Modellazione e rappresentazione digitale per i beni architettonici
Stefano BRUSAPORCI
18 Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale – Università degli Studi dell’Aquila
Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila
Digital modelling and representation of architectural heritage
Computer science and digital technologies have led to deep
changes in the field of architectural survey and representation.
In particular 3D models have acquired an inescapable role in
operational practice and as research instrument.
Unlike the physical model, the digital one has a mathematical
nature; it can be experienced with renderings. The model is an
interpretative critical work and a building’s knowledge contribution:
accordingly it’s a new document by itself.
The ontological binomial of modelling and rendering is referred
to the synergic division in the steps that allow the epiphany of the
digital model; in this way we have a double aspect of the model:
a first signans that has to be conducted to the authentic icon of
the signatum.
The digital model provides new modalities, times, spatiality and
characteristics of vision: the observer can freely surf and zoom
the model; he can browse it in a continuous or discontinuous
way; he can get into the model, sectioning, measuring and
querying it. Moreover the same model can be graphically
represented in different ways. Real time renderings allow
interactive applications, but the operator is subjected to the roles
given by software and hardware systems.
The communicative stream given by the iconic textuality of the
model, associated to its simple manipulability, browsing and
questioning, made the model a powerful and friendly tool for
information’s accessing and analyzing. Unlike the textual
structures, it allows a simultaneous communication that proceeds
according to frames, operated with zooming, intersections,
transparency, spatial and temporal jumps. A flux that has in the
model’s three-dimensional characteristics his logic.
Thus digital technologies for information’s archiving, analysing and
management find in the 3D model the support for the construction
of architectonical information systems. It’s important the relationship
between model’s semantization and database organization.
The correlation between the 3D model’s spatial structure –
communicatively iconic and with not sequential access modes
– and arrays of metadata produces new types of informative
systems. In this way 3D models are useful medium for virtual
museums, digital archives and architectural informative systems.
Two are the modalities of model’s realization: reverse modelling
requires the synthesis of discrete data (point cloud) and the
semantization is a-posteriori; “direct modelling” proceeds with
the construction of the building’s components: it follows an
analytical process and the model’s semantization is a-priori. The
integration between “direct” and “reverse” modelling can offer
interesting areas of application.
In conclusion the digital model represents a scientific
application of new digital methodologies to the architectural
field. The digital model comes to constitute a new objectivity –
even if of different nature – that accompany the real architecture:
it’s a cultural product, an e-architectural heritage.
«Nel delirio del linguaggio ci è dato solo nominare le cose
e non conoscerle»
Carmelo Bene, Quattro momenti su tutto il nulla. Il linguaggio (2001)
Introduzione
Numerosi sono i campi di applicazione del disegno digitale, in
particolare identificabili agli ambiti, spesso sovrapponibili, del disegno strumentale, del disegno creativo e del disegno “utopico”
(Purini 2003, 90-91). Così Unali, che in relazione ai modelli rappresentativi indotti dalle tecnologie informatiche, individua come
spazi teorico-operativi del disegno architettonico, uno spazio rappresentativo-strumentale, uno spazio conformativo-creativo, uno
spazio mediatico-informativo (Unali 2009).
1. (A pagina precedente) L’Aquila, Chiesa di S. Caterina Martire (1745-52). Nuvola di
punti della chiesa e superficie mesh della cupola. Il calco digitale discretizzato operato
dal laser scanning conduce ad un processo di trascrittura, da operarsi nella fase di post
processing della restituzione.
2. L’Aquila, Palazzo di Margherita d’Austria (secc. XVI-XIX). Modello wireframe e
renderizzato. Il modello digitale, graficamente esperibile in molteplici maniere, declina
una simulazione dell’architettura, secondo un suo ruolo epistemologico.
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Il modello digitale
A differenza del modello fisico, quello digitale è sostanzialmente un modello matematico, costruito attraverso un sistema
di regole-codici e di dati-segni (Bettetini 1991), che grazie ad
un processo di rendering può essere esperito, esplicitandosi
come disegno2.
L’immagine di sintesi è generata dal linguaggio informatico,
costante interfaccia tra operatore e modello. Come gli strumenti
di disegno giocano un ruolo non indifferente nella realizzazione
grafica finale, analogamente hardware e software influenzano
il processo creativo, compartecipando al processo stesso (Gaiani 2008).
