Diocleziano:
la frontiera giuridica dell’impero
a cura di
Werner Eck
Salvatore Puliatti
Pavia University Press
2018
Diocleziano: la frontiera giuridica dell’impero / a cura di Werner Eck,
Salvatore Puliatti - Pavia : Pavia University Press, 2018. - [VIII], 648 p. :
ill. ; 25 cm.
(Pubblicazioni del CEDANT; 16)
ISBN 9788869520785 (cartonato)
© 2018 Pavia University Press, Pavia
ISBN: 978-88-6952-078-5
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Printed in Italy
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi.
Comitatus, consilium, consistorium
PIERFRANCESCO PORENA
Università degli Studi Roma Tre
1. Premessa sulla documentazione
Il presente contributo verte su alcuni aspetti della questione da sempre dibattuta della
continuità e del grado di novità sul piano amministrativo della lunga esperienza di governo di Diocleziano e dei suoi coreggenti. Se, in altri termini, questa esperienza costituì o
meno una ‘frontiera’ nella storia dell’impero romano, nella prospettiva di un riequilibrio
dei rapporti tra centro e periferia dell’enorme compagine logorata dalla crisi del III sec.
Una simile indagine deve misurarsi con un dato concreto, che ne giustifica la traiettoria e
le possibili aporie. Esiste in generale una carenza di informazioni nelle fonti dell’età e sull’età dioclezianea e tetrarchica. Com’è noto, il ventennio 284-305, denso di avvenimenti,
appare privo di narrazioni storiografiche sufficientemente ampie.1 Questa lacuna è dannosa, se si riflette sul fatto che la lunga stagione del Principato di Diocleziano e dei tetrarchi costituì la prima vera fase di stabilità politica del III sec. post-severiano, la ‘piattaforma’ dei cambiamenti amministrativi del tardo impero maturo (IV-VI sec.). Le fonti superstiti sono distribuite in modo diseguale. La mancanza di una narrazione storiografica sufficientemente dettagliata solleva da sempre problemi sulla sostanza e sulla cronologia delle
riforme amministrative attribuibili a Diocleziano. In secondo luogo, sullo sfondo del
ridotto panorama storiografico è possibile proiettare un numero cospicuo di fonti epigrafiche e normative, le quali appaiono condizionate da criteri di selezione e di conservazione che le rendono spesso evanescenti ai fini dell’indagine sull’evoluzione burocratica.
Sulla crisi della storiografia antica dal pieno II e nel III sec. cfr. S. MAZZARINO, Il pensiero storico classico III, RomaBari 1990 3, 164-168, 224-225, 233-243; G. ZECCHINI, Storia della storiografia romana, Roma-Bari 2016, 168-169.
La monografia italiana più recente su Diocleziano evidenzia in apertura come siano «troppo scarse le fonti, quasi mai
dirette, sovente influenzate da pregiudizi e imprecisioni» (U. ROBERTO, Diocleziano, Roma 2014, 7). L’eclisse della
memoria storica sulle gesta della gloriosa generazione tetrarchica deve molto ad alcune dinamiche contemporanee: la
dissoluzione rapida e traumatica di quel sistema politico e la scomparsa tra il 306 e il 324 di molti colti collaboratori dei principi Iovii ed Herculii; l’affermazione prepotente e duratura di Costantino e della sua famiglia in opposizione alla tradizione dioclezianea; il vigore e la vitalità della giovane storiografia cristiana che crebbe intorno alla vittoria dei Costantinidi, condannando la memoria dei principi persecutori.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
Le fonti epigrafiche, numerose in rapporto alla crisi dell’epigrafia dalla metà del III
sec., testimoniano per lo più le carriere di funzionari che avevano una responsabilità
amministrativa sulle aree urbane dove furono preparati i monumenti iscritti: pur
tenendo conto della casualità dei rinvenimenti, si è conservata traccia epigrafica,
sostanzialmente, di quei dignitari che svolgevano un governo provinciale, per lo più i
numerosi governatori equestri, uomini nuovi, promossi dai tetrarchi, i quali facevano
elevare serie di monumenti ai sovrani promotori delle nuove, numerose e inusitate
ascese sociali:2 monumenti sintetici e privi del cursus honorum del dedicante (che peraltro doveva essere spesso un militare privo di un pregresso significativo).3 Ma soprattutto è estremamente raro trovare monumenti che ricordino le tappe del cursus o l’intero cursus di un funzionario palatino, cioè attivo negli uffici centrali tra la seconda
metà del III sec. e il Principato di Costantino unico Augusto. I dignitari e gli officiales
civili, pur essendo impegnati in gran numero e per lungo tempo nei comitatus di ben
quattro imperatori, erano dei burocrati, spesso dotati di una buona o ottima formazione giuridica e retorica, ma privi di spessore sociale. La loro origine, il loro continuo
peregrinare al seguito dei principi, il loro avvicendarsi e soggiornare temporaneamente nelle numerose città-chiave del policentrismo tetrarchico, il controllo di imperatori
autoritari, che imponevano ritmi di lavoro estenuanti al loro seguito, l’impossibilità
per questi salariati di arricchirsi in una congiuntura monetaria difficile e di aprirsi a
grandi operazioni evergetiche – i loro emolumenti, specialmente se in coni divisionaSulle caratteristiche dell’epigrafia tetrarchica cfr. W. ECK, Devotus numini maiestatique eorum: Repräsentation und
Propagierung der Tetrarchie unter Diocletian, in H. VON HESBERG - W. THIEL (Hrsgg.), Medien in der Antike. Kommunikative Qualität und normative Wirkung, Köln 2003, 51-62; ID., Worte und Bilder. Das Herrschaftskonzept
Diocletians im Spiegel öffentlicher Monumente, in D. BOSCHUNG - W. ECK (Hrsgg.), Die Tetrarchie. Ein neues
Regierungssystem und seine mediale Präsentation, Wiesbaden 2006, 323-347. Per l’esame di una tipologia di monumento iscritto precipua di questa fase cfr. W. THIEL, Die ‘Pompeius-Säule’ in Alexandria und die Viersäulenmonumente
Ägyptens. Überlegungen zur tetrarchischen Repräsentationskultur in Nordafrika, in BOSCHUNG-ECK (Hrsgg.), Die
Tetrarchie cit., ibid., 249-322.
3 L’esclusione quasi totale dei senatori dai governatorati provinciali, che raggiunse il culmine durante il periodo 284312, è testimoniata dall’andamento dei pochi cursus honorum epigrafici di senatori, patroni tradizionali delle comunità urbane dell’impero, il cui controllo passò ai nuovi presidi equestri, di modesto livello sociale, devoti ai principi
illirici e privi di legami con le città; cfr. M. CHRISTOL, Essai sur l’évolution des carrières sénatoriales dans la seconde moitié du III e siècle ap. J.-C., Paris 1986; ID., L’ascension de l’ordre équestre. Un thème historiographique et sa réalité, in S.
DEMOUGIN - H. DEVIJVER - M.-T. RAEPSAET-CHARLIER (éd.), L’ordre équestre. Histoire d’une aristocratie (II e siècle av.
J.-C. - III e siècle ap. J.-C.). Actes du Colloque international. Bruxelles-Leuven, 5-7 octobre 1995, Rome 1999, 613-628;
sul nuovo profilo amministrativo delle città cfr. C. LEPELLEY, Témoignages épigraphiques sur le contrôle des finances
municipales par les gouverneurs à partir du règne de Dioclétien, in AA.VV., Il capitolo delle entrate nelle finanze municipali in Occidente ed in Oriente. Actes de la X e rencontre franco-italienne sur l’épigraphie du monde romain. Rome, 27-29
mai 1996, Roma 1999, 235-247.
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li, dovevano avere un basso potere di acquisto – fece di questi fedeli funzionari al seguito dei tetrarchi – pur numerosi 4 – degli uomini socialmente ‘invisibili’ per le città dell’impero destinate a ospitare i monumenti epigrafici, oggetti già di per sé in netta e
rapida contrazione nella seconda metà del III sec. In altri termini, le città delle province accoglievano facilmente gruppi statuari richiesti dagli allora potenti governatori
di provincia, ma non dai responsabili degli uffici palatini, da parte dei quali probabilmente non esisteva una pressione in questo senso. Nelle grandi residenze imperiali
riorganizzate urbanisticamente dai tetrarchi ci doveva essere davvero poco spazio per
gli umili funzionari palatini. Come vedremo, le uniche carriere epigrafiche nei comitatus di questo periodo emergono nei pochi casi in cui il titolare accede, dopo incarichi
amministrativi centrali, a una funzione amministrativa periferica o istituisce una relazione particolare con una città. Tuttavia si tratta sempre di un campione davvero estremamente esiguo rispetto al numero dei funzionari attivi in quel ventennio nei quattro
comitatus. La stagione delle carriere miste, centrali e periferiche, si aprirà solo nell’avanzata età costantiniana, per individui, come in età dioclezianea, di estrazione
sociale relativamente bassa; la fase dell’accesso degli aristocratici di origine senatoria a
funzioni di vertice all’interno del comitatus si affermò soltanto nel corso della seconda
metà del IV sec., per consolidarsi quando i due imperatori trasferirono il loro palazzo
e la sede prefettizia maggiore in una capitale amministrativa stabile: in Occidente dai
primi del V sec. a Ravenna, dov’era la sede della prefettura del pretorio d’Italia-IlliricoAfrica; in Oriente nella Costantinopoli di Teodosio I, dov’era la sede della prefettura
d’Oriente. Le fonti epigrafiche e i cursus honorum dei dignitari e degli impiegati degli
uffici palatini del periodo dioclezianeo e tetrarchico sono quasi inesistenti.
Se dal patrimonio epigrafico si sposta l’attenzione sulle fonti normative, le informazioni sul personale palatino di Diocleziano e dei coreggenti restano insufficienti.5 Si
possiedono più di 1.200 costituzioni di Diocleziano e dei tetrarchi, più o meno ridimensionate o frammentarie, per lo più rescritti a privati – il numero più alto di rescritti conservati emessi da un singolo Augusto –, poche epistole a funzionari, alcuni imporCiascun Augusto e Cesare aveva un suo comitatus civile e militare (vd. infra).
Sulle modalità e sui contenuti della produzione normativa di Diocleziano si rinvia ai contributi della sezione Diritto e
organizzazione giudiziaria del presente volume. L’analisi più dettagliata della produzione legislativa di questa fase in S.
CORCORAN, The Empire of the Tetrarchs. Imperial Pronouncements and Government, AD 284-324, Oxford 1996, rev. ed.
2000; in sintesi ID., The Publication of Law in the Era of the Tetrarchs: Diocletian, Galerius, Gregorius, Hermogenian, in A.
DEMANDT - A. GOLTZ - H. SCHLANGE-SCHÖNINGEN (Hrsgg.), Diokletian und die Tetrarchie. Aspekte einer Zeitenwende,
Berlin - New York 2004, 56-73; ID., The Tetrarchy: Policy and Image as Reflected in Imperial Pronouncements, in
BOSCHUNG-ECK (Hrsgg.), Die Tetrarchie cit. (nt. 2), 31-61. Sintesi sui resti dei grandi editti epigrafici tetrarchici in D.
FEISSEL, Les constitutions des Tétrarques connues par l’épigraphie: inventaire et notes critiques, in AntTard 3 (1995) 33-53.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
tanti editti, noti nella loro monumentale veste epigrafica. Naturalmente la massa della
documentazione giunta a noi è solo una parte di quella emessa nel corso di venti anni
dalle cancellerie imperiali del periodo 284-305. Tuttavia, ferma restando l’incertezza
statistica del campione documentario, la preponderanza dei rescritti potrebbe essere
ridotta se si ipotizza che la caduta dell’indicazione della carica del destinatario in alcuni ‘rescritti’ possa aver travestito delle originarie epistole imperiali a dignitari palatini o
periferici (epistole trasmesse senza la carica del funzionario destinatario possono apparire come rescritti).6 Lo stato in cui il materiale normativo dioclezianeo è giunto a noi
in tradizione manoscritta sembra essere il prodotto di criteri di scelta e di accorpamento – si pensi ai Codici Hermogenianus e Gregorianus – che prediligevano la selezione per
aree tematiche di rescritti contemporanei a privati.7 Dall’angolo visuale della presente
indagine, la preminenza del rescritto ha fortemente limitato per gli studiosi moderni la
possibilità di attingere alle inscriptiones delle costituzioni dioclezianee e tetrarchiche –
pur numerose – per ricostruire l’organigramma e la prosopografia dei funzionari centrali e periferici dell’amministrazione degli anni 284-305, e oltre fino alla fine del 312,
quando si apre, com’è noto, la serie delle costituzioni, per lo più epistole a dignitari,
confluite nel Codice Teodosiano.8 Senza entrare nel merito del problema delle ragioni
Le parti conclusive dei grandi editti tetrarchici mostrano esplicitamente che Diocleziano e i suoi coreggenti inviavano il
contenuto normativo edittale direttamente ai dignitari periferici attraverso lettere; cfr. il dossier sugli abusi dei Caesariani
studiato da S. CORCORAN, Galerius’s Jigsaw Puzzle: the Caesariani Dossier, in AntTard 15 (2007) 221-250; ID., Emperors
and Caesariani inside and outside the Code, in S. CROGIEZ-PÉTREQUIN - P. JAILLETTE (éd.), Société, économie, administration
dans le Code Théodosien, Villeneuve d’Ascq 2012, 265-284; su questi ufficiali cfr. R. HAENSCH, Von den Augusti liberti zu
den Caesariani, in A. KOLB (Hrsg.), Herrschaftsstrukturen und Herrschaftspraxis: Konzepte, Prinzipien und Strategien der
Administration im römischen Kaiserreich. Akten der Tagung an der Universität Zürich 18-20.10.2004, Berlin 2006, 153-164.
7 S. CORCORAN, The Gregorianus and Hermogenianus Assembled and Shattered, in MEFRA 125 (2013) 285-304.
8 I redattori delle compilazioni imperiali del V e del VI sec. si trovarono di fronte a due serbatoi di materiale normativo prossimi cronologicamente, ma sostanzialmente diversi: a) la messe copiosa di rescritti del proficuo ventennio dioclezianeo, già in origine raccolti per masse tematiche nel Gregoriano e nell’Ermogeniano, materiali che avevano favorito le riflessioni monografiche dello stesso Hermogenianus e di un Arcadius Charisius; b) la serie ininterrotta delle lettere dei principi tardoromani ai loro dignitari, soprattutto periferici, che si erano accumulate dalla crisi
del sistema tetrarchico in poi. Sulla questione della coesistenza di tipologie diverse di materiali normativi tra III e IV
sec. cfr. E. VOLTERRA, Il problema del testo delle costituzioni imperiali (1971) ora in ID., Scritti giuridici VI, Napoli
1994, 3-279; N. PALAZZOLO, Crisi istituzionale e sistema delle fonti dai Severi a Costantino, in A. GIARDINA (a c. di),
Società romana e impero tardoantico, I. Istituzioni, ceti, economie, Roma-Bari 1986, 57-70; inoltre J.-M. CARRIÉ - A.
ROUSSELLE, L’Empire romain en mutation: des Sévères à Constantin, 192-337, Paris 1999, 672-679. Per uno studio
approfondito sulle modalità di produzione normativa imperiale del III sec. cfr. J.-P. CORIAT, Le prince législateur. La
technique législative des Sévères et les méthodes de création du droit impérial à la fin du Principat, Rome 1997; panoramica sulla produzione scritta facente capo agli imperatori in S. CORCORAN, State Correspondence in the Roman
Empire: Imperial Communication from Augustus to Justinian, in K. RADNER (ed.), State Correspondence in the Ancient
World. From New Kingdom Egypt to the Roman Empire, Oxford - New York 2014, 172-255.
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dello squilibrio tra la massa dei rescritti dioclezianei e la prassi epistolare per le costituzioni imperiali conservate nei Codici a partire da Costantino – cioè dalla crisi del sistema tetrarchico stesso in un orizzonte ancora ‘dioclezianeo’ (l’ex Augusto morì nel 313)
– è opportuno prendere atto, all’inizio della riflessione su alcuni elementi-chiave dell’amministrazione centrale e periferica di Diocleziano, che le codificazioni, selettive,
teodosiana e poi giustinianea individuavano e percepivano nell’organigramma amministrativo costantiniano una struttura all’incirca corrispondente all’impianto amministrativo attivo in seguito fino ai loro tempi, rispettivamente intorno al 435 e al 530.
Questa corrispondenza tra i dignitari, destinatari delle epistole imperiali da Costantino
in poi, e di molte dinamiche di governo consolidatesi ai primi del IV sec. potrebbe essere all’origine dello squilibrio nelle nostre fonti normative, che ha oscurato la conoscenza degli organigrammi centrali e periferici d’età dioclezianea, e ha reso meglio note le
medesime strutture a partire da Costantino vittorioso a Ponte Milvio. Il tardo fenomeno codificatorio potrebbe essere una spia della fortuna dei nuovi assetti costantiniani
rispetto all’esperienza dioclezianea, ‘attratta’ nella sensibilità dei ‘codificatori’ di
Teodosio II e di Giustiniano verso le dinamiche giuridiche del Principato.
2. Comitatus e uffici palatini
La situazione lacunosa delle fonti per quanto riguarda l’età di Diocleziano ha una
significativa incidenza sulla conoscenza delle strutture amministrative palatine di questa
fase. La carenza è tanto più grave per il fatto che gli studi sulla così detta ‘corte’ tardoromana tendono a tamponare il deficit di informazioni sulla fase dioclezianea proiettando all’indietro i dati sulle strutture palatine del pieno IV sec. (persino del V e VI).9
Attento all’evoluzione della ‘corte’ il volume coordinato da A. WINTERLING (Hrsg.), Comitatus. Beiträge zur
Erforschung des spätantiken Kaiserhofes, Berlin 1998. Naturalmente incentrati sulla ‘corte’ del IV sec. i lavori di J.F.
MATTHEWS, The Roman Empire of Ammianus, London 1989, 253-278, e di C. KELLY, Emperors, Government and
Bureaucracy, in A. CAMERON - P. GARNSEY (edd.), The Cambridge Ancient History. The Late Empire, A.D. 337-425 XIII,
Cambridge 2008 2 (1998), 138-183. Nelle opere globali l’effetto di retroproiezione delle fonti più tarde si percepisce
maggiormente, cfr. per es. A.H.M. JONES, The Later Roman Empire, 284-602. A Social Economic and Administrative
Survey, Oxford 1964, capp. XI-XII (sintomatico a p. 38: «From Diocletian’s reign it also begins to be possible to use
the Notitia Dignitatum as evidence», ma cfr. anche l’evoluzione del comitatus a 366-367); A. DEMANDT, Geschichte
der Spätantike: das römische Reich von Diocletian bis Justinian, 284-565 n. Chr., München 1998 2, 199-212; riflette
con equilibrio lo sbilanciamento della documentazione verso il V e VI sec. R. DELMAIRE, Les institutions du BasEmpire romain, de Constantin à Justinien, I. Les institutions civiles palatines, Paris 1995; analoga tendenza nelle sintesi di D. SCHLINKERT, Vom Haus zum Hof. Aspekte höfischer Herrschaft in der Spätantike, in Klio 78 (1996) 454-482;
K.L. NOETHLICHS, Hofbeamter, in RLAC 15 (1991) 1111-1158; ID., Strukturen und Funktionen des spätantiken
Kaiserhofes, in WINTERLING (Hrsg.), Comitatus cit., ibid., 13-50. Per molti versi nella storiografia l’esame della ‘corte’
tardoromana si sviluppa sulla base di informazioni che si datano a partire dalla metà del IV sec.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
Questo genere di ‘schiacciamento’ della prospettiva andrebbe evitato, o proposto con
cautela, soprattutto perché la crisi del III sec. attivò un’evoluzione profonda dell’apparato burocratico civile, militare, e di servizio privato che circondò l’imperatore; essa,
tuttavia, non fu repentina, ma attraversò fasi diverse, lunghe e vischiose, a seconda dei
comparti, per maturare stabilmente nelle solenni strutture palatine del V e del VI sec.,
quelle di gran lunga meglio note nelle fonti. Non andrebbe mai smarrita, insomma, la
traiettoria diacronica, che, a tappe, strappò per sempre l’Augusto e la sua famiglia da
Roma e dal cuore del Mediterraneo (metà III sec.), e ne fece un debole comandante
militare itinerante tra residenze periferiche e poco attrezzate, costantemente in balìa
delle guerre interne ed esterne (ca. 238-284); lo trasformò nel temuto signore di
nuove, numerose, sedi decentrate, via via sempre meglio organizzate sul piano architettonico, burocratico e militare, cerimoniale: i corposi comitatus mobili di imperatori
ancora combattenti sul campo, capaci di controllare i circuiti provinciali destinati ad
alimentarli (da Diocleziano alla fine del IV sec., con una decisa e fortunata spinta
innovativa sul comparto centrale durante il Principato di Costantino, che inventò e
lanciò una nuova Rangordnung palatina, prima debolissima);10 vide infine gli Augusti,
spesso giovanissimi, diventare monarchi isolati in complicate e vaste aree palaziali,
affollate di una pletora sempre più gerarchizzata ed estroversa di dignitari e di impiegati palatini, all’interno di due ‘capitali’ indipendenti, la ricchissima e imprendibile
Costantinopoli, la meno potente e più esposta Ravenna (dai primi del V sec. alla metà
del VI). Alla fine, e all’apice di un processo di allontanamento dalla matrice dei comitatus del tardo III sec. che l’aveva generata, la morfologia palatina matura – la ‘corte’
del V e VI sec., che negli studi proietta retrospettivamente la sua cospicua messe documentaria – metabolizzò uno specifico equilibrio simbiotico con gli ultimi sovrani dell’impero e con le loro invadenti famiglie, un equilibrio che manifestava il primato ecumenico del monarca attraverso un elaborato e stratificato reticolo di filtri e di regole,
punto di forza dei suoi ‘controllori’ di palazzo, potenti dentro e lontano dalla capitale.11
Sulle sedi del ‘policentrismo’ imperiale tra III e IV sec. cfr. la sintesi di F. MILLAR, The Emperor in the Roman World
(31 BC-AD 337), London 1992 2, 40-53 (the Tetrarchic ‘Capitals’ ); N. DUVAL, Les résidences impériales: leur rapport
avec les problèmes de légitimité, les partages de l’Empire et la chronologie des combinaisons dynastiques, in F. PASCHOUD J. SZIDAT (Hrsgg.), Usurpationen in der Spätantike. Akten des Kolloquiums ‘Staatsstreich und Staatlichkeit’ 6.-10. März
1996 Solothurn /Bern, Stuttgart 1997, 127-153. Sulla mobilità dei comitatus nel IV sec. cfr. S. DESTEPHEN, Le voyage impérial dans l’Antiquité tardive: des Balkans au Proche-Orient, Paris 2016; J. ARCE, Imperial Journeys in the 4th
Century: Burdens and Utilitas Publica, in AntTard 24 (2016) 149-156; questa dinamica in filigrana nel volume J.
WIENAND (ed.), Contested Monarchy. Integrating the Roman Empire in the Fourth Century AD, Oxford 2015.
11 Giustamente sensibile all’evoluzione diacronica degli apparati centrali intorno all’imperatore tardoromano ora R.
SMITH, The Imperial Court of the Late Roman Empire, c. AD 300 - c. AD 450, in A.J.S. SPAWFORTH (ed.), The Court
and Court Society in Ancient Monarchies, Cambridge 2007, 157-232; ID., Measures of Difference: the Fourth-Century
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Sembra percepibile dunque uno sviluppo in almeno tre grandi fasi della ‘corte’ tardoromana, delle quali il periodo dioclezianeo e costantiniano appare, purtroppo, il meno
documentato.12 Anche per il fatto che – è bene ribadirlo – senza il consolidamento di
un complesso palatino a misura di un imperatore che vi risiede in modo permanente,
nell’impianto urbano di una capitale stabile in qualche modo dipendente dal palazzo,
non si sviluppò l’ipertrofia cerimoniale, che plasmò gli spazi architettonici e ne fu plasmata; né lievitò il potere dei funzionari palatini, che, infatti, fino al Principato di
Costantino sono personalità pressoché invisibili.
Il primo elemento su cui è necessario fissare l’attenzione quando si cerca di comprendere la struttura palatina di età dioclezianea consiste nella pluralità e nella mobilità dei comitatus del periodo 284-305. Due fenomeni ereditati dall’età severiana, potenTransformation of the Roman Imperial Court, in AJPh 132 (2011) 125-151; sugli sviluppi dell’espressione cerimoniale ottima messa a punto di I. TANTILLO, I cerimoniali di corte in età tardoromana (284-395 d.C.), in AA.VV., Le corti
nell’alto medioevo (LXII Settimana CISAM. Spoleto, 24-29 aprile 2014), Spoleto 2015, 543-584. Sulla particolare
dinamica palazzo-capitale sviluppatasi a Costantinopoli cfr. R. PFEILSCHIFTER, Der Kaiser und Konstantinopel.
Kommunikation und Konfliktaustrag in einer spätantiken Metropole, Berlin-Boston 2013. Sui principes pueri prigionieri
di apparati di corte cfr. ora M.A. MCEVOY, Child Emperor Rule in the Late Roman West, AD 367-455, Oxford 2013;
M. ICKS, The Inadequate Heirs of Theodosius: Ancestry, Merit and Divine Blessing in the Representation of Arcadius and
Honorius, in Millennium 11 (2014) 69-99.
