ISTITUTO STORICO ITALIANO PER IL MEDIO EVO
NUOVI STUDI STORICI - 110
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GIROLAMO ARNALDI
1929-2016
Atti del Convegno Internazionale di Studi
(Roma, 31 gennaio-1 febbraio 2017)
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a cura di
ISA LORI SANFILIPPO – MASSIMO MIGLIO
ROMA
NELLA SEDE DELL’ISTITUTO
PALAZZO BORROMINI
PIAZZA DELL’OROLOGIO
2018
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Nuovi Studi Storici
collana diretta da
Massimo Miglio
Coordinatore scientifico: Isa Lori Sanfilippo
Redattore capo: Salvatore Sansone
ISSN 1593-5779
ISBN 978-88-98079-76-6
________________________________________________________________________________
Stabilimento Tipografico «Pliniana» - V.le Nardi, 12 - 06016 Selci-Lama (Perugia) – 2018
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GiRoLAMo ARnALdi e LA SuA PoLoniA*
Premessa
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All’inizio avevo anch’io intenzione di mettere in rilievo, già nel titolo,
il rapporto di Girolamo Arnaldi con la storiografia del mio paese, come
hanno fatto Arnold esch e Jacques Verger per le loro patrie. degli storici
e della storiografia polacca parlerò senz’altro, tuttavia sarebbe impossibile
circoscrivere i rapporti di Gilmo con la Polonia alla sola dimensione professionale e accademica. Alcuni colleghi polacchi, con il tempo, divennero
amici, mentre le origini polacche della moglie Sara diedero ai rapporti
arnaldiano-polacchi, già ben saldi, un’impronta personale. Scriveva infatti
in apertura di un suo piccolo libro dedicato «ai nostri amici argentini e
polacchi»: «Fra le tante cose buone che mi sono venute da Sara c’è stata
anche quella di avere costituito il tramite mediante il quale ho fatto anche
un po’ miei i due paesi, nei quali, a parte l’italia, ha trascorso la sua vita: la
Polonia, dove era nata e aveva passato la sua infanzia, e rimasta per lei fino
alla fine la sua unica, vera patria». L’altro paese era l’Argentina. e dopo
aver brevemente accennato agli inizi dei suoi contatti con la Polonia e al
suo amico Aleksander Gieysztor, scriveva ancora: «Ma, con la venuta di
Sara, i rapporti già esistenti [...] si consolidarono, si approfondirono, si
moltiplicarono. Passarono presto dalla sfera della stima e della simpatia
reciproche fra colleghi di lavoro a quella dell’affettività, ed estendendosi a
mogli e figli, e agli amici degli amici». il libretto raccoglieva una serie di
saggi, già pubblicati sui giornali, sulle attualità di entrambi i paesi ed era
intitolato Le mie Argentina e Polonia1. incoraggiato dunque dalla formula
* Ringrazio vivamente Lidia Capo per aver voluto leggere e correggere il testo finale.
1 G. ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia, Selci 2002, passi citati dalle pp. 7s. (volume
stampato in tiratura limitata a 150 esemplari numerati fuori commercio). Ringrazio Karol
Modzelewski e Małgorzata Goetz per avermi permesso la consultazione dell’esemplare loro
dedicato.
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coniata dallo stesso Gilmo ho deciso di intitolare il mio intervento Girolamo Arnaldi e la sua Polonia.
Cercherò dunque di illustrare – basandomi su una conoscenza ancora
molto frammentaria delle fonti2 e, anche per questo motivo, senza pretesa di
esaustività –, alcune dimensioni dei rapporti di Gilmo con la Polonia. il mio
discorso sarà organizzato intorno a tre nuclei: tempi, luoghi e occasioni d’incontro (il primo); temi di ricerca condivisi da Gilmo e dai suoi interlocutori
polacchi nel periodo della più intensa collaborazione accademica negli anni
Sessanta-ottanta (il secondo); dimensione personale e civile (il terzo).
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1. i rapporti diretti di Arnaldi con la Polonia risalgono al 19583.
nell’autunno egli fece il suo primo viaggio in Polonia, accompagnando suo
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Le principali categorie delle fonti consultate sono le seguenti. 1. Gli scritti di Gilmo
dedicati a o in qualche modo riguardanti gli argomenti polacchi, raccolti in ARnALdi, Le
mie cit., e in ARnALdi, Pagine quotidiane, cur. M. MiGLio - S. SAnSone, Roma 2017. 2.
Lasciti di alcuni dei suoi amici o collaboratori polacchi. di questo gruppo il più importante
risulta il lascito del suo amico di più antica data, Aleksander Gieysztor, conservato presso
l’Archivio dell’Accademia Polacca delle Scienze a Varsavia (Polska Akademia nauk
Archiwum w warszawie) [d’ora in poi PAnAw], iii–352. di questo enorme lascito è
ormai disponibile l’inventario a stampa: Spuœcizna Aleksandra Gieysztora (1916-1999) w
zbiorach Archiwum Polskiej Akademii Nauk, cur. H. SzyMCzyK et al., warszawa 2016. del
lascito di brygida Kürbis, conservato presso la sede di Poznañ dello stesso archivio (Polska
Akademia nauk Archiwum w warszawie oddział w Poznaniu) [d’ora in poi PAnAP],
P.iii–129, esiste soltanto un provvisorio elenco di consistenza che ha guidato il mio sondaggio. 3. Gli amici e colleghi di Gilmo, i professori Halina Manikowska, Adam Manikowski, Karol Modzelewski e Krzysztof Pomian, hanno voluto gentilmente condividere con
me i loro ricordi. 4. nel corso del lavoro mi sono chiesto quanto i rapporti di singoli studiosi polacchi con Gilmo, le diverse inziative italo-polacche di cui Gilmo fu protagonista e
soprattutto il suo schieramento in difesa dei diritti umani in Polonia sotto la legge marziale
(dopo il 13 dicembre 1981) abbiano attirato l’attenzione dei servizi di sicurezza della
Repubblica Popolare di Polonia. Con questa ottica ho effettuato dei sondaggi nei documenti prodotti dal Ministero degli interni, ora confluiti nell’Archivio dell’istituto della
Memoria nazionale (Archiwum instytutu Pamiêci narodowej) [d’ora in poi AiPn] e dal
Ministero degli Affari esteri e conservati nell’archivio ministeriale (warszawa, Archiwum
Ministerstwa Spraw zagranicznych) [d’ora in poi AMSz] e da alcuni altri dicasteri del
regime, conservati ora presso l’Archivio dei documenti moderni (warszawa, Archiwum
Akt nowych) [d’ora in poi AAn]. Restano tuttora da consultare gli archivi delle istituzioni
italiane cui Gilmo era legato nel periodo di intensi rapporti con i colleghi e amici polacchi:
l’istituto Storico italiano per il Medio evo [d’ora in poi iSiMe], per primo, gli atenei di
bologna e della Sapienza di Roma e, not least, le sue carte private. un primo tentativo di
illustrare i rapporti di Gilmo con la Polonia è all’interno di un profilo che voleva essere possibilmente completo ed era destinato al lettore polacco: J. KuJAwiÑSKi, Girolamo Arnaldi
(1929-2016), in Mediewiœci, iV, cur. J. StRzeLCzyK, Poznañ 2016, pp. 9-29: 16-19.
3 Prima di quell’anno Arnaldi avrebbe già potuto sentire e incontrare gli storici polacchi venuti al X Congresso internazionale di Scienze Storiche, svoltosi a Roma, 4-11 settem-
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padre, Francesco, che si recava a Cracovia al convegno internazionale dedicato ai dizionari del latino medievale4. nell’aprile dello stesso anno, alla
Settimana di Spoleto, aveva fatto la conoscenza di Aleksander Gieysztor,
allora direttore dell’istituto Storico dell’università di Varsavia5. Le conversazioni spoletine nonché il suo viaggio polacco sono state ricordate da
Arnaldi nella lettera del 31 luglio 1959, in cui egli raccomandava a
Gieysztor il suo amico giurista Leopoldo elia [fig. 1]. È la più antica delle
quaranta lettere di Arnaldi indirizzate a Gieysztor e conservate nel lascito
di quest’ultimo, testimoni di un proficuo rapporto professionale sviluppatosi presto in amicizia6.
È proprio su invito di Gieysztor che Arnaldi, già professore all’università di bologna, si recò per la seconda volta in Polonia, per partecipare
al convegno sul tema L’Éurope aux IXe–XIe siècles. Aux origines des États
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bre 1955, ma non ne esistono ricordi. La delegazione polacca contava dieci studiosi, tra cui
Kazimierz tymieniecki e Aleksander Gieysztor, che hanno presentato una comunicazione
sulle origini dello stato e della società polacchi (si vedano il volume La Pologne au Xe
Congrès International des Sciences Historiques à Rome, warszawa 1955, e la cronaca del
congresso a cura di K. tyMienieCKi, «Roczniki Historyczne», 22 [1956], pp. 173-190).
4 Conférence internationale consacrée aux dictionnaires nationaux du latin médiéval.
Cracovie 26-31 octobre 1958 (gli atti pubblicati in «Archivum Latinitatis Medii Aevi», 28/2
[1958]).
5 La V Settimana di studi, sul tema Città nel altomedioevo, si è svolta nei giorni 10-16
aprile del 1958.
6 PAnAw iii–352: 35 lettere sono conservate nel fasc. 1134, all’interno della corrispondenza ricevuta (Ar-Az), sotto il nome di Girolamo Arnaldi, cc. 53-94 (la foliazione ha
subito nel corso dell’inventariazione delle modifiche che hanno reso alcuni numeri di
incerta interpretazione, perciò citerò le lettere indicando le date espresse dal mittente). Si
tratta sia di lettere vere e proprie che di brevi messaggi, telegrammi e cartoline. insieme alle
lettere indirizzate a Gieysztor vi si trovano anche la lettera del 26 giugno 1966, probabilmente destinata a tadeusz Manteuffel, in cui Arnaldi annunciava all’“illustre Professore”
di avergli spedito il dattiloscritto della relazione (in una lettera datata lo stesso giorno
Arnaldi informava Gieysztor dello stesso fatto); la lettera del 27 maggio 1996, destinata al
prof. bronisław nowak, rettore dell’università di Varsavia, nella quale Arnaldi si congratulava per il rinnovo del dottorato di Gieysztor. Altre cinque lettere, degli anni 1992-1998 e
riguardanti il Repertorium Fontium Medii Aevii, sono conservate nel fascicolo 969, insieme
agli altri documenti relativi alla collaborazione polacca al nuovo Potthast (cc. 135, 136,
140, 141, 144). Gieysztor non conservava invece in maniera sistematica minute o copie delle
proprie lettere (è l’osservazione di P. wÊCowSKi, editore di un’ampia selezione della corrispondenza polacca di Gieysztor, Listy Aleksandra Gieysztora (wybór), in Aleksander
Gieysztor. Człowiek i dzieło, cur. M. KoCzeRSKA - P. wÊCowSKi, warszawa 2016, p. 351).
di quelle spedite ad Arnaldi ne conosco soltanto tre, tutte di carattere ufficiale: due conservate nel fasc. 1122 (Corrispondenza spedita A-b), cc. 43-45 (citate più avanti), l’altra, in cui
Gieysztor si scusava per non poter partecipare alla riunione del comitato del Repertorium
il 30 ottobre 1993, che si trova nel fasc. 969, cc. 137-138.
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nationaux, svoltosi a Varsavia e a Poznañ nel settembre del 1965. Arnaldi
vi presentò una conferenza dal titolo: Regnum Langobardorum – Regnum
Italiae. Al ritorno in italia egli scrisse a Gieysztor: «il tempo che ho lasciato
trascorrere prima di scriverLe questa lettera è in ragione inversa al desiderio che avevo di farmi vivo con Lei, appena tornato in italia, per
esprimerLe tutta la mia riconoscenza per avermi dato modo di venire
ancora una volta in Polonia, e questa volta non al seguito di un padre autorevole, ma in persona propria»7. il tema del convegno dominava nella corrispondenza dei mesi successivi. non credo di nuocere alla memoria di
Arnaldi se cito le sue scuse e i dubbi espressi nella lettera del gennaio del
1966. il testo della conferenza doveva essere consegnato entro fine novembre dell’anno precedente e invece: «ho commesso» – scriveva Arnaldi –
«l’errore di rifare da capo, allargandolo a dismisura [...] e adesso mi trovo
nei guai. Mi consigli Lei sul da farsi». La situazione descritta dall’autore fa
pensare alla sorte della conferenza di bassano che qualche anno prima
aveva dato origine al primo libro di Arnaldi8. in questo caso, però, egli
trovò una soluzione per contenere il proprio lavoro nei limiti di un articolo, consegnato a giugno del 1966 (e uscito negli atti nel 1968), mentre si
riprometteva di approfondire e sviluppare quel tema durante il corso universitario a bologna nell’anno accademico a venire9.
7 La lettera dattiloscritta, con la firma di propria mano, sulla carta intestata dell’università di bologna, è datata al 26 settembre: manca l’anno ma il tenore non lascia dubbi che
si tratti del 1965 (PAnAw, iii–352, fasc. 1134). oltre ai ringraziamenti Arnaldi esprimeva
l’intenzione di mettere per iscritto le sue impressioni in un articolo da pubblicare su «il
mondo» (negli indici della rivista non risulta però nessun testo di Arnaldi su un tema
polacco: <http://www.centropannunzio.it/indice-mondo.asp> [l’ultima consultazione il 20
giugno 2017], probabilmente non fece in tempo a scriverlo perché la rivista chiuse nel
1966) e in un resoconto da scrivere per la «Rivista Storica italiana» (né cronaca del convegno, né recensione degli atti risultano nei fascicoli negli anni 1965-1970). il convegno e l’intervento di Arnaldi sono invece stati contestualizzati molti anni dopo da F. SiMoni, Il tema
del Millennio e la problematica dello stato nazionale nella storiografia italiana, «Studi storici», 4 (2000), pp. 1083-1119.
