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Franz Brentano e il cognitivismo emotivo

2018, Rivista internazionale di filosofia e psicologia

Il presente studio intende mostrare la natura specifica del cognitivismo emotivo proposto da Franz Brentano. In maniera più o meno evidente, la teoria del valore delineata da Brentano ha ricoperto un ruolo di primaria importanza nel dibattito assiologico-etico di fine Ottocento e inizio Novecento ed è ampiamente discussa anche all’interno del dibattito contemporaneo. Nel contributo (a) vengono richia-mati gli aspetti generali di tale teoria soffermandosi sulla nozione di “rappresentazione intuitiva” intesa come modalità che permette di conoscere ciò che giusto e ciò che è ingiusto. Si passa dunque a (b) discute-re l’accezione brentaniana di “preferibilità intrinseca”, (c) rilevando, in sede di conclusione, che l’effettiva centralità e attualità della teoria brentaniana sono conseguenza diretta della sua intrinseca natura “non univoca”. PAROLE CHIAVE: Franz Brentano; Valore; Emozione; Cognitivismo emotivo; rappresentazione intuitiva Franz Brentano and Emotional Cognitivism – This essay aims to describe the specific nature of the emotional cognitivism sketched out by Franz Brentano. Indeed in a more or less direct way the value-theory he developed has played a key-role both within the ethical-axiological debate at the turn of the 20th century and in contemporary debate. In this paper I (a) describe the general traits of Brentano’s val-ue-theory focusing primarily on his account of concrete intuitive presentation insofar as it allows us to acknowledge what it is right and wrong. Then (b) I discuss Brentano’s characterization of “intrinsic pref-erability” and conclude by arguing that (c) the historical-philosophical prominence and relevance of this value-account may be sought in its “not univocal nature”.

RIVISTA INTERNAZIONALE DI FILOSOFIA E PSICOLOGIA DOI: 10.4453/rifp.2018.0004 ISSN 2039-4667; E-ISSN 2239-2629 Vol. 9 (2018), n. 1, pp. 45-56 RICERCHE Franz Brentano e il cognitivismo emotivo Gemmo Iocco(α) Ricevuto: 10 dicembre 2017; accettato: 19 marzo 2018 █ Riassunto Il presente studio intende mostrare la natura specifica del cognitivismo emotivo proposto da Franz Brentano. In maniera più o meno evidente, la teoria del valore delineata da Brentano ha ricoperto un ruolo di primaria importanza nel dibattito assiologico-etico di fine Ottocento e inizio Novecento ed è ampiamente discussa anche all’interno del dibattito contemporaneo. Nel contributo (a) vengono richiamati gli aspetti generali di tale teoria soffermandosi sulla nozione di “rappresentazione intuitiva” intesa come modalità che permette di conoscere ciò che giusto e ciò che è ingiusto. Si passa dunque a (b) discutere l’accezione brentaniana di “preferibilità intrinseca”, (c) rilevando, in sede di conclusione, che l’effettiva centralità e attualità della teoria brentaniana sono conseguenza diretta della sua intrinseca natura “non univoca”. PAROLE CHIAVE: Franz Brentano; Valore; Emozione; Cognitivismo emotivo; Presentazione intuitiva █ Abstract Franz Brentano and Emotional Cognitivism – This essay aims to describe the specific nature of the emotional cognitivism sketched out by Franz Brentano. Indeed in a more or less direct way the valuetheory he developed has played a key-role both within the ethical-axiological debate at the turn of the 20th century and in contemporary debate. In this paper I (a) describe the general traits of Brentano’s value-theory focusing primarily on his account of concrete intuitive presentation insofar as it allows us to acknowledge what it is right and wrong. Then (b) I discuss Brentano’s characterization of “intrinsic preferability” and conclude by arguing that (c) the historical-philosophical prominence and relevance of this value-account may be sought in its “not univocal nature”. KEYWORDS: Franz Brentano; Value; Emotion; Emotional Cognitivism; Intuitive Presentation  IL NOME DI FRANZ BRENTANO è generalmente associato al termine intenzionalità e alla fortuna che tale concetto ha avuto, e continua ad avere, all’interno dell’orizzonte filosofico continentale e analitico; solo raramente però si ricorda che i molteplici motivi di riflessione che egli ha offerto agli sviluppi successivi non si limitano solo a problematiche di ordine psicologico-gnoseologico, ma si de- (α) vono estendere anche all’utilizzo del termine intenzionalità in chiave morale. Partendo dal presupposto che nell’ottica brentaniana parlare di etica significa fare luce sulle modalità di valutazione che permettono di scegliere e quindi di agire correttamente, oggetto specifico d’indagine sono il nesso sussistente tra soggetto e valore e quindi la possibilità di una valutazione formalmente corretta. Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali, Università degli Studi di Parma - Unità di Filosofia, via M. D’Azeglio, 85 - 43125 Parma (I) E-mail: gemmo.iocco@unipr.it () Creative Commons - Attribuzione - 4.0 Internazionale Iocco 46 L’obiettivo del presente studio è così analizzare gli aspetti maggiormente significativi dell’etica di Franz Brentano, mostrandone la natura non sempre teoreticamente lineare. Oggetto di specifico interesse sono la nozione di rappresentazione intuitiva (intuitive Vorstellung)1 – come modalità attraverso la quale il soggetto valutante ha la capacità di riconoscere ciò che è giusto e ciò che è errato dal punto di vista morale – e le analogie/differenze sussistenti tra giudizi ed emozioni. Secondo Brentano, infatti, tutti i fenomeni mentali – i soli ad essere dotati di evidenza e certezza – sono rappresentazioni o fondati su rappresentazioni: così anche i concetti moralmente connotati sono oggetto di rappresentazione intuitiva il cui contenuto è di natura mentale. Questa constatazione, se da un lato ha dato adito a molteplici fraintendimenti, dall’altro le ha permesso di essere interpretata secondo modalità differenti rendendola, di fatto, un momento di confronto di fondamentale importanza nella storia della filosofia contemporanea.2 La tesi che si vorrebbe dimostrare è che la fortuna teorico-concettuale e storico-filosofica di tale teoria dipende