PAIDEIA
rivista di filologia, ermeneutica e critica letteraria
FONDATA DA
V. PISANI e G. SCARPAT
Estratto da
«Paideia» LXXIII - 2018
Pars secunda (II/III)
EDITRICE STILGRAF
CESENA
LA DEDICA DI CATULLO
A CORNELIO NEPOTE
Abstract
In Catullus’ first poem his appreciation of Cornelius Nepos’ historical work is
sincere, and it is expressed in terms reminiscent of his own poetical creed, as
symbolized by the traits ostensibly describing the appearance of the libellus he
dedicates to the historian. The contents of this libellus are impossible to ascertain;
possibly it contained the first sixty poems of the Catullan corpus transmitted to
us. The nugae referred to in this poem are probably earlier than the poems
included in the libellus. There are several good reasons to retain the invocation
to the Muse at line 9. The poet asks her for a modest “immortality”: the survival
of his poetry for more than one generation.
Keywords: Catullus; Cornelius Nepos; libellus; Muse.
1. È molto difficile dire qualcosa di nuovo a proposito del carme 1 di
Catullo, col quale il poeta dedica un libellus a un Cornelio, che quasi
tutti gli studiosi identificano con lo storico Cornelio Nepote. È vero che
non è mancato qualcuno che ha proposto un’identificazione diversa1,
ma tanto la testimonianza di Ausonio2 quanto l’allusione della nostra
poesia ad un’opera storica del destinatario descritta con tratti combacianti con quelli che vengono attribuiti ai perduti Chronica di Cornelio
Nepote3 rendono certo, secondo una quasi unanime opinione, che proprio lui sia il destinatario di questa poesia e del libellus che con essa gli
viene offerto.
1 L’editio princeps e il Puteolanus, seguendo una parte della tradizione manoscritta, identificano
questo Cornelio col poeta Cornelio Gallo. In epoca recente C.J. SIMPSON, The Identity of Ca-
tullus’ Addressee, «RBPh» 70, 1992, pp. 53-61, crede di riconoscere in lui lo storico L. Cornelio
Sisenna.
2 Auson. praef. 4,1-3 Green ‘cui dono lepidum novum libellum?’ / Veronensis ait poeta quondam / inventoque statim dedit Nepoti.
3 Auson. epist. 9a,3-4 Green (al prefetto del pretorio Sesto Petronio Probo) apologos Titiani et
Nepotis chronica, quasi alios apologos (nam et ipsa instar sunt fabularum) ad nobilitatem tuam
misi.
1092
Paideia LXXIII (2018)
Esistono inoltre vari altri punti sui quali riteniamo di non doverci dilungare, in quanto li crediamo definitivamente chiariti, nonostante isolate opinioni contrarie, a volte sostenute anche da studiosi autorevoli.
Così, sempre a proposito di Cornelio, riteniamo assolutamente infondata l’opinione di chi vede nella nostra poesia un atteggiamento ironico da parte di Catullo nei confronti dell’opera storica del destinatario4.
A mio parere le lodi ad essa tributate sono sincere; anzi, come la grande
maggioranza degli studiosi5, ritengo che il poeta la esalti in termini che
l’avvicinano alla poetica alessandrina e callimachea da lui propugnata e
concretamente praticata nella sua poesia.
Il fatto di essere riuscito a concentrare la storia universale (omne
aevum) in tre soli rotoli di papiro segna la riuscita di una difficile impresa, come confermato perfino da un autore di excerpta storici come
Valerio Massimo6, perfettamente in linea col principio callimacheo del
μέγα βιβλίον μέγα κακόν; nella stessa direzione puntano la doctrina e il
4 P.
es. F.O. COPLEY, Catullus c. 1, in Julia HAIG GAISSER (edited by), Catullus, Oxford 2007
(«Oxford Readings in Classical Studies»), pp. 27-34: p. 32 (già in «TAPhA» 82, 1951, pp. 200-206),
secondo cui Catullo trovava solo fatica ed erudizione, non originalità e pregio letterario
nell’opera di Cornelio; cfr. anche G.P. GOOLD, O Patrona Virgo, in J.A.S. EVANS (edited by),
Polis and Imperium, Studies in Honour of Eduard Togo Salmon, Toronto 1974, pp. 253-264:
pp. 262-263. Per J. RAUK, Time ad History in Catullus 1, «CW» 90, 1997, pp. 319-332, tutta la
poesia è un ironico scherzo. Per E.B. HOLTSMARK, A note on logotactic iconicity (Catullus
1 and 47), «LCM» 17, 1987, pp. 130-131, la disposizione dei termini dimostrerebbe che si tratta
in realtà di un’antilaudatio. Per. B.L. GIBSON, Catullus 1.5-7, «CQ» 45, 1995, pp. 569-573:
p. 572, addirittura, Catullo suggerirebbe che l’opera storica di Cornelio sia destinata a durare
meno che uno […] saeclo. La grande maggioranza degli studiosi giustamente respinge la presenza
di un’intenzione ironica nel carme catulliano. Molti osservano giustamente che, se c’è ironia,
questa è rivolta in tono semiserio all’opera poetica dello stesso Catullo, senza naturalmente che
ciò pregiudichi l’alto concetto che ne aveva in realtà il poeta. Vd. per tutti M.P. SYNDIKUS, Catull,
Eine Interpretation. Erster Teil. Einleitung. Die kleinen Gedichte (1-60), Darmstadt 1984,
pp. 77-78.
5 Tra essi F. CAIRNS, Catullus I, «Mnemosyne» 22, 1969, pp. 153-158: pp. 153-154; D. SINGLETON,
A Note on Catullus’ First Poem, «CPh» 67, 1972, pp. 192-196: p. 194; B. LATTA, Zu Catulls
Carmen 1, «MH» 29, 1972, pp. 201-213: pp. 206-207; A. RONCONI, Interpretazioni letterarie
nei classici, Firenze 1972, pp. 53; 55; T.P. WISEMAN, Clio’s Cosmetics. Three Studies in GrecoRoman Literature, Leicester 1979, p. 171; Th.K. HUBBARD, The Catullan Libellus, «Philologus»
127, 1983, pp. 218-237: p. 222, n. 15; B. ARKINS, Catullus 1 and 47: a reply, «LCM» 13, 1988,
pp. 31-32; W.W. BATSTONE, Dry Pumice and the Programmatic Language of Catullus 1, «CPh»
93, 1998, pp. 125-135: p. 126; E. LEFÈVRE, Catulls alexandrinisches Programm (c. 1-3), in
G. VOGT SPIRA, B. ROMMEL (Hrsg.), Rezeption und Identität. Die kulturelle Auseinandersetzung Roms mit Griechenland als europäisches Paradigma, Stuttgart 1999, pp. 225-239: p. 229;
P. SANTINI, Il termine libellus nei carmi di Catullo, «BStudLat» 32, 2002, pp. 385-394: p. 386.
Da ultimo enfatizza al massimo, con argomenti non tutti ugualmente persuasivi, l’affinità letteraria fra Catullo e Cornelio Nepote B. DUNSCH, Omne aevum tribus explicare cartis – Zur
Freundschaft von Nepos un Catull, «A&A» 58, 2012, pp. 37-51: pp. 42-48.
6 Val. Max. 1 praef. quis omnis aevi gesta modico voluminum numero comprehenderit?
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1093
labor profusi da Cornelio nella sua opera7, come pure il carattere pionieristico di un tipo letterario introdotto a Roma per la prima volta, che
fa di Cornelio un vero e proprio inventor (ausus […] unus Italorum).
Profondamente errata appare dunque l’impostazione di chi ritiene
che Catullo intenda contrapporre frontalmente la propria opera poetica
a quella storica di Cornelio8. L’omaggio di Catullo è sincero ed è forse
sottolineato anche dalla presenza di un verbo che, se possiamo giudicare
dalle opere superstiti di Cornelio, doveva essere uno dei termini prediletti dello storico: explicare, da lui usato per designare la trattazione approfondita di un argomento9. Non sappiamo se il Cornelio cui Catullo
si rivolge nel carme 102 è ancora Cornelio Nepote10; forse no, se, come
è stato finemente suggerito11, Nepote è concepito da Catullo come un
lettore distaccato, che, restando fuori dalla cerchia dei personaggi direttamente implicati nel mondo poetico da lui creato12, può formulare un
giudizio sereno sul valore letterario della sua poesia.
È comunque certo che la stima fra i due scrittori è reciproca. Cornelio
non solo apprezza (o apprezzò in passato) le nugae di Catullo13, ma continuò a dare un’altissima valutazione della sua opera poetica anche dopo
la sua morte, come è dimostrato da un celebre passo della sua biografia
7 Un accostamento che, come nota RONCONI, Interpretazioni, cit. n. 5, p. 53, compare qui per
la prima volta, ma diventerà costante e precisa affermazione in Orazio.
