Opinioni
Concordato preventivo
Art. 160 l.fall.
La redazione della relazione
giurata del professionista
ex art. 160 l.fall.
di Andrea Zorzi
Nel concordato preventivo, il professionista di cui all’art. 67, terzo comma, lett. d), deve attestare la fattibilità del piano e nel caso in cui non sia previsto il pagamento integrale dei creditori assistiti da prelazione deve
redigere una relazione giurata di stima dalla quale risulti che il soddisfacimento non è inferiore al realizzo
della liquidazione del bene oggetto della garanzia. Alla luce del quadro normativo e degli interessi sottesi alla
disciplina, l’espletamento degli incarichi può essere adempiuto dallo stesso esperto.
1. L’interrogativo
Può il professionista che attesta la fattibilità del piano di concordato ai sensi dell’art. 161, terzo comma
l.fall. redigere anche la relazione giurata sull’incapienza dei beni su cui insistono diritti di prelazione
ai sensi dell’art. 160, secondo comma l.fall.?
Al quesito risponde negativamente un isolato precedente di merito, nel quadro peraltro di un tentativo di risanamento che sin da principio appariva
improntato a scarsa serietà (1). La questione, ancorché di dettaglio, merita attenzione, perché lo
scarso tempo e le scarse risorse di cui dispongono,
di norma, le imprese in crisi possono rendere quasi
necessitata la sovrapposizione dei due ruoli.
Anticipando la conclusione, si deve, al contrario,
ritenere legittimo e, anzi, auspicabile che il medesimo professionista rediga la relazione giurata prevista
dall’art. 160, secondo comma e la relazione di attestazione prevista dall’art. 161, terzo comma.
2. L’assenza di divieti espliciti
Il punto di partenza dell’indagine è la constatazione
che non vi è alcuna esplicita previsione con riguardo a una simile incompatibilità. Le due norme prevedono, quali unici (e identici) requisiti soggettivi
dei professionisti, che essi siano «in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, terzo comma, lettera d)»,
ovvero un professionista: i) iscritto nel registro dei
revisori contabili e ii) a sua volta in possesso dei requisiti dell’art. 28, lett. a) o b) (avvocati, dottori
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commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti, o studi associati dei medesimi).
Occorre, dunque, verificare se vi siano dei divieti
impliciti a che la medesima persona fisica rivesta
contemporaneamente, nell’ambito di una stessa
procedura, le due funzioni di cui agli artt. 160, secondo comma, e 161, terzo comma.
3. I professionisti
nella nuova legge fallimentare
La nuova legge fallimentare assegna ai professionisti
rilevanti funzioni e responsabilità in ciascuna delle
forme di composizione negoziata della crisi. Dalla
funzione di garanzia dei terzi che è data alla relazione del professionista e dalla natura dell’incarico,
che ha notevoli punti di contatto con l’attività di
revisione contabile, discende la necessità di terzietà
e indipendenza rispetto alle parti dell’operazione di
risanamento: in primo luogo, rispetto all’imprenditore (2).
La funzione della relazione giurata di stima di cui
all’art 160, secondo comma è, in modo non dissimiNote:
(1) Trib. Piacenza 18 luglio 2008, in www.ilcaso.it nonché, con
data 3 luglio 2008 e nella sola massima, in questa Rivista, 2009,
120. La decisione è condivisa sul punto da G.M. Perugini, Il
«professionista» nel concordato preventivo, in questa Rivista,
2009, 910.
(2) V. al riguardo la Raccomandazione n. 2 delle Linee guida sul
finanziamento alle imprese in crisi. I edizione, 2010, disponibili
in www.unifi.it (cfr. anche la premessa, 13 ss.).
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le da quanto accade per la relazione sulla veridicità
dei dati aziendali e la fattibilità del piano, quella di
fornire in primo luogo al tribunale, oltre che ai creditori prelatizi, degli elementi di conoscenza per la
preliminare valutazione di ammissibilità del concordato, mediante una precisa assunzione di responsabilità da parte del professionista.
Sebbene la relazione non debba effettuare il confronto esplicito tra il valore di mercato in caso di liquidazione e la proposta di soddisfazione dei creditori prelatizi nel concordato (3), è necessario che il
professionista prefiguri degli scenari con riguardo ai
possibili andamenti di una ipotetica liquidazione al
fine della determinazione della capienza del bene.
