStIAN VoN SACHSEN (1722-1763), fratello di Maria Amalia, era figlio di Augusto III di Polonia (1696-1763) e Maria Josepha von Habsburg, arciduchessa d’Austria (1699-1757). Per la morte prematura dei suoi fratelli Friedrich August (1720-1721) e Joseph August (1721-1728), fu dal 1728 erede al trono del principato elettore di Sassonia. Maria Amalia aveva con lui corrispondenza ordinaria e personale, come sappiamo da queste lettere. Sulla corte di Dresda, vedi i lavori citati precedentemente e anche Helen WAtANABE-o’kELLy, Religion and the Consort. Two Electresses of Saxony and Queens of Poland (1697-1757) nel volume miscellaneo Queenship in Europe 1660-1815, op. cit. a p. 32, nota 2, pp. 252-75. 5 Dresda era la capitale della Sassonia dove risedeva buona parte dell’anno la corte di Augusto III di Polonia, elettore di Sassonia e padre di Maria Amalia. Su Dresda nel Settecento cfr. la bibliografia precedentemente citata. 6 Praga era la capitale della Boemia, regno che allora apparteneva all’Austria. 7 Jean HILLEBrANDt (1686-1761), confessore gesuita della regina Amalia, «issu d’une famille noble, naquit à znaim en Moravie, le 4 mai 1686, entra au noviciat le 21 octobre 1701, professa les humanités, la philosopie et la théologie; et fut pendant cinq ans recteur de l’université d’olmutz. Depuis il devint confesseur de la reine de Naples, et vécut saintement à la cour pendant ving-trois ans. Le P. Hillebrandt mourut à Madrid le 11 janvier 1761» (Agustin DE BACkEr e Alois DE BACkEr, Bibliothèque des écrivains de la Compagnie de Jésus ou notices bibliographiques 1º de tous les ouvrages publiés par les membres de la compagnie de Jésus depuis la fondation de l’ordre jusqu’a nos jours; 2º des apologies, des controverses religieuses, des critiques littéraires et scientifiques suscitées a leur sujet, vol. V, Imprimerie de L. GrandmontDonders, Liége 1859, p. 311). Vedi anche Carlos SoMMErVoGEL, Hillebrandt, Jean in Bibliothèque de la Compagnie de Jésus. Nouvelle Édition. Bibliograpie, tome IV: Haakman-Lorette, oscar Schepens-Alphone Picard, Bruxelles/Parigi 1893, pp. 379-80. 8 Il principe FrANz XAVEr VoN SACHSEN (1730-1806), conte di Lausitz (Lusazia) e fratello di Maria Amalia, era il secondo figlio maschio rimasto vivo di Augusto III di Sassonia. regnerà come reggente dopo la morte di suo fratello nel 1763. Dal 1757 era a Praga e formava parte della divisione sassone dell’esercito austriaco nella guerra dei Sette Anni (1754-1763). Su di lui, vedi Bernhard VoN PotEN, Xaver in Allgemeine Deutsche Biographie (ADB), Band 40 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 44, Duncker & Humblot, Leipzig 1898, pp. 578-80 ed ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. V: 1757-1758, op. cit. a p. 29, nota 3. 9 FErDINANDo DI BorBoNE E SASSoNIA (1751-1825), Ferdinando I delle Due Sicilie, era il terzo figlio maschio di Carlo III e Maria Amalia. Fu nominato nel 1759 re delle Due Sicilie dopo che era stata dichiarata l’incapacità del primogenito Filippo e la riserva del secondogenito, Carlo, come erede al trono della Spagna. Vedi Domenico SCHIAVo, Descrizione della solenne acclamazione, e del giuramento di fedeltà prestato al re di Sicilia Ferdinando Borbone composta dal dott. Domenico Schiavo palermitano, Nella Stamperia de’ SS. Appostoli in Piazza Vigliena, Palermo 1760; BECAttINI, Storia del Regno di Carlo III, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 193-9; FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, pp. 95-7 e pp. 135-41 (dove è trascritta la Abdicación de la Corona de Nápoles y establecimiento del Consejo de regencia durante la menor edad del Rey y de la sucesión de la Corona para después de sus días); CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, pp. 232-6; DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, p. 414 ss. e, finalmente, SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, seconda ed., Napoli 1923, volume II, pp. 80-7. un buon riassunto bio-bibliografico sul personaggio in Silvio DE MAJo, Ferdinando I di Borbone, re delle Due Sicilie (già IV re di Napoli e III re di Sicilia), in DBI. Sul regno delle Due Sicilie al suo tempo, cfr. CHIoSI, op. cit. a p. 29, nota 4, pp. 372-467 e GALASSo, op. cit. ibidem. 10 Con i consigli di Spagna tanucci si riferisce ai consejos della monarchia spagnola. Il consejo era, secondo il dizionario della Real Academia Española de la Lengua: «[el] órgano superior de gobierno que asistía al rey en la administración del reino y para impartir justicia, y que tomaba el nombre del territorio o materia de su competencia». Di origine medievale, nell’età moderna furono creati nuovi consejos o ampliati e riformati i precedenti. Ve ne erano di due tipi: quelli territoriali – come quelli de Indias, de Italia o de Castilla – o quelli tematici – come Hacienda, órdenes Militares o Guerra –. Nel Settecento alcuni furono eliminati, come quelli di Italia o di Flandes (cfr. Alicia EStEBAN EStríNGANA, Preludio de una pérdida territorial. La supresión del Consejo Supremo de Flandes a comienzos del reinado de Felipe V in La pérdida de Europa. La guerra de Sucesión por la Monarquía de España, a cura di Antonio áLVArEz-oSSorIo ALVArIño; Bernardo José GArCíA GArCíA e Virginia LEóN SANz, Fundación Carlos de Amberes, Madrid 2007, pp. 335-78). Altri esistevano ancora, ma per la maggior parte non operativi, essendo sostituiti nelle loro funzioni esecutive dalle Secretarías de Estado y del Despacho. Vedi la voce consejo in Andrés CorNEJo, Diccionario historico, y forense del Derecho Real de España, por D. Joachin Ibarra, Madrid 1779, pp. 157 e ss.; Feliciano BArrIoS, El Consejo de Estado de la monarquía española (1521-1812), Consejo de Estado, Madrid 1984; José Luis BErMEJo CABrEro, Estudios sobre la administración central española (siglos XVII y XVIII), Centro de Estudios Constitucionales, Madrid 1982; José Antonio ESCuDEro, II. La reconstrucción de la administración central en el siglo XVIII in Historia de España fundada por Ramón Ménendez Pidal, tomo XXIX: La época de los primeros borbones, vol. I: La nueva monarquía y su posición en Europa (1700-1759), Espasa-Calpe, Madrid 1985, pp. 81-177 e Pere MoLAS rIBALtA, La administración española en el siglo XVIII in Historia General de España y América, tomo X-2: La España de las reformas hasta el final del reinado de Carlos IV, rialp, Madrid 1984, pp. 87-144. 4. Maria Amalia - 25 ottobre 1759 41 4 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Anno fatto quattro giornate senza il minimo incomodo. Il paese assomiglia ad Ariano o Monteforte. Appena giunti acclamarono don Carlo per prencipe d’Asturias fino nell’orazione “Pro Rege”. Complimento benignissimo di Sua Maestà in proposito della rubrica che, in segno di maggior ossequio, usano le corti di Spagna in vece della firma. &c. Lerida1, il 25 8bre 1759. Ho ricevuto con sommo godimento la vostra lettera di 9 di questo mese. Non so di qual erore mi parlate haver comesso; vorei sapere chi di tutti noi stava con tutta la ragione presente in quell’ultimi amari momenti2. Le orazioni che si sono fatte sono certamente state da Dio esaudite, che tanto ha prosperata la nostra navigazione e tuttavia prospera il nostro viaggio; grazie gli sieno sempre date. Abbiamo fatto 4 giornate senza il minor incomodo ne acidente3. Li popoli ov’unque passiamo fanno pazzie4. Giungono ad acclamare il re loro redentore e spero che sia tale il bisogno. N’è grande la miseria e estrema in questo paese, il quale nel più ameno [ossia dov’è più piacevole] assomiglia molto ad Ariano5 o Monteforte6. Hoggi però siamo calati in una bella pianura. Mi scordai di dirvi nelle altre mie che dal primo instante del nostro arrivo tutti grandi e piccoli chiamano Carlo7 il principe d’Asturias8; sino nella orazione Pro Rege ci aggiungono il principe9. So che questo vi farà piacere perché mi ricordo che ne havevi qualche dubbio10. Il re lascia corere, come potete credere, ed anche lui quando lo porta il discorso la chiama il principe, lo che dalla gente viene gradito. una di quelle cifre di questi Consigli avrebbe ben sporcata la lettera, ma non già il nome d’un huomo che con il suo lungo e fedele servigio merita quella benevolenza che sempre gli conserverò. Amalia. 1 Lerida, città della Catalogna, posta nell’interno, fra Barcellona e Saragozza. Delle novità politiche realizzate a Napoli fra il 10 agosto 1759 (morte di Ferdinando VI) ed il 6 ottobre 1759, (partenza da Carlo di Borbone per la Spagna) esiste una precisa sintesi di tanucci nella sua lettera ad Albertini, ambasciatore napoletano a Londra: «Il re stà sul partire per Spagna. Qui pochi giorni rimarrà. Questi saranno impiegati a pubblicare il giudizio fatto col consiglio d’una grande assamblea di tutti gli ordini dello Stato sull’incapacità del suo primogenito [il principe Filippo]. A questa dichiarazione, alla quale non manca altro che la pubblicazione, succederà la cessione che la Maestà Sua farà delli Stati d’Italia al suo terzo2 42 Verso la riforma della Spagna: Carteggio genito [Ferdinando], poiché dovendo al suo arrivo in Spagna dichiararsi il secondo [Carlo] principe di Asturias, nasce l’incompatibilità desiderata dai trattati di questo secolo di potenza italiana e spagnuola. Ecco dunque il nuovo re delle Sicilie Ferdinando III. Questo è pupillo, e secondo lo stabilimento che il padre viene a fare, non uscirà dalla minor età fino al decimosesto anno compito, per arrivare al quale mancano a questo principe sette anni e mesi. In questo tempo governarà qui una regenza del Consiglio di Stato, formata dal marchese d’Arienzo, il principe d’Iaci e io. Non per questo nuovo ministero lascerò la Segreteria di Stato e della Casa reale. La sola Segreteria di Giustizia si è conosciuta incompatibile con un ministero che io devo esercitare, stando più di due terzi dell’anno colla corte fuori della capitale. Savie e solide e popolari sono le Istruzioni che il re lascia a questa regenza, sulla quale deve residere per tanti anni l’esercizio della sovranità» (AGS, Estado, libro 235, pp. 339-40: tanucci a Giambattista Albertini, principe di Cimitile [Londra], Napoli 18 set. 1759). Vedi anche FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, pp. 95-100 e SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, pp. 84-7. 3 Avevano lasciato Barcellona il 22 ottobre, come indica la Gaceta de Madrid, 30 ottobre 1759, n. 44, p. 352: «los reyes nuestros Señores, y los Señores Infantes sus amados Hijos, que salieron de Barcelona el Lunes 22 del presente, continuaban sus marchas con la mayor felicidad, y quedaban con ella, y la mas robusta salud el dia 26 en el Lugar de Candasnos, cuyos Habitantes, y los de los demàs Pueblos de transito, y mansion, no cessan de ponderar el general benigno agrado con que sus Magestades, y Altezas se permiten a la vista, y trato del Vassallo mas humilde, derramandose por tanto todos en repetidos Vivas, y Aclamaciones». 4 Ancora secondo FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 240-1: «todo el viaje fue una especie de triunfo, y los pueblos hacían tales locuras de contento, que el rey mismo no creía merecer tanto. Entre los muchos que se le acercaron por el camino para dirigirle súplicas o parabienes, no hubo quien no experimentara la benignidad de sus palabras, salvo el obispo de Lérida, que las oyó severísimas de su boca; porque, lejos de admitirle con rostro halagüeño un magnífico regalo de varias alhajas de diamantes, dijo en su presencia sin disimular el enojo: Los obispos no tienen qué dar, que es todo de los pobres; véndanse y dénse de limosna». 5 Ariano, paese campano, ora in provincia di Avellino, nella regione campana, fra Benevento e Foggia. 6 Monteforte, come Ariano, è un paese campano, ora in provincia di Avellino. 7 CArLoS ANtoNIo DE BorBóN y SAJoNIA (1748-1819), secondogenito maschio di Carlo III e Maria Amalia di Sassonia, fu riconosciuto ufficialmente erede al trono spagnolo con il titolo di principe d’Asturias nelle cortes del 19 luglio 1760 (vedi Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, pp. 247-248). Sposò nel 1765 Maria Luisa di Borbone e Borbone (17511819), figlia dell’infante Filippo di Borbone (1720-1765), duca di Parma e fratello di Carlo III. regnò in Spagna dal 1788 fino al 1808 come Carlo IV. La biografia più equilibrata su questo personaggio è quella di teófanes EGIDo LóPEz, Carlos IV, Arlanza, Madrid 2001. 8 Il titolo di príncipe de Asturias era quello che portava la persona riconosciuta come erede al trono di Spagna. L’intitolazione con questa specifica condizione giuridica nasce nel 1388 come riflesso di quella di principe del Galles, istituito per nominare l’erede al trono d’Inghilterra, e quella di delfino per l’erede al trono francese. Vedi La figura del Príncipe de Asturias en la corona de España, Dykinson, Madrid 1998 e la mostra intitolata Príncipes de Asturias, a cura di Jesús urrEA, Caja de Ahorros de Asturias, oviedo 1988. Sul giuramento del futuro Carlo IV, vedi ad indicem il volume Príncipes de Asturias. Juramentos. Libro de los Juramentos, Pleito Homenaje y Proclamaciones del Principado de Asturias (1709-1834), a cura di Santos Manuel CoroNAS GoNzáLEz, Junta General del Principado de Asturias, oviedo 2001. 9 una fra le più grandi preoccupazioni sia di Carlo III sia di tanucci era il riconosci- II. tanucci - 16 ottobre 1759 43 mento di Carlo, secondogenito del re, come principe ereditario della Spagna, come scrisse lo stesso re spagnolo: «Por lo tocante al título que el rey [di Napoli, Ferdinando] de á su hermano Carlos debe ser Al Príncipe de Asturias mio Frattello [sic], pues gracias á Dios sin aver dicho yo nada desde que llegué, toda la nobleza y todos los pueblos le han llamado y reconocido por tal con viva voz, lo cual te dejo considerar el gozo que ha sido para mi, haviendo logrado lo que deseaba sin tener la menor cosa que hacer» (Lettera 3: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 8 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 41). L’Auto Acordado fatto da Filippo V il 10 maggio 1713, che modificava il sistema ereditario alla corona di Spagna, non soltanto aveva introdotto la Ley Sálica, ma presumibilmente «excluía, además, a todo príncipe no nacido en el país» (Luis Miguel ENCISo rECIo, Las instituciones de Gobierno in Luis Miguel ENCISo rECIo; Agustín GoNzáLEz ENCISo; teófanes EGIDo LóPEz; Maximiliano BArrIo GozALo e rafael torrES SáNCHEz, Historia de España, vol. 10: Los Borbones en el siglo XVIII (1700-1808), Gredos, Madrid 1991, pp. 391-469, in part. p. 394), risultando dunque una minaccia per la successione dei figli di Carlo III al trono di Spagna, perché erano tutti nati a Napoli. Questo problema è perfettamente spiegato da Ferrer del río, che scrive: «Antes de atravesar la corta distancia del puerto a palacio, ya se le había desvanecido [a Carlos III] en parte cierta inquietud que le perturbaba el alborozo; porque todos sus hijos eran nacidos fuera de España, y el espíritu de la ley establecida por Felipe V en 1713 podía originar interpretaciones por las cuales fueran pospuestos a los hermanos del Monarca en la sucesión de la corona; pero las aclamaciones unánimes de los catalanes, que victoreaban juntamente al rey y al Príncipe de Asturias, parecían dichoso presagio de que en asunto de tanta monta no sobrevendrían dificultades» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 238-9; cfr. anche DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, pp. 91-2). Ciò nonostante, nella legge intitolata Nuevo reglamento sobre la sucesión en estos Reynos di 10 maggio 1713 non è presente alcuna menzione della nascita fuori della Spagna dell’erede al trono spagnolo; vedi Ley V. D. Felipe V. en Madrid á 10 de Mayo de 1713. Nuevo reglamento sobre la sucesión en estos Reynos, in Novísima recopilación de las leyes de España dividida en XII libros, tomo II, Madrid 1805, pp. 4-6. Vedi ancora su questo argomento: Luis ESPAñoL BouCHE, Nuevos y viejos problemas en la sucesión de la corona española. Pragmática de Carlos III sobre matrimonios desiguales. Derechos a la Corona de los hijos naturales. Necesidad de una Ley de Sucesión. Doña Teresa de Vallabriga, Hidalguía, Madrid 1999. 10 Su questo importante argomento, tanucci scrisse a Carlo III: «Intanto non è leggiero il contento della repentina spontanea acclamazione del principe d’Asturias. un consenso così universale è più che autentico e vale più de las Cortes. Sua Altezza reale viene ad esser tra i principi d’Asturias come un di quei santi grandissimi della prima chiesa che non anno bisogno della formalità della canonizzazione» (AGS, Estado, libro 236, p. 152: tanucci a Carlo III, Napoli 27 nov. 1759; FErrEr DEL río aveva già citato questa lettera in traduzione spagnola, ma con la data sbagliata di 22 novembre 1759: vedi la sua opera cit. supra a p. 4, nota 4, vol. I, p. 239). II Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 16 ottobre 1759*. Non avrei mai creduto di dover divenire obbligato alla stravaganza di rivera1 e già lo divengo in sommo grado quanto conviene all’onore infinito che la lettera dell’orto2 mi produce di umiliarmi a Vostra Maestà. 44 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Malato, ma ben regalato dall’inestinguibile munificenza del re, è da Varsavia tornato il portoghese3. un altra donna ha detto che Vostra Maestà ordinò la conservazione dei drappi nella Guardaroba4. Il vajuolo per la città, benché benigno, ci turba tutto il contento del vedere sanissimo e giocondo il tenero nostro sovrano che è le delizie di tutti gli ordini delle persone. La durissima separazione del tremendo e in eterno per noi amarissimo giorno dei 6 unisce in Sua Maestà, come nello specchio ustorio5, tutti gli amori di questi popoli verso l’adorata Casa reale. Forse saranno venute a Spagna le lettere che a noi mancano di Praga; ed eccoci già sulla sponda di quel limbo che ci sovrastava e aumenterà l’orrore della nostra desolazione. tutti gli animi e tutti i cuori son pieni delle grandi imagini dei padroni e dei padri che non son più con noi e tutti pensano e agiscono come se fossero alla presenza6. Sembra che ognuno si picchi di sacrificare una rettitudine e un obbedienza tanto più affettuosa ed eroica quanto più lontana dalla vile speranza e dal timor pusillanime. Già sento il mio trasporto e ritornando in me stesso e al necessario silenzio mi getto umilmente alli reali piedi della Maestà Vostra. *AGS, Estado, libro 236, pp. 16-7. 1 Giovanni Battista BALBIS SIMEoNE (?-1777), conte di rivera, era in questa data l’inviato del re di Sardegna a roma. Nel 1737 era stato nominato da Carlo Emanuele III (17011773) ministro plenipotenziario a roma per risolvere i problemi politici fra la corona sabauda ed il papa. Secondo il Carutti, rivera era un «magistrato di molta dottrina e ministro residente presso la repubblica di Genova» (Domenico CAruttI, Storia del regno di Carlo Emanuele scritta da Domenico Carutti, socio dell’Accademia delle Scienze, vol. I, Eredi Botta e Gianini e Fiore, torino 1859, p. 150; cfr. anche Giovanni Battista SEMErIA, Storia del re di Sardegna Carlo Emmanuele il Grande, vol. II, Dalla reale tipografia, torino 1831). rivera era, secondo De-Gonti, un uomo «di nobilissima famiglia di Chieri, ed uno dei più stimati consiglieri di giustizia, detti senatori, nel supremo tribunale di torino, uomo del vigore di sua età, che risiedendo poi in roma anni 42, vi travagliò con non minor prudenza, che ardore per la conclusione del trattato, e di altri affari occorrenti con altre potenze» (Vincenzo DE-GoNtI, Notizie storiche della città di Casale e del Monferrato, vol. IX, Dalla tipografia Casuccio e Bagna, Casale 1841, pp. 573-4). Almeno dal 1759 fino al 1777 rimase a roma come ministro del re sabaudo. Grazie a Carlo III sappiamo che stava tenendo nel 1760 «secretas y continuas conferencias» con il cardinale torregiani (1697-1777), segretario di Stato del papa (Lettera 46: Carlo III a tanucci, San Ildefonso 2 set. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 139). 2 L’abate Agostino DELL’orto (?-1760), archivista e cappellano della duchessa di tursi, era un informatore di tanucci a roma. La sua corrispondenza è in ASNA, Ministero degli Af- 5. Maria Amalia - 1° novembre 1759 45 fari Esteri, fasci 1126-1127. Su di lui, cfr. ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. V: 17571758, op. cit. a p. 29, nota 3, e vol. IX: 1760-1761, a cura di Maria Grazia MAIorINI, Edizioni di Storia e Letteratura, roma 1985. 3 Con ogni probabilità tanucci parla di un corriere pervenuto dalla corte di Augusto III di Polonia con lettere per Maria Amalia. 4 Il Guardaroba era una sezione della Casa reale del re delle Due Sicile che, come quella di Spagna, era «en palacio, casas nobles y establecimientos públicos, oficina o almacén destinado a custodiar la ropa y otros enseres», come è segnalato dal dizionario della Real Academia Española de la Lengua. 5 Gli specchi ustori sono quelli che concentrano i raggi paralleli provenienti dal sole in un punto, che viene chiamato così “fuoco dello specchio”. 6 In questo modo scriveva tanucci anche al principe di Aci: «Il corso delle cose politiche va tutto a seconda pel re e pel prezioso pegno ch’è rimasto tra noi, che non ci saziamo di guardare come imagine paterna quale egli è veramente nella grazia, nel giudizio, in tutti gli atti suoi. Io non posso finir di trattenermi nelle di lui stanze e già vedo che il cuore ne è occupato più di quel che conviene ad uno che per amore ha dovuto soffrire poco fa così aspri tormenti. o atroce giorno 6 d’ottobre! Prego Dio che me ne liberi quanto dalla dannazione eterna dell’anima» (AGS, Estado, libro 236, pp. 12-3: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 16 ott. 1759). 5 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Acclude lettera del Re Cattolico nella quale va acclusa la copia di quella del Re Cristianissimo1. Idea dell’Aragona. Viaggio felicissimo. Rosolia sopraggiunta a don Carlo. zaragoza2, il 1º 9vembre 1759. Ho ricevuta la vostra lettera di 16 del mese passato. Non dovete ascrivere alle stravaganze di rivera lo scrivermi, mentre senza questo con sommo mio piacere avrei carteggio con voi. Spero che il vaiuolo che gira per la città non voglia intorbitare ne la vostra ne la mia quiete. Le lettere puol essere che sieno andate a Madrid3, e spero che da colà avranno la buona creanza di mandarmele, ma fin’ad ora non le ho visto, e questa settimana non ne ho affatto ricevuto di mio fratello, cioche non poco mi dispiace. E non è molto inferiore il limbo nel quale viviamo noi di quello voi dite esserne su la sponda. Non posso spiegarvi quanto mi consuoli il sentire esservi incominciata la regenza con tanta armonia4. Dio sia quello che facci continuarla ed inspiri nei cuori di quelli che la compongano quello spirito d’uniune necessario per il buon governo di cotesti regni. 46 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Nella qui acclusa lettera del re trovarete la copia di quella ricevuta dal re di Francia5, che non puol essere migliore a mio intendere perché li fatti corispondino alle parole6. Questo regno [Aragón]7 è miglior paese che la Catalognia8, ma molto spopolato e meno coltivato ancora di quello che comporterebbe la popolazione. In una parola, pare un deserto. La gente miserabile senza che la sua miseria li renda più industriosi. Grazie a Dio, fin qui abbiamo fatto il viaggio felicissimamente9. La rosalia sopragiunta a Carlo ci obbliga a rimanervi qualche giorno10. L’ha avuto felicissimo e stà già senza febbre, che spero fra pochi giorni potremo rimeterci in viaggio11. Amalia. 1 Il titolo di ‘re Cristianissimo’ (cioè, Rex Christianissimus o Roi Très-Chrétien) era attribuito specificamente ai re francesi. Questa onorificenza era stata concessa dai papi alla dinastia dei Franchi nel Medioevo, ma cominció ad essere usata frequentemente da Carlo VI (13681422). Vedi Jean DE PANGE, Le Roi très chrétien. Essai sur la nature du pouvoir royal en France, Arthème Fayard, Parigi 1949 e Hervé PINotEAu, La Symbolique royale française, Ve-XVIIIe siècles, P.S.r. éditions, La roche-rigault 2004. 2 Saragozza, città nord-orientale della Spagna, capitale della regione Aragona e distante 300 km da Madrid. 3 Madrid era la capitale della Spagna e sede della corte cattolica. Per la sua storia nel Settecento, vedi Historia de Madrid, a cura di Antonio FErNáNDEz GArCíA, Instituto de Estudios Madrileños, Madrid 2007 e Carlos III. Alcalde de Madrid, a cura di Carlos SAMBrICIo, Ayuntamiento de Madrid, Madrid 1988. 4 La reggenza era il Consiglio di reggenza che, formato da dieci membri, ebbe il compito di governare il regno delle Due Sicilie durante la minorità del re Ferdinando di Borbone, dal 1759 fino al 1767. Alvise IV Mocenigo c’informa della sua natura e formazione nel 1760: «trasformato, alla partenza del re Carlo, il Consiglio di Stato in un Consiglio di reggenza, si fa esso una soggezione di seguire le massime di Sua Maestà, né v’è fra quelli che lo compongono chi ardisca di proponere e molto meno sostenere cosa independente dell’arbitrio del re Cattolico, il quale in sostanza ha la medesima autorità e disposizione in tutti gli affari. Con questa mira furono da esso prescelti e destinati dieci soggetti che formano il Consiglio di Stato, o sia di reggenza» (Alvise IV MoCENIGo, Relazione dell’ambasciatore Alvise IV Mocenigo, 1760, in Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Relazioni, a cura di Michele FASSINA, Istituto poligrafico e zecca dello Stato-Libreria dello Stato, roma 1992 (1760), pp. 185-203, pp. 189-90 per la cit.). I suoi membri erano: 1) il principe di San Nicandro, maggiordomo maggiore della Casa reale e aio del giovane re Ferdinando; 2) Michele reggio, generale delle Galere e comandante delle forze marittime napoletane; 3) Lelio Carafa, capitano generale e capitano della real guardia del re; 4) Domenico di Sangro, capitano generale degli eserciti napoletani; 5) Giuseppe Pappacoda, principe di Centola, reggente della Vicaria; 6) Giacomo Milano, principe d’Ardore-marchese di San Giorgio, già ambasciatore in Francia; 7) Pietro Beccadelli Bologna, principe di Camporeale, già ambasciatore in Austria; 8) Stefano reggio, principe di Aci, ambasciatore in Spagna; 9) marchese Giovanni Fogliani, viceré di Sicilia; 10) marchese Bernardo tanucci, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato e Casa reale. Nel 1759 e 1760, Aci e Fogliani erano 5. Maria Amalia - 1° novembre 1759 47 assenti, il primo perché era in Spagna come ambasciatore e il secondo perché era a Palermo come viceré di Sicilia. tanucci, nel febbraio 1760, espresse quest’opinione dei suoi colleghi di Consiglio: «La nostra reggenza sempre più si adatta alla concordia, ma i temperamenti son difficili a mutarsi, e le passioni dell’educazione e dell’abito. San Nicandro è il più difficile, perché ha talento e sa e crede di averlo oltre all’opinione nella quale è di dover essere il sovrano. Li due generali son di buon cuore, ma pieni di compassioni e di protezzioni, e senza accorgersene le portano in consiglio bonariamente. Non ottengono, ma turbano. Centola è pieno di scrupoli e vorrebbe regolar la sovranità come regolava la Vicaria e nelle materie ardue e forti non viene mai e si rimane sulla sua ambiguità. Camporeale ha anch’esso buona intenzione, ma li siciliani son tanto focosi e combattuti tanto dall’efficacia delle passioni, che non sanno essi estesi se sia la verità e la giustizia che li muove, o l’impeto di chi li vuol trasportare. Sicché bisogna starne sempre in guardia. [...] Mi scordavo di aggiungere al ritratto che confidentemente e riservatamente e per la sola notizia di Vostra Eccellenza e del re le ho fatto del nostro Consiglio, che Ardore e Sangro in caso di disputa, la quale è spessa, seguitano alla cieca il parer di San Nicandro, perpetuamente, sicché son tre voti sempre uniti. Devo però confessare che finora mi pare che lo faccino per la stima che ne abbiano e perché non si fidano di poter distinguere colla lor mente quel che più convenga» (AGS, Estado, libro 242, pp. 86-7 e 89: Bernardo tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 12 feb. 1760). Le istruzioni a questo Consiglio si possono trovare in Le Istruzioni di Carlo III alla Regenza trascritte nel volume I, pp. CXXIIICLII del Carteggio San Nicandro-Carlo III. Il periodo della Reggenza (1760-1767), vol. I-III, a cura di Carlo kNIGHt, Società Napoletana di Storia Patria, Napoli 2009. ringrazio l’autore di questo importante lavoro per avermene donato una copia. In realtà, come è stato notato frequentemente, il Consiglio di reggenza napoletano dipendeva completamente del monarca spagnolo, come più di una volta confessò tanucci ai suoi corrispondenti: «Noi stiamo sottovento e riposiamo sulla saviezza e sull’amore di cotesto monarca [Carlo III] verso questo suo amabile figlio, e siamo unicamente occupati delle piccole cose interiori attenti alle istruzioni del re e a seguire in tutto e per tutto il suo pensare» (AGS, Estado, libro 242, pp. 680-1: Bernardo tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 24 giu. 1760). L’opera fondamentale su questo periodo continua ad essere MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12. 5 LouIS XV (1710-1774), divenne a cinque anni erede della Corona, formalmente re di Francia, nel 1715, dopo la morte del suo bisnonno Luigi XIV, e gli fu assegnato per tutore il geniale vescovo di Fréjus, André-Hercule de Fleury (1652-1743). Questo prelato, divenuto nel 1726 cardinale, mantenne, tra alterne e tumultuose vicende di corte, per diciassette anni il governo sulla Francia, di cui diresse anche la politica estera, avendo ottenuto la piena fiducia che il re gli conservò, anche dopo esser stato dichiarato, a tredici anni, legalmente maggiorenne. Vedi specialmente Peter r. CAMPBELL, Power and Politics in Old Regime France, 1720-1745, routledge, Londra 1996. 6 Questa lettera era una copia di quella che Carlo III aveva ricevuto da Luigi XV. La lettera probabilmente assentiva ai progetti di politica internazionale di Carlo per la Spagna e parlava dei progetti di pace della Francia con l’Inghilterra, come lo stesso Carlo III ci spiega in lettera a tanucci: «Adjunto te embio la copia que ha sacado la reyna de la respuesta que he tenido del rey de Francia a mis cartas, por la qual veras que por lo que toca a nosotros no nos queda que desear, pero no me gusta ver tantos deseos de Paz, y en terminos tan expresivos, pues de ello se comprende siempre mas como estan, y sobre lo qual saves quanto hemos hablado» (Lettera 2: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 1 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 39-40). Sulla politica estera di Carlo III, vedi FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, p. 279 ss. e PALACIo AtArD, El Tercer Pacto de Familia, op. cit. a p. 4, nota 5. 7 Il regno d’Aragón era uno di quelli che componevano la corona d’Aragón, formata da 48 Verso la riforma della Spagna: Carteggio quel regno, e da altri due, di Mallorca e di Valencia, oltre che del principato di Cataluña. La corona d’Aragón faceva parte del complesso istituzionale della monarchia ispanica, creata dopo l’unificazione avvenuta tra Isabella di Castiglia (1451-1504) e Ferdinando d’Aragona (14521516). Carlo I (1500-1558), V come imperatore, erede dei due sovrani, fu di conseguenza il primo re di Spagna. Nonostante ciò, i regni che formavano giuridicamente la corona d’Aragón erano indipendenti ed i loro diritti e prerogative erano di riflesso diversi e rispettati come tali (cfr. John H. ELLIott, A Europe of Composite Monarchies, in «Past and Present», 1992, n. 137, pp. 48-71 e Miguel ArtoLA, La monarquía de España, Alianza, Madrid 1999). Dal 1707 in poi, i fueros di questi regni furono aboliti da Filippo V con la pubblicazione dei decreti detti di Nueva Planta, sopprimendo in questo modo i loro tradizionali e storici privilegi. Su questo argomento, vedasi il saggio Fernando CáNoVAS SáNCHEz, La Nueva Planta de la Monarquía in Historia de España fundada por Ramón Ménendez Pidal, op. cit. a p. 40, nota 10, pp. 1-79. 8 La Catalogna (più esattamente il principado de Cataluña) era stata assimilata alla corona di Spagna senza conservare la sua specificità giuridica dopo l’implemantazione dei decreti di Nueva Planta dal 1716 in poi (cfr. la nota precedente). Lo storico Becattini c’informa comunque che «prima di proseguire il viaggio [da Barcellona] alla volta di Madrid si compiacque [Carlo III] per primo saggio di sua clemenza e bontà di cuore di confermare a quell’ampia e popolata dominante della Catalogna gran porzione di que’ privilegj, di cui aveva goduto avanti la ribellione del 1640, e la guerra di successione in cui avea abbracciato il partito contrario a quello della Casa di Borbone. Filippo V, soggiogandola nel 1715, avea abolite tutte le sue antiche esenzioni e prerogative, che il figlio poi con un generoso perdono degnossi restituire» (BECAttINI, Storia del Regno di Carlo III, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 203-4). Questa notizia è confermata da FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, p. 146; CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 236, e LAFuENtE, op. cit. a p. 35, nota 6, p. 11. 9 Sul soggiorno reale a Saragozza, vedi il volume Manuel Vicente ArAMBuru DE LA Cruz, Zaragoza festiva en los fieles aplausos de el ingreso, y mansion en ella de el Rey nuestro señor Don Carlos III con la Reyna doña Maria Amalia de Saxonia, y Principe de Asturias Nuestros Señores, y Señores Infantes, en su viage a la Corte de Madrid desde la de Napoles, y de su Real Proclamacion por Rey de las Españas. Relacion panegyrica de las alegres demostraciones que con tan gloriosos motivos hizo esta Augusta Imperial Ciudad. Escriviala de su orden, y se la dedica el Dr. D. Manuel Vicente Aramburu de la Cruz, su ciudadano, Cathedratico de Decreto de su Universidad, Abogado de los Reales Consejos, y de Camara del Serenissimo Señor Infante, Duque de Parma, Plasencia, y Guastala, &, Imprenta de el rey Nuestro Señor, Saragozza 1760. 10 La corte era arrivata a Saragozza il 28 ottobre e si trattenne in questa città più tempo del programmato a causa delle malattie dei membri della famiglia reale, come ci informa la Gaceta: «Dura la satisfaccion de que la reyna Madre nuestra Señora, y el Señor Infante Don Luis disfruten de la mas perfecta salud; y si bien los reyes nuestros Señores, y toda su real amada Familia continuaron con igual beneficio las dos jornadas desde Candasnos a zaragoza, en cuya Ciudad entraron el dia 28 del passado, aclamados repetidamente de todo el Pueblo, como el 29, huviesse amanecido el Principe [d’Asturias] con calentura, se suspendiò el proseguir la marcha, señalada para el dia 30, por assegurarse en la classe de la indisposicion de S. A.» (Gaceta de Madrid, 6 novembre 1759, n. 45, pp. 359-60). 11 Infatti, Carlo III scriveva a tanucci che «saviendo lo que te interesas con el amor en todas mis satisfaciones no quiero dejar de dezirte que mi querido Hijo Carlos está ya gracias a Dios, enteramente limpio de calentura, por lo qual estoy muy cierto de que me ayudaras a darle las devidas gracias, y el gusto que te causará tan buena noticia, y que me acompañas en mi consuelo de verle ya libre de su indisposición, por lo qual sea Dios mil vezes bendito» (Lettera 2: Carlo III a tanucci, Saragozza 1 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. III. tanucci - 23 ottobre 1759 49 a p. 30, nota 5, p. 40). Su questo particolare, vedi ancora la Gaceta de Madrid, 6 nov. 1759, n. 45, p. 360 e Dispaccio n. 53 da rosenberg a Vienna, Madrid 5 nov. 1759 in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 37-8. III Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 23 ottobre 1759*. Avrei voluto ritornare questa sera le lettere austriache, ma son trattenuto dal non saper l’arrivo della Maestà Vostra a luogo fisso. Il pericolo non è probabile, ma stimo de dover evitare anche il possibile. Ecco le lettere dell’orto. Praga non comparisce1. Vienna dice gli austriaci e i prussiani sul punto di una battaglia tra Meissen2 e torgau3. Non ripeto quel che San Nicandro4 scriverà. Imploro umilmente pietà e perdono ai reali piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, p. 42. 1 Vuole dire che le lettere del principe reale di Sassonia, fratello della regina Amalia, che dovrebbero venire da Praga, non sono arrivate. 2 Meissen, città tedesca vicina a Dresda e al fiume Elba, nella regione sassone. tanucci scriveva a Dresda in questa stessa data: «Le lettere di Vienna portano inevitabile una battaglia tra i prusiani e gli austriaci nelle vicinanze di Meissen. Dio ce la mandi buona. Gli esiti delle campagne sono stati sempre più favorevoli ai prussiani che agli austriaci» (AGS, Estado, libro 236, p. 48: tanucci al duca di Santa Elisabetta [Dresda], Napoli 23 ott. 1759). 3 torgau è città sassone, a nord di Meissen. Fu il luogo della battaglia di torgau (3 nov. 1760), dove il re di Prussia Federico II sconfisse gli austriaci. Sui particolari, Account of the Battle of Torgau. Magdeburg, Nov. 11 in The London Magazine or Gentleman’s Monthly Intelligencer, vol. XXIX for the year 1760, Londra 1760, pp. 655-6. 4 Domenico CAttANEo (1696-1782), principe di San Nicandro, era in questa data maggiordomo maggiore e aio della Casa reale delle Due Sicilie ed anche tra i membri del Consiglio di reggenza. La famiglia dei Cattaneo era d’origine genovese, di cui nel Seicento un ramo si trasferí nel regno di Napoli per difendere i suoi interessi davanti alla corona di Spagna, come avevano fatto a loro volta gli Imperiali e i Doria. Comprarono allora il feudo di San Nicandro ed altri titoli, e si stabilirono in modo permanente nel regno. In conseguenza, Domenico Cattaneo era principe di San (o Santo) Nicandro, duca di Casalmaggiore, conte d’Anversa, ed «utile signore del Feudo di Casalnuovo» (cfr. ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4815). Fu nominato reggente della Vicaria nel 1738 (AGS, Estado, legajo 5818, folio 85), poi consigliere e decano del Supremo Magistrato di Commercio e dal 1740 fino al 1743 ambasciatore straordinario di Napoli a Madrid (AGS, Estado, legajo 5829, folios 29, 30 e 66 e, sopratutto, legajo 5894, folios 107-132; le sue istruzioni diplomatiche si conservano in ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4815). ottenne in riconoscenza per i suoi servizi in Spagna parecchie onorificenze: cavaliere dell’ordine di San Gennaro nel 1741 (AGS, Estado, legajo 5833, folio 97), la “grandezza” di Spagna nel 1742 (AHN, Estado, legajo 63901) e la carica di gentiluomo di Camera d’esercizio del re delle Sicilie nel 1743 per suo figlio primogenito, il duca di termoli (AGS, Estado, legajo 5841, folio 43). ritornato a Napoli nel 1743, fu nominato consigliere del Consiglio di Stato napoletano («Il concetto, che il Principe di S. 50 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Nicandro ha saputo acquistarsi presso S. M., per tante prove, come le ha dato del suo talento, zelo, e fedeltà in quante gravissime incombenze, li sono state appoggiate, e particolarmente la prudente, e savia condotta, con cui ha corrisposto al desiderio della M. S. nell’Ambasciata, che viene di servire a piedi de’ suoi Augustissimi Genitori in Spagna, han facilitato al suddetto Principe il distintissimo onore, che S. M. lo abbia dichiarato suo Consigliere di Stato con esercizio [...]» (Avviso di Napoli, 17 set. 1743, n. 4, conservato in ASNA, Biblioteca, XVII F 14); vedi anche AGS, Estado, legajo 5841, folio 43. Gli fu attribuito nel 1753 il toson d’oro (AHN, Estado, legajo 7662 e AGS, Estado, legajo 6080, folio 3). Nel 1755 fu creato ayo della Camera o cuarto dei principi ed infanti delle Due Sicilie (ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1128, f. 125v: Bernardo tanucci al principe di San Nicandro, Napoli 25 luglio 1755: «El rey, que se halla sumamante satisfecho del amor, del zelo y de la prudenzia con que Vuestra Excelencia ha sabido desempeñar con su real aprobacion y comun aplauso los relevantes empleos que hasta ahora ha apojado [sic] a sus notorios talentos, primero de regente de la Gran Corte de la Vicaria, despues de su embaxador extraordinario a la corte de España y ahora de su consexero de Estado, ha tenido la benignidad de dar a Vuestra Excelencia un maior y mas efectivo testimonio de su confianza confiriendole el empleo de ayo del principe y de los reales ynfantes, sus amados hijos; y me manda participar a Vuesta Excelencia (como lo executo) para su inteligenzia y al mismo tiempo me congratulo yo con Vuestra Excelencia mui de veras por tan señalada y distincta honra que la clemenzia del rey le ha dispensado, mui correspondiente a su relevante merito y circunstancias»). Nel 1759 fu nominato maggiordomo maggiore della Casa reale delle Due Sicilie (AGS, Estado, legajo 5866, folio 101: Alfonso Clemente de Aróstegui a ricardo Wall, Napoli nov. 1759: «Prosigue de ayo y mayordomo mayor el principe de Santo Nicandro, que lo era antes de todos los señores ynfantes. tambien ha sido declarado sumiller de corps de Su Magestad el principe de la riccia, el qual era mayordomo mayor de la reina Nuestra Señora y para cavallerizo mayor ha sido nombrado el marqués de Santo Marco. Los gefes de la cassa real antecedentes, mayordomo mayor del rey y los dos cavallerizos mayores, han quedado con los honores y sueldos de sus respectivos empleos [...]. P. S. Por equivocacion se ha puesto que es cavallerizo mayor el marqués de Santo Marco, pues no lo es sino el mismo que servia este empleo, que es el principe de Stigliano»). Fece parte del Consiglio di reggenza dal 1760 in poi. Su questo personaggio, vedi Carla ruSSo, Cattaneo, Domenico, principe di San Nicandro, in DBI; umberto CALDorA, Alcune considerazione su Domenico Cattaneo Principe di S. Nicandro, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», a. LXXXIII, 1965, pp. 506-11 e Paola D’ALCoNzo, L’allestimento dei reali appartamenti della reggia di Napoli nel 1766, in «Dialoghi di storia dell’arte», 1999, n. 8-9, pp. 164-77. San Nicandro ebbe con Carlo III un carteggio molto importante che è stato pubblicato parzialmente; vedi Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4. 6 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Scrive benché da tre giorni si trovi in letto con febbre catarrale. La casa è un ospedale. zaragoza, il 8 9vembre 1759. Nel rimandarvi le lettere dell’orto non ho voluto lasciare di scrivervi poche righe benché al letto da tre giorni con febbre cattarale1. 6. Maria Amalia - 8 novembre 1759 51 Il re vi risponde a tutti li dubii che fatti gl’avete2 ed jo scrivo anche a San Nicandro benché molto succintamente per la sopracennata ragioni. Qui abbiamo un vero ospedale3 come da altri saprete mentre jo non mi fido di dilungarmi di più4, assicurandovi della mia benevolenza e stima. Amalia5. 1 Sulla malattia che colpí Maria Amalia in quei giorni, scriveva Carlo a tanucci: «De aquí te diré que aún estamos detenidos aquí por el sarampión de Carlos del que ya está bueno, y después por haber sobrevenido a la reyna y todos nuestros chicos calenturas fluxionelas de las quales están ya gracias a Dios casi buenos, y entre mañana y pasado mañana espero en El que estén todos fuera de cama, y yo solo gracias a El asta ahora me mantengo bueno, pero te dejo considerar como he estado en este ospital, y te aseguro que no veo la ora de salir de aqui [...]» (Lettera 3: Carlo III a tanucci, Saragozza 8 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 41-2). La Gaceta informava che «aunque los diarios avisos de zaragoza han sido, y son de que en la importante salud del rey nuestro Señor no ocurre la mas leve novedad, y de que el Principe se halla enteramente bueno, han venido acompañados del disgusto de que à la reyna nuestra Señora, y à los Señores Infantes, è Infantas les ha alcanzado tambien la novedad de Sarampiòn, pero con la buena suerte de que à beneficio de sangrìas, y algunos otros remedios le iban passando, y quedaban S. M. y Altezas en tan favorable estado, que, libertandonos del susto en que nos havia puesto su indisposición, nos dexa solo con el deseo de su perfecto restablecimiento, y con la pena de lo mas que se nos retardare la apetecida presencia de sus Magestades, y Altezas» (Gaceta de Madrid, 13 nov. 1759, n. 46, p. 368). 2 tanucci aveva scritto a Carlo III su varie questioni amministrattive riguardanti la Casa reale delle Due Sicilie, specialmente relative alle antiche dame della Camera della regina Maria Amalia e alle cariche del principe della riccia, somigliere di Corps, e del principe di Francavilla, che era antico maggiordomo maggiore, ed aveva ancora la carica, ma non il governo, trasferito al principe di San Nicandro (cfr. AGS, Estado, libro 236, folios 40-42: tanucci a Carlos III, Napoli 23 ott. 1759 e anche Lettera 3: Carlo III a tanucci, Saragozza 8 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 41). Sull’organizazzione della Casa reale del regno delle Due Sicilie dal 1734 fino al 1759, vedi Pablo VázQuEz GEStAL, Corte, poder y cultura política en el reino de las Dos Sicilias de Carlos de Borbón (1734-1759), tesi di dottorato, universidad Complutense, Madrid 2008; Elena PAPAGNA, La corte di Carlo di Borbone, il re «proprio e nazionale», Guida, Napoli 2011 e Gina Carla ASCIoNE, Vita di corte al tempo di Carlo di Borbone nel Palazzo Reale di Napoli, Arte’m, Napoli 2013. ringrazio la professoressa Papagna per avermi inviato una copia del suo lavoro. 3 Notizie sulla salute della famiglia reale sono nel Dispaccio n. 55 da rosenberg a Vienna, Madrid 19 nov. 1759 in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 42. Cfr. anche DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, pp. 42 e 44. 4 Maria Amalia fa riferimento ancora sul suo debole stato di salute e per questo motivo non vuole scrivere di più. Il 15 novembre Carlo III scrisse: «oy ha sido el primer dia que la reyna ha estado limpia de calentura, y me encarga que te diga que por esto no te responde por este correo [...]» (Lettera 4: Carlo III a tanucci, Saragozza 15 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 43). La Gaceta informava che «los repetidos felizes avisos de zaragoza, los quales assegurandonos de la permanente salud del rey nuestro Señor, y de la del Principe, su amado Hijo, nos añaden tambien la plausible noticia de que libres ya de calentura la reyna nuestra Señora, y los Señores Infantes, è Infantas, caminan S. M. y sus Altezas tan favorablemente al restablecimiento de su sabida indisposicion, que nos promete- 52 Verso la riforma della Spagna: Carteggio mos consigan a estas horas todo el que necessitan, y apetecemos; mayormente sabiendose, que la reyna nuestra Señora experimenta particular alivio en la tòs, que tanto molestò a S. M.» (Gaceta de Madrid, 20 nov. 1759, n. 47, p. 375; vedi anche quella di 27 nov. 1759, n. 48, p. 383 e 4 dic. 1759, n. 49, p. 392). Ancora Carlo III il 29 nov. scriveva: «De aqui te diré que gracias a Dios estamos todos buenos, y oy hubieramos emprendido nuestro viaje para Madrid si no lo hubiere impedido el aver sobrevenido a la reyna una incomodidad que ha padecido otras veces y que es muy mala para andar con coche, pero espero de la infinita misericordia de Dios que luego se libre de ella, y podamos partir, pues te aseguro que no veo la ora de salir de aqui, y llegar a mi residencia por todos motivos » (Lettera 6: Carlo III a tanucci, Saragozza 29 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 46). 5 Nonostante i miglioramenti, la malattia della regina farà interrompere la settimanale corrispondenza con tanucci, che fu ripresa soltanto l’11 dicembre. Mancano perciò le lettere che avrebbe dovuto scrivere il 15, 22 e 29 novembre e il 5 dicembre, come fece il re Carlo. IV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 30 ottobre 1759*. obbedisco con Santa Elisabetta. Di denaro egli ed io abbiamo sempre scritto in cifra laonde anche non avvertito probabilmente non avrà scritto a Wall ne scriverà. Dei ventimila ho supposto che Vostra Maestà ne avesse scritto al Principe reale. Aspettava io dunque la tratta a Lembo1 e non ho scritto. In dubbio scrivo anche per li ventimila. Sento da Vienna che ivi è Bolza2 onde le tratte non vengono. Non sò come rimediare; non ardisco pel segreto quello che penserei. L’onore immenso di voler Vostra Maestà intendersi meco solamente per tali danari aggiunge la mia privata passione al desiderio che Vostra Maestà continue li soccorsi e gli aumenti ancora all’eroicamente infelice casa reale de Sassonia. Sento tanto impeto de’ vanità per le grazie della Maestà Vostra ch’io non so quanto argine possa la mia ragione fare alla [Maestà Vostra]. Bacio come posso col più umile fervore quelle mani benefiche le quali non potrò più baciare altrimente. rimanendo coll’animo, col cuore e con tutti li sensi disteso ai piedi di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 236, pp. 61-2. 1 Giovanni LEMBo, commerciante napoletano, era stato al servizio particolare di Carlo di Borbone come collaboratore di Bartolomeo Intieri, amministratore dei beni medicei, dal 1743 in poi (vedi Aniello D’IorIo, Risorse e impieghi sotto Carlo di Borbone. I beni medicei, in «Quaderni dell’Archivio Storico», 2002-2003, s. n., pp. 229-59, pp. 235 e 337). Fu nominato nel 1765 eletto del Popolo della città di Napoli, dopo la rinuncia di Giuseppe Spinelli (AGS, Estado, legajo 5879, folio 42). Vedi anche ad indicem i diversi volumi dell’epistolario tanucciano. 2 Sono almeno tre i Bolza che furono al servizio del re di Polonia. Il nostro personaggio è IVBis. tanucci - 30 ottobre 1759 53 probabilmente Giuseppe Bolza. Su questa famiglia, vedi tANuCCI, Epistolario, vol. V: 17571758, op. cit. a p. 29, nota 3, p. 275, nota 2 e Jóhannes áGúStSSoN, Giovanni Alberto Ristori at the Court of Naples 1738-1740, in «Studi Pergolesiani/Pergolesi Studies», 2012, n. 8, pp. 53-100. IVBis Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 30 ottobre 1759*. Io contava per l’ultimo di miei giorni di vita quello della partenza di Vostra Maestà e dell’augustissimo consorte poiché ne desiderio ne forza di vivere mi pareva che per me potesse più essere1. La clemenza infinita colla quale scendendo Vostra Maestà fino al mio nulla ha voluto colla sua real mano avvisarmi il felice arrivo a Barcellona è stata un ritorno per me alla vita e una gran tentazione di desiderarla. Lascio pensare a Vostra Maestà se io sia fra quelli che più dovevano rallegrarsi della prosperità del viaggio. Non è al mondo che ne abbia più cagioni di me. La minima di esse è quello moltissimo che si vede da ognuno in me profuso di utile, di decoro, di protezione dalla benignità incomparabile dell’augustissimo re Cattolico, mio adorato padrone, il quale mi ha trasformato sublimandomi ove io non doveva pensare, non che aspirare. La gioia per la notizia gioconda è stata infinita in tutti gli ordini di persone delle quali niuna ha avuta la sorte che Dio ha dato a me di contemplar si da vicino quell’eroica virtù che è l’ornamento maggiore di questo secolo e l’esemplare più bello della sovranità. L’avermi il re per mezzo della Maestà Vostra salutato muove nei miei spiriti una tempesta di umili rispettosissimi affetti alla quale non regge il cuore, non che la mente e la penna. L’assicurarmi Vostra Maestà della sua benevolenza è l’unica consolazione che possa sostentarmi nella mia costante amarezza. Viene da Praga il piego del Principe reale e da Varsavia la lettera del re. Vengono anche coll’orto le lettere austriache. Dio conservi per lunga serie d’anni sana, lieta e felice la Maestà Vostra, che Egli ha fatto il principale strumento della sicurezza e perpetuità della Casa reale e e l’ajuto più grande della gloria del re. Con questi voti, che saranno compagni di tutte le ore della mia vita, resto quello, il cui maggiore anzi unico pregio è il ponersi ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 62-3. 1 Le lamentele di tanucci sulla perdita di Carlo III e Maria Amalia come sovrani delle Due Sicilie saranno molto comuni nel carteggio di questo ministro: «Come siamo rimasi tutti 54 Verso la riforma della Spagna: Carteggio afflitti e languidi e desolati, lo può Vostra Eccellenza imaginare. Come lo sia io nessuna arriva a pensarlo, e non devo però parlarne perché niuno mi crederebbe» (AGS, Estado, libro 235, p. 379: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 6 ottobre 1759). Ancora poco dopo: «Il piccolo nostro [re] sta bene per somma grazia di Dio. Il suo popolo tutto sta male perché oppresso dal dolore per quel che ha perduto. Il palazzo è una spelonca di solitudine e di orrore. ovunque volgiamo gli occhi, incontriamo i vestigi di quel bene che non è più nostro. Il discorso non finirebbe mai. Io non farei allungandolo che tormentarme maggiormente e risvegliar in Vostra Eccellenza una molesta compassione. [...] tutto sta quieto, e tacito e pensoso; ognuno rivolge nell’animo il suo dolore» (AGS, Estado, libro 235, p. 383: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 9 ott. 1759). V Bernardo Tanucci a Maria Amalia1 Napoli, 6 novembre 1759*. L’amabile nostro sovrano per somma grazia di Dio è, quanto si può desiderare, sano e robusto. Grande invidia ci anno mosso le allegrie dei catalani. Quanto più le sappiamo giuste pel tesoro che anno essi con tutta la Spagna acquistato tanto maggiore è la nostra amarezza, la quale per poco non arriva all’odio della nazione fortunata a danno nostro. A me se talora sovviene o ascolto il nome di Navarro viene un primo moto di tale aborrimento che la mano s’avvia a farmi la croce2. Con questo primo moto dispettoso ho letta la confusione, il disordine, la profusione inutile della corte che la Maestà Vostra si è degnata di spiegare3. La cognizione della nostra tenuità [ossia del nostro scarso valore] non ci permette la gelosia. Ci andiamo dicendo con voci languide e compassionevoli che eravamo piccoli, poveri e poco considerabili ma non ci mancava la buona intenzione, la sincerità, il desiderio di ben servire. tutte la ragioni vogliono che speriamo da Dio il suo concorso nella gran riforma alla saviezza e attività del re. È la Maestà Sua destinata dalla providenza a ricomporre e felicitar le nazioni più col premio, coll’esempio, coll’attenzione che colle pene. Mi son rallegrato della continenza promessa dalla regina madre e dell’unica cura di coltivar l’amicizia dei regnanti secondo le lettere del corriere svaligiato dal re che ha colla solita sua inaudita bontà voluto rimettermi. Io spero molto dai primi giorni nei quali comincerà e forse finirà ella d’apprendere quanto poco bisogno vi sia dei suoi consigli, quanto poco profitto possa essere nelle protezioni, quanto grandi sieno le anime e le menti che si pretendesse dirigere e consigliare4. Il lume superiore, la regolarità, la fermezza finiranno presto l’opera di disingannare e disarmare. Sarà difficile il persuadere la necessità di moltiplicare un ramo della Casa V. tanucci - 6 novembre 1759 55 reale o l’utilità e la convenienza finche Dio conserva i cinque figli del tronco principale5, come si deve sperare. L’ambasciator ossun6 scrive che i tanti esami, ricerche, informazioni che ha veduto prendersi dal re gli anno fatto fare della Maestà Sua un carattere che ancora non aveva fatto. Io credo che se qualche cosa straordinaria sia stata sarà stata la solita saviezza colla quale non avrà il re voluto che si conti dalle nazioni straniere sullo stato infelice presente delle cose di Spagna vedendo esso nello stesso tempo una sovrana attività capace di trasformarle presto7. Attendo con impazienza la notizia del ben finito lungo e scabroso, per le male strade, viaggio a Madrid. Qui non sono ancora cose che meritino risentimento8. Ma non sono, per alcune disattenzioni a qualche decisione del re, sicuro di che tra poco non abbia a venire il bisogno. Io correrò sempre modestamente e francamente il corso mio, che è di chi non conosce altro che Dio e le Cattolicche Maestà. Mi dispiace d’essere sì poco cosa mentre il re tanto mi onora della sua memoria e saluto. Vostra Maestà m’assicura della sovrana sua benevolenza e permette che mi ripeta prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 77-9. 1 risponde alla Lettera 3 di 21 ottobre 1759. 2 NAVArro era il corriere spagnolo che portava a Napoli le notizie della famiglia reale spagnola, spesso tristi per tanucci, che, analogamente, così scriveva a riccardo Wall: «Purtroppo il dì 9 giorno della stimatissima lettera confidenziale di Vostra Eccellenza si era verificata la mia lugubre separazione dall’adorato nostro padrone. Io era già immerso da tre giorni nel più tristo umore che possa tormentare un cuore umano. Navarro, che tanto merita, è per me l’immagine e la memoria più abominevole» (AGS, Estado, libro 236, p. 71: tanucci a riccardo Wall [Madrid], Napoli 30 ott. 1759). 3 tanucci non nascose i suoi giudizi sempre molto critici contro gli usi delle corti e contro il servilismo che esse quasi impongono a chi vi vive. Le sue idee su questo condizionamento furono esposte con aggressivo estremismo ai suoi più autorevoli amici toscani nell’ottobre del 1733, quando si stava organizzando la spedizione alla conquista delle Sicilie, e quando egli, già docente universitario a Pisa, si era già ambientato, a Firenze, nella corte borbonica come esperto di diritto e di politica internazionale. Di questi problemi egli discuteva con il rappresentante della monarchia spagnola a Firenze, l’ecclesiastico Salvatore Ascanio, suo estimatore e protettore da circa cinque anni. tanucci rivolgeva già allora, ispirandosi alle idee di Machiavelli, critiche roventi contro il cinismo imperante in Italia e contro il clima che si creava perciò intorno ai governi, tra gli uomini dedicati, innanzi tutto, ad incrementare il loro potere, senza badare ai mezzi. Già nutriva grande ammirazione per Elisabetta Farnese («grandissima donna»), confessando il suo «spagnolismo» quasi fazioso e temendo «il francesismo costantissimo del nostro re» (Filippo V). Anche perciò si era legato strettamente a José de Montealegre, marchese di Salas, personaggio che José Patiño, statista eminente nel governo spagnolo, aveva inserito nella corte dell’infante don Carlos affinché ne curasse la Segreteria di Stato. Il disprezzo di tanucci contro i cortigiani era radicale. Espose, a questo proposito, un’ampia serie di argo- 56 Verso la riforma della Spagna: Carteggio menti, e fu tale la sua ostilità da usare un linguaggio quasi triviale, scrivendo al grande medico Antonio Cocchi, uno scienziato di fama internazionale. Ad esempio: «Nel ricettacolo della corte […] si forma […] una massa di furberia concentrata velenossissima, come da molte persone non fetenti, che vadano in un luogo solo a scaricare il ventre, [e] si forma un merdaio tutto quanto puzzolentissimo» (cfr. le due lettere ad Ascanio ed a Cocchi, n° 17 e n° 18, entrambe 16 ott. 1733, pubblicate da Imma ASCIoNE, tra le 24 molto importanti, in Appendice al suo saggio Al servizio dell’Infante Duca. Bernardo Tanucci alla corte di Carlo di Borbone nell’estate del 1733, in «Frontiera d’Europa», a. VI, 2000, n. 1, pp. 37-141, e per le cit. pp. 122, 123, 127). Sono sentimenti che è stato necessario indicare per collocare le reazioni di tanucci sulle loro basi reali. Egli aveva confessato per iscritto, poco prima, al principe di Aci le notizie ricevute sulla cattiva amministrazione della Casa reale spagnola: «Anche [il duca di] Medinaceli e altri capi di corte assuefatti a scaricare negl’impieghi di corte i loro domestici [impieghi], e talora quelli che non vogliono per loro servizio, impareranno presto la nuova religione» (AGS, Estado, libro 235, p. 330: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 18 set. 1759). L’accennata forma mentis dello Statista toscano fu alla base della forte amiciza e dedizione ch’egli sentí sinceramente verso il re Carlo e Maria Amalia. Questo comun denominatore fu alla base dei loro rapporti di quasi incondizionata fiducia reciproca. Ed è qui presente un particolare molto notevole nel fatto che tanucci, per indicare le abitudini all’autenticità nei comportamenti e le mentalità molto attente agli interessi comuni, usi l’impegnativa parola di «religione». Egli intuiva che il progresso della civiltà occidentale si manifesta in una forma di culto della coesione sociale, fattore che è produttivo di benessere spirituale e materiale; perciò indicò questo valore con un termine di stampo rousseauviano (la “religione civile”) che si diffuse nel Settecento. È un sentimento che si stava formando in Europa fin dalla metà del Cinquecento, e che fu alla base dell’illuminismo, di cui i temperamenti di Carlo e di Maria Amalia indicano la prima fase. Su questo tema, cui raffaele AJELLo ha dedicato gran parte della sua storiografia, vedi le due ultime monografie: Dalla magia al patto sociale. Profilo storico dell’esperienza istituzionale e giuridica, Arte tipografica, Napoli 2013 e Dalla metafisica alla socialità. La rivoluzione moderna e le ambiguità italiane, Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli 2015. Questo secondo volume è consultabile on line sul sito www.frontieradeuropa.it, e può essere gratuitamente stampato, così come tutti i libri pubblicati in quella Collana, di cui il presente volume fa parte. 4 Della Farnese tanucci diffidava temendo che nascessero discussioni continue fra suocera e nuora. Infatti dimostrò spesso queste preoccupazioni nelle sue lettere al principe di Aci. Ad esempio: «Le tante pretensioni della regina madre, che si riducono a sottigliezze, disgusteranno. Sento infinitamente le domestiche inquietudini del nostro Padrone, ch’io vedo inevitabili. Anche in questa parte desidero notizie, come un amico desidera esser informato del bene e del male dell’oggetto amato» (AGS, Estado, libro 236, p. 13: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 16 ott. 1759). E poco dopo: «Mi vorrei rallegrare di quel che Vostra Eccellenza si compiace di scrivermi della regina madre, che non si mescolerà che in coltivar l’amicizia del figlio e della nuora, ma quel naturale mi dà poca speranza. Pare che non sappia negarsi neppure agl’impertinenti né ai maligni né agl’indegni della sua protezione» (AGS, Estado, libro 236, p. 82: tanucci al medesimo [Madrid], Napoli 6 nov. 1759). 5 Cioè, i cinque figli maschi di Carlo III e Maria Amalia: Carlo, Ferdinando, Gabriele, Antonio Pasquale e Francesco Saverio. Il primogenito Filippo non è stato incluso da tanucci nel numero perché era stato dichiarato incapace di assumere qualunque responsabilità pubblica, e dunque, come dirà Maria Amalia, non contava fra i vivi. 6 Pierre-Paul d’oSSuN (1713-1788), marchese d’ossun, era allora l’inviato francese nella corte spagnola. Era stato l’ambasciatore francese a Napoli dal 1752 fino al 1759 quando, per richiesta personale di Carlo III, fu trasferito in Spagna, dove rimane fino al 1777. Come segnala Fernán Núñez, il re era molto legato a questo diplomatico (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, VI. tanucci - 13 novembre 1759 57 nota 4, tomo I, p. 321). Infatti, come accenna lo storico rousseau, «le roi d’Espagne avait demandé, à notre cour, le rappel du marquis d’Aubeterre, qui représentait notre nation auprès de Ferdinand VI, sans qu’il nourrît aucun grief contre ce personnage. Il voulait seulement que le marquis d’ossun, notre ambassadeur à la cour de Naples, l’accompagnât en Espagne. L’antipathie que Charles III ressentait pour les nouveaux visages était un des motifs de cette mutation; de plus, notre ministre à Naples avait su gagner l’estime et l’amitié du roi et de sa famille. Il était advenu même que, flatté de cette distinction, d’ossun s’était peu à peu détaché de la France, pour devenir l’admirateur aveugle et l’écho fidèle du prince, auprès dunque il résidait. Homme assez médiocre, que ses collègues du monde diplomatique jugeaient cavalièrement, il n’offrait aux mains de Choiseul, malgré son intimité auprès des souverains, qu’un instrument inutile. Capable, tout au plus, de remplir l’office d’un simple agent de transmission, les négociations délicates passeront au-dessus de sa tête, sans qu’il paraisse s’en apercevoir» (François rouSSEAu, Règne de Charles III d’Espagne (1759-1788), tomo I, Plon, Parigi 1907, p. 19). Gli fu concessa la grandeza de España nel 1766 e fu eletto cavalierie del toson d’oro nel 1780. La sua corrispondenza diplomatica con Versailles degli anni 1759-60 si trova in AMAE, Correspondance politique, Espagne, 525-30. 7 Sullo stato della vita politica in Spagna e sull’attività riformatrice di Carlo III scriverà tanucci in quello stesso giorno: «La luce grandissima è lor venuta dopo tenebre pur grandissime. Io conosceva Slava e mi sono molto maravigliato di che le cose sieno costi rimaste in uno stato sì miserabile. Anche Arriaga è un uomo dabbene e pratico della Marina. Forse la cura e distribuzione dell’Azienda non corrispondeva alle premure di quei due ministri. tutte le cose si ricomporranno ben presto dall’attività del re» (AGS, Estado, libro 236, p. 80: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 6 nov. 1759). E ancora: «mi scrivono di Barcellona che lo stato delle cose è stato trovato anche peggiore di quello che si credeva. L’attività del re presto riformerà» (AGS, Estado, libro 236, p. 82: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 6 nov. 1759). 8 Sulle “cose di qui”, cioè sul Consiglio di reggenza napoletano, scriverà tanucci a Losada in quella data: «Qui va sempre la reggenza prendendo più spirito. San Nicandro fa paura a tutti e di qua viene qualche piccola irregolarità. Centola ha buona intenzione, ma fra li scrupoli e una confusione di mente ch’io non mi sarei aspettato, cade e, rimanendo indeciso, si lascia strascinare [ossia condizionare e condurre fuori strada]. Camporeale ancora si regge, ma talora anch’esso cade, forse per non far sempre una guerra. A qualche passo forte non ho temuto di rimaner solo, ma darò sempre conto se mi sarà chiesto. Non so che farà Iaci. Io tengo il mio registro. Finora però non pare che se ne deva inquietare il Padrone, il quale avrà altre cose assai più gravi a che pensare» (AGS, Estado, libro 236, p. 81: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 6 nov. 1759). Anche al principe di Aci tanucci scriveva: «troverà Vostra Eccellenza questi del paese che vanno già seminando dover esser un consiglietto segreto tra Vostra Eccellenza e me. I nostri compagni lo credono e già si sono arroccati contro di me. Finora non anno sconfinato tanto che basti per inquietarne il re» (AGS, Estado, libro 236, p. 83: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 6 nov. 1759). VI Bernardo Tanucci a Maria Amalia1 Napoli, 13 novembre 1759*. Lietissimo principio per misericordia di Dio è di questa umilissima lettera la salute che si conserva e anche si fortifica di questo amabile sovrano. Ci pare che il senno avanzi molto l’età. Domenica 11 del corrente 58 Verso la riforma della Spagna: Carteggio tutti ammirarono lo spirito e la proprietà colla quale rispose al complimento di Genoa fatto da Lomellino2. L’amor dei popoli non cede a quello dei catalani benché molto manchi perché sieno uguali gli oggetti. Sono consolatissimo pel principe d’Asturias che già la chiesa e i popoli chiamano il signore don Carlo, ai quali colla solita sua saviezza il re si uniforma. Spero che i castigliani seguiranno. L’ostacolo che poteva dubitarsi tutto era nel principio. L’impeto degli animi subitamente conquistati dagli augustissimi genitori ha messo il punto in sicuro e piantata la base della futura tranquillità. Lodato sia sempre Dio che benedice la virtù loro la quale è maggiore ancora della loro potenza e grandezza. Spero che i raggi della stessa virtù, forse non prima d’ora costi veduti, dissiperanno con uguale celerità gl’intrighi mal concepiti della vecchia corte e ministero. Viene la lettera del re da Varsavia, spiegata la cifra di Santa Elisabetta e la scarsa lettera dell’orto. Il mio creduto errore nel dì 9 d’ottobre fu il presentare a Vostra Maestà direttamente dentro la mia le lettere reali dopo aver perduto l’onore di segretario di Stato presente e il non dirigerle al segretario di Stato attuale3. Chiesi in quella lettera perdono, ma essendo stata grande la tentazione quando altre reali lettere son poi venute, ho nuovamente voluto peccare e sto pur peccando colla lusinga che forse non è quel peccato mortale che io credeva. Solito è nella corte il far più gli affare degli altri che i proprj e fin del regno dei cieli si dice che i violenti lo rapiscono. La bontà incomparabile di Vostra Maestà è maggiore d’ogni mio delitto. L’espressione oltre tutti i limiti della clemenza a proposito delle cifre dei consigli di Spagna in luogo delle quali, che a me mancano, sono io obbligato a sostituire il mio nome ha con tutta la sovrana lettera di Lerida di 25 d’ottobre scomposto tutto il mio spirito ed ha messo in gran pericolo la ragione, se pur non è la ragione stessa che richiede lo smarrirsi, il confondersi e lo stupidirsi a vista di clemenza si rara e il perder tutta la libertà di pensare. Attonito dunque e stupido, non ho altra forza che quella di stendermi ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 101-2. risposta alla Lettera 4 di Maria Amalia del 25 ottobre 1759. Agostino LoMELLINI fu l’inviato della reppublica di Genova a Napoli per l’esaltazione di Ferdinado al trono delle Due Sicilie nel 1759, come ci informano le notizie pervenute da Genova della Gaceta di Madrid: «Luego que esta republica supo la muerte del rey de España, embiò à Parma al Señor Agustin Lomelino, para que en su nombre cumplimentasse à su Alteza real el Señor Infante Duque, assi por este funesto motivo, como por la exaltacion de S. M. de las Dos Sicilias à la Corona de España; y haviendo este Embiado cumplido justamente con I 2 VII. tanucci - 20 novembre 1759 59 esta atencion en aquella Corte, ha passado à la de Napoles à exercer iguales debidos Actos cerca de S. M. Catholica» (Gaceta de Madrid, 9 ott. 1759, n. 41, p. 324). Fu eletto doge di Genova il 10 set. 1760, rimanendo in questa carica fino al 21 nov. 1762. Vedi Attilio zuCCAGNI-orLANDINI, Corografia fisica, storica e statistica dell’Italia e delle sue isole corredata di un atlante di mappe geografiche e topografiche, e di altre tavole illustrative, vol. II, Presso Gli Editori, Firenze 1832, p. 636. 3 Vedi la Lettera I di 9 ott. 1759. VII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 20 novembre 1759*. Dopo la lieta notizia della salute di questo graziosissimo sovrano che umilio alla Maestà Vostra devo supplicare del perdono d’aver ne’ 16 ottobre attribuito alle stravaganze di rivera il raro e incomparabile onore di scriver alla Maestà Vostra, che io devo unicamente alla clemenza stabilitami e confermatami nella sovrana lettera del 1º di novembre da Saragozza. Ma io ammirava l’eroica virtù di Vostra Maestà in tutte le funzioni dello stato sublime e difficile nel quale è stata costituita da Dio. Non aveva però potuto pensare l’estenzione dell’eroismo fino a prender la penna pel mio nulla. Fu d’inteletto il mio peccato che non seppe comprendere fin dove può arrivare un anima grande. L’acquisto di questa importante notizia vale quel mio mancamento del quale perciò non potrò pentirmi sinceramente. tutte le parole e tutti li pensieri da me letti ed ascoltati in 55 anni non mi somministrano una o uno al gran bisogno del dover far menzione della copia tirata colla sua real mano dall’originale del re Xtianissimo per mandarmela. Questo è segno che in tutti li secoli non è stata una simile grandezza d’animo capace d’arrivare fino all’ultimo confine della benignità possibile. Quebec caduta1. La costa d’Asia vicina a perdersi2. Il fallimento spiegato negli ultimi editti verificheranno le buone parole della lettera xtianissima quanto al non turbare il fatto. Il difender poi sarà reso non necessario dai russi3, che son partiti4. La lettera che mancava del Principe reale doveva esser posteriore a 10 d’ottobre. Son sicuro che si godeva in Praga e in Varsavia buona salute del dì 31 nel quale Santa Elisabetta ripete le querele del dispendio e delle salute e scrive la breve cifra della quale viene l’inclusa spiegazione. L’inerzia aragonese dipinta da Vostra Maestà si crede non diferente dalla castigliana. Questo è un male. Non vorrei la vivacità francese. L’innocente industria della Germania forse non è sperabile nei paesi caldi. Dio 60 Verso la riforma della Spagna: Carteggio farà fare al re la conversione migliore. Già si vede per la lunga esperienza che la providenza divina lo ha destinato alla riforma dei popoli. rendendo finalmente grazie infinite alla misericordia divina per li ben presto e felicemente finiti morbilli del principe e alla Maestà Vostra dell’essersi degnata di darmene la consolante notizia resto ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 128-9. 1 Québec, città del Canada francese, fu fondata da Samuel de Champlain nel luglio 1608. tanucci accenna alle notizie sulla cosiddetta battaglia della piana di Abraham o di Quebec, del 13 set. 1759; in seguito a quello scontro, dopo tre mesi di assedio, l’esercito britannico, comandato dal generale James Woolf, riuscí a conquistare la città sottraendola ai francesi. Vedi le notizie pervenute da Londra e pubblicate nella Gaceta de Madrid, 2 ott. 1759, n. 40, pp. 316-7; 9 ott. 1759, n. 41. pp. 324-5 e spec. 13 nov. 1759, n. 46 pp. 364-7. Su questa decisiva battaglia, cfr. rene CHArtrAND, Quebec 1759, osprey Publishing, oxford 1999; Christopher HIBBErt, Wolfe at Quebec, the World Publishing Company, New york 1959; Christopher LLoyD, The Capture of Quebec, B.t. Batsford, Londra 1959; Stuard rEID, Quebec 1759. The Battle that Won Canada, osprey Publishing, oxford 2003 e Charles Perry StACEy, Quebec 1759. The Siege and the Battle, the Macmillan Company of Canada, toronto 1959. Sulla politica francese nel Canada durante la guerra dei Sette Anni, vedi Fred ANDErSoN, Crucible of War. The Seven Years’ War and the Fate of Empire in British North America, 17541766, Alfred A. knopf, New york 2000; Frank W. BrECHEr, Losing a Continent. France’s North American Policy, 1753-1763, Greenwood Press, Westport 1998; Lee B. kENNEtt, The French Armies in the Seven Years’ War. A Study in Military Organization and Administration, Duke university Press, Durham 1986 e Noel t. St. JoHN WILLIAMS, Redcoats along the Hudson. The Struggle for North America, 1754-63, Londra, Brassey’s, 1997. Sulle campagne militari francesi nelle colonie, cfr. The Seven Years War in Canada, 1756-1763. Being a Volume of Records and Illustrations together with a Pictorial Travelogue Showing the Stage of Development which America Had Reached Seventy Years after the Seven Years War, a cura di Sigmund SAMuEL, ryerson Press, toronto 1934 e Mark zuEHLkE, The Canadian Military Atlas. The Nation’s Battlefields from the French and Indian Wars to Kosovo, Stoddart Publishing, toronto 2001. 2 tanucci accenna ai problemi che i francesi avevano per difendere le loro colonie in Asia contro il potere marittimo inglese nella cosiddetta terza guerra di Carnatic (1756-1763), estensione della guerra dei Sette Anni nel continente asiatico: vedi Gaceta de Madrid, 30 ott. 1759, n. 44, pp. 349-50 e 6 nov. 1759, n. 45, pp. 357-8. Cfr. anche John ENtICk, A Compleat History of the Late War, or, Annual Register of Its Rise, Progress, and Events in Europe, Asia, Africa, and America and Exhibiting the State of the Belligerent Powers at the Commencement of the War, Their Interests and Objects in Its Continuance. Interspersed with the Characters of the Able and Disinterested Statesmen, to whose Wisdom and Integrity, and of the Heroes, to whose Courage and Conduct, We Are Indebted for that Naval and Military Success, which Is not to Be Equalled in the Annals of This or Any Other Nation, Printed by John Exshaw, Dublino 1763. 3 La russia, governata dall’imperatrice Elisabetta, era in quel momento alleata con l’Austria, la Francia e la Sassonia nella guerra dei Sette Anni (1756-1763). Vedi Herbert Harold kAPLAN, Russia and the Outbreak of the Seven Years’ War, university of California Press, Berkeley 1968. 4 I russi abbandonarono la Slesia a causa del raggruppamento degli eserciti del re di Prussia e del fratello, il principe Enrico. Cfr. le notizie, pervenute da Vienna, pubblicate nella Gaceta de Madrid, 4 dic. 1759, n. 49, pp. 387-9. 7. Maria Amalia - 11 dicembre 1759 61 7 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Arrivo a Madrid in nove giorni di viaggio. Tenero incontro del Re colla regina madre. Loda Santa Elisabetta che non aveva scritto niente a Wall circa le tratte. Piega che prendono le cose domestiche riguardo a lei stessa. Stando essa in letto, il Re sentí Wall e poi Arriaga a capo del suo letto. Che San Nicandro, per non lasciar solo il Re durante i lunghi consiglj, possa entrare ed uscire. Quando si tratta di cose di Casa Reale si lasci operar un poco più liberamente San Nicandro che, come genovese, non è niente sprecone. Che Santa Elisabetta partendo lasci qualche cifra al conte di Wakerbart non piacendo a Sua Maestà per segretario né il conte Bolza né il frate. Buen retiro1, il 11 Xbre 1759. Domenica verso la sera giunsimo finalmente felicemente qui, e grazie a Dio in buona salute, dopo aver sostenuto 9 giorni del più strapazoso viaggio che imaginar si possa, di freddo, neve, aqua, strade perfide e quel ch’era peggio, doppo di una di queste giornate, più perfidi allogii ancora2. Con tutto questo, la mia ancor debole salute non ha soferto. Anzi, più presto sto un tantino meglio di quel che usci da zaragoza. In fine, Dio mi ha ajutata e spero mi ajuterà in avanti. L’incontro [fra Carlo III ed Elisabetta Farnese] è statto molto tenero da una parta e l’altra3 ed ancor jo ricevo grandissime tenerezze e finezze. Ma veniamo a noi. La cosa di Santa Elisabetha è andata a meraviglia. Come non haveva cifra con Wall, non scrisse altro se non che stava travagliando per quello che da voi segli era scritto in cifra, e dalle due piccole cifrette che dopo mi avete rimesso si scorge la cagione della tardanza delle tratte. Certo è che pare che Dio abbia destinato il re per riparare i regni ruinati. Qui ha incominciato a fare molto, sopra tutto nel tempo della dimora in zaragoza4. Credo che molti, se non in tutto, al meno in parte, si siano disinganati che il re poco bisogno abbia de loro consigli5. Dalla prima sera del nostro arrivo la cosa si pose su d’un buonissimo piede. Si stiede un pezzo al quarto della regina [Elisabetta Farnese]. Al retirarci da quello, come jo ero molto stracca, mi posi al letto. Wall fece sapere al re doverli dire qualche cosa. Lo fece entrare ed alla testa del mio letto si fece la con- 62 Verso la riforma della Spagna: Carteggio ferenza come tante volte con voi. Ed ieri sera si fece l’istesso con Ariaga6. Ne vi è statto parola d’affari o negozii ancora con la madre. ora devo dirvi due cose. una, che avendo visto il re l’inevitabile lungezza de vostri Consiglii di regenza, ha visto che il principe di San Nicandro quasi non aveva tempo d’esercitare il suo impiego d’ajo7, perloche mi ha ordinato di scriverli che, quando in quello non vi fossero cose gravi o di servigio del re e regno, poteva qualche volta dispensarsene o pure entrar ed uscire a diverse hore per attendere al re. Questo ve l’aviso acciò li coleghi sappiano che lo fa con licenza del re, acciò non se ne avessero da servire d’esempio e restare forse solo il secretario. L’altra è che ho visto le tante opposizioni che avete fatto a San Nicandro per le carozze e soldi del ciruscio e medico del re nuovamente nominati8. Non posso negare che mi è venuto da ridere ricordandomi li amichevoli contrasti passati delle volte tra voi e me per simili cose, ma vi prego, per amor de la pace ed uniune tra voi e San Nicandro, che tanto importa per il buon governo, che quando si tratta di cose di Casa reale, non stirate tanto: lasciate operare un poco più liberamente San Nicandro, tanto più che sapete ch’essendo genovese non è niente spregone9. Altra cosa ora mi si sugerisce; l’ho domandato al re, ed egli mi ha permesso di scrivervela: cioè, che vedendo jo che Santa Elisabetha sarà forzato a retirarsi10 da vicino mio fratello, li scriviate che lasciasse una delle ciffre che ha con voi in mano a buon Wackerbarth11, che in altro caso non avressimo modo di farle sapere qualche cosa segretta, o sia di rimesse o altro, mentre per dirvi la verità ne il religioso segretario12 ne il Bolza mercante mi piacciano per simili incompenze13. Gia senza dubbio saprete il vantaggio riportato da Daun14 sopra prussiani il giorno 21. Detaglio non ne abbiamo ancora, ma 21m. huomini e 3 generali prigionieri è un gran oggetto15. Faccia Dio che riesca in vantaggio della povera casa e patria mia. tempo è che finisca e questo è assicurandovi della mia costante benevolenza. Amalia. [P. S.] Vi accludo tutte le lettere del orto e una di Santa Elisabetha ricevute nel tempo della mia infermità. 1 Il Buen retiro, dove alloggiava la famiglia reale a Madrid, si trovava nel limite orientale della città ed era l’unico palazzo reale dopo l’incendio del real Alcázar (24 dic. 1734). Il nuovo edificio, che doveva sostituire l’antico Alcázar, fu costruito dal 1735 in poi su progetto 7. Maria Amalia - 11 dicembre 1759 63 di Filippo Juvarra e non era ancora finito nel 1759 (cfr. Francisco José de la PLAzA SANtIAGo, Investigaciones sobre el Palacio Real Nuevo de Madrid, universidad de Valladolid, Valladolid 1975 ed ad indicem José Luis SANCHo GASPAr, La arquitectura de los Sitios Reales. Catálogo histórico de los palacios, jardines y patronatos reales del Patrimonio Nacional, Patrimonio Nacional-Fundación tabacalera, Madrid 1995). Sul palazzo de Buen retiro Maria Amalia farà commenti negativi più avanti. 2 Carlo III e la sua famiglia avevano lasciato Saragozza il primo dicembre essendosi trattenuti in questa città più o meno un mese per i sopraccennati motivi di salute della regina Maria Amalia (cfr. Lettere 6 e 7: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 29 nov. 1759 e Maranchón 5 dic. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 45-7). Sull’arrivo del nuovo sovrano a Madrid il 9 dicembre 1759, la Gaceta c’informa il giorno 11 che «haviendo continuado felizmente las ocho marchas desde el Lugar de Maria los reyes, y Principe nuestros Señores, y los Señores Infantes, è Infantas, sus amados Hijos, llegaron sus Magestades, y Altezas a su real Palacio de Buen retiro anteayer, entre quatro y cinco de la tarde, aclamados del mucho Pueblo, que saliò al camino, y asistidos de la mas cumplida salud» (Gaceta de Madrid, 11 dic. 1759, n. 50, p. 399). Su questo argomento, vedi ancora NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 10 dic. 1759; Dispaccio n. 58 da rosenberg a Vienna, Madrid 10 dic. 1759 in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 50-1 e le relazioni Gaspar PLA, Alegre enhorabuena a la feliz llegada de nuestro Catholico Monarca y su amada esposa (que Dios guarde) en esta Real Corte de Madrid. Escríbela don Gaspar Pla, Antonio Muñoz del Valle, Madrid 1759 e José Enrique FIGuEroA, Heroicas octavas, plausible glossa, y soneto laudatorio, que a la deseada felicissima venida, y entrada en Madrid de N. Catholico Magnánimo Monarcha Don Carlos III, en compañía de su Real Augusta esposa doña María Amelia de Saxonia, y de los Sereníssimos Infantes, e Infantas, con algunas particularidades de valor, conducta, y prudencia del Rey nuestro señor. Se describen por don Jose Enrique Figueroa, Gabriel ramirez, Madrid 1759. 3 Secondo la Gaceta: «encontraron también [i sovrani] à la reyna Madre nuestra Señora, siendo inexplicables los reciprocos tiernos placemes, y regocijos que passaron entre sus majestades, y Altezas, como assimismo la satisfaccion que manifiestan los corazones de todos los Habitantes de esta Corte, por la dicha suspirada de la apreciable presencia de sus dignissimos Soberanos, y de su real amada Familia» (Gaceta de Madrid, 11 dic. 1759, n. 50, p. 399). Su questo episodio, una descrizione molto accurata e precisa è nel carteggio di Luigi Vanvitelli: «Il giorno 9 Decembre 1759, nel dopo pranzo, arrivarono le loro Maestà Cattoliche in Madrid, in mezzo alla concorsa Città tutta, che acclamavano il loro Monarca, con giubilo e grida massime. Al Palazzo la regina Madre le stava attendendo sola nella camera del letto reale. In vedendo per la fila delle camere la Genetrice, [Carlo III] si distaccò correndo, lasciando in dietro la Consorte regina ed Infanti, ed abbracciolla strettamente prorompendo in lacrime di tenerezza; la Madre voleva baciare la mano al re figlio, il Figlio baciarla alla Madre, ma niun’il permise all’altro; per altro, quando meno il pensava il re Cattolico, ella l’ingannò baciandole la mano. tutti la baciarono alla regina Vedova in appresso, la quale immediatamente regalò il re suo figlio di una spada e bastone di oro, con rarissimi brillanti. Alla regina Catolica una gran toaletta tutta di oro e gemme, ed un ventaglio con manico ricco di brillanti; nella toaletta stessa si dice vi fosse un’orologio di oro parimente di brillanti ed un’orologio da tavola di toeletta, parimenti adornato con brillanti. Alli 3 Principi [presumibilmente Carlos, Gabriel e Antonio Pascual, ma manca il quarto chiamato Francisco Javier] tre cordoni e tre bottoni da cappello, di grossi brillanti e di raro lavoro; alle due Prencipesse Infanti [María Josefa e María Luisa] due finimenti intieri assai ricchi di brillanti, di diamanti e pietre colorite» (Lettera 701: foglio allegato, Napoli 1 gen. 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli della Biblioteca Palatina 64 Verso la riforma della Spagna: Carteggio di Caserta, vol. I-III, a cura di Franco StrAzzuLLo, Congedo Editore, Galatina, 1976-1977, vol. II, p. 450). Il conte di Fernán Núñez segnalò che: «La reina madre vino en su silla de manos á recibir á la real familia á la segunda sala después del gran salón del retiro, apeándose en el Casón de madera que da al jardín, en el cual tomaba siempre el coche el rey Fernando. Sería difícil describir sin debilitarlos los muchos afectos que debería sentir en aquel momento de reunión una madre que, al cabo de veintiocho años de ausencia, se hallaba de nuevo unida á un hijo que había amado siempre tiernamente, y á quien no podía contar probablemente volver á ver en toda su vida; á un hijo que venía á ocupar el trono de su padre, no obstante de haber nacido el tercero y de haber reinado sus dos hermanos mayores, hijos de otro matrimonio; á un hijo que se le presentaba rodeado de una numerosa y hermosísima familia de cuatro hijos y dos hijas, dejando en manos de otro de sus nietos el hermoso reino que la política y esfuerzos de su misma madre había sabido adquirirle. Creo que es díficil, y acaso único, ver reunidas un conjunto de circunstancias semejantes á éstas, sobre todo si se considera la tranquilidad con que, en medio de una guerra casi general en la Europa, veía esta Soberana coronados sus hijos y nietos en varias partes de ella» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, pp. 150-1). Ferrer del río scrisse a sua volta: «En silla de manos se adelanto impaciente Isabel de Farnesio a recibirle hasta una sala del palacio que daba al jardín del Buen retiro; y el primogénito de sus hijos, por cuyo encumbramiento había padecido tantos afanes y suscitado tantos disturbios, se le echó a las plantas y a los brazos, no menos reverente que amoroso, tras veinte y ocho años de ausencia, y, doblada la rodilla, fue presentándola su numerosa prole; escena de singular ternura, que acompañaron con lágrimas los circunstantes. Muchos aguardaban en la antecámara el momento de cumplimentar a la real familia, que, fatigada y embebecida además en las expansiones del hogar doméstico, por igual deliciosas bajo los palacios y las cabañas, hubo de dilatarles esta honra hasta el día siguiente» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 242-3). L’inviato austriaco, conte rosenberg, confermò infatti il buon rapporto di Carlo III con sua madre Elisabetta Farnese in un dispaccio posteriore (Dispaccio n. 64 da rosenberg a Vienna, Madrid 31 dic. 1759 in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 77-80). 4 Infatti, quando Carlo III era a Saragozza, Bristol scriveva a Londra: «His Catholick Majesty has already declared his intention of augmenting both his sea & land forces. regulations of economy are beginning to be made in the royal household. I hear the principal part of the establishment is to be new modeled, the late system of expence entirely reformed and the finances to be put upon another footing. Some changes of that kind are highly requisites for the abuses here exceed all that can be complained of in other government» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 5 nov. 1759). Su questi argomenti, vedi anche i dispacci posteriori di questo ministro. 5 Maria Amalia si riferisce allo zelo e all’iniziativa politica e di governo svolta da Carlo III in Spagna fin dal suo arrivo. Ciò fu anche noto a Napoli ad un artista come Vanvitelli, che raccontava proprio nel dicembre 1759 a suo fratello un incidente che aveva «cominciato a far tremare i Spagnoli». Infatti, «in Saragozza, il re Cattolico ebbe ricorso dai parenti di un galantuomo, il quale aveva avuta la disgrazia di piacere la sua moglie ad uno dei Primi Ministri della Città, che conversare voleva ove non era veduto di buon occhio. Questo, per avere ogni libertà, fece calunniare il pover’uomo d’un qualche delitto che in sua mente rimase provato, tanto che lo esiliò dal regno di Aragona. Questi parenti provarono la calunnia concludentemente, onde il re ha fatto ritornare il marito alla sua casa, ed il Ministro condannato in una fortezza, in un’Isola presso l’Africa, sua vita durante. Questo fatto à cominciato a far tremare i Spagnoli» (Lettera 696: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 18 dic. 1759 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, pp. 440-1). 7. Maria Amalia - 11 dicembre 1759 65 6 Julián de ArrIAGA y rIVErA (1700-1776), ‘bailío’, cioè, caballero profeso de la orden de San Juan, era in questa data il segretario di Stato e del Dispaccio di Marina e Indias. Era stato governatore e capitano generale del Venezuela dal 1749 al 1751 e dopo presidente della Casa de Contratación e intendente di marina in Cadice, essendo anche teniente general della marina spagnola. Nel 1754, dopo la caduta del marchese di Ensenada, fu nominato segretario di Stato e del Dispaccio di Marina e Indias (vedi ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 229). Secondo Ferrer del río, Arriaga era «seco de carácter, no sabía granjearse amigos; incorruptible en los Procederes, no había desmerecido el favor del Monarca; anciano venerable y santurrón sincero, aplicábase lo que podía a los negocios, a tal de ir por caminos trillados siempre, y según pública fama, bajo la inspiración de los jesuitas, entre quienes se le veía a menudo» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, p. 250). tanucci diceva di Arriaga a Aci: «Ma l’amicizia d’Arriaga co’ gesuiti non mi piace. Non son questi gente colla quale possa un ministro di sovrano aver amicizia. Questo mi dispiace ancora perché sta commessa a Arriaga l’America, ove li gesuiti dovrebbono dare al re tanto conto delle usurpazioni che anno fatto all’interesse e alla stessa sovranità del re. Mi dispiace per Arriaga, ch’io stimava uomo zelante del servizio del re, quale è necessario che sia, chi deve contrastare con gesuiti» (AGS, Estado, libro 242, p. 248: tanucci al principe di Aci [Madrid], Caserta 25 marzo 1760). Bristol anche lo descriveva così: «Monsieur Arriaga, the secretary of state for the Marine, is a quiet worthy man, but too easily led by the jesuits; he is convinced that the Spanish navy neither is, nor can be in a situation to cope with that of Great Britain. He would be against a war, and is from principle, as well as experience, satisfied that Spain could not be a gainer by interrupting the present peace it enjoys» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761; citato con qualche variante in CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 242). Su Arriaga, vedi anche roDríGuEz CASADo, La política, op. cit. a p. 3, nota 1, pp. 88-9 e María BAuDot MoNroy, Orígenes familiares y carrera profesional de Julián de Arriaga, Secretario de Estado de Marina e Indias (1700-1776), in «Espacio, tiempo y Forma. Serie IV Historia Moderna», 2004, n. 17, pp. 163-86 e della stessa autrice La defensa del Imperio. Julián de Arriaga en la Armada (1700-1754), Ministerio de Defensa-universidad de Murcia, Madrid/Murcia 2013. 7 Il principe di San Nicandro, membro del Consiglio di reggenza, aveva (come aio e anche maggiordomo maggiore della Casa reale delle Due Sicilie dopo il 1759) l’incarico della gestione della vita quotidiana del piccolo sovrano Ferdinando e l’organizzazione generale della sua corte. risulta interessante osservare come Carlo III lo autorizzò ad assentarsi attraverso Maria Amalia, che aveva corrispondenza con lui (vedi Lettere di Maria Amalia di Sassonia a San Nicandro in Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4, vol. I, pp. 5-23). Questo permesso a lasciare il Consiglio di reggenza fu confermato nel dispaccio inviato da Gray a Pitt: «Prince San Nicandro, aio and maggiordomo maggiore to the young king has obtained leave from His Catholick Majesty to absent himself from the Councils of regency, on account of his necessary attendance about the person at the same time the marquis tanucci has orders from the king of Spain to ask the prince’s opinions in all matters of consequence» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 19 feb. 1760). 8 A questo riguardo, cfr. Lettera 13 del 23 gennaio 1760. 9 Bernardo tanucci era stato confermato nel 1759 segretario di Stato e del Dispaccio di Casa reale, avendo con questa carica la responsabilità della gestione amministrativa della Casa reale delle Due Sicilie. Il conflitto politico fra segretari di Stato di Casa reale e capi di corte, sopratutto quello che la gestiva quotidianamente, il maggiordomo maggiore del re, è stato lungamente trattato nella mia tesi di dottorato Corte, poder y cultura política, op. cit. a p. 51, nota 2. tanucci e San Nicandro ebbero per questo motivo parecchi contrasti, anche 66 Verso la riforma della Spagna: Carteggio perché entrambi facevano parte del Consiglio di reggenza come consiglieri. Vedi a questo riguardo la corrispondenza fra San Nicandro e Carlo III in Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4 e le numerose allusioni a San Nicandro nell’Epistolario tanucciano. 10 La regina si riferisce alla licenza chiesta dal duca di Santa Elisabetta, ministo napoletano a Dresda, come sappiamo dalla lettera di Carlo III (Lettera 5: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 22 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 44). Dresda era in pericolo per la minaccia del re di Prussia (cfr. su questo particolare Gaceta de Madrid, 11 dic. 1759, n. 50, pp. 393-4). tanucci scrisse a Santa Elisabetta sulla licenza per il congedo poco dopo: «Il re Cattolico mi comanda di dire a Vostra Eccellenza che, qualora veramente le sue indisposizioni sien tali che non le permettano il continuare il suo soggiorno in Germania senza grave danno e pericolo della salute, potrà ella subito vernirsene in Italia. Aggiunge la Maestà Sua che Vostra Eccellenza, da parte della Maestà Sua preghi nel partirsi di costà il signor conte di Waquerbart a dare ogni settimana alle Loro Maestà Cattoliche, per mezzo del segretario loro di Stato signor don riccardo Wall, le più distinte notizie di cotesta famiglia reale, la quale è tanto cara e tanto interessante per le Loro Maestà» (AGS, Estado, libro 236, p. 209: Bernardo tanucci al duca di Santa Elisabetta [Dresda], Napoli 11 dic. 1759). Santa Elisabetta non prese la licenza perché il permesso arrivò troppo tardi, quando l’inverno era già incominciato, come si vedrà dopo. 11 Josef Anton Gabaleon von WACkErBArtH-SALMour (1685-1761), fu un nobile al servizio del re Augusto III di Polonia. Fu ambasciatore sassone in Baviera (1723-1727) e poi in Polonia (1733-1734) prima che Augusto diventasse titolare di quella corona (vedi ad indicem il Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länder seit dem Westfälischen Frieden 1648, vol. II: 1716-1763, a cura di Friedrich HAuSMANN, Fretz & Wasmuth, zürich 1950). Era venuto in Italia nel 1738 come maggiordomo maggiore del principe reale di Sassonia Federico Cristiano, che accompagnò sua sorella Maria Amalia da Dresda fino a Napoli in quell’anno. Fu nominato ministro plenipotenziario del re di Polonia a Napoli nel luglio del 1738 (Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVI: 10 giugno 1732-4 luglio 1739, a cura di Mario INFELISE, Istituto Poligrafico e zecca dello Stato-Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, roma 1992, p. 566), rimanendo in questa carica fino a quando, nel dicembre di quell’anno, lasciò Napoli al ritorno in patria del principe Federico Cristiano. Fu fatto dopo ministro di gabinetto e consigliere del re polacco. 12 Maria Amalia si riferisce probabilmente al padre Ignazio Guarini, religioso gesuita da molti anni al servizio di Augusto III e descritto nelle seguente veste da thomas Villiers, inviato inglese a Dresda nel 1738: «there is likewise one Querini here [Ignazio Quirini], a priest of the same order [Gesuita]; consequently, has the same views [che il confessore della regina, anche gesuita] and I apprehend an equal influence. He is an Italian by birth and regarded by the publick as a kind of a secretary for the affairs of his own country, I suppose chiefly of rome, and it’s well if he don’t [sic] insinuate his abominable counsels in most others» (NA, SP 88/50: thomas Villiers a Lord Harrington, Dresda 6 giugno 1738). Vedi anche Aldo SPAGNuoLo, Un ministro del re di Polonia alla Corte di Napoli nel 1740, in Studi in onore di Riccardo Filangeri. Vol. III, L’Arte tipografica, Napoli 1959, pp. 61-83; Hans-Bertold DIEtz, The Dresden-Bourbon Connection 1737-1763: Charles Bourbon, Maria Amalia of Saxony, and Johann Adolf Hasse, in «International Journal of Musicology», 1996, n. 5, pp. 95-130; Costanza CArAFFA, Gaetano Chiaveri, 1689-1770. Architetto romano della Hofkirche di Dresda, Silvana, Cinisello Balsamo 2006, pp. 45-50 e Jóhannes áGúStSSoN, Giovanni Alberto Ristori, op. cit. a p. 53, nota 2. 13 A riguardo di questa commissione, tanucci scriverà a Santa Elisabetta: cfr. AGS, Estado, libro 236, pp. 208-10: tanucci a Santa Elisabetta [Dresda], Napoli 11 dic. 1759. VIII. tanucci - 27 novembre 1759 67 14 Leopold Joseph von DAuN (1705-1766), principe di thiano e figlio di Wirich Philipp Lorenz von Daun, viceré di Napoli, fu uno dei militari austriaci più noti della guerra dei Sette Anni (1756-63). Appartenente a una famiglia di tradizione militare, aveva servito nella campagna di Sicilia del 1718, nella guerra di Successione Polacca (1734-35) e anche in quella contro l’Impero ottomano (1737-39). Grande reputazione acquistò nella guerra di Successione Austriaca (1740-46) nella difesa dei diritti di Maria teresa. Nel 1757 assunse il comando delle truppe austriache con il compito di liberare Praga delle forze prussiane. Vedi Wilhelm Edler von JANko, Leopold Joseph Graf v. Daun in Allgemeine Deutsche Biographie (ADB), Band 5, Duncker & Humblot, Leipzig 1877, pp. 109-13. 15 Luigi Vanvitelli segnalò questi successi austriaci a suo fratello urbano, in una lettera dell’8 dicembre: «Ieri, dopo pranzo, arrivò Corriere al Conte di Neiperg, Ministro di Vienna, della sconfitta totale di 20 mila Prussiani, che venivano a soccorrere il Prencipe Enrico, il quale si trovava alle strette; voglio sperare che sarà di conseguenza il vantaggio, ma è inverno; tutta volta il Prencipe Enrico non sguazzerà certamente. Non sento verificare nulla de vantaggi dei Francesi» (Lettera 693: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 8 dic. 1759 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 435). Vedi anche le notizie riportate nella Gaceta de Madrid, 11 dic. 1759, n. 50, pp. 393-4. Sulla politica di Carlo III riguardante la Prussia e la Polonia, vedi rispettivamente José María SáNCHEz DIANA, España y la política exterior de Federico II de Prusia (1740-1786), in «Hispania. revista española de historia», a. XV, 1955, n. 59, pp. 191-230 e Pedro VoLtES, Aspectos de la política de Carlos III en Polonia, in «Hispania. revista española de historia», a. XIV, 1954, n. 54, pp. 53-119. VIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 27 novembre 1759*. Se mi sono necessarie le parole per palesare quanto dolore mi abbia prodotto la sovrana lettera degli 8 del cadente da Saragozza colla notizia della malattia di Vostra Maestà, io son perduto e il più infelice uomo del mondo non avendo potuto a quest’ora della mia vita persuadere che il mio spirito non ha altro oggetto che le Cattoliche Maestà in questo mondo dopo Dio1. Qualunque parola sarebbe inferiore della confusione ch’io sento considerando quanto aumento di benignità sia stato nello scrivermi in tempo della malattia. La descrizione che mi son fatto fare da rio2, da Borras3, da Clementi4 della situazione di Saragozza mi persuade che tutte le infermità sieno costipazioni, delle quali le febbri son crisi. Su questo prendo speranza e qualche riposo e conto i momenti del corriere dei 15. La cifra di Praga spiegata nel foglio incluso e la tratta che subito qui è stata estinta mostra a Vostra Maestà lo stato di questo affare. Il nostro sovrano è sempre più robusto e spiritoso. Neipperg5 rimase confuso della graziosa risposta datagli nell’udienza delle credenziali imperiali, le quali la Maestà Sua volle ch’io dentro la Camera gli leggessi alla 68 Verso la riforma della Spagna: Carteggio presenza dei suoi gentiluomini6. Dopo mi diede i due involti comandandomi di mandare i suoi lavori di divertimento alle reali sorelle7. Bristol8 risparmia a Vostra Maestà il tedio di sentir da me le buone nuove per qui di Londra. turino, che vuol parlare, combina. Quanta gloria sarà del re l’aver senza frode, senza viltà, senza guerra, senza alleanze, ma con sincerità magnanima, disfatto li conciliaboli d’Aix la Chapelle9 e d’Aranjuez10 e rimanendo amico di tutti e di quelli ancora che son nemici tra loro; sarà ben differente la storia dei due fratelli monarchi delle Spagne [Ferdinando VI11 e il proprio Carlo III]. Ho saputo che Vienna si adattò al matrimonio di Parma12 per la sicurezza di non rimanere altre principesse che le sue per li due figli di Vostra Maestà13. La collera mi stimola a punir la presunzione col far nascer un bisbiglio nelle corti d’Europa che probabilmente i matrimoni saranno coll’ultime principesse di Portogallo14 e di Parma15. I nostri Consigli non mancano né di quiete né di concordia ma di tempo, ed è stato necessario raddopiarli le sere e continuandoli fino in quattro ore16. Canillac17 stà ancora qui. Ci rimarrebbe volentieri ambasciatore di Francia. Farebbe per noi e si potrebbe anche desiderare. Sentiamo che Durfort18 non è stato ancor dichiarato. Viene orto. Agitato da speranza, da timore e muto per le grazie infinite, mi prostro ai piedi di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 236, pp. 156-7. 1 Vedi Lettera 6 dell’8 novembre 1760. 2 Antonio DEL río (?-1773), spagnolo, fu nominato segretario di Stato e del Dispaccio di Guerra e Marina il 30 settembre 1759: «Il Signore D. Antonio del Ryo, che prima era Intendente Generale degli Eserciti di Sua Maestà, fu nominato Secretario di Stato, Guerra, e Marina, e Intendente Generale degli Eserciti di detta Maestà» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 72). Secondo Maiorini: «aveva una lunghissima esperienza di affari militari e amministrativi, avendo ricoperto la carica di intendente di Guerra interino nell’esercito del re Cattolico, acquisita grazie alla protezione del segretario spagnolo Campillo» (MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12). Su questo personaggio, vedi anche Catello SALVAtI, L’Azienda e le altre segreterie di Stato durante il primo periodo borbonico (1734-1806), Archivi di Stato, roma 1962 ed ad indicem i volumi dell’epistolario tanucciano cit. a p. 4, nota 2; p. 29, nota 3; p. 45, nota 2 e p. 90, nota 3 e quello di San Nicandro cit. a p. 47, nota 4. 3 Pascual BorráS y ArNAL era capo squadra, ispettore del battaglione della marina napoletana e membro della giunta consultiva di Guerra (cfr. Bernardo tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 163 e Maria Grazia MAIorINI, I presidi nel primo periodo borbonico: dall’amministrazione della giustizia al governo delle province, Giannini, Napoli 1999, p. 95). Nel 1737 era stato incaricato della sorveglianza delle coste siciliane contro i pirati turchi: «Su Majestad a mandado salgan tres de estas galeras à hacer el corso, y las VIII. tanucci - 27 novembre 1759 69 galeotas que a dias la estan haciendo, mandadas por Don Pasqual Borràs en las costas de Sicilia y de Calabria, no haviendo encontrado hasta aora ningun bastimento barbaresco, que parece que estos barbaros quedaron escarmentados del descalabro que llevaron el año pasado, y se ha entendido que un corsario de los mas acreditados en tunez se escusò con el rey que le mandaba salir a corso con sus galeotas, diciendole que no se atrevia a hacerlo por que el rey de Napoles havia abierto los ojos» (AGS, Estado, legajo 5810, folio 21: il conte di Santiesteban a Sebastián de la Quadra, Napoli 18 giugno 1737). Nel 1781 sarà nominato cavaliere dell’ordine di San Gennaro (AGS, Estado, legajo 5913, folio 49). 4 Alfonso CLEMENtE DE AróStEGuI y CAñAVAtE (1698-1774) era in questa data l’ambasciatore spagnolo a Napoli. Dopo essere stato alcalde del crimen e auditor nell’audiencia de Aragón, viene nominato auditor de la Rota della corona di Castiglia a roma nel 1744, essendo ministro interino di Spagna presso il papa fra la morte del cardinale Acquaviva nel 1746 e la designazione del cardinal Portocarrero nel 1748. ritornato in Spagna, riceve la carica di consigliere soprannumerario del Consiglio di Castilla nel 1749 diventando poi titolare nell’anno successivo. Nel 1753 arriva a Napoli come ministro plenipotenziario di Spagna presso la corte del re delle Due Sicilie svolgendo un ruolo molto attivo ed importante (cfr. la sua corrispondenza ad indicem in MAGDALENo rEDoNDo, op. cit. a p. 3, nota 1). Nel 1756 fa parte della cámara di Castiglia e nel 1759 Carlo III lo fece consigliere di Stato secondo la Gaceta: «Atendiendo el rey à los señalados servicios del S.r Don Alphonso Clemente de Arostegui, del Consejo, y Camara de S. M. y su Ministro Plenipotenciario en la Corte de Napoles, se ha dignado hacerle merced de Plaza de Consejero de Estado, con el Sueldo, Gages, Honores, y Preheminencias, que como à tal le corresponden» (Gaceta de Madrid, 23 ottobre 1759, n. 43, p. 344). tanucci dirà di lui a Aci: «Clemente è il collegiale più ostinato e non manca d’ambizione, la quale suol esser congiunte all’ignoranza» (AGS, Estado, libro 243, folio 186r: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 9 settembre 1760). Su Aróstegui, vedi la sua voce rispettiva in Didier ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 232 ed ad indicem rafael oLAECHEA, Las relaciones hispano-romanas en la segunda mitad del XVIII. La Agencia de Preces, vol. I e II, Instituto «Fernando El Católico», Saragozza 19992 (1965) e Jacinta MACíAS DELGADo, La Agencia de Preces en las relaciones Iglesia-Estado Español (17501758), Ministerio de Asuntos Exteriores, Madrid 1994. 5 Leopold von NEIPPErG (1728-1792), conte, fu il ministro austriaco a Napoli dal 1759 fino al 1764 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 71). L’ambasciatore spagnolo a Napoli, Aróstegui, ci informa del suo arrivo proprio all’inizio del 1759 (AGS, Estado, legajo 5866, folios 11 e 92). Fu consigliere aulico imperiale e gentiluomo di Camera della sovrana austriaca. Personaggio geniale, «nel 1762, inventò una macchina per copiare le lettere, che’egli chiamò il Copista segreto, e di cui pubblicò a Vienna, nel 1764, la descrizione in 4.to, con sei intagli in fogl.» (Dizionario delle date, dei fatti, luoghi ed uomini storici o repertorio alfabetico di cronologia universale. Pubblicato a Parigi da una Società di dotti e letterati sotto la direzione di A.-L. D’Harmonville, tomo Quarto, Dal premiato Stabilimento di G. Antonelli Ed., Venezia 1845, p. 363). Con tanucci, fu l’artefice del Tratado de Amistad y Unión fra Maria teresa e Carlo III di 3 ottobre 1759 nel quale le due monarchie aggiustavano la situazione ereditaria delle Due Sicilie, la Spagna e Parma. I particolari di questo trattato sono segnalati infra p. 74, nota 3. 6 I gentiluomini di Camera erano, secondo l’etichetta spagnola su cui era stata modellata la corte napoletana, i membri della Casa reale che aiutavano al somigliere del corpo ad amministrare gli appartamenti privati del re delle Due Sicilie, riuniti nella sezione così denominata Camera del re. Ce n’erano di due tipi: d’esercizio e d’entrata. Sulle loro caratteristiche nel Settecento, vedi Duca di SAINt-SIMoN, Cuadro de la corte de España en 1722, tipografía 70 Verso la riforma della Spagna: Carteggio de Archivos olózaga, Madrid 1933, pp. 234 e ss. e Placido troyLI, Istoria generale del reame di Napoli, ovvero Stato antico e moderno delle Regioni e Luoghi che’l Reame di Napoli compongono, una colle loro prime Popolazione, Costumi, Leggi, Polizia, Uomini Illustri, e Monarchi. Opera del P. Abate D. Placido Troyli dell’ordine cisterciense, Patrizio della Città di Montalbano, e Teologo della Fedelissima Città di Napoli, tomo IV, parte III, Napoli 1751, p. 291. 7 Nel 1759 Maria Giuseppa e Maria Luisa erano le due figlie rimaste vive di Carlo III e Maria Amalia, e dunque sorelle di Ferdinando, re delle Due Sicilie. 8 George William HErVEy (1721-1775), II conte di Bristol, era l’inviato inglese a Madrid. Figlio di Lord Hervey, cominciò il suo servizio pubblico nella carriera militare, ma nel 1755 fu nominato inviato inglese nella corte di torino. Nel 1758 arriva a Madrid come ambasciatore britannico ricoprendo questo incarico fino al 1761. Assume nel 1766 la carica di lord lieutenant of Ireland, essendo dopo lord keeper of the Privy Seal (1768-1770) diventando finalmente nel 1770 groom of the Stole e first lord of the Bedchamber del re Giorgio III. Vedi G. GooDWIN, Hervey, George William, second earl of Bristol (1721-1775), rev. r. D. E. EAGLES, Oxford Dictionary of National Biography, oxford university Press, oxford 2004 [online edition, Jan 2008, http://www.oxforddnb.com.ezproxy.eui.eu/view/article/13112, accessed 17 Aug 2010]. Sulla sua vicenda diplomatica a Madrid, vedi Papers Relative to the Rupture with Spain. Laid before both Houses of Parliament, on Friday the Twenty-Ninth Day of January, 1762, by His Majesty’s Command, printed by Mark Baskett and by the assigns of robert Baskett, Londra 1762 e la corrispondenza diplomatica inviata a Londra e conservata in The National Archives, kew, Inghilterra. 9 Il trattato di Aix-la-Chapelle o Aquisgrana del 18 ottobre 1748 fu quello che pose fine alla guerra di Successione Austriaca. La conseguenza più importante per l’Italia fu il riconoscimento dell’infante Filippo di Borbone come duca di Parma, Piacenza e Guastalla. Ciò nonostante, fu stabilito che se Carlo di Borbone fosse passato in Spagna, Filippo avrebbe preso possesso del regno delle Due Sicilie mentre il ducato di Parma sarebbe andato all’Austria e Piacenza e Guastalla a torino. Per questo preciso motivo, Carlo di Borbone non firmó mai quel trattato (cfr. SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, pp. 22-8). Vedi anche Tratado difinitivo [sic] de paz, concluido entre Sus Magestades Christianísima y Británica, y los Estados Generales de las Provincias-Unidas, en Aix-la-Chapelle, á diez y ocho de octubre de mil setecientos quarenta y ocho; al qual accedió el Rey de España D. Fernando VI en veinte del mismo mes; y ratificó su Accesion en primero de noviembre del mismo año, in Coleccion de los tratados de paz, alianza, comercio &c. ajustados por la corona de España con las potencias extrangeras desde el reynado del señor don Felipe Quinto hasta el presente. Publícase por disposición del Ex.mo Señor Principe de la Paz, Consejero y Primer Secretario de Estado, Grande de España de Primera Clase &c. &c., tomo II, En la Imprenta real, por don Pedro Julian Pereyra, impresor de Cámara de S. M., Madrid 1800, pp. 385-431; Considerations on the Definitive Treaty, Signed at Aix la Chapelle, October 7/18th, 1748. in which the Advantages Stipulated in the Articles of the Said Treaty with Respect to the Present State of Things, and Their Influence with Regard to the Future Posture of Affairs in Europe, Are Modestly but Clearly Demonstrated, printed for J. roberts, at the king’s Arms in Warwick Lane, Londra 1748; The Definitive Treaty of Peace and Friendship between His Britannick Majesty, the Most Christian King, and the States General of the United Provinces: Concluded at Aix la Chapelle the 18th Day of October N.S., to which the Empress Queen of Hungary, the Kings of Spain and Sardinia, the Duke of Modena, and the Republick of Genoa, Have Acceded, printed by Edward owen, Londra 1749 e BAuDrILLArt, op. cit. a p. 32, nota 2, tomo V. 10 Il trattato di Aranjuez, noto anche come d’Italia, fu firmato il 14 giugno 1752 fra le corti di Madrid, torino e Vienna per stabilire la pace fra questi regni, il riconoscimento del VIII. tanucci - 27 novembre 1759 71 status quo italiano e la conferma degli accordi del trattato di Aquisgrana del 1748. L’imperatore Francesco I come granduca di toscana e l’infante Filippo, duca di Parma, sottoscrissero il trattato poco dopo. Carlo di Borbone decise di non aderire, come spiega lo storico William Coxe: «But the king of Naples, as he had already done at the peace of Aix la Chapelle, withheld his assent, because he considered this treaty as infringing his rights to the allodials of tuscany, and the power of disposing of the crown of Naples on succeeding to Spain» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 122). Lo storico Michelangelo Schipa indica a sua volta come «Carlo [re delle Due Sicilie], non entrato nella pace di Aquisgrana, tentennò lungamente innazi al nuovo trattato fondato su quella [...]. Non eran segreti, già allora, i desiderî del re: condurre seco in avvenire principe delle Asturie il primogenito [Filippo], e lasciare nel regno gli altri due: Carlo re, Ferdinando arcivescovo» (SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, p. 41). Il testo compiuto del trattato si trova in Tratado (llamado de Italia) de alianza defensiva, concluido entre Su Magestad Católica, la Emperatriz Reyna de Hungria, y el Rey de Cerdeña, en Aranjuez á catorce de junio de mil setecientos cincuenta y dos: al qual accedió el emperador Francisco I como Gran Duque de Toscana, y su Alteza Real el Duque de Parma y Plasencia in Coleccion de los tratados, op. cit. nella nota precedente, tomo III, 1801, pp. 73-94. 11 FErNANDo VI (1713-1759), figlio di Filippo V e della sua prima moglie Maria Luisa Gabriella di Savoia, fu re di Spagna dal 1746 fino al 1759. Sposato con Maria Barbara di Braganza, non ebbero figli, e per questo motivo il trono fu ereditato del suo fratellastro Carlo III. Su di lui, vedi José Luis GóMEz urDáñEz, Fernando VI, Arlanza, Madrid 2001. 12 Questo matrimonio sarebbe quello dell’arciduca Giuseppe, figlio di Maria teresa d’Austria, e Isabella di Borbone, primogenita dell’infante Filippo, duca di Parma. Su questo argomento, vedi Eufrosina PorCELLI, Le nozze di Isabella di Borbone con l’arciduca Giuseppe d’Austria. Dal carteggio borbonico dell’archivio di Stato di Parma (1760), Scuola tip. Boccone Del Povero, Palermo 1919. 13 Cioè, Carlo, principe d’Asturias, e Ferdinando, re delle Due Sicilie. 14 L’ultima figlia del re del Portogallo, José I, e della sua consorte Marianna Vittoria, sorella di Carlo III, era l’infanta Maria Francisca Benedita (1746-1829). Maria Francisca sposerà nel 1777 l’infante José Francisco Xavier de Paula, principe di Beira, che era suo nipote perché figlio della sua sorella Maria, principessa del Brasile e poi sovrana del Portogallo come Maria I. 15 MArIA LuISA DI BorBoNE E BorBoNE (1751-1819) – Maria Luisa di Parma –, era la terzogenita dell’infante Filippo di Borbone, duca di Parma, e Marie-Louise-élisabeth de France. Sposò finalmente, come era l’intenzione di Maria Amalia, il futuro Carlo IV di Spagna nel 1765, diventando così principessa d’Asturias e poi regina di Spagna. Vedi Antonio CALVo MAturANA, María Luisa de Parma. Reina de España, esclava del mito, universidad de Granada, Granada 2007. 16 tanucci già aveva scritto precedentemente a Carlo III sulla troppa durata del Consiglio di reggenza: «il grande attrasso di tutte le segreterie consuma sempre le tre ore. La mancanza del sovrano in Consiglio allunga i discorsi e le discussioni. Si è talora raddoppiato il Consiglio nelle sere, trattenendoci fino in 4 ore, ma non si arriva a poter dar la pubblica udienza» (AGS, Estado, libro 236, p. 104: Bernardo tanucci a Carlo III, Napoli 13 novembre 1759). E ancora: «i consigli non solamente occupano le tre ore della mattina, ma due se ne fanno la 7mana le sere. tutto si discute minutamente. Basta dire che per le poche cose di Stato e per le non molte della Casa reale si è dovuta a me dare la giornata, cioè il lunedì mattina, stabilitasi la sera di questo lunedì per la giustizia, che dura sempre quattr’ore. Li scrupoli di Centola, che pel contagio del pagliettismo e formalità di Vicaria sono moltiplicati, consumano molto tempo» (AGS, Estado, libro 236, p. 127: Bernardo tanucci a Carlo III, Napoli 20 novembre 1759). 17 Claude-François de MoNtBoISSIEr DE CANILLAC DE BEAuFort (1693/1699-1761), 72 Verso la riforma della Spagna: Carteggio detto l’abbé de Canillac, fu l’auditore di rota della monarchia francese a roma dal 1733 in poi. Fu incaricato degli affari della Francia nella corte papale nel 1742 e nel 1748. Nel 1753 fu nominato prélat-commandeur dell’ordine cavalleresco dello Spirito Santo. Vedi Jean-Baptiste-Pierre de CourCELLES, Histoire généalogique et héraldique des pairs de France, des Grands dignitaires de la Couronne, des principales familles nobles du Royaume, et des maisons princières de l’Europe, précédée de la génélogie de la maison de France, vol. X, Arthus Bertrand, Parigi 1829, p. 38. 18 Emmanuel-Félicité de DurFort (1715-1789), duca di Duras, era stato nominato ambasciatore francese a Napoli dopo la partenza di ossun per la Spagna nel 1759 rimanendo in questa carica fino al 1765; vedi AMAE, Correspondance politique, Naples, 78-80. Primo gentiluomo della Camera del re, governatore della Franca-Contea e maresciallo di Francia nel 1775, era stato ambasciatore straordinario a Madrid dal 1752 fino al 1755 (cfr. ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11). Nel 1757 fu nominato direttore della Comédie-Française e della Comédie-Italienne, essendo infine eletto membro dell’Académie française nel 1775 (vedi Emmanuel-Félicité de DurFort, Discours prononcés dans l’Académie françoise, le lundi XV mai M.DCC.LXXV. a la réception de M. le maréchal duc de Duras, chez Demonville, Parigi 1775). Più avanti, tanucci accenna all’introduzione di questo ministro presso il giovane re Ferdinando. 8 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] A Bolza si ha qualche obbligazione. Vienna vorrebbe nuovamente imbrogliare. Dovrebbe aver capita l’ultima lettera di Sua Maestà perché l’Imperatrice le ne ha scritta una breve e senza toccar punto la materia. Morte della duchessa di Parma. Pensieri della Maestà Sua intorno a matrimonj. Buona armonia ma con suo incomodo. La regina madre ha chiesto da faccia a faccia una piazza di consigliere d’Indie per Gamoneda. Buen retiro, il 18 xcembre 1759. Se tanta afflizione vi cagionarono le lettere di 8 novembre, molta più temo che cagionato ve ne avranno le seguenti. Vi sono molto tenuta [ossia, grata] della premura che dimostrate per la mia salute; dalla vostra ben conosciuta fede ed attaccamento non potevo credere diversamente. Vi assicuro che per altro non desidero [aver buona] salute che per potere, come ho fatto sin ora, impiegarla in servire ed ajutare il re per quanto vaglio [ossia, valgo] e perché egli così vuole. Ed jo lo devo per quella confidenza e fiducia che ha per me. Le notizie che tutti unanimemente mi date del nostro piccolo re non sono piccolo medicamento per me, perché riempiono di gioia il mio cuore1. Benedetto ne sia Dio, da che tutto viene, e lo prosperi e benedica per l’avvenire, secondo ne augmenta il bisogno. 8. Maria Amalia - 18 dicembre 1759 73 A Bolza certo che dobbiamo essere obbligati per la prontezza con la quale, sopra la semplice parola di Santa Elisabetha, fa così grossi pagamenti. È certo che la gloria de due fratelli monarchi delle Spagne [Ferdinando VI e Carlo III] sarà molto diversa. Qui incominciamo a conoscere la differenza e sopra tutto il ministero2. Ho visto come di nuovo la corte di Vienna vorrebbe imbrogliare sopra il nostro concluso trattato3 e questo suo ministro qui residente4 pure si è dato grandissimo moto su di questo. A proposito di questo voglio dirvi che credo che l’ultima lettera mia fu capita in quella corte mentre ne ho ricevuta una ora dell’Imperatrice5 molto corta, rallegrandosi meco della vittoria ottenuta da Daun, senza toccare minima cosa d’altra materia. Jo ne sono contentissima, perché quelle altre consapute lettere erano per me un gran imbarazzo per le risposte. La morte della povera infanta duchessa6 di Parma7 potrebbe bene anche imbarazzare il matrimonio della figlia8, ma troppo poi è la presunzione della corte di Vienna di credere che necessariamente li due figli nostri abbiano a maritarsi con figlie loro; così vi fossero huomini per tante figlie che vi sono per il mondo, che donne non ne mancano9. Alla piccola figlia dell’infante [Filippo di Parma]10 avevo pensato ancor jo, ma a quella di Portogallo [l’infanta Benedita] confesso che non avrei niente genio mentre le reliquie portoghesi, che qui troviamo, non sono molto gradevoli11. Godo che il Consiglio seguiti ad andare con quiete ed unione. Il re dice che se si abbreviano le ciarle basterà anche il tempo. Qui le cose seguitano con pace e quiete sopra un buon piede, benché un poco incomodo per me, che mi conviene perdere ogni giorno quasi due hore con la vecchia ed jo, che ho poco tempo da perdere, non mi ci trovo comoda12. Gamoneda13 già ha voluto una nuova grazia, cioè una piazza di consigliere d’India14 che gli frutta di soldo 2400 ducati napolitani, ed avendolo chiesto la madre a faccia a faccia a figlio a bisognato farlo15. Questo è quanto posso dirvi da qui. Finisco dunque assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 Ferdinando scrisse a sua madre alcune lettere prima che Amalia morisse: cfr. AHN, Estado, legajo 2777. 2 Per ‘ministero’ Maria Amalia probabilmente si riferisce, in questo contesto, al modo o stile di governo di Carlo III più che alla configurazione amministrativa della monarchia, giacché in realtà il nuovo sovrano conservò quasi tutti i segretari ricevuti da suo fratello Ferdinando VI; insomma, mantenne integro l’impianto istituzionale del governo. Come segnala 74 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Modesto Lafuente: «No hubo sin embargo esas novedades que deseaban unos y que recelaban otros; al contrario, dió pronto Cárlos un testimonio de respeto á la memoria de su hermano, y una prueba de lo poco afecto que era á cambios y mudanzas personales, conservando los ultimos ministros de Fernando VI, don ricardo Wall, el marqués de Campo de Villar y don Julián de Arriaga, à quienes ya conocemos, á escepcion del de Hacienda conde de Valparaiso, á quién remplazó con el marqués de Esquilache, siciliano, cuya integridad y cuya práctica habia esperimentado en Nápoles» (LAFuENtE, op. cit. a p. 35, nota 6, p. 13). Antonio Ferrer del río ci fornisce giudizi molto interessanti sul modo di governare di Carlo III: «Al golpe se descubre que no servía de brújula este ministerio a los que intentaban penetrar la índole de los ulteriores planes gubernativos, malgastando las horas en conjeturas. Ninguno de los que entraban a componerlo bajaba de sesenta años: por orden natural perderían muy pronto los más de ellos el vigor de la mente o la vida; y hasta que esto se fuera verificando no cabía penetrar de lleno sobre quiénes se fijaría la preferencia del Monarca. Porque este, para efectuar las reformas, tenía un auxiliar muy poderoso, el tiempo; tranquilo esperaba su acción incontrastable; se lo tomaba para conocer a los hombres, sabía escogerlos y se resistía a mudarlos. A nadie abandono, y nadie debe abandonarme, solía responder a los que solicitaban su retiro; y aun sucedía varias veces que no se jubilara a viejos achacosos, si, bien hallados con sus empleos, aunque no pudieran servirlos, se obstinaban en conservarlos, por no ocasionarles tristeza y acelerar tal vez su muerte. Así, el ministerio que iba a rodear a D. Carlos al ceñirse la corona de España no significaba más ni menos que su aversión invencible a variar de personas» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 250-1). Sulla configurazione amministrativa del ‘ministero’ di Carlo III nei suoi primi mesi di governo, vedi ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 267 ss. 3 Maria Amalia si riferisce al sopraccennato Tratado de Amistad y Unión firmatosi il 3 ott. 1759 fra Carlo III e Maria teresa, grazie alle trattative tra tanucci e Neipperg, ambasciatore austriaco a Napoli. Il nuovo re spagnolo s’impegnava a non riunire sotto un solo titolare le corone di Spagna, le Indie e le Due Sicilie (vedi Tratado de Amistad y Unión concluido entre su Magestad Siciliana, ya Rey de España, y su Magestad la Emperatriz Reyna Apostólica de Hungria y Bohemia: firmado en Nápoles el dia tres de octubre de mil setecientos cincuenta y nueve; y ratificado por el mismo Rey Carlos III en Madrid á veinte y ocho de diciembre del mismo año, in Coleccion de los tratados, op. cit. a p. 70, nota 9, tomo III, 1801, pp. 95-111 e Alejandro del CANtILLo JoVELLANoS, Tratados, convenios y declaraciones de paz y de comercio que han hecho con las potencias estranjeras los monarcas españoles de la Casa de Borbón. Desde el año de 1700 hasta el día [1842]. Puestos en orden e ilustrados muchos de ellos con la historia de sus respectivas negociaciones, Imprenta de Alegría y Charlain, Madrid 1843, pp. 461-4). Vedi anche AGS, Estado, legajo 6091, folios 356-358. Lo storico Schipa commentò minutamente il contenuto dell’accordo fra Carlo III e Maria teresa: «Alla vigilia di quelle feste, il 3 ottobre ’59, il marchese tanucci e il conte di Neipperg, nuovo ministro austriaco presso la nostra corte, sottoscrissero un atto importante; in forza del quale, oltre il divieto di congiungere sopra un sol capo le corone della Spagna e delle due Sicilie, Carlo garantì a Maria teresa i dominî austriaci d’Italia; ella a lui le due Sicilie [nel suo figlio Ferdinando]; Carlo rinunciò a metà de’ Presidî toscani ed a’ beni medicei: i primi all’Imperatrice, che ne fece cessione al marito, senza poi ottenerli mai, i secondi all’Imperatore-granduca; l’Imperatrice rinunziò alla riversione di Parma e Guastalla, finchè durasse la linea di Filippo [duca di Parma e fratello di Carlo III], senza però pregiudizio delle ragioni sabaude su Piacenza» (SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, pp. 84-5). Su questo argomento, vedi le lettere in queste date di Carlo III a tanucci. Sulla vicenda diplomatica di questo trattato, vedi Anna Vittoria MIGLIorINI: 3. Le successioni borboniche a Napoli e a Parma, in Diplomazia e cultura nel Settecento. Echi italiani della guerra 8. Maria Amalia - 18 dicembre 1759 75 dei Sette Anni, EtS, Pisa 1984, pp. 125-50 e Le successioni borboniche a Napoli e a Parma, in Bernardo Tanucci. Statista, letterato, giurista, a cura di raffaele AJELLo e Mario D’ADDIo, Jovene, Napoli 1986, vol. II, pp. 277-95. 4 Franz Xaver Wolfgang von orSINI-roSENBErG (1723-1796) fu il ministro plenipotenziario austriaco a Madrid dal 1756 fino al 1765. Fu uno degli artefici dell’accordo matrimoniale fra l’arciduca Leopoldo, futuro granduca di toscana, e l’infanta Maria Luisa, figlia di Carlo III, nel 1765. Nel 1766 fu nominato maggiordomo maggiore e presidente del Consiglio di Finanza della corte toscana, passando finalmente nel 1770 alla corte di Vienna. La corrispondenza di rosenberg dalla Spagna a Vienna è stata totalmente pubblicata come Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1, dove si trovano anche notizie biografiche di questo ben noto personaggio. Vedi anche karl otmar von ArEtIN, Franz Xaver Wolfgang Fürst v. Orsini-Rosenberg, in Neue Deutsche Biographie, band 19, Duncker & Humblot, Berlin 1999, p. 596. 5 MArIA tErESA o tHErESIA (1717-1780) fu regina dell’Austria e dell’ungheria dopo la morte del padre, l’imperatore Carlo VI (1685-1740), che era stato pretendente al trono spagnolo come Carlo III, in conflitto con Filippo V. Ebbe il trono austriaco dopo aver vinto la guerra di Successione Austriaca (1740-1748), conclusa con il trattato internazionale di Aquisgrana. Sposò nel 1736 Francesco (1708-1765), duca di Lorena dal 1729 fino al 1737 e granduca di toscana da allora fino al 1765. Maria teresa fu soltanto imperatrice consorte, giacché il titolo corrispondeva de iure a suo marito Francesco I, divenuto tale nel 1745. La sua più importante biografia quasi coeva è di Francesco BECAttINI, Compendio istorico della vita dell’augustissima imperatrice regina apostolica ec. ec. ec. Maria Teresa d’Austria e fasti del suo regno. Corredato con gli opportuni documenti, vol. I e II, Losanna 1781. 6 MArIE-LouISE-éLISABEtH DE FrANCE (1727-1759) fu la figlia primogenita di Luigi XV e Maria Leszczyńska, sorella gemella di Henriette. Detta Madame Première e Madame Royale (in Spagna anche conosciuta come Madame Infante), sposò nel 1739 l’infante Filippo di Borbone e Farnesio, secondo figlio maschio di Filippo V ed Elisabetta Farnese. Diventa duchessa di Parma nel 1748, quando suo marito riesce a conquistare e conservare questo trono nel contesto della guerra della Successione Austriaca in Italia. Ebbe tre figli: Isabella (1741-1763), Ferdinando (1751-1802), futuro duca di Parma, e Maria Luisa (1751-1819), futura moglie di Carlo IV di Spagna. Ebbe un ruolo politico molto attivo, e si recò in Francia due volte per influire su suo padre Luigi XV al fine di migliorare la fortuna del ducato parmense. Vedi Henry SAGE, Dom Philippe de Bourbon, Infant des Espagnes, Duc de Parme, Plaisance et Guastalla (1720-1765), et Louise-Elisabeth de France, fille aînée de Louis XV (Madame Infante), Cerf, Parigi 1904; Lettres de Louis XV à son petit-fils l’infant Ferdinand de Parme, a cura di Philippe AMIGuEt, B. Grasset, Parigi 1938; i lavori di Henri BéDArIDA: Parme et la France de 1748 à 1789, E. Champion, Parigi 1928 e Parme dans la politique française au XVIIIe siècle, Félix Alcan, Parigi 1930 e Stefano tABACCHI, Luisa Elisabetta di Borbone, duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla, in DBI. 7 Secondo la Gaceta: «Con Extraordinario, despachado de Parìs el dia 6. del corriente, tuvo anteayer el rey nuestro Señor la infausta noticia de haver fallecido en Versailles con general sentimiento el citado dia, a las 3. y 26 minutos de la tarde, de la enfermedad de Viruelas, y de edad de 32. años, 3. meses, y 21. dias, la Señora Infanta Duquesa de Parma Doña Isabèl de Borbòn, primera Hija del rei Christianissimo, y dignissima Esposa del Señor Infante Don Phelipe, Duque de Parma Plasencia y Guastalla; novedad, que ha debido, y debe a sus Magestades, y Altezas el mas sensible dolor, y por la qual ha mandado el rey nuestro Señor se tomasse Luto desde ayer por quatro meses, los dos primeros de Lana, y los restantes de Seda» (Gaceta de Madrid, 18 dicembre 1759, n. 51, p. 407). 8 ISABELLA DI BorBoNE E BorBoNE (1741-1763) – Isabella di Parma – era la primoge- 76 Verso la riforma della Spagna: Carteggio nita dell’infante Filippo di Borbone, duca di Parma, e di Marie-Louise-élisabeth de France. Sposò Giuseppe d’Austria (1741-1790), primogenito di Maria teresa d’Austria e futuro imperatore Giuseppe II, nel 1760. Maria Amalia fa riferimento a questo matrimonio (su cui vedi rouSSEAu, op. cit. a p. 57, nota 6, pp. 5-6). Ebbe due figlie, Maria teresa (1762-1770) e Maria Cristina (1763). Morí dopo il parto della seconda; cfr. roberto zAPPErI, BorboneParma, Isabella di, in DBI. 9 La regina di Spagna fa riferimento all’intenzione della corte di Vienna di far sposare due arciduchesse austriache, figlie di Maria teresa, con il principe d’Asturias, Carlo, e con il re delle Due Sicilie, Ferdinando, in modo di coinvolgere i Borboni spagnoli e napoletani nel nuovo sistema di alleanze internazionali, disegnati da Maria teresa dopo il 1756. Su questo argomento, vedi i lavori di MIGLIorINI, cit. nella precedente nota 3. 10 FELIPE DE BorBóN y FArNESIo (1720-1765), infante di Spagna, fu duca di Parma, Piacenza e Guastalla dal 1748 fino alla sua morte. Sposò nel 1739 Marie-Louise-élisabeth de France (1727-1759), figlia primogenita dei Luigi XV e Maria Leszczyńska. Com’è stato già accennato nella p. precedente, ebbero tre figli: Isabella Maria (1741-1763), Ferdinando (17511802), futuro duca di Parma, e Maria Luisa (1751-1819), futura moglie di Carlo IV di Spagna. Su Felipe, vedi Casimir StryIENSkI, Le Gendre de Louis XV, don Philippe, infant d’Espagne et duc de Parme, d’après des documents inédits tirés des archives de Parme, des archives des Affaires étrangères, etc., C. Lévy, Parigi 1904; Henry SAGE, Dom Philippe de Bourbon, cit. qui nella nota 6; Marina roMANELLo, Filippo di Borbone, duca di Parma, Piacenza e Guastalla in DBI e Pablo VázQuEz GEStAL, Borbón y Farnesio, Felipe de, in Diccionario Biográfico Español, vol. IX: Borbón y Borbón Parma-Caballero y Ordech, real Academia de la Historia, Madrid 2009, pp. 41-6. 11 Le ‘reliquie portoghesi’ erano i nobili e servitori del Portogallo che rimanevano ancora a Madrid e che erano venuti nel 1729 con la futura regina della Spagna Maria Barbara di Braganza (1711-1758), moglie del re Ferdinando VI. 12 Maria Amalia, con ogni probabilità a richiesta di Carlo III, andava ogni giorno a fare visita alla regina vedova di Spagna, Elisabetta Farnese, nei suoi appartamenti, come lei stessa conferma in questo epistolario. Fernán Núñez segnala infatti che «[...] el rey [Carlo III] y la real familia pasaron constantemente todos los días al cuarto de su madre hasta el de su muerte, que fué en Aranjuez en el mes de Julio de 1766» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, p. 151). 13 Juan Antonio PérEz GAMoNEDA CASCoS y VILLA DE MoroS (c. 1690-1768), marchese di Gamoneda, fu il segretario particolare di Elisabetta Farnese. Appartenente al corpo diplomatico spagnolo, fu segretario di ambasciata in olanda e in russia prima di essere destinato nel 1738 all’archivio della prima Segreteria di Stato e del Dispaccio. Il 6 agosto 1746 fu nominato segretario del Dispaccio della regina vedova Elisabetta Farnese, passò a vivere con la sovrana al sito di San Ildefonso e divenne così il suo uomo di fiducia. Carlo di Borbone gli aveva concesso, come re delle Due Sicilie, un titolo di marchese nel 1756 su richiesta di sua madre, che oltrepassava così l’autorità di Ferdinando VI (AGS, Estado, legajo 5862, folio 16: tanucci a ricardo Wall, torre Guevara 23 mar. 1756). Fu anche cavaliere dell’ordine di Santiago e gentiluomo di Camera d’entrata del re delle Due Sicilie. Cfr. José Manuel trELLES VILLADEMoroS, Asturias ilustrada. Primitivo origen de la nobleza de España, su antiguedad, clases, y diferencias, con la descendencia sucessiva de las principales familias del reyno, dividido en quatro tomos, que comprehenden ocho volúmenes en quarto. Su autor Don Joseph Manuel Trelles Villademoros. Añadida la primera ediccion de los dos tomos, tomo II, parte III, En la oficina de Domingo Fernández de Arrojo, Madrid 1760, p. 247; Mark A. BurkHoLDEr, Biographical Dictionary of Councilors of the Indies: 1717-1808, Greenwood Press, New york 1986, pp. 9394; ramón BALDAQuí ESCANDELL e Jesús PrADELLS NADAL, Los archiveros de la primera Se- IX. tanucci - 4 dicembre 1759 77 cretaría de Estado (Siglo XVIII), in «revista de Historia Moderna. Anales de la universidad de Alicante», 1986/1987, n. 6-7, pp. 117-34; ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 222 e BADorrEy MArtíN, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 519. tanucci aveva una cattiva opinione di Gamoneda, come scrisse una volta al duca di Losada: «Fin dalli primi momenti del mio carteggio spagnuolo, cinque anni sono, lo caratterizzai per un torbido, ambizioso ed intrigante, e come di poco cervello e di nessuna educazione, ardito ancora e intraprendente e senza riguardi. [...] Non fa onore alla regina madre il non veder per altri occhi che per quei di Gamoneda, come Vostra Eccellenza dice. oh, che bella cosa sarebbe il maritar Gamoneda e mandarlo in America» (AGS, Estado, libro 243, folios 221v-222r: tanucci al duca di Losada [Madrid], Portici 23 set. 1760). 14 I consiglieri d’Indias erano quelli che facevano parte del cosiddetto Real y Supremo Consejo de Indias, creato nel Cinquecento dai re di Spagna per governare i territori americani. Su questo argomento, vedi Ernst SCHäFEr, El consejo real y supremo de las Indias: su historia, organización y labor administrativa hasta la terminación de la casa de Austria, vol. I-II, Escuela de Estudios Hispano-Americanos, Siviglia 19752 e José CErVErA PEry, La Casa de Contratación y el Consejo de Indias, Ministerio de Defensa, Madrid 1997. Sui consiglieri, cfr. Mark A. BurkHoLDEr, op. cit. nella nota precedente. 15 La Gaceta infatti informava il 25 dicembre: «Atendiendo el rey al merito, que el Sr. Marqués de Gamoneda ha adquirido, y continúa en el Empleo de Secretario de la reyna nuestra Señora, su amada Madre, le ha concedido S. M. Plaza de Ministro de Capa, y Espada del Consejo, y Camara de Indias» (Gaceta de Madrid, 25 dicembre 1759, n. 52, p. 416). IX Bernardo Bernardo a Maria Amalia Napoli, 4 dicembre 1759*. riposo sulla fede del re, la quale è la base più ferma del genere umano, e credo che il di 25 di novembre fosse Vostra Maestà fuor di tutti li pericoli dei quali la parte minore era quella che poteva personalmente e privatamente dispiacere a Vostra Maestà: tante nazioni vi erano interessate. tutta la virtù che tra esse può essere doveva impallidire. una gran parte delle speranze fondate sull’ajuto e sollievo che ha da venire da Vostra Maestà al redentore di tanti popoli dové palpitare. Lo scampo di questo universale pericolo è perciò l’avvenimento che ora merita le maggiori grazie da rendersi alla divina misericordia e un cantico che si metta nella prima classe che comincia dal Cantemus Domino di Mosè1. Il re Ferdinando sta benissimo e anche la Maestà Sua riposa sulla lettera paterna. La concordia del Consiglio è quanto si possa desiderare. Solamente pel segreto comincia a rilasciarsi un poco la fibra. Il popolo e la nobiltà, l’esercito e la chiesa son contenti. Forse troppo per un sistema di sua natura infelice, onde non può uscire altro di buono che la giustizia e la regolarità senza grazia e senza gloria. 78 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Bolza ha più fretta del tesoriero [del Giro Real 2] spagnuolo di Genova3, che a mille doppie la settimana ha bisogno di altre sette settimane per finire mentre Bolza ne dà tre sole di tempo. Lembo dovrà rimaner creditore almeno di circa 14m. ducati e soffrirà la lenta gravità dello spagnuolo. Viene il solito orto ma malato. Non posso parlare d’un regalo spirituale del re agli augustissimi genitori che viene, ma l’aria di Napoli già comincia a rilasciare anche la fibra del segretario. Supplico pel perdono e resto ai piedi di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 236, pp. 175-7. 1 tanucci si riferisce con il Cantemus Domino di Mosè al cantico recitato dagli israeliti dopo avere attraversato il mare rosso guidati dal profeta, come viene segnalato nella Bibbia in Exodus 15, 1-3: «[1] tunc cecinit Moyses et filii Israel carmen hoc Domino, et dixerunt: “Cantemus Domino, gloriose enim magnificatus est: equum et ascensorem eius deiecit in mare! [2] Fortitudo mea et robur meum Dominus, et factus est mihi in salutem. Iste Deus meus, et glorificabo eum; Deus patris mei, et exaltabo eum! [3] Dominus quasi vir pugnator; Dominus nomen eius!”» («[1] Allora Mosè e gli Israeliti cantarono questo canto al Signore e dissero: “Voglio cantare in onore del Signore: perché ha mirabilmente trionfato, ha gettato in mare cavallo e cavaliere. [2] Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato. È il mio Dio e lo voglio lodare, è il Dio di mio padre e lo voglio esaltare! [3] L’Eterno è un guerriero, il suo nome è l’Eterno”»). 2 Il Giro Real fu una istituzione finanziaria creata nel 1751 da Ferdinando VI in modo di favorire i trasferimenti di capitale spagnolo pubblico e privato. Il Giro Real aveva i suo tesorieri nelle diverse capitali finanziarie europee, come Genova, e fu il sistema utilizzato da Maria Amalia per inviare denaro al suo fratello a Praga. Secondo il Diccionario de Hacienda di Canga-Argüelles: «Son imponderables los sacrificios pecuniarios que sufrió la tesorería general en el siglo XVII y principios del XVIII para colocar fondos en los paises extranjeros para el pago en ellos de sus obligaciones, en razón de los interéses que las casas de comercio llevaban por esta sencilla operacion, habiendo subido desde el 8 al 24 por ciento. Cuando la guerra de Italia, se vió el secretario del despacho de hacienda en el conflicto de tener que ajustar con dos casas de comercio de Madrid un contrato, por el cual se obligaban á entregar en Génova 50.000,000 de rs. en 12 mesadas, pagándoseles en la corte cada mesada al principios de ellas, danto letras de su importe á 30 y 40 dias con el premio de 10 por ciento, pagado con anticipación, y el permiso de la libre extracción de pesos. Nombrado el marqués de la Ensenada intendente de la expedición de Italia, conoció las grandes ventata que tendría el erario de ejecutar por sí mismo la operacion de la saca de pesos; y elevado al ministerio, lo llevó à ejecucion luego que la paz ajustada trajo la serenidad al gabinete. Enterado dicho personaje de que la extracción de moneda de España era inevitable, determinò realizarla de cuenta del erario por medio del giro; empezándola en Paris, y siguiendo á roma, Nápoles, Holanda y Lisboa. Las operaciones dejaron de ganancia hasta el año de 1751 la cantidad de 26.255,662 rs. Este ventajoso resultado movió al ánimo de S. M. á consolidar el establecimiento del real giro en tesorería mayor, encomendándole las extracciones de moneda al pais extranjero, y la negociación de letras sobre este para que satisfaciera los gastos de los embajadores y ministros de S. M. en las cortes, y cuantos ocurriesen en ellas á la corona; señalándole para fondo los 26.255,662 rs., los 9.699,190 rs. 11 mrs. que se habían ganado en las operaciones hechas ya 9. Maria Amalia - 25 dicembre 1759 79 en las tesorerías de campaña, y el importe del 3 por ciento impuesto entonces á los particulares, á quienes se otorgaban privilegios para sacar moneda. uno de los objetos que en esta operación se propuso Ensenada fue el de formar con las ganancias del giro un fondo, separado de los de la hacienda hasta en cantidad de 180.000,000 de reales; para que en caso de una grave urgencia ó de una guerra impensada se tuviera á la mano este socorro pronto. La separacion de Ensenada del ministerio de hacienda el año de 1754, influyó en la suerte del giro real; pues su sucesor el marqués de Valparaiso, habiendo reconocido que el fondo total llegaba á 102.177,208 rs., excendente en 44.802,586 al de su erección; por un nuevo regolamento que dio al año de 1755 á la dependencia, le asignó 30.000,000 fijos, mandando pasar á tesorería general el resto. Sin embargo, continuó la negociacion del giro en tesorería general producendo gruesas ganancias. Erigido en 1784 el banco nacional con el permiso de la extracción de moneda, se radicó en él la obligacion de hacer los pagos de las del erario en los paises extranjeros, y permaneció con este encargo hasta que en el año de 1804 se volvió á restablecer la oficina del real giro bajo el pie de su primitiva fundacion» (José CANGA ArGüELLES, Diccionario de Hacienda, con aplicación a España, tomo I, Imprenta de Don Marcelino Calero y Portocarrero, Madrid 18332, p. 572). Su questa istituzione, cfr. la monografia di Elfidio ALoNSo QuINtEro, El Giro Real, Argos Vergara, Barcellona 1983. 3 Luis MArtíNEz DE BELtráN era il tesoriere del Giro Real a Genova. Vedi ad vocem tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, e Enrique GIMéNEz LóPEz, Expulsión y exilio de los jesuitas españoles, universidad de Alicante, Alicante 1997, p. 279. 9 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Fretta di Bolza. Flemma del tesoriere spagnolo. Incomodo di Lembo. Al retiro, il 25 Xmbre 1759. Ho ricevuto la vostra di 4 di questo mese. tutto quello che in quella vedo mi fa scorgere un cuor d’una persona attaccata per fede ed affetto, come sempre vi ho stimato. Solo mi pare che questi stessi affetti vi fanno vedere in me quel merito che non ho. Qualunque sia, vi assicuro che sino che Dio mi dia salute e vita, l’una e l’altra l’impiegherò per quanto posso per servire ed ajutare il re, secondo non quanto merita per se stesso: è per quella fiducia che ha in me, almeno per quanto arrivo [a capire]. Mi dispiace che si poco s’incontrano la fretta di Bolza con la flemma del tesoriere di Spagna per l’incomodo di Lembo. In altra occasione troveremo modo di farlo essere più solicito o trovar’altra maniera. Grazie a Dio stiamo tutti bene. Jo vado molto meglio. Altro non resta da dirmi. Finisco dunque assicurandovi della mia constante benevolenza. Amalia. 80 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 10 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] In confidenza [la Regina riferisce] che, dopo l’ultimo corriere, il Re stava di mal umore per l’Azienda di Napoli e per le aggregazioni e gradi dati. Che occorrendo può mostrarsi alla Reggenza qualche capitolo di lettera del Re per metterla in soggezione. Vita scomoda che fa colla regina madre, la quale le diè a conoscere che tuttavia pensa in generale a dar moglie all’infante don Luigi, ma pare che continui a aver in capo la principessa del Brasile. Quale è il Re verso la madre e quale verso il fratello. Chiede per risposta a questa due lettere, cioè una pel canale d’Wall e l’altra per quello di Paglia. Al retiro, il 1º del 1760. Il corriere di Napoli non è ancora arrivato1. Dio sa che impedimenti di fiumi e nevi avrà trovato mentre veramente fa un tempo così costante di pioggia che rara volta si vede qui, grazie a Dio. Non ostante questa contrarietà de tempi, tutti siamo bene ed il re non lascia perciò di pigliare il suo quotidiano divertimento della caccia2. Devo avvisarvi, in confidenza, che dopo l’arrivo del ultimo corriere3 ho visto che il re stava di mal humore4, perché dice che vede che le cose dell’Azienda di Napoli vanno malamente, come ancora qualche cosa nel militare come sono certe aggregazioni date senza necessità e per contemplazione secondo quello ch’egli conosce per quello che sopra questo è passato in tempo suo, ed anche certi gradi ch’egli non mai volle accordare ed ora li vede dati5. So bene che la voce vostra è una sola nel Consiglio, ma occorrendo, per mettere in suggezione quelli signori, potete ben anche mostrare qualche capitolo di lettera del re nel quale vi fosse qualch’ordine o qualche disapprovazione. Credo bene che avrete un poco di curiosità di sapere qualche cosa di qua. Vi dirò dunque che le cose seguitano su lo stesso piede di grandissime finezze e tenerezze6. Questo non è affatto arte mia [ed a me] molto meno [gradita] quando non viene dal cuore; figuratevi quanto ci patisco. [Con Elisabetta Farnese] ci vediamo ogni giorno per lo [meno]. Jo vado da lei; altre volte viene lei da me dopo il suo desinare, ch’è alle cinque, poco prima, e prima che il re torni dalla caccia. Al suo ritorno egli o viene pure da lei o si ferma nella camera mia, secondo dove ci trova, di modo che ancora non si sono visti a quattr’occhi7. Ma questa vista suole durare due hore, 10. Maria Amalia - 1° gennaio 1760 81 delle volte più, secondo lo che m’incomoda bastante, facendomi poi mancanza queste due hore. Ieri, stando sole noi due nella mia camera, m’introdusse un discorso, come diciamo, per mattonella, del infante8, e mi diede in qualche maniera a conoscere che desidera casarlo9. Per quanto potei conoscere, ancora sussiste nella sua mente il pensiere della principessa del Brasile10, ma anche accennò matrimonio in generale11. Io, facendo la sturdita, gli dissi lo stato infelice nel quale rimangano per lo più queste case cadette mentre la corona non poteva caricarsi di pesi così enormi. Concluse, o per meglio dire, ruppe questo discorso con un sospiro ed jo introdussi altro discorso di cose indifferenti. Il figlio [il re Carlo III] mostra gran tenerezza per la madre e non è finzione ma realità, ma (questo lo posso dire solo a tanucci) ha suggezione di me di farla mischiare in niente di modo che se vedo che mai il discorso possa inoltrarsi e diventar serio, facendo qualche cenno egli cangia discorso. Mostra ancora gran tenerezza per il fratello [l’infante don Luigi], ma ne ha poco concetto (come merita). Lo porta sempre a caccia con lui12 ed ha fatta una piccola grazia a un domestico di questo per preghiera sua. Questa è la nostra presente situazione. toltene la seccatura, ne sono contenta. In risposta di questa vi prego a scrivermi due lettere13: una per Wall che non contenga niente acciò il re non stranisca che non mi avete scritto e la vera risposta mandatamela per Paglia14. Puol essere, anzi lo credo di sicuro, che questa settimana vi sarà domandato un parere legale. Da quel che vedrette potrete giudicare in che stato sono le cose di qui. Quando avevo scritto mezza lettera è giunto il corriere; per oggi non vi è tempo di rispondere. Mi riserbo a farlo in altro e finisco assicurandovi della mia costante benevolenza. Amalia. 1 Questo corriere portava la Lettera X di tanucci dell’11 dic. 1759, arrivata dopo la redazione di questa di Maria Amalia. 2 Carlo III aveva ripreso la sua abitudine quotidiana della caccia, come sappiamo delle sue lettere inviate a tanucci, almeno dal 18 dic. (cfr. Lettera 9: Carlo III a tanucci, Buen retiro 18 dic. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 50). Edward Clarke, viaggiatore inglese in Spagna nel 1760, scriverà a questo riguardo: «though his Catholic Majesty is now in his forty-sixth year, yet shooting is still his ruling passion: He is the greatest Nimrod of his time: he sacrifies every thing to this favourite pleasure; he was disgusted at his public entry, because it hindered him of four days sport. He stayed three days at toLEDo, and killed six wild mountain-cats, which, as I was well informed by those who had calculated the expence of that expedition, cost him exactly 1000 l. a cat. He is so eager at this diversion, that when the days are short, he often shoots by torch-light, an improvement which our English sportsmen are not arrived at. [...] He rises at seven in the morning, opens his own shutters, 82 Verso la riforma della Spagna: Carteggio writes what letters and dispatches he has to do, and then sets out, let it rain os shine, for the chace, or rather shooting, for he never hunts as we do in ENGLAND. It is his Catholic Majesty’s constant maxim, that rain breaks no bones, and for this reason it never stops or suspends anything he is engaged in, to the no small mortification of his attendants. His suite on these occasions commonly consists of the Infant DoN LEWIS, the great officer in waiting, usually the Duke de LozADA, the Body-Guards, and three or four coaches and six, with which there is always a chirurgeon, in case of any accident [...]. He sometimes fishes for variety, and at other times has what they call a general Battida, which is the setting five or six hundred men to drive all the game they can meet, for many miles round, into toils of great extent; and then the king and DoN LEWIS, (attended by the whole Court, ladies as well as gentlemen) go and kill it. this makes great havock among the game, and is a very expensive diversion. the foreign Ambassadors always attend on these occasions» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, pp. 323-4). Su Carlo III e la caccia, vedi particolarmente Jesús urrEA, Carlos III. Soberano y cazador, El Viso, Madrid 1989. 3 Cioè, il corriere che portava la lettera di tanucci a Carlo III del 4 dic. 1759 dove il segretario napoletano scriveva: «Non è bastata la Beneficiata. Si è messa mano sulli 200m. per anticipar a Ventapani li 50m. dei quali ha persuaso di necessitare per non fallire. Aveva chiesto o rescissione del suo contratto colla corte per alcuni pagamenti non adempiti in Sicilia, o computo o abolizione dei due grani a tumolo da esso donati, ovvero rilasciati alla corte nel suo contratto. tutto si è escluso con anticipargli quella somma. Io parimente non mi ostinai perché non avrei ottenuto il dissuadere i già persuasi e fermi. Non mi son pentito di aver pregato Vostra Maestà a far menzione di 200m. ducati nell’Istruzione. Sentiva e sento le voci pubbliche dell’esausto che rimaneva l’erario e l’esagerazione che ancora durano nelle bocche di chi meno dovrebbe. Ma vorrei quel danaro in casa. [...] Moltissimi sono i ricorsi per aumenti di soldi, per gradi militari, per gratificazione, &c. La maggior parte si lamenta degli attrassi passati. Ho sempre contradetto perché non ho creduto che si deva mostrar di emendare; non so se la mia contradizione sia conforme alla sovrana volontà di Vostra Maestà» (AGS, Estado, libro 236, pp. 178-9: tanucci a Carlo III, Napoli 4 dic. 1759). 4 Carlo III dimostrava questo ‘mal humore’ scrivendo a tanucci: «Veo lo que me dices de no haver bastado la Beneficiata, y siento que se aya tocado los doscientos mil ducados, y no acavo de comprender lo que pasa ay de hazienda, pues creo que no huviera sucedido lo que sucede si yo estuviera ay [...]» (Lettera 10: Carlo III a tanucci, Buen retiro 25 dic. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 51-2). Ancora scriveva nella lettera del primo gennaio: «He mandado a Esquilace que te embie, y a Don Julio, la copia de la quenta de todo lo que gaste ay con motivo de mi partencia para que ay se sepa, para que no sucedan pagamentos duplicados y tambien para que todos vean, y sepan que no se tomo para esto ni un carlin de ay, y que todo lo hize con dinero de aqui» (Lettera 11: Carlo III a tanucci, Buen retiro 1 gen. 1760, ivi, p. 55). 5 Su questi particolari, vedi Lettera 12: Carlo III a tanucci, Buen retiro 8 gen. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 57, dove il re spiega minutamente i suoi diversi pareri sulle nomine date. 6 Maria Amalia si riferisce al rapporto fra la coppia reale e la regina vedova Elisabetta Farnese. 7 Il conte di Bristol conferma su questa materia: «the queen mother has certainly no share in any kind of business. their Catholick Majesties behave to her with the greatest filial duty & respect. Nothing can be better calculated to avoid entering into affairs than the time the king & queen of Spain take daily to see the queen dowager, which is while Her Majesty is at table and then the infants & infantas are all present. As the king of Spain has not seen 10. Maria Amalia - 1° gennaio 1760 83 his mother alone, it is looked upon as an obliging attention towards the Catholick Queen, who never fails going with the royal family to the queen dowager’s apartment before the king of Spain returns from hunting. By this means only indifferent things can be talked of» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 14 gen. 1760). 8 LuIS ANtoNIo JAIME DE BorBóN y FArNESIo (1727-1785), fratello di Carlo III, era l’ultimo figlio maschio di Filippo V ed Elisabetta Farnese. Nominato nel 1735 arcivescovo di toledo e cardinale e ancora arcivescovo di Seviglia nel 1741 non ricevette mai l’ordine sacerdotale rinunciando inoltre nel 1754 a tutte le sue cariche ecclesiastiche. rimase da quel punto di vista dipendente di sua madre Elisabetta. un personaggio anonimo francese lo descrive così nel 1765: «El príncipe don Luis, hermano del rey, es de un carácter suave y complaciente. tan apasionado por la caza como su hermano, pasa con él su vida en los bosques y en la habitación de su madre. Ha nacido sin ambición, porque pudo ser rey de España a la muerte de su hermano Fernando: los votos de la nación le llevaban a ello; los españoles temían a un rey educado en medio de los italianos. Don Luis tuvo entonces la probidad y la dulzura de carácter de no dejarse persuadir; su recompensa es interior; goza de la amistad de su hermano, al cual está muy unido. Por otra parte, no se mezcla en ningún asunto, y no solicita jamás nada. En fin, tiene todas las cualidades requeridas en el hermano de un rey para que la paz no se vea turbada» (Estado político, histórico y moral del Reino de España, in Viajes de extranjeros por España y Portugal. Desde los tempo más remotos hasta comienzos del siglo XX, vol. V, a cura di José GArCíA MErCADAL, Junta de Castilla y León, Valladolid 1999 (1765 dell’originale), pp. 45-105, in part. p. 61). Edward Clarke segnalava a sua volta: «He seems to have much more inclination for a gun than for a sceptre, and spends most of his time in field sports: He has a strong turn for mechanics, and when not employed in shooting, is busied in making watches and mathematical instruments. He has some taste for medals; and the monks he has employed have made for him no inconsiderable collection of those antiquities» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, p. 329). La bibliografia su questo personaggio è stata molto incrementata negli ultimi anni; vedi Eduardo tEJEro roBLEDo, El infante Luis de Borbón (1727-1785) y su estancia en Arenas de San Pedro a través de la correspondencia familiar, in «Cuadernos Abulenses», 1986, n. 5, pp. 215-50; José VALVErDE MADrID, Goya y Boccherini en la corte de D. Luis de Borbón, in El arte en las cortes europeas del siglo XVIII, Comunidad de Madrid, Madrid 1989, pp. 793-802; Virginia toVAr MArtíN, Ventura y desventura de don Luis Antonio Felipe de Borbón y Farnesio, hermano de Carlos III, in «reales Sitios», a. XXVI, 1989, n. 101, pp. 32-44; Antonio MAtILLA tASCóN, El infante don Luis Antonio de Borbón y su herencia, Artes Gráficas Municipales, Madrid 1989; Francisco VázQuEz GArCíA, El infante don Luis Antonio de Borbón y Farnesio, Institución Gran Duque de Alba, ávila 1990; Goya y el infante don Luis de Borbón: homenaje a la «Infanta» Doña María Teresa de Vallabriga, a cura di Juan José JuNQuErA y MAto, Ibercaja, Saragozza 1996; Eduardo tEJEro roBLEDo, La villa de Arenas en el siglo XVIII: el tiempo del infante don Luis (1727-1785), Instituto Gran Duque de Alba, ávila 1997; Francisco toMé DE LA VEGA, El «Gabinete de los pájaros» del infante Don Luis, in «reales Sitios», a. XXXV, 1998, a. 137, pp. 10-21 e Carlos M. roDríGuEz LóPEz-BrEA, Dos borbones, cardenales primados en Toledo, universidad de Castilla-La Mancha, toledo 2001. Sul suo fondamentale mecenatismo artistico, cfr. le opere di Sophie DoMINGuEz-FuENtES: Les Collections de l’infant don Luis Antonio de Borbón y Farnesio, vol. I-IV, universitè de Paris IV-Sorbonne, Parigi 2001; El palacio de la Mosquera de Arenas de San Pedro: distribución, decoración, mobiliario, in «trasierra. Boletín de la Sociedad de Estudios del Valle del tiétar», 2002, n. 5, pp. 149-58; Pinturas que poseyó el infante don Luis en la colección del Patrimonio Nacional (1848-1850), in «Goya. revista de Arte», 2003, n. 304, pp. 45-50; La influencia del presepe napoletano en la corte española: el belén del infante don Luis, in «Goya. revista de 84 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Arte», 2006, n. 311, pp. 95-102 e Unos cuadros de Isabel de Farnesio tasados por Antón Rafael Mengs para el infante don Luis, in «Mélanges de la Casa de Velázquez. Nouvelle série», a. XXXVI, 2006, n. 1, pp. 215-29, così come Goya y el infante don Luis. El exilio y el reino: arte y ciencia en la época de la Ilustración española, a cura di Francisco CALVo SErrALLEr, Patrimonio Nacional, Madrid 2013. 9 La situazione dell’infante don Luis era alquanto problematica e precaria nel 1759, perché come infante non aveva nessun ruolo pubblico significativo nella corte, e neanche nell’amministrazione dello Stato. Don Luis aveva rinunciato alle sue cariche e privilegi ecclesiastici perché non era capace di rimanere celibe o perché, a meglio dire in parole dell’ambasciatore francese a Madrid, il marchese ossun, «l’infant Don Louis a un goût très violent pour les femmes» (Lettera d’ossun di 25 set. 1771, cit. da Alfred MorEL-FAtIo in FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo II, p. 317; vedi anche le pp. 266-74 del tomo I). Elisabetta Farnese desiderava sposarlo in modo di dargli una sistemazione definitiva, ma questo soltanto arriverà nel 1776 quando Carlo III gli concesse il permesso per farlo con María teresa de Vallabriga (cfr. Luis ESPAñoL BouCHE, Nuevos y viejos problemas en la sucesión de la corona española. Pragmática de Carlos III sobre matrimonios desiguales. Derechos a la Corona de los hijos naturales. Necesidad de una Ley de Sucesión. Doña Teresa de Vallabriga, Hidalguía, Madrid 1999). 10 MArIA FrANCISCA ISABEL (1734-1816) era la figlia primogenita del re Giuseppe I del Portogallo e Marianna Vittoria di Borbone e Farnese, figlia di Filippo V ed Elisabetta Farnese. Fu principessa del Brasile (titolo degli eredi al trono portoghese) e dopo regina del Portogallo dal 1777 fino al 1816 come Maria I. Come discusso e rivelato nelle seguenti lettere, Maria sposerà finalmente nel 1760 Pedro de Bragança, suo zio paterno. 11 Infatti, Edward Clarke scriveva nel 1763: «She [Elizabeth Farnese] formed many spirited, though unsuccessful, schemes, to make her third son [Infant Don Lewis] a third Sovereign; and was at one time very near succeeding, by the marriage of DoN LEWIS with the Princess of BrASIL» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, p. 327). 12 Fernán Núñez segnalava a questo riguardo: «El Infante D. Luis, hermano del rey, que, retirado de la Corte y casa de sus padres desde sus primeros años, luego que murió Felipe V, dedicó su juventud á acompañar á su madre en la soledad de San Ildefonso, fué también el fiel compañero del rey su hermano [Carlos III], con quien, desde que llegó a España, salía solo en el coche mañana y tarde siempre que iba á caza» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, pp. 266-7). In AHN, Estado, legajo 2593 si custodiscono le lettere inviate da Carlo III a Elisabetta Farnese fra 1761-1766 mentre lui e suo fratello Luis andavano a caccia per pochi giorni a Cuerva, villaggio vicino alla città di toledo. 