Il modello digitale favorisce una simulazione della realtà,
secondo un suo ruolo epistemologico, per «[…] arricchire la
nostra esperienza, anzi fornirci più esperienza di quella che
noi avremmo potuto raccogliere, senza la mediazione dell’immaginale, in un rapporto, diciamo, empirico con la realtà» (Maldonado 1992, 57). Pertanto il modello 3D simula
matematicamente le geometrie, i materiali, le caratteristiche
architettoniche dell’edificio, con i rendering che inverano
percettivamente le simulazioni matematiche.
Ma il modello, quale prodotto critico di un atto creativo-in-
terpretativo, si costituisce come contributo di conoscenza sull’edificio e pertanto viene a costituirsi di per sé stesso quale
nuovo documento. In questo senso si tratta di un nuovo testo
documentale, dotato di un proprio valore storico-critico (Centofanti 2010)3.
Nel disegno di progetto il modello è riferito all’idea progettuale, o più precisamente ad un iter ideativo. Il tradizionale rapporto continuo mente – mano produceva in via diretta il
messaggio, mentre oggigiorno la tecnologia opera un filtraggio, richiedendo la doppia trascrittura mente < > bit < > raster,
in un rapporto iterativo di controllo e definizione del prodotto
da parte del disegnatore.
Nel caso di rilievo architettonico, qualora condotto con tecnologie digitali – laser scanning o fotogrammetria digitale – il
rapporto referente/modello si fa più articolato, in relazione ad
un fenomeno di parziale inversione del tradizionale processo di
rilevamento: la fase di presa delle misure viene anticipata, procedendo con un calco digitale discretizzato dell’intero edificio,
e traslando l’apporto critico del rilevatore – tradizionalmente
ineludibile risorsa nella fase di progetto del rilievo – nel post
processing della restituzione. Nella pratica del rilievo digitale il
referente viene ad essere pressoché solo idealmente rappresentato dall’edificio esistente, nei fatti sostituito dal dato grezzo
della nuvola di punti. Il processo di trascrittura si fa ancor più articolato: reale < > bit < > raster < > mente < > bit < > raster4.
È compito allora del modellatore effettuare un discrimine nella
selva delle misure, ricostruendo criticamente l’idea architettonica sottesa, questa sì vero referente per il modello.
La riflessione posta da Benjamin nel suo noto saggio sull’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica è per
molti versi ancora attuale (Benjamin 1955): in ordine al modello di architettura, l’«hic et nunc» rimanda ad un problema
gnoseologico di rapporto tra rappresentazione digitale e realtà, mentre l’«aura» reinvia alla questione della riproduzione
delle istanze estetiche e storiche dell’edificio. I valori, intesi
come rapporto tra spazi e materiali, possono essere contenuti
Modellazione tridimensionale integrata nei sistemi informativi per l’architettura
Nello specifico dell’analisi, studio, documentazione e rappresentazione dei beni architettonici, la dimensione digitale viene
a confrontarsi con la realtà dell’architettura, sintesi di spazi, superfici, volumi, materiali e tecnologie, inoltre risultato di processi di modificazione e stratificazione testimoniali delle vicende
e delle culture architettoniche che si sono succedute nel tempo.
In tal senso De Fusco sottolinea come nella dicotomia tra componente conformativa e componente rappresentativa possano
essere risolte le aporie spesso presenti nella letteratura sull’architettura informatica (De Fusco 2003)1.
In questa sede si vogliono sviluppare alcune riflessioni sui modelli digitali, al fine di focalizzarne qualità e criticità in ordine al
loro impiego per i beni architettonici.
3-4. L’Aquila, Palazzo di Margherita d’Austria (secc. XVI-XIX). Modelli digitali
dell’attualità e ricostruzione virtuale della configurazione al XVI secolo. I modelli
consentono il confronto tra diverse soluzioni di impianto, favorendo l’analisi storicocritica dei beni architettonici.
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nel modello e da lui rappresentati. Ma ancor più, se il modello
viene costituito come insieme di sezioni storiche diacroniche
3D, allora anche l’istanza storica ne risulta potenziata, ma con
l’accortezza di dichiarare, per ognuna, il grado critico dell’ipotesi ricostruttiva e le fonti (Centofanti et alii, Sistemi…2012;
De Luca et alii 2011).
Modelling e rendering
L’ontologico binomio tra modelling e rendering, in essere sin
dall’avvento della computer graphics, riferisce alla sinergica divisione nelle successive fasi che conducono il modello digitale
alla sua epifania (Migliari 2008; Scateni et alli 2005).
