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Annastella Carrino

2020, La carestia napoletana del 1764-64: sguardi incrociati introduzione)

Fra il 1763 e il 1764 il regno di Napoli viene colpito da una carestia molto grave, che la storiografia ha letto sostanzialmente in chiave di scontro fra "vecchi" poteri ur-bani e "nuovi" poteri statali, incarnati dalla figura di Tanucci. Nei saggi qui raccolti, si propone una lettura a più voci del fenomeno, osservato da punti di vista istituzionali, geografici e documentari diversi, per dare corpo a un'indagine multifocale e integrata che ne restituisca tutta la complessità. Parole chiave: XVIII secolo, carestia, consoli e mercanti, corti borboniche The Neapolitan famine on 1763-64: transversal perspectives Between 1763 and 1764 the kingdom of Naples was hit by a very serious famine, which historiography has read substantially as a clash between "old" urban powers and "new" state powers. The essays collected here propose a multi-voiced reading of the phenomenon, observed from different institutional, geographical and documentary points of view, in order to give substance to a multifocal and integrated investigation that restores its complexity.

La carestia napoletana del 1763-64: sguardi incrociati* a cura di Annastella Carrino Fra il 1763 e il 1764 il regno di Napoli viene colpito da una carestia molto grave, che la storiografia ha letto sostanzialmente in chiave di scontro fra “vecchi” poteri urbani e “nuovi” poteri statali, incarnati dalla figura di Tanucci. Nei saggi qui raccolti, si propone una lettura a più voci del fenomeno, osservato da punti di vista istituzionali, geografici e documentari diversi, per dare corpo a un’indagine multifocale e integrata che ne restituisca tutta la complessità. Parole chiave: XVIII secolo, carestia, consoli e mercanti, corti borboniche The Neapolitan famine on 1763-64: transversal perspectives Between 1763 and 1764 the kingdom of Naples was hit by a very serious famine, which historiography has read substantially as a clash between “old” urban powers and “new” state powers. The essays collected here propose a multi-voiced reading of the phenomenon, observed from different institutional, geographical and documentary points of view, in order to give substance to a multifocal and integrated investigation that restores its complexity. Key words: 18th century, famine, consuls and merchants, the Bourbon courts Fra il 1763 e il 1764 il regno di Napoli viene colpito da una carestia molto grave, che mette a nudo le criticità della sua stagione riformistica. Per approvvigionare il Regno e la sua capitale, la Reggenza va a «mendica[re] a tutte le porte d’Europa»1, a Genova e Livorno, a Londra, a Barcellona, a Trieste e a Marsiglia. Si tratta di uno degli episodi più clamorosi della fame urbana di antico regime. Nella storiografia è stata rappresentata come un’occasione del lungo Saggio proposto alla redazione il 7 gennaio 2019, accettato il 24 dicembre 2019. Annastella Carrino insegna Storia moderna presso l’Università degli studi di Bari - annastella.carrino@uniba.it. * Questa ricerca è stata condotta nel quadro del PRIN 2015 NMSJAZ, Alla ricerca del «negoziante patriota». Mercantilismi, moralità economiche e mercanti dell’Europa mediterranea (secoli XVII-XIX), P.I. Biagio Salvemini. 1. Tanucci a Galiani, 28.4.1764, in B. Tanucci, Epistolario, 1764, vol. XIII a cura di M. Barrio, Napoli, Società Napoletana di Storia Patria, 1994. Società e storia n. 168 2020, Issn 0391-6987, Issn-e 1972-5515 DOI: 10.3280/SS2020-168001 Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. 230 A. Carrino scontro fra poteri statali (incarnati dal governo napoletano nel suo ruolo “modernizzatore”) e poteri urbani (reputati oramai obsolescenti)2, che sbocca nella definitiva emarginazione della città come “corpo” intermedio dotato di giurisdizioni, fra cui l’Annona in posizione preminente. Bernardo Tanucci figura come l’eroe del campo dello statalismo progressista: la fame del 1763-64 gli offrirebbe un’occasione per sottrarre funzioni e potere al “corpo” urbano napoletano a favore dello Stato amministrativo, destinato nell’ottocento a garantire il commercio granario, per poi lasciarlo ai giochi del libero mercato. Il nostro tentativo è stato quello, da un lato, di andare oltre l’immagine del conflitto politico ed economico ordinato per posizioni ideologiche progressiste-stataliste contrapposte a quelle passatiste-corporative, ricostruendone la complessità, prodotta da una «coralità di attori istituzionali» e da una «conflittualità trasversale» (Clemente). Dall’altro, di non guardare alla carestia come luogo in cui l’economia regolata e le istituzioni dell’ultimo antico regime si rivelano nelle loro debolezze, e indagare invece, a partire da una situazione eccezionale, il funzionamento concreto dei meccanismi istituzionali nel quadro delle trasformazioni settecentesche; il rapporto fra apparati e gruppi sociali; i modi di produzione normativa; la pluralità di soggetti in campo, tutti, in misura variabile, «attori anfibi che con le loro pratiche si muovono con modalità mai semplici e con identità dense e vischiose» (Andreozzi); «attori “pubblici” e attori “privati”, che agiscono secondo finalità non sempre meccanicamente riconducibili ai rispettivi ruoli» (Clemente). Di mostrare, in particolare, che il momento di crisi acuta sbalza in primo piano figure generalmente poco visibili, con le loro pratiche e strategie, come gli “individui”: Tanucci, nella sua veste tanto istituzionale che privata; i mercanti, con le loro pretese di assumere profili pubblici; i consoli, caricati