8 Come fa, ad esempio, J.P ELDER, Catullus I, his Poetic Creed, and Nepos, «HSCP» 71, 1967,
pp. 143-149: p. 146.
9 Corn. Nep. Pelop. 1 vereor, si res explicare incipiam, ne non vitam eius narrare, sed historiam
videar scribere; Hann. 13,4 Romanorum explicare imperatores. Cfr. F. DECREUS, Catulle, c. 1,
Cornelius Nepos et les Aitia de Callimaque, «Latomus» 43, 1984, pp. 842-860: p. 852. Altri impieghi di explicare da parte di Cornelio (praef. 8; Timoth. 4,6; Epam. 4,6) vengono discussi da
DUNSCH, Omne aevum, cit. n. 5, pp. 42-44. Si noti che anche Cicerone usa lo stesso verbo in
riferimento al liber annalis di Tito Pomponio Attico, un’opera che doveva avere impostazione
analoga a quella dei Chronica di Cornelio: Cic. Brut. 15 ut explicatis ordinibus temporum uno
in conspectu omnia viderem. Cfr. orat. 120 annorum septingentorum memoriam uno libro colligavit. Marilyn B. SKINNER, Cornelius Nepos and Xenomedes: a Callimachean allusion in Catullus 1, «LCM» 12, 1987, p. 22, accosta Callim. aet. 3, fr. 75, vv. 54-55, dove dello storico
Xenomede di Ceo è detto: ὅς ποτε πᾶσαν / νῆσον ἐνὶ μνήμῃ κάτθετο μυθολόγῳ, a omne aevum
tribus explicare cartis.
10 Potrebbe esserlo, secondo vari studiosi: M. LENCHANTIN DE GUBERNATIS, Il libro di Catullo.
Introd., testo e comm., Torino 1928, p. 390; C.J. FORDYCE, Catullus: A Commentary, Oxford
19612, p. 390; DUNSCH, Omne aevum, cit. n. 5, p. 38, n. 15; etc.
11 E. ZAINA, Catulo: c. 1, 5 y 16, El lector, los antilectores y el público, «Maia» 62, 2010,
pp. 1-23: p. 6.
12 Il Cornelio del carme 102 è invece in rapporto d’intimità con Catullo, che gli promette di
mantenere gelosamente i segreti che gli sono stati confidati.
13 Sul problema di che cosa debba intendersi per queste nugae torneremo tra poco.
1094
Paideia LXXIII (2018)
di Tito Pomponio Attico14 – anche se niente giustifica la supposizione,
avanzata da alcuni, che già nei Chronica Nepote lo avesse menzionato
con lode15.
2. Altro punto su cui è appena il caso di soffermarsi è la questione legata alla descrizione del libellus, qualificato come lepidus, novus e arida
modo pumice expolitus16. Oggi la grandissima maggioranza degli studiosi
ritiene che, anche se formalmente riferita all’aspetto esteriore del libro,
vada intesa in rapporto (almeno anche) al suo contenuto poetico. Ciò vale
non solo per i tre aggettivi, ma per lo stesso sostantivo: il diminutivo libellus. È superfluo sottolineare che questi termini sono strettamente connessi con idee fondamentali della poetica neoterica– di più, che anticipano
in gran parte le caratteristiche che subito dopo il poeta attribuirà all’opera
storica di Cornelio: novità (novum […] modo ~ ausus […] unus Italorum)
e cura frutto di sforzo (expolitus ~ doctis […] laboriosis). Sul versante poetico viene sottolineato che questa cura, che certamente, secondo l’insegnamento callimacheo, non può prescindere dalla dottrina, ha come
risultato la grazia (lepidum): dote peraltro molto apprezzata anche da
Cornelio, che, come Catullo, la connette con la parola: in effetti, per lui,
il lepos caratterizzava l’eleganza espressiva di Tito Pomponio Attico17.
Oggi questo punto può considerarsi assodato, nonostante alcune voci
in contrario18, e non vale la pena di insistere oltre. Un problema testuale
connesso con la descrizione del libellus riguarda l’aggettivo che accom14 Nep.
Att. 12,4 L. Iulium Calidum, quem post Lucreti Catullique mortem multo elegantissimum poetam nostram tulisse aetatem vere videor posse contendere.
15 Così G.P. GOOLD, Catullus, edited with Introd., Transl. and Notes, London 19892, p. 236.
16 Per il valore metaforicamente letterario dell’allusione alla lisciatura con la pomice cfr. Prop.
3,1,8; Ov. trist. 1,1,11-12; [Tib.] 3,1,10; Mart. 8,72,2; cfr. Cinna carm. frg. 11,3 Blänsdorf in aridulo […] libello (citato per intero più avanti, n. 27). In arido (arida) riferito a pumice, BATSTONE,
Dry Pumice, cit. n. 5, pp. 126-132, vede risonanze stilistiche in riferimento al genus exile degli
Atticisti, contrapposto al tumidus Antimachus di Catull. 95,10.
17 Nep. Att. 4,1 tanta autem suavitas erat sermonis Latini ut appareret in eo nativum quendam
leporem esse, non ascitum.
18 Tra le più autorevoli W. KROLL, C. Valerius Catullus, hrsg. u. erkl., Stuttgart 19604, p. 1;
LENCHANTIN DE GUBERNATIS, Il libro, cit. n. 10, p. 2; FORDYCE, Catullus, cit. n. 10, p. 86;
M. ZICÀRI, Sul primo carme di Catullo, «Maia» 17, 1965, pp. 232-240: pp. 234-235; inoltre RAUK,
Time and History, cit. n. 4, p. 383. Altri studiosi osservano giustamente che l’eleganza dell’aspetto
esteriore non può essere separata da quella del contenuto poetico: e.g. B. NÉMETH, How does
Catullus’ booklet begin? Contribution to the interpretation of the envoy, «ACD» 8, 1972,
pp. 23-30: p. 28; LATTA, Zu Catulls Carmen 1, cit. n. 5, p. 28; SINGLETON, A note, cit. n. 5,
p. 193. In effetti in Catull. 22,8 pumice omnia aequata si riferisce al solo aspetto esteriore del rotolo.
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1095
pagna pumice al v. 2, trasmesso nella forma maschile arido dalla tradizione. Tuttavia Servio ci fa sapere che in Catullo il sostantivo pumex, di
solito maschile, era di genere femminile19. Poiché in Catullo il termine
compare solo in un altro passo20, dove non è accompagnato da alcun aggettivo che ne indichi il genere, non pochi studiosi hanno riferito la testimonianza di Servio al nostro carme, e di conseguenza leggono arida
[…] pumice. Entrambe le lezioni hanno i loro partigiani21. A mio parere
è difficile decidere per l’una o per l’altra: già il grande Eduard Fraenkel
sosteneva che è impossibile sapere se Catullo scrisse arida o arido22. Potrebbero indurre a preferire la seconda lezione le citazioni antiche, che
riportano concordemente arido23, e soprattutto l’evidente imitazione/citazione di Marziale: morsu pumicis aridi politus24.
3. Altro problema a mio parere di impossibile soluzione riguarda il
contenuto del libellus che Catullo dedicò con questa poesia a Nepote.
Già abbiamo accennato alla connotazione letteraria insita nel diminutivo
libellus25. È probabilmente possibile leggerlo come il contrario del παχὺ
γράμμα avversato da Callimaco. Tuttavia nella parola sono presenti anche
sfumature e valenze di carattere affettivo26.
19 Serv.
Aen. 12,587 (Vergilius) masculino genere posuit […] licet Catullus dixerit feminino.
20 Catull. 22,8, citato alla nota 18.
21 Per arido sono, per esempio, J.K. NEWMAN, Roman Catullus and the Modification of
Alexandrian Sensibility, Hildesheim 1990, p. 111, n. 15; e, con la massima decisione, GOOLD,
O Patrona, cit. n. 4, p. 253; G.P. GOOLD, Two notes on Catullus 1, «LCM» 6, 1981, pp. 233-238:
p. 233. Per arida, tra i molti, per esempio LENCHANTIN DE GUBERNATIS, Il libro, cit. n. 10,
p. 2; M. MONBRUN, Quelques remarques sur le c. 1 de Catulle, «Pallas» 23, 1976, pp. 31-38: p. 37;
K. QUINN, Catullus. The Poems, edited with Introd., revised Text and Comm., London 19732,
p. 89; DECREUS, Catull. c. 1, cit. n. 9, p. 844. Parecchi fautori di arida pensano all’influsso del
sostantivo greco corrispondente, il femminile κίσηρις, e fanno notare analoghi mutamenti di
genere in Catullo (27,4 acina; 42,5 pugillares; 68,90 acerba cinis; 101,4 mutam […] cinerem).
