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Digital modelling and representation of architectural heritage

Modellazione e rappresentazione digitale per i beni architettonici Stefano BRUSAPORCI 18 Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile-Architettura e Ambientale – Università degli Studi dell’Aquila Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila Digital modelling and representation of architectural heritage Computer science and digital technologies have led to deep changes in the field of architectural survey and representation. In particular 3D models have acquired an inescapable role in operational practice and as research instrument. Unlike the physical model, the digital one has a mathematical nature; it can be experienced with renderings. The model is an interpretative critical work and a building’s knowledge contribution: accordingly it’s a new document by itself. The ontological binomial of modelling and rendering is referred to the synergic division in the steps that allow the epiphany of the digital model; in this way we have a double aspect of the model: a first signans that has to be conducted to the authentic icon of the signatum. The digital model provides new modalities, times, spatiality and characteristics of vision: the observer can freely surf and zoom the model; he can browse it in a continuous or discontinuous way; he can get into the model, sectioning, measuring and querying it. Moreover the same model can be graphically represented in different ways. Real time renderings allow interactive applications, but the operator is subjected to the roles given by software and hardware systems. The communicative stream given by the iconic textuality of the model, associated to its simple manipulability, browsing and questioning, made the model a powerful and friendly tool for information’s accessing and analyzing. Unlike the textual structures, it allows a simultaneous communication that proceeds according to frames, operated with zooming, intersections, transparency, spatial and temporal jumps. A flux that has in the model’s three-dimensional characteristics his logic. Thus digital technologies for information’s archiving, analysing and management find in the 3D model the support for the construction of architectonical information systems. It’s important the relationship between model’s semantization and database organization. The correlation between the 3D model’s spatial structure – communicatively iconic and with not sequential access modes – and arrays of metadata produces new types of informative systems. In this way 3D models are useful medium for virtual museums, digital archives and architectural informative systems. Two are the modalities of model’s realization: reverse modelling requires the synthesis of discrete data (point cloud) and the semantization is a-posteriori; “direct modelling” proceeds with the construction of the building’s components: it follows an analytical process and the model’s semantization is a-priori. The integration between “direct” and “reverse” modelling can offer interesting areas of application. In conclusion the digital model represents a scientific application of new digital methodologies to the architectural field. The digital model comes to constitute a new objectivity – even if of different nature – that accompany the real architecture: it’s a cultural product, an e-architectural heritage. «Nel delirio del linguaggio ci è dato solo nominare le cose e non conoscerle» Carmelo Bene, Quattro momenti su tutto il nulla. Il linguaggio (2001) Introduzione Numerosi sono i campi di applicazione del disegno digitale, in particolare identificabili agli ambiti, spesso sovrapponibili, del disegno strumentale, del disegno creativo e del disegno “utopico” (Purini 2003, 90-91). Così Unali, che in relazione ai modelli rappresentativi indotti dalle tecnologie informatiche, individua come spazi teorico-operativi del disegno architettonico, uno spazio rappresentativo-strumentale, uno spazio conformativo-creativo, uno spazio mediatico-informativo (Unali 2009). 1. (A pagina precedente) L’Aquila, Chiesa di S. Caterina Martire (1745-52). Nuvola di punti della chiesa e superficie mesh della cupola. Il calco digitale discretizzato operato dal laser scanning conduce ad un processo di trascrittura, da operarsi nella fase di post processing della restituzione. 2. L’Aquila, Palazzo di Margherita d’Austria (secc. XVI-XIX). Modello wireframe e renderizzato. Il modello digitale, graficamente esperibile in molteplici maniere, declina una simulazione dell’architettura, secondo un suo ruolo epistemologico. 