DA DOMINIO A DOMINIO
Il Locarnese e la Valmaggia
all’inizio del XVI secolo
A cura di
Rodolfo Huber
Rachele Pollini-Widmer
Società Storica Locarnese
Locarno 2013
Ringraziamenti
La Società Storica Locarnese ringrazia per il sostegno:
Il Cantone Ticino
I Municipi di Locarno, Muralto, Ascona, Brissago, Centovalli, Gambarogno, Lavizzara,
Mergoscia, Minusio, Orselina
La Fondazione Cultura nel Locarnese
I privati sostenitori
I curatori ringraziano gli autori per la loro disponibilità a collaborare al progetto rispettando i tempi e le consegne piuttosto stretti, il comitato di redazione per il consueto attento
aiuto nella correzione delle bozze e la Tipografia Pedrazzini che ha curato con professionalità e cortesia l’impaginazione e la stampa.
BOLLETTINO
DELLA SOCIETÀ STORICA
LOCARNESE
n. 16, 2013
Bollettino della Società Storica Locarnese
n. 16, 2013
ISSN 2234-9618
© 2013 - Locarno, Società Storica Locarnese
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con i quali non è stato possibile comunicare.
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c/o Rodolfo Huber, presidente
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Bollettino della SSL
c/o Rachele Pollini-Widmer, redattrice responsabile
Casella postale 1119, 6601 Locarno
Comitato di redazione:
Erica Barlocchi
Damijana Gramigna
Rodolfo Huber
Rachele Pollini-Widmer
Alfredo Poncini
Gianni Quattrini
In copertina:
Fronte: Torre del castello di Locarno, fotografia tratta da E. BERTA, Il castello di Locarno, Como 1930, p. 27.
Retro: H. ASPER, Luggaris 1501, in J. STUMPF, Gemeiner loblicher Eydgnosschaft Stetten Landen und Völkeren
Chronich…, Zürich 1548, p. 283.
Indice
Flavio Cotti
Prefazione
7
Rachele Pollini-Widmer
Introduzione
9
Andrea Gamberini
Il ducato di Milano e gli Svyceri: uno sguardo d’insieme
13
Paolo Ostinelli
Entro i limiti del possibile. La difficile espansione confederata
e la nascita dei baliaggi comuni nei primi decenni del Cinquecento
31
Fabio Abate
Il Ticino e i «balivi» di oggi
53
Rodolfo Huber
Elementi di riflessione sulla storiografia
65
Thomas Ron
La conquista dei castelli di Locarno e Lugano 1512-1513
91
Gianna Ostinelli-Lumia
I XII cantoni e il baliaggio di Locarno.
La definizione giuridica di relazioni, istituzioni e competenze
agli albori della dominazione confederata
115
Leonardo Broillet
Il rinnovo delle élite locali
129
Flavio Zappa
«Con arme inastati et sciopeti». Rapporti giuridici
tra le comunità dei baliaggi di Locarno e Valmaggia
141
Lara Calderari
Locarno rinascimentale
161
Autori
187
Indice dei nomi e dei luoghi
191
DA DOMINIO A DOMINIO u 161
Locarno rinascimentale
LARA CALDERARI
Nelle terre ticinesi i primi segnali di un rinnovamento delle arti in chiave rinascimentale si possono cogliere negli ultimi decenni del Quattrocento
proprio a Locarno. La principale ragione di questo primato è verosimilmente
da ricercare nel fatto che il borgo sulle sponde del Verbano e la sua pieve dal
settembre 1439 erano stati concessi in feudo dal duca di Milano Filippo
Maria Visconti al conte Franchino Rusca, che già nel 1438 aveva ricevuto la
pieve di Valtravaglia, a cui si aggiunsero nel 1449 anche alcuni possedimenti
nel Sottoceneri (Cima e Osteno sul lago di Lugano e la val d’Intelvi); tutti
questi territori restarono ai Rusca fino all’avvento degli svizzeri (1513),
dopodiché alla famiglia comasca rimasero solo Luino e la Valtravaglia. È noto
che i membri del prestigioso casato erano soliti risiedere sia nel castello di
Locarno sia a Milano, dove avevano modo di frequentare anche la corte sforzesca in occasione degli avvenimenti mondani e politici più importanti.
Anche se all’indomani della morte di Franchino Rusca (1466) non mancarono le lotte tra i figli Pietro Antonio e Giovanni per la spartizione dei feudi
paterni, nella contea locarnese regnò per tutta la seconda metà del
Quattrocento una relativà stabilita politica che creò le premesse per la promozione di una serie di importanti iniziative artistiche attraverso le quali i
conti non fecero altro che mostrare e affermare il potere acquisito1.
L’altorilievo con il San Vittore a cavallo (ill. 1) commissionato da
Franchino Rusca allo scultore milanese Martino Benzoni nel 1460-1462 per
ornare la torre principale del castello può essere considerato il prologo della
grande stagione rinascimentale locarnese. Nella scultura sopravvivono alcune ricercatezze tardogotiche, ma la sua tipologia già suggerisce la conoscenza
1
Il contributo è parte di una più ampia trattazione del tema contenuta nella mia tesi di dottorato Il Rinascimento a Lugano. Arte e architettura tra Quattro e Cinquecento in via di ultimazione presso l’Università di Ginevra con il professore Mauro Natale. Ringrazio per l’aiuto e
i suggerimenti ricevuti: Giuseppe Chiesi, Paolo Ostinelli, Edoardo Rossetti, Elfi Rüsch,
Edoardo Villata e la Fondazione Remo Rossi di Locarno.
E. MOTTA, I Rusca signori di Locarno, di Luino, di Val Intelvi, ecc. (1439-1512), in «BSSI», a. XVII (1895),
pp. 1-7, 33-41, 65-70, 97-101, 153-159; Id., ibid., a. XVIII, 1896, pp. 1-5, 57-67, 89-96,
121-127; Id., ibid., a. XIX, 1897, pp. 1-3, 61-72, 97-103, 173-178; Id., ibid., a. XX, 1898,
pp. 5-8, 44-52, 185-189; Id., ibid., a. XXI, 1899, pp. 1-6, 56-60, 150-155; Id., ibid., a. XXII,
1900, pp. 1-5, 33-38; G. WIELICH, Il Locarnese negli ultimi tre secoli del medioevo. Dal Barbarossa
al dominio svizzero, Bellinzona 1973 (trad. ted.: Das Locarnese im Altertum und Mittelalter. Ein
Beitrag zur Geschichte des Kantons Tessin, Bern 1970), pp. 61-132; G. CHIESI, Rusca, Franchino,
in DSS, vol. 10, Basel-Locarno 2011, p. 641; Id., Rusca, Giovanni Nicolò, ibid., p. 642; Id.,
Rusca, Loterio (no. 17), ibid., p. 643; Id., Rusca, Pietro Antonio, ibid., pp. 643-644; R. POLLINIWIDMER, Rusca [Rusconi], ibid., pp. 639-640.
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Ill. 1. Martino Benzoni, San Vittore a cavallo, 1460-1462,
Muralto, San Vittore, già sulla torre principale del Castello di Locarno.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
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del monumento equestre al Gattamelata di Donatello a Padova (databile
entro il 1453), anche se l’incedere del cavallo non è scevro da ingenuità compositive e mostra i limiti del coraggioso tentativo di aggiornamento dell’artista. A seguito dello smantellamento del maniero decisa nel 1531 l’opera fu
trasferita e murata sulla torre campanaria (iniziata nel 1524 e completata nel
1932) dell’antica chiesa plebana di San Vittore a Muralto, dove ancora oggi
si trova benché priva del ricco apparato araldico previsto dal contratto e presumibilmente eliminato per ragioni di opportunità politica dagli svizzeri,
nel frattempo subentrati ai Rusca2. Fonti primoseicentesche segnalano inoltre che il coro dell’importante chiesa accoglieva le arche lignee con le spoglie dei conti e che queste furono smantellate nella seconda metà del
Cinquecento da uno zelante arciprete, probabilmente Taddeo Duno (in carica dal 1557 al 1587), poiché sopravanzavano il Santissimo Sacramento3.
