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Geologia dell’Ambiente Periodico trimestrale della SIGEA Società Italiana di Geologia Ambientale Supplemento al n. 4/2018 ISSN 1591-5352 Poste Italiane S.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1 - DCB Roma Atti del convegno nazionale Cavità di origine antropica, modalità d’indagine, aspetti di catalogazione, analisi della pericolosità, monitoraggio e valorizzazione Roma, 1 dicembre 2017 A cura di FRANCESCA BOZZANO EUGENIO DI LORETO STEFANIA NISIO MARIO PARISE I NDAGINI GEOFISICHE E RILIEVI TOPOGRAFICI Cat. OS20A Class. I Cat. OS20B Class. III Bis Via Caduti di Nassiriya n. 170 70022 Altamura (BA) Tel e Fax: 080.3143324 E-mail: apogeo.altamura@libero.it www.apogeo.biz w w w . a p og e o. b i z Società Italiana di Geologia Ambientale Associazione di protezione ambientale a carattere nazionale riconosciuta dal Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare con D.M. 24/5/2007 e con successivo D.M. 11/10/2017 Sommario PRESIDENTE Antonello Fiore CONSIGLIO DIRETTIVO NAZIONALE Danilo Belli, Lorenzo Cadrobbi, Franco D’Anastasio (Segretario), Daria Duranti (Vicepresidente), Antonello Fiore (Presidente), Sara Frumento, Fabio Garbin, Enrico Gennari, Giuseppe Gisotti (Presidente onorario), Gioacchino Lena (Vicepresidente), Luciano Masciocco, Michele Orifici, Vincent Ottaviani (Tesoriere), Angelo Sanzò, Livia Soliani Geologia dell’Ambiente Periodico trimestrale della SIGEA Supplemento al n 4/2018 Introduzione ANTONELLO FIORE E ARCANGELO FRANCESCO VIOLO 9 SESSIONE A CENSIMENTO E CATALOGAZIONE CAVITÀ Anno XXVI - settembre-dicembre 2018 Iscritto al Registro Nazionale della Stampa n. 06352 Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 229 del 31 maggio 1994 DIRETTORE RESPONSABILE Giuseppe Gisotti COMITATO SCIENTIFICO Mario Bentivenga, Aldino Bondesan, Giancarlo Bortolami, Giovanni Bruno, Giuseppe Gisotti, Giancarlo Guado, Gioacchino Lena, Giacomo Prosser, Giuseppe Spilotro COMITATO DI REDAZIONE Fatima Alagna, Federico Boccalaro, Giorgio Cardinali, Francesco Cancellieri, Valeria De Gennaro, Fabio Garbin, Gioacchino Lena, Maurizio Scardella REDAZIONE SIGEA: tel. 06 5943344 Casella Postale 2449 U.P. Roma 158 info@sigeaweb.it PROCEDURA PER L’ACCETTAZIONE DEGLI ARTICOLI I lavori sottomessi alla rivista dell’Associazione, dopo che sia stata verificata la loro pertinenza con i temi di interesse della Rivista, saranno sottoposti ad un giudizio di uno o più Referees UFFICIO GRAFICO Pino Zarbo (Fralerighe Book Farm) www.fralerighe.it PUBBLICITÀ SIGEA STAMPA Industria grafica Sagraf Srl, Capurso (BA) La quota di iscrizione alla SIGEA per il 2018 è di € 30 e da diritto a ricevere la rivista “Geologia dell’Ambiente”. Per ulteriori informazioni consulta il sito web all’indirizzo www.sigeaweb.it Catasto speleologico nazionale delle cavità artificiali (CA). Classificazione, interventi di tutela e monitoraggio conseguiti grazie ai dati speleologici e prospettive future MICHELE BETTI, ROBERTO BIXIO, CARLA GALEAZZI, SANDRO GALEAZZI, CARLO GERMANI, MARIO MAZZOLI, MARCO MENEGHINI, GIOVANNI BELVEDERI, MARIO PARISE, STEFANO SAJ 13 L’inventario delle cavità di origine antropica e la Banca Dati Territoriale online del territorio della Città Metropolitana di Napoli PAOLO MARIA GUARINO, ROBERTA CARTA, DANIELA MARIA ANTONIA, MAURO ROMA, ROCCO MARI, MARCO SORAVIA, PAOLA NAPOLITANO, GIUSEPPE PALMA, FORTUNATO SGARIGLIA, ANTONIO SANTO 19 Primo contributo alla realizzazione della Carta delle Cavità Sotterranee di Roma FABRIZIO BISCONTI, GIANCARLO CIOTOLI, GIANLUCA FERRI, ROBERTO FIORE, MAURIZIO LANZINI, STEFANIA NISIO, MAURO ROMA, RICCARDO PAOLUCCI, IVANO STRANIERI, CLAUDIO SUCCHIARELLI, MAURIZIO ALLEVI 25 Cavità sotterranee nell’area portuense a Roma CIANFRIGLIA LAURA, MATTEUCCI RENATO, ROSA CARLO, SEBASTIANI RENATO 33 Le cavità sotterranee scomparse di Roma: la catacomba di San Felice scomparsa sulla Via Portuense GIANCARLO CIOTOLI, STEFANIA NISIO 48 Le cave di pozzolana a Roma e nel territorio nelle fonti archivistiche settecentesche ORIETTA VERDI, GIANLUIGI GIANNELLA, CARLO ROSA 57 Cave sotterranee nel Colle Aventino. Cartografia storica, documenti di archivio e nuove indagini geoarcheologiche LETIZIA RUSTICO, ROBERTO NARDUCCI 63 Note preliminari sulle indagini speleologiche e geologiche dell’acquedotto “Fontana” di Velletri (Roma) PIO BERSANI, CARLO GERMANI, CARLA GALEAZZI, RUGGERO BOTTIGLIA, SANDRO GALEAZZI 72 Il censimento delle cavità naturali e artificiali della Riserva Naturale Regionale Lago di Vico (Viterbo) ANDREA SASSO 76 Censimento e catalogazione delle cavità di origine antropica mediante prospezioni geofisiche integrate nell’area de “Il Piano” (Isola d’Elba, Italia) MARIA DI NEZZA, MICHELE DI FILIPPO, FLAVIO CECCHINI, SIRO MARGOTTINI, CARIS DE MARTINO, VERONICA PAZZI, TOMMASO CARLÀ, FEDERICA BARDI, FEDERICO MARINI, KATIA FONTANELLI, EMANUELE INTRIERI, RICCARDO FANTI 81 Censimento e interesse storico e speleologico delle fortificazioni militari della Nurra (Sardegna) PIERPAOLO DORE, ELEONORA DALLOCCHIO 91 Censimento e mappatura della rete di cavità che sottende il paese di Castelnuovo, San Pio delle Camere (AQ) FEDERICA DURANTE, GIORGIO PIPPONZI, EMANUELE DEL MONTE, ALESSANDRO GHINELLI, VIDAN ILIC, MARCO NOCENTINI, MARCO TALLINI 95 Altamura memoria del paesaggio: le cave per l’estrazione del materiale lapideo. Dal censimento alla valorizzazione dei percorsi dell’industria estrattiva EMMA CAPURSO, TERESA NINIVAGGI, GIOVANNI RAGONE 103 Cavità sotterranee di origine antropica in Francia MARIA LUISA FELICI 108 SESSIONE B ANALISI DELLA PERICOLOSITÀ TERRITORIALE Ricostruzione del modello tridimensionale di una cavità sotterranea nel Complesso Monumentale dei SS. Marcellino e Festo (Napoli) mediante l’utilizzo di laser scanner manuale VINCENZO ALLOCCA, ANNA CLAUDIA ANGRISANI, SILVIO CODA, MARIA DANZI, PANTALEONE DE VITA, UMBERTO DEL VECCHIO, DIEGO DI MARTIRE, DOMENICO MASSA, GIANLUCA MININ, GIOSAFATTE NOCERINO, DOMENICO CALCATERRA 