Si tratta, in altri termini, di un’attività valutativa e
prognostica che da un lato è concettualmente distinta dal piano, e dall’altro è potenzialmente assai
prossima (si pensi ai casi della falcidia dei crediti assistiti da privilegio speciale in un concordato con
continuazione dell’attività d’impresa), nei suoi tratti previsionali, all’attestazione di cui all’art. 161,
terzo comma. Non è un caso che la legge preveda come non si è mancato di far notare (4) - che la relazione sia demandata a un professionista con i medesimi requisiti previsti per le relazioni di attestazione ex artt. 161, 182bis e 67, terzo comma, lett. d)
(anziché figure professionali diverse): l’aspetto qualificante della relazione dell’art. 160, secondo comma non è la stima del valore del bene su cui insiste
la prelazione (che peraltro potrebbe essere estremamente complessa, specie per i privilegi generali)
ma, appunto, la prefigurazione degli scenari alternativi ragionevolmente prevedibili per il caso in cui
non si facesse luogo al concordato.
Questa essendo l’attività che la legge richiede al
professionista, si pongono per il redattore della relazione giurata ex art. 160, secondo comma, le medesime esigenze di terzietà e indipendenza che si pongono per chi attesta il piano di concordato. Di conseguenza, nei limiti in cui la legge effettivamente
impone questa terzietà e indipendenza, si dovrebbe
escludere che il professionista ex art. 160, secondo
comma, sia il medesimo che redige il piano di concordato (5).
4. La compatibilità tra i due ruoli
Venendo all’oggetto dell’indagine, si tratta di verificare la compatibilità tra la posizione di attestatore
ex art. 161, terzo comma e stimatore ex art. 160, secondo comma. Come si è accennato sopra, vi è un
precedente (e uno solo) nel senso dell’incompatibilità tra le due cariche. Tale decisione afferma, in
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motivazione (punto 3), che, «attese le ragioni di
terzietà del soggetto incaricato di svolgere il controllo sul piano concordatario che sono poste a fondamento di tale ulteriore valutazione (prevista solo
nelle ipotesi in cui il concordato preveda il pagamento percentuale di creditori privilegiati), la citata attestazione non può essere compiuta dal medesimo professionista che ha prestato la relazione ex
art. 161, in quanto l’ulteriore adempimento previsto a garanzia dei creditori si risolverebbe - di fatto
- in una inutile duplicazione di quanto già attestato
nella relazione ex art. 161 l.fall.» (6).
In realtà, e contrariamente a quanto sostenuto dal
Tribunale:
a) non vi sono ragioni funzionali che non già impediscano, ma neppure sconsiglino che i due ruoli siano rivestiti dalla stessa persona;
b) non vi sono ostacoli normativi a tale sovrapposizione di ruoli;
c) vi sono forti indizi e valide ragioni nel senso che
i due ruoli possano essere svolti dalla medesima persona.
5. Le relazioni ex artt. 160, secondo
comma e 161, terzo comma l.fall.:
diverse prospettive, diversi incentivi
Quanto al primo aspetto, occorre considerare che,
nel redigere le due relazioni, il professionista ha interessi divergenti. Nella relazione dell’art. 160, secondo comma, egli ha interesse a indicare valori
dei beni più alti possibili, con ciò rendendo più difficile il raggiungimento della soglia di valore indicata da parte del piano. Nella relazione ex art. 161,
terzo comma, al contrario, il professionista, per limitare la sua responsabilità, tenderà ad avere una
visione quanto meno cauta, se non pessimista, sulla
fattibilità del piano e, con esso, della congruità dei
valori dell’attivo esposti nel piano medesimo.
Per esemplificare, si ponga il caso di un bene che
vale (a valore di mercato in caso di liquidazione),
Note:
(3) CNDCEC, La relazione giurata estimativa del professionista
nel concordato preventivo e nel concordato fallimentare, 2009,
disponibile in www.cndcec.it e pubblicata anche in questa Rivista, 2009, 745.
(4) G. Jachia, Il concordato preventivo e la sua proposta, in Fallimento e altre procedure concorsuali, diretto da G. Fauceglia e
L. Panzani, Torino, 2009, vol. III, 1608.
(5) V. infra, par. 6.
(6) Come si è accennato sopra, nel caso esaminato dal Tribunale di Piacenza l’incompatibilità denunciata non era che uno dei
problemi della domanda di concordato, carente (secondo il Tribunale) da diversi punti di vista.
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secondo il redattore del piano, 60, sul quale insista
ipoteca per un importo superiore. Il piano di concordato potrebbe, quindi, prevedere che il creditore
sia pagato 60 + la quota riservata ai chirografari.