BATSTONE, Dry Pumice, cit. n. 5, p. 124, n. 1, osserva che con arido avremmo una cacofonica
triplice ripetizione di sillaba: (dono […] arido modo).
22 E. FRAENKEL, Pindaro Sofocle Terenzio Catullo. Corsi seminariali. Bari 1965-69, Roma 1994,
p. 95. Cfr. FORDYCE, Catullus, cit. n. 10, pp. 84-85.
23 Cesio Basso (gramm. VI 261,1); Terenziano Mauro (2563 in GL VI, p. 401); Mario Vittorino
(gramm. VI 148,23); Isid. orig. 6,12,3; schol. Verg. Veron. buc. 6,1 (Hagen, p. 397,7).
24 Mart. 8,72,2.
25 Si noti anche il ricorrere del termine all’inizio e alla fine della parte del carme in cui è in primo
piano Cornelio, prima dell’invocazione finale alla Musa (vv. 1 e 8): una specie di composizione
ad anello; cf. F. STOESSL, C. Valerius Catullus. Mensch, Leben, Dichtung, Meisenheim am Glan,
1977, p. 90.
26 Messe bene in luce da SANTINI, Il termine libellus, cit. n. 5, pp. 385-389.
1096
Paideia LXXIII (2018)
Si è discusso se il libellus fosse effettivamente piccolo o potesse avere
l’ampiezza consueta per un libro antico. In un epigramma di Cinna, il
cui destinatario era forse lo stesso Catullo27, in un libellus è contenuto
l’intero poema astronomico di Arato; non è quindi un rotolo di piccole
dimensioni. In Marziale, d’altro canto, il diminutivo va almeno una volta
inteso in senso proprio: se questo libro è troppo lungo, dice il libro stesso
per bocca del poeta, leggine solo una piccola parte, e diventerà un libellus28. Dal termine impiegato da Catullo non è quindi possibile ricavare
alcun indizio riguardo all’estensione della raccolta. Non è mia intenzione
dilungarmi sulle varie ipotesi relative al contenuto del libellus, e tanto
meno su quella che divide il corpus catulliano che ci è pervenuto in parti
o libri distinti – per esempio tre, lo stesso numero dei Chronica di Cornelio Nepote29. A mio parere su questo punto non è possibile uscire
dall’ambito delle supposizioni più o meno plausibili. Quanto al contenuto del libellus dedicato a Cornelio, ricorderemo solo che le ipotesi
spaziano da una piccola raccolta limitata ai nostri carmi 1-14 fino all’intera opera del poeta così come ci è pervenuta. Va da sé che anche qui non
è possibile uscire dal campo delle ipotesi più o meno ammissibili30. Per
quanto mi riguarda, mi associo volentieri a quanto scriveva più di un secolo fa J.W. Beck: «me plane ignorare […] quae carmina in hoc […] libello fuerint, libenter profiteor»31.
27 Cinna
carm. frg. 11 Blänsdorf haec tibi Arateis multum invigilata lucernis / carmina, quis
ignis novimus aetherios, / levis in aridulo malvae descripta libello / Prusiaca vexi munera navicula. Per i rapporti con Catullo vd. E. FLORES, La dedica catulliana a Nepote e un epigramma
di Cinna, «Vichiana» 5, 1976, pp. 3-18.
28 Mart. 10,1,1-2 si nimius videor seraque coronide longus / esse liber, legito pauca: libellus ero.
29 Un’idea ben più che secolare. Cfr. Marilyn B. SKINNER, Authorial Arrangement of the Collection: Debate Past and Present, in Marilyn B. SKINNER (edited by), A Companion to Catullus,
Oxford 2007, pp. 35-53, con la bibliografia citata e discussa; Th. HUBBARD, The Catullan Libelli
Revisited, «Philologus» 149, 2005, pp. 253-277.
30 Il sostenitore più deciso di un libellus limitato ai primi 14 carmi è HUBBARD, The Catullan
Libellus, cit. n. 5. Per altre variazioni di questa posizione vd. SKINNER, Authorial Arrangement,
cit. n. 29, p. 47. Ritiene invece che il libellus dedicato a Cornelio contenesse l’intera raccolta a
noi pervenuta chi, come C.W. MACLEOD, Catullus 116, in HAIG GAISSER (edited by), Catullus,
cit. n. 4, pp. 35-44 (già in «CQ» 23, 1973, pp. 304-309), o W. JEFFREY TATUM, Friendship, Politics,
and Literature in Catullus: Poems 1, 65 and 66, 116, «CQ» n. ser. 47, 1997, pp. 482-500: p. 498,
ritiene che l’ultimo carme a noi pervenuto (Catull. 116) abbia carattere programmatico corrispondente a quello del primo ed è quindi indotto a credere che il libellus contenesse l’intera
raccolta e che l’ordinamento nel quale ci è pervenuta risalga a Catullo stesso. Giusto ridimensionamento in J. VAN SICKLE, Poetics of Opening and Closing in Meleager, «CW» 75, 1981,
pp. 65-75: p. 68; HUBBARD, The Catullan Libellus, cit. n. 5, pp. 219-220.
31 J.W. BECK, De controversia quadam Catulliana, «Mnemosyne» 41, 1913, pp. 302-309: p. 306.
Con Beck si dichiara d’accordo anche ZICÀRI, Sul primo carme, cit. n. 18, p. 235, n. 10.
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1097
E tuttavia non è possibile disconoscere che un’indicazione di grande
importanza per formulare almeno un’ipotesi fondata sul contenuto del
libellus è stata fornita da Otto Skutsch, in poche frasi contenute nella
prima pagina di un articolo in gran parte dedicato ad altri problemi catulliani32. Nelle poesie catulliane in endecasillabi faleci comprese tra i
nostri carmi 2 e 26 (263 versi in totale) la base è quasi costantemente
spondaica (solo in tre casi è giambica: 2,6; 3,17; 7,2). In quelle raccolte
tra i nostri carmi 27 e 60, su 279 faleci compaiono invece 33 basi giambiche e 30 trocaiche. Poiché il carme 1, su un totale di dieci versi, presenta
tre basi trocaiche e una giambica, deve essere stato composto nello stesso
periodo del secondo gruppo, testimone di un’evoluzione del poeta verso
una tecnica metrica meno rigida. Come ha sostenuto Quinn33, ciò induce
a pensare che il carme 1, che come tutte le dediche sarà stato scritto per
ultimo o fra gli ultimi, introducesse una raccolta contenente entrambi i
gruppi di poesie, vale a dire i carmi 1-6034. Un tentativo d’invalidare l’argomento basato sull’osservazione metrica di Skutsch non mi sembra
averne minato in alcun modo le fondamenta35.
È interessante notare che una certa irregolarità nella metrica del nostro carme fu già avvertita in epoca antica. Nella prefazione alla sua Naturalis Historia Plinio cita la nostra poesia correggendola metricamente,
sostituendo con uno spondeo la base giambica del v. 3, nella forma
namque tu solebas / nugas esse aliquid meas putare, e facendo seguire
un proprio commento36. Il giambo iniziale (meas) gli sembra infatti non
32 O. SKUTSCH, Metrical Variations and some Textual Problems in Catullus, «BICS» 16, 1969,
pp. 38-42: p. 38.
33 K. QUINN, Catullus. An Interpretation, London 1970, p. 14; cfr. SKINNER, Authorial Arrangement, cit. n. 29, pp. 42-43.
34 Vari studiosi hanno fatto propria questa posizione (che del resto era già in Aem. BAEHRENS,
Catulli Veronensis Liber, Lipsiae 1876, pp. 57-61), tra gli altri WISEMAN, Clio’s Cosmetics,
cit. n. 5, p. 178.
35 Mi riferisco a HUBBARD, The Catullan Libellus, cit. n. 5, p. 234, che fa notare che nel secondo
gruppo di carmi distinto da Skutsch nove poesie non presentano nessuna base non spondaica.
Può ben essere, come vuole Hubbard, che queste siano state in realtà composte contemporaneamente a quelle del primo gruppo; ma poiché nel carme 1 le basi non spondaiche sono ben
quattro, la sola conseguenza che se ne può trarre è che esso è successivo a queste nove poesie,
che, pur ammettendo che possano essere state composte prima, furono collocate fra quelle del
secondo gruppo. Resta assodato che la tecnica metrica del carme 1 è affine a quella delle poesie
composte più tardi.
36 Plin. nat. praef. 1 ‘namque tu solebas / nugas esse aliquid meas putare’, ut obiter emolliam
Catullum conterraneum meum (agnoscis et hoc castrense verbum): ille enim, ut scis, permutatis
prioribus syllabis duriusculum se fecit quam volebat existimari a Veraniolis <s>uis et
Fa<b>ul<l>is.
