Geologia dell’Ambiente
Periodico trimestrale della SIGEA
Società Italiana di Geologia Ambientale
Supplemento al n. 4/2018
ISSN 1591-5352
Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma
Atti del convegno nazionale
Cavità di origine antropica,
modalità d’indagine,
aspetti di catalogazione,
analisi della pericolosità,
monitoraggio e valorizzazione
Roma, 1 dicembre 2017
A cura di
FRANCESCA BOZZANO
EUGENIO DI LORETO
STEFANIA NISIO
MARIO PARISE
I NDAGINI GEOFISICHE E RILIEVI TOPOGRAFICI
Cat. OS20A Class. I
Cat. OS20B Class. III Bis
Via Caduti di Nassiriya n. 170
70022 Altamura (BA)
Tel e Fax: 080.3143324
E-mail: apogeo.altamura@libero.it
www.apogeo.biz
w w w . a p og e o. b i z
Società Italiana di Geologia Ambientale
Associazione di protezione ambientale a carattere
nazionale riconosciuta dal Ministero dell’ambiente,
della tutela del territorio e del mare con
D.M. 24/5/2007 e con successivo D.M. 11/10/2017
Sommario
PRESIDENTE
Antonello Fiore
CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE
Danilo Belli, Lorenzo Cadrobbi, Franco D’Anastasio
(Segretario), Daria Duranti (Vicepresidente),
Antonello Fiore (Presidente), Sara Frumento,
Fabio Garbin, Enrico Gennari, Giuseppe Gisotti
(Presidente onorario), Gioacchino Lena
(Vicepresidente), Luciano Masciocco, Michele
Orifici, Vincent Ottaviani (Tesoriere), Angelo Sanzò,
Livia Soliani
Geologia dell’Ambiente
Periodico trimestrale della SIGEA
Supplemento al n 4/2018
Introduzione
ANTONELLO FIORE
E
ARCANGELO FRANCESCO VIOLO
9
SESSIONE A
CENSIMENTO E CATALOGAZIONE CAVITÀ
Anno XXVI - settembre-dicembre 2018
Iscritto al Registro Nazionale della Stampa n. 06352
Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 229
del 31 maggio 1994
DIRETTORE RESPONSABILE
Giuseppe Gisotti
COMITATO SCIENTIFICO
Mario Bentivenga, Aldino Bondesan,
Giancarlo Bortolami, Giovanni Bruno,
Giuseppe Gisotti, Giancarlo Guado,
Gioacchino Lena, Giacomo Prosser,
Giuseppe Spilotro
COMITATO DI REDAZIONE
Fatima Alagna, Federico Boccalaro,
Giorgio Cardinali, Francesco Cancellieri,
Valeria De Gennaro, Fabio Garbin,
Gioacchino Lena, Maurizio Scardella
REDAZIONE
SIGEA: tel. 06 5943344
Casella Postale 2449 U.P. Roma 158
info@sigeaweb.it
PROCEDURA PER L’ACCETTAZIONE DEGLI ARTICOLI
I lavori sottomessi alla rivista dell’Associazione,
dopo che sia stata verificata la loro pertinenza con
i temi di interesse della Rivista, saranno sottoposti
ad un giudizio di uno o più Referees
UFFICIO GRAFICO
Pino Zarbo (Fralerighe Book Farm)
www.fralerighe.it
PUBBLICITÀ
SIGEA
STAMPA
Industria grafica Sagraf Srl, Capurso (BA)
La quota di iscrizione alla SIGEA per il 2018
è di € 30 e da diritto a ricevere la rivista
“Geologia dell’Ambiente”. Per ulteriori informazioni
consulta il sito web all’indirizzo www.sigeaweb.it
Catasto speleologico nazionale delle cavità artificiali
(CA). Classificazione, interventi di tutela e monitoraggio
conseguiti grazie ai dati speleologici e prospettive future
MICHELE BETTI, ROBERTO BIXIO, CARLA GALEAZZI, SANDRO
GALEAZZI, CARLO GERMANI, MARIO MAZZOLI, MARCO MENEGHINI,
GIOVANNI BELVEDERI, MARIO PARISE, STEFANO SAJ
13
L’inventario delle cavità di origine antropica e la Banca
Dati Territoriale online del territorio della Città
Metropolitana di Napoli
PAOLO MARIA GUARINO, ROBERTA CARTA, DANIELA MARIA
ANTONIA, MAURO ROMA, ROCCO MARI, MARCO SORAVIA,
PAOLA NAPOLITANO, GIUSEPPE PALMA, FORTUNATO SGARIGLIA,
ANTONIO SANTO
19
Primo contributo alla realizzazione della Carta
delle Cavità Sotterranee di Roma
FABRIZIO BISCONTI, GIANCARLO CIOTOLI, GIANLUCA FERRI,
ROBERTO FIORE, MAURIZIO LANZINI, STEFANIA NISIO,
MAURO ROMA, RICCARDO PAOLUCCI, IVANO STRANIERI,
CLAUDIO SUCCHIARELLI, MAURIZIO ALLEVI
25
Cavità sotterranee nell’area portuense a Roma
CIANFRIGLIA LAURA, MATTEUCCI RENATO, ROSA CARLO,
SEBASTIANI RENATO
33
Le cavità sotterranee scomparse di Roma: la catacomba
di San Felice scomparsa sulla Via Portuense
GIANCARLO CIOTOLI, STEFANIA NISIO
48
Le cave di pozzolana a Roma e nel territorio
nelle fonti archivistiche settecentesche
ORIETTA VERDI, GIANLUIGI GIANNELLA, CARLO ROSA
57
Cave sotterranee nel Colle Aventino. Cartografia
storica, documenti di archivio e nuove indagini
geoarcheologiche
LETIZIA RUSTICO, ROBERTO NARDUCCI
63
Note preliminari sulle indagini speleologiche
e geologiche dell’acquedotto “Fontana”
di Velletri (Roma)
PIO BERSANI, CARLO GERMANI, CARLA GALEAZZI,
RUGGERO BOTTIGLIA, SANDRO GALEAZZI
72
Il censimento delle cavità naturali e artificiali
della Riserva Naturale Regionale Lago di Vico
(Viterbo)
ANDREA SASSO
76
Censimento e catalogazione delle cavità di origine
antropica mediante prospezioni geofisiche integrate
nell’area de “Il Piano” (Isola d’Elba, Italia)
MARIA DI NEZZA, MICHELE DI FILIPPO, FLAVIO CECCHINI,
SIRO MARGOTTINI, CARIS DE MARTINO, VERONICA PAZZI,
TOMMASO CARLÀ, FEDERICA BARDI, FEDERICO MARINI,
KATIA FONTANELLI, EMANUELE INTRIERI, RICCARDO FANTI
81
Censimento e interesse storico e speleologico delle
fortificazioni militari della Nurra (Sardegna)
PIERPAOLO DORE, ELEONORA DALLOCCHIO
91
Censimento e mappatura della rete di cavità
che sottende il paese di Castelnuovo,
San Pio delle Camere (AQ)
FEDERICA DURANTE, GIORGIO PIPPONZI,
EMANUELE DEL MONTE, ALESSANDRO GHINELLI,
VIDAN ILIC, MARCO NOCENTINI, MARCO TALLINI
95
Altamura memoria del paesaggio:
le cave per l’estrazione del materiale lapideo.