113 Le acque nelle cavità sotterranee di Roma PIO BERSANI, STEFANIA NISIO, LUCA PIZZINO 117 Il fattore nshape dei pilastri di cave sotterranee e il loro fattore di sicurezza a compressione desunto da analisi di regressione multivariata GIOVANNI BRUNO 126 Analisi sistemica per una valutazione della suscettibilità al dissesto di territori dell’Agro Nolano (provincia di Napoli) con presenza di cavità antropiche in tufo GIANFRANCO CACCAVALE, DOMENICO CALCATERRA, MASSIMO RAMONDINI 135 Analisi contestuale di cavità di origine antropica nel Parco Archeologico delle Terme di Baia (Campania, Italia) MARCO CORVI, NORMA DAMIANO, PAOLO MARIA GUARINO, IVANA GUIDONE 155 Nuove metodologie di rilievo di ambienti ipogei tramite laser scanner: l’esempio di una cavità artificiale in provincia di Napoli MARIA DANZI, UMBERTO DEL VECCHIO, GIANLUCA MININ, VALENTINA BARONE 164 Relazioni tra caratteristiche petrografiche e parametri geotecnici nelle rocce tenere carbonatiche in Puglia VINCENZO FESTA, ANTONIO FIORE, MARIA NILLA MICCOLI, LUIGI SPALLUTO 168 Considerazioni sulla stabilità morfologica della cavità rocciosa che ospita l’eremo (IX sec) dedicato a San Michele Arcangelo – Monti Aurunci (Lazio Meridionale) PAOLO MIELE 185 Criteri di verifica dei pilastri di cave di pozzolana abbandonate MARCO MIZZONI, GIANLUIGI GIANNELLA, FILIPPO VIRGILI, EUTIZIO VITTORI 195 Analisi geostrutturale su nuvola di punti acquisita con laser scanner 3d: applicazione alla Grotta di Cocceio, Bacoli (Campania, Italia) MARCO PAGANO, BIAGIO PALMA, MARIO PARISE, ANNA RUOCCO 201 Studio numerico parametrico per la definizione di abachi per la valutazione preliminare della stabilità di cavità sotterranee in calcarenite tenera MICHELE PERROTTI, PIERNICOLA LOLLINO, NUNZIO LUCIANO FAZIO, LUCA PISANO, GIOVANNA VESSIA, MARIO PARISE, ANTONELLO FIORE, MICHELE LUISI, MARIA NILLA MICCOLI, LUIGI SPALLUTO 209 Analisi speditiva del quadro fessurativo caraterizzante gli ambienti sotteranei della “Ricerca Buca del Serpente” (Campiglia Marittima, Toscana) EMILIO POGGETTI, LUCA TINAGLI 214 Preesistenze di natura antropica in una delle regioni più antiche delle Catacombe dei SS. Marcellino e Pietro a Roma MONICA RICCIARDI, RAFFAELLA GIULIANI, DOMINIQUE CASTEX 219 L’utilizzo di fotografie aeree dell’Aerofototeca Nazionale degli anni precedenti l’urbanizzazione del suburbio romano per l’individuazione e catalogazione di cavità di crollo connesse alla evoluzione perniciosa di cavità sotterranee legate ad attività estrattive CARLO ROSA, GIANLUIGI GIANNELLA 225 SESSIONE C TECNICHE E PROCEDURE DI MONITORAGGIO E CONSOLIDAMENTO Le tecniche per operare in sicurezza in spazi confinati applicate nel progetto di studio e recupero “Forma Aquae Maxentii” ELETTRA SANTUCCI, LUCA GIRARDO, STEFANO ADORNATO, SUSANNA BASSO 245 Sviluppi nelle tecniche e tecnologie di indagine e monitoraggio delle cavità in venti anni di applicazione nel laboratorio naturale dell’Orvieto ipogea ENDRO MARTINI, CLAUDIO SOCCODATO, FILIPPO M. SOCCODATO, ANGELO CELANO, MICHELE CURUNI, VALENTINA ALBANO 252 Piano per la messa in sicurezza delle cavità sotterranee instabili nel Cratere Sismico Aquilano GIORGIO PIPPONZI, EMANUELA FERRINI, FRANCESCO MATTUCCI 258 Cavità di origine antropica e sicurezza degli edifici scolastici nella città di Roma: i casi di studio di via Asmara (Municipio II) e via Diana (Municipio V) ALESSIO ARGENTIERI, MARIA DI NEZZA, MICHELE DI FILIPPO, MARIA PIRO, GIOVANNI ROTELLA, FLAVIO CECCHINI, SIRO MARGOTTINI 263 Nuovi studi sulle necropoli etrusche di Tarquinia (VT) con GPR e Geoelettrica GRETA BRANCALEONI, SILVIA CASTELLARO, LUIGI PERRICONE 271 Il metodo B&B ottimizzato per la definizione dell’area tributaria dei pilastri in cave sotterranee GIOVANNI BRUNO, LUIGI BOBBO, MARIA DOLORES FIDELIBUS 277 Monitoraggio e caratterizzazione idrogeologica di alcuni qanat nelle vicinanze della Città di Yazd (Iran centrale) EZIO BURRI, ANDREA DEL BON, ANGELO FERRARI, HOSSEIN GHAFORI, ALI ASGHAR SEMSAR YAZDI, LABBAF MAJID KHANEIKI, ARNALDO PIERLEONI, PIETRO RAGNI 283 Gaeta: analisi qualitativa dei fenomeni di instabilità ed interventi per la riqualificazione ambientale della spiaggia di Fontania ILARIA FALCONI 287 GIS e Drone per la gestione emergenziale delle cavità sotterranee FILIPPO MASSIMILIANO GAGLIANO 294 Esperienze nell’impiego di aeromobili a pilotaggio remoto nell’esplorazione, documentazione e monitoraggio di cavità artificiali sotterranee MARIO MAZZOLI, ISIDORO BONFÀ, FRANCESCO MARSALA 300 Esplorazione e documentazione di cavità artificiali sommerse: rischi, cautele esplorative, procedure consolidate in ambito speleo subacqueo MARIO MAZZOLI, CARLA GALEAZZI, MARCO VITELLI 304 Consolidamento di cavità e monitoraggio rupe di Orvieto PIERFRANCO VENTURA 310 Analisi di stabilità e progetto esecutivo per la messa in sicurezza di aggrottati nell’area urbana di Ragusa Ibla MICHELE ZOCCO, CRISTINA LICITRA 315 SESSIONE D VALORIZZAZIONE E FRUIZIONE Pollino UNESCO Geoparco Mondiale. Valorizzazione e tutela di una cavità antropica, identificata quale geosito LUIGI BLOISE, EGIDIO CALABRESE 327 Tutelare e valorizzare il sottosuolo. La ricostruzione 3D della miniera di grotta della “Buca della Faina di Poggio all’Aione” (Regione Toscana) DEBORA BROCCHINI, LUCA DERAVIGNONE, EMILIO POGGETTI 331 La città di Shahrood (Iran nord-orientale) e il suo approvvigionamento idrico tramite i qanat EZIO BURRI, ANDREA DEL BON, DOULATI ARDEJANI FARAMARZ, ANGELO FERRARI, KARAMI GHOLAM HOSSEIN, PIETRO RAGNI 338 Gli ipogei in Puglia tra conservazione e innovazione ANTONELLA CALDERAZZI, ROSA PAGLIARULO 343 Gli ipogei di San Dana (LE). Un sistema rupestre marginale nel Salento meridionale STEFANO CALÒ, DANIELA LONGO 348 Privata traiani domus. Elaborazioni 3D, ricerca e fruizione ELISABETTA CARNABUCI, FEDERICA MICHELA ROSSI, STEFANO CALÒ, ELETTRA SANTUCCI 356 Il sentiero dell’acqua di Sinalunga GIANFRANCO CENSINI, PIERPAOLO DORE, ELEONORA DALLOCCHIO 363 Il complesso ipogeo in località San