1098
Paideia LXXIII (2018)
privo di una certa durezza. È curioso che nello stesso contesto Plinio si
riferisca a un altro verso catulliano, che ricorre, quasi uguale, in altri due
carmi37. Il primo appartiene al primo gruppo di Skutsch, e contiene
quindi solo basi spondaiche. Il secondo si trova invece nel secondo
gruppo, ma non deve sfuggire che in quel carme compare sì una base
trocaica38, ma nessuna giambica. Era quindi il giambo nella prima sede
del falecio che appariva duro a Plinio. In Marziale, in effetti, la base del
falecio è quasi senza eccezione spondaica.
Un ultimo rilievo riguardante il contenuto del libellus. Catullo ci dice
che, fin dal tempo in cui componeva i Chronica, Cornelio era solito apprezzare le sue nugae poetiche. È indubbio che il termine nugae corrisponde, a livello letterario, al greco alessandrino παίγνια39. È anche certo,
però, che Catullo, nel quale il vocabolo ricorre solo qui40, non lo impiega
assolutamente in senso tecnico.
Non sono pochi gli studiosi che identificano senz’altro queste nugae
col contenuto del libellus presentato a Cornelio41. Tuttavia il testo del
carme rende chiaro che questo appellativo si riferisce a poesie lette e apprezzate da Cornelio in un tempo abbastanza lontano (iam tum).
Fraenkel fa notare l’imperfetto solebas42, che vari studiosi, in maniera
per me poco perspicua, hanno voluto riferire al permanere nel tempo del
giudizio positivo già pronunciato da Cornelio43, non è chiaro se riguardo
alle poesie già in precedenza lette o esteso a quelle che adesso gli vengono
presentate, che quindi andrebbero considerate come già conosciute da
lui44. Non è neppure mancato chi, ancor meno persuasivamente, ha in37 Catull.
12,17 ut Veraniolum meum et Fabullum; 47,3 vos Veraniolo meo et Fabullo.
47,6 de die facitis: mei sodales.
39 Cfr. ad es. SYNDIKUS, Catull, cit. n. 4, pp. 74-75; LEFÈVRE, Catulls alexandrinisches Programm,
cit. n. 5, pp. 229-230.
40 Cfr. STOESSL, C. Valerius Catullus, cit. n. 25, p. 91. Altrove (c. 14a,1) Catullo chiama ineptiae
le sue composizioni poetiche.
41 Cfr. e.g. N. HOLZBERG, Catull. Der Dichter und sein erotisches Werk, München 2002, p. 12.
Da ultimo A. AGNESINI, Una rilettura di Catull. 1,8 s.: lo snodo tra dedica a Nepote e invocazione alla Musa, in G.G. BIONDI (a c. di), Il liber di Catullo. Tradizione, modelli e Fortleben.
Raccolta di saggi, Cesena 2011, pp. 1-21: p. 12: «il tenore callimacheo del libellus che si configura
come una raccolta di nugae».
42 FRAENKEL, Pindaro, cit. n. 22, p. 96.
43 Così fa già B. SCHMIDT, Die Lebenszeit Catulls und die Herausgabe seiner Gedichte, «RhM»
69, 1914, pp. 267-283: pp. 277-278. Da ultimo DUNSCH, Omne aevum, cit. n. 5, p. 39. AGNESINI,
Una rilettura, cit. n. 41, p. 14, interpreta solebas come se fosse un presente: «come il poeta ha
già detto, (Nepote) è solito attribuire un qualche valore ai componimenti catulliani».
44 Come è costretto a fare ZAINA, Catulo, cit. n. 11, p. 5.
38 Catull.
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1099
terpretato questo solebas come un imperfetto dello stile epistolare, riferito in realtà al presente45.
Il modo più naturale d’intendere questo imperfetto è considerarlo riferito al passato, sia pure non ad un singolo momento. Iam tum cum,
del resto, conferma senza ombra di dubbio che il riferimento è al tempo
in cui Cornelio prese l’audace decisione (ausus es) di comporre i Chronica, che quando Catullo scrive la nostra poesia sono manifestamente
già compiuti.
Per altri nugae è un termine “citato”46, riferibile cioè al giudizio negativo dato da critici malevoli della poesia catulliana47: idea difficilmente
accettabile, dato che Catullo stesso definisce ineptiae i propri versi48.
A mio parere queste nugae, lette e apprezzate da Cornelio parecchio
tempo prima della dedica del libellus, difficilmente possono essere identificate col contenuto di questo, ma indicheranno piuttosto i primi tentativi di Catullo, ai quali in ogni caso già allora Cornelio attribuiva un
certo valore49. Ciò non implica assolutamente una svalutazione da parte
del poeta di quei versi giovanili né una diversità sostanziale rispetto a
quelli contenuti nel libellus che adesso presenta all’amico.
4. Un problema si presenta al lettore del nostro carme fin dalle prime
parole. Come va intesa l’interrogazione cui dono […] ? Un lettore antico,
Ausonio, le attribuiva certamente valore deliberativo, come ben risulta
da entrambi i testi in cui cita e parafrasa parodicamente il nostro verso –
una volta addirittura l’intera poesia50. In entrambi i casi c’è un momento
45 QUINN, Catullus. The Poems, cit. n. 21, p. 89. Giustamente GOOLD, O Patrona, cit. n. 4,
p. 257, fa notare che l’imperfetto epistolare non si applica mai alla seconda persona.
46 Secondo la terminologia di SANTINI, Il termine libellus, cit. n. 5, p. 387.
47 LATTA, Zu Catulls Carmen 1, cit. n. 5, pp. 295, 208; RAUK, Time and History, cit. n. 4, p. 325.
Secondo ELDER, Catullus I, cit. n. 8, p. 147, sarebbe stato proprio Cornelio a dare questo nome
alle poesie di Catullo.
48 Catull. 14a,1, citato sopra, nota 40.
49 Così ad esempio ZICÀRI, Sul primo carme, cit. n. 18, p. 235; Ph. LEVINE, Catullus c. 1: A
Prayerful Dedication, «CSCA» 2, 1969, pp. 209-216: p. 211.
50 Auson. praef. 4 Green, al figlio, che parafrasa l’intera poesia (vv. 1-4: ‘cui dono lepidum novum
libellum?’ / Veronensis ait poeta quondam / inventoque statim dedit Nepoti. / At nos inlepidum
rudem libellum eqs.). L’altra citazione, seguita da parafrasi, riguarda solo il primo verso, e si
trova all’inizio dell’epistola che introduce il Griphus ternarii numeri: dein cogitans mecum, non
illud Catullianum ‘cui dono lepidum novum libellum’, sed ἀμουσότερον et verius ‘cui dono inlepidum, rudem libellum’ non diu quaesivi. Tu enim occurristi eqs. Su questi testi vd. NEWMAN,
Roman Catullus, cit. n. 21, pp. 104-106.
1100
Paideia LXXIII (2018)
di deliberazione: una volta Catullo stesso viene rappresentato come alla
ricerca, sia pure immediatamente coronata da successo, di un degno destinatario (inventoque statim dedit Nepoti)51; un’altra volta è Ausonio
che lo cerca, dopo aver parafrasato il verso di Catullo, anche se neppur
lui impiega molto tempo a trovarlo (non diu quaesivi eqs.).
Anche tra gl’interpreti moderni non sono pochi coloro che, secondo
un uso linguistico popolare52, conferiscono valore deliberativo all’indicativo dono53. Non sono pochi, tuttavia, neppure coloro che, a mio parere giustamente, lo interpretano come un vero e proprio indicativo: «chi
è il destinatario del mio dono?»54.
Il mio maestro Alessandro Ronconi55 confronta l’attacco del nostro
carme con un altro passo catulliano, dove, in una movenza assai simile,
si trova il congiuntivo56. Qui compare un vero e proprio dubbio, sia pure
di breve durata. Nel nostro carme, invece, non può esserci alcun dubbio.
La frase non significherà «a chi devo dare?», ma «(lo sai) a chi do?».
A mio parere, ogni dubbio sul significato di questo indicativo scompare, se si confronta il prologo della Corona di Meleagro, ai cui versi iniziali si è con ogni evidenza ispirato Catullo57, come risulterà ancor più
51 Cf.
NÉMETH, How does, cit. n. 18, pp. 23-24.
però A. SETAIOLI, Ispirazione ed espressione in Catullo, Bologna 1973, p. 44, dove vengono citati casi di indicativo deliberativo anche nella lingua elevata (Verg. Aen. 4,535; 10,675).