Dal censimento alla valorizzazione dei percorsi
dell’industria estrattiva
EMMA CAPURSO, TERESA NINIVAGGI, GIOVANNI RAGONE
103
Cavità sotterranee di origine antropica in Francia
MARIA LUISA FELICI
108
SESSIONE B
ANALISI DELLA PERICOLOSITÀ TERRITORIALE
Ricostruzione del modello tridimensionale
di una cavità sotterranea nel Complesso Monumentale
dei SS. Marcellino e Festo (Napoli) mediante l’utilizzo
di laser scanner manuale
VINCENZO ALLOCCA, ANNA CLAUDIA ANGRISANI, SILVIO CODA,
MARIA DANZI, PANTALEONE DE VITA, UMBERTO DEL VECCHIO,
DIEGO DI MARTIRE, DOMENICO MASSA, GIANLUCA MININ,
GIOSAFATTE NOCERINO, DOMENICO CALCATERRA
113
Le acque nelle cavità sotterranee di Roma
PIO BERSANI, STEFANIA NISIO, LUCA PIZZINO
117
Il fattore nshape dei pilastri di cave sotterranee
e il loro fattore di sicurezza a compressione desunto
da analisi di regressione multivariata
GIOVANNI BRUNO
126
Analisi sistemica per una valutazione
della suscettibilità al dissesto di territori dell’Agro
Nolano (provincia di Napoli) con presenza di cavità
antropiche in tufo
GIANFRANCO CACCAVALE, DOMENICO CALCATERRA,
MASSIMO RAMONDINI
135
Analisi contestuale di cavità di origine antropica nel
Parco Archeologico delle Terme di Baia (Campania, Italia)
MARCO CORVI, NORMA DAMIANO, PAOLO MARIA GUARINO,
IVANA GUIDONE
155
Nuove metodologie di rilievo di ambienti ipogei
tramite laser scanner: l’esempio di una cavità
artificiale in provincia di Napoli
MARIA DANZI, UMBERTO DEL VECCHIO, GIANLUCA MININ,
VALENTINA BARONE
164
Relazioni tra caratteristiche petrografiche e parametri
geotecnici nelle rocce tenere carbonatiche in Puglia
VINCENZO FESTA, ANTONIO FIORE, MARIA NILLA MICCOLI,
LUIGI SPALLUTO
168
Considerazioni sulla stabilità morfologica della cavità
rocciosa che ospita l’eremo (IX sec) dedicato a San
Michele Arcangelo – Monti Aurunci (Lazio Meridionale)
PAOLO MIELE
185
Criteri di verifica dei pilastri di cave di pozzolana
abbandonate
MARCO MIZZONI, GIANLUIGI GIANNELLA, FILIPPO VIRGILI,
EUTIZIO VITTORI
195
Analisi geostrutturale su nuvola di punti acquisita
con laser scanner 3d: applicazione alla Grotta
di Cocceio, Bacoli (Campania, Italia)
MARCO PAGANO, BIAGIO PALMA, MARIO PARISE,
ANNA RUOCCO
201
Studio numerico parametrico per la definizione di
abachi per la valutazione preliminare della stabilità
di cavità sotterranee in calcarenite tenera
MICHELE PERROTTI, PIERNICOLA LOLLINO,
NUNZIO LUCIANO FAZIO, LUCA PISANO, GIOVANNA VESSIA,
MARIO PARISE, ANTONELLO FIORE, MICHELE LUISI,
MARIA NILLA MICCOLI, LUIGI SPALLUTO
209
Analisi speditiva del quadro fessurativo
caraterizzante gli ambienti sotteranei
della “Ricerca Buca del Serpente”
(Campiglia Marittima, Toscana)
EMILIO POGGETTI, LUCA TINAGLI
214
Preesistenze di natura antropica in una delle regioni
più antiche delle Catacombe dei SS. Marcellino
e Pietro a Roma
MONICA RICCIARDI, RAFFAELLA GIULIANI,
DOMINIQUE CASTEX
219
L’utilizzo di fotografie aeree dell’Aerofototeca
Nazionale degli anni precedenti l’urbanizzazione
del suburbio romano per l’individuazione
e catalogazione di cavità di crollo connesse
alla evoluzione perniciosa di cavità sotterranee
legate ad attività estrattive
CARLO ROSA, GIANLUIGI GIANNELLA
225
SESSIONE C
TECNICHE E PROCEDURE DI MONITORAGGIO E CONSOLIDAMENTO
Le tecniche per operare in sicurezza in spazi confinati
applicate nel progetto di studio e recupero “Forma Aquae
Maxentii”
ELETTRA SANTUCCI, LUCA GIRARDO, STEFANO ADORNATO,
SUSANNA BASSO
245
Sviluppi nelle tecniche e tecnologie di indagine e
monitoraggio delle cavità in venti anni di applicazione
nel laboratorio naturale dell’Orvieto ipogea
ENDRO MARTINI, CLAUDIO SOCCODATO, FILIPPO M. SOCCODATO,
ANGELO CELANO, MICHELE CURUNI, VALENTINA ALBANO
252
Piano per la messa in sicurezza delle cavità
sotterranee instabili nel Cratere Sismico Aquilano
GIORGIO PIPPONZI, EMANUELA FERRINI, FRANCESCO MATTUCCI 258
Cavità di origine antropica e sicurezza degli edifici
scolastici nella città di Roma: i casi di studio
di via Asmara (Municipio II) e via Diana (Municipio V)
ALESSIO ARGENTIERI, MARIA DI NEZZA,
MICHELE DI FILIPPO, MARIA PIRO, GIOVANNI ROTELLA,
FLAVIO CECCHINI, SIRO MARGOTTINI
263
Nuovi studi sulle necropoli etrusche di Tarquinia (VT)
con GPR e Geoelettrica
GRETA BRANCALEONI, SILVIA CASTELLARO, LUIGI PERRICONE 271
Il metodo B&B ottimizzato per la definizione dell’area
tributaria dei pilastri in cave sotterranee
GIOVANNI BRUNO, LUIGI BOBBO, MARIA DOLORES FIDELIBUS 277
Monitoraggio e caratterizzazione idrogeologica di alcuni
qanat nelle vicinanze della Città di Yazd (Iran centrale)
EZIO BURRI, ANDREA DEL BON, ANGELO FERRARI, HOSSEIN
GHAFORI, ALI ASGHAR SEMSAR YAZDI, LABBAF MAJID
KHANEIKI, ARNALDO PIERLEONI, PIETRO RAGNI
283
Gaeta: analisi qualitativa dei fenomeni di instabilità
ed interventi per la riqualificazione ambientale
della spiaggia di Fontania
ILARIA FALCONI
287
GIS e Drone per la gestione emergenziale delle cavità
sotterranee
FILIPPO MASSIMILIANO GAGLIANO
294
Esperienze nell’impiego di aeromobili a pilotaggio
remoto nell’esplorazione, documentazione
e monitoraggio di cavità artificiali sotterranee
MARIO MAZZOLI, ISIDORO BONFÀ, FRANCESCO MARSALA
300
Esplorazione e documentazione di cavità artificiali
sommerse: rischi, cautele esplorative, procedure
consolidate in ambito speleo subacqueo
MARIO MAZZOLI, CARLA GALEAZZI, MARCO VITELLI
304
Consolidamento di cavità e monitoraggio rupe
di Orvieto
PIERFRANCO VENTURA
310
Analisi di stabilità e progetto esecutivo
