la politica estera di
craxi
LapoliticaesteradiCraxi
° edizione, Gennaio 0
© copyright 0 by G.A.N. S.r.l., Roma
Tutti i diritti riservati
ISBN 978-88-89640-8-0
Parole chiave: Bettino Craxi - Partito Socialista Italiano - USA Guerra Fredda - Africa - Unione Sovietica - Democrazia Cristiana
- Libia - Gheddafi - Somalia - Libano - Palestinesi - Arafat - De
Michelis - Giulio Andreotti - Mediterraneo - Malta - Don Mintoff
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od altro.
GIUlIo FRANCeSCo VIRDUCI
la politica estera di
craxi
3
LapoliticaesteradiCraxi
4
INDICE
Introduzione
Contestopoliticointerno, ..........................................................
p.
9
Capitolo Primo
L’Italiaeilprocessodiintegrazioneeuropea, ............................ p.
3
Capitolo Secondo
RapportiItalia-USA, ........................................................... p.
39
Capitolo Terzo
Ilbloccoorientale, ..................................................................... p.
6
Capitolo Quarto
MediterraneoeMedioOriente, ................................................. p.
77
Capitolo Quinto
IlGovernoCraxieilTerzoMondo, ........................................
p.
97
Note e Bibliografia, .................................................................. p.
09
LapoliticaesteradiCraxi
6
la politica estera di
craxi
7
LapoliticaesteradiCraxi
8
Introduzione
CoNTeSTo PolITICo INTeRNo
Q
uando furono resi noti i risultati delle elezioni politiche
del Giugno 983, non vi fu nulla che stupì gli osservatori più della flessione della Democrazia Cristiana, che
ora toccava, con il 3,9% dei consensi, il suo minimo storico. Il PCI
registrò una lieve flessione e vi fu un guadagno da parte dei missini
e dei repubblicani di un qualche decimale di punto percentuale; e
sarebbe rimasto un consulto elettorale del tutto “normale” per i vertici e i simpatizzanti del Partito Socialista (allorché il partito di Via
del Corso conseguì un “normale” ,4%) se non fosse che, resi di
pubblico dominio i responsi delle urne, la Presidenza del Consiglio
venisse offerta a Bettino Craxi, leader del Partito del garofano.
Sicuramente han pagato di più i timori della stabilità di un governo
pentapartitico che andava assumendo i tratti di un mosaico sempre più
multicromatico, che una strategia politica del neo-eletto Presidente del
Consiglio, per quanto non si possa prescindere dai meriti che questi
ebbe nell’«attendere il suo momento» una volta rotta in Italia la continuità dei governi a guida democristiana ed il continuo rafforzarsi del
polo laicosocialista3 in seno allo spettro politico del Paese.
l’ascesa di Craxi cominciò nel luglio 976, dopo che la riunione del comitato centrale del Partito Socialista tenutasi presso l’Hotel “Midas” di Roma lo consacrò Segretario. erano tempi quelli in
cui i quadri del garofano paventavano l’estinzione, indotti a temerla
più a causa dell’ascesa del PCI che dall’esiguità di quel 9,6% dei
suffragi avuti nelle elezioni politiche di giugno4: percentuale che
simboleggiava l’incapacità dei quadri dirigenziali di ingrandire il bacino elettorale del partito.
Spalleggiato da personaggi di rilievo come Giacomo Mancini,
enrico Manca e Claudio Signorile, egli trasse paradossalmente la propria fortuna politica dal fatto di essere poco più che uno sconosciuto.
Membro della segreteria solo dal 968, il giovane milanese Bettino
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Craxi «non era importante nel partito, ed i leader socialisti pensarono
a torto di poterlo levare di mezzo alla prima occasione».
«l’allievo vincente di Nenni»6 manifesterà una volta assunta
la guida del PSI di voler proseguire sulle orme del suo maestro,
incamminandosi sul sentiero dell’”autonomismo” e dello scostamento dal soffocante abbraccio del PCI, portando avanti un progetto di «scardinamento del compromesso storico»7. la “strategia
dell’alternativa”, la risposta socialista a Berlinguer, valse a Craxi la
rinnovata fiducia del partito, che lo riconfermò alla Segreteria al
XlI congresso, tenutosi a Torino nel Marzo ’78.
Un programma politico incentrato sulle proposte riformatrici delle istituzioni, con il fine primo di una qualche garanzia
di governabilità, fecero guadagnare al PSI il rango di «elemento
dinamico»8 del panorama politico italiano, tale da rappresentare l’alternativa nuova ad un riproposizione della coalizione DCPCI, così come avutasi qualche anno addietro, inattuabile dopo
il documento approvato dal XIV congresso della DC (datato 0
febbraio 980) che escludeva ogni futura possibile alleanza di governo con il PCI. La sconfitta, in casa dello Scudo Crociato, di
chi parteggiava per una linea morotea di dialogo con i comunisti
segnò il preludio di un nuovo esperimento di governo (destinato a
durare sino all’implodere della Prima Repubblica): il Pentapartito.
Questa nuova fase metteva definitivamente fine ai già citati “governi di solidarietà nazionale”, ormai retaggio della storia, e per il
quale già erano stati celebrati «funerali solenni»9, come pronunciò
lo stesso Craxi nel suo discorso di insediamento.
Dopo che in Piazza del Gesù ebbero ingoiato a fatica il boccone
amaro della nomina del primo premier socialista della storia della repubblica (per quanto si è osservato come le candidature democristiane
a Palazzo Chigi siano state «più formali che sostanziali»0), un’altra consultazione era stabilita dalla prassi affinché alla nuova nave-governo
fosse concesso il varo, ovvero la scelta della squadra ministeriale: al
ministero della difesa il segretario del Partito Repubblicano Italiano
(fresco di una esperienza di diciotto mesi da Presidente del Consiglio)
Giovanni Spadolini; dopodiché con Scalfaro al ministero degli interni,
0
Introduzione
Martinazzoli alla Giustizia, Goria al Tesoro e Forlani vice-presidente
del Consiglio, i democristiani disponevano di un sistema di contrappesi
politicoistituzionali da opporre al premier socialista tale da fare della
semplice denominazione “Governo Craxi” un «occultamento semantico delle vere relazioni di potere nel primo governo Craxi». Infine,
con i nomi del Repubblicano Visentini alle Finanze, ed Altissimo e De
Michelis (esponente dei liberali il primo, dei socialisti l’altro) rispettivamente al Ministero dell’Industria ed a quello del lavoro, era così
completato il quadro dei dicasteri più influenti, o meglio, il cosiddetto
“Consiglio di Gabinetto”, esperimento di un nuovo centro decisionale
nel seno dello stesso governo, che comprendeva i sette di cui sopra e,
ovviamente, il Presidente del Consiglio.
esauritisi i rituali dell’insediamento, accompagnati da previsioni
sulla durata del nuovo governo ora speranzose, ora catastrofiche, il
ritorno dalle ferie doveva prevedere per Craxi un’agenda irta di grattacapi: il deficit rapportato al bilancio sfiorava il 18% ed il debito
pubblico, «problema che Craxi non poté e non volle affrontare»,
toccava anch’esso punte record (46.000 miliardi nel 983); e non
poteva certo essere un compito facile far ingoiare la pillola amara dei
tagli alla spesa e dell’aumento delle tasse ad una nazione ancora allibita dallo scandalo P (nondimeno suscitò critiche aspre la nomina
di Longo, il cui nominativo figurava tra quelli degli elenchi ritrovati
a Castiglion Fibocchi, a capo del Ministero del Bilancio e della programmazione economica), e che vedeva lo stesso apparato statale
ostaggio del terrorismo politico e della montante pericolosità delle
varie criminalità organizzate.
Ferme restando le varie particolarità di ogni singolo caso, le letture della strategia craxiana in politica interna hanno tutte un minimo comune divisore nell’individuare la rottura graduale del sistema
consociativo e la volontà di creare un nuovo Stato capace di tornare
a fruire della sovranità e dell’autorità che ad esso competono, e che
ad esso furono sottratti nel corso dei decenni trascorsi dai cosiddetti
«poteri altri»3. Un progetto ambizioso ma che si scontrò contro un
muro creato dai franchi tiratori, dall’ostruzionismo operato da più
correnti DC , da Botteghe oscure e dalla “seconda guerra fredda”.
LapoliticaesteradiCraxi
CoNTeSTo PolTICo INTeRNAzIoNAle
Il lustro che precede il primo governo a guida socialista segna
la fine della distensione avviata negli anni ’70 e l’inizio di quella che
la storiografia ha ribattezzato la “seconda guerra fredda”, «segnata
da riarmo, guerra propagandistica, assenza di dialogo diplomatico e
scontro geopolitico indiretto»4. l’incalzare di eventi scuote alla base
il fragile edificio della détente costruito dalla diplomazia di Henry
Kissinger: il passo per il ritorno al confronto fu breve, complici i
sommovimenti politici nel terzo mondo, la nuova amministrazione
repubblicana con la “Dottrina Reagan”, ed i passi falsi dei Sovietici.
la questione degli “euromissili” può dirsi un evento inaugurale
della escalation di tensioni: dato il via da Mosca ad un processo di
dispiegamento dei nuovi missili SS-20 nelle sue basi europee, giustificata come un rimpiazzo dei vecchi SS-4 ritenuti obsoleti (Formigoni
la definisce addirittura «una misura di routine di aggiornamento del
proprio arsenale bellico»), Washington percepì immediatamente il
pericolo che correva la sua supremazia strategica nel teatro euroasiatico. Pericolo accompagnato da pressanti insistenze degli alleati
(al tradizionale rigore antisovietico dei britannici si sommavano ora
i timori di Schmidt e Giscard D’estaing), consci che una maggiore
minaccia sovietica sulla integrità dei confini politici del Vecchio Continente, con il conseguente mutamento dello “status quo” della balanceof power avrebbe minato, nel senso di un incremento delle spese
militari6, sui conti pubblici, messi a dura prova dalle conseguenze sul
breve-medio termine dalla seconda crisi energetica del 979.
Dopo mesi di trattative, in cui l’attenzione dei contraenti fu quasi
monopolizzata dalle conseguenze economiche della rivoluzione islamica in Iran7, si giunse in Dicembre alla cosiddetta doppia decisione: fu sancito che la dislocazione dei nuovi missili Pershing e Cruise
avrebbe avuto luogo nel 983, ma, contemporaneamente, ai sovietici
veniva offerta la disponibilità ad un nuovo negoziato sui cosiddetti
missili di teatro (ovvero a raggio intermedio, categoria in cui rientrano appunto gli SS-0 e gli euromissili statunitensi).
Non passarono che un paio di settimane che, nella notte di Natale,
Introduzione
i paracadutisti sovietici occuparono Kabul, onde assicurare al potere
i “fratelli” del Partito Comunista di Karmal: partì così la disastrosa
esperienza del primo intervento sovietico fuori dai confini della propria sfera d’influenza così come sanciti da Yalta. «L’abbandono della
distensione venne in qualche modo suggellato dall’invasione sovietica dell’Afghanistan»8; ed è proprio all’inizio delle operazioni militari
in Afghanistan, al “Vietnam Russo”, che si fa risalire il primo passo
della lunga agonia dell’URSS, delle quali cause concomitanti non ne
è certo una trascurabile la nuova spirale negativa del riarmo, che,
dall’invasione in poi, spinse il gigante sovietico al crollo economico
e dunque alla propria implosione. la risposta della amministrazione
Carter9 fu dura: la ratifica del SALT II fu bloccata ( con “congelamento” delle diverse proposte di accordo nel campo degli euromissili), si decise l’invio di aiuti economici e militari al Pakistan ad alle
fazioni dei guerriglieri mujhaeddin, il congresso decretò l’embargo
sulle esportazioni di grano ed ogni accordo di scambio nel campo
delle tecnologie con Mosca.
Non erano certamente tollerabili per le due superpotenze defezioni all’interno dei propri blocchi, ancor di più in un contesto ove
la minima debolezza avrebbe costituito un vantaggio per la controparte che rischiava di divenire insanabile: ne è la prova la guerriglia
dei Contras, forza paramilitare anti-sandinista finanziata dagli Usa,
in Nicaragua, ed il colpo di Stato di Jaruselzky in Polonia nel 98;
ma la crescita del peso politico dei Paesi europei, grazie soprattutto
alla integrazione dentro le istituzioni economiche (Cee, eFTA) e
militari (Patto Atlantico, ma vi è da segnalare anche un tentativo di
rivitalizzazione dell’Ueo), rendeva ormai obsoleta una concezioni
dei rapporti est-ovest limitata a due soli attori principali.
la vita della Cee era segnata da alti e bassi: da gesti concreti, da
dichiarazioni solenni o da vere e proprie battute d’arresto. la prima
elezione a suffragio diretto del Parlamento europeo si ebbe nel 979:
per quanto non fu preparata in sede di dibattiti pre-elettorali, come
l’elezione della prima assemblea popolare plurinazionale della storia
avrebbe logicamente preteso, affrontando tematiche di natura o carattere prettamente europeistico, fu comunque importante, almeno,
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come «operazione di informazione dell’opinione pubblica, la quale
veniva sottoposta ad un primo sforzo di conoscenza»0. Nel 98
il “Club del Coccodrillo”, un raggruppamento di più eurodeputati appartenenti a diverse formazioni politiche, stilò una proposta di
riforma delle istituzioni (la risoluzione del coccodrillo), che avrebbe
dovuto essere concepita da un comitato ad hoc. Nacque così il “progetto di Trattato dell’Ue”, affossato, ancor prima che potesse dare
i suoi frutti, al Consiglio europeo di Fontainebleu. ed a poco servì
l’esperienza del Trattato Gensher-Colombo, ossia la proposta di un
“atto”, anzichè di un vero trattato, insabbiato sotto la cerimoniosa
“Dichiarazione solenne dell’Unione europea”, partorita dal Consiglio europeo di Stoccarda del Giugno 983.
Nel Terzo Mondo intanto sempre più paesi cadevano nel baratro
della guerra civile. In Africa le ideologie marxiste, a volte caratterizzate da improbabili venature islamiste, armavano la mano di diversi gruppi di guerriglieri o di veri e propri “eserciti di liberazione”,
i quali conquistavano in questi anni il potere in diversi angoli del
tribolato continente. In America latina le parole di Carter sul “rispetto dei diritti umani” era motivo di non poco imbarazzo presso
quelle dittature militari anticomuniste che Washington storicamente
fiancheggiava (primo su tutti il Cile di Pinochet);la CIA temeva un
effetto domino delle ideologie rivoluzionarie dei Sandinisti di Managua, mentre con l’invasione delle Falkland-Malvinas, territorio sotto
la sovranità della corona britannica, il Caudillo di Argentina, Videla,
comprometteva fatalmente il regime con le proprie mani.
La morte di Brežnev (Novembre 1982) e la malattia che rese Andropov, il suo immediato successore, incapace di governare già qualche mese dopo la sua nomina resero il rapporto diplomatico ancora
più teso; e su detta tensione peserà come un macigno il discorso di
Reagan del Marzo 983, che annunciava al mondo il progetto SDI
(acronimo inglese della Strategic Defense Initiative), ovverosia un
complesso sistema antimissilistico che si basava soprattutto su di
un’imponente flotta di satelliti artificiali (da cui il nomignolo ironico
affibiatogli in patria di “Star Wars”): un progetto forse troppo avveniristico anche per gli scienziati della NASA.
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Introduzione
Questo era dunque, in estrema sintesi, lo scenario sul quale l’europa si affacciava nell’Agosto di un anno, il 983 appunto, che vide
i rapporti tra le due potenze scivolare al loro «momento di maggior
tensione dalla crisi di Cuba»3.
CARATTeRI GeNeRAlI: Il NUoVo “PRoFIlo eMeRGeNTe”
Il tema della politica estera in Italia, sin dalla nascita della Repubblica, è costretta alla marginalità da più fattori, agenti come vincoli
legati alla politica interna, frutto delle tradizioni politico ed istituzionali proprie del Paese, e riconducibili a quella estera imposte dallo
scontro tra i blocchi e dagli imperativi dettati dal nuovo ordine economico internazionale.
Durante il periodo a cavallo tra la fine degli anni ‘70 e l’inizio
del decennio seguente intervennero alcuni mutamenti, nella natura
dei suddetti vincoli, atti a favorire una maggiore capacità d’azione
nell’arena politica internazionale: prese corpo un inedito interesse da
parte della stampa e dell’opinione pubblica, e si iniziò a parlare di un
nuovo “profilo emergente” della politica estera italiana. Ben lungi dal
poter essere raggruppate in un insieme omogeneo, molteplici variabili hanno permesso, favorito o quantomeno non ostacolato l’imboccare della via dell’attivismo.
Ha svolto un ruolo da traino per questo nuovo corso l’ entusiasmo de ”l’italiano medio” per la politica estera, cosa che solo sporadicamente trova analogie nei decenni immediatamente precedenti. entusiasmo riconducibile all’ottimismo di una società civile che
vedeva finalmente l’uscita del tunnel della recessione economica e
delle crisi politiche degli anni settanta4. Si affievolì il sentimento di
disaffezione verso le istituzioni, merito anche del Presidente Sandro
Pertini, verso cui gran parte della Nazione provava una spontanea
simpatia, e verso le forze armate, delle quali la gente in patria cominciò ad apprezzare «il valore umano» nei giorni caldi della missione
in libano. elementi, questi, che istradarono l’opinione pubblica ad
una «proiezione verso l’esterno ispirata ad ottimismo»6.
l’invasione dell’Afghanistan ed il golpe di Jaruzelski in Polo-
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nia furono episodi condannati a grande maggioranza all’interno
del PCI7, e diedero vita ad un sentimento di distacco, per quanto
questo si rivelerà più ideologico che pratico8, di Via delle Botteghe
oscure da Mosca. Il risultato fu un consenso più ampio alla “politica
estera nazionale”, quella atlantista ed europeista del pentapartito e
delle precedenti compagini governative9: gli eventi del biennio ’80’8 dunque «riequilibrarono la frattura che la decisione atlantica del
Dicembre 979 e l’adesione allo SMe avevano creato fra i partiti di
governo e la sinistra comunista»30, nel senso di un dibattito non più
attestato su posizioni oppositive “di principio”, ed incentrate ora sul
modusoperandi all’interno del campo occidentale, piuttosto che sulla
“scelta di campo”; come ha spiegato Pierangelo Isernia, riprendendo
le teorie di Putnam, lo scontro si sposta dalle positional issues alle
valence issues3. Attenuandosi le divergenze di vedute all’interno del
sottosistema partitico, attore principale nel policy-making, ed ancor
di più per quel che riguarda la politica estera nazionale, ritenuto in
questo campo il responsabile di almeno il 90% delle scelte perseguite
dal 9463, è chiaro come i governi del periodo considerato abbiano
potuto godere, almeno limitatamente alla politica estera, di una maggiore capacità di movimento.
Avendo il Paese privilegiato storicamente il “rango”, misurato attraverso onorificenze e riconoscimenti attribuiti dalla società internazionale, al “ruolo”, il peso che sostanzialmente gioca un Paese nelle
dinamiche esterne33, la crisi delle istituzioni internazionali a cavallo
dei decenni Settanta-ottanta sollevarono un problema di legittimità.
Vennero infatti a diminuire quegli “ancoraggi” di cui il Governo
italiano spesso si è servito per ritagliarsi una posizione all’esterno e,
conseguentemente, per fare di questa posizione una fonte di legittimità in patria34. Una maggiore concretezza delle proprie azioni si
rivela dunque indispensabile per medicare quegli organismi che si
credevano l’unico mezzo potenzialmente valido a “dare una voce in
capitolo” alla Nazione anche durante l’inasprirsi del confronto bipolare, oltreché strumenti necessari per livellare le divisioni tra nord e
sud del mondo: uno dei capisaldi della “direttrice andreottiana”3 di
cui parleremo al paragrafo seguente. In primis veniva la Cee: e per il
6
Introduzione
tradizionale europeismo, per quanto a tratti vaghi, della società civile
italiana (galvanizzata in questi anni dalle lotte politiche che Altiero
Spinelli teneva a Strasburgo), e perché il consolidarsi dei legami franco-tedeschi (rinforzati, anziché indeboliti come ci si sarebbe potuto
aspettare, dall’elezione del cristiano democratico Helmut Kohl alla
guida del governo della RFT) diveniva un contraltare al montante
euroscetticismo patrocinato dal governo conservatore britannico, ed
avrebbe, di lì a poco, rischiato di tagliar fuori l’Italia dalla costruzione
della balance of power intracomunitaria.
Parallelamente negli ambienti della Farnesina si desiderava contribuire alla rivitalizzazione del Patto Atlantico ed al raggiungimento
di una collegialità che avrebbe necessariamente coinvolto maggiormente sia gli alleati europei che le istituzioni europee stesse, «alla
ricerca di una propria identità, con priorità non più solo militari, ma
soprattutto politiche»36 Già nel suo discorso di insediamento Craxi
lasciava palesemente intendere che il rafforzamento dei meccanismi
decisionali del Consiglio europeo erano una premessa necessaria a
dare vita ad una maggiore equità dei rapporti all’interno dell’alleanza
atlantica. Infatti il Presidente del Consiglio fresco di investitura auspicava: «una concertazione responsabile ed equilibrata tra l’europa
e gli Stati Uniti»37.
Infine il Mediterraneo, dalla crisi petrolifera del ’79 teatro di attenzioni riscoperte da parte di politici ed analisti di politica internazionale, spesso identificato con un non meglio specificato appellativo
di “sfera d’interesse” nazionale. la zona d’azione si sposta dunque
al sud, ponendo un enfasi di protagonismo che suona quasi come
compenso di un «ruolo subalterno a Nord»38. A partire dalla prima
missione in libano, Agosto 98, il contesto mediterraneo verrà visto come un dovere morale dalle forze politiche di casa nostra, e dal
punto di vista di una democratizzazione urgente che avrebbe necessariamente comportato un ruolo maggiore per l’Italia, e per un intervento risolutivo dei conflitti, soprattutto quello annoso che correva
tra gli arabi e gli israeliani (ciò bastò a quietare gli animi di chi nutriva
diffidenze verso un’azione di polizia internazionale senza il mandato
ONU, non solo Botteghe Oscure, ma anche i filo-andreottiani)39.
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LapoliticaesteradiCraxi
TRe DIReTTRICI DI PolITICA eSTeRA
Per quanto formalmente la politica estera rientri esclusivamente
nel campo d’azione del potere esecutivo40, essa è frutto di meccanismi in cui le direzioni nazionali dei vari partiti giocano un ruolo
certamente non trascurabile. Ciò risulterà ancor più vero nel governo insediatosi nell’agosto 983, di cui le tre cariche più importanti
nella direzione dell’azione statale verso l’esterno erano occupate da
altrettanti personaggi chiave dello scenario politico del Bel Paese:
la guida del governo affidata a Bettino Craxi, un socialista con una
spiccata propensione alla politica estera4; il ministero degli esteri in
mano ad Andreotti, un democristiano con un bagaglio di esperienza
vastissimo nella diplomazia; il ministero della Difesa affidato al segretario di un Partito Repubblicano in pieno trend elettorale positivo,
Spadolini, a capo del governo solo due anni prima. Tre personaggi
politici “chiave” quindi, e tre indirizzi che, per le loro convinte idee
di appartenenza al campo occidentale assolutamente convergenti,
sono passibili di essere etichettate come «variazioni su un unico tema
conduttore: la definizione del ruolo internazionale dell’Italia nel suo
sistema d’alleanze»4.
Ladirettriceandreottiana
oltremodo interessato alle questioni arabe, sarà proprio la mediazione interna alle diverse realtà presenti nel sub-continente mediterraneo, e tra dette realtà e l’occidente, il leit-motiv della politica di
Andreotti. Non esente da venature realiste, l’azione del ministro si
dedicò, soprattutto negli anni della seconda guerra fredda, alla continua ricerca, nei limiti delle possibilità concesse dagli strumenti diplomatici a disposizione dell’Italia, al “raffreddamento” del confronto
tra le due superpotenze. Accusato di eccedere in “aperturismo”, sia
da destra che da sinistra (Vasconi, dalle pagine di Mondoperaio, parla
di una linea spregiudicata poggiata sul «presupposto della distensione con l’Urss, qualunque cosa accadesse nel mondo»43), il ministro
si è sempre difeso da queste critiche adducendo motivazioni che,
per quanto se ne possa mettere in dubbio il carattere politically cor-
8
Introduzione
rect, riflettono un pragmatismo non insolito nello stile diplomatico44,
meglio ancora da quello stile preteso da un mondo diviso in cui cominciavano a “montare i toni”: se occorreva favorire la distensione,
la quale si presentava “globale ed indivisibile” negli obbiettivi della
politica estera italiana, l’intransigenza verso i governi di oltrecortina
era assolutamente da scongiurare; e da ciò dipese, almeno in gran
parte, la nomina di Andreotti al Ministero degli esteri: l’interlocutore occidentale favorito dai Paesi del Patto di Varsavia4. Un pragmatismo che teneva conto anche di importanti elementi insiti nel
tessuto politico-sociale italiano, e dai quali non si poteva astrarre nel
perseguire una politica estera “propria”: la mancanza di ambizioni
nazionali; un parlamento riluttante a sacrifici nelle spese militari, il
pacifismo degli ambienti cattolici, la debolezza delle istituzioni e del
parlamentarismo consensuale46.
Ladirettricerepubblicana
la seconda linea di politica estera individuabile nel pentapartito
era quella del Partito Repubblicano, ovvero, più in particolare, del suo
segretario Giovanni Spadolini. Durante la sua esperienza di governo
fu coadiuvato da una consonanza di visioni politiche con l’allora ministro degli esteri emilio Colombo nel perseguire i propri progetti di
costruzione di un’europa politica (proprio il ministro democristiano,
insieme al suo omologo tedesco Hans-Dietrich Gensher, darà vita ad
una proposta di Trattato dell’Unione europea) che, importante, non
fungesse da contraltare alla guida statunitense del “mondo libero”.
l’Euroatlantismo di cui si faceva promotore il nuovo titolare di Palazzo Caprara si basava infatti su di una idea di europa quanto più possibile integrata dal punto di vista economico, politico e militare, ma
purché le sue scelte fossero compatibili e orientate alla lealtà verso gli
alleati d’oltreatlantico.
Anche quella militare era desiderabile come integrazione tra i Paesi appartenenti alla Comunità europea, e l’Unione europea occidentale ne poteva essere il punto di partenza. Punto d’arrivo del suo
“libro Bianco della Difesa”, pubblicato nel 98, la rivitalizzazione
dell’Ueo era indispensabile in primis per scongiurare un direttorio
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LapoliticaesteradiCraxi
franco-tedesco all’interno della comunità; ed inoltre al fine di «offrire
un contenitore multilaterale ad una iniziativa esterna multilaterale»47.
Il Mediterraneo, proprio mentre il Governo Craxi lo innalzava a
fattore nuovo di rinati interessi nazionali, era rivendicato dagli stessi
repubblicani come frutto delle loro iniziative48, per quanto i propositi
da cui erano mossi gli “spadoliniani” fossero, a monte, differenti: l’attivismo dell’Italia, anche attraverso l’esercito, per scongiurare quelle
che erano le radici degli annosi conflitti: i fondamentalismi e la loro
conseguenza prima, il terrorismo. Un atlantismo che si rivelerà a tratti intransigente (come si evince facilmente dall’affare Achille lauro)
ed un rigore antiterrorista che sembra traslato dalle lotte politiche di
cui il partito si è sempre mostrato in Patria come fervente assertore
si coniugano, nel contesto mediterraneo, in un appoggio alla causa
israeliana, forse la maggiore causa di attrito con le altre formazioni
facenti parte la coalizione di governo per quel che concerne gli indirizzi dell’Italia nelle relazioni internazionali.
Ladirettricecraxiana
Infine la linea estera del PSI, quasi interamente riconducibile ad
unico personaggio, Bettino Craxi. Già nel periodo che intercorre tra il
congresso del MIDAS, in cui un Craxi allora quarantaduenne guadagna
la fiducia sulla guida del partito, e la nomina a premier, è chiaro come
il relazionarsi del garofano al quadro internazionale avrebbe dovuto
liberarsi da un ingombrante bagaglio ideologico, facendo attenzione
a non “mettere in soffitta” anche quelli che furono storicamente le
fondamenta su di cui i più autorevoli compagni edificarono il socialismo in Italia. la sconfessione di ogni residuo di pensiero marxista,
per quanto vecchia fosse di due decenni l’esperienza del frontismo,
era la prima esigenza affinché venissero definitivamente sopite quelle
«tendenze compromissorie» che la svolta dell’internazionale socialista
aveva quasi, ma non del tutto, debellato. Un’esigenza maturata negli
anni della propria adolescenza politica, quando, referente del PSI alle
riunioni del Comintern si era reso conto, con esperienza diretta, di
quale fosse il vero prodotto del «socialismo reale»49; una nuova visione
del socialismo dunque, poi in seguito “raffinata” negli anni in cui Pa-
0
Introduzione
lazzo Chigi si faceva, per un laico, sempre più a portata di mano. Il pacifismo, se naturalmente rientrava nell’insieme delle idee socialiste, non
doveva confondersi con il neutralismo, mostratosi in passato gravido
di conseguenze anche nella politica interna0, e per il quale una marginalizzazione dallo spettro politico moderato (e, cosa ancor più grave,
una emigrazione a sinistra con un ruolo subalterno al PCI) sarebbe
stato inevitabile. l’amicizia con gli USA e l’appartenenza alla Alleanza
Atlantica non erano in discussione, e men che meno era ostacolata dalla
elezione del repubblicano Reagan, come per altro aveva dimostrato in
Francia François Mitterand, un altro socialista; l’indipendenza nazionale e la concertazione tra tutti gli alleati doveva però essere preservata: e
questi due punti furono citati, a mo’ di pregiudiziale, proprio durante il
proprio discorso di insediamento alla presidenza del Consiglio dei Ministri. la scelta atlantista aveva all’origine anche considerazioni ben
più pragmatiche che quelle sopraelencate: l’ascesa a Palazzo Chigi non
poteva certo prescindere dalle dimostrazioni di lealtà alla Casa Bianca,
discorso ancor più valido se il papabile appartiene ad una formazione
partitica laica e comunque più “sinistroide” della DC. In questo Craxi non mancò già da prima del dicembre 979, quando, annunciando
l’appoggio politico del PSI alla scelta dello schieramento dei Pershing
e dei Cruise nelle basi italiane, «segnalò alla Casa Bianca di essere altrettanto atlantista che qualsiasi democristiano». la costruzione europea, costante del pensiero socialista già dagli anni sessanta, subisce un
mutamento di rotta solo per l’abbandono di ogni velleità di farne una
«terza forza»3: un miraggio che avrebbe potuto distogliere l’attenzione
dal Mediterraneo, teatro in cui le forze delle democrazie del vecchio
continente avrebbero dovuto focalizzare la propria attenzione nel favorirne il dialogo ed il negoziato, anche con l’invio dei militari italiani;
e proprio le forze armate verranno citate nel discorso di insediamento
come strumento per la messa in opera di «iniziative di pace nell’area
mediterranea»4. la carta del libano era sicura, essendo stata avallata la
missione dai maggiori partiti italiani (incluso il PCI).
LapoliticaesteradiCraxi
Capitolo Primo
L’Italia e il processo di integrazione europea
l’eURoPeISMo ITAlIANo NeI PRIMI ANNI oTTANTA
l
a storia dell’europeismo nelle vicende politiche della Repubblica è un succedersi di dichiarazioni di buoni intenti e
palesi contraddizioni, talvolta strutturali, talvolta congiunturali, che hanno causato più volte per l’Italia perdite di credibilità, a
dispetto della immagine di “Nazione fermamente europeista” che si
è costruita nei decenni.
«Profondamente europeista nelle parole, non riusciva ad esserlo
nei fatti», stretta come era nelle morse della propria lentezza burocratica, che ne fece per lunghi anni l’emblema dell’inadempienza
per quel che riguarda le direttive comunitarie, afflitta dalla instabilità
politica, con le complicazioni che questa comportava per il decisionmaking in ambito comunitario. l’apporto italiano al progetto di integrazione europea alle soglie degli anni ottanta era più facilmente
individuabile nella retorica dei cerimoniali e di solenni dichiarazioni,
perenne malvezzo della diplomazia italica, piuttosto che nei gesti
concreti ai tavoli negoziali: complici sia «la mancanza di una chiara
visione d’insieme delle finalità politiche ed economiche della nostra
partecipazione al processo integrativo»3, sia l’abitudine a considerare
le issues di politica estera come secondari rispetto a quelle di politica
interna, relegando, di conseguenza, gli assunti concernenti la dimensione comunitaria ai margini dei dibattiti politici nazionali4.
le basi su cui si sarebbe poggiata qualche anno più tardi l’azione
europeista del Governo Craxi venivano poste già negli anni conclusivi del decennio precedente, solidificate anche da alcune circostanze
contingenti: la «europeizzazione del PCI»; una nuova, timida fiducia
dei partner comunitari verso l’economia italiana a partire dall’adesione italiana al Sistema Monetario europeo; un nuovo entusiasmo
dell’opinione pubblica.
3
LapoliticaesteradiCraxi
Dalla firma del Trattato istitutivo della Comunità Economica Europea del Marzo 97, cominciò lentamente a costruirsi in Italia una
sostanziale unanimità di fondo per quanto riguarda l’appoggio alla
causa europea. Sul finire degli anni sessanta solo il Partito Comunista Italiano, tra i partiti maggiori, si auto-escludeva dal novero delle
forze politiche che, con diverse sfumature, esprimevano il loro consenso all’integrazione economica e politica del Vecchio Continente.
Nel corso degli anni Settanta anche il PCI «inizia gradualmente il suo
cammino di accettazione di una Comunità europea»: inizialmente
attraverso la lente dell’eurocomunismo6 e del progetto una europa
indipendente dai blocchi da questi ideato; infine con uno scenico
mutamento di rotta il Primo Dicembre 977, giorno in cui diede
l’avallo ad una dichiarazione congiunta di Camera e Senato in cui
venivano ribaditi i punti cardine della politica estera nazionale: la fedeltà atlantica e l’impegno comunitario. Per quanto la dichiarazione
fosse stato un atto politico assolutamente non vincolante dal punto di vista formale, e sebbene tale dichiarazione non fece altro che
formalizzare la nuova linea di pensiero promossa da Berlinguer già
dai primi del decennio, la firma della dichiarazione rappresentò comunque un evento importante: una «solenne abiura delle posizioni
che il Partito aveva difeso per più di 30 anni»7. Il PCI suggellò così
formalmente la sconfessione di ormai anacronistici preconcetti nati
dalla trasposizione delle logiche sovietiche alla situazione attuale8,
probabilmente dettato dalla rassegnazione all’impossibilità di elevarsi
a valida “alternativa di governo” alla DC agli occhi degli Italiani e,
ancor di più, dell’alleato americano.
Dopo qualche mese dalla firma del Documento di politica estera
del Dicembre 977, il partito di Via delle Botteghe oscure tornava a
scostarsi dalla maggioranza governativa (sferrando un ulteriore colpo al governo Cossiga), su di un tema sì europeista, ma di carattere
meramente tecnicoeconomico: l’adesione dell’Italia al Sistema Monetario Europeo. Sebbene le motivazioni del rifiuto vennero ben presto
strumentalizzate dal dibattito politico interno, alcuni osservatori ne
hanno in seguito individuato connotati di un generale sintomo di «un
malessere di fondo condiviso da molte altre forze politiche, in Italia
4
CapitoloPrimo
ed in europa»9, alle quali si aggiungevano anche movimenti non affiliati ai partiti e singole personalità di spicco nel campo economico0.
Il risultato politico dell’adesione allo SMe fu, tutto sommato, abbastanza positivo: «l’Italia, nell’aderire allo SMe, ha mostrato di voler dare
un indirizzo cooperativo al suo profilo emergente di politica estera».
Il tentativo di risanamento dei propri conti pubblici passava per
una delega di poteri, comunque parziale e limitata, ad un meccanismo
sovranazionale custode della stabilità monetaria dei Paesi aderenti.
l’obiettivo dell’abbandono dell’immagine di «Mezzogiorno d’europa»3 era comune a larghi strati dell’opinione pubblica, più interessata alle vicende comunitarie in un periodo in cui si avvicendavano
dibattiti sull’ingresso nel Sistema Monetario e le varie campagne elettorali per l’elezione al Parlamento Europeo. Verso la fine degli anni
Settanta la posizione favorevole degli italiani nei confronti dell’europa unita si consolidava: «l’europa si era trasformata in una positional
issue, nei confronti della quale l’elettorato di destra e di sinistra aveva
atteggiamenti simili e massicciamente positivi»4. Se il sentimento di
appartenenza comunitario diveniva un “comune sentire” anche in un
sistema politico estremamente polarizzato come quello della Penisola, uno dei motivi è anche da ricercare nell’idea erronea sviluppatasi
nell’immaginario collettivo di “europa come cura miracolosa”, ovvero «una sorta di immagine sacra o di mito», nella quale erano riposte le speranze di governati e governanti perché l’economia italiana
venisse, una volta per tutte, trainata fuori dalla crisi6.