Fortunato - Marsciano (PG) VALERIO CHIARALUCE 369 Potenzialità delle cavità ex-estrattive tra recupero ambientale e nuovi usi: applicazioni nel Parco dell’Appia Antica PAOLA VERONICA DELL’AIRA, CARLO ESPOSITO, PAOLA GUARINI 374 Gli ipogei di Bagnoregio e Civita (Viterbo): una ricchezza (quasi) sconosciuta GIOVANNI MARIA DI BUDUO, VALERIO CHIARALUCE, LUCA COSTANTINI, TOMMASO PONZIANI 381 Cavità sotterranee di Roma: procedure regionali per la valutazione della pericolosità geologica e attività di monitoraggio e conservazione della biodiversità EUGENIO DI LORETO, LORENZO LIPERI, STEFANIA NISIO, IVANA PIZZOL, FEDERICA ROSCIOLI, ELENA SANTINI, ALESSANDRA TOMASSINI 387 Siracusa ipogea: carta di censimento e classificazione dei principali sistemi ipogei di Acradina Neapolis ed Ortigia ANNA MARIA DI MAIO, GAETANO BORDONE, MARIA GIOMPAPA, CLAUDIO MIRAGLIA, LUCIANO ARENA 392 Conservazione alimentare in ambiente ipogeo: l’esempio delle cave in sotterraneo della Val di Non ANTONIO GALGARO, GIORGIA DALLA SANTA, MATTEO CULTRERA, MICHELE DE CARLI, STEFANO DAZ, MARCO FAURI, ALESSANDRA DE LULLO, SIMONETTA COLA, PAOLO SCOTTON, FABRIZIO CONFORTI, ANDREA FUGANTI 403 Il sistema ipogeo di “Kolymbethra - Porta V” nel Parco Archeologico della Valle dei Templi di Agrigento: un esempio di fruizione turistica di una cavità artificiale GIUSEPPE LOMBARDO, GIOVANNI NOTO, MARCO INTERLANDI, ELISABETTA AGNELLO, EUGENIO VECCHIO 412 Progetto Norchia ’16-’18. Scavi nella necropoli di Norchia, (VT), in località Guado di Sferracavallo SIMONA STERPA 420 Le gallerie delle sorgenti termali di Porretta: rilievi, monitoraggi, azioni di valorizzazione STEFANO VANNINI, ALESSANDRO STEFANI 427 Aspetti geomorfologici e cavità d’origine antropica del territorio dell’Ecomuseo della Tuscia Rupestre (Viterbo) ANDREA SASSO 435 COMITATO SCIENTIFICO Gianfranco Andriani (Università degli Studi di Bari) Mario Bentivenga (Università degli Studi della Basilicata) Michele Betti (Commissione Nazionale Cavità Artificiali, Società Speleologica Italiana - SSI) Francesca Bozzano (Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra e Centro di Ricerca - CERI) Giovanni Bruno (Politecnico di Bari, Società Italiana di geologia Ambientale - Sigea) Giancarlo Ciotoli (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria - CNR-IGAG, Roma) Eugenio Di Loreto (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea) Carlo Esposito (Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra e Centro di Ricerca - CERI) Gianluca Ferri (Ufficio Dissesti Idrogeologici e Sottosuolo Comune di Roma) Antonello Fiore (Autorità di Bacino Distrettuale AM, Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea) Carla Galeazzi (Egeria CRS-Hypogea) Daniele Giordan (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica, Torino) Giuseppe Gisotti (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea) Maurizio Lanzini (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea) Gioacchino Lena (Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea) Lorenzo Liperi (Regione Lazio) Piernicola Lollino (Consiglio Nazionale delle Ricerche - CNR-IRPI, Bari) Luciano Masciocco (Università di Torino, Società Italiana di Geologia Ambientale - Sigea) Roberto Mazza (Università degli Studi di Roma 3, Dipartimento di Scienze) Mario Mazzoli (ASSO-Hypogea) Antonio Monte (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto per i Beni Archeologici e Monumentali - CNR-IBAM, Lecce) Gabriele Scarascia Mugnozza (Sapienza Università di Roma, Dipartimento di Scienze della Terra e Centro di Ricerca - CERI) Stefania Nisio (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - ISPRA) Mario Parise (Università degli Studi di Bari) Giuseppe Spilotro (Università degli Studi della Basilicata, Scuola di Ingegneria) Paolo Tommasi (Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Geologia Ambientale e Geoingegneria - CNR-IGAG, Roma) Prentazione del volume A CURA DI ANTONELLO FIORE E ARCANGELO FRANCESCO VIOLO G Il volume di 440 pagine è strutturato in quattro sessioni come quelle del convegno: • Censimento e catalogazione delle cavità; • Analisi della pericolosità territoriale; • Tecniche e procedure di monitoraggio e consolidamento; • Valorizzazione e fruizione. Il volume raccoglie 59 articoli che dimostrano il grande interesse e l’ampia diffusione culturale e geografica dei vari argomenti trattati. Il nostro ringraziamento va a tutti quelli che con i loro articoli hanno contribuito a questa crescita collettiva che parte dal confronto delle esperienze svolte, al comitato scientifico e ai quattro curatori degli atti che con dedizione, professionalità e passione hanno coordinato i lavori tra gli autori e il comitato scientifico. A questo volume, disponibile liberamente online, hanno contribuito 199 autori, alcuni dei quali presentando anche più lavori; la riuscita di questa impresa di conoscenza e condivisone della conoscenza è un lavoro articolato e partecipato che necessita del sostegno anche delle Istituzioni. Azioni come queste sono necessarie a rafforzare la cultura della condivisone, della partecipazione che fungono anche da volano per gli aspetti tecnico-professionali con ricadute socio economiche. Su questo tema, come sugli altri argomenti d’interesse multidisciplinare, si deve partire dalle conoscenze acquisite storico-culturali e tecnico-scientifiche per garantire una valorizzazione degli ambienti ipogei nel rispetto dei principi di sicurezza degli addetti ai lavori e dei visitatori. Sono molte le cavità di origine antropica che, rivestendo un interesse culturale, storico/religioso, paesaggistico/turistico (chiese rupestri, santuari, catacombe, frantoi ipogei, cantine ecc.), rappresentano un potenziale da tutelare e valorizzare. Ancora grazie a tutti i protagonisti di questo volume e buona lettura. li atti che presentiamo in questo volume sono il risultato di un percorso che la Sigea e il Consiglio Nazionale dei Geologi, in collaborazione con gli ordini professionali