per la messa in sicurezza di aggrottati
nell’area urbana di Ragusa Ibla
MICHELE ZOCCO, CRISTINA LICITRA
315
SESSIONE D
VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE
Pollino UNESCO Geoparco Mondiale. Valorizzazione
e tutela di una cavità antropica, identificata
quale geosito
LUIGI BLOISE, EGIDIO CALABRESE
327
Tutelare e valorizzare il sottosuolo. La ricostruzione 3D
della miniera di grotta della “Buca della Faina
di Poggio all’Aione” (Regione Toscana)
DEBORA BROCCHINI, LUCA DERAVIGNONE, EMILIO POGGETTI 331
La città di Shahrood (Iran nord-orientale) e il suo
approvvigionamento idrico tramite i qanat
EZIO BURRI, ANDREA DEL BON,
DOULATI ARDEJANI FARAMARZ, ANGELO FERRARI,
KARAMI GHOLAM HOSSEIN, PIETRO RAGNI
338
Gli ipogei in Puglia tra conservazione e innovazione
ANTONELLA CALDERAZZI, ROSA PAGLIARULO
343
Gli ipogei di San Dana (LE). Un sistema rupestre
marginale nel Salento meridionale
STEFANO CALÒ, DANIELA LONGO
348
Privata traiani domus. Elaborazioni 3D,
ricerca e fruizione
ELISABETTA CARNABUCI, FEDERICA MICHELA ROSSI,
STEFANO CALÒ, ELETTRA SANTUCCI
356
Il sentiero dell’acqua di Sinalunga
GIANFRANCO CENSINI, PIERPAOLO DORE,
ELEONORA DALLOCCHIO
363
Il complesso ipogeo in località
San Fortunato - Marsciano (PG)
VALERIO CHIARALUCE
369
Potenzialità delle cavità ex-estrattive
tra recupero ambientale e nuovi usi:
applicazioni nel Parco dell’Appia Antica
PAOLA VERONICA DELL’AIRA, CARLO ESPOSITO,
PAOLA GUARINI
374
Gli ipogei di Bagnoregio e Civita (Viterbo):
una ricchezza (quasi) sconosciuta
GIOVANNI MARIA DI BUDUO, VALERIO CHIARALUCE,
LUCA COSTANTINI, TOMMASO PONZIANI
381
Cavità sotterranee di Roma: procedure regionali
per la valutazione della pericolosità geologica e attività
di monitoraggio e conservazione della biodiversità
EUGENIO DI LORETO, LORENZO LIPERI, STEFANIA NISIO,
IVANA PIZZOL, FEDERICA ROSCIOLI, ELENA SANTINI,
ALESSANDRA TOMASSINI
387
Siracusa ipogea: carta di censimento e classificazione
dei principali sistemi ipogei di Acradina Neapolis
ed Ortigia
ANNA MARIA DI MAIO, GAETANO BORDONE,
MARIA GIOMPAPA, CLAUDIO MIRAGLIA, LUCIANO ARENA
392
Conservazione alimentare in ambiente ipogeo:
l’esempio delle cave in sotterraneo della Val di Non
ANTONIO GALGARO, GIORGIA DALLA SANTA,
MATTEO CULTRERA, MICHELE DE CARLI, STEFANO DAZ,
MARCO FAURI, ALESSANDRA DE LULLO, SIMONETTA COLA,
PAOLO SCOTTON, FABRIZIO CONFORTI, ANDREA FUGANTI
403
Il sistema ipogeo di “Kolymbethra - Porta V” nel Parco
Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento: un
esempio di fruizione turistica di una cavità artificiale
GIUSEPPE LOMBARDO, GIOVANNI NOTO, MARCO INTERLANDI,
ELISABETTA AGNELLO, EUGENIO VECCHIO
412
Progetto Norchia ’16-’18. Scavi nella necropoli
di Norchia, (VT), in località Guado di Sferracavallo
SIMONA STERPA
420
Le gallerie delle sorgenti termali di Porretta:
rilievi, monitoraggi, azioni di valorizzazione
STEFANO VANNINI, ALESSANDRO STEFANI
427
Aspetti geomorfologici e cavità d’origine antropica del
territorio dell’Ecomuseo della Tuscia Rupestre (Viterbo)
ANDREA SASSO
435
COMITATO SCIENTIFICO
Gianfranco Andriani (Università degli Studi di Bari)
Mario Bentivenga (Università degli Studi della Basilicata)
Michele Betti (Commissione Nazionale Cavità Artificiali, Società Speleologica Italiana - SSI)
Francesca Bozzano (Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra e Centro di Ricerca - CERI)
Giovanni Bruno (Politecnico di Bari, Società Italiana di geologia Ambientale - Sigea)
Giancarlo Ciotoli (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria - CNR-IGAG, Roma)
Eugenio Di Loreto (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea)
Carlo Esposito (Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra e Centro di Ricerca - CERI)
Gianluca Ferri (Ufficio Dissesti Idrogeologici e Sottosuolo Comune di Roma)
Antonello Fiore (Autorità di Bacino Distrettuale AM, Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea)
Carla Galeazzi (Egeria CRS-Hypogea)
Daniele Giordan (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Torino)
Giuseppe Gisotti (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea)
Maurizio Lanzini (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea)
Gioacchino Lena (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea)
Lorenzo Liperi (Regione Lazio)
Piernicola Lollino (Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR-IRPI, Bari)
Luciano Masciocco (Università di Torino, Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea)
Roberto Mazza (Università degli Studi di Roma 3, Dipartimento di Scienze)
Mario Mazzoli (ASSO-Hypogea)
Antonio Monte (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali - CNR-IBAM, Lecce)
Gabriele Scarascia Mugnozza (Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra e Centro di Ricerca - CERI)
Stefania Nisio (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA)
Mario Parise (Università degli Studi di Bari)
Giuseppe Spilotro (Università degli Studi della Basilicata, Scuola di Ingegneria)
Paolo Tommasi (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria - CNR-IGAG, Roma)
Prentazione del volume
A CURA DI
ANTONELLO FIORE E ARCANGELO FRANCESCO VIOLO
G
Il volume di 440 pagine è strutturato in
quattro sessioni come quelle del convegno:
• Censimento e catalogazione delle cavità;
• Analisi della pericolosità territoriale;
• Tecniche e procedure di monitoraggio e
consolidamento;
• Valorizzazione e fruizione.
