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ISSN 1826-3534 19 MAGGIO 2021 Sicurezza e frontiere: le politiche migratorie nell’emergenza europea e italiana di Giulia Santomauro Dottoranda di ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale Sapienza Università di Roma Sicurezza e frontiere: le politiche migratorie nell’emergenza europea e italiana* di Giulia Santomauro Dottoranda di ricerca in Diritto pubblico, comparato e internazionale Sapienza Università di Roma Abstract [It]: L’intento del contributo è esplorare l’impatto delle accresciute istanze securitarie derivanti da situazioni emergenziali sulla disciplina delle frontiere, con particolare riferimento alle ripercussioni sui diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. A tal fine, la questione sarà analizzata in considerazione della “crisi migratoria europea” e, soprattutto, dell’emergenza pandemica da Covid-19, prestando maggiore attenzione all’esperienza dell’Italia. Abstract [En]: The aim of the essay is to explore the impact of the increased demands for security arising from situations of crisis on the governance of border controls, with particular reference to the implications for the rights of migrants and asylum seekers. For this purpose, the issue will be analyzed considering the “European migration crisis” and especially the emergency of the Covid-19 pandemic, paying more attention to Italy’s experience. Parole chiave: sicurezza; frontiere; immigrazione; asilo; pandemia Keywords: security; borders; immigration; asylum; pandemic Sommario: 1. Introduzione. 2. La valenza “ambivalente” dei confini nello spazio europeo. 3. La reintroduzione dei controlli alle frontiere interne nell’area Schengen nella “crisi dei rifugiati”. 4. Frontiere e emergenza da Covid19. 4.1. Contenimento della diffusione del coronavirus e gestione delle frontiere: le azioni attuate dall’Unione Europea. 4.2. Le misure adottate dall’Italia per le politiche migratorie al tempo della pandemia. 5. Osservazioni conclusive: dignità, proporzionalità e “doveri di solidarietà” come potenziali chiavi di volta. 1. Introduzione L’esigenza di sicurezza sanitaria causata dalla pandemia da Covid-19 ha spinto nell’ambito europeo il riemergere di confini su diversa scala, nonostante questi sembrassero ormai soppressi e relegati ai caratteri tipici dello Stato-nazione: sono riscontrabili tentativi di stabilire divieti all’ingresso degli stranieri extracomunitari e limitazioni alla libertà di movimento degli stessi cittadini entro il territorio degli Stati, ovvero tra Regioni1. A questo si è aggiunta la circostanza per cui diversi Paesi membri dell’UE si sono avvalsi nuovamente della facoltà di ripristinare controlli alle persone presso le frontiere interne dell’area Articolo sottoposto a referaggio. Il contributo prende le mosse dall’intervento svolto al convegno “The Global Summit”, organizzato dalla School of Law dell’University of Texas at Austin e tenutosi dal 12 al 16 gennaio 2021. 1 Ci si riferisce alle misure relative al divieto di spostamento tra diverse Regioni o province autonome sull’intero territorio nazionale italiano, salvo comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessità ovvero per motivi di salute, come stabilito fino al d.l. 1° aprile 2021, n. 44. Recentemente, per mezzo del d.l. 22 aprile 2021, n. 52 è stato deciso che sono consentiti gli spostamenti tra Regioni diverse identificate come “zona bianca” e “gialla”. Peraltro, coloro che sono muniti della “certificazione verde” sono autorizzati a spostarsi anche tra le Regioni e le Province autonome in “zona arancione” o “rossa”. * 222 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 Schengen2. Le restrizioni alla libertà di circolazione per motivi di tutela sanitaria hanno posto, dunque, il tema dei confini e dei controlli alle frontiere in termini più ampi e dirompenti rispetto al passato e alla lettura consueta che è stata data, nel corso di questi anni, a quello della sicurezza dello Stato3 per quanto concerne la gestione dei flussi migratori. Vi è da chiedersi, quindi, se tale nuovo imperativo di sicurezza sanitaria, che a sua volta innesca una accresciuta richiesta di protezione sociale ed economica dei cittadini, abbia inciso e in che termini rispetto al settore, già di per sé problematico, delle politiche di immigrazione e asilo nell’ambito del diritto eurounitario e interno. Come si evidenzierà in seguito, è manifesto che oggi i confini siano da considerarsi perlopiù “porosi” con riferimento all’impossibilità, in alcuni contesti “immateriali”, di operare un controllo su di essi4; o anche, se non porosi, certamente “fragili” rispetto, invece, a pressioni “materiali” rappresentate da ondate migratorie sempre più ardue da fronteggiare, in particolare per i Paesi maggiormente esposti geograficamente proprio per le caratteristiche dei loro stessi confini, come Grecia, Spagna e Italia. Già da tempo si è riflettuto sull’intreccio che chiaramente si determina tra le risposte che i singoli Paesi possono fornire rispetto all’amministrazione di tali flussi migratori e la capacità dell’Unione di essere protagonista di nuove strategie condivise, mostrando un’evoluzione rispetto alla sua originaria natura Il “sistema Schengen” consiste in un insieme di norme e disposizioni, integrate nel diritto dell’Unione europea, che mira a garantire l’assenza di frontiere interne tra gli Stati aderenti alla Convenzione di Schengen e può considerarsi come un tassello chiave del più ampio progetto di creare uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia ai sensi dell’art. 3, comma 2 TUE e del Titolo V TFUE. Il “sistema” trae origine dall’accordo firmato il 14 giugno 1985 tra Belgio, Francia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi e dalla Convenzione di applicazione del 1990, il quale, assieme ad una pluralità di norme elaborate dal Consiglio dell’UE e di regole ad esso collegato, formano l’acquis di Schengen che è integrato nel diritto eurounitario tramite il Protocollo n. 19. Nello specifico, il Codice frontiere Schengen è entrato in vigore nel 2006 tramite il reg. (CE) n. 562/2006 ed è stato poi riformato nel 2013 con il reg. (UE) n. 1051 e nel 2016 con il reg. (UE) n. 399 che prevede un codice unionale relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone. Attualmente i Paesi che aderiscono allo spazio Schengen sono 26, di cui 22 Stati membri dei 27 dell’UE (ad eccezione di Bulgaria, Croazia, Cipro, Irlanda e Romania) e quattro Paesi che non fanno parte dell’Unione (ossia Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera). La base legale del Codice frontiere Schengen è rinvenibile all’art. 77, §§ 1, a) e 2, e) del TFUE ove si assicura “l’assenza di qualsiasi controllo sulle persone, a prescindere dalla nazionalità, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne”. Inoltre, il Codice trova il suo fondamento giuridico nell’art. 26, § 2 TFUE relativamente al mercato interno privo di frontiere interne e all’art. 77, § 2, b) TFUE per quanto concerne l’adozione di una politica comune con oggetto “i controlli ai quali sono sottoposte le persone che attraversano le frontiere esterne”. Per un approfondimento sul Codice frontiere Schengen si rinvia a S. PEERS – E. GUILD – J. TOMKIN, EU Immigration and Asylum Law (Text and Commentary): Second Revised Edition, Brill, Leiden – Boston, 2012, p. 251 e ss. 3 Per un inquadramento generale sul tema della sicurezza dello Stato nel diritto costituzionale si rimanda a L. DURST, Introduzione al ruolo della “sicurezza” nel sistema dei diritti costituzionali, Aracne, Roma, 2019, p. 46 e ss. 4 Cfr. S. CASSESE, Territori e potere. Un nuovo ruolo per gli Stati?, Il Mulino, Bologna, 2016, p. 73. In tal senso, v. anche F. GIUFFRÈ, Tra territorio e spazio: un invito alla riflessione sulle prospettive dell’ordinamento costituzionale, in Dir. reg. Riv. di diritto delle autonomie territoriali, n. 3/2018, p. 4, il quale afferma che a fronte del progresso tecnologico e di una visione “postmoderna” dei rapporti tra autorità e libertà «lo spazio tende ad assorbire integralmente il territorio, i cui confini vengono percepiti come liquidi, tendendo – in alcune visioni a maggiore carica utopistica – ad evaporare, sino a svanire del tutto». 2 223 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 esclusivamente economica e non anche politica5. Tali risposte, già prima della crisi sanitaria, apparivano, invero, vacillanti e incerte, con la conseguenza di aver isolato diversi Paesi dell’Unione rispetto a questioni di innegabile urgenza e drammaticità. Si ritiene rilevante osservare, allora, se la richiamata emergenza pandemica abbia mostrato o meno i primi segnali di un’inversione di tendenza rispetto alle mancanze riscontrate a livello europeo in precedenti fasi di crisi ovvero se in parte ancora si evidenziano e con quali ricadute. Il contributo aspira, pertanto, ad approfondire l’impatto delle situazioni eccezionali sulla rilevanza assunta dai confini nazionali e, specialmente, sulla disciplina delle frontiere dell’UE relativamente alla questione migratoria. Nelle riflessioni che seguiranno, infatti, emergerà come la gestione delle frontiere dell’Unione abbia evidentemente una valenza anche sotto il profilo del diritto costituzionale. Più nel dettaglio, saranno messe in evidenza le possibili carenze delle politiche migratorie nazionali e il difficile bilanciamento che lo Stato è chiamato autonomamente a ricercare tra la necessità di non incidere negativamente sulla sicurezza interna, sanitaria ed economica dei propri cittadini e degli stranieri regolari presenti sul territorio e, al tempo stesso, quella di non comprimere alcuni dei valori caratterizzanti l’ordinamento democratico contemporaneo, tra cui quello della dignità di ciascun individuo. Si tenterà, dunque, di comprendere se il rafforzamento dei confini nazionali e la reintroduzione dei controlli alle frontiere derivanti da istanze di maggiore sicurezza in situazioni emergenziali possano comprimere eccessivamente alcuni diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo. Contestualmente, saranno avanzate delle brevi osservazioni circa l’eventualità che la portata del progetto europeo di garantire uno spazio di libera circolazione e una politica comune per l’asilo e l’immigrazione possa ritenersi debilitata. Appare necessario interrogarsi su questa materia partendo dal delineare il quadro delle politiche dell’UE per passare, poi, a focalizzarsi, in particolare, sul caso italiano. Nello specifico, la “crisi dei rifugiati” del 20156 e quella dell’epidemia da Covid-197 forniranno uno spunto per indagare le modalità e le conseguenze del potere di controllo dello Stato sui propri confini e della gestione delle frontiere dell’Unione. 