territoriali e altre associazioni culturali, hanno svolto nel corso del 2017. Il convegno nazionale “Cavità di origine antropica, modalità d’indagine, aspetti di catalogazione, analisi delle pericolosità, monitoraggio e valorizzazione”, organizzato in sinergia tra la Sigea e il Consiglio Nazionale dei Geologi, è stato preceduto da un percorso di disseminazione e discussione sui temi affrontati in dicembre a Roma. Nel corso dell’anno, come avvicinamento al convegno nazionale di Roma, sono stati organizzati incontri regionali a Massafra (TA) con l’Ordine dei Geologi della Puglia, l’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Taranto e l’Archeoclub “Il patrimonio storico culturale delle cavità di origine antropica pugliesi. Analisi delle pericolosità per la giusta valorizzazione”; a Melfi (PZ) con l’Ordine dei Geologi della Basilicata, l’Ordine degli Architetti PPC della Provincia di Potenza e l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Potenza, Archeoclub “Il patrimonio storico culturale delle cavità di origine antropica lucane”; a Orvieto (TR) con l’Alta Scuola e l’Ordine degli ingegneri della Provincia di Terni “Condizioni di stabilità di cavità ipogee ed edifici storici sovrastanti”; a Genova con il Centro Studio Sotterranei, la Commissione Nazionale Cavità Artificiali, la Delegazione Speleologica Ligure, l’Ordine Regionale Geologi della Liguria e la Società Speleologica Italiana “Le cavità artificiali della Liguria, conoscenza, valorizzazione e fruizione tra impatti e rischi”. Le cavità sotterranee di origine antropica suscitano notevole interesse, sia dal punto di vista della ricerca scientifica sia dal punto di vista professionale per il supporto che i tecnici professionisti forniscono alle amministrazioni pubbliche e ai privati, per i gravi fenomeni di sprofondamento del suolo indotti dal collasso improvviso di calotte, pilastri o setti di roccia che costituiscono gli ipogei. Il loro interesse è anche storico culturale che, grazie all’attuazione di politiche di valorizzazione, comportano positive ricadute socio economiche sulle popolazioni locali. Infatti, alcune cavità sono sistematicamente inserite nel tessuto socio/ economico e territoriale per l’interesse culturale, storico, paesaggistico e turistico. Molte di esse sono aperte al pubblico per scopi turistici o religiosi (chiese rupestri, santuari, catacombe, frantoi ipogei e cantine). Sono diverse le regioni italiane (come Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Sicilia, Sardegna, Umbria e Liguria) che vedono la presenza diffusa di cavità di origine antropica che spesso destano grande preoccupazione per la pubblica e privata incolumità. La ricerca scientifica e gli studi storicoculturali suggeriscono l’adozione di politiche di valorizzazione e utilizzo con ricadute socio economiche importanti. Un utilizzo che non deve trascurare gli aspetti della sicurezza. Questo richiede un forte impegno volto alla definizione delle geometrie dei vuoti sotterranei, dei modelli geologici, dei modelli geotecnici, delle infrastrutture presenti sopra le cavità e dell’uso del suolo nelle aree circostanti, delle analisi di stabilità e del loro controllo e monitoraggio nel tempo. Le attività convegnistiche intraprese nel corso del 2017, anno in cui, tra l’altro, la Sigea ha festeggiato il suo 25° anno di attività, hanno attivato un percorso di confronto scientifico-culturale-tecnico, rivolto agli addetti ai lavori, su alcuni importanti aspetti legati alle cavità sotterranee di origine antropica, offrendo la possibilità di raccogliere le nuove ricerche e le procedure aggiornate di censimento e valutazione della pericolosità territoriale. Nello stesso tempo è stata fornita ai professionisti tecnici ogni informazione utile per la messa in sicurezza del territorio e per una valorizzazione consapevole del patrimonio storico-culturale. Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 9 348 Gli ipogei di San Dana (LE). Un sistema rupestre marginale nel Salento meridionale STEFANO CALÒ Gruppo speleologico leccese ‘Ndronico DANIELA LONGO Università del Salento The hypogea of San Dana (LE). A marginal cave settlement in Southern Apulia Parole chiave (key words): Puglia (Apulia), Salento (Salento), insediamenti rupestri (cave settlements), ipogei (hypogea), cavità artificiali (artificial cavities) RIASSUNTO Il fenomeno degli insediamenti rupestri, ben attestato non solo in Puglia ma in tutta l’Italia meridionale, con notevoli legami culturali anche con diversi paesi del Mediterraneo, è oggetto di studio sin dagli anni Settanta. Grazie alle ricerche condotte da Cosimo Damiano Fonseca è stato possibile delineare il quadro degli insediamenti rupestri medievali del Basso Salento. La penisola salentina, con le sue piccole alture collinari definite Serre, ha offerto, nel corso del tempo, notevoli opportunità alle comunità umane per la creazione di insediamenti a carattere rupestre o ipogeo ed è proprio lungo i crinali di queste colline che si sono sviluppati i contesti più particolari come villaggi, chiese rupestri e insediamenti rurali di vario tipo spesso caratterizzati da cavità o ipogei adibiti allo sfruttamento e alla lavorazione delle risorse. Il lavoro offre un contributo alla definizione e all’ identificazione del panorama rupestre storico del Salento meridionale; attraverso la metodologia del field survey, è stato possibile individuare, in un contesto già conosciuto per le sue “peculiarità rupestri e ipogee”, nuove cavità artificiali che sono state contestualizzate nel tessuto rurale e per le quali è stato possibile dare un’ interpretazione sul loro uso nel corso del tempo e una valutazione circa il loro stato attuale di conservazione. PREMESSA Il fenomeno storico del vivere in grotta in Puglia inizia ad essere oggetto di attenzione scientifica a partire dagli anni Settanta. Il quadro degli insediamenti in rupe medievali del Basso Salento (provincia di Lecce) ci è noto soprattutto grazie agli studi di Cosimo