Sempre all’epoca dei conti Rusca deve essere collegato il bel Crocifisso (ill. 2)
ligneo con barba e capelli veri un tempo sull’arco trionfale e oggi collocato
sull’omonimo altare in navata. L’opera, già riferita alla mano del Maestro di
Santa Maria Maggiore, forse identificabile con l’intagliatore vigezzino
2
3
E. MOTTA, I Rusca signori di Locarno…, 1896, pp. 1-3; G. BISCARO, Martino Benzoni e la statua equestre
di San Vittore per la torre di Locarno, in «BSSI», a. XXXIII (1911), pp. 33-38, 94-95;
V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo (Locarno, Solduno, Muralto e Orselina), in I monumenti d’arte e di
storia del Canton Ticino, vol. I, Basel 1972, p. 361; L. CAVAZZINI, Il crepuscolo della scultura medievale
in Lombardia, Firenze 2004, pp. 142-143; L. CALDERARI, Da e verso il Canton Ticino. Scambi artistici tra Quattro e Cinquecento, in «Arte + Architettura», n. 3 (2007), pp. 53-54;
L. DALMAS, Muralto. San Vittore, in Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino
Luini. Itinerari, a cura di G. AGOSTI, J. STOPPA, M. TANZI, Milano 2010, pp. 156-158. Inoltre, sulla
facciata del palazzo milanese dei Rusca (di fronte all’Accademia di Brera) vi era una scultura in marmo con Franchino Rusca a cavallo, probabilmente qualcosa di simile al San Vittore
di Locarno. E. ROSSETTI, La città cancellata, in c.d.s. Non convince invece la recente attribuzione allo scultore milanese del San Giorgio e il drago ligneo di Losone (M. T. BINAGHI OLIVARI,
Martino Benzoni (scheda), in Il Rinascimento nelle terre ticinesi..., pp. 72-74; condivisa dai curatori della mostra a p. 27), caratterizzato da un sentire più cortese del San Vittore a cavallo. Per
Benzoni è infatti ancora tutta da ricostruire l’attività di intagliatore del legno suggerita da
Binaghi Olivari (v. supra, p. 74) sulla base della commissione del 19 luglio 1469 presa con
Giovanni Antonio Amadeo per l’esecuzione di un Compianto ligneo per il duomo di Monza.
V. GILARDONI, Muralto. L’antica collegiata plebana di San Vittore di Locarno, in «Ticinensia», n. XXIIXXIV (1965), p. 291; Id., Locarno e il suo circolo…, p. 350. La notizia è tratta da fonti fededegne: P. MORIGIA, Historia della nobiltà, et degne qualità del Lago Maggiore, Milano 1603, rist. anastatica a cura di P. FRIGERIO, P. G. PISONI, Intra 1983, p. 44 («in essa [chiesa] si veggono sepolture
magnifiche et molto antiche»); R. RUSCA, Il Rusco, overo breve descrittione del Contado e Vescovado
comasco per linea dritta e trasversale. Libro Quarto. Nel quale particolarmente si descrivono le città di
Como, Locarno etc., Venezia 1610, ed. cons. Piacenza 1629, p. 82 (le tombe erano «di legno
accomodate sopra al Coro nella Chiesa con stendardi e trofei acquistati nelle guerre; ma
Monsig. Hieronimo Vescovo di Famagosta, quando visitò, come Nuntio Apostolico l’anno
1573 ordinò, che si abbassassero le sepolture, et le casse dove eran l’ossa per essere più
alte poste del Santissimo Sacramento, et l’Arciprete di quel tempo non contento d’abassarle, in tutto, et per tutte le levò, però i SS. Svizzeri il condannarono in 300 scudi d’oro
per aver disperso le memorie delle vittorie et trofei de Conti Ruschi»). Per l’arciprete Taddeo
Duno, documentato dal 1549 al 1587, già morto nel 1589: P. BORELLA, Locarno-Muralto, in Le
chiese collegiate della Svizzera italiana (HS II/1), a cura di A. MORETTI, Bern 1984, p. 114; da
non confondere con il medico riformato Taddeo Duni (1523-1613) esiliato a Zurigo nel
1555: P. CRIVELLI, Duni [Duno], Taddeo, in DSS, vol. 4, Basel-Locarno 2005, p. 274.
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Ill. 2. Ambito del Maestro di Santa Maria Maggiore (Domenico Merzagora?),
Crocifisso, 1500 circa, Muralto, San Vittore.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
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Domenico Merzogora, è databile intorno al 1500, anno di consacrazione
dell’altare maggiore, quando era arciprete Francesco Rusca (in carica dal
1497 al 1528), probabilmente parente dei conti. Una tale datazione può trovare giustificazione nell’ambito noto dell’artista in virtù della maggiore compattezza dell’anatomia, caratteristica che si riscontra anche nel più o meno
contemporaneo Cristo morto della Pietà di Orselina, l’apice della tarda produzione oggi nota dei fratelli Giovan Pietro e Giovan Ambrogio De Donati4.
Anche la locale comunità francescana conventuale godette del favore
della famiglia Rusca, che frequentava la chiesa di San Francesco situata
nei pressi del castello e dove poco tempo prima del gennaio 1485 doveva essere giunto il notevole gruppo ligneo del Compianto sul Cristo morto
(ill. 3) del Maestro di Santa Maria Maggiore, dal 1945 ricomposto alla
Madonna del Sasso di Orselina5. Credo che allo stesso maestro possa inoltre essere ricondotto il Cristo morente (ill. 4) proveniente dalla collezione
dello scultore locarnese Remo Rossi, probabilmente ciò che resta di un
altro perduto Compianto presente nella regione6. Non si conoscono i dettagli della committenza dell’opera già in San Francesco ma è nota la vicinanza dei conti Rusca all’ordine francescano: il fratello di Franchino,
4
5
6
V. GILARDONI, Muralto. L’antica collegiata…, pp. 258, 292 (per la consacrazione dell’altare il
26 dicembre 1500 da parte di Giulio Galardo vescovo di Salonicco per conto del vescovo di Como; il Crocifisso è citato per la prima volta nel 1597); Id., Locarno e il suo circolo…,
p. 397, ill. 497 («buona scultura di bottega lombarda del XVI secolo»). Per l’attribuzione
al Maestro di Santa Maria Maggiore: A. GUGLIELMETTI, Scultura lignea nella diocesi di Novara
tra ‘400 e ‘500, Novara 2000, pp. 31, 83, ill. 72. Secondo Laura Damiani Cabrini (Il posto delle
sculture, in L. CALDERARI, L. DAMIANI CABRINI, La chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio a Ponte
Capriasca. Pittura e scultura, Ponte Capriasca 2003, p. 23 n. 28) la scultura è quattrocentesca. Per l’arciprete Francesco Rusca: P. BORELLA, Locarno-Muralto…, pp. 113-114. Per l’ancona della Pietà: v. infra n. 13.
L’opera è indicata all’intagliatore milanese Giacomo Del Maino, padre di Giovan Angelo,
quale modello per la realizzazione di un Compianto destinato alla cappella della scuola
del sepolcro di Cristo di Gallarate in un documento del 10 gennaio 1485, che ne costituisce quindi il terminus ante quem; logica vuole che le sculture non fossero di troppo antecedenti. Il documento è stato reso noto da: P. TORNO, Documenti inediti per Giacomo Del Maino
e la scultura lignea in provincia di Varese, in Giovanni Antonio Amadeo. Scultura e architettura del suo
tempo, atti del convegno (Milano, Bergamo, Pavia 1992), a cura di J. SHELL,
L. CASTELFRANCHI, Milano 1993, pp. 439-449; per un riassunto delle notizie sul Compianto
locarnese: V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo…, pp. 230-234, ill. 292-296 (segnala le affinità con l’analogo gruppo al Museo civico d’arte antica di Torino, inv. 1013/L-1020/L, proveniente dalla chiesa dell’Assunta a Santa Maria Maggiore in val Vigezzo, da cui il nome
convenzionale dello scultore); R. CASCIARO, La scultura lignea lombarda del Rinascimento,
Milano 2000, pp. 94-96, 288-289, ill. 107, 111-112; C. CAIRATI, Orselina. Madonna del Sasso,
in Il Rinascimento nelle terre ticinesi. Da Bramantino a Bernardino Luini. Itinerari, a cura di
G. AGOSTI, J. STOPPA, M. TANZI, Milano 2010, pp. 159-160.
Presenze d’arte in Ticino dal XV al XVIII secolo, catalogo della mostra (Lugano, Villa
Malpensata), a cura di V. GILARDONI, Lugano 1979, n. 22 (come «scultore anonimo del XV
secolo»); M. NATALE, La pittura del Rinascimento a Como e nella Svizzera Italiana, in Pittura a Como
e nel Canton Ticino dal Mille al Settecento, a cura di M. GREGORI, Milano 1994, p. 34 (lo collega al Compianto di Orselina). Come mi comunica Diana Rizzi, presidente della Fondazione
Remo Rossi, la provenienza della scultura è sconosciuta.
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Ill. 3. Maestro di Santa Maria Maggiore (Domenico Merzagora?),
Compianto sul Cristo morto, poco prima del 1485, Orselina, complesso della Madonna del Sasso,
cappella del Compianto, già nella chiesa di San Francesco a Locarno.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 4. Maestro di Santa Maria Maggiore (Domenico Merzagora?),
Cristo morente (particolare), 1485 circa, Locarno, Fondazione Remo Rossi.