L’ideaeuropeistainCraxiedAndreotti
l’inerzia dell’europa nello scenario politico internazionale non venne sottovalutata né da Craxi, né da Andreotti: entrambi infatti notarono
già prima dell’insediamento del Governo Craxi come l’inadeguatezza
delle istituzioni della Comunità compromettesse irrimediabilmente per
questa la possibilità di qualsiasi azione esterna proprio in un periodo di
acuirsi di tensioni come quello della “seconda guerra fredda”7.
le crisi che si andavano moltiplicando nel Mediterraneo, le quali
non potevano più essere lette unicamente attraverso le logiche bipolari,
divenivano così l’obbiettivo su cui l’azione politica comunitaria (forte
LapoliticaesteradiCraxi
convinzione comune ad entrambi gli statisti) avrebbe dovuto concentrare la propria capacità di mediazione8: «l’europa unita avrebbe capacità e forza sufficienti per porsi come grande interlocutore e grande
mediatore dei conflitti che tengono con il fiato sospeso i popoli»9.
la ricerca di un rafforzamento dell’europa fece sì che l’Italia guadagnasse il ruolo di spinta per quel gruppo di Paesi favorevoli ad una
maggiore integrazione, gravitanti sino ad allora attorno al duo francotedesco; asse in cui Roma cercò (e cercherà, talvolta riuscendovi,
durante gli anni di Craxi) di inserirsi come cuneo0.
la visione europeista è, quindi, richiamabile ad entrambi i personaggi chiave delle relazioni internazionali italiane del periodo qui considerato. Cosa non ovvia è però come due persone così diverse per
esperienza, fede politica ed appartenenza partitica abbiano trovato una
comunanza di valori così netta proprio nell’ambito comunitario.
la legittimazione del socialismo democratico come unica alternativa di sinistra ai partiti del centro cattolico sarà, anche in europa, uno
dei cardini della strategia di Bettino Craxi: opporre l’eurosocialismo all’eurocomunismo, o meglio, fare del primo uno strumento per l’emarginazione di quest’ultimo. Il progetto passava dunque attraverso una
fitta rete di alleanze tra le formazioni di orientamento socialdemocratico dei vicini europei, distante dagli analoghi tentativi dei socialistiambientalisti scandinavi ormai entrati un una parabola discendente:
la SPD tedesca, più volte presentata come fonte di legittimità agli occhi della base socialista in caso di “scelte difficili”, come il “si” allo
schieramento degli euromissili; i laburisti britannici, schiacciati in Patria
dalla crescente popolarità che andava acquisendo Margaret Thatcher; i
Partiti socialisti di Spagna e Portogallo, alla guida dei rispettivi governi
proprio nel periodo cruciale delle negoziazioni per l’adesione alla Comunità; il PSF di François Mitterand, colui che riuscirà nell’impresa
che Craxi non conseguirà per tutta la sua carriera politica: la definitiva
vittoria elettorale sul Partito Comunista.
l’eurosocialismo di Craxi avrebbe dovuto essere la cassa di risonanza per le nuove idee revisioniste (l’abbandono dell’ideologia
marxista, il nuovo riformismo economico “liberal-socialista”, la fedeltà atlantica che si sostituisce al neutralismo) che guadagnavano
6
CapitoloPrimo
sempre maggiori simpatie sia tra i vertici che tra le basi delle sinistre
non comuniste del Vecchio Continente: un movimento nuovo, capace di evolvere, ma che avrebbe dovuto sempre mantenere una «scala
di valori tipicamente socialista»3, soprattutto in un periodo di grandi cambiamenti economici in cui sembravano risposte più adeguate
quella del Thatcherismo e della “Reaganomics”4.
Il ministro Giulio Andreotti non poteva certo essere insensibile alle
tematiche europeiste, dato che la costruzione di una struttura politica
comune ai Paesi dell’europa occidentale fu uno degli obiettivi per cui
si battè il suo “maestro”, Alcide De Gasperi: a questi infatti si deve il
progetto dei primi anni ‘50 di una Comunità Politica Europea, architettura costituzionale e democratica della Comunità europea di Difesa.
Dall’esperienza degasperiana Andreotti attinse l’idea di un occidentalismo non monolitico, ma bensì “interdipendente”, bisognoso
di una struttura adeguata dentro la quale relazionarsi: oltre che sulla
alleanza atlantica, quindi, l’attenzione avrebbe dovuto concentrarsi
sul processo di integrazione europea, struttura ritenuta idonea a far
valere detta “interdipendenza”6. l’idea di integrazione alla quale Andreotti si convertirà negli anni Ottanta è difficile da ricondurre all’interno di schemi concettuali precostituiti: una linea di azione a tratti
intransigente, accusata di essere «non scevra da fini e motivazioni
personalistiche»7; una variante sui generis dell’ideale europeista della
tradizione cattolico-democratica, capace di attrarre anche personaggi
politici non affini all’”andreottismo”, come François Mitterand8.
IlPianoGensher-ColomboeleiniziativediAltieroSpinelli
Nel dibattito sugli euromissili, che nel corso dei primissimi anni ottanta si andava facendo sempre più animato, le istituzione comunitarie
europee svolgevano un ruolo pressoché di spettatore, poiché la concertazione tra gli alleati NATo del Continente rimase sempre a livello
di diplomazia tradizionale. Ciò rese ancora più palese la debolezza politica dell’europa, rendendo più attivi quei movimenti extra-parlamentari che richiedevano una riforma istituzionale della Comunità.
la prima iniziativa a tal riguardo venne concepita agli inizi del
98 dal ministro degli esteri tedesco Hans-Dietrich Gensher, al qua-
7
LapoliticaesteradiCraxi
le si unì, già in sede dei lavori, emilio Colombo, titolare del Dicastero della Farnesina in entrambi i governi (Forlani e Spadolini) che
si seguirono in uno degli anni più travagliati per la Repubblica9. Il
testo della proposta conteneva solo dichiarazioni di principio, peraltro ben lungi dall’avere caratteri ambiziosi o altamente innovativi30,
eventualità che avrebbe inevitabilmente suscitato nuovi ulteriori contrasti tra il fronte integrazionista e chi, come la Thatcher, preferiva
limitare l’azione politica della Cee ad una blanda cooperazione tra
i governi nazionali. l’iniziativa italo-tedesca, per quanto debole in
partenza, ebbe tuttavia «il merito di riproporre all’ordine del giorno
dei Consigli europei il tema della riforma istituzionale e dell’allargamento delle competenze a nuovi settori»3. Trasformata dal Consiglio di Stoccarda del Giugno 983, in un innocua “Dichiarazione
solenne sull’Unione europea”, «un semplice impegno politico senza
alcun vincolo»3, la proposta Gensher-Colombo venne così “messa
in soffitta” per evitare di urtare i già fragili equilibri della Comunità
a 0: nemmeno i suoi fautori potevano illudersi di potere «superare
l’ormai abituale “pregiudiziale” britannica sul bilancio»33.
Il secondo progetto per la costruzione di uno “scheletro politico”
dell’Europa vide la luce grazie ai sacrifici di Altiero Spinelli. Personaggio politico più conosciuto a Bruxelles che in Patria, Spinelli «sin
dalla fine della guerra si era dedicato, con volontarismo donchisciottesco, a promuovere la costituzione di una europa federale»34: eletto
al Parlamento europeo nel 9793, si era fatto promotore sin dall’inizio di una volontà riformatrice autenticamente democratica, che scavalcasse i governi e le burocrazie al fine di costituire una Comunità
europea curatrice degli interessi dei propri cittadini. Spinelli cominciò a trovare alleati tra i propri colleghi dell’assemblea di Strasburgo,
riunendone un numero sempre maggiore nel “Club del Coccodrillo”,
una sorta di “associazione” del tutto informale che riuniva eurodeputati di diversa provenienza geografica e politica, accomunati solo
dall’entusiasmo che veniva trasmesso loro dal padre del “Manifesto
di Ventotene” e del “Movimento Federale europeo”. Per quanto animati da ferri intenti, i membri del “Club”, e Spinelli in particolare,
ben sapevano di non poter prescindere da una “veste istituzionale”
8
CapitoloPrimo
affinché le nuove proposte potessero essere approvate: fu così che
venne presentata al Parlamento europeo la richiesta della costituzione di una “Commissione istituzionale” per la redazione di un nuovo
progetto, approvata a maggioranza dall’Assemblea nel luglio 98.
le fatiche del suddetto “comitato ad hoc”, erano però destinate a
scontrarsi con lo scetticismo dei Capi di Governo al Consiglio di
Fontainebleu del Giugno 984.
I PRIMI PASSI IN eURoPA
DaAteneaFontainebleu
Nel secondo semestre del 983 la Comunità economica europea
si trovava in una stasi politica dovuta sia alle battaglie sul “just retour” delle delegazioni del Regno Unito, sia agli strascichi delle crisi
petrolifere sui mercati valutari. Il risultato delle azioni diplomatiche
dell’ultima parte dell’anno fu mediocre, non solo per quanto riguarda le negoziazioni nelle sedi comunitarie, ma anche per i rapporti
bilaterali36. le consultazioni sulla Politica Agricola Comune occupavano ormai la maggior parte delle sedute del Consiglio dei Ministri,
e terminavano spesso con un nulla di fatto, come successe al primo
appuntamento europeo del Governo Craxi al Consiglio di Atene del
Dicembre 983, incapace di partorire alcuna decisione di rilievo37.
l’europa non era capace di saltare quello «steccato latteario-caseario»38, vuoi per le ostinazioni da parte di Paesi disposti a confinare
nella retorica dei discorsi l’europeismo pur di difendere gli equilibri
sociali al proprio interno, vuoi per la «resistenza, attiva e passiva, della mastodontica burocrazia di Bruxelles, non disposta sicuramente a
farsi decurtare o a perdere una parte dei propri privilegi»39.
Il 4 Febbraio 984, giorno in cui i mass media italiani focalizzavano la loro attenzione sull’aspro dibattito sorto tra il Governo e
le parti sociali a causa del decreto legge sul taglio di due punti sulla
“scala mobile”, il Parlamento europeo approvava, e faceva propria,
la cosiddetta “risoluzione del coccodrillo”, ossia il frutto delle fatiche
di Spinelli e soci, impegnatisi per oltre due anni nella stesura di un
«progetto realistico, capace di coagulare la maggioranza dei consensi
9
LapoliticaesteradiCraxi
e nello stesso tempo in grado di rilanciare l’unificazione, superare le
disfunzioni e avvicinare l’obiettivo finale, la federazione europea»40.
le spinte in senso federalista di Spinelli erano destinate però a scarsa
fortuna, giunte come erano in un “momento sbagliato”, in cui, tra i
governi nazionali, appariva sempre più seducente l’euroscetticismo
di stampo thatcherista. In realtà il progetto prefigurava una riforma
istituzionale ambiziosa, ma non certamente rivoluzionaria: l’introduzione delle competenze concorrenti per le “politiche settoriali”
(come ricerca e sviluppo, trasporti e telecomunicazioni), la cooperazione in politica estera e la “azione comune”, cogestita da Consiglio e
Commissione, della Comunità verso l’esterno; l’ultima parola al Parlamento europeo sul tema di bilancio4.
Il Consiglio europeo di Fontainebleu, tenuto in Giugno, non coronerà le attese degli spinelliani: i Dieci non erano interessati alle riforme
in campo politico, ma bensì ai meccanismi di correzione del bilancio ed
altre questioni squisitamente tecnico-economiche. I capi di Governo,
tra i quali un Mitterand che appariva spaventato non appena emersa la
vera natura “federalista”4 dell’iniziativa, citeranno questa solo indirettamente nelle dichiarazioni finali. In queste si prevedeva la creazione
di un “Comitato ad hoc” per la formulazione di nuove proposte per
la cooperazione politica e nel settore delle competenze comunitarie, il
Comitato Dooge43. Nonostante non ammesso da nessuno nel Consiglio, le iniziative del progetto sono rimandate sinedie44.
Fontainebleu ha comunque avuto il pregio di placare, per quanto
temporaneamente e moderatamente, le insistenze della Thatcher sulle
questioni inerenti il rimborso annuale verso londra di una parte dei
suoi contributi. Ma l’appeasement4 verso la “lady di ferro” non spianava la strada da altri e ben più spinosi problemi che emergeranno non
appena sul tavolo delle trattative veniva presentato il buco del bilancio
comunitario, dovuto per larga parte alle copiose spese agricole46, che
avrebbe aperto una diatriba ulteriore tra chi desiderava un vincolo di
crescita e chi, come l’Italia, pensava che una maggiore discrezione del
Parlamento europeo in materia di bilancio avrebbe naturalmente costituito un importante passo in avanti verso un’autonomia maggiore
della Comunità economica europea dai governi nazionali47.
30
CapitoloPrimo
la seconda elezione a suffragio universale del Parlamento europeo sarà ricordata in Italia, ma per un motivo che esula dalle dinamiche comunitarie. Questa sarà infatti la prima, ed unica, consultazione elettorale a designare il Partito Comunista come primo partito
nell’ordine delle preferenze. Il PCI, da pochi giorni orfano di un suo
capo storico, enrico Berlinguer48, ottiene il 33,3% degli scrutini; la
DC si attesta al 33% e perde invece qualche decimale rispetto alle
politiche dell’anno prima il PSI, ora fermo all’,%.
Dal nuovo appuntamento alle urne dei cittadini europei nasce un
Parlamento oltremodo frammentato, che eleggerà come suo Presidente Pierre Pflimlin, bollato subito da Spinelli come «politicamente
insignificante»49: epiteto forse troppo ingeneroso, ma specchio delle
preoccupazioni dell’ala federalista del parlamento nel vedere eletto
un personaggio politico non certo noto per il suo attaccamento alla
causa dell’integrazione.
la crisi comunitaria tocca nel biennio 983-84 il proprio apice:
una “chiusura” britannica, alla quale sembrava orientato pure il governo danese, lasciava aperta come unica alternativa l’intesa tra francesi e tedeschi. Intesa alla quale Roma si opponeva e per il timore,
giustificato, di essere “tagliati fuori”0, e per convinzioni politiche
dello stesso Presidente del Consiglio Craxi, il quale riteneva che solo
l’unità, senza distinzioni tra Paesi di “serie A e B”, fosse per l’europa
l’unica via possibile per imporre la propria presenza nei rigidi schemi
bipolari dell’epoca.
Negli ultimi mesi del 984 la diplomazia italiana preparava il terreno
per l’appuntamento con la presidenza semestrale delle Comunità, concentrando i propri sforzi anche nel settore della cooperazione militare.
l’obbiettivo, soprattutto per volere del Ministro della Difesa Giovanni Spadolini, era una rivitalizzazione dell’alleanza militare dell’europa occidentale, l’Ueo, comprendente alcuni Paesi della sponda europea del Patto Atlantico. Il Governo Craxi fu costretto ad affrontare
una situazione di crisi in cui pareva poco probabile che una qualsiasi
iniziativa di un certo peso volta a favorire l’integrazione politica potesse mai avere luogo; le proposte volte all’integrazione sul piano militare,
invece, riscuotevano una comunanza di accordi abbastanza solida. I
3
LapoliticaesteradiCraxi
nove partner dell’Italia sembravano oltremodo interessati alle questioni riguardanti la politica di difesa, un “nervo scoperto” del Vecchio
Continente da cui, data la situazione “scivolosa” della seconda guerra
fredda, non era conveniente soprassedere. la riunione di Roma del
Consiglio dell’UEO, tenuta il 26 Ottobre 1984, viene infatti definita
a posteriori «uno dei più consistenti tentativi di rilanciare il processo
di unificazione europea in termini immediati e progettuali»3: quanto
basta a rendere l’idea della scarsa attenzione che venne destinata ai
progetti di Spinelli e della coppia Gensher-Colombo.
I rapporti bilaterali con i partner europei non erano dei migliori, soprattutto con i due Paesi motore della comunità, visti dall’Italia con invidia e sospetto: Francia e Repubblica Federale Tedesca. ospite a Venezia,
Mitterand subisce le rimostranze mosse da Andreotti «forse con più vivacità del necessario»4 per un bombardamento che i francesi avevano
eseguito sul libano settentrionale durante i mesi dell’operazione di pace
senza alcuna concertazione con gli alleati. I rapporti con i tedeschi venivano deteriorati da una pesante dichiarazione rilasciata dal Ministro degli
esteri, espressosi in modo chiaramente negativo riguardo una potenziale
riunione della Germania: «Gli stati germanici sono due, e due devono rimanere». le preoccupazioni di Andreotti suscitate dal riavvicinamento
delle due Repubbliche e dal pericolo di “pangermanesimo” insito nella
nuova Deutschlandpolitik di Kohl colpirono l’attenzione degli osservatori per le analogie con le tesi ufficiali del Cremlino. Le polemiche in Patria furono accese: critiche al Ministro vennero mosse dai repubblicani,
dai liberali, da una parte della DC (le correnti di Piccoli e De Mita), dai
comunisti. Il PSI si espresse, come il suo leader, piuttosto ambiguamente. Craxi, in veste di capo del Governo, «dopo due giorni di silenzio si limitava ad inviare una lettera al cancelliere Kohl, in cui correggeva molto
parzialmente le dichiarazioni di Andreotti»6.
Il SeMeSTRe DI PReSIDeNzA ITAlIANA DellA Cee
L’allargamentoaSpagnaePortogallo
la presidenza del Consiglio della Cee toccava all’Italia nel primo
semestre del 98: periodo in cui le speranze lasciate dal parziale appia-
3
CapitoloPrimo
namento delle questioni economiche e dall’insediamento della nuova
commissione presieduta da Jacques Delors, un personaggio politico di
primo piano e di dichiarata fede europeista, rendevano meno amare le
«acque stagnanti» in cui si trovava la crisi politica della Comunità7.
le direttrici su cui l’azione italiana avrebbe puntato vennero rese
note dal Ministro degli esteri Andreotti già nel mese di Gennaio:
l’apporto ad iniziative volte al risanamento delle istituzioni; le relazioni esterne della Cee; l’allargamento a Portogallo e Spagna8.
Proprio sul punto che riguarda l’adesione dei Paesi della Penisola
Iberica, l’Italia “stupisce” gli osservatori per lo zelo con cui appoggiava
l’iniziativa, apparentemente contraria ai propri interessi nazionali. In
realtà il Premier Craxi aveva già valutato a suo tempo i vantaggi politici
di un’adesione all’europa portata avanti da due partiti membri dell’internazionale socialista, con i quali fondare un’area socialistamediterranea, e fare di questa un nuovo motore per iniziative politiche volte al
rafforzamento dell’unità europea9. Inoltre la Farnesina sperava che gli
equilibri geopolitici del Continente si sarebbero rimessi in pari grazie
ad un nascituro «blocco delle Nazioni dell’europa meridionale in cui
l’Italia avrebbe potuto svolgere un ruolo di primo piano»60.
Argomentazioni alle quali più addetti ai lavori opponevano timori
di incompatibilità tra gli interessi degli agricoltori italiani e l’ingresso di
questi nuovi membri, esportatori di prodotti agricoli derivanti da colture
simili a quelle della Penisola. Tesi presto invalidate dai fatti: infatti sarà
grazie alle pressioni spagnole che verranno approvati i Programmi Integrati per il Mediterraneo (PIM), uno stanziamento di fondi per il sostentamento delle colture tipiche del fianco meridionale del Continente.
Il Consiglio di Bruxelles del Marzo 1985 risolverà definitivamente
ogni contenzioso sull’ingresso di Spagna e Portogallo. la Presidenza
di turno italiana, nonostante fossero passati solo 3 mesi, poteva contare di aver conseguito già «alcuni lusinghieri e concreti risultati»6.
Uno dei tre obiettivi della Farnesina era stato raggiunto: ora rimaneva da avviare una riforma istituzionale, oggetto di scontro tra le
varie delegazioni governative ma, al contempo, necessario punto di
partenza per uscire dalla crisi che attanagliava il meccanismo decisionale di Bruxelles già da troppo tempo.
33
LapoliticaesteradiCraxi
IlConsiglioEuropeodiMilano
Con un’ostinazione inusuale, manifestazione palese che il nuovo attivismo della politica estera non sarebbe rimasto fuori dal suo “secondo cerchio concentrico”, il contesto comunitario secondo la definizione di Carlo
Maria Santoro6, la diplomazia italiana affilava le proprie armi in vista dei
nuovi incontri al vertice in cui si sarebbe deciso il futuro della Cee63.
Alla vigilia i segnali contraddittori irritavano le altre diplomazie
europee: in un discorso tenuto al Parlamento europeo Giulio Andreotti garantiva l’impegno italiano al fine di una convocazione di
una conferenza per l’approvazione di un nuovo trattato64; Craxi invece assumeva un atteggiamento «più possibilista, più favorevole ad una
linea di prudenza»6, orientato a chiudere il “successo” del Consiglio
di Bruxelles in cassaforte piuttosto che a voler tenere fede agli impegni assunti all’inizio del mandato. Dalle pagine del «Corriere della
Sera», due giorni prima dell’appuntamento Andreotti dissipava ogni
dubbio sulla chiarezza degli intenti italiani: non ci si sarebbe potuti
accontentare di «trovare un accordo su un minimo comune denominatore, né tantomeno su una dichiarazione priva di effetti pratici»66,
ma solo la convocazione di una conferenza, per la quale Andreotti
stesso teneva a precisare che l’unanimità era politicamente auspicabile67, ma non giuridicamente necessaria, avrebbe posto le basi solide per la negoziazione di un nuovo trattato, incaricato di «realizzare
compiutamente, sia pure per diverse fasi, l’Unione europea»68.
I convulsi giorni immediatamente precedenti al Consiglio furono caratterizzati da un succedersi di dichiarazioni, rettifiche e smentite. Kohl e
Mitterand complicano ulteriormente la situazione, facendosi promotori di
un progetto che offriva la piattaforma per un accordo su minime basi: «un
documento che eludeva le questioni istituzionali e si limitava a proporre
una formalizzazione giuridica per la cooperazione politica europea»69.
Nonostante Craxi avesse incontrato solo qualche giorno prima sia
Mitterand (il 3) che Kohl (il 0), il Governo Italiano ne venne a conoscenza solo ventiquattro ore prima della seduta iniziale del Consiglio70.
Andreotti non celò il proprio disappunto; il Capo dell’esecutivo invece,
pragmaticamente scettico riguardo alle ambizioni di un “giro di volta”
troppo radicale, «un po’ lo approvava, un po’ lo subiva»7, pur precisan-
34
CapitoloPrimo
do che lo considerava sì positivo, ma come «primo passo»7.
I due giorni del Consiglio di Milano produrranno infine uno
“strappo” che, sebbene annunciato da diversi mesi, diverse delegazioni ( in primis il Regno Unito) avrebbero evitato volentieri. Mentre fuori dal Castello Sforzesco, sede del Vertice, sfilavano decine di
migliaia di manifestanti73, Bettino Craxi, avvalendosi del suo “decisionismo” di cui in Patria era solito dare sfoggio74, fissava la convocazione di una Conferenza Intergovernativa incentrata sulla riforma
dei trattati. lo fece avvalendosi della regola della “maggioranza qualificata”, nelle istituzioni comunitarie in disuso dal 19667: a favore
della mozione i governi favorevoli furono sette, due i “no” (danesi e
britannici), e un astenuto (la Grecia).
la delegazione governativa italiana (Craxi ed Andreotti erano
aiutati “sul campo” da un diplomatico di professione, Renato Ruggiero) ebbe il merito di concludere la riunione al vertice portando
a buon fine quelle intenzioni con cui l’aveva cominciata76, non cedendo alle pressioni psicologiche di una potenza di rango maggiore
come la Gran Bretagna, riportando d’attualità le questioni comunitarie e ravvivando il dibattito sull’europa politica dopo gli anni dell’”eurosclerosi”. Certo v’era pure un rovescio della medaglia, al quale Palazzo Chigi non sembrò farne testo: le contrapposizioni erano
solo rimandate, tutt’altro che debellate77. l’Italia, nonostante tutto,
chiudeva il semestre di presidenza con delle piccole soddisfazioni,
tra cui l’aver finalmente scongiurato un avvicinamento del tandem
franco-tedesco alla linea della Thatcher. Chiusi quelli che nel Corriere vennero definiti come «sei mesi di buon governo CEE»78, la patata
bollente veniva passata di mano al Governo del lussemburgo.
l’ATTo UNICo eURoPeo
Lacostruzionedell’Atto
Gli entusiasmi per il varo della CIG, successo in realtà anche troppo enfatizzato ma non di certo riconducibile ad un mero «passaggio di
carte»79, andranno gradualmente scemando nei mesi di gestazione vera
e propria delle riforme su cui si sarebbe dovuto edificare una nuova
3
LapoliticaesteradiCraxi
Comunità europea. la presidenza semestrale toccava ora allo stato più
piccolo della Cee, il Granducato del lussemburgo, il quale ereditò una
situazione ancor più delicata di quella trovata da Craxi sei mesi addietro.
Gli schieramenti erano divenuti addirittura tre: da una parte tedeschi ed italiani, i quali puntavano ad un aumento dei poteri del Parlamento europeo, facendo di questo il maggior centro decisionale
della Cee, posto un gradino sopra la Commissione ed il Consiglio;
dall’altra i Paesi del fronte del “No” di Milano, al quale si aggiungeva la Francia prossima alle elezioni, orientato ad un cambiamento
quanto minimo possibile80; infine i Paesi del Benelux ed il presidente della Commissione Jacques Delors, miranti ad un rafforzamento
delle prerogative del Parlamento purchè queste non intaccassero le
competenze della Commissione8.
Nei mesi in cui le varie diplomazie passavano al vaglio le diverse proposte (ben cinque appuntamenti al vertice da Settembre a Dicembre) si
ergeva una nuova crepa, similmente a quanto accaduto nei tre giorni precedenti il Consiglio di Milano, tra le posizioni di Craxi, più “possibilista”
verso gli accordi minimi, prudente nel sottolineare che questi «non andavano sottovalutati»8, e l’”euromassimalismo” di Andreotti, convinto che
solo approvando in toto le proposte dell’assemblea parlamentare la Cee
avrebbe seriamente posto le basi per una valida struttura politica.
l’appoggio italiano alle tesi del Parlamento europeo, coerentemente ma anche ciecamente incondizionato83, portarono Roma in
una posizione di minoranza che si rivelerà presto difficile da gestire,
ora che l’ostinazione della Farnesina aveva precluso ogni possibilità
di adattamento alle proposte pragmatiche. L’Italia finì con il trovarsi «condizionata dal sostegno a una posizione ritenuta massimalista
dalla maggior parte dei rappresentanti degli altri Stati comunitari»84,
ignorando, di proposito, che non ci sarebbe stata alcuna possibilità
di conseguire l’unanimità di consensi (necessaria per una riforma dei
trattati) perseguendo la strada del “tutto o niente”.
Al Consiglio di Lussemburgo si ufficializzarono i punti dell’accordo, faticosamente raggiunti dai dodici in un “conclave” di due
giorni, fortemente voluto da Andreotti8, tenutosi alla vigilia dell’incont ro formale.
36
CapitoloPrimo
la graduale “conversione” verso posizioni più pragmatiche anche di
quei governi inizialmente favorevoli alle proposte dell’assemblea parlamentare (Germania occidentale e Paesi del Benelux) non lasciava altro
possibile che non un accordo su basi minimaliste. L’Italia, al fine di mascherare la propria sconfitta diplomatica, subordinò il suo consenso all’approvazione della risoluzione di lussemburgo da parte del Parlamento europeo: un gesto di pura cosmesi86 per esprimere ulteriormente la
propria contrarietà, senza compromettersi una seconda volta. l’assemblea di Strasburgo inizialmente propose degli emendamenti; il Consiglio
ne recepì solo alcuni di scarsa importanza. l’Atto Unico europeo venne
così approvato e sottoposto alle ratifiche degli Stati87.
Questo nuovo atto consisteva in un insieme di riforme: una maggiore armonizzazione e cooperazione tra i Governi nella politica
estera; un calendario a tappe fissate per l’abolizione di dazi doganali
ed altri ostacoli legislativi per la realizzazione di un Mercato Comune
europeo entro il 99; più poteri in materia legislativa per il Parlamento con la “procedura di cooperazione”, un investimento con cui
si faceva carico il Parlamento della possibilità di “lettura critica” degli
atti legislativi di Commissione e Consiglio88.
l’ insoddisfazione per una così vistosa débâcle degli integrazionisti è palesata da Spinelli in un amaro discorso dinnanzi al Parlamento Europeo, in cui figurava metaforicamente “la montagna” fatta da
Consigli, Comitati e riunioni al vertice, che partoriva il “topolino”,
ovvero un Atto scarno e ben poco innovativo89.
Primitentatividicooperazioneinpoliticaestera
la cooperazione in politica estera verrà messa subito sul banco
di prova dalla “crisi della Sirte” dei mesi di Marzo e Aprile del 986,
che, purtroppo, non resterà confinata al campo diplomatico: i bombardamenti americani diretti verso obiettivi strategici libici scatenerono
una spirale di violenza culminata con il fallito attacco missilistico verso
lampedusa. I dodici mostrano compattezza, spinti all’unità soprattutto dal fatto che a partire dal secondo dopoguerra il conflitto non era
mai arrivato così vicino90. Craxi richiese ai colleghi europei (fittissimo
il calendario di incontri bilaterali con i partner comunitari in questo
37
LapoliticaesteradiCraxi
periodo) un maggiore sforzo nel portare avanti una mediazione della
Comunità: cosa che non andò a buon fine, a causa della linea italiana
giudicata troppo “flessibile”, soprattutto da parte di Kohl9, nei confronti di Gheddafi9. Sempre nel quadro della cooperazione politica,
nonostante l’Atto Unico entrerà formalmente in vigore solo a procedura di ratifica conclusa da parte di tutti i Governi, il Consiglio dei
ministri degli esteri adottò una dichiarazione che “prendeva le distanze” dal Governo segregazionista del Sudafrica, prevedendo anche delle
sanzioni per l’importazioni di materie prime da questo Paese che, noncurante delle sanzioni decise anche dall’assemblea delle Nazioni unite,
persisteva nella propria linea politica dell’Apartheid.
Tra le dichiarazioni e le “vie di fatto” la strada si rivelerà presto tortuosa, ostacolata sia dalla reticenza britannica nel delegare alla
Comunità i rapporti con un Paese membro del Commonwealth con
cui erano fortissimi i rapporti commerciali e diplomatici, sia dalla
cautela che in ogni Parlamento veniva richiamata dagli ambienti industriali, timorosi delle perdite conseguenti al taglio delle importazioni
dal Paese tra i primi al mondo per esportazione di materiali ferrosi,
carbone, oro e platino.
38
Capitolo Secondo
Rapporti Italia-USA
DA CARTeR A ReAGAN
N
ei convulsi anni dei governi di “solidarietà nazionale”, in
cui l’urgenza di scongiurare le crisi di destabilizzazione del
sistema politico più che la ventata riformista portata dall’eurocomunismo condusse il PCI ad appoggiare esternamente i governi
monocolore della DC, i rapporti tra Washington e Roma scivolarono
nell’ambiguità. Inizialmente il Presidente Carter optò per un lassez-faire
in merito ai disegni di cooptazione del Partito di Berlinguer nella maggioranza di Governo: sia perchè sedotto dall’idea di un incanalamento
socialdemocratico dei partiti comunisti dell’europa occidentale, che
avrebbe ancor di più distanziato Mosca da Botteghe oscure, sia perché,
soprattutto, intendeva mostrarsi estraneo alle pratiche di ingerenza negli
affari interni degli alleati europei in uso dai suoi predecessori. Nei primi
due anni del suo mandato, Carter, forse inconsciamente, rese credibile
l’ipotesi che, sotto alcune condizioni, avrebbe potuto accettare un governo del quale facesse parte anche il PCI. lo fece ponendo più volte
l’accento sul già citato “principio di non interferenza”, salvo poi essere contraddetto dal suo segretario di Stato Brzezinsky, allarmato da un
nuovo corso neutralista che la nuova coalizione DC-PCI avrebbe potuto
scegliere come indirizzo della politica estera italiana3. Tra la linea “morbida” della Casa Bianca ed una attestata sul sospetto e sulla percezione del
fenomeno eurocomunista come minaccia interna alla stabilità politica
del campo occidentale, ben presto prevalse quest’ultima: in un memorandum diretto al neoambasciatore americano a Roma, Richard Gardner, redatto da Brzezinsky e controfirmato dal Presidente, si denunciava
come “seria minaccia” un possibile accesso al Governo del Partito Comunista Italiano, che avrebbe reso Palazzo Chigi pericolosamente vulnerabile all’influenza sovietica4.
39
LapoliticaesteradiCraxi
Nonostante i toni forti delle raccomandazioni rivolte ai funzionari di Via Vittorio Veneto contenute nel memorandum, questo invitava anche ad intrattenere più stretti contatti con i quadri dirigenziali
del Partito Comunista.
Washington non condivideva dunque il progetto di un Governo
che godesse dell’appoggio comunista, ma ritenne più utile premere
affinché ad intervenire fossero stati i Partiti (ovviamente la DC in
primis) e le istituzioni statali piuttosto che invischiarsi direttamente
in problemi che, come disse lo stesso Carter rivolgendosi ad Andreotti in seguito al vertice dei Paesi industrializzati di londra del
Maggio 977, «gli Italiani sanno risolvere da sé». la “Dichiarazione
di Politica estera” in cui veniva ribadita la fedeltà atlantica del Dicembre 1977, firmata da tutti i maggiori Partiti, incluso il PCI6, non
ovviò allo scetticismo del Segretario di Stato, ancora più zelante nel
suggerire cautela all’ambasciatore Gardner7. la “solidarietà nazionale” cadde in seguito al rifiuto comunista di appoggiare l’adesione allo
SMe; le elezioni politiche del 979, tenute sull’onda emotiva suscitata dall’assassinio di Aldo Moro, sancirono un brusco arretramento
del PCI (che passò dal 34,3% al 30,3% dei consensi): dato il nuovo equilibrio più favorevole alle forze moderate8, ed un sostanziale mutamento di rotta del Partito Socialista, prima favorevole, poi
tollerante e successivamente apertamente ostile nei confronti della
“solidarietà nazionale”9, non vi erano più motivi di porre in essere il
“compromesso storico”.
Ladecisionedeglieuromissili
Nel corso dell’anno 977, i nuovi missili sovietici a raggio intermedio, gli SS-0, divenivano operativi. le considerazioni strategiche
alla base di questa scelta erano di natura meramente difensiva0, ma
lo schieramento lungo la cortina di missili puntati verso occidente
resuscitò i timori di accerchiamento dei Governi del Vecchio Continente: timori esistenti fin dal prendere corpo della guerra fredda,
ma temporaneamente accantonati lungo il periodo della distensione
degli anni settanta. Quella dei nuovi missili era dunque un’arma politica: destabilizzatori dell’ordine creato dalla Conferenza di Helsinki
40
CapitoloSecondo
del 97, e potenziale innesco distruttorio per i legami delle due
sponde dell’alleanza atlantica, dal momento che tacitamente l’URSS
richiedeva alla controparte di riconoscere l’europa come unico teatro di una guerra nucleare “limitata”3.
la risposta dell’Alleanza Atlantica venne sollecitata soprattutto
dal cancelliere della Repubblica Federale Tedesca Helmut Schmidt,
leader del partito socialdemocratico tedesco, rivelatosi «con le sue parole ed il suo esempio, ponte tra Washington e i socialisti»4 per quanto concerneva, soprattutto, l’appoggio allo spiegamento dei sistemi
d’arma nucleari, questione difficile da giustificare, almeno ideologicamente, ad una sinistra europea ancora imbevuta di neutralismo. I
negoziati tecnici e politici tra i governi dell’alleanza si protrassero per
tutto il 979: dal vertice di Guadalupa in Gennaio (tenutosi tra USA,
Regno Unito, Francia e Germania Federale. l’Italia non fu invitata),
sino al Consiglio congiunto a livello esteri-Difesa del -6 Dicembre 979. Il punto di incontro fu trovato con la “doppia decisione”,
anch’essa frutto delle pressioni di Schmidt: all’accordo che sanzionava l’installazione dei nuovi missili americani sul territorio europeo,
con la fissazione di un calendario tecnico che prevedeva l’ultimazione dello spiegamento entro il 983, veniva aggiunta una clausola, una
“dichiarazione politica” con la quale si ribadiva la disponibilità ad avviare un negoziato con i sovietici per la riduzione dei missili di teatro.
Le manifestazioni pacifiste di varie entità e natura (sinistra radicale
e moderata, cattolici) crebbero in maniera esponenziale, soprattutto
nei Paesi dell’europa Continentale. In Italia però un vero e proprio
aggregazionismo pacifista in grado di esercitare pressioni “dalla piazza” era ancora troppo debole, almeno rispetto a quello manifestatosi
in Germania: «la battaglia che il Governo dovette sostenere per mantenere l’impegno del Dicembre 979 fu di schieramenti politici e si
risolse in Parlamento».
L’Italiaelasecondaguerrafredda
Solo una decina di giorni dopo la firma degli accordi di spiegamento degli euromissili, l’armata rossa dava inizio all’invasione dell’Afghanistan. Il riflesso principale che ebbe nello scenario politico
4
LapoliticaesteradiCraxi
italiano la nuova crisi dei rapporti est-ovest, la seconda guerra fredda,
fu la definitiva sepoltura di ogni velleità di coinvolgimento del Partito
Comunista Italiano nel Governo, sia dall’esterno, come era avvenuto
nei tre anni di “solidarietà nazionale”, sia con l’ingresso in una larga coalizione multipartitica sul modello del Comitato di liberazione
Nazionale del periodo della Resistenza6. le elezioni presidenziali
americane del 1980 significarono un avvicendamento alla Casa Bianca: a Carter, accusato di scarsa fermezza nel nuovo confronto con i
sovietici, succedeva il repubblicano Ronald Reagan, anticomunista
intransigente, almeno leggendo le sue dichiarazioni, spesso dal linguaggio colorito e arricchito da gaffes, ma che si rivelerà, soprattutto
durante il suo secondo mandato (coincidente con l’ascesa di Gorbaciov al Cremlino), disposto ad incentivare il dialogo non appena da
Mosca si prospettano spiragli di apertura.