53 Qualche esempio scelto a caso: KROLL, C. Valerius Catullus, cit. n. 18, p. 1: «C. […] überlegt,
wem er es widmen soll […] dono in zweifelnder Frage volkstümlich»; FORDYCE, Catullus, cit.
n. 10, p. 84; A.S. GRATWICK, Vale, patrona virgo: the Text of Catullus 1.9, «CQ» 52, 2002,
pp. 305-320: p. 318: «to whom should I present this smart new book?»; L. MONDIN, Catullo 1
e Meleagro, in A. BALBO, F. BESSONE, E. MALASPINA (a c. di), ‘Tanti affetti in tal momento’,
Studi in onore di Giovanna Garbarino, Alessandria 2011, pp. 569-672: p. 663: «il carme 1 vuole
simulare una dedica personale improvvisata dal poeta, dopo un breve momento di riflessione
(cui dono…?)». LATTA, Zu Catulls Carmen 1, cit. n. 5, pp. 203-204 e n. 15, propende per questa
interpretazione, ma senza escludere del tutto l’assenza di ogni significato dubitativo.
54 Ad esempio ZICÀRI, Sul primo carme, cit. n. 18, pp. 232-233; J. GRANAROLO, L’œuvre de Catulle. Aspects religieux, éthiques et stylistiques, Paris 1967, p. 335; WISEMAN, Clio’s Cosmetics,
cit. n. 5, p. 141: «whom am I giving this smart little book to?»; A.J. WOODMAN, Poems to Historians. Catullus 1 and Horace, Odes 2,2, in D. BRAUND, Chr. GILL (edited by), Myth, History
and Culture in Republican Rome, Studies in honor of T.P. Wiseman, Exeter 2003, pp. 191-216:
p. 193. Cfr. Anche GOOLD, O Patrona, cit. n. 4, pp. 256-257: «to whom do I give my pretty
new book?».
55 A. RONCONI, Il verbo latino, Firenze 1959, pp. 118-119. Più di recente cfr. C. HARTZ, Catulls
Epigramme im Kontext hellenistischer Dichtung, Berlin-New York 2007, p. 210.
56 Catull. 100,5 cui faveam potius? Caeli tibi: nam eqs.
57 Meleag. AP 4,1, vv. 1-4 Μοῦσα φίλα, τίνι τάνδε φέρεις πάγκαρπον ἀοιδὰν / ἢ τίς ὁ καὶ τεύξας
ὑμνοθετᾶν στέφανον; / ἄνυσε μὲν Μελέαγρος· ἀριζάλῳ δὲ Διοκλεῖ / μναμόσυνον ταύταν ἐξεπόνησε
χάριν. Come vedremo fra poco, Catullo è stato influenzato anche dagli ultimi versi del prologo
di Meleagro, come pure dal componimento che chiudeva la sua Corona (AP 12,257).
52 Cfr.
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1101
chiaro tra poco. In quei versi il poeta greco chiede alla Musa a chi porta
il dono della raccolta poetica: è una vera interrogazione, cui, come Catullo (che peraltro pone la domanda a se stesso58), Meleagro risponde
immediatamente: all’illustre Diocle – pur senza la vivacità della seconda
persona catulliana: Corneli, tibi.
Il significato di vera interrogazione di cui dono […] ? è infine confermato dall’imitazione di Marziale: cuius vis fieri, libelle, munus?59.
5. Siamo giunti al problema più spinoso della nostra poesia. I vv. 8-9
sono tramandati così nella tradizione poziore (OGR):
quare tibi habe quicquid hoc libelli
qualecumque quod patrona virgo.
Entrambi i versi sono quindi riportati in forma ametrica; ma mentre
al v. 8 l’inversione della seconda e terza parola, che sana l’irregolarità metrica (habe tibi), è palmare ed è accolta da tutti, le cose sono assai meno
semplici per quanto riguarda il verso seguente (nel quale quod è tramandato in forma abbreviata).
Tentativi di correggere il verso inserendo la sillaba lunga mancante
davanti a patrona virgo furono compiuti già dai copisti di vari manoscritti non appartenenti alla tradizione poziore. Un quadro perspicuo
ne è offerto da due documentatissimi saggi di Alex Agnesini60. Tra queste
correzioni le due che meritano di essere prese in considerazione sono
qualecumque quidem patrona virgo e qualecumque quod o patrona
virgo. Occorre sottolineare, comunque, che entrambe vanno trattate alla
stregua di congetture umanistiche, non di vera tradizione, come tende a
fare Agnesini.
Il testo vulgato reperibile in molte edizioni di Catullo accoglie la seconda di queste congetture:
qualecumque; quod, <o> patrona virgo.
58 Come osserva MONDIN, Catullo 1, cit. n. 53, p. 663, Meleagro impiega la prima persona solo
alla fine del componimento: AP 4,1,57 ἀλλὰ φίλοις μὲν ἐμοῖσι φέρω χάριν.
3,2,1.
60 AGNESINI, Una rilettura, cit. n. 41; A. AGNESINI, Cornelio Nepote e Catullo: un patrono …
e una patrona, in G. BERNARDI PERINI, A. CAVARZERE (a c. di), Orizzonti culturali di Cornelio
Nepote. Dal Po a Roma, Atti del Convegno, Ostiglia, 27 aprile 2012-Mantova 28 aprile 2012,
Firenze 2013, pp. 75-87.
59 Mart.
1102
Paideia LXXIII (2018)
Molti studiosi, tuttavia, hanno trovato difficoltà nel fatto che il poeta
invochi la Musa61, mentre fino ad allora si era rivolto a Cornelio. Dando
per scontato che solo lui possa essere chiamato patronus, e accogliendo
il quidem dell’altra congettura prima ricordata, già 120 anni fa Bergk62
avanzò quella che Eduard Fraenkel chiama una congettura «orrida»63:
qualecumque quidem est patroni ut ergo.
In effetti essa è totalmente contraria all’usus scribendi di Catullo, nel
quale questa costruzione con ergo non compare mai64. Ciononostante
ha goduto di notevole fortuna, e vari studiosi l’hanno fatta propria, sia
nella forma originaria di Bergk65, sia con variazioni che la rendono ancora più “orrida”66.
Il passaggio dal dedicatario umano alla protettrice divina non desta
alcuna difficoltà, se si pensa che compaiono entrambi nei versi di Meleagro già ricordati67, cui manifestamente si è ispirato Catullo68, che altro
non ha fatto se non spostare alla fine la seconda, cui si rivolgeva all’inizio
Meleagro, accentuando così l’effetto di composizione ad anello già determinato dalla ripresa, al verso precedente, del termine libellus dell’inizio del carme69.
61 Non
meritano di essere prese in considerazione identificazioni diverse proposte per questa
virgo: Minerva (Scaliger; BAEHRENS, Catulli Veronensis Liber, cit. n. 34, pp. 72-73); Nemesi
(NEWMAN, Roman Catullus, cit. n. 21, pp. 115-116); Venere (J. GÓMEZ PALLARÈS, Catulo
1.9-10 y el proemio de Lucrecio al «De rerum natura», «Veleia» 15, 1998, pp. 299-314). Le Muse
sono vergini anche in Catull. 65,2 doctis […] virginibus.
62 T. BERGK, Philologische Thesen, «Philologus» 12, 1857, pp. 578-581: p. 581.
63 FRAENKEL, Pindaro, cit. n. 22, p. 96 («abscheulich» già in «Gnomon» 67, 1962, p. 259).
64 Cfr. anche WISEMAN, Clio’s Cosmetics, cit. n. 5, p. 173.
65 FORDYCE, Catullus, cit. n. 10, p. 87; SINGLETON, A Note, cit. n. 5, pp. 194-195; GOOLD,
O Patrona, cit. n. 4, p. 258; GOOLD, Two notes, cit. n. 21, p. 237 (entrambe le volte eliminando
est di Bergk); GIBSON, Catullus 1.5-7, cit. n. 4, p. 572.
66 GRATWICK, Vale, patrona virgo, cit. n. 53, p. 306: qualecumque <ali>quid. patro<ci>ni ergo
(ritenuta «die bisher attraktivste Vermutung» da DUNSCH, Omne aevum, cit. n. 5, p. 41, n. 33).
G. GIARDINA, Per il testo e la interpretazione di Catullo 1.9-10, «Prometheus» 37, 2011,
pp. 56-60: p. 60: qualecumque: quod, <o> patrone, vulgo.
67 Cfr. sopra, n. 57.
68 Maria CARILLI, Le nugae di Catullo e l’epigramma greco, «ASNP» ser. 3, 5, 1975, pp. 925953: p. 927, e MONDIN, Catullo 1, cit. n. 53, pp. 660-664, hanno mostrato che nel c. 1 Catullo
combina il prologo e l’epilogo della Corona di Meleagro (AP 4,1; 12,257). In entrambi ricorre
l’idea della fatica letteraria (AP 4,1,4 ἐξεπόνησε; 12,357,3 μόχθον), che in Catullo passa a caratterizzare i laboriosi libri storici di Cornelio.