specificatamente dalla possibilità di interpretare in maniera non univoca l’assunto secondo il quale il valore sia oggetto di rappresentazione intuitiva di contenuto mentale. Effettivamente, nonostante Brentano non abbia dedicato molti scritti a problematiche di ordine etico-morale, la sua teoria del valore ha avuto un’influenza considerevole nel dibattito etico-morale di fine Ottocento e inizio Novecento. Ciò è confermato dal fatto che le tesi avanzate nella conferenza del 1889 Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis,3 e nelle Vorlesungen über praktische Philosophie tenute all’Università di Vienna tra il 1876 e il 18944 hanno fatto sì che egli fosse considerato un teorico del valore.5 A una più attenta analisi non si può fare a meno di rilevare che la “psicologia della valutazione” proposta da Brentano6 ha ricoperto, in modo più o meno diretto, un ruolo di evidente rilevo in molteplici, e per certi versi anche opposte, correnti di pensiero, come ad esempio le teorie marginalistiche del valore (Carl Menger, Eugen von Böhm-Bawerk), la psicologia della valutazione (Christian von Ehrenfels, Alexius von Meinong, Wilbur Urban), la fenomenologia (Edmund Husserl, Max Scheler, Nicolai Hartmann) e l’intuizionismo etico (George E. Moore, David Ross). Posizioni etiche che non sono dunque del tutto affini tra loro, ma che si trovano spesso in evidente contrasto su assunti fondamentali. Probabilmente, ciò è stato possibile in virtù dell’essenza stessa dell’epistemologia della mente di Brentano ovvero della sua natura non del tutto sistematica,7 che si riflette nell’impossibilità di estrapolare la teoria del valore mettendo in secondo piano gli assunti operativi sui quali si fonda la psicologia intesa come disciplina volta a ricercare la natura specifica delle attività psichiche, una psicologia “senz’anima” interessata invece a descrivere, spiegare e classificare le varie tipologie di atti.8 Spostando l’attenzione sul dibattito contemporaneo, all’interno di un più ampio interesse per l’epistemologia della mente di matrice cognitiva, le riflessioni etiche di Brentano continuano a rappresentare un paradigma di riferimento ogni qual volta ci si domanda se le emozioni siano giudizi valutativi9 o percezioni di carattere valutativo.10 La teoria di Brentano viene considerata come foriera dell’idea che le emozioni siano esperienze di carattere giudicativo anche se tale attribuzione non è tanto assodata quanto potrebbe sembrare a una prima considerazione 11 in quanto è rintracciabile una certa indecisione da parte di Brentano stesso che, come si cercherà di mostrare, deriva dal modo in cui s’intende il rapporto di fondazione sussistente tra le tre classi di fenomeni mentali. █ Franz Brentano e la conoscenza di ciò che è morale Nel tentativo di classificare le varie forme di sapere, Brentano riprende la distinzione aristotelica tra discipline teoretiche e discipline pratiche, affermando che l’etica possiede una funzione coordinatrice nei confronti delle altre forme di conoscenza in quanto es- Franz Brentano e il cognitivismo emotivo sa non è subordinata agli altri saperi, ma determina qual è il fine più alto che deve essere perseguito indicando anche le modalità necessarie per raggiungere tale fine. Infatti: Nelle discipline pratiche ci deve essere un fine che non è subordinato agli altri, vale a dire un fine che ci istruisce in merito al fine più alto e alla scelta dei mezzi che conducono a esso. Questa disciplina è solitamente chiamata etica, o filosofia morale. Essa è ovviamente la disciplina pratica più alta di tutte poiché è legata alle discipline pratiche particolari come l’architettura è legata alle forze dei lavoratori non qualificati. Ci insegna ciò che è di grande importanza per la vita. Colui che riconosce il fine a cui deve tendere è come il tiratore scelto che vede il suo obiettivo: egli possiede un maggior numero di possibilità di centrarlo rispetto a chi spara in maniera del tutto casuale.12 Nel campo pratico l’etica possiede una funzione analoga a quella che in campo teoretico possiede la metafisica: se il fine ultimo della metafisica è la conoscenza dei principi dell’essere e della verità, l’etica dal canto suo ci fornisce i principi pratici. Dal punto di vista metodologico si comprendono i principi – sia metafisici sia pratici – soltanto se adottiamo il metodo psicologico ovvero se si cerca di comprendere la natura intenzionale che caratterizza i fenomeni mentali e ciò significa, seguendo uno dei più importanti principi della teoria della conoscenza che Brentano formula nelle pagine introduttive della Psychologie vom empirischen Standpunkt del 1874, che la spiegazione di un concetto non richiede tanto una determinazione generale quanto un appello all’intuizione individuale. L’affidabilità epistemologica della psicologia dipende in parte dal nesso costitutivo e correlativo13 che questa instaura con la logica la quale, essendo disciplina tecnica che regola il ragionamento corretto, trae necessariamente i suoi fondamenti dalla psicologia, poiché ogni giudizio è prima di tutto un fenomeno mentale.14 Nell’ottica brentaniana, la psicolo- 47 gia non deve tanto studiare la psiche intesa come una sorta di contenitore sostanziale delle rappresentazioni, quanto analizzare le manifestazioni di per se stesse considerate, descrivendone la struttura specifica al fine di classificarle con la maggiore accuratezza possibile. L’attenzione che Brentano riserva ai fenomeni mentali è giustificata dall’idea che questa tipologia di fenomeni possieda un’evidenza che invece non è rintracciabile nei fenomeni fisici. Come è noto, ogni fenomeno mentale non si riferisce solo intenzionalmente a qualcosa ma è necessariamente coscienza di se stesso pertanto possiede una forma di autoreferenzialità che ne garantisce l’esattezza.15 Dal punto di vista classificatorio Brentano identifica tre tipi di attività mentali: rappresentazioni, giudizi e moti dell’animo, interesse o amore. Ciò che differenzia una classe dall’altra non è tanto l’oggetto quanto la modalità in cui avviene il riferimento all’oggetto: se si pensa a “dio” si ha una rappresentazione, se si afferma “dio esiste” si formula un giudizio, se si