13 Queste due lettere sono la Lettera XVI, per Paglia, e la Lettera XVIBis, per Wall. 14 Francesco Antonio PAGLIA era il segretario del principe di Aci, ambasciatore napoletano a Madrid. Fu anche fatto segretario della regina Maria Amalia (cfr. DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, El Progreso Editorial, Madrid 1893, pp. 33 e 50) e tesoriere del suo real borsiglio (AGP, Reinados, Carlos III, legajo 3053) probabilmente dopo il suo arrivo in Spagna nel 1759. tanucci, prevedendo i calcoli di Maria Amalia, aveva già scritto a Paglia antecedentemente: «Prego Vostra Signoria ad assicurar la maestà della regina d’aver io ricevuta la sua sovrana lettera e a consegnare nelle sue reali mani l’inclusa risposta. Se mi riuscirà, farò che il corriere consegni questo piego a Vostra Signoria in propria mano, cioè fuor del piego e del parte generale» (AGS, Estado, libro 236, p. 62: tanucci a Francesco A. Paglia [Madrid], Napoli 30 ott. 1759). X. tanucci - 11 dicembre 1759 85 X Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 11 dicembre 1759*. Né il corriere dei 22 novembre ha sedata la nostra agitazione né la relazione di Muzio1 perché restava la tosse2. Spero che lo stirace avrà cotto e ingrossato sicché sia venuto senza stimolo tutto il catarro. Gli amori di questo popolo pel nostro re Ferdinando son tali e tanti che talora desidero Vostra Maestà presente per vedere quel che a me è impossibile spiegare. La salute di Sua Maestà e la giocondità è quanta e quale Vostra Maestà puo desiderare. Viene una cifra del Principe reale sulli 20m. Si son già pagati degli 80m. 36m.3. Per entro dicembre lo sarà il resto tutto. Viene anche il solito orto. Colui è più modesto con Spagna e Sicilie. Forse sa che i suoi sperano unicamente da Spagna. I francesi li lasceranno sperare senza darsi per intesi per non essere obbligati ad entrare, ove dovrebbon contribuire. È somma la grandezza dell’animo della Maestà Vostra, ma a quest’ora li nuovi oggetti ci avranno annichilati. Formiche comparate ai giganti doviamo nasconderci e tacere. Prego Dio che il corriero dei 29 decida e mostri un lieto principio di piena e lunga felicità. Questi voti son l’unica opera mia. Con questi resto continuamente ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 204-5. 1 Vincenzo Muzio zoNA, medico di Camera della regina Amalia in Spagna, diventerà, dopo la morte della Sovrana, primo medico di Camera di Carlo III. Fu membro dal 1761 in poi del Real Tribunal del Protomedicato, incaricato della sorveglianza in Spagna del buon esercizio dei professionisti sanitari. Sarà anche colui che eseguirà l’autopsia di Maria Amalia (cfr. Relazione del medico reale Muzio Zona in AGS, Estado, libro 317). tanucci non gli attribuiva gran credito. Infatti scrisse: «Muzio era il medico della università di Portici. Veniva talora in casa mia in quella villa, ma io non me ne sono mai servito, nè gli ho sentito far discorsi che lo facessero veder gran medico. Sa stare colle dame e sa far loro la corte; sarà questa tutta la sua medicina» (AGS, Estado, libro 243, folio 106r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 12 agosto 1760). 2 Il 22 nov. Carlo III aveva scritto a tanucci: «la reyna se levanta ya desde el domingo, pero aun esta bastante debil, y por averse purgado oy no te escribe» (Lettera 5: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 22 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 45). 3 ottanta trentaseimilla, come scritto in AGS, libro 237, folio 10r. 86 Verso la riforma della Spagna: Carteggio XI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 18 dicembre 1759*. Benché il graziosissimo nostro sovrano continui nella prospera salute, non è compita neppur col corriero dei 29 la nostra consolazione, poiché l’incomodo che impediva a Vostra Maestà la continuazione del viaggio doveva essere a Vostra Maestà ben molesto1. Maggiore è la nostra speranza su quel di 6 del corrente, che aspettiamo pieno non solamente della sospirata salute di Vostra Maestà e di tutta l’adorabile famiglia cattolica, ma ancora delle allegrezze della capitale, la quale avrà conseguito della sua gioja la cagione più giusta e la più grande di quante abbiano in tutti li secoli conosciuti rallegrata la Spagna. Noi le notizie riceveremo della festa spagnuola con una mescolanza d’affetti diversi perché ella sarà stata a spese della nostra desolazione. Dopo avermi il tesoriero spagnuolo di Genova [Luis Martínez de Beltrán] rimesse 33m. pezze dure, mi scrisse che riceverei il resto dal suo compagno di roma. E quest’ultimo mi scrive colle ultime lettere che ha dato altro destino al danaro per ordini nuovi di Spagna. Qui si rimedierà al venir l’ultima tratta di Praga e non sarà nell’esecuzione degli ordini del re il ritardo d’un sol momento. Qualche perdita sarebbe stata nella moneta avendo il tesoriero di Genova comprate le doppie a 46 carlini, perché l’argento che solo ha avrebbe portato o spesa o ritardo nel trasporto. Ma ho disposto il risarcimento del danno col far delle doppie coniar moneta napoletana col conio del nuovo re, senza che traspiri neppur a San Nicandro la minima parte del segreto. Viene oggi un’altra tratta. Caputo2 vuol ch’io umilj a Vostra Maestà la sua relazione dei lavori di Portici3. Viene orto scarso, malato e ipocondriaco sulla bizzarria del segretario regio di Spagna a roma4. Spero che continuerà il sistema pacifico di questo Consiglio. Lo star in guardia reciproca si va masuefacendo. Siamo ora più cani che gatti. Procuro che sia la meno aspra ch’io possa la parte fiscale che mi anno attribuita. Non so se sieno ancora arrivati ad aborrire in me l’altra più nera5. Prego Dio che le disgrazie senza fine dei francesi non ci tocchino6. oh quante cose vorrei dire su questo! Supplico Vostra Maestà a perdonarmi questa giaculatoria, e senza ardir più oltre mi prostro ai piedi della Maestá Vostra. XI. tanucci - 18 dicembre 1759 87 * AGS, Estado, libro 236, pp. 237-9. 1 Carlo III aveva scritto a tanucci su questo problema nella Lettera 6: Carlo III a tanucci, Saragozza 29 nov. 1759, in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5. 2 Agostino CAPuto, ingegnere camerale della corte napoletana, si occupava nel 1759 dei lavori architettonici fatti nel sito reale di Portici. Era stato inserito nel servizio del re delle Due Sicilie nel dicembre di 1737 quando il segretario di Stato Montealegre aveva chiesto a Juan Antonio Medrano, ingegnere maggiore, di dargli qualche incarico (cfr. ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1102). Nel 1738 lavorava già nel sito reale di Procida per risistemare il real palazzo in quell’isola (ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1103). Sulla sua attività posteriore al servizio del re delle Due Sicilie, vedi ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2 e Vincenza tEMPoNE, L’architettura dei quartieri militari a Napoli e nel regno delle Due Sicilie, Giannini-Accademia Pontaniana, Napoli 2007. ringrazio gentilmente la dottoressa tempone per avermi inviato una copia di questo volume. 3 Il real sito di Portici fu creato dal 1738 in poi e fu la tenuta reale più frequentata dai sovrani e, senza dubbio, la più gradita alla regina Amalia. La bibliografia rimane ancora oggi dispersa e confusa, poiché manca una monografia chiara sulla sua nascita e vicenda posteriore. Vedi Nicola NoCErINo, La Real Villa di Portici illustrata dal Reverendo D. Nicola Nocerino Parroco in essa, Presso i fratelli raimondi, Napoli 1787; Giuseppe SIGISMoNDo, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi del dottor Giuseppe Sigismondo napoletano, tomo III, I fratelli terres, Napoli 1789, pp. 224-40; Salvatore PALErMo, Notizie del bello, dell’antico e del curioso che contengono le Reali Ville di Portici, Resina, lo scavamento de Pompej, Capodimonte, Cardito, Caserta, e S. Leucio, che servono de continuazione all’opera del canonico Carlo Celano, a spese di Salvatore Palermo, Napoli 1792; Nicola DEL PEzzo, Siti Reali: Il Palazzo Reale di Portici, in «Napoli Nobilissima», a. V, 1896, n. XI, pp. 161-7 e a. V, 1896, n. XII, pp. 183-8; Lucio SANtoro, Il Palazzo Reale di Portici, in Ville Vesuviane del Settecento, Edizione Scientifiche Italiane, Napoli 1959, pp. 193-235; Giancarlo ALISIo, Una rilettura su inediti del Palazzo Reale di Portici, in «L’Architettura. Cronache e Storia», a. XX, 1974, n. 226, pp. 262-7; Cesare DE SEtA; Leonardo DI MAuro e Maria PEroNE, Ville Vesuviane. Campania 1, rusconi, Milano 1980; Agnes ALLroGGEN-BEDEL e Helse kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese di Portici, in «Cronache Ercolanesi», a. II: Supplemento, 1983, n. 13, pp. 83-128; Pietro GArGANo, Portici. Storia, tradizione e immagini, Nuove Edizioni, Napoli 1985; María Francisca rEPrESA FErNáNDEz, El Real Museo de Portici (Nápoles), 1750-1825. Aproximación al conocimiento de la restauración, organización y presentación de sus fondos, universidad de Valladolid, Valladolid 1988 e La Reggia di Portici nelle collezioni d’arte tra Sette e Ottocento, Elio De rosa, Napoli 1998. L’ultima monografia uscita qualche anno fa non ricostruisce ancora la vicenda di questo palazzo in modo efficace: vedi Il Real Sito di Portici, a cura di Maria Luisa MArGIottA, Paparo, Napoli 2008. 4 tanucci si riferisce con ogni probabilità a José IGArEDA (?-1778), che era in quella data segretario dell’ambasciata spagnola a roma, anche se non sappiamo a quale episodio possa fare riferimento la lettera di Agostino dell’orto; cfr. AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 321. Su Igareda, vedi ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 300. 5 A questo riguardo scriveva ancora tanucci a Losada in quella stessa data: «Qui ora le cose vanno meglio. Sono più rare le dispute, e sempre amichevoli. Grande inclinazione è in alcuno a dare e contentare li pretensori. Vostra Eccellenza può immaginarsi qual sia l’officio mio. Spero che questo ancora si andrà accomodando. Mi è necessaria una guardia, un contegno e una dissimulazione alla quale non era assuefatto. In generale posso dire a Vostra Eccellenza che si va ogni giorno meglio e si va riducendo alla regolarità chi ne sembrava il meno capace» (AGS, Estado, libro 236, p. 242: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 18 dic. 1759). 6 I francesi, come abbiamo visto, erano stati sconfitti in Europa, America e Asia dagli eserciti inglese e prussiano nelle diverse campagne della guerra dei Sette Anni (1756-1763). 88 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 11 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Ha osservato che nel calendario di Turino non si dà a don Filippo il titolo di duca di Piacenza. Approva l’uso delle doppie di Spagna. Relazione di Caputo. Lettera dell’Orto sul segretario di Spagna in Roma. Complimento della maggior clemenza. retiro, 8 gennaio 1760. Devo in questa settimana rispondere a due vostre di 11 e 18 del passato mese. Quale e quanta sia la mia consolazione in vedere così amato da tutto cotesto popolo il nostro piccolo re. Non è facile il spiegarvi come anche il vedere come la divina provvidenza si compiace di darle lumi e doni molto superiori alla sua età. Ho ricevuta la cifra di mio fratello da voi complicatomi. I francesi mi pare che sono ridotti in uno stato che poco possano fare né sperare né temere1. La corte di turino però in tutti i modi procura di far conoscere che non ha deposta le sue pretensioni su del Piacentino2. Non dubito che Caracciolo3 vi avrà mandato il calendario stampato in turino; nemmeno hanno voluto mettere il titolo di duca di Piacenza al infante [Filippo, duca di Parma]. Credo che volevate burlare che i nuovi oggetti v’avranno annichilati [come] formiche comparate a giganti; tali giganti ancor non sono venuti a mia cognizione. o quanto più vale una di codeste formiche, che [come] voi chiamate, che tutti questi giganti; anzi, la presente degli oggetti a noi visibili tanto più ci fanno regreter [regretter, rimpiangere] li lasciati costì. Godo che la mancanza de tesorieri di Genova e roma non cagioni ritardo, mentre anche che da qui avessimo rimesso subito da qui, non poteva questo farsi con tanta sollecitudine che Lembo non patisse nel ritardo. Avete trovato un ottimo rimedio per non far sentire la perdita cagionata dalla compra delle doppie e godo che si abbia potuto fare con tanto segreto. Jo lasciai detto a Caputo di darvi la relazione mensuali de travagli di Portici. Sapete bene che la misera umanità non può lasciare di avere qualche attacco acciò che noi abbiamo, per così dire, creato. Così succede a me con quel piccolo lavoro e parto delle mia mente, con molta fatigha anche delle mie mani; questo mi obbliga a voler sapere come avanza il lavoro. Vi rimando le lettere d’orto fuori di quella ove parla del segretario di 11. Maria Amalia - 8 gennaio 1760 89 Spagna, perché bisogna sapere s’è vero o no, ed jo mi sono scordata di farla leggere al re. Faremo tutto il nostro possibile acciò li regni delle Sicilie, pupilla degl’occhi miei, non siano a parte della disgrazia de Fra[n]cesi4. Voi dite che vorreste dire molto su di questo, ed jo vi prego di dirmi su di questo i vostri sentimenti e pensieri, mentre avrò piacere di essere illuminata da un fido ed antico più amico che servo, per il quale conserverò sempre una vera benevolenza. Amalia. 1 Sulla situazione francese, vedi NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 21 gen. 1760. 2 La successione di Parma, Piacenza e Guastalla era stata accordata nel trattato di Aquisgrana del 1748 e prevedeva la devoluzione dei ducati all’Austria in caso di passaggio in Spagna di Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, come abbiamo indicato precedentemente. Nonostante ciò, Carlo non fece firmare mai da parte sua questo trattato in modo da non compromettere la sua successione. Per questo motivo, Carlo e Maria teresa fecero a Napoli il 3 ottobre 1759 il sopraccennato Tratado de Amistad y Unión, dove si ricomponeva la situazione (cfr. p. 74, nota 3). Maria teresa rinunciava ai suoi diritti su questi territori in cambio della metà dei presidi toscani e della rinuncia ai beni allodiali medicei da parte del re delle Due Sicilie. Comunque, l’articolo 4º di quel trattato dichiarava che «no entiende su Majestad Imperial y real en virtud de lo dispuesto en el artículo precedente derogar con tal renuncia y cesión el derecho que pretende tener su Majestad el rey de Cerdeña sobre la ciudad de Plasencia y parte del ducado de este nombre, ni contraer obligacion alguna de procurar al rey de Cerdeña ninguna compensacion en el caso de quedar para el serenísimo infante don Felipe la mencionada ciudad de Plasencia, y la parte del ducado de este nombre, con perjuicio de los estados austriacos ó del gran ducado de toscana» (cfr. la sopraccennata nota 3 a p. 74). In riguardo a questo articolo, il re di Sardegna continuava a chiedere per sé il territorio di Piacenza, in possesso dell’infante (vedi SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, pp. 84-5; Vicente PALACIo AtArD, Política italiana de Carlos III: la cuestión del Placentino, in «Hispania. revista española de historia», a. IV, 1944, n. 16, pp. 438-63 e MIGLIorINI, op. cit. a pp. 74-5, nota 3). Carlo III aveva scritto a tanucci a questo riguardo il 22 nov.: «Es cierto que parece que la corte de Viena tenga el mismo interes que tenia la de Francia para la entrevista de tolon, pues se ve bien claramente por todo lo que me dizes; y ya asta hora avras visto la respuesta de Londres que me ha remitido Albertini, y me dice que tambien te enbiava, y por ella que el rey Britanico lo ha aprovado, y estimado mi atencion, y por lo que dize que le dijeron tocante al rey de zerdeña, y avras visto en ella que para obviar toda inquietud en Italia por su pretension sobre Plasencia, y que bien que saben que yo no quise entrar en el tratado de Aix la Chapelle seria bueno contestarle; he echo responder que me digan que es lo que entienden decir contentarle para poder hablar sobre ello, no deseando yo sino la Paz, y buena armonía con todos, y por lo demas veremos en que terminos se explica Bristol» (Lettera 5: Carlo III a Bernardo tanucci, Saragozza 22 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 44-5). A questo riguardo, vedi ancora NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 21 gen. 1760. 3 Domenico CArACCIoLo (1715-1789), marchese di Villamaina, era in quella data l’ambasciatore del re delle Due Sicile nella corte di torino. Dal 1754 fino al 1763 fu ministro napoletano alla corte sabauda, essendo stato a Parigi come inviato straordinario dal 1752 fino 90 Verso la riforma della Spagna: Carteggio al 1754 in sostituzione del principe d’Ardore (vedi ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11). Fu a Londra nel 1764 ed a Parigi nel 1771, dove rimase fino al 1780: anno in cui venne eletto viceré di Sicilia e nel 1786 segretario di Stato. Ebbe una corrispondenza molto importante con tanucci (cfr. ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. III: 1752-1756, a cura di Anna Vittoria MIGLIorINI, Edizioni di Storia e Letteratura, roma 1982 ed i successivi volumi del carteggio tanucciano). Su questo illustre personaggio, vedi Antonello SCIBILIA, Caracciolo, Domenico, in DBI. 4 Maria Amalia accenna gli sviluppi del così detto renversement des alliances o la diplomatic revolution nata fra il 1754-1756 e le sue future conseguenze per il regno delle Due Sicilie. Fino al trattato di Aquisgrana del 1748, il sistema di potenze europee era diviso fra due grandi blocchi: Francia-Prussia-Baviera-Spagna contro Austria-Gran Bretagna. Agl’inizi degli anni cinquanta, Maria teresa, che voleva la reintegrazione della Slesia nella corona austriaca, decise di cambiare atteggiamento con la Francia, inviando a Parigi il suo ambasciatore kaunitz. Il risultato fu l’alleanza fra la Francia, l’Austria e la russia contro la Prussia e la Gran Bretagna, che ebbe come conseguenza la guerra dei Sette Anni (1756-1763) (cfr. richard WADDINGtoN, Louis XV et le renversement des alliances. Préliminaires de la guerre de sep tans, 1754-1756, Firmin-Didot etc., Parigi 1896; Jeremy BLACk, The Tise of the European Powers, 1679-1793, E. Arnold, Londra 1990; Jeremy BLACk, Warfare in the Eighteenth Century, Cassell, Londra 1999 e ancora Franz A. J. SzABo, The Seven Years War in Europe, 1756-1763, Pearson/Longman, New york 2008). Sulle conseguenze provocate di questo fenomeno nella politica del regno delle Due Sicilie, cfr. i contributi di roberto tuFANo: «Le renversement des alliances» europee e l’espulsione di Bernardo Tanucci dal governo delle Sicilie (1774-1776), in «Frontiera d’Europa», a. IX, 2003, n. 2, pp. 88-178 e la monografia La Francia e le Sicilie. Stato e disgregazione sociale nel Mezzogiorno d’Italia da Luigi XIV alla Rivoluzione, Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli 2009. 12 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Descrizione dell’aspetto del suo quarto. Orsini informi sulla condotta del segretario di Spagna in Roma. Al retiro, 15 gennaio 1760. Non ancora si vede comparire il corriere di Napoli. È molta scusabile questa sua tardanza mentre credo ch’ora mai le strade sieno rese impraticabili per le sempre continuate piogge e nevi. Il sole lo vediamo per meraviglia e rare volte una giornata intiera; nebbie orribili molto spesso. In fine, tutto quello che puol rendere orrido l’inverno lo sperimentiamo. Questo unito a tutto il resto, come il poco piacevole vivere in questo paese, la situazione di una casa tetrissima, che la mia veduta è una muraglia di mattone in faccia al mio quarto che mi leva la vista della campagna, e per mia somma disgrazia è il quarto ch’occupa la regina madre, che se no già avrei fatto mettere mano a buttarlo a terra1, un piccolo giardinetto che fa 12. Maria Amalia - 15 gennaio 1760 91 una specie di cortile fra li due quarti ed il famoso cavallo di bronzo2; figuratevi che allegria da questo. Li discorsi poi soliti sono più allegri perché consistono nelle ruine che qui trovat’abbiamo. Il vedere e sentire che tutto stà sotto sopra, ogn’uno che si lagna di quello che gli è stato fatto per il passato e cose simili3. La mia somma consolazione è il vedere che il re di tutte queste ruine non se ne piglia gran fastidio e con il solito sangue freddo mette rimedio a tutto4. Non lascia un sol giorno il suo divertimento della caccia, che qui è abbondantissima, e grazie a Dio si mantiene d’ottima salute senza che né il penoso viaggio né la totale mutazione fatta gl’abbia cagionata la menoma novità. Anzi, col non prendere più l’aria del mare è schiarito di colore e tiene meglio cera che mai; non è questa una gran grazia di Dio? Sabato passato celebrassimo con gran pompa il giorno di Sua Maestà Siciliana5. Questo è quanto da qui vi è da scrivere; finisco dunque assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. P. S.: mi scordavo di dirvi ch’avendo fatto vedere al re la qui annessa lettera dell’orto mi ha imposto di dirvi che vorrebbe che voi scriveste al cardinale orsini6 per sapere se veramente è così infelice la condotta del secretario di Spagna. Che per quello riguarda li discorsi tenuti contro francesi, se sono veri non tardaremo a saperli, mentre l’ambasciatore residente in roma7 non mancherà di darne parte alla sua corte e questa di passarne le lagnanze qui. 1 La regina parla dei suoi appartamenti nel palazzo del Buen retiro, costruito per Filippo IV a Madrid dal 1630 in poi sotto la supervisione del conde-duca di olivares come luogo di delizia; per questo motivo, il disegno e la costruzione dei giardini furono importanti quanto quelli dello stesso palazzo (vedi Jonathan BroWN e John H. ELLIott, A Palace for a King. The Buen Retiro and the Court of Philip IV (Revised and Expanded Edition), yale university Press, New Haven/Londra 20032 (1980); Barbara von BArGHAHN, Philip IV and the «Golden House» of the Buen Retiro. In the Tradition of Caesar, vol. I-II, Garland, New york/Londra 1986 e, finalmente, Carmen BLASCo, El Palacio del Buen Retiro de Madrid. Un proyecto hacia el pasado, Colegio oficial de Arquitectos de Madrid, Madrid 2001). Il palazzo fu molto danneggiato nella guerra dell’Indipendenza spagnola (1808-1814) e ne rimangono soltanto oggi, anche se modificati e molto parziali, due spazi: da un lato, il salón de Bailes, poi chiamato salón de Embajadores, oggi casón del Buen Retiro, che fa parte del Museo Nacional del Prado (cfr. Andrés úBEDA DE LoS CoBoS, Luca Giordano y el Casón del Buen Retiro, Museo Nacional del Prado, Madrid 2008). Dall’altro, il salón de Reinos, già appartenente all’antico museo dell’Esercito e che rimane oggi chiuso ed in fase di restauro per essere integrato nel Museo Nacional del Prado (sulla sua configurazione storica, cfr. specialmente El Palacio del Rey Planeta. 92 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Felipe IV y el Buen Retiro, a cura di Andrés úBEDA DE LoS CoBoS, Museo Nacional del Prado, Madrid 2005). Nel 1759 era l’unico palazzo reale esistente nella città di Madrid, giacché l’antico alcázar di Madrid, vera sede della monarchia, fu distrutto da un incendio la notte precedente il Natale di 1734. Maria Amalia soggiornò sempre in questo palazzo quando stava a Madrid, poiché non era terminata la costruzione del palazzo reale diretta da Sacchetti con disegno di Juvarra, dal 1735 in poi. Sulla vicenda del Buen retiro nel Settecento, vedi yves BottINEAu, Felipe V y el Buen Retiro, in «Archivo Español de Arte», a. XXXI, 1958, n. 122, pp. 117-23 e a. XXXI, 1958, n. 124, pp. 346-7; rosa María ArIzA CHICHArro, El proyecto de Santiago Bonavía para la remodelación del cuarto de los reyes en el palacio del Buen Retiro, in «Villa de Madrid», a. XXIII, 1985, a. 86, pp. 15-24; le opere di Virginia toVAr MArtíN, Proyectos para la remodelación del Sitio Real de la Casa de Campo y del Buen Retiro, in «Anales de Historia del Arte», 1989, n. 1, pp. 245-63 e El Real Sitio de «El Buen Retiro» en el siglo XVIII, in «Villa de Madrid», a. XXVII, 1989, n. 102, pp. 13-46; Matilde VErDú ruIz, Transformaciones dieciochescas del teatro del Buen Retiro, in El arte en las cortes europeas del siglo XVIII, op. cit. a p. 83, nota 8, pp. 803-10; le opere di Carmen ArIzA Muñoz, Los jardines del Buen Retiro, Ayuntamiento de Madrid, Madrid 1991 e Parques y jardines de Madrid, vol. 3: Buen Retiro, Fundación Cajamadrid, Madrid 20012 (1994); Arquitecturas y ornamentos barrocos. Los Rabaglio y el arte cortesano del siglo XVIII en Madrid, a cura di Antonio BoNEt CorrEA, real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid 1997 e, finalmente, Jörg GArMS (revisado por José Luis SANCHo), Los proyectos de Robert de Cotte para el palacio del Buen Retiro, in El arte en la corte de Felipe V, a cura di José Miguel MoráN turINA, Patrimonio Nacional-Museo del Prado-Cajamadrid, Madrid 2002, pp. 223-34. 2 Maria Amalia fa riferimento alla scultura di bronzo di Filippo IV a cavallo, opera finita nel 1640 da Pietro tacca e che era stata sistemata nel cosiddetto jardín de la Reina del palazzo del Buen retiro dal 1642 in poi. Nel 1778 rimaneva ancora lì, come si può apprezzare dal disegno fatto da Domingo de AGuIrrE ed intitolato El Jardín del cavallo en el Buen Retiro visto desde el Balcon que cae al de los Reynos (BNE, DIB/14/48/49), riprodotto in Carlos III y la Ilustración, vol. II, a cura di Carmen IGLESIAS, Ministerio de Cultura, Madrid 1988, p. 454 e parzialmente in úBEDA DE LoS CoBoS, Luca Giordano y el Casón, op. cit. nella nota precedente, p. 64. Soltanto nell’ottocento la scultura fu messa nella sua attuale ubicazione, la cosidetta plaza de Oriente di Madrid. Quell’opera era comunemente chiamata il caballo de bronce, così come scrisse la stessa Maria Amalia. Vedi Walter LIEDtkE, The Royal Horse and Rider: Painting, Sculpture, and Horsemanship, 1500-1800, Abaris Books-the Metropolitan Museum of Art, New york 1989, pp. 210-21 e anche José Manuel MAtILLA, El caballo de bronce. La estatua ecuestre de Felipe IV: arte y técnica al servicio de la monarquía, real Academia de Bellas Artes de San Fernando-Calcografía Nacional, Madrid 1997. 3 Il senso ironico di Maria Amalia lascia supporre che per ‘ruine’ la regina si riferisca agli impiegati e servitori reali che erano stati ignorati nel precedente regno di Ferdinando VI e che adesso chiedevano a Carlo III la restituzione dei loro onori e funzioni pubbliche. 4 Proprio su Carlo III, Bristol scriveva a Londra intorno a questa data: «the Catholick king is indefatigable in his application to business. He passes many hours alone in his closet every morning before the arrival of the ministers. As His Catholick Majesty rises constantly at five, no matters are postponed, as formerly, from day to day & then often left unexecuted, but therefore affairs are now examined by the Catholick king himself & everything dispatched with accuracy & expedition» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 14 gen. 1760). 5 La Gaceta infatti informava: «El Sabado 12. del corriente se celebrò en esta Corte con Gala, y general Besamanos el cumple años de S. M. Siciliana, que entrò en los diez de su XII. tanucci - 25 dicembre 1759 93 edad; y S. M. eligiò este dia tan plausible para que se cantasse, como se hizo, un solemne Te Deum en la Iglesia del real Monasterio de San Geronymo, en accion de gracias por su felìz ingresso en estos reynos» (Gaceta de Madrid, 15 gennaio 1760, n. 3, p. 22). 6 Domenico Vittorio orSINI (1719-1789), nipote del papa Benedetto XIII orsini (1649-1730), era il cardinale protettore del re delle Due Sicilie a roma. Appartenente ad uno dei lignaggi più importanti della penisola italiana, ricevé dopo la morte di suo padre nel 1734 tutti i titoli della casata, essendo così XV duca di Gravina, VI principe di Solofra, V principe di Vallata e II principe di roccagorga. Nel 1738 sposò Anna Paola Flaminia odescalchi dei duchi di Bracciano, morta nel 1742. In quell’anno Domenico orsini chiese permesso al re Carlo per farsi ordinare cardinale conservando tutti i feudi della famiglia fino alla maggiore età del figlio primogenito (tutta la documentazione al riguardo di questo episodio si può vedere in ASNA, Archivio Farnesiano, busta 1148). Domenico lasciava così la vita civile in modo da conservare per il lignaggio orsini l’onore cardinalizio, dopo la incapacità di suo zio Mondillo orsini (1690-1750), arcivescovo di Melfi (1724-1728), poi di Capua (1728-1743), di ottenere questa carica. Carlo accettò di dargli il regio assenso, e nel 1743 Domenico orsini divenne cardinale della chiesa romana, ricevendo dallo stesso re di Napoli la berretta cardinalizia a palazzo reale (questa cerimonia fu minutamente descritta nell’Avviso di Napoli, 24 dic. 1743, n. 3, in ASNA, Biblioteca, XVII F 14). A roma, orsini ebbe corrispondenza dal 1744 con il segretario di Stato napoletano, e fu nominato nell’aprile 1747 cardinale protettore – ossia inviato ufficiale presso il papa – (ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4815), un anno dopo la morte del cardinale trojano Acquaviva d’Aragona, che aveva la carica precedentemente (AGS, Estado, legajo 5848, folio 14). Nel 1759 ebbe l’onore di grande de España da Carlo, prima della sua partenza, e fu nominato plenipotenziario presso il papa per l’investitura di Ferdinando IV come re di Napoli (AGS, Estado, legajo 6100, folio 244). La sua corrispondenza diplomatica si può vedere in ASNA, Archivio Farnesiano, buste 1448-84. Secondo il Cardella: «Ebbe l’orsini un cuore generoso co’ poveri, pieno di religione verso Dio, e fu liberale, e munifico colle Chiese alla sua cura commesse» (Lorenzo CArDELLA, Memorie storiche de’ Cardinali della Santa Romana Chiesa scritte da Lorenzo Cardella, parroco de’ SS. Vicenzo, ed Anastasio alla Regola in Roma, t. IX, Stamp. Pagliarini, roma 1797, p. 27). Cfr. anche http://www2.fiu.edu/~mirandas/bios1743.htm#orsini. 7 Jean-François-Joseph de roCHECHouArt (1708-1777), vescovo di Laon, era in quella data l’ambasciatore francese a roma (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 118), essendo nominato cardinale nel 1761. Secondo il Devisme: «Il fallait toute sa sagesse, pour qu’il réussit dans celle de rome, pendant la quelle on chassait de France les Jésuites, qui jouissaient d’une grande faveur auprès du Pape régnant» (Jacques-François-Laurent DEVISME, Manuel historique du département de l’Aisne, F. Le Blan-Courtois, Laon 1826, p. 355). Su questo personaggio, cfr. anche Gérault de CAMBroNNE, Oraison funebre d’éminentissime Seigneur Monseigneur JeanFrancois-Joseph De Rochechouart. Prononcée dans l’Église Cathédrale de Laon, le 17 Juin 1777, J. Calvet, Laon 1777 e http://www2.fiu.edu/~mirandas/bios1761.htm#rochechourat. XII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 25 dicembre 1759*. Quanto ci ha il corrier de’ 5 da Maranchon1 fatta stentar la sospirata notizia d’esser felicemente finito l’incomodo della Maestà Vostra, il quale 94 Verso la riforma della Spagna: Carteggio aveva differito la partenza da Saragozza! Grazie a Dio è arrivato questa sera prima di chiudersi le lettere e l’amabilissimo nostro monarca, che gode la più robusta salute, si è infinitamente rallegrato nel veder li tanto desiderati caratteri della Maestà Vostra. Viene orto, il quale ritien sempre qualche parte dell’altra sua bile. Il re mi ha data una cassetta da mandarsi per mare al principe d’Asturias. La casa di Parma mostra un dei soliti tratti della divina providenza. Nel passato dicembre erano ben differenti le apparenze. Le sciagure di Francia si comunicano agli altri, che alla Francia appartengono. Pare che convenga starsene in disparte tanto che passi la tempesta e in tanto finir turino tranquillamente. rubion2, che passò sabato meco qualche ora, faceva un gran parlare di Firmian3 e del matrimonio [fra l’arciduca Giuseppe e l’infanta Isabella di Parma] eccetera. tenendomi io sempre in guardia, scappò a dire che tutto faceva Vostra Maestà senza il re. Le 50m. già son pagate. Nella fine di questo saranno pagati li 20m. resto prostrato ai reali piedi. * AGS, Estado, libro 236, pp. 268-9. 1 Maranchón è un piccolo paese della provincia di Guadalajara vicino Madrid. Carlo III aveva scritto a tanucci da questo paese; cfr. Lettera 7: Carlo III a tanucci, Maranchón 5 nov. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5. 2 Francesco Gaetano CAISSottI, conte di rubione (o robione), era in quella data l’inviato del re di Sardegna a Napoli. Fu precedentemente l’inviato sabaudo a Frankfurt nel 1745, passando nel 1754 a Napoli, dove rimane fino al 1760. Sarà ambasciatore in Spagna dal 1762 in poi (cfr. SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, p. 48 ed ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11). 3 karl Joseph von FIrMIAN (1716-1782), conte, era allora l’ambasciatore austriaco a Milano. Nato nel trentino, studiò a Salisburgo e anche a Leida, intraprendendo dal 1741 in poi un lungo viaggio di formazione per l’Italia. Nel 1745 fu nominato consigliere aulico dal nuovo imperatore Francesco I, marito di Maria teresa d’Austria. Inviato austriaco a Napoli nel 1752, rimane in quella carica fino al 1758, quando fu nominato ministro plenipotenziario a Milano e vicegovernatore di Mantova. Nonostante il suo nuovo compito, Firmian ebbe una influenza molto importante nell’affare di cui scrive Maria Amalia: le successive trattative matrimoniali fra le corte di Parigi, Vienna, Parma, Madrid e Napoli. Infatti, fu inviato da Maria teresa a Parma nel gennaio del 1760 in missione segreta per definire le formalità sulle nozze fra l’arciduca Giuseppe, futuro imperatore, e Isabella, primogenita di Filippo, duca di Parma (cfr. roberto zAPPErI, Borbone-Parma, Isabella di, in DBI). Il conte Firmian fu anche un noto mecenate e bibliofilo, avendo non pochi contatti con parecchi artisti di quel tempo (vedi Elisabeth GArMS-CorNIDES, Firmian, Carlo Gottardo, conte di, in DBI). tanucci lo aveva descritto come «il cavaliere più filosofo di quanti hanno passeggiato per questo pianeta ed il filosofo più gentile che possa desiderarsi da una nazione per condottiere del cocchio, a cui Virgilio paragonò la repubblica» (Lettera 226: tanucci all’amico Francesco Nefetti, Napoli 19 nov. 1754 in tANuCCI, Epistolario, vol. III: 1752-1756, op. cit. a p. 90, nota 3, p. 188). XIII. tanucci - 1° gennaio 1760 95 XIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 1° gennaio 1760*. La seconda giornata di consolazione dopo la partenza di Vostra Maestà è stata sabato 29 del passato nella quale [il corrier] Vezzi portò la notizia dell’arrivo felice, benché con mali tempi e pessime strade, a Madrid avvenuto la sera dei 9, colla salute del re, della prole reale e con miglioramento notabile della Maestà Vostra1. Vezzi portò quello di Barcellona e Vezzi perciò io vorrei sempre in viaggio. Il metodo preso di portar subito Wall e Arriaga alla testa del letto ove la stracchezza aveva portata la Maestà Vostra è stato proprio della saviezza solita e gran principio della futura domestica tranquillità, onde l’altra conseguenza importantissima de[v]e venire dalla salute degli augusti regnanti, la quale non è compatibile colle inquietudini. tra le grazie infinite compartitemi da Vostra Maestà quella di tal notizia è tra le più considerabili. Ma San Nicandro? Non diceva io a Vostra Maestà che i disgusti e le lettere di qua mi avrebbon fatto perder la vita e l’onore? Ecco un principio di verificazione in quel che Vostra Maestà, benché con somma clemenza, pur con parole gravide, si degna di scrivermi delle tante opposizioni fatte da me per li soldi e carrozze del medico e chirurgo. una volta da lui interrogato, dissi che l’ordine datomi dal re era che il medico fosse come Fontana2, e per cerusico non avevo ordine. Lo stesso interrogato risposi a Stigliano3. E avendomi detto San Nicandro che aveva ritrovati nella Maggiordomia4 li soldi, non disposi. Prego Vostra Maestà a domandar allo stesso San Nicandro se questa sia la verità. Gravida è la predica de la concordia. Chiamo in testimonio il Consiglio e la corte tutta se io la meriti e di quanto io abbia fatto e sofferto perché vi sia e stia sempre facendo. Ma è miserabile la condizione di chi è obbligato a giustificarsi dalla lontananza di 2m. miglia. E certamente finirò presto d’esser l’oggetto dei mali ufizi. Ho già passate senza sonno due notti per investigare che possa aver mosso San Nicandro, poiché il passato tra noi pel medico e chirurgo non poteva essergli cagione bastante di parlar di me con Vostra Maestà, e in tutta la mia coscienza non ho potuto trovarlo. Avrà Vostra Maestà sentito dal re che Santa Elisabetta non si muoverà nell’inverno che corre e perciò nemmeno dopo, essendo l’inverno quel che egli teme5. obbedisco non ostante all’ordine della cifra da lasciarsi a Wacherbart. restano ancora 20m. ducati a rimetter e se ne attende a mo- 96 Verso la riforma della Spagna: Carteggio menti la tratta. Includo la cifra, e a Santa Elisabetta rispondo in cifra che la pezza val 12 carlini, quanti si son passati a Bolza, perché il danno di Genova nel comprarle doppie si è compensato col guadagno della zecca. Pensa saviamente al solito Vostra Maestà del non fidarsi ne al religioso segretario ne al mercante. tali persone non sono mai vergini negli affari e meno lo sono in quelli dei sovrani. I religiosi Dio sa a quanti altri devono obbedire segretamente. I mercanti anno il solo Dio del guadagno, disperso per lo più in diversi paesi. Credo che posso ormai ringraziare Dio per la Sassonia e baciarne come posso la mano a Vostra Maestà. Prego Vostra Maestà a proteggere col re la mia pusillanimità: è un freddo pensare di un vecchio, d’un miserabile e d’un tutore tenero e geloso del suo pupillo. torno a San Nicandro che non ha voluto ch’io dica ai colleghi quelle lasciate e uscite permessegli dalle Loro Maestà dai Consigli. Credo che il genovese [San Nicandro] e il toscano [tanucci] faranno perder la pazienza alle Maestà Loro. Io quasi l’ho perduta e temo che un giorno fuggirò e verrò in Spagna a fare il Carlo Leo. Supplico umilmente Vostra Maestà a perdonarmi lo sproposito e a degnarsi di assicurarmi della ricevuta delle lettere austriache come si degna di avvisarmi quella degli altri fogli. La sicurezza della benevolenza che Vostra Maestà mi conserva è l’unico mio sostentamento e la cagione unica che mi renda la vita desiderabile. Caputo vuole che includa la sua lettera. Non posso sapere quanti perdoni deva io chiedere alla clemenza della Maestà Vostra. Son sicuro della più plenaria indulgenza, e con questa speranza mi prostro ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 286-9. 1 Vedi Lettera 7 dell’11 dic. 1759. 2 tommaso FoNtANA fu nominato medico di Camera del re delle Due Sicilie dopo essere stato consultato da Francesco Buonocore, nell’autunno del 1737, per la malattia del re Carlo, che ebbe un buon risultato di quelle cure: «Atendiendo el rey a lo bien asistido que ha sido en su ultima padecida indisposicion por los doctores fisicos don Manuel de Larraga, don Joseph Prisco y don thomas Fontana, se ha servido manifestarles su real gratitud haciendolos medicos de su real camara, sin gages, y concediendoles por via de ayuda de costo y por una vez quinientos ducados napolitanos a cada uno» (ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1102: José Joaquín de Montealegre al conte di Santiesteban, Napoli 21 dic. 1737). 3 Ferdinando CoLoNNA (1695-1775), principe di Stigliano, era in quella data il cavallerizzo maggiore del re delle Due Sicilie. Appartenente ad une delle famiglie più note della nobiltà napoletana, era anche principe di Aliano, marchese di Castelnuovo e principe di Sonnino e di Galatro. Nel 1734 fu nominato gentiluomo di Camera d’esercizio, essendo fatto cavaliere dell’ordine di San Gennaro nel luglio del 1738. Il 23 agosto di quell’anno venne nominato cavallerizzo maggiore del re (ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1103). Fu confermato in questa carica da Carlo III nell’ottobre del 1759 prima della sua partenza per la Spagna. tanucci 13. Maria Amalia - 22 gennaio 1760 97 non aveva una buona opinione su di lui: «Il più insoffribile e il più insultante finora è Stigliano, e insieme il più imprudente parlatore e il più vile cortigiano dell’ajo [San Nicandro] in apparenza. Il nunzio e rubion, che frequentano quella casa, spargono le più strane notizie di tutto quel che si fa nel Consiglio della reggenza e di quello ancora che costì avviene, e si citano, e talora anche si leggono le lettere degli amici, che forse non anno intenzione d’esser citate» (AGS, Estado, libro 236, p. 108: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 13 nov. 1759). 4 Con “Maggiordomia” tanucci si riferisce alla carica di maggiordomo maggiore, occupata dal principe di San Nicandro, che aveva la responsabilità della gestione e della supervisione del personale della Casa reale delle Due Sicilie. Su questo argomento, vedi VázQuEz GEStAL, Corte, poder y cultura política, op. cit. a p. 51, nota 2. 5 Sebbene Santa Elisabetta avesse ottenuto la licenza da Carlo III di ritirarsi come ambasciatore a Dresda e di ritornare a Napoli, rimase ancora in carica: «Santa Elisabetta scrive che ormai rimarrà in quella corte perché la stagione è avanzata» (AGS, Estado, libro 236, p. 266: tanucci a Carlo III, Napoli 25 dic. 1759). 13 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Riflessioni sulla morte della duchessa di Parma. Contro Rubion, che spargeva che Sua Maestà avesse trattato con Firmian senza saputa del Re. Spiegazione della lettera degli 11 Xcembre circa il medico Pinto e cerusico Mirra e idea che ha di San Nicandro. Complimento clementissimo in risposta alla giocosa minaccia d’andare in Spagna a fare il Carlo Leo. Ha ricevuto le lettere della Imperatrice* ([Nota in margine] *Queste furono le originali lasciate da Sua Maestà ad oggetto che prese che se ne fossero le copie le si mandassero a Spagna; e contenevano il trattato di matrimonio passato con segreto confidenziale carteggio tra Sua Maestà e l’Imperatrice). retiro, 22 gennaio 1760. In questa settimana devo rispondere a due vostre: una di 25 Xcembre, l’altra del 1º di questo1. Arrivò martedì passato il coriere la sera dopo che già avevo sigillate le mie lettere. Questo è stato un poco più gentile essendo arrivato ieri mattina. Nella prima vedo ch’era giunta in Napoli la nuova della immatura morte della povera infanta duchessa di Parma. È certo che questo è un colpo terribile per quella casa, ma non so quanto sia per noi disgraziato, mentre quella buona donna, che benedetta sia l’anima sua, non ha mancato d’inquietarci e farci avere delle angustie, come a voi è ben noto. Hora voglio vedere se verrà ad esecuzione il tanto decantato matrimonio della figlia col arciduca2. Pare davvero che le sciagure della Francia sieno contagiose e non si 98 Verso la riforma della Spagna: Carteggio puol far meglio che starsene in disparte. Per quello che riguarda turino, credo bene che San Severino3 vi avrà mandata copia di ciò che qui scrisse per corriere giunto qui la scorsa settimana. Pare, perché non l’hanno voluto dir chiaro, che la cosa di Piacenza si accomoderà con denaro4. ringrazio tanto rubion del favore che mi fa di dire che jo abbia trattato con Firmian senza il re5; grazie a Dio, mai ho fatto imbrogli come ne siete buon testimonio, e spero in Lui non farli mai. Vengo hora alla seconda lettera vostra. Questa mi ha fatto pigliare un bassissimo concetto del mio saper scrivere, mentre immaginandomi che quel che vi scrissi intorno alle opposizioni fatte a San Nicandro potesse recarvi del dispiacere, posi tutto lo studio per spiegarmi di maniera di non recarvelo, e pure vedo che non vi sono riuscita. Devo però dirvi, per amor della verità, che San Nicandro altro non scrisse se non che poco appresso quello stesso che voi nella vostra lettera mi scrivete. Ne vi assicuro nelle parole della mia, che vi hanno parso gravide, vi era il minor senso doppio. Se vi scrissi di lasciar correre qualche bagatella della Casa reale per amor della pace, non era che jo dubitasse di voi, ma bensi del carattere certo e piccoso di San Nicandro, a voi ben noto. Mi ricordo molto bene che il re vi disse che Pinto6 doveva essere medico di Camera come era Fontana. Ma come era possibile a pensare allora a tante bagatelle, come era il soldo di questo. Del Mirra7 lo lasciassimo detto a voce a San Nicandro. Così dileguate ogni sospetto e credete che tutta la nostra fiducia stà riposta in voi, persuasi che nessuno di quelli signori s’interessa con più vero affettuoso zelo per il suo pupillo che voi. Non avete bisogno della mia protezione presso del re: egli fa di voi quel concetto che merita il vostro attaccamento e fido servire. Statevi di buon animo, che Dio benedirà le vostre cure e fatiche e vi darà forza e pazienza da sopportare le imperfezioni, e dirò così, spropositi de vostri colleghi senza che venghiate a fare il Carlo Leo, che non posso negarvi che questa specie mi ha fatto molto ridere. Qui grazie a Dio stiamo bene e tutto seguita nell’avvisata tranquillità e pace e sul istesso piede. Mi scordavo già di dirvi che ricevei le lettere austriache, mentre ero ammalata in Saragoza8, e perciò forse mi sarò dimenticata nelle mie antecedenti di avvisarvelo. In quest’ultima vostra ho ritrovata la cifra di Santa Elisabetha e la lettera dell’orto. Finisco assicurandovi della mia constante benevolenza. Amalia. XIV. tanucci - 8 gennaio 1760 99 1 Sono le precedenti Lettere XII e XIII. Joseph von HABSBurG-LotHrINGEN (1741-1790), arciduca d’Austria, era figlio di Maria teresa e di Francesco di Lorena. Nominato imperatore e co-regente dopo la morte di suo padre nel 1765, successe alla madre dopo la di lei morte nel 1780, come Giuseppe II d’Austria. Sposò nell’ottobre del 1760, come già abbiamo accennato, Isabella di Parma, che morì nel 1763. Si risposò nel 1765 con Maria Giuseppa di Baviera (1739-1767), ma non ebbe figli, succedendogli così, alla sua morte, nel 1790, suo fratello Leopoldo II (1747-1792), granduca di toscana, sposato nel 1764 con Maria Luisa de Borbón y Sajonia (1745-1792), figlia di Carlo III e Maria Amalia. La sua biografia più completa è quella di Derek BEALES, Joseph II, vol. 1: In the Shadow of Maria Theresa, 1741-1780 e vol. 2: Against the World, 17801790, Cambridge university Press, Cambridge 2008-2009. 3 Giambattista ALBErtINI (1715-1788) era allora l’inviato napoletano a Londra. Figlio del principe di Cimitile, ereditò tutti i titoli della casata alla morte del suo fratello maggiore nel 1753, essendo così principe di Cimitile, principe di Sanseverino e marchese di Marzano, da allora in poi. Nel 1752 fu scelto da Carlo di Borbone per inviato napoletano a Londra (le sue istruzioni, 7 marzo 1753, sono in ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4815) dove rimase fino al 1763. In quell’anno, si trasferí a Lisbona come ministro plenipotenziario del re delle Due Sicilie, esercitando questa carica fino al 1766. Nel 1775 fu nominato ministro napoletano a roma e nel 1782 segretario di Stato d’Azienda. Vedi Fausto NICoLINI, Albertini, Giambattista, in DBI ed i diversi volumi dell’Epistolario tanucciano ad indicem. 4 Su questo argomento, cfr. la lunga lettera di tanucci indirizzata al primo ministro spagnolo riccardo Wall il 15 gen. 1760 in AGS, Estado, libro 236, pp. 333-42. Vedi ancora il citato PALACIo AtArD, Política italiana de Carlos III, op. cit. a p. 89, nota 2. 5 Alcuni dispacci inviati da rubion a diversi corrispondenti furono intercettati, copiati ed inviati in Spagna da tanucci. Vedi AGS, Estado, legajo 6091. 6 tommaso PINto era stato dichiarato medico di Camera del re Ferdinando il 30 set. 1759: «Fu nominato ancora per Medico Camerario di Sua Maestà, e speditogli biglietto d’avviso, l’accuratissimo Sig. D. Tomaso Pinto col soldo mensuale di ducati 75 e carrozza» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 73). Aveva fatto parte della commissione che nell’ottobre del 1759 aveva dichiarato l’incapacità del principe Filippo, primogenito di Carlo III e Maria Amalia (NA, SP 93/17, f. 171v). 7 Saverio MIrrA fu nominato chirurgo di Camera del re il 30 set. 1759: «Per Chirurgo Camerario finalmente del novello re delle due Sicilie fu nominato l’espertissimo Signor D. Saverio Mirra col mensual soldo di ducati 58 33 ¼ con carozza e abitazione in Palazzo reale» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 73). Morì nel 1776 secondo la Gazzetta Universale, 1 giugno 1776, n. 44. Vedi anche tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 775, nota 3. 8 Maria Amalia si riferisce alle lettere confidenziali ricevute a Napoli dall’imperatrice Maria teresa. 2 XIV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 8 gennaio 1760*. Il corriero dei 18 non viene. ogni cavallo mi rallegra invano. Intanto San Nicandro meglio di me dirà la nostra consolazione per la perfetta salute del re, il quale parlerà delle monete che vengono. 100 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Supplico Vostra Maestà a considerare se sia del tempo presente qualche minaccia agl’inglesi. Saressimo soli se coloro s’irritassero. Ardisco, perché la Maestá Vostra promise di ricordar Napoli alle occasioni. Ardisco però temido e tremando. obbedisco con farmi amico di San Nicandro, forse troppo. Egli stesso mi disse ieri: ‘siamo cauti per non dar gelosia’. Volle ch’io dicessi al Consiglio le parole di Vostra Maestà, le quali non aveva volute dette nella 7mana passata. orto viene. Colui non si può contenere: se una volta stà sodo, un’altra scappa. Dice bene Caracciolo, che pur viene umilmente. Ma col maggior impeto del cuore mi congratulo della gloria che li serenissimi Alberto1 e Clemente2 si sono acquistati di senno e valore nelle due azioni di Maxen3 e di Meissen4. Santa Elisabetta, che va a Monaco5 seguendo e servendo il Principe reale, si lamenta forte del dispendio. Io non posso far altro che impetrargli dal Consiglio a Pasqua la solita gratificazione; prima di quel solito tempo non ardisco. Quel benedetto cambio di doppie venute da Genova per supplir coll’aggio alla perdita fatta in Genova, ove Beltran ha comprate doppie pel facile e sicuro trasporto, non si è potuto far così segreto che il cassiero di San Giacomo6 non mi abbia infamato per uomo che abbia doppie da cambiare. Mi difendo dalla riconvenzione di Santa Elisabetta del non avergli dati gli ordini pel caso di trasferirsi il Principe reale a Monaco con ricordargli che in ottobre ei disse qualche parola di questo mentre si trattava la sua licenza per Italia, che Sua Maestà gli diede in novembre e che in novembre stesso egli mi scrisse che ormai si passerebbe in Praga l’inverno7. Già si chiuderebbe questa umilissima e viene alle 8 [il corriere Andrea] Arati colla clementissima lettera della Maestà Vostra del 18 dicembre. Infinite grazie rendo a Dio per la giocondità che ne traspira a riserva di quelle due ore quotidiane colla vecchia [Elisabetta Farnese]. Grande per questa pena è il merito che acquista la Maestà Vostra, perché producendosi così la pace di casa si assicura la salute del re, la quale ha tanto bisogno di quiete e di allegria8. Non invidio a Gamoneda li 2400 ducati napolitani per la carica acquistata colla solita efficacia, per non dire importunità. Ma il sacrificio, e la condiscendenza, era necessaria. Non mi tenni sulla tentazione di suscitar bisbiglio su due matrimoni per punir la presunzione di Vienna di che si dovesse a lei sola ricorrere per XIV. tanucci - 8 gennaio 1760 101 le due spose. Ma questa mia già è favola, la quale non altra intenzione ha che quella del disinganno della lusinga austriaca, cagione delli passati giustissimi disgusti. Prego umilmente Vostra Maestà a persuadere al re che il tempo nel Consiglio non manca per ciarle inutili9. Appena fatta la relazione sorge la diversità dei pareri e dei dubbi, la quale appoco appoco si scalpella e tanto si ritocca che si riduce a concordia e chiarezza. ognuno vi sta serio e sodo e non si divaga. ognuno, anzi, sta in guardia. Per me posso assicurare Vostra Maestà che l’assuefazione alla benignità infinita del re mi faceva divagare ai piedi di Sua Maestà più assai di quel che crederei di poter fare in questo Consiglio, ove niun confida che l’altro gli perdoni. Ma già sento che pecco quello stesso peccato e non finisco mai, e pentito mi prostro ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 236, pp. 325-7. 1 Il principe ALBErt (a volte ALBrECHt) kASIMIr AuGuSt VoN SACHSEN (1738-1822), duca di teschen, era figlio di Augusto III di Polonia e, dunque, fratello di Maria Amalia. Fu, come indica questa lettera, coinvolto nella guerra dei Sette Anni servendo nella divisione sassone dell’esercito austriaco. ricevé il titolo d’arciduca e il ducato di teschen dopo avere sposato nel 1765 Maria Cristina d’Asburgo-Lorena, figlia di Maria teresa d’Austria. L’imperatore Francesco I di Lorena donò il ducato a sua figlia come parte della sua dote. Fu governatore d’ungheria dal 1765 al 1780. In quest’anno, fu anche nominato governatore dei Paesi Bassi austriaci, con sede a Bruxelles. Nel 1793 lasciò i Paesi Bassi per Vienna a causa della rivoluzione francese, portando con se la sua grande e pregevolissima collezione di disegni e stampe che formano oggi il museo cosiddetto l’Albertina, in suo onore. Vedi Hellmuth rößLEr, Albert Kasimir, in Neue Deutsche Biographie (NDB), band 1, Duncker & Humblot, Berlin 1953, p. 131. 2 Il principe CLEMENS WENzESLAuS AuGuSt VoN SACHSEN (1739-1812) era il figlio maschio più giovane di Augusto III di Polonia. Dopo avere partecipato alla guerra dei Sette Anni con suo fratello Alberto con l’esercito austriaco, decise d’intraprendere la carriera ecclesiastica, diventando così vescovo di Frisinga dal 1763 al 1768, vescovo di ratisbona dal 1763 al 1769, arcivescovo di treviri dal 1768 al 1803, infine vescovo di Augusta dal 1768 al 1812. Vedi Franz Xaver krAuS, Clemens Wenzeslaus, in Allgemeine Deutsche Biographie (ADB), band 4, Duncker & Humblot, Leipzig 1876, pp. 309-14. 3 Maxen, piccolo borgo sassone distante circa 10 km a sud di Dresda. Nella battaglia di Maxen del 21 nov. 1759, l’esercito prussiano fu sconfitto dalle forze austriache comandate dal maresciallo Daun. un buon riassunto di questa battaglia si trova nella Gaceta de Madrid: «Viena 24. de Nov. de 1759. Ayer llegò à esta Corte el Baron de Reincestein, theniente Coronel, y Ayudante General de Campo, con la noticia de que el Mariscal Daun havia el 19. atacado en Dipoldiswalde, con una parte de su Exercito, à un Cuerpo de mas de 20.000 Prusianos, à las ordenes del General Finck: Que los Enemigos habían sido obligados à retirarse con precipitación al Campo de Maxen: Que el dia siguiente Mons. Daun los havia atacado, y batido en èl, no obstante su ventajosa posición; y que los Enemigos habían perdido en esta segunda Accion cantidad de Artillerìa, y Municiones. oy passò por aquí, precedido de 24. Postillones, el Principe Leopoldo de Lockowitz, yendo à anunciar à sus Magestades Imperiales, que el 21. todo el Cuerpo Prusiano, de que se acaba de hablar, se havia visto precisado à ren- 102 Verso la riforma della Spagna: Carteggio dirse Prisionero de Guerra, sin poder conseguir ninguna otra Condicion. Mientras llega la relacion por menor de este memorable sucesso, se hace mención aquí de lo que se ha tomado à los Enemigos, que en substancia se reduce à 18. Batallones, y 35. Esquadrones; al theniente General Finck, y à los Mayores Generales Reventisch, Wunsch, Lindstedt, Mossel, Bredow, Platen, Fasold, y Gersdorff; 66. Cañones; todas las Vanderas, y Estandartes del Cuerpo Prusiano, cuyo numero aùn no se sabe; todas las tiendas, y Vagages de los regimientos; las Armas de fuego, y Sables; los Cavallos de la Cavallerìa; todos los Carros; la Provision, &c. todo este cùmulo de Laureles, y todos estos troféos no nos cuestan mas que unos 1.200. Hombres muertos, y heridos, en los quale se comprehenden 20. oficiales. Los Granaderos se han distinguido extraordinariamente, y son los que mas han padecido; pero en general todas las tropas han hecho maravillas» (Gaceta de Madrid, 25 dicembre 1759, n. 52, p. 409. Vedi anche la stessa Gaceta, 1 gen. 1760, n. 1, pp. 1-4, dove la battaglia è descritta più minutamente). 4 La battaglia di Meissen del 4 dic. 1759 fu un’altra vittoria delle forze austriache comandate da Daun contro l’esercito prussiano nelle vicinanze di Dresda. Vedi Gaceta de Madrid, 1 gen. 1760, n. 1, pp. 6-7 e anche 9 gen. 1760, n. 2, pp. 9-11 per una minuta relazione. 5 Monaco, in Germania, era la capitale del ducato di Baviera. Sul viaggio del duca di Santa Elisabetta in questa città, al seguito del principe reale di Polonia Federico Cristiano, vedi le lettere che gli furono inviate da tanucci in AGS, Estado, libro 242. 6 Il banco di San Giacomo era uno dei tanti che si trovavano nella città partenopea. Vedi raffaella SALVEMINI, La difficile combinazione tra assistenza e credito in età moderna. L’esperienza della casa santa e banco di San Giacomo degli Spagnoli di Napoli, E. Albano, Napoli 1997. 7 A questo riguardo, cfr. le lettere di tanucci al duca di Santa Elisabetta e a Carlo III già citate e anche quella di tanucci a Santa Elisabetta dell’8 gen. 1760 in AGS, Estado, libro 236, pp. 331-2. 8 tanucci si mostrava ancora preoccupato al riguardo di questo argomento e del comportamento di Elisabetta Farnese: «Prego Dio per la pace quotidiana. Vedo che il re la spera e la regina regnante ancora. Quotidiana intendo la domestica, che veramente importa molto alla salute dei regnanti, perché è quotidiana e quotidiano sarebbe il disturbo se la quiete cessasse. Gamoneda non perde occasione di far il fatto suo, come Squillace. Auguro ad ambedue il meritarlo» (AGS, Estado, libro 236, p. 329: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 8 gen. 1760). 9 tanucci ancora scriveva a Aci: «Può Vostra Eccellenza assicurare il re della concordia del Consiglio e del contento che è il popolo e ogni ordine di persone. Questo è ora l’unico servizio ch’io possa rendere al re» (AGS, Estado, libro 236, p. 329: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 8 gen. 1760). 14 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Loda l’amicizia con San Nicandro. Contempla il viaggio e dispendio di Santa Elisabetta. Approva la favola scritta a Vienna dei due matrimonj. Complimento affettato dell’ambasciator di Sardegna. Raccomanda il corriere apportator di questa per qualche viaggio lucroso. retiro, 29 gennaio 1760. Col corriere giunto qui non prima di domenica sera ricevei la vostra 14. Maria Amalia - 29 gennaio 1760 103 di 8 del corrente. Vado a rispondervi e forse torvi [sic, trovi] qualche timor panico insorto per non so qual cagione. Non mai si è parlato con minacce agl’inglesi. Segno evidente n’è il modo col quale, non ostante la loro alterigia, augmentata oltre modo per li felici successi di quest’ultima campagna, hanno ricevute tutte le proposizioni fattele dal re. Purtroppo dite bene che non è tempo d’irritarli e molto più lo direste se vedeste l’intrinsico stato di questa povera monarchia, che ha bisogno molti anni di pace e tranquillità per potersi rimettere. E poi, se pure potessimo fidarci della buona fede de francesi nel loro presente cattivo stato, la loro allianza sarebbe la ruina della Spagna senza loro utile. E poi pare a voi che Napoli, la pupilla degl’occhi miei, non è per noi una forte catena al piede[?]1. Credete pure che fin che viva jo non avrò altro pensiere che sfuggire tutto quello che a quella possa nuocere e promovere tutto quello che per quella possa essere utile, ma sempre mi farete piacere di manifestarmi, su quest’ed ogn’altro che sia, i vostri pensieri, che sempre mi serviranno di lume. Godo che si sia così ben stabilita la vostra amicizia con San Nicandro. Vi ringrazio del complimento che mi fate su la buona condotta delli miei fratelli cadetti. Sapete il mio modo di pensare in questa matteria e da ciò potrete giudicare qual ne sia stato il mio contento. Santa Elisabetha ha ragione veramente di lagnarsi del dispendio2. Voi come zelante amministratore del pupillo dite molto bene di non poter far altro che impetrarli la solita gratificazione a Pasqua, ma questo viaggio tanto inaspettato meriterebbe veramente qualche riguardo. Godo che abbiate acquistato il buon nome d’huomo ch’abbia doppie da cambiare. Ho rilevata già dalla lettera di Majo3, inviata qui la scorsa settimana, che non poteste resistere alla tentazione d’inventare la favola di due matrimoni4. Ma ci voleva pure a quella corte tanto più che qui rosembergh non manca, per vie molto indirette, di fomentare il consaputo matrimonio del loro cadetto5 con una delle nostre figlie6. Son più che sicuro che nel Consiglio starete assai più in guardia che non stavate quando il re era presente. Le ciarle che disse il re erano appunto quelle digressioni forse inutili che da taluno de consiglieri si facessero; hora che vi si è aggiunto San Giorgio7, sarà un poco più. Vi rimando la lettera di Caracciolo e quelle dell’orto. Mi pare che senza scrupolo possasi appropriare a quella corte ciò che Boncore8 contava del calabrese che non si voleva confessare in punto di morte dicendo songo iniquo di natura. Ho fatto leggere al re la lettera del orto ove fa la pre- 104 Verso la riforma della Spagna: Carteggio tensione di essere introduttore d’ambasciatori di Spagna a roma9. Il re m’impone di dirvi che orto mandi a voi un memoriale con la sua pretensione, voi la rimettiate a Wall dicendoli che lo faccia presente al re, il quale conosce il soggetto e li suoi meriti. Devo finire perché è ora di andarsi a pigliare la seccatura delle due ore di visita alla vecchia [Elisabetta Farnese]10. Vi assicuro dunque della mia benevolenza. Amalia. P. S.: mi scordavo di dirvi una gentilezza non aspettata della corte di turino. Giorni sono ebbe quel ambasciatore11 la sua prima udienza12 e nel complimentare così al re come a me ci complimenti sopra del nostro arrivo a questo regno, ci complimentò ancora sopra l’avvenimento del nostro figlio al trono delle Due Sicilie. In ogn’altro avrebbe parso più naturale, ma in lui mi parve una affettazione. Il portatore di questa ha voluto da me che ve la raccomandasse, credo, per quando ci sia occasione di qualche viaggio di lucro ed ancora per ragione della poca diligenza che fece nel venire in qua. Veramente a Parma fu molto caricato e fra le altre cose di niente meno di un quadro d’altare13 per il palazzo della reggia di rio Frio14. 1 Infatti, il conte di Bristol, ambasciatore inglese a Madrid, diceva al riguardo di Carlo III: «As a branch of the house of Bourbon, the Catholick king has an affection for France; but as a Spaniard, and as a powerful prince upon a distinct throne, he wishes not to have it thought that his kingdom, during his reign, is directed by French councils as it was in the time of Philip the Vth’s time. What the Catholick king has most at heart is to secure his son, the king of Naples, that throne where he has himself placed him. Every view, and each negotiation to procure tranquility to Spain, is with the prospect of being entirely at liberty to assist the young Sicilian monarch in case any power should attempt to disturb him in the quiet possession of his dominions» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761, citato con qualche variante in CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 239). 2 Questo era il ‘gasto’, ossia il ‘dispendio’, che il duca di Santa Elisabetta doveva sopportare per seguire il principe Federico Cristiano a Monaco di Baviera (vedi Lettera 15: Carlo III a tanucci, Buen retiro 29 gen. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 62). 3 Il marchese Niccolò DE MAIo (o Majo) era l’inviato del re delle Due Sicilie a Vienna. Balí di Malta ed ufficiale della marina, essendo capitano della fregata San Carlo-Parthenope, ricoprí dal 1741 fino al 1747 la carica d’ambasciatore napoletano a Costantinopoli, passando poi a Lisbona. Nel 1753 fu nominato ministro plenipotenziario napoletano nella corte di Vienna (ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4815), dove rimane fino al 1762 (cfr. il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, pp. 238 e 241). Su questo personaggio, vedi SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, ad indicem, e Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVII: 30 giugno 1739-24 agosto 1751, a cura di Eurigio toNEttI, Istituto Poligrafico e zecca dello Stato-Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, roma 1994. 14. Maria Amalia - 29 gennaio 1760 105 4 Cioè, un doppio matrimonio di Carlo, principe d’Asturias, e Ferdinando, re delle Due Sicilie, con due arciduchesse austriache. Soltanto il secondo sarà attuato nel 1767. 5 LEoPoLD VoN HABSBurG-LotHrINGEN (1747-1792), arciduca d’Austria, sposò nel 1764 Maria Luisa di Borbone e Sassonia, figlia di Carlo III e di Maria Amalia (vedi CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 292). Leopoldo era figlio di Maria teresa d’Austria e Francesco I imperatore e granduca di toscana. Alla morte del padre, nel 1765 egli ottenne la sovranità sul Granducato di toscana, mentre nel 1790, dopo la morte senza figli di suo fratello Giuseppe II, fu incoronato imperatore e sovrano dell’Austria e dell’ungheria come Leopoldo II (1790-1792). 6 Le due figlie di Carlo III e Maria Amalia ancora vive erano María Josefa Carmela (1744-1801), che rimarrà nubile, e María Luisa (1745-1792), che si sposò nel 1764 con il sopraccennato arciduca Leopoldo. William Coxe, infatti, indica che, dopo il trattato fra Carlo III e Maria teresa nel 1759 per la successione delle Due Sicilie e di Parma, «the union which had recently taken place between the Houses of Austria and Bourbon was still further consolidated by an alliance between the families of Austria and Spain. the archduke Joseph was to espouse a princess of Parma; and Leopold, who was designated as successor to the gran duchy of tuscany, a Spanish infanta» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 233). 7 Giacomo MILANo FrANCo D’ArAGoNA (1699-1780), principe d’Ardore e marchese di San Giorgio, era membro del Consiglio di reggenza. Sposato nel 1725 con Errica Caracciolo, dei principi di Santo Buono, fu nominato nel 1740 reggente della Gran Corte della Vicaria (Avviso di Napoli, 9 febbraio 1740, n. 9, in BNN, Sezione Napoletana, Periodici 120) e ministro cavaliere del Supremo Magistrato del Commercio (Avviso di Napoli, 1 marzo 1740, n. 12, in BNN, ibidem). La sua carriera diplomatica ebbe inizio anche in questo anno, quando Carlo di Borbone lo propose ai suoi genitori come ambasciatore del regno delle Due Sicilie nella corte di Francia, in sostituzione del duca di Castropignano (vedi ad vocem il volume III di Carlo di Borbone. Lettere ai sovrani di Spagna, op. cit. a p. 33, nota 3 e AGS, Estado, legajo 5830, folio 147). ottenne la carica nell’aprile 1741 (Avviso di Napoli, 18 aprile 1741, n. 19, in ASNA, Biblioteca, XVII F 12 e anche AGS, Estado, legajo 5832, folios 86, 125 e 170), rimanendo in questo posto fino al 1753, quando fu sostituito dal conte di Cantillana. Nel 1749 si candidò senza successo per il posto di viceré di Sicilia (Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVII, op. cit. nella precedente nota 3, p. 835). Il 2 gen. 1750 chiese invece di essere ammesso al Consiglio di Stato napoletano con la seguente lettera: «Giacomo Francesco Milano, marchese di San Giorgio, principe d’Ardore, prostrato umilmente alli reali piedi della Maestrà Vostra, la supplica giacché, colla sua real clemenza, si è degnata approvare e gradire la sua condotta nell’ambasciata straordinaria presso il Cristianissimo, della quale si degnò la Maestà Vostra onorarlo e degnarlo, ed esercitata già per il corso di anni otto, e che tuttavia continua giusta la reale clementissima volontà della Maestà Vostra; oltre a ciò, e per avere il mondo un segno fra gli altri molti evidentissimo e tutto ciò comprobante, ammetterlo nel suo Consiglio di Stato ed il tutto lo riceverà a grazia della Maestà Vostra, ut Deus» (ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 3486). Carlo accettò questa supplica e lo fece Consigliere rapidamente: «Attenta clementissimamente la Maestà del re nostro Signore a’ meriti e servigj del marchese di San Giorgio, principe d’Ardore, l’ha la Maestà Sua dichiarato suo Consigliere di Stato» (Avviso di Napoli, 13 gennaio 1750, n. 7, in ASNA, Biblioteca, XVII F 20). Dall’ottobre del 1759 fece parte del Consiglio di reggenza (cfr. MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12). Su questo personaggio, vedi anche Benedetto CroCE, Aneddoti e profili settecenteschi, remo Sandron, Milano/Palermo/Napoli 1914, p. 68 e MAGDALENo rEDoNDo, op. cit. a p. 3, nota 1, ad indicem. 8 Francesco BuoNoCorE, naturale d’Ischia, fu il medico di Camera di Carlo di Borbone come re delle Due Sicilie. Entrò al servizio del giovane principe molto presto, nell’ottobre 106 Verso la riforma della Spagna: Carteggio del 1731, quando Carlo aveva cominciato già il suo viaggio verso l’Italia (AGS, Estado, legajo 7691: il conte di Santiesteban al marchese de la Paz, Carpio 25 ott. 1731). Fu eletto protomedico del regno delle Due Sicilie nel 1734 (troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo IV, parte III, 1751, p. 296), e fu medico del re fino al 1759 e dopo quella data di Ferdinando (cfr. ad indicem SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, e i diversi volumi dell’Epistolario tanucciano e del principe di San Nicandro con Carlo III). 9 Su questa pretesa e questa carica di dell’orto, vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 17601761, op. cit. a p. 45, nota 2, pp. 272 e 293. 10 Su Elisabetta Farnese scriverà, poco dopo questa data, l’ambasciatore inglese Bristol: «the queen mother is not consulted upon any business, and has never yet seen the king her son alone, for the reigning queen is constantly present. Her Catholick Majesty also assists at all Despachos of the different ministers, and I am told she speaks but little at any of them» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 11 feb. 1760). 11 Giuseppe Francesco SALLIEr DE LA tour (1705-1779) fu un nobile diplomatico sabaudo. Inviato a Berna, fu ancora il ministro torinese nel congresso che finí con la pace di Aquisgrana nel 1748. Dal 1758 in poi fu l’inviato del re di Sardegna a Madrid (cfr. ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11). ritornato in patria, fu anche comandante generale del ducato di Savoia nel 1770 (Dizionario geografico storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il re di Sardegna, vol. V, a cura di Goffredo CASALIS, G. Maspero Libraio, torino 1839, p. 166). 12 L’inviato del re di Sardegna fu ricevuto da Carlo III il 26 gennaio. In quella settimana, il Sovrano ricevè buona parte del corpo diplomatico presso la corte spagnola, come c’informa la Gaceta de Madrid: «El dia 22. del corriente admitiò el rey nuestro Señor à su primera Audiencia privada al Excmo. Sr. D. Juan Luis Hagane de Wassenaer, Embaxador de olanda: El 24. al Excmo. Sr. Conde de Bristòl, Embaxador Extraordinario de Inglaterra: El 25. al Excmo. Sr. D. Sebastian Foscarini, Embaxador de Venecia: El 26. al Excmo. Sr. Conde de la tour, Embaxador de Cerdeña: El 27. al Sr. Baron de Hildebrand, Ministro Plenipotenciario de Suecia: y el 28. al Excmo. Sr. D. Antonio Principal Saldaña, Embaxador Extraordinario de Portugal, y al Sr. D. Joseph de Sylva, Ministro Plenipotenciario de la misma Corte; haviendo presentado en ellas à S. M. dichos Señores Embaxadores y Ministros sus respectivas Cartas Credenciales» (Gaceta de Madrid, 29 gen. 1760, n. 5, p. 39). 13 Questo quadro è con ogni probabilità lo stesso intitolato La Virgen y el niño Jesús con varios santos (La Madonna ed il bambino Gesù con vari santi) di Giambettino Cignaroli, conservato oggi nel Museo Nacional del Prado con il n. inv. 99 (cfr. Museo del Prado. Inventario General de Pinturas, vol. I: La Colección Real, Museo del Prado/Espasa-Calpe, Madrid 1990, p. 259, n. 930). Secondo urrea, l’autore del quadro ebbe l’incarico nel 1759 da Elisabetta Farnese, trasmesso alla duchessa di Parma, sua nuora, per l’altare della cappella del palazzo di riofrío (Jesús urrEA, La pintura italiana del siglo XVIII en España, universidad de Valladolid, Valladolid 1977, pp. 386-7). ringrazio José Luis Sancho per avermi aiutato ad identificare questo dipinto. 14 Il real bosque y palacio de Riofrío è una tenuta reale vicina a Segovia ed anche al sito reale di La Granja de San Ildefonso. Fu Elisabetta Farnese a comprare dal marchese di Paredes il bosco denominato dehesa y coto redondo de Riofrío nel 1751, con licenza di Ferdinando VI, che doveva concedere il permesso perché la proprietà era vincolata in mayorazgo. Fece subito costruire un palazzo di pianta quadrangolare, disegnato presumibilmente da Annibale Scotti e costruito da Virgilio ravaglio. Cominciato nel 1752, era già finito nel 1759. Di solito, gli storici dell’arte hanno considerato che questa opera realizzò il bisogno sentito da Elisabetta Farnese di avere una tenuta indipendente e conforme alla sua sensibilità artistica. Norberto Caimo, viaggiatore in Spagna nel 1755, aveva indicato invece, con più fondati motivi, che XV. tanucci - 15 gennaio 1760 107 riofrío fu voluto da Elisabetta Farnese per dare una residenza fissa e indipendente a suo figlio Don Luigi che, arcivescovo-cardinale fin da piccolo, da tempo stava pensando di rinunciare alla dignità ecclesiastica, evento che si verificò nel 1754 (cfr. Norberto CAIMo, Viaje de España hecho en el año 1755 con notas históricas, geográficas y críticas y un índice razonado de los cuadros y otras pinturas de Madrid, de El Escorial, de San Ildefonso, etcétera, in Viajes de extranjeros por España y Portugal, op. cit. a p. 83, nota 8, vol. IV, 1999, pp. 757-848, in part. p. 820). Cfr. anche Edward ArMStroNG, Elisabeth Farnese. «The termagant of Spain», Longmans, Green and Co, Londra 1892, p. 393. Sul palazzo di riofrío e sulla sua vicenda, vedi i lavori di José Luis SANCHo GASPAr: Capítulo VI. Real Bosque y Palacio de Riofrío, in La arquitectura de los Sitios Reales, op. cit. a p. 63, nota 1, pp. 568-77 (con rinvii alla bibliografia precedente) e El Palacio Real Nuevo, su decoración interior y su reflejo en Riofrío, in Un reinado bajo el signo de la paz. Fernando VI y Bárbara de Braganza (1746-1759), a cura di Antonio BoNEt CorrEA e Beatriz BLASCo ESQuIVIAS, real Academia de Bellas Artes de San Fernando-Fundación Cajamadrid-Ministerio de Educación, Cultura y Deporte, Madrid 2002, pp. 91-107; Arquitecturas y ornamentos barrocos, op. cit. a p. 92, nota 1; teresa LAVALLE-CoBo, Isabel de Farnesio, op. cit. a p. 32, nota 2; José Luis SANCHo GASPAr e ramón APArICIo, Guía. Real Sitio de la Granja de San Ildefonso y Riofrío, Patrimonio Nacional, Madrid 2003 e i lavori di Juan Francisco HErNANDo CorDEro: Historia de la construcción del Real Sitio de Riofrío, in «reales Sitios», a. XXXII, 1995, n. 126, pp. 43-53; El Real Bosque de Riofrío, in «reales Sitios», a. XXXIV, 1997, n. 132, pp. 2-13 e El Real Sitio de Riofrío, Caja Segovia, Segovia 2011. XV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 15 gennaio 1760*. L’augusta lettera di Vostra Maestà dei 25 Xcembre non finisce di assicurarci della perfetta salute. Sospiriamo di sentire estinte tutte le reliquie di Saragozza. Supplico Vostra Maestà a lasciare al mondo il giudicio della sua virtù e di quel ch’egli deva sperarne. La seria lettera dell’Imperatrice avrà liberata Vostra Maestà dalla molestia di rispondere andando colla penna dietro a quei formicai di cose che quella sovrana soleva scrivere. A Spagna conviene veramente più serio che all’Italia. Noi italiani siamo più suscettibili delle spostature. Il gioco è ora del pari e se non fossero le Sicilie, le quali restringessero, sarebbe per Vienna ineguale. Supplico Vostra Maestà d’uno sguardo alle Sicilie quando vengono i corrieri di Francia. Viene il solito orto. rubion dice troppo che gl’inglesi non vogliono la mediazione cattolica1. Mi dispiace che anche Gray2 consuona3. Il danaro a Praga è andato felicemente. Non sarà necessaria la pena di Vostra Maestà per altra disposizione. rendendo a Vostra Maestà le grazie più ferventi per la continuata clemenza resto prostrato ai reali piedi. 108 Verso la riforma della Spagna: Carteggio * AGS, Estado, libro 236, p. 362. 1 Già nel mese di ottobre si sapeva in Europa delle intenzioni di Carlo III di essere il mediatore della pace fra le diverse potenze in litigio. Così aveva scritto Bristol da Madrid a Londra: «the Catholick king whises extremely to act as mediator between the belligerant powers, and has taken this opportunity of conveying his sentiments upon that matter to the king in the manner prince San Severino has delivered them to you» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 8 ott. 1759). Su questo argomento, vedi ancora il lungo e most secret dispaccio del conte di Bristol a William Pitt del 19 dic., e anche quello del 31 dic. 1759, in NA, SP 94/160. 2 Sir James GrAy (1708-1773), baronet, era l’inviato del re d’Inghilterra a Napoli. Prima era stato inviato inglese a Venezia, dal 1744 fino al 1753, passando in quell’anno a Napoli, dove rimane fino al 1763 (cfr. ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11). Parte della sua corrispondenza con il segretario di Stato inglese, robert Darcy, IV conte di Holderness, si conserva nella BL, Mss. Egerton 3464, ff. 303-48. Nel 1767 passò in Spagna, dove rimane fino al 1769 (Repertorium der diplomatischen Vertreter aller Länderseit dem Westfälischen Frieden 1648, vol. III: 1764-1815, a cura di otto Friedrich WINtEr, Hermann BöhlausNachf, Graz-köln 1965, pp. 176-7). Su questo personaggio, cfr. anche L. H. CuSt, Gray, Sir James, second baronet (c.1708-1773), rev. S. J. SkEDD, Oxford Dictionary of National Biography, oxford university Press, 2004 [online edition, Jan 2008, http://www.oxforddnb.com.ezproxy.eui.eu/view/article/11340, accessed 17 Aug 2010]. 3 A questo riguardo, vedi NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 8 gennaio 1760. 15 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Si è liberata dal carteggio con Vienna. Complimento benignissimo sulla confidenza, non avendo colà di chi fidarsi. Pare che gl’inglesi vogliano sfuggire la mediazione. Morte del conte di Valparaiso segretario d’Azienda deposto. retiro, 5 febbraio 1760. Ho ricevuta la vostra lettera di 15 del passato mese. Vi assicuro che sono contentissima di essermi liberata da quella molesta corrispondenza con Vienna. Non ho ricevuta d’allora altra che una parimente brevissima e molto seria lettera presentatemi nella prima formale udienza di rosembergh1, ed anche era molt’attrassata, mentre tutto questo corpo diplomatico non ha avuto le respetive udienze se non che pochi giorni sono per differenza di alcun ceremoniale, mentre nemmeno questo aveva regola fissa in questa torre di Babilonia. Non dubitate che le Sicilie mi stanno sempre nel cuore e d’avanti gl’occhi: troppo e caro il pegno a loro lasciato. Ma con tutto questo vi prego a suggerirmi sempre con la solita vostra candidezza i vostri pensieri. 15. Maria Amalia - 5 febbraio 1760 109 o quanto è sensibile non haver vicino di se un antico più amico che servo per aprire il suo cuore e i suoi pensieri con lui, come solevamo fare con voi nel mio gabinetto di Napoli o dovunque stavamo; qui non sapete ancora di chi fidarvi. Jo ammiro la tranquilità del re e ne rendo grazie a Dio. È certo che dopo l’ultimi vantaggi riportati su de francesi2, l’inglesi sono diventati oltre modo baldanzosi. Pare che voglino sfuggire la mediazione di qua. Segno chiaro n’è l’offerta del congresso secondo tutt’i calcoli fatti fatto dopo il ricevo del nostro corriere3. E li francesi, con la solita furia loro, vorrebbono fare la pace a rotta di collo. Dio sa che pasticcio ne uscirà. È morto4 ieri notte il povero marchese di Valparadiso5 e con lui è morto il segreto del destino dei tesori di questa monarchia, se pure è vero ciò che si è detto che niente costa. Così non voglio aggravare la stima di questo pover uomo, ne di nessuno. tutti stiamo bene nel essenziale, ma tutti 6 i figlioli6 sono raffreddati ed anche il re, ma senza che l’abbia impedito ne l’impedisca d’andare ogni giorno a caccia. Questo è quanto merita essere scritto da qui. Finisco dunque assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 La prima udienza privata di Carlo III al conte rosenberg ebbe luogo il 2 febbraio 1760, come si legge nella Gaceta del 5 di quel mese: «Continuando el rey nuestro Señor su primera Audiencia privada à los restantes Señores Ministros, y Embiados Extraordinarios, se sirviò S. M. admitir à ella: El 29. del passado al Sr. Conde Poggi, Embiado, y Ministro Plenipotenciario de Modena: El 31. al Sr. D. Juan Baptista de la torre, Ministro Plenipotenciario de la republica de Genova, y al Sr. D. Juan Baptista zoagli, Embiado Extraordinario de la misma republica: El primero del corriente, al Sr. Baron de Bachoff, embiado Extraordinario de Dinamarca: el 2, al Sr. Conde de rosemberg, Ministro Plenipotenciario de sus Magestades Imperiales: y el 3. al Sr. Conde de Colowrat, Ministro Plenipotenciario del rey de Polonia, Elector de Saxonia; haviendo entregado en ellas a S. M. dichos Señores Ministros, y Embiados las correspondientes Cartas Credenciales» (Gaceta de Madrid, 5 febbraio 1760, n. 6, p. 46). 2 Infatti, la Gaceta de Madrid del 5 febbraio riportava le notizie della corte di Francia del 19 gennaio: «Se sabe de Giesen con fecha de 10. de este mes, que los movimientos mandados hacer por el Mariscal de Broglio à los diferentes Cuerpos de tropas, que estàn à las ordenes de los Marqueses de Voyèr, y de Voguè en la orilla derecha del Lohn, cerca de Dillembourg, y de Herborn, y sobre izquierda de este mismo rio, à las tropas mandadas por el Duque de Wirtemberg, y por el Conde de San German, han determinado al Principe Ferdinando a recoger sus Quarteles desde el 5. de este mes, y á dexar su posicion de Krosdorff. Segun todos los avisos, que se han recibido de su marcha, ha llegado à Marbourg, y al rio Oha, detràs del qual parece ha dispuesto acantonar sus tropas. El Principe de Holstein-Gotorp està aùn de este lado del rio con un Cuerpo bastante considerable. Ay apariencias, que nuestras tropas, que dexamos en Dillembourg, despues que nos apoderamos de esta Villa, han sido atacadas por un Cuerpo Enemigo de 8. a 9. [mil] Hombres à las ordenes del Baron de Vengenheim, y que despues de una porfiada defensa, hecha por nuestra parte, se havia visto la Guarnicion obligada a rendirse 110 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Prisionera de Guerra. Se ha perdido en esta ocasion al Señor Paravicini, Brigadier, oficial de distinguido merito, y generalmente sentido» (Gaceta de Madrid, 5 febbraio 1760, n. 6, pp. 45-6). 3 Il congresso accennato da Maria Amalia era l’offerta fatta dal re d’Inghilterra e dal sovrano di Prussia alla monarchia francese per iniziare a trattare una futura pace, che era stata già annunciata dalla Gaceta de Madrid nelle settimane precedenti (Gaceta de Madrid, 22 gennaio 1760, n. 4, p. 28). Questa offerta fu fatta mediante un memoriale che il duca di Brunswick, Luigi Ernesto, consegnò all’ambasciatore francese all’Aia il 25 novembre 1759 (vedi Lettera 15: Carlo III a tanucci, Buen retiro 29 gennaio 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 63). Sulla Spagna e sull’Inghilterra in questi anni, cfr. Vicente PALACIo AtArD, Las embajadas de Abreu y Fuentes en Londres, 1754-1761, in «Simancas. Estudios de Historia Moderna», a. I, 1950, pp. 55-122. 4 Infatti, la Gaceta informava: «El dia 4. del presente muriò en esta Corte, de edad de 64. años, el Excmo. Sr. Conde de Valparaìso, Cavallero Comendador de Galizuela de Lares en la orden de Calatrava, del Consejo de S. M. en el de Indias, primer Cavallerizo de la reyna nuestra Señora: en cuyos Empleos, y en los de Secretario del Despacho universal de la real Hacienda, Superintendente General de ella, y Presidente de las Juntas de tabaco, Comercio, y Moneda; acreditò por espacio de 32. años su zelo, desinterès, y amor al real servicio, haviendo sido nombrado ultimamente por Embaxador à la Corte de Polonia» (Gaceta de Madrid, 5 febbraio 1760, n. 6, pp. 47-8). 5 Francisco GAoNA y PortoCArrEro (1696-1760), II conte di Valdeparaíso, era il segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda spagnolo nel settembre 1759, prima dell’arrivo di Carlo III a Barcellona. Aveva iniziato la carriera pubblica essendo nominato nel 1728 maggiordomo di settimana della regina Elisabetta Farnese, passando dopo a ricoprire la carica di primo cavallerizzo nel 1740 e quella di consejero titular de Indias nel 1741. Nel luglio del 1754, dopo la destituzione del marchese de la Ensenada, fu nominato segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, conservando i posti di segretario della regina ed anche quello di primo cavallerizzo. Dopo la morte di Ferdinando VI, nell’agosto del 1759, la situazione di Valdeparaíso apparve compromessa. Secondo Bristol: «the conde Valdeparaiso secretary of State for the Finances, and who owes his rise entirely to that duke [Alba], is expected to be removed from his employment. Every one allows him to be an honest, well intentioned minister. His capacity for that particular branch of business is disputed, but it is certain he has, by his great economy, filled the royal treasury and that whitout any additional burthensome taxes upon the nation» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 13 agosto 1759). Sarà finalmente sostituito dal marchese di Squillace, già segretario di Stato d’Azienda a Napoli, nel dicembre di quell’anno: «the Catholick king was pleased to nominate the conde de Valdeparaiso his ambassador to his Polish majesty and to appoint the marquis Squillace (whom I have in some former dispatches mentioned by the name of marquis Gregorio) secretary of State for the Finances» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 10 dic. 1759). La sua nomina come ministro spagnolo in Polonia fu poco dopo pubblicata dalla Gaceta: «El rey se ha servido nombrar por su Embaxador à la Corte de Polonia al Sr. Conde de Valdeparayso, por la satisfaccion que tiene de sus buenas calidades para el desempeño de esta distinguida confianza» (Gaceta de Madrid, 25 dicembre 1759, n. 52, p. 415). Ciò nonostante, non assunse mai l’incarico perché non conosceva il francese, fondamentale per quella carica, come ci spiega tanucci in una lettera allo stesso Valdeparaíso: «Veo la dificultad por la falta del idioma francés en Polonia, en donde sé que el español es impraticable, pues a nosotros pidieron al tiempo de Montealegre que las cartas fuesen italianas. El embaxador es orator y assi le llamavan los romanos y los griegos, y no puede ser orator sin lengua» (AGS, Estado, libro 236, pp. 300-1: ta- XVI. tanucci - 22 gennaio 1760 111 nucci al conde de Valdeparaíso [Madrid], Napoli 1 gen. 1760). In realtà, come ancora conferma Bristol, questa nomina fu soltanto un pretesto per rimuovere Valdeparaiso dalla Segreteria d’Azienda: «Monsieur Valdeparaiso’s fall has been more gentle than he expected. the nomination of him to the ambassy of Poland was only to remove him as soon as possible from the department of the Finances, for no one was ever less calculated than himself to be sent out of his native country with such a commission, as he knows no language except Spanish, and he is not clear in the articulation of his own tongue. He wishes, and it is said will endeavour upon that pretence, to get himself excused, for no one is ignorant of the motives of his being appointed the Catholick king’s representative at Warsaw» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 19 dic. 1759). Morirà poco dopo questa rinuncia, il 4 feb. 1760, come sarà indicato più avanti. Secondo Escudero, Valdeparaíso «había sido ciertamente beligerante contra Ensenada. Es muy probable que esta actitud suya le hubiera hecho aparecer como hombre de confianza y en consecuencia facilitarle el premio de un departamento de la mayor importancia. Sin embargo, sus dotes personales eran escasas y, lo que es más significativo, encontró la Secretaría del Despacho de Hacienda cubierta por una pléyade de oficiales que aparecían como hechuras de Ensenada. Coxe señala, además, que por tener Valparaíso una familia numerosa, disfrutó de menos dependencia y libertad de manejo, sumándose a ello su permanencia en la secretaría de la reina y en el empleo de primer caballerizo, lo que obviamente le imposibilitaba tomar un partido radical cuando doña Bárbara [di Braganza, regina della Spagna] seguía mostrándose proclive al equilibrio de fuerzas. Valparaíso no fue así tampoco un factor decidido en favor del ministro de Estado [Wall] y de la causa inglesa» (ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 239). Sul personaggio, vedi ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 266-7 e Francisco ASENSIo ruBIo, El conde de Valparaíso y su tiempo, in «Espacio, tiempo y Forma. Serie IV Historia moderna», 1995, n. 8, pp. 155-74. 6 Cioè, i quattro figli maschi Carlo, Gabriele, Antonio e Francesco, e le due figlie Maria Giuseppa e Maria Luisa. XVI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 22 gennaio 1760*. obbedisco al sovrano comando del 1º del corrente con quest’altra umilissima per Paglia1. Macedonio maggiordomo2 fu fatto tenente colonnello col soldo di capitano vivo e aggregato3. Pignatelli Casalnuovo fu fatto capitano, cioè ebbe una compagnia in concorrenza di grandi meriti e antichità di un cavaliere aquilano4. La prima promozione fu voluta da San Nicandro, la seconda dallo stesso e da Sangro5. tutti gli altri gradi sono state forze del capitano generale [Domenico di Sangro], il quale ha talora conteso meco e con rio fino all’imitazione6. Colla sofferenza possibile e col persuader li compagni si è già fatto l’argine. tutto è placido e per lo più regolare. Si voleva tornare ai nobili feneanti [fainéants: che non fanno niente] per li presidati7. Sangro, reggio8, San Nicandro volevano. Serseras fu contrasto perché almeno si voleva il militare Domenico Caracciolo9. Cicisbeo una 112 Verso la riforma della Spagna: Carteggio volta di grido. Si uni meco San Nicandro e Centola10 per non far Caracciolo11 preside di trani12 rinunziato da Masi13. Fu fatto Nicola, tenente colonnello dell’artiglieria, uomo serio e molto simile a Baena14. Per l’Azienda non saprei che avessero scritto. Io non ho scritto se non dei 30m. ducati dati a Ventapane15 del riposto. Non mi pare che finora siano errori notabili in questa parte di governo. Ah, i lontani per la malizia umana si battono non potendosi essi difendere[!]. Quante grazie devo alla clemenza della Maestà Vostra che si è compiaciuta di spiegarmi l’interno, del quale era grande la curiosità. Bisogna che Vostra Maestà soffra quelle due ore di testa a testa [con Elisabetta Farnese]. Vi è la quiete di casa, la salute del re, della Casa reale e dei popoli. Mi ha fatto ridere quel mutar discorso ad un occhiata di Vostra Maestà. Non posso digerire quel voler casare il suo cadetto e quel Portogallo. Sarebbe una Dies illa16 per la Spagna, pel Portogallo, per la Casa reale. Che uscirebbe da un congresso della regina madre, dell’Imperatrice e del re di Prussia17 per la pace? Non mi dispiace il carattere del cadetto. Così non saranno don Giovanni, Mattias, Condè. È venuto il comando pel parere sul privilegio di Villa Castel. oggi non è possibile aver la mente fresca per umiliarlo, ma a prima vista mi pare una sorpresa perniciosissima fatta allo Stato e al re; tre o quattro di questi privilegi bastano per perdere una monarchia. torno a prostrarmi ai piedi della Maestá Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 9-10. 1 Questa lettera è una di quelle richieste da Maria Amalia nella Lettera 10 dell’1 gennaio 1760. L’altra lettera è la successiva XVIBis. 2 I maggiordomi di settimana erano gli ufficiali della corte che aiutavano al maggiordomo maggiore nella gestione dell’intera Casa reale. Il loro numero era variabile, di solito erano quattro, ma servivano ruotando settimanalmente nella loro carica. Il duca di SaintSimon descrive le loro competenze in Spagna, che erano le stesse che avevano a Napoli: «tienen, bajo el Mayordomo mayor, de quien dependen por completo, todo el detalle y la autoridad de cuanto está a cargo de éste. El de semana no se mueve casi de Palacio, tanto porque todo lo de allí pesa sobre él, cuando por estar a mano para recibir las órdenes del rey, dándole cuenta de cosas fortuitas o de las consecuencias de otras, de las que da inmediata noticia al Mayordomo mayor, obrando solamente por su orden. Dispone los lugares de las funciones, ceremonias y fiestas; marca allí los puestos, y el Mayordomo mayor va a ver luego si todo está en regla, cambiando y ordenando como le parece» (Duca di SAINt-SIMoN, Cuadro de la corte, op. cit. a pp. 69-70, nota 6, p. 219). 3 Vespasiano MACEDoNIo era allora maggiordomo di settimana e gentiluomo della manica del re delle Due Sicilie. Nel dicembre 1759 le fu concessa dal Consiglio di reggenza di Napoli «l’aggregazione di tenente Colonnello coi soldi di Capitano vivo nel reggimento di Valdemone» (AGS, Estado, libro 236, p. 201: tanucci a Carlo III, Napoli 11 dic. 1759). XVI. tanucci - 22 gennaio 1760 113 Nel luglio 1766 sarà nominato ambasciatore napoletano a Lisbona (AGS, Estado, legajo 5880, folio 146; libro 330, p. 146 e libro 331, p. 37) e nel 1777 intendente del real Sito di Portici (AGS, Estado, legajo 5907, folio 268). Fu anche il vicepresidente dell’Accademia delle Scienze e delle Belle Lettere istituita da Ferdinando I nel 1778 (Annali Civili del Regno delle Due Sicilie, vol. LIII: gennaio, febbraio, marzo e aprile 1855, real Ministero dell’Interno, Napoli 1855, p. 147). Su questo personaggio, cfr. il Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4, ad indicem. 4 Secondo tanucci, il Consiglio di reggenza avrebbe sbagliato non aspettando l’assenso di Carlo III in queste nomine: «Avrei voluto lo stesso [cioè, attendersi il real oracolo di Carlo III] prima di darsi una compagnia a Pignatelli nel reggimento d’Abruzzo ultra, sacrificando a costui un’anzianità di quindici anni e la campagna di Velletri e qualche altro merito di un cavalier aquilano» (AGS, Estado, libro 236, p. 201: tanucci a Carlo III, Napoli 11 dic. 1759). 5 Domenico DI SANGro (1685-1770), dei duchi di Martina, era membro del Consiglio di reggenza. Intrapresa la carriera militare, partecipò alla guerra del 1734 con Carlo di Borbone contro gli austriaci essendo maresciallo di campo dell’esercito spagnolo. Fu ricompensato nel 1736 dal re di Napoli con il governo della piazzaforte di Gaeta, così come «con la tercera parte de su producto por via de sobresueldo» (AGS, Estado, legajo 5806, folio 20), essendo anche eletto nel 1741 gentiluomo della Camera d’esercizio. Dopo la morte del duca di Castropignano, nel 1758, Sangro fu nominato capitano generale dell’esercito napoletano (AGS, Estado, legajo 5865, folios 95, 197 e 198). Su Domenico di Sangro, vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 51, nota 11 e anche MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, ad indicem. tanucci lo descriveva così, poco più tardi: «Io stimerei Sangro un buon colonnello e al più un buon brigadiere che dovesse obbedire. Credo che sarebbe valoroso e potrebbe far da una piccola truppa eseguire un comando ch’egli avesse ricevuto dal suo generale. Ma in Consiglio egli mostra pochissima mente e in casa si lascia condurre pel naso da un certo torres, ch’era suo segretario quando non era ancora capitano generale. Si lamenta tutta la truppa di lui. Egli fa anche molte irregolarità, delle quali non sente e forse non intende il peso né l’enormità, né il pregudizio» (AGS, Estado, libro 242, p. 167: tanucci al principe di Aci [Madrid], Caserta 4 marzo 1760). un suo ritratto, dipinto da Francesco Liani, si conserva nel Museo Civico Gaetano Filangeri di Napoli (cfr. Alla corte di Vanvitelli. I Borbone e le arti alla Reggia di Caserta, a cura di Nicola SPINoSA, Electa, Napoli 2009, p. 187). 6 Carlo III scriverá a tanucci su questo argomento che «veo quanto me dices que ocurre sobre grados con Don Domingo de Sangro, el qual ha tenido siempre esta flaqueza, pero él no es mas que un voto en la regencia, y assi toca a los demas el hazerle ver la razon, y no hazer mas que lo justo, y conveniente» (Lettera 18: Carlo III a tanucci, Buen retiro 19 feb. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 67-8). 7 I presidi provinciali erano i capi dei tribunali delle udienze distribuite nelle provincie del regno di Napoli essendo quelle cariche, in conseguenza, di natura giuridica. Nel corso del Settecento acquistarono funzioni e poteri anche politico-amministrativi. Su questa istituzione, vedi i lavori di Maria Grazia MAIorINI: Nobiltà napoletana e cariche amministrative: i presidi provinciali nel Settecento, in Signori, patrizi, cavalieri in Italia centro-meridionale nell’Età Moderna, a cura di Maria Antonietta VISCEGLIA, Laterza, roma 1992, pp. 309-25 e I Presidi, op. cit. a p. 68, nota 3. 8 Michele rEGGIo E BrANCIFortE (1682-1772) era membro del Consiglio di reggenza, così come balí e gran priore dell’ordine di Malta. Fratello del principe di Campofiorito e di Andrea reggio, era lo zio del principe di Aci, ambasciatore napoletano a Madrid. Michele, che fu indirizzato come il fratello Andrea al servizio delle forze navali spagnole, contribuí al trasferimento dell’infante-duca don Carlos in Italia dal 1731 in poi. Michele era allora capitán 114 Verso la riforma della Spagna: Carteggio general de las Galeras e comandante general delle forze marittime spagnole; ma, dopo la conquista del regno di Napoli, passò a servire nel 1737 il re delle Due Sicilie con quegli stessi titoli (AGS, Estado, legajos 5809, folio 97 e 5810, folio 2). Fu di conseguenza – insieme a Montealegre, segretario di Stato e del dispaccio di Guerra – il responsabile della politica navale napoletana (cfr. passim Giuseppe SENAtorE, Giornale storico di quanto avvenne ne’ due reami di Napoli, e di Sicilia l’anno 1734, e 1735 nella conquista che ne fecero le invitte Armi di Spagna sotto la condotta del glorioso nostro re Carlo Borbone in qualità di generalissimo del gran Monarca cattolico, opera di Giuseppe Senatore giureconsulto napoletano divisa in due parti, Stamperia Blasiana, Napoli 1742 e SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. I). Nel 1738 fu eletto membro della Giunta di Guerra e presidente della giunta per la costruzione del porto di Napoli (cfr., a questo riguardo, la sua corrispondenza con la Spagna in AGS, Estado, legajos 5832, folio 149; 5833, folios 231-248; 5834, folios 229, 230 e 232 e, sopratutto, il legajo 5842). Nel 1744 fu nominato luogotenente e capitano generale della città di Napoli in assenza del Sovrano, che era in campagna al comando dell’esercito contro gli austriaci (AGS, Estado, legajo 5844 e BECAttINI, Storia del Regno di Carlo III, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 193). Nominato consigliere di Stato nel 1744, dopo il ritorno di Carlo in città, fu scelto da Carlo III nel 1759 quale membro del Consiglio di reggenza del re Ferdinando I delle Due Sicilie. Vedi MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, ad indicem. 9 Domenico CArACCIoLo aveva ottenuto il 26 set. 1758 «el grado y sueldo de coronel reformado, y la agregacion al castillo nuevo de Napoles» (AGS, Estado, legajo 5865, folio 177; vedi anche tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 137, nota 14, sebbene i dati siano diversi). Nell’esercito spagnolo aveva chiesto il trasferimento al servizio del re di Napoli nel 1755: «En 4 de Febrero de 1755 permitio el rey a don Domingo Caracciolo pudiesse establecerse en el servicio del rey de Napoles sin perjuicio del sueldo que gozaba en el de Su Majestad; y habiendose verificado ahora este establecimiento por la agregacion al castillo nuevo de Napoles que le ha concedido Su Majestad Siciliana con el sueldo y grado de Coronel reformado, lo pongo todo de orden del rey en noticia de Vuestra Señoría para su inteligencia y cumplimiento en la parte que le corresponda» (AGS, Estado, legajo 5865, folio 178: ricardo Wall al conte di Valdeparaíso, Villaviciosa 31 ott. 1758; cfr. anche i folios 170-177). 10 Giuseppe PAPPACoDA (?-1773), principe di Centola, era anche uno dei membri del Consiglio di reggenza. Nel 1741 fu eletto reggente di Vicaria succedendo al fratello Salvatore Francesco. Cavaliere dell’ordine di San Gennaro, nel 1759 fu scelto da Carlo III per essere parte del Consiglio di reggenza del regno delle Due Sicilie. Vedi ad indicem i volumi dell’epistolario tanucciano e Giuseppe Pasquale CIrILLo, Alla memoria immortale di Giuseppe Pappacoda Principe di Centola e marchese di Pisciotta, Napoli 1773. Secondo Vanvitelli, Centola era «il Consigliere del di cui voto molto se ne fida il segretario di Stato [tanucci], per quanto si dice» (Lettera 707: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 14 gen. 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 458). Cfr. anche MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, ad indicem. 11 Carlo III scriverà a tanucci a questo riguardo che: «por lo que toca a Domingo Caracciolo, pues si es el militar, no es aproposito para presidio, pues para tales empleos no son buenos los que andan haziendo los chichileos, como el lo ha echo en todas partes» (Lettera 16: Carlo III a tanucci, Buen retiro 5 feb. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 64). 12 trani, città-capoluogo della regione Puglia. 13 Sul conte Francesco MASI, vedi MAIorINI, I presidi, op. cit. a p. 68, nota 3, ad indicem. Secondo tanucci, «Masi ha rinunziato il Presidato di trani, ostinato a voler quello di Lecce. XVIBis. tanucci - 22 gennaio 1760 115 La rinunzia è stata accettata. Vedo gran disposizione per Domenico Caracciolo. Io dovrò contradire» (AGS, Estado, libro 236, p. 359: tanucci a Carlo III, Napoli 15 gen. 1760). 14 Pedro BAENA, militare originale di Minorca, era stato nominato preside nel 1758; cfr. MAIorINI, I presidi, op. cit. a p. 68, nota 3, p. 82. 15 Carmine VENtAPANE era un negoziante napoletano. Cfr. ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2; MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12 e Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4. 16 Il Dies Illa citato da tanucci si referisce al Dies Irae, Dies Illa, allocuzione latina (attribuita a tommaso da Celano), che faceva parte del requiem o messa dei defunti della liturgia post-tridentina. tanucci vuole sottolineare ironicamente che le nozze fra i Borboni spagnoli e i Braganza portoghesi sarebbero state una nuova occasione di problematiche interferenze fra le due monarchie iberiche, così come era avvenuto nel 1729 con le doppie nozze di Giuseppe I e Maria Barbara del Portogallo con Marianna Vittoria e Ferdinando VI di Spagna. 17 FrIEDrICH II (1712-1786), Federico il Grande, fu re di Prussia dal 1740 fino alla morte. Della dinastia degli Hohenzollern e figlio di Friedrich Wilhelm I (1688-1740), fu educato nella disciplina militare. Salito sul trono proprio all’inizio della Guerra di Successione Austriaca (1740), Federico mutò la politica internazionale perseguita dal padre e dichiarò la guerra a Maria teresa in modo da conquistare la regione della Slesia, appoggiato dalla Francia, dalla Spagna, dalla Sassonia e dalla Baviera. Avendo avuto successo, Federico II riuscí a conservare quest’importante territorio dopo la guerra, conquista confermata nella pace di Aquisgrana (1748), e poi dopo la guerra dei Sette Anni (1756-1763). Fu una strategia geopolitica che esaltò la Prussia come una della potenze più importanti d’Europa (Jeremy BLACk, Eighteenth-century Europe, St. Martin’s Press, New york 19902). Sulle sue campagne militari, cfr. Dennis E. SHoWALtEr, The Wars of Frederick the Great, Longman, Londra 1996. XVIBis Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 22 gennaio 1760*. La stessa prospera salute che tutta la famiglia cattolica stava godendo il giorno primo dell’anno, secondo la sovrana clementissima lettera di Vostra Maestà, è quella del vivacissimo e amabile re Ferdinando, del quale cresce colli giorni la grazia e la conquista degli affetti. Partono questa notte per Cartagena li cedrati1, ai quali si desidera ma non si spera l’arrivare senza corrompersi, secondo l’opinione degli esperti. Si sarebbono incerati, come alcuni opinavano, ma si è temuto che il caldo stesso della liquefazione della cera li corromperebbe più presto. Venuta tutta la somma da Genova e fatti li calcoli della zecca si è trovato che in vece di perdere come si temeva dei 12 carlini a pezza dura secondo la stima comune si è avanzato qualche zotto. tutti li zotti sommano 2057 ducati e grani che io questa notte avviso a Santa Elisabetta perché faccia far la tratta di questa piccola somma ancora. Questo Santa Elisabetta 116 Verso la riforma della Spagna: Carteggio continua le sue querele per le sue gravi spese. Sarà qualche cosa di vero e di singolare in questa per altro universale canzona [sic]. Majo non parla più di matrimonio. Viene orto. oggi è qui arrivata una cassa d’Agnus Dei 2 che il Papa3 ha regalato al re anche prima di proporsi in concistoro la domanda dell’investitura, ciò che si farà il dì 28 del corrente4. Quanto posso prego Dio perché continui la quiete che si gode nella casa cattolica e la concordia di questo piccolo nostro Consiglio, e mi prostro ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, p. 12. 1 Si tratta probabilmente della spedizione di piccole piante di agrumi, da trasferire nella fase della quiescenza invernale e da far attecchire in una zona dotata di condizioni ambientali molto simili, ossia miti e immuni da forti gelate. Cartagena era una città e porto militare della regione spagnola di Murcia, al sud della Spagna, ben noto nel Settecento. Vedi María teresa PérEz-CrESPo Muñoz, El arsenal de Cartagena en el siglo XVIII, Editorial Naval, Madrid 1992 e María del Carmen MELENDrErAS GIMENo, La fortificación de la base naval de Cartagena en el siglo XVIII: proyectos, mapas y planos, universidad de Murcia, Murcia 2009. 2 Secondo il Dizionario delle origini, invenzioni e scoperte nelle arti, l’Agnus Dei «è il nome che si dà ad alcuni pezzi di cera fusi per riprodurre la figura di un agnello, che il Pontefice benedice solennemente la Domenica in Albis dopo la sua consacrazione, e di poi di sette in sette anni per distribuirli al popolo. L’origine di questa cerimonia è antica nella Chiesa romana. Walfrido Strabone ne fa autore s. Gregorio m.; ma ne faceva già menzione l’ordine romano, e si fa risalire ad influenze di s. Gelasio, ossia alla fine del secolo quinto. Anticamente si distribuivano a pezzi al popolo i resti dei ceri pasquali, che erano stati benedetti nel sabato santo, e ciascuno li bruciava in casa, ne’ campi, nelle vigne, nei casolari, per preservare quei beni dalle influenze demoniache, presenti anche nei turbini atmosferici e nelle tempeste. Era una pratica in uso fuori di roma: ma nella città, l’Arcidiacono, invece del cereo pasquale, prendeva altra cera, sopra cui versava dell’olio, ne faceva diversi pezzi in figura di agnello, li benediva, e li distribuiva al popolo. tale è l’origine degli Agnus Dei, che i papi ora benedicono con solenni cerimonie. Il sagrestano li prepara molto tempo prima della benedizione. Il papa, in abito solenne, li intinge nell’acqua benedetta, e poi li benedice. Si pongono poi in un vaso, che un suddiacono porta al papa, dopo che nella messa è detto Agnus Dei; e glieli presenta, ripetendo tre volte: questi sono gli agnelli che vi annunciano l’alleluja: ecco che vengono al fonte pieni di carità, alleluja. Sono poi distribuiti dallo stesso papa ai cardinali, vescovi, e prelati. Si crede che non debbano toccarsi se non da quelli che hanno gli ordini sacri, e perciò, per donarli ai laici, si ricoprono di pezzi di una stoffa tessuta a quello scopo. Alcuni scrittori «ne rendono molte ragioni mistiche, e ne descrivono le virtù» (Dizionario delle origini, invenzioni e scoperte nelle arti, nelle scienze, nella geografia, nel commercio, nell’agricoltura ecc. ecc. Opera compilata da una Società di Letterati Italiani, tomo primo, tipografia di Angelo Bonfanti, Milano 1828, p. 47). 3 Carlo DELLA torrE DI rEzzoNICo (1693-1769), papa CLEMENtE XIII, era stato creato cardinale nel 1737 ed eletto papa nel conclave del 1758. Il suo pontificato fu caratterizzato dell’espulsione dei gesuiti dal Portogallo, dalla Spagna, dalla Francia e dal regno delle Due Sicilie. Vedi il volume corrispondente della classica opera di Ludwig von PAStor, Storia dei Papi, la sua scheda nell’Enciclopedia dei Papi, vol. III, roma, Istituto della Enciclopedia Ita- 16. Maria Amalia - 12 febbraio 1760 117 liana, 2000 e Hanns GroSS, Rome in the Age of Enlightenment. The Post-Tridentine syndrome and the Ancien Regime, Cambridge university Press, Cambridge 1990. 4 Sull’investitura di Ferdinando di Borbone da parte dal papa, procedura formale che prevedeva una supremazia feudale del papato sul regno di Napoli, vedi la citata corrispondenza fra Carlo III e tanucci, così come AGS, Estado, legajos 6151 e 6153 e AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajos 322, 323, 409 e 410 (cfr. José M. Pou y MArtí, Archivo de la Embajada de España cerca de la Santa Sede. III. Índice analítico de los documentos del siglo XVIII, Palacio de España, roma 1921). tanucci, intellettuale e politico di orientamento giurisdizionalistico molto esplicito e deciso, trovava l’investitura un atto umiliante e da non essere rispettato: «tutti li napolitani sono avversi a questa benedetta investitura e odiano chi ne parla e danno debito al sovrano che la prende e contribuisce a quest’altro umiliante e, com’essi dicono, vergognoso per la nazione, la quale sembra loro per esso di esser la più vile di tutte le altre, le quali anno lasciato l’atto di mera divozione quando si sono accorte che cotesta corte chiamava feudalità la limosina e la riverenza mera spirituale» (AGS, Estado, libro 235, p. 374: tanucci a Gaetano Centomani [roma], Napoli 2 ott. 1759). Per questo motivo, si adoperò a ridurre al minimo le pretese di roma: «torrigiani sottilizza sull’investitura all’uso curiale. Prego confidenzialmente Portocarrero a procurare che l’affare si tratti col solo Cavalchini, come si principiò» (AGS, Estado, libro 236, pp. 18-9: tanucci a Carlo III, Napoli 16 ott. 1759). Su questo argomento, vedi Ana SáNCHEz MoNtAHuD, Las relaciones entre Nápoles y la Santa Sede en la correspondencia del Cardenal Torrigliani con el Nuncio de España (1758-1762), in «revista de Historia Moderna. Anales de la universidad de Alicante», 1999-2000, n. 18, pp. 27-40. Vedi inoltre, l’importante e molto valida opera della MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, pp. 295-305. 16 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Non è giunto il corriere. Manteisti e collegiali. Sollecita l’officio della Madonna, ma che questo non impedisca la stampa dell’Erculano. P. S.: è giunto il corriere. Cedrati. Matrimonio dell’infanta di Parma. Investitura. Rivera critica il pranzo d’Orsini. Commissione per sei candelieri con sua croce di bronzo simili a quelli di Portici. retiro, 12 febbraio 1760. o disgrazia successali o gran poltroneria è la cagione del ritardo [del corriere] di questa settimana, mentre eccetto il mercordí tutti quest’altri giorni ha fatto bellissimo tempo. Facil cosa è che giunga dopo serrate le lettere, cosa che m’infada [infastidisce] molto. Grazie a Dio tutti stiamo bene. Anche tutti gl’avvisati raffreddori vanno meglio. Il re è quasi del tutto libero del suo. tutto segue in grandissima pace e tranquillità. Li Segretari1, tutti pieni di timore e soggezione, travagliano come cani e più hora in una settimana che prima credo in 6 mesi2. Il paese, contentissimo del suo padrone, non cessa di dargli benedizioni, le quali spero 118 Verso la riforma della Spagna: Carteggio vogliano essere sempre maggiori per le savie disposizioni che va dando3. Il famoso Consiglio di Castilla4, composto tutto di più famosi collegiali5, già ha avuto qualched’uno di quei complimenti che Clemente riguardava come cosa non lecita a farsi6. Il re ha fatto già qualche consigliere manteista7 di moto proprio suo, mentre a proposizione della Camera [de Castilla]8 non è sperabile e contradicente9. Muñiz10, acerrimo collegiale11, basterà dirvi che, dovendosi provvedere alcuni beneficii e pensioni ecclesiastiche12, portò una lista lunga come la quaresima di pretensori tutti collegiali; poi altra separata, come se non ne fossero degni, di diversi altri soggetti che non erano tali13, ma in questi secondi però tutta gente benemerita. Si provvidero quasi tutti ed egli, credo, ne restò molto poco contento14. Questo è quanto per oggi posso dirvi a proposito. Avanti di partire, il padre torre15 disse che il mio offizio [della Maddona]16 sarebbe finito tra poco. Vorrei saperne qualche notizia; il mio vecchio non ne puol più. Secondo disse allora il detto padre, dovrebbe essere finito da un pezzo. Se lo è, mandatemene qualche esemplare, ma che per carità l’offizio non imbarazzi Ercolano17, se no me ne posso fuggire per quanto il re desidera questo18. Vorrei anche qualch’esemplare del notiziario di Napoli19. Vivete sicuro della mia benevolenza. Amalia. P. S.: questa mattina alle 10 in circa, quando giusto doveva mettermi alla toilletta, è venuto Wall colle lettere di Napoli. Per bona fortuna mia, le lettere non richiedono molta risposta. Se li cedratti hanno un felice viaggio di mare, possono arrivare in parti buoni mentre altre volte so che ne sono venuti. E da Napoli e da Firenze mi dite che Maio non parla più di matrimonio, ed jo vi posso dire che vi è qualche nuova, benché non sicura, che quello dell’infanta di Parma si vada imbrogliando dopo la morte di quella infanta duchessa20. Quest’altro spettacolo ci mancherebbe da vedere. L’invio degl’Agnus Dei mi fa credere che non vi saranno più difficoltà per l’investitura. Ho visto nella lettera dell’orto che riviera, per non aver altro di criticare, non ha potuto far a meno di criticare il povero cardinale orsini per il banchetto dato21. Nella lettera mi sono scordata una commissione che volevo darvi: cioè di farmi fare un finimento di 6 candelieri con la croce di bronzo dorato 16. Maria Amalia - 12 febbraio 1760 119 tale e quali come quello che stà nella cappella del appartamento ch’era mio in Portici22 e de quali Vanvitelli23 fece il disegno24. E, dicendomene il costo, immediatamente ve lo farò pagare. 1 In quella data, le Secretarías de Estado y del Despacho spagnole erano distribuite nel seguente modo (vedi ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 273): – Estado e Guerra: ricardo Wall. ‒ Justicia: Alonso Muñiz, marchese del Campo de Villar. ‒ Marina e Indias: Julián de Arriaga y rivera. ‒ Hacienda: Leopoldo de Gregorio, marchese di Squillace. 2 tanucci aveva già accennato ad Aci che la sola presenza di Carlo III avrebbe probabilmente messo in agitazione i Segretari di Stato spagnoli: «Mi rallegro di che sia stato a tempo avvertito Arriaga del non doversi disarmare, anzi di doversi abilitare i vascelli che sono in Cadice, Cartagena e Ferrol. Se si sono costì commossi colla sola relazione mandata da Stuardo delle tante interrogazioni fategli dal re, che dovrà essere e quanto dovranno essere agitati dal re presente!» (AGS, Estado, libro 236, p. 36: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 23 ott. 1759). 3 Bristol scriveva anche in quella settimana su Carlo III: «Every one will allow that the present Catholick king has talents infinitely superior to any of the princes of the house of Bourbon of the present or of the last age. His Catholick Majesty is indefatigable in all business, understands the different branches of government, is resolute in all his undertakings and means solely to pursue the interest of the throne on which he is placed. All that serve him, love as well as fear him. His predilections are only Spanish without any prepossession in favor of that nation where the head of his family reigns» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 11 feb. 1760). 4 Il Consejo de Castilla fu l’istituzione amministrativa più importante della monarchia spagnola d’Antico regime. Aveva origine medievale, ma fu decisamente riformata, essendo aumentata di competenze, dai re catttolici Isabella e Ferdinando dopo il 1480 (cfr. Salustiano de DIoS, El Consejo Real de Castilla (1385-1522), Centro de Estudios Constitucionales, Madrid 1982). Secondo Pere Molas: «El Consejo real y Supremo de Castilla era una institución politica propia del Antiguo régimen, es decir, con una mezcla indisoluble de las funciones políticas, administrativas, y judiciales. Esta realidad derivaba del principio de que el primer deber del monarca era el de hacer justicia. Pos esta razón, las diferentes instancias administrativas tenían también importantes funciones judiciales, inherentes a la misma institución, y por esta misma razón se les llamaba a veces indistintamente consejos o “tribunales”. Por tanto, el Consejo de Castilla cubría, cuando menos, las funciones de un Ministerio del Interior y del tribunal Supremo. Se preocupaba de la administración interior del reino y al mismo tiempo actuaba como entidad de apelación de las sentencias de los tribunales inferiores: las Audiencias. De este principio deriva también un punto importante para la sociología de los consejos. Sus integrantes eran hombres de formación jurídica, forjados en el ejercicio de la judicatura, que, de todas formas y dada la naturaleza del sistema, no excluía – antes al contrario ‒ el ejercicio de funciones gubernativas» (Pere MoLAS rIBALtA, La Administración española en el siglo XVIII, op. cit. a p. 40, nota 10, p. 92). Vedi anche il Título III. Del Real y Supremo consejo de Castilla, y sus Ministros in Novísima recopilación de las leyes de España, op. cit. a p. 43, nota 9, tomo II, pp. 216-25. Durante il regno di Carlo III, il numero di colegiales che componevano il Consejo fu diminuito, essendo un luogo di costante lotta politica fra manteístas e colegiales, come la lettera di Maria Amalia lascia capire perfettamente. Sul Consejo 120 Verso la riforma della Spagna: Carteggio de Castilla nel Settecento, vedi le opere di Janine FAyArD: La tentative de réforme du Conseil de Castille sous le règne de Philippe V (1713-1715), in «Mélanges de la Casa de Velázquez», 1966, n. 2, pp. 259-82; Los miembros del Consejo de Castilla (1621-1746), Siglo XXI, Madrid 1979 e Los ministros del Consejo Real de Castilla (1746-1788), in «Cuadernos de investigación histórica», 1982, n. 6, pp. 109-36. Cfr. anche ESCuDEro, II. La reconstrucción de la administración central, op. cit. a p. 40, nota 10, pp. 103-15; BErMEJo CABrEro, Estudios sobre la administración central, op. cit. a p. 40, nota 10; Santos Manuel CoroNAS GoNzáLEz, Ilustración y derecho. Los fiscales del Consejo de Castilla en el siglo XVIII, Ministerio para las Administraciones Públicas, Madrid 1992; María del Carmen FErNáNDEz GIMéNEz, Notas sobre la reforma del Consejo de Castilla en 1713, in «Anuario de historia del derecho español», 1999, n. 69, pp. 547-78; Luis María GArCíA-BADELL ArIAS, Felipe V, la nobleza española y el Consejo de Castilla: la «Explicación jurídica e histórica de la consulta que hizo el Real Consejo de Castilla», atribuida a Macanaz, in «Cuadernos de historia del derecho», 2005, n. 12 pp. 125-49 e José María VALLEJo GArCíA-HEVIA, El Consejo Real de Castilla y sus escribanos en el siglo XVIII, Consejería de Cultura y turismo-Caja Duero, Valladolid 2007. 5 Il colegial era quello studente universitario che faceva parte dei colegios mayores e, dunque, anche quel ministro o funzionario pubblico che aveva studiato traverso queste istituzioni. Ferrer del río ne spiega la posizione pubblica ed il significato politico nella Spagna di quel tempo: «un yugo ominoso tenían encima las universidades; el de los colegios mayores. Varones caritativos los habían fundado en Salamanca, Valladolid y Alcalá de Henares, exigiendo a los que hubieran de ser allí admitidos el requisito indispensable de la pobreza, y afianzando su observancia con juramentos que ordenaron prestar al pretendiente y los testigos, a los rectores y colegiales, y con penas, censuras y obligación de restituir que impusieron a los trasgresores. No obstante, la cavilosidad y la malicia subieron al último grado: todo lo más que se consentía por el fundador que anduvo menos exigente era que los colegiales, al tiempo de su ingreso, pudieran poseer treinta ducados de oro de renta; y primeramente por varios fraudes y artificios, y luego por dispensas particulares de roma y de la Nunciatura, obtenidas contra el expreso juramento exigido a los colegiales de no pedirlas ni aprovecharlas, se abrieron poco a poco las puertas de los seis colegios mayores a los que gozaban de renta quinientos y más ducados de oro, hasta que, rotas y desquiciadas, entraban francamente por ellas sugetos poseedores en cabeza propia de pingües mayorazgos o de beneficios simples y canongías de treinta y cuarenta mil reales de renta. La usurpación no podía ser más notoria; y, sin embargo, a fuerza de introducir abusos y de citarlos como precedentes, los colegiales escritores pretendían legitimarla, aseverando con tanta superficialidad como imprudencia que la ley de la pobreza, tan recomendada por todos los fundadores, se hallaba ya enteramente dispensada por bulas apostólicas y acuerdos de los colegios mismos. No paraba aquí el daño: concluido el tiempo de la colegiatura prescrito por las constituciones, encastillábanse los colegiales mayores con título de huéspedes en aquellos establecimientos, que los mantenían de buen grado para no ponerles en el disparadero de degradar la beca en la abogacía, o admitiendo un curato, una vara u otra inferior judicatura, porque todo escolar, desde que entraba en el colegio, se engreía y figuraba con ínfulas de una Audiencia, Inquisición o prelacía. y con fundamento sin duda; que por más abajo no empezaba ninguno, y a poco andar se plantaban en los Consejos y en los puestos más preeminentes, desde donde dedicaban su influjo a patrocinar a sus sucesores en las becas. De su provisión vinieron a ser árbitros, bajo la denominación de hacedores, jefes y cabezas de tercio; con lo que se convirtieron las oposiciones en ridícula farsa, y se retiraron de ellas por completo los que carecían de valedores. Para tenerlos más en número los seis colegios, inventaron las cartas de comensalidad y las becas de baño; siendo estimadas tales distinciones, halláronlos entre altos personajes, no educados en aquellas casas, pero que, envanecidos con el oropel de la investidura, 16. Maria Amalia - 12 febbraio 1760 121 se hacían fogosos defensores de todos los abusos cada vez que se susurraba algo de reforma. “De esta suerte, colegiales actuales, huéspedes, ex-colegiales y todos los demás afiliados a ellos formaban una vasta asociación con visos de secreta y juramentada, que se extendía por toda España, desde el centro del Gobierno a los consejos, cabildos y universidades, que todo lo tenía invadido y ejercía un omnímodo poder en el Estado” [cita di Antonio GIL DE zárAtE, De la instrucción pública en España, tomo II, sección 4ª, cap. 5º]. Semejantes al jaguei de la isla de Cuba, que, nacido entre las ramas de un árbol, le ciñe con las suyas, e inclinándolas a tierra le reduce a polvo luego que se arraiga, los colegios mayores, hijos de las universidades, moralmente hablando, las aniquilaban con su influjo. todo era favorable a los usurpadores de las santas prerrogativas de la pobreza, amparada muy dignamente por los clarísimos prelados que erigieron los seis colegios. Nobles de cuna los que las poblaban de la manera que se ha explicado, ricos de hacienda, seguros de patrocinio, constituían la aristocracia de las escuelas, como los jesuitas, con quienes se entroncaron naturalmente, la de las órdenes religiosas. Mientras estudiaban, vivían con holgura: finalizada la carrera, subían de un brinco punto menos que a lo más alto: tribu numerosa, privilegiada, atenta a sus intereses comunes y extendida como una gran red por todos los dominios españoles, lisonjeábase de su predominio sin recelar que acabara nunca» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. III, pp. 193-7). tanucci era molto consapevole della forza dei colegiales in Spagna. Come la nuova regina spagnola, egli era assolutamente contrario ai loro interessi. Così dirà al principe di Aci in una delle sue solite lettere: «Gran festa si è fatta per la promozione del Vicario Generale di Siviglia al Vescovado di oviedo, o altro simile, escludendo il re tutti li tre nominati che erano collegiali. Questi collegiali si dicono la peste di Spagna per la cospirazione loro contro li buoni studj, contro ogni altro che non sia collegiale e in favor di tutto l’ordine dei collegiali con un giuramento molto simile a quello dei Liberi Muratori. Gente così legata e così ignorante dovrebbe tenersi lontana da tutto il governo. Essendo collegiale il Governatore del Consiglio non solamente non sarà buon ministro in roma, ma sarà pessimo, e tanto più pernicioso sarà quanto più sarà amico de’ gesuiti. ottimo istrumento è l’Agente roda a roma. L’ho trattato, ho veduto qualche cosa di suo e l’ho lodato al re e al signor Wall» (AGS, Estado, libro 243, foglio 186r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 9 set. 1760). Sull’influenza esercitata dai colegiales nella Spagna del Settecento, vedi Gustave rEyNIEr, La Vie universitaire dans l’ancienne Espagne, Picard-Privat, Parigi-toulouse 1902 e, sopratutto, il fondamentale rafael oLAECHEA, El anticolegianismo del Gobierno de Carlos III, in «Cuadernos de Investigación. Geografía e historia», a. II, 1976, n. 2, pp. 53-90 (pubblicato anche come Política anticolegialista del gobierno de Carlos III, in II Simposio sobre el Padre Feijoo y su siglo. Ponencias y comunicaciones, vol. II, universidad de oviedo-Centro de Estudios del Siglo XVIII, oviedo 1983, pp. 207-46). 6 Clemente de Aróstegui era stato borsista del Colegio Mayor de San Ildefonso della università di Alcalá, diventando, in conseguenza, colegial nei suoi anni di studente universitario. Non a caso, tanucci lo descriverà così: «Clemente è il collegiale più ostinato e non manca d’ambizione, la quale suol esser congiunta all’ignoranza» (AGS, Estado, libro 243, foglio 186r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 9 set. 1760). 7 Secondo il dizionario della Real Academia Española de la Lengua, ‘manteísta’ era quell’«alumno que asistía a las escuelas públicas vestido de sotana y manteo, cuando los estudiantes usaban este traje. Se llamaba así a la generalidad de los escolares, para diferenciarlos de los que tenían beca en los colegios mayores». Erano nemici dei colegiales, come ci spiega perfettamente ancora Ferrer del río: «Pero sus miembros [dei colegios mayores, cioè i colegiales] se codeaban diariamente en las aulas con otros escolares, denominados manteístas, unos acomodados, otros hijos de padres que no les podían pasar sino alimentos muy escasos, y tan menesterosos algunos, que tal vez estudiaban las lecciones a la luz del farol puesto a alguna 122 Verso la riforma della Spagna: Carteggio imagen devota, y permanecían en ayunas hasta la hora en que se repartía la sopa a la puerta de los conventos. Escolares de aquellos se contaban que, si no podían ser pajes o arbitrarse de cualquier modo, se desalentaban al cabo, alejándose de las universidades: otros, y estos eran los más sin nada, se acomodaban a la escasez o luchaban con la miseria, y a fuerza de trabajos llegaban a teólogos, canonistas y jurisconsultos, y empezando por el principio, iban en alas del mérito personal a la conquista de la estimación pública y del renombre imperecedero. Manteísta había sido Macanaz, el político inteligente: por manteístas empezaron roda, Moñino y Campomanes, que, desde los primeros puestos del Estado, lograban que se escribiera en leyes lo que aquel solo pudo consignar en representaciones: de manteísta blasonaba también D. Francisco Pérez Bayer, canónigo de toledo, preceptor de los hijos del rey, y alma de la reforma radical de los seis colegios mayores» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. III, pp. 197-8). Sulla posizione dei manteístas nel Settecento spagnolo, vedi Juan Luis PoLo roDríGuEz, Estudiantes manteístas salmantinos en la Universidad de Salamanca de la primera mitad del siglo XVIII, in «Studia Historica. Historia Moderna», 1991, n. 9, pp. 23-42 e Pere MoLAS rIBALtA, Manteístas en Valencia (1707-1759), in «revista de Historia Moderna. Anales de la universidad de Alicante», 1995, n. 13-14, pp. 31-50. 8 La Cámara de Castilla era l’organo amministrativo che, dipendente del Consejo de Castilla, provvedeva le grazie e le mercedes del re, essendo di conseguenza uno strumento molto significativo nella pratica politica della monarchia spagnola (per la sua origine, vedi il fondamentale Salustiano de DIoS, Gracia, merced y patronazgo real. La Cámara de Castilla entre 1474-1530, Centro de Estudios Constitucionales, Madrid 1993). Furono molte le sue attribuzioni e prerogative, fra cui, «la provisión de oficios de justicia, perdones de muerte y remisiones de penas corporales y pecuniarias, facultades para hacer mayorazgos, habilitación de hijos de clérigos y bastardos para tener oficios y gozar de honras, exenciones, ó privilegios, de villazgos, acotamientos de tierras y otras gracias» (Marcelo MArtíNEz ALCuBILLA, Diccionario de la Administración Española, tomo II, Administración, Madrid 1864, p. 10); cfr. anche Título IV. De la Cámara de Castilla in Novísima recopilación de las leyes de España, op. cit. a p. 43, nota 9, tomo II, pp. 225-30. Come il Consejo de Castilla, la Cámara era nel 1759 piena di colegiales che spingevano i loro candidati per i posti vacanti, come accennava tanucci: «Non mi maraviglio della Camera di Castiglia, che voleva provvedere i benefizi. I togati sono in ogni luogo li stessi e, ove più ove meno, imitano i Parlamenti di Francia. La furberia di consultar due benefizi per li due cappellani della regina è ben sporca e grossolana. Io non spero nulla da codesta gente che, come dice Vostra Eccellenza, non conosce né verità, né candore, né servizio del re. Non può né il re né la patria esser servita da chi non ha amore, onore e disinteresse» (AGS, Estado, libro 236, p. 35: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 23 ott. 1759). Sulla vicenda di questa istituzione nel Settecento, vedi José Miguel DELGADo BArrADo, La Cámara de Castilla: fuentes legislativas para un estudio institucional (1442-1759), in «Hispania. revista española de historia», a. LII, 1992, n. 180, pp. 59-81; María Jesús áLVArEz-CoCA GoNzáLEz, La Cámara de Castilla: Secretaría de Gracia y Justicia, in «Cuadernos de Historia Moderna», 1994, n. 15, pp. 279-96; Philippe LouPÈS, Los mecanismos de la cámara de Castilla en el siglo XVIII, in La pluma, la mitra y la espada. Estudios de Historia Institucional en la Edad Moderna, a cura di Juan Luis CAStELLANo; Jean-Pierre DEDIEu e María Victoria LóPEz-CorDóN CortEzo, Marcial Pons-universidad de Burdeos, Madrid/Barcellona 2000, pp. 49-64 e Manuel Amador GoNzáLEz FuErtES, La Cámara de Castilla y el Real Patronato (1733-1759): de la prepotencia a la impotencia, in «Brocar. Cuadernos de investigación histórica», 2001, n. 25, pp. 75-108. 9 Maria Amalia conosceva perfettamente il pensiero anticolegial di tanucci, che vedeva nei colegiales spagnoli un fenomeno socioculturale simile a quello dei togati italiani, e spe- 16. Maria Amalia - 12 febbraio 1760 123 cialmente napoletani, o comunque “regnicoli” (ossia del regno di Napoli), ma una componente che appariva in Spagna ancora più coesa nel suo spirito di corpo, perché maggiormente rinsaldata dalla consuetudine e dalla formazione nei collegi. Questo ultimo carattere non era presente in modo altrettanto evidente nei giuristi, dottori, forensi del Mezzogiorno e nell’Italia centrale. Lo era, in parte, in Lombardia e in Piemonte, e specialmente a Milano, dove i collegi raccoglievano ed istruivano esclusivamente la gioventù di estrazione nobiliare, che era destinata a difendere gli interessi aristocratici nelle maggiori istituzioni centrali (esempio massimo, nel Senato di Milano). Nel Mezzogiorno e nel centro d’Italia, la strategia sociale spagnola aveva esaltato e premiato la formazione culturale e le funzioni politiche dei togati nel quadro di una politica ispirata ad un antico e valido criterio: Divide et impera. In conseguenza, i togati erano divenuti i tutori della larga, quasi totale alienazione ai privati delle rendite statali e degli uffici amministrativi e giudiziari. Soluzione che aveva coinvolto gran parte dei benestanti nella gestione politica spagnola e dopo la caduta (e morte) di Pedro de toledo, prodotto un profondo cambiamento, dal 1553 in poi, negli equilibri dei poteri, trasformando lo scontro politico tra il dominio spagnolo e il corpo sociale italiano (in origine diretto dalla nobiltà ed impersonato dal popolo) in una Pax Hispanica, interrotta con rari turbamenti. Era fondata sul parassitismo economico e su un fiscalismo apparentemente poco severo, perché ottenuto, più che dall’incremento delle imposte dirette, dalla continua e minuta alienazione degli uffici e delle funzioni pubbliche, capitali trasformati in donativi. Questo meccanismo, ereditato dagli austriaci nel 1707, si protrasse fino al 1734, creando, in circa due secoli, mentalità di appropriazione e di uso cetuale dei poteri pubblici, fenomeno che li aveva asserviti ad interessi centrifughi, particolari, e li aveva sostanzialmente prostrati, dispersi, avviliti. tanucci, giurista e storico, analista di quelle difficili e non felici condizioni sociali italiane, non mancava di manifestare queste sue opinioni ed avversioni ai suoi corrispondenti, e teneva a sottolineare la novità rappresentata da un re ormai esperto di questo genere di problemi: «I togati sono, come molte altre cose umane, mali necessari. Il re però sa come si dominano questi cavalli e ne conosce l’indole. Bisogna tenerli fermi alle leggi scritte e non li lasciar divagare alle opinioni dei dottori, nelle quali sta l’arbitrio, o sia licenza e libertinaggio dei tribunali» (AGS, Estado, libro 236, pp. 44-45: Lettera di tanucci a ricardo Wall [Madrid], 23 ott. 1759). 10 Alonso MuñIz CASSo y oSorIo (1693-1765), marchese del Campo del Villar, era allora il segretario di Stato e del Dispaccio di Grazia e di Giustizia. Colegial, era stato regente de la audiencia de La Coruña prima di essere nominato nel 1747 a quel segretariato. Confermato da Carlo III nel 1759, ottenne la carica di consejero de Estado nel febbraio del 1764, ma morí in carica nel 1765 secondo la Gaceta: «El Miercoles 16. del corriente murió en esta Villa, á los 72. años, y ocho dias de su edad, el Excmo. Sr. Marqués del Campo de Villar, del Consejo de Estado de S. M., y su Secretario de Estado, y del Despacho de Gracia, y Justicia, en cuyos empleos sirvio á S. M. 17. años, y 20. en varios de la toga, manifestandose siempre digno de ellos por sus talentos, justificacion, y zelo» (Gaceta de Madrid, 22 gennaio 1765, n. 4, p. 31). Ferrer del río racconta di lui che «once años había que el fiscal de la audiencia de la Coruña D. Alfonso Muñiz, marqués del Campo de Villar, servía el ministerio de Gracia y Justicia. No suena su nombre con celebridad entre los jurisconsultos, ni se trasluce su influencia en el Concordato de 1753, celebrado en su tiempo, ni tenía mérito que le recomendara particularmente, fuera del de una larga carrera y del de la rectitud proverbial entre los magistrados españoles» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 248-9). Secondo Escudero, Muñiz aveva un potere non primario tra i Segretari di Stato e del Dispaccio spagnoli (vedi ad indicem ESCuDEro, Los Orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4). 11 Non a caso, Ferrer del río dirà di Muñiz: «Su elevación al ministerio [di Giustizia] 124 Verso la riforma della Spagna: Carteggio hay que atribuirla al valimiento de que los individuos educados en los colegios mayores gozaban cerca de los que, posesionados a la sazón del real confesionario, intervenían en la provisión de cualesquiera vacantes, y así procuraban mandar sin estruendo y hacerlo todo suyo. La fiscalía de una audiencia le pidió, en ocasión de haber fallecido el que la ejercía, D. Manuel de roda, a quien más tarde veremos representar gran figura, y respondióle prontamente en son de misterio y con aire de hombre muy pagado de lo que dice: Esas son las damas que guardo para mis colegiales, dato bastante a demostrar que persistía en la oposición a las ideas que iban avanzando pausadamente a la victoria» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, p. 249). rousseau segnalò a sua volta: «Ses titres à la notoriété furent une longue carrière, une équité assez ordinaire aux magistrats espagnols, et la chance d’avoir été élevé dans un de ces établissements privilégiés, appelés colegios mayores. Ceux qui en sortaient gardaient un esprit de corps exclusif, et écartaient les intrus de toutes les places importantes qu’ils se réservaient jalousement. Aussi Muñiz, dont la principale valeur était de compter au nombre de cette société fermée, se montra-t-il très dévoué défenseur de ses privilèges. Ainsi, il refusa une place de fiscal dans une audience ou tribunal à Don Manuel de roda, dont on connaîtra plus tard l’importance; non pas qu’il le jugeât incapable, mais parce que roda était un mantéiste, c’est-à-dire un étudiant pauvre, élevé par charité, dans un collège de second ordre» (rouSSEAu, op. cit. a p. 57, nota 6, p. 18). 12 Danvila ci spiega come Carlo III nella sua dimora a Saragozza, nel novembre 1759, aveva già dato orientamenti al Consiglio di Castiglia per controllare meglio l’assegnazione dei benefici ecclesiastici, che dovevano essere provveduti dalla Corona di Spagna o, come si diceva in Italia “di collazione regia”. Così, «se prevenía al gobernador del Consejo [di Castiglia], que hiciera constar los méritos de todos los que estaban consultados para prebendas, y el Consejo se vió obligado á disponer, que á todas las consultas para piezas eclesiásticas, se acompañasen notas de los méritos de los tres consultados y los memoriales de los pretendientes» (DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, pp. 43-4). 13 Sullo scontro fra manteístas e colegiales al tempo di Carlo III ebbe perfetta consapevolezza Maria Amalia, che si schierò dalla parte dei manteístas, come ci dimostra in questa ed altre lettere (vedi roDríGuEz CASADo, La política, op. cit. a p. 3, nota 1; rafael oLAECHEA, El conde de Aranda y el «Partido Aragonés», universidad de zaragoza, Saragozza 1969; CoroNA BArAtECH, op. cit. a p. 35, nota 6; EGIDo LóPEz, Las elites de poder, op. cit. a p. 35, nota 6 e GuAStI, op. cit. a p. 35, nota 6). È fondamentale per questo argomento l’oLAECHEA, El anticolegianismo, op. cit. a p. 121, nota 5. tanucci già aveva previsto questo conflitto politico fra manteístas e colegiales, e aveva augurato una disposizione riformista da parte di Carlo III: «Spero dal re qualche riforma, e molto maggiore la spero nelle cabale dei togati, le quali Sua Maestà conosce a fondo per la lunga esperienza. Passo passo verrà anche quella dell’alto ministero» (AGS, Estado, libro 236, p. 10: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 16 ott. 1759). 14 Probabilmente, questi «beneficii e pensioni ecclesiastiche» sono quelle pubblicate nelle Gacetas de Madrid precedenti e successive a questa lettera di Maria Amalia. In quella del 15 gennaio s’informava: «S. M. se ha servido nombrar para el obispado de orihuela al Doct. Don Joseph de rada y Aguirre, Cura del real Palacio: Para el Decanato de la Iglesia Cathedral de teruel, á D. Joachin Dominguez: Para el Arcedianato del Vallès, Dignididad de la Iglesia Cathedral de Barcelona, à D. Antonio Semmanat, con retencion del Canonicato, que obtiene en la misma Iglesia: Para una Canongìa de la Santa Iglesia de zaragoza, à D. Francisco Antonio Garafa y Guillèn: Para otra de la Cathedral de Albarracìn, à D. Francisco Lopez Garrido: Para otra de la Cathedral de Barbastro, à D. Antonio Mariano Aynoza: Para otra de la Iglesia Cathedral de Lerida, à Don Agustin Montull: Para tres Canongìas de la Cathedral de tortosa, à Don Juan Estevan Bellet, à D. Joseph de la torre, y à D. Gaspar Monferrèr: Para otra de la 16. Maria Amalia - 12 febbraio 1760 125 Iglesia Colegial de Ager, en el Principado de Cathaluña, a D. Francisco Viñals: y para una racion de la Iglesia Cathedral de Lèrida, à Don Marcos Fanlo» (Gaceta de Madrid, 15 gennaio 1760, n. 3, p. 23). Nella Gaceta del 22: «El rey se ha servido nombrar para el Arcedianato de Briviesca, Dignidad de la Metropolitana de Burgos, à D. Juan Manuel Saez de Victoria, Inquisidor de Santiago: Para una Canongìa di Siguenza à D. Antonio Herreros: Para otra de Badajoz à D. Manuel del rosal: Para una racion de la Iglesia Cathedral de osma à D. Juan de Lizarazu: Para otra de la misma Iglesia à D. Andrès de Cuellar: Para dos Medias raciones de la Cathedral de Cordova a D. Diego Carrasquilla, y à D. Juan Barrionuevo y rosal: Para una racion de la Cathedral de Mondoñedo à D. Juan Ventura teyxeyro: Para la Maestre-Escolìa de la Iglesia Cathedral de Avila à D. Francisco Cosìo: Para el Priorato de la Iglesia Metropolitana de Santiago à D. Marcos Passarìn y Llamas; y para la Administracion del real Hospital de la misma Ciudad de Santiago à D. Juan Antonio real, theniente de Administrador de èl» (ivi, 22 gennaio 1760, n. 4, p. 31). In quella del 29 gennaio: «El rey se ha servido nombrar para la Dignidad de Maestre-Escuela de la Iglesia Cathedral de Valladolid, vacante por muerte de D. Carlos Lorenzo de Ayllòn, à D. Leonardo de Herrera: Para dos Canongìas de la Iglesia Cathedral de Barcelona a D. Juan Bautista Gualdò, y à D. Francisco Xavier Becar; y para el nuevo Corregimiento de Letras, que ha tenido por bien se ponga en la Villa de Estepona, à D. Luis robledo» (ivi, 29 gennaio 1760, n. 5, p. 39). In quella del 4 marzo: «El rey se ha servido presentar para la Iglesia, y obispado de Plasencia al Sr. obispo de oviedo D. Juan Francisco Manrique: y para el Priorato de la Iglesia Colegial de la Coruña à D. Antonio Chrysostomo Montenegro, Canonigo Doctoral de la Iglesia Cathedral de Lugo» (ivi, 4 marzo 1760, n. 10, pp. 78-9). In quella del 25 si legge, invece: «El rey se ha servido nombrar para el Priorato de roncesvalles á Don Juan de Ariztìa, Canonigo de la Santa Iglesia de toledo: Para el Arcedianato de Mellid, Dignidad de la Cathedral de Mondoñedo, y para una Canongìa de la misma Iglesia, à Jacobo Perez Guerra: Para la Dignidad de Chantre de la Cathedral de Valladolid à D. Manuel del Pino: Para una Capellanìa de la real Capilla de San Isidro de Madrid à D. Cayetano Bustillos y Pambley: Para una Canongìa de la Iglesia Colegial de Valpuesta à D. Joseph Sobròn; y ha nombrado al Doct. D. Manuel Salvador del olmo, Arcediano real de Badalona, Dignidad de la Iglesia Cathedral de Barcelona, para el Decanato de la Santa Iglesia de Valencia» (ivi, 25 marzo 1760, n. 13, p. 103). 15 Il padre Giovanni Maria DELLA torrE (1710-1782), naturalista, scienziato e scrittore romano, era al presente il direttore della Stamperia reale di Napoli. Membro dell’ordine dei Chierici regolari di Somasca, insegnò scienze matematiche nel Collegio Clementino di roma e nel seminario arcivescovile di Napoli. Nel 1756 gli furono affidate la direzione del Museo Farnesiano, della Biblioteca reale e della Stamperia reale del regno delle Due Sicilie, carica che tenne fino alla morte. Era molto noto in Europa per le sue pubblicazioni scientifiche, sopratutto quelle sull’attività del Vesuvio, ed era perciò molto apprezzato dai viaggiatori stranieri che visitavano la città partenopea. Fu socio corrispondente dell’Accademia reale di Francia e di altre istituzioni scientifiche europee, facendo anche parte dell’Accademia Ercolanese dal momento dalla sua fondazione, nel 1755. Così fu descritto da Aveta nel 1759: «In questo tempo dell’avviso dato al Monarca dell’arrivo predetto io mi ritrovava allora in essa real Villa [di Capodimonte] coll’antico mio Maestro il reverendissimo Padre D. Giovanni Maria della Torre Direttore del real Museo, e Galleria di Capodimonte, Bibliotecario di S. Maestà, e finalmente Direttore, e Principale Ispettor della reale Secreta Stamperia: uomo per altro ben noto al pubblico letterario per le sue insigni opere date alla luce d’Aritmetica, Fisica Esperimentale, e della celebre Storia del Vesuvio» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 66). Sul padre Della torre, cfr. la compiuta rassegna biografica di Giuseppe CAStALDI, Della Regale Accademia Ercolanese dalla sua fondazione sinora con un cenno biografico de’ suoi ordinari, Dalla tipografia di Porcelli, 126 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Napoli 1840, pp. 240-5 ed anche Vincenzo troMBEttA, Lettere di Giovanni Maria della Torre «custode» della Real Biblioteca di Napoli (1777-1780), in «rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti di Napoli», a. LXVII, 1997-1998, pp. 341-67. Sull’attività della Stamperia reale sotto la sua direzione, vedi Aniello D’IorIo, La Stamperia Reale dei Borbone di Napoli: origini e consolidamento, in Editoria e cultura a Napoli nel XVIII secolo, a cura di Anna Maria rAo, Liguori, Napoli 1998, pp. 353-89 e Maria Gabriella MANSI e Agnese trAVAGLIoNE, La Stamperia Reale di Napoli, 1748-1860, Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli 2002. ringrazio la dottoressa Manzi per avermi fatto avere questo volume. 16 Grazie al riassunto di tanucci, sappiamo che Maria Amalia fa riferimento ad una delle molte edizioni del Officium Beatae Mariae Virginis, che si stampavano in tutta l’Europa (ad esempio, l’Officium Beatae Mariae Virginis Pii V Pap. Max. jussu editum et ab Urbano VIII recognitum. Accedunt Psalmi vesperarum & Completorij pro dominicis & festis totius anni, una cum Rosario Beatae Mariae, excudebat Petrus Valfray, in vico Mecatorio, Lugduni 1740). Già dal 1749 in poi la Stamperia reale faceva le copie di questo stampato per Maria Amalia (cfr. D’IorIo, La Stamperia Reale dei Borbone, op. cit. nella nota precedente, p. 359). 17 Per Ercolano Maria Amalia si riferisce ai lavori editoriali che la Stamperia reale, in quel tempo sotto la direzione del padre Della torre, stava avviando fin dagli anni quaranta per diffondere la conoscenza degli oggetti scoperti negli scavi archeologici della città antica di Ercolano. Su questo argomento, vedi Mario PrAz, Le Antichità di Ercolano, in Gusto Neoclassico. Seconda edizione notevolmente accresciuta, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 19592 (1939), pp. 73-96; Giuseppe CAStELLANo, Mons. Ottavio Antonio Bayardi e l’illustrazione delle antichità di Ercolano, in «Samnium. Pubblicazione trimestrale di studi storici», a. XVIXVIII, 1943-45, n. 1-2, pp. 65-86 e 184-94; Mario PrAz, Le Antichità di Ercolano, in Civiltà del ’700 a Napoli, 1734-1799, vol. I, Centro Di, Firenze 1980, pp. 35-9; Vincenzo troMBEttA, L’edizione de “Le Antichità di Ercolano Esposte”, in «rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti», Nuova Serie, a. LIX, 1984, pp. 151-72; Fausto zEVI, Gli scavi di Ercolano e le Antichità, in Le Antichità di Ercolano, Banco di Napoli, Napoli 1988, pp. 938; ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori della stamperia reale di Napoli nel secolo XVIII. La pubblicazione “Delle Antichità di Ercolano”, in «Xenia Antiqua», a. IX, 2000, pp. 151-78; Maria Gabriella MANSI, Libri del re. “Le Antichità di Ercolano esposte”, in Herculanense Museum. Laboratorio sull’antico nella Reggia di Portici, a cura di renata CANtILENA e Annalisa PorzIo, Electa, Napoli 2008, pp. 115-145 e Pablo VázQuEz GEStAL, From Court Painting to King’s Books. Displaying Art in Eighteenth-Century Naples (1734-1746), in Collecting & Dynastic Ambition, a cura di Susan BrACkEN; Andrea M. GáLDy e Adriana turPIN, Cambridge Scholars Publishing, Newcastle 2009, pp. 85-107. tanucci aveva scritto poco prima a Carlo III a questo riguardo: «Ercolano soffrì una lunga notte in agosto, settembre, ottobre. In novembre le Giunte [cioè, le riunioni dell’Accademia Ercolanese] si ripresero. Sono già preparate per la stampa 25 spiegazioni. una contesa con Mazzocchi per quel medaglione d’ottavio che si da nella Prefazione, ha consumati tre Sabati, che sono i giorni della nostra Giunta d’Ercolano. Farò subito la Dedicatoria e nella prossima spedizione umilierò a Vostra Maestà i primi fogli. Prenderò a mandarne ogni 7mana questa obbligazione. Servirà di sprone e di sveglia a me stesso, a Pascale e a Mazzocchi, due vecchi e un sangue freddo di testuggine» (AGS, Estado, libro 236, p. 324: tanucci a Carlo III, Napoli 8 gen. 1760). Poco dopo scriveva: «Si mandano li primi fogli del secondo tomo d’Ercolano» (AGS, Estado, libro 236, p. 358: tanucci a Carlo III, Napoli 15 gen. 1760). Su Ercolano, tanucci e Carlo III, vedi John MoorE, “To the Catholic King” and Others: Bernardo Tanucci’s Correspondence and the Herculaneum Project, in Rediscovering the Ancient World on the Bay of Naples, 1710-1890, a cura di Carol C. MAttuSCH, yale university Press, New Haven 2013, pp. 89-122. 16. Maria Amalia - 12 febbraio 1760 127 18 Non a caso, nella lettera della settimana precedente, Carlo III aveva scritto a tanucci: «y sobre todo te agradezco los primeros folios del segundo tomo de Erculano, que me has embiado, y que he leido, y visto con mucho gusto, y espero que merezca igual aprovacion que el primero, y espero los folios sucesivos, pues saves lo que me interesa esta obra, y te encargo que vigiles para que Paderni continue a restaurar todo lo que necesite en el mismo modo, y con el mismo metodo que lo hazia en mi tiempo, pues me acuerdo de lo bien y fazilmente que lo hazia, y quando lo necesitavan las estatuas de bronze que estaban en poder de Canart segun saves que te lo dije» (Lettera 16: da Buen retiro 5 feb. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 64). 19 Con il notiziaro di Napoli Maria Amalia si riferisce al calendario della corte pubblicato annualmente a Napoli dalla regia Stamperia con le notizie più ragguardevoli e le cariche del governo, tribunali, amministrazione civile e militare e della Casa reale delle Due Sicilie. La regina usa la parola notiziario perché fino al 1757 si intitolava Discorso Istorico o sia Notiziario. Quelli del 1758 e del 1761 si trovano in BPr con la segnatura I-L-743. Si trovano anche in BNN, Sala Consultazione, Araldica, Periodici 16. 20 Maria Amalia accenna alle trattative fra le corti di Vienna e di Parma sulle nozze della primogenita parmense, Isabella, con l’arciduca Giuseppe d’Austria. 21 A questo riguardo, cfr. AGS, Estado, libro 242, pp. 89-90: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 12 feb. 1760 e anche le lettere di tanucci a orsini, conservate anche in questa unità archivistica. 22 L’appartamento di Maria Amalia a Portici era stato rinnovato dal 1755 in poi, come ci indica il seguente dispaccio: «Por los estados formados por el yngeniero Camaral don Miguel Angel Porzio que Vuestra Señoría me remite con papel de 24 del corriente queda el rey enterado assi de las obras hechas como de las que faltan de hazer en el nuebo apartamento de la reyna nuestra señora de esse real Palazio de Portici sobre el dicho de Caramanica, y pareziendo a Su Majestad demasiado el gasto que queda qué hazer, manda que no se exceda la asignazion de los quinientos ducados mensuales; pero encarga que no se pierda tiempo en lo que esta dispuesto» (ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1161: Bernardo tanucci all’intendente Acciajuoli, Caserta 27 gen. 1756). In questa occasione furono programmate e poi eseguite due opere importanti: una cappella privata per uso della regina Amalia e il noto salottino di porcellana, oggi conservato nel Museo di Capodimonte; vedi Paola GIuStI, Il salottino di porcellana di Portici, in Le porcellane dei Borbone di Napoli. Capodimonte e Real Fabbrica Ferdinandea, 1743-1806, a cura di Angela CAroLA-PErrottI, Guida, Napoli 1986, pp. 47-56; Silvana MuSELLA GuIDA, Precisazioni sul salottino di porcellana in Portici, in «Antologia di Belle Arti», a. II, 1978, n. 5, pp. 73-76 e Alvar GoNzáLEz-PALACIoS, Il gabinetto di porcellana di Portici (e una nota su Aranjuez), in Nostalgia e invenzione. Arredi e arti decorative a Roma e a Napoli nel Settecento, Skira, Milano 2010, pp. 35-46. 23 Luigi VANVItELLI (1700-1773), noto architetto italiano figlio di Gaspar van Wittel (il cognome fu italianizzato in Vanvitelli), pittore di vedute, iniziò la sua attività in quest’arte, dedicandosi poi all’architettura. Lavorando a roma, incominciò ad avere successo. Apparteneva alla generazione di Nicola Salvi (1697-1751) e di Ferdinando Fuga (1699-1782) (cfr. il volume In Urbe Architectus. Modelli, disegni, misure. La professione dell’architetto, a cura di Bruno CoNtArDI e Giovanna CurCIo, Àrgos, roma 1991, ad indicem) ed ottenne la carica di architetto della Basilica di San Pietro. opere di questo tempo sono il restauro della chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri a roma ed anche il Lazzaretto di Ancona. Noto a Napoli, fu chiamato nel 1750 per progettare la nuova reggia voluta da Carlo di Borbone a Caserta. realizzò i disegni e diresse la costruzione (cfr. Luigi VANVItELLI, Dichiarazione dei 128 Verso la riforma della Spagna: Carteggio disegni del reale palazzo di Caserta. Alle Sacre Reali maestà di Carlo re delle due Sicilie e di Gerus. Infante di Spagna duca di Parma e di Piacenza gran principe ereditario di Toscana e di Maria Amalia di Sassonia regina &c. &c., regia Stamperia, Napoli 1756). Il suo epistolario – fondamentale per la storia non soltanto artistica, ma politica, sociale e culturale del Mezzogiorno – dimostra come era apprezzato sia da Carlo sia da Maria Amalia (cfr. passim Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3). Infatti, Carlo III ebbe in mente di chiamarlo all’inizio dell’anno 1760 in Spagna, prima dell’arrivo del suo allievo Francesco Sabatini (vedi Lettera 15: Carlo III a tanucci, Buen retiro 29 gen. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 62). Sulla vita e attività di Vanvitelli, vedi principalmente Francesco FICHErA, Luigi Vanvitelli, reale Accademia d’Italia, roma 1937; roberto PANE, Luigi Vanvitelli-L’uomo e l’artista, in «Napoli Nobilissima», III serie, a. XII, 1973, n. I, pp. 3-44; Luigi Vanvitelli, Edizione Scientifiche Italiane, Napoli 1973; Luigi Vanvitelli e il ’700 europeo, vol. I e II, Istituto di storia dell’architettura-università di Napoli, Napoli 1979; L’esercizio del disegno. I Vanvitelli, roma 1991; i vol. misc. Luigi Vanvitelli, a cura di Cesare DE SEtA, Electa, Napoli 1998; Luigi Vanvitelli e la sua cerchia, a cura di Cesare DE SEtA, Electa, Napoli 2000 e, finalmente, Jörg GArMS, Luigi Vanvitelli (1700-73), in Storia dell’architettura italiana. Il Settecento, vol. II, a cura di Giovanna CurCIo e Elisabeth kIEVEN, Electa, Milano 2000, pp. 556-79. 24 Vanvitelli descrive minutamente questo incarico ricevuto dalla regina Maria Amalia nel 1756 nella lettera indirizzata al fratello urbano del 21 aprile: «Sono stato a Portici [...]. Mentre ero nella Cappella a servire la messa, la regina mi ha veduto dal Coretto, et ella stessa mi ha chiamato. Sono andato sopra, mi ha condotto dentro l’appartamento novo [del Palazzo di Portici], ove mi ha fatto vedere un altare di marmo fatto col disegno di Canavari, non cattivo nell’assieme ma le modinature delle cornici sono inique; l’ho lodato, non ostante. Mi ha comandato che gli faccia li disegni per li candelieri, per cui fare ho preso la misura dello scalino del detto» (Lettera 370: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 21 apr. 1756 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. I, p. 538; cfr. anche le lettere seguenti). XVII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 29 gennaio 1760*. Già io ho finito di saper parlare e scrivere. Le espressioni clementissime di Vostra Maestà negli 8 del cadente mi hanno tolto li sensi e le parole e ridotto alla sola, continua e muta contemplazione di una benignità inaudita, la quale io stimo certamente che sia la sola e la prima comparsa finora nella serie dei monarchi. Mancano anche le parole per continuare la storia di questo nostro amabile monarca e il progresso quotidiano nelle doti dell’animo e del corpo e nella conquista degli affetti di questi suoi popoli. Quanto mi dispiace quel segreto ch’io devo alla lettera sovrana di Vostra Maestà! tutti gli ordini dello Stato, ai quali Vostra Maestà mostra tanta benevolenza e stima, sarebbono meco tra[s]portati all’ultimo sconcerto della consolazione, della gioia e della gratitudine. XVII. tanucci - 29 gennaio 1760 129 Bolza rimas[t]o in Dresda ha ritardata la tratta dei 20m. Santa Elisabetta troverà in Monaco egual canale come egli mi scrive. Vedrà già Vostra Maestà che anche il tesoriero di Genoa [Luis Martínez de Beltrán] ha operato con zelo, avendo colle pezze dure bilanciato il troppo valor delle doppie in quella città, sicché non si è perduto dei 12 carlini a pezza, ma si è avanzato fino in 2057 ducati in tutta la somma che mi saranno tratti da Santa Elisabetta. una sovrana filosofia più bella di quella dell’imperator Marco Aure1 lio traspira dall’umano discorso di Vostra Maestà sull’architettura che Caputo ha l’onor di eseguire e referire. L’architettura semplice e solida venuta colla sola natura è il segno più evidente di un anima grande. tutta la morale e la politica non è altro che architettura. Il compiacersene non è fragilità umana: nella Genesi si attribuisce questa compiacenza allo stesso Dio2. Non mi contenni poi sui francesi nelle lettere seguenti, come Vostra Maestà avrà veduto. Gl’inglesi per turino mostrano d’aver conosciuto la premura del re pel fratello. Hanno [la testa] in aria volendo che il re proponga l’equivalente della Piacenza. Non vorrei che avessimo a dire a Parma Zelus Domus Tui Comedit Me 3. Mostrerei sdegno della risposta e risoluzione di abbandonar turino alla sua convenienze colla Francia. A Caracciolo, che me ne ha scritto, ho sempre risposto su questa linea. Almeno bisognerebbe interrogar li francesi di qual equivalente pensino per turino. o disertano e l’infante [Filippo, duca di Parma] dovrà tutto al re fratello, o parlano e della soma porteranno essi parte. turino parlerà sempre più modesto con Francia che con Inghilterra, colla quale io allungherei il discorso prima di proporre quell’equivalente che domanda per turino, ora che è nemica di Milano e dell’Austria e di Genoa. Ma io arrossisco dello stolto mio ardire. Son sicuro di che la benignità solita di Vostra Maestà attribuisce all’impeto inconsiderato del cuore il trascorso della mente e della penna, come farebbe della vecchia Panara. Vengono tre orti. Pieno di fiducia e senza alcun timore mi prostro ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 30-2. 1 MArCo AurELIo (121-180), imperatore romano dal 161 alla morte, appartenente alla scuola filosofica stoica. 2 Il Genesi è il primo libro dell’Antico Testamento. Nei suoi primi versi, com’è ben noto, è descritta la creazione del mondo e la compiacenza di Dio in vedere la sua bella opera. 130 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 3 Queste parole sono tratte dell’Antico Testamento, Libro dei Salmi, 69: «[10] Quoniam zelus domus tuae comedit me, et opprobria exprobrantium tibi ceciderunt super me», cioè: «Poiché mi divora lo zelo per la tua casa, ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta». Con questa citazione biblica tanucci accenna al rischio che le trattative fra la corte di Vienna e quella di Parma potessero cagionare danni ai rapporti fra la monarchia di Spagna di Carlo III e l’imperatrice Maria teresa. È interessante notare che questo passo è preceduto dal versetto 9 che dice così: «Extraneus factus sum fratribus meis et peregrinus filiis matris meae» («sono divenuto estraneo per i miei fratelli, forestiero per i figli di mia madre»). Considerando che Carlo III di Spagna e Filippo di Parma erano fratelli, il passo citato da tanucci si adattava ironicamente in modo assai preciso a questa circostanza. 17 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Risposta data agl’inglesi per Piacenza. P. S.: ha ricevuto la lettera per mezzo di Paglia. Spero che ciò che ha scritto il Re moderarà don Domenico di Sangro. Approva la provista d’Airola a presidato. Non l’avrebbe approvata in Caraccioli ed altri nobili feneanti. Irritazione del Re per le lettere scritte da Napoli circa le spese fatte pel viaggio delle Maestà Loro a Spagna. Matrimonio con Portogallo sarebbe il Dies illa per i due regni. retiro, 19 febbraio 1760. ricevei venerdì scorso la vostra lettera del 29 del passato mese. Quale e quanta è la mia consolazione in rilevar da quella ciò che mi ditte di mio figlio. Dio, che in così tenera età l’ha inalzato al trono, pare che voglia patentemente far vedere essere tutt’opera sua mentre già fa vedere in lui cose molto superiori alla sua età. Egli compirà quest’opera sua con farlo crescere a misura degl’anni in virtù e qualità necessarie ad un re, acciò possa essere col tempo un re giusto, pio, padre de suoi suditi. Quest’è quello che più d’ogn’altra cosa desidero e di che continuamente lo prego. Spero che non avremo a dire a Parma Zelus domus tuae comedit me. È vero che da Ingilterra si è datto a conoscere che volevano che il re proponesse l’equivalente della Piacenza, ma dal re si è risposto che quanto egli fa per il fratello è per puro affetto e generosità non essendo obligato a niente, che perciò se da Londra volevano proporre qualche compenso egli l’avrebbe ascoltato. Da questo ben vedete che con pocca diferenza questa risposta si uniforma con ciò che voi su di questo pensavate di rispondere. Voi fate tante scuse di aver scritto si chiaro in quest’affare e ben sapete che 17. Maria Amalia - 19 febbraio 1760 131 questo mi fa piacere per la diserzione di francesi in quest’affare. Jo la stimo infallibile e temo che non staranno molto a far un pasticcio mentre vergogniosamente mostrano la necessità che hanno della pace, ciochè ha da ruinare ogni cosa e rende gl’inglesi intrattabili1. Noi tutti grazie a Dio stiamo bene. Quest’è quanto per questo corriere posso dirvi. Finisco dunque assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. P. S.: mi scordavo già di rispondere alla vostra di 15 ricevuta per Paglia. Spero che quel che dal re è statto scritto abbia da tenere un poco a freno quel vecchio stordito di don Domenico di Sangro per non voler ostinarsi a far dare tanti gradi militari a dritto ed a traverso. Molto pernicioso mi pare che sarebbe il tornare a nobili feneanti per li presidati. Quello dato ad Ariola2 è stata un ottima elezione; quella del famoso Caracciolo sarebbe stata pessima a mio parere. Quel dispiacere che il re dimostrò della poca buona amministrazione dell’Azienda, e sopra tutto di quelle voci sparse per distrugere, le quali ordinò a Gregorio3 di mandare a voi ed a don Giulio4 il conto delle spese del viaggio5, fu originato da lettere particolari qui venute, che jo non ho vedute ne so che le avesse scritto, non avendo saputo altro ne prima di quando il re ordinò a Gregorio che li portasse il tale conto e l’uso che ne dovesse fare, di che jo e Gregorio restassimo egualmente sorpresi. Le cose interne della casa seguitano sull’istesso piede con gran pace e quiete6. Davvero che la cosa del matrimonio di Portugallo7 sarebbe il Dies Illa [ossia, Dies irae, calamitatis, miseriae, tenebrarum, etc.] per i due regni; ma il re pare a me che ne conosca tutta la forza e che non vi acconsentirebbe. 