69 Cfr. anche CAIRNS, Catullus I, cit. n. 5, pp. 156-157; CARILLI, Le nugae, cit. n. 68, p. 927;
T. GÄRTNER, Kritisch-exegetische Überlegungen zu Catullgedichten, «AAntHung» 47, 2007,
pp. 1-41: p. 7.
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1103
Non intendo intervenire nell’oziosa discussione volta a stabilire se
Cornelio possa essere considerato patronus di Catullo, e in quale senso.
Ritengo più importante sottolineare che il titolo di patrona, che molti
sostenitori della correzione ritengono inadatto alla Musa70, le conviene
perfettamente, non solo perché, come tramanda Svetonio, il grammatico
Aurelio Opillo giudicava scrittori e poeti clienti delle Muse71, ma anche
e soprattutto perché la poetessa Sulpicia si proclama in prima persona
cliente della Musa72. La presenza della Musa nel nostro carme è stata del
resto sostenuta con validi argomenti da un gran numero di studiosi73.
Un argomento assai forte a favore della presenza della Musa proviene
da un inaspettato confronto: quello col secondo carme dei Priapea74, che
è anch’esso a suo modo una dedica (a Priapo) e come il carme catulliano
è in endecasillabi faleci. La derivazione da Catullo è indubbia. Fu notata
per la prima volta da Süss75 e giudicata incontestabile da Buchheit nel
suo libro sui Priapea76. Recentemente i due carmi sono stati messi a confronto in maniera approfondita da Gärtner77. I punti di contatto con Ca70 E.g. GOOLD, Two notes, cit. n. 21, p. 236; GIARDINA, Per il testo, cit. n. 66, p. 58. Il più deciso è
GRATWICK, Vale, patrona virgo, cit. n. 53, p. 310, ma i suoi argomenti sono chiaramente pretestuosi:
nella patrona virgo egli vede addirittura l’inserzione di uno scriba cristiano che pensava alla Vergine
Maria – come se le Muse non fossero vergini anche in Catullo (65,2) e in Priap. 2, che citeremo tra
poco, chiaramente derivato dal nostro carme catulliano. La verginità era attribuita alle Muse anche
dal modello dei Chronica di Cornelio: Apollodoro (FGrHist 244 F 146). Ciononostante, questo
argomento è fatto proprio anche da DUNSCH, Omne aevum, cit. n. 5, p. 40, n. 28.
71 Suet. gramm. 6,3 quia scriptores et poetas sub clientela Musarum iudicaret.
72 Sulpicia Sulpiciae conquestio de statu rei publicae et temporibus Domitiani = epigr. Bob. 37,11
precibus descende clientis et audi. L’invocazione che precede è rivolta alla Musa, in generale; al
verso seguente viene fatto il nome di una Musa specifica: Calliope. Il componimento è attribuito
alla Sulpicia moglie di Caleno (cfr. Mart. 10,35; 1,38), ma forse è di epoca più tarda. Cfr. Anna
GIORDANO RAMPIONI, Sulpiciae conquestio (Ep. Bob. 37), Bologna 1982; J.L.P. BUTRICA, Sulpicia’s Complaint: On the State of the Nation and the Age of Domitian, «Diotima» (online) 2000.
73 Ne indico solo alcuni: in primo luogo AGNESINI, Una rilettura, cit. n. 41; AGNESINI, Cornelio
Nepote e Catullo, cit. n. 60; F. BELLANDI, Lepos e pathos. Studi su Catullo, Bologna 2007,
pp. 108-112. Vd. anche ELDER, Catullus I, cit. n. 8, p. 148; LATTA, Zu Catulls Carmen 1,
cit. n. 5, pp. 208-209; H. DETTMER, A fresh look at Catullus 1.9, «LCM» 1984, pp. 74-75;
LEVINE, Catullus c. 1, cit. n. 49, mette in rilievo la struttura innica del carme, nel quale l’invocazione alla divinità è perfettamente al suo posto.
74 Priap. 2 Ludens haec ego teste te, Priape, / horto carmina digna, non libello, / scripsi non nimium laboriose. / Nec Musas tamen, ut solent poetae, / ad non virgineum locum vocavi. / Nam
sensus mihi corque defuisset / castas, Pierium chorum, sorores / auso ducere mentulam ad Priapi.
/ Ergo quicquid id est, quod otiosus / templi parietibus tui notavi, / in partem accipias bonam
rogamus. Ho messo in grassetto i punti di contatto con Catull. 1.
75 J. SÜSS, Catulliana I, Erlangen 1876, p. 6.
76 V. BUCHHEIT, Studien zum Corpus Priapeorum, München 1962 («Zetemata» 28), p. 11.
77 GÄRTNER, Kritisch-exegetische Überlegungen, cit. n. 69, pp. 1-5.
1104
Paideia LXXIII (2018)
tullo sono evidenti; l’autore ha certamente davanti a sé la dedica a Nepote, e da essa derivano anche la menzione delle Muse e l’accenno alla
loro verginità. C’è chi ha voluto invalidare l’accostamento, osservando
che la formulazione catulliana è positiva, mentre quella del Priapeum è
negativa78; ma ciò deriva dal fatto che l’autore di quest’ultimo ha precisamente voluto rovesciare i motivi catulliani: i miei carmi stanno bene
in un orto, non in un libellus; non mi sono costati alcun labor (li ho scritti
restando otiosus); non invoco le Muse; se lo facessi, le condurrei in un
luogo non verginale.
Restano ora da analizzare le obiezioni metriche e formali degli avversari della presenza della Musa nel nostro carme.
Secondo Goold79, in Catullo l’interiezione o non compare mai davanti alla sequenza aggettivo-nome. Ciò però avviene, sia pure in iperbato80. Più seria appare l’altra obiezione, fatta valere da Goold e da
Gratwick81, riguardante la metrica del verso. Con la lezione qualecumque;
quod, <o> patrona virgo si avrebbe una forte pausa dopo la prima breve
del secondo piede del falecio, come avviene assai di rado in Catullo. Tuttavia ciò si verifica almeno tre volte82, e non mi sembra perciò impossibile ammettere che avvenga anche qui83. La proposta di Agnesini84 di
mettere punto alla fine del v. 8 e di leggere al v. 9 qualecumque quidem,
patrona virgo, secondo l’altra correzione registrata dai codici recenziori,
ha il merito di risolvere questo supposto problema metrico, e va quindi
presa in attenta considerazione. In ogni caso questa, come l’altra lezione
78 DUNSCH, Omne aevum, cit. n. 5, p. 40, n. 29. Non si capisce perché la formulazione negativa
del Priapeum renderebbe possibile la derivazione da qualsiasi altra poesia di analoga tematica.
I rapporti testuali con Catullo sono evidenti. La diffusione dell’invocazione alle Muse nella
poesia antica e il plurale del Priapeum (Musas) non sono sufficienti a negare la derivazione da
Catullo.
79 GOOLD, O Patrona, cit. n. 4, p. 254.
80 E.g. Catull. 46,9 o dulces comitum valete coetus. Cfr. B. ARKINS, Further thoughts on Catullus 1,
«LCM» 8, 1983, pp. 18-20: p. 18.
81 GOOLD, O Patrona, cit. n. 4, p. 254; GRATWICK, Vale, patrona virgo, cit. n. 53, p. 309, n. 20.
82 Catull. 50,16 hoc, iocunde, tibi poema feci; 48,8 = 48,16 hoc ut dixit, Amor sinistra ut ante.
GRATWICK Vale, patrona virgo, cit. n. 53, p. 309, n. 20, afferma apoditticamente che il primo
verso si allontana dalla consuetudine catulliana solo sulla carta (perché?), mentre nel secondo
caso propone di correggere il testo in hoc ut dixit ut ante Amor sinistra: A.S. GRATWICK, Those
Sneezes: Catullus 45.8-9, 17-18, «CPh» 87, 1992, pp. 234-240.
83 Si potrebbe comunque ovviare alla difficoltà metrica ammettendo, come fa D.F.S. THOMSON,
Catullus, edited with a textual and interpretative Commentary, Toronto 1997, pp. 199-200, che
qualecumque abbia valore predicativo e che quod sia in anastrofe, quindi ponendo la pausa alla
fine del v. 8, anziché dopo qualecumque.
84 AGNESINI, Cornelio Nepote e Catullo, cit. n. 60, p. 77.
A. SETAIOLI, La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1105
(quod, <o> patrona virgo), ha il merito di conservare la presenza della
Musa, essenziale al nostro carme85.