Il PSI negli anni di transizione tra “solidarietà nazionale” e “Pentapartito”7 sviluppa, soprattutto in forza dell’appoggio alla decisione
degli euromissili, una nuova linea atlantista che spaventava Piazza del
Gesù. Molti nella DC temevano che la nuova strategia dei socialisti in politica estera avrebbe potuto sostituire il garofano allo scudo
crociato nelle simpatie di Washington, scalzando quest’ultimo dalla
posizione di interlocutore italiano “privilegiato” della Casa Bianca8:
se il PCI non era riuscito a legittimarsi del tutto agli occhi degli americani come “affidabile” per la guida del Governo, Craxi sapeva bene
che sottrarre alla DC la «primogenitura» dei rapporti con gli alleati9
era largamente alla portata del suo Partito.
le fratture che seppellirono la distensione vennero alimentate,
nel periodo tra la decisione e l’effettivo dispiegamento dei Pershing
e dei Cruise, da altri focolai di tensioni: tra questi il boicottaggio
americano delle olimpiadi di Mosca, il Colpo di Stato in Polonia e la
scoperta della “pista bulgara” dell’attentato in Piazza S. Pietro contro
il Pontefice Karol Wojtila.
l’Italia non riuscì a tenere un comportamento coerente, così
come fece quando le si presentò la “chiamata” degli euromissili:
nonostante le reiterate dichiarazioni di fedeltà atlantica, il Governo
era restio a precludersi qualsiasi opportunità di dialogo con Mosca,
4
CapitoloSecondo
sia perché si riteneva necessario «non trascurare l’atteggiamento del
PCI»0, comunque guidato da un comitato di partito che al proprio
interno conservava ancora una forte schiera di “conservatori” che
ritenevano controproducente un vero e proprio “scisma da Mosca”
(su tutti Amendola e Cossutta), sia perché quello della ricerca del
compromesso era pur sempre un punto cardine del programma in
politica estera dei democristiani.
le eReDITà: GlI eURoMISSIlI e lA MISSIoNe IN lIBANo
L’appuntamentoconglieuromissili
Ancora in “rodaggio”, il Governo Craxi si trovò subito di fronte
una questione che con il tempo si rivelò ben più spinosa di quanto
inizialmente si era creduto: l’installazione dei missili di teatro americani, come da accordi presi dal Governo Cossiga nel Dicembre 979.
l’appoggio alla “doppia decisione” venne confermato quattro anni
dopo: oltre la coerenza del gesto, forse eccessivamente enfatizzata
da Via del Corso, si presentò la necessità di rassicurare gli alleati
d’oltreoceano circa la natura “socialista” del nuovo Presidente del
Consiglio3, il quale rimaneva sempre per Washington «un personaggio enigmatico, potenzialmente difficile, e conosciuto solo per
sentito dire»4, nonostante un eminente politologo di Yale, Joseph
la Palombara, in un articolo apparso sulla rivista Foreign Affairs
nel Marzo 98, scriveva che «le posizioni del partito socialista in
politica estera presentano una straordinaria analogia con le posizioni
assunte dall’amministrazione Reagan» l’analogia era riscontrabile
nella opposizione craxiana alla dipendenza da Mosca per le materie
prime strategiche, nel tenace appoggio alle scelte della NATo, nella
diffidenza verso i partiti comunisti dell’Europa occidentale6.
le questioni dell’equilibrio delle forze missilistiche «vanno risolte
tenendo aperta la via maestra del negoziato»7 dichiarò Craxi nel suo
discorso di insediamento a Palazzo Chigi, quasi a voler rassicurare l’opposizione di sinistra di non aver dimenticato la clausola della
“doppia decisione” che richiedeva il massimo sforzo possibile per
il prosieguo delle trattative sul disarmo: dichiarazione ripetuta, per
43
LapoliticaesteradiCraxi
quanto vanamente, durante la visita a Washington dell’ottobre 983,
in piena agonia del negoziato ginevrino sul disarmo8.
Comiso, la cittadina siciliana che ospitava la base NATo scelta
come sito di installazione dei missili, era gia da qualche anno punto
di incontro di manifestazioni pacifiste di diversa, se non opposta, matrice, essendo questa testimone di sit-in in cui abbondano le bandiere
rosse, veglie di preghiere, comizi e viae crucis9. l’opinione pubblica
italiana sembra non essere unanime al pari della coalizione del pentapartito nell’accettare l’onere degli Intermediate Nuclear Forces. Il Partito Comunista percepì il disagio e tentò di egemonizzare, non alieno
da considerazioni elettorali, l’insieme eterogeneo dei movimenti, per lo
più spontanei, che nascono in tutto il territorio nazionale30, frapponendo alle scelte della compagine di Palazzo Chigi dichiarazioni intrise di
antiamericanismo3, ma non una valida alternativa attuabile.
la fermezza atlantica del nuovo Premier servì dunque non solo a dimostrare al potente alleato che non era necessaria una guida democristiana
del Governo per assicurare un saldo ancoraggio al campo atlantico, ma
anche per relegare definitivamente ai banchi dell’opposizione il PCI3.
L’interventoinLibano
Nel 98 l’invasione israeliana del sud del libano esacerbò
ulteriormente le tensioni tra le varie fazioni politiche e religiose
del “Paese dei Cedri” già in lotta tra loro dalla seconda metà degli
anni Settanta; il conflitto rischiava di uscire dai confini ed allargarsi a tutto il Medio oriente.
l’Italia, per quanto inizialmente si appigliò ad ipotesi di intervento nel quadro di istituzioni sovranazionali (oNU e Cee)33, accolse
l’invito all’intervento rivolto dagli americani agli alleati. la motivazione principale alla base della scelta fu quella di cogliere al volo
l’occasione di consolidare i rapporti con l’amministrazione Reagan34,
ed accrescere così «il profilo internazionale dell’Italia, anche nei confronti degli alleati atlantici»3. Il volto “umanitario” della missione, la
protezione dei profughi palestinesi dopo le terribili stragi di Sabra e
Chatila, convinse l’opposizione di sinistra a optare per una posizione
non ostile, quando non di aperto appoggio, all’iniziativa.
44
CapitoloSecondo
Con il palesarsi di una spirale di violenza che sembrava ormai incontrollabile (alle cruente lotte tra le fazioni libanesi si aggiunsero gli attentati
terroristici contro i contingenti francese ed americano), presso l’opinione
pubblica andarono lentamente scemando «il consenso ed i vaghi entusiasmi che si erano manifestati nel corso del 98»36. emersi «gli aspetti più
euro-americani dell’intervento stesso, cioè la questione del supporto agli
USA fuori dall’area NATo»37, l’opposizione denunciò un mutamento
degli scopi di una missione dichiarata umanitaria, ma degenerata in un
vituperato “intervento politico” al fianco degli alleati38.
Anche all’interno del Pentapartito le voci di dissenso si moltiplicarono non appena evidenziatasi «la divergenza di orientamenti con
gli altri Paesi occidentali»39: francesi ed americani, bersagliati pressoché quotidianamente da attentati di matrice terroristica, si affidarono
all’arma delle ritorsioni, suscitando le vive proteste del Ministro degli
esteri Andreotti e del Presidente della Repubblica Sandro Pertini40.
Il ritiro del contingente italiano, dopo essere stato procrastinato per
tutto l’arco del secondo semestre del 9834, divenne ineluttabile con il
ritiro dei soldati americani, deciso unilateralmente dall’amministrazione
Reagan. Tale decisione lasciò in Italia strascichi di amarezza anche tra chi
era storicamente fervido sostenitore della politica estera di Washington
come il ministro della difesa e segretario del Partito Repubblicano Giovanni Spadolini, il quale manifestò la propria delusione non appena il
Governo venne messo al corrente (peraltro ad operazioni già avviate) del
ritiro dei marines4. la forza multinazionale veniva de facto sciolta, senza
concertazione tra i partecipanti ma con una decisione unilaterale degli
americani, «proprio il gesto che il Segretario di Stato americano Shultz
aveva sempre raccomandato agli alleati di non fare»43.
l’ITAlIA Nel NeGozIATo
IlGovernoCraxieildisarmo
le speranze che il Presidente del Consiglio riponeva in un «disarmo negoziato su basi di serietà, di concessioni reciproche, di controlli adeguati»44 furono presto disilluse dalle nuove tensioni esacerbatesi
proprio nei mesi in cui il Governo muoveva i suoi primi passi.
4
LapoliticaesteradiCraxi
la malattia del segretario del PCUS Jurij Andropov, che lasciava nell’inerzia più totale il Cremlino e rendeva Washington riluttante a negoziare su progetti a medio-lungo termine, e l’anticomunismo assurto a
ideologia dominante tra i consiglieri del Dipartimento di Stato, furono
effetto di una chiusura del dialogo tra le superpotenze, sia in sede del negoziato sui missili a raggio intermedio, sia in sede di negoziati START4.
In questi mesi la linea del Governo Craxi rivelava una «condotta sostanzialmente timida»46, gravata da una vistosa contraddizione. Alla base
del programma per la politica atlantica vi era l’appoggio del negoziato in
ogni sede, a cui si aggiungeva un dichiarato “mutamento di rotta” riguardo
all’allineamento a-critico dei precedenti governi47: ma né Palazzo Chigi né la
Farnesina insistettero per il rispetto dell’accordo della “doppia decisione”,
ovvero la clausola del dialogo con i sovietici per un possibile disarmo, che
qualche anno prima rappresentò quasi una conditio sine qua non per il consenso dell’opinione pubblica a fronte della decisione degli euromissili48.
I frequenti richiami al dialogo non costituiscono un elemento sufficiente perché si possa distinguere il modus operandi dei primi due
anni del tandem Craxi-Andreotti nei rapporti con gli USA differente
rispetto a quello “tradizionale” dei governi della Repubblica49. Una discriminante si individua invece nella politica dei rapporti con l’URSS:
la linea di Andreotti venne giudicata in Patria troppo “oltranzista”0.
Anche all’interno del Pentapartito non venivano risparmiati i cori di
biasimo verso questi eccessi di “aperturismo”: la ostpolitik andreottiana
subì le critiche dei partner di governo liberali, socialdemocratici e repubblicani, mentre il PSI si schierò invece in difesa della Farnesina.
Superato il suo acme nella prima metà del 984, la crisi iniziò a
“rientrare” quando, spinto da sondaggi d’opinione testimoni di un certo timore degli americani per il venir meno di ogni forma di dialogo
negoziale con i sovietici, il Presidente Reagan accantonò gli anatemi da
crociata verso l’”impero del male” per far posto a toni più distensivi.
Nel Maggio 984 a lisbona una dichiarazione “avventata” del Primo Ministro Bettino Craxi suscitò polemiche sia in Patria che tra i
governi alleati. Craxi invitò pubblicamente i governi americano e sovietico ad accordarsi su di una moratoria sull’installazione dei missili
affinché si iniziasse un nuovo dialogo su basi più solide3, affermando
46
CapitoloSecondo
esplicitamente che «i missili inglesi e francesi non sono sulla luna», e
che dunque sarebbe stato giusto far rientrare anche questo negli aspetti
tecnici del negoziato, proprio «come chiesto più volte dall’URSS»4.
l’irritazione di Washington fu prontamente manifestata attraverso «una specie di anatema» da parte del segretario di Stato Shultz,
mentre il Cremlino affermò attraverso un suo portavoce di considerare le dichiarazioni del Premier italiano «nell’ottica del recupero di
un margine di autonomia, di iniziativa, di un ruolo attivo dell’Italia
nel contesto del difficile rapporto est-ovest»6.
ogni motivo di frizione con l’alleato americano scomparve, qualche giorno dopo, grazie ad uno scambio di cordiali messaggi chiarificatori tra Craxi e Reagan: quanto bastava a placare gli allarmismi
dell’ala più filoatlantica della coalizione, già schieratisi apertamente
contro la nuova ostpolitik di Giulio Andreotti. Presumibilmente i
timori che già suscitava la politica “aperturista” del Ministro degli
esteri ebbero un effetto non trascurabile sulle reazioni degli alleati
di Governo7, visto che, sostanzialmente, non vi era parecchia differenza «tra le proposte di Craxi e l’andare incontro a metà strada di
Reagan»8; le esternazioni del Premier divennero così da pericoloso
sbilanciamento verso est a poco più che un’innocua gaffe, dettata da
considerazioni elettorali9 o da una «tendenza al protagonismo»60.
IlGovernoCraxiel’SDI
Il progetto di difesa missilistica strategica, ovvero SDI, acronimo della sigla Strategic Defense Initiative, venne presentato pubblicamente dal Presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan nel marzo
983. l’iniziativa inizialmente non piacque a larghi strati dell’opinione pubblica, sia perché causa di un’impennata della spesa pubblica,
sia perché avrebbe avuto l’effetto di esacerbare le tensioni tra i blocchi, considerato che dai sovietici fu subito percepita come violazione
del trattato ABM siglato da Nixon e Brežnev nel 19726. Durante la
campagna per le elezioni presidenziali del 984, i propositi difensivi furono messi in secondo piano: i proponenti preferirono, infatti,
«metterne in luce gli aspetti di ricerca e progresso tecnico, ed il significato intimamente pacifico»6, consci del fatto che i risvolti della
47
LapoliticaesteradiCraxi
ricerca applicabili a fini non bellici interessavano gli alleati europei
decisamente più che le implicazioni nel campo della difesa.
Da Roma ci si asteneva, per quanto possibile, a ricordare pubblicamente le potenziali ripercussioni nell’equilibrio strategico mondiale: si assunse «una posizione sfumata sulla SDI, sottolineandone, quanto più possibile gli aspetti pacifici e scientifici»63, mentre gli
esperti esprimevano preoccupazioni riguardo al nuovo «spirito avventuristico e aggressivo» dell’amministrazione Reagan64. Con la “virata tecnicoscientifica” del significato del progetto si offriva dunque
agli europei un fondamentale mezzo per ridurre il gap tecnologico6,
sciogliendo progressivamente le riserve che diversi esponenti della
maggioranza di Governo continuavano a nutrire anche dopo le “rassicurazioni” di Reagan alla vigilia delle elezioni presidenziali66.
Nell’aprile 1985, in un colloquio ufficiale con il Segretario di Stato
Shultz, Giulio Andreotti elencò le condizioni italiane per la partecipazione italiana al progetto SDI: «la puntuale osservanza del trattato
ABM, il rafforzamento della stabilità degli equilibri strategici nei rapporti Est-Ovest, la salvaguardia dell’unità strategica dell’alleanza e infine
una netta distinzione tra le implicazioni politico-militari dell’eventuale
spiegamento di sistemi di difesa antimissilistica e l’interesse economico del programma di ricerca»67. Un chiaro tentativo di ripercorrere la
linea mediana tra chi riteneva l’adesione al programma di Reagan una
fatale compromissione di un qualunque tentativo di ostpolitik italiana
(il Ministro degli esteri Andreotti)68, tra chi invece credeva necessario
l’avallo a prescindere da una separazione tra gli aspetti militare e scientifico dell’operazione (il Ministro della Difesa Spadolini)69, e chi, infine,
dichiarava, senza addurre spiegazioni dal punto di vista tecnico, che il
compimento del progetto SDI fosse in perfetta sintonia con lo spirito
dei negoziati di Ginevra (il Premier Bettino Craxi)70.
l’AFFAIRe “ACHIlle lAURo”
Ilsequestro
l’evento che segnò il punto più basso delle relazioni tra Stati
Uniti ed Italia è riportabile a due episodi distinti, in relazione effet-
48
CapitoloSecondo
to-causa e temporalmente consecutivi: il sequestro dell’imbarcazione
e l’opposizione fisica dei carabinieri italiani all’azione di arresto dei
terroristi da parte dei militari USA.
Il 7 ottobre 98, in acque territoriali egiziane, l’imbarcazione da crociera “Achille lauro”, battente bandiera italiana, veniva sequestrata da un
commando di terroristi di nazionalità palestinese appartenenti alla organizzazione «Fronte per la liberazione della Palestina» (FlP), facenti capo
ad Abu Abbas7. Giunta in un momento in cui Roma godeva di una relativa tranquillità sul versante internazionale, soprattutto per via di un buon
rapporto con gli Stati arabi7 e con l’«organizzazione per la liberazione
della Palestina» (olP)73, l’azione criminosa colse impreparati i funzionari
governativi italiani, assolutamente privi di «esperienza in fatto di crisismanagement»74, ed ora costretti a dover gestire, in poco tempo, una situazione tesa
su cui gravava un’elevata probabilità di ricorso all’uso della forza7.
Dalle prime ore della mattinata, i dirottatori presentavano le loro
richieste: il rilascio di oltre 0 prigionieri palestinesi detenuti nelle
carceri israeliane. Quasi contemporaneamente Arafat comunicava a
Craxi ed Andreotti che due mediatori palestinesi (uno di questi, Abu
Abbas, si rivelerà il mandante) «si trovavano in volo verso Il Cairo,
incaricati di cooperare con gli egiziani e gli italiani e di facilitare le
trattative aprendo un canale di comunicazione con il commando terroristico installato a bordo dell’Achille lauro»76; tutto ciò avveniva
nel mentre Arafat ed il Governo Siriano insistevano nel condannare
l’episodio e nel dichiararsi assolutamente estranei ai fatti77.
Il 0 ottobre, in seguito all’attracco dell’Achille lauro a Port Said,
gli ostaggi furono liberati ed i dirottatori, che il giorno prima furono
imbarcati consensualmente su una motovedetta della guardia costiera
egiziana, si consegnarono alle autorità del Cairo. la notizia dell’omicidio di leon Klinghoffer, un cittadino americano di origine ebraica,
giunse come una doccia fredda tra chi già tirava un sospiro di sollievo
per il lieto ed incruente fine della vicenda. La notizia del brutale assassinio di un cittadino anziano, per giunta cardiopatico e paraplegico, ebbero, come prevedibile, un’eco di sdegni nell’opinione pubblica americana, già a conoscenza dei pericoli che il terrorismo mediorientale era
potenzialmente in grado di recare ai cittadini degli States78.
49
LapoliticaesteradiCraxi
Sin dai primi sviluppi della vicenda, alcune divergenze e tensioni,
sicuramente di portata minore rispetto all’episodio della pista di Sigonella, emersero tra Palazzo Chigi e l’entourage Reaganiano: già qualche ora dopo l’ufficializzazione del sequestro79 Craxi dovette rinunciare all’opzione di coinvolgere alle operazioni negoziali il Premier
siriano Assad in seguito alle rimostranze americane80; una risposta “a
muso duro” del Presidente del Consiglio alle parole dell’ambasciatore statunitense in Italia Maxwell Rabb dopo che questi affermò la
ferma volontà di Washington ad intraprendere un intervento armato
a dispetto dei tentativi della Farnesina di richiamare al tavolo negoziale quanti più interlocutori fosse possibile8; infine il giudizio dato
da Andreotti all’operato di Arafat appena conclusosi il sequestro8.
Il sentire che veniva riconosciuto dal Ministro degli esteri italiano
come “determinante” l’apporto del capo dell’olP non fu facile da
digerire per chi, americani ed israeliani in testa, consideravano il palestinese un “terrorista” alla stregua dei quattro sequestratori.
Le prime scintille affiorarono anche all’interno del Governo, il
quale era in carica ormai da 6 mesi (già una longevità abbastanza
sorprendente) e con più di una battaglia politica vinta alle spalle83: il
Ministro della Difesa Spadolini guidò una prima protesta verso il tandem Craxi-Andreotti, accusato dal leader repubblicano di un’insensata «deviazione dagli schieramenti internazionali cui l’Italia appartiene in Medio oriente e altrove»84, prima ancora che i Carabinieri e
le unità speciali americane del Delta Force si trovassero a circondare
l’aereo che trasportava i dirottatori in quel di Sigonella.
LacrisidiSigonella
la vera e propria «manifestazione di radicale divergenza con l’amministrazione Reagan»8 la si ebbe nei tre giorni seguenti alla liberazione dei 4
ostaggi. la notte tra il 0 e l’ ottobre una squadriglia di caccia americani
intercettò il Boeing della compagnia di bandiera egiziana egypt Air, con a
bordo i 4 sequestratori dell’Achille lauro ed Abu Abbas diretto in Tunisia.
«Il Paese nordafricano, secondo la ricostruzione data dalla CIA, aveva dato
l’autorizzazione all’atterraggio, ma 4 minuti prima l’aveva ritirata»86; dunque l’unica opzione che l’esigenze logistiche lasciavano plausibile restava
0
CapitoloSecondo
quella di far atterrare il velivolo egiziano nella base NATo di Sigonella.
Il Presidente del Consiglio Craxi autorizzò l’atterraggio, e del Boeing e
degli intercettatori: ma al posto di questi ultimi atterrarono «due aerei da
trasporto C-4 con 0 marines in pieno assetto da guerra»87. Il velivolo
egiziano, una volta atterrato, venne circondato dagli agenti della Vigilanza
Aeronautica Militare e dai carabinieri, a loro volta circondati dai militari
della DeltaForce americana. la tensione si aggravò ulteriormente quando
una nuova squadra di carabinieri, accorsi successivamente, si dispose attorno al cerchio formato dai militari americani88. la situazione paradossale si
protrasse per qualche ora, mentre i contatti incrociati tra ministri, uffici di
Presidenza, ufficiali dello Stato Maggiore e servizi segreti dei due Paesi si
moltiplicavano, onde dar fine all’inusitato braccio di ferro. Da una parte gli
USA, ostinatamente intenzionati a «prelevare i terroristi»88 ed Abu Abbas,
ritenuto (a ragione) il mandante del commando, ma di cui le prove della
colpevolezza non venivano ancora rese pubbliche. Dall’altra parte gli italiani, altrettanto ostinatamente intenzionati a difendere la sovranità dello
Stato, e dunque la competenza a giudicare della propria magistratura89.
Alle prime luci dell’alba i militari americani lasciarono la pista della base siciliana, pochi minuti dopo che Reagan, in contatto telefonico con Roma, assicurò personalmente Bettino Craxi che avrebbe
rispettato le decisioni di Palazzo Chigi.
Nonostante nella mattinata del ottobre l’ambasciatore americano in Italia Rabb presentava all’ufficio di gabinetto del Ministero di
Grazia e Giustizia formale domanda di estradizione del comandante
del FLP, il Ministro Mino Martinazzoli dichiarava queste insufficienti
per procedere all’arresto di Abbas che, in quanto in possesso di un
passaporto diplomatico iracheno e peraltro considerato in missione
per conto del Governo egiziano, godeva dell’immunità diplomatica90.
I quattro del commando terrorista furono tradotti nel carcere di
Siracusa: Abu Abbas, dopo un colloquio con il Consigliere politico
del Presidente del Consiglio Antonio Badini, fu trasportato all’aeroporto romano di Ciampino e di lì partì alla volta della Jugoslavia, non
senza un nuovo e maldestro tentativo di “dirottamento” da parte di
un caccia americano che sorvolava il territorio italiano senza aver
preventivamente effettuata richiesta9.
LapoliticaesteradiCraxi
LeripercussionidiSigonellainPatria
In seguito alle diatribe ed alle reciproche accuse tra i protagonisti
della vicenda Achille lauro ed i loro sostenitori e detrattori, dentro
e fuori Palazzo Chigi9, il Presidente del Consiglio Craxi consegnava
in data 7 ottobre 98 le dimissioni del Governo al Presidente della
Repubblica Francesco Cossiga.
le diverse guidelines in politica estera, che coesistevano nella formazione pentapartitica che occupava Palazzo Chigi, si polarizzarono in
seguito all’episodio di Sigonella93. Da un fronte si schierarono i piccoli
partiti della coalizione (i partiti liberale, repubblicano e socialdemocratico) ed un filone della Democrazia Cristiana: questi, dietro la “guida
intellettuale” di Giovanni Spadolini, allarmarono l’opinione pubblica
circa la pericolosità dei tentennamenti italiani dinnanzi il terrorismo
internazionale e le deviazioni nazionalistiche dagli indirizzi atlanticooccidentali della politica mediorientale94. Nel fronte opposto il Partito
Socialista e gli “andreottiani” della sinistra DC, convinti assertori del
valore delle scelte del tandem Craxi-Andreotti9: un maggior grado di
autonomia nella regione mediterranea ed un impegno a promuovere la credibilità degli attori arabi moderati nel groviglio del negoziato
mediorientale96. Quella che Scalfari dalle pagine di “Repubblica” definì «l’ostpolitik mediterranea»97 trovava entusiasti appoggi anche in Via
delle Botteghe oscure: l’unico episodio di convergenza per una issue di
politica estera tra comunisti e Governo Craxi.
Il “terzo cerchio” della politica estera italiana, quello dell’area
Mediterranea98, fuori dallo scontro est-ovest e dunque estraneo all’agreement della dichiarazione del 977, fu la causa di una frattura
all’interno della classe politica che per entità non trova riscontri nella storia della Repubblica. la prima crisi di Governo per motivi di
politica estera sarebbe rientrata dopo due settimane99, ma i nuovi
chiarimenti che la seguirono presero atto delle sostanziali differenze
di vedute e dello scetticismo di una parte non trascurabile della coalizione nei riguardi del filoarabismo di Andreotti.
Nello schieramento trasversale che raggruppava gli “scontenti”
della gestione della crisi si rimproverava al Governo la sostanza delle
decisioni e le modalità con cui queste vennero prese. Se l’Italia voleva
CapitoloSecondo
farsi carico della mediazione tra le parti nel Mediterraneo, ammoniva il
Ministro Spadolini, non poteva prescindere dalle responsabilità morali
che la legavano al campo occidentale ed all’Alleanza Atlantica00. Il decisionismo con cui Bettino Craxi gestì una crisi così delicata indispettì
non solo il leader repubblicano, ma anche chi, nella sostanza, non si
opponeva alle scelte del “tandem”: il segretario della DC Ciriaco De
Mita non discusse i contenuti politici dell’affare, mentre criticò invece
aspramente il personalismo di cui il Premier fece abuso nella risoluzione della vicenda0. l’episodio suggeriva che, per non incappare in
nuovi scontri in un ambito così delicato come la politica estera, sarebbe
stato meglio costruire una nuova procedura vincolante nella prassi di
governo0 anziché abbandonarsi a decisioni avallate solo da una parte della coalizione governativa03, capaci di frazionare trasversalmente
non solo Palazzo Chigi, ma gli stessi dicasteri impegnati nella crisi04.
le risposte del Governo furono dure tanto quanto le critiche. Il
Premier Craxi espose al Parlamento le sue tesi, unitamente ad una ricostruzione di quanto accaduto in quelle convulse giornate: tesi volte a difendere la coerenza della politica mediorientale italiana dello
sforzo a legittimare l’olP come interlocutore, iniziata dai Governi a
guida democristiana sin dal 974, e dichiarando di aver agito «secondo le nostre leggi», a salvaguardia della sovranità nazionale.
la stesura di un nuovo programma includente il principio violato
della collegialità venne inventata per scongiurare la crisi: occorreva, secondo lo stesso Craxi, evitare che si venisse a creare nuovamente una
situazione «che non riesce a divenire crisi vera e propria, e resta sospesa
in un limbo costituzionale indefinibile»0. la collegialità diveniva ora la
nuova parola d’ordine, nel mentre venivano gradualmente dimenticate
le fratture sulle diverse linee d’azione da tenere in politica estera, in particolare nei riguardi dell’area mediterranea: i diversi esecutivi di partito
pensarono bene di riportare subito la crisi «al rango, certo meno preoccupante, ed a livello indubbiamente inferiore, di crisi dovuta a motivi di
politica interna»06. Gli stessi repubblicani compresero che le azioni di
Washington non erano piaciute nemmeno alla propria base elettorale:
insistere sul principio della collegialità avrebbe consentito di evitare un
appiattimento su posizioni troppo filoamericane07. Il secondo gabinet-
3
LapoliticaesteradiCraxi
to Craxi, identico al primo, si insediava in novembre. Il Presidente del
Consiglio, superato il timore di un pericoloso mutamento della struttura
partitica di un nuovo Governo (o, ancor di più, di dover lasciare Palazzo
Chigi ad un nuovo inquilino), celebrò la propria vittoria sui repubblicani,
che già media ed opinione pubblica gli attribuivano08. In sede di dibattito
parlamentare ammise la legittimità formale della lotta armata dell’olP,
per quanto ne dichiarò la “inutilità pratica” e ne prese le distanze09; ma
ciò che rimase nella storia di quel discorso fu un provocatorio raffronto
tra Arafat e Mazzini. Affermazioni volte a ricordare ai deputati dell’edera che anche il secondo, il padre fondatore dell’ideologia repubblicana,
non era estraneo alla pratica degli assassini politici0.
l’episodio, nonostante il suo effetto (solo parzialmente) disgregatore nella coalizione di Governo, ebbe, paradossalmente, l’effetto
opposto nell’opinione pubblica, il quale appoggiava pienamente le
gesta di un Governo che riteneva finalmente in grado di resistere
allo strapotere dell’alleato americano. Il tema della indipendenza,
uno dei punti che Craxi espose come ispiratori dell’azione politica
del proprio Governo in una sorta di resoconto finale della sua esperienza a Palazzo Chigi, emerse solo in seguito ai fatti di Sigonella
come elemento caratterizzante la politica estera del Governo Craxi,
almeno per quel che riguarda il campo di azione concreta al di fuori
della retorica della stampa di partito.
Lo“strapporicucito”
l’incidente di Sigonella giunse inaspettato in un periodo in cui buoni
rapporti intercorrevano tra Roma e Washington. Negli ultimi due anni
la partecipazione italiana alla missione multinazionale di sminamento
del Mar Rosso, il debutto dell’opera di installazione degli euromissili, la
visita di Craxi negli USA3 ed il privilegio che venne a questi concesso
nell’invito a tenere un discorso al Congresso non lasciavano di certo adito a sospetti sulla lealtà atlantica del nuovo Governo a guida socialista.
Come prevedibile, l’episodio influì in negativo nei rapporti transatlantici: l’incrinarsi dei rapporti tra i due alleati, tanto per esigenze di politica
internazionale quanto per scongiurare pericolose deviazioni anti-atlantiche dell’elettorato italiano, fu però marcata solo nel brevissimo periodo.
4
CapitoloSecondo
la Casa Bianca nei giorni immediatamente seguenti alle dimissioni del Presidente del Consiglio non tenne un atteggiamento chiaro e
univoco: un portavoce di Reagan giurava fiducia da parte americana
nella capacità della magistratura italiana «nel perseguire i colpevoli
dell’assassinio Klinghoffer»4 e d’oltreoceano arrivavano confortanti
dichiarazioni sull’amicizia tra i due alleati rimasta non intaccata dall’episodio, proprio mentre dal Dipartimento della giustizia si accusava «la premeditata volontà delle autorità italiane di sottrarre alla
giustizia Abbas»6. Rigido in senso duramente critico dell’operato
del Governo italiano invece l’atteggiamento dei media statunitensi7,
anche da testate notoriamente liberals8.
Una svolta verso la normalizzazione ebbe inizio quando Palazzo
Chigi, in una nota ufficiale, metteva “in forse” la presenza di Craxi
in occasione dell’incontro in programma il 4 ottobre tra Reagan ed
i capi di Governo delle maggiori potenze alleate in vista del vertice
di Ginevra tra le due superpotenze: tale nota subordinava la presenza all’appuntamento ad «una nuova valutazione dei fatti da parte
americana»9. la defezione della Francia di Mitterand rendeva indispensabile la presenza della delegazione italiana affinché il vertice
non si rivelasse prova di scarsa compattezza del blocco occidentale
agli occhi del nuovo segretario del PCUS, Mikhail Gorbaciov. Con
un’abile mossa politica, Craxi induceva così la Casa Bianca se non
ad accettare a posteriori la scelta italiana di non consegnare Abbas,
quantomeno ad un ravvedimento di Washington nelle sue condanne
all’operato di Palazzo Chigi0, ancor più pericoloso visto il largo consenso ottenuto dal premier in Patria al momento in cui la crisi veniva
affrontata. la crisi si risolve così in tempi brevissimi: «lo stesso
Reagan, qualche giorno dopo, inviò un suo missus per scusarsi con
Craxi». la ritrovata armonia veniva suggellata con uno scambio di
lettere dai toni confidenziali e con una dichiarazione ufficiale, «amici
come prima»3; anche i più tenaci detrattori del Governo tirarono un
sospiro di sollievo vendendo concludersi positivamente una vicenda che rischiò di segnare molto negativamente il futuro dei rapporti
transatlantici, anche alla luce della questione delle basi missilistiche
in territorio italiano, per il quale il Governo già da tempo si muoveva
LapoliticaesteradiCraxi
in direzione della richiesta della “doppia chiave”, ovvero una regolamentazione che prevedeva l’assenso di Roma per il lancio di una qualunque arma missilistica dalle basi americane in territorio italiano4.
Il DoPo-SIGoNellA
LacrisidellaSirte
Una volta passata la tempesta diplomatica dell’Achille lauro, sarà
nuovamente il terrorismo mediorientale una causa di attrito, sebbene stavolta indiretta, tra Palazzo Chigi e la Casa Bianca. I terribili attentati di
Berlino e Fiumicino del Dicembre 98 costrinsero il Dipartimento di
Stato ad un’azione concreta ed efficace per difendere i propri cittadini,
nonché i propri interessi economici e strategici, nell’area mediterranea.
Il dittatore libico Mohammar Gheddafi era sospettato da Washington di
fornire apporto economico e logistico alle diverse cellule terroristiche:
già nel Gennaio 986 il vicesegretario di Stato John F. Whitehead girava
per le capitali europee «allo scopo di presentare agli alleati le prove del
terrorismo di Gheddafi», oltre che per tentare di guadagnare, con ben
poco successo, preziosi appoggi politici nel Vecchio Continente per una
concreta azione di forza dei marines che si prospettava sempre più vicina.
la risposta degli europei, in sede delle istituzioni comunitarie, fu
timida e criticata da più parti per la omissione dello stesso Stato libico
nella dichiarazione che sanciva, del tutto formalmente, la posizione dei
membri della Comunità nei riguardi del terrorismo6. la situazione
critica del Mediterraneo, un’area fuori dal “raggio di azione” della Cee
e, soprattutto, della NATo, restava alla mercé dei rapporti bilaterali7.
Tra Roma e Washington le diverse percezioni di “terrorismo” rendevano quanto mai complicato il progetto di una linea di azione comune8:
una non comunanza di vedute che, per quanto livellata in seguito alla
crisi di Sigonella ed alle rettifiche al programma di Governo in materia
di terrorismo e politica estera, ancora consisteva in un punto d’attrito
tra i due alleati9. Nonostante il Governo mostrasse una disponibilità
ad intraprendere una politica di fermezza ponendo, nella prima metà
del Gennaio 986, un embargo sulle vendite di armi alla libia30, ciò
non fu sufficiente a sconfiggere del tutto lo scetticismo che imperver-
6
CapitoloSecondo
sava presso il Dipartimento di Stato nei riguardi di una Nazione che,
appena pochi mesi prima, non aveva ostacolato la via di fuga ad un
pericoloso terrorista come Abu Abbas. Negli ultimi giorni di marzo
dalle rappresaglie economiche e diplomatiche si passò alle ostilità militari con un bombardamento di unità navali nel Mediterraneo (in acque
che Gheddafi considerava sotto la sovranità territoriale libica). Il Governo ricordava in un comunicato l’arbitrarietà di Gheddafi di allargare
i confini delle acque territoriali della “Repubblica Socialista Islamica”
e rigettava le minacce che dalla libia venivano mosse contro le basi
NATo nel sud dell’europa3, ma al contempo negava il permesso
di decollo dalle basi in territorio italiano degli aerei impegnati nelle
operazioni di guerra e criticava la decisione presa dagli americani, qualche giorno prima del casusbelli, di iniziare delle esercitazioni proprio
a ridosso dello spazio aereo libico3. Il risentimento americano per il
mancato appoggio logistico venne stavolta celato da un freddo riserbo
da parte della Casa Bianca33: l’Italia mantenne una linea meramente
politica di condanna verso la libia ed il terrorismo (portata avanti,
come prevedibile, con molta più convinzione da Spadolini che da Andreotti), anche dopo che due missili libici diretti verso una postazione
contraerea nell’isola di lampedusa caddero a km dalla spiaggia.
l’Italia e gli alleati europei non si allinearono alla decisione di adottare il
“pugno di ferro” contro Gheddafi: una manifestazione nuova di indipendenza che trova radici politiche, sociologiche e soprattutto economiche.
Il fallito attacco missilistico spinse Roma in una posizione ancora
più prossima a quella di Washington, per quanto le diverse concezioni di politica estera davano frutto ad una azione ufficiale riconducibile semplicemente ad un prodotto dell’ennesimo tentativo di
mediare tra lo schieramento più filoamericano dei piccoli partiti laici
e il filo-arabismo degli ambienti cattolici e di Botteghe Oscure33: una
risposta decisamente più moderata, ma anche debole ed inefficace
dinnanzi ad una guerra «alle porte di casa»34.
l’extremaratio, ovvero la “politica delle cannoniere”, a cui sono ricorsi
gli americani anche in occasione della diatriba con la libia, nonostante
gli inviti alla calma degli alleati dell’europa continentale, rese legittimi
i sospetti che già questi nutrivano sull’unilateralismo di un alleato che,
7
LapoliticaesteradiCraxi
almeno sul piano formale, aveva sempre appoggiato il principio della
collegialità in sede dell’Alleanza Atlantica. Gli europei non volevano la
guerra, ma in un certo senso la subirono, accorgendosi del ruolo del tutto accessorio della loro linea diplomatica di mediazione3.
Infine i fitti e copiosi legami finanziari stretti tra ambienti finanziari ed industriali italiani con società controllate dallo Stato libico o
personalmente da Gheddafi o da suoi fiduciari influivano non poco
nei “tentennamenti” di Palazzo Chigi alle reiterate richieste da parte
angloamericana al boicottaggio dei petrodollari di Tripoli36. Insistenze
in tal senso indispettirono per i loro accenti di accusa nei confronti
dell’industria italiana anche il Ministro Renato Altissimo, liberale e
“spadoliniano” in tempi di crisi dell’Achille lauro37, intenzionato a
ricordare ai policy-makers del Pentagono che diversi investitori privati
italiani ancora vantavano di un credito di 000 miliardi di lire verso
la dirigenza libica38. Il prezzo di questa guerra preoccupava oltremodo il Governo, ben a conoscenza dell’infiltrazione libica anche in
una grande azienda come la Fiat, ottima esportatrice verso gli Stati
Uniti ed ora sul banco d’accusa del congresso39. Il doloroso taglio
agli scambi con i libici ci fu, ma graduale e limitato, e non produsse
infine una netta recisione40.