12 La portata di questa carenza è facilmente percepibile se si osserva che in opere di notevole qualità, dedicate al
periodo in esame, la trattazione dell’organizzazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi è completamente assente,
per es. in T.D. BARNES, The New Empire of Diocletian and Constantine, Cambridge (Mass.) 1982, che pure dedica
l’intero volume alle istituzioni del periodo 284-337, con prosopografia dei funzionari; di recente nella sintesi di E.
LO CASCIO, The Emperor and His Administration, in A.K. BOWMAN - P. GARNSEY - A. CAMERON (edd.), The
Cambridge Ancient History. The Crisis of Empire, A.D. 193-337 XII, Cambridge 2005 2, 131-183; ridottissima in
JONES, The Later Roman Empire cit. (nt. 9), 49-51 (p. 49: «in the central administration Diocletian is not known to
have made any innovation») e nei capp. XI-XII, mentre lo studioso dedica ampio spazio alle novità nell’amministrazione provinciale e diocesana; evanescente nella assai ben documentata monografia di DELMAIRE, Les institutions du
Bas-Empire romain cit. (nt. 9), dove significativamente non si rintraccia una facies dioclezianea. CARRIÉ-ROUSSELLE,
L’Empire romain en mutation cit. (nt. 8), dedicano due pagine all’amministrazione centrale (189-190) e alcune pagine importanti all’evoluzione dell’attività normativa nel comitatus (181-185, 208) e individuano nella figura di
Costantino il consolidamento della burocrazia palatina (261-263, 587-588). Fra le maggiori disamine attente alle
riforme di Diocleziano W. SESTON, Dioclétién et la Tétrarchie, I. Guerres et réformes (284-300), Paris 1946, dedica
appena cinque pagine (344-348) a una riflessione sull’importanza dei giurisprudenti e dell’a consiliis (vd. infra) nella
nuova militia di corte dell’imperatore dalmata. Anche nel volume di P. EICH, Zur Metamorphose des politischen Systems
in der römischen Kaiserzeit. Die Entstehung einer ‘personalen Bürokratie’ in langen dritten Jahrhundert, Berlin 2005, il
comitatus di Diocleziano è quasi assente. Il contributo recente di D. SCHLINKERT, Dem Kaiser folgen. Kaiser, Senatsadel
und höfische Funktionselite (comites consistoriani) von der ‘Tetrarchie’ Diokletians bis zum Ende der konstantinischen
Dynastie, in WINTERLING (Hrsg.), Comitatus cit. (nt. 9) – volume che costituisce un punto di riferimento sul comitatus del IV sec. – non focalizza un apparato centrale propriamente dioclezianeo, e impernia la ricostruzione sulle
comitive ripensate a partire da Costantino, nell’ambito di un processo di valorizzazione dell’ordine senatorio che
invertì la politica di Diocleziano.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
ziati dall’esperienza di Valeriano e Gallieno, e portati a un alto livello di coordinamento e alla massima funzionalità proprio da Diocleziano e dai suoi successori fino al 313.13
Un interessante papiro da Hermoupolis Magna in Tebaide, purtroppo non datato, ma
risalente al decennio 293-303 – forse circoscrivibile con cautela al periodo giugno 302 novembre 303 – mostra la percezione che si aveva dei comitatus di questo periodo: delle
strutture in movimento, i cui spostamenti i cittadini e le legazioni dovevano ‘intercettare’ e raggiungere.14 Questa realtà appare confermata dalla ricostruzione degli spostamenIl termine comitatus è preferito al moderno ‘corte’, e distinto dal sostantivo palatium, per cercare di restituire all’orizzonte dioclezianeo e tetrarchico il profilo precipuo delle componenti dell’amministrazione centrale: un consistente
seguito civile e militare, moltiplicato per quattro imperatori, un comitatus appunto, mobile, non ancorato a uno specifico palazzo, in una ‘capitale’, ma capace di spostarsi in residenze diverse dislocate in regioni strategiche a ridosso di
ampi settori di confine militarizzati, e con una sezione ‘cubiculare’ ancora poco importante. Il sostantivo comitatus è
usato in questo senso nella documentazione di età dioclezianea: Pan. Lat. 8.2.1 e 5.14.1 (D. LASSANDRO - G.
MICUNCO [a c. di], Panegyrici latini, Torino 2000); C. 7.35.2 (a. 286); C. 7.67.1 (a. 293); Lact. mort. pers. 50; CIL
III, 6194 = ILS 2781; soprattutto nel primo editto sugli abusi dei Caesariani, CIL III, 12134 (Tlos, Lycia), l. 22, ora
con CORCORAN, Galerius’s Jigsaw Puzzle cit. (nt. 6), 249; ma con significativa continuità fino al VI sec. (cfr. ThLL III,
1793-1796). Sull’aggettivo sacer abbinato a comitatus, che sembra comparire nell’età di Caracalla o di Elagabalo, cfr.
M. CHRISTOL - T. DREW-BEAR, Une inscription d’Ancyre relative au sacer comitatus, in Y. LE BOHEC - C. WOLFF (éd.),
Les légions de Rome sous le Haut-Empire. Actes du Congrès de Lyon, 17-19 septembre 1998, Paris 2000, 529-539; M.P.
SPEIDEL, Agens Sacru Comitatu (1979) ora in ID., Roman Army Studies I, Amsterdam 1984, 379-380; sull’evoluzione
in ambito militare cfr. M. ROCCO, L’esercito romano tardoantico. Persistenze e cesure dai Severi a Teodosio I, Padova 2012,
52-77, 137-165; per l’esperienza all’apice della crisi cfr. D. SCHAAD, Les déplacements du Comitatus Gallieni entre 256
et 260, d’après une source épigraphique et des données numismatiques, in BSFN 49 (1994) 858-864; M. CHRISTOL, Les
déplacements du collège impérial de 256 à 258: Cologne, capitale impériale, in CCG 8 (1997) 243-253 (con la testimonianza del P.Oxy. 3366 r, l. 25, a. 258). Attestazione epigrafica dioclezianea in A. MADGEARU, A Note on the Christians’
Presence in the Sacer Comitatus before 313 A.D., in Aevum 75 (2001) 111-117; per la possibile presenza del termine nel
celebre epitafio d’età tetrarchica di Aurelius Gaius cfr. M. COLOMBO, Correzioni testuali ed esegetiche all’epigrafe di
Aurelius Gaius (regione di Kotiaeum in Phrygia), in ZPE 174 (2010) 118-126. Per l’avvio del processo di decentramento
da Roma del sacer comitatus imperiale in età severiana cfr. P. EICH, Politik und Administration unter den Severern, in N.
SOJC - A. WINTERLING - U. WULF-RHEIDT (Hrsgg.), Palast und Stadt im severischen Rom, Stuttgart 2013, 85-104.
14 P.Lond. 1589 = SB XX, 14469 (Hermoupolis, Thebais - s.d.), spec. ll. 3-6: […] ἀποδη
̣ μ̣ῆσαι μέλλ̣ω
̣ ν | πρὸς τὰ ἴχνη
13
τῶν δεσποτῶν ἡμῶν καὶ πάντα νικώντων Αὐτοκρα̣τ̣ό̣ρ̣ω
̣ ν | 5 Διοκλητ̣ιανοῦ καὶ Μαξι̣μ̣ιανοῦ Σεβαστῶν καὶ Κωνσταντίου
καὶ Μαξιμιανοῦ̣ τ̣ῶ
̣ ν | ἐπιφανεστάτων Καισάρων […]. Il testo è pubblicato e commentato da G.A. SOURIS, ‘Πρὸς τὰ
ἴχνη τῶν Αὐτοκρατόρων’: μία πρεσβεία ἀπὸ τὴν Ἑρμουπόλη τῆς Αἰγύπτου στα μέλη τῆς πρώτης τετραρχίας, in
Hellenikà 40 (1989) 153-160 (con riassunto in francese: Une ambassade d’Hermoupolis d’Égypte auprès des membres
de la première Tétrarchie). Il ginnasiarca e buleuta di Hermoupolis, Aurelius Hermes, scrive ad Aurelius Origenes, stratego dell’Ermopolite, mentre sta per partire in ambasciata civica, forse, come ipotizza l’editore, per raggiungere i
tetrarchi in movimento per le feste dei vicennalia degli Augusti a Roma (il 20 novembre 303). Per la polisemia del
termine ἴχνη, ‘orme, impronte dei piedi, passi, percorso’, ma anche, nel caso dei principi, ‘calzari’, per indicare un
atto di sottomissione del suddito alla maestà imperiale (ai piedi dell’Augusto, o ai piedi della sua statua), cfr. P.Oxy.
3366 (gennaio-marzo 258), ll. 60-61; P.Oxy. 2130 (a. 267), ll. 19-20; diversamente come piedi di statue nel
Sebasteion di Hermoupolis Magna in CPR I, 20 = W.Chr. 402 (17 luglio 250), col. II, ll. 10-13. Un ambasciatore efesino, ‘professionista’ dell’inseguimento dei principi all’epoca di Settimio Severo e Caracalla in SEG XVII, 505 = AE
Pierfrancesco Porena
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ti di Diocleziano e di Massimiano Augusti prima, e dei Cesari Costanzo e Galerio poi.15
Gli studi sulla cronologia delle rispettive campagne belliche, e sulla dibattuta questione
della diffusione dei cognomina ex virtute dei nostri principi, mostrano chiaramente che
Diocleziano e i suoi colleghi si mossero in modo coordinato ma indipendente tra loro,
al fine di garantire il massimo del policentrismo possibile in un universo, quello dell’impero della fine del III sec., che aveva bisogno della presenza dell’imperatore combattente, Augusto o Cesare, lungo i grandi spazi nevralgici della difesa e dell’amministrazione. Un’immagine che troviamo per esempio nei Panegyrici Latini.16 Ma la presenza
dei singoli principi non può essere separata da quella dei rispettivi comitatus. Il panegirico latino pronunciato da Mamertino a Treviri il 21 aprile 289 descrive la posizione di
Massimiano Augusto all’interno del suo comitatus, di cui tratteggia le funzioni:
Pan. Lat. 2.3.2-4: Trabeae vestrae triumphales et fasces consulares et sellae curules et haec
obsequiorum stipatio et fulgor, et illa lux divinum verticem claro orbe complectens, vestrorum sunt
ornamenta meritorum, pulcherrima quidem et augustissima; sed longe illa maiora sunt quae tu
impartito tibi imperio vice gratiae rettulisti: admittere in animum tantae rei publicae curam et
totius orbis fata suscipere et oblitum quodammodo sui gentibus vivere et in tam arduo humanarum
rerum stare fastigio; ex quo veluti terras omnes et maria despicias vicissimque oculis ac mente
conlustres ubi sit certa serenitas, ubi dubia tempestas; qui iustitiam vestram iudices aemulentur,
qui virtutis vestrae gloriam duces servent, accipere innumerabiles undique nuntios; totidem
mandata dimittere, de tot urbibus et nationibus et provinciis cogitare, noctes omnes diesque perpeti
sollicitudine pro omnium salute transigere.
L’occhio del retore coglieva bene il nesso tra il servizio del principe alla res publica e
il lavoro disciplinato e silenzioso dei suoi sottoposti. Circondato dalle insegne del potere l’Augusto appare al centro di uno stuolo di funzionari civili e militari che al sovrano fanno corona (obsequiorum stipatio); dal fastigium in cui è assiso, Massimiano con1971, 455 = I. Ephesos III, 802. Il rescritto Cod. Hermog. Wis. 2.1 fu rilasciato il 25 settembre 293 a Sirmium ad
Aurelius Ennius Saturninus per una causa in corso a Cartagine.
15 Sugli spostamenti dei comitatus di Diocleziano e dei coreggenti cfr. BARNES, The New Empire cit. (nt. 12), 47-87;
con aggiornamenti ID., Emperors, Panegyrics, Prefects, Provinces and Palaces (284-317), in JRA 9 (1996) 542-546; A.
CHASTAGNOL, L’évolution politique du règne de Dioclétien (284-305), in AntTard 2 (1994) 23-31; C. ZUCKERMAN,
Les campagnes des tétrarques, 296-298. Notes de chronologie, ivi, 65-70; F. KOLB, Die Datierung des ägyptischen
Aufstands unter L. Domitius Domitianus und Aurelius Achilleus, in Eos 76 (1988) 325-343; ID., Chronologie und
Ideologie der Tetrarchie, in AntTard 3 (1995) 21-31; D. KIENAST, Römische Kaisertabelle. Grundzüge einer römischen
Kaiserchronologie, Darmstadt 1996 2, 266-289; A.K. BOWMAN, Diocletian and the First Tetrarchy, A.D. 284-305 e ID.,
Imperial Movements, A.D. 193-337, in BOWMAN-GARNSEY-CAMERON (edd.), The Cambridge Ancient History cit. (nt.
12) XII, risp. 67-88 e 719-722 (Appendix II).
16 M. CHRISTOL, Le métier d’empereur et ses représentations à la fin du III e et au début du IV e siècle, in CCG 10 (1999)
355-368.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
trolla il comportamento dei governatori (iudices) e dei comandanti militari (duces),
riceve ambascerie interne ed esterne all’impero (nuntios innumerabiles), impartisce
istruzioni di governo (mandata), risponde alle richieste di città, popoli e province
(urbibus et nationibus et provinciis cogitare).17 Mamertino ha sintetizzato perfettamente
le pesanti incombenze di controllo che Massimiano e Diocleziano scaricavano quotidianamente sui dignitari e sugli ufficiali palatini che li seguivano nei rispettivi comitatus, e che apparivano a corona nelle manifestazioni pubbliche del principe in forma di
obsequiorum stipatio. Il comitatus appare come un efficiente ‘cervello del sistema’, che
consente all’Augusto di agire seguendolo come un’appendice fisica, e soggiornando per
periodi più o meno lunghi in città strategiche, da cui è possibile rispondere alle infinite sollecitazioni delle diverse componenti strutturali dell’impero. La grande massa
documentaria in entrata nel e in uscita dal comitatus iniziò a porre proprio in quel
periodo problemi di autenticità – la fides actorum che ossessionerà il tardo impero – ed
era cura della cancelleria centrale e periferica verificare la bontà degli atti.18 Se si proietta l’estratto della lettera al praeses Crispinus sul solo materiale normativo dioclezianeo e tetrarchico superstite, si può immaginare quale instancabile laboratorio di produzione e di verifica dei documenti dovessero essere i comitatus dell’epoca.
Com’è noto, dal marzo 293 furono creati i due Cesari a formare la così detta prima
Tetrarchia. Non c’è dubbio che sia gli Augusti, sia i Cesari, destinati a soggiornare lontano dalle residenze degli Augusti, avessero ciascuno il proprio comitatus. Questo non
suscita meraviglia: non solo l’apparato comitale è testimoniato intorno ai Cesari di
Costanzo II, ma era inevitabile che Costanzo I e Galerio Cesari, due sperimentati ufficiali illiriciani, attivi lungo frontiere estese, avessero un apparato di supporto analogo a
quello degli Augusti.19 Questi ultimi comunicavano con i comitatus dei Cesari medianSulla questione se questa descrizione corrisponda a una riunione del consistorium e per eventuali corrispondenze
con il celebre affresco di Luxor vd. infra. Analogamente nel panegirico a Costantino del 312 (Pan. Lat. 8.2.1), l’imperatore in udienza a Treviri appare circondato dall’accompagnamento dei suoi amici (totus tibi amicorum tuorum
comitatus), dai responsabili degli uffici palatini (omnis imperii apparatus adsistat), mentre riceve delegazioni e singoli
petitori (omnes homines omnium fere civitatum aut publice missi aut pro se tibi supplices adsint).
18 C. 1.23.3: Impp. Diocletianus et Maximianus AA. Crispino praesidi prov. Phoenice. Sancimus, ut authentica ipsa
atque originalia rescripta et <ex?> nostra manu subscripta, non exempla eorum, insinuentur. D. prid. k. april. Hannibaliano et Asclepiodoto conss. (31 marzo 292). Sulla costituzione cfr. CORCORAN, The Empire cit. (nt. 5), 58; sulla
problematica cfr. J.-P. LÉVY, L’insinuation apud acta des actes privés dans le droit de la preuve au Bas-Empire, in Mélanges
F. Sturm, I. Droit romain, Liège 1999, 311-326; F. PERGAMI, Un editto di Diocleziano in tema di processo, in Studi in
onore di A. Dell’Oro, Milano 1998, 519-539; ID., Il controllo di legittimità degli atti amministrativi nel diritto romano
della tarda antichità, in AARC 15 (2005) 417-426.
19 In sintesi CORCORAN, The Empire cit. (nt. 5), 268-270. Nel pieno IV sec. cfr. per es. Amm. 14.7.10, dove nel 354
ad Antiochia la struttura palatina di Gallo Cesare è altra e indipendente rispetto alla sede del prefetto del pretorio
17
Pierfrancesco Porena
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te epistole, ed è estremamente probabile che il personale dei rispettivi comitatus scambiasse diverse tipologie di comunicazioni scritte. Questa rete di relazioni ‘cartacee’
impose a quelle strutture di avere un apparato completo per il disbrigo della corrispondenza.20 Purtroppo le testimonianze esplicite di queste relazioni sono carenti, anche se
il coordinamento militare tra i tetrarchi e le vicende dell’emissione, dell’applicazione e
della sospensione degli editti in materia religiosa mostrano la ricezione passiva da parte
dei Cesari e probabilmente di Massimiano Erculio delle volontà di Diocleziano, una
ricezione che presuppone uffici di corrispondenza anche per i Cesari.21 Per l’età tetrarchica la testimonianza più chiara dell’esistenza di un comitatus di un Cesare proviene
dalla recente pubblicazione di un papiro oxoniense conservato alla Bodleian Library.22
d’Oriente inviato dall’Augusto: il Cesare ha un comitatus, anche se nominato e finanziato da Costanzo II. Esplicita
la testimonianza di CTh. 9.16.6 (5 luglio 358) in riferimento ai due comitatus, di Costanzo II Augusto e di Giuliano
Cesare: omnes magi, […] qui in comitatu nostro sunt […] si quis magus vel magicis contaminibus adsuetus, […] artem
aliquam divinandi aut certe aliquid horum simile exercens in comitatu meo vel Caesaris fuerit deprehensus.
20 L’invio di emissari da Diocleziano presso il comitatus di Costanzo I Cesare in Gallia è ricordato da Eus. V.Const.
1.14. Non si conserva nessuna comunicazione epistolare tra i tetrarchi: il materiale sopravvissuto è sostanzialmente
quello destinato alla pubblicazione o confluito nelle opere storiche e nelle raccolte normative, e risulta pubblicato a
nome dell’intero collegio imperiale. L’unica possibile epistola di un Cesare (peraltro a un governatore di provincia)
potrebbe essere C. 3.12.1, attribuita da CORCORAN, The Empire cit. (nt. 5), 143, n. 48 a Massimino Cesare nel 305,
ma la subscriptio con la datazione è lacunosa.
21 Il celebre editto contro i Manichei fu emesso da Diocleziano ad Alessandria (il 31 marzo 297 o 302) e indirizzato al proconsole d’Africa Iulianus, attivo nella pars di Massimiano Erculio (Coll. 15.3, su cui ora V.M. MINALE,
Legislazione imperiale e Manicheismo da Diocleziano a Costantino. Genesi di un’eresia, Napoli 2013). Il tentativo di
Massimino Daia di perpetuare l’applicazione degli editti anticristiani dopo la sospensione decisa da Galerio senior
Augustus si sviluppa attraverso comunicazioni che scavalcano in modo sommerso il grande editto di tolleranza di
Galerio, comunque valido; cfr. P. PORENA, Le origini della prefettura del pretorio tardoantica, Roma 2003, 214-237. Il
resoconto di Lattanzio sulle relazioni tra Diocleziano e Galerio descrive un processo verisimile di crescita del potere
personale del Cesare, mantenuto in una posizione subordinata all’Augusto; cfr. W.L. LEADBETTER, Galerius and the
Will of Diocletian, London - New York 2009; M. CASELLA, Galerio: il tetrarca infine tollerante, Roma 2017. Il primato di un rescritto di Diocleziano è segnalato ancora nella corrispondenza del 348 del sacerdote alessandrino
Ammon, cfr. P.Ammon. I, 3, col. IV, ll. 24-25: οὐ̣|[[δε]]\δὲν δὲ ἰσχύε̣̣ι [πρὸ]ς τὰ γράμματα τὰ Διοκλητιανοῦ· ἐγὼ̣ δ̣ὲ/ τέως
αὐτ[ὸς παρὰ] τοῦ ἀρχιερέως λαμ̣β̣άνω τὸ μέρος̣ [κα]τ̣ὰ̣ [τ]ὰ γράμματ[α] | τὰ Διοκλητ[ιανοῦ] καὶ ἤδη λαμβάνω, con P.
VAN MINNEN, The Letter (and Other Papers) of Ammon: Panopolis in the Fourth Century A.D., in A. EGBERTS - B.P.
MUHS - J. VAN DER VLIET, Perspectives on Panopolis. An Egyptian Town from Alexander the Great to the Arab Conquest.
Acts from an International Symposium Held in Leiden on 16, 17 and 18 December 1998, Leiden 2002, 177-199.
22 Oxford, Bodleian Library Inv. Ms. gr. class. c 126 (P), datato 6 dicembre 293, su cui cfr. J.R. REA - R.S.
SALOMONS - K.A. WORP, A Ration-Warrant for an Adiutor Memoriae, in YClS 28 (1985) 101-113 (= SB XVIII,
13851 = Ch.L.A. XLVII, 1433): Aureli[u]s [........] mag (istris) s[-?-] | salutem. | Annonas[...]as [..]capitum trium Alogio
| adiutori memoriae apud Caesariam |5 quousque bonam valetudinem perceperit | et profiscenti per[..]em in sacrum | comitatum d(omini ) n(ostri ) Maximiani | nobilissimi C [a]esaris usque | ex die[....]um Iduum Dece[m]brium |10 in diem
q[u]o ad comitatum | venerit. | Dat(a) VIII Idus Dec(embres) | d(ominis) n(ostris) Diocletiano Aug (usto) \V/ et |
Maximiano Aug (usto) IIII co(n)s(ulibus). | Ἀλόγιος βοηθὸς τῆς μνήμης | τοῦ Αὐτοκράτορος.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
Il documento egiziano del dicembre 293, di provenienza incerta, contiene un permesso per la ricezione di annonae a favore di un adiutor memoriae di nome Aurelius Alogius,
caduto malato a Cesarea (verosimilmente di Palestina), e destinato a raggiungere non
appena guarito il comitatus di Galerio Cesare in movimento verso l’Egitto. Poco dopo
l’elevazione a Cesare, Galerio si era mosso su ordine di Diocleziano per andare a reprimere una rivolta in Tebaide:23 Alogius dovette essere aggregato al comitatus di Galerio,
con mansioni forse di braccio destro dell’a memoria o di aiuto-archivista. Un funzionario, di cui purtroppo nell’intestazione del papiro si sono perduti il cognome e
soprattutto la carica, fornì al palatino del neonato comitatus del Cesare i documenti
necessari a spostarsi in breve tempo dalla Palestina all’Egitto. Galerio Cesare aveva
almeno un officium a memoria. Questa testimonianza papiracea si sposa con l’unica
attestazione nota di un funzionario palatino di un Cesare d’età tetrarchica: Eumenius,
magister memoriae dell’altro Cesare, Costanzo I in Gallia.24
Il panegirico di Eumenio di Autun offre interessanti spunti sulle dinamiche di nomina e di congedo del personale palatino nei primi anni della Tetrarchia. Tre passi del
discorso pronunciato nel 298 davanti al governatore perfettissimo della provincia di
Lionese, in visita ad Autun, segnalano che il Cesare in Gallia ebbe lo stesso Eumenius
come magister memoriae tricenario nel suo comitatus; che Eumenius fu nominato e congedato dall’incarico di magister memoriae e in seguito nominato direttore delle scuole
Meniane di Autun da Massimiano Erculio Augusto, non dal suo Cesare; che era cura dei
quattro principi finanziare scuole nei grandi centri urbani per formare giovani di nascita non oscura alla retorica (e verosimilmente al diritto) in prospettiva del reclutamento
fra il personale dei tribunali (dei governatori) e del palazzo stesso.25 Questa importante
testimonianza stimola alcune riflessioni.
23 A.K. BOWMAN, Egypt from Septimius Severus to the Death of Constantine, in BOWMAN-GARNSEY-CAMERON (edd.),
The Cambridge Ancient History cit. (nt. 12) XII, 316.
24 Su Eumenius-funzionario cfr. in sintesi PLRE I, 294-295; sull’oratore, il suo panegirico e il contesto storico-culturale di Autun tra III e IV sec. cfr. ora A. HOSTEIN, La cité et l’empereur. Les Éduens dans l’Empire romain d’après les
Panégyriques latins, Paris 2012, soprattutto cap. 5; inoltre G. LA BUA, Patronage and Education in Third-Century Gaul:
Eumenius’ Panegyric for the Restoration of the Schools, in Journal of Late Antiquity 3 (2010) 300-315.