2. La valenza “ambivalente” dei confini nello spazio europeo In via preventiva, bisogna sottolineare che, in questa sede, seppure non sia possibile dare conto dell’evoluzione interpretativa del concetto di territorio come uno dei tre elementi fondativi dello Stato Sulle possibili perplessità circa l’Europa come una “realtà territorialmente unitaria”, anche alla luce delle nuove sfide derivanti dalla crisi pandemica, cfr. A.M. POGGI, Dove va l’Europa al tempo del Covid 19: riflessioni in tema di territorio dell’UE, in federalismi.it, n. 19/2020, p. 440 e ss. 6 Infra, § 3. 7 Infra, §§ 4, 4.1, 4.2. 5 224 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 accanto al popolo e alla sovranità8, conviene quantomeno fare alcune specificazioni definitorie. Anzitutto, deve essere chiarito che per “confine” si intende la delimitazione giuridica della sovranità territoriale, ossia il perimetro di una delle componenti identitarie della persona giuridica statale moderna di origine “vestfaliana”9, su cui il diritto dell’Unione non interviene ai sensi dell’art. 77, § 4 TFUE 10. Secondo il diritto internazionale consuetudinario, difatti, ogni Stato mantiene la prerogativa di decidere chi ammettere sul proprio territorio11, come è stato ribadito in diverse occasioni anche dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite12 e dalla Corte Edu13. A tal fine, può essere richiamato il conflitto quasi endemico che esiste, anzi, si potrebbe dire persiste, tra lo ius migrandi e la sovranità territoriale dello Stato. Difatti, da un lato, vi è la libertà di emigrare che è riconosciuta come diritto fondamentale, sia dalle Convenzioni internazionali14, sia dalla Costituzione italiana che all’art. 16, comma 2 proclama la libertà di espatrio e all’art. 35, comma 4 quella di emigrazione “salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale”. Dall’altro, però, questa libertà non comporta uno speculare diritto a emigrare nel territorio italiano, dal momento che il fenomeno dell’immigrazione può subire vincoli significativi. Per l’immigrazione, in realtà, la logica è ribaltata proprio in virtù della sovranità territoriale e del fatto che lo 8 Sul concetto di territorio dello Stato nel diritto pubblico v. ex multis P. BISCARETTI DI RUFFÌA, Territorio dello Stato, in Enc. Dir., Giuffrè, Milano, 1992, vol. 44, pp. 333-354; M. MANETTI, Territorio I), Territorio dello Stato, in Enc. Giur., XXXI, Treccani, Roma, 1994, pp. 1-7; A. DI MARTINO, Il territorio. Dallo Stato-nazione alla globalizzazione. Sfide e prospettive dello Stato costituzionale aperto, Giuffrè, Milano, 2010, pp. 191-198; I. CIOLLI, Il territorio rappresentato. Profili costituzionali, Jovene, Napoli, 2010, pp. 57-60. 9 Sul concetto di confine nel diritto internazionale, si rimanda a R. ZAIOTTI, Cultures of Border Control. Schengen and the Evolution of European Frontiers, The University of Chicago Press, Chicago – London, 2011, p. 45 e ss.; D.-E. KHAN, Territory and Boundaries, in B. FASSBENDER-A. PETERS (eds.), The Oxford Handbook of the History of International Law, Oxford University press, Oxford, 2012, p. 225 e ss. 10 L’articolo in questione afferma che resta impregiudicata “la competenza degli Stati membri riguardo alla delimitazione geografica delle rispettive frontiere, conformemente al diritto internazionale”. 11 Sul concetto dello Stato come modello della soggettività nel diritto internazionale, da cui deriva la sua capacità di esercitare stabilmente ed esclusivamente i poteri tipici della sovranità sul proprio territorio, cfr. A. CASSESE, Individuo (diritto internazionale), in Enc. Dir., XXI, Giuffrè, Milano, 1971, p. 184 e ss. 12 V. Assemblea generale delle Nazioni Unite, Protection of Migrants, 19 dicembre 2006, ris. A/RES/61/165, §7; COMEX UNHCR, International Protection of Refugees, Conclusione n. 97 (LIV), 2003. 13 A questo riguardo, risultano particolarmente rilevanti alcune decisioni della Corte Edu, tra cui, ad esempio, la sentenza Amuur c. Francia, 20 maggio 1996, n. 19776/92, nella quale al § 41 si afferma che i «contracting States have the undeniable sovereign right to control aliens’ entry into and residence in their territory», ma al contempo si evidenzia che «this right must be exercised in accordance with the provisions of the Convention, including Article 5». Inoltre, la Corte di Strasburgo ha ribadito più volte che il potere di controllo dell’ingresso, del soggiorno e dell’allontanamento degli stranieri deve essere inteso «as a matter of well-established international law and subject to their treaty obligations» (v., ad esempio, Moustaquim c. Belgio, 18 febbraio 1991, n. 12313/86, § 43; Boujlifa c. Francia, 21 ottobre 1997, n. 25404/94, § 42; Nunez c. Norvegia, 28 giugno 2011, n. 55597/09, § 66). 14 La libertà di emigrare è garantita nel contesto internazionale a partire dall’art. 13 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, il quale stabilisce che “ognuno è libero di lasciare qualsiasi Paese, compreso il proprio”. La formula è, poi, stata ripresa da diverse convenzioni, tra cui, ad esempio, dall’art. 2, § 2 del Protocollo n. 4 della Cedu e dall’art. 8 della Convenzione internazionale sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie del 1990. 225 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 Stato non riconosce un vero e proprio ius migrandi15. In altre parole, la libertà di emigrare non implica, al converso, che l’ordinamento sia obbligato ad accogliere indistintamente gli stranieri che desiderino fare accesso nel territorio nazionale. Concetto diverso, invece, è quello della “gestione dei controlli alle frontiere”, la quale pur essendo parte integrante del potere di governo dello Stato, può essere soggetta a limiti di varia natura ai sensi del diritto costituzionale, internazionale e dell’Unione. È rilevante ricordare, infatti, che il cittadino di un Paese terzo genericamente inteso sarebbe titolare solamente di un “interesse” ad attraversare le frontiere nazionali, fuorché quando invochi il diritto di chiedere asilo, il quale, invece, è dotato di esplicita copertura costituzionale ai sensi dell’art. 10, comma 316 e per cui vige il divieto di non-refoulement17, ormai assimilato a norma di jus cogens18, oltre che richiamato anche nel diritto dell’UE19. Nell’Unione, in particolare, le 15 La questione viene esaminata recentemente da O. SPATARO, Fenomeno migratorio e categorie della statualità. Lo statuto giuridico del migrante, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 44-53. 16 Il presupposto secondo cui, ai sensi dell’art. 10, comma 3 Cost., gli stranieri che non hanno subito la negazione dell’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione nel Paese di origine possono aspirare esclusivamente ad un mero “interesse legittimo” a fare accesso nel territorio nazionale, mentre i richiedenti asilo sarebbero titolari di una “pretesa” ad effettuare l’ingresso ed il soggiorno, è condiviso, ad esempio, da E. BERNARDI, Asilo politico, in Digesto delle discipline pubblicistiche, Utet, Torino, 1987, vol. 1, p. 427; A. CALIGIURI, Art. 10, 3° co., in R. BIFULCO – A. CELOTTO – M. OLIVETTI (a cura di), Commentario alla Costituzione, Utet, Torino, 2006, vol. 1, p. 254; A. COSSIRI, Art. 10 Cost., in S. BARTOLE-R. BIN (a cura di), Commentario breve alla Costituzione, Cedam, Padova, 2008, p. 86; P. BONETTI – L. NERI, Il diritto di asilo, in B. NASCIMBENE (a cura di), Diritto degli stranieri, Cedam, Padova, 2004, p. 1140. 17 Il principio di non-refoulement, è esplicitamente riconosciuto all’art. 33, § 1 della convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951. Tale principio, inoltre, è stato garantito in via interpretativa dalla Corte Edu sulla base del contenuto dell’art. 3 Cedu, per il quale non sono ammesse deroghe, come esplicitato per la prima volta nella sentenza Soering c. Regno Unito, 7 luglio 1989, n. 14038/88, § 88. In tal senso, la Corte di Strasburgo, pur non potendo rinvenire norme che nella Cedu sanciscano espressamente il diritto di asilo e il principio di non respingimento, ha ritenuto nella sua giurisprudenza di assicurare il divieto di allontanamento di un individuo verso il Paese da cui è fuggito nel caso in cui possa essere vittima di atti di tortura o di trattamenti inumani e degradanti. In queste circostanze, il divieto di espulsione deve considerarsi valido persino qualora la condotta del migrante sia ritenuta socialmente pericolosa (v. ad esempio Saadi c. Italia, 28 febbraio 2008, n. 37201/06) ovvero nei casi di c.d. “refoulement indiretto”, ossia qualora sia ravvisato il pericolo che un Paese terzo, non conformando la propria legislazione in materia di asilo alle norme convenzionali, possa respingere il migrante in un territorio a rischio (v. ad esempio M.S.S. c. Belgio e Grecia [GC], 21 gennaio 2011, n. 30696/09). Sui casi riguardanti il principio di non respingimento nella giurisprudenza della Corte Edu, cfr. F. DE WECK, Non-refoulement under the European convention on Human Rights and the UN Convention against Torture: the Assessment of Individual Complaints by the European Court of Human Rights under Article 3 ECHR and the United Nations Committee against Torture under Article 3 CAT, Brill, Leiden – Boston, 2016. 