(Foto Fondazione Remo Rossi, Locarno).
DA DOMINIO A DOMINIO u 167
Antonio († 1449), vestì il saio osservante nel 1422 mentre la moglie,
Beatrice Casati, rimasta vedova nel 1466 divenne terziaria francescana e
si ritirò a Milano, dove morì nel 1490 all’età di settant’anni in odore di
santità. Sepolta nella chiesa osservante di Sant’Angelo nel 1499 per iniziativa della figlia Antonia (andata in sposa al conte di Sesto Calende
Giovanni Maria Visconti), il suo monumento funebre marmoreo, opera
del noto scultore milanese Benedetto Briosco, fu posto in posizione privilegiata alla sinistra dell’altare maggiore7.
Nel frattempo, con l’avvento al potere nel 1484 del conte Giovanni
Rusca, figlio di Franchino e Beatrice, si assistette a una vera e propria
rinascita delle arti. A seguito della morte del fratello Pietro Antonio
(1482) e del nipote Franchino (1484) Giovanni ottenne infatti l’intero
corpus dei possedimenti paterni8. Egli si fece quindi promotore di una
serie di trasformazioni del palazzo costruito nel castello e di-sposto intorno al cortile interno (ill. 5)9. Ed è proprio qui, sulla scala d’accesso, che
ancora oggi è visibile il ritratto di uno dei conti Rusca raffigurato mentre
in ginocchio viene presentato dalla beata Beatrice alla Madonna in trono
tra i santi Caterina, Gerolamo e Francesco (ill. 6-7). L’affresco, per il quale
vale il termine ante quem del 1512 (corrispondente cioè alla fine del dominio dei Rusca su Locarno), è opera del Maestro di San Rocco a Pallanza
(al secolo forse Giovanni Antonio da Montonate), mentre il membro della
famiglia Rusca effigiato dovrebbe essere il figlio di Beatrice, il conte
7
8
9
Per un profilo di Beatrice Rusca: E. MOTTA, I Rusca signori di Locarno…, 1896, pp. 3-5;
A. MORETTI, A. RIMOLDI, G. BARBIERI, S. XERES, Beati, venerabili, servi di Dio, in Terre del Ticino.
Diocesi di Lugano, a cura di L. VACCARO, G. CHIESI, F. PANZERA, Brescia 2003, p. 414 (con bibliografia). Per la tomba: A. ROTH, The Lombard sculptor Benedetto Briosco: works of the 1490s, in «The
Burligton Magazine», a. CXXII, n. 922 (1980), pp. 14-17; A. VIGANÒ, Il periodo milanese di
Benedetto Briosco e i suoi rapporti con i cognati Francesco e Tommaso Cazzaniga: nuove acquisizioni
documentarie, in «Arte Lombarda», n. 108/109 (1994), p. 146.
E. MOTTA, I Rusca signori di Locarno…, 1898, pp. 45-52; G. CHIESI, Rusca, Giovanni Nicolò…,
p. 642.
Da ultimo: P. OSTINELLI, Locarno. Castello, in Il Rinascimento nelle terre ticinesi..., pp. 91-95 (l’affresco, per il quale di veda oltre, è datato al «1500 circa»).
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Ill. 5. Scultore lombardo, Capitello del portico con stemma della famiglia Rusca,
ultimo quarto del XV secolo, Locarno, Castello.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 6. Maestro di San Rocco a Pallanza
(Giovanni Antonio da Montonate?),
La beata Beatrice Casati Rusca con il figlio
(Giovanni Rusca?) e santa Caterina
d’Alessandria, 1500-1505 circa, Locarno, Castello.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 7. Maestro di San Rocco a Pallanza
(Giovanni Antonio da Montonate?),
Madonna in trono con il Bambino tra i santi
Gerolamo e Francesco,
1500-1505 circa, Locarno, Castello.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
DA DOMINIO A DOMINIO u 169
Giovanni, la cui data di morte è ancora incerta, ma successiva al 15
dicembre 1499 quando fa testamento10.
Dalla vivacità e qualità della scena artistica locarnese di fine Quattrocento
testimoniano anche alcuni raffinati medaglioni scolpiti nel marmo verosimilmente provenienti dal castello e quindi legati ai Rusca (ill. 8). Tradizione
vuole che la dama effigiata sia Eleonora da Correggio, figlia del noto poeta
Niccolò, moglie di Eleuterio Rusca e nuora del conte Giovanni11.
L’ascesa e l’affermazione del conte Giovanni coincise comunque con
un altro fondamentale avvenimento nella Locarno dell’epoca, vale a dire
la nascita del primo nucleo del sacro monte di Orselina, avvenuta a seguito della visione della Madonna avuta da fra Bartolomeo Piatti da Ivrea del
convento di San Francesco il 14 agosto 1480, alla vigilia della festa
dell’Assunta. Il neonato cantiere francescano seppe quindi catalizzare tra
la fine del Quattrocento e i primi decenni del secolo successivo la presenza di artisti di primo piano gravitanti prevalentemente su Milano. V’è
infatti da credere che la prima opera giunta a Orselina fu la statua della
Madonna del Sasso (ill. 9) ancora oggi sull’altare maggiore del santuario e
riferita dalla critica al Maestro di Santa Maria Maggiore a una data intorno al 1487, anno della consacrazione dei primi due sacelli del complesso dedicati alla Vergine Avvocata e alla Pietà12. Anche i fratelli De Donati
10 Per il Maestro di San Rocco a Pallanza, attivo a cavallo tra XV e XVI secolo prevalente-
mente sulla sponda destra del Verbano: G. ROMANO, La Pala Sforzesca, in Il Maestro della Pala
Sforzesca, a cura di G. ROMANO, M. T. BINAGHI OLIVARI, D. COLLURA (Quaderni di Brera 4),
Firenze 1978, p. 14 n. 23; P. ASTRUA, Gli affreschi dell’oratorio di San Rocco a Pallanza, una pagina
poco nota all’insegna della tutela, in Museo del Paesaggio 1909-1979. Museo storico e artistico del
Verbano, Intra 1979, pp. 101-116, ed. cons. in Ricerche sulla pittura del Quattrocento in Piemonte,
a cura di G. ROMANO, Torino 1985, pp. 175-196; M. NATALE, Maestro di San Rocco a Pallanza
(biografia e schede), in Pittura tra il Verbano e il lago d’Orta dal Medioevo al Settecento, a cura di
M. GREGORI, Milano 1996, pp. 251-253; E. VILLATA, Il Maestro di San Rocco a Pallanza: rinascimento di una scheda con una noterella sul Maestro dei Santi Cosma e Damiano, in «Arte Viva
Fimantiquari», n. 28/29 (2002), pp. 64-71; M. C. PASSONI, Bernardino de Conti e collaboratore
(scheda), in Maestri della scultura in legno nel ducato degli Sforza, catalogo della mostra (Milano,
Castello Sforzesco), a cura di G. ROMANO, C. SALSI, Milano 2005, p. 144 (ascrive al pittore le
tavole con le Pie donne della Pietà De Donati a Orselina). L’attribuzione dell’affresco locarnese al pittore proposta recentemente da Davide Mirabile (Un presepe ad Arona. Rinascimento
sul Verbano tra pittura, scultura e arte vetraria, in «Prospettiva», n. 119-120 (2005), p. 101 n. 18)
si basa su una intuizione di Mauro Natale (La pittura del Rinascimento…,
p. 34) che collegava le Pie donne di Orselina (con una datazione «verso il secondo decennio del Cinquecento») al dipinto in questione; spetta invece a Mirabile la proposta di identificare l’anonimo maestro con il pittore e scultore varesino Giovanni Antonio da Montonate
residente a Pallanza; un riassunto in: D. MIRABILE, Giovanni Antonio da Montonate, Cristo morto
tra Maria e San Giovanni (scheda), in Il Rinascimento nelle terre ticinesi…, pp. 108-111. Resta
incerta la data di morte del conte Giovanni Rusca: M. VIGANÒ, Locarno francese (1499-1513).
Per i 500 anni del «rivellino» del Castello visconteo 1507-2007, in «AST», n. 141 (2007), pp. 9-10, 39
(fine 1499 o inizio 1500); G. CHIESI, Rusca, Giovanni Nicolò…, p. 642 (1508); v. infra n. 14.
11 V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo…, p. 52, ill. 53-55; v. infra n. 15.
12 Da ultimo: C. CAIRATI, Orselina…, p. 162 (per la scultura segnala, a ragione, anche tangenze con
la produzione di Giacomo Del Maino). Propende invece per l’autografia di Giacomo Del Maino
Angela Guglielmetti (Scultura lignea…, pp. 32-33).