1 Sulla volontà dei francesi di fare la pace, vedi ancora NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 21 gen. 1760. 2 Forse Giovanni MANuEL y ArrIoLA. Vedi MAIorINI, I presidi, op. cit. a p. 68, nota 3, p. 114. 3 Leopoldo DE GrEGorIo E MASNAtA (1701-1785), marchese di Vallesantoro e di Squillace, era a quella data il segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda spagnolo. Appartenente ad una famiglia di origine siciliana, il suo primo posto di rilievo fu d’intendente dell’esercito durante la guerra di Successione Austriaca (1740-1748). Fu eletto nel 1748 soprintendente generale delle Dogane del regno di Napoli, per essere finalmente nominato nel 1753 segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, in sostituzione del marchese Giovanni Brancaccio. Nel settembre 1759, Carlo gli attribuì il titolo di tenente generale onorario (vedi il mss. Promozione de Generali che il Rè si è degnato fare a dì 20. 7bre 1759 pubblicata il dì 4. 8bre in 132 Verso la riforma della Spagna: Carteggio NA, SP 93/17, foglio 211) e di gentiluomo di Camera (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 90). Carlo III lo portò con sé in Spagna, nominandolo segretario d’Azienda l’8 dicembre 1759 in sostituzione del conte di Valdeparaíso (ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 271-2 e ss.). Secondo il conte di Bristol: «the marquis Gregorio is coming to settle at Madrid. His Catolick Majesty had so high an opinion of his integrity and his abilitys in the management of what related to the royal revenue at Naples that he has determined to consult him with regard to that branch of business in Spain at the beginning of his reign, and no one doubts his being in some short time entrusted with the whole department of the Finances in the room of the conde de Valdeparaiso» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 8 ott. 1759). Diventerà anche segretario di Stato e del Dispaccio di Guerra nel 1763 e consigliere di Stato nel 1764. Fu finalmente deposto nel 1766, dopo il famoso motín de Esquilache; ma Carlo lo nominerà nel 1772 ambasciatore spagnolo a Venezia, dopo la morte di Montealegre, marchese di Salas. Secondo tanucci, Squillace e la duchessa di Castropignano erano amici, e tutti e due cospiravano contro di lui. Di conseguenza, trovava spesso il modo di criticarlo e sparlarne nel suo epistolario: «Non me ne fa tanta [paura] il nuovo segretario dell’Azienda [Squillace]. Io conosco il modo di pensare di quest’ultimo. È facile e prodigo del danaro del re. Darà a tutti li potenti e amici, come ha fatto qui, e inciterà anche a chiedere quelli ch’ei vorrà acquistare. Ma compatisco Wall, ch’essendo onorato, sarà anche di punto, e soffrirà malamente le soverchierie e le usurpazioni delle incumbenze. Io qui ruppi con lui i primi giorni della Segreteria di Stato, e non ho voluto mai più trattarlo, benché per mezzo di amici comuni, egli abbia tentato di conciliarmi. tra le altre buone parti, egli non sa trattare una disputa senza parlare poco corretto e senza malecreanze. È, invero, molto atto a far lega con cabalisti e intriganti, onde mi aspetto di sentirlo unito a Gamoneda e a Muñiz e altre simili farine» (AGS, Estado, libro 236, p. 295: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 1 gen. 1760). Ancora poco dopo: «l’unione di Squillace con beneficati non si può negare. Lo stile che Vostra Eccellenza gli attribuisce è quello stesso che ha tenuto qui per farsi e mantenersi gli amici. Qui però ne ha sempre avuti pochi e quei soli ch’egli aveva comprato col pubblico danaro del re. [...] Io non sono informato della di lui onestà, la quale qui è dubbia per l’arrichir che fece in un momento coll’assiento della guerra del 44. Ma son sicuro di che egli esamina poco le cose e pensa al solo presente utile dell’erario senza molto curarsi né del futuro né di quello che il pubblico deve soffrire. Vuol, per esempio, [incrementare il] commercio, ed aumenta le dogane, e in esse quello che esce più di quello che entra. La storia sarebbe lunga. Cominciato egli ha dunque a farsi onore con scoprire costì quegli errori che anche un cieco vedrebbe, così fece qui colli spropositi di Brancaccio. Intraprendeva qui tutto, e poco a poco lasciava [abbandonava l’impresa] scoprendo che aveva sbagliato» (AGS, Estado, libro 242, pp. 22-3: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 29 gen. 1760). E ancora: «Squillace è sempre stato fortunato. Sempre è stato successore di inabili, e gli è stato sempre facile il meritare» (AGS, Estado, libro 242, p. 87: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 12 feb. 1760). Il conte di Bristol, ambasciatore inglese a Madrid, lo descriveva così nell’agosto 1761: «Monsieur de Squillace is not bright; he is fond of business, and never complains of having too much, not with standing the variety of departments that centre in him. He would be averse to any war, as the royal Coffers are far from being full, and the measures he has already taken to replenish them have occasioned so great a clamour against him, he thinks he could never stand his ground if the exigency of the State drove him to invent new methods of raising additional taxes. I believe his excellency is incapable of taking any bribes, but I would not be equally responsible for his wife, the marquise’s indifference with regard to presents. She is suspected to receive no inconsiderable remittances from France, but this being difficult to prove. I XVIII. tanucci - 5 febbraio 1760 133 relate it only as the general opinion. However, the marquis d’ossun’s behaviour gives ground to these suspicions» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761, citato con varianti in CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 240). Su Squillace manca una monografia libera di pregiudizi nazionalistici e di luoghi comuni. Sulla sua opera di governo, è oggi fondamentale ANDréS-GALLEGo, El motín de Esquilache, op. cit. a p. 35, nota 6. Vedi ancora SALVAtI, op. cit. a p. 68, nota 2; Giovanni StIFFoNI, Por fin, el marqués de Esquilache tiene un rostro, in «Boletín de la real Academia de la Historia», a. CLCCCVI, 1989, n. II, pp. 263-6; Franco StrAzzuLLo, Il marchese di Squillace. Leopoldo de Gregorio, ministro di Carlo di Borbone, Liguori, Napoli 1997 e Didier ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 286-7. 4 Giulio Cesare D’ANDrEA (?-1761), dei marchesi di Pescopagano, era il segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda napoletano. Eletto presidente della regia Dogana di Foggia, fu nominato segretario di Stato e del Dispaccio degli Affari Ecclesiastici dopo la morte del suo titolare Gaetano Brancone nel maggio 1758 (AGS, Estado, legajo 5865, folios 136, 137 e 169 e SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, p. 82). Il 30 settembre 1759 fu nominato segretario di Stato d’Azienda con questa formula: «per mancanza dell’Eccellentissimo Sign. marchese di Squillace, Segretario di Stato, Guerra, e Marina, Azienda, e Commercio, e principale Intendente delle Dogane di Napoli, e regno, che doveva portarsi con nuovo Monarca a Spagna, fu data la Segreteria d’Azienda, e Commercio, e Principale Sopraintendenza delle Dogane suddette, al Signor D. Giulio d’Andrea dei Duchi di Piescopagano, il quale prima era Segretario di Stato e del ripartimento Ecclesiastico», essendo anche fatto gentiluomo di Camera in quell’occasione (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 72 e 90). Dopo la sua morte, avvenuta il 5 giugno 1761, fu sostituito dallo spagnolo Juan Asensio de Goyzueta. Su d’Andrea, vedi ancora MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, p. 135. 5 Vedi ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 4514, dove si trova la memoria delle spese del viaggio di Carlo III in Spagna fatta a Madrid 1 gennaio 1760 dal tesoriere Pedro Fernández de yndarte, così come una aggiunta di Squillace a una lettera di tanucci del 3 febbraio 1760 che dice «perché si sappia che pel viaggio della Corte Cattolica è stato speso denaro di Spagna» e non delle Due Sicilie. 6 La regina Amalia si riferisce ancora un’altra volta ai non facili rapporti che lei stessa e Carlo III ebbero con la regina vedova Elisabetta Farnese. 7 Il matrimonio, voluto da Elisabetta Farnese, è quello non avvenuto fra l’infante don Luigi e la principessa del Brasile, primogenita ed erede del re del Portogallo. XVIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 5 febbraio 1760*. Sabato, alla punta del giorno 2, abbiamo avuto il contento delle buone notizie della salute di Vostra Maestà e di tutta la famiglia reale colle arrivate clementissime lettere della Maestà Vostra dei 15 del passato. Alle 9 ore era finita la confessione ed io salii a portar le lettere al re. Lo trovai di sentinella ad una porta interiore del suo quarto. Le lettere augustissime mansuefecero la per altro inesorabile sentinella. una piccola 134 Verso la riforma della Spagna: Carteggio molestia di tosse non impedisce a Sua Maestà l’uscire e il potersi dire perfettissima la sua preziosa salute. Né Giordano1 né Schedoni2 potrebbono dipingere le tetraggini del quarto [del palazzo del Buen retiro] con quell’evidenza colla quale Vostra Maestà lo ha descritto. A quella muraglia di mattoni, la quale non si può diroccare, potrebbe almeno darsi di bianco come pare che si sia dato con somma accortezza alla famosa anticaglia che vi si contiene. Io non son tanto adirato col cupo e opaco quarto quanto è Vostra Maestà, perché col suo orrore potrebbe talora cacciar di casa Vostra Maestà a far quel moto che il gusto di pensare fa a Vostra Maestà posporre al ritiro. Quanto è invidiabile il temperamento del re che, colla continua robustezza e ilarità della mente, senza tormentarsi delli sconcerti di tutte le parti della monarchia e delle querele innumerabili, va al rimedio, emenda e riforma di tutto!3 Quella caccia quotidiana è la salute del re e del regno e già grato cotesto clima contribuisce a migliorarla. Mens4 ha fatti li ritratti del re. Bellissimi quadri, benché non esattissimi ritratti5. ora egli si trattiene per studiare sulli famosi originali ed esemplari di Capodimonte6. Il Consiglio è concorde quanto Vostra Maestà può volere. Con San Nicandro obbedisco a Vostra Maestà. La gente non crede all’amicizia che vede. Sangro e reggio sono quelli che più difficilmente si soggettano alla regolarità. Cattolica7 stà sospeso: non sa se deva tornare in Sicilia per la gravidanza della Jaci8 e per le diverse cose che di costà si scrivono. Stigliano vuole il reggimento di Montenero9, già morto, per don Giuliano10. Vorrei che Vostra Maestà si adattasse all’allegria nel soggiorno spagnuolo, ch’io vedo non molto giocondo. Non saprei che dire per questo. Spero nel tempo. Scrivo a orsini pel segretario di Spagna [José Igareda]. Viene orto. tutti tre i duchi Postiglioni sono inquisiti d’omicidio d’uno che scoprì a Piana11 le vere rendite di Postiglione12. Mi sono scordato di questo nella lettera al re13. Dio sa quanto altro mi verrà in mente, partito il corriero, e quanto altro vorrebbe dire e non sa né può farlo il cuore agitato e trasportato da tutti li stimoli d’una gratitudine e riconoscimento che dal suo profondo riguarda, contempla e venera la sublime cagione. resto perciò prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 62-4. 1 Luca GIorDANo (1634-1705), famoso pittore della scuola napoletana, molto noto XVIII. tanucci - 5 febbraio 1760 135 per l’uso contrastato del colore e del chiaroscuro, come ironicamente fa notare tanucci. La biografia più nota al tempo era quella fatta da Bernardo DE DoMINICI, Vita del cavaliere Luca Giordano, per Francesco ricciardo, Napoli 1729, dopo riassunta nella sua Vita del Cavalier D. Luca Giordano pittore, E de’ suoi Discepoli, in Bernardo DE DoMINICI, Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti Napoletani. Non mai date alla luce da Autore alcuno. Scritte da Bernardo de Dominici napoletano, tomo terzo, Nella Stamperia del ricciardi, Napoli 1743, pp. 394-456. Più recente sono Luca Giordano. L’opera completa, a cura di oreste FErrArI e Giuseppe SCAVIzzI, Electa, Napoli 1992 e Luca Giordano, 1634-1705, Electa, Napoli 2001. 2 Bartolomeo SCHEDoNI (1578-1615) fu un pittore emiliano molto caratteristico per l’uso della luce nei sui dipinti. Giordano e Schedoni erano considerati, all’epoca di tanucci, di stile ‘tenebrista’, e dunque molto adatti, secondo il giurista toscano, a rappresentare la ‘tetraggine’ del quarto di Maria Amalia a Madrid. Nel Settecento, l’opera più nota sulla produzione e sulla vita dello Schedoni era ancora il saggio di Carlo Cesare MALVASIA, incluso nella sua Felsina Pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, Erede di D. Barbieri, Bologna 1678. Per la bibliografia recente, vedi Federica DALLAStA e Cristina CECCHINELLI, Bartolomeo Schedoni, pittore emiliano. Modena 1578, Parma 1615, Fondazione Monte di Parma, Parma 1999; Bartolomeo Schedoni, 1578-1615, a cura di Emilio NEGro e Nicosetta roIo, Artioli, Modena 2000 e Federica DALLAStA e Cristina CECCHINELLI, Bartolomeo Schedoni a Parma (16071615). Pittura e controriforma alla corte di Ranuccio I Farnese, tLC Editrice, Colorno 2002. 3 Sulle riforme volute da Carlo III in Spagna scrisse tanucci a Aci: «L’ordine di esser armate tutte le navi a primavera è ben significante. Noi delle Sicilie che siamo, come i francesi dicono essere Avignone rispetto al papa, il culo della casa Borbone, non vorremmo che quell’ordine significasse troppo. I francesi non son più nulla in mare. Gl’inglesi ne son gelosi. Bene è se sarà potente la Spagna in mare, ma non la vorrei sola alle mani coll’Inghilterra, e sempre mi sta presente il detto spagnolo con todo el mundo guerra [y paz con Inglaterra] etc. Mi tormentano gli efficaci artifizi dei francesi. In somma mi raccomando a Dio e tengo anche gran confidenza nella saviezza del re, sperando che talora si vorrà ricordare del pupillo italiano. Non dubito che saranno contenti li militari vedendo il Sovrano occupato nella cura dell’esercito e nel dare i dovuti onori e avanzamenti e premi agli officiali di merito. L’aumento di tutte le compagnie di 20 uomini per una è molto considerabile. Credo che accrescerà la truppa del re poco meno che d’altrettanta, considerando che ogni compagnia sarà stata mancante anche nel suo vecchio piede. Aggiunta la premura per l’artiglieria, per gl’ingegneri e per le piazze, sarà presto mutata tutta la faccia della Spagna, la quale era e, più di quel che era, si predicava inabile a prender qualunque impegno» (AGS, Estado, libro 236, pp. 349-50: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli, 15 gen. 1760). 4 Anton raphael MENGS (1728-1779) fu uno dei pittori più noti del Settecento europeo. Di origine tedesca, il padre lo portò con se a roma nel 1741, dove molto presto dette inizio alla sua carriera come artista. Lavorò dopo per il re di Polonia Augusto III di Sassonia, padre della regina Maria Amalia, che richiese i suoi servizi dal 1757 in poi. In quella occasione, Mengs fece una pala di altare per la cappella della nuova reggia di Caserta, oggi perduta. Nel settembre del 1761 arrivava in Spagna su richiesta di Carlo III, che lo volle per l’organizzazione dei programmi decorativi che si dovevano sviluppare nel nuovo real Palazzo di Madrid, e diventò, con tiepolo, l’artista più importante di quel tempo. Come dice Ceán: «D. Antonio rafael Mengs fué el pintor moderno de mas mérito y reputación de la Europa. Se buscan sus obras con empeño desde la rusia hasta el cabo de Finisterre. El arte de la pintura, decaido en este siglo, recobró su perfeccion; y las olvidadas pasiones del ánimo, la grandeza de los caracteres, la suma correccion del dibuxo, el decoro, la costumbre, la belleza ideal y otras sublimes partes, volvieron á aparecer en la Europa con las obras de este gran profesor» (Juan Agustín 136 Verso la riforma della Spagna: Carteggio CEáN BErMúDEz, Diccionario histórico de los más ilustres profesores de las Bellas Artes en España, compuesto por D. Juan Agustín Ceán Bermúdez y publicado por la Real Academia de S. Fernando, tomo III: L-O, En la Imprenta de la viuda de Ibarra, Madrid 1800, pp. 126-7). La monografia più autorevole su Mengs è quella di Steffi roEttGEN, Anton Raphael Mengs: 1728-1779, vol. 1: Das malerische und zeichnerische Werk, Hirmer, München 1999 e vol. 2: Leben und Wirken, Hirmer, München 2003; vedi anche i suoi lavori: Mengs sulle orme di Poussin, in «Antologia di Belle Arti», a. I, 1977, n. 2, pp. 148-56 e I soggiorni di Antonio Raffaello Mengs a Napoli e a Madrid, in Arti e civiltà del Settecento a Napoli, a cura di Cesare DE SEtA, Laterza, Bari 1982, pp. 151-79, così come Mengs. La scoperta del Neoclassico, a cura di Steffi roEttGEN, Marsilio, Venezia 2001. Su Mengs in Spagna, vedi Antonio rafael MENGS, Reflexiones sobre la belleza y gusto en la pintura, Imprenta real de la Gaceta, Madrid 1780; José Nicolas de AzArA, Obras de D. Antonio Rafael Mengs, primer pintor de cámara del rey, En la Imprenta real, Madrid 1780 (edizione italiana: Opere di Antonio Raffaello Mengs, primo pittore della Maestà di Carlo III, re di Spagna, Bodoni, Parma 1780); Francisco Javier SáNCHEz CANtóN, Antonio Rafael Mengs, 1728-1779: noticia de su vida y de sus obras con el catálogo de la exposición celebrada en mayo de 1929, Museo del Prado, Madrid 1929, e Antonio Rafael Mengs, 17281779, a cura di Mercedes áGuEDA VILLAr, Ministerio de Cultura, Madrid 1980. Sono fondamentali i lavori di José Luis SANCHo GASPAr: Mengs at the Palacio Real, Madrid, in «the Burlington Magazine», a. CXXXIX, 1997, n. 1133, pp. 515-28; Cuando el Palacio era el Museo Real. La Colección Real de Pintura en el Palacio Real de Madrid organizada por Mengs, y la ‘description des tableaux du Palais de S.M.C.’ por Fréderic Quilliet (1808), in «Arbor», a. CLXIX, 2001, n. 665, pp. 83-141; Carlos III y los tapices para el Palacio Real de Madrid: la serie del «Real Dormitorio», in «Anales del Instituto de Estudios Madrileños», a. XLIV, 2004, pp. 359-90 e El ornato del «Real Dormitorio» en el Palacio de Madrid. Antón R. Mengs y Francesco Sabatini al servicio de Carlos III, in «DecArt. rivista di Arti Decorative», 2004, n. 2, pp. 35-55. Cfr. anche Juan José LuNA, Mengs en la corte de Madrid. Notas y documentos, in «Anales del Instituto de Estudios Madrileños», a. XVII, 1980, pp. 321-38; i lavori d’Andrés úBEDA DE LoS CoBoS: Propuestas de reforma y planes de estudio: la influencia de Mengs en la Real Academia de Bellas Artes de San Fernando, in «Archivo Español de Arte», a. LX, 1987, n. 240, pp. 447-62 e Nuevos documentos sobre Antonio Rafael Mengs, in «Archivo Español de Arte», a.LXVII, 1994, n. 268, pp. 408-12; Almudena NEGrEtE PLANo, La colección de vaciados de Mengs, in «Academia. Boletín de la real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 2001, n. 92-3, pp. 9-31; José Luis SANCHo GASPAr e Javier JorDáN DE urríES y DE LA CoLINA, Mengs e la Spagna, in Mengs. La scoperta del Neoclassico, cit. precedentemente in questa stessa nota, pp. 71-85; Xavier BrAy, Two rediscovered ‘Ecce Homos’ by Anton Rafael Mengs in Basque museums, in «the Burlington Magazine», a. CXLVII, 2005, n. 1226, pp. 331-3; Pia HoLLWEG, Anton Raphael Mengs’ Wirken in Spanien, Lang, Frankfurt 2008 e, finalmente, Anton Raphael Mengs y la antigüedad, a cura di José María LuzóN NoGué, real Academia de Bellas Artes de San Fernando, Madrid 2013. 5 I ritratti identici ai quali fa riferimento tanucci sono quelli di Ferdinando come re delle Due Sicilie finiti da Mengs nel 1760 e conservati oggi nel Museo Nacional del Prado (n. inv. 2190: cfr. Museo del Prado. Inventario General de Pinturas, op. cit. a p. 106, nota 13, p. 268, n. 966) e nel Museo di Capodimonte (Inv. Q. 207); questa ultima tela è ritenuta dalla storiografia migliore di quella conservata in Spagna; vedi roEttGEN, I soggiorni di Antonio Raffaello Mengs, op. cit. in nota precedente, p. 167 e umberto BILE, 3. Ritratto di Ferdinando IV, in Museo di Capodimonte, a cura di Mariella utILI, Milano, touring Club, Milano 2002, p. 168. Nel 1759 questi ritratti erano già stati iniziati dal pittore tedesco, come c’informa Luigi Vanvitelli: «Il Pittore Mengs sta facendo il ritratto del giovane re di Napoli; ne XVIII. tanucci - 5 febbraio 1760 137 ho veduto l’abbozzo, il quale senza complimento mi piace assai poco, ma vedremo in appresso» (Lettera 682: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 6 nov. 1759 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 417). Sull’iconografia dei Borbone spagnoli e napoletani in generale, vedi roEttGEN, Iconografia dei Borbone di Napoli, in Civiltà del ’700 a Napoli, op. cit. a p. 126, nota 17, vol. I, pp. 387-405 e José Luis SANCHo GASPAr, La monarquía española en la pintura: los Borbones, Carroggio, Barcellona 2005. 6 Per gli ‘esemplari di Capodimonte’ tanucci fa riferimento ai pregevoli dipinti della collezione Farnese ereditata da Carlo di Borbone nel 1731 e trasportata a Napoli dal 1734 in poi (cfr. Franco StrAzzuLLo, Capitolo III. La collezione farnese da Parma a Napoli, in Le manifatture d’arte di Carlo di Borbone, Liguori, Napoli 1979, pp. 33-91). Il re Carlo decise nel 1754 di sistemare la collezione Farnese nel Palazzo di Capodimonte: «Haviendo Su Majestad resuelto que todos los muebles de la real Galeria de Parma que se hallan en el real Palacio de Napoles se transporten al de Capodemonte para colocarlos en seis u ocho camaras de las que están en rustico, e interinamente que se acomoden otras de las inmediatas, segun esta determinado, para situarlos despues con la propiedad que conviene, es la real voluntad de Su Majestad también que Vuestra Señoría tenga la dirección de todo quanto fuere necesario para que las pinturas, medallas, libros y demas alajas de que se compone la menzionada real Galeria se conduzcan en la mejor forma que fuere posible y a Vuestra Señoría le pareziere mas propio y conveniente, para cuyo efecto se balga de las personas que contemplare necesarias y de su satisfaccion para que se execute todo con el buen orden y circunstancias que se requiere al manejo de unas alajas de tanta consideración. Asimismo manda Su Majestad que al tiempo que se van deponendo los reales muebles de la expresada Galeria para llevarlos al citado Palazio de Capodemonte se forme un Inventario General de todos los que fueren con distinción de las pinturas, medallas, libros y demas alajas que presentemente se allan existentes y le pase Vuestra Señoría a mis manos para el uso que tubiere por conveniente al servizio de Su Majestad. Los gastos que se causaren con el enunziado motivo se abonaran segun las notas que se presentasen de la persona que Vuestra Señoría destinare para que lleve la quenta y razón de ellos con la circusntancia de que deveran ser firmados por Vuestra Señoría y no de otra forma, todo lo qual participa a Vuestra Señoría de orden de Su Majestad para su inteligencia y la de que dé las disposiziones convenientes a su cumplimiento» (ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Maggiordomia Maggiore e Soprintedenza Generale di Casa Reale, fascio 2646: il marchese Fogliani al conte tarasconi, Portici 12 maggio 1754). Sul palazzo e il museo di Capodimonte, vedi i lavori di Nicola DEL PEzzo: Siti Reali. Capodimonte. I, in «Napoli Nobilissima», a. XI, 1902, n. V, pp. 65-7; Siti Reali. Capodimonte. III. IV, in «Napoli Nobilissima», a. XI, 1902, n. XI, pp. 170-3 e Siti Reali. Capodimonte, in «Napoli Nobilissima», a. XI, 1902, n. XII, pp. 188-92; Bruno MoLAJoLI, Notizie su Capodimonte. Catalogo delle gallerie e del museo, L’Arte tipografica, Napoli 1958; Antonella FErrI MISSANo, Alcune novità su Capodimonte e sul sistema Museale Borbonico a Napoli, in «Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università di Napoli», a. XXIX, 1986-1987, pp. 89-117; Capodimonte. Da Reggia a Museo, a cura di Manuela LuCÀ DAzIo e umberto BILE, Elio de rosa, Napoli 1995; Linda MArtINo, Dalla ‘Galleria delle cose rare’ di Parma al Museo de Capodimonte. Gli oggetti d’arte di Casa Farnese, in La Collezione Farnese, a cura di Nicola SPINoSA, vol. III: Le arti decorative, Electa, Napoli 1996, pp. 119-29; Nicola SPINoSA, Capodimonte, da reggia a museo, in Patrizia ANtIGNANI, Il Palazzo Reale di Capodimonte, Pierro, Napoli 1996, pp. 145-56 e Carolina DE FALCo, Interventi degli anni ’50 del Settecento nel Palazzo Reale di Capodimonte, in Ferdinando Fuga, 1699-1999. Roma, Napoli, Palermo, a cura di Alfonso GAMBArDELLA, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2001, pp. 321-8. Sugli oggetti appartenenti alla collezione Farnese, cfr. Giuseppe BErtINI, La Galleria del Duca di Parma. Storia di una collezione, Cassa di risparmio 138 Verso la riforma della Spagna: Carteggio di Parma, Parma 1987; Classicismo d’età romana. La Collezione Farnese, Guida, Napoli 1988 e La Collezione Farnese, a cura di Nicola SPINoSA, vol. I: La Scuola Emiliana: i dipinti. I disegni, Electa, Napoli 1994; vol. II: I dipinti lombardi, liguri, veneti, toscani, umbri, romani, fiamminghi. Altre scuole. Fasti Farnesiani, Electa, Napoli 1995 e vol. III: Le arti decorative, Electa, Napoli 1996. 7 Giuseppe BoNANNo FILINGErI DEL BoSCo (1716-1779), principe di Cattolica, fu un nobile palermitano al servizio del re delle Due Sicilie. Nel 1740 riceve dal padre tutti i titoli della casata, essendo anche confermato grande de España di prima classe. Nel 1744 venne eletto capitano di giustizia di Palermo e, finalmente, nel 1759 Carlo di Borbone, chiamandolo a Napoli prima di partire, gli concesse il titolo di cavaliere dell’ordine di San Gennaro e la carica di gentiluomo di Camera del re Ferdinando (cfr. AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 90). Nel dicembre 1760 fu finalmente nominato inviato napoletano alla corte spagnola, dove rimase fino al 1770 (AGS, Estado, legajo 5871, folio 96). Vedi Giuseppe SCICHILoNE, Cattolica, Giuseppe Bonanno Filingeri, principi di, in DBI. 8 Anna MoNCADA E DI GIoVANNI (?-1772), figlia del principe di Calvaruso, seconda moglie di Stefano reggio, principe di Aci, fu nominata dama della regina Amalia nell’ottobre 1759 (AGP, Personal, caja 1109, expediente 23). A richiesta di Maria Amalia, la principessa di Aci si era dovuta presentare a Barcellona: «Princess yaci, who was lady of the bedchamber to Her Catholick Majesty when queen of Naples, has received the gracious orders of her royal mistress to go and wait her landing at Barcelona, and her excellency accordingly sat out this day for Catalonia» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol to William Pitt, Madrid 24 settembre 1759). Si ritirò a Napoli dopo la morte della regina, ma conservando ancora la carica e il soldo di dama della regina di Spagna: vedi AGP, Reinados, Carlos III, legajo 5074: princesa de yachi. Su Anna Moncada, vedi Francesco Maria Emanuele GAEtANI, marchese di Villabianca, Della Sicilia Nobile, vol. I, parte II, Libro I, Arnaldo Forni Editore, Palermo 1754-1759, p. 142 e Francesco SAN MArtINo DE SPuCCHES, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari di Sicilia dalla loro origine ai nostri giorni (1923), vol. I, Boccone del Povero, Palermo 1924, p. 4. ringrazio Javier Sánchez Márquez per questa informazione. Cfr. inoltre tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 24, nota 1. 9 Alfonso CArAFA (?-1760), duca di Montenero, fu dal 1744 in poi il comandante del reggimento del contado del Molise (SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. I, p. 373). 10 tanucci accenna ai problemi derivanti dalle candidature per questa carica in una lettera a Carlo III: «È morto Montenero, Colonnello di Molise. Stigliano tormenta e appretta per don Giuliano ed ha anch’esso un dispaccio simile a quei tre che aveva Pignatelli per la Compagnia d’Abruzzo ultra, la quale fu data a lui escluso lo di [sic] nobile aquilano che oltre la campagna di Velletri aveva dieci anni più di servizio. Mi opposi. Vostra Maestà ha disapprovato la provvista, ma io sono obbligato a dire a Vostra Maestà che quei tre dispacci mossero tutti: l’ispettore, rio e tutto il Consiglio, eccettuato me, che supposi d’aver più pratica sul vero valore e significato di tali dispacci. Centola mi seguitò» (AGS, Estado, libro 242, p. 59: tanucci a Carlo III, Napoli 5 feb. 1760). 11 Giovanni Domenico PIANA, ingegnere militare, era l’intendente del sito reale di Persano. Vedi ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2 e Giancarlo ALISIo, Siti Reali dei Borboni. Aspetti dell’architettura napoletana del Settecento, officina, roma 1976, pp. 66-106. 12 A questo riguardo, vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 500. 13 La lettera citata da tanucci è quella inviata a Carlo III il 5 feb. (AGS, Estado, libro 242, pp. 57-61). 18. Maria Amalia - 26 febbraio 1760 139 18 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] La sentinella che si nomina era il piccolo re che, figurando di stare in sentinella, mostrava aver ordine di non lasciar passar nessuno, ma sentendo che Tanucci portava le lettere de’ reali genitori gli diede l’ingresso. Ritratto fatto dal pittore Mens. Cattolica viva sicuro delle parole dettegli. Stigliano avido in pregiudizio di don Muzio benemerito. Le Castropignano non più dame di corte di Napoli. Errori nel Notiziario, &c. retiro, 26 febbraio 1760. Giunse sabato mattina il corriere di Napoli, ma essendo successa la disgrazia che il cavallo che portava la balice sia caduto in un fiume, tutte le lettere erano così bagnate che con gran cura bisognava aprirle, e con gran fatiga parte di quelle leggere si potevano. Vi ringrazio delle buone nuove che mi date di mio figlio e godo che le nostre lettere abbiano mansuefatte quella inesorabile e veramente temibile sentinella. Mi dispiace che il quadro fatto da Mens non sia altro tanto buon ritratto quanto è buon quadro, ma sempre sarà una cosa apprezzabile. Ed il ritratto è meglio scolpito nel mio cuore di quello che ogni pittore potrebbe farlo. yaci certamente che non puol tornare in Napoli sinché la moglie non abbia partorita, ma del resto Cattolica che viva sicuro delle ultime parole che jo gli dissi e non creda alle ciarle che da qui si possono scrivere1. Mi dispiacerebbe molto che l’inquisizione dei duchi del Postiglione si verificassero; sarebbe una cosa molto brutta. Stigliano già sapete che tutto vorrebbe per la sua casa, così vorrebbe hora il reggimento di contado di Molise2 col grandissimo pregiudizio del povero don Muzio3, che serve da tanti anni e tanto bene4. Già vi scrive il re la disgrazia arrivata al foglio delle spiegazione d’Ercolano; non lo meritava veramente la povera musa5. Qui vi accludo una schelletta [piccola scelta] di diverse cose che ho notate nel notiziario che non mi paiono a dovere. Credo che le molte occupazioni non vi avranno dato luogo ad osservarle. Grazie a Dio tutti stiamo bene, ch’è quanto per oggi posso scrivere assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 140 Verso la riforma della Spagna: Carteggio ErrorI DEL NotIzIArIo [Foglio] [originale] [Correzioni] F.o 10 Ferdinando IV. Capo, sovrano e gran maestro [della ordine di San Gennaro]6. Nella famiglia reale di Spagna stà segnato Filippo7 prima anche del principe [d’Asturias]. Il re sin ad oggi non gli ha ceduta tal preminenza. F.o 20 F.o 21 F.o 36 F.o 5 F.o 6 F.i 9 e 10 F.o 14 Si mettono due figli di meno al Delphino8: cioè il comte d’Artois9 e Madame10. un figlio di meno al principe reale di Polonia11. Il duca di Losada12 semplice gentilhuomo della Camera. Parimente Villafuerte13 fra gentilhuomini, anche il duca di Castropigniano14. Le due duchesse di Castropigniano15 e la principessa di yaci fra le dame. Losada e Villafuerte e Squillace fra tenenti generali. Nel calendario stampato qui non ha voluto il re che si metesse mentre dici doversi contare tra morti civilmente e dopo ciò che si è fatto non esservi rango per lui. Questo non deve più mettersi sul calendario di Napoli essendo somigliere del re di Spagna. Quest’ancora è passato a questo servigio. Questo hora non sono più dame di corte di Napoli ma di qui16. Questi tutti e tre si sono notati fra quelli di qui. 1 Maria Amalia fa riferimento in questa occasione alla promessa fatta al principe della Cattolica di concedergli la carica di ambasciatore napoletano a Madrid, cosa che avvenne nell’agosto 1760 (vedi Lettera 44: Carlo III a tanucci, San Ildefonso 19 agosto 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 132). 2 Il Molise era un contado appartenente al regno di Napoli. Affacciava sul mare Adriatico e confinava con il Lazio e gli Abruzzi al nord. Vedi Placido troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo I, parte II, 1747, pp. 498-502. 3 Muzio CArAFA (?-1764) era il fratello minore del sopraccennato Alfonso Carafa, duca di Montenero. Dopo la morte senza figli di suo fratello, avvenuta il 23 gennaio 1760 (Giuseppe DE SIMoNE, Le chiese di Napoli descritte e illustrate da Giuseppe De Simone con tavole litografiche dirette da Prota e Lotti, vol. I, Stamperia del Genio tipografico, Napoli 1845, p. 92), Muzio ereditò tutti i titoli della casata. Come Carlo III, Maria Amalia appoggiò Muzio Carafa dopo la scomparsa del fratello maggiore nella carica di comandante del reggimento del contado del Molise: «y te dire que han escrito aver muerto Montenegro [il duca di Mon- 18. Maria Amalia - 26 febbraio 1760 141 tenero, D. Alfonso Carafa], y si es cierto no dudo que ay se aya atendido a su hermano Don Muzzio [sic], que ha servido siempre muy bien» (Lettera 18: Carlo III a tanucci, Buen retiro 19 feb. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 68). 4 I dodici reggimenti provinciali del regno delle Due Sicilie erano stati creati nel 1743 per far fronte alla minaccia dell’esercito austriaco in Italia nel corso della guerra di Successione Austriaca (1740-1748). Secondo Schipa, furono «formati in ciascuna provincia [del regno di Napoli] fra gl’indigeni da uno de’ maggiori baroni» e «ogni reggimento comprendeva un battaglione di sette compagnie» (SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. I, p. 372). Vedi anche troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo IV, parte III, 1751, pp. 306-7. In realtà, furono creati da Carlo di Borbone in modo da fare partecipare la nobiltà baronale alla difesa del regno delle Due Sicilie. Su questo argomento, cfr. il fondamentale Ordinanze per la formazione, regolamento, servigio, sussistenza e disciplina delli dodici Reggimenti Provinciali del Regno di Napoli, Per Cristoforo ricciardi, Napoli 1744. 5 Carlo III scriveva su questo particolare al segretario tanucci: «te estimo las respuestas echas a mi Hijo que me has embiado; y las disertaciones que por la quarta noche me has embiado de las pinturas de Erculano, pero he tenido el sentimiento de que aviendo caido en un rio han llegado todas rotas, y en estado de ser imposible leerlas, y assi embiame un duplicado de ellas» (Lettera 19: Carlo III a tanucci, Buen retiro 26 feb. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 71). tanucci risponderà il 18 marzo: «Vengono li comandati fogli duplicati fogli delle pitture per li due naufragati» (AGS, Estado, libro 242, p. 219: tanucci a Carlo III, Caserta 18 marzo 1760). 6 Il reale ordine di San Gennaro fu istituito da Carlo di Borbone il 3 luglio 1738 per solennizzare il suo sposalizio con Maria Amalia. Carlo era per tanto il suo Capo e Gran Maestro. Come Cancelliere fu eletto monsignor Mondillo orsini, vescovo di Capua, per tesoriere Giovanni Brancaccio, segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, e per Segretario Gaetano Brancone, segretario di Stato e del Dispaccio d’Affari Ecclesiastici (cfr. Instituzione e statuti del Real Ordine di San Gennaro stabiliti dalla Maestà di Carlo Borbone re delle Due Sicilie, e di Gerusalemme, &c. Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, e Castro, e Gran Principe Erditario di Toscana, &c. Nel giorno 3. del mese di luglio dell’anno 1738. Seconda Edizione con aggiunta, Presso Francesco ricciardo Stampatore del real Palazzo, Napoli 1740 e D’oNoFrI, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. CCXXXV-CCXXXVI). Dalla sua creazione, fu l’onorificenza più importante del regno delle Due Sicilie; cfr. L’Insigne Reale Ordine di San Gennaro. Storia e Documenti. A cura del Gran Magistero dell’Ordine, L’Arte tipografica, Napoli 1963. 7 FILIPPo DI BorBoNE E SASSoNIA (1747-1777), già duca di Calabria prima del 1759, era il primogenito di Carlo III e Maria Amalia. Malato di mente, Carlo di Borbone costituì nell’agosto 1759 il «council to examine into the state of mind of the Prince royal [Filippo] and to give their opinion of the capacity or incapacity of it» (NA, SP 93/17, f. 168r: James Gray a William Pitt, Napoli 28 agosto 1759). Dopo la conferma della sua malattia (cfr. Relazione del Consulto fatto dai Medici sopra il Real Infante Don Filippo Primogenito della Maestà Cattolica Carlo Borbone in NA, SP 93/17, fogli 197r-201v), fu ufficialmente dichiarato incapace di regnare il 6 ottobre 1759. I suoi diritti successori passarono dunque ai suoi fratelli Carlo, come erede al trono spagnolo, e Ferdinando, re delle Due Sicilie. D’onofri segnala che «dopo, che la Regina Amalia ebbe dato alla luce cinque reali principesse, finalmente fece lieto il suo real consorte Carlo nella vigilia appunto di S. Antonio 12 di giugno 1746 [in realtà, 1747], con farlo padre di un real Infante, al quale fu subito imposto nel battesimal fonte il nome di Filippo, in ossequio del vittorioso Filippo V, padre del defunto gran Carlo III. Dopo molte consulte, al nato primogenito si diede il titolo di Duca di Calabria, che fu molto applaudito da Ferdinando VI, re di Spagna, che lo dichiarò in seguito infante di Spagna, con 142 Verso la riforma della Spagna: Carteggio l’annual pensione di quattromila piastre; destinando il Duca di Medinaceli suo Ambasciatore straordinario per venire in Napoli, e per tenerlo in suo nome al sacro fonte [...]. Deve quì notare il cortese Lettore, che al fu Principe, ed Infante D. Filippo si diede il titolo di Duca di Calabria, giusta il costume già introdotto dal re Carlo II di Angiò, e suoi successori Angioini, e Durazzeschi, e continuato poi dagli Aragonesi, ed Austriaci altresì; i quali usarono d’intitolar Duchi di Calabria i loro primogeniti, eredi presuntivi, e successori a questa corona [...]. Al medesimo [Filippo] sarebbe toccato di andare a Spagna col glorioso suo Padre Carlo III, ed esser Principe d’Asturias, se fin dalla sua infanzia non fosse stato soggetto a morbi gravissimi, che molto gli offesero il sistema de’ nervi, per cui fu reso inabile di corpo, ed imbecille di mente. Perciò egli, ancorchè fosse giunto all’età adulta, non mai potè spiegare, nè usare il titolo di Duca di Calabria. Anzì prima che il re Carlo suo padre da questo regni passasse a regnar nelle Spagne, con maturo esame così di sei medici, che di tutt’i Ministri di Stato, fu dichiarato incapace esso Infante D. Filippo di poter succedere al padre in qualunque de’ suoi dominj. Che perciò fu egli lasciato quì in Napoli con la sua corte particolare assai ben assistito, dove non ha molti anni per una malattia di febbre gagliarda sì morì, e fu sepolto nella reale Chiesa del Monastero di S. Chiara, in una cappella fatta tutta a spesa del Genitore re Carlo» (D’oNoFrI, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. CCLIX-CCLX). Sulla sua nascita, cfr. la Narrazione delle Solenni Reli Feste fatte celebrare in Napoli da Sua Maestà il re delle Due Sicilie Carlo Infante di Spagna Duca di Parma, Piacenza, etc, etc, per la nascita del suo primogenito Filippo Real Principe delle Due Sicilie per la nascita del princ. Borbone, Napoli 1749. Nel 1759 rimase a Napoli con il fratello Ferdinando sotto la responsabilità del principe di San Nicandro. 8 LouIS-FErDINAND DE FrANCE (1729-1765), delfino di Francia, fu l’unico figlio maschio di Luigi XV e Maria Leszczyńska. Nel 1745 sposò la sopraccennata María teresa (17261746), infanta di Spagna e figlia di Filippo V ed Elisabetta Farnese, della quale ebbe una figlia chiamata Marie-thérèse (1746-1748). Morta Maria teresa nel 1746 dopo il parto della sua unica figlia, Louis sposò nel 1747 Maria Josepha karolina von Sachsen (1731-1767), sorella di Maria Amalia. 9 CHArLES-PHILIPPE DE FrANCE (1757-1836), conte d’Artois dalla sua nascita, era figlio di Louis, delfino di Francia, e di Maria Giuseppina di Sassonia. In questa data era il quarto figlio maschio vivo dopo Louis (1751-1761), duca di Borgogna; Louis Auguste (1754-1793), duca di Berry e futuro Luigi XVI, e Louis Stanislas (1755-1824), conte di Provenza e futuro Luigi XVIII. regnerà in Francia con il nome di Carlo X dal 1824 fino al 1830. 10 MArIE-ADéLAïDE-CLotILDE DE FrANCE (1759-1802), madame Clotilde, era in questa data l’unica figlia di Louis, delfino di Francia, e Maria Giuseppina di Sassonia. Sposò nel 1775 Carlo Emanuele di Savoia (1751-1819), futuro Carlo Emanuele IV di Sardegna. 11 Federico Cristiano, fratello di Maria Amalia, aveva a questa data sei figli: Frederick Augustus (1750-1827); karl Maximilian (1752-1781); Joseph Maria Ludwig (1754-1763); Anton Clemens theodor (1755-1836); Maria Amalie Anna (1757-1831) e, finalmente, Maximilian Maria Joseph (1759-1838). Questo ultimo è, con ogni probabilità, quello a cui fa riferimento Maria Amalia. 12 José FErNáNDEz DE MIrANDA y PoNCE DE LEóN (1707-1783), I duca di Losada, era in quel momento il sumiller de Corps di Carlo III. Secondogenito di Sancho Fernández de Miranda y Ponce de León, III marchese di Valdecarzana e María de Atocha Saavedra Ladrón de Guevara Avendaño y Alvarado – contessa di tahalú, di Escalante, di Villamor e di Mayalde – il lignaggio era originario dell’Asturia. Losada ottene il posto di cadetto nelle Reales Guardias de Infantería e nel 1731 il posto di gentilhombre de cámara con ejercicio nel recentemente creato entourage di Carlo di Borbone come futuro duca di Parma. Nel 1732, dopo la morte del marchese Scotti di Vigolino, fu nominato primer caballerizo, essendo confermato in queste due 18. Maria Amalia - 26 febbraio 1760 143 cariche nella costituzione della Casa reale del regno delle Due Sicilie dopo il 1735. Legato da personale amicizia a Carlo di Borbone, andò conquistando maggiore rilievo politico nella corte napoletana (cfr. a questo riguardo ad indicem i volumi: Carlo di Borbone. Lettere ai sovrani di Spagna, a cura di Imma ASCIoNE, vol. I: 1720-1734, vol. II: 1735-1739 e vol. III: 1740-1744, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, roma 2001-2002; Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVI, op. cit. a p. 66, nota 11; Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVII, op. cit. a p. 104, nota 3 e i diversi volumi che compongono l’Epistolario tanucciano). Losada fu nominato cavaliere dell’ordine di San Gennaro nel 1738 ed aggiunse ai suoi titoli quello di duca di Losada nel settembre de 1740 (AGS, Estado, legajo 5830, folio 225). Nel 1749, dopo la morte del duca di tursi, somigliere del re delle Due Sicilie, confermò la sua influenza a corte ottenendo questo posto e controllando de iure la Camera della Casa reale, che, in pratica, controllava già da tempo per incapacità del suo titolare tursi. Nel 1759 ritornò in Spagna con Carlo III, che lo fece somigliere del Corpo in sostituzione del duca di Béjar, fatto ayo dei principi ed infantes. Per evitare problemi di precedenza a corte, Carlo lo fece grande de España nel febbraio 1760, come ci informa la Gaceta: «El dia 10. del corriente se hizo la ceremonia de cubrirse por Grande de primera Classe el Excmo. Sr. Duque de Losada, Sumiller de Corps de S. M., haviendo sido su Padrino el Excmo. Sr. Duque de Arcos» (Gaceta de Madrid, 12 febbraio 1760, n. 7, p. 54). ottenne anche il toson d’oro il 16 feb. del 1764 ed il posto di gobernador del bosque de la Casa de Campo nel 1768. Vedi Julián DE PINEDo y SALAzAr, Historia de la insigne orden del Toyson de Oro, dedicada al rey nuestro señor xefe soberano, y gran maestre de ella. Escrita por Don Julián de Pinedo y Salazar, del Consejo de S. M., su secretario, Oficial mayor de la Cancilleria de la misma Orden, é Individuo de la Real Academia de la Historia de España, parte I, tomo I, En la Imprenta real, Madrid 1787, pp. 543-5. L’ambasciatore inglese a Madrid, conte di Bristol, diceva di lui nell’agosto 1761: «the duke of Losada has a moderate genius, but an incomparable character for worth and honesty, the strongest encomium of him is the king of Spain’s having so invariably distinguished him for upwards of thirty years, for had there been anything amiss in this nobleman, the discernment of his sovereign would have detected it, and that would have occasioned His Catholick Majesty’s withdrawing his friendship from this confidant. the duke of Losada does not interfere with the political affairs of Europe, therefore my mentioning him here is chiefly because he bears so principal a part in the palace» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761, citato con varianti in CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 240). Il sopraccennato testimone anonimo francese del 1765 lo descrive così: «El duque de Losada, mayordomo mayor de la casa [sic; ma è errato perché Losada era in realtà il sumiller de Corps (sommelier du Corps) o, come a volta citato nella documentazione in italiano, sommigliere del Corpo], tiene el primer rango después de los príncipes por el favor que goza cerca del rey, su cargo y sus representaciones; es un hombre honradísimo; es jefe de una especie de partido del antiguo ministerio; tiene, sin embargo, también a aquél que gobierna actualmente, porque por una singularidad que no se encuentra en ninguna otra corte, los ministros desgraciados y los que ocupan los cargos viven juntos en muy buena inteligencia. El duque de Losada tiene grandes obligaciones con el famoso ministro La Ensenada, de quien era amigo y protector; sin embargo, él es quien ha hecho al marqués de Esquilache lo que es; es también él que los reunió a pesar de las razones de celos y de que pudieran alejar al desgraciado. El duque no era de familia de grandes, pero era amigo del rey, sostenía en otro tiempo a La Ensenada, ha creado a Esquilache y ha sabido cuidar en la vieja corte los intereses del rey que debía suceder; la elevación de su familia ha sido recompensa a pesar de las murmuraciones; ha sido hecho grande de primera clase; goza de rentas considerables y se habla de ello» (Estado político, histórico y moral del Reino de España, op. cit. a p. 83, nota 8, p. 62). Il conte di Fernán 144 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Núñez dirà su di lui: «honrado, noble, franco, verdadero amigo de sus amigos, incapaz de intrigas, de hacer mal ni de hablar mal de nadie, y solícito en alabar y hacer bien a cuantos podía» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, p. 147). Ferrer del río lo descriveva così: «De condición suave, pulcro en las obras, mudo en el secreto, muy noble de alcurnia y más todavía de alma, se le designaba como dechado de caballeros, mirábale el rey como su fiel Acates, y le trataba con familiaridad y hasta con deferencia afectuosa. Por ejemplo, las noches que dedicaba algunos ratos al revesino, siempre entraba el Duque a hacerle en primer lugar la partida, y aun le sostenía las disputas a que daban margen ciertas jugadas, sin salirse de los angostos límites del respeto; y cuéntase que si se le iba a D. Carlos alguna genialidad pasajera, enmudecía el sumiller hasta que terminaba el juego, y al día siguiente no se presentaba, según costumbre, a las siete menos diez minutos de la mañana en el cuarto del Soberano. Echándole este de menos, y no deteniéndose en indagar si caía en falta por altivez de carácter o por temor de causarle enojo, decía a su ayuda de cámara D. Almerico Pini: A noche se enfadó Losada; que vayan a llamarle. y Losada se presentaba algo mustio de rostro; dirigíale el rey palabras de afecto, y aun quizá de excusa, y se le desvanecía la tristeza. Para las cosas políticas solía ser el duque cerca de Carlos III como el eco de la voz de tanucci; y respecto de las particulares, sin más impulsos que los de su corazón bondadoso, interponía su influencia a favor de los que necesitaban pan o justicia» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 252-3; cfr. anche rouSSEAu, op. cit. a p. 57, nota 6, p. 13). Questo personaggio meriterebbe di essere studiato più approfonditamente, giacchè ebbe corrispondenza con personaggi italiani molto importanti, come il principe Bartolomeo Corsini, vicerè di Sicilia (BANLC, ms. Cors. 24882492), con Bernardo tanucci (cfr. il suo Epistolario) e con Gaetano Boncompagni-Ludovisi, duca di Sora e maggiordomo maggiore di Carlo di Borbone a Napoli dal 1738 fino al 1747 (BAV, Boncompagni-Ludovisi, E 126). Cfr. ad indicem la voce fatta da me nel Diccionario Biográfico Español, pubblicato per la real Academia de la Historia. 13 Diego Francisco MADArIAGA (?-1763), marchese di Villafuerte, fu un militare spagnolo al servizio di Carlo III. Era stato nominato con José Fernández de Miranda fra i primi gentiluomini di Camera dell’infante-duca Carlo di Borbone nel 1731. Partecipò molto attivamente nella conquista del regno di Napoli nel 1734, essendo per questo motivo ricompensato con il posto di maggiordomo di settimana nella recente Casa reale delle Due Sicile, una pensione annua vitalizia di 1.000 ducati napoletani (AGS, Estado, legajo 5806, folio 20) e la nomina di cavaliere di San Gennaro dopo il 1738. Invece di rimanere in servizio presso la corte come aveva fatto Losada, Villafuerte preferì consolidare la sua carriera nell’esercito, arrivando ai gradi più alti e assumendo un ruolo personale molto importante nella battaglia di Velletri nel 1744. Essendo uomo di fiducia di Carlo, questi lo portò con sé in Spagna nel 1759, come teniente general ed anche inspector general dei suoi eserciti. Cfr. la nota che su questo personaggio è stata elaborata in FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo II, p. 257. 14 Mariano EBoLI (1742-?), duca di Castropignano dopo la morte di suo padre nel 1758, fu un nobile napoletano al servizio del re delle Due Sicilie. Suo padre, Francesco Eboli, fu capitano generale degli eserciti napoletani dal 1738 in poi e uno dei nobili più importanti della monarchia al tempo di Carlo di Borbone (cfr. Felicita DE NEGrI, Eboli (Evoli), Francesco, in DBI e MAGDALENo rEDoNDo, op. cit. a p. 3, nota 1, ad indicem). Fu colonnello del reggimento di Milano nel 1759 (cfr. Lettera 706: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 12 gen. 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 457), cavaliere dell’ordine di San Gennaro anche in quell’anno (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 90) e nel 1760 capitán del regimiento de Reales Guardias Italianas al servizio de S. M. Siciliana (Gaceta de Madrid, 17 giugno 1760, n. 25, p. 200). 15 Le due duchesse di Castropignano erano a questa data la duchessa vedova zenobia 18. Maria Amalia - 26 febbraio 1760 145 revertera, moglie di Francesco Eboli, e la sua nuora Luisa Gargano, marchesa di Frignano Maggiore, sposata con il primogenito Mariano Eboli nel 1757 (AGS, Estado, legajo 5864, folio 153 e Gherardo DE ANGELIS, Delle lodi di Francesco D’Eboli, duca di Castropignano, Capitan General, Grande di Spagna di prima Classe, Cavaliere del Toson d’Oro e dell’ordine di San Gennaro, Consigliere di Stato, Presidente della Giunta di guerra, e Colonnello delle reali Guardie Italiane, orazione detta nella chiesa di S. Giovanni a Carbonara de’ PP. Agostini l’anno MDCCLVIII da Gherardo de Angelis minimo, Nella Stamperia Simoniana, Napoli 1758). Ambedue furono nominate dame di Maria Amalia, già divenuta regina di Spagna, il 21 ottobre 1759 (AGP, Personal, caja 228, expedientes 20 e 21). zenobia rEVErtErA (?-1779) era figlia dei duchi di Salandra e aveva sposato nel 1735 il sopraccennato Francesco Eboli, duca di Castropignano, come indica la Gazetta (o Avviso) inviata da Bartolomeo Intieri all’abate tornaquinci il 31 maggio 1735: «Nella sera [del venerdì 27 maggio 1735] nel parlatorio della clausura di S. Ligoro di dame seguì finalmente, mediante altra pontificia dispensa, il matrimonio per procura fatta dal signor tenente Generale duca di Castropignano, Eboli, che si ritrova á militare nella Sicilia, il matrimonio d’esso signor duca colla di lui nipote carnale ex sorore, figlia del primo letto del signor duca della Salandra, revertero, che no tiene prole alcuna colla seconda moglie, tedesca di nazione» (ASFI, Mediceo del Principato, filza 4140: Gazetta manoscritta di notizie, Napoli 31 maggio 1735). Fu nominata nel 1738 dama della nuova regina delle Due Sicilie Maria Amalia, che le concesse fiducia ed amicizia. Negli anni cinquanta riuscì a diventare la favorita fra le dame che componevano l’entourage cortigiano di Maria Amalia, accompagnandola perfino alle sue visite particolari al monastero di San Gabriele di Capua, che conobbe grazie a lei, dove si conserva un ritratto della duchessa (n. inv. 62 in Mariaclaudia Izzo, Francesco Liani nelle collezioni del Museo Campano, Spring E., Caserta 2003, p. 62; cfr. gli articoli di rosolino CHILLEMI: Una visita della regina al ritiro di Capua, in «Capys. Bollettino interno degli ‘Amici di Capua’», 1987, n. 20, pp. 15-32 e Nuove visite della regina al ritiro di S. Gabriele, in «Capys. Bollettino interno degli ‘Amici di Capua’», 1989, n. 22, pp. 3-46; ringrazio renato ruotolo per queste indicazioni bibliografiche). Alla morte del marito nel gennaio 1758 le fu data una pensione di 3.000 ducati, così come altre grazie (Lettera 531: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Caserta 24 gen. 1758 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit a p. 63, nota 3, vol. II, p. 170). Morta Maria Amalia nel settembre 1760, la duchessa vedova di Castropignano ritornò a Napoli, ma le fu pagato il soldo come dama della regina di Spagna vita durante (AGP, Personal, caja 228, expediente 20). La fortuna storiografica della duchessa di Castropignano è stata pessima. Secondo Fernán Núñez: «La virtud que aparentaba y que creía verdadera [la regina Amalia] en la Duquesa de Castropiñano, su dama, había hecho la distinguiese muy particularmente; pero al público veía en ella lo que á S. M. se le ocultaba, y luego que murió se retiró á Nápoles, sin haber perdido su tiempo en el año escaso que hizo valer su protección en España, pues no reparaba en barras, como suele decirse. El Duque de Medinaceli, Caballerizo mayor del rey, le envió á su llegada, de regalo, un tiro soberbio de mulas, y cuando las vió, aseguran dijo al Caballerizo que se las presentó: ¿Y qué, no hay guarniciones? El Caballerizo, que no era lerdo, la respondió luego, sin turbarse, que venían separadas, para que pudiese ver mejor las mulas estando en pelo, é incontinenti mandó traer un tiro nuevo para que nada faltase» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, pp. 157-8). L’ambasciatore francese a Napoli, barone Breteuil, e quello a Madrid, ossun, avevano anche un’idea molto negativa su questo personaggio (cfr. la nota su di lei in ivi, tomo II, p. 296). Lo stesso tanucci aveva di questa nobile napoletana una cattiva opinione, come si osserva nei diversi volumi del suo carteggio. Invece l’architetto Vanvitelli era di opinione diversa, e scrisse: «con la vedova Castropignano procuro ogni servitù e corrispondenza, ed ella li gradisce; ne ho molto piacere 146 Verso la riforma della Spagna: Carteggio perché sta sempre intorno la regina, ed ella è donna di talento, benché la natura gli sia stata ingrata in negarli la prerogativa consueta ricercata da tutte le donne» (Lettera 533: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Caserta 31 gen. 1758 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 175). Nel 1759, prima dell’arrivo a Madrid di Carlo III e Maria Amalia, la fama della Castropignano era già arrivata alla corte spagnola: «the marquise Casteldosrios, sister to prince yaci and Lady of the Bedchamber to the queen mother, said she had received a letter from the dutchess of Castropignano, who desired to be laid at Her Majesty’s feet and craved the honor of her protection to a stranger. the queen regent shewed great uneasiness during the deliverance of this message and answered aloud before all the assistants with great warmth and irey [sic, probabilmente ire]: “It is I who sollicit her favour and protection”» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 22 ott. 1759). Bristol scrisse poi: «It is not possible to be more distinguished by royal favor than the duchess of Castropignano is by that of the Catholick Queen and notwithstanding the king of Spain has granted to this lady a pension of five thousand pistoles a year for her life, yet it is generally known it was solely out of complaisance for the Queen, for His Catholick Majesty certainly has a thorough dislike to her. She is well bred and does not affect the exterior behaviour of one in credit with her mistress. those who have long known her, tell me she is full of art and that a constant disguise conceals all her real sentiments. She is upon good terms with the marquis Squillace and both are devoted to the Catholick Queen, but I do not perceive that the other ministers frequent her» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 11 feb. 1760). 16 Infatti, il 18 gen. 1760 si comunicava al marchese di Montealegre, maggiordomo maggiore della regina Maria Amalia, che le due duchesse di Castropignano – suocera e nuora – e che la principessa di Aci dovevano essere pagate come dame della regina di Spagna dal 21 ott. 1759 in poi (oLIVEroS DE CAStro, op. cit. a p. 5, nota 17, p. 352, doc. 255). Cfr. anche AGP, Reinados, Carlos III, legajo 5074: Listas de Camareras, Damas, Guarda Mayor y Dueñas, año 1759. XIX Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 12 febbraio 1760*. Il re, che gode la più desiderabile salute, mi ha letto un verso della materna augustissima lettera dei 22 del passato ove dice Vostra Maestà che stà ben rimessa. Questa notizia mi ha estremamente consolato perché la lontananza, tra tanti mali, ha quello d’esser sottoposta alle caricature delle notizie. Quella poi clementissima lettera che Vostra Maestà quel giorno si degnò di scrivere a me non si può da me rammentare senza pericolo di perdere la reputazione della veracità. Iperbole sarebbe creduta quella mutazione ch’io dicessi fatta repentinamente nell’animo mio. Dovrei arrossire, dovrei tormentarmi e confondermi d’aver ombrosamente e acerbamente malpensato sull’avvertimento clementissimo di lasciar talora correre San Nicandro nella Casa reale. La vergogna è ora XIX. tanucci - 12 febbraio 1760 147 veramente grande. Ma questi soavissimi sentimenti, queste espressioni di benignità incomparabile, questo smontare con tanta grazia dal trono per consolare e liberare un povero visionario ed ossesso è in qualche maniera frutto della mia colpa, che rende difficile il pentimento. Leggo e rileggo, ora rammaricato ora lieto, questa pittura dell’anima più grande. L’aver Vostra Maestà studiato per avvertirmi senza affliggermi, il veder senza irritarsi caduta in vano tanta umanità, il riporre in me la fiducia sovrana, l’esser persuasa del mio zelo e fedeltà, il consolarne la buona intenzione, il dirmi finalmente tutto questo e lo scrivermelo, ov’è, ov’è mai [simile bontà] sul trono? tanta virtù merita la conquista del mondo intero. Io non posso dubitare di che abbiano li miei compagni verso il buon servizio del reale pupillo stimolo uguale al mio. Ma sento che il mio ha certamente merito minore perché gli augustissimi genitori, coll’infinita bontà, anno a me lasciata infinitamente minore la libertà senza mettere a calcolo la mia insufficienza. Mi consola il vedere come Vostra Maestà pensa dei francesi. Quanto più penso meno trovo di vantaggio in chi ora prendesse il partito loro. Con molto minor dispendio potrà la Spagna assicurar la sua America di quello che le sovrasterebbe dall’alleanza francese. Di Albertini le ultime lettere son dei 21 Xcembre. Non so se in esse poteva esser quello che Vostra Maestà dice di Piacenza che resterebbe con un compenso pecuniario a turino benché ciò non sia chiaramente spiegato. Quelle mie lettere mi lasciano colla notizia di che il re Giorgio1 desidera che il re proponga e questo fu quello che mi dispiacque. Quanti più spropositi sento dire ai rubioni più mi rallegro, per questo umiliai a Vostra Maestà quel che ei mi disse del matrimonio clandestino. Jaci mi dice che la vecchia [Elisabetta Farnese] non pensa molto al vedovo di Parma2. Dubitava io di qualche altra tempesta di seconde nozze. Qualche lettera teme d’inquietudini domestiche che possono esser prodotte da cabale. Non mi contengo dal dirne al re qualche parola. Supplico Vostra Maestà ad impetrarmene il perdono. Viene una cifra del Principe reale. Viene orto ed io dopo la breve festa di questa umilissima lettera devo tornare alla mia perpetua tristezza e dopo essermi prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 82-4. 1 GEorGE II (1683-1760), re di Gran Bretagna e principe-elettore di Hannover, era stato proclamato sovrano in seguito alla morte del padre Giorgio I (1660-1727). Gli successe 148 Verso la riforma della Spagna: Carteggio nell’ottobre del 1760 non il figlio Frederick Louis (1707-1751), principe di Galles, già morto, ma il nipote, che fu Giorgio III (1738-1820). 2 Infatti, tanucci scriveva a Aci: «Sento con molta mia consolazione che la regina madre non penserà a nuove nozze per signor infante don Filippo. Io temeva per questa parte qualche disturbo della pace domestica che mi si dice continuare fino a quest’ora, ma non senza sospetto di che si possa turbare. Io prego Dio più per questa pace domestica che per qualunque altra cosa del mondo. Il disturbo e la discordia sarebbe d’un danno infinito al regno e alla Casa reale e, quel che più importa, alla salute del re» (AGS, Estado, libro 242, p. 92: tanucci al principe di Aci, [Madrid], Napoli 12 feb. 1760). 19 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Idea dello stato della propria salute. Ambasciatore di Francia studia di metter il Re in impegno cogl’inglesi. Risposta al medesimo data dal Re. Sembra non si pensi a matrimonio dell’infante duca [di Parma]. retiro, 4 marzo 1760. Godo che quel capitolo di lettera da me scritto a mio figlio abbia rasserenato l’animo vostro sopra della mia salute. Non dubito che non avranno tralasciato di scrivere cento caricature per inquietare le menti di chi ha qualche premura per me, ma veramente adesso sto bene, avendo anche ripigliata un poco di carne, di che veramente vi era gran bisogno, mentre quando arrivai qui ero una vera fantasima. Non rispondo al articolo più lungo della vostra lettera, mentre sarebbe un non finirla mai, ed jo sono contenta di aver rasserenato l’animo vostro del involontario dispiacere cagionatovi; ma veniamo a cose più importanti. I francesi, o almeno quest’ambasciatore, non tralascia via né sutilismo [sottigliezza] per vedere di far disgustare il re co’ inglesi e metterlo in qualch’impegno. Vogliono la pace dalle mani del re e fanno tanta premura per questo che quest’istessa premura loro non puol allettare l’Inghilterra a condiscendervi, mentre pare che vogliano far vedere che sono sicuri del penchant del re per loro, o pure potere dire poi essersi eglino sacrificati per non voler la pace se non che dalle sue mani. Ed avendo il re detto all’ambasciatore ch’egli non poteva forzare l’inglesi a ricevere la pace da lui e che per ri[spetto] non voleva che perdessero forse qualche buona occasione di accomodarsi, ma che all istesso tempo sempre l’avrebbono trovato 19. Maria Amalia - 4 marzo 1760 149 pronto ad intromettere i buoni officij promessi, pare che gl’abbia dispiaciuto: questo non è un voler il re da mezzo per imbrogliarlo?1 Dio mi perdoni s’è giudizio temerario, ma da costoro temo tutto. La lettera di rubion che avete mandata al re fa vedere veramente che costoro hanno di malignare tutto2. Se li rispondono a tono dalla sua corte sarei curiosa di sapere che gli dicono. Non credo che temer dobbiamo di qualche tempesta di seconde nozze per il vedovo di Parma, almeno per quanto ho potuto scorgere da discorsi; la vecchia [Elisabetta Farnese] n’è ben lontana. Quel che vi ha scritto yaci è in parte vero: ella dimostra per lui quella premura ch’è naturale, ma niente di particolare sopra l’affare di Piacenza. Credo che una sola volta abbia detto qualche parola e ben anche molto passeggera. Quello che vi hanno scritto di cabale che possano turbare la pace domestica non v’è niente, al meno a mia conoscenza: stiamo in una perfetta pace, tutto passa in complimenti e cerimonie. Anzi, ella fa sempre proteste grandissime ch’altro non desidera che vivere in buona amicizia con noi giungendo sino a pregare che, se qualche cosa non piacesse, l’avvertissimo, e di non voler mettersi in niente3. Credo bene come la volpe che trovava l’uva immatura4. Ho ricevuta la cifra di mio fratello e le lettere dell’orto, che vi rimando, meno l’apparizione di Bellarmino che non ho avuto tempo di leggere. E finisco assicurandovi della mia invariabile benevolenza. Amalia. P. S.: vi rimando anche la satira mentre ho avuto tempo dopo tavola di leggerla; mi pare molto maligna e sciocca. 1 Sui rapporti fra ossun e Carlo III, cfr. anche NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 3 e 10 marzo 1760. 2 Probabilmente la lettera di rubion è una di quelle di tanucci conservate in AGS, Estado, legajo 6091. 3 Sul rapporto con la sua madre, Elisabetta Farnese, Carlo III scriveva proprio in quella stessa data a tanucci: «Bien creo quanto te alegras de la noticia que te dava de nuestra paz domestica, pues se el amor que me tienes, y quanto te interesas por la mia, y en todo lo que me toca, y te dire con gran consuelo mio que gracias a Dios continua estableciendose siempre mas la mayor armonia y amistad, y hasta aora no tengo el menor temor de las cabalas que te han escrito sin el menor fondamento que se temian, pues desde el principio tomo mis medidas para darlas por la raiz, y ya tenia dispuesto lo que me dizes de llevar a mi Madre a las Villegiaturas, de lo que Ella esta sumamente contenta» (Lettera 20: Carlo III a tanucci, Buen retiro 4 marzo 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 73). 4 Maria Amalia cita ironicamente la favola di Esopo La volpe e l’uva, che in una versione settecentesca diceva così: «Per quelli che disprezzano/ quel che ottener non possono,/ Esopo 150 Verso la riforma della Spagna: Carteggio gran filosofo/ racconta questa favola:/ Dall’alto d’una pergola/ tra verdi ameni pampini/ pendevan l’uve gravide/ del loro dolce nettare./ La volpe a caso videle,/ e ne divien famelica,/ e molte volte cupida/ in aria snella vibrasi,/ ma perde il tempo e l’opera;/ che non ne coglie un grappolo./ Allor disse infingevole:/ di quelle nulla curomi,/ chè son acerbe ed acide,/ nè vo’ le fibre tenere/ della mia lingua offendere:/ ben siano dilettevoli/ a quei villani tangheri,/ che nel palato rustico/ anno la pelle ruvida» (cfr. Favola XXVII. La Volpe e l’Uva in Favole Esopiane, in versi, di Luigi Grillo, Parigi 1789, p. 52). XX Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 19 febbraio 1760*. [Il corriere] Dezio [tarlese] sbarazzato del tabernacolo di Parma1, onde fu ritardato il suo primo viaggio, è arrivato due giorni prima di molti suoi antecessori e colla sovrana lettera di Vostra Maestà dei 29 del caduto mi ha recata la gioconda notizia anche di veduta della perfetta salute di Vostra Maestà e di tutta la famiglia reale. Questa stessa notizia posso io dare a Vostra Maestà del tenero nostro sovrano. tutto quel che l’occasione porti per Dezio sarà fatto in esecuzione dell’ordine della Maestà Vostra. Quel che mi accese di fantasia per Londra è quel che in due cifre mi aveva Albertini accennato ed è incluso. riposo nella pietra quadrangolare dell’affetto di Vostra Maestà per Napoli. A Dezio non è sembrato il re imbiancato, tanto fa la gelosia italiana. Ha imbrogliata a Dezio la vista come l’interesse del nostro sovrano pupillo aveva a me offuscata la vista della mente e fatto temer molto uno sdegno inglese. È compassionevole il prospetto che fa Vostra Maestà dello stato della monarchia. tanto più conviene la quiete e la continenza con tutte le potenze che possono offendere. Le strade molto indirette di rosemberg per quel matrimonio non mi vengono nuove: è la scuola di quella corte. La sua padrona scrive alla Pompadour2: ma très chère Marquise. Veramente calabresi devono esser quelli d’orto per temperamento, per la situazione, per abito, per li fortunati successi; amano, contro la natura umana, la discordia, le rovine, li mali del gener umano. Bisogna persuadersi che la buona fede e la cortesia è gettata con loro come coi gatti e colle vipere. Quell’affettato complimento sull’avvenimento del re Ferdinando al trono delle Sicilie è una persuasione nella quale sono della loro accortezza e di poter burlar tutti. XX. tanucci - 19 febbraio 1760 151 Warimi [sic, probabilmente: Wall mi] parla di russia3. Prego Vostra Maestà a perdonarmi quel mio forse sciocco e forse spropositato discorso che ne ho fatto allo stesso Wall. L’amicizia con San Nicandro cresce alla giornata. tante lettere che vengono da Spagna sul Consiglio di reggenza ne fanno sospettare altrettante che di qua vengano a Spagna, le quali turbino egualmente. Posso affermare a piedi di Vostra Maestà la concordia che continua nel Consiglio. Posso anche affermare che la gente sta quieta e tranquillissimi tutti gli ordini dello Stato. Li soli nostri poco amorevoli sono Stigliano, per le non seguitate sue strane pretensioni, e Clemente, che protegge e ultimamente ei voleva Coronado4 preside di trani, che non si è fatto, perché il re lasciò detto che non era [adatto] per [un] presidato. A Santa Elisabetta, sulli vestigi del pensare di Vostra Maestà, si è anticipata la gratificazione di 500 doppie che avrebbe dovuto di farsi a Pasqua. Spero che la giusta compassione di Vostra Maestà mi ajuterà, perché a suo tempo si faccia anche di più. Viene orto e Caputo. Viene anche orsini sull’uomo della segreteria del ministero di Spagna in roma ordinato da Vostra Maestà. una confidenziale di Santa Elisabetta dice qualche cosa dell’augustissima casa di Vostra Maestà, che forse vorrebbe non ignorare. Gli si ordina che seguiti il Principe reale ovunque vada. Forse Vostra Maestà vorrà scrivere all’elettrice di Baviera5 quello che Santa Elisabetta pospone. Forse vorrà comandare che di qua si faccia. Senza comando non si ardisce. Lo spirito della regola, del timore, della subordinazione è ora quale e quanto deve essere. Se qualche fulmine di disapprovazione ci avrà da venire dal nostro Giove sarà per difetto di mente e di animo, non per eccesso. Supplico Vostra Maestà ad esserne persuasa e a persuaderne il re. La gloria, lo splendore non deve esser per questa compagnia di vecchi, non solamente invalidi, ma per la maggior parte storditi, per l’altra mortificati. Spero che meriteremo pietà e perdono dalla clemenza più grande che sieda in trono. Vivo solo di questa speranza e con questa mi prostro ai piedi reali di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 242, pp. 110-2. 1 Cfr. la Lettera 14 del 29 gen. 1760. 2 Jeanne-Antoinette PoISSoN (1721-1764), già moglie di Charles-Guillaume Lenormant, e quindi castellana d’Etoiles, poi marchesa di Pompadour, divenne l’amante più famosa di Luigi XV. Ebbe un’accurata educazione nelle arti e nelle lettere, frequentando con la madre i salotti parigini. Consolidò la sua posizione sociale sposando nel 1741 Lenormant, che aveva 152 Verso la riforma della Spagna: Carteggio ricevuto dal padre il castello d’étioles. Nel 1745 diventò l’amante del re, ottenendo in quello stesso anno il titolo di marchesa di Pompadour e la separazione legale da suo marito. Benché dopo il 1751 si fossero esauriti i rapporti intimi con il re, la Pompadour riuscí a mantenere la sua influenza a corte fino alla morte, nel 1764. Fu un personaggio storico che ha calamitato l’attenzione di romanzi e leggende, ed è stato negli ultimi anni molto rivalutato dalla storiografia più impegnata, come dimostrano le seguenti opere: Donald PoSNEr, Mme. de Pompadour as a Patron of the Visual Arts, in «Art Bulletin», a. 72, 1990, n. 1, pp. 74-105; thomas E. kAISEr, Madame de Pompadour and the Theaters of Power, in «French Historical Studies», a. XIX, 1996, n. 4, pp. 1025-44; Elise GooDMAN, The Portraits of Madame de Pompadour. Celebrating the Femme Savante, university of California Press, Berkeley/Los Angeles 2000; Ewa LAJEr-BurCHArtH, Pompadour’s Touch. Difference in representation, in «representations», 2001, n. 73, pp. 54-88; Jean-Louis GAILLEMIN, Le goût Pompadour. La marraine du rococo, in «Connaissance des Arts», 2002, n. 591, pp. 38-47; Colin JoNES, The Fabrication of Madame de Pompadour, in «History today», a. LII, 2002, n. 11, pp. 36-43; Colin JoNES, Madame de Pompadour. Images of a Mistress, National Gallery, Londra 2002; Madame de Pompadour et les arts, a cura di Xavier SALMoN, réunion des Musées Nationaux, Parigi 2002; Alden r. GorDoN, Searching for the Elusive Madame de Pompadour, in «Eighteenth-Century Studies», a. XXXVII, 2003, n. 1, pp. 91-111 e rosamond HooPEr-HAMErSLEy, The Hunt after JeanneAntoinette de Pompadour. Patronage, Politics, Art, and the French Enlightenment, Lexington Books, Lanham 2011. 3 tanucci rispose in questa stessa data a Wall sulla russia: «rendo a Vostra Eccellenza tutte le grazie per la notizia della disposizione d’intavolarsi qualche trattato colla zarina per varie cagioni importanti, le quali principalmente riguardano l’Italia» (AGS, Estado, libro 242, p. 106: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 19 feb. 1760). 4 Miguel CoroNADo fu infine fatto tenente del re in Gaeta, come spiega tanucci a Carlo III nella sua lettera di 16 dic. 1760 in tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 206. 5 MArIA ANNA SoPHIE VoN SACHSEN (1728-1797), figlia di Augusto III di Polonia e di Maria Giuseppa d’Austria, era dunque sorella di Maria Amalia. Sposò il principe-elettore di Baviera Massimiliano III Giuseppe nel 1747, divenendo così elettrice di questo principato. 20 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Conversazioni private del Re coll’ambasciatore di Francia. Non meditano niuna alleanza con Russia. Le lettere generalmente lodano la Reggenza. Stigliano conosciuto querulo. Approva che Santa Elisabetta abbia seguitato il Principe Elettorale e ne considera il dispendio. Ha ringraziato essa gli elettori onde non occorre si ringrazino di qua. Idea dei talenti della regina madre. retiro, 11 marzo 1760. Godo che [il corriere] Dezio, senza gl’impicci che ritardarono il suo arrivo qui, abbia fatta buona diligenza al suo ritorno ed abbia ancor recato 20. Maria Amalia - 11 marzo 1760 153 consuolo a voi come testimonio di veduta del nostro, grazie a Dio, ben stare. Vi ringrazio di quelle prospere che mi date di mio figlio, che mi sono di somma consolazione. Cert’è che le incluse cifre d’Albertini erano capaci di dare qualch’inquietitudine, ma jo spero certo nella misericordia di Dio che non abbiamo d’avere dei fastidi; ma bisogna essere tanti Arghi1, perché non potete credere la malizia francesa quanti lacci tende al re, e per dirvela con quella confidenza che ho per voi, questi mi fa tremare per certe benedette conversazioni private con l’ambasciatore di Francia e la sua, da voi ben conosciuta, propensione per la Francia2, ma fin adesso posso assicurarvi che non avete che temere3. Jo non manco di sempre metterli avanti gl’occhi Napoli, ed il poco ajuto ch’egli darle potrebbe per lo stato miserabile della truppa, la quale ha bisognio di qualch’anno per rimettersi, e che bisognia hora pensare a rimettere l’interno della monarchia, ruinata per ogni parte. Spero di riuscire nel mio lavoro tanto più che il re desidera e conosce la necessità che ha della pace, onde non mi resta altro timore che di qualche sorpresa francesa. Abbiam visto quanto scrivette a Wall intorno a russia4. Non è già un discorso sciocco, qual voi lo nominate, ma molto ben ragionato, ma qui non si è mai inteso di fare né legha né allianza con loro che potesse dare ombra alla Porta, ma un semplice atto di convenienza che con tutte le corti si usa mentre da loro poco o verun utile ricavare potiamo, forse nemmeno per il commercio. Loro solo si applicarebbero a cavar da qui quanto più potrebbero delle piastre, mentre non credo che gli renderebbe conto pigliare i nostri generi potendoli avere in altre parti molto più a loro vicini. I loro pure sono molto pochi, cosicché non comprendo qual vantaggio a noi ne verrebbe5. Vi rimando la lettera dell’orto dalla quale ho rilevata quella nuova del principe Stuardo6 che molto mi ha meravigliata e sono siccura curiosa di vedere se ne dara ulteriori. Vi posso però assicurare che quello che dice di noi è tanto falso, che questa è la prima nuova che abbiamo del principe. Io non so chi si diverte a scrivervi delle frottole. Io da tutte le lettere particolari non sento altro che lodi della reggenza. Se qualche cosa non ha piaciuta al re, so che ve l’ha scritta; altre volte vi ho jo avvisata. Che Stigliano sia contento è impossibile, ma questo è di que’ soggetti le querele da’ quali già non fanno più impressione, oltre che non so che abbia fatta nessuna lagnanza al re. 154 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Clemente non ha scritto niente, forse che Corronada nelle prima sua origine sarà stato collegiale maggiore e perciò si sarà tanto impegnato per lui. Bene mi pare l’aver ordinato a Santa Elisabetha di seguire il Principe reale. Questi viaggi, che non possono lasciar di cagionarli spesa, meritano in vero qualche particolare riguardo. Ho visto con piacere la di lui lettera; già ho scritto ringraziando gl’elettori delle distinzioni a lui fatte, così non occorre che da costì si dia verun altro passo, bastando questo. Non comprendo perché né per dove aspettate quel fulmine che mi accennate dal vostro Giove, ma scorgo che tutto questo è effetto di quelle sopraccennate lettere che vi hanno inquietato la mente. Grazie a Dio stiamo tutti bene e dura la santa pace. Bisognia pure che vi dica qualche parolina della nostra buona vecchia [Elisabetta Farnese]. In Italia ne avevo formato concetto. Credevo, come tutto il mondo credeva, che fosse una donna di gran mente, ma trattandola mi sono disingannata: ella non è capace del menomo dettaglio, non sa valore ne prezzo di veruna cosa, giunge a tale segno che non conosce né sa nemmeno il valore di veruna moneta. tutto è un apparenza in lei ed in sapere ben discorrere sopra affari politici, interessi de principi, ed anche in questo stà imbevuta di certe massime che al mio piccolo cervello non entrano, di modo che Gamoneda è padrone di tutto. Egli fa e disfà; dice alla padrona tanto ci vuole ed ella amen. ora vedete come vanno bene le sue cose e come potevano andare quando governava questa povera monarchia. Mi dispiace che noi ora ne pag[hi]amo la penitenza. Non altro mi resta da dirvi se non che assicurarvi della mia constante benevolenza. Amalia. 1 Cioè, essere Argo Panoptes, il gigante figlio di Arestore che aveva molti occhi ed era, di conseguenza, un guardiano attento e molto efficace. Questa parola veniva usata anticamente per definire una persona molto accorta, come la regina fa in questa occasione. 2 Infatti, sul sentimento filofrancese di Carlo III scriveva Ferrer del río: «Nada mejor para España en circunstancias tales [quelle del 1759] que la neutralidad más estricta ante Europa. Lo comprendía así Carlos III y hablaba como soberano, explicándose de esta suerte: Sabes mi sistema, que es ser amigo de todos y hacerme respetar de ellos. Mas al decir alborozado: Ya sabrás la buena noticia que recibí anoche de la batalla ganada por los franceses junto a Quebec, soltaba la rienda a sus particulares afectos de hombre» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, p. 281). 3 Ciò nonostante, nel 1761 sarà rubricato il cosiddetto “tercer Pacto de Familia” fra la Spagna e la Francia, che ebbe come risultato, poco dopo, l’ingresso della monarchia spagnola nella guerra dei Sette Anni (1756-1763). Cfr. il citato PALACIo AtArD, El Tercer Pacto de Familia, op. cit. a p. 4, nota 5. XXI. tanucci - 26 febbraio 1760 155 4 Cfr. ancora AGS, Estado, libro 242, p. 106: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 19 feb. 1760. 5 Sulla Spagna e sulla russia nel Settecento, vedi Pedro VoLtES, Conexiones culturales entre España y la Rusia de Catalina II, in Carlos III y la Ilustración, op. cit. a p. 4, nota 8, vol. III: Educación y Pensamiento, pp. 391-5. 6 James Francis Edward StuArt (1688-1766), detto the Old Pretender, era il figlio di Giacomo II e VII (1633-1701), re d’Inghilterra e di Scozia, deposto dopo la Glorious Revolution del 1688. I sostenitori del re fondarono il cosiddetto movimento giacobita che, durato tutto il Settecento, sperò di restaurare i successori del deposto sovrano sul trono inglese (cfr. Paul k. MoNoD, Jacobitism and the English People, 1688-1788, Cambridge university Press, Cambridge 1989). The Old Pretender fu educato nell’esilio francese, dove gli Stuart furono accolti da Luigi XIV nel palazzo di Saint-Germain-en-Laye. Alla morte del padre, nel 1701, il nostro personaggio fu riconosciuto come Giacomo III re d’Inghilterra e VIII re di Scozia (cfr. La Cour des Stuarts à Saint-Germain-en-Laye au temps de Louis XIV, a cura di Edward CorP e Jacqueline SANSoN, réunion des Musées Nationaux, Parigi 1992; Edward CorP, La Maison du roi à Saint-Germain-en-Laye: 1689-1718, in «revue de la Bibliothèque nationale», 1992, n. 46, pp. 4-13; The Stuart Court in Exile and the Jacobites, a cura di Eveline CruICkSHANkS ed Edward CorP, Hambledom, rio Grande (ohio) 1995 ed Edward CorP; Edward GrEGG; Howard ErSkINE-HILL e Geoffrey SCott, A Court in Exile. The Stuarts in France, 1689-1718, Cambridge, Cambridge university Press, 2004). Nel 1717, Giacomo Stuart accettò l’invito di Clemente XI di stabilirsi a roma. Sposò nel 1719 Maria Clementina Sobieska (1702-1735). Alloggiati nel palazzo Muti con l’appoggio dei papi e di altri sovrani europei, rimasero nella capitale romana durante tutto il secolo (vedi The Stuart Court in Rome. The Legacy of Exile, a cura di Edward CorP, Ashgate, Aldershot 2003). Filippo V ed Elisabetta Farnese, così come Carlo di Borbone, ebbero un rapporto stretto con la corte degli Stuart a roma, come è documentato dai diversi carteggi intercorsi fra di loro; cfr. María Josefa CArPIo, España y los últimos Estuardo, universidad Complutense, Madrid 1952. XXI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 26 febbraio 1760*. Il giorno per noi festivo, qual è il corriero di Spagna che porti colle lettere sovrane le sicure notizie della salute delle Maestà Cattoliche nostro necessario e principale oggetto, principiò sabato a mezza notte. La domenica mattina udii della bocca del re, che leggeva la lettera materna, il pieno ristabilimento della Maestà Vostra, è tutta la lettera al solito degna della luce universale e d’eterna memoria. tutte saranno registrate in un libro che sia al re la più soave e la più insinuante guida della vita. Gode la Maestà Sua perfetta salute anche nel freddo straordinario che abbiamo trovato in Caserta1. Spero che il primo corriere porterà felicemente finiti tutti li raffreddori della famiglia reale e principalmente quello del re, il quale non ha potuto per grazia di Dio impedire la caccia quotidiana. 156 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Nelle lettere austriache mancava quello per cui si vuole un carteggio; cioè, il candore e la fermezza. Sovrastavano stimoli e se ne doveva temere irritazione. La Babilonia che Vostra Maestà dice vivacemente sarà stata creduta grandezza e decoro. umili e fervide grazie rendo colle Sicilie alla memoria che Vostra Maestà ci promette. Questo figlio amabilissimo la merita. Egli è, colli personali suoi pregi, una nuova cagione delle infinite nostre eterne obbligazioni agli augustissimi genitori. Nei giovani forse egli potrà rasciugar quelle lacrime che in noi vecchi non potranno giammai cessare. Ho ardito di scrivere al re un discorso che dopo pranzo domenica ebbi qui con Gray, il quale m’interrogò della pace2. Supplico Vostra Maestà ad impetrarmene il perdono. Quella semplicità che non è dispiaciuta a Vostra Maestà e che costi finora non si ravvisa è l’unico servizio che io ho potuto rendere al re. L’esser da Vostra Maestà conosciuta è un rarissimo dono di Dio, il quale mi par troppo per questa mia vita terrena, la quale non dovrebbe aver tali contenti e dovrebbe anzi scontar le colpe con quei dispiaceri che valessero ad evitar quelli dell’altra. Forse il dolce è condito col venirmi nel tempo del mio eterno esilio, nel quale non manca l’amarezza di conoscere un bene col quale io più non sono. Caraccioli sempre scrive che li francesi daranno Piacenza a turino. Dice che vogliono aver in Italia un amico che sia obbligato ad esser nemico di Vienna. Quest’ultimo è vero: con questo vero credo che conviene regolarsi. Se turino si fidasse d’esser sempre francese, alle Sicilie converrebbe la neutralità costante come a Venezia. Ma può avvenire che turino, pratico dell’incostanza francese, ascolti Vienna, che pensi a noi e spartisca con turino. Mi pare che bisognerebbe fissar Londra. Senza quel danaro Vienna non si muoverà e forse parlerà per danaro con Spagna, quando turino turbi col vento francese. Londra non ha in Italia interesse ch’ella non possa facilmente sacrificare alla Spagna. Petersburg è sempre ondeggiante e per la Porta è obbligata a star sempre con Vienna. La Francia non si può aver sicuramente quando si vuole. Avuta non si sa ove finirà ed ora è come Petersburg. Bisognerebbe aver finita Piacenza prima della pace, quando si possa finir con danaro per non lasciar quella fiaccola in mano ai francesi e a turino. Valdeparaiso mi ha fatto compassione. È morto mal a proposito per la sua reputazione, se egli aveva pure in mano con che purgarla. Mi sono scordato di scrivere al re3 che il rubion del santufizio pro- XXI. tanucci - 26 febbraio 1760 157 siegue quella malignità della lettera che umiliai alla Maestà Sua ultimamente e che il santufizio di roma mostra che quella corte dirige per la Bagnara4, per la Scurcola5 e per la causa del baron di Bitetto6 lunghe memorie a Sua Maestà Cattolica contro questo Consiglio di reggenza, che non l’ha voluta sentire. Non viene orto, forse malato. Forse anch’egli se ne andrà mal a proposito per quel suo desiderio. Mi par di dover includer colla cifra del Principe reale la confidenziale di Santa Elisabetta. La concordia e subordinazione totale del Consiglio sarà il Gloria Patri di questo mio, che io devo creder [esser un] tedioso salmo a [ossia per] Vostra Maestà. Implorandone il perdono mi prostro ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 139-42. 1 Il sito reale di Caserta fu voluto da Carlo e Maria Amalia e ideato da Luigi Vanvitelli, che fece i disegni e diresse i lavori dal 1751 in avanti. Nel 1760, Alvise IV Mocenigo, ambasciatore straordinario di Venezia a Napoli, lo descriveva in questo modo: «Sontuoso per verità, e sorprendente nientemeno è l’edificio, che ha intrapreso il re Cattolico d’eriggere della real Casa di Caserta; della quale per essere dalla pubblica fama resa notissima, non dirò altro, senonchè per la vastità della pianta, per l’ornamento della struttura, per l’ampiezza, per l’artifizio e per la vaghezza de’ giardini, per l’immenso e dispendiosissimo apparato de’ lavori inservienti e massime de’ longhi ed altissimi acquedotti prolungati atraverso di qualunque disastroso natural impedimento, ne dovrà risultare un oggetto di magnificenza degna del più gran monarca» (Alvise IV MoCENIGo, op. cit. a p. 46, nota 4, p. 187). tanucci continuava a descrivere a Carlo III i progressi della costruzione del palazzo, come per esempio nel dicembre 1759: «Caserta va crescendo, sicche la facciata di mezzogiorno è tutta alzata fino al piano reale. tutti li mezzanini fino all’imposta dalla volta son fabbricati dentro e fuori nel lato occidentale. Crescono li mezzanini anche a levante. Sorge il cortile che riguarda il teatro [di corte], nel quale i muri arrivano fino al collarino dei pilastri e colonne. Nella scala son fabbricati i muri fino al piano ove dovranno essere li basi zoccoli dei pilastri e colonne. Prosieguono li stucchi sotto il portico. Sopra il piano reale si vedono, a qualche altezza, tutte le divisioni dei muri. Piantate sono le due sale grandi delle guardie degli Alabardieri colle camere contigue per gli ufiziali. Nella valle son terminati que’ archi che mancavano e si va ad unire con fabbrica tutta l’opera all’acquedotto, che entra nel monte di Garzano» (AGS, Estado, libro 236, pp. 202-3: tanucci a Carlo III, Napoli 11 dic. 1759). La bibliografia su questo sito reale è legata a quella del suo più rinomato architetto, Luigi Vanvitelli, già citata a pp. 127-8. Comunque, sono da notare ancora soprattutto tre importanti lavori: Marcello FAGIoLo, Funzioni simboli valori della Reggia di Caserta, Mario Dell’Arco, roma 1963; Maria raffaella CAroSELLI, La Reggia di Caserta: lavori, costo, effetti della costruzione, Giuffrè, Milano 1968 e George L. HErSEy, Architecture, poetry and the number in the royal palace at Caserta, MIt, Cambridge (Mass.) 1983 (una sintesi nel suo Carlo di Borbone a Napoli e a Caserta, in Storia dell’arte italiana, parte III: Situazioni, momenti, indagini, vol. XII: Momenti di architettura, Einaudi, torino 1983, pp. 238-55); ed ancora Caserta e la sua reggia. Il museo dell’opera e del territorio, Electa, Napoli 1995; Casa di Re. La Reggia di Caserta fra storia e tutela, a cura di Giovanna PEtrENGA 158 Verso la riforma della Spagna: Carteggio e rosanna CIoFFI, Skira, Milano 2005 e Casa di Re. Un secolo di storia alla Reggia di Caserta 1752-1860, a cura di rosanna CIoFFI, ibidem 2005. 2 Gray scriveva su questo particolare a Londra, in cifra: «I have already informed you that His Catholick Majesty writes constantly with his own hand to the marquis tanucci. the king in his last letter assures him that he continues firmly resolved not to take part in the present war; that he intends to fortify Florida; to have a strong fleet; compleat his army and keep thirty thousands men in Catalonia. After having taken these measures for his own security, will wait patiently for the general peace, but that he suspects when this is accomplished, things will return into their old channel; the house of Austria will renew its antient alliance with England, and greatly apprehends one of the conditions of it will be to assist them in their views upon Italy, and particularly in recovering the kingdom of Naples. the marquis at the same time told me again that the king of Spain looked upon the declaration made at the Hague by prince Louis of Brunswick, as merely done to deprive him of the mediation, and was something dissatisfied at it» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 26 feb. 1760). 3 Vedi AGS, Estado, libro 242, pp. 134-9: tanucci a Carlo III, Napoli 26 feb. 1760. 4 L’abbazia di Bagnara era oggetto di un litigio giurisdizionale fra la corona napoletana e la corte papale. Secondo quanto segnalava torregiani al nunzio in Spagna, «l’Abbazia della Bagnara nel regno di Napoli, dopo varie vicende, era stata goduta per lo spazio di più secoli dai religiosi Domenicani, con la giurisdizione quasi episcopale esercitata dal Priore pro tempore di quel convento. Venne in capo l’anno passato ai regi ministri di crederla un padronato regio, e avendo fatta istanza in questa Dateria che si spedissero le Bolle a un certo Abbate Cristiani nominato da Sua Maestà, si ebbe difficoltà di accordarle [...]. Stava per tenersi una Congregazione deputata da Nostro Signore per esaminare [...; ma], tutto all’improvviso, si seppe che per via di fatto erano stati scacciati tutti i religiosi [...] e che col mezzo del Vescovo di Cefalù non solo ne era stato messo in possesso il regio nominato Abbate Cristiani, ma anche era investito della giurisdizione, della quale abusando, [...] ha commessi dei gravissimi attentati con scandalo. [...] Di questi fatti, come che successi negli ultimi momenti del soggiorno di Sua Maestà Cattolica nel regno [...], se ne ebbero le notizie solamente qualche tempo dopo la sua partenza» (ASV, Segr. Stato, Spagna, 431: torregiani al nunzio, roma 2 apr. 1760, citato in Ana SáNCHEz MoNtAHuD, La correspondencia del Cardenal Torrigiani con el Nuncio de España (1760-1762), in «revista de Historia Moderna. Anales de la universidad de Alicante», 1997, n. 16, pp. 111-28, in part. 113). Cfr. AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajos 209 e 323 e anche tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 517 e Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, ad indicem. 5 Dell’abbazia di Santa Maria della Vittoria, presso Scurcola, come per quella di Bagnara, erano in discussione con roma le rispettive condizioni giurisdizionali. tanucci scriveva a orsini a questo riguardo: «Per la Scurcola, e [per] tutto ciò che è Patronato regio, la reggenza è obbligata a seguir le istruzioni lasciate dal re Cattolico, le quali sono in questa materia si precise, che tolgono alla reggenza anche la facoltà di entrare in discorso» (AGS, Estado, libro 242, p. 42: tanucci al cardinale orsini [roma], Napoli 2 feb. 1760). Vedi anche tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 131 e SáNCHEz MoNtAHuD, Las relaciones entre Nápoles y la Santa Sede, op. cit. a p. 117, nota 4, p. 35. 6 Secondo quanto spiega chiaramente la Maiorini, «la causa del Barone di Bitetto (Biagio di Noia) con la Camera Apostolica concerneva la richiesta da parte del barone di essere soddisfatto di un credito di parecchie migliaia di scudi che vantava per aver somministrato nel 1748 dell’olio a mons. Clarelli, presidente della Grascia di roma, per conto della stessa Camera Apostolica. Il ricorso fu dapprima presentato dal Barone davanti al Magistrato di 21. Maria Amalia - 18 marzo 1760 159 Commercio e, poi, per invito di questo (probabilmente suggerito dalla Corte), davanti al tribunale di roma, che emise sentenza di assoluzione per la Camera. Il Barone ricorse di nuovo al Magistrato di Commercio, ed ebbe inizio una serie di reciproche dichiarazioni di competenza, che esprimevano sopratutto una situazione di rapporti politici; finché il Consiglio di reggenza, in base ad un ennesimo memoriale prodotto dal ricorrente, chiese di essere informato della questione, perché si potesse decidere al più presto, dato che S. M. C. aveva già mostrato tutta la parzialità possibile nei confronti della S. Sede. Copie della documentazione concernente la causa si trovano in ASN, Casa Reale Antica, Diversi, f. 858, inc. 292, insieme ad un Ristretto fatto dalla Segreteria d’Azienda per il Sig. Marchese Tanucci il 10 apr. 1760» (tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 316, nota 1). tanucci scriveva a Carlo III a questo riguardo: «Il commissario e don Giulio credono che il baron di Bitetto meriti la protezione del re pel suo grosso credito colla reverenda Camera e parlano di rappresaglia. Il Consiglio si va schermendo. Ha per ora ordinato a voce una sospensione al commercio per esservi un ordine del 1756 col quale Vostra Maestà disse che il barone accudisse ai tribunali di roma. Ha ancora detto a orsini che chiedeva a quei tribunali e sovrano copia degli atti. Dovrebbe veramente l’attore seguire il foro del reo. Per ora ho ottenuto dal Consiglio che il barone mostri e provi come ha accudito ai tribunali di roma a tenor del Dispaccio del 1756» (AGS, Estado, libro 242, pp. 170-1: tanucci a Carlo III, Caserta 4 mar. 1760). Vedi anche SáNCHEz MoNtAHuD, Las relaciones entre Nápoles y la Santa Sede, op. cit. a p. 117, nota 4. 21 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Complimenti &c. Riflessioni politiche &c. retiro, 18 marzo 1760. Con il solito contento ricevo la vostra lettera di 26 dello scorso mese per sentire da quella l’ottima salute di mio figlio. Quasi mi fareste insuperbire per la lode che fate alle lettere da me a quello scritta, ma non ne merito veruna lode mentre non è opera mia ma di Dio, perché altro studio non vi fò che, prima di principiarle, farmi il segno della Santa Croce ed invocare lo Spirito Santo, il quale diriga la mia penna nello scrivere e la mente ed il cuore. Del figlio, nel leggerle, non posso negare però che non so per qual cagione parmi aver assai più premura e tenerezza per lui hor ch’è lontano di quello ne avevo allorché l’avevo vicino, e quasi quasi anche più che per l’altri figli. Faccia Dio che ancor in voi, avanzati in età, egli in parte rasciughi quelle lagrime che vi cagiona la perdita del padre, vedendo rinate in lui le virtù e le altre buone qualità di quello. Ma quest’è un discorso che a tutti due noi cagiona, a quel che credo, ugual effetto; meglio è finirlo. Non avete mai bisogno che jo vi interceda perdono di ciò che scrivete 160 Verso la riforma della Spagna: Carteggio al re. Egli gradisce sempre molto le vostre lettere e particolarmente quei ragionamenti co ministri e cose simili. La Francia s’inganna a, mio parere, se crede farsi amica la corte di turino con darle Piacenza. Al primo vantaggio che potrà sperare da Vienna e Londra, sarà nuovamente con loro sempre. È stata così quella corte e sempre sarà così1. Cosa grande però è che la Francia non abbia più affatto parlato con noi su questo particolare. Londra ha bisogno di qualche colpo contrario, altrimente è intrattabile credendosi già padrona del mondo. Di Petersbourg si che non saprei che me ne fare; per noi ella è antica e necessaria alliata con Vienna, e poi nelle occasioni si vede che conto si puol fare sopra di lei. Anche qui dal santuffizio abbiamo qualche notizia delle lagnanze di roma sopra li tre accenati capi, ed anche questo cardinal nunzio2 ne ha detto qualche cosa, ma molto leggermente. Ho trovata complicata la cifra di mio fratello e la lettera di Santa Elisabetha, che vi rimando ed ho letta con piacere. Il Gloria Patri mi è molto grato, ma non mai tedioso il salmo. Grazie a Dio stiamo tutti bene, ma con un caldo come del mese di giugno e delle mosche peggio che a Portici; figuriamoci che sarà l’està. Conservate a noi un amico ed al figlio un fido ministro e vivete sicuro della mia benevolenza. Amalia. 1 Sulla monarchia sabauda nel Settecento, vedi Storia di Torino, vol. V: Dalla città razionale alla crisi dello Stato d’Antico Regime (1730-1798), a cura di Giuseppe rICuPErAtI, Einaudi, torino 2002. 2 Girolamo SPINoLA (1713-1784) fu nunzio in Spagna dal 1754 fino al 1760. Di origine genovese ed appartenente ad uno dei lignaggi più importanti del nord d’Italia, fu nel 1744 ordinato sacerdote e consacrato arcivescovo titolare di Laodicea. Fu nunzio a Colonia (17441753) e in Svizzera (1754) prima di passare in Spagna. Fu creato cardinale nel concistoro del 24 set. 1759: «Por Extraordinario, que llegò de roma el Jueves ultimo al Sr. D. Geronymo Spinola, Arzobispo de Laodicea, y Nuncio de su Santidad en estos reynos, se supo, que este Prelado havia sido comprehendido en la ultima Creacion de Cardenales, hecha por su Beatitud; y en el siguiente dia Viernes tuvo este nuevo Eminentissimo el honor de que la reyna Madre nuestra Señora le pusiesse la Virreta Cardenalicia» (Gaceta de Madrid, 9 ottobre 1759, n. 41, p. 328). Fu ricevuto da Carlo III il 21 gennaio di quell’anno: «Ayer Lunes admitio el rey nuestro Señor à su primera Audiencia privada al Señor Arzobispo de Laodizea, Nuncio de su Santidad en estos reynos, y en ella entregò à S. M. este Purpurado sus Cartas Credenciales» (Gaceta de Madrid, 22 gennaio 1765, n. 4, p. 31). Fu sostituito poco dopo quella data da Lazzaro opizio Pallavicini (1719-1785), arcivescovo titolare di Lepanto, ch’era stato nunzio a Napoli dal 1754 fino al 1759. Vedi ad indicem http://www.fiu.edu/~mirandas/essay.htm. XXII. tanucci - 4 marzo 1760 161 XXII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 4 marzo 1760*. Il freddo straordinario di Caserta e la necessità di starsene in casa, ad eccezione delle tre prediche, ha prodotto nel re una piccola tosse e un velo d’ipocondria, senza averne diminuito lo spirito col quale ricevè ieri il complimento e le credenziali dell’elettor palatino per Curtis1, e rispose colla solita proprietà e dignità. [Il corriere Pedro] Batani arrivò sabato 1º del corrente colle lettere sovrane di Vostra Maestà dei 12 del caduto e colle buone notizie della perfetta salute di Vostra Maestà e della quasi finita raucedine del re e dello stesso miglioramento di tutti li raffreddori che molestavano la real prole. Grazie infinite ne ho rese a Dio e moltissime ne rendo all’incomparabile clemenza colla quale Vostra Maestà si degna di contribuire a che io mi lusinghi d’esser presente ai piedi reali coll’immaginazione, ai quali io son sempre presente col cuore. Vedo quei poveri Segretari ridotti in vecchiaia ad un’attività inusitata e ridotti per paura. Cesserà la paura se vi adatteranno il cuore: l’amore, cioè la carità dipinta da San Paolo e da San Giovanni nelle lor lettere, farà deliziose quelle nuove fatiche come avviene al re, il quale, per amor di Dio, dei popoli e della Casa reale, con alacrità uguale alla saviezza procede velocemente alla gran riforma della Babilonia occidentale. Verranno a Clemente le convulsioni quando li suoi collegiali gli scriveranno quel conto che il re con nuovo esempio domanda talora al sacrosanto Consiglio di Castiglia. Egli impallidirà per quei suoi serafini, quali erano li collegiali privativamente destinati a star davanti a Dio nelli vescovadi e cariche ecclesiastiche e davanti al re nei Consigli. Quella lista separata dei collegiali, preferita da Muñiz per la provvista beneficiale, era una cecità abituale che richiedeva il miracolo di veder preferiti los manteados e farsi primi novissimi e novissimi primi. Gran cataratta gli sarà stata tolta dagli occhi come al cieco nato al redentore. La cosa dunque di don Michele2 era vera e la riforma dei collegiali dovrà aver luogo, e io gli resto obbligato e gli desidero bene. Il padre torre è un altro mio sangue freddo. Egli ha dovuto soffrire un fulmine per l’offizio non mai finito. Procurerò che due 7mane sia il tempo di questa tediosa espettazione e lo procurerò senza quel ritardo 162 Verso la riforma della Spagna: Carteggio d’Ercolano che, se farebbe fuggir Vostra Maestà, mi precipiterebbe nell’abisso. Devo correre questo benedetto Ercolano colla più flemmatica tartaruga delle Sicilie e col disputante più sofistico ed ostinato. tali sono Pasquale3 e Mazzocchi4. A questi coagoli vengono sul più bello le 14 miglia di Caserta e il solito padre torre. L’investitura è finita e si sono a forza di scalpello tolte due clausole assai dannose. una antica e solita ed esistente anche nell’investitura del 17385. L’altra moderna, ma peggiore assai dell’altra6. La croce colli candelieri di bronzo dorato saran fatti dentro due mesi. Ma Vostra Maestà mi ha punto il cuore coll’espressione come quello che stà nella cappella dell’appartamento ch’era mio di Portici7. Quell’era mio è l’immagine più tormentosa che mi si possa presentare. Ho creduto che Squillace mi abbia dato molti disgusti ma, riflettendo al mio temperamento, ho a sangue freddo sempre creduto ch’egli avrebbe ragione. Dopo però ch’egli è in Spagna, mi fa l’ostilità più atroce col dir nelle lettere el rey mi amo; e amo, tra le altre doti di Wall, quella carità cristiana colla quale mi scrive el Rey nuestro Señor. troppo poca cura della reputazione sarebbe l’imbrogliarsi il matrimonio di Parma [fra l’arciduca Giuseppe e l’infanta Isabella di Parma]. Qui lo trovo Neipperg più duro di prima nel finir quel trattato, come Vostra Maestà sentirà da Wall8. Non so se perch’ei sia stato ripreso dalla sua corte, se perché egli si sia cominciato a piccar di bravura, se finalmente sia qualche mira nella sua corte d’allungar questo filo ch’ella ha preteso di giuocare fin da principio della guerra proponendo matrimoni e trattati per tener a bada. Spero che nella prossima 7mana io avrò scoperto più paese o terminato felicemente l’affare. La nostra concordia è sempre maggiore e costante la subordinazione non solamente agli ordini del re ma a tutto quello che è conseguenza della maniera di pensare della Maestà Sua. Vorrei che il re non veduto ci vedesse ed ascoltasse, come il Gran Signore, il Divano. Sono lunghi li Consigli, li quali nei tre giorni nei quali si tengono mattina e notte non durano meno di 8 ore e quattro costantemente quelli che si tengono la sola mattina. tutto vi si disputa di buona fede e il “quagliare”, che [come] dicono i napoletani [ossia, arrivare a render solida la “cagliata”, quindi pervenire ad una concreta decisione], è tardo per timor di Dio e del re. Marazzani9 torna alla carica col foglio acchiuso. Si aggiungono altri notiziari ai già venuti. tardi mi accorgo che questa lettera è sullo stile dei XXII. tanucci - 4 marzo 1760 163 tediosi nostri Consigli. Ah, è troppo bello il tempo per dello scriverla[!]. un poeta italiano, d’una sua estasi che finí, disse «Poco mancò che non rimasi in cielo»10. Bisogna prender terra, e questa nostra abbandonata e trista è nel modo che si può restar ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 159-61. 1 Il marchese Michele DI CurtIS era il residente plenipotenziario a Napoli dell’Elettore del Palatinato, con il quale la corona napoletana aveva un legame giuridico particolare: cfr. SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. I, pp. 174-5. Contemporaneamente a questa lettera, tanucci scriveva a Carlo III: «Ieri vivacemente rispose a Curtis per le credenziali dell’Elettor Palatino» (AGS, Estado, libro 242, p. 169: tanucci a Carlo III, Caserta 4 mar. 1760). 2 Miguel Antonio de la GáNDArA y PérEz (1719-1783) fu un giureconsulto al servizio del re di Spagna. Nel 1750 fu eletto agente general e procurador di Spagna a roma, con l’incarico della gestione di tutte le grazie e mercedi che si dovevano negoziare con il papa. Nel 1758 fu sostituito da roda, futuro segretario di Stato e del Dispaccio di Grazia e Giustizia di Carlo III, e si recò a Napoli, dove conobbe i futuri re di Spagna (la sua corrispondenza con Madrid da giugno 1758 fino a gennaio 1759 si trova in AGS, Estado, legajo 5865, folios 179-185). Passò a Madrid con i nuovi regnanti, essendo eletto escopetero del re nel 1760 e rimanendo vicino ai sovrani. In buoni rapporti con i gesuiti, cadde in disgrazia e fu processato dopo il motín de Esquilache del 1766 a Madrid. Su questo importante personaggio, vedi i lavori di Jacinta MACíAS DELGADo, El abate Gándara y la reconstitución nacional de España en el siglo XVIII, vol. IIV, tesi di Dottorato, universidad Complutense, Madrid 1986; Un santanderino en la corte de Roma: Miguel Antonio de la Gandara, agente de preces, in «Altamira. revista del Centro de Estudios Montañeses», 1986-1987, n. 46, pp. 101-71; La agencia de Preces, op. cit. a p. 69, nota 4 e Miguel Antonio de la Gándara in Economía y economistas españoles, vol. III: La Ilustración, a cura di Enrique FuENtES QuINtANA, Galaxia Gutenberg-Círculo de Lectores, Barcellona 1999, pp. 175-84. Questa autrice ha anche curato l’edizione del volume di GáNDArA: Apuntes sobre el bien y el mal de España, Ministerio de Hacienda, Madrid 1988. 3 Pasquale CArCANI (1721-1783) fu un giurista, letterato napoletano e membro fondatore dell’Accademia Ercolanese. Secondo il marchese di Villarosa: «Il Carcani, mostrando fin dalla puerile età una perspicacia non ordinaria, meritò da’ suoi educatori tutta la cura ed attenzione. rapidamente percorsi i nojosi precetti grammaticali, ed appresa indi la rettorica, presto cominciò la carriera degli studii matematici, con la guida, del rinomato Mario Lama, professor di Fisica nella r. università, e del P. Nicola Carcani, suo germano Chierico regolare delle Scuole pie». Essendo ancora molto giovane, fu nominato membro dell’Accademia Cosentina e frequentò la casa dell’avvocato Girolamo Pandolfelli, dove si riunivano diversi uomini di lettere, e fu indicato col nome di Sofista Pericalle. Secondo Villarosa, «essendosi fatto abbastanza palese il merito non volgare del Carcani, il Marchese tanucci, vero estimatore degli uomini forniti di dottrina, lo destinò per ufficiale della sua Segreteria degli affari esteri e della r. Casa. In questa novella carica fu da quel saggio Ministro adoperato negli affari più rilevanti, che furono da lui maneggiati con massimo zelo e con somma circospezione» (Carlantonio DE roSA, marchese di Villarosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del Regno di Napoli, parte II, Dalla Stamperia e Cartiera del Fibreno, Napoli 1834, pp. 64-8, per ambedue citazioni). Diventato uomo di fiducia del tanucci, questo lo farà nominare fra i quindici membri fondatori dell’Accademia Ercolanese nel 1755. Come indica Lalande, Carcani fu «le principal rédacteur des Antiquités d’Herculanum» (Jérôme de LALANDE, Voyage d’un françois en Italie, fait dans les années 1765 & 1766. Contenant l’Histoire & les Anecdotes les plus singulieres de l’Italie, & sa description; les Moeurs, les Usages, le Gouverne- 164 Verso la riforma della Spagna: Carteggio ment, le Commerce, la Littérature, les Arts, l’Histoibutlerre Naturelle, & les Antiquités; avec des jugemens sur les Ouvrages de Peinture, Sculpture & Architecture, & les Plans de toutes les grandes villes d’Italie, tome VI [Naples], Chez Desaint, Venezia 1769, p. 370). Per il sarcastico commento di tanucci deduciamo che Carcani doveva essere abbastanza lento nel fare questo compito. Vedi anche Pasquale CArCANI, Paschalis Carcani vita, typis raymundianis, Napoli 1784 e CAStALDI, op. cit. a p. 125, nota 15, p. 104. 4 Alessio Simmaco MAzzoCCHI (1684-1771) fu un rinomato antiquario meridionale e membro fondatore dell’Accademia Ercolanese. Secondo Cardella: «Egli fu versatissimo nelle lingue Greca ed Ebraica, col sussidio delle quali unito ad un acuto ingegno e ad un vasto sapere, si fece strada nell’immenso regno dell’antichità ed erudizione sacra e profana, e vi signoreggiò quasi da Dittatore» (Giuseppe CArDELLA, Compendio della storia della bella letteratura greca, latina, e italiana ad uso degli alunni del seminario e collegio arcivescovile di Pisa, tomo III, parte III, Presso Sebastiano Nistri, Pisa 1817, p. 168). Proveniente da una famiglia modesta di Capua, intraprese la carriera ecclesiastica laureandosi in teologia nel 1713, ma anche sviluppando un forte interesse verso le antichità e gli studi archeologici. Pubblicò molte opere riguardanti la storia antica della città di Capua, come il suo rinnomato In mvtilvm campani amphitheatri (1727), che gli attribuì fama a livello europeo. Come segnala Navarro, «La prima opportunità che gli si offrì fu l’essere vivamente premurato dagli ufficiali municipali di Capua a dar comento di una elegante iscrizione latina scolpita in una lapide marmorea mutilata in ambo i lati, rinvenuta nell’anfiteatro campano, in qual disimpegno tanto si distinse che procurossi cospicua celebrità oltre l’Italia, non mancando di farne onorevole menzione il zeo, ed il Muratori» (Gaetano NAVArro, Le biografie dei più celebri scrittori che han trattato delle catacombe da servire d’illustrazione alla prima parte della Filumena, Stabilimento tipografico dell’Ancora, Napoli 1855, p. 63). Canonico del capitolo capuano, nel 1732 ne diviene decano, ma nel 1735 fu scelto per essere cattedratico di Sacre Scritture e teologia dell’università di Napoli, diventando anche canonico del capitolo napoletano. Fu scelto, con Carcani, fra i quindici membri fondatori dell’Accademia Ercolanese istituita nel 1755, aiutando in tale veste il padre Piaggio nella decifrazione dei papiri ercolanesi. Nel 1757 fu nominato associé libre dell’Académie royale des Inscriptions et Belles-Lettres di Parigi (http://www.aibl.fr/index.html). Su Mazzocchi, cfr. CAStALDI, op. cit. a p. 125, nota 15, pp. 191-3; Emilio DE tIPALDo, Biografia degli italiani illustri nelle Scienze, Lettere ed Arti del secolo XVIII e de’ contemporanei, compilata da letterati italiani di ogni provincia e pubblicata per cura del professore Emilio di Tipaldo, Volume Decimo, Dalla tipografia di Gio. Cecchini, Venezia 1845, pp. 187-99; Giuseppe GuArINo, Vita ed opere di Alessio Simmaco Mazzocchi, La Minerva, Caserta 1908; Alessio Simmaco Mazzocchi e il Settecento meridionale, a cura di Pietro BorrAro, Palladio, Salerno 1979; Alberto PErCoNtE LICAtESE, Alessio Simmaco Mazzocchi, Edizioni Spartaco, Santa Maria Capua Vetere 2001 e Giovanna CESErANI, The Antiquary Alessio Simmaco Mazzocchi: Oriental Origins and the Rediscovery of Magna Graecia in Eighteenth-Century Naples, in «the Journal of the History of Collections», a. XIX, 2007, n. 2, pp. 249-59. 5 Sull’investitura di Carlo di Borbone nel 1738, cfr. SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. I, pp. 175-200 e AJELLo, La vita politica napoletana, op. cit. a p. 29, nota 4, pp. 619-28. 6 tanucci aveva già scritto precedentemente a Carlo III al riguardo dell’investitura: «L’Investitura è finita. tutti li cardinali dissero Placet nel Concistoro. Delci, Spinelli e Paolucci si diffusero nelle lodi di Vostra Maestà e nel vantaggio e convenienza della Santa Sede in questa investitura. Spinelli si distinse anche tra li tre. tirati tutti li conti compresi anche li regali indispensabili, la spesa è stata di 3440 ducati napoletani, siccome, tutto considerato, quella del 1738 fu 12380. Li regali sono stati a Cavalchini porcellana di Vostra Maestà del valore di 233 ducati e di 50 zecchini a Centomani» (AGS, Estado, libro 242, p. 58: tanucci a Carlo III, Na- 22. Maria Amalia - 24 marzo 1760 165 poli, 5 febbraio 1760). Il testo dell’investitura in latino è in Appendice XX. Bolla dell’investitura delle Sicilie conceduta nel 1760. dalla S. M. di Clemente XIII. alla Maestà del regnante Ferdinando IV. Dall’Archivio di Castel S. Angelo, in Stefano BorGIA, Breve istoria del dominio temporale della Sede Apostolica nelle Due Sicilie descritta in tre libri, Seconda Edizione, roma 1789, pp. 78-90. Vedi anche MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, pp. 295-305 e SáNCHEz MoNtAHuD, Las relaciones entre Nápoles y la Santa Sede, op. cit. a p. 117, nota 4. 7 Cfr. la Lettera 16 del 12 feb. 1760. 8 Vedi AGS, Estado, legajo 6091, folios 309-318, contenente la lettera originale di tanucci a Wall (Caserta, 4 marzo 1760, folios 312-313) e la copia di risposta di Wall a tanucci (Buen retiro, 25 marzo 1760, folios 310-311), così come altri documenti, come la Copia di viglietto scritto al Conte di Neipperg sugli articoli separati da aggiungersi al Trattato (folios 314-316). Questa lettera di tanucci del 4 marzo è anche a AGS, Estado, libro 242, pp. 172-5. 9 Il conte Corrado MArAzzANI, brigadiere, era ministro per il fondo dei Lucri (tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 388). Marazzani era anche capitano delle Guardie Italiane del re delle Due Sicilie (cfr. il volume Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, ad indicem) ed era stato nominato maresciallo di Campo il 30 set. 1759 (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 75). Su di lui scrisse tanucci: «Il Fondo de’ Lucri è venuto in buon stato. Marazzani e otero hanno chiesto una pensione per le loro efficaci cure nel ristabilimento di questo fondo. Si è creduto soldo miglior che pensione, perché questa resterebbe quando quelli ottenessero d’esser dimessi dalla incumbenza, e si è dato loro il soldo di ducati 10 il mese» (AGS, Estado, libro 243, folios 102r-v: tanucci a Carlo III, Napoli 12 agosto 1760). 10 Il verso citato da tanucci «poco mancò ch’io non rimasi in cielo» è quello finale della composizione del Petrarca incluso nel suo Canzionere come Sonetto CCLXI: «Levommi il mio pensier’ in parte ov’era/ Quella ch’io cerco, e non ritrovo in terra:/ Ivi fra lor che’l terzo cerchio serra,/ La rividi più bella, e meno altera./ Per man mi prese, e disse; In questa spera/ Sarai ancor meco, se’l desir non erra:/ I’ son colei che ti die’ tanta guerra,/ E compie’ mia giornata inanzi sera:/ Mio ben non cape in intelletto umano:/ te solo aspetto; e quel che tanto amasti,/ E laggiuso è rimaso, il mio bel velo./ Deh perché tacque, ed allargò la mano?/ Ch’ al suon de’ detti sì pietosi, e casti/ Poco mancò ch’ io non rimasi in Cielo». Il testo qui trascritto riproduce l’edizione veneta, contemporanea del tanucci, Le Rime di M. Francesco Petrarca riscontrate con ottimi esemplari stampati, e con somma diligenza corrette, con la tavola di tutte le rime del Canzoniere ridotte coi versi interi sotto le lettere vocali, Presso Giuseppe Bortoli, Venezia 1739, p. 215. 22 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Loda il corso della giustizia di quei regni. Vero tutto ciò che don Michele la Gandara avea detto quà dei collegiali e manteisti. Officio della Madonna. Il Re è contento del progresso dell’Erculano. Complimento per la terminata investitura. Trattato con Vienna. Raccomanda Marrazzani per la Gran Croce. retiro, 24 marzo 1760. Sono obbligata ad anticipare le mie lettere essendo domani una giornata tanto occupata che non avrei tempo da scrivere1. Il tempo, essendosi 166 Verso la riforma della Spagna: Carteggio accomodato, giungono anche li corrieri più regolarmente. Giunse dunque quello con le lettere del 4 corrente sabato mattina. Non credo che sia necessario il estendermi per farvi comprendere qual sia il piacere che provo quante volte mi portano tante buone nuove della salute del mio figlio. un poco di catarro è frutto di stagione, molto più con gl’orridi tempi che costi corrono; così questo non mi dà nessun pensiere. Grazie a Dio qui non ci sono più ne catarri ne raucedini, ma tutti godono ottima salute. Ben chiamate questa corte la Babilonia occidentale; vi assicuro che tal’è ed ogni giorno più si conosce. Non pare che qui ci sia stato mai né padrone né governo, toltene il corso della giustizia che non si puol negare che non stà mal regolato per quanto fin adesso si puol conoscere. Don Michele [de la Gándara] non a aggiunto una jota di suo a cio che vi disse de collegiali e manteisti. Hora si tocca con mano, ma poco a poco con la buona maniera del re questo ancora si rimedierà. Godo che vi sia speranza di aver in breve il mio offizio [della Madonna]. Molto lunghi sono statti li tre mesi del padre torre ne quali promise terminarlo nell’agosto dell’anno passato. Vi compatisco assai per l’opera d’Ercolano d’aver a fare con quella tartaruga e quel sofistico disputante, ma posso dirvi che il re stà hora molto contento del passo a che va2. Grazie a Dio che l’affare dell’investitura si sia finita bene, come già avevo inteso dalle antecedenti, e ringrazio la vostra vigilanza che non vi sieno state poste quelle due clausole tanto dannose. Solit’uso della corte di roma il procurare con qualche sutigliezza o espressione sorprendere le corti secolari; uso, cred’jo, introdotto allor che questi chiamavano il chierico per far leggere ciò che essi non sapevano. Spiacemi avervi recato un altro involuntario dispiacere con quelle espressioni era mio del quarto di Portici. Vi assiccuro che non meno mi dispiace a me, non già perché vorrei possedere l’uno e l’altro regno – quest’avidità non ha trovata mai luogo nel mio cuore e non ho mai desiderato altro se non che assicurarlo a uno de miei figli –, ma bensì perché per il mio povero particolare stavo molto più contenta con quel piccolo regno che non con questi vasti domini, de quali ben conosco che non mai potrò godere, mentre se ben, come spero, Dio ci fa la grazia di rimetterli e sbarbarirli un poco, di che ci è gran bisogno. Vedo che forse non basterà la mia vita per vederne l’effetto. XXIII. tanucci - 11 marzo 1760 167 Non posso negarvi che mi ha fatta ridere l’altra espressione dell’ostilità di Squilace per scrivervi El rey mi amo. Egli certo che non avrà fatta riflessione a questa espressione molto naturale per lui e forse sempre usata. Ho visto quanto avete scritto a Wall sopra il trattato con Vienna, solita maniera di trattare di quella corte3. Dio ci liberi aver affare con lei. Vorrei vedere conchiuso quest’affare e poi non mai più sentirne il nome. E certo ch’io a bordo del vascello promisi a Marazzani di scrivere a suo favore, e se non l’ho fatto è stata dimenticanza. Anche per sentimento del re merita la gran croce. Il povero orto per la sua infermità non puol darci le notizie che raccoglie da quell’oracolo del mondo politico, ciò che molto mi dispiace. Seguita a fare qui un caldo eccessivo per la stagione ed il sole è, a parer mio, al doppio più scottante che in Italia. Finisco assicurandomi della mia benevolenza. Amalia. 1 Infatti, la lettera dovrebbe essere stata scritta dopo sette giorni dopo l’altra, il 25 marzo invece che il 24. 2 Vedi Lettera 23: Carlo III a tanucci, Buen retiro 25 marzo 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 80. 3 Probabilmente Maria Amalia si riferisce alla lettera di tanucci a Wall del 4 marzo 1760, conservata in AGS, Estado, libro 242, pp. 172-5. XXIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 11 marzo 1760*. Celeri sono state col corriero dei 19 del passato le lettere sovrane di Vostra Maestà. Il venerdì 7 arrivarono a consolarci colla lieta notizia della prospera salute della Maestà Vostra e di tutta la reale famiglia. Abbiamo la stessa benedizione di Dio in quella perfetta e vivace di questo monarca. La grazia, lo spirito, la gravità a tempo, il parlar franco e a proposito del tempo e delle persone è la meraviglia nostra e delli ministri stranieri. Dio lo aveva fatto pel trono e pel trono italiano la scelta sembra, come è, opera sua. La risposta del re all’Inghilterra sull’affare di Piacenza ha sedata la mia inquietudine. Quei signori di turino sperano nella Francia secondo quel che costantemente scrive Caraccioli. Forse neppur parlano li francesi per non essere obbligati a concorrere nell’equivalite. Intanto si fanno merito con turino e pretenderanno che sia questa una prudenza per mante- 168 Verso la riforma della Spagna: Carteggio nere amica quella corte e trattenerla da qualche risoluzione. Non è cosa più atta a mostrar lo stato infelice della Francia che questo suo timore dei piemontesi. La lettera lorenese al re Giorgio è un altro argomento della fretta francese e del pasticcio che stanno per fare1. una cifra d’Albertini degli 8 febbraio fa sperare che anche Prussia non ne possa più e che sia in pericolo di far colle Imperatrici [d’Austria e della russia] e colla Francia una pace particolare2. Vostra Maestà ascolterà da Wall finito il trattato con Neipperg3. Ho per esso bisogno di qualche perdono che spero. Mi è fino all’ultimo rimasta accesa la fantasia con quella vantaggiosa e irregolare successione della principessa Isabella4. Viene una cifra che mi sembra del Principe reale. Il tuono del re ha frenato nei gradi militari. Sangro ne ha deposta la prodigalità. Li matrimoni di Viggiano5 e di Bruzzano6 producono ogni giorno qualche nuovo affare al Consiglio. Vedo che di qua molto si scrive. Probabilmente diranno che rubion vende li mobili, che se ne va senza prender congedo, che Caraccioli pur parte da torino. Le ciarle son così universali che rubion si stimò obbligato domenica a giustificarsi. Il vero è ch’egli ha avuta la licenza per tre mesi. Anche l’ambasciator di Francia prima d’arrivare ha avuta la licenza per un anno di tornarsene in Francia. Non so se io deva dire che Pappagalli a 25 del passato era in Lione con cavalli tutti sani e in ottimo stato7. Ciò ricavo da una di lui lettera, ma dovrei credere che la stessa notizia dovesse essere arrivata già. Giovedì il ministro di Lucca8 presentò la lettera della sua repubblica al re. Vorrebbe il ritratto, non l’anello. Il Consiglio è per ora diviso. Allega Lucca un vecchio esempio che si esaminerà. Probabilmente si seguirà l’ultimo fatto del re. Del danaro, che già avanza alli sacri 200m., San Nicandro vorrebbe che si ricomprassero alcuni fiscali venduti nel mese di settembre e d’ottobre, o forse d’agosto, che non si sa bene. Io titubo, perché non vorrei tanta gloria della reggenza su quella del governo del re, sicché titubai nell’erezione della giunta9 che si volle per proporre li mezzi d’alleggerire le università10. Ci sarà tempo. Mala intenzione non vi è, ma si procede a linee rette e se si volesse propor qualche curva, la quale sia combinabile colla coscienza, o non s’intende o si rifiuta con poco decoro di chi ha proposto. XXIII. tanucci - 11 marzo 1760 169 Supplico Vostra Maestà del suo sovrano oracolo e mi prostro ai pedi reali di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 242, pp. 191-2. 1 A questo riguardo particolare, il sovrano spagnolo scriverá a tanucci: «tienes mucha razon quanto me dizes sobre Plasencia para lo qual haré quanto pueda, bienque temo como tu la sed que tienen los franceses de la paz como demasiado lo demuestran, y ya avia visto la carta que me citas del rey Estanislao al rey Britanico, a lo qual deves añadir los pasos de Afri y york en olanda lo que me haze crer que no tardaremos en ver uno de los pasteles que acostumbran hazer, bien que siempre hazen mil protestas de que no haran nada sin decirmelo a mi, lo qual creo creheran no faltar con decirmelo quando ya no tenga remedio» (Lettera 24: Carlo III a tanucci, Buen retiro 1 aprile 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 82). 2 Ancora il re di Spagna aveva scritto a tanucci: «Veo quanto me dizes que te escrive San Severino, y te diré que parece segun los pasos que dá el ministro inglés en olanda con el de Francia que tambien la Inglaterra empieza a desear la paz, pero es menester aun esperar para ver si no es una ficcion para hir ganando tiempo, y ver el exito de la nueva campaña» (Lettera 23: Carlo III a tanucci, Buen retiro 25 marzo 1760 in ivi, p. 79). 3 Il trattato è quello sopraccennato del 3 ottobre 1760 fra Carlo III e Maria teresa, negoziato da tanucci e Neipperg a Napoli (cfr. il sopraccennato CANtILLo JoVELLANoS, op. cit. a p. 74, nota 3, pp. 464-7). Vedi anche AGS, Estado, legajo 6091, folios 303-308, contenente la lettera di tanucci a Wall (Caserta, 11 marzo 1760, folios 306-308) e la copia di risposta di Wall a tanucci (Buen retiro, 1 aprile 1760, folios 304-305). La lettera di tanucci a Wall dell’11 marzo si trova anche in AGS, Estado, libro 242, pp. 200-5. 4 Su questo e sull’irregolare successione di Parma, cfr. AGS, Estado, libro 236, pp. 33342: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 15 gen. 1760, dove tanucci spiega minutamente tutti i particolari. 5 tanucci accenna ai problemi delle future nozze di Maria Francesca di Sangro (17471812), principessa di Viggiano e ricca ereditiera, che era decisa a farsi suora (cfr. AGS, Estado, libro 236, p. 323: tanucci a Carlo III, Napoli 8 gen. 1760; AGS, Estado, libro 236, p. 360: tanucci a Carlo III, Napoli 15 gen. 1760; AGS, Estado, libro 242, p. 29: tanucci a Carlo III, Napoli 29 gen. 1760 e Lettera 15: Carlo III a tanucci, Buen retiro 29 gennaio 1760 e Lettera 37: Carlo III a tanucci, Buen retiro 1 luglio 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 62 e 111, rispett.). Cfr. anche AGS, Estado, legajo 5871, folios 99-101 e tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 116, nota 2. 6 Il giurista toscano si riferisce al matrimonio di olivia Doria (1745-1779), figlia della duchessa di tursi, di origine genovese, con Vincenzo Carafa, principe di roccella e duca di Bruzzano. tanucci scriveva a Carlo III: «Al matrimonio di Bruzzano il padre mette sempre impedimenti» (AGS, Estado, libro 242, p. 170: tanucci a Carlo III, Caserta 4 marzo 1760). Il re spagnolo rispondeva: «Veo quanto me dizes sobre el matrimonio de Bruzzano, y creo que devan cortar los impedimentos que siempre le pone su padre» (Lettera 23: Carlo III a tanucci, Buen retiro 25 marzo 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 79). Cfr. anche AGS, Estado, legajo 5867, folio 66 e tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 17601761, op. cit. a p. 45, nota 2, pp. 177 e 206. 7 tanucci parla dei 42 cavalli e 26 giumente inviati da Napoli in Spagna per ordine di Carlo III prima della sua partenza nell’ottobre 1759 e che erano stati inviati sotto la supervisione del cavallerizzo di campo Luigi Pappagalli (AGS, Estado, legajo 5866, folios 86 e 122126; legajo 5867, folio 11 e legajo 5871, folios 14, 15, 16, 26 e 27). Poco prima di questa 170 Verso la riforma della Spagna: Carteggio lettera, tanucci aveva scritto a Aci: «Caraccioli mi scrisse 20 giorni sono che i cavalli del re erano felicemente passati in Montcenis, e circa 30 giorni me ne aveva scritta la partenza da turino in buono stato. Come Caraccioli scrive a Wall il duplicato delle lettere d’offizio ch’egli scrive a me, io non ho stimato d’allungar le mie lettere con tali notizie ch’io supponeva superflue. In turino li volle vedere il duca di Savoja» (AGS, Estado, libro 242, p. 166: tanucci al principe di Aci [Madrid], Caserta 4 mar. 1760). 8 Il marchese SANtINI era l’inviato straordinario della repubblica di Lucca a Napoli. Vedi Lettera 25: Carlo III a tanucci, Buen retiro 8 apr. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 84. 9 La giunta d’Allivio, detta del Sollievo dalla regina Amalia, era stata istituita il 3 gennaio 1760 per aiutare a risolvere i gravi problemi finanziari che pesavano sulle università del regno di Napoli. Cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 23, nota 13 e MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, p. 421 ss. 10 Sulla Junta de Alivios o del Sollievo scriveva Carlo III a Bernardo tanucci: «Veo quanto me dizes sobre la Junta de alivios en lo qual tienes infinita razon, y espero lo que me avisaras de sus resultas, y mejor huviera sido que primero hubieran pensado en abastecer las provincias, pues veo lo que me dizes ques estava sucediendo en Leche, y no los puedo condenar en lo que halli han echo, pues el hambre es una fuerte cosa que no dá tiempo a nada, y mucho menos a esperar y reflexionar» (Lettera 21: Carlo III a tanucci, Buen retiro 11 mar. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 74). 23 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Francia vuol la pace. Braccialetti regalatile dal re di Francia. Successione di Parma nel trattato. Viggiano. Bruzzano. Rubion e Caraccioli. Cavalli e giumente. Ministro di Lucca. Fiscali ricompra. Deposito segreto. Giunta d’Allivio. Unione della Reggenza. retiro, 1º aprile 1760. Non saprei spiegarvi quanta sia la mia consolazione non solamente per le prospere nuove che continuamente mi date della salute di mio figlio, ma molto più per sentire come si comporta. Veramente vi si conosce l’opera di Dio che nascere l’ha fatto pel trono; e pel trono italiano, come voi saviamente lo distinguete. Ed a proposito di questo voglio dirvi per vostra consolazione che qui Carlo incontra moltissimo con la nazione e generalmente vanno pazzi per tutt’i ragazzi lodando Dio di questa benedizione mandateli. La Francia vuol la pace ad ogni costo. Già è accesa la fantasia di quella furiosa nazione, perciò saranno capaci di far qualsisia viltà: beato chi ha parte con loro. Bisogna pure che jo vi scriva ciochè a me stà succedendo con loro. Già vi è noto li gran preparativi, anche di regali, che stava fa- 23. Maria Amalia - 1° aprile 1760 171 cendo quella corte per il nostro decantato passaggio per Lyon1. ora poco dopo qui arrivati questo monsieur d’ossun fece diverse scoverte per vedere se poteva farmi accettare quello che per me era destinato; jo sempre mi andai schermendo alla meglio. Finalmente, e per abbreviare, mi sono vista comparire una scatola per parte di mia sorella2 con una sua lettera nella quale mi prega di accettare per mano sua un piccolo segno d’amicizia del più prossimo parente di mio marito e suo suocero. Questa bagatella è un paro di braccialetti ch’io stimo del valore di 200m. scudi di Napoli. Sono bellissimi, ma non posso negare che più obbligata gli sarei rimasta se gl’avesse regalati alla nuora che a me3. Ed adesso bisogna impazzirsi per cogliere un’occasione da fare un equivalente regalo, mentre non voglio certamente rimanere con questa obbligazione. Benedetto sia Dio ch’è finito il trattato con Neipperg. La successione irregolarissima stabilita per Parma è un chiaro segno del disinteresse di quella corte, ma il male se lo hanno fatto loro stessi e non noi4. Non dubito che li matrimoni di Viggiano e Bruzzano vi daranno da fare: sono noti li rispettivi cervelli di padre e madre. La cifra era di mio fratello. Erano giunte fin qui le ciarle su li congedi di rubion e Caracciolo, ma jo, che so il vero delle cose, me ne sono risa. Li cavalli erano giunti il 21 marzo in Barcelona; le giumente vengono più dietro, perché diverse hanno partorite per la strada, ma vengono bene loro e li poledrelli. Per il ministro di Lucca, quando si osservi l’ultimo esempio del re, non si puol sbagliare. Se si vogliano ricomprare li fiscali ultimamente venduti col denaro sovravanzato i 200m. del deposito, non è se non che ben fatto, come tutto quello che si faccia in vantaggio del pupillo. Quella benedetta Giunta di Sollievo, a dirvela in confidenza, si che mi parve un poco intempestiva. Quanto mi consola ciò che dite della regenza. Prego Dio che mantenga nella mente e nel cuor di tutti quello spirito d’unione e rettitudine che al presente vi regna. Ed a voi assicura della mia vera benevolenza. Amalia. [P. S.:] Dimostrate al buon Caputo il mio gradimento per le esatte relazioni ch’ei mi manda della fabbrica di Portici, rallegrandomi di vederla così bene avanzata. 172 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 1 In un primo momento, Carlo aveva pensato a fare il passaggio da Napoli in Spagna attraverso Francia, ma lo fece in nave, come si è visto. 2 MArIA JoSEPHA kAroLINA VoN SACHSEN (1731-1767) era la moglie di Luigi, delfino di Francia e figlio primogenito di Luigi XV. Era figlia di Augusto III di Polonia e, di conseguenza, sorella di Maria Amalia. 3 Sulle intenzioni politiche di questo regalo, cfr. NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Aranjuez 9 giugno 1760. Sugli interessi politici negli scambi di regali nel Settecento europeo, cfr. Cordula BISCHoFF, Complicated Exchanges: The Handling of Authorised and Unauthorised Gifts, in «the Court Historian», a. XIV, 2009, n. 2, pp. 133-48 ed anche gli altri saggi di questo volume monografico intitolato Gift-Giving in Eighteenth-Century Europe. 4 Sembra eccessiva l’animosità di Maria Amalia verso la politica estera perseguita da Parma, ma aveva motivi per sospettare del doppio gioco svolto dai suoi cognati, il duca Filippo e la di lui moglie Luisa Elisabetta, figlia di Luigi XV. Dobbiamo ricordare che Coxe ci spiega che alla corte di Madrid c’era un gruppo filofrancese che aveva candidato Filippo a succedere come re di Spagna a Ferdinando VI. Lo storico inglese scriveva: «these machinations, first discovered by the capture of the papers of Augustus the third, in 1756, were afterwards traced by the intelligence of the british in other quarters. At this distance of time, and in transactions of so mysterious a nature, it is difficult to penetrate to the truth; but the intelligence was judged of sufficient importance and authenticity to be communicated to the court of Naples [...]. Whatever credit was due to this information, it did not fail to awaken the attention of Charles, and produced an effect on his queen Amelia, advantageous to the interests of England, during the short period in which she survived the accession of her husband to the throne of Spain» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, pp. 229 e 231). XXIV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 18 marzo 1760*. Venerdì 14 ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà dei 26 del passato1. La perfetta salute di Vostra Maestà e di tutta la famiglia reale rallegrò il re e tutti noi servitori. Dio conserva al re la stessa grazia e gli altri suoi doni che fanno la Maestá Sua le delizie delle Sicilie e dell’Italia. Non si pentirà Vostra Maestà averne il ritratto di Mens. Come dice San Nicandro, vi sono molte bellezze dell’arte. Quando vedrò Cattolica lo confermerò colla benigna espressione di Vostra Maestà. Il timore di contravvenire alle regole e agli ordini del re fece che il Consiglio desse il reggimento di Molise a don Muzio Ascanio Bologna e per don Muzio Carafa riservasse la tenentiacolonella [ossia, carica] che venisse a vacare quando il re venisse ad ordinare [e] che fosse Spinosa2 subispettore dell’infanteria in luogo d’Arriola passato a preside. San Gennaro si credè per errore ceduto con tutte le altre cose italiane3. XXIV. tanucci - 18 marzo 1760 173 L’infante don Filippo si reputò doversi rammentare nell’ordine naturale dei figli, essendo noto a tutta l’Europa la legge del re dei 6 ottobre. Si pensò che si dovesse seguir la natura e la semplicità. Errai dunque insieme con San Nicandro. E non fu mancanza di tempo, ma di giudizio: si emenderà. timore di querele fu il metter li passati a Spagna: mancavano allora quegli ordini che son venuti dopo. Li sbagli sui figli del Principe reale e del Delfino furono l’aver creduto che il padre torre con calendarj soliti potesse non errare. Non mi abbandonerò ad altri neppur nelle cose più facili e meno sottoposte al pericolo di peccare. Viene una cifra del Principe reale. Non lascio di umiliare la malattia dell’orto. Abbiamo con un espresso di Francia il Santo Spirito4 pel re5. Si son regalate al corriero 50 onze e il re risponde di pugno e in francese alla lettera obbligante pur di pugno del re Xtianissimo6. Verrà il gran maestro delle cerimonie7. Siamo nella maggiore ignoranza di quello che doviamo fare e se non saremo istruiti ce monsieur ci comanderà en maître 8. Gran piacere ha il pubblico avuto dell’essere stato destinato a predicare nell’anno venturo al re il padre Ignazio della Croce9, agostiniano scalzo che piacque tanto nell’anno passato. Il Consiglio ha destinato la limosina di 300 ducati e la mesiglia [ossia mesilla; vedi p. 260, nota 7] per Caserta. Si è regolato coll’esempio dei pulpiti più riguardevoli d’Italia. Ieri cominciarono in palazzo gli esercizi. L’aver finito di decretare il mio dispaccio alle tre dopo mezzo giorno e l’esser le quattro l’ora destinata mi diede la mortificazione di non intervenire. Le lettere d’olanda confermano il pasticcio che di pace stan per fare li francesi10. Scritti compariscono in favor del principe Errico11 con qualche critica della condotta del re di Prussia [suo] fratello e rendon credibile la discordia fraterna che due volte seguite ha il duca di Santa Elisabetta scritta12. Quattro milioni di fiorini ha l’Imperatrice destinati alle spese delle nozze delle quali pare che non si possa dubitare. Qui la quiete e la concordia del Consiglio è sempre maggiore e la pubblica tranquillità. Nella lettera mia umilissima al re vedrà Vostra Maestà un documento dell’esser li rubioni quali li calabresi che Boncore disse alla Maestà Vostra13. Ma temo di aver potuto far qualche sproposito. Supplico Vostra Maestà a darmi e ad impetrarmi il perdono. L’impeto, l’abito e forse l’insensibile va- 174 Verso la riforma della Spagna: Carteggio nità di non esser quel che sono, cadavere del ministero, richiede talora più riflessione di quella ch’io credo di fare. Il troppo e il poco anno nei lontani tali confini che sono in pericolo. troppe forse sono ancora queste mie tante parole e devo col silenzio prostrarmi ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 212-3. 1 Cfr. la Lettera 18 del 26 feb. 1760. 2 Giovacchino SPINoSA, sergente maggiore, fu promosso tenente del re in Pescara, carica che aveva ad interim; cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 206. 3 tanucci commenta, uno per uno e in ordine, tutti gli errori fatti nel notiziario di Napoli che Maria Amalia aveva minutamente annotato e corretto nella Lettera 18 del 26 febbraio. 4 L’ordre du Saint-Esprit o l’ordre des Chevaliers du Saint-Esprit era un ordine cavalleresco proprio della monarchia francese. Fondato il 31 dicembre 1578 da Enrico III di Francia, fu chiaramente ideato per rivaleggiare con il prestigioso toson d’oro, che era uno dei più antichi ordini cavallereschi. La gestione di quest’ultimo, di origine borgognona (era stato fondato nel gennaio 1429 a Bruges da Filippo il Buono di Borgogna), era stata oggetto di controversia tra Filippo V e gli eredi austriaci degli Asburgo spagnoli, poiché l’ordine si era radicato in Spagna, e quel primo re di casa Borbone non volle cedere il diritto di conferire quell’ambita dignità: la soluzione compromissoria fu che questa facoltà venne esercitata, indipendentemente, da entrambe le parti, e il toson d’oro era conferito tanto dal re di Spagna quanto dalla casa imperiale d’Austria. La monarchia francese, intanto, aveva rimediato a questa lacuna creando L’ordre du Saint-Esprit, che aveva avuto questo nome perché il suo fondatore, Enrico III fu eletto re di Polonia (1573) e della Francia (1574) nel giorno di Pentecoste. Il sovrano francese era il Souverain Grand Maître di quest’ordine, e i membri dovevano essere cattolici e nobili. Era composto da 8 commendatori (ecclesiastici), 4 ufficiali (chancelier et garde des sceaux, prévôt et maître des cérémonies, grand trésorier e il greffier) e da 100 cavalieri. Di solito, i figli dei sovrani borbonici ne erano nominati cavalieri poco dopo la nascita; cfr. Félix PANHArD, L’Ordre du Saint-Esprit aux XVIIIe et XIXe siècles. Notes historiques et biographiques sur les membres de cet ordre depuis Louis XV jusqu’à Charles X, Librairie héraldique de J.-B. Dumoulin, Parigi 1868. 5 Secondo Vanvitelli: «Domenica venne l’Inviato di Francia a portare il Cordone dello Spirito Santo al giovine re di Napoli, unito ad una lettera di suo pugno, in lingua Francese, nella quale diceali che, avendo saputo essere egli giunto all’età di comunicarsi, gli inviava l’ordine della famiglia, il quale similmente avea mandato in Spagna al Prencipe di Asturias, e che il Monsignore tale, Maestro di Cerimonie, dopo che l’averà fatta per detto Prencipe di Asturias in Spagna, sarebbe passato a Napoli per fare le stesse cerimonie» (Lettera 727: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Caserta 18 marzo 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 488). Così scriveva anche Gray a Londra: «the French chargé d’Affaires has a private audience on Sunday to acquaint His Sicilian Majesty that the king of France had given him the order of the Holy Ghost, and that the master of the ceremonies would bring him the ensigns of it after he had acquitted himself of the same commission to the prince of Asturias» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 18 marzo 1760). Clemente de Aróstegui scriveva a sua volta: «Antes de ayer, este encargado de negocios de Francia, monseñor Vasquiat [Basquiat], tuvo el honor de presentar a Su Majestad Siciliana una carta del re Cristianísimo motivada del aviso de aver aquel monarcha celebrado capitulo extraordinario del real orden de Sancti Spiritu para la circunstancia de incluir a Su Majestad XXIV. tanucci - 18 marzo 1760 175 Siciliana y embiarle el collar de la dicha orden» (AGS, Estado, legajo 5870, folio 19: Alfonso Clemente de Aróstegui a ricardo Wall, Caserta 18 marzo 1760). 6 Questa lettera di Luigi XV annunciava che Ferdinando era stato eletto cavaliere dell’ordine del Santo Spirito. Carlo III scriverà a tanuci il 25 marzo: «El rey de Francia me ha escrito que haviendo vacado por muerte del Duque de Brancas un collar del orden del S. Spiritus havia tenido un capitulo extraordinario para conferirlo al rey mi Hijo; y como el difunto tambien hera Cavallero de San Genaro se deven dar por el Secretario de ella los avisos a todos los cavalleros para los sufragios, lo que te prevengo para su ejecucion» (Lettera 23: Carlo III a tanucci, Buen retiro 25 marzo 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 80-1). Il giorno 8 aprile confermava Carlo III a tanucci che «veo lo que me dizes de que por un expreso de Francia se havia recivido una carta del rey a mi Hijo por el Santi Spiritus, y ya savia yo que de aquí deve pasar ay el Maestro de Ceremonias, y te hare embiar el detalle que me pides del tratamiento que se deve dar a tal oficial, el qual tambien queria este Embajador que pasase aqui como Bassquiat lo avia intimado ay, pero no se lo he pasado, pues no es tal especie de Embajador, y me lo hize presentar por el Embajador de Francia al salir a la mesa, y por gracia, y por atencion a su Amo le he concedido la distincion de la entrada en la pieza donde como, que corresponde a la misma de ay, y por lo demas quando todo este conveniente te lo hare avisar por Wall» (Lettera 25: Carlo III a tanucci, Buen retiro 8 aprile 1760 in ivi, p. 85). 7 Armand-Jérôme BIGNoN (1711-1772), fu il prévôt et maître des cérémonies dell’ordine francese dello Spirito Santo dal 1754 fino al 1772. «Conseiller d’état, commandeur et prévôt maître des ordres du roi, garde de la bibliothèque du roi à la mort de son oncle, il se démit de cette fonction en faveur de son fils. Il remplaça son oncle l’abbé Jean-Paul Bignon le 4 mai 1743, à l’Académie française où il fut reçu par de Moncrif le 27 juin 1743. Il répondit aux discours de réception de La Ville et de Marmontel, et appartint à l’Académie des Inscriptions» (http://www.academie-francaise.fr/immortels/base/academiciens/fiche.asp?param=204). 8 Secondo Vanvitelli, «Giovedì mattina il re in Cappella privata si vestì la prima volta dell’ordine dello Spirito Santo, senza il Maestro di Cerimonie» (Lettera 729: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Caserta 25 marzo 1760, foglio allegato, in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 492). 9 Su Della Croce vedi romeo DE MAIo, Società e vita religiosa a Napoli nell’età moderna, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1971, pp. 219 e passim (cfr. ad indicem a p. 397). Della Croce poi compose una orazione funebre per Maria Amalia: cfr. Ne’ Funerali dell’Augusta regina delle Spagne Maria Amalia Walburga madre della Maestà del re delle Due Sicilie Ferdinando IV nostro signore orazione del P. Ignazio della Croce provinciale degli agostiniani scalzi recitata in Napoli nella Real Cappella a dì 28 novembre dell’Anno MDCCLX, Nella reale Stamperia, Napoli 1762. 10 A questo riguardo scriverà tanucci a Albertini in Londra: «Le lettere d’olanda affermano e ripetono che vi si tratta una pace particolare tra cotesta corte e il re Xtianissimo. Danno per difficile quella di Germania, essendosi dichiarata la russia che vuol la Prussia. Mylord Bath è un umore bizzarro. tutti li sistemi mi pajono immaturi. Danaro è quel che manca a tutti» (AGS, Estado, libro 242, p. 227: tanucci a Albertini [Londra], Caserta 18 marzo 1760). Su questo particolare, cfr. le notizie del 29 feb. pervenute da Amburgo in Gaceta de Madrid, 25 marzo 1760, n. 13, pp. 97-8. 11 Il principe FrIEDrICH HEINrICH LuDWIG (1726-1802), fratello minore di Federico II di Prussia, fu indirizzato alla carriera militare. Fu uno dei generali prussiani più noti della guerra dei Sette Anni (1756-1763), durante la quale ebbe contrasti con suo fratello Federico II a causa delle strategie militari, come segnala tanucci in questa lettera. Fu il grande vincitore 176 Verso la riforma della Spagna: Carteggio di une fra le ultime grandi battaglie di quella guerra, quella di Freiberg del 29 ott. 1762; cfr. Chester Verne EASuM, Heinrich, Prinz von Preußen in Neue Deutsche Biographie (NDB), band 8, Duncker & Humblot, Berlino 1969, pp. 383–5. 12 Secondo il rustant: «Asseguraban varias Cartas, que el Principe Henrique havia desaprobado publicamente la conducta del rey su hermano, acerca de sus designios contra Dresde, despues del fatal sucesso de los Generales Finck, y Wunsch en Maxen, y que el Monarca se mostrò ofendido de un modo à tratarle con vilipendio: motivo porque aquel Principe se separò del Egercito, retirandose à la Plaza de Wittenberg, bajo del pretexto de alguna indisposicion. No sabemos què realidad tenia esta noticia; pero sì que era pùblica la voz en Berlin, de que no mandaria en esta presente Campaña, y yà se le substituìa al General Hulsen. Con que esta voz no se esparciria sin mucho fundamento; pero conociendo el Monarca, mejor que nadie, la sabia conducta de este Principe, y quan importantes le havian sido sus servicios en las passadas Campañas, tuvo forma de resolverle à encargarse del mando del Egercito, que destinaba contra los Moscovitas, haciendo intervenir los ruegos de la Princesa su muger, la qual hizo varios viages à Wittemberg para este efecto» (Joseph Vicente de ruStANt, Decadas de la guerra de Alemania, e Inglaterra, Francia, España y Portugal: Con Reflexiones Politico-Militares sobre sus acontecimientos, tomo VII, segunda impression, corregida, Andrés ortega, Madrid 1765, pp. 82-3). 13 I problemi diplomatici fra il conte rubion e tanucci sono spiegati in Lettera 25: Carlo III a tanucci, Buen retiro 8 aprile 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 84. 24 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Notiziario. Re di Francia lettera del. Istruzioni per la funzione del cordone di Santo Spirito. Nota. Il monsieur era monsieur Bignon ceremoniere dell’Ordine. Imperatrice. Pace. Rubion lettere intercettate. Cifra di Francia sciolta. retiro, 8 aprile 1760. Venerdì mattina ricevemmo le lettere di Napoli e con gran piacere rilevai da quella la buona salute del nostro piccolo re. Dio sia quello che con sempre eguale meravigliosa condotta della sua providenza lo faccia avanzare in tutte quelle qualità necessarie per lo stato nel quale egli, per strade così strane, lo ha posto. Vorei che il ritrato fatto da Menx fosse già arrivato, ma San Nicandro mi scrive che non potrà partire sin dopo Pasqua. Spiacemi che quei errori da me notati nel notiziario vi addossino quella nuova fatigua che mi dite volervi prendere perché simili errori non più succedino. 24. Maria Amalia - 8 aprile 1760 177 Godo che sia arrivato il corriere di Francia recando a mio figlio quella veramente gentile lettera di pugno di quel re. Non si mancherà di mandare da qui tutte le istruzioni acciò monsieur non vi abbia a comandare en maître, ma vi [è] tempo, perché questo non si puol fare andare se non si fa la funzione di Carlo1, ciò che non sarà sino al ritorno d’Aranjuez2, ove andremo sabato, piacendo a Dio3. Quanto farebbe meglio l’Imperatrice ad impiegare i 4 milioni alle spese della guerra che alle famose nozze [fra la primogenita di Parma e l’arciduca Giuseppe]. Il pasticcio di pace temo che lo vedremo scoppiare quanto prima. Li francesi se l’hanno posto in capo. Siane quel che si voglia, lo faranno con la loro solita poca riflessione. Fatte molto bene a mandare li rubioni in qua; e ben si vede che sono calabresi. A proposito di questo voglio dirvi che qui l’esperienza mi ha fatto vedere ch’è verissimo che le cifre si rinvengono, mentre in questi quattro mesi già hanno rinvenute quelle di monsieur d’ossun da uno di questi offiziali di secretaria. Altro non resta a dirmi se non che assicurarvi della mia benevolenza. Amalia. 1 Il metodo secondo cui i membri delle dinastie borboniche dovevano regolare le nomine agli ordini cavallereschi spagnoli e francesi fu regolato, per ambedue le corone, da Luigi XV e da Carlo III proprio in quell’anno, con la Convencion de familia entre su Majestad católica y su Majestad cristianísima, estableciendo el método recíproco de asociación de dichos señores reyes y principes de su estirpe, a las insignes órdenes del Toison de Oro, y de San Miguel y Sancti-Spiritus; ajustado en Aranjuez á 5 de junio de 1760 (CANtILLo JoVELLANoS, op. cit. a p. 74, nota 3, pp. 464-7). Carlo III aveva preso possesso della titolarità dell’ordine del toson d’oro il 26 feb. 1760 (cfr. Gaceta de Madrid, 4 mar. 1760, n. 10, pp. 77-8). 2 Il real sito di Aranjuez era una tenuta appartenente ai re di Spagna. Situato nella valle dove si uniscono i fiumi tago e Jarama, è distante 47 km da Madrid e 48 km da toledo. Sebbene appartenesse al patrimonio della corona di Castiglia fin dal Quattrocento, fu il sovrano Filippo II a frequentare e migliorare questa tenuta, ordinando la sistemazione del territorio, dei giardini e dell’originario palazzo, sotto la guida di Juan Bautista de toledo e Juan de Herrera (cfr. SANCHo GASPAr, Capítulo III. El Real Sitio de Aranjuez, in La arquitectura de los Sitios Reales, op. cit. a p. 63, nota 1, pp. 274-401). Fu risistemato sotto i regni di Filippo V e, soprattutto, di Ferdinando VI che, con la sua moglie Barbara di Braganza, vi trascorreva lunghi soggiorni. Sulla sua vicenda nel Settecento, è fondamentale El Real Sitio de Aranjuez y el arte cortesano del siglo XVIII, a cura di Antonio BoNEt CorrEA, Comunidad de Madrid-Patrimonio Nacional, Madrid 1987. Cfr. anche José Luis SANCHo GASPAr, El real sitio de Aranjuez y el arte del jardín bajo el reinado de Carlos III, in «reales Sitios», a. XXV, 1998, n. 98, pp. 49-59; Aida ANGuIANo DE MIGuEL, Explotaciones agrícolas de Carlos III en Aranjuez: trazados urbanísticos y tipos arquitectónicos, in El Arte en tiempo de Carlos III. IV Jornadas de Arte, a 178 Verso la riforma della Spagna: Carteggio cura di Enrique ArIAS ANGLéS, CSIC, Madrid 1989, pp. 51-59; Carlos SAMBrICIo, Real Sitio de Aranjuez: Reflejo del saber de una corte ilustrada, in «reales Sitios», a. XXVI, 1989, Número Extraordinario, pp. 105-16; Margarita torrIoNE, La casa de Farinelli en el Real Sitio de Aranjuez: 1750-1760. Nuevos datos para la biografía de Carlo Broschi, in «Archivo Español de Arte», a. LXIX, 1996, n. 275, pp. 323-333; Jesús CANtErA MoNtENEGro, Algunos aspectos de las Jornadas Reales de Aranjuez a finales del siglo XVII y principios del XVIII, in «Madrid. revista de Arte, Geografía e Historia», 1998, n. 1, pp. 429-55; Pilar BENIto GArCíA, Una escena del Quijote bordada por Antonio Gómez de los Ríos para el dormitorio de Carlos III en el Palacio Real de Aranjuez, in «Archivo Español de Arte», a. LXXIII, 2000, n. 289, pp. 63-6; Javier ortEGA VIDAL (con la asesoría de José Luis SANCHo), Secuencias gráficas de los Palacios y Sitios Reales de Felipe V: Madrid, Aranjuez y la Granja de San Ildefonso, in El arte en la corte de Felipe V, op. cit. a p. 92, nota 1, pp. 235-56 e Alicia LóPEz DE JoSé, Los teatros cortesanos en el siglo XVIII, Aranjuez y San Ildefonso, Fundación universitaria Española, Madrid 2006. Cfr. anche i lavori di Virginia toVAr MArtíN: Teatro y espectáculo en la Corte de España en el siglo XVIII, in El Real Sitio de Aranjuez, op. cit. nella p. precedente, pp. 221-39; La Capilla Real del Palacio de Aranjuez. La distinción de un espacio «oculto» al exterior, in «reales Sitios», a. XXX, 1993, n. 117, pp. 45-54; Arquitectura y paisaje: Francisco Sabatini y su proyecto palacial para la villa de Aranjuez y El Pardo, in Francesco Sabatini, 1721-1797. La arquitectura como metáfora del poder, a cura di Delfín roDríGuEz ruIz, Electa, Madrid 1993, pp. 125-42; Jayme Marquet, un arquitecto francés en la corte de España: nuevos datos sobre su actividad en el Real Sitio de Aranjuez, in «Anales del Instituto de Estudios Madrileños», a. XXXIV, 1994, pp. 167-205; Filippo Juvarra y el Palacio Real de Aranjuez, in «reales Sitios», a. XXXI, 1994, n. 119, pp. 17-24; El informe del gobernador Juan Antonio Samaniego. Crítica al proyecto del Palacio de Aranjuez en el siglo XVIII, in «Anales del Instituto de Estudios Madrileños», a. XXXV, 1995, pp. 145-75; La escalera principal del Palacio Real de Aranjuez: alternativas para un diseño monumental, in «Academia. Boletín de la real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 1995, n. 81, pp. 165-215; El maestro Pedro Caro Idrogo. Nuevos datos documentales sobre la construcción del Palacio Real de Aranjuez y otras obras (1714-1732), in «Anales de Historia del Arte», 1995, n. 5, pp. 101-54; El gabinete de la reina en el Palacio de Aranjuez (siglo XVIII), in «reales Sitios», a. XXXIII, 1996, n. 127, pp. 35-44; El incendio del Palacio de Aranjuez en el siglo XVIII, in «Anales de Historia del Arte», 1996, n. 6. pp. 4765; El arquitecto italiano Santiago Bonavía y el trazado de la ciudad de Aranjuez, in «Anales del Instituto de Estudios Madrileños», a. XXXVII, 1997, pp. 469-503; Santiago Bonavía para el trazado de la ciudad de Aranjuez, in «reales Sitios», a. XXXIV, 1997, n. 133, pp. 19-25; Santiago Bonavía en la obra del Palacio Real de Aranjuez, in «Academia. Boletín de la real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 1997, n. 85, pp. 209-45; Santiago Bonavía, arquitecto principal de las obras reales de Aranjuez, in «Anales de Historia del Arte», 1997, n. 7, pp. 123-55; Arquitectura pública en el Real Sitio de Aranjuez (siglo XVIII), in «Anales del Instituto de Estudios Madrileños», a. XXXVIII, 1998, pp. 37-57 e Esteban Marchand y Leandro Bachelieu, ingenieros franceses en las obras del Real Sitio de Aranjuez, in «Anales de Historia del Arte», 1998, n. 8, pp. 291-308. 3 A Carlo, principe d’Asturias, furono attribuite le insegne dell’ordine dello Spirito Santo il 18 maggio 1760, come informa la Gaceta spagnola: «En consequencia de haver el rey Christianissimo associado a las ordenes de San Miguel, y Sancti-Spitirus al Principe de Asturias nuestro Señor, le puso el rey su Padre el dia 18. de este mes, sin ceremonia, ni formalidad alguna, las correspondientes insignias, que a tal fin le remitió S. M. Christianissima por mano del Excmo. Sr. Marquès de ossun, su Embaxador Extraordinario en esta Corte» (Gaceta de Madrid, 27 maggio 1760, n. 22, p. 175). In questa data erano già a Madrid gli XXV. tanucci - 25 marzo 1760 179 ufficiali dell’ordine francese: «Monsieur Bignon, provost and master of the ceremonys in France, arrived here last week together with monsieur Perseville, a herald at arms, to invest the prince of Asturias with the ensigns of the order of the Holy Ghost, which ceremony will not be performed till the court returns from Aranjuez, at which time the infant Don Lewis, the duke of Alva, and the conde de Montijo, who have only hitherto been admitted and not received into that order, will have the full investiture conferred upon them by these gentlemen deputed for that purpose, and from hence messieurs Bignon and Perseville are to go to Naples upon the same errand, formally to receive His Sicilian Majesty among the knights of the Holy Ghost» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 31 marzo 1760). XXV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 25 marzo 1760*. Il principio della sovrana lettera di Vostra Maestà de’ 4 del corrente è la cosa più consolante che sia venuta finora da Spagna, perché confuta tutti li timori e assicura della perfetta salute della Maestà Vostra. Saragozza è stata veramente facinorosa: il clima è reo di lesa maestà e deve abolirsene la troppo amara memoria. Questo amabile sovrano, santificato in questi giorni dagli esercizi spirituali, gode uguale la salute. La sua attenzione verso Dio è stata quanta può prodursi dalla più seria meditazione ed ha ricevuto l’ambasciatore di Francia colla franchezza del più sperimentato monarca1. Auguro che verrà un giorno, che da me non si vedrà, nel quale potrà dare una risposta simile alla savia che ha data il re a ossun di non volere che li francesi perdano qualche buona occasione d’accomodarsi, rimanendo la Maestà Sua sempre pronta agli offizi promessi. Ho baciata la mano al re per aver data questa risposta e la bacio a Vostra Maestà per l’incomparabile bontà colla quale si è degnata di farmela sapere. Non so se sia malizia o imprudenza quella affettazione di mostrare agl’inglesi l’inclinazione del re verso la Francia. Pare che non sia buono né pel re né per loro, ma spero che gl’inglesi non se ne persuadano. Io fo qui con Gray, uomo serio e sincero, quanto posso2. Vedo che trovano già dovuta l’indennizzazione al re di Polonia e lo dicono. Vedo l’occasione gentilmente presa di regalare Albertini pel ministero primo finito. Mi resta il sospetto dell’ambizione di Vienna in Italia, contro la quale ci può presto esser necessaria la Francia, che allor si voglia vendicar dell’indolenza di Spagna. Questo mi fa desiderare che la pace non si faccia per altra mano che per quella del re. Altro desidero per l’Italia. Ma per ora la lettera austriaca, che 180 Verso la riforma della Spagna: Carteggio si doveva presentare il dì 5, mi fa gran curiosità. Li francesi del coltivar che fanno turino rendono la sola ragione dell’averne bisogno per quando Vienna avrà disertato, sicchè se lo aspettano. Per noi italiani non sò qual sia peggio: turino o Vienna. Non vorrei veder il tempo di doversi prender partito. turino stà alla cappa e non ha interloquito al veleno di rubion. Includo coll’orto languido li due santufizi ove avrebbon dovuto interloquire. Avrà Vostra Maestà veduto un altro rubion peggiore. Nella continenza della regina madre si vede l’accerto delle prudentissime prevenzioni e il frutto del ben disposto orologio. Ella se ne sarà ben accorta e temerà d’una prudenza e di un architettura che forse non aspettava. Vostra Maestà non vuol ch’io chieda perdono. Ma la lunghezza di questa lettera è certamente peccato e non ho detto ancora che il Consiglio è concorde e unanimemente tranquillo e fermo nelle istruzioni del re. Io mi sforzo e mi animo a qualche riposo coll’immaginarmi di sempre prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 241-3. 1 tanucci aveva scritto a Carlo III dicendo a questo riguardo: «Il re gode, per grazia di Dio, salute uguale, e colla solita vivacità rispose domenica al nuovo ambasciatore di Francia, che io ebbi l’onore di presentare alla Maestà Sua. Con altrettanta devozione ha assistito tutti li nove giorni agli esercizi e preghiere che oggi son terminate nella cappella» (AGS, Estado, libro 242, p. 238: tanucci a Carlo III, Caserta 25 mar. 1760). Anche a Wall scriveva: «È arrivato sabato il marchese di Durfort, nuovo ambasciatore di Francia. Domenica venne qui in casa mia, dandomi la copia delle credenziali, e subito lo presentai al re. La Maestà Sua rispose colla solita vivacità in italiano, però lingua che l’ambasciatore non parla, ma intende» (AGS, Estado, libro 242, pp. 243-4: tanucci a riccardo Wall [Madrid], Caserta 25 mar. 1760). 