18 Secondo alcuni Autori il principio di non-refoulement gode di carattere cogente e può essere assimilato ad una norma di diritto internazionale consuetudinario. A questo riguardo, tra gli altri, v. G. GOODWIN-GILL – J. MCADAM, The refugee in international law, Oxford University press, Oxford, 2007, p. 345 e ss.; J. ALLAIN, The jus cogens nature of nonrefoulement, in International journal of refugee law, vol. 13/2001, p. 533. 19 V. l’art. 78 TFUE, ove si afferma che la politica comune in materia di asilo deve “garantire il rispetto del principio di non respingimento” ed “essere conforme alla convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e al protocollo del 31 gennaio 1967 relativi allo status dei rifugiati, e agli altri trattati pertinenti”. Peraltro, la CGUE ha precisato nella sentenza Bolbol, 17 giugno 2010, C-31/09, §§ 12 e 37, che il principio di non-refoulement sancito dalla convenzione di Ginevra costituisce «la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati». V., inoltre, gli artt. 18 e 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE (CDFUE), i quali, rispettivamente, garantiscono il diritto di asilo in conformità con la Convenzione di Ginevra e le previsioni del TFUE; e la protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione dello straniero, riprendendo al §1 il contenuto dell’art. 4 del Protocollo n. 4 Cedu sul divieto 226 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 politiche relative ai controlli alle frontiere sono regolate dalle disposizioni al capo II del Titolo V del TFUE, il quale mira a realizzare “uno spazio di libertà, sicurezza, e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali nonché dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri”20. Deve, poi, essere operata un’ulteriore differenziazione tra il regime dei “confini interni” e quello dei “confini esterni” dell’Unione: nel primo caso, i Trattati UE fissano l’abolizione dei controlli sulle persone alle frontiere21, fornendo la base normativa per il c.d. acquis di Schengen22; per i secondi, sono istituiti un sistema integrato di gestione delle frontiere e politiche comuni per il trattamento degli stranieri di espulsioni collettive, comprendendo, così, qualunque forma di respingimento alla frontiera o di allontanamento forzato dal territorio che non consenta un esame individuale della richiesta di protezione internazionale, e al § 2 quello dell’art. 3 Cedu relativo al divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti. Sull’evoluzione dell’interpretazione della CDFUE precedentemente e successivamente il Trattato di Lisbona, cfr. F. DI MAJO – A. RIZZO, Commento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in A. TIZZANO (a cura di), Trattati dell’Unione europea, II ed., Giuffrè, Milano, 2014, p. p. 2591 ss. Sulla rilevanza della CDFUE, anche innovativa rispetto alla Cedu, cfr. P. MORI, Il valore aggiunto della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in AISDUE, n. II/2020, p. 9 ss. 20 V. l’art. 67 del TFUE. 21 V. gli artt. 2 e 3, § 2 del TUE, nonché gli artt. 67, § 2 e 77, §§ 1, a) e 2, e) del TFUE. 22 Supra, § 1, nt. 2. 227 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 extracomunitari, sia richiedenti protezione internazionale23, sia migranti24. Per quanto riguarda il controllo dell’ingresso degli stranieri extracomunitari nell’Unione riveste un ruolo chiave altresì l’Agenzia europea V. gli artt. 3, 2, TUE e, soprattutto, l’art. 78 TFUE ai sensi del quale “L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta ad offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale” e che attualmente costituisce la base giuridica per lo sviluppo del Common European Asylum System (CEAS). Originariamente, una delle spinte maggiori per la formazione del CEAS è stata rinvenuta dalla dottrina proprio nell’abolizione dei controlli alle frontiere interne, dalla quale sarebbe derivata una necessità di compensazione individuata dalle istituzioni europee nel rafforzamento dei controlli alle frontiere esterne e in una maggiore cooperazione in materia di asilo e immigrazione, affinché si potessero evitare movimenti secondari indesiderati di richiedenti asilo. Il CEAS teoricamente persegue, tuttavia, obiettivi ben più ambiziosi della semplice cooperazione o della definizione di criteri per l’attribuzione dello status di rifugiato e dei diritti ad esso collegati come stabilito dalla convenzione di Ginevra del 1951. In particolare, mentre nella sua “prima fase” di sviluppo – avviata con le c.d. conclusioni di Tampere del 1999 – si prevedeva solo la definizione di norme minime comuni, nella “seconda fase” di armonizzazione – iniziata di fatto con l’European Pact on Immigration and Asylum adottato dal Consiglio dell’UE nel 2008 e il Programma di Stoccolma del 2009 – sono stati approvati una serie di strumenti di diritto derivato per stabilire una procedura unica in materia d’asilo e uno status uniforme per coloro che ottengono la protezione internazionale. Tra questi strumenti vengono compresi: il c.d. regolamento Dublino (Regolamento (UE) n. 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013); la c.d. direttiva procedure (2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013); la c.d. direttiva accoglienza (2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013); la c.d. direttiva qualifiche (2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011); e il c.d. regolamento Eurodac (Regolamento (UE) n. 603/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013). Sull’evoluzione e le criticità del CEAS, si rimanda a V. CHETAIL, The Common European Asylum System: Bric-à-brac or System?, in V. CHETAIL, – P. DE BRUYCKER – F. MAIANI (eds.), Reforming the common European asylum system: The new European refugee law, Brill, Leiden – Boston, 2016, p. 4 e ss; A. DEL GUERCIO, La protezione dei richiedenti asilo nel diritto internazionale ed europeo, Editoriale Scientifica, Napoli, p. 242 e ss. Si segnala, difatti, che a causa di una serie di problematiche del CEAS, acuitisi duranti la “crisi migratoria” del 2015 e derivanti principalmente dal meccanismo del “sistema Dublino” (infra, § 5, nt. 173), un insufficiente grado di armonizzazione relativo al trattamento dei richiedenti asilo da uno Stato membro all’altro, la durata delle procedure di asilo e le condizioni di accoglienza dei migranti, la Commissione ha presentato un programma globale di riforma nel 2016 (COM(2016) 197 final), il quale però si è rivelato un sostanziale fallimento ed è stato solo in parte ripreso dal nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo del 23 settembre 2020 (infra, § 5). Sulle difficoltà derivanti dall’applicazione del “regolamento di Dublino III” e le divergenze tra Stati membri in termini di standard applicativi del CEAS, si sono pronunciate in diverse occasioni sia la Corte Edu (v. ad es. M.S.S. c. Belgio e Grecia, supra nt. 17; Tarakhel c. Svizzera [GC], 4 novembre 2014, n. 29217/12; Sharifi c. Italia e Grecia, 21 ottobre 2014, n. 16643/09), sia la CGUE (v. ad es. N.S. e M.E. e A., C- 411/10 e C-493/10, 21 dicembre 2011). In particolare, per quanto concerne la giurisprudenza della Corte di Straburgo e quella di Lussemburgo circa le criticità del sistema di protezione internazionale italiano rispetto ai vincoli di diritto dell’UE e diritto internazionale, si rimanda a P. MORI, Il sistema italiano d’asilo alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia dell’Unione europea, in Ordines, n. 2/2018, p. 309 e ss. Sulle possibili revisioni del CEAS, invece, cfr. P. MORI, La proposta di riforma del sistema europeo comune d’asilo: verso Dublino IV?, in Eurojus.it, 7 settembre 2016; C. DI STASIO, La crisi del “Sistema Europeo Comune di Asilo” (SECA) fra inefficienze del sistema Dublino e vacuità del principio di solidarietà, in Il Diritto dell’Unione europea, n. 2/2017, p. 209 ss.; T.M. MOSCHETTA, I criteri di attribuzione delle competenze a esaminare le domande d’asilo nei recenti sviluppi del l’iter di riforma del regime di Dublino, in Federalismi.it, n. 5/2018; M. MARCHEGIANI, La riforma del sistema comune europeo di asilo: verso una procedura comune e uno status uniforme?, in Diritto Pubblico, n. 1/2020, pp. 79-96. 24 V. in particolare l’art. 79 TFUE §§ 1 e 2, ai sensi dei quali “l’Unione sviluppa una politica comune dell’immigrazione intesa ad assicurare, in ogni fase, la gestione efficace dei flussi migratori, l’equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi regolarmente soggiornanti negli Stati membri e la prevenzione e il contrasto rafforzato dell’immigrazione illegale e della tratta degli esseri umani” e il Parlamento e il Consiglio possono adottare misure, secondo la procedura legislativa ordinaria, nei seguenti settori: “a) condizioni di ingresso e soggiorno e norme sul rilascio da parte degli Stati membri di visti e di titoli di soggiorno di lunga durata, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare; b) definizione dei diritti dei cittadini di paesi terzi regolarmente soggiornanti in uno Stato membro, comprese le condizioni che disciplinano la libertà di circolazione e di soggiorno negli altri Stati membri; c) immigrazione clandestina e soggiorno irregolare, compresi l'allontanamento e il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare; d) lotta contro la tratta degli esseri umani, in particolare donne e minori”. L’Unione, peraltro, ai sensi del § 3 del medesimo articolo, nel 23 228 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri, meglio conosciuta come Frontex. L’operato di tale Agenzia, seppure sia risultato fortemente controverso fin dalla sua istituzione nel 200525 per via del delicato settore in cui interviene, il quale coinvolge questioni legate sia ai diritti umani di richiedenti asilo e migranti, sia al presidio dei confini dei Paesi membri coincidenti con le frontiere esterne