8 Scriveva Arsenio Frugoni a Raoul Manselli il 21 settembre 1962: «Volume Ezzelino:
poiché il lavoro di Arnaldi si ingrossa sempre più e d’altra parte è peccato strozzarlo, si
sarebbe venuti a questa decisione (è evidente l’accordo con Morghen). il grosso lavoro di
Arnaldi formerà un volume autonomo, mentre [per] il volume ezzeliniano egli ci dà il testo
ovviamente arricchito in seguito al suo approfondimento del testo della relazione bassanese. naturalmente di questa modificazione il Prof. Morghen ne parlerà alla Sign.na Fasoli
incontrandosi a Milano. Se anche la Fasoli approverà questa modificazione, come è prevedibile, il volume finalmente potrà uscire con improvvisa rapidità» (ed. M. MiGLio, Arsenio
Frugoni, in Istituto Storico Italiano. 130 anni di storie, cur. F. deLLe donne - G.
FRAnCeSConi, Roma 2013, pp. 111-132: 112s.).
9 Vedi le lettere del 23 gennaio e 26 giugno 1966 (PAnAw, iii–352, fasc. 1134) e il
saggio pubblicato: G. ARnALdi, Regnum Langobardorum – Regnum italiae, in L’Europe
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nella lettera del 10 marzo 1973 Arnaldi chiedeva a Gieysztor informazioni sulle possibilità che si realizzasse il suo «progettato viaggio in
Polonia». La visita si svolse a maggio dell’anno successivo. Venne insieme a
sua moglie, Sara, questa volta senza impegni convegnistici. i signori Arnaldi
arrivarono a Varsavia il 15 maggio e partirono da Cracovia il 2310. oltre
queste due città, visitarono anche l’abbazia benedettina a tyniec, nei pressi
di Cracovia11. due anni dopo Arnaldi si fece presente in Polonia, questa
volta non di persona, ma con un saggio offerto a Gieysztor per il suo sessantesimo anniversario12. Ma già nel 1978 Arnaldi (che dal gennaio a settembre di quell’anno era directeur d’études associé presso la 4ème section de
l’École Pratique des Hautes Études a Parigi) sarebbe tornato a visitare il
paese per partecipare al congresso della Commission internationale
d’Histoire ecclésiastique Comparée, che si tenne a Varsavia dal 25 giugno
al 1 luglio 197813. Presto si presentò anche un’altra occasione convegnistica.
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aux IXe-XIe siècles. Aux origines des États nationaux. Actes du Colloque international tenu
à Varsovie et Poznañ du 7 au 13 septembre, 1965, cur. t. MAnteuFFeL - A. GieySztoR,
warszawa 1968, pp. 105-122. Arnaldi ringrazia Gieysztor per la copia del volume nella lettera del 4 marzo 1968 (PAnAw, iii–352, fasc. 1134).
10 i preparativi e lo stesso viaggio sono documentati, oltre che dalla citata lettera del
10 marzo 1973, dal telegramma spedito a Gieysztor l’11 maggio 1974, che annunziava l’arrivo a Varsavia il mercoledì seguente, cioè il 15, e la partenza da Cracovia il 23, e dalla lettera datata da Cracovia il 23, in cui Arnaldi descriveva gli ultimi due giorni e ringraziava
Gieysztor (PAnAw, iii–352, fasc. 1134).
11 Arnaldi incluse poi il ricordo di quella visita nella sua postilla all’intervista a dom
Jean Leclerq: «Raramente come in S. Girolamo in urbe ho avuta l’esperienza diretta della
nobiltà dello spirito, della forza che sprigiona da un’élite degna di questo nome. Qualcosa
di simile l’ho provato, ma solo per un paio d’ore, sempre in ambiente monastico, a tyniec,
un monastero sulla riva destra della Vistola, a una decina di chilometri da Cracovia, dove
Aleksander Gieysztor ha condotto in gita mia moglie e me nel 1974» (G. ARnALdi, Un
monaco, uno storico, un monastero. Postilla a un’intervista a dom Jean Leclercq O.S.B., in
ARnALdi, Conoscenza storica e mestiere di storico, napoli 2010, pp. 195-202: 201)
12 G. ARnALdi, Marchia trivisiana cum Venetiis: un’ipotesi per una ricerca di storia
della storiografia comparata, in Cultus et cognitio. Studia z dziejów œredniowiecznej kultury,
warszawa 1976, pp. 69-80.
13 il nome di Arnaldi è presente nei materiali dei servizi segreti che avevano sottoposto
il congresso ad un’operazione di sorveglianza con criptonimo “Sobór”, ovvero “Concilio”
(AiPn, bu 0999/134/1-2): nella lista dattiloscritta dei partecipanti provenienti dai paesi
capitalistici (vol. 2, cc. 609-627: 625) e nel rapporto manoscritto fatto da un funzionario
sulla base delle informazioni avute da un membro della segreteria del congresso, dove
Arnaldi appare tra gli intervenuti alla seduta della sezione 2 il 26 giugno (vol. 2, p. 586). il
suo nome manca invece negli elenchi di alberghi e di persone private presso cui alloggiavano i partecipanti (vol. 2, cc. 649-650, pp. 663-666, 668-671. nessuna sua communicazione è stata compresa nel libretto dei riassunti (C.i.H.e.C. Section ii. La vie religieuse des
élites et des masses dans la chrétienté du XVe siècle – entre le moyen âge et l’epoque moderne.
Congrès à Varsovie 25 Vi – 1 Vii 1978) [grafia originale]. L’effettiva presenza di Arnaldi
non esce, per ora, confermata da altre fonti.
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nel 1980 l’istituto Storico dell’università di Varsavia, il più antico dipartimento di storia negli atenei polacchi, celebrava il suo 50mo anniversario. il
punto centrale del programma fu un convegno internazionale dedicato al
ruolo svolto dalle università nelle società passate e contemporanee e su
invito del direttore, Henryk Samsonowicz, Arnaldi doveva esserne uno dei
relatori. Stando alla sua lettera a Gieysztor del 2 gennaio 1980, egli aveva
accettato l’invito, ma per ragioni che non sono riuscito a conoscere, non
potè venire14. dei diversi progetti di viaggi in Polonia dopo il crollo del
regime comunista si realizzò soltanto una visita privata, dopo la morte della
moglie15. tuttavia Arnaldi era presente in Polonia tramite i suoi lavori, fra i
quali il libro L’Italia e i suoi invasori è stato tradotto in polacco nel 200916.
nel corso di tutti quegli anni non mancarono le occasioni d’incontro in
italia. i luoghi privilegiati erano due. Per primo Spoleto e le sue Settimane
di studio, cui dal 1957 gli studiosi polacchi hanno frequentemente partecipato come relatori e borsisti17. il secondo è stato l’istituto Storico italiano
per il Medio evo a Roma, soprattutto quale editore del Repertorium fontium historiae medii aevi (il nuovo Potthast). Alle annuali assemblee del
Repertorium spesso ha partecipato Gieysztor, in quanto presidente del
Comitato Polacco, accompagnato o sostituito da brygida Kürbis o da
alcuni altri membri del comitato18. L’assemblea tenutasi nei giorni 3 e 4
14
La lettera è conservata nel lascito di Gieysztor (PAnAw, iii–352, fasc. 1134).
Arnaldi non viene però menzionato tra i relatori nel resoconto del convegno in H.
SAMSonowiCz - e. PotKowSKi, 50 lat Instytutu Historycznego Uniwersytetu
Warszawskiego, «Kwartalnik Historyczny», 87/3-4 (1980), pp. 657-665, ora in Tradycje i
Współczesnoœæ. Ksiêga pami¹tkowa Instytutu Historycznego Uniwersytetu Warszawskiego
1930-2005, cur. J. ŁuKASiewiCz et al., warszawa 2005, pp. 439-447: 445s.
15 Ricordi di Halina e Adam Manikowscy e di Karol Modzelewski, incerti però
sull’anno preciso.
16 G. ARnALdi, Italia i najeŸdŸcy, introduzione di K. ModzeLewSKi, warszawa 2009;
cfr. recensione del volume cur. e. JAStRzÊbowSKA, «Przegl¹d Historyczny», 101/2 (2010),
pp. 257-263. Va anche menzionato il saggio G. ARnALdi, Considerazioni sulla storia del
regno italico indipendente, «Quaestiones medii aevi novae», 5 (2000), pp. 21-28.
17 Cfr. A. G[ieySztoR], Prace nad wczesnym œredniowieczem we Włoszech, «Kwartalnik
Historyczny», 64 (1957), pp. 296-297; Omaggio al Medioevo. I primi cinquant’anni del
Centro italiano di studi sull’alto medioevo, Spoleto 2004, pp. 337-454.
18 La storia della collaborazione polacca al Repertorium meriterebbe uno studio a
parte. Per quanto riguarda gli albori, l’adesione degli storici polacchi all’iniziativa fu uno
dei frutti del X Congresso internazionale di Scienze Storiche (Roma, settembre 1955). Vi
accenna A. GieySztoR, Prace nad reedycj¹ bibliografii Ÿródeł œredniowiecznych (Bibliotheca
historica medii aevi) Potthasta, «Studia +ródłoznawcze», 1 (1957), pp. 324-326: 324 (nel
taccuino di Gieysztor, membro della delegazione polacca, conservato nel suo lascito
insieme agli altri materiali relativi al Congresso, si legge una breve nota «unione intern.
degli istituti di Archeol. e Storia dell’arte in Roma [a linea] Potthast – Morghen»,
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novembre del 1962 sarebbe stata la prima a cui parteciparono sia
Gieysztor e Kürbis sia Arnaldi (dal gennaio dell’anno precedente membro
del Comitato italiano e dal gennaio del 1962 coinvolto nei lavori della
redazione centrale)19. All’assemblea del 28 ottobre 1967, invece, il Comitato Polacco fu rappresentato da Kürbis, che veniva da Parigi, dove godeva
allora di una borsa presso l’École Pratique des Hautes etudes (4ème section). Sulla strada per Roma Kürbis fece una visita all’università di
bologna, su invito di Arnaldi; il giorno dopo firmava, insieme ad Arnaldi,
Frugoni e Vercauteren una cartolina indirizzata a Gieysztor con questo
messaggio (vergato dalla mano di Arnaldi): «un cordiale ricordo nel mezzo
di una animata [animata sottolineato due volte] discussione all’assemblea
del Repertorium [Repertorium sottolineato]»20.
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PAnAw, iii–352, fasc. 756, c. 58). il comitato polacco, sotto la responsabilità di
Gieysztor, fu costituito nei mesi successivi: Raffaello Morghen ne ringraziava tadeusz
Manteuffel, direttore uscente dell’istituto Storico dell’università di Varsavia, nella lettera
dell’11 maggio del 1956 (ivi, fasc. 968, c. 23; nello stesso fascicolo si trova un testo manoscritto, in francese, di cc. 7 non numerate, prodotto all’inizio della collaborazione, forse per
l’assemblea del comitato scientifico nei giorni 4-5 ottobre 1956, cui già partecipava
Gieysztor; verbale, ivi, cc. 61-86). Al più tardi nel gennaio del 1957 nei lavori del comitato
fu coinvolta brygida Kürbis (ivi, cc. 96-98). oltre a Kürbis al primo comitato aderivano:
zofia budkowa, Jadwiga Karwasiñska, Gerard Labuda e Jakub Sawicki (Komitet
Repertorium Œredniowiecznych Ÿródeł historycznych, «Kwartalnik Historyczny», 64/1
(1957), pp. 235-236), nel 1958 giunsero Jacek Matuszewski e tadeusz Lewicki (A.
GieySztoR, Repertorium œredniowiecznych Ÿródeł historycznych (nowy Potthast), «Studia
+ródłoznawcze», 3 (1958), p. 330) e poco dopo Ryszard walczak (menzionato come editore delle voci già nel resoconto di A. GieySztoR - b. KüRbiS, Repertorium fontium historiae medii aevi, «Studia +ródłoznawcze», 9 (1964), p. 231; nel Repertorium il suo nome
accompagna quelli di Gieysztor e Kürbis a partire dal vol. iV, 1976).
19 Le liste dei partecipanti sono conservate nel lascito di Gieysztor (PAnAw, iii–352,
fasc. 969, cc. 37-40). nella lettera del 30 ottobre 1962 Morghen invitava Gieysztor a presiedere la riunione del 4 novembre (ivi, c. 34). delle informazioni sulle successive tappe del
coinvolgimento di Arnaldi nel Repertorium (tratte da iSiMe, Archivio storico, Fondo
Repertorium fontium historiae medii aevi, Comitato esecutivo, Carteggio generale, fasc. 302)
sono debitore a Marzia Azzolini.
20 La cartolina è datata bologna-Roma, 27-28 ottobre, nel postscriptum in polacco
Kürbis informava Gieysztor della sua gita a Ravenna e del “bell’incontro” (“piêkne spotkanie”) a bologna (PAnAw, iii–352, fasc. 1134). Quell’anno Kürbis aveva già visto Arnaldi
a settembre in occasione del convegno Pavia capitale di Regno (Pavia 10-14 settembre). A
Pavia, il 14, entrambi firmavano una cartolina, indirizzando a Gieysztor «un saluto cordiale
dopo Castelseprio» (ivi). Cfr. il curriculum vitae della Kürbis allegato alla domanda per la
borsa di partecipazione alla XVi Settimana di Spoleto (datata al 8 gennaio 1968) con
l’elenco delle missioni in italia nel 1967 (PAnAP, P.iii–129, fasc. 130) e l’invito di A.M.