Il volume raccoglie 59 articoli che dimostrano il grande interesse e l’ampia diffusione culturale e geografica dei vari argomenti
trattati.
Il nostro ringraziamento va a tutti quelli
che con i loro articoli hanno contribuito a questa crescita collettiva che parte dal confronto
delle esperienze svolte, al comitato scientifico e ai quattro curatori degli atti che con
dedizione, professionalità e passione hanno
coordinato i lavori tra gli autori e il comitato
scientifico.
A questo volume, disponibile liberamente
online, hanno contribuito 199 autori, alcuni
dei quali presentando anche più lavori; la
riuscita di questa impresa di conoscenza
e condivisone della conoscenza è un lavoro
articolato e partecipato che necessita del
sostegno anche delle Istituzioni. Azioni come
queste sono necessarie a rafforzare la cultura
della condivisone, della partecipazione che
fungono anche da volano per gli aspetti
tecnico-professionali con ricadute socio
economiche.
Su questo tema, come sugli altri argomenti d’interesse multidisciplinare, si deve partire
dalle conoscenze acquisite storico-culturali e
tecnico-scientifiche per garantire una valorizzazione degli ambienti ipogei nel rispetto dei
principi di sicurezza degli addetti ai lavori e
dei visitatori. Sono molte le cavità di origine
antropica che, rivestendo un interesse culturale, storico/religioso, paesaggistico/turistico
(chiese rupestri, santuari, catacombe, frantoi
ipogei, cantine ecc.), rappresentano un potenziale da tutelare e valorizzare.
Ancora grazie a tutti i protagonisti di questo volume e buona lettura.
li atti che presentiamo in questo volume sono il risultato di un percorso
che la Sigea e il Consiglio Nazionale
dei Geologi, in collaborazione con gli
ordini professionali territoriali e altre associazioni culturali, hanno svolto nel corso del
2017. Il convegno nazionale “Cavità di origine antropica, modalità d’indagine, aspetti
di catalogazione, analisi delle pericolosità,
monitoraggio e valorizzazione”, organizzato in
sinergia tra la Sigea e il Consiglio Nazionale
dei Geologi, è stato preceduto da un percorso
di disseminazione e discussione sui temi affrontati in dicembre a Roma.
Nel corso dell’anno, come avvicinamento
al convegno nazionale di Roma, sono stati
organizzati incontri regionali a Massafra (TA)
con l’Ordine dei Geologi della Puglia, l’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di
Taranto e l’Archeoclub “Il patrimonio storico
culturale delle cavità di origine antropica pugliesi. Analisi delle pericolosità per la giusta
valorizzazione”; a Melfi (PZ) con l’Ordine dei
Geologi della Basilicata, l’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Potenza e l’Ordine
degli Ingegneri della Provincia di Potenza,
Archeoclub “Il patrimonio storico culturale
delle cavità di origine antropica lucane”; a
Orvieto (TR) con l’Alta Scuola e l’Ordine degli
ingegneri della Provincia di Terni “Condizioni
di stabilità di cavità ipogee ed edifici storici
sovrastanti”; a Genova con il Centro Studio
Sotterranei, la Commissione Nazionale Cavità
Artificiali, la Delegazione Speleologica Ligure,
l’Ordine Regionale Geologi della Liguria e la
Società Speleologica Italiana “Le cavità artificiali della Liguria, conoscenza, valorizzazione e fruizione tra impatti e rischi”.
Le cavità sotterranee di origine antropica
suscitano notevole interesse, sia dal punto di
vista della ricerca scientifica sia dal punto di
vista professionale per il supporto che i tecnici
professionisti forniscono alle amministrazioni
pubbliche e ai privati, per i gravi fenomeni di
sprofondamento del suolo indotti dal collasso
improvviso di calotte, pilastri o setti di roccia
che costituiscono gli ipogei. Il loro interesse è
anche storico culturale che, grazie all’attuazione di politiche di valorizzazione, comportano positive ricadute socio economiche sulle
popolazioni locali. Infatti, alcune cavità sono
sistematicamente inserite nel tessuto socio/
economico e territoriale per l’interesse culturale, storico, paesaggistico e turistico. Molte di
esse sono aperte al pubblico per scopi turistici
o religiosi (chiese rupestri, santuari, catacombe, frantoi ipogei e cantine).
Sono diverse le regioni italiane (come
Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia,
Sardegna, Umbria e Liguria) che vedono la
presenza diffusa di cavità di origine antropica
che spesso destano grande preoccupazione
per la pubblica e privata incolumità.
La ricerca scientifica e gli studi storicoculturali suggeriscono l’adozione di politiche
di valorizzazione e utilizzo con ricadute socio
economiche importanti. Un utilizzo che non
deve trascurare gli aspetti della sicurezza.
Questo richiede un forte impegno volto
alla definizione delle geometrie dei vuoti
sotterranei, dei modelli geologici, dei modelli
geotecnici, delle infrastrutture presenti
sopra le cavità e dell’uso del suolo nelle aree
circostanti, delle analisi di stabilità e del loro
controllo e monitoraggio nel tempo.
Le attività convegnistiche intraprese nel
corso del 2017, anno in cui, tra l’altro, la Sigea ha festeggiato il suo 25° anno di attività,
hanno attivato un percorso di confronto scientifico-culturale-tecnico, rivolto agli addetti ai
lavori, su alcuni importanti aspetti legati alle
cavità sotterranee di origine antropica, offrendo la possibilità di raccogliere le nuove ricerche e le procedure aggiornate di censimento e
valutazione della pericolosità territoriale.
Nello stesso tempo è stata fornita ai professionisti tecnici ogni informazione utile per
la messa in sicurezza del territorio e per una
valorizzazione consapevole del patrimonio
storico-culturale.
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
9
348
Gli ipogei di San Dana (LE).
Un sistema rupestre marginale
nel Salento meridionale
STEFANO CALÒ
Gruppo speleologico leccese ‘Ndronico
DANIELA LONGO
Università del Salento
The hypogea of San Dana (LE).