dell’Unione26, è stato progressivamente rafforzato ed ampliato da parte delle istituzioni europee a seguito dell’incremento delle pressioni migratorie27. Dunque, l’integrazione europea ha evidentemente determinato un mutamento nell’autonoma capacità dello Stato di disciplinare l’ingresso, il soggiorno e l’allontanamento degli stranieri. La parziale cessione di sovranità dei Paesi membri a favore dell’Unione, infatti, ha prodotto un ridimensionamento di quella funzione di promozione e protezione originariamente assunta dai confini. Segnatamente, con l’istituzione progressiva del “sistema” Schengen28, è stato evidenziato in dottrina come sia stata anteposta la “dimensione individualista” della libertà di movimento dei cittadini europei alla “dimensione comunitaria” del limite, rendendo in qualche modo anacronistico l’ideale di singoli territori delimitati da confini sorvegliati, così come è tradizionalmente associato allo Stato-nazione29. Tuttavia, deve essere precisato che la “comunitarizzazione” delle politiche in materia di immigrazione e asilo non ha mai intaccato del tutto il potere degli Stati membri di controllare le frontiere esterne dell’Unione, o meglio “i confini di Schengen”, e di decidere sul volume di accesso al territorio nazionale perseguimento dei predetti obiettivi può concludere accordi con gli Stati terzi, anche ai fini del rimpatrio. Per un approfondimento cfr. L. MANCA, Commento all’art. 79 TFUE, in C. CURTI GIALDINO (a cura di), Codice dell’Unione europea operativo, Napoli, Simone, 2012, p. 863 e ss. 25 L’Agenzia è istituita in attuazione del regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio del 26 ottobre 2004. 26 Per un approfondimento sull’impatto di Frontex sulle politiche di controllo delle migrazioni a livello europeo, si rimanda a G. CAMPESI, Politica della frontiera. Frontex e la produzione dello spazio europeo, DeriveApprodi, Roma, 2015. 27 In sintesi, si segnala che con il regolamento (UE) n. 656/2014 il mandato di Frontex è stato esteso agli interventi di ricerca e soccorso che si rendono necessari nel corso delle operazioni di sorveglianza anche nelle zone pre-frontiera. Successivamente, con il regolamento n. 1624/2016 si istituisce una Guardia di frontiera e costiera europea che sostituisce e amplia ulteriormente il mandato di Frontex in risposta alla “crisi dei rifugiati”. Da ultimo con il regolamento (UE) n. 1896/2019 pare si delinei un quadro “realmente” integrato della protezione delle frontiere esterne dell’Unione a livello sovranazionale e nazionale, nell’ambito del quale, tra le diverse innovazioni, si prevede l’istituzione di un corpo permanente operativo. Sui punti maggiormente salienti e le questioni ancora aperte relative alle ultime riforme che hanno coinvolto l’Agenzia, cfr. M. FANTINATO, The European Border and Coast Guard Agency 2.0: the existing search and rescue gap in the central Mediterranean and States’ responsibilities, in L. SALVADEGO – M. SAVINO – E. SCOTTI (a cura di), Migrazioni e vulnerabilità. La rotta del Mediterraneo centrale. Atti del II Doctoral Colloquium dell’Accademia Diritto e migrazioni (Macerata, 56 dicembre 2019), Giappichelli, Torino, 2021, p. 31 e ss. 28 Supra, § 1, nt. 2. 29 Cfr. M. SAVINO, La crisi dei confini, in Riv. trim. dir. pubbl., n. 3/2016, p. 741. 229 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 dei c.d. migranti economici provenienti da Paesi terzi30 in base all’art. 79, § 5 TFUE31. Del resto, nonostante, come accennato, sia stato istituito un sistema integrato di gestione delle frontiere esterne basato sull’applicazione di criteri uniformi per i controlli all’ingresso di “cittadini non-Schengen” e i Paesi membri debbano attenersi a vincoli di carattere umanitario derivanti dal diritto internazionale e eurounitario, soprattutto per la tutela dei richiedenti asilo e dei rifugiati32, gli Stati detengono ancora le competenze relative al mantenimento dell’ordine pubblico e della sicurezza interni33 ai sensi dell’art. 72 TFUE34. Invero, come affermato dalla stessa Corte costituzionale nell’ordinanza n. 353 del 1997, lo Stato «non può abdicare al compito, ineludibile, di presidiare le proprie frontiere»35. In tal senso, l’esigenza di preservare la sicurezza e l’ordine pubblico, a cui nell’attuale emergenza pandemica si aggiunge quella della salute, presumibilmente può implicare la limitazione della libertà di movimento e degli attraversamenti di frontiera. Tale tendenza, dall’inizio del XXI secolo circa, è stata rinsaldata ulteriormente dalla richiesta di un potenziamento della sicurezza interna dovuta alla minaccia del terrorismo internazionale di matrice jihadista36 che inevitabilmente si intreccia con la problematica delle migrazioni di massa dirette verso l’Unione e con gli spostamenti interstatali dei cittadini europei. Queste istanze difensive si sono tradotte anche nell’innalzamento di barriere fisiche militarizzate da parte 30 Su questo aspetto cfr. C. RISI, Alcune note sulla dimensione esterna dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia dopo il Consiglio europeo di giugno 2017, in Freedom, Security & Justice: European Legal Studies, n. 2/2017, pp. 136-138; B. CARAVITA, Quanta Europa, cit., pp. 169-170; T. CERRUTI, Libertà di circolazione e pandemia: servirà un passaporto-covid per attraversare i confini dell’Unione Europea, in Rivista AIC, n. 2/2021, pp. 3-4. 31 Il suddetto articolo stabilisce che lo sviluppo di una politica comune in materia di immigrazione “non incide sul diritto degli Stati membri di determinare il volume di ingresso nel loro territorio dei cittadini di paesi terzi, provenienti da paesi terzi, allo scopo di cercarvi un lavoro dipendente o autonomo”. 32 Ci si riferisce, in particolare, per ciò che attiene il diritto internazionale, al principio di non-refoulement, al divieto di tortura e trattamenti inumani e degradanti ai sensi dell’art. 3 Cedu e al divieto di espulsioni collettive di stranieri ai sensi dell’art. 4 del Protocollo n. 4 Cedu (supra, §1, nt. 17 e nt. 18); mentre, per quanto riguarda il diritto dell’UE alle previsioni contenute all’art. 78 TFUE relativo a una politica comune in materia di asilo, all’esplicito riconoscimento del diritto di asilo all’art. 18 della CDFUE e alla protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione prevista all’art. 19 della medesima Carta (supra, §1, nt. 19). Sul tema cfr. P. BONETTI, I diritti dei non cittadini nelle politiche dell’immigrazione e dell’asilo dell’Unione europea, in C. PANZERA - A. RAUTI - C. SALAZAR - A. SPADARO (a cura di), Metamorfosi della cittadinanza e diritti degli stranieri. Atti del Convegno internazionale di studi. Reggio Calabria, 26-27 marzo 2015, Editoriale scientifica, Napoli, 2016, p. 152 e ss. 33 Cfr. C. SALAZAR, Territorio, confini, “spazio”: coordinate per una mappatura essenziale, in Associazione italiana dei costituzionalisti, Di alcune grandi categorie del diritto costituzionale. Sovranità, rappresentanza, territorio. Atti del XXXI Convegno annuale Trento, 11-12 novembre 2016, Jovene, Napoli, 2017, p. 598. 34 Sull’art. 72 TFUE esiste giurisprudenza della CGUE rilevante in relazione alla questione migratoria. V. le seguenti sentenze: Melki e Abdel, C‑188/10 e C‑189/10, 22 giugno 2010; Adil, C‑278/12 PPU, 19 luglio 2012; A, C 9/16, 21 giugno 2017; Slovacchia e Ungheria c. Consiglio, C‑643/15 e C‑647/15, 6 settembre 2017; Commissione c. Polonia e Altri (C 715/17, C718/17 e C719/17), 2 aprile 2020; Commissione c. Ungheria, C-808/18, 17 dicembre 2020. 35 Corte cost., 21 novembre 1997, n. 353, in Giur. cost., fasc. 6, 1997, pp. 3457-3460. 36 Sul punto cfr. M. SAVINO, La crisi, cit., p. 739. 230 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 degli Stati37, come quelle costruite lungo le enclaves spagnole di Ceuta e Melilla in Marocco38 o quelle al confine fra Grecia e Turchia, tra Bulgaria e Turchia, tra Ungheria e Serbia, tra Austria e Slovenia ovvero, quelle, più ridotte, al porto di Calais in Francia e tra Norvegia e Russia39. Come noto, poi, tale scenario è divenuto tanto più complesso non solo a causa del progressivo accrescersi del fenomeno migratorio, derivante a sua volta da un susseguirsi di crisi geopolitiche40, ma anche per l’avanzare della globalizzazione che ha moltiplicato le sfide per il controllo territoriale dello Stato. Si pensi, ad esempio, all’utilizzo dilagante di internet e del digitale, il quale ha evidentemente reso lo spazio fisico di ogni Stato più “penetrabile”41. In considerazione del quadro così delineato, può essere osservato, però, che alla globalizzazione non pare in realtà affiancarsi un vero e proprio processo di “deterritorializzazione” come sostenuto da alcuni studiosi42, giacché la sovranità statale con riferimento al territorio si rivela tuttora cruciale per diversi ambiti politici e giuridico-costituzionali43. 37 Il significato difensivo di concenzione schmittiana del “muro” è richiamato ad esempio da L. ANTONINI, Alla ricerca del territorio perduto: anticorpi nel deserto che avanza, in Associazione italiana dei costituzionalisti, Di alcune grandi categorie del diritto costituzionale. Sovranità, rappresentanza, territorio. Atti del XXXI Convegno annuale Trento, 11-12 novembre 2016, Jovene, Napoli, 2017, p. 529. 