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F- w h a n g e Vi e O N to a cura di Andrea Merlotti ESTRATTO Bulzoni Editore .d o c u -tr a c k o .c m lic k c u -tr a c k C m w o C lic k to Le tavole di corte tra Cinquecento e Settecento w w .d o w w w w bu y bu y N O W ! XC er PD h a n g e Vi e W ! XC er PD F- .c O W ! h a n g e Vi ew bu y to w .c Stefano Jossa «IN CIBO E IN OZIO». CONVITI CAVALLERESCHI Ai vecchi bei tempi letterari, quando i libri venivano ancora volentieri paragonati a un banchetto o a un festino, la nozione di piacere o di godimento non sembrava così estranea al festino o remota dal banchetto. Come recandosi a un buon ristorante per un buon pranzo, o a un gran ristorante per un pranzo sontuoso, con piatti squisiti e diversi dai soliti di casa, manicaretti dalle ricette affascinanti, e che rimangono misteriose anche se talvolta il cuoco viene a preparar carni e salse coi suoi ghiotti strumenti lì alla tavola. Da qualche tempo, invece – da quando il lettore «è tenuto a collaborare» – l’attività letteraria, la manifattura narrativa, la cucina saggistica, sempre più somigliano a un self-service dove bisogna alzarsi continuamente, comporsi il proprio piatto prendendo la cotoletta fredda e l’uovo sodo e l’insalata russa alla tavola dei cibi preparati, e rassegnarsi quando mancano l’olio o l’aceto o il pepe o il sale ai tavoli. (A. ARBASINO, Un paese senza, Milano1980, p. 248) 1. Cibo e poesia Magnanimo signor, se ’n te le stelle spiran cotante grazie largamente, piovan piú tosto in me calde fritelle, che seco i’ poscia ragionar col dente; dammi ber e mangiar, se vòi piú belle le rime mie; ch’io d’Elicon niente mi curo, in fé di Dio; ché ’l bere d’acque (bea chi ber ne vòl!) sempre mi spiacque. Così comincia un poema divertentissimo, poco noto e poco studiato, ma certo da considerare tra i capolavori del Rinascimento dopo la riscoperta e rivalutazione del Cinquecento “capriccioso e plurale”: l’Orlandino di Limerno Pi- 59 .d o m C lic k c u -tr a c k o .d o w w w o w C lic k to bu y N PD XC N O W ! F- er m h a n g e Vi ew w PD XC er F- c u -tr a c k .c O W ! h a n g e Vi ew bu y to w .c Stefano Jossa tocco da Mantova (1526). L’autore è in realtà, com’è noto, Teofilo Folengo, l’autore del Baldus, che fin dallo pseudonimo gioca con la tradizione cavalleresca, perché Limerno è un anagramma di Merlino1. Il rapporto tra cibo e poesia in età rinascimentale è stato di solito concepito come conflittuale: alla poesia, attività spirituale per eccellenza, si contrappone il cibo, attività materiale per eccellenza. È classico il proverbio che carmina non dant panem. Le satire ariostesche sono probabilmente il massimo documento al riguardo. Nella prima satira, diretta al fratello Alessandro e al mantovano Ludovico da Bagno, Ariosto sottolinea la distanza tra la vivanda povera del poeta e i banchetti luculliani dei cortigiani (vv. 85-87)2: Io, per la mala servitude mia, non ho dal Cardinale ancora tanto ch’io possa fare in corte l’osteria. L’orizzonte ideologico, con la contrapposizione tra mente e corpo, carmina e panem, è chiarito subito dopo (vv. 160-65): più tosto che arricchir, voglio quïete: più tosto che occuparmi in altra cura, sì che inondar lasci il mio studio a Lete. Il qual, se al corpo non può dar pastura, lo dà alla mente con sì nobil ésca, che merta di non star senza cultura. Lo slittamento del cibo dal piano materiale al piano metaforico discende dalla lezione petrarchesca («Pasco la mente d’un sì