25 Pan. Lat. 5.5-6: [5] Ex quo manifestum est eos qui coloniam istam tot tantisque opibus totius imperii erigere atque animare statuerunt, vel praecipue sedem illam liberalium litterarum velle reparari, cui peculiarem frequentiam honestissimae
iuventutis inlustrato studiorum honore providerint. Cui enim umquam veterum principum tantae fuit curae ut doctrinae
atque eloquentiae studia florerent quantae his optimis et indulgentissimis dominis generis humani? Quos ego, quod ad
votum pietatemque pertinet, liberorum nostrorum parentes appellare non dubito: qui nobilissimam istam indolem
Galliarum suarum interitu summi doctoris orbatam respicere dignati, suo potissimum iudicio praeceptorem ei moderatoremque tribuerunt, et inter illas imperatorias dispositiones, longe maioribus summae rei publicae gubernandae provisionibus occupatas, litterarum quoque habuere dilectum, neque aliter quam si equestri turmae vel cohorti praetoriae consulen-
Pierfrancesco Porena
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Sia Galerio nel 293-294 che Costanzo I all’incirca negli stessi anni, prima del 298,
ebbero un magister memoriae nell’organigramma palatino.26 Si tratta degli unici capisezione noti dei loro comitatus. La critica è discorde sulle attribuzioni di questo ufficio
palatino, di cui non si conservano documenti certi.27 Senza entrare nel merito di un
dibattito articolato, dal confronto con lo snellimento degli scrinia palatini del V sec.,
noto grazie alla Notitia dignitatum, sembra probabile che la sezione a memoria servisse a tenere sotto controllo l’organigramma civile e soprattutto militare prossimo al
Cesare, soggetto ad avvicendamenti frequenti. Inoltre deve aver avuto un ruolo nel
rispondere a quesiti sollevati di persona e per epistola da funzionari civili e militari dell’area in cui operava il Cesare (adnotationes). Una produzione – a differenza della redazione dei rescritti a privati e a comunità – destinata a circolare all’interno della militia,
e a lasciare poche tracce fuori del comitatus, ma che doveva avere una dimensione
archivistica importante (una sorta di memoria storica dell’amministrazione a livello di
dum foret, quem potissimum praeficerent sui arbitrii esse duxerunt, ne hi quos ad spem omnium tribunalium aut interdum ad stipendia cognitionum sacrarum aut fortasse ad ipsa palatii magisteria provehi oporteret, veluti repentino nubilo
in mediis adulescentiae fluctibus deprehensi, incerta dicendi signa sequerentur.
[6] In quo ego, vir perfectissime, nihil laudi meae tribuo, sed domini nostri Constantii, vere principis iuventutis, incredibilem erga iuventutem Galliarum suarum sollicitudinem atque indulgentiam mirari satis nequeo, qui honorem litterarum
hac quoque dignatione cumulavit ut me filio potius meo ad pristina mea studia aditum molientem ipsum iusserit disciplinas artis oratoriae retractare, et hoc ipsi palatio parentis sui munus invexerit, ut mediocrem quidem pro ingenio meo naturaque vocem, caelestia tamen verba et divina sensa principum prolocutam, ab arcanis sacrorum penetralium ad privata
Musarum adyta transtulerit; non utique quia mihi, quem (quod sine invidia dixerim) tanta dignatione respicit quanta
pro summis honoribus debet sufficere sapienti, vellet aliquid imposita ista professione detrahere, sed ut professioni ipsi ex eo
honore quem gessi adderet dignitatem. Cui igitur est dubium quin divina illa mens Caesaris, quae tanto studio praeceptorem huic conventui iuventutis elegit, etiam locum exercitiis illius dedicatum instaurari atque exornari velit, cum omnes
omnium rerum sectatores atque fautores parum se satisfacere voto et conscientiae suae credant, si non ipsarum quas appetunt gloriarum templa constituant?
Pan. Lat. 5.11.2: Nunc, quod in secundum eundemque <potiorem> locum distuli, quemadmodum id sine sumptu publico
et cum laude sacrae largitionis fieri possit ostendam. Salarium me liberalissimi principes ex huius rei publicae viribus in
sexcenis milibus nummum accipere iusserunt, non quoniam non amplius tribuere commodis meis vellent, in quem multo
maiora et prius et postea praemia contulerunt, sed ut trecena illa sestertia, quae sacrae memoriae magister acceperam, in
honore privati huius magisterii addita pari sorte geminarent.
26 Sulla relazione tra l’affermazione del titolo di magister in luogo di procurator e la moltiplicazione dei comitatus alla
metà del III sec. cfr. M. CHRISTOL, Observations complémentaires sur les carrières de Marcus Aurelius Hermogenes et de
Pontius Eglectus Julianus: procurator a studiis et magister a studiis, in ZPE 43 (1981) 67-74.
27 Sull’a memoria cfr. M. PEACHIN, The Office of the Memory, in Studien zur Geschichte der römischen Spätantike.
Festgabe für Professor J. Straub, Athens 1989, 168-208; ID., The Emperor, His Secretaries and the Composition of
Rescripts, in SIFC s. III 10 (1992) 955-960; K. KŁODZIŃSKI, The Office A Memoria in the Imperial Court Offices in
the Principate, in ID. et al. (edd.), The Roman Empire in the Light of Epigraphical and Normative Sources, Toruń 2013,
59-90 (tuttavia non si concorda con quanto affermato a p. 86: «in the case of magister memoriae the continuity of
administrative structures of the Principate is not discernible in the late Roman Empire»).
76
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
ciascun comitatus).28 Probabilmente il magister memoriae del tardo III sec. monitorava
la situazione dell’apparato civile e militare (organici, avanzamenti, congedi, decessi,
spostamenti di individui e di unità, esigenze logistiche ordinarie e straordinarie, ricezione di comunicazioni per i sovrani dall’apparato amministrativo, da entità politiche
esterne, ecc.); trasmetteva i dati al Cesare e all’Augusto; coadiuvava i due nell’organizzazione e negli avanzamenti del personale civile e militare, nell’ammissione dei funzionari e dei militari presso il Cesare o presso l’Augusto, e nella stesura delle risposte interne alla burocrazia e all’esercito di una certa zona, e probabilmente gestiva le comunicazioni con il senato di Roma. Forse organizzava anche l’accoglienza delle ambascerie
straniere e delle città romane, come segnalerebbe la rara testimonianza di Pietro Patrizio
su Sicorius Probus, inviato da Diocleziano in accordo col Cesare Galerio a intavolare
trattative con il re sasanide Narsete.29 Con i magistri memoriae, dunque, siamo certamente in presenza di un perno essenziale delle attività del comitatus prima dell’apparizione del potente magister officiorum, al quale il magister memoriae fu subordinato. La
scarsa visibilità dell’a memoria potrebbe essere dovuta appunto al suo ruolo di funzionario incaricato della gestione interna del comparto burocratico e militare: un dignitario i cui documenti per lo più non lasciavano traccia nelle città dell’impero romano.30
Su questa oscura e importante dimensione cfr. J.-L. MOURGUES, Forme diplomatique et pratique institutionnelle des
commentarii Augustorum, in C. MOATTI (éd.), La mémoire perdue. Recherches sur l’administration romaine, Rome
1998, 123-197, spec. 152.
29 Petr. Patr., fr. 14 Müller: στέλλουσιν εἰς Περσίδα πρεσβευτὴν Σικόριον Πρόβον ἀντιγραφέα τῆς μνήμης ; sul funzionario cfr. PLRE I, 740. Le eleganti sepolture di Roma che ricordano Iulius Achilleus, proximus memoriae (CIL VI,
41286 = EDR073482), e Vibius Iolaus, a memoria Imp(eratoris) Augusti – imperatore non menzionato esplicitamente – (CIL VI, 41321 = EDR113612), risalenti alla seconda metà del III sec., non sono riconducibili con certezza
all’età dioclezianea.
30 In questa direzione spingono le fonti tarde: Hist. Aug. Alex. 31; Claud. 7; Car. 11.4-5; cfr. Not. dign. occ. 17, or.
19. È probabile che l’interessante e discussa testimonianza di Cassiodoro sui decreti di nomina dei funzionari appannaggio del magister officiorum, ereditata da tempi remoti (antiquitas), derivi da un’antica attribuzione dell’a memoria; cfr. Cassiod. var. 6.6 (Formula magisteriae dignitatis), ll. 20-22 (A. GIARDINA [dir.]: Flavio Magno Aurelio
Cassiodoro Senatore, Varie, III [Libri VI-VII], a c. di A. GIARDINA - G.A. CECCONI - I. TANTILLO, collab. F.
OPPEDISANO, Roma 2015, 14 e 134). La distinzione netta per Costantino tra rescritti ed epistole (ai sudditi) da un
lato e adnotationes, che garantiscono speciali privilegi al richiedente, potrebbe ritrarre il diverso iter burocratico dei
documenti imperiali: emissione dall’a libellis e dall’ab epistulis per i primi, emissione a cura dell’a memoria per i secondi; cfr. CTh. 1.2.1 Const. A. Iulio Antiocho pv.: Annotationes nostras sine rescribtione admitti non placet, id [eo]que
officium gravitatis tuae observet, sicut semper est custoditum, ut rescribta vel epistulas potius nostras quam adnotationes
solas existimes audiendas. (30 dicembre 314). Analogamente nel dossier di Orcistus, su cui cfr. D. FEISSEL, L’adnotatio
de Constantin sur le droit de cité d’Orcistus en Phrygie, in AntTard 7 (1999) 255-267. Sull’evoluzione dei documenti
di nomina tra Principato e tardo impero fondamentali V. MAROTTA, Liturgia del potere. Documenti di nomina e cerimonie di investitura fra principato e tardo impero romano, in Ostraka 8 (1999) 145-220 (poi Napoli 1999), e G.A.
CECCONI, nell’introduzione a Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, Varie cit., ibid., IX-XXVII.
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Gli scrinia ab epistulis e a libellis, invece, erano destinati a produrre e a gestire la corrispondenza dei sovrani con le autorità e le comunità dell’impero e a risolvere i contenziosi tra privati e tra istituzioni.31 Su questo punto conviene riflettere. Mentre
appare evidente che i Cesari dovessero avere un magister memoriae per comunicare e
scambiare informazioni con gli altri comitatus e con le componenti dell’amministrazione imperiale; e, parimenti, appare ipotizzabile, con cautela, che avessero un ab epistulis per comunicare con le autorità e con le comunità civiche della loro pars, è incerto se i Cesari avessero anche una struttura a libellis, con gli uffici collegati a studiis e
a cognitionibus. Il papiro di Londra mostra un petitore di alto livello cercare di raggiungere il comitatus di uno dei quattro tetrarchi, ma non è possibile appurare verso
quale sovrano fosse diretto e si ignora il contenuto della sua ambasceria. Non c’è dubbio che nessuno degli oltre mille rescritti a privati di età tetrarchica conservati nelle
consolidazioni tarde possa essere attribuito a un Cesare. Sono riconducibili solo ai
due Augusti, in stragrande maggioranza a Diocleziano.32 Certamente sopravvive
un’epistola di Costanzo I Cesare, emessa a nome dell’intero collegio tetrarchico, e
inviata ad Eumenius, con la quale il Cesare annunciava al retore, congedato dal magisterio a memoria, la nomina alla direzione delle scuole di Autun.33 Se la definizione
del documento data dall’esperto Eumenius è esatta – epistula 34 – Costanzo I Cesare
inviò all’ex magister memoriae una comunicazione epistolare, come sembra logico
redatta dall’ab epistulis; lo conferma il fatto che la lettera del Cesare, dal tono amichevole e alternante il singolare (Costanzo I) e il plurale (il riferimento al collegio
imperiale), appare in possesso del retore, il quale la lesse ad Autun (poi trascrisse)
mentre pronunciava l’orazione sulle scuole. Più difficile dire se quel documento sia
un’adnotatio o siano codicilli di nomina, prodotti dall’ufficio a memoria: ipotesi meno
probabile, dato che il posto di direttore delle scuole di Autun non era compreso nell’organigramma amministrativo dell’impero. Tuttavia il cospicuo finanziamento
annuale del posto a spese del fisco – che probabilmente giustifica l’ansia di Eumenius
Vd. infra a nt. 52.
C. 1.23.3 (a. 292), che auspica la subscriptio autografa degli Augusti nei rescripta, purtroppo è anteriore alla prima
Tetrarchia e non informa su un eventuale potere rescrittivo dei Cesari. Sui poteri rescrittivi dei Cesari cfr. CORCORAN,
The Empire cit. (nt. 5), 266-292; sulla questione della produzione normativa a nome di quattro imperatori cfr. S.
CORCORAN, The Augusti and Caesars Say: Imperial Communication in a Collegiate Monarchy, in S. PROCHÁZKA - L.
REINFANDT - S. TOST (edd.), Official Epistolography and the Language(s) of Power, Wien 2015, 219-236.
33 Testo della lettera in Pan. Lat. 5.14. I nomi di Augusti e Cesari figuravano nell’intitulatio, omessa, del documento; cfr. il plurale, Pan. Lat. 5.13.1: Ego verba illa divina celestesque litteras, quibus mihi tanti principes instituendam
iuventutem commendare dignati sunt; e 5.15.1: Hac tantorum principum exhortatione.
34 Pan. Lat. 5.13.2: Neque enim fas ipsius epistulae sacrae commemorationem solam sine obsequio recitationis inducere […].
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
nell’inserire il documento costanziano nel panegirico declamato ad Autun – ne faceva una funzione augustodunense in qualche modo ufficiale, forse controllata dagli
uffici del Cesare. Resta dunque un margine di dubbio se l’epistula ad Eumenius non
corrisponda a un codicillo di nomina – che, com’è noto, aveva forma epistolare 35 –
emesso da Costanzo Cesare a nome del collegio imperiale dopo aver ricevuto il consenso da Massimiano Augusto.
In ogni caso, il dato più interessante della testimonianza di Eumenio consiste nella
sua nomina a capo-sezione del comitatus di Costanzo I e poi a direttore delle scuole di
Autun da parte dell’Augusto Massimiano, non del Cesare, anche se, come appare evidente dal contenuto dell’orazione (e dell’epistula), su proposta di quest’ultimo.36
Sembra probabile che, a rigore e sul piano formale, nell’amministrazione dell’impero
ci fossero soltanto funzionari degli Augusti. Un dignitario incardinato nel comitatus di
un Cesare, al pari di ogni comandante militare e di ogni responsabile provinciale o diocesano, potrebbe essere stato un dignitario degli Augusti, o, con maggiore aderenza al
vero, dell’Augusto superiore di quel Cesare. La carriera di un ufficiale o di un funzionario poteva essere favorita da un Cesare, ma formalmente procedeva attraverso promozioni decretate da un Augusto.37
Questo elemento conferma la subordinazione dei Cesari agli Augusti in età tetrarchica, caratteristica che sarà precipua dello stile di governo per tutta l’età dei
Costantinidi. Lo mostrano chiaramente sia il contemporaneo Lattanzio, sia, cinquant’anni dopo, Costanzo II Augusto nella lettera a Gallo Cesare del 354, che evocava l’asCfr. O. SEECK, s.v. Codicilli, in RE IV/1 (1900) 179-183; MAROTTA, Liturgia del potere cit. (nt. 30), 164-169.
Così sembra lecito intendere l’espressione et hoc ipsi palatio parentis sui munus invexerit, ut […] ab arcanis sacrorum penetralium ad privata Musarum adyta transtulerit del panegirico di Eumenius (Pan. Lat. 5.6.2): Costanzo I
Cesare avrebbe chiesto e ottenuto da Massimiano Augusto che Eumenius, già magister memoriae nel comitatus di
Costanzo I (Pan. Lat. 5.11.1-2), fosse trasferito e promosso (con salario doppio) alla direzione delle scuole di
Augustodunum. Analogamente HOSTEIN, La cité et l’empereur cit. (nt. 24), 195: «Constance a nommé Eumène à ce
poste, avec l’autorisation de ‘son’ Auguste Maximien, au nom de l’ensemble du collège impérial». Le due nomine e i
congedi di Eumenius necessitavano del consenso di Massimiano Erculio.
37 La relazione tra la proposta di nomina da parte di Costanzo I e l’approvazione formale di Massimiano Erculio suggerisce che il reclutamento fosse settorializzato in modo indipendente per grandi aree: nelle diocesi occidentali alla coppia Massimiano Augusto e Costanzo I Cesare; nelle diocesi orientali a Diocleziano Augusto e Galerio Cesare. Le ragioni logistiche del policentrismo tetrarchico rendono questa scelta più che comprensibile. Sulla ripartizione territoriale
cfr. B. BLECKMANN, Bemerkungen zum Scheitern des Mehrherrschaftssystems: Reichsteilung und Territorialansprüche, in
DEMANDT - GOLTZ - SCHLANGE-SCHÖNINGEN (Hrsgg.), Diokletian und die Tetrarchie cit. (nt. 5), 74-94. Tutta la storia della Tetrarchia è in realtà segnata dalla costruzione di reti di devozione diretta dei funzionari civili e militari che
produssero apparati amministrativi e soprattutto militari devoti ai singoli tetrarchi. Lo mostra il caso della successione del 305, con Galerio Augusto promotore dei suoi fedeli (Severo Cesare e Massimino Daia) a scapito del ramo
Erculio. Purtroppo non si possiede nessun codicillo di nomina d’età tetrarchica.
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setto tetrarchico.38 L’accenno di Lattanzio alla crescita del personale militare del
Cesare Galerio alla vigilia dell’abdicazione degli Augusti testimonia la capacità dei
Cesari di formazione squisitamente militare di selezionare e far promuovere loro amici
e di gonfiare gli effettivi di unità loro devote.39 Per il ventennio dioclezianeo questa
dinamica era un prodotto per molti versi inevitabile di uno sforzo militare condiviso
da quattro imperatori, tutti esperti ufficiali illiriciani. Eppure sembra molto probabile che gli Augusti potessero affiancare ai Cesari uomini di fiducia dei soli Augusti. Lo
segnalano due episodi significativi: l’insubordinazione degli ufficiali militari dell’esercito di Severo neo-Augusto all’assedio di Roma nel 307, ancora fedeli a Massimiano
Erculio, tornato di nuovo Augusto al fianco del figlio Massenzio;40 e il voltafaccia dell’anziano vicarius Valerius Alexander a Massenzio nel 308, in ossequio devoto verso lo
stesso Massimiano Erculio.41 Ma si potrebbero ricordare, ancora nel 354, le relazioni
pessime tra il prefetto del pretorio Domitianus, nominato e inviato ad Antiochia da
Costanzo II Augusto, e il Cesare Gallo, che portò al linciaggio del dignitario;42 o, nel
360, la fuga del prefetto delle Gallie Florentius, nominato da Costanzo II Augusto e
attivo nell’area assegnata a Giuliano Cesare, quando fu evidente la contrapposizione
tra l’Augusto e il Cesare, a sua volta acclamato Augusto.43 Benché, dunque, le fonti
siano lacunose, tutto lascia supporre che i comitatus dei Cesari avessero non solo un
organigramma ridotto rispetto a quello degli Augusti, ma anche composto da digniNel celebre discorso di Galerio Cesare a Diocleziano circa la successione, nel marzo 305, la subordinazione dei
Cesari agli Augusti è palesemente dichiarata; cfr. Lact. mort. pers. 18.5: Duo sint in re publica maiores, qui summam
rerum teneant, item duo minores, qui sint adiumento […]; su questa testimonianza vd. il contributo di F. KOLB, La
Tetrarchia. Struttura, fondamento e ideologia del potere imperiale, in questo volume, 3-44. Nella sua lettera al troppo
indipendente Gallo Cesare, del 354, Costanzo II Augusto ricordava a chiare note la precedente esperienza tetrarchica di sottomissione totale dei Cesari agli Augusti (Amm. 14.11.10): Quibus subserebat non adeo vetus exemplum
quod Diocletiano et eius collegae ut apparitores Caesares non resides, sed ultro citroque discurrentes obtemperabant, et in
Syria Augusti vehiculum irascentis per spatium mille passuum fere pedes antegressus est Galerius purpuratus. Per l’episodio della così detta umiliazione di Galerio Cesare dopo la sconfitta contro i Persiani nel 296 vd. il contributo di F.
GUIDETTI, I rituali di adventus in epoca tetrarchica: per la ricostruzione di un evento cerimoniale tardoromano, in questo volume, 235-266.
39 La lettera di Massimiano Augusto a Diocleziano sul comportamento di Galerio Cesare è in Lact. mort. pers. 18.7:
His auditis senex languidus (Diocleziano), qui iam et Maximiani senis litteras acceperat scribentis quaecumque locutus
fuisset, et didicerat augeri ab eo (Galerio) exercitum.
40 Cfr. PORENA, Le origini cit. (nt. 21), 237-254.
41 Cfr. P. PORENA, Massenzio a Leptis: la questione delle basi del Foro Severiano, in I. TANTILLO - F. BIGI (a c. di), Leptis
Magna. Una città e le sue iscrizioni in epoca tardoromana, Cassino 2010, 41-44.
42 Fonti in PLRE I, 262; contesto storico in R. BLOCKLEY, Constantius Gallus and Julian as Caesars of Constantius II,
in Latomus 31 (1972) 441-443; MATTHEWS, The Roman Empire of Ammianus cit. (nt. 9), 33-39; P.A. BARCELÓ,
Caesar Gallus und Constantius II: ein gescheitertes Experiment?, in AClass 42 (1999) 23-34.
43 Amm. 20.8.20-22, con PLRE I, 365 e bibliografia a nota precedente.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
tari la cui nomina formalmente era subordinata all’approvazione e all’invio di codicilli da parte degli Augusti ai dignitari scelti, o eventualmente da parte dei Cesari dopo
approvazione scritta degli Augusti.44
Un’assenza di rilievo nell’organigramma del comitatus dei Cesari tetrarchici è sicura: i
Cesari non ebbero un prefetto del pretorio al loro fianco. Non sembrano aver avuto dei
rationales del fisco e della res privata autonomi. Non solo, quindi, appare legittimo
immaginare per i Cesari tetrarchici un comitatus di dimensioni ridotte rispetto a quello
degli Augusti, ma – ed è un aspetto decisivo – i Cesari sembrano aver usufruito di un
apparato burocratico centrale privo dei responsabili delle risorse fiscali e monetarie al
massimo livello: il prefetto del pretorio, il rationalis summarum centrale, il magister rei
privatae centrale, ma anche i vicari diocesani dei prefetti, i rationales e i magistri diocesani erano scelti, nominati e congedati dagli Augusti. I contrasti nocivi tra i Cesari di
Costanzo II e i prefetti del pretorio dell’Augusto, attivi nelle diocesi in cui i principi operavano, confermano la debolezza strutturale dei Cesari nella pianificazione della fiscalità
e nell’uso delle risorse.45 Degli imperatori sotto controllo. Pertanto il comitatus dei Cesari
tetrarchici risulta sbilanciato verso l’amministrazione della routine interna alla burocrazia e all’esercito (l’a memoria), verosimilmente dotato di un ufficio per la corrispondenza con le istituzioni nel territorio affidato loro (ab epistulis), e probabilmente poco, o per
nulla aperto al contatto con i sudditi per le questioni giuridiche: i rescritti degli anni
284-305 suggeriscono, infatti, che essi si rivolgessero agli Augusti per avere giustizia.
Un ultimo elemento fornito dal panegirico di Eumenio è la rara testimonianza sull’importanza del gruppo sociale dei giovani honestiores delle città delle Gallie, che costituiscono il ‘seminario’ della burocrazia palatina e periferica di quest’epoca. Questo processo, che i tetrarchi lucidamente alimentano, come mostra il cospicuo finanziamento
alle scuole di Autun, suggerisce che tutti i comitatus selezionassero nelle città prossime
alle residenze tetrarchiche il personale civile necessario all’amministrazione centrale e
provinciale.46 Un prodotto del distacco degli imperatori da Roma.
Se questa ipotesi è esatta, ben si comprende l’importanza dell’ufficio a memoria in ciascun comitatus, essendo questo ufficio verosimilmente incaricato di coordinare i movimenti (nomine, avanzamenti, spostamenti, congedi) dei
funzionari civili e militari operanti nelle zone di ‘governo’ dei quattro imperatori.
45 A titolo di esempio basti pensare alla risposta secca e sfrontata del prefetto del pretorio d’Oriente Domitianus a Gallo
Cesare ad Antiochia (Amm. 14.7.11): Rogatus ad ultimum admissusque in consistorium ambage nulla praegressa inconsiderate et leviter ‘proficiscere’, inquit, ‘ut praeceptum est, Caesar, sciens, quod, si cessaveris, et tuas et palatii tui auferri iubebo prope diem annonas’. Hocque solo contumaciter dicto subiratus abscessit nec in conspectum eius postea venit saepius arcessitus. Il prefetto del pretorio aveva facoltà di far sospendere le annonae destinate al Cesare e al suo apparato palatino.
46 A questa fonte si affianca l’identica dichiarazione dell’anonimo panegirista di Costantino nel 310 (Pan. Lat. 7.23).
Il retore gallico, promosso dall’avvocatura, forse presso il tribunale del governatore, agli uffici palatini, raccomanda
all’imperatore i figli, di cui uno già advocatus fisci, e quanti egli ha avviato all’attività forense, che apre la strada verso
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La struttura e l’organizzazione degli appartamenti privati dei Cesari, come anche
degli Augusti (cubiculum, triclinia, ecc.) nelle molteplici residenze tetrarchiche restano
avvolte nell’oscurità, appena illuminata da indizi generici.47 La visibilità e l’oggettiva
ascesa sociale della parte interna e privata del comitatus sono fenomeni successivi al
periodo in esame.