desidera la protezione di dio si ha a che fare con un fenomeno della terza classe e nello specifico con un desiderio. Pertanto, l’oggetto specifico dell’etica sono gli atti che appartengono alla terza classe dei fenomeni mentali ovvero i moti dell’animo (Gemütsbewegungen). Le emozioni non sono stati, contrariamente a quanto suggerisce la teoria di William James,16 ma atti e ciò significa che il soggetto riveste un ruolo attivo ovvero quando si prova un’emozione ci si riferisce intenzionalmente a un oggetto. Nello specifico si ha a che fare con un’attività mentale attraverso la quale il soggetto assegna o identifica certe qualità di carattere assiologico a un oggetto.17 Ne consegue che ciò che si manifesta come dotato di qualità di valore, siano esse positive o negative, è oggetto, secondo Brentano, di una rappresentazione di carattere intuitivo il cui contenuto è mentale. A conferma della necessità di una rappresentazione quale fondamento dell’emozione, Brentano rileva: Ma può sempre succedere che di fronte ad alcuni tipi di sentimenti di piacere e dispiacere qualcuno pensi effettivamente che alla Iocco 48 lor base non vi sia nessuna rappresentazione, nemmeno nel nostro senso. Per lo meno non si può negare che esiste una certa tentazione a crearsi quest’opinione. Ciò vale per esempio per i sentimenti che sorgono quando ci si taglia o ci si scotta. Se uno si taglia, di solito non ha alcuna percezione del contatto; se si scotta, non ha più alcuna percezione del calore: in entrambi i casi sembra sia presente solo il dolore. Nondimeno, anche qui alla base del sentimento c’è senza dubbio una rappresentazione, cioè abbiamo comunque la rappresentazione di una certa determinatezza spaziale che abitualmente definiamo in relazione a questa o a quell’altra parte visibile e tangibile del nostro corpo. Diciamo che ci duole un piede, oppure le mani, che questa o quella parte del nostro corpo ci fa male. […] In noi non è presente soltanto la rappresentazione di una determinatezza spaziale, ma anche quella di una caratteristica sensibile, analoga al colore, al suono e ad altre cosiddette qualità sensibili, che appartiene ai fenomeni fisici e che va tenuta ben distinta dai sentimenti che la accompagnano.18 Le rappresentazioni hanno un carattere fondante rispetto alle altre due classi di fenomeni mentali in quanto non è possibile né giudicare né provare un sentimento per qualcosa che non sia stato prima rappresentato: tutti i fenomeni mentali dunque sono rappresentazioni o sono fondati su rappresentazioni. Dal punto di vista qualitativo, le rappresentazioni sono neutrali rispetto ai fenomeni delle altre due classi ovvero giudizi ed emozioni. Nei giudizi si ha infatti l’opposizione tra accettare e riconoscere, da una parte, e negare e rifiutare dall’altra, mentre nella sfera delle emozioni è presente l’opposizione tra amore e odio ovvero tra l’attribuzione di una qualità assiologica positiva o negativa. Utilizzando la terminologia più propriamente fenomenologica, si può dire che giudizi ed emozioni possiedono un “carattere d’atto” che le rappresentazioni non hanno. Brentano osserva a questo proposito: «ci si possono certo rappresentare cose contrapposte, come ad es. il bianco ed il nero; ma non ci si può rappresentare lo stesso nero in modo opposto, così come si giudica intorno ad esso in modo opposto, affermandolo o negandolo, o come si fa sul piano dei moti dell’animo, laddove esso può piacere o dispiacere».19 Per quanto concerne lo statuto epistemologico delle rappresentazioni, esse possono essere intuitive o non intuitive: le prime sono dette anche proprie mentre le seconde improprie o concettuali.20 Si ha una rappresentazione intuitiva quando, a titolo di esempio, si osserva il dipinto affisso alla parete, mentre si ha una rappresentazione non intuitiva quando si pensa al dipinto che è stato osservato. Nel caso dei fenomeni della terza classe, il contenuto della rappresentazione non è tuttavia materiale, ma mentale in quanto, secondo Brentano, quando ci si rappresenta intuitivamente qualcosa come “corretto” dal punto di vista morale il soggetto assume certamente quale punto di partenza un’esperienza ma questa non è di carattere sensibile; in quest’ottica “intuitivo” non collima con “empirico” ma denota la natura del contenuto oggettivato da una forma di relazione intenzionale che opera a livello interno e permette di constatare l’effettiva consistenza valoriale dell’esperienza in questione.21 La funzione cognitiva che Brentano rivendica per le emozioni si fonda dunque sulla possibilità, a livello operativo, di un’apprensione di natura concettuale che rende possibile la percezione delle qualità di valore. Poiché si tratta di un’attività intenzionale che opera nella sfera interna, essa non è soggetta ad errori e ciò legittima l’affidabilità epistemologica che Brentano rivendica per i fenomeni della terza classe. Contrariamente a quanto Max Scheler rileva,22 la natura delle qualità di valore non è materiale ma mentale. Se il contenuto delle rappresentazioni intuitive è mentale, ciò gli garantisce evidenza e correttezza, in quanto, secondo Brentano, la differenza tra percezione interna e percezione esterna risiede nel fatto che la prima non può incorrere in errori. Per esempio, è possibile cadere in errore e confondere un manichino con una persona reale, ma non è possibile invece sbagliarsi sul fatto che, Franz Brentano e il cognitivismo emotivo in un’occasione specifica, si percepisce l’intenzione di aiutare un amico in difficoltà come corretta. Prendendo in prestito la terminologia scheleriana, le “autoillusioni”, ovvero le illusioni che si riferiscono ai fenomeni mentali, non sono plausibili. Tuttavia, la sola rappresentazione intuitiva non è sufficiente affinché si comprenda che cos’è corretto dal punto di vista morale; è necessaria, infatti, una caratterizzazione intenzionale ulteriore che ci permette di riconoscerne la correttezza e quindi di definirla come moralmente corretta. Secondo Brentano tra le molteplici forme di riferimento emozionale ve ne sono alcune che sono percepite come “corrette”. Solo se è presente quella che può essere definita una coscienza di secondo livello, è possibile parlare