2 Cfr. NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 25 mar. 1760. 25 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Pace e pacificatore: riflessioni. Lettera austriaca. Vienna e Turino di mala fede. Lettera intercettata. Regina madre. Qual sia Aranquez e quale il suo appartamento. Quali le vicinanze di Madrid. Raccomanda il genero di Sisto. Aranjuez, 15 aprile 1760. Giunse non prima di domenica mattina il corriere di Napoli con le lettere di 25 del passato mese. La vostra l’ho ricevuta come sempre con 25. Maria Amalia - 15 aprile 1760 181 gran piacere. Vi ringrazio delle notizie di consolazione che mi date di mio figlio. Spero e desidero che Dio, in premio del zelo ed amore col quale per tanti anni avete servito il padre ed hora il figlio, vi faccia vedere quel giorno che voi augurate per il nostro piccolo re e che sperare potiamo da quello che promette in questa sua piccola età. Godo che vi abbia piaciuta la risposta che il re ha data ad ossun e vi dico sinceramente che, quanto desideravo prima che il re avesse la gloria di dare la pace al mondo, tanto quasi adesso lo vorrei veder fuori, perché prevedo che in questa pace la Francia vi resterà con poco honore: ecco un motivo che non conviene alla gloria del re1. La regina d’ungheria non potendo avere la sua cara Slesia2, resterà molto disgustata. Il compenso che giustamente si dovrebbe alla casa mia [di Sassonia] non è sperabile. Così degl’altri tutti questi disgustati rivoltarebbono la loro poca soddisfazione contra il pacificatore e la Francia, che per la sua fretta fa il pasticcio, non mancherebbe di rovesciare il sacco sopra il re di Spagna, il quale a parer mio non farebbe altro negozio che farsi molti nemici. Dobbiamo sperare che Vienna rimanga così esausta dopo questa guerra che l’impossibilità d’intraprenderne un altra metta qualche freno alla sua ambizione in Italia. Del resto, se la Francia in caso di una guerra in Italia voglia vendicarsi della presente indolenza della Spagna, non è del tutto impossibile, ma questa a da venire ancora e speriamo che almeno non sia così presto; qualche cosa bisogna pure rimettere alla Provvidenza. Il sicuro del presente è che senza quest’indolenza, se pure così chiamarla vogliamo, la Spagna si ruinerebbe e forse, in un bisogno dell’Italia, allora non potrebbe darle quelli ajuti che, mediante questa presente sua tranquillità, potrà darle. Vi confesso ingenuamente che per più che mi sia lambicata il cervello non posso ricordarmi qual sia quella lettera austriaca che doveva presentarsi [e] che abbia potuto cagionarvi tanta curiosità; se me ne direte qualche cosa di più soddisferò la vostra curiosità. È certo che sarebbe difficile il scegliere per prendere partito tra Vienna e turino: l’una e l’altra procedono con tanta mala fede che poco invogliano a trattare con loro. Ho visto il santuffizio, che nessuna curiosità mi caccia [mi soddisfa]. La continenza della regina madre pare a me che sia molto forzata. Sia come si voglia, basta che la mantenga. A me ogni tanto mi butta qualche indiretta, ma jo, o con somma flemma, facendo la sturdita, ce le ribatto, o pure altre volte fò finta di non sentire. La gran premura che ha avuto di 182 Verso la riforma della Spagna: Carteggio seguitarci qui pare che dimostri qualche troppa premura di non volersi scostare dal figlio. Prima diceva che voleva venire qualche giorno dopo di noi, ma poi mutò pensiero. Noi venissimo [venimmo] la mattina ed ella dopo il pranzo3. Questo luogo non mi dispiace, e a[l]meno vi sono delle belle passeggiate. Il fiume tajo4 (non mi ricordo il suo nome italiano), lo circonda da un lato, giusto qui sotto la mia finestra5. Fa una cascata6 e forma una isola ben grande, nella quale vi è un bel giardino, di quelli al[l’]anticha, che vi è l’ombra anche di mezzo giorno7. Il palazzo è piccolo, ma molto divisibile8, tanto che tutti vi stiamo mediocremente ben alloggiati ed jo molto meglio che al retiro. tutto il mio appartamento dà sul giardino in faccia a levante e questo gabinetto ove scrivo [h]a una finestrina sul giardino, o sia parterre 9, e l’altra sopra l’accennata isola, ciocché lo rende molt’allegro ed almeno non vedo quel brutto muro in faccia, né quel benedetto cavallo di bronzo. Qui tutto è pieno d’alberi e di verde10, ove le vicinanze di Madrid sono la vera Arabia deserta. In una parola, è la miglior cosa che ho visto ancora in Spagna e, col tempo, potrà essere una buona cosa11. Altro non mi resta che assicurarvi della mia benevolenza. Amalia. P. S.: mi scordavo di rimettervi l’accluso memoriale del genero del nostro famoso Sixto. Se mai lo credete capace di far qualche lavoro, [g]li potreste usare questa carità, ma non però con la prelazione che vorrebbe. 1 A questo riguardo scriveva Bristol: «I had an opportunity of talking to the marquis Grimaldi upon the subject of his present commission previous to his hasty departure, by what I could collect from the tenour of his discourse & from several things he let drop, his instructions consist principally in two points: the first to make known to all the belligerant parties the Catholick king’s desire of being the pacificator by a general tender of his good offices to that end, and the second is that in case of a congress, he (the Marquis Grimaldi), ambassador from this court, should be the watcher of the interests of Spain, whilst the other powers concerned in the present war are accommodating their various differences necessary to be settled before a universal peace can take place» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 31 marzo 1760). 2 La Slesia è la regione situata nell’Europa centrale fra la Polonia, la repubblica Ceca e la Germania. Appartenente all’Austria, Federico II di Prussia riuscí a conquistarla quasi completamente durante la guerra di Successione Austriaca (1740-1748), diventando così parte del regno di Prussia e modificando gli equilibri politici nel Centroeuropa. Maria teresa e il suo cancelliere kaunitz non si rassegnarono alla perdita di questo territorio, che divenne uno dei principali motivi della guerra dei Sette Anni (1756-1763). Cfr. BLACk, Eighteenth-Century Europe, op. cit. a p. 115, nota 17, p. 341. 3 Infatti, secondo la Gaceta de Madrid (15 aprile 1760, n. 16, p. 127): «Los reyes, y 25. Maria Amalia - 15 aprile 1760 183 Principe nuestros Señores, y los Señores Infantes, e Infantas, sus amados Hijos, que partieron desde esta Villa el Sábado a las ocho de la mañana, dirigiendose al real Sitio de Aranjuez, llegaron a èl con cumplida felicidad. La misma experimentaron la reyna Madre nuestra Señora, y el Señor Infante Don Luis en el viage que hicieron a dicho real Sitio la tarde del proprio dia; y segun las ultimas noticias, que de allì tenemos, se mantienen sus Magestades, y Altezas sin la menor novedad en su importante salud». 4 Il tago è, con i suoi 1.008 km, il fiume più lungo della penisola iberica. Nasce nella Sierra de Albarracín, nel Sistema Ibérico, e finisce nell’oceano Atlantico, nella città di Lisbona. 5 Il palazzo di Aranjuez era stato costruito molto vicino al fiume e gli appartamenti della regina affacciavano proprio sul tago; cfr. toVAr MArtíN, El gabinete de la reina en el Palacio de Aranjuez, op. cit. a p. 178, nota 2. 6 La cosiddetta cascada de la ría. 7 L’isola formava il ben noto jardín de la Isla, sistemato da Filippo II dal 1560 in poi. Su questo importante giardino, vedi SANCHo GASPAr, Capítulo III. El Real Sitio de Aranjuez, op. cit. a p. 177, nota 2, pp. 319-28; Ana LuENGo e Coro MILLArES, Estudio y análisis del Jardín de la Isla de Aranjuez, in Felipe II, el rey íntimo: jardín y naturaleza en el siglo XVI, a cura de Carmen AñóN FELIú, Sociedad Estatal para la Conmemoración de los Centenarios de Felipe II y Carlos V, Madrid 1998, pp. 243-66; José Luis SANCHo GASPAr, «S. M. ha estado estos días en Aranjuez a ver una fuente que allí se hace»: Felipe IV y las fuentes del Jardín de la Isla, in «reales Sitios», a. XXXVII, 2000, n. 146, pp. 26-39 e Javier PortúS PérEz, El Conde de Sandwich en Aranjuez: las fuentes del Jardín de la Isla en 1668, in «reales Sitios», a. XLI, 2004, a. 159, pp. 46-59. 8 Infatti, come indica José Luis Sancho, «Carlos III encontró que este Palacio resultaba pequeño para las necesidades de la Familia real y, por tanto, en 1771 ordenó a Francisco Sabatini que dispusiese un proyecto de ampliación. Al igual que en los Palacios de Madrid y de El Pardo, la intervención de Sabatini sigue el estilo de la construcción existente, pero la altera por completo al levantar dos alas paralelas, que configuran un patio de honor a la francesa, ocultando los cuerpos extremos de la antigua fachada, cuyo equilibrio queda totalmente transformado» (SANCHo GASPAr, Capítulo III. El Real Sitio de Aranjuez, op. cit. a p. 177, nota 2, p. 305). Sulla riforma strutturale del palazzo fatta da Sabatini per ordine di Carlo III, cfr. Virginia toVAr MArtíN, Arquitectura y paisaje: Francisco Sabatini y su proyecto palacial para la villa de Aranjuez y El Pardo e José Luis SANCHo GASPAr, 2. 14. Ampliación del Palacio Real de Aranjuez in Francesco Sabatini, 1721-1797, op. cit. a p. 178, nota 2, pp. 125-42 e 263-70, rispettivamente. 9 Il Parterre era stato sistemato negli anni venti del Settecento sotto l’influsso del giardino francese e della tradizione spagnola del ‘jardín cerrado’ (cfr. José Luis SANCHo GASPAr, Capítulo III. El Real Sitio de Aranjuez, op. cit. a p. 177, nota 2, pp. 314-9). 10 Sono molte le descrizioni sul Sito reale di Aranjuez. una buona raccolta per il Settecento si trova in Selina BLASCo CAStIñEyrA, Viajeros por Aranjuez en el siglo XVIII. Antología de descripciones del Real Sitio, in El Real Sitio de Aranjuez y el arte cortesano del siglo XVIII, op. cit. a p. 177, nota 2, pp. 41-135. 11 Carlo diceva a tanucci su quella jornada ad Aranjuez: «De aqui no tengo otra cosa que dezirte sino que gracias a Dios estamos todos buenos, y venimos aqui con toda felizidad el sabado por la mañana en dos horas y media, y mi madre por la tarde en tres sin que la causase la menor novedad, y hemos hallado este Sitio muy hermoso, y delicioso, y yo muy mudado de como le avia visto, y la reyna muy a su gusto que es lo que yo deseava, y espero que nos divertiremos bien en el, y mas si nos continua el tiempo tan hermoso como la ha echo todos estos dias [...]» (Lettera 26: Carlo III a tanucci, Aranjuez 15 aprile 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 87). 184 Verso la riforma della Spagna: Carteggio XXVI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 1 aprile 1760*. Poco più tardo degli antecedenti corrieri arrivò sabato a mezzo giorno a Caserta una barba bianca spagnuola che mi portò l’altissimo onore e la sospirata consolazione della sovrana lettera di Vostra Maestà degli 11 del caduto e della salute di Vostra Maestà e di tutta la Casa reale. uguale stà godendo per somma benedizione di Dio questo graziosissimo sovrano, il quale ieri alla tavola, collo spirito, colla gentilezza, col parlar proprio, fece al prussiano1, che se ne va non risanato, lacrime di tenerezza. Gran riposo alle agitazioni è quanto Vostra Maestà si degna di dirmi della speranza che ha di evitar le insidie francesi, tese con tanta insinuazione ed arte. Io non vedo che pretendano, quando la guerra di mare è quella che si dovrebbe fare e nella quale dovrebbe il re esser solo per la loro strana condotta. Vorrà ossun al solito di ministri di quella corona esser duchi e pari2 o governatori di provincie3 in premio d’aver ingannato il re. Desidero quanto ossun l’America spagnuola forticata e difesa, ma spero che il re potrà far solo una guerra americana quando bisogni cogl’inglesi, perché m’immagino l’Italia potrà prender una situazione che dispensi il re dalle cure d’Europa. Supplico Vostra Maestà a soffrire la scorreria che rispondo a Wall4. Non è molto Venezia in Europa, ma lo può essere e lo è stato in Italia, e certamente più di turino. Dà una tal quale riputazione all’interesse delle Sicilie che mortifichi li mali pensieri di turino. Infinite benedizioni piovano dal cielo sulla sacra persona di Vostra Maestà per la clemenza di assicurarmi che siamo ancora in qualche grazia. Quel che Vostra Maestà ha scritto a San Nicandro finisce di ricomporre gli animi nostri5, ma è certo che quella lettera di Squillace fu un fulmine del nostro Giove, che altri ne minacciava e li minacciava non à giganti orgogliosi, ma alle anime quali devono essere le più sommesse di quanti son qui nel servizio del re. Non mi contengo dall’umiliare a Vostra Maestà il primo santuffizio del nuovo ambasciatore di Francia. Quel dettaglio che manca alla famosa vecchia [Elisabetta Farnese] è quello che fabbrica le cose grandi, le quali non sono altro che un aggregato e un prodotto delle minute: in tenui labor, attenuis non gloria, disse un dei più grandi uomini nell’antica roma6. Bisogna salir per la scala per salir XXVI. tanucci - 1° aprile 1760 185 sicuramente e non saltare o volare. È facile ad una persona nata e cresciuta in una casa sovrana parlar d’interesse dei principi, ma non è facile egualmente il prevenirne le insidie e impedirne l’esecuzione o promuoverla. Il Consiglio ha mandato alla Pantelleria7 quel Friozzi diacono che inquietava la casa della priora di Capua8. Continua la concordia. Manca orto. Finito sarà in questa 7mana l’officio [della Madonna]. Prosiegue il lavoro dei candelieri. Supplico Vostra Maestà a darci da fare. Non è stata mai tanta avidità di servire quanta è ora che non ci tocca più farlo, né mai è stata l’opera tanto soave. tutti li beni più grandi si conoscono solo quando si sono perduti. Per non proseguir questo pianto nojoso resto prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 269-70. 1 Il barone von SCHELLENDorF fu l’inviato prussiano a Napoli dal 1759 fino ad aprile 1760 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 300). Secondo il padre Della torre, che l’11 aprile 1760 lo aveva accompagnato in una delle sue spedizioni al monte Vesuvio, era anche «chambellan du roi de Prusse» (cfr. Jean-Marie DE LA torrE, Historie et Phenomenes du Vesuve Exposès par le Pere Dom Jean-Marie de la Torre, Clerc Règulier Somasque, Garde de la Bibliothèque et du Cabinet, et Directeur de l’Imprimerie du Roi des deux Sicilies, et Correspondant de l’Acadèmie Royale des Sciences de Paris, Chez Donato Campo, Napoli 1771, p. 174). 2 I ducs et pairs de France erano le dignità e distinzioni nobiliari più ragguardevoli della monarchia francese, soltanto superati dai princes du sang. Creata ai tempi medievali, era soltanto onorifica, ma comunque molto ambita dall’aristocrazia francese d’Antico regime. Cfr. richard A. JACkSoN, Peers of France and Princes of the Blood, in «French Historical Studies», a. VII, 1971, n. 1, pp. 27-46 e Christophe LEVANtAL, Ducs et pairs et duchés-pairies laïques à l’époque moderne (1519-1790). Dictionnaire prosographique, généalogique, chronologique, topographique et heuristique, éditions Maisonneuve & Larose, Parigi 1996. 3 Le provinces erano le unità amministrative territoriali in cui era diviso il regno di Francia prima della rivoluzione Francese. Sulla loro composizione e storia, cfr. Charles BErLEt, Les Provinces au XVIIIe siècle et leur division en départements de la France. Essai sur la formation de l’unité française, Bloud et Cie, Parigi 1913. 4 Vedi AGS, Estado, libro 242, pp. 262-5: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 1 aprile 1760. 5 Cfr. le Lettere di Maria Amalia di Sassonia a San Nicandro in Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4, vol. I, pp. 5-23. 6 La locuzione latina In tenui labor, attenuis non gloria è un verso delle Georgiche di Virgilio: «Protinus aerii mellis caelestia dona / exsequar: hanc etiam, Maecenas, adspice partem / Admiranda tibi levium spectacula rerum / magnanimosque duces otius que ordine gentis / mores et studia et populos et proelia dicam / In tenui labor; attenuis non gloria, si quem / numina laeva simun auditque vocatus Apollo» (Publius Vergilius Maro, Georgicon, Libro IV, 17). Si potrebbe tradurre come «lavoro di modesto contenuto, ma non di modesta gloria» e si riferisce all’impegno che non sembra importante, ma che invece riporta frutti lodevoli. Non a caso, Virgilio parla in questo libro delle api e del loro lavoro quotidiano che, sebbene sembri insignificante, produce eccellenti risultati, tra cui il miele. 186 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 7 Pantelleria è un’isola mediterranea situata a 100 km a sud-ovest della Sicilia. Il monastero delle carmelitane scalze di San Gabriele di Capua, che era stato fondato intorno al 1734 dal padre Salvatore Pagnani dei PP. Carmelitani di Capua, era formato inizialmente da tre giovani chiamate suor M. Maddalena di Melfi, suor M. Giuseppa di Gesù e suor Angela del Divino Amore. La regina di Napoli si recava periodicamente con i suoi figli per parlare con le suore dal 1752 in poi, dopo la prima visita organizzata dalla duchessa di Castropignano in quell’anno. Secondo il D’onofri, «la pietà, e generosità del fu re Cattolico, e della fu regina Cattolica di lui consorte, si estese ancora al notissimo Monastero delle monache Carmelitane di Capua, ch’è sotto il titolo di S. Gabriele (Questo Monastero riconosce la sua prima unione dal regolamento del P. Maestro Pagnani, Carmelitano per verità di santa vita; e perciò esso Monastero è governato dai Carmelitani, e da uno in specie, col nome di Presidente, il quale abita fuori del chiostro in una casetta, ma a spese del Monastero); del quale ben a ragione si può dire, che le Maestà loro ne fossero stati i fondatori; tanti furono i favori, e soccorsi, che di continuo somministrarono a quel venerabil luogo, ch’è perciò sotto la real protezione, come dimostrano le Regie Arme. tirata poi la regina Cattolica Maria Amalia dalla fama di santità di Suor Maria Angela del divino amore, detta comunemente la Marrapesa, ch’era il di lei cognome nel secolo, volle conoscerla, e parlarle. Vedutala talmente le si affezionò, che spesso andava a visitarla; e alle volte passando il re per Capua, per andare in qualche caccia, la Regina si restava in cotesto Monastero, in compagnia delle Monache. Salita poscia al trono di Spagna, punto non dimenticò Maria Amalia il suo amore per costei; cosicché, oltre il continuo carteggio colla Marrapesa, per la sua morte lasciò al gia detto Monastero un legato di nove mila ducati; de’ quale se ne fece una compera di annua entrata. Continuò poi il fu re Cattolico a riguardare di buon occhio tal sacro luogo, e con larghe limosine abilitò qualche donzella per monacarvisi; e fu attentissimo nel soddisfare ai legati della Regina stata sua consorte: cosicché ogni anno puntualmente da Caserta vanno al Monastero un carico di grano di tomoli cento, e da circa duecento ducati in moneta, per le cere, e per due Cappellanie perpetue; e da Spagna ogni anno il defunto re Cattolico mandava alla Marrapesa (Passò costei agli eterni riposi, piena di virtù, sul principio del 1789, contando di età anni 77, mesi tre, giorni 13; essendo stata per breve Pontificio Priora perpetua. Fu decorato il suo sepolcro con lunga iscrizione, incisa in marmo), Priora perpetua del ridetto Monastero, un regalo di Tabacco, di Cacao, e di China. Saputasi poi la morte del loro insigne Benefattore, Carlo III, non mancarono quelle religiose di farli celebrare con gran pompa i funerali; come già avean fatto, per gratitudine, e dovere, per la requie eterna dell’anima della splendida loro Benefattrice Maria Amalia Walburga» (D’oNoFrI, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. CLXXXV-CLXXXVI). Cfr. anche i lavori del CHILLEMI, cit. a p. 145, nota 15. Secondo Horace Mann, inviato inglese a Firenze, quel convento era uno spazio di superstizione. Così scriveva a Horace Walpole a Londra: «“I must tell you”, Mann writes, May 3rd [1754], “that the Pope, lamenting lately to the new Cardinal Sarsali (?) [sic, Sersale] the death of Cardinal Livizzani and many of his intimate friends, the other (Cardinal S.) attributed it to the antiquity of the Moon of March, che aveva persino ammazzato Gesu Cristo, at which the Pope smiled. that pious Imbecile is going to his Archbishoprick of Naples, where no doubt such sentiments will recommend him to the Queen, whose piety distinguishes itself by the veneration she has for the Abbess of a Convent at Capua, whith whom, whilst the Court is at Caserta, she goes to dine every Saturday. the follies recounted of these visits are both numerous and credible, considering the place and pitch of their understandings; among which, one is worthy to be mentioned, and is that the Madre Badessa assured the Queen that she had been playing the whole night with Gesu Cristo, at Bambina (a Game at Cards), which I dare say her Majesty believed as much as the Nun had dreamt it, and that they were both 8 26. Maria Amalia - 22 aprile 1760 187 persuaded of it”» (John DorAN, ‘Mann’ and Manners at the court of Florence, 1740-1786. Founded on the letters of Horace Mann to Horace Walpole. In Two Volumes, vol. I, richard Bentley and Son, Londra 1876, pp. 365-6). Maria Amalia aveva visitato per l’ultima volta questo monastero nel settembre 1759, facendo parecchi regali alle suore: «Si portò il ultimo al suo prediletto Monastero detto il Ritiro di Capua, in cui soleva più di tutti gli altri visitare, ed essere colle Monache di detto ritiro spesse volte a pranzo, cibandosi soltanto di ciò, ch’era preparato per le medesime in quelli giorni, in cui ella vi andava. Dovendo adunque lasciarle, volle per l’ultima volta portarsi in detto ritiro dal mattino, affine di aver più tempo da stare con esso loro, e così soddisfare in parte a sé pel grande amore, che portava alle medesime, ed a queste, le quali per l’ultima volta senza speranze di non mai più rivederla, avessero tempo di goderla. Quivi sopra tutto fece risplendere la sua benevolenza, ed attacco, che aveva con detto ritiro da una parte, e dall’altra la sua liberale Munificenza, di cui sempre mai è andato adorno il di lei reale animo. Ed infatti regalò primieramente a detto ritiro per uso sacro un gran Calice con patena, e d’una gran Pisside d’oro, di peso circa libre nove, e d’un eccellente disegno, e lavoro. Indi lor diede gran quantità di merletti finissimi, ed altre cose attenenti al sacrificio della santa Messa della somma di ducati 2000 in circa. Donò loro ducati 3000 per una sola volta. ordinò parimente alla Città di Capua, che da allora in avvenire dovesse ogni mese somministrare a detto ritiro trenta moggi di frumento al mese, e trenta misure d’olio, detto volgarmente cogni. In ultimo loro regalò uno dei più superbi abiti suoi alla regale, acciocché ne facessero arredi sacri per Santo Sacrificio della Messa. Finalmente, come esse si dimostrarono desiderose di vedere la nuova fabbrica del real Palazzo in Caserta Città, 18 miglia in circa lunghi di Napoli: ma da Capua, ove le suddette Monache stanno ritirate, miglia due, e poco più; così ella ordinò, che si portassero colà; ed a tale effetto fece loro preparare il pranzo in casa del Signore Intendente di Caserta il Cavalier Neroni, e mandò loro alcune mute di cavalli per levarle, le quali furono accompagnate da alcuni Canonici della Città di Capua, per conservazione. ordinò parimente al detto Intendente di essa Città, che avesse assistito sino al loro ritorno» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 61-2). Vedi anche Pasquale PALMIErI, Taumaturghi della società. Santi e potere politico nel secolo dei Lumi, Viella, roma 2010. 26 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Baron Schellendorf prussiano. Ossun. America. Rio Tinto. Fuentes. Venezia. Squillace lettera di. Lettera intercettata dell’ambasciatore di Francia. San Giorgio. Principe di Friozzi. Offizio della Madonna. Piego raccomanda. Ensenada aggraziato e d’onde la di lui disgrazia. Confusione del duca d’Alba. Aranjuez, 22 aprile 1760. Venerdì il giorno arrivò il corriere di Napoli con le lettere del 1º di questo mese. Le liete nuove ch’egli ci recò della salute di mio figlio mi riempirono di quel piacere che ben imaginar vi potete. 188 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Ancor a voi do le grazie per la conferma che me ne date il far spargere lagrime o sia di piacere o tenerezza ad un prussiano; è una virtù molto particolare di mio figlio e potrà annoverarsi tra le cose rare accadute nella sua vita. In fin a questo punto che vi servo, posso assicurarvi che niente hanno avanzato le insidie de francesi. Anzi, questo monsieur d’ossun parmi hora un poco più tranquillo. Si pensa bensì all’America, ma quanto più di quello noi sapevamo è questa in abbandono, e faccia Dio che per questa non ne venghi qualche disturbo con l’inglesi mentre questi, servendosi di questo letargo, si sono poco a poco impadroniti di un piccolo terreno sul rio tinto1 ove si sono fortificati come se fosse casa loro2. Il re, avendone visto tutti li piani e conosciuto il danno che alla sua parte d’America venirne puol, sta impegnatissimo o con le buone o con le cattive [a] farli sloggiare da li3. Per adesso ho potuto ottenere che, per mezzo del nuovo suo ambasciatore Fuentes4, faccia rinnovare le istanze che a tempo di Ferdinando fatte si erano5, acciò con le buone accordare si possa; ma temo che se non danno una risposta più che soddisfacente, il re vorrà con la forza da colà sloggiarli; Dio ce la mandi buona. Vi assicuro che il solo nome di guerra mi fa orrore; è perché vorrei che il re avesse un poco di tempo per rimettere in ordine le sue cose e per voi altri signori [italiani] ancora, che mi state a cuore più d’ogn’altra cosa. Faccia Dio che l’Italia prenda quella situazione che voi dite che dispensar possa il re di pensare alle cose d’Europa. Allora non mi farebbe più tanto specie una guerra in America. Ho visto quella che voi chiamate scorreria scritta a Wall sopra l’affare di Venezia. Quanto in quella ditte è molto ben ragionato e verissimo. Vedremo che diranno in appresso. Godo aver calmati gl’animi con ciò che scrissi a San Nicandro sopra la consaputa lettera di Squillace. Vi ringrazio del santo offizio dell’ambasciatore di Francia che mi avete mandato. Molto mi ha rallegrato ciocché in quello ho letto e ridere mi ha fatto quell’affettata sciocchezza di San Giorgio, molto propria per altro del suo carattere; oh, di quanti superlativi sarà stato accompagnato quel tale discorso[!]. Mi dispiace che il consaputo Friozi si abbia fatto merito per andare alla Pantelleria, ma quando li minori castighi non giungono a fare emendare vi vogliono i maggiori. 26. Maria Amalia - 22 aprile 1760 189 Mi rallegro che finalmente tra poco avrò il mio offizio [della Madonna]. Gran bisogno ne ho mentre il mio vecchio stà molto male. In ordine non vi dubitate che credo spesso avrò da mandarvi qualche commissione, mentre qui vi fanno impazzire per ogni piccola cosa che si debba far fare. Per adesso vi prego a far capitare quest’accluso piego che pure è una commissione ed ho voluto jo stessa accludervelo per maggior sicurezza. In questo corriere sentirete la gran novità d’avere il re aggraziato del suo esilio6 il famoso Ensenada7. Questa non è già una grazia, ma una mera giustizia8. ora sappiate che contra quest’infelice, per più diligenze che si fecero da chi forse anche avrebbe voluto trovarlo reo, nemmeno un’ombra di delitto segli è potuto addossare e la pubblica voce e fama è che la sua disgrazia unicamente sia venuta per non aver voluto persuadere al re (il quale si era dichiarato senza il consiglio d’Ensenada non volerlo fare) di firmare un trattato nel quale si cedeva buona parte della Galizia al Portugallo9. La nazione, piena di questo, desiderava ardentemente di vederlo aggraziato ed Alba10 stà mortale, mentre il ritorno di questo finisce di dare il tracollo di quel credito ch’egli procurava di mantenersi per una tal quale esteriorità che il re mantiene con lui11. Grazie a Dio tutti stiamo bene. Il tempo da domenica si è guastato e per conseguenza mi ha impedito le mie passeggiate, ma ne lodo Dio che ci ha mandato abbondanti piogge, che le campagne necessitavano. Conservatevi, e vi assicuro della mia benevolenza. Amalia. 1 Il río Tinto è un fiume del Centroamerica, nell’attuale Honduras. Secondo l’Enciclopedia Universal Ilustrada: «nace en el departamento de olancho, en las montañas de Ardan, formándose de la confluencia del Sico y del Paulaya y siendo en un principio conocido con los nombres de Sico y Grande; entra en el departamento de Colón y toma cerca de su costa el nombre de Poyer ó Poyas; antes de llegar al mar se divide en tres brazos; dos que van directamente al Atlántico y otro que con el nombre de río Negro termina en la laguna de la Criba, que comunica con la de Han. [...] La longitud total del río es de más de 132 kms., de los que cerca de la mitad son navegables para embarcaciones de poco calado» (Enciclopedia Universal Ilustrada Europeo-Americana, tomo LXI, Espasa-Calpe, Madrid 1928, p. 1408). 2 Gli inglesi si erano infatti stabiliti lungo la costa spagnola del Caribe all’inizio del Settecento in modo da controllare la produzione del ‘palo campecce’, pianta molto pregiata nella tintura dei tessuti di cotone. Su questo argomento, cfr. il manoscritto contemporaneo Proyecto para establecer el método y práctica de cortar el palo de tinta en la provincia de Yucatán o Campeche y conducir a estos reinos la cantidad suficiente al consumo de las fábricas de Europa, extractado por José Banfi y Parrilla de los dictámenes dados por Antonio Benavides, Juan de Villa-Juana, Juan de Isla y José del Duque in BNE, Mss. 1962/2. Su questo argomento, vedi Francisco de Paula GArCíA PELáEz, Capítulo 104: Mansion de ingleses en Rio-Tinto y Punta-Gorda, in Me- 190 Verso la riforma della Spagna: Carteggio morias para la Historia del antiguo reyno de Guatemala, tomo III, Establecimiento tipográfico de L. Luna, Guatemala 1852, pp. 72-8; Dionisio de ALSEDo y HErrErA, Piraterías y agresiones de los ingleses y de otros pueblos de Europa en la América española desde el siglo XVI al XVIII, Imprenta de Manuel G. Hernández, Madrid 1883; Héctor PérEz MArtíNEz, Piraterías en Campeche. Siglos XVI, XVII, y XVIII, México 1937; José Antonio CALDEróN QuIJANo, Belice 1663(?)-1821. Historia de los establecimientos británicos del río Valis hasta la independencia de Hispanoamérica, Escuela de Estudios Hispanoamericanos, Siviglia 1944 e i lavori di Vicente PALACIo AtArD: Las embajadas de Abreu y Fuentes, op. cit. a p. 110, nota 3 e Tribunales británicos y presas de barcos durante la guerra de los Siete Años, in «revista de Archivos, Bibliotecas y Museos», a. LX, 1954, pp. 105-10. 3 Sulla politica americana di Carlo III, cfr. i classici studi di Vicente roDríGuEz CASADo, Política exterior de Carlos III en torno al problema indiano, in «revista de Indias», a. V, 1944, n. 16, pp. 227-66 e Miguel ArtoLA GALLEGo, Campillo y las reformas de Carlos III, in «revista de Indias», a. XII, 1952, n. 50, pp. 685-714 e América en el pensamiento español del siglo XVIII, in «revista de Indias», a. XXIX, 1969, n. 115-8, pp. 51-78. Lo studio pricipale oggi rimane comunque Stanley J. StEIN e Barbara H. StEIN, Apogee of Empire. Spain and New Spain in the Age of Charles III, 1759-1789, Johns Hopkins university Press, Baltimore 2003. Vedi anche Gabriel B. PAQuEttE, Enlightenment, Governance, and Reform in Spain and its Empire, 1759-1808, Palgrave-Macmillan, New york 2008. 4 Joaquín Atanasio PIGNAtELLI DE ArAGóN y MoNCAyo (1724-1776), XVI conte di Fuentes, era allora il nuovo inviato spagnolo a Londra. Gentiluomo di Camera di Ferdinando VI nel 1751, fu nominato ambasciatore spagnolo presso il re di Sardegna nel 1754, dove rimase fino al 1758. Nel 1760 Carlo III lo confermò nel posto di ambasciatore a Londra, che non aveva potuto assumere per la malattia di Ferdinando VI. Ebbe un ruolo decisivo nei primi rapporti fra la Spagna di Carlo III e l’Inghilterra coinvolta nella guerra dei Sette Anni, e come ricompensa per i suoi servigi il re lo fece cavaliere del toson d’oro nel 1761, consejero de Estado nel 1762 e ambasciatore straordinario a Parigi nel 1763, essendo stato anche nominato cavaliere dell’orden de Santiago e del Saint-Esprit nel 1768. Su questo personaggio, cfr. PALACIo AtArD, Las embajadas de Abreu y Fuentes en Londres, op. cit. a p. 110, nota 3; ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 395 e Miguel BELLoD LóPEz, La correspondencia diplomática del Conde de Fuentes en torno al conflicto jesuístico, in «revista de Historia Moderna. Anales de la universidad de Alicante», 1999-2000, n. 18, pp. 85-108. 5 Probabilmente Maria Amalia fa riferimento al Tratado de indemnizaciones y comercio entre las coronas de España y de la Gran Bretaña; concluido y firmado en Madrid a 5 de octubre de 1750 para la ejecución del artículo 16 del tratado de paz de Aquisgran in CANtILLo JoVELLANoS, op. cit. a p. 74, nota 3, pp. 409-12. 6 Come scriveva Bristol: «the marquis Ensenada has obtained leave to come to court and will be allowed to live for the future where he chuses [sic]» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 21 aprile 1760). 7 zenón de SoMoDEVILLA y BENGoECHEA (1702-1781), marchese de la Ensenada, fu un ministro spagnolo di grande fama. Proveniente da una famiglia modesta, Ensenada cominciò la sua carriera pubblica grazie a José Patiño, segretario di Stato e del Dispaccio di Filippo V. Nel 1720 fu eletto oficial supernumerario de la secretaría de Marina e nel 1728 comisario real de Marina recandosi a Cadice, Cartagena e Ferrol. Nel 1731 fu coinvolto nell’organizzazione della squadra che doveva riconquistare la piazza di oran, partecipando anche alla successiva campagna d’Italia del 1733-1734. Grazie ai suoi servizi, Carlo di Borbone lo nominò marqués de la Ensenada nel 1736. Nel 1742 fu eletto segretario dell’infante Filippo, futuro duca di Parma. La sua grande opportunità capitò nel 1743, quando fu nominato segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, Guerra e Marina, e Indias, carica che lo rese de 26. Maria Amalia - 22 aprile 1760 191 facto l’uomo forte del governo (cfr. ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 127). Nel 1746 fece parte ancora del governo di Ferdinando VI, essendo segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, ma sará destituito nel 1754 e mandato in esilio a Granada (vedi una accennata interpretazione di questo evento in GuAStI, op. cit. a p. 35, nota 6). Ensenada aveva fatto parte della grande rete di clientelismo politico di Elisabetta Farnese, essendo amico di due altri membri di questo circolo: José Joaquín de Montealegre, marchese di Salas e segretario di Stato e del Dispaccio napoletano, e il marchese Annibale Scotti, parmigiano al servizio della regina di Spagna. Su Ensenada risulta ancora fondamentale, per i documenti offerti, la monografia di Antonio roDríGuEz VILLA: Don Cenón de Somodevilla, Marqués de la Ensenada. Ensayo biográfico formado con documentos en su mayor parte originales, inéditos y desconocidos, Librería de M. Murillo, Madrid 1878; ma per una biografia aggiornata, con tutta la bibliografia precedente, cfr. José Luis GóMEz urDáñEz, El proyecto reformista, op. cit. a p. 26, nota 4. Vedi ancora Carlos GóMEz-CENturIóN JIMéNEz, La reforma de las casas reales del Marqués de la Ensenada, in «Cuadernos de Historia Moderna», 1998, n. 20, pp. 59-83; ramón MArurI VILLANuEVA, Ensenada y el Real Astillero de Guarnizo, in «Brocar. Cuadernos de Investigación Histórica», 2001, 25, pp. 123-36; Ministros de Fernando VI, op. cit. a p. 26, nota 4; Cristina GoNzáLEz CAIzáN, La red política del Marqués de la Ensenada, Fundación Jorge Juan, Madrid 2004; Francisco ANDúJAr CAStILLo, La «reforma» militar del Marqués de la Ensenada, in El equilibrio de los Imperios: de Utrecht a Trafalgar, a cura di Agustín GuIMErÀ rAVINA e Víctor PErALtA ruIz, Fundación Española de Historia Moderna, Madrid 2005, pp. 519-36; José Miguel DELGADo BArrADo, Aquiles y Teseos. Bosquejos del reformismo borbónico (17011759), universidad de Granada-universidad de Jaén, Granada 2007 e Misión en París. Correspondencia particular entre el Marqués de la Ensenada y el Duque de Huéscar (1746-1749), a cura di Didier ozANAM e Diego téLLEz ALArCIA, Instituto de Estudios riojanos, Logroño 2010. ringrazo Diego téllez per avermi inviato una copia di questo importante volume. 8 Dopo la proclamazione di Carlo III nel 1759 come re di Spagna, molti credettero che Ensenada sarebbe stato reintegrato nel governo della monarchia. Infatti, come segnala Maria Amalia, Ensenada fu richiamato alla vita pubblica nell’aprile 1760 (DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, pp. 89-90 e GóMEz urDáñEz, El proyecto reformista, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 171). Fu ricevuto personalmente da Carlo III un po’ più tardi, come indica la Gaceta de Madrid (13 maggio 1760, n. 20, p. 159): «El rey nuestro Señor, mirando con particular agrado los distinguidos meritos del Sr. Marqués de la Ensenada, y no haviendo hallado cosa, que se oponga á su buena conducta, se ha dignado levantarle el destierro, que tenía en el Puerto de Santa María, y concederle la libertad de que pueda residir en el parage donde mas le convenga, y venir à la Corte, para tener la honra de presentarse à S. M., y besar su real mano». Il conte di Bristol accenna al ritorno di Ensenada alla corte spagnola nel suo minuto dispaccio del 28 aprile 1760 (NA, SP 94/161). È anche molto precisa la descrizione redatta da Bristol nella memoria inviata a Londra nell’agosto 1761: «Monsieur de la Ensenada must not be forgot. He is vain and presumptuous, has some experience, but never had any application. the three first secretarys of the different departments he once possessed, did the whole business of those offices; they prepared the notes for him, which were to be carryed to the Despachos; and he received his lessons from them, because he neither had the capacity requisite to transact business of such importance, nor would he give himself the trouble that was necessary to examine into affairs. yet this man flatters himself with the prospect of being employed. He has dedicated all his attention to the duke of Lossada, whom he has gained, and is very assiduous in the palace where he makes his daily appearance both in the capital and at the country seats. His views are to succeed the marquis Squillace some time or other, which the marquis knows, and from apprehending his driving that point too fast, has accordingly grown shy of him. He has never been even upon speaking terms with general Wall; as the order for this arrest passed through 192 Verso la riforma della Spagna: Carteggio that minister’s hands. General Wall and the duke of Lossada are apparently well together; yet there is no connection between them, because of that nobleman’s unaccountable partiality to monsieur de la Ensenada. the duke of Lossada and the marquis Squillace are upon the same terms, and for the same reason. Monsieur Wall, Don Julian Arriaga, and the marquis Squillace, without being particular united, sincerely wish each other to continue in their several employments, for no one of them attempts to encroach upon what is out of the province allotted to each secretary. of course, they go on with harmony, and are ready to serve each other upon all occasions, so that, notwithstanding the duke of Lossada’s favor towards the marquis de la Ensenada, that strong triumvirate serves as a barrier to monsieur de la Ensenada’s ambition, a passion that would guide him to devote himself either to the English or French interest, whichever would best serve his purpose to get into power; altho’ he would, when he was riveted in his place, shew himself to be what he was before stigmatized with the character of a pliant tool to any French ministry» (NA, SP 94/164: il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 31 agosto 1761, citato con varianti da CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 242-3). Com’è ben noto, Ensenada era un convinto filofrancese e per questa ragione era comunemente criticato dagli inviati inglesi a Madrid. Non a caso, l’ambasciatore britannico a Madrid al tempo di Ferdinando VI, Benjamin keene, ebbe un ruolo decisivo nella caduta politica di Ensenada nel 1754 (cfr. The private correspondence of Sir Benjamin Keene, K. B., a cura di richard LoDGE, Cambridge university Press, Cambridge 1933). Edward Clarke scrisse una narrazione molto vibrante ed illustrativa sui problemi di Ensenada per essere integrato nella vita pubblica sotto il regno di Carlo III: «the Marquis De Ensenada, it is to be hoped, will never have influence enough, to be employed as a Minister again. He is the most sworn and implacable enemy the British nation hath in Spain, both from prejudice and principle. He wears on a Gala, or court day, more diamonds, crosses, orders, ribbands, fillets, &c. than any Spanish grandee; so that, like Sinon in the Æneid, he seems a * (*Vittæque Deûm, quas Hostia gessi) victim fled from sacrifice. His fall was chiefly owing to the intrigues of that able and great Minister, the late Sir Benjamin keene; a circumstance, which, if I can have my wish, shall one day be laid more fully before the public. the Marquis was recalled to court, upon the present king’s accession, by means of the Duchess of Castropignano; he is still as ambitious as ever; and if intrigue and gold can make him so, will be a minister again» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, p. 332). Il conte di Fernán Núñez ancora aggiunge delle sfumature sulla posizione di Ensenada in quel tempo: «[...] en el año 1760 entró victorioso en Aranjuez, de orden del rey Carlos, que le recibió muy bien. Falto de subalternos y del poder, que eran los medios que le había hecho brillar, y reducido á sí solo, se limitó á hacer una compañía servil á su bienhechor y amigo el Duque de Losada, Sumiller del rey, y á acreditar á S. M., por medio de una corte asídua y molesta, la lealtad y reconocimiento de un buen corazón. Se le consultó en algunos asuntos; pero como nada era por sí, no satisfacía como se esperaba. Así pasó sin faltar ningún día á la mesa del rey, en que se ocupaba en hacer fiestas á sus perros. Pero el astuto Soberano, á quien nada chocaba más que le adulasen y quisiesen obligar por este medio á prodigar sus palabras y distinciones, desde luego que penetró el sistema del Marqués (que no tardó mucho), no volvió á hablarle una sola palabra» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, p. 111). William Coxe scriveva nell’ottocento: «Ensenada and his partisans exulted at the accession of the new sovereing, hoping to rise again to power under the government of a prince to whom they had testified such a zealous devotion. they soon, however, found that Charles had other views to follow, and other partialities to gratify. the only favour granted to the disgraced minister and his confidant ordeñana, was a pardon, and a consequent permission to return to court» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 237). 9 Maria Amalia fa riferimento alle negoziazioni per il Tratado de Madrid (anche detto de Límites) che, firmato fra la Spagna ed il Portogallo nel 1750, metteva in ordine la frontiera 26. Maria Amalia - 22 aprile 1760 193 brasiliana fra le due potenze coloniali (cfr. il testo compiuto del Tratado de límites de las posesiones españolas y portuguesas de América, concluido entre ambas coronas y firmado en Madrid á 13 de enero de 1750, y ratificado en febrero del mismo año in CANtILLo JoVELLANoS, op. cit. a p. 74, nota 3, pp. 400-8). Secondo William Coxe, «In 1750, a treaty was concluded, by which Portugal ceded the colony [Sacramento], in return for the celebrated missions planted by the jesuits on the banks of the uraguay [sic, uruguay], and the province of tuy in Gallicia. the usual reports and examinations were made, and proper officers deputed on both sides to carry the agreement into execution» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 106). In realtà, la città galiziana non fu mai data ai portoghesi in questo trattato, ma questa voce era in giro da tempo (cfr. Lettera 756: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 21 giugno 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, pp. 535-6). Coxe probabilmente aveva preso a sua volta questa informazione da una copia del noto mss. Noticias y anécdotas desde el año de 1754 hasta el año de 1759, así por lo tocante a los negocios de Paraguay como a la persecución de los padres de la Compañía de Jesús en Portugal in Fundación universitaria Española, Archivo de Campomanes, caja 44/11; ringrazio vivamente Diego téllez Alarcia per l’informazione e le referenze che mi ha dato per chiarire questo punto. Sul trattato di Límites, cfr. anche Juan MoLINA CortóN, El Tratado de Límites de 1750 y la intervención jesuita, in «Cuadernos de Investigación Histórica», 1995, n. 16, pp. 199-232; Jorge Couto, O Tratado de límites de 1750 na perspectiva portuguesa, e Manuel LuCENA GIrALDo, El Tratado de límites de 1750 desde la perspectiva española, in El Tratado de Tordesillas y su época, vol. III, a cura di in Luis rIBot GArCíA; Adolfo CArrASCo MArtíNEz e Luís ADão DA FoNSECA, Junta de Castilla y León, Valladolid 1995, pp. 1593-1610 e 1611-26, rispettivamente. Sulle conseguenze politiche internazionali ed interne che il trattato ebbe per la Spagna, cfr. il classico Guillermo krAtz, El Tratado hispano-portugués de límites de 1750 y sus consecuencias. Estudio sobre la abolición de la Compañía de Jesús, Institutum Historicum S. I., roma 1954; Didier ozANAM, La política exterior de España en tiempo de Felipe V y de Fernando VI, in Historia de España fundada por Ramón Ménendez Pidal, op. cit. a p. 40, nota 10, pp. 441-699 ed ancora il riassunto e aggiornamento fatto da GuAStI, op. cit. a p. 35, nota 6, pp. 32-41. 10 Fernando de SILVA y áLVArEz DE toLEDo (1714-1776), duca di Huéscar e dal 1755 in poi XII duca d’Alba. Figlio del conte di Galve, oppositore di Filippo V e sostenitore dell’arciduca Carlo nella guerra di Successione Spagnola (1700-1713), visse i suoi primi anni a Vienna. Passò nel 1725 a Madrid con sua madre, la duchessa d’Alba, e fu educato nel Seminario de Nobles della capitale. Fu eletto gentiluomo di Camera nel 1733, coronel del regimiento de infantería de Mayorca nel 1735, brigadier de infantería nel 1741 e capitán de la compañía española de Guardias de Corps nel 1744. Dal 1745 svolse diverse attività diplomatiche in Francia per il re di Spagna, e fu nominato cavaliere del toson d’oro nel 1746 e dello Spirito Santo nel 1749. ritornato in patria in quell’anno, fu finalmente nominato da Ferdinando VI maggiordomo maggiore nel 1753. A Madrid, Huéscar riuscì ad avere un ruolo determinante nella società politica spagnola. oppositore di Ensenada, ne provocò, insieme a Wall, la caduta nel 1754, e poi perseguitò la sua rete clientelare, come c’informa Bernardo tanucci: «Non saprei fare il prognostico sulle tante intraprese di Huéscar nel perseguitare le creature e gli amici di Ensenada» (tANuCCI, Epistolario, vol. III: 1752-1756, op. cit. a p. 90, nota 3, p. 318). La sua fortuna a corte è dimostrata dagli onori e dagli incarichi a lui concessi dal re: dal 1754 in poi fu interino segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, anche consejero de Estado e in più director de la Real Academia Española; nel 1756 gran canciller de las Indias. Il suo noto sostegno a Ferdinando VI e ai suoi ministri fu poco apprezzato da Carlo III dopo il 1759 e così, nonostante che il nuovo re lo avesse confermato nella sua carica di maggiordomo maggiore della Casa reale spagnola poco dopo il suo arrivo, il nobile rinunciò nel dicembre 1760: «Siempre han merecido al rey la maior satisfaccion y aprecio los particulares 194 Verso la riforma della Spagna: Carteggio distinguidos servicios de Vuestra Excelencia pero sin embargo de que el anhelo de Vuestra Excelencia quisiera continuarlos, como hasta aqui a sus reales pies, conoce Su Majestad son poderosas las razones con que en representacion de fecha de ayer, apoya Vuestra Excelencia la quebrantada salud que experimenta para la renuncia que hace del empleo de su Mayordomo Maior, y asi se ha servido admitir a Vuestra Excelencia la dejacion de él. y queriendo Su Majestad al mismo tiempo manifestar a Vuestra Excelencia los efectos de su benevolencia con que le distingue, se ha servido en conservarle los honores y entradas de su Mayordomo Maior, como solicita, y también el sueldo de este empleo, lo que me manda participar a Vuestra Excelencia para su inteligencia y entera satisfacción» (BNE, Mss. 11259/25: il marchese del Campo de Villar al duca d’Alba, Buen retiro 22 dicembre 1760). tanucci scriverà su di lui poco dopo l’arrivo di Carlo III in Spagna: «Alba non è pel re, né il re per Alba. Intrigante e schiavo delle sue passioni fino alla viltà, non può piacere al re. un sovrano conoscitore, attento, sincero non è per Alba, che si trovò sì bene con un sovrano [Ferdinando VI] che aveva virtù diverse da quello che ora Dio ha mandato costà a mutare la scena e a trasformar la nazione» (AGS, Estado, libro 236, p. 182: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 4 dic. 1759). E ancora: «L’anima grande del re avrà oppresso Alba, gran maestro di artifizi di corte. tutti questi son inutili e dannosi col re. Forse sarebbe sperabile il perdono se il peccato da Alba commesso col fu re Ferdinando fosse stato commesso col gran successore o fosse stato d’un altro genere che di mancanza d’amore verso il suo vecchio padrone. Credo che senza dichiarazione di parole il contegno del re basterà perché cotesto cavaliere si risolva alla solitudine, se pur è capace di sostenerla» (AGS, Estado, libro 236, p. 206: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 11 dic. 1759). Infatti, il primo incontro con il re fu molto freddo, secondo racconta l’inviato inglese Bristol: «I had the honor of acquainting you, sir, in a former dispatch, that the duke d’Alva’s bad health had prevented his going with the rest of the royal Household to Barcelona. He sat out lately for Saragosa & his reception was, I hear, and extreme cold one. If he perceives he can gain no ground, he will ask leave to retire; but his friends seem convinced he will take no step precipitately in an affair of so much importance» (NA, SP 94/160: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 26 nov. 1759). Sul ruolo politico di questo personaggio, cfr. ad indicem i lavori ripetutamente citati di FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I; LAFuENtE, op. cit. a p. 35, nota 6; DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I-II, e ESCuDEro, Los orígenes del Consejo, op. cit. a p. 26, nota 4, così come Jacobo StuArt FItz-JAMES y FALCó, duque de Alba, El Duque de Huéscar: apuntes biográficos según los documentos del Archivo de la Casa de Alba, Viuda de Estanislao Maestre, Madrid 1946; La diplomacia de Fernando VI. Correspondencia reservada entre D. José de Carvajal y el Duque de Huéscar, 1746-1749, a cura di Didier ozANAM, CSIC, Madrid 1975; ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 433-5; Ministros de Fernando VI, op. cit. a p. 26, nota 4; GuAStI, op. cit. a p. 35, nota 6; Misión en París, op. cit. a p. 191, nota 7, e i lavori di téLLEz ALArCIA: D. Ricardo Wall e Absolutismo e Ilustración, op. cit. a p. 27, nota 4. 11 Secondo Edward Clarke, «the Duke of Alva, in December 1760, desired leave of his Majesty to resign his employments, and retire from court: He prayed the king to continue his honours; to which the king replied, that he would not only continue his honours, but his appointments too. the resignation of the chief great man in Spain made, as you will imagine, much noise at MADrID: the Duke of ALVA, has undoubtly great parts and abilities, there are few, if any, of a capacity equal to his. the Marquis of Mont-Allegre, succeeded him. the Duke, to say the truth, having been the first man, manager, and director during the late reign, did not like to find himself less considered in this, and therefore chose to retire. It was not apprehended, that his retiring would at all affect Mr. Wall. the Duke is hereditary chancellor of the Indies, dean of the council os State, and director of the academy, &c.» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, pp. 123-4: cfr. anche p. 325). Il duca di Fernán Núñez segnalò che Alba: XXVII. tanucci - 8 aprile 1760 195 «Era hombre de gran talento, pero no del mejor carácter, y sumamente inconstante y altivo. Procuró ganar al rey, y á este fin no omitió medio alguno con cuantos le habían acompañado desde Nápoles; pero, conociendo la penetración de este experimentado Monarca, creyó no podrían estar mucho tiempo juntos, é hizo dimisión de su empleo [di maggiordomo maggiore]» (FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, p. 154). XXVII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 8 aprile 1760*. Sabato 5 del corrente arrivò il corriero dei 18 del passato per compiere la nostra festa del redentor che risorge colla notizia lietissima della salute di Vostra Maestà e di tutta la reale famiglia che nella sovrana lettera di Vostra Maestà ebbi la sorte di leggere1. Giocondissime sono le feste pasquali per l’uguale salute che gode questo sovrano che in Napoli, colle funzioni della 7mana Santa, ha espresso dal popolo innamorato le più strane dimostrazioni d’affetto e di venerazione. Quel ch’io torno a leggere nella sovrana lettera di benigno più che di clemente per me è tanto e tale che ad uomo privato non è lecito neppur pronunciare; il meditarlo è pericoloso per la mente ed è certamente un’immaginazione che in questo mondo umano e mortale chiede l’espressione di San Paolo tornato dal terzo cielo nec oculus vidit, nec auris audivit 2. Vostra Maestà, per la solita estensione di bontà, si degna di desiderare ch’io arrivi a vedere nell’adorabile figlio la virtù paterna, ma questo è per me un impossibile. Quando vi arrivasse la vita mia e fosse anche uguale quella virtù, io non potrei né conoscerla tale né consolarmene: non è nel mio cuore né nel mio animo più luogo, dopo la sorte di vedersi da vicino per tanti anni e adorare quel che ho veduto e sempre adorerò; dopo tanto sole son rimas[t]o arido e cieco per ogni altro oggetto. Le generose lettere mi restan per idolo in queste tenebre ove sono caduto. rubion domani rasserenerà questo cielo politico coll’andarsene3. Vorrei che Caraccioli ne potesse riferire i discorsi. Avrà Vostra Maestà veduto quel che Choiseul4 mi fece dire da Basquiat5 per Piacenza. Forse le cortesie fatte dalla Francia nel trattato dei confini6 a turino son tutte quelle che per ora vuol fare a quella corte. Non posso pensarle come Caraccioli un indizio di altre future e molto meno di quell’amicizia che la Francia si voglia preparare pel caso del ritorno di Vienna all’oro britannico. La maniera di pensar di turino e la bandiera nera è troppo conosciuta. Forse il non 196 Verso la riforma della Spagna: Carteggio parlare al re di Piacenza è avarizia e timore di contribuire se parla e speranza che il re, anche per Piacenza, finisca solo. Ho poca fiducia di che qualche colpo emendi l’orgoglio inglese in mare. La mancanza del danaro potrà farlo e già vede Vostra Maestà che non si è preparata l’armata per la conquista della Martinica7 e il tempo ne è già passato. Broglio8 ne pur mi rallegra. Egli comanda a troppa disobbedienza e dissensione. Maometto [cioè, la minaccia dell’Impero otomano] unirà sempre a Vienna li russi. È probabile il sospetto che voglian questi tenersi la Prussia e contribuiscano perciò efficacemente alla Slesia, onde lontana e difficile divenga la pace. Con gran ragione dice Vostra Maestà di non saper che si [possa] fare di russia pel nostro mezzogiorno. Londra non si potrà aver [amica] mai totalmente pel nostro vecchio fermento francese. tutto consiglia una perpetua neutralità e preparazione: il non far mai e minacciar sempre coll’esser pronti. Quella Venezia potrà esser qualche presidio in questo mosaico italiano. Vi è per le Sicilie qualche decoro e produrrà a turino qualche dissenso. Li preti e li frati delle teresiane di Vostra Maestà9 [h]anno fatto qualche rumore per dispute rituali. Si è detto provvisionalmente che si osservi il solito. Granito10 spiegherà come ha detto. Il duca di Noja11 vorrebbe includer nella sua pianta delli suburbani di Napoli il disegno di Vostra Maestà per li nuovi quartieri, stradone e entrata del palazzo di Portici. Né si dà, né si nega, finacché Vostra Maestà non si degni di manifestarci la sua sovrana volontà12. Prego Dio che possa Vostra Maestà evitare il soverchio caldo che a Vostra Maestà suol esser molesto. Auguro alle mosche spagnuole più giudizio di quello che avevano le mosche di Portici. Quale io resti, per le ultime parole della benignissima lettera, non si può spiegare13. Non basta né il monte Atlante14 né la moglie di Lot15. Senza sensi e senza parola mi prostro ai piedi di Vostra Maestà. *AGS, Estado, libro 242, pp. 288-90. 1 Cfr. Lettera 21 del 18 marzo 1760. 2 tanucci cita un versetto molto noto dell’epistola di San Paolo ai Corinzi: «Sed sicut scriptum est: “Quod oculus non vidit, nec auris audivit, nec in cor hominis ascendit, quae praeparavit Deus his, qui diligunt illum”» (Ad Corinthios Epistula I, 2: 9), cioè «Sta scritto infatti: “Quelle cose che occhio non vede, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano”». 3 Come conferma Clemente de Aróstegui, «El conde de roubione, ministro de Cerdeña, XXVII. tanucci - 8 aprile 1760 197 está de partida para su corte usando de licencia. ya tiene dispuesto su viage a bordo del navio de Maltha, el San Juan, que casualmente ha venido estos dias a Baya, y de alli debe passar al Puerto de tolon» (AGS, Estado, legajo 5870, folio 26: Alfonso Clemente de Aróstegui a ricardo Wall, Napoli 8 aprile 1760). 4 étienne-François de CHoISEuL (1719-1785), conte poi duca di Choiseul e di Amboise. Militare di carriera, partecipò in Italia alla guerra di Successione Austriaca (1740-1748), passando dopo a servire nei Paesi Bassi come lieutenant général. Nel 1753 riuscí ad essere nominato ambasciatore francese a roma, passando nel 1757 a Vienna. Nel 1758 fu eletto secrétaire d’État aux Affaires Étrangères e nominato duc et pair de France, riuscendo nel 1761 a portare a termine il trattato di famiglia con la Spagna. In quell’anno, lasciò il ministero, essendo stato eletto Secrétaire d’État à la Guerre et à la Marine, fino al 1766, quando ritornò alla prima Segreteria fino al 1770. Vedi sul personaggio le sue Memorie: étienne-François de CHoISEuL, Mémoires de M. le duc de Choiseul: ancien ministre de la marine, de la guerre, & des affaires étrangeres; écrits par lui-meme, et imprimés sous ses yeux, dans son cabinet, à Chanteloup, en 1778, vol. I-II, Buisson, Chanteloup 1790, così come le biografie di Annie BrIErrE, Le duc de Choiseul. La France sous Louis XV, Albatros, Parigi 1986 e di Guy CHAuSSINAND-NoGArEt, Choiseul (1719-1785). Naissance de la gauche, Le Grand Livre du Mois, Parigi 1998. 5 Mathieu de BASQuIAt (1724-1794), barone di la Houze, fu l’incaricato di affari francesi a Napoli dalla partenza dell’ambasciatore ossun per la Spagna il 6 ottobre 1759 fino all’arrivo del seguente ambasciatore, Durfort, il 22 marzo 1760 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 115). 6 Il trattato di torino, o traité des limites, fu firmato il 24 marzo 1760 fra la Francia e il Piemonte in modo di definire e demarcare esattamente la frontiera fra le due corone. Vedi Traité entre le roi et le roi de Sardaigne, conclu à Turin le 24 mars 1760, de l’Imprimerie royale, Parigi 1760 e Denis ANDrEIS, Le Traité de Turin de 1760. Les rectifications de Frontières, in «Nice Historique», a. LXXVI, 1973, n. 2, pp. 61-73. 7 L’isola della Martinica, nel mare Caraibico, era la colonia francese più importante dell’America del Sud. Fu conquistata dagli inglesi nella guerra dei Sette Anni, ma ritornò alla Francia con la pace di Parigi del 1763. Sull’attività bellica sull’isola in questi mesi, vedi le notizie del 15 febbraio pervenute da Londra (Gaceta de Madrid, 11 marzo 1760, n. 11, p. 85) e del 22 febbraio (Ivi, 18 marzo 1760, n. 12, pp. 91-2). 8 Victor-François de BroGLIE (1718-1804), duca di Broglie, fu un maresciallo francese che aveva preso parte alla guerra italiana del 1734 ed in quelle della Successione Austriaca (17401748). Ereditò il titolo dal padre nel 1745 e fu fatto lieutenant-general nel 1748. Participò attivamente nella guerra dei Sette Anni (1756-1763), vincendo la battaglia di Bergen del 3 aprile 1759, e fu nominato perciò maréchal de France e prince du Saint Empire Romain Germanique. Comunque, si ritirò dal servizio attivo quando perse la battaglia di Villinghausen, nel 1761, e non ritornò in carica fino al 1778. Si schierò a favore della monarchia dopo la rivoluzione del 1789. Sulle sue campagne militari durante la guerra dei Sette Anni, cfr. Mémoires pour servir à l’histoire de notre temps, recueillis par M. D. V. Campagnes du maréchal duc de Broglie ..., 17591761. Avec des plans gravés en taille-douce, aux dépens de la compagnie, Francfort et Leipzig 1761; Journal de la Campagne de 1760 entre le Ma.l duc de Broglie, et le Prince Ferdinand de Brunswick, avec les opérations des deux armées en février et mars 1761, par M. L. R. D. B. officier de dragons, Francfort 1761; Pierre Joseph DE BourCEt, Mémoires historiques sur la guerre que les Français ont soutenue en Allemagne depuis 1757 jusqu’en 1762 ... Auxquels on a joint divers supplémens, & notamment une rélation impartiale des campagnes de M. le maréchal de Broglie, rédigée d’après ses propres papiers, & les pieces originales existantes dans les archives du Département de la guerre, vol. I-III, Maradan, Parigi 1792 e, infine, Correspondance inédite de Victor-François duc de Broglie, maréchal de France, avec le prince Xavier de Saxe, comte de Lusace, lieutenant général, 198 Verso la riforma della Spagna: Carteggio pour servir à l’histoire de la Guerre de Sept Ans, campagnes de 1759 à 1761, vol. I-IV, a cura di Louis Alphonse Victor de BroGLIE e Jules-Joseph VErNIEr, A. Michel, Parigi 1903. 9 Sul monastero delle teresiane di Chiaja, scrive il D’onofri: «Per il Monastero poi delle Teresiane è da sapersi, che la fondazione di questo Monastero avvenne nel 1746, quando le Monache di S. Giuseppe di Pontecorvo vollero fondare un’altro monastero del loro istituto, e comperaron perciò il casino del regio Consigliere D. Carlo Gaeta per 12 mila ducati. Il defunto re Carlo III non solamente vi diede il regio assenso, ma Egli, e la regina Maria Amalia, li somministrarono ancora cento doppie per ciascheduno; ed in seguito di quella fabbrica sempre diedero continuate, e larghissime limosine. Il dì 25 marzo poi 1747, giorno alla Annunciazione di Maria dedicato, ivi passarono tre osservantissime monache professe del monastero di Pontecorvo, per Fondatrici. I Sovrani Carlo, ed Amalia, vi fecero fabbricare una nuova chiesa, dichiarandola di Padronato regio, e fu con solenne pompa consagrata nel dì 10 di maggio 1757: ed accioché più certo fosse tal diritto, assegnarono un’entrata per il mantenimento della medesima, e vi fondarono sei cappellanie, per celebrarvisi ogni giorno tre volte la settimana; ed in oltre vi fondarono, per servizio di quella real Chiesa, e Monastero, un ospizio per tre religiosi teresiani. Essendo poi passate le Maestà loro in Ispagna, non si scordarono di sempre ancora somministrare ogni sussidio richiestole, e per rifazioni di fabbriche, e per vitto di esso real Monastero; e cioè, oltre l’aver essi assegnato dieci cantara di lana in ogni anno, per gli abiti delle religiose. Il nostro re Ferdinando IV volle ancor egli verso un tal sacro ricinto mostrarsi sollecito, e divoto, per aderire così ancor esso alle religiose inclinazioni de’ reali suo Genitori. Quindi egli ottenne dal fu re Carlo a favore di questo osservantissimo Monastero un annuo sussidio di 400 ducati; e con tutto ciò in ogni triennio, per saldo de’ conti del luogo, somministrava ora due cento, ed ora tre cento ducati, e più. ora, essendo morto il glorioso re Carlo III, subito quelle buone religiose privatamente non mancarono d’inviar suffragj, per il riposo dell’anima del loro insigne Fondatore, e benefattore: ed essendo poi venuta da Spagna la risposta dell’attuale re Cattolico Carlo IV, di doversi fare in quella real Chiesa, che va gloriosa del real Padronato dei Cattolici Monarchi, il pubblico funerale a sue spese, per cura del Marchese D. Angelo Granito, Presidente togato della regia Camera, e Sopraintendente di essa Chiesa, il dì 2 di aprile di questo anno 1789 rese all’Augusto suo, e gran Fondatore, gli ultimi uffizj, quali già rendette nel dicembre del 1760 all’eccelsa Fondatrice, cioè alla regina Maria Amalia» (D’oNoFrI, op. cit. in a p. 28, nota 1, pp. CLXXXIV-CLXXXV). Su questo monastero, vedi anche SIGISMoNDo, op. cit. a p. 87, nota 3, tomo III, p. 144. Sulla sua vicenda artistica, cfr. Virginia toVAr MArtíN, Diseños para el Real Monasterio y Hospicio de San Juan y Santa Teresa, en Nápoles: fundación de Carlos III, in «reales Sitios», a. XXV, 1999, n. 95, pp. 37-44 e Giuseppina AMIrANtE, Il tempio di Carlo: la chiesa dei SS. Giovanni e Teresa all’Arco Mirelli, in Architetture e territorio nell’Italia meridionale tra XVI e XX secolo. Scritti in onore di Giancarlo Alisio, a cura di Alfredo BuCCAro e Maria raffaela PESSoLANo, Electa, Napoli 2004, pp. 147-63. 10 Il marchese Angelo GrANIto era, secondo il D’onofri qui citato nella nota precedente, presidente togato della regia Camera della Sommaria e soprintendente del real Monastero delle teresiane di Chiaja. Su questo affare, cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 79, nota 3. 11 Giovanni CArAFA (1715-1768), duca di Noja, fu un nobile napoletano promotore della pianta della città di Napoli più importante di tutto il secolo. Educato in lettere e scienze, viaggiò per tutta l’Europa negli anni cinquanta, essendo ammesso come socio corrispondente nelle società scientifiche di Pietroburgo, Londra e Parigi. Vedi DE roSA, op. cit. a p. 163, nota 3, p. 55 ss. e ugo BALDINI, Carafa, Giovanni, in DBI. 12 tanucci accenna ai progetti del duca di Noja per avviare la pianta generale della città di Napoli e sue vicinanze, già proposta nel 1750 con la prima edizione della sua Lettera di 27. Maria Amalia - 29 aprile 1760 199 Giovanni Carafa, Duca di Noja, continente alcune considerazioni sull’utilità, e gloria, che si trarrebbe da una esatta carta topografica della città di Napoli, el del suo Contado. Seconda Edizione, Napoli, 17702 (1750). Questa pianta della città fu finalmente stampata nel 1775 ed era composta di 35 grandi fogli: cfr. Franco StrAzzuLLo, La lettera del duca di Noja sulla mappa topografica di Napoli, Giannini, Napoli 1980; Leonardo DI MAuro, Significati e simboli nella decorazione della Mappa del duca di Noja, in Arti e civiltà del Settecento a Napoli, op. cit. a p. 136, nota 4, pp. 317-34; Giovanni BrANCACCIo, La cartografia napoletana dal riformismo illuminato all’unità, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», a. C, 1982, pp. 315-34; Mario BEVILACQuA, Napoli capitale nell’Europa dei Lumi: la formazione di Giovanni Carafa di Noja e la nascita della ‘mappa topografica della città di Napoli e de’ suoi contorni’, in Ferdinando Sanfelice. Napoli e l’Europa, a cura di Alfonso GAMBArDELLA, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2004, pp. 343-354 e finalmente i lavori di Brigitte MArIN: La «Mappa Topografica Della Città Di Napoli E De’ Suoi Contorni» de Giovanni Carafa, duc de Noja: les ambiguïtés politiques d’une entreprise cartographique moderne, in Per un atlante storico del Mezzogiorno e della Sicilia in età moderna. Omaggio a Bernard Lepetit, a cura di Enrico IACHELLo e Biagio SALVEMINI, Liguori, Napoli 1998, pp. 187-99 e La pianta di Napoli e de’ suoi contorni di Giovanni Carafa, duca di Noja (1775), in Rappresentare la città. Topografie urbane nell’Italia di antico regime, a cura di Marco FoLIN, Diabasis, reggio Emilia 2010, pp. 387-407 e robin L. tHoMAS, Chapter 5. The Duke of Noja Map, in Architecture and Statecraft. Charles of Bourbon’s Naples, 1734-1759, Pennsylvania State university Press, university Park 2013, pp. 156‑69. 13 Cioè, quelle parole della Lettera 21 del 18 marzo 1760: «Conservate a noi un amico ed al figlio un fido ministro e vivete sicuro della mia benevolenza». 14 Cioè, la catena montuosa dell’Atlante, situata nel nord dell’Africa. 15 La moglie di Lot, secondo la Bibbia, divenne una statua di sale quando si voltò per vedere la distruzione delle città di Sodoma e Gomorra: cfr. Genesi, 19, 1-26. 27 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Complimenti ed augurj. Rubion in Turino. Piacenza. Riflessioni politiche sulla neutralità. Teresiane. Noia duca di. Matrimonio dell’arciduca partecipazione e quale. Cavalli e cavalle. Sabatini ingegniere. Aranjuez, 29 aprile 1760. Venerdì sera giunse il sempre desiderato corriere di Napoli e grande fu il mio contento in leggere le felici nuove della prospera salute di mio figlio e quello [che] mi dite come egli aveva assistito a tutte le funzioni di Settimana Santa e le dimostrazioni d’affetto di quel popolo. Grandi motivi che sempre più m’impegnano a dare incessanti grazie a quella Provvidenza, che si patentemente si fa conoscere condur lei questo figliuolo. Nessuno più di me considera e conosce quale e quanta debba essere la pena di un huomo che per si lunghi anni con tant’amore ha servito un padrone si degno d’essere amato e servito in vedersene poi privo. Ma pure 200 Verso la riforma della Spagna: Carteggio deve servire di qualche lenitivo alla pena il vedere nella persona del figlio il padre medesimo; perciò vi augurai che vedesti quel giorno nel quale le virtù del padre nel figlio si ammirassero, come lo spero. Buono sarebbe se Caracciolo potesse riferire i discorsi di rubion in turino. Non saranno certamente indifferenti, ma se non tutto che non giungerà a sua notizia, parte al meno non ma[n]chera di riferire. Dio sa ove anderà a terminare questo silenzio di francesi sopra Piacenza. Da loro poco di buono sperare si puol, tanto più che ora bruciano per far la pace. E per fare questa saranno capaci di sacrificare tutto e tutti. Ne basterà l’opposizione di Vienna per la sete della Slesia, che senza l’ajuto della Francia non sò se li sarà facile l’ottenerla. Per noi certo che altro non ci conviene che la crassa neutralità che scrisse yaci quella volta. La Spagna ben armata si fa rispettare da tutti e tutti la desiderano aver amica. Con la guerra altro non puol ricavare che la sua ruina, come pur troppo lo stiamo adesso toccando con mano. Granito non ha scritto niente per il rumore seguito tra preti e frati delle teresiane, ma se sono dispute rituali si devono, pare a me, vedere da superiori ecclesiastici; non [noi] che c’entr[i]amo[?]. Noia [duca di Noja] forse vorrà fare qualche freddura con esagerare quell’idea e disegno della piazza di Portici essere fatta da me. Jo non voglio queste cose, oltre di che mi pare che non abbia che fare niente colli suburbani di Napoli, onde fatte ciò che stimate su questo supposto. L’altro giorno venne rosemberg a trovare Wall dicendoli che aveva ordine della sua corte di partecipare a voce il matrimonio dell’arciduca con l’infanta di Parma. Wall venne a dire questo al re, veramente anch’egli meravigliato di questo nuovo modo di partecipazione, ed il re gli rispose che domandasse a rosemberg se non aveva lettere di partecipazione. Questa risposta secca e significante turbò molto il ministro e non seppe che rispondere1. ora vedete quella benedetta corte: mentre stà protestando amicizia e tutto quello che volete nelle minime cose, pare che cerchi di piccare il re, e per dirvela in confidenza, questo modo, che quasi sa di disprezzo, dal re è stato pigliato come tale, forse più che tutto il passato. Sono giunti sabato passato li cavalli tutti in perfetto stato che pare che non abbiano fatto un sol giorno di viaggio. Le giumente ancora sono giunte in Barcelona. Loro e loro figli in ottimo stato. Era giunto anche in quella cità Sabatini2, molto da me desiderato per poter, un poco al meglio che sia possibile, accomodare la mia locanda del retiro ed anche per diverse cose che qui per necessità bisogna fare3. XXVIII. tanucci - 15 aprile 1760 201 Stiamo tutti bene, ma il tempo ci perseguita. Statevi bene ancor voi e resto con vera benevolenza. Amalia. 1 Vedi a questo riguardo la corrispondenza di rosenberg in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1. 2 Francesco SABAtINI (1722-1797), architetto e ingegnere militare al servizio di Carlo III. Allievo di Fuga e Vanvitelli a roma (cfr. Alfonso GAMBArDELLA, Sabatini, Sintes, Collecini. Tre architetti per il concorso clementino del 1750, in Luigi Vanvitelli e il ’700 europeo, op. cit. a p. 128, nota 23, vol. I , pp. 275-81 e Jörg GArMS, Sabatini, Vanvitelli, Fuga y Roma, in Francesco Sabatini, 1721-1797, op. cit. a p. 178, nota 2, pp. 61-72), lavorò con quest’ultimo nell’importante cantiere della reggia di Caserta, facendo anche altri lavori per il re delle Due Sicilie (cfr. Gregorio E. ruBINo, La Real Fabbrica d’Armi a Torre Anunziata e l’opera di Sabatini, Vanvitelli e Fuga (1753-1775), in «Napoli Nobilissima», a. XIV, 1975, n. III, pp. 1018). Già tenente di artiglieria, passò a servire Carlo III in Spagna nel 1760, facendo parte del corpo d’ingegneri spagnoli ed essendo eletto architetto principale e director de las obras del Real Palacio Nuevo, dopo la destituzione di Sacchetti, nel 1760. Il successo di Sabatini negli incarichi affidatigli dal re di Spagna frustrarono i desideri del suo maestro e suocero, Vanvitelli, di trasferirsi a Madrid. Infatti, Sabatini fece le principali opere volute dal re per servizio della monarchia, come si può osservare nella monografia Francesco Sabatini, 1721-1797, op. cit. a p. 178, nota 2. Su Sabatini, vedi anche il numero monografico dedicato a lui di «reales Sitios», a. XXX, 1993, n. 117 e Ana AzPIrI ALBíStEGuI, Datos sobre la actividad de Francisco Sabatini como Director del Cuerpo de Ingenieros, in Madrid en el contexto de lo hispánico desde la época de los descubrimientos, vol. I, uCM, Madrid 1994, pp. 209-24; Juan José FErNáNDEz MArtíN, Dibujo y arquitectura en F. Sabatini. Sus obras en Nápoles, in «EGA. revista de Expresión Gráfica Arquitectónica», 1995, n. 3, pp. 37-42 e SANCHo GASPAr, El ornato del «Real Dormitorio», op. cit. a p. 136, nota 4. Secondo tanucci, «Sabatini è un uomo attento, capace e modesto e potrà far qualche cosa in servizio della regina, la quale per ideare non ha bisogno d’ingegnere. Egli farà l’esecuzione» (AGS, Estado, libro 242, p. 511: tanucci al principe di Aci [Madrid], Caserta 27 mag. 1760). 3 Su Francesco Sabatini e sulla sua venuta in Spagna, cfr. anche Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, ad indicem. Secondo Vanvitelli: «Il re Cattolico fece fare un disegno per ingrandire il Casino del Pardo a quell’Architetto di Madrid, credo il Sachetti; non piacque né al re, né alla regina, onde e per questo, e per fare la fabbrica della Porcellana è stato chiamato Sabatini. Ho ricevuto oggi questa certa informazione» (Lettera 726: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Caserta 15 marzo 1760, ivi, p. 487). XXVIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 15 aprile 1760*. Quanta Dio conserva salute a Vostra Maestà, secondo la clementissima lettera dei 24 del passato, e a tutta la real famiglia cattolica, tanta vediamo in questo amabilissimo sovrano. Il corpo si aumenta solidamente, l’animo lo avanza e lo spirito si scioglie con un vigore ammirabile e sempre migliore si scuopre l’indole. 202 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Non mi sembra leggiero il bene della giustizia non mal regolata nella monarchia. Spero che la buona architettura politica si estenderà presto a tutte le parti del governo. La saviezza e l’attività che regna presentemente farà presto la conversione universale. Gioverà la riforma della catena collegiale, alla quale don Michele attribuiva la mancanza delle arti e delle scienze che si sono perfezionate in tutte le altre nazioni d’Europa, se pure la divina provvidenza non abbia stabilito che manchi qualche cosa a chi avrebbe tutto. Se anche questo bene conseguisse, allora bisognerebbe a don Michele aver pazienza e considerare li collegiali per un istrumento fatale della sapienza eterna, che lascia nel mondo esser qualche guajo acciò non vi siamo troppo attaccati. L’aver però Dio con tanta singolarità messo sul trono della nazione tanta virtù può fare sperare anche un miracolo. Vorrei poter leggere a Centola e San Giorgo quel retto giudizio che Vostra Maestà fa della condotta romana. Si arrossirebbono di quella guerra di scrupoli che mi facevano quando si scalpellava l’investitura. Puo esser che divengano coll’esperienza più illuminati e franchi. ora è un tormento ogni volta che don Giulio e don Carlo1 parlan di preti e di roma. Al razionabile obsequio che San Paolo ci prescrive non rispondono; non rispondono alla ragione, ai canoni, alla storia, alla praticha [sic] delle nazioni cattoliche, a quella stessa del re e rimangono involti nella stoppa dei lor timori. Ma Dio aveva destinata Vostra Maestà al governo dei popoli e la ha circondata d’una luce conveniente a tanta sublimità. Di questa è ancora effetto quella moderazione e grandezza colla quale colea [collega] la fortuna e la vastissima dominazione. Bisogna per questo aver nell’animo e nel cuore un oggetto che piaccia più. Nè questo può esser altro che la verità e la virtù cioè la divinità. A questo oggetto io devo attribuire questi raggi di benignità che discendono fino a me. Mi ha consolato Vostra Maestà colla sicurezza d’esser il re contento del corso d’Ercolano. Il padre torre è un gran filosofo algebrista. Forse con questa scienza, che trova in tutto [gli] infiniti, alcuno di questi avrà trovato nella misura di quei tre mesi ch’ei preferisce all’offizio [della Madonna] di Vostra Maestà. Due giorni sono finito, essendo, mi si suppose pel fresco della stampa, d’impossibile legatura. Veramente il povero orto morì. Saremo senza la politica universale dell’eroe di quelle lettere. Procurerò di sostituire qualche tratto che non potrà equivalere alla storia continuata di quelle lettere. Conto li momenti del corriero che deve in questa 7mana portarmi la XXVIII. tanucci - 15 aprile 1760 203 notizia di come le Maestà Cattoliche abbiano ricevuto il compimento del trattato con Vienna. Prego Dio che non si abbia da trattar più con quella corte, che è una quintessenza di formalità, d’insidie, di sospetti, di pagliettismo, estratta al fuoco d’un orgoglio incredibile. Il Consiglio, che si mantiene quieto e concorde, è presentemente agitato per un vuoto di 219m. ducati nell’Azienda del re, che don Giulio ha dato anche per scritto a tutti li membri. Attrasso, che era fin dall’estate passata colla maggior parte degli assentisti, è la cagione principale di questo vuoto, il quale ci toglie il poter eseguire il corso delle spese ordinarie. Ho pensato che in vece di ricomprare li fiscali – venduti con dispaccio di Squillace nel passato agosto [e] che San Nicandro voleva cominciare col danaro avanzato dell’assegnamento di Sua Altezza reale – si vada a riempire questo vuoto. Al solo San Nicandro ne ho parlato, il quale ancora è ostinato. tengo riservata una ragione colla quale spero che finalmente lo persuaderò. Aggiungeremo qualche somma degli avanzi di Capodimonte e Farnesiani2. Già il riposto dei 200m. è ripieno senza che don Giulio lo sappia, il quale rimane nell’opinione di dovere li 50m. dati a Ventapane. Non avrò tempo d’aspettarmi l’oracolo di Vostra Maestà, si perché il bisogno incalza, si per non mostrare d’avere scritto. Con infinito rammarico termino in materia sí molesta questa mia umilissima lettera e tutto mi prostro alli piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 304-6. 1 Carlo DE MArCo (1711-1804) fu creato segretario di Stato il 30 set. 1759: «al Signor D. Carlo de Marco, ch’era prima Commissario di Campagna, fu data la Secretaria di Grazia, e Giustizia, e del ripartimento Ecclesiastico» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 72). Come ci fa sapere la Maiorini, era «di nobile famiglia di Brindisi, aveva studiato a Napoli e iniziato la carriera in magistratura, mostrando dottrina e preparazione. Prima di essere nominato segretario, era stato Commissario di Campagna» (tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 50, nota 6). Secondo Vanvitelli: «Non è Giulio d’Andrea il distributore delle Pensioni Eclesiastiche, ma un certo Carlo di Marco, altro Ministro, tutto tanucciano perché sua creatura, onde cosa se ne può sperare? Da Spagna solo, e non da altra parte» (Lettera 724: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 8 marzo 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 483). Su questo personaggio, vedi anche Silvio DE MAJo, De Marco, Carlo, in DBI. 2 Per ‘Farnesiani’ tanucci intende dire le rendite che producevano i feudi napoletani che rientravano nei cosiddetti Beni Farnesiani, ricevuti da Ferdinando con la corona delle Due Sicilie nel 1759. I Beni Farnesiani erano stati, a loro volta, ereditati da Carlo di Borbone dalla madre Elisabetta, come erede del lignaggio estinto dei Farnese. Come segnala il Galanti, «La Casa Medici che regnava in Firenze aveva da antichissimo tempo acquistati diversi feudi nel regno [di Napoli]. Carlo V imperatore ebbe una figlia naturale, chiamata Margherita d’Austria, la quale, essendo vedova di Alessandro de’ Medici, fu data in moglie ad ottavio Farnese, duca di Parma 204 Verso la riforma della Spagna: Carteggio e di Piacenza, che in tale occasione fece acquisto di diversi feudi nel nostro regno, a titolo di dote. Successivamente ottavio e Margherita ne acquistarono altri a titolo di compra. Nel 1732, estintasi la linea mascolina di questa casa in Antonio Farnese, gli successe Elisabetta sua sorella [sic, ma nipote], regina di Spagna. Per il trattato della quadruplice alleanza fu investito di tal eredità il di lei primogenito Carlo Borbone, infante di Spagna, il quale venne in Italia, ebbe il possesso de’ ducati di Parma e di Piacenza e fu riconosciuto erede del Granducato di toscana. Nell’anno 1734 avendo le armi della Spagna ricuperati i regni delle Sicilie, colla pace di Vienna del 1735, ne fu riconosciuto per Sovrano lo stesso infante Carlo Borbone, e fu stabilito cedersi all’imperatore Carlo VI d’Austria i suddetti ducati di Parma e di Piacenza, ed alla casa di Lorena il Granducato di toscana, ritenendo per sé tutti gli altri beni, che appartenevano alla casa Farnese e alla casa Medici. Con questo titolo il re Carlo Borbone possedè i feudi Farnesiani e Medicei nel nostro regno fino al 1759. In questo anno, passando egli al trono di Spagna, fece cessione di tutti i beni che possedeva in Italia a Ferdinando IV, suo figlio» (Giuseppe Maria GALANtI, Nuova descrizione geografica e politica delle Sicilie dell’avvocato Giuseppe M.ª Galanti, tomo terzo, Presso i Socj del Gabinetto Letterario, Napoli 1789, pp. 15-6). una lista dei feudi farnesiani posseduti dal re di Napoli si trova nella stessa p. 16 di questo volume. 28 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Don Michele la Gandara circa i collegiali. Idea degli spagnoli e spagnole. San Giorgio e Centola. Orto [è] morto. Trattato assentisti. Don Giulio. Officj e loro legatura. Padre Torre. Aranjuez, 6 maggio 1760. Venerdì giorno giunsi il corriere di Napoli e mi riempi di gioia al sentire le prospere nuove della salute di mio figlio, ma particolarmente per quello [che] mi dite che lo spirito si scioglie con vigore e che sempre migliore si scuopre l’indole sua, motivi sempre maggiori da ringraziare la Divina Misericordia di questi sí segnelati beneficii. tutto quello che vi ha detto don Michele intorno a collegiali è verissimo: l’esperienza ce lo fa toccare con mano. È lega, s’è possibile, più stretta di quella de franc-massons ed è certo che questa non fa utile alle scienze ed alle arti1. Questa nazione non è finita di conquistare, dico certe volte. Credo ch’era riserbato per Carlo III la conquista. In tutto vi è del barbarismo, ancora accompagnato da una gran superbia e disprezzo di tutto quello que es de por allá, eccetto li lussi di Parigi; ma questo ancora consiste in cose ricchissime a guisa di gualdrappe senza il minor gusto. o[h] che paese, chi non lo vede non se lo puol figurare. In Italia si [h]a concetto dello spirito delle donne spagnole; ora sappiate che questo consiste in raggiri ed 28. Maria Amalia - 6 maggio 1760 205 intrighi, ma nel fondo sono le creature le più sciocche del mondo. Non sapete di che parlare con loro e [sono] d’un’ignoranza incredibile. Da questo giudicate che delizia sia l’aver da trattare con loro. San Giorgio e Centola avranno avuto poche occasioni di trattare con roma, altrimenti gli sarebbono passati tanti scrupoli. Mi dispiace la morte del povero orto. Non sarà così facile sostituirlo, ma pure bisogna fare qualche diligenza perciò. Spero che presto sarete rimasto tranquillo perciò che riguarda il trattato con Vienna. Vorrei che lo spagnolo avesse fatto l’istessa diligenza che fece [il corriere] Battani acciò presto foste stato consolato. L’attrasso che avete trovato cogl’assentisti sempre in ogn’anno si ha soluto mantenere sin alla fine dell’anno che si saldavano li conti: allora se gli faceva l’intero pagamento. Ma se ve l’ho da dire sinceramente come la sento, mi pare che don Giulio per ogni cosa ama di fare gran rumore e far vedere che il re ha lasciato l’Azienda ruinata. Del resto, più giusto mi pare di pagare ciocché si deve che non il fare ricompre. Ho ricevuto li officj [della Madonna], che sono molto belli, ma la legatura si conosce essersi fatta in fretta e non sono stati molto bene accomodati, mentre altro riparo non haveva che la semplice sovraccarta e nemeno un pezzetto di carta fra l’uno e l’altro, lo che ha danneggiato un poco li stucci [astucci], quel che poco importa. Poi il padre torre mi pare che non puol vedere libri senza ciappe [fermagli metallici], mentre sin alli notiziarj le ha poste; ed a me mi pare cosa di breviari de religiosi tutto questo. È poco male, perché me ne farò subito rilegare uno a modo mio. L’importante [è] che la stampa è molto bella. Finisco assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 Maria Amalia fa un commento sulla forza dei colegiales comparandoli ai massoni settecenteschi. In realtà, la massoneria si era molto sviluppata a Napoli in quel tempo, ed alcuni nobili erano pure noti membri di quel gruppo. Cfr. su questo argomento: troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo V, parte II, 1753, pp. 453-455; Pasquale SPoSAto, o. M., Documenti vaticani per la storia della massoneria nel regno di Napoli al tempo di Carlo III di Borbone, A. Chicca, tivoli 1959; i lavori di Elvira CHIoSI: La Massoneria negli anni di Tanucci, in «Archivio Storico per la Sicilia orientale», a. LXXXIV, 1988, n. I-II, pp. 51-75 e Nobili massoni nella Napoli di Carlo di Borbone, in Dimenticare Croce? Studi e orientamenti di Storia del Mezzogiorno, a cura di Aurelio MuSI, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1991, pp. 151-63; Anna Maria rAo, Comprendere il Settecento: massoneria e Illuminismo, in «Società e storia», 1996, n. 73, pp. 627640; rosanna CIoFFI, Riscoperta dell’antico e ideologia massonica a Napoli, in Ferdinando Fuga, 1699-1999, op. cit. a p. 137, nota 6, pp. 23-3 e ruggiero DI CAStIGLIoNE, La massoneria nelle Due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ’700, vol. I-VI, Gangemi, roma 2006-2014. Per il fenomeno massonico nell’Europa settecentesca, vedi i libri di Margaret C. JACoB: Living 206 Verso la riforma della Spagna: Carteggio the Enlightenment. Freemasonry and Politics in Eighteenth-Century Europe, oxford university Press, oxford/New york 1991 e The Origins of Freemasonry. Facts & Fictions, university of Pennsylvania Press, Philadelphia 2005. XXIX Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 22 aprile 1760*. La mattina del venerdì 18 del corrente arrivò colla clementissima lettera di Vostra Maestà del passato la lieta notizia nella quali consiste la felicità di tanto mondo della salute di Vostra Maestà e di tutta la famiglia reale. Grazie infinite alla divina misericordia posso io parimente umiliare alla Maestà Vostra una simile notizia di questo amabile sovrano, il quale congedò ieri il ministro di Lucca nella maniera migliore che un’età matura avesse potuto fare. Pareggiano dunque le due nazioni nell’adorazioni della prole reale. La spagnuola però, più seria, forse non proromperà in alcune strane espressioni delle quali questi popoli empiono l’aria ogni volta che vedono il re. Son le più simili a quelle forti dei salmi e dal fondo di esse sorge un immagine la più viva d’un sincerissimo affetto che anche i rubioni anno confessato e dovuto riferire nelle lor lettere. Vienna dice che la pace offerta è stata a condizione che la russia, la Svezia, la Sassonia coll’Inghilterra facciano la guerra alla Francia, e di farla si lasci in libertà al re di Prussia. Dio sa la verità. Probabilmente Vienna e Versaglies diffidano vicendevolmente e Londra tende a dividere, facendo vedere a Vienna un raggio dell’antico sistema per allettarla. Forse è anche questa una delle ragioni d’evitar la mediazione del re, la quale non sarebbe sulla strada di riportar Vienna alla vecchia inglese alleanza. Io non dubito della gelosia che le pronte 40 navi del re abbian già prodotta in Inghilterra, e nelle lettere di Livorno ne avrà Vostra Maestà osservato un segno. Neppur dubito di che abbia turino detto a Versaglies quello che per Piacenza gli sia stato comunicato da Londra. Sospetto che questa sia una delle cagioni di quel silenzio francese che ora anche Caraccioli confessa. Vienna dunque sitibonda [avida] dell’Italia. Francia irritata o almeno indifferente. Londra tentata di disfar la forza marittima della Spagna. turino sempre preparato a discordie e novità. Prussia stracco e anch’esso indifferente per la Spagna. Fede in nessuno. Anzi, in tutti frode, insidia e forse anche invidia: sono i malinconici pensieri tra li quali passo quei momenti che ha la mia mente di libertà. Si aggiunge la storia a tormentarmi, la quale tutta concorda in 29. Maria Amalia - 13 maggio 1760 207 che conviene spengere quanto si possa il seme della discordia e scegliere a tempo e conservare un amico. Ah, quella non finita Piacenza! Probabilmente pensa la Francia, come il re, di non doversi dar a turino, ma vuol gettar l’odio sul re. Finché Piacenza non è assicurata all’infante, resta qualche vita al trattato d’Aix la Chapelle. Il regalo della Francia m’ha fatto compassione. È dunque spenta in Francia la grandezza di pensare. Vedo la collera sublime e eroica di Vostra Maestà e la vendetta risoluta. Il male è che la terra non è la patria della virtù, la quale vi è esule o almeno un ospite poco gradita. Vostra Maestà chiama ironicamente disinteresse di Vienna quella successione di Parma. Io non ho eseguito mai un ordine del re si mal volentieri benché conoscessi che era saviamente dato e conveniva al tempo. Ho fatto quanto ho potuto perché vi si vedesse tutt’altro che il re e si sfrattasse fuora del luogo ove parlava la Maestà Sua in persona propria. Supplico Vostra Maestà a creder che era giusto il mio sospetto d’esser la pensata ricompra dei 150m. ducati di fiscali venduti con semplice dispaccio di Segreteria negli ultimi giorni di settembre una sorella di quella giunta che a Vostra Maestà sembrò intempestiva. Già ho persuaso San Nicandro e si son dati 50m. ducati in soccorso del naufragante don Giulio. L’argumento che persuase San Nicandro aggiungerebbe troppe parole e troppa molestia. Manifesterò al buon Caputo il gradimento della Maestà Vostra. Egli probabilmente resterà oppresso e attonito per l’infinita clemenza, quale io resto continuamente ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 327-8. 29 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Pace. Piacenza silenzio. Infante compenso in danaro propostogli in Xcembre ora lo scrive al Re. Strana successione di Parma. Soccorso a don Giulio. Sabatini arrivato. Aranjuez, 13 maggio 1760. Pare che li corrieri abbiano stabilito di giungere tutti li venerdì. Anche quest’ultimo giunse venerdì verso la sera. Mi consolo molto per le prospere nuove che mi recò della salute di mio figlio. Con tutta la serietà della nazione spagnola pure prorompono in certe espressioni strane per dimostrare il loro affetto e giubilo, ma non sono 208 Verso la riforma della Spagna: Carteggio paragonabili con quelle de napoletani e per dirvela non hanno grazia a niente. Non ho sentito niente di quella strana proposizione che voi mi ditte venir scritta da Vienna per la pace offerta. Che Londra per mezzo di questa pace voglia rendere irreconciliabili Vienna e Versaglies lo credo indubitato e che questa pace sarà un pasticcio col quale tutti resteranno mal contenti anche lo credo1. Ah, piacesse a Dio che il silenzio per Piacenza fosse effetto di ciò che voi credete. Abbiamo incominciato a scoprirne qualche cosa e si dubita che la paura della Francia abbia fatto che abbia assicurata torino di Piacenza. La cosa è che all’infante [Filippo di Parma] hanno fatto qualche proposizione di dare a lui il compenso in denaro e quel buon signore se lo tiene in corpo da questo passato mese di dicembre ed ora lo scrive al fratello; mi ha dato una rabbia grandissima. Che Dio sa d’allora in qua quanto viaggio hanno fatto i vostri pensieri malinconici; non sono fuor di proposito, ma vanno troppo in là. operiamo bene, mettiamo la casa propria in buon stato e lasciamo pure qualche cosa alla Provvidenza. Con giustizia nessuno ci puol venire ad inquietare e se questo pensiere venisse a qualche d’uno, Iddio non benedice le ingiustizie. Ne abbiamo l’esempio avanti gl’occhi di quest’infelicissima guerra, non per altro incominciata che per la sete della Slesia. Potrebbe benanche bastare per far rivedere quella pia e moderata principessa, che sempre predica disinteresse e sempre vorebbe acquistare. Sono persuasa che mal volentieri avete eseguito l’ordine del re per la strana successione di Parma, ma essi fra di loro già l’avevano accordato, così non devamo [dovevamo] noi guastare l’affare nostro per voler rimediare li spropositi loro. Godo che abbiate soccorso il naufragante don Giulio. Qui grazie a Dio stiamo bene ma o diluvia o fa vento e ci mori[a]mo di freddo; fa un giorno buon tempo, ecco il caldo che ci molesta. o[h] che clima, e particolarmente per chi viene di Napoli. Ancora non ho potuto mangiare fra[g]ole buone e figuratevi tutto il resto a proporzione. Mi scordai la settimana scorsa scrivervi ch’era giunto felicemente Sabattini. Non gli mancherà occupazione mentre qui vi è molto da fare per stare non dico da re ma da galantuomo2. Statevi bene ed jo non voglio finire senza assicurarvi della mia constante benevolenza. Amalia. XXX. tanucci - 29 aprile 1760 209 1 Sulla conferenza di pace all’Aia fra inglesi e francesi, cfr. le notizie pervenute da Londra l’11 aprile e dall’Aia il 16 aprile nella Gaceta de Madrid, 6 maggio 1760, n. 19. 2 Le critiche di Maria Amalia verso gli spagnoli non sono originali. Infatti, il suo coetaneo Juan de IrIArtE compose un poema molto acido contro Madrid per causa della sua sporcizia: vedi Merdidium Matritense, sive de Matriti sordibus carmen affectum, in Obras sueltas de D. Juan de Yriarte, tomo II, Madrid 1774, pp. 330-9. Precedentemente era uscito nel Seicento un poema in italiano riguardante il poco lodevole piacere di abitare nella capitale spagnola: La merdeide. Stanze in lode delli Stronzi della Real Villa di Madrid, del Sign. D. Nicolò Bobadillo, in Giambattista MArINo, La Mvrtoleide fischiate del cavalier Marino con la Marineide risate del Mvrtola. Con nova aggivnta, Henrico Starckio, Spira 1629, pp. 195-204. XXX Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 29 aprile 1760*. La sera del giovedì 24 fu il felice momento della gioia nostra della 7mana nel quale, colla sovrana benignissima lettera di Vostra Maestà degli 8 del cadente, ebbi la buona notizia della salute perfetta di Vostra Maestà e di tutta la famiglia reale. La stessa è quella che questo amabile e amato sovrano gode, non avendo [che] un piccolo incomodo di stomaco venerdì mattina durato più d’una ora, ne alterato il polso. Dopo è stata ed è la giocondità e vivacità della Maestà Sua quanta si può desiderare, ma non ha potuto Mens esprimere colla sua eccellenza nell’arte. Stimai che convenisse la risposta del re in francese alla lettera del re Xtianissimo, non ostante l’ordine di usar la lingua italiana1, perché era lettera domestica e cordiale. Avvio quanto posso li rubioni a Spagna, ma Caraccioli non intende tutto quel ch’io vorrei. Non ardisco di spiegarmi più chiaramente. Lo vedo infatuato da Chauvelin2 e sospetto. Questo monsieur gli ha ultimamente fatto credere che la promessa francese di Piacenza non fosse prodotta dai timori della morta infanta. Gli ha parlato dei matrimoni. Lo ha persuaso che quello di Parma non si voleva né si sollecitava dai francesi ma da cristiani, cioè da un morto. Mi ricordo che ossun mi voleva far credere lo stesso nell’estate passata. Sabato risposi brevemente a Caraccioli e non interloquii di matrimoni. Vedrà Vostra Maestà una cifra di Majo che venne ieri. L’Imperatrice getta la colpa nei francesi e parla quel che si dovrebbe tacere. Siamo veramente malandrini noi ministri che arriviamo a far comparir male le persone sacre dei sovrani, come in questo affare compariscono li due sovrani di kaunitz3 e di Choiseul. Pitt4 vorrebbe esser forzato dal 210 Verso la riforma della Spagna: Carteggio re Cattolico a far la pace particolare tra la Francia e l’Inghilterra. Pensa che dopo queste due potenze faranno a loro arbitrio quella della Germania. Questo dice Mauve5 e a me sembra probabile. Non so se pecco in desiderare che presto si finisca Piacenza e tardi qualunque pace. Choiseul è nemico di Spagna, delle Sicilie, forse anche di Francia, ed è capace di tutto. Non credo Caunitz [kaunitz] molto migliore. Benedico la pietà e la saviezza e l’efficacia del re che, colle magnanime disposizioni a favor dei creditori di tutti li sovrani di Spagna austriaci, ha soddi[s]fatto alla coscienza e alla gloria sua e ha stabilito il credito della nazione e della corona, acquistando in tanto l’amore e la venerazione universale6. Potrà ora riposatamente la Maestà Sua pensare a ricomporre la forza terrestre e marittima e, assistito da Dio, la cui misericordia ha imitato verso il genere umano, e amato da questo che ama normalmente nel suo sovrano la mansuetudine e la giustizia, potrà senza mescolarsi con chi non ha fede sostener gloriosamente la sua reale famiglia e il suo popolo. Ho detto a mio cognato la cifra sciolta d’ossun7. Dice, e mi persuade, che una cifra copiosa di numeri nulli e di quelli che significhino la stessa lettera, la quale si possa scrivere al meno in 20 maniere, quante sono le lettere frequenti dell’alfabeto, sia di scioglimento impossibile o quasi impossibile; e più se concorra una copia grande di sillabe e quali si formino da numeri diversi da quelli onde son significate nel resto della cifra le lettere componenti ciascuna sillaba. Dice che si può scriver negligentemente la cifra usando poca variazione e sarà così facile lo scioglimento. Dice che può avvenire che una memoria sia presentata copiando tale quale o con poca alterazione una cifra e allora si potrà questa sciogliere, come Ludolf8 e Picorini9 qui sciolsero al tempo di Montallegre10 una cifra d’Hôpital11, la quale è stata la sola. Finalmente qui è la tradizione che Fogliani12 stimò che lo scioglimento potesse esser equivoco e disperò: che una memoria d’ossun gli diede qualche speranza, ma che poi si confuse. Forse Dio [darà] qualche mente alta a far quello che è ad inferiori altre impossibile. Forse una fredda, lunga e fortunata pazienza lo può fare. Io non posso molto parlar di questo, perché non ho avuto mai tempo di provarmi con attenzione. Supplico la bontà infinita di Vostra Maestà a perdonarmi le tante parole che l’amor di mio cognato ha stemperate e versate con poca mia riflessione. Pentito dunque e confuso mi prostro ai piedi della Maestà Vostra. XXX. tanucci - 29 aprile 1760 211 * AGS, Estado, libro 242, pp. 356-9. 1 Nella prima lettera indirizzata da Carlo III a tanucci, il re spagnolo diceva al riguardo della lingua che doveva usare Ferdinando: «Veo quanto me dices sobre la lengua que deve usar el rey mi hijo, y te diré que debe ser la italiana» (Lettera 1: Carlo III a Bernardo tanucci, Lerida 25 ott. 1759 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 38). 2 François-Claude-Bernard-Louis de CHAuVELIN (1716-1773), marchese di Chauvelin, fu un diplomatico e militare francese. Dal 1748 fino al 1753 fu inviato e dopo ministro del re di Francia in Genova, ricoprendo la stessa carica a torino dal 1754 fino al 1765. Fu nominato dopo comandante delle truppe francese in Corsica dal 1768 al 1769. Vedi il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, ad indicem. 3 Wenzel Anton von kAuNItz-rIEtBErG (1711-1794) era il primo ministro di Maria teresa in questa data. Nato a Vienna di famiglia nobile, studiò legge, indirizzandosi molto presto alla carriera diplomatica. Fu così ambasciatore a torino nel 1741, amministratore dei Paesi Bassi austriaci dal 1744 al 1746 e rappresentante dell’Austria nel congresso che si ebbe a Aquisgrana per la pace del 1748. Il suo incarico più importante fu quello di ambasciatore a Versailles dal 1750 al 1753, quando riuscì a formalizzare l’alleanza fra l’Austria e la Francia che ebbe come conseguenza il cosiddetto renversement des alliances o diplomatic revolution del 1756, già accennato. Questo gli valse il merito per diventare cancelliere di Stato e ministro degl’Affari Esteri nel 1753, posto che tenne fino al 1792. Fu il fondatore nel 1761 del Staatsrat, il Consiglio di Stato austriaco. Cfr. tibor SIMANyI, Kaunitz: Staatskanzler Maria Theresias, Amalthea, Vienna 1984; Grete kLINGENStEIN, L’ascesa di Casa Kaunitz: ricerche sulla formazione del cancelliere Wenzel Anton Kaunitz e la trasformazione dell’aristocrazia imperiale, secoli XVII e XVIII, Bulzoni, roma 1993; Franz A. J. SzABo, Kaunitz and Enlightened Absolutism, 1753-1780, Cambridge university Press, Cambridge 1994; Lothar SCHILLING, Kaunitz und das Renversement des Alliances: Studien zur aussenpolitischen Konzeption Wenzel Antons von Kaunitz, Duncker & Humblot, Berlino 1994 e Angela kuLENkAMPFF, Österreich und das Alte Reich: die Reichspolitik des Staatskanzlers Kaunitz unter Maria Theresia und Joseph II, Böhlau, Colonia 2005. 4 William PItt tHE ELDEr (1708-1778), I conte di Chatham, era in questa data il cosiddetto secretary of State for the Southern Deparment inglese. Nipote del governatore di Madras, Pitt fu educato a Eton e oxford, cominciando la sua carriera pubblica nella vita militare. Ciò nonostante, nel 1735, grazie al fratello thomas, fu eletto membro del parlamento, dove fu riconosciuto come uno dei più noti oratori del secolo. Nel 1746 Pitt fu nominato paymaster-general, facendo parte del Privy Council del re fino al 1751. Nel 1756 fu nominato secretary of State for the Southern Deparment, così come leader of the House of Commons, essendo de facto l’uomo principale del governo inglese dal 1757 in avanti, così come il vero organizzatore della politica internazionale del suo paese. La morte di Giorgio II e la ascesa al trono del giovane re Giorgio III nel 1760 non furono favorevoli a Pitt, che fu destituito del governo nel 1761. Comunque, dopo le dimissioni di rockingham nel 1766, Pitt fu richiamato dal sovrano per formare, senza vincoli, un governo come prime minister of Great Britain, rimanendo in carica fino al 1768. Su Pitt, vedi Marie PEtErS, Pitt, William, first earl of Chatham (Pitt the elder) (1708-1778), in Oxford Dictionary of National Biography, oxford university Press, Sept 2004 [online edition, May 2009, http://www.oxforddnb.com.ezproxy.eui.eu/ view/article/22337, accessed 17 Aug 2010] e le biografie: Peter D. BroWN, William Pitt, Earl of Chatham: the great Commoner, Allen and unwin, Londra 1978 e Jeremy BLACk, Pitt the Elder. The Great Commoner, Sutton, Stroud 19992 (1992). Sulla sua posizione riguardo la guerra dei Sette Anni (1756-1763), vedi Marie PEtErS, Pitt and Popularity. The Patriot Minister and London Opinion during the Seven Years War, Clarendon, oxford 1980 e karl 212 Verso la riforma della Spagna: Carteggio W. SCHWEIzEr, Frederick the Great, William Pitt and Lord Bute: the Anglo-Prussian Alliance, 1756-1763, Garland, New york 1991. 5 Edmond o Edemond MAuVE era un informatore che il regno di Napoli aveva all’Aia. Verrà stipendiato per questo incarico da mar. 1758 fino a dic. 1759; cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. V: 1757-1758, op. cit. a p. 29, nota 3, p. 874. 6 Secondo Bristol, «An edict is just published by this court in which the entire payment of the late king Philip’s debts is promised. His Catholick Majesty has caused fifty millions of ryals to be immediately given towards the discharge of them and ten millions of ryals are to be annually paid till they are quite liquidated» (NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 25 feb. 1760). Infatti, la Gaceta de Madrid del 1 aprile 1760, n. 14, p. 112 segnalava: «El rey nuestro Señor, informado de que los Creditos de las testamentarías de los Señores reyes, sus gloriosos Predecessores, Carlos V., Phelipe II., Phelipe III., Phelipe IV., y Carlos II., no podian ser satisfechos enteramente en cinco siglos con los Efectos, que estaban assignados para ello, y deseando dispensar à los Interessados los mayores alivios possibles, y tomar providencias, que con buena fé facilite la paga de su haber en menos tiempo, se ha servido resolver, con su notoria clemencia, y magnanimidad, que los Creditos, que se hallen ya reconocidos por la Junta de Descargos, y sus oficinas contra las testamentarías de los referidos reyes sus gloriosos Predecessores, sean tratados en la Contadurìa General de Valores, y socorridos en la thesorerìa General, en los proprios terminos, que los Creditos del reynado de su Augustisimo Padre, con un 10. por 100. aora, y successivamente con la prorrata, que fueren percibiendo los Acreedores del mismo reynado, como mas individualmente explica el Decreto, que S. M. se ha dignado expedir sobre este assunto». Il documento amministrativo che stabiliva queste elargizioni era il Real Decreto del Rey nuestro señor Don Carlos Tercero (que Dios guarde) en que con su real magnanimidad, y justificada clemencia, se ha servido consignar diez millones de reales al año, comenzando desde el presente, para ir pagando los creditos, contraidos por la Corona, en el reynado de su augustissimo padre el S.r Don Phelipe Quinto (que Dios goce) hasta su total extincion, destinando aora, ademas de esta consignacion, cinquenta millones de reales para repartir prontamente entre todos los interessados, y instrucion, que en su consequencia ha formado, de orden de S. M. el Exc.mo S.r Marqués de Squilace, Secretario de Estado, y del Despacho Universal de Hacienda, para la execucion de las referidas providencias [22 Febrero 1760], en la Imprenta de Juan de San Martin, Madrid 1760. Cfr. su questo argomento ancora AGP, Reinados, Carlos III, legajo 5074; CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 238; FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 262-3; DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, pp. 79-80; rouSSEAu, op. cit. a p. 57, nota 6, pp. 21-2 e, finalmente, ANDréS-GALLEGo, El motín de Esquilache, op. cit. a p. 35, nota 6, p. 161. 7 Probabilmente tanucci fece referimento alla lettera inviata da Choiseul a Durfort, datata a Versailles il 25 marzo 1760, inviata in Spagna e conservata in AGS, Estado, legajo 6091, folio 47. 8 Guglielmo Maurizio LuDoLF (1708-1793) era l’inviato napoletano presso la Porta. Paggio del barone di ripperdà, lo fu dopo del duca di Liria. Nel 1735 fu fatto ufficiale della Segreteria di Stato napoletana diventando uomo di fiducia del primo ministro Montealegre. Nel 1741 diventò invece segretario di ambasciata a Costantinopoli, con gli inviati Fionocchietti prima e Niccolò de Maio dopo. Nel 1747 fu promosso a incaricato d’affari, diventando inviato straordinario nel 1754 e conservando questo posto fino alla morte. Cfr. SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. II, p. 51; Giuseppe GALLAVrESI, Le Comte Joseph-Constantin Ludolf: un ambassadeur Italien sous l’ancien regime, typographie Plon-Nourrit et C., Parigi 1905; Francesco BArBAGALLo, Discussioni e progetti sul commercio tra Napoli e Costantinopoli nel ‘700, in «rivista Storica Italiana», a. LXXXIII, 1971, n. 2, pp. 265-96 e i lavori di Massimiliano PEzzI, Corri- XXX. tanucci - 29 aprile 1760 213 spondenza diplomatica e commerciale tra Napoli e Costantinopoli nella seconda meta del Settecento, Edizioni orizzonti Meridionali, Cosenza 2005 e La posta del levante nella corrispondenza diplomatica tra Costantinopoli e Napoli nel Settecento, Edizioni orizzonti Meridionali, Cosenza 2009. 9 Antonio PECorINI era un ufficiale della Segreteria di Stato e Guerra napoletana almeno dal 1742 in poi. uomo di fiducia di Montealegre, il 3 aprile 1753 fu nominato da Fogliani «ofizial primero de esta secretaria de Estado de mi cargo» (ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 3487). Andato Fogliani a Palermo come viceré, Pecorini divenne il suo segretario di Stato con nomina del 23 giu. 1755; cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. III: 1752-1756, op. cit. a p. 90, nota 3, p. 210. 10 José Joaquín de MoNtEALEGrE y ANDrADE (1692-1771), I marchese di Salas e I duca di Montealegre. Cominciò la sua carriera pubblica come bibliotecario della Biblioteca Real del sovrano spagnolo nel 1722, passando dopo alla prima Segreteria di Stato come traduttore. Nel 1726 fu nominato ufficiale terzo in questa istituzione, e la sua carriera si avviò all’interno di questo organismo amministrativo. Nel 1731 fu scelto da José Patiño, primo segretario di Stato, per essere il secretario particolare dell’infante-duca don Carlos nel suo viaggio in Italia. Nel 1734 fu nominato segretario di Stato del regno delle Due Sicilie e nel 1737 la formula del suo incarico cambiò in segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, Guerra e Casa reale, in seguito alla riforma amministrativa delle Segreterie di quell’anno. Sottomesso non de iure ma de facto al conte di Santiesteban, riuscí a controllare la scena politica napoletana dopo il ritorno di questo nobile in Spagna nel 1738. Appoggiato fermamente della regina Elisabetta Farnese, rimase come primo ministro a Napoli fino al 1746, quando fu sostituito dal marchese Fogliani. Allievo di Patiño e amico di Ensenada, fu promotore del partito dei moderni a Napoli, incoraggiando le riforme necessarie per uno sviluppo economico e sociale del nuovo regno meridionale delle Due Sicilie (cfr. su questo tema l’analisi di AJELLo, La vita politica napoletana, op. cit. a p. 29, nota 4). Prima di ritornare in Spagna nel giugno 1746, era stato eletto consejero de Estado da Filippo V, essendo confermato dal nuovo regnante Ferdinando VI. Nel 1748 fu nominato ambasciatore spagnolo a Venezia, dove rimase in carica fino alla sua morte, avvenuta nel 1771. Secondo quanto aveva raccontato a tanucci l’inviato veneziano a Napoli nel 1760, la figura politica e umana di Montealegre era molto peggiorata a Venezia: «Mocenigo mi ha rattristato col ritratto che mi ha fatto di Montallegre scaduto e invecchiato e tristo. Mi ha detto che a primo non lo riconobbe» (AGS, Estado, libro 242, p. 681: Bernardo tanucci al duca di Losada, [Madrid], Napoli 24 giugno 1760). Montealegre fu fatto nel 1730 caballero de la Orden de Santiago, nel 1736 marchese di Salas – titolo usato soltanto dal 1738 in poi – e nel 1740 duca di Montealegre. Nel 1738 gli era stata concessa una pensione annua di 3.000 ducati napoletani, che riscosse fino alla morte. Su Montealegre, vedi la scheda preparata da me stesso nel Diccionario Biográfico Español e anche la mia tesi di Dottorato cit. a p. 51, nota 2. Vedi anche Giuseppe CArIDI, La modernizzazione incompiuta nel Mezzogiorno borbonico, 1738-1746, rubbettino, Soveria Mannelli 2012; roberto tuFANo, Verso la giustizia produttiva. Un’esperienza di riforme nelle Due Sicilie (1738-1746), Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Napoli 2015 e Sonia SCoGNAMIGLIo CEStAro, Le istituzioni della moda. Dalle strutture corporative all’economia politica. Napoli e Francia (1500-1800), Il Mulino, Bologna 2015. 11 Paul-François GALLuCCIo DE L’HôPItAL (1697-1767), marchese di Châteauneuf-surCher, era stato l’ambasciatore francese a Napoli dal 1740 fino al 1750 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 115, ma le date sono confuse; cfr., per un chiarimento, tANuCCI, Epistolario, vol. V: 1757-1758, op. cit. a p. 29, nota 3, p. 76, nota 3). Di origine napoletana, aveva intrapreso, prima di diventare diplomatico, la carriera militare. ritornato in Francia nel 1750, il re lo nominò premier écuyer delle principesse Henriette e Adelaïde. Dal 1757 fino al 1761 fu l’inviato francese in russia. Cfr. François Alexandre Aubert 214 Verso la riforma della Spagna: Carteggio de LA CHESNAyE-DESBoIS, Dictionnaire de la noblesse, contenant les Génélogies, l’Histoire & le Chronologie des Familles Nobles de France... Seconde Édition, tome VIII, Antoine Boudet, Parigi 1774, p. 98 e i diversi volumi dell’Epistolario tanucciano, ad indicem. 12 Il marchese Giovanni FoGLIANI (1697-1780) era in questa data vicerè di Sicilia e membro del Consiglio di reggenza. Comunque, tanucci si riferisce agli anni in cui Fogliani era primo ministro napoletano o, più esattamente, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, Guerra e Casa reale. Fu nominato come tale nel 1746 dopo essere stato inviato napoletano a Firenze, Genova, l’Aia e Londra. rimase in carica fino al 1755, quando fu destinato a Palermo come viceré. Su questo personaggio manca ancora una biografia storica rigorosa e compiuta; cfr. intanto Silvio DE MAJo, Fogliani Sforza d’Aragona, Giovanni, in DBI. 30 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Menx ritratto. Piacenza. Maio cifra. Matrimonio. Ministro di Vienna mortificato. Debiti di quella corte. Cifra d’Ossun sciolta parlava dei braccialetti. Aranjuez, 20 maggio 1760. Venerdì come al solito con poche hore però d’anticipazione giunse il coriere con le lettere di 29 del caduto. Molto mi rallegrai in sentire il prospero stato della salute di quel piccolo re. La vivacità di quella sua fisionomia è difficile ad esprimersi: niun pittore vi è mai riuscito, così non mi fa meraviglia che questa manchi ancora al ritratto fatto da Menx che aspetto con grand’impazienzia. Intorno a Piacenza già vi scrissi la settimana passata quanto ne sapevo. Il re vi scrive un pensiere che gli è venuto su di questo; voglia Dio che si possa rappezzare. La ciffra di Maio è curiosa. Credo che se potessero ora vorrebbero guastare quest’altro matrimonio ed ingannare forse qualche d’un altro, ma non posso lodare la prudenza dell’Imperatrice di fare simili discorsi. Posso dirvi che questo ministro di Vienna a corte comparisce come un frustato; non ha quasi animo di alzar l’ochi1. Il re con voler pagati tutti i debiti anche dei re Austriaci ha creduto soddisfare alla sua coscienza ed onore, ma li fossi che ci sono sono incredibili. La maggior parte però sono di tempo del re padre [Filippo V]2, cose che inorridiscono3. [A] gente che ha dato il suo denaro nella maggiori angustie [è ingiusto] non pagarli né frutti né capitali; altri a quali si sono tolte le case e terreni per usi della corte non pagati, fra quali vedove e pupilli; legati pii non sodisfatti. In una parola, tutto quello che puol tirare sopra lo sdegno di Dio che jo dico che non so come la monarchia stia in 30. Maria Amalia - 20 maggio 1760 215 piedi. Ma il meglio poi è che tutte queste cose venivano o per ricorsi o per consulte rappresentate e restavano a dormire nella Secreteria d’Azienda4 perché rattristavano l’animo: non si potevano far presenti al re. Belle coscienze de signori secretari!5 Ben mi figuravo che quello che avevo scritto della cifra d’ossun sciolta qui dovesse mettere in bisbiglio vostro cognato. Lo che posso dirvi si è che quello che ce ne assicurò fu giusto l’affare de famosi braccialetti, avendovi sentito riferire le parole da me dette. E Wall è l’offiziale che fa questo lavoro molto meno: nemmeno sapeva che jo l’avessi ricevuti. Ma questa è un arte ch’è da pochissimi. Montalegre n’è stato bravissimo e non vi è al presente altro che uno che sappia fare questo bel mestiere. Non solo non mi ha[nno] dispiaciuto le tante parole che su di ciò avete scritte, ma vi confesso che mi hanno divertito, e non meno al re. Grazie a Dio stiamo bene ed jo finisco assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 Cfr. i dispacci dello stesso rosenberg a questo riguardo in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1. 2 FILIPPo V (1683-1746), nipote di Luigi XIV e padre di Carlo III, re della Spagna dal 1700 fino alla sua morte. Vedi la monumentale opera di BAuDrILLArt, op. cit. a p. 32, nota 2; e più recentemente Henry kAMEN, Felipe V. El rey que reinó dos veces, temas de Hoy, Madrid 2000 e VázQuEz GEStAL, Una nueva majestad, op. cit. a p. 32, nota 2. Vedi anche Pere MoLAS rIBALtA; rafael CErro NArGáNEz e María Adela FArGAS PEñArroCHA, Bibliografía de Felipe V, Sociedad Estatal de Conmemoraciones Culturales, Madrid 2004. 3 Secondo lo storico William Coxe, «Philip [V] added 45,000,000 piastres to the debts of his royal predecessors, a sum not large in itself, considering the extent and number of his enterprises, but too great for the limited resources of the monarchy» (CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 64). 4 La Secretaría de Estado y del Despacho de Hacienda, creata con la venuta in Spagna di Filippo V, ebbe la gestione delle finanze dello Stato spagnolo dal primo quarto del Settecento in poi. Sulla sua origine e storia, cfr. i lavori di teresa NAVA roDríGuEz: La Secretaría de Hacienda en el Setecientos español: una aproximación prosopográfica, in El mundo hispánico en el siglo de las Luces, vol. II, Editorial Complutense, Madrid 1996, pp. 949-66 e El poder y su precio: los orígenes de la Secretaría del Despacho de Hacienda (1700-1724), in Gobernar en tiempos de crisis: las quiebras dinásticas en el ámbito hispánico, 1250-1808, a cura di José Manuel NIEto SorIA e María Victoria LóPEz-CorDóN CortEzo, Sílex, Madrid 2008, pp. 109-132. Vedi anche renate PIEPEr, La Real Hacienda bajo Fernando VI y Carlos III (1753-1788): repercusiones económicas y sociales, Instituto de Estudios Fiscales, Madrid 1992. 5 tanucci aveva scritto precedentemente ad Aci su questo soggetto: «Non ho mai ben capito le ragioni per le quali il re Ferdinando VI si potè persuadere di non doversi pagare li debiti della corona, perciò non mi viene nuovo che il re voglia ora pagarli. Per debiti però intendo il danaro prestato alla corona o i soldi non pagati, e altri di tal giustizia, non le prodigalità e i capricci o i manifesti inganni che si facevano al re e al regno» (AGS, Estado, libro 236, p. 297: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 1 gen. 1759). 216 Verso la riforma della Spagna: Carteggio XXXI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 6 maggio 1760*. troppo tardo fu il corriere de 24 di marzo che venti giorni di primavera consumò nel viaggio col quale veniva ai piedi di Vostra Maestà quella umilissima mia che ebbe la sorte di non dispiacere a Vostra Maestà. La sovrana di Vostra Maestà di 15 del passato mi fu resa giovedì mattina. Sono obbligato alla pace che mi anticipò la consolazione della notizia della salute perfetta e della giocondità che Vostra Maestà e tutta la reale famiglia gode nella dilettevole, spaziosa e magnifica amenità d’Aranquez. Il re nostro graziosissimo che domenica visitò in Napoli San Gennaro1, acclamato dalla solita tenerezza del popolo, prende in questa bella stagione qualche divertimento che l’ajo racconterà2. Gl’italiani credono dovere ad una lettera dell’antico cardinal Bentivoglio3 la più bella descrizione di Fontanablo4, ma non farebbon tanta meraviglia se vedessero questa vivissima pittura che Vostra Maestà si è degnata di far d’Aranquez. oh se il tago fosse un’ di quei fiumi dell’antica Grecia, che avevano sentimenti, quanto potrebbe predicare ai portoghesi della maestevole e semplice umanità onde son si fortunate coteste sue rive? Egli certamente se ne pregierebbe più che di quelle arene d’oro che gl’antichi l’attribuivano. A me tocca l’invidiar la sorte di quei paesani che Vostra Maestà incontra per li viali e di quei menatori [persona addetta a menare, cioè a guidare] che la sera corrono dietro al re. Ma ormai e me non tocca che ‘labor de dolor’ e qualche ipocondria e collera ministeriale. Con una di queste considero che li francesi volevano nell’anno passato far la pace particolare e ne sollecitavano il re che nell’autunno qualche parola ne disse a Londra per far loro qualche favore. ora gl’istessi francesi nella risposta concertata colle Imperatrici [d’Austria, Maria teresa, e di russia, Elisabetta Petrovna] all’invito di Prussia e d’Inghilterra si scusano e volendo far con Londra quella pace particolare che [h]an sempre cercato, danno la supposta offerta mediazione del re per motivo di quella pace particolare e gettano sul re l’odio di Vienna, la quale è punta sul vivo. Ella merita anche peggio. Di essa era la lettera della mia curiosità de 25 di marzo, perché una lettera del ritiro de 4 mi aveva detto che domani avrebbe rosemberg udienza per presentar una lettera della sua sovrana. Veramente coll’infelice condotta anno li francesi ridotte le cose, ove il me- XXXI. tanucci - 6 maggio 1760 217 diatore poco può sperare di soddisfazione, di gloria, di sicurezza. Ma retrocedere mi sembra ora pericoloso. Vienna rimarrebbe coll’odio suo, gli altri resterebbero disobbligati e, riuscendo loro il comporsi alla meglio, non avrebbono alcuno stimolo d’opporsi a chi volesse inquietare e vendicarsi. Continuando potrà il re al meno esplorare li pensieri de mal contenti e trovandosi sulle strade loro preparare e forse prendere qualche cautela al futuro. Sembra ancora conveniente il far faccia a turino che si ficcherà nel trattato e senza la presenza del re si troverebbe a brigare con suoi d’Aix la Chapelle senza freno e senza contradittore. Bisogna essere ove turino parli e Choiseul, ed esserci in aria magistrale. Suppongo che Caunitz [kaunitz] sia almeno con noi l’istessa cosa. Finalmente supplico Vostra Maestà a rivolger qualche occhiata al pupillo al quale il lupo è molto vicino e denti sempre gli rimarranno, e fame. Qui si fa quanto si può perché la gente sia contenta; pare che lo sia. La concordia del Consiglio certamente. Lo zelo, l’attenzione, la civiltà, l’applicazione non può esser maggiore e le udienze ancora si danno e vi va crescendo il concorso nei mercoledì e nelle domeniche. Questo è quanto possiamo fare da Fondi a Malta5. Col resto del mondo ci conviene parlar sottovoce come alla regina madre. Non mi dispiace la venuta ad Aranquez, meno ardirà Gamoneda, meno udienze nelle lettere saranno necessarie. una di queste che non arrossiscono può esser un fuoco. Non mi meraviglio che abbia compreso il metodo costante, ma non per questo bisogna lasciarlo. Lo stesso averlo compreso dovrebbe giovare. Il saper l’altrui forza trattiene. Nelle regie il timore senza crudeltà è stato sempre più efficace dell’amore, il quale, ove tanti parlano e seminano sospetti, è sempre fragile. Ma ove trascorro? La garrulità è vizio della vecchiaia. Il peggio è che neppur posso chieder perdono. tutto il fattibile sarà pel genero di Sisto. Alla vergogna dunque, alla confusione, s’aggiunge l’esser io escluso dall’unica opera meritoria che potrei pretendere della penitenza. Vede Vostra Maestà quale io devo rimanere prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 384-8. 1 La cappella di San Gennaro custodiva i resti del noto santo martire cristiano patrono della città partenopea. Costruita nei primi decenni del secolo XVII da Francesco Grimaldi nella navata destra del Duomo di Napoli, era riccamente decorata. I re delle Due Sicilie, da Carlo di Borbone in poi, si recavano spesso nel santuario, avendone il patrocinio. Sulla sua 218 Verso la riforma della Spagna: Carteggio devozione verso questo santo, cfr. Pietro D’oNoFrI, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. CCXXXCCXXXIV. Sulla cappella di San Gennaro, cfr. SIGISMoNDo, op. cit. a p. 87, nota 3, tomo I, 1788, pp. 28-43; Elio e Corrado CAtELLo, La Cappella del Tesoro di San Gennaro, Banco di Napoli, Napoli 1977; i lavori di Franco StrAzzuLLo: La Real Cappella del Tesoro di San Gennaro. Documenti inediti, Società Editrice Napoletana, Napoli 1978 e La Cappella di San Gennaro, Arte tipografica, Napoli 1992; In Paradiso. Gli affreschi del Lanfranco nella Cappella del Tesoro di San Gennaro, a cura di Denise Maria PAGANo, Electa Napoli, Napoli 1996; San Gennaro tra fede, arte e mito, Elio de rosa, Napoli 1997 e ugo DoVErE, La cappella del tesoro di San Gennaro, Arcidiocesi di Napoli-F. Motta, Napoli-Milano 2003. 2 Cfr. Lettera 11: Maria Amalia al principe di San Nicandro, Aranjuez 3 giugno 1760 in Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4, vol. I, p. 19. 3 Guido BENtIVoGLIo D’ArAGoNA (1577-1644) fu cardinale e nunzio in Francia dal 1616 fino al 1621. Noto per le sue qualità politiche, lasciò parecchie pubblicazioni dei suoi viaggi. Vedi raffaele BELVEDErI, Guido Bentivoglio e la politica europea del suo tempo: 16071621, Liviana, Padova 1962 e Alberto MEroLA, Bentivoglio, Guido, in DBI. 4 Fontainebleau era uno dei siti reali dei Borbone di Francia situato 55 kilometri a sud di Parigi. La descrizione di questa tenuta fatta dal cardinale Bentivoglio era ben nota pure oltralpe, come ci fa notare una delle guide del Settecento più importanti su Parigi e le sue vicinanze: «Fontainebleau est dans le Gâtinois au milieu d’une forêt qu’on appelloit anciennement la forêt de Biere, & qui à présent porte le nom qu’on a donné au Château. Ce Château est à quatorze lieues de Paris, & nos rois depuis un très long tems l’ont regardé comme un lieu de divertissement à cause de sa situation propre à la chasse. un bel esprit Italien* (* Le Cardinal Bentivoglio dans sa Lettre Italienne au Cavalier Marini) en a donné une description générale bien juste & bien fleurie» (Jean-Aimar PIGANIoL DE LA ForCE, Description de Paris, de Versailles, de Marly, de Meudon, de S. Cloud, de Fontainebleau, et de toutes les autres belles Maisons & Châteaux des Environs de Paris, Tome Huitième contenant les environs de Paris. Avec des Figures en Taille-douce. Nouvelle Edition, Chez Charles-Nicolas Poirion, Parigi 1742, p. 118). La descrizione di Fontainebleau di Bentivoglio, contenuta nella sua lettera al cavalier Marino, dice così: «A Fontanableò son di già stato una volta, e dimani vi tornerò. Gran casa invero, e degna d’un tanto rè! Benché sono più case insieme, aggiunti l’una all’altra in varj tempi senza ordine alcuno; onde di tutte viene a formarsi una vasta mole indigesta, e confusa; ma questa medesima confusione è piena di grandezza, e di maestà. Il sito è basso, ed a più tosto dell’orrido; massime in questo tempo, che la Campagna non è ancora verde. Giace Fontanableò in mezzo d’un’ampia foresta, e s’alzano intorno alla casa varie colline coperte di sassi; che si come non rendono frutto alcuno alla terra, così non porgono diletto alcuno alla vista. La foresta è piena di cervi; e perché questa è la caccia che più frequentano i rè di Francia, perciò vien nobilitato questo sito, poco nobile per se stesso, da sì vasta abitazione e sì maestosa. Non vi mancan però giardini bellissimi; ed oltre alla prima fontana, che diede il nome alla casa, ve ne sono molte altre, che l’abbelliscono grandemente» (Lettera LI: Guido Bentivoglio al cavalier Marino, Melun 7 aprile 1620 in Lettere del cardinal Bentivoglio scritte in tempo delle sue nunziature di Francia e di Fiandra a diversi personaggi sopra differenti materie politiche, ed altre cose importanti pubblicate da Giovanni Christiano Discher, assessore della facoltà filosofica nell’Università di Giena, Appresso Giorgio Michele Marggraf, Jena 1746, pp. 104-5). 5 Cioè, nel regno delle Due Sicilie, che finisce al nord (sul versante occidentale) a Fondi e al sud a Malta. 31. Maria Amalia - 27 maggio 1760 219 31 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Aranquez quale. Grimaldi a Parigi. Premura per questi regni. Lettere di Vienna. Napoli contenta della Reggenza. Regina madre. Aranjuez, 27 maggio 1760. Venerdì mattina giunse qui el corriere di Napoli con le liete nuove che mi date in data di 6 di questo corrente mese dello prospero stato di mio figlio, che me cagionano quel giubilo e contento che creder si puol. È vero che Aranjuez è bello ed ameno, ma voi nella vostra [lettera] a Wall fatte troppo torto all’amenità di Portici e Caserta1. La prima per la sua situazione, vista ed allegria è unica al mondo. La seconda per la bellezza delle sue campagne e contorni [h]a il suo grandissimo merito. Qui bisogna sapere che sin che s’esce da viali, ed in qualche parte anche a canto a quelli, vi è subito l’Arabia deserta, cioè la più brutta campagna che si possa vedere: arida, arenosa, senza vedervi un arboscello; e vi dà una malinconia mortale. La vostra collera con francesi è molto bien placé. Non poca me ne ha data ancor a me questa loro condotta. Il re non si è tirato fuori, come ben avrete visto per la riconciliazione e l’andata di Grimaldi2: ben vi farà conoscere che il re vuol essere inteso di quello che si tratta3. Se non fosse per il pupillo è inutile che jo vi dica che a noi niente importerebbe della pace del continente in quest’angolo d’Europa ove siamo, ma Napoli è quella che ci fa stare con tutta vigilanza, ma co’ francesi sempre vi è da temere di qualche improvvisata, come pur troppo spesse volte abbiamo veduto. La lettera di Vienna che vi cagionò curiosità non era di nessuna conseguenza. Non mi ricordo bene se fu responsiva ad una del re o di semplice complimento. Jo, per grazie di Dio, non ne ho ricevute da quando sto in Spagna altre che due di poche righe e di semplice complimento. Spero, o al meno mi lusingo, che quell’ultima che scrissi da Napoli abbia troncata quella molesta corrispondenza. Anche da lettere particolari so che Napoli stà contenta della reggenza. Jo ne godo estremamente mentre credo che questo anche sia di vantaggio di mio figlio. A voi non dispiace la tanto sollecita venuta qui della regina madre, ed a me ha dispiaciuto molto. Nemmeno un giorno lasciarmi respirare senza vedermi là sopra la nuca del collo quella benedetta conversazione con lei 220 Verso la riforma della Spagna: Carteggio (la quale però, ora per le serate corte, non è tanto lunga) nella quale bisogna misurare tutte le parole e fingere continuamente. Per il mio naturale, che voi conoscete, è una cosa da andare in sticia [per Stige, uno di fiumi infernali dell’oltretomba greco]: chiusi in una camera apparata d’arazzi, tappeti di lana in terra, che ancora non si è aperta una finestra e sino 15 giorni fa con il camino acceso a rischio di far venire un accidente ad uno; vedete che divertimento. Se viene sopra da me presto bisogna chiudere tutto, stufare e riscaldare ben bene le camere per la notte. Del resto stà quieta per necessità ma non [per] elezione: delle parole buttate lo fanno bastantemente conoscere ed il mal humore con tutti quelli che li stanno d’attorno ed anche quelli che la vanno a vedere. tutto il di più però seguita sull’istesso piede ed ora non vi e più che temere di mutazione. Il re trova comodo con avere la sua quiete, che la madre non lascerebbe d’intorbidare. tutti grazie a Dio stiamo bene. Dopo una grande tempesta è tornato l’inverno ma ben sensibile. Questo è quanto per oggi posso dirvi. Vivete fra tanto sicuro che vi conservo la mia benevolenza. Amalia. 1 tanucci aveva scritto a Wall a questo riguardo: «Sodisfazione infinita pare che abbiano le Maestà de’ padroni nel delizioso soggiorno d’Aranquez. Gli spaziosi e ameni e verdi passeggi ch’io ne sento, la comoda e piana situazione, le delizie e li divertimenti del contiguo fiume son pregi che avanzano tutti questi di Portici e di Caserta. Portici ha la vista che deve esser ben rara e singolare; il terreno è arenoso e tutto è creato dal re quell’ameno e verde che circonda il palazzo. Caserta si va facendo. Di fatto non vi è che una quantità di strade comode, pregio del quale a il re fornite molte parti di questo regno che totalmente ne mancava» (AGS, Estado, libro 242, p. 396: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Caserta 6 mag. 1760). 2 Paolo Geronimo GrIMALDI E PALLAVICINI (1709-1789), marchese e dopo duca, era in quella data l’inviato spagnolo all’Aia. Di origine genovese, suo padre era stato l’inviato di questa repubblica in Francia, Spagna e Vienna, ed anche lui fu inizialmente coinvolto nel servizio diplomatico della sua terra di origine, prima di passare al servizio della corona spagnola. Nel 1746 fu l’incaricato per la Spagna nelle trattative a Vienna per una futura pace. Nel 1749 fu eletto ministro plenipotenziario presso la corte di Svezia e nel 1753 passò nei Paesi Bassi come ambasciatore. Dal 1757 fino al marzo del 1760 fu a Madrid, dove conobbe il nuovo re di Spagna, che lo rimandò nei Paesi Bassi nello stesso 1760. L’anno successivo fu nominato ambasciatore a Parigi, dove rimase fino al 1763, quando fu eletto segretario di Stato e del Dispaccio di Stato in sostituzione di ricardo Wall, per il suo successo con il cosiddetto Tercer Pacto de Familia del 1761. Sarà primo ministro di Carlo III fino al 1777, quando fu destituito e destinato a roma come ambasciatore, dove restò fino al 1783. Fu eletto consejero de Estado nel 1764, caballero del Toisón de Oro nel 1765, caballero de la orden de Carlos III nel 1772 e, finalmente, grande de España nel 1777. Vedi la breve ma accurata biografia di ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 287-8. Per il suo ruolo come primo ministro, cfr. FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I; LAFuENtE, op. cit. a p. 35, nota 6 e DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I-IV. Vedi ancora i lavori di Paulino GArCíA DIEGo, Jano XXXII. tanucci - 13 maggio 1760 221 en Hispania. Una aproximación a la figura y obra de Jerónimo Grimaldi (1739-1784), CSIC, Madrid 2014 e Jeronimo Grimaldi, un ejemplo de supervivencia política, in «Brocar. Cuadernos de Investigación Histórica», 2015, n. 39, pp. 145-75. 3 Grimaldi fu inviato a l’Aia per partecipare alla sopraccennata conferenza di pace fra l’Inghilterra e la Francia. Infatti, le notizie del 18 aprile pervenute da Londra insistevano nella mediazione fatta per il re di Spagna: «S. M. Apostolica la Emperatriz reyna de Ungría, y de Bohemia, S. M. la Emperatriz de todas las Rusias, y S. M. Christianissima, igualmente assistidas del deseo de contribuir al restablecimiento de la tranquilidad pública, declaran, que haviendo S. M. Catholica ofrecido su mediacion en la Guerra, que subsiste de algunos años a esta parte entre la Francia, y la Inglaterra, y no teniendo por otro lado la dicha Guerra nada de comun con la que las dos Emperatrizes, y sus Aliados sostienen contra el rey de Prusia; S. M. Christianissima estaba pronto á tratar de su Paz particular con la Inglaterra, mediante los buenos oficios de S. M. Catholica, cuya mediacion havia aceptado con gusto» (Gaceta de Madrid, 13 maggio 1760, n. 20, p. 156). La Instrucción a Grimaldi para su Embajada en La Haya, fechada en el Buen Retiro a 26 de marzo de 1760 si conserva in AHN, Estado, legajo 4098 ed è stata pubblicata in PALACIo AtArD, El Tercer Pacto de Familia, op. cit. a p. 4, nota 5, pp. 296-302. Cfr. anche la Lettera 29: Carlo III a tanucci, Aranjuez 6 mag. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 92. XXXII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 13 maggio 1760*. Venerdì alla punta del giorno arrivò la sovrana lettera di Vostra Maestà del 24 del passato che mi riempiè di gioja per la prospera salute di Vostra Maestà e della famiglia reale ch’io ebbi l’onore e la sorte di leggervi. Il re, che la gode uguale, lesse la sua colla solita attenzione e affettuosissima riverenza e consolazione. Non dubiti Vostra Maestà delle lagrime del prussiano. Egli è qui riuscito un buon uomo. Forse la malattia avrà indebolito il corpo prussiano e l’anima meno impedita dal corpo sarà in lui stata più libera per l’uso della ragione e dell’umanità. Dice anche l’antico proverbio de latini molles in calamitati bus mortalium animi 1. Forse ancora quel poco vigore che a qui ripreso il suo corpo è materia italiana più suscettibile della tenerezza e delle lagrime. ossun avrà almeno la compiacenza di lusingarsi d’aver contribuito alla maggior cura delle cose americane. E questa sarà la sua presente maggior tranquillità aumentata da alcuni fatti a i suoi favorevoli sul mare e forse anche dell’avanzarsi per via d’olanda qualche trattato coll’Inghilterra ch’egli voleva fatto dal re colle minacce. Spero che questa ora non vorrà intraprendere una guerra colla Spagna per sostenere la sua occupazione e fortificazione sul rio tinto. 222 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Gray mi attaccò domenica lungamente sulla restituzione d’Ensenada che le lettere di Spagna anno attribuito alle premure francesi, dei quali è creduto parziale. Fu tale l’efficacia ed io li vidi tanto occupati da tale opinione ch’io finalmente stimai conveniente dirgli quello che Vostra Maestà mi scriveva. un attestato di questo peso lo serenò: convertì le doglianze in espressioni amichevoli colle quali disse che scriverebbe a Pitt2. Interruppi la gioia con una esclamazione melanconica di che si bella amicizia non meritava insidie, perché m’interrogasse come m’interrogò di quali fossero queste. Scappai allora a parlargli forte del rio tinto e d’un’opera fraudolenta e furtiva quali eran quelle che i suoi rimproverano ai francesi su Laghi3, su San Giovanni4 e sull’oyo5. Dissaprovò li suoi. Voleva persuadermi che non si doveva attribuire alla sovranità, ma a privati. Sperava pronta l’emenda e su questo ancora scriverebbe. Godo che si sia trovato Ensenada innocente. È un’ grand’acquisto del genere umano e di una nazione quello di un’innocente, anzi di un martire, se è vera la fama d’essere stato perduto per l’opposizione fatta alla cessione d’una parte della Galizia al Portogallo. Con questo, Alba non è degno di compassione6. Mi dispiacerebbe che Wall amico fosse stato anche compagno; non vorrei doverlo togliere dal numero degli innocenti, quale fin’ora l’[h]o reputato. tale desidera tutta la nazione e la corte per la quiete del re. Mi rilascio al solo desiderio veniale di che non divenga molto artefice perché Vostra Maestà dia a noi da fare più che si possa. Sempre più quieto è il nostro Consiglio. Si danno le pubbliche udienze7. San Giorgio ad ognuno che è venuto dice che [h]a parlato con grand’eloquenza, ed ha ragione evidente. Venezia potrà essere qualche argine e qualche riposo del re per le cose italiane se Vienna sarà cristiana. Se questo sia sperabile, Vostra Maestà lo sa meglio di me. Non è stata bastante la mancanza del danaro per consigliare efficacemente la quiete a quella corte. Bisogna sempre o a levante o a tramontana un predicatore come ulisse. Dio voglia che questo mio pensiero non sia peccato perché mi sarebbe difficile la penitenza quanto quella d’aver colle mie ciarle usurpato rusticamente alcuni preziosi momenti di Vostra Maestà. Venuta la riflessione bisogna resistere alla tentazione e tacere prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 430-3. 1 Il versetto ut sunt molles in calamitate mortalium animi appartiene allo scrittore latino tacito (Annali, IV, 68). Si potrebbe tradurre «come sono teneri gli animi umani nelle cala- 32. Maria Amalia - 3 giugno 1760 223 mità». tanucci aveva già usato questa espressione; cfr. tANuCCI, Epistolario,vol. V: 17571758, op. cit. a p. 29, nota 3, p. 365. 2 Così scriveva Gray a Pitt a questo riguardo: «the marquis [tanucci] farther told me that the French ambassador and his party boasted of having been the means of marquis Ensenada’s return to Madrid and that it would have farther consequences, but hoped we would not be alarmed at those reports and shewed me, in the utmost confidence, a letter of the queen of Spain’s, in which Her Majesty writes that the king her husband, in permitting marquis de Ensenada to come to court, had done him justice and not a favour, as it appeared upon examination that he had been disgraced only for refusing to concur in a disadvantageous treaty to Spain with Portugal. this, the marquis assured me, was the reason and that the influence of the French ambassador has not the least share in this matter» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 13 mag. 1760). 3 Cioè, la regione dei laghi nel Nordamerica, dove si incontravano diverse colonie francesi ed inglesi. 4 San Giovanni, probabilmente la città di St. John’s, capitale della terranova e Labrador, fu uno dei posti più importanti del conflitto coloniale franco-inglese nell’America del Nord durante tutto il Settecento. 5 oyo (cioè, l’ohio o la valle dell’ohio) era il territorio compreso ad ovest dai Monti Appalachi, a nord dal fiume ohio e a sud dal lago Erie. Comprendeva parte del territorio degli attuali stati nordamericani dell’ohio, Indiana, Pennsylvania e West Virginia ed era molto apprezzata per il commercio delle pelli con i nativi. L’occupazione della contea di ohio aveva acceso il conflitto fra francesi ed inglesi nell’America del Nord provocando quella che si è chiamata guerra franco-indiana (1756-1763). La Francia la perse finalmente nel 1763 con il trattato di pace di Parigi. A questo riguardo, cfr. Francis JENNINGS, Empire of Fortune: Crowns, Colonies, and Tribes in the Seven Years War in America, Norton, New york 1988; Alfred A. CAVE, The French and Indian War, Greenwood Press, Westport 2004 e William M. FoWLEr, Empires at War: The French and Indian War and the Struggle for North America, 1754-1763, Walker, New york 2005. 6 Sulla nulla influenza del duca d’Alba nella corte di Madrid dopo l’arrivo di Carlo III, Bristol aveva scritto a gennaio un dispaccio molto rivelatore; vedi NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 28 gen. 1760. 7 Sulla sistemazione delle udienze napoletane, cfr. il carteggio fra Carlo III e tanucci, più volte indicato. 32 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Grai [Gray]. Rio Tinto. Ensenada. Wall. Alba. Ambasciatore di Francia. Tre forti a Rio Tinto e come si siano fatte le usurpazioni successe in America. San Giorgio. Cariati. Suor Maria Maddalena Sterlick per Francesco Faiella . Aranjuez, 3 giugnio 1760. Solecito più del solito è stato quest’ultimo corriere essendo giunto qui giovedì mattina. Le nuove che mi ha recato mi hanno sommamente consolate. 224 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Godo che l’avervi jo scritto il ritorno di Ensenada non solo sia stato utile per levar da testa a Gray quei spropositi che le lettere di qui l’avevano fatte accredore [ossia, l’avevano convinto], ma vi abbia dato ancora motivo di parlarli seriamente sull’affare del rio tinto1. Jo già mi figurava che su di ciò se sarebbono scritte cento ciarle e perciò vi scrissi il vero della cosa. Se Wall sia innocente o no, niente ne so né niente ne comparisce: solo ho visto che l’ha portato con somma disinvoltura. Non così Alba, che quella mattina che comparve Ensenada pareva che gli andasse a venir un accidente, ed era tanto il tremore che non poteva arrivare ad aprire una carta ch’era la lista de piatti per averli jo domandato un piatto cosa fosse2. Del resto credete pure ch’Ensenada non ha altro delitto che quello di non aversi voluto prestare a quei perniciosi trattati con Portugallo3. L’ambasciatore di Francia l’ha visto con somma indiferenza e so che in qualche casa ove s’è incontrato con quello d’Ingilterra questo l’ha tratato con tutt’amicizia. Ma torniamo al rio tinto che più importa. tutte le usurpazioni fatte nelle Indie spagnole, si da francesi come da inglesi, sempre han cominciato così: essi dicendo che questi erano malandrini scapati da loro, che loro non ci avevano che far niente. I buoni spagnoli l’han trascurato e fra tanto si sono colà fortificati e stabiliti4. tre forti già hanno piantati sul rio tinto, guarniti di buona artiglieria da 16 e, se mal non mi ricordo, anche da 24, e fra li tre forti saranno poco meno di 40 pezzi: questa non è forza di fuggitivi o furosciti, come vogliono dire essi. E finalmente poi perché, se si vuol intentare di cacciarli, essi vi prendono parte5. V’assicuro che le cose d’America mi fanno tremare quando penso come stanno abbandonate le nostre e l’inglesi con trenta mill’huomini li dappresso che possono impadronirsene sempre che vogliano6. San Giorg[i]o farà restar contenti tutti quelli che vengono all’udienza dicendo a tutti che hanno ragione. Il lodare poi l’eloquenza di tutti è più particolare, mentre mi persuado che spesso ve ne saranno di quelli che non sapranno che dirsi. Ho una quantità di fiotti da scrivervi. uno è che la principessa di Cariati7, essendosi come sapete ritirata con suo marito in Calabria8, mi ha fatto sapere che, come sapevo, ella faceva il procuratore perché dalla casa di Martina fosse puntualmente pagato l’assegnamento di sua madre e che temeva che, [per] non poter assistere, non venisse questo ritardato. Ben sapete che hanno fatto passare a quella povera vecchia. tenetici dunque un occhio acciò non li faccino stentare quel misero assegnamento, unico suo sostentamento. 32. Maria Amalia - 3 giugno 1760 225 Maria Madalena dello Splendore9 sin da quando stavo in Napoli sempre mi fiotava [pressava] per un certo suo parente chiamato Francesco Faiella, perché fosse impiegato in qualche cosa che gli desse pane; non però impiego di giustizia. Hora anche qui mi felicita tormentata, credo jo, dal parente. Se mi potete levare questo fiotto in qualche maniera mi farete un gran piacere. E finalmente qui vi accludo un memoriale. L’età del supplicante, che mi costa essere tale, merita ben qualche caritatevole riguardo. Finisco assicurandovi dell’invariabile mia benevolenza. Amalia. 1 Su Ensenada e il suo ricevimento a corte, cfr. ancora NA, SP 94/161: il conte di Bristol a William Pitt, Aranjuez 26 mag. 1760. 2 Maria Amalia fa riferimento agli atteggiamenti che ebbero ricardo Wall e il duca d’Alba – ritenuti i veri promotori della caduta dal governo di Ensenada nel 1754 – dopo la riammissione a corte dell’antico nemico politico. 3 Il sopraccennato Tratado de Límites del 1750 fra la Spagna ed il Portogallo sulla frontiera del Brasile; vedi la nota 9, pp. 192-3. 4 Cfr. al riguardo di questo argomento José Antonio CALDEróN QuIJANo, op. cit. a p. 190, nota 2. 5 Sull’attività degli inglesi nel mare Caraibico, cfr. kris E. LANE, Blood and Silver. A History of Piracy in the Caribbean and Central America, Signal, oxford 1999. 6 La situazione dell’America fu una delle più grandi preoccupazioni della politica estera di Carlo III. Infatti, già prima del suo arrivo in Spagna, durante la reggenza della reina gobernadora Elisabetta Farnese, nel settembre del 1759 «se preparaba una instrucción para el conde de Fuentes, embajador de España [in Inghilterra], acerca de los agravios que nos habían hecho los Ingleses y Franceses durante su guerra, y el tratado de Lisboa, sin más que el canje de la colonia del Sacramento, que se hacía ya preciso poderlo practicar» (DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. II, p. 14). Sull’America ai tempi di Carlo III, vedi, alla bibliografia già citata precedentemente, i lavori di Sylvia L. HILtoN StoW: Las Indias en la diplomacia española, 1739-1759, universidad Complutense, Madrid 1980; El conflicto anglo-español en Florida: utopía y realismo en la política española, 1732-39, in «Quinto centenario», 1983, n. 5, pp. 97-130 e Las relaciones anglo-españolas en Norteamérica durante el reinado de Carlos III: revisión historiográfica, in Carlos III y su siglo, a cura di Luis Miguel ENCISo rECIo, universidad Complutense, Madrid 1990, vol. I, pp. 839-82, così come Historia General de España y América. América en el siglo XVIII, tomo XI-2: La Ilustración en América, rialp, Madrid 1989 e María del Pilar ruIGóMEz GArCíA, I. La política exterior de Carlos III, in Historia de España fundada por Ramón Ménendez Pidal, tomo XXXI: La Época de la Ilustración, vol. II: Las Indias y la Política Exterior, Espasa-Calpe, Madrid 1988, pp. 363-447. 7 Forse Maria rosa CArACCIoLo, seconda moglie di Scipione Spinelli, principe di Cariati (vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 189, nota 2). 8 Cioè, probabilmente a Cariati, suo feudo, sito nella provincia di Cosenza, nella regione calabrese. 9 Maria Maddalena dello Splendore era una delle suore del monastero chiamato dello Splendore a Napoli, come ci fa sapere Aveta: «Siccome ancora ella [la regina Maria Amalia] 226 Verso la riforma della Spagna: Carteggio soleva bene spesso visitare il Monastero detto lo Splendore, ove specialmente trovasi una Monaca di santa vita, volle anche per l’ultima volta portarsi da esse, consolandole colla sua real Presenza, e lasciando loro varj segni della sua liberale Munificenza» (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. 60-1). Dal sommario di tanucci sappiamo che aveva come cognome Sterlich, il che fa supporre che fosse parente di romualdo de Sterlich dei marchesi di Cerminiano. XXXIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 20 maggio 1760*. Negli ultimi momenti del giovedì arrivò la sovrana lettera di Vostra Maestà de 29 del passato. La consolazione della salute di Vostra Maestà e della famiglia reale fu quanta non posso spiegare. L’onore, la giocondità, la compiacenza per le benigne espressioni fecero del resto della notte una vigilia e una festa la più soave di quante possono esser nel mondo. Forse fu troppa perché Dio nel venerdì prese a raffrenare con una febbre che lasciò venire al re. Durò questa fino a qualche ora della notte che portava la domenica. un lavativo di quella notte fu inefficace fino alla seguente e mostrò una stitichezza più dura dell’abituale della Maestà Sua. Prima del lunedì si spiegò il ventre e si alzò il re. La mattina e quel giorno lieto pel re fu una disputa tra Pinto e Bonocore sulla purga che Pinto propose. San Nicandro desiderava ed io con lui. Si è data questa mattina la purga. La relazione di San Nicandro e di Pinto rende superfluo l’incomodo ch’io portassi a Vostra Maestà con una relazione più lunga. Perchè Vostra Maestà veda che quanto soglio dire dal re non è una cieca devozione d’un vecchio cane della casa, né un’adulazione che non mi è stata permessa mai dal temperamento rustico che Dio mi ha dato, umilio l’ultimo santuffizio di Durfort. Vero è che quanta è la gravità, la dignità, il giudizio del re in pubblico tanto è il moto e la scorreria puerile e vivace in privato. Questo ho io veduto più in questi giorni, molte ore de quali ho passate nelle camere della Maestà Sua. Mi son ricordato di Stilpone1, antico filosofo il quale questo sfogo voleva negli anni primi perché, scaricata così tutta la bagatella della natura, venisse a non rimaner altro che serietà, riflessione, virtù e saviezza in un’anima destinata e fatta per cose grandi. Mi son anche ricordato di alcuni esempi onde si conferma quella filosofica osservazione. Ho parlato più chiaro ultimamente a Caraccioli perché i rubioni parlino alla Spagna più che alla Francia. Non vorrei che quella Piacenza di- XXXIII. tanucci - 20 maggio 1760 227 venisse la troja d’Italia quando li greci quanto alla fede potranno liberamente esercitare il mal talento. Perciò non mi son contenuto. umilio a Vostra Maestà quella spia doppia di Milano che si pasce di Napoli e di turino. Quanto mi consola quella crassa neutralità della quale sembra che Vostra Maestà sia persuasa? Supplico il re a perdonarmi se non stimo disprezzo quella mancanza di lettera di partecipazione del matrimonio dell’arciduca. Pel disprezzo sarebbe necessaria una cecità e brutalità che ognuno vorrebbe nel suo nemico. Imprudenza somma la credo io; poca riflessione, debolezza del non poter dissimulare il peccato e confutare e vincere una repugnanza, un fuggire quanto possa la confessione della sua infedeltà, finalmente un timore di qualche mortificazione che sarebbe più adattata al pensar di Vienna che a quella grande del re. orgoglio e bassezza, insidia e precipitazione, avidità e rozzezza sono le contradizioni onde è Vienna impastata. turbati rosemberg e Vienna dall’interrogazione se avesse la lettera, si armerà in quel gabinetto un negoziato che riuscirà probabilmente per loro più vergognoso e importuno. E forse si cercherà Versaglies, la quale contenta del fatto antico non ne vorrà far parola o al più darà a Vienna qualche leggiero consiglio. Intendo come devo contenermi con Noja. Non era qui nunzio e li preti volevano officiare i santi del rito loro, li frati quelli del loro. Quelle monache sembrano quiete dopo l’ordine del solito, perciò non ha scritto forse Granito. tra pochi giorni saranno ancora libere dalla donzella Viggiano di cui in questi giorni sarà esplorata dal reggente la volontà, la quale non sarà probabilmente per Fondi. tante sono le stravaganze fatte in quest’occasione da tutti di quella casa. Don Domenico [di] Sangro tormenterà bene li suoi compagni in Consiglio che andrà a Napoli tra pochi giorni. Viene un involto da Bucharlat2. Sabatini mi pare abile, onesto e trattabile: sarà atto a rasserenare il quarto del [palazzo del Buen] ritiro. Gran contento ho dei cavalli arrivati si buoni. Faranno per qualche momento parlar di Napoli. Ma il tempo piovoso m’inquieta perché impedisce quelle passeggiate che il caldo tra poco abolirà per tutto l’anno. Qui è amicizia, quiete, tranquillità. tutti cospirano al miglior servizio del re. roma ci minaccia per la Bagnara. Imiteremo la fermezza del re. Correremo quei passi ben misurati. Vostra Maestà non ci abbandoni: se er- 228 Verso la riforma della Spagna: Carteggio riamo, ci ammonisca. Qualunque sia quel che mostrerà qualche pensiero o cura di noi sarà l’unica consolazione alla quale possiamo aspirare. Questa lusinga è l’unica cagione che mi renda desiderabile qualche altro momento di vita. Con questa stò sempre rivolto e prostrato ai piedi della Maestà Vostra. *AGS, Estado, libro 242, pp. 466-70. 1 StILPoNE DI MEGArA (360-280 a.C.) fu un noto filosofo greco. Nessuno dei suoi scritti sono sopravvissuti, ma è ben noto per essere stato il maestro di zeno di Cizio, fondatore dello stoicismo. 2 Francesco BouCHArLArt era «direttore della Fabbrica di drappi e stoffe di seta introdotta sotto la reale protezione» (tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 245, nota 5). tanucci scriveva a questo riguardo: «Vengono dodici altri officj per la maestà della regina regnante. Due involti: uno grande e uno piccolo. Bucharlart è chi manda l’uno e l’altro» (AGS, Estado, libro 242, p. 436: tanuci a ricardo Wall [Madrid], Caserta 13 mag. 1760). Su Boucharlart vedi i lavori di Sonia SCoGNAMIGLIo CEStAro: Le istituzioni della moda. Economia, magistrature e scambio politico nella Napoli moderna, Il Chiostro, Benevento 2008 e Le istituzioni della moda. Dalle strutture corporative all’economia politica. Napoli e Francia (1500-1800), Il Mulino, Bologna 2015, così come Silvana MuSELLA GuIDA e Sonia SCoGNAMIGLIo CEStAro, Il “tempo eroico” e la politica commerciale di Montealegre: la “manufacture royale de Joseph Fleuriot et François Boucharlat”, in «Napoli Nobilissima», V serie, a. X, 2009, n. V-VI, pp. 195-206. 33 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Durfort. Piacenza compenso in danaro e risposta del Re. Inghilterra parla a prò di Turino. Spia milanese. Giuramento. Matrimonio partecipazione. Con Roma fermezza. Matrimonio tra la principessa del Brasile e l’infante don Pedro male inteso dalla regina madre e da don Luigi. Febbre, sagnia [ossia salasso], purga e medicamenti per un residuo d’ostruzione. Nota di piante che si desiderano da Portici. Aranjuez, 10 giugnio 1760. Grande sarebbe stata la mia agitatione [sic] se all’istesso tempo di sentire la leggiera indisposizione di mio figlio non avessi ancor saputo il suo ristabilimento: benedetto ne sia Dio. Ed jo desidero che non abbia mai a soffrire maggior incomodo di questo nella sua salute. Non ho mai, né potevo dubitare di adulazione in voi, quando mi facevate relazione di mio figlio. troppo mi è conosciuto il vostro naturale lontano da questo. Con 33. Maria Amalia - 10 giugno 1760 229 tutto ciò, sapete bene che quel che piace si sente replicare volentieri, per questo dunque mi ha fatta piacere la lettera di Durfort. Mi dispiacerebbe se nell’interno del suo appartamento Sua Maestà non facesse quelle scorrerie puerili proprie della sua età, mentre è necessario che in questi anni lo faccino. Non so capire come finirà la cosa di Piacenza. Da Francia hanno avuto lo stomaco di far sapere al re che si pensava dare il compenso in denaro al infante [Filippo, duca di Parma]. Il re se ne [è] mostrato non solo alieno, ma quasi offeso, rinconvenendoli con la lettera di pugno del re di Francia del 521; ed in quest’ordinario abbiamo da Londra che ad Albertini hanno detto che quando il re vorrà fare qualche cosa per il loro amico il re di Sardegnia2? Al che il re ha risposto come sempre che proponghino. Buono sarebbe se si rimediasse per mezzo dell’Ingilterra ciò che la Francia ha precipitato in danno della sua casa. La spia doppia di Milano è molto male informata delle cose di quà. Né Consiglio di Castiglia né nessuno ha fatto mai menoma difficoltà sopra quello si fece in Napoli per lo stato infelice del nostro primo figlio3 e adesso, al nostro ritorno a Madrid, si farà il giuramento al re ed al medesimo tempo al principe ancora4. La lettera di partecipazione del matrimonio di Vienna non è venuta ancora. Credo bene che non abbiano faccia da mandarla. Farete bene ad imitare la fermezza del re con roma. L’esperienza fa vedere essere questo l’unico modo di trattare con quella corte. Vado a darvi una nuova che vi recherà gran piacere; a me ne ha recato grandissimo. Questa è che grazie a Dio è effettuato il matrimonio tra la principessa del Brasile e l’infante don Pedro5. Ieri fu da Silva6 presentata al re una lettera della regina di Portugallo [Marianna Vittoria di Borbone e Farnesio]7 nella quale ce lo notifica dicendo che si farebbe privatamente e dovevano sposare il giorno 6; che poi ne avrebbono dato parte formalmente8. La nostra vecchia [Elisabetta Farnese] ne stà molto di mal humore ed anche mi ha parso al quanto turbato l’infante [don Luigi], al quale credo che la buona vecchia aveva posto questo sproposito in testa. Jo ne ho goduto estremamente, perché senza questo da quella parte parte [sic] avevamo d’avere disturbi non solo domestichi, ma Dio sa che precipizii ne sarebbano venuti. Qui grazie a Dio stiamo bene. Giorni sono ho avut’una leggiera febbre flussionaria che mi obligò a stare due giorni in letto e mi cavai sangue. 230 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Ieri mi purgai per preparmi a qualche piccolo medicamento che avrò da pigliare per qualche ostruzione lasciatami ancora della malattia di zaragoza. Il caldo ce ne caccia da qui con mio gran rammarico; sabato dunque ce ne ritorniamo a Madrid. Altro non resta a dirmi. Vi assicuro dunque della constante mia benevolenza. Amalia. [A parte, di pugno della regina Maria Amalia] Nota di diverse piante che si desiderano da Portici9 e che si potranno mandare nel mese di 9vembre: Pera Spadona, Pruna Pappacoda, Pruna Verdachia, Lazarole bianche e rosse, Albicochi d’olanda, Albicochi di Malta. 1 Sulla lettera del re di Francia, cfr. rohan ButLEr, The Secret Compact of 1753 between the Kings of France and of Naples, in Royal and Republican Sovereignty in Early Modern Europe. Essays in Memory of Ragnhild Hatton, edited by robert orESko; G. C. GIBBS e Hamish M. SCott, Cambridge university Press, Cambridge 1997, pp. 551-79. 2 Il re di Sardegna era CArLo EMANuELE III DI SAVoIA (1701-1773), duca di Savoia e principe di Piemonte dal 1730 al 1773. Sul suo periodo come sovrano, cfr. il volume Storia di Torino, cit. nella p. 160, nota 1, con tutta la bibliografia precedente. 3 Cioè, il decreto del 6 ott. 1759 con cui Carlo III dichiarava l’incapacità di governare del suo primogenito Filippo, la nomina del secondogenito Carlo come suo erede al trono di Spagna e la proclamazione del terzogenito Ferdinando come re delle Due Sicilie. 4 Il giuramento a Carlo III ed al principe d’Asturias da parte delle Cortes de Castilla ebbe luogo il sabato 19 luglio 1760 nella chiesa de los Jerónimos di Madrid (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, pp. 247-8). Sarà descritto nelle lettere di quel mese. 5 PEDro DE BrAGANçA (1717-1786) era il quarto figlio di João V del Portogallo (16891750). Fu fratello del re José I (1714-1777) e cognato dell’infanta spagnola e regina del Portogallo Marianna Vittoria. Infante del Portogallo, il 6 giugno 1760 sposò sua nipote Maria Francisca, primogenita del sovrano regnante, principessa del Brasile e futura regina del Portogallo come Maria I, come accenna Maria Amalia. 6 José da SILVA PESSANHA era in questa data l’ambasciatore portoghese a Madrid. Già inviato del re di Portogallo a Napoli nel 1753, fu nominato ambasciatore plenipotenziario a Madrid nel 1760 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, pp. 287 e 289). Fu ricevuto in audiencia privada da Carlo III per prima volta il 28 gennaio 1760, come abbiamo già notato (vedi Gaceta de Madrid, 29 gennaio 1760, n. 5, p. 39). 7 MAríA ANA VICtorIA DE BorBóN y FArNESIo (1718-1781), infanta di Spagna, era la figlia primogenita di Filippo V ed Elisabetta Farnese. Dopo le trattative fallite di darla in sposa al delfino di Francia, futuro Luigi XV, nel 1721 (vedi ad vocem BAuDrILLArt, op. cit. a p. 32, nota 2, tomo II), l’infanta fu destinata nel 1729 ad essere la moglie di José de Bragança, principe del Brasile e futuro José I del Portogallo (cfr. Antonio PINEDA y CEVALLoS, Casamientos regios de la Casa de Borbón en España (1701-1879), Imprenta de E. de la riva, Madrid 1881, pp. 57-66). Ebbe quattro figlie e fu eletta reggente dal 1774 fino al 1777 per l’incapacità di suo marito di reggere la monarchia. Si recò in Spagna nel 1778 per visitare suo fratello Carlo III, come racconta FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo I, pp. 290-2. Su questo personaggio, cfr. Cartas da rainha D. Mariana Vitória para a sua família de Espanha [1721-1748], a cura di Caetano BEIrão, Empresa Nacional de Publicidade, Lisboa 1936 e XXXIV. tanucci - 27 maggio 1760 231 Félix de LLANoS y torrIGLIA, La infanta María Ana Victoria de Borbón, hija de Felipe V, Ministerio de Asuntos Exteriores, Madrid 1946. 