DalG5alG7
Il “sorpasso” dell’Italia nei confronti del Regno Unito in termini di
Pil pro-capite giustifica, almeno dal punto di vista logico, la tenace lotta
diplomatica che il Governo Craxi sostenne a partire dai primi mesi dell’84
per l’ingresso dell’Italia nel gruppo dei cinque Paesi più industrializzati.
Difficile dire se il Governo voleva davvero dare “voce in capitolo” agli economisti italiani nei circoli ove si decidevano le regole
monetarie che regolavano l’ordine economico mondiale o limitarsi,
come da tradizione del Bel Paese, di giocare in Patria una “carta della
presenza” abbastanza prestigiosa. Appoggiata dalla Francia e dallo
stesso Reagan in un periodo come quello del Gennaio 986, movimentato dalla crisi libica4, la richiesta di adesione italiana fu accettata: già nel Maggio 986 la delegazione del Governo poté partecipare
al vertice di Tokio. l’adesione dei due nuovi Paesi non produsse,
8
CapitoloSecondo
secondo Roberto Aliboni, un vero e proprio allargamento del G-,
se non una nuova struttura parallela a quest’ultima, il G-7, con incarichi politici e che non intaccava il potere di decisione esclusivo del
consiglio ridotto a cinque in materia monetaria4.
La firma di un “documento” che sanciva la partecipazione collettiva e collegiale dei 7 membri alle decisioni economiche dell’occidente nella riunione della capitale giapponese salvava «gli interessi nazionali e l’orgoglio dei due nuovi soci»43, ma ben poche vie
d’uscita rimanevano all’Italia se non quelle di accettare la rigida linea
anti-terrorista degli americani, ossia i loro maggiori patrocinatori tra
i “grandi del Mondo”.
9
LapoliticaesteradiCraxi
60
Capitolo Terzo
Il blocco orientale
l’ITAlIA, l’URSS e lA SeCoNDA GUeRRA FReDDA
l
o schieramento dei nuovi missili SS-0 si rivelò sin da
subito una grossa ferita nel processo di distensione. Il
processo di ammodernamento dei nuovi missili a raggio
intermedio, giustificata come operazione di ammodernamento dei
vecchi ordigni SS-4 e SS-, considerati ormai obsoleti, aprì quella
“finestra di vulnerabilità” nel continente europeo per cui il Consiglio
Atlantico di Guadalupa decise il dispiegamento dei Pershing e dei
Cruise. Se gli americani intendevano con la “distensione” un do ut
des in cui all’accettazione occidentale di uno status quo in europa
orientale avrebbe fatto seguito una rinuncia ai tentativi di destabilizzazione da parte sovietica nel resto del mondo, a Mosca la détente
significava solo un impegno a non interferire nel blocco occidentale
attraverso la galassia dei Partiti Comunisti.
la rivoluzione degli ayatollah in Iran mostrava all’impero sovietico come i fondamentalismi religiosi potevano mettere in pericolo
la propria stabilità interna al pari, se non in misura maggiore, di ogni
“contaminazione” delle ideologie occidentali capitaliste. Sarebbe
sicuramente riduttivo fare della rivoluzione islamica in Iran l’unica
causa dell’invasione dell’Afghanistan, ma questa giocò senz’altro un
ruolo primario nel condizionare le scelte sovietiche; lo Stato Maggiore sovietico sarebbe altrimenti stato, molto probabilmente, più restio
a fornire un impegno militare diretto al traballante Governo socialista di Karmal. Con l’invasione dell’Afghanistan, i Generali di Mosca ambivano quindi ad estendere la cintura di sicurezza dell’Unione
Sovietica anche verso i nuovi focolai di rivolta del Medio oriente
che minacciavano di contagiare i gruppi islamico-eversivi delle Repubbliche Caucasiche.
6
LapoliticaesteradiCraxi
La mancata ratifica degli accordi di riduzione delle armi strategiche SAlT II, l’embargo sull’esportazione di grano ed il boicottaggio
dei giochi olimpici di Mosca da parte degli atleti statunitensi3, furono l’immediata risposta della Casa Bianca ad una pericolosa azione
bellica dei russi fuori dal proprio “campo d’azione”, ovvero entro i
limiti sanciti dalla “Dottrina Brežnev”, oltre che gli ultimi tentativi di
Carter di scrollarsi di dosso le accuse di “debolezza” che i falchi del
Partito Repubblicano gli avevano affibbiato.
la crescita in termini di consensi del movimento cattolicosindacalista Solidarnosc rese inevitabile il colpo di Stato militare in Polonia, indispensabile scelta della dirigenza del partito comunista polacco di fronte all’unica alternativa: un’invasione dell’Armata Rossa sul
modello della “Primavera di Praga” del 9684.
Le tensioni che sancirono la fine della distensione accompagnarono l’ultimo periodo della vita di Leonid Brežnev: mesi in cui il leader
si dimostrò incapace di gestire l’impellente crisi economica e l’isolamento nello scenario mondiale dell’Unione Sovietica.
Rapportieconomiciepolitici
Il volume degli interscambi commerciali tra Roma e Mosca crebbe in maniera soddisfacente lungo tutto l’arco degli
anni Settanta, favorito dalle esportazioni di prodotti industriali
e macchinari agricoli oltrecortina e dalle importazioni di gas
naturale 6. Proprio la dipendenza energetica, alimentata dalla
crisi petrolifera del ’79, fu oggetto di critiche da parte di un
buon numero di parlamentari e senatori, i quali si opponevano alla costruzione del nuovo gasdotto euro-sovietico che
avrebbe sancito, a detta degli oppositori, la «finlandizzazione economica» 7, ossia una pesante dipendenza economica ed
una relativa indiretta subordinazione dell’Italia nei confronti
del gigante sovietico; l’accordo per l’importazione di metano
tra l’eNI e la società di Stato Sovietica Sojuzgazexport fu, nel
secondo semestre dell’8, motivo di un aspro dibattito parlamentare all’interno della coalizione che sosteneva il primo
Governo Spadolini 8.
6
CapitoloTerzo
l’invasione dell’Afghanistan, la questione del gasdotto e il nuovo rischio che si palesava agli occhi di molti economisti degli Stati
europei sul pericolo dato dal forte indebitamento dei Paesi membri
del CoMeCoN9 e la potenziale insolvenza di quest’ultimi sancirono infine un significativo ridimensionamento del livello degli scambi
commerciali tra Italia e URSS.
I rapporti politici ebbero invece alterne fortune: rafforzati dalla
Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in europa (CSCe) di
Helsinki del 974, alimentarono a volte sospetti circa le aperture sovietiche che apparivano palesemente “sbilanciate” rispetto ai rapporti tra Mosca e gli altri Governi dell’europa occidentale0.
la seconda guerra fredda riportava quel “sistema politico congelato” che per decenni ha contraddistinto la vita delle istituzioni
italiane. Per quanto lontani dal clima della conventioadexcludendum,
il PCI tornava ai banchi dell’opposizione, e, pochi mesi dopo la
fine della “solidarietà nazionale”, l’Armata Rossa oltrepassava la
frontiera sovieticoafghana.
Berlinguer condannò l’invasione, equiparando l’Afghanistan al
Vietnam e dunque, indirettamente, l’abietto “imperialismo americano” al nuovo espansionismo sovietico. Ma Via delle Botteghe
Oscure si scoprì presto afflitta da più correnti che, almeno per quanto
concerne la politica estera, risultavano tra loro ben poco compatibili:
il partito comunista sembrava allora un «Giano bifronte», attento a
non voltare le spalle a quella parte del suo elettorato ancora troppo
innamorata del mito sovietico e, contemporaneamente, a non sconfessare il neuekours in politica estera sancito dalla sottoscrizione della “Dichiarazione” del Dicembre 977. Negli anni immediatamente
precedenti all’insediamento del primo Governo Craxi le posizioni
dei comunisti italiani, per quel che riguarda la politica internazionale,
rasentano la più totale ambiguità: dalla parte dell’Alleanza Atlantica,
ma contro gli euromissili; dalla parte della Cee, ma contro il Sistema Monetario europeo; critici verso l’invasione dell’Afghanistan e
il Golpe di Jaruzelski ma, e questo soprattutto negli alti quadri dirigenziali, convinti di non poter rompere del tutto con quella che pur
sempre rimaneva la Patria della “rivoluzione socialista”3.
63
LapoliticaesteradiCraxi
Iltemadeldissenso
Un punto d’attrito tra Roma e il Cremlino fu il tema del dissenso
e del rispetto dei diritti civili e politici. In una lettera del Dicembre
978, indirizzata all’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti,
il segretario del PCUS Breznev consigliava il Governo di non dare
credito a quei «gruppi politici che intendevano alimentare le tensioni
della guerra fredda»4: così, nel linguaggio di Mosca, venivano etichettati i sostenitori del dissenso sovietico.
lo zelo nell’organizzare incontri e dibattiti in cui i “liberi pensatori” espulsi o esuli dai regimi di oltrecortina erano gli invitati d’onore,
non risparmiò all’Italia, a più riprese, proteste e note di biasimo da
parte dei governi dei paesi dell’est. I colonnelli del Politburo, asserragliandosi dietro lo ius cogens ed altre norme consuetudinarie
del diritto internazionale, non tolleravano ingerenze nei rapporti tra
le autorità ed i dissidenti, considerati come materia di competenza
esclusiva degli Interni sovietici.
Tra i salotti culturali legati agli ambienti laici e di simpatie socialiste si moltiplicavano le iniziative volte a dar voce (o anche
solo a mettere “in vetrina”) a dissidenti del calibro di Sacharov e
Bukosvski6. «la Ostpolitik craxiana era rivolta non tanto agli Stati
e ai loro rappresentanti, quanto alla società civile e alla cultura»7:
la solidarietà verso i dissenzienti cecoslovacchi e nei confronti del
sindacato Solidarnosc e dei seguaci di lech Walesa inaugurarono
un lungo corso di manifestazioni che assunsero, tra gli anni a
cavallo dei due decenni Settanta e ottanta, una importanza non
trascurabile nello sviluppo delle relazioni diplomatiche tra l’Italia
e l’URSS ed i suoi satelliti.
Il PSI di quegli anni poteva vantare, tra le altre organizzazioni
partitiche italiane, la maggiore sensibilità verso le forze di dissenso
dei regimi dell’est8, e ciò grazie allo sforzo, dato in prima persona
da Craxi, di coniugare alle tradizionali linee di pensiero socialiste
rivolte alla società del benessere, l’anti-comunismo necessario alla
legittimazione agli occhi degli alleati americani come “partito affidabile” per la guida del Governo italiano.
64
CapitoloTerzo
Il PeNTAPARTITo e l’oSTPolITIK
Lavisionecraxianadelbloccosocialista
Craxi fece il suo ingresso nel Comitato Centrale del PSI nel 97,
dopo che la relazione di Krusciov al XX congresso del PCUS e la
rivolta di Ungheria avevano scosso fortemente alla base le coscienze
di tutta la sinistra italiana. le dichiarazioni di piena solidarietà date
dal segretario Nenni agli insorti aveva già dissaldato in Italia il legame frontista tra socialisti e comunisti. Il PSI si avviava, guidato dal
suo leader, ad una conciliazione con l’Internazionale Socialista, dopo
che questa ne aveva decretato l’allontanamento proprio a causa della
sua alleanza con Botteghe oscure9. Iniziava il nuovo periodo dell’“autonomismo”, che si traduceva, per quanto riguarda la politica
internazionale, nella ritrovata libertà di critica verso i regimi d’oltrecortina, critica che diventava così libera da ogni freno che poteva
essere posto dalle esigenze delle alleanze a sinistra.
Quando alla riunione del Midas del 976 Bettino Craxi presentò
la sua candidatura alla segreteria del Partito Socialista Italiano, il leader della corrente di sinistra del Partito Riccardo lombardi mise in
guardia gli altri “colonnelli” di Via del Corso circa le posizioni ideologiche del futuro leader, definendolo un «anticomunista totale»0.
Craxi aveva già maturato diverse esperienze di viaggi oltrecortina
nelle vesti di incaricato delle associazioni politiche universitarie. egli
era rimasto colpito per come il socialismo reale avesse avuto gravi
conseguenze sul benessere e sul livello di vita della popolazione mentre in Europa Occidentale la propaganda filo-comunista mitizzava le
“conquiste” del modello delle repubbliche democratiche. Una volta
raggiunto il segretariato di Via del Corso, egli non lesinerà nell’utilizzare l’arma dell’anticomunismo sia nel confronto con il PCI, sia
nei dibattiti interni al Comitato del PSI: nel 978 la corrente autonomista facente capo a Craxi, identificata allora come la “destra” del
partito, durante il Congresso di Torino tenutosi in Marzo, nei giorni
in cui Aldo Moro era nelle mani dei suoi sequestratori, riuscì a far
approvare una mozione che richiedeva di togliere la falce e martello
dal simbolo del Partito Socialista3.
6
LapoliticaesteradiCraxi
Nell’estate del 978 Craxi prendeva le distanze dal Comunismo
anche dal punto di vista dottrinario. Per mezzo di una pubblicazione
chiamata, forse troppo pretenziosamente, Il vangelosocialista, il segretario affermava che la strada da perseguire per l’attuazione degli ideali socialisti era diametricalmente opposta a quella indicata da lenin
nei testi sacri del comunismo negli anni della rivoluzione bolscevica:
il socialismo veniva inteso dunque secondo l’idea di Proudhon di
«superamento storico del liberalismo»4, perpetuatore di una società
pluralista e democratica e dunque inconiugabile con un’ideologia totalitaria come quella leninista.
Nel Dicembre 979 i partiti socialdemocratici dell’europa occidentale si trovarono di fronte alla cruciale scelta dell’appoggio agli
euromissili, potenziale mina disgregatrice delle loro basi elettorali
che la distensione aveva spinto ulteriormente verso posizioni pacifiste e neutraliste. la clausola della doppia decisione proposta da Schmidt, per la quale il Partito Socialista italiano manifestò sin da subito
il proprio assenso, fu salutata dagli ambienti intellettuali di sinistra
e anti-comunisti non come un abbandono degli ideali di pace, ma
bensì «un modo molto più realistico e concreto per perseguirli»6:
una sorta di legittimazione per il nuovo atteggiamento filo-occidentale che sia Craxi che lelio lagorio, Ministro della Difesa durante i
Governi Spadolini, impressero al partito di Via del Corso dalla fine
degli anni Settanta7. Il segretario del PSI presentò sin da subito lo
schieramento dei Pershing e Cruise come una risposta doverosa da parte dell’Alleanza Atlantica alle decisioni del Cremlino, del quale egli
denunciava la nuova corsa al riarmo come causa prima della fine della
“distensione”8.
Bettino Craxi canalizzò i propri sforzi per fare del Partito Socialista un attore “moderato” in politica estera, eccedendo forse nel
compito di “liberare” l’ideologia socialista italiana da ogni residuo
di marxismo. Ne derivò un avvicinamento alle tesi dell’anticomunismo “da crociata” di Ronald Reagan: motivo principale per cui, nel
momento in cui al Cremlino si insediò Gorbaciov, Craxi fu meno
recettivo dinnanzi alle premesse di riformismo che il nuovo leader
sovietico portava con sé9.
66
CapitoloTerzo
Andreottieilbloccod’oltrecortina
Andrej Gromyko, Ministro degli esteri sovietico dal 97 al 98,
nelle sue Memorie ricorda Giulio Andreotti come uno statista che «non
si limitava a esporre le posizioni dell’Italia, ma si sforzava costantemente di comprendere il proprio interlocutore»30. Sin dalle visite a
Mosca, in veste di Presidente del Consiglio, dei primi anni Settanta,
il politico democristiano seppe guadagnarsi stima e considerazione
tra i funzionari del Cremlino anche grazie all’ottimismo che regnava
tra le diplomazie in tempi di détente3. l’indice di gradimento, che
rimase sempre ad un livello soddisfacentemente alto anche durante il
biennio critico per i rapporti est-ovest, gli anni ’80-’8, contribuì ad
orientare la scelta verso Giulio Andreotti per il Ministero degli esteri
del nascituro Governo presieduto da Craxi.
la diplomazia andreottiana si basava su delle fondamenta di realpolitik, concetto ben poco ricorrente nella tradizione repubblicana, se non
addirittura del tutto estranea ad essa: una linea d’azione “cinica”, spinta
da esigenze del primumvivere piuttosto che da ideologie politiche.
Il rimedio alle crisi della seconda guerra fredda si poggiava innanzitutto sul dialogo tra i due blocchi. la détente, “globale ed indivisibile”,
avrebbe dovuto basarsi su canali diplomatici sempre aperti tra est ed
ovest e su di una certa cautela nella corsa al riarmo. la possibilità per
il Governo di ritagliarsi quello che lo stesso Ministro Andreotti chiamò
«un piccolo spazio di politica estera»3 consisteva nell’inserire dentro
questo processo in funzione di mediatore: una «via italiana verso un
processo distensivo e di maggiore relazionalità con i Paesi d’oltrecortina»33, possibile attraverso la mobilitazione delle diplomazie degli alleati attraverso uno sforzo congiunto in seno all’azione della NATo,
«luogo privilegiato di coordinamento e di consultazione nel cui ambito
si sarebbero dovute ricondurre le opportune azioni diplomatiche nei
confronti dei Paesi dell’est europeo»34.
le frequenti aperture verso le cancellerie d’oltrecortina o dei più
fedeli alleati di Mosca, in tempi di aspri confronti come quelli dei
primi anni ottanta, attirarono la benevolenza dei gerontocrati del
Cremlino come la diffidenza della Casa Bianca3, ed anche in casa
non gli vennero risparmiate critiche da quello schieramento trasver-
67
LapoliticaesteradiCraxi
sale che da Sigonella in poi sarà battezzato dalla stampa come il “partito americano”.
le RelAzIoNI ITAlo-SoVIeTICHe DURANTe Il GoVeRNo CRAXI
La“diplomaziafunebre”
Al suo primo discorso ufficiale in veste di Presidente del Consiglio,
tenuto in occasione del suo insediamento a Palazzo Chigi il 9 agosto
983, si notò un primo distacco dalla declaratorypolicy del PSI dell’ultimo lustro precedente la nomina di Craxi alla guida del Consiglio dei
Ministri e le vere e proprie dichiarazioni ufficiali per una concreta attuazione del programma governativo in politica estera. Bettino Craxi preferì soprassedere al tema del dissenso, nonostante questo fosse
stato per anni un argomento molto gettonato dai socialisti italiani e
dallo stesso leader del garofano. Il nuovo capo dell’esecutivo parlò, per
quel che riguarda le relazioni diplomatiche con l’URSS ed i Paesi del
CoMeCoN, solo di un’attenzione particolare verso i regimi comunisti anche quando da oltrecortina non venissero manifestati che distacco e diffidenza36. egli pose l’accento sulla ricerca della coabitazione
pacifica, possibile anche in presenza di regimi radicalmente diversi37:
proprio quello che storicamente veniva considerato vecchio caposaldo
degli ideali democristiani ed in particolare della corrente che faceva
capo al nuovo Ministro degli esteri Andreotti.
Il periodo che precede l’insediamento di Gorbaciov al Cremlino è
povero di eventi significativi sui rapporti diplomatici tra Roma e Mosca. «Nel periodo 98-98 i contatti bilaterali con l’URSS si svolsero soprattutto in occasione dei funerali dei tre segretari del PCUS»38,
peraltro guastati da non trascurabili fattori incidenti: il drastico ridimensionamento che la “seconda guerra fredda” aveva operato sui
margini di manovra che la diplomazia italiana poteva permettersi nei
rapporti verso Mosca; la scelta degli euromissili; le precarie condizioni di salute dei due leaders che si succedettero alla guida del Governo
sovietico dopo la morte di Brežnev, Andropov e Cernenko. In questo
periodo il Governo non riuscì, e non poté, andare oltre alle mere
dichiarazione formali di appoggio alle iniziative per favorire il dia-
68
CapitoloTerzo
logo tra le superpotenze, come era sancito dagli accordi presi con la
clausola della “doppia decisione”39. Probabilmente per l’impossibilità
strutturale a perseguire i fini di una sua ostpolitik, il Governo italiano
godeva, in questa linea che non poteva andare aldilà della retorica,
della concordia quasi unanime delle forze partitiche.
la prima occasione di un confronto diplomatico al più alto livello
la si ebbe nel Febbraio 984. Dopo soli mesi dal decesso del suo
predecessore, morì Jurij Andropov, segretario del PCUS dal Novembre 98. In occasione dei funerali, la delegazione italiana, composta
dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini e dal Ministro degli
esteri Andreotti, ebbe la possibilità di intrattenere dei colloqui con il
nuovo Presidente del PCUS, Kostantin Černenko, e con il Ministro
degli esteri, Andreij Gromyko. Nonostante le dichiarazioni di rito
sullo sforzo comune per evitare le tensioni internazionali e soprattutto la corsa al riarmo missilistico40, i colloqui furono importanti perché, comunque, segnarono un primo passo verso il disgelo tra i due
Paesi. Ai suddetti colloqui si aggiunse, nell’aprile dello stesso anno,
la visita ufficiale di Andreotti a Mosca, nonostante in questa sede
non mancarono le invettive polemiche del Cremlino nei confronti
del nuovo slancio che Reagan aveva dato al programma di riarmo
convenzionale e missilistico degli Stati Uniti4.
In questo periodo Mosca mantenne un atteggiamento non univoco nei confronti del Governo Craxi: da una parte i frequenti attacchi
della stampa nei confronti dell’intervento in libano e per la politica
sociale (che Mosca denunciava come copia in salsa italiana del Reaganismo), dall’altra vivi apprezzamenti inviati, a livelli ufficiali, per lo
sforzo mirato al ripristino del dialogo tra le superpotenze4.
Nel febbraio 1985, con la visita ufficiale di Gromyko a Roma, «il
riavvicinamento tra i due Paesi trova, a suo modo, una sanzione»43,
nonostante il rifiuto di Craxi di ritirare la propria partecipazione al
programma statunitense dell’Iniziativa di Difesa Strategica (SDI)44.
Nel Marzo 1985 si tennero a Mosca i funerali ufficiali di Černenko,
venuto a mancare dopo una malattia che già da diverse settimane l’aveva reso non in condizione di rimanere alla guida, almeno non a quella
sostanziale, del regime sovietico. Come una sorta di “prassi”, conso-
69
LapoliticaesteradiCraxi
lidatasi in occasione delle due esequie ufficiali degli anni precedenti,
la delegazione (composta come nel febbraio dell’anno precedente da
Pertini ed Andreotti) ebbe la possibilità di intrattenere un breve colloquio con il nuovo Presidente del PCUS, Mikhail Gorbaciov.
L’eraGorbaciov
«Alla stregua di quanto accadde in altre nazioni occidentali, ma
probabilmente in misura maggiore, per qualche anno l’Italia parve
pervasa da una sorta di infatuazione nei confronti di Gorbaciov e
dei suoi progetti di riforma»4. Nonostante le ovvie riserve che si
potevano nutrire nei confronti del leader di una potenza accusata dei
peggiori disegni egemonici in tempi piuttosto recenti, il nuovo Presidente del PCUS suscitava tra gli osservatori politici del Bel Paese
solide speranze perché si producesse una spinta al processo di pace.
Innanzitutto, la giovane età di Gorbaciov, cinquantaduenne al
momento della sua consacrazione alla guida dell’URSS, aveva fatto
della sua nomina un fatto di per sé “nuovo”, poco conforme alla tradizione del Cremlino in cui la maggioranza delle preferenze ricadevano su esponenti della gerontocrazia politicamente più ortodossa. le
nuove parole d’ordine della perestrojka e della glasnost animavano,
e tra gli ambienti del Governo, e tra quelli dell’opposizione, sin da
subito rosee previsioni circa una nuova era di distensione; inoltre,
«per una parte della classe politica italiana questa premessa lasciava
sperare che il Paese non sarebbe stato più costretto a prendere decisioni sofferte come quelle dei missili»46.
Anche il mondo cattolico, con le dovute cautele, non appariva
estraneo a questo sentimento di simpatia che la classe governante
italiana esprimeva verso il nuovo leader georgiano47: una stima che
Gorbaciov seppe guadagnarsi avviando un processo, lento ma graduale, di riconoscimento del ruolo delle chiese e delle religioni48.
Il primo incontro al vertice della “era Gorbaciov” si ebbe nel
Maggio 1985, con una visita ufficiale di Craxi ed Andreotti a Mosca. Qui il Presidente del Consiglio rivolse un invito ufficiale rivolto al Governo dell’URSS perché «venisse esplorata la disponibilità
americana a negoziare l’intera materia oggetto degli accordi Shultz-
70
CapitoloTerzo
Gromyko del Gennaio»49: come risposta ricevette le “lodi” da parte
del duo Gorbaciov-Gromyko per le esternazioni di lisbona, che andavano a favore delle tesi sovietiche sul computo dei missili francesi
e britannici nelle negoziazioni sul disarmo di Ginevra0, ma nulla che
si spingesse oltre la retorica delle formule di rito per quanto concerneva gli aspetti più concreti del nuovo processo di disarmo. Si evince
dunque che erano ben poche le carte che il Governo italiano poteva
giocare direttamente per intraprendere la strada dell’attivismo anche
nel negoziato tra le superpotenze, scostandosi dal tradizionale «metodo delle dichiarazioni ufficiali».
la consapevolezza di questa debolezza diplomatica, comune, a
diversi livelli di entità, a tutti i Governi dell’europa occidentale, fece
sì che quando i negoziati entrarono nel vivo, similmente a quanto accaduto durante il processo che portò alla détente degli anni Settanta, le
cancellerie europee preferirono mostrarsi come spettatori interessati,
nonostante però la nuova direzione del Cremlino «faceva del proprio
meglio per stimolare un protagonismo euro-occidentale».
Dal punto di vista economico la visita di Craxi a Mosca del Maggio 98 registrò un importante passo per dei nuovi accordi, che
giungeranno però nel periodo successivo alla caduta del secondo e
ultimo Governo Craxi, tra la Comunità economica europea, di cui
la Presidenza di turno in quel semestre era affidata proprio all’Italia,
e l’analoga istituzione d’oltrecortina, il CoMeCoN. Gorbaciov propose un’apertura alla Cee, riconoscendola così, implicitamente, una
«entità politica»3, e facendo assumere un carattere di mossa diplomatica ad un’iniziativa formalmente di carattere tecnico-commerciale.
Nell’autunno 98, durante la conferenza di Helsinki, Andreotti
ebbe la possibilità di incontrare il nuovo Ministro degli esteri sovietico eduard Ševardnadze4. I partiti della coalizione, come anche il
PCI, ebbero, nella sostituzione di Gromyko, una prova degli intenti
di rinnovamento di Gorbaciov, per quanto, in un primo momento,
buona parte della classe politica nutriva ancora scetticismo riguardo
la portata dei nuovi, ancora potenziali, cambiamenti.
Per quanto non ritenesse Gorbaciov un «benefattore disinteressato»6, il Ministro Andreotti colse l’importanza delle proposte sul
7
LapoliticaesteradiCraxi
disarmo che questi enunciò a più riprese nei mesi a cavallo tra l’8
e l’86, spinto anche dall’entusiastica accoglienza che dette proposte
ebbero nella stampa e nell’opinione pubblica italiana7 e soprattutto
all’interno della segreteria della Democrazia Cristiana che, «stretta tra
le esigenze di difesa dell’Alleanza Atlantica e le condanne papali del
ricorso dei mezzi militari e soprattutto degli ordigni nucleari»8, fiutò
l’occasione di poter conciliare finalmente esigenze di Governo alle
richieste della sua base elettorale.
«Dal punto di vista della politica estera, il partito socialista non
poteva certo dichiarare di non condividere le nuove impostazioni di
Gorbaciov, ma non aveva alcuna intenzione a darvi eccessivo rilievo
nel timore che un simile atteggiamento mettesse il PSI al rimorchio
del PCI»9. Il partito era divenuto, già nella metà degli anni ottanta,
così vicino al radicalismo anticomunista da non poter essere, o quantomeno apparire, che fermamente atlantico: Bettino Craxi pagò questo
“sbilanciamento” verso il fronte reaganiano con il rifiuto, mai esplicito,
di Gorbaciov dinnanzi agli insistenti inviti che vennero presentati più
volte sino all’avvicendamento a Palazzo Chigi con Ciriaco de Mita60.
Il Partito Comunista Italiano puntava sul neuekours di Gorbaciov
per medicare le ferite tra la base ed il vertice del partito, ed all’interno del comitato stesso. la direzione Natta salutò immediatamente
con formule di elogio l’insediamento del nuovo segretario del PCUS,
confortati dalle nuove dichiarazioni sul disarmo pronunciate da questi a New York: dichiarazioni che riflettevano ampiamente il nuovo
corso di pensiero dell’ala “migliorista” di Botteghe oscure, per quanto il silenzio sugli aspetti concreti della glasnost facessero sì che sulle
reali intenzioni di cambiamento nella politica interna permanessero
parecchi interrogativi6.
Irapportiitalo-sovieticieloSDI
«Il dialogo diplomatico con l’URSS nel periodo Giugno 98-luglio 986 ha avuto come unico elemento di polemica la ventilata adesione del Governo italiano al programma SDI»6. l’iniziativa di difesa
strategica, palesemente mal conciliabile con quello spirito promozionale del dialogo che il Governo Craxi sin dall’insediamento dichiara-
7
CapitoloTerzo
va come fine primo della diplomazia63, irritava la nuova direzione al
pari delle precedenti. Durante l’incontro avuto a margine della Conferenza di New York del Settembre 1985 con il suo omologo sovietico
Ševardnadze, Andreotti espose le motivazioni di carattere meramente
scientifico della partecipazione italiana64. Ciò non bastò a quietare i
timori del Cremlino: l’ambasciatore in Italia Lunkov dichiarò ufficialmente durante una conferenza stampa in Dicembre che l’URSS continuava a ritenere il progetto SDI di «carattere offensivo»6. Un’iniziativa di difesa missilistica spaziale andava ben oltre il diritto nazionale
all’autodifesa secondo il Cremlino: lo stesso Gorbaciov cercava nella
opinione pubblica e nella classe politica italiana, confortato dagli elogi
da questi a più riprese ricevuti, validi fiancheggiatori della propria tesi,
per cui, come egli stesso dichiarava, nemmeno la più potente difesa era
in grado «per la stessa logica dell’odierna tecnica dell’era nucleare, di
garantire una assoluta sicurezza a nessuno Stato»66.
I RAPPoRTI CoN l’eURoPA oRIeNTAle
LaostpolitikdiCraxieAndreotti
Il fatto che, all’inizio del suo mandato, Craxi venisse dipinto dalla
stampa dei Paesi euro-orientali come «un socialista di destra, succube
degli americani»67, non impedì a questi ed al Ministro Andreotti di intraprendere delle nuove azioni diplomatiche rivolte verso le cancellerie d’oltrecortina, le quali «non ebbero una grande eco internazionale»68, ma che costituirono comunque un importante approccio ad un
nuovo modo italiano di “fare presenza” nelle relazioni est-ovest. la
“via italiana” all’ostpolitik fu possibile grazie all’azione congiunta di
Craxi e Andreotti: la comunanza di vedute tra il Ministro degli esteri
ed il Premier permisero così di intraprendere un indirizzo chiaro e
preciso69, per quanto debole a causa della marginalità degli alleati secondari a latu degli incontri tra Reagan ed Andropov o Gorbaciov.
Gli scarsi margini di manovra che la “Seconda Guerra Fredda”
lasciava al Governo italiano costrinsero il Governo a quei tentativi, annunciati con eccessiva ambizione durante la visita di Craxi a
Washington dell’ottobre 983, di “far da cuneo” nel dialogo tra le
73
LapoliticaesteradiCraxi
superpotenze. Naufragate le speranze che il Governo aveva di ottenere dei risultati per mezzo di pressioni sul Cremlino, tramite i suoi
satelliti, al fine di «poter far cadere la loro pregiudiziale sul trattato
di Ginevra»70, da qui le relazioni diplomatiche tra l’Italia ed i governi
socialisti euro-orientali rifletterono quella “politica dei piccoli passi”
più volte esposta da Andreotti7.
Il «dialogo leale con l’est»7, come Andreotti lo presentò agli alleati americani durante il viaggio a Washington del gennaio 984,
assumeva l’idea di una “comunità di Stati socialisti” che allargava il
panorama delle relazioni di una “media potenza”: «in quest’ottica era
implicito un riconoscimento dello status quo, ma anche dell’autonomia dei singoli interlocutori che apriva nuovi spazi di manovra»73.
Una linea diplomatica chiara e coerente, ma pur sempre limitata al
rango di potenza che ricopriva l’Italia, e che, a posteriori, non portò
risultati sul piano politico abbastanza concreti da poter essere annoverati tra i grandi cambiamenti degli anni di Gorbaciov.
Iviaggiall’est
Nel luglio 984 Bettino Craxi si recò in visita a Berlino est. Questa «visita carica di significati formali»74 seguiva di appena tre mesi,
quella di Budapest, in cui il Presidente del Consiglio, per la prima volta all’est in veste di capo dell’esecutivo italiano, presentò alla stampa
d’oltrecortina l’impegno italiano alla costruzione di migliori relazioni
tra le “due europe”7. la calorosa accoglienza che il Governo Tedesco-orientale tributò a Craxi fu riprova dell’instancabile ricerca che
la diplomazia della DDR da anni intraprendeva «per strappare un
qualche riconoscimento ai governi occidentali»76; detto “riconoscimento” fu definitivamente consacrato dalla visita di Erich Honecker
a Roma nell’aprile 98, quando in Italia ancora non erano del tutto
estinte le polemiche sulle dichiarazioni di Andreotti sulla natura della “Germania divisa”. Analogamente a quella effettuata da Craxi a
Berlino est nel luglio dell’anno precedente, anche per il governo di
Pankow poteva definirsi quella di Honecker una visita carica di significati formali, essendo stato questo il primo viaggio di un leader della
DDR in un Paese membro della NATo77.
74
CapitoloTerzo
Nel dicembre 984 il Ministro Andreotti visitò Varsavia, a processo di normalizzazione avviato ma che «lasciava ancora parecchio
a desiderare»78: il Ministro «si faceva ambasciatore del lento sgretolarsi dell’isolamento internazionale della Polonia»79 dopo che il golpe
del 98 aveva tramortito ogni velleità di ripristinare il processo di
distensione tra est e ovest. la Polonia era importante per il tandem
Craxi-Andreotti, sia perché questa era «un passaggio obbligato per
la ricerca di un maggiore spazio d’azione dei rapporti con i Paesi del
patto di Varsavia»80, sia perché le simpatie dei cattolici verso Solidarnosc ed il suo leader lech Walesa erano un’importante “carta” per
riscuotere facili consensi in Patria.
Per quanto riguarda la Bulgaria, i rapporti assunsero toni più cordiali in seguito alla conclusione del processo a carico dei servizi segreti, accusati di essere i mandanti dell’attentato compiuto nel Maggio 98 al Papa Giovanni Paolo II8. Con la Romania di Ceausescu
i rapporti diplomatici si limitarono principalmente agli aspetti della
cooperazione industriale8.
7
LapoliticaesteradiCraxi
76
Capitolo Quarto
Mediterraneo e Medio Oriente
l’ITAlIA, Il MeDIo oRIeNTe eD Il MeDITeRRANeo
Alle PoRTe DellA SeCoNDA GUeRRA FReDDA
N
ella travagliata regione mediorientale i fragili accordi di pace
che erano seguiti alla cessazione delle ostilità dopo i 4 giorni
della guerra dello Yom Kippour furono, nel giro di pochi
anni, relegati all’archivio degli storici dinnanzi all’esplodere di conflitti latenti nella regione che resero ben presto manifesta la loro inattuabilità.
Per il giovane Stato del libano, ritenuto, sino dalla prima metà degli anni Settanta, potenziale propulsore di una nuova prosperità economica del Medio oriente, il 97 fu l’annus horribilis della guerra
civile. la contesa armata di porzioni più o meno ampie di territorio
coinvolgeva diverse fazioni di matrice etnica o religiosa: milizie sciite,
drusi, falangi cristiano-maronite, sunniti filo-palestinesi. Nell’arco di
un anno il conflitto usciva dall’orbita della guerra intestina: l’esercito siriano penetrava nel nord del Paese, coltivando, dietro il proposito formale di porre termine alla guerra civile, disegni egemonici
di costruzione della “Grande Siria”. le azioni militari del regime di
Damasco destavano preoccupazione a Washington; i funzionari del
Pentagono sospettavano, ragionevolmente, che dietro i movimenti
delle truppe di Assad vi fosse anche l’ombra lunga del Cremlino.
Nel 978 a costituire una “novità” nel quadro politico della regione fu un evento positivo: la firma degli accordi di Camp David tra
Begin e Sadat. Il riconoscimento politico di Israele e la restituzione
della penisola del Sinai all’egitto segnò un primo segno distensivo da
parte di un bastione del panarabismo come la Repubblica egiziana:
«si rompeva il fronte arabo intransigente, allentando la pressione su
Israele e compensando abbondantemente la radicalizzazione politica
di Paesi come la libia o la Siria».
77
LapoliticaesteradiCraxi
In Iran il regime dello Shah Rezha Pahlevi veniva rovesciato nel
Gennaio 979: per la prima volta nella storia dell’età contemporanea
una rivolta di popolo evidenziava oltre ai classici connotati di tipo politico anche una forte valenza religiosa. le conseguenze sull’economia
mondiale dello shock petrolifero derivante dalla rivoluzione teocratica
in quello che era stato l’antico impero persiano furono sensibili: un aumento senza precedenti del prezzo del petrolio, che introdusse «fiammate di inflazione a due cifre e disoccupazione in crescita»3.