di valore ad esempio dell’essere buono in quanto tale. Tale riconoscimento avviene mediante il giudizio che permette di accettare e rifiutare qualcosa e quindi di riconoscerne la correttezza dal punto di vista morale, tenendo presente però che, alla luce degli specifici rapporti di fondazione sussistenti tra le tre classi di fenomeni, non è possibile giudicare qualcosa che non sia stato prima rappresentato, in quanto «è chiaro che alla rappresentazione spetta il primo posto, poiché essa è il più semplice dei tre fenomeni, visto che giudizio e amore includono sempre in sé una rappresentazione; essa è anche la più indipendente, poiché il fondamento delle altre: proprio perciò questo fenomeno è altresì il più generale».23 Dal punto di vista strutturale, secondo Brentano, c’è un evidente somiglianza tra il ruolo ricoperto dal concetto di verità nella sfera logica e quello di bontà nella sfera etica, in quanto entrambi vengono compresi attraverso una rappresentazione intuitiva, giacché «diciamo che qualcosa è vero quando l’accettazione o il riconoscimento che lo riguarda è giusto. Diciamo che qualcosa è buono quando l’amore a esso relativo è giusto»;24 sussistono però anche evidenti differenze di natura formale e funzionale relative alle tipologie di evidenza delle due sfere. La verità non 49 ammette gradazioni dal momento che una proposizione o è vera o non lo è mentre in etica si ha la l’eventualità di questa gradazione: un comportamento, una scelta non è necessariamente buona o cattiva in maniera intrinseca, ma può essere preferibile rispetto a un’altra. Si tratta effettivamente di cercare di comprendere esattamente a quale tipo di evidenza facciano riferimento i due ambiti, tenendo presente che in etica si può fare ricorso alla la distinzione tra valore intrinseco e valore estrinseco,25 una differenziazione che riguarda la modalità attraverso la quale qualcosa possiede valore: la prima pertiene al valore che una cosa possiede di per se stessa, mentre la seconda indica una dimensione strumentale e si riferisce al valore che una cosa possiede in virtù di qualcos’altro. L’analogia tra la sfera etica e quella logica si riferisce quindi solo al modo in cui il soggetto riconosce la correttezza di giudizi ed emozioni, ma non si estende alla natura intrinseca delle nozioni di “vero” e di “buono” né, tanto meno, conduce alla possibilità di una coincidenza epistemologica tra giudizi ed emozioni. Piuttosto, il nesso che Brentano stabilisce tra le due sfere si riferisce alla modalità di riferimento intenzionale coinvolta nei due campi, ovvero al fatto che tanto la nozione di vero quanto quella di buono sono oggetto di una rappresentazione intuitiva il cui contenuto è mentale. Nel tentativo di comprendere come il soggetto sia in grado di riconoscere l’effettiva correttezza morale di un oggetto o di un’azione, si può assumere a titolo di esempio un’emozione che è normalmente considerata come corretta ovvero l’amore per la conoscenza: in maniera generale, infatti, si è inclini normalmente a considerare la conoscenza come preferibile all’ignoranza. Noi abbiamo dalla natura anche una inclinazione per la conoscenza. “Tutti gli uomini” dice Aristotele nelle belle parole iniziali della sua Metafisica, “per loro natura aspirano al sapere”. Questo aspirare è un esempio che ci può servire. È un piace- Iocco 50 re in quella forma superiore che è l’analogo dell’evidenza sul piano del giudizio. Si tratta di un elemento generale ed universale, nella nostra specie. Ma se ci fosse un’altra specie la quale, così come si comporta, nelle sue preferenze, in modo diverso da noi per ciò che riguarda le sensazioni, in contrapposizione con noi amasse l’errore come tale ed odiasse la conoscenza chiara e giusta, non potremmo certo dire, come in quel caso, che si stratta di una questione di gusti, “de gustibus non est dispuntandum”, no di certo, ma dovremmo spiegare con risolutezza che un tale amare ed odiare è completamente distorto, che quella specie odia ciò che è indubitabilmente buono ed ama ciò che è indubitabilmente cattivo in sé e per sé. – Perché mai questa differenza, se la forza dell’impulso è la stessa? – è molto semplice. Nell’un caso l’impulso è una forza istintiva, nell’altro il piacere naturale è un amore superiore che si caratterizza come giusto. Ecco quindi che noi, nel momento in cui lo troviamo in noi stessi, notiamo che il suo oggetto non è semplicemente amato ed amabile, e la privazione di esso ed il suo opposto odiato ed odiabile, ma anche che l’uno è degno di essere amato, l’altro di essere odiato, ossia che l’uno è buono, l’altro cattivo.26 L’evidenza che si riconosce al conoscere rispetto al non conoscere è fondata sulla preferenza assiologica che il soggetto accorda al primo rispetto al secondo. A sua volta questa rappresentazione possiede una duplice natura dato che, da una parte, è un giudizio evidente – una forma di giudizio universale secondo il quale il conoscere è una forma di valore intrinseco –, mentre dall’altra parte è un’emozione caratterizzata come corretta, ovvero l’amore per il conoscere. Focalizzandosi sulle analogie tra giudizi ed emozioni, anche al fine di capire se effettivamente Brentano ritenga che le emozioni siano giudizi di carattere valutativo, egli distingue da un lato tra giudizi formulati con pretesa di verità e giudizi intrinsecamente evidenti e, dall’altro, tra emozioni dotate di un’immediata coscienza della loro correttezza ed emozioni che non possiedono questa caratteristica. In questo modo, scegliere il “conoscere” piuttosto che il “non conoscere” significa “preferire” il primo al secondo ed è proprio attraverso un atto di preferenza che un soggetto si predispone verso una certa scelta. Tale peculiarità non ha un corrispettivo nella classe dei giudizi in quanto «ciò che è vero è sempre ugualmente vero, ciò che è buono invece non è tutto ugualmente buono, ed il “meglio” non significa se non ciò che è preferibile rispetto ad un altro bene, ciò che in altre parole, viene preferito per se stesso e con giusta preferenza, qualcosa di buono».27 Nelle valutazioni morali dunque il soggetto esprime una preferenza nei confronti di un oggetto e in questo modo si predispone