19 Il modello digitale A differenza del modello fisico, quello digitale è sostanzialmente un modello matematico, costruito attraverso un sistema di regole-codici e di dati-segni (Bettetini 1991), che grazie ad un processo di rendering può essere esperito, esplicitandosi come disegno2. L’immagine di sintesi è generata dal linguaggio informatico, costante interfaccia tra operatore e modello. Come gli strumenti di disegno giocano un ruolo non indifferente nella realizzazione grafica finale, analogamente hardware e software influenzano il processo creativo, compartecipando al processo stesso (Gaiani 2008). Il modello digitale favorisce una simulazione della realtà, secondo un suo ruolo epistemologico, per «[…] arricchire la nostra esperienza, anzi fornirci più esperienza di quella che noi avremmo potuto raccogliere, senza la mediazione dell’immaginale, in un rapporto, diciamo, empirico con la realtà» (Maldonado 1992, 57). Pertanto il modello 3D simula matematicamente le geometrie, i materiali, le caratteristiche architettoniche dell’edificio, con i rendering che inverano percettivamente le simulazioni matematiche. Ma il modello, quale prodotto critico di un atto creativo-in- terpretativo, si costituisce come contributo di conoscenza sull’edificio e pertanto viene a costituirsi di per sé stesso quale nuovo documento. In questo senso si tratta di un nuovo testo documentale, dotato di un proprio valore storico-critico (Centofanti 2010)3. Nel disegno di progetto il modello è riferito all’idea progettuale, o più precisamente ad un iter ideativo. Il tradizionale rapporto continuo mente – mano produceva in via diretta il messaggio, mentre oggigiorno la tecnologia opera un filtraggio, richiedendo la doppia trascrittura mente < > bit < > raster, in un rapporto iterativo di controllo e definizione del prodotto da parte del disegnatore. Nel caso di rilievo architettonico, qualora condotto con tecnologie digitali – laser scanning o fotogrammetria digitale – il rapporto referente/modello si fa più articolato, in relazione ad un fenomeno di parziale inversione del tradizionale processo di rilevamento: la fase di presa delle misure viene anticipata, procedendo con un calco digitale discretizzato dell’intero edificio, e traslando l’apporto critico del rilevatore – tradizionalmente ineludibile risorsa nella fase di progetto del rilievo – nel post processing della restituzione. Nella pratica del rilievo digitale il referente viene ad essere pressoché solo idealmente rappresentato dall’edificio esistente, nei fatti sostituito dal dato grezzo della nuvola di punti. Il processo di trascrittura si fa ancor più articolato: reale < > bit < > raster < > mente < > bit < > raster4. È compito allora del modellatore effettuare un discrimine nella selva delle misure, ricostruendo criticamente l’idea architettonica sottesa, questa sì vero referente per il modello. La riflessione posta da Benjamin nel suo noto saggio sull’opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica è per molti versi ancora attuale (Benjamin 1955): in ordine al modello di architettura, l’«hic et nunc» rimanda ad un problema gnoseologico di rapporto tra rappresentazione digitale e realtà, mentre l’«aura» reinvia alla questione della riproduzione delle istanze estetiche e storiche dell’edificio. I valori, intesi come rapporto tra spazi e materiali, possono essere contenuti Modellazione tridimensionale integrata nei sistemi informativi per l’architettura Nello specifico dell’analisi, studio, documentazione e rappresentazione dei beni architettonici, la dimensione digitale viene a confrontarsi con la realtà dell’architettura, sintesi di spazi, superfici, volumi, materiali e tecnologie, inoltre risultato di processi di modificazione e stratificazione testimoniali delle vicende e delle culture architettoniche che si sono succedute nel tempo. In tal senso De Fusco sottolinea come nella dicotomia tra componente conformativa e componente rappresentativa possano essere risolte le aporie spesso presenti nella letteratura sull’architettura informatica (De Fusco 2003)1. In questa sede si vogliono sviluppare alcune riflessioni sui modelli digitali, al fine di focalizzarne qualità e criticità in ordine al loro impiego per i beni architettonici. 3-4. L’Aquila, Palazzo di Margherita d’Austria (secc. XVI-XIX). Modelli digitali dell’attualità e ricostruzione virtuale della configurazione al XVI secolo. I modelli consentono il confronto tra diverse soluzioni di impianto, favorendo l’analisi storicocritica dei beni architettonici. Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila 20 nel modello e da lui rappresentati. Ma ancor più, se il modello viene costituito come insieme di sezioni storiche diacroniche 3D, allora anche l’istanza storica ne risulta potenziata, ma con l’accortezza di dichiarare, per ognuna, il grado critico dell’ipotesi ricostruttiva e le fonti (Centofanti et alii, Sistemi…2012; De Luca et alii 2011). Modelling e rendering L’ontologico binomio tra modelling e rendering, in essere sin dall’avvento della computer graphics, riferisce alla sinergica divisione nelle successive fasi che conducono il modello digitale alla sua epifania (Migliari 2008; Scateni et alli 2005). Il modello è costitutivamente realizzato da una successione ordinata di bit che descrivono in maniera univoca relazioni spaziali tra oggetti virtuali, dotati di caratteristiche proprie nonché regole relazionali. Se il modello può essere scritto, e anche letto, in formato testuale – comunque non nella sua “vera forma” del linguaggio macchina –, è nel processo di trascrizione in forma raster che si palesa nelle sue caratteristiche. Così il disegno digitale configura una doppia natura del modello: un primo signans, da condurre quindi nell’autentica icona del signatum, attraverso «una materializzazione dei processi di convenzionalizzazione cui l’icona sintetica si ispira per poter venire ad esistere» (Colombo 1995, 105). Di qui il digital divide tra dimensione “reale” e dimensione “virtuale” si accentua, e si rinnova il rapporto tra percipiente e percepito. La camera virtuale, che “inquadra” il modello, non solo perde la tradizionale fissità, ma viene a stabilire un nuovo rapporto tra osservatore e modello rispetto a quanto avveniva nel passato: i disegni cartacei sono osservati nella loro ordinata successione, con l’occhio a dominare il campo grafico definito dalla squadratura; il modello fisico è esperito nello spazio – seppur in scala –, può essere toccato, ruotato, aperto. Il modello virtuale offre altre modalità, tempi, spazialità e caratteristiche della visione: l’osservatore può navigare liberamente il modello, zoomare, può procedere in maniera continua o per salti. Inoltre può entrare nel modello – introducendosi anche nella sua “fisicità” –, sezionandolo, misurandolo ed interrogandolo. Infine uno degli aspetti concettualmente più innovativi è che: lo stesso modello può essere graficamente esperito in maniera differente, al limite in infinite maniere. Non solo perché proiettabile e sezionabile a piacere – in fondo anche un modello ligneo può essere scomposto e “visitato” – ma soprattutto in quanto graficamente rappresentabile in diversi modi (wireframe, shaded, textured, etc.), anche contemporaneamente in parallele visualizzazioni da più punti di vista. Si tratta di potenzialità che aprono a nuovi statuti comunicativi. Le tecnologie di real time rendering consentono di visualizzare il modello in «prospettiva dinamica interattiva» (Migliari 2008), secondo configurazioni ombreggiate, texturizzate, al limite del fotorealismo. E lo sviluppo delle ICT, rendendo più celeri i tempi di rendering e trasmissione dati, suggerisce una sempre più labile soluzione di continuità tra applicazioni interattive e non. Tuttavia l’operatore, tanto nella costruzione del modello quanto nella sua visualizzazione, deve soggiacere alle regole dettate dai sistemi software e hardware. Il concetto è particolarmente evidente in caso di applicazioni di realtà virtuale5 dove si può avere la sensazione di piena libertà di movimento 5-6. L’Aquila, Casa della Giovane Italiana (1936). Fronte principale e fronte posteriore. Il modello, quale prodotto critico di un atto creativo-interpretativo, si costituisce come contributo di conoscenza sull'edificio e pertanto viene a offrirsi di per sé stesso quale nuovo documento: in questo senso si tratta di un nuovo testo documentale, dotato di un proprio valore storico e culturale. 7-8. L’Aquila, Casa della Giovane Italiana (1936). Sezione prospettica ed esploso del modello digitale. ILa struttura spaziale del modello digitale, comunicativamente iconica e con modalità di accesso libere e a-sequenziali, è di ausilio allo studio e rappresentazione delle caratteristiche architettoniche degli edifici. 