nobil cibo», riferito a Laura, Rvf, 193,1), ma rafforza l’opposizione tra attività biologica, mangiare, e attività intellettuale, studiare3. Da qui discende la convinzione, sulla scorta della lezione di Bachtin, che la presenza del cibo e dei conviti nei poemi cavallereschi rappresenti l’universo della trasgressione, del rovesciamento e della natura, all’insegna del carnevalesco4. Tuttavia, se ciò può valere per i poemi di Pulci e Si cita da T. FOLENGO, Orlandino, a cura di M. Chiesa, Padova 1991, pp. 6-7. Si cita da L. ARIOSTO, Opere minori, a cura di C. Segre, Milano-Napoli 1954, pp. 502 e 506. 3 Cfr. la nota del curatore alla terzina 163-65 in L. ARIOSTO, Satire, a cura di A. D’Orto, Parma 2002, p. 23, dove si ricordano, «per la tradizionale metafora del cibo “intellettuale”», anche le ricorrenze di Orlando furioso, XXXII 82, 1-4 e 110, 1-3. Più in generale, cfr. anche S. JOSSA, Il cibo della mente. Appunti per una metafora, in La sapida eloquenza. Retorica del cibo e cibo retorico, a cura di C. Spila, Roma 2004, pp. 35-41. 4 Cfr. M. BACHTIN, Rabelais and his World, translated by H. Iswolsky, Bloomington 1984, soprattutto pp. 301-2 (l’originale apparve come Tvorèestvo Fransua Rable i narodnaja kul’tura srednevekov’ja i Renessansa, Mosca 1965; tr. it. di M. Romano, L’opera di Rabelais e la 1 2 60 .d o m C lic k c u -tr a c k o .d o w w w o w C lic k to bu y N PD XC N O W ! F- er m h a n g e Vi ew w PD XC er F- c u -tr a c k .c O W ! h a n g e Vi ew bu y to w .c «In cibo e in ozio». Conviti cavallereschi Folengo, certamente non è più vero per l’Orlando furioso e la Gerusalemme liberata. Ci troviamo quindi di fronte a un transito storico e culturale, ma qual è la natura di questo transito? Il problema con cui dovremo confrontarci, infatti, è quello di un’assenza più che di una presenza: nei poemi cavallereschi di alto livello, con ambizioni epiche, l’Inamoramento di Orlando di Boiardo, l’Orlando furioso di Ariosto e la Gerusalemme liberata di Tasso, il cibo fondamentalmente non c’è. Piuttosto che individuare un tema o motivo all’interno di un genere, sarà allora interessante interrogarsi sulla sua funzione simbolica nel contesto di una certa cultura, che nel nostro caso è la cultura delle corti. La domanda che fa da sfondo a questa ricerca è quindi: come funziona la letteratura ai fini della conoscenza storica? Che rapporto c’è tra parole e cose?5 Jurij Lotman suddivide i subtesti di una cultura in due tipi, quelli che esprimono la struttura del mondo e quelli che esprimono la posizione e le attività umane nel mondo circostante6. La letteratura va letta all’interno della prima tipologia, altrimenti si rischia di far prevalere l’aspetto sociologico o quello documentario su quello letterario: il cibo prevarrebbe sul convito. Il mangiare prevarrebbe sul conversare, e il fatto di ordine biologico sul fatto di ordine culturale. 2. Parodia Cominciamo con alcuni dati materiali. Il primo è poco più che una curiosità: il collegamento tra tavola e cavalleria può sembrare arbitrario, ma è per lo meno legittimato da un dato spaziale che ha anche un valore epistemologico. Sugli scaffali del Warburg Institute, nel settore cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale, Torino 1979). 