A marginal cave settlement in Southern Apulia
Parole chiave (key words): Puglia (Apulia), Salento (Salento), insediamenti rupestri (cave settlements),
ipogei (hypogea), cavità artificiali (artificial cavities)
RIASSUNTO
Il fenomeno degli insediamenti rupestri,
ben attestato non solo in Puglia ma in tutta l’Italia meridionale, con notevoli legami
culturali anche con diversi paesi del Mediterraneo, è oggetto di studio sin dagli anni
Settanta. Grazie alle ricerche condotte da
Cosimo Damiano Fonseca è stato possibile
delineare il quadro degli insediamenti rupestri medievali del Basso Salento. La penisola
salentina, con le sue piccole alture collinari
definite Serre, ha offerto, nel corso del tempo,
notevoli opportunità alle comunità umane per
la creazione di insediamenti a carattere rupestre o ipogeo ed è proprio lungo i crinali di
queste colline che si sono sviluppati i contesti
più particolari come villaggi, chiese rupestri
e insediamenti rurali di vario tipo spesso
caratterizzati da cavità o ipogei adibiti allo
sfruttamento e alla lavorazione delle risorse.
Il lavoro offre un contributo alla definizione
e all’ identificazione del panorama rupestre
storico del Salento meridionale; attraverso la
metodologia del field survey, è stato possibile
individuare, in un contesto già conosciuto per
le sue “peculiarità rupestri e ipogee”, nuove
cavità artificiali che sono state contestualizzate nel tessuto rurale e per le quali è stato
possibile dare un’ interpretazione sul loro uso
nel corso del tempo e una valutazione circa il
loro stato attuale di conservazione.
PREMESSA
Il fenomeno storico del vivere in grotta in
Puglia inizia ad essere oggetto di attenzione
scientifica a partire dagli anni Settanta. Il
quadro degli insediamenti in rupe medievali
del Basso Salento (provincia di Lecce) ci è
noto soprattutto grazie agli studi di Cosimo
Damiano Fonseca i quali sanciscono l’inizio
della conoscenza di questo fenomeno dell’
area salentina. Prima che si iniziasse a parlare di villaggi e sistemi insediativi rupestri
o ipogei l’interesse scientifico per questo
fenomeno era concentrato soprattutto verso
le chiese in grotta le quali, ritenute “più meritevoli” dal punto di vista artistico e architettonico, furono oggetto di un orientamento
accademico estremamente generalista e fine
a se stesso che, a partire dalla fine dell’Ottocento, considerò tutte le manifestazioni d’arte
“bizantina” in ambiente rupestre come una
conseguenza dell’ importazione culturale
operata dai monaci italo-greci, venuti in territorio italico durante le persecuzioni iconoclaste (Gabrieli, 1936; Medea, 1939). A partire
dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento
si diffonde un nuovo orientamento accademico, l’attenzione inizia a spostarsi dalla sfera
religiosa a quella laica e, pian piano, si inizia
a dimostrare come molti degli insediamenti
rupestri di età storica del Salento altro non
sono che l’ espressione di una tendenza abitativa non necessariamente legata al fenomeno monastico (Fonseca, 1970-1975; Fonseca
et al., 1979). Purtroppo, a distanza di più di
quarant’anni, non ci sono ancora per questi
siti complete indagini sistematiche né topografiche né archeologiche. Sulla base di ciò
è stato condotto uno studio analitico che ha
permesso di analizzare alcuni ipogei e cavità
rupestri artificiali presenti in una parte del
Salento orientale. La ricerca, attraverso una
revisione critica della letteratura esistente, e
tramite l’ausilio di ricognizioni sistematiche
e della georeferenziazione GPS, ha prodotto
un piccolo censimento di cavità artificiali dal
quale è stato possibile analizzarne le caratteristiche architettoniche (grazie anche all’apporto di tecniche fotogrammetriche), valutarne lo stato di conservazione e interpretare il
loro utilizzo nelle varie fasi storiche. Inoltre,
tale censimento ha contribuito ad aumentare
il numero delle cavità già note in quell’ area
e già presenti nel catasto delle grotte e delle
cavità artificiali della Puglia.
IL TERRITORIO
Il Salento, la parte più a sud della penisola
pugliese, comprende un territorio molto vasto,
che supera i 5000 Km2, la sua morfologia è
caratterizzata dalla presenza di corrugamenti
collinari, modellati nei calcari mesozoici del
Cretaceo, definiti Serre o Murge salentine.
Queste colline, che non superano i 200 m sul
livello del mare, seguono una morfologia che
si sviluppa a sud di Lecce, con un andamento
N-NO/S-SE (Sammarco, Parise, 2011; Calò,
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
2015). Queste alture, spesso caratterizzate
da delle depressioni vallive scaglionate a
quote differenti, sono composte da depositi
miocenici come le “Calcareniti di Andrano”, e
sedimenti plio-pleistocenici come le “Calcareniti del Salento e la “Formazione di Gallipoli”
(Bossio et al., 1989; D’Alessandro, Massari,
1997). Un territorio di questo tipo sicuramente ha favorito, nell’ antichità e non solo, la
creazione di architetture in negativo, tipiche
degli habitat rupestri, considerando la facilità
di estrazione e di reperimento di queste formazioni geologiche usate come materiale da
costruzione (Sammarco et al., 2008). Il piccolo
abitato di San Dana, frazione del comune di
Gagliano del Capo, è sorto su parte di quella
che viene definita appunto Serra di San Dana e si trova a 1,5 km a SE dell’ abitato di
Montesardo, ad un’altitudine che non supera
i 160 metri sul livello del mare. Attualmente
l’abitato non conta più di 200 abitanti e la sua
estensione occupa piccole zone pianeggianti
che si alternano a leggeri rialzi orografici definiti da terrazzamenti, alla base dei quali si
sviluppano le cavità artificiali indagate.
CENNI STORICI E FONTI DOCUMENTARIE
Nonostante la loro imponenza dal punto
di vista archeologico e paesaggistico questi
insediamenti sono afflitti, come la maggior
parte degli insediamenti medievali della Terra
d’ Otranto, rupestri e non, dal problema della carenza di fonti scritte che li riguardino,
soprattutto per l’alto medioevo; come è ben
noto questo tipo di fonti iniziano ad intensificarsi solo con l’ età normanna per poi divenire preponderanti in età angioina, ma tuttavia
questo rende molto complicato determinarne
effettivamente le varie fasi cronologiche,
soprattutto quelle più antiche (Arthur, 19972006). San Dana è noto nei documenti notarili
medievali già a partire dal XIV secolo (Tasselli, 1963), e spesso viene riportato come un
feudo affiancato da altri casali, quali Valiano,
Prusano, Misciano, Santru Dumitri, San Nicola e Vinciguerra e Arigliano, che facevano
parte del territorio oggi occupato dal comune
di Gagliano del Capo (Ciardo, 2004). La tradizione popolare, riportata spesso dagli storici
349
Figura 1 – Rappresentazione topografica dell’ insediamento rupestre e del territorio circostante
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
350
locali, attribuisce la nascita di San Dana a
una leggenda secondo la quale un gruppo di
cittadini provenienti dall’ antico e imponente
centro messapico di Vereto, distrutto intorno
al X sec., si spostò nel territorio formando diversi nuovi abitati tra cui San Dana (Biasco,
1979; Rosafio, 1989).