Labrousse del 16 ottobre a ritirare il biglietto Parigi-Roma (via bologna), andata e ritorno
(ivi, fasc. 108).
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Alle Settimane e al Repertorium presto si aggiunsero altre occasioni.
Quando Arnaldi divenne cattedratico alla Sapienza, invitò i suoi colleghi
polacchi a fare lezioni e seminari agli studenti. Karol Modzelewski, allora
ricercatore presso l’Accademia Polacca delle Scienze, per la prima volta
visitò l’ateneo romano nel 1978, Krzysztof Pomian, dal 1973 ricercatore al
CnRS francese, fu invitato nel 198621. un altro luogo d’incontro, sempre
a Roma, fu l’Accademia Polacca in Vicolo doria, dove Gieysztor fu spesso
conferenziere.
Ancora a Roma, nel periodo difficile degli anni ottanta, nacque la
Scuola Storica italo-Polacca, ideata da Gabriele de Rosa e da Arnaldi, per
la parte italiana, Jerzy Kłoczowski e Gieysztor, per la parte polacca, con la
forte volontà politica di garantire lo scambio scientifico tra la Polonia e
l’occidente, messo a rischio in seguito al colpo di stato militare il 13
dicembre 198122. La Scuola fu fondata nel 1983 presso l’istituto Luigi
Sturzo, di cui de Rosa era il direttore23. essa offriva borse di 18 mesi per
giovani ricercatori polacchi in storia, archeologia, storia dell’arte e filologia
– seguendo il modello degli istituti stranieri a Roma e rimediando alla
debolezza strutturale del centro romano dell’Accademia Polacca delle
scienze, che non disponeva di posti per ricercatori –, nonché borse di
breve durata per i docenti. Le borse furono finanziate dal Ministero degli
Affari esteri italiano, mentre l’istituto Sturzo, insieme ad alcuni enti ecclesiastici, quali l’istituto della cultura cristiana (instytut Kultury
Chrzeœcijañskiej) e la Casa di accoglienza “Giovanni Paolo ii” in via Cassia, e ai rappresentanti della comunità polacca a Roma, provvedevano
all’assistenza scientifica e sociale. La Scuola era diretta da un comitato
direttivo composto dai direttori dell’istituto Sturzo e dell’École française
de Rome e da un rappresentante di ciascuno dei due comitati scientifici,
italiano e polacco. Arnaldi fu membro del comitato italiano per tutto il
21
22
Le date mi sono state fornite dagli stessi invitati.
il ruolo di Arnaldi, al pari di quello di de Rosa, nella fondazione della Scuola è riconosciuto da Kłoczowski nel suo saggio autobiografico, originariamente pubblicato nel
2008: J. KŁoCzowSKi, Przestrzeñ wolnoœci na Katolickim Uniwersytecie Lubelskim w latach
1950-1989. Œwiadectwo walki, in M. SobieRAJ, Miêdzy oporem a lojalnoœci¹. Działania SB
wobec KUL na przykładzie rozpracowania prof. Jerzego Kłoczowskiego, Lublin 2015, pp.
787-796: 793. L’individuazione dell’idea politica della Scuola si deve a Halina Manikowska
(conversazione del 26 maggio 2017), che da Firenze seguì la nascita della Scuola.
23 il progetto per la formazione della Scuola fu approvato dal Consiglio di
Amministrazione dell’istituto il 28 febbraio 1983: la decisione fu comunicata da de Rosa,
insieme allo statuto, a Gieysztor nella lettera del 2 marzo dello stesso anno (PAnAw,
iii–352, fasc. 713, cc. 16-19).
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periodo dell’esistenza della Scuola, offrendo il suo tutorato ai ricercatori di
storia medievale24. bisogna sottolineare che la struttura rimaneva al di
fuori degli accordi ufficiali di collaborazione scientifica tra la Repubblica
Popolare di Polonia e l’italia, il che destava una certa preoccupazione al
regime comunista25. La Scuola fu sospesa nel 1996 quando non si riuscì ad
ottenere il contributo della Farnesina per il Vii biennio26. Si perdeva con
essa un importante luogo d’incontro tra le storiografie italiana e polacca.
negli stessi anni novanta i contatti personali erano invece agevolati
dalla libertà e dalla crescente facilità di viaggiare. Gieysztor venne spesso
in italia fino al 1998, cioè fino ai mesi immediatamente precedenti la sua
malattia e morte. nel 1995 tenne su invito dell’unione internazionale degli
istituti di archeologia, storia e storia dell’arte in Roma una conferenza
sull’europa dell’anno 1000. L’evento ebbe luogo nella sede dell’Accademia dei Lincei il 15 novembre, e il testo fu poi pubblicato con l’introduzione di Arnaldi27. Più volte venne in italia anche Modzelewski, ora in
24 Alcuni documenti relativi alla Scuola si trovano nel lascito di Gieysztor (PAnAw,
iii–352, fasc. 713, cc. 10-29). Arnaldi è menzionato come candidato a membro del comitato già nello statuto (ivi, c. 17); fu presente alla seduta del 5 novembre 1984, quando intervenne nel dibattitto sulla relazione del borsista Paweł t. dobrowolski (il verbale ivi, cc. 2023), e infine è menzionato come uno dei tre membri del comitato italiano nella lettera di
Gieysztor a Kłoczowski del 15 gennaio 1993 (ivi, c. 26). il tema della Scuola appare anche
nella corrispondenza tra Arnaldi e Gieysztor (per es. nella lettera di Arnaldi del 17 agosto
1987; PAnAw, iii–352, fasc. 1134). Cfr. un breve lineamento della storia della Scuola,
basato sull’archivio del comitato polacco, depositato presso l’istituto dell’europa Centroorientale a Lublino, a cura di i. GoRAL, Szkoła historyczna włosko-polska w Rzymie – Scuola
storica italo-polacca di Roma (miêdzynarodowy program stypendialny, 1983-1996), «Rocznik
instytutu europy Œrodkowo-wschodniej», 8/1 (2010), pp. 155-163. L’idea di scrivere,
insieme ad Andrea Verardi, una storia documentata della Scuola trova al momento un
grave ostacolo nel riordinamento dell’archivio dell’istituto Sturzo.
25 Si vedano un breve rapporto sulla Scuola preparato dall’Ambasciata polacca a Roma
per il Ministero degli Affari esteri nel marzo del 1984, nonché la corrispondenza tra il
Ministero e l’ufficio per le Confessioni religiose negli anni 1984-85 (AAn, urz¹d do spraw
wyznañ, 126/300, cc. 68-73). Cfr. SobieRAJ, Miêdzy oporem a lojalnoœci¹ cit., pp. 282s.
26 La gravità della situazione traspare dalla lettera di Krzysztof ¯aboklicki, allora direttore dell’Accademia Polacca di Roma, a Gieysztor del 30 ottobre 1996. A questa venivano
allegate le lettere di ¯aboklicki a Kłoczowski (fotocopia, 29 ottobre) e di de Rosa a ¯aboklicki del 23 ottobre (PAnAw, iii–352, fasc. 702, cc. 17-19). Malgrado la sospensione, la
Scuola viene tuttora menzionata nel Xiii Programma esecutivo della collaborazione culturale tra l’italia e la Polonia per gli anni 1999-2002, Allegato i. elenco delle collaborazioni
in atto tra istituzioni: <http://www.esteri.it/mae/doc/4_28_67_81_91_89_115.pdf>
(ultima consultazione il 10 giugno 2017).
27 A. GieySztoR, L’Europe nouvelle autour de l’an mil. La papauté, l’Empire et les
«nouveaux venus», Roma 1997.
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veste di professore dell’università di Varsavia, invitato a tenere seminari a
La Sapienza28. All’Accademia Polacca invece, nel novembre del 2005
Arnaldi introduceva il dibattitto sul libro di Modzelewski sull’europa dei
barbari. Sorvolo su altre sedi e occasioni convegnistiche, anche fuori Roma
e fuori italia, dove Arnaldi incontrava i colleghi polacchi29, e su altre iniziative editoriali che lo videro collaborare con gli studiosi polacchi30, per
passare al secondo punto e domandarsi quali fossero i punti di contatto tra
gli studi sul medioevo in italia e in Polonia all’inizio della seconda metà del
novecento, e in particolare, quali erano i temi e interessi che avrebbero
accomunato Arnaldi e i suoi interlocutori polacchi in quel periodo.
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28 Vedi il ricordo in K. ModzeLewSKi, Ricordo di Fiorella Simoni, in Medioevo e
Romanticismo. Ricordo di Fiorella Simoni, cur. M. beeR - S. PoLiCA, Roma 2011, pp. 19-21: 19.
29 basti segnalarne alcune (nell’ordine cronologico). nel 1973 a Roma, al convegno
Fonti medioevali e problematica storiografica, con cui l’iSiMe celebrava il suo 90o anniversario (22-27 ottobre), assistette Gieysztor che ne stese una cronaca per la rivista «Studia
+ródłoznawcze», 20 (1976), pp. 281-282. nel 1977 a Venezia, in occasione del quinto seminario organizzato dalla Fondazione Giorgio Cini e dall’Accademia Polacca delle Scienze
(Italia, Venezia e Polonia tra Medioevo e Età moderna, 7-10 novembre), Arnaldi incontrava
una numerosa delegazione di studiosi polacchi, tra cui Kłoczowski e Kürbis (gli atti sono
stati pubblicati con il titolo Italia, Venezia e Polonia tra Medio Evo e Età Moderna, cur. V.
bRAnCA - S. GRACiotti, Firenze 1980; la cronaca del convegno è alle pp. 587-592; cfr. infra
nota 57). nel 1988 Arnaldi ospitò presso l’iSiMe il convegno Le origini e lo sviluppo della
cristianità slavo-bizantina: il battesimo del 988 nella lunga durata (2-6 maggio), indetto per
iniziativa dell’istituto polacco di Cultura Cristiana. Gli atti sono stati poi accolti nella collana “nuovi studi storici” (17): Le origini e lo sviluppo della cristianità slavo-bizantina, cur.
S.w. SwieRKoSz-LenARt, Roma 1992 (con un breve post-scriptum di Arnaldi
all’introduzione). Al «congresso sulla Russia cristiana del nostro amico comune
Kłoczowski» Arnaldi accennava a Gieysztor (entrambi facevano parte del comitato scientifico) nella lettera del 17 agosto 1987 (PAnAw, iii–352, fasc. 1134). La lettera di Arnaldi
a Gieysztor del 2 ottobre 1995 (ivi), invece, si apriva con un «ricordo dei momenti sereni
passati a Montréal» in occasione del Congresso del Comitato internazionale di Scienze
Storiche, dell’agosto precedente. in una lettera scritta prima del congresso, datata al 19
luglio (ivi), Arnaldi annunciava a Gieysztor la vicina spedizione della copia dell’edizione
provvisoria degli interventi da presentare a Montréal ad una tavola rotonda. L’edizione
definitiva è poi apparsa come: Europa medievale e mondo bizantino. Contatti effettivi e possibilità di studi comparati. tavola rotonda del XViii Congresso del CiSH (Montréal, 29
agosto 1995), cur. G. ARnALdi - G. CAVALLo, Roma 1997 (nuovi Studi Storici, 40). nel
1998, infine, Arnaldi presiedeva la prima sessione del convegno Est e Ovest nella ristrutturazione europea del primo e del secondo millenio (15-16 aprile), cui partecipavano Gieysztor
e Modzelewski (mi riferisco al dépliant con il programma conservato nel lascito di
Gieysztor, PAnAw, iii–352, fasc. 702, c. 20).
30 oltre alla collaborazione più importante e più durevole, quella al Repertorium, di
cui si è già detto, si può menzionare La storia della cultura veneta (diretta da Arnaldi e da
Pastore Stocchi), per la quale Arnaldi invitò Krzysztof Pomian a scrivere due contributi:
Antiquari e collezionisti (vol. 4/1, Dalla Controriforma alla fine della Repubblica. Il Seicento,
Venezia 1983, pp. 493-547) e Antiquari, naturalisti, collezionisti (vol. 5/2, Dalla
Controriforma alla fine della Repubblica. Il Settecento, Venezia 1986, pp. 1-70).
