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ETICA DEL POTENZIAMENTO.pdf

studi superiori / 1115 filosofia I lettori che desiderano informazioni sui volumi pubblicati dalla casa editrice possono rivolgersi direttamente a: Carocci editore Corso Vittorio Emanuele ii, 229 00186 Roma telefono 06 42 81 84 17 fax 06 42 74 79 31 Siamo su: www.carocci.it www.facebook.com/caroccieditore www.twitter.com/caroccieditore Etiche applicate Una guida A cura di Adriano Fabris C Carocci editore 1a edizione, marzo 2018 © copyright 2018 by Carocci editore S.p.A., Roma Realizzazione editoriale: Edimill S.r.l., Bologna Impaginazione: Luca Paternoster, Urbino Finito di stampare nel marzo 2018 da Grafiche VD srl, Città di Castello (PG) isbn 978-88-430-9090-7 Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633) Senza regolare autorizzazione, è vietato riprodurre questo volume anche parzialmente e con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche per uso interno o didattico. Indice Premessa di Adriano Fabris 11 Parte prima Questioni di bioetica 1. Un’introduzione alla bioetica di Maurizio Mori 21 2. Etica e manipolazioni della vita di Adriano Pessina 33 3. Etica della cura medica di Antonio Da Re 49 4. La consulenza etica in ambito clinico di Marco Annoni e Giovanni Boniolo 59 5. Etica dello sport di Luca Grion 71 6. Etica del potenziamento umano di Massimo Reichlin 87 7. Neuroetica di Andrea Lavazza 97 8. Etica e persona di Francesco Miano 109 7 etiche applicate Parte seconda Etica e comunicazione 9. Etica del giornalismo e dell’informazione di Carlo Bartoli 10. Etica della comunicazione pubblica e della comunicazione pubblicitaria di Veronica Neri 121 135 11. Etica delle immagini di Giovanni Scarafile 147 12. Etica della comunicazione in rete di Adriano Fabris 157 Parte terza Etica ed economia 13. Questioni etiche nell’economia globale di Stefano Zamagni 173 14. Etica ed economia: questioni micro e macro di Benedetta Giovanola 189 15. Etica e impresa di Roberto Mordacci 199 16. L’etica della virtù come risorsa nel mondo degli affari di Robert Audi 209 Parte quarta Etica e ambiente 17. Etica e ambiente di Luca Valera 243 18. Etica e animali di Simone Pollo 253 8 indice 19. Etica del cibo di Francesca Rigotti 263 20. Etica dei rifiuti di Gianluca Cuozzo 275 Parte quinta Questioni di etica pubblica 21. Etica e diritto di Mario De Caro 289 22. Etica dell’immigrazione di Paolo Gomarasca 297 23. Etica al femminile di Valeria Ottonelli 307 24. La “genderizzazione” dell’etica di Eva De Clercq 317 25. Etica e disabilità di Flavia Monceri 329 26. Etica intergenerazionale di Ferdinando G. Menga 339 27. Etica e pratiche filosofiche di Luca Bertolino 353 28. Etica e convivenza di Piergiorgio Donatelli 365 Bibliografia 375 9 6 Etica del potenziamento umano di Massimo Reichlin * Introduzione La nozione di “potenziamento” Tra le questioni di etica applicata che hanno dato luogo, in anni recenti, a una discussione particolarmente ampia, vi è senza dubbio quella del potenziamento. Si tratta di un tema che per un verso è ascrivibile all’ambito della bioetica, ma che, per il rilievo che vi assumono certi interventi di manipolazione delle funzioni cerebrali, si può considerare parte integrante anche della neuroetica. Il termine “potenziamento” traduce l’inglese enhancement, che significa “incremento” o “miglioramento”; in linea generale, perciò, indica un qualsiasi miglioramento delle capacità umane. In senso più tecnico, tuttavia, la discussione attuale riguarda l’utilizzo di tecnologie biomediche di vario genere per ottenere il miglioramento di qualche capacità. In altri termini, è ovvio che, mediante l’allenamento fisico, un atleta migliora le sue prestazioni, così come attraverso la lettura e la ripetizione ad alta voce si migliorano le performance cognitive; tuttavia, la discussione sul potenziamento riguarda in maniera specifica l’uso di tecnologie biomediche al fine di ottenere tali miglioramenti. Se si tiene conto di questo aspetto, si comprende perché la nozione di enhancement venga intesa in contrapposizione a due diverse nozioni. Da un lato, si contrappone alla terapia, perché consiste nell’utilizzo di tecnologie biomediche non allo scopo di ripristinare una certa funzione biologica, o di ricondurla all’interno di un range di funzionamento statisticamente