verso una certa scelta e alla conseguente azione. Partendo dal presupposto che il fine verso il quale deve orientarsi la scelta non è, come ritiene Kant, qualcosa che costitutivamente deve superare lo statuto di mera massima e diventare legge universale, bensì il “meglio tra ciò che è raggiungibile”, la preferenza (Vorzug) rappresenta il principio che regola l’intera sfera assiologica.28 █ Quale tipo di cognitivismo emotivo? Proprio la distinzione tra giudizi ed emozioni e la conseguente critica di ogni tentativo di naturalizzare le esperienze di carattere morale29 hanno indotto a considerare Brentano un’intuizionista etico,30 sostenitore dell’idea che esiste una differenza almeno epistemologica tra fatti e valori. Se dal punto di vista gnoseologico Brentano condivide con l’intuizionismo l’assunto secondo cui si incorre in una fallacia naturalistica ogni qual volta si ritiene possibile il passaggio dal descrittivo al normativo, dal punto di vista ontologico egli non ritiene valida la separazione ontologica, presente all’interno di alcune forme di intuizionismo, di fatti e valori: secondo Brentano esiste infatti un’unica realtà che può essere esperita secondo modalità differenti: il medesimo oggetto può essere pensato, giudicato, amato o odiato. Franz Brentano e il cognitivismo emotivo Nel tentativo di definire con maggiore accuratezza la teoria brentaniana, se si considera l’intuizionismo etico come una forma di realismo morale, Brentano – argomentando a favore di una rappresentazione intuitiva di ciò che è buono – sembrerebbe effettivamente propendere per una forma di intuizionismo. Inoltre poiché l’intuizionismo presuppone essenzialmente una posizione di matrice realistica la teoria di Brentano è implicitamente una forma di realismo sui generis. Esattamente, se è lecito parlare di realismo morale ogni qual volta si condivide l’assunto per il quale esiste una realtà dotata di caratteristiche morali che le persone tentano di rappresentarsi ogniqualvolta formulano giudizi su ciò che è giusto e sbagliato,31 allora è possibile definire “realistica” in questo senso la teoria di Brentano mostrando come effettivamente sia ampia l’adattabilità del termine realismo, la quale può essere estesa sino a includere una posizione filosofica fondata sulla supposizione che solo la psicologia può garantire evidenza.32 Tuttavia, dal punto di vista operativo, nell’ottica brentaniana non è sufficiente la rappresentazione in quanto essa deve essere accertata dalla percezione interna la quale garantisce l’evidenza della nozione di buono ed è una forma di riferimento intenzionale, seppur immediata, di secondo ordine per mezzo del quale un oggetto specifico è riconosciuto come corretto. Essa può essere definita come una percezione interna di carattere affettivo, che non determina tanto se il contenuto intenzionale è amato o odiato ma se è degno di amore oppure no. Se i fenomeni affettivi richiedono una forma specifica di autoriferimento, questa non può essere innescata solo dal possedere determinate qualità assiologiche ma da questo secondo livello di riferimento intenzionale. A tale proposito, almeno fino al 1889 Brentano riteneva che i moti dell’animo fossero dotati di una specifica forma di autocoscienza,33 differente rispetto a quella propria delle rappresentazioni ovvero di un “sentimento di sé” (Selbstgefühl). Per quanto con- 51 cerne l’intensità di tale moto dell’animo, dalla quale dipende l’evidenza dei fenomeni della terza classe, Brentano rileva che è significativamente inferiore rispetto a quella che contraddistingue rappresentazioni e giudizi: L’intensità specifica del sentimento concomitante, al contrario, cioè la grandezza del piacere o del dispiacere, non mostra un’analoga regolarità. Essa non è né costante, come l’intensità della convinzione nella percezione interna, né cresce e diminuisce relativamente alle variazioni di intensità della rappresentazione, in un rapporto regolare con essa. L’intensità del sentimento dipende dall’intensità della rappresentazione ma al tempo stesso anche da una quantità di altri fattori che, per quanto è possibile rendere conto del loro influsso, saranno oggetto di una ricerca successiva. Diversità originaria delle predisposizioni, differenze nelle disposizioni acquisite, differenze di rapporto con altri fenomeni concorrono qui sia con l’intensità e la qualità dell’obietto primario, sia con la differenza delle relazioni con esso, contribuendo a far sì che questo ambito sia uno dei più mutevoli e multiformi.34 Cercando di connettere questo rilievo con la tesi formulata in Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis – ovvero che le qualità valoriali sono oggetto di una rappresentazione intuitiva di contenuto mentale – viene spontaneo chiedersi se questa forma di Selbst-gefühl coincida con la rappresentazione intuitiva di contenuto mentale oppure no. Se così fosse, le emozioni non sarebbero, nell’ottica della epistemologia della mente proposta da Brentano, giudizi di carattere valutativo, ma percezioni non dotate di evidenza assoluta in quanto dipendenti da una serie di circostanze accessorie che ne ridimensionano decisamente la funzione cognitiva. L’evidenza che caratterizzerebbe certe forme di fenomeni appartenenti alla terza classe, verrebbe così a essere non tanto il correlato oggettivo di un giudizio valutativo ma una sorta di affezione di carattere emotivo, la cui superiorità è “sen- Iocco 52 tita” e non “giudicata”. Tuttavia, dal punto di vista funzionale, tale interpretazione è possibile nella misura in cui si consideri la percezione interna non tanto un fenomeno immediato quanto la comprensione dell’effetto che essa provoca sul soggetto. Concludendo si può affermare che la teoria del valore brentaniana non è certamente una forma di realismo35 radicale secondo la, quale i valori esistono in maniera indipendente rispetto al soggetto. Dal punto di vista qualitativo, è plausibile definire questa realtà come affettiva solo se ci si focalizza sulla disposizione36 del soggetto valutante in quanto un oggetto, un’esperienza ha valore solo se è in grado di indurre una certa risposta di carattere affettivo.37 Ciononostante anche all’interno di questo