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Ill. 8. Scultore lombardo, Ritratto di dama
(Eleonora da Correggio Rusca?), fine del XV secolo, Locarno,
Museo civico e archeologico (depositi), già nel Castello di Locarno.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 9. Maestro di Santa Maria Maggiore (Domenico Merzagora?),
Madonna del Sasso, 1487 circa, Orselina, complesso della Madonna del Sasso,
santuario di Santa Maria Assunta.
(Foto Lara Calderari, Rancate).
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vi lasciarono il loro capolavoro maturo: l’ancona della Pietà (ill. 10) collocata nell’omonima cappella appena citata. L’opera è stata oggetto nel
2005 di un accurato restauro e di una rivisitazione critica che ha permesso di posticipare la datazione agli inizi del Cinquecento e di individuare la collaborazione del Maestro di San Rocco a Pallanza, al quale
spettano le parti dipinte compresa verosimilmente la policromia del
gruppo scultoreo13. Nello stesso giro di anni Bernardino De Conti dipinse la pala destinata all’altare maggiore della chiesa dell’Annunziata, sorta
sul finire del Quattrocento alle pendici della sacra rupe su terreni donati da Antonio Guido Orelli e consacrata il 25 ottobre 1502. L’impresa
venne probabilmente sostenuta anche dal conte Giovanni Rusca che nel
suo testamento del 15 dicembre 1499 dispose che venisse costruita una
cappella sotto al Sasso di Locarno dove già era stata iniziata da frate
Bartolomeo e che un cappellano vi celebrasse annualmente la messa14.
La data d’esecuzione dell’ancona, composta dalla tavola centrale con
l’Annunciazione (ill. 11), dalla lunetta con il busto di Dio Padre e dal
paliotto con l’Arcangelo Gabriele che annuncia la salvazione alle anime del
13 V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo…, pp. 471-474, ill. 561-563 (collega l’ancona al 1487,
anno di consacrazione del sacello della Pietà); M. NATALE, La pittura del Rinascimento…,
p. 34 (ascrive le tavole all’autore dell’affresco nel castello di Locarno, cioè al Maestro di
San Rocco a Pallanza); R. CASCIARO, Giovanni Pietro, Giovanni Ambrogio De Donati e pittore
leonardesco. Altare della Pietà (scheda), in Maestri della scultura in legno…, pp. 124-127 (propone una datazione dell’opera all’ultimo decennio del XV secolo e attribuisce le tavole
a un anonimo pittore leonardesco); M. C. PASSONI, Bernardino de Conti e collaboratore (scheda), ibid., p. 144 (ascrive i dipinti al Maestro di San Rocco istituendo confronti in particolare modo con le due pie donne dolenti); D. MIRABILE, Un presepe ad Arona…, p. 101
n. 18 (attribuisce al Maestro di San Rocco le Pie donne); L. CALDERARI, P. PEDRIOLI, Beni culturali. Cento anni di attività (1909-2009). Monumenti, restauro e valorizzazione. Un esempio: l’ancona
della Pietà di Orselina, a cura di P. PEDRIOLI, Bellinzona 2009 (le tavole laterali sono confermate al Maestro mentre la tavola centrale è ascritta a un secondo pittore di area lombarda); L. CALDERARI, A. MEREGALLI, P. PEDRIOLI, Giovanni Pietro e Giovanni Ambrogio De Donati, pittore lombardo (tavola dipinta centrale) e Maestro di San Rocco a Pallanza (tavole dipinte laterali) Ancona della Pietà (inizio del XVI secolo), in «Rassegna di Studi e di Notizie», vol. XXXII,
a. XXXVI, 2009 [2010], pp. 55-56 (si ipotizza che il Maestro possa aver eseguito anche la
policromia delle parti scolpite). Da ultimo: M. TANZI, Giovanni Pietro De Donati, Giovanni
Ambrogio De Donati e Giovanni Antonio da Montonate, Ancona della Pietà (scheda), in
Il Rinascimento nelle terre ticinesi…, pp. 122-127 (con una datazione al «1505-1510 circa» e
l’attribuzione a Giovanni Antonio da Montonate delle tre tavole dipinte); si veda anche:
C. CAIRATI, Orselina…, pp. 160-162.
14 «[…] ego Iohannes Ruscha comes valis Lugani filius magnifici et prestantissimi comitis
Franchini porta Nova Mediolani parrocchia Sancti Eusebii […]. Item volo etc. quod fiat et
construatur capella una subtum sassum in hoc(?)loco in quo cepta est per dominum fratrem Bartolomeum ordinis fratrum minorum sancti Francisci et dari ducati decem dicti
valoris omni anno capelano celebranti missam ad ipsam capellam etc. […]». ASMi,
Notarile, b. 2147, notaio Giorgio Rusca, 1499 dicembre 15. Il documento è stato rinvenuto da Davide Mirabile (2005) nell’ambito delle ricerche svolte per la tesi di laurea:
D. MIRABILE, La committenza della famiglia Rusca nella Lombardia del Rinascimento, tesi di laurea
all’Università degli studi di Milano, Facoltà di lettere e filosofia, 2004-2005, relatore
Prof. G. Agosti [copia presso l’Ufficio beni culturali di Bellinzona]; accenna al legato, in
relazione però a Bramantino, anche Edoardo Rossetti in: E. ROSSETTI, C. CAIRATI, «Memorie»
dallo studiolo di Eleonora da Correggio Rusca a Milano. L’inventario del 1523, in Squarci d’interni.
Inventari per il Rinascimento milanese, a cura di E. ROSSETTI, Milano 2012, p. 116 n. 5.
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Ill. 10. Giovan Pietro e Giovan Ambrogio De Donati,
Pietà, 1500 circa, Orselina, complesso della Madonna del Sasso, cappella della Pietà.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 11. Bernardino De Conti, Annunciazione, 1505 circa, Orselina,
complesso della Madonna del Sasso, santuario di Santa Maria Assunta,
già nella chiesa di Santa Maria Annunciata a Muralto.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
DA DOMINIO A DOMINIO u 173
Purgatorio (ill. 12), è stata finora ancorata all’anno di consacrazione dell’edificio, ma l’impaginazione più articolata della scena e il generale ammorbidimento delle pieghe dei sovrabbondanti panneggi suggeriscono di posticipare l’opera di qualche anno. La foggia degli abiti del giovane dai lunghi
capelli neri al centro del gruppo delle anime del Purgatorio, verosimilmente il ritratto di uno dei figli di Giovanni Rusca, forse Eleuterio marito di
Eleonora da Correggio15, e il tentativo di introspezione psicologica sono
infatti comparabili a quelli esibiti dal pittore nei ritratti dipinti intorno alla
metà del primo decennio del Cinquecento. Tra questi si possono ricordare
per la moda il Ritratto di Catellano Trivulzio (1505, New York, The Brooklyn
Museum, n. inv. 21.141) e per la psicologia il Ritratto di Alvise Besozzi (1506,
Berlino, Gemäldegalerie, n. inv. I.124)16. Nello stesso gruppo è identificabile, grazie all’abito francescano, fra Bartolomeo da Ivrea, fondatore del sacro
monte sepolto nella chiesa dell’Annunziata, dove ancora si conserva un
frammento della lastra tombale con la sua effigie (ill. 13)17. Il restauro dell’edificio ha inoltre riservato alcune sorprese, come il ritrovamento nel locale seminterrato sottostante alla sagrestia di un elegante graffito con la testa
di una giovane donna, forse la Vergine annunziata (ill. 14), opera di un artista leonardesco tra il Maestro di San Rocco a Pallanza e Bernardino De Conti
e attivo nel primo decennio del Cinquecento18.
Le prime pietre del sacro monte locarnese erano così state poste tra il
1487 e il 1502 a onore della Vergine, annunziata e assunta, e del Cristo
in Pietà sotto la determinata regia dei Francescani conventuali di San
Francesco e con l’appoggio della famiglia Rusca. Anche sull’arco trionfale della chiesa borghigiana dei frati, probabilmente tra il primo e il secon15 E. ROSSETTI, C. CAIRATI, «Memorie» dallo studiolo…, pp. 115-133.
16 L’attribuzione dell’ancona a Bernardino De Conti, trasferita nel santuario dell’Assunta tra
il 1857 e il 1878, spetta a Herbert Cook: Illustrated catalogue of pictures by masters of the Milanese
and allied schools of Lombardy, catalogo della mostra (London, Burlington Fine Arts Club
1898), a cura di H. COOK, London 1899, p. LXXIII, nn. 15-16. Si vedano inoltre:
V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo…, pp. 466-468, ill. 555a-555b (propone una datazione
al 1500-02 circa); M. T. FIORIO, Bernardino de’ Conti, in I leonardeschi. L’eredità di Leonardo in
Lombardia, Milano 1998, pp. 218-220, ill. 101-102 (1502 circa); da ultimo: M. TANZI,
Bernardino de Conti, Annuncio della salvazione alle anime del Purgatorio (scheda), in Il Rinascimento
nelle terre ticinesi…, pp. 182-185 («1522 circa»); si veda anche: C. CAIRATI, Orselina…, p. 163.