normale, ma di migliorare il funzionamento del corpo umano al di là di tale range. D’altro lato, a * Università “Vita e Salute” San Raffaele, Milano; reichlin.massimo@unisr.it. 87 etiche applicate motivo della centralità dei mezzi biotecnologici impiegati, il potenziamento si contrappone al miglioramento delle performance con mezzi naturali; emblematicamente, la contrapposizione è qui istituita tra il miglioramento delle prestazioni fisiche attraverso l’allenamento e l’ottenere lo stesso risultato, o anche un risultato migliore, grazie a strumenti biotecnologici. Entrambe le distinzioni, peraltro, sono difficilmente tracciabili in maniera netta. Come è stato osservato da molti commentatori, è assai arduo, nel contesto contemporaneo, stabilire che cosa conti come terapia e che cosa come potenziamento: esistono, infatti, trattamenti terapeutici standard, come l’impianto di un pace-maker per la regolazione dell’attività cardiaca, il cui esito è quello di un potenziamento della naturale capacità regolativa del corpo; in generale, ogni intervento terapeutico può dirsi, al tempo stesso, un potenziamento rispetto alla condizione di funzionamento subottimale in cui consiste la malattia. E vi sono casi ancora più controversi: un esempio classico è quello del confronto tra un individuo che presenta un certo tratto fenotipico, come la bassa statura, per ragioni patologiche, ossia per un deficit di ormone della crescita (gh), e un altro individuo nel quale il medesimo tratto ha cause non patologiche, legate al tipo di geni che ha ereditato. Se si ammette che la bassa statura possa costituire un disagio, o anche una compressione delle proprie opportunità sociali, non è chiaro quanto sia sensato considerare la somministrazione del gh al primo come una terapia e al secondo come un potenziamento. D’altro canto, anche la distinzione tra un modo “naturale” di migliorare sé stessi e l’uso di supporti artificiali è difficile da tracciare; oggigiorno, il normale allenamento fisico, in molte attività sportive, presuppone un ampio utilizzo di tecnologie di vario genere, sia di carattere meccanico sia di tipo biochimico, e perciò non è affatto chiaro se si possa tracciare una linea divisoria sufficientemente netta tra i due generi di attività. 6.1 Tipi e tecniche di potenziamento Esistono diverse capacità umane che possono essere obiettivo degli interventi di potenziamento, per alcune delle quali la ricerca è già attivamente in corso; a ciascuna di queste capacità si collega un certo tipo di potenziamento. 88 6. etica del potenziamento umano Un primo obiettivo consiste nell’aumento delle capacità di resistere agli attacchi degli agenti infettivi, attraverso il potenziamento delle difese immunitarie disponibili agli esseri umani. Si tratta di un obiettivo di grande rilievo sanitario che genera, peraltro, un ulteriore dubbio sulla distinzione tra terapia e potenziamento; infatti, incrementare la capacità di difesa dalle malattie al di là della dotazione normale degli esseri umani sembra costituire a un tempo un potenziamento e una terapia, o meglio una forma di prevenzione delle malattie. È quanto accade con le vaccinazioni, che sono interventi preventivi di certe malattie, attuati mediante il potenziamento delle capacità immunitarie al di là della dotazione naturale. A motivo della complessità del sistema immunitario, non vi sono al momento rilevanti successi nel perseguimento di questa forma di potenziamento; le speranze vengono soprattutto concentrate sui futuri sviluppi delle manipolazioni genetiche, ossia di quegli interventi che alterano il genotipo individuale, inserendo certi geni o inattivandone altri, così da dotare l’individuo di capacità inedite. Interventi di questo tipo vengono già realizzati, a scopi terapeutici, in alcune patologie causate dall’assenza di un certo gene, ma nulla vieta che, in futuro, possano essere utilizzate per scopi di potenziamento. Un secondo obiettivo riguarda l’innalzamento dell’attesa di vita, non solo attraverso la lotta contro le patologie correlate all’età anziana ma soprattutto mediante lo studio dei fattori biologici che determinano il processo d’invecchiamento e l’intervento su di essi, volto a rallentarlo o a interromperlo. Anche in questo caso, è possibile che sia la terapia genica a fornire, in futuro, i risultati più affidabili. Un