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2. il cavallo di battaglia della medievistica polacca nei decenni immediatamente successivi alla ii guerra mondiale era senz’altro l’archeologia
altomedievale, o meglio, il programma di studi interdisciplinari sulle origini dello stato polacco, che, pur concentrandosi sulla cultura materiale,
includeva un vasto panorama di temi di storia sociale, economica e spirituale31. il programma, dal 1949 coordinato da una direzione centrale (e dal
1954 dall’istituto della Cultura Materiale dell’Accademia Polacca delle
Scienze) fu generosamente finanziato dal regime comunista in vista delle
celebrazioni del millennio della Polonia (1960-1966). Molto importanti
furono gli scavi condotti in diversi siti altomedievali, paradossalmente facilitati dagli enormi danni portati dalla guerra, soprattutto nei più grandi
centri urbani. i risultati hanno fatto notevole impressione sui partecipanti
dei due convegni dedicati alle città medievali polacche (tenutisi a Parigi nel
1957 e in Polonia nel 1959), al punto che gli archeologi polacchi sono stati
invitati da Gian Piero bognetti a scavare in italia, prima a torcello dal
1961, poi a Castelseprio, Capaccio Vecchia e Civita d’ogliara. Arnaldi non
era estraneo né al fascino dell’archeologia medievale32 né a questa collaborazione. in occasione del convegno del 1965 visitò uno dei più importanti
siti archeologici della Polonia dei Piast sull’isola del lago di Lednica
(ostrów Lednicki), nei pressi di Gniezno [fig. 2]33. Quando l’anno successivo la RAi non riusciva ad ottenere dalla tivù polacca dei materiali per il
documentario che voleva produrre sul Millennio polacco, Arnaldi chiese a
Gieysztor se poteva portare alcune foto utili a questo scopo. Suggeriva le
immagini del portale di bronzo di Gniezno, di «qualche pezzo archeologico della Polonia pagana», e materiali didattici come «qualche ricostruzione di castra», concludendo: «Ma perché continuare con questa enumerazione? Lei può giudicare meglio di chiunque altro che cosa interessa uno
spettatore straniero di media cultura, per il quale la Polonia del Mille è un
31 Le premesse e i risultati furono comunicati in contemporanea anche al publico internazionale nelle pubblicazioni dei leader del programma, tra cui GieySztoR, Les origines de
l’état polonais, in La Pologne au Xe Congrès cit., pp. 55-81, e GieySztoR, Società e cultura
nell’alto medioevo polacco, wrocław-warszawa-Kraków 1965 (il libretto riproduce la
conferenza tenuta il 5 novembre 1963 alla biblioteca dell’Accademia Polacca delle Scienze
a Roma).
32 Si veda l’apprezzamento espresso in un saggio giornalistico a proposito delle controversie sull’origine della Rus’: G. ARnALdi, Il passo falso di Amalrik: una tesi sulla ‘Russia di
Kiev’, «L’europa / idee e costume», 3-17 X 1975 (ora in ARnALdi, Pagine quotidiane cit.,
pp. 530-535: 534).
33 nel lascito di brygida Kürbis (PAnAP, P.iii–129, fasc. 83) si conserva una foto
scattata in quella occasione (luogo e anno indicati da una nota vergata a matita sul verso; la
stessa mano ha identificato due personaggi: “Gilmo Arnaldi” e “teresa w¹sowicz”).
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continente sconosciuto!»34. in italia incontrava i membri delle spedizioni
archeologiche polacche: il 2 maggio 1972, insieme a due di loro, eleonora
e Stanisław tabaczyñscy (e a Giordano bruno: sic) spediva da Campo de’
Fiori i saluti a Gieysztor; il 10 marzo dell’anno successivo informava i due
archeologi, tramite Gieysztor, dei preparativi per «una campagna di scavi
veronese»35. tuttavia cercherei altrove gli interessi comuni di Arnaldi e
degli storici polacchi suoi interlocutori.
E
Arnaldi, sin dai suoi primi saggi, dimostrava una particolare attenzione
per le cronache. La testimonianza di Leone Marsicano sull’epigrafe della
torre di datto sul Garigliano l’indusse alla seguente osservazione:
IS
IM
i cronisti medievali ci offrono talvolta delle strane sorprese, che, se non
debbono indurci a capovolgere il comune giudizio per cui si insiste sulle
deficienze del loro spirito critico e sulla scarsezza della loro informazione,
dovrebbero invitarci ad usare maggiore cautela36.
L’ambiente dell’istituto e della Scuola storica, con cui egli entrò in rapporto ben prima di ricevere il mandato presso la Scuola, non poteva che
raffinare il suo interesse per le fonti narrative. discuterne in questa sede,
dopo che il metodo della medievistica romana di allora è stato messo in
rilievo da Marino zabbia37, e dopo che, recentemente, l’approccio di
Arnaldi alle fonti narrative è stato illustrato da Lidia Capo, sarebbe presuntuoso e mi porterebbe troppo fuori tema38. Mi limiterò a citare le
34
35
Lettera del 20 ottobre 1966 (PAnAw, iii–352, fasc. 1134).
PAnAw, iii–352, fasc. 1134. Come mi ha gentilmente informato Paolo delogu, il
progetto degli scavi italo-polacchi a Verona non è mai stato realizzato. Sulla storia degli
scavi italo-polacchi vedi e. tAbACzyÑSKA - S. tAbACzyÑSKi, Archeologia polska w badaniach nad społeczeñstwem i kultur¹ œredniowiecznej Italii, in Studia nad etnogenez¹ Słowian
i kultur¹ Europy wczesnoœredniowiecznej, ii, cur. G. LAbudA - S. tAbACzyÑSKi, wrocław
1988, pp. 161-177 e L. LeCieJewiCz, Italian-Polish researches into the origin of Venice,
«Archaeologia Polona», 40 (2002), pp. 51-71.
36 G. ARnALdi, La torre di Datto sul Garigliano (Nota su di un’iscrizione del campanile
del duomo di Gaeta), «Archivio Storico per le Province napoletane», n. ser., 32 (19501951), pp. 77-86: 81.
37 A. FenieLLo - M. zAbbiA, Vicende della Scuola nazionale di studi medievali, in Le
scritture della storia. Pagine offerte dalla Scuola nazionale di studi medievali a Massimo
Miglio, cur. F. deLLe donne - G. PeSiRi, Roma 2012, pp. 1-34: 17-19; cfr. F. tAteo,
“Metodo storico” e storiografia letteraria, in Medioevo quante storie, cur. i. LoRi SAnFiLiPPo,
Roma 2014, pp. 89-108: 100s. (a proposito di n. Cilento).
38 L. CAPo, Prefazione a G. ARnALdi, Cronache e cronisti dell’Italia comunale, Spoleto
2016, pp. Vii-XLiii, in particolare Xiii-XV e XXX-XLii. da parte mia ho delineato un
profilo di Arnaldi quale studioso della storiografia medievale in KuJAwiÑSKi, Girolamo
Arnaldi cit., pp. 19-29.
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parole di Raffaello Morghen e a ricordare due passi, tra i più significativi,
tratti da saggi del giovane Arnaldi, per soffermarmi poi un po’ più a lungo
sui paralleli studi polacchi. La frase di Morghen proviene dal necrologio di
Paolo Lamma:
E
Che una fonte narrativa non sia soltanto una raccolta di dati più o meno
attendibili, ma una testimonianza autentica di atteggiamenti di spirito, di
opinioni, di ideali, di sentimenti, di passioni, di tutto ciò che costituisce,
in una parola, il tessuto intimo della vicenda umana, è cosa ovvia e accettata ed è canone metodologico affermato con successo anche in altre
opere uscite dall’ambito della Scuola Storica nazionale di Studi
Medioevali39.
dei due passi di Arnaldi (i corsivi sono miei), il primo riguarda l’Arnaldo da Brescia di Arsenio Frugoni (1954), senz’altro uno dei libri più emblematici di questo versante di studi. nel 1956 Arnaldi scriveva a suo proposito:
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La dimensione propria della storia della storiografia viene qui felicemente
sostituita al procedimento assai semplicistico, per cui si presume di poter
stabilire la veridicità di una fonte col confrontarne le singole notizie con
notizie contenute in altre fonti, mentre è la fonte stessa a fornire, nel suo
insieme, le indicazioni necessarie alla propria lettura ed utilizzazione, a suggerire le opportune cautele e ad offrire, in ultima analisi, la prova decisiva
della propria attendibilità [...] il Frugoni non fa che enunciare un nuovo
criterio di valutazione delle testimonianze, secondo il quale le singole
notizie non vanno collocate senz’altro accanto a notizie di diversa provenienza, ma vanno apprezzate nell’ambito della fonte che le riporta40.
39 R. MoRGHen, Paolo Lamma (24 agosto 1915 - 17 aprile 1961), «Studi Medioevali»,
ser. iii, 2/1 (1961), pp. 397-401: 399.
40 G. ARnALdi, Europa medievale e medioevo italiano (1956), ora in ARnALdi,
Conoscenza storica cit., pp. 1-37: 21. il procedimento da cui Frugoni (e dopo di lui Arnaldi)
prendeva le distanze era definito il “metodo filologico-combinatorio” o la “tecnica combinatoria” (A. FRuGoni, Arnaldo da Brescia nelle fonti del XII secolo, Roma 1954, pp. Viis.).
Pare che il concetto di “combinatorio” sia presto entrato nel linguaggio di Arnaldi. egli
incluse la voce “metodo combinatorio” nel Glossario dei termini storiografici (in Gli stati e
le civiltà. Enciclopedia monografica della storia, bologna 1961, p. 484, s.v.: «nella ricerca
storica, è il metodo di chi procede giustapponendo meccanicamente singole notizie tratte
da fonti diverse, senza avere un’idea dell’insieme»); molti anni dopo, apprezzava il lavoro
di Giovanni Miccoli sulle fonti agiografiche francescane anche per aver «ciascuna studiata
in se stessa senza il ricorso a tecniche combinatorie» (G. ARnALdi, Il principe e il povero,
«il Messaggero/Cultura», 2 gennaio 1992, ora in ARnALdi, Pagine quotidiane cit., pp. 285289: 288).
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il secondo viene da un excursus sul metodo premesso alla trattazione
su Liutprando da Cremona nella conferenza spoletina nel 1969:
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Mezzi indispensabili per la conoscenza del passato medievale, è indubbio
che le fonti narrative costituiscono anche un particolare aspetto di tale passato, e sono quindi di per sé un oggetto degno di studio. testimone volontario, più o meno attendibile, degli avvenimenti che racconta nella sua
cronaca, il cronista infatti è anche sempre il testimone involontario di una
sintassi, intesa come capacità (o incapacità) di dare un ordine e un senso
al racconto; di una tradizione stilistica e letteraria; di un livello sociale e
intellettuale (suo, e del gruppo cui appartiene); di un pubblico di lettori,
dato che ne abbia uno [...]; di una concezione del tempo e della
Provvidenza; di una modalità di diffusione delle notizie [...]; di una sensibilità, o insensibilità, per questo o quell’aspetto della realtà circostante; e
di quanti altri strati più o meno profondi la curiosità senza limiti dei lettori moderni delle cronache medievali potrà sforzarsi di mettere in luce...
da queste premesse [...] discendono due conseguenze: I) non è mai possibile separare del tutto l’utilizzazione di una cronaca come fonte dallo studio
della cronaca in se stessa; ii) lo studio di una cronaca in se stessa non interessa solo lo storico della letteratura e della cultura (in senso stretto), ma
anche lo storico della politica e della società41.
indicherei due caratteristiche principali del metodo di analisi delle
fonti narrative promosso all’interno della Scuola: un approccio integrale e
complesso ad ogni fonte, prima di utilizzarne le singole notizie (la prima);
l’allargamento del valore della fonte a comprendere la dimensione soggettiva in quanto testimonianza delle opinioni, credenze, posizioni dell’autore
o autori, e poi anche dei fenomeni testimoniati in maniera involontaria, ma
ricavabili una volta che un testo è considerato fonte storica su se stesso (la
seconda). L’originalità della strada intrapresa da Arnaldi consiste, a mio
parere, nel fatto che l’approccio condiviso con i colleghi romani si è sviluppato nei suoi lavori in una storia della storiografia, medievale, ma non
solo42.
nello stesso tempo in Polonia, parallelamente alle campagne di scavi,
si sono intensificati e rinnovati gli studi sulle non molte fonti narrative
41 G. ARnALdi, Liutprando e la storiografia contemporanea nell’Italia centro-settentrionale, in La storiografia altomedievale, Spoleto 1970 (XVii Settimana), ii, pp. 497-519: 501s.
L’importanza che lo stesso autore assegnava a questo excursus è provata dalla sua intenzione, mai realizzata, di «riprenderlo e rifonderlo» in apertura alla raccolta dei saggi sui cronisti, come testimonia CAPo, Prefazione cit., p. iX, nota 7.
42 e ciò molto presto: si veda G. ARnALdi (con la collaborazione di G. SASSo), Il mestiere dello storico, in Gli stati e le civiltà cit., pp. 235-256, in particolare 238-242.
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dell’alto e pieno medioevo, in primis sulla storiografia e sull’agiografia43.
Sin dai primi lavori della più importante esponente di questo versante,
brygida Kürbis, già ricordata come collaboratrice al Repertorium, ritroviamo entrambe le caratteristiche dell’approccio dei medievisti ‘romani’. A
proposito della prima cito un caveat dal suo libro dedicato alla Chronica
Poloniae maioris del 1952, dove – dopo aver constatato una sproporzione
nell’interesse scientifico tra fonti documentarie e narrative, diceva a proposito della seconda categoria:
E
È inaccettabile trasportare le notizie contenute in una fonte narrativa al
piano dei fatti storici immediatamente dopo l’indispensabile critica lessicografica e di erudizione, cioè senza aver considerato la struttura letteraria, il formulario retorico, la posizione storiografica, le tendenze ideologiche, insomma, tutto il cantiere del cronista che scriveva in circostanze
particolari della sua epoca e del suo ambiente44.