di funzioni che eccedono la loro carica; i ministri, gli ambasciatori, i procuratori. Di sottolineare come l’emergenza «non solo non configura affatto un intervento istituzionale invasivo che limita i margini di azione» dei soggetti privati, «ma al contrario li moltiplica» (Clemente). In questo contesto, assumono nuova legittimità figure privatistiche che lo Stato pretende di collocare all’interno di una “morale patriottica”3 e che, per ragioni che vanno ben oltre un oculato opportunismo, la fanno propria, ognuno a suo modo: (a Napoli, Giovanni Columbo, Carmine Ventapane, Pietro Lignola, Antonio Spinelli; a Trieste, Mattio Pirona, Pasquale Ricci, la compagnia Brentani, Cimaroli, Venino, il console Hentzel; a Marsiglia, le compagnie Descamps, Duguiès frères & Fraisse, Trial & Fabre, il console Hombrados). Ma si tratta di una morale ardua da elaborare, vista la pluralità di soggetti e di interessi in campo; e difficile da tradurre in pratica, perché la sua attuazione viene impacciata da una pletora di istituti dal persistente carattere barocco: 2. Cfr. A. Clemente infra 3. Cfr. sul concetto di moralità mercantile e le sue declinazioni nell’Europa settecentesca, Moralités marchandes dans l’Europe méditerranéenne au XVIIIe siècle: institutions, appartenances, pratiques, a cura di G. Buti, Ch. Denis-Delacour, O. Raveux, B. Salvemini, numero monografico di «Rives Méditerranéennes», 49, 2014. Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. La carestia napoletana del 1763-64: sguardi incrociati 231 quei “corpi” (la città di Napoli, gli Eletti, l’Annona, e la Chambre de commerce di Marsiglia) che non sembrano aver perso vigore, né essere divenuti docili a rivestire ruoli secondari, a vantaggio di uno Stato capace di piallare le asperità e i particolarismi del suo spazio giurisdizionale; uno Stato che vuole parlare il linguaggio normativo e procedurale, ma che spesso finisce per contraddire se stesso. Emblematica, a tal proposito, è la stessa figura di Tanucci, che agisce tanto da ministro che da soggetto privato; che prima sostiene i consoli Hentzel e Hombrados, rispettivamente a Trieste e Marsiglia, e poi li accusa di essere in combutta con i mercanti di quelle piazze; che si affida ai mercanti napoletani, non meno ambigui di quelli triestini e marsigliesi; che cerca faticosamente di tenere l’affare segreto e, quando non è più possibile, prova a classificarlo e trattarlo come mercantile, nel tentativo, anche questo vano, di scongiurare tensioni diplomatiche. Fra i soggetti in campo figura anche il mercato, che non è mero luogo di calcolo e di garanzia del rispetto dei contratti, ma un’arena in cui gli attori usano la complessità istituzionale, mobilitando reti, capacità di posizionamento, saperi sia economici che giuridici. Al conflitto interno fra le istituzioni, per affermare ruoli e preminenze, si intreccia una partita più grande – del “commercio attivo” – fondata su moralità mercantili oscillanti, contraddittoriamente, fra produzione di retoriche patriottiche, self interest e moral hazard. Dunque, i luoghi, i piani e le modalità decisionali appaiono molteplici; la partita, apparentemente giocata tutta sul terreno pubblico, si snoda a scale diverse, passando in buona parte dall’azione e dalle scelte di attori riottosi a fare la parte che viene loro assegnata. E, d’altro canto, tracima dai confini degli Stati. La carestia napoletana colloca in relazione strettissima le grandi monarchie dell’Europa settecentesca e i loro apparati; mette in luce il fatto che le macchine dello Stato, così come i rapporti fra istituzioni e soggetti, non sono statualmente stagni, e permette di sorprenderli nel loro funzionamento fattuale, in uno scenario in cui ci si guarda e ci si condiziona a vicenda: non si capisce Napoli senza Trieste, Trieste senza Napoli, e così Marsiglia. Si impone, con i suoi balbettii e le sue urgenze, un diritto internazionale non definito statutariamente, dato non che si tratta solo – come avrebbe dovuto essere – di decidere su questioni giuridiche che implichino i singoli mercanti (secondo la vecchia tradizione della lex mercatoria), ma anche sul comportamento di Stati, legati da rapporti e relazioni non sempre stabili o codificate, chiamati a rispondere non con le armi e le logiche della guerra o della diplomazia, ma davanti a giudici eccezionali, collocati in una condizione di extraterritorialità. I rapporti fra le corti borboniche, da un lato (basti pensare al Patto di famiglia e alle sue implicazioni), e quelli fra Napoli e Vienna, dall’altro, appaiono costantemente in bilico, fra dichiarazioni di amicizia e di affetto, malumori e ripicche. Sulla base di uno straordinario accumulo documentario che accompagna e orienta i mesi cruciali della carestia e gli anni lungo i quali si trascinano le sue conseguenze, il nostro obiettivo è stato quello di osservare questo groviglio di Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento. 232 A. Carrino questioni da punti di vista istituzionali, geografici e documentari diversi – da Napoli, da Marsiglia, da Trieste – per dare corpo a un’indagine multifocale e integrata. Si tratta di letture condotte autonomamente, ma che inevitabilmente – quasi involontariamente – si incrociano, rimandano l’una all’altra, condividono gli stessi attori e propongono dinamiche simili. Vista da una sola prospettiva, la questione si presenta irrimediabilmente opaca. Copyright © FrancoAngeli N.B: Copia ad uso personale. È vietata la riproduzione (totale o parziale) dell’opera con qualsiasi mezzo effettuata e la sua messa a disposizione di terzi, sia in forma gratuita sia a pagamento.