Per cautelarsi da responsabilità, il professionista potrebbe essere indotto ad indicare che il bene vale
in realtà 70; infatti, il creditore che si assumesse
pregiudicato potrebbe invocare la responsabilità del
professionista per aver attestato un valore inferiore.
Ma il valore del bene sarà presente anche nel piano
di concordato; e il professionista dovrà attestare, ai
sensi dell’art. 161, terzo comma, la veridicità dei
dati esposti e la fattibilità del piano, che si potrebbe
basare anche (si ipotizza, per semplicità, che il bene
abbia un valore costante sia in ipotesi di liquidazione, sia in ipotesi di uso nel concordato) sul bene di
cui sopra, il cui valore è indicato in 60. Qui, all’opposto di quanto accade in sede di relazione ex art.
160, secondo comma, per cautelarsi da responsabilità il professionista dovrebbe essere indotto ad attribuire al bene un valore inferiore, non già superiore.
La coesistenza dei due ruoli in capo alla medesima
persona fisica è in grado di imporre, mediante la
tensione tra questi due obiettivi e mediante l’incrocio delle due prospettive, l’individuazione del valore più prossimo al vero (7).
Per contro, la separazione dei due ruoli potrebbe indurre il professionista che attesta la fattibilità del
piano a suggerire, quantunque solo a scopo «prudenziale», che i beni stimati abbiano in realtà valori inferiori a quelli indicati nella relazione giurata
ex art. 160, secondo comma, cosı̀ ingenerando possibile confusione nei creditori e al Tribunale.
Questo non significa, naturalmente, che il professionista non possa verificare la perdurante fattibilità
del piano anche assumendo un valore inferiore a
quello di stima, nel quadro di una «analisi di sensitività» del piano concordatario che è, anzi, auspicabile; significa soltanto che la dissociazione soggettiva può incoraggiare comportamenti volti a minimizzare la possibilità di incorrere in responsabilità,
a discapito della completezza e sincerità del contenuto informativo e valutativo dell’attestazione.
6. Indipendenza, terzietà
e sovrapposizione dei ruoli
dopo Cass. n. 2706/2009
Si è detto sopra che tanto il professionista ex art.
161, terzo comma, quanto quello ex art. 160, secondo comma, devono essere terzi e indipendenti rispetto, innanzitutto, all’imprenditore.
Nel 2009 la Cassazione (8) è peraltro intervenuta
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in senso parzialmente contrario sui requisiti di indipendenza dell’esperto che redige la relazione che
accompagna la domanda, ex art. 161, secondo comma l.fall.: pur affermando la necessaria «terzietà»
dell’esperto, la Corte, con procedimento ermeneutico molto formale, inferisce un indebolimento dei
requisiti di indipendenza dell’esperto dalla sostituzione, attuata con il decreto correttivo, dell’originario rinvio alle qualificazioni dell’art. 28 l.fall. (richiamato nella sua interezza) con il rinvio ai requisiti dell’art. 67, terzo comma, lett. d), che richiama
l’art. 28, lett. a) e b), con esclusione del secondo
(già terzo) comma. Non sarebbe più applicabile,
quindi, il secondo (già terzo) comma dell’art. 28
l.fall., con la conseguenza (tra l’altro, come nel caso
di specie) che potrebbe fungere da professionista ex
art. 161, secondo comma (e quindi anche come
professionista attestatore ex art. 67, terzo comma,
lett. d) anche il consulente abituale dell’imprenditore.
Al di là della circostanza che l’intento del legislatore era verosimilmente, piuttosto, quello di: i) uniformare i requisiti previsti per i professionisti di cui
agli artt. 67, terzo comma, lett. d), 161, terzo comma e 182bis e ii) eliminare, fra coloro che possono
fare stime, il possibile riferimento alle persone con
esperienza nell’amministrazione e direzione di imprese, la lettura della Cassazione, che inferisce dalla
soppressione del richiamo al terzo comma l’inapplicabilità delle sue previsioni, se portata alle sue
estreme conseguenze, dovrebbe autorizzare l’assunzione dell’incarico da chiunque sia non solo in
qualche modo collegato all’imprenditore (come il
consulente abituale, che sarebbe, per esempio, incompatibile rispetto a un incarico di sindaco, ex
art. 2399 c.c.), ma anche da chi fosse in conflitto
d’interessi con la procedura, con un risultato palesemente aberrante alla luce dei principi generali.