21 Modellazione tridimensionale integrata nei sistemi informativi per l’architettura e visualizzazione, ma questi sono soggetti alle regole di navigazione, percorribilità, interrogazione ed illuminazione imposte dal programmatore: «l’osservatore s’illude di essere un operoso attore all’interno di uno spazio, senza rendersi conto che si tratta di uno spazio in cui egli può solo operare, per così dire, in condizioni di “libertà vigilata”» (Maldonado 1992, 150). Analogo discorso riguarda le interfacce di input e output, cioè gli strumenti di disegno e di visualizzazione, che influenzano il risultato del disegnare, e solo talvolta sviluppati in ordine alla rappresentazione architettonica (Gaiani 2006)6. Nonostante l’ausilio delle tecniche di realtà aumentata, rimane non concluso il rapporto tra tridimensionalità del modello e planarità della rappresentazione raster, nelle interfacce di modellazione pragmaticamente risolta con la simultanea visualizzazione del modello da più punti di vista (proiezione ortogonale frontale, verticale, laterale e prospettica); altrove con restituzioni stereoscopiche. Il rilievo dell’architettura consente di esplicitare due differenti modalità di costruzione dei modelli: una prima che si potrebbe definire come “modellazione diretta”, e una seconda come “modellazione inversa”. La realizzazione di modelli da point clouds conduce a processi di reverse modelling, ovvero procedure di sintesi di dati discreti, così da costruire superfici – in primo luogo di tipo mesh, ma 9-10. Chieti, Sede dell’Opera Nazionale Dopolavoro (1933-34). Le caratteristiche di manipolabilità, navigabilità e interattività del modello digitale e la sua forza comunicativa, declinano nuove metodologie scientifiche per lo studio dell’architettura. 22 In ogni caso, così come nel disegno tradizionale, l’atto della modellazione presenta una funzione euristica: per modellare un’architettura non solo bisogna studiarne le caratteristiche, ma al contempo, mentre si sviluppa il modello, lo si verifica iterativamente; si controllano le ipotesi di partenza, lo si revisiona e, se del caso, si precisa l’idea mentale che il modellatore ha sviluppato dell’edificio. Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila Modello matrice informativa anche nurbs interpolabili da sezioni discrete –; la semantizzazione va condotta a-posteriori, attribuendo alle porzioni delle superfici un proprio significato. La modellazione 3D “diretta” avviene con la costruzione delle singole parti dell’edificio, poi assemblate, e definite attraverso operazioni booleane tra primitive geometriche predefinite. Questa modalità segue un processo analitico, richiedendo una preliminare scomposizione concettuale del costruito da parte del modellatore, secondo le singole parti da ri-costruire nello spazio digitale; la semantizzazione del modello è a-priori, parte integrante del progetto di modellazione stesso. A questa classe possono essere ascritti anche i software di tipo parametrico. Modellazione “diretta” e modellazione “inversa” – per certi versi concettualmente opposte – ma la cui integrazione può dare spazio ad interessanti ambiti di applicazione7. Il modello 3D per sua natura è costituito da entità di dati georeferenziabili, in primo luogo geometrici, topologici, sui materiali, etc. Al contempo le tecnologie digitali di archiviazione, analisi e gestione delle informazioni hanno trovato nel modello tridimensionale il supporto per uno sviluppo delle potenzialità offerte. Pertanto il modello funge da interfaccia tra due sistemi di informazioni, dove importante è il rapporto tra semantizzazione del modello e organizzazione del database. Il flusso comunicativo offerto dalla testualità iconica del modello, associato alla facile manipolabilità ed interrogabilità, ne fanno un’interfaccia potente e al contempo amichevole per l’accesso e analisi delle informazioni. A differenza delle strutture testuali, si tratta di una comunicazione di tipo simultaneo, che procede secondo frames operati per zoomate, intersezioni, trasparenze, salti spaziali e temporali. Un flusso che trova nell’architettura tridimensionale del modello la propria logica strutturale. La correlazione tra questa struttura spaziale – comunicativamente iconica e con modalità di accesso a-sequenziali – con vettori di metadati – secondo le più tradizionali modalità archivistiche – danno luogo a nuove forme di sistemi informativi, dove la georeferenzizione si costituisce come uno degli attributi dell’informazione. Pertanto il modello si presta quale “nucleo aggregativo” per le infomazioni (Gaiani 2012), favorendo nuove modalità di accesso, raccolta, correlazione, sistematizzazione ed analisi di un vasto ed eterogeneo numero di dati, derivanti dal rilievo architettonico e dagli studi archivistici. In tal modo il modello si configura quale struttura di informazioni e produce esso stesso nuove informazioni, relazionando i dati e strutturandoli in maniera conveniente alle specifiche analisi. Il modello non è più solo un medium per l’architettura ma al contempo vettore per le informazioni: in questo senso si può parlare di “modello informativo”. In tal modo i modelli 3D rappresentano utili supporti nella definizione di musei virtuali, di archivi digitali e di sistemi informativi8. I musei virtuali favoriscono la diffusione delle conoscenze e la valorizzazione dei beni, correlando, mostrando e relazionando architetture, anche distanti tra loro. La loro potenzialità si esplica ancor più nel caso di siti archeologici dove i modelli possono rappresentare ipotesi ricostruttive (Fatta 2011; Fatta et alii 2012). 