Per i due ritratti citati: M. T. FIORIO, Bernardino de’ Conti…, pp. 222-224, ill. 105, 109.
17 Per il venerabile Bartolomeo Piatti da Ivrea, morto tra il 1511 e il 1514, e la sua tomba:
V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo…, p. 431; U. ORELLI, Madonna del Sasso di Locarno, in Der
Franziskusorden. Die Franziskaner, die Klarissen und die Regulierten Franziskanerinnen in der Schweiz
(HS V/I), Bern 1978, p. 453; A. MORETTI, A. RIMOLDI, G. BARBIERI, S. XERES, Beati, venerabili,
servi di Dio, in Terre del Ticino. Diocesi di Lugano, a cura di L. VACCARO, G. CHIESI, F. PANZERA,
Brescia 2003, p. 417; U. FINK, Piatti, Bartolomeo, in DSS, vol. 9, Basel-Locarno 2010, p. 720.
Non si sa quando il frate abbia ricevuto il titolo di venerabile; nella tavola del De Conti
e sulla lastra tombale non compaiono i raggi o l’aureola, presente invece nell’affresco
della stessa chiesa risalente al 1522. Anche per questo motivo è quindi difficile pensare,
come vorrebbe TANZI (v. supra), a una datazione tarda della tavola nella quale il nuovo
stato del religioso sarebbe sicuramente stato esplicitato.
18 L. CALDERARI, Da e verso il Canton Ticino…, p. 55, ill. a p. 2.
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Ill. 12. Bernardino De Conti, L’Arcangelo Gabriele annuncia la salvazione
alle anime del Purgatorio, 1505 circa, Orselina, complesso della Madonna del Sasso,
santuario di Santa Maria Assunta, già nella chiesa di Santa Maria Annunciata a Muralto.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 13. Scultore lombardo,
Lastra tombale di fra Bartolomeo da Ivrea,
poco dopo il 1511, Muralto,
complesso della Madonna del Sasso,
Santa Maria Annunciata.
(Foto Lara Calderari, Rancate).
Ill. 14. Pittore lombardo,
Vergine annunciata (?), poco dopo il 1502,
Bellinzona, Ufficio beni culturali,
già nella chiesa di Santa Maria Annunciata
a Muralto.
(Foto Lara Calderari, Rancate).
DA DOMINIO A DOMINIO u 175
do decennio del Cinquecento venne collocato l’espressivo Crocifisso
(ill. 15) ligneo dell’ambito di Giovan Angelo Del Maino oggi nella vicina
chiesa di Sant’Antonio19, a ulteriore dimostrazione della vivacità del
borgo, dell’intraprendenza francescana e del rinnovamento delle arti
verso la «maniera moderna».
Tutti questi artisti portarono così nella Locarno a cavallo tra i due secoli l’eco di Mantegna, Bramante, Zenale e Leonardo. Il borgo affacciato sul
lago Maggiore fu il vivace protagonista del primo e vero rinnovamento
in chiave rinascimentale delle arti in terra ticinese. Anche la caduta del
ducato sforzesco e l’arrivo dei governatori francesi nel 1499 non sembrano aver scombussolato troppo gli ambiziosi programmi religiosi e artistici avviati nel borgo anni prima; i Rusca, d’altronde, erano riusciti a
mantenere la contea di Locarno.
Per gli altri centri ticinesi i primi anni del Cinquecento furono invece
particolarmente difficili e segnarono un’inevitabile battuta di arresto nel
campo della promozione delle arti. Nel 1500 Bellinzona si diede agli svizzeri, i quali nel 1501 occuparono e saccheggiarono Lugano e nel 1503
tentarono di conquistare anche la rocca locarnese tenuta dai conti Rusca
in subordine ai francesi. Nello stesso anno il trattato di Arona sancì il definitivo passaggio di Bellinzona ai cantoni confederati di Uri, Svitto e
Untervaldo, i cosiddetti cantoni forestali. Temendo nuove incursioni da
parte degli svizzeri, i francesi fortificarono diverse piazzeforti lombarde,
compreso il castello di Locarno che, per la vicinanza con Bellinzona,
costituiva l’estrema frontiera verso nord di tutto il ducato e rivestiva dal
punto di vista strategico una funzione assai importante e delicata.
Nell’estate del 1507 la rocca sul Verbano fu quindi dotata per volere di
Charles II D’Amboise, luogotenente generale del re di Francia Luigi XII
in Lombardia, di un rivellino pentagonale attribuito a Leonardo20. Ancora
nel 1507 Locarno era evidentemente considerata una piazzaforte essenziale nella quale valeva la pena investire. Tutto sembra finire nel 1513
con la definitiva conquista del castello da parte degli svizzeri: niente più
francesi, ma soprattutto niente più Rusca e, verrebbe da dire, niente più
capolavori d’arte.
19 V. GILARDONI, Locarno e il suo circolo…, p. 190, ill. 239, 246 (cinquecentesco); R. CASCIARO,
La scultura lignea…, pp. 108 n. 20, 135 (ambito di Giovan Angelo Del Maino); L. DAMIANI
CABRINI, Il posto delle sculture, in L. CALDERARI, L. DAMIANI CABRINI, La chiesa parrocchiale di
Sant’Ambrogio a Ponte Capriasca. Pittura e scultura, Ponte Capriasca, p. 23 (come in R. CASCIARO,
La scultura lignea…).
20 M. VIGANÒ, Leonardo a Locarno. Documenti per una attribuzione del «rivellino» del castello 1507,
Bellinzona 2009 (con bibliografia); Id., Del «rivellino» di Locarno, delle fonti e di un’ipotesi improbabile, in «AST», n. 149 (2011), pp. 107-116. Non convince la proposta di Nicola Soldini
(Confini e periferie: note a volo d’uccello, in Il Rinascimento nelle terre ticinesi…, p. 35 e n. alle
pp. 36-40) di posticipare la costruzione del baluardo al periodo elvetico.
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Ill. 15. Ambito di Giovan Angelo Del Maino, Crocifisso, 1510 circa,
Locarno, Sant’Antonio, già nella chiesa di San Francesco a Locarno.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
DA DOMINIO A DOMINIO u 177
In realtà, il discorso è ancora aperto visto che la cronologia della Fuga
in Egitto (ill. 16) di Bramantino, che costituisce l’indiscusso apice delle
vicende artistiche rinascimentali moderne del Locarnese, ma non solo,
ancora sfugge alla critica che, sebbene sia concorde nel ritenerla un’opera della maturità dell’artista, tende a datarla tra il 1510 e il 1520-22 circa,
un arco cronologico ancora troppo ampio per un’opera di tale importanza. Restano oscure le circostanze della presenza della pala nel santuario dell’Assunta di Orselina, chiesa madre del sacro monte della Madonna
del Sasso. Nella controversa e difficile sequenza temporale delle opere del
pittore, la tavola locarnese è a lungo rimasta ai margini, probabilmente
anche a causa della sua decentrata collocazione geografica, del generale
rimescolamento di date (con sensibile anticipazione della cronologia di
alcune importanti opere dal secondo al primo decennio del Cinquecento)
a cui si è assistito negli ultimi anni sulla base dei suggerimenti espressi
da Giovanni Romano (1990; 2007; 2011) e da Alessandro Ballarin (1994;
2010)21.
La datazione del dipinto è infatti stata in passato generalmente fissata
intorno al 1520-22 a seguito del giudizio espresso nel 1871 da Giovan
Battista Cavalcaselle. Questi la ricondusse a poco prima del 1522, data
che all’epoca poteva ancora leggere in calce alla Madonna in trono con il
Bambino e santi (ill. 17) nella chiesa dell’Annunziata, affresco che riteneva posteriore alla Fuga in Egitto ed eseguito da un collaboratore di
Bramantino22. Tale affresco costituisce, allo stato attuale degli studi, la
prima opera conosciuta del catalogo del Maestro della cappella Camuzio
21 G. ROMANO, La «Sacra Famiglia» del Bramantino, già in casa Silva, in Arte all’incanto. Mercato e
prezzi dell’arte e dell’antiquariato alle aste Finante 1989/90, Milano 1990, pp. 36-39; Id., Per un
documento sul Bramantino, in Quaderno di Studi sull’Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza per gli 80
anni di Gian Alberto Dell’Acqua, Milano 1990, pp. 85-87; A. BALLARIN, Dosso Dossi. La pittura a
Ferrara negli anni del ducato di Alfonso I, vol. I, Cittadella 1994, pp. 12-13, 468; G. ROMANO,
Un seminario su Bramantino, in «Concorso. Arti e Lettere», n. I (2007), pp. 53-68 (Una cronologia per Bramantino giovane); A. BALLARIN, Leonardo a Milano. Problemi di leonardismo milanese tra
Quattrocento e Cinquecento. Giovanni Antonio Boltraffio prima della pala Casio, con la collaborazione di M. MENEGATTI, B. M. SAVY,vol. III, Verona 2010, pp. 1001-1066 (Addenda 2000-2008),
pp. 1045-1048 (La «questione Bramantino»); G. ROMANO, Rinascimento in Lombardia. Foppa,
Zenale, Leonardo e Bramantino, Milano 2011, pp. 197-232 (Indagini sul Bramantino).