Nel 980 il regime militare irakeno vide nell’instabilità politica del
vicino iraniano la possibilità di risolvere contenziosi di frontiera e di scalzare questo dalla posizione egemonica nel Golfo. la guerra si protrasse
per otto anni, e si risolse con un ritorno allo status quo ante costosissimo
in termini economici ed umani per entrambi i contendenti. Il conflitto
determinò un ulteriore aumento del prezzo del greggio e contribuì allo
sfaldamento dell’unità panaraba, peraltro già messa seriamente in discussione dagli accordi Begin-Sadat: dalla parte degli irakeni si schierarono
Arabia Saudita ed egitto, con la Repubblica di Khomeini la Siria.
A partire dalla seconda metà degli anni Settanta la causa palestinese convogliava sempre maggiori simpatie, «anche quando questa si manifestava con
azioni di terrorismo»4: a partire dal proclama, nel novembre 97, del Consiglio dei Ministri della Cee sul diritto all’autodeterminazione del popolo
palestinese, l’organizzazione per la liberazione della Palestina ottenne diversi riconoscimenti, sia in sede oNU che presso i Governi occidentali, ove,
gradualmente, le venivano accreditate delegazioni diplomatiche.
Il “fianco sud”
Sin dagli anni Cinquanta la politica estera repubblicana è stata tradizionalmente orientata allo scacchiere mediterraneo: negli anni dei governi centristi il nuovo orientamento mirava, oltre ad abbandonare un ruolo
preminentemente “presenzialista” (che veniva, nei fatti, assegnato all’Italia), alla ricerca di primati che soddisfacessero, almeno in minima parte, le
ambizioni mai sopite dei nazionalisti6; da qui, i rapporti dell’Italia con gli
alleati nelle sedi della NATo erano volte ad ottenere un riconoscimento
di un “fianco sud” ove Roma avrebbe potuto richiedere, in virtù della
sua collocazione geografica, una funzione primaria7.
78
CapitoloQuarto
Nella logica della contrapposizione bipolare la regione mediterranea
veniva considerata di importanza secondaria. Il fianco meridionale del
perimetro della sfera d’azione della NATo era, nelle carte degli esperti militari, esposto ad una minaccia sensibilmente inferiore rispetto a
quella a cui era soggetta l’europa Centrale, e in termini di armamenti
convenzionali, e in termini di “guerra nucleare limitata”. Proprio nel
contesto della subalternità dell’importanza strategica dell’area, il Mediterraneo cominciò ad essere visto «come uno spazio non di rischi, ma
di opportunità per la politica estera italiana»8. Parzialmente ignorato
per lungo tempo dagli americani, il bacino mediterraneo fu un’area ove
all’Italia fu concesso, pur sempre nelle dichiarazioni solenni, un rango
di perno strategico come compensazione dello status di “osservatore”
nell’area mitteleuropea9, il vero punto focale delle attenzioni di analisti
e generali. l’Italia poté dunque appropriarsi del privilegio di essere il
primo attore in uno scenario marginale. Nelle sue acque meridionali «poteva esercitare una certa influenza e avere, in teoria, un ruolo
eminente»0: una posizione irraggiungibile, ed a Roma si era consci di
questo, a Nord delle Alpi.
Il riconoscimento degli effetti benefici per i rapporti con i Paesi
costieri e del Vicino e Medio oriente non bastavano però all’Italia
per guadagnarsi una vera e propria delega di poteri da parte degli
Stati Uniti, vista la diffidenza dello stato maggiore americano per la
capacità bellica della Marina Italiana e dell’esercito, scarsamente e
malamente equipaggiato. Ne derivava «una qualità teorica di “media
potenza” di raggio regionale”», desunta però unicamente dalla propria collocazione geografica e dai legami culturali e commerciali con
i Paesi limitrofi, ma non soppesata, sino all’intervento in Libano, da
un’adeguata presenza militare.
L’ItaliaedilMediterraneotraglianniSettantaeOttanta
Dalla conclusione della guerra dello YomKippour, gli orientamenti filoarabisti della Democrazia Cristiana (perlopiù riconducibili alla sinistra
del partito), trovarono dei sostenitori nei quadri dirigenziali del Partito
Comunista. Nel palazzo di Via Botteghe oscure si gradiva il terzomondismo cattolico intriso di velato neutralismo così sorprendentemente
79
LapoliticaesteradiCraxi
vicino, per certi aspetti, alla linea di politica estera professata dalla dirigenza Berlinguer. la politica che guardava ad un riconoscimento politico
dell’olP come conditiosinequanonperché questo potesse divenire parte
dei consessi multilaterali necessari alla stabilità della regione, la linea del
Presidente della DC Aldo Moro, otteneva consensi tra i comunisti italiani, da sempre apertamente schierati su posizioni filo-palestinesi: convinzioni non mutate nemmeno in seguito al graduale accostamento alle
posizioni atlantiche del periodo “eurocomunista”.
le nuove spinte nel senso di una diplomazia più sensibile alle
tematiche palestinesi produssero come primo risultato, nell’autunno
1974, l’autorizzazione ad una rappresentanza ufficiale dell’OLP sul
suolo italiano, seguita da più dichiarazioni su un vero e proprio diritto dei Palestinesi ad una Patria. Gli intenti di accattivarsi le simpatie
degli Stati Arabi erano motivate da questioni di carattere non solo
diplomatico (la già menzionata ricerca di un ruolo mediatore), ma
anche, se non soprattutto, energetico, dopo che la crisi petrolifera del
’73-’74 aveva messo a nudo tutte le debolezze della dipendenza occidentale dalle esportazioni di idrocarburi dei Paesi arabi dell’oPeC.
Il filoarabismo su cui convogliava un’importante fetta dello spettro
politico italiano mise Roma in difficoltà e imbarazzo quando i connotati
anti-americani dell’islamismo radicale vennero a galla con la rivoluzione
teocratica in Iran; il neutralismo fece altrettanto quando, in seguito allo
scoppio della guerra tra Baghdad e Teheran, era ormai chiaro che, per dimostrarsi coerente, la posizione simbolica senza un adeguato intervento
concreto non era più sufficiente per autodefinirsi “potenza regionale”.
la rottura parziale con gli orientamenti tradizionali della politica mediterranea della Farnesina si ebbe nei primi anni ottanta, con
l’insediamento del primo Governo a guida laica. L’impronta filoisraeliana del leader repubblicano Giovanni Spadolini, nuovo Capo
dell’Esecutivo nel giugno 1981, bilanciò le sfaccettature filo-arabe
delle precedenti compagini governative e spinse per una «presenza
più attiva e maggiore assertività»3 in quel “fianco sud” che il dispiegamento degli euromissili aveva promosso a «prima linea»4. lo spartiacque di questo nuovo modo di pensare il contributo dell’Italia alla
stabilità dell’area è riconducibile all’Intervento in libano.
80
CapitoloQuarto
Craxi,Andreotti,Spadolinielaregionemediorientale
Il Partito Socialista Italiano, soprattutto nella persona del suo padre fondatore Pietro Nenni, fu tra i maggiori sostenitori della causa
israeliana dalla nascita dello Stato sino alla guerra dei sei giorni. Sotto
la dirigenza di De Martino cominciò a prendere piede un timido filoarabismo: tendenza poi amplificata dopo l’ascesa di Bettino Craxi
alla Segreteria nell’estate 976.
In modo ben poco coerente rispetto al nuovo corso atlantista,
l’equidistanza dei socialisti dinnanzi al conflitto mediorientale sembrò
essere definitivamente accantonata in seguito all’invasione israeliana
del sud del libano, quando il Partito «cominciò a spostarsi su posizioni più marcatamente filopalestinesi». l’insediamento di Craxi a
Palazzo Chigi riequilibrò gli approcci riguardo al quadro mediorientale in un partito che sembrava sedotto da una deriva antisionista6: il
leader, tra il 983 ed il 984, contribuì a mettere in ordine le diverse
concezioni di politica estera che convivevano nel PSI, riuscendo, dal
punto di vista ideologico, in un particolare amalgama di elementi
intrisi di internazionalismo pacifista, filoatlantismo, europeismo e
patriottismo di stampo risorgimentale7, ma, di fatto, facendone una
linea “gemella” a quella del Governo da lui presieduto. Una linea
d’azione governativa che dovette consacrarsi più volte alla ricerca
del compromesso tra gli indirizzi difesi dagli altri due più importanti
foreign policy-makers italiani: il Ministro degli esteri Andreotti ed il
Ministro della Difesa Spadolini.
la Democrazia Cristiana non aveva una linea chiara e precisa nei
suoi rapporti con Israele: nei suoi rapporti con Gerusalemme «parve
assumere i connotati più tiepidi e contraddittori rispetto alla tradizionale sintonia occidentale»8. la causa fu soprattutto la mancanza di
una visione unica della questione mediorientale nel Partito di maggioranza relativa; non è facile operare una ripartizione tra “correnti” all’interno della DC basandosi sulla discriminante della visione
rispetto ai conflitti mediorientali, dunque non v’è una schiera identificabile di seguaci della “linea andreottiana” all’interno della DC,
per quanto diversi autori ne individuino la maggior parte dei seguaci
nella sinistra del Partito. la “strategia andreottiana”, volta alla ricerca
8
LapoliticaesteradiCraxi
del compromesso tenendo conto della «realtà politica dei rapporti di
forza»9, si muove dentro le linee tracciate dai predecessori democristiani: come Moro, Andreotti voleva mostrare agli arabi che l’Italia
era “diversa” dai suoi alleati occidentali: più attenta alle loro esigenze
e meno incline a soluzioni “di forza”0; come Fanfani, voleva fare
dell’Italia «un ponte tra l’europa ed il Mondo arabo»; come Mattei
era solito sottolineare le opportunità che l’intrattenimento di buoni
rapporti con i vicini arabi avrebbe presentato all’Italia.
Infine il Ministro della Difesa Giovanni Spadolini, Presidente del
Consiglio durante i giorni in cui veniva decisa l’adesione italiana ad
entrambe le spedizioni della Forza multinazionale in libano: fortemente filo-atlantico, il leader del Partito Repubblicano Italiano interpretava il quadro del Mediterraneo non estraneo alle linee di condotta dell’ambito atlantico, o di quello “occidentale” in senso lato. Ne
derivò un insieme di prese di posizione sempre rientranti nei “binari”
delle direttive dell’Alleanza Atlantica, ed un sostegno alla causa israeliana che, per riflesso, si attestò su rigide posizioni dinnanzi alle aperture italiane verso l’organizzazione per la liberazione della Palestina
nei primissimi anni ottanta3.
Il NUoVo INTeRVeNTISMo
L’esercitoitalianoinLibano
l’impronta del neutralismo di stampo terzomondista che veniva
traslata ai rapporti dell’Italia con i vicini del bacino mediterraneo rischiava di tradursi in inerzia4 proprio in un periodo storico testimone di una situazione geopolitica che «impediva all’Italia di rifugiarsi
nel suo abituale assenteismo». In questo contesto si concretizzò la
decisione dell’invio di un corpo di spedizione di soldati italiani nel libano martoriato dalla guerra civile ed a rischio di smembramento da
parte dei suoi due potenti vicini, Israele e Siria. Sollecitata da Washington, la partecipazione italiana alla Forza Multinazionale (FMN) può
essere fatta risalire a tre motivazioni: una ufficiosa ma piuttosto evidente, ossia la dimostrazione agli alleati d’oltreoceano dell’intenzione
di rispettare l’”ancoraggio atlantico” nonostante il crescente prota-
8
CapitoloQuarto
gonismo che Roma si apprestava ad esercitare nell’area mediterranea;
un’altra “politica”, ottenere il ritiro totale di tutte le forze straniere
dal Libano onde favorire la pacificazione del Paese «nel rispetto delle
decisioni adottate dal Consiglio dell’oNU»6; infine una motivazione
“umanitaria”, ovvero affine alla protezione dei profughi palestinesi e
dei guerriglieri olP in ritirata nel Sud.
Nel momento in cui alla guida dell’esecutivo arrivò Bettino Craxi, gran parte del sostegno espresso all’invio dei bersaglieri in Medio
oriente aveva lasciato il posto a scetticismi, quando non a voci di
disappunto. la “causa umanitaria” si scopriva, dopo mesi di guerre,
attentati e stragi, insolubile. Bettino Craxi lo ammise proprio dinnanzi alle Camere il giorno del suo insediamento: «in primo piano sta
oggi la sorte sfortunata del libano, diviso ed occupato, lacerato da
ferite sanguinose, e dove il corpo multinazionale di pace e la presenza
militare italiana fanno solo da fragile velo»7.
Gli sforzi del Governo Craxi, quindi, si consacrarono maggiormente all’individuazione di una dignitosa exitstrategy che non compromettesse totalmente ogni aspirazione di protagonismo nella Regione. la
Casa Bianca, durante la visita ufficiale di Craxi a Washington (ottobre
’83), riconobbe che l’Italia poteva vantare in virtù dei propri sforzi per
la pace un «ruolo essenziale nel Mediterraneo»8: nonostante gli sproni
dell’alleato, e nonostante la Farnesina avesse dichiarato la buona riuscita della Conferenza di Riconciliazione nazionale come conditio sine
qua non per il ritiro, Roma annunciava, in dicembre, un dimezzamento
delle truppe per favorire un disimpegno graduale9.
le discussioni parlamentari ed interministeriali che si tennero nel
mese di gennaio del 984 furono dedicate soprattutto al contenzioso
del rinnovo della presenza italiana in libano. Il Partito Comunista,
ritenuta tradita la condizione per la quale fu dato il proprio assenso
alla missione, chiedeva il ritiro delle truppe; anche buona parte dei
parlamentari democristiani, ritrovatisi sconsolati dal fallimento della
Conferenza di Riconciliazione, usavano ora toni molto meno entusiastici nell’esaminare il futuro della Forza Multi Nazionale, mentre
il Presidente Pertini, precisando la sua assoluta volontà a non voler
interferire con le scelte del Governo, dichiarava apertamente, nel di-
83
LapoliticaesteradiCraxi
scorso di fine anno del 1983, la sua contrarietà alla procrastinazione
della missione30; le uniche voci che ancora sostenevano “l’insostituibilità” del contingente italiano in libano rimanevano quella dei
repubblicani e del Ministro della Difesa Spadolini3.
Il ritiro del contingente americano aprì la strada per lo sfaldamento dell’UNIFIl. Il richiamo in Patria dei soldati italiani fu reso inevitabile dalla decisione unilaterale degli alleati, ed il rischio di un aspro
confronto all’interno della coalizione era scongiurato, almeno limitatamente alla questione della “via d’uscita” dal Libano. La fine prematura, e non particolarmente gloriosa, dell’esperimento di un corpo di
spedizione multinazionale voluto dagli USA costituì per il Governo
Craxi, paradossalmente, una vittoria su più fronti: riuscì a disimpegnarsi senza dover ufficialmente ammettere l’incapacità della FMN
di assicurare la protezione dei civili, e, dunque, di aver riconfermato
la presenza di militari italiani per una spedizione che, «partita con
compiti scarsamente delimitati e definiti»3, aveva prevedibilmente
scarse possibilità di ottenere successi33; riuscì a mostrare ai vicini arabi come l’Italia fosse un Paese “dal volto umano”, essendo rimasto il
suo contingente praticamente immune dagli attacchi terroristici che
invece avevano mietuto gravi perdite tra francesi ed americani; poté
presentare in Patria la “vittoria morale” dell’esercito italiano, dimostratosi, sul piano dell’efficienza militare ed organizzativa, all’altezza
degli altri, ben più blasonati, tre corpi della FMN34 .
L’operadisminamentonelMarRosso
Da agosto sino a ottobre del 984, una squadra di tre cacciatorpedinieri italiani partecipò ad una missione multinazionale di dragaggio del
Canale di Suez, infestato da un numero non precisato di mine navali: del
gesto di aver disseminato questi ordigni, per i quali si temeva l’imbarazzo
che fossero MadeinItaly3, furono accusati gli integralisti della “Jihad Islamica”36. Nonostante il Governo italiano continuò a sperare sino all’ultimo per un mandato oNU37, si accodò alle altre tre Nazioni alleate che
avevano raccolto l’invito egiziano: Francia, Stati Uniti e Gran Bretagna.
Per quanto parecchi osservatori lo ritenessero frutto della ricerca di
quel ruolo accresciuto che Craxi riteneva necessario «in primo luogo
84
CapitoloQuarto
nella regione mediterranea»38, il motivo che probabilmente funse da
maggior spinta all’intervento italiano nell’opera di sminamento dell’acque del Mar Rosso fu il timore di essere “tagliati fuori” da un’azione
internazionale nel Canale di Suez che gli alleati anglo-franco-statunitensi stavano pianificando, dietro invito dell’Egitto ed al di fuori delle
concertazioni in sede oNU39. Bettino Craxi si trovò dinnanzi alla questione dell’intervento in un’area che il libro Bianco della Difesa (peraltro venuto alle stampe in quei mesi) considerava aree vitali del Fianco
Sud40, e che rappresentava un invito per sciogliere i dubbi degli alleati
riguardo la volontà italiana di ritagliarsi una propria «area di irraggiamento»4 per concretizzare le proprie velleità di potenza regionale.
Nell’agosto 1984 il Governo infine decise per l’invio di tre torpedinieri della Marina Italiana, raccogliendo l’invito del Governo egiziano, il che
sciolse ogni contenzioso per quel che concerne il diritto internazionale
essendo l’egitto “un Paese amico”, ed unendosi ai tre alleati che parteciparono con l’Italia alla forza multi-nazionale che intervenne nella guerra civile
libanese. la missione fu subito oggetto di critiche da parte dell’opposizione, timorosa di un potenziale allargamento, politico ancor più che militare,
del conflitto4 ed indispettita dalle ambiguità del Governo: il Ministro degli
esteri riconobbe pubblicamente che nel Canale di Suez era presente una
vera e propria situazione di guerra; mentre, quasi contemporaneamente, il
Presidente del Consiglio dichiarava l’esatto contrario, richiamando i colleghi del Parlamento a non proclamare facili allarmismi43.
le unità navali furono richiamate in Patria dai rispettivi Governi
intorno la seconda metà di ottobre, senza che alcuna mina sottomarina venisse ritrovata.
Il CoNFlITTo MeDIo oRIeNTAle
IlGovernoCraxi,l’OLPedIsraele
Per quanto concerne le relazioni con l’area mediorientale, l’intenzione dichiarata del Governo Craxi nei giorni dell’investitura era di «favorire la politica di negoziato, basata sul riconoscimento reciproco»44.
la formula usata certamente rispondeva ad esigenze “conciliatrici” dei diversi ideali e principi di politica estera, situati talvolta ai fron-
8
LapoliticaesteradiCraxi
ti opposti, che convivevano nella coalizione pentapartitica, ma anche
una affermazione coerente con la nuova impronta che si voleva dare
alle relazioni italiane con il Medio oriente: un impegno costante all’allargamento del dialogo verso tutti gli attori dell’area.
Il Premier ed il Ministro degli esteri giudicavano l’organizzazione
per la liberazione della Palestina essenziale per un nuovo accordo sullo stile «territori contro pace» sulla falsariga di quelli siglati tra Begin e
Sadat nel 9794; Andreotti, in particolare, affermò più volte la necessità che a detti negoziati venisse cooptata anche la Siria di Assad46.
Il 984 si apriva sotto buoni auspici: nella tribolata Regione le
tensioni apparivano più “controllabili” rispetto gli anni passati, in
quanto diminuite in quantità ed in entità: Roma, di conseguenza, presagiva il prospettarsi di una «felice occasione di poter gestire qualcosa
di più di una mera politica declaratoria»47. Andreotti e Craxi, ovvero
i più entusiasti ed influenti propugnatori del nuovo protagonismo
italiano nel Mediterraneo, dovettero presto, loro malgrado, prendere atto delle discordanze di opinioni tra le personalità politiche del
“Pentapartito”: discordanze che avrebbero condizionato le ambizioni ed i progetti del “tandem”.
Causa della crisi di Governo del novembre 98, le obiezioni dei
repubblicani all’aperturismo italiano verso l’olP di Arafat ed altri
Stati accusati di foraggiare il terrorismo mediorientale (libia, Siria ed
Iran), furono limitate, per quanto concerne il periodo antecedente all’affaire “Achille lauro”, a note di protesta scarsamente rilevanti e certamente inadeguate a dare una vera e propria “sterzata” al baricentro
delle simpatie del Governo Craxi. la linea del PCI rasentava invece
l’ambiguità: Botteghe oscure criticava la “doppiezza” della politica
mediterranea, accusata, con l’intervento per sminare il Mar Rosso, di
agire per gli interessi statunitensi; dall’altra parte, però, incoraggiava,
seppur indirettamente, il nuovo corso dei rapporti bilaterali con i
Governi del Medio oriente, indice di una maggiore indipendenza
italiana all’interno del blocco di alleanze occidentali48.
La visita di Andreotti in Siria nel novembre 1983 configurò il primo
viaggio di una rappresentanza ufficiale del Governo Craxi in Medio
oriente. Questo avveniva in piena crisi libanese, e coincise con il mas-
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CapitoloQuarto
sacro dei feddayn palestinesi, avvenuto proprio per mano dei siriani a
Tripoli del libano: non ne derivò un mutamento di rotta della Farnesina, intenzionata a proseguire nel compito di fare della Siria un interlocutore principale per la pacificazione del Paese dei Cedri.
Nell’imminenza delle festività natalizie Andreotti si recò in visita ufficiale in Israele: un Governo che, con le sue responsabilità
indirette in stragi sanguinose come quelle di Sabra e Chatila, si era
alienato parecchie simpatie presso l’opinione pubblica italiana49. Al di
fuori di una constatazione dei buoni rapporti, difficilmente scindibile
dai tradizionali rituali diplomatici, «Andreotti non mancò di rilevare
divergenze di opinione sulla questione palestinese, in generale, e sul
ruolo dell’olP, in particolare»0.
Nel maggio 984 le polemiche verso la conduzione della politica
estera da parte di Andreotti raggiunsero le pagine dei quotidiani nazionali e delle riviste di informazione: ad essere incriminata fu la firma del Ministro su un documento della Conferenza Interparlamentare di Ginevra, sui conflitti in Medio Oriente e nel Golfo Persico,
appoggiata dall’URSS e dalla quasi totalità dei Paesi del Terzo Mondo. la fattura del documento venne ritenuta, nei toni, apertamente
anti-israeliana; anche da chi si considerava “non ostile” agli indirizzi
della Farnesina in politica mediorientale.
Nel Novembre 984, in seguito ad un tour per le capitali delle
maggiori potenze mediterranee, Craxi ed Andreotti ebbero un incontro a Tunisi con il capo dell’OLP, Yasser Arafat. Rinnovando gli
apprezzamenti rivolti al leader palestinese durante i colloqui che seguirono i funerali di Berlinguer, i due statisti insistettero sulla necessità che l’olP perseguisse la strada della moderazione e riconfermarono la disponibilità ad adoperare i propri mezzi diplomatici perché si
raggiungesse un’intesa tra Giordania e olP, fondamenta, secondo il
Governo italiano, di uno storico accordo tra israeliani e palestinesi3.
I colloqui di Tunisi suscitarono, come era prevedibile, le proteste ufficiali del Governo israeliano, irritato per il «riconoscimento
ufficioso dell’OLP» da parte di Roma4: il premier laburista Shimon
Peres annunciò il rinvio sinedie di una visita ufficiale a Roma, prevista
per il Gennaio seguente. In Patria l’operato del Governo fu messo
87
LapoliticaesteradiCraxi
sotto accusa dalla Commissione esteri della Camera, presieduta dal
Repubblicano Giorgio la Malfa: il Governo aveva agito, secondo le
tesi della Commissione, senza informare preventivamente né i partner Cee6, né l’alleato statunitense7. l’indomani Craxi informò Reagan, tramite missiva, del disegno diplomatico del Governo italiano,
orientato ad una pace che vedeva coinvolte tutte le parti, e per il quale
il colloquio di Tunisi rappresentava un indispensabile presupposto8.
la visita di Spadolini a Gerusalemme del 6 dicembre provvide a
acquietare questo “scontro a distanza”.
Un altro elemento fece dell’incontro di Tunisi un episodio “politicamente inedito”: la delegazione italiana incontrava un personaggio
su cui pendeva un mandato d’arresto emesso proprio dalla magistratura italiana9. Nonostante la gravità delle accuse (vendita d’armi alle
organizzazioni terroristiche italiane, BR o affiliate), lo stesso Pubblico Ministero firmatario del mandato, Carlo Mastelloni, lo giustificò
come «ineccepibile dal punto di vista politico»60, giustificato dunque
dalla gravità delle tensioni nel Mediterraneo.
Inserire l’europa nel contesto dell’opera mediatrice tra l’olP ed il Governo israeliano fu un punto del programma di Governo destinato a rimanere disatteso. la spinta dell’Italia poteva, nelle intenzioni, far dell’europa
una “grande attrice” nel tavolo degli annosi negoziati mediorientali6: un’ambizione personale di Andreotti6 e Craxi63, ma anche una richiesta di Yasser Arafat, speranzoso che un’intercessione di Roma al consesso dei Dieci
avrebbe portato ad una nuova, e politicamente più rilevante, “dichiarazione comune”64. Il Consiglio europeo di Dublino del dicembre 984, non
espresse, come altri in seguito, di più che caute dichiarazioni congiunte, assolutamente prive di direttive vincolanti o di disponibilità a dotarsi di mezzi e
strumenti efficaci: la diplomazia italiana non poté dunque uscire dal ristretto
campo di opportunità raggiungibile per la via dei rapporti bilaterali.
L’AchilleLauro
Il sequestro dell’”Achille lauro” sorprese la classe politica italiana,
la quale certamente non si aspettava un gesto terrorista sul proprio
territorio nazionale (tale è da considerarsi l’imbarcazione secondo il diritto internazionale) da parte di terroristi palestinesi, soprattutto dopo
88
CapitoloQuarto
che per anni, in particolare a partire dalla metà degli anni Settanta, la
Farnesina si era prodigata per guadagnarsi un certo capitale di fiducia
presso i Governi dei Paesi arabi. Stando a valutazioni aposteriori date
dagli inquirenti, comunque, «il commando che dirottò la nave lo fece per
vendicare la strage di Tunisi, quindi apparentemente senza un legame
con l’Italia»6: ciò rende ancora più evidente il carattere di imprevedibilità, e conseguentemente di inevitabilità, dell’accaduto.
Pure attenendosi a rispondere ad obiettivi di brevissimo termine, ovviamente la liberazione degli ostaggi per via della soluzione negoziale,
durante le convulse fasi del crisismanagement, Craxi ed Andreotti soddisfecero soprattutto obiettivi di lungo raggio, coinvolgendo gli attori politici
moderati come egitto e olP66 e facendo sì che ad Arafat fosse riconosciuto un ruolo politico primario dalla Comunità internazionale.
Conclusosi l’attracco a Port Said, quando nessuno in egitto ed in
Italia, stando alle versioni ufficiali, era a conoscenza dell’omicidio del
cittadino statunitense leon Klinghoffer avvenuto a bordo per mano
del commando, Mubarak credeva, e sperava, di potersi tenere il più
possibile estraneo dalla vicenda, tormentato come era il suo Paese da
spinte oltranziste da parte di movimenti anti-israeliani intransigenti67.
Il Cairo fu però “sacrificato” dalle decisioni di Craxi, intenzionato
a non coinvolgere la Siria in questo, già di per sé, ingarbugliato intoppo68. Verso Arafat, oltremodo prematuramente, il Presidente del
Consiglio «con una punta di spavalderia» espresse vivi ringraziamenti
per l’apporto dato dall’olP al concludersi incruente della vicenda69.
l’incidente di Sigonella si abbatté su «l’ottimismo prematuro»70
espresso dalla coppia Craxi-Andreotti nelle ore successive alla liberazione degli ostaggi, salutato da Scalfari come «eccellente lavoro di
tessitura svolto dalla nostra diplomazia»7. Certamente l’agire senza
perdere d’occhio la pericolosa polarizzazione in atto all’interno degli
schieramenti moderati fu un merito del “tandem”7, ma ora l’Italia
rischiava di divenire troppo “filo-palestinese” agli occhi dell’Occidente, grave pericolo per l’immagine, che Roma stessa ambiva a costruirsi, di interlocutore neutrale e credibile73.
« l’incidente della “lauro” […] ha messo in luce anche i punti
deboli di questo attivismo mediterraneo dell’Italia, rilevandone l’im-
89
LapoliticaesteradiCraxi
provvisazione e la solitudine nel contesto occidentale»74; all’interno
alla coalizione pentapartitica, infatti, vi era tutt’altro che una voce
univoca e concorde sull’argomento “Mediterraneo”, più volte soggetto di polemiche tra gli schieramenti filo-arabo e filo-atlantico:
schieramenti dai quali si esprimevano, dai primi anni ottanta sempre
più ricorrentemente, posizioni oltranziste7.
Gli episodi connessi al sequestro dell’imbarcazione da crociera
battente bandiera italiana posero in primo piano il contenzioso sulla conduzione della politica mediorientale. Il Partito Repubblicano
Italiano, l’artefice dello scontro interno alla coalizione, con il ritiro
dei propri uomini dal Governo richiamò presso l’opinione pubblica
quelle tensioni latenti tra le “tre politiche estere” che da tempo convivevano stentatamente a Palazzo Chigi. I repubblicani, e soprattutto il
loro leader Giovanni Spadolini, denunciavano principalmente come il
duo Craxi-Andreotti avesse preferito abbandonare il sentiero classico della politica estera italiana, piuttosto che assumere una posizione
coordinata con i propri alleati euro-atlantici.
la difesa del proprio operato data da Craxi fu esposta dal Presidente
del Consiglio stesso nel discorso alla Camera che concluse il processo
che portò al nuovo voto di fiducia al Governo: egli non sconfessò l’appoggio all’olP, ricordando come, percorrendo la stessa strada dei predecessori dal 974 in poi, non avesse in realtà fatto nulla di inedito che
sconvolgesse la posizione dell’Italia nella Regione76. Fatti salvi i più volte
reiterati propositi di difesa della sovranità nazionale, la maggior parte dei
motivi che stanno alla base delle scelte del Governo nell’episodio vanno
ricercati nelle analisi degli osservatori più che nelle dichiarazioni ufficiali:
«l’esigenza di evitare che l’arresto di Abbas provocasse lo scatenarsi di attacchi terroristici contro beni, persone o interessi italiani»77, sforzo la cui
inutilità fu evidente nel dicembre seguente, con l’attentato all’aeroporto
di Fiumicino; salvare Mubarak da una “brutta figura” che il dirottamento
del Boeing (di proprietà della compagnia di bandiera egiziana) con a bordo i terroristi avrebbe fornito un’ottima arma ai suoi oppositori interni;
evitare l’attizzarsi di spinte centripete verso l’oltranzismo nazionalista o
l’integralismo islamico all’interno della galassia dei gruppi politici palestinesi di rivendicazione nazionale.
90
CapitoloQuarto
lA lIBIA DI GHeDDAFI
RapportieconomiciepoliticitraItaliaeLibia
Nonostante espropri delle proprietà ed espatri forzati dei lavoratori
italiani decisi da Gheddafi negli anni immediatamente successivi al golpe
da lui guidato nel 969, la continua ricerca di un primato di credibilità
presso i popoli arabi costrinse Roma a smussare gli angoli delle polemiche con il Colonnello libico. la «remissività della politica italiana in libia»78 promanava sia dall’eterna priorità del “quieto vivere” della politica
estera andreottiana, sia dai sempre più stretti legami economici, finanziari e commerciali tra i vecchi colonizzatori ed i vecchi colonizzati.
A partire dalla seconda metà degli anni Settanta iniziò una lenta
penetrazione libica nei mercati italiani, inaugurata con l’acquisto del
0% dei titoli della FIAT da parte della Libyan Arab Foreign Bank,
braccio della Banca Centrale libica, creato per operare all’estero per
gli interessi della Repubblica libica e guidato da personaggi vicini al
capo della rivoluzione.
I repubblicani protestarono, ritenendo l’accordo un pericolo di
assoggettamento dell’economia italiana ai petrodollari della Jamahiriya79 libica, ovvero, per usare le parole del segretario Ugo la Malfa,
una «balcanizzazione»80.
Nel 977 venivano stretti degli accordi per una cooperazione tecnico-militare tra i due Paesi, consacrata agli scambi di tecnologia militare
e, soprattutto, alle forniture di armi leggere, carri pesanti e velivoli militari. Nel periodo 979-983 la libia assorbì il % delle esportazioni
italiane di armi: il maggior acquirente in termini assoluti8.
lo Stato libico, per quanto diverse volte si rivelò moroso di pagamenti, si rivelava un ottimo committente per le imprese italiane,
particolarmente per il settore edile e meccanico, in quanto la maggior
parte degli appalti consisteva in costruzione di infrastrutture e reti
idriche: alla vigilia dell’inasprirsi della crisi tra libia e la Casa Bianca,
nel Paese maghrebino operavano 8000 lavoratori italiani. la parte più
consistente degli interscambi commerciali italo-libici erano rappresentati dalle importazioni di petrolio: nel 98 il 3,8% di tutto l’”oro
nero” estratto in libia era diretto in Italia8.
9
LapoliticaesteradiCraxi
I rapporti politici tra Roma e Tripoli sono sempre stati incerti per
via dei repentini “cambiamenti di umore” del Colonnello Gheddafi.
Nel discorso di insediamento Bettino Craxi non citò espressamente
la libia, ma si limitò ad affermare che lo sviluppo di scambi e rapporti amichevoli con le nazioni nordafricane sarebbe stato «possibile,
auspicabile ed anche necessario»83.
Non vi furono sostanziali cambiamenti nelle relazioni italo-libiche
nei cinque anni che intercorsero tra le due visite di Giulio Andreotti, la
prima effettuata in veste di Presidente del Consiglio nell’autunno 978,
la seconda come Ministro degli esteri del Governo Craxi nel febbraio
984 (visita replicata, sempre da Andreotti, solo sei mesi dopo).
Gheddafi sperava nei “buoni uffici” italiani al fine di migliorare i
rapporti tra Tripoli e l’occidente: questi contava su di un’intercessione italiana con le diplomazie dei Paesi della Cee ed una mediazione personale di Andreotti con Reagan. l’idea di mandare una copia
del Libro Verde, un vero e proprio “trattato del gheddafismo”, per
tramite del Ministro democristiano, non servì ad aumentare l’indice
di gradimento di Gheddafi presso la Casa Bianca84. Non bastasse la
diffidenza degli USA a complicare ogni proposito italiano di interventismo diplomatico tra la libia e il blocco euro-atlantico, in seguito ad una sparatoria avvenuta tra il servizio d’ordine dell’ambasciata
libica in Regno Unito (sita nel centro di londra) e degli oppositori al
regime, riuniti di fronte l’edificio, restò uccisa un agente della polizia
britannica: la riottosità libica a consegnare i colpevoli dell’omicidio
scatenerà dure proteste diplomatiche, conclusesi con il ritiro da parte
di Downing Street di ogni delegazione diplomatica a Tripoli8.
Ribadite nella visita del 984 le dichiarazioni rituali di amicizia
nonostante la diversità degli schieramenti (per quanto più vicino al
blocco socialista Gheddafi ostentava l’appartenenza al movimento
terzomondista), i rapporti venivano deteriorati nella sostanza dalle
continue richieste di risarcimenti per i danni ricevuti dalla libia durante il periodo del colonialismo italiano, «sin dal 9»86. Passato
solo qualche mese dai colloqui con Andreotti, da ambedue le parti
giudicati cordiali, il Capo della rivoluzione ritornava sul contenzioso
dei risarcimenti: le pretese, non sanate dai miliardi di lire conse-
9
CapitoloQuarto
gnate al Re Idris I e dalle simboliche donazioni di ospedali e centri
specializzati tra gli anni Settanta e ottanta, ora erano accompagnate
da improperi e minacce nei confronti di Roma87.
LacrisidellaSirte
Nei primi mesi del 986 le tensioni tra la libia e gli Stati Uniti
divennero via via più accese, fino a sfociare nella decisione del Pentagono di dar via all’operazione EldoradoCanyon: un intensivo bombardamento da parte dell’aviazione americana di obiettivi strategici in
territorio libico, nonché del quartier generale di Gheddafi.
Le insistenze americane presso le diplomazie europee affinché venissero ridimensionati i rapporti con il leader libico trovavano risposte
ambigue e per nulla omogenee da parte dei dieci, ed anche le pressioni di
un capo di Stato di un Paese arabo moderato, Mubarak, dall’affidabilità
politica universalmente riconosciuta in occidente, restavano disattese88.
Per quanto fosse una mossa destinata a rendere più difficile l’opera mediatrice di Andreotti, difesa da buona parte della DC, il Governo
Craxi nel Gennaio 986 decretava l’embargo sul commercio di armi con
la Jamahiriya, ritenuta una misura sì valida, ma insufficiente dalle formazioni laiche minori, ossia la colonna vertebrale di quello che la stampa
aveva definito il “partito americano”. Palazzo Chigi, al pari delle altre
cancellerie europee, si mostrava recalcitrante, dato l’importante volume
di scambi con la libia, ad operare un vero e proprio “boicottaggio totale” come richiesto dagli Stati Uniti89: il Consiglio di gabinetto si limitò a
sospendere i contratti degli enti pubblici con la Repubblica di Tripoli e ad
un parziale rimpatrio dei lavoratori italiani operanti in libia90.
Scoppiate le ostilità nel Marzo, l’Italia, come la Francia e la Spagna,
rifiutò di concedere l’utilizzo delle basi aeree NATO nel proprio territorio:
il Governo condannò sì le arbitrarie interpretazioni di Gheddafi sull’estensione delle proprie “acque territoriali”, ma cercò di dissuadere Washington
dall’uso della forza, potenziale detonatore secondo Craxi di una «esplosione dei fanatismi, degli estremismi, delle azioni criminali e suicide»9.