Se si lascia il comitatus dei Cesari e ci si concentra su quello degli Augusti, si conferma la sensazione che la documentazione superstite non offra informazioni sostanzialmente migliori. L’architettura del comparto burocratico centrale dell’età di
Diocleziano sembra essere rimasta molto simile a quella che le fonti dei primi decenni del III sec. descrivono circondare i Severi durante i loro viaggi.48 La struttura-base
gli officia palatii e poi verso il governo delle province (Interim quoniam ad summam votorum meorum tua dignatione
perveni, ut hanc meam qualemcumque vocem diversis fori et palatii officiis exercitam [in] tuis auribus consecrarem, maximas numini tuo gratias ago tibique, quod superest, commendo liberos meos praecipueque illum iam summa fisci patrocinia tractantem, […] etiam illos quasi meos numero quos provexi ad tutelam fori, ad officia palatii. Multi quippe ex me
rivi non ignobiles fluunt, multi sectatores mei etiam provincias tuas administrant ). Di fronte all’assenza di cursus honorum epigrafici a cavallo tra III e IV sec., questa testimonianza è notevole: il servizio nell’amministrazione imperiale
d’età tetrarchica appare sotto forma di una parabola ascendente, che muove dall’accreditamento di giovani esperti di
retorica come avvocati presso un tribunale periferico, passa per un magisterio palatino, approda a un governatorato
di provincia. Anche l’anonimo oratore autore del panegirico a Costanzo I Cesare del 1° marzo 297 (Pan. Lat. 4.1.4)
aveva servito in precedenza nel comitatus di Massimiano Augusto in Gallia intorno al 287, probabilmente in una
segreteria palatina (inter adyta palatii vestri ).
47 Lattanzio ricorda gli eunuchi e la familia Caesaris del palazzo di Diocleziano a Nicomedia nel marzo 303, oggetto
di una violenta istruttoria per lesa maestà all’inizio della persecuzione anticristiana (mort. pers. 14). La continuità tra
la familia Caesaris altoimperiale e i Caesariani di età tetrarchica è certa; il loro ruolo appare dilatato oltre il lecito in
coincidenza con gli editti anticristiani di Diocleziano, cfr. CORCORAN, Galerius’s Jigsaw Puzzle cit. (nt. 6); HAENSCH,
Von den Augusti liberti zu den Caesariani cit. (nt. 6). Condivisibile l’opinione di TANTILLO, I cerimoniali di corte cit.
(nt. 11), 548: «Se si guarda alla corte interna, non abbiamo nessun elemento che ci permetta di affermare che quella tardoromana fosse davvero più ampia di quella dei primi tre secoli»; sull’importanza del personale degli appartamenti dal tardo IV sec., quando il policentrismo tetrarchico si spense e gli Augusti abitarono stabilmente complessi
palatini in città-capitale, cfr. ivi, 548-554 con bibliografia. Per l’apparato pretoriano di guardia al palazzo, e contabile, nel medesimo orizzonte evenemenziale, cfr. Lact. mort. pers. 12.2-4.
48 Una seduta di un processo ad Alessandria d’Egitto davanti a Settimio Severo il 9 marzo 200 lo segnala circondato da un consilium e dagli amici (P.Oxy. 3019v, ll. 1-13): ̣ο̣γ̣ω̣ | Σεουήρῳ καὶ Οὐικτωρεί|νῳ ὑπάτοις πρὸ ζ εἰδῶν |
Μαρτίων ἐν Ἀλεξαν| 5δρέᾳ. Καῖσαρ κατίσας | ἐν τῷ δικαστηρίῳ με|τὰ τῶν φίλων καὶ τῶ\ν/ | εἰς τὸ συμβούλειον
κε|κλημένων ἐκέλευ|10 σεν εἰσκληθῆναι πρέ\σ/|βεις Αἰγυπτίων τὰς κοινὰς ἀξιώσεις προ|φέροντας. Nella celebre iscrizio-
ne di Goharia, in Siria, Caracalla ad Antiochia nel maggio 216 ha accanto a sé anche i prefetti del pretorio e i capisezione degli uffici palatini (AE 1947, 182 = 1974, 654 = SEG XVII, 759): Sabino et Anul(l )ino co(n)s(ulibus) [VI ]
Kal (endas) Iunias Antio[chiae, Imp(erator) Caesar] M(arcus) Aurel (ius) | Antoninus Pius Fel(ix) Aug(ustus), Par (thicus) max(imus), Brit(annicus) max(imus), Ge[rm(anicus) max(imus)], cum sal(utatus) a praeff (ectis) praet(orio) |
ee(minentissimis) vv(iris), item amicis et princ(ipibus) offic(i )or(um), sed(isset) in aud(itorio), admitti iussit Aur(elium).
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
della burocrazia palatina accanto al sovrano è formata dai prefetti del pretorio, dai consiglieri dei due ordini, definiti amici, e dai responsabili degli uffici centrali (principes /
principales officiorum). Purtroppo la documentazione sull’organigramma dei comitatus
degli Augusti nel corso del III sec. si riduce alle testimonianze epigrafiche sui magistri,
titolo dei responsabili degli uffici palatini dopo i Severi.49 Per il periodo 284-305 oltre
a Eumenius si conoscono tre, forse quattro magistri: Sicorius Probus, Aurelius Arcadius
Charisius, C. Caelius Saturninus Dogmatius – la cui carriera appare attratta verso la fase
costantiniana – e, forse, Axilius Urbicus, la cui collocazione cronologica è problematica.50 Come la totalità dei titolari di incarichi palatini di questa nebulosa stagione dioclezianea, si tratta di cavalieri perfectissimi, di livello ducenario, con formazione giuridica e retorica, ascesi per meriti burocratici.51 Tuttavia il confronto tra il retroterra dell’amministrazione palatina del Principato severiano e le carriere palatine dell’inoltrato
IV sec., insieme ai dati della Notitia dignitatum e alle formule di Cassiodoro, consentono di cogliere le continuità strutturali e di colmare le molte lacune relative all’organigramma del personale dei più completi comitatus degli Augusti di età dioclezianea.52
Similmente in una costituzione sulla restitutio in integrum, purtroppo non datata (C. 9.51.1): Imperator Antoninus
A(ugustus). Cum salutatus ab Oclatinio Advento et Opellio Macrino pp(raefectis) pp(raetorio) clarissimis viris, item amicis et principalibus officiorum et utriusque ordinis viris, et processisset, oblatus est ei Iulianus Licinianus.
49 Significativa la riflessione di MILLAR, The Emperor cit. (nt. 10), 106: «Our evidence about imperial secretaries
from the late second century onwards is very slight and scattered», e 107: «Through the rest of the third century we
have no significant information on the careers of men who gained positions in the emperor’s immediate service». Lo
studioso offre la panoramica storica più valida sulle funzioni palatine dai Giulio-Claudi a Costantino, ivi, 59-131,
203-272; per la continuità con la fase tardoromana cfr. JONES, The Later Roman Empire cit. (nt. 9), 575-578. Le principali testimonianze sui magistri palatini, tutti ducenari e perfectissimi, tra Severo Alessandro e Aureliano, sono: CIL
VI, 41288 = ILS 1457 (a studiis); CIL X, 1487 (a studiis); CIL VI, 41294 = ILS 1456 (a libellis e a censibus); ILAfr
147 (a censibus); CIL II/14, 2, 927 = RIT 87 (a studiis); CIL X, 4721 = ILS 1458 (a studiis). Per la prosopografia dei
magistri del tardo III e dei primi del IV sec. cfr. la lista in PLRE I, 1068-1069, con i relativi lemmi.
50 Su Sicorius Probus, a memoria, come sembra certo, di Diocleziano nel 297, vd. supra a nt. 29. Sulla lunga carriera di Caelius Saturninus, presso Costanzo I e Costantino, vd. infra nel testo. Per Aurelius Arcadius Charisius magister
libellorum di Diocleziano all’incirca negli anni 290-291, giurista e funzionario di rilievo in questo periodo, si rinvia
infra a ntt. 61 e 62. La cronologia del cursus di Axilius Urbicus, vir perfectissimus magister sacrarum cognitionum, a studiis et a consiliis di due Augusti, resta incerta e risale probabilmente alla metà del III sec. (vd. infra).
51 Su questo gruppo sociale equestre valorizzato dagli imperatori illiriciani vd. bibliografia cit. a nt. 3.
52 L’iscrizione sacra elevata a Roma dal senatore Sextilius Agesilaus Aedesius il 13 agosto 376 (CIL VI, 510 = ILS 4152,
ll. 5-11; cfr. PLRE I, 15-16) ricorda la sua carriera, svolta all’incirca negli anni 340-370, in pieno IV sec.: Causarum
non ignobilis Africani tribunalis orator et in consistorio principum, item magister libellor (um) et cognition(um) sacrarum,
magister epistular(um), magister memoriae, e conclusasi con un vicariato di diocesi nelle Spagne. La sequenza mostra
il passaggio alla direzione degli scrinia libellorum, cognitionum, epistularum e memoriae; questa architettura sostanzialmente si ritrova nei primi venti anni del V sec. nella Notitia dignitatum:
Not. dign. occ. 1.18-21: Magistri scriniorum: Memoriae, Epistolarum, Libellorum; 9.3,10-13: Sub dispositione viri illus-
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Soltanto i due Augusti disponevano di un organigramma centrale al cui vertice
erano i funzionari responsabili delle aree fiscale e finanziaria, destinate a sostenere e a
coordinare sia la burocrazia sia gli eserciti. Diocleziano e Massimiano avevano al loro
fianco un prefetto del pretorio ciascuno e i prefetti, ancora rigorosamente selezionati
nell’ordine equestre, formavano un collegio unito, pur operando separatamente uno
accanto a Diocleziano e uno accanto a Massimiano Erculio.53 La separazione dei due
comitatus non produsse una moltiplicazione del numero dei titolari, bensì la dislocazione di un prefetto presso ciascuno dei due Augusti. I prefetti del pretorio costituirono sempre, come nel Principato e nel tardo impero, un collegio formalmente indiviso, benché operanti in aree diverse.54 Erano enumerati nell’intitulatio degli atti e
nelle iscrizioni in ordine gerarchico: il prefetto del pretorio entrato in carica per primo
precede sempre il prefetto del pretorio nominato più tardi, a prescindere dal rango,
senatorio o equestre, e a prescindere dalla sua collocazione al fianco di Diocleziano o
tris magistri officiorum: […] Scrinium memoriae, Scrinium dispositionum, Scrinium epistolarum, Scrinium libellorum.
[…]. 17. Magistri scriniorum. Memoriae, Epistolarum, Libellorum. Magister memoriae adnotationes omnes dictat, et
emittit; respondet tamen et precibus. Magister epistolarum legationes civitatum et consultationes et preces tractat. Magister
libellorum cognitiones et preces tractat.
Not. dign. or. 1.20-24: Magistri scriniorum: Memoriae, Epistolarum, Libellorum, Graecarum. 11.3,13-17: Sub dispositione viri illustris magistri officiorum: […] Scrinium memoriae, Scrinium epistolarum, Scrinium libellorum, Scrinium
dispositionum, Officium admissionum. […] 19. Magistri scriniorum: Memoriae, Epistolarum, Libellorum, Graecarum.
Magister memoriae adnotationes omnes dictat et emittit, et precibus respondet. Magister epistolarum legationes civitatum,
consultationes et preces tractat. Magister libellorum cognitiones et preces tractat. Magister epistolarum graecarum eas epistolas, quae graece solent emitti, aut ipse dictat aut latine dictatas transfert in graecum. Officium autem de ipsi nemo habet,
sed adiutores electos de scriniis. Fra le formule di Cassiodoro cfr. principalmente var. 6.6,13 (GIARDINA [dir.], Cassiod.,
Varie, cit. [nt. 30], 14-15, 26-29, 132-136, 153-155). Un quadro esaustivo delle componenti dell’amministrazione
civile palatina tra IV e VI sec. in DELMAIRE, Les institutions du Bas-Empire romain cit. (nt. 9).
53 Sulla prefettura del pretorio degli anni 284-305 e sui titolari dell’incarico cfr. PORENA, Le origini cit. (nt. 21), 103152; sintesi evolutiva fino a Costantino in ID., ‘À l’ombre de la pourpre’: l’évolution de la préfecture du prétoire entre le
III e et le IV e siècle, in CCG 18 (2007) 237-262. Sul rango dei prefetti di questa fase cfr. A. CHASTAGNOL, L’Histoire
Auguste et le rang des préfets du prétoire, in ID., Recherches sur l’Histoire Auguste, Bonn 1970, 39-68.
54 La serie dei titolari della carica negli anni 284-305 è ricostruibile come segue:
284-286 Diocleziano: Aurelius Aristobulus e Afranius Hannibalianus vv.eemm.
286-291 Diocleziano: Afranius Hannibalianus v.em.
Massimiano: Iulius Asclepiodotus v.em.
292-294/296 Diocleziano: Afranius Hannibalianus v.c. (COS. 292)
Massimiano: Iulius Asclepiodotus v.c. (COS. 292)
294/296-297/298 Massimiano: Iulius Asclepiodotus v.c.
Diocleziano: Aurelius Hermogenianus v.em.
297/298?-305 Diocleziano: Aurelius Hermogenianus v.em.
Massimiano: [- - -]mus v.em. (cfr. dedica Foro Romano CIL VI, 36947).
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
di Massimiano.55 Lo mostra chiaramente la serie delle ‘dediche prefettizie collegiali’,
che inizia, non a caso, durante la Diarchia di Diocleziano e Massimiano: i prefetti del
pretorio dai due comitatus distanti si accordavano per far realizzare dai governatori di
provincia, in città da questi ultimi selezionate, serie di monumenti simili in onore di
un sovrano (un Augusto, i Cesari) a nome dell’intero collegio prefettizio, in occasione
di ricorrenze dei loro dies imperii: una manifestazione tangibile e vigorosa di unità, per
i più importanti dignitari dell’impero, condannati alla separazione e al decentramento.56 I due prefetti del pretorio, di formazione militare o giuridica – un’alternanza che
risaliva all’età di Marco Aurelio e dei Severi 57 – oltre ad essere stretti consiglieri degli
Augusti, erano ancora al vertice dell’amministrazione civile e militare: erano responsabili dell’approvvigionamento delle truppe e della giustizia militare, comandavano corpi
di spedizione, probabilmente i protectores e le truppe palatine; sembra certo che esercitassero un controllo anche sul personale civile degli officia centrali e periferici, inquadrato in militia, e presiedevano un tribunale per la giustizia in appello; producevano
normativa in forma edittale.58
Cfr. D. FEISSEL, Praefatio chartarum publicarum. L’intitulé des actes de la préfecture du prétoire du IV e au VI e siècle
(1991) ora in ID., Documents, droit, diplomatique de l’Empire romain tardif, Paris 2010, 399-428.
56 Le due dediche prefettizie collegiali superstiti del periodo 284-305 sono l’iscrizione di Oescus (ILS 8929 = ILBulg
I/2, 8a, del 288-289): Imp(eratori ) Caes(ari ) C(aio) Aurel (io) | Val(erio) Diocletiano, | P (io), F (elici ), invic(to)
Aug (usto), pont(ifici ) | max(imo), Germanico | 5 max(imo), trib(unicia) potes(tate), | p(atri ) p(atriae), proco(n)s(uli ),
| Afranius Hanni|balianus, Iul(ius) As|clepiodotus v[v(iri )] | 10 eemm(inentissimi ) prae[ ff (ecti ) praet(orio duo)] | d(evoti )
n(umini) m(aiestati)[q(ue) e(ius)], e l’iscrizione di Brescia (AE 1987, 456 = EDR080551, del 297-298): [F ]lavio V [al(erio)]
| Constan[tio] | fortissim[o ac] | nobiliss(imo) C [aes(ari )], | 5 [I ]ul(ius) Asclepio[dot (us)] | v(ir) c(larissimus) et Aur(elius)
Her [mo]|genianus v(ir) [em(inentissimus)] | praeff (ecti ) prae[t (orio duo)] | d(evoti ) n(umini ) m(aiestati )q(ue) eius.
57 Asclepiodotus e Hannibalianus erano due esperti ufficiali militari, cfr. Hist. Aug. Prob. 22.3; sulla vittoriosa campagna
britannica di Asclepiodotus cfr. Aur. Vict. Caes. 39.42; Eutr. 9.22.2; Hier. chron. a. Abr. 2315 (p. 227 Helm); Oros. hist.
7.25.6; Zonar. 12.31 (p. 160 Dindorf). Aurelius Hermogenianus andrà identificato con l’insigne giurista, anch’egli forse
magister libellorum, poi prefetto del pretorio di Diocleziano nel periodo ca. 297-304, autore del celebre Codex Hermogenianus, un’ampia raccolta di rescritti dioclezianei degli anni 293-294 (a completamento, come sembra del Gregorianus,
raccolta in quindici libri di rescritti da Adriano al 291, sulle quali cfr. CORCORAN, The Gregorianus and Hermogenianus
cit. [nt. 7]; M.U. SPERANDIO, Codex Gregorianus. Origini e vicende, Napoli 2005; S. CONNOLLY, Lives behind the Laws.
The World of the Codex Hermogenianus, Bloomington-Indianapolis 2010), e di una fortunata sintesi di diritto, i Libri sex
Epitomarum (su cui cfr. E. DOVERE, De iure. L’esordio delle epitomi di Ermogeniano, Napoli 2005 2, 3-39). La critica
appare concorde nell’identificazione tra giurista e prefetto, cfr. CORCORAN, The Empire cit. (nt. 5), 85-90; DOVERE, De
iure cit., ibid., 15-17. Il punto sulle caratteristiche della prefettura del pretorio e del profilo dei suoi titolari da Antonino
Pio a Diocleziano nei saggi di M. CHRISTOL - B. ROSSIGNOL - J.P. CORIAT - M. MOLIN - P. PORENA in CCG 18 (2007)
115-162, e in I. MENNEN, Power and Status in the Roman Empire, AD 193-284, Leiden-Boston 2011, 159-191.
58 Per il controllo della logistica militare cfr. F. CARLÀ, Tu tantum praefecti mihi studium et annonam in necessariis locis
praebe: prefettura al pretorio e annona militaris nel III sec. d.C., in Historia 56 (2007) 82-110; sull’evoluzione della capacità edittale cfr. F. ARCARIA, Sul potere normativo del prefetto del pretorio, in SDHI 63 (1997) 301-342; sull’attività pro55
Pierfrancesco Porena
85
Nella prospettiva della valutazione del grado di innovazione amministrativa dell’esperienza dioclezianea, la morfologia della prefettura del pretorio appare nell’insieme ancora tradizionale, seppure dilatata nelle funzioni. Proprio l’ampio spettro di
competenze civili e militari e la plasticità della carica prefettizia d’età dioclezianea consentì – o forse impose – il potenziamento delle prerogative civili, burocratiche e giudiziarie, a scapito di quelle militari: questa selezione costituì la caratteristica della prefettura del pretorio regionale, definitivamente decentrata in sedi diocesane ed estromessa dal comitatus, dopo la riforma di Costantino e nei sec. IV-VI.59 La nuova dimencessuale senza appello cfr. F. PERGAMI, Centralismo e decentramento nell’attività giurisdizionale della tarda antichità, in
AARC 13 (2001) 175-190; ID., L’attività giurisdizionale dei prefetti del pretorio nell’assetto costituzionale della tarda antichità, in L. LABRUNA (dir.), Cinquanta anni della Corte Costituzionale della Repubblica italiana, I/2. Tradizione romanistica e Costituzione, Napoli 2006, 1301-1314; sull’estensione del controllo all’amministrazione civile cfr. EICH, Zur
Metamorphose cit. (nt. 12), 211-257 (che tuttavia ignora PORENA, Le origini cit. [nt. 21]). La documentazione non consente di stabilire se il magister officiorum, nell’originaria titolatura di tribunus et magister officiorum, sia un’istituzione
dioclezianea (per es. un tribuno pretoriano distaccato dall’ufficio del prefetto nel tardo III sec.). L’epitafio da Salona di
un notarius di due imperatori coreggenti attivo nell’officium a memoria a Nicomedia (AE 1961, 308 = ILJug I, 126 =
N. GAUTHIER et al. [dir.], Salona IV. Inscriptions de Salone chrétienne: IV e-VII e siècles, Rome-Split 2010, n. 136, ll. 1-4)
è stato elevato a prova che gli scrinia del comitatus erano denominati ancora officia in età tetrarchica, ma l’iscrizione è
di datazione incerta: può risalire al periodo tetrarchico o a una Diarchia successiva (Galerio e Massimino Daia,
Costantino e Licinio). Peraltro è probabile che officia nella titolatura del tribunus et magister fosse generico, indicando
tutte le strutture di servizio, non solo gli scrinia del palazzo; e non sembra improbabile che l’attività del tribunus nel
comitatus si estendesse al controllo dei nuovi numerosi e ampliati officia dei governatori di provincia o dei materiali
provenienti dagli uffici vicariali; in questa direzione spingono l’invio dei ricorsi contro gli abusi dei Caesariani nel 305306 al prefetto del pretorio (CORCORAN, Galerius’s Jigsaw Puzzle cit. [nt. 6], 227 e 250) e la lettera dei tetrarchi al collegio prefettizio, parzialmente conservata in C. 10.42.10 (vd. infra nel testo). Com’è noto, i primi magistri officiorum
testimoniati dalle fonti sono Heraclianus nel 320-321 (PLRE I, 417), Proculeianus nel 323 (ivi, 744), Martinianus nel
324 (ivi, 563), Palladius nel 325 (ivi, 658). Sulla questione, e sul problema dell’origine del funzionario dall’organigramma della prefettura del pretorio, cfr. M. CLAUSS, Der Magister officiorum in der Spätantike (4.-6. Jahrhundert). Das
Amt und sein Einfluß auf die kaiserliche Politik, München 1980, 7-14; H.C. TEITLER, Notarii and Exceptores. An Inquiry
into Role and Significance of Shorthand Writers in the Imperial and Ecclesiastical Bureaucracy of the Roman Empire (from
the Early Principate to c. 450 A.D.), Amsterdam 1985, 49-53; V. AIELLO, I rapporti fra centro e periferia in epoca costantiniana. L’origine del magister officiorum, in AARC 13 cit., ibid., 137-163; EICH, Zur Metamorphose cit. (nt. 12), 231235; F. CARLÀ - M.G. CASTELLO, Questioni tardoantiche. Storia e mito della ‘svolta costantiniana’, Roma 2010, 327-364.
59 Sulla riforma della prefettura del pretorio negli anni 326-330 cfr. PORENA, Le origini cit. (nt. 21), cap. IV; in sintesi ID., À l’ombre de la pourpre cit. (nt. 53), 254-260. Non è possibile per ragioni di spazio e per la prospettiva palatina del presente contributo soffermarsi sull’evoluzione che diede l’avvio al decentramento prefettizio negli spazi provinciali, costituita dall’istituzione degli agentes vices praefectorum praetorio / vicari e dalla suddivisione dell’impero in
diocesi. Per una panoramica su questo processo che per la prima volta pose in rapporto stabile prefettura e provinciali cfr. PORENA, Le origini cit. (nt. 21), 152-186; LO CASCIO, The Emperor and His Administration, in BOWMANGARNSEY-CAMERON (edd.), The Cambridge Ancient History cit. (nt. 12) XII, 179-181; per i nuovi equilibri amministrativi consolidatisi in questa fase tra amministrazione imperiale, province, città e responsabili cittadini cfr. la sintesi di J.-M. CARRIÉ, Developments in Provincial and Local Administration, ivi, 269-312.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
sione burocratica della prefettura, però, emerge proprio in età tetrarchica grazie agli
indizi forniti da una breve costituzione non datata, definita semplicemente sacrae litterae, confluita in C. 10.42.10, che rappresenta l’unico documento imperiale del periodo 284-306 prodotto nel comitatus e inviato ai prefetti del pretorio:
C. 10.42.10: Impp. Diocletianus et Maximianus AA. et CC. exemplum sacrarum litterarum
ad praefectos. Quantum ad extraordinarias indictiones pertinet, praesidibus significamus, ut
omnes possessores ceterosque sciant conveniri debere, quandoquidem ea patrimonii munera esse
constet meritoque ab omnibus agnosci debeant, quo facilius obsequiis publicis pareatur.
Pur nella sua brevità questa disposizione mostra come, relativamente a una questione spinosa, le indizioni straordinarie, fossero competenti i prefetti del pretorio; questi
ultimi dovevano precisare ai governatori di provincia, evidentemente subordinati alla
prefettura del pretorio in materia fiscale – e le superindictiones erano decise dai prefetti,
in genere in connessione con problemi nella logistica militare pianificata –, che le esazioni straordinarie erano munera patrimonii e, quindi, andavano organizzate, rese note
e gestite a cura delle curie cittadine, sotto il controllo dei governatori provinciali.60 Si
noti che proprio un esperto in materia amministrativa, il giurista e magister libellorum
Aurelius Arcadius Charisius, un alto funzionario palatino di Diocleziano, negli anni
immediatamente a cavallo tra III e IV sec., scrisse l’unica monografia conosciuta sui prefetti del pretorio, un’opera di successo, come chiarisce la testimonianza, circa duecentocinquant’anni dopo nella Costantinopoli di Giustiniano, di un altro funzionario-erudito, Giovanni Lido.61 Il frammento superstite dell’opera di Charisius non consente di
conoscere il contenuto del libro; tuttavia è importante notare che questo studio origiSui circuiti fiscali riformati da Diocleziano cfr. J.-M. CARRIÉ, Dioclétien et la fiscalité, in AntTard 2 (1994) 33-64;
sul rapporto fiscalità-città cfr. G. BRANSBOURG, Fiscalité impériale et finances municipales au IV e siècle, in AntTard 16
(2008) 255-296.