Il nome del casale, sempre secondo la
tradizione polare, deriverebbe dall’ omonimo
Santo, diacono del santuario di S. Maria di
Leuca, di origini albanesi, che si trovò a subire
il martirio e la morte proprio -in un periodo di
tempo non definito- in terra Salentina; la storia a riguardo viene riportata dalle fonti con
sfumature e particolari differenti, ma ogni
versione considera San Dana come luogo di Figura 2 – Ingresso della cavità 1
martirio e morte dell’ omonimo Santo (Enciclopedia Sanctorum, Vol. IV, p. 477; Tasselli, rinvenimenti di strutture d’età romana di III e in grotta e 31 cavità artificiali tra abitazioni
1963; Biasco, 1979; Rosafio, 1989).
IV sec. d.C. come una villa provvista di terme e luoghi di servizio (Ciardo, 2004; Sammarco
(identificata negli anni ’70 e scavata nel 2001), et al., 2008; Calò, 2015).
IL SISTEMA RUPESTRE DI SAN DANA E IL a poche centinaia di metri dall’ insediamento
CONTESTO ARCHEOLOGICO
rupestre analizzato, a circa 2 km di distanza, LE CAVITÀ ARTIFICIALI
Il sistema rupestre di San Dana, attual- in direzione NO, vi è il villaggio rupestre di
La tipologia più ricorrente è la cavità momente conta 7 cavità artificiali di cui, 4 ipo- Macurano, noto come un importante centro di nocellulare con pianta e ingresso rettangolari
gei usati come luoghi di servizio, 2 frantoi produzione olearia nel Medioevo (probabilmen- (Fig. 2). Talvolta gli ingressi originali sono dein grotta e una chiesa rupestre. Le cavità o te già a partire dall’IX secolo) con ben 5 frantoi finiti da inserti in muratura e sono preceduti
ipogei che dir si voglia sembrano essere state
adibite a vari usi -prettamente rurali- e appaiono, per conformazione e posizione, funzionali all’attività dei frantoi sopramenzionati.
l’intero insediamento appare completamente
integrato nel paesaggio e occupa i declivi terrazzati posti a Est della Serra (Fig. 1).
Di particolare interesse è la duplice toponomastica della zona, soprattutto per due motivi
– il primo toponimo che identifica il luogo, “Pareddi”, noto agli storici già a partire dal’600,
viene generalmente associato al Santo eponimo Dana, che proprio in queste campagne
avrebbe subito il martirio e la morte (Tasselli,
1963; Biasco, 1979; Rosafio, 1989). Il secondo
toponimo della zona è “Aia della Serra” con il
quale vengono appellati anche i frantoi e che
ben si associa alle attività rurali del luogo. La
presenza di una enorme aia, associata proprio
a uno di questi frantoi ipogei, come dopo si
dirà, ben inquadra l’importanza produttiva
della zona e definisce l’attività di lavorazione
delle olive come attività propria del luogo. San
Dana infatti è già conosciuta nell’ ‘800 come
centro di produzione olearia, tanto che Giacomo Arditi, nella sua Corografia fisica e storica
della Provincia di Terra d’Otranto, nel 1879, lo
identifica come un “ territorio che dà olio, orzo, legumi, poco vino ed altro.” (p. 529). Molto
probabilmente le cavità artificiali erano più
numerose di quelle identificate -la popolazione
del luogo ne ricorda diverse- sparse a macchia di leopardo nelle campagne circostanti,
come anche altri frantoi ipogei, tutti cancellati,
a quanto pare, dall’ espansione urbanistica.
L’intero comprensorio è particolare dal punto
di vista archeologico perché, oltre ad alcuni Figura 3 – Rilievo 3D della cavità 1, pianta e vista prospettica
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
Figura 4 – Cavità 1, interno
Figura 5 – Cavità 5, croce con calvario
da qualche gradino che si collega al piano
di calpestio dell’ ambiente scavato posto ad
una quota leggermente più bassa rispetto all’
esterno. Spesso si riscontrano dei fori sul soffitto, usati come prese d’aria o focolari; solo in
un caso (cavità n. 2) i fori sono due, uno vicino
all’ingresso e un secondo posto in corrispondenza della parte più interna dell’ambiente
rupestre. In quasi tutte le cavità censite si
risconta la presenza di varie nicchie, di diverse dimensioni, quasi tutte appartenenti alla
tipologia delle nicchie a ripiano; talune per
dimensione e posizioni possono essere intese
come dei ripostigli. Accanto ad esse compaiono nicchie di minute dimensioni interpretabili
come vani porta lucerna. Gli ambienti scavati
spesso hanno i pavimenti, a tutt’oggi, coperti
da interri, più o meno consistenti, ad eccezione della cavità 1 nella quale si riscontra
la presenza del piano di calpestio in roccia.
Solo in un caso (cavità 4) sul pavimento in
roccia risulta scavato un foro rettangolare di
80x 60 cm, con una risega sui bordi; tale foro
attualmente è ingombro di detriti e vegetazione infestante che impediscono di capirne la
sua utilità, si intravedono solo le pareti che
sembrano avere un andamento scampanato,
non si esclude che possa essere servito come
pozzetto per decantare liquidi o per conservare derrate di vario tipo. Rispetto alle caratteristiche sopradescritte, fa eccezione la cavità
1, l’unico ipogeo ad essere caratterizzato da
due ambienti (Fig. 3). A questa cavità si accede tramite un piccolo corridoio scandito da
alcuni gradini; il primo ambiente, di forma
rettangolare, ha un aspetto molto semplice;
un enorme foro sul soffitto, vicino l’ingresso
consente alla luce di illuminare interamente
l’interno. Difficile capire se tale foro, di notevoli dimensioni, sia scaturito da un crollo o sia
stato creato in seguito a modifiche apportate
all’invaso durante le sue fasi d’uso. Sulla parete destra si nota la presenza di una grande
nicchia scavata. Immediatamente dopo l’ingresso vi è una piccola fossa sul pavimento
di forma globulare (Questa fossa ricorda le
fove delle abitazioni rupestri dell’arco ionico
tarantino; cfr. Caprara, 2001).