IS
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A proposito del secondo punto si può citare un passo dall’introduzione
al suo secondo libro del 1959, dedicato alle opere e alle collezioni storiografiche prodotte nei secoli Xiii e XiV nella regione della Polonia maior:
Alla luce del postulato, fondato su premesse dialettiche, di meglio integrare le fonti nel processo storico, ogni monumento scritto ha un doppio
significato: non solo trasmette i fatti, ma allo stesso tempo riflette, direttamente e al di fuori delle intenzioni dell’autore, le particolari circostanze
storiche. una tale riflessione si coglie sia nel contenuto che nella forma
letteraria, tutti e due sono indissolubilmente legati e si condizionano a
vicenda45.
era un approccio condiviso anche da chi, come Gieysztor, frequentava
piuttosto le fonti documentarie. infatti, già nel 1947, egli aveva scritto
43
Cfr. A. GieySztoR, Les origines de l’état polonais cit., p. 55; b. KüRbiS - J. LuCiÑSKi,
Les éditions polonaises de sources médiévales entre 1945 et 1965, in La Pologne au XIIe
Congrès International des Sciences Historiques à Vienne, warszawa 1965, pp. 203-227.
44 b. KüRbiS, Studia nad Kronik¹ wielkopolsk¹, Poznañ 1952, pp. 1s.:
«niedopuszczalne jest wiêc przenoszenie informacji Ÿródła narracyjnego do szeregu ustaleñ faktograficznych bezpoœrednio po dokonaniu niezbêdnej, leksykograficznej krytyki erudycyjnej – bez uwzglêdnienia konstrukcji literackiej, formularza retorycznego, pogl¹dów
historiograficznych, tendencji ideologicznych i w ogóle całego warsztatu twórczoœci kronikarza, pisz¹cego w specyficznych warunkach swej epoki i otoczenia».
45 b. KüRbiS, Dziejopisarstwo wielkopolskie XIII i XIV wieku, warszawa 1959, p. 8:
«w œwietle postulowanego w myœl zało¿eñ dialektycznych œciœlejszego powi¹zania Ÿródła z
procesem dziejowym wymowa ka¿dego zabytku pisanego jest dwojaka: jest on nie tylko
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JAKub KuJAwiÑSKi
nell’introduzione ad un’antologia delle traduzioni polacche di alcune fonti
narrative riguardanti le regioni di Slesia e di Pomerania:
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La disciplina storica moderna ormai da molto tempo si occupa dell’attendibilità delle relazioni cronachistiche al fine di ricostruire su queste basi i
fatti storici. un altro approccio alle fonti narrative medievali è comunque
possibile; anzi, bisogna sempre ricordarsi di un altro loro significato. esse
sono infatti allo stesso tempo una testimonianza dello stile letterario, delle
preferenze dei lettori, del gusto e delle esigenze intellettuali ed emotive
dell’epoca. esse ci dicono non soltanto quello che i loro autori volevano
raccontare dei propri tempi, ma permettono di cogliere il loro metodo, di
interrogarsi sul raggio della loro influenza e di conoscere la cultura letteraria del medioevo46.
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i primi lavori di Kürbis, circoscritti alle cronache di una sola regione,
diedero presto origine ad un programma di studi sulla cultura storica della
Polonia medievale che costituì il cantiere per la sua riflessione teoretica.
Per quest’ultima ha coniato il termine “Ÿródłoznawstwo” (vicino alla
“Quellenerkentniss” tedesca), con il quale designava un’esegesi più approfondita delle fonti, che andava oltre la tradizionale critica esterna e interna
e, considerando la fonte un avvenimento storico, intendeva comprenderla
e spiegarla nel suo proprio contesto sociale e intellettuale47.
przekazicielem faktów, ale jednoczeœnie bezpoœrednim, mimo intencji autora odbiciem
konkretnych okolicznoœci dziejowych. odbicie to odnajdujemy zarówno w treœci napisanej,
jak i w formie literackiej – obie s¹ nierozerwalnie z sob¹ zwi¹zane i wzajemnie siê warunkuj¹». Su quest’ultimo punto Kürbis osservava che il genere letterario tradizionale può a
priori determinare le tematiche di un’opera, ma talvolta i problemi attuali che tormentantano un intero ambiente sociale sono in grado di far scoppiare le forme convenzionali, come
succedette nelle compilazioni annalistiche polacche a partire dal fine del Xiii secolo e nelle
cronache di quell’epoca. in modo simile Arnaldi si poneva la domanda sulla capacità della
forma tradizionale della cronachistica comunale a comprendere il fenomeno straordinario
del governo ezzeliniano (G. ARnALdi, Studi sui cronisti della Marca Trevigiana nell’età di
Ezzelino da Romano, Roma 1963, pp. iXs.).
46 A. GieySztoR, Œl¹sk i Pomorze w dziejopisarstwie polskim wieków œrednich,
warszawa 1947, p. Vi: «nowo¿ytna historiografia para siê od doœæ dawna wyłuskiwaniem
wiarygodnych przekazów kronikarskich i ustalaniem na ich podstawie faktów historycznych. Mo¿na jednak spojrzeæ na Ÿródła opisowe œredniowieczne inaczej, a nawet trzeba
stale pamiêtaæ i o innym jeszcze ich znaczeniu. S¹ one mianowicie jednoczeœnie pami¹tk¹
stylu literackiego, upodobañ czytelniczych, smaku i potrzeb umysłowych i uczuciowych
swego czasu. Mówi¹ nam bowiem nie tylko to, co chcieli zapisaæ o swej epoce ich autorzy,
ale umo¿liwiaj¹ one siêgniêcie do ich warsztatu pisarskiego, zbadanie krêgu ich oddziaływania, poznania kultury literackiej wieków œrednich».
47 Quest’ultima formula è usata in b. KüRbiS, Studia nad Kronik¹ Wielkopolsk¹ cit., p.
2 («potrzeba wytłumaczenia pisarza w jego własnym œrodowisku społecznym i intelektual-
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Colpisce l’affinità delle dichiarazioni dei medievisti romani, tra cui
Arnaldi, e dei loro contemporanei polacchi nonché la sintonia degli
approcci. Si tratta di posizioni che si erano sviluppate indipendentemente
(a causa, fra altro, di un reciproco isolamento negli anni della seconda
guerra mondiale e immediatamente seguenti ad essa) e si sono incontrate
già mature quando, a partire del 1955, i contatti furono ristabiliti. Così mi
spiego la mancanza delle citazioni o riferimenti reciproci. Ma il tema
doveva essere presente nelle conversazioni di Arnaldi con i colleghi polacchi, come egli stesso dice a proposito del suo soggiorno a Cracovia nel
197448. L’intensa collaborazione al Nuovo Potthast, sin dal 195649, è forse
la migliore testimonianza di un “canone” profondamente condiviso tra
Roma, Varsavia, Poznañ; e, in generale, di un clima più favorevole e più
attento alle fonti narrative che si stava diffondendo nella medievistica europea nei decenni centrali del novecento. infatti, l’approccio appena illustrato non era un tratto specifico delle sole storiografie italiana e polacca.
nym»). una prima definizione di “Ÿródłownawstwo” appare nel saggio dedicato alla cultura
storica nella Polonia medievale (KüRbiS, Ze studiów nad kultur¹ historyczn¹ wieków œrednich w Polsce, «Studia +ródłoznawcze», 3 (1958), pp. 49-59: 49). Sul progetto della Kürbis
vedi e. SKibiÑSKi, Projekt Ÿródłoznawstwa według Brygidy Kürbis, «Historia Slavorum
occidentis» 1 (2) (2012), pp. 11-21. È interessante vedere come nello stesso tempo Kürbis
spiegava quel concetto ai suoi interlocutori francesi in un discorso databile al 1958 e collegabile con la missione di ricerca di tre mesi concessale dal CnRS nel 1958 (il testo manoscritto è conservato in un quaderno tra i materiali non inventariati in PAnAP, P.iii–129,
busta 32, riporto il testo come si legge, correggendo solo pochi errori di accentuazione o di
genere): «en ce qui concerne les sources historiques on les considère non seulement
comme témoins, c. à d. leur rôle intermédiaire entre les événement historiques et nous, les
chercheurs, mais aussi comme faits historiques également, c. à d. reflétant le processus historique dans toute sa portée. en autres mots, l’analyse de la source historique envisage 1)
premièrement la critique d’éruditions et littéraire et 2) deuxièmement le problème du
milieu social et culturel, du moment historique où la source est née. [...] une telle interprétation des sources ajoute pour ainsi dire des faits historiques à l’histoire politique ou culturelle, des faits pas remarqués par nos anciens prédécesseurs [...] d’autant plus faut-il des
efforts pour discerner la portée historique d’une transmission. on cherche alors à appliquer
à l’interprétation de la source historique une méthode plus dynamique, une critique plus
large qui surpasse dans beaucoup de points ce que nous enseignaient les manuels de
méthode historique, surtout le manuel de bernheim, devenu classique et assimilé aux historiens polonais par Marceli Handelsman» (c. 6a r-v).
48 «oggi pomeriggio, rispettando il programma, sono stato ospite dei colleghi medievisti dell’università. Conoscono benissimo i miei lavori di storia della storiografia veneziana. Abbiamo parlato di długos [sic, si legga długosz J.K.] (ho in valigia, ricevuto in
dono, il vol. iii, fresco di stampa) [si tratta dell’edizione dei libri 5-6 di Ioannis Dlugossii,
Annales seu Cronicae incliti Regni Poloniae, Varsaviae 1973, J.K.] (Lettera a Gieysztor,
Cracovia, il 23 maggio 1974, PAnAw, iii–352, fasc. 1134). Su questo viaggio vedi sopra.
49 Sugli inizi della collaborazione polacca al Repertorium vedi sopra, nota 18.
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Già prima esso si riconosce in alcuni studi tedeschi sulla storiografia
medievale, soprattutto in quelli di Johannes Spörl e Helmut beumann50;
idee simili spuntano nella storiografia anglosassone (Vivian Hunter
Galbraight51) e in quella francese (Jean-François Lemarignier52, per fiorire
più tardi nell’opus di bernard Guenée53). Sarà il compito di future ricerche
illustrare meglio lo sfondo su cui l’interesse per le fonti narrative, e in particolare per cronache, si rinnovava nei singoli ambienti storiografici e il
ruolo degli stimoli reciproci54. Qui basti osservare che la stessa Kürbis
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50 Si vedano, fra gli altri studi: J. SPöRL, Das mittelalterliche Geschichtsdenken als
Forschungsaufgabe, «Historisches Jahrbuch», 53 (1933), pp. 281-304, H. beuMAnn,
Widukind von Korvei. Untersuchungen zur Geschichtsschreibung und Ideengeschichte des
10. Jahrhunderts, weimar 1950.
51 V.H. GALbRAitH, Historical Research in Medieval England, London 1951 (the
Creighton Lecture in History, 1949).
52 J.-F. LeMARiGnieR, Autour de la royauté française du IXe au XIIIe siècle,
«bibliothèque de l’École des Chartes», 113 (1955), pp. 5-36: si vedano le considerazioni
sulla continuation d’Aimoin del ms. Paris, bnF, lat. 12711 alle pp. 11-13 e Appendix (pp.
25-36), dove ricorre all’expertise di Jean Porcher per distinguerne tre parti e riflette sul
metodo del compilatore storiografico.
53 Sull’impatto che i lavori di Arnaldi ebbero sugli studi di Guenée vedi il saggio di
Jacques Verger nel presente volume.
54 nella medievistica polacca un “recupero” della soggettività delle fonti narrative si
osserva nel primo dopoguerra, ad esempio, negli studi di Kazimierz tymieniecki sulle
“légendes savantes” e, più in generale, sulle ideologie politiche elaborate nelle cronache
medievali polacche (cfr. b. KüRbiS, Człowiek i kultura w perspektywie badawczej Kazimierza
Tymienieckiego. Garœæ wsponieñ i refleksji, in Kazimierz Tymieniecki (1887-1968). Dorobek
i miejsce w mediewistyce polskiej, cur. J. StRzeLCzyK, Poznañ 1990, pp. 99-112) e nel
campo di storia delle idee nell’alto Medioevo occidentale (gli studi di Marian H. Serejski).
L’interesse per la dimensione ideologica dei testi storici si trovò, nel secondo dopoguerra,
in sintonia con le posizioni marxiste (cfr. SKibiÑSKi, Projekt Ÿródłoznawstwa cit., p. 14), che,
a loro volta, spingevano a considerare una fonte parte immanente del “processo storico”.
Su tale premessa Gerard Labuda formulava la sua definizione di fonte storica, quale «ogni
avanzo psicofisico e sociale che per il fatto di essere prodotto del lavoro umano e di partecipare, allo stesso tempo, all’evoluzione di una società, acquisisce la capacità di riflettere
quest’evoluzione» (G. LAbudA, Próba nowej systematyki i nowej interpretacji Ÿródeł historycznych, «Studia +ródłoznawcze», 1 (1957), pp. 3-52: 22; cfr. p. 43, dove, a proposito delle
opere storiografiche, osserva che gli storici di solito le leggono come fonti delle notizie sugli
avvenimenti, ma di rado le considerano come prodotti del processo storico che corrispondono ad una particolare tappa dell’evoluzione della coscienza sociale). un simile postulato
di non isolare i testi storiografici dall’insieme dei processi storici e di cogliere la dinamica
del pensiero storico fu essenziale nel progetto della storia generale della storiografia che
Marian H. Serejski costruiva, non senza riferimenti crociani, a partire dal saggio
Problematyka Historii Historiografii, in Pamiêtnik VII Powszechnego Zjazdu Historyków
Polskich we Wrocławiu 19-22 wrzeœnia 1948, t. ii, z. 1, warszawa 1948, pp. 41-51. tutti e
tre gli studiosi (tymieniecki, Labuda, Serejski) sono a vario titolo richiamati negli studi
della Kürbis, che allo stesso tempo dimostrava una buona conoscenza degli studi tedeschi,
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vedeva i suoi lavori proprio in un contesto europeo e senza distinguere tra
diverse storiografie nazionali notava un generale progresso metodologico.
da borsista della XVii Settimana di Spoleto – quella dedicata alla storiografia altomedievale –, durante la quale aveva ascoltato la conferenza di
Arnaldi e aveva fatto un lungo intervento sugli annali polacchi in seguito
alla lezione di Ganshof, così concludeva la sua cronaca del convegno:
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Senza rinunciare ad una dettagliata critica erudita, secondo le migliori tradizioni del canone medievistico, gli studiosi europei hanno arricchito i
loro studi sulla storiografia con i più raffinati metodi delle discipline filologiche [...], della storia della cultura intellettuale, della storia sociale e
della mentalità. essi considerano la riflessione storica, che sia rozza o
colta, come un dialogo deliberatamente istituito tra lo scrittore e il destinatario, in mezzo alle circostanze storiche e a proposito dei problemi i più
essenziali di una società. Perciò la XVii Settimana, per averlo dimostrato,
si può tenere per una delle più importanti e più riuscite55.