22 «Whether at the time of completing this piece [la Fuga in Egitto] Bramantino was at Milan
or on the banks of the Lago Maggiore we have no means of ascertaining. We may believe
that he visited Locarno at least in 1522, designing with the aid of his journeymen a series
of wall-paintings in the church of Nunziata. What remains of these frescoes, a Virgin and
Child with saints on one of the walls and a Descent of the Holy Spirit in the cupola, is
rudely handled and probably executed by assistants; but the spirit is that wich appears
in the Flight into Egypt, betraying more and more approximation in Bramantino to those
modern affectations of grace which we find in Gaudenzio, Solario, and Marco d’Oggione».
J. A. CROWE, G. B. CAVALCASELLE, A History of Painting in North Italy, London 1871, ed. cons.
vol. II, 1912, p. 344.
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Ill. 16. Bartolomeo Suardi detto il Bramantino, Fuga in Egitto, 1510-1512 circa,
Orselina, complesso della Madonna del Sasso, santuario di Santa Maria Assunta.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
Ill. 17. Maestro della cappella Camuzio (Bartolomeo da Ponte Tresa),
Madonna in trono con il Bambino tra i santi Francesco e Giuseppe, il beato Bartolomeo da Ivrea,
la beata Beatrice Casati Rusca e un donatore (particolare), 1522, Muralto,
complesso della Madonna del Sasso, Santa Maria Annunciata.
(Foto Lara Calderari, Rancate).
DA DOMINIO A DOMINIO u 179
alias Bartolomeo da Ponte Tresa23. Wilhelm Suida (1906-1907) fu il
primo ad accogliere per il dipinto di Bramantino la proposta formulata
da Cavalcaselle, in seguito sempre ribadita dagli studiosi seppur con sfumature e motivazioni diverse24. Da ultimo, Marco Tanzi (2010) ha proposto una datazione al 1510-1515 circa che, seppur non supportata da
argomenti risolutori, potrebbe essere plausibile25. Risulta invece discutibile l’ante quem 1515 proposto dallo studioso sulla base della copia ad
affresco della Fuga in Egitto nella cappella Camuzio in Santa Maria degli
Angeli a Lugano, a mio parere da confermare alla metà degli anni Venti
del Cinquecento26.
Comunque sia, dal punto di vista stilistico il paragone più convincente
con il dipinto di Orselina rimane, come è già stato sottolineato da buona
parte della critica, quello con le malandate tavole raffiguranti il Compianto
sul Cristo morto con i santi Sebastiano e Lazzaro e la Pentecoste a Mezzana di
Somma Lombardo (ma in origine nella chiesa di Sant’Angelo a Milano)27
e la Sacra conversazione agli Uffizi la cui collocazione originaria è ancora
sconosciuta28. Tra questo gruppo di tavole da datare verosimilmente al
23 L. CALDERARI, Contributi alla pittura del primo Cinquecento nel Canton Ticino: il Maestro del coro degli
24
25
26
27
28
Angeli ed il Maestro della Cappella Camuzio, in «Arte Cristiana», vol. LXXXV, fasc. 783 (1997),
p. 423; da ultimo: A. BRAMBILLA, Muralto. Santa Maria Annunciata, in Il Rinascimento nelle terre
ticinesi..., pp. 152-155.
W. SUIDA, Die Spätwerke des Bartolommeo Suardi, genannt Bramantino, in «Jahrbuch der
Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses», vol. XXVI (1906-07),
pp. 323-327 («in die Nähe des Jahres 1522»); Id., La pittura del Rinascimento nel Cantone Ticino
(Monumenti storici ed artistici del Cantone Ticino XV-XVI), tr. it. a cura di Corinna ChiesaGalli, Milano 1932, pp. 7-8 («verso il 1520»); Id., Bramante pittore e il Bramantino, Milano 1953,
pp. 105-108 («verso il 1520»); A. DI LORENZO, Bramantino (biografia e scheda), in Pittura a Como
e nel Canton Ticino dal Mille al Settecento, a cura di M. GREGORI, Milano 1994, pp. 290-291
(«datazione tarda, fra le ultime opere pittoriche»); E. VILLATA, L’arte della fuga (in Egitto).
Bramantino alla Madonna del Sasso di Orselina, in «Arte & Storia», n. 9 (2002), pp. 74-77 («forse
prima del 1520»); M. NATALE, Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, San Giovanni evangelista a
Patmos, 1504-1508 (scheda), in Capolavori da scoprire. La collezione Borromeo, catalogo della
mostra (Milano, Museo Poldi Pezzoli), a cura di M. NATALE, A. DI LORENZO, Milano 2006,
p. 133 («1520-22»).
M. TANZI, Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, Fuga in Egitto (scheda), in Il Rinascimento nelle
terre ticinesi…, pp. 144-150; anche in: G. ROMANO, Rinascimento in Lombardia…, p. 227 (prima
o circa 1515).
L. CALDERARI, Contributi alla pittura…, pp. 422-424; Id., Lugano. Santa Maria degli Angeli, in Il
Rinascimento nelle terre ticinesi…, pp. 111-119.
E. ROSSETTI, «Chi bramasse di veder il volto suo ritratto dal vivo». Ermes Visconti, Matteo Bandello e
Bernardino Luini: appunti sulla committenza artistica al Monastero Maggiore, in «ASL» a.CXXXVIII
(2012), p. 146; M. TANZI, Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino, Compianto su Cristo morto con i
Santi Sebastiano e Lazzaro; Pentecoste (scheda), in Bramantino a Milano, catalogo della mostra
(Milano, Castello Sforzesco), a cura di G. AGOSTI, J. STOPPA, M. TANZI, Milano 2012, pp. 278287 («1512-1513 circa»).
F. FRANGI, Bramantino (scheda), in Pittura a Milano. Rinascimento e Manierismo, a cura di
M. GREGORI, Milano 1998, p. 240 («entro il secondo decennio del secolo»); G. AGOSTI,
Bramantino a Milano, in Bramantino a Milano…, p. 59 («1512-1513 circa»; per la relativa bibliografia, con Jacopo Stoppa, p. 84).
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1512-1513 circa e quella ticinese colpisce la similitudine nella resa dei panneggi, «molli e rilassati», secondo la calzante definizione data nel 1584 da
Giovan Paolo Lomazzo alla particolare maniera adottata dal pittore nel
dipingere le vesti una volta tornato da Roma29, dove è attestato tra il 1508
e il 1509. La resa del manto della Madonna degli Uffizi risulta comunque
un poco più elaborata, probabile indice di una leggera posteriorità della
tavola fiorentina rispetto a quella ticinese. Nelle due tavole anche i volti delle
Vergini-bambine appaiono praticamente sovrapponibili come pure, in
generale, le mani particolarmente piccole dei personaggi siano essi maschili o femminili. Le affinità, tuttavia, sono anche altre: la gamma dei colori (in
genere smorzati, ma non senza punte vivaci nei rossi e nei verdi oppure più
delicate nei rosa) e il gioco tra luci e ombre sui volti dei protagonisti, che
contribuisce a dare al dipinto una resa atmosferica assente nelle opere d’inizio Cinquecento caratterizzate da una luce fredda e cristallina come nelle
Muse del castello di Voghera, la cui datazione è stata circoscritta in maniera
convincente da Mauro Natale (2006) agli anni 1502-1503 e riferita alla committenza di Louis de Luxembourg, conte di Ligny30. Le ripercussioni della
datazione del ciclo di Voghera, rinvenuto nel 1996 e per il quale occorre
considerare anche l’intervento della bottega, sulla cronologia del pittore
sono quindi state evidenziate dallo studioso che ha sottolineato come gli
affreschi in questione mettano in crisi proprio alcune proposte di datazione avanzate da Romano e Ballarin31.
Tornando alla Fuga in Egitto locarnese e dando per acquisito che il 1522
della Madonna dell’Annunziata sia un giusto termine ante quem visto che
l’affresco, il cui fondale architettonico riprende quello della di poco precedente pala Trivulzio di Luini nel duomo di Como (1517-18)32, presenta
29 G. P. LOMAZZO, Trattato dell’arte della pittura, scoltura et architettura, Milano 1584, in Scritti sulle
arti, a cura di R. P. CIARDI, vol. II, Firenze 1974, p. 395.