Il secondo ambiente ha un profilo circolare
ed è separato dal primo da un inserto di roccia
sul cui fronte compaiono due piccole nicchie
(Fig. 4). Lo studio dello scavo dell’intera cavità lascia immaginare che l’ipogeo sia stato
realizzato inizialmente con un solo vano ma
che poi, in seguito anche al cambiamento
della destinazione d’uso, sia stato ampliato
con il secondo vano circolare e forse anche
con il grande foro sul soffitto.
Scarso risulta il repertorio epigrafico dei
graffiti sulle pareti delle cavità, riconducibili
esclusivamente al tipo della croce semplice
o con calvario, quest’ultima individuata solo
nella cavità 4 (Fig. 5).
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
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I FRANTOI IPOGEI
Figura 6 – Cavità 5, frantoio, interno (foto di G. Tonti)
Nell’ area indagata sono stati identificati
due frantoi ipogei o in grotta (cavità 5 e 6); di
questi il primo, che è posto a poco più di 50 m
dalla cavità 1, è quello più ampio. Internamente è caratterizzato da un grande vano al quale
si collegano piccoli ambienti di servizio, alcuni
identificati da dei muretti realizzati in pietrame e bolo a base di terra rossa (Fig. 6). Nel
grande vano principale si conservano ancora
resti di macine, gli incavi per l’alloggiamento
dei torchi alla calabrese e sul pavimento si
riconoscono diverse vasche per la decantazione dell’ olio e per la raccolta dei residui di
lavorazione delle olive (Fig. 7; sulla tipologia
e sulle caratteristiche dei frantoi in grotta del
Salento si vedano Monte, 1995-2000).
Poco distante dall’ingresso del frantoio,
a circa 40 m in direzione NO vi è una enorme aia, del diametro di circa 10 m, ricavata
sulla pietra levigata e delimitata da blocchi
di calcare locale, attorno alla quale si notano
alcune incisioni per canalizzare l’acqua.
A circa 120 m NO dal primo frantoio, una
enorme apertura nella roccia, che si affaccia
su un canalone, immette in ampio vano, anche
in esso si notano sul pavimento varie vasche
di decantazione e sulla base ciò che resta di
alcune parti di arredo anche questa cavità può
essere interpretata come frantoio (il secondo
della zona, Fig. 8); purtroppo le attuali condizioni dell’invaso, ridotto ormai a discarica,
non permettono ulteriori e più approfondite
valutazioni; ciò che si può ipotizzare è che forse, la cavità nasce come naturale e poi viene
ampliata e razionalizzata nel corso del tempo.
Questi due frantoi in grotta non dovevano
essere gli unici presenti in zona; gli abitanti
del luogo infatti ne ricordano un terzo cancellato dall’ espansione urbanistica.
Figura 7 – Cavità 5, frantoio, vasche di decantazione
LA “CRIPTA” DI S. APOLLONIA
Figura 8 – Cavità 6, frantoio, ingresso
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
La cosiddetta “cripta” di S. Apollonia
(cavità 7, PUCA_990, Figg. 9-10), è l’unico
edificio di culto ipogeo identificato nella zona
ed è’ stata scavata sul lato Est della serra.
Non ha una struttura definita ed è impossibile comprenderne le fattezze originarie per via
degli innumerevoli interventi che l’hanno caratterizzata nel corso della storia. L’ accesso
conduce direttamente nella camera centrale
senza copertura, attorno alla quale sono state
create tre zone – una stanza o celletta con un
grande sedile in pietra (Fig. 11) e soffitto in
mattoni (un rifacimento moderno in seguito a
un crollo) rivolta a S/SE, una grossa nicchia
con gradino sedile, e una zona con degli affreschi e notevoli azioni di riempimento che
nascondono la parete originale. Al centro del
grande ambiente compare un enorme pilastro
di pietra collegato al soffitto il quale risulta
molto irregolare. Sulle pareti, gli affreschi,
ormai in avanzato stato di degrado, sono di
Figura 9 – Cripta di S. Apollonia, interno
Figura 10 – Cripta di S. Apollonia, lato Sud
Figura 11 – Cripta di S. Apollonia, sedile in pietra
fattura molto popolare e scadente; realizzati
in epoca settecentesca rappresentano due
Vergini con Bambino, una crocifissione appartenente ad una Trinità, un San Francesco
ritratto nell’ atto di ricevere le stigmate, e S.
Apollonia su cui vi è la scritta 1758 che data
l’intero apparato pittorico (Figg. 12-13); diverse trace di pittura compaiono anche sul
pilastro e su una parte del soffitto (Fonseca
et al., 1979, p. 187-188).
Come Cosimo Damiano Fonseca già notò
alla fine degli anni Settanta, l’ipogeo è probabile che non sia nato con finalità cultuali. La
presenza della celletta con il sedile in pietra e
l’impossibilità di ascrivere questo invaso nella
categoria delle cavità di uso civile, indussero
lo stesso Fonseca a identificare questa chiesa ipogea come un piccolo eremo, nato in un
tempo non definibile, completamente trasformato e adattato poi ad un altro scopo (Fonseca
et al., 1979, p. 188). Attualmente, sia le fonti
che gli elementi archeologici non consentono
di dimostrare l’esistenza di presenze monastiche nella zona e benché la presenza di un
seggio litico di quel tipo tenda a rimandare
al monachesimo in rupe non è elemento sufficiente per poter affermare un uso monastico
dell’ ipogeo, considerando anche il fatto che lo
stesso invaso non avendo una forma definita
non è paragonabile ad altri monasteri o cenobi
in rupe pugliesi, come ad esempio quelli del
tarantino (cfr. Caprara, 2001)1. Quello che è
oggettivamente rilevabile è che probabilmente
la cosiddetta cripta sia più antica di quello che
sembra, anche se non è possibile capirne né
la forma né la funzione originarie; per certo si
possono riconoscere almeno tre strati di affresco sovrapposti – quello più superficiale settecentesco (con diverse sovra dipinture); uno
intermedio, probabilmente di pieno XVI secolo
a cui appartiene la raffigurazione della Vergine
posta sulla parete a sinistra nella parte più interna dell’ invaso (Fig. 12) e uno più antico che
poggia direttamente sulla superficie lapidea e
che corrisponde al primo ciclo pittorico che ha
caratterizzato la cavità; purtroppo ciò che resta
di questo strato di affresco non fornisce attualmente elementi utili per la sua datazione.
Ribadendo il concetto che, al momento,
non siamo in grado di determinare le origini
cronologiche della cavità, si può ben affermare con certezza che ad un certo punto della
storia (probabilmente dal XVI secolo in poi) vi
1 Nel Salento, la presenza di un altro seggio litico
all’interno di un ipogeo è stata identificata nel sito
dell’ antica abbazia di San Nicola di Macugno, presso
Neviano, LE; in questo caso l’associazione con il monachesimo medievale è dimostrata dalle fonti, anche
se ancora permangono dubbi sull’uso esclusivamente monastico dell’ipogeo in questione in quanto le
indagini archeologiche hanno dimostrato l’esistenza
di fasi di frequentazione civili; cfr. Calò, 2015.
