VOL. 12
2019
PP. 97-110
ISSN 1974-7985
https://doi.org/10.6092/ISSN.1974-7985/10263
FOCOLARI, FORNI E FORNACI TRA NEOLITICO ED ETÀ DEL FERRO
COMPRENDERE LE ATTIVITÀ DOMESTICHE E ARTIGIANALI ATTRAVERSO LO STUDIO DELLE INSTALLAZIONI
PIROTECNOLOGICHE E DEI RESIDUI DI COMBUSTIONE.
IIPP INCONTRI ANNUALI DI PREISTORIA E PROTOSTORIA 6
DIPARTIMENTO DI STORIA CULTURE CIVILTÀ, UNIVERSITÀ DI BOLOGNA, 29 MARZO 2019
STRUTTURE DI COMBUSTIONE TRA IL NEOLITICO E L’ETÀ DEL BRONZO NELLA SICILIA ORIENTALE
Orazio Palio1, Francesco Privitera2, Maria Turco3
PAROLE CHIAVE: preistoria; strutture di combustione; focolari; fosse; piastre di combustione; forni.
KEYWORDS: prehistory; firing structures; hearths; firing pits; burning plates; ovens.
RIASSUNTO
Nel contributo sono presentate le strutture di combustione di diversi siti del territorio compreso tra l’Etna e la Piana
di Catania. Sono stati presi in considerazione i siti con una prevalente valenza rituale e quelli con un carattere
sicuramente insediativo. Sono state distinte diverse tipologie di strutture di combustione: i focolari, le fosse di
combustione, le piastre di argilla concotta, le piattaforme in pietra e i forni. Per ciascun tipo si è cercato di definire,
ove possibile, la funzione e la relazione con le altre strutture dell’insediamento.
ABSTRACT
The paper deals with the study of firing structures of different sites present in the territory between Etna and the
Catania Plain. We have analyzed both sites with a prevalent ritual character and settlements and we have presented
different types of structures: hearths, firing pits, burning plates, stone platforms and ovens. In the case of
settlements, for each type of structure, we tried to define, where possible, the function and the relationship with the
other structures of the settlement.
INTRODUZIONE
Strutture di combustione sono presenti in quasi tutti i siti di età preistorica, anche se, il più delle volte, per quanto
riguarda i contesti siciliani, esse sono solo inserite nelle descrizioni, ma non presentate in dettaglio. Eccezioni
significative sono rappresentate dalla pubblicazione dei forni di Manfria da parte di P. Orlandini (ORLANDINI 1962), dal
lavoro di M.C. Martinelli sull’area nord-orientale dell’Isola (CANNIZZARO, MARTINELLI 2015) e da brevi resoconti su
singole strutture presenti in diversi siti, come per esempio il “focolare” di Pirrone sul Dirillo (DI STEFANO 1983). Nel
nostro contributo è stato preso in esame il territorio etneo e della Piana di Catania dove la presenza di strutture
pirotecnologiche, per uso domestico, artigianale, o rituale è stata registrata in diversi siti (MANISCALCO et alii cds).
L’analisi ha preso in considerazione soprattutto la dimensione spaziale degli insediamenti e l'organizzazione nella
quale tali apprestamenti sono inseriti. Sono stati esaminati anche i contesti rituali o cultuali, dove le strutture da
fuoco erano parte integrante dell’attività cerimoniale, con una funzione, quindi, diversa rispetto a quella delle aree
di insediamento, ma con caratteristiche analoghe. Peraltro in numerosi contesti i due aspetti, abitativo e rituale, non
sono sempre distinguibili.
Nella presentazione procederemo per siti e cronologia, rinviando alle conclusioni le osservazioni sulla ricorrenza
delle strutture e sulle loro associazioni.