ruolo può tuttavia essere svolto anche dall’utilizzo delle cellule staminali. Queste ultime, presenti sia nell’embrione umano, sia nel feto, sia – in misura minore – negli individui adulti, sono cellule indifferenziate che possono dar vita a linee cellulari di vario genere e proliferare in maniera quantitativamente considerevole, così da consentire dei trapianti di tessuti, in sostituzione di quelli eventualmente deteriorati. Le staminali embrionali sono in grado di generare qualsiasi tessuto, anche se sono molto più difficili da controllare e rischiano di dar luogo a forme tumorali; le staminali adulte sono più facili da maneggiare ma meno potenti e proliferative e quindi meno suscettibili di applicazioni su vasta scala. In ogni modo, anche questa tecnologia potrebbe consentire interventi di potenziamento; si può ipotizzare, ad esempio, la sostituzione progressiva di cellule neurali che consenta un “ringiovanimento” del cervello e un continuo miglioramento delle capacità cognitive in 89 etiche applicate età avanzata, contrastando il loro naturale declino. Infine, potrebbe in futuro trovare applicazione in questo ambito anche la tecnologia del mind uploading, cara ai transumanisti. Si tratta di scaricare l’intero contenuto dell’encefalo in un supporto esterno di tipo informatico, in modo da ringiovanire costantemente le capacità cognitive ed “eternare” i contenuti della mente. Questa tecnologia è al momento solo un’ipotesi e presuppone una dubbia riduzione integrale della mente al suo contenuto informativo. Il terzo tipo di intervento è il potenziamento cognitivo. Si tratta di intervenire su capacità come l’attenzione, la memoria, la tendenza all’affaticamento intellettuale; l’obiettivo è produrre menti più fresche, più veloci, in grado di immagazzinare e manipolare un numero più elevato di informazioni e di essere sveglie e produttive per un numero di ore maggiore di quello normale. Nel caso del potenziamento cognitivo, oltre alle ipotesi di manipolazione genetica e di utilizzo delle cellule staminali, esistono già degli interventi di tipo farmacologico che sembrano poter svolgere un ruolo nel perseguimento di questi obiettivi. In particolare, vi è un’ampia esperienza con il Ritalin, un farmaco usato per contrastare gli effetti del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (adhd, Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) nei bambini che viene utilizzato anche per potenziare le funzioni cognitive in soggetti non affetti dalla malattia; altri farmaci già esistenti sono il Modafinil e l’Adderall, stimolatori della funzione cerebrale indicati per il trattamento della narcolessia che però vengono ampiamente utilizzati da studenti universitari, lavoratori, piloti d’aereo, camionisti e militari, per stimolare le funzioni cerebrali e mantenere la vigilanza. In questo campo potrebbero trovare applicazione, in futuro, anche interventi di manipolazione cerebrale diretta, vuoi invasivi, come la stimolazione cerebrale profonda (dbs, Deep Brain Stimulation), che prevede l’impianto di un microchip nel cervello, vuoi non invasivi, come la stimolazione transcranica a corrente diretta (tdcs, Transcranial Direct Current Stimulation) e la stimolazione magnetica transcranica (tms, Transcranial Magnetic Stimulation), che prevedono, rispettivamente, la stimolazione dell’encefalo con piccole dosi di corrente elettrica o mediante la creazione di campi magnetici in aree selezionate. Infine, anche per il potenziamento cognitivo si può ipotizzare l’utilizzo del mind uploading: liberare l’hardware cerebrale per far spazio a nuovi contenuti mentali consente, infatti, di incrementare in maniera potenzialmente illimitata le capacità cognitive, almeno dal punto di vista quantitativo. 