38 Si segnala che la pratica del respingimento di migranti che tentano di oltrepassare la barriera confinaria costruita attorno all’enclave spagnola di Melilla in Marocco, da cui è stata coniata l’espressione “devolusiones en caliente”, è stata denunciata dal Consiglio d’Europa per violazione del principio di non-refoulement e dell’art. 3 Cedu nel Report to the Spanish Government on the visit to Spain carried out by the European Committee for the Prevention of Torture and Inhuman or Degrading Treatment or Punishment (CPT) from 14 to 18 July 2014, 9 aprile 2015, pp. 19-24, testo consultabile sul sito del Consiglio d’Europa. La questione, peraltro, è stata oggetto di scrutinio da parte della Corte Edu. In particolare, sul caso N.D. e N.T. c. Spagna, ric. n. 8675/15 e 8697/15, si è espressa, in un primo momento, la Terza Sezione, la quale ha rinvenuto la violazione dell’art. 4 del Protocollo n. 4 Cedu sul divieto di espulsioni collettive di stranieri e dell’art. 13 Cedu sul diritto a un ricorso effettivo in combinato con la precedente disposizione. Successivamente, invece, la Grande Camera nella sentenza del 13 febbraio 2020 ha ribaltato il giudizio precedente, affermando che non vi sarebbe alcuna infrazione degli articoli suddetti poiché l’espulsione degli stranieri da parte delle autorità spagnole è giustificata sulla base della condotta irregolare dei richiedenti asilo nell’attraversamento del confine terrestre e della presenza di vie legali alternative per la presentazione delle domande di protezione internazionale. Per un commento alla sentenza, la quale è stata alquanto dibattuta, cfr. F.L. GATTA, Recenti sviluppi nelle politiche di controllo migratorio in Europa, in Eurojus, n. 1/2020, pp. 132-138; A. BUFALINI, Ancora a margine del caso N.D. & N.T. c. Spagna: la retorica dell’invasione si fa largo a Strasburgo?, in Blog ADiM. Editoriale, luglio 2020. 39 Sulla questione v. UNHCR, Border fences and internal border controls in Europe, marzo 2017, testo consultabile sul sito di refworld; A. RUIZ BENEDICTO – P. BRUNET, Building walls. Fear and securitization in the European Union, 2018, pp. 2324, testo consultabile sul sito di tni; LIBE, Il futuro dello spazio “Schengen”: sviluppi e sfide recenti nel quadro della governance di “Schengen” dal 2016, 2018, pp. 27-35, testo consultabile sul sito del Parlamento europeo. 40 Per una visione d’insieme delle principali rotte di migranti che recentemente si dirigono verso l’Europa si rinvia a B. CARAVITA, Quanta Europa c’è in Europa? Percorsi e prospettive del federalizing process europeo, Giappichelli, Torino, 2020, pp. 170-173. 41 Cfr. S. CASSESE, cit., p. 73. 42 Cfr. B. BADIE, La fine dei territori. Saggio sul disordine internazionale e sulla utilità sociale del rispetto, Asterios, Trieste, 1996, pp. 161-164; A. BALDASSARRE, Globalizzazione contro democrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003, p. 63. 43 Cfr. I. CIOLLI, Il territorio rappresentato, cit., pp. 66-67; E. GIANFRANCESCO, Il ruolo insostituibile dell’elemento territoriale negli ordinamenti politici, in Diritti regionali. Rivista di diritto delle autonomie territoriali, n. 3/2018, p. 2 e ss. 231 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 In questa prospettiva, nel caso italiano, come emerso in letteratura, le materie dell’immigrazione e dell’asilo sono associate quasi sistematicamente alla sicurezza44. Invero, la lettura delle politiche migratorie prevalentemente attraverso una lente emergenziale e securitaria, piuttosto che programmatica e di lungo periodo, ha fatto sì che la “naturale espressione giuridica” di questo settore divenisse la decretazione d’urgenza45. L’impiego frequentissimo del decreto-legge, però, non è sempre stato ritenuto sufficientemente motivato nel dibattito politico e accademico, in quanto, spesso non si sarebbero riscontrate le effettive condizioni di necessità ed urgenza ai sensi dell’art. 77 Cost.46. Al contempo, è stato evidenziato che il suo utilizzo, in ultima analisi, determinerebbe modifiche permanenti nell’assetto normativo47 che talvolta hanno suscitato anche dubbi di legittimità costituzionale, come nel caso della sentenza n. 194 del 201948 che aveva ad oggetto cinque ricorsi regionali avversi a molteplici disposizioni del “decreto sicurezza” del 2018, sulla base di diversi parametri sia competenziali che extra-competenziali. Pertanto, la volontà di implementare una politica comune in materia di asilo ai sensi dell’art. 78 TFUE e dell’immigrazione ai sensi dell’art. 79 TFUE, non si è tradotta nella rinuncia definitiva della sfera decisionale nazionale. Al contrario, l’autonomia politica e giuridica statuale si sarebbe perfino rafforzata nella prevenzione dell’ingresso di stranieri extraeuropei, giustificata dal bisogno di mantenere la sicurezza entro il territorio nazionale ed in nome di crescenti “pretese sovraniste”49. È stato evidenziato, in particolare, che tra i soggetti maggiormente colpiti da questo trend “securitario” rientrerebbero certamente i non cittadini e, soprattutto, gli stranieri “clandestini”, verso i quali si è intervenuto anche per mezzo dello strumento penale. In tal senso, può essere ricordata la circostanza dell’aggravante di clandestinità (art. 61, n. 11-bis c.p.) introdotta con il d.l. 92/2008 e poi dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale nella sent. 8 luglio 2010, n. 249 per contrasto con gli artt. 3 e 25, comma 2 Cost. Altrettanto esemplificativo risulta essere l’art. 14, co. 1, lett. d) del d.l. n. 113/2018 che inserisce l’art. 10-bis alla legge del 5 febbraio 1992, n. 91, prevedendo la revoca della cittadinanza solamente per coloro che, dopo averla ottenuta per ius soli, abbiano subito una condanna definitiva per taluni gravissimi delitti contro la sicurezza e l’ordine pubblico. Tra i contributi più recenti sul tema si rimanda a L. RISICATO, Diritto alla sicurezza e sicurezza dei diritti: un ossimoro invincibile?, Giappichelli, Torino, 2019, pp. 25-48; O. SPATARO, Fenomeno migratorio, cit., pp. 82-88. 45 A questo proposito è possibile ricordare che, solo negli ultimi anni, la decretazione d’urgenza è intervenuta in materia dapprima con il “piano Minniti” (d.l. n. 13/2017, conv. con mod. nella l. n. 46/2017) e, poco dopo, con il “decreto sicurezza” (d.l. n. 113/2018, conv. con mod. dalla l. n. 132/2018) e il “decreto sicurezza-bis” (d.l. n. 53/2019 conv. con mod. dalla l. n. 77/2019) e, infine, con il “decreto Lamorgese” (d.l. n. 130/2020, conv. con mod. dalla l. n. 173/2020). 46 In tal senso, è opportuno fare riferimento alle circostanze durante le quali è stato adottato il “decreto sicurezza”, giacché il numero di richiedenti asilo alla prima domanda registrato nel 2018 nell’UE-27 risultava di gran lunga inferiore (548 955) a quello rilevato durante il picco della “crisi dei rifugiati” nel 2015 (1 216 280). Cfr. Statistiche in materia di asilo – Statistics Explained, testo consultabile sul sito di Eurostat. Sul punto v. anche A. RAUTI, Il decreto sicurezza di fronte alla Consulta. L’importanza (e le incertezze) della sentenza n. 194 del 2019, in Forum quad. cost., n. 1/2020, pp. 340-341. 47 Cfr. O. SPATARO, Fenomeno migratorio, cit., p. 83. 48 Corte cost., 24 luglio 2019, n. 194, in Giur. cost., fasc. 4, 1997, pp. 2186-2241. Per un commento della sentenza, v. C. PADULA C., Le decisioni della Corte costituzionale del 2019 sul decreto sicurezza, in Consulta Online, 2019, pp. 377-384; D. TEGA, I ricorsi regionali contro il decreto sicurezza: la ridondanza dalla difesa delle competenze allo scontro sui diritti, in Forum quad. cost., n. 2/2019, pp. 413-416. 49 Cfr. M. SAVINO, La crisi, cit., p. 742, il quale definisce la recente propensione di alcuni ordinamenti europei a rafforzare i controlli ai loro confini con il fine di limitare l’afflusso di migranti come un “sussulto di sovranità”. 44 232 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 In effetti, la conferma del rilievo del territorio è rinvenibile in maniera tangibile anche nelle situazioni di “ritorno al localismo”50 che hanno avuto origine ora per esprimere il senso di appartenenza dell’identità nazionale di una certa comunità in contrapposizione all’omologazione data della globalizzazione, ora per dare voce a sentimenti di rivendicazione per la formazione di uno Stato proprio rispetto ad altri gruppi nazionali51. A ciò, si affianca l’ascesa di movimenti “nazionalisti”, i quali, potenziatesi a seguito dell’esito positivo del referendum del Regno Unito sulla cosiddetta Brexit52, hanno reinterpretato i confini quali markers of identity53. Specificatamente per quanto concerne l’immigrazione, i partiti nazional-populisti e euroscettici di estrema destra, di cui è stata registrata un’ascesa a partire dal biennio 2014-2015 nel centro e nel nord dell’Unione54, seppur non siano assimilabili da un’unica ideologia ma presentino differenze anche significative tra loro55, nel complesso hanno senz’altro tutti messo in risalto la “pericolosità” di flussi incontrollati di stranieri irregolari diretti verso l’Unione56, reclamando una politica maggiormente restrittiva e autonoma a livello nazionale. Da queste riflessioni iniziali, emerge, perciò, che i confini assumono accezioni mutevoli e, per certi versi, contradditorie nello “spazio” europeo, il quale de facto potrebbe definirsi come il risultato dei territori nazionali degli Stati membri anziché come uno autonomo57. Difatti, da una parte, i confini sono divenuti B. CARAVITA - M. CONDINANZI – A. MORRONE – A.M. POGGI, Dove va l’Europa? Percorsi e prospettive del federalizing process europeo, in federalismi.it, n. 7/2019, pp. 9-10; A.M. POGGI, Unione europea e territorio: problemi e prospettive, in federalismi.it, n. 31/2020, p. vi. 51 Cfr. G. FERRAIUOLO, Transizione e persistenza. Note su Stato-nazione e processo di integrazione europea, in federalismi.it, n. 31/2020, p. 21. L’Autore si riferisce specialmente alle spinte secessioniste – come quella della Catalogna dalla Spagna o della Scozia dal Regno Unito – che si fondano su concreti elementi di diversità consolidatisi nel processo storico. 52 Per un inquadramento giuridico del processo di recesso del Regno Unito dall’Unione europea e il suo impatto sull’integrazione europea, si rimanda, tra gli altri, a C. MARTINELLI (a cura di), Il referendum Brexit e le sue ricadute costituzionali, Maggioli, Santarcangelo di Romagna, 2017; F. FABBRINI (a cura di), The Law and Politics of Brexit, Oxford University Press, Oxford, 2017; C. SCLOSA (ed.), Secession from a Member State and Withdrawal from the European Union, Cambridge University press, Cambridge, 2017; P. MARIANI, Lasciare l’Unione europea. Riflessioni giuridiche sul recesso nei giorni di Brexit, Egea, Milano, 2018; J. HILLMAN-G. HORLICK (eds.), Legal Aspects of Brexit. Implications of the United Kingdom’s Decision to Withdraw from the European Union, Institute of International Economic Law, Washington D.C., 2017; F. SAVASTANO, Uscire dall’Unione europea. Brexit e il diritto di recedere dai Trattati, Giappichelli, Torino, 2019; B. CARAVITA, Quanta Europa, cit., p. 215 e ss. 53 Cfr. C. SALAZAR, Territorio, cit., p. 598. 