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
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Figura 12 – Cripta di S. Apollonia, affresco della Vergine con Bambino
sono state diverse e importanti trasformazioni
architettoniche che hanno portato l’invaso ad
avere l’aspetto che presenta al giorno d’oggi
e da cui si deduce l’esigenza, da parte della
comunità del luogo, di aver un luogo di culto
definito (Calò, 2015, pp. 133-134). Inoltre la
committenza privata e laica dell’ edificio si
evince bene non solo dalla tipologia degli affreschi, di fattura popolaresca e appartenenti
ad una mano non molto esperta, ma anche
dalla presenza di una piccola sepoltura posta
all’interno dell’invaso (situazione frequente
Figura 13 – Cripta di S. Apollonia, affresco della santa omonima
Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018
nelle chiese rupestri Salentine; cfr. Falla, Castelfranchi, 1991, pp. 89-90).
LE STRADE
Nella zona sono presenti diversi solchi
e tracce di carraie -di dimensione variabi-
le- che si intrecciano in un reticolo di piccoli
sentieri, collegati a loro volta con la viabilità
maggiore che circonda il declivio su cui vi sono le varie cavità. Non molto distante dall’ingresso di uno dei frantoi (cavità n. 5) vi è un
tratturo scavato nella roccia che si conserva
per circa 50 metri nel banco roccioso. Tutti
questi elementi, se contestualizzati e messi
in relazione dal punto di vista topografico,
sembrano svilupparsi tutti in direzione Nord,
verso il villaggio rupestre di Macurano, che
dista dal nostro insediamento non più di 2
km in linea d’aria. Ovviamente queste tracce
di viabilità individuate hanno una datazione
incerta, probabilmente a causa della prolungata fase d’occupazione dell’area, inoltre, la
collocazione topografica di alcune di esse e il
loro andamento rimanderebbero ad una fase
di realizzazione più antica dell’insediamento
rupestre indagato.
LO STATO DI CONSERVAZIONE
A causa dell’ abbandono e dell’ incuria,
per alcune delle cavità di cui si è parlato, sono
state rilevate delle problematiche che minano
il loro stato di conservazione. Durante l’indagine si è preso coscienza di come alcuni fattori
ambientali quali la vegetazione infestante e
incontrollata, l’esposizione agli agenti atmosferici e non per ultima, l’ espansione urbanistica, abbiano influito sulla conservazione
delle varie unità rupestri e ipogee. La cavità n.
4 ad esempio, a causa proprio della vegetazione risulta non facilmente accessibile e all’interno le radici degli alberi si sono sviluppate a
tal punto da intaccare il pavimento e le pareti
rocciose provocando delle fessurazioni sulle
pareti che potrebbero compromettere l’integrità dell’ invaso; tale situazione di fessurazione,
dovuta ai medesimi motivi è stata riscontrata
anche in uno dei frantoi (cavità n. 5). La continua esposizione agli agenti atmosferici ha
poi comportato una costante infiltrazione di
acqua che ha portato alla formazione di muffe e vari microrganismi che hanno intaccato
la superficie della roccia, e hanno favorito il
distacco -come nel caso della cripta di S. Apollonia- delle superfici affrescate.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
L’insediamento analizzato si configura
come un nucleo di ipogei e cavità completamente integrato nel paesaggio. Accantonata
definitivamente la teoria che ha visto alcune
di queste cavità come espressione del monachesimo eremitico - tesi non dimostrata né
dimostrabile - e premettendo che allo stato
attuale è impossibile far risalire ogni cavità
ad una cronologia definita per la mancanza di
scavi sistematici che le riguardano, è tuttavia
possibile individuare un uso che sembra accomunare, almeno per una fase cronologica,
tutte le cavità prese in esame.
Sulla base di diversi elementi – come
il materiale archeologico di superficie – è
altamente probabile che la loro origine sia
antica e che sia perpetuata nel tempo, sicuramente a fasi alterne, coprendo un arco di
tempo che potrebbe andare dal tardo medioevo fino sicuramente all’ età moderna. Con
molta probabilità lo sfruttamento maggiore
di queste cavità, che si può costatare archeologicamente, è avvenuto tra XVI e XVIII secolo
e a dircelo sono – le pitture della cripta di S.
Apollonia datate al 1758 (Fig. 13), la presenza
dei frantoi in grotta, realizzati secondo una
tipologia usata tra 500 e 600 fino addirittura
all’800, e l’identificazione di materiale fittile
di epoca sia basso che e post medievale e
anche moderna, ascrivibile a impasti acromi
di contenitori d’uso comune, nei pressi di alcune cavità. Molto probabilmente, quindi, ci
troviamo davanti ad un insediamento a carattere rurale che trova la sua ragion d’essere
nella presenza dei frantoi ipogei che fanno
del luogo una zona di trasformazione e produzione delle risorse rurali. Gli scopi d’uso
di alcune cavità sono abbastanza chiari, vi
sono una stalla (cavità 3) e dei depositi di
attrezzi o derrate (cavità 2-4), che possono
aver avuto anche una funzione abitativa e di
ricovero (cavità 1-4). Ad usufruire di queste
cavità è stata la comunità locale di San Dana
che, sfruttando questo insediamento almeno
dal ‘500 finanche all’ 800, ha poi scelto come
luogo di culto (e probabilmente anche di aggregazione e di identificazione) la cripta di S.
Apollonia, cripta probabilmente già esistente
ma poi plasmata e adattata alle esigenze e
ai gusti religiosi della gente di quell’ epoca.
Considerando tutto ciò si può dedurre che tale
insediamento ha avuto come attività principale la produzione olearia, collocandosi nel
territorio in una posizione marginale rispetto ad altri sistemi rupestri come quello di
Macurano; la marginalità dell’insediamento
rupestre di San Dana, non è un caso isolato
nel Salento, ipogei e cavità artificiali diffuse
o collocate “marginalmente” rispetto ai sistemi urbani maggiori si trovano da Nord a
Sud nella provincia di Lecce, basta vedere gli
aggrottamenti artificiali nei canali di Leuca, o
quelli nei dintorni di Lecce (Sammarco, 2000,
Sammarco, Parise, 2011; Sammarco, Calò,
Parise, 2017).
Le conclusioni a cui si è approdati con
questo studio potranno essere confermate o
smentite solo con degli scavi archeologici e
ulteriori indagini sistematiche, volti non solo a capirne la natura ma anche indirizzati
a fermare l’avanzato degrado in cui versano
queste cavità.
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