1
Dipartimento di Scienze della Formazione, Università di Catania; e-mail: opalio@unict.it
Già responsabile del Museo Regionale di Catania; e-mail: francprivitera@gmail.com
3
Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania; e-mail: mariaturco05@gmail.com
2
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I CONTESTI RITUALI
La presenza del fuoco costituisce un elemento ricorrente ed essenziale nei contesti rituali. Essa è legata alle
caratteristiche di tale elemento, che riscalda ed illumina da una parte e distrugge e trasforma dall’altra. Nei
complessi funerari punti di fuoco sigillavano la chiusura dei sepolcri, come attesta, per esempio, la loro presenza
sulla copertura delle tombe, a partire dal Mesolitico, nella Grotta dell’Uzzo (BORGOGNINI TARLI et alii 1993; MARTINI
2006, pp. 72, 74, 79), all’Eneolitico, come a Piano Vento (CASTELLANA 1995, pp. 23, 25-26). Per le attività di
combustione sui resti dei defunti e delle offerte connesse con il rituale funerario, uno dei casi più eclatanti in Italia è
quello delle sepolture eneolitiche del Riparo Valtenesi sul lago di Garda (BARFIELD 2007); in Sicilia esse sono attestate,
per esempio, in un deposito funerario dell’età del Rame di contrada Menta, nel territorio di Milena (CL) (LA ROSA
1994, pp. 291-295, MALLEGNI et alii 1994), e in quello dell’antica età del Bronzo del Ciavolaro di Ribera (AG)
(CASTELLANA 1996, pp. 35-36)4. La medesima azione distruttrice del fuoco si riscontra nei pozzetti delle offerte
presenti in numerose necropoli dell’età del Rame, come Capaci (QUOIANI 1975), Piano Vento (CASTELLANA 1995, pp.
71-74), Camaro (BACCI, MARTINELLI 2001, pp. 169-170).
Nel nostro territorio, all’età neolitica si datano due fosse circolari di Balze Soprane di Bronte (PALIO, TURCO 2015; PALIO
et alii 2017) (Fig.1), probabilmente connesse con l’attività rituale della vicina necropoli di tombe a fossa (PRIVITERA
2012). La loro interpretazione come fosse di combustione, malgrado le perplessità suscitate dalle scarse tracce di
arrossamento sulle pareti interne delle fossette, si basava sulla presenza di abbondanti resti di bruciato negli strati di
sedimento che colmavano le due strutture, e su quella di ossa animali combuste e frammenti di vasi con evidenti
tracce di esposizione al fuoco.
Fig.1. Balze Soprane, Bronte (CT). Doppia fossa di combustione.
Balze Soprane, Bronte (CT). Double firing pit.
4
Si veda anche MALLEGNI et alii, in CASTELLANA 1996, pp. 244-267.
98
Tra i materiali erano anche diversi frammenti di vasi a pareti forate, il che potrebbe far considerare la possibilità di
attività legate alla produzione casearia. L’assenza di frammenti di argilla concotta riferibili alla copertura suggerisce
che possa essersi trattato di semplici fosse di combustione e non di forni. La particolarità tipologica delle due
fossette comunicanti si riscontra anche in diversi siti del Neolitico, sia siciliano che della penisola, come a Serra di
Cristo (Biccari, FG) (TUNZI et alii 2014), dove le fornaci bilobate presentano tuttavia differenze strutturali significative
rispetto alle nostre, tra cui le maggiori dimensioni e profondità delle due camere.
Alla fine dell’età del Rame si data un altro gruppo di fossette di piccole dimensioni scavate sul fondo roccioso della
Grotta 3 di località Marineo di Licodia Eubea (PALIO, TURCO 2018) (Fig.2). La superficie della roccia in cui esse sono
state scavate appare livellata e lavorata in diversi punti. Le fosse, almeno dieci, sono state realizzate probabilmente
in momenti diversi, visto che quelle più recenti intaccavano le più antiche; molte presentano inoltre anche tracce di
rubefazione sulle pareti. Ad esse erano associate abbondanti tracce di bruciato, cenere, carboni e frammenti di
argilla concotta, questi ultimi appartenenti probabilmente a piastre per la combustione, visibili in sezione nelle
pareti del saggio e sul fondo stesso. Un sottile livello di sedimento, con evidenti tracce di bruciato, si trovava
immediatamente sopra il livello della roccia ed era stato risparmiato durante gli scavi del 1988. Per tutte queste
evidenze si è ritenuto che almeno alcune di queste fossette fossero collegate ad attività di combustione. Nel livello
basale della sequenza stratigrafica sono stati raccolti numerosi frammenti di grandi contenitori, orci o pithoi, molti
dei quali probabilmente poggiavano direttamente sul fondo della grotta ed erano perciò in rapporto diretto con le
fossette utilizzate per la preparazione del cibo. Numerosi frammenti infatti presentano ampie chiazze di bruciato e
fanno ipotizzare, considerate anche le dimensioni, speciali modi di cottura (per esposizione indiretta alla fiamma?).