Il modello è costitutivamente realizzato da una successione
ordinata di bit che descrivono in maniera univoca relazioni spaziali tra oggetti virtuali, dotati di caratteristiche proprie nonché
regole relazionali. Se il modello può essere scritto, e anche letto,
in formato testuale – comunque non nella sua “vera forma”
del linguaggio macchina –, è nel processo di trascrizione in
forma raster che si palesa nelle sue caratteristiche. Così il disegno digitale configura una doppia natura del modello: un primo
signans, da condurre quindi nell’autentica icona del signatum,
attraverso «una materializzazione dei processi di convenzionalizzazione cui l’icona sintetica si ispira per poter venire ad esistere» (Colombo 1995, 105).
Di qui il digital divide tra dimensione “reale” e dimensione
“virtuale” si accentua, e si rinnova il rapporto tra percipiente e
percepito. La camera virtuale, che “inquadra” il modello, non
solo perde la tradizionale fissità, ma viene a stabilire un nuovo
rapporto tra osservatore e modello rispetto a quanto avveniva
nel passato: i disegni cartacei sono osservati nella loro ordinata
successione, con l’occhio a dominare il campo grafico definito
dalla squadratura; il modello fisico è esperito nello spazio – seppur in scala –, può essere toccato, ruotato, aperto. Il modello virtuale offre altre modalità, tempi, spazialità e caratteristiche della
visione: l’osservatore può navigare liberamente il modello, zoomare, può procedere in maniera continua o per salti. Inoltre può
entrare nel modello – introducendosi anche nella sua “fisicità”
–, sezionandolo, misurandolo ed interrogandolo.
Infine uno degli aspetti concettualmente più innovativi è che:
lo stesso modello può essere graficamente esperito in maniera
differente, al limite in infinite maniere. Non solo perché proiettabile e sezionabile a piacere – in fondo anche un modello ligneo può essere scomposto e “visitato” – ma soprattutto in
quanto graficamente rappresentabile in diversi modi (wireframe, shaded, textured, etc.), anche contemporaneamente in
parallele visualizzazioni da più punti di vista.
Si tratta di potenzialità che aprono a nuovi statuti comunicativi.
Le tecnologie di real time rendering consentono di visualizzare il modello in «prospettiva dinamica interattiva» (Migliari
2008), secondo configurazioni ombreggiate, texturizzate, al limite del fotorealismo. E lo sviluppo delle ICT, rendendo più celeri i tempi di rendering e trasmissione dati, suggerisce una
sempre più labile soluzione di continuità tra applicazioni interattive e non.
Tuttavia l’operatore, tanto nella costruzione del modello
quanto nella sua visualizzazione, deve soggiacere alle regole
dettate dai sistemi software e hardware. Il concetto è particolarmente evidente in caso di applicazioni di realtà virtuale5
dove si può avere la sensazione di piena libertà di movimento
5-6. L’Aquila, Casa della Giovane Italiana (1936). Fronte principale e fronte posteriore.
Il modello, quale prodotto critico di un atto creativo-interpretativo, si costituisce come
contributo di conoscenza sull'edificio e pertanto viene a offrirsi di per sé stesso quale
nuovo documento: in questo senso si tratta di un nuovo testo documentale, dotato di
un proprio valore storico e culturale.
7-8. L’Aquila, Casa della Giovane Italiana (1936). Sezione prospettica ed esploso del
modello digitale. ILa struttura spaziale del modello digitale, comunicativamente iconica
e con modalità di accesso libere e a-sequenziali, è di ausilio allo studio e
rappresentazione delle caratteristiche architettoniche degli edifici.
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Modellazione tridimensionale integrata nei sistemi informativi per l’architettura
e visualizzazione, ma questi sono soggetti alle regole di navigazione, percorribilità, interrogazione ed illuminazione imposte dal programmatore: «l’osservatore s’illude di essere un
operoso attore all’interno di uno spazio, senza rendersi conto
che si tratta di uno spazio in cui egli può solo operare, per così
dire, in condizioni di “libertà vigilata”» (Maldonado 1992,
150). Analogo discorso riguarda le interfacce di input e output, cioè gli strumenti di disegno e di visualizzazione, che influenzano il risultato del disegnare, e solo talvolta sviluppati in
ordine alla rappresentazione architettonica (Gaiani 2006)6.