All’attacco americano contro la residenza di Gheddafi, il Colonnello rispose con un tentato attacco missilistico alla base americana loRAN di lampedusa. I due Scud, di fabbricazione sovietica,
93
LapoliticaesteradiCraxi
mancarono il bersaglio cadendo in mare a 0 km dalla costa, ma
misero il Governo di fronte ad una pericolosa eventualità di una
guerra in proprio territorio.
Bettino Craxi, in totale accordo con le altre forze partitiche, esprimeva nei confronti della libia una dura nota di protesta in cui si dichiarava che Roma sarebbe stata pronta a «respingere ogni iniziativa
militare diretta contro il proprio territorio nazionale»9: un ammonimento che veniva reso ancora più credibile dalla diramazione dello
“stato d’allerta” presso le proprie forze armate.
la risposta fornita dal Governo fu sufficiente a contenere gli
allarmismi che, ragionevolmente, il primo attacco missilistico ad
un Paese occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale avrebbe potuto scatenare 93. la conseguenza maggiore per la
politica estera venne dalle ulteriori rettifiche che il Pentapartito
adottò per l’azione di Roma nel Mediterraneo, che, per quanto
tacite e ben lungi dal polverone di polemiche scatenatosi dopo
l’episodio di Sigonella, consistettero in una sconfitta parziale
delle tesi andreottiana ed uno spostamento del baricentro della condotta della diplomazia italiana su posizioni più affini all’atlantismo propugnato dal Ministro della Difesa Spadolini 94.
Inoltre, l’episodio di Sigonella «parve dar ragione a coloro che,
fra le forze politiche e all’estero, attribuivano ben poco peso al
ruolo di mediazione del nostro Paese» 9.
MaltatraItaliaeLibia
l’isola di Malta, divenuta indipendente dal dominio britannico
nel 964, consisteva in un importante tassello per gli interessi geopolitici dell’Alleanza Atlantica nel cosiddetto “fianco sud” e, più
in particolare, per la sicurezza nazionale dell’Italia, essendo questa
separata dalla Sicilia da un braccio di mare di appena un centinaio
di chilometri. Nel 980 Roma e la Valletta siglarono un accordo che garantiva lo status di neutralità dell’isola in cambio di aiuti
economici e due missioni permanenti di cooperazione tecnico-militare: «nessun altro Stato europeo, pur prendendo nota con simpatia della garanzia, non ritenne dovervi o potervi aderire, lasciando
94
CapitoloQuarto
l’Italia sola nel tentativo di recuperare Malta ad uno schieramento
occidentale»96. Nel 98 un accordo del Governo maltese, guidato
dal laburista Dom Mintoff, con la Repubblica libica metteva però
a repentaglio il progetto italiano di fare dell’isola un Paese, se non
proprio atlantico, quantomeno non ostile.
Durante il Governo Craxi i rapporti con Malta subirono un’iniziale crepa. Al blocco delle importazioni provenienti dall’Italia,
deciso dal Governo maltese a causa del forte disavanzo della bilancia dell’interscambio commerciale tra i due Paesi, si aggiunse la
mancata ratifica, da parte del Parlamento italiano, del protocollo
che prevedeva la concessione di aiuti per un totale di 4 milioni
di dollari, a causa delle scarse informazioni che la Valletta forniva sulle finalità per cui sarebbe stata impegnata questa cifra97.
Mintoff rispose allora con la “carta libica”, accettando di stringere con Gheddafi vantaggiosi (per Malta) accordi commerciali 98 e,
cosa che allarmò più di tutto la Farnesina, accordi di cooperazione militare. «Malta e libia avevano rotto con l’Italia per stringere
tra loro un patto di ferro per una parte economico e per una gran
parte militare»99. Nel gennaio 98 le dimissioni di Mintoff portarono alla guida del Paese Karmenu Bonnici: probabilmente per
una personalità di quest’ultimo ben meno carismatica di quella
del predecessore, «il ruolo di Malta si modificò profondamente,
ritornando ad un profilo più realistico»00. Ad una volontà di normalizzazione non fece capo però un abbandonò dei canali diplomatici preferenziali con Unione Sovietica e libia, né tantomeno
una chiara presa di posizione durante la “Crisi della Sirte”.
Nell’autunno 986 gli accordi sulla neutralità maltese venivano infine nuovamente ripristinati: sulla falsariga del trattato del
980, l’Italia si impegnava unilateralmente a difendere la neutralità dell’Isola in cambio di un piano quinquennale di aiuti economici, ma stavolta ad opporsi era Andreotti, solo qualche anno
prima un convinto assertore della “neutralità ad ogni costo” dell’Isola: il Ministro degli esteri, probabilmente a causa dei poco
graditi precedenti, riteneva insufficienti le garanzie politiche che
mostrava la Valletta 0.
9
LapoliticaesteradiCraxi
La vicenda maltese è emblematica della conflittualità di interessi che regnava all’interno della politica mediterranea (o delle
politiche mediterranee) del Governo: essa fu caratterizzata dalla
disperata ricerca di un equilibrio tra la vocazione euro-atlantica
(ricondurre Malta all’interno del blocco occidentale), le esigenze
economiche0 e gli sforzi di acquisire un rango di “media potenza” in una Regione nel quale diversi avventurismi politici, non
ultimo quello di Dom Mintoff, rendevano vana la prosecuzione
di una qualsiasi linea di condotta coerente03.
96
Capitolo Quinto
Il Governo Craxi e il Terzo Mondo
Il NUoVo PRoTAGoNISMo TeRzoMoNDISTA
n campo d’azione non secondario di quel “profilo emergente” che il Governo Craxi intendeva costruirsi nelle
relazioni internazionali consisteva nella politica degli
aiuti ai Paesi in Via di Sviluppo (PVS).
Il tema della cooperazione allo sviluppo assunse sempre maggiore
importanza tra le segreterie di partito quanto più esso veniva posto
all’attenzione dell’opinione pubblica dai mezzi di comunicazione, grazie soprattutto all’interesse di varie associazioni, laiche e cattoliche, ed
alla mobilitazione di cui si fece promotore il Partito Radicale. Il primo
passo importante fu l’istituzione, con la legge n. 38 del 979, di un
“Fondo speciale per la cooperazione allo sviluppo” amministrato da
un nuovo ufficio creato ad hoc, il “Dipartimento per la cooperazione
allo sviluppo”, dotato di ampia discrezionalità nella propria amministrazione e nella erogazione di fondi. Gli effetti della legge suddetta
non furono nell’immediato percettibili: essa non determinò, almeno
nel primo biennio successivo alla sua approvazione, «un mutamento
degli indirizzi sostanziali della cooperazione italiana», in quanto questi
restavano stagnanti ad un livello piuttosto basso, ed inadeguato, le risorse sia economiche che in termini di personale qualificato.
la scelta di aumentare i fondi stanziati per gli aiuti ai Paesi in
Via di Sviluppo fu mossa dal Primo Governo Spadolini: nel piano
triennale della cooperazione italiana allo sviluppo (che ricopriva gli
anni dal 98 al 983): la nuova programmazione, che sanciva un
onere di 4700 miliardi di lire, era finalizzatainprimisa coprire le crisi
economiche dovute alle calamità naturali ed alle devastazioni causate
dalle guerre civili nel continente africano. I propositi vennero però
presto ostacolati da vari intoppi di natura burocratica ed ammini-
U
97
LapoliticaesteradiCraxi
strativa causati dalla scarsa esperienza in materia. Non si arrivò, di
conseguenza, nel periodo considerato a spendere più della metà del
denaro stanziato3, che, nella carta, faceva dell’Italia uno dei maggiori
donatori in relazione alla percentuale di denaro devoluto agli aiuti in
rapporto al PIl proprio mentre gli altri Paesi dell’oSCe ridimensionavano la portata dei fondi stanziati per la cooperazione4.
Per far fronte alla grave siccità che interessò la regione limitrofa al
deserto del Sahara, il Sahel, il Governo italiano dirottò, per intercessione del Ministro degli esteri emilio Colombo, una parte dei fondi
stanziati per gli aiuti ai Paesi direttamente colpiti da questa avversità
metereologica, rivelatasi presto di gravi proporzioni. Al lato umanitario
dell’intervento, se ne affiancò uno “politico”. Il Governo di Spadolini
prima, quello di Craxi poi, volevano evitare che nella zona si creasse un
terreno fertile per l’espandersi della influenza di Gheddafi: influenza
che il leader libico era disposto, come era chiaro con l’esempio del
Ciad, ad espandere anche con l’utilizzo delle proprie truppe.
Dal punto di vista politico, il rinato interessamento per il Continente africano produsse un incremento dei rapporti bilaterali non solo con
le aree di interesse tradizionali per l’Italia (la regione etiopica e somala),
ma anche con gli Stati di recente indipendenza dell’Africa Australe.
Negli anni dei Governi a guida repubblicana la Farnesina strinse contatti diplomatici con diversi Paesi appartenenti all’emisfero australe del
Continente, ma, per quanto mal digerisse le incursioni di bombardieri
sudafricani sulle excolonie portoghesi della Regione (Angola e Mozambico) e l’occupazione manumilitari della Namibia da parte delle truppe
di Pretoria, preferì astenersi dall’esprimere una forte presa di posizione
contraria agli interventi armati da parte del Governo sudafricano6.
IlGovernoCraxielacooperazioneallosviluppo
Il rinnovato interesse nella materia degli aiuti ai Paesi in Via di Sviluppo può essere ricondotta alla storica “tendenza reattiva” della politica estera italiana7: il tasso di partecipazione venne sostenuto con vigore
dalla classe politica solo in seguito alla campagna di “lotta alla fame
nel mondo” portata avanti da membri, sostenitori e simpatizzanti del
partito radicale. Un ruolo “reattivo” agli eventi lo ebbero in particolare
98
CapitoloQuinto
la Democrazia Cristiana ed il Partito Socialista, i quali non esitarono
a cogliere le opportunità di allargare il proprio bacino di consensi facendo proprio un tema così sensibilizzante l’opinione pubblica8. Non
rimase fuori dal dibattito sul nuovo modello di “cooperazione allo sviluppo” il Partito Comunista Italiano: come per le relazioni con l’area
mediorientale, il pensiero cattolico e quello di derivazione marxista trovarono un punto d’incontro nel terzomondismo. Negli ultimi scampoli
del Secondo Governo Spadolini, Bettino Craxi bollò la proposta di una
nuova legge sugli aiuti come «demagogica»9: chiara dimostrazione che
voleva fare della “lotta alla fame” una esclusiva di quel Governo della
cui guida era ormai sicura, o quasi, che fosse toccata a lui.
la direzione di Via del Corso era particolarmente motivata ad
entrare nel contesto della “cooperazione”: in esso risiedeva infatti la
possibilità di aumentare la propria influenza nel Ministero degli Affari
esteri, vecchio feudo dello “Scudo Crociato” (l’ultimo Ministro degli
esteri non DC era stato Pietro Nenni, con una breve parentesi alla Farnesina nel primo governo Rumor, ben venticinque anni prima) e di «legittimare la propria immagine di partito dinamico in politica estera»0.
Attenendosi al quadro delle relazioni internazionali, l’Italia aveva parecchio da guadagnare da una politica efficace di aiuti ai Paesi
in Via di Sviluppo: dal punto di vista strettamente economico, dal
coordinamento nella costruzione di una policy governativa di risanamento monetario e di sviluppo economico-industriale con progetti
a medio-lungo termine ne sarebbe derivato un aumento della domanda di importazioni (dunque di prodotti anche italiani) da parte
dei Paesi “aiutati”; dal punto di vista politico, Roma aveva davanti a
sé l’opportunità di guadagnarsi da sé il rango da “media potenza” se
fosse riuscita ad assumere un ruolo di «partner capace di pilotare la
fuoruscita dall’orbita sovietica di quei Paesi in maniera indolore».
Laleggedel1985edilFAI
Nel secondo semestre del 984 il dibattito si focalizzò sulla riforma delle strutture statali incaricati della gestione dei fondi stanziati
per gli aiuti ai Paesi in Via di Sviluppo e per la “Cooperazione allo
Sviluppo”. Già nei primi giorni dell’autunno 984 fu presentato alla
99
LapoliticaesteradiCraxi
camera un progetto mirante a creare una struttura “alternativa” al
Dipartimento per la Cooperazione e lo Sviluppo. Nel documento, il
quale recava la firma di oltre 150 parlamentari di più partiti, si accusava il dipartimento di inefficienza, dispersione dei fondi, ritardo negli
aiuti di emergenza e «generosità interessata»3. Quella “lottizzazione”
da parte dei Partiti che stava subendo la Farnesina4 non risparmiava
nemmeno gli uffici incaricati della “lotta alla fame” nel sud del mondo: diversi esponenti del Partito Radicale e delle formazioni laiche
minori nutrivano parecchie riserve sulla nomina di un socialista o di
un democristiano al ruolo di “Commissario straordinario”. lo stanziamento, si fece notare inoltre, avrebbe reso più complicato l’adattamento della bilancia dei pagamenti statale in seguito al “Decreto
Visentini” sul drenaggio fiscale.
Nel marzo 98 veniva approvata la legge n. 73, che istituiva un
fondo di 900 miliardi (con un tempo determinato per la spesa di 8
mesi) e veniva designata una nuova struttura per la gestione di questa
somma, il Fondo Aiuti Italiani (FAI), di cui fu nominato responsabile il
socialista Francesco Forte, sottosegretario agli affari esteri. Una nuova
istituzione ad hoc più agile e tempestiva, nelle intenzioni dei suoi patrocinatori, che non sostituiva il “Dipartimento per la Cooperazione e
lo Sviluppo” nato con la legge n. 38 del ’79, ma aveva però il potere
di “scavalcarlo” per quanto concerneva gli interventi di emergenza:
rispetto a questa possibilità le decisioni prese in sede FAI potevano
godere, in virtù dell’ampio potere discrezionale di cui godeva il sottosegretario delegato, di un iter per larga parte libero da controlli. Allo
stato teorico, ne deriva una visione della politica dell’intervento nel
Terzo Mondo come branca della politica estera, e quindi come naturale
campo di responsabilità del Ministero degli esteri6.
Perché si ottimizzasse l’efficacia distributiva, furono impresse
nuove direttive per guidare l’erogazione di queste nuove ed ingenti somme di aiuti: innanzitutto il nuovo organismo dava la priorità
«all’autosviluppo ed alla valorizzazione delle risorse locali»7, ponendo un freno agli interventi “a pioggia” che prevedevano la divisione
della somma da devolvere tra i Paesi ritenuti bisognosi di donazioni e focalizzando piuttosto l’attenzione su una o più aree attraverso
00
CapitoloQuinto
country-programmes, programmi specifici per ogni Paese, per mezzo dei
quali si sarebbe dovuto «inquadrare e coordinare gli interventi su
base pluriennale»8. Finito il mandato, 8 mesi più una proroga di
altri 6 mesi senza però un nuovo finanziamento, una nuova legge,
la n. 49 del febbraio 987, accorpava il FAI e la Direzione generale
del DCS. Alla base di questa decisione vi fu il ripetersi costante delle
polemiche inerenti alla distribuzione delle competenze e l’interpretazione estensiva che i responsabili del FAI attribuivano al carattere di
“straordinarietà” degli interventi9.
Il CoRNo D’AFRICA
TraEtiopiaeSomalia
l’ex-possedimento coloniale italiano dell’Africa orientale fu teatro, per tutti gli anni ottanta, di un susseguirsi di brevi ma intensi
conflitti militari lungo le frontiere etiopico-somale (soprattutto nella poverissima regione dell’ogaden, sotto la sovranità territoriale di
Addis Abeba ma abitata prevalentemente da popolazioni di etnia somala), frammezzati da altrettanto brevi periodi di fragile tregua.
Guardando al Corno d’Africa, il Governo Craxi fresco di investitura si trovava in una posizione molto delicata, a cavallo tra le simpatie del nuovo Presidente del Consiglio verso Mogadiscio e l’etiopia,
Paese che ospitava una nutrita minoranza cattolica copta, destinataria
di attenzioni da parte di Piazza del Gesù, e Paese per il quale i due
precedenti Ministri degli esteri DC ebbero, più volte, mostrato particolare interesse0. Nei rapporti bilaterali con Addis Abeba, in particolare di fronte alle rivendicazioni del Fronte eritreo, l’ambiguità
italiana sfiorava il paradosso: l’Italia concedeva sì asilo politico ai fuorusciti indipendentisti, ma nel frattempo non premeva politicamente
su Addis Abeba per una soluzione incruenta della questione.
Il leader del PSI aveva mostrato di preferire i legami diplomatici
con il regime di Siad Barre già dai primissimi anni ottanta, in piena
campagna per la “Lotta alla fame nel mondo”. La visita ufficiale del
Ministro degli Esteri Colombo in Etiopia, definita addirittura «storica»
dal dittatore etiope, il Colonnello Hailé Mariam Menghistu3, fu aspra-
0
LapoliticaesteradiCraxi
mente criticata da Bettino Craxi: «Io non so cosa sia andato a fare in
etiopia il Ministro Colombo, spero che abbia fatto qualcosa di buono,
ma avrei preferito che fosse andato a Mogadiscio per portare l’amicizia
dell’Italia»4. l’inversione di tendenza con l’insediamento di un Governo a guida socialista, orientato a imprimere ai rapporti con i Paesi della
Regione abissina la propria preferenza verso il Governo del “socialista” Barre, non precluse completamente i rapporti con Addis Abeba,
in quanto bilanciato da una corrente interna alla foreign-policycommunity
che sosteneva l’equidistanza, come lo stesso ministro Andreotti ed il
responsabile, democristiano, della Direzione per la Cooperazione allo
Sviluppo, Ferdinando Salleo. Anche l’eccessivo sbilanciamento della
politica degli aiuti verso la Somalia spinse il FAI ed il DCS ad intervenire in Etiopia finanziando programmi ed investendo nella costruzione
di grandi infrastrutture, spesso ignorando i moniti sui pericoli di insolvenza nei pagamenti da parte del regime del “negus rosso”6.
Nel giugno 984 il sottosegretario agli esteri Mario Raffaelli, socialista, siglò un’intesa con il regime di Menghistu riguardante l’aumento del volume delle donazioni ed un finanziamento agevolato da
parte dell’Italia di 0 milioni di Dollari USA: il suddetto accordo
venne presentato come un’apertura etiopica verso l’occidente7.
L’influenza politica nell’area, sospinta dalle generose elargizioni,
di cui faceva sfoggio il Governo non si dimostrò tuttavia sufficiente
ad arrestare la spirale di violenza che coinvolgeva eserciti governativi,
formazioni guerrigliere e gruppi armati di integralisti islamici. I tentativi di mediazione di Andreotti tra l’etiopia ed il Sudan, appoggio
logistico, finanziario e politico dei ribelli eritrei furono abbandonati
quando si evinse che l’intercessione di Roma non sarebbe riuscita a
«sgombrare il terreno dai reciproci sospetti»8. Un esito simile ebbe
anche il progetto di dar vita ad un vero e proprio trattato di pace tra
etiopia e Somalia. Nel gennaio 986 la Farnesina riuscì ad organizzare un incontro tra Siad Barre e Menghistu: quest’ultimo era piuttosto
diffidente dell’interventismo italiano in seguito alla visita ufficiale di
Craxi a Mogadiscio dell’autunno precedente. Nel breve comunicato
finale, reso pubblico dopo due giorni di incontri, si annunciava che
erano state create «le condizioni necessarie per la normalizzazione
0
CapitoloQuinto
dei rapporti somalo-etiopici»9: ben presto il riesplodere dei conflitti
lungo l’ogaden avrebbe dimostrato l’infondatezza di tali “condizioni”, ma, dal punto di vista strettamente “diplomatico”, a prescindere
dai risultati concreti, il titolare della Farnesina poté dare una ulteriore
prova della propria capacità di trattare, e di farsi ascoltare, con i Regimi socialisti che facevano capo a Mosca30.
IlPSIedilCasosomalo
Nel lasso di tempo intercorso tra l’estate 983 ed il primo trimestre dell’87, dunque nel periodo dei Governi Craxi, il 3% di tutti
gli aiuti convogliati in Somalia venivano finanziati da Roma. Politici,
finanziari ed industriali, di cui una larga parte vicini al PSI, si accordavano per il finanziamento di programmi per lo sviluppo del Paese
con esponenti della famiglia di Siad Barre o uomini d’affari vicini a
questo3, contribuendo a gettare le basi di una rete clientelare tra l’Italia e la sua vecchia colonia sul modello di quanto veniva fatto dalla
Francia nei suoi ex-possedimenti3.
l’infatuazione dei socialisti per il Paese Somalo ha radici nella
fine degli anni Settanta: periodo in cui l’invasione dell’Ogaden da
parte di Siad Barre portò imbarazzo presso i Paesi occidentali amici
del regime di Mogadiscio. Un vero e proprio pericolo di isolamento
internazionale fu evitato solo dal fatto che la “parte offesa” di questa
campagna bellica godeva degli appoggi sovietici.
Il nuovo attivismo del Garofano nacque prevalentemente per
«riempire il vuoto lasciato dal PCI»33, dopo che l’aggrovigliarsi della
situazione suggerì alla direzione degli Affari esteri di Botteghe
Oscure, di abbandonare ogni velleità di influenza nella Regione, onde
non complicare né i rapporti con Mosca, né, cosa ancor più necessaria in tempi di “Solidarietà nazionale”, con la Democrazia Cristiana.
Un primo passo di questo avvicinamento tra il Partito Socialista
della Rivoluzione Somalo ed il Partito Socialista Italiano fu l’istituzione della Camera di Commercio Italo-Somala, di cui fu fondatore
e Presidente il cognato del leader socialista, Paolo Pillitteri. Bettino
Craxi aspirava a fornire ai somali un immagine “forte” del PSI, l’unica forza politica italiana su cui gli africani potevano contare34: l’istitu-
03
LapoliticaesteradiCraxi
zione della Camera fu un ottimo strumento per allargare l’influenza
politica, ma soprattutto, in tempi in cui i gruppi di interesse del settore industriale nazionale cominciavano anch’essi a premere per un
aumento delle risorse per la cooperazione allo sviluppo3, al fine di
estendere detta influenza al campo economicofinanziario.
Nel 98, il Ministro della Difesa del Governo Spadolini, il socialista lelio lagorio, si recava in visita a Mogadiscio, accogliendo
l’invito di Barre a presiedere alla parata delle forze armate per l’anniversario della “Rivoluzione socialista” guidata dal Dittatore nel
969. la parata coincise con l’invio di cento carri armati, obsoleti ma
perfettamente “operativi”, da parte di Roma, come “donazione” alla
Repubblica del Corno d’Africa36.
Nel gennaio 983 fu Craxi, in veste di segretario del PSI, a rendere visita al leader somalo. Visita che Barre ricambiò nell’ottobre
dello stesso anno, una volta insediatosi il Governo a guida socialista.
Da Palazzo Chigi si ribatté l’impegno atto ad arginare l’influenza di
Mosca nell’Africa orientale e si confermarono gli ottimi legami di
amicizia, nonostante le manifestazioni pubbliche di protesta, indette
dai radicali, contro il leader somalo accusato di usare la carcerazione
arbitraria e processi manipolati contro i suoi oppositori politici37.
Solo nell’autunno 984 si susseguirono a Mogadiscio le visite ufficiali del vice-Premier Arnaldo Forlani, di Pillitteri e del Ministro
degli Interni DC oscar luigi Scalfaro. I rapporti italo-somali erano
caratterizzati da una corsa all’accreditamento che vedeva coinvolte
personalità del mondo politico ed industriale, finanche membri del
Governo: «a volte è sembrato che i contatti tra partito e partito si
sovrapponessero a quelli tra Governo e Governo»38.
la creazione del FAI, presto trasformato in «una sorta di monopolio socialista»39, aumentò a dismisura la quantità degli aiuti alla Somalia,
senza peraltro modificarne la “qualità”, o quantomeno l’efficacia. Vi fu
una «triplicazione immediata, quanto improvvisata, degli stanziamenti»40, ma fu un aumento teso a finanziare costosi progetti di costruzione
di infrastrutture destinate a rimanere inutilizzate, incomplete o semplicemente superflue4. Gli accordi sulle forniture militari, tassativamente
esclusa dalle leggi sulla Cooperazione allo Sviluppo, erano lasciati al
04
CapitoloQuinto
campo dei rapporti bilaterali. Nonostante un ridimensionamento subito a seguito di polemiche interne, questi si mantennero ad un buon
livello per tutto il periodo del Governo Craxi4.
I compiti di stesura dei progetti del FAI venivano spesso assegnati ad esperti di dubbia reputazione, oppure a personaggi dediti
ad attività che mal si conciliano con la lotta alla fame43: nel nuovo
organismo più che le nomine su base meritocratica contò maggiormente il «dosaggio in base alla provenienza partitica»44. Alla fine del
decennio il Fondo, o meglio la gestione che a questo aveva dato il
sottosegretario Forte, fu oggetto di inchiesta in diverse procure di
Italia. «Si sosteneva che la maggior parte dei progetti appariva completamente estranea agli scopi assegnati al FAI dalla legge»4, che diverse società appaltatrici convogliassero verso altre società del PSI
le percentuali ricevute per operazioni finanziarie nel terzo mondo,
e, da un’inchiesta degli ultimi anni Novanta, che diverse imprese che
godevano dei finanziamenti si dedicarono invece al sotterramento di
rifiuti radioattivi altamente tossici46.
le aspre critiche si intrecciavano con le polemiche riguardanti la
natura sanguinaria del regime somalo, dapprima portate avanti solo
dai Radicali, divenute gradualmente issues trattate da quotidiani e settimanali di opinione47.
“FRoNTI MINoRI” DellA CooPeRAzIoNe Allo SVIlUPPo
AmericaLatinaesolidarietàpolitica
I rapporti dell’Italia con i Paesi dell’America latina si sono mantenuti sempre su un buon livello, soprattutto, come da politica estera
“tradizionale”, con i Paesi con il più alto tasso di presenza di oriundi
italiani: l’Argentina, il Brasile ed il Venezuela. Notevoli sono stati
anche, a partire dalla fine degli anni Settanta, gli sforzi italiani in sede
Cee per la dilazione del debito dei Paesi sudamericani; l’interesse
delle aziende private italiane, alcune già operanti da tempo in America latina, fu ancor di più incentivato dalla possibilità di sfruttare i
fondi che lo Stato assegnava per i progetti di “Cooperazione dello
Sviluppo”. Purtroppo, così come accadde nel Corno d’Africa, sep-
0
LapoliticaesteradiCraxi
pur in misura minore, alcune operazioni compiute nel “cono” dell’emisfero australe americano finirono nel mirino della magistratura,
la quale risalì ad episodi relativi a «tangenti versate dai consorzi di
industrie italiane che avevano lavorato facendosi pagare con i soldi
della cooperazione»48. Dal punto di vista politico, la solidarietà verso
gli esuli ed i dissidenti dei Paesi sotto la dittatura militare vide la convivenza, o addirittura la competizione, tra la Direzione degli Affari
esteri sia della DC che del PSI49.
la dissociazione dalle sanzioni economiche contro la dittatura militare che vigeva in Argentina durante la guerra delle Falkland fu una scelta
che vide un (quasi) unanime consenso da parte delle forze partitiche, e
che fu sostenuta fortemente dalla Democrazia Cristiana, timorosa di deteriorare i legami con i movimenti cattolici moderati iberoamericani0.
Durante i Governi a guida socialista i rapporti politici italoargentini furono fiorenti: il Presidente argentino Raul Alfonsìn considerava l’amicizia con l’Italia una fonte non secondaria di legittimazione
presso la propria opinione pubblica interna, dato che almeno la metà
del popolo argentino discendeva da una famiglia italiana. A Buenos
Aires si recò in visita ufficiale, nel febbraio 1985 il Presidente Pertini,
ammirato dai movimenti per i diritti civili e dai loro simpatizzanti per
le sue invettive contro il regime militare di Videla ed acclamato con
maestose manifestazioni dalla comunità italiana.
le relazioni tra l’Italia ed il Brasile fresco di ritorno alla democrazia,
nel 98, furono “trainate” soprattutto dagli interessi dei grandi industriali, corteggiati dal Governo di Rio a causa dei loro investimenti in
settori importanti come quello automobilistico e petrolchimico.
Il Venezuela venne “ripescato” come partner commerciale di rilevante priorità in seguito alla crisi petrolifera del 9793, e di lì tenuto
in considerazione dalle autorità italiane per tutti gli anni ottanta, visto anche le buone condizioni di investimenti che il Paese presentava (stabilità politica e monetaria) per le industrie italiane. I rapporti
commerciali con Caracas erano anche contrassegnati dall’alto volume di esportazione di armi verso il Paese Sudamericano, il secondo
acquirente (dietro la libia) in termini assoluti per tutta la prima metà
del decennio4.
06
CapitoloQuinto
«la cooperazione italiana in Perù, è stata una tra le principali fonti internazionali di aiuto allo sviluppo del paese durante gli anni ottanta».
Durante il Governo Craxi le relazioni tra Roma e lima furono
caratterizzate dalla piena concordia che il Presidente peruviano Alan
Garcia fornì alle iniziative italiane in sede FAo, ossia alla proposta,
presentata al consesso mondiale dallo stesso Craxi, di creare un “Patto Mondiale della Sicurezza Alimentare”6.
L’Asiaedilsubcontinenteindiano
la nuova politica sancita dal libro Bianco sulla cooperazione allo
sviluppo del 98 si schierava a favore di interventi del Dipartimento
per la Cooperazione allo Sviluppo atti a favorire la crescita « dei Paesi più vitali dell’America latina e del Sud-est asiatico»7: al periodo
Governo Craxi risale infatti il rifiorire degli accordi economici e di
commesse tra Roma e le “tigri” asiatiche, come Malesia e Filippine.
Con la Cina si ebbe invece una «politica di avvicinamento a piccoli
passi»8, finalizzata a dare un’adeguata “copertura politica” all’ottimo
rapporto di interscambio finanziario tra i due Paesi. Alla visita di Francesco Cossiga (in veste di Presidente del Senato) nel settembre 984, si
annoverano anche quelle del Ministro per il Commercio estero, il socialista Nicola Capria, e di quello del lavoro De Michelis. La visita ufficiale
a Roma del segretario del Partito Comunista Cinese Hu Yaobang9 fu
ricambiata dal viaggio ufficiale a Pechino di Craxi ed Andreotti: visita
però condizionata dal fatto che il Secondo Governo Craxi, in virtù del
“patto della staffetta”, si trovava ormai agli sgoccioli60.
Il successore di Indira Gandhi, brutalmente assassinata nell’ottobre
1984, fu il figlio, Rajv Gandhi, sposato con l’italiana Sonia Maino: ciò
feci sì che «almeno agli occhi dell’opinione pubblica, le tradizionalmente corrette relazioni tra Italia e India fossero migliorate»6. Alla base
dei rapporti, v’era di fondo la questione della “amicizia” indiana con i
sovietici: nonostante il dichiarato “non allineamento” di Nuova Delhi,
l’URSS garantiva la gran parte delle forniture militari indiane.
07
LapoliticaesteradiCraxi
08
NoTe e BIBlIoGRAFIA
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LapoliticaesteradiCraxi
0
NOTE
NoTe All’INTRoDUzIoNe
I risultati delle elezioni per la Camera dei Deputati del 983 sono i
seguenti: la DC conseguì il 3,93%; il PCI 9,89%; il PSI ,44%; il
MSI-DN 6,8%; il PRI ,08%, il PSDI 4,09%; il PlI ,89%; il Partito Radicale ,9%; Democrazia Proletaria ,47%; altri il 3,%. I
risultati sono consultabili su it.wikipedia.org
Ciofi P., Ottaviano F., IlfattoreCraxi:dallaprimaelezioneasegretarioagli
annidiCossiga, Datanews, Roma, 99, pag. 63
3
Cfr. Ciuffoletti z., Degl’innocenti M., Sabbatucci G., StoriadelPSI vol.
III. Dal dopoguerra ad oggi, laterza, Roma-Bari, 993, pag. 4
4
Cfr. Colarizi S., Gervasoni M., Lacrunadell’ago.Craxi,ilpartitosocialistaelacrisidellaRepubblica, laterza, Roma-Bari, 00, pag. 8
IVentiannidiBettinoCraxi, «Il sole 4 ore», 9 Gennaio 000
6
Andreotti G., InmortediBettino, «30 Giorni», n. , Gennaio 000
7
Perfetti F.,Ilpragmatismocomeforzaelimite, «Ideazione», n., 000
8
Guizzi V., Craxi’sItaly,«Governmentandopposition», n. 98
9
Craxi B., «Nell’interessedellaNazione», dichiarazioni programmatiche
alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto
983. Consultabile al sito www.fondazionecraxi.org
0
Cecchini l., Ilpalazzodeiveleni:cronacalitigiosadelpentapartito,19811987, Rubbettino, Soveria Mannelli, 987, pag. 38
Merkel W., ItaliabajoCraxi:¿UnaRepúblicacongobierno?, «Revista de
estudios políticos», n.9, Marzo 988
Craveri P., IlPSIdeglianni’80elalezionediBettinoCraxi, «Critica
Sociale», n./00
3
Cafagna l., Lagrandeillusione, «Ideazione», n., 000
4
Romero F., StoriainternazionaledelNovecento, Carrocci, Roma, 00, pag.99
Formigoni G., Storiadellapoliticainternazionalenell’etàcontemporanea,
8-99, Il Mulino, Bologna, 00, pag., 490
6
Reagan, già dal suo primo mandato, consacrò alle spese militari
percentuali sempre maggiori del PIl statunitense.
LapoliticaesteradiCraxi
7
Il regime di Reza Pahlevi era un “bastione” della presenza strategica americana nell’area
8
Di Nolfo e., Storiadellerelazioniinternazionali1918-1999, laterza,
Roma-Bari, 000
9
Sebbene è Reagan che diventa il cold warrior per eccellenza, «fu
Carter il primo ad adottare una Confrontational Stance, (una presa
di posizione orientata allo scontro) », Young J.W., Kent J., International
relationssince1945,aglobalhistory, Oxford Press, New York, 2004
0
olivi B., L’Europa difficile, Mulino, Bologna, 00, pag.0
I nuovi governi marxisti di Angola, Guinea-Bissau e Mozambico,
nati dalle ceneri del vecchio impero portoghese, fronteggiavano
un’ampia schiera di ribelli e paramilitari. la guerriglia degli antisegregazionisti in Rhodesia sferrava in questi anni il colpo finale
(la tregua arriverà nel 980). Il corno d’Africa era da anni teatro di
scontri tra truppe etiopiche e somale. Cfr. Formigoni G., Storiadella
politicainternazionalenell’etàcontemporanea,1815-1992, cit., pag. 479
In poco più di due mesi di combattimenti l’esercito britannico costringerà l’esercito argentino ad una disastrosa ritirata.
3
Romero F., StoriainternazionaledelNovecento, cit., pag.00
4
Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, laterza, Roma-Bari, 996, pag.
RitornodalLibano, C. Merzagora, «Corriere della Sera», 4 febbraio 984
6
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit., pag. 37
7
Dalla totalità dei colonnelli del partito, ad eccezione di Armando Cossutta
8
Cfr. Pons S., Il socialismo europeo, la sinistra italiana e la crisi del
comunismo, in Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G. (a
cura di), Gli anni ottanta come storia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 004, pag. 7
9
Il consenso è comunque mitigato dalla ferma opposizione dei comunisti allo spiegamento degli euromissili a Comiso
30
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit,. pag. 3
3
Cfr. Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, in Cotta
M. e Isernia P. (a cura di), Ilgigantedaipiedidiargilla, Il mulino, Bologna, 996, pag. 8
3
Cfr. Coralluzzo W., Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:
Note
modellodianalisiestudiodeicasi, Franco Angeli, Milano, 000, pag. 3
Cfr. Santoro C.M., La politica estera di una media potenza, Mulino,
Bologna, 99, pag. 73
34
Cfr. Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politica
italiana, Politica internazionale, n., Gennaio 98, pag.
3
Cfr. Romeo S., Lapoliticaesteraitaliananell’eraAndreotti(1972-1992),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 000, pag. 9
36
ostellino P., ColloquioconilministrodegliesteriAndreotti, «Relazioni
Internazionali», N. 4, Aprile 988, citato in Romeo, cit., pag. 30
37
Craxi B., Nell’interessedellaNazione, cit.
38
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Rizzoli, Milano, 993,
pag. 97
39
lagorio l., La spedizione militare in Libano 1982-1984, in «Rivista
Marittima», autunno 003. Consultabile alla pagina web www.leliolagorio.it
40
Cfr. Santoro C.M., L’ItaliaeilMediterraneo,questionidipoliticaestera,
Franco Angeli, Milano, 988, pag. 0
4
Cfr. Imieisecondicinquant’anni:intervistaaBettinoCraxi. Di A. Statera,
«epoca», novembre 987
4
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamediapotenza, «Politica internazionale», n.8-9, Agosto-Settembre 986, pag. 4
43
Cfr. Vasconi l., LapoliticaesteradiCraxiequelladiAndreotti, «Mondoperaio», n. 4, Aprile 98, pag. 64
44
MaAndreottidachepartesta? Di Giancesare Flesca, «l’espresso» n.
8 del 6 maggio 984
4
Cfr. Petracchi, intervento in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaestera
italiananeglianniOttanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pag. 307
46
Cfr. Romano S., Gliinteressinazionalidell’Italia, «Ideazione», n. 6, 00
47
Bonvicini G., Ilimitidellapoliticaesteraitaliana,«Il Mulino», n. 6, Giugno 00, pag. 064
48
Cfr. AnchequelloèMareNostrum. Di Giancesare Flesca. «l’espresso» settembre 984
49
Perfetti F., Ilpragmatismocomeforzaelimite, «Ideazione», n., 000
0
Cfr. lagorio l., AnniOttanta:Imutamentidipoliticaesteraelasvoltadi
politicamilitare, Convegno internazionale di Studi “Bettino Craxi, il
33
3
LapoliticaesteradiCraxi
socialismo europeo e il sistema internazionale”, 9 Gennaio 00,
consultabile alla pagina web www.leliolagorio.it
Cfr. Craxi B., Nell’interessedellaNazione, cit.