Insieme erano anche frammenti appartenenti a vasi di piccole dimensioni, adatti al consumo del cibo, alcuni anche
decorati.
Fig.2 Marineo, Licodia Eubea (CT). Grotta 3, Saggio 1988. Fosse di combustione scavate nel fondo roccioso (fotopiano S. Muratore).
Marineo, Licodia Eubea (CT). Cave 3, 1988 Excavations. Firing pits excavated in the bottom of the cave (photo S. Muratore).
Nella stessa grotta sono state identificate altre strutture di combustione, riferibili però alla media età del Bronzo
(1450-1250 a.C.). Una piccola fossa, poco profonda, delimitata da un cerchio di pietre, era un focolare (Fig.3a). Essa si
presentava colma di terra assai sottile, di colore grigio chiaro, con abbondanti residui di cenere e carboni. Tracce
carboniose erano anche visibili sulla superficie intorno alla fossa. Un secondo focolare era presso l’angolo sud-est
dello stesso saggio (Fig.3b). Era costituito da un circolo di pietre, del quale si conserva solo una parte, intorno ad una
fossa poco profonda, al cui interno erano evidenti tracce di fuoco e pietre alterate dal calore. Insieme a queste erano
anche diverse piastre di combustione (Fig.3c), ovvero superfici circoscritte di argilla concotta, che coprivano un
livello di terreno arrossato dal fuoco, spesso intorno ai 10 cm (Fig.3d). Il rinvenimento di oggetti di particolare
pregio, come vasellame da mensa, un grande bacino con anse a piastra, un pugnaletto in bronzo, suggerisce che
durante questo periodo più tardo la grotta abbia mantenuto la sua funzione cerimoniale e che anche le strutture di
combustione in essa individuate possano essere collegate con tale tipo di attività.
Nel sito di Rocchicella di Mineo, tra il Neolitico e l’età del Rame, sembra siano state svolte attività rituali nel corso
delle quali cibo e oggetti erano deposti all’interno di fosse e qui bruciati (MANISCALCO 2008, pp. 80-82; MANISCALCO
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2014): abbondanti anche i resti di carbone. Alcune di queste buche, individuate negli strati preistorici al di sotto
degli edifici di età storica, sono concentrate in un’area limitata da un grande muro che fungeva anche da
terrazzamento, separata dalla zona dove si trovava forse il villaggio di età eneolitica, ancora non individuata (Fig.4).
Anche per l’età del Bronzo Antico si è riscontrata una situazione simile: una fossa di combustione, con
caratteristiche analoghe a quelle eneolitiche si trovava in un’area distante da quella in cui erano le capanne
(MANISCALCO 2008, p. 96).
Fig.3 Marineo, Licodia Eubea (CT). Grotta 3, Scavi 2017-18, livelli della media età del Bronzo: (a) focolare; (b) focolare; (c) piastra
di combustione (fotopiano S. Arrabito); (d) sezione della piastra di combustione.
Marineo, Licodia Eubea (CT). Cave 3, 2017-18 Excavations; Middle Bronze Age layers: (a-b) Hearths; (c) burning plate (photo S.
Arrabito); (d) vertical section of the burning plate.
Fig.4. Rocchicella, Mineo (CT). Fosse di combustione della tarda età del Rame (da MANISCALCO 2014, fig. 4).
Rocchicella, Mineo (CT). Late Copper Age firing pits (after MANISCALCO 2014, fig. 4).
100
I CONTESTI DI ABITATO
Nei contesti di abitato, le strutture di combustione, nella maggior parte dei casi, sembrano legate allo svolgimento
di attività comunitarie, spesso non collegate direttamente alle singole abitazioni, almeno fino al Bronzo Antico.
