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Goethe & company Collana di studi germanistici e comparati 11 Il nome della collana già contiene il suo programma: non solo vuole diffondere, esplorare, passare al vaglio critico la letteratura di lingua tedesca, ma si prefigge anche di aprirsi al mondo, seguendo in questo il cosmopolitismo dello stesso Goethe, che disse a Eckermann: «Letteratura nazionale, oggigiorno, vuol dire poco. È giunto il momento di una letteratura universale». E infatti, la “compagnia” di Goethe era composta da autori di tanti paesi e, se vivesse oggi, ne siamo convinti, comprenderebbe non poche scrittrici. A ciò corrisponde l’inclusione dei gender studies e degli studi comparati fra le priorità di questa collana. GOETHE & COMPANY COLLANA DI STUDI GERMANISTICI E COMPARATI fondatori UTA TREDER (†) e HERMANN DOROWIN diretta da HERMANN DOROWIN SEZIONI Testi Saggi critici Letteratura tedesca e letteratura comparata Letteratura tedesca e gender studies COMITATO SCIENTIFICO Fabrizio Cambi (Università di Trento) Maria Teresa Fancelli (Università di Firenze) Maria Carolina Foi (Università di Trieste) Antonella Gargano (Università di Roma “La Sapienza”) Hans Höller (Universität Salzburg) Claudio Magris (Università di Trieste) Riccardo Morello (Università di Torino) Rita Svandrlik (Università di Firenze) Leonardo Tofi (Università di Perugia) *** Questo volume è peer-reviewed. Ulteriori informazioni su www.morlacchilibri.com La sfuggente logica dell’anima Il sogno in letteratura Studi in memoria di Uta Treder a cura di Hermann Dorowin, Rita Svandrlik, Leonardo Tofi Morlacchi Editore U.P. In copertina: Kiki Franceschi, Autoritratto, tecnica mista su carta. Volume realizzato con il contributo di Regione Umbria I ed.: dicembre 2014 ISBN: 978-88-6074-649-8 Copertina: Agnese Tomassetti Impaginazione: Jessica Cardaioli Copyright © 2014 by Morlacchi Editore, Perugia. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la copia fotostatica, non autorizzata. Finito di stampare nel mese di settembre 2014 dalla tipografia “Digital print-service”, Segrate (MI). www.morlacchilibri.com/universitypress | mail to: ufficiostampa@morlacchilibri.com INDICE Premessa dei curatori 9 *** Saggi Claudio Magris Per Uta 17 Gian Luca Grassigli Svegliarsi uomo. Perpetua, Atteone, Chiara d’Assisi e il sogno come luogo di ridefinizione identitaria 23 Mariangela Miotti Il primo sogno nella tragedia francese: Jephté ou le voeu 33 Rosanna Camerlingo «To sleep, perchance to dream». Sogno e sonno in Shakespeare 43 Jelena Reinhardt Max Reinhardt e Shakespeare tra Europa e America: Sogno di una notte di mezza estate a teatro e al cinema 53 Marie-Luise Wandruszka Lessing: due sogni e una fantasia 65 Maria Carolina Foi Sonni salutari, incubi spaventosi e sogni ad occhi aperti. Con una nota su Schiller e la fantasia 77 Jörn Albrecht Rede des toten Christus vom Weltengebäude herab, daß kein Gott sei: Traum oder Alptraum? Eine Frage an Mme de Staël (und an alle Übersetzer) 87 Leonardo Tofi «Canta come nessuno prima di te, come nessuno dopo di te!»: Shakespeare nella Sommernacht di Ludwig Tieck 97 Appendice. La notte d’estate. Un frammento in forma drammatica 109 Patrizio Collini Ludwig Tieck: sognare di svegliarsi 123 Riccardo Concetti Sogni in famiglia: note sul primo capitolo di Heinrich von Ofterdingen di Novalis 131 Annalisa Volpone «My dreams became the substances of my life»: Coleridge tra sogno e incubo 141 Lucia