90 6. etica del potenziamento umano Un ulteriore ambito di potenziamento riguarda il miglioramento della capacità psicologica di fronteggiare i disagi e le sofferenze piscologiche, grazie a strumenti che aiutino a mantenere un umore stabile e a non cadere preda di depressione. Si parla, in proposito, di mood enhancement; anche in questo caso, si tratta di intervenire direttamente sull’encefalo, sia attraverso le tecniche di manipolazione già richiamate, sia attraverso farmaci sviluppati per la cura di patologie, utilizzati off-label per modificare il carattere individuale e aumentare il benessere psicologico, contrastando la disposizione alla tristezza e all’introversione. Si tratta degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (ssri, Selective Serotonin Reuptake Inhibitors), il cui utilizzo, al di fuori delle indicazioni per la patologia depressiva, produce un effetto euforizzante parzialmente analogo a quello di certe sostanze stupefacenti. Un quinto settore di intervento potenziativo riguarda il miglioramento delle performance atletiche, attraverso l’uso di ormoni come gli steroidi anabolizzanti e l’eritropoietina o di stimolanti come l’efedrina e il modafinil; con questi mezzi, si potenziano il tono muscolare e la capacità di resistere agli sforzi, riducendo il senso di stanchezza e influendo positivamente sulle prestazioni sportive. In futuro è possibile che si ottengano risultati più consistenti, in termini di ipertrofia muscolare e incremento della produzione di globuli rossi, attraverso manipolazioni genetiche. Infine, un ambito particolarmente delicato e discutibile concerne il potenziamento della nostra capacità morale, ossia l’utilizzo di ormoni come l’ossitocina, di farmaci come gli antidepressivi e i neurostimolanti, di manipolazioni genetiche e tecnologiche come la tdcs e la tms per incrementare la nostra disposizione all’empatia e il nostro senso di giustizia; ciò consentirebbe di migliorare la capacità umana di affrontare le grandi questioni etiche contemporanee, le quali richiedono di andare al di là della tendenza a limitare il raggio delle proprie simpatie e a confinare l’attenzione alle conseguenze a breve termine, caratteristica della psicologia umana. 6.2 Obiezioni al potenziamento La letteratura sul potenziamento è molto vasta e le obiezioni che sono state avanzate e discusse sono numerose; con un po’ di schematicità, le raggruppiamo attorno a tre nuclei principali. 91 etiche applicate 6.2.1. gli scopi della medicina Una prima obiezione, semplice e categorica, è quella che fa leva sugli scopi della medicina. Essa afferma che questi ultimi sarebbero riducibili alla cura delle malattie, sicché il miglioramento della natura umana non dovrebbe rientrare tra i fini della ricerca biomedica. A questa linea critica si contrappongono ostacoli insormontabili. In primo luogo, è evidente che essa presuppone una netta distinzione tra terapia e potenziamento; come detto, però, questa distinzione è assai difficile da tracciare. C’è un continuum tra terapia e potenziamento, sicché molti interventi volti a ripristinare funzioni parzialmente compromesse tendono a migliorarle; inoltre, gli interventi preventivi, come le vaccinazioni, sono a un tempo terapeutici e potenziativi; ancora, la pluralità delle concezioni di salute e malattia è tale da consentire di concepire come terapie molti interventi che, in base a concezioni più ristrette, sarebbero dei potenziamenti. Infine, qualificare un trattamento come potenziamento non sembra comunque sufficiente ai fini di un giudizio di non appropriatezza morale, dal momento che vi è un’ampia serie di trattamenti non terapeutici – come la chirurgia estetica, la contraccezione, l’aborto volontario, certe forme di procreazione medicalmente assistita – già saldamente accettati nella medicina contemporanea. Una variante della medesima obiezione consiste nel dire che non è compito della medicina quello di atteggiarsi a creatore, dovendo essa invece studiare e ripristinare i processi naturali. L’argomento del playing God (recitare la parte di Dio) accusa perciò il potenziamento di incorporare una hybris manipolativa che distrugge la capacità di accogliere come un dono (o come un dato) le realtà naturali; inoltre, sottolinea che l’ipotesi di prendere in mano le redini dell’evoluzione comporta un aumento di responsabilità che non è sopportabile per gli esseri umani. La replica più naturale a questa obiezione consiste nel far notare come gran parte degli interventi tecnici e scientifici alterino i dati naturali, pur essendo accettati nella misura in cui risultano complessivamente benefici. È vero che la programmazione umana dell’evoluzione comporta un ampliamento della responsabilità, ma questo non implica che non si possa procedere su questa strada, sia pure con grande circospezione, né che il processo sia senz’altro ingestibile per gli esseri umani. Dire che le realtà naturali vanno accolte sempre come un dono 92 6. etica del potenziamento umano sembra presupporre una concezione religiosa che non può essere fatta valere in una discussione di tipo filosofico; se invece l’affermazione presuppone che le nostre capacità non possano essere rese migliori di quelle che sono attualmente è senz’altro un’osservazione sbagliata. 