A Licodia Eubea, nell’insediamento di via Capuana datato al Neolitico Tardo, è stato indagato il settore artigianale
specializzato nella lavorazione della selce (PALIO 2012; BRACCHITTA 2018); qui sono state rinvenute numerose strutture
di combustione, soprattutto piani di argilla concotta posti attorno ad un’ampia superficie acciottolata e limitata da
pietre (Fig. 5). Presso l’estremità meridionale dell’area scavata è stato portato alla luce un apprestamento di forma
irregolarmente ovale, delle dimensioni di 2,40 m di lunghezza per 1,55 m di larghezza. Si presenta come un
accumulo di pietre di piccole e medie dimensioni, limitate al margine da un allineamento di pietre poste
ordinatamente e in qualche punto, come sul lato nord, disposte su due filari. La terra tra le pietre era di colore scuro,
con abbondanti tracce di carbone e molte ossa animali, anche combuste. Inoltre la superficie attorno era annerita in
più punti e su questa giacevano numerosi e minuscoli frustuli carboniosi, dispersi durante l’attività pirotecnologica.
Fig.5. Licodia Eubea (CT), via Capuana. Planimetria della piattaforma in pietra del Neolitico Tardo (Archivio della Soprintendenza
per i beni culturali e ambientali di Catania).
Licodia Eubea (CT), via Capuana. Plan of the Late Neolithic stone platform (Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di
Catania Archive).
Si tratta di una piattaforma di combustione in cui le pietre fungevano da conduttori di calore una volta riscaldate da
fuochi accesi sopra o vicino ad esse. Numerosi focolari, caratterizzati da cerchi di pietre, con cenere e terra bruciata
all’interno, insieme a piastre di argilla concotta, erano sparsi su tutta l’area scavata (Fig.6). Malgrado l’assenza
apparente di strutture abitative, che dovevano trovarsi nelle vicinanze, in un’area non indagata, i numerosi
apprestamenti per la combustione, dalle superfici di argilla concotta, ai focolari, alla piattaforma di combustione in
pietra, dovevano essere utilizzati per la preparazione del cibo della comunità che operava nel sito, piuttosto che per
attività artigianali. L’analisi dei reperti in selce, infatti, non ha riscontrato la presenza di segni di riscaldamento dei
nuclei per la produzione di strumenti.
101
Fig.6. Licodia Eubea (CT), via Capuana. Planimetria generale del sito tardo-neolitico con l’indicazione dei punti di fuoco
(Archivio della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania).
Licodia Eubea (CT), via Capuana. Plan of the Late Neolithic Site with position of the firing structures (Soprintendenza per i beni
culturali e ambientali di Catania Archive).
Le fosse di combustione rappresentano uno dei tipi più attestati nei contesti abitativi, forse anche per la loro facile
riconoscibilità. Riguardo alle nostre ricerche, un esempio importante è costituito dal villaggio dell’antica età del
Bronzo di località Calderone, vicino Raddusa (PRIVITERA 2001-02). Le fosse erano collocate in un’area probabilmente
separata da quella abitativa, non individuata. Sono state ritrovate due piccole fosse circolari (un metro circa di
diametro), in due saggi diversi e vicini (C ed H); erano entrambe poco profonde e colme di cenere e terra con
abbondanti frustuli carboniosi. Nel riempimento della fossetta del Saggio C furono recuperati, insieme a numerosi
frammenti ceramici, anche scarsi resti di argilla concotta, forse parte di una copertura o del rivestimento (Fig.7a). Nel
Saggio H, furono individuate almeno tre fossette, solo una delle quali fu indagata (Fig.7b); al suo interno era terra
con tracce di bruciato e carboni; la superficie si presentava come una chiazza di terreno combusto e indurito. È
probabile che il fuoco fosse stato acceso proprio sulla sommità della fossa. Le altre due strutture non scavate erano
nelle immediate vicinanze. Tracce di carbone furono notate su tutta la superficie dell’area e vicino alle fosse furono
raccolti numerosi vasi in frammenti, soprattutto coppe su piede e vasi per bere (PUGLISI 2018). Le fosse erano
all’interno di un’area limitata da resti murari, purtroppo di non facile lettura, e sembrava essere stata protetta anche
da una sorta di paravento di materiale vegetale, poi bruciato, del quale rimaneva una traccia nerastra rettilinea
all’interno del saggio H.
Nei villaggi dell’antica età del Bronzo di S. Febronia di Palagonia e Torricella di Ramacca le strutture di combustione
presenti sono soprattutto piastre di argilla. In entrambi i casi esse sono poste all’esterno delle capanne e in aree
chiuse da muri.