8 Carlo III scriveva a tanucci a questo riguardo: «Ayer recivi carta de mi hermana la reyna de Portugal en que me da quenta de haverse concluido el matrimonio de su hija con el Infante Don Pedro, y de haverse devido ya efectuar, y te dejo considerar de quanto gusto me ha sido esta noticia» (Lettera 34: Carlo III a tanucci, Aranjuez 10 giugno 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 103). La Gaceta annunciava qualche giorno dopo: «El dia 21. de este mes tuvo Audiencia privada de S. M. el Excmo. Sr. D. Joseph de Sylva, Embaxador Extraordinario de S. M. Fidelissima, y entregò a S. M. las Cartas en que aquel Soberano le notifica el Casamiento de la Serenissima Señora Princesa del Brasil, celebrado el dia 6. con su tio el Señor Infante Don Pedro» (Gaceta de Madrid, 24 giugno 1760, n. 26, p. 207). 9 Il giardino reale di Portici era molto noto per la sua grande quantità di piante e animali diversi fatti sistemare da Maria Amalia e Carlo dal 1738 in poi. Ancora poco studiato, c’è invece una cospicua documentazione nell’ASNA che dovrebbe essere esaminata e sistemata. Per un primo approccio, cfr. Stefano e Donatella MAzzoLENI, L’Orto Botanico di Portici, Soncino Editrice, Napoli 1990. Pochi giorni dopo questa lettera si trovava già a Barcellona un nave che trasportava diverse piante di Portici portate in Spagna da Pietro Picciuoli, «Giardiniere di S. r. M»; vedi AGP, Reinados, Carlos III, legajo 1372: Pedro Picciuoli, Barcellona 22 giugno 1760. XXXIV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Caserta, 27 maggio 1760*. La celerità del corriero spagnuolo de 6 del cadente mi anticipò al meno di due giorni l’aspettata lettera sovrana di Vostra Maestà avendomela resa la notte del mercoledì 21. La gioia occupò con una soave vigilia le restanti ore della notte. uguale è la salute di questo veramente adorato sovrano. La stitichezza abituale è un poco cresciuta in questa primavera. Li medici provvedono talora come jeri con qualche lavativo. Chi beve acqua pura suol bever poco perché beve solo per sete. In quella età la traspirazione è copiosa. È un gran principio di bene per la Spagna l’essere dagli Augustissimi Sovrani stata conosciuta presto la setta dei collegiali congiurata contro le arti e le scienze, cioè contro la verità e l’umanità. Anno spenta nelle Sicilie quella dei franc-massons. Estirperanno nella Spagna la nera de’ collegiali della quale probabilmente sarà l’insolente vescovo d’Avila1. La superbia è prodotto dell’ignoranza. Ella fece credere agl’arcadi ch’erano essi più antichi e più nobili della luna2. Chi definisce l’uomo e se stesso colla meditazione ajutata dalle scienze o dalle arti deve presto sentirne la debolezza 232 Verso la riforma della Spagna: Carteggio in tutte le sue parti e umiliarsi al Creatore e alle grandi opere sue riflettendo con chiudere che il più grande tra gli uomini non differisce al più piccolo se non quanto un uomo in piedi da uno in ginocchi, come diceva un savjo vescovo della Francia. Vostra Maestà è già nauseata del disprezzo spagnolo di tutto il resto del genere umano. Egli è celebre e ben corrisposto. Il sovrano che Dio ha dato loro unisce alla più grande dignità la mansuetudine e l’umanità più grande. Dovrebbe convincere della verità platonica che poeta antico italiano spiegò col verso Amore a nullo amato amar perdona3. Se Vostra Maestà ha trovate le donne credute spiritose ma solamente atte alle cabbale e senza la nobile semplicità senza pulizia, senza ornamento, senza penetrazione, presto cadrà Vostra Maestà nella solitudine e dovrà la mente sublime nutrire e dilettar se stessa, e veramente potrà bastare come bastava al famoso Lelio, il quale alla conversazione insipida diceva voi non mi lasciate solo e non mi tenete compagnia. oh, quanto sarebbe qui necessaria quella luce pura onde l’indole eccelsa e l’esperienza anno circondato l’animo della Maestà Vostra mentre si tratta per ordine del re della Bagnara! In roma tutti li nostri tre, Portocarrero4, orsini, Centomani5, ci son contrari e dicono che non ha il vescovo di Cefalù6 potuto far’ un’abbate con quei dritti mezzo episcopali. Qui tali sono San Giorgio e Centola ferocemente contendendo e pretendendo che il solo papa poteva. Interrogati ove è questo stato scritto e stabilito fuor di qualche bolla papale7, genere di scritture che per la buona opinione a meritato che tutti li stati cattolici ne proibiscono l’osservanza senza il regio exequatur8? Non rispondono. Non rispondono quando si dice che li vescovi son succeduti in luogo degli apostoli, li quali secondo la sacra scrittura, cioè secondo la fede cattolica, nel giorno della Pentecoste riceverono tutti egualmente lo Spirito Santo repleti sunt omnes Spiritu Sancto9. Non rispondino quando si dice che gli apostoli stessi fecero l’altro apostolo Mattia in luogo di Giuda statuerunt duos Joseph & Mattia & cecidit sors super Matthiam e pure vi era presente San Pietro10. tacciono quando si dice che in Damasco il solo discepolo Anania11 fece apostolo San Paolo12; quando si mostra loro la disciplina della chiesa di XII secoli secondo la quale tre vescovi fanno un vescovo; quando si dice tutto quel che gli savij del regno anno scritto e si osserva per l’arciprete d’Altamura solo perché Federigo II13 fece per Altamura14 quel che ruggiero15 fece per la Bagnara e per Cefalù. XXXIV. tanucci - 27 maggio 1760 233 Bisogna che rosemberg sia costì come qui Neipperg: poco secreto. Vengono lettere delle quali una è anche venuta a me nell’ultima settimana di quel matrimonio toscano sostituito alla perfidia16. una lettera d’Albertini de 2 mi ha ripieno di consolazione colla notizia di quel che il re ha fatto dire ultimamente al re britanico. Non poteva parlarsi meglio. Io rivedo quasi lo Spirito Santo. Si disinganna l’Inghilterra della risposta francese. Si assicura della costante amicizia, si favoriscono li francesi colla dichiarazione di prender l’interesse americano nel caso di volervici stender troppo l’inglesi. Aggiunge Albertini che quella corte è rimasta contenta e che manderà all’Aja la sua risposta alla contradichiarazione col dire lo stesso che disse in novembre esser pronta ad’una pace generale che includa il re di Prussia. Don Giulio aumenta la nostra afflizione. ultimamente ci ha voluto mostrare che la mancanza arriva a mezzo milione. Bisogna lasciar finir l’anno prima di farne al re la molesta dichiarazione. Non credo mala intenzione, ma sospetto pusillanimità e poca riflessione. Mi conviene bordeggiare perché tutto il Consiglio è persuaso e si lamenta del piano di Squillace. Non sò quanto riuscirò. Genova, Venezia e roma anno assortito il risparmio de’ lacci e spille di Vostra Maestà. Si vorrebbe diminuir l’assegnamento delle fabbriche, ma non credo questo il tempo di dichiar[ar]ci falliti. Si vorrebbe far lo stesso all’assegnamento della Casa reale, ma io, a segreto con San Nicandro, ho concluso che questo è la sola speranza di poter’aver preparata ad un’estremità qualche riserva. Il padre torre è inclinato alle ciappe [fermagli metallici usati nelle rilegature dei libri] per l’abito forse del breviario. Manderò sei legati senza ciappe e sei sciolti. Doveva io veramente avvertir Pietro [Batani, corriere] sul piego mal concio degli offizi [della Madonna]. ogni giorno più m’avvedo che la mente e l’anima va a lasciare la stanca carne. Dio sà quanto alla giornata crescerà la debolezza e l’errore e quanta sofferenza sarà necessaria a Vostra Maestà e al re se la clemenza di volersi servir di me vincerà. rimango tristo e confuso e prostrato ai piedi di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 242, pp. 500-5. 1 romualdo VELArDE y CIENFuEGoS (1701-1766) aveva studiato teologia nelle università di oviedo e di Salamanca, dove diventò nel 1738 cattedratico. Fu vescovo di ávila dal 1758 fino alla sua morte nel 1766. Secondo Ceán Bermúdez, il suo palazzo vescovile era un vero «seminario de ilustres jóvenes asturianos, y escuela de virtudes, ciencias y pundonor, 234 Verso la riforma della Spagna: Carteggio donde se formaron dignos togados y exemplares eclesiásticos» (Juan Agustín CEáN BErMúDEz, Memorias para la vida del Excmo. Señor D. Gaspar Melchor de Jovellanos y noticias analíticas de sus obras, En la Imprenta que fue de Fuentenebro, Madrid 1814, p. 5). Secondo le lettera di tanucci al segretario di Stato spagnolo Wall, doveva essere un noto antiregalista che aveva scritto un memoriale contro i diritti del re: «Per la risposta del buon roda al memoriale del vescovo d’Avila vedo che se roma è quieta verso cotesta monarchia, non mancano vescovi che tentino sorprese. E mio dovere il servire il re meno male ch’io possa, perciò supplico Vostra Eccellenza a permettermi il pensare sull’affare qualche altro poco tempo. Finora non hò potuto far altro che leggere li 19 fogli di roda, e la grave lettera di Vostra Eccellenza al vescovo, che ben la merita. Dio voglia che finisca nel vescovo la giustizia del re» (AGS, Estado, libro 242, p. 435: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Caserta 13 maggio 1760). Il 20 maggio scriveva ancora a Wall: «ottima disposizione è stata il ricogliere tutti gli esemplari del memoriale del vescovo che è tanto contrario alla regalia, alla quale unicamente appartiene il conceder’ quell’alternativa che il vescovo a malamente implorato dal papa. Il re [Carlo III] stando in Italia la disapprovò altamente, e fece parlar forte in roma al suo ministro delle Sicilie contro quella concessione per la quale il papa metteva mano in quello che aveva ceduto con tanto premio della sua cessione, e con tanto dispendio del re Cattolico. Non lo doveva ignorare il vescovo ed è per questo più reo» (AGS, Estado, libro 242, p. 472: Bernardo tanucci a ricardo Wall [Madrid], Caserta 20 maggio 1760). In agosto ancora scriveva: «Io non so come Figueiroa possa discolpar li due dispacci della Camera sull’affare del vescovo d’Avila. Il vescovo è sempre reo per aver chiesto al papa quel che doveva chiedere al re, ma la Camera, mentre ha caricato se stessa d’una grave colpa, ha somministrato al vescovo una non leggiera scusa e giustificazione. Sempre più mi persuado che il re dovrebbe serrar per sempre quella porta dell’alternativa, concedendola spontaneamente a tutti li vescovi, e questo, secondo la miglior disciplina, acquista l’affetto dell’ordine episcopale, toglie lo stimolo e la tentazione di rivolgersi a roma e la disperazione, nella quale sono presentemente, di poterla ottenere nè dal re nè dal papa. Stimerei che non per una concessione generale e perpetua dovesse farsi, ma ad ogni vescovo quando gli si dà quella specie di exequatur o passe che usa nella Spagna e con dispacci particolari alli vescovi viventi per durante il respettivo loro vescovado» (AGS, Estado, libro 243, ff. 125v-126r: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 19 agosto 1760). 2 tanucci forse si riferisce ai membri dell’accademia dell’Arcadia fondata a roma nel 1690 da noti letterati per affrontare gli eccessi imperanti in letteratura. Per una storia precisa di questo movimento artistico, vedi Amedeo QuoNDAM, L’istituzione Arcadia. Sociologia e ideologia di un’accademia, in «Quaderni Storici», 1973, n. 23, pp. 389-438; Gli Arcadi dal 1690 al 1800: Onomasticon, a cura di Anna Maria GIorGEttI VICHI, roma 1977; Paola FErrArIS, Il Bosco Parrasio dell’Arcadia (1721-1726), in Giovanni V di Portogallo (1707-1750) e la cultura romana del suo tempo, a cura di Sandra VASCo roCCA e Gabriele BorGHINI, Àrgos Edizioni, roma 1995, pp. 137-48; Sandro BENEDEttI, L’architettura dell’Arcadia nel Settecento Romano, roma 1997 e Vernon Hyde MINor, The Death of the Baroque and the Rhetoric of Good Taste, Cambridge university Press, Cambridge 2005. 3 DANtE ALIGHIErI, Divina Commedia, Inferno, Cantico 5, 105: «Amor, ch’a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m’abbandona». 4 Joaquín FErNáNDEz PortoCArrEro y MoSCoSo (1681-1760), marchese di Almenara, era allora l’ambasciatore spagnolo a roma. Figlio del conte di Palma del río, tutta la sua famiglia si schierò dalla parte dell’arciduca Carlo nella guerra di Successione Spagnola (1700-1713), trasferendosi di conseguenza a Vienna (cfr. Antonio ramón PEñA IzQuIErDoPortoCArrEro, Entre Austrias y Borbones: La Casa de Palma «hic et nunc» (1700), in «Ariadna», 2006, n. 18, pp. 99-118). Ciambellano dell’imperatore e vicerè di Sicilia dal 1722 XXXIV. tanucci - 27 maggio 1760 235 fino al 1728 e di Napoli nel 1728, passò a roma per proseguire la carriera ecclesiastica, essendo ordinato sacerdote nel 1730. Fu eletto patriarca di Antiochia nel 1735 e fatto cardinale nel 1743. riconciliato con Filippo V, nel 1747 sarà nominato cardinale protettore spagnolo dopo la morte del precedente titolare cardinale trojano Acquaviva d’Aragona. Fu anche nominato ambasciatore spagnolo presso la corte pontificia nel 1748, rimanendo in carica fino alla sua morte il 22 giugno 1760. Sul personaggio, cfr. CArDELLA, op. cit. a p. 93, nota 6, pp. 3-4; la sua scheda in ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 255-6 ed ad indicem http://www.fiu.edu/~mirandas/cardinals.htm. 5 Gaetano CENtoMANI era l’uditore di legazione del re di Sicilia a roma. Cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 7, nota 1. tanucci lo stimava molto, come prova la sua corrispondenza. 6 Il vescoco di Cefalù era allora Gioacchino CAStELLI. Cfr. Giovanni CAStELLI, Orazione ne’ funerali di monsignor Giachino Castelli vescovo di Cefalu stampata ad istanza del P. Giovanni Castelli dell’Oratorio, Bentivenga, Palermo 1789. 7 Le bolle pontifice erano, secondo il Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica del Moroni, «le lettere Pontificie spedite in roma dal Sommo Pontefice, colle quali intima una legge, pubblica una costituzione, o accorda una grazia di provvista di beneficio, o dispensa matrimoniale in seguito ad una supplica fatta dal petente, che viene sottoscristta con varie formule dello stesso Pontefice. La parola deriva dal latino bullare, cioè, suggellare le lettere, ovvero dalla forma rotonda del suggello, simile all’antica Bolla dei latini. Esse corrispondono agli editti, alle lettere patenti, ed alle provvisioni de’ principi secolari» (Gaetano MoroNI, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro ai nostri giorni, vol. V, Dalla tipografa Emiliana, Venezia 1840, pp. 276-7). 8 Secondo ancora il Dizionario del Moroni, il Regio Exequatur (Placitum regium) era l’«abusivo riconoscimento, esame di pretesa Regalia della podestà laicale, quasi per autorizzare la pubblicazione, l’esecuzione e l’effetto delle provvidenze religiose ed ecclesiastiche de’ Papi, alle loro Bolle, Brevi, Lettere e Rescritti» (ivi., vol. LVII, 1852, p. 55). 9 Il versetto appartiene agl’Atti degli Apostoli; vedi Actus Apostolorum 2: «[1] Et cum compleretur dies Pentecostes, erant omnes pariter in eodem loco. [2] Et factus est repente de caelo sonus tamquam advenientis spiritus vehementis et replevit totam domum, ubi errant sedentes. [3] Et apparuerunt illis dispertitae linguae tamquam ignis, seditque supra singulos eorum; [4] et repleti sunt omnes Spiritu Sancto et coeperunt loqui aliis linguis, prout Spiritus dabat eloqui illis» («[1] Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. [2] Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. [3] Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; [4] ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi»). 10 tanucci cita non testualmente il brano del Vangelo dove Mattia è nominato apostolo dai suoi compagni in sostituzione di Giuda. La citazione è, più esattamente, in Actus Apostolorum 1: «[21] “oportet ergo ex his viris, qui nobiscum congregati erant in omni tempore, quo intravit et exivit inter nos Dominus Iesus, [22] incipiens a baptismate Ioannis usque in diem, qua assumptus est a nobis, testem resurrectionis eius nobiscum fieri unum ex istis”. [23] Et statuerunt duos, Ioseph, qui vocabatur Barsabbas, qui cognominatus est Iustus, et Matthiam. [24] Et orantes dixerunt: “tu, Domine, qui corda nosti omnium, ostende quem elegeris ex his duobus unum [25] accipere locum ministerii huius et apostolatus, de quo praevaricatus est Iudas, ut abiret in locum suum”. [26] Et dederunt sortes eis, et cecidit sors super Matthiam, et annumeratus est cum undecim apostolis» («[21] “Bisogna dunque che tra coloro che ci furono compagni per tutto il tempo in cui il Signore Gesù ha vissuto in mezzo a noi, 236 Verso la riforma della Spagna: Carteggio [22] incominciando dal battesimo di Giovanni fino al giorno in cui è stato di tra noi assunto in cielo, uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione”. [23] Ne furono proposti due, Giuseppe detto Barsabba, che era soprannominato Giusto, e Mattia. [24] Allora essi pregarono dicendo: “tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato [25] a prendere il posto in questo ministero e apostolato che Giuda ha abbandonato per andarsene al posto da lui scelto”.[26] Gettarono quindi le sorti su di loro e la sorte cadde su Mattia, che fu associato agli undici apostoli»). 11 ANANIA fu un discepolo di Gesù, responsabile della conversione di San Paolo e vescovo di Damasco. Fu martire ed è tradizionalmente incluso nei settantadue discepoli che furono inviati da Gesù a predicare in tutto il mondo (vedi Vangelo secondo Luca, 10, 1-24). 12 Com’è descritto negli Atti degli Apostoli, 9: «[10] ora c’era a Damasco un discepolo di nome Anania e il Signore in una visione gli disse: “Anania!”. rispose: “Eccomi, Signore!”. [11] E il Signore a lui: “Su, và sulla strada chiamata Diritta, e cerca nella casa di Giuda un tale che ha nome Saulo, di tarso; ecco sta pregando, [12] e ha visto in visione un uomo, di nome Anania, venire e imporgli le mani perché ricuperi la vista”. [13] rispose Anania: “Signore, riguardo a quest’uomo ho udito da molti tutto il male che ha fatto ai tuoi fedeli in Gerusalemme. [14] Inoltre ha l’autorizzazione dai sommi sacerdoti di arrestare tutti quelli che invocano il tuo nome”. [15] Ma il Signore disse: “Và, perché egli è per me uno strumento eletto per portare il mio nome dinanzi ai popoli, ai re e ai figli di Israele; [16] e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome”. [17] Allora Anania andò, entrò nella casa, gli impose le mani e disse: “Saulo, fratello mio, mi ha mandato a te il Signore Gesù, che ti è apparso sulla via per la quale venivi, perché tu riacquisti la vista e sia colmo di Spirito Santo”. [18] E improvvisamente gli caddero dagli occhi come delle squame e ricuperò la vista; fu subito battezzato, [19] poi prese cibo e le forze gli ritornarono». 13 FEDErICo II (1194-1250), imperatore e re di Sicilia. 14 Altamura, città della Puglia restaurata e rifondata da Federico II. Secondo il Giannone nella sua Istoria Civile: «la Chiesa d’Altamura, ancorchè fondata dall’Imperatore Federico II e per suo privilegio spedito in Melfi l’anno 1232, confermato da poi da Innocenzo IV per sua bolla data in Lione l’anno 1248, fu resa esente dalla giurisdizione di qualunque ordinario» (Pietro GIANNoNE, Istoria civile del Regno di Napoli, tomo Quinto in cui contiensi la polizia del regno sotto Svevi e Angioini, Italia, 1821, p. 58). 15 ruGGIEro II (1095-1154), re di Sicilia. 16 tanucci accenna ai rumori sul sopraccennato matrimonio fra l’arciduca Leopoldo, figlio di Maria teresa e futuro granduca di toscana – e per questo motivo chiamato ‘matrimonio toscano –, e l’infanta Maria Luisa, figlia di Carlo III e Maria Amalia, che sarà effettuato nel 1764. 34 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Bagnara. Centomani. Portocarrero. Orsini. Centola. San Giorgio. Torrigiani. Matrimonio toscano. Risposta del Re Cattolico al re britannico. Piano lasciato da Gregorio. Assegnamento della Casa Reale non si diminuisca. Officj. Giumente e polledri arrivate. retiro, 17 giugnio 1760. Col’arrivo del corriere che ci ha recate le lettere 27 del passato resta 34. Maria Amalia - 17 giugno 1760 237 dissipato ogni qualunque piccolo dubbio che mai mi avesse potuto restare del intiero ristabilimento di mio figlio. Spero che anche la stitichezza andarà a cedere tanto più che questa si è osservata maggiore dopo la purga, effetto che questa suol cagionare a molti. Non la sbagliate supponendo che la tediosa compagnia di queste donne presto mi farebbe cadere nella solitudine. In effetto è così, ma poco è il tempo che in questa mi posso deliziare mentre è tanto occupata tutta la giornata come ben sapete ch’era in Napoli ancora, che pochissimo è il tempo che mi resta libero. Ma conosco che questo mi è molto utile, altrimenti la malinconia mi roderebbe. Vedo le grandi contrarietà che avete per l’affare della Bagnara. L’unico che mi fa specie è Centomani, che Portocarero è imbevuto delle massime di roma. orsini parlerà secondo ciò che sente dire. Centola pieno di scrupoli si sarà imbrogliato. San Giorgio, ignorante e pieno di se stesso, crederà forse voler far comparire il suo sapere e zelo di religione. In questo papato, e particolarmente finche sarà secretario di Stato torregiani1, che vuol trattare tutte le cose con minacce, non mi pare che vi sarà mai modo di trattare simili affari. Non so da dove sieno uscite le nuove voci del matrimonio toscano che voi mi citate, mentre dopo quello che jo ve ne scrissi non ve n’è stata più parola. Godo che le lettere d’Albertini di 2 v’abbiano consolato per la risposta fatta dare dal re al [re] britannico. Era necessaria per contracavare, diciam così, quella che sempre ho stimata insidia de francesi. Jo non so se trovarete giusto o no il piano che lasciò Gregorio. So solo che in capo all’anno egli trovava modo di pagare tutti. Ma don Giulio mi pare che si confonde e perde d’animo. È vero anche che con questa benedetta guerra2, che non solo ha interrotto ma quasi spento il commercio, tutti li corpi di dogane e simili sono molto decaduti. Fatte bene a non far scemare l’assegnamento della Casa reale. Questo sempre vi puol servire per una risorsa. Le fabbriche poi non si devono alterare a meno d’un estremo bisogno mentre sarebbe cosa tropo rumorosa3. Non mi crediate tanto devota da strudere [consumare] tanti officj [della Madonna]. 24 già ne ho ricevuti. Altri 12 ditte volermene mandare. Ve ne [è] da provvedere una comunità. Questa mattina sono giunte le giumenti. Così loro come i poledrelli in perfettissimo stato che non pare mai che abbiano sostenuto un si lungo e penoso viaggio4. 238 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Altro non mi resta a dirvi. Finisco dunque assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 Luigi Maria torrEGIANI (1697-1777), di origine fiorentina e filogesuita, fu creato cardinale nel 1753 ed eletto segretario di Stato pontificio nel 1758 da Clemente XIII, conservando questa carica fino alla morte di questo papa nel 1769. Secondo Cardella, «fu il torregiani uomo d’ingegno penetrante, e sottile, amante del giusto, e del retto, infatigabile, e paziente nell’esercizio delle sollecite, e gravi cure annesse al suo ministero» (CArDELLA, op. cit. a p. 93, nota 6, p. 55). Su di lui, vedi ad indicem http://www.fiu.edu/~mirandas/cardinals.htm. Sui rapporti con la Spagna e con il regno delle Due Sicile per questi anni, cfr. i lavori di Ana SáNCHEz MoNtAHuD: La correspondencia del Cardenal Torrigiani, op. cit. a p. 158, nota 4; Las relaciones entre Nápoles y la Santa Sede, op. cit. a p. 117, nota 4 e La correspondencia del Cardenal Torregiani con la Nunciatura de España (1760-1762), in Y en el tercero perecerán. Gloria, caída y exilio de los gesuitas españoles en el siglo XVIII: estudios en homenaje a P. Miquel Batllori i Munné, a cura di Enrique GIMéNEz LóPEz, universidad de Alicante, Alicante 2002, pp. 147-62. 2 Sulla guerra dei Sette Anni (1756-1763), la migliore monografia moderna disponibile è la sopraccennata SzABo, The Seven Years War, op. cit. a p. 90, nota 4. 3 Non a caso, Carlo III ringraziava tanucci di non aver fermato la fabbrica di Caserta nella lettera di quel giorno: cfr. Lettera 35: Carlo III a tanucci, Buen retiro 17 giu. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 103-4. 4 La regina si riferisce alle giumente che, insieme ai cavalli, erano state mandate da Napoli sotto la responsabilità del cavallerizzo Pappagalli. Carlo III scrisse a tanucci su questo: «Se me olvidava dezirte que oy deven llegar las yeguas, que me aseguran venir todas buenas con sus crias, y ha sido un milagro el no averse perdido mas, que un potrillo que murio en Barcelona en un viaje tan dilatado» (Lettera 35: Carlo III a tanucci, Buen retiro 17 giu. 1760 ivi, p. 106). Vedi anche AGP, Reinados, Carlos III, legajo 1372. XXXV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 3 giugno 1760*. [Il corriere] Bruni arrivò prima della mezza notte di mercoledì 28 e fu quella notte, come nell’antecedente 7mana passata, in’una gioconda vigilia assai più confortante del sonno, e nella festosa meditazione della lettera sovrana di Vostra Maestà de 13 del passato che annunziava la prospera salute di Vostra Maestà e della famiglia reale e dava a me li segni più certi della continuata clemenza di Vostra Maestà. Abbiamo qui il contento di vederla uguale nel re. Abbiamo passato la 7mana in allegria del popolo, che per la farina di Spagna cominciata a vendersi nel giorno di San Ferdinando1, ha dato nei soliti eccessi di gioja verso gli augustissimi padre e figlio, in veder intenerito XXXV. tanucci - 3 giugno 1760 239 l’ambasciatore di Francia pel grazioso congedo e quello di Venezia2 per la spiritosa risposta datagli dal re nella sua prima udienza3. Gran moto è ora in ogni sesso per trovar casa onde vedere il re nella processione del Corpus4. San Nicandro ha avuto bisogno della sua fermezza in resistere ai desideri veementi di monache che volevano il passaggio per li loro monasteri. Vienna è il paese de sospetti e delle adulazioni e dei raggiri, perciò vengono talora alcune novità stravaganti. Majo scrive che Daun, non potendo più reggere alle continue disapprovazioni della corte, vuol rinunziare il comando, e l’Imperatrice gli ha mandata la moglie per confortarlo. Io non lascio di credere che Vienna farà ai Borboni tutti tutto il male che potrà e non sarà trattenuta né dal matrimonio parmigiano [fra l’arciduca Giuseppe e Isabella di Parma] né da quelli che pur’ anche in questa settimana vengono scritti da Spagna e approvati. Vorrei potermi disfar de pensieri malinconici e abbandonare alla giustizia e provvidenza divina, ma quei pensieri tornano a trovarmi come le tentazioni e le mosche di Portici e mi rammentano la storia de giusti infelici e alcune sentenze de libri sacri, che per le cose terrene tolgono anche a i giusti le speranze di dover’esser felici per quei profondi giudizi che non è lecito scrutare. Il turco, gli olandesi, Prussia, Savoja, ne tempi a noi vicini, son cresciuti d’iniquità e d’oppressione mentre vediamo li Stuardi raminghi. Felice chi può fuggir se stesso e allontanarsi dall’uomo. Non pare che la continuazione della guerra farà all’autunno più facile la pace. Si ammazzeranno forse anche questa volta molti russi in vano; gli austriaci si conserveranno, e i francesi, e forse i prussiani. Di buono avremo il tempo che al re ne verrà di preparare la terra e il mare contro la futura malignità. Caraccioli ha finalmente inteso e dice che non è sperabile convertir’ Piacenza in danaro. Non restano alle mie prediche altri che Gray5, Albertini, e vado lasciando poco a poco Caraccioli, al quale sabato risposi una lettera dello stile oscuro e tetro de profeti. Wall dirà a Vostra Maestà tutta la Venezia del primo abbordo6. Nella settimana dovrebbe tralucere qualche raggio: il veneziano [Mocenigo] è uomo. Saranno più regolari gli dialoghi di quei di Neipperg, ma l’affare non sarà meno difficile per la mescolanza repubblicana di cervelli altri abituati all’inerzia, altri all’austriachismo, molti incapaci, alcuni discrepanti per tem- 240 Verso la riforma della Spagna: Carteggio peramento, alcuni per spirito di partito: saranno in quei consigli più d’un roccella, d’un Avellino, di un Martina, di un zurolo, di un Cerreto7. Vedo che nel nostro Consiglio senza le istruzioni e il timore delle mazzate dell’Ercole ispanico tutto finirebbe in contesa. Desidero che Sabatini eseguisca bene le disposizioni di Vostra Maestà. Non capisco come il fertile terreno spagnolo non faccia fragole buone. Forse li nostri vulcani giovano co’ sali che spargono ai frutti. Saria desiderabile il poter’ avvicinare al mar di Granata8 o di Valenza9 il soggiorno reale10. Qualche vanità mi viene dal paragone vantaggioso che fa Vostra Maestà di questi spiriti colli spagnuoli. Ma questa clemenza da risalto al dolore di conoscere sempre più quello che abbiamo perduto. Non sarà stato lutto più lungo del nostro, che ha la sola brevissima e immaginaria interruzione di poter, per un eccesso di misericordia della Maestà Vostra, una volta la settimana prostrarmi come fò con tutto quanto lo spirito ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 242, pp. 547-51. 1 Il giorno di San Ferdinando III di Castiglia è il 30 maggio. 2 Alvise IV MoCENIGo DI S. StAE (1701-1778) era l’ambasciatore straordinario della repubblica di Venezia a Napoli. Membro di una delle grandi casate della Serenissima, cominciò la sua carriera pubblica come ambasciatore in Francia nel 1729. rimane a Parigi fino al 1733, passando dopo a roma, dove si trattenne fino al 1737. Nel 1738 è nominato ambasciatore straordinario a Napoli per congratularsi con il nuovo sovrano Carlo di Borbone. ritornato a Venezia poco dopo, rimase a roma dal 1747 al 1750. A Venezia fu investito in tutti quegli anni anche di varie magistrature di grande importanza nell’amministrazione della Serenissima. Nel 1760 si recò un’altra volta a Napoli per congratularsi con il nuovo sovrano Ferdinando delle Due Sicilie (vedi Alvise IV MoCENIGo, op. cit. a p. 46, nota 4). ritornato in patria, fu eletto doge al primo scrutinio nel 1763. Cfr. il suo cenno biografico in Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Relazioni, op. cit. a p. 46, nota 4. 3 tanucci scriveva al principe di Aci a questo riguardo: «È arrivato Mocenigo, ambasciator di Venezia, a complimentare il re sulla sua assunzione al trono. Egli è portato per la Spagna. Mercanzia è questa ben rara in Italia, e rara è stata finora in quella stessa repubblica» (AGS, Estado, libro 242, pp. 514-5: Bernardo tanucci al principe di Aci [Madrid], Caserta 27 maggio 1760). Clemente de Aróstegui scriverà in Spagna a sua volta: «Aier lunes tubo su primer audiencia el noble Mocenigo, embajador de Venezia. Hizo una mui propria oracion, a que respondio Su Majestad con su acostrumbrada gracia. Domingo por la noche se embarcò el embajador de Francia en la fragata Santa Amalia, que lo conducirá a tolon; y queda encargado en su lugar de los negocios de su corte Monseñor Basquia[t], quien los tubo antes de venir el expresado embajador» (AGS, Estado, legajo 5870, folio 34: Alfonso Clemente de Aróstegui a ricardo Wall, Napoli 3 giugno 1760). 4 Su questo rituale e la sua importanza per la monarchia delle Due Sicilie, vedi Pablo VázQuEz GEStAL, La fondazione del sistema cerimoniale della monarchia delle Due Sicilie (1734-1738). Storia ed epistemologia, in Cerimoniali della Corte di Napoli, 1734-1801, a cura di Attilio ANtoNELLI, Arte’m, Napoli 2017 (in stampa). 35. Maria Amalia - 24 giugno 1760 241 5 Cfr. NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 27 maggio e 17 giugno 1760. Vedi AGS, Estado, libro 242, pp. 539-42: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 3 giu. 1760. 7 tanucci accenna ai cognomi delle famiglie napoletane schierate dal lato austriaco ed esiliate a Vienna. A questo riguardo, cfr. tiberio CArAFA, Memorie, Società Napoletana di Storia Patria, Napoli 2005 (1734) e Giuseppe CArIGNANI, Il partito austriaco nel Regno di Napoli al 1744, in «Archivio Storico per le Provincie Napoletane», a. VI, 1881, n. I, pp. 37-73. 8 La città e provincia di Granada, al sud della Spagna, fanno parte dell’Andalusia. Nota già a quel tempo per il suo patrimonio storico-artistico, il suo clima mite e la sua costiera sul Mediterraneo. 9 Il reino de Valencia si affacciava sul Mediterraneo, situato fra il principato di Catalogna e la regione di Murcia. Era ancora molto noto per i suoi frutti – specialmente gli agrumi – e la sua produzione di ortaggi, sopratutto da frutto e da fiore. 10 Secondo tanucci: «La trasmigrazione a Valenza che Vostra Eccellenza dice come segreto, è qui pubblico, e moltissime lettere ne son venute. Non so quanto rimedio sarebbe. Se io fossi costì, direi di ciò forse tali cose, che le farebbon vedere inutile e forse dannosa» (AGS, Estado, libro 243, ff. 219v-220r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Portici 23 set. 1760). Infatti, a questo riguardo scriveva l’architetto Vanvitelli: «Corre voce che in Spagna si pensi di andare a formare una reggia a Valenza, perché l’aria di Madrid non riesce bona, dicono, neppure al re. Se ciò fosse vero, non sarebbe lontano il mio viaggio per colà, ma faccia il Signore Dio in tutto quello che sarà per il meglio per l’anima e corpo e vantaggio simile per la Famiglia» (Lettera 786: Vanvitelli al fratello urbano, Napoli 6 settembre 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 587-8). 6 35 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Desiderio delle monache di vedere il Re. Matrimonj. Torino non vuol danaro. Mocenigo. Neipperg. Nunzio Acciaioli espulso di Portogallo. Regina madre. retiro, 24 giugnio 1760. Giovedì mattina giunse il corriere che ci portò le lettere di 3 di questo mese con le buone nuove della buona salute di mio figlio, che a me cagionarono somma consolazione. Non meno quella del amore che quei buoni popoli dimostrano per il loro piccolo padrone, che con quelli loro, benché rozzi ma espressivi detti, così bene sanno dimostrare. Se il San Nicandro avesse condisceso al desiderio delle monache avrebbe bisognato fare non solo il consueto giro della processione, ma bensì di quasi tutta la città, perché nessun monastero avrebbe voluto essere meno del altro, e a voi è ben noto che grandi affari sono questi per quei capi fasciati. 242 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Ci vuol altro che il matrimonio parmegiano per estinguere l’odio e l’invidia della corte di Vienna con la casa Borbone; è questo troppo inveterato, e di certo, fatta che sarà la pace, sarà finita ogni amicizia. Per quello riguarda i nostri matrimoni1, co’ quali mi pare che vi hanno inquietato il capo, già vi scrissi la settimana passata che non ve n’è niente affatto. Non dubito che la corte di Vienna farà tutto quel male che potrà a Borboni, ma questi, al meno dal canto nostro, faranno tutto per preiaversi [prevenire] il male e la poca unione cagionata dalla poca buona fede ed il non conoscere o non voler conoscere i propri interessi con quella bella frittata che ha fatta il nostro amico Choiseul. [H]a molta ragione la corte di turino di dire di non voler denaro in cambio di Piacenza. Ancora non sono venute le risposte da Francia su di quello che il re fece scrivere per questo. Ho visto quanto avete scritto a Wall del veneziano. Con le repubbliche sapete bene che ogni trattato va molto in lungo, ma godo al meno che abbiate a fare con un huomo e non con una testa come Neyberhg [Neipperg]. Fate troppo buon concetto di questo paese con chiamarlo fertile terreno. Questo lo sono le Andalusie2 e Valenza, ma questo [Castiglia] e tutti i suoi contorni è il più ingrato terreno che veder si possa: altro che arena non vi si vede, e non produce niente, per modo di dire. tutte le frutta vengono da molte leghe lontano, a meno che non si possano avere da qualche giardino particolare, e non hanno sapore. Hora compatisco assai assai all’abate Galiani3 quando scriveva quelle lettere malinconiche da Parigi per la mancanza di frutti, frutti di mare, &c. perché adesso lo provo. E conosco veramente che una persona giunta a qualch’età, dopo lunga dimora in Napoli, difficilmente si puol accostumare a questi paesi, o almeno vi si patisce moltissimo. Grazie a Dio stiamo bene, ma morti di freddo. Questi giorni, ed in particolare ieri, fece un freddo sensibilissimo. oggi non è stato tanto. Questo è un gran dispiacere per i spagnoli perché dovendosi fare la festa de tori, questi non saranno bastantemente feroci4. Ma la pioggia quasi continua, avendo ritardati ed anche guastati in parte li lavori della piazza, ha bisognato ritardare di una settimana l’entrata pubblica e per conseguenza le feste, e così sperano che fra tanto venghi il caldo5. Già forse vi sarà nota la strepitosa nuova di essere stato mandato via da Lisbona quel nunzio6 per ragion di non aver messo i lumi per il matrimonio della principessa del Brasile7. Vedremo torregiani che dirà. 35. Maria Amalia - 24 giugno 1760 243 Credevo che questo matrimonio avesse quietata la nostra vecchia [Elisabetta Farnese] ma già ieri li senti[i] fare un discorso [di ciò] che poteva succedere: che questa principessa non avesse figli e [che] il dritto dell’eredità passasse alle sorelle. Ed jo feci il giudizio temerario che nella sua testa già si fosse formato questo nuovo progetto8. Altro non mi resta a dirvi per oggi che assicurarvi della constante mia benevolenza. Amalia. 1 Cioè, quelli dei figli Carlo, principe d’Asturias, e Ferdinando, re delle Due Sicilie, con le arciduchesse austriache. 2 L’Andalusia era una delle regioni più grandi della Spagna. Situata al sud della penisola e vicina al Portogallo, era nota per i suoi fertili terreni e la sua produzione agricola. Sulla sua immagine all’estero proprio nella seconda metà del Settecento, cfr. Blanca krAuEL HErEDIA, Viajeros británicos en Andalucía, de Christopher Hervey a Richard Ford (1760-1845), universidad de Málaga, Málaga 1986. 3 Ferdinando GALIANI (1728-1787), uno degli illuministi più noti dell’Italia del Settecento, era in quella data il segretario dell’ambasciata napoletana a Parigi. Nipote di Celestino Galiani (1681-1753), che era stato cappellano maggiore del regno, ebbe l’opportunità di essere educato sotto l’influsso del nuovo pensiero moderno difeso da suo zio e dal gruppo degli intellettuali al quale apparteneva; cfr. i saggi di raffaele AJELLo, Gli «afrancesados» a Napoli nella prima metà del Settecento. Idee e progetti di sviluppo, e Vincenzo FErroNE, Alle origini della cultura illuministica napoletana: Celestino Galiani e la diffusione del newtonianesimo, nei vol. misc. I Borbone di Napoli, vol. I, op. cit. a p. 4, nota 7, pp. 11592 e 325-64 rispettivamente, ed anche i lavori di raffaele AJELLo: Dall’Accademismo al naturalismo. Cultura e politica nella Napoli di Pergolesi e La nuova scienza contro la «La Scienza Nuova». La critica del sapere nella Napoli preilluministica, in «Frontiera d’Europa», a. IV, 1998, n. 2, pp. 5-46 e 47-149. Galiani coltivò un particolare interesse per l’economia, e specialmente per il valore delle monete e per la sua ripercussione sulla vita finanziaria, tema su cui elaborò uno dei trattati più importanti di metà secolo su quell’argomento: Della Moneta (cfr. raffaele IoVINE, Il trattato «della Moneta» di Ferdinando Galiani: la dialettica politica a favore e contro la pubblicazione, in «Frontiera d’Europa», a. V, 1999, n. 1, pp. 173-236). Nel 1756 fu eletto membro dell’Accademia Ercolanese, cominciando così un rapporto più stretto con il primo segretario di Stato Bernardo tanucci. Nel gennaio 1759 fu inviato a Parigi come segretario di quell’ambasciata, diretta dal conte di Cantillana, dove rimase fino al 1770, quando ritornò in patria: cfr. Silvio DE MAJo, Galiani, Ferdinando, in DBI e specialmente, nella serie Illuministi Italiani, il tomo VI: Opere di Ferdinando Galiani, a cura di Furio DIAz e di Luciano GuErCI, riccardo ricciardi Editore, Milano/Napoli 1975, così come il carteggio tanucciano, ricco di dettagli. 4 Cioè, la nota corrida dei tori. Su questo tipo di avvenimenti, uno straniero era in grado di dire quanto segue: «this spectacle is certainly one of the finest in the world, wether it is considered merely as a coup d’oeil, or as an exertion of the bravery and infinite agility of the performers. the Spaniards are so devoted to it, that even the women would pawn their last rag to see it; and we were assured, that some of the balconies did not cost less than a hundred pistoles for that afternoon. Nothing can be imagined more crowded than the houses, even to the tops of their tiles; and dearly enough they paid for the pleasure, pent togheter in the 244 Verso la riforma della Spagna: Carteggio hottest sun, and with the most suffocating heat that can be endured. Nor do I greatly wonder at them, when I consider how much my own country, that is certainly as humane as any nation, is bigotted to its customs of bull-baiting, cock-fighting, &c.» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, p. 111). La lunga serie delle feste dei tori, dirette a celebrare l’ingresso di Carlo III e Maria Amalia in Madrid nel luglio del 1760, sarà descritta più avanti. 5 Il pubblico ed ufficiale ingresso dei nuovi sovrani a Madrid fu ritardato di una settimana, come indica la regina, e divenne un episodio memorabile nella storia civile spagnola. 6 Filippo ACCIAIuoLI (1700-1766), fiorentino, era allora nunzio a Lisbona. Educato a La Sapienza, fu vicelegato a ravenna nel 1724 e governatore di Città di Castello nel 1728. Fu ordinato sacerdote nel 1743 ed eletto in quell’anno arcivescovo titolare di Petra. Nel 1744 fu nominato nunzio in Svizzera e nel 1754 in Portogallo, essendo eletto cardinale nel settembre del 1759. Cfr. ad indicem http://www.fiu.edu/~mirandas/essay.htm. 7 In realtà, «o facto de a 6 de Junho, aquando do casamento da princesa do Brasil, o núncio não haver iluminado o seu palácio, foi apenas um pretexto para o corte de relações que estava no pensamento de D. José declarar. E também se compreende a atitude de Acciaioli na medida em que não o convidaram para o banquete em honra do corpo diplomático em Lisboa» (Joaquim VEríSSIMo SErrão, História de Portugal, vol. VI: O despotismo iluminado (1750-1807), Verbo, Lisboa 1982, pp. 65-6). Su questo fatto, più specificamente, cfr. Luigi torrEGIANI [attr.], Dimostrazione dell’ossequio, e rispettosa venerazione, avuta dai ministri di Sua Santità verso la sagra persona, ed i ministri di Sua Maestà fedelissima; sincerissimo ragguaglio di quanto ha preceduto, e accompagnato l’espulsione del signor cardinale Acciajuoli dal Portogallo e la partenza del signor commendatore d’Almada da Roma, Dalla Stamperia di Antonio zatta, Venezia 1760 e la monografia Samuel J. MILLEr, Portugal and Rome c. 17481830. An Aspect of the Catholic Enlightenment, università Gregoriana, roma 1978, pp. 28-106. 8 Cioè, far sposare suo figlio Luis Antonio con la secondogenita del re del Portogallo. XXXVI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 10 giugno 1760*. Giovedì a mezza notte ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà de 20 del caduto. La notizia della salute prospera di Vostra Maestà e della famiglia reale fu un lietissimo complimento di quel giorno solenne nel quale il re, che fece alacremente la solita processione, rallegrò il popolo infinitamente. Domenica notte uno sconcerto di stomaco produsse alla Maestà Sua più vomiti e una leggiera febbre. Verso il mezzogiorno di jeri il vomito e la bevuta acqua calda aiutò a gettare una flemma. Questo fu il principio di migliorare. Cessarono li vomiti; la febbre è andata sempre diminuendo. Alle ore 9 ½ di questa notte la Maestà Sua ha mangiato in letto una zuppa e mi ha dato le lettere. Pinto a quest’ora ha toccato il polso, ha trovato si poca inquietudine che certamente ha potuto dirmi dover esser quietissimo XXXVI. tanucci - 10 giugno 1760 245 dopo il sonno di questa notte, il quale si spera uguale a quello buonissimo della notte passata. Pinto spiega assai meglio di me. Chiedo perdono a Vostra Maestà per tanta Piacenza. Eseguirò con Gray il savissimo pensiero del re e l’ordine che la Maestà Sua me ne ha dato. Non ho ardito di umiliare al re una congettura ed ora temo di mancare non umiliandola a Vostra Maestà, tanta è la vertigine del ridicolo mio temperamento. Non resta luogo a dubitare che all’Aja, tra yorck1 e Affri2, si sia trattato di pace particolare. Affri è andato a Versailles forse senza parlare a Grimaldi. La Francia ha troppo spiegata la pace particolare nella contradichiarazione. Pitt dice troppo chiaro che la pace non si può fare e sarà necessaria la campagna del 1761. Nello stesso tempo non si parla di spedizioni marittime. Broglio dorme. Penso che, se li russi con Laudon3 battono il principe Errico, sarà subito fatta la pace particolare perché Brunsvich4 si unisca al re di Prussia, che a inglesi e francesi voglion vivo e potente. Darà la Francia al re Giorgio la poca Gueldria5 e Minorca6 per quel che se le restituisca in America, e forse dovrà soffrire Dunkerquen7 il solito. Se li russi non riescono, saranno in capo a Pitt condizioni più dure per li francesi, li quali si regoleranno con quel che possano sperare da Spagna. In questo secondo caso, spero qualche profitto dal discorso che domani farò a Gray, perché si manterrà in Londra il timor della Spagna, il quale, fatta la pace particolare, degenera in gratitudine, passione meno efficace. Fa orrore il prospetto che Vostra Maestà si degna di far della coscienza dei segretarj d’Azienda, li quali, per non rattristare, non facevano presenti le consulte dei danni che tanta povera gente stava soffrendo, alla quale non si pagava né capitale né interesse né case né terre incorporate alla corte, benché e vedove e pupilli e opere pie fossero involte nel voluto oblio. Dio ha fatto loro finalmente la grazia e la giustizia trasferendo la monarchia ad un sovrano che è l’uomo più simile al suo creatore. Mocenigo stà alla cappa e vedendo. Neipperg non parla. rosemberg, tanto umiliato, forse scrivendo dà speranza e Vienna al solito parla. Brhüll8, al quale ho scritto ogni settimana, talora ha scritto, talora no. ultimamente mi scrive che basterà di tempo in tempo darci le notizie della salute dei due sovrani. Nel Consiglio è la solita quiete. L’intendente della Marina9, per un affare che in poche parole umilio al re, ha fatto alcune rappresentanze trasportate. Il Consiglio mi ha detto di mandarle perché sieno umiliate tali quali al re, ma io temo che sia troppo inquietare la Maestà Sua. 246 Verso la riforma della Spagna: Carteggio obbedirò all’ordine che Vostra Maestà si degni di darmene. Il solo riposo della mia mente nel mondo [h]a nello star sempre prostrato, come stò, ai piedi della Maestà Vostra &c. * AGS, Estado, libro 242, pp. 601-4. 1 Joseph yorkE (1724-1792), barone Dover, fu un militare e diplomatico inglese figlio del noto avvocato Philip yorke, primo conte di Hardwicke. Essendo il terzogenito, fu destinato dalla famiglia alla carriera militare. Si distinse nella guerra di Successione Austriaca (1740-1748), dove yorke servì come earl of Stair’s Forces nei Paesi Bassi, diventando nel 1745 aide-de-camp. Il suo successo personale nelle diverse campagne militari lo fecero diventare nel 1749 aide-de-camp to the King. Nel 1748 fu inviato a Parigi come membro della commissione di pace, rimanendovi come segretario (1749-51) del nuovo ambasciatore inglese conte di Albemarle nel 1749. Nel 1751 fu nominato inviato inglese in olanda, dove rimase fino al 1780, prima come ministro plenipotenziario (1751-61) e dopo come ambasciatore (1761-1780). Vedi la sua biografia in Hamish M. SCott, Yorke, Joseph, Baron Dover (17241792), in Oxford Dictionary of National Biography, oxford university Press, Sept 2004 [online edition, May 2009, http://www.oxforddnb.com.ezproxy.eui.eu/view/article/30243, accessed 17 Aug 2010]. 2 Louis-Agustin-August AFFry (1713-1793), conte d’Affry e signore di Saint-Barthélémy e di Brétigny, fu un militare e diplomatico al servizio del re di Francia. Come indica tanucci, era l’ambasciatore francese all’Aia, dove era arrivato nel 1755 e rimase fino al 1762 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 117). 3 Ernst Gideon von LAuDoN (1717-1790), barone, fu un militare al servizio dell’impero austriaco che ebbe un ruolo fondamentale nella guerra dei Sette Anni (1756-1763). Fu fatto Generalfeldwachtmeister (generale maggiore della Cavalleria) nel 1757 ed anche capo delle operazioni militari dell’esercito austriaco in Boemia, Moravia e Slesia (vedi Francesco BECAttINI, Storia, accampamenti, e militari operazioni del Feld-Maresciallo Ernesto Gedeone Barone di Laudon comandante supremo degli eserciti delle loro maestà imperiali e reali. Dell’abate Francesco Becattini, terza edizione, corretta ed aumentata dall’autore, appresso Wage, Fleis, e comp., triste 17933). Su questo personaggio, vedi in lingua italiana: Storia compendiosa della vita, e delle azioni militari del maresciallo di campo austriaco barone Ernesto Gedeone De Laudon, presso il Bertarelli, Milano 1760; Francesco BECAttINI, Elogio di Ernesto Gedeone barone di Laudonfeld-maresciallo, e supremo comandante dell’armate austriache, presso Simone occhi, Venezia 1790 e Ferdinando BELVISI, Elogio storico del feldt-maresciallo de Laudon di Ferdinando Belvisi, per le stampe di Lelio Dalla Volpe, Bologna 1790. 4 Ferdinand von BrAuNSCHWEIG-WoLFENBüttEL (1721-1792), principe di BrunswickWolfenbüttel, fu un militare prussiano. Figlio del duca di Brunswick-Wolfenbüttel Ferdinand Albert II (1680-1735), fu ammesso nell’esercito nel 1740 come colonnello, e partecipò alla guerra di Successione Austriaca (1740-1748) sotto Federico II, con cui fece grande amicizia. Nella guerra dei Sette Anni (1756-1763) ebbe gran rilievo, essendo comandante delle forze degli Hannover nella Europa centrale, e vinse le battaglie di krefeld (1758) e Minden (1759). Dopo il 1766 si ritirò dalla vita militare e visse nel suo stato di Brunswick. Vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, ad indicem. 5 La Gheldria è una contea appartenente ai Paesi Bassi. Nel 1713, con il trattato d’utrecht, fu divisa fra diversi stati europei. Secondo il Dictionnaire geographique portatif del 1749, «Gueldres (la) Gueldria, cont. des Pays-Bas, avec titre de D. Elle comprend la Prov. & le h. quartier de Gueldres. La Prov. de Gueldres est la prem. des 7 Prov. unies. Elle contient XXXVI. tanucci - 10 giugno 1760 247 les 3 C. de Nimegue, de zutphen & d’Arnheim. Le haut quartier de Gueldres comprend le quartier de ruremonde qui est possedé par trois Souv. Le r. de Prusse y possede la ville de Gueldres par le traité d’utrecht, la Maison d’Autriche ruremonde & ses dépendances, les Etats Généraux Wenlo & Stevenswert» (Dictionnaire geographique portatif, ou Description de tous les royaumes, provinces, villes, patriarchats, évéchés, duchés, comtés, marquisats, villes imperiales et anseatiques ... et autres lieux considerables des quatre parties du monde ... Ouvrage très-utile pour l’intelligence de l’histoire moderne et des affaires presentes, Didot, Parigi 1749, p. 281). 6 Minorca è la seconda isola per estensione dell’arcipelago delle Baleari, nel Mediterraneo. Nel 1708 era stata conquistata dagli inglesi, che la tennero fino al 1756 quando, dopo l’inizio della guerra dei Sette Anni, il duca di richelieu riuscì ad attribuirla alla corona francese. Con la pace di Parigi del 1763, ritornò al re britannico. La Spagna la riprese soltanto nel 1802, grazie al trattato d’Amiens. Vedi María Antonia BErNALDo DE QuIróS, Menorca codiciada por las grandes potencias en el siglo XVIII, in 1802. España entre dos siglos y la devolución de Menorca, a cura di Juan José LuNA, Sociedad Estatal de Conmemoraciones Culturales, Madrid 2002, pp. 139-50 e Josep Juan VIDAL, La pérdida de Menorca como consecuencia de la guerra de Sucesión a la Corona de España, in La pérdida de Europa, op. cit. a p. 40, nota 10, pp. 717-56. 7 Dunkerque è la nota città portuale situata fra la Francia e il Belgio continuamente disputata fra spagnoli, inglesi, francesi e olandesi dal Cinquecento in poi. Fu finalmente venduta dal re Carlo II d’Inghilterra a Luigi XIV nel 1662. In seguito al trattato di Parigi del 1763, i francesi dovettero distruggere tutti gli ampliamenti eseguiti in questa piazza forte dal 1713 in poi. Vedi Jonathan r. DuLL, The French Navy and the Seven Years’ War, university of Nebraska Press, Lincoln 2005. 8 Heinrich von BrüHL (1700-1763), conte di Brühl, era il primo ministro di Augusto III di Polonia. Cfr. Heinrich theodor FLAtHE, Brühl, Heinrich Graf von in Allgemeine Deutsche Biographie (ADB), vol. 3, Duncker & Humblot, Leipzig 1876, pp. 411-7. Sulla sua polemica gestione, vedi Walter FELLMANN, Heinrich Graf Brühl: ein Lebens- und Zeitbild, koehler & Amelang, Leipzig 1989; Dagmar VoGEL, Heinrich Graf von Brühl. Eine Biografie, vol. 1: 1700-1738, kovač, Amburgo 2003 e rené HANkE, Brühl und das Renversement des alliances. Die antipreußische Außenpolitik des Dresdener Hofes 1744-1756, Lit, Berlino 2006. 9 Juan Asensio de GoyzuEtA (?-1782) fu un funzionario spagnolo al servizio del re delle Due Sicilie. Passò in Italia al tempo di Carlo di Borbone e lavoró con Montealegre nella prima Segreteria di Stato come commissario di Guerra, essendo nominato più tardi intendente di Marina. Nel settembre 1759 fu lui a organizzare l’imbarco e il viaggio di Carlo di Borbone e della sua famiglia in Spagna (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 44). Dopo la morte di Giulio Cesare d’Andrea il 5 giugno 1761, Goyzueta fu eletto segretario di Stato d’Azienda (ASNA, Ministero degli Affari Esteri, fascio 3430). Sulla sua attività dopo il 1760, vedi il volume Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, ad indicem, ed anche SALVAtI, op. cit. a p. 68, nota 2 e MAIorINI, La Reggenza, op. cit. a p. 5, nota 12, pp. 135-6. Sul rapporto amministrativo fra Goyzueta e tanucci, cfr. il memoriale di Goyzueta in ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 857. Morto nel 1782, fu seppellito a Napoli, nella Nunziatella: «En la Anunciata, a Pizzofalcone, que primero fué de los Padres Jesuitas, despues seminario de niños, y últimamente escuela militar, se halla sepultado el Marques Juan Asensio de Goyzueta, cántabro, que sirvió baxo los auspicios de nuestro augusto rey Cárlos III en la conquista de Nápoles, como lo manifiesta su epitafio» (Nicolás de la Cruz y BAHAMoNDE, Viage de España, Francia, é Italia, por don Nicolás de la Cruz, y Bahamonde, Consiliario de la Real Academia de las Bellas Artes de Cadiz. tomo Quinto, que trata de Nápoles y de sus alrededores, En la imprenta de Sancha, Madrid 1807, p. 67). 248 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 36 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Corriere di Francia colle risposte. Altro colli vantaggj a Quebec. Altro di Londra colla conferma. Mahoni giunto a Vienna. Intendente Goizueta quale. Offizi. Incomodo del Re. retiro, 1º luglio 1760. Non prima di venerdì sera è giunto qui il corriere di Napoli il quale, non come le altre volte, mi ha consolata mentre scorgo da quello che mio figlio è stato nuovamente incomodato. Lascerebbemi questo suo incomodo molta più inquietudine se non mi diceste che nelle ultime ore la febbre era diminuita a segno che si sperava da Pinto dover il giorno seguente esserne affatto libero. Che Dio voglia che sia stato così. Intanto figuratevi quanto mi paia lungo il tempo fin all’arrivo dell’altro corriere, che spero sarà un poco più sollecito di questo. Questo monsieur d’ossun ha ricevuto un corriere con le risposte a ciò che da qui si scrisse per il compenso di Piacenza in denaro. Ancora non sappiamo il positivo del contenuto de suoi dispacci né come se ne sbrigheranno perché egli ha detto che tutt’era in cifra e che gli bisognava del tempo. [H]a chiesta udienza al re, la quale gli è stata accordata per giovedì mattina. Sono curiosissima di sapere Choiseul come volterà la cosa e mi figuro che voi aspetterete con grande ansietà il prossimo corriere per saperne qualche cosa. Questa è stata la settimana de corrieri. Ieri ne giunse uno da Parigi con la nuova di una battaglia successa in America sotto Quebec col vantaggio de francesi e che credevasi ripresa quella piazza da’ medem [medesimi]1. Questa mattina n’è giunto altro da Londra con la conferma di queste nuove2. Potiamo sperare che i francesi ripiglino un poco di spirito e l’inglesi si rendano più trattabili. Abbiamo ancora che da Versailles sia stata mandata carta bianca a Broglio per le operazioni di questa campagna e che questo si disponeva per andare ad attaccare a Brunsvich: così vedete che da questa parte pare che si sveglino3. So che tutte queste nuove saranno vecchie per voi e mi ricordo che delle volte c’impazientavamo quando yaci ci voleva scrivere nuove da qui, ma servono almeno per materia di discorso. Quella nuova che certamente vi avrà fatto gran piacere è l’entrata di Laudon in Silesia4. Ecco grazie a Dio che di nuovo siamo nella 36. Maria Amalia - 1° luglio 1760 249 terra di promissione; anche che si perda la campagna, come è successo nelle antecedenti campagne, poco importa. Abbiamo ancora che essendo giunto Mahoni5 a Vienna ed avendo avuto le sue prime udienze, gl’hanno fatto finezze indicibile ed espressioni le più efficaci non solo di amicizia ma di tenerezza ancora verso noi e tutta la nostra casa; che più volete?6 Non è necessario che mandate li fogli delle dispute dell’intendente di Marina. Egli è molto vivo e delle volte scappa, è vero, ma sappiate che non è nel libro di don Michele [reggio]: il contadore all’incontro è tutta cosa sua. L’intendente è molto zelante per il servizio del re ed integro. Quand’entrò in quest’impiego trovò molti abusi e frodi che non volle lasciar correre7. La darsena era un magazzeno di contrabbandi ed egli ha rimediato molto tutto8. Questo ha fatto che nella Marina non lo possono vedere e come alcuni di questi erano di quelli che dominavano un poco il buon don Michele, quest’ancora se gli voltò contro. Ma è vero ancora, come già ho detto, che l’intendente scappa e ciò che potrebbe dire con parole moderate suole dirlo delle volte con molta mordaci[tà]. Questa mia lettera è una vera olla potrida9. Per farla più compita manca da dirvi che ho ricevuti gl’altri 12 offizi [della Madonna] in buonissimo stato. Grazie a Dio stiamo bene. Il re ebbe nella settimana passata un poco di sconcerto di viscere per il quale prese la magnesia e stiede due giorni in casa, ma non è stato niente. Effetto, a mio credere, de frutti che in questo paese non valgono niente ed egli ne vuol mangiare come in Napoli, ove sono perfetti, ma questo non si puol dire. Da tre giorni bruciamo di caldo. Jo per mia mala sorte stò in certe camere che hanno le muraglie, cioè muraglie con armatura di legno come da noi si fanno le baracche per i terremo[ta]ti. Queste sono sottilissime e battute dal sole da mattina a sera che vi è un calore da morire, perché il mio quarto, che per altro è poco migliore, si stà accomodando. Finisco assicurandovi della vera mia benevolenza. Amalia. 1 I francesi avevano vinto contro gli inglesi e recuperato Quebec nella battaglia cosiddetta di Sainte-Foy o di Quebec del 28 aprile 1760. Al riguardo dei francesi nel Canada durante la guerra dei Sette Anni, vedi la bibliografia citata precedentemente a p. 60, nota 1. 2 Sui particolari della guerra in Nordamerica in queste settimane, cfr. Gaceta de Madrid, 8 luglio 1760, n. 28 e 15 luglio 1760, n. 29 e CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 250. 3 Secondo le informazioni pervenute dall’Aia il 13 giugno, «Las noticias de Alemania 250 Verso la riforma della Spagna: Carteggio refieren, que el Elector de Colonia llegò à Francfort el 31 de Mayo por la tarde. El Mariscal Duque de Broglio fue a recibirle a Saxenbausen, en donde los Granaderos de Francia estaban sobre las Armas. Este Principe entró en la Ciudad al estruendo de la Artillería de los Baluartes, cenò en casa del Mariscal de Broglio, y el dia primero de este mes partió para Born. [...] El Principe de Condè harà la Campaña a la cabeza de las Guardias Francesas, y Suizas, de los Granaderos de Francia, y de los Caravineros, de que se formarà un Cuerpo verdaderamente de reserva. El Mariscal Duque de Broglio visitò a su Alteza luego que llegò a su Aposentamiento» (Gaceta de Madrid, 1 luglio 1760, n. 27, p. 213). 4 Maria Amalia accenna alle vittorie austriache contro la Prussia. Vedi le notizie pervenute da Vienna nella Gaceta de Madrid, 8 luglio 1760, n. 28; 15 luglio 1760, n. 29 e 22 luglio 1760, n. 30. 5 Demetrio MAHoNy y WELD (1702-1777), conte di Mahony, fu un nobile di origine irlandese che era in quel momento l’inviato spagnolo a Vienna. Come molti irlandesi esiliati in Francia ed in Spagna all’inizio del Settecento, Mahony cominciò nel 1721 la sua carriera nel servizio militare, passando per i diversi gradi fino ad arrivare a brigadier nel 1747. Partecipò alle campagne militari italiane della guerra di Successione Austriaca (1740-1748) negli eserciti spagnoli, e nel 1756 fu destinato dal sovrano ai Cantoni Svizzeri. Nel 1758 sarà eletto ministro plenipotenziario a Vienna, incarico interrotto per la malattia di Ferdinando VI, ma conformato da Carlo III nel gennaio 1760 ed esercitato fino alla morte nel 1778 (cfr. ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, p. 335-6 e téLLEz ALArCIA, Absolutismo e Ilustración, op. cit. a p. 27, nota 4, pp. 134-6). Sulla sua ambasciata a Vienna, cfr. Luis PérEz BuENo, Correspondencia diplomática del conde de Mahony, embajador de Fernando VI en Viena. Año de 1762, in «Hispania. revista española de historia», a. XII, 1952, n. 46, pp. 131-47. Era fratello di James Joseph Mahony (1699-1757), maresciallo di campo dell’esercito spagnolo al servizio dell’infante-duca don Carlos, e funzionario pubblico del re delle Due Sicilie dopo il 1734 (vedi il volume Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVI, op. cit. a p. 66, nota 11; Corrispondenze diplomatiche veneziane da Napoli. Dispacci, vol. XVII, op. cit. a p. 104, nota 3 e i volumi dell’epistolario tanucciano, ad indicem). 6 Secondo la Gaceta de Madrid dell’8 luglio 1760 (n. 28, p. 217, che recava notizie di Vienna del 10 giugno), «El Conde de Mahoni, Ministro Plenipotenciario de la Corte de España, llegò a esta Capital el Domingo primero de este mes». La Gaceta del 15 luglio 1760 (n. 29, p. 225, con notizie di Vienna del 14 giugno) informava: «El Conde de Torrepalma, que acaba de ser Ministro Plenipotenciario de España en esta Corte, tuvo el dia 9. su Audiencia de despedida de sus Magestades, que le presentaron su retrato, guarnecido de Diamantes; y el Conde de Mahoni, que le succede en este Empleo, tuvo despues su primera Audiencia». 7 Carlo III nella sua lettera a tanucci confermava il suo sostegno a Goyzueta: «Veo lo que me dizes de las inquietudes que avia dado al Consejo el Intendente de Marina, sobre lo qual me remito a lo que te tengo dicho, y te dirè solo que en este negocio Don Miguel regio es sospechoso, assi por ser el Contador toda cosa suya, y que le ha querido sostener siempre, como por no estar bien con el Intendente por aver descuvierto muchas cosas que no iban bien en aquel departamento, y que yo procure remediar en la parte que pude aunque no en el todo, por no dar mas que sentir a regio a quien tenian engañado los que las cometian; y apruevo las ordenes que el Consejo ha dado» (Lettera 37: Carlo III a tanucci, Buen retiro 1 luglio 1760, in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 111). 8 Nel 1760, Alvise IV Mocenigo, che aveva visitato Napoli nel 1738, confermò l’affermazione di Maria Amalia: «Ha inoltre Sua Maestà Cattolica lasciati molti altri monumenti d’opere, o nuovamente erette, o ampliate e migliorate in servizio del commercio, della marina, della guerra; vedendosi di lato il porto grande per comodo di maggior copia di grossi vascelli XXXVII. tanucci - 17 giugno 1760 251 ristabilito, un altro piccolo porto ad uso di galeotte, feluche ed altri legni inferiori e costrutto un solido braccio di fabbrica tra l’uno e l’altro porto per renderli più sicuri e difesi del travaglio del mare. Ha prolungato anche il molo e munitolo d’un fortino che nel renderne più ornato l’aspetto, difende i porti medesimi dalle sorprese. Ha migliorata la darsena, ampliato l’arsenale per la costruzione de’ navigli e perfezionata la fonderia de’ mortari, cannoni ed altri capi d’artiglieria» (MoCENIGo, op. cit. a p. 46, nota 4, pp. 187-8). Su questo particolare, vedi anche Luigi DE roSA, Navi, merci, nazionalità, itinerari in un porto dell’età preindustriale: il porto di Napoli nel 1760, in Saggi e ricerche sul Settecento, Istituto Italiano per gli Studi Storici, Napoli 1968, pp. 332-70. 9 Per olla potrida Maria Amalia intende dire olla podrida, cioè, un batiburrillo o misto di molti alimenti diversi, dunque un piatto di cucina fatto con molti ingredienti: «La [olla o guiso] que, además de la carne, tocino y legumbres, tiene en abundancia jamón, aves, embutidos y otras cosas suculentas» (cfr. Diccionario de la Real Academia Española de la Lengua). L’espressione era usata nel pubblico parlare per indicare un insieme ricco e vario di notizie o commenti, come Maria Amalia definí questa sua lettera a tanucci. XXXVII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 17 giugno 1760*. Giovedì mattina ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà de 27 del cadente e con essa, che portava la lieta notizia della salute di Vostra Maestà e della famiglia reale, si aumentò infinitamente la consolazione dell’essere il mercoledì sera rimasto questo amabile sovrano senza alcuna alterazione nel polso, come già speravamo nelle ore dell’ultima nostra spedizione. Scrissero tante cose tutti, anche quelli che avevano veduto Portici, d’Aranquez, e usarono anche certe parole differenziali e distintive, e anche Wall, che abbagliato ed oppresso non vidi rimanere a Portici altro pregio che quello del sito, della veduta, dei giardini del re, e la sola risposta d’amen a tutti quei panegirici. Vostra Maestà sa il pensare spagnuolo su tutte le altre nazioni, e più sull’italiana. A noi poveretti insegna lo Spirito Santo: dives locutus est & omnes tacuerunt 1. Se avessi conteso di paragone, ci sarebbe avvenuto quell’altro avvertimento dello Spirito Santo: pauper locutus est, & omnes dixerunt quis est hic?2 Ci siamo dunque ridotti al dilemma: o dicono il vero e contestando facciamo giustizia, o si trasportano e ci vendichiamo colla pena di lasciar loro credere quel che loro piace. Dell’Arabia vicina niuno di quelli ha fatto parola. Ma io sono rammaricato di veder Vostra Maestà malinconica3, si perché giudica colla sola sua nativa penetrazione, senza alcuna prevenzione di patria, si perché è senza rimedio, altro che quello del tempo e dell’as- 252 Verso la riforma della Spagna: Carteggio suefazione, la quale non può venir così presto, e tanto meno sarà breve, quanto è più grande la mente e l’immaginazione che non si lascia facilmente occupare dal materiale presente. L’elogio della donna forte di Salomone del quesivit lanam & linum &c.4 non può adattarsi letteralmente alla grandezza di Vostra Maestà. Bisogna il senso allegorico per potersi applicare. Quel travaglio eroico e glorioso sarà la conversazione di Vostra Maestà colla suocera delle sere5. Alle anime più grandi convengono le imprese più tormentose. Bisognò a Ercole domare tanti giganti e tanti terribili che infestavano le popolazioni, i regni, le case, per essere un semideo. Misurar le parole, mascherare il naturale, star chiusa tra tante mufete di [muffe degli] arazzi, di camino acceso, di tappeti di lana, sono per una mente sublime, per un temperamento sovrano, per un ingegno vivissimo, opere d’Ercole, le quali fanno in Spagna e nel mondo e nella Casa reale bene ed’utile assai più grande di quel che nella Spagna stessa, nella Francia, nell’Italia, Ercole potè fare. Sempre più credo che l’essersi ella accorta della catena che la circonda, non sia male. Il querelarsene poi è ottimo, perché viene così la catena a pubblicarsi, e le speranze e li disegni degli intriganti svaniscono, ed è sempre più sicura e ferma la tranquillità della casa e la regolarità del governo. Non so se Affri si è veduto con Grimaldi prima di andare alla sua corte e, se si sono veduti, non so se Affri abbia a Grimaldi comunicate le inglesi sue conferenze. Sempre dubito che li francesi, li quali anno tanto vantata la mediazione del re, faranno la pace particolare senza dirne prima parola al re. Chiede Pitt alla Francia la garanzia della Slesia promessa al re di Prussia nel trattato d’Aix la Chapelle. La risposta sarebbe il trattato di Berlino6 col quale Prussia assicura l’Annoveriano nel tempo della guerra già cominciata tra la Francia e l’Inghilterra e si obbliga a far la guerra alla Francia. Ma Dio sa che penseranno i francesi, con quali fa ora turino all’amore. Ho persuaso Gray con molte ragioni che turino non merita né l’alleanza né la protezione dell’Inghilterra7. Qui tutto va concorde e tranquillo. Sempre più tra noi del Consiglio gli uni conosco li temperamenti degli altri e sempre più si evitano le irritazioni. È venuto il nunzio8. Ieri il re gli rispose nell’udienza privata con grazia e franchezza che fece meravigliare il prelato. Il solito è un breve9 credenziale al re, un breve al segretario di Stato e una lettera del cardinale segretario di Stato al re entro ad una dello stesso al segretario di Stato. XXXVII. tanucci - 17 giugno 1760 253 Questa volta è stato aggiunto un breve del Papa a San Nicandro e un altro a monsignore Latilla10. È morto subitaneamente in Calabria il povero Ginevrino11. Andrò un giorno della futura settimana a Caserta. Anche qui è incostantissima la stagione. Non avessi mai detto parola di ritardarsi l’Ercolano! oh, che vecchio garrulo, dirà Vostra Maestà! La carta me ne avverte; bisogna, mio malgrado, tacere e rimaner col cuore e colla mente prostrato ai piedi della Maestà Vostra, &cc. * AGS, Estado, libro 242, pp. 628-31. 1 «Dives locutus est, et omnes tacuerunt, et verbum illius usque ad nubes perducent» (Liber Ecclesiasticus, 13, 28): «Parla il ricco, tutti tacciono ed esaltano fino alle nuvole il suo discorso». 2 «Pauper locutus est, et dicunt: “Quis est hic?” et, si offenderit, insuper subvertent illum» (Liber Ecclesiasticus, 13, 29): «Parla il povero e dicono: “Chi è costui?”. Se inciampa, l’aiutano a cadere». 3 tanucci aveva già precedentemente scritto a vari corrispondenti preoccupato per la situazione della regina Amalia. Ad Aci scriveva: «Non vorrei che la regina si confinasse in casa, ove la vita sedentaria non le suol far bene. Spero che interrotte le piogge sarà tornata a passeggiare» (AGS, Estado, libro 242, p. 511: tanucci al principe di Aci [Madrid], Caserta 27 maggio 1760). A Losada invece aveva scritto anche con il sospetto della gravidanza della sovrana spagnola: «P. S.: Pare che ancora deva star segreta la gravidanza della regina. Io ne parlo per la confidenza che Vostra Eccellenza me ne fa. La vorrei contenta e la compatisco estremamente. Compatisco ancora chi dovrà soffrire la maggior necessità di una certa persona [la duchessa di Castropignano] che non ha misura alcuna nel fare il fatto suo» (AGS, Estado, libro 242, p. 554: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 3 giugno 1760). 4 Con quesivit lanam & linum & tanucci fa riferimento al versetto 13 del Proverbio XXXI del Libro dei Proverbi che dice così: «Quaesivit lanam et linum et operata est delectatione manuum suarum». Questo proverbio esalta le qualità di quella che doveva essere la donna ideale. tanucci dice «donna forte di Salomone» perché molti dei proverbi erano all’epoca creduti essere di mano di Salomone. Il brano completo con l’apologia della donna ideale che anche tanucci vedeva personificata in Maria Amalia dice così: «[10] una donna perfetta chi potrà trovarla? Ben superiore alle perle è il suo valore. [11] In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. [12] Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. [13] Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. [14] Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. [15] Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. [16] Pensa ad un campo e lo compra e con il frutto delle sue mani pianta una vigna. [17] Si cinge con energia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. [18] È soddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppure di notte si spegne la sua lucerna. [19] Stende la sua mano alla conocchia e mena il fuso con le dita. [20] Apre le sue mani al misero, stende la mano al povero. [21] Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti i suoi di casa hanno doppia veste. [22] Si fa delle coperte, di lino e di porpora sono le sue vesti. [23] Suo marito è stimato alle porte della città dove siede con gli anziani del paese. [24] Confeziona tele di lino e le vende e fornisce cinture al mercante. [25] Forza e decoro sono il suo vestito e se la ride dell’avvenire. 254 Verso la riforma della Spagna: Carteggio [26] Apre la bocca con saggezza e sulla sua lingua c’è dottrina di bontà. [27] Sorveglia l’andamento della casa; il pane che mangia non è frutto di pigrizia. [28] I suoi figli sorgono a proclamarla beata e suo marito a farne l’elogio: [29] “Molte figlie hanno compiuto cose eccellenti, ma tu le hai superate tutte!”. [30] Fallace è la grazia e vana è la bellezza, ma la donna che teme Dio è da lodare. [31] Datele del frutto delle sue mani e le sue stesse opere la lodino alle porte della città». 5 Su Elisabetta Farnese, tanucci scriveva ancora: «Le querelles della regina madre per non potersi veder sola col figlio e per non esser intesa del governo, scuoprono ch’ella vorrebbe trattar col figlio cose che alla nuora non vorrebbe note. Non è questo buon segno. Le ultime intraprese del suo governo per Parma e il trattato stesso d’Aix la Chapelle furon tutte contrarie all’interesse della casa ora regnante e Dio sà quanto ci è voluto per liberarsene in parte» (AGS, Estado, libro 242, p. 636: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 17 giugno 1760). 6 Il trattato di Berlino del 28 luglio 1742 fra Maria teresa d’Austria e Federico II di Prussia obbligava l’Imperatrice a cedere la maggior parte della Slesia al re prussiano. La pace pose fine all’ostilità fra le due potenze e permise a Maria teresa di fare la guerra contro la Francia in modo molto più libero. 7 Vedi NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 17 giugno 1760. 8 Giuseppe LoCAtELLI (1713-1763), milanese, fu nominato arcivescovo di Cartagine nel gennaio 1760 e nunzio a Napoli nell’aprile di quello stesso anno. Vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 50, nota 8 ed ad indicem il volume di Nicola CAPECE GALEotA, Cenni storici dei nunzi apostolici residenti nel regno di Napoli, seguiti da una succinta notizia dei principali avvenimenti nei quali ebbero parti i Pontificii Legati o Internunzii, Salvatore Marchese, Napoli 1877. Secondo Aróstegui: «El dia 6 de este llegó a esta corte Monseñor Lucatelli, nuncio de Su Santidad, el que es natural que el Jueves tenga su audiencia secreta; y assi este ministro, como el embajador de Venezia, cree tardaran poco a hacer su entrada publica» (AGS, Estado, legajo 5870, folio 35: Alfonso Clemente de Aróstegui a ricardo Wall, Napoli 10 giugno 1760). 9 Secondo il Dizionario di Moroni, «Brevi si dicono le lettere Pontificie, libellum Pontificium, lettera, o mandato Papale. [...] Il Breve apostolico è una lettera, che il Papa indirizza a sovrani, a popolazioni, a città, non che a persone pubbliche, e private per accordar loro dispense, o indulgenze, come poi meglio si dirà, ovvero per dimostrar loro la sua affezione. [...] I Brevi Pontificii sono scritti in carta pecora, o pergamena sottile e bianca, con carattere di forma intelligibile e bella, ed in idioma latino» (MoroNI, op. cit. a p. 235, nota 7, vol. VI, 1840, pp. 115-6). 10 Benedetto LAtILLA (1710-1767), dei marchesi di taurasi, fu confessore di Ferdinando delle Due Sicilie. Abate generale dei Canonici Lateranensi, nel 1749 fu nominato cattedratico di teologia nell’università di Napoli, diventando nel 1754 vescovo d’Avellino. Secondo l’origlia, era «uomo profondo in ogni spezie di sopraffina letteratura, che si è studiato a tutto potere di piantarla eziandio nella sua religione, e per la sua dottrina è stato ora promosso al Vescovado dell’Avellina» (Giangiuseppe orIGLIA, Istoria dello Studio di Napoli di Giangiuseppe Origlia Paolino in cui si comprendono gli avvenimenti di esso più notabili da’ primi suoi principj fino a’ tempi presenti, con buona parte della Storia Letteraria del Regno, vol. Secondo, Stamperia di Giovanni di Simone, Napoli 1754, pp. 292-3). Fu nominato confessore e precettore di Ferdinando il 30 sett. 1759: «Fu spedito parimente nella stessa notte all’Illustrissimo e reverendissimo Mons. D. Benedetto Latilla Vescovo d’Avellino il biglietto d’avviso d’essere stato deputato dal nuovo Monarca confessore, e Precettore dell’Infante re coll’abitazione nel real Palazzo, carrozza, e coll’annuale soldo di ducati 3000» 37. Maria Amalia - 8 luglio 1760 255 (AVEtA, op. cit. a p. 28, nota 1, p. 73). rinunciò per questo motivo al vescovado d’Avellino, ma il papa Benedetto XIV lo nominò arcivescovo di Mira nel 1760. Vedi Luigi GuArINI, Catalogo de’ cappellani maggiori del Regno di Napoli e de’ confessori delle persone reali, Angelo Coda, Napoli 1819, pp. 123-4; Giuseppe zIGArELLI, Storia della cattedra di Avellino e de’ suoi pastori con brevi notizie de’ metropolitani della chiesa di Benevento, vol. II, Stamperia del Vaglio, Napoli 1856, pp. 161-70 e romeo DE MAIo, Societá e vita religiosa a Napoli nell’età moderna (1656-1799), Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1971, pp. 256-7. Sulla sua attività nella reggenza napoletana, vedi ad indicem il Carteggio San Nicandro, op. cit. a p. 47, nota 4. 11 Il Ginevrino era un esperto nell’estrazione dei metalli dalle miniere, un tecnico impiegato dalla Casa reale in Calabria, secondo quanto sappiamo da una lettera di Carlo III a tanucci: «Apruevo [...] tambien todo lo que me dizes que se ha echo con el motivo de la muerte del pobre Ginebrino, assi para la continuacion de lo que el havia dispuesto por las herrerias de Calabria, como el aver dejado a su hijo la de Caserta, y te aseguro que he sentido su muerte, y creo que hará falta ay» (Lettera 39: Carlo III a tanucci, Buen retiro, 15 luglio 1760, in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 117). Le «ferriere della Calabria» sono citate anche verso la fine della seguente lettera di Maria Amalia, trascritta qui in seguito come Lettera 37. 37 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Paragone di quella con questa corte. Conversazione colla regina madre. Memoria presentata da Ossun dice che pel trattato d’Aix La Chapelle Turino a tutto il dritto sopra Piacenza. Brevi pontificj a San Nicandro e al confessore. Ginevrino morto. Feste pubbliche. Raccomanda un memoriale delle sue monache di Capua. retiro, 8 luglio 1760. Questa volta si che con tutta verità posso dire che grandissimo giubilo mi hanno recate le lettere di 17 del passato mese mentre, benché le antecedenti quasi mi assicuravano che non vi era che temere, eravi però ancora la febbre, e tanto che questa sussiste sempre lascia dubbi ed incertezza. La lontananza poi sapete che sempre aumenta il timore. Benedetto dunque Dio che per questa volta ci ha tranquillizzati. Vedo quanto mi dite sopra tutto quello che da qui era stato scritto d’Aranjuez, [un luogo] che [quanto è stato scritto] miglior di Portici e Caserta credere ve l’haveva fatto. So bene il disprezzo de spagnoli per la nazione estere e come ci solevano rompere la testa dicendo sempre allà, cioè quì, preferendolo a tutto. E con quel benedetto allà, disprezzano quanto vedono. Hora sappiate che dolcemente me ne vendico ed jo adesso 256 Verso la riforma della Spagna: Carteggio in ogni cosa gli butto allà, cioè l’Italia, per la testa, facendoli vedere che allà tutto è meglio e che loro non hanno niente che vaglia. Stanno così umiliati che non hanno più animo di nominare niente delle cose loro ed in vero citerò solo questo: tutte le funzioni di corte sono una sporcizia a paragone delle magnificenza e proprietà con la quale in Napoli si facevano. La corte stessa non è da paragonarsi: una quantità di gente immensa, ma pochissimi pagati. tutti sopranumerari, lo che fa che si vedono figure che danno schifo a vedere. Così a proporzione è tutto il resto1. Per assuefarmi jo a questo paese credo che non basterà la mia vita. È troppo, è troppo crudele il cambio fatto, ed ogni giorno si conosce più. Per amor di Dio non andate cercando né la donna forte né Ercole. Ben so che questi paragoni non mi convengono. Solo mi resta l’esercizio della pazienza di quella benedetta conversazione [con Elisabetta Farnese] prendendo le stufe secche senza necessitarle, che delle volte esco da quella camera che non so dove tengo la testa. Spero che dopo li felici successi d’America li francesi non precipiteranno tanto la pace e potranno cavare miglior partito. Venne come vi scrissi ossun giovedì all’udienza del re. Dopo al solito un lungo parlare di belle parole lascio al re una gran memoria colla quale pretendono giustificarsi, ma non lo fanno, perché non dicono mai che Piacenza non debba darsi al re di Sardegna. Anzi, diverse volte dicono che per il benedetto trattato d’Aix la Chapelle egli vi abbia tutto il dritto. Come accordare questo con la nota lettera del 53[?]. Ma chi puol domandare ragione del procedere di costoro. Mi ha sorpresa la novità dei due brevi pontificii e non posso negare che quello al confessore è un poco scandaloso. Che oltra a’ soliti ne fosse venuto uno a tutta la reggenza sarebbe stata cosa più regolare, ma que due non so di che sa [ossia, non è chiaro l’intento]. Mi dispiace in estremo la morte de Genevrino; è perdita, e non piccola, per le ferriere di Calabria. Grazie a Dio stiamo bene, ma bruciando di caldo. Domenica [13] incominceranno queste tante decantate e desiderate feste2. Jo vorrei che già fossero passate perché altro che strapazzo e tedio non ne spero. Vi accludo un memoriale delle mie monache di Capua3. Veramente sempre gli feci sperare che allorche le loro regole fossero state approvate dal papa gli avrei interceduta questa grazia dal re. Quest’approvazione venne pochi giorni prima della nostra partenza e allora vi era altro che fare XXXVIII. tanucci - 24 giugno 1760 257 e che pensare, perciò mi hanno mandato adesso questo memoriale acciò lo raccomandassi come fò. Altro non restami a dire. Finisco dunque assicurandovi della vera mia benevolenza. Amalia. 1 La Casa reale spagnola fu riformata ancora da Carlo III nel 1761 in avanti: vedi la documentazione che a questo riguardo si conserva in AGP, Administrativa, legajos 924 e 941, così come AGP, Reinados, Carlos III, legajos 5071 e 5072; ANDréS-GALLEGo, El motín de Esquilache, op. cit. a p. 35, nota 6, pp. 293-5 e Carlos GóMEz-CENturIóN JIMéNEz, La Corte de Carlos III, in Carlos III y su época. La monarquía ilustrada, a cura di Isabel ENCISo ALoNSoMuñuMEr, Carroggio, Barcellona 2003, pp. 271–93. 2 Le feste per la proclamazione di Carlo III sono descritte nella lettera successiva. 3 Sulle suore del monastero di San Gabriele di Capua; cfr. la nota 8 a p. 186. XXXVIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 24 giugno 1760*. Non prima di venerdì ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà de 3 del corrente e il compimento dell’aspettazione d’ogni settimana quale è quella della sicurezza della salute di Vostra Maestà e della famiglia reale. È questa gioja accompagnata da quella dell’uguale prosperità di questo amabile sovrano e di Sua Altezza reale, ancora in quel che alla mente non appartiene. ricevè e, collo spirito soave, incantò giovedì dopo il pranzo di San Nicandro nel quarto di questo, come casualmente, l’ambasciatrice di Venezia1. Attaccò colla maggior franchezza discorso de suoi divertimenti. Quello poi che il nunzio scrisse al Papa della prima sua udienza viene umiliato a Vostra Maestà nell’incluso santo offizio, il resto del quale in una parte mostra quanto poco sia il nostro segreto, benché sia con qualche alterazione. L’approvazione che Vostra Maestà si è degnata di darmi di aver citato a Gray quel che Vostra Maestà aveva scritto d’Ensenada mi è di consolazione infinita2. Dio volesse che l’avergli parlato del rio tinto in quella occasione faccia qualche bene. Gran bontà delli spagnuoli trapassati nel credere che fossero fuorusciti senza alcuna approvazione del governo quelli che li primi, o francesi o inglesi, facevano le invasioni, benché per tanta esperienza abbian potuto e dovuto conoscere che li forti, li castelli, li cannoni non erano opere di 258 Verso la riforma della Spagna: Carteggio fuorusciti! Ha veramente il re grandi cose da fare e da disfare. ogni saviezza minor della sua non sarebbe bastante. Bisogna anche grand’ajuto di Dio, che dissipi a tempo alcune combinazioni le quali sarebbero molte perniciose. Prego Dio che Londra faciliti, perché altrimenti necessaria e giustissima sarebbe la guerra alla difesa del Messico3, a cui quei forti con tanta gente e soldati inglesi stabiliti in quelle vicinanze sono un’insidia e un pericolo molto considerabile. Fuentes a quest’ora dovrebbe averne fatta l’istanza secondo quel che ne scrive Albertini. Sono impaziente delle risposte di Londra. Non so quelch’io dica, ma la rabbia mi fa parlare. Vorrei negoziato e riprendersi il suo a poco a poco: prima demoliti li forti anche coll’accordare all’inglesi qualche privilegio sul campeggio; passo passo rifare li forti che potessero far rispettar le disposizioni ulteriori che si stimassero necessarie; venir poi a comunicare ad altri il privilegio e, dividendo, stabilire e assicurare l’efficacia della sovranità. Wall, che ha portato Ensenada restituito con tanta disinvoltura, a differenza d’Alba, mostra la grande scuola di virtù e di prudenza che è lo star continuamente in discorsi e affari vari e senza velo ai piedi reali4. Io, che credeva d’averne fatta quella poca provisione della quale era capace la mia mente, già mi accorgo che torno al selvatico ed alla plebe, e ogni giorno più sento la vergogna di comparir indecentemente d’avanti alla Maestà Vostra. Forse questa rusticità, che si è impossessata di me, è la cagione di non mi poter contenere sul discorso di Choiseul a Fuentes del convenire alla Spagna, non men che alla Francia, l’obbligar con Piacenza quel turino, che, avendo nel 1738 per grazia della Francia conseguito tortona, Novara, &c.5, nel 1741 si collegò contro la Francia con Vienna e Londra6. Bisogna fuggir come da un orso o da una tigre da chi pensa e parla così e prendere un sistema nel quale non occorra di trattarvi affare alcuno in eterno. Il vecchio Arrigo era stato escluso nella settimana passata dalla pretensione della mesiglia [paga]7 che [si] aveva fatta perché non è necessario. Sarebbe stato esempio, e già quel risparmio che d’alcune mesiglie si fa si consuma in quelle mesiglie che San Nicandro stima necessarie di tanti gentiluomini di Camera, di consiglieri di Stato8, di garzoni di Camera9, &c. Daremo qualche cosa all’Arrigo con qualche altro titolo che si aggiunga al soldo che ha di 21 ducati al mese. Di Fajella di Maria Maddalena dello Splendore m’informerò perché Vostra Maestà sia obbedita. Della duchessa di Martina non ho sentito alcun ricorso; ne parlerò a Marco e farò ch’ella non abbia motivo alcuno XXXVIII. tanucci - 24 giugno 1760 259 di dare inquietudine a Vostra Maestà. Son tentato di benedire questi fiotti che si fanno a Vostra Maestà e mi arrossisco di spiegarmi la cagione. taccio e mi prostro a piedi della Maestà Vostra10. * AGS, Estado, libro 242, pp. 675-9. 1 La moglie di Alvise IV Mocenigo, ambasciatore veneto a Napoli, era Pisana Cornaro Mocenigo. Secondo tanucci, questa «è di gracile temperamento e mezza inferma» (AGS, Estado, libro 242, p. 396: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Caserta 6 maggio 1760). 2 Sul ritorno di Ensenada e sulla sua riabilitazione, sgradita al partito anglo-portoghese, vedi ancora la Lettera 756: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 21 giugno 1760, in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3. 3 Il Messico faceva parte del cosiddetto Virreinato de Nueva España, creato dalla corona spagnola nel 1535. Cfr. El gobierno de un mundo. Virreinatos y audiencias en la América hispánica, a cura di Feliciano BArrIoS PINtADo, universidad de Castilla-La Mancha, toledo 2004 e Stanley J. StEIN e Barbara H. StEIN, op. cit. a p. 190, nota 3. 4 Su Ensenada, Wall e Alba, tanucci aveva scritto poco prima: «Alle parole che Vostra Eccellenza dice dette dal re a Ensenada [h]a mucho tiempo que nos vemos aggiungono altre lettere che alla tavola, parlandosi dell’esser Ensenada grasso, il re disse che l’aver la coscienza netta fa ingrassare. Che Wall non facesse a Ensenada il minimo complimento io non posso attribuirlo né a vizio né a virtù, perché mi mancano le notizie. Se Ensenada ha malfatte le cariche sue, lodo a Wall. Lo lodo ancora se lo fece perché Ensenada non si era a lui presentato come doveva al primo segretario di Stato. D’Alba, che gli fece lo stesso al pranzo di Miranda, sono inclinato a condannare, perché erano stati amici e Dio sà che avevano fatto insieme. Lodo il giudizio col quale Vostra Eccellenza diede pranzo a Ensenada col solo Losada oltre alcuni ministri. Questo fu di ospitalità dovuta dell’ambasciatore del figlio ad un soggetto restituito dal padre senza curar dei mezzi Squillace, Castropignano, Alba, Wall. Li soliloqui con Squillace e Castropignano che Ensenada ha avuto, lasciamoli stare. Potrebbono essere sporcizie e sordidezze di regali come sospetta Vostra Eccellenza, perché né l’uno né l’altra paion di stomaco che gli rigetti. Vedremo dunque la scena nuova e l’uso che si farà di questo nuovo fenomeno. Se lo manderanno qui in luogo de Clemente, poco frutto ne caveranno, perché Clemente non sa nulla del governo e non ha qui alcuna ingerenza maggiore di quella che abbia il cavalier Gray o rubion o Neipperg» (AGS, Estado, libro 242, pp. 634-5: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 17 giugno 1760). Ancora nella lettera seguente diceva tanucci a Aci: «Gli amici d’Ensenada dicono che ei non desidera ministero essendo un filosofo e un uomo da bene. Ministero straniero non par conveniente alla sua età, la quale dovrebbe essere più della mia, che è di 61 anni finiti. Vedo, da quel che Vostra Eccellenza si compiace di scrivermi, che le due regine lo favoriscono e gli fanno più cortesie che il re. Ma va bene. Al re conviene la grave austerità. La risposta ch’ei fece alla regina madre fu lusinghiera e falsa, secondo quel che Vostra Eccellenza osserva, sicché, ov’è la vantata filosofia? Anche con quel tanto danaro, quei tanti regali che Vostra Eccellenza dice, come combina la filosofia? Lasciamo Squillace goder del ricco regalo della regina madre e dell’infante» (AGS, Estado, libro 242, p. 683: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 24 giugno 1760). 5 tortona e Novara, sotto controllo austriaco, furono conquistate del re di Sardegna nel 1733-1734 durante gli episodi della guerra di Successione Polacca (1733-1738) in Italia. Con il trattato di Vienna del 1738, il re sabaudo ebbe il riconoscimento internazionale per il possesso di questi territori. 6 Nel 1741 il re di Sardegna decise di schierarsi contro la Francia e la Prussia a favore 260 Verso la riforma della Spagna: Carteggio di Maria teresa, alleata con l’Inghilterra, nella cosiddetta guerra di Successione Austriaca (1740-1748). 7 ‘Mesiglia’, dello spagnolo mesilla, «se llama en Palacio la porcion diaria de dinero que el rey da à sus criádos, quando está en jornada, en lugar de darlos mesa de estado» (Diccionario de la lengua castellana, en que se explica el verdadero sentido de las voces, su naturaleza y calidad, con las phrases ò modos de hablar, los proverbios ò refranes, y otras cosas convenientes al uso de la lengua. Dedicado al Rey Nuestro Señor Don Phelipe V. (que Dios guarde) a cuyas reales expensas se hace esta obra. Compuesto por la Real Academia Española. tomo Quarto. Que contiene las letras G. H. I. J. K. L. M. N., En la Imprenta de la real Académia Españóla, Madrid 1734, p. 555). Arrigo era probabilmente un impiegato della Casa reale. 8 I consiglieri di Stato erano quelli che facevano parte del cosiddetto Consiglio di Stato, creato a Napoli nel 1734 dopo la venuta di Carlo di Borbone. Formato dal re, da cinque o sei consiglieri e dai segretari di Stato, era un organo consultivo che si riuniva cinque volte la settimana per trattare gli affari di Stato. La migliore sintesi sulle sue funzioni e sulla sua composizione al tempo di Carlo di Borbone è in troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo V, parte II, 1753, pp. 446. Vedi, inoltre, romualdo trIFoNE, Le giunte di Stato a Napoli nel secolo XVIII. Studio su documenti tratti dall’Archivio di Stato di Napoli, Stabilimento tipografico Cav. N. Jovene e C., Napoli 1909; AJELLo, La vita politica napoletana, op. cit. a p. 29, nota 4 e Giuseppe CArIDI, Essere re e non essere re. Carlo di Borbone a Napoli e le attese deluse (17341738), rubbettino, Soveria Mannelli 2006. 9 I garzoni di Camera erano i giovani impiegati della Casa reale che si occupavano dei compiti più semplici negli appartamenti privati del re. 10 Questa lettera di tanucci ottenne risposta dalla regina Amalia nella Lettera 39 del 22 luglio 1760. 38 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Feste pubblic[h]e, lodevoli ma incomode. retiro, 15 luglio 1760. Stiamo tanto occupati in feste e gale che poco tempo rimane da scrivere perciò mi riservo di rispondere alla vostra di 24 del passato1. Le feste per noi altri “de por allà” [ossia, di provenienza italiana] sono veramente sorprendenti per la novità2. Cose che non solamente non si sono vedute ma nemmeno possono immaginarsi a meno di non vederli, e con il tormento di un caldo eccessivo stare ogni giorno vestita di corte ed in gran gala immaginatevi quanto ci godo3. Non posso dilungarmi di più. V’assicuro dunque della mia benevolenza. Amalia4. 1 La Gaceta, come Maria Amalia, annunciava le feste di proclamazione di Carlo III, ma rimandava la sua relazione alla settimana successiva: «Aunque el rey nuestro Señor hizo su XXXIX. tanucci - 1° luglio 1760 261 entrada pùblica en esta Corte la tarde del Domingo 13. del corriente con la reyna nuestra señora, el Principe, Señores Infantes, è Infantas, y el Señor Infante Don Luis, con la magnificencia que requerìa tan magestuosa Funcion, y se practicaron ayer otras celebridades consiguientes à lo digno del motivo, ha parecido suspender la relacion de ellas, y de las que se apromptan para el presente dia, y otros de esta semana, hasta la proxima Gaceta» (Gaceta de Madrid, 15 luglio 1760, n. 29, p. 229). 2 I festeggiamenti ebbero una sequenza molto precisa, dal 13 al 15 luglio. Per non creare disarmonie nelle serie di queste note, il testo che espone i particolari delle feste per la proclamazione di Carlo III è pubblicato in APPENDICE VI. 3 Le relazioni contemporanee a questo evento che si sono conservate sono numerose: vedi come introduzione Juan Antonio tAMAyo, Madrid por Carlos III. Fiestas reales en la villa y Corte, in «revista de la Biblioteca, Archivo y Museo del Ayuntamiento de Madrid», a. XIII, 1944, n. 30, pp. 293-368. Altre indicazioni sulle fonti relative ai festeggiamenti sono presenti nell’APPENDICE VI. 4 Carlo III scriveva a tanucci sulle feste: «Aqui todo continúa gracias a Dios según yo puedo desear, y estamos todos buenos, y hemos echo felizmente nuestra entrada publica, ayer tuvimos la comedia y ambas noches fuegos, y la primera iluminación de la Plaza Mayor, y oy tenemos la fiesta de toros, con lo qual bien ves que han sido días bastante ocupados, y no te puedo explicar lo que hazen estos pueblos, y por la Gaceta verás la promoción que he echo en el Exercito y en la Marina» (Lettera 39: Carlo III a tanucci, Buen retiro 15 luglio 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 118). XXXIX Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 1 luglio 1760*. Giovedì sera ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà de 10 del caduto. L’ho letta e riletta ed esaminatene le parole che Vostra Maestà si è degnata di scrivere sulla febbre flussionaria di due giorni, dell’essersi sagnata [aver subito un salasso], dell’essersi purgata per prepararsi a qualche piccolo medicamento di qualche ostruzione lasciata dalla malattia di Saragoza. Questo esame è stato necessario per le tante diversissime cose che son venute scritte e laceravano la mente e il cuore. un poco mi consolava la febbre cessata si presto, segno che non ha trovato alcun fermento che accendere ed agitare; un poco mi tormentava il sapere la grandezza e la costanza colla quale suole Vostra Maestà non solamente soffrire ma ancora dissimulare e gl’incomodi e le infermità, sicchè io tornava a leggere. Supplico Vostra Maestà a fare efficacemente la cura di quelle reliquie che mi hanno fatto fare le solite mediche meditazioni con infinita sollecitudine aumentata dalla lontananza e dalla mancanza dell’ajuto del mio Sanseverino1, che Dio ha chiamato a sé due settimane sono con mio gran dolore per la perdita dell’amico. ringrazio dunque la misericordia infinita di Dio 262 Verso la riforma della Spagna: Carteggio per la febbre presto cessata. Altre grazie le do per la salute del re e della famiglia reale e per quella di questo nostro amatissimo monarca e di Sua Altezza reale [Filippo]. Con infinita ragione si è offeso il re del danaro da offrirsi per Piacenza al serenissimo infante che la Francia ha ardito di proporre e le ha rinfacciata la lettera del re Cristianissimo del 17522. Aspetto che si difenderanno colle disgrazie della guerra, che impediscano l’intraprenderne un’altra, e qualche altra uscita di parole, alle quali sarà facile ma insieme inutile il replicare. Spero che si profitterà più colla fermezza e col tener li francesi in timore e [con] mostrar loro un alto dispiacere. Vedo che bisognerà trattar con Londra e forse con Vienna ancora, cioè colli nemici naturali della Casa. tanta è la stravaganza del ministero francese, il quale tanto spesso canta e rammenta la tenerezza e i legami del sangue. Quel che Londra ha detto al re è un languido officio che non mi dispiace, perché mi par d’aver profittato qualche poco con Caraccioli avviando turino a Spagna. Spero che abbiano a proporre, come a risposto il re che facciano. Colla mia confidenziale di sabato, nella quale a tenor degl’ordini del re comunicai la sostanza del trattato con Vienna a Caraccioli, cresceranno li descenzi a quella corte. Ho procurato di metter la cosa in un aspetto atto a produrre le maggiori convulsioni. Caraccioli non dovrà affettatamente parlare a tenor dell’ordine, ma quel santo offizio troverà quel che non vuole e beverà l’acqua triacale senza volere3. Anche Vienna avrà questa settimana la mala nuova per lei del matrimonio dell’infante don Pedro colla principessa del Brasile. Questo avvenimento è grande veramente per le quiete del re, tanto in Casa che nello Stato. Io ne rendo a Dio grazie infinite e altrettante perché non sappia questo la regina madre né il serenissimo infante don Luigi. Non credo che turino avrà piacere perché anche in esso si era formato qualche disegno pel duca Chablais4. Pare che Dio abbia stabilito che la disposizioni del re sieno felici. Procurerò che vengano da Portici in novembre le piante comandate. Mi son meravigliato che manchino in Spagna le lazzarole e le prugne verdacchie; Dio sa quant’altro manca per la delizia di Vostra Maestà. Mi dispiace di non esserne pratico e [di] non potere immaginare quel che dovrei fare e mandare. Spero che Vostra Maestà sia persuasa che tutto e tutti correressimo [correremmo] con quell’ardore che dovressimo e con quella venerazione colla quale io sto sempre prostrato ai piedi della Maestà Vostra. 39. Maria Amalia - 22 luglio 1760 263 * AGS, Estado, libro 242, pp. 721-4. Domenico SANSEVErINo, medico di tanucci. Cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. I: 17231746, op. cit. a p. 4, nota 2, p. 839. 2 Su questa lettera e sul carteggio fra Luigi XV e Carlo in quegli anni, cfr. i lavori della MIGLIorINI cit. a pp. 74-5, nota 3. 3 L’acqua “triacale” era un tipo d’infuso fatto con diversi ingredienti naturali. Sulla sua composizione, cfr. Giuseppe DoNzELLI, Teatro farmaceutico dogmatico, e spagirico del dottore Giuseppe Donzelli, napoletano, barone di Digliola, Antonio Bortoli, Venezia 1704, p. 456 ss. 4 BENEDEtto MArIA MAurIzIo DI SAVoIA (1741-1808), duca di Chiablese e marchese d’Ivrea, era il primogenito del re di Sardegna Carlo Emanuele III e della sua terza moglie, Elisabetta teresa di Lorena (1711-1744), sorella di Francesco I d’Austria. 1 39 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Medico Sanseverino morto. Lettere di partecipazione di Vienna arrivate e quali. Chablais matrimonio di Portogallo. Poco contenta di quel soggiorno. Pitt e Fuentes. Giuramento al Re e al Principe. Timballini spia milanese. Festa de tori lodata. &c . retiro, 22 luglio 1760. Ho ricevuta con il solito piacere la vostra lettera del primo di questo mese. Le buone nuove che mi date della salute di mio figlio mi hanno al sommo consolata. Vi ringrazio della premura che dimostrate per la mia. Vi assicuro che sono, contro il solito, ubbidientissima ai medici, facendo quanto questi vogliono; e grazie a Dio adesso sto bastantemente bene. In sentire la morte di Sanseverino mi sono figurato il vostro dispiacere. Per quello riguarda il cambio di Piacenza, già vi ho scritto. Quant’è passato d’allora in qua non ve ne più stata parola. Non voglia Dio che avessimo di nuovo a trattare con Vienna: peggior cosa di questo non ci potrebbe succedere. Già che stiamo su questo, in questa settimana sono giunte le lettere di partecipazione del matrimonio1, cioè due lettere confidenziali di pugno dell’Imperatrice. Quella del re non contiene altro che un semplice complimento. Nella mia vorrebbe di nuovo entrare in affari e tocca leggerissimamente gl’altri matrimoni2 con una faccia tosta come niente vi fosse passato tra noi3. È certo che il matrimonio di Portugallo è stata una delle cose buone che succedere possono per quiete di tutta l’Europa. Non sapeva che anche turino ci aveva aperto gl’occhi per il suo duca di Chablais. Ma a che non penserá quella corte? 264 Verso la riforma della Spagna: Carteggio A[h] tanucci, se qui inviar dovreste quanto manca per la nostra delizia bisognerebbe trasportare qui tutto quel [vostro] paese; altro più ingrato di questo credo che sia difficile a trovarsi. Ma che s’ha da fare. È Dio che mi ci ha portato credo per piangere i miei peccati. Vi debbo risposta alla vostra di 24 non avendolo potuto fare la settimana passata4. Vedo quello che mi ditte del mio figlio Filippo di star egli bene in quanto al corpo. Della mente ho già da molto tempo perduta ogni speranza e se bene mi sia sensibili quanto potete credere, dopo però quell’atto fatto dal re vi assicuro che molto meno, mentr’ora è sol per l’affetto naturale quando prima entravano anche le moltissime e tutte nere riflessioni a crucciarmi5. Abbiamo avuto le risposte de primi passi datti da Fuentes. Pitt ha parlato con molta moderazione, ma non sappiamo se saranno solo belle parole; perciò s’è ordinato a Fuentes ch’intavoli trattato per scritto. A noi basta che in questa forma ci dichiarino non venir quella gente sostenuta da loro, ma essere fuorusciti come sempre han detto e dicono, che poi è peso nostro il farli uscir di là, ed il re anche s’obbligherebbe a darli tutto il palo campecce6 che lor bisogna in uno de porti di Spagna. Grazie a Dio sabato [19 luglio] si fece il giuramento al re ed al principe [d’Asturias] con somma magnificenza e giubilo universale7. Si vedeva la gioia in faccia a tutta la gente. Il signore timbalini8 che si procuri migliori notizie9. Ma che direte in udire che a me ha piaciuta la festa de tori10. Credevo averci grandissimo timore ma in vedere il sangue freddo e l’abilità di quella gente mi passò il timore e mi piacque assai. Grazie Dio non vi successe veruna disgrazia. un sol cavallo ferito vi fu ed in tutti questi giorni di tanto concorso e folla non vi è stata nemmeno una rissa, ma se la cosa durasse altro poco jo almeno me ne anderei al altro mondo a forza di feste e funzioni perché in questi giorni non ve n’erano nostre. Abbiamo avuto ieri e questa mattina le due dello Spirito Santo11. Domani abbiamo la licenziata delle corti che sarà un baciamano non indifferente e l’entrata ed udienza pubblica dell’ambasciadore di Venezia12. Finalmente giovedì [24 luglio] ce ne andremo al Escurial13, ove staremo il venerdì [25 luglio]14. Sabato [26 luglio] proseguiremo il viaggio a San Ildephonso15 e, benché vada a stare colà ospite in casa di mia suocera16, desidero andarvi per uscire da questa stufa, ove abito e mi uccide. Altro non resta a dire che assicurarvi della mia benevolenza. Amalia. 39. Maria Amalia - 22 luglio 1760 265 1 ossia, le nozze fra l’arciduca Giuseppe d’Austria ed Isabella di Borbone, primogenita del duca di Parma. 2 Cioè, quelli fra Carlo, principe d’Asturias, e Ferdinando, re delle Due Sicilie, con arciduchesse austriache. 3 Maria Amalia si riferisce alla guerra di Successione Austriaca (1740-1748) e, sopratutto, alla battaglia di Velletri del 1744 fra le truppe napoletane e austriache. 4 Cfr. Lettera XXXVIII del 24 giugno 1760. 5 Cioè, se doveva essere o no allontanato dalla vita pubblica. 6 Il ‘palo campecce’ citato da Maria Amalia è il campeggio, pianta originaria dell’America centrale. Diffusa sopratutto nella regione di Campeche, sita nella penisola di yucatán, è cosiddetto palo de Campeche (cioè, legno di Campeche). Si presentava in forma d’albero o arbusto ed era usato come tintura. Grazie allo sviluppo dell’industria dei tessuti in cotone nel Settecento, questa pianta fu molto apprezzata dagli inglesi, come abbiamo già accennato. Su questa pianta, vedi Nuovo Dizionario Universale tecnologico o di arti e mestieri e della economia industriale e commerciante, tomo XVII, Presso Giuseppe Antonelli, Venezia 1836, pp. 280-1. 7 L’inglese Clarke notò che «the kings of SPAIN are never crowned: instead of it, they make a public entry into MADrID, with great expence, pomp, and magnificence, which pleases the people much more, as they have an uncommon passion for shews and pageantry» (Edward CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, p. 322). La monarchia spagnola non incoronava il re, era suo riconosciuto dalle Cortes del Reyno con il cosiddetto Juramento (vedi Gérard SABAtIEr e Sylvène EDOUARD, Les monarchies de France et d’Espagne (1556-1715). Rituels et pratiques, Armand Colin, Parigi 2001, p. 23). Il nuovo sovrano doveva giurare l’assoluto rispetto dell’ordinamento giuridico davanti alle Cortes, e queste riconoscevano in forma pubblica, ufficiale, il nuovo monarca e il suo successore, il principe d’Asturias. Su questa istituzione, cfr. le interessanti riflessioni di CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, pp. 27-9. Per las Cortes del Settecento, vedi Pere MoLAS rIBALtA, Las cortes de Castilla y León en el siglo XVIII, in Las Cortes de Castilla y León en la Edad Moderna, Cortes de Castilla y León, Valladolid 1989, pp. 143-69 e José Manuel PérEz-PrENDES y Muñoz DE ArrACo, Las Cortes de Castilla y los borbones, in De las cortes históricas a los parlamentos democráticos: Castilla y León, s. XII-XXI, a cura di Eduardo FuENtES GANzo e José Luis MArtíN MArtíN, Dykinson, Madrid 2003, pp. 313-32. Las Cortes furono convocate il giorno precedente, il venerdì 18 luglio: «Haviendo convocado por el rey nuestro Señor en esta Villa à muchos Prelados de sus reynos, y los Diputados de ellos, y de las Ciudades, que tienen voto en Cortes, los recibiò S. M. el Viernes 18. en el Salòn de los reynos [del Buen retiro]; y puesto en su règio Sòlio, les diò à entender su real intencion» (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, p. 247). Cfr. anche i lavori di Felipe LorENzANA DE LA PuENtE: Las Cortes de Carlos III, in Carlos III y su siglo, op. cit. a p. 4, nota 8, vol. II, pp. 311-33 e La representación política en el Antiguo Régimen. Las Cortes de Castilla, 1655-1834, Congreso de los Diputados, Madrid 2013. La storiografia ha dato gran risalto al significato costituzionale di quei riti. Ferrer del río indica che essi significarono la conferma definitiva delle disposizioni giuridiche solennemente emanate da Carlo III per sé e per la sua dinastia sulla successione al trono spagnolo: «Este postrer día de festejos, que fue el 19 de julio, se habían celebrado en el templo de San Gerónimo las solemnes juras del rey y del príncipe de Asturias, con asistencia de los Prelados, grandes y procuradores; y así depuso Carlos III la zozobra que había empezado a mitigársele desde su desembarco en Barcelona, viendo asegurada por el voto de las Cortes del reino la sucesión del trono español en sus hijos, a pesar del espíritu de la ley promulgada cuarenta y siete años antes. De resultas anduvo pródigo en mercedes, y no fue de las menores la de revocar la providencia de su augusto padre que vedaba gastar espada a los nobles de Cataluña» (FErrEr DEL río, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I, pp. 271-2). Questa tesi è stata ribadita 266 Verso la riforma della Spagna: Carteggio anche dalle monografie di CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4; di CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III; di rouSSEAu, op. cit. a p. 57, nota 6, e di DANVILA y CoLLADo, op. cit. a p. 4, nota 4, vol. I-II. 8 Non sono riuscito a identificare questo personaggio chiamato timbalini. 9 Infatti, dopo la descrizione dell’evento (con riferimenti alla Gaceta), Edward CLArkE segnalò che «In my opinion, much the most pleasing part of the sight was the immense mob in the streets; which being composed of all religious orders, of all kinds of lay, civil, and ecclesiastical habits; in short, of all dresses in the world, and of both sexes, formed the most motley scene that fancy ever painted!» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, pp. 128-9). Altri particolari in APPENDICE VI. 10 Sulla corrida, vedi i particolari pubblicati dal cit. CLArkE in APPENDICE VI, n. 3. 11 Maria Amalia accenna alle cerimonie d’imposizione dell’ordine dello Spirito Santo all’infante don Luigi, fratello di Carlo III, il giorno 21, ed al conte di Montijo e al duca di Alba il giorno 22. I particolari sono nella Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, p. 242: «Ayer fue recibido por el rey nuestro Señor, en virtud de Poder del rey Christianissimo, el Señor Infante Don Luis en la orden del Sancti-Spiritus con todas las ceremonias, que requieren sus Estatutos; y oy lo han sido del mismo modo, y en consequencia de igual Poder, por el Principe de Asturias nuestro Señor, los Excmos. Señores Conde del Montijo, y Duque de Alva. Se han celebrado estas funciones en la Iglesia de San Geronymo, adornada magníficamente de antemano para las de la Jura del rey, y Principe nuestros Señores, que han precedido, haviendo baxado a ella en uno, y otro dia S. M. y S. A. con los nuevos Cavalleros, vestidos de Novicios, y demás Acompañamiento de ceremonia. Han servido de oficiales de dicha orden el Señor Marquès del Campo de Villar, en calidad de Chancillèr; el Conde de zuebeghèn, de thesorero; el Marquès De-uharte, de Secretario, y juntamente de Maestro de Ceremonias, por estar enfermo monsieur de Bignon, que lo es propietario, y que ha venido de Parìs con monsieur de Perceville, ugièr, à exercer sus Empleos en estos Actos; y Don Vicente Agudo, de rey de Armas». 12 Sebastiano FoSCArINI era stato nominato ambasciatore veneto a Madrid nell’ottobre del 1759 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 417). Secondo la Gaceta del 29 luglio: «El dia 23. del corriente hizo su Entrada pùblica en esta Villa el Excmo. Sr. D. Sebastian Foscarini, Embaxador de la republica de Venecia. El conde de Cocorani, Mayordomo de Semana del rey, con ocho Gentil-Hombres de Boca, y quatro de la real Casa à cavallo, passò a las nueve de la mañana desde Buen retiro à recibir à su Exc. a su casa, en la que estaba ya D. Blas de Lezo, Conductor de Embaxadores, que le acompañaron a Palacio. En su principal Plazuela, hallò su Exc. formadas las dos Compañias de reales Guardias de Infanteria Española, y Walona, que le hicieron los honores debidos, executando lo mismo la Guardia de Alabarderos, que ocupaba el zaguan, y Escalera; y ultimamente los Guardias de Corps en la Sala de su Cuerpo de Guardia. Muchos Gentil-Hombres de Boca y Casa recibieron a su Exc. al pie de la Escalera, y le acompañaron a la Audiencia del rey nuestro Señor, que estaba asistido de los Grandes, Embaxadores y Ministros Estrangeros, y de los principales Gefes de la real Casa. Concluìdo este Acto, passò el Señor Embaxador, acompañado siempre del referido Mayordomo, Gentil-hombres de Boca, y Casa, y Conductor, al Quarto de la reyna nuestra Señora, donde tuvo Audiencia de S. M., à la que se siguiò la del Principe nuestro Señor, y Señor Infante Don Gabrièl; y aunque solicitò su Exc. la de los demàs Señores Infantes, è Infantas, no pudo obtenerla, por estar ya sus Altezas comiendo. Finalizadas assi estas Funciones, se restituyò su Exc. à su Casa en el Coche del rey à guias, acompañado del referido Conde de Cocorani, Mayordomo, del Marquès de usel, Decano Gentil-hombre de Boca, y D. Blas de Lezo, Conductòr, y se sirviò en ella una delicada explendida Mesa; con- 39. Maria Amalia - 22 luglio 1760 267 cluìda la qual, passò su Exc. (como es costumbre, y con la correspondiente ceremonia) a visitar al Excmo. Señor D. ricardo Wall, del Consejo de Estado de S. M. y su primer Secretario del Despacho de Estado, que le bolviò la Visita al anochecer del mismo dia. tuvo la referida Entrada pública todo el lucimiento, que se esperaba, assi en el numeroso sèquito de familia de todas classes, ricamente vestida, como en las Carrozas de buen gusto, proprias de dicho Señor Embaxador, y de otros, que cerraban la marcha» (Gaceta de Madrid, 29 luglio 1760, n. 31, pp. 255-6). 13 Il Real Sitio de El Escorial era la rinomata tenuta reale spagnola fondata da Filippo II nel 1561. Concepita inizialmente come Monasterio de San Lorenzo el Real, divenne dopo anche residenza dei sovrani. Isolato nella pianura castigliana e distante 46 km da Madrid, l’Escorial era un complesso con quattro funzioni essenziali: palazzo reale, monastero jerónimo, sepolcro regio e basilica. tutto questo fu riunito in un edificio di enormi dimensioni e che ebbe grande fama in tutta l’Europa. La bibliografia su questo sito reale è cospicua, ma consigliamo la sintesi con tutta la bibliografia precedente di José Luis SANCHo GASPAr, Capítulo IV. El Real Sitio de San Lorenzo de El Escorial, in La arquitectura de los Sitios Reales, op. cit. a p. 63, nota 1, pp. 402-489. Dopo il 1763, Carlo III riformò profondamente la parte del monastero destinata ad alloggiare la famiglia reale durante la jornada annua che si faceva in autunno, dal 7 o 8 ottobre fino all’inizio di dicembre secondo FErNáN NúñEz, op. cit. a p. 34, nota 4, tomo II, p. 43. Questa parte del palazzo fu denominata il Palacio de los Borbones (cfr. José Luis SANCHo GASPAr, 2. 16. Dirección de la decoración interior y de los tapices para el Palacio del Real Sitio de San Lorenzo, in Francesco Sabatini, 1721-1797, op. cit. a p. 178, nota 2, pp. 272-3). Vedi anche Bonaventura BASSEGoDA I HuGAS, El Escorial como museo. La decoración pictórica mueble en el monasterio de El Escorial desde Diego Velázquez hasta Frédéric Quilliet (1809), universidad Autònoma de Barcelona-universidad de Barcelona-universidad de Girona-universidad de Lleida-Museu Nacional d’Art de Catalunya, Barcellona 2002; Delfín roDríGuEz ruIz, La sombra de un edificio. El Escorial en la cultura arquitectónica española durante la época de los primeros borbones (1700-1770), in «Quintana. revista do Departamento de Historia da Arte», 2003, n. 2, pp. 57-94 e Fernando MAríAS FrANCo, Cuando El Escorial era francés: problemas de interpretación y apropiación de la arquitectura española, in «Anuario del Departamento de Historia y teoría del Arte», 2005, n. 17, pp. 21-32. 14 La Gaceta informava infatti il 22 luglio: «La importante salud de los reyes, y Principe nuestros Señores, Señores Infantes, è Infantas, sus amados Hijos, continùa, para cumplida satisfaccion nuestra, sin la mas leve novedad; no teniendola tampoco la reyna Madre nuestra Señora, ni el Señor Infante Don Luis, que emprehenderàn su marcha esta tarde à dormir en el Campillo, y la continuaràn al real Sitio de San Ildephonso, al que iràn tambien sus Magestades, y Altezas el Sabado 26. del mismo desde el Escorial, teniendo dispuesto salir para este ultimo real Sitio desde su Palacio de Buen-retiro la tarde del Jueves 24» (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, p. 242). 15 Il Real Sitio de La Granja de San Ildefonso è la delizia reale fondata da Filippo V nel 1720 dopo l’acquisto dei terreni dall’Orden Jerónima che li possedeva e aveva fatto costruire una piccola azienda agricola. Vicina alla città di Segovia e isolata nella campagna, La Granja fu il posto pensato da questo sovrano per il suo futuro ritiro (cfr. José Luis SANCHo GASPAr, El retiro de Felipe V: imagen y sentido del Palacio de La Granja en 1724, in «reales Sitios», a. XXXVIII, 2001, n. 150, pp. 37-50). Era composto da un piccolo palazzo e dai giardini ispirati al sito reale francese di Marly. Filippo V rinunciò alla corona il 10 gennaio 1724 per motivi religiosi, portando con se nel suo ritiro sua moglie Elisabetta (cfr. su questo argomento Vicente BACALLAr y SANNA, marqués de San Felipe, Comentarios a la guerra de España e historia de su rey Felipe V, el Animoso, a cura di Carlos SECo SErrANo, Atlas, Madrid, 1957 268 Verso la riforma della Spagna: Carteggio (1725 dell’originale); Jacinto HIDALGo, La abdicación de Felipe V, in «Hispania. revista española de historia», a. XXII, 1962, n. 88, pp. 559-89 e VázQuEz GEStAL, Una nueva majestad, op. cit. a p. 32, nota 2). La morte del suo successore Luigi I proprio in quell’anno fece ritornare Filippo V sul trono. Il palazzo fu dunque trasformato, perché doveva dare alloggio a tutta la famiglia reale nella cosiddetta jornada de verano. Perciò fu ristrutturato dal 1724 in poi da Procaccini e dal 1736 in avanti da Sacchetti, in base ai disegni del defunto Filippo Juvarra. La bibliografia su questo sito è molto cospicua, ma il riassunto più compiuto è di José Luis SANCHo GASPAr, Capítulo V. Real Sitio de La Granja de San Ildefonso, in La arquitectura de los Sitios Reales, op. cit. a p. 63, nota 1, pp. 490-567. Vedi anche El Real Sitio de la Granja de San Ildefonso. Retrato y escena del rey, a cura di Delfín roDríGuEz ruIz, Patrimonio Nacional, Madrid 2000 e il n. monografico 144 (2000) della rivista «reales Sitios», dedicato a questo tema. 16 Maria Amalia, con le parole la “casa della mia suocera”, indica che il sito reale di San Ildefonso non era in realtà un bene patrimoniale della corona di Spagna, ma privato della regina Elisabetta. Infatti, il testamento di Filippo V, nel 1746, lasciò specificamente la proprietà del palazzo e di tutto il sito reale alla moglie: «Mas dejo a la reina mi muy cara y amada muger los distritos y territorios de San yldephonso y Valsayn, con sus respectivos palacios, alajas, y muebles, respecto de no haverse buelto a incorporar a la corona, despues de haverse desmembrado de ella, en virtud de la renuncia que hice» (Codicilo del Rey Nuestro Señor en el nombre de Dios Todopoderoso, Aranjuez 2 Junio 1727 in AGP, Histórica, caja 131; vedi anche CoXE, op. cit. a p. 30, nota 4, vol. III, p. 65 e BAuDrILLArt, op. cit. a p. 32, nota 2, tomo V, pp. 4416. Ciò nonostante, Elisabetta Farnese tentò insistentemente di rimanere a Madrid dopo il 1746, alloggiando nel palazzo dei duchi d’osuna fino al 1747; cfr. Margarita torrIoNE, Isabel Farnesio en el «Palacio Viejo» del Duque de Osuna: 1746-1747. Tres planos de Virgilio Rabaglio y un coliseo privado, in «Archivo Español de Arte», a. LXXII, 1999, n. 287, pp. 243-62. Solo dopo la morte di Elisabetta, avvenuta nel 1766, La Granja fu integrata nei beni patrimoniali della corona spagnola. XL Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 8 luglio 1760*. Alla punta del giorno di giovedì ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà de 17 del passato. Qualche riposo fu il non trovarvi menzione d’alcuno incomodo che Vostra Maestà soffrisse. Quella benché leggera cura che Vostra Maestà si degnò di spiegare come conveniente non mi lascia riflessione bastante a contenermi dalla supplica di qualche parola su quel che sia avvenuto, perché io non rimanga, in tanta lontananza, abbandonato a quel che indiscretamente si scriva. Il tenero monarca è, colla sua salute uguale alla soavissima vivacità, la delizia di tutti. Benedico quelle occupazioni che prendono il luogo o di una solitudine ipocondriaca o della conversazione di quelle donne alle quali manca tanto per poter degnamente trattenere Vostra Maestà. Il governo dello Stato e dei popoli, fatto in padrone con vero amore, sarà un piacere simile XL. tanucci - 8 luglio 1760 269 all’educazione de figli o all’agricoltura o all’architettura, e non deve mancare qualche occasione d’eroismo, che è il pascolo delle anime grandi. La Bagnara si studia e il nunzio combatte fin’ora in vano per ottenere la plenipotenza con torrigiani. Li portoghesi fanno ora in roma contro quel cardinale le nostre vendette come Laudon ha fatte alle linee di Landshut1 quelle della Sassonia2. Le voci di matrimonio toscano venute da Spagna furono una lettera di Jaci, la quale con mia gran sorpresa diceva tutta la storia. Io m’inquietai e non mi potei contenere dell’umiliarne a Vostra Maestà quelle poche parole. Con Jaci non contestai né me diedi per inteso di quella parte della sua lettera. Albertini dice che sulle tre istanze incaricate a Fuentes dello sfratto d’onduras3, delle prese e della pesca di Biscaja4 a terranova5, quella corte andrà temporeggiando perché il re rimanga alla pace indeciso. Dio perdoni al passato governo. Erano tutte cose facili quando gl’inglesi potevano temere. Essi ora sperano di poter deludere quando li francesi non anno più marina. Intanto però non si fa la pace e sarà questo tempo miglior del futuro per insistere al meno per onduras. temo che o prima o poi sarà necessaria quella via di fatto che si è dagl’inglesi tenuta per situarvisi. Ha la corte troppa soggezione del popolo in quella nazione. Difficilmente verrà a condiscendere e convenire quell’evacuazione che dispiacerebbe a molti privati. Il re vorrà fare una cosa alla volta. Io per l’amabile pupillo vorrei la prima quella Piacenza che fatta lascerebbe il re senza sollecitudine per l’Italia. La notizia del trattato che a quest’ora avrà turino dovrebbe incalzare le doglie. torrepalma però non mi da grandi speranze6. Quei tanti offizi venuti son di chi vorrebbe tutto venire, mandare, &c. per qualunque via si apra. L’Azienda sempre peggiora. ottobre mi fa ribrezzo, nel quale don Giulio manderà il piano di tutto l’anno e col confronto del consegnatogli da Squillace. La guerra non basta per sperar mutazione sufficiente alla pace. 260000m. ducati straordinarj che don Giulio ha avuti tra i grani del re, assegnamento di Sua Alteza reale, 50m. del riposto, 15m. dati da me de residui farnesiani e medicei7, 10m. d’aumento della posta, non sono bastati per essere in giorno. Dice che Squillace, nelle angustie, ricorreva all’alienare fiscali ricomprati; si è trovata qualche cosa in questo di vero. Ei già ha cominciato a proporlo. Io non so quale e quanto sia don Giulio; solo posso dire che è geloso e irritabile, per lo che sfuggo le occasioni. Ar- 270 Verso la riforma della Spagna: Carteggio disco di supplicare Vostra Maestà a preparare il re prima che venga quel piano che deve disgustare e persuadere. temeva per le giumente e allievi. ora che Dio le ha fatte arrivare sane e salve mi consolo del piacere che avranno recato a Vostra Maestà. Fajella di Suor Maddalena si è trovato buono e si è fatto governatore di Nereto, che solo vacava8. Son sicuro di che la duchessa di Martina è puntualmente pagata e non è stata in questi mesi cagione d’inquietarne Vostra Maestà. tutti si sono adempiti li tre ordini di Vostra Maestà. La mia maggiore e forse unica consolazione saranno tutti quelli che io abbia la sorte di ugualmente eseguire. Così lusingo questo mio durissimo esilio. E resto prostrato a piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 243, fogli 12r-13v. 1 Landsuth era la città tedesca capoluogo del distretto della Bassa Baviera costruita sulle rive del fiume Isar, affluente del Danubio. 2 Cfr. le notizie delle Gaceta de Madrid, 8 luglio 1760, n. 28 e 15 luglio 1760, n. 29. 3 L’Honduras era il paese centroamericano dove si erano stabiliti gli inglesi in modo da controllare la produzione e il commercio del palo campecce. Vedi il già segnalato CALDEróN QuIJANo, op. cit. a p. 190, nota 2. 4 Vizcaya è una delle provincie della regione basca situata al nord della Spagna, molto nota nel ‘700 per la sua attività di pesca. 5 terranova, così nominata da Caboto (Newfoundland, in inglese), è la più grande isola della costa orientale canadese. L’isola, appartenuta agli inglesi dopo il trattato di utrecht (1713), era nota mondialmente per la sua pesca del merluzzo e il baccalà; cfr. ralph G. LouNSBury, The British Fishery at New foundland, 1634-1763, yale university Press, New Haven 1934. Sugli interessi spagnoli per la pesca su quella isola, cfr. il Sobre la pesca del bacalao en Terranova y derecho de los guipuzcoanos. Papeles que pidió el Señor Don Joseph Patiño en Sevilla, Enero 27 de 1733 para conferir con los comisarios nombrados por S. M. con los Britanicos el punto de la pesca del bacalao en Terranova a que tienen derecho los vasallos de Su Majestad in AGS, Estado, legajo 7014. Vedi anche Vicente PALACIo AtArD, Los vascongados y la pesca de Terranova: las gestiones del marqués de Monteleón en Londres (1716-1717), in «Anuario de Estudios Americanos», a. I, 1944, pp. 723-39; Silvia L. HyLtoN, Las Indias en la diplomacia española, 1739-1759, vol. I-II, universidad Complutense de Madrid, Madrid 1979; María Nélida GArCíA FErNáNDEz,Comerciando con el enemigo. El tráfico mercantil anglo-español en el siglo XVIII (1700-1765), CSIC, Madrid 2006 e i lavori di Caroline MéNArD: Pesca gallega en Terranova en la época moderna: primeros resultados, in Canadá y la Unión Europea: visión multidisciplinar de la gestión pesquera, a cura di rosa GArCíA-orELLáN, universidad de Santiago de Compostela, Santiago de Compostela, 2007, pp. 99-114 e La pesca gallega en Terranova, siglos XVI-XVIII, universidad de Sevilla-Diputación de Sevilla-Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Siviglia 2008. 6 Alonso VErDuGo y CAStILLA (1706-1767), III conte di torrepalma, fu un diplomatico e letterato spagnolo. Membro fondatore dell’Academia Española de la Lengua e della real Academia de la Historia, fu nominato maggiordomo di settimana del re spagnolo nel 40. Maria Amalia - 29 luglio 1760 271 1746. Nel 1754 divenne inviato spagnolo a Vienna, ma nel 1760 fu trasferito alla corte del re di Sardegna come ambasciatore. Arrivò a torino nel luglio 1760, dove morí in carica nel 1767. Cfr. ozANAM, Les Diplomates espagnols, op. cit. a p. 26, nota 4, pp. 463-4. 7 I beni medicei, come quelli farnesiani, erano i feudi che i Medici avevano nel regno di Napoli e che erano stati ereditati da Ferdinando nel 1759 da suo padre Carlo, erede a sua volta del lignaggio estinto dei Medici. una lista dei feudi medicei posseduti dal sovrano napoletano si può trovare in GALANtI, Nuova descrizione geografica, op. cit. a p. 204, nota 2, p. 16. Vedi inoltre D’IorIo, Risorse e impieghi, op. cit. a p. 52, nota 1. 8 Nereto era – secondo Lorenzo GIuStINIANI, Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli di Lorenzo Giustiniani a su Maestà Ferdinando IV re delle Due Sicilie, tomo VII, Napoli 1804, pp. 20-1 – «terra regia in Abruzzo ulteriore nel ripartimento di teramo, e in diocesi della stessa città di teramo, da cui è lontana circa miglia 16. [...] Questa terra fu venduta all’università della città di Ascoli della Marca insieme colla torre ad trontum, cum Cabiano, et Montorio per ducati 14000, con patto di rinnovare ogni 39 anni detta vendita, e pagare il rilevio». 40 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Non si creda alle ciarle intorno alla sua salute. Roma e Portogallo. Rosemberg si raccomanda a tutti pel matrimonio toscano. Prese inglesi. Honduras. Piacenza ed America. Don Giulio piano d’Azienda. Escuriale magnifica. Descrizione di San Idelfonso [sic]. San Ildephonso, 29 luglio 1760. Venerdì mattina al Escurial giunse il corriere di Napoli con le lettere di 8 di questo mese e con le prospere nuove della buona salute dei miei figli. Vi ringrazio delle nuove premure che mi dimostrate della mia salute. Grazie a Dio va meglio, ma ben sapete che quando la mente e l’animo patisce il povero corpo ancor se ne risente. Jo sto con una malinconia che simile non ho provata. Per quanto mai faccia per solevarmi o riesce inutile o più mi ratrista. Questa mi consuma. In fine Dio ajuterà se sarà sua volontà. Ma se voi date orecchio a quanto da qui da tanti viene scritto vi faranno perdere il cervello. L’affare di Portugallo con quel cardinale è veramente forte e pare che la poca condotta del ministro portughese in roma più l’inasprisca1. Non mi fa meraviglia che yaci v’abbia scritto su del matrimonio toscano2. Questo conte di rosembergh [è] impegnatissimo che si faccia, ma credo più ancora per darci le due loro arciduchesse3. Ne parla con tutti e si raccomanda a tutti che vedano d’accomodare la cosa, ma trova poca udienza da per tutto. 272 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Perciò che riguarda i negoziati di Fuentes, quello delle prese ne hanno rese tre. La quarta, se la rendono, sarà gentilezza perché, a dirla sinceramente, abbiamo torto perché il padrone di quel bastimento invece di andare alla pesca di terranova andiede [andò] a portare soccorsi a francesi in Quebec e colà lo presero. In questo punto della pesca essi stanno molto forte e non credo che se ne farà niente. Pure all’ultimo potressimo [potremmo] cedere in questo, purché si accomodasse quello d’Honduras. Cert’è che Piacenza è una delle cure principali del re, ma non puol per questo trascurare quello d’America ove oggi o domani gl’inglesi, con quei stabilimenti fatti, si possono rendere padroni del Mexico. Jo anderò preparando il re per ricevere il piano che don Giulio ha da mandare. Quel ch’egli dice che Gregorio ricorreva ad alienare fiscali ricomprati è stato una o due volte, ma non in tanta somma. Con quello che da fuori se gli è suplito avrebbe dovuto bastare. temo jo che il buon don Giulio troppo si lasci portare dalla Camera [della Sommaria]4, la quale mai ha fatto utile a la zienda5. Se lui stesso non invigila, sopra tutti i amministratori ramo per ramo, le cose anderanno sempre di mal in peggio6. Vi ringrazio del pronto accomodo del parente di Maria Maddalena. Grazie a Dio tutta la famiglia sta bene. Giovedì partimmo alle 6 della mattina ed arrivammo al Escuriale poco dopo le 9 e ½, con un caldo ed una polvere insopportabili7. Quel dopo pranzo, come quello del venerdì, l’impiegai ad osservare quella fabbrica veramente magnifica8. Il sabato mattina alla medesima hora partimmo e giunsimo qui con pochissima differenza di tempo. Adesso vado a farvi un pocco di descrizione del famoso San Ildefonso. Al calare della montagna, che chiamano el Puerto9, si entra in una valle ben brutta. Da lì a poco si piglia un viale che introduce nella piazza tutta storta e bistorta10. Il palazzo da quella parte non comparisce niente, essendo bruttissima la facciata11. Jo abito nel quarto grande d’esta ch’è grande e magnifico12. tutto il resto della casa sono buchi e bucharelli. Questo quarto casca sul giardino13. La facciata da questa parte, fatta da Jovara14, è bella15. Il parterre avanti la casa è piccolissimo16, terminato da una magnifica cascata17, ma è troppo vicina, come ancora l’alberi che non lasciano altra veduta che questo piccolo parterre ed una orrida montagna che vi è dietro al giardino, che pare che dalle finestre si possa toccare con le mani18. Il giardino è grandissimo e le fontane sono magnifiche: si per la loro costruzione come per i grandissimi getti d’un aqua cristallina19. Vi prego però di dire a 40. Maria Amalia - 29 luglio 1760 273 Vanvitelli, da parte mia, che spero ch’allor che sia finito il suo giardino di Caserta sarà molto più bello che questo20. L’altro ieri che vi fui a passeggiare poco dopo le 6, che il sole era ben alto ancora, non ci si poteva più resistere per il freddo e l’humido e, se ho da dire ingenuamente, a me non mi piace e per mia elezione non vi starei nemmeno 24 hore. Questo è quanto vi posso dire. Finisco assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 Francisco d’ALMADA DE MENDoçA era l’ambasciatore portoghese a roma nel 1760. Sarà protagonista del conflitto diplomatico che a roma sorse fra il re del Portogallo e il papa in quei mesi. Vedi ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2. 2 Il matrimonio fra l’arciduca Leopoldo, futuro granduca di toscana, e l’infanta spagnola Maria Luisa. 3 Cioè, due figlie di Maria teresa che la corte di Vienna aveva intenzione di sposare con Carlo, principe d’Asturias, e Ferdinando, re delle Due Sicilie. 4 Com’è ben noto (ed è sinteticamente così descritto da SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4, vol. I, p. 26), «a capo dell’amministrazione finanziaria [del regno delle Due Sicilie], intesa come cura del ‘real patrimonio’, stava il supremo tribunale della Regia Camera della Sommaria [...]. La più importante delle sue funzioni era l’esazione de’ tributi. Per questa, aveva tesoriere e percettore in ogni provincia, con commissari e birri, addossando loro particolari spese locali. Il denaro riscosso dalla r. Camera era versato nella Tesoreria e principalmente nella Cassa militare, addetta alle spese più essenziali, oltre le militari». Su questo tribunale, vedi anche specificamente troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo IV, parte III, 1751, pp. 419-23 e Fausto DE MAttIA, La corte dei conti nel Regno di Napoli, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», a. CXXII, 2004, pp. 353-94. 5 L’Azienda del regno delle Due Sicilie era responsabilità esecutiva della cosiddetta Segreteria di Stato e Dispaccio d’Azienda, gestita inizialmente da Giovanni Brancaccio dal 1737 fino al 1753, dopo da Leopoldo de Gregorio dal 1753 fino al 1759 e finalmente da Giulio Cesare d’Andrea dal 1759 in avanti. È stata studiata in SALVAtI, op. cit. a p. 68, nota 2, ma è opportuno consultare anche AJELLo, La vita politica napoletana, op. cit. a p. 29, nota 4. un primo bilancio delle finanze pubbliche del regno di Napoli sotto Carlo di Borbone si trova in Ilaria zILLI, Carlo di Borbone e la rinascita del Regno di Napoli: le finanze pubbliche, 1734-1742, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1990. 6 Carlo III, come Maria Amalia, consigliava a tanucci di non fidarsi delle consulte della Sommaria: «Veo quanto me dizes que persuadio la Sumaria sobre los cristales y vitelas para algunos de sus subalternos, y en particular a D. Julio, y sobre esto me remito a los que te tengo dicho, y solo te añadire que no quisiera que D. Julio se dejase llevar tanto de la Sumaria, pues se por experiencia que no es menester hazerlo» (Lettera 32: Carlo III a tanucci, Aranjuez 27 mag. 1760, in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 98). 7 Come informava la Gaceta: «Los reyes, y Principe nuestros Señores, y los Señores Infantes, è Infantas, sus amados Hijos, hicieron con la mayor felicidad sus marchas desde esta Villa à San Lorenzo el real, y desde allì al real Sitio de San Ildephonso, llegando el 26. à este ultimo destino, en donde tuvieron la satisfaccion de hallar con cumplida salud à la reyna Madre nuestra Señora, y al Señor Infante Don Luis, ques estaban en èl desde el 23., y el gusto de vèr desde los Balcones de aquel real Palacio la primorosa Iluminacion, con que el parti- 274 Verso la riforma della Spagna: Carteggio cular amor de la reyna Madre nuestra Señora dispuso se celebrasse aquella noche el apetecido arribo de sus Magestades, y Altezas; cuya importante salud, como la de la reyna Madre nuestra Señora, y la del Señor Infante Don Luis sabemos, por las ultimas noticias, continùa sin la mas leve novedad» (Gaceta de Madrid, 29 luglio 1760, n. 31, p. 253). 8 Sull’immagine e notorietà dell’Escorial nel Settecento, vedi Selina BLASCo CAStIñEyrA, La imagen literaria de El Escorial en el siglo XVIII: reflexiones sobre las fuentes del viaje ilustrado, in «Cuadernos de Historia Moderna», 1991, n. 12, pp. 167-82. 9 Maria Amalia si riferisce al puerto de la Fuenfría (qualche volta anche Fonfría) che, secondo l’Enciclopedia Universal Ilustrada era il «puerto de la sierra del Guadarrama, en la provincia de Segovia, situado en los puertos llamados del Guadarrama y el de Navacerrada. Era paso obligado de los monarcas que iban á la Granja antes de ser transitable el puerto de Navacerrada, y de los gallegos que se dirigían á la siega en Castilla la Nueva» (Enciclopedia Universal Ilustrada Europeo-Americana, tomo XXIV, Espasa-Calpe, Madrid 19582, p. 1457). ringrazio José Luis Sancho per questa informazione. 10 La cosiddetta plaza de palacio era il cortile principale d’ingresso alla reggia dopo la ristrutturazione fattasi dal 1724 in avanti. Maria Amalia non gradiva questo spazio perché a quel tempo mancava uno degli edifici fondamentali per chiudere e finire la sua definitiva configurazione: il Cuartel de Guardias de Corps che Carlo III fece costruire nel 1764 (cfr. SANCHo GASPAr, Capítulo V. Real Sitio de La Granja de San Ildefonso, op. cit. a p. 268, nota 15, in part. pp. 540-1). 11 Infatti, quello che il visitatore trovava innanzi a sé – e lo trova ancora oggi – non è il palazzo, ma proprio l’abside della cappella del palazzo, finita da teodoro Ardemans nel 1724 ma rifatta poco dopo da Andrea Procaccini. Su questa facciata, vedi la bibliografia generale del palazzo sopraccennata ed anche i lavori di teresa LAVALLE-CoBo, La fábrica de la colegiata de La Granja, in El arte en las cortes europeas del siglo XVIII, op. cit. a p. 83, nota 8, pp. 3517 e La obra de Andrea Procaccini en España, in «Academia. Boletín de la real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 1991, n. 73, pp. 379-98 e Jörg GArMS, Referentes europeos de La Granja de San Ildefonso in El Real Sitio de la Granja de San Ildefonso. Retrato y escena del rey, op. cit. a p. 268, nota 15, pp. 42-50. 12 Il quarto grande era l’antica camera da letto di Filippo V e di Elisabetta Farnese che, ristrutturata da Juvarra e Sacchetti dopo il 1735, stava nel centro geometrico della facciata principale sul giardino. 13 Il giardino de La Granja, molto noto al suo tempo, aveva una grande quantità di fontane e parterres. Cfr. in generale i lavori di SANCHo GASPAr, Capítulo V. Real Sitio de La Granja de San Ildefonso, op. cit. a p. 268, nota 15, pp. 494-517 e Los jardines de la Granja de San Ildefonso: en torno a la restauración de un jardín formal, in «reales Sitios», a. XXXI, 1994, n. 120, pp. 17-28 e, ancora, José Luis SANCHo GASPAr e María MEDINA Muro, Los jardines del Real Sitio de la Granja, in El Real Sitio de la Granja de San Ildefonso. Retrato y escena del rey, op. cit. a p. 268, nota 15, pp. 139-51. 14 Filippo JuVArrA o JuVArA (1678-1736) fu un architetto e scenografo italiano al servizio dei re di Sardegna e di Spagna. Nato a Messina, si trasferì a roma, dove cominciò ad avere gran fama lavorando per il cardinale Pietro ottoboni ed altri mecenati durante il primo quarto del Settecento. Nel 1714 fu chiamato dal re Vittorio Amedeo II di Savoia, e si stabilì a torino dove progettò e costruì le sue opere più importanti e quelle che gli daranno un riconoscimento europeo di grande respiro: la basilica di Superga, le chiese di S. Filippo Neri e del Carmine, la palazzina di caccia di Stupinigi, la facciata di Palazzo Madama e la tenuta di Venaria reale. Dopo un’ampia attività costruttiva, fu chiamato in Spagna per costruire un nuovo palazzo reale a Madrid, dopo l’incendio e la demolizione dell’antico Alcázar degli 40. Maria Amalia - 29 luglio 1760 275 Austrias ispanici nel 1734. Arrivato nella capitale spagnola nell’aprile 1735, Juvarra fece i disegni e i progetti per una nuova e grande reggia, ma la sua morte, avvenuta l’anno successivo, non gli consentì di portarla avanti. La bibliografia su questo artista è molto ricca ma la monografia fondamentale è di Gianfranco GrItELLA, Juvarra: L’Architectura, vol. I e II, Franco Cosimo Panini, Modena 1992. una sintesi biografica in tommaso MANFrEDI, Juvarra, Filippo, in DBI, e artistica in Henry A. MILLoN, Filippo Juvarra (1678-1736), in Storia dell’architettura italiana. Il Settecento, vol. II, op. cit. a p. 128, nota 23, pp. 516-39. Sull’attività di Juvarra in Spagna, vedi Eugenio BAttIStI, Juvarra a San Ildefonso, in «Commentari», a. IX, 1958, n. 4, pp. 273-97; yves BottINEAu, El arte cortesano en la España de Felipe V (17001746), Fundación universitaria Española, Madrid 1986 (1962 dell’originale in francese); Cesare GrEPPI, Filippo Juvarra a Madrid, Istituto Italiano di Cultura, Madrid 1978; il numero monografico dedicato a lui della rivista «reales Sitios», a. XXXI, 1994, n. 119; José áLVArEz LoPErA, Philip V of Spain and Juvarra at the Palace of La Granja: The Difficulty of Being Alexander, in Alexander The Great in European Art, a cura di Nicos HADJINICoLAou, organization for the Cultural Capital of Europe, thessaloniki 1997, pp. 37-46; José Manuel BArBEIto DíAz, Juvarra y el proyecto del Palacio Real de Madrid, in «Academia. Boletín de la real Academia de Bellas Artes de San Fernando», 1999, n. 89, pp. 9-26 e Juan José ALoNSo MArtíN e María del Mar MAIrAL DoMíNGuEz, Planos inéditos del proyecto de Filippo Juvarra para el Palacio Nuevo de Madrid, in «reales Sitios», a, XLI, 2004, n. 161, pp. 2-23. Cfr. anche i cataloghi delle mostre: Filippo Juvarra, 1678-1736. De Mesina al Palacio Real de Madrid, a cura di Antonio BoNEt CorrEA e Beatriz BLASCo ESQuIVIAS, Electa-Ministerio de Cultura, Madrid 1994; Filippo Juvarra. Architetto delle Capitali da Torino a Madrid, 1714-1736, a cura di Vera CoMoLI MANDrACCI e Andreina GrISErI, Fabbri, Milano 1995 e Filippo Juvarra e l’architettura europea, a cura di Antonio BoNEt CorrEA, Electa Napoli, Napoli 1998. Vedi finalmente María José Muñoz DE PABLo, Un lugar en Madrid para el Palacio Real de Filippo Juvarra, «EGA. revista de expresión gráfica arquitectónica», 2010, n. 15, pp. 148-55 e José Luis SANCHo GASPAr, El proyecto de Filippo Juvarra para el Palacio Real de Madrid, in Filippo Juvarra, 1678-1736. Architetto dei Savoia, architetto in Europa, vol. II: Architetto in Europa, a cura di Elisabeth kIEVEN e Cristina ruGGEro, Campisano, roma 2014, pp. 273-88. 15 Su questa facciata, ristrutturata fra il 1737 e il 1743 da Sacchetti, seguendo il disegno originale modificato di Filippo Juvarra, vedi José Luis SANCHo GASPAr, Juvarra en los palacios reales españoles: el Palacio de La Granja, in Filippo Juvarra, 1678-1736. De Mesina al Palacio Real de Madrid, op. cit. nella nota precedente, pp. 251-75; e i lavori di Javier ortEGA e José Luis SANCHo: Entre Juvarra y Sacchetti: el emblema oriental de la Granja de San Ildefonso, in «reales Sitios», a. XXI, 1994, n. 119, pp. 55-64 e La Granja y los Palacios de San Ildefonso. Sobre la restitución gráfica de las opciones arquitectónicas de Felipe V e Isabel de Farnesio, in El Real Sitio de la Granja de San Ildefonso. Retrato y escena del rey, op. cit. a p. 268, nota 15, pp. 102-26. 16 Maria Amalia si riferisce alle cosiddette terraza y parterre de Palacio, proprio davanti al balcone della sua camera da letto. 17 Il parterre de Palacio continuava con la cascada nueva-fuente de Anfítrite, finendo prospetticamente nella fuente de las Tres Gracias. 18 La montagna è quella appartenente ai montes o macizo de Peñalara ed è detta la silla del Rey. ringrazio ancora José Luis Sancho per questa informazione. 19 Le fontane de La Granja erano state fatte dal 1720 in poi sotto ordine e supervisione costante di Filippo V e di Elisabetta Farnese. Sulla forma e configurazione di queste fontane prima dell’arrivo di Maria Amalia, vedi il manoscritto anonimo Descripción General de los diámetros y figuras que hazen los estanques de las fuentes como también de las obras de scultura y el número de los surtidores, con sus diámetros y alturas de aguas que ay enser en los jardines del Real 276 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Sitio de San Yldefonso, in BPr, II/631 (vedi anche le schede di catalogo sui libri e manoscritti della mostra El Real Sitio de la Granja de San Ildefonso. Retrato y escena del rey, op. cit. a p. 268, nota 15). La prima descrizione accurata del Sitio Real dopo la morte della regina Amalia fu redatta da Antonio PoNz y PIQuEr, Viage de España, en que se da noticia de las cosas más apreciables, y dignas de saberse, que hay en ella, tomo XI, por la Viuda de Ibarra, Hijos y Compañía, Madrid 17872, pp. 111-76. 20 Maria Amalia fa riferimento ai giardini progettati da Vanvitelli per la reggia di Caserta, che erano state presentati all’Europa nel magnifico libro con incisioni ideato dallo stesso architetto romano: Dichiarazione dei disegni, op. cit. a pp. 127-8, nota 23. Sul giardino di Caserta, vedi i lavori di Giuseppe GHIGIottI, Luigi Vanvitelli, mediatore di due istanze culturali nella progettazione del parco di Caserta, in Luigi Vanvitelli e il ’700 europeo, op. cit. a p. 128, nota 23, vol. II, pp. 59-64 e The design and realization of the park of the royal palace at Caserta by Luigi and Carlo Vanvitelli, in «the Journal of Garden History», a. V, 1985, n. 2, pp. 184-206; George L. HErSEy, Ovid, Vico and the Central Garden at Caserta, in «the Journal of Garden History», a. I, 1981, n. 1, pp. 3-34 e Carlo kNIGHt, Il Giardino Inglese di Caserta: un’avventura settecentesca, Peerson, Napoli 1986. XLI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 15 luglio 1760*. Non poteva per me celebrarsi il giorno faustosissimo di Vostra Maestà colla gioja maggiore di quella della notizia della salute di Vostra Maestà e della famiglia reale, che il corriere de 24 del passato arrivò a portarmi quel giorno solenne, e della sovrana lettera di Vostra Maestà ch’io ricevei con tutti li risalti dell’umile mia riconoscenza. Questo sempre più grazioso monarca la gode uguale col reale fratello. Né il baciamano né il teatro di quel giorno abbatterono punto le tenere membra sostenute da uno spirito vigoroso che sembrava anche più efficace del solito. Il ritratto per braccialetto destinato alla contessa di Neipperg in regalo del comparativo è venuto anche più bello degli altri che si sono dati finora. Io vi ho piacere perché ei faccia in Vienna qualche vendetta e rammarico. Abbiamo ceduto Manzuoli1 a quelle nozze politiche e sostituito Ve2 roli . orfeo mansuefaceva col canto le maggiori ferocie, ma io nulla spero da quest’orfeo che mandiamo a Vienna3. Ah, il re di Prussia ha troppo peccato perché io prenda alcuna consolazione di quella mutazione di massime che viene nella corte di Petersburg, a proporzione che manca la Czarina e piedi prende il granduca4. Se si deve credere a certe apparenze, Choiseul si va convertendo. Galiani vuol ch’io lo creda, ma qualunque bene venga non sperò mai la costanza, ove li privati e tutti quei che servono e circondano il re sono attenti XLI. tanucci - 15 luglio 1760 277 principalmente a fare il fatto loro. Dicono che si và a far duca e pari il marito5 della marchesa se il parlamento6 non vince, il quale così divien sempre più stimato dalla nazione. Choiseul dunque non prega in contrario finché spirano questi venti. Non è sperabile un sistema regolare che faccia l’unione de Borboni solida e stabile e tremenda qual potrebbe essere. Aspetto con impazienza che risponderà la Francia alla seria riconvenzione del re sull’indegna proposizione per Piacenza. Da quel che Galiani scrive e [che] Basquiat disse, sembrerebbe che Choiseul senta qualche rimorso. Il raziocinio però è strano e quando questo manca, ogni stravaganza si può temere. Prendessero li francesi almeno un poco d’animo della vittoria ultima del Canada, la quale ha tra le altre buone cose quella de essersi scoperto che gl’inglesi non hanno in quei paesi quelle gran forze terrestri che dicono. Gran rumore fanno in roma le cose portoghesi7. Quei soldati e quel pretesto di farne scortare il nunzio mostra[no] che sono ancora quelli di Sertorio8 e di Viriate9; nel resto par che roma e Lisbona si picchino e gareggino nelle stravaganze. Spero che vengano figli per li quali la regina madre si quieti e non sia il re disturbato. tra noi continua la concordia, ma non cresce il danaro. È avvenuto quello ch’io umiliai nella settimana passata a Vostra Maestà. Don Giulio ha proposto la vendita de fiscali o di altro fondo pubblico sull’esempio di quel che si fece talora al tempo di Squillace. Voleva il Consiglio, il quale ha approvato ch’io ne umiliasse al re la relazione per averne la permissione. Dissi ch’io non era sicuro di che al tempo di Squillace si sia fatto questo. Il Consiglio ordinò che si cercassero questi esempi, benché San Nicandro disse che era certo, ma questo io feci per prender tempo di supplicar a Vostra Maestà che il re prevenga questa relazione con qualche riforma. Sapevo io qualche cosa di questa scarsezza quando umiliaj al re il mio parere di assegnare a Caserta la sola posta, non essendo necessario che il palazzo sia finito prima dell’età maggiore e del matrimonio. Sarebbe mia cura che la diminuzione riuscisse insensibile e che con residui farnesiani e con qualche riforma, 8000 ducati mensuali almeno vi si spendessero. Avrebbe così don Giulio un risparmio di circa 11.m ducati mensuali, che si potrebbono assegnare ai creditori della corte. Qualch’altro risparmio giornalmente deve venire. Come non vi è segreto, ognun parla di questa mancanza e quelli che meno dovrebbero. ognuno giudica e dice che la reggenza dovrebbe sospender le fabbriche. Dio sa quanto perdono mi bisogna per questo forse indiscreto zelo. Se mai tanto sia necessario, tutto tocca a me più che ad 278 Verso la riforma della Spagna: Carteggio alcun altro per tanti eccessi di bontà che il re ha voluto versare sull’immeritevole mia persona. Son sicuro di che Vostra Maestà s’immagina il tormento che ne sente il mio cuore. Ma è meglio finire questa tetraggine e ch’io, tacendo, mi prostri alli reali piedi di Vostra Maestà. * AGS, Estado, libro 243, fogli 30v-32r. 1 Giovanni MANzuoLI (1720-1782), noto castrato nato a Firenze, era allora a Napoli. Arrivato nel 1737 per l’inaugurazione del teatro di San Carlo, era rimasto in città fino al 1748. Come c’informa l’architetto Vanvitelli, il famoso artista si recava a Vienna intorno a questa data: «Ieri sera fu l’ultima opera del teatro di S. Carlo, ed il Manzoli domani partirà per Vienna» (Lettera 774: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 5 agosto 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, pp. 567). Su questo personaggio, vedi k. k. HANSELL, Manzuoli, Giovanni, in The New Grove Dictionary of of Music and Musicians, Second Edition, MacMillan, Londra 2001, pp. 792-3 e Baker’s Biographical Dictionary of Musicians, vol. 4: Levy-Pisa, Schirmer Books, New york 200110, p. 2273. 2 Giacomo VEroLI (1730-1797), come il Manzuoli, era un altro cantante di origine fiorentina, anch’egli allora a Napoli. Vedi Lettera 819: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 29 nov. 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 636. 3 orFEo era l’eroe greco figlio della musa Calliope ed Eagro o Apollo che, come narrò ovidio nelle sue Metamorfosi, Libro XI, incantava gli animali, le piante e persino le rocce con i suoi canti: «Mentre con si soave, e dolce canto/ le selve, e le ferine menti move/ l’altissimo Poeta, e fa, che ’l pianto/ spesso da gli occhi lor trabocca e piove;/ ecco servando il rito allegro, e santo/ del lieto Dio theban, figliuol di Giove,/ veggon le tracie nuore, ove la lira/ le piante, i sassi, e i brutti alletta, e tira./ Nel sacro à punto, & honorato giorno,/ che fanno honore à l’inventor del vino,/ trovossi orfeo tirare à se d’intorno/ la fera, il sasso, il fonte, il cerro, e ’l pino» (traduzione in verso da Giovanni Andrea dell’Anguillara, del 1563). 4 tanucci probabilmente si riferisce al granduca PEtEr FEoDoroVICH DI HoLStEINGottorP (1728-1762), erede della zarina Elisabetta e futuro zar col nome di Pietro III. Era figlio di karl Friedrich, duca di Holstein-Gottorp (1700-1739) e Anna Petrovna (17081728), figlia di Pietro Il Grande. Schierato notoriamente a favore di Federico II nella guerra dei Sette Anni, fece con questo la pace e l’alleanza nel 1762, poco dopo la sua salita al trono di russia all’inizio di quell’anno. 5 Charles-Guillaume LENorMANt D’étIoLES (1717-1799), fu un uomo d’affari francese noto per essere il marito della celebre madame di Pompadour. Figlio di Hervé-Guillaume Lenormant du Fort, trésorier général des Monnaies, e nipote di Charles François Paul Lenormant de tournehem, un ricco fermier généraux di Francia, Charles-Guillaume fu scelto da suo zio per ereditare il suo ricco patrimonio. Nel 1741 sposò la futura madame de Pompadour, che alcuni storici ritengono fosse figlia dello zio di Charles-Guillaume. Dal 1745 in poi, rimase invece legalmente separato da sua moglie che, presentata a corte, cominciò ad essere ufficialmente l’amante del re Luigi XV. 6 Il Parlamento di Parigi, che affondava le sue radici nella Cura Regis del Medioevo, fu un tribunale sovrano dell’Antico regime francese. Aveva diverse attribuzioni giudiziarie ed amministrative; farne parte era molto apprezzato della nobiltà de robe. Sulla sua storia nel Settecento, vedi François BLuCHE, L’Origine des magistrats du Parlament de Paris au XVIIIe siècle (1715-1771). Dictionnaire généalogique, Faculté des lettres de l’université de Paris, Parigi 1956; John roGIStEr, Louis XV and the Parlement of Paris, 1737-1755, Cambridge universityPress, Cambridge 1995 e Philippe PAyEN, Les Arrêts de règlement du Parlement de Paris au XVIIIe siècle: dimension et doctrine, Presses universitaires de France, Parigi 1997. 41. Maria Amalia - 5 agosto 1760 279 7 Ancora tanucci scriveva a Aci su questo argomento: «In Portogallo e in roma si gareggia di stravaganze. Il segretario non doveva omettere il nunzio negli avvisi del matrimonio. Acciajuoli non doveva lasciar d’illuminar la casa. Li soldati non erano necessari e bastava l’intimazion di sfrattare. torrigiani non doveva con Acciajuoli tenere lo scandaloso carteggio nel quale è una lettera che ordina al nunzio il proteggere la causa dei gesuiti rei, [e] procurare, essendo egli uno de giudici, che non fossero condannati e, se lo fossero dalla maggior parte dei giudici, non sottoscrivere la sentenza, e se fosse forzato, rompesse e si partisse» (AGS, Estado, libro 243, fogli 43v-44r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 22 luglio 1760). 8 Quinto SErtorIo (c. 123 a.C.-72 a.C.), generale romano che guidò i Lusitani contro il partito di Silla nella penisola iberica nel I secolo a. C. 9 VIrIAto (180 a.C.-139 a.C.), il noto eroe della tribù dei Lusitani che lottò contro i romani durante la guerra di conquista della penisola iberica nel II secolo a. C. 41 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Vienna. Ritratti di Menx e di Ciccio. Rosemberg vedendoli. Matrimonj quali medita. Pompadeur duca e pari. Piacenza. Bastardi di Portogallo esiliati. Vendita di fiscali. Segreto del Consiglio di Reggenza. San Idelfonso [sic] simile alle montagne del Sesto e di Capriati. San Ildephonso, 5 agosto 1760. Non prima di sabato mattina giunse il corriere di Napoli che mi recò gran contento per le prospere nuove della buona salute di mio figlio, il quale abbia si bene sostenuta la non piccola fatica del giorno 10 con il gran caldo del quale egli molto patisce. Che volete sperare del orfeo che mandate a Vienna. Quella corte non ha altra mira che la sua ambizione. Godo che il ritratto regalato alla Neipergh sia riuscito così bello. In questo giorno sono anche giunti qui li due ritratti venuti da Napoli. Quello di Menx è un bellissimo quadro, ma niente ci assomiglia1. Quello di Ciccio2 veramente è bellissimo e solo ci manca la parola3. Avendo fatto vedere questi ritratti, il conte di rosembergh non poteva saziarsi di guardarlo e lodarne la vivacità e la bella fisionomia e so che disse a qualche d’uno che sperava portarle la sposa; volentieri l’avrei offerto un palicco per pulirsi i denti4. Nella mia mente ho trovate già ambe le spose: cioè la piccola di Parma5 e la prima di turino6. Con loro certo non ci voglio aver che fare7. Vi assicuro che se non vi fosse tanto interessata la povera casa mia, forse ancor jo diverrei prussiana [ossia, nemica degli austriaci]; tanto stomacata sono della condotta della corte di Vienna8. 280 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Cosa in vero troppo scandalosa sarebbe il vedere duca e pari il marito di madame la marquise [di Pompadour]; ma se lo vorrà, con forza l’avrà. L’unione de’ Borboni, che dovrebbe essere la loro vera massima e che li renderebbe formidabili nel mondo, non è sperabile fintanto che in Francia sussistino le presenti massime e la loro poca buona fede9. Choiseul una cosa dice e pare ne faccia un’altra. Adesso è qualche tempo da quando ve lo scrissi che non si è più parlato dell’affare di Piacenza. Buono è per quest’affare che la pace non pare così vicina. Jo pure speravo che l’affare del Canada avesse reso un poco di spirito a francesi, ma col altro affare contrario ivi successo saranno un altra volta diventati conigli10. Lo stesso è accaduto all’armata di Broglio, dopo il vantaggio riportato: è stata sorpresa una brigata e tutta o fatt’in pezzi o fatta prigioniera11. Li disturbi di Portugallo pare che non finiranno mai. Con le ultime lettere abbiamo mandati in esilio li due fratelli bastardi12 del re13. Vedo quel che mi dite d’avere don Giulio di già proposta la vendita de fiscali. Mi dispiace che si trovi in tali angustie. Preverrò il re di quanto mi dite su di ciò, ma vi assicuro che non comprendo come ciò vada perché tali e tante non dovrebbono essere le strettezze per l’esperienza che ho degl’anni antecedenti14. Non avete bisogno di perdono per il zelo che dimostrate per l’interessi del pupillo; anzi, meritate ogni lode. In questa non corta minor età devesi procurare fargli tutti li vantagj possibili, acciò uscendo da quella trovi le sue cose nel miglior stato che si possa, tanto più che allora devono ancora di nuovo crescere i pesi dovendosi casare. E questo sto sicura che voi sarete il primo a fiottare che si faccia presto, ma non con l’austriaca. Mi dispiace quel segreto che manca nella regenza. È vero che don Michele reggio e don Domenico di Sangro sono due trompete che tutto hanno da publicare. Qui stiamo nel grand’inverno. o[h] che brutto paese; come mai Filippo Quinto ha potuto sceglierlo per farvi una delizia[?]. Cioè, così lo chiamano, ma a me non pare. Ieri fece una giornata come da noi in Napoli suole fare verso Natale: piovendo tutto il giorno a secchij, un oscurità terribile ed un freddo da morire. Figuratevi che bel rimedio per l’ipocondria in mezzo a queste montagne molto simili a quelle verso il Sesto15 e Capriati16, ma più brutte ancora. Altro non mi resta a dirvi. Vi assicuro dunque della mia benevolenza. Amalia. 41. Maria Amalia - 5 agosto 1760 281 1 Il sopraccennato quadro custodito nel Museo Nacional del Prado; cfr. la nota 5 a p. 136-7. Al riguardo di questa composizione, Vanvitelli aveva scritto prima: «ho veduto il suo ritratto [del re delle Due Sicilie] fatto dal Menghs, il quale è bello, benché vi sia del tedesco assai» (Lettera 707: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 14 gen. 1760, in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 459). 2 Francesco LIANI (qualche volta detto Ciccio) (?-post 1783) fu un pittore emiliano al servizio del re delle Due Sicilie dal 1754 fino alla morte. Il suo primo incarico furono i ritratti della famiglia reale napoletana, per cui ebbe il titolo onorifico di pittore di Camera: vedi APPENDICE XI: Documenti, n. 19. Fu anche il pittore dei due grandi ritratti a cavallo di Carlo di Borbone e Maria Amalia, che oggi sono nel Museo di Capodimonte e che furono eseguiti nel 1755, come sappiamo dal loro pagamento: vedi APPENDICE XI: Documenti, n. 20. Sul personaggio, vedi l’accennata biografia Manuela GIANANDrEA, Liani (Aliani, Liano, Liagno, Llano), Francesco, in DBI, così come, ad indicem, Nicola SPINoSA, Pittura napoletana del Settecento, vol. II: Dal Rococò al Classicismo, Electa, Napoli 19932 (1986). 3 Il quadro al quale fa riferimento Maria Amalia è senza dubbio quello custodito oggi al Museo Nacional del Prado (vedi Fig. 39) con il n. inv. P04731 (vedi Museo del Prado. Inventario General de Pinturas, op. cit. a p. 106, nota 13, p. 725, n. 2773). Catalogato come anonimo sotto la voce «copia de Anton raphael Mengs», deve essere attribuito a Liani. Esiste una replica conservata al palazzo reale di Caserta con il n. inv. 1951-2, n. 2217 (vedi Gioielli regali. Ori, smalti, coralli e pietre preziose nel Real Palazzo di Caserta tra XVIII e XX secolo, a cura di Vega DE MArtINI, Skira, Milano 2005, pp. 96 e 135). Si conserva un’altra versione ridotta nel Museo Campano di Capua (vedi Izzo, op. cit. a p. 145, nota 15, p. 62, riprodotto a p. 34) e un’altra di recente attribuita anche a questo pittore nel Museo Nazionale di San Martino (cfr. Alla corte di Vanvitelli, op. cit. a p. 113, nota 5, p. 186). tutti questi quadri riprendono comunque il prototipo di Mengs. Nel Patrimonio Nacional spagnolo si conserva pure un altro ritratto di Ferdinando ancora molto giovane dello stesso pittore Liani (n. inv. 10024088, Palacio de El Pardo, planta 1, Salón de Retratos), ma questo deve essere probabilmente quello fatto a Napoli nel 1763 ed inviato a Carlo III dal principe di San Nicandro, come è stato indicato da urrEA, La pintura italiana del siglo XVIII, op. cit. a p. 106, nota 13, p. 477, doc. LII. 4 Cfr. a questo riguardo i dispacci con quella data dello stesso rosenberg in Berichte der diplomatischen, op. cit. a p. 28, nota 1. 