6.2.2. obiezioni basate sul carattere Un’altra serie di obiezioni al potenziamento ha a che vedere con i riflessi che progetti scientifici di questo tipo potrebbero avere sul carattere degli individui che li intraprendono. In particolare, per quanto riguarda le manipolazioni genetiche che potrebbero avvenire su individui in via di formazione, nel contesto della procreazione assistita, autori molto diversi come Michael Sandel e Jürgen Habermas hanno sottolineato che lasciare spazio a scelte procreative legate a forme di potenziamento avrebbe effetti deleteri sulle virtù genitoriali e sulla stessa concezione dei diritti umani universali. Secondo Sandel (2008), come la pratica sportiva si struttura attorno alla celebrazione dei talenti fisici naturali, così la pratica genitoriale è definita dalle virtù dell’amore e dell’accoglienza incondizionata dei figli; le biotecnologie rischiano di alterare questa pratica, corrompendo i valori che ne hanno sempre definito le regole. L’apertura al novum radicale, infatti, viene cancellata dal desiderio prometeico di predeterminare le caratteristiche dei figli, facendo passare le scelte procreative dal caso alla scelta. L’amore che trasforma rischia così di mutare in ossessione per il meglio e in pressione per le performance, ossia in atteggiamenti che, ponendo ai figli richieste eccessive di miglioramento, finiscono per non accettare ciò che essi sono. Similmente, Habermas (2002) nota che l’idea di essere generati sotto condizione di un controllo di qualità genetica non è compatibile con la dignità umana. Infatti, c’è un nesso tra l’inviolabilità morale della persona e l’indisponibilità delle modalità naturali in cui essa si incarna. L’agire strumentale della tecnoscienza tende ad annullare la distinzione tra natura e cultura e a trasformare il nuovo individuo da novità indeducibile, posta fin dall’inizio sul piano della reciprocità comunicativa con i generanti, a risultato dell’iniziativa progettante di questi ultimi. In questo modo, secondo Habermas, l’autocomprensione etica che è alla base dei diritti umani verrebbe minata e con essa i fondamenti normativi dell’integrazione sociale. In sostanza, l’intervento di predeterminazione genetica mette in pericolo la capacità della persona futura di concepirsi come un individuo autonomo e uguale. 93 etiche applicate Una diversa obiezione fa leva invece sulla nozione di “autenticità”. Si osserva che, ad esempio nel campo della psicofarmacologia, l’intervento di modificazione del carattere altera la personalità, producendo un maggiore benessere psicologico al costo di una perdita di autenticità; il sé che viene “prodotto” non è il sé autentico, ma una sua versione modificata, resa socialmente più accettabile o adattata alle condizioni e alle esigenze del mercato. Una diversa versione dell’obiezione sottolinea che, attraverso il potenziamento cognitivo o l’allungamento dell’attesa di vita, si verrebbe ad attentare alla stessa identità del soggetto; se quest’ultima si definisce in rapporto alla continuità dei contenuti mentali, infatti, è possibile sostenere che un individuo futuro il cui cervello avesse una continuità minima o nulla di contenuti con quello che aveva scelto il potenziamento sarebbe un diverso individuo. Queste obiezioni sono senza dubbio importanti e meritano un’attenta riflessione; tuttavia, sembrano costituire soprattutto delle considerazioni da tenere presente nel perseguire con prudenza certi interventi, piuttosto che delle ragioni per ritenerli moralmente inaccettabili. Non c’è dubbio che alcune forme di potenziamento possano stimolare, nei genitori, la tentazione di far prevalere il desiderio di perfezione sulla disponibilità ad accogliere i figli e le loro inevitabili imperfezioni; ma non è detto che ogni potenziamento costituisca senz’altro un attentato alla loro dignità o incorpori un atteggiamento impositivo e non comunicativo. Allo stesso modo, la preoccupazione per l’autenticità non dovrebbe