Alternativamente, la supposta irregolarità metrica potrebbe essere sanata da una proposta di Pasoli86, rimasta sfortunatamente poco conosciuta, scrivendo qualecumque<st>; quod, patrona virgo. La fusione delle
due sillabe brevi del secondo piede in una lunga, che avremmo così, avviene molte volte nel c. 55 e nel c. 58A, che probabilmente ne è la continuazione. Ritengo tuttavia che la soluzione più economica sia costituita
proprio dalla più comune vulgata, con l’inserzione di una sola lettera
(<o>) nel testo fornito dalla tradizione poziore87.
6. Non possiamo concludere l’esame del nostro carme catulliano
senza soffermarci sull’augurio formulato dal poeta nell’ultimo verso:
plus uno maneat perenne saeclo. Sono molti gli studiosi che affermano
senz’altro che Catullo chiede l’immortalità per la propria poesia88. In
realtà l’augurio di Catullo è ben più modesto. È formulato secondo un
modulo espressivo tipico dell’ambiente letterario dell’epoca. Lo stesso
Catullo predice all’amico Cinna che Smyrnam cana diu saecula pervoluent89, e Cinna a sua volta faceva un analogo augurio: saecula permaneat
nostri Dictynna Catonis90. Perfino del Marius di Cicerone Q. Mucio Scevola affermava: canescet saeclis innumerabilibus91. Per la sua poesia Catullo auspica non la durata per innumerevoli e “canute” generazioni, ma
semplicemente la sopravvivenza per più di una92. Altrove si augura che
85 La compresenza di quidquid e qualecumque non mi sembra presentare gravi difficoltà. Cfr.
Plin. epist. 8,22,4 (e, con l’inserzione di et, Tac. ann. 14,55). Come osservato da diversi studiosi,
quidquid si riferisce all’oggettività del libellus, qualecumque al suo valore e alla sua qualità («was
und wie immer es auch sein mag»: HOLZBERG, Catull, cit. n. 41, p. 11).
86 E. PASOLI, Sul testo e la funzione del carme 1 di Catullo, «RAIB» 66, 1977-1978, pp. 53-60:
p. 56. Nella sua edizione F. DELLA CORTE, Catullo. Le poesie, Roma-Milano 1977, riteneva che
dopo qualecumque fossero caduti la fine del verso e l’inizio del verso successivo.
87 Non va dimenticato che tanto qualecumque quod o patrona virgo quanto qualecumque quidem patrona virgo, sebbene si trovino in alcuni manoscritti, non sono vera tradizione, bensì
congetture umanistiche, sia pure entrambe degne di considerazione.
88 Da ultimo anche AGNESINI, Una rilettura, cit. n. 41, p. 21: «anche questa poesia […] conduce
all’eternità»; AGNESINI, Cornelio Nepote e Catullo, cit. n. 60, p. 84: «il poeta si augura che […]
il libellus possa avere l’eternità»; p. 86: «la presente opera […] rimarrà in eterno».
89 Catull. 95,5.
90 Cinna carm. frg. 14 Blänsdorf.
91 Scaev. carm. frg. 1 (Cic. leg. 1,2).
92 È certo che solo la Musa può garantire questa, sia pur modesta, “immortalità”. Lasceremo da
parte la questione se il patrocinio di Cornelio basti a garantire la sopravvivenza dell’opera del
1106
Paideia LXXIII (2018)
la carta su cui sono scritti i suoi versi parli ancora quando sarà vecchia93. Non mancano tuttavia gli studiosi che hanno rilevato la modestia
dell’augurio formulato dal poeta94; c’è addirittura chi ha esagerato, riferendo plus uno […] saeclo non alle generazioni degli uomini, ma a quelle
dei passeri95!
Viene di solito fatto rilevare che Catullo chiede alla Musa ciò che Callimaco, negli Aitia, chiedeva alle Cariti96. Usa lo stesso verbo (μένωσιν ~
maneat) e, come lui, chiede lunga durata, non eternità. Anche l’altro
grande poeta alessandrino, Apollonio Rodio, alla fine delle sue Argonautiche, chiedeva agli eroi da lui celebrati non l’eternità, ma che il suo canto
venisse di anno in anno ascoltato con più piacere97. Non è impossibile
che, oltre al πουλὺ […] ἔτος di Callimaco, anche εἰς ἔτος ἐξ ἔτεος di Apollonio abbia influito sul per-enne di Catullo, che, piuttosto che “eterno”,
significa appunto “persistente nel tempo (di anno in anno)”.
Non credo che chiedere alla Musa non ispirazione, ma una lunga persistenza della propria opera corrisponda ad una “desacralizzazione”98, se non
nel senso alessandrino per cui la doctrina prende il posto dell’ispirazione
entusiastica: in Catullo le Muse stesse sono doctae […] virgines (65,2). Altri
raffronti, sia pure interessanti, mi sembrano scarsamente pertinenti99.
Non intendo porre il problema se la modestia di Catullo sia reale o
simulata. Certo è che anche l’ultimo verso si accorda con l’atteggiamento
di scherzoso understatement nei confronti non dell’opera storica di Cornelio, ma della propria poesia, che è avvertibile in tutto il carme.
Università degli Studi di Perugia
Dipart. di Lettere – Lingue, letterature
e civiltà antiche e moderne
Piazza Morlacchi, 11
06123 Perugia
ALDO SETAIOLI
aldosetaioli@tin.it
poeta per la generazione corrente. Cfr. LATTA, Zu Catulls Carmen I, cit. n. 5, p. 209; AGNESINI,
Una rilettura, cit. n. 41, p. 14.
93 Catull. 68,44 carta loquatur anus.
94 E.g. ZICÀRI, Sul primo carme di Catullo, cit. n. 18, p. 231; BATSTONE, Dry Pumice, cit. n. 5,
p. 126; MONDIN, Catullo 1, cit. n. 53, p. 665.
95 A.S. GRATWICK, Catullus 1.10 and the Title of the Libellus, «G&R» 38, 1991, pp. 199-202:
p. 202 (Passer doveva essere il titolo della raccolta).
96 Call. aet. 1, fr. 7,14 ἵνα μοι πουλὺ μένωσιν ἔτος. Cfr. CAIRNS, Catullus I, cit. n. 5,
p. 156; CARILLI, Le nugae, cit. n. 68, p. 927; WISEMAN, Clio’s Cosmetics, cit. n. 5, p. 174.
97 Ap. Rh. 4,1773-1775 αἵδε δ’ ἀοιδαί εἰς ἔτος ἐξ ἔτεος γλυκερώτεραι εἶεν ἀείδειν ἀνθρώποις.
98 Così DECREUS, Catulle, c. 1, cit. n. 9, p. 859.
99 DECREUS, Catulle, c. 1, cit. n. 9, pp. 850-851, accosta plus uno maneat perenne saeclo alla dedica di Apollodoro ad Attalo II, a noi nota dallo Ps. Skymnos.
INDICE DEL VOLUME
(PARS
PRIMA
– Paideia 73 [I/III])
GIUSEPPINA ALLEGRI, Ai lettori
5
CATULLIANA
Catullo: modelli, tradizione manoscritta, Fortleben
TAMÁS ADAMIK
The Structure and the Function
of Similes in Catullus’ Poetry
9
ANTONELLA BORGO
Villette, ipoteche e debiti:
a proposito di un tema poetico
(Furio Bibaculo frr. 2 e 3 Tr.; Catullo 26)
31
ALBERTO CANOBBIO
Rileggendo il carme 10 di Catullo:
una proposta esegetico-testuale per i versi 9-13
43
GREGSON DAVIS
The text of Catullus Carm. 4,19:
the case for conjectural emendation
57
RITA DEGL’INNOCENTI PIERINI
Per una storia della fortuna catulliana in età imperiale:
riflessioni su Catullo in Seneca
63
1468
Paideia LXXIII (2018)
SIMONE GIBERTINI
Integrazioni alla bibliografia critica
del Codex Traguriensis
(Paris, B. N. F., Latin 7989): 1961-1999
81
ROBERT DREW GRIFFITH
The Clueless Cuckold and the She-Mule’s Shoe
(Catullus 17,23-26)
93
BORIS HOGENMÜLLER
Bemerkungen zur Intra- und Intertextualität
von Cat. c. 68,1-10
103
WOLFGANG HÜBNER
„Katulla“ – Geschlechtsumwandlung bei Catull
117
KONRAD KOKOSZKIEWICZ
A Note on Catullus 68b,157-158
139
DAVID KONSTAN
Two Trips to Bithynia? A Note on Catullus’ Phaselus
147
LEAH KRONENBERG
Catullus 34 and Valerius Cato’s Diana
157
ALFREDO MARIO MORELLI
“Il disunito filo che ci unisce”.