Nonostante l’ausilio delle tecniche di realtà aumentata, rimane non concluso il rapporto tra tridimensionalità del modello
e planarità della rappresentazione raster, nelle interfacce di modellazione pragmaticamente risolta con la simultanea visualizzazione del modello da più punti di vista (proiezione ortogonale
frontale, verticale, laterale e prospettica); altrove con restituzioni stereoscopiche.
Il rilievo dell’architettura consente di esplicitare due differenti
modalità di costruzione dei modelli: una prima che si potrebbe
definire come “modellazione diretta”, e una seconda come
“modellazione inversa”.
La realizzazione di modelli da point clouds conduce a processi
di reverse modelling, ovvero procedure di sintesi di dati discreti,
così da costruire superfici – in primo luogo di tipo mesh, ma
9-10. Chieti, Sede dell’Opera Nazionale Dopolavoro (1933-34). Le caratteristiche di
manipolabilità, navigabilità e interattività del modello digitale e la sua forza
comunicativa, declinano nuove metodologie scientifiche per lo studio dell’architettura.
22
In ogni caso, così come nel disegno tradizionale, l’atto della
modellazione presenta una funzione euristica: per modellare
un’architettura non solo bisogna studiarne le caratteristiche, ma
al contempo, mentre si sviluppa il modello, lo si verifica iterativamente; si controllano le ipotesi di partenza, lo si revisiona e,
se del caso, si precisa l’idea mentale che il modellatore ha sviluppato dell’edificio.
Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila
Modello matrice informativa
anche nurbs interpolabili da sezioni discrete –; la semantizzazione va condotta a-posteriori, attribuendo alle porzioni delle
superfici un proprio significato.
La modellazione 3D “diretta” avviene con la costruzione delle
singole parti dell’edificio, poi assemblate, e definite attraverso
operazioni booleane tra primitive geometriche predefinite. Questa modalità segue un processo analitico, richiedendo una preliminare scomposizione concettuale del costruito da parte del
modellatore, secondo le singole parti da ri-costruire nello spazio digitale; la semantizzazione del modello è a-priori, parte integrante del progetto di modellazione stesso. A questa classe
possono essere ascritti anche i software di tipo parametrico.
Modellazione “diretta” e modellazione “inversa” – per certi
versi concettualmente opposte – ma la cui integrazione può
dare spazio ad interessanti ambiti di applicazione7.
Il modello 3D per sua natura è costituito da entità di dati georeferenziabili, in primo luogo geometrici, topologici, sui materiali, etc. Al contempo le tecnologie digitali di archiviazione,
analisi e gestione delle informazioni hanno trovato nel modello
tridimensionale il supporto per uno sviluppo delle potenzialità
offerte. Pertanto il modello funge da interfaccia tra due sistemi
di informazioni, dove importante è il rapporto tra semantizzazione del modello e organizzazione del database.
Il flusso comunicativo offerto dalla testualità iconica del modello,
associato alla facile manipolabilità ed interrogabilità, ne fanno
un’interfaccia potente e al contempo amichevole per l’accesso e
analisi delle informazioni. A differenza delle strutture testuali, si
tratta di una comunicazione di tipo simultaneo, che procede secondo frames operati per zoomate, intersezioni, trasparenze, salti
spaziali e temporali. Un flusso che trova nell’architettura tridimensionale del modello la propria logica strutturale.
La correlazione tra questa struttura spaziale – comunicativamente iconica e con modalità di accesso a-sequenziali – con
vettori di metadati – secondo le più tradizionali modalità archivistiche – danno luogo a nuove forme di sistemi informativi,
dove la georeferenzizione si costituisce come uno degli attributi
dell’informazione.
Pertanto il modello si presta quale “nucleo aggregativo” per
le infomazioni (Gaiani 2012), favorendo nuove modalità di accesso, raccolta, correlazione, sistematizzazione ed analisi di un
vasto ed eterogeneo numero di dati, derivanti dal rilievo architettonico e dagli studi archivistici.
In tal modo il modello si configura quale struttura di informazioni e produce esso stesso nuove informazioni, relazionando i dati
e strutturandoli in maniera conveniente alle specifiche analisi.
Il modello non è più solo un medium per l’architettura ma al
contempo vettore per le informazioni: in questo senso si può
parlare di “modello informativo”. In tal modo i modelli 3D rappresentano utili supporti nella definizione di musei virtuali, di
archivi digitali e di sistemi informativi8.
I musei virtuali favoriscono la diffusione delle conoscenze e la
valorizzazione dei beni, correlando, mostrando e relazionando
architetture, anche distanti tra loro. La loro potenzialità si esplica
ancor più nel caso di siti archeologici dove i modelli possono rappresentare ipotesi ricostruttive (Fatta 2011; Fatta et alii 2012).