Senza accedere a questa lettura esasperata, è certo
che la Cassazione stabilisce il principio secondo cui
la mera esistenza di legami con l’imprenditore non
impedisce l’assunzione dell’incarico di professionista
ex art. 161, terzo comma. E, se tale soluzione è valida per il professionista che attesta la fattibilità del
Note:
(7) Il meccanismo è simile a quello della «Russian roulette clause» nelle joint ventures paritarie, in cui chi vuole recedere deve
fare un prezzo per la sua quota, prezzo al quale è disponibile
tanto a vendere quanto a comprare. Qui, il professionista gioca
con se stesso, nelle sue due vesti confliggenti.
(8) Cass. 4 febbraio 2009, n. 2706, in Foro it., 2009, I, 2370; ancor più recentemente Cass. 29 ottobre 2009, n. 22927, in questa Rivista, 2009, 1385.
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piano, non vi è motivo per cui non lo sia anche
per il professionista che redige la relazione di stima
ex art. 160, secondo comma.
Occorre precisare che la soluzione fatta propria dalla Cassazione - ovvero la mera terzietà del professionista - è soluzione insoddisfacente, in linea di principio: il particolare ruolo dei professionisti che verificano questi aspetti del piano di concordato dovrebbe suggerire che essi siano del tutto indipendenti, come lo sono, per esempio, i revisori; e ciò
vale per entrambe le figure, sia il professionista che
attesta la fattibilità del piano, sia lo stimatore.
Di questa soluzione occorre tuttavia, allo stato attuale, prendere atto: con la conseguenza che anche
per questa (insoddisfacente) via, dunque, si può
concludere per la cumulabilità dei ruoli. La redazione della perizia di stima, infatti, non fa certo venir
meno la «terzietà» del professionista attestatore che
la Cassazione non ritiene minata neppure dall’essere egli consulente abituale dell’imprenditore. Proprio sulla base di questa decisione, infatti, un autore
conclude per la cumulabilità dei due ruoli (9).
Se, invece, si giungesse - come auspicabile - ad affermare la necessità dell’assoluta indipendenza del
professionista che attesta la fattibilità del piano, la
soluzione dovrebbe essere identica anche per il professionista menzionato nell’art. 160, secondo comma; ma da questo certo non discenderebbe l’incompatibilità dei due ruoli, smentita anzi dalla necessaria indipendenza di entrambi.
b) produce un risparmio di costi per il debitore;
c) sotto certi profili, e in conseguenza della diversità delle due funzioni, può perfino portare a risultati
più equilibrati.
7. Le esigenze di economia e speditezza.
Conclusione
Oltre al fondamentale aspetto degli incentivi già
indicato (10), milita infine, in favore del cumulo
degli incarichi, l’evidente profilo di economia e
speditezza che può essere garantito dal ricorso a un
unico professionista, suggerito peraltro dall’identità
dei requisiti soggettivi. Si tratta, questo, di argomento fatto proprio da quei pochi autori che hanno
affrontato l’argomento (11).
In conclusione, il professionista che redige la relazione ex art. 161, terzo comma, dovrebbe essere indipendente dal debitore (la Cassazione ha invece
sul punto una posizione meno rigorosa, della quale
non si può che prendere atto), cosı̀ come deve esserlo quello che redige la relazione giurata ex art.
160, secondo comma, ma il cumulo di due funzioni
da svolgere entrambe in una situazione di indipendenza:
a) non fa venir meno tale carattere per nessuna delle due;
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Note:
(9) L. Mandrioli, Art. 160. Il piano di ristrutturazione nel concordato preventivo (la ricostruzione giuridico-aziendalistica), in La
legge fallimentare. Decreto legislativo 12 settembre 2007, n.
169. Disposizioni integrative e correttive, a cura di M. Ferro, Padova, 2008, 297; Id., Il concordato preventivo e la transazione fiscale, in La riforma organica delle procedure concorsuali, a cura
di S. Bonfatti e L. Panzani, Milano, 2008, 680-681.
(10) V. supra, par. 5.
(11) P.G. Demarchi, Il concordato preventivo alla luce del decreto «correttivo», in Le nuove procedure concorsuali: dalla riforma
organica al decreto correttivo, a cura di S. Ambrosini, Bologna,
2008, 495; E. Mattei, La transazione fiscale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, in www.ilcaso.it, 2008; G. Racugno, Concordato preventivo: il trattamento
dei creditori, in Dir. fall., 2009, I, 787.
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