Il villaggio di S. Febronia è situato su un pianoro dominante la Piana di Catania, sul cui pendio è posta la necropoli di
tombe a grotticella artificiale (MANISCALCO 1993-94; 1997-98). Lo scavo ha interessato due aree, la prima in cui era
presente una capanna circolare, la seconda, invece, priva di strutture, ma con tre grandi piastre in terracotta (Fig.8).
Dalla stessa area provengono abbondanti resti di animali e tracce di attività artigianali, tra le quali, forse, anche la
metallurgia, come attesterebbero due forme di fusione però non utilizzate (MANISCALCO 2000). Sempre nell’area del
villaggio, in corrispondenza della cinta muraria che lo chiudeva a sud, era una fossa circolare di circa 1 m di
diametro, poco profonda, con rivestimento in argilla e tracce di bruciato sul fondo. All’interno fu raccolta una
significativa quantità di semi di favino, cosa che potrebbe suggerire essersi trattato di una struttura per essiccare o
per tostare (MANISCALCO 1993-94) (Fig.9).
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Fig.7. Calderone, Raddusa (CT). Fosse di combustione: (a) dal saggio C; (b) dal saggio H (Archivio della Soprintendenza per i beni
culturali e ambientali di Catania).
Calderone, Raddusa (CT). Firing Pits: (a) Trench C; (b) Trench H (Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania
Archive).
Fig.8. Coste di S. Febronia, Palagonia (CT). Piastre di combustione del villaggio dell’antica età del Bronzo (Foto di L. Maniscalco,
Archivio della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania)
Coste di S. Febronia, Palagonia (CT). Combustion plates in the Early Bronze Age settlement (Photo L. Maniscalco,
Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania Archive).
103
Fig.9. Coste di S. Febronia, Palagonia (CT). Fossa di combustione presso la cinta di fortificazione del villaggio dell’antica età del
Bronzo (Foto di L. Maniscalco, archivio della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania)
Coste di S. Febronia, Palagonia (CT). Firing pit near the fortifications of the Early Bronze Age settlement (photo L. Maniscalco,
Soprintendenza per i beni culturali e ambientali di Catania Archive).
Il villaggio di Torricella di Ramacca, poco distante, presentava una complessa organizzazione interna, con muri che
separavano diversi settori dell’abitato, insieme a piccole strutture a pianta circolare, interpretate come capanne . In
prossimità dei muri sono state rinvenute diverse piastre (definite dagli scavatori “battuti”), che hanno restituito
chiari segni di attività di combustione (cenere, carbone, tracce di bruciato nel sedimento) (FRASCA et alii 1975, p. 561,
fig. 7; pp. 579-580, figg. 34, 36). I resti di un punto di fuoco, stratigraficamente appartenente ad una fase più antica
del villaggio, consistevano in una piastra di combustione con tracce abbondanti di carbone e terreno bruciato
(FRASCA et alii 1975, p. 583, fig. 41).
Nel sito di S. Marco di Paternò la fase del Bronzo Antico è caratterizzata da una struttura in pietra ad andamento
curvilineo, probabilmente parte di una costruzione a pianta circolare interpretabile come un recinto (MANISCALCO
2012, p. 28). Una piastra di argilla concotta si trova in prossimità della faccia interna del muro del recinto, in una
posizione simile, quindi, alle piastre scavate a Torricella. L’associazione piastre di combustione e strutture di
recinzione databili al Bronzo Antico la ritroviamo anche nel villaggio di Madre Chiesa di Gaffe (AG) (CASTELLANA 2000,
p. 83) e, in un contesto assai più monumentale, nei recinti del santuario di Monte Grande (CASTELLANA 1998, p. 54,
figg. 33-34), dove è stata rilevata la presenza abbondante di ossa di ovicaprini nelle immediate vicinanze.