essere enfatizzata a scapito di quella per il benessere; ciò che noi siamo, in fondo, non è stabilito una volta per tutte all’inizio, ma è compatibile con rilevanti modifiche e cesure, soprattutto se determinate da nostre scelte autonome. Anche l’intervento biotecnologico sul carattere può essere ricompreso tra le scelte autonome, purché sia informato e segua un’attenta analisi di costi e benefici. Un discorso diverso si deve invece proporre per il potenziamento morale. In questo caso, un intervento ipoteticamente riuscito minerebbe profondamente la libertà della scelta umana; l’individuo così potenziato prenderebbe le decisioni “giuste” non sulla base di una deliberazione sulle ragioni pro e contro, ma per via dell’influsso causale esercitato sul suo cervello dai mezzi di manipolazione biotecnologica. Questo esito sembra essere più chiaramente inaccettabile dal punto di vista morale, perché, paradossalmente, nel migliorare la moralità degli esseri umani li priva di ciò che è moralmente più importante, ossia la loro autonomia morale. 94 6. etica del potenziamento umano 6.2.3. obiezioni di carattere sociale Un terzo gruppo di obiezioni si concentra sugli effetti del potenziamento in rapporto ai valori della giustizia e dell’uguaglianza sociale. Si sostiene, cioè, che potenziare le proprie capacità sia un po’ come barare al gioco della competizione sociale; come nello sport chi pratica il doping acquisisce un vantaggio indebito sugli altri contendenti, così chi pratica il potenziamento cognitivo si comporta iniquamente con i propri avversari nella competizione scolastica o in quella lavorativa. Inoltre, lo sviluppo delle tecnologie potenziative potrebbe produrre rilevanti effetti di incremento delle disuguaglianze sociali, soprattutto se, com’è probabile, i trattamenti sono costosi. Si può arrivare all’esito per cui una fascia di popolazione – quella più ricca e quindi già più avvantaggiata – progressivamente si distacca dal resto, i più poveri non potenziati, e, praticando una rigorosa endogamia, giunge a formare una società parallela. Oltre a mettere in pericolo l’autonomia individuale – data la pressione che verrebbe esercitata nei confronti degli individui modificati perché si accoppino soltanto tra di loro (onde mantenere i vantaggi acquisiti per la generazione futura) – questa situazione sembra mettere in discussione il principio di uguaglianza, in base al quale la vita e gli interessi fondamentali delle persone hanno uguale importanza. Questo tipo di obiezioni è con ogni probabilità quello più rilevante. Non è detto, però, che esso risulti senz’altro cogente. È vero che, nelle situazioni competitive richiamate, in cui vi è un gioco a somma zero tra chi vince e chi perde, il pericolo di creare condizioni di iniquità competitiva è molto elevato. Non è detto, però, che l’unica soluzione sia quella di vietare ogni potenziamento. Si può invece pensare di evitare l’esito iniquo attraverso meccanismi pubblici che consentano di ampliare il più possibile l’accesso, o di compensare le posizioni degli individui non potenziati, ripristinando una sufficiente condizione di equità (tenendo sempre conto che un’assoluta uguaglianza di condizioni di partenza non è né realizzabile né auspicabile). Si deve poi considerare che non sempre i potenziamenti sono giochi a somma zero e non conferiscono vantaggi solo posizionali. L’aumento dell’attesa di vita, ad esempio, non è un bene per me solo perché altri non ne dispongono, ma è un bene anche se è disponibile per tutti; d’altro canto, il potenziamento cognitivo non consente solo a qualcuno di primeggiare in una certa competizione, ma possiede anche 95 etiche applicate degli effetti di rete, grazie ai quali i suoi benefici ricadono anche su altri soggetti non potenziati. In sostanza, anche in questo caso le considerazioni critiche sono importanti, ma forse non tali da giustificare una conclusione del tutto negativa sulla moralità di alcune forme di potenziamento. Questo non significa che il potenziamento non sia un argomento che merita particolare attenzione critica e, soprattutto, che i rilievi critici avanzati non possano consentire, quanto meno, di giustificare una bassa priorità di allocazione per la ricerca in queste aree, rispetto a quella relativa a obiettivi più urgenti nell’ambito della cura delle malattie. 96