30 M. NATALE, Bartolomeo Suardi…, p. 134. Sul ciclo di Voghera, si vedano inoltre: M. T. BINAGHI
OLIVARI, Le «Muse» del Bramantino, in «Artes», n. 5 (1997), pp. 8-20 (forse 1499-1503); Id., Il
castello di Voghera: le «Muse» di Bramantino e Luigi di Ligny, in Louis XII en Milanais, colloquio di
studi (Paris 1998), a cura DI P. CONTAMINE, J. GUILLAUME, Paris 2003, pp. 341-348 (1499-1503);
M. L. PAGANIN, Un’impresa decifrata: il conte di Ligny committente di Bramantino a Voghera, in
«Prospettiva», n. 119-120 (2005), pp. 95-97 (1499-1503); G. AGOSTI, Bramantino a Milano…,
pp. 41-46 («1499-1503»; per la relativa bibliografia, con Jacopo Stoppa, pp. 82-83). Si discosta da questa cronologia pensando a una committenza di Galeazzo Sanseverino in occasione delle sue nozze con Bianca Giovanna Sforza, figlia naturale del Moro: A. BALLARIN,
Leonardo a Milano…, vol. III, pp. 1045-1048 («1495 circa»); anche per Edoardo Villata (Tristezza
della Resurrezione. Bramantino negli anni di Ludovico il Moro, Milano 2012, pp. 73, 78) le Muse
devono essere anticipate ai «primi anni novanta del Quattrocento», tra il 1492 e il 1495 per
la vicinanza all’affresco con il Noli me tangere (Milano, Pinacoteca del castello sforzesco, inv.
39, già nella chiesa milanese di Santa Maria del Giardino) datato dallo studioso al 1490 circa.
31 M. NATALE, Bartolomeo Suardi…, pp. 135-136; v. supra n. 21.
32 M. T. BINAGHI OLIVARI, I vescovi Trivulzio e il Duomo di Como, in Le arti nella diocesi di Como durante
i vescovi Trivulzio, atti del convegno (Como 1996), a cura di M. L. CASATI, D. PESCARMONA,
Como 1998, pp. 11-19.
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spiccati caratteri bramantiniani soprattutto nel volto della Vergine e nel
Bambino, occorrerà anticipare di qualche anno il capolavoro di
Bramantino. Si rientra quindi nel secondo decennio del secolo, periodo
per il quale, pur non disponendo di opere databili con certezza, possiamo comunque contare su alcuni punti di riferimento nell’avara cronologia del pittore. Sulla base della riscontrata sintonia stilistica della tavola
locarnese con le citate opere di Mezzana e di Firenze, che dovrebbero
essere antecedenti il 1513 in virtù delle citazioni che si ritrovano sul tramezzo di Varallo compiuto in quell’anno da Gaudenzio Ferrari, si può
ragionevolmente ipotizzare anche per la Madonna di Orselina una datazione a monte del capolavoro gaudenziano.
Una tale proposta trova una certa logica anche dal punto di vista storico dato che si può osservare che dopo la definitiva cacciata dei francesi e dei Rusca (1513) Locarno conobbe un periodo di generale decadenza per l’improvvisa mancanza di un punto di riferimento politico e
culturale quale fu la corte ruscona. Dopo la conquista confederata la stella della potente famiglia ghibellina comasca si spense irrimediabilmente
e a essa rimasero, dall’altra parte del lago, la contea di Luino e la
Valtravaglia. Anche dal punto di vista economico la situazione per
Locarno non fece che peggiorare. Dopo che la buzza di Biasca ebbe devastato l’intera Riviera e fatto crollare il «ponte della Torretta» a Bellinzona
(1515), vitale collegamento tra le due sponde del fiume Ticino, il borgo
sul Verbano si trovò di colpo escluso dai maggiori traffici commerciali
che furono riorganizzati lungo la sponda sinistra del fiume indirizzandosi verso il porto lacuale di Magadino, che divenne da questo momento in poi la via preferenziale di collegamento commerciale con la
Lombardia e il Piemonte. Nei decenni successivi il borgo fu segnato da
un ulteriore avvenimento infausto, vale a dire la cacciata nel marzo del
1555 di numerose famiglie riformate che dal 1535 si erano riunite intorno alla carismatica figura di Giovanni Beccaria, un sacerdote milanese
convertitosi al protestantesimo che assunse la guida della locale scuola
di latino. Lo sviluppo di Locarno conobbe così un’ulteriore e brusca battuta di arresto: infatti, tra le famiglie esiliate a Zurigo ve ne furono di
molto ricche e culturalmente impegnate, come gli Orelli, i Muralto, i
Zanini e i Castiglione, che sulle rive della Limmat e poi anche a Basilea
diedero il via a importanti manifatture per la lavorazione della seta e dei
fustagni33. In questo contesto riesce quindi difficile immaginare la presenza a Locarno, dopo il 1513, di un committente illuminato, con adeguati mezzi finanziari e con le giuste conoscenze a Milano da potersi
33 G. WIELICH, Il Locarnese…, pp. 133-164; B. SCHWARZ, I baliaggi italiani nell’epoca dei conflitti reli-
giosi, in Storia della Svizzera italiana dal Cinquecento al Settecento, a cura di R. CESCHI, Bellinzona
2000, pp. 76-82; S. CANEVASCINI, P. BIANCONI, L’esilio dei protestanti Locarnesi, Locarno 2005.
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garantire un’opera di Bramantino, protagonista in quegli anni della scena
artistica milanese filofrancese. Queste considerazioni portano a una datazione della Fuga in Egitto a prima del 1513, diciamo 1510-1512 circa.
Riuscire quindi un domani a recuperare la Pietà venduta da Bramantino
nel 1513 ai monaci di Chiaravalle e poi inviata ai confratelli romani di
San Saba potrebbe forse dare una risposta al riguardo; dell’opera resta il
ricordo in un’incisione romana che ha permesso di individuare almeno
due copie cinquecentesche del dipinto, una alla Gemäldegalerie di
Berlino e l’altra a Parigi (Galleria Sarti, già nella collezione Artaria di
Vienna)34.
Qualche ulteriore indizio sul committente potrebbe forse fornirlo
anche la piccola spilla di zaffiri a forma di croce greca che la Madonna
esibisce sul manto all’altezza della spalla destra; probabilmente non si
tratta di un semplice vezzo modaiolo del pittore visto che in nessuna altra
sua opera compaiono dei gioielli, contrariamente ai suoi colleghi e ai dettami della moda dell’epoca. Bramantino è artista fuori dal tempo, e quindi modernissimo, anche in questo.
Nello stesso decennio, un’altra presenza interessante e degna di nota
nel Locarnese è costituita dal polittico (ill. 18) realizzato da Giovanni
Antonio De Lagaia nel 1519 per l’altare maggiore della chiesa di Santa
Maria della Misericordia ad Ascona. L’importante edificio religioso, eretto nel 1399 per iniziativa del console e dei vicini del borgo, era stato concesso e donato dai medesimi il 28 ottobre 1510 all’ordine di San
Domenico per il tramite di due frati domenicani siciliani, Nicola e Paolo,
presenti in loco, ai quali era pure stata data autorità di costruire accanto
alla chiesa un conventino; secondo gli accordi presi l’amministrazione
della chiesa sarebbe comunque rimasta a due canepari asconesi. La comparsa dell’opera, di qualità apprezzabile, deve quindi essere messa in relazione alla presenza domenicana nella chiesa, come confermano i Santi
Domenico e Pietro martire ritratti nel loggiato del registro inferiore, ai lati
della Madonna della Misericordia titolare della chiesa e protettrice degli
asconesi inginocchiati al suo cospetto. Il polittico è chiuso in una corni34 G. ROMANO, La «Sacra Famiglia»…, pp. 38-39 (segnala l’incisione pubblicata da Giovanni
Maggi per i pellegrini dei giubilei a inizio Seicento). Per la Pietà di Berlino (tela): Gemäldegalerie
Berlin. Gesamtverzeichnis, Berlino 1996, pp. 23, 421, fig. 1823 (l’opera, cat. n. 1187, pervenne
al museo nel 1815 dalla collezione Giustiniani). Per la Pietà ex Artaria (tavola): P. C. MARANI,
Il Bramantino: una biografia e qualche aggiornamento, in Le Adorazioni del Bramantino. Arte, Mistero
e Fede nella Milano del Quattrocento, catalogo della mostra (Milano, Pinacoteca Ambrosiana),
a cura di G. MORALE, Milano 2005, pp. 35-36; Id., Bramantino: la Pietà Artaria ritrovata.
Contributo al percorso e alla cronologia del pittore lombardo, Paris 2005 (come opera autografa).