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È soltanto un assaggio di una storia parallela delle storiografie italiana
e polacca del novecento, ancora da scrivere.
bisogna, infine, osservare, che la lunga e proficua collaborazione con
gli studiosi polacchi, stimolando in Arnaldi l’interesse per la storiografia
compresi quelli di Spörl e di beumann. Alla monografia di quest’ultimo su Vidukindo
dedicò un articolo di recensione (b. KüRbiS, Literaturoznawstwo a historiografia œredniowieczna, «Roczniki Historyczne», 20 (1951-52, apparso nel 1955), pp. 167-180: 167-177, in
cui, riconoscendo l’importanza del lavoro, notava la mancata presa in considerazione dei
condizionamenti ideologici e sociali delle posizioni del cronista, che beumann aveva cercato di caratterizzare soltanto a partire dalla lingua, dallo stile e dai riferimenti testuali.
Recensendo invece, vent’anni dopo, una raccolta di studi di beumann (Ideengeschichtliche
Studien zu Einhard und anderen Geschichtschreibern des früheren Mittelalters, darmstadt
1969) vi riconosceva il metodo di una più profonda analisi filologica storicizzante («Studia
+ródłoznawcze», 16 (1971), p. 224). Cfr. le osservazioni fatte nel 1961 da Arsenio Frugoni
sulla «costituzione per la filologia di un metodo storico» (A. Frugoni, La ricerca storica e le
scienze ausiliarie, in Gli stati e le civiltà cit., pp. 257-314: 293). Forse proprio nel superamento dell’«antica separazione tra filologia e storia» (ancora Frugoni) a cavallo tra il XiX
e il XX secolo sarebbe da cercare la vera base su cui nel pieno novecento si rinnovarono
gli studi sulla storiografia medievale.
55 b. KüRbiS, Diciassettesima settimana di studio: La storiografia altomedievale, Spoleto,
10-16 aprile 1969, «Studia +ródłoznawcze», 15 (1971), p. 277-278: 278. Meno entusiasta era
stato Gieysztor, che pure aveva partecipato alla Settimana (la sua cronaca in «Kwartalnik
Historyczny», 77 (1970), pp. 271-273). Per il collega maggiore della Kürbis «troppo di rado
si sentiva parlare della vita dei monumenti storiografici, delle loro funzioni nella formazione
della coscienza sociale; troppo spesso l’orizzonte delle conferenze si limitava alla genesi di
testi e al loro valore informativo, inteso come effettiva utilità per ricostruire singoli fatti».
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moderna sul Medioevo polacco56 e alimentando in lui la curiosità per la
cultura e per la storia contemporanea di Polonia (curiosità, e conoscenze,
che trovarono espressione in vari articoli di giornale, su cui infra), non lo
portò a fare del Medioevo polacco un tema di ricerca. non è che Arnaldi
non sarebbe stato disposto ad allargare i suoi studi anche in quella direzione, come dimostra la conferenza dedicata a Polacchi a Venezia, e un
padovano in Polonia nel secolo XIII, presentata al convegno italo-polacco a
Venezia nel 1977 (è veramente un peccato che Arnaldi non l’abbia consegnata per la stampa nel volume degli atti)57. Lo sviluppo che nel caso di
Arnaldi rimase piuttosto in potentia, è stato invece messo in atto da un’altra rappresentante della medievistica romana, Fiorella Simoni58, collaboratrice di Arnaldi nell’ateneo romano, dove incontrava i docenti polacchi
56 Alla metà degli anni Sessanta risalirebbe l’idea di Arnaldi, a quanto pare mai portata
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in porto, di pubblicare in italia una raccolta di saggi di Gieysztor. Arnaldi ne scrive a
Gieysztor, riferendosi evidentemente a qualche scambio precedente, nella lettera del 27
marzo [1965] (PAnAw, iii–352, fasc. 1134): «Per il Suo libro da pubblicare in italia, sono
d’accordo sulla opportunità di rinunciare all’idea di tradurre il volume complessivo sul
Medio evo polacco. una raccolta di saggi servirà certo meglio al mio scopo che è quello di
far conoscere agli studiosi italiani i metodi della scuola storica polacca. Appena avrò avuto
una risposta dagli editori che ho interpellati, Le scriverò ancora per metterci d’accordo sui
dettagli».
57 Sul convegno vedi sopra, nota 29. il testo della relazione, non incluso negli atti, non
è stato finora reperito, ma di quale padovano si trattasse è desumibile dalla copia dattilocritta della lettera scritta in italiano da Kürbis, datata al 26 febbraio 1978 (PAnAP,
P.iii–129, fasc. 162). La mittente si rivolge al «Caro Professore e Collega» che, grazie al
ricordo di sua «moglie Sara» nell’escatocollo, è senza dubbio identificabile con Arnaldi.
Anche se la lettera non fa alcun cenno al convegno veneziano, la vicinanza temporale e il
contenuto permettono di riferirla all’intervento di Arnaldi. infatti, Kürbis riassume quanto
le era stato comunicato dal prof. zbigniew Perzanowski di Cracovia (l’originale ivi, datato
al 13 gennaio 1978; la copia della lettera di Perzanowski si dice allegata alla lettera spedita
ad Arnaldi) a proposito di alcuni documenti polacchi, tra cui la sentenza rilasciata nel 1238
da Salomone, canonico di Cracovia e arcidiacono di Sandomierz, e da uger, detto
buzzacarinus, professore del diritto di Padova, e approvata da Sulislao (così Perzanowski
intende un’aggiunta con il nome di Sulislao), canonico di Cracovia e studente a Padova che
forse aveva chiamato buzzacarino in Polonia. Quest’ultimo sarebbe stato il “padovano in
Polonia” trattato da Arnaldi. Sull’episodio vedi ora la voce di t. GRonowSKi, Sulisław, in
Polski Słownik Biograficzny, 45/3, fasc. 183, warszawa-Kraków 2008, pp. 471-472.
58 Mi riferisco soprattutto ai tre saggi “polacchi”: Profezia e politica nella Polonia
medievale: la Vita maior s. Stanislai, L’immagine di Stanislao di Cracovia nella produzione
storico-letteraria tra XII e XIII secolo e La regalità dei primi Piasti tra memoria storica e leggenda, appartenti all’ultimo periodo dell’attività, prematuramente interrotta, della studiosa,
usciti tra il 2002 e 2007 ed ora ripubblicati in F. SiMoni, Culture del medioevo europeo, cur.
L. CAPo - C. FRoVA, Roma 2012, nn. 16-18. Cfr. A. FARA, L’Europa orientale negli studi di
Fiorella Simoni, in Medioevo e Romanticismo cit., pp. 59-70.
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invitati59, e nella redazione centrale del Repertorium, dove già prima era
responsabile delle voci polacche60.
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3. i rapporti professionali che Arnaldi ebbe con gli storici polacchi ben
presto acquistarono una dimensione più profonda. tra i primi e più cari
amici polacchi era senz’altro Aleksander Gieysztor (1916-1999). Più vecchio di Arnaldi di tredici anni e nel 1958 già professore e direttore
dell’istituto Storico dell’università a Varsavia, Gieysztor da “illustre e caro
Professore” nelle prime lettere, divenne “caro collega e amico” negli anni
Sessanta61; e a partire dagli anni Settanta nelle lettere private Arnaldi non
si rivolgeva a lui se non con gli appellativi “carissimo amico”, “carissimo”,
“carissimo Alessandro”. nel biglietto di auguri datato al natale del 1974
scriveva Arnaldi: «Penso spesso a te e ti considero parte di un’ideale facoltà universitaria, composta di amici che condividono la fede in alcuni
valori essenziali sempre più calpestati nel mondo»62. Come risulta dai rinnovati inviti e precisi appuntamenti, Gieysztor più volte fu ospite a casa di
59 Come testimonia Karol Modzelewski, è stato proprio in occasione delle lezioni date
alla Sapienza su invito di Arnaldi negli anni novanta che egli ha conosciuto Fiorella Simoni
(K. ModzeLewSKi, Ricordo di Fiorella Simoni cit., p. 19).
60 Gieysztor esprimeva il grande apprezzamento della sua collaborazione nel resoconto
dei lavori del Repertorium già alla metà degli anni Settanta: «w komitecie rzymskim na
szczególne uznanie zasługuje współpraca z referentk¹ naszego działu dr Fiorelli [sic]
Simoni balis-Crema» (A. GieySztoR, Repertorium fontium historiae medii aevi, «Studia
+ródłoznawcze», 20 (1976), pp. 283-284: 283).
61 PAnAw, iii–352, fasc. 1134: “illustre e caro professore” (31 luglio 1959, 27 marzo
1965); Arnaldi apre la lettera spedita al rientro dal convegno in Polonia (26 settembre 1965)
con “caro Amico”, ma si sente obbligato a scusarsi e aggiunge tra parentesi «mi permetta
di rivolgermi a Lei con questo appellativo non accademico». nella seconda metà degli anni
Sessanta Arnaldi esita tra appellativi riflettenti l’anzianità di Gieysztor: “illustre e caro professore” (4 marzo 1968), “Caro professore” (6 luglio 1967) e quelli esprimenti la parità dei
colleghi: “illustre e caro collega” (20 ottobre 1966), “caro collega ed amico” (16 settembre
1968), “carissimo collega ed amico” (26 giugno 1966), “caro amico” (23 gennaio 1966; 20
marzo 1969). Se la consistenza della corripondenza ricevuta conservata nel lascito di
Gieysztor può avere qualche significato, bisognerebbe constatare che i rapporti tra i due
studiosi si consolidarono grazie al convegno in Polonia nel 1965, i cui preparativi, lo svolgimento e gli atti sono argomento di un proficuo scambio epistolare negli anni 1965-1968
(cfr. sopra). Precede queste lettere soltanto quella del 1959, che è la prima in assoluto.
nello stesso senso andrebbe interpretata la lista dei suoi contatti all’estero che Gieysztor
stese su richiesta dei servizi di sicurezza il 16 gennaio 1964. Ci si trovano i nomi di Raffaello
Morghen, Giovanni Antonelli, Giuseppe ermini, Fulvio Crosara, Giorgio Cencetti,
Giovanni Maver, Federigo Melis e Cinzio Violante, ma non di Arnaldi (AiPn bu
01168/126, cc. 51-52).
62 PAnAw, iii–352, fasc. 1134.
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Arnaldi63. nel corso degli anni Settanta il cerchio di amici polacchi si
allargò a includere altri studiosi, come Jerzy Kłoczowski (1924-2017),
medievista specializzato in storia religiosa, docente all’università Cattolica
di Lublino; bronisław Geremek (1932-2008), storico degli emarginati, formatosi a Varsavia e a Parigi, dove lo conobbe Arnaldi; Krzysztof Pomian
(nato nel 1934), storico della filosofia, nel 1973 emigrato in Francia, dove
due anni dopo fece conoscenza di Arnaldi64, e il più giovane di loro, Karol
Modzelewski (classe 1937), storico e dissidente politico, che Arnaldi ha
potuto conoscere soltanto durante il viaggio in Polonia nel 197465.
i rapporti di amicizia stretti con un gruppo di studiosi polacchi operanti sia in Polonia che in diaspora presto portarono ad un interesse, e direi
anche amicizia, verso il paese e la sua cultura, che nel frattempo si era rivelato il suolo patrio della moglie Sara. Quest’attenzione, a partire al più
tardi dal 1981, travalicava una dimensione meramente personale, per assumere il carattere di un impegno civile. in seguito alla proclamazione della
legge marziale in Polonia il 13 dicembre 1981, Arnaldi, insieme a Jacques
Le Goff e Krzysztof Pomian, lanciò l’appello firmato da un gruppo di
intellettuali europei e pubblicato, prima, il 21/22 dicembre, su «La Voce
Repubblicana» e il giorno di natale su «Le Monde». i firmatari richiedevano «la liberazione immediata di tutti i detenuti» e s’impegnavano a rifiutare «ogni forma di collaborazione con organi alle dipendenze di un potere
fondato sulla forza e sulla repressione», se le persecuzioni dei loro colleghi
e amici polacchi fossero continuate66. Poco dopo, l’11 marzo del 1982,
Arnaldi introdusse i lavori del convegno internazionale sul tema Cultura e
63 ivi, le lettere del 26 settembre 1965; 20 ottobre 1966; 6 luglio 1967; 4 marzo 1968;
16 settembre 1968; 20 marzo 1969; 3 agosto 1970; una lettera non datata scritta su un foglio
intestato del CiSAM e della XiX Settimana (15-21 aprile 1971).