orizzonte permane una criticità relativa al modo in cui considerare la rappresentazione intuitiva di contenuto mentale in quanto non risulta sufficientemente evidente come le qualità assiologiche possano essere oggetto di rappresentazione intuitiva, affermando, allo stesso tempo, che il riconoscimento di queste qualità avviene mediante il giudizio: se così fosse, non vi sarebbe la necessità classificatoria di collocare emozioni e giudizi in due classi differenti. Inoltre, se da un lato l’idea di una rappresentazione intuitiva di ciò che è moralmente corretto sembra corroborare la tesi che l’intuizione del valore sia fondamentalmente un’operazione “immediata”, dall’altro, sostenendo che ogni fenomeno mentale di natura emotiva – sia esso un desiderio o un atto del volere –, deve necessariamente essere fondato su una rappresentazione, si è indotti a ritenere l’apprensione del valore come un processo profondamente strutturato e articolato. Il problema che si prospetta ruota effettivamente intorno a come intendere la forma di evidenza che Brentano rivendica per certe tipologie di fenomeni affettivi: se da un lato si considerano le emozioni come giudizi valutativi, è necessario presupporre che tra moti dell’animo, giudizi e rappresentazioni vi sia un imprescindibile rapporto di fondazione mentre se si enfatizza l’idea secondo la quale ciò che è buono sia oggetto di una rappresen- tazione intuitiva di contenuto mentale, allora il rimando al giudizio non sembrerebbe necessario. Per risolvere quella che si prospetta a tutti gli effetti come un’aporia verso la quale sembra condurre la teoria di Brentano, è necessario distinguere due sensi di rappresentazione sostenendo che la rappresentazione intuitiva di contenuto mentale – attraverso la quale si apprendono i valori – non coincide, dal punto di vista gnoseologico, con la rappresentazione intesa come modalità intenzionale basilare mediante la quale il soggetto si relaziona a un contenuto. Si tratterebbe invece di una rappresentazione intuitiva che si configura nella forma di un processo complesso che opera all’interno della sfera dei fenomeni mentali. Parallelamente, nel tentativo di rispondere alla domanda a quale titolo è possibile ascrivere la teoria del valore proposta da Brentano all’interno dell’orizzonte cognitivo, si delinea come necessaria la distinzione tra un’accezione circoscritta e una ampia di cognitivismo emotivo. Se, infatti, in senso circoscritto con cognitivismo emotivo s’intende l’assunto secondo il quale le emozioni sono valutazioni, la teoria proposta da Brentano non può essere definita del tutto come “cognitivista” in quanto, per certi aspetti, la correttezza di un’emozione è qualcosa che viene sentito dal soggetto. Mentre, secondo un’accezione di cognitivismo emotivo più ampia, secondo la quale è possibile parlare di cognitivismo emotivo ogni qual volta si attribuisce all’emozione una certa funzione cognitiva – non necessariamente definita in termini di valutazione ma anche di semplice percezione –, allora la teoria in oggetto è certamente ascrivibile all’interno dell’orizzonte cognitivista. Proprio la coesistenza di queste possibili accezioni di cognitivismo emotivo è stata probabilmente la ragione per la quale questa teoria ha rappresentato, e continua a rappresentare, un importante termine di confronto per indirizzi di pensiero non del tutto omogenei. █ Note 1 Alla luce delle difficoltà relative alla traduzione Franz Brentano e il cognitivismo emotivo italiana del termine tedesco “Vorstellung” con rappresentazione o presentazione nel presente studio si è optato per la prima opzione seguendo la traduzione che di esso ne ha proposto Adriano Bausola nell’edizione italiana di “Sull’origine della conoscenza morale” e, al fine di non creare possibili incomprensioni, si è mantenuta tale scelta anche laddove il testo si riferisce a passaggi della traduzione italiana della “Psicologia dal punto di vista empirico” (a cura di Liliana Albertazzi) nella quale il termine “Vorstellung” è tradotto con “presentazione”. 2 Si è parlato di “disposizionalismo”, “realismo”, “oggettivismo”. A conferma di ciò cfr. J. OLSON, Brentano’s Metaethics, in: U. KRIEGEL (ed.), The Routledge Handbook of Brentano and the Brentano School, Routledge, New York 2017, pp. 187-195. 3 L’opera in cui Brentano tenta di delineare in maniera specifica una teoria del valore è il testo del 1889, Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis – tradotto in inglese da Cecil Hague già nel 1902: cfr: F. BRENTANO, The Origin of our Knowledge of Right and Wrong, Archibald Constable & CO, Westminster 1902. Tuttavia, è impossibile comprendere i termini in cui il problema etico-morale viene articolato da Brentano senza aver collocato queste riflessioni all’interno del problema della classificazione delle attività psichiche abbozzata nel primo volume della Psicologia (1874) e sviluppata nel secondo volume (1911) attraverso l’approfondimento della tripartizione delle attività psichiche in rappresentazioni, giudizi e moti dell’animo. 4 F. BRENTANO, Grundlegung und Aufbau der Ethik. Nach den Vorlesungen über «Praktische Philosophie» aus dem Nachlass, hrsg. v. F. MAYERHILLEBRAND, Meiner, Hamburg, 1952. Vi sono poi una serie di saggi che trattano in maniera più o meno specifica di problematiche di ordine morale, come per esempio: Das Recht auf den Selbst (1893), Über der apriorischen Charakter der ethischen Prinzipien (1904), Lieben und Hassen (1907), Über Gemütentscheidedungen und die Formulierung des obersten Sittengesettzes (1908). 