23
Gli archivi digitali raccolgono documenti scritto-grafici, talvolta dispersi in fondi diversi, secondo una strategia tanto di
conservazione – per la fragilità dei documenti originali – quanto
di accesso. I modelli 3D possono essere di valido ausilio per
l’analisi storico-critica delle opere, sia realizzate che solo progettate, coadiuvando lo studio dei protagonisti e delle architetture in relazione al contesto storico (Albisinni, De Carlo 2011).
Caratteristica dei sistemi informativi è la potenzialità di effettuare
correlazioni ed analisi tra vaste quantità di dati che, soprattutto nel
caso dell’architettura, presentano caratteristiche e scale di rappresentazione eterogenee. Trattandosi di dati riferiti all’architettura, il
modello – nella sua natura tridimensionale – ne favorisce una rilettura in termini spaziali e temporali (Brusaporci 2010).
Conclusioni
Il being digital di Negroponte presenta elementi di attualità (Negroponte 1995), ma non secondo letture simulacrali che vedrebbero una “fantasmatizzazione” della realtà (Perniola 1983).
Nell’“epoca dell’immagine del mondo” (Heidegger 1938), il modello digitale rappresenta la declinazione di nuove metodologie
scientificamente applicate al campo architettonico9.
Il modello viene a costituirsi quale progetto di “oggettività” – seppur di altra natura – che accompagna la realtà architettonica, affiancandola quale prodotto culturale: un e-architectural heritage.
Se l’architettura digitale non ha mantenuto tutte le aspettative
suscitate (Sacchi 2008), in estrema sintesi le principali caratteristiche che distinguono il modello digitale da quello fisico sono la
manipolabilità, la navigabilità, l’interattività e la forza comunicativa del sistema critico di simulazione, incarnato dal modello. La
sua condizione di poter essere liberamente rappresentato ed agito
nel tempo e nello spazio, secondo più vasti schemi mediatici e semiotici, costituisce un cambiamento nei modi di rappresentazione,
e più in generale suggerisce nuovi approcci epistemologici alle discipline dell’architettura10. Con un rischio di estetizzazione fine a
se stessa (Maldonado 1992, 15) – una “carica dionisiaca” di “as-
Scriveva Roland Barthes: «Il senso non si trova “alla fine” del
racconto, ma lo attraversa» (Barthes 1985, 88).
NOTE
1
«Ora, la gran parte dell’apporto digitale all’architettura è, a mio avviso, da assegnare alla componente rappresentativa, che va dall’iconico al semantico, dal virtuale al possibile […], dalla comunicazione all’informazione. Tutte queste facoltà,
evidentemente di grande importanza, per essere ‘architettoniche’, devono sostenersi sulla componente conformativa, che va dallo spazio degli invasi interni alle
singole fabbriche […], al volume dei loro involucri esterni, dalla solidità della materia alla sua trama, dal gioco tangibile dei pieni e dei vuoti al fenomeno per cui ogni
architettura contiene uno spazio e occupa uno spazio […]» De Fusco 2003, p.21.
2
«Quando, allora, ci concentriamo sulla nozione di “sistema semiotico” a
proposito del software di una macchina di Computer Graphics, abbiamo ben
presenti i limiti e le demarcazioni territoriali di questa scelta, che ci sembra comunque produttiva e scientificamente corretta. I programmi di queste apparecchiature sono finalizzati a operazioni specifiche; ciononostante, non sono
affatto riducibili al modello di un linguaggio, riscontrabile piuttosto nella loro
performance. Essi sono riconducibili a quello di una “langue” o, meglio, di un
sistema di regole-codici e di dati-segni, che è potenzialmente destinato ad avviare produzioni di senso, alle quali può concorrere tutta la creatività e l’invenzione degli operatori» Bettetini 1991, 111.
3
Nella riflessione sulla “natura del modello”, Centofanti focalizza l’attenzione
sul valore critico, conoscitivo e documentale del modello: «[…] il modello rappresentativo e restitutivo dell’edificio è parte integrante della conoscenza storica e, nel
suo insieme, testo autonomo possibile di ulteriori analisi e interpretazioni. Il modello infatti fornisce tutta una serie di utili informazioni sul significante architettonico, sotto un particolare riguardo e in un determinato momento storico. A sua
volta il modello si presta ad essere storicizzato e studiato, non più, e solo per il suo
rapporto con l’oggetto presentato, ma come documento esso stesso in relazione
al contesto storico-culturale che lo ha prodotto» ed aggiunge: «Se da una parte
la rappresentazione schematica realizzata nel modello allontana dall’oggetto reale,
dall’altra essa facilita quel processo di astrazione che è alla base di ogni possibile
iter interpretativo e/o progettuale» Centofanti 2010, 47-52.