64 Come ricorda Krzysztof Pomian (lettera all’a. del 12 marzo 2017) l’occasione fu il
convegno sul tema Les terreurs de l’an 2000 tenutosi a Jouy-en-Josas, 27-30 settembre del
1975, a cui entrambi parteciparono, Pomian in veste di relatore, Arnaldi in quella di uditore. A questo convegno Arnaldi dedicò poi due articoli: Il passato per il futuro, «il
Giornale» (31 ottobre 1975), e La leggenda “progressista” dell’«oscuro Mille»,
«L’europa/idee e costume» (14-28 novembre 1975), ora ripubblicati in G. ARnALdi,
Pagine quotidiane cit., pp. rispettivamente 409-415 e 90-99.
65 G. ARnALdi, Due medievisti a Danzica, in ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit.,
pp. 59-64: 60, e Intervista a Karol Modzelewski, cur. P. GuGLieLMotti - G.M. VARAnini,
«Reti Medievali Rivista», Xi (2010), 1 (gennaio-giugno), pp. 509-579: 525.
66 Gli intellettuali per la Polonia, «La Voce Repubblicana», Anno LXi, numero 157,
nuova serie, 21-22 dicembre 1981, p. 1. All’appello è dedicato Il Punto nel numero 158 del
22/23 dicembre. La raccolta delle firme continuava nei giorni seguenti arrivando a 37 nomi
nelle adesioni pubblicate nel numero del 5-6 gennaio del 1982 (Anno LXii, numero 2,
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politica in Polonia prima e dopo il colpo di Stato, voluto dal presidente del
consiglio Giovanni Spadolini67. A partire da questo intervento, in una serie
di articoli, o meglio saggi, pubblicati su «il Giornale» e «il Messaggero»
negli anni ottanta e novanta, Arnaldi, si è fatto interprete delle attualità e
della storia contemporanea della Polonia68. e ne era un interprete informa-
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nuova Serie, p. 1). Cfr. il testo francese Plus de quatre mille scientifiques et intellectuels français demandent «de suspendre toute relation susceptible d’aider les auteurs, polonais ou non,
du coup de force», «Le Monde», 25 dicembre 1981, p. 5. il numero di firme ammontò a
4150. Arnaldi aderì anche alla lettera aperta degli storici italiani a Henryk Jabłoñski,
Presidente del Consiglio di Stato e professore di storia, del 21 gennaio 1982, nella quale
oltre trecento firmatari chiedevano l’abolizione dello stato di guerra, il rilascio dei detenuti,
facendo esplicitamente i nomi dei tre storici: władysław bartoszewski, bronisław Geremek
e Karol Modzelewski. L’iniziativa, partita dall’ateneo fiorentino, è stata ricordata da Guido
Vannini durante l’intervista a Karol Modzelewski (27 maggio 2014): Un caso di storia pubblica. Karol Modzelewski intervistato da Anna Benvenuti e Guido Vannini <https://www.
youtube.com/ watch?v=cgm41tra_wQ> (a partire dal minuto 6.41; ultima consultazione il
10 giugno 2017; il filmato, del 2015, è corredato dalle foto dei documenti). Adam
Manikowski, che svolgendo in quel tempo le sue ricerche a Firenze seguiva da vicino questa
iniziativa, mi ha informato che Arnaldi aveva coordinato la raccolta di firme a Roma. La lettera, resa pubblica nei giornali, fu accompaganta dall’articolo di [A. MAniKowSKi], Cinque
profili di storici polacchi, «Quaderni storici», 17/49 (1982), 1 (aprile), pp. 328-331, dove si
offrivano i curricula vitae di cinque storici (oltre ai tre menzionati nella lettera, Jerzy Holzer
e Jerzy Jedlicki) e i nomi di altri dieci, tutti internati.
67 G. ARnALdi, La cultura e politica a Varsavia prima e dopo il colpo di stato, in
ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit., pp. 49-57, pubblicato originariamente, insieme
con gli altri interventi in Per la libertà della Polonia. Atti del Convegno su «Cultura e politica in Polonia prima e dopo il colpo di Stato» (Roma, 11 marzo 1982), Roma 1983 (ma
1984), pp. 13-21. il suo ruolo di ideatore e promotore di entrambe le iniziative mi è stato
confermato da Krzysztof Pomian (lettera all’a. del 12 marzo 2017).
68 Si tratta dei seguenti articoli: Due medievisti a Danzica («il Giornale», 21 settembre
1982, ora in ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit., pp. 59-64), Dopo la tavola rotonda
del febbraio 1989 («il Giornale», 25 aprile 1989, ora in ARnALdi, Le mie Argentina e
Polonia cit., pp. 65-70); Un cimitero polacco illustrato («il Giornale», 30 luglio 1989, ora in
ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit., pp. 71-76); L’Europa di là da venire di Krzysztof
Pomian («il Messaggero», 30 agosto 1990, ora in ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit.,
pp. 77-81); Le colpe e la fede di Jacek Kuroñ («il Messaggero», 3 dicembre 1990, ora in
ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit., pp. 83-87); La Polonia alle prese con la democrazia («il Messaggero», 19 febbraio 1996, ora in ARnALdi, Le mie Argentina e Polonia cit., pp.
89-92). A questi va accostata la Lettera a un soldato della libertà («La Repubblica –
Mercurio/discussione», 27 gennaio 1990, ora in ARnALdi, Pagine quotidiane cit., pp. 646647) in cui Arnaldi rivolgeva a Karol [Modzelewski] una domanda sulle sorti del marxismo
teoretico dopo la rivoluzione che si stava svolgendo nell’europa dell’est. un’attenzione alla
Polonia e all’est europeo contemporanei traspare anche da alcuni articoli trattanti di fenomeni più generali o del passato remoto, ad esempio in Il passo falso di Amalrik: una tesi sulla
‘Russia di Kiev’ («L’europa / idee e costume», 3-17 ottobre 1975, ora in ARnALdi, Pagine
quotidiane cit., pp. 530-535), L’imbroglio bulgaro («il Giornale», 7 gennaio 1983, ora in
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tissimo. infatti, due dei suoi amici si trovavano in prima fila negli avvenimenti che avevano portato all’accordo dell’agosto 1980 e alla registrazione
del sindacato di Solidarnoœæ – Modzelewski ne fu membro e portavoce,
Geremek, uno dei consulenti esterni di wałêsa. Arnaldi commentando i
mesi precedenti la legge marziale, si riferiva a quanto aveva saputo da
Modzelewski, incontrato a Roma durante la visita della delegazione di
Solidarnoœæ (13-19 gennaio 1981), e da Geremek, con cui parlò più volte
nel novembre del 1981, sempre a Roma, dove Geremek, insieme a diversi
altri storici polacchi, partecipava al convegno vaticano sulle Comuni origini
cristiane delle nazioni europee (3-7 novembre). traspare nelle sue pagine il
fascino esercitato su di lui dalla stretta collaborazione tra gli operai e gli
intellettuali nel quadro di SolidarnoϾ e anche una specie di orgoglio che
tra questi, oltre i giuristi, ci fossero illustri storici, come Geremek e
Modzelewski; nonché il rispetto per la tenacia di chi, ormai internato,
davanti alle proposte di lasciare per sempre il paese (e, aggiungeva Arnaldi,
molte università italiane o francesi li avrebbero volentieri accolti) aveva
deciso di rimanere in internamento69. Allo stesso tempo non gli sfuggivano
le sfumature e le ombre: già nel gennaio del 1981 aveva colto delle differenze d’opinione e divisioni all’interno di Solidarnoœæ70. dopo l’internamento di entrambi (il 13 dicembre 1981) e l’arresto di Modzelewski (fino
al 6 agosto 1984; Geremek fu rilasciato il 23 dicembre 1982, per essere poi
arrestato dal maggio al luglio 198371), Arnaldi mantenne contatti con
ARnALdi, Pagine quotidiane cit., pp. 161-164), Guardate la storia: è proprio uno spettacolo
(«il Messaggero», 21 ottobre 1989, ora in ARnALdi, Pagine quotidiane cit., pp. 639-642) e
Quando è il potere che si fa monaco («il Giornale», 11 dicembre 1989, ora in ARnALdi,
Pagine quotidiane cit., pp. 643-646). una precoce (1961) testimonianza di tale attenzione
verrebbe invece dal già citato Glossario dei termini storiografici (in Gli stati e le civiltà cit.)
che contiene una serie di voci polacche (e slave) non scontate, come: “AK”, “AL” (p. 469),
“Grody” (p. 501), “Krakusi” (p. 508), “Kral, Kralj, Krol” (p. 508), “Rada” (530), “zloty”
(p. 544). Arnaldi svolgeva il suo impegno di commentatore anche tramite gli amici polacchi: ad es. già nel 1975 aveva invitato Pomian a scrivere per «L’europa» (28 novembre-12
dicembre 1975, pp. 15-16) l’articolo Dagli studenti di Varsavia agli operai di Danzica. La
libertà d’espressione universitaria e le contraddizioni del regime polacco.
69 ARnALdi, La cultura cit., p. 57; ARnALdi, Due medievisti cit., pp. 59s. e 61.
70 Ibid., pp. 62s.
71 L’inchiesta contro Geremek fu aperta in seguito all’intervista rilasciata l’11 aprile a
Franco Venturini a Varsavia e pubblicata il giorno dopo su «il tempo» (AiPn, bu
576/117/1-2). in una lettera mandata a Gieysztor, quale presidente dell’Accademia polacca
delle Scienze, un gruppo di studiosi di torino (enrico Artifoni, Germana botto,
Piermichele de Agostini, ugo Gherner, Paola Guglielmotti, Antonella Martina, Antonella
tarpina) si dichiarò preoccupato dell’arresto ed espresse la speranza di una prossima scarcerazione di Geremek (la lettera e i firmatari sono menzionati nei rapporti del 9 e 20 giu-
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diversi altri amici e colleghi, come Gieysztor, che non era membro né del
partito, né del sindacato, ma da presidente dell’Accademia Polacca delle
scienze s’impegnava a mitigare la scissione che lacerava la società polacca.
ovviamente, non erano argomenti da discutere epistolarmente (le lettere
venivano lette dalla censura postale), ma Gieysztor, pur essendo sorvegliato dagli servizi di sicurezza, mantenne una relativa libertà di viaggiare
e continuava a frequentare i convegni internazionali, tra cui le Settimane di
Spoleto. All’inizio del 1989 proprio da Gieysztor Arnaldi ebbe notizie sulle
negoziazioni della tavola rotonda, cui Gieysztor avrebbe partecipato. È, tra
l’altro, significativo di una situazione ancora molto precaria il fatto che
Arnaldi, su richiesta dell’interessato, nell’articolo uscito nell’aprile si riferisse a lui con le iniziali (A.G.). L’altro informatore sulle stesse vicende era
Geremek, venuto in italia nel luglio del 1988, e poi nell’aprile del 1989,
accompagnando wałêsa durante la sua visita in italia, subito dopo la legalizzazione di Solidarnoœæ72.
emblematica della posizione di Arnaldi e dell’intrecciarsi delle diverse
dimensioni dei suoi rapporti con la Polonia in quegli anni fu la XXX
Settimana di Spoleto (15-21 aprile 1982). È un episodio assai noto e ormai
più volte raccontato, anche al lettore italiano73, ma siccome ebbe come
gno 1983, stesi nel quadro dell’operazione di sorveglianza di Gieysztor da parte dei servizi
di sicurezza, AiPn bu 0222/551, c. 292 e 302).
72 G. ARnALdi, Dopo la tavola rotonda cit. Ancora nel 1986 a Geremek non fu concesso
di fare un viaggio a Parigi, perciò la sua conferenza su Marc Bloch, historien et résistant
(uscita successivamente su «Annales. Économies, Sociétés, Civilisations», 41/5 [1986], pp.
1091-1105) fu letta a Parigi da Jacques Le Goff (l’episodio è ricordato da Geremek in
Bronisław Geremek en diálogo con Juan Carlos Vidal, Madrid 1997, p. 39). A Modzelewski,
invitato a insegnare all’École des Hautes Études e al Collège de France il passaporto di servizio fu rifiutato perfino nella primavera del 1989 (Intervista a Karol Modzelewski cit., p.
527). della visita di wałêsa esiste un interessante documentario dal titolo Œwiatło idzie z
Gdañska, girato da un’agenzia televisiva indipendente Video Studio Gdañsk (1989)
<https://www.youtube.com/watch?v=j4yn6Q2wP_g> (ultima consultazione il 10 giugno
2017).
73 oltre alle parole di Arnaldi citate sotto, si vedano la recente Intervista a Karol
Modzelewski cit., p. 541, e F.M. CAtALuCCio, Introduzione. Alla ricerca dell’Europa perduta,
in b. GeReMeK, Le radici comuni dell’Europa, Milano 1991, p. XiX, nota 33. non è invece
precisa l’informazione (ivi, p. XiX), che durante la prigionia Modzelewski avrebbe scritto
il libro dallo stesso titolo della relazione spoletina: il libro sull’Organizzazione economica
dello stato dei Piast fu scritto dopo la seconda scarcerazione nel 1971 e pubblicato nel 1975;
è stato invece il libro sui Contadini nella monarchia dei primi Piast a essere stato scritto
durante l’internamento e poi arresto, negli anni 1981-1984, per essere pubblicato nel 1987
(sulle condizioni in cui nacquero i due libri vedi K. ModzeLewSKi, ZajeŸdzimy kobyłê historii. Wyznania poobijanego jeŸdŸca, warszawa 2013, pp. 128s., 194, 345s.).