23 Gli archivi digitali raccolgono documenti scritto-grafici, talvolta dispersi in fondi diversi, secondo una strategia tanto di conservazione – per la fragilità dei documenti originali – quanto di accesso. I modelli 3D possono essere di valido ausilio per l’analisi storico-critica delle opere, sia realizzate che solo progettate, coadiuvando lo studio dei protagonisti e delle architetture in relazione al contesto storico (Albisinni, De Carlo 2011). Caratteristica dei sistemi informativi è la potenzialità di effettuare correlazioni ed analisi tra vaste quantità di dati che, soprattutto nel caso dell’architettura, presentano caratteristiche e scale di rappresentazione eterogenee. Trattandosi di dati riferiti all’architettura, il modello – nella sua natura tridimensionale – ne favorisce una rilettura in termini spaziali e temporali (Brusaporci 2010). Conclusioni Il being digital di Negroponte presenta elementi di attualità (Negroponte 1995), ma non secondo letture simulacrali che vedrebbero una “fantasmatizzazione” della realtà (Perniola 1983). Nell’“epoca dell’immagine del mondo” (Heidegger 1938), il modello digitale rappresenta la declinazione di nuove metodologie scientificamente applicate al campo architettonico9. Il modello viene a costituirsi quale progetto di “oggettività” – seppur di altra natura – che accompagna la realtà architettonica, affiancandola quale prodotto culturale: un e-architectural heritage. Se l’architettura digitale non ha mantenuto tutte le aspettative suscitate (Sacchi 2008), in estrema sintesi le principali caratteristiche che distinguono il modello digitale da quello fisico sono la manipolabilità, la navigabilità, l’interattività e la forza comunicativa del sistema critico di simulazione, incarnato dal modello. La sua condizione di poter essere liberamente rappresentato ed agito nel tempo e nello spazio, secondo più vasti schemi mediatici e semiotici, costituisce un cambiamento nei modi di rappresentazione, e più in generale suggerisce nuovi approcci epistemologici alle discipline dell’architettura10. Con un rischio di estetizzazione fine a se stessa (Maldonado 1992, 15) – una “carica dionisiaca” di “as- Scriveva Roland Barthes: «Il senso non si trova “alla fine” del racconto, ma lo attraversa» (Barthes 1985, 88). NOTE 1 «Ora, la gran parte dell’apporto digitale all’architettura è, a mio avviso, da assegnare alla componente rappresentativa, che va dall’iconico al semantico, dal virtuale al possibile […], dalla comunicazione all’informazione. Tutte queste facoltà, evidentemente di grande importanza, per essere ‘architettoniche’, devono sostenersi sulla componente conformativa, che va dallo spazio degli invasi interni alle singole fabbriche […], al volume dei loro involucri esterni, dalla solidità della materia alla sua trama, dal gioco tangibile dei pieni e dei vuoti al fenomeno per cui ogni architettura contiene uno spazio e occupa uno spazio […]» De Fusco 2003, p.21. 2 «Quando, allora, ci concentriamo sulla nozione di “sistema semiotico” a proposito del software di una macchina di Computer Graphics, abbiamo ben presenti i limiti e le demarcazioni territoriali di questa scelta, che ci sembra comunque produttiva e scientificamente corretta. I programmi di queste apparecchiature sono finalizzati a operazioni specifiche; ciononostante, non sono affatto riducibili al modello di un linguaggio, riscontrabile piuttosto nella loro performance. Essi sono riconducibili a quello di una “langue” o, meglio, di un sistema di regole-codici e di dati-segni, che è potenzialmente destinato ad avviare produzioni di senso, alle quali può concorrere tutta la creatività e l’invenzione degli operatori» Bettetini 1991, 111. 3 Nella riflessione sulla “natura del modello”, Centofanti focalizza l’attenzione sul valore critico, conoscitivo e documentale del modello: «[…] il modello rappresentativo e restitutivo dell’edificio è parte integrante della conoscenza storica e, nel suo insieme, testo autonomo possibile di ulteriori analisi e interpretazioni. Il modello infatti fornisce tutta una serie di utili informazioni sul significante architettonico, sotto un particolare riguardo e in un determinato momento storico. A sua volta il modello si presta ad essere storicizzato e studiato, non più, e solo per il suo rapporto con l’oggetto presentato, ma come documento esso stesso in relazione al contesto storico-culturale che lo ha prodotto» ed aggiunge: «Se da una parte la rappresentazione schematica realizzata nel modello allontana dall’oggetto reale, dall’altra essa facilita quel processo di astrazione che è alla base di ogni possibile iter interpretativo e/o progettuale» Centofanti 2010, 47-52. 