5 Il fatto che G.E. Moore (cfr. G.E. MOORE, Principia Ethica, Cambridge University Press, Cambridge 1903, p. XI) abbia mostrato da subito interesse per la teoria etica brentaniana (cfr. G.E. MOORE, Review: The Origin of the Knowledge of Right and Wrong, in: «International Journal of Ethics», vol. XIV, n. 1, 1903, p. 115) è stato assunto, nel corso dei decenni, come un dato storiografico incontrovertibile e ciò ha sicuramente in- 53 fluito in maniera decisiva sulla nascita di una disciplina a sé stante definita nei termini di “axiological ethics”. D’altronde già nel 1937 Oskar Kraus, nella sua analisi storica e critica delle diverse forme di Werttheorien aveva enfatizzato tale vicinanza: cfr. O. KRAUS, Die Werttheorien- Geschichte und Kritik, Rohrer, Leipzig 1937, pp. 205-214. Un ulteriore passo in tale direzione è stato compiuto da Findlay, che in Axiological Ethics, (Macmillan, London 1970), individua sostanzialmente tre direzioni parallele ma anche intimamente connesse dello sviluppare problemi di ordine assiologico e precisamente: (a) le posizioni psicologicooggettive di Brentano e Meinong; (b) le posizioni intuizionistiche di Moore, Rashdall e Ross; e (c) quelle “fenomenologiche” di Scheler e Hartmann. Se questa è la cornice storica generale, dal punto di vista essenzialmente concettuale, è Roderick Chisholm colui che ha costruito un parallelismo specifico tra Brentano e Moore focalizzando la sua attenzione sul concetto di valore intrinseco: cfr. R. CHISHOLM, Brentano and Intrinsic Value, Cambridge University Press, Cambridge 1986. Per completare il quadro è necessario ricordare che la riflessione sul problema del valore è stato assunta come tratto distintivo della filosofia austriaca: J. MACKENZIE, Notes on the Theory of Value, in: «Mind», vol. IV, n. 16, 1895, pp. 425-449; W. URBAN, Valuation. Its Nature and Laws. An Introduction to the General Theory of Value, Swan Sonnenschein & Co., LIM, London 1909; H.O. EATON, The Austrian Philosophy of Value, Oklahoma University Press, Norman 1930. 6 A tale proposito si veda: L. MCALISTER, The Development of F. Brentano’s Ethics, Rodopi, Amsterdam 1982; W. BAUMGARTNER, Franz Brentano: The Foundation of Value Theory and Ethics, in: L. EMBREE, J. DRUMMOND (eds.), Phenomenological Approaches to Moral Philosophy, Springer, Dordrecht 2002, pp. 119-138. 7 Non c’è accordo se l’intero programma filosofico brentaniano possieda o meno un’istanza essenzialmente sistematica. A tale proposito si segnalano due posizioni opposte cfr. U. KRIEGEL, Brentano’s Philosophical System. Mind, Being, Value, Oxford University Press, Oxford 2018 afferma l’istanza sistematica della filosofia di Brentano mentre del parere opposto sono L. ALBERTAZZI, Immanent Realism. An Introduction to Brentano, Springer, Dordrecht 2006, p. 295 e W. HUEMER, “Vera philosophia methodus nulla alia nisi scientiae naturalis est”. Brentano’s Conception of Philo- 54 sophy as Rigorous Science, in: «Brentano Studien», 2017 (in corso di pubblicazione). È nostra convinzione che gli sforzi profusi da Brentano per non alterare la suddivisione delle attività psichiche presentata nella Psychologie vom empirischen Standpunkt, del 1874, non debbano essere considerati come sufficienti a garantire l’istanza sistematica della sua proposta filosofica. 8 F. BRENTANO, Pscyhologie vom empirischen Standpunkt, hrsg. v. O. KRAUS, Meiner, Hamburg 1973, p. 16 (trad. it. La psicologia dal punto di vista empirico, 1, traduzione di G. GURISATTI, a cura di L. ALBERTAZZI, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 76). 9 A tale proposito cfr. R. SOLOMON, The Passions, Doubleday, Garden City (NY) 1976; C. TAPPOLET, Emotions et valeurs, Presses Universitaires de France, Paris 2003; J.A. DEONNA, F. TERONI, The Emotions. A Philosophical Introduction, Oxford University Press 2011, pp. 52-62. 10 R. DE SOUSA, The Rationality of Emotion, MIT Press, Cambridge (MA) 1987; J.A. DEONNA, F. TERONI, The Emotions. A Philosophical Introduction, cit., pp. 63-75. 11 I. VENDRELL-FERRAN, Moralphänomenologie und gegenwärtige Wertphilosophie, in: «Deutsche Zeitschrift für Philosophie», vol. LXI, n. 1, 2013, pp. 73-89; M. MONTAGUE, A Contemporary View of Brentano’s Theory of Emotion, in: «The Monist», 100, 2017, pp. 64-87. 12 F. BRENTANO, Grundlegung und Aufbau der Ethik, cit., pp. 4-5. 13 A conferma di ciò si può ricordare quanto Brentano scrive nell’Introduzione alla Psychologie des Aristoteles, dove afferma «ogni logica che vada più in profondità deve calarsi nel suo ambito e non vi è altra ragione per cui in certi periodi la logica è divenuta infruttuosa e si è atrofizzata, che il fatto di non aver affondato le sue radici nel terreno della psicologia e li assorbito il nutrimento vitale. E come la logica trae i principi dalla psicologia, così la psicologia va a finire nella logica». Cfr. F. BRENTANO, Die Psychologie des Aristoteles, insbesondere seine Lehre vom nous poietikos, Kirchheim Verlag, Mainz 1867, p. 1 (trad. it. La psicologia di Aristotele con particolare riguardo alla sua dottrina del nous poietikos, traduzione di S. BESOLI, Quodlibet, Macerata 2007, p. 7). 14 Scrive Brentano nella Psychologie vom empirischen Standpunkt: «anche l’importante arte logica, di cui ogni singolo sviluppo ne determina mille altri nella scienza, trae parimenti il suo nutrimen- Iocco to dalla psicologia, che deve anche divenir la base scientifica di una pedagogia sia del singolo sia dell’intera società». Cfr. F. BRENTANO, Pscyhologie vom empirischen Standpunkt, vol. 1, cit., p. 30 (trad. it. p. 86). 15 Scrive Brentano a tal riguardo: «la percezione interna si distingue anche per quell’evidenza immediata e infallibile che, fra tutte le possibilità di conoscenza degli oggetti empirici, appartiene soltanto a essa. Se quindi affermiamo che i fenomeni psichici sono quelli che vengono compresi con la percezione interna, ciò implica che tale percezione è immediatamente evidente». Cfr. F. BRENTANO, Psychologie vom empirischen Standpunkt, vol. 1, p. 128 (trad. it. p. 157). Per quanto concerne la tesi di Brentano in riferimento a come è stata ripresa, e in certi casi distorta, all’interno del dibattito contemporaneo cfr. M. ANTONELLI, Auto-rappresentazione e intenzionalità fenomenica in Brentano. Una valutazione critica, in: «Rivista di Filosofia», vol. CVIII, n. 3, 2017, pp. 316-334. 16 W. JAMES, What is an Emotion?, in: «Mind», vol. IX, n. 34, 1884, pp. 188-215. 17 Sul carattere intenzionale di sentimenti ed emozioni cfr. O. MASSIN, The Intentionality of Pleasures and Feelings. A Brentanian Approach, in: D. FISETTE, G. FRÉCHTETTE (eds.), Themes from Brentano, Rodopi, Amsterdam 2013, pp. 307-338. 18 F. BRENTANO, Psychologie vom empirischen Standpunkt, 1., cit., p. 144 (trad. it. p. 122 - corsivo nostro). 