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protagonisti due storici polacchi, Karol Modzelewski e Aleksander
Gieysztor, entrambi amici di Arnaldi, e Arnaldi stesso, non posso rinunciare a ripresentarlo in questa sede. ne abbiamo i ricordi di tutti e tre i protagonisti, complementari uno all’altro. La Settimana del 1982 era dedicata
agli Slavi occidentali e il programma comprendeva conferenze di più relatori polacchi. La loro partecipazione però fu messa in forse dalla legge
marziale, imposta il 13 dicembre del 1981, che comportava l’effettiva chiusura delle frontiere. Alla fine i borsisti e i relatori polacchi, con Gieysztor
come capo della delegazione, poterono andare a Spoleto74, tutti tranne
Modzelewski, che dalla stessa notte del colpo militare era detenuto in un
campo di internamento, insieme ai compagni di SolidarnoϾ. Modzelewski,
senza aver ricevuto le pubblicazioni che aveva richiesto, disponendo tuttavia di un suo recente libro e di una memoria fenomenale, e sollecitato da
Gieysztor, scrisse nel campo la sua relazione dal titolo L’organizzazione
dello stato polacco nei secoli X-XIII e la consegnò al comandante del campo
perché fosse trasmessa a Gieysztor, allora presidente dell’Accademia
Polacca delle Scienze. Modzelewski – come risulta dalla sua lettera spedita
in marzo a Gieysztor e come esplicitamente racconta nelle sue memorie
pubblicate recentemente –, temeva che il testo, scritto in italiano, fosse a
lungo trattenuto dalle autorità del campo senza arrivare in tempo a
Gieysztor e con lui alla Settimana. Perciò, previdentemente, lo scrisse in
due copie e clandestinamente diede l’altra ad un giovane gesuita, confessore dei detenuti, il quale la consegnò a Gieysztor75. Fin qui Modzelewski.
Come proseguisse la storia egli lo ha potuto sapere solo post factum e di
seconda mano. ne parla invece Gieysztor, molto genericamente nella lettera spedita ancora da Spoleto al suo collega Gerard Labuda e in dettaglio
in una intervista degli anni novanta: egli partì per l’italia con la copia clandestina, quella legale gli pervenne quando era già a Spoleto, tramite una
borsista polacca, Maria dembiñska. il testo fu letto da Arnaldi, assistito da
Lech Leciejewicz, che pronunciava i nomi propri o le parole tecniche in
74
dalla Polonia, oltre a Gieysztor, vennero, come relatori, Juliusz bardach, Kazimierz
Godłowski e Lech Leciejewicz, più witold Hensel (senza relazione) e Maria dembiñska e
teresa dunin-w¹sowicz come borsiste. Piotr Skubiszewski, anche lui relatore, venne da
Poitiers. A Spoleto furono anche presenti altri studiosi polacchi che il 13 dicembre 1981 si
trovavano all’estero con diverse borse di studio, tra cui Jacek banaszkiewicz da Gottinga,
Maria Koczerska da Parigi e Halina Manikowska da Firenze (ringrazio Maria Koczerska e
Halina Manikowska per i loro ricordi su quella Settimana del tutto particolare).
75 La lettera di Modzelewski, datata al 1 marzo 1982, è stata pubblicata da R. JARoCKi,
Opowieœæ o Aleksandrze Gieysztorze, warszawa 2001, pp. 257s. Modzelewski ricorda l’episodio in K. ModzeLewSKi, ZajeŸdzimy kobyłê historii cit., pp. 344s.
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polacco76. ne abbiamo, infine, il ricordo dello stesso Arnaldi. nell’articolo
scritto per «il Giornale» alcuni mesi dopo e dedicato ai suoi amici medievisti
detenuti nei campi di isolamento, scriveva a proposito di Modzelewski: «Ho
avuto l’onore di prestargli la mia voce, così debole in confronto alla sua,
capace – mi assicurano – di dominare le assemblee più agitate. Appena ho
cominciato a leggere, due studiosi della Germania orientale abbandonarono
la sala in segno di tacita protesta. Confesso che non me ne rammaricai»77. La
lettura pubblica della relazione di Modzelewski fu presa male dal regime78 e
fu una delle premesse per sottoporre Gieysztor ad una sistematica sorveglianza dal maggio 198279.
Sbaglierebbe chi volesse interpretare l’abbandono da parte di Arnaldi
della scrittura pubblicistica sugli argomenti polacchi a partire della fine
degli anni novanta come segno dello spegnersi del suo interesse per l’attualità del paese. egli non smise mai di manifestare un’attenzione particolare alla politica e alla cultura polacca di oggi e d’informarsene tramite i
suoi amici polacchi, frequentando assiduamente gli eventi culturali presso
l’istituto Polacco di Cultura e presso l’Accademia Polacca a Roma e leg-
76 La lettera è stata edita in wÊCowSKi, Listy Aleksandra Gieysztora cit., n. 123, p. 477.
il ricordo di Gieysztor in JARoCKi, OpowieϾ o Aleksandrze Gieysztorze cit., p. 259.
77 ARnALdi, Due medievisti a Danzica cit., p. 64. negli atti della Settimana la nota
aggiunta al titolo della relazione di Modzelewski diceva: «il prof. Modzelewski non è
potuto intervenire ma ha inviato il testo della sua lezione, che è stato letto nella seduta» (Gli
Slavi occidentali e meridionali nell’alto medioevo, Spoleto 1983 [XXX Settimana], p. 12).
78 L’episodio spoletino fu oggetto di un rapporto degli servizi di sicurezza, datato a
Varsavia, l’8 maggio del 1982. il funzionario osservava che il fatto poteva suscitare «dei
commenti ostili da parte di certi centri di diversione ideologica nell’ovest» (AiPn, bu
0222/551, c. 59; ed. in Spêtana Akademia. Polska Akademia Nauk w dokumentach władz
PRL, i. Materiały Słu¿by Bezpieczeñstwa (1967-1987), cur. P. PLeSKot - t.P. RutKowSKi,
warszawa 2009, n. 119, p. 341).
79 Si veda il rapporto fatto a Varsavia, il 17 maggio 1982 (AiPn, bu 0222/551, cc. 810; ed. Spêtana Akademia cit., i, n. 120, p. 342 s.). nessun’altra reazione a questo né agli
altri atti di solidarietà compiuti da Arnaldi in seguito al 13 dicembre 1981 è venuta alla luce
dal primo sondaggio dei documenti prodotti da: 1) Ministero degli Affari esteri, in particolare dal dipartimento iV, responsabile dell’europa occidentale (fondo Departament IV:
46/84, w. 1, wł. 0-22; 7/86, w. 1, wł. 22; 8/86, w. 3, wł. 22, wł. 023; 8/86, w. 12, og. 35,
og. 50) e dall’Ambasciata polacca a Roma (dispacci ricevuti da Roma dal 13 dicembre 1981
fino a fine maggio 1982, fondo Zespół depesz, 23/84, w. 13, teczka 123; 26/84, w. 15, teczka
124); 2) Servizi di sicurezza incorporati nel Ministero dell’interno: AiPn bu, 0449/41/6
(dossier relativi ai politici polacchi e stranieri, 1974-89, dossier Giovanni Spadolini, cc. 189222), AiPn, bu 1368/9058 (fascicolo personale di Giovanni Spadolini), AiPn, bu
0204/517/1-3 (materiali prodotti nel quadro dell’operazione della sorveglianza di Krzysztof
Pomian, interrotta nel 1975), AiPn, bu 2602/16605 e 2602/16606 (materiali vari relativi
ai cittadini polacchi in italia e italiani in Polonia negli anni 1976-1981 e 1983-1985; 3)
Corpo di Stato Maggiore dell’esercito Polacco (AiPn bu 2602/20028, cc. 166-197).
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gendo i libri polacchi tradotti in lingue occidentali; una curiosità di cui
nell’ultimo decennio io stesso ho potuto essere più volte testimone.
una naturale conseguenza dei rapporti pluriennali con gli studiosi
polacchi fu, nel 1991, il conferimento dello status di membro straniero
dell’Accademia Polacca delle Scienze, su proposta di Gieysztor80. in riconoscimento del suo impegno, non più soltanto scientifico, nel 2012 il
Presidente della Repubblica bronisław Komorowski ha conferito a
Girolamo Arnaldi la Croce di Commendatore con Placca dell’ordine al
Merito della Repubblica della Polonia81.
Ho già menzionato diversi atti della solidarietà che univa Gilmo e i suoi
amici polacchi nelle difficoltà. La vicinanza reciproca nei momenti tristi è
un’ulteriore cifra di questi rapporti. nel 1983 Gieysztor esprimeva a
Gilmo il dolore per la scomparsa di Raffaello Morghen82. un anno dopo
brygida Kürbis indirizzava a Gilmo un breve ma molto personale ricordo
di Raoul Manselli, alla sua dipartita nel 198483. È stato poi Gilmo, nella lettera spedita a Gieysztor, a salutare Ryszard walczak, membro del comitato
polacco del Repertorium, morto prematuramente nel 198984. Seguirono le
80
il documento della presentazione del candidato (del 4 marzo 1991), indirizzato ad
Andrzej wyczañski, segretario della Facoltà i (classe di scienze umanistiche e sociali)
dell’Accademia, firmato da Aleksander Gieysztor, metteva in rilievo, oltre al profilo scientifico e alle funzioni ricoperte da Arnaldi, i suoi meriti per aver agevolato la partecipazione
degli studiosi polacchi ai convegni italiani, tra cui le Settimane di Spoleto, e per essere stato
co-ideatore della Scuola italo-polacca (il documento è conservato presso il Gabinetto del
Presidente dell’Accademia Polacca delle Scienza a Varsavia: ringrazio Małgorzata
Andrzejewska-Ratajczyk per avermelo reso disponibile). Concludeva Gieysztor, nello stesso
testo, che la sua proposta era appoggiata dal centro romano dell’Accademia. infine, per
mezzo delle lettere, alla proposta hanno subito aderito Stanisław tabaczyñski, archeologo,
Jerzy topolski, studioso della storia moderna e della metodologia (le loro lettere del, rispettivamente, 5 e 7 marzo, sono conservate insieme alla proposta), e di Gerard Labuda,
medievista (lettera del 12 marzo, menzionata in wÊCowSKi, Listy Aleksandra Gieysztora
cit., p. 479, nota 2 alla lettera n. 40 (124) in cui Gieysztor, il 4 marzo, chiedeva l’adesione
di Labuda). nel lascito di Gieysztor (PAnAw, iii–352, fasc. 702, c. 21) si conserva il dattiloscritto del discorso fatto da Gieysztor nella sede dell’Ambasciata polacca a Roma in
occasione della consegna dei diplomi ai neoeletti membri dell’Accademia: Arnaldi, Sante
Graciotti, Riccardo Picchio e Michele Jamiolkowski.
81 Anche questa cerimonia ebbe luogo all’Ambasciata, l’11 luglio del 2012.
82 Minuta manoscritta della lettera in francese, datata luglio 1983, conservata nel lascito di Gieysztor (PAnAw, iii–352, fasc. 1122, c. 43).
83 La minuta della lettera in italiano e il dattiloscritto con firma autografa di Kürbis,
quest’ultimo datato al 6 aprile 1985, si conservano nel lascito della studiosa (PAnAP,
P.iii–129, fasc. rispettivamente 43 e 129).
84 Lettera dattiloscritta con firma autografa di Arnaldi, datata il 17 gennaio 1990,
conservata nel lascito di Gieysztor (PAnAw, iii–352, fasc. 1134). tra la corrispondenza
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scomparse degli amici più cari, che Gilmo ricordò impegnandosi nell’organizzazione a Roma delle giornate loro dedicate: quella in memoria di
Gieysztor, scomparso nel 1999, tenutasi all’Accademia polacca nel 200085;
quella dedicata a bronisław Geremek, scomparso in un incidente stradale
nel 2008, tenutasi presso l’Accademia dei Lincei l’anno successivo86. ora
sono gli amici polacchi, medievisti e non, a sentire con dolore la mancanza
del loro grande interlocutore, socio, amico.
spedita (ivi, fasc. 1122, cc. 44-45) si conservano la minuta manoscritta e il dattiloscritto
della lettera in francese (datate entrambe il 18 dicembre 1989), con la quale Gieysztor informava Arnaldi della scomparsa di walczak e comunicava la decisione, presa d’intesa con
Kürbis, di affidare la guida del comitato polacco del Repertorium a Roman Michałowski.
85 Aleksander Gieysztor 1916-1999, uomo e studioso. Atti della giornata di studio svoltasi all’Accademia polacca di Roma e all’istituto polacco di Roma il 15 maggio 2000, cur.
K. ¯AboKLiCKi, Varsavia-Roma 2002 (Accademia Polacca delle Scienze. biblioteca e
Centro di Studi a Roma, Conferenze 116); si vedano i riconoscimenti ad Arnaldi espressi
da K. ¯aboklicki, p. 7, e da b. Geremek, p. 11.
86 e. CywiAK, L’Accademia dei Lincei ricorda l’europeista Geremek http://www.polonia-mon-amour.eu/2009/04/24/976/ (ultima consultazione il 10 giugno 2017).
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Fig. 1 - Lettera di Girolamo Arnaldi ad Aleksander Gieysztor, 31 luglio 1959 (dal lascito di
Aleksander Gieysztor in warszawa, Polska Akademia nauk Archiwum w warszawie,
iii–352, fascicolo 1134)
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Fig. 2 - Girolamo Arnaldi a ostrów Lednicki in Polonia, settembre 1965 (dal lascito di
brygida Kürbis in Poznañ, Polska Akademia nauk Archiwum w warszawie, oddział w
Poznaniu, P.iii–129, fascicolo 83)
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