5 Maria Amalia ha scelto questa principessa, la più giovane delle figlie dell’infante Filippo, duca di Parma, per futura moglie di Carlo IV, matrimonio che sarebbe stato celebrato nel 1765. 6 MArIA GIuSEPPINA LuISA DI SAVoIA (1753-1810) era la primogenita di Vittorio Amedeo III di Savoia, futuro re di Sardegna, e Maria Antonia di Borbone e Farnesio, figlia di Filippo V e di Elisabetta Farnese. Maria Amalia mostra la sua preferenza per questa principessa come futura moglie di suo figlio Ferdinando, ma essa si sposò nel 1771 con il conte di Provenza, futuro Luigi XVIII di Francia, fratello di Luigi XVI. 7 Nonostante le riserve di Maria Amalia, Ferdinando sposò una arciduchessa austriaca. Maria Josepha (1751-1767) fu la prima figlia scelta dall’imperatrice Maria teresa per essere futura regina di Napoli, ma, essendo morta nel 1767 poco prima di cominciare il viaggio in Italia, Ferdinando sposò nel 1768 la sorella più giovane, Maria karolina (1752-1814). 8 Il re di Prussia Federico II era nemico del padre di Maria Amalia, Augusto III di Polonia, alleato a sua volta dell’Austria nella guerra dei Sette Anni (1756-1763); cfr. SzABo, The Seven Years War, op. cit. a p. 90, nota 4. 9 I sentimenti di diffidenza contro la Francia che Maria Amalia nutriva sono stati segna- 282 Verso la riforma della Spagna: Carteggio lati per la prima volta dallo storico francese François rousseau. Non a caso, il duca di Choiseul scriverà all’ambasciatore ossun poco dopo la morte della regina Amalia che: «Jamais la reine n’a marqué d’inclination pour la maison de France, et, depuis le mariage de l’infante Isabelle [di Parma], il y a lieu de croire qu’elle avait pour nous plus que de l’indifférence. D’ailleurs, l’intérêt des reines d’Espagne les porte à aimer et à amasser de l’argent, quelquefois même par des voies bien peu honnêtes; et, comme la guerre peut contrarier les gains et les épargnes en argent, il est vraisemblable que la reine défunte et tout ce qui l’entourait auraient toujours été contraires aux partis de vigueur qui paraissent naturels au roi Catholique. Ainsi nous sommes tout consolés de la perte de cette princesse» (Lettera datata 7 ott. 1760 e riportata da rouSSEAu, op. cit. a p. 57, nota 6, tomo I, p. 28). 10 Maria Amalia si riferisce alla sconfitta dei francesi sulla costa di Coromandel, nell’India, come informavano le notizie pervenute da Londra del 11 luglio secondo la Gaceta de Madrid, 5 agosto 1760, n. 32, pp. 258-9. 11 Vedi a questo riguardo ancora ibidem e i successivi numeri della Gaceta de Madrid. 12 João V (1689-1750), re del Portogallo, ebbe tre figli bastardi con tre donne diverse, chiamati genericamente i meninos de Palhavã, perché ebbero come residenza il palazzo del marchese di Louriçal, sito nel luogo di Palhavã a Lisbona. D. António (1704-1800) era figlio di una donna francese non conosciuta, mentre D. Gaspar (1716-1789) e D. José (1720-1801) erano figli di due religiose: Madalena Máxima de Miranda e Paula de odivelas. tutti e tre furono indirizzati alla carriera ecclesiastica e nel 1760, António e José – Gaspar si trovava già a Braga come arcivescovo – furono allontanati dalla corte portoghese quando la politica regalista della corona si pose in conflitto con gli ecclesiastici durante il governo del marchese di Pombal e rimasero a Buçaco fino alla morte di José I nel 1777 (cfr. Lettera 42: Carlo III a tanucci, San Ildefonso 5 agosto 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 126 e genericamente António FErrão, O Marquês de Pombal e os «Meninos de Palhavã», typ. Mendonça, Lisboa 1915). 13 JoSé FrANCISCo ANtóNIo DE BrAGANçA (1714-1777), José I re del Portogallo, era figlio di Giovanni V, cui succedete nel 1750. Aveva sposato nel 1729 l’infanta spagnola Marianna Vittoria, figlia di Filippo V e di Elisabetta Farnese, mentre sua sorella Barbara sposava il futuro re di Spagna Ferdinando VI. Vedi Esteban roDríGuEz AMAyA, Felipe V y Portugal, matrimonios reales en Caya (1729), Diputación Provincial de Badajoz, Badajoz 1945 e María del Mar LozANo BArtoLozzI, Festejos y retórica: las capitulaciones de las bodas reales celebradas en Caia en el año 1729, in El arte en las cortes europeas del siglo XVIII, op. cit. a p. 83, nota 8, pp. 385-90. 14 Su questo argomento, Carlo III risponderà lungamente a tanucci: cfr. Lettera 43: Carlo III a tanucci, San Ildefonso 12 agosto 1760, in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 129. 15 Sesto Campano era un comune della provincia di Isernia, nel Molise, vicino a Capriati e Venafro. 16 Capriati al Volturno era un paese della provincia di Caserta, nel regno delle Due Sicilie, dove la corte napoletana si recava per il solito divertimento della caccia e dove Carlo fece costruire il palazzo reale di Venafro. Secondo il Palermo «è questa [Capriati] una piccola terra posta al settentrione di Capoa, surta, come è popolar tradizione, dall’abbandono d’altra antica terra di simil nome, derelitta da’ Citadini, per una quantità di formiche, che la infestavano [...]. Ella è posta all’oriente di Venafro, da cui non è molto distante, e tra l’una, e l’altra vi passa il famoso fiume Volturno. tutte le sue campagne sono ingombre da folti boschi, ove vi è gran quantità di quadrupedi. Fu scelta dal re Carlo, per luogo di caccia di siffatti animali, onde facendo l’acquisto ne dispose tutto il convenevole per una caccia XLII. tanucci - 22 luglio 1760 283 regale. Nella vicina Città di Venafro fece capo di sua residenza, quando a questa caccia portavasi, e miglior luogo certo non vi era per una stanza regale» (PALErMo, op. cit. a p. 87, nota 3, p. 217). Vedi su questo sito reale, ALISIo, Siti Reali dei Borboni, op. cit. a p. 138, nota 11, pp. 36-7. XLII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 22 luglio 1760*. Leggendo giovedì sul mezzogiorno la sovrana lettera di Vostra Maestà del 1º corrente e l’impazienza giustissima colla quale aspettava la Maestà Vostra il corriero de 17, avrei voluto agitar tutte le parti del globo per accelerar la desiderata notizia del totale ristabilimento di questo grazioso monarca. Sta la Maestà Sua benissimo e seguita a meritare tutte le benedizioni del cielo, alle quali corrisponde con tutti li segni d’un ottima indole ed empie quanti lo vedono delle più belle speranze. ringrazio Dio che Vostra Maestà abbia potuto degnarsi nello stesso tempo d’avvisarmi l’incomodo e la perfettamente ricuperata salute del re colla magnesia. Mi par necessario perferzionar li frutti che il re vuol mangiare. Nell’agricoltura la diligenza può tutto, della quale i meravigliosi successi son più di quel che sia nelle altre arti tutte: par che la natura si picchi di gratitudine e Dio voglia felicitar quel sudore che ha imposto all’uomo. Vostra Maestà sa tutti che qui sono e qual di essi possa più riuscire. Caldo grandissimo, muraglie sottili, armature di legno, baracche per case che Vostra Maestà vivamente descrive mi fanno vedere il martirio di San Lorenzo, che pur si crede spagnuolo1. La puerizia sassone, la gioventù italiana, li venti marini e le fresche aurette che muovono soavemente l’aria di questi bellissimi punti del globo, ove sono li due palazzi estivi del re, dovrebbono scordarsi perché fosse meno penoso il martirio castigliano. Ali vorrei mettere al vecchio corriero italiano dal quale spero quella cifra d’ossun che contiene la replica francese alla ferma e inevitabile risposta del re sulla strana proposizione di convertire al signor infante Piacenza in danaro. Per questo ho forse scritto questa sera troppo a Wall e devo domandarne perdono, come umilmente lo domando2. Breve è stata l’allegria di Quebec3. La fortuna sembra dichiarata contro la Francia e purtroppo favorevole a Vienna, alla quale gli stessi inglesi, per gelosia della Francia, faranno restituire le due piazze di Fiandra che erano probabilmente il premio destinato all’ajuto francese per la conquista della 284 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Slesia, che ella avrà senza spogliarsi di queste piazze. Amici e nemici contribuiscono ai suoi vantaggi. Forse anche il langravio4 per lei è carcerato. Vostra Maestà condanna la mia ipocondria. Li peccati del re di Prussia non mi permettono neppur la consolazione d’un inutile desiderio; un miracolo di Broglio farà più ardito e stravagante Choiseul. Il maggior tormento di Catone5, che si uccideva per non poter soffrire quel Cesare, era che lo stesso che Pompeo sudò per lui. L’unico bene di tutta la tragedia è la gloria che acquista il conte di Lusazia. Senza barba ha, col bene eseguito movimento, forzato a kirchdorf 6 il principe Ferdinando [principe di Brunswick] a ritirarsi7. Non posso non baciarne le mani a Vostra Maestà. Santa Elisabetta dice che li pranzi e le cene che è obbligato a dare ai bavari lo dispendiano [caricano di spese]. Lo compatisco, ma qui è difficile. Vedrà Vostra Maestà eseguita la proposizione di vendere partite fiscali per 200.m ducati e che il nostro attrasso è di 419.m ducati. Dugento e più mila ne ha don Giulio introitati per vie straordinarie, sicché senza questi l’attrasso sarebbe più di 600.m ducati. Non so come; si saprà a ottobre. Non mando li fogli dell’intendente della Marina. Vedo anch’io che reggio non gli è amico ed è in lui costante l’avversione bevuta per le maldicenze dei marini contrabbandieri. Li conti di trabucco8 dichiareranno, il quale è una protezione dell’intendente che è ab antico nemico del contatore, ciò è fin da quando erano ambedue officiali di Montealegre. Non tedio Vostra Maestà colla disgrazia di Neipperg. Losada potrà riferirla quando Vostra Maestà voglia sentirla9. La carta, la fastidiosa materia, tutto mi avverte a finire prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 243, ff. 49r-50r. 1 SAN LorENzo (225-258) fu martirizzato nel 258 durante la persecuzione dell’imperatore Valeriano contro i cristiani. Le sue notizie sono scarse, ma si pensava fosse d’origine spagnola, come accenna tanucci. Il giurista toscano cita sarcasticamente il martirio di San Lorenzo al riguardo del caldo sofferto dalla regina Amalia in Spagna perché questo santo fu condannato a morire bruciato vivo sopra una graticola. Era il patrono del sito dell’Escorial, o più esattamente il Real Monasterio de San Lorenzo del Escorial. 2 Vedi AGS, Estado, libro 243, ff. 39v-42r: tanucci a ricardo Wall [Madrid], Napoli 22 luglio 1760. 3 I francesi cominciarono ancora un’altra volta a perdere contro prussiani e inglesi in Europa e Asia. tanucci scriveva a Aci al riguardo di questo: «Breve è stata l’allegria de francesi a Quebec, onde sono stati con gran loro perdita cacciati il di 17 maggio, 20 giorni dopo la prima loro fortuna. ossun sarà ora costernato. Si suol troppo rallegrare e troppo ancora rattristare. Non meritava la vittoria francese la spedizione spagnuola che ne ha fatta Grimaldi dall’Aja» (AGS, Estado, libro 243, f. 43r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 22 luglio 1760). 42. Maria Amalia - 12 agosto 1760 285 4 un langravio o landgravio, titolo comparabile a quello di conte, indicava un territorio sovrano vincolato feudalmente all’Imperatore del Sacro romano Impero. Erano tali i langravi di turingia, Assia e Leuchtenberg. 5 Marco Porcio CAtoNE detto uticense (95-46 a.C.), noto militare e politico romano opposto a Cesare e alleato di Pompeo. 6 kirchdorf era una piccola villa della Bassa Sassonia. 7 Sull’attività militare del principe Francesco Saverio, conte di Lusazia e fratello di Maria Amalia, nella guerra dei Sette Anni, vedi il volume: Correspondance inédite de Victor-François duc de Broglie, op. cit. a p. 197, nota 8. 8 Giovanni Bernardino trABuCCo aveva sostituito negli anni cinquanta suo padre, tommaso trabucco, tesoriere di Marina, quale tesoriere del real sito di Portici. tommaso ebbe questo posto nel 1741, com’è confermato dal ms. Regolamento per la fabrica del nuovo Real Casino approvato da Sua Maestà: «E per ultimo, per aversi una sufficiente cautela in tutte le spese che occorreranno farsi per la fabbrica accennata, il danaro che sarà designato per tal effetto avrà da ponersi in potere del tesoriero di Marina don tommaso trabucco, il quale dovrà tenerne conto a parte e spenderlo a tenore degli ordini, che si daranno da Sua Eccellenza il signor duca di Salas» (Regolamento per la fabbrica del nuovo Real Casino approvato da Sua Maestá 17 agosto 1741 in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Maggiordomia Maggiore e Soprintedenza Generale di Casa Reale, fascio 5). 9 Come scriveva tanucci a Losada a questo riguardo: «Neipperg, per una disgrazia di carrozza, cadde, venne meno. Si ammalò gravemente la notte di domenica tornando dai fuochi del Carmine colla moglie a S. Sebastiano. Lo ho saputo oggi. Ho mandato a sapere. Ho ricevuto il biglietto, del quale includo la copia. ora sulla mezza notte mi manda a chieder Mirra per siringar e visitare li vasi dell’orina. Mi fa dire che non vi è pericolo» (AGS, Estado, libro 243, folio 46r: tanucci al duca di Losada [Madrid], Napoli 22 luglio 1760). 42 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Sta con terzana. Ha incominciato a prender la china ed ha debolezza di testa. San Ildephonso, 12 agosto 1760. Vi scrivo due righi perché so che se non le vedeste fareste certo pensieri malinconici. Jo sto con terzana, frutto molto comune in quest’aria. Ieri fu il 4 periodo, ma sono molto leggiere, tanto che sto tutto il giorno fuor di letto sino che viene il freddo, che suol essere verso le 6 della sera. Questa mattina ho principiato a pigliar la quina mediante la quale spero liberarmene. La testa però stà un poco debole, perciò finisco assicurandovi della mia benevolenza1. Amalia. 286 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 1 Carlo III così informò tanucci: «la reyna tiene unas tercianillas, pero gracias a Dios tan ligeras que no la han impedido de levantarse todos los dias, ni la impide tampoco el escribir hoy, y con la quina que ha empezado a tomar esta mañana espero en Dios que no la buelvan» (Lettera 43: Carlo III a tanucci, San Ildefonso 12 agosto 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 129). XLIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 29 luglio 1760*. Giovedì a mezzo giorno ricevei la lettera sovrana di Vostra Maestà degli 8 del cadente. Diedi a Dio le più umili grazie per la salute di Vostra Maestà e della famiglia reale. È uguale quella di questi due figli reali. Merita questo monarca la tenerezza di Vostra Maestà; con quanti segni di virtù nascente può dar l’età sua. Dio volesse che li spagnoli profittassero delle punture che Vostra Maestà va loro dando dolcemente, ma sarà difficile spurgare il vecchio fermento di quell’idiotismo che li rende singolari e li priva dell’amore e della stima delle altre nazioni. Dio non poteva mandar loro apostolo più efficace per convertirli che la grazia, lo spirito, la vivacità, l’autorità, l’esempio della regina Maria Amalia. Ma per profondo giudizio dell’eterna sapienza si è osservato che ove Dio ha fatto più, minore è stato il profitto. Gli ebrei e roma sono l’emblema di questa osservazione. Sarà per mantener la speranza e lo stimolo a quelli che sembrino meno provvisti o per allettare la carità, mancando agli uni quel che abbonda negli altri. Anno gli spagnoli l’oro, le gemme, li frutti della terra, l’estensione, il valore, l’ingegno, ma si è lasciato loro l’inerzia, l’acerbità, l’amor proprio perché il resto del genere umano si consoli, soffra il commercio colli spagnoli e talora anche rida. Quel che mi affligge estremamente è l’amarezza che io vedo continuare in Vostra Maestà. Il tempo certamente rimedierà. resta il rimedio artificiale col quale li filosofi, piccati colla natura, pretendono che si deva anticipare colla riflessione quel sollievo che il tempo ha da fare. Ad un volgare qual son io si proporrebbe la lettura, che subito trasporta l’animo in diverse immagini di uomini, di tempi, e di paesi e sostituisce pensieri diversi. Almeno questo anno praticato gli uomini più famosi per togliere dalla tetraggine inevitabile. XLIII. tanucci - 29 luglio 1760 287 Ah!, fu breve il piacer dei francesi in America. ora contano un fatto di Broglio nel quale siano morti 2000 annoveriani. Io non l’ho in alcuna lettera; l’ho veduto nel santo ufficio di Basquiat. Quella memoria data da ossun al re per Piacenza meriterebbe che non fosse vero. La lettera del 53 è posteriore al trattato d’Aix la Chapelle, ma Vostra Maestà ha ben conchiuso che è inutile il domandar la ragione a quel ministero. Questa risposta francese al re mi ha tanto agitato che scrissi una lettera sabato a Caraccioli forte e, quanto io poteva, ragionata. Vi sono alcune malandrinerie ministeriali sparse che la rendono indegna di umiliarsene copia a Vostra Maestà. Se farà colpo, mi difenderò con Virgilio: Dolus, an virtus, quis in hoste requirat?1. Marco proporrà giovedì il memoriale delle monache di Capua di Vostra Maestà e sarà subito fatta la sovrana volontà. Santa Elisabetta scrive che vorrebbe ora valersi della licenza che il re gli diede in autunno incaricandosi del carteggio il conte di Wackerbart. Gli rispondo che, qualor non creda che converrebbe qualche precedente cenno di Vostra Maestà, potrà venire. Ho dubitato che non si lamenti della licenza non venuta in tempo, come si lamentò nell’autunno. Nei brevi all’ajo e al confessore ben ravvisa Vostra Maestà le arti mondane di roma moderna. La povera famiglia del Ginevrino2 spera la clemenza di Vostra Maestà e del re. Son quasi sicuro di che la ferriera di Caserta potrà andare avanti bene col figlio diretto dal subalterno ottimo, che già la dirigeva nelle lunghe assenze del padre; Dio compenserà la carità, che non può meglio cadere. La morte della duchessa di Seminara3 non so che effetto farà nei matrimonj e nella monacazione della Viggiano. Neipperg sta meglio. Mi consolo che siano finite le feste, onde a Vostra Maestà doveva avvenire tanto tedio e strapazzo; io purtroppo [so] che questa lettera non è una di quelle letture che tolgono l’ipocondria. taccio dunque prostrato ai piedi della Maestà Vostra, &c. * AGS, Estado, libro 243, ff. 65v-67r. 1 tanucci cita ancora un noto verso di Virgilio (Eneide, libro II, 390): «Dolus an virtus, quis in hoste requirat?»: «Inganno o valore, chi indagherebbe nel nemico?». 2 Il primo dei riferimenti al Ginevrino è nella Lettera XXXVII, p. 253. 3 teresa Violante PIGNAtELLI PINELLI rAVASCHIErI (1726-1760), principessa di Cariati e duchessa di Seminara, aveva sposato precedentemente Girolamo de Sangro, principe ereditario di Viggiano. 288 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 43 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Disgrazie di Dresda l’affliggono. Raccomanda la famiglia del Ginevrino. Cessata la terzana le è restata gran debolezza ed inappetenza. San Ildephonso, 19 agosto 1760. Con sommo piacere ho ricevuta la vostra lettera di 29 del passato mese per le buone notizie che in quella mi date della salute dei miei figli e molto più ancora per le continue assicurazioni che mi date del buon indole che se scorge nel nostro piccolo re, che Dio voglia benedire ed accrescere in lui quelle virtù necessarie allo statto nel qualle lo ha posto. Sarete senza dubbio informato dell’ultima disgrazia della povera città di Dresda ridotta ormai dalla crudeltà del re di Prussia in un mucchio di sassi1. Ma che vi pare della bella condotta dei austriaci che con un’armata al doppio più forte tranquillamente lo vedono [ossia, assistono] contentandosi di fare qualche uscita. Certo che grande sarà l’obbligazione che gli avrà e mio padre e quei poveri abitanti d’averne difese le mura allor che la città sia ridotta in cenere. Vi assicuro che questa è una cosa che a me trafigge e più mi fa pigliar affetto a quella benedetta corte; ma grazie a Dio abbiamo pigliato Glatz2; questo basta per consolarci3. Mi pare che alcuni corrieri sono. Il re già vi rispose sopra l’affare della famiglia del Ginevrino4. Certo che tutta quella carità che se gli potrà usare sarà molto bene impiegata per li fedeli servigi di quello. Il resto della vostra lettera non esige risposta. Jo da che presi la quina non ho havuto la terzana, ma mi ha lasciata debolezza ed inappetenza; spero che questo poco a poco si rimedierà. Gl’altri, grazie a Dio, tutti stanno bene. Finisco assicurandovi della mia benevolenza. Amalia. 1 La Gaceta de Madrid del 19 agosto 1760 riportava diverse notizie trasmesse dai corrieri provenienti dalle corte europee. Vienna informava il 19 luglio che «los ultimos Correos de aquel Electorado [di Sassonia] han traido la noticia de que el rey de Prusia empezò a atacar el 13. con mucha actividad aquella Capital [Dresda], y por cuya Guarnición fue siempre rechazado». Da Amburgo venivano notizie del 25 luglio: «Las ultimas cartas de Dresde refieren que, haviendo encontrado el rey de Prusia ocupados los passos de la Silesia por el Exercito Austriaco, retrocediò aceleradamente en sus marchas, haciendo muchas forzadas, de suerte que el 11. de este mes llegò a las cercanìas de aquella Ciudad con la mayor parte de su Exercito; pero que no obstante el General de Lascy se le havia anticipado [...]. S. M. Prusiana hizo XLIV. tanucci - 5 agosto 1760 289 contra Dresde diferentes tentativas sin sucesso, siendo rechazado en todas, con pérdida considerable. Las tropas, que defienden la Ciudad, son bastante numerosas, y manifiestan mucho valor. El General de Maquira hizo el 16. una salida, con la qual se abriò una comunicacion con el General Baron de Ried, y con este motivo se sabìa en Dresde, que el Mariscal Daun estaba en marcha en su socorro, debiendo llegar el 19» (Gaceta de Madrid, 19 agosto 1760, n. 34, pp. 273-6). Le più disastrose erano quelle pervenute dall’Aia del 31 luglio: «Los Prusianos han quemado, y destruido con sus Bombas una gran parte de la Ciudad de Dresde; pero su empressa les ha costado bien cara. Segun dicen, Mons. de Laudon passò el Oder por cerca de Glogau, para juntarse a un Cuerpo de tropas Russianas» (ivi, p. 278). Vedi anche le notizie riportate nella Gaceta de Madrid, 26 agosto 1760, n. 35. 2 Glatz è il nome tedesco della città polacca di kłodzko, appartenente alla Bassa Slesia e in disputa fra l’Austria e la Prussia nella guerra dei Sette Anni (1756-1763). 3 Cfr. le notizie da Vienna del 27 luglio pubblicate nella Gaceta de Madrid, 26 agosto 1760, n. 35, pp. 281-3. 4 Vedi Lettera 42: Carlo III a Bernardo tanucci, San Ildefonso 5 agosto 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, pp. 125-6. XLIV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 5 agosto 1760*. Giovedì sul far del giorno ricevei la sovrana lettera di Vostra Maestà de’ 15 del caduto ed insieme la consolazione alla quale tutti i giorni della settimana sto anelando della salute che Vostra Maestà goda colla famiglia reale. Questo grazioso sovrano la gode uguale. Prosegue li suoi bagni, studiandovi in un piccolo vascello la nautica senza interromper la scuola. Ier mattina passando per la prima stanza oscura del quarto di Vostra Maestà per andare al Consiglio, vi trovai la Maestà Sua intorno al suo vascello; quando fu chiamata a scuola, con una graziosissima malinconia mi disse: ‘Ah! tu vai a scuola per là, e io vado per qua’. ringrazio Dio che, finite le magnifiche feste, sarà ora la Maestà Vostra a godere il fresco di San Ildefonso e avrà veduto la meraviglia dell’Escuriale. umilio a Vostra Maestà il foglio in numeri che incluso nella confidenziale Santa Elisabetta mi ha mandato. Gli sono obbligato del giornale francese ch’egli mi manda tutte le settimane che viene dal savio e valoroso conte di Lusazia. Non posso parlar di Dresda, che il re di Prussia può molestare perché si è voluto andare in Slesia; ecco il terzo sacrificio della Sassonia alla Slesia. Speriamo che non sia gran male, ma ognun vede che se Laudon faceva in 290 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Sassonia quel che ha fatto la Landhsut coll’unione di Daun e di Dueponti1, la Sassonia si poteva liberare. ora sto dubitando se il principe di Dueponti si vorrà con un esercito inferiore cimentare col re. Albertini mi rallegrò per Honduras la settimana passata. In questa dubita che Pitt burli tanto per Honduras quanto per la pesca nei banchi di terranova. Questa inquietudine aumenta quella di Piacenza. Non è ancor fatto l’affare ordinato da Vostra Maestà per le monache di Capua. Venerdì Marco lo propose, ma si trovò necessario vedere come è concepita l’approvazione del Papa, alla quale si dié l’Exequatur. Son finiti li candelieri, ma vi ho trovato una inquietudine non aspettata. Da Caserta li ordinai a Coppola2, a Ceci3, a Vanvitelli, a Mauro4 pel danaro; a tutti dicono li dispacci che siano simili a quelli della cappella di Vostra Maestà in Portici. Me li han portati dorati tutti di una forte doratura, essendo in quei di Portici dorati li margini, ma non le facce, che son di rame macinato. Lamentatomene con tutti, Vanvitelli mi consiglia a mandargli così, perché quando [a] Vostra Maestà non piacciano, con acqua forte sulle faccette si riducono facilmente al color del rame. Cattolica, che li ha veduti, mi ha dato lo stesso consiglio, ma io spero che il Firme [nave di guerra], il quale dovrà tornare, mi darà tempo di avere il real oracolo di Vostra Maestà, che imploro insieme col perdono. Stigliano grida pel dispaccio d’aver più cura della paggeria5 e di andarvi come vi andava Corsini6. Mi disse sabato che manderebbe il dispaccio a Spagna. obbedij all’ordine del re; non finirà qui la guerra. Egli protegge Gorga7 ed ora lo vuol far governatore insieme e direttor degli studj. È grazioso, ma inquieta troppo questo benedetto Stigliano. Supplico Vostra Maestà a perdonarmi questa scappata. Spero la compassione sovrana; queste umilissime lettere sono il solo tempo della mia sincerità. tutto il resto è guardia, cautela, circospezione, e vita alla quale non ero assuefatto, ma già sarebbe da chiedersi un altro perdono. Meglio sarà tacere e prostrarmi a piedi della Maestà Vostra. P. S.: umilio a Vostra Maestà uno, benché indecente, antecedente, che mostra esser venuto da Vanvitelli l’errore della doratura totale. umilio anche Caputo [ossia, la relazione di quell’architetto sui lavori in corso a Portici]. * AGS, Estado, libro 243, ff. 86r-87v. 1 FrIEDrICH MICHAEL VoN PFALz-zWEIBrüCkEN-BIrkENFELD (1724-1767), principe di Dueponti e conte palatino di zweibrücken e Birkenfeld, «era uscito dal ramo di Birkenfled, XLIV. tanucci - 5 agosto 1760 291 che aveva ereditato Due-Ponti. Essendosi fatto cattolico, dal 1746, passò al servizio dell’Austria e divenne feld-maresciallo dell’imperatore e dell’impero, e cavaliere del toson d’oro. Comandò l’esercito dell’impero, durante la campagna del 1758, e si fece conoscere per valente generale. Federico II, nelle memorie del suo tempo, parla più volte di lui. Morì il 15 agosto 1767» (Dizionario delle date, dei fatti, luoghi ed uomini storici o repertorio alfabetico di cronologia universale. Pubblicato a Parigi da una società di dotti e letterati sotto la direzione di A.-L. D’Harmonville, tomo terzo, Dal premiato Stabilimento di G. Antonelli Ed., Venezia 1835, p. 72). Fu decorato con la Gran Croce dell’ordine Militare di Maria teresa nel gennaio 1760 (vedi le notizie riportate da Vienna di 27 gennaio nella Gaceta de Madrid, 26 febbraio 1760, n. 9, p. 65). 2 Il conte Antonio CoPPoLA, presidente della regia Camera della Sommaria, era stato chiamato nel 1741 da Montealegre per supervisionare i lavori di Portici, come indica il punto 4º delle istruzioni circa i lavori di questo palazzo: «4º. Li ministri destinati da Sua Maestà per sopraintendere sino alla total perfezione di detta fabbrica, che sono il Presidente Conte Coppolla, ed il fiscale don Francesco orlando, dovranno una volta la settimana portarsi di persona in detta real Villa di Portici, e riconoscer li lavori che si son fatti, e si van facendo in detta nuova fabbrica, e se li medesimi sono a proporzione delle summe che si spendono per detta causa con dare tutti gli ordini ce si stimeranno convenienti per il proseguimento e perfezione dell’opera sudetta» (ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Maggiordomia Maggiore e Soprintedenza Generale di Casa Reale, fascio 5: José Joaquín de Montealegre a Giovanni Voschi, Napoli 18 agosto 1741). Essendo morto Antonio Coppola, fu sostituito nella stessa funzione, almeno dal 1754 in poi, da suo figlio Cesare Coppola, anche lui presidente della Sommaria: vedi ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1160. 3 Giacomo CECI era uno dei figli del vecchio Giacomo Ceci, fonditore che aveva lavorato per la corte napoletana al meno dal 1748 in poi. Nel 1756 i Ceci avevano fatti alcuni lavori di doratura per diversi oggetti della cappella di Portici: «Enterado el rey por papel de Vuestra Señoría de las piezas de bronze existentes en poder de los hermanos Ceci fundidas por su difunto padre, Jacomo Ceci, para servizio de essa real Capilla, y pagadas, se ha servido Su Majestad aprobar que se doren todas las expressadas piezas, pero con preferenzia, y antes que las demás, dos esplendores, y las dos cornucopias, después la Paloma, procurando que estas primeras esten todas hechas y terminadas y puestas en obra para la Fiesta del Corpus Domini [...]» (ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1161: tanucci all’intendente Acciajuoli, 3 aprile 1756). 4 Probabilmente tanucci si riferisce al marchese Carlo MAurI (?-1762), presidente delegato della camera della Sommaria, avvocato fiscale del real Patrimonio dal 1748 e delegato e sovrintendente degl’effetti medicei. Vedi tANuCCI, Epistolario, vol. V: 1757-1758, op. cit. a p. 29, nota 3, p. 547, nota 1. Potrebbe trattarsi anche di suo nipote teofilo, avvocato, perché i dati delle biografie di ambedue sono intrecciati; cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 17601761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 10, cit. come marchese Mauro. 5 La paggeria o Casa de Pajes era la piccola scuola della Casa reale destinata ai figli delle famiglie nobili del regno delle Due Sicilie. Era stata fondata nel 1734 e si può vedere la sua prima sistemazione nel ms. Lo que pareze es regular y aun indispensable execute el Señor Principe Corsini [Caballerizo Mayor] en satisfazion de la Real Orden que se le ha comunicado en punto de la formazion de la Casa de Paxes in AGP, Reinados, Felipe V, legajo 2952. Dipendeva dal cavallerizzo maggiore del re, che nel 1760 era il principe di Stigliano e che aveva contrasti con tanucci per la nomina del governatore e direttore degli Studi. Su questo argomento, vedi ad indicem tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2. 292 Verso la riforma della Spagna: Carteggio 6 Il principe Bartolomeo CorSINI (1683-1753) era stato viceré di Sicilia dal 1737 al 1747. Nipote del papa Clemente XII Corsini (1730-1740) e fratello maggiore del cardinale Neri, fu scelto da Elisabetta Farnese nel 1731 quale cavallerizzo maggiore dell’infante Carlo di Borbone, duca di Parma, in modo da avere così il favore e l’appoggio in toscana della potente famiglia Corsini. Nel 1734 diventerà uno dei nobili più importanti della società politica napoletana. Cfr. i lavori di Vittorio SCIutI ruSSI: Corsini, Bartolomeo, in DBI e Tanucci e Bartolomeo Corsini, nell’opera misc. Bernardo Tanucci. Statista, letterato, giurista, op. cit. a p. 75, nota 3, vol. I, pp. 181-201 e Pablo VázQuEz GEStAL, «The System of This Court»: Elizabeth Farnese, the Count of Santiesteban and the Monarchy of the Two Sicilies, 1734-1738, in «the Court Historian», a. XXIV, 2009, n. 1, pp. 23-47. 7 GorGA era uno dei protetti del principe di Stigliano, cavallerizzo maggiore della Casa reale napoletana. Cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, pp. 17 e 161. 44 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Candelieri. Stigliano. Paggeria governatore e direttore degli studij della. Terzana ritornata. Don Antonio incomodato. San Ildephonso, 26 agosto 1760. Non prima di sabato giunse qui il corriere di Napoli che molto consuolo mi recò per le buone nuove della salute sempre prospera di mio figlio. Graziosa mi ha parsa la specie che vi disse di andare voi entrambi a scuola e quasi credo che per voi sia tanto piacevole il Consiglio come per lui la scuola. È certo che mi è di gran contento il sentire le nuove dell’armata francese per la buona condotta che grazie a Dio scorgo in mio fratello, ma vien bene amareggiato questo piacere delle notizie della povera Dresda1. La povera Sassonia sarà sempre sacrificata alla Slesia. Questa è l’unica mira, il resto poco importa. Grazie a Dio ho avuto finalmente la notizia di essersi il re di Prussia ritirato da sotto quell’infelice città, dopo averne ruinata buona parte2. Certo che li candelieri mi avrebbero piaciuti più se non fossero stati tutti dorati, ma già che per sbaglio sono fatti così ci vuol pazienza. Anche quelli che stanno a Portici il primo che si fece per mostra lo dorarono tutto ed jo gli feci levare la doratura nelle fasce. Qui però non mi fido di fare fare quest’operazione perché sono sicura che me li guasterebbono. Stigliano è vero ch’è grazioso, ma sino che niente gli venga contrario; allora poi parla come un cavallo. È cosa vecchia questa: l’unire l’impiego XLV. tanucci - 12 agosto 1760 293 di governadore e direttore de[gli] studij in una sola persona non mi pare cosa propria. Poi il tale Gorga non mi pare nemmeno soggetto proprio per governadore. La mia terzana ha avuta la bontà di tornare e, non ostante la quina, non vuol ancora aver quella d’andarsene avendomi favorito jeri ancora; spero che con l’uso della quina finalmente se ne anderà3. Abbiamo avuto anche Antonio4 con sospetto di vajolo ma grazie a Dio non ve ne più dubbio. Gl’altri tutti stanno bene ed il re ha ammazzato due belli cervi. Altro non mi resta a dirvi. Finisco, dunque, assicurandovi della perfetta mia benevolenza. Amalia. 1 Vedi ancora Gaceta de Madrid, 26 agosto 1760, n. 35, pp. 281-3 e 2 settembre 1760, n. 36, pp. 289-91. 2 Il 2 agosto giunse notizia da Parigi che «el rey de Prusia havia abandonado su empressa contra Dresde, perdiendo mucha Gente en las diferentes tentativas que hizo para apoderarse de esta Plaza» (Gaceta de Madrid, 19 agosto 1760, n. 34, pp. 273-9). Vedi anche le notizie pervenute di Vienna nella stessa Gaceta , 2 e 9 settembre 1760, n. 36 e 37. 3 Carlo III scrisse a tanucci: «A la reyna le han buelto las tercianas, y con la confianza que te tengo, y para tí solo te dire que ha sido porque no quiso continuar la quina como hera necesario, pero aora la toma, y espero en Dios que presto me de el consuelo de verla enteramente libre de ellas» (Lettera 45: Carlo III a tanucci, San Ildefonso 26 agosto 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 137). 4 L’infante ANtoNIo PASCuAL DE BorBóN y SAJoNIA (1755-1817) fu il dodicesimo figlio di Carlo III e Maria Amalia, il quinto maschio dopo Filippo, Carlo, Ferdinando e Gabriel (vedi zorrILLA y GoNzáLEz de MENDozA, op. cit. a p. 31, nota 2). Essendo giunto in Spagna nel 1759 con tutta la famiglia reale, rimase a Madrid presso la corte spagnola, essendo uno dei più noti bibliofili di quel tempo (vedi María Luisa LóPEz-VIDrIEro, Speculum Principum. Nuevas lecturas curriculares, nuevos usos de la Librería del Príncipe en el Setecientos, Biblioteca Nueva, Madrid 2002, pp. 137-81). Sposato nel 1795 con la sua nipote Maria Amalia di Borbone, figlia di Carlo IV, non ebbero figli, e rimase vedovo dal 1798 in poi. XLV Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 12 agosto 1760*. La sera del giovedì ebbi la sempre per me più grandi consolazione della lettera sovrana di Vostra Maestà de 22 del passato. L’aver Vostra Maestà conservata la preziosa salute negli eccessivi calori di Madrid e del quarto che abitava in quel palazzo, l’aver terminato l’incomodo lungo e diverso delle tante feste e immaginarsi già al fresco dell’ospizio di San Ildefonso1, 294 Verso la riforma della Spagna: Carteggio sono il compimento de miei voti di questa settimana. rendo a Vostra Maestà umilissime grazie per si liete notizie e conto infinitamente su quelle parole: Adesso sto bastantemente bene. Questo amabile monarca ha finiti li suoi bagni colla più perfetta salute. Non hanno li strani calori che agosto ha portati fatto alle tenere membra alcun danno né allo spirito sempre più vegeto e grazioso. Amareggiano questa settimana le sciagure di Dresda. Il parlarne più mi sarebbe pericoloso. turino ha mandato il complimento alle nozze di Parma. Venezia forse si è astenuta, come Modena, per differenze di trattamento. roma non conosce duca di Parma senza sua investitura, ma già parla di rosa d’oro2 per l’arciduchessa. umiliai qualche parola al re. Pare che non disapprovasse la Maestà Sua che anche di qua si mandasse. Il Consiglio poi titubò, perché niuno da Parma era venuto a felicitare il re sull’avvenimento al trono. Si osservò che Soragna3 partì poco prima della cessione. Finalmente che del matrimonio non era stata data parte. Si credeva che in ottobre si farebbe il matrimonio. tornai ad umiliare qualche altra parola al re nel dì 15 di luglio. Non so se in tutto questo sia alcun peccato nostro e sono in qualche agitazione or che sento che il matrimonio sarà ne’ 12 di settembre. Quella franchezza imperiale di parlar di matrimonj nella lettera confidenziale a Vostra Maestà non connette con quel che Majo talora ha scritto; ma Dio sa dove Majo pesca e se non è burlato. oh! quanto poco abbiamo in Vienna e in Parigi con Cantillana!4. Santa Elisabetta, che ha così ben servito, aspettava che Cantillana rimarrebbe a Spagna dopo la destinazione dell’ambasciatore di Spagna alla corte di Sua Maestà polonese. Egli si crede superfluo fatta la pace e desidera situazione, ma di qui non l’interloquisce; né mai si farà mutazione alcuna né si proporrà. rendo a Vostra Maestà umilissime grazie per le speranze che si degna di darmi di una buona composizione coll’Inghilterra. Ho sperato sull’offerta di darle [alla flotta inglese] tutto il campeggio che le è necessario in uno dei porti di Spagna. Albertini dubita che Pitt vada con buone parole trattenendo per trapassare il tempo della pace; l’ho detto a Gray, il quale con gran forza ha procurato ch’io non lo creda. Questo veneziano non conclude: quanto più lo scalpello [interrogo], meno ne cavo. Dubito che ci si riservi al suo ritorno in Venezia. umilio a Vostra Maestà il suo complimento al re nel giorno della sua udienza pubblica: o dice troppo o non dice nulla. XLV. tanucci - 12 agosto 1760 295 Caraccioli dà per morti tutti li rubioni col trattato di 3 ottobre; forse si rallegra troppo. orsini non ha potuto trovare ancora qualche orto. So da Centomani, in grosso però non in dettaglio, che rivera, per somiglianza di temperamento e di abitazione [abitudini], si è stretto con torrigiani e tengono a scuola tutto il mondo. tutti son deboli per essi, tutti poveri, tutti senza giudizio. Quel timballini ricavò da turino la notizia delle difficoltà spagnole. Le cordiali pacifiche acclamazioni, l’uniforme giubilo e tutte le sincere dimostrazioni dei popoli nell’occasione del giuramento avranno mossa a turino labile [ossia eco debole]. In tanto è bene che non abbia altro alleato che torrigiani. Son cinque anni che lavoro per disingannare gl’inglesi. Mi pare di aver fatto qualche profitto. tutto il magnatismo5 è disgustato perché la Viggiano si vuol far monaca nelle teresiane. Il Consiglio si vede obbligato a trasferirla alla Egiziaca di sopra6 per esplorarne la volontà7. L’essere a Vostra Maestà piaciuta la festa de’ tori forse sarà un buon principio per adattarsi. Considerando che è necessario e inevitabile, desidero che avvenga purché sia senza nostra maggior perdita di quella che stiamo piangendo. Non prosieguo un discorso che sarebbe troppo patetico e resto prostrato alli piedi della Maestà Vostra. *AGS, Estado, libro 243, ff. 104r-105v. 1 tanucci confonde il real sito di San Ildefonso, a Segovia, con il real Hospicio de San Ildefonso a Madrid. 2 La rosa d’oro, onorificenza papale, è descritta nel Dizionario del Moroni come segue: «roSA D’oro. Rosam auream. Donativo sagro e benedetto solennemente dai sommi Pontefici, dignitoso e rispettabile pegli alti misteri che rappresenta, e pei grandi oggetti che simboleggia; donativo che i Papi fanno per singolare contrassegno di particolare divozione a chiese cattedrali e santuari insigni; di stima e di paterno affetto, ai cattolici sovrani e sovrane, a principi e principesse, a prodi capitani e personaggi benemeriti della S. Sede; ed a repubbliche cospicue e città illustri egualmente cattoliche. [...] Questo distinto, insigne e decoroso donativo, si fa dai Papi ai nominati, in roma stessa, colle proprie mani o per gli ablegati apostolici; ovvero si spedisce agli assenti pei legati a latere, pei nunzi, o per gli ablegati apostolici, con cerimoniale e formalità, tra le quali vi è quella che talvolta i Papi deputano commissari insigniti del grado episcopale per l’atto della consegna a chi è destinata la rosa d’oro benedetta, nel qual giorno di solenne inaugurazione sogliono concedere indulgenza plenaria; inoltre stabiliscono i Papi le feste nelle quali si deve esporre in seguito». Secondo ancora il Dizionario: «Vari sono stati i disegni di queste rose imitanti le naturali [...]. Anticamente la rosa d’oro si formava d’un solo e semplice fiore, tingendosi l’oro di rosso per imitare il colore naturale di essa; si cessò dal colorirla quando s’introdusse l’uso di collocare un rubino in mezzo alla rosa per renderla più preziosa, senza alterarne la qualità, ma in seguito fu dimesso questo costume, come di 296 Verso la riforma della Spagna: Carteggio abbellirla con altre gemme che più volte si usarono; poi e probabilmente dopo Sisto IV, si compose di un ramo spinoso di più rose con frondi, vago e fiorito, come ora lo vediamo, ed in cima una più grande, e tutte di oro puro. Nel mezzo della principale vi è una piccola coppa con suo coperchio o lamina forata, dove il Papa nella benedizione pone il balsamo e il muschio, rito introdotto per imitare la fraganza soave della rosa, e pei misteriosi suoi significati» (MoroNI, op. cit. a p. 235, nota 7, vol. LIX, 1852, pp. 111-2). Maria Amalia aveva ricevuto la rosa d’oro il 24 novembre 1740 dalle mani del cardinale Acquaviva nella cappella del palazzo reale di Napoli (vedi le relazioni 51. Cerimoniale per la funzione della rosa d’oro nel ms. di Francesco Antonio DE ALEXANDro, [Notizie della Casa Reale], in BNN, Sezione Manoscritti, ms. XI.D16, ff. 112v-115r e anche il ms. Funzione della Rosa d’oro inviata alla Serenissima Regina da Sua Santità in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, IV Inventario, fascio 1490, ff. 150r-152r.; il fascio 1492 di questa serie contiene anche la relazione di questa cerimonia). Sulla rosa d’oro, cfr. Carlo CArtArI, La Rosa d’oro pontificia. Racconto istorico consagrato alla santita’ di N. S. Innocenzo XI pontefice massimo da Carlo Cartari Orvietano. Con gli opuscoli d’alcuni autori, che di essa hanno scritto, roma, Nella stamperia della rev. Camera Apostolica, 1681; Risposta d’un religioso ad un cavaliere, che lo richiede con lettera di alcuna notizia dell’origine, rito, e significato della rosa d’oro solita benedirsi, e portarsi in mano dal sommo pontefice nella domenica quarta di quaresima detta dominica laetare, Nella stamperia di Bernardo Paperini, Firenze 1727 e Antonio BALDASSArrI, La rosa d’oro, che si benedice nella quarta domenica di Quaresima dal sommo pontefice: opera del p. Antonio Baldassarri ... con varie importantissime giunte ora nuovamente inseritevi, spettanti anco a’ funzioni fatte in Venezia nel ricevere il dono delle rose d’oro, come apparisce dall’avviso ai lettori, Presso Simone occhi, Venezia 1759. 3 Diofebo MELLIPuLI, marchese di Soragna e gentiluomo di Camera d’esercizio del duca di Parma don Filippo, era stato l’inviato parmense a Napoli (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 269). Vedi anche tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 17601761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 914. 4 José de BAEzA VICINtELo y MANrIQuE (c.1695-1770), conte di Cantillana e V marchese di Castromonte, fu un nobile spagnolo al servizio di Carlo di Borbone in Italia dal 1732 in poi. Nel 1737 fu nominato ambasciatore napoletano a Venezia, dove rimane fino al 1740, quando ritornò a Napoli per esercitare la carica di ciambellano e direttore della Cappella reale. Nel 1750 riprese la carriera diplomatica e fu nominato inviato napoletano a torino, dove rimase fino al 1753, quando fu inviato a Versailles come ambasciatore, carica che mantenne fino alla morte nel 1770 (cfr. ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11). tanucci diceva di lui a Aci: «Non crederò mai Cantillana atto al viceregnato di Sicilia, come non lo credo atto all’ambasciata di Francia. [...] È un buon cavaliere e avvenente, e potrà far qualche figura di comparsa. Protezione e amicizie lo hanno prodotto qui, ove non ha mai reso alcun servizio importante» (AGS, Estado, libro 243, ff. 185v-186r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 9 set. 1760). Sulla sua attività pubblica, vedi ad indicem i diversi volumi dell’Epistolario tanucciano. Su di lui, vedi anche la compiuta scheda in Gaspare DE CAro, Cantillana, José de Baeza Vicintelo y Manrique, conte di, in DBI. 5 Nel ‘700 per ‘magnatismo’ s’intendeva indicare in Italia la “grandezza nobiliare”, ossia i grandi titoli, in questo caso quelli del regno di Napoli. una lista abbastanza compiuta di tutti questi titoli, per il regno, è nel Capitolo 3. De varj Titoli, ne quali è divisa la Nobiltà Napoletana, in troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo IV, parte IV, 1752, pp. 52-96. 6 tanucci, scrivendo «Egiziaca di sopra», si referí al convento e alla chiesa napoletana di Santa Maria Egiziaca a Pizzofalcone. Secondo il Galanti, «è un monastero di monache ri- 45. Maria Amalia - 2 settembre 1760 297 formate nato da altro monastero di monache non riformate, che è presso la Nunziata. Intorno all’anno 1660 alcune di esse amando di vivere sotto una più rigida disciplina, acquistarono questo luogo, e fondarono questo nuovo monastero» (Giuseppe Maria GALANtI, Breve descrizione della città di Napoli e del suo contorno, Napoli 1792, p. 35). Vedi anche SIGISMoNDo, op. cit. a p. 87, nota 3, tomo II, 1788, pp. 308-10. Sulla sua vicenda artistica, vedi Carmelo CoNtI GuGLIA e Gaetana CANtoNE, La chiesa di S. Maria Egiziaca a Pizzofalcone, F. Giannini & figli, Napoli 1992. 7 A questo riguardo tanucci scrisse a Carlo III nella stessa data: «tanto strepito si è fatto dalla casa di Fondi, tanto da tutta la nobiltà sulla subornazione che della donzella Vigiano abbiano fatta le teresiane perché ella vi si faccia monaca, che tutti questi consiglieri di Stato hanno determinato di trasferirla all’Egiziaca di sopra, affin d’esplorarne in luogo indifferente la volontà. tra due giorni ne sarà fatta la traslazione» (AGS, Estado, libro 243, f. 103v: tanucci a Carlo III, Napoli 12 agosto 1760). 45 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] La febbre è ritornata. Debolezza grande. Si riserba a rispondere allorché stia meglio. San Ildephonso, 2 7embre 1760. Non ho voluto lasciare di scrivervi due righi sapendo bene quanto la lontananza ingrossa gl’oggetti e che se non avestri visto mie lettere vi sarestevo figurato ch’jo stessi assai più male di quello che sto. La febbre ancor mi tormenta. Mancò per tre giorni; da domenica è ritornata. Debolezza mi cagiona, come si puol credere, e sopra tutto della testa1, perciò non posso contestare alla vostra di 12 agosto2 riservandomi il farlo allor che stia un poco meglio, e vi assicuro della mia benevolenza. Amalia. 1 Carlo III, nella stessa data del 2 set. 1760, accennava a tanucci, da San Ildefonso (Lettera 46, in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 140): «Esperava tener el consuelo de poderte dezir que la reyna estava libre de sus tercianas, pues le fallarono tres dias, pero antes de ayer quanto menos lo esperavamos la bolvieron otra vez, lo qual te dejo considerar como me tiene, pero espero de la infinita misericordia de Dios que se apiade de mí, y me de presto el consuelo que tanto le pido y deseo, no solo de verla enteramente libre de ellas, sino perfectamente restablecida». 2 tanucci aveva sperato e notato che Maria Amalia, avendo gradito lo spettacolo della corrida, desse segno d’incominciare ad «adattarsi» alla realtà ambientale spagnola, così come egli riteneva fosse del tutto «necessario e inevitabile» (vedi la precedente Lettera XLV del 12 agosto 1760). Nonostante gli impedimenti della febbre e della debolezza, la regina scrive, invece, che avrebbe voluto «contestare» le affermazioni dell’interlocutore. 298 Verso la riforma della Spagna: Carteggio XLVI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 19 agosto 1760*. Giovedì sera 17 del corrente sarebbe stato il solito dell’unica consolazione per la lettera clementissima di Vostra Maestà de 19 del passato, nella quale si degna Vostra Maestà di dire che la sua salute va meglio, se subito non venissero quelle parole della passione dell’animo onde il corpo ancora soffriva. Io, che non posso immaginarmi le cagioni di tanta tristezza, rimango afflittissimo e mi riduco a pregar vivamente la misericordia divina che rassereni li pensieri di Vostra Maestà e dia alla grandezza e sublimità della mente una uguale giocondità. Per Sassonia sembrano le amarezze finite non essendo ormai rimassi al re di Prussia denti da nuocere1. Le cose di Spagna sono nell’aspetto migliore. Qui per ora non apparisce cagione alcuna d’agitazione. Il domestico poi, e l’interiore qualunque sia, non sembra bastante ad abbatter l’animo eccelso e robusto della Maestà Vostra. Supponendo dunque qualche ipocondria di viscere, che suol esser leggiera cosa e mutabile, attendo con impazienza e spero presto notizie migliori. Questo amabile figlio [Ferdinando] gode la tranquillità e prosperità desiderabile. Con una grandissima umanità compatì domenica una povera vecchia che nella piazza di palazzo morì oppressa dalla folla de’ poveri che concorrevano alle limosine che al solito si facevano dopo il ritorno del re dal Carmine2. tutte le solite guardie e diligenze non bastarono. Vanvitelli non si è lasciato veder questi giorni occupato da’ suoi bagni. Lo vedrò tra poco e comunicherò con lui il piacere della viva descrizione di San Ildefonso che Vostra Maestà si è degnata di fare3. Conferma questa quel che egli ha scritto con tanta verità di Vostra Maestà nel libro di Caserta4. Egli avrà gran motivo d’insuperbirsi sentendo che li suoi giardini di Caserta devono riuscir migliori di quel si celebre di San Ildefonso, fatto sull’idea dei famosi di Francia. Vedo come un presente quella brutta valle in cui s’imbocca dopo aver disceso il porto [della Fonfria]. Vedo infine di quel viale la storta piazza e la non grande facciata del palazzo su quella. tocco quasi dalle finestre della facciata sul gran giardino quella troppo orrida e troppo vicina cascata dalla montagna onde è si ristretto il parterre, essendo quell’umido che deve essere anche al sole alto nel gran giardino XLVI. tanucci - 19 agosto 1760 299 ove son si abbondanti e si pure le acque provenenti dalle vicine montagne. Se sarà Vanvitelli superbo della lode sovrana de’ suoi giardini, io non lo sono meno per la incredibile benignità colla quale Vostra Maestà si è degnata di dirigere a me una pittura tanto viva ed esatta della situazione e disposizione delle delizie di San Ildefonso. Supplico Vostra Maestà a perdonarmi l’indiscretezza colla quale ho troppo parlato di Piacenza. Veramente son gli affari della Spagna quelli che principalmente si devon trattare in Londra e le insidiose molestie che dagli attentati inglesi in Honduras posson venire al Messico, importano più di quelle che da turino possono sovrastar per Piacenza. Sarà senza dubbio accensione della mia malinconica fantasia il temere che a quella Piacenza stia attaccata la sicurezza o l’incertezza delle Sicilie [e] il non creder Vienna contenta e conquistata col trattato, sicchè siamo sicuri che resistera alle tentazioni; finalmente il sospettar Piacenza una scintilla onde s’infiammi l’Italia. La facile restituzion delle prede, la quale è stata fatta da Londra, mi fa dubitare che non saranno facili le altre due negoziazioni della pesca a terranova e d’Honduras. Corsini5 spera di comporre le cose portoghesi6. Almada7 tormenta ora i fiorentini. ringraziai Dio dopo aver temuto che uscendo di roma verrebbe quà, quando lo sentii diretto a Firenze8. È compatibile rosemberg, che parla con tutti del matrimonio, che faccia strada agli altri due. Nell’impossibile del suo oggetto vedrà quanto è più difficile il comporre del guastare e come Dio punisce e delude la perfidia e la cabala. La sua divina sapienza, quando anche Vienna rimanga potentissima alla pace, saprà difender dall’ambizione [viennese] sterminata l’Italia. È purtroppo vero che Squillace non ha in cinque anni venduti fiscali in quella somma nella quale noi li vendiamo in pochi mesi. Il Consiglio non può saper le cagioni di un attrasso che passa il mezzo milione; sa solamente quello che alla giornata don Giulio propone. Saranno contenti questi cavalieri del paese, tanto poco fa irritati del volersi monacare nelle teresiane di Vostra Maestà la donzella Viggiano, essendosi essa trasportata ieri nell’Egiziaca di sopra per esplorarne la volontà. La priora di Capua9 non ha mandata ancora la copia della bulla principale colla quale si stabilì quel monastero necessaria per concepir la grazia che implora di farsi regio. 300 Verso la riforma della Spagna: Carteggio Dubito che la lunghezza di questa lettera aumenti la mestizia di Vostra Maestà, benché la clemenza incomparabile si degni di ammetterla. torno a pregar Dio che sostituisca alle acerbe immagini le più dilettevoli e soavi e mi prostro, &c. * AGS, Estado, libro 243, ff. 126r-128r. Vedi ancora la Gaceta de Madrid, 19 agosto 1760, n. 34. 2 La basilica santuario del Carmine Maggiore conserva una delle immagini della madonna più popolari della Napoli di età moderna. L’origine della chiesa risale al XIII secolo, ma fu severamente rifatta nel Sei-Settecento da diversi artisti. Scrisse Galanti che Santa Maria del Carmine «non era che una cappella con un conventino fuori le mura della città; ma nell’anno 1269 l’una e l’altro furono magnificamente riedificati ed ampliati colle generose largizioni dell’infelice madre di Corradino Margherita d’Austria [sic, in realtà Elisabetta di Baviera] […]. Dietro l’altare maggiore furono allogati i corpi di Corradino e di Federico d’Austria. Questa chiesa è ricca di marmi e di stucchi dorati, ma il disegno è gotico. Fu restaurata l’ultima volta nel 1767 nella forma che si vede presentemente. L’altare maggiore e la tribuna sono disegno del cavalier Cosimo» (GALANtI, Breve descrizione, op. cit. a p. 297, nota 6, pp. 172-3). Sulla storia del Carmine, vedi il ms del P. Pier tommaso MoSCArELLA, Cronostoria del Real Convento del Carmine maggiore di Napoli scritta dal Reverendo Padre Pier Tommaso Moscarella Carmelitano Napolitano Figlio del medesimo convento [post 1794] in BNN, Sezione Manoscritti, ms. X.AA.2; Gaetano FILANGErI, X. Carmine maggiore, in Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie napoletane, vol. III, tipografia dell’Accademia reale delle Scienze, Napoli 1885, pp. 249-565 e Pier tommaso Maria QuAGLIArELLA, Guida storico-artistica del Carmine maggiore di Napoli, Salvatore Mazzolino, taranto 1932. ringrazio renato ruotolo per questa informazione. Carlo di Borbone si recava al santuario ogni domenica sera quando era a Napoli o a Portici fin dal suo arrivo nella città nel 1734. Su questa nota devozione del Sovrano scrive ancora D’onofri: «La gran divozione verso Maria Santissima succhiata già col latte dal defunto Re, si appalesò appena giunto in Napoli, avendo Egli il giorno dopo voluto andar subito a visitare la miracolosa immagine della Vergine, che si venera nella chiesa del gran monastero del Carmine Maggiore. Vi andò Egli dunque con gran treno, e fu accolto da quei PP. Carmelitani calzati con la maggiore distinzione; ed indi in poi andarvi ogni Sabato dopo pranzo: ma dopo qualche tempo incominciò Egli ad andarvi ogni Domenica; non mancando mai di assistere alle litanie, e a ricevervi la benedizione col Santissimo. Egual divozione nutriva la fu regina Maria Amalia verso quell’immagine sì miracolosa; onde non lasciava ella d’intervenirvi sempre unita col suo reale Sposo. Essendo poi stata Ella attaccata dal Vajuolo, subito mandò alla Chiesa del Carmine una torcia dei sei libbre, che innanzi alla sacra Immagine si tenne accesa per sei giorni; e di più mandovvi la limosina per sette messe di cinque carlini l’una. Non vuolsi però passar sotto silenrio [sic] la gran moderazione di quei rispettabili Padri Carmelitani, i quali, quantunque vedessero nel re Carlo una divozione così particolare verso la loro immagine miracolosa, che dal Sovrano medesimo ogni otto giorni era infallibilmente visitata, venendovi alle volte fino da Portici; mai non ardirono di chieder qualche sovvenimento, o per fabbrica, o per abbellimento di chiesa, o per altro bisogno, gloriandosi abbastanza dell’onore, che ricevevano, e molto più della grand’edificazione, che con un tal visita davano i Sovrani a tutto il Pubblico» (D’oNoFrI, op. cit. a p. 28, nota 1, pp. CCXXIII-CCXXIV). Sul rapporto tra Carlo di Borbone e il Carmine Maggiore a Napoli, vedi ancora renato ruotolo, Carlos de Borbón, los Carmelitas y un proyecto para la sacristía del Carmine de Nápoles, in In sapientia libertas. Escritos en homenaje al profesor Alfonso E. Pérez 1 XLVI. tanucci - 19 agosto 1760 301 Sánchez, Museo Nacional del Prado, Madrid 2007, pp. 581-6 e Pablo VázQuEz GEStAL, La fondazione del sistema cerimoniale, op. cit. a p. 240, nota 4. 3 Infatti, tanucci scriverà a Vanvitelli a questo riguardo, come ci fa conoscere l’architetto: «Avevo tutta la posizione delle lettere del Giovannini e mie risposte Giovedi mattina, che mi mandò a chiamare il Marchese tanucci per dirmi che la regina Cattolica, dopo averli fatto relazione del Giardino di S. Idelfonso, gli aveva comandato che dicesse a me che quello di Caserta era meglio diviso e sarebbe stato infinitamente più bello. Io l’ho ringraziato e l’ho pregato ringraziare la regina» (Lettera 782: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 23 agosto 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 579). 4 Nella Dichiarazione dei disegni, op. cit. a pp. 127-8, nota 23, p. III, alla quale si riferisce tanucci, Vanvitelli chiama Maria Amalia «magnanima regina». 5 Neri CorSINI (1685-1770) era allora il cardinale protettore del re del Portogallo a roma. Noto antigesuita, era stato creato cardinale dallo suo zio papa Clemente XII Corsini (1652-1740). Sulla sua importante attività politica e culturale, vedi Enzo BorSELLINo, Il Cardinale Neri Corsini mecenate e committente. Guglielmi, Parrocel, Conca e Meucci nella Biblioteca Corsiniana, in «Bollettino d’Arte», VI serie, a. LXVI, 1981, n. 10, pp. 49-66; Marina CAFFIEro, Corsini, Neri, in DBI; Sivigliano ALLoISI, Il collezionismo del card. Neri Maria Corsini, in La Galleria Corsini a cento anni dalla sua acquisizione allo Stato, Multigrafica Editrice, roma 1984, pp. 29-36; Maria Letizia PAPINI, L’ornamento della pittura. Cornici, arredo e disposizione della Collezione Corsini di Roma nel XVIII secolo, Argos, roma 1998; Simonetta ProSPErI VALENtI roDINò, Lorenzo e Neri Corsini collezionisti di disegni, in La collezione del principe: da Leonardo a Goya. Disegni e stampe della raccolta Corsini, a cura di Ebe ANtEtoMASo e Ginevra MArIANI, Libreria dello Stato-Istituto Poligrafico e zecca dello Stato, roma 2004, pp. 32-47; e i lavori di Elisabeth kIEVEN: «Trattandosi illustrar la patria»: Neri Corsini, il «Museo Fiorentino» e la fondazione dei Musei Capitolini, in «rivista Storica del Lazio», a. VI, 1998, n. 9, pp. 135-44 e Lo stile corsiniano. Il mecenatismo della famiglia Corsini, in Ferdinando Sanfelice, op. cit. a p. 199, nota 12, pp. 35-9 e Maria Pia DoNAto e Marcello VErGA, Mecenatismo aristocratico e vita intellettuale: i Corsini a Roma, Firenze e Palermo nella prima metà del Settecento, in Naples, Rome, Florence. Une histoire comparée des milieux intellectuels italiens (XVIIe-XVIIIe siècles), a cura di Jean BoutIEr; Brigitte MArIN e Antonella roMANo, école Française de rome, rome 2005, pp. 547-74. Vedi anche I Corsini tra Firenze e Roma, a cura di Elisabeth kIEVEN e Simonetta ProSPErI VALENtI roDINò, Silvana, Cinisello Balsamo 2013. 6 Come confermava a Napoli l’inviato inglese James Gray, il «cardinal Corsini is labouring to prevent the departure of monsignor Almada, but it is thought will now succeed in his endeavors» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 8 luglio 1760). 7 Almada fu costretto a lasciare roma in seguito al conflitto diplomatico fra il re del Portogallo e il papa, come aveva fatto a sua volta il nunzio a Lisbona. Su questo incidente, cfr. le memorie aggiunte ai dispacci di James Gray, ambasciatore inglese a Napoli, dell’8, 15 e 22 luglio 1760 in NA, SP 93/18 e Cláudio da CoNCEIção, Gabinete historico que a Sua Magestade Fidelissima o Senhor Rei D. Miguel I em o dia dos seus felicissimos annos 26 de Outubro de 1830 offerece F.r Claudio da Conceição, tomo XV: Contémos Annos de 1760, 1761 e 1762, Na Impressão regia, Lisboa 1830. 8 Ancora Gray scriveva a questo riguardo: «upon the Pope’s having deputed cardinal Corsini to confer with the Portughese minister, he immediately notifyed by the inclosed his reasons for suspending his departure from rome, hoping from this condes[c]ension of the Pope he should obtain due satisfaction. But the terms of this paper having given great offence, has occasioned new differences and in consequence monsignor Almada has left rome. He is 302 Verso la riforma della Spagna: Carteggio said to be gone into tuscany. the asperity and incapacity of cardinal torregiani, the secretary of State, is much censured, as is the weakness of the Pope, who has more of the priest than the prince, passing his whole time in tears & prayers, the only remedy he is capable of applying to these disorders» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 15 luglio 1760). 9 La priora del monastero di San Gabriele di Capua era la sopraccennata suor Angela del Divino Amore. Carlo III ebbe corrispondenza con la suora dopo la morte della regina: vedi Cartas de Sor Angela del Divino Amor, de Capua, a Carlos III, 1764-1765 in AGS, Estado, legajo 6085. 46 Maria Amalia a Bernardo Tanucci [Indice, cfr. p. 8] Non può rispondere perché la febbre è ritornata e i medici anno giudicato necessario che torni a Madrid per dove partirà il giovedì. San Ildephonso, 9 7mbre 1760. Ho ricevuta la vostra di 19 del passato. Non posso ancora rispondere perché seguito a stare poco bene. La febbre haveva mancata per alcuni giorni; ieri ritornò ma molto leggiera, tanto che avendo principiata il freddo ieri sera dopo le 6, questa mattina allo svegliare già stava senza febbre; ma vedendo di medici l’ostinazione, hanno giudicato essere necessario che vada via da qui, perciò giovedì [11 settembre], piacendo a Dio, anderemo a Madrid1. Jo ne sono contentissima, tanto più che quando vi giunsi da zaragoza pure stavo in cattivo stato ed a quell’aria mi rimisi. Non posso dilungarmi. Vi assicuro della mia benevolenza. Amalia2. 1 Infatti, la Gaceta informava: «En la duda de si lo irregular, que continùa la estacion en San Ildephonso, puede ser contrario a la reyna nuestra Señora, ha resuelto el rey, cuya importante salud, la del Principe, Señores Infantes, è Infantas, sus amados Hijos, prosigue en el buen estado, que podemos apetecer, salir de aquel real Sitio con S. M., y con sus altezas el Jueves 11. del corriente à comer en Guadarrama, y à dormir en el Escorial, de donde se continuarà la marcha el dia siguiente, comiendo en la zarzuela, y viniendo por la tarde al Palacio de Buen retiro. La reyna Madre nuestra Señora, que con el Señor Infante D. Luis se mantiene sin la mas leve novedad, dexarà tambien aquella residencia el dia 16, llegando el siguiente a esta Villa, acompañada de su Alteza» (Gaceta de Madrid, 9 set. 1760, n. 37, p. 303). Vedi anche Lettera 47: Carlo III a Bernardo tanucci, San Ildefonso 9 set. 1760 in Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5, p. 143-144. 2 Questa è l’ultima lettera scritta da Maria Amalia a tanucci. Infatti, la regina cominciò a sentirsi sempre peggio, fino alla morte. Vedi le Gacetas de Madrid successive all’ultima lettera inviata a tanucci, dove si descrivono minutamente sia la sua malattia sia la morte e le cerimonie funebri, così come AGP, Reinados, Carlos III, legajo 5074: Fallecimiento de la Reyna doña Maria 46. Maria Amalia - 9 settembre 1760 303 Amelia [sic] y su entierro en el Real Sitio del Escorial e AGP, Reinados, Carlos III, legajo 1373. Carlo III e la città di Madrid, sentendo aggravarsi la malattia della regina, cominciarono con le rogative religiose solite a farsi in queste circostanze, così come viene minutamente descritto nell’ordine reale di 19 set. 1760: «Haviendose agravado la enfermedad de la reyna nuestra señora y queriendo el rey que en este conflicto se acuda a la piedad divina para moverla en ocasion de tanta importancia por la intercesion de san Isidro, ha resuelto Su Majestad que el cuerpo de este glorioso santo se saque de su capilla y se lleve al real palazio del Buen retiro, y que se egecute esta funcion en la forma que en otras ocasiones se ha practicado, evitando controversias y disputas con particolar atencion a que no se intenten ningunas que sean perjudiciales a los derechos del real Patronato para el ordinario de la Villa de Madrid, como se ha egecutado en otras ocasiones, lo que participo a Vuestra Señoría para que lo tenga entendido, y que respecto de que el cuerpo del santo se deve llevar esta tarde procesionalmente con asistencia de las comunidades religiosas, cavildo eclesiastico y cofradias al Buen retiro, dirigiendose a la escalera de el quarto de la reyna Nuestra Señora, de modo que, pudiendo ser, se halle alli a las quatro de la tarde, providencie Vuestra Señoría la correspondiente a que, en lo que está de su parte, egecutar en tales casos se practique sin la menor demora, pasando los avisos que se requieren al vicario y demás personas a quien lo deve dar para que todo este prompto, y tambien la llave del arca en inteligencia de que aun que falte alguna suplirá la maestra que tiene Su Majestad y de que los tribunales no han de concurrir a este acto […]. Madrid, 19 de Septiembre de 1760. Don … de Carl.o. Señor Don Juan Francisco de Lujan y Arze» (Archivo de la Villa de Madrid, Archivo de Secretaría, 2-270-4). La morte di Maria Amalia avvenne il sabato 27 settembre 1760. Il sopraccennato Edward Clarke la descrive molto bene: «the late Queen of SPAIN, consort of the present king CHArLES III. died September 27th, 1760, aged 35, after she had reigned only one year and fourteen days. She was a daughter of the present king of PoLAND, and had suffered greatly for the distresses of her father, who has been driven from his electorate by the king of PruSSIA: She was in bad state of health when [s]he came first into SPAIN, catched the meazles at SArAGoçA, then a cold: and afterwards was taken ill with a fever and flux at St. ILDEFoNSo, in September, and upon its increase returned to MADrID; when both those disorders still kept harrassing and weakening her, till they at last ended in a delirium and mortification. Every art of physic was used to save her, and every Spanish saint invoked, but all in vain. they brought the image of St. ISIDro to her, and some were fetched even from toLEDo and ALCALA DE HENArES: But neither the interposition of saints or subjects could avail any thing; tho’ all the churches of MADrID were crowded with people, offering up prayers for her recovery, fate was inexorable, and death relentless. the nuncio came and gave her the last papal benediction, and by the means conveyed to her the first notice of her approaching dissolution; she received the shock with some surprize, but with much piety, resignation, and resolution. upon her observing to the nuncio the insignificance and emptiness of all human grandeur; and that it was now of no advantage to her, that she ever was a Queen – He replied, “your Majesty has certainly had much greater opportunities of doing good, and which have not been neglected”. She lingered a day or two after this, till the delirium came on, attended with convulsions, and at length expired on the twenty-seventh of September, about three o’clok in the afternoon» (CLArkE, op. cit. a p. 34, nota 4, pp. 116-7). CLArkE così descrisse il funerale: «CErEMoNIES of a royAL FuNErAL. on the twenty-eighth, she was laid in state in the casson, or great-hall of the BuEN rEtIro; she lay upon a spond covered with gold tissue, under a canopy of state: She was dressed in a plain cap, tied with a broad white sattin ribband, and with a small black egret over her forehead; on each side the spond were six large girandoles, of Mexican silver, about for feet high, with large tapers burning, and round the room were several altars, with gold and silver candlesticks. on the right hand side of the spond, at the feet, knelt the duchess of 304 Verso la riforma della Spagna: Carteggio MEDINA SIDoNIA, behind her another lady of distinction, and then an exempt, and on each side stood two pursuivants bearing the crown and sceptre. the ladies were relieved every hour by others, such as the duchess of BurNoMBILE, the duchess of ArCoS, &c. but the pursuivants were obliged to remain the whole twenty-four hours –thus lay the Queen all day and night; on the twenty-ninth, she was carried to the ESCurIAL in this manner: About seven o’clock in the evening the procession began from the gate of the BuEN rEtIro in this order: First came forty Carmelite-monks on horse-back, each with a torch in one hand, and the bridle in the other; then as many Cordeliers, and last of all the Dominicans, all with torches in their hands: then a body of the guards on horseback, without tapers, headed by the duke of VErAGuEz, or duke of BErWICk. these were followed by the sacrist in his cope, bearing a gold crucifix, at the head of the curates. then the state-coach with the Queen’s body, followed by two carosses de respect; then the duke of ALVA; behind him the inquisitor-general, with some other people of distinction, such as the duke of ArCoS, &c. then followed another body of the guards, and last of all a suite of coaches. these were obliged to travel in this manner all the night; with their torches burning, which must be a vast expence; it being eight leagues to the ESCurIAL, and they proposed burying her Majesty about eight o’clock the next morning. the monks are paid for this journey, and they commonly share the tissue pall between them. And thus ended the solemnities of this funeral, which I shall conclude with the moral of our English Poet: “A heap of dust alone remains of thee; ’tis all thou art, and all the Great shall be”» (ivi, p. 117-8). XLVII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 26 agosto 1760*. Giocondissima interruzione delle lettere ordinarie del venerdì mattina fu il corriere di San Ildefonso che mi recò la sovrana lettera di Vostra Maestà de’ 5 del corrente. Mi rallegrai della salute che io vi vedeva di Vostra Maestà, benché permanente vi si dica l’ipocondria. Questo amabile figlio [Ferdinando] si conserva dalla misericordia divina sano, allegro, grazioso, e colla ottima indole va scoprendo l’acume dell’ingegno e la somiglianza degli augustissimi genitori. Li corrieri dicono nove pessime leghe per la via di San Ildefonso, che si aggiungono al solito viaggio, a fin di giustificarsi contro le mie querele della sollecita espettazione nella quale mi tengono per 24 ore di più. Non vorrei che l’orrore delle montagne contribuisse alla tristezza, né il cielo tempestoso, che ha convertito agosto in dicembre, venisse ad aumentarla. Il glorioso Filippo V, e per l’età e per la nausea delle cose umane che gli consigliarono la fuga del regno, scelse l’orrore di San Ildefonso per fuggire il genere umano nel quale aveva trovata tanta malvagità come San Brunone, San Francesco, San romualdo1. Spero però che il fresco, qualunque sia, abbia a produrre a Vostra Maestà più allegria del caldo di Madrid. XLVII. tanucci - 26 agosto 1760 305 Non merita Vienna perdono. La sterminata ambizione non poteva portarla a peccato maggiore. È qualche piacere che il ritratto di Ciccio cominci in rosemberg la pena dell’inutile desiderio e di una speranza impossibile. Li due matrimonj che Vostra Maestà ha pensati mi sembrano opportuni2. Le età rispettive indicano che qui verrà la piemontese. Si è osservato che le femmine di quella famiglia sono migliori de’ maschi. Quella di Parma riuscirà ottima in Spagna perché non porterà conseguenze per le quali vengano al re cure o maggiori o diverse, restandovi quella sola che già vi è dell’Italia. Dio voglia che la pace emendi e moderi il re di Prussia e lo renda un istrumento innocente e tranquillo dell’equilibrio germanico e italiano, sicché possiamo tutti essere giocondamente prussiani, nei quali Vienna va colle sue arti già conosciute convertendo tutti gli altri europei. Ma ora quel sovrano deve essere in grandi angustie3, e per ora quella ferocia, che anche ultimamente ha in vano esercitato contro Dresda, lo rende poco grato a tutta l’umanità. Gran disgrazia del genere umano è il doversi rattristare della pena che Dio voglia dare, come pare, a tanta ferocia. Anche Galliani vuol che io creda che Choiseul non tratta più di Piacenza con turino. Ma io metto Choiseul con Vienna e per esso piango come Geremia4 li mali di quella casa Borbone, la quale nel 1711 Dio mostrò che dovesse esser terribile e invulnerabile. Londra teme una pace repentina che il re di Prussia faccia colle Imperatrici. Vienna teme lo stesso di Parigi con Londra. Dio sa chi prima si leverà e in qual situazione si cadrà. Io non devo rammentar Piacenza, perché l’America alla Spagna importa più che l’Italia, ma devo affliggermi, come mi affliggo, e così afflitto scrivo ove posso le più strane cose. tutta la consolazione che ho nel riguardare l’aspetto soavissimo di questo mio sovrano pupillo mi è amareggiata da questa Piacenza della quale devo tacere. Non vedo speranza di ricomporre questa Azienda reale. resta a vedersi il promesso bilancio d’ottobre. Quel che intanto si può affermare sono 100ma ducati annui, forse 150ma , che avanzeranno alla Casa reale e si ripongono subito, che arriviamo ad averne 30ma , 20ma certamente. Se ne riporranno ogni anno degli avanzi farnesiani, medicei, Capodimonte. Più sarebbono questi se il Consiglio non avesse a questo mio ramo imposto il grave peso di pagar li danni moltissimi delle cacce. E quest’anno se ne sarebbono riposti 25ma se con 15ma non avessi soccorso l’afflitto e soffocato 306 Verso la riforma della Spagna: Carteggio [messo a tacere] don Giulio. Nel rimanente, le cose nostre son quiete. Sembrano della concordia e regolarità del Consiglio contenti tutti li ordini dello Stato. Con roma finì bene l’affare de’ patentati di Malta. Bisognò fermezza e all’ultimo fingere il disgustato. un [ossia, ogni] affare con roma è un gran tormento. Non solamente vi è fraude; vi sono massime strane riguardo a’ principi secolari, ma ignoranza ancora. Mi venne scritto al re che quasi li buoni cardinali negavano al re delle Sicilie la sovranità di Malta5. È venuto il giuramento che si è dato per la feudalità ultimamente in Palermo6. Ne ho diffuse copie in roma. Supplico Vostra Maestà a vedere quel che di Cavalchini7, uno de’ cardinali più celebri in dottrina, scrive orsini. Squillace mi avvisa che il Firme mi porterà un nuovo segno della clemenza di Vostra Maestà, che è degnata dispensare a me nella distribuzione di tanti generi americani8 che d’ordine di Vostra Maestà vengono in quel vascello. Le mie obbligazioni e le mie riconoscenze son da gran tempo maggiori di tutte le parole. Lo sono il cuore ancora e l’animo, li quali non son più miei. Prego Squillace che mi presti tutto quel che mi manca di opere e di parole nelle grazie che io devo rendere umilissime alla Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 243, ff. 143r-144v. 1 SAN BruNoNE (1030-1101), SAN FrANCESCo (1181/2-1226) e SAN roMuALDo (9511027) sono tre santi cristiani noti per la loro povertà, modestia e per lo stile eremitico. Il paragone di Filippo V come monaco ritirato in San Ildefonso dopo la rinuncia al trono il 10 gen. 1724 non è invenzione di tanucci, bensì rielaborazione degli apprezzamenti del ben noto lavoro del marchese di San Felipe; vedi BACALLAr y SANNA, op. cit. a p. 267, nota 15, p. 351 ss. Su Filippo V e sul suo ritiro in San Ildefonso, cfr. anche VázQuEz GEStAL, Una nueva majestad, op. cit. a p. 32, nota 2. 2 Vedi la Lettera 41 del 5 agosto 1760. 3 Cfr. ancora la Gaceta de Madrid, 26 agosto 1760, n. 35. 4 GErEMIA (c. 650 a.C.-c. 586 a.C.), della tribù di Beniamino, fu uno dei profeti biblici. Autore dell’omonimo Libro e anche di quello chiamato delle Lamentazioni, il suo noto pianto per la siccità e per la guerra è ivi da lui descritto: «[17] tu riferirai questa parola: “I miei occhi grondano lacrime notte e giorno, senza cessare, perché da grande calamità è stata colpita la figlia del mio popolo, da una ferita mortale. [18] Se esco in aperta campagna, ecco i trafitti di spada; se percorro la città, ecco gli orrori della fame. Anche il profeta e il sacerdote si aggirano per il paese e non sanno che cosa fare”» (Geremia 14). 5 Malta apparteneva al re di Sicilia, come fa notare tanucci. Nel 1530 l’imperatore Carlo V, come re di Sicilia, aveva permesso all’ordine militare di S. Giovanni di Gerusalemme di rimanere nell’isola; cfr. ad indicem SCHIPA, op. cit. a p. 29, nota 4. Sui cavalieri di Malta nel Settecento, vedi roderick CAVALIEro, The Last of the Crusaders. The Knights of St. John and XLVIII. tanucci - 2 settembre 1760 307 Malta in the Eighteenth Century, Hollis & Carter, Londra 1960 e Alain BLoNDy, L’Ordre de Malte au XVIII e siècle. Des dernières splendeurs à la ruine, éditions Bouchene, Parigi 2002. 6 Secondo quanto informava Pitt a Londra, «the Malta galleys are arrived here from Palermo, where the general don Pasquale Gaetani had been sent by the Grand Master to take the investiture from the islands of Malta and Gozo, and to take the oaths of fealty and to do homage, which ceremony was performed in the presence of the vice-king the 24th of July. the general will here take upon him the character of ambassador extraordinary to compliment His Sicilian Majesty upon his accession» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 19 agosto 1760). 7 Carlo Alberto GuIDoBoNo CAVALCHINI (1683-1774) era un cardinale italiano. Nato a tortona da nobile famiglia, studiò all’università di Pavia e divenne presto un noto giurista. ricoprì diverse cariche a roma, essendo stato nominato nel 1728 arcivescovo. Fu poi cardinale e prefetto della congregazione dei Vescovi e regolari nel 1743. Secondo Cardella, «morto Benedetto XIV, quasi tutti i Cardinali radunati in conclave concorsero col loro voto nella persona del Cavalchini, il quale però non arrivò a sedere sulla cattedra Apostolica, attesa l’esclusiva [ossia, il veto], che riportò dal re Cristianissimo, quale accidente, che avrebbe scosso, e turbato qualunque altro, che non avesse avuto la virtù, e la costanza del Cavalchini, non recò a lui la menoma confusione, avendo con animo tranquillo, e quieto riconosciuta la mano di Dio, in quel tanto che accadeva» (CArDELLA, op. cit. a p. 93, nota 6, p. 6). Clemente XIII lo nominò suo prodatario e nel 1763 vescovo di ostia e di Velletri. Su di lui, cfr. il volume già citato di Cardella e ad indicem http://www2.fiu.edu/~mirandas/cardinals.htm. 8 Con generi americani tanucci fa referimento ai regali che, come il tabacco o il cacao, Maria Amalia probabilmente inviava al giurista toscano provenienti dell’America spagnola, e allora molto apprezzati. Cfr. su questo argomento: GruPo DE EStuDIoS DEL tABACo, GrEtA, El consumo de tabaco en España en el siglo XVIII, in «Cuadernos de investigación histórica», 2002, n. 19, pp. 313-45; rafael ESCoBEDo roMEro, El tabaco del rey. La organización de un monopolio fiscal durante el Antiguo Régimen, Pamplona, Ediciones universidad de Navarra, 2007 e María de los ángeles PérEz SAMPEr, Chocolate, té y café: sociedad, cultura y alimentación en la España del siglo XVIII, in El conde de Aranda y su tiempo, vol. I, a cura di José Antonio FErrEr BENIMELI, Diputación de zaragoza, Saragozza 2000, pp. 157-222. XLVIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 2 settembre 1760*. La consolazione di poter umiliare a Vostra Maestà la notizia della prospera salute di questo amabilissimo regnante è ben diminuita dell’amarezza della febbre che Vostra Maestà stava soffrendo il dì 12 del passato, giorno della sovrana lettera di Vostra Maestà che giovedì mattina ricevei1. Leggiera Vostra Maestà chiama la febbre e colla solita grandezza d’animo soffre la pena di scrivere, e di scrivere a me, dicendone la cagione, la qual è la clemenza più grande che sia finora discesa dal trono verso un nulla quale son io. La carità di volermi collo scrivere liberar dalle meditazioni ipocondriache, venendo da una virtù sublime, è inefficace a metter li miei pensieri 308 Verso la riforma della Spagna: Carteggio in riposo. So la sofferenza eroica bastante a tollerare le più terribili avversità tranquillamente e, a vista di tanta misericordia, per me più s’indebolisce e s’abbandona il mio spirito. Prego Dio che mi faccia presto arrivare a vedere nel piego del corriere che viene la sopracarta di Vostra Maestà e poi la sicurezza di essersi verificate le speranze dateci dell’effetto salutar della china. Dignità e grazia somma mostrò il re nel ricever giovedì l’ambasciatore di Malta2. Il conte di Lusazia aggiunge per le teneri figli di Vostra Maestà un grande esempio dei celebri maggiori; la virtù si celebra uguale al valore3. L’elettorato d’Annover4 predicherà il paragone e, mentre abominerà quel comandante francese della prima invasione, conterà d’essere stato il teatro de’ due estremi: del vizio e della virtù. Il re di Prussia ha un poco rallegrata la scena della sua tragedia avendo alquanto battuto un fianco di Daun. Spero che Londra si aprirà più sulle preposizioni di pace e spero ancora che non si abbia a parlarne sì presto. Le Imperatrici [d’Austria e di russia] non sembrano mature, ma io non ho il coraggio di parlar di tali cose mentre son obbligato a tener la mente occupata di quello che il corriere mi porterà della salute di Vostra Maestà. tutto quello che ne è stato scritto il dì 12 del passato vuol che io speri, ma la speranza toglie ancora la forza di pensare e di parlar d’altro che dell’oggetto suo. Si è fatto regio il monastero di San Gabriele di Capua, e per grazia di Dio continua la concorde tranquillità di questo governo. E in questa mia agitazione resto prostrato ai piedi della Maestà Vostra. * AGS, Estado, libro 243, ff. 165v-166v. Vedi Lettera 42 del 12 agosto 1760. 2 Secondo quanto scriveva tanucci a Galiani, «se poi Vostra Signoria vuol saper le nuove di Napoli, queste sono: [...] l’ambasciatore di Malta, che ha prestato il giuramento di ligio omaggio al re secondo la legge feudale e secondo il solito; di patentati di Malta, cioè, dell’inquisitore, alle grida e minacce del re ridotti da roma da 500 a 61 e a soli ecclesiastici» (AGS, Estado, libro 243, f. 167v: tanucci a Ferdinando Galiani [Parigi], Napoli, 6 set. 1760). 3 tanucci accenna probabilmente ai successi del fratello minore di Maria Amalia, principe Francesco Saverio, conte di Lusazia, secondo le notizie pervenute dall’Aia del 14 agosto 1760: «El Mariscal de Broglio recibiò el dia 4. por la tarde la noticia de que el Conde de Lusacia se havia apoderado de Dransfeld, en donde hizo 300. Prisioneros» (Gaceta de Madrid, 2 set. 1760, n. 36, p. 292). 4 L’elettorato di Brunswick-Lüneburg, più spesso denominato ufficiosamente elettorato di Hannover, era uno dei territori sovrani della Germania. Il suo titolare, a questo tempo Giorgio II d’Inghilterra, era dal 1692 il nono elettore del collegio che doveva scegliere il titolare del Sacro romano Impero della Nazione Germanica. 1 XLIX. tanucci - 9 settembre 1760 309 XLIX Bernardo Tanucci a Maria Amalia Napoli, 9 settembre 1760*. Grandissima consolazione mi venne giovedì dalla vista delle sovrane soprascritte di Vostra Maestà sulle lettere de’ 19 del passato. Lessi velocemente e al fin trovai la febbre finita colla china. Diedi le più fervide grazie a Dio e sperai che sintomi di terzana siano l’inappetenza e la debolezza. In Italia si crede che le terzane si producano nello stomaco e altri vasi vicini, onde non è meraviglia che sia venuta l’inappetenza e con essa la compagna indivisibile debolezza. Questi che sanno San Ildefonso dicono che l’umido freddo sia la fabbrica delle terzane per li non assuefatti o per li non spagnuoli. Spero nella continuazione della china più che negli altri medicamenti. Questo grazioso monarca, perfettamente sano, jeri riempì nella funzione di Piedigrotta1 un popolo infinito di gioja. Mocenigo, che ne è innamorato, se ne va mal volentieri. Arrivarono col Firme jeri li messieurs un’ora prima di mezzogiorno2. Crederono la somma delle cose nostre, che nella funzione di jeri comparisse il re con Santo Spirito in figura. Il vero non mancava, poiché gli amori uniformi e le acclamazioni dei popoli lo mostravano. Non so se sia stata in Vienna virtù bastante ad uguagliar il dolore del battuto in Slesia Laudon alla compiacenza di vinti da Dueponti e cacciati dal forte lor campo in Sassonia prussiani. Ho lettere d’allegria pel vicario di Siviglia preferito a’ nominati collegiali in un vescovado del re3. Li spagnoli di roma ne hanno fatto festa e concepite grandi speranze pel bene della monarchia. Vestendosi nelle teresiane di Vostra Maestà due parenti del cardinale arcivescovo4 l’avevano invitato. Il Consiglio ha creduto bene avvertirlo che in chiesa regia non può egli aver cattedra, o sia, come li preti dicono impropriamente, trono. Il nostro Consiglio seguita con un apparente concordia. Le piazze, il baronaggio, le formalità giudiciali, li parentadi, li scrupoli sono li miei tormenti. Non si arriva a peccare perché l’educazione e l’abito hanno persuaso l’intelletto. Cedo talora senza molto contrasto per conservarmi la confidenza e riserbarmi a cose importanti, e quando cedo rimango solo con serietà. Il popolo è generalmente contento. L’Azienda non migliora. ora sovrastano i due ajuti di costa a Cattolica e a Pignatelli5. Anche li re- 310 Verso la riforma della Spagna: Carteggio gali a Venezia, a Neipperg pel battesimo, all’ambasciatore di Malta, alli messieurs scomodano, e ora vien quello del quale mi sono scordato scrivendo al re, marchese Cortesi di Modena6. Il discorso è troppo ipocondriaco. resto perciò pregando Dio che riempia Vostra Maestà di salute e di giocondità e prostrato &c. * AGS, Estado, libro 243, ff. 183v-184v. La festività della madonna di Piedigrotta si celebra a Napoli ogni 8 settembre. Devozione molto popolare, il suo tempio si trova all’ingresso della grotta che ancor oggi permette il transito dalla riviera di Chiaja a Fuorigrotta verso Pozzuoli: di lì il suo nome. Era stato il vicerè conte di Castrillo (1653-1659) a formalizzare la presenza del viceré e della viceregina in questa festività, per capitalizzare politicamente una festa religiosa tanto popolare. Nel 1674 il marchese di Astorga l’aveva arricchita di una parata militare, che da quel tempo in poi fu tradizione eseguire ogni anno. Carlo di Borbone, come è ben noto, vi partecipò annualmente dal 1734 in poi (vedi Avviso di Napoli, 14 set. 1734, n. 39, in BNN, Sezione Napoletana, Periodici 120; Festività di nostra sig.ra di Piedi Grotta [8 set. 1734] in Cerimoniale di Corte dal 1734 al 1773 in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, IV Inventario, fascio 1490, fogli 22v e ss. e troyLI, op. cit. a p. 70, nota 6, tomo V, parte II, 1753, pp. 452-3). Secondo Franco MANCINI (Feste ed apparati civili e religiosi in Napoli dal Viceregno alla capitale, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 19972, prima ed. 1968, p. 119), la parata di Piedigrotta, «eseguita al tempo dei vicerè, crebbe d’importanza con l’avvento di Carlo di Borbone al quale, se non quello di averla istituita ex-novo, spetta il merito di averle conferito una grandiosità mai raggiunta prima d’allora». Sulla storia di questo santuario e sulla festa, vedi SIGISMoNDo, op. cit. a p. 87, nota 3, tomo III, pp. 146-8; Giuseppe PorCAro, Piedigrotta. Leggenda, storia, folklore, Fausto Fiorentino, Napoli 1958; Luigi M. LoSCHIAVo, Storia di Piedigrotta, Arti Grafiche tripi e Di Maria, roma 1974 e Franco MANCINI e Pietro GArGANo, Nel segno della tradizione. Piedigrotta. I luoghi, le feste, le canzoni, Guida, Napoli 1991. 2 I messieurs sono i signori Bignon e Perseville, ufficiali dell’ordine dello Spirito Santo che, venuti direttamente da Madrid dopo la funzione dell’ordine nella corte spagnola, arrivarono a Napoli per realizzare lo stesso rito con Ferdinando. Come Gray informava a Londra, «the same day [ieri] monsignor Bignon, the French master of the ceremonies, who is commissioned to bring the ensigns of the order of the Holy Ghost to the king of Naples, arrived here in a Spanish man of war from Carthagena» (NA, SP 93/18: James Gray a William Pitt, Napoli 9 set. 1760). 3 Secondo tanucci: «Gran festa si è fatta per la promozione del vicario generale di Siviglia al vescovado di oviedo, o altro simile, escludendo il re tutti li tre nominati» (AGS, Estado, libro 243, f. 186r: tanucci al principe di Aci [Madrid], Napoli 9 set. 1760). Nel luglio di quell’anno era stato nominato nuevo vescovo di oviedo Agustín González Pisador (17091791). Probabilmente tanucci si riferì a questa nomina. Sul personaggio, vedi Juan José tuñóN ESCALADA, D. Agustín González Pisador, obispo de Oviedo (1760-1791). Iglesia y sociedad en Asturias, real Instituto de Estudios Asturianos, oviedo 2000. 4 Antonino SErSALE (1702-1775), sorrentino, era l’arcivescovo di Napoli in questa data. Essendo ordinato sacerdote molto presto, nel 1741 ricevè dell’arcivescovo di Napoli, il cardinale Spinelli, un canonicato. Nel 1743 fu promosso a vescovo di Brindisi da Benedetto XIV. Nel 1750 fu nominato vescovo di taranto, e nel 1753 arcivescovo di Napoli, essendo stato dichiarato cardinale nel 1754. Sulla sua attività e personalità, vedi CArDELLA, op. cit. a p. 93, nota 6, pp. 55-7. Cfr. ad indiciem http://www2.fiu.edu/~mirandas/cardinals.htm. 1 L. tanucci - 16 settembre 1760 311 5 Forse tanucci si riferisce al conte Michele PIGNAtELLI, dei principi di Belmonte, che sará dichiarato a ottobre inviato napoletano a Lisbona in sotituzione del suo predecessore Carlo di Guevara. Vedi tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, pp. 25 e 48. 6 Il marchese tiburzio CortESE fu l’inviato straordinario che Modena destinò a Napoli affinché trasmettesse i complimenti di quella corte al re Ferdinando per la sua salita al trono delle Due Sicilie. restò nella capitale dal set. 1759 fino a nov. 1760 (Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11, p. 227). L Bernardo Tanucci a Maria Amalia Portici, 16 settembre 1760*. Il contento di veder nell’apertura del piego de’ 26 del passato la sovrana benefica mano di Vostra Maestà fu presto turbato dal tenor della lettera che diceva ritorno di febbre. E son tornate tutte le malinconiche meditazioni dell’altra settimana, le quali sono ora tutte rivolte all’aspettazione del corriero che viene, al quale desidero maggior celerità di quella colla quale è venuto quello de’ 26. Questo amabile sovrano gode quella perfetta salute che possiamo desiderare e che con tutti li spiriti prego alla Maestà Vostra dall’autore di tutti li beni. Il tenore della sovrana lettera aumenta la mia amarezza perché vi si conosce la sofferenza alla quale l’animo sublime si obbligava. Dueponti mi sembra anch’esso tardo nella intrapresa di liberar la Sassonia mentre Wittemberg1 colla sua truppa si manda a far l’esattore dei mesi romani per l’imperatore. Dà veramente, con scandalo universale, la corte di Vienna a quella liberazione troppo piccola parte di quelle cure alle quali da tutte le leggi è obbligata. Io non posso combinare una negligenza si chiara dei doveri con quella decantata devozione, né ho alcuna cagione di scusar le opere colla mancanza di riflessione, perché vedo questa grandissima nella esecuzione della passione. Documenti grandi pel futuro delle due case reali di Sassonia e di Spagna. Desidero qualche avvenimento pel quale il conte di Lusazia si unisca a Dueponti nella Sassonia e, questa ben coperta, non troverei male, per la parte innocente del genere umano, che li prussiani e gli austriaci si consumassero in Slesia e piovesse poi sulli scheletri una pace insignificante, la quale non alterasse molto lo stato antico. Li Bussi2, che voglion la Prussia già occupata, non mi lasciano sperar molto risarcimento dei danni della Sassonia e di quella casa reale. Si dà a Santa Elisabetta la licenza di venire nel modo e nei termini prescritti dal re. Ei già teme di esser superfluo nella corte di Dresda riunitavi che sia la casa reale, che in breve si 312 Verso la riforma della Spagna: Carteggio sperava. L’ambasciator di Spagna che vi sarà, sarà l’invidia e l’eclisse. Mi aspetto che tornato quì, rinnoverà le antiche e nuove premure per un altro destino. Io lo compatirò se non si adatterà ad essere in quella corte considerato per uno straniero che abbia finito d’appartenere a quei sovrani adorabili, dai quali senza l’ambasciatore di Spagna ora si lusinga di essere stimato qualche immagine. Io sono per me sicuro di che è stata tutt’altra che l’ambizione la cagione del mio ancora acerbo e sanguinoso tormento, e so quanto mi costa quella spada fatale che mi recise il di 6 di ottobre e mi vestí da straniero da quei monarchi, alli quali erano avvinti e dai quali dipendevano tutti li movimenti dello spirito mio e della mia vita. Il Firme dà tempo a quei candelieri di purgarsi da quell’aurea sfacciataggine che lor venne dallo sbaglio di Vanvitelli. Lenta mi sembra l’opera di Caputo, della quale umilio a Vostra Maestà la relazione3. La compassione della masseria di Mammana, aperta a tutte le genti del lavoro e danneggiatissima, ha persuaso San Nicandro e me a farne la compra perché l’opera proceda senza scrupolo e senza maledizione4. Si farà con denaro della Casa reale secondo il concluso in questi giorni e collo stesso danaro si finirà il quarto di questo palazzo a levante di due grande stanze e cinque camere mediocri con una scala sulla loggia di Sisto5. Questo sarà il quarto di Sua Altezza reale [Filippo] perché nel quarto più piccolo e assai meno decoroso che ora occupa passi San Nicandro, il quale non puo come deve salir dall’antico quarto una ventina di volte ogni giorno le scale, e ha osservata del re una certa confidenza di che egli, dovendo salir da basso, non comparirebbe improvviso. Io non ho creduto di dovermi opporre. Anche quest’opera che importerà circa 3ma ducati si farà senza toccare né don Giulio né alcuno assegnamento di Portici. Questo Portici ha esacerbato le piaghe della fantasia. Il quarto che ho trovato chiuso e inaccessibile di Vostra Maestà mi ha messo in una dolorosa tetraggine. Dopo sei giorni non mi posso adattare a veder senza rammarico condannata quella porta per la quale passava il mio soavissimo giogo e alla quale stà attaccata tanta parte della mia memoria. Questo lacrimevole discorso non è a proposito di quella malinconia che ancora devo sospettare. Finisco pregando Dio che comincino una volta per Vostra Maestà li giorni sereni e resto &c. * AGS, Estado, libro 243, f. 202r-203v. 1 Sui problemi fra Carlo II Eugenio di Württemberg e il principe di Dueponti, cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 82. LI. tanucci - 23 settembre 1760 313 2 Cioè, le relazioni di François de Bussy, diplomatico francese che era stato inviato a Londra per avviare le trattative della pace con l’Inghilterra. Cfr. ad indicem il Repertorium der diplomatischen, op. cit. a p. 66, nota 11 e tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 1760-1761, op. cit. a p. 45, nota 2. 3 tanucci e Maria Amalia si sono soffermati più volte in queste lettere sull’eccesiva doratura dei candelieri, così come sulle relazioni dell’architetto Caputo riguardanti il procedere dei lavori nella reggia di Portici. 4 Sulla compra della masseria, vicino a Portici, cfr. tANuCCI, Epistolario, vol. IX: 17601761, op. cit. a p. 45, nota 2, p. 290. 5 Il disegno di questa scala fu chiesto in un primo momento a Vanvitelli, secondo quanto scrisse egli stesso: «S. Nicandro dissemi che quando sarà a Portici vuole che colà io vada per fare una Scala buona per il suo appartamento nel Palazzo reale, perché quell’Ingegnere che à colà la cura [Agostino Caputo] non sa dove à la testa. Gli dissi che sarò a servirlo, ma non per detto motivo, solo perché mi dà l’onore di essere da lui comandato» (Lettera 785: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 2 set. 1760 in Le lettere di Luigi Vanvitelli, op. cit. a p. 63, nota 3, vol. II, p. 585). Ciò nonostante, San Nicandro non gli fece ottenere questa commissione: «Ieri fui a Portici, parlai con S. Nicandro dicendoli che ero pronto a suoi comandi; mi disse che lo lasciassi un poco ancora, perché vi era tempo e ne averessimo dopo di quella Scala parlato» (Lettera 789: Luigi Vanvitelli al fratello urbano, Napoli 15 set. 1760, ivi, p. 591-2). E ancora: «La scala non servirà più per il Prencipe di S. Nicandro al Palazzo di Portici, perché fanno finire un appartamento che mancava ed in quello andrà ad abitare; questo mi à detto Domenica sera che vi fui» (Lettera 792: Luigi Vanvitelli a urbano Vanvitelli, Napoli 23 set. 1760 in ivi, pp. 595-6). LI Bernardo Tanucci a Maria Amalia Portici, 23 settembre 1760*. Quel corriere, al qual io desiderava la maggior celerità per la speranza della miglioria della salute della Maestà Sua, la quale io stava aspettando dalla sovrana lettera di Vostra Maestà del dì 2 del corrente, arrivò ben tardi il venerdì e la febbre, che io trovai ritornata, aumentò il tormento già insoffribile dell’espettazione1. A Dio mi rivolgo colle più fervorose preghiere, e Vostra Maestà lo deve credere per tutte le ragioni, e credendolo, deve ancora permettere a un vecchio, qualunque sia assuefatto a non respirar altra aria che quella della casa, la supplica di proveder con efficacia nommeno alla tranquillità dell’animo che alla migliore disposizione del corpo. Questo chiedono a Vostra Maestà li tanti teneri amabilissimi figli, delli quali vuole Dio, e tutte le leggi vogliono, che Vostra Maestà abbia la prima cura. Questo chiedono quei vecchi malinconici che per aver più lungamente calcate le vie della vita sanno più degli altri quel che si deve temere e sperare e hanno date le più lunghe prove della devozione semplice e pura 314 Verso la riforma della Spagna: Carteggio e del candore del cuore, il quale non si deve rammentare in altre occasioni che in questa e in simile a questa, se pur altre simili possano essere. tutto nel mondo è nulla senza la salute e tutto con essa si vince e si compone. Quelle immagini stesse, le quali arrivino a molestare, consigliano che non si deve loro cedere il campo. Devono considerarsi solamente come occasioni di sublimar la virtù e moltiplicarne la forza e gli effetti, soffrendole tranquillamente. Dio ha fatta la grazia più grande che si potesse sperare. Deve essere qualche luogo all’esercizio della virtù ed alla lusinga di averla meritata. Non vi sarebbe senza alcune circostanze della grazia medessima, le quali, placidamente tollerate e calcate, altamente posson diventarne ornamento. L’ardire che io fo queste preghiere è una consonanza di quel che viene da San Ildefonso a darmi la pena maggiore di quante possono avvenire a un servitore di Vostra Maestà. In confronto di questa pena tace il timore d’irritar Vostra Maestà. Il male che di questa irritazione possa venirmi sarà tutto mio e in me finirà. E quando anche io stesso dovessi finir con esso e per esso, finirei volentieri se fossi sicuro di render così quel servizio che io desidero a Vostra Maestà e alla Casa reale. Supplico Vostra Maestà a non imputarmi a vanità l’aver creduto, dopo qualche esame, che a me più che ad ogni altro tocchi l’espormi al pericolo di esser preso e punito per indiscreto ed importuno. Viene colli candelieri nel Firme, il quale partirà sabato, anche una cassetta all’antica di pietre dure2, opera lunghissima de’ fiorentini. Dio volesse ch’io la potessi empire di quel reperto [rimedio medico] col quale Helena d’omero3 faceva bere la giocondità e l’oblio de’ mali. Sta questo amabile monarca benissimo e sanissimo. Venerdì ricevé con una graziosa risposta il complimento dell’inviato di Modena. Sabato il congedo di Mocenigo. Questa è la grande ed unica consolazione che io possa umiliar di nostro a Vostra Maestà. Per quest’ultima parte dell’umilissima lettera imploro il perdono a tutto il resto di essa e resto &c. * AGS, Estado, libro 243, ff. 222v-223v. tanucci era già molto preoccupato della salute della regina Amalia: «Il ritratto tetro che Vostra Eccellenza fa nell’altra riverita confidenziale dello stato della regina mi ha penetrato l’immaginazione e il cuore: tosse, soppressione di mestrui, febbre che non si sradica, malinconia, emaciazione, sono un aggregato di mali che deve dar da pensare. Se la febbre torna ogni sera, sarà periodica, sarà suscettibile della china, ma non sarà terzana. [...] Per tutte le cagioni è importantissima la salute e la conservazione di cotesta degna sovrana, la quale ha un’anima angelica e necessaria alla Spagna e alle Sicilie ugualmente e alla Casa reale. La con1 LII. tanucci - 30 settembre 1760 315 testura della regina mi par molto differente da quella della regina Barbara. Li medici non sono assolutamente buoni. Io parlo chiaro. Meccanica e anatomia e fisica sono li fondamenti della medicina e una moltitudine di osservazioni. tutto manca a cotesti che son venuti di qua. Parlo chiaro, perché l’affare è troppo importante. Non mi curo di farmeli nemici per cagione sí urgente, per la quale darei la mia vita naturale, non che la politica, che oramai poco m’importa» (AGS, Estado, libro 243, ff. 218v-219v: tanucci al principe di Aci [Madrid], Portici, 23 set. 1760). 2 Le pietre dure sono i minerali e rocce che, pur non essendo gemme o pietre preziose, sono dure e pregevoli da usare per opere d’arte. tali sono, ad esempio, i lapislazzuli, il serpentino, la giada o l’agata. Se ne facevano piccole sculture, quadri, superfici di tavoli o pavimenti. Carlo di Borbone istituì a Napoli un real Laboratorio di Pietre Dure nel 1738, con artisti fiorentini esperti in quest’arte. Sullo sviluppo di quest’attività a Napoli, vedi i lavori di Alvar GoNzáLEz-PALACIoS: The Laboratorio delle Pietre Dure in Naples, 1738-1805, in «Connoisseur», a. CXCVI, 1977, n. 788, pp. 118-29; Il Laboratorio delle Pietre Dure dal 1737 al 1805, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento. Documenti e ricerche, a cura di Nicola SPINoSA, Società Editrice Napoletana, Napoli 1979, pp. 75-151; Il Real Laboratorio delle Pietre Dure, in Civiltà del ’700 a Napoli, op. cit. a p. 126, nota 17, vol. II, 1980, pp. 178-88 e Mosaici e pietre dure. Mosaici a piccole tessere, pietre dure a Parigi e a Napoli, Fabbri, Milano 1982. Vedi anche G. tESCIoNE, Il laboratorio delle pietre dure di Napoli e l’altare della Cappella Palatina della Reggia di Caserta, in Studi in onore di Riccardo Filangeri, vol. III, L’Arte tipografica, Napoli 1959, pp. 187-96; Aurora SPINoSA, Ancora sul Laboratorio di Pietre Dure e sull’Arazzeria: i documenti dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento, op. cit. in questa stessa nota, pp. 325-84; StrAzzuLLo, Capitolo IV. Arazzi e pietre dure in Le manifatture d’arte, op. cit. a p. 137, nota 6, pp. 93-143; roberto VALErIANI, Il real laboratorio delle pietre dure di Napoli (1737-1861), in Splendori di pietre dure. L’arte di corte nella Firenze dei Granduchi, a cura di Annamaria GIuStI, Giunti, Firenze 1988, pp. 250-3 e renato ruotoLo, Alle origini della lavorazione delle pietre dure a Napoli: i cibori teatini, in Saggi in memoria di Oreste Ferrari, Electa, Napoli 2008, pp. 105-13. In generale, vedi Art of the Royal Court. Treasures in Pietre Dure from the Palaces of Europe, a cura di Annamaria GIuStI e Wolfram koEPPE, Metropolitan Museum of Art-yale university Press, New york /New Haven 2008. 3 ELENA DI troIA, la nota eroina della mitologia greca. Sull’episodio, cfr. oMEro, Odissea, Libro IV, 280-304. LII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Portici, 30 settembre 1760*. un raggio più lucido di speranza mi vien dalla sovrana lettere di Vostra Maestà di 9 del cadente nella quale vedo che nella notte precedente non era arrivato a 12 ore quel moto febbrile che era stato preceduto dalla quiete di quattro giorni. rendo le più umili grazie all’imparabile clemenza colla quale Vostra Maestà si è degnata di darmene la notizia e dell’averlo voluto fare coll’augustissima mano, il cui aspetto produce in me tutte quelle con- 316 Verso la riforma della Spagna: Carteggio solazioni che io posso sentire ma non esprimere. Spero da Madrid sempre migliori notizie e ben diverse da quelle le quali nella settimana passata mi sciolsero tutta la riflessione e traportarono l’animo e la penna, ove forse mi è necessaria una grave penitenza e patire un rossore insopportabile. Per non disperarne il perdono, sento che posso dire con verità che agitato da mille ipocondrie no hiva, me llevavan [no iba, me llevaban: non andavo io, mi portavano]. Questo amabile sovrano gode perfettissima la salute del corpo e l’animo scuopre sempre più bello e più simile ai grandi originali. Fa con somma grazia e dignità tutte le funzioni della sovranità che l’età permette. Il Firme partì sabato. In questo piego troverà Vostra Maestà le chiavi delle casse dei comandati candelieri e della cassetta di pietre dure. Il giro a Genova non gli permetterà l’arrivare ad Alicante1 prima di novembre2. Il solo Dueponti è il generale che io guardo aspettandone l’esecuzione di quel che Vienna doveva principalmente e [che] ora forse dovrà far senza volerlo. Qualche lettera dice che Firmian verrà a Spagna. Egli è andato a Vienna. Le cose nostre economiche sono nelle maggiori angustie. osservo che il re ne è disgustato3. Dio voglia che la cagione non sia quella che il re sospetta, perché il rimedio alla clemenza immensa riuscirebbe il più difficile. Noi siamo ora con amarezza occupati di quel piano che fu destinato a ottobre. La concordia è quanta può essere. Siamo arrivati a poter dissentire placidamente, ma ogni discorso è mal a proposito fino alla certezza che si abbia della salute da Vostra Maestà ricuperata. Questa aspettazione occupa tutta l’immaginazione, tutti li sensi e tutte ancor le parole. Prego Dio che liberi Vostra Maestà da tutto quel ch’è rimasto di male con quella celerità colla quale oggi si è cominciato a tirarsi li denti a questo grazioso sovrano, il quale ha sofferto il breve incomodo tranquillamente. E con questi voti resto prostrato &c. * AGS, Estado, libro 243, f. 242r-v. 1 Alicante, città mediterranea appartenente al regno di Valenzia in Spagna, era un porto molto noto al Settecento. Vedi Enrique GIMéNEz LóPEz, Alicante en el siglo XVIII. Economía de una ciudad portuaria en el Antiguo Régimen, Institución Alfonso el Magnánimo, Valencia 1981. 2 I candelieri e la cassetta arrivarono a Madrid in dicembre 1760 (vedi AGS, Estado, legajo 6091, f. 88: ricardo Wall a tanucci, Buen retiro, 16 dic. 1760). tanucci li descrisse: «una delle mie lettere alla defunta regina, di gloriosa memoria, che Vostra Eccellenza, senza che siano state aperte, mi ha rimandate, conteneva due chiavi di due casse diverse che porta LIII. tanucci - 7 ottobre 1760 317 il Firme. una è per quelle ove sono li candelieri fatti su quelli di questa cappella di Portici, che la Maestà Sua mi aveva comandati. L’altra è per quella che contiene una cassetta di pietre dure per conservarvi gioie. Stimo dunque di doverle ritornare a Vostra Eccellenza, che le troverà nel piego principale. Non vorrei che la veduta di tali cose avesse a risvegliare il suo dolore al re. La savia discrezione di Vostra Eccellenza disporrà nel miglior modo» (AGS, Estado, legajo 6091, f. 87: tanucci a ricardo Wall, Portici, 25 nov. 1760). 3 Su questo argomento e sulle risposte di Carlo III a tanucci, vedi le lettere di agosto e settembre nel più volte citato Carlos III. Cartas a Tanucci, op. cit. a p. 30, nota 5. LIII Bernardo Tanucci a Maria Amalia Portici, 7 ottobre 1760*. In luogo di quella sovrana lettera alla quale la somma benignità della Maestà Vostra mi aveva assuefatto e colla quale soleva la Maestà Vostra mantenere in questa mi grave età il desiderio della vita, questo amabile monarca leggendo venerdì mattina la lettera della Maestà Vostra de 16 del passato mi disse con voce languida che Vostra Maestà non mi scriveva per qualche maggiore incomodo della preziosa salute e per qualche maggior debolezza che stava soffrendo1. Questa memoria, che Vostra Maestà in tempo tale e in una lettera materna si è degnata di far di me, è troppa per me, e troppa lusinga me ne sarebbe venuta e se ne sarebbe troppo dilatato il mio spirito se quel che Vostra Maestà diceva incomodo e debolezza e quel più, che io non potei non sospettare, non avesse soffogate li miei pensieri e angustiata la mente. Mentre si passava da me quel benedetto giorno di venerdì in un ondeggiamento continuo di timori e di speranze, vennero circa la mezza notte le lettere de’ 20 di Wall colla più dolorosa notizia di quante mi sian venute in tutta la mia vita. Dicevano i terribili effetti che la ripetuta ipecacuana2 aveva fatti nelle viscere di Vostra Maestà, la costernazione universale del re e della corte, la costanza e la tranquillità colla quale Vostra Maestà aveva voluti li sacramenti. tutte all’ipecacuana io attribuiva le violente e mortali convulsioni, ma la mia lontananza, l’afflizzione e lo scompiglio e l’anzietà dei presenti ch’io leggeva in quelle lettere, turbava e rompeva qualunque alba di consolazione e mi si rendeva sospetto ogni argomento che io tentava di crearmi, convertendolo in altrettanta amarezza. tornai più volte a leggere le tre ultime lettere di Vostra Maestà e del re, e vedendovi la febbre leggiera e molto interrotta, presi qualche filo di speranza col quale tuttavia vado sostenendomi e tessendo di agita- 318 Verso la riforma della Spagna: Carteggio zione e di contrasto tormentosissimo questi momenti che corrono fino all’arrivo del nuovo corriere. Questo grazioso sovrano, al quale Dio conserva la salute, ha avuto bisogno di ajuto e di sollievo di tutti li suoi circostanti per non essere oppresso dal dolore pel quale subito impallidì. Passa come tutti noi, e tutti ancora gli obbligati e devoti popoli delle Sicilie, questi giorni tempestosi in orazione e voti li più caldi e solleciti perché la misericordia divina si plachi e ci renda presto quel bene della salute di Vostra Maestà senza il quale non si può vivere. Nei flutti di questa procellosa espettazione non è luogo ad altre opere, non ad altre parole che a quelle colle quali si tratti della mestizia e del timore che ci lacera e delle preghiere che si ripetono e di quelle ancora che si fanno a Vostra Maestà perché si degni di aver tutta la cura di risanare. Moltissime e tutte gravi cagioni lo chiedeno a Vostra Maestà. Esaudisca Dio le voci di tanto mondo e illumini le menti e prosperi li pensieri di quelli che hanno la grande incombeza dell’importante salute. Quanto si può pensare contribuisce a [farci] sperare [in] una grazia che è tanto giusta e necessaria. Con questa fede resto prostrato. * AGS, Estado, libro 243, ff. 256v-258r. 1 Sulle notizie che della malattia di Maria Amalia aveva tanucci, cfr. AGS, Estado, libro 243, ff. 247v-249r: tanucci al duca di Losada [Madrid], Portici 7 ott. 1760. Vedi anche AGP, Reinados, Carlos III, legajo 5074: Fallecimiento de la Reyna doña Maria Amelia [sic] y su entierro en el Real Sitio del Escorial. 2 L’ipecacuana è una radice che, proveniente dal Sudamerica, fu introdotta nella farmacopea di vari paesi di Europa dopo il 1672. Fu quindi usata in medicina, ma in dosi minime, infinitesimali, perché tossica. Alla metà del Settecento non ne erano stati ancora ben sperimentati gli effetti, a volte molto pericolosi. Infatti, quella radice contiene l’emetina, che è una sostanza organica, in genere eccitante. Posseggono proprietà emetiche, ad esempio, la chinina, ma anche la caffeina, la cocaina, la morfina, la stricnina. «La polvere di ipecacuana, collocata sulla pelle e sulle mucose, le irrita» (Alfredo BENEDICENtI, professore di farmacologia nell’università di Genova, “voce” Ipecacuana, in Enciclopedia italiana, vol. 19, Milano 1933, p. 469). Nel campo molto ampio di una bibliografia di natura tecnica (che qui non è possibile esaminare) può esser utile, per conoscere le caratteristiche, i tipi, la preparazione, le dosi e gli effetti di questo medicamento, il trattato (tuttavia tardo rispetto all’epoca che c’interessa) di Luigi V. BruGNAtELLI, Farmacopea generale ossia dizionario delle preparazioni farmaceutico-mediche più usitate ai nostri tempi e conformi alle dominanti teorie. Nuova edizione riveduta dall’autore e notabilmente accresciuta, tomo III, Presso Fusi e Comp. Success. Galrazzi, Pavia 1819, pp. 208-11. tanucci manifestò più volte le sue riserve sulla competenza professionale dei medici italiani che avevano accompagnato la coppia regnante in Spagna e che erano rimasti ad assisterla in quella corte. APPENDICE I MEMorIA SuLLA CortE E SuLLo StAto DELLE DuE SICILIE rEDAttA DAL MArCHESE DI PuyzIEuLX NEL 1737 (AMAE, Correspondance politique, Naples, 34, ff. 47r-73v: Napoli 5 febbraio 1737) [I] Grands officiers de la Maison de Sa Majesté Sicilienne. [1] San Istevan. M. le comte de San ystevan, majordome major du roy, passera certainement pour homme vertueux parmi ceux qui le jugeront sans prevention. Il a beaucoup d’ennemis. un air sec, beaucoup d’humeur, un peu de brutalité, ont beaucoup contribüé à en multiplier le nombre, ainsi que la jalousie que l’on porte à sa place. La reine d’Espagne a une grande confiance en luy; celle du Prince y repond parfaitement. Il est soupçonneux, suite indispensable de son ignorance. Il la connoit et c’est ce qui lui fait éviter d’entrer en matiere, en sorte que l’on n’a gueres de reponse positive de lui, qu’après qu’il a eû le temps de parler à M. de Montalegre et à tanucci. Il les consulte, plus par necessité que par confiance, et les tient en jalousie l’un contre l’autre. La santé du roy, la curiosité de sçavoir exactement tout ce qui se passe dans l’interieur du Palais, et ses propres affaires domestiques font trois points qui remplissent ses journées. L’on ne peut s’expliquer trop clairement, lorsque l’on a quelque affaire à negocier avec lui, afin qu’il puisse vous entendre, croyant que l’on veut le tromper, lors qu’il ne vous comprend pas. Il est plus scrupuleux que dévot. Sa femme exerce un empire assés despotique sur son esprit. [2] Duc de Tursi. Le duc de tursis, sommelier de Corps, ou grand chambellan, est genois, de la Maison Doria. Sa Majesté Sicilienne a du goût pour lui. Il hait egalement tous ses ministres, il ne s’en cache pas. Son grand âge peut seul excuser la liberté avec laquelle il parle indifferemment de tout le monde en presence du Prince. Il a de grands biens repandus dans toute l’Italie. Ceux qu’il possede dans le royaume de Naples, l’attachent autant a cette cour, que son inclination. L’on soupçonne cependant que son intention est de se démettre de son emploi aprés la publication de la paix. Il a marié sa fille unique au comte de Sloan, cadet de sa maison, qui est un mediocre sujet. [3] Prince Corsini. M. le prince Corsini, grand ecuyer, est un homme vertueux, de bon sens, amateur de la solitude, prenant peu de part aux intrigues de la cour, avare au dernier point. Il vient d’estre nommé viceroi de Sicile, et doit 322 Verso la riforma della Spagna: Appendice cette place à la justice que M. de San ystevan lui a rendüe en Espagne dans le temps de broüilleries des cours de rome, de Madrid et de Naples. Le roy a de la consideration pour lui; il la merite. Les biens considerables qu’il a dans ce royaume, et son attachement pour la personne du Prince, sont les chaines qui le lient a cette cour. Il est ami de M. tanucci et, par consequent, peu en correspondance avec M. de Montalegre. [4] Marquis de Mirande. Le marquis de Mirande, premier ecuyer, est espagnol, de grande naissance, d’un caractere aussi aimable que vertueux, agé de 32 ans, d’une santé delicate, aimé du Prince. Sa faveur cependant a diminüé depuis que celle du comte de Cartellac, un des quatre majordomes, a augmenté, en quoi M. de San ystevan a bien servi ce dernier, qui lui rend un compte fidele de ce qui se passe dans le Palais. [5] Lelio Caraffa. Don Lelio Caraffa, capitaine des Gardes, grand d’Espagne et chevalier de la toison, est un bon homme sans aucun credit que celui qu’il tire de son nom et de sa famille, qui est nombreuse et regardée comme la premiere Maison du royaume de Naples. [6] Le nom de ce Prince manque dans le chiffre. Le Prince Priaci, colonel du regiment des Gardes Italiennes, et gentilhomme de la Chambre, est Caraffa, bon homme, n’ayant pas le sens commun. Separé d’avec sa femme pour une aventure qui lui arriva avec le fils du comte de Sinzendorff, qu’elle aimoit éperdûment. Elle est Pignatelli, retirée dans un couvent. Elle a un esprit superieur, grand nombre d’amis, beaucoup de credit dans la ville et est essentielle, lorsqu’il est question de rendre service. Elle entretient une sorte de correspondance dans tous les pays, principalement en Allemagne; cependant les nouvelles qu’elle en reçoit, ne se trouvent pas toujours fideles. [7] Duc de Bovino. Le duc de Bovino, grand veneur, est napolitain, d’une bonne noblesse, très galant homme, aimant la chasse et fort peu la cour où sa charge l’oblige cependant de se tenir. Le roy l’aime beaucoup. [8] Prince de la Torella. Le prince de la torella, gentilhomme de la Chambre et capitaine des Hallebardiers. [9] L’abbé de Castromonte. L’abbé de Castromonte, grand aumosnier, est espagnol, assés consideré du roy et de ses ministres. Son pere est grand d’Espagne quoique d’une naissance fort ordinaire. [10] Marquis de Solara. Le marquis de Solara, gentilhomme de la Chambre, est fils de M. de San ystevan, agé de 22 ans, reservé dans ses propos, sage dans sa conduite, aimé de son maître. Sa femme, sans estre belle, n’est pas moins aimable. Elle est fille du marquis de Villafranca, sicilien, establi presentement en Espagne. Le marquis de Solara couche toutes les nuits dans la chambre du roy. Cet honneur appartiendroit de droit au duc de tursis, mais son grand age ne lui permet pas d’en profiter. I. Memoria sulla corte e sullo Stato delle Due Sicilie 323 [11, 12] Marquis de Santa Cruz [et] comte de Gasca. Le marquis de Santa Cruz et le comte de Gasca, gentilshommes de la Chambre, sont tous deux espagnols et gens de grande naissance, principalement le premier. Ils sont intimes amis, plus livrés à leur plaisir qu’occupés de leur fortune. Ils ont l’un et l’autre de la droiture. Le dernier a beaucoup d’esprit. Il se refuse rarement un bon mot et est caustique au dernier point. [13] Duc de Popoli. Le duc de Popoli, gentilhomme de la Chambre, reconnu generalement dans le royaume de Naples pour estre de la maison de Stuart, est un bon honneste garçon, mais perdu de débauche. [14] Marquis de Malespine. Le marquis de Malespine, gentilhomme de la Chambre, de la Maison de Massa-Carrara, agé de 40 ans, rassemble en lui toutes les qualités du plus vertueux et du plus galant homme. Il est sage, plein de bon sens, et generalement respecté. [15] Marquis Fogliani. Le marquis Fogliani, gentilhomme de la Chambre. Il est plaisantin, honneste garçon, joignant à de l’esprit un grand usage du monde. C’est le mesme que le roi des Deux Siciles a choisi pour estre son ministre à Florence. [16] Marquis Bolognini. Le marquis Bolognini, gentilhomme de la Chambre, est milanois, parent de M. Patiño, honneste homme, peu d’esprit. tous ses biens estant dans l’Estat de Milan, l’on ne sçait s’il restera attaché à cette cour. [17] Comte de Sloan. Le comte de Sloan, gentilhomme de la Chambre. Il en a esté parlé à l’article du duc de tursis. [18, 19] Marquis Albizzi [et] Comte Torregiani. Le marquis Albizzi et le comte torregiani, gentilshommes de la Chambre, sont florentins, intimes amis, honnestes gens. Le premier est des principales maisons de Florence. Comme leurs biens sont sitüés en toscane, et qu’ils ont esté oubliés dans la distribution des pensions que le roy a données en dernier lieu, il seroit assés naturel qu’ils se retirassent par la suite. [20] Prince de Stigliano. Le prince de Stigliano, gentilhomme de la Chambre, de la maison Colonne, est napolitain. Le roy avoit autrefois assés de goust pour lui. Sa faveur a diminüé depuis quelque temps. Il a peu de capacité. Sa femme est de la Maison Caraccioli, soeur du prince de Santo Buono. Elle n’est pas de la premiere jeunesse mais elle conserve encore un reste des graces qu’elle avoit autrefois. La chronique scandaleuse pretend qu’elle les étala avec quelque dessein aux yeux de ce Prince, lorsqu’il fit sa premiere entrée en cette ville. [21] Prince de Montemileto. Le prince de Montemileto, gentilhomme de la Chambre, est napolitain de l’ancienne Maison de tocco, peu consideré. [22] Duc d’Andria. Le duc d’Andria, gentilhomme de la Chambre, est napolitain, l’aisné de la Maison Caraffa. Il montra un grand zele pour le service de 324 Verso la riforma della Spagna: Appendice ce prince au commencement de la guerre. Il passe pour estre un sot, et l’on ne lui fait pas d’injustice. [23] Prince de la Rochella. Le prince de la rochella, gentilhomme de la Chambre, est napolitain, d’une branche cadette de la Maison Caraffe. Il est jeune, riche, avare et peu consideré. [24] Marquis de Gaetano. Le marquis de Gaëtano, gentilhomme de la Chambre, est neveu du duc de Lorenzano, milanois, conseiller d’Estat, agé de 18 ans, et fort sage. [25] Duc de Matalone. Le duc de Matalone, gentilhomme de la Chambre, de la Maison Caraffe, bon homme, fort borné. Sa femme est intrigante, aimable et amusante, sans beaucoup d’esprit. Elle est soeur du connestable Colonne. [26] Marquis Fuscaldo. Le marquis Fuscaldo, gentilhomme de la Chambre, frere du cardinal Spinelli, est galant homme, mais fort borné. [27] Le comte de Tarasconi, majordome, est parmesan. Il ne manque pas d’esprit, mais il se croit bien plus fin qu’il ne l’est en effet. toute son ambition seroit de remplacer en qualité de ministre le prince de la torelle, lorsqu’on le rappellera. Le roy a du goût pour lui. Il seroit intrigant, s’il l’osoit. Il est assés bien instruit de ce qui se passe dans l’interieur du Palais estant quelquefois discret jusques à la dissimulation, et dans d’autres temps disant volontiers ce qu’il sçait. Il joüa un personnage à la cour de Madrid, lors du renvoi du cardinal Alberoni. Leurs Majestés Catholiques lui marquerent une confiance dont tout le monde fut etonné, mais son regne ne dura qu’un clin d’oeïl. [28] Marquis de Villaforte. Le marquis de Villaforte, majordome, est espagnol, homme de naissance et dont le caractere seroit assés difficile à definir. [29] Comte de Cartellac. Le comte de Cartellac, majordome, est d’une des premieres Maisons de Catalogne. Il passe pour un honneste homme affectant parfois un air evaporé avec lequel il trompe bien des gens mais il n’est rien moins qu’etourdi. C’est le seul homme de cette cour qui soit aussy familier dans la Maison du comte de San ystevan. L’on a deja parlé de lui a l’article du marquis de Mirande. [30] Chevalier Nervaz. Le chevalier Nervas, majordome, est florentin, parent de M. de Charny, sage, fin et droit. L’on ne parle point des bas domestiques qui tous pour la pluspart etant fort jeunes craignent trop M. de San ystevan pour se mesler dans aucune intrigue. [31] Premier Medecin Bonecuore. Le Sieur Bonecuore, premier medecin, est napolitain. Il a de l’esprit, une imagination aussy caustique que plaisante. Il est fort scavant, fort attaché a son maitre et en est aimé. Il n’est pas difficile de le faire parler. Le plaisir d’exhaler sa bile contre M. de San ystevan l’emporte toujours sur sa discretion. I. Memoria sulla corte e sullo Stato delle Due Sicilie 325 [II] Conseil d’Etat. [1] Le Roy. [2] M. de San Ystevan. L’on en a parlé. [3] Marquis de Montalegre. M. de Montalegre est ministre et secretaire d’Etat de la Guerre et des Affaires Etrangeres, ayant de plus le departement des provinces des royaumes et de Sicile. trois hommes pourroient a peine sufire aux details de ces differentes places; il les remplit seul et s’en tire tant bien que mal avec le secours de quelques gens de justice auxquels il se fie et qui le trompent souvent; on le tira de la secretairie d’Espagne pour l’envoyer avec l’Infant lorsqu’il passa en toscane. Il est jeune, d’une figure assez gracieuse, poly par reflexion, mais dur et imperieux par temperament. Il a de l’esprit, parle avec eloquence, et se complait dans ses narrations, qu’il ne faut interrompre si l’on ne veut lui deplaire. Il y a de l’etoffe pour en former un ministre dans la suitte. Sa femme est irlandoise de la Maison d’obrienne. Elle a beaucoup d’esprit et est d’un caractere et d’une figure aimable. Elle entretient une correspondance reguliere avec la reyne d’Espagne. [4] Comte de Charny. Le comte de Charny est ministre d’Estat, capitaine et général des armées dans le royaume de Naples. C’est un très bon homme, fort, consideré du roy et de M. de San ystevan, aimé dans la ville mais avec peu de lumieres. M. de Montalegre et lui se haissent au souverain degré. [5] Marquis de Francavilla. Le marquis de Francavilla, ministre d’Estat, est genois de la Maison Imperiali. Il passe pour la meilleur teste du Conseil et s’y fait ecouter. Il est en effet fort instruit des lois et des coutumes du pays, mais sa capacité ne s’etend par plus loin. Il est riche, avare, et d’une reputation fort equivoque et eut plusieurs vilaines affaires du tems de l’Empereur. [6] Duc de Laurenzano. Le duc de Laurenzano, ministre d’Estat, est napolitain, de l’ancienne Maison De Gaetano; c’est un franc boeuf. [III] Junte pour le Bon Gouvernement. L’on examine dans ce Conseil les moyens d’abolir les abus introduits sous les precedents gouvernements et les propositions faites pour de nouveaux establissements. [1] Paterno. Don Ludovico Paterno, homme de fortune, a epousé une fille de qualité. Il s’est fait en faveur de ce mariage. Gentilhomme de Benevent, et a un fils cadet, chevalier de Malte. Il est savant, fort opiniastre dans ses sentimens, desinteressé, cy devant fort attaché a l’Empereur et presentement a son nouveau maitre. [2] Prince de Centola. Le prince de Centola, regent de la Vicairerie, charge qui repond assez a celle de lieutenant de Police, est genois de la Maison Papacoda, 326 Verso la riforma della Spagna: Appendice inscrit parmy la noblesse de Naples au Segio di [Porto]. Il estoit autrefois Imperialiste, presentement Bourbon. Il se pique d’estre lettré. Il tient chés luy des seances de mathematiques. Il est consideré de M. de San ystevan et amy de tanucci, qui a beaucoup contribüé a lui faire avoir la place de regent de Vicairerie. [3] Prince de San Angelo. Le prince de San Angelo, genois, de la Maison Imperiali. Homme d’esprit, d’experience, de probité et de capacité, a voyagé en France et ailleurs. A esté autrefois prelat à rome, presentement marié. Il estoit cy devant attaché à l’Empereur, ainsy que son oncle le cardinal; il paroit a present avoit oublié ses anciennes liaisons. M. de San ystevan le considere infiniment. Il a esté jadis regent de la Vicairerie. La vertu et la severité avec laquelle il exerçoit cette place luy alienerent toute la noblesse. C’est le seul homme de ce pays cy qui rassemble les vrayes qualités d’un ministre. [4] Marquis Ferrante. Le marquis Ferrante, napolitain, bon avocat, bon juge, fort exact dans son ministere. Creature de l’Empereur et attaché par reconnaissance aux interests de la Maison d’Autriche, consulté quelquesfois par M. de Montalegre, capable de donner un bon conseil, lors qu’il le veut. [5] Carlo Danza. Don Carlo Danza, conseiller, avocat qui a fait sa fortune dans le present gouvernement et par consequent attaché a la cour; sa capacité est mediocre. [6] Sarna. L’avocat fiscal Sarna, on ne le connoist point. [7] Vitaliano. ottavio Vitaliano, secretaire, bon docteur attaché au Prince regnant. [IV] Junte des Inconfidens. Les affaires ou il s’agit de cabales, de complots, d’assemblées nocturnes, de manque de respect a l’autorité et a la majesté du souverain, se portent a ce tribunal. [1] Le conte de Charny. [2] Tanucci. M. tanucci est secretaire de Justice. Cette place le met en estat de faire tomber a ses creatures, presque toutes les charges vacantes de judicature. Elle luy donne aussy la connoissance des vexations que les seigneurs du royaume exercent contre leurs vassaux. Il entre au Conseil d’Estat lorsque M. de Montalegre est malade, et assiste a un autre conseil, apellé le Conseil du roy, composé des mesmes personnes que le Conseil d’Estat. Il est florentin d’une basse extraction, habile homme, peu fidele à ses amis, encore moins reconnoissant. Il a commencé sa fortune par le moyen du duc de Castropignano, qui, estant a Pise où il commandoit les troupes espagnoles, le consulta et le chargea de soutenir les interests du roy dans une occasion que se presenta. Il estoit alors lecteur dans l’université de Pise. Il s’acquitta de la commission avec tant de succès que ce duc l’envoya a Parme, où le roy faisoit sa residence, avec des lettres pour M. de San I. Memoria sulla corte e sullo Stato delle Due Sicilie 327 ystevan et M. de Montalegre. Ce dernier lui trouvant de l’esprit et de la capacité, luy fit obtenir la charge d’auditeur de la famille, d’où il a passé ensuitte a celle de secretaire de Justice, qui est considerable et dont les fonctions ont causé en partie la mesintelligence qui est entre lui et M. de Montalegre. [3] Le prince de Centola. [4] Andriassi. Le conseiller Andriassi, napolitain, homme de bien et de justice, mais fort attaché a l’Empereur. Il est proregent de la Vicairerie. Il manque pas de talent. [5] Sanbias. Don Pietro Sanbias, gentilhomme de Calabre, doit sa fortune au comte d’Harrach. Il avoit esté exprés à Vienne pour obtenir une charge. Il est soupçoné d’estre encore fort attaché à la Maison d’Autriche. [6] Fiore. Don Joseph di Fiore, napolitain, avocat di Poveri, homme de bien. Sa capacité est encore inconnüe: n’ayant fait aucune figure sous le gouvernement passé. [V] Junte de Sicile. toutes les affaires de la Sicile qui sont examinées au conseil du roy sont portées auparavant a ce tribunal pour en rendre compte. [1] Arena. Don Hieronimo Arena, sicilien, passe pour estre attaché au roy. Il connoit peu les lois de ce royaume; est assez au fait de celles de Sicile. Sa reputation est equivoque. Ses ancestres estoient estimés des Espagnols et de leur party en Sicile. [2] Buglio. Don Carlo Buglio Forceglio, sicilien, president de la Camera Sommari. Homme de bien et laborieux, connoit peu ce pays cy; est attaché au roy. [3] Nicoli. Le comte Nicoli, parmesan, prestre et docteur, peu instruit des pragmatiques du pays. Bon homme, vertueux, juste, sensé, fort attaché au Prince. Demandant cependant a s’en retourner dans son pays. L’on luy a fait eprouver mil degousts après l’avoir engagé à quitter ses biens et sa famille. [VI] Junte des Doüannes. [1] Brancassio. Don Juan Brancassio, sicilien, habitüé depuis longtems en Espagne, ou il estoit du Conseil de Hazienda, est marechal de Camp, intendant des finances, bon homme, zelé, mais incapable par lui mesme des fonctions de son employ. [2] Castagnola. Le sieur Castagnola, napolitain, homme de bien, juste, fort au fait des matieres des doüannes et de tous les autres tribunaux. Creature de l’Empereur, cependant affectionné au maitre qu’il sert. Il n’est pas riche, et il est trop honneste homme pour le devenir. 328 Verso la riforma della Spagna: Appendice [3] Romano. Le sieur romano, napolitain, parvenu a sa place par ses intrigues, est dur, sever et fort attaché aux emoluments de sa charge. [VII] Junte du Commerce. [1] Rocca. Don Horatio rocca, napolitain, homme de bien, juste, savant, integre, quoyqu’avec de l’ambition, obstiné dans ses sentiments, s’attachant volontiers a ceux qui peuvent lui faire sa fortune. Il a esté très piqué que l’on lui ait preferé le sieur Hypolito pour la place de president du Conseil du roy, que M. de Montalegre lui avoit formellement promise et que tanucci pour cette raison a fait tomber a son competiteur, qui en est bien moins capable que lui. Il a fait la profession d’avocat jusqu’en 1727 et depuis a eu la place de regent du Collateral, conseil que le Prince a suprimé, comme ayant trop d’autorité et auquel il a substitué celuy de la Camera reale. [2] Duc de Termoli. Le duc de termoli, genois, acquis à la noblesse de Naples par les deux alliances que son pere et luy ont faites avec la Maison de Capoüa, une des premieres du royaume. Grand commerçant, riche, d’une capacité mediocre, gouté du ministere. L’on le met sur les rangs pour l’envoyer en ambassade. [3] Duc de Corigliano. Le duc de Corigliano, genois, fort riche en fonds de terres dans le royaume et en argent comptant dans le commerce qu’il fait icy et en Hollande, ou l’on dit qu’il a deux vaisseaux. Il a aussy beaucoup de fonds sur la banque de Vienne. [4] Ventura. Don Francisco Ventura, napolitain, homme d’esprit, sachant beaucoup de langues, peu riche, imperialiste de coeur, attaché à la cour par politique, consulté dans les occasions par M. de Montalegre. [5] Caravita. Le sieur Caravita, napolitain, homme juste, savant, le premier et le plus fameux avocat de toute la ville. Allié a beaucoup d’Espagnols, attaché au roy, consulté et soutenu par M. de Montalegre. Se prétant avec trop de facilité au genie des personnes qui luy demandent conseil. [6] Le marquis Ferrante. [7] Duc de Brunasso. Le duc de Brunasso, napolitain, eleu du Peuple, homme de très basse extraction, borné dans ses lumieres et cependant fort heureux dans son commerce. [8] Brancassio. Brancassio, napolitain, banquier et commerçant, ayant correspondance en plusieurs pays, mais sans aucune que de speculation. [9] Marquis Rota. Le marquis rota, milanois, autre negociant fort riche, avare, attaché a ses interests, au demeurant fort bon et honneste homme. Il est chargé des affaires des princes de la Maison de Condé pour les biens qu’ils ont dans le royaume de Naples. I. Memoria sulla corte e sullo Stato delle Due Sicilie 329 [10] Orelio. Don Joseph orelio de Gennaro, napolitain, secretaire, bon avocat, homme de teste et d’esprit. Il y a encore quelques marchands agreges a cette junte mais dont la capacité et le caractere ne meritent pas d’estre placez icy. [VIII] Ministres etrangers. Les seuls ministres qui aient esté ou qui soient icy, consistent dans le nonce, le resident de Venize et un agent du Grand Duc. [1] [Si]moneti. Le nonce s’appelle M. [Si]moneti, il est romain, galant homme, liant, poli, d’une assez belle representation, agé de cinquante ans, ayant autant de bon sens que de sagesse, peu gousté des ministres de cette cour sans qu’ils en sachent la raison. [2] Vignola. Don Cesare Vignola, resident de Venize, est un franc pentalon d’une figure disgracieuse, accusé de s’estre meslé dans les cabales des Napolitains contre la cour, imperialiste et ne le sachant pas. L’on ne scait pas bien sa capacité, mais on ne la croit pas fort etendüe. [3] Intieri. L’agent du Grand Duc pour les terres qu’il possede dans ce royaume s’apelle l’abbé Intieri. Il est florentin, habitué depuis plusieurs années dans ce pays cy où il a beaucoup de bien. Habile homme, d’une conversation seduisante, mais fourbe, interessé et vindicatif, gouvernant despotiquement le prince Corsini et M. tanucci. [IX] Officiers generaux. [1] Duc de Castro Pignano. Le duc de Castro Pignano, gentilhomme de la Chambre, le premier des Lieutenant generaux de Sa Majesté Sicilienne, chevalier de la toison et gouverneur de Messine, est napolitain d’ancienne Maison. Agé de 48 ans, d’une figure noble et avenante, intime amy du prince de la torella, homme ayant des talens pour son mestier, auquel il est fort appliqué, vertueux autant que peut l’estre quelqu’un abimé de dettes et qui cherche a en faire de nouvelles au lieu de payer les anciennes. L’esperance de se voir a la teste du militaire l’a determiné a quitter le service d’Espagne pour passer a celui cy. [2] Sangro. Les sieurs De Sangro, trois freres napolitains, lieutenants généraux, honnestes gens sans aucune sorte de capacité. [3] Mahoni. M. de Mahoni, irlandois, fils de feu M. de Mahoni qui se distingua a Cremone. Agé de 38 ans, mareschal de Camp et inspecteur. Il a de l’esprit, peu d’experience, beaucoup de volonté. Sa conversation est seduisante et son commerce dangereux. Instruit de tout ce qui se passe, fort intriguant et fort libertin, de ces gens avec lesquels il est aussy dangereux d’etre lié trop etroitement, que de les avoir pour ennemis. II «rEGIStro CurIoSo DE Lo INtErIor y EXtErIor DE LA CortE DE NAPoLES» Anonimo (BNE, Mss. 11036, ff. 36-57v)* [I] Genio e inclinacion de los Reyes. Carlos de Borbon A. (A. rey de Napoles, hijo de Phelipe Quinto y hermano de Fernando, rey de España) y Maria B. (B. reyna de Napoles, muger de Carlos e hija del Elector de Saxonia, rey de Polonia), su esposa, reynantes en el fortunado reyno de Napoles y Sicilia, viven oy dia con dilatada sucesion; y aunque los soberanos en la tierra pareze estan esemptos de la comun influencia de los astros, no obstante la naturaleza, que jamas cede su dominio, lo sujeta como a los demas hombres al natural temperamento y regulares pasiones para governar asi (como segunda causa) la admirable maquina del mundo. Disfruta pues Carlos para mayor dicha de estos reynos un proporcionado temperamento que le produce una robusta salud y acompaña su semblante con tan dulze benignidad que, aunque a veces malquiste la magestad, persuade a amarlo a los mismos que solo le temen por respeto. tiene un corazon y tan amables entrañas que le respiran piedad, y combendrian mas a un cavallero que a un reynante de Napoles. Las direcciones de su apetito empiesan y acavan en su esposa, con algun perjuicio de la rectitud de espiritu, que siempre declina en la divilidad del sexo. La caza es lo que mas le divierte, contribuiendo este noble exercicio a la importante conserbacion de su indibiduo. tiene bien distribuidas sus oras con una puntual observancia de ellas, de manera que el methodo de sus Consejos, en que preside, y Audiencias que dispensa a sus vasallos no vienen por ningun pretexto embarazadas, y ni menos la administracion de su real Justicia por su culpa perbertida. Ama tiernamente con preferencia a la nacion española (que puede llamarse suia) y se conoce en él toda una amorosa disposición a beneficiarla. Piensa como español y resuelve como christiano. Biste de mala gana a la francesa y trae la golilla en la conciencia. Posee en grado sublime la memoria y la comprehencion, virtud eredada de su padre. Es generoso y, a pesar de su inclinazion, reparte no como pequeño rey. * Le lettere maiuscole dopo i nomi dei personaggi si riferiscono alle note in margine che si trovano nel manoscritto originale. Le informazioni che esse contengono sono state integrate nel testo fra parentesi. II. «registro curioso de lo interior y exterior de la corte de Napoles» 331 En Maria, su esposa, se dan las mas bellas proporciones de reyna y de muger, pues save ser severa y afable quando quiere. tiene espiritu y talento en pocos años y, como es tan fecunda, aprovecha los instantes para establecer su dominio en la voluntad del rey. Es, por todas circunstancias, dignisima muger de Carlos, mas discordan (sin relajazion del amor) en el aprecio de las naciones, pues ella, si no odia a los españoles, a lo menos no los ama; prefiere en su concepto a la napolitana. Dios quiera no abran las lagrimas la puerta al desegaño. Cortejanla sus damas con bagatelas y en su tocador el gusto se encuentra en la nobedad. Ama el divertimento ynspirando honestidad y concurre a la educacion de sus hijas no como reyna sino como verdadera madre de familia. Es recia en aprehender y no resuelve sin consenso del capricho. [II] Partidas que componen la corte y manejos intestinos para mandar los que mandan. Prevalecio eficazmente al principio del reynado de Carlos, quando se encontrava soltero, el govierno español, asi porque San Estevan C. (C. Duque de este nombre que vino de España de ayo del rey Carlos, entonces ynfante, y arreglo la corte) establecio la corte, como porque Montealegre D. (D. Apellido español del duque de Salas, que quedo y governó el Ministerio) manejaba el Ministerio, y, sobre todos, y ayudado de todos, Miranda E. (E. Apellido español del duque Lozada, primer cavallerizo del rey Carlos y privado suyo), si no dominava al rey, le inclinava con facilidad a lo que queria. Casado Carlos con Maria y poca satisfecha esta de las ynstrucciones de la corte de Madrid, empezó a mirar los que de ella dependían con poca voluntad. Salio San Estevan y orgullando mas y mas Montealegre, cumplio despues de algunos años la reyna el deseo que tenia de sacudirse de los dos, quedando apoyado el partido español en la figura de Miranda y la voluntad del rey, pues aunque avia otros españoles que le ayudasen, la poca union que trae consigo el caracter de la nacion dejó todo el peso del contrasto al referido. Pensava la reyna en tanto en lo interior de su tocador como establecer un yndependiente govierno español y concurria a este pensamiento la zagas principesa de Velmonte F. (F. Principesa napolitana de este nombre, muger del principe de Velmonte que mandava en Bitonto el batido exercito enemigo de los alemanes), pero sus consejos en la ocacion de la rotura de la guerra de el quarenta y uno, tomados como ynspiracion del marido, se redujo a destierro de la corte a esta dama la que antes era entrada abierta en el tocador. retirado a España Montealegre se aquietaron aquellas diferiencias que con él tubo el principe de Piumbino G. (G. Principe del Sacro Imperio de este nombre y por otro duque de Sora, mayordomo mayor del rey Carlos), quien, llevado del amor al rey i deseo de la conservacion de su corona, arrimo la fuerza de su brazo a fortificar el debilitado 332 Verso la riforma della Spagna: Appendice partido español, porque bien conocia aquel sincero amor que el todo de la nacion profesava i profesa a su soberano. Entro el marques Fogliani H. (H. Cavallero placentino que estava de ministro en Holanda) (que antes empleado estava en los Estados Generales) al ministerio que dejo Montealegre, sin duda porque, no siendo a proposito para lo particular del reyno la altivez del pasado ministro, consideraban en la persona del presente el contrario temperamento como remedio. Los ytalianos, que no desprecian coyuntura, apoyados de la prebia ynclinacion de la reyna, aprovecharon el contratiempo de la dulzura de Fogliani y la ausencia de Piumbino (que a España avia pasado), y a falta de la Velmonte, entro la de Castropignano I. (I. Duquesa napolitana muger del duque de este nombre, capitan general de los exercitos del rey Carlos y que estubo de embaxador en Paris), que entre las scofias de nueva moda que traia de Paris, tenia a su marido capitan general de estos reynos, de quien Fogliani devia depender como poco practico en la guerra (para sus resoluciones) de sus consultas. Sobre este pie, que le hacia lamentable el spotismo de la muger sobre el duque su marido, se tejio nueva trama contra el ausente Piumbino para que a su llegada encontrase nueva exsena en la voluntad del rey y asi bolber a la proyeptada ruina del partido español. El principe de Aragona L. (L. Principe de este nombre, siciliano, mayordomo maior del rey Carlos al presente y antes de la reyna), que otra cosa no deseava sino el rio rebuelto para pescar como siciliano, se arrimo a este efecto al partido de la reyna y Castropignano, que con Fogliani todo era uno, y aunque al calor de las sabanas se contaban por cariños los influxos de la reyna, el rey no quiso separar de si tan digno circunstanciado vasallo como Piumbino, cuio caracter e intencion era un continuo tropiezo para su emulos: ellos que querian disponer i mandar sobre la razon y él que pasar no queria de justo. Fueron repetidas estas experiencias hasta que Piumbino hizo demostrable al rey la relajazion de justicia, pues el merito se adqueria solo para la gracia de la de Castropignano, de que probino que la referida dama tubo orden para no entrar en palacio sino quando le tocase la guardia y Fogliani de abrir los ojos en su bufete, pero la asidua asistencia del marido como coronel de Guardias disimulaba esta yndisposicion del animo del rey y tanto pudo que quedo cuestionada la noticia. Lo cierto es que ubo combulziones y efectos ystericos, regulares efugios de las damas para desahogo de sus pasiones. Este terremoto duro poco, y como la orden era inpulso del rey y no de la reyna, que siempre martillava en el silencio de la almuada, fue facil la contramina para que las ruinas cayesen sobre Piumbino. Fogliani, que ama mas el chiste del deser y amenidad de Holanda que el regiro y sequedad del gabinete, tomando el ynzendio como haviso quedo separado voluntariamente del partido, y en esta ocasion llego de Sicilia para mayor abundamiento la muger del de Aragona, en cuio intermedio viendo Piumbino lo inutil II. «registro curioso de lo interior y exterior de la corte de Napoles» 333 de sus deseos y que el contrastar contra el partido de la reyna era tan duro como quitar al rey del dulze cautiverio de su esposa, pesando lo que perdia de positivo en la ausencia de su casa i familia y lo incierto del fruto de la reforma que tenia por necesaria y pretendia de la corte, se insinuo con el rey para que le acordase permiso de pasar a roma, el que le fue negado. yntentaron el ultimo golpe, que salio a maravilla, en ocasion de las reales fiestas de palacio por el nacimiento del real principe, para las quales se le dio la orden de arreglar la direccion de las mismas, lo que se executo por un billete de oficio de la secretaria. Savian bien sus emulos que admitiendo la comision se avia de disgustar con la nobleza, por ser esta en Napoles una thecla delicada en tales funciones de corte por motivos largos de contar y que a este papel servirian de ynutil digresion. Savian tambien que no admitiendo la orden havia proporcionado rebote para malquistar con el rey el concepto de su persona. Este mismo rejiro lo penetró el ynteresado Piumbino y creyó acertado paso ir en persona a Fogliani para representarle los justos motibos que tenia de no encargarse de tal comision alegando (como efectivamente se puede creer) la poca practica i conocimiento del paiz, por lo que se suplicava de eximirlo de tal encargo. respondio Fogliani que se lo diria asi al rey, pero la resulta fue un otro papel tan seco que solo decia: “el rey me manda a dezir a Vuestra Excelencia que obedezca”. No pudo digerir Piumbino tal respuesta, y aunque comprehendio era el ultimo tiro, olbidandose de que su ausencia debilitaba el partido español, se fue al rey, y despues de haverle resumido lo que avia pasado, sinserandose de que él siempre no avia pensado mas que en obedezerle, mal a proposito (lo confieso) en aquella ocasion, ynsto de nuebo al rey para que le acordase su real permiso de retirarse a su casa en roma, proposicion no hecha a tiempo a un soberano, y mas delante de varios que le servian en aquel instante la merienda, y asi bolviendose a él, el rey le dixo “yo no tengo a nadie p.r fuerza”; beso la mano Piumbino y se retiro, partiendo despues de dos dias a roma, y su empleo se confirio aquella noche a el de Aragona, y la resulta de este a Francavila M. (M. Principe de este nombre establecido en Napoles, oriundo Piamonte, oy mayordomo mayor de la reyna por asenso de Aragona). yo respondo del ynterior disgusto del rey en la separacion de tal criado y respondo tambien, porque conozco a Piumbino, del gusto que tendra viviendo oy de principe en su casa quando antes respiraba como afanado vasallo. La respuesta del rey la encuentro propia y justa en tales circunstancias y jamas aprovaré la resolucion del Piumbino en las que él se encontro, pues si sus operaciones las dirigia el bien de la corona y no el de sus yntereses, devia como podia (por el amor que el rey le profesava) haver sostituido en su lugar un hombre que llenase su vacio y que sostubiese con representacion y sinceridad su caracter, siendo a este fin mui a proposito el principe de Corziny N. (N. Principe del Sacro ymperio, sobrino del difunto papa Corziny). 