A Valcorrente di Belpasso sono state messe in luce strutture di combustione di tipologia varia, tra cui i resti, non ben
conservati, di almeno cinque forni, indicati dalla presenza di aree di accumulo di frammenti della copertura e di
terreno con evidenti tracce di combustione. Interessano soprattutto la prima fase dell’insediamento del Bronzo
Antico (2300-2200 a.C.) e sono stati costruiti in relazione a grandi strutture murarie che formavano dei recinti
circolari, simili a quello del sito di S. Marco di Paternò. Due forni circolari furono individuati nel settore occidentale
dell’area indagata (Fig.10a), in una zona aperta immediatamente all’esterno di uno dei recinti; altri tre, uno circolare,
gli altri due di forma ellittica (Fig.10b), erano nel settore orientale, a circa 80 m dai primi, questa volta posti
all’interno di uno dei recinti. I tre forni circolari avevano probabilmente una copertura a cupola.
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Fig.10. Valcorrente, Belpasso (CT). Forni del villaggio dell’antica età del Bronzo.
Valcorrente, Belpasso (CT). Early Bronze Age ovens.
Quelli a pianta ellittica, invece, presentavano il perimetro delimitato da pietre e probabilmente una copertura a
volta; uno aveva una stretta imboccatura all'estremità. La presenza, nell’area in cui furono costruiti e utilizzati i forni,
di strumenti come macine, pestelli e trituratori insieme a ossa animali, indica che tali spazi erano destinati alla
preparazione e alla cottura di alimenti sia a base di farine, sia di carne, e anche al loro consumo. Attorno alle
strutture che abbiamo definito recinti erano ampie aree aperte: in una di queste, una piccola fossa conteneva i resti
di un ciocco di olea europea (Fig.11). Dall’analisi degli antracoresti si è dedotta una possibile temperatura di
combustione intorno ai 600°C, “compatibile con una struttura di combustione semplice”5. Le condizioni di
ritrovamento suggeriscono che esse siano state utilizzate solo una volta, magari in occasione delle frequentazioni
stagionali, considerata anche la sequenza stratigrafica del sito. Non sono emerse, infatti, tracce di riutilizzazione.
Fig.11. Valcorrente, Belpasso (CT). Resti carbonizzati di un ciocco di olea europea in una fossa di combustione; antica età del Bronzo.
Valcorrente, Belpasso (CT). Early Bronze Age firing pit with burnt remains of olea europea.
5
Relazione tecnica del 2012 sulle analisi paleobotaniche dei campioni del sito di Valcorrente di C. D'ORONZO, del Laboratorio di
Archeobotanica e Paleoecologia, Università del Salento.
105
Nel settore orientale dell'area di scavo, collegate alle attività in cui erano usati i forni, erano due piastre di argilla
concotta (Fig.12), anche queste, probabilmente, utilizzate per la cottura, come testimonia il terreno fortemente
arrossato al di sotto di esse. Una era posta a ridosso della faccia interna del recinto, come a S. Marco di Paternò e
Torricella di Ramacca.
Fig.12. Valcorrente, Belpasso (CT). Piastra di combustione; antica età del Bronzo.
Valcorrente, Belpasso (CT). Early Bronze Age firing plate.
Una piattaforma ovale di circa 2 metri di lunghezza, costituita da pietre inzeppate l’una con l’altra, presentava
abbondanti tracce di bruciato, come frustuli di carbone e terreno annerito, e conteneva frammenti di contenitori di
dimensioni medio-grandi. Da questi elementi potremmo dedurre che possa avere avuto una funzione
pirotecnologica.
Per le fasi più recenti dell'età del Bronzo, nell’area oggetto della nostra indagine, possiamo fare riferimento ad un
numero assai limitato di siti.
Una piastra di combustione è stata individuata a Monte S. Paolillo di Catania, sito datato al Bronzo Medio. Essa era di
piccole dimensioni e di forma irregolarmente circolare, posta all’interno di una capanna. Si tratta di una superficie di
terra, indurita e combusta, realizzata nelle vicinanze di una fossa circondata da pietre, la cui funzione non è stata
specificata (TANASI 2010).
Nel sito di Santa Caterina di Paternò (MANISCALCO, TERRANOVA 2012), datato alla tarda età del Bronzo, è stata scavata
solo una piccola parte dell’insediamento, che ha restituito piastre di argilla concotta insieme ad abbondanti residui
di combustione e a resti di macellazione (Fig.13). Nella stessa area, inoltre, fu recuperata anche una forma di fusione
in pietra.
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Fig.13. S. Caterina, Paternò (CT). Area artigianale con resti di attività di combustione (da MANISCALCO 2012, p. 53).
S. Caterina, Paternò (CT). Working area with remains of combustion activities (after MANISCALCO 2012, p. 53).
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Nei diversi siti considerati, a carattere sia abitativo, sia rituale, sono state riconosciute strutture di combustione di
tipologia e di uso diverso: i focolari, le fosse, le piastre, le piattaforme di pietre e i forni. I diversi tipi non sembrano
avere una caratterizzazione cronologica, ma sono presenti in tutte le età, anche se va rilevata la scarsità della
documentazione relativa alle fasi più recenti dell'età del Bronzo.
I focolari sono punti di fuoco delimitati da pietre che ne evitano la dispersione. Quelli della Grotta 3 di Marineo di
Licodia Eubea presentano una superficie interna leggermente infossata e tracce di carbone attorno ad essi. Strutture
simili sono anche nell’insediamento neolitico di via Capuana di Licodia Eubea, in qualche caso in apparente
rapporto con le piastre di combustione. Focolari circondati da pietre, in un contesto dell’età del Rame, erano
presenti nella sala d’ingresso della Grotta Zubbia di Palma di Montechiaro (ORSI 1928, pp. 58-61).
Le fosse sembrano caratteristiche dei complessi di tipo rituale, particolarmente durante l’età del Rame e la prima età
del Bronzo (Rocchicella, Marineo di Licodia Eubea, Raddusa, S. Febronia), anche se esistono esempi di età Neolitica
(a Balze Soprane). Fosse sacrificali simili a quelle di Rocchicella e di Raddusa sono state scavate a Piano Vento, in
connessione con le tombe della prima età del Rame e collegate alle attività rituali che si svolgevano nella necropoli.
Come è noto, le fosse sono state trovate colme di frammenti ceramici e resti di pasto, sotto forma di ossa combuste
di ovicaprini, insieme a abbondanti ceneri (CASTELLANA 1995, pp. 67-80). Sempre nell’area della necropoli di Piano
Vento furono individuati dei recinti al cui interno erano diverse fosse, interpretate dallo scavatore come bothroi
sacrificali ma che, vista la presenza di abbondanti tracce di fuoco, possono bene essere considerate fosse di
combustione (CASTELLANA 1995, pp. 71-74). La loro presenza all’interno di aree recintate, come detto, è riscontrata a
Rocchicella per l’età del Rame e per il Bronzo Antico, e a Raddusa per il Bronzo Antico.
Le piastre di argilla concotta sono senz’altro il tipo maggiormente diffuso, sia nei contesti rituali (Marineo di Licodia
Eubea), sia in quelli abitativi; tali strutture possono avere forma e dimensioni diverse, e il loro spessore può variare
dai 10 ai 20 cm. In numerosi siti della fase castellucciana, le piastre sono state trovate in associazione con grandi
strutture di recinzione, per esempio a Valcorrente, Torricella e S. Marco, e fuori dalla nostra area anche a Madre
Chiesa e a Monte Grande. La loro funzione si standardizza come elemento dell’arredo interno delle capanne dalla
media età del Bronzo, quando assume forma (circolare) e misure standardizzate.
Assai meno attestate sono le piattaforme in pietra (Licodia Eubea, Neolitico Tardo; Valcorrente, Bronzo Antico),
essendo esse meno riconoscibili e probabilmente legate ad attività di tipo artigianale piuttosto che
107
domestico/abitativo6. In questa tipologia rientrano una struttura del Neolitico Tardo individuata nel villaggio di
località Pirrone, nel Ragusano (DI STEFANO 1983; CANNIZZARO, MARTINELLI, MUNTONI 2017, p. 53) e un’altra nel saggio di
proprietà Lavore, descritta dallo scavatore come un cumulo di pietre, con abbondanti tracce di bruciato e carboni
sia tra le pietre, sia sulla superficie attorno alla struttura, e ossa animali, anche combuste (ORLANDINI 1962, pp. 68-69).
Un altro esempio di struttura di combustione o focolare formato da livelli di pietre sovrapposte si trova negli strati
mesolitici della grotta del Santuario della Madonna di Praia a Mare (FIORE et alii 2016, pp. 200, 210).