Damiano Fonseca i quali sanciscono l’inizio della conoscenza di questo fenomeno dell’ area salentina. Prima che si iniziasse a parlare di villaggi e sistemi insediativi rupestri o ipogei l’interesse scientifico per questo fenomeno era concentrato soprattutto verso le chiese in grotta le quali, ritenute “più meritevoli” dal punto di vista artistico e architettonico, furono oggetto di un orientamento accademico estremamente generalista e fine a se stesso che, a partire dalla fine dell’Ottocento, considerò tutte le manifestazioni d’arte “bizantina” in ambiente rupestre come una conseguenza dell’ importazione culturale operata dai monaci italo-greci, venuti in territorio italico durante le persecuzioni iconoclaste (Gabrieli, 1936; Medea, 1939). A partire dagli anni Sessanta e Settanta del Novecento si diffonde un nuovo orientamento accademico, l’attenzione inizia a spostarsi dalla sfera religiosa a quella laica e, pian piano, si inizia a dimostrare come molti degli insediamenti rupestri di età storica del Salento altro non sono che l’ espressione di una tendenza abitativa non necessariamente legata al fenomeno monastico (Fonseca, 1970-1975; Fonseca et al., 1979). Purtroppo, a distanza di più di quarant’anni, non ci sono ancora per questi siti complete indagini sistematiche né topografiche né archeologiche. Sulla base di ciò è stato condotto uno studio analitico che ha permesso di analizzare alcuni ipogei e cavità rupestri artificiali presenti in una parte del Salento orientale. La ricerca, attraverso una revisione critica della letteratura esistente, e tramite l’ausilio di ricognizioni sistematiche e della georeferenziazione GPS, ha prodotto un piccolo censimento di cavità artificiali dal quale è stato possibile analizzarne le caratteristiche architettoniche (grazie anche all’apporto di tecniche fotogrammetriche), valutarne lo stato di conservazione e interpretare il loro utilizzo nelle varie fasi storiche. Inoltre, tale censimento ha contribuito ad aumentare il numero delle cavità già note in quell’ area e già presenti nel catasto delle grotte e delle cavità artificiali della Puglia. IL TERRITORIO Il Salento, la parte più a sud della penisola pugliese, comprende un territorio molto vasto, che supera i 5000 Km2, la sua morfologia è caratterizzata dalla presenza di corrugamenti collinari, modellati nei calcari mesozoici del Cretaceo, definiti Serre o Murge salentine. Queste colline, che non superano i 200 m sul livello del mare, seguono una morfologia che si sviluppa a sud di Lecce, con un andamento N-NO/S-SE (Sammarco, Parise, 2011; Calò, Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 2015). Queste alture, spesso caratterizzate da delle depressioni vallive scaglionate a quote differenti, sono composte da depositi miocenici come le “Calcareniti di Andrano”, e sedimenti plio-pleistocenici come le “Calcareniti del Salento e la “Formazione di Gallipoli” (Bossio et al., 1989; D’Alessandro, Massari, 1997). Un territorio di questo tipo sicuramente ha favorito, nell’ antichità e non solo, la creazione di architetture in negativo, tipiche degli habitat rupestri, considerando la facilità di estrazione e di reperimento di queste formazioni geologiche usate come materiale da costruzione (Sammarco et al., 2008). Il piccolo abitato di San Dana, frazione del comune di Gagliano del Capo, è sorto su parte di quella che viene definita appunto Serra di San Dana e si trova a 1,5 km a SE dell’ abitato di Montesardo, ad un’altitudine che non supera i 160 metri sul livello del mare. Attualmente l’abitato non conta più di 200 abitanti e la sua estensione occupa piccole zone pianeggianti che si alternano a leggeri rialzi orografici definiti da terrazzamenti, alla base dei quali si sviluppano le cavità artificiali indagate. CENNI STORICI E FONTI DOCUMENTARIE Nonostante la loro imponenza dal punto di vista archeologico e paesaggistico questi insediamenti sono afflitti, come la maggior parte degli insediamenti medievali della Terra d’ Otranto, rupestri e non, dal problema della carenza di fonti scritte che li riguardino, soprattutto per l’alto medioevo; come è ben noto questo tipo di fonti iniziano ad intensificarsi solo con l’ età normanna per poi divenire preponderanti in età angioina, ma tuttavia questo rende molto complicato determinarne effettivamente le varie fasi cronologiche, soprattutto quelle più antiche (Arthur, 19972006). San Dana è noto nei documenti notarili medievali già a partire dal XIV secolo (Tasselli, 1963), e spesso viene riportato come un feudo affiancato da altri casali, quali Valiano, Prusano, Misciano, Santru Dumitri, San Nicola e Vinciguerra e Arigliano, che facevano parte del territorio oggi occupato dal comune di Gagliano del Capo (Ciardo, 2004). La tradizione popolare, riportata spesso dagli storici 349 Figura 1 – Rappresentazione topografica dell’ insediamento rupestre e del territorio circostante Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 350 locali, attribuisce la nascita di San Dana a una leggenda secondo la quale un gruppo di cittadini provenienti dall’ antico e imponente centro messapico di Vereto, distrutto intorno al X sec., si spostò nel territorio formando diversi nuovi abitati tra cui San Dana (Biasco, 1979; Rosafio, 1989). Il nome del casale, sempre secondo la tradizione polare, deriverebbe dall’ omonimo Santo, diacono del santuario di S. Maria di Leuca, di origini albanesi, che si trovò a subire il martirio e la morte proprio -in un periodo di tempo non definito- in terra Salentina; la storia a riguardo viene riportata dalle fonti con sfumature e particolari differenti, ma ogni versione considera San Dana come luogo di Figura 2 – Ingresso della cavità 1 martirio e morte dell’ omonimo Santo (Enciclopedia Sanctorum, Vol. IV, p. 477; Tasselli, rinvenimenti di strutture d’età romana di III e in grotta e 31 cavità artificiali tra abitazioni 1963; Biasco, 1979; Rosafio, 1989). IV sec. d.C. come una villa provvista di terme e luoghi di servizio (Ciardo, 2004; Sammarco (identificata negli anni ’70 e scavata nel 2001), et al., 2008; Calò, 2015). IL SISTEMA RUPESTRE DI SAN DANA E IL a poche centinaia di metri dall’ insediamento CONTESTO ARCHEOLOGICO rupestre analizzato, a circa 2 km di distanza, LE CAVITÀ ARTIFICIALI Il sistema rupestre di San Dana, attual- in direzione NO, vi è il villaggio rupestre di La tipologia più ricorrente è la cavità momente conta 7 cavità artificiali di cui, 4 ipo- Macurano, noto come un importante centro di nocellulare con pianta e ingresso rettangolari gei usati come luoghi di servizio, 2 frantoi produzione olearia nel Medioevo (probabilmen- (Fig. 2). Talvolta gli ingressi originali sono dein grotta e una chiesa rupestre. Le cavità o te già a partire dall’IX secolo) con ben 5 frantoi finiti da inserti in muratura e sono preceduti ipogei che dir si voglia sembrano essere state adibite a vari usi -prettamente rurali- e appaiono, per conformazione e posizione, funzionali all’attività dei frantoi sopramenzionati. l’intero insediamento appare completamente integrato nel paesaggio e occupa i declivi terrazzati posti a Est della Serra (Fig. 1). Di particolare interesse è la duplice toponomastica della zona, soprattutto per due motivi – il primo toponimo che identifica il luogo, “Pareddi”, noto agli storici già a partire dal’600, viene generalmente associato al Santo eponimo Dana, che proprio in queste campagne avrebbe subito il martirio e la morte (Tasselli, 1963; Biasco, 1979; Rosafio, 1989). Il secondo toponimo della zona è “Aia della Serra” con il quale vengono appellati anche i frantoi e che ben si associa alle attività rurali del luogo. La presenza di una enorme aia, associata proprio a uno di questi frantoi ipogei, come dopo si dirà, ben inquadra l’importanza produttiva della zona e definisce l’attività di lavorazione delle olive come attività propria del luogo. San Dana infatti è già conosciuta nell’ ‘800 come centro di produzione olearia, tanto che Giacomo Arditi, nella sua Corografia fisica e storica della Provincia di Terra d’Otranto, nel 1879, lo identifica come un “ territorio che dà olio, orzo, legumi, poco vino ed altro.” (p. 529). Molto probabilmente le cavità artificiali erano più numerose di quelle identificate -la popolazione del luogo ne ricorda diverse- sparse a macchia di leopardo nelle campagne circostanti, come anche altri frantoi ipogei, tutti cancellati, a quanto pare, dall’ espansione urbanistica. L’intero comprensorio è particolare dal punto di vista archeologico perché, oltre ad alcuni Figura 3 – Rilievo 3D della cavità 1, pianta e vista prospettica Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 Figura 4 – Cavità 1, interno Figura 5 – Cavità 5, croce con calvario da qualche gradino che si collega al piano di calpestio dell’ ambiente scavato posto ad una quota leggermente più bassa rispetto all’ esterno. Spesso si riscontrano dei fori sul soffitto, usati come prese d’aria o focolari; solo in un caso (cavità n. 2) i fori sono due, uno vicino all’ingresso e un secondo posto in corrispondenza della parte più interna dell’ambiente rupestre. In quasi tutte le cavità censite si risconta la presenza di varie nicchie, di diverse dimensioni, quasi tutte appartenenti alla tipologia delle nicchie a ripiano; talune per dimensione e posizioni possono essere intese come dei ripostigli. Accanto ad esse compaiono nicchie di minute dimensioni interpretabili come vani porta lucerna. Gli ambienti scavati spesso hanno i pavimenti, a tutt’oggi, coperti da interri, più o meno consistenti, ad eccezione della cavità 1 nella quale si riscontra la presenza del piano di calpestio in roccia. Solo in un caso (cavità 4) sul pavimento in roccia risulta scavato un foro rettangolare di 80x 60 cm, con una risega sui bordi; tale foro attualmente è ingombro di detriti e vegetazione infestante che impediscono di capirne la sua utilità, si intravedono solo le pareti che sembrano avere un andamento scampanato, non si esclude che possa essere servito come pozzetto per decantare liquidi o per conservare derrate di vario tipo. Rispetto alle caratteristiche sopradescritte, fa eccezione la cavità 1, l’unico ipogeo ad essere caratterizzato da due ambienti (Fig. 3). A questa cavità si accede tramite un piccolo corridoio scandito da alcuni gradini; il primo ambiente, di forma rettangolare, ha un aspetto molto semplice; un enorme foro sul soffitto, vicino l’ingresso consente alla luce di illuminare interamente l’interno. Difficile capire se tale foro, di notevoli dimensioni, sia scaturito da un crollo o sia stato creato in seguito a modifiche apportate all’invaso durante le sue fasi d’uso. Sulla parete destra si nota la presenza di una grande nicchia scavata. Immediatamente dopo l’ingresso vi è una piccola fossa sul pavimento di forma globulare (Questa fossa ricorda le fove delle abitazioni rupestri dell’arco ionico tarantino; cfr. Caprara, 2001). Il secondo ambiente ha un profilo circolare ed è separato dal primo da un inserto di roccia sul cui fronte compaiono due piccole nicchie (Fig. 4). Lo studio dello scavo dell’intera cavità lascia immaginare che l’ipogeo sia stato realizzato inizialmente con un solo vano ma che poi, in seguito anche al cambiamento della destinazione d’uso, sia stato ampliato con il secondo vano circolare e forse anche con il grande foro sul soffitto. Scarso risulta il repertorio epigrafico dei graffiti sulle pareti delle cavità, riconducibili esclusivamente al tipo della croce semplice o con calvario, quest’ultima individuata solo nella cavità 4 (Fig. 5). Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 351 352 I FRANTOI IPOGEI Figura 6 – Cavità 5, frantoio, interno (foto di G. Tonti) Nell’ area indagata sono stati identificati due frantoi ipogei o in grotta (cavità 5 e 6); di questi il primo, che è posto a poco più di 50 m dalla cavità 1, è quello più ampio. Internamente è caratterizzato da un grande vano al quale si collegano piccoli ambienti di servizio, alcuni identificati da dei muretti realizzati in pietrame e bolo a base di terra rossa (Fig. 6). Nel grande vano principale si conservano ancora resti di macine, gli incavi per l’alloggiamento dei torchi alla calabrese e sul pavimento si riconoscono diverse vasche per la decantazione dell’ olio e per la raccolta dei residui di lavorazione delle olive (Fig. 7; sulla tipologia e sulle caratteristiche dei frantoi in grotta del Salento si vedano Monte, 1995-2000). Poco distante dall’ingresso del frantoio, a circa 40 m in direzione NO vi è una enorme aia, del diametro di circa 10 m, ricavata sulla pietra levigata e delimitata da blocchi di calcare locale, attorno alla quale si notano alcune incisioni per canalizzare l’acqua. A circa 120 m NO dal primo frantoio, una enorme apertura nella roccia, che si affaccia su un canalone, immette in ampio vano, anche in esso si notano sul pavimento varie vasche di decantazione e sulla base ciò che resta di alcune parti di arredo anche questa cavità può essere interpretata come frantoio (il secondo della zona, Fig. 8); purtroppo le attuali condizioni dell’invaso, ridotto ormai a discarica, non permettono ulteriori e più approfondite valutazioni; ciò che si può ipotizzare è che forse, la cavità nasce come naturale e poi viene ampliata e razionalizzata nel corso del tempo. Questi due frantoi in grotta non dovevano essere gli unici presenti in zona; gli abitanti del luogo infatti ne ricordano un terzo cancellato dall’ espansione urbanistica. Figura 7 – Cavità 5, frantoio, vasche di decantazione LA “CRIPTA” DI S. APOLLONIA Figura 8 – Cavità 6, frantoio, ingresso Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 La cosiddetta “cripta” di S. Apollonia (cavità 7, PUCA_990, Figg. 9-10), è l’unico edificio di culto ipogeo identificato nella zona ed è’ stata scavata sul lato Est della serra. Non ha una struttura definita ed è impossibile comprenderne le fattezze originarie per via degli innumerevoli interventi che l’hanno caratterizzata nel corso della storia. L’ accesso conduce direttamente nella camera centrale senza copertura, attorno alla quale sono state create tre zone – una stanza o celletta con un grande sedile in pietra (Fig. 11) e soffitto in mattoni (un rifacimento moderno in seguito a un crollo) rivolta a S/SE, una grossa nicchia con gradino sedile, e una zona con degli affreschi e notevoli azioni di riempimento che nascondono la parete originale. Al centro del grande ambiente compare un enorme pilastro di pietra collegato al soffitto il quale risulta molto irregolare. Sulle pareti, gli affreschi, ormai in avanzato stato di degrado, sono di Figura 9 – Cripta di S. Apollonia, interno Figura 10 – Cripta di S. Apollonia, lato Sud Figura 11 – Cripta di S. Apollonia, sedile in pietra fattura molto popolare e scadente; realizzati in epoca settecentesca rappresentano due Vergini con Bambino, una crocifissione appartenente ad una Trinità, un San Francesco ritratto nell’ atto di ricevere le stigmate, e S. Apollonia su cui vi è la scritta 1758 che data l’intero apparato pittorico (Figg. 12-13); diverse trace di pittura compaiono anche sul pilastro e su una parte del soffitto (Fonseca et al., 1979, p. 187-188). Come Cosimo Damiano Fonseca già notò alla fine degli anni Settanta, l’ipogeo è probabile che non sia nato con finalità cultuali. La presenza della celletta con il sedile in pietra e l’impossibilità di ascrivere questo invaso nella categoria delle cavità di uso civile, indussero lo stesso Fonseca a identificare questa chiesa ipogea come un piccolo eremo, nato in un tempo non definibile, completamente trasformato e adattato poi ad un altro scopo (Fonseca et al., 1979, p. 188). Attualmente, sia le fonti che gli elementi archeologici non consentono di dimostrare l’esistenza di presenze monastiche nella zona e benché la presenza di un seggio litico di quel tipo tenda a rimandare al monachesimo in rupe non è elemento sufficiente per poter affermare un uso monastico dell’ ipogeo, considerando anche il fatto che lo stesso invaso non avendo una forma definita non è paragonabile ad altri monasteri o cenobi in rupe pugliesi, come ad esempio quelli del tarantino (cfr. Caprara, 2001)1. Quello che è oggettivamente rilevabile è che probabilmente la cosiddetta cripta sia più antica di quello che sembra, anche se non è possibile capirne né la forma né la funzione originarie; per certo si possono riconoscere almeno tre strati di affresco sovrapposti – quello più superficiale settecentesco (con diverse sovra dipinture); uno intermedio, probabilmente di pieno XVI secolo a cui appartiene la raffigurazione della Vergine posta sulla parete a sinistra nella parte più interna dell’ invaso (Fig. 12) e uno più antico che poggia direttamente sulla superficie lapidea e che corrisponde al primo ciclo pittorico che ha caratterizzato la cavità; purtroppo ciò che resta di questo strato di affresco non fornisce attualmente elementi utili per la sua datazione. Ribadendo il concetto che, al momento, non siamo in grado di determinare le origini cronologiche della cavità, si può ben affermare con certezza che ad un certo punto della storia (probabilmente dal XVI secolo in poi) vi 1 Nel Salento, la presenza di un altro seggio litico all’interno di un ipogeo è stata identificata nel sito dell’ antica abbazia di San Nicola di Macugno, presso Neviano, LE; in questo caso l’associazione con il monachesimo medievale è dimostrata dalle fonti, anche se ancora permangono dubbi sull’uso esclusivamente monastico dell’ipogeo in questione in quanto le indagini archeologiche hanno dimostrato l’esistenza di fasi di frequentazione civili; cfr. Calò, 2015. Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 353 354 Figura 12 – Cripta di S. Apollonia, affresco della Vergine con Bambino sono state diverse e importanti trasformazioni architettoniche che hanno portato l’invaso ad avere l’aspetto che presenta al giorno d’oggi e da cui si deduce l’esigenza, da parte della comunità del luogo, di aver un luogo di culto definito (Calò, 2015, pp. 133-134). Inoltre la committenza privata e laica dell’ edificio si evince bene non solo dalla tipologia degli affreschi, di fattura popolaresca e appartenenti ad una mano non molto esperta, ma anche dalla presenza di una piccola sepoltura posta all’interno dell’invaso (situazione frequente Figura 13 – Cripta di S. Apollonia, affresco della santa omonima Geologia dell’Ambiente • Supplemento al n. 4/2018 nelle chiese rupestri Salentine; cfr. Falla, Castelfranchi, 1991, pp. 89-90). LE STRADE Nella zona sono presenti diversi solchi e tracce di carraie -di dimensione variabi- le- che si intrecciano in un reticolo di piccoli sentieri, collegati a loro volta con la viabilità maggiore che circonda il declivio su cui vi sono le varie cavità. Non molto distante dall’ingresso di uno dei frantoi (cavità n. 5) vi è un tratturo scavato nella roccia che si conserva per circa 50 metri nel banco roccioso. Tutti questi elementi, se contestualizzati e messi in relazione dal punto di vista topografico, sembrano svilupparsi tutti in direzione Nord, verso il villaggio rupestre di Macurano, che dista dal nostro insediamento non più di 2 km in linea d’aria. Ovviamente queste tracce di viabilità individuate hanno una datazione incerta, probabilmente a causa della prolungata fase d’occupazione dell’area, inoltre, la collocazione topografica di alcune di esse e il loro andamento rimanderebbero ad una fase di realizzazione più antica dell’insediamento rupestre indagato. LO STATO DI CONSERVAZIONE A causa dell’ abbandono e dell’ incuria, per alcune delle cavità di cui si è parlato, sono state rilevate delle problematiche che minano il loro stato di conservazione. Durante l’indagine si è preso coscienza di come alcuni fattori ambientali quali la vegetazione infestante e incontrollata, l’esposizione agli agenti atmosferici e non per ultima, l’ espansione urbanistica, abbiano influito sulla conservazione delle varie unità rupestri e ipogee. La cavità n. 4 ad esempio, a causa proprio della vegetazione risulta non facilmente accessibile e all’interno le radici degli alberi si sono sviluppate a tal punto da intaccare il pavimento e le pareti rocciose provocando delle fessurazioni sulle pareti che potrebbero compromettere l’integrità dell’ invaso; tale situazione di fessurazione, dovuta ai medesimi motivi è stata riscontrata anche in uno dei frantoi (cavità n. 5). La continua esposizione agli agenti atmosferici ha poi comportato una costante infiltrazione di acqua che ha portato alla formazione di muffe e vari microrganismi che hanno intaccato la superficie della roccia, e hanno favorito il distacco -come nel caso della cripta di S. Apollonia- delle superfici affrescate. OSSERVAZIONI CONCLUSIVE L’insediamento analizzato si configura come un nucleo di ipogei e cavità completamente integrato nel paesaggio. Accantonata definitivamente la teoria che ha visto alcune di queste cavità come espressione del monachesimo eremitico - tesi non dimostrata né dimostrabile - e premettendo che allo stato attuale è impossibile far risalire ogni cavità ad una cronologia definita per la mancanza di scavi sistematici che le riguardano, è tuttavia possibile individuare un uso che sembra accomunare, almeno per una fase cronologica, tutte le cavità prese in esame. Sulla base di diversi elementi – come il materiale archeologico di superficie – è altamente probabile che la loro origine sia antica e che sia perpetuata nel tempo, sicuramente a fasi alterne, coprendo un arco di tempo che potrebbe andare dal tardo medioevo fino sicuramente all’ età moderna. Con molta probabilità lo sfruttamento maggiore di queste cavità, che si può costatare archeologicamente, è avvenuto tra XVI e XVIII secolo e a dircelo sono – le pitture della cripta di S. Apollonia datate al 1758 (Fig. 13), la presenza dei frantoi in grotta, realizzati secondo una tipologia usata tra 500 e 600 fino addirittura all’800, e l’identificazione di materiale fittile di epoca sia basso che e post medievale e anche moderna, ascrivibile a impasti acromi di contenitori d’uso comune, nei pressi di alcune cavità. Molto probabilmente, quindi, ci troviamo davanti ad un insediamento a carattere rurale che trova la sua ragion d’essere nella presenza dei frantoi ipogei che fanno del luogo una zona di trasformazione e produzione delle risorse rurali. Gli scopi d’uso di alcune cavità sono abbastanza chiari, vi sono una stalla (cavità 3) e dei depositi di attrezzi o derrate (cavità 2-4), che possono aver avuto anche una funzione abitativa e di ricovero (cavità 1-4). Ad usufruire di queste cavità è stata la comunità locale di San Dana che, sfruttando questo insediamento almeno dal ‘500 finanche all’ 800, ha poi scelto come luogo di culto (e probabilmente anche di aggregazione e di identificazione) la cripta di S. Apollonia, cripta probabilmente già esistente ma poi plasmata e adattata alle esigenze e ai gusti religiosi della gente di quell’ epoca. Considerando tutto ciò si può dedurre che tale insediamento ha avuto come attività principale la produzione olearia, collocandosi nel territorio in una posizione marginale rispetto ad altri sistemi rupestri come quello di Macurano; la marginalità dell’insediamento rupestre di San Dana, non è un caso isolato nel Salento, ipogei e cavità artificiali diffuse o collocate “marginalmente” rispetto ai sistemi urbani maggiori si trovano da Nord a Sud nella provincia di Lecce, basta vedere gli aggrottamenti artificiali nei canali di Leuca, o quelli nei dintorni di Lecce (Sammarco, 2000, Sammarco, Parise, 2011; Sammarco, Calò, Parise, 2017). Le conclusioni a cui si è approdati con questo studio potranno essere confermate o smentite solo con degli scavi archeologici e ulteriori indagini sistematiche, volti non solo a capirne la natura ma anche indirizzati a fermare l’avanzato degrado in cui versano queste cavità. ARTHUR P. (1997), Tra Giustiniano e Roberto il Guiscardo. 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