334 Verso la riforma della Spagna: Appendice Las razones que él da a este cargo no tienen fuerza, pues nada contrapesa el improviso abandono de una justa liga dirigida al maior credito de una tan digno amable rey, de cuias resultas el partido ytaliano, que oy se llama siciliano, tomo mayor incremento, y el español ha quedado sostenido solo por Miranda i la voluntad del rey, padeziendo sus intercadencias con detrimento de algunos particulares como se notara en su lugar. La reyna, en consequencia de su antiguo proyecto (discurro yo), preeve pueden de la corte de España ponerle contrarresto y asi ha pensado bien fortificar el partido ytaliano, que sostiene, con traer a la corte la antes desterrada princesa de Belmonte, pues su practica de mundo en otras cortes, avertura y claridad de mente pueden en mucho contribuir a la mejor disposicion de mandar. yo, de tales antecedentes, preveo el feliz excito del intento, y me temo que Miranda, agoviado del peso, no experimente los disgustos de una caida, maravillandome no piense al remedio (si es que no piensa) sin que valga la inclinacion del rey como parte principal y la mira de la devida dependencia de la corte de España para la conservacion de este reyno, pues al vasallo de nada sirven las particulares ventajas de la corona quando de su mano no dependen, viendose siempre por ley del mundo combertido en odio lo que antes era amor. [III] Defectos del ministerio i pie en que esta este Govierno. Las parte yntegrales que componen el ministerio en que descansa un soberano, para la quietud de su conciencia, son las ofizinas principales: Guerra, Estado y Hazienda. La primera conoze sobre el exercito i sus yndibiduos, la segunda en el giro y regiro del gabinete y la tercera en la economa distribucion de las rentas de la corona, de cuia substancia viven las dos primeras. Para la Guerra ya se ve que el mas a proposito es un militar, para la de Estado un politico y para la Hazienda un yntendente, porque siendo peculiares de cada uno, las respectivas resoluciones van apropriadas y con conocimiento del asumpto. El marques Fogliani, que exercitos no avia visto sino en las pinturas de su casa y que por el manejo anterior que havia tenido en Holanda no estaria mal en la de Estado, dirije una y otra con la de Marina. yo no le niego sus bellas prendas, pero, al tiempo que lo encuentro bueno para amigo, no lo considero abto para ninguna, tanto por su debil compleccion como por su angelical trato y dulze temperamento, pues es cierto que si el soberano ubiera de servirse por las delicadezas del amor podria una monja entrar en su lugar con los mismos perjuicios. Comprehendo siempre este asumpto que buscaron al contradictorio de Montealegre, pero si encontraron el remedio para el particular del reyno, en el comun, que es la parte principal, se equivocaron esto supuesto. Es tan escabrosa la dirección de este reyno que su ministro dificilmente unira la buena correspondencia y amor de la nacion con la justicia, pues a una y otra II. «registro curioso de lo interior y exterior de la corte de Napoles» 335 hace faltar por precision. Debe tratar con el gremio de los palletas o. (o. Ministros de thoga, llamados asi en español garnachas, aprehendidos este nombre todo abogado o relator), en los quales, por lo general, no ay mas codigo que el ynteres. Deve sugetar un numeroso pueblo donde se establecio la mentira, y tan propenso a la ynfamia, que es onor el jurar sin verdad. Deve presidir una rica copiosa nobleza, tan falta de crianza que otras leyes y costumbres no conocen que las de la executoria y el propio apetito; juzgan del mundo con la ignorancia y les sorprende la novedad, visten sin regla de gusto, comen para engordar, gastan sin economia y, en conclusion, parezen sopladas maquinas de galones, y siendo este nerbio un animado monstruo, necesitan para su govierno a un hombre de gerarquia que se haga mas temer que amar, que sea altivo, prudente, severo, justiciero y, sobre todo, desinteresado. Agregase al sobre dicho sistema que las ofizinas, que deven componerse de sujetos inteligente en sus respectivos encargos, y que de la practica y aplicacion de los mismos resulta la integridad del real servicio, siempre que se experimente lo contrario entender se dejan los perjuicios. Los expedientes de guerra se remiten al ynspector y despues al capitan general, los quales, siendo de opiniones contrarias, el rey y el vasallo lo padezen. Confieso que Bonito P. (P. Duque napolitano de este nombre, residente que fue de Canarias y oy ynspector general de la ynfanteria del rey Carlos), haviendo estado en Canarias, prefiere el alma al ynteres y que travaja a proporcion de sus fuerzas, pero sus muchos años le impiden la aplicacion necesaria. Castropignano, embevido todo en los extasis de la corte y condecendencia de su esposa, descansa en su secretario, y éste, contra una ora de Cavalleriza, se jugara ciento de travajo, de manera que quando los expedientes han corrido sus caravanas está el papel apolillado. Despues ban a Fogliani y como su compleccion, aunque toda la emplee en el travajo de su oficio, mas no le permite, los rimeros de memoriales en su mesa forman una torre de Babel. Las provincias estan fuera de la carrera militar, pues lo que havia de tener un capitan general de provincia, lo govierna un comisario de campaña, que despues pasa a togado en alguna camara. De aqui proviene que estos tales hazen un buen noviciado para profesar tiranos e interesados, pues es publico que en las carzeres, por taripha establecida, los reos saben el precio del indulto de sus homicidios e infamias sin que de sus providencias conosca ningun tribunal. [IV] Estado de la tropa nacional y española. La tropa de ynfanteria que compone el exercito de este soberano son, a saver, balones, suizos, e ytalianos, comprehendidos los nacionales con el titulo de regiminientos provinciales. La primera especie, que son los cuerpos que quedaron la otra guerra y podemos llamar (sino españoles) de España, no tiene duda es bueno 336 Verso la riforma della Spagna: Appendice su cuerpo de ofiziales por su experiencia militar, aunque sobre su fuerza nada se puede contar. Lo mismo digo de la segunda especie, y en la tercera contemplo las mismas qualidades que la que mantubo confiado el rey Jacobo de ynglaterra. Componense los ofiziales de esta ultima de la nobleza del pais y sin temeridad juzgo sirven mas por la paga que por amor al rey. Al mismo tiempo no puedo negar es de una sobervia talla, disposicion y manejo militar, que esta bien entretenida y disciplinada, y, sobre todo, que lleva el ojo a un exercicio a sangre fria. El pie y estimacion en que estan tenidos el cuerpo de ofiziales que no son provinciales no es el mejor y probiene de que al principio abrieron demasiado la mano y por unos han venido a perder otros. El numero de sus generales es copioso y no sin dolor veo en ellos violento lo excelentisimo. Discurro, llevado de la apariencia y lo que promete un juizio natural, sea exepcion de esta regla Preitvikx Q. (Q. theniente General del rey Carlos que antes estaba al servicio de la señora archiduquesa y lo dexo por disgustos que tubo mientras mando en Florencia) que del servicio de la señora archiduquesa paso al de este soberano con sobresaliente partido. Su trasa, su manejo y su disposicion ofrecen, sobre un honrradisimo caracter, una util salida para el mejor servicio del soberano que sirve. Don Miguel regio r. (r. Cavallero siciliano general de las galeras del rey Carlos) es entre todos, con mucha razon, digno del mayor respeto, pues en el se encuentra talento, amor al rey y conocido desinteres, haciendose ver cada dia mas y mas su conducta en beneficio del pueblo, pues su continuo desvelo y fatiga se emplea en publicas obras de la mayor utilidad al rey y cuerpo de esta nacion, mereciendo por tanto estatuas de duro marmol, y para mi acredita en el todo la limpiesa de su espiritu, pues se muestra indiferente en ambos partidos sin que el siciliano de su nacion le incline. La tropa española, venida al socorro de este reyno en numero de catorce batallones mandados al presente por el marques de Villadarias S. (S. Marques de este nombre, theniente general de los exercitos el rey Catholico, que manda en Napoles las tropas auxiliares), se encuentra en bellisimo estado, pues podemos contar uno con otro sobre quinientos hombres por vatallon. El medio vestuario, que ya esta en marcha de Barcelona, acavara de componerlos, pues Castilla estava enteramente desnudo y la reyna poco menos. Los ofiziales de estos cuerpos son pocos, assi por las muchas vacantes como por los prisioneros, los quales aunque vengan (como vienen) sobre ellos, no se puede contar para las acciones mientras no tengan su canje. Se mantienen con poquisima desercion en estas immediaciones de Napoles, conociendose cada dia el beneficio del necesario reposo, pues el ofizial se va desempeñando y sus respectivos cuerpos reponiendo en las cajas el desembolso. El rey hace la maior distincion de sus yndibiduos y en nada dependen de su ministerio, pues Villadarias, despues de las diferencias que tuvo Cagigal t. (t. II. «registro curioso de lo interior y exterior de la corte de Napoles» 337 Marques de este nombre, mariscal de Campo de los exercitos del rey Catholico que mando las tropas auxiliares al principio), no ha tenido nada que vencer. Viven todos con suma quietud en su quarteles sin que el paysano y el soldado tengan nada que dezir. La paga va puntual, que ya se save es la sonaja que haze callar al chiquillo. El marques de Villadarias haze una sobresaliente figura en el quarto del rey, tanto por la recomendacion de español como porque a su buena moral save agregar el caracter de particular cortesano. La distincion con que los reyes lo tratan es mui particular pues, independente de estar siempre que quiere con ellos y hacer la partida de juego, logra, entrando en los mas remotos retretes de las ynfantas y camaristas, privilegios de eunuco. En los partidos de la corte y sus yndibiduos no se mescla, atiende con desvelo al govierno y mando de nuestra tropa, desmintiendo en sus providencias haver sido ligero. Pasará presto la revista de ynspeccion y conocera que para ser general es yndispensable ser ynfante. En ocacion de las fiestas de palacio Su Magestad honrró los ofiziales, permitiendoles baylasen en su presencia sin distincion de grado militar, sino por su respectiva gerarquia, que se hizo constar por una nota del mismo marques de Villadarias. Los comisarios de Guerra Cengotita y Barrola fueron esemptos de este permiso y distincion, para que tal exemplar no alegasen otros de sus empleos que estan al servicio de esta corte, a quienes, por fines particulares de la misma, el rey quiso prohivirlo, impidiendo asi que ninguno de las Secretarias o carrera de la pluma tubiesen tal honor, y aunque a los referidos se les permitia la entrada, con tal que no usasen del dominio sino que concurriesen en citio separado, mas ellos no se combinieron por no diferenciarse de los demas. El yntendente don Antonio del rio fue esepcion de esta regla general por serlo y tener su caracter para España. Pero los dos hermanos Goinzuetas, que el uno tiene honores y sueldo de yntendente de Napoles y el otro el empleo de thesorero general, fueron los primeros prohividos en la lista, y sobre estos dos sugetos cayó el reparo de la corte, pues la reyna, por razones de sus camaristas, tiene con ellos sobrado motibo, pero yo no comprehendo como dos sujetos a un mesmo tiempo ayan de estar tan distinguidos en su carrera y por ellos se aya de agraviar todos los hombres honrados de la misma, de que se infiere, y confiesan todos, que componiendose las ofizinas y secretarias de españoles que antes fueron pajes y hechuras del odiado Montealegre, colocados ya con disgusto anterior de la reyna sin el justo motibo de la utilidad del real servicio, fueron por tanto advertidos en la dicha ocasion (como lo seran en las demas) de que aun dura y se haze sentir el dolor que causaron sus fortunas. III MEMorIA DI ALFoNSo CLEMENtE DE AróStEGuI SuLLA SuA PrIMA uDIENzA CoN I SoVrANI DELLE DuE SICILIE Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal senza data, ma Napoli 10-24 luglio 1753 (AGS, Estado, legajo 5857, folio 20) El dia 4 por la tarde, recivido de don Antonio del rio y del duque de Atri, quien quiso mostrar en esto su verdadero affecto a nuesta corte, entré en ésta. rio, cumpliendo el encargo del marques Fogliani, le escrivio luego mi llegada. El 5 por la mañana passe a Portici; vi luego a Fogliani y su mujer, mostrando en gesto y voz el maior contento, como lo han hecho hasta aqui segun me atestan. Passamos a ver a los reyes y ambos me recivieron, sin differencia, con la maior benignidad. Mostraron indecible gusto con correspondiente amor à las expresiones que les hize de nuestros amos. Hubo preguntas mui menudas de salud y divertimentos, recuerdos de la niñez, alternando la reyna en el discurso la lengua española, que habla ia mui bien. A la verdad, estubieron tan buenos como io pudiera desear; tanto, que se pudiera sospechar, si fuera en otras personas, que havia estudio. En mi particular, me dejaron confuso diciendome el rey no podia haver venido otro mas de su gusto, y, como Su Magestad gusta del estilo natural y en él passo todo el discurso, me atrevi decirle: de que el rey me haia embiado Vuestra Majestad tiene la culpa, y replicandome: como?, le dige: porque esta informado, y creido de lo mucho que Vuestra Majestad me honrro el tiempo que estuve en roma y tube el honor de servirle, lo que me parece le gusto. Assimismo, manifesto el concepto en que estaba de mi veracidad y recta intencion. Hablose de las fabricas de ai, de la Academia y del palacio, y Su Majestad tubo la benignidad de informarme de sus obras y de sus hallazgos subterraneos, en que le vi mui embebido. repito que toda la conversacion (que fue bien larga), fue alternada de la reyna, especialmente en lo que tocaba à la reyna nuestra señora, obligada de su memoria. Mostrando el rey deseo de que viesse los principes, me describio particularmente los dos primeros, ponderando la viveza del segundo y diciendo del primero que se iba mejorando y que, aunque era de menor cuerpo del segundo, pero que tenia mas fuerza que este. Siguiose la comida, a que, segun estilo, assisti junto al embajador de Francia, y durante ella ambos soberanos repetidas veces III. Memoria di Alfonso Clemente de Aróstegui 339 me hablaron con el mismo agrado y lenguaje que en la audiencia secreta. Acabada la comida, entramos à la conversacion, a que solo assisten los gentileshombres y embajadores, y io logro este honor por ministro de familia. Despues fui a comer [a] casa de Flogiani, donde concurrieron muchos. El 6 bolbi a Portici para ver los principes, lo que logre a mi satisfaccion, pues, no siendo aun hora de corte, encontre en las primeras salas jugando a los tres varones. El primero andaba en un calesín. Notele el color bastante caído. El cuerpo es menor que lo que corresponde à la edad. La vista torcida, pero sin otro impedimento, como tambien el oido. Vi que conocio y llamo a una dama que passo por allí. Habla mui poco y me asseguran la torpeza de las potencias. El segundo esta bellissimo: alto, garboso, vivo y despierto. Estaba haciendo de centinela y me honro haciendo con bello brio el exercicio militar. El tercero estaba un poco desabrido. Es tambien mui lindo, pero no tube lugar de observarle tanto. Los dos princesas son agraciadas, y la segunda aun es de mas cuerpo y robustez que la primera. Despues assisti a comida y conversacion, continuando de la misma forma. y luego fui a comer con Miranda, que me havia combidado. IV «ESPAñoLES QuE SIrVEN EN PALACIo» Memoria redatta da Alfonso Clemente de Aróstegui senza data, ma Napoli 1-14 gennaio 1754 (AGS, Estado, legajo 5857, folio 130) [1] Don Joseph Miranda, duque de Losada, sumiller de Corps. [2] Marques de Ysastia, mayordomo de semana. Cumple con las atenciones de español, pero en lo demas guarda una fria, misteriosa indiferencia y abstraccion. Le he tanteado varias veces y no sale a la vara. No creo dejasse casa ni cosa que le tire en España y assi se cuenta trasplantado a este pais. [3] El padre Bolaños, confesor del rey. Su sencillez y llaneza de trato corresponden à su habito. El rey le estima, y en cosas de conciencia se acomoda a su dictamen. En lo demás, ni él entra ni el rey le consulta. No le quedo en España sino unos pobres sobrinos labradores a quienes socorre, con lo que nos mira con gran frescura. y a mi me ha igualado en su practica de no visitar a nadie. [4] Don Manuel de Larraga, medico de la reyna, honrrado español y que trata de su salvacion, y assi discurre en lo que se ofrece, teniendo en todo unos sentimientos justos ([in margine] valga lo borrado), y como tal habla en su trato. [5] Don Manuel de Larrea, guardarropa. oi es uno de los que en su grado se ven mas bien escuchados de los reyes. él es ligero, desembuelto, que affecta lo gracioso y picante. Hace el español a ratos, affectando adhrencia con los que cree poder más; assi, ninguno se fia de él y io mucho menos. [6] Don Phelipe Mendez de Castro, contralor. Es un español honrradissimo, pero no sabe otro vocabulario que el de su officio. [7] Don Julio Garicochea, cavallerizo de campo. Buen español, con honor y advertencia. Entiende el pais, y io le debo me trate con affecto y sin reserva en las primeras nociones. [8] Don Diego Merlo, aposentador. Hombre vasto, metido en su casa y officio. [9] Don N. Echaur, tapizero mayor. Como el antecedente, solo el ser mas culto. IV. «Españoles que sirven en palacio» 341 [10] La marquesa de los Cobos, granadina, sotoaia de los principes. Es estimada de la reyna, pero por vieja y enferma esta ia medio jubilada y hechada a la vida debota, iendose a temporadas al retiro de la monja de Capua, donde esta ahora. Siendo esto assi, apenas se sabe si es Española; ni me ha embiado un recado, bien al reves de la señora de honor francesa, que los mas dias, o al salir o al entrar, espera al embajador para hablar despacio. [11] El padre Joseph Barba, jesuita, sevillano, que de maestro del Collegio romano vino por maestro de los principes y princesas. Su compostura y afabilidad le hacen bien visto de todos. Guarda las atenciones de buen español, pero su natural o estudiada abstraccion de todo lo que no es su empleo, junto a su prudente reserva, hace no buscarle para valerse de sus noticias ni de su influjo en la corte. Con todo, io le trato con bastante frequenzia. Algunos le creen possible confessor del rey, pero la mas comun y segura opinion es en contrario. y me dicen por cierto que el año passado, quando el confessor estubo en los últimos, estubo ia llamado otro padre descalzo de España. Esto consuena con el genio del rey y con su gran devocion a estos padres descalzos, primera impression del duque de San Esteban. V DISPACCIo DEL CoNtE DI BrIStoL SuLLA CortE E GoVErNo DI SPAGNA Il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 11 febbraio 1760 (NA, SP 94/160) Most Secret. Madrid, 11th February 1760. Sir, […] I am thoroughly apprized how difficult a task it is to give the character of any one with impartiality, but that I may effectually obey the king’s commands by watching what is passing here, I must relate the opinion I have formed of those who are principally concerned in the palace. Every one will allow that the present Catholick king has talents infinitely superior to any of the princes of the House of Bourbon of the present or of the last age. His Catholick Majesty is indefatigable in all business, understands the different branches of government, is resolute in all his undertakings and means solely to pursue the interest of the throne on which he is placed. All that serve him, love as well as fear him. His predilections are only Spanish without any prepossession in favor of that nation where the head of his family reigns. Her Catholick Majesty is endowed with an excellent understanding, has great vivacity and very strong (I might even say, with propriety, violent) passions. Her credit with the king of Spain is great, but not equal to what either the late queen had with king Ferdinand or the queen mother with Philip the Fifth. the Catholick Queen knows when she can carry any point and never perseveres after the first refusal by returning to the charge, but entirely drops the pursuit. It would be difficult to say how much she is feared by her children, her ladys and all who approach her. the queen mother is not consulted upon any business and has never yet seen the king her son alone, for the reigning queen is constantly present. Her Catholick Majesty also assists at all Despachos of the different ministers, and I am told she speaks but little at any of them. I have been assured that the king of Spain, since he has been at Madrid, has never mentioned to general Wall what was out of his department of Foreign Affairs and the War, not has asked the marquis Squillace’s advice in what did not V. Dispaccio del conte di Bristol sulla corte e governo di Spagna 343 relate to the Finances or consulted with monsieur Arriaga except with regard to the Marine. Each minister suggests, prepares, and executes what properly belongs to his office, by which means all reciprocal jealousys of each other are removed. General Wall spontaneously gave up to the marquis Squillace what related to the economical part of the army, that is what came under the direction of the pay master. monsieur Arriaga followed his example as to the Marine, by which means all that comprehends the receipts or disbursements of money is now united in the secretary of State for the Finances. It is not possible to be more distinguished by royal favor than the duchess of Castropignano is by that of the Catholick Queen, and notwithstanding the king of Spain has granted to this lady a pension of five thousand pistoles a year for her life, yet it is generally known it was solely out of complaisance for the Queen, for His Catholick Majesty certainly has a thorough dislike to her. She is well bred and does not affect the exterior behaviour of one in credit with her mistress. those who have long known her, tell me she is full of art and that a constant disguise conceals all her real sentiments. She is upon good terms with the marquis Squillace and both are devoted to the Catholick Queen, but I do not perceive that the other ministers frequent her. the duke of Lossada, from his long attachment to the Catholick king, whom he has never quitted since he first went to Italy, and from the worth of his character, is particularly liked by His Catholick Majesty. He never interferes in publick affairs, is not well with the dutchess of Castropignano and, of course, known to be slighted by the Catholick Queen. I wish the sketch of different personnages may answer the king’s expectations of being informed of what passes at this court. If I have been tedious by being prolix, I can only say that I did not venture to abridge my dispatch, lest my desire of being concise might have rendered the whole unclear. I am with the greatest truth and respect, sir, your most obedient, humble servant. Bristol. P. S.: After I had finished this letter I received a note from general Wall to acquaint me that the Catholick king had determined to grant me a private audience to morrow in consequence of my having asked one by His Majesty’s order, so that the former method of delivering letters at this court will now be altered, since the other ambassadors will insist on the same distinction that is to be shewn to me. Bristol. VI rELAzIoNE DELLE FEStE DI ProCLAMAzIoNE DI CArLo III QuALE rE DI SPAGNA 1. LA SERIE DEI FESTEGGIAMENTI 1. «real Entrada en la Villa de Madrid». Domenica 13 luglio 1760 (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, pp. 242-6). La magnifica real Entrada Pùblica del rey nuestro Señor en esta Corte, con la reyna nuestra Señora, acompañados del Serenisimo Principe de Asturias nuestro Señor, Señores infantes, è infantas, y el Señor infante Don Luis, tuvo su feliz complemento el Domingo 13. de este mes por la tarde, dia señalado por S. M. para tan plausible magestuoso Acto. ya el acreditado zelo, y amor de Madrid en quanto es obsequiar sus Soberanos, havia anticipado los preparativos, y prevenciones correspondientes, justamente debidos à tan regia solemne Funcion, erigiendo generoso en toda la Carrera, por donde havian de transitar las reales Personas, suntuosos Arcos triumphales, adorno de Fuentes, y esmerados inventos del Arte, y de la magnificencia; y aun muchas Comunidades, Señores, y Cavalleros particulares, vistiendo con la mayor propiedad las fachadas de sus Casas, se compitieron en la misma anticipacion, y en el mejor gusto, y primor de su adorno, ocasionando à la vista, con su hermosa variedad, el mas bello delicioso objeto. Desde la Puerta Verde del real Palacio de Buen-retiro, que sale à la Calle de Alcalà, y Prado de San Geronymo, diò principio la dilatada deliciosa Carrera, corriendo desde aquì toda la Calle de Alcalà, Puerta del Sol, Calle Mayor, Platerìa, Calle de Santa Maria, Puerta Gaudalaxara, Plaza Mayor, Calle de Atocha, Plazuela del Angel, Calle de las Carretas, y Carrera de San Geronymo. Los adornos que vestìan las Puertas del real Palacio de salida, y entrada: los Arcos triumphales, que se erigieron con variedad, acierto, y suntuosidad en la entrada de la Calle de Alcalà, Puerta de Guadalaxara, Calle de las Carretas, y fin de la del Prado: la Perspectiva entre Santa Maria, y la Casa de los reales Consejos; y ultimamente el Salòn de Columnas, construìdo en el Patio de oficios del real Palacio, que representaba los reynos, y Provincias de la vasta Dominacion de nuestro Monarca en todas las partes del Mundo, merecieron particular elogio de los inteligentes, y admiracion comun, por el esmero de su Arquitectura, suma elevacion, extraordinaria corpulencia, y esquisito numeroso adorno de Columnas, Estatuas, Medallas, VI. relazione delle feste di proclamazione di Carlo III 345 è ingeniosas inscripciones: todo alusivo à las heroycas virtudes, empressas, triumphos, y memorables Acciones del rey. La Fuente de la Puerta del Sol compitiò en su primorosa idèa, y particular adorno, al que obstentaban, aunque en todo diverso; pero de no inferior gusto la de la Plazuela de la Villa, construìdo por los Escrivanos de su Numero, y la de la Carcel de la Corte por los de Provincia; siendo la disposicion, y aparato de las tres tan lucido, y estraño, como singular, y primoroso. No fuè menos plausible en todos los Habitantes la bizarra emulacion con que procuraron competirse en iguales esmeros, acreditando su lealtad, y amor con esta sencilla demostracion, que consagran à sus benignos Soberanos. La Platerìa mereciò, como siempre, en esta ocasion, con los individuos de su Arte, la admiracion de todos, vista la bien ordenada idèa de colocar sus esmerados adornos en un quadrilongo, que elevò, cerrado con quatro robustas torres, cuyos Capiteles, como toda la parte inferior de sus quadros, y fondos, representaban dos dilatadas Galerìas à la Grutesca, adornadas, y entretexidas en todas sus partes de cantidad de primorosas Piezas de Plata, y preciosa Pedrerìa, cuyo conjunto, simetricamente dispuesto, ofreciò á la vista el mas agradable expectaculo. En esta forma, bien que sucintamente expressado, se presentò à la comun expectacion de todo el Pueblo, el magnifico Adorno, y disposicion en que estuvo la Carrera, que poco despues de las quatro de la tarde comenzaron à ocupar los Batallones de Guardias Españolas y Walonas, que sirven en la Corte, formandose en dos filas con aquella igualdad, y orden, que enseña la Militar Disciplina. Los oficiales à su frente ocuparon sus Puestos respectivos, y las Vanderas se pusieron delante de sus Compañias, causando este Marcial aparato, junto al ruido de las Caxas, è instrumentos, con quienes alternaban, un nuevo alentado festivo jùbilo en todos los espiritus. A las seis saliò S. M. con la reyna nuestra Señora de su real Palacio en una magnifica Carroza, tirada de ocho hermosissimos Cavallos, y siguieron à sus Magestades, distribuidos en otras tambien sumamente preciosas, el Principe nuestro Señor, los Señores infantes, è infantas, sus amados Hijos, y el Señor infante D. Luis. El orden de la marcha era el siguiente: La Compañia de Alabarderos con su Musica de oboes, y trompas: A esta seguian tres Esquadrones de Guardias de Corps, compuestos de las Compañias Española, Italiana, y Flamenca, con los oficiales correspondientes, y sus timbales, y trompetas: iban despues los timbales, y trompetas de las Cavallerizas del rey, à quien seguian quatro Coches dorados, en que iban los Mayordomos de Semana de S. M., que se adelantaron à Santa Maria: y el de oficios de la reyna nuestra Señora con el Marquès de MonteAlegre, su Mayordomo Mayor; el Duque de Medina Sydonia, Cavallerizo Mayor; y el Marquès de Andìa, primer Cavallerizo; otro coche de Mayordomos de Semana, tambien de la reyna, y nueve Camaristas: a estos Coches seguian nueve Estufas de à quatro Cavallos, en que iban los Gentil-Hombres de Camara de S. M.: Luego se seguia el Coche de respeto, que era magnifico, y de esquisita Arquitectura, tirado de ocho bellisimos Cavallos con Guarniciones muy sobre- 346 Verso la riforma della Spagna: Appendice salientes, llevando à los lados quatro Lacayos, y ocho mozos à pie: A esta Estufa seguia otra no menos rica, que la antecedente, conducida de ocho Cavallos, y lucìdas Guarniciones, quatro Lacayos, y ocho Mozos, ocupandola el Duque de Medina-Coeli, Cavallerizo Mayor; el Duque de Alva, Mayordomo Mayor; el Duque de Losada, Sumillèr de Corps; el Principe de Macerano, Capitan de la Compañia italiana de Guardias de Corps, que estaba de Quartel, y D. Pedro Stuart, primer Cavallerizo: Quatro Cadetes iban de Batidores de las Compañias de Guardias de Corps: Veinte y quatro Lacayos del rey, y de la reyna, y los Cavallerizos de Campo de S. M.: El Coche en que iban sus Magestades todo de Plata, y cuya magnificencia, y esquisita talla no tienen comparacion, le conducian ocho hermosissimos Cavallos con preciosas Guarniciones: A los lados assistian todos los oficiales, y Exemptos de Guardias de Corps, que no estaban empleados; y à piè, immediatos à la Estufa, 24. Pages del rey con ricos uniformes bordados de oro: Al Coche de S. M. seguia una gruessa Partida de Guardias de Corps, con su oficial: Despues el Principe nuestro Señor, con el Señor infante Don Gabrièl, en otra magnifica Carroza, y su correspondiente Guardia: Seguia immediatamente la de los Señores infantes Don Antonio Pasqual, y Don Francisco Xavièr: En otra iban las Serenissimas infantas Doña Maria Josepha, y Doña Maria Luisa; a que seguia el Señor infante Don Luis Antonio Jayme, llevando sus Altezas sus respectivas Guardias de Corps. Seguianse luego todas las Damas, y Señoras de Honor de la reyna, distribuidas en diferentes Coches dorados, y un Coche de Mayordomos de Semana de S. M. cerrando tan numerosa règia Comitiva los Batallones de Guardias de infanterìa Españolas, y Walonas, que segun passaban los reyes se formaban, y seguian la marcha. Con este orden, y Acompañamiento llegaron sus Magestades al primer Arco, construìdo en la Calle de Alcalà, y hallandose la reyna Madre nuestra Señora [Isabel de Farnesio] en el principal Balcòn de la Casa, que habìta el Marquès tripucci, su Mayordomo Mayor, situada antes de llegar al referido Arco, para vèr passar à Sus Magestades, tuvo S. M. este consuelo, y la satisfaccion de ofrecerles sus veneraciones, à que reciprocamente correspondieron los reyes nuestros Señores. Estando à corta distancia de allì el enunciado Arco, entraron sus Magestades por èl, hallando en las generales Vivas, y Aclamaciones de infinito numero de Vassallos el mas festivo saludo, siendo la duplicada multitud de sus vozes el mas agradable confuso embeleso del oìdo; dudandose, y con razon, si podia este distinguir lo plausible de lo afectuoso. Si fuè grande el concurso de Gentes en esta hermosa espaciosa Calle, y en las demas subsiguientes hasta Santa Maria, no fuè menor el que de ambos sexos se observò colocado en Balcones, y Ventanas, haciendo con el lucimiento de ricas costosas Galas, y el general adorno, que se admirò en todos el mas grato brillante expectàculo. Con estas festivas continuas Aclamaciones, animadas de la mas fiel demostracion de los Vassallos, prosiguieron sus Magestades la Carrera hasta el Santuario de la Antiquissima ve- VI. relazione delle feste di proclamazione di Carlo III 347 nerada imagen de N. S. de la Almudena, que tiene la primacìa entre todas las Parroquias de esta Corte; en cuyo Portico, sumptuosamente adornado, esperaba el Eminentissimo Cardenal Arzobispo de toledo [Luis Antonio Fernández de Córdoba Portocarrero Guzmán y Aguilar], que ministrò la Agua bendita à sus Magestades, y Altezas, y los Mayordomos, y Gentil-Hombres de Boca, y Casa de S. M., que se adelantaron; y haviendose apeado sus Magestades, y su Augusta real Familia, y ocupado los Sitiales, que estaban prevenidos, se comenzò el TeDeum, que entonò el mismo Eminentissimo Cardenal, y cantò la real Capilla, à que siguiò una solemne Salve. Siendo yà anochecido quando se concluyò esta piadosa ceremonia, en que los reyes, dando à todos el mas devoto exemplo, ofrecieron rendidos sus Cultos à la Suprema Magestad, implorando el auxilio, y poderosa proteccion de la Sagrada imagen de Maria Santissima para el cabal acierto de su reynado, y felicidades de sus Vassallos, y Dominios, bolvieron à tomar la Estufa para encaminarse à su real Habitacion; y dirigiendo la marcha por la Puerta de Guadalaxara à la Plaza Mayor, la hallaron sus Magestades enteramente iluminada, assi como se acostumbra en semejantes regias Funciones, no teniendo para hermosura de sus quatro Fachadas mas que la perspectiva, que ofrecen las cinco carreras de Balcones de à dos Hachas, que ardian en cada uno, y la especial, y reciente Pintura al fresco, con que la hermoseò Madrid. El resto de la Carrera hasta Buen-retiro, estuvo igualmente iluminado, assi à esmeros de la Villa, como a competencias de los Habitantes, haviendose admirado en todas las Casas, que comprehenden la calle de Atocha, Plazuela del Angel, calle de las Carreras, y Carrera de San Geronimo, hasta entrar en Palacio por la Puerta del Angel, el mismo cuidado en su ornamento, y en todas las Calles las mas festivas reverentes, y afectuosas Aclamaciones del Pueblo, y de una multitud infinita de Forasteros, que concurrieron de todas partes del reyno. restituìdos sus Magestades, y Altezas à su real Palacio, se pusieron en los Balcones de la Plazuela de la Pelota, y desde ellos vieron los Fuegos de Artificio, que tenia prevenidos Madrid, los quales fueron de su real aprobacion; y con este festejo se fenecieron los del dia. 2. «Comedias en el Buen retiro». Lunedì 14 luglio 1760 (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, p. 246). El siguiente 14. continuaron los otros, que igualmente tenia dispuestos esta fidelissima imperial Villa con tanto alto superior motivo. En el real suntuoso Colisèo de Palacio tuvieron sus Magestades la complacencia de ver representar à las dos Compañias Còmicas Españolas una nueva Comedia, intitulada: El Triumpho mayor de Alcides, adornada de ingeniosos divertidos Saynetes, fiesta que mereciò el real agrado, y general aplauso de la Corte, asistiendo despues de ella à los magnificos Fuegos Artificiales, dispuestos en la misma Plazuela de la Pelota, que merecieron, como los antecedentes, su real satisfaccion. 348 Verso la riforma della Spagna: Appendice 3. «Corrida de toros». Martedì 15 luglio 1760 (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, pp. 246-7). El Martes 15. se celebrò la Corrida de toros, que tenia prevenida Madrid en su Plaza Mayor. En la Prueba por la mañana se corrieron doce toros de las mas acreditadas castas, que picaron con Vara Larga quatro diestros toreadores. La Fiesta por la tarde, que se dignaron sus Magestades, y Altezas honrar con su presencia, se executò sin desgracia, yendo el rey en público, acompañado de la reyna, à verla con el mismo magnifico tren, que el dia de la Entrada; y llegando entre quatro, y cindo de la tarde, se apearon sus Magestades, y Altezas en la Casa que llaman de la Panaderìa, en donde haviendo ocupado el Balcòn, y tomado la reyna el lado derecho, segun etiqueta en Fiesta de toros, hizo la Compañia de Alabarderos el Despejo, à que siguiò el riego; y concluìdo, salieron a torear los quatro Cavalleros, que estaban prevenidos, con el sèquito de cien Lacayos cada uno, estraña, y primorosamente vestidos con los colores verde, azùl, encarnado, y pagizo; y haviendo quebrado muchos rejones en los primeros toros, que fueron muertos por los toreros de à piè, siguieron estos sus habilidades, matando a diez y ocho toros; y fenecida assi la Fiesta, se restituyeron sus Magestades, y Altezas gustosos à su real Palacio. 4. «Galas». Domenica, Lunedì e Martedì, 13-14-15 luglio 1760 (Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, p. 247). El dia de la Entrada, y los dos siguientes fueron de Gala, y huvo en toda la Villa Luminarias generales, con repique de Campanas. 2. GIURAMENTO Gaceta de Madrid, 22 luglio 1760, n. 30, pp. 247-8: El Sabado siguiente concurrieron à Palacio los Prelados, Grandes, titulos, y Procuradores de Cortes; y haviendo baxado S. M. publicamente con la reyna, y Principe nuestros Señores, y los Señores infantes D. Gabrièl Antonio, y D. Luis Antonio Jayme, con todos los Grandes, Embaxadores, titulos, y Procuradores de Cortes, à la iglesia de S. Geronymo, que estaba magnificamente colgada, y ocupando sus règios Lugares, y los Prelados, Grandes, y Procuradores de Cortes sus respectivos Assientos, celebrò la Missa del Espiritu Santo el Cardenal Arzobispo de toledo, despues de la qual, baxando los Prelados al Banco que tenian enfrente de los Grandes, dixo el rey de Armas mas antiguo en voz alta: Que oyessen la Proposicion, y Escrituras, que se iban à leer. Entonces Don Pedro Colòn de Larreategui, del Consejo, y Camara de Castilla, leyò la Escritura de juramento, que S. M. hacia al reyno, y la que èste debia hacer à S. M., y consiguientemente la Escritura de juramento, y Pleyto omenage, que debia hacerse, reconociendo por Principe de Asturias, y Sucessor en estos reynos, despues de los dilatados, y VI. relazione delle feste di proclamazione di Carlo III 349 dichosos dias del rey, al Serenissimo Principe nuestro Señor Don Carlos Antonio, Hijo de S. M., con todos las demàs formalidades correspondientes a tan sèrio Magestuoso Acto. El Cardenal Arzobispo de toledo recibiò del rey el juramento, que despues hizo el Principe con el Pleyto omenage en manos de S. M. Siguieron luego los Señores infantes, el Cardenal Solìs, Arzobispo de Sevilla, todos los Prelados, Grandes, titulos, y Procuradores de Cortes, que despues de haver jurado, passaron à hacer el Pleyto omenage en manos del Duque de Alva, Mayordomo Mayor de S. M. y èste en las del Marquès de MonteAlegre, que lo es de la reyna nuestra Señora, besando la mano à los reyes, Principe, y Señores infantes. Concluìdo este Acto, recibiò el Cardenal de Solìs el juramento al Cardenal Arzobispo de toledo, revistiendose à este fin de Pontifical, y ocupando el Sitial, que dexò su Eminencia al piè del Altar Mayor. Fenecida esta Funcion, el Secretario de Camara, y Estado de Castilla Don Agustin de Montiano, con el Escrivano Mayor de las Cortes, dixo à S. M. poniendose enfrente de su real trono: Si aceptaba el Juramento, y Pleyto omenage hecho, con lo demàs executado en este Acto, y si mandaba S. M. à los Escrivanos de Cortes, que lo diessen por Testimonio, y que à los Prelados, Grandes, Titulos, y Casas, que estàn ausentes, y acostumbran jurar, se les vaya à tomar el mismo Juramento, y Pleyto omenage? A que respondiò S. M. Assi lo acepto, pido y mando. Hecha esta ceremonia, el Cardenal Arzobispo de Sevilla, que se havia revestido de Pontifical para recibir el juramento al Cardenal Arzobispo de toledo, entonò el Te-Deum, que cantò la Musica de la real Capilla. Las Señoras ynfantas estuvieron en la tribuna del lado del Evangelio à vèr esta Funcion; y los Embaxadores, y Ministros Estrangeros que no asisten á las Capillas públicas, ocuparon sus respectivas tribunas. Concluìda assi esta règia solemne Funcion, se restituyeron sus Magestades, y Altezas à su Quarto con el mismo sèquito, y Acompañamiento, que baxaron à la iglesia. Por la noche huvo Luminarias generales en Palacio, y la Villa; y una numerosa Mogiganga, compuesta de mas de 221. Parejas, con dos Lacayos, con Hachas cada una, que se formaron de los Gremios Menores de Madrid, comenzandola una Soldadesca à la Española, y terminandose por las Compañias de representantes, que hicieron sobre un tablado, que estaba construído debaxo del Balcòn de sus Magestades en la Plazuela de la Pelota, una reverente Laudatoria en verso, finalizando con una Danza de Espadas, y Broqueles; à que siguiò el reflejo de Fuegos Artificiales, correspondiendo al acierto, y desempeño de los de las noches antecedentes. En esta forma se fenecieron los reales Festejos, prevenidos por esta Villa en celebridad de la solemne Entrada Pública del rey, y jura de sus reynos à S. M. y à su Alteza el Serenissimo Principe nuestro Señor, benignamente admitidos de su real gratitud, y dignos de mayor extension de la que permite el ceñido limite de esta Gaceta. 350 Verso la riforma della Spagna: Appendice 3. DESCRIZIONE DELLA CORRIDA La corrida è così descritta da Edward CLArkE, Letters concerning the Spanish Nation: written at Madrid during the years 1760 and 1761, Londra 1763, pp. 107-9: «WE arrived at the balcony of the English Ambasador in the Plaça Mayor about half an hour after three in the afternoon, and were at once struck with the chearfullest, gayest sight imaginable. the square, which is large, was thronged with people; the balconies all ornamented with different coloured silks, and crouded from the top to the bottom of the houses; the avenues to the square were built up into the balconies, and a fort of floping scaffolding was placed round for the common people, elevated above the ground, or pit, if i may so call it, about eight or nine feet, with openings in proper places, and wooden doors. FIrSt came in the coaches of the cavaliers, four in number, of an antique and singular make, with glasses at the ends, and quite open at the sides: the cavaliers were placed at the doors of their coaches, from whence they bowed to the people, and the balconies, as they passed round the square; and they were accompanied by their sponsors, the Dukes of oSSuNA, of BANoS, of ArCoS, and MEDINA CAELI. Before the royal family came a company of halberdiers [alabarderos], after which the king’s coaches in great state, I believe about seven or eight in number, preceding his Carosse de Respect, which was extemely rich, with red and gold ornaments, and beautiful painted pannels: then a coach with some of the great officers, who go always immediatly before the king; next came the kING and QuEEN in a very sumptuous coach of blue with all ornaments of massive silver, and the crown at the top; the trappings of the horses were likewise silver, with large white plumes. these were followed by the coaches of the Prince of ASturIAS, the two infanta’s, and DoN LuIS, with their attendants. tHEIr Majesties were placed opposite to us, in a gilt balcony, with a canopy and curtains of scarlet and gold; the queen on that occasion taking the right hand. on the right hand of the king’s balcony were placed the rest of the royal family; and on the left were ranged the gentlemen of the bed-chamber in a row; all dressed in a very fine uniform of blue and red, richly embroidered with gold. the halberdiers marched from the king’s balcony, which was in the center on one side, and forming themselves into two lines, fronting different ways, instantly cleared the square of the croud, who retired into the scaffolding, erected for them round it. Next the halberdiers formed themselves in a line before the scaffold, under the king’s balcony. then appeared two companies of boys, dressed in an uniform with caps, and red taffeta jackets, ranged against the right and left hand side of the square, who carrying buckets of water in their hands, watered the stage as they crossed over the side opposite to them. this being performed, the six chief Alguazils of the town, mounted upon fine horses, covered with trappings, and dressed in the old Spanish habits, black with flashed sleeves, great white flowing wigs, and hats with plumes of different-coloured feathers, advanced towards the VI. relazione delle feste di proclamazione di Carlo III 351 king’s balcony, under which they were obliged to stay the whole time, to receive his orders; except when they were frightened way by the bulls, when they were obliged to ride for it, being absolutely unarmed and defenceless. HAVING obtained the king’s permission for the bull-feast, the troops belonging to the knights entered upon the stage in four large companies, dressed in liveries of Moorish habits of silk, richly and elegantly ornamented whit lace and embroidery: these marched firts to make their bow to the king’s balcony, ant then in procession round the square: and from the elegance, singularity, and variety of their uniforms, made one of the most delightful scenes that can be conceived. After them came the four knights, habited in the old Spanish dress, with plumes in their hats, and mounted upon the most beautiful horses: each carried in his hand a slender lance, and was attended by two men on foot, dressed in light silk, of the colour of his livery, with a sort of cloaks or mantles of the same; these never forsake his side, and are indeed his principal defence. After the cavaliers had done their homage to the king, their companies retired, and there remained with them only, besides those who walked by their side, a few dressed with mantles in the same manner, who dispert themselves for the encounter; the firts placing himself opposite to the door of the place where the bulls are kept, the other at some distance behind him, and so on. the kING then making the signal for the doors to be opened, the bull appeared, to the sound of martial music, and the loud acclamations of the people: and seeing one of the attendants of the first cavalier spreading his cloak before him, aimed directly at him; but the man easily evaded him, and gave his master an opportunity of breaking his spear in the bull’s neck. In the same manner the bull was tempted to engage the other cavaliers, and always with the same success: till having received the honourable wounds from their lances, he was encountered by the other men on foot: who, after playing with him, with an incredible agility, as long as they think proper, easily put an end to him, by thrusting a sword either into his neck or side, which brings him to the ground; and then they finish him at once, by striking a dagger, or the point of a sword, behind his horns into the spine, which is always immediate death. After this the bull is instantly hurried off by mules, finely adorned, and decked with trappings for the occasion». 4. FONTI INEDITE ED EDITE SULLE FESTE* 1. Manoscritti: Libro en que se hallan dibujados los Uniformes bordados de los señores Caballerizo Mayor y veedor, los galones y quarto de vestido de los Uniformes y Peti-Uniformes que segun las clases de los Dependientes de la Real Caballeriza de S. M. se hicieron * Vedi Juan Antonio tAMAyo, Madrid por Carlos III. Fiestas reales en la Villa y Corte, in «revista de la Biblioteca, Archivo y Museo del Ayuntamiento de Madrid», a. XIII, 1944, n. 30, pp. 293-368. 352 Verso la riforma della Spagna: Appendice de orden del rey nuestro Señor el S. D. Carlos III con motivo de su entrada en publico que hizo con la Reyna nuestra señora su esposa D. Maria Amalia de Saxonia en Madrid, el dia XIII de julio del año de MDCCLX siendo caballerizo Mayor el Exmo. Sor. don Luis de la Cerda duque de Medinaceli y el S. D. Juan Francisco de Garaicoechea del Consejo de S. M. su secretario, veedor General de su Real Caballeriza y Agragados [1760] (BPr, Grab. 91). Padre Josef Francisco de ySLA, A la entrada en Madrid del Señor Don Carlos IIIo en el año de 1760 compuso el Padre Josef Francisco de Ysla de la Compañía de Jesus las siguientes Octavas [1760] (BNE, Mss. 12931/23). Eusebio Marcelino de VErGArA, Cartas atrasadas del Parnaso que contienen noticias de las Fiestas que celebró la Ymperial y coronada Villa de Madrid en la plausible feliz entrada de nuestros Catolicos Monarcas D.n Carlos III y Da Maria Amalia de Saxonia. Descripción de la Carrera numo 1 a D.n Joachin Joseph de Benegasi y Lujan, señor de los terreros ... Porte pagado Madrid. Las va poniendo en lista D.n Diego Marcos de Abreu [1760] (BNE, Mss. 10784). 2. Anonimi stampati: Relacion de los Arcos, Inscripciones, y ornatos de la Carrera, por donde ha de passar el Rey Nuestro Señor D. Carlos Tercero en su entrada pública. Escrita en orden del Corregidor y Ayuntamiento de Madrid, Joachin Ibarra, Madrid 1760. Relacion extensa de la magnífica entrada que hicieron.. Don Carlos Tercero y Doña María Amalia de Saxonia en esta Imperial Corte de Madrid el día 13 de julio de este año de 1760, Madrid 1760. Siguidillas que hemos de cantar las vassallas, y Apassionadas Matritenses, vecinas de los Varrios de Maravillas, Barquillo, y Labapies, celebrando la bien venida de Sus Magestades, nuestros Catholicos Monarchas, los señores don Carlos Tercero de Borbón, y Doña Maria Amelia de Saxonia, dignissimos Reyes de España; en obsequio de sus Reales Magestades, Principe, y Prole Regia, Madrid 1760. 3. relazioni: José Joaquín BENEGASI y LuJáN, Descripción festiva de la suntuosa carrera y Reales Funciones con que esta imperial y coronada villa ha celebrado la pausible entrada y exaltación al trono de nuestros católicos Monarcas los Srs. D. Carlos III y D.a Maria Amalia en los díass 13, 14, 15 y 19 de julio de este año de 1760. Escríbíala en seguidillas y con la introducción en octavas jocosas Don Jose Joaquin Benegasi y Lujan, Miguel Escribano, Madrid 1760. Antonio Pablo FErNáNDEz, Disposicion de los lábaros o estandartes reales, que han de cerrar la lucida comitiva de los cómicos de esta Villa, en la Fiesta de Parejas, dispuesta á la entrada de Nuestros Catholicos Monarchas y á la jura del... Principe de Asturias: los tres Porta-Lábaros irán armados uniformemente de acero, y se veran en los estandartes reales pintadas las armas respectivas..., imprenta de D. Gabriel ramirez, Madrid 1760. Francisco Mariano NIPHo y CAGIGAL, Regocijos públicos de la Imperial, y co- VI. relazione delle feste di proclamazione di Carlo III 353 ronada Villa de Madrid en la plausible Real Entrada en ella de su Catholico Monarca Don Carlos III (que Dios prospere), Gabriel ramirez, Madrid 1760. Juan de la PEñA CALDEróN, Tiempo pasado. Descripción de las magníficas fiestas que dispuso la muy Noble, Leal y Coronada villa de Madrid a la entrada que hicieron en esta corte el día 13 de julio de este presente año de 1760 nuestros Cathólicos, Augustos Monarchas y Señores Don Carlos III y Doña Maria Amalia de Saxonia. Dedícala a el Serenissimo Señor Infante D. Luis Don Juan de la Peña Calderon, Oficial segundo que fue de la secretaría de Gobierno de S. A., Miguel Escribano, Madrid 1760. Domingo PérEz ArMENDárIz, Fallos del tiempo presente, desvío de sus futuros, pintura de lo passado, idea de lo posible, narración de lo contingente, modelo de lo imaginario, reverente descripción de la feliz entrada de sus Magestades y Altezas, que en octavas indicativas de su amor a nuestros catholicos Monarcas Don Carlos III y Doña Maria Amalia de Saxonia, ofrece rendido Don Domingo Perez Armendariz, Madrid 1760. Juan Jose SAAVEDrA CEróN, Guía de forasteros para la coronación de Carlos III, Viuda de Manuel Fernández, Madrid 1760. Francisco SCottI FErNáNDEz DE CórDoBA, El triunfo de Alcides. Fiesta para representarse à Sus Magestades en el Coliséo del Buen-Retiro. En celebridad de la exaltacion al trono del Rey Nuestro Señor Don Carlos III, en la oficina del Convento de la Santissima trinidad, Granada 1760. Francisco Manuel tEráN, El Sol de España en su Oriente y Nápoles en su Ocaso: en cuyas luces y sombras en público y sentimiento forma el pincel de amor el más perfecto retrato de los leales obsequios a nuestros Augustos Reyes Don Carlos III y Doña María Amalia de Saxonia, con los más finos colores de su tierna despedida, gloriosa entrada en la Corte, festivas demostraciones de sus leales vasallos, Real Jura de S. M. y serenísimo Príncipe de Asturias y Enhorabuena de España, Gabriel ramírez, Madrid 1760. Francisco de torrES, El Pronóstico más cierto, y Piscator infalible, anuncio constante de los copiosos insignes beneficios, que ha de conseguir la fidelíssima Monarquía española el año de 1760 con la próspera y gozosa exaltación a su magnífico Trono de nuestros augustíssimos Soberanos Don Carlos Tercero de este nombre, y Doña Maria Amelia de Saxonia, su carísima esposa, a quienes Dios prospere: Transparéntase este agradable donairoso juicio en las floridas sazonadas amenidades de un ingenioso Vergel de noticias pasmosas y sucessos famosos, que han acaecido en el mundo, 1760. 4. Immagini e documenti grafici: Vedi ad indicem Alfonso Emilio PérEz SáNCHEz e José Luis DíEz GArCíA, Catálogo de las pinturas [del Museo Municipal de Madrid], Museo Municipal, Madrid 1990 e anche la compiuta relazione Carlos SAMBrICIo, Fiestas en Madrid durante el reinado de Carlos III, in Carlos III. Alcalde de Madrid, 1788-1988, Ayuntamiento de Madrid, Madrid 1988, pp. 575-628. VII DoCuMENtI SuLLA MALAttIA E SuLLA MortE DI MArIA AMALIA (1760) 1. Il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 8 sett. 1760 (NA, SP 94/162). Sir, the Catholick Queen was confined to her bed with a fever the greatest part of last week, but the physicians are now of opinion that the fever is over, altho’ the cough still continues. the departure of their Catholick Majestys from Saint Ildephonso is fixed for the eleventh and that of the queen mother is to be on the sixteenth. the court goes to settle at Madrid unless a change of air should be though necessary for the queen of Spain’s health [...]. [In cifra] Her Catholick Majesty is apprehended to be falling into a bad state of health which may end in a consumption before it is long. She has had a cough for near two years, which has increased since her having the meazles at Saragosa. the violence of her temper contributes to her disorder and nothing but the Catholick king’s gentle disposition, united to a becoming firmness, could render his life tolerably quiet. He is beloved by all, both foreigners and subjects as much as Her Majesty is feared. the king of Spain has consented to remove from Saint Ildephonso above a month sooner than intended & remains but one night at the Escurial instead of fixing the residence of the court there, as was customary in all the former reigns, only because Her Catholick Majesty dislikes both palaces. the demerit of Saint Ildephonso is it’s belonging to the queen mother, but the cause of her aversion to the Escurial is unknown, as the queen of Spain has not experienced the air long enough to know whether the place would agree with her. I am with the greatest truth and respect, sir, your most obedient, humble servant. Bristol. 2. Il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 10 sett. 1760 (NA, SP 94/162). […] Her Catholick Majesty has been much better lately, the departure of the court from Saint Ildephonso remains fixed for tomorrow […]. 3. Il conte di Bristol a William Pitt, Segovia 15 sett. 1760 (NA, SP 94/162). Sir, Accounts are come from Madrid with the news of their Catholick Majesty’s arrival in that capital on Friday the twelfth from the Escurial, where they lay the VII. Documenti sulla malattia e sulla morte di Maria Amalia 355 night of their departure from Saint Ildephonso. the queen of Spain, it is said, continues still out of order [...]. 4. Il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 22 sett. 1760 (NA, SP 94/162). Sir, the Catholick Queen was so much worse upon her arrival in this capital that the physicians declared Her Majesty to be in great danger on the seventeenth instant. Accordingly, the sacraments were all administered that day. the Catholick Queen has received the communion again a second time and, conscious of the imminent peril in which she is, has made her will and appears perfectly resigned to her fate. on the twentieth, Her Catholick Majesty seemed less ill, from her having slept a few hours in the preceeding night, but yesterday, all her complaint returned, which consist in a complication of many disorders. the queen of Spain left Naples in a bad state of health and has been gradually growing worse since she had the measles in Saragossa, but when the royal family was at Saint Ildephonso, not even any of the physicians looked upon the dangers as immediate and thought that a change of air to Valencia or into Andalusia might remove or greatly tend to diminish Her Catholick Majesty’s disorders. the Chevalier d’Abreu is lately arrived at Madrid. [In cifra] Neither the Catholick king nor any of the infants or infantas now go into the queen of Spain’s room. Every thing is prepared at the Pardo for the removal of the whole royal family as soon as the scene is closed and there are parties of the horse guards in constant readiness. the queen mother scarce ever quits His Catholick Majesty and she intends to accompany him wherever he goes. At present, business is at a stand and will continue so till something decisive happens. All say that nothing but a miracle can save the Catholick Queen’s life. the bodies of three saints have been bought to the palace to try their efficacy and I am told Her Catholick Majesty upon the sight of them prayed with great fervor for their intercession to have her health restored. the dutchess of Castro Pignano is constantly attending her royal mistress, but no other lady of the Bedchamber is permitted to go into the room. I am with the greatest truth and respect, sir, your most obedient, humble servant. Bristol. 5. Il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 29 sett. 1760 (NA, SP 94/162). Sir, I have determined to dispatch the messenger Potter to the Coruña to acquaint you with the death of the Catholick Queen, which happened on Saturday the twenty seventh instant at about half an hour after three in the afternoon. It would be difficult for me to particularize the disorder of which Her Catholick Majesty dyed, since I hear no one of the five physicians who attended her were agreed in their opinions. one attributed her decease to an attack upon the liver, 356 Verso la riforma della Spagna: Appendice another to the derangement of the fluids, a third said that the lungs were ulcerated, a fourth alledged in general that the solids were corrupted, the last that some female complaints had caused obstructions which, not being early attended to, had brought on, tho’ slowly, those varios symptoms of many distempers which had at last occasioned the closing of the scene. those who can only judge from reports think that the queen of Spain came from Naples with a hectick fever, which encreased after her having the measles at Saragossa, and as Her Catholick Majesty would never subject herself to any kind of diet, either in quantity or quality, the greatest part of the intestines were vitiated. Whatever was the real cause must be liable to conjecture since the body is not to be opened. yesterday the corpse lay in state in the palace of the Buen retiro and this evening it is to be carried to the Escurial, where it is to be interred. Notwithstanding the Pardo was prepared and the detachments of the guards were in readiness, yet His Catholick Majesty has been prevalied upon to continue at Madrid, as the air of that royal seat is reckoned unwholesome at this season of the year. the etiquette of this court is for the king of Spain not to appear in publick till after nine days are elapsed. the queen mother is almost constantly with His Catholick Majesty, but has certainly hitherto not assisted at any Despacho. I do not imagine this event will occasion the least alteration in any measure here. the dutchess of Castropignano’s interest is at an end, for she has made no one friend since her arrival in Spain. All were said to be protected by her, who could purchase the price of her influence with her late royal mistress, and that only reached to the disposal of some favors or the granting of some pensions, since she knew her credit could not have availed her, had she attempted to subvert the present system. the marquis Squillace has so deservedly ingratiated himself in the Catholick king’s favor by his indefatigable application to every branch of his business that, tho’ he was countenanced by the queen of Spain, he cannot be said to have lost his protectress. General Wall stands single without any other supports than his integrity and abilitys. Monsieur de la Ensenada will be disappointed. He had neglected the marquis Squillace and paid assiduous court to madame de Castropignano, who had begun to set him high in the late Catholick Queen’s esteem. the queen mother has no particular favorite except her own secretary, the marquis Gamoneda, who with a very moderate capacity has gained her majesty’s confidence by an implicit obedience to all her commands. the infant don Lewis is void of all intrige or ambition and notwithstanding the Catholick king is always attended by his brother, yet their conversation is never upon affairs of State, but concerning their partys of hunting and shooting. I am with the greatest truth and respect, sir, your most obedient, humble servant. Bristol. VII. Documenti sulla malattia e sulla morte di Maria Amalia 357 6. ricardo Wall al conte di Aranda, ambasciatore spagnolo in Polonia. Senza firma, ma ricardo Wall al conte di Aranda, Madrid 28 sett. 1760 (AHN, Estado, legajo 2749). Verificaronse con sumo dolor y sentimiento universal los justos temores en que nos tenia el imminente riesgo de la vida de la reina nuestra señora, pues fallecio Su Majestad ayer a las tres y media de la tarde. La pena y angustia del rey es inexplicable, pero sin dejar de resignarse con heroicidad christiana en el terrible golpe con que la inescrutable providencia del todopoderoso ha querido visitarles arrebatando en la flor de su edad una esposa llena de virtudes y colmada de prendas reales que la hacian el objeto de sus mas tierno amor, y el de todos sus vasallos. La ejemplar paciencia y christiana conformidad con que la difunta reina ha tolerado sus males y se ha resignado en las disposiciones del altisimo han verificado y enternecido a todos, aumentando la pena en la perdida de tan virtuosa soberana, pero al mismo tiempo mueven al christiano consuelo persuadiendonos poderosamente que ha ido a gozar el premio de sus heroicas virtudes. La reina madre nuestra señora, todos sus amados nietos y el señor infante acompañan al rey en tan justo pesar, que no menos ha penetrado en sus tiernos reales corazones. Pero en medio de tanta afliccion debemos a la infinita piedad del omnipresente el mantenerse en salud Sus Majestades y Altezas. todo lo qual participo a Vuestra Excelencia de orden del rey, acompañando adjunta la carta de Su Majestad para ese soberano, su amado suegro, para que pueda Vuestra Excelencia servirse de estas prevenciones para templar el justisimo dolor que tan funesto suceso ocasionara a Su Majestad Polaca. Dios guarde a Vuestra Excelencia muchas años como yo deseo. Buen retiro, 28 de septiembre de 1760. 7. riassunto del testamento della regina (BNE, Mss. 18194, ff. 147r-148r)*. resumen del testamento de la reyna doña Maria Amalia de Saxonia (que está en gloria) y se leyó publicamente en la sala de Besamanos del palacio del Buen retiro, siendo testigos diferentes señores gefes y prelados, por el excelentísimo señor marques de Esquilace a las 8 de la noche del 27 de septiembre de 1760, el que fue otorgado el 19 por la reyna, la que entrego su espíritu al Señor y Criador a las 2 y 57 minutos de la tarde, y es como se sigue: Deja por universal heredero al rey, su amado esposo, y a su arvitrio los sufragios, no dudando serán los mas copiosos. Que su cuerpo no sea embalsamado y que se vista con avito de Nuestra Señora del Carmen al uso de las religiosas de Gaeta. Que a cada uno de sus hijos los deja una memoria, particularizando al rey de Napoles. A cada una de sus hijas un aderezo guarnecido de brillantes. DE * Il testamento di Maria Amalia è stato integralmente trascritto in Maria teresa oLIVEroS CAStro, Maria Amalia de Sajonia, esposa de Carlos III, CSIC, Madrid 1953, pp. 480-3. 358 Verso la riforma della Spagna: Appendice A todos sus hermanos y hermanas una joya o alaja equibalente. A la reyna madre e ynfante don Luis una sortija de un brillante. Que toda la ropa blanca, cama, vestidos los dexa a sus camaristas y demas mugeres de su quarto a iguales partes, por clases, a exempcion de doña Petronila y doña Franquini, que han de caver a tres partes cada una. Que a estas dos se las dé 500 doblones a cada una, que a la 1ª se la entregue el taulier o mesa de plata con servicio de teé y café. Que a la Castropiniano se le dé un estuche y relox de oro guarnecido de diamantes brillantes. Que a todas las mugeres y hombres de su quarto y serbidumbre se les dé (y deja nomina separada) a unos à 50 doblones y a otros a 100 doblones. Que a la griega deja 4.000 ducados napolitanos, y suplica al rey en caridad que sea valido este su testamento. Que todas las mugeres de su servidumbre a quien durante sus vidas el sueldo que tienen, y las que quisiesen bolverse a sus patrias se les pague dentro o fuera de España. Que a cada camarista deja por una vez 200 doblones, a las que encarga, como a todos y a todas aquellas a quien deja memoria, manden decir una misa*. * AGP, Reinados, Carlos III, legajo 1373 contiene «las órdenes precisas para hacer cumplir las disposiciones del testamento de María Amalia». Vedi anche María teresa oLIVEroS DE CAStro, María Amalia de Sajonia, esposa de Carlos III, CSIC, Madrid 1953, p. 487 ss., dove è trascritta una parte di questi documenti. VIII LEttErE FrA CArLo III E IL CoNSIGLIo DI rEGGENzA PEr LA MortE DI MArIA AMALIA (1760) 1. Il Consiglio di reggenza del regno delle Due Sicilie a Carlo III, Portici 14 ott. 1760 (AGS, Estado, legajo 5867, folio 58). Sacra real Cattolica Maestà, La considerazione della nostra inesplicabile amarezza per la morte immatura della regina Nostra Signora, degna di vivere eternamente, ci desta l’immagine della giustissima afflizzione della Maestà Vostra, che ne risente con quella vivezza la perdita con cui ne conosca il rarissimo merito e ne amava le qualità incomparabili. Penetrati dunque da doppio dolore ci presentiamo a Vostra Maestà per attestarglielo, sperando che nel riconoscere in questo atto del nostro sommesso dovere la nostra profonda divozione, l’accoglierà colla stessa clemenza con cui ha sempre riguardato la nostra umile servitù. E pregando il Signore che conservi lungamente la preziosa vita della Maestà Vostra restiamo prostrati alli piedi di Vostra Maestà. Portici 14 ottobre 1760. umilissimi Vassalli [rubrica personale]: Il principe di San Nicandro. Michele reggio. Il marchese di San Giorgio. Il principe di Centola. Il principe di Camporeale. Domenico de Sangro. Bernardo tanucci. 2. Carlo III al Consiglio di reggenza, Buen retiro 4 nov. 1760 (copia) (AGS, Estado, legajo 5867, folio 57). Mui charos y mui amados primos y demas ilustres miembros del Consejo de la regencia establecido para el govierno universal de los reynos y estados dependientes de la corona de Napoles. Son mui propias de vuestro celo e inviolable fidelidad las sinceras y tiernas expresiones con que en vuestra carta de 14 de octubre me manifestais el desconsuelo y pena que os aflige por la sensible y temprana muerte de la reyna, mi mui chara y amada esposa. El amor y veneracion que la tuvisteis mientras ocupó conmigo el trono de las Dos Sicilias y la reciente memoria que manteneis de sus prendas y virtudes me hacen conocer el intenso y [lo] penetrante de vuestro dolor y me obligan a manifestaros mi agradecimiento. Vivid asegurados de él y de que 360 Verso la riforma della Spagna: Appendice nada me causará mayor satisfacción y complacencia que el que esteis persuadidos de que os conservo y conservaré siempre el mismo afecto y paternal amor que por tantos titulos me teneis merecidos. Nuestro Señor os tenga, mui charos y mui amados primos y demas ilustres miembros del Consejo de la regencia establecido para el govierno universal de los reynos y estados dependientes de la corona de Napoles, en su santa y continua guarda. De Buen retiro, a 4 de noviembre de 1760. yo el rey. Don ricardo Wall. IX ELoGI FuNEBrI DEDICAtI A MArIA AMALIA DI SASSoNIA 1. SPAGNA: Juan de ALCEDróN, Expression funebre en la tan sentida, como llorada muerte de la Reyna N.tra Señora Doña Maria Amalia de Saxonia, que fallecio el dia 27. de Septiembre de ese presente año de 1760, Antonio Muñoz del Valle, Madrid 1760. Antonio ArIAS SoMozA, Oración funebre que en las reales exequias, celebradas a la egemplar, edificante augusta memoria de la Reyna Nuestra Señora D.a Maria Amalia de Saxonia por la Santa Iglesia Cathedral de Mondoñedo, presidida por su Ill.mo i R.mo Sr. Obispo, i assistida de su mui noble, i leal ciudad, dia 22. de Enero de 1761. dijo el Doct D. Antonio Arias Somoza, Arcediano de Azumara, Dignidad de la misma Santa Iglesia, Examinador Synodal, i Gobernedor [sic] que fue de su Obispado. Dala a la luz el Ilustrissimo Señor Dean i Cabildo de dicha Santa Iglesia, en la oficina de Ignacio Aguayo i Aldemunde, Santiago de Compostela 1761. Fray ángel de la ASCENSIóN, La Reyna del mayor mundo. Exaltacion al throno real de las virtudes, avasallada toda la enemiga de las passiones. Oración funebre en lass Reales Exequias, que en la muerte de la Reyna nuestra Señora Doña Amalia de Saxonia Augustissima Reyna de España: celebró con grave magestuosa pompa el Real y Supremo Consejo de Navarra en la Santa Iglesia Cathedral de Pamplona, cabeza de dicho Reyno, a 14 de noviembre de 1760 dixola el R. P. Fr. Angel de la Ascension, Lector de Sagrada Teologia Carmelito Descalzo. Quien la dedica al mismo Real. y Supremo Consejo, Joseph Miguel de Ezquerro, Pamplona 1760. José Joaquín BENEGASI y LuJáN, Romance heroyco, y glossa, de una quintanilla, que con el motivo de la justamente llorada pérdida, de nuestra Augusta Soberana, la Señora Doña María Amalia de Saxonia, escrivia D. Joseph Joachin Benegasi y Luxán, ec., Imprenta de Manuel Martin, Madrid 1760. Juan BErNAL, Oracion funebre en las reales honras, que por la reyna nuestra señora Doña Maria Amelia de Saxonia (que esté en el cielo) celebró la Real Audiencia de Valencia en el Convento del Carmen de la misma ciudad, el dia 6 de deciembre de este año 1760. Dixola el M. R. P. M. Fr. Juan Bernal, del Real, y Militar Orden de Nuestra Señora de la Merced, Redencion de Cautivos, Definidor General de esta Provincia de Valencia, &c. Dedicala al Rey N. Sr. Don Carlos III (Q. D. G.) el Real Acuerdo de la misma Audiencia, por thomás Santos, Valencia 1760. 362 Verso la riforma della Spagna: Appendice Manuel BuESo, Declamación triste, fúnebre discurso, prudente elogio, oración de honras de la augusta Reyna D.ª Maria Amalia de Saxonia, Reyna de España: que dixo el Doct. D. Manuel Bueso, Manuel Martín, Madrid 1760. Diego Antonio CErNADAS y CAStro, Plan compendioso, bien que diminuto, de las sobresalientes heroicas virtudes de la muy augusta y muy amable reyna, y s.ra Doña Maria Amalia de Saxonia, para ponerse (Carta patente) en el magnifico tumulo que la Sta. Apostólica Metropolitana Iglesia de Santiago de Galicia erige para sus reales exequias, con los geroglificos e inscripciones métricas, Latinas, y Castellanas que le han de servir de adorno. Vá al último glossada de nuevo una Quintilla que hizo, glossó, y dió al Público al mismo assunto en Madrid D. Joseph Joachin Benegasi. Ocio del Capellán de los Dolores de Fruime Don Diego Antonio Cernadas y Castro: Quien lo remitió manoescrito á un su Amigo de esta Corte, que le dá al Público, D. Gabriel ramirez, Madrid 1760. Luis Ignacio CHACóN torrES DE NAVArrA, La heroina graciosa, que obtuvo la gloria de el mundo y (como piadosamente creemos) la de el Empyreo. Oracion funebre, declamada en la sumptuosas exequias, que en la Santa Metropolitana, y Patriarchal Iglesia de Sevilla, presente su ilustrissimo cabildo, dedicò su muy noble, y muy leal ciudad a la exemplar regia memoria de la Serenissima Señora D.a Maria Amalia, Christina, Francisca Xaviera, Flora de Saxonia, reyna (antes) de las Dos Sicilias, y Catholica Reyna, que (despues) fuè de las Españas, con assistencia de el Real Acuerdo, y Santo Tribunal de la Inquisicion, por el Señor Doctor Don Luis Ignacio Chacón, Torres de Navarra, Marquès de la Peñuela, Dean, y Canonigo de dicha Santa Iglesia, de el Claustro, y Gremio de esta Hispalense Universidad, y fu Cathedratico de Visperas en Sagrada Theologìa, Sabado 7. de noviembre de 1760. Dàla à la Prensa, por Acuerdo de dicha Ciudad, Don Geronymo Ortiz de Sandoval y Zuñiga, conde de Mejorada, Veintiquatro, y Procurador Mayor Perpetuo, en la Imprenta Mayor de dicha ciudad, Siviglia 1760. Francisco CoStA y NAVArro, Paradoja phylo - mathematico - moral. Oracion funebre encomiastica, que en las Honras à la gloriosa memoria de nuestra Difunta Reyna de España Doña Maria Amelia de Saxonia: Celebradas en la parroquial del Sr. S. Pedro, à expensas de la Illustre y antigua Ciudad de Huete, dia diez y seis de Diciembre del año de 1760. Dixo el M. R. P. Fr. Francisco Costa, y Navarro, Colegial de la Immaculada Concepcion de la Ciudad de Murcia, Lector Jubilado, Ex-Definidor, Guardian que fuè de Murcia, Alcazar, y al presente de dicha Ciudad de Huete, En la Imprenta para el uso de la Prov. de Cartag. de la regular observ. de N. P. S. Franc., Murcia 1760. Demostracion, con que el ilustrissimo tribunal, y real audiencia de la contratacion a Indias, significó al respeto, la lealtad, el dolor en la sentida muerte de la Serenissima Señora D.a Amalia Christina Francisca Xaviera Flora Valpur de Saxonia, Dignissima esposa de Nro. Muy Catholico, y muy piadoso Rey Don Carlos III. de IX. Elogi funebri dedicati a Maria Amalia di Sassonia 363 Borbon, en la Iglesia del Colegio de la Compañia de Jesus de Cadiz. El dia seis de Diciembre del Año de 1760. Dase a luz de orden del referido Ill.mo Tribunal, En la Imprenta de D. Pedro Gomez de requena, Impressor Mayor, por su Magestad, en la Plaza real, Cadice 1760. Simón DíAz DE ráVAGo, Oración funebre en las solemnes exequias, que el Ilmo. Señor Arzobispo, Dean, y Cabildo de la Santa Apostolica Metropolitana Iglesia del Señor Santiago, con assistencia de esta muy Noble, y Leal Ciudad, celebró el 17. de Diciembre de 1760. à la piadosa inmortal memoria de la Serenissima Señora Doña María Amalia de Saxonia, Reyna de las Españas. Díxola el Lic. D. Simon Diaz de Ravago, colegial y rector, que fué en el Mayor del Arzobispo de Salamanca, Canonigo Magistral de la Santa Iglesia de Tuy, y Penitenciario, que es de la Santa Metropolitana de Santiago, y examinador synodal en este Arzobispado, D. Pedro Frayz, Santiago de Compostela 1761. José Enrique FIGuEroA, Octavas fùnebres lastimosas, que al universal justissimo sentimiento, que mantiene, y mantendra esta corte, y toda España en la temprana muerte de la Reyna N.tra Señora Doña Maria Amalia de Saxonia (que está en el cielo) escribia Don Joseph Enrique de Figueroa, Archivero del Excelentissimo Señor Duque de Uzeda dedicadas al exc.mo Señor Marqués de Monte-Alegre, etc., Imprenta de D. Antonio Muñoz del Valle, Madrid 1760. Blas LArrAz, Oracion fvnebre de sv Magestad Catholica la Reyna María Amalia de Saxonia, dicha en latin á la Vniversidad de Cervera el día 25. de Noviembre de 1760. Por el P. Blas Larraz de la Compañia de Jesus, Doctor en Filosofia, y Sagrada Theologia, y Cathedratico de Letras Humanas; tradvcida en español por el mismo avtor; y añadidas al fin las qvatro inscripciones del mismo, que se fijaron en las qvatro frentes del Real Túmulo, por Acuerdo de la Vniversidad y en su Imprenta por Antonia Ibarra viuda, Cervera 1760. Joaquín LóPEz, Sermon, que en la consagracion de lealtad, y amor, que a la venerable memoria de la muchas veces Augusta Difunta, Señora Nuestra, Doña Maria Amalia de Saxonia, Reyna antes de Napoles, y despues de las Españas, hizo en magestuosas exequias la Real Maestranza de Granada en los dias 21, y 22 de noviembre de este Año de 1760 ; predicò el M. R. P. Joachin Lopez de la Compañia de Jesus, Maestro de Philosophia en su Colegio de San Pablo de Granada, Examinador Synodal del Obispado de Guadix, y Baza. Siendo comissarios los Sres. D. Joseph Miguel de Cañaveral, y D. Francisco Xavier de Fuentes, quienes en nombre de su nobilissimo cuerpo de señores maestrantes lo ofrecen con el mayor respeto a la magestad catholica del rey nuestro señor D. Carlos III, que Dios guarde, por los Herederos de D. Joseph de la Puerta, Granada 1761. Sebastià PIEr, Oracion funebre panegyrica en las solemnes exequias de la reyna nuestra señora Doña Maria Amalia de Saxonia, qve la siempre fidelissima ciudad de Cervera celebro el dia 5 de diciembre de 1760, en la imprenta de la Pontifica y real universidad por Antonia Ibarra viuda, Cervera 1761. 364 Verso la riforma della Spagna: Appendice Joaquín PoSSAS, Sermones fúnebres, predicados en las honras, que a la memoria de la temprana muerte de la reyna nuestra señora la serenissima señora Dª María Amalia de Saxonia, esposa que fue del Catholico Rey de España y Emperador de la America Carlos Tercero el grande consagró el dolor del mas humilde, y leal vassallo D. Mariano Seriol, los días 25, y 26 de Noviembre de 1760, en la Iglesia de los Religiosissimos Padres Trinitarios Descalzos de esta Ciudad de Barcelona y los dedica a la Magestad del mismo catholico monarca, En la Imprenta de María Angela Martí Viuda, Barcellona 1760. Fr. Juan rAMírEz DE orozCo, Oración que en las solemnes exequias, que celebrò a la dulce, è inmemorial memoria de la Serenissima Señora D.a Amalia de Saxonia dignisima Esposa de nuestro rey, y señor D. Carlos III. Monarca Catholico de las Españas, y de las Indias, el Colegio Mayor de San Ildefonso Universidad de Alcalà. Dixola el cinco de Diciembre de 1760 en la Iglesia de dicho Colegio, con assistencia de los Prelados de las Religiones, Cathedraticos, y Graduados de la Universidad el P. Fr. Juan Ramirez de Orozco, Rector del Colegio de la Purisima Concepcion Orden Real, y Militar de Nuestra Señora de la Merced, Redención de Cautivos, Doctor Theologo, y Juez Conservador de la Universidad. Diola a luz el Doct. D. Joseph Antonio Diazhuerta y Roxas, colegial del Mayor de San Ildefonso, Antiguedad, Rector, y Vice-Rector que ha sido varias veces del mismo Colegio Universidad y la dedica al Ilust. S.r Santo Thomas de Villanueva, Colegial del referido Colegio, Andrade, Alcalá 1761. Reales exequias, que a su augusta soberana D.ª María Amalia de Saxonia Reina de España consagró el rendido amor, y gratitud de la mui ilustre Ciudad de Barcelona. En los días 23, y 24 de Abril de 1761, en la Imprenta de Maria teresa Vendrell, y texidó, Barcellona 1761. Manuel Bernardo de rIBErA, Ave Maria. La sabiduria de las reinas. Oracion que en las reales exequias a la piadosa memoria de la mui agusta señora D. Maria Amalia Walburga de Saxonia, reina catholica de dos mundos, celebradas por la G. Universidad de Salamanca en su real capilla de S. Geronymo dixo el RR. P. M. Fr. Manuel Bernardo de Ribera Trinitario Calzado, de el Gremio, i Claustro de dicha Universidad, i su Cathedratico de Theologia Moral, en la imprenta de Maria teresa Vendrell i texido, Barcellona 1760. Francisco de SAN MIGuEL, Sacrificio a Dios inmortal, regia parentacion, y magestuosas exequias, que dictaron posseida del dolor la Fineza, y de sagrados respetos la Piedad. Y Consagra a Ambas Magestades Dios vivo, y la Raquel Doña Maria Amalia de Saxonia, Reyna de las Españas difunta. Contribuyendo a ambas obligaciones de culto, y Sufragio, la Imperial, y Fidelissima Ciudad de Pamplona, quien saca à luz, y en cuyo nombre se consagra esta Descripcion à la Catholica Magestad del Rey Nuestro Señor don Carlos III. De Castilla, y VI. de Navarra (Que Dios Guarde) dixo el R. P. Fr. Francisco de San Miguel, colegial, que fue en su Colegio IX. Elogi funebri dedicati a Maria Amalia di Sassonia 365 Apostolico de Roma, Lector de Artes, y de Prima de Theologìa en Salamanca, segunda vez Ministro, y al presente de este su colegio de Trinitarios Descalzos R. D. C., en la imprenta de D. Miguel Antonio Domech, Pamplona 1761. Felipe SEGuEr, Elogio funebre de la serenissima S.ra N.ra señora la Catholica Reyna de España Doña Maria Amelia de Saxonia, que en las reales exequias que a su gloriosa memoria celebrò la Muy Ilustre, noble, Leal, y Coronada Ciudad de Valencia en la Santa Metropolitana Iglesia dia 12. de Deciembre 1760. Con Assistencia del Ex.mo S.or Fray D.n Manuel de Sada, y Antillon ... dixo el R. P. Felipe Seguer, D.r Theologo de la Universidad de Valencia, y presb. de la Real Casa de la Cong. del Oratorio de S. Felipe Neri. Y dedica al Rey N.ro S.ot D.n Carlos III (que Dios guarde) la justicia, y regimiento de la misma ciudad, en la oficina de Benito Monfort, Valencia 1761. Juan Bautista tALENS, Oración funebre, que en las Reales Exequias de la Catholica Reina D.ña Maria Amalia Christina de Sajonia, celebradas en el Real Colegio de Corpus Christi de la Ciudad de Valencia dia 13. de Deciembre de 1760. dijo el M. R. P. Fr. Juan Bautista Talens, letor de Sagrada Theologia, Examinador Sinodal del Obispado de Barcelona, Ex-Definidor, i Chronista desta Provincia de San Juan Bautista de Religiosos Descalzos de la Regular, i mas estrecha Observancia de N. P. S. Francisco. Sacala a luz el mismo Real Colegio, i la dedica a Jesu Christo Sacramentado, Joseph thomàs Lucas, Valencia 1761. Francisco de torrES, La Corte embuelta en suspiros, y bañada en desconsuelos: octavas funebres a la sensible inesperada muerte de la magnanima, y catholicissima reyna de España Doña Maria Amalia de Saxonia, que de Dios goce, se hallarà en casa Carlos Gibert, Barcellona 1760. ramon de VALDESArSE, Lamentos funebres, universal clamor, que exalan los amantes pechos de los fieles españoles, por la muerte generalmente sentida de la siempre augusta, heroyca, y memorable reyna, y señora nuestra Doña Maria Amalia de Saxonia. Explicanse en este romance los sentidos extremos de nuestro amabilisimo monarca, del serenissimo Principe de Asturias, nuestros Señores, de las Señoras Infantas, è Infantes: la pompa funeral de su entierro, y todas las demàs circustancias. Su autor, don Ramon de Valdesarse, Carlos Gibert Librero, Barcellona 1760. Agustín VázQuEz VArELA, Oración en las solemnes exequias, Que consagró a à la dulce inmortal memoria de la Serenissima Señora, y muy Augusta Princesa D. María Amalia de Saxonia, Dignissima Esposa de nuestro Rey, y Señor Don Carlos III. Monarca Catholico de las Españas, y de las Indias, la muy Noble, y muy Leal Ciudad de Alcalà de Henàres, en la Santa Magistral Iglesia de San Justo, y Pastor, con assistencia de su Ilustrissimo Cabildo, Prelados de las Sagradas Religiones, Cathedraticos, Doctores, y Maestros de la Universidad, dia 10. de Febrero de 1761. Hecha, y Dicha por el P. M. Fr. Agustin Vasquez [sic] Varela, Benedictino, Cisterciense de la Congregacion de Castilla, y Leon, Lector de Sagrada Escriptura, y Predicador Jubilado 366 Verso la riforma della Spagna: Appendice en el Colegio de N. P. S. Bernardo de dicha Universidad. Sacala a la publica luz el muy Ilustre Ayuntamiento de dicha ciudad por su Comissario el Señor Don Isìdro Lizàna y Matheo. Quien la dedica Al Excmo. Señor Marques de Monte-Alegre &c. Gentil-Hombre de su Magestad, y su Mayordomo Mayor &c., Alcalá 1761. 2. ITALIA: Ignazio DELLA CroCE, Ne’ Funerali dell’Augusta regina delle Spagne Maria Amalia Walburga madre della Maestà del Re delle Due Sicilie Ferdinando IV nostro signore orazione del P. Ignazio della Croce provinciale degli’ agostiniani scalzi recitata in Napoli nella Real Cappella a dì 28 novembre dell’Anno MDCCLX, Nella reale Stamperia, Napoli 1762. Funerali per la maestà dell’augusta regina di Spagna Maria Amalia Walburga celebrati dall’eminentissimo e reverendiss. cardinale Antonino Sersale nella metropolitana Chiesa di Napoli nel giorno XIII di novembre MDCCLX, presso Novello de Bonis, Napoli 1760. Filippo GALGANEttI, Ne’ solenni funerali della augustissima cattolica regina di Spagna Maria Amalia Walburga celebrati dalla regale arciconfraternita di Santa Maria de’ Sette Dolori, ... Orazione detta dal padre Filippo Galganetti chierico regolare della Madre d’Iddio. A’ 17. novembre 1760, nella Stamperia Muziana, Napoli 1761. Iscrizioni per gli funerali della regina delle Spagne Maria Amalia Walburga, celebrati nella Real Cappella di Napoli, Napoli 1761. Giuseppe Maria ruGILo, Orazione funebre in morte di Maria Amalia Walburga regina delle Spagne recitata il di 6 dicembre 1760 nella Regal Chiesa di S. Lorenzo in nome di tutto l’ordine di S. Francesco alla presenza dell’Eminentissimo Arcivescovo dal P. M. Giuseppe Maria Rugilo minore conventuale, Stamperia Simoniana, Napoli 1761. Secondo SINESIo, Descrizione de’ solenni funerali a S. M. Cattolica Maria Amalia Walburga regina di Spagna da monsignor Francesco Testa arcivescovo, ed abate di Monreale, della stessa Città, e Stato Signore nel Temporale, Supremo Generale Inquisitore in questo Regno, e Regio Consigliere. Celebrati nella sua Chiesa Cattedrale addì 8. Novembre 1760. fatta da Secondo Sinesio, Abate di San Tommaso di Pigna, Socio del Collegio delle Scienze, ed Arti della Regia Università di Torino, nella Stamperia de’ SS. Apostoli in piazza Vigliena presso Pietro Bentivenga, Palermo 1760. 3. EUROPA E AMERICA: Josephus Xaverius BECErrA y MorENo, Regia Prudentiae Funebre Encomium Mariae Amaliae Saxoniae, Primum Neapolis, dein Hispaniarum Indiarumque Catholicae Reginae. Habitum in Templo Maximo Mexicano, 1760. IX. Elogi funebri dedicati a Maria Amalia di Sassonia 367 Victoriano CuENCA, Parentacion solemne, que al nombre augusto, y real memoria de la Catholica Reyna de las Españas, y Emperatriz de las Indias, la Serenissima Señora Doña Maria Amalia de Saxonia, mandò hacer en esta Santa Iglesia Cathedral de los Reyes, Lima, Corte del Perù, el dia 27. de Junio de 1761. El Exmo. Señor Don Joseph Manso de Velasco, Cavallero del Orden de Santiago, Conde de Super Unda, Gentil-hombre de la Camara de Su Magestad, con entrada, Teniente General de los Reales Exercitos, Virrey, Governador, y Capitan General de ellos Reynos del Peru, y Chile. Y la escribe, por orden de su excelencia, el Padre Victoriano Cuenca, de la Compañia de Jesus, Pedro Nolasco Alvarado, Lima 1761. Juan Antonio DIGHEro; José tIL e Sebastian de AréBALo, El pantheon real, funebre aparato a las exequias, que en la ciudad de Santiago de los Caballeros de Guatemala se hicieron por el alma, y â la piadosa memoria de nuestra catholica reina, y señora, doña Maria Amalia de Saxonia, En la imprenta de Sebastian de Arebalo, Guatemala 1763. Vicente FErNáNDEz DE roNDEroS, La heroína diligente corona de su real esposo. Sermon funeral, que en las reglas sumptuosas honras de nuestra catholica reyna, y señora Doña María Amalia de Saxonia, celebradas en la Santa Iglesia Cathedral de la Puebla de los Angeles por sus dos muy ilustres cabildos eclesiastico, y secular, el día 17 de Julio de 1761, En la oficina de Joachin Ibarra, Madrid 1765. élie-Catherine FréroN [attribuito], Description du catafalque exécuté à Paris dans l’Eglise de Notre-Dame, à l’occasion du Service qui se fera dans la même Eglise le Jeudi 9 Juillet 1761, pour Très-Haute, Très-Puissante & Très-Excellente Princesse Marie-Amélie de Saxe, reine d’Espagne et des Indes. Cette Pompe funébre ordonnée de la part de Sa Majesté. par M. le Duc de Fleury, Pair de France, Premier Gentilhomme de la Chambre du Roi, a été conduite par M. de Fonpertuis, Intendant & Contrôleur Général de l’Argenterie, Menus Plaisirs & Affaires de la Chambre de Sa Majesté. Sur les Desseins du Sieur Mic. Ang. Slodtz, Dessinateur Ordinaîre. de la Chambre & du Cabinet du Roi, impr. de Christophe-Jean-François Ballard, Parigi 1761. Agustín de GorrICHAtEGuI, Oracion funebre que en las reales exequias que se hicieron en la Santa Iglesia Metropolitana de Lima a la Serenissima Señora Doña Maria Amalia de Saxonia, Reyna de España, y de las Yndias. El dia 27. de Junio de 1761. Dixo el Doct. D. Agustin de Gorrichategui Rector del Colegio Real, y Seminario de Santo Thoribio, Examinador Synodal de este Arzobispado, 1761. Llanto de la Fama. Reales Exequias De la Serenissima Señora D.ª Maria Amalia de Saxonia, Reyna de las Españas, Celebradas en la Santa Iglesia Cathedral de la Imperial Corte Mexicana, Los dias 7. y 18. de Julio de 1761. Dispuestas por los Sres. Comissarios Lic. D. Joseph Rodriguez del Toro, Caballero del Orden de Calatrava, y Lic. D. Felix Venancio Malo, Del Consejo de Su Magestad, y sus Oydores en esta Real Audiencia, En la Imprenta Nueva Antuerpiana de D. Christoval, y D. Phelipe de zúñiga, y ontiveros, 1761. 368 Verso la riforma della Spagna: Appendice Armand de roQuELAurE, Oraison funébre de très-haute princesse, très-puissante et très-excellente Marie-Amélie de Saxe, reine d’Espagne ; Prononcée dans l’Eglise de Paris, le 9 Juillet 1761, Par Messire Armand de Roquelaure, Evêque de Senlis, A. M. Lottin l’aîné, Parigi 1761. Joseph Manuel VéLEz DE uLIVArrI y oLASSo, Exemplar humildad, y su heroico triumpho en la vida, y muerte de Nuestra Augusta Soberana, y Señora Doña Maria Amalia de Saxonia, Reyna Catholica de España. Sermon que en sus Reales Exequias, celebradas en la Iglesia Metropolitana de Mexico el dia 18. de Julio de 1761. Predicò D. Joseph Manuel Velez de Ulivarri, y Olasso, Doctor Theologo de esta Real Universidad, Prevendado de esta Sta Iglesia, y Examinador Synodal de su Arzobispado, 1760. X DISPACCIo DEL CoNtE DI BrIStoL SuLLA CortE DI SPAGNA DoPo LA MortE DI MArIA AMALIA (1760) Il conte di Bristol a William Pitt, Madrid 16 dicembre 1760 (NA, SP 94/162) Most Secret. Madrid, 16th December 1760. Sir, As you have directed me to send a messenger to the Coruña, who is to receive from consul Jordan the instruction His Majesty has been pleased to sign for my conduct, renewing those of the 20th of June 1758, I will not omitt so safe an opportunity of acquainting you with some particulars that I should not care transmitting by the post. there does not seem to be any change with regard to the system of this court or any alteration in the sentiments of the ministers since the accounts I have sent at different times in several of my dispatches. It was commonly believed here the Catholick Queen’s death would have occasioned at least some innovations in the palace, if it had not produced another turn in affairs abroad, since that was the language of the French party, altho’ I am convinced they inwardly thought the contrary and looked upon the loss of the queen of Spain as a blow to their expectations, but neither of these events has happened. Her Catholick Majesty is as much forgot at present, as (I am sorry to say) she was little regretted at first, for with great piety, fine talents and many good qualitys, yet without the gentle or the amiable ones that are expected in one of her sex. She had so much intimidated all who approached her that no one, even of the ministers or of her own family, ever went into her presence without dread. I am so far from considering the decease of the late queen of Spain as prejudicial to Great Britain that I think it was rather fortunate for the common cause. those memorials presented by the count of Fuentes on the ninth of last September were penned here during the life of that princess, determined upon whilst she assisted at the Despachos and communicated to the court of France by her instigation. this last circumstance, you easily imagine, sir, I cannot positively assert, tho’ many words that have been let drop leave me no room to doubt of it. General Wall’s conduct is steady and uniform; no one interferes in either of his departments. He prudently avoids any particularity in his behavior to me, 370 Verso la riforma della Spagna: Appendice since his partiality to all that belonged to England has been the single point his enemys could lay hold of to misrepresent his services. the Finances occupy monsieur Squillace so entirely he has scarce an hour in any part of the day at liberty. I find opportunitys of seeing him sometimes, when he constantly professes the utmost attachment towards England, and lately assured me how strongly he was convinced that a steady friendship between the courts of London and Madrid was essentially requisite for the reciprocal interests of both nations. When the necessary business in the offices of the Marine or of the Indias does not require the attendance of don Julian Arriaga, he passes all his leisure hours in the company of several Jesuits, who are his only intimate friends. this minister is a very honest, well-intentioned man, but governed entirely by that Society. I have described only these three secretarys of State, as the fourth, the marques Campo de Villar, in whose department are the Internal Affairs, is of so little consequence that his office and not his influence gives him any pretention to be looked upon as a minister. His Catholick Majesty sees the queen mother daily after his return from hunting. He tells her all past occurrences, but never communicates any of his intentions or intrusts her with what may be in agitation. He shews the queen mother the most affectionate as well as respectull attention, yet avoids touching upon any string that might induce Her Majesty to offer her advice. the queen mother flattered herself that at the death of her daughter-in-law she should have had some share in the business and have supplyed the late queen of Spain’s place at the Despachos. She tryed at it by various methods, but finding all her attempts have proved ineffectual, she now endeavors to appear contented with the Catholick king’s filial care and regard for her, altho’ she laments in private her total exclusion from being concerned in the government of this country. the duke of Lossada, chamberlain of the royal Household, called here the Sumiller, is the person for whom the Catholick king has certainly the greatest affection and friendship. His Majesty’s penetration makes him sensible that his own abilitys are so far superior to those of the sumiller’s that altho’ he intrusts the duke of Lossada with most things, yet he asks his advice upon none. the Catholick king consults and decides all matters only with his several ministers. It would be an injustice to monsieur de Lossada, were I not to say, that his character has ever been above reproach. I see him very frequently. He is calculated for society and his affability gains him the good will of the whole court. there is one don Manuel de la reia (whose employment consists in the care of the private wardrobe), a Spaniard, that accompanyed the Catholick king to Naples, and from his long services has been distinguished by his royal master enough for him to asume the insolent airs of a favorite, which has procured him X. Dispaccio del conte di Bristol sulla corte di Spagna 371 the servile attention of some even in high rank, but the king of Spain’s notice of this underling (for such he is) does not go beyond his talking to him, and sometimes condescending to joke with him. Amongst the list of those who are countenanced by royal protection, I must not omitt the Catholick king’s valet de Chambre Pini, and Italian, who, tho’ young, has been for some years in his present station. He bears an extreme good private character and by an indefatigable assiduity has deserved that degree of favor which is shewn him. He is modest and might receive hommage, even from Grandees, if he either cared for it or had leisure to accept of it, but, as he scarce ever stirs out of the inner royal Apartment, few people see him. I should not have been so particular as to name these two men, but frequently the ignorant part of those who dwell in palaces upon hearing the word favorite immediately propagate the assertion of it, and lest upon any occasion such a report should reach you, sir, I thought it expedient to mention what I had observed with regard to messieurs de la reia or Pini, to neither of whom His Catholick Majesty ever communicated the least business or even suffered them to recommend any person or affair to his royal countenance. An augmentation has been determined in the Spanish as well as foreing Infantry, which is soon to take place. the whole will, I hear, amount to about thirteen thousand eight hundred men. the corps are to be upon a different footing in some respects to what they are at present. the companys will be augmented from fifty five to seventy men. the colonels, lieutenant colonels and majors are to have no companys. I am told there is a variety of opinions among the military people concerning these new regulations, which are forming by a certain number of general officers appointed to examine into whatever relates to the troops, both as to their discipline and the economical part of them. the Genoese affairs are finally adjusted with this court. Everything is to be put upon the same footing it was before the prohibitons in the late reign and that republick has now liberty to send paper, velvets and all manufactured silks into this kingdom upon paying the accustomed dutys. Monsieur Silva, the Portuguese ambassador, has informed me that the differences between Spain and Portugal with regard to the exchanges that were intended by these two powers in America for their mutual conveniencys are at last settled: the late treaty made in 1750 is to be entirely set aside and looked upon as null. of course, all matters are to be considered in the light they were previous to that intended agreement, which could never be brought to take effect from the constant opposition of the Spaniards, Portuguese, Indians and Jesuits settled in those parts, notwithstanding the armed forces sent at different times by the courts of Madrid and Lisbon to put in execution what had been concerted between their Catholick and Faithfull Majestys in Europe. the colony of the Saint Sacrement continues in the hands of the Portuguese, which gives them a free ac- 372 Verso la riforma della Spagna: Appendice cess into the river of La Plata, and the Spaniards preserve those settlements at the back of the Brazils, which were intended to be yielded up to extend the frontier of the Portuguese possessions. I can plainly perceive monsieur Silva is highly satisfied with this conclusion of his negotiation. Some of the principal manufactorys in this kingdom, which had been erected and carried on at a most extraordinary expence, chiefly by money issued from the treasury, are now decaying very fast and must shortly be quite laid aside, for the marques Squillace, perceiving the vast remittances that had continually been made to the undertakers and not caring to comply with their repeated demands for greater supplys, determined to examine into their accounts, and finding the managers were indebted to the crown for much greater sums than they could ever reimburse, besides being convinced that great frauds had been committed, he has advised the Catholick king to be no longer concerned in them. that which had been set up at Leon for linnens is quite sunk; the manufactory at talavera for gold, silver, brocaded and plain silks is daily decaying, and that for fine woollen cloths at San Fernando cannot maintain itself long. the permission granted to the Genoese to vend their silks again here and the Portuguese being allowed to import all callicoes and painted linnens will encrease the Catholick king’s customs, but every one foresees that the little industry which had ever appeared in this country must be entirely checked by these measures, as the merchants will be able to afford foreign commoditys, notwithstanding the many clogs of dutys, at a much cheaper rate than they could sell what was manufactured in the country. I am with the greatest truth and respect, sir, you most obedient, humble servant. Bristol. XI «rICoMPorrE uN PoPoLo ABBANDoNAto, E ForMArNE uNA NAzIoNE». CAMILLo PADErNI E IL rItrAtto DI CArLo DI BorBoNE DE LE ANTICHITÀ DI ERCOLANO ESPOSTE Questo (Fig. 1) è il disegno che ideato da Camillo Paderni e inciso dopo, con qualche variazione, da Filippo Morghen, servì come ritratto del re Carlo di Borbone nella celebre Le Antichità di Ercolano Esposte 1. La pubblicazione è formata da otto volumi distribuiti in quest’ordine: i volumi I, II, III, IV e VII (usciti rispettivamente nel 1757, 1760, 1762, 1765 e 1779) sono dedicati alle pitture; i volumi V e VI (1767 e 1771) ai bronzi, e, finalmente, l’VIII (1792) a «delle lucerne, delle lanterne e de’ candelabri»2. tutti i volumi, eccetto l’ultimo, sono de1 Camillo Paderni, Ritratto di Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie. Datato e segnato: «Camillus Paderni in. et feci 1755». Penna e inchiostro su carta: 42’5 x 30 cm (foglio: 49’5 x 38 cm). Parigi, collezione privata. 2 Francescantonio SorIA, Memorie storico-critiche degli storici napoletani, tomo I, Nella Stamperia Simoniana, Napoli 1781, p. 227 e Leopoldo CICoGNArA, Catalogo ragionato dei libri d’arte e d’antichita posseduti dal conte Cicognara, vol. II, presso Niccolò Capurro co’ caratteri di F. Didot, Pisa 1821, n. 2645, pp. 25-6. La bibliografia recente è molto abbondante, ma alquanto ripetitiva: Alberto GuArINo, Il libro: aspetti, problemi, orientamenti (1734-1799), in Civiltà del ’700 a Napoli, 1734-1799, vol. II, Centro Di, Firenze 1979, pp. 280-90, especialmente pp. 283-4; L’Immagine dell’antico fra Settecento e Ottocento. Libri di archeologia nella Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, Grafis, Casalecchio di reno 1983, pp. 34-5; Vincenzo troMBEttA, L’edizione de ‘Le Antichità di Ercolano Esposte’, in «rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti [di Napoli]», Nuova Serie, a. LIX, 1984, pp. 151-72; raffaele AJELLo; Ferdinando BoLoGNA; Marcello GIGANtE e Fausto zEVI, Le Antichità di Ercolano, Banco di Napoli, Napoli 1988; Félix FErNáNDEz MurGA, Carlos III y los descubrimientos de Pompeya, Herculano y Estabia, universidad de Salamanca, Salamanca 1989, pp. 124 ss.; AA. VV., Antichità. 112 [Le Antichità di Ercolano Esposte], in Early Printed Books 1478-1840. Catalogue of the British Architectural Library Early Imprints Collection, vol 1: A-D, BowkerSaur, Londra/Melbourne/Monaco/New Jersey 1994, pp. 59-62; Agnes ALLroGGEN-BEDEL, Archäologie und Politik: Herculaneum und Pompeji im 18. Jahrhundert, «Hephaistos (Bad Bramstedt)», 1996, n. 14, pp. 217-52, pp. 238 ss.; Aniello D’IorIo, La Stamperia Reale dei Borbone di Napoli: origini e consolidamento, in Editoria e cultura a Napoli nel XVIII secolo, a cura di Anna Maria rAo, Liguori, Napoli 1998, pp. 353-89; AA. VV., Accademia Ercolanese di Archeologia (founded 1755), in The Mark J. Millard Architectural Collection, vol. IV: Italian and Spanish Books. Fifteenth through Nineteenth Centuries, National Gallery of Art-George Braziller, Washington/New york 2000, pp. 2-12; Maria Gabriella MANSI, Il Settecento, in Maria Gabriella MANSI e Agnese trAVAGLIoNE, La Stamperia Reale di Napoli, 1748-1860, 374 Verso la riforma della Spagna: Appendice dicati a Carlo di Borbone (1716-1788) e, di conseguenza, portano normalmente all’inizio la stampa di Paderni-Morghen. tuttavia, ci sono due stati dell’incisione3. Il primo (Fig. 2), incluso normalmente nel primo volume (Fig. 4) della serie (1757), porta l’iscrizione «CAroLVS. HISP. INFANS VtrIVSQ. SICIL. Et HIEr. rEX» intorno alla cornice. Il secondo (Fig. 3), regolarmente inserito nei volumi II-VII (Fig. 5), pubblicati dopo il 1760, presenta invece l’iscrizione «CAroLVS III. HISPANIA AtQVE INDIArVM rEX.» per indicare la nuova intitolazione di Carlo III come sovrano della Spagna e delle Indie dopo l’agosto 17594. I Camillo Paderni (c. 1715-1781) fu allievo del celebre pittore Francesco Fernandi, detto l’Imperiali (1677/79-1740)6, negli anni trenta del Settecento a roma, dove ebbe un intenso contatto con pittori e artisti inglesi7. Interessato agli scavi di Ercolano, decise di andare a Napoli per conoscere di prima mano e grazie al suo amico Giuseppe Canart, arrivato nella capitale partenopea nel 1739 per restaurare le sculture antiche, i reperti archeologici che erano stati scoperti dal 1738 in poi8. Infatti, roque Joaquín de Alcubierre, ingegnere responsabile degli scavi, indicava 5 Biblioteca Nazionale di Napoli, Napoli 2002, pp. 15-69; rosaria CIArDIELLo, Le Antichità di Ercolano Esposte, in Studi per Marcello Gigante, a cura di Stefano PALMIErI, Il Mulino, Bologna 2003, pp. 435-48; rosaria CIArDIELLo, Le Antichità di Ercolano Esposte: contributi per la ricomposizione dei complessi pittorici antichi, in «Papyrologica Lupiensia», 2006, n. 15, pp. 88-106 e Maria Gabriella MANSI, Libri del re. Le Antichità di Ercolano esposte, in Herculanense Museum. Laboratorio sull’antico nella Reggia di Portici, a cura di renata CANtILENA e Annalisa PorzIo, Electa, Napoli 2008, pp. 115-45. 3 Vedi AA. VV., Accademia Ercolanese di Archeologia (founded 1755), cit. in nota precedente, p. 4. 4 Le due versioni sono invece firmate «Camillus Paderni rom. regius delin. Inu. delineauit» e «Philippus Morghen Florenti. reg. Incisor Sculp.». 5 ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori della stamperia reale di Napoli nel secolo XVIII. La pubblicazione ‘Delle Antichità di Ercolano’, in «Xenia Antiqua», a. IX, 2000, pp. 151-78, p. 172. 6 Vedi Adriana DE PALMA, Fernandi (Fernando, Ferrandi, Ferrando, Ferrante), Francesco, detto l’Imperiali, in DBI. 7 Mariette DE VoS, Camillo Paderni, la tradizione antiquaria romana e i collezionisti inglesi, in Ercolano 1738-1988. 250 anni di ricerca archeologica, a cura di Luisa FrANCHI DELL’orto, «L’Erma» di Bretschneider, roma 1993, pp. 99-116. Vedi anche Maria Gabriella MANSI, Per un profilo di Camillo Paderni, in Bicentenario della morte di Antonio Piaggio. Raccolta di studi, a cura di Mario CAPASSo, Congedo, Galatina 1997, pp. 77-108. 8 Di Canart e dell’organizzazione iniziale degli scavi mi sono occupato in Pablo VázQuEz GEStAL, From Court Painting to King’s Books. Displaying Art in Eighteenth-Century Naples (17341746), in Collecting & Dynastic Ambition, a cura di Susan BrACkEN; Andrea M. GáLDy e Adriana turPIN, Cambridge Scholars Publishing, Newcastle 2009, pp. 85-107. Vedi anche Lucia Amalia SCAtozzA HörICHt, Restauri alle collezioni del Museo Ercolanese di Portici alla luce di documenti inediti, in «Atti della Accademia Pontaniana», a. XXXI, 1982, pp. 495-540; XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 375 in un dispaccio del 7 febbraio 1740 a José Joaquín de Montealegre, segretario di Stato, che «un cierto pintor, venido de roma, se halla en este real Sitio, en compañía del estatutario Joseph Canart» e que «se aplica a sacar diseños de las estatuas, pinturas, y otras cosas halladas en las escavaciones a resina»9. Questo «pintor» è indubbiamente Camillo Paderni, come lasciano intendere le lettere inviate da Paderni a Londra, pubblicate nelle Philosophical Transactions, e come è stato chiarito tempo fa da vari autori grazie alle testimonianze dei viaggiatori inglesi10. L’interesse di Paderni nel copiare le antichità ritrovate provocò l’intervento di Montealegre che, per ordine espresso dal re, vietò esplicitamente ai visitatori degli scavi qualunque riproduzione degli oggetti rinvenuti, come si può perfettamente capire dalla risposta data ad Alcubierre il giorno dopo avere ricevuto quel perentorio avviso11. Paradossalmente, nell’agosto 1748 proprio Paderni, diventato intanto molto esperto nel copiare le antichità a roma12, fu ammesso al reale serAgnes ALLroGGEN-BEDEL et Helke kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese di Portici, in La Villa dei Papiri, a cura di Domenico MuStILLI, G. Macchiaroli, Napoli 1983, pp. 83-128, p. 96; tiziana CAIANIELLo, Restauratori di sculture antiche a Portici. Dai ‘primi errori sì decantati da più gente’ all’acquisizione di un metodo di intervento (1739-1781), in «Dialoghi di storia dell’arte», a. VI, 1998, pp. 54-69 e Annalisa PorzIo, Nel regno di Flora. Giuseppe Canart (17131791) e il restauro della scultura a Portici, in Herculanense Museum, cit. nella nota 2, pp. 209-45. 9 roque Joaquín de Alcubierre a José Joaquín de Montealegre, Portici 7 febbraio 1740 in Fonti documentarie per la storia degli scavi di Pompei, Ercolano, Stabia, L’Arte tipografica, Napoli 1979, p. 13 e Mario PAGANo, I primi anni degli scavi di Ercolano, Pompei e Stabiae. Raccolta e studio di documenti e disegni inediti, «L’Erma» di Bretschneider, roma 2005, p. 14, con la trascrizione compiuta del documento. 10 Vedi Agnes ALLroGGEN-BEDEL et Helke kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese di Portici, cit. nella nota 8, p. 96; Mariette DE VoS, Camillo Paderni, cit. nella nota 7, pp. 103-5; Nicoletta zANNI, Lettere di Camillo Paderni ad Allan Ramsay: 1739-1740, in «Eutopia», a. II, 1993, n. 2, pp. 65-77; Carlo kNIGHt, Le lettere di Camillo Paderni alla Royal Society di Londra sulle scoperte di Ercolano (1739-1758), in «rendiconti della Accademia di Archeologia Lettere e Belle Arti [di Napoli]», Nuova Serie, a. LXVI, 1996, pp. 13-58 e Mario PAGANo, I primi anni, cit. nella nota precedente, p. 14, nota 9. 11 Vedi Documenti, n. 1. 12 Cfr. George turNBuLL, A Treatise on Ancient Painting, containing observations on the Rise, Progress and Decline of that Art amongst the Greeks and Romans: the High Opinion which the Great Men of Antiquity had of it; its Connexion with Poetry and Philosophy; and the Use that may be made of it in Education: To which are added some Remarks on the peculiar Genius, Character and Talents of Raphael, Michael Angelo, Nicholas Poussin, and other Celebrated Modern Masters; and the commendable Use they made of the exquisite Remains of Antiquity in Painting as well as Sculpture. The Whole Illustrated and adorned with Fifty Pieces of Ancient Painting; Discovered at different times in the Ruins of old Rome accurately engraved from Drawings of Camillo Paderni a Roman, lately done from the Originals with great Exactness and Elegance by George Turnbull LL. D., Printed for the Author; and sold by A. Millar, at Buchanan’s Head, over-against St. Clemen’s Church, in the Strand, Londra 1740 e dello stesso, A Curious Collection of Ancient Paintings, Accurately engraved from excellent drawings, Lately done after the originals, By one of the Best Hands at Rome [Camillo Paderni]. With an account Where and when 376 Verso la riforma della Spagna: Appendice vizio per aiutare nella riproduzione dei reperti vesuviani. Infatti, il marchese Giovanni Fogliani, vero coordinatore non solo degli scavi archeologici ma anche di tutta la politica culturale del regno delle Due Sicilie dopo l’uscita del Montalegre nel 1746, diede ordine nel settembre 1748 a Voschi, sopraintendente del real Sito di Portici, di far pagare il primo “soldo” al nuovo disegnatore reale13. L’arrivo del Paderni a Napoli non fu casuale. Insieme ad altri disegnatori e incisori, l’artista fu chiamato a far parte dell’impresa editoriale che, diretta da Fogliani, aveva come fine pubblicare l’eccezionale collezione di antichità che, man mano, venivano alla luce negli scavi archeologici promossi dal re. In realtà, non era questa la prima volta che il Sovrano aveva deciso di intraprendere quell’impresa; già nel 1746 era pronta una raccolta di incisioni che, intitolata Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate nelle scavazioni di Resina, conteneva novanta stampe che riproducevano oggetti trovati negli scavi di Ercolano (Fig. 21)14. Il libro, di cui conosciamo soltanto tre esemplari, fu quasi certamente condannato perché la sua qualità non era all’altezza del suo promotore. Così fallì il primo e precoce programma editoriale avviato dalla monarchia napoletana per riprodurre le antichità vesuviane15. they were found, and where they now are; and several Critical, Historical, and Mythological Observations upon them, Printed for A. Millar, at Buchanan’s Head, over-against St. Clement’s Church in the Strand, Londra 1741. C’è anche una edizione in italiano di pochi anni dopo intitolata Cinquantacinque Disegni Originali di Camillo Paderni di pitture antiche trovate in diverse parti delle grotte di Roma lasciati per testamento al nobile Sigr. conte di Bessborough dal Mo. Revdo. Sigr. Dr. Giorgio Turnbull l’anno 1745 in Londra, 1745. 13 Vedi Documenti, n. 9. un dispaccio del 1749 conferma l’attività del Paderni nel disegnare pitture antiche trovate negli scavi: «Que se paguen a Camilo Paderni 16 ducados y 66 granos por colores y diligencias practicadas en el real servicio sobre diseño de las pinturas antiguas de resina», in ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1538, f. 156: il marchese Fogliani a Giovanni Brancaccio, Napoli 19 agosto 1749. un mese dopo, Fogliani ordinava di aumentare di 15 scudi romani il soldo di 45 che aveva Niccolò Billy; anche di 15 scudi romani quello di 40 di Camillo Paderni e di 5 ducati napoletani quello di Nicola Vanni, che ne guadagnava 30, aggiungendo anche che «ahora deben tener por zierto que les queda cerrada absolutamente la puerta de poder pedir ni obtener en ningun tiempo mayor aumento de sueldo durante su permanenzia en el real Servizio [...]» in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1141: il marchese Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, 23 settembre 1749. Su tutti questi artisti, vedi ad indicem ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori della stamperia reale, cit. nella nota 5. 14 Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate nelle scavazioni di Resina, Napoli 1746. 15 Aniello D’IorIo, Archeologia e Ambizioni borboniche, in «Archivio Storico per le Province Napoletane», a. CXX, 2002, pp. 163-84; María del Carmen ALoNSo roDríGuEz, Venerdì a Portici. Il Museo Ercolanese nei ricordi di Carlo III, in Herculanense Museum, cit. nella nota 2, pp. 105-114; Pablo VázQuEz GEStAL, From Court Painting to King’s Books, cit. nella nota 8 e Delphine BurLot, The Disegni intagliati. A forgotten book illustrating the first discoveries at Herculaneum, in «the Journal of the History of Collections», a. XXIII, 2010, n. 1, pp. 15-28. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 377 Dopo quest’insuccesso e la partenza del Montealegre nel giugno 1746, il marchese Fogliani, suo successore, decise di attivare subito un secondo progetto editoriale sugli scavi di Ercolano16. Per coordinare il nuovo e ambizioso programma, il novello Segretario di Stato fece nominare bibliotecario reale, appena due mesi dopo l’inizio del suo ministero, il suo parente e noto antiquario Antonio ottavio Bayardi, che fu più tardi designato primo direttore della Stamperia reale17. Bayardi si trovava a Napoli per ringraziare Carlo di Borbone delle pensioni dategli in merito ai servizi politici resi alla monarchia delle Due Sicilie negli anni precedenti18. Come lui stesso racconta, rimase nella capitale partenopea perché «il re averebbe al sommo aggradito, che io scrivessi sulla discoperta Città d’Ercolano, e che ne spiegassi i monumenti»19. Infatti, solo un anno dopo la nomina del Bayardi, cominciava già ad essere noto in tutta l’Europa che l’erudito parmigiano lavorava alla pubblicazione dei reperti scoperti negli scavi20. Questo ci fanno sa16 Sull’importanza della Segreteria di Stato e sul suo primo titolare, José Joaquín de Montealegre, nell’organizzazione dei primi scavi ercolanesi, vedi Elvira CHIoSI e Aniello D’IorIo, I primi scavi di Ercolano. Uomini e cose di una grande impresa, in Il Vesuvio e le città vesuviane, 1730-1860. In ricordo di Georges Vallet, CuEN, Napoli 1998, pp. 101-14. 17 Vedi ASV, Segr. Stato, Napoli, 220, ff. 286-287: Foglio di Avvisi, Napoli 2 agosto 1746: «Si è degnata Sua Maestà di conferire a Monsignor Bajardi la carica di bibliotecario già occupata dal fu celebre Matteo Egizio con provisione di ducati cento al mese, oltre una pensione di 300 ducati annui sopra la badia vacata in Sicilia», in f. 287v e Lettera 66, Bernardo tanucci al principe Corsini, Napoli 13 agosto 1746 in Bernardo Tanucci. Epistolario, vol. II: 1746-1752, a cura di romano Paolo CoPPINI e rolando NIErI, Edizioni di Storia e Letteratura, roma 1980, p. 105. Castellano-Lanzara e Castellano invece, diversamente da troyli e dallo Schipa, indicano che Bayardi non ebbe mai la carica di bibliotecario regio: vedi Giuseppina CAStELLANo-LANzArA, La Real biblioteca di Carlo di Borbone e il suo primo bibliotecario Matteo Egizio, tipografia Editrice A. Miccoli, Napoli 1942, pp. 37-41 e Giuseppe CAStELLANo, Mons. Ottavio Antonio Bayardi e l’illustrazione delle antichità d’Ercolano, in «Samnium», a. XVI-XVIII, 1943, n. 1-2, pp. 65-86, p. 71. Su Bayardi, o Bajardi, vedi la voce di Luigi MorEttI, Baiardi, Ottavio Antonio, in DBI. 18 Vedi ruggiero DI CAStIGLIoNE, La massoneria nelle due Sicilie e i «fratelli» meridionali del ’700, Vol. II: Città di Napoli, roma 2008, pp. 19-20, che indica che il Bayardi fu anche massone. 19 ottavio Antonio BAyArDI, Lettera di monsignor Ottavio Antonio Bayardi diretta a sua eminenza il sig. cardinale Angiolo Quirino bibliotecario della Santa Romana Chiesa e vescovo di Brescia, Luca Lorenzi, Napoli 1754, p. 9. Su questo rarissimo volume, vedi Francescantonio SorIA, Bajardi (Ottavio Antonio Co:), in Memorie storico-critiche, cit. nella nota 2, pp. 54-7, p. 57 e Bayardi, Ottavio Antonio, n. 1413 in NBPP. 20 Il piano editoriale ideato da Bayardi è spiegato minutamente da lui stesso in ottavio Antonio BAyArDI, Prefazione, in Catalogo degli antichi monumenti dissotterrati dalla discoperta città di Ercolano per ordine della Maestà di Carlo Re delle Due Sicilie, e di Gierusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, e di Piacenza, gran principe ereditario di Toscana, composto e steso da monsignor Ottavio Antonio Bayardi, protonotario apostolico, referendario dell’una e dell’altra signatura, e consultore de’ sacri riti, tomo I, nella regia Stamperia di S. M., Napoli 1755, pp. IXXII, pp. XVIII-XXI. Sul Bayardi e suo programma editoriale, vedi anche Documenti, n. 17. 378 Verso la riforma della Spagna: Appendice pere non soltanto Paolo Maria Paciaudi in una delle sue lettere ad Anton Francesco Gori21, ma anche uno dei primissimi volumi che offrì notizie su Ercolano, pubblicato in Venezia nel 1747: «La illustrazione di tutte le mentovate cose, e di molte altre, che lungo sarebbe riferire minutamente, si attende dal raro talento, e profonda erudizione di Monsignor Bajardi Parmigiano chiamato con largo premio a por mano a sì nobil lavoro dalla regia Munificenza del Sovrano, al cui regno recherà ne’ secoli avvenire gloriosa fama l’aver dato al Mondo Letterario, ed Erudito ampia materia di studio, e di maraviglia, e alla nostra Italia nuovo argomento di lode, e di splendore»22. una volta accettato l’incarico, il Bayardi cominciò seriamente a realizzare il suo lavoro, apportando dei cambiamenti nei metodi di scavo: «Visitai minutamente i scavi di Portici diretti dal Colonnello Alcubieres, e ritrovai, che erano formati a Cuniculi, non potendosi formarli a Porta per la quantità delle case, che vi sono sopraposte. Inculcai al sudetto Direttore de Scavi ufficiale d’onore, ed esatto a non rompere in conto alcuno i muri sotterranei, ma a regolare i Cuniculi radendo i sudetti muri, ed entrando unicamente o per porte, o per finestre, o per ruine, e mettere così in isola i muri medesimi senza toccarne veruna parte, trasportando fuori il terreno per i Cuniculi stessi, come si usa nelle miniere, frugando in tanto in esso minutamente per ricavarne ogni anche piccolo monumento, che vi fosse nascosto»23. 21 «Le superbe, uniche, incomparabili antichità del re, consistenti in bellissime pitture, e statue, e quanto vi può mai essere di raro, si illustreranno da Monsignor Bajardi chiamato a questa Corte. Questo Sig.r ha avuta pensione di 3600 ducati per interi. Si è fatto venire per incisore da roma il Pozzi, e certo spagnuolo per dissegnatore [Francisco La Vega]. Il prelato, deve scrivere su molto di lingue orientali, e di storia; ma se abbia tutta la pratica nell’antichità, io ne dubito» in BMF, Mss. BVII23, f. 54r-55r: Paolo Maria Paciaudi a Anton Francesco Gori, Napoli 25 aprile 1747, secondo la trascrizione dell’Epistolario Gori on-line. 22 Notizie curiose intorno allo scoprimento della città di Ercolanio [sic] vicino a Napoli, appresso Pietro Bassaglia, Venezia 1747, senza paginare, ma ultima pagina. Questo opuscolo è riprodotto parzialmente da Anton Francesco GorI con il titolo Notizia XVII. Paragrafo IV. tratto da un Libretto stampato in Venezia nel 1747. appresso Pietro Bassaglia, intitolato: Notizie curiose intorno allo Scoprimento della Città d’Ercolano vicino a Napoli; in 8. di pagine 20. Queste Notizie son tratte da varie Lettere scritte da Persone Erudite di Napoli a Letterati amici, da’ quali n’erano stati richiesti, nel suo celebre volume Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città Ercolano vicina a Napoli del svo famoso teatro, templi, edifizj, statve, pittvre, marmi scritti e di altri insigni monvmenti. Avute per lettera da varj celebri letterati che da se hanno veduti, ed osservati dal principio degli scavamenti fatti nel Villaggio di Resína sino al corrente anno MDCCXLVIII. Aggiunta la statua equestre di marmo, eretta in onore di M. Nonio Balbo, ed una Dissertazione sopra la mensa sacra degli ercolanesi scritta con lettere etrusche. Con due Tavole incise in Rame, a cura di Anton Francesco GorI, Nella Stamperia imperiale, Firenze 1748, pp. 32-5. 23 ottavio Antonio BAyArDI, Lettera di monsignor Ottavio Antonio Bayardi, cit. nella nota 19, p. 12. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 379 In quella stessa relazione, il Bayardi si lamentò di non poter scavare a cielo aperto e quindi di non fare apparire tutta la città di Ercolano, ma indicò che aveva ordinato di comporre accurati disegni di tutti gli edifici e strade che erano stati scoperti, al fine di delineare, sebbene virtualmente, la composizione urbana dell’antica città: «Avvertendo però sempre di ricavare le piante nonmeno degli edificj medesimi, che delle strade, essendosene ritrovate molte tra di loro incrociate, e selciate a guisa dell’Appia, e d’altre antiche vie romane. Pubblicherò queste piante colla loro spiegazione, le quali si sono regolarmente proseguite almeno fino a tanto, che l’esattissimo Colonnello Alcubieres è stato l’unico Direttore di sì grand’opera, benche per altro anche al Capitano Weber, che ora vi assiste si debba la sua lode»24. Dopo anni di lavoro, di studio e di supervisione, sia negli scavi sia nella Stamperia reale, Bayardi finalmente diede ai torchi, dal 1752 in poi, i cinque tomi del suo Prodromo delle antichita’ d’Ercolano25 (Fig. 24) e, poco dopo, il Catalogo degli antichi monumenti dissotterrati dalla discoperta città di Ercolano26 (Fig. 25). Paderni collaborò in tutte e due le opere disegnando parte delle incisioni che vi sono: mentre fece per il Prodromo il ritratto del Bayardi incluso nel frontespizio del primo tomo (Figg. 24 e 26), disegnò per il Catalogo la stampa che, incisa dal padre Antonio Piaggio, si trova anche nel frontespizio (Figg. 25 e 27), e quattro piccole vignette che si trovano nella prefazione e alla fine di quel volume27. È noto che tutte e due le imprese editoriali del Bayardi incontrarono la feroce critica degli eruditi italiani ed europei28. Essi, naturalmente, aspettavano le im24 Ibidem, p. 14. ottavio Antonio BAyArDI, Prodromo delle antichità d’Ercolano alla maestà del rè delle Due Sicilie Carlo infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, &c. &c. di Monsignor Antonio Bayardi, Referendario dell’una, e dell’altra Segnatura, Accademico Etrusco, e Cittadino Romano, Parte I-V, Stamperia reale, Napoli 1752. I primi due tomi sono del 1752, ma i tre restanti, del 1756; vedi Maria Gabriella MANSI e Agnese trAVAGLIoNE, La Stamperia Reale di Napoli, cit. nella nota 2, p. 137. 26 ottavio Antonio BAyArDI, Catalogo degli antichi monumenti, cit. nella nota 20. Questo volume, che porta di solito nel frontespizio gli anni 1754 o 1755 come data di edizione, fu in realtà pubblicato solo nel 1756: vedi Maria Gabriella MANSI, Il Settecento, cit. nella nota 2, p. 21. 27 Vedi Carlo kNIGHt, Le lettere di Camillo Paderni, cit. nella nota 10, e Maria Gabriella MANSI, Per un profilo di Camillo Paderni, cit. nella nota 7, p. 93, nota 78. 28 Cfr. specialmente Francescantonio SorIA, Bajardi (Ottavio Antonio Co:), cit. nella nota 19; Michelangelo SCHIPA, Il regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Stab. tip. Luigi Pierro e Figlio, Napoli 1904, pp. 716 ss.; Vincenzo troMBEttA, L’edizione de ‘Le Antichità di Ercolano Esposte’, cit. nella nota 2, p. 155 ss.; Christopher Charles PArSLoW, Rediscovering Antiquity. Karl Weber and the Excavation of Herculaneum, Pompeii, and Stabiae, Cambridge university Press, Cambridge 1995, pp. 81 ss. e Maria Gabriella MANSI, Il Settecento, cit. nella nota 2, p. 21. Sono molto interessanti le critiche di romualdo de Sterlich, 25 380 Verso la riforma della Spagna: Appendice magini dei tesori incontrati negli scavi e non le oltre due mila cinquecento eruditissime pagine del Prodromo e le quattrocento del Catalogo senza più una sola incisione di reperti vesuviani29. Non è strano, pertanto, che, come spiega il Soria, «l’opera di Monsignor Bajardi, siccome fu encomiata per l’ampia erudizione, che contiene, così fu notata di qualche abbaglio, e d’una fastidiosa lungheria»30. tutti volevano vedere Ercolano, non leggere su Ercole31. In realtà, le ragioni della mancanza d’incisioni delle antichità vesuviane nei volumi pubblicati dal Bayardi e la sua decisione di fare un così lungo Prodromo sono spiegate sia nelle due lettere del 1752 inviate al celebre antiquario fiorentino Anton Francesco Gori sia nel suo già accennato libro del 1754, fatto stampare senza dubbio per difendersi dei suoi più feroci critici32. Questi documenti, che fino ad oggi non sono stati sufficientemente discussi, permettono, invece, di capire molto meglio non soltanto le ragioni dell’arrivo del Paderni a Napoli, ma anche l’organizzazione e la storia di quella che viene chiamata la ‘scuola di Portici’ dei disegnatori ed intagliatori di antichità33. Il Bayardi indicava precisamente come il basso numero di artisti impiegati e, specialmente, la lentezza degli incisori nel lavorare, avevano non soltanto ritardato il piano generale del progetto editoriale, ma anche la stessa concezione dell’opera. Così, l’erudito parmigiano segnalava che «in sette anni dacché si è incominciato il lavoro, sono giunto a conseguire quaranta tavole, che compresa una succinta che si possono vedere in romualdo DE StErLICH, Lettere a G. Lami (1750-1768), a cura di umberto ruSSo e Luigi CEPPArroNE, Jovene, Napoli 1994 e romualdo DE StErLICH, Lettere a G. Bianchi (1754-1775), a cura di Giuseppe F. DE tIBErIIS, Arte tipografica, Napoli 2006. 29 tanucci diceva a proposito «Bajardi è stato letto da tutti fino a dieci carte; dopo quelle ognuno ha desertato. Non ordine, non novità, non riposo, non cose, non parole, non dignità, non proposito», in Lettera 39: Bernardo tanucci al signor Nefetti, Napoli 20 settembre 1752 in Bernardo tANuCCI, Epistolario, vol. III: 1752-1756, a cura di Anna Vittoria MIGLIorINI, Edizioni di Storia e Letteratura, roma 1982, p. 36. 30 Francescantonio SorIA, Bajardi (Ottavio Antonio Co:), cit. nella nota 19, p. 56. 31 Lo stesso Bayardi riconosce questo problema in ottavio Antonio BAyArDI, Prefazione, in Catalogo degli antichi monumenti, cit. nella nota 20. 32 Le lettere al Gori e il lungo brano dove Bayardi spiega dettagliatamente i problemi con incisori e disegnatori sono trascritti integralmente in Documenti, n. 13, 14 e 17. 33 Giuseppe CAStELLANo, Mons. Ottavio Antonio Bayardi, cit. nella nota 17, p. 85; Maria Gabriella MANSI, Per un profilo di Camillo Paderni, cit. nella nota 7, p. 93 e Maria Gabriella MANSI, Libri del re, cit. nella nota 2, p. 119. Sui disegnatori e incisori al servizio della monarchia napoletana per riprodurre le antichità, vedi anche Agnes ALLroGGEN-BEDEL et Helke kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese, cit. nella nota 8, p. 99; ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori, cit. nella nota 5; Franco StrAzzuLLo, Settecento napoletano. Documenti dell’Archivio di Stato di Napoli, in «rendiconti della Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti [di Napoli]», Nuova Serie, a. LXVI, 1996, pp. 69-135; Maria Gabriella MANSI, Il Settecento, cit. nella nota 2, e Martina CASADIo, Bottari e gli incisori. Lettere di Bartolozzi, Billy, Caccianiga, Campiglia, Morghen, Preisler, Re, Piranesi, Ruggieri e Vasi, in «Studi di Memofonte», a. VIII, 2012, pp. 123-47. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 381 succosa spiegazione, appena arriveranno a formare un tomo in foglio». Bayardi spiegava perciò come, per lasciare agli incisori il tempo di finire il loro lavoro e, contemporaneamente, per replicare ai vari opuscoli che erano apparsi in Italia ed Europa con vaghe informazioni su Ercolano, «mi determinai di prendere la cosa alla lunga, e di entrare seriamente in ogni genere di controversie, che potessero avere con Ercolano qualche correlazione»34. Bayardi aveva pertanto prolungato la stesura del suo Prodromo per chiari motivi di strategia editoriale35. Furono precisamente la lentezza e la malattia del principale disegnatore della ‘scuola di Portici’, Francisco La Vega, i motivi che permisero l’arrivo di Camillo Paderni a Napoli nel 1748. La Vega, padre del più noto Francesco La Vega figlio, che più tardi avrà un importante ruolo negli scavi36, aveva lavorato precedentemente a roma, come spiega Bayardi nel suo volume37. Nel 1747 fu chiamato a 34 Vedi Documenti, n. 17. Vedi anche la lettera del Bayardi a Anton Francesco Gori del 15 agosto 1752 in Documenti, n. 13. 35 Anche nell’introduzione al Catalogo diceva il Bayardi: «Devesi, lo conosco io pure, soddisfare la comune curiosità. Questo dovere però, non à guari, ch’egli è divenuto per me vero e reale, cioè da quando vi è stata tanta copia di tavole da poterne colle illustrazioni comporre un giusto volume. Il necessario ritardo delle medesime à dato luogo all’esteso mio preliminare ragionamento, di cui, se l’amor proprio non mi fa travedere, sembrami di avere più che a sufficenza giustificata la condotta» in ottavio Antonio BAyArDI, Prefazione, in Catalogo degli antichi monumenti, cit. nella nota 20, p. II. 36 Su Francisco La Vega figlio, vedi Pompeianarvm antiqvitatvm historia qvam ex cod. mss. et a schedis divrnisqve R. Alcvbierre, C. Weber, M. Cixia, I. Corcoles, I. Perez-Conde, F. et P. La Vega, R. Amicone, A. Ribav, M. Arditi, N. D’Apvzzo ceteror. qvae in pvblicis avt privatis bibliothecis servantvr nvnc primvm collegit indicibvsqve instrvxit Ios. Fiorelli, vol. I-III, a cura di Giuseppe FIorELLI, Napoli 1860-64; Michele ruGGIEro, Storia degli scavi di Ercolano ricomposta sui documenti superstiti, tipografia dell’Accademia reale delle Scienze diretta da Michele de rubertis, Napoli 1885; Fonti documentarie, cit. nella nota 9; Agnes ALLroGGEN-BEDEL et Helke kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese di Portici, cit. nella nota 8; Agnes ALLroGGEN-BEDEL, Dokumente des 18. Jahrhunderts zur Topographie von Herculaneum, in «Cronache Ercolanesi», 1983, n. 13, pp. 139-58; Félix FErNáNDEz MurGA, Carlos III y los descubrimientos, cit. nella nota 2; Valerio PAPACCIo, Una memoria di F. La Vega sul restauro, in «Cronache Ercolanesi», 1993, n. 23, pp. 157-160; I diari di scavo di Pompei, Ercolano e Stabia di Francesco e Pietro La Vega (1764-1810). Raccolta e studio di documenti inediti, a cura di Mario PAGANo, «L’Erma» di Bretschneider, roma 1997; ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori, cit. nella nota 5, pp. 1689 e Maria Gabriella PEzoNE, Francesco La Vega e la cultura architettonica neoclassica: la formazione e l’attività di ingegnere militare, in Napoli-Spagna. Architettura e città nel XVIII secolo, a cura di Alfonso GAMBArDELLA, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 2003, pp. 73-90. 37 Vedi Documenti, n. 17. Sulla reputazione di Francisco La Vega a roma prima di andare a Napoli nel 1747 e il suo rapporto con la corte spagnola, che chiese i suoi servizi dopo quella data, vedi Documenti, n. 2, 4, 5, 7, 8, 10, 11 e 12. Cfr. anche Arnold NESSELrAtH, 85. Francisco La Vega. ‘Codice con rilievo delle pitture delle Logge Vaticane’, in Raffaello in Vaticano, a cura di Fabrizio MANCINELLI; A. M. DE StroBEL; Giovanni MorELLo e Arnold NESSELrAtH, Electa, Milano 1984, pp. 214-5 e Maria Gabriella MANSI, Libri del re, cit. nella nota 2, p. 120 ss. 382 Verso la riforma della Spagna: Appendice Napoli per disegnare i reperti di Ercolano, dove lavorò come disegnatore dal marzo da quell’anno in poi38. Infatti, Bayardi impiegò La Vega per fare il disegno di uno dei grandi rami inclusi nel Prodromo: il Nilometrio inciso da Niccolò Billy39 che si trova nel tomo I40. Il Bayardi indica come all’artista spagnolo «invecchiandosi veniva meno la vista, così i disegni non uscivano dalle sue mani colla più esatta perfezione, e conveniva agl’incisori perdere del tempo per riconfrontarli, onde mi vidi in necessità di proporre un altro delineatore. Venne da roma il Paderni assai diligente nel disegno»41. La Vega, appunto, morì nel novembre 1752, poco dopo la pubblicazione dei due primi tomi del Prodromo42. Il marchese Fogliani inviò nel dicembre 1753 al marchese Angelo Acciajuoli, sopraintendente di Portici, l’ordine di assistere la vedova e il giovane figlio dell’artista recentemente deceduto43. Le spiegazioni del Bayardi aiutano a capire non soltanto la rapida organizzazione e lo sviluppo della ‘scuola di Portici’ dopo il 1746, ma anche i grossi ostacoli di un progetto editoriale difficile di sviluppare solamente con artisti locali44. Ciò nonostante, le critiche al Prodromo ed al Catalogo fecero perdere al Bayardi tutto il credito che aveva e, per questa ragione, chiese finalmente, all’inizio del 1756, il congedo e la partenza per roma, che gli vennero subito concessi45. Questi eventi sono narrati chiaramente dal Soria: «Ma come si avvide, che Monsignore [Bayardi] avrebbe consumati nella storia delle cose Ercolanesi quasi altrettanti secoli, quanti la città di Ercolano era giaciuta sotto le sue rovine, venne [il re] in risoluzione di chiamar a questo lavoro altra gente di un fare più sollecito e più preciso, e fondò con Dispaccio de’ 13. Dicembre del 1755. l’Accademia Ercolanese, nella quale volle, che da’ più considerabili Letterati, che allora viveano, e con avvedutezza scelti, si attendesse seriamente alla diciferazione di quanto erasi da que’ sotterranei luoghi diseppellito»46. Il discredito del Bayardi coincise, non a caso, con la caduta del marchese Fogliani, che fu privato il 10 giugno 1755 del suo posto di segretario di Stato e del Di38 Vedi Documenti, n. 3 e 6. Vedi anche ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori, cit. nella nota 5, p. 168. 39 ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori, cit. nella nota 5, pp. 160-1. 40 ottavio Antonio BAyArDI, Prodromo delle antichita’ d’Ercolano, cit. nella nota 25, tomo I, p. 465. 41 Vedi Documenti, n. 17. 42 Vedi Francesco CErrotI, Lettere e memorie autografe ed inedite di artisti tratte dai manoscritti della Corsiniana, Stabilimento tipografico, roma 1860, pp. 61-2 e Giuseppe CAStELLANo, Mons. Ottavio Antonio Bayardi, cit. nella nota 17, p. 84. 43 Vedi Documenti, n. 16. 44 Sulla ricerca di buoni incisori a roma da parte della monarchia delle Due Sicilie, vedi Martina CASADIo, Bottari e gli incisori, cit. nella nota 33. 45 Maria Gabriella MANSI, Il Settecento, cit. nella nota 2, p. 21. 46 Francescantonio SorIA, Memorie storico-critiche, cit. nella nota 2, p. 226. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 383 spaccio47. Carlo di Borbone decise in quel momento di assumere personalmente la carica centrale del governo e di ripartire fra gli altri segretari di Stato le antiche funzioni di Fogliani48. A tanucci, segretario di Stato e del Dispaccio di Grazia e Giustizia, toccarono non soltanto le responsabilità degli Affari Esteri e Casa reale, ma anche quelle di coordinare la politica culturale della Corona e, di conseguenza, la direzione del progetto ercolanese49. tanucci, uomo di Stato, letterato e antiquario, «il Colbert dell’Italia», come lo definì il Cicognara50, prese seriamente la nuova responsabilità, come lui stesso rivelò nel suo epistolario51. Così si esprimeva parlando di Ercolano con il signor Nefetti poche settimane dopo di avere assunto i nuovi incarichi: «Ercolano produce molto; ma non è solo; abbiamo altre scavagioni ricchissime di antichità. tra poco uscirà il catalogo. Io ora ho chiusa la bocca perché tra le mie nuove incumbenze vi è quella di presedere anche a queste antichità. Non vi son più un privato che ne possa parlare e scriver liberamente»52. Ancora ritornava su questo argomento in un’altra lettera di pochi giorni dopo: 47 Michelangelo SCHIPA, Il regno di Napoli, cit. nella nota 28, p. 720. Così descriveva l’inviato inglese a Napoli la partenza del Fogliani: «the marquis Fogliani is at last declared viceroy of Sicily & is this day to quit his post of secretary of State in which he is to be succeeded by marquis tanucci, & the other arrangements of the ministry are to take place in the manner I have mentioned in my former letters. No formal notice of this change has yet been sent to the foreign ministers, therefore will not trouble your Lordship with any publick letter by this post» in BL, Mss. Egerton 3464, ff. 325-327: Sir James Gray a Lord Holderness, Napoli 10 giugno 1755. Vedi anche NA, SP 93/14: Sir James Gray a Sir thomas robinson, Napoli 17 giugno 1755. 48 Vedi Pablo VázQuEz GEStAL, Corte, poder y cultura política en el reino de las Dos Sicilias de Carlos de Borbón (1734-1759), tesi di Dottorato, universidad Complutense de Madrid, Madrid 2008. 49 Félix FErNáNDEz MurGA, Tanucci, Alcubierre e gli Scavi di Antichità, in Bernardo Tanucci. Statista, letterato, giurista, a cura di raffaele AJELLo e Mario D’ADDIo, Jovene, Napoli 1986, vol. II, pp. 477-91; Elvira CHIoSI, Ercolano e le nuove scoperte dell’antico, in Herculanense Museum, cit. nella nota 2, pp. 43-52, p. 48; María del Carmen ALoNSo roDríGuEz, Ecos de Herculano: «aquellas cosas que sabes que son tan de mi genio y gusto», in Corona y arqueología en el siglo de las Luces, a cura di Martín ALMAGro GorBEA e Jorge MAIEr ALLENDE, Patrimonio Nacional, Madrid 2010, p. 237-45 e John E. MoorE, ‘To the Catholic King’ and Others: Bernardo Tanucci’s Correspondence and the Herculaneum Project, in Rediscovering the Ancient World on the Bay of Naples, 1710-1890, a cura di Carol C. MAttuSCH, yale university Press, New Haven 2013, pp. 89-122. 50 Leopoldo CICoGNArA, Catalogo ragionato, cit. nella nota 2, p. 26: «È debitrice l’Italia della protezione che ebbero in Napoli gli studj al tempo di queste scoperte, di questa edizione, e dell’Accademia Ercolanense [sic], al genio protettore del Marchese tanucci, che sotto il regno di Carlo III. può dirsi essere stato il Colbert dell’Italia». 51 Vedi Agnes ALLroGGEN-BEDEL, Tanucci e la cultura antiquaria del suo tempo, in Bernardo Tanucci. Statista, letterato, giurista, cit. nella nota 49, vol. II, pp. 519-36. 52 Lettera 333: Bernardo tanucci al signor Nefetti, Napoli 5 agosto 1755, in Bernardo Tanucci. Epistolario, cit. nella nota 29, vol. III: 1752-1756, p. 270. 384 Verso la riforma della Spagna: Appendice «Come? E non sapete che il ministro né può, né deve parlar del suo ministero e che dei componenti di questo ognuno ne può parlare fuor che egli stesso? Quando io non era ministro delle cose ercolane, ero un che poteva parlarne; or non lo sono perché in questo tutte le mie parole son del re, di cui son organo»53. Per portare efficacemente a termine la riproduzione di tutti i reperti antichi trovati negli scavi, tanucci promosse la fondazione dell’accennata Accademia Ercolanese54. Il nuovo e terzo programma editoriale doveva essere per forza il definitivo, e per questo motivo il ministro toscano decise che i libri fossero non soltanto intellettualmente seri ed esteticamente felici, ma anche politicamente eloquenti. «I libri sono del re»55, disse nel 1761 al conte Finocchietti, rimarcando così ancora la natura regale del progetto, intitolato, finalmente, Le Antichità di Ercolano Esposte56. Per evidenziare esplicitamente questo importante aspetto politico, tanucci, nel primo volume pubblicato nel 1757, fece rappresentare Carlo di Borbone mediante un’eloquente incisione (Fig. 2) ed una dedica (Fig. 8) che inizia con un semplice «AL rE» e che completa efficacemente l’immagine che la precede (Fig. 7). tanucci, che aveva una buona opinione di Paderni57, lo incaricò di disegnare il ritratto del Sovrano, lavoro che fu ultimato, come è indicato nello stesso disegno, nel 1755 (Fig. 12). La scelta parve logica se teniamo conto che Paderni aveva ideato la già menzionata incisione che, nel frontespizio del Catalogo del Bayardi, presenta le armi del re delle Due Sicilie di fronte alla città di Ercolano recentemente scoperta e riportata alla luce grazie alla volontà regia (Fig. 27). Parimenti, tanucci decise di affidare la corrispondente stampa all’incisore Filippo Morghen58. Questo, che proveniva da una nota famiglia d’intagliatori fiorentini ed era il fratello minore di Giovanni Elia, celebre disegnatore già al tempo degli scavi, aveva cominciato a lavorare 53 Lettera 354: Bernardo tanucci al signor Nefetti, Napoli 9 agosto 1755, in ibidem, pp. 284-5. 54 Sull’Accademia Ercolanese vedi specialmente Giuseppe CAStALDI, Della Regale Accademia Ercolanese dalla sua fondazione sinora con un cenno biografico de’ suoi ordinari, Dalla tipografia di Porcelli, Napoli 1840 e Elvira CHIoSI, La Reale Accademia Ercolanese. Bernardo Tanucci fra politica e antiquaria, in Bernardo Tanucci. Statista, letterato, giurista, cit. nella nota 49, vol. II, pp. 493-517. Su tanuci e la fondazione dell’Accademia vedi Vincenzo troMBEttA, L’edizione de ‘Le Antichità di Ercolano Esposte’, cit. nella nota 2, p. 157 e Maria Gabriella MANSI, Libri del re, cit. nella nota 2, p. 128 ss. 55 Lettera 111: Bernardo tanucci al conte Giuseppe Finocchietti, Portici 22 settembre 1761 in Bernardo Tanucci. Epistolario, vol. X: 1761-1762, a cura di Maria Grazia MAIorINI, Istituto Poligrafico e zecca dello Stato, roma 1988, p. 142. 56 Vedi anche su questo argomento Bernardo Tanucci. Lettere a Ferdinando Galiani, vol. I-II, a cura di Fausto NICoLINI, Laterza, Bari 1914. 57 Vedi i lavori di Maria Gabriela MANSI citati precedentemente. 58 Giovanni GorI GANDELLINI, Morghen, Filippo, in Notizie istoriche degl’intagliatori. Opera di Giovanni Gori Gandellini sanese, vol. II, Presso Vincenzo Pazzini Carli e Figli, Siena 1771, pp. 312-4. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 385 a Portici nel maggio 175259. Come spiega chiaramente Bayardi, Filippo Morghen fu assunto come incisore regio a Portici non a pagamento mensile, bensì a cottimo, ossia in base alle opere compiute60. Questa soluzione fu probabilmente chiesta dal Bayardi per far lavorare più rapidamente i nuovi incisori assunti, giacché i primi, stipendiati mensilmente, lavoravano lentamente. Grazie a questo regolamento, è possibile individuare l’attività di Filippo, poiché i suoi lavori furono registrati dal segretario di Stato, che doveva autorizzare i corrispondenti ordini di pagamento come supervisore ultimo di tutto il progetto ercolanese61. Infatti, tanucci comandò a tommaso trabucco, tesoriere di Portici, di pagare 280 ducati napoletani a Filippo Morghen l’8 maggio 1756 per l’incisione di un «retrato del rey Nuestro Señor», che, indubbiamente, è questo (Fig. 2) de Le Antichità di Ercolano Esposte62. II La stampa di Paderni-Morghen (Fig. 2), nonostante sia ben nota e sia stata più volte riprodotta anche in anni recenti, merita ancora di essere analizzata e commentata più accuratamente sotto il punto di vista della composizione, dell’iconografia e della fortuna visiva. Carlo di Borbone si presenta in piedi (Fig. 2) con alcuni simboli della regalità per dimostrare nettamente la sua maestà. Così, alla corona sulla consolle e alla cappa di ermellino, segni comuni dell’identità regale, si aggiungono il toson d’oro e l’ordine di San Gennaro per evidenziare, rispettivamente, la sua dignità d’infante di Spagna e di sovrano delle Due Sicilie, come indica la scritta «CAroLVS. HISP. INFANS. VtrIVSQ. SICIL. Et HIEr. rEX» tracciata sulla cornice. Come già Herbig63, trombetta64, Allroggen-Bedel65, Mansi66 e Mattusch67 59 Maria Gabriella MANSI, Il Settecento, cit. nella nota 2, p. 51, nota 33 e ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori, cit. nella nota 5, pp. 169-70. Sui Morghen, vedi Maria toSCANo, Morghen, in DBI. 60 Vedi Documenti, n. 17. 61 Ad esempio, Documenti, n. 15. 62 Vedi Documenti, n. 21. Filippo Morghen riconoscerà nel 1763 di essere ben pagato per suo lavoro a Portici: vedi Agnes ALLroGGEN-BEDEL et Helke kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese di Portici, cit. nella nota 8, p. 99. 63 reinhard HErBIG, Don Carlos de Borbón, excavador de Herculano y Pompeya, Imprenta y editorial Maestre, Madrid 1954. La seconda versione, in tedesco, è più elaborata: reinhard HErBIG, Don Carlos von Bourbon als Ausgräber von Herculaneum und Pompeji, in «Madrider Mitteilungen», a. I, 1960, pp. 11-9. 64 Vincenzo troMBEttA, L’edizione de ‘Le Antichità di Ercolano Esposte’, cit. nella nota 2, p. 166. 65 Vedi i lavori di Agnes ALLroGGEN-BEDEL: Archäologie und Politik, cit. nella nota 2, p. 220 e L’antico e la politica culturale dei Borbone, in Herculanense Museum, cit. nella nota 2, pp. 53-72, passim. 66 Maria Gabriella MANSI, Libri del re, cit. nella nota 2, p. 131. 67 Carol C. MAttuSCH, The Villa dei Papiri at Herculaneum. Life and afterlife of a sculpture 386 Verso la riforma della Spagna: Appendice notarono, il nitido e forte carattere militare dell’effigie del re è ben evidenziato non soltanto dall’imponente armatura, dalla spada e dal bastone di comando, ma anche dalla scena di battaglia ben definita in fondo, probabilmente, come già indicato dal trombetta, un riferimento alla famosa vittoria di Velletri del 1744. Altri elementi marziali – come le due bandiere, il tamburo e il cannone con la sua calotta e le palle – si trovano fuori della cornice, alla destra del leone che, in sintonia con il Sovrano, mostra un carattere bellicoso, tenendo fra le sue zampe una spada e un elmetto (Fig. 13). Nella parte destra dell’immagine possiamo identificare, decentrati e separati dal re, gli elementi collegati direttamente con l’attività di scavo (la vanga e il piccone) e le scoperte di antichità (le due lapidi, l’erma, il secchio con rotoli di papiri e tavolette, il piattino, il mestolo, il vaso traboccante di monete e l’anfora). Conviene ricordare che questa non era la prima volta che Paderni – nominato custode del real Museo nel 1752 – impiegava reperti antichi per creare l’immagine allegorica dell’antica Ercolano68. Come abbiamo già accennato, il Paderni collection, J. Paul Getty Museum, Los Angeles 2005, pp. 65-6. L’autrice riproduce (p. 65) una copia dell’incisione di Paderni-Morghen nel suo secondo stato (Fig. 3; vedi p. 374 di questo Appendice), indicando che si trova nel volume ottavio Antonio BAyArDI, Catalogo degli antichi monumenti, cit. nella nota 20, edizione 1754. Questa pubblicazzione, che come abbiamo già segnalato a nota 26 vede in realtà la luce solo nel 1756, non dovrebbe di conseguenza portare questa incisione, fatta solo dopo il 1759. Questo lascia pensare che il volume usato dall’autrice è stato probabilmente rilegato dopo quella data. Sebbene non comune, questo fenomeno non è neanche eccezionale; ad esempio, il primo volume de Le Antichità di Ercolano Esposte custodito dalla Columbia university (A5775 D38 F), che dovrebbe avere normalmente l’incisione nel suo primo stato, quello del 1757, porta invece un secondo stato di essa. La BnF possiede sia un primo volume de Le Antichità di Ercolano Esposte con il ritratto nel suo primo stato (réserve des livres rares, rES-J-683) sia tre altri con il secondo stato (réserve des livres rares, J-153; Arsenal, Gr FoL-386 (1) e Arsenal, Gr FoL-410 (1)). 68 Sull’attività del Paderni dopo il 1752, vedi la bibliografia su questo personaggio precedentemente citata e anche i lavori di María Francisca rEPrESA FErNáNDEz, El Real Museo de Portici (Nápoles), 1750-1825. Aproximación al conocimiento de la restauración, organización y presentación de sus fondos, universidad de Valladolid, Valladolid 1988; Félix FErNáNDEz MurGA, Carlos III y los descubrimientos, cit. nella nota 2; Maria ForCELLINo, La formazione e il metodo di Camillo Paderni, in «Eutopia», a. II, 1993, n. 2, pp. 49-64 e Camillo Paderni Romano e l’immagine storica degli scavi di Pompei, Ercolano e Stabia, Artemide, roma 1999 e Franco StrAzzuLLo, Alcubierre-Weber-Paderni. Un difficile «tandem» nello scavo di ErcolanoPompei-Stabia, Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli 1999, così come Monumenti antichi rinvenuti ne reali scavi di Ercolano e Pompej & delineati e spiegati da D. Camillo Paderni Romano, a cura di ulrico PANNutI, Arte tipografica, Napoli 2000; María del Carmen ALoNSo roDríGuEz, La colección de antigüedades comprada por Camillo Paderni en Roma para el rey Carlos III, in Illuminismo e ilustración. Le antichità e i loro protagonisti in Spagna e in Italia nel XVIII secolo, a cura di José BELtráN FortES; Beatrice CACCIottI; Xavier DuPré rAVENtóS e Beatrice PALMA VENEtuCCI, «L’Erma» di Bretschneider, roma 2003, pp. 29-46; Christopher Charles PArSLoW, Camillo Paderni’s Monumenti Antichi and Archeology in Pompeii in the 1760s, XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 387 scelse con attenzione, quando fu pubblicato il Catalogo del Bayardi, i reperti che dovevano rappresentare il carattere e la natura delle scoperte realizzate nell’area vesuviana per volontà di Carlo di Borbone dopo il 1738 (Figg. 25 e 27). Paderni riprenderà ancora, come vedremo, alcuni di questi reperti per comporre il ritratto del Sovrano, ma rinuncerà, per chiari motivi iconografici, a fare una mera copia della stampa ideata poco prima. Fra tutte le antichità rappresentate dal Paderni, due rispondono (a parer mio) più eloquentemente al proposito di evocare Ercolano: la lapide più grande (Fig. 16) e i numerosi papiri arrotolati (Fig. 15). La prima riproduce abbastanza fedelmente un’iscrizione (Fig. 18) che tuttora si trova nel MANN69: «M∙ NoNIo∙ M∙ F∙ BALBo∙ Pr∙ Pro∙ CoS∙ HErCVLANENSES∙». Quest’iscrizione è la celebre CIL X 1426 (Fig. 19)70. Come si può notare nel disegno originale del 1755, Paderni la trascrisse non correttamente scrivendo Nonius invece di Nonio (Fig. 16)71. Morghen, avvertito probabilmente da tanucci, emendò l’errore del disegnatore e la incise con esattezza nella stampa pubblicata finalmente nel 1757 (Fig. 17)72. L’iscrizione fu scoperta a Ercolano l’11 agosto 174673, pochi giorni dopo il ritrovamento di due sculture equestri di marmo conservate oggi pure nel MANN e conosciute al tempo come ritratti di Marco Nonio Balbo figlio e padre, sebbene rappresentino in realtà lo stesso personaggio74. in «rivista di Studi Pompeiani», 2007, n.18, pp. 7-22 e Delphine BurLot, Le faux : une tentation d’expert? Le cas de Camillo Paderni (1715-1781). Artiste, restaurateur et antiquaire napolitain, in L’Histoire à l’atelier. Restaurer les oeuvres d’art, XVIIIe-XXIe siècles, a cura di Noémie EtIENNE e Léonie HéNAut, Presses universitaires de Lyon, Lyon 2012, pp. 41-62. 69 MANN, inv. 3731. È riprodotta e analizzata in Giuseppe CAMoDECA, 52. Dedica della statua equestre al proconsole M. Nonio Balbo, in Ercolano. Tre secoli di scoperte, a cura di Maria Paola GuIDoBALDI, Electa, Napoli 2008, pp. 262-3. 70 Corpvs Inscriptionvm Latinarvm, vol. X: Inscriptiones Brvttiorvm, Lvcaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae. Latinae. Consilio et avctoritate Academiae Litterarvm Regiae Borvssicae edidit Theodorus Mommsen. Pars Prior: Inscriptiones Brvttiorvm, Lvcaniae, Campaniae comprehendens, a cura di theodor MoMMSEN, apud Georgivm reimervm, Berlino 1883, p. 165. Si dovrebbe leggere: «Marco Nonio Marci filio/ Balbo praetori proconsuli/ Herculanenses». 71 Per motivi compositivi ed estetici, Paderni escluse anche la S di COS. 72 Per contro, Morghen decise di togliere il ∙ fra PRO e COS che, invece, sia l’iscrizione originale che Paderni mostrano. 73 Vedi ulrico PANNutI, Il ‘Giornale degli scavi’ di Ercolano, 1738-1756, in «Atti della Accademia Nazionale dei Lincei», Serie VIII, a. XXVI, 1983, n. 3, pp. 163-410, p. 240 e Mario PAGANo e raffaele PrISCIANDAro, Studio sulle provenienze degli oggetti rinvenuti negli scavi borbonici del Regno di Napoli. Una lettura integrata, coordinata e commentata della documentazione, vol. I, Nicola Longobardi Editore, Castellammare di Stabia 2006, p. 199. 74 MANN, inv. 6104 (‘figlio’) e 6211 (‘padre’): vedi Le collezioni del Museo Nazionale 388 Verso la riforma della Spagna: Appendice L’iscrizione, che appartiene al ritratto di ‘Balbo figlio’, fu messa sul rispettivo piedestallo quando si decise di esibire la scultura, poco dopo la sua scoperta, nell’atrio d’ingresso, lato verso il mare, del palazzo reale di Portici, dove oggi è collocata una riproduzione (Fig. 20)75. L’altra scultura, detta a quel tempo ‘Balbo padre’, fu pure esibita nell’atrio d’ingresso del palazzo, ma nel lato verso il Vesuvio, essendo completata con un’iscrizione moderna attribuita al Bayardi, oggi conservata nel Museo Nazionale di San Martino, che dichiarava Carlo di Borbone Scientiarum et Artium instaurator 76. Sia l’iscrizione antica sia la sua scultura, quella di ‘Balbo figlio’, ebbero un’enorme diffusione subito dopo il loro rinvenimento, diventando prestissimo fra i più famosi reperti vesuviani. Infatti, già l’anonimo opuscolo veneto del 1747 riportava notizie sulla scultura, rimarcando che «fra le copia delle Statue sono degne di particolare osservazione le sei Consolari di somigliante lavoro, e forma, una Venere Anadiomene, o Marina, un Satiro, e un bel gruppo di Maschere Sceniche. Ma sopra ogn’altra poi la Statua equestre di Quinto Nonio Proconsolo di tutta la Provincia, che, per quanto si può conghietturare, stendevasi da Ercolanio [sic] fino al Promontorio di Minerva, ora Massa-Labrense»77. di Napoli, vol. I, 2: la scultura greco-romana, le sculture antiche della Collezione Farnese, le collezioni monetali, le oreficerie, la collezione glittica, De Luca Edizioni d’Arte, roma 1989, p. 118, n. 106 e 107 rispettivamente. Queste due sculture, assai discusse, presentano ancora oggi diversi problemi storici e archeologici; vedi specialmente Stefania ADAMo MuSCEttoLA, Nuove letture borboniche: i Nonii Balbi ed il Foro di Ercolano, in «Prospettiva», 1982, n. 28, pp. 2-16; Agnes ALLroGGEN-BEDEL, Dokumente des 18. Jahrhunderts zur Topographie von Herculaneum, in «Cronache Ercolanesi», 1983, n. 13, pp. 139-58; Félix FErNáNDEz MurGA, Carlos III y los descubrimientos, cit. nella nota 2, p. 56 ss.; Mario PAGANo e Alfredo BALASCo, Il teatro antico di Ercolano, Electa, Napoli 2000, p. 54 ss.; Ercolano. Tre secoli di scoperte, cit. nella nota 69, passim e Annalisa PorzIo, Nel regno di Flora, cit. nella nota 8. 75 Agnes ALLroGGEN-BEDEL et Helke kAMMErEr-GrotHAuS, Il Museo Ercolanese di Portici, cit. nella nota 8, pp. 88 e 120 e Annalisa PorzIo, Nel regno di Flora, cit. nella nota 8, p. 228, che indica gli interventi di restauro fatti dal Canart. 76 Museo Nazionale di San Martino, inv. 2554. trascitta per intero, con qualche errore, in Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città Ercolano, cit. nella nota 22, p. 67, dove il testo è attribuito appunto al Bayardi. Vedi Gemma CAutELA e Ida MAIEttA, Epigrafi e città. Iscrizioni medioevali e moderne nel Museo di San Martino in Napoli, Società editrice napoletana, Napoli 1983, n. 57, pp. 135-6, dove la scritta è studiata minutamente. ringrazio le dottoresse rita Pastorelli e Ileana Creazzo per le informazioni e i materiali fornitemi su questo argomento. 77 Notizie curiose intorno allo scoprimento della città di Ercolanio, cit. nella nota 22, senza paginare. Sul problema del nome e titoli dati a Nonio Balbo in questa pubblicazione, vedi Niccolò Marcello VENutI, Descrizione delle prime scoperte dell’antica città d’Ercolano. Ritrovata vicino a Portici, villa della Maestà del Re delle Due Sicilie distesa dal cavaliere marchese don Marcello de Venuti e consacrata all’Altezza Reale del Serenissimo Federigo Cristiano, Principe Reale di Pollonia, ed Elettorale di Sassonia, Nella Stamperia del Bernabò e Lazzarini, roma 1748, pp. 95-6. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 389 Furono invece i due più illustri storici non napoletani di Ercolano, Marcello Venuti e Anton Francesco Gori, quelli che resero immediatamente celebri questi due pezzi in tutta l’Europa, poiché ne scrissero a lungo nei loro volumi del 1748. Il Gori, esimio antiquario fiorentino, li fece protagonisti assoluti del suo celeberrimo Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città Ercolano78. Questo stampato – in realtà l’edizione di lettere con notizie sugli scavi di Ercolano inviate al Gori da diversi personaggi, e notoriamente dall’erudito Giacomo Martorelli – non solo riporta, dopo parecchi tentativi, la trascrizione corretta dell’iscrizione, ma anche un’incisione della scultura equestre alla quale apparteneva79. Il Venuti, egregio studioso cortonese, decise pure, nel suo non meno insigne volume, di riprodurre in maniera compiuta l’iscrizione, interpretandola con precisione in modo da dimostrare che l’epigrafe era cruciale per identificare la città scoperta con l’antica Ercolano80. Infine, anche del 1748 sono il noto opuscolo del d’Arthenay, che lodò la scultura e trascrisse minutamente in nota l’iscrizione81, e la prima edizione delle lettere del russell, che raccontò come «under a grand portico in the middle [del palazzo reale di Portici], there is to be erected an equestrian statue of marble, lately found in near four hundred pieces; but, being very curiously joined together by the care of the restorer, will be a very great ornament to the building», trascrivendo anche di seguito e in maniera esatta l’iscrizione82. L’arrivo del Paderni a Napoli come disegnatore nel 1748 coincise pertanto 78 Notizie del memorabile scoprimento dell’antica città Ercolano, cit. nella nota 22. Su questo libro e le sue diverse edizioni e versioni, vedi Francescantonio SorIA, Ercolanesi Scrittori, in Memorie storico-critiche, cit. nella nota 2, pp. 227-39, pp. 231-2. 79 Vedi Gabriela tASSINArI, Lettere dell’incisore di pietre dure Francesco Maria Gaetano Ghinghi (1689-1762) ad Anton Francesco Gori, in «LANX», 2010, n. 7, pp. 61-149, p. 112 ss., che indica molto chiaramente le differenti versioni dell’iscrizione segnalate dal Gori. 80 Niccolò Marcello VENutI, Descrizione delle prime scoperte dell’antica città d’Ercolano, cit. nella nota 77, pp. 94 ss. 81 M. d’Arthenay, Mémoire historique et critique sur la ville souterraine découverte au pied du Mont-Vésuve, divisé en chapitres, dans lesquels on examine en détail les Monuments de cette Ville, tels que ses Palais, ses Edifices publics & particuliers, ses Places publiques, ses Ruës, ses Théatres, ses Portiques, ses Bains, ses Peintures, ses Mosaïques, ses Statuës, ses Médailles, ses Inscriptions, & géneralement tout ce qui a rapport aux moeurs & aux usages des anciens Romains, Alexandre Giroud, Avignone 1748, pp. 36-37. Su questo volume vedi Chantal GrELL e Christian MICHEL, Erudits, hommes de lettres et artistes en France au XVIIIe siècle face aux découvertes d’Herculanum, in Ercolano 1738-1988, cit. nella nota 7, pp. 133-44 e i lavori di Alden r. GorDoN, JérômeCharles Bellicard’s Italian Notebook of 1750-51: The Discoveries at Herculaneum and Observations on Ancient and Modern Architecture, in «Metropolitan Museum Journal», 1990, n. 25, pp. 49-142 e Subverting the Secret of Herculaneum: Archaeological Espionage in the Kingdom of Naples, in Antiquity Recovered. The Legacy of Pompeii and Herculaneum, a cura di Victoria C. GArDNEr CoAtES e Jon L. SEyDL, the J. Paul Getty Museum, Los Angeles 2007, pp. 37-57. 82 James ruSSEL, Letters from a Young Painter abroad to His Friends in England. Adorned with Copper Plates, Printed for W. russel, at Horace’s Head, Londra 1748, p. 203. 390 Verso la riforma della Spagna: Appendice con la larga diffusione della conoscenza di questi due celebri pezzi, che Paderni ebbe pure l’obbligo di curare con premura come custode del real Museo dopo il 1752. In più, da un dispaccio di Acciajuoli a Fogliani dell’estate 1753, sappiamo che il Paderni ebbe l’opportunità di studiare molto accuratamente tutti e due gli oggetti, perché «dovendosi dal disegnatore Camillo Paderni fare per ordine di Sua Maestà il disegno del cavallo e statua collocati nel atrio di questo nuovo real palazzo [di Portici] et essendo necessario chiudere li due archi del attrio medesimo verso mare, per dare al disegnatore quel lume che egli necessita», occorsero due tende dell’arsenale per permettere all’artista d’eseguire l’incarico più comodamente83. Anche il Bayardi, nelle due sue opere su Ercolano, esamina minutamente queste due antichità, molto celebrate al momento della pubblicazione dei suoi volumi. Nel Prodromo, ad esempio, allude subito alla scultura di ‘Balbo figlio’ e alla sua incisione, riprodotta esattamente, dicendo della statua che «ognuno, che abbia gli occhi in capo può contemplarla a suo bell’agio sotto il gran Portico della reale Villa di Portici»84. Ancora nella Prefazione al suo Catalogo, il Bayardi cita per prime, fra tutte le sculture, le «due Equestri de’ Nonj Balbi», e pone in risalto fra le iscrizioni quella «di M. Nonio Balbo il figlio posta sotto la Statua Equestre che i medesimi Ercolanesi nominatamente gli consacrarono»85. La scelta del Paderni d’includere la scritta di Marco Nonio Balbo si rivelava pertanto felice. Questa non era soltanto uno dei segni più riconoscibili degli scavi promossi dal re delle Due Sicilie, ma anche una prova irrefutabile che fosse l’antica Ercolano la città dove era stata trovata. In più, l’iscrizione, che, non a caso, è collegata visivamente alla parola «rEX» della cornice, permetteva di esaltare in modo indiretto e sottile l’identità di Carlo di Borbone come il perfetto Scientiarum et Artium instaurator definito dal Bayardi. La quercia, che vigorosa cresce dietro la lastra, serve a completare in forma allegorica questo ruolo centrale del sovrano nella restitutio moderna della villa antica. In tal modo, se Marco Nonio Balbo era stato il generoso patrono della primitiva città romana nella felice età augustea, Carlo appariva come il non meno liberale mecenate della risorta Ercolano nella presente età borbonica. Vecchio e nuovo protettore venivano così collegati in modo discreto, ma nitido. Gli altri reperti antichi inclusi dal Paderni nel suo disegno e che, a mio avviso, vogliono anche rimarcare la speciale natura e il carattere degli scavi vesuviani, sono i papiri arrotolati che si possono vedere nell’angolo inferiore destro della composizione (Fig. 15) e che pongono in evidenza la scoperta dei noti papiri ercolanesi, 83 ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1151: il marchese Acciajuoli al marchese Fogliani, senza data, ma agosto-settembre 1753. 84 ottavio Antonio BAyArDI, Prodromo delle antichita’ d’Ercolano, cit. nella nota 25, parte I, pp. XI-XII; vedi anche p. 129. 85 ottavio Antonio BAyArDI, Prefazione, in Catalogo degli antichi monumenti, cit. nella nota 20, pp. IX e XIV rispettivamente. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 391 avvenuta nel 1752 nella cosiddetta Villa dei Papiri a Ercolano86. Come espressivamente scrisse Bayardi, «qual vespajo non si è suscitato in tutta quanta l’Europa per via de’ dugento e più dissotterrati Papiri, de quali al presente si procura lo scioglimento!»87. Subito diventati celebri, come indicano già nel 1754 le parole dell’inviato inglese a Napoli, Sir James Gray, non è strano che Paderni li abbia fatti apparire chiaramente nella stampa inserita nel frontespizio del Catalogo del Bayardi (Fig. 27)88. Integrandoli adesso anche nel ritratto del re, Paderni rimarcava il carattere eccezionale degli scavi ercolanesi, così ricchi da donare pezzi mirabili come gli scritti antichi. È anche probabile che Paderni volesse con questa strategia visuale affermare nelle due incisioni il merito di averli riconosciuti come tali, sebbene il padre Piaggio contestasse ripetutamente quest’attribuzione89. Nonostante Paderni avesse incluso intelligentemente vari reperti antichi nella sua composizione, tuttavia essi non appaiono i segni principali diretti a definire l’identità del Sovrano. Come abbiamo già notato, Carlo di Borbone non si presenta associato prevalentemente all’occupazione antiquaria ma all’attività bellica. I segni militari sono netti ed evidenti nella figura del re, così come negli oggetti collocati nell’angolo inferiore sinistro. Le antichità raffigurate nel lato opposto sono visualmente decentrate e volumetricamente modeste al confronto con i simboli marziali di tutta la composizione: non riescono pertanto a definire in maniera univoca l’iconografia regale, ma soltanto ad arricchirla e completarla. Carlo si presenta così distaccato dall’immagine di re archeologo che molti hanno voluto porre in evidenza in questa composizione. In più, egli sembra respingere una forte e diretta allegorizzazione della sua effigie perché rinuncia ad apparire 86 La bibliografia sulla scoperta dei papiri ercolanese è molto cospicua; vedi specialmente Domenico CoMPArEttI e Giulio DE PEtrA, La Villa ercolanese dei Pisoni, i suoi monumenti e la sua biblioteca. Ricerche e notizie, E. Loescher, torino 1883; Marcello GIGANtE, Carlo di Borbone e i papiri ercolanesi, in «Cronache Ercolanesi», 1981, n. 11, pp. 7-18; Francesca LoNGo AurICCHIo e Mario CAPASSo, I rotoli della villa ercolanese: dislocazione e ritrovamento, in «Cronache Ercolanesi», 1987, n. 17, pp. 37-47; Félix FErNáNDEz MurGA, Carlos III y los descubrimientos, cit. nella nota 2, pp. 117 ss.; Maria Gabriella MANSI, Per un profilo di Camillo Paderni, cit. nella nota 7, p. 99 ss. e Francesca LoNGo AurICCHIo, La Villa Ercolanese dei Papiri. Storia della scoperta e vita dell’Officina del Museo de Portici al Palazzo Reale di Napoli, in «Cronache Ercolanesi», 2000, n. 30, pp. 11-20. Sulla bibliografia dei papiri ercolanesi in generale, vedi i lavori di I. C. MCILWAINE, Chapter 2. The Herculaneum Papyri and the Officina, in Herculaneum. A Guide to Printed Sources, vol. I, Bibliopolis, Napoli 1988, pp. 64-81 e Section 13. Papyri and the Villa of the Papyri, dans Herculaneum: A Guide to Sources, 1980-2007, Bibliopolis, Napoli 2009, pp. 555-697. 87 ottavio Antonio BAyArDI, Prefazione, in Catalogo degli antichi monumenti, cit. nella nota 20, p. XVIII. Vedi anche ottavio Antonio BAyArDI, Prodromo delle antichita’ d’Ercolano, cit. nella nota 25, parte V, p. 2141 ss. 88 Vedi Documenti, n. 18. 89 Vedi Maria Gabriella MANSI, Per un profilo di Camillo Paderni, cit. nella nota 7, p. 99. 392 Verso la riforma della Spagna: Appendice simile al personaggio più celebre degli scavi vesuviani: Ercole, fondatore mitico di Ercolano90. Il re si presenta (Figg. 1 e 2) occupando tutto il centro dell’opera in una posa del tutto contemporanea, riaffermando la sua identità di sovrano assoluto con segni chiari collocati nel presente. Così, la battaglia in fondo, l’ordine di San Gennaro creato da lui nel 1738 e, più chiaramente, l’iscrizione che scorre nella cornice stanno a indicare che lui è Carlo di Borbone, infante di Spagna e primo re delle Due Sicilie per diritto di conquista dopo il 1734, non il protagonista indefinito di una mitologia antica91. Niente che sia legato al corpo del sovrano o circoscritto all’ambito spaziale all’interno della cornice permette di vincolare l’identità del monarca con la natura dell’eroe antico. Sono soltanto tre gli elementi che, fuori dell’ambito visivo del ritratto del re, possono essere potenzialmente collegati con Ercole: la clava, la corona di quercia e il leone che, associati fra loro, si possono vedere nella parte centrale (Fig. 13). tuttavia, e come vedremo di seguito, la loro ricchezza polisemica, la complessità allegorica e la rappresentazione visuale rendono difficile non soltanto la sua diretta e univoca assimilazione al mito erculeo, ma anche la loro capacità di fare apparire Carlo di Borbone come un moderno Eracle. Sebbene la clava sia, fra i tre elementi indicati, il più chiaro referimento a Ercole, com’è stato già notato da altri ricercatori92, la corona di quercia che la circonda non può essere associata così esclusivamente con questo personaggio 90 Sull’iconografia di Ercole, vedi Lucilla DE LACHENAL, La figura di Ercole nell’arte antica tra mito e ideologia, in Ercole, il fondatore. Dall’antichità al Rinascimento, a cura di Marco BoNA CAStELLottI e Antonio GIuLIANo, Electa, Milano 2011, pp. 26-47. Sul caso specifico vesuviano, vedi i lavori di Antonella CorALINI: ‘Hercules domesticus’. Immagini di Ercole nelle case della regione vesuviana, I secolo a. C.-79 d. C., Electa Napoli, Napoli 2001 e Iconologia di Ercole nella regione vesuviana. Dati e prospettive, in Nuove ricerche archeologiche a Pompei ed Ercolano, a cura di Pier Giovanni Guzzo e Maria Paola GuIDoBALDI, Electa Napoli, Napoli 2005, pp. 339-54. 91 Sull’esaltazione di Carlo come principe conquistatore, vedi specialmente Diego de torrES VILLArroEL, Conquista de el Reyno de Nápoles por su Rey Don Carlos de Borbón. Escrita en octavas por el Doct. D. Diego de Torres y Villaroèl, de el Gremio, y Claustro de la Universidad de Salamanca, y Cathedratico de Prima de Mathematicas en propiedad, dedicada a la Reyna nuestra Señara [sic], Doña Isabel Farnesio, Madrid 1735 e Giuseppe SENAtorE, Giornale storico di quanto avvenne ne’ due reami di Napoli, e di Sicilia l’anno 1734, e 1735 nella conquista che ne fecero le invitte Armi di Spagna sotto la condotta del glorioso nostro Re Carlo Borbone in qualità di generalissimo del gran Monarca cattolico, opera di Giuseppe Senatore giureconsulto napoletano divisa in due parti, Stamperia Blasiana, Napoli 1742. 92 Carol C. MAttuSCH, The Villa dei Papiri at Herculaneum, cit. nella nota 67, p. 65, nota 128. Come scrive Antonella Coralini: «la clava, immediatamente associata all’eroe-dio ed alle sue imprese, è il simbolo erculeo di maggior evidenza ed efficacia. Il forte valore apotropaico le viene dalla sua natura di arma per eccellenza dell’Ercole civilizzatore: un’arma fuori della norma, adeguata alla lotta contro i mostri e contro il chaos», in Antonella CorALINI: ‘Hercules domesticus’, cit. nella nota 90, p. 64. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 393 mitologico93. Chiamata corona civica dai romani, era la seconda in importanza delle cosiddette corone onorifiche. Il suo significato e funzione era molto specifico e fu ampiamente spiegato da molti scrittori classici94. Cesare ripa, nella sua Iconologia, sotto la voce Amor di Fama, spiega in modo conciso e chiaro le sue caratteristiche: «La corona Civica era di quercia, & gl’antichi coronavano di quercia quasi tutte le statue di Giove, quasi che questa fusse segno di vita, & i romani solevano dare la ghirlanda di quercia a chi havesse in guerra difeso da morte un Cittadino romano, volendo dare l’insegna della vita à chi era altrui cagione di vivere»95. Paderni sembra averla inclusa nella sua composizione come segno dell’eroicità pubblicamente riconosciuta e, sebbene sia legata visualmente alla presunta clava erculea, pare difficile escludere completamente la sua associazione con il valore bellico di Carlo, celebrato per le sue gloriose campagne militari di conquista (1734-1735) e di difesa (1744) del regno delle Due Sicilie. Il leone, che regge sia la clava sia la corona descritte, presenta ancora problemi più complessi d’interpretazione allegorica96. Naturalmente, si potrebbe pensare a quello ucciso da Ercole a Nemea; ma, in realtà, la particolare raffigurazione scelta dal Paderni fa pensare di più all’allegoria della forza descritta dal ripa che al feroce animale ellenico97. Di solito, e particolarmente a Ercolano, il leone nemeo viene raffigurato già morto con la sua leggendaria pelle, la leonté, messa bene in vista98. Infatti, Ercole l’indossa in non poche pitture e sculture trovate nell’antica città vesuviana, come, ad esempio, in quella bronzea che oggi si trova al Louvre99 e che fu riprodotta nell’accennato volume dei Disegni intagliati in rame del 1746 (Figg. 22 e 23)100. Anche in questo stesso modo appare nell’inci93 In realtà, Ercole appare normalmente con una corona di alloro, non di quercia; vedi Antonella CorALINI: ‘Hercules domesticus’, cit. nella nota 90, p. 64. 94 Vedi specialmente la voce Corona, in A Dictionary of Greek and Roman Antiquities, a cura di William SMItH, John Murray, Londra 1890, consultabile traverso il Perseus Project: www.perseus.tufts.edu. 95 Cito per l’edizione di Heredi di Matteo Florimi, Siena 1613, parte I, p. 35. 96 Sull’iconografia di Ercole e il suo leone, vedi Annie SCHNAPP-GourBEILLoN, Les lions d’Héraklès, e Claudio PArISI PrESICCE, Eracle e il leone: ‘paradeigma andreias’, in Le bestiaire d’Héraclès, a cura di Corinne BoNNEt; Colette ANNEQuIN e Vinciane PIrENNE-DELForGE, Editions de l’université de Liège, Liège 1998, pp. 109-26 e 141-50 rispettivamente. 97 Cit. nella nota 95, parte I, p. 248 ss. 98 Sulle differenti rappresentazioni di Ercole con la leonté nell’area vesuviana, vedi il Catalogo in Antonella CorALINI: ‘Hercules domesticus’, cit. nella nota 90, pp. 141 ss. 99 Musée du Louvre, Département des antiquités grecques, étrusques et romaines, Br 32 (vedi The Eye of Josephine. The Antiquities Collection of the Empress in the Musée du Louvre, a cura di Martine DENoyELLE e SoPHIE DESCAMPS-LEQuIME, High Museum of Art-Musée du Louvre, Atlanta/Parigi 2008, n. 26, pp. 90-2). 100 Disegni intagliati in rame, cit. nella nota 14, tavole 1-2. 394 Verso la riforma della Spagna: Appendice sione del Paderni del Catalogo del Bayardi (Fig. 27), nella bella stampa (Fig. 6) che serve d’introduzione visiva al volume dove è incluso il ritratto che adesso stiamo analizzando e ancora nella vignetta (Fig. 14) che, nello stesso volume, si trova alla fine della Prefazione. Allontanandosi dall’iconografia precedente, Paderni rappresenta adesso la belva, che porta spada ed elmetto moderni, in una posa molto militare e, chiaramente, sottomessa al Sovrano. In questo contesto iconografico, la clava precedentemente analizzata s’inserisce bene nell’allegoria della forza immaginata dal ripa come una «donna che con una mazza simile a quella d’Hercole soffochi un leone»101. La composizione visuale del Paderni permette così di concepire la clava e anche la corona come elementi che rinviano all’uso della forza, celebrando la prodezza del monarca, capace di piegare i nemici alla sua salda volontà. Difatti, il leone, robusto e vigoroso, regge la cornice che inquadra Carlo di Borbone, trasmettendo in questo modo la bravura del signore che lo ha domato. I valori eroici della maestosità, coraggio e nobiltà, associati anche di solito a questo animale, sembrano completare il carattere forte e deciso del re. tenuto conto di tutte le possibilità di esegesi simbolica, Paderni approfitta della polisemia metaforica dei tre pezzi indicati per offrire, attraverso un’intelligente composizione visiva, una lettura complementare e integrativa delle due possibili allegorie. Infatti, la prossimità della clava all’iscrizione di Nonio Balbo potrebbe invocare in maniera sottile la presenza del fondatore dell’antica Ercolano come rappresentare potenzialmente anche l’istrumento usato dal re per domare il leone sottoposto. Altrettanto, la corona di quercia sembra celebrare sia le gesta di Ercole sia quelle di Carlo. Finalmente, la fiera, piazzata fra i due gruppi visivi antagonisti (quello con gli oggetti militari e quello con i reperti antichi), pare riconciliare simbolicamente l’immagine di Eracle e la forza del Sovrano. Anche se il nuovo scopritore e l’antico fondatore di Ercolano vengono evocati attraverso gli stessi elementi, risulta importante segnalare però che Paderni materializza tutta questa complessa integrazione allegorica in maniera sottile in modo da evitare che le dimensioni reali siano confuse con le mitiche. Interessante in questo senso è l’impiego della cornice che, separando il Monarca dagli oggetti che sono in basso, permette a Carlo sia di apparire come il perfetto re-capitano capace di difendere l’autorità conquistata sia, allo stesso tempo, di evitare un’amalgama identitaria con Ercole, fondatore della dissotterrata città. Grazie a questa strategia visiva, non solo realtà e mito sono chiaramente separati, ma anche presente e passato vengono nettamente divisi. Il Sovrano indica così che, mentre la monarchia deve promuovere attivamente una politica culturale che consenta la resurrezione dei tempi antichi, la maestà non deve fondere la sua identità né con la storia né con il mito. un’aspirazione che gli accademici ercolanesi esprimono 101 Op cit. nella nota 95, parte I, p. 248 ss. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 395 eloquentemente nella dedica (Fig. 8) che accompagna l’immagine del Paderni nel primo volume de Le Antichità di Ercolano Esposte: «Veda dunque ormai l’Europa una parte dell’ozio Vostro dopo aver veduto il Vostro senno e valore nella difesa de’ Vostri Stati, la Vostra sapienza e religione nell’ordinar Leggi e Magistrati, la sofferenza eroica de’ pericoli, e delle private e pubbliche calamità, la providenza luminosa nel ricomporre un Popolo abbandonato, e formarne una Nazione, che comparisca degnamente tra le più colte per forze, per arti, per commercio, per pulizia, per lo splendore»102. Le parole qui riprodotte permettono di comprendere che, sebbene la narrativa iconografica del Paderni sembri poco coerente con il carattere del progetto editoriale nella quale viene esposta, in realtà corrisponde perfettamente all’immagine che in quegli anni il primo Borbone delle Due Sicilie e i suoi consiglieri intendevano dare del valore innovativo della nuova monarchia. La cultura e il popolo del Mezzogiorno avevano bisogno di un sovrano capace di garantire la loro autonomia nazionale e, contemporaneamente, di una forte iniezione di fiducia e di una certa dose di autoesaltazione per rimettersi in cammino. Questo fu uno dei maggiori meriti della nuova politica culturale promossa dalla monarchia delle Due Sicilie, e il materiale iconografico presentato dimostra che era un programma ben consapevole. rappresentando Carlo associato principalmente all’attività bellica e non solo a quella archeologica, Paderni non fece altro che rendere visibile l’archetipo stabilito nella stessa pubblicazione dagli accademici ercolanesi, che con l’espressivo «il Vostro senno e valore nella difesa de’ Vostri Stati» eloquentemente iniziano le lodi del Sovrano. In più, Paderni sembra completare con maggiori particolari l’altro ritratto di Carlo di Borbone che si trova nel volume: la piccola figura che, inclusa nel frontespizio (Fig. 4), presenta il re di profilo e con l’armatura (Fig. 10)103. un ritratto che, messo di fronte alla dea Minerva, ci vuole presentare un sovrano capace di garantire, con la sua forza e indipendenza, il felice sviluppo nel regno delle Due Sicilie delle attività artistiche e culturali protette dalla divinità romana. 102 Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. I: Le pitture antiche d’Ercolano Esposte e contorni incise con qualche spiegazione, regia Stamperia, Napoli 1757, nella dedica Al re. Corsivo aggiunto. 103 Esistono tre versioni di questa incisione (Figg. 9-11). La prima (Fig. 9), creata da Nicola Vanni, disegnatore, e da rocco Pozzi, incisore, porta i ritratti di Carlo di Borbone e di Minerva con queste due rispettive iscrizioni intorno: «CAroLVS Vtr. SIC. rEX HISP. INF.» e «NoN MINVS INGENVIS ArtIBVS ILLA VACAt». La seconda (Fig. 10), ideata da Giovanni Elia Morghen e incisa da suo fratello Filippo, porta le stesse iscrizioni ma modifica le immagini del sovrano e della dea. La terza (Fig. 11), ancora dai fratelli Morghen, riproduce con leggerissimi cambiamenti i ritratti e cambia l’iscrizione intorno all’effigie del sovrano per quest’altra «CAroLVS III. HISPANIArVM AtQVE INDIArVM rEX». 396 Verso la riforma della Spagna: Appendice III L’interpretazione politica più che encomiastica presente nelle incisioni che mostrano Carlo come moderno re-capitano non sono una novità ideata né da Paderni né dagli accademici ercolanesi negli anni cinquanta del Settecento. Essi soltanto ripresero, adattandolo, un modello che l’iconografia del primo Borbone napoletano aveva già da molti anni consolidato, come dimostrano sia i numerosi ritratti eseguiti dal Mulinaretto negli anni trenta, sia la grande tela concepita dal Solimena nel 1735 per il palazzo reale di Napoli104. Nel decennio successivo, i ritratti dipinti da Giuseppe Bonito dimostrano che questo era ancora il prototipo più usato nell’iconografia regia105. Questa specifica rappresentazione è comprensibile se teniamo conto che la maestà di Carlo aveva una forte legittimazione militare. Conviene non dimenticare che il giovane principe, nominato Generalísimo degli eserciti spagnoli da suo padre Filippo V nel 1733, aveva ottenuto la corona delle Due Sicilie dopo una guerra di conquista106. Nel decennio seguente, il sovrano sentí il bisogno di esaltare il carattere marziale della sua identità nel contesto della guerra di Successione Austriaca (1740-1748), dove la sua sovranità venne messa in discussione ed egli ebbe la necessità di difenderla personalmente, come avvenne palesemente a Velletri. La raffigurazione militare di Carlo di Borbone ebbe tale fortuna che fu più volte ripresa dai sudditi del re. un esempio molto pertinente per il nostro caso è quello del padre Giuseppe Maria Pancrazi e la sua celebre opera in due volumi Antichità Siciliane spiegate, il primo dei quali fu pubblicato nel 1751 e dedicato al Sovrano (Fig. 28)107. Com’è stato notato, è questa una delle prime volte, se 104 Sulla iconografia di Carlo di Borbone come re delle Due Sicilie, vedi i lavori di Jesús urrEA FErNáNDEz: De Iconografía Borbónica. Retratos de don Carlos de Borbón (1716-1738), in I Borbone di Napoli e i Borbone di Spagna. Un bilancio storiografico, vol. II, a cura di Mario DI PINto, Guida, Napoli 1985, pp. 257-72; El Molinaretto y otros retratistas de Carlos III en Italia, in «Boletín del Museo del Prado», a. IX, 1988, n. 25-27, pp. 82-91; Carlos III. Soberano y cazador, El Viso, Madrid 1989 e Itinerario italiano de un monarca español. Carlos III en Italia, 1731-1759, Museo del Prado, Madrid 1989 così come Steffi roEttGEN, Iconografia borbonica, in Civiltà del ’700 a Napoli, 1734-1799, vol. II, Centro Di, Firenze 1979, pp. 387-405. 105 Vedi specialmente quello del Museo Nacional del Prado P03946, del quale esistono altre copie e versioni in Napoli e Spagna. Su Bonito, sulla cui attività di ritrattista mancano studi, vedi la voce Bonito, Giuseppe, elaborata da robert ENGGASS, in DBI. 106 Pablo VázQuEz GEStAL, ‘The System of This Court’: Elizabeth Farnese, the Count of Santiesteban and the Monarchy of the Two Sicilies, 1734-1738, in «the Court Historian», a. XIV, 2009, n. 1, pp. 23-47, p. 28. 107 Giuseppe Maria PANCrAzI, Antichità Siciliane spiegate colle notizie generali di questo Regno cui si comprende la Storia particolare di quelle Città, delle quali se ne riportano, ed illustrano separatamente gl’antichi Monumenti. Opera del padre D. Giuseppe Maria Pancrazj cherico regolare teatino, patrizio cortonese, Accademico Etrusco, e Socio Colombario Fiorentino, tomo I: Diviso in due parti. Nella prima si contengono le notizie generali di quest’Isola. Nella seconda la Pianta, XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 397 non la prima, che il monarca napoletano venne associato visivamente con l’attività antiquaria svolta proprio nel regno delle Due Sicilie108. In più, sebbene la pubblicazione non fosse un’impresa regia, Pancrazi, che decise di venire a Napoli per ultimare il suo progetto editoriale, ebbe l’opportunità d’impiegare parte dell’équipe di artisti che lavoravano sotto la direzione del Bayardi per riprodurre, precisamente, i reperti antichi di Ercolano109. Pancrazi incluse ben tre ritratti di Carlo di Borbone in quella pubblicazione (Figg. 29-31). Il primo (Fig. 29), e più grandioso, prende tutta la pagina dopo il frontespizio ed è opera dell’incisore Francesco Cepparuli, che aveva lavorato precisamente nel primo progetto editoriale della monarchia per riprodurre le antichità ercolanesi, il già accennato volume Disegni Intagliati (Fig. 21)110. riprendendo quasi esattamente un prototipo ideato anni prima dal Bonito, la stampa espone ancora l’immagine guerriera del Monarca senza fare nessuna connessione con la natura tematica del libro111. Gli altri due ritratti (Figg. 30 e 31), all’inizio e alla fine della dedica, presentano anche Carlo in veste militare, ma introducendo qualche segno visuale al fine di collegare l’effigie del Sovrano con l’antichità romana. Il primo dei due (Fig. 30), ad esempio, introduce la corona d’alloro, che dona al le varie Vedute, e la Descrizione dell’antico Agrigento. Alla S. R. M. di Carlo re delle Due Sicilie di Gerusalemme, &c. Infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, Castro, Ec. Gran Principe ereditario di Toscana, Ec., Pellecchia, Napoli 1751. Su Pancrazi e questa opera, vedi Mario BEVILACQuA, Roma, Firenze, Agrigento: Giuseppe Maria Pancrazi e la pubblicazione delle ‘Antichità Siciliane spiegate’ (1751-1752), in La Sicilia e il Grand Tour. La riscoperta di Akragas, 1700-1800, a cura di Alessandro CArLINo, Gangemi, roma 2009, pp. 73-109. 108 Giuseppe CAStELLANo, Mons. Ottavio Antonio Bayardi e l’illustrazione delle antichità d’Ercolano [II], in «Samnium», a. XVIII, 1945, n. 3-4, pp. 185-94, pp. 193-4; Fausto zEVI, Gli scavi di Ercolano e le ‘Antichità’, in raffaele AJELLo; Ferdinando BoLoGNA; Marcello GIGANtE e Fausto zEVI, Le Antichità di Ercolano, cit. nella nota 2, p. 13 e i lavori di Agnes ALLroGGEN-BEDEL: Archäologie und Politik, cit. nella nota 2, pp. 220 e 251 e L’antico e la politica culturale, cit. nella nota 65, pp. 54 e 56. 109 Vedi Michelangelo SCHIPA, Il regno di Napoli, cit. nella nota 28, p. 275, nota 2; Giuseppe CAStELLANo, Mons. Ottavio Antonio Bayardi, cit. in nota precedente, p. 193 e Mario BEVILACQuA, Roma, Firenze, Agrigento, cit. nella nota 107, pp. 90-1. 110 Vedi la bibliografia citata nella nota 15. Sull’attività del Cepparuli, vedi Giovanni GorI GANDELLINI, Cepparuli, Francesco, in Notizie istoriche degl’intagliatori, cit. nella nota 58, vol. I, p. 258. 111 Vedi nota 105. Interessante è l’uso della cornice per inquadrare l’effigie del re, che Paderni riprenderà nella sua composizione. Comunque, Cepparuli non è il primo ad impiegare questo dispositivo nella ritrattistica carolina. Il secondo volume di questa opera porta il ritratto della regina disegnato anche dal Cepparuli e che fa da pendant a quello del Sovrano: vedi Giuseppe Maria PANCrAzI, Antichità Siciliane, cit. nella nota 107, tomo II: Diviso in due parti. Nella prima si contengono altre notizie generali di quest’Isola : nella seconda si principia a ragionare dei fatti degli Agrigentini, si descrive la magnificenza di essi, e si espongono in tante Tavole separate gl’antichi loro Monumenti nella maniera, che attualmente esistono. Alla S. R. M. di Maria Amalia, regina delle Due Sicilie, principessa di Polonia, e Sassonia, Pellecchia, Napoli 1752. 398 Verso la riforma della Spagna: Appendice re una certa impronta imperiale. Nel secondo (Fig. 31), invece, l’armatura indossata da Carlo è una strana fusione fra quelle contemporanee del Settecento e quelle invece usate dagli eserciti dell’Impero. È solamente in quest’ultimo ritratto che, grazie all’iscrizione «FELIX urBIVM rEStItVtIo» e alla posa del Sovrano, si vede in maniera chiara l’attività culturale svolta dalla monarchia di Carlo che, con gesto sicuro, fa innalzare le due allegorie delle città risuscitate grazie al suo patrocinio: Ercolano e Pompei. tuttavia, l’immagine marziale del Monarca è preponderante in questo volume e la sua rappresentazione come re archeologo o antiquario, sebbene sembri tanto esplicita, in realtà rimane attenuata112. La composizione del Paderni non è pertanto né eccezionale né anomala; anzi, si integra in maniera intelligente nella ritrattistica del Sovrano adattando alle specifiche necessità rappresentative di una nuova impresa editoriale un topos molto presente nella figurazione regia. Infatti, la stampa afferma l’immagine di uomo deciso e risoluto che ancora nel 1755 si voleva offrire del re delle Due Sicilie, che in quella stessa data ricevette il più ambizioso ritratto regio commissionato in quel decennio: la grande tela di Francesco Liani che mostra il Sovrano a cavallo (Fig. 32)113. Carlo, in abiti da caccia, si presenta sicuro e, sebbene non indossi alcuna armatura, appare tuttavia come il perfetto monarca capace di garantire con energia l’autonomia del suo regno114. La rappresentazione esplicitamente marziale dell’immagine sovrana continuò ad essere presente in quelli anni, e appare ancora evidente nel ritratto del re di forma ovale, opera anche del Liani, conservato oggi al museo di Capodimonte (Fig. 33)115. Questo dipinto non è datato, ma sappiamo che nel 1755 Liani fece non solo il grande ritratto equestre di Carlo di Borbone ma anche un altro, più piccolo, da porsi nella sala dove si riuniva la giunta di Guerra116. Nell’anno precedente, Liani era stato nominato pittore di Camera del re per avere 112 Vedi anche la dedica scritta, che riprende il leitmotiv militare. La datazione del dipinto nel 1755, già indicata in renato ruotoLo, La decorazione delle regge di Carlo e Ferdinando IV, in I Borboni di Napoli, a cura di Nicola SPINoSA, Franco Di Mauro, Napoli 2009, pp. 315-61, p. 321, nota 59, è adesso confermata dal documento riprodotto in Documenti, n. 20. Sul dipinto, vedi Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte. Le collezioni borboniche e post-unitarie, vol. III: Dipinti del XVIII secolo, a cura di Nicola SPINoSA, Electa Napoli, Napoli 2010, n. 86a, p. 91, scheda fatta da umberto BILE. 114 Su Liani, vedi Mariaclaudia Izzo, Francesco Liani nelle collezioni del Museo Campano, Spring Edizioni, Caserta 2003, e la voce Liani, Francesco, fatta da Manuela GIANANDrEA, in DBI. 115 Cfr. Museo e Gallerie Nazionali di Capodimonte, cit. nella nota 113, n. 87a, p. 92, scheda fatta da umberto BILE. Esistono altre versioni di questo dipinto: vedi Massimo PISANI, Ritratti napoletani dal Cinquecento all’Ottocento, Electa, Napoli 1996, pp. 66-7 e Ritorno al barocco. Da Caravaggio a Vanvitelli, vol. II, a cura di Nicola SPINoSA, Electa Napoli-Arte’m, Napoli, 2009, p. 212. 116 Mariaclaudia Izzo, Francesco Liani, cit. nella nota 114, p. 58, doc. 1. 113 XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone 399 avuto «[…] la suerte de hacer con acierto los retratos de Sus Magestades y de toda su real familia»117. Non è pertanto da escludere che il dipinto non datato che oggi si trova a Capodimonte, e che fa pendant con quello della regina Amalia, sia precisamente questo fatto dal Liani nel 1754 e che Paderni s’ispirasse ad esso per comporre il suo disegno nel 1755, specialmente se teniamo conto del formato scelto e della particolare posa e raffigurazione del Sovrano118. IV La stampa di Paderni-Morghen ebbe una notevole fortuna visiva nel Settecento grazie, probabilmente, all’ampia diffusione che ebbero dopo il 1757 Le Antichità di Ercolano Esposte119. Sono due le incisioni che, in maniera chiara, mostrano la trasformazione di questa immagine in una vera icona di Carlo di Borbone. La prima (Fig. 36), di Huquier, riprende esattamente la composizione del Paderni quale modo di rappresentare il Sovrano dopo il 1759120. L’artista modifica tre importanti elementi per adattare il ritratto alle necessità iconografiche del momento: cancella sia l’iscrizione della cornice sia quella della lapide, in modo di evitare adesso l’associazione di Carlo III, ormai re di Spagna, con le Due Sicilie, e modifica la scena di battaglia dietro al re (Fig. 38)121. Huquier raffigura invece un evento che sembrerebbe descrivere lo sbarco di Carlo III a Barcellona nell’ottobre 1759, sebbene la mancanza di dati sulle circostanze della commissione di questa stampa non permetta di sostenere con tutta certezza quest’affermazione. L’altra stampa (Fig. 37), più modesta, copia invece solamente il ritratto del sovrano, cancellando tutti gli elementi allegorici dell’incisione originale e alterando l’iscrizione della cornice per mostrare la nuova intitolazione di Carlo III come monarca ispanico122. L’autore, Francesco Giomignani, che fece parte della ‘scuola 117 Vedi Documenti, n. 19. Curiosamente, Liani fece il disegno del ritratto in posa militare di Ferdinando IV che, inciso nel 1789 da Guglielmo Morghen, secondogenito di Filippo, fa parte dell’VIII volume della serie de Le Antichità di Ercolano Esposte pubblicato nel 1792. 119 Vedi i diversi volumi dell’epistolario tanucciano dopo il 1757, così come Maria Gabriella MANSI, Libri del re, cit. nella nota 2, p. 138 ss. 120 Come quella del Cepparuli, presenta un pendant della regina: vedi Fig. 35. 121 Vedi ángel BArCIA PAVóN, Catalogo de los retratos de personajes españoles que se conservan en la sección de estampas y de bellas artes de la Biblioteca nacional, Est. tip. de la viuda é hijos de M. tello, Madrid 1901, p. 184, n. 374/21 ed Elena PáEz ríoS, Iconografia Hispana. Catálogo de los retratos de personajes españoles de la biblioteca Nacional publicado por la seccion de estampas, vol. I: A-CH, Madrid 1966, p. 506, n. 1711/9. 122 ulrico PANNutI, Incisori e disegnatori della stamperia reale, cit. nella nota 5, p. 167 segnala, ma non riproduce, questa incisione nella sua biografia su Giomignani. ringrazio Daniel Aznar per avermi fatto conoscere questa incisione e avermene dato una riproduzione. L’originale appartiene alla Sacra y Militar Orden Constantinana de San Jorge, Delegación del Principado de Cataluña. 118 400 Verso la riforma della Spagna: Appendice ortici’ lavorando già al terzo volume de Le Antichità di Ercolano Esposte, trasforma piccoli dettagli e fa risaltare l’ordine Costantiniano di San Giorgio sotto la cornice in modo di adattare l’immagine alla natura del libro dov’è inserita123. Finalmente, l’anonimo dipinto (Fig. 34) che oggi si trova in La Carolina, città fondata in Spagna nel 1767 da Carlo III traverso il notevole progetto di colonizzazione e ripopolamento denominato Nuevas Poblaciones de Andalucía y Sierra Morena, riprende ancora in maniera più precisa il modello di PaderniMorghen124. Sebbene la qualità dell’opera sia assai modesta, questa dimostra tuttavia la significativa fortuna visiva che il prototipo creato nel 1755 dal Paderni ebbe ancora in Spagna dopo la proclamazione di Carlo III come sovrano di quel regno nel 1759125. *** L’interesse della composizione creata dal Paderni è indiscutibile. Come abbiamo visto nelle pagine precedenti, la sua analisi e interpretazione è complessa e richiede una lettura integrata non soltanto della storia archeologica ed editoriale degli scavi di Ercolano e di Pompei, ma anche della composizione e fortuna dell’iconografia carolina. ulteriori ricerche permetteranno anche di comprendere più esattamente le funzioni che ebbero le immagini regie nella politica culturale dei Borbone e le necessità rappresentative della monarchia delle Due Sicilie nei progetti editoriali ideati successivamente per i diversi Segretari di Stato di Carlo di Borbone dal 1738 al 1759. 123 Filippo MuSENGA, La Vita di Costantino il grande in sei libri divisa, coll’aggiunta ne’ susseguenti Tomi di critiche Dissertazioni su i passi più controversi, che s’incontrano nella medesima Vita; di Appendici pertinenti al Sacro Real Ordine de’ Cavalieri Costantiniani di S. Giorgio; Delle Regole ad essi prescritte, approvate dalla Sede Apostolica; e de’ Privilegj concessi all’Ordine da tant’ Imperadori, Sovrani, e Sommi Pontefici. Tomo Primo umiliato alla Sacra Real Cattolica Maestà di Carlo III. Monarca delle Spagne, dell’Indie &c. &c. &c. dall’Abbate Filippo Musenga, Segretario del medesimo Ordine nella Real Deputazione in Napoli, per Vincenzo Flauto, Napoli 1769. 124 ringrazio la direzione del Museo de La Carolina per avermi concesso il permesso di riprodurre questo dipinto. Sono anche molto riconoscente al curatore Pedro ramos Miguel per avermi inviato gentilmente il dossier dov’è descritta e analizzata accuratamente questa opera. Curiosamente, anche un dipinto con il ritratto di Carlo di Borbone alla maniera di Paderni-Morghen appare nel film Breakfast at Tiffany’s (1961) come decorazione dell’appartamento del protagonista maschile Paul Varjak (vedi specialmente dopo 1:21:14). 125 Ancora un’altra stampa anonima (BNE, IH/1711/24), e che porta questa iscrizione «CAroLVS III D. G. HISPANIArVM Et INDIArVM rEX», riprende parzialmente il modello creato da Paderni. Vedi Elena PáEz ríoS, Iconografia Hispana, cit. nella nota 121, p. 508, n. 1711/24. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone: Documenti 401 DOCUMENTI 1. José Joaquín de Montealegre a roque Joaquín de Alcubierre, Napoli 8 febbraio 1740 (copia), in ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1537, f. 15: «A Alcubierre. Queda el rey en inteligencia de lo que Vuestra Merced me expresa en su carta de 7 del corriente tocante al diseñador de roma que se halla en compañia del escultor Joseph Canart en ese sitio, y ya se previene a éste lo que conviene tocante a la sospecha de que se saquen los diseños de las estatuas, pinturas y otras cosas antiguas de las grutas de resina para que conozca quan delicado es Su Majestad en esto y lo que conviene que no se extraiga ningun diseño de dichas antigüedades. […]». 2. Il cardinale Acquaviva al marchese di Villarías, roma 9 settembre 1745 (copia), in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 308, pp. 222-3: «Al Señor marqués de Villarías en 9 de septiembre de 1745. Hallase aqui de muchos años de esta parte don Francisco de La Vega, español, y ha adelantado tanto en su profesion de dibujar todo genero de cosas que es el mas excelente y superior a todos, de manera que qualquiera que necesita en esta corte de algun diseño o dibujo particular se vale de él. Este sugeto recurre a la piedad y clemencia del rey con el incluso memorial y, ademas de ser verdad quanto representa, puedo asegurar a Vuestra Excelencia que me parece conveniente se haga llamar ahí al mismo para servir, y precisamente para emplearlo en las obras de pinturas del nuevo real palazio que se fabrica en Madrid, pues, como llevo referido, su habilidad es grande y extraordinaria y a fin que pueda ver Vuestra Excelencia y reconocer una muestra de ella, le remito con este correo dos diseños hechos por él y sacados de las pinturas del Vaticano dentro de una Lata; y si Su Majestad lo aprovase, podria llevar consigo muchos de estos diseños para ornamento del real Palazio. Dios guarde». 3. Il marchese Giovanni Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, Portici 18 maggio 1747, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1134: «El rey ha resuelto que hasta tanto que no se haga al dibujante Francisco La Vega el asiento del sueldo que deberá gozar, le socorra Vuestra Señoría promptamente con cincuenta y dos ducados por una vez para ocurrir a su mantenimiento, y assi lo prevengo a Vuestra Señoría de orden de Su Majestad para su cumplimento. […]». 4. José de Carvajal a Alfonso Clemente de Aróstegui, Aranjuez 12 giugno 1747, in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 196: «teniendo presente el rey la notizia que el difunto cardenal de Aquaviva [cardenal trojano Acquaviva d’Aragona] dio y Vuestra Señoría confirmó de las reiteradas pruebas de habilidad dadas por don Francisco La Vega, especialmente en la invencion y gusto de la parte de pinturas que toca a adornos interiores para templos y palacios, ha mandado Su Majestad a su arquitecto mayor que me presente dos planos generales de los cortes, dimensiones y figuras de las bobedas, entreventanas, lienzos de paredes, puertas y sobrepuertas de los dos quartos reales de Su Majestad y de la reyna. y aviendo cumplido la 402 Verso la riforma della Spagna: Appendice orden el arquitecto mayor y presentado yo al rey los mismo dos planos, ha resuelto Su Majestad que los remita originales a Vuestra Señoría a fin que, luego que lleguen a sus manos, llame al citado don Francisco La Vega y se los entregue con el especial encargo de que, enterandose bien de todo lo que combenga saber, se dedique a yr inventando, proporcionando y respectivamente copiando de los mas celebres autores aquellos dibujos y adornos que le parecieren mas dignos de executarse en la principal casa de la monarquia, que ha de ser siempre la residencia ordinaria de Su Majestad. Conforme vaya adelantando el pintor esta obra, quiere el rey que los dibujos se entreguen a Vuestra Señoría y que me los remita para que yo pueda ponerlos presentes a Su Majestad a fin que elija y, al tiempo devido, mande poner en practica los que fueren mas de su real agrado. En los mismos planos hallará Vuestra Señoría la quantidad integra del pie castellano, para que Vega no pueda dudar de las dimensiones. Si alguna otra necesitare o, para el mayor acierto, le ocurriere hacer alguna pregunta, podrá participarla a Vuestra Señoría para que, avisandomela, mande yo al arquitecto mayor que satisfaga o que execute lo que fuere correspondiente. Participolo a Vuestra Señoría de orden del rey para que disponga y cuide de su cumplimiento. Dios guarde a Vuestra Señoría muchos años como deseo. Aranjuez 12 de junio de 1747. Joseph de Carvajal y Lancaster. Señor don Alfonso Clemente de Arostegui». 5. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, roma 13 luglio 1747 (copia), in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 310, pp. 194-8: «Al mismo señor Carvajal en 13 de julio 1747. Con carta de 12 del pasado se sirve Vuestra Excelencia remitirme los planos generales que de orden del rey Nuestro Señor ha formado su arquitecto mayor de los cortes, dimensiones y figuras de las bovedas, entreventanas, lienzos de paredes, puertas y sobrepuertas de los dos quartos reales de Su Majestad y de la reyna para que, llamando a don Francisco La Vega, se los entregue a fin que, enterandose bien de todo lo que convenga saber, se dedique a hir inventando, proporcionando y respectivamente copiando de los mas celebres autores aquellos dibujos y adornos que le pareciesen mas dignos de executarse en la principal casa de la monarquia. Que conforme vaya adelantando la obra quiere Su Majestad que los dibujos se entreguen a mí y que los embie yo a Vuestra Excelencia para hacerlos presentes a Su Majestad a fin que elija y, a su tiempo, mande poner en practica los que fueren mas de su real agrado. Que en los mismos planos se hallara la quantidad integra del pie castellano para que no se pueda dudar de las dimensiones. y que si alguna otra se necesitase o, para el mayor acierto, ocurriere el citado Bega hacer alguna pregunta, me la participe para avisarla yo a Vuestra Excelencia. En respuesta de todo lo que devo decir a Vuestra Excelencia que hace cinco o seis meses que fue el Bega a Napoles a travajar de orden del rey de las Dos Sicilias con sueldo fijo y que por esta razon le escrivi[e]se a aquella corte para ver si puede desde alli poner en execucion la diligencia que se desea, embiando al intendente don Antonio del rio los citados papeles para que se los consigne seguramente, y quando no pueda practicar la mencionada diligencia que me los debuelva. Esto es lo que presentemente se me ofreze significar a Vuestra Excelencia quedando en el cuydado de avisar a Vuestra Excelencia la respuesta que me diere el citado Bega. Dios guarde». XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone: Documenti 6. 403 Il marchese Giovanni Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, Napoli 2 agosto 1747, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1134: «Haviendo resuelto el rey que Vuestra Señoría haga satisfacer al dibujante o diseñador Francisco La Vega veinte y seis ducados al mes, que fue la assignacion en que se convino en roma y fue admitido al real servicio con destino a copiar o diseñar las pinturas antiguas que se han sacado y se van sacando de las excavaciones subterraneas de resina, y que dicha cantidad mensual se bonifique y pague al referido Vega para desde 1º de marzo del corriente año en adelante, lo participo y prevengo a Vuestra Señoría de orden de Su Majestad para su inteligencia y cumplimiento. […]». 7. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, roma 10 agosto 1747 (copia), in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 310, pp. 223-5: «Al mismo señor Carvajal en dicho dia 10 de agosto 1747. Hallandose en Napoles don Francisco de La Vega segun tengo participado a Vuestra Excelencia y haviendo escrito a don Antonio del rio para que le hiciese llamar y viese si podria encargarse de los planes generales que Vuestra Excelencia me remitio de los cortes, dimensiones y figuras de la bovedas, entre-ventanas y lienzos de paredes, puertas y sobrepuestos [sic] de los dos quartos reales de Su Majestad y de la reyna Nuestra Señora para examinarlos y dedicarse a inventar, proporcionar y copiar de los mas celebres autores aquellos dibujos y adornos que le pareciesen mas dignos de trasladarse, paso a manos de Vuestra Excelencia la adjunta copia de carta del dicho don Antonio del rio en que da la respuesta del referido Vega, y suplico a Vuestra Excelencia se sirva prevenirme si, en consequencia de ofrecerse este sujeto venir aqui a la refrescada, que es a los principios de noviembre, debere yo avisarle o no que se trasfiera a esta capital para el fin expresado, y en el interin le hare saber que he dado quenta a Vuestra Excelencia de su resolucion para esperar la orden correspondiente. Dios guarde a Vuestra Excelencia muchos años». 8. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, roma 21 diciembre 1747 (copia), in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 310, pp. 418-20: «Al mismo señor Carvajal en 21 de xbre de 1747. teniendo avisado a Vuestra Excelencia que por hallarse en Napoles don Francisco de La Vega no podia aplicarse a inventar y proporcionar de los mas celebres autores de esta corte los divujos y adornos que le pareciesen mas dignos de executarse en la principal casa de la monarchia, que ha de ser siempre la residencia ordinaria de Su Majestad, para cuio efecto me remitió Vuestra Excelencia con su carta de 12 de junio de este año los planos generales de los cortes, dimensiones y figuras de las bobedas, entreventanas, lienzos de paredes, puertas y sobrepuertas de los dos quartos reales de Su Majestad y de la reyna, pero que havia ofrecido trasferirse a esta capital el mes proximo pasado de 9bre para el referido fin, y no haviendome respondido Vuestra Excelencia en este propósito, no escuso de suplicarle prevenirme si debe este sugeto venir aqui para el referido efecto, particularmente solicitandolo él mismo. Dios guarde &c.». 404 9. Verso la riforma della Spagna: Appendice Il marchese Giovanni Fogliani a Giovanni Bernardo Voschi, 16 settembre 1748, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1138: «Haviendo admitido el rey a su real servicio el gravador Nicolas Billi y el diseñador Camillo Paderni, al primero con el sueldo de treinta excudos romanos al mes y al segundo con el de veinte y cinco excudos de la misma moneda al mes, y haviendose servido Su Majestad aumentar al diseñador Francisco de la Vega otros cinco excudos tambien romanos al mes, cuios goces y aumento manda Su Majestad que corran para desde primer de agosto próximo pasado en adelante y se satisfagan del mismo fondo que se han pagado hasta ahora los sueldos del gravador Pozzi y del citado diseñador Vega, lo prevengo [...]». 10. José de Carvajal a Alfonso Clemente de Aróstegui, Buen retiro 8 ottobre 1748, in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 197, folio 192: «En 10 de agosto del año pasado me dijo Vuestra Señoría que don Francisco de La Vega (que se hallaba en Nápoles dibujando en el palacio de Portici) estaba pronto a encargarse de los dibujos de los cortes, dimensiones y figuras de las bovedas, entreventanas, lienzos de paredes, puertas y sobre puertas de los quartos del nuebo real palacio de Madrid. y respecto de que se va adelantando el tiempo espero que Vuestra Señoría me diga si Vega permanece aun en Napoles o si se ha retirado a roma, y si ha adelantado algo en este encargo o esta en animo de evacuarle. Dios guarde a Vuestra Señoría muchos años como deseo. Buen retiro 8 de octubre de 1748. Joseph de Carvajal y Lancaster. Señor don Alfonso Clemente de Arostegui». 11. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, roma 24 ottobre 1748 (copia), in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 311, pp. 209-11: «Al señor Carvajal en 24 de 8bre de 1748. Es asi como Vuestra Excelencia me expresa+ ([in margine] +en su carta de 8 del corriente) que en 10 de agosto del año pasado [vedi n. 7] avise a Vuestra Excelencia que don Francisco de La Vega, que se hallaba en Napoles dibujando en el palacio de Portici, estaba pronto a encargarse de los dibujos de los cortes, dimensiones y figuras de las bobedas, entreventanas, lienzos de paredes, puertas y sobrepuertas del muevo real palacio de Madrid. Pero no haviendome Vuestra Excelencia prevenido nada sobre esto, bolví a escrivir a Vuestra Excelencia en 21 de 10bre [vedi n. 8] para que me dixese si debia o no venir aqui este sugeto para el referido efecto, de lo que tampoco tuve respuesta alguna. En consecuencia de esto y de lo que ahora me insinua Vuestra Excelencia, debo decirle que este sugeto se halla todavia en Napoles sin haver adelantado este encargo por la razon de no haverme Vuestra Excelencia ordenado positivamente que viniese aqui a ejecutarlo, y que sera dificultoso que se pueda trasferir ahora por estar al servicio de Su Majestad Siciliana con sueldo, y presentemente mui ocupado en aquella corte. Con todo eso le escribiré mañana si podrá venir aqui o no, y entre tanto suplico a Vuestra Excelencia en este caso, o en el de que desde allá pueda adelantar esta dependencia y evacuarla, ordenarme lo que deberé ejecutar para poder yo avisarselo con tiempo. Dios guarde &c.». XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone: Documenti 405 12. Alfonso Clemente de Aróstegui a José de Carvajal, roma 7 novembre 1748 (copia), in AHN, Ministerio de Asuntos Exteriores, Santa Sede, legajo 311, p. 218: «Al señor Carvajal en 7 de 9bre de 1748. En consequencia de quanto avisé a Vuestra Excelencia el correo pasado acerca de si vendria aquí o no don Francisco de La Vega a encargarse de los dibujos de los cortes, dimensiones y figuras de las bovedas, entreventanas y demas del nuevo real palacio, remito ahora a Vuestra Excelencia las copias adjuntas de lo que en este proposito he escrito asi a este sugeto como a don Antonio del rio+ ([in margine] +y la respuesta de éste), para que en vista de todo se sirva Vuestra Excelencia ordenarme lo que deberé ejecutar. Dios guarde &c.». 13. ottavio Antonio Bayardi a Anton Francesco Gori, Napoli 15 agosto 1752, in BMF, Mss. BVII4, ff. 24r-25v e 4r-5r126: «Con del ribrezzo a dire il vero trasmetto a V. S. Ill.ma le due prime parti del Prodromo appartenente alle Antichità di Ercolano, che le saranno dal Sig. Prior Viviani consegnate, riflettendo alla di lei somma profonda erudizione, per mezzo di cui si è Ella tanto distinta nella Età nostra. So Io pure, che nulla di quanto dico le giungerà nuovo, anzi forse troverà da ridire in ciò che ò detto; ma non potevo fare ammeno di non usare verso di Lei il dovuto rispetto mandandole un’opera di cui si era costituito creditore col dare alla luce i primi saggj di ciò che eravi tralle ruine d’Ercolano dissotterrato. Se i di lei notiziarii fossero stati più fedeli ed avveduti, sono persuaso, che dalla di lei profonda erudizione sarebbe uscita un’opera, che avrebbe risparmiata a me ogni fatica. Da quanto scriverò nelle mie tre ultime parti del Sud.o Prodromo s’accorgerà, che non erano del tutto illuminati quegli, che le diedero le notizie delle scavazioni. Sig. Proposto veneratiss.mo ò prese le cose molto alla lunga; ma non ne ò potuto farne di meno per giungere allo scopo, che mi sono proposto di verificare l’Epoca giusta della fondazione d’Ercolano di metterne in chiaro il sito e di sviluppare què principj mitologici, che riguardano le pitture, e gli altri monumenti che vi sono disotterrati, che spiegherò con tutta la brevità possibile nell’opera in foglio, che all’uso delle Antichità di Montfaucon uscirà alla luce dopo del Prodromo. Devo intanto dirle, che fralle pitture molti monumenti dell’Etrusca antichità ò incontrati, come Ella potrà riconoscere allora quando saranno usciti alla luce. Non può immaginare mai la quantità dei vasi delle figure e delle iscrizioni ancora all’Etrusca Antichità appartenenti che si vanno tuttodì disperdendo in queste contrade. Alcune iscrizioni sono state da me interamente lette ed anche interpretate coll’uso dè ditti Alfabeti, e coll’intelligenza delle due lingue Greca ed Ebraica. Venghino pure certi cervelli fatti a oriuolo e dichino, che tali iscrizioni sono runiche o Gotiche, che faranno scoppiare dalle risa chi à un po’ di bon senso. Quanto mai le sarebbe debitore il mondo letterario s’Ella dasse alla luce per quanto si può un lessico formale della lingua Etrusca, che la riducesse alle regole grammaticali. Questa Lingua di cui erasi ormai perduta la memoria a [...] deve tutto il suo risorgimento. Ah quanto la doverebbe di più. Se pel di lei mezzo fosse ridotta in istato d’essere appresa. Si bramerebbe ancora che Ella ci distinguesse l’una dall’altra le antiche Lingue Etrusca, Sicula, osca, umbra, Sabina, Sannitica ed Insubra col dar conto quali d’esse fossero lingue particolari, quali dialetti l’uno dell’altra. Se Ella non pesca in si profondo mare, nissuno altro 126 Impiego la trascrizione dell’Epistolario Gori on-line. 406 Verso la riforma della Spagna: Appendice al certo oserà di pescarvi. Io l’assicuro Sig. Proposto, che vorrei avere un poco di libertà per venire in toscana ad abboccarmi con lei per imparare da un’uomo, che Io riconosco per uno de’ più dotti del nostro secolo e per abboccarmi con tanti valenti uomini, de’ quali abbonda la toscana. Dal medesimo Sig. Prior Viviani riceverà un’altro dei miei esemplari per i Sg. Socii Colombari, siccome uno per i Sig.i Accademici Etrusci ne ò mandato al Sig. March.e Marcello Venuti, che unito agli altri due suoi fratelli può chiamarsi il padre di si rinomata Accademia. Egli ancora, com’Ella sa, à scritto d’Ercolano con somma dottrina, avrebbe a me risparmiato l’impaccio se avesse continuato a soggiornare in questa capitale. Abbenchè io da esso disconvenga intorno all’Ercole Sirio, che con ragioni, le quali certo aeree, suppone per il fondatore d’Ercolano, stimo però al sommo ed ammiro l’egregio di lui libro. Si compiaccia V.S. Ill.ma di darmi l’onore de’ veneratiss.mi di lei comandi, mentre con tutta la venerazione mi do il vantaggio di riprofessarmi. Di V. S. Ill.ma.». 14. ottavio Antonio Bayardi a Anton Francesco Gori, Napoli 16 settembre 1752, in BMF, Mss. BVII4, ff. 6r-7v127: «Dice benissimo il mio riv.mo Sig. Proposto. Ma come potevo io incominciare dalla spiegazione de’ monumenti, se a quest’ora non ne sono incisi tanti da formarsi la metà di un tomo. Per due anni vi è stato il solo Incisore Pozzi bravo nel suo mestiere, ma lungo come la quaresima e che a stento mi dava tre rami all’anno. Vi si aggiunse un’altro a forza del mio tempestare, e finalmente dopo tre anni ottenni di poter far venire il terzo. Eccomi con tre incisori, e però con dodici o tredici rami al più per Anno tanto più comodi, quanto che pagati a mese possono senza loro pregiudizio celebrare più d’una Festa fuori del calendario. tutt’in una volta, mesi sono, saltò in testa alla regina di volerli tutti quanti a Caserta per incidervi le piante delle nuove fabbriche, e de’ Giardini di colà, lavoro di due o tre Anni; onde Io mezzo disperato per non trovarmi colle mosche in mano rappresentatane al re la necessità ne ò sostituiti altri tre, anzi due e mezzo, perché il terzo non incide figure, pagandoli non a mesi, ma a fattura, affinché sieno più solleciti. Per la permissione avuta ne ò scritto in roma per qualche altro da pagarsi a lavoro, ma ricusano di venire, perché sull’esempio de’ primi pretendono la mesata. Non mi parerà vero, se terminato il Prodromo tutto quanto averò tante tavole da poter formare un tomo comprese le spiegazioni, che saranno assai laconiche. Come dunque potevo Io incominciare dalla spiegazione de’ monumenti? Sig. Proposto, vale qui il proverbio, che ne sa più il pazzo in casa propria, che il savjo in casa d’altri. Il Sig. cav.le Prior Viviani le dirà, che mi conviene uso di una pazienza da non credervi. resto intanto colla più distinta venerazione quale mi professerò sempre d’essere. Di V.S. Ill.ma.». 15. Il marchese Giovanni Fogliani al marchese Angelo Acciajuoli, 25 novembre 1753, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1151: «Haviendo resuelto el rey que del caudal destinado para la satisfaccion de gastos de las excavaciones subterraneas de resina se paguen al gravador Phelipe Morghen trescientos ducados por el travajo de incidir en lamina tres diseños de pinturas antiguas re127 Ancora secondo la trascrizione dell’Epistolario Gori on-line. XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone: Documenti 407 presentantes, la una, una vista de marina con nave y pays, y las otras dos, dos faunos abrazados con dos mugeres, lo prevengo […]»128. 16. Il marchese Giovanni Fogliani al marchese Angelo Acciajuoli, 3 dicembre 1753, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Conti e Cautele, fascio 1151: «Haviendose dignado el rey venir en conceder a Angelica La Vega, viuda del delineador de las antiguedades de resina Francisco La Vega, la grazia de asignarle diez excudos romanos al mes en roma para que su hijo maior, que esta aplicado al diseño vajo la direccion de su tio Nicolas Vanni, pueda perfeccionarse alli en la architectura vajo un buen maestro sobre los antiguos originales de los mas celebres profesores, prevengo […]»129. 17. Commenti del Bayardi sull’inizio e lo sviluppo della ‘scuola di Portici’, in ottavio Antonio BAyArDI, Lettera di monsignor Ottavio Antonio Bayardi diretta a sua eminenza il sig. cardinale Angiolo Quirino bibliotecario della Santa Romana Chiesa e vescovo di Brescia, Luca Lorenzi, Napoli 1754, pp. 16-21: «Da principio mi proposi nell’animo di formare un Prodromo di tre, o quattro Dissertazioni, poi di venirmene colla maggior possibile sollecitudine alla spiegazione de’ monumenti. Ma la necessaria lentezza degl’incisori mi à fatto cambiar sistema. V. E. ben sa, che a pochi si riduce il numero de’ buoni incisori. Il re ne voleva de’ perfetti; ne capitavano tutto giorno, sì, egli è vero, ma erano per lo più guasta mestieri. Si affacciò rocco Pozzi uno de’ migliori bollini di roma. Ei venne pattuito a soldo mensuale non ad opere compiute. È ben noto a V. E. che un Artefice, benche di retta coscienza, accordato a mesi, sbadiglia qualche volta un poco di più del necessario. Il Pozzi si accinse al lavoro incominciando dalle discoperte pitture, usando però di quella lentezza, che proviene dalla sua scrupolosa diligenza: onde da esso più di tre tavole l’anno non se ne potevano ricavare. Conoscendo io ad evidenza, che il termine delle incisioni sarebbe andato alle Calende Greche, feci istanza acciocche fosse accresciuto il numero degli incisori. Si aggiunse il Vanni, che ad esempio del Pozzi venne mensualmente salariato. Appena si arrivò a dupplicare il numero delle tavole. Dopo quattro anni fu aggiunto il Billi egregio bollino, ma che in conto veruno non fa uso dell’acqua forte, onde assai più lento degl’altri due. Siccome al già valente delineatore de la Vega, quel medesimo che disegnò tutte le Volte del Palazzo Vaticano pel Sig. Cardinal Valenti, invecchiandosi veniva meno la vista, così i disegni non uscivano dalle sue mani colla più esatta perfezzione, e conveniva agl’incisori perdere del tempo per riconfrontarli, onde mi vidi in necessità di proporre un altro deli128 Il duplicato si trova in ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1539, inc. 93: vedi Maria Luisa StorCHI, Segreteria di Casa Reale detta Casa Reale Antica. Fasci 1537-1540, in Fonti documentarie, cit. nella nota 9, pp. 11-63, p. 47. 129 Fogliani si assicurava che l’ordine fosse eseguito scrivendo al duca di Cerisano a roma: «Siendo necessario que para que el joven Francisco La Vega pueda subsistir en roma al estudio de la architectura haga Vuestra Señoría pagar al mismo o a su maestro mensualmente los diez excudos romanos al mes que la piedad de Su Majestad le tiene concedidos a tal fin, lo prevengo a Vuestra Señoría […]», in ASNA, Archivio Farnesiano, busta 1588: il marchese Fogliani al duca di Cerisano, Portici 23 luglio 1754. 408 Verso la riforma della Spagna: Appendice neatore. Venne da roma il Paderni assai diligente nel disegno. Ma ciò non ostante andavano poco avanti; e due anni sono numerando le tavole incise, poco più di venti io ne ritrovai. rappresentai al re, che procedendo in questa guisa, vi volevano de’ secoli, prima che le tavole fossero terminate, e che in conseguenza mi si chiudeva l’adito di farne la spiegazione. Persuasa S. M. di questa verità mi ordinò di far venire due altri incisori da pagarsi a lavoro terminato secondo la stima, che se ne fosse fatta. Vennero il Nolli, ed il Morghen molto noti per l’egregie opere da essi al pubblico esposte. Vi aggiunsi il Francese Pietro Gaultier incisore diligentissimo, particolarmente per le lettere, prospettive, e carte geografiche, benche a qualche ristretta specie di lavori non atto. Mi parve aver toccato il Cielo col dito. Quando tutt’in una volta mi ritrovai sulle secche; perché d’ordine regio furono chiamati a Caserta il Pozzi, ed il Nolli per incidere i molti disegni del celebre Sig. Luigi Vanvitelli al palazzo, e giardini di quella nuova reale Villa appartenenti. Eccomi di bel nuovo con soli tre incisori, il Billi lento, perché a solo bollino, il Morghen, ed il Gaultier non per tutti i disegni. La morte del De la Vega mi obligò col regio assenso a sostiturgli il Vanni per disegnatore, venendovi anche costretto dalla necessità, perché egli attaccato da mal di petto, non era più in istato d’incidere in rame, essendo per altro un’ egregio delineatore, e poco più poteva servire il Paderni alla custodia del Museo dal re destinato, sì per la sua fedeltà, sì per essersi egli offerto di pulire gli antichi metalli incrostati per lo più di lava Vesuviana, e di terra quasi impetrita, senza sformarli, e senza toglier loro l’antica patina. In sette anni dacche si è incominciato il lavoro, sono giunto a conseguire quaranta tavole, che compresa una succinta succosa spiegazione, appena arriveranno a formare un tomo in foglio. Se con un breve Prodromo da terminarsi in pochi mesi mella fossi passata, convenivami restare a bada per lunghissimo tratto di tempo, e sarebbero scorsi degl’anni dalla pubblicazione di questo a quella del primo tomo de’ monumenti. Vscirono frattanto molti opuscoli spettanti ad Ercolano; alcuni certamente buoni; alcuni mediocri, alcuni veramente degni di compassione. La maggior parte degli Autori si sono attenuti a relazioni venute da Napoli bene spesso informi, o poco sincere. Si eccitò la controversia del sito. Chi vuole Ercolano ove si sono le note ruine discoperte, chi non ve lo vuelo. Si entra da alcuni nell’origine, ne’ progressi, e nel fine della sudetta Città, né i pareri sono concordi. In uno di questi opuscoli, che senza fallo è il migliore, opera di un rinomato Accademico Etrusco, si tratta diffusamente d’Ercole, e la fondazione d’Ercolano all’antichissimo Ercole Fenicio si attribuisce. In tale occasione di alcuni punti alla antica Greca storia spettanti con molta erudizione si tratta. uscirono alcune lettere intorno al sito dell’antica retina, ed alla lettera di Plinio, altre sul proposito della tavola Peutingeriana, e si in queste, che in quelle della storia romana alcuni passi si spiegano. Approfittandomi dunque del tempo, che mi somministrava la lentezza degl’incisori, ed eccitato da ciò, che vidi trattato ne’ riferiti opuscoli, mi determinai di prendere la cosa alla lunga, e di entrare seriamente in ogni genere di controversie, che potessero avere con Ercolano qualche correlazione». 18. Sir James Gray a thomas robinson, Napoli 29 ottobre 1754 (copia), in BL, Mss. Egerton 3464, ff. 319-320: «Dear sir, Having nothing of business to trouble you with, I have not wrote any publick letter by this post, but as I know you are a friend to learning and an admirer of the antients, XI. Camillo Paderni e il ritratto di Carlo di Borbone: Documenti 409 imagine you will be pleased to hear that several curious & valuable are daily found in the mines of antiquities at Portici. they have lately met with more rolls of papyri of different lenghts & sizes, some with the umbilicus remaining in them. the greater part are Greek in small capitals. the canonico Mazocchi, who is much esteemed for his learning & knowledge of antiquity, is employed in copying & explaining five entire columns that have been lately unrolled of one of the papyri, which gives some hopes of farther discoveries. this manuscript treats of musick & poetry. the epicurean philosophy is the subject of another fragment. A small bust of Epicurus with his name in Greek characters was found in the same room and was possibly the ornaments of that part of the library where the writings, in favour of his principles, were kept, and it may also be supposed that some other heads of philosophers, found in the same room, were placed with the same taste and propriety. Last week were found two fine bronze heads of excellent workmanship: one of Seneca and another of a captive king. When any thing curious is discovered, the king usually shews to us after his dinner, in which he takes great pleasure, and indeed spares no expence in recovering & preserving these valuable remains. In order to satisfy the curiosity of the publick, he has ordered a catalogue to be printed with some designs of the principal statues & paintings, which will be published soon. A more exact account of these discoveries will, some time or other, be given by monsignor Baiardi who, in three large quarto volumes already printed, has not finished his introduction. I ought not to take up your time with these matters which, however, have not always been indifferent to you and, therefore, hope you will excuse my laying hold of any pretence of paying my acknowledgment to you, and assuring you that I am &c.a». 19. Il marchese Giovanni Fogliani al principe di Francavilla, Portici 2 novembre 1754, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Maggiordomia Maggiore e Soprintedenza Generale di Casa Reale, fascio 2646: «Que Su Majestad concede los honores de pintor de Camara a don Francisco Liani. Al pintor Francisco de Liano, que ha tenido la suerte de hacer con acierto los retratos de Sus Magestades y de toda su real familia, se ha servido el rey conceder los honores de su pintor de Camara, y asi lo participo de orden de Su Majestad para que le reciva el juramento correspondiente. […]». 20. ordine di pagamento del signor principe di Francavilla, maggiordomo maggiore del re, Napoli 24 agosto 1755, in ASNA, Archivio Amministrativo di Casa Reale, III Inventario, Maggiordomia Maggiore e Soprintedenza Generale di Casa Reale, fascio 2130: «[riassunto] Que al pintor de Camara Francisco Liani se libren 400 ducados por recompensa de dos retratos que ha hecho de Su Majestad y de la reyna Nuestra Señora a caballo con vestidos de caza que se ha colocado en el real palazzo de Caserta». «Señor Don Phelipe Mendez de Castro, secretario de Su Majestad Catolica, del consejo del rey Nuestro Señor, su secretario contralor de su real Casa y vehedor de su real Capilla, Ca130 ringrazio Vincenza tempone che gentilmente mi indicò questo documento molti anni or sono. 410 Verso la riforma della Spagna: Appendice mara y Cavalleriza. Haviendo resuelto el rey que por las ofizinas de su real Casa se libren y paguen al pintor de Camara Francisco Liani quatrocientos ducados por una sola vez y en recompensa de los dos retratos que ha executado de Su Majestad y de la reyna Nuestra Señora a cavallo con bestidos de caza que se han colocado en el real palazio de Caserta; lo comunico a esa ofizina […]». 21. Bernardo tanucci a tommaso trabucco, Portici 8 maggio 1756, in ASNA, Segreteria di Stato di Casa Reale, fascio 1131, ff. 132v-133r: «Haviendose obligado el gravador Phelipe Morghen a abrir en lamina el retrato del rey Nuestro Señor por el prezio de 280 ducados y cumplido ya exactamente con esta obligacion a satisfaccion de Su Majestad prevengo a Vuestra Merced de su real orden que del caudal destinado para los gastos de las excavaciones subterraneas de resina satisfaga promptamente al Morghen los expressados 280 ducados». FINE INDICE DELLE oPErE rIProDottE* Fig. 1. Camillo Paderni, Ritratto di Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie. Datato e segnato: «Camillus Paderni in. et feci 1755». Penna e inchiostro su carta: 42’5 x 30 cm (foglio: 49’5 x 38 cm). Parigi, collezione privata. Fig. 2. Camillo Paderni, disegnatore, e Filippo Morghen, incisore, Carolvs Hisp. Infans Vtrivsq. Sicil. et Hier. Rex, 1757. Fig. 3. Camillo Paderni, disegnatore, e Filippo Morghen, incisore, Carolvs III. Hispania Atque Indiarvm Rex., 1760. Fig. 4. Frontespizio. Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. I: Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo Primo, regia Stamperia, Napoli 1757. Fig. 5. Frontespizio. Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. II: Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo Secondo, regia Stamperia, Napoli 1760. Fig. 6. Francisco La Vega, disegnatore, e rocco Pozzi, incisore, Le Antichità di Ercolano Esposte, antiporta. Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. I: Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo Primo, regia Stamperia, Napoli 1757. Fig. 7. ritratto e dedica «AL rE». Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. I: Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo Primo, regia Stamperia, Napoli 1757. Fig. 8. Dedica «AL rE». Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. I: Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo Primo, regia Stamperia, Napoli 1757. Fig. 9. Nicola Vanni, disegnatore, e rocco Pozzi, incisore, Carolvs Vtr. Sic. Rex Hisp. Inf. Fig. 10. Giovanni Morghen, disegnatore, e Filippo Morghen, incisore, Carolvs Vtr. Sic. Rex Hisp. Inf., dettaglio Fig. 4. Fig. 11. Giovanni Morghen, disegnatore, e Filippo Morghen, incisore, Carolvs III. Hispaniarvm atqve Indiarvm Rex, dettaglio Fig. 5. Fig. 12. Data e firma di Camillo Paderni, dettaglio Fig. 1. Fig. 13. Il leone, la clava e la corona, dettaglio Fig. 1. Fig. 14. Luigi Vanvitelli, disegnatore, e Giuseppe Aloja, incisore, vignetta finale della Prefazione. Le Antichità di Ercolano Esposte, vol. I: Le pitture antiche d’Ercolano e contorni incise con qualche spiegazione. Tomo Primo, regia Stamperia, Napoli 1757. * ringrazio vivamente Attilio Antonelli e Ilaria telesca per l’aiuto prestatomi nel reperimento delle foto delle figure 18, 32, 33, 35, 36 e 39. 412 Verso la riforma della Spagna Fig. 15. Papiri, dettaglio Fig. 1. Fig. 16. Iscrizione, dettaglio Fig. 1. Fig. 17. Iscrizione, dettaglio Fig. 2. Fig. 18. Iscrizione della scultura equestre del proconsole Marco Nonio Balbo (MANN, Inv. 6104). MANN, Inv. 3731. Su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo – Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Fig. 19. CIL X 1426, in Corpvs Inscriptionvm Latinarvm, vol. X: Inscriptiones Brvttiorvm, Lvcaniae, Campaniae, Siciliae, Sardiniae. Latinae. Consilio et avctoritate Academiae Litterarvm Regiae Borvssicae edidit Theodorus Mommsen. Pars Prior: Inscriptiones Brvttiorvm, Lvcaniae, Campaniae comprehendens, a cura di theodor MoMMSEN, apud Georgivm reimervm, Berlino 1883, p. 165. Fig. 20. Stato attuale (6 maggio 2016) del vestibolo, lato verso il mare, del palazzo reale di Portici. Fig. 21. Frontespizio. Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate nelle scavazioni di Resina, Napoli 1746. Fig. 22. tavola 1. Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate nelle scavazioni di Resina, Napoli 1746. Fig. 23. tavola 2. Disegni intagliati in rame di pitture antiche ritrovate nelle scavazioni di Resina, Napoli 1746. Fig. 24. Frontespizio. ottavio Antonio Bayardi, Prodromo delle antichità d’Ercolano alla maestà del rè delle Due Sicilie Carlo infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, &c. &c. di monsignor Antonio Bayardi, referendario dell’una, e dell’altra Segnatura, accademico etrusco, e cittadino romano, parte I, Stamperia reale, Napoli 1752. Fig. 25. Frontespizio. ottavio Antonio Bayardi, Catalogo degli antichi monumenti dissotterrati dalla discoperta città di Ercolano per ordine della maestà di Carlo re delle Due Sicilie, e di Gierusalemme, infante di Spagna, duca di Parma, e di Piacenza, gran principe ereditario di Toscana, composto e steso da monsignor Ottavio Antonio Bayardi, protonotario apostolico, referendario dell’una e dell’altra signatura, e consultore de’ sacri riti, tomo I, nella regia Stamperia di S. M., Napoli 1755. Fig. 26. Camillo Paderni, disegnatore, e rocco Pozzi, incisore, Ritratto di Ottavio Antonio Bayardi, dettaglio Fig. 24. Fig. 27. Camillo Paderni, disegnatore, e Antonio Piaggio, incisiore, dettaglio Fig. 25. Fig. 28. Frontespizio. Giuseppe Maria PANCrAzI, Antichità siciliane spiegate colle notizie generali di questo Regno cui si comprende la Storia particolare di quelle Città, delle quali se ne riportano, ed illustrano separatamente gl’antichi Monumenti. Opera del padre D. Giuseppe Maria Pancrazj cherico regolare teatino, patrizio cortonese, Accademico Etrusco, e Socio Colombario Fiorentino, tomo I: Diviso in due parti. Nella prima si contengono le notizie generali di quest’Isola. Nella seconda la Pianta, le varie Vedute, e la Descrizione dell’antico Agrigento. Alla S. R. M. di Carlo re delle Due Sicilie di Gerusalemme, &c. Infante di Spagna, duca di Parma, Piacenza, Castro, Ec. Gran Principe ereditario di Toscana, Ec., Pellecchia, Napoli 1751. Indice delle opere riprodotte 413 Fig. 29. Francesco Cepparuli, Carolus Hispaniarum Infans Utriusque Siciliae et Hjerusalem Rex etc. etc. etc., in Giuseppe Maria PANCrAzI, Antichità siciliane spiegate, cit. en Fig. precedente. Fig. 30. Nicola D’orazio, Carolvs Vtr. Sic. Rex et Hier. Hisp. Inf., in Giuseppe Maria PANCrAzI, Antichità siciliane spiegate, cit. in Fig. 28. Fig. 31. Nicola D’orazio, Felix Urbivm Restitvtio. J. M. P. D., in Giuseppe Maria PANCrAzI, Antichità siciliane spiegate, cit. in Fig. 28. Fig. 32. Francesco Liani, Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, a cavallo, 1755. olio su tela: 320 x 286 cm. Napoli, Museo di Capodimonte, n. 7219. Museo e real Bosco di Capodimonte: su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del turismo. Fig. 33. Francesco Liani, Carlo di Borbone, re delle Due Sicilie, c. 1754. olio su tela: ovale 136 x 98 cm. Caserta, reggia di Caserta, in sottoconsegna al Museo di Capodimonte, oACE 1905, n. 503. Fig. 34. Anonimo, Carlo III, re di Spagna, dopo 1759. olio su tela: ovale 112,5 x 83 cm. Valencia, Ayuntamiento de Valencia. In deposito presso il Museo de La Carolina, Ayuntamiento de La Carolina, Jaén. Fig. 35. Jacques-Gabriel Huquier, Maria Amelia de Saxonia Primogenita del Elector de este nombre, y Rey de Polonia, Proclamada Reyna de España y de las yndias en 10 de Agosto de 1759., 1759-1764. Madrid, BNE IH/5385/4. Fig. 36. Jacques-Gabriel Huquier, Don Carlos III. de Borbon, Rey de Napoles, y de las dos Sicilias en 15. de Mayor de 1734. Proclamado Rey de España, y Emperador del Nuevo Mundo, en 10. de Agosto de 1759., 1759-1764. Madrid, BNE IH/1711/9/2. Fig. 37. Francesco Giomignani, Carolus Tertius Hispaniarum et Indiarum Rex, 1769. Barcellona, Sacra y Militar orden Constantinana de San Jorge, Delegación del Principado de Cataluña. Fig. 38. Dettaglio Fig. 36. Fig. 39. Francesco Liani, Ferdinando di Borbone, re delle Due Sicilie, 1760. olio su tela: 182 x 131 cm. Madrid, Museo Nacional del Prado, n. inv. P04731. FIGurE Fig. 1 Fig. 2 Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 Fig. 6 Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 Fig. 13 Fig. 12 Fig. 14 Fig. 15 Fig. 16 Fig. 17 Fig. 18 Fig. 19 Fig. 20 Fig. 21 Fig. 22 Fig. 23 Fig, 24 Fig. 25 Fig. 26 Fig. 27 Fig. 28 Fig. 29 Fig. 30 Fig. 31 Fig. 32 Fig. 33 Fig. 34 Fig. 35 Fig. 36 Fig. 38 Fig. 37 Fig. 39 INDICE DEI NoMI* ABArCA DE BoLEA, Pedro Pablo (1719-1798), conte di Aranda, VII, 357. ABBAMoNtE, orazio, IV. ABrEu y BErtoDANo, Felix José de (c. 17211766), ambasciatore spagnolo a Londra, 355. ABrEu, Marcos de, 352. ACCIAIuoLI, Filippo (1700-1766), cardinale, nunzio in Portogallo, 15, 241-2, 244n., 277, 279n., 301n. ACCIAJuoLI, Angelo (1701-1777), marchese, VIII, 127n., 291n., 382, 390 e n., 406-7. ACI, principe di, vedi rEGGIo E GrAVINA, Stefano. ACI, principessa di, vedi MoNCADA E DI GIoVANNI, Anna. ACQuAVIVA D’ArAGoNA, Domenico (16891745), duca di Atri, 338. ACQuAVIVA D’ArAGoNA, trojano (1696-1747), cardinale protettore di Spagna e delle Due Sicilie a Roma, VIII, 69n., 93n., 235n., 296n., 401. ACQuAVIVA, Joseph, marchese Tripuzzi, 346. ADAMo MuSCEttoLA, Stefania, 388n. ADão DA FoNSECA, Luís, 193n. ADéLAïDE o MArIE ADéLAïDE DE FrANCE vedi MArIA ADELAIDE DI BorBoNE. AFFry, Louis-Agustin-August (1713-1793), conte d’Affry e signore di Saint-Barthélémy e di Brétigny, 169n., 245, 246n., 252. AGuDo, Vicente, 266n. áGuEDA VILLAr, Mercedes, 136n. AGuILAr PIñAL, Francisco, 29n. áGúStSSoN, Jóhannes, 53n., 66n. AJELLo, raffaele, IV, 5 e n., 29n., 56n., 75n., 164n., 213n., 243n., 260n., 273n., 373n., 383n., 397n. ALBA, duca d’, vedi SILVA y áLVArEz DE toLEDo, Fernando de. ALBA, duca d’, vedi StuArt FItz-JAMES y FALCó, Jacobo. ALBEMArLE, conte di, vedi kEPPEL, Willem Anne van. ALBEroNI, Giulio (1664-1752), cardinale, 324. ALBErt (o ALBrECHt) kASIMIr AuGuSt VoN SACHSEN vedi ALBErto DI SASSoNIA. ALBErtINI, Giambattista (1715-1788), principe di Cimitile e di San Severino, marchese di Marzano, inviato napoletano a Londra, 41-2n., 89n., 98, 99n., 108n., 147, 150, 153, 168, 169n., 175n., 179, 229, 233, 237, 239, 258, 269, 290, 294. ALBErto DI SASSoNIA (1738-1822), duca di Teschen, fratello di Maria Amalia di Sassonia, 100, 101n., 103. ALBIzzI, marchese, 323. ALCáNtArA PérEz DE GuzMáN y PACHECo, Pedro de (1724-1777), duca di Medina Sidonia, 345. ALCEDróN, Juan de, 361. ALCuBIErrE, roque Joaquín de, ingegnere responsabile degli scavi di Ercolano, VIII, 374, 375 e n., 378-9, 383n., 386n., 401. ALDEA VAQuEro, Quintín, 31n. ALESSANDro VI (1431-1503), papa Roderic Llançol de Borja, 31n. * Non sono inseriti i nomi di Maria Amalia di Sassonia, Bernardo tanucci, Carlo III e Ferdinando I, re delle Due Sicilie. I numeri in grassetto stanno a indicare le note dove sono le biografie individuali di ciascun personaggio citato nell’epistolario. 418 Verso la riforma della Spagna - Vol. II ALESSANDro DE’ MEDICI detto il Moro (15101537), duca di Firenze, 203n. ALESSANDro FArNESE (1545-1592), duca di Parma e Piacenza, 203-4n. ALESSI, Giorgia, IV. ALISIo, Giancarlo, 87n., 138n., 198n., 283n. ALLoISI, Sivigliano, 301n. ALLroGGEN-BEDEL, Agnes, 87n., 373n., 375n., 380-1n., 383n., 385 e n., 388n., 397n. ALMADA DE MENDoçA Francisco d’, ambasciatore portoghese a Roma, 244n., 271, 273n., 299, 301n. ALMAGro GorBEA, Martín, 383n. ALMENArA, marchese di, vedi FErNáNDEz PortoCArrEro y MoSCoSo, Joaquín. ALoJA, Giuseppe, pittore e incisore napoletano, 411, Fig. 14. ALoNSo MArtíN, Juan José, 275n. ALoNSo QuINtEro, Elfidio, 79n. ALoNSo roDríGuEz, María del Carmen, 376n., 383n., 386n. ALSEDo y HErrErA, Dionisio de, 190n. áLVArEz LoPErA, José, 275n. áLVArEz-CoCA GoNzáLEz, María Jesús, 122n. áLVArEz-oSSorIo ALVArIño, Antonio, 40n. AMAtuCCI, Andrea, IV. AMIGuEt, Philippe, 75n. AMIrANtE, Giuseppina, 198n. ANANIA (I secolo a.C.-I secolo d.C.), discepolo di Gesù, 232, 236n. ANDErSoN, Fred, 60n. ANDíA, machese di, 345. ANDrEASSI, consigliere, 327. ANDrEIS, Denis, 197n. ANDréS-GALLEGo, José, 35-6n., 133n., 190n., 212n., 257n. ANDrIA, duca di, 323. ANDúJAr CAStILLo, Francisco, 191n. ANGuIANo DE MIGuEL, Aida, 177n. ANNA PEtroVNA (1708-1728), figlia di Pietro il Grande e madre di Pietro III di Russia, 278n. ANNEQuIN, Colette, 393n. AñóN FELIú, Carmen, 183n. ANtEtoMASo, Ebe, 301n. ANtIGNANI, Patrizia, 137n. ANtoN CLEMENS tHEoDor VoN SACHSEN vedi ANtoNIo CLEMENtE DI SASSoNIA. ANtoNELLI, Attilio, 240n., 411. ANtoNIo CLEMENtE DI SASSoNIA (17551836), figlio di Federico Cristiano di Sassonia, re di Sassonia, 142n. ANtóNIo DE BrAGANçA, menino de Palhavã, vedi ANtoNIo DI BrAGANzA. ANtoNIo DI BrAGANzA detto menino de Palhavã (1704-1800), figlio illegittimo di Giovanni V del Portogallo, 279-80, 282n. ANtoNIo FArNESE (1679-1731), duca di Parma e Piacenza, 31n., 204n. ANtoNIo PASCuAL DE BorBóN y SAJoNIA vedi ANtoNIo PASQuALE DI BorBoNE E SASSoNIA. ANtoNIo PASQuALE DI BorBoNE E SASSoNIA (1755-1817), infante di Spagna, figlio di Carlo III e Maria Amalia di Sassonia, 42n., 48n., 51n., 56n., 63n., 109, 111n., 183n., 261n., 266-7n., 273n., 292-3, 293n., 302n., 344-6, 348-50, 355, 357. APArICIo, ramón, 107n. APoLLo, dio mitologico greco, 185n., 278n. ArAGoNA, principe d’, vedi NASELLI E BrANCIFortE, Baldassarre. ArAMBuru DE LA Cruz, Manuel Vicente, 48n. ArANDA, conte di, vedi ABArCA DE BoLEA, Pedro Pablo. ArAtI, Andrea, corriere, 100. ArCoS, duca di, PoNCE DE LEóN y SPíNoLA, Francisco. ArCoS, duchessa di, vedi FErNáNDEz DE CórDoBA y MoNCADA, María del rosario. ArDEMANS, teodoro (1661-1726), pittore e architetto spagnolo, 274n. ArDorE, principe di, vedi MILANo FrANCo D’ArAGoNA, Giacomo. AréBALo, Sebastián de, 367n. ArENA, Geronimo, 327. ArEStorE, padre di Argo Panoptes, 154n. ArEtIN, karl otmar von, 75n. ArGo PANoPtES, gigante mitologico figlio di Arestore, 153, 154n. ArIAS ANGLéS, Enrique, 178n. ArIAS DEL CAStILLo y VENtIMIGLIA, Juan Bautista (1696-1773), marchese di Villadarias, 336-7. ArIAS SoMozA, Antonio, 361. ArIENzo, marchese di, vedi CArAFA, Lelio. Indice dei nomi ArIoLA vedi MANuEL y ArrIoLA, Giovanni. ArIzA CHICHArro, rosa María, 92n. ArIzA Muñoz, Carmen, 92n. ArIztíA, Juan, 125n. ArMStroNG, Edward, 107n. ArrIAGA y rIVErA, Julián de (1700-1776), segretario di Stato e del Dispaccio di Marina e Indie, 57n., 61-2, 65n., 74n., 95, 117, 119n., 192n., 343, 370. ArtHENAy, Monsieur d’, 389 e n. ArtoLA GALLEGo, Miguel, 48n., 190n. ASCENSIóN, ángel de la, 361. ASCIoNE, Gina Carla, 51n., ASCIoNE, Imma, IV, 5n., 33n., 56n., 143n. ASENSIo ruBIo, Francisco, 111n. AStorGA, marchese di, vedi DáVILA y oSorIo, Antonio Pedro Sancho. AtrI, duca di, vedi ACQuAVIVA D’ArAGoNA, Domenico. AuBErt DE LA CHESNAyE-DESBoIS, François Alexandre (1699-1784), 213-4n. AuGuSto III DI PoLoNIA vedi FEDErICo AuGuSto II. AVELLANEDA y HAro, García de (1588-1670), conte di Castrillo, vicerè di Napoli, 310n. AVEtA, Michele, 28n., 68n., 99n., 125n., 1323n., 138n., 144n., 165n., 187n., 203n., 225-6n., 247n., 255n. AyLLòN, Carlos Lorenzo de, 125n. AyNozA, Antonio Mariano, 124n. AzArA, José Nicolás de (1730-1804), diplomatico e storico spagnolo, 136n. AzNAr y MArtíNEz, Daniel, 399n. AzPIrI ALBíStEGuI, Ana, 201n. BACALLAr y SANNA, Vicente (1669-1726), marchese di San Felipe, 267n., 306n. BACHoFF, barone di, inviato danese in Spagna, 108n. BACkEr, Agustin de, 39n. BACkEr, Alois de, 39n. BADorrEy MArtíN, Beatriz, 26n., 77n. BAENA, Pedro, 112, 115n. BAEzA VICINtELo y MANrIQuE, José de (c. 1695-1770), conte di Cantillana e marchese di Castromonte, 105n., 243n., 294, 296n., 322. BAIArDI o BAJArDI vedi BAyArDI, ottavio Antonio. 419 BAk y CArtELLá, Joseph, conte, 322, 324. BALASCo, Alfredo, 388n. BALBIS SIMEoNE, Giovanni Battista (?-1777), conte di Rivera, inviato sardo a Roma, 43, 44n., 45, 59, 117, 295. BALBo, Marco Nonio (I a.C.), 387-8 e n., 390, 394, 412, Figg. 16-20. BALDAQuí ESCANDELL, ramón, 76n. BALDASSArrI, Antonio, 296n. BANoS vedi Baños, duca di. BAñoS, duca di, vedi PoNCE DE LEóN y LENCAStrE, Antonio. BArBA, Joseph, prete gesuita, 341. BArBAGALLo, Francesco, 212n. BArBArA o BárBArA DE BrAGANçA vedi MArIA BArBArA DI BrAGANzA. BArBEIto DíAz, José Manuel, 275n. BArCIA PAVóN, ángel, 339n. BArGHAHN, Barbara von, 91n. BArrIo GozALo, Maximiliano, 4n., 30n., 43n. BArrIoNuEVo y roSAL, Juan, 125n. BArrIoS PINtADo, Feliciano, 40n. 259n. BArroLA, 337. BASQuIAt, Mathieu de (1724-1794), barone di la Houze, inviato francese nelle Due Sicilie, 174n., 195, 197n., 277, 287. BASSEGoDA I HuGAS, Bonaventura, 267n. BAtANI o BAttANI, Pedro/Pietro, corriere, 161, 205, 233. BAtH, signore, 175n. BAttIStI, Eugenio, 275n. BAuDot MoNroy, María, 65n. BAuDrILLArt, Alfred Henri (1859-1942), storico francese, 32n., 70n., 215n., 230n., 268n. BAVIErA, elettrice di, vedi MArIA ANNA SoFIA DI SASSoNIA. BAyArDI, BAJArDI o BAIArDI, ottavio Antonio (1695-1764), storico italiano, VIII, 126n., 377-8 e n., 384-5, 386n., 387, 388 e n., 390-1 e n., 394, 397 e n., 405-7, 409, 412, Figg. 22-24. BEALES, Derek, 99n. BECAr, Francisco Xavier, 125n. BECAttINI, Francesco (1743-1813), storico italiano, 28-9n., 40n., 48n., 75n., 114n., 246n. BECCADELLI BoLoGNA, Pietro (1697-1781), principe di Camporeale, 46-7n., 57n. 420 Verso la riforma della Spagna - Vol. II BECErrA y MorENo, José Javier, 366. BéDArIDA, Henri (1897-1957), storico francese, 75n. BEIrA, principe di, vedi GIuSEPPE DI BrAGANzA. BEIrão, Caetano, 230n. BéJAr, duca di, vedi LóPEz DE zúñIGA SotoMAyor CAStro y PortuGAL, Joaquín Diego. BEL BrAVo, María Antonia, 36n. BELLEt, Juan Estevan, 124n. BELLoD LóPEz, Miguel, 190n. BELMoNtE, principessa di, 331-2, 334. BELtráN FortES, José, 386n. BELVEDErI, raffaele, 218n. BELVISI, Ferdinando, 246n. BENAVIDES y ArAGóN, Manuel de (16821748), X conte - e poi I duca - di Santiesteban o Santisteban del Puerto, maggiordomo maggiore del re delle Due Sicilie, 69n., 96n., 106n., 213n., 321-2, 324-7, 331, 341. BENEDEttI, Sandro, 234n. BENEDEtto XIII (1649-1730), papa Pietro Francesco Orsini, 93n. BENEDEtto XIV (1675-1758), papa Prospero Lambertini, 255n., 307n., 310n. BENEDEtto MArIA MAurIzIo DI SAVoIA (1741-1808), duca di Chiablese e marchese d’Ivrea, 262-3, 263n. BENEDICENtI, Alfredo, 318n. BENEDItA DI BrAGANzA (1746-1829), infanta del Portogallo, figlia di Giuseppe I del Portogallo e Marianna Vittoria di Borbone e Farnesio, 68, 71n., 73. BENEGASI y LuJáN, José Joaquín, 352, 361-2. BENIto GArCíA, Pilar, 178n. BENtIVoGLIo D’ArAGoNA, Guido (15771644), cardinale, 216, 218n. BErLEt, Charles, 185n. BErMEJo CABrEro, José Luis, 40n., 120n. BErNAL, Juan, 361. BErNALDo DE QuIróS, María Antonia, 247n. BErtINI, Giuseppe, 137n. BErWICk, duca di, vedi FItz-JAMES StuArt y CoLóN DE PortuGAL, Jacobo Francisco Eduardo. BEVILACQuA, Mario, 199n., 397n. BIGNoN, Armand-Jérôme (1711-1772), 173, 175n., 176, 179n., 266n., 310n. BILE, umberto, 136-7n., 398n. BILLy, BILLI o BILI, Niccolò, incisore, 376n., 380n., 404, 407-8. BIrkENFELD, conte palatino di, vedi FEDErICo MICHELE DI zWEIBrüCkEN E BIrkENFELD. BISCHoFF, Cordula, 172n. BItEtto, barone di, vedi DI NoIA, Biagio. BLACk, Jeremy, 90n. 115n., 182n., 211n. BLASCo CAStIñEyrA, Selina, 183n., 274n. BLASCo ESQuIVIAS, Beatriz, 107n., 275n. BLASCo, Carmen, 91n. BLoNDy, Alain, 307n. BLuCHE, François, 278n. BoLAñoS, José de, vedi CALzADo, José. BoLoGNA, Ferdinando, 373n., 397n. BoLzA, Giuseppe, 18, 52, 53n., 61-2, 72-3, 78-9, 96, 129. BoNA CAStELLottI, Marco, 392n. BoNCoMPAGNI LuDoVISI, Gaetano (17061777), duca di Sora e principe di Piombino, maggiordomo maggiore del re delle Due Sicilie, 144n., 331-4. BoNCorE o BoNCuorE vedi BuoNoCorE, Francesco. BoNEt CorrEA, Antonio, 92n., 107n., 177n., 275n. BoNIto, Andrea (?-1757), marchese di Bonito e duca dell’Isola di Morrone, 335. BoNIto, duca di, vedi BoNIto, Andrea. BoNIto, Giuseppe (1707-1789), pittore napoletano, 396 e n., 397. BoNNANo FILINGErI DEL BoSCo, Giuseppe (1716-1779), principe di Cattolica, 134, 138n., 139, 140n., 172, 290, 309. BoNNEt, Corinne, 393n. BoNoCuorE vedi BuoNoCorE, Francesco. BorGHINI, Gabriele, 234n. BorGIA, Stefano, 165n. BorrAro, Pietro, 164n. BorráS y ArNAL, Pascual, 67, 68-9n. BorrELLI, Gianfranco, IV. BorSELLINo, Enzo, 301n. BottINEAu, yves (1925-2008), storico dell’arte francese, 92n., 275n. BouCHArLArt, François o Francesco, mercante francese, 227, 228n. BourBoN-CoNDé, Louis V Joseph de (17361818), principe di Condé, 250n. BourCEt, Pierre Joseph de (1700-1780), 197n. Indice dei nomi BourNoNVILLE, duchessa di, 304n. BoVINo, duca di, 322. BrACkEN, Susan, 126n., 374n. BrAGANzA, duca di, vedi GIuSEPPE DI BrAGANzA. BrAItWItz o BrEItWItz, Johann Ernst von (c. 1672-1759), barone, militare austriaco, 336. BrANCACCIo, Giovanni (1673-post. 1753), marchese, segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, 131-2n., 141n., 199n., 273n., 327, 376n. BrANCAS, Henri-Ignace de (1687-1760), duca di Brancas, vescovo di Lisieux, 175n. BrANCASSIo, banchiere napoletano, 328. BrANCASSIo, Juan, vedi BrANCACCIo, Giovanni. BrANCoNE, Gaetano Maria (1697-1758), marchese, segretario di Stato e del Dispaccio di Affari Ecclesiastici, 133n., 141n. BrASILE, principe del, vedi GIuSEPPE DI BrAGANzA. BrECHEr, Frank W., 60n. BrEDoW, Jakob Friedrich von (1703-1783), militare prussiano, 102n. BrEtEuIL, barone di, vedi LE toNNELLIEr, Louis-Charles-Auguste. BrHüLL vedi BrüHL, Heinrich von. BrIErrE, Annie, 197n. BrIGHI, Antonio, 39n. BrIStoL, conte di, vedi HErVEy, George William. BroGLIE, Louis Alphonse Victor de, 198n. BroGLIE, Victor-François de (1718-1804), duca di Broglie, 19, 109n., 196, 197-8n., 245, 248, 250n., 280, 284, 285n., 287, 308n. BroGLIo vedi BroGLIE, Victor-François de. BroWN, Jonathan, 91n. BroWN, Peter D., 211n. BruGNAtELLI, Luigi V., 318n. BrüHL, Heinrich von (1700-1763), conte, 245, 247n. BruNASSo, duca di, 328. BruNI, corriere, 238. BruNoNE (1030-1101), santo, 306n. BruNSWICk vedi FErDINANDo DI BruNSWICk-WoLFENBüttEL. BruNSWICk, duca di, vedi LuIGI ErNESto DI BruNSWICk-WoLFENBüttEL. 421 BruzzANo, casata, 18, 168, 169n., 170-1. BruzzANo, duca di, vedi CArAFA, Vincenzo, 169n. BuCCAro, Alfredo, 198n. BuCHArLAt vedi BouCHArLArt, François o Francesco. BuESo, Manuel, 362. BuGLIo, Carlo, 327. BuoNoCorE, Francesco, medico, 96n., 103, 105-6n., 173, 226. BuoNoCuorE vedi BuoNoCorE, Francesco. BurkHoLDEr, Mark A., 76-7n. BurLot, Delphine, 376n., 387n. BurNoMBILE vedi BourNoNVILLE, duchessa di. BuSSy, François de (1699-1780), 311, 313n. BuStILLoS y PAMBLEy, Cayetano, 125n. ButLEr, rohan, 230n. CACCIottI, Beatrice, 386n. CAFFIEro, Marina, 301n. CAGIGAL, marchese di, 336-7. CAIANIELLo, tiziana, 375n. CAIMo, Norberto, 106n. CAISSottI, Francesco Gaetano, conte di Rubione (Robione o Roubion), inviato sardo a Napoli, 19, 36n., 94, 94n., 97 e n., 98, 99n., 107, 147, 149n., 156, 168, 170-1, 173, 176 e n., 177, 180, 195, 199-200, 206, 208, 226, 259n., 295. CALABrIA, duca di, vedi FILIPPo DI BorBoNE E SASSoNIA. CALDEróN QuIJANo, José Antonio, 190n., 225n., 270n. CALDorA, umberto, 50n. CALLIoPE, musa greca della poesia epica, 278n. CALVo MAturANA, Antonio, 71n. CALVo SErrALLEr, Francisco, 84n. CALzADo, José, detto José de Bolaños (?-1761), confessore di Carlo di Borbone, 340. CAMBroNNE, Gérault de, 93n. CAMPBELL-orr, Clarissa, 32n. CAMPBELL, Peter r., 47n. CAMPILLo y CoSSío, José del (1693-1743), politico spagnolo, 68n., 190n. CAMPo DEL Pozo, Fernando, 31n. CAMPo DEL VILLAr, marchese del, vedi MuñIz CASSo y oSorIo, Alonso. 422 Verso la riforma della Spagna - Vol. II CAMPoFIorIto, principe di, vedi rEGGIo E BrANCIFortE, Luigi. CAMPoMANES, conte di, vedi roDríGuEz DE CAMPoMANES y PérEz, Pedro. CAMPorEALE, principe di, vedi BECCADELLI BoLoGNA, Pietro. CANArt, Giuseppe, scultore e restauratore romano, 127n., 374-5 e n., 388n., 401. CAñAVErAL, Joseph Miguel, 363. CANGA ArGüELLES, José (1770-1843), politico e storico spagnolo, 78-9n. CANILLAC vedi MoNtBoISSIEr DE CANILLAC DE BEAuFort, Claude-François de. CáNoVAS SáNCHEz, Francisco, 48n. CANtErA MoNtENEGro, Jesús, 178n. CANtILENA, renata, 126n., 374n. CANtILLANA, conte di, vedi BAEzA VICINtELo y MANrIQuE, José de. CANtILLo JoVELLANoS, Alejandro del, 74n., 169n., 177n., 190n., 193n. CANtoNE, Gaetana, 297n. CAPASSo, Mario, 374n. CAPECE GALEotA, Nicola, 254n. CAPuA, vescovo di, vedi orSINI, Mondillo. CAPuto, Agostino, ingegnere, 13, 19, 86, 87n., 88, 96, 129, 151, 171, 207, 290, 312, 313n. CArACCIoLo, Antonio Carmine (1692-1740), principe di Torella, 322, 329. CArACCIoLo, Domenico (1715-1789), marchese di Villamaina, ambasciatore napoletano a Torino e poi vicerè di Sicilia, 17, 88, 89-90n., 100, 103, 156, 167-8, 170 e n., 171n., 195, 200, 206, 209, 226, 239, 262, 287, 295. CArACCIoLo, Domenico, militare, 111, 114n., 115n., 130-1. CArACCIoLo, Errica, principessa di Ardore e marchesa di San Giorgio, 105n. CArACCIoLo, Maria rosa, dei duchi di Martina, principessa di Cariati, 223-4, 225n., 258, 270. CArAFA, Alfonso (1713-1760), duca di Montenero, 134, 138n., 140-1n. CArAFA, Costanza, 66n. CArAFA, Giovanni (1715-1768), duca di Noja, 14, 19, 196, 198n., 199 e n., 200, 227. CArAFA, Lelio, marchese di Arienzo, 46n., CArAFA, Muzio (1723-1764), duca di Montenero, 139, 140-1n., 172. CArAFA, tiberio (1669-1742), militare napoletano, 241n. CArAFA, Vincenzo, principe di Roccella e duca di Bruzzano, 169n. CArAVItA, Domenico (c. 1670-1770), giureconsulto napoletano, 328. CArCANI, Pasquale (1721-1783), letterato, filologo e giureconsulto napoletano, 162, 1634n., 166. CArDELLA, Giuseppe, 164n. CArDELLA, Lorenzo, 93n., 235n., 238n., 307n., 310n. CArIAtI, principe di, vedi SPINELLI, Scipione. CArIAtI, principessa di, vedi CArACCIoLo, Maria rosa. CArIDI, Giuseppe, 5 e n., 213n., 260n. CArIGNANI, Giuseppe, 241n. CArLINo, Alessandro, 397n. CArLo I e V (1500-1558), re di Spagna e imperatore, 48n., 203n., 212n., 306n. CArLo II (1630-1685), re d’Inghilterra, 212n. CArLo II (1661-1700), re di Spagna, 29n., 31n., 212n. CArLo II EuGENIo DI WürttEMBErG (17281793), duca di Württemberg, 109n., 311, 312n. CArLo IV (1748-1819), re di Spagna, 11-13, 15, 17, 40n., 41, 42n., 43n., 45-6, 48n., 51n., 56n., 58, 63n., 71n., 75-6n., 94, 105n., 109, 111n., 140, 141-2n., 170, 174n., 177, 178-9n., 183n., 198n., 229, 230n., 243n., 261n., 263-4, 265-7n., 273n., 281n., 293n., 302n., 339, 344-6, 348-50, 353, 355, 357, 365. CArLo V vedi CArLo I e V. CArLo VI (1685-1740), imperatore, 29n., 75n., 204n., 234n. CArLo VI il Beneamato e il Pazzo (13681422), re di Francia, 46n. CArLo X (1757-1836), conte d’Artois, re di Francia, 140, 142n. CArLo DI BorBoNE E SASSoNIA vedi CArLo IV. CArLo EMANuELE III (1701-1773), re di Sardegna, 44n., 89n., 94n., 106n., 229, 230n., 256, 259n., 263n., 271n. Indice dei nomi CArLo EMANuELE IV (1751-1819), re di Sardegna, 142n. CArLo FEDErICo DI HoLStEIN-GottorP (1700-1739), duca di Holstein-Gottorp, 278n. CArLo MASSIMILIANo DI SASSoNIA (17521781), figlio di Federico Cristiano di Sassonia, 142n. CArLoS V vedi CArLo I e V. CAroLA-PErrottI, Angela, 127n. CAroSELLI, Maria raffaella, 157n. CArPIo, María Josefa, 155n. CArrASCo MArtíNEz, Adolfo, 193n. CArrASQuILLA, Diego, 125n. CArtArI, Carlo, 296n. CArtELLá o CArtELLAC vedi BAk y CArtELLá, Joseph. CAruttI, Domenico, 44n. CArVAJAL y LANCáStEr, José de (1698-1754), segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, VIII, 26n., 194n., 338, 401-5. CArVALHo E MELo, Sebastião José de (16991782), conte di Oeiras e marchese di Pombal, 282n. CASADIo, Martina, 380n., 382n. CASALIS, Goffredo, 106n. CAStAGNoLA, Giovanni Antonio (?-1760), 327. CAStALDI, Giuseppe, 125n., 164n., 384n. CAStELDoSrIoS, vedi CAStELLDoSrIuS, marchese di. CAStELLANo-LANzArA, Giuseppina, 377n. CAStELLANo, Giuseppe, 126n., 377n., 380n., 397n. CAStELLANo, Juan Luis, 122n. CAStELLDoSrIuS, marchese di, 146n. CAStELLI, Gioacchino, vescovo di Cefalù, 158n., 232, 235n. CAStELLI, Giovanni, 235n. CAStrILLo, conte di, vedi AVELLANEDA y HAro, García de. CAStro, José Julián de, 38n. CAStroMoNtE, abbé de, vedi BAEzA VICINtELo y MANrIQuE, José de, CAStroMoNtE, marchese di, vedi BAEzA VICINtELo y MANrIQuE, José de, CAStroPIGNANo, duca di, vedi EBoLI, Francesco. 423 CAStroPIGNANo, duca di, vedi EBoLI, Mariano. CAStroPIGNANo, duchessa di, vedi GArGANo, Luisa. CAStroPIGNANo, duchessa di, vedi rEVErtErA, zenobia. CAtELLo, Corrado, 218n. CAtELLo, Elio, 218n. CAtoNE, Marco Porcio, detto uticense (9546 a.C.), militare e magistrato romano, 284, 285n. CAttANEo, Domenico (1696-1782), duca di Termoli e principe di San Nicandro, aio e maggiordomo maggiore di Ferdinando I delle Due Sicilie, 11, 15, 17-8, 33n., 46-7n., 49, 49-50n., 51 e n., 57n., 61-2, 65-6n., 68n., 86, 95-6, 97 e n., 98-100, 102-3, 106n., 111-2, 113n., 115n., 134, 142n., 146, 151, 168, 172-3, 176, 184, 185n., 188, 203, 207, 216, 218n., 226, 233, 239, 241, 253, 255 e n., 257-8, 277, 287, 312, 313n., 328, 359. CAttoLICA, principe di, vedi BoNNANo FILINGErI DEL BoSCo, Giuseppe. CAutELA, Gemma, 388n. CAVALIEro, roderick, 306n. CAVE, Alfred A., 223n. CEáN BErMúDEz, Juan Agustín (1749-1829), storico dell’arte e pittore spagnolo, 135-6n., 233-4n. CECCHINELLI, Cristina, 135n. CECI, fratelli, 291n. CECI, Giacomo, figlio, 290, 291n. CECI, Giacomo, padre, 291n. CEFALù, vescovo di, vedi CAStELLI, Gioacchino. CENGotItA, 337. CENtoLA, principe di, vedi PAPPACoDA, Giuseppe. CENtoMANI, Gaetano, uditore di legazione del re di Sicilia a Roma, 117n., 164n., 232, 235n., 236-7, 295. CEPPArroNE, Luigi, 380n. CEPPAruLI, Francesco, incisore, 397 e n., 399n., 413, Fig. 29. CErISANo, duca di, vedi SErSALE, Gerolamo Maria. CErNADAS y CAStro, Diego Antonio, 362. CErro NArGáNEz, rafael, 215n. 424 Verso la riforma della Spagna - Vol. II CErrotI, Francesco, 382n. CErVErA PEry, José, 77n. CESArE, Gaio Giulio (100 A.C.-44 A.C.), console e dittatore romano, 284, 285n. CESErANI, Giovanna, 164n. CHABLAIS o CHIABLESE, duca di, vedi BENEDEtto MArIA MAurIzIo DI SAVoIA. CHACóN torrES DE NAVArrA, Luis Ignacio, 362. CHAMPLAIN, Samuel de, 60n. CHArLES-PHILIPPE DE FrANCE vedi CArLo X. CHArNy, conte di, vedi orLéANS, ManuelLouis d’. CHArtrAND, rene, 60n. CHAtHAM, conte di, vedi PItt, William. CHAuSSINAND-NoGArEt, Guy, 197n. CHAuVELIN, François-Claude-Bernard-Louis de (1716-1773), marchese di Chauvelin, 209, 211n. CHILLEMI, rosolino, 145n., 186n. CHIoSI, Elvira, 29n., 40n., 205n., 377n., 3834n. CHoISEuL, étienne-François de (1719-1785), conte poi duca di Choiseul e Amboise, segretario di Stato, 57n., 195, 197n., 209-10, 212n., 217, 242, 248, 258, 276-7, 280, 282n., 284, 305. CIArDIELLo, rosaria, 374n. CICCIo vedi LIANI, Francesco. CICoGNArA, Leopoldo (1767-1834), storico e bibliografo italiano, 373n., 383 e n. CIGNAroLI, Giambettino (1706-1770), pittore italiano, 106n. CIMItILE, principe di, vedi ALBErtINI, Giambattista. CIoFFI, rosanna, 158n., 205n. CIrILLo, Giuseppe Pasquale (1709-1776), giurista, avvocato e letterato napoletano, 114n. CLArELLI, monsignore, presidente della Grascia di Roma, 158n. CLArkE, Edward (1730-1786), cappellano dell’ambasciata britannica a Madrid, 34n., 81-4n., 192n., 194n., 244n., 265-6n., 303n., 350. CLEMENS WENzESLAuS AuGuSt VoN SACHSEN vedi CLEMENtE VENCESLAo DI SASSoNIA. CLEMENtE XI (1649-1721), papa Giovanni Francesco Albani, 155n. CLEMENtE XII (1652-1740), papa Lorenzo Corsini, 292n., 301n., 333. CLEMENtE XIII (1693-1769), papa Carlo della Torre di Rezzonico, 18, 116, 116-7n., 165n., 238n., 253, 257, 290, 301-2n., 307n. CLEMENtE AuGuSto WIttELSBACH (17001761), arcivescovo-elettore di Colonia, 250n. CLEMENtE DE AróStEGuI y CAñAVAtE, Alfonso (1698-1774), ambasciatore spagnolo a Napoli, VII-VIII, 50n., 67, 69n., 100, 118, 121n., 151, 154, 161, 174-5n., 196-7n., 240n., 254n., 259n., 338-40, 401-5. CLEMENtE VENCESLAo DI SASSoNIA (17391812), vescovo di Frisinga, Ratisbona, Augusta e arcivescovo di Treviri, fratello di Maria Amalia di Sassonia, 100, 101n., 103. CoBoS, marchesa de los, 341. CoCorANI (o CoCCorANI) PISCAttorI, Claudio, conte, 266n. CoLBErt, Jean-Baptiste (1619-1683), politico francese, 383 e n. CoLóN DE LArrEAtEGuI, Pedro, 348. CoLoNIA, elettore di, vedi CLEMENtE AuGuSto WIttELSBACH. CoLoNNA, Ferdinando (1695-1775), principe di Stigliano, 21, 50, 95, 96-7n., 134, 138n., 139, 151-3, 290, 291n., 292 e n., 323. CoLoWrAt vedi koLoWrAt, conte di. CoMoLI MANDrACCI, Vera, 275n. CoMPArEttI, Domenico, 391n. CoNCEIção, Cláudio da, 301n. CoNDé, principe di, vedi BourBoN-CoNDé, Louis V Joseph de. CoNtArDI, Bruno, 127n. CoNtEGNA, Pietro (1679-1745), giureconsulto napoletano, 29n. CoNtI GuGLIA, Carmelo, 297n. CoNtINISIo, Chiara, 31n. CoPPINI, romano Paolo, 4n., 377n. CoPPoLA, Antonio, conte, presidente della Sommaria, 290, 291n. CoPPoLA, Cesare, presidente della Sommaria, 291n. CorALINI, Antonella, 392-3n. CorIGLIANo, duca di, 328. CorNAro MoCENIGo, Pisana, moglie di Alvise IV Mocenigo, ambasciatore veneziano a Napoli, 257, 259n. CorNEJo, Andrés, 40n. Indice dei nomi CoroNA BArAtECH, Carlos, 35n., 124n. CoroNADo, Miguel, 151, 152n., 154. CoroNAS GoNzáLEz, Santos Manuel, 42n., 120n. CorP, Edward, 155n. CorrADINo vedi CorrADo DI SVEVIA. CorrADo DI SVEVIA o HoHENStAuFEN detto Corradino (1252-1268), duca di Svevia, re di Sicilia e di Gerusalemme, 300n. CorroNADA vedi CoroNADo, Miguel. CorSINI, Neri (1685-1770), cardinale, 292n., 299, 301n. CorSINI, Bartolomeo (1683-1752), principe, cavallerizzo magiore del re delle Due Sicilie, viceré di Sicilia, 29n., 144n., 290, 291n., 292n., 321, 329, 333, 377n. CortESE, tiburzio, marchese, inviato di Modena a Napoli, 310, 311n., 314. CoSIMo, cavalier, vedi FANzAGo, Cosimo. CoSío, Francisco, 125n. CoStA y NAVArro, Francisco, 362. CourCELLES, Jean-Baptiste-Pierre de, 72n. Couto, Jorge, 193n. CoXE, William (1748-1828), storico inglese, 30n., 32n., 35n., 36n., 40n., 48n., 65n., 71n., 104n., 105n., 111n., 133n., 143n., 172n., 192-3n., 212n., 215n., 249n., 266n., 268n. CrEAzzo, Ileana, 388n. CrIStIANI, abate, 158n. CrISto, vedi GESú DI NAzArEt. CroCE, Benedetto (1866-1952), storico italiano, 105n. CruICkSHANkS, Eveline, 155n. Cruz y BAHAMoNDE, Nicolás de la, 247n. CuELLAr, Andrés de, 125n. CuENCA, Victoriano, 367. CurCIo, Giovanna, 127-8. CurtIS, Michele di, marchese, inviato del Palatinato a Napoli, 161, 163n. CuSt, L. H., 108n. D’ADDIo, Mario, 4n., 75n., 383n. D’ALCoNzo, Paola, 50n. D’ANDrEA, Giulio Cesare (?-1761), segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, 131, 133n., 159n., 202, 203 e n., 204-5, 2078, 233, 237, 247n., 269, 271-2, 273n., 277, 280, 284, 299, 306, 312. 425 D’ANtuoNo, Nicola, IV. D’IorIo, Aniello, 52n., 126n., 373n., 376-7n. D’oNoFrI, Pietro, 28-9n., 141-2n., 186n., 198n., 218n., 300n. D’orAzIo, Nicola, incisore, 413, Figg. 30-31. DALLAStA, Federica, 135n. DANtE ALIGHIErI (1265-1321), poeta italiano, 232, 234n. DANVILA y CoLLADo, Manuel (1830-1906), storico e politico spagnolo, 4 e n., 28-9n., 34n., 38n., 40n., 43n., 51n., 84n., 124n., 191n., 194n., 220n., 225n., 266n. DANzA, Carlo, 326. DArCy, robert (1718-1778), conte di Holderness, 108n., 383n. DAuN, Leopold Joseph von (1705-1766), conte, principe di Thiano, 62, 67n., 73, 101-2n., 239, 289n., 290, 308. DAuN, Wirich Philipp Lorenz von und zu (1669-1741), principe di Thiano, vicerè di Napoli, 67n. DáVILA y oSorIo, Antonio Pedro Sancho (c. 1615-1689), marchese di Astorga, vicerè di Napoli, 310n. DE ALEXANDro, Francesco Antonio, 296n. DE ANGELIS, Gherardo, 145n. DE CAro, Gaspare, 296n. DE DoMINICI, Bernardo (1683-1759), pittore e storico dell’arte napoletano, 145n. DE FALCo, Carolina, 137n. DE GrEGorIo E MASNAtA, Leopoldo (17011785), marchese di Vallesantoro e di Squillace, segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, 32n., 74n., 82n., 102n., 110n., 117, 119n., 131, 131-3n., 140, 143n., 146n., 162, 167, 184, 187-8, 191-2n., 203, 212n., 233, 2367, 259n., 269, 272, 273n., 277, 299, 306, 342-3, 356-7, 370, 372. DE LACHENAL, Lucilla, 392n. DE LuCIA, Guido, 29n. DE MAIo o MAJo, Niccolò, marchese, inviato napoletano a Vienna, 18, 103, 104n., 116, 118, 209, 212n., 214, 239, 294. DE MAIo, romeo, 175n., 255n. DE MAJo, Silvio, 40n., 203n., 214n., 243n. DE MArCo, Carlo (1711-1804), segretario di Stato e del Dispaccio di Grazia e Giustizia, 202, 203n., 258, 287, 290. DE MArtINI, Vega, 281n. 426 Verso la riforma della Spagna - Vol. II DE MAttIA, Fausto, 273n. DE NEGrI, Felicita, 144n. DE PALMA, Adriana, 374n. DE PEtrA, Giulio, 391n. DE roSA, Carlantonio (1762-1847), marchese di Villarosa, 163n., 198n. DE roSA, Luigi (1922-2004), storico napoletano, 251n. DE SANGro, Girolamo, principe ereditario di Viggiano, 287n. DE SEtA, Cesare, 87n., 128n., 136n. DE SIMoNE, Giuseppe, 140n. DE StErLICH, romualdo (1712-1788), 226n., 379-80n., DE StroBEL, A. M., 381n. DE tIBErIIS, Giuseppe F., IV, 380n. DE tIPALDo, Emilio, 164n. DE VoS, Mariette, 374-5n. DE-GoNtI, Vincenzo, 44n. DE-HuArtE, marchese, vedi HuArtE, marchese di. DEDIEu, Jean-Pierre, 122n. DEL BAGNo, Ileana, IV. DEL BIANCo, Lamberto, 4n. DEL DIVINo AMorE, Suor Angela, detta la Marrapesa, 15, 185, 186n., 255-6, 257n., 287, 290, 299, 302n., 341. DEL PEzzo, Nicola, 87n., 137n. DELCI o D’ELCI, raniero (1670-1761), cardinale, 164n. DELGADo BArrADo, José Miguel, 26n., 36n., 122n., 191n. DELL’ANGuILLArA, Giovanni Andrea (15171570), 278n. DELL’orto, Agostino (?-1760), 17-19, 43, 44-5n., 49-50, 53, 58, 62, 68, 78, 85-6, 87n., 88, 91, 94, 98, 100, 103-4, 106n., 107, 116, 118, 134, 147, 149-51, 153, 157, 167, 173, 180, 185, 202, 204-5, 295. DELLA CroCE, padre Ignazio, 19, 173, 175n., 366. DELLA torrE DI rEzzoNICo, Carlo, vedi CLEMENtE XIII. DELLA torrE, Giovanni Maria (1710-1782), 13, 18-9, 118, 125-6n., 161-2, 166, 173, 185n., 202, 204-5, 233. DELLo SPLENDorE, suor Maria Maddalena, 223, 225, 225-6n., 270, 272. DENoyELLE, Martine, 393n. DESCAMPS-LEQuIME, Sophie, 393n. DESCIMoN, robert, IV. DESDEVISES Du DEzért, Georges-Nicolas (1854-1942), storico francese, 32n. DEVISME, Jacques-François-Laurent, 93n. DEzIo vedi tArLESE, Dezio. DI BLASI E GAMBACortA, Giovanni Evangelista, 25n. DI CAStIGLIoNE, ruggiero, 377n. DI DoNAto, Francesco, IV. DI FIorE, Joseph, 327. DI FrANCo, Saverio, IV. DI GESù, suor M. Giuseppa, 15, 186n., 2556, 257n., 287, 290. DI GuEVArA, Carlo, 311n. DI MELFI, suor M. Maddalena, 15, 186n., 255-6, 257n., 287, 290. DI NoIA, Biagio, barone di Bitetto, 157, 158-9n. DI PINto, Mario, 4n., 396n. DI SANGro, Domenico (1685-1770), capitano generale, membro del Consiglio di Reggenza, 46-7n., 111, 113n., 130-1, 134, 168, 227, 280, 329, 359. DI SANGro, fratelli, 329. DI SANGro, Maria Francesca (1747- 1812), principessa di Viggiano, 18, 20, 168, 169n., 170-1, 227, 287, 295, 299. DíAz DE ráVAGo, Simón, 363. DIAz, Furio (1916-2011), storico italiano, 243. DIEtz, Bertold, 66n. DíEz GArCíA, José Luis, 353n. DIGHEro, Juan Antonio, 367. DIoS, Salustiano de, 119n., 122n. DoMINGuEz-FuENtES, Sophie, 83n. DoMíNGuEz, Joachin, 124n. DoN GIuLIo vedi D’ANDrEA, Giulio Cesare. DoN LuIGI, infante, vedi LuIGI ANtoNIo DI BorBoNE E FArNESIo. DoN LuIS, infante, vedi LuIGI ANtoNIo DI BorBoNE E FArNESIo. DoN MICHELE vedi GáNDArA y PérEz, Miguel Antonio de la. DoNAto, Maria Pia, 301n. DoNzELLI, Giuseppe, 263n. DorAN, John, 187n. DorIA DEL CArrEtto, Giovanni Andrea (1660?-1749), duca di Tursi, 143n., 321-3. DorIA, olivia (1745-1779), figlia dei duchi di Tursi, 168, 169n. Indice dei nomi DorotEA SoFIA DI NEuBurG (1670-1748), duchessa di Parma, madre di Elisabetta Farnese, 31n. DoVEr, barone, vedi yorkE, Joseph. DoVErE, ugo, 218n. DuEPoNtI o DuE-PoNtI, principe di, vedi FEDErICo MICHELE DI zWEIBrüCkEN E BIrkENFELD. DuLL, Jonathan r., 247n. DuPré rAVENtóS, Xavier, 386n. DurAS, duca di, vedi DurFort, EmmanuelFélicité de. DurFort, Emmanuel-Félicité de (1715-1789), duca di Duras, ambasciatore francese a Napoli, 68, 72n., 168, 179, 180n., 184, 188, 197n., 212n., 226, 228-9, 239-40. EAGLES, r. D. E., 70n. EAGro, figura della mitologia greca, re di Tracia e padre di Orfeo, 278n. EASuM, Verne, 176n. EBoLI, Francesco (1688-1758), duca di Castropignano, 105n., 144-5n., 326, 329, 332, 335. EBoLI, Mariano (1742-?), duca di Castropignano, 140, 144n., 145n. ECHAur, N., 340. EDouArD, Sylvène, 265n. EGIDo LóPEz, teófanes, 32n. EGIzIo, Matteo, 29n., 377n. ELENA DI troIA, 314, 315n. ELISABEttA CrIStINA DI BruNSWICk-WoLFENBüttEL-BEVErN (1715-1797), regina di Prussia, 176n. ELISABEttA DI BAVIErA (1227-1273), regina di Germania e contessa del Tirolo, madre di Corrado di Svevia, 300n. ELISABEttA FArNESE (1692-1766), regina di Spagna, moglie di Filippo V, 11-7, 19-20, 28n., 30, 31-2n., 33-8n., 48n., 54, 55-6n., 61-2, 63-4n., 72-3, 75-7n., 80-1, 82-4n., 90, 100, 102n., 104, 106-7n., 110n., 112, 133n., 142n., 146n., 147, 148n., 149 e n., 152, 154, 155n., 160n., 180-1, 183n., 184, 191n., 203-4n., 213n., 217, 219-20, 225n., 228-9, 230n., 241, 243, 244n., 252, 254n., 255-6, 259n., 262, 264, 2678n., 273-5n., 277, 281-2n., 292n., 302n., 343, 346, 354-8, 370. 427 ELISABEttA PEtroVNA (1709-1762), imperatrice di Russia, 60n., 152n., 168, 216, 276, 278n., 305, 308. ELISABEttA tErESA DI LorENA (1711-1744), regina di Sardegna, sorella di Francesco I d’Austria, 263n. ELLIott, John H., 48n., 91n. ENCISo ALoNSo-MuñuMEr, Isabel, 257n. ENCISo rECIo, Luis Miguel, 4n., 36n., 43n., 225n. ENGGASS, robert, 396n. ENrICHEttA o ANNA ENrICHEttA DI BorBoNE detta Madame Henriette e Madame Seconde (1727-1752), figlia di Luigi XV, 75n., 213n. ENrICo III (1551-1589), re di Francia, 174n. ENrICo DI PruSSIA (1726-1802), principe, fratello di Federico II, 60n., 67n., 173, 1756n. ENSENADA, marchese de la, vedi SoMoDEVILLA y BENGoECHEA, zenón de. ENtICk, John, 60n. ErACLE vedi ErCoLE. ErCoLE, eroe greco, mitico fondatore di Ercolano, 37n., 240, 252, 256, 380, 392-3 e n., 394, 406, 408. ErSkINE-HILL, Howard, 155n. ESCoBEDo roMEro, rafael, 307n. ESCuDEro, José Antonio, 26n., 35n., 40n., 65n., 74n., 111n., 119n., 120n., 123n., 132n., 191n., 194n. ESoPo, 149-50n. ESPAñoL BouCHE, Luis, 43n., 84n. ESQuILACHE, marchesa di, vedi VErDuGo y QuIJADA, María Josefa. ESQuILACHE, marchese di, vedi DE GrEGorIo E MASNAtA, Leopoldo. EStANISLAo, rey, vedi StANISLAo I LESzCzyńSkI. EStEBAN EStríNGANA, Alicia, 40n. EtIENNE, Noémie, 387n. FAGIoLo, Marcello, 157n. FAIELLA, Francesco, 223, 225, 270, 272. FANLo, Marcos, 125n. FANzAGo, Cosimo (1591-1678), scultore e architetto napoletano, 300n. FArGAS PEñArroCHA, María Adela, 215n. FASoLD vedi VASoLD, Heinrich rudolph von. FASSINA, Michele, 46n. 428 Verso la riforma della Spagna - Vol. II FAyArD, Janine, 120n. FEDErICo I DI BADEN-BADEN (1249-1268), margravio di Baden, 300n. FEDErICo II (1194-1250), imperatore, duca di Svevia e re di Sicilia, 232, 236n. FEDErICo II detto il Grande (1712-1786), re di Prussia, 49n., 60n., 66n., 110n., 112, 115n., 173, 175-6n., 182n., 206, 233, 245, 246n., 252, 254n., 276, 278n., 281n., 284, 288-9, 291n., 292, 298, 303n., 305, 308. FEDErICo AuGuSto DI SASSoNIA (17201721), figlio di Augusto III di Polonia, fratello di Maria Amalia, 39n. FEDErICo AuGuSto I/III (1750-1827), principe elettore di Sassonia, duca di Varsavia e re di Sassonia, 142n. FEDErICo AuGuSto II - AuGuSto III (16961763), principe elettore di Sassonia e re di Polonia, 26n., 39n., 45n., 66n., 101n., 109n., 135n., 152n., 172n., 179, 247n., 281n., 288, 330, 357, 413, Fig. 35. FEDErICo CrIStIANo DI SASSoNIA (17221763), principe-elettore di Sassonia e fratello di Maria Amalia, 10, 18-9, 25n., 38, 39n., 45, 49n., 52-3, 62, 66n., 78n., 85, 88, 100, 102n., 104n., 140, 142n., 147, 149, 151-2, 154, 157, 160, 168, 171, 173, 292. FEDErICo D’AuStrIA vedi FEDErICo I DI BADEN-BADEN. FEDErICo ENrICo LuIGI DI HoHENzoLLErN vedi ENrICo DI PruSSIA. FEDErICo GuGLIELMo I (1688-1740), re di Prussia, 115n. FEDErICo LuIGI DI HANNoVEr (1707-1751), principe di Galles e duca di Gloucester, 148n. FEDErICo MICHELE DI zWEIBrüCkEN E BIrkENFELD (1724-1767), principe di Dueponti e conte palatino di Zweibrücken e Birkenfeld, 290, 290-1n., 309, 311, 312n., 316. FELIPE DE BorBóN y FArNESIo vedi FILIPPo I, duca di Parma. FELLMANN, Walter, 247n. FErDINAND ALBErt II vedi FErDINANDo ALBErto II. FErDINAND VoN BrAuNSCHWEIG-WoLFENBüttEL vedi FErDINANDo DI BruNSWICkWoLFENBüttEL. FErDINANDo I (1751-1802), duca di Parma e Piacenza, 75-6n. FErDINANDo VI (1713-1759), re di Spagna, 26n., 29n., 33-7n., 41n., 64n., 68, 70n., 71n., 73, 74n., 76n., 78n., 83n., 92n., 106n., 110n., 115n., 141n., 172n., 177n., 190-1n., 193-4n., 213n., 215n., 250n., 282n., 330. FErDINANDo ALBErto II (1680-1735), duca di Brunswick-Wolfenbüttel, 246n. FErDINANDo D’ArAGoNA vedi FErDINANDo IL CAttoLICo. FErDINANDo DI BorBoNE E BorBoNE vedi FErDINANDo I, duca di Parma. FErDINANDo DI BruNSWICk-WoLFENBüttEL (1721-1792), principe di Brunswick-Wolfenbüttel, 109n., 245, 246n., 248, 284. FErDINANDo IL CAttoLICo (1452-1516), re di Sicilia e di Spagna, 31n., 48n., 119n. FErNáN NúñEz, conte di, vedi GutIérrEz DE LoS ríoS, Carlos José. FErNáNDEz ALBADALEJo, Pablo, 31n. FErNáNDEz DE CórDoBA PortoCArrEro GuzMáN y AGuILAr, Luis Antonio (16961791), arcivescovo di Toledo, 347-9. FErNáNDEz DE CórDoBA y MoNCADA, María del rosario (1732-1773), duchessa di Arcos, 304n. FErNáNDEz DE CórDoBA y SPíNoLA, Luis Antonio (1704-1768), XI duca di Medinaceli, 56n., 142n., 145n., 346, 350. FErNáNDEz DE CórDoVA MIrALLES, álvaro, 31n. FErNáNDEz DE MIrANDA y PoNCE DE LEóN, José (1707-1783), duca di Losada (qualche volta, duca Miranda), 36n., 47n., 57n., 77n., 87n., 97n., 132n., 140, 142-4n., 191-2n., 213n., 253n., 259n., 284, 285n., 318n., 322, 331, 334, 339-40, 343, 346, 370. FErNáNDEz DE MIrANDA y PoNCE DE LEóN, Sancho, marchese di Valdecarzana, 142n. FErNáNDEz DE roNDEroS, Vicente, 367. FErNáNDEz DE yNDArtE, Pedro, 133n. FErNáNDEz GArCíA, Antonio, 46n. FErNáNDEz GArCíA, José, 36n. FErNáNDEz GIMéNEz, María del Carmen, 120n. Indice dei nomi FErNáNDEz MArtíN, Juan José, 201n. FErNáNDEz MurGA, Félix, 4 e n., 373n., 381n., 383n., 386n., 388n., 391n. FErNáNDEz PortoCArrEro y MoSCoSo, Joaquín (1681-1760), cardinale, marchese di Almenara, 69n., 117n., 232, 234-5n., 236. FErNáNDEz, Antonio Pablo, 352. FErNANDI, Francesco, detto l’Imperiali (1677/ 79-1740), pittore romano, 374 e n. FErNANDo VI vedi FErDINANDo VI. FErrANtE, marchese, 326, 328. FErrão, António, 282n. FErrArI, oreste, 135n. FErrArIS, Paola, 234n. FErrEr BENIMELI, José Antonio, 307n. FErrEr DEL río, Antonio (1814-1872), storico spagnolo, 4n., 26n., 37n., 42-3n., 47n., 64-5n., 74n., 120-4n., 144n., 154n., 194n., 212n., 220n., 265n. FErrI MISSANo, Antonella, 137n. FErroNE, Vincenzo, 243n. FICHErA, Francesco, 128n. FIGuEIroA vedi VENturA FIGuEroA, Manuel. FIGuEroA, José Enrique, 63n., 363. FILANGErI, Gaetano, 113n., 300n. FILIPPo I (1720-1765), duca di Parma, secondogenito di Filippo V di Spagna ed Elisabetta Farnese, 31n., 35n., 37n., 42n., 58n., 701n., 73, 74n., 75-6n., 76n., 88, 89n., 94n., 129, 130 e n., 147, 148 e n., 149, 172n., 173, 190n., 207-8, 229, 262, 271, 276, 281n., 283, 296n. FILIPPo II (1556-1598), re di Spagna, 177n., 183n., 212n., 267n. FILIPPo III (1578-1621), re di Spagna, 212n. FILIPPo III il Buono (1396-1467), duca di Borgogna, 174n. FILIPPo IV (1605-1665), re di Spagna, 92n., 212n. FILIPPo V (1683-1746), re di Spagna, 31n., 35n., 43n., 48n., 55n., 70n., 75n., 83-4n., 104n., 142n., 155n., 174n., 177n., 190n., 212-3n., 214, 215n., 230n., 235n., 265n., 267-8n., 274-5n., 280, 281-2n., 304, 306n., 342, 396. FILIPPo DI BorBoNE E FArNESIo vedi FILIPPo I, duca di Parma. 429 FILIPPo DI BorBoNE E SASSoNIA (1747-1777), infante di Spagna, duca di Calabria, primogenito di Carlo di Borbone e Maria Amalia di Sassonia, 12, 15-6, 40-1n., 56n., 70n., 99n., 140, 141-2n., 173n., 229, 230n., 262, 264, 276, 293n., 312-3, 333, 338-9. FINCk, Friedrich August von (1718–1766), militare prussiano, 101-2n., 176n. FINoCCHIEttI FAuLoNI, Giuseppe (17021782), conte, 384 e n. FIorELLI, Giuseppe (1823-1896), 381n. FIorILLo, Vanda, IV. FIrMIAN, karl Joseph von (1716-1782), conte, ambasciatore austriaco a Milano, 94, 94n., 97-8, 316. FItz-JAMES StuArt y BurGH, Jacobo Francisco (1696-1738), II duca di Liria y Jérica e II duca di Berwick, 212n. FItz-JAMES StuArt y CoLóN DE PortuGAL, Jacobo Francisco Eduardo (1718-1785), III duca di Liria y Jérica, III duca di Berwick e IX duca di Veragua, 304n. FItz-JAMES StuArt y CoLóN DE PortuGAL, Pedro (1720-1789), militare spagnolo, 346. FLAtHE, Heinrich theodor, 247n. FLEury, André-Hercule de (1652-1743), cardinale, vescovo di Fréjus, 47n. FLorIDABLANCA, conte di, vedi MoñINo y rEDoNDo, José. FoGLIANI SForzA D’ArAGoNA, Giovanni (1697-1780), marchese, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, poi vicerè di Sicilia, VIII, 46n., 137n., 210, 213n., 214n., 323, 332-5, 338-9, 376 e n., 377, 382, 383n., 390 e n., 401, 403-4, 406, 407 e n., 409. FoLIN, Marco, 199n. FoNtANA, tommaso, medico di Camera, 17, 95, 96n., 98. ForCELLINo, Maria, 386n. FoSCArINI, Sebastiano (1718-1785), inviato veneziano a Madrid, 106n., 264, 266n. FoWLEr, William M., 223n. FoX, Henry (1705-1774), barone Holland, segretario di Guerra, Southern Secretary e Paymaster of the forces, 29n. FrAGNIto, Gigliola, 32-3n. FrANCAVILLA, marchese di, 325. FrANCAVILLA, principe di, vedi IMPErIALI, Michele. 430 Verso la riforma della Spagna - Vol. II FrANCESCo I (1708-1765), imperatore, duca di Lorena e granduca di Toscana, marito di Maria Teresa d’Austria, 71n., 75n., 94n., 99n., 101n., 105n., 263n. FrANCESCo D’ASSISI, nato Giovanni di Pietro Bernardone (1181/2–1226), santo, 304, 306n. FrANCESCo DI BorBoNE E FArNESIo (1717), figlio di Filippo V ed Elisabetta Farnese, 31n. FrANCESCo FArNESE (1678-1727), duca di Parma e Piacenza, 31n. FrANCESCo SAVErIo DI BorBoNE E SASSoNIA (1757-1771), infante di Spagna, figlio di Carlo III e Maria Amalia di Sassonia, 42n., 48n., 51n., 56n., 63n., 109, 111n., 170, 183n., 261n., 266-7n., 273n., 302n., 3446, 348-50, 355, 357. FrANCESCo SAVErIo DI SASSoNIA (17301806), conte di Lusazia e fratello di Maria Amalia, 38, 39n., 284, 285n., 289, 308 e n., 311. FrANCHI DELL’orto, Luisa, 374n. FrANCISCo DE BorBóN y FArNESIo vedi FrANCESCo DI BorBoNE E FArNESIo. FrANCISCo JAVIEr DE BorBóN y SAJoNIA vedi FrANCESCo SAVErIo DI BorBoNE E SASSoNIA. FrANQuINI, doña, 358. FrANz XAVEr VoN SACHSEN vedi FrANCESCo SAVErIo DI SASSoNIA. FrEDErICk AuGuStuS VoN SACHSEN vedi FEDErICo AuGuSto I/III. FrEDErICk CHrIStIAN VoN SACHSEN vedi FEDErICo CrIStIANo DI SASSoNIA. FrEDErICk LouIS vedi FEDErICo LuIGI DI HANNoVEr. FrEDErICk LouIS, prince of Wales, vedi FEDErICo LuIGI DI HANNoVEr. FréroN, élie-Catherine, 367. FrIEDrICH AuGuSt II - AuGuSt III vedi FEDErICo AuGuSto II - AuGuSto III. FrIEDrICH AuGuSt VoN SACHSEN vedi FEDErICo AuGuSto DI SASSoNIA. FrIEDrICH HEINrICH LuDWIG VoN PrEuSSEN vedi ENrICo DI PruSSIA. FrIEDrICH MICHAEL VoN PFALz-zWEIBrüCkEN-BIrkENFELD vedi FEDErICo MICHELE DI zWEIBrüCkEN E BIrkENFELD. FrIEDrICH WILHELM I vedi FEDErICo GuGLIELMo I. FrIGNANo MAGGIorE, marchesa di, vedi GArGANo, Luisa. FrIozzI, diacono, 19, 185, 187-8. FuENtES GANzo, Eduardo, 265n. FuENtES QuINtANA, Enrique, 163n. FuENtES, conte di, vedi PIGNAtELLI DE ArAGóN y MoNCAyo, Joaquín Atanasio. FuENtES, Francisco Xavier de, 363. FuGA, Ferdinando (1699-1782), architetto fiorentino, 127n., 201n. FuSCALDo, marchese, 324. GABrIEL DE BorBóN y SAJoNIA vedi GABrIELE DI BorBoNE E SASSoNIA. GABrIELE DI BorBoNE E SASSoNIA (17521788), infante di Spagna, figlio di Carlo III e Maria Amalia di Sassonia, 42n., 48n., 51n., 56n., 63n., 109, 111n., 170, 183n., 261n., 266-7n., 273n., 293n., 302n., 3446, 348-50, 355, 357. GAEHtGENS, thomas W., 39n. GAEtA, Carlo, 198n. GAEtANI, Francesco Maria Emanuele (17201782), marchese di Villabianca, 138n. GAEtANI, Pasquale, 307n. GAEtANo, marchese, 324. GAILLEMIN, Jean-Louis, 152n. GAIo GIuLIo CESArE vedi CESArE, Gaio Giulio. GALANtI, Giuseppe Maria, 203-4n., 271n., 296-7n., 300n. GALASSo, Giuseppe, 29n. GáLDy, Andrea M., 126n., 374n. GALGANEttI, Filippo, 366. GALIANI, Celestino (1681-1753), arcivescovo di Taranto e Tessalonica, cappellano maggiore delle Due Sicilie, 29n., 243n. GALIANI, Ferdinando (1728-1787), segretario dell’ambasciata napoletana a Versailles, economista napoletano, 242, 243n., 276-7, 305, 308n., 384n. GALLAVrESI, Giuseppe, 212n. GALLuCCIo DE L’HôPItAL, Paul-François (1697-1767), marchese di Châteauneuf-surCher, 210, 213-4n. GALVE, conte di, vedi CErDA SANDoVAL SILVA y MENDozA, Gaspar de la. Indice dei nomi GAMBArDELLA, Alfonso, 137n., 199n., 201n., 381n. GAMoNEDA, marchese di, vedi PérEz GAMoNEDA CASCoS y VILLA DE MoroS, Juan Antonio. GáNDArA y PérEz, Miguel Antonio de la (1719-1783), 161, 163n., 165-6, 202, 204. GAoNA y PortoCArrEro, Francisco (16961760), conte di Valdeparaíso, segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, 18, 108-9, 110-1n., 114n., 132n., 156. GArAFA y GuILLéN, Francisco Antonio, 124n. GArCíA DIEGo, Paulino, 220n. GArCíA FErNáNDEz, Ernesto, 36n. GArCíA FErNáNDEz, María Nélida, 270n. GArCíA GArCíA, Bernardo José, 40n. GArCíA MAríN, José María, IV. GArCíA MErCADAL, José, 83n. GArCíA PELáEz, Francisco de Paula, 189n. GArCIA y GArCIA, Laurentino, 10. GArCíA-BADELL ArIAS, Luis María, 120n. GArCíA-orELLáN, rosa, 270n. GArDNEr CoAtES, Victoria C., 389n. GArGANo, Luisa, marchesa di Frignano Maggiore e duchessa di Castropignano, 140, 1445n., 146n. GArGANo, Pietro, 87n., 310n. GArICoCHEA, Julio, 340. GArMS-CorNIDES, Elisabeth, 94n. GArMS, Jörg, 92n., 128n., 201n., 274n. GASCA, Pedro, conte, 323. GASPAr DI BrAGANzA detto menino de Palhavã (1716-1789), figlio illegittimo di Giovanni V del Portogallo, 282n. GAuLtIEr, Pietro, incisore, 408. GAzzoLA, Eugenio, 39n. GELASIo I (¿-496), papa e santo, 116n. GENEVrINo vedi GINEVrINo. GEorGE I vedi GIorGIo I. GEorGE II vedi GIorGIo II. GEorGE III vedi GIorGIo III. GErEMIA (c. 650 a.C.-c. 586 a.C.), profeta biblico, 305, 306n. GErSDorFF, otto Ernst von (1710-1773), militare prussiano, 102n. GESú DI NAzArEt, 106n., 186n., 235-6n. 431 GHIGIottI, Giuseppe, 276n. GIACoMo II E VII (1633-1701), re d’Inghilterra e di Scozia, 26n., 155n., 336. GIACoMo FrANCESCo EDoArDo StuArt detto the Old Pretender (1688-1766), 153, 155n. GIANANDrEA, Manuela, 281n., 398n. GIANNoNE, Pietro (1676-1748), storico e giurista italiano, 236n. GIBBS, G. C., 36n., 230n. GIGANtE, Marcello (1923-2001), grecista, filologo classico e papirologo italiano, 373-4n., 391n. GIL DE zárAtE, Antonio, 121n. GIMéNEz LóPEz, Enrique, 79n., 238n., 316n. GINEVrINo, 253, 255, 255n., 256, 287 e n., 288. GIoMIGNANI, Francesco, incisore, 399 e n., 413, Fig. 37. GIorDANo, Luca (1634-1705), 134, 134-5n. GIorGEttI VICHI, Anna Maria, 234n. GIorGIo I (1660-1727), re di Gran Bretagna e principe elettore di Hannover, 147n. GIorGIo II (1683-1760), re di Gran Bretagna e principe elettore di Hannover, 147, 1478n., 110n., 167-8, 169n., 211n., 236-7, 245n., 308n. GIorGIo III (1738-1820), re di Gran Bretagna e principe elettore di Hannover, 70n., 148n., 211n., 247n. GIoVANNI (10-98/99), santo, apostolo ed evangelista, 161. GIoVANNI IL BAttIStA (fine I secolo a.C.-c. 35 d.C.), santo, 236n. GIoVANNI V (1689-1750), re del Portogallo, 230n., 282n. GIuDA Iscariota, 232, 235-6n. GIuLIANo, Antonio, 392n. GIuLIANo, don, 134, 138n. GIuLIo CESArE vedi CESArE, Gaio Giulio. GIuLIo vedi D’ANDrEA, Giulio Cesare. GIurAto, rocco, IV. GIuSEPPE detto Barsabba e soprannominato il Giusto, discepolo di Gesù, 232, 236n. GIuSEPPE I (1678-1711), imperatore, 29n. GIuSEPPE I (1714-1777), re del Portogallo, 71n., 84n., 99n., 230-1n., 244n., 273n., 280, 282n., 301n. 432 Verso la riforma della Spagna - Vol. II GIuSEPPE II (1741-1790), arciduca d’Austria, poi imperatore, 14-5, 17, 71n., 76n., 94 e n., 99n., 105n., 127n., 162, 177, 199-200, 227, 239, 265n. GIuSEPPE AuGuSto DI SASSoNIA (17211728), figlio di Augusto III di Polonia, fratello di Maria Amalia, 39n. GIuSEPPE DI BrAGANzA detto menino de Palhavã (1720-1801), figlio illegittimo di Giovanni V del Portogallo, 279-80, 282n. GIuSEPPE DI SASSoNIA (1754-1763), figlio di Federico Cristiano di Sassonia, 142n. GIuSEPPE FrANCESCo DI BrAGANzA (17611788), duca di Braganza, principe di Beira e del Brasile, figlio di Maria I del Portogallo, 71n. GIuStI, Annamaria, 315n. GIuStI, Paola, 127n. GIuStINIANI, Lorenzo, 271n. GNEo PoMPEo MAGNo (106 a.C.-48 a.C.), militare romano, 284, 285n. GoINzuEtAS vedi GoyzuEtA, fratelli. GóMEz urDáñEz, José Luis, 26n., 36n., 71n., 191n. GóMEz-CENturIóN JIMéNEz, Carlos, 36n., 191n., 257n. GoNzáLEz CAIzáN, Cristina, 191n. GoNzáLEz ENCISo, Agustín, 43n. GoNzáLEz FuErtES, Manuel Amador, 122n. GoNzáLEz PISADor, Agustín (1709-1791), vescovo di Oviedo, 310n. GoNzáLEz-PALACIoS, Alvar, 127n., 315n. GooDMAN, Elise, 152n. GooDWIN, G., 70n. GorDoN, Alden r., 152n., 389n. GorGA, 290, 292n., 293. GorI GANDELLINI, Giovanni (1700-1769), storico senese, 384n., 397n. GorI, Anton Francesco (1691-1757), storico fiorentino, VIII, 10, 378 e n., 380 e n., 381n., 389 e n., 405-6 e n. GorrICHAtEGuI, Agustín de, 367. GoyzuEtA, fratelli, 337. GoyzuEtA, Juan Asensio de (?-1782), intendente di Marina e poi segretario di Stato e del Dispaccio d’Azienda, 15, 20, 133n., 245, 247n., 248-9, 250n., 284, 337. GrANIto, Angelo, marchese, 196, 198n., 200, 227. GrAy, Sir James (1708-1773), ambasciatore britannico a Napoli, VIII, 20, 28-9n., 65n., 107, 108n., 141n., 156, 158n., 174n., 179, 180n., 222, 223 e n., 224, 239, 241n., 245, 252, 254n., 257, 259n., 294, 301-2n., 307n., 310n., 383n., 391, 408. GrEGG, Edward, 155n. GrEGorIo I detto papa Gregorio Magno ovvero il Grande (540-604), papa e santo, 116n. GrEGorIo vedi DE GrEGorIo E MASNAtA, Leopoldo. GrELL, Chantal, 389n. GrEPPI, Cesare, 275n. GrEtA, Grupo de Estudios del tabaco, 307n. GrIMALDI E PALLAVICINI, Paolo Geronimo (1709-1789), marchese e duca, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, 182n., 219, 220-1n., 245, 252, 284n. GrIMALDI, Francesco (1543-1613), architetto italiano, 217n. GrISErI, Andreina, 275n. GrItELLA, Gianfranco, 275n. GroSS, Hanns, 117n. GuALDó, Juan Bautista, 125n. GuArINI, Ignazio, gesuita, 61, 62, 66n. GuArINI, Luigi, 255n. GuArINo, Alberto, 373n. GuArINo, Giuseppe, 164n. GuAStI, Niccolò, 35n., 124n., 191n., 193-4n. GuErCI, Luciano, 243n. GuIDoBALDI, Maria Paola, 387n., 392n. GuIDoBoNo CAVALCHINI, Carlo Alberto (1683-1774), cardinale, 117n., 164n., 306, 307n. GuIMErÀ rAVINA, Agustín, 191n. GutIérrEz DE LoS ríoS, Carlos José (17421795), conte di Fernán Núñez, 34n., 40n., 42n., 48n., 56n., 64n., 76n., 84n., 1435n., 192n., 194-5n. GuzMáN y GuEVArA, José de (1709-1781), VI marchese di Montealegre, maggiordomo maggiore della regina di Spagna, 146n., 194n., 345, 349. Guzzo, Pier Giovanni, 392n. HADJINICoLAou, Nicos, 275n. HAGANE DE WASSENAEr, Juan Luis, ambasciatore holandese a Madrid, 106n. Indice dei nomi HANkE, rené, 247n. HANSELL, k. k., 278n. HArDWICkE, conte di, vedi yorkE, Philip. HArrACH, Aloys thomas raimund von (1669-1742), conte, vicerè di Napoli, 327. HéNAut, Léonie, 387n. HENrIEttE DE FrANCE vedi ENrICHEttA DI BorBoNE. HErBIG, reinhard, 385 e n. HErNANDo CorDEro, Juan Francisco, 107n. HErNANDo SáNCHEz, Carlos José, 31n. HErrErA, Juan de (1530-1597), architetto spagnolo, 177n. HErrErA, Leonardo de, 125n. HErrEroS, Antonio, 125n. HErSEy, George L., 157n., 276n. HErVEy, George William (1721-1775), II conte di Bristol, ambasciatore britannico in Spagna, VII, 26n., 30n., 32n., 34n., 36n., 63-5n., 68, 70n., 82-3n., 89n., 92n., 104n., 106n., 108n., 110-1n., 119n., 131-3n., 138n., 143n., 146n., 149n., 172n., 179n., 182n., 190n., 191-2n., 194n., 212n., 223n., 225n., 342-3, 354-6, 369-372. HErVEy, John (1696-1743), barone Hervey, 70n. HErVEy, Lord, vedi HErVEy, John. HIBBErt, Christopher, 60n. HIDALGo, Jacinto, 268n. HILDEBrAND, barone di, 106n. HILLEBrANDt, Jean (1686-1761), confessore della regina Maria Amalia, 38, 39n. HILtoN StoW, Sylvia L., 225n. HoLDErNESS, Lord, vedi DArCy, robert. HoLLWEG, Pia, 136n. HoLStEIN-GotorP vedi PIEtro III, zar di Russia. HooPEr-HAMErSLEy, rosamond, 152n. HuArtE, marchese di, 266n. HuéSCAr, duca di, vedi SILVA y áLVArEz DE toLEDo, Fernando de. HüLSEN, Johann Dietrich von (1693-1767), militare prussiano, 176n. HuQuIEr, Jacques-Gabriel (1730-1805), pittore, disegnatore e incisore francese, 399, 413, Figg. 35-36, Fig. 38. IACHELLo, Enrico, 199n. 433 IGArEDA, José (?-1778), segretario dell’ambasciata spagnola a Roma, 11-2, 17, 86, 87n., 88-90, 134. IGLESIAS, Carmen, 92n. ILDEBrANDo vedi HILLEBrANDt, Jean. IMPErIALE, Giulio I (1680-1738), I principe di Sant’Angelo dei Lombardi, 236. IMPErIALI, L’, vedi FErDINANDo, Francesco. IMPErIALI, Michele (1719-1782), IV principe di Francavilla e VII marchese di Oria, VIII, 51n., 333, 409. INFELISE, Mario, 66n. INNoCENzo IV (1195-1254), papa Sinibaldo Fieschi dei Conti di Lavagna, 236n. INtIErI, Bartolomeo (1677-1757), agente fiorentino a Napoli, 52n., 145n., 329. IoVINE , raffaele, IV, 243n. IrIArtE y CISNEroS, Juan de (1702-1771), scrittore spagnolo, 209n. ISABELLA DI CAStIGLIA vedi ISABELLA LA CAttoLICA. ISABELLA LA CAttoLICA (1461-1504), regina di Spagna, 31n., 48n., 119n. ISABELLA MArIA DI BorBoNE E BorBoNE – ISABELLA DI PArMA (1741-1763), figlia dell’infante Filippo I di Parma, moglie di Giuseppe II d’Autria, 14-5, 17, 71n., 73, 75-6n., 94 e n., 99n., 117-8, 127n., 162, 168, 177, 200, 239, 265n., 282n., 294. ISIDoro L’AGrICoLtorE, AGrICoLA o LAVorAtorE (1080-1130), santo, 303n. ISIDro, santo, vedi ISIDoro L’AGrICoLtorE. IVrEA, marchese d’, vedi BENEDEtto MArIA MAurIzIo DI SAVoIA. Izzo, Mariaclaudia, 145n., 281n., 398n. JACI vedi MoNCADA E DI GIoVANNI, Anna. JACI vedi rEGGIo E GrAVINA, Stefano. JACkSoN, richard A., 185n. JACoB, Margaret C., 205n. JACoBo, re, vedi GIACoMo II E VII. JAMES FrANCIS EDWArD StuArt vedi GIACoMo FrANCESCo EDoArDo StuArt. JENNINGS, Francis, 223n. João V vedi GIoVANNI V. JoNES, Colin, 152n. JorDáN DE urríES y DE LA CoLINA, Javier, 136n. 434 Verso la riforma della Spagna - Vol. II JorDAN, console, 369. JoSé I vedi GIuSEPPE I, re del Portogallo. JoSé DE BrAGANçA vedi GIuSEPPE I, re del Portogallo. JoSé DE BrAGANçA, menino de Palhavã, vedi GIuSEPPE DI BrAGANzA. JoSé FrANCISCo ANtóNIo DE BrAGANçA vedi GIuSEPPE I, re del Portogallo. JoSé FrANCISCo XAVIEr DE PAuLA DE BrAGANçA vedi GIuSEPPE FrANCESCo DI BrAGANzA. JoSEPH AuGuSt VoN SACHSEN vedi GIuSEPPE AuGuSto DI SASSoNIA. JoSEPH MArIA LuDWIG VoN SACHSEN vedi GIuSEPPE DI SASSoNIA. JoSEPH vedi GIuSEPPE, detto Barsabba e soprannominato il Giusto. JoSEPH VoN HABSBurG-LotHrINGEN vedi GIuSEPPE II. JoVArA vedi JuVArrA o JuVArA, Filippo. JuNQuErA y MAto, Juan José, 83n. JurEtSCHkE, Hans, 28n. JuVArrA o JuVArA, Filippo (1678-1736), 63n., 92n., 272, 278n., 272, 274-5n. kAISEr, thomas E., 152n. kAMEN, Henry, 215n. kAMMErEr-GrotHAuS, Helke, 87n., 375n., 380-1n., 385n., 388n. kAPLAN, Herbert Harold, 60n. kArL FrIEDrICH SCHLESWIG-HoLStEIN-GottorF vedi CArLo FEDErICo DI HoLStEINGottorP. kArL MAXIMILIAN VoN SACHSEN vedi CArLo MASSIMILIANo DI SASSoNIA. kAuNItz-rIEtBErG, Wenzel Anton von (17111794), conte e principe, 90n., 182n., 20910, 211n., 217. kEENE, Sir Benjamin (1697-1757), ambasciatore britannico in Spagna, 192n. kENNEtt, Lee B., 60n. kEPPEL, Willem Anne van (1702-1754), conte di Albemarle, ambasciatore britannico in Francia, 246n. kIEVEN, Elisabeth, 128n., 275n., 301n. kLINGENStEIN, Grete, 211n. kNIGHt, Carlo, 28n., 47n., 276n., 375n., 379n. koEPPE, Wolfram, 315n. koLoWrAt, conte di, inviato polacco-sassone in Spagna, 109n. krAtz, Guillermo, 193n. krAuEL HErEDIA, Blanca, 243n. krAuS, Franz Xaver, 101n. kryNEN, Jacques, IV. kuLENkAMPFF, Angela, 211n. LA ENSENADA vedi SoMoDEVILLA y BENGoECHEA, zenón de. LA VEGA, Angelica, 382, 407. LA VEGA, Francisco (?-1752), senior, 378n., 381 e n., 382, 401-5, 407-8, 411, Fig. 6. LA VEGA, Francisco o Francesco (1737-1815), junior, 381 e n., 382, 407 e n. LACy, Franz Moritz von (1725-1801), militare austriaco, 288n. LAFuENtE, Modesto, 35n., 48n., 74n., 194n., 220n. LAJEr-BurCHArtH, Ewa, 152n. LALANDE, Jérôme de (1732-1807), astronomo francese, 163n. LANE, kris E., 225n. LArrAGA, Manuel de, medico, 96n., 340. LArrAz, Blas, 363. LArrEA, Manuel de, 340. LASCy vedi LACy, Franz Moritz von. LAtILLA, Benedetto (1710-1767), confessore di Ferdinando I delle Due Sicilie, 253, 2545n., 255-6, 287. LAuDoN, Ernst Gideon von (1717-1790), barone, militare austriaco, 245, 246n., 248, 269, 289 e n., 309. LAurENzANo, duca di, 325. LAVALLE-CoBo, teresa, 32n., 107n., 274n. LE toNNELLIEr, Louis-Charles-Auguste (17301807), barone di Breteuil, ambasciatore francese a Napoli, 145n. LEMBo, Giovanni, commerciante napoletano, 52, 52n., 78-9, 88. LENorMANt D’étIoLES, Charles-Guillaume (1717-1799), marito di madame di Pompadour, 151n., 277, 278n., 279-80. LENorMANt DE tourNEHEM, Charles François Paul (1684-1751), 278n. LENorMANt Du Fort, Hervé-Guillaume, 278n. LEóN SANz, Virginia, 40n. Indice dei nomi LEoNE X (1475-1521), papa Giovanni di Lorenzo de’ Medici, 31n. LEoPoLD VoN HABSBurG-LotHrINGEN vedi LEoPoLDo II. LEoPoLDo II (1747-1792), granduca di Toscana e imperatore, 75n., 99n., 103, 105n., 236n., 273n. LEVANtAL, Christophe, 185n. LEzo y PACHECo SoLíS, Blas Fernando de (1727-1790), I marchese di Ovieco, 266n. LIANI, Francesco, detto Ciccio (?-post 1783), 15, 113n., 279, 281n., 305, 398 e n., 399, 409-10, 413, Figg. 32-33, Fig. 39. LIEDtkE, Walter, 92n. LINDStEDt, Daniel Georg von (1705-1764), militare prussiano, 102n. LIrIA, duca di, vedi FItz-JAMES StuArt y BurGH, Jacobo Francisco. LIVIzzANI MuLAzzANI, Giuseppe (16881754), cardinale, 186n. LIzArAzu, Juan de, 125n. LLANoS y torrIGLIA, Félix de, 231n. LLoyD, Christopher, 60n. LoBkoWItz, Leopoldo, principe di, 101n. LoCAtELLI, Giuseppe (1713-1763), nunzio a Napoli, 20, 97n., 252, 254n., 257, 269. LoCkoWItz vedi LoBkoWItz, Leopoldo, principe di. LoDGE, richard, 192n. LoMELLINI, Agostino, inviato genovese a Napoli, 58, 58-9n. LoNGo AurICCHIo, Francesca, 391n. LóPEz, Joaquín, 363. LóPEz DE JoSé, Alicia, 178n. LóPEz DE zúñIGA SotoMAyor CAStro y PortuGAL, Joaquín Diego (1715-1777), duca di Béjar, 143n. LóPEz GArrIDo, Francisco, 124n. LóPEz-CorDóN CortEzo, María Victoria, 122n., 215n. LóPEz-VIDrIEro, María Luisa, 293n. LorENzANA DE LA PuENtE, Felipe, 265n. LorENzo (225-258), santo, 283, 284n. LoSADA, duca di, vedi FErNáNDEz DE MIrANDA y PoNCE DE LEóN, José. LoSCHIAVo, Luigi M., 310n. Lot, patriarca della Bibbia, figlio di Aran e nipote di Abramo, 196, 199n. 435 LouIS XIV vedi LuIGI XIV. LouIS XV vedi LuIGI XV. LouIS AuGuStE DE FrANCE vedi LuIGI XVI. LouIS DE FrANCE vedi LuIGI DI BorBoNE. LouIS oF BruNSWICk vedi LuIGI ErNESto DI BruNSWICk-WoLFENBüttEL. LouIS StANISLAS DE FrANCE vedi LuIGI XVIII. LouIS-FErDINAND DE FrANCE vedi LuIGI FErDINANDo DI BorBoNE. LouNSBury, ralph G., 270n. LouPÈS, Philippe, 122n. LourIçAL, marchese di, vedi MENESES, Luís Carlos Inácio Xavier de. LozANo BArtoLozzI, María del Mar, 282n. LuCÀ DAzIo, Manuela, 137n. LuCENA GIrALDo, Manuel, 193n. LuCIo CorNELIo SILLA vedi SILLA, Lucio Cornelio. LuDoLF, Guglielmo Maurizio (1708-1793), 210, 212-3n. LuENGo, Ana, 183n. LuIGI I (1707-1724), re di Spagna, 268n. LuIGI XIV (1638-1715), re di Francia, 47n., 155n., 215n., 247n. LuIGI XV detto il Beneamato (1710-1774), re di Francia, 11, 13, 19, 31n., 46, 47n., 756n., 142n., 151n., 170-1, 172n., 173, 175n., 176, 177-8n., 209, 211n., 229, 230n., 246n., 262, 263n., 278n. LuIGI XVI (1754-1793), duca di Berry e poi re di Francia, 142n., 281n. LuIGI XVIII (1755-1824), conte di Provenza e poi re di Francia, 142n., 281n. LuIGI ANtoNIo DI BorBoNE E FArNESIo detto l’infante don Luis (1727-1785), infante di Spagna, cardinale-arcivescovo di Toledo e Siviglia, 11-2, 14, 17, 31n., 34n., 48n., 80-1, 83-4n., 107n., 133n., 183n., 229, 244n., 259n., 261n., 262, 266-7n., 273-4n., 302n., 344-6, 348, 350, 358. LuIGI DI BorBoNE (1751-1761), duca di Borgogna, 142n. LuIGI ErNESto DI BruNSWICk-WoLFENBüttEL (1718-1788), duca di Brunswick-Wolfenbüttel, capitano-generale dei Paesi Bassi, 110n., 158n. LuIGI FErDINANDo DI BorBoNE (17291765), delfino di Francia, figlio di Luigi XV, 31n., 140, 142n., 172n., 173. 436 Verso la riforma della Spagna - Vol. II LuIS I vedi LuIGI I. LuIS ANtoNIo JAIME DE BorBóN y FArNESIo vedi LuIGI ANtoNIo DI BorBoNE E FArNESIo. LuISA ELISABEttA DI BorBoNE detta Madame Infante, Madame Royale e Madame Première (1727-1759), duchessa di Parma, figlia di Luigi XV, 11-2, 71n., 72-3, 75n., 76n., 97, 106n., 118, 172n., 209. LuJáN y ArzE, Juan Francisco de, 303n. LuNA, Juan José, 136n., 247n. LuoNGo, Dario, IV. LuSAzIA, conte di, vedi FrANCESCo SAVErIo DI SASSoNIA. LuzóN NoGué, José María, 136n. MACANAz, Melchor rafael de (1670-1760), giurista e scrittore spagnolo, 122n. MACEDoNIo, Vespasiano, 111, 112-3n. MACErANo, principe di, vedi MASSErANo, principe di. MACíAS DELGADo, Jacinta, 69n. MADArIAGA, Diego Francisco (?-1763), marchese di Villafuerte, militare spagnolo, 140, 144n., 324. MADDALoNI, duca di, 324. MAFrICI, Mirella, 5 e n., 32n. MAGDALENo rEDoNDo, ricardo, 3n., 25n., 30n., 33n., 69n., 105n., 144n. MAHoNy vedi o’MAHoNy y WELD, Demetrio. MAHoNy y WELD, James Joseph vedi o’MAHoNy y WELD, James Joseph. MAIEr ALLENDE, Jorge, 383n. MAIEttA, Ida, 388n. MAIorINI, Maria Grazia, 5 e n., 33n., 45n., 47n., 68n., 105n., 113-5n., 117n., 131n., 133n., 158n., 165n., 170n., 203n., 247n., 384n. MAIrAL DoMíNGuEz, María del Mar, 275n. MAJo, vedi DE MAIo, Niccolò. MALASPINA, marchese, 323. MALESPINE, vedi MALASPINA, marchese. MALo, Felix Venancio, 367. MALVASIA, Carlo Cesare, 135n. MANCINELLI, Fabrizio, 381n. MANCINI, Franco, 310n. MANFrEDI, tommaso, 275n. MANN, Sir Horace (1706-1786), inviato britannico a Firenze, 186-7n. MANrIQuE LArA, Juan Francisco (1703-1765), vescovo di Oviedo e poi di Plasencia, 125n. MANSI, Maria Gabriella, 126n., 373-4n., 37982n., 384-5n., 391n., 399n. MANuEL y ArrIoLA, Giovanni, 131, 131n., 172. MANzuoLI, Giovanni (1720-1782), 276, 278n. MAQuIrA vedi MAQuIrE, Johann Sigismund. MAQuIrE, Johann Sigismund (1710/17111767), conte, militare austriaco, 289n. MArAzzANI, Corrado, conte, 162, 165, 165n., 167. MArCELINo DE VErGArA, Eusebio, 352. MArCo vedi DE MArCo, Carlo. MArCo AurELIo (121-180), imperatore romano, 129, 129n. MArCo NoNIo BALBo vedi BALBo, Marco Nonio. MArCo PorCIo CAtoNE vedi CAtoNE, Marco Porcio. MArGHErItA D’AuStrIA o DI PArMA (15221586), figlia naturale di Carlo V, duchessa di Firenze, duchessa di Parma e Piacenza e governatrice dei Paesi Bassi spagnoli, 203-4n. MArGIottA, Luisa, 87n. MArIA I (1734-1816), principessa del Brasile e poi regina del Portogallo, figlia di Giuseppe I e Marianna Vittoria di Borbone e Farnesio, 12, 14, 71n., 80-1, 84n., 133n., 228-9, 230-1n., 242, 262. MArIA ADELAIDE DI BorBoNE detta Madame Adélaïde, Madame Quatrième e poi Madame Troisième (1732-1800), figlia di Luigi XV di Francia, 213n. MArIA AMALIA ANNA DI SASSoNIA (17571831), principessa, figlia di Federico Cristiano di Sassonia, 142n. MArIA AMALIA DI BorBoNE E BorBoNEPArMA (1779-1798), figlia di Carlo IV di Spagna, 293n. MArIA AMALIE ANNA VoN SACHSEN vedi MArIA AMALIA ANNA DI SASSoNIA. MAríA ANA VICtorIA DE BorBóN y FArNESIo vedi MArIANNA VIttorIA DI BorBoNE E FArNESIo. MArIA ANNA DI NEuBurG (1667-1740), regina di Spagna, moglie di Carlo II, 31n. Indice dei nomi MArIA ANNA SoFIA DI SASSoNIA (1728-1797), elettrice di Baviera, figlia di Augusto III di Polonia e sorella di Maria Amalia, 151, 152n. MArIA ANNA SoPHIE VoN SACHSEN vedi MArIA ANNA SoFIA DI SASSoNIA. MAríA ANtoNIA FErNANDA DE BorBóN y FArNESIo vedi MArIA ANtoNIA FErNANDA DI BorBoNE E FArNESIo. MArIA ANtoNIA FErNANDA DI BorBoNE E FArNESIo (1729-1785), figlia di Filippo V ed Elisabetta Farnese, regina di Sardegna, 31n., 281n. MArIA BArBArA DI BrAGANzA (1711-1758), regina di Spagna, 71n., 76n., 111n., 115n., 177n., 282n., 315n. MArIA CAroLINA D’ASBurGo-LorENA (17521814), regina delle Due Sicilie, 281n. MArIA CLEMENtINA SoBIESkA (1702-1735), 155n. MArIA CLotILDE DI BorBoNE, detta madame Clotilde (1759-1802), regina di Sardegna, 140, 142n. MArIA CrIStINA D’ASBurGo-LorENA (17421798), figlia di Maria Teresa d’Austria, duchessa di Teschen, 101n. MArIA CrIStINA D’ASBurGo-LorENA E BorBoNE-PArMA (1763), arciduchessa, figlia di Giuseppe II, 76n. MArIA FrANCISCA BENEDItA DE BrAGANçA vedi BENEDItA DI BrAGANzA. MArIA FrANCISCA ISABEL DE BrAGANçA vedi MArIA I. MArIA GIuSEPPA D’AuStrIA (1699-1757), arciduchessa, principessa elettrice di Sassonia, regina di Polonia, madre di Maria Amalia di Sassonia, 28n., 39n., 152n. MArIA GIuSEPPA DI BAVIErA (1739-1767), imperatrice, granduchessa di Toscana, 99n. MArIA GIuSEPPA DI BorBoNE E SASSoNIA (1744-1801), infanta di Spagna, figlia di Carlo III e Maria Amalia, 42n., 48n., 51n., 63n., 70n., 105n., 111n., 170, 183n., 261n., 266-7n., 273n., 302n., 339, 3446, 348-50, 355, 357. MArIA GIuSEPPINA D’ASBurGo-LorENA (17511767), arciduchessa d’Austria, 281n. MArIA GIuSEPPINA DI SASSoNIA (1731-1767), moglie di Luigi, delfino di Francia, e sorella di Maria Amalia, 13, 142n., 171, 172n. 437 MArIA GIuSEPPINA LuISA DI SAVoIA (17531810), contessa di Provenza, 279, 281n., 305. MAríA JoSEFA CArMELA DE BorBóN y SAJoNIA vedi MArIA GIuSEPPA DI BorBoNE E SASSoNIA. MArIA JoSEPHA kAroLINA VoN SACHSEN vedi MArIA GIuSEPPINA DI SASSoNIA. MArIA JoSEPHA VoN HABSBurG vedi MArIA GIuSEPPA D’AuStrIA. MArIA JoSEPHA VoN öStErrEICH vedi MArIA GIuSEPPINA D’ASBurGo-LorENA. MArIA kAroLINA VoN öStErrEICH vedi MArIA CAroLINA D’ASBurGo-LorENA. MArIA LESzCzyńSkA (1703-1768), regina di Francia, 75-6n., 142n. MAríA LuISA DE BorBóN y SAJoNIA vedi MArIA LuISA DI BorBoNE E SASSoNIA. MArIA LuISA DI BorBoNE E SASSoNIA (1745-1792), infanta di Spagna, granduchessa di Toscana, imperatrice, figlia di Carlo III e Maria Amalia, 42n., 48n., 51n., 63n., 70n., 75n., 99n., 105n., 111n., 170, 183n., 236n., 261n., 266-7n., 273n., 302n., 339, 344-6, 348-50, 355, 357. MArIA LuISA DI BorBoNE E BorBoNE – MArIA LuISA DI PArMA (1751-1819), regina di Spagna, 42n., 68, 71n., 73, 75-6n., 279, 281n., 305. MArIA LuISA GABrIELLA DI SAVoIA (16881714), regina di Spagna, prima moglie di Filippo V, 71n. MArIA tErESA DI BorBoNE E BorBoNE, detta Madame (1746-1747), figlia di Luigi, delfino di Francia, e Maria Teresa di Borbone e Farnesio, 142n. MArIA tErESA ELISABEttA D’ASBurGo-LorENA E BorBoNE-PArMA (1762-1770), arciduchessa, figlia di Giuseppe II, 76n. MArIA tErESA o tHErESIA (1717-1780), regina d’Austria e d’Ungheria, 17, 67n., 69n., 71n., 72-3, 74n., 75n., 76n., 89-90n., 94n., 97, 99n., 101n., 105n., 107, 112, 115n., 130n., 168, 169n., 173, 176-7, 181, 182n., 208-9, 211n., 214, 216, 236n., 239, 254n., 260n., 263, 273n., 281n., 291n., 305, 308, 336. MAríA tErESA rAFAELA DE BorBóN y FArNESIo vedi MArIA tErESA rAFFAELLA DI BorBoNE E FArNESIo. 438 Verso la riforma della Spagna - Vol. II MArIA tErESA rAFFAELLA DI BorBoNE E FArNESIo (1726-1746), infanta di Spagna, delfina di Francia, figlia di Filippo V ed Elisabetta Farnese, 31n., 142n. MArIANI, Ginevra, 301n. MArIANNA VIttorIA DI BorBoNE E FArNESIo (1718-1781), regina del Portogallo, figlia di Filippo V ed Elisabetta Farnese, 31n., 71n., 84n., 115n., 229, 230-1n., 282n. MAríAS FrANCo, Fernando, 267n. MArIE-ADéLAïDE-CLotILDE DE FrANCE vedi MArIA CLotILDE DI BorBoNE. MArIE-LouISE-éLISABEtH DE FrANCE vedi LuISA ELISABEttA DI BorBoNE. MArIE-tHérÈSE DE FrANCE vedi MArIA tErESA DI BorBoNE E BorBoNE. MAríN MArtíNEz, tomás, 31n. MArIN, Brigitte, 199n., 301n. MArINo, Giambattista o Giovan Battista (1569-1625), poeta napoletano, 209n., 218n. MArtíN MArtíN, José Luis, 265n. MArtíNEz ALCuBILLA, Marcelo, 122n. MArtíNEz DE BELtráN, Luis, tesoriere del Giro real a Genova, 78, 79 e n., 86, 88, 100, 129. MArtINo, Linda, 137n. MArtorELLI, Giacomo (1699-1777), filologo e storico napoletano, 389. MArurI VILLANuEVA, ramón, 191n. MArX, Harald, 39n. MArzANo, marchese di, vedi ALBErtINI, Giambattista. MASI, Francesco, conte, 112, 114-15n. MASSErANo, principe di, 346. MASSIMILIANo DI SASSoNIA (1759-1838), figlio di Federico Cristiano di Sassonia, 140, 142n. MASSIMILIANo III GIuSEPPE (1727-1777), principe elettore di Baviera, 152n. MAtALoNE vedi MADDALoNI, duca di. MAtEoS DorADo, Dolores, 35-6n. MAtILLA tASCóN, Antonio, 83n. MAtILLA, José Manuel, 92n. MAttIA, santo e apostolo, 232, 235-6n. MAttuSCH, Carol C., 383n., 385 e n., 392n. MAurI, Carlo (?-1762), 290, 291n. MAurI, teofilo, 291n. MAuro, Leonardo di, 87n., 199n. MAuVE, Edmond o Edemond, 210, 212n. MAXIMILIAN MArIA JoSEPH VoN SACHSEN vedi MASSIMILIANo DI SASSoNIA. MAzzACANE, Aldo, IV. MAzzoCCHI, Alessio Simmaco (1684-1771), filologo e storico napoletano, 126n., 162, 164n., 166. MAzzoLENI, Donatella, 231n. MAzzoLENI, Stefano, 231n. MCILWAINE, I. C., 391n. MEDINA Muro, María, 274n. MEDINA SIDoNIA, duca di, vedi ALCáNtArA PérEz DE GuzMáN y PACHECo, Pedro de. MEDINA SIDoNIA, duchessa di, vedi SILVA y áLVArEz DE toLEDo, Mariana de. MEDINACELI, duca di, vedi FErNáNDEz DE CórDoBA y SPíNoLA, Luis Antonio. MELENDrErAS GIMENo, María del Carmen, 116n. MELFI, vescovo di, vedi orSINI, Mondillo. MELLIPuLI, Diofebo, marchese di Soragna, inviato parmense a Napoli, 294, 296n. MéNArD, Caroline, 270n. MéNDEz DE CAStro, Felipe, 340, 409. MENESES, Luís Carlos Inácio Xavier de (16891742), marchese di Louriçal, 282n. MENGS, Anton raphael (1728-1779), pittore sassone, 12-3, 15, 18-9, 134, 135-6n., 139, 172, 176, 209, 214, 279, 281n. MENS o MENX, vedi MENGS, Anton raphael. MErLINI PAoLuCCI, Camillo (1692-1763), cardinale, 164n. MErLo, Diego, 340. MEroLA, Alberto, 218n. MICHEL, Christian, 389n. MICHELE, don, vedi GáNDArA y PérEz, Miguel Antonio de la. MIGLIorINI, Anna Vittoria, 74n., 76n., 89n., 90n., 263n., 380n. MILANA, Fabio, 39n. MILANo FrANCo D’ArAGoNA, Giacomo (1699-1780), principe di Ardore e marchese di San Giorgio, 33n., 46-7n., 90n., 105n., 187-8, 204-5, 222-4, 232, 236-7, 359. MILLArES, Coro, 183n. MILLEr, Samuel J., 244n. MILLoN, Henry A., 275n. MINCuzzI, rosa, 4 e n. Indice dei nomi MINor, Vernon Hyde, 234n. MIrANDA o MIrANDE, vedi FErNáNDEz DE MIrANDA y PoNCE DE LEóN, José. MIrANDA, Madalena Máxima de, 282n. MIrrA, Saverio, chirurgo, 97-8, 99n., 285n. MoCENIGo, Alvise IV (1701–1778), ambasciatore veneziano a Napoli, 46n., 157n., 213n., 239, 240n., 241-2, 245, 250-1n., 259n., 294, 309, 314. MoLAJoLI, Bruno (1905-1985), storico dell’arte italiano, 137n. MoLAS rIBALtA, Pere, 40n., 119n., 122n., 215n., 265n. MoLINA CortóN, Juan, 193n. MoMMSEN, theodor (1817-1903), storico tedesco, 387n., 412, Fig. 19. MoNCADA E DI GIoVANNI, Anna (?-1772), principessa di Aci, 134, 138n., 139-40. MoNEtI, nunzio, vedi SIMoNEttI, raniero Felice. MoNFErrÈr, Gaspar, 124-5n. MoñINo y rEDoNDo, José (1723-1802), I conte di Floridablanca, 122n. MoNoD, Paul k., 155n. MoNtALEGrE o MoNtALLEGrE vedi MoNtEALEGrE y ANDrADE, José Joaquín de. MoNtAPErto E MASSA, Antonio, duca di Santa Elisabetta, ambasciatore napoletano in Sassonia, 10-1, 17-8, 21, 25, 25n., 27 e n., 28-9n., 33n., 49n., 52, 58-9, 61-2, 66n., 73, 95-6, 98, 97n., 100, 102 e n., 103, 104n., 115, 129, 151, 154, 157, 173, 284, 287, 289, 294, 311. MoNtAPErto E MASSA, Bernardo, principe di Raffadale, 25n. MoNtBoISSIEr DE CANILLAC DE BEAuFort, Claude-François de, detto l’abbé di Canillac (1693/1699-1761), auditore francese di Rota a Roma, 17, 68, 71-72n. MoNtEALEGrE y ANDrADE, José Joaquín de (1692-1771), marchese di Salas e duca di Montealegre, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, VIII, 55n., 87n., 96n., 110n., 132n., 191n., 210, 212n., 213n., 215, 247n., 284, 285n., 291n., 321-2, 325-8, 331-2, 334, 337, 375 e n., 377 e n., 401. MoNtEALEGrE, duca di, vedi MoNtEALEGrE y ANDrADE, José Joaquín de. 439 MoNtEALEGrE, duchessa di, vedi o’BrIEN y o’CoNNor, María, MoNtEALEGrE, marchese di, vedi GuzMáN y GuEVArA, José de. MoNtEALLEGrE vedi MoNtEALEGrE y ANDrADE, José Joaquín de. MoNtEMILEto vedi MoNtEMILEtto, principe di. MoNtEMILEtto, principe di, 323. MoNtENEGro, Antonio Chrysostomo, 125n. MoNtENEro, duca di, vedi CArAFA, Alfonso e Muzio. MoNtFAuCoN, Bernard de (1655-1741), poligrafo francese, 405. MoNtIANo y LuyANDo, Agustín Gabriel de (1697-1764), 349. MoNtIJo, conte di, vedi PortoCArrEro y FuNES DE VILLALPANDo, Cristóbal Gregorio. MoNtuLL, Agustin, 124n. MoorE, John E., 126n., 383n. MoráN turINA, José Miguel, 92n. MorEL-FAtIo, Alfred, 34n., 84n. MorELLo, Giovanni, 381n. MorEttI, Luigi, 377n. MorGHEN, Filippo, incisore, 373, 374 e n., 384-5 e n., 386n., 387 e n., 395n., 399 e n., 400 e n., 406, 408, 410-1, Figg. 2-3, Figg. 10-11. MorGHEN, Giovanni Elia, disegnatore, 384, 395n., 411, Figg. 10-11. MorGHEN, Guglielmo, incisore, 399n. MoroNI, Gaetano (1802-1883), poligrafo italiano, 235n., 254n., 295-6n., MoSCArELLA, Pier tommaso, 300n. MoSEL, Friedrich Wilhelm von der (17091777), militare prussiano, 102n. MoSSEL vedi MoSEL, Friedrich Wilhelm von der. MozzArELLI, Cesare (1947-2004), storico italiano, 31n. MuñIz CASSo y oSorIo, Alonso (16931765), marchese del Campo del Villar, segretario di Stato e del Dispaccio di Grazia e di Giustizia, 74n., 117-8, 119n., 123n., 124n., 132n., 161, 194n., 266n., 370. Muñoz DE PABLo, María José, 275n. MuSELLA GuIDA, Silvana, 127n., 228n. 440 Verso la riforma della Spagna - Vol. II MuSENGA, Filippo, 400. MuSI, Aurelio, 205n. MuStILLI, Domenico, 375n. MuzIo vedi zoNA, Vincenzo Muzio. NArVáEz, Fernando, 324. NASELLI E BrANCIFortE, Baldassarre (16961753), principe di Aragona, 332-3. NAVA roDríGuEz, teresa, 215n. NAVArro, corriere spagnolo, 54, 55n., NAVArro, Gaetano, 164n. NEFEttI, Francesco, 94n., 380n., 383 e n., 384n. NEGrEtE PLANo, Almudena, 136n. NEGro, Emilio, 135n. NEIPPErG, contesa di, 276, 279, 285n. NEIPPErG, Leopold von (1728-1792), conte, ministro austriaco a Napoli, 20, 67, 69n., 74n., 162, 165n., 168, 169n., 171, 233, 239, 241-2, 245, 259n., 284, 285n., 287, 310. NEroNI, Lorenzo Maria, brigadiere, intendente di Caserta, 187n. NErVAS o NErVAz vedi NArVáEz, Fernando. NESSELrAtH, Arnold, 381n. NICoLI, conte, 327. NICoLINI, Fausto, 99n., 384n. NIErI, rolando, 4n., 377n. NIEto SorIA, José Manuel, 215n. NIPHo y CAGIGAL, Francisco Mariano (17191803), poligrafo spagnolo, 352. NoCErINo, Nicola, 87n. NoEL, Charles C., 32n., 36n. NoJA, duca di, vedi CArAFA, Giovanni. NoLLI, Carlo (1710-c. 1785.), incisore italiano, 408. o’BrIEN y o’CoNNor, Juana María (17101747), marchesa di Salas e duchessa di Montealegre, 325. o’MAHoNy y WELD, Demetrio (1702-1777), III conte di Mahony, inviato spagnolo a Vienna, 15, 248-9, 250n., 329. o’MAHoNy y WELD, James Joseph (16991757), II conte di Mahony, 250n. oDESCALCHI, Anna Paola Flaminia, dei duchi di Bracciano, 93n. oDIVELAS, Paula de, 282n. oDoArDo FArNESE (1666-1693), primogenito di Ranuccio II, padre di Elisabetta Farnese, 31n. oLAECHEA, rafael, 69n., 121n., 124n. oLIVEroS DE CAStro, María teresa, 5n., 146n., 357-8n. oLMo, Manuel Salvador del, 125n. orDEñANA, Agustín Pablo de (1711-1765), 192n. orELIo DE GENNAro, Joseph, 329. orENDáIN y AzPILICuEtA, Juan Bautista de (1683-1734), marchese de la Paz, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, 106n. orESko, robert, 36n., 230n. orFEo, eroe greco, 276, 278n., 279. orIGLIA, Giangiuseppe, 254n. orLANDo, Francesco, 291n. orLéANS, Manuel-Louis d’ (1677-1740), conte di Charny, 324-6. orSINI-roSENBErG, Franz Xaver Wolfgang von (1723-1796), ambasciatore austriaco in Spagna, 15, 20, 28n., 35n., 38n., 49n., 51n., 63-4n., 73, 75n., 109n., 150, 200, 201n., 214, 215n., 216, 227, 233, 245, 271, 279, 281n., 299, 305. orSINI, Domenico Vittorio (1719-1789), cardinale, ambasciatore napoletano a Roma, 90-1, 93n., 117-8, 127n., 134, 151, 1589n., 232, 236-7, 295, 306. orSINI, Mondillo (1690-1750), arcivescovo di Melfi e poi Capua, 93n., 141n. ortEGA VIDAL, Javier, 178n., 275n. oSSuN, Pierre-Paul d’ (1713-1788), marchese d’Ossun, ambasciatore francese a Napoli e poi in Spagna, 16, 55, 56-7n., 72n., 84n., 133n., 145n., 148, 149n., 152-3, 171, 177, 178n., 179, 181, 184, 187-8, 197n., 209-10, 214-5, 221, 223-4, 248, 255-6, 282n., 283, 284n., 287, 338. oSuNA, duca di, vedi téLLEz-GIróN y PérEz DE GuzMáN, Pedro. otEro, 165n. ottoBoNI, Pietro (1667-1740), cardinale, 274n. oVIDIo (43 a.C.-18 d.C.), 278n. ozANAM, Didier, 26n., 33n., 69n., 77n., 87n., 111n., 133n., 190-1n., 193-4n., 220n., 235n., 271n. Indice dei nomi PACIAuDI, Paolo Maria (1710-1785), antiquario italiano, 378 e n. PADErNI, Camillo (c. 1715-1781), disegnatore, VIII, 127n., 373-6 e n., 379-80 e n., 3812, 384-5, 386-7 e n., 389-90, 391 e n., 393-6, 397n., 398-9, 400 e n., 404, 408, 411-2, Figg. 1-3, Fig. 12, Figg. 24-27. PáEz ríoS, Elena, 399-400n. PAGANo, Denise Maria, 218n. PAGANo, Mario, 375n., 381n., 387-8n. PAGLIA, Francesco Antonio, segretario di Maria Amalia di Sassonia, 11, 80-1, 84n., 111, 130-1. PAGNANI, Salvatore, 186n. PALACIo AtArD, Vicente (1920-2013), storico spagnolo, 4 e n., 47n., 89n., 99n., 110n., 154n., 190n., 221n., 270n. PALErMo, Salvatore, 87n., 283n. PALLAVICINI, Lazzaro opizio (1719-1785), cardinale, arcivescovo titolare di Lepanto e nunzio in Spagna, 160n., 303n. PALMA VENEtuCCI, Beatrice, 386n. PALMIErI, Pasquale, 187n. PALMIErI, Stefano, 374n. PANCrAzI, Giuseppe Maria, 396-7 e n., 4123, Fig. 28. PANE, roberto, 128n. PANGE, Jean de, 46n. PANHArD, Félix, 174n. PANNutI, ulrico, 126n., 374n., 376n., 3802n., 386-7n., 399n. PAoLo, santo (5/10-64/67), 161, 195, 196n., 202, 232, 236n. PAoLuCCI, cardinale, vedi MErLINI PAoLuCCI, Camillo. PAPACCIo, Valerio, 381n. PAPAGNA, Elena, 51n. PAPINI, Maria Letizia, 301n. PAPPACoDA, Giuseppe (?-1773), principe di Centola, reggente della Vicaria e membro del Consiglio di Reggenza, 46-7n., 57n., 71n., 112, 114n., 138n., 202, 204-5, 232, 2367, 325, 327, 359. PAPPACoDA, Salvatore Francesco, 114n. PAPPAGALLI, Luigi, 168, 169n., 238n. PAQuEttE, Gabriel B., 190n. PArAVICINI, brigadier, 110n. PArEDES, marchese di, 106n. 441 PArISI PrESICCE, Claudio, 393n. PArSLoW, Christopher Charles, 379n., 386n. PASSAríN y LLAMAS, Marcos, 125n. PAStor, Ludwig von, 116n. PAStorELLI, rita, 388n. PAtErNò, Ludovico, 325. PAtIño y roSALES, José (1666-1736), segretario di Stato e del Dispaccio, 55n., 190n., 213n., 323. PAyEN, Philippe, 278n. PAz y MELIá, Antonio (1842-1927), 34n. PAz, marchese de la, vedi orENDáIN y AzPILICuEtA, Juan Bautista de. PECorINI, Antonio, 210, 213n. PEDro DE BrAGANçA vedi PIEtro III, re del Portogallo. PEDro, infante, vedi PIEtro III, re del Portogallo, PEñA CALDEróN, Juan de la, 353. PEñA IzQuIErDo-PortoCArrEro, Antonio ramón, 234n. PErALtA ruIz, Víctor, 191n. PErCEVILLE vedi PErSEVILLE, monsieur. PErCoNtE LICAtESE, Alberto, 164n. PérEz ArMENDárIz, Domingo, 353. PérEz BAyEr, Francisco (1711-1794), 122n. PérEz BuENo, Luis, 250n. PérEz GAMoNEDA CASCoS y VILLA DE MoroS, Juan Antonio (c. 1690-1768), marchese di Gamoneda, segretario di Elisabetta Farnese, 33n., 72-3, 76-7n., 100, 102n., 132n., 154, 217, 356. PérEz GuErrA, Jacobo, 125n. PérEz MArtíNEz, Héctor, 190n. PérEz SAMPEr, María de los ángeles, 4 e n., 28n., 32n., 36n., 307n. PérEz-CrESPo Muñoz, María teresa, 116n. PérEz-PrENDES y Muñoz DE ArrACo, José Manuel, 265n. PEroNE, Maria, 87n. PErSEVILLE, monsieur, 179n., 266n. PESSoLANo, Maria raffaella, 198n. PEtEr FEoDoroVICH DI HoLStEIN-GottorP vedi PIEtro III, zar di Russia. PEtErS, Marie, 211n. PEtrArCA, Francesco (1304-1374), 163, 165n. PEtrENGA, Giovanna, 157n. PEtroNILA, doña, 358. 442 Verso la riforma della Spagna - Vol. II PEzoNE, Maria Gabriella, 381n. PHELIPE II vedi FILIPPo II. PHELIPE III vedi FILIPPo III. PHELIPE IV vedi FILIPPo IV. PIAGGIo, Antonio (1713-1796), papirologo italiano, 164n., 379, 391, 412, Fig. 27. PIANA, Giovanni Domenico, ingegnere italiano, 134, 138n. PICCIuoLI, Pietro, 231n. PICorINI vedi PECorINI, Antonio. PIEPEr, renate, 215n. PIEr, Sebastià, 363. PIEtro (I aC.-c. 67), apostolo, papa e santo, 232. PIEtro I detto il Grande (1672-1725), zar e poi imperatore di Russia, 278n. PIEtro III (1717-1786), re del Portogallo, 14, 84n., 228-9, 230n., 231n., 262. PIEtro III (1728-1762), duca di Holstein-Gottorp, poi zar di Russia, 109n., 276, 278n. PIGANIoL DE LA ForCE, Jean-Aimar (16731753), 218n. PIGNAtELLI CASALNuoVo, 111, 113n., 138n. PIGNAtELLI DE ArAGóN y MoNCAyo, Joaquín Atanasio (1724-1776), conte di Fuentes, 187-8, 190n., 225n., 258, 263-4, 269, 272, 370. PIGNAtELLI PINELLI rAVASCHIErI, teresa Violante (1726-1760), principessa di Cariati, duchessa di Seminara, già vedova del principe ereditario di Viggiano, 287, 287n. PIGNAtELLI, Michele, inviato napoletano a Lisbona, 309, 311n. PILAtI, renata, IV. PINEDA y CEVALLoS, Antonio, 230n. PINEDo y SALAzAr, Julián de, 143n. PINI, Almerico (?-1790), 144n., 371. PINo, Manuel de, 125n. PINotEAu, Hervé, 46n. PINto, tommaso, medico di Camara del re delle Due Sicilie, 97-8, 99n., 226, 244-5, 248. PIoMBINo, principe di, vedi BoNCoMPAGNI LuDoVISI, Gaetano. PIrENNE-DELForGE, Vinciane, 393n. PISACANE, Maria Luisa, IV. PISANI, Massimo, 398n. PItt, thomas (c. 1705-1761), 211n. PItt, William, detto Pitt the Elder (17081778), conte di Chatham, politico britannico, VII, 26n., 30n., 32n., 34n., 36n., 63-5n., 83n., 89n., 92n., 104n., 106n., 108n., 110-1n., 119n., 131-3n., 138n., 141n., 143n., 146n., 149n., 158n., 172n., 174n., 179-80n., 182n., 190n., 192n., 194n., 209, 211-2n., 222, 223n., 225n., 241n., 245, 252, 254n., 263-4, 290, 294, 301-2n., 307n., 310n., 342, 354-5, 369. PLA, Gaspar, 63n. PLAtEN, Leopold Johann von (1726-1780), militare prussiano, 102n. PLAzA SANtIAGo, Francisco José de la, 63n. PLINIo IL GIoVANE (Gaio Plinio Cecilio Secondo) (61/62-113/114), 408. PoGGI, conte, inviato di Modena in Spagna, 109n. PoISSoN, Jeanne-Antoinette (1721-1764), marchesa di Pompadour, 150, 151-2n., 278n., 279-80. PoLo roDríGuEz, Juan Luis, 122n. PoMBAL, marchese di, vedi CArVALHo E MELo, Sebastião José de. PoMPADEur vedi LENorMANt D’étIoLES, Charles-Guillaume. PoMPEo vedi GNEo PoMPEo MAGNo. PoNCE DE LEóN y LENCAStrE, Antonio (1726-1780), duca di Baños e di Arcos, 350. PoNCE DE LEóN y SPíNoLA, Francisco (?1763), X duca di Arcos, 143n., 304n., 350. PoNz y PIQuEr, Antonio, 276n. PoPoLI, duca di, 323. PorCAro, Giuseppe, 310n. PorCELLI, Eufrosina, 71n. PortEN, Stanier, 29n. PortoCArrEro y FuNES DE VILLALPANDo, Cristóbal Gregorio (1692-1763), conte di Montijo, 266n. PortúS PérEz, Javier, 183n. PorzIo, Annalisa, 126n., 374-5n., 388n. PorzIo, Miguel Angel, 127n. PoSNEr, Donald, 152n. PoSSAS, Joaquín, 364. PoStIGLIoNE, duchi di, 18, 134, 138n., 139. PotEN, Bernhard von, 39n. Indice dei nomi PottEr, messaggero, 355. Pou y MArtí, José M., 117n. PozzI, rocco, incisore, 378n., 395n., 404, 406-8, 411-2, Fig. 6, Fig. 9, Fig. 26. PrADELLS NADAL, Jesús, 76n. PrAz, Mario, 126n. PrEItVIkX vedi B rAItWItz o B rEItWItz , Johann Ernst von. PrIACI, principe, 322. PrINCIPAL SALDAñA, Antonio, ambasciatore portoghese in Spagna, 106n. PrISCIANDAro, raffaele, 387n. PrISCo, Joseph, medico, 96n. ProCACCINI, Andrea (1671-1734), pittore italiano, 268n., 274n. ProSPErI VALENtI roDINò, Simonetta, 301n. ProVENzA, conte di, vedi LuIGI XVIII. PuBLIo oVIDIo NASoNE vedi oVIDIo. PuBLIo VIrGILIo MAroNE vedi VIrGILIo MAroNE, Publio. QuADrA y LLArENA, Sebastián de la (16871766), marchese di Villarías, segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, VIII, 69n., 401. QuAGLIArELLA, Pier tommaso Maria, 300n. QuoNDAM, Amedeo, 234n. rADA y AGuIrrE, Joseph de, vescovo di Orihuela, 124n. rAFFADALE, principe di, vedi MoNtAPErto E MASSA, Bernardo. rAMírEz DE orozCo, Juan, 364. rAMoS MIGuEL, Pedro, 400. rANuCCIo II (1630-1994), duca di Parma e Piacenza, 31n. rAo, Anna Maria, 126n., 205n., 373n. rAVAGLIo, Virgilio, 106n. rEAL, Juan Antonio, 125n. rEBENtISCH, Johann karl von (1710-1765), militare prussiano, 102n. rEGGIo E BrANCIFortE, Andrea, 113n. rEGGIo E BrANCIFortE, Luigi (1677-1757), principe di Campofiorito, 32n., 113n. rEGGIo E BrANCIFortE, Michele (16821772), membro del Consiglio di Reggenza, 32n., 46n., 111, 113-4n., 134, 249, 250n., 280, 284, 336, 360. 443 rEGGIo E GrAVINA, Stefano (c. 1715-1790), principe di Aci, 25n., 30, 32-3n., 34n., 367n., 45-6n., 54n., 56-7n., 65n., 69n., 845n., 102n., 113n., 119n., 121-2n., 124n., 132n., 135n., 138n., 139, 147, 146n., 149, 148n., 170n., 194n., 200, 201n., 215n., 240-1n., 248, 253-4n., 259n., 269, 271, 279n., 284n., 296n., 310n., 315n. rEGIo, Miguel, vedi rEGGIo, Michele. rEIA, Manuel de la, 370-1. rEID, John (1721-1807), barone, militare britannico, 289n. rEID, Stuard, 60n. rEINCEStEIN, barone di, 101n. rEPrESA FErNáNDEz, María Francisca, 87n., 386n. rEVENtISCH vedi rEBENtISCH, Johann karl von. rEVErtErA, zenobia (?-1779), duchessa di Castropignano, 132n., 139-40, 144-6n., 186n., 192n., 253n., 259n., 332, 335, 343, 3556, 358. rEy, Eusebio, 31n. rEyNIEr, Gustave, 121n. rIBErA, Manuel Bernardo de, 364. rIBot GArCíA, Luis, 193n. rICHELIEu, duca di, vedi VIGNErot Du PLESSIS, Louis-François-Armand de. rICuPErAtI, Giuseppe, 160n. rIED vedi rEID, John. rIGAuDIÈrE, Albert, IV. río, Antonio del (?-1773), segretario di Stato e del Dispaccio di Guerra e Marina, 67, 68n., 111, 138n., 337-8, 402-3, 405. rIPA, Cesare, 393-4. rIPPErDA, Johan Willem (1684-1737), barone, dopo duca, 212n. rIVErA, conte di, vedi BALBIS SIMEoNE, Giovanni Battista. rIVEro roDríGuEz, Manuel, 33n. roBINSoN, thomas (c. 1695-1770), I barone Grantham, Southern Secretary, VIII, 383n., 408. roBIoNE o rouBIoNE, conte di, vedi CAISSottI, Francesco Gaetano. roBLEDo, Luis, 125n. roCCA, orazio, 328. 444 Verso la riforma della Spagna - Vol. II roCCELLA, principe di, 324. roCCELLA, principe di, vedi CArAFA, Vincenzo. roCHECHouArt, Jean-François-Joseph de (1708-1777), cardinale, vescovo di Laon, ambasciatore francese a Roma, 91, 93n. roCHELLA, principe di, vedi roCCELLA, principe di. roCkINGHAM vedi WAtSoN-WENtWortH, Charles. roDA y ArrIEtA, Manuel de (1708-1782), marchese di Roda, 121-2n., 124n., 163n., 234n. roDríGuEz AMAyA, Esteban, 282n. roDríGuEz CASADo, Vicente, 3 e n., 4n., 35n., 65n., 124n., 190n. roDríGuEz DE CAMPoMANES y PérEz, Pedro (1723-1802), I conte di Campomanes, 122n. roDríGuEz DEL toro, Joseph, 367. roDríGuEz LóPEz-BrEA, Carlos M., 83n. roDríGuEz ruIz, Delfín, 178n., 267-8n. roDríGuEz VILLA, Antonio, 191n. roEttGEN, Steffi, 136-7n., 396n. roGIStEr, John, 278n. roIo, Nicosetta, 135n. roMANELLo, Marina, 76n. roMANo, Andrea, IV. roMANo, Antonella, 301n. roMuALDo (951-1027), santo, 304, 306n. roQuELAurE, Armand de (1721-1818), vescovo di Senlis, 368. roSAL, Manuel de, 125n. roSEMBErG o roSENBErG vedi orSINI-roSENBErG, Franz Xaver Wolfgang von. röSSLEr, Hellmuth, 101n. rotA, marchese, 328. rouSSEAu, François (1862-1927), storico francese, 57n., 76n., 124n., 144n., 212n., 266n., 282n. rouSSEt DE MISSy, Jean (1686-1762), storico francese, 31n. rouVroy, Louis de (1675-1755), duca di Saint-Simon, scrittore francese, 69n., 112n. ruBINo, Gregorio E., 201n. ruBIoNE, conte di, vedi CAISSottI, Francesco Gaetano. ruGGEro, Cristina, 275n. ruGGIEro II (1095-1154), re di Sicilia, 232, 236n. ruGGIEro, Gerardo, IV. ruGGIEro, Michele, 381n. ruGILo, Giuseppe Maria, 366. ruIGóMEz GArCíA, María del Pilar, 225n. ruotoLo, renato, 145n., 300n., 315n., 398n. ruSSEL, James, 389 e n. ruSSo, Carla, 50n. ruSSo, umberto, 380n. ruStANt, Joseph Vicente de, 176n. SAAVEDrA CEróN, Juan José, 353n. SAAVEDrA LADróN DE GuEVArA AVENDAño y ALVArADo, María de Atocha, contessa di Tahalú, di Escalante, di Villamor e di Mayalde, 142n. SABAtIEr, Gérard, 265n. SABAtINI, Francesco (1722-1797), architetto italiano, 14, 128n., 183n., 199-200, 201n., 207-8, 227, 240. SACCHEttI, Giovanni Battista (1690-1764), architetto italiano, 92n., 201n., 268n., 274-5n. SAEz DE VICtorIA, Juan Manuel, 125n. SAGE, Henry, 75-6n. SAINt-GErMAIN, Claude-Louis-robert de (1707-1778), conte di Saint-Germain, militare francese, 109n. SAINt-SIMoN, duca di, vedi rouVroy, Louis de. SALAS, marchesa di, vedi o’BrIEN y o’CoNNor, María, SALAS, marchese di, vedi MoNtEALEGrE y ANDrADE, José Joaquín de. SALLIEr DE LA tour, Giuseppe Francesco (1705-1779), conte, inviato sardo in Spagna, 12, 102, 104, 106n. SALMoN, Xavier, 152n. SALVAtI, Catello, 68n., 133n., 247n., 273n. SALVEMINI, Biagio, 199n. SALVEMINI, raffaela, 102n. SALVI, Nicola (1697-1751), architetto italiano, 127n. SAMBrICIo, Carlos, 4 e n., 46n., 178n., 353. SAMuEL, Sigmund, 60n. SAN ANGELo, principe di, vedi IMPErIALE, Giulio I. SAN BruNoNE vedi BruNoNE, santo. Indice dei nomi SAN FELIPE, marchese di, vedi BACALLAr y SANNA, Vicente. SAN FrANCESCo D’ASSISI, vedi FrANCESCo D’ASSISI, santo. SAN GELASIo vedi GELASIo I. SAN GErMáN, conte di, vedi SAINt-GErMAIN, Claude-Louis-robert de. SAN GIorGIo, marchese di, vedi MILANo FrANCo D’ArAGoNA, Giacomo. SAN GIoVANNI vedi GIoVANNI, santo. SAN GIoVANNI, vedi GIoVANNI IL BAttIStA, santo. SAN GrEGorIo MAGNo vedi GrEGorIo I. SAN ISIDro vedi ISIDoro L’AGrICoLtorE. SAN IStEVAN o yStEBAN vedi BENAVIDES y ArAGóN, Manuel de. SAN LorENzo vedi LorENzo, santo. SAN MArtINo DE SPuCCHES, Francesco, 138n. SAN MAttIA vedi MAttIA, santo. SAN MIGuEL, Francisco de, 364. SAN NICANDro, principe di, vedi CAttANEo, Domenico. SAN PAoLo vedi PAoLo, santo. SAN PIEtro vedi PIEtro, santo. SAN roMuALDo vedi roMuALDo, santo. SAN SEVErINo, principe di, vedi ALBErtINI, Giambattista. SANBIAS, Pietro, 327. SANCHEz CANtóN, Francisco Javier (18911971), storico dell’arte spagnolo, direttore del Museo del Prado, 136n. SáNCHEz DIANA, José María, 67n. SáNCHEz MárQuEz, Javier, 33n., 138n. SáNCHEz MoNtAHuD, Ana, 117n., 158-9n., 165n., 238n. SANCHo GASPAr, José Luis, 63n., 92n., 1067n., 136-7n., 177-8n., 183n., 201n., 267n., 274-5n. SANSEVErINo, Domenico, medico di Bernardo Tanucci, 21, 261, 263n., 263. SANtA Cruz, marchese di, 323. SANtA ELISABEttA, principe di, vedi MoNtAPErto E MASSA, Antonio. SANtIEStEBAN o SANtIStEBAN DEL PuErto, X conte di, vedi BENAVIDES y ArAGóN, Manuel de. SANtINI, marchese, inviato di Lucca a Napoli, 18, 168, 170, 170n., 171, 206. 445 SANtoro, Lucio, 87n. SArNA, avvocato, 326. SAuLE, Béatrix, 39n. SAuLo DI tArSo vedi PAoLo, santo. SCAtozzA HörICHt, Amalia, 374n. SCAVIzzI, Giuseppe, 135n. SCHäFEr, Ernst, 77n. SCHEDoNI, Bartolomeo (1578-1615), pittore italiano, 134, 135n. SCHELLENDorF, barone, inviato prussiano a Napoli, 19-20, 184, 185n., 187, 188, 221. SCHILLING, Lothar, 211n. SCHIPA, Michelangelo (1854-1939), storico italiano, 29n., 40n., 42n., 70-1n., 74n., 89n., 94n., 104n., 106n., 114n., 133n., 138n., 141n., 163-4n., 212n., 273n., 306n., 377n., 379n., 383n., 397n. SCHNAPP-GourBEILLoN, Annie, 393n. SCHWEIzEr, karl W., 211-2n. SCIBILIA, Antonello, 90n. SCICHILoNE, Giuseppe, 138n. SCIutI ruSSI, Vittorio (1939-2011), storico italiano, 292n. SCoGNAMIGLIo CEStAro, Sonia, IV, 213n., 228n. SCott, Geoffrey, 155n. SCott, Hamish M., 36n., 230n., 246n. SCottI DI VIGoLINo, marchese, 142n. SCottI FErNáNDEz DE CórDoBA, Francisco (1704-1770), 353. SCottI, Annibale, marchese, 106n., 191n. SECo SErrANo, Carlos, 267n. SEGuEr, Felipe, 365. SEMErIA, Giovanni Battista, 44n. SEMINArA, duchessa di, vedi PIGNAtELLI PINELLI rAVASCHIErI, teresa Violante. SEMMANAt, Antonio, 124n. SENAtorE, Giuseppe, 114n., 392. SErSALE, Antonino (1702-1775), cardinale, arcivescovo di Napoli, 186n., 309, 310n., 366. SErSALE, Gerolamo Maria (1690-1770), duca di Cerisano, 407n. SErtorIo, Quinto (c. 123 a.C.-72 a. C.), uomo politico romano, 277, 279n. SEyDL, Jon L., 389n. SHoWALtEr, Dennis E., 115n. SIGISMoNDo, Giuseppe, 87n., 198n., 218n., 297n., 310n. 446 Verso la riforma della Spagna - Vol. II SILLA, Lucio Cornelio (138 a.C.–78 a.C.) dittatore romano, 279n. SILVA PESSANHA, José da, inviato portoghese in Spagna, 229, 230n., 231n., 371-2. SILVA y áLVArEz DE toLEDo, Fernando de (1714-1776), duca di Huéscar e d’Alba, 14, 26n., 110n., 179n., 187, 189, 193-4n., 194-5n., 222, 223 e n., 224, 225n., 258, 259n., 266n., 304n., 346, 349. SILVA y áLVArEz DE toLEDo, Mariana de (?1778), duchessa di Medina Sidonia, 303-4n. SILVA y toLEDo, Manuel José de (16771728), conte di Galve, 193n. SIMANyI, tibor, 211n. SIMoNEttI, raniero Felice (1675-1749), cardinale, nunzio a Napoli, 329. SINESIo, Secondo, 366. SINzENDorF, Philipp Ludwig Wenzel von (1671-1742), conte, 322. SISto, 180, 217, 312. SISto IV (1414-1484), papa Francesco della Rovere, 296n. SkEDD, S. J., 108n. SLoAN, conte di, 321, 323. SMItH, William, 393n. SoBróN, Joseph, 125n. SoLArA, vedi SoLErA, marchese di. SoLErA, marchese di, vedi BENAVIDES y DE LA CuEVA, Antonio de. SoLIMENA, Francesco (1657-1747), pittore italiano, 396. SoLíS y FoLCH DE CArDoNA, Francisco de (1713-1775), cardinale, arcivescovo di Siviglia, 349. SoMMErVoGEL, Carlos, 39n. SoMoDEVILLA y BENGoECHEA, zenón de (1702-1781), marchese de la Ensenada, segretario di Stato e del Dispaccio, 13-4, 20, 26n., 65n., 78-9n., 110-1n., 143n., 187, 189, 190-1n., 191-3n., 213n., 222, 223 e n., 224, 225n., 257-8, 259n., 356. SorA, duca di, vedi BoNCoMPAGNI LuDoVISI, Gaetano. SorAGNA, marchese di, vedi MELLIPuLI, Diofebo. SorIA, Francescantonio, 373n., 377n., 379n., 380 e n., 382 e n., 389n. SPAGNuoLo, Aldo, 66n. SPINELLI, Giuseppe (1694-1763), cardinale, arcivescovo di Napoli, 164n., 310n., 324n. SPINELLI, Giuseppe, 52n. SPINELLI, Scipione, principe di Cariati, 225n. SPINoLA, Girolamo (1713-1784), cardinale, nunzio in Spagna, 158n., 160, 160n. SPINoSA, Aurora, 315n. SPINoSA, Giovacchino, militare napoletano, 172, 174n. SPINoSA, Nicola, 28n., 113n., 137-8n., 281n., 398n. SPoSAto, Pasquale, 205n. SQuILLACE, marchesa di, vedi VErDuGo y QuIJADA, María Josefa. SQuILLACE, marchese di, vedi DE GrEGorIo E MASNAtA, Leopoldo. St. JoHN WILLIAMS, Noel t., 60n. StACEy, Charles Perry, 60n. StANISLAo I LESzCzyńSkI (1677-1766), re di Polonia e granduca di Lituania, 169n. StEIN, Barbara H., 190n., 259n. StEIN, Stanley J., 190n., 259n. StErLICH o StErLICk, Suor Maria Maddalena, vedi DELLo SPLENDorE, suor Maria Maddalena. StIFFoNI, Giovanni, 133n. StIGLIANo, principe di, CoLoNNA, Ferdinando. StILPoNE DI MEGArA (360-280 a.C.), filosofo greco, 226, 228n. StorCHI, Maria Luisa, 407n. StrABoNE, Valafrido (808/9-849), teólogo tedesco, 116n. StrAzzuLLo, Franco, 64n., 133n., 137n., 199n., 218n., 315n., 380n., 386n. StryIENSkI, Casimir, 76n. StuArt FItz-JAMES y FALCó, Jacobo (18781953), duca d’Alba, 194n. StuArt, Pedro, vedi FItz-JAMES StuArt y CoLóN DE PortuGAL, Pedro. SyLVA vedi SILVA PESSANHA, José da. SyLVA, Joseph de, 106n. SyNDrAM, Dirk, 39n. SzABo, Franz A. J., 90n., 211n., 238n., 281n. tABACCHI, Stefano, 75n. tACCA, Pietro (1577-1640), scultore italiano, 92n. tACIto, Publio (o Gaio) Cornelio (55/58117/120), 222n. Indice dei nomi tALENS, Juan Bautista, 365. tAMAyo, Juan Antonio, 261n., 351n. tArASCoNI SMErALDI, raffaello, conte, 137n., 324. tArLESE, Dezio, corriere, 150, 152. tASSINArI, Gabriela, 389n. tEDESCHI, Mario, IV. tEJEro roBLEDo, Eduardo, 83n. tELESCA, Ilaria, 411. téLLEz ALArCIA, Diego, 5 e n., 26-7n., 36n., 191n., 193-4n., 250n. téLLEz-GIróN y PérEz DE GuzMáN, Pedro (1728-1787), duca di Osuna, 350. tEMPoNE, Vincenza, 87n., 409n. tEráN, Francisco Manuel, 353. tErMoLI, duca di, vedi CAttANEo, Domenico. tESCIoNE, G., 315n. tHoMAS, robin L., 199n., tIL, José, 367. tItA, Massimo, IV. toLEDo, Juan Bautista de (1515-1567), architetto spagnolo, 177n. toMé DE LA VEGA, Francisco, 83n. toNEttI, Eurigio, 104n. torELLA, principe di, vedi CArACCIoLo, Antonio Carmine. torrE, Joseph de la, 124n. torrE, Juan Baptista de la, inviato genovese in Spagna, 109n. torrEGIANI, Luca, conte, 323. torrEGIANI, Luigi Maria (1697-1777), cardinale, segretario di Stato, 44n., 117n., 158n., 236-7, 238n., 242, 244n., 269, 279n., 295, 302n. torrEPALMA, conte di, vedi VErDuGo y CAStILLA, Alonso. torrES SáNCHEz, rafael, 43n. torrES VILLArroEL, Diego de (1694-1770), scrittore, scienziato e religioso spagnolo, 392n. torrES, Francisco de, 353, 365. torrES, segretario di Domenico di Sangro, 113n. torrIGIANI, cardinale, vedi torrEGIANI, Luigi Maria. torrIoNE, Margarita, 178n., 268n. toSCANo, Maria, 385n. toVAr MArtíN, Virginia, 83n., 92n., 178n., 183n., 198n. 447 trABuCCo, Giovanni Bernardino, 284, 285n. trABuCCo, tommaso, VIII, 285n., 385, 410. trAVAGLIoNE, Agnese, 373n., 379n. trELLES VILLADEMoroS, José Manuel, 76n. trIFoNE, romualdo, 260n. trIPuCCI vedi ACQuAVIVA, Joseph. troMBEttA, Vincenzo, 126n., 373n., 379n., 384n., 385 e n., 386. troyLI, Placido (1688-1757), storico italiano, 70n., 106n., 140n., 141n., 205n., 260n., 273n., 296n., 310n., 377n. tuFANo, roberto, IV, 90n., 213n. tuñóN ESCALADA, Juan José, 310n. turNBuLL, George (1698-1748), storico e filosofo scozzese, 375-6n. turPIN, Adriana, 126n., 374n. turSI, duca di, vedi DorIA DEL CArrEtto, Giovanni Andrea. úBEDA DE LoS CoBoS, Andrés, 91-2n., 136n. uLISSE, personaggio della mitologia greca, 222. urrEA FErNáNDEz, Jesús, 4 e n., 42n., 82n., 106n., 281n., 396n. uSEL, marchese di, 266n. utILI, Mariella, 136n. VALDECArzANA, marchese di, vedi FErNáNDEz DE MIrANDA y PoNCE DE LEóN, Sancho. VALDEPArAíSo, conte di, vedi GAoNA y PortoCArrEro, Francisco. VALDESArSE, ramón de, 365. VALENtI GoNzAGA, Silvio (1690-1756), cardinale, segretario di Stato, 407. VALErA y ALCALá-GALIANo, Juan (1824-1905), scrittore spagnolo, 34n. VALErIANI, roberto, 315n. VALLABrIGA rozAS ESPAñoL y DruMMoND DE MELFort, María teresa de (17591820), moglie dell’infante don Luigi di Borbone e Farnesio, 84n. VALLEJo GArCíA-HEVIA, José María, 120n. VALLESANtoro, marchese di, vedi DI GrEGorIo E MASNAtA, Leopoldo. VALPArADISo, marchese di, vedi GAoNA y PortoCArrEro, Francisco. VALVErDE MADrID, José, 83n. VAN kLEy, Dale k., IV. 448 Verso la riforma della Spagna - Vol. II VANNI, Nicola, disegnatore, 376n., 395n., 407-8, 411, Fig. 9. VANVItELLI, Luigi (1700-1773), architetto romano, 12, 14, 63-4n., 67n., 114n., 119, 127-8n., 136-7n., 144-6n., 157n., 1745n., 193n., 201n., 203n., 241n., 259n., 273, 276n., 278n., 281n., 290, 298-9, 301n., 312, 313n., 408, 411, Fig. 14. VANVItELLI, urbano, 64n., 67n., 114n., 128n., 137n., 144-6n., 174-5n., 193n., 201n., 203n., 241n., 259n., 278n., 281n., 301n., 313n. VArJAk, Paul, 400n. VASCo roCCA, Sandra, 234n. VASoLD, Heinrich rudolph von (1707-1786), militare prussiano, 102n. VázQuEz GArCíA, Francisco, 83n. VázQuEz GEStAL, Pablo, 32n., 36n., 51n., 76n., 97n., 126n., 215n., 240n., 268n., 292n., 301n., 306n., 374n., 376n., 383n., 396n. VázQuEz VArELA, Agustín, 365. VELArDE y CIENFuEGoS, romualdo (17011766), vescovo di Ávila, 231, 233-4n. VéLEz DE uLIVArrI y oLASSo, Joseph Manuel, 368. VELMoNtE vedi BELMoNtE, principessa di. VENtAPANE, Carmine, 112, 115n., 203. VENturA FIGuEroA, Manuel (1708-1783), arcivescovo di Laodicea, patriarca delle Indie Occidentali, membro della Cámara e Consejo de Castilla, 234n. VENturA tEyXEyro, Juan, 125n. VENturA, Francesco, 328. VENutI, Niccolò Marcello (1700-1755), storico cortonese, 388n., 389 e n., 406. VErAGuA, duca di, vedi FItz-JAMES StuArt y CoLóN DE PortuGAL, Jacobo Francisco Eduardo. VErAGuEz vedi VErAGuA, duca di. VErDú ruIz, Matilde, 92n. VErDuGo y CAStILLA, Alonso (1706-1767), conte di Torrepalma, inviato spagnolo a Vienna, 250n., 269, 270-1n. VErDuGo y QuIJADA, María Josefa (1724-?), 132n. VErGA, Marcello, 301n. VEríSSIMo SErrão, Joaquim, 244n. VErNIEr, Jules-Joseph, 198n. VEroLI, Giacomo (1730-1797), 276, 278n. VIDAL, Josep Juan, 247n. VIGGIANo, principessa di, vedi DI SANGro, Maria Francesca. VIGNErot Du PLESSIS, Louis-François-Armand de (1696-1788), duca di Richelieu, 247n. VIGNoLA, Cesare (1695-1784), inviato veneziano a Napoli, 329. VILLABIANCA, marchese di, vedi GAEtANI, Francesco Maria Emanuele. VILLADArIAS, marchese di, vedi ArIAS DEL CAStILLo y VENtIMIGLIA, Juan Bautista. VILLAFortE vedi VILLAFuErtE, marchese di. VILLAFuErtE, marchese di, vedi MADArIAGA, Diego Francisco. VILLAMAINA, marchese di, vedi CArACCIoLo, Domenico. VILLAríAS, marchese di, vedi QuADrA y LLArENA, SEBAStIáN DE LA. VILLAroSA, marchese di, vedi DE roSA, Carlantonio. VIñALS, Francisco, 125n. VIrGILIo MAroNE, Publio (70 a.C.-19 a.C.), poeta romano, 94n., 184, 185n., 287 e n. VIrIAto (180 a.C.-139 a.C.), condottiero lusitano, 277, 279n. VISCEGLIA, Maria Antonietta, 113n. VItALIANo, ottavio, 326. VIttorIo AMEDEo II (1666-1732), re di Sicilia, re di Sardegna e duca di Savoia, 274n. VIttorIo AMEDEo III (1726-1796), re di Sardegna e duca di Savoia, 281n. VIVES GAtELL, José, 31n. VIVIANI, prior, 405-6. VoGEL, Dagmar, 247n. VoGüé, Charles François Elzéar de (17131782), marchese di Vogüé, 109n. VoLtES, Pedro, 67n., 155n. VoSCHI, Giovanni Bernardo, marchese, VIII, 291n., 376 e n., 401, 403-4. VoyEr DE PAuLMy D’ArGENSoN, Marc rené de (1722-1782), marchese di Voyer, conte di Paulmy e poi d’Argenson, 109n. WACkErBArtH-SALMour, Josef Anton Gabaleon von (1685-1761), conte, 11, 61-2, 66n., 95, 287. WADDINGtoN, richard, 90n. Indice dei nomi WALL, ricardo (1694-1777), segretario di Stato e del Dispaccio di Stato, VI, 10-1, 14, 25, 26-7n., 27, 32-3n., 37n., 50n., 52, 55n., 61, 66n., 74n., 76n., 80-1, 84n., 95, 99n., 104, 111n., 114n., 117-8, 119n., 121n., 123n., 127n., 132n., 151, 152n., 153, 155n., 162, 165n., 167 e n., 168, 16970n., 175n., 180n., 184, 185n., 188, 1914n., 197n., 200, 215, 219, 220n., 222-4, 225n., 228n., 234n., 239, 240-1n., 242, 251, 254n., 258, 259n., 267n., 283, 284n., 316n., 317, 342-3, 356-7, 360, 369. WALPoLE, Horace (1717-1797), conte di Orford, scrittore inglese, 186n. WAtANABE-o’kELLy, Helen, 39n. WAtSoN-WENtWortH, Charles (1730-1782), II marchese di Rockingham, politico britannico, 211n. WEBEr, Carlo o karl Jakob (1712-1764), ingegnere, 379. WEBEr, Gregor J. M., 39n. WINtEr, otto Friedrich, 108n. WIrtEMBErG, duca di, vedi CArLo II EuGENIo DI WürttEMBErG. WIttEL, Gaspar van (1653-1736), pittore, 127n. WIttEMBErG vedi CArLo II EuGENIo DI WürttEMBErG. WooLF, James (1727-1759), militare britannico, 60n. 449 WuNSCH, Johann Jakob von (1717–1788), militare prussiano, 102n., 176n. yACI vedi rEGGIo E GrAVINA, Stefano. yorkE, Joseph (1724-1792), barone Dover, 169n., 245, 246n. yorkE, Philip (1690-1764), conte di Hardwicke, 246n. ySAStIA, Jacinto de, marchese di Ysastia, 340. ySLA, José Francisco de, 352. zANNI, Nicoletta, 375n. zAPPErI, roberto, 33n., 76n., 94n. zECCHINo, ortensio, IV. zEVI, Fausto, 126n., 373n., 397n. zIGArELLI, Giuseppe, 255n. zILLI, Ilaria, 273n. zoAGLI, Giovanni Battista, inviato genovese in Spagna, 109n. zoNA, Vincenzo Muzio, 85, 85n., 139. zorrILLA y GoNzáLEz DE MENDozA, Francisco José, 31n., 293n. zottA, Silvio, IV. zuCCAGNI-orLANDINI, Attilio, 59n. zuEBEGHÈN, conte di, 266n. zuEHLkE, Mark, 60n. zWEIBrüCkEN, conte palatino di, vedi FEDErICo MICHELE DI zWEIBrüCkEN E BIrkENFELD. FroNtIErA D’EuroPA – StuDI E tEStI NuoVA SErIE ON LINE 1. raffaele AJELLo, Dalla metafisica alla socialità. La rivoluzione moderna e le ambiguità italiane, p. VIII + 264, 2015. 2. John Philip DAWSoN, Gli oracoli del diritto, trad. dalla lingua inglese, a cura e con saggio introduttivo di rocco Giurato, pp. LXVIII + 684, 2014. 3. renata PILAtI, Arcana seditionis. Violenze politiche e ragioni sociali. Napoli 1547-1557, pp. VIII + 448, 2015. 4. roberto tuFANo, La Francia e le Sicilie. Stato e disgregazione sociale nel Mezzogiorno d’Italia da Luigi XIV alla Rivoluzione, pp. XX + 380, 2015. 5. roberto tuFANo, Verso la giustizia produttiva. Un’esperienza di riforme nelle Due Sicilie (1738-1746), pp. XII + 260, 2015.