61 Sul passo di Lyd. Mag. 1.14 cfr. M. MAZZA, Giovanni Lido, De magistratibus: sull’interpretazione delle magistrature romane nella Tarda Antichità (2004) ora in ID., Tra Roma e Costantinopoli. Ellenismo, Oriente, cristianesimo nella
tarda antichità. Saggi scelti, Catania 2009, 269-299; D.V. PIACENTE, Il prefetto del pretorio in Aurelio Arcadio Carisio
e Giovanni Lido, in Classica et Christiana 6/2 (2011) 585-591. L’unico frammento superstite del Liber singularis de
officio praefecti praetorio di Charisius è in D. 1.11.1; si noti che Hermog. 1 iuris epit. D. 4.4.17 conserva un passo dal
primo dei Libri iuris epitomarum dell’altro grande dignitario dioclezianeo, Hermogenianus, con ogni probabilità prefetto del pretorio all’apice della sua carriera, il quale discuteva un aspetto esaminato da Charisius nella sua monografia sulla prefettura: l’inappellabilità delle sentenze dei prefetti del pretorio; la riflessione sui limiti e sulle competenze
dell’istituzione prefettizia fu al centro della sistematizzazione normativa dei giuristi dioclezianei. Su Aurelius Arcadius
Charisius, magister libellorum di Diocleziano all’incirca negli anni 290-291 (inquadramento in T. HONORÉ, Emperors
and Lawyers: with a Palingenesia of Third-Century Imperial Rescripts: 193-305 AD, Oxford 1994 2, 181-185), cfr. in
sintesi e di recente D.V. PIACENTE, Aurelio Arcadio Carisio. Un giurista tardoantico, Bari 2012 (cap. IV sul Liber singularis de officio praefecti praetorio, e ulteriore bibliografia).
60
Pierfrancesco Porena
87
nale, in cui si vagliava anche la posizione istituzionale del prefetto del pretorio, si collochi proprio nel momento in cui si delineavano nuovi equilibri tra il centro e la periferia dell’impero attraverso la definizione di nuove competenze della prefettura del pretorio. Charisius era un giurisprudente sensibile alle trasformazioni dell’età tetrarchica, sollecitato dall’attualità: sentì il bisogno di scrivere un libro sulla figura del prefetto del pretorio, ma anche uno sui munera civilia – esattamente il tema delle sacrae litterae confluite in C. 10.42.10 – e uno sui processi.62 Prefettura del pretorio, fiscalizzazione degli
oneri cittadini, giustizia dei governatori di provincia, al centro delle riforme amministrative dioclezianee, devono aver costituito tematiche di urgente importanza per i colti
giurisprudenti in servizio nella militia palatina. Ma è altresì chiaro che i prefetti del pretorio erano una istanza ormai collegata strettamente per la fiscalità e la giustizia agli uffici dei governatori di provincia: iniziavano ad avere un radicamento territoriale.
Soltanto i due Augusti avevano nel comitatus una sezione ‘finanziaria’ bicipite, guidata da un responsabile del fisco, il rationalis summae rei, e da un responsabile del
patrimonio privato, il rationalis (o magister) rei privatae, da cui dipendevano tutti i
numerosi rationales fisci e magistri rei privatae – una coppia al vertice all’incirca di ogni
area diocesana – e i procuratores fiscali provinciali, nonché l’importante personale tecnico delle zecche, dislocate in diverse città-chiave dell’impero.63 Questo vertice palatino – da un lato burocratico-militare, dall’altro finanziario – permetteva ai soli Augusti
di controllare tutti i meccanismi di gestione e di funzionamento della struttura impe62 Charisius, oltre al citato Liber singularis de officio praefecti praetorio (D. 1.11.1), fu autore di due monografie su
temi sensibili dei nuovi assetti amministrativi: un Liber singularis de muneribus civilibus (D. 50.4.18); un Liber singularis de testibus (D. 22.5.1; D. 22.5.21; D. 22.5.25; D. 48.18.10). Sulla monografia di Charisius relativa ai munera, tematicamente connessa alle sacrae litterae ai prefetti del pretorio, cfr. E. PÓLAY, Über die munera civilia im Werke
des Digestenjuristen Arcadius Charisius, in Studi in onore di C. Sanfilippo I, Milano 1982, 527-542; F. GRELLE, Arcadio
Carisio, l’officium del prefetto del pretorio e i munera civilia (1987) ora in L. FANIZZA (a c. di), Diritto e società nel
mondo romano, Roma 2005, 257-272.
63 Esaustivo R. DELMAIRE, Largesses sacrées et res privata. L’aerarium impérial et son administration du IV e au VI e siècle, Rome 1989, 25-38, 171-190 (si concorda sul passaggio alle comitive delle largizioni e della res privata nel 326,
ma non sulla datazione costantiniana delle costituzioni a Rufinus); sintesi del medesimo autore, Les comtes financières, in ID., Les institutions du Bas-Empire romain cit. (nt. 9), 119-148 (con bibliografia); per la prosopografia dei rationales summae rei e dei magistri rei privatae ‘centrali’ e periferici di Diocleziano e dei tetrarchi cfr. R. DELMAIRE, Les
responsables des finances impériales au Bas-Empire romain (IV e-VI e s.). Études prosopographiques, Bruxelles 1989, 1418. Espressione del policentrismo tetrarchico è la serie di dediche fatte realizzare da Iulius Antoninus vir perfectissimus
rationalis del comitatus di Diocleziano a Nicomedia, sede dell’Augusto, e a Efeso (DELMAIRE, Les responsables cit.,
ibid., 17-18 e PLRE I, 76; PIR 2 I 152): il responsabile finanziario centrale del fisco agli ordini dell’Augusto risiede a
Nicomedia – Roma ha contemporaneamente rationales del fisco, ma ‘periferici’ rispetto al comitatus – e la tipologia
dei monumenti epigrafici che lo ricordano, come è caratteristico in questo periodo, è costituita da serie di statue onorarie che il cavaliere fa elevare ai tetrarchi. Nessun legame di patronato civico o personale.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
riale, cioè di intervenire sulla burocrazia centrale e periferica, subordinata alla giurisdizione dei prefetti del pretorio; di fornire annonae et capita all’intero apparato centrale e periferico, civile e militare; di coniare moneta nelle zecche ormai decentrate, e
di ricompensare in denaro e in metalli preziosi l’esercito, la burocrazia, i vari alleati
esterni, ed eventualmente di manifestare la munificenza imperiale verso le città. La differenza di organigramma tra i comitatus completi degli Augusti e le strutture palatine
‘minori’ dei Cesari inibiva ai Cesari l’indipendenza nella logistica, nella distribuzione
di donativi alle truppe, nella coniazione di moneta, e, come abbiamo visto, nella libertà di nominare in modo autonomo i quadri dell’amministrazione centrale e periferica
e dell’esercito nelle aree dove risiedevano.
Gli officia ‘burocratici’ interni ai comitatus degli Augusti Diocleziano e Massimiano
– i magisteria palatii – sembrano essere stati organizzati ancora nelle segreterie tradizionali:64 un magister memoriae per la supervisione dell’organigramma civile e militare,
per il coordinamento burocratico interno, per le relazioni con le delegazioni in visita;
un magister censum collegato verosimilmente al rationalis del fisco per l’aggiornamento dei censimenti; forse un a commentariis per la gestione degli archivi palatini; un
magister epistularum per la corrispondenza greca e latina con le molteplici realtà istituzionali dell’impero; quindi, nel comparto ‘giudiziario’, un importante magister libellorum per la ricezione, l’analisi delle suppliche, la redazione dei rescritti, ancora affiancato da un magister studiorum per l’approfondimento dei contenziosi e da un magister
sacrarum cognitionum per le istruttorie promosse o giudicate dal principe. Nuovo,
come vedremo tra breve, sembra l’a consiliis sacris, per il coordinamento dell’attività del
consiglio ristretto di consulenza (consilium). Sintetizzando, è lecito concludere che i
comitatus di età tetrarchica non sembrano aver avuto una struttura molto diversa da
quella d’età severiana; si percepisce una differenza di capacità ‘di governo’ tra i comitatus degli Augusti, con apparati fiscali e finanziari completi, e con un vertice prefettizio
‘plenipotenziario’; una certa continuità appare nel ventaglio degli officia palatini destinati alle comunicazioni con l’apparato amministrativo e militare, con i sudditi (individui e comunità), e per la soluzione delle questioni giudiziarie.
Per quanto riguarda la tipologia delle carriere di funzionari palatini durante il
Principato di Diocleziano e dei tetrarchi la carenza, come accennato, è grave. Non si
conserva nessun cursus honorum completo di un funzionario che abbia avuto incarichi
in un comitatus. L’unica testimonianza che possa fornire un’idea di questo genere di carÈ difficile appurare se i magisteria palatini (Pan. Lat. 5.5.4) fossero definiti scrinia già nel periodo 284-305. Le
prime due attestazioni del termine scrinium per officium palatino compaiono in costituzioni di Costantino degli anni
314 e 319 (CTh. 6.35.1, a. 314; CTh. 1.16.3, a. 319). Bibliografia sui magisteria palatini supra a nt. 49.
64
89
Pierfrancesco Porena
riere è nell’epigrafe incisa sulla base della celebre statua romana di C. Caelius Saturninus
signo Dogmatius intorno al 330.65 Questo raro e lungo cursus honorum (inverso) si apre
in età tetrarchica e si estende quasi all’intero Principato di Costantino, all’incirca negli
anni 298-330, con una fase palatina che sembra aver coperto il periodo 298-312. Una
carriera equestre, coronata da una rara adlectio inter consulares chiesta dal senato di
Roma, e che si chiuse, dopo una pausa, con la prefettura del pretorio regionale (testimoniata dall’epigrafe incisa su un’altra base, più tarda, che ricorda solo questa eccelsa
dignità). Senza soffermarsi in dettaglio nell’analisi dei notevoli problemi, soprattutto
cronologici, sollevati dalla fitta serie degli incarichi, è possibile riassumere in uno schema quello che potrebbe essere stato l’iter della carriera di Saturninus:
Carica
Cronologia
Competenze
fisci advocatus per Italiam (hapax)
? 295/298
sexagenarius studiorum adiutor (LX)
? 298/300
consulenza
giuridica
sexagenarius a consiliis sacris
? 300/303
ducenarius a consiliis (CC)
? 303/305 o ? 305/306
Massimiano Erculio A. (Milano)
Costanzo I A. - Costantino I A. (Treviri 306-312)
magister libellorum (CCC?)
? 305/307
magister studiorum X
? 307/309
vicarius a consiliis sacris X (suppl. come mag. stud.)
CIL VI, 1704 (con p. 4739) = ILS 1215 = I. DI STEFANO MANZELLA - S. ORLANDI, Dedica onoraria e carriera di
Caius Caelius Saturninus, in I. DI STEFANO MANZELLA (a c. di), Le iscrizioni dei cristiani in Vaticano. Materiali e contributi scientifici per una mostra epigrafica, Città del Vaticano 1997, 267-269 = EDR127936: Dogmatii || honori. |
C(aio) Caelio Saturnino v(iro) c(larissimo), | allecto petitu senatus inter | consulares, comiti d(omini ) n(ostri ) Constantini
|5 Victoris Aug(usti ), vicario praefecturae | urbis iudici sacrarum cog(nitionum), vicario | praeff (ectorum) praetorio bis, in
urbe Roma | et per Mysias, examinatori per Ita|liam, praefecto annon(a)e urbis, ratio| 10nali privat (a)e, vicario summae rei
| rationum, rationali vicario per | Gallias, magistro censum, vicario | a consiliis sacris, magistro stu|diorum, magistro libellorum, duce|15nario a consiliis, sexag(enario) a consiliis | sacris, sexag(enario) studiorum adiutori, | fisci advocato per
Italiam, | C(aius) Fl (avius) Caelius Urbanus v(ir) c(larissimus), | consularis, patri. Sul personaggio cfr. in sintesi PLRE
I, 806; sulla carriera cfr. DELMAIRE, Les responsables cit. (nt. 63), 19-21; riesame in PORENA, Le origini cit. (nt. 21),
442-448; ID., Sulla genesi degli spazi amministrativi dell’Italia tardoantica, in LABRUNA (dir.), Cinquanta anni della
Corte Costituzionale cit. (nt. 58) I/2, 1351-1358, 1370-1376; sul monumento onorario, forse nella domus, con la statua, cfr. le immagini e il commento di C. MACHADO in LSA-1266; inoltre U. GEHN, Ehrenstatuen in spätantiken
Häusern Roms, in S. BIRK - B. POULSEN (edd.), Patrons and Viewers in Late Antiquity, Aarhus 2012, 15-30.
65
90
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
magister censum Y
? 309/311
finanze
rationalis vicarius per Gallias Y (suppl. come mag. cens.)
vicarius summae rei rationum Y (suppl. come mag. cens.)
rationalis privatae
? 311/313
Vittoria di Costantino a Ponte Milvio (ott. 312)
praefectus annonae urbis Z
313/315
examinator per Italiam Z (hapax: durante la praef. ann.)
313/315
vicarius praeff(ectorum) praetorio I, in urbe Roma W
314/317
Vittoria di Costantino a Cibalae e Campus Ardiensis
(ott. 316 - mar. 317)
dopo mar. 317
prima febb. 327:
vicarius praeff(ectorum) praetorio II, per Mysias
317/319 o 320/324
vicarius praefecturae urbis iudici sacrarum
cog(nitionum) W (durante il vicariato urbano)
? 314/316
responsabilità
sulle province
Vittoria di Costantino a Hadrianopolis e Chrysopolis
(lug./sett. 324)
comes d(omini) n(ostri) Constantini Victoris Aug(usti)
dopo sett. 324
comitatus
adlectus petitu senatus inter consulares
? 326/330
v.c.
333-334
vertice
amm.ne
provinciale
(pausa)
praefectus praetorio (CIL VI, 1705)
La carriera di Saturninus appare nettamente bipartita: a una prima parte segnata da
ben dieci incarichi, tra titolarità e supplenze, tutti svolti nel comitatus, segue, dopo la
vittoria di Costantino a Ponte Milvio, nel 312, la proiezione del fedele funzionario nell’amministrazione provinciale e diocesana: la prefettura dell’annona di Roma, con il
connesso incarico (unico) di examinator per Italiam, poi il vicariato suburbicario sempre a Roma, durante il quale, con ogni probabilità, il vicario supplì per poche settimane il prefetto urbano, infine lo strategico vicariato delle Mesie, certamente successivo alla vittoria nella prima guerra contro Licinio, negli anni 317-319, o durante il
lungo conflitto degli anni 320-324 (questa esperienza diocesana gli valse, alcuni anni
dopo, la promozione alla prefettura del pretorio regionale). Furono proprio gli importanti incarichi a Roma e in Italia che offrirono all’altrimenti oscuro dignitario di
Pierfrancesco Porena
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Costantino la possibilità di ascendere socialmente, di ottenere visibilità, di investire le
sue fortune burocratiche nella costruzione di una domus a Roma, dove il senato lo volle
adlectus inter consulares, e dove probabilmente fu elevato il celebre monumento che ci
ha conservato questa rara iscrizione con cursus honorum equestre. Ai fini della presente indagine la parte più interessante dell’epigrafe riguarda la prima fase del cursus, quella palatina. Il primo incarico si svolse in Italia, advocatus fisci per Italiam, mai attestato altrove, probabilmente una testimonianza unica dell’avvocatura di livello diocesano
(dioecesis Italiciana). Seguirono due serie di incarichi, prima di natura giuridica, poi
finanziaria. Considerato che i secondi si svolsero in Gallia (rationalis vicarius per
Gallias), e che il nostro risulta nel prosieguo di carriera un fedelissimo di Costantino,
il quale, dopo l’annona e i vicariati di Roma e di Mesie, gli offrirà l’ambita prefettura
del pretorio regionale, sembra legittimo ipotizzare che Saturninus iniziasse la sua carriera palatina presso Massimiano Erculio a Milano, si segnalasse per le sue qualità, e
nel maggio 305 fosse selezionato da Costanzo I Augusto per entrare nel comitatus a
Treviri. Lì verosimilmente lo trovò Costantino nel 306, che lo valorizzò.66 La compattezza degli incarichi giuridici (a consiliis, a libellis, a studiis) farebbe propendere per
l’ipotesi che Saturninus, dopo l’avvocatura forse a Milano, entrasse presto nel comitatus di un Augusto, che, come si è visto, a differenza di un Cesare aveva una nutrita attività responsiva. Forse dopo aver dato buona prova delle sue competenze in tribunale e
come sexagenarius studiorum Saturninus fu scelto da Costanzo I come consigliere giuridico (a consiliis sacris) per giungere poi ai tre magisteri, libellorum, studiorum e censum, cui andranno correlati i vicariati finanziari, temporanei, nelle Gallie costantiniane.67 In sostanza la carriera palatina di Saturninus come responsabile di sezione si svolSembra difficile che dopo il 306, quando Massenzio restò isolato in Italia, Saturninus potesse servire nell’amministrazione massenziana e poi spostarsi a Treviri dal nemico Costantino. Quando ottenne la prefettura dell’annona e
l’incarico di examinator per Italiam, legato probabilmente alla riorganizzazione politico-amministrativa dell’Italia,
suddivisa da Costantino in due vicariati subito dopo la sconfitta di Massenzio, Saturninus era già agli occhi
dell’Augusto, appropriatosi d’un colpo della ricca e pericolosa diocesi, un dignitario ben sperimentato, devoto ai
Costantinidi. Sull’Italia costantiniana cfr. P. PORENA, La riorganizzazione amministrativa dell’Italia. Costantino, Roma,
il Senato e gli equilibri dell’Italia romana, in A. MELLONI et al. (a c. di), Costantino I. Enciclopedia costantiniana sulla
figura e l’immagine dell’imperatore del cosiddetto Editto di Milano, 313-2013 I, Roma 2013, 329-349.
67 Nello schema sono state contrassegnate con una lettera in apice (X Y Z W) le supplenze che Caelius Urbanus, figlio di
Saturninus, ricordò con grande scrupolo secondo l’ordine cronologico nel lungo cursus epigrafico del padre, supplenze
la cui durata ignoriamo (il Cronografo del 354 insegna che la supplenza del prefetto urbano a Roma era sempre breve:
un mese ca.), ma che la logica vuole rivestite mentre Saturninus era titolare di una carica retribuita. Probabilmente
Saturninus nel comitatus cumulò per un certo tempo l’incarico di magister studiorum con la supplenza a consiliis sacris;
l’incarico di magister censum con la supplenza del rationalis per Gallias e poi, o simultaneamente, con la supplenza più
prestigiosa di rationalis summae rei rationum. Durante lo svolgimento dei mandati periferici Saturninus verosimilmente
cumulò la prefettura dell’annona di Roma con l’incarico unico ed eccezionale, dunque temporaneo, di examinator per
66
92
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
se probabilmente a Treviri tra il 306 e il 312, e fu la carriera di un esperto di diritto e
di fiscalità. Questa carriera palatina, l’unica ‘latamente tetrarchica’ che conosciamo,
evidenzia i due elementi critici dell’innovazione amministrativa dioclezianea: giustizia
e fisco, nella loro dimensione burocratica dentro e fuori del comitatus, come del resto
dimostra la riflessione giuridica di Arcadius Charisius e di Hermogenianus. In questo
senso l’iscrizione di Caelius Saturninus è un documento emblematico dei cambiamenti dell’epoca. Come si noterà anche dal confronto con altre epigrafi coeve, la componente palatina destinata all’esame e alla soluzione dei contenziosi (a studiis e a libellis)
e il nuovo incarico del tardo III sec., a consiliis sacris, appaiono dominanti nelle fonti
rispetto agli altri uffici del comitatus.68 Questo aspetto, comune al cursus di Saturninus
e ad altre epigrafi del tardo III sec., invita a soffermarsi sull’organizzazione razionale
dell’apporto dei giuristi al lavoro degli Augusti in età dioclezianea.69
3. Ancora su consilium e consistorium
Durante il lungo Principato di Diocleziano la figura del funzionario equestre con
formazione giuridica era da tempo un profilo tradizionale. Dall’età severiana aveva
conosciuto un inserimento sempre più consistente al servizio dei principi, spesso itineranti, per lo più partecipando al loro consilium – un organismo a composizione
variabile – e sovente rivestendo al contempo incarichi come responsabile negli uffici
palatini, o nelle grandi prefetture equestri della città di Roma e del pretorio.70 Nuova
Italiam; quindi esercitò la supplenza, come sempre breve, del prefetto urbano (vicarius praefecturae urbis iudici sacrarum
cognitionum) durante il vicariato urbano. Solo per problemi di economia del testo epigrafico Caelius Urbanus enumerò
insieme e in ordine cronologico i due vicariati di diocesi (in urbe Roma et per Mysias), con medesima titolatura, e aggiunse la supplenza del prefetto urbano, che era inerente solo al primo dei due vicariati. Se questa ricostruzione è corretta,
gli incarichi del cavaliere si riducono e si dispongono meglio nell’arco cronologico del suo cursus honorum.
68 Vd. supra a nt. 49 e infra, 95-98.
69 Su questo argomento vd. il contributo di J.N. DILLON, The Emperor’s New Prose: the Style of the Legislation of
Diocletian, in questo volume, 285-344.
70 Sul consilium dell’imperatore nel Principato e sulla sua composizione – dopo le monografie di E. CUQ, Le conseil des
Empereurs d’Auguste à Dioclétien, in Mémoires présentés par divers savants à l’Académie des Inscriptions et Belles-Lettres,
Paris 1884, 311-504, e di G. CICOGNA, Consilium Principis. Consistorium. Ricerche di diritto romano pubblico e di diritto privato, Torino 1902 – cfr. J.A. CROOK, Consilium principis. Imperial Councils and Counsellors from Augustus to
Diocletian, Cambridge 1955 (che dedica una sezione all’età dioclezianea, 96-103); W. KUNKEL, Consilium, consistorium
(1968/1969) – con estensione al tardo impero – ora in ID., Kleine Schriften. Zum römischen Strafverfahren und römischen Verfassungsgeschichte, Weimar 1974, 405-440; per le attribuzioni giudiziarie il monumentale lavoro di W. KUNKEL,
Die Funktion des Konsiliums in der magistratischen Strafjustiz und im Kaisergericht, in ZSS 84 (1967) 218-244 e ivi 85
(1968) 253-329; per le relazioni consilium-senato cfr. F. ARCARIA, Commissioni senatorie e consilia principum nella dinamica dei rapporti tra senato e principe, in Index 19 (1991) 269-318. Monografia attenta al versante giurisprudenziale in
Pierfrancesco Porena
93
sembra essere nell’età di Diocleziano l’esigenza di sintesi giurisprudenziale e normativa su temi di urgente attualità – come detto, la città e i munera, il processo, i poteri dei
prefetti del pretorio, ecc. – che stavano trovando una sistemazione coerente negli anni
Novanta del III sec. Si stava superando la fase delle controversie di diritto romano, per
entrare nella fase del diritto certo: coordinare l’enorme letteratura giuridica, il ius dei
giuristi, e le fino ad allora eterogenee costituzioni dei principi divenne un’esigenza, cui
non poté restare estraneo il personale dei comitatus degli Augusti. Lo mostrano le codificazioni di rescritti imperiali (Gregoriana ed Ermogeniana), l’Epitome iuris di Hermogenianus, o le anonime Pauli Sententiae, che sembrano appartenere al medesimo
orizzonte cronologico e rispondere ad analoghe esigenze di chiarezza giuridica.71
F. AMARELLI, Consilia principum, Napoli 1983; inoltre: ID., I giuristi e il potere: i consilia principum, in V. MAROTTA E. STOLFI (a c. di), Ius controversum e processo fra tarda repubblica ed età dei Severi. Atti del Convegno. Firenze, 21-23 ottobre 2010, Roma 2012, 205-211. Sulla progressiva strutturazione del consilium con valorizzazione anche dell’ordine
equestre cfr. M. MORABITO, Étude sur la composition du Conseil impérial d’Antonin le Pieux à Commode (138-193), in
Index 12 (1983/1984) 316-348; ma soprattutto M. CHRISTOL, Le choix des auxiliaires du prince (sénateurs et chevaliers)
des Flaviens au milieu du III e siècle, in SIFC s. III 10 (1992) 906-913; ID., Le conseil impérial, rouage de la monarchie
administrative sous les Antonins et les Sévères, in R. HAENSCH - J. HEINRICHS, Herrschen und Verwalten. Der Alltag der
römischen Administration in der Hohen Kaiserzeit, Köln 2007, 31-59; ID., Le consilium Principis aux deux premiers siècles: les traits de l’évolution vers un rouage administratif, in J.-L. FERRARY - J. SCHEID (a c. di), Il Princeps romano: autocrate o magistrato? Fattori giuridici e fattori sociali del potere imperiale da Augusto a Commodo, Pavia 2015, 587-611, che
raccoglie l’eredità degli studi prosopografici sull’ordine equestre di H.-G. Pflaum. Più sensibile agli aspetti informali del
consilium e meno proiettato verso una lettura ‘statalista’ di un organismo a lungo caratterizzato da un’autorevole presenza di senatori W. ECK, The Emperor and His Advisers, in A.K. BOWMAN - P. GARNSEY - D. RATHBONE (edd.), The
Cambridge Ancient History. The High Empire, A.D. 70-192 XI, Cambridge 2000 2, 195-213; ID., Der Kaiser und seine
Ratgeber: Überlegungen zum inneren Zusammenhang von amici, comites und consiliarii am römischen Kaiserhof (2006) ora
in W. AMELING - J. HEINRICHS (Hrsgg.), Monument und Inschrift: gesammelte Aufsätze zur senatorischen Repräsentation
in der Kaiserzeit, Berlin - New York 2010, 355-369. Sulla fase severiana cfr. la disamina su consilium e officia nella produzione normativa (seppur a tratti modernizzante) di CORIAT, Le prince législateur cit. (nt. 8), 175-282, con prosopografia dei collaboratori dei sovrani. Per il retroterra giulio-claudio e flavio cfr. A. WINTERLING, Aula Caesaris. Studien
zur Institutionalisierung des römischen Kaiserhofes in der Zeit von Augustus bis Commodus (31 v. Chr. - 192 n. Chr.),
München 1999, 83-116, 161-193; sull’attività normativa degli Augusti nel Principato cfr. le sintesi di F. MILLAR,
L’empereur romain comme décideur, in CCG 1 (1990) 207-220, e di T. SPAGNUOLO VIGORITA - V. MAROTTA, La legislazione imperiale. Forme e orientamenti, in A. MOMIGLIANO - A. SCHIAVONE (a c. di), Storia di Roma, II/3. L’impero
mediterraneo. La cultura e l’impero, Torino 1992, 85-152. Ampliamento della prospettiva verso il tardo impero in F.