19 F. BRENTANO, Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis, Meiner, Hamburg 1969, pp. 18-19 (trad. it. L’origine della conoscenza morale, traduzione di A. BAUSOLA, La Scuola, Brescia 1966, p. 34). 20 Circa le molteplici forme d’intuizione in Brentano anche in rapporto a Husserl cfr. G. FRÉCHETTE, Two Phenomenological Accounts of Intuition, in: S. RINOFNER-KREIDL, H. WILTSCHE (eds.), Analytic and Continental Philosophy: Methods and Perspectives, De Gruyter, Berlin 2016, pp. 129-142. 21 Adriano Bausola rileva che «la tesi di fondo di Brentano, per la quale noi sappiamo ciò che è buono attraverso i nostri sentimenti caratterizzati come giusti esclude di per se stessa la possibilità o la necessità di un discorso deduttivo, più o meno ampio, in ordine alla conoscenza dei singoli determinati valori». Cfr. A. BAUSOLA, Coscienza e moralità in Franz Brentano, Vita e Pensiero, Milano 1968, p. 175. 22 Franz Brentano e il cosiddetto “privilegio Franz Brentano e il cognitivismo emotivo d’evidenza della percezione interna” rispetto alla percezione esterna sono due degli obiettivi polemici di Max Scheler proprio nell’articolo del 1912 sulle autoillusioni: cfr. M. SCHELER, Über Selbsttaüschungen nella «Zeitschrift für Psychopathologie», 1, 1912, n. 1, pp. 87-163, ripubblicato in forma rivista con il titolo Die Idole der Selbsterkenntnis in Gesammelte Werke, Band III: Vom Umsturz der Werte. Abhandlungen und Aufsätze Bern, Francke, 1972 (trad. it. Gli idoli della conoscenza di sé, in: M. SCHELER, Il valore della vita emotiva, a cura di L. BOELLA, Milano, Guerini, 1999, pp. 47154). 23 F. BRENTANO, Psychologie von empirischen Standpunkt, Bd. II, Von der Klassifikation der psychischen Phänomene, Meiner, Hambrug 1971, p. 127 (trad. it. La psicologia dal punto di vista empirico, vol. II, La classificazione dei fenomeni psichici, trad. it. di R. LATTANZA DAPPIANO e cura di L. ALBERTAZZI, Laterza, Roma-Bari 1997, p. 113). 24 F. BRENTANO, Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis, cit., p. 19 (trad. it. p. 34-35). 25 Relativamente alla possibilità di considerare Brentano come un teorico del valore intrinseco cfr. R. CHISHOLM, Brentano and Intrinsic Value, cit. Sulla distinzione tra valore intrinseco e valore estrinseco cfr. M.J. ZIMMERMAN, Intrinsic vs. Extrinsic Value, in: E.N. ZALTA (ed): Stanford Encyclopedia of Philosophy, https://plato.stanford.edu/entries/valueintrinsic-extrinsic/>; T. RØNNOW-RASMUSSEN, M.J. ZIMMERMAN (eds.), Recent works on Intrinsic Value, Springer, Dordrecht 2005. 26 F. BRENTANO, Vom Ursprung sittlicher Erkenntnis, cit., pp. 22-23 (trad. it. pp. 46-47). 27 Ivi, p. 26 (trad. it. p. 70). 28 Ivi, p. 16 (trad. it. p. 25). 29 Relativamente all’anti-naturalismo proprio della teoria del valore di Brentano cfr. H. RUTTE, Bemerkungen zu Brentano’s antinaturalistischer Grundlegung der Ethik, in: «Grazer Philosophische Studien», vol. V, 1978, pp. 149-168. 30 Cfr. J. OLSON, Two Kinds of Ethical Intuitionism: Brentano’s and Reids, in: «The Monist», vol. C, n. 1, 2017, pp. 106-119 e in generale sul rapporto tra Brentano e la metaetica: S. DANIELSSON, J. OLSON, Brentano and the Buck-passers, in «Mind», vol. CXVI, n. 463, 2007, pp. 511-522. 31 R. SHAFER-LANDAU, Moral Realism. A Defence, Clarendon Press, Oxford 2003, p. 13. 32 Si tratta di una forma di realismo che, secondo Liliana Albertazzi, è dotato di un’intelaiatura così sofisticata da poter essere applicato e sviluppato in 55 molteplici settori della contemporanea ricerca scientifica come ad esempio la psicofisiologia, la teoria della percezione, la semantica, l’estetica e in molteplici teorie della coscienza (cfr. L. ALBERTAZZI, Immanent Realism. An Introduction to Franz Brentano, cit., p. 2). Tenendo presente ciò, è in parte giustificato l’interesse odierno per la psicologia dal punto di vista empirico di Brentano. 33 Si fa rifermento a tale data perché è l’anno di pubblicazione sia dello scritto sulla verità sia di quello sull’origine della conoscenza morale e anche perché Oskar Kraus, nella Introduzione all’edizione del 1924 della Psychologie vom empirischen Standpunkt rovescia l’ordine di fondazione indicato da Brentano, affermando «le percezioni sensibili di piacere o dispiacere sono all’inizio della nostra vita cosciente, mentre le semplici rappresentazioni appaiono con evidenza soltanto attraverso un’attività concettuale superiore». In una nota al secondo volume della Psychologie vom empirischen Standupunkt Brentano afferma «è assai diffusa l’opinione che in ogni attività psichica sia dato un cosiddetto tono sentimentale. Ciò vorrebbe dire che ogni attività psichica, così com’è oggetto di una rappresentazione e di un giudizio affermativo evidente che essa racchiude, è anche l’oggetto di un riferirsi dell’animo ivi racchiuso. Io stesso nella mia Psicologia dal punto di vista empirico, avevo condiviso quest’opinione. Da allora però me ne sono allontanato e ritengo che perfino tra le sensazioni ce ne siano molte alle quali manca questo riferimento emotivo, e dunque ogni piacere e dispiacere in esso racchiuso». Cfr. F. BRENTANO, Psychologie vom empirischen Standpunkt, Bd. II, cit., p. 139 (trad. it. p. 122). 34 F. BRENTANO, Psychologie vom empirischen Standpunkt, Bd. I, cit., 219-220 (trad. it. p. 222). 35 A tale riguardo Denis Seron invita a interpretare il realismo che caratterizza la Psicologia dal punto di vista empirico (1874) e gli scritti antecedenti la cosiddetta svolta reisitica non come un realismo metafisico ma come un realismo descrittivo: cfr. D. SERON, Brentano’s “Descriptive” Realism, in: «Bulletin d’analyse phénoménologique», vol. X, n. 4, 2014, pp. 1-14. 36 K. MULLIGAN, From Appropriate Emotions to Values, in: «The Monist», vol. LXXXI, n. 1, 1998, pp. 161-188; U. KRIEGEL, Brentano’s EvaluativeAttitudinal Account of Will and Emotion, in: «Revue philosophique de la France et de l’étranger», vol. CXLII, n. 4, 2017, pp. 529-558. 37 La proposta avanzata da Michelle Montauge è 56 teoreticamente legittima: ella rileva che affinché un soggetto possa provare un’emozione deve riconoscere il valore in questione e tale riconoscimento ____ Iocco avviene non nella percezione ma nella rappresentazione (cfr. M. MONTAGUE, A Contemporary View of Brentano’s Theory of Emotion, cit., p. 72).