Nuti l., Theroleof theUSinItaly’sforeignpolicy, «International Spectator», n. Gennaio 003, pag. 97
3
Quagliariello G., OltreIl‘Terzaforzismo’.Craxielerelazionitransatlantiche(1976-1983), Convegno internazionale di Studi “Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale”, 9 Gennaio
00. Consultabile dal sito www.ventunesimosecolo.org
4
Craxi B., Nell’interessedellanazione, cit.
NoTe Al CAPITolo PRIMo
Ginsborg P., L’Italia del tempo presente, einaudi, Torino, 998,
pag.48
Santoro C.M., Lapoliticaesteradiunamediapotenza, Mulino, Bologna,
99, pag.
3
Coralluzzo W., Lapoliticaeuropeadell’Italia,antichiviziedopinabilivirtù,
«Teoria politica», anno X, n. /994, pag. 06
4
Prova dello scarso interessamento da parte delle forze politiche italiane alle dinamiche comunitarie è l’episodio di cui fu protagonista
Franco Maria Malfatti, il quale nel 97 abbandonò la carica di
Presidente della Commissione delle Comunità europee per dedicarsi alle elezioni legislative in Patria. Cfr. olivi B., L’Europa difficile,
Mulino, Bologna, 00 pag. 34
Telò M., L’Italianelprocessodicostruzioneeuropea, in Barbagallo F. (a cura
di), Storiadell’Italiarepubblicana III, einaudi, Torino, 996, pag. 8
6
Nato dall’avvicinamento dei Partiti Comunisti dell’europa meridionale (Francia, Spagna e Italia), il nuovo progetto eurocomunista
sosteneva una sorta di via nuova al socialismo, dai connotati socialdemocratici e con tratti addirittura liberali (come la difesa del
pluralismo politico), che rendesse questo più adeguato alle trasformazioni in atto nei Paesi occidentali. Cfr. La definizione di Eurocomunismo di Schiavone A. in Cammarano F. e Piretti M.S. (a cura di),
Parolechiavedellastoriacontemporanea, Carocci, Roma, 004 pag. 77
4
Note
7
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Rizzoli, Milano, 993, pag. 96
«l’unità dell’europa non era più un cartello capitalista contro gli
interessi dei lavoratori», Romano S. LaPoliticainternazionaledell’Italia(1976-1979), in AA.VV., IlParlamentoItaliano.Storiaparlamentaree
politicadell’Italia1861-1992, Vol XXII. Nuova CeI, Milano, 993
9
Telò M., L’Italianelprocessodicostruzioneeuropea, cit., pag.
0
Tra l’eterogeneo “schieramento del No” sedevano Paolo Baffi, Governatore della Banca d’Italia, e diversi intellettuali iscritti al Partito
Socialista. Cfr. Isernia P., Bandiera e risorse: la politica estera negli
anni ’80, in Cotta M. e Isernia P. (a cura di), Il gigante dai piedi di
argilla, Il mulino, Bologna, 996, pag.40
Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politica
italiana, «Politica internazionale», n., Gennaio 98
La banda di fluttuazione attorno ai tassi centrali della Lira (± 6%),
più largo rispetto a quello delle altre monete europee (±2,75%),
permetteva alle autorità nazionali una maggiore discrezione per
quanto riguarda gli interventi di svalutazione. Cfr. Fauri F., L’Italia
el’integrazioneeconomicaeuropea, Mulino, Bologna, 00 pag.7
3
Telò M., L’Italianelprocessodicostruzioneeuropea, cit., pag. 3
4
Isernia P. in Cotta M., Isernia P., Verzichelli l. (a cura di), L’Europain
Italia:élite,opinionepubblicaedecisioni. Mulino, Bologna, 00, pag. 6
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Cit., pag. 9
6
Cfr. Coralluzzo W., Lapoliticaeuropeadell’Italia,antichiviziedopinabili
virtù, cit. pag. 6
7
Cfr. Craxi B., Si può, si deve fare, Discorso al Comitato Centrale,
Roma, 9 ottobre 98, disponibile su www.fondazionecraxi.org
8
Romeo S., La politica estera italiana nell’era Andreotti (1972-1992),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 000, pag. 3
9
Discorso di Bettino Craxi alla cerimonia di apertura dei XV Stati generali
dei Comuni d’europa, /04/984 in Craxi B.,L’Italiachecambia.Viaggi
ediscorsidiBettinoCraxi1983-1985, Sugarco, Milano, 988, pag. 7
0
Un esempio chiaro è appunto il Trattato Gensher-Colombo. Cfr.
Coralluzzo W., Lapoliticaeuropeadell’Italia,antichiviziedopinabilivirtù, cit., pag.04
Perfetti F., Ilpragmatismocomeforzaelimite, «Ideazione», n., 000
8
LapoliticaesteradiCraxi
Ciuffolotti z., Degl’Innocenti M., Sabbatucci G., StoriadelPSIIII,
daldopoguerraadoggi, laterza, Roma-Bari, 993, pag. 46
3
Craveri P., Leragionidellapoliticaesteranell’azionepoliticadiBettinoCraxi, Convegno internazionale di Studi “Bettino Craxi, il socialismo
europeo e il sistema internazionale”, 9 Gennaio 00, da www.
ventunesimosecolo.org
4
Secondo Simona Colarizi, l’aver carpito l’esigenza di un rinnovamento radicale risparmiò una sconfitta a Craxi, Mitterand e Gonzales (sconfitta che invece subirono i laburisti inglesi ed i socialdemocratici tedeschi). Cfr. Colarizi S., LatrasformazionedellaLeadership.Il
PSIdiCraxi(1976-1981), in Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G. (a cura di), Glianniottantacomestoria, Rubbettino, Soveria
Mannelli, 004, pag. 39
la CPe di De Gasperi, in quanto basata su di una Assemblea Parlamentare al quale venivano delegate dagli Stati Nazionali i poteri
di controllo sulla CeD, bocciata quest’ultima, sarebbe stata presto
destinata a rientrare nell’elenco delle “buone intenzioni” della storia dell’integrazione europea.
6
Cfr. Romeo S., Lapoliticaesteraitaliananell’eraAndreotti(1972-1992),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 000, pag. 90
7
Cfr. Neri Gualdesi M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di),
L’Italianellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, Franco
Angeli, Milano, 986, pag. 39
8
«L’unificazione europea ha costituito per entrambi [Andreotti e Mitterand] l’unico vero ideale della loro lunga carriera politica», De Cervin R., Mitterand e Andreotti, Iduecardinali, «liberal», vol. /998
9
Il 98 sarà denso di eventi drammatici per le istituzioni. Citando
solo i più drammatici: il sequestro Cirillo, l’attentato a Giovanni
Paolo II, la scoperta delle liste segrete degli iscritti alla loggia P,
l’arresto del Presidente del Banco Ambrosiano Roberto Calvi, l’aumento vertiginoso dell’inflazione al 21,7%
30
In estrema sintesi, il progetto ambiva a: un rafforzamento della cooperazione politica; nuovi canali di collaborazione tra i Governi per
quanto concerne le attività giudiziarie di competenza della Comunità;
maggiori poteri legislativi al Parlamento europeo; il riconoscimento
6
Note
formale del Consiglio europeo quale guida della Comunità.
Morelli U., Il progetto di Trattato dall’Unione europea all’Atto
Unico, in levi l. e Morelli U. (a cura di), L’unificazione Europea, 50
annidiStoria, Celid, Torino, 999, pag. 8
3
Morelli U., Il progetto di Trattato dall’Unione Europea all’Atto Unico,
cit., pag.8
33
Varsori S., l’Italia e l’integrazione europea: l’occasione perduta?, in
Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G. (a cura di), Glianni
Ottantacomestoria, Rubbettino, Soveria Mannelli, 004, pag. 68
34
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Cit., pag.93
3
Eletto come indipendente tra le file del Partito Comunista Italiano
36
la posizione italiana riguardo al conteggio dei missili francesi ed inglesi
nel negoziato sugli euromissili che si teneva a Ginevra non creava certo la situazione più favorevole ad accordi con un potenziale sostegno
per le iniziative integrazioniste del Governo come François Mitterand.
Cfr. Attali J., VerbatimI1981-1986, Fayard, Paris, 993, pag. 0
37
Soltanto un accordo di massima sulla politica comune della pesca.
38
Allaricercadell’Europa, A.Jacoviello, «Repubblica», Febbraio 984
39
L’EuropainLiquidazione, A.Gambino, «Repubblica», 8 Marzo 984
40
Morelli U., Il progetto di Trattato dall’Unione Europea all’Atto Unico,
cit., pag. 9
4
olivi B., L’Europa difficile, cit., pagg. 48-0
4
Quello “Federalista” è un attributo storicamente inviso all’assemblée nationale: Mitterand sapeva bene di rischiare sottoponendo
alla ratifica del Parlamento un progetto redatto dal fondatore del
Movimento Federalista europeo
43
Cfr. olivi B., L’Europa difficile, cit., pagg. -
44
Così il commento “a caldo” di Arturo Guatelli: «I Capi di Governo
della CEE hanno infatti deciso di affidare l’unione dell’Europa ad
un “comitato speciale”, attivando così un dibattito intergovernativo e ritardando, di conseguenza, l’operazione di ratifica da parte
dei parlamenti nazionali», Mitterand non ha risolto la vera crisi dell’europa, A.Guatelli, «Corriere della sera», luglio 984. Chiaro
in questo senso anche il commento di Pasquinucci: «in realtà Fontainebleu segnò l’inizio dello snaturamento del progetto di unione
3
7
LapoliticaesteradiCraxi
europea». Pasquinucci D., Europeismoedemocrazia:AltieroSpinelliela
sinistraeuropea1950-1986, Mulino, Bologna, 000, pag. 34
4
Cfr. Il commento di Guatelli sul Corriere della sera il giorno dopo il
“passaggio delle consegne” della presidenza di turno tra il governo
francese e quello irlandese: «Non c’è dubbio che nella trattativa con
la signora Thatcher la diplomazia francese sia stata molto abile, facendole accettare una soluzione che non rinnega, come si temeva, la
filosofia comunitaria delle risorse proprie». Mitterandnonharisoltola
crisidellaveraEuropa, A.Guatelli, «Corriere della sera», luglio 984.
46
Cfr. Neri Gualdesi M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, Cit., pag.
47
Cfr. Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politicaitaliana, «Politica internazionale», n., Gennaio 98 , pag. 3.
Quello della “quarta risorsa”, un meccanismo di autofinanziamento della Cee, sarà un punto del primo pacchetto Delors del 987
avallato sin da subito dai Governi più strettamente europeisti (
Germania, Italia ed i Paesi del Benelux).
48
Colto da emorragia cerebrale durante un comizio il 7 Giugno,
muore a Padova 4 giorni dopo.
49
Spinelli in Spinelli A., Paolini e. (a cura di), DiarioEuropeo, vol. 3
976-86, Mulino, Bologna, 99, pag. 06
0
Cfr. Coralluzzo W., Lapoliticaeuropeadell’Italia,antichiviziedopinabili
virtù, cit. pag.
«l’unità dell’europa è un esigenza per la pace nel mondo», Discorso di Bettino Craxi alla cerimonia di apertura dei XV Stati generali
dei Comuni d’europa, /04/984 in Craxi B., L’Italiachecambia.
ViaggiediscorsidiBettinoCraxi1983-1985, cit., pag. 7
Nato con il Patto di Bruxelles del 948, inizialmente comprendeva
Regno unito, Francia e Paesi del Benelux. Nel 94 aderirono anche Italia e Repubblica Federale Tedesca.
3
De Andreis M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 76
4
Andreotti G., Mitterand, «30 Giorni», n. 0, ottobre 004
Sarebbemegliochiederescusa, S. Viola, «Repubblica», 7 settembre 984
6
Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
8
Note
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 47
Cfr. SeimesidibuongovernoCEEsiglatiItalia, A. Guatelli, «Corriere
della sera», luglio 98
8
Cfr. Neri Gualdesi M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 7
9
Cfr. Giovine U., LapoliticaesteradelgovernoCraxi, Relazioni internazionali, n. 33-34 Settembre 983
60
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, laterza, Roma-Bari, 998, pag. 6
6
Neri Gualdesi M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 3
6
Santoro C.M., Lapoliticaesteradiunamediapotenza, Mulino, Bologna,
99, pag. 43
63
«Sgomberato il terreno del problema dell’allargamento, la Presidenza
potrebbe essere soddisfatta di quanto raggiunto, ed invece preferisce
dedicarsi alla strategia europea». Ferraris l.V., Manuale della politica
esteraitaliana1947-1993, laterza, Roma-Bari, 996, pag. 33
64
Spinelli nel suo Diario definì «ottimo» il discorso di Andreotti.
Spinelli A., Paolini e. (a cura di), Diario Europeo, vol. 3 976-86,
cit., pag. 3
6
Neri Gualdesi M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 34
66
Letreviepossibilidell’UnioneEuropea, Andreotti G., «Corriere della
sera», 7 Giugno 98
67
Cfr. Ibidem
68
Ibidem
69
Neri Gualdesi M., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 3
70
Olivi B., L’Europa difficile, cit., pag. 277. Jacques Attali scriverà che
addirittura anche il portavoce dell’eliseo non ne era a conoscenza al
momento che Kohl lo annunciava in pompa magna al Bundestag,
cfr. Attali J., VerbatimI1981-1986, Fayard, Paris, 993, pag. 88
7
Unbruttointreccio, A. Jacoviello, «Repubblica», 9 Giugno 98
7
Ibidem
73
Si tratta della prima manifestazione di massa indetta dai federalisti.
7
9
LapoliticaesteradiCraxi
Cfr. landuyt in landuyt A. e Preda D. (a cura di), Imovimentiper
l’unitàeuropea1970-1986, Bologna, Mulino, 000, pag. 776
74
Mammarella conia per questo episodio il termine eurodecisionismo. Cfr. Mammarella G. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaestera
italiananeglianniOttanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pag. 0
7
Più precisamente a quando si raggiunse il “Compromesso di lussemburgo”, al fine di mettere fine alla “crisi della sedia vuota”,
caratterizzata dal boicottaggio delle negoziazioni comunitarie da
parte della Francia gollista. Il compromesso prevedeva che uno
Stato potesse richiedere il voto all’unanimità qualora lo ritenesse
necessario per preservare i propri interessi nazionali
76
Cfr. Le tre vie possibili dell’Unione Europea, Andreotti G., «Corriere
della sera», 7 Giugno 98 , nel quale si legge che l’opzione italiana per una via all’integrazione sosteneva, giustappunto, la necessità
di convocare una Conferenza Intergovernativa per dar via alle negoziazioni sulle riforme dei trattati.
77
«A Milano non si è deciso nulla, ma si sono poste le condizioni per
decidere tutto», Bruxelles, il giorno dopo. L’Europavalutalostrappo,
Papitto F., «Repubblica», luglio 98
78
SeimesidibuongovernoCEEsiglatiItalia, A. Guatelli, «Corriere della
sera», luglio 98
79
Mammarella G. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliana
neglianniOttanta, cit. pag.
80
la Danimarca si attestava su posizioni addirittura “estreme”, ossia
contraria ad ogni qualsiasi innovazione e per lo scioglimento della
Conferenza Intergovernativa. Cfr. Aliboni in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale,annoquattordicesimo1985-1986, Franco Angeli, Milano, 988, pag. 08
8
Cfr. olivi B., L’Europa difficile, cit., pagg. 88-89
8
Cfr. Coralluzzo W., Lapoliticaeuropeadell’Italia,antichiviziedopinabili
virtù, cit. pag. 0
83
Come nel caso degli entusiasmi con cui vennero appoggiati il Piano
Gensher-Colombo e la proposta di Spinelli, è impossibile separare
una chiara direttrice politica dalla retorica declamatoria
84
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, cit., pag. 9
0
Note
8
Aliboni R. In Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale,annoquattordicesimo1985-1986, cit., pag. 09
86
«Il fatto che il Governo italiano abbia subordinato la sua ratifica
dell’accordo all’espressione del parere favorevole del Parlamento
Europeo è infine un fatto meramente formale. Il Parlamento Europeo non può far altro che ratificare». Noi eurottimisti…, Baget
Bozzo G., «Repubblica», 7 Dicembre 98
87
l’Italia, che volle fermamente che la propria proposta venisse messa agli atti, subordinava nuovamente la propria ratifica all’approvazione da parte di tutti i partner. Paradossalmente, dovette aspettare
l’esito del referendum popolare in Danimarca, proprio il Governo
che si trovava agli antipodi rispetto alle posizioni italiane.
88
Con la “procedura di cooperazione” il Consiglio, con il voto all’unanimità, poteva comunque passare sopra il veto del Parlamento: «il Consiglio dei Ministri rimaneva ancora l’organo principale di
una Comunità senza poteri autonomi in materia fiscale, monetaria
e di difesa». Morelli U., IlprogettodiTrattatodall’UnioneEuropeaall’AttoUnico, Cit., pag. 3
89
Cfr. Spinelli A, Dastoli P. ( a cura di), DiscorsialParlamentoeuropeo,
1976-1986, Mulino, Bologna, 987
90
emblematico il commento di Sandro Viola: «è la prova che quando
è nell’angolo, col fiato grosso, l’Europa riesce a muoversi unita. Il
che non le riesce mai, purtroppo, quando deve progettare in tutta
libertà il suo futuro». Lagrandeassentes’èmossa, S.Viola, «Corriere
della sera», Aprile 986
9
Kohl desiderava fermezza nei confronti di Gheddafi, considerato il
mandante di un attentato ad una discoteca di Berlino ovest frequentata abitualmente da militari statunitensi, costato la vita a tre marines
9
Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale,annoquattordicesimo1985-1986, cit., pagg. 37-388
NoTe Al CAPITolo SeCoNDo
Telò M., L’Italianelprocessodicostruzioneeuropea, in Barbagallo F. (a cura
di), Storiadell’ItaliarepubblicanaIII, einaudi, Torino, 996, pag. 9
LapoliticaesteradiCraxi
«In Fact, Carter may unwittingly, have lent some credibility to the
claim that he, under certain conditions, might be ready to accept
a government that would include the PCI» Njølstad o., TheCarter
AdministrationandItaly:KeepingtheCommunistsOutof PowerWithout
Interfering, «Journal of Cold War Studies», n.3, 00, pag. 6
3
Crockatt R., 50annidiguerrafredda, Salerno editrice, Roma, 997, pag. 379
4
Njølstad o., TheCarterAdministrationandItaly:KeepingtheCommunists
Outof PowerWithoutInterfering, cit., pag.69
IlverticediLondra.IntervistaaAndreotti, «Corriere della Sera», 0 Maggio 977, cit. in Craveri P., Storiadell’ItaliaRepubblicana, la Repubblica dal 98 al 99, UTeT, Torino, 99, pag. 7
6
escluso il Movimento Sociale Italiano
7
Njølstad o., TheCarterAdministrationandItaly:KeepingtheCommunists
Outof PowerWithoutInterfering, cit., pag. 8
8
la DC guadagnò il 38,3% dei consensi, il PSI il 9,8%, il PSDI il
3,8%, il PRI il 3%
9
Colarizi S., Gervasoni M., Lacrunadell’ago.Craxi,ilpartitosocialistae
lacrisidellaRepubblica, laterza, Roma-Bari, 00, pagg. 8-86
0
Di Nolfo e.,Storiadellerelazioniinternazionali1918-1999, laterza,
Roma-Bari, 000, Pag. 48
Peraltro missili dalla capacità di azione su un raggio di 3000 miglia,
dunque capaci di colpire solo in territorio europeo.
Romano S., Memorie di un conservatore, longanesi & co., Milano,
00, pag. 70
3
lagorio l., LalottatraPSIePCIneglianniOttanta.IntervistadiEliana
Lulani, da www.leliolagorio.it
4
Gaja R., L’Italia nel mondo bipolare: per una storia della politica estera
italiana,1943-1991, Il Mulino, Bologna, 99, pag. 3
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Rizzoli, Milano, 993, pag. 77
6
Idea sviluppatasi tra una fazione di moderati di Botteghe oscure, i
miglioristi, orientati ad una graduale evoluzione del Partito in senso socialdemocratico. Cfr. lagorio l., LalottatraPSIePCIneglianni
Ottanta. Intervista di eliana lulani, da www.leliolagorio.it
7
Anni in cui si succedettero due deboli governi presieduti da Cossiga, i quali si poggiavano su di una coalizione tripartitica DC-PSI-
Note
PRI, al quale si aggiunse anche il PSDI nella breve esperienza del
Governo Forlani, caduto in seguito allo scandalo P.
8
Cfr. Gualtieri R., L’impattodiReagan:politicaedeconomianellacrisidella
primaRepubblica, in Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G.
(a cura di), Gli anni ottanta come storia, Rubbettino, Soveria Mannelli, 004, pag. 89
9
Santoro C.M. , L’ItaliaeilMediterraneo,questionidipoliticaestera, Franco Angeli, Milano, 988, pag. 0
0
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, laterza, Roma-Bari, 998, pag. 0
Con una punta di ironia, Sergio Romano ha scritto che la tendenza
dell’aperturismo verso est a Piazza del Gesù tornava in voga «ogni
qualvolta che la Democrazia Cristiana riteneva utile aprire a sinistra».
Romano S., Gliinteressinazionalidell’Italia, «Ideazione», n. 6, 00
Cfr. ad esempio Vasconi l., LapoliticaesteradiCraxiequelladiAndreotti, «Mondoperaio», n. 4, Aprile 98: l’autore considera la fermezza atlantica di Craxi come un gesto utile al prestigio italiano
dopo anni di “giri di valzer”, di cui l’unico responsabile è considerato Andreotti.
3
«Non si può giudicare superficiale un americano se ha difficoltà a
capire che non vi erano motivi di preoccupazione per un primo ministro socialista, dato che nella loro nomenclatura i Paesi socialisti
erano quelli dell’est». Andreotti G., GliUSAvistidavicino, Rizzoli,
Milano, 989, pag. 38 (corsivo nel testo)
4
Giovine U., LapoliticaesteradelgovernoCraxi, Relazioni internazionali, n. 33-34 Settembre 983
la Palombara J., Socialist Alternatives: the Italian Variant, «Foreign
Affairs», Spring 98, pag. 94, citato in Di Nolfo e., Relazione
introduttiva in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananegli
anniOttanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pag. 8
6
Cfr. ibidem
7
Craxi B., Nell’interessedellaNazione,dichiarazioniprogrammatichealla
Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto 983, da
www.fondazionecraxi.or
8
Cfr. Progettodiunviaggioall’est, Pendinelli M., «Corriere della Sera»,
3
LapoliticaesteradiCraxi
0 ottobre 983
Cfr. Ilari V., Storia politica del movimento pacifista in Italia, in Jean C. (a
cura di), Sicurezzaedifesa,fattoriinterniedinternazionali, Franco Angeli, Milano, 986, pag. 73
30
Cfr. ibidem, pag. 68
3
«Con l’installazione dei missili, noi come la gran parte dei Paesi europei non diventiamo solo un bersaglio più esposto, ma ridiventiamo, come e ancor di più che nell’immediato dopoguerra, campo di
manovra diretto dei vincitori di quarant’anni fa», editoriale di luigi
Pintor comparso sul «Manifesto» del 7 novembre 983. Pintor
l., Parolealvento,brevicronachedeglianni’80, Kaos edizioni, Milano,
990, pag. 7
3
Ciò basta a confutare la tesi dell’ambasciatore Incisa di Camerana, secondo cui nell’episodio degli euromissili «la politica estera ha
battuto la politica interna». Incisa di Camerana l., Lavittoriadell’Italianellaterzaguerramondiale, laterza, Roma-Bari, 996, pag.
33
Coralluzzo W., Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:modellodianalisiestudiodeicasi, Franco Angeli, Milano, 000, pag. 93
34
Per quanto incidenti furono le pressioni filo-arabe di larga parte
della DC.
3
Ferraris l.V. , Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, laterza,
Roma-Bari, 996, pag. 30
36
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, cit.,
pag. 0
37
Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politica
italiana, «Politica internazionale», n., Gennaio 98
38
Cfr. lagorio l., LaspedizionemilitareinLibano1982-1984, in «Rivista Marittima», autunno 003
39
Craveri P., Storia dell’ItaliaRepubblicana, la Repubblica dal 98 al
99, UTeT, Torino, 99, pag.830
40
Il Presidente Pertini, nella conferenza stampa tenuta dal Quirinale
il 3 Dicembre 983, dichiarò che «gli Stati Uniti sono in libano
in difesa di Israele e non della pace, e bombardano con tonnellate di bombe». C’èancheunKamikazedellapace:Pertini. F. De Vito,
«l’espresso», 8 Gennaio 984
9
4
Note
4
Coralluzzo W., Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:modellodianalisiestudiodeicasi, cit., pag. 83
4
Spadolini in un discorso al Senato accusò gli USA di «responsabilità visibili ed errori non meno gravi». Usciredallatrappola. M.Tito,
«Corriere della sera», 9 Febbraio 984
43
Unalleatopococredibile. S.Viola, «Repubblica», 9 Febbraio 984
44
Craxi B., Nell’interessedellaNazione, dichiarazioni programmatiche
alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto
983, da www.fondazionecraxi.org
4
Cfr. Di Nolfo e., Storiadellerelazioniinternazionali1918-1999, cit.,
Pag.9
46
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n.8-9, Agosto-Settembre 986,
pag. 7
47
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, cit.,
pag. 9
48
Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale,annotredicesimo1984-1985, Franco Angeli, Milano, 986, pag. 9
49
Cfr. Gerlini M. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliana
neglianniOttanta, Cit., pag. 0
0
Ma Andreotti da che parte sta? Flesca G., «l’espresso», 6 maggio
984
Criticheadoppiofondo. Tito M., «Corriere della sera», 7 aprile 984
È fuor di dubbio che a dare un peso ai suddetti sondaggi d’opinione
era l’imminenza delle elezioni presidenziali, tenutesi nel Novembre
984. Cfr. Crockatt R., 50 anni di guerra fredda, Salerno editrice,
Roma, 997, pag. 434
3
Petracchi in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananeglianni
Ottanta, cit., pag. 308
4
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, Cit., pag. 33
Cinquelitigidietrolapace. Flesca G., «l’espresso», 3 novembre 98
6
Petracchi in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananeglianni
Ottanta, cit., pag. 309
7
le parole di Craxi vennero pronunziate solo una settimana dopo
LapoliticaesteradiCraxi
la visita ufficiale di Andreotti a Mosca, in cui il ministro degli esteri
sovietico Gromyko chiese ufficialmente di intercedere con gli alleati affinché le forze nucleari britanniche e francesi fossero considerate nel calcolo. Cfr. Andreotti G., L’URSSvistadavicino, Rizzoli,
Milano, 988, pag. 87
8
DaLisbonaaStoccolma. M. Tito, «Corriere della Sera», 7 maggio 984
9
Almeno ciò è quello che si evince dai commenti dell’allora ambasciatore francese a Roma
Gilles Martinet. Cfr. Bagnato B. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapolitica
esteraitaliananeglianniOttanta, Cit., pag. 69.
60
Piazzesi G., Ilgiocodellapolitica, longanesi, Milano, 987, pag. 79
6
Il trattato, frutto dei colloqui SAlT I, prevedeva il bando dei sistemi anti-missili balistici.
6
Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 3
63
Ibidem
64
Cfr. Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politica
italiana, «Politica internazionale», n., Gennaio 98, pag. 9
6
Per quanto leciti fossero i dubbi che gli insistenti inviti agli europei
venissero mossi principalmente per convincere il Congresso americano, riottoso a stanziare quegli ingenti finanziamenti che il progetto richiedeva. Cfr. Andreotti G., GliUSAvistidavicino, Rizzoli,
Milano, 989, pag. 7
66
Cfr. Chapman S. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Franco
Angeli, Milano, 988, pag. 9
67
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, Cit., pag. 3
68
Cfr. Romeo S., Lapoliticaesteraitaliananell’eraAndreotti(1972-1992),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 000, pagg. 3-4
69
Cfr. Chapman S. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 96
70
Cfr. Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiuna
mediapotenza, cit., pag. 30
7
le responsabilità di questi nell’accaduto verranno scoperte solo in
un secondo momento
6
Note
7
Cfr. Cassese A., IlcasoAchilleLauro:terrorismo,politicaedirittonella
ComunitàInternazionale, ed. Riuniti, Roma, 987, pag. 0
73
Buoni i rapporti soprattutto sul piano personale tra Craxi ed Arafat, il capo dell’olP. Quest’ultimo, in un’intervista rilasciata a
«l’espresso» qualche mese prima del sequestro, dichiarava: «Craxi
per me è un amico, ed è un amico della causa palestinese». Arafat
chiamaItalia, Melega G.,«l’espresso», 0 marzo 98
74
Coralluzzo W., Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:modellodianalisiestudiodeicasi, cit., pag. 300
7
Cfr. Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, in Cotta
M. e Isernia P. (a cura di), Ilgigantedaipiedidiargilla, Il mulino, Bologna, 996, pag. 66
76
Turri J., Laverastoriadell’AchilleLauro. «limes», n., Febbraio 994
77
Cfr. Andreotti G., GliUSAvistidavicino, cit., pagg. 80-8
78
Secondo Matteo Gerlini, è necessario «considerare l’ossessione
degli Sati Uniti per il terrorismo, la lotta contro il quale diventò
sempre più prioritaria per l’amministrazione Reagan». Gerlini M.
in Di Nolfo e. (a cura di), LapoliticaesteraitaliananeglianniOttanta,
Cit., pag. 04
79
I messaggi via radio dei sequestratori furono inizialmente captati
solo da un isolato radioamatore. Questi avvertì le autorità e occorsero un paio d’ore prima che si la parola “sequestro” venisse usata
in una dichiarazione ufficiale.
80
Petrignani R., La crisi di Sigonella dall’osservatorio di Washington, da
www.socialisti.net
8
Cfr. Coralluzzo W.,Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:
modellodianalisiestudiodeicasi, cit., pag. 30
8
Cfr. Ibidem, pag. 30
83
Su tutti l’esempio della vittoria sul fronte dei favorevoli all’abrogazione della riforma sulla scala mobile al referendum di Giugno.
84
Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 3
8
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, cit.,
pag.
86
LaCIAelacrisi“AchilleLauro”. Molinari M., «la Stampa», gennaio 003
7
LapoliticaesteradiCraxi
87
Andreotti G., GliUSAvistidavicino, cit., pag. 8
Martini F., LanottediSigonella, da www.socialisti.net
89
Andreotti G., GliUSAvistidavicino, cit., pag. 8
90
«Il Governo italiano sostenne il proprio punto di vista, secondo il
quale anche se l’unica vittima fu di cittadinanza statunitense, essendo il fatto delittuoso avvenuto su territorio italiano, competente a
giudicare era la magistratura italiana». Altieri F. in Istituto Affari
Internazionali (a cura di), L’Italia nella politica internazionale, anno
quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 340. ed ancora il ministro
Andreotti, che nelle sue memorie evoca i principi dello “Stato di
diritto”: «Il nostro Governo non avrebbe potuto, con proprie decisioni, sottrarre alle competenze dei tribunali nazionali i responsabili del dirottamento dell’Achille lauro». Andreotti G., GliUSA
vistidavicino, cit., pag. 86
9
Cfr. Cassese A., IlcasoAchilleLauro:terrorismo,politicaedirittonella
ComunitàInternazionale, Cit., pagg. 3-4
9
Martini F., LanottediSigonella, da www.socialisti.net
93
A questo scopo si fece un larghissimo uso dei giornali di Partito
94
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 3
9
Cfr. Coralluzzo W., Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:
modellodianalisiestudiodeicasi, cit., pag. 303
96
la convergenza di opinioni tra il ministro ed il Premier fu pressoché
totale. «la posizione di Craxi fu interamente condivisa da me». Foppiani o., Isegretidellapoliticaestera:l’Italiaeglialtri. Intervista al senatore Giulio Andreotti, «Il Politico», fascicolo , volume 66, 00
97
«Si è salvata la faccia di Mubarak, senza la cui mediazione, come si
è constatato una volta di più, non si possono ottenere né piccole né
grandi soluzioni pacifiche lungo le coste arabe». VeleniMediterranei.
Bettiza e., «Corriere della sera», 9 ottobre 98
98
Una strana storia finita bene, Scalfari e., «Repubblica», 0 ottobre
98 4 le tre «velocità» della politica estera. «Corriere della
sera», 0 ottobre 98
99
Ritirate le dimissioni da parte dei ministri repubblicani, il 4 novembre
a Montecitorio si votò la fiducia ad un gabinetto rimasto intatto.
88
8
Note
00
Così si esprimeva Spadolini in un intervista a «l’espresso» appena
qualche ora dopo il vero e proprio “scoppio” della crisi: «Non vedo
possibilità di mediazione italiana fuori di un raccordo tra europa e
Stati Uniti (…). Se c’è un settore in cui la partnership euro-americana deve dispiegarsi per intero, è nel Medio oriente». ParlaSpadolini.
TroppoamicidiArafat. Nirenstein F., «l’espresso», 0 ottobre 98
0
Colarizi S., Gervasoni M., Lacrunadell’ago.Craxi,ilpartitosocialistae
lacrisidellaRepubblica, laterza, Roma-Bari, 00, pag. 9
0
Cfr. Iveriperché. Ronchey A., «Corriere della sera», 7 ottobre 98
03
«Non ci sarebbe stato un voto, ma dal dibattito sarebbe emerso che
la linea seguita dal Governo nella drammatica vicenda dell’Achille
lauro aveva il consenso dell’80% del Parlamento». ECraxicadea
sinistra. De Vito F., «l’espresso», 0 ottobre
04
Assolutamente schierato dalla parte di Andreotti il sottosegretario alla Difesa, il democristiano Bartolo Cicciardini: «Spadolini è
un interventista degno della tradizione repubblicana». Critico dell’operato del titolare della Farnesina invece il Ministro dell’interno
Scalfaro (anch’egli democristiano), il quale ammise che: «Andreotti
è stato un po’ pesante». Giuliod’Arabia. Quaranta G., «l’espresso»,
0 ottobre 98
0
Ilcanonedicoabitazione. Bettiza e., «Corriere della sera», novembre 98
06
Santoro C.M., Lapoliticaesteradiunamediapotenza, Mulino, Bologna, 99, pag. 89
07
Cfr. Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, cit.,
pag. 7
08
«È caduto raccogliendo consensi aperti, ma anche approvazioni
tacite ed applausi inespressi, in una misura che forse non immaginava». MaReBettinocadeinpiedi. Pansa G., «la Repubblica», 8
ottobre 98
09
Cfr. Statistierivoluzionari. Bettiza e., «Corriere della sera», 7 novembre 98
0
Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 8
Ibidem, pag. 7
9
LapoliticaesteradiCraxi
«Pace, sicurezza, indipendenza è il trinomio che ha ispirato il ruolo
internazionale dell’Italia» Craxi B., l’Italia che cambia ed i compiti
del riformismo, discorso al 44.o Congresso PSI, Rimini, 3 marzo
987, da www.fondazionecraxi.org
3
la visita del Marzo 98, in cui Craxi fu ricevuto come “un alleato secondo a nessuno”, sciolse definitivamente ogni dubbio sullo
scetticismo statunitense nei confronti di un Presidente del Consiglio socialista. An ally second to none, in Department of State,
Washington, AmericanForeignPolicy, currents documents, 98, U.S.
Government Printing Office, Washington, 1986. Document 148
4
Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 343
Cfr. Washington,oraarrivaunplausoperl’Italia. zucconi V., «Repubblica», 8 ottobre 98
6
LaCasaBiancanonversalacrimeperlatempestapoliticadiRoma. Scardocchi G., «Corriere della sera», 7 ottobre 98
7
«Mai la stampa americana, dopo la caduta del fascismo, aveva
espresso giudizi così negativi sulla politica italiana». Ibidem
8
Una esauriente sintesi di editoriali di quotidiani americani venuti
alle stampe nei giorni caldi della crisi è possibile trovarla in: Ilnemico
americano. Flesca G., «l’espresso», 7 ottobre 98
9
Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 344
0
Cfr. Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, cit.,
pag. 73
Cfr. Gerlini M. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliana
neglianniOttanta, Cit., pag. 0
Foppiani o., Isegretidellapoliticaestera:l’Italiaeglialtri. Intervista al senatore Giulio Andreotti, «Il Politico», fascicolo , volume 66, 00
3
United States and Italy: friends as before, in Department of State,
Washington, American Foreign Policy, currents documents, 98,
cit., Document
4
Cfr. Missiliincondominio. Melega G., «l’espresso», 0 novembre 98
Andreotti G., GliUSAvistidavicino, cit., pag. 98
6
Una posizione piuttosto blanda, motivata dal fatto che l’inter-
30
Note
scambio economico tra Paesi europei (Italia in primis) ed il regime
libico toccava un volume abbastanza consistente.
7
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 0
8
Ibidem, pag.
9
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, cit., pag. 30
30
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 6
3
Minacce in realtà profuse già da mesi
3
Cfr. Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nella politica internazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit.,
pag. 349
33
StatiUniti,EuropaeterrorismodiStato. Stille U., «Corriere della sera»,
7 aprile 986
34
Santoro C.M., La politica estera di una media potenza, Mulino, cit.,
pag. 8
3
«Tre politiche estere italiane, anche se comprensibili nel quadro
conflittuale della coabitazione pentapartitica, non possono essere
più giustificate di fronte a una svolta americana che ha ridotto drasticamente gli spazi di manovra per le oscillazioni e le incertezze
europee». Troppe per l’Italia tre politiche estere. Bettiza e. «Corriere
della sera», 7 aprile 986
36
«Per la prima volta nella loro storia gli europei si sentono governati da una potenza esterna al loro sistema politico. Una potenza
amica, però pur sempre straniera. e capiscono che la loro situazione non è dissimile da quella del Centroamerica e del Sudamerica».