4 In maniera non differente avviene nel caso di applicazione del disegno digitale alla cosiddetta analisi grafica – o più in generale per l’analisi critica (o storico-critica) dell’architettura –, dove il referente, qualora si tratti di un edificio non più esistente o mai realizzato, è costituito dai dati archivistici, in primo luogo i grafici disponibili, di progetto o di rilievo. Cfr. Albisinni, De Carlo 2011. 5 Sul concetto di realtà virtuale cfr. Gaiani 2008, 82-83; Maldonado 1992, 48-49 nota n. 88. 6 Si tratta della «[…] mancanza di una cultura del disegno con questi strumenti (a fronte di una procedura ormai consolidata in oltre cinquecento anni di lavoro ‘misura e disegna’) e la mancanza di una filiera procedurale useroriented e non software oriented (il tipico progetto degli informatici), come se nella storia della rappresentazione fossero evoluti solo gli strumenti (matite, gomme, fogli di carta, squadre…) e non le procedure né ci fosse stata mai una verifica della qualità del disegnato» Gaiani 2006, 29. 7 Si vuole anche citare l’utile classificazione presente in letteratura che distingue tra “metodi di rappresentazione matematica” e “metodi di rappresentazione numerica”, funzionale a distinguere tra modelli descritti in maniera continua e modelli descritti in maniera discreta: cfr Migliari 2009, 209-254. 8 Si citano i seguenti archivi digitali: il sito dell’Associazione nazionale Archivi di Architettura Contemporanea: www.aaa-italia.org; il Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche SIUSA: www.siusa.archivi.beniculturali.it; il Sistema Archivistico Nazionale SAN: www.san.beniculturali.it, e in particolare www.architetti.san.beniculturali.it; inoltre il progetto Imago II: www.cflr.beniculturali.it. Infine gli Archivi di Architettura presso la Fondazione del MAXXI di Roma: www.fondazionemaxxi.it, e si ricorda l’evento “Modelli/Models. Letture analitiche Modellazione tridimensionale integrata nei sistemi informativi per l’architettura Ma il modello è soggetto agli stessi pericoli di obsolescenza e degradazione dei metadati. Il degrado dei supporti delle memorie, l’invecchiamento dell’hardware e la vetustà dei software richiedono una costante opera di manutenzione del modello e, data la velocità dello sviluppo scientifico, in breve tempo anche quello più raffinato ed aggiornato può venir offuscato dalla “patina” del tempo. Ma l’aggiornamento del modello va inteso anche in un altro senso: questo rappresenta e raccoglie l’esito di un processo di conoscenza del bene architettonico, processo bergsonianamente mai di per sé definitivamente concluso. Si può allora configurare un modello – o meglio una struttura-modello – “aperto” e “in crescita”, in perenne divenire, ma che richiederebbe una dedizione costante. soluto apparire” per dirla con Purini (Purini 2003, 95) –, ma con nuove e rilevanti valenze scientifiche. 24 di progetti attraverso modelli virtuali” svoltosi presso il MAXXI dal 19/7/2012 al 2/4/2013, inoltre la pubblicazione digitale del 2012 "Verso un archivio digitale dell'opera dei maestri dell'architettura italiana del Ventesimo secolo" a cura di P. Albisinni e L. De Carlo. 9 Scrive Vattimo con riferimento ad Heidegger: «[…] immagini costruite e verificate dalla scienza, che si dispiegano sia nella manipolazione dell’esperimento, sia nell’applicazione dei risultati della tecnica, e che, soprattutto […], si concentrano alla fine nella scienza e nella tecnologia dell’informazione» Vattimo 1989, 26. Secondo questa linea potrebbero essere intese anche le tecniche cosiddette di visual computing. 10 In particolare sulla nuova natura dei “vettori di iconicità”, sull’inadeguatezza dei tradizionali schemi di semiotica planare e sulle implicazioni epistemologiche di costrutti iconici dinamici ed interattivi cfr. Maldonado 1992, 59-67 e Bettetini 1991. Unità di Ricerca dell’Università degli Studi dell’Aquila BIBLIOGRAFIA ALBERTINI R., LISCHI S., a cura di, Metamorfosi della visione. Saggi di pensiero elettronico, ETS, Pisa 2000. ALBISINNI P., DE CARLO L., a cura di, Architettura Disegno Modello, Gangemi, Roma 2011. BARTHES R., L’avventura semiologica, Einaudi, Torino 1991 (1985). BETTETINI G., Il segno dell’informatica, Bompiani, Milano 1987. BETTETINI G., La simulazione visiva, Bompiani, Milano 1991. BENJAMIN W., L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi, Torino 1991 (1955). 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