Perrone Capano «Oft in den Träumen zog sich ein Vohang». Immaginazione e sogno in Maler Nolten e Der Schatz di Eduard Mörike 153 Riccardo Morello Der Traum, ein Leben di Franz Grillparzer. «Der Mensch wurzelt im Traum» 167 Biancamaria Brumana Un sogno in Do maggiore, ossia una parodia della dimensione onirica nella Cenerentola di Rossini 179 Appendice. N. 2 – Cavatina di don Magnifico 187 Emilia Fiandra «Was sagst du zu diesem Traum?». L’abisso e il pugnale in Judith di Friedrich Hebbel 191 Anna Fattori Sogni e fantasticherie in due romanzi realistici della letteratura svizzero-tedesca: Martin Salander di Gottfried Keller e Der Gehülfe di Robert Walser 207 Giovanni Falaschi Qualche osservazione sul sogno pascoliano in due Myricae 223 Claudia Vitale «An seinem Traume hingen aller Deutung Garben»: Giuseppe il sognatore nel mondo poetico di Else Lasker-Schüler 245 Alessandro Tinterri La Torre di Hofmannsthal-Ronconi 257 Nicoletta Dacrema Sogno vince realtà? Un caso esemplare del Fin-de-siècle: Silberne Schlangen di Rilke 267 Fabrizio Cambi Il sogno nell’opera di Thomas Mann fra regressione e proiezione nel neoumanesimo 277 Helga Gallas Die Signifikantenstruktur des Traums als Modell der Literaturanalyse. Zu Franz Kafka: Der Geier 287 Lucia Borghese Un sogno di Kafka 297 Rita Calabrese Schreiben wie Film. Il sogno del cinema nella Repubblica di Weimar 307 Irmela von der Lühe Das Dritte Reich des Traums: i racconti onirici di Charlotte Beradt sotto la dittatura 317 Ernestina Pellegrini Andar per sogni, senza gerarchie 329 Giuseppe Bevilacqua Incontro con Claude David. Una pagina di diario 351 Paola Gheri Tra le pareti dei sogni. Racconto e logiche oniriche nei romanzi Die Wand e Die Mansarde di Marlen Haushofer 357 Sara Barni Cartografie del sogno: Novalis, Kubin, Mayröcker 369 Anne-Marie Lievens La realtà del sogno nella narrativa di Martín Gaite 385 Antonella Gargano I sogni di Ingeborg Bachmann 393 Hermann Dorowin «Ich... ich... ich muß geträumt haben». La poetica onirica di Barbara Frischmuth 407 Emmanuela E. Meiwes Traumzustände im Werk von Uta Treder 417 Rita Svandrlik Uta Treder tra scrittura saggistica e creativa 429 Maria Fancelli Leggere un libro con gli occhi chiusi 441 Anna Chiarloni Il volo onirico di Angela Krauss 447 *** Attività scientifica e letteraria di Uta Treder 457 Indice dei nomi 467 Note biografiche 481 Jelena Reinhardt Max Reinhardt e Shakespeare tra Europa e America: Sogno di una notte di mezza estate a teatro e al cinema […] era Ashkeit il posto da salvare; anche se non sarebbe mai potuto esistere in un altro luogo, anche se sarebbe andato in frantumi se fosse stato spostato, come capita ai sogni. Anne Michaels U ta Treder, che tanto mi ha insegnato in questi anni come germanista, recentemente mi ha dato la possibilità di vederla all’opera nelle vesti di scrittrice e di entrare così nel mondo uscito dalla sua fantasia poetica. Nel suo ultimo romanzo Die Prophetinnen, la protagonista, Clara Broders, una madre, in un vero ribaltamento di ruoli, non privo di forti conflitti, si appresta a imparare dalla figlia, Lorenza, a vedere con gli occhi della propria interiorità e a muoversi nel mondo delle immagini («Land der Bilder»). Attraverso la presenza della figlia, Clara impara finalmente a lasciar vivere quella dimensione che ha sempre portato dentro di sé tenendola però accuratamente nascosta. Le immagini che finalmente affiorano si distinguono perché mai univoche, ma sempre piene