Perché l’Europa non ha fiducia nel ricorso alla forza. Alberoni F. «Corriere
della sera», 7 aprile 986
37
Proprio la mancata cesura dei legami economico-finanziari verrà
additata da Washington e londra come spinta decisiva ai bombardamenti. «l’azione militare, soggiungono americani e inglesi, avrebbe
potuto essere evitata all’ultimo momento se i Dodici avessero deciso
di mettere in atto la rappresaglia economica più temuta da Gheddafi:
la sospensione dell’acquisto di petrolio libico». Tuttiglierrorideidodici
3
LapoliticaesteradiCraxi
apostoli. Bettiza e., «Corriere della sera», 6 aprile 986
Il Ministro dell’industria accusa il comportamento americano, presumibilmente «dettato da lobbies economiche americane che cercano di contrastare l’industria italiana». Dichiarazione riportata in
Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 349
39
Cfr. Affari&Terrore. Pilati P., «l’espresso», 9 gennaio 986
40
Cfr. Unaddioacaroprezzo. «Il Mondo», 8 aprile 986
4
« l’abbandono è avvenuto in punta di piedi. Gradualmente e senza pubblicità le imprese italiane hanno lasciato la libia». È finita la
commessa… «Il Mondo», 9 giugno 986
4
Cfr. Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, Cit., pag. 347
43
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 0
44
L’internazionaleanti-terrore. Flesca G., «l’espresso», 8 maggio 986.
38
NoTe Al CAPITolo TeRzo
Peraltro una galassia che, dal prendere piede del fenomeno “eurocomunista”, era sempre meno controllabile da Mosca. Cfr. Werth N.,
StoriadellaRussianelNovecento. Il Mulino, Bologna, 000, pag. 69
«l’URSS non sarebbe forse intervenuta a Kabul se l’ondata di integralismo islamico non avesse suggerito di estendere la zona di
sicurezza che la separava dal focolaio della rivoluzione khomeinista». Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Rizzoli, Milano,
993, pag. 83
3
In Italia il Parlamento decise di rimandare la scelta della partecipazione agli organi del CoNI (il comitato olimpico nazionale), il
quale accettò, ma, per protesta, la rappresentanza non aveva né
bandiera né inno nazionale
4
«oggi vive confortato dal parere della maggioranza dei polacchi,
che ritengono abbia agito per il bene della Polonia». Io,ilPapaele
minaccediMosca. Intervista a Wojciech Jaruzelski. Scabello S., «Corriere della sera», aprile 00
3
Note
«For the last 8 months of his life he had been a feeble and incompetent leader, little able to deal with the growing crisis within the
economy or the international isolation of the Soviet Union in the
wake of intervention in Afghanistan». Kennedy-Pipe C., Russiaand
theworld,1917-1991. Arnold, london, 998, pag. 69
6
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, laterza,
Roma-Bari, 996, pag. 397
7
Petracchi in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananeglianni
Ottanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pag. 30
8
Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit.,
996, pag. 369
9
Cfr. Ibidem, pag. 4
0
Cfr. Ibidem, pag. 4
Cervi M., Montanelli I., L’Italiadegliannidifango.Dal1978al1993,
RCS libri S.p.A., Milano, 997, pag. 47
S. Romano, EraFrançois,peccatononfosseitaliano. Da www.liberalfondazione.org
3
Cfr. Varsori S., l’Italia nelle relazioni internazionali dal 943 al
99, laterza, Roma-Bari, 998, pag. 96
4
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit., 996,
pag. 4
Su tutte la “Biennale del Dissenso”, nata da un’idea di Carlo Ripa
di Meana
6
Andrej Sacharov era un fisico di fama mondiale, attivo nel campo dei diritti umani e insignito del premio Nobel per la pace nel
1975, venne confinato per 6 anni a seguito delle critiche pubbliche
che mosse contro la decisione di invadere l’Afghanistan. Vladimir
Bukovski era (è) presidente dei Comitati per la libertà, storico, politologo e studioso del comunismo, uno dei maggiori contestatari
del sistema sovietico negli anni ‘70-’80 ed autore di opere di analisi
del comunismo
7
Craxi, raccolta la sua sfida riformista. Boniver M., «Giornale», 0 gennaio 006
8
Pons S., Ilsocialismoeuropeo,lasinistraitalianaelacrisidelcomunismo, in
Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G. (a cura di), Glianni
33
LapoliticaesteradiCraxi
ottantacomestoria, cit., pag. 4
Cfr. VentiannifamorivaPietroNenni. Spini V., «l’Unità», gennaio
000
0
Pini M., Craxi. Una vita, un’era politica, Arnoldo Mondadori ed.,
Milano, 006, pag. 06
All’anticomunismo come arma della dialettica politica interna da
una valenza prioritaria il socialista lelio lagorio: «Il PSI voleva
soltanto impedire che il comunismo prevalesse in casa nostra», lagorio l., AnniOttanta:Imutamentidipoliticaesteraelasvoltadipolitica
militare, Convegno internazionale di Studi “Bettino Craxi, il socialismo europeo e il sistema internazionale”, 9 Gennaio 00, da
www.leliolagorio.it
Pons S., Ilsocialismoeuropeo,lasinistraitalianaelacrisidelcomunismo, in
Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G. (a cura di), Glianni
ottantacomestoria, Rubbettino, Soveria Mannelli, 004, pag. 4
3
Con quella stessa mozione fu poi approvato il nuovo simbolo del
“garofano rosso”. Cfr. Pini M., Craxi.Unavita,un’erapolitica, cit.,
pag. 30
4
IlVangeloSocialista. Craxi B., «l’espresso», 7 agosto 978
Cfr. Ibidem
6
Vasconi l., LapoliticaesteradiCraxiequelladiAndreotti, «Mondoperaio», n. 4, Aprile 98
7
Cfr. Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992,
Cit., pag.
8
«in una situazione del mondo che non vedeva la presenza né ad
est né ad ovest di alcuna minaccia nei suoi confronti, l’Urss, ed
essa sola, ha realizzato uno spettacolare rafforzamento dei propri
dispositivi militari, consolidando la propria supremazia sul terreno delle armi convenzionali ed operando lacerazioni nell’equilibrio
delle armi nucleari», Craxi B., Per un socialismo che non ha conti da
regolareconlalibertàdeipopoli, relazione al Comitato Centrale, Roma,
7-8 novembre 98, in Finetti U. (a cura di), IlsocialismodiCraxi,
M&B publishing, Milano, 003, pag. 86
9
Pons S., Ilsocialismoeuropeo,lasinistraitalianaelacrisidelcomunismo, in
Colarizi S., Craveri P., Pons S., Quagliariello G. (a cura di), Glianni
9
34
Note
ottantacomestoria, cit., pag.
Gromyko A., Memorie, Rizzoli, Milano, 989, pag. 6
3
Giulio,vecchioamore. Corbi G., «l’espresso», 3 maggio 984
3
MaAndreottidachepartesta? Di Giancesare Flesca, «l’espresso», 6
maggio 984
33
Romeo S., La politica estera italiana nell’era Andreotti (1972-1992),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 000, pag. 94
34
Ibidem, pag. 0
3
PerlaCasaBiancaèdiventatorosso. De Vito F., «l’espresso», ottobre 984
36
Per questo punto Bettino Craxi usò la metafora della « porta socchiusa » dell’est. Craxi B., Nell’interessedellaNazione, dichiarazioni
programmatiche alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto 983, da www.fondazionecraxi.org
37
Cfr. Ibidem
38
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit. 996,
pag. 370
39
Cfr. Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
40
Andreotti scrisse che secondo lui si trattava di «un testo di dichiarazioni, su un canovaccio standard, con variazioni ad homines», Andreotti G., L’URSSvistadavicino, Rizzoli, Milano, 988, pag. 7
4
Cfr. Andreotti G., L’URSS vista da vicino, Rizzoli, Milano, 988,
pagg. 83-89
4
Cfr. Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, Franco
Angeli, Milano, 986, pag. 47
43
Ibidem
44
Cfr. Petracchi in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananegli
anniOttanta, cit., pag. 3
4
Varsori S., L’Italianellerelazioniinternazionalidal1943al1992, Cit.,
pag. 3
46
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Cit., pag. 98
47
Ibidem
48
Riccardi A., Il Vaticano e Mosca, 1940-1990, laterza, Roma-Bari,
30
3
LapoliticaesteradiCraxi
993, pag. 370
Andreotti G., L’URSSvistadavicino, Cit., pag. 36
0
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, Cit., pag. 39
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
Soglian F., LaOstpolitikitalianaeilnuovocorsosovietico, «Politica internazionale», n. , Novembre 986
3
Chiesa G., Medvedev R., La rivoluzione di Gorbaciov: cronache dalla
Perestrojka, Garzanti, Milano, 99, pag. 90
4
l’incontro non produsse alcun accordo innovativo: si richiamò la
cordialità dei rapporti politici e si pronunciò un impegno da parte di
entrambi a sorvegliare sulla altalenante bilancia degli interscambi commerciali. Cfr. Andreotti G., L’URSSvistadavicino, Cit., pagg. 4-46
Cfr. Aliboni in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 74
6
Ferraris l.V. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananegli
anniOttanta, cit., pag. 34
7
Cfr. Aliboni in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politica internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., 988,
pagg. 8-83
8
Gaja R., L’Italia nel mondo bipolare: per una storia della politica estera
italiana,1943-1991, Il Mulino, Bologna, 99, pag. 44
9
Ibidem, pag. 46
60
Cfr. Romano S., Memoriediunconservatore, longanesi & co., Milano,
00, pag. 83
6
Cfr. Rubbi A., IncontriconGorbacev:icolloquidiNattaeOcchettoconil
leadersovietico, editori Riuniti, Roma, 990, pag. 68
6
Cristofani C. in Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapolitica
internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 366
63
Cfr. Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politica
italiana, «Politica internazionale», n., Gennaio 98
64
Cfr. Andreotti G., L’URSSvistadavicino, Cit., pagg. 0-
6
Cristofani C. in Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapolitica
internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 368
49
36
Note
66
Prefazione al volume Gorbaciov M., Proposteperunasvolta, ed. Riuniti, Roma, 986, contenuto in Gorbaciov M., Lacasacomuneeuropea, Mondatori, Milano, 989
67
Unaostpolitikinsalsaitaliana, S. Viola, «Repubblica», 30 novembre 983
68
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
69
Cfr. Romeo S., Lapoliticaesteraitaliananell’eraAndreotti(1972-1992), cit., pag. 94
70
Progettodiunviaggioall’est, Pendinelli M., «Corriere della sera», 0
ottobre 983
7
Cfr. Cristofani C. in Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 480
7
Sacco G., Lariscopertadellapoliticaestera, «Mondoperaio», N. 3, Marzo 987
73
Cfr. Petracchi G. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliana
neglianniOttanta, cit., pag. 34
74
Cristofani C. in Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapolitica
internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 480
7
Cfr. Ferraris l.V., Manuale della politica estera italiana 947-993,
cit., pag. 37
76
Valelapenadiparlarsi. Frescobaldi D., «Corriere della sera», 0 luglio 984
77
Cfr. Petracchi G. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliana
neglianniOttanta, cit., pag. 34
78
Soglian F., LaOstpolitikitalianaeilnuovocorsosovietico, «Politica internazionale», n. , Novembre 986
79
Cristofani C. in Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapolitica
internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 48
80
Badini A. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananeglianni
Ottanta, cit., pag.
8
Cfr. Cristofani C. in Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 36
8
Cfr. Ibidem, pag. 364
NoTe Al CAPITolo QUARTo
Formigoni G., Storiadellapoliticainternazionalenell’etàcontemporanea,
8-99, Il Mulino, Bologna, 00, pag. 483
37
LapoliticaesteradiCraxi
Cfr. Di Nolfo e., Storiadellerelazioniinternazionali1918-1999, laterza, Roma-Bari, 000, pag. 86
3
Foreman-Peck J., Storiadell’economiainternazionale.Dal1850adoggi.
Mulino, Bologna, 999, pag. 4
4
Di Nolfo e., Storiadellerelazioniinternazionali1918-1999, cit., pag. 30
la dichiarazione fu “mitigata” dalla assenza di richiami, nonostante
le pressioni dell’olP, alla politica di annessione dei territori praticata da Israele. Cfr. Cesa Bianchi M., L’integrazioneeuropeaedIsraele,
in Rainero R. (a cura di), Storiadell’integrazioneeuropea, vol. II, Marzorati, Roma, 997, pag. 0
6
Cfr. Romano S., L’ItalianonèunPaeseMediterraneo, in Segre D., Società
civileeprocessodipaceinMedioOriente, Franco Angeli, Milano, 996,
pagg. 63-64
7
Cfr. Santoro C.M., Lapoliticaesteradiunamediapotenza, Mulino, Bologna, 99, pagg. 38-39
8
Colombo A., la percezione italiana dei «rischi da sud» tra l’ultima
fase della Guerra Fredda e il mondo post-bipolare, in De leonardis
M. (a cura di), IlMediterraneonellapoliticaesteraitalianadeldopoguerra,
Il Mulino, Bologna, 003, pag. 09
9
Cfr. De leonardis M., L’Italia:«alleatoprivilegiato»degliStatiUnitinel
Mediterraneo?, in De leonardis M. (a cura di), Il Mediterraneo nella
politicaesteraitalianadeldopoguerra, Cit., pag. 69
0
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, Rizzoli, Milano, 993,
pag. 4 Cfr. De leonardis M., L’Italia:«alleatoprivilegiato»degliStati
UnitinelMediterraneo?, in De leonardis M. (a cura di), IlMediterraneo
nellapoliticaesteraitalianadeldopoguerra, Cit., pag. 87
Santoro C.M., L’ItaliaeilMediterraneo,questionidipoliticaestera, Franco Angeli, Milano, 988, pag. 0
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, laterza,
Roma-Bari, 996, pag. 74
3
Coralluzzo W., Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:modellodianalisiestudiodeicasi, Franco Angeli, Milano, 000, pag. 78
4
lagorio l., Lucieombredellavitamilitarenell’etàrepubblicana, Conferenza sul tema “Uomini e mezzi: ieri e oggi”, Centro Alti Studi
della difesa, Roma 9 Giugno 003, da www.leliolagorio.it
38
Note
Santoro C.M., L’ItaliaeilMediterraneo,questionidipoliticaestera, cit.,
pag. 0
6
Craxi in un discorso alla Camera della fine del 1982 passò oltre al
politically correct, riprovando con toni durissimi «la fanatica visione di un Grande Israele, installato anche su territori che sono abitati e appartengono a popolazioni palestinesi». Pini M., Craxi. Una
vita,un’erapolitica, Arnoldo Mondadori ed., Milano, 006, pag. 94
7
Cfr. Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiuna
media potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre
986
8
Craveri P., Storia dell’ItaliaRepubblicana, la Repubblica dal 98 al
99, UTeT, Torino, 99, pag. 88
9
Romeo S., La politica estera italiana nell’era Andreotti (1972-1992),
Rubbettino, Soveria Mannelli, 000, pag. 49
0
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, cit., pag. 88
Cervi M., Montanelli I., L’Italiadegliannidifango.Dal1978al1993,
RCS libri S.p.A., Milano, 997, pag. 39
Cfr. orfei G., Lastrategiadell’ENInelLevante, «limes» n. anno 997
3
Un chiaro esempio è il rifiuto di Spadolini ad incontrare Arafat, in
visita ufficiale in Italia nel settembre 1982. In quella occasione il
leader dell’olP fu ricevuto dal Ministro degli esteri Colombo, dal
Presidente della Repubblica Pertini e da Papa Giovanni Paolo II,
ma non dal segretario del PRI, che allora ricopriva la carica di Presidente del Consiglio. Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaestera
italiana1947-1993, cit., pag. 387
4
Cfr. Santoro C.M., Lapoliticaesteradiunamediapotenza, cit., pag. 3
Ginsborg P., L’Italiadeltempopresente, einaudi, Torino, 998, pag. 44
6
Coralluzzo W.,Lapoliticaesteradell’Italiarepubblicana1946-1992:modellodianalisiestudiodeicasi, cit., pag. 94
7
Craxi B., Nell’interessedellaNazione, dichiarazioni programmatiche
alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto
983, da www.fondazionecraxi.org
8
Noi,ivigilantesdelMediterraneo, Coisson F., Scutti V., «l’espresso»,
30 ottobre 983
9
Dietrofront!, Flesca G., «l’espresso», 8 dicembre 983
39
LapoliticaesteradiCraxi
30
« (…) ma se nel libano si creano condizioni tali da scatenare un
conflitto, noi dobbiamo togliere il nostro contingente e lasciare a
Beirut soltanto l’ospedale da campo. Questo e’ il mio pensiero personale, che non vuole influire sul pensiero del governo.» Pertini
S., Messaggio di fine anno agli Italiani, Palazzo del Quirinale, 31
dicembre 983. Da www.quirinale.it
3
Sgrena G., LeiniziativedelgovernoCraxi, «Politica internazionale», n.
, Gennaio 986
3
Governantiignoranti, Gambino A., «l’espresso», 6 febbraio 984
33
le colpe non sarebbero ricadute unicamente sul Governo Spadolini, ossia il “firmatario” della missione, in quanto la spedizione fu
non solo “controfirmata” dall’allora Ministro della Difesa, il socialista lelio lagorio, ma avallata pienamente dallo stesso segretario
del PSI Craxi.
34
Cfr. Condignitàusciamodaldisastro, Viola S., «Repubblica», 0 febbraio 984; grandi meriti furono attribuiti anche al Comandante
della Forza Italiana in libano, il Generale Franco Angioni, elogiato
da più parti: «Angioni fu in particolare degno di massima lode
perché, senza mancare ad alcuno dei doveri che le truppe italiane
avevano, si tenne al di fuori della mischia e, soprattutto, non irritò
i palestinesi». Cervi M., Montanelli I., L’Italiadegliannidifango.Dal
1978al1993, cit., pagg. 360-36
3
Chebellamina:ècasereccia. Fabiani R., «l’espresso», settembre 984
36
la colpevolezza non fu però mai provata.
37
Unosboccoinevitabile, Pieroni A., «Corriere della sera», agosto 984
38
Craxi B., Nell’interessedellaNazione, dichiarazioni programmatiche
alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto
983, da www.fondazionecraxi.org
39
Cfr. Chapman S. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, Franco Angeli, Milano, 986, pag. 68
40
Ibidem, pag.
4
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
4
Il Ritorno dei magnifici 4, Jacoviello R., «Repubblica», 8 agosto 984
40
Note
43
Quandol’ONUèassente, Pieroni A., «Corriere della sera», 8 agosto 984
Craxi B., Nell’interessedellaNazione, dichiarazioni programmatiche
alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto
983, da www.fondazionecraxi.org
4
Cfr. Sacco G., Lariscopertadellapoliticaestera, «Mondoperaio», N. 3,
Marzo 987
46
Cfr. Romeo S., Lapoliticaesteraitaliananell’eraAndreotti(1972-1992),
pagg. 43-44
47
Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 9
48
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pagg. 7-77
49
Il discorso di fine anno di Pertini fu indicatore di questo nuovo sentimento: «Ho visitato quella tormentata regione, i cimiteri di Chatila
e Sabra. […] Il responsabile di quel massacro orrendo e’ ancora al
governo in Israele». Pertini S., Messaggio di fine anno agli Italiani,
Palazzo del Quirinale, 3 dicembre 983. Da www.quirinale.it.
0
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit., pag. 389
Andreotti ammise, ma si giustificò richiamando l’astensione italiana in sede di stesura per quanto concerneva i paragrafi più oltranzisti. Cfr. MaAndreottidachepartesta?, Flesca G., «l’espresso», 6
maggio 984
Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit.,
pag. 390
3
Cfr. Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 494
4
Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
Cfr. Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 493
6
Gesto poco coerente di Andreotti, visto che egli stesso ribadì più volte,
negli ultimi anni, la necessità di dotare la Comunità degli strumenti
necessari perché si inserisse nel tavolo dei Negoziati mediorientali
7
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 6
44
4
LapoliticaesteradiCraxi
8
Cfr. CraxieReagan:«l’ItaliacercalapaceinMedioOriente». Purgatori
A., «Corriere della Sera», dicembre 984
9
L’inchiesta riguardò, oltre Yasser Arafat, il suo luogotenente Abu
Ayad e diversi alti esponenti dei vertici dell’olP. l’ex generale del
SISMI Nino lugaresi fu coinvolto nell’inchiesta con l’accusa di
aver occultato prove importanti della connivenza tra terroristi palestinesi e membri delle Brigate Rosse.
60
Craxi,ArafatelaragiondiStato. Acciari S., «l’espresso», 3 febbraio 98
6
Cfr. Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
6
Cfr. Romeo S., Lapoliticaesteraitaliananell’eraAndreotti(1972-1992),
pag. 0
63
Cfr. Discorso di Bettino Craxi alla cerimonia di apertura dei XV
Stati generali dei Comuni d’europa, /04/984 in Craxi B., l’Italia che cambia. Viaggi e discorsi di Bettino Craxi 983-98, Sugarco, Milano, 988, pag. 7
64
Cfr. ArafatchiamaItalia. Melega G., «l’espresso», 0 marzo 98
6
Gerlini M., in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananegli
anniOttanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pag. 04
66
Cfr. Cassese A., IlcasoAchilleLauro:terrorismo,politicaedirittonella
ComunitàInternazionale, ed. Riuniti, Roma, 987, pagg. 84-8
67
Cfr. Sfida alla pace, Fabiani R., «l’espresso», 0 ottobre 98
68
Quando la Siria stava per dare ai sequestratori il permesso di attracco al porto di Tartus, Craxi premette su Andreotti per convincere
Assad a ritrattare questa autorizzazione. Il Ministro, dunque, «in
buoni rapporti con Damasco, chiese ed ottenne dal Governo siriano la promessa di vietare l’ingresso ai terroristi». Piazzesi G., Ilgioco
dellapolitica, longanesi, Milano, 987, pag. 8
69
Ibidem, pag. 3
70
Chepotevanofare? Ronchey A., «Corriere della sera», ottobre 98
7
Una strana storia finita bene, Scalfari e., «Repubblica», 0 ottobre 98
7
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag.
73
Cfr. AmicidiArafat,nemicidiIsraele? Valentini G., «l’espresso», 0
ottobre 98
4
Note
74
Velenimediterranei. Bettiza e., «Corriere della sera», 9 ottobre 98
Cfr. Santoro C.M., LapoliticaesteradelPSIeleresponsabilitàdiunamedia
potenza, «Politica internazionale», n. 8-9, Agosto-Settembre 986
76
Sgrena G., LeiniziativedelgovernoCraxi, «Politica internazionale», n.
, Gennaio 986
77
Cassese A., IlcasoAchilleLauro:terrorismo,politicaedirittonellaComunitàInternazionale, cit., pag. 3
78
Romano S., Guidaallapoliticaesteraitaliana, cit., pag. 79
79
Dall’arabo “Repubblica delle masse”
80
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit., pag. 80
8
Amnesty International (a cura di), Armi:rapportosulcommerciodelle
armiitaliane, Sonda, Torino, 99, pag. 4
8
Fonti dell’OPECannualstatisticsbulletin, in el-Kikhia M.o., libya’s
Qaddafi : the politics of contradiction, University Press of Florida,
Gainsville, 997, pag.
83
Craxi B., Nell’interessedellaNazione, dichiarazioni programmatiche
alla Camera dei Deputati ed al Senato della Repubblica, 9 agosto
983, da www.fondazionecraxi.org
84
Nelle memorie stesse del Ministro, il dono di Gheddafi provocò
una situazione di imbarazzo. «[…] gli sguardi dei collaboratori del
Presidente stesso espressero meraviglia, e non compiacimento».
Andreotti G., RicordodiReagan, «30 Giorni», n. 6, Giugno 004
8
la presenza diplomatica inglese in libia sarà delegata proprio all’ambasciata italiana.
86
IoeilColonnello, Andreotti G., «Corriere della sera», 7 gennaio 98
87
Cfr. Cristofani C., in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 44
88
Cfr. Il profeta Gheddafi e la spada dell’Islam, Cavallari A., «Repubblica»,
3 novembre 984
89
«l’interscambio fra gli Stati Uniti e la libia è quasi zero, mentre i
Governi europei giudicano il boicottaggio poco utile o persino impraticabile». Gheddafi superstar?, Ronchey A., «Corriere della sera»,
gennaio 986
90
Cfr. Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annoquattordicesimo1985-1986, Franco An7
43
LapoliticaesteradiCraxi
geli, Milano, 988, pagg. 40-4
Discorso tenuto da Craxi al Senato in data aprile 986, citato in
Ibidem, pag. 3
9
Ibidem, pag. 4
93
Un editoriale del «Corriere della sera» lodò la capacità di evitare
la drammatizzazione, e la conseguente escalation di rappresaglie
e violenze, da parte di Palazzo Chigi. Lasaggezzadinonfardrammi,
Frescobaldi D., «Corriere della sera», 6 aprile 986
94
Cfr. Aliboni R. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale,annoquattordicesimo1985-1986, Franco Angeli, Milano, 988, pag. 36
9
Santoro C.M., L’ItaliaeilMediterraneo,questionidipoliticaestera, cit.,
pag. 4
96
Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, cit., pag.
4
97
Cfr. Cristofani C., in Istituto Affari Internazionali (a cura di),L’Italia
nellapoliticainternazionale,annotredicesimo1984-1985, cit., pag. 486
98
«Gheddafi paga in petrolio, e non bada al prezzo; invece l’Italia
esportava troppo». Glieuromediterranei, Ronchey A., «Corriere della
sera», 3 gennaio 98
99
Schiaffomaltese, Fabiani R., «l’espresso», 3 dicembre 984
00
Rizzo B., PerchéMaltaèrestatainOccidente, «limes», n. , 994
0
Cfr. e Maltabattecassa, «Il Mondo», settembre 986
0
Ad opporsi all’accordo del 986 fu anche il Ministro del Tesoro Giovanni Goria, il quale, preoccupato per le ripercussioni sulla
legge Finanziaria appena redatta, mosse «obiezioni di natura contabile». Ibidem
03
era infatti poco conciliabile quanto avveniva contemporaneamente in quel periodo: da una parte la politica mediatrice di Andreotti
verso il Colonnello Gheddafi, che consisteva nelle già citate intercessioni a favore di questo presso le diplomazie occidentali; da un
lato invece il ricorso a mezzi diplomatici e cospicue somme economiche per sottrarre l’Isola dall’influenza di Tripoli adducendo
motivazioni di “sicurezza” e dell’Italia, e dell’Alleanza Atlantica.
9
44
Note
NoTe Al CAPITolo QUINTo
Cfr. Isernia P., Lacooperazioneallosviluppo, Il mulino, Bologna, 99,
pagg. 00-0
Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, in Cotta M. e
Isernia P. (a cura di), Ilgigantedaipiedidiargilla, Il mulino, Bologna,
996, pag. 7
3
Ferraris l.V., Lapoliticaitalianadicooperazioneallosviluppo in Tosi l.
(a cura di), L’Italianelleorganizzazioniinternazionali, Cedam, Padova,
999, pag. 333
4
Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, cit., pag. 74
Allungheremolostivale, Flesca G., «l’espresso», aprile 984
6
Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, laterza, Roma-Bari, 996, pag. 470
7
Cfr. Santoro C.M., Lapoliticaesteradiunamediapotenza, Mulino, Bologna, 99, pag. 88
8
Isernia P., Bandieraerisorse:lapoliticaesteraneglianni’80, cit., pag. 78
9
Ibidem, pag. 77
0
Ibidem, pag. 76
Aliboni R., Il contesto internazionale e il profilo emergente della politica
italiana, «Politica internazionale», n. , Gennaio 98
Allungheremolostivale. Flesca G., «l’espresso», aprile 984
3
Amici del Terzo Mondo per finta o per davvero? Vignolo M., «Corriere
della sera», 4 settembre 984
4
LarivoltadellaFarnesina, Romano S., 9 luglio 98
lottizzarelacarestia. Jacoviello A., «Repubblica», dicembre 984
497 Giovine U., la politica estera del governo Craxi, Relazioni internazionali, n. 33-34 Settembre 983
6
Cfr. AA.VV. Cooperazioneallosviluppo:nuovefrontiereperl’impegnodell’Italia. Atti della seconda conferenza nazionale sulla cooperazione
allo sviluppo (Giugno 98), Franco Angeli, Milano, 98, pag. 47
7
Chapman S. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianella
politicainternazionale,annoquattordicesimo1985-1986, Franco Angeli,
Milano, 988, pag. 3
8
Cfr. AA.VV. Cooperazioneallosviluppo:nuovefrontiereperl’impegnodel-
4
LapoliticaesteradiCraxi
l’Italia. Atti della seconda conferenza nazionale sulla cooperazione
allo sviluppo (Giugno 98), cit., pag. 48
9
Il FAI lascia il segno. «Il Mondo». 4 novembre 986
0
Giovine U., LapoliticaesteradelgovernoCraxi, Relazioni internazionali, n. 33-34 Settembre 983
«l’Italia pretendeva di essere neutrale: amica di tutti, nemica di
nessuno. Il nostro Governo si è attenuto a una politica di rigorosa
equidistanza fra la Somalia e l’etiopia, senza sposare la causa dell’una o dell’altra parte». Calchi Novati G., IlCornod’Africanellastoria
enellapolitica, SeI, Torino, 994, pag. 63
«Per evitare litigi, PSI e DC si erano spartite le aree geografiche; in
particolare, l’etiopia toccava alla DC, la Somalia al PSI». Cervi M.,
Montanelli I., L’Italiadegliannidifango.Dal1978al1993, RCS libri
S.p.A., Milano, 997, pag. 308
3
Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, pag. 47
4
Craxi B., XlI Congresso del PSI, Replica conclusiva. Palermo, 6
aprile 98. Da www.fondazionecraxi.org
Cfr. Garofanonero. oldani T., «l’espresso», 6 ottobre 98
6
Ricattod’affari. «Il Mondo», 9 gennaio 987
7
Cfr. Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, Franco
Angeli, Milano, 986, pag. 00
8
Allungheremolostivale. Flesca G., «l’espresso», aprile 98
9
Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit., pag. 46
30
Petrucci P., IlCornod’Africa,unbilanciodisastroso. limes, n. , 997
3
«A former Somali minister testified later in Italy that ten percent
of the money had gone into the pockets of Siad Barre’s family and
cronies». Bridges P., Safirka: envoy to Somalia. American Diplomacy,
Vol. III, n. , 998
3
Ginsborg P., L’Italiadeltempopresente, einaudi, Torino, 998, pag. 40
33
Del Boca A., Una sconfitta dell’Intelligenza, Italia e Somalia, laterza,
Roma, 993, pag.
34
« The party’s new leader, Bettino Craxi, was seeking to make the
Socialists a force to be reckoned with». TheItalianConnection:How
46
Note
RomeHelpedRuinSomalia, Achtner W., «The Washington Post», 4
gennaio 993
3
Cfr. Isernia P., Bandiera e risorse: la politica estera negli anni ’80, cit.,
pag. 76
36
Cfr. Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta
sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. esame testimoniale di
Lelio Lagorio. Resoconto stenografico, seduta del 14 Settembre
00. Da www.camera.it
37
Cfr. Ferraris l.V., Manualedellapoliticaesteraitaliana1947-1993, pag. 476
38
Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, Franco Angeli, Milano, 986, pag. 498
39
Ginsborg P., L’Italiadeltempopresente, cit., pag. 40
40
Petrucci P., Mogadiscio, Nuova eri ed. Rai, Torino, 993, pag. 0
4
Tra gli esempi più citati dagli autori nelle opere qui considerate:
tre navi per la pesca industriale praticamente mai disancorate; il
complesso industriale chimico per la produzioni di fertilizzanti a
Mogadiscio, costato 00 miliardi di lire e chiuso per fallimento
dopo qualche mese dalla sua inaugurazione; la strada collegante
le cittadine di Garoa e Bosaso, nel Nord del Paese, regione abitata
prevalentemente da nomadi dediti alla pastorizia di transumanza.
4
Cfr. Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nella politica internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit.,
pag. 46
43
Come ad esempio lo stilista Nicola Trussardi, proprietario della
Casa di moda omonima, o altri esperti stipendiati per progetti (mai
attuati) di «sviluppo della linea “liquori” o “profumocosmetici” ».
Garofanonero. oldani T., «l’espresso», 6 ottobre 98
44
Presiperlafame, De Vito F., «l’espresso», 6 gennaio 986
4
Petrucci P., Mogadiscio, cit., pag. 03
46
Cfr. Camera dei Deputati, Commissione parlamentare di inchiesta
sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. esame testimoniale di
Lelio Lagorio. Resoconto stenografico, seduta del 14 Settembre
00, Da www.camera.it ed anche: CosìloStatopagavala‘ndrangheta
per smaltire i rifiuti tossici. Bocca R., «l’espresso», 9 giugno 00
47
LapoliticaesteradiCraxi
Cfr. Del Boca A., Una sconfitta dell’Intelligenza, Italia e Somalia, cit., pag. 43
Pini M., Craxi. Una vita, un’era politica, Arnoldo Mondadori ed.,
Milano, 006, pag. 640
49
Bernassola A. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaesteraitaliananegli
anniOttanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pagg. 66-67
0
Cfr. Craveri P., Storiadell’ItaliaRepubblicana,laRepubblicadal1958al
1992, UTeT, Torino, 99, pagg. 8-86
Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 0
Su tutte la Fiat e la Pirelli: per entrambi «il Brasile è [era], dopo l’Italia, il maggior mercato e il Paese su cui si concentra[va] la maggior
parte degli investimenti». Ibidem, pag.
3
Incisa di Camerana l. in Di Nolfo e. (a cura di), Lapoliticaestera
italiananeglianniOttanta, Piero lacaita, Manduria, 003, pag. 6
4
Amnesty International (a cura di), Armi: rapporto sul commercio
delle armi italiane, Sonda, Torino, 99, pag.
Dal sito dell’ambasciata italiana in Perù: www.italembperu.org.pe
6
Cfr. Altieri F. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italia
nella politica internazionale, anno quattordicesimo 98-986, cit.,
pag. 43
7
AA.VV. Cooperazione allo sviluppo: nuove frontiere per l’impegno dell’Italia. Atti della seconda conferenza nazionale sulla cooperazione allo sviluppo (Giugno 98), cit., pag. 3
8
Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 0
9
Nella suddetta visita il Presidente del PCC pressò la diplomazia
italiana per l’istituzionalizzazione ad alti livelli del dialogo tra Cina
e Paesi Cee per il disarmo e la pace. Cfr. Altieri F. in Istituto Affari
Internazionali (a cura di), L’Italia nella politica internazionale, anno
quattordicesimo 98-986, cit., pag. 438
60
Cfr. UltimotangoaPechino, Nirenstein F., «espresso», 6 novembre
986. l’autrice si soffermò soprattutto ad evidenziare il gelo tra i
due in una visita che aveva «più carattere turistico che politico».
6
Cristofani C. in Istituto Affari Internazionali (a cura di), L’Italianellapoliticainternazionale, anno tredicesimo 984-98, cit., pag. 07
47
48
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LapoliticaesteradiCraxi
IGS – Institute for Global Studies, è un think tank italiano
indipendente il cui principale scopo è quello di fornire impulso
per una ricerca analitica e di contesto di alto livello, nel settore
delle Relazioni Internazionali, degli Studi Strategici e sulla Sicurezza e dell’economia Internazionale.
la missione è quindi quella di condurre attività di ricerca ed
analisi di elevato profilo, e di offrire programmi di formazione
post-universitaria e specialistica.
l’Istituto è dichiaratamente apolitico, senza alcun orientamento ideologico o religioso, interamente privato e gestito unicamente grazie ai proventi delle attività di ricerca e didattiche,
delle donazioni e delle attività editoriali.
la visione strategica dell’Istituto è quella di proiettare le proprie attività a livello internazionale attraverso il consolidamento
di partnership ed accordi di cooperazione con Istituti ed enti
similari in Italia e all’estero, per condurre o partecipare attivamente in programmi congiunti di ricerca, analisi e didattici.
www.globalstudies.it
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Tesionline è l’unico sito italiano dedicato al recupero, all’archiviazione, alla conservazione e divulgazione delle tesi di laurea, di
dottorato, di master e di specializzazione. Dal 000 Tesionline mette
a disposizione, in formato elettronico, migliaia di documenti, che
altrimenti rischierebbero finire abbandonati su qualche mensola o
negli archivi universitari, se non addirittura andare del tutto perduti.
Diversamente, il progetto Tesionline si pone l’obiettivo di salvare
questo immenso patrimonio e di valorizzare le tesi per creare un corridoio privilegiato tra il mondo accademico e il mondo del lavoro.
ogni tesi pubblicata contiene una particella di sapere che contribuisce alla realizzazione di un grande progetto. Gli autori, infatti, inviando gratuitamente il proprio lavoro a Tesionline, possono
entrare a far parte dell’unica community dei laureati d’Italia, nonché vedersi riconosciuti i diritti d’autore per ogni copia venduta.
Una volta pubblicata su Tesionline, la tesi, quindi, non è più solo
l’epilogo della carriera universitaria, ma può diventare un elemento basilare per la futura carriera professionale.
La valorizzazione delle tesi significa anche esportare e diffondere il pensiero italiano in tutto il mondo. Dal 00, infatti, è disponibile www.tesionline.com, l’edizione del sito in lingua inglese, al quale possono accedere autori e utenti provenienti da tutto il mondo, e
dal 007, www.tesionline.ro dedicato agli studenti rumeni.
www.tesionline.it
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FinitodistamparenelmesediGennaiodel2011
peritipidellaUniversalBook,Rende(CS)
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