La traduzione catulliana di Enzo Mazza
175
CAMILLO NERI
“Fiamme gemelle”.
Storia di un (possibile) rapporto intertestuale
203
JOHN KEVIN NEWMAN
Catullus and Love Poetry
221
MARIANTONIETTA PALADINI
Ancora sul carme 17 di Catullo:
dai fescennini a Claudiano
245
1469
Indice del volume I/III (Pars prima)
PAOLA PAOLUCCI
L’imbarcazione, il mulattiere ed il fungo
269
MARIA CHIARA SCAPPATICCIO
Sopionibus scribam (Catull. 37,10).
Sacerdote, Petronio, Syneros, Catullo: una nota esegetica
279
MARIA TERESA SCHETTINO
Catullo e i suoi sodales:
una generazione sospesa tra le guerre civili
295
ÉTIENNE WOLFF
Catulle (ou son absence) dans la poésie
de Janus Pannonius (1434-1472)
325
ARTICOLI
E NOTE
LUIGI BELLONI
La parola ‘eschilea’ di Ildebrando Pizzetti
in Assassinio nella Cattedrale
335
PAOLO CUGUSI
Osservazioni testuali su carmi epigrafici latini
361
PIERRE-JACQUES DEHON
Priape et les quatre saisons:
un élément pour la chronologie des Priapea?
391
ROBERTA FRANCHI
In bonam et in malam partem:
la simbologia del corvo dalla Bibbia a Boccaccio
407
FABIO GASTI
Aspetti della presenza di Ovidio in Ennodio
431
1470
Paideia LXXIII (2018)
SIMONE GIBERTINI
Properzio 1,1,1 nel ms. Paris, B. N. F., Latin 7989
451
MARIA RITA GRAZIANO
Abstracta e personificazioni in Lucano
463
VINCENZO LOMIENTO
Il discorso di Anchise (Aen. 6,724-751):
l’intreccio e le maglie del testo
489
MASSIMO MAGNANI
L’Eolo di Euripide e le genealogie degli Eoli
511
GRAZIA MARIA MASSELLI
Clizia in fiore: metamorfosi per amore
529
CLAUDIO MICAELLI
Osservazioni sull’Inno VIII
del Cathemerinon di Prudenzio
547
ALESSIA MORIGI
Fuori porta.
Dati inediti sulle ville extraurbane di Parma dagli scavi
e dalle prospezioni in via Forlanini e in via De Chirico
567
RENATO ONIGA
Il latino nella formazione intellettuale europea
in età moderna e contemporanea
593
TIBERIU POPA
Virgil’s Eclogues and the Aesthetics of Symmetry
613
GUALTIERO ROTA
L’Irrisio Gentilium Philosophorum:
“neurospaston” da Clemente al... Pinoculus di Maffacini
(Herm. Irris. 12,4)
631
GUALTIERO ROTA
Michele Psello e un esempio di “risemantizzazione cristiana”:
De omnifaria doctrina 164
651
Indice del volume I/III (Pars prima)
1471
ARIANNA SACERDOTI
A proposito di Antigone
e di “disambientazioni” del personaggio
665
RICCARDO VILLICICH
Teatri di età ellenistica nell’Epiro e nell’Illiria meridionale:
alcune riflessioni
681
LORIANO ZURLI
Alcestis Barcinonensis ed Aegritudo Perdicae.
Considerazioni stravaganti
699
INDICE DEL VOLUME
(PARS
SECUNDA
– Paideia 73 [II/III])
GIUSEPPINA ALLEGRI, Ai lettori
721
CATULLIANA
Catullo: modelli, tradizione manoscritta, Fortleben
NEIL ADKIN
Cunni(ng) cacemphaton in Catullus
725
EMANUELA ANDREONI FONTECEDRO
Una “citazione” nascosta di Catullo in Cicerone?
733
KRYSTYNA BARTOL
Catullo, 64,19-21: una reminiscenza alcaica?
739
ALESSIA BONADEO
Pranzo al sacco o tenzone poetica?
Una rilettura di Catull. 13
749
GABRIELE BURZACCHINI
Memoria saffica in Catullo: un nuovo caso?
775
MALCOLM DAVIES
Catullus 61: cletic and encomiastic conventions
795
ROSALBA DIMUNDO
Il motivo del verberare puellam negli elegiaci latini
811
1474
Paideia LXXIII (2018)
PAOLO GATTI
Nonio Marcello e Catullo
829
JOHN GODWIN
The Ironic Epicurean in Poems 23, 114, 115
837
STEPHEN HARRISON
Further notes on the text and interpretation of Catullus
853
FREDERICK JONES
Catullus’ libellus and Catullan aesthetics
867
BORIS KAYACHEV
Catullus 64,71: a textual note
891
SEVERIN KOSTER
22: Ein anderer Catull?
895
DAVID KUTZKO
Isolation and Venustas
in Catullus 13 and the Catullan Corpus
903
MIRYAM LIBRÁN MORENO
El ave daulíade: Catul. 65,12-14 y sus precedentes griegos
925
GIANCARLO MAZZOLI
Iam: una particella molto catulliana
937
LUIGI PIACENTE
Catullo a casa Guarini
955
BRUNA PIERI
Nimio Veneris odio: Catullo ‘tragico’ in Seneca ‘lirico’
967
RÉMY POIGNAULT
Catulle chez Marguerite Yourcenar
989
GIOVANNI POLARA
Il Catullo di Francesco Arnaldi
1003
Indice del volume II/III (Pars secunda)
1475
CHIARA RENDA
Riflessi catulliani nella poetica di Fedro
1025
MARCOS RUIZ SÁNCHEZ
Catulo ante la encrucijada de los géneros
1039
STEFANIA SANTELIA
‘Riusi’ di Orienzio:
saggio di commento a Comm. 1,1-42; 2,1-12 e 407-418
1063
ALDO SETAIOLI
La dedica di Catullo a Cornelio Nepote
1091
GIUSEPPE SOLARO
Cesare, Clodia e quell'eterno tormento
1107
RENZO TOSI
Osservazioni in margine al carme 86 di Catullo
1115
TIMOTHY PETER WISEMAN
Why is Ariadne Naked? Liberior iocus in Catullus 64
1123
ARTICOLI
E NOTE
RENATO BADALÌ
Medici poeti
1169
MARIA ANTONIETTA BARBÀRA
L’esegesi di Cantico dei cantici 2,6 e 8,3
di Cirillo di Alessandria
1177
FRANCIS CAIRNS
Epilegomena to Horace Odes 1,38
1201
1476
Paideia LXXIII (2018)
GIOVANNI CIPRIANI - GRAZIA MARIA MASSELLI
Come debellare la febbre malarica in Roma antica:
i magi, i medici e il “buon” uso della parola
1229
PAUL CLAES
Allegory in Horace’s Soracte ode
1261
EDOARDO D’ANGELO
Il motivo della ‘fanciulla perseguitata’
nell’agiografia latina
1269
FRANCESCO DE MARTINO
Filologia e Folklore:
Giorgio Pasquali e le vestigia della “covata”
1285
PAOLO FEDELI
‘Si licet exemplis in parvo grandibus uti’.
Ovidio, all’ombra dei mitici esempi
1307
CRESCENZO FORMICOLA
Vergilium vidi tantum:
intertestualità virgiliana nella poesia ovidiana dell’esilio
1321
ALFREDO GHISELLI
Inno a Roma
1343
GIANNI GUASTELLA
L’Agamennone di Evangelista Fossa
e i primi volgarizzamenti delle tragedie senecane
1353
DAVID PAYNE KUBIAK
The Muses in the Prologue of Cicero’s Aratea
1373
CLAUDIO MORESCHINI
La formazione di un platonico:
dalla Difesa della Comedia di Dante
alla Comparatio fra Platone e Aristotele
1387
Indice del volume II/III (Pars secunda)
1477
ANTONIO VINCENZO NAZZARO
L’immagine salmica delle cetre appese ai salici
nella poesia italiana
1405
MARIA ROSARIA PETRINGA
A proposito di due passi della parafrasi del libro di Giosuè
nel poema dell’Heptateuchos
1423
GIANNA PETRONE
Il volto della maschera.
Su alcuni effetti drammaturgici del teatro senecano
1429
ANTONIO STRAMAGLIA
Si può mentire sotto tortura? Nota a Ps. Quint. decl. 7,6
1455
ANDREA TESSIER
La prefazione di Adrien Tournebus al suo Sofocle (1553)
1459
Finito di stampare nella Stilgraf di Cesena
nel mese di luglio 2018
QUADERNI DI «PAIDEIA»
PAIDEIA
rivista di filologia, ermeneutica e critica letteraria
collana di studi di antichistica e filologia
PERIODICO ANNUALE
DIRETTORE RESPONSABILE:
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