Sulla questione fa il punto: G. AGOSTI, Bramantino a Milano…, pp. 62-66 (ribadisce lo statuto di copie per gli esemplari noti; per la relativa bibliografia, con Jacopo Stoppa,
pp. 85-86).
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Ill. 18. Giovanni Antonio De Lagaia,
Madonna della Misericordia tra i santi Domenico e Pietro martire;
Assunzione delle Vergine tra l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata,
firmata e datata 1519, Ascona, Santa Maria della Misericordia.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
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ce lignea tardocinquecentesca sormontata dalla scultura a mezzobusto di
Dio Padre da riferire alla riorganizzazione dell’area presbiteriale avvenuta in epoca di Controriforma, quando questa parte della chiesa divenne
di pertinenza dell’arcidiocesi milanese. Sono gli anni in cui fu costruito
il collegio Papio fondato da Carlo Borromeo il 30 ottobre 1584 per volere dell’uomo d’affari asconese Bartolomeo Papio (1526-1580) arricchitosi a Roma. A queste trasformazioni risale pure la messa in opera delle due
deboli tavolette con gli Angeli in volo aggiunte per dare una forma rettangolare al polittico, in origine cuspidato come indica la centinatura
della tavola con l’Assunta posta nel registro superiore35.
Allo stato attuale delle conoscenze si tratta dell’unica opera nota del
pittore che reca la firma e la data d’esecuzione: «IO[HANNES] ANTONIVS DE LAGAIA DE ASCONA/ PINSIT 1519». Per prima Maria Teresa
Fiorio (1987, ed. cons. 1988) ha individuato il forte ascendente di
Giovanni Agostino da Lodi sul pittore asconese che, secondo la tradizione locale, sarebbe stato attivo anche alla corte di Spagna; la studiosa
segnala inoltre la ripresa fedele nell’Angelo annunziante (ill. 19) di un disegno attribuito al pittore lodigiano conservato nel Musée des Beaux-Arts
di Rennes (inv. 794.1.3035) e il legame, già riscontrato da Paola Astrua
e Giovanni Romano (1982), tra l’Assunta di Ascona e l’analoga pala
dell’Ambrosiana dello stesso artista. Andrea Di Lorenzo (1994) vi ha inoltre letto influenze zenaliane e bergognonesche. Queste analisi hanno
indotto gli studiosi, compresa Cristina Quattrini (2005), a ipotizzare uno
stretto legame di Lagaia con l’ambiente milanese e, in particolar modo,
con la bottega di Giovanni Agostino da Lodi, del quale l’opera asconese
potrebbe riecheggiare un perduto polittico metropolitano da ricostruire
intorno all’Assunta dell’Ambrosiana e all’Angelo di Rennes36.
35 V. GILARDONI, L’alto Verbano. I: Il circolo delle isole (Ascona, Ronco, Losone e Brissago), in I monu-
menti d’arte e di storia del Canton Ticino, vol. II, Basel 1979, pp. 128-132, 152-154; S. VALLE
PARRI, Ascona. Santa Maria della Misericordia, in Il Rinascimento nelle terre ticinesi..., pp. 44-48;
D. PACE, M. ZUCCONI-PONCINI, La chiesa di S. Maria della Misericordia e il Collegio Papio di Ascona,
a cura della Società di storia dell’arte in Svizzera, Bern 2012.
36 V. GILARDONI, L’alto Verbano…, pp. 152-154 (con bibliografia precedente); P. ASTRUA,
G. ROMANO, Bernardo Zenale e collaboratore, 1505-1510. Assunzione della Vergine (scheda), in
Zenale e Leonardo. Tradizione e rinnovamento della pittura lombarda, catalogo della mostra
(Milano, Museo Poldi Pezzoli), a cura di M. NATALE, Milano 1982, p. 99 (v. anche
G. ROMANO a p. 104); M. T. FIORIO, La pittura del Cinquecento nei territori di Milano e Cremona,
in La pittura in Italia. Il Cinquecento, a cura di G. BRIGANTI, vol. I, Milano 1987, ed. cons.
Milano 1988, p. 76; A. DI LORENZO, Giovanni Antonio De Lagaia (biografia e scheda), in Pittura
a Como e nel Canton Ticino dal Mille al Settecento, a cura di M. GREGORI, Milano 1994, pp. 285286; F. VIATTE, Giovanni Agostino da Lodi. Etude d’ange (scheda 130), in Léonard de Vinci. Dessins
et manuscrits, catalogo della mostra (Paris, Musée du Louvre), a cura di F. VIATTE,
V. FORCIONE, Paris 2003, p. 364, ill. 130; C. QUATTRINI, Giovanni Agostino da Lodi (Pseudo
Boccaccino), Assunzione della Vergine (scheda), in Pinacoteca Ambrosiana, vol. I, Milano 2005,
p. 141; M. OBERLI, Lagaia, Giovanni Antonio de, in DSS, vol. 7, Basel-Locarno 2008, p. 422.
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Ill. 19. Giovanni Antonio De Lagaia,
Angelo annunciante, 1519, Ascona, Santa Maria della Misericordia.
(Foto Ufficio beni culturali, Bellinzona).
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Recentemente è invece emersa l’idea che ad Ascona sia intervenuto
Giovanni Agostino da Lodi in persona nell’impostazione generale dell’opera, nell’Angelo annunziante e in alcuni apostoli nell’Assunzione della
Vergine. Per giustificare la presenza sul polittico della sola firma di Lagaia
è quindi stato ipotizzato – a mio avviso in maniera arbitraria – che il pittore lodigiano sia morto entro il 151937. Anche la teoria, però, non è convincente poiché la qualità delle tavole in cui si vorrebe scorgere la mano
di Giovanni Agostino non può essere paragonata alle opere note dell’artista, mentre è in effetti del tutto verosimile che la pala asconese ricalchi
nella parte superiore una perduta ancona del pittore lodigiano forse legata a una importante fondazione domenicana milanese38.
Individuate quindi le principali componenti stilistiche dell’ancona
restano ancora da ricostruire le vicende biografiche dell’artista e il suo
catalogo che, malgrado vari tentativi poco convincenti39, per il momento resta limitato alla prova asconese. Comunque sia, anche in questo caso
il precipuo richiamo del linguaggio di Giovanni Antonio De Lagaia
all’ambiente artistico milanese non fa altro che confermare la tendenza
del bacino locarnese a gravitare sul capoluogo lombardo.
37 G. AGOSTI, Un amore di Giovanni Bellini, Milano 2009, pp. 179-180 n. 48; S. VALLE PARRI,
Giovanni Agostino da Lodi, Angelo annunciante (scheda), in Il Rinascimento nelle terre ticinesi…,
pp. 168-169; Id., Giovanni Agostino da Lodi e Giovanni Antonio De Lagaia, Angelo annunciante;
Assunzione della Vergine; Giovanni Antonio De Lagaia, Madonna della Misericordia (scheda), ibid.,
pp. 170-176.
38 Per un profilo di Giovanni Agostino da Lodi, documentato dopo il 25 marzo 1492 a dopo
il 14 giugno 1512 (la data di morte è sconosciuta): L. SIMONETTO, Lo Pseudo Boccaccino fra Milano
e Venezia: certezze e dubbi di una cronologia, in «Arte Lombarda», n. 84-85 (1988), pp. 73-84;
G. BORA, Giovanni Agostino da Lodi, in I leonardeschi. L’eredità di Leonardo in Lombardia, Milano 1998,
pp. 251-274; L. SIMONETTO, Giovanni Agostino da Lodi (Pseudo Boccaccino), in DBI, vol. 56, Roma
2001, pp. 272-277; C. QUATTRINI, Giovanni Agostino da Lodi e Marco d’Oggiono: quadri a due mani
da Santa Maria della Pace (Brera mai vista 3), Milano 2002; Id., Giovanni Agostino da Lodi (Pseudo
Boccaccino)…, pp. 140-143; La riscoperta di un dipinto della Pinacoteca di Brera. Giovanni Agostino da
Lodi. Il maestro e il giovane allievo, a cura di S. BANDERA, Bresso (Milano) 2007.
39 Da ultimi, Giovanni Agosti, Jacopo Stoppa e Marco Tanzi (Il Rinascimento lombardo (visto da
Rancate), in Il Rinascimento nelle terre ticinesi…, pp. 52-53, e i Block notes a pp. 240, 242-243) e
Alessandra Brambilla (Maggia. Santa Maria delle Grazie o di Campagna, in Il Rinascimento nelle terre
ticinesi…, pp. 130-136) spostano – a mio parere erroneamente – nel paniere di Lagaia anche
alcune opere del Maestro della cappella Camuzio nel Ticino (Lugano-Loreto e Maggia) e
in Alto Lario (Dosso del Liro e Montemezzo). Per il pittore: v. supra n. 23 e n. 26.