AMARELLI, Dai consilia principum al consistorium, in AARC 10 (1995) 187-193; ID., Esercizio del potere e ricorso alla
prassi della consultazione nella tarda antichità: alle origini del consistorium, in Koinonia 28-29 (2004-2005) 13-20.
71 Fondamentale V. MAROTTA, Eclissi del pensiero giuridico e letteratura giurisprudenziale nella seconda metà del III
secolo d.C., in StudStor 48 (2007) 927-964; ID., La recitatio degli scritti giurisprudenziali tra III e IV secolo d.C., in
Philia. Scritti per G. Franciosi III, Napoli 2007, 1643-1677. Sull’Epitome di Hermogenianus cfr. E. DOVERE, Sistema
e ragioni culturali nei libri Iuris Epitomarum di Ermogeniano, in SDHI 63 (1997) 107-122; ID., Gli orizzonti dei libri
Iuris ermogenianei, in Iura 59 (2011) 176-194. Sull’opera attribuita al giurista Paolo cfr. M. BIANCHI FOSSATI
VANZETTI (a c. di), Pauli Sententiae. Testo e interpretatio, Padova 1995.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
Chiarezza per i governatori, ormai giudici ad ampio spettro (civile, criminale e anche
fiscale) a capo delle più piccole e numerose province dioclezianee, e per i sudditi allora pienamente trasformati dagli effetti della Constitutio Antoniniana in cittadini sottoposti a regole di diritto romano omogenee. Opere, specialmente i Codici, che dovevano alleggerire gli oneri consultivi del comitatus e soprattutto degli Augusti, e ridurre la
massa di corrispondenza in entrata nel palazzo.
Accanto ai giuristi d’età dioclezianea, eminenti per la loro produzione, e di cui almeno due inseriti ai vertici del suo comitatus, è opportuno fissare l’attenzione su due serie
di cavalieri attivi tra il Principato di Marco Aurelio e la Tetrarchia, che hanno operato
accanto ai principi e negli uffici palatini, lungo le tappe di una carriera spesso oscura,
ma probabilmente molto importante sul piano dell’attività di governo, e sulle titolature dei loro incarichi ‘consiliari’. Individui che svolsero verosimilmente carriere come la
prima parte di quella, poi glorificata fuori del palazzo dai massimi incarichi periferici, di
Caelius Saturninus.72 Questi può essere collocato in età tetrarchica all’apice di un lungo
percorso di inserimento strutturale di personalità con una formazione solida nel diritto
– non necessariamente giurisperiti – in ruoli di consulenza e in funzioni basilari per la
gestione delle attività di governo che impegnavano gli Augusti dentro i loro palazzi.73 Sei
cavalieri sono noti come consiliarii Augusti tra il tardo II sec. e gli anni Venti del III sec.74
Senza gli importanti incarichi di responsabilità a Roma e in Illirico, in aree provinciali e diocesane nevralgiche tra
il 313 e il 324, che gli valsero l’adlectio in senato come consolare, non sapremmo nulla della notevole carriera di questo cavaliere, funzionario palatino del tardo III sec.
73 Su giuristi e Augusti nel Principato cfr. W. KUNKEL, Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen, Graz-WienKöln 1967 2; R.A. BAUMAN, Lawyers and Politics in the Roman Empire. A Study of Relations between the Roman Jurists
and the Emperor from Augustus to Hadrian, München 1989. Prospettive sul III sec. in L. DE BLOIS, Roman Jurists and
the Crisis of the Third Century A.D. in the Roman Empire, in ID. (ed.), Administration, Prosopography and Appointment
Policies in the Roman Empire. Proceedings of the First Workshop of the International Network ‘Impact of Empire’ (Roman
Empire, 27 B.C. - A.D. 406). Leiden, June 28 - July 1, 2000, Amsterdam 2001, 136-147; ID., Why Did the Influence of
Scholarly Jurists at the Roman Imperial Court Disappear after about A.D. 241?, in U. BABUSIAUX - A. KOLB (Hrsgg.), Das
Recht der ‘Soldatenkaiser’. Rechtliche Stabilitat in Zeiten politischen Umbruchs?, Berlin 2015, 225-236; sintesi in M.
SCHUOL, Das Recht, in K.-P. JOHNE - U. HARTMANN - TH. GERHARDT (Hrsgg.), Die Zeit der Soldatenkaiser. Krise und
Transformation des Römischen Reiches im 3. Jahrhundert n. Chr. (235-284), Berlin 2008, 633-640; con attenzione alle
cancellerie palatine cfr. D. LIEBS, Hofjuristen der römischen Kaiser bis Justinian, München 2010, 78-94 (prosopografia
dei giuristi-funzionari del III sec. fino alla Tetrarchia), 153-169 (consiglieri e capi-sezione palatini); inoltre ID.,
Reichskummerkasten: die Arbeit der kaiserlichen Libellkanzlei, in KOLB (Hrsg.), Herrschaftsstrukturen cit. (nt. 6), 137-152;
naturalmente HONORÉ, Emperors and Lawyers cit. (nt. 61), 71-185, per la relazione tra stile dei rescritti e profili dei magistri libellorum. Sull’estrazione sociale dei cavalieri del III sec. cfr. CHRISTOL, L’ascension de l’ordre équestre cit. (nt. 3).
74 Cervidius Scaevola (aa. 161-175): D. 36.1.23 pr.; Hist. Aug. Aur. 11.10; CIL XIV, 4502 = ILS 2164, con H.-G.
PFLAUM, Les carrières procuratoriennes équestres sous le Haut-Empire romain I, Paris 1960-1961, 413-414, n. 168a; M.
Aurelius Papyrius Dionysius (aa. 169-176): CIL X, 6662 = ILS 1455, con PFLAUM, Les carrières cit., ibid., 472-476, n.
181 (l’unico esplicitamente definito iuris peritus); Valerius Postimius Romulus (aa. 198-209): CIL VI, 1634 = ILS 1423
72
Pierfrancesco Porena
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In estrema sintesi le caratteristiche dei consiliarii sono le seguenti: essere stati attivi quando si aprì per gli imperatori romani la stagione dei lunghi soggiorni bellici e di ispezione lontano da Roma, tra il tardo II sec. e la prima metà del III sec.; forse avere competenze nel diritto (attestate invero solo per due di loro); appartenere tutti all’ordine equestre; essere salariati dal principe e, quindi, essere inseriti nella carriera equestre, con l’incarico di consiliarius posto agli esordi della carriera; svolgere una funzione di consulenza che non sembra presupporre o essere sfociata necessariamente nell’inserimento in
funzioni ‘burocratiche’ palatine, né essere cumulata con esse. Diversamente tre funzionari sono noti più tardi come a consiliis: Caecilius Hermianus, Q. Axilius Urbicus e, come
abbiamo visto, Caelius Saturninus in età tetrarchica e post-tetrarchica.75 Solo nell’avanzato III sec. l’apparire di uno specifico funzionario equestre a consiliis (sacris), inquadrato in un livello retributivo alto (forse tricenario, certamente sessagenario e ducenario), segnala la costituzione di un’ulteriore sezione dell’organigramma palatino.76
= EDR111445, con PFLAUM, Les carrières cit., ibid., 644-645, n. 239; Q. Baebius Modestus (a. 211): AE 1998, 671
= 2001, 1112 = EDR153329; Arrius Menander (aa. 212-217): Ulp. 11 ad ed. D. 4.4.11.2; M. Gnaeus Licinius Rufinus
(aa. 212-222): AE 1997, 1425, con P. HERRMANN, Die Karriere eines prominenten Juristen aus Thyateira, in Tyche 12
(1997) 111-123; F. MILLAR, The Greek East and Roman Law: the Dossier of M. Cn. Licinius Rufinus (1999) ora in
H.M. COTTON - G.M. ROGERS (edd.), Rome, the Greek World, and the East II, Chapel Hill - London 2004, chap. 20,
435 ss. (l’unico che svolse dopo l’incarico di consiliarius una carriera procuratoria palatina ed entrò nell’ordine senatorio). Incerti i casi di due possibili consiliarii: un Bassus (Severi?; aa. 251-260?) evergeta di Epidauro, che IG IV, 1475
apostrofa come θεῶν βουλαῖσ̣[ι]ν ἀνά/κτων; Innocentius (PLRE I, 457; CORCORAN, The Empire cit. [nt. 5], 29) decurione di Sardi, esperto in latino e greco, nonno del filosofo Crisanzio, che svolse un incarico di consulenza e redazione normativa a corte presso Augusti anonimi, cfr. Eun. VS 23.1.3-4: […] ὅς γε νομοθετικὴν εἶχε δύναμιν παρὰ τῶν
τότε βασιλευόντων (Diocleziano e Massimiano?).
75 Caecilius Hermianus (aa. 253-268? 270-282?): IGR III, 179 = OGIS 549 = S. MITCHELL - D. FRENCH (edd.), The
Greek and Latin Inscriptions of Ankara (Ancyra), I. From Augustus to the End of the Third Century AD, München
2012, n. 116, da Ankyra: τὸν κράτ(ιστον) Καικίλ(ιον) Ἑρμιανὸν | τὸν πρῶτον τῆς ἐπαρχείου, βουλογραφ(ήσαντα) | τὸ
βʹ, πολειτογραφ(ήσαντα) | τὸ ιʹ, γαλατάρχην |5 κ[τί]στην, [π]ᾶσαν [π]ολε[ιτ]είαν ἐνδόξως | καὶ μεγαλοπρεπῶς
πολειτ[ευ]σάμενον, | προστάτην τῆς μητροπόλ(εως) βʹ νεωκόρ[ου] | Ἀνκύρας, πατέρα καὶ πάππον συνκλ<ητ>ι[κῶν], |
[δ]ουκινά[ριο]ν ἐπὶ συμβουλίου τοῦ Σεβ(αστοῦ), |10 φυλὴ αʹ | τὸν πάτρωνα. PFLAUM, Les carrières cit. (nt. 74), 889 nt.
2, data al Principato di Valeriano e Gallieno, ma vd. nel testo (per le neocorie di Ancyra cfr. B. BURRELL, Neokoroi.
Greek Cities and Roman Emperors, Leiden-Boston [Mass.] 2004, 166-174). Q. Axilius Urbicus (aa. 250-305?): CIL V,
8972 = ILS 1459 = Inscr.Aq. I, 478 = G. LETTICH, Itinerari epigrafici Aquileiesi. Guida alle epigrafi esposte nel Museo
archeologico nazionale di Aquileia, Trieste 2003, n. 70 = EDR093714, da Aquileia: Q(uinto) Axilio | Urbico | viro |
perfectissimo, |5 magistro | sacrarum | cognitionum, | a studiis et | a consiliis |10 Augg (ustorum), | Aquileienses | publice |
patrono | praestantissimo |15 d(ecreto) d(ecurionum). Sul funzionario cfr. PFLAUM, Les carrières cit. (nt. 74), 889-890,
n. 340, che data ai primi anni del III sec., ma S. PANCIERA, I patroni di Aquileia fra la città e Roma (1987) ora in ID.,
Epigrafi, epigrafia, epigrafisti. Scritti vari editi e inediti (1956-2005) con note complementari e indici I, Roma 2006,
854, posticipa opportunamente al pieno III sec.; PLRE I, 984 lo pone a cavallo tra III e IV sec. Per l’iscrizione con
il cursus honorum di Caelius Saturninus vd. supra a nt. 65.
76 Così PFLAUM, Les carrières cit. (nt. 74), 889, 1024; ECK, Der Kaiser und seine Ratgeber cit. (nt. 70), 74.
96
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
I documenti sui consiliarii e sugli a consiliis suggeriscono se non una filiazione, certamente una progressione cronologica dai primi verso i secondi. Purtroppo, come spesso accade per le cariche del III sec., a causa del silenzio delle fonti è estremamente difficile dire quando con certezza fu organizzato un ufficio palatino a consiliis, e in cosa
consistessero le sue incombenze. In ogni caso, la formula con preposizione a e determinazione al plurale consiliis lo qualifica come una nuova sezione dell’organigramma
palatino. Il cursus honorum di Saturninus colloca la funzione all’epoca della crisi della
Tetrarchia. Ma questa fonte è anche l’ultima relativa a questo incarico. L’iscrizione di
Caecilius Hermianus, vir egregius, sembra essere anteriore a quella di Axilius Urbicus, vir
perfectissimus. La prima è stata datata al periodo 253-268, in virtù della seconda neocoria di Ancyra in Galazia. Tuttavia è stato trascurato il fatto che Hermianus, all’apice
di una lunga e ricca carriera civica e provinciale, ma non palatina, risulta a consiliis di
un unico Augusto e padre di senatori, essendo radicato in una regione, la Galazia, che,
nella tormentata seconda metà del III sec., dovrebbe essere nella pars del principe che
valorizzò il personaggio. È difficile che questo avvenisse durante la crisi successiva alla
cattura di Valeriano nel 260 e durante la secessione palmirena. La carriera di
Hermianus deve essersi svolta in Galazia in coincidenza con la riconquista di Aureliano
e negli anni successivi: sembra probabile che questi, celebre nella provincia, strategica
per la riconquista romana, divenisse a consiliis di un unico Augusto, da identificare
forse con Aureliano durante il soggiorno e la guerra in Oriente (aa. 272-273), o, con
minori probabilità, con Probo, durante il consolidamento dell’egemonia proprio in
Anatolia (aa. 279-280), due imperatori la cui azione in Oriente fece perno sulla direttrice Bisanzio-Ancyra, e che potevano promuovere i figli di Hermianus nel senato di
Roma.77 Questa ipotesi cronologica, che non contraddice la seconda neocoria della
città, spiegherebbe l’isolamento dell’incarico di Hermianus, vir egregius che non svolse
un cursus equestre, ma solo un incarico ducenario a consiliis, coincidente con la presenza del comitatus di un solo Augusto in Anatolia. Il mandato di Axilius Urbicus,
magister sacrarum cognitionum, a studiis et a consiliis Augg(ustorum), cioè di più Augusti
(simultaneamente o consecutivamente?), ma non Augusti nostri, nella dedica posta dai
suoi clienti di Aquileia, resta di difficile datazione, ma sembra collocabile alla metà del
Si noti inoltre che alcuni cavalieri impegnati negli uffici palatini del III sec. videro la loro immediata discendenza promossa nell’ordine senatorio. Oltre che al caso di Hermianus, questa promozione interessò P. Messius Saturninus
(suo figlio Augustinus Maecianus è clarissimus in AE 1932, 34 = ILTun 250); Pontius Eclectus Iulianus (suo figlio M.
Pontius Eclectus Archelaus è clarissimus in CIL VI, 41228). Similmente Caelius Urbanus, figlio e dedicante del monumento iscritto a Caelius Saturninus. Casistica in G. BARBIERI, L’albo senatorio da Settimio Severo a Carino (193-285),
Roma 1952, 533-543; adlectio nel III sec.: cfr. A. MAGIONCALDA, Cavalieri nei segretariati imperiali e adlectio in senatum, in M.L. CALDELLI - G.L. GREGORI (a c. di), Epigrafia e ordine senatorio, 30 anni dopo II, Roma 2014, 473-497.
77
Pierfrancesco Porena
97
secolo.78 Il mandato di Caelius Saturninus mostra l’esistenza e l’importanza dell’incarico
a cavallo tra III e IV sec. I pochi elementi a disposizione invitano a collocare l’origine
di un ufficio palatino a consiliis durante il Principato di Valeriano e Gallieno e una sua
attività estesa fino agli anni dei conflitti tra i successori di Diocleziano e Massimiano.
Le fonti suggeriscono due caratteristiche di questo nuovo ufficio palatino, che lo
distingue dal mandato dei precedenti consiliarii, e che ne manifesta la profonda integrazione con l’apparato burocratico centrale nella seconda metà del III sec.: il titolare a
consiliis è responsabile di una attività palatina in una fase iniziale della carriera equestre;79 inoltre l’a consiliis sembra dirigere questa sezione insieme ad altri officia palatini,
cioè con ogni probabilità cumulando la supervisione a consiliis con la supervisione di
un altro ufficio. Nel cursus di Axilius Urbicus, prima del magisterio delle sacre cognizioni, il cavaliere potrebbe essere stato procurator a consiliis mentre era anche procurator
a studiis. Similmente nel cursus di Caelius Saturninus gli incarichi a studiis e a consiliis
sembrano collegati, cioè, in ordine cronologico: sexagenarius studiorum adiutor, quindi
sexagenarius poi ducenarius a consiliis sacris, poi magister studiorum e, simultaneamente,
vicarius a consiliis sacris, cioè sostituto dell’a consiliis.80 La connessione tra l’ufficio a studiis e la nuova sezione a consiliis sacris appare organica e comprensibile: la preparazione delle cause elaborate e risolte negli uffici a cognitionibus e a libellis avveniva a cura
della sezione a studiis, sezione dunque per eccellenza di consulenza e di istruzione giuridica e giudiziaria. Sia Urbicus sia Saturninus ottennero dopo o tra i posti nelle sezioni a studiis e a consiliis una direzione rispettivamente a cognitionibus e a libellis. Sembra
molto probabile, dunque, che intorno alla metà del III sec., in età dioclezianea, e fin
verso il 312 (se è corretta la cronologia del cursus di Saturninus), si procedesse in modo
fluido a formare un nuovo ufficio di consulenza e di coordinamento dentro al comita78 Una celebre dedica del tempio del Sole da Como fu realizzata negli anni 290-292 mentre era curatore della città il clarissimus Axilius Iunior (AE 1914, 249 = 1917/1918, 124 = 1919, 52 = IRComo Sn, 1 = EDR072796): con molta cautela,
non sarebbe improbabile che esistesse un legame tra l’Axilius Urbicus, patrono perfectissimus di Aquileia intorno alla metà
del III sec., e l’Axilius Iunior, curatore clarissimus di Como all’epoca dell’incontro tra Diocleziano e Massimiano a Milano.
79 Questa ipotesi sarebbe confermata se il cursus epigrafico di Axilius Urbicus fosse inverso: a consiliis Augustorum, a
studiis, magister sacrarum cognitionum. In questo caso la posizione a consiliis sarebbe all’inizio della carriera e prima
dei magisteri, come nel caso di Caelius Saturninus.
80 Resta dubbio se la carica fosse definita mai magister a consiliis, titolatura peraltro anomala, dato che il termine
magister è seguito di regola dal genitivo. Pur tenendo conto dell’esiguità della documentazione, l’assenza del titolo
magister potrebbe con cautela far ipotizzare che la struttura a consiliis avesse un suo assetto e un suo ruolo istituzionale, ma utilizzasse personale degli altri uffici che istruivano pratiche giuridiche e giudiziarie. Questa dinamica appare tanto più verisimile se si immagina che l’a consiliis fosse contestualmente il responsabile di una sezione di quel comparto, il cui personale selezionava e predisponeva solo i materiali che necessariamente dovevano essere sottoposti, con
maggiore o minore urgenza, all’esame dell’imperatore.
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
tus, specificamente composto di consiglieri con competenze giuridiche, la sezione a consiliis sacris. In via del tutto ipotetica appare probabile che questa nuova sezione palatina dell’inoltrato III sec., i cui titolari sembrano condividere l’incarico con mansioni nel
tradizionale ufficio a studiis, o comunque sono anche responsabili delle sezioni giuridiche e giudiziarie, fosse destinata a selezionare e a istruire, nella gravosa messe di richieste di svariata origine in arrivo nel comitatus, soltanto quelle pratiche che imponevano
una consulenza di diritto da porre al vaglio personale dell’Augusto con il supporto dei
soli responsabili degli officia dell’area giuridica. Non una supervisione su tutti i consilia
principis, anche di natura politica, né, verosimilmente, un ufficio cerimoniale con propensioni estroverse sul modello del consistorium, ma una segreteria destinata a ottimizzare, in funzione delle pressanti esigenze operative degli Augusti, le riunioni interne alla
‘burocrazia’ palatina finalizzate alla soluzione di particolari questioni di diritto. Questa
ipotesi spiegherebbe perché la preparazione del materiale a consiliis fosse affidata a cavalieri con ottima formazione nel diritto, ma all’inizio della carriera.
In un periodo come l’età dei Severi e della crisi del III sec., in cui le difficoltà di
gestione amministrativa procedevano insieme alla diffusione del diritto romano, gli
imperatori, decentrati da Roma e impegnati senza sosta in pressanti e pericolose attività belliche, accanto agli amici e ai comites, ancora e sempre estratti liberamente dall’ordine senatorio – si pensi ai iudices vice sacra 81 – dovettero inquadrare nell’organigramma palatino dei consiliarii, cavalieri poco appariscenti e consulenti stabili, quindi
istituire una sezione a consiliis, inquadrata pienamente nell’organigramma del comitatus. La consulenza normativa e giuridica per il principe divenne sempre più una struttura amministrativa del comitatus. Eppure non si ha più traccia dell’a consiliis (sacris)
dopo la sua apparizione nella seconda metà del III e ai primi del IV sec. in un orizzonte ‘latamente tetrarchico’, quello testimoniato dal cursus di Saturninus.82 Com’è
Per la devoluzione ad amici e comites della giustizia in vece dell’imperatore nei primi tre secoli cfr. M. PEACHIN,
Iudex vice Caesaris. Deputy Emperors and the Administration of Justice during the Principate, Stuttgart 1996.
82 Il pieno e soprattutto il tardo III sec. furono fasi di sperimentazione amministrativa, che conobbero incarichi
nuovi, destinati a morire all’epoca delle riforme di Diocleziano e, soprattutto, di Costantino. I presidati equestri agens
vices legati anticipavano la sottrazione dei comandi magistratuali-militari ai senatori prima nelle province pretorie,
poi in quelle consolari, e furono sistematizzati da Diocleziano, per portare con Costantino alla divisione tra carriere
civili e carriere militari. Gli agentes vices praefectorum praetorio (talvolta et urbi ) in Roma, in sostituzione dei prefetti
del pretorio perennemente assenti dalla capitale perché attivi nei comitatus degli Augusti presso le frontiere, furono
diffusi nelle province dioclezianee, e formarono i vicariati diocesani. Il grande correttorato totius Orientis, istituito da
Filippo l’Arabo e potenziato da Odenato di Palmira, anticipava soluzioni militari come la grande comitiva
(d’Oriente) insediata da Costantino ad Antiochia. I ‘tre torsi dell’impero’ negli anni Sessanta e Settanta del III sec.
anticipavano gli equilibri delle tre grandi prefetture del pretorio regionali di Gallie, d’Italia-Illirico-Africa, d’Oriente,
stabilizzatesi solo dopo il 337. Il correttorato singolo totius Italiae, poi doppio, negli anni 276-292, anticipava la divi-
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Pierfrancesco Porena
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noto, esso non compare nell’amministrazione centrale tardoantica matura, quella del
pieno IV sec. e oltre. Probabilmente si tocca qui un elemento importante del passaggio tra l’amministrazione del Principato e quella del tardo impero, un frammento della
‘frontiera’ che le separa. Pur tenendo conto del margine di ipotesi che è insito in ogni
indagine sull’evoluzione del comitatus, tutto lascia supporre che l’a consiliis dei comitatus tetrarchici – prodotto maturo e strutturato della figura del consulente giuridico
all’apice della faticosa stagione di restaurazione militare dell’impero da parte degli
Augusti-combattenti del III sec. – sia diventato obsoleto quando si affermarono le
nuove comitive palatine costantiniane, e quando il consistorium, consolidato nella
composizione e nelle forme espressive e cerimoniali, sostituì una certa libertà nella
composizione del consilium dell’Augusto, ereditato dal Principato. Fermo restando che
– è quasi banale ribadirlo – gli imperatori dal IV al VI sec. continuarono sempre a riunirsi in consilia ‘a composizione variabile’, più o meno ristretti e riservati, per discutere fuori del consistorium non solo con specifici dignitari palatini, ma anche con consiglieri esterni problemi di natura diversa (politici, fiscali, diplomatici, religiosi, ecc.).83
Ma l’organizzazione burocratica del comitatus di Diocleziano, che appare potenziare
con razionalità l’eredità dei giuristi-funzionari d’età severiana, probabilmente rappresenta, nell’ambito dei processi consultivi interni ai magisteria palatii esaltati da
Eumenius di Autun, l’ultima, estrema facies del palatium dell’Alto impero.