A parte devono essere considerati i forni, finora riconosciuti solo a Valcorrente, mentre sembrerebbero mancare nei
contesti rituali, anche se ciò può essere dovuto alla mancanza di documentazione. Contrariamente alla tipologia più
diffusa dei forni a struttura infossata, come per esempio le fornaci di Manfria (ORLANDINI 1962), i forni da noi descritti
sembrerebbero piuttosto costruiti in piano, in qualche caso con un perimetro di pietre a delimitazione e sostegno
della struttura. Unica eccezione un forno in uno dei saggi del settore occidentale, costituito da una piccola fossa
almeno in parte foderata con frammenti ceramici e circoscritta da pietre, con una copertura in concotto. La
presenza di numerosi forni nello stesso sito può essere messa in relazione con la sua stagionalità. La posizione delle
strutture di combustione collegate ad attività culinarie, in aree libere da abitazioni, sembrerebbe collocare, inoltre,
la preparazione e il consumo del cibo tra le attività a carattere comunitario e quindi alla possibile condivisione delle
risorse alimentari.
In assenza, finora, di analisi archeometriche, non è stato possibile distinguere tra forni e fornaci, a seconda che siano
stati utilizzati per la preparazione di cibo o per uso artigianale.
Il collegamento tra strutture di combustione ed attività artigianali sembrerebbe attestato, in relazione con la
metallurgia, a S. Caterina di Paternò, dove la presenza di una forma di fusione vicino ad una piastra potrebbe
suggerire l’esistenza di attività metallurgica. Situazione analoga si riscontra, per il Bronzo Antico, anche a Camuti di
Mineo (MANISCALCO 2000, p. 159) e a S. Febronia, anche se, come si è osservato più sopra, in questo secondo sito le
due forme non sembrano essere mai state usate. Malgrado ciò l’area in cui esse sono state rinvenute sembra essere
stata interessata dallo svolgimento di attività produttive, come l’industria litica e la macellazione (MANISCALCO 199798, pp. 154-157).
Un’ultima osservazione riguarda la posizione delle strutture di combustione all’interno dell’insediamento. Dal
Neolitico fino al Bronzo Antico, esse sembrano essere separate dal settore abitativo o comunque esterne alle
capanne. Nell’area oggetto del presente lavoro un’eccezione sembra rappresentata, tuttavia, dal villaggio di Camuti
di Mineo, dove una piastra era posta all’interno di una capanna. Anche a Manfria le capanne 1, 8 e 9 avevano piastre
al loro interno e, secondo lo scavatore, avevano la funzione di focolare (ORLANDINI 1962, p. 40) e strutture di
combustione si trovavano anche all’interno delle capanne dell’abitato di Case Bastione di Villarosa (EN)7. La
presenza di punti di fuoco all'interno delle abitazioni sembra diventare invece la norma dal Bronzo Medio in poi.
Piastre circolari al centro delle capanne sono in numerosi insediamenti del Bronzo Medio, come Thapsos (VOZA
1973, p. 140), Madre Chiesa (CASTELLANA 2000, pp. 89, 106)8, Erbe Bianche di Campobello di Mazara (INGOGLIA,
NICOLETTI, TUSA 2012), Mozia (NIGRO 2016, p. 343) e del Bronzo Recente, come Sabucina (CL) (PANVINI et alii 2008) e
Mokarta di Salemi (NICOLETTI, TUSA 2012, p. 908).
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6
Un breve riferimento a strutture di combustione costituite da cumuli di pietre o ciottoli è in BORGNA, CORAZZA, MARCHESINI 2019, p.
40.
7
Nel caso della capanna 1 di Case Bastione, nella parte centrale del pavimento, riferibile alla fase più antica della capanna, era
una piastra di combustione, vicino alla quale giacevano numerosi pesi da telaio e fuseruole, mentre sul pavimento dell’ultima
fase era un focolare al centro e un forno nella zona dell’abside. Due punti di fuoco erano anche sul pavimento della vicina
capanna 4. Un secondo forno era anche nell’area esterna vicina alle due capanne (GIANNITRAPANI et alii 2014, pp. 189-191).
8
A Madre Chiesa, nel corso della prima campagna di scavo (1986), una piastra circolare fu recuperata anche nello spazio esterno
alla capanna 1: CASTELLANA 2000, p. 68.
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