4
In maniera non differente avviene nel caso di applicazione del disegno digitale alla cosiddetta analisi grafica – o più in generale per l’analisi critica (o storico-critica) dell’architettura –, dove il referente, qualora si tratti di un edificio
non più esistente o mai realizzato, è costituito dai dati archivistici, in primo
luogo i grafici disponibili, di progetto o di rilievo. Cfr. Albisinni, De Carlo 2011.
5
Sul concetto di realtà virtuale cfr. Gaiani 2008, 82-83; Maldonado 1992,
48-49 nota n. 88.
6
Si tratta della «[…] mancanza di una cultura del disegno con questi strumenti (a fronte di una procedura ormai consolidata in oltre cinquecento anni
di lavoro ‘misura e disegna’) e la mancanza di una filiera procedurale useroriented e non software oriented (il tipico progetto degli informatici), come se
nella storia della rappresentazione fossero evoluti solo gli strumenti (matite,
gomme, fogli di carta, squadre…) e non le procedure né ci fosse stata mai una
verifica della qualità del disegnato» Gaiani 2006, 29.
7
Si vuole anche citare l’utile classificazione presente in letteratura che distingue tra “metodi di rappresentazione matematica” e “metodi di rappresentazione numerica”, funzionale a distinguere tra modelli descritti in maniera
continua e modelli descritti in maniera discreta: cfr Migliari 2009, 209-254.
8
Si citano i seguenti archivi digitali: il sito dell’Associazione nazionale Archivi di
Architettura Contemporanea: www.aaa-italia.org; il Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche SIUSA: www.siusa.archivi.beniculturali.it;
il Sistema Archivistico Nazionale SAN: www.san.beniculturali.it, e in particolare
www.architetti.san.beniculturali.it; inoltre il progetto Imago II: www.cflr.beniculturali.it. Infine gli Archivi di Architettura presso la Fondazione del MAXXI di Roma:
www.fondazionemaxxi.it, e si ricorda l’evento “Modelli/Models. Letture analitiche
Modellazione tridimensionale integrata nei sistemi informativi per l’architettura
Ma il modello è soggetto agli stessi pericoli di obsolescenza e
degradazione dei metadati. Il degrado dei supporti delle memorie, l’invecchiamento dell’hardware e la vetustà dei software
richiedono una costante opera di manutenzione del modello e,
data la velocità dello sviluppo scientifico, in breve tempo anche
quello più raffinato ed aggiornato può venir offuscato dalla
“patina” del tempo.
Ma l’aggiornamento del modello va inteso anche in un altro
senso: questo rappresenta e raccoglie l’esito di un processo di
conoscenza del bene architettonico, processo bergsonianamente mai di per sé definitivamente concluso. Si può allora configurare un modello – o meglio una struttura-modello –
“aperto” e “in crescita”, in perenne divenire, ma che richiederebbe una dedizione costante.
soluto apparire” per dirla con Purini (Purini 2003, 95) –, ma con
nuove e rilevanti valenze scientifiche.
24
di progetti attraverso modelli virtuali” svoltosi presso il MAXXI dal 19/7/2012 al
2/4/2013, inoltre la pubblicazione digitale del 2012 "Verso un archivio digitale dell'opera dei maestri dell'architettura italiana del Ventesimo secolo" a cura di P. Albisinni e L. De Carlo.
9
Scrive Vattimo con riferimento ad Heidegger: «[…] immagini costruite e verificate dalla scienza, che si dispiegano sia nella manipolazione dell’esperimento, sia nell’applicazione dei risultati della tecnica, e che, soprattutto […],
si concentrano alla fine nella scienza e nella tecnologia dell’informazione» Vattimo 1989, 26. Secondo questa linea potrebbero essere intese anche le tecniche cosiddette di visual computing.
10
In particolare sulla nuova natura dei “vettori di iconicità”, sull’inadeguatezza dei tradizionali schemi di semiotica planare e sulle implicazioni epistemologiche di costrutti iconici dinamici ed interattivi cfr. Maldonado 1992,
59-67 e Bettetini 1991.
Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila
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