Una celebre testimonianza di Lattanzio permette di cogliere la struttura in qualche
modo informale del consilium di Diocleziano. Si tratta di consilia destinati ad affrontare gravose e impegnative questioni politiche, fiscali e religiose. Nel De mortibus persecutorum le informazioni si coagulano intorno alla tipologia di consiglio che affiancò
Diocleziano e Galerio al momento di decidere di intraprendere la persecuzione anticristiana.84 Secondo Lattanzio l’Augusto e il Cesare nell’inverno 302-303 trattarono da
sione dioclezianea dell’Italia in province (a. 293) e quella costantiniana in due vicariati dell’unica diocesi (a. 313),
con un rapido processo di equiparazione alle normali aree provinciali; i due correctores straordinari diedero la titolatura ai governatori delle nuove province italiche, mentre nel resto dell’impero il titolo scomparve; un analogo processo di omologazione provinciale interessò, non a caso, l’altra regione amministrativamente anomala, e in crisi nel
III sec., l’Egitto, trasformato radicalmente dai profondi interventi di Diocleziano. Supplenze e correttorati scomparvero nella forma sperimentale assunta per un certo tempo nel III sec.
83 Cfr. JONES, The Later Roman Empire cit. (nt. 9), 341-365; MATTHEWS, The Roman Empire of Ammianus cit. (nt. 9),
253-278; ampiamente P. BROWN, Power and Persuasion in Late Antiquity: towards a Christian Empire, Madison 1992.
84 Lact. mort. pers. 11.3-8: Ergo habito inter se per totam hiemem consilio cum nemo admitteretur et omnes de summo
statu rei publicae tractari arbitrarentur, diu senex furori eius (Galerii Caesaris) repugnavit ostendens quam perniciosum
esset inquietari orbem terrae, fundi sanguinem multorum; illos libenter mori solere; satis esse si palatinos tantum ac milites ab ea religione prohiberet. Nec tamen deflectere potuit praecipitis hominis insaniam. Placuit ergo amicorum sententiam
experiri. Nam erat huius malitiae: cum bonum quid facere decrevisset, sine consilio faciebat, ut ipse laudaretur, cum autem
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
soli la questione, senza avvalersi di consiglieri; quindi Diocleziano, incerto e pressato
dal Cesare, volle ascoltare il parere di amici; com’è noto, questo termine proprio dell’entourage del principe indicava un gruppo eterogeneo, senatorio-equestre, di magistrati e di funzionari (civili e militari), ma anche di consiglieri senza incarico.85
Lattanzio spiega che Diocleziano per le sue scelte si avvaleva della consulenza ora di un
consilium molto ristretto, ora di un consilium assai allargato: l’elemento più importante della descrizione di Lattanzio consiste nel fatto che il consilium di Diocleziano non
sembra avere un organigramma fisso, come sarà poi il consistorium dal IV sec., con i
suoi comites. Lo scrittore d’età tetrarchica non sembra conoscere una struttura consiliare chiusa e consolidata, che risulti convocata stabilmente e in blocco in occasione delle
consultazioni ordinarie e straordinarie. La convocazione descritta da Lattanzio sembra
seguire un principio gerarchico (ut dignitate antecedebant), ma a sedute con pochi iudices civili e pochi militari facevano da contrappunto sedute plenarie più vaste, miste di
funzionari civili e di comandanti militari. In questo caso Lattanzio non sembra includere nel consilium giuristi e responsabili palatini, e neanche eunuchi degli appartamenti, che lo storico distingue molto bene.86 La buona sorte ha voluto che conoscessimo
grazie a Lattanzio e al contemporaneo Eusebius il profilo di uno, forse due consiglieri
che tra il 302 e il 303 spinsero Diocleziano a intraprendere la persecuzione.
malum, quoniam id reprehendendum sciebat, in consilium multos advocabat, ut aliorum culpae adscriberetur quicquid
ipse deliquerat. Admissi ergo iudices pauci et pauci militares, ut dignitate antecedebant, interrogabantur. Quidam proprio
adversus Christianos odio inimicos deorum et hostes religionum publicarum tollendos esse censuerunt, et qui aliter sentiebant, intellecta hominis voluntate vel timentes vel gratificari volentes in eandem sententiam congruerunt. Nec sic quidem
flexus est imperator, ut accommodaret assensum, sed deos potissimum consulere statuit misitque aruspicem ad Apollinem
Milesium. Respondit ille ut divinae religionis inimicus. Traductus est itaque a proposito, et quoniam nec amicis nec Caesari
nec Apollini poterat reluctari, hanc moderationem tenere conatus est, ut eam rem sine sanguine transigi iuberet, cum Caesar
vivos cremari vellet qui sacrificio repugnassent. Recente inquadramento storico del passo nel quadro più ampio della
politica religiosa di Diocleziano in ROBERTO, Diocleziano cit. (nt. 1), 180-224 con bibliografia.
85 Cfr. di recente i contributi in M. PEACHIN (ed.), Aspects of Friendship in the Graeco-Roman World, Portsmouth (RI)
2001; e in A. COSKUN (Hrsg.), Roms auswärtige Freunde in der späten Republik und im frühen Prinzipat, Göttingen
2005. Se appare verosimile che numerosi cavalieri di formazione militare e procuratoria abbiano goduto dell’amicizia dei tetrarchi, resta molto difficile capire quale fosse il peso di amici di rango senatorio a Nicomedia.
86 A proposito dell’incendio del palazzo di Diocleziano a Nicomedia, nel marzo 303, escogitato da Galerio per acuire
la persecuzione anticristiana agli esordi, Lattanzio distingue nettamente i responsabili degli appartamenti dai direttori
dei magisteria palatii e dai iudices (Lact. mort. pers. 14): Sed Caesar non contentus est edicti legibus; aliter Diocletianum
aggredi parat. Nam ut illum ad propositum crudelissimae persecutionis impelleret, occultis ministris palatio subiecit incendium,
et cum pars quaedam conflagrasset, Christiani arguebantur velut hostes publici et [cum] ingenti invidia simul cum palatio
Christianorum nomen ardebat: illos consilio cum eunuchis habito de extinguendis principibus cogitasse, duos imperatores domi
suae paene vivos esse combustos. Diocletianus vero, qui semper se volebat videri astutum et intellegentem, nihil potuit suspicari, sed ira inflammatus excarnificari omnes suos protinus praecepit. Sedebat ipse atque innocentes igne torrebat; item iudices
universi, omnes denique qui erant in palatio magistri data potestate torquebant. Cfr. Lact. mort. pers. 10.4; 15.2; 47.5.
Pierfrancesco Porena
101
Nell’apostrofe al destinatario del De mortibus persecutorum, il confessore Donatus,
Lattanzio indica in Sossianus Hierocles uno dei consiglieri dell’Augusto.87 Hierocles fu un
importante funzionario periferico: praeses Libanensis all’incirca tra il 293 e il 302; vicarius, forse di Pontica, nel 300/303; praeses Bithyniae subito dopo, tra il 302 e il 310, in
coincidenza con la persecuzione anticristiana nella città residenza di Diocleziano; prefetto d’Egitto nel 310-311, una terra altamente cristianizzata all’inizio del IV sec. Come
indicano concordemente diverse fonti, Hierocles era un filosofo pagano, autore di un
Filalethes logos destinato ai cristiani, di cui dava pubblica lettura a Nicomedia, ma era
anche un governatore benvoluto da Diocleziano e da Galerio, come dimostra la sua
lunga e prestigiosa carriera provinciale.88 Questo iudex e amicus Caesaris non era e non
fu mai un funzionario palatino, sul modello dei comites che troveremo poi nei consistoria del IV sec., ma non c’è dubbio che egli fu tra i iudices consultati da Diocleziano nel
consilium che ai primi del 303 diede il via alla persecuzione. Mentre il profilo di individui come Caelius Saturninus e Axilius Urbicus presenta funzionari immersi interamente
in attività intramuranee degli uffici palatini, il caso di Hierocles mostra che la composizione del consilium di Diocleziano poteva essere estroversa, e richiedere la consulenza di
dignitari completamente attivi all’esterno del palazzo, in base alle loro competenze.89
87 Lact. mort. pers. 16.3-4: Verum quid opus est illa narrare praecipue tibi, Donate carissime, qui praeter ceteros tempestatem turbidae persecutionis expertus es? Nam cum incidisses in Flaccinum praefectum, non pusillum homicidam, deinde in Hieroclem ex vicario praesidem, qui auctor et consiliarius ad faciendam persecutionem fuit, postremo in Priscillianum successorem eius, documentum
omnibus invictae fortitudinis praebuisti. Sembra escluso che Lattanzio residente a Nicomedia commettesse errori riguardo al cursus di Hierocles: l’apparente retrocessione di Hierocles dal vicariato di diocesi al governatorato di Bitinia può essere giustificata
con la volontà di Diocleziano di porre al controllo giudiziario della sua ‘capitale’ dal 302/303, in vista o all’esordio della persecuzione, un preside che fosse un deciso e preparato intellettuale pagano. Su Sossianus Hierocles cfr. PLRE I, 432, revisione a cura
di J.R. MARTINDALE, Addenda et corrigenda, in Historia 23 (1974) 248; T.D. BARNES, Sossianus Hierocles and the Antecedents
of the ‘Great Persecution’, in HSPh 80 (1976) 239-252; ID., Constantine and Eusebius, Cambridge (Mass.) - London 1981, 164167; M. FORRAT (éd.): Eusèbe de Césarée, Contre Hiéroclès, (SC 333) Paris 1986, 11-26; W. SPEYER, Hierokles I (Sossianus Hierocles), in RLAC Lief. 113 (1989) 103-109; PORENA, Le origini cit. (nt. 21), 166-167, 208-211. Sul contesto cfr. di recente E.
DEPALMA DIGESER, A Threat to Public Piety: Christians, Platonists and the Great Persecution, Ithaca (NY) - London 2012.
88 Sulla produzione e sull’attività di insegnamento pagano e anticristiano di questo dignitario cfr. Lact. inst. 5.2.2;
5.2.12-13 (Alius eamdem materiam mordacius scripsit, qui erat tum e numero iudicum et qui auctor in primis faciendae
persecutionis fuit: quo scelere non contentus, etiam scriptis eos quos afflixerat insecutus est. Composuit enim libellos duos,
non ‘contra Christianos’, ne inimice insectari videretur, sed ‘ad Christianos’, ut humane ac benigne consulere putaretur);
inoltre 5.3.22; 5.4.1; Eus. contra Hier. 4.39-40; 20.1-2. Sull’opera cfr. T. HÄGG, Hierocles the Lover of Truth and
Eusebius the Sophist, in SO 67 (1992) 138-150; E. DEPALMA DIGESER, Porphyry, Julian, or Hierokles? The Anonymous
Hellene in Makarios Magnes’ ‘Apokritikos’, in JThS n.s. 53 (2002) 466-502.
89 Per il ruolo tradizionale dei prefetti del pretorio consiglieri degli Augusti cfr. Anon. Vales. prior 11 (Galerio nel
307); Pan. Lat. 9.11.4 (Costantino ad Aquileia nel 312). Lattanzio individuava poi nel consilium di Diocleziano alcuni militares: a proposito di Galerio Augusto, lo scrittore cristiano annovera il futuro imperatore Licinio, un militare,
fra i suoi consiglieri già all’esordio del Principato nel 305 (Lact. mort. pers. 20.3).
102
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
Se l’organigramma dell’amministrazione del comitatus di Diocleziano e la prassi del
consilium non sembrano aver subito trasformazioni profonde rispetto all’assetto complessivo dell’età severiana, le fonti concordemente attribuiscono a Diocleziano una
riforma epocale di almeno un elemento della vita del palazzo: l’introduzione di un
rituale dell’adoratio, o προσκύνησις.90 Tutte le testimonianze colgono un cambiamento irreversibile nell’abbigliamento del principe (veste in oro e porpora, gemme su abiti
e calzature), nel modo di rivolgersi a lui, e nell’apparato protocollare che lo accompagnava nelle sue apparizioni pubbliche. A partire da Diocleziano il momento del contatto col principe – non solo per i sudditi, ma anche per la militia e per i dignitari civili e militari, in servizio e in congedo – non somigliò più all’incontro con un magistrato romano in vesti civili, ma con un essere carismatico, lontano e profondamente
diverso dagli altri, posizionato in alto, in una prospettiva frontale entro uno spazio
architettonico e umano particolarmente artificiale ed elaborato, dentro il palazzo
imperiale. Al sovrano ridisegnato da Diocleziano probabilmente si accedeva sempre
più di rado dall’esterno del comitatus, su convocazione, secondo rigide regole di filtraggio, e in rigoroso e calibrato ordine gerarchico, limitazioni che esaltavano la distanza e l’eccezionalità dell’evento. Quanti accedevano entravano in contatto visivo con
l’Augusto, ma in contatto fisico essenzialmente con la sua veste, non col suo corpo; si
inginocchiavano, sfioravano la stoffa purpurea offerta loro attraverso un gesto di sottomissione, quasi sacro (così come ricevevano dall’imperatore codicilli e donativi accogliendoli nella propria veste, senza toccarli con le mani). L’adoratio enfatizzava la
distanza e la disparità.91
Malgrado i dubbi della critica moderna, sembra sicuro attribuire a Diocleziano questo cambiamento. Gli autori che ricordano l’innovazione, come Aurelio Vittore e
Ammiano Marcellino, erano funzionari esperti nel protocollo e nella storia amministrativa, e coglievano nell’adoratio una cesura. Una simile drastica soluzione di continuità con l’antica tradizione delle buone maniere tra Romani dell’alta società – il principe che si porge ai membri dell’aristocrazia, senatori e cavalieri, come un loro pari –
90 Cfr. soprattutto Aur. Vict. Caes. 39.1-4; Eutr. 9.26; Hier. chron. a. Abr. 2311 (p. 226 Helm); Amm. 15.5.17-18
(a. 355); Lyd. Mag. 1.4.8 (con Mens. 1.26).
91 Sull’adoratio, sull’uso della porpora e sui cerimoniali tardoromani cfr. ora TANTILLO, I cerimoniali di corte cit. (nt.
11), 562-576, 581 (ivi bibliografia). In particolare sulla porpora imperiale oltre a G. STEIGERWALD, Das kaiserliche
Purpurprivileg in spätrömischer und frühbyzantinischer Zeit, in JbAC 33 (1990) 209-239, cfr. I. TANTILLO, Insegne e
legittimazione nell’impero romano, in C. PANELLA (a c. di), I segni del potere. Realtà e immaginario della sovranità nella
Roma imperiale, Bari 2011, 13-24. Per l’impianto di una fabbrica imperiale di tessuti tinti in età tetrarchica cfr. B.
LEADBETTER, Diocletian and the Purple Mile of Aperlae, in EA 36 (2003) 127-136. Lattanzio (mort. pers. 18.9) fa
intendere che anche i familiari degli Augusti erano tenuti all’adoratio.
Pierfrancesco Porena
103
appare consona al profilo di un ufficiale illiriciano autorevole e spregiudicato, che non
nutriva simpatie per l’aristocrazia e privò i senatori di un cursus honorum dignitoso.92
Il nuovo cerimoniale aveva probabilmente remote radici nelle forme di reverenza al
sovrano e alle sue manifestazioni, praticate dai sudditi soprattutto dell’area grecofona
dell’impero; la ‘rivoluzione’ stava nell’imporre il dislivello ai dignitari romani, e nell’imporlo in forme solenni che ne enfatizzavano la portata. Una testimonianza oculare
contemporanea, il panegirico del 291 a Massimiano Augusto per il suo genetliaco, nell’evocare l’incontro dei due Augusti a Milano tra la fine del 290 e i primi del 291, esalta l’ordinata adoratio destinata ai principi all’interno del palatium.93 La critica si è a
lungo interrogata sulla relazione tra questo nuovo e fortunato apparato cerimoniale e
l’evoluzione del consilium principis, tipico del Principato, nel tardoromano consistorium. A questo proposito sembra lecito domandarsi se la veneratio duplice degli
Augusti a Milano, secondo l’ordo dignitatum, e l’espressione di Lattanzio admissi ergo
iudices pauci et pauci militares, ut dignitate antecedebant, interrogabantur, relativa all’accesso e al diritto di parola dei consiglieri convocati a Nicomedia da Diocleziano, non
prefigurino un consistorium col suo cerimoniale.
Innanzi tutto va precisato che il termine consistorium compare nelle fonti alla metà
del IV sec., ben cinquanta anni dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano. La
prima attestazione nelle fonti letterarie è in un passo di Ammiano relativo a fatti del
354,94 nelle fonti normative in una costituzione di Giuliano Augusto del 362,95 nelle
fonti epigrafiche in due iscrizioni romane databili al periodo 347-359.96 Nel pur copioL’accusa a Diocleziano che l’adoratio fosse un rituale straniero (Amm. 15.5.18) è la traccia, probabilmente, di una
polemica di ambienti senatòri, che intendeva sottolineare la totale estraneità alle abitudini romane di quel nuovo
comportamento. È improbabile che l’autore del violento editto contro i Manichei, decisamente anti-persiano, importasse un cerimoniale sasanide per relazionare se stesso e gli altri principi tetrarchici con il resto dell’universo romano.
93 Pan. Lat. 3.11.1-3: Quid illud, di boni! Quale pietas vestra spectaculum dedit, cum in Mediolanensi palatio admissis
qui sacros vultus adoraturi erant conspecti estis ambo, et consuetudinem simplicis venerationis geminato numine repente
turbastis! Nemo ordinem numinum solita secutus est disciplina; omnes adorandi mora restiterunt duplicato pietatis officio
contumaces. Atque haec quidem velut interioribus sacrariis operta veneratio eorum modo animos obstupefecerat quibus aditum vestri dabant ordines dignitatis.
94 Amm. 14.7.9-11 ricorda l’episodio increscioso del prefetto del pretorio d’Oriente Domitianus, che, giunto ad
Antiochia nel 354, non andò ad omaggiare il Cesare Gallo, finché non fu convocato ufficialmente nel consistorium
del giovane principe, al quale rivolse pesanti minacce; per il passo vd. supra a nt. 45.
95 CTh. 11.39.5 (del 23 marzo 362, con parziale indicazione dei funzionari presenti alla discussione intorno alla attendibilità dei documenti prodotti dalle parti): Pars actorum habitorum aput imperatorem Iulianum Augustum Mamertino et
Nevitta conss(ulibus) X Kal (endas) april (es) Constan(tino)p(oli ) in consistorio: adstante Iovio viro clarissimo quaestore,
Anatolio magistro officior (um), Felice com(ite) sacrarum largitionum. Et cetera; imp(erator) Iulianus A(ugustus) d(ixit ): […].
96 La prima è la grande base per Vulcacius Rufinus (PLRE I, 782-783), databile al periodo 347-354, ma senza poter
escludere del tutto una realizzazione successiva, anteriore al 368; CIL VI, 32051 = ILS 1237 = EDR114762 (Roma,
92
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
so materiale normativo del periodo 284-305 non restano riferimenti al consiglio di
Diocleziano o di Massimiano, e questo è comprensibile, tenendo conto del processo di
riduzione delle coordinate ambientali e di contesto nei rescritti codificati nella nostra
fonte principale, il Codice di Giustiniano. Discusso il caso di C. 9.47.12.97 La costituzione, priva di data, risale al periodo della Diarchia di Diocleziano e Massimiano e conserva un parere sulle pene comminabili ai figli dei decurioni: nella sola inscriptio, non
nel testo del provvedimento, potrebbe trovarsi il termine consistorium, a segnalare il
contesto di produzione del parere; tuttavia il sostantivo, come spiega il Krüger, sarebbe l’esito dello scioglimento dell’abbreviazione in cons., che può essere sviluppata agevolmente come un’ubicazione in cons(ilio). Inoltre il contesto della formulazione del
parere prevede una protesta di una folla presente (populus): una dinamica molto improbabile per un’assise del consistorium, che – è bene sottolinearlo – si riunisce solo dentro
il palazzo imperiale tardoromano.98 Una traccia, dunque, estremamente problematica.
Viminale): Singulari auctoritatis splendore pollen|ti, admirabilisque eloquentiae beni|volenti(a)e felicitate glorioso,
cunc|tarumq(ue) dignitatum fastigia fabo| 5rabili (sic) moderatione iustitiae super|gresso, Vulcacio Rufino v(iro) c(larissimo)
cons(uli ) | ordin(ario), praef (ecto) praetorio, comiti | per Orientem Aecypti (sic) et Mesopotamiae | per pasdem (sic) vice
sacra iudicanti, |10 comiti ordinis primi intra consistori|um, Numidiae consulari, pontifici maiori, | ob innumerabiles
sublimis benig<ni>tatis titulos | Ravennates monumentum perennis | memoriae in vestibulo domus statuali vene| 15ratione dicaverunt {ut}. La seconda è una delle basi che i corpora ostiensi e portuensi dedicarono a Vitrasius Orfitus (PLRE
I, 651-654), ed è databile grazie alla seconda prefettura urbana, che precedette l’esilio, all’anno 359; CIL VI, 1741 =
ILS 1243 = J. RÜPKE - A. GLOCK, Fasti sacerdotum I, Stuttgart 2005, 1150, n. 2433 = EDR129605 (Roma, S.
Giovanni in Laterano): Honori | Memmio Vitrasio Orfito v(iro) c(larissimo), | genere nobili, domi forisque ad | exemplum veterum continentia, ius| 5titia, constantia, providentia, omni|busque virtutibus semper inlustri, | praef (ecto) urbi,
non multo interposito | tempore iterum praef (ecto) urbi, proconsuli | Africae, comiti ordinis primi item |10 comiti intra
consistorium ordinis | primi, legato petitu senatus populi|q (ue) Romani, comiti ordinis secundi, | consulari provinciae
Siciliae, ponti|fici maiori Vestae, quindecimviro s(acris) f (aciundis), |15 pontifici Solis, consuli, praetori, quae|stori
[k(andidato)], atque his omnibus ab ipsa | iuventute perfuncto, ob eius tem|poribus difficillimis egregias ac | salutares provisiones |20 susceptorum Ostiensium sive Portu|ensium antiquissimum corpus, ob | utilitatem urbis Romae recreatum, | statuam constituit. Sul formulario epigrafico relativo alle numerose iscrizioni realizzate per il senatore cfr. I. TANTILLO,
Memmius Vitrasius Orfitus: signo Honorius?, in ZPE 190 (2014) 271-278.
97 C. 9.47.12: Impp. Diocletianus et Maximianus AA. in consistorio dixerunt: Decurionum filii non debent bestiis subici. Cumque a populo exclamatum est, iterum dixerunt: Vanae voces populi non sunt audiendae: nec enim vocibus eorum
credi oportet, quando aut obnoxium crimine absolvi aut innocentem condemnari desideraverint. Sine die et consule.
98 Per la tradizione manoscritta cfr. P. KRÜGER (ed.), Corpus Iuris Civilis, II. Codex Iustinianus, Berlin 1877, 1954 11,
rist. Hildesheim 1997, 391. Sulla norma cfr. F. GRELLE, Diocleziano e i figli dei decurioni, in Koinonia 33 (2009) 9092, che ipotizza la registrazione di una sentenza dei due Augusti, in cons(essu), forse nella forma della interlocutio de
plano, interpellati sulla condanna di figli di decurioni rei di parricidio. Già Mommsen, Cuq e Hirschfeld dubitarono di questa attestazione isolata del termine consistorium, frutto probabilmente di uno scioglimento aggiornato dai
compilatori del VI sec.; cfr. la discussione in KUNKEL, Die Funktion des Konsiliums cit. (nt. 70), 295. Stesso scetticismo in AMARELLI, Consilia principum cit. (nt. 70), 98-99, e in CORCORAN, The Empire cit. (nt. 5), 255-256, con contestualizzazione della sentenza in un ambiente pubblico (populus rinvia alla comunità civica in un contesto urbano).