5 La presenza e diffusione del tema, in un orizzonte socio-culturale, è esplorata e discussa da P. PALMA, Of Courtesans, Knights, Cooks and Writers: Food in the Renaissance, in «Modern Language Notes», 119 (2004), pp. 37-51. La progressiva riduzione dello spazio del cibo, a favore del convito, nel nome della «serietà» e del «decoro», nella tradizione quattrocinquecentesca è stata messa in luce da G. BALDASSARRI, Il sonno di Zeus. Sperimentazione narrativa del poema rinascimentale e tradizione omerica, Roma 1982, pp. 68-75 (Gerarchie del convito e valore guerriero). 6 Cfr. J. LOTMAN, La semiosfera: l’asimmetria e il dialogo nelle strutture pensanti, a cura di S. Salvestroni, Venezia 1985. 61 .d o m C lic k c u -tr a c k o .d o w w w o w C lic k to bu y N PD XC N O W ! F- er m h a n g e Vi ew w PD XC er F- c u -tr a c k .c O W ! h a n g e Vi ew bu y to w .c Stefano Jossa dedicato alla Social History, “Banqueting” si trova fra “Chivalry” e “Hunting”: cavalleria e tavola sono l’una accanto all’altra. Secondo dato materiale: la parola «cibo» compare frequentemente nella Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis, ma la troviamo per ben due volte, nella stessa pagina, nel capitolo sul Cinquecento, in connessione con il mondo cavalleresco: «L’osceno, il ridicolo, il fantastico era il cibo del tempo [...] Il fantastico era il cibo de’ cervelli oziosi, non meno che l’enigma, o i tanti poemi cavallereschi»7. De Sanctis ha ragione, come al solito, ma quello che per lui era un dato negativo, forse per noi non lo è, soprattutto se si pensa che i poemi cavallereschi erano sì il cibo del tempo, ma nei poemi il cibo non c’è, quindi il loro mondo è meno osceno e ridicolo di quello che pensava De Sanctis. Terzo dato materiale: il titolo di questo intervento. L’espressione «in cibo e in ozio» proviene da un verso ariostesco, Orlando furioso, VII 40, 6: «in cibo e in ozio molle e delicato». Ruggiero si trova nell’isola di Alcina, prigioniero della seduzione d’amore, dove tutto è rilassatezza e piacere. Cibo e ozio sono dunque in endiadi, ma non sfuggirà, allo storico che guarda dalla distanza dei secoli, che «ozio», nella civiltà umanistica, è tanto il riposo quanto la cultura: l’associazione tra cibo e ozio potrebbe alludere allora non solo alla perdizione di Ruggiero, ma anche a uno stato della civiltà dell’amore in cui il benessere materiale e quello spirituale s’intrecciano e accompagnano. Quello che è certo, comunque, è che qui il convito ritaglia uno spazio ameno, perfetto e felice, che si contrappone decisamente al travaglio della vita cavalleresca. Questa linea – la contrapposizione tra felicità del convito e difficoltà della cavalleria – sarà, come vedremo, uno dei fili conduttori di questa lettura. Passiamo prima, però, a un quarto, e ultimo, dato materiale. Si tratta ora di un dato statistico: la parola «convito» (nelle sue varie forme e derivazioni: convito, conviti, convivio, convivi, convitato, convitati, conviviale, ecc.) compare 24 volte nel Morgante di Pulci, 8 volte nell’Inamoramento di Orlando, 9 volte nell’Orlando furioso e 2 volte nella Gerusalemme liberata (quasi parallelo è l’andamento di tavol*, che ricorre 6, 7, 3 e 0; ma le cose si complicano, a riprova di uno spostamento dei campi semantici, se si prendono in considerazione cib*, che ricorre rispettivamente 4, 0, 19 e 21 volte; e vivand*, che ricorre rispettivamente 29, 15, 26 e 3 volte) [cfr. Tab. 1]. 7 Si cita da F. DE SANCTIS, Storia della letteratura italiana, a cura di N. Gallo, con introduzione di N. Sapegno, 2 voll., Torino 1958, vol. I, p. 480. 62 .d o m C lic k c u -tr a c k o .d o w w w o w C lic k to bu y N PD XC N O W ! F- er m h a n g e Vi ew w PD XC er F- c u -tr a c k .c