di contraddizioni e di ambiguità; alcune leggere e solari, altre buie e truci, ma pur sempre espressione del suo essere più profondo. Clara segue un percorso di crescita personale che si svolge in uno spazio incerto collocato tra sogno e realtà nel quale, per l’appunto, non è sempre possibile distinguere tra ciò che è reale e ciò che è immaginario, tanto che ad un certo punto la figlia la avverte dicendole: «Du hast die Bilder mit der Wirklichkeit verwechselt. Aber so einfach ist es nicht. Wirklich sehen lernen, das ist das Kunststück»1. 1. «Hai scambiato le immagini per la realtà. Ma non è così semplice. Imparare a vedere veramente, è questa l’opera d’arte». UTA TREDER, Die Prophetinnen, Pfalzfeld 2012, p. 47, tr. it. mia. 54 Jelena ReinhaRdt Queste sono tutte visioni che rendono, quindi, labile il confine tra sogno e realtà e che vanno ad arricchire la prospettiva individuale, permettendo di definire e di conquistare una dimensione “altra”, capace di oltrepassare i limiti apparenti dell’Io all’insegna di una grande mobilità temporale e spaziale. In questo florilegio di immagini oniriche, ne ricordo una in particolare, assolutamente perturbante, che peraltro si svolge significativamente proprio su un palcoscenico, laddove non a caso l’aspetto visivo è fondamentale. Scrive Uta Treder: Da wölbt sich die Welt, und auf einer Bühne sitzen viele Menschen um einen großen Tisch und zechen. […] Ich habe schon ganz blutige Füße, ich möchte ausruhen. Aber sobald ich mich hinsetzen will, rufen sie wieder laut nach mir, es sind die Henker und ich muss servieren bei ihrem Totenmahl. Ein Oberkellner in Livree kommt auf die Bühne. Er trägt ein großes, silbernes Tablett mit einem Deckel, er balanciert damit durch den Raum. Als er es mit kunstvollem Schwung auf den Tisch stellt, sind aller Augen gierig darauf gerichtet. Der Oberkellner lüftet den Deckel, auf dem Tablett liegt ein ausgemergeltes Kind aus Somalia. Es lebt noch. Der Oberkellner würgt es. Ich kriege keine Luft mehr. Der Oberkellner wetzt sein Messer und beginnt, das Kind fachgerecht zu tranchieren. Ich will weglaufen, aber ich stehe wie angewurzelt und kann nicht mehr atmen2. Questa immagine, che nasce dalla penna della scrittrice e vive attraverso il mezzo della parola nello spazio della pagina scritta, si trasforma assumendo ancora un’altra sembianza nella fantasia del lettore. Se tale sequenza dovesse invece prendere corpo attraverso un’altra forma artistica, il cui linguaggio principale trova innanzitutto espressione nella rappresentazione visiva, diversa sarebbe la 2. «Ora s’inarca il mondo e su un palcoscenico molte persone siedono intorno a un tavolo e sbevazzano. […] I miei piedi sono già tutti sanguinanti, vorrei riposare. Ma non appena cerco di sedermi, mi richiamano a gran voce, sono i carnefici e io devo servire al loro banchetto funebre. Un maggiordomo in livrea arriva sulla scena. Porta un grande vassoio d’argento con un coperchio, lo tiene in equilibrio attraversando la stanza. Nel momento in cui con un abile slancio lo appoggia sul tavolo, tutti gli occhi famelici sono puntati su di esso. Il maggiordomo alza il coperchio, sul vassoio c’è un bambino stremato proveniente dalla Somalia. È ancora vivo. Il maggiordomo lo strangola. Io non riesco più a respirare. Il maggiordomo affila il suo coltello e comincia a tranciare il bambino a regola d’arte. Io voglio scappare, ma resto lì come inchiodata e non riesco più a respirare». Ivi, p. 17.