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Parimenti non è possibile accogliere la testimonianza di un consistorium conservatasi
negli Acta Marcelli. L’esame della tradizione manoscritta di questi brevi Acta, che descrivono un processo di primo grado per insubordinazione davanti al praeses (Gallaeciae)
Fortunatus, quindi in seconda istanza davanti all’agens vices praefectorum praetorio
Agricolanus a Tingi (in Mauretania), datati al periodo 28 luglio - 30 ottobre 298, ha
permesso a G. Lanata di attribuire alla tradizione interpolata (M) la precisazione (1.2):
finitisque epulis, (Fortunatus) residens in consistorio introduci eum (Marcellum) ad se praecepit.99 L’impossibilità di accogliere la precisazione in consistorio per il tribunale del
governatore di provincia d’età tetrarchica è evidente, dal momento che il consistorium
è spazio decisionale proprio dei soli imperatori. Neanche i Panegyrici Latini degli anni
289-313 contemplano il termine consistorium, benché esso sarebbe stato consono a un
passo del discorso di Mamertino per Massimiano Augusto.100 Il sostantivo, tecnico e
prosodicamente pesante, forse poco elegante, non trovò spazio negli encomi solenni, e
per questa via è arduo capire se esso esisteva in età dioclezianea.101
L’altra via per cercare di chiarire il rapporto tra il consilium dioclezianeo e il consistorium del IV sec. – filiazione diretta o genesi autonoma? – passa per la comprensione
delle caratteristiche del consistorium.102 Mentre il consilium che circonda l’imperatore è
Per la recensione M cfr. H. MUSURILLO, The Acts of the Christian Martyrs, Oxford 1972, XXXVIII e 251, in base
a H. DELEHAYE, Les actes de S. Marcel le centurion, in AB 41 (1923) 257-287; revisione in G. LANATA, Gli Atti del
processo contro il centurione Marcello, in Byzantion 42 (1972) 509-522.
100 Pan. Lat. 3.11.3, cit. supra a nt. 93.
101 Del resto consistorium non è usato nel 362 nel discorso di Claudio Mamertino per Giuliano a Costantinopoli
(Pan. Lat. 11.2.3: Hoc augustissimum consilii publici templum). Tuttavia nel 379 Ausonio inserì il sostantivo in un
contesto che celebrava il sacrarium, già evocato da Mamertino per Massimiano Erculio (Grat. Actio 14.67): In illa
vero sede, ut ex more loquimur, consistorii, ut ego sentio, sacrarii tui, nullus umquam superiorum aut dicenda pensius cogitavit aut consultius cogitata disposuit aut disposita maturius expedivit.
102 Sul consistorium cfr. O. SEECK, s.v. Consistorium, in RE IV/1 (1901) 926-932; JONES, The Later Roman Empire cit.
(nt. 9), 333-341, 363-373, 570-572; KUNKEL, Consilium, consistorium cit. (nt. 70), 242-248; F. DE MARTINO, Storia
della costituzione romana V, Napoli 1975 2, 282-289; D.A. GRAVES, Consistorium domini. Imperial Council of State in the
Later Roman Empire, Ann Arbor 1982; DELMAIRE, Les institutions du Bas-Empire romain cit. (nt. 9), 29-45; AMARELLI,
Dai consilia principum al consistorium e Esercizio del potere citt. (nt. 70). Sul personale strutturato nel consistorium cfr. P.B.
WEISS, Consistorium und comites consistoriani. Untersuchungen zur Hofbeamtenschaft des 4. Jahrhunderts n. Chr. auf prosopographischer Grundlage, Würzburg 1975; M.G. CASTELLO, Le segrete stanze del potere. I comites consistoriani e l’imperatore tardoantico, Roma 2012; S. OLSZANIEC, Prosopographical Studies on the Court Elite in the Roman Empire (4 th century AD), Toruń 2013. Sulla gerarchia dei nuovi comites, anche palatini, imposta significativamente da Costantino cfr. R.
SCHARF, Comites und comitiva primi ordinis, Mainz-Stuttgart 1994. Sulle cerimonie di promozione e consegna di codicilli in consistorium cfr. MAROTTA, Liturgia del potere cit. (nt. 30), 167-220; E. HERRMANN-OTTO, Promotionszeremoniell
und Personalpolitik an kaiserlichen Residenzen, in AARC 13 cit. (nt. 58), 83-105; EAD., Der Kaiser und die Gesellschaft des
spätrömischen Reiches im Spiegel des Zeremoniells, in Imperium Romanum. Studien zu Geschichte und Rezeption. Festschrift
K. Christ, Stuttgart 1998, 346-369. Sulla produzione normativa nel consistorium cfr. G.L. FALCHI, Il consistorium impe99
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
innanzi tutto un gruppo di persone, assemblate in modo variabile a seconda delle esigenze e a seconda dei luoghi e delle circostanze (in edifici di Roma, in ville extraurbane, in tribunali e basiliche di città provinciali, in castra durante le campagne belliche,
ecc.), non c’è dubbio che il consistorium sia uno spazio architettonico circoscritto e specifico, chiuso ma accessibile in base a un protocollo rigoroso.103 Quando si indaga sul
consistorium, dunque, si deve individuare innanzi tutto una sala all’interno di un palazzo imperiale. Purtroppo gli studi sui complessi palatini nelle numerose nuove residenze
tetrarchiche (Treviri, Milano, Aquileia, Sirmium, Serdica, Heraclea, Nicomedia, Tessalonica, Antiochia), destinate a ospitare i comitatus itineranti di Augusti e Cesari, mostrano alcune novità strutturali interessanti, fra le quali la presenza di ampie sale, ma non
sono in grado di dare una risposta certa alla questione dell’origine del consistorium.104
L’alternanza tra consilium e consistorium è testimoniata nel IV sec. Non c’è alcun dubbio che Costantino, negli anni Venti del IV sec., definisse il suo organo di consulenza
consilium, non consistorium, e che avesse consiglieri estranei alla burocrazia palatina.105
riale e la codificazione del diritto romano nei secoli V e VI, in AARC 10 cit. (nt. 70), 195-121; L. DE GIOVANNI,
Imperatori, corti, attività legislativa nella tarda antichità, in AA.VV., Le corti nell’alto medioevo cit. (nt. 11), 357-384.
103 Nel consistorium si è admissi (Amm. 14.7.11; 15.5.18; 16.5.11; 16.7.2-3; 16.8.7; 20.4.22; 25.10.10; 28.1.24-25;
30.6.1-2); Ambr. epist. 6.30(24M).3; C. 1.48.3 (27 ottobre 389); CTh. 6.26.5 (8 novembre 389). Il consistorium è
una sala, Amm. 25.10.2 (cum horrendo stridore sonuerunt in consistorio trabes); salone interno al palazzo (intra palatium), Ambr. epist. 10.75(21M).20; c. Aux. (= epist. 75a[21aM]) 29; CTh. 6.35.7 (18 novembre 367); CTh.
11.16.15 (9 dicembre 382); CTh. 6.22.8 pr. (22 settembre 425); analogamente la formula intra consistorium nei cursus epigrafici del IV e V sec. (CIL VI, 510 = ILS 4152; 1739; 1740; 1741; 1742; 1749 = ILS 809; 1764 = ILS 1255;
32051 = ILS 1237; CIL XIV, 2165 = ILS 1283). Nel De caerimoniis aulae Byzantinae di Costantino VII Porfirogenito
τὸ Κονσιστώριον è decine di volte al centro di scene di ingresso, passaggio, sosta, uscita, ed è un ambiente interno al
Gran Palazzo a Costantinopoli, nel quale peraltro coesistono più consistoria variamente identificati.
104 Cfr. DUVAL, Les résidences impériales cit. (nt. 10); H. VON HESBERG, Residenzstädte und ihre höfische Infrastruktur traditionelle und neue Raumkonzepte, in BOSCHUNG-ECK, Die Tetrarchie cit. (nt. 2), 133-167; soprattutto E. MAYER,
Rom ist dort, wo der Kaiser ist. Untersuchungen zu den Staatsdenkmälern des dezentralisierten Reiches von Diocletian bis
zu Theodosius II, Mainz 2002; sintesi bibliografica sulle residenze imperiali tarde in I. UYTTERHOEVEN, Housing in Late
Antiquity: Thematic Perspectives, in L. LAVAN - L. ÖZGENEL - A. SARANTIS (edd.), Housing in Late Antiquity. From
Palaces to Shops, Leiden-Boston 2007, 33-38. Per la difficoltà di collegare architetture e cerimoniale cfr. F. KOLB,
Herrscherideologie in der Spätantike, Berlin 2001, 42; VON HESBERG, Residenzstädte cit., ibid., 135.
105 Due costituzioni relative all’ingratitudo libertorum: C. 6.7.2.1: Imperator Constantinus A. ad Maximum p.u. Sane si
is, qui in nostro consilio vindicta liberatus est, post coercitionem ex paenitentia dignum se praestiterit, ut ei civitas romana reddatur, non prius fruetur beneficio libertatis, quam si hoc patronus eius oblatis precibus impetraverit (13 aprile 320 [MS 326]);
C. 7.1.4: Imperator Constantinus A. ad Maximum p.u. Apud consilium nostrum vel apud consules praetores praesides magistratusve earum civitatum, quibus huiusmodi ius est, adipisci potest patronorum iudicio sedula servitus libertatem. (aa. 319323); frammenti di un’udienza di Costantino, purtroppo priva di contesto ambientale e cronologico, in CTh. 8.15.1;
fra i soldati in CTh. 7.20.2 (1° maggio 315) con P. PORENA, Ancora sulla carriera di Flavius Ablabius, prefetto del pretorio di Costantino, in ZPE 190 (2014) 265-266; sulla costituzione cfr. M. ALBANA, Costantino e i veterani. Osservazioni in
margine a CTh 7, 20, 2, in L. DE SALVO - E. CALIRI - M. CASELLA (a c. di), Fra Costantino e i Vandali. Atti del Convegno
Pierfrancesco Porena
107
L’arrivo a Milano nell’agosto 355 della notizia dell’usurpazione di Silvanus in Gallia
spinse Costanzo II a convocare un consilium di dignitari, che stabilì di incaricare il generale Ursicinus della delicata missione di neutralizzare l’usurpatore; Ursicinus fu convocato dal magister admissionum nel consistorium dove adorò la porpora e ricevette l’incarico dall’Augusto:106 a un consilium chiuso con l’imperatore fece seguito una cerimonia
formale ‘aperta’ in consistorium.107 Similmente in una costituzione di Arcadio del settembre 397 contro i sicari l’imperatore distingue e al tempo stesso collega la partecipazione ai consilia e al consistorium.108 Si tocca qui, probabilmente, un elemento critico del
sistema. Come accennato, nel tardo impero non tutte le riunioni dell’Augusto con i suoi
dignitari e consiglieri erano consistoria nella veste altamente formalizzata, elaborata ed
estroversa in cui si realizzava l’adoratio; né l’aula detta consistorium era l’unico luogo di
riunione dell’Augusto con i suoi dignitari e generali. Verosimilmente esistettero sempre
due o tre livelli assembleari. Uno ‘chiuso’ e, sostanzialmente, informale, il consilium, nel
quale il sovrano si consultava liberamente con alcuni dignitari palatini o con alcuni
militari, a seconda del problema in esame, su questioni più o meno urgenti; un coninternazionale di studi per Enzo Aiello (1957-2013). Messina, 29-30 ottobre 2014, Bari 2016, 479-496. Consiglieri di
Costantino unico Augusto privi di incarichi burocratici: il neoplatonico Sopatros di Apamea (PLRE I, 846), cfr. di recente R. CHIARADONNA, Pratiche d’insegnamento filosofico nel IV secolo d.C. Intorno alla cosiddetta ‘scuola di Pergamo’, in G.
AGOSTI - D. BIANCONI (a c. di), La scuola tardoantica fra centro e periferia. Atti del convegno internazionale di Roma (1315 maggio 2015), Spoleto 2018, c.d.s. (ringrazio molto l’Autore per avermi consentito di leggere il suo lavoro); incerto
il caso di Innocentius (supra a nt. 74). Ex dignitari di Licinio, consiglieri di Costantino: Iulius Iulianus (PLRE I, 478-479),
nonno materno dell’imperatore Giuliano, cfr. PORENA, Le origini cit. (nt. 21), 296-299, 316-320; Fl. Hermogenes (PLRE
I, 424-425) celebrato nel discorso 48 di Imerio, con M. RAIMONDI, Imerio e il suo tempo, Roma 2012, 151-175.
106 Amm. 15.5.17-18: Hac mole casus inopini Constantio icto, quasi fulmine fati, primates, consilio secunda vigilia convocato, properarunt omnes in regiam. Cumque nulli ad eligendum quid agi deberet, mens suppetere posset aut lingua, submissis
verbis perstringebatur Vrsicini mentio, ut consiliis rei bellicae praestantissimi frustraque gravi iniuria lacessiti et per admissionum magistrum – qui mos est honoratior – accito eodem ingresso consistorium offertur purpura multo quam antea placidius.
107 G. DE BONFILS, Consistorium, concilium e consiglieri imperiali in Ammiano Marcellino, in Studi in onore di A.
Biscardi III, Milano 1982, 263-275 insiste sul consilium come organo consultivo del principe, e sul consistorium come
suo spazio di riunione. Tuttavia Ammiano sembra collocare i consilia fuori dell’aula palatina (eccetto il passo appena
citato 15.5.18): 18.2.11 (Giuliano Cesare si consulta sul campo presso Magonza con il magister militum Lupicino);
21.7.1 (Costanzo II si consulta col suo stato maggiore ad Antiochia se attaccare prima Giuliano o i Persiani); 24.7.1
(Giuliano discute col suo stato maggiore se attaccare Ctesifonte); 28.5.9 (Valentiniano I si consulta con i suoi generali su un possibile attacco agli Alamanni per mezzo dei Burgundi); 30.10.2 (consiglio anomalo a Sirmium dopo la morte
di Valentiniano I); 31.12.5 (Valente sul campo fuori Adrianopoli si consulta col suo stato maggiore). Eccezionale il
consistorium ad Aspona in Galazia nell’interregno del 364 seguito alla morte di Gioviano (Amm. 35.10.10).
108 CTh. 9.14.3 pr.: Impp. Arcadius et Honorius AA. Eutychiano p.p. Quisquis cum militibus vel privatis barbaris
etiam scelestam inierit factionem aut factionis ipsius susceperit sacramenta vel dederit, de nece etiam virorum illustrium,
qui consiliis et consistorio nostro intersunt, senatorum etiam, nam et ipsi pars corporis nostri sunt, cuiuslibet postremo qui
nobis militat cogitarit, eadem enim severitate voluntatem sceleris qua effectum puniri iura voluerunt (4 settembre 397).
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L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
fronto che poteva avvenire anche negli appartamenti – di qui il crescente potere politico del cubiculum – e fuori del palazzo (e in campagna bellica avveniva spesso lontano
da residenze palatine). Un secondo livello assembleare, il consistorium, diciamo ‘a porte
chiuse’, che ospitava un gruppo fisso e gerarchicamente ordinato di dignitari, i quali vi
accedevano di diritto – i comites consistoriani – in virtù delle loro funzioni palatine,
affiancati da comites e da dignitari esterni che vi accedevano per specifica decisione
dell’Augusto (funzionari civili e militari in servizio, congedati e ammessi al consulto,
ecc.): l’assise del consistorium dava un’autorità indiscussa alle decisioni al massimo livello prese in quella sede, e formalizzate dal gruppo più prestigioso di specialisti. Un terzo
livello assembleare, ‘aperto’, sempre nel consistorium, nel quale si realizzava il pesante
cerimoniale altamente carismatico, gerarchico e formalizzato, in cui l’Augusto manifestava se stesso all’interno del palazzo, e, secondo filtri e ritmi calibrati, si apriva al contatto esterno (con ufficiali e funzionari neo-promossi e da investire, con le delegazioni
senatorie, episcopali, civiche, con altolocate parti in causa o con i loro rappresentanti
per il contenzioso, ecc.) in una sala, il consistorium, appositamente attrezzata.
L’elemento che segna la differenza tra le riunioni intorno all’Augusto va individuato
nell’elevata densità formale del consistorium, che ne fece il massimo organo esecutivo dell’imperatore. Nel contesto palatino quell’assemblea esprimeva l’ultima parola e poneva il
sigillo più autorevole alla soluzione scelta, adottata e, almeno esteriormente, condivisa
dalle autorità ‘di governo’. Non dovrebbe essere trascurato il fatto che le decisioni prese e
proclamate in quell’assise, sancite dall’Augusto, erano vincolanti per tutti, ed erano ufficialmente registrate dai notarii presenti nell’aula. Esse diventavano immediatamente ‘pubbliche’ a livello delle massime gerarchie palatine, e anche, ove previsto, lontano dal palazzo, attraverso l’estensione e la trasmissione di documenti letti e approvati nel consistorium
alle gerarchie periferiche (prefetti del pretorio, vicari, comites rei militares e duces, rationales, governatori di provincia, vescovi e assemblee conciliari, comunità civiche, ecc.), e,
per quella via, ai sudditi.109 Nessuna fonte illustra meglio il carattere altamente formalizzato e ufficiale del consistorium della lettera a Valentiniano II nella quale Ambrogio
descrive la sua seconda ambasciata a Treviri presso l’usurpatore Magno Massimo nel
109 Per l’approvazione di provvedimenti normativi mediante lettura in consistorio cfr. CTh. 11.39.5 (23 marzo 362,
la più risalente); CTh. 11.39.8 (29 giugno 381); CTh. 1.22.4 pr. (a. 383); una serie di costituzioni del 529 pone l’indicazione nella subscriptio: C. 1.2.22; C. 1.14.12; C. 2.55(56).4; C. 4.1.12; C. 4.34.11; C. 5.12.30; C. 5.30.5; C.
6.4.3; C. 6.30.19; C. 6.42.30; C. 6.61.6; C. 8.53.34; C. 11.48.20. Preces lette in consistorio a Costantinopoli nel 384
in Const. Sirmond. 3 (a. 384?). Suggestio letta e discussa in consistorio in Nov. Theod. 24.5 (12 settembre 443); inoltre C. 1.14.8 pr. (16 ottobre 446). La crescita d’importanza dei notarii del consistorium come messi inviati dal palazzo dell’Augusto in missione esterna nasce anche dalla sapienza burocratica ad alto livello maturata come redattori e
archivisti degli atti dell’eccelsa assemblea.
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109
384.110 Il vescovo di Milano, giunto nella metropoli gallica, chiese al praepositus sacri cubiculi di Massimo di avere un colloquio privato con l’imperatore, com’era consuetudine per
i vescovi – e come suggeriva la delicatezza degli argomenti da esporre: evidentemente
Ambrogio voleva evitare che l’usurpatore nelle sue decisioni fosse condizionato dai dignitari nel consistorium e sapeva che il colloquio non solo sarebbe stato ‘pubblico’, almeno a
livello dell’assise, ma anche registrato dai notarii. Il praepositus negò l’incontro e Ambrogio
dovette, suo malgrado, recarsi in consistorium. Il vescovo-ambasciatore, profondamente
contrariato, fu ammesso ed entrò nell’aula, ma non volle salutare il principe, e, offeso nella
sua dignità di presule, espose con freddezza il contenuto dell’ambasciata di Valentiniano
II. L’impossibilità di instaurare un dialogo in quell’ambiente affollato di dignitari sancì il
fallimento della legazione. Ambrogio lasciò il consistorium senza riverire l’usurpatore.111
Lo stato della documentazione non permette di attribuire con un qualche margine di
certezza a Diocleziano l’istituzione del consistorium, nella complessità che conosciamo a
partire dal pieno IV sec.: uno spazio specifico dentro al palazzo imperiale; un organismo ‘di governo’ stabile e gerarchicamente ordinato formato da dignità civili e militari
fisse, che vi accedono di diritto in virtù delle loro funzioni palatine, ovvero per specifica decisione dell’Augusto; un’assise altamente formalizzata, che ha una sua ‘agenda’ e
che dà un’autorità indiscussa alle decisioni prese in quella sede, registrate ed eventualmente divulgate da un gruppo di specialisti; un ambiente selettivo, che prevede un cerimoniale di ingresso e di congedo, con convocazioni speciali di individui e delegazioni
dall’esterno; un diaframma osmotico e un autorevole ‘palcoscenico’ di contatto fisico e
dialogico con l’imperatore, espressione concreta delle gerarchie interne ed esterne della
‘società tardoimperiale’, nonché teatro di una prassi cerimoniale politicamente efficace.
Probabilmente un errore di prospettiva tende a perpetuarsi nella ricerca sull’origine del
consistorium quando si collega automaticamente questa stratificata e solida realtà istituzionale, caratteristica del tardo impero maturo, al tradizionale e informale consilium
accanto all’imperatore (e ai magistrati) ereditato dalla repubblica e dal Principato.
Non basta, dunque, un cerimoniale elaborato come l’adoratio – novità che, con esattezza, la memoria storica tardoromana attribuiva a Diocleziano – per generare il consiAmbr. epist. 6.30(24M).2-4.
Su questo testo cfr. le illuminanti pagine di S. MAZZARINO, Storia sociale del vescovo Ambrogio, Roma 1989, 6667; problematica ripresa di recente da N. DOERNER, Ambrosius in Trier. Zu den Hintergründen der zweiten
Gesandschaft bei Maximus (Ambrosius epist. 30 [24]), in Historia 50 (2001) 217-244; C.R. RASCHLE, Ambrosius’
Predigt gegen Magnus Maximus. Eine historische Interpretation der explanatio in psalmum 61 (62), ivi, 54 (2005) 49-67;
M.L. PROULX, ‘Patres orphanorum’: Ambrose of Milan and the Construction of the Role of the Bishop, in R.M. FRAKES E. DEPALMA DIGESER - J.L. STEPHENS (edd.), The Rhetoric of Power in Late Antiquity: Religion and Politics in
Byzantium, Europe and the Early Islamic World, London 2010, 75-97.
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110
L’amministrazione palatina di Diocleziano e dei tetrarchi. Comitatus, consilium, consistorium
storium. Se il consilium di Diocleziano, che abbiamo visto essere ancora ‘a geometria
variabile’, appare strutturalmente diverso dal consistorium del IV-VI sec., è probabile
che le testimonianze concordi sulla cesura innovativa dell’adoratio/ προσκύνησις dioclezianea evidenzino almeno un elemento destinato ad avere fortuna nel futuro consistorium. I dignitari civili e i militari che facevano ala intorno ai tetrarchi, quando l’aula palatina si apriva alla visione del principe, stavano probabilmente in piedi e in piedi
stavano anche gli astanti – Ambrogio stetit di fronte a Massimo – chiamati poi a riverire l’imperatore secondo la prospettiva carismatica tardoantica e in base a un fortunato cerimoniale di studiata e composta rigidità. Lo illustrano i famosi affreschi tetrarchici del castrum di Luxor presso Tebe, benché essi ritraggano con ogni probabilità cerimonie legate alla presenza di Diocleziano nella fortezza, non nel palazzo imperiale.112
Nutrite probabilmente da una nuova sensibilità propria degli imperatori illiriciani –
ufficiali militari abituati all’ordine, al senso della gerarchia, alle cerimonie presso i signa
– le apparizioni dei tetrarchi erano già ‘consistoriali’ sul piano cerimoniale.113 A un
rituale e a un protocollo nuovi, però, sembrano corrispondere ancora un apparato consultivo palatino e una prassi di produzione normativa di tipo altoimperiale-severiano,
seppur, probabilmente, potenziati. Allo stato attuale della documentazione, sembra più
prudente attribuire alle riforme del comitatus realizzate da Costantino unico Augusto,
destinato a risiedere stabilmente nella nuovissima città di Costantinopoli, con il suo
grande palazzo polifunzionale, l’organizzazione del consistorium quale le fonti ritraggono a partire dalla metà del IV sec. Allora fu possibile la saldatura feconda tra novità cerimoniali di stile tetrarchico e un inedito, deciso, accentramento burocratico.
Sul castrum fatto edificare da Diocleziano dentro al tempio di Ammone a Luxor cfr. U. MONNERET DE VILLARD,
The Temple of the Imperial Cult at Luxor, in Archaeologia 95 (1953) 85-195; quindi M. EL-SAGHIR et al., Le Camp
romain de Louqsor. Avec une étude des graffites gréco-romains du temple d’Amon, Le Caire 1986; di recente N. POLLARD,
Imperatores Castra Dedicaverunt: Security, Army Bases, and Military Dispositions in Later Roman Egypt (Late ThirdFourth Century), in Journal of Late Antiquity 6 (2013) 3-36, spec. 10-12. Sugli affreschi cfr. G. DE DECKERS, Die
Wandmalerei des tetrarchischen Lagerheiligtums im Ammon-Tempel von Luxor, in RQA 68 (1973) 1-34; I. KALAVREZOUMAXEINER, The Imperial Chamber at Luxor, in DOP 29 (1975) 227-251. Sull’immagine degli imperatori seduti sulla
tribuna cfr. H. GABELMANN, Antike Audienz- und Tribunalszenen, Darmstadt 1984, 204-205; sintesi sulla struttura e
sulla decorazione in KOLB, Herrscherideologie cit. (nt. 104), 175-186. Malgrado le divergenze sulla funzione della sala
absidata e affrescata, e sul senso del ciclo pittorico, sembra molto probabile che le scene rappresentino l’adventus di
Diocleziano nel castrum, e l’abside ritragga gli Augusti della prima e della seconda Tetrarchia, all’epoca dell’avvicendamento; per una datazione degli avvenimenti affrescati sulle pareti al 302 cfr. J.-M. CARRIÉ, L’Egitto, in A.
MOMIGLIANO - A. SCHIAVONE (a c. di), Storia di Roma, III/2. L’età tardoantica. I luoghi e le culture, Torino 1993, 577.
113 Manifestazione di potenza militare ordinata attorno all’imperatore Aureliano, assiso su una tribuna, e circondato da dignitari, ufficiali e truppe con le loro insegne, in occasione della ricezione di un’ambasciata di Iutungi in un
frammento dagli Skythika di Dexippo (FGrH 100, T 6.1-3 = L. MECELLA [a c. di]: Dexippo di Atene, Testimonianze
e frammenti, Tivoli 2013, fr. 34.1-3).
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