54 Ci si riferisce, tra gli altri, all’Unione Civica Ungherese (Fidesz), a Diritto e Giustizia (PiS) in Polonia, al Partito della Libertà (FPÖ) in Austria o al Raggruppamento Nazionale (RN) in Francia. 55 Sul punto v. G. VALDITARA, Sovranismo. Una speranza per la democrazia, BookTime, Milano, 2017, pp. 14-15, il quale evidenzia la frammentazione dei partiti europei aderenti al fronte “sovranista”, soprattutto se comparati a quelli confluenti in una corrente definita “globalista” che, al contrario, sarebbero più uniformi sia sotto il profilo ideologico che delle proposte politiche. 56 Cfr. L. FROSINA, La crisi “esistenziale” dell’Unione europea tra deriva intergovernativa e spinte centrifughe, in Nomos. Le attualità nel diritto, n. 2/2018, pp. 11-12; M.G. RODOMONTE, Il “populismo sovranista” e l’Europa. A proposito di crisi della democrazia e del processo di integrazione europea, in Nomos. Le attualità nel diritto, n. 2/2019, pp. 7-8. 57 Sulla complessa definizione della delimitazione dei confini dell’Unione e le motivazioni per cui è preferibile discutere di “spazio” europeo anziché di “territorio” nel senso classico del termine v. C. BERTOLINO, Le politiche europee in tema di controlli delle frontiere, asilo e immigrazione, a dieci anni dal Trattato di Lisbona, in federalismi.it, n. 19/2020, p. 375; I. CIOLLI, Il territorio europeo tra processi federali e spinte neofeudali, in federalismi.it, n. 31/2020, pp. 29-32. Inoltre, cfr. A.M. POGGI, Dove 50 233 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 in gran parte “permeabili” per quanto concerne lo scambio di merci, capitali (spesso digitalizzati) o flussi di lavoratori e studenti nel contesto del mercato unico58, a cui si affianca l’esercizio dei diritti di cittadinanza europea59 e di quelli derivanti dalla creazione dello spazio di libertà sicurezza e giustizia dell’Unione. Dall’altra parte, vi sarebbe la propensione a intenderli come “linee di chiusura” del territorio statale per rendere l’accesso invalicabile o, comunque, più difficoltoso dall’esterno a certe categorie di stranieri60. Pertanto, il confine oscillerebbe dall’assumere il significato di limes, ovvero una sorta di “barriera” escludente e divisiva, a quello di limen, cioè una “soglia” attraverso la quale è concesso transitare61. Verosimilmente, come sarà indagato nei paragrafi che seguono, questo dilemma tra ius migrandi e fortificazione dei confini si acuisce nelle situazioni di crisi. 3. La reintroduzione dei controlli alle frontiere interne nell’area Schengen nella “crisi dei rifugiati” La questione della reintroduzione dei controlli alle frontiere interne in alcuni Paesi membri nel corso della “crisi migratoria” che ha colpito l’Unione a partire dal 201462 certamente meriterebbe una trattazione a sé63. Risulta opportuno, ciononostante, ricordarne i tratti salienti come termine di paragone con le dinamiche verificatesi durante l’attuale emergenza epidemiologica. In estrema sintesi, si ricorda innanzitutto che, secondo le regole dell’area Schengen, gli Stati membri possono introdurre controlli alle frontiere interne per un tempo limitato come extrema ratio se esiste una grave minaccia all’ordine pubblico o alla sicurezza interna. Specificatamente, il Codice frontiere Schengen li ammette in tre tipi di scenari: il primo riguarda eventi “prevedibili” e contempla che sia data notifica va l’Europa, cit., p. 443, la quale evidenzia come tra gli internazionalisti emerga l’opportunità di discutere più specificatamente di applicazione territoriale dei Trattati istitutivi o meglio di «sfera spaziale di applicazione dei Trattati, composta dalla somma dei territori degli Stati membri (con l’esclusione di eventuali parti) nella quale l’Unione esercita le competenze che le sono state attribuite dagli Stati membri per conseguire gli obiettivi comuni». 58 V. nel Titolo I TFUE, relativo al mercato interno, l’art. 26, § 2 che comporta “uno spazio senza frontiere interne, in cui è assicurata la libera circolazione di merci, persone, servizi e capitali”; e l’art. 45 TFUE che assicura la libertà di circolazione ai lavoratori all’interno dell’Unione, ma che al § 3 prevede la possibilità di limitare tale prerogativa per motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica. 59 Sui diritti dei cittadini europei v. gli artt. 20-25 del TFUE e l’art. 15, § 2 CDFUE. 60 Cfr. S. CASSESE, Territori, cit., pp. 77, 87-88. 61 Cfr. C. SALAZAR, Territorio, cit., pp. 598-599-6. In tal senso cfr. anche B. BADIE, La fine, cit. 167, il quale riferendosi a questa doppia azione dello Stato relativamente al controllo del territorio, utilizza l’efficace espressione di “deterritorializzazione selettiva”. 62 Per “crisi migratoria europea” si intende il notevole incremento di flussi migratori diretti verso l’UE che è stato registrato a partire dal 2014, con un picco di oltre un milione di sbarchi giunti via mare nel 2015, soprattutto da parte di cittadini originari della Siria, dell’Afghanistan e dell’Iraq. Per ulteriori informazioni sul tema cfr. il report dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Global Trends. Forced displalcement in 2015, 20 giugno 2016, testo consultabile sul sito di UNHCR. 63 Sull’argomento si rinvia, ad esempio, a A. ROMANO, La rinascita delle frontiere interne: il declino (reversibile?) di Schengen, in M. SAVINO (a cura di), La crisi migratoria tra Italia e Unione europea: diagnosi e prospettive, Editoriale scientifica, Napoli, 2017, pp. 249-278. 234 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 agli altri Stati e alla Commissione con congruo preavviso e che i controlli possano durare per un periodo di 30 giorni o per la durata prevedibile della minaccia grave, prorogabile fino a un massimo di 6 mesi 64; il secondo si riferisce a eventi che richiedono “un’azione immediata”, senza preavviso, salvo l’obbligo di informarne la Commissione e gli altri Stati membri, per un periodo limitato di massimo dieci giorni, prorogabile fino a un massimo di due mesi65; il terzo concerne “circostanze eccezionali che mettono a rischio il funzionamento globale dello spazio senza controllo alle frontiere interne” – nello specifico “carenze gravi relative al controllo delle frontiere esterne” – e prevede il ripristino dei controlli per un periodo di sei mesi, prorogabile non più di tre volte fino ad un massimo di due anni66. Quest’ultima procedura reca che sia il Consiglio a raccomandare a uno o più Stati di ripristinare il controllo di frontiera “come misura volta a proteggere gli interessi comuni nello spazio senza controllo alle frontiere interne”. A partire dal 2015, taluni Stati dell’Europa settentrionale e centro-orientale67, hanno qualificato come “minacce gravi all’ordine pubblico e alla sicurezza interna” l’afflusso massiccio di migranti e richiedenti 64 V. artt. 25-27, reg. (UE) 2016/399. V. art. 28, reg. (UE) 2016/399. 66 V. art. 29, reg. (UE) 2016/399. 67 Ci si riferisce in particolare a Svezia, Danimarca, Norvegia, Germania, Austria e Slovenia. Deve essere segnalato, tuttavia, che, nel corso della “crisi migratoria europea”, la Norvegia, la Svezia e soprattutto la Germania, oltre ad essersi impegnate nel programma di ricollocazioni, hanno accolto le più alte percentuali di richiedenti protezione internazionale. A questo riguardo, v. Relocaction and Resettlement – State of Play, 16 maggio 2017, testo consultabile sul sito della Commissione europea; Asylum applicants and first instance decisions on asylum applications: fourth quarter 2015, giugno 2016, p. 9, testo consultabile sul sito di Eurostat. Diversamente, i Paesi del c.d. gruppo di Visegrád (ossia Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria) si sono sistematicamente opposti ad una gestione concertata dell’asilo nell’Unione, ostacolando duramente i tentativi di redistribuzione dei richiedenti protezione internazionale (infra, § 5), opponendosi alla proposta di riforma del CEAS nel 2016 (supra, § 2, nt. 23) e più recentemente al Patto sulla migrazione e l’asilo del 2020 (sul punto cfr. C. GENTILI, Nuovo “patto sull’immigrazione”: primi dubbi tra i Paesi dell’Est Europa, in Sicurezza internazionale, 24 settembre 2020). L’Ungheria, peraltro, ha adottato misure giudicate illegittime dalla stessa CGUE circa il rispetto dei diritti dei migranti e dei richiedenti protezione internazionale nelle “zone di frontiera”. Relativamente a quest’ultima problematica, risulta rilevante specialmente la sentenza della CGUE Commissione c. Ungheria del 17 dicembre 2020, C-808/18, concernente le misure restrittive attuate presso le “zone di transito” istituite dallo Stato ungherese al confine con la Serbia. Più nel dettaglio, la Corte di Lussemburgo, riprendendo l’orientamento di una sua precedente pronuncia nell’ambito di un rinvio pregiudiziale sottoposto da un giudice ungherese (v. sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C-924/19 PPU e C-925/19 PPU), ha stabilito che tale Stato membro non ha rispettato una serie di obblighi previsti dal diritto dell’UE per ciò che attiene diverse questioni, vale a dire: l’accesso effettivo dei richiedenti asilo alla procedura di riconoscimento della protezione internazionale; il regime di trattenimento attuato nelle “zone di transito”; le procedure di rimpatrio impiegate nei confronti dei cittadini di Paesi terzi irregolarmente soggiornanti; il diritto dei richiedenti protezione internazionale di rimanere nel territorio di un Paese membro anche a seguito di rigetto della domanda, fino alla scadenza del termine previsto per la presentazione di un ricorso avverso al diniego o all’adozione di una decisione in caso di ricorso già presentato. Per un commento alla sentenza cfr. E. CELORIA, Stranieri trattenuti alle frontiere esterne dell’Unione: il quadro di garanzie individuato dalla Corte di Giustizia e le sfide del nuovo Patto sulle migrazioni e l’asilo, in European papers, vol. 5, n. 3/2020, p. 1385 e ss.; E. COLOMBO, La Corte di Giustizia condanna (nuovamente) l’Ungheria per l’inadeguatezza della normativa sull’asilo, in Eurojus.it, 6 gennaio 2021. Si segnala, infine, che, attualmente, è in corso un’ulteriore procedura di infrazione da parte della Commissione nei confronti dell’Ungheria per via di una riforma approvata nel contesto pandemico che istituisce nuove restrizioni alla possibilità dei richiedenti protezione internazionale di presentare domanda di asilo. Le disposizioni introdotte sono ritenute contrarie alla “direttiva procedure”, interpretata alla luce della CDFUE, come si legge nel comunicato Migration: 65 235 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 asilo e, soprattutto, “significativi movimenti secondari” di stranieri irregolari e non documentati, unitamente all’ipotesi che tra i bona fide richiedenti asilo avrebbero potuto essere presenti anche estremisti, con conseguente rischio di atti terroristici68. Peraltro, è stata richiamata direttamente o indirettamente la mancata solidarietà da parte degli Stati di primo arrivo, specialmente dell’Italia e della Grecia, causata dalle carenze dei sistemi nel processo di registrazione degli stranieri in entrata69. Gli Stati suddetti70, quindi, hanno implementato sia misure d’urgenza, sia misure – almeno inizialmente – fondate su raccomandazioni adottate dal Consiglio ai sensi dell’art. 29 del Codice frontiere Schengen71, attivando questa modalità per la prima volta al fine di protrarre i controlli al confine. Tuttavia, una volta che la Commissione e il Consiglio non erano più legittimati ad invocare il suddetto art. 29 del Codice, si sono susseguite una serie di decisioni per mezzo delle quali gli Stati interessati hanno prorogato i controlli, continuando ad addurre – secondo la Commissione in maniera non del tutto legittima72 – l’argomentazione della “crisi migratoria e i conseguenti movimenti secondari di migranti irregolari e non documentati”, passando da una procedura all’altra73. In tal modo, con una prassi la cui legittimità è apparsa discutibile, quantomeno relativamente ai requisiti di necessità e proporzionalità che dovrebbero rispettare simili provvedimenti74, i controlli alle frontiere interne sono stati mantenuti per oltre quattro anni consecutivi da diversi Stati membri. Alla presunta Commission calls on HUNGARY to allow access to the asylum procedure in line with EU law, 30 ottobre 2020, consultabile sul sito della Commissione europea. 68 Cfr. F. IPPOLITO, La ‘tragedia’ delle frontiere europee, in European Papers, vol. 1, n. 2/2016, p. 657. 69 Cfr. A. ROMANO, La rinascita, cit., pp. 263-264. 70 Supra, § 3, nt. 67. 71 V. la Decisione di esecuzione (UE) 2016/894 del Consiglio, del 12 maggio 2016, recante una raccomandazione per un controllo temporaneo alla frontiera interna in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen, pp. 8-11, nella quale si autorizzavano Austria, Germania, Danimarca, Svezia e Norvegia a mantenere i controlli temporanei alle rispettive frontiere interne per un periodo supplementare massimo di sei mesi, vale a dire fino al 12 novembre 2016. Successivamente, la procedura ai sensi dell’art. 29 del Codice frontiere Schengen è stata attivata nuovamente dal Consiglio per periodi di tre e sei mesi tramite le seguenti decisioni: Decisione di esecuzione (UE) 2016/1989 del Consiglio, dell'11 novembre 2016, recante raccomandazione per la proroga del controllo temporaneo alle frontiere interne in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen, pp. 13-15; Decisione di esecuzione (UE) 2017/246 del Consiglio, del 7 febbraio 2017, recante una raccomandazione per la proroga del controllo temporaneo alle frontiere interne in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen, pp. 59-61; Decisione di esecuzione (UE) 2017/818 del Consiglio, del 11 maggio 2017, recante una raccomandazione per la proroga del controllo temporaneo alle frontiere interne in circostanze eccezionali in cui è a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen, pp. 73-75. 72 V. Commissione europea, Questions & Answers: Preserving and strengthening the Schengen area, MEMO/17/3408, Brussels, 27 settembre 2017, in cui si afferma che «At the expiry of the current internal border controls in November, following the third and final prolongation legally possible authorised by the Council for Austria, Germany, Denmark, Sweden and Norway (pursuant to Article 29 of the Schengen Borders Code) in May this year, the exceptional circumstances resulting from the context of the unprecedented migratory and refugee crisis which started in 2015, the deficiencies in the external border management by Greece and the secondary movements resulting from these deficiencies can no longer be invoked to justify reintroduction or prolongation of internal border controls». 73 Cfr. LIBE, Il futuro, cit., pp. 13-16. 74 Cfr. A. ROMANO, La rinascita, cit., p. 268. 236 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 “crisi di Schengen”75, le istituzioni hanno risposto avviando un processo di riforma del regime dal 2017 che tenesse maggiormente in considerazione la verifica delle “minacce attuali” alla sicurezza e all’ordine pubblico76. È significativo osservare, però, che in quel contesto le “minacce” che giustificavano il ritorno dei controlli alle frontiere interne erano direttamente connesse alla questione dei flussi di cittadini di Paesi terzi77, mentre le motivazioni avanzate a questo scopo durante l’emergenza sanitaria da Covid-19 interessano solo indirettamente il fenomeno migratorio, il quale al momento si potrebbe dire che sia divenuto, piuttosto, un “problema collaterale” rispetto alla tutela della salute pubblica. 4. Frontiere e emergenza da Covid-19 Con la diffusione della pandemia si potrebbe affermare che i confini nello spazio europeo sono stati, ancora una volta, direttamente coinvolti nello “scontro” tra due contrapposte esigenze giuridiche, ossia quella securitaria – la quale include, ovviamente, anche gli aspetti di sicurezza sanitaria che ad oggi riguardano la lotta contro il coronavirus – e quella di implementare politiche migratorie che assicurino i diritti fondamentali degli stranieri e, in particolare, il diritto di asilo78. A tale dilemma, si affianca la questione relativa alla chiusura delle frontiere esterne ed interne dell’Unione che, come nella “crisi dei rifugiati”, perlomeno nella fase preliminare, non ha seguito un approccio 75 Sulla questione relativa alla cosiddetta crisi di Schengen v. tra gli altri S.C. COLOMBEAU, Crisis of Schengen? The effect of two ‘migrant crises’ (2011 and 2015) on the free movement of people at an internal Schengen border, in Journal of Ethnic and Migration Studies, n. 46/2020, pp. 2258-2274; B. WASSENBERG, The Schengen Crisis and the End of the “Myth” of Europe Without Borders, in Borders in Globalization Review, vol. 1/2020, pp. 30-39. 76 V. Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/399 per quanto riguarda le norme applicabili al ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne, COM/2017/0571 final - 2017/0245 (COD). A questa è seguita la Risoluzione legislativa del Parlamento europeo del 4 aprile 2019 sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) 2016/399 per quanto riguarda le norme applicabili al ripristino temporaneo del controllo di frontiera alle frontiere interne, COM/2017/0571 – C8-0326/2017 – 2017/0245 (COD), nella quale il Parlamento ha adottato la sua posizione in prima lettura che può essere riassunta nella volontà di ridurre il periodo iniziale dei controlli alle frontiere dai sei mesi attuali a due mesi e di limitare l'eventuale proroga a un periodo massimo di un anno, invece che a due anni. Infine, si evidenzia che nel nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo del 23 settembre 2020 è stata annunciata la creazione di un Forum di Schengen che riunirà membri del Parlamento europeo e i ministri degli affari interni in incontri periodici col fine di promuovere una più stretta cooperazione operazionale per affrontare le sfide odierne. Il 30 novembre la Commissione ha convocato il primo Forum Schengen, focalizzando la discussione su cinque aspetti chiave: il miglioramento del meccanismo per valutare l’implementazione delle regole Schengen; trovare una modalità per procedere alla revisione del Codice frontiere Schengen; una miglior gestione delle frontiere esterne dell’Unione; dare uno stimolo per accrescere la cooperazione della polizia e lo scambio di informazioni; rafforzare la governance nell’area Schengen. V. First Schengen Forum: Towards a stronger and more resilient Schengen area, comunicato stampa del 30 novembre 2020, testo consultabile sul sito della Commissione europea. 77 Cfr. A. MANEGGIA A., Le “nuove” minacce al sistema Schengen in tempo di Covid-19 e il ruolo della Commissione Europea, in dirittifondamentali.it, n. 3/2020, p. 198. 78 Cfr. M. TUOZZO, I percorsi migratori e la pandemia. Come cambiano le emergenze, in Dir. Imm. Citt., n. 3/2020, p. 62. Sul ruolo centrale prevedibilmente assunto dai confini nella lotta alla pandemia, in quanto “potent symbols” di cui i governi avrebbero usufruito negli ultimi anni come segnale di potere politico, cfr. D. THYM – J. BORNEMANN, Schengen and free movement law during the first phase of the Covid-19 pandemic: of symbolism, law and politics, in European papers, vol. 5, n. 3/2020, pp. 1144-1145. 237 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 integrato. Questa condotta ha trovato fondamento nelle norme del Regolamento Schengen a cui gli Stati membri hanno variamente fatto riferimento per legittimare le restrizioni alle frontiere, ricorrendo dapprima alla procedura di urgenza ex art. 28 del Codice – dunque per periodi iniziali di dieci e quindici giorni successivamente prorogati – e, in seguito, anche alla procedura “ordinaria” ex artt. 25-26, con misure adottate per un periodo di un mese e reiterabili. La tendenza è sembrata, quindi, quella che i singoli Stati si adoperassero per tutelare ciascuno i propri interessi anziché quelli dell’intero spazio Schengen 79, incidendo inevitabilmente sulla libertà di movimento dei cittadini europei ed extra-europei in maniera differenziata. Come è stato evidenziato da alcuni in dottrina, questo trend metterebbe in luce la “fragilità costituzionale” dell’impianto che si pone alla base dell’idea di territorio europeo, il quale sarebbe, in effetti, privo di una vera e propria “forza unificante” tra i Paesi membri80. Poco dopo, d’altronde, le istituzioni europee pare si siano attivate per tentare di implementare azioni coordinate in maniera più risoluta rispetto alla “crisi dei rifugiati”, seppur nei limiti consentiti dal TFUE per la materia sanitaria che rimane, comunque, di competenza degli Stati81. 4.1. Contenimento della diffusione del coronavirus e gestione delle frontiere: le azioni attuate dall’Unione Europea Il primo provvedimento a livello europeo rispetto alla gestione delle frontiere è stato preso il 16 marzo 2020 dalla Commissione che ha adottato una comunicazione82 in cui si raccomandava di attivare una misura senza precedenti per la storia dell’Unione83, giacché era anche la prima volta per il sistema Schengen che una “minaccia grave per l'ordine pubblico o la sicurezza interna” fosse ravvisata nel rischio Sul punto v. A. MANEGGIA A., Le “nuove” minacce, cit., p. 199. Cfr. A.M. POGGI, Dove va l’Europa, cit., p. 445. 81 Difatti ai sensi dell’art. 6 TFUE le competenze dell’Unione nel settore della “tutela e miglioramento della salute umana” sono limitate ad “azioni intese a sostenere, coordinare o complementare l’azione degli Stati membri”. Inoltre, al Titolo XIV in materia di “sanità pubblica”, ai sensi dell’art. 168 TFUE, § 7 si stabilisce che “l’azione dell’Unione rispetta le responsabilità degli Stati membri per la definizione della loro politica sanitaria e per l’organizzazione e la fornitura di servizi sanitari e di assistenza medica. Le responsabilità degli Stati membri includono la gestione dei servizi sanitari e dell’assistenza medica e l’assegnazione delle risorse loro destinate”. Per un approfondimento sulla competenza dell’Unione europea in materia di salute pubblica e gli strumenti eurounitari per contrastare le catastrofi e le emergenze a carattere transfrontaliero v. F. ROLANDO, La tutela della salute nel diritto dell’Unione europea e la risposta dell’UE all’emergenza Covid-19, in Eurojus, n. speciale: L’emergenza sanitaria Covid-19 e il diritto dell’Unione europea. La crisi, la cura, le prospettive, maggio 2020, pp. 3-8. 82 V. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio. Covid-19: restrizione temporanea dei viaggi non essenziali verso l'UE, (COM(2020) 115 final), 16 marzo 2020, p. 1. La misura è stata concordata il giorno dopo dal Consiglio e da allora tutti gli Stati membri, ad eccezione dell’Irlanda e gli Stati associati Schengen, hanno adottato decisioni nazionali in tal senso. La restrizione è stata, poi, prorogata due volte su invito della Commissione, esplicitato rispettivamente nelle comunicazioni di follow-up COM(2020) 148 dell'8 aprile 2020 e COM(2020) 222 dell'8 maggio 2020. 83 Sulle possibili ripercussioni problematiche dei divieti di viaggi non essenziali e le chiusure dei confini sui cittadini europei v. D. THYM, Travel Bans in Europe: A Legal Appraisal (Part I), in EU Migration Law blog, 18 marzo 2020. 79 80 238 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 di contagio epidemico84. Si trattava, cioè, di applicare una restrizione temporanea coordinata, per la durata di un mese, di tutti i viaggi non essenziali dai Paesi terzi verso la zona UE+ in quanto le frontiere esterne dell'UE dovevano «fungere da perimetro di sicurezza per tutti gli Stati Schengen»85. La Commissione ha, inoltre, accordato agli Stati la possibilità di rifiutare alle proprie frontiere l’ingresso di cittadini di Paesi terzi non residenti «se presentano sintomi compatibili con il virus o se sono stati particolarmente esposti al rischio di infezione e sono da considerarsi un rischio per la salute pubblica»86. Per quanto riguarda il ripristino dei controlli alle frontiere interne, invece, la Commissione, riconosce cautamente tale facoltà agli Stati nel caso in cui sia necessario «far fronte al rischio rappresentato da una malattia contagiosa» e in conformità alle condizioni del Codice frontiere Schengen87. Al contempo, però, nella medesima comunicazione di cui sopra, la Commissione esplicita che dette misure, se prese in autonomia, oltre a non risultare efficaci, «rischiano di avere gravi ripercussioni sul funzionamento del mercato unico, in quanto l'UE e lo spazio Schengen sono caratterizzati da un livello elevato di integrazione, con milioni di persone che attraversano ogni giorno le frontiere interne»88. In effetti, i controlli alle frontiere interne, oltre ad essere stati applicati a partire dall’11 marzo 2020 da alcuni Stati limitrofi all’Italia, che è stato il primo Paese membro ad essere investito dal Covid-19, sono stati poi notificati anche da molti altri ordinamenti89. Nondimeno, l’asincronia tra i Paesi membri a questo riguardo è stata evidenziata anche nella Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2020 ove si recita che «finora la risposta dell'UE alla pandemia di Si riporta che ai sensi dell’art. 2, § 21 del Codice frontiere Schengen la “minaccia per la salute pubblica” è definita come “qualunque malattia con potenziale epidemico ai sensi del regolamento sanitario internazionale dell’Organizzazione mondiale della sanità e altre malattie infettive o parassitarie contagiose che siano oggetto di disposizioni di protezione applicabili ai cittadini degli Stati membri”. 85 Con “zona UE+” ci si riferisce a tutti gli Stati appartenenti all’area Schengen, compresi Bulgaria, Croazia, Cipro e Romania, e i quattro paesi associati Schengen, nonché l’Irlanda e il Regno Unito qualora questi ultimi decidessero di allinearsi. 86 V. Comunicazione della Commissione, Covid-19: Orientamenti relativi alle misure per la gestione delle frontiere destinate a tutelare la salute e garantire la disponibilità฀ di beni e servizi essenziali, 2020/C 86 I/01, 16 marzo 2020, punto 15 87 Orientamenti, 2020/C 86 I/01, punto 18. A questo riguardo cfr. M. BORRACCETTI, La gestione delle frontiere ai tempi del coronavirus, in Quad. cost., n. 2/2020, p. 433 e ss., il quale si interroga rispetto alla legittimità dei provvedimenti restrittivi della libera circolazione con il fine di contrastare minacce alla salute pubblica nel contesto pandemico, poiché, seppur la tutela della sanità rientrerebbe tra le motivazioni adducibili per il rispristino dei controlli alle frontiere interne, in questi casi il Regolamento Schengen non prevedrebbe una procedura ad hoc. 88 COM(2020) 115 final, p. 2. 89 Prima che venisse pubblicata la comunicazione della Commissione del 16 marzo 2020, Austria e Svizzera hanno annunciato i controlli alle frontiere con l’Italia, rispettivamente dall’11 marzo 2020 e dal 13 marzo 2020 (inizialmente per la durata di 10 giorni poi prorogati), a cui si sono aggiunti numerosi Paesi membri, tra cui: Ungheria per le frontiere al confine con Austria e Slovenia; Repubblica Ceca per le frontiere al confine con Austria e Germania; Danimarca per le frontiere al confine con la Svezia; Polonia per le frontiere al confine con Repubblica Ceca, Slovacchia, Germania e Lituania; Lituania per tutte le sue frontiere interne. Per informazioni esaustive in merito, v. Full list of Member States' notifications of the temporary reintroduction of border control at internal borders pursuant to Article 25 et seq. of the Schengen Borders Code, testo consultabile sul sito della Commissione europea. 84 239 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 Covid-19 è stata caratterizzata da una mancanza di coordinamento tra gli Stati membri in termini di misure di sanità pubblica, in particolare per quanto riguarda le restrizioni imposte alla circolazione delle persone a livello nazionale e transfrontaliero e la sospensione di altri diritti e norme»90. Le istituzioni europee, allora, in una seconda fase, facendo leva sul fatto che la necessaria riapertura delle frontiere esterne dovesse avvenire gradualmente e in maniera concertata, hanno sostenuto che questo sarebbe stato possibile solo se prima fosse ripristinato lo spazio di libera circolazione interna91. A tal fine, il 15 aprile 2020 la presidente della Commissione europea e il presidente del Consiglio europeo hanno presentato la “Tabella di marcia comune europea” (la cosiddetta Roadmap), la quale prevedeva, appunto, che dapprima vi fosse la revoca progressiva dei controlli alle frontiere interne sulla base di un approccio condiviso e, in secondo luogo, la riapertura delle frontiere esterne dell’UE92. Successivamente, il 13 maggio 2020, la Commissione ha divulgato una comunicazione93 nella quale si precisa l’iter e il meccanismo di coordinamento del processo di revoca di restrizioni e controlli alle frontiere interne e, soprattutto, i parametri che dovrebbero guidarlo, basati sulla considerazione della situazione epidemiologica in tutta Europa e in ciascuno Stato membro, rimarcando che «tale base obiettiva è fondamentale per garantire che le restrizioni siano eliminate in modo non discriminatorio». Al momento in cui si scrive, d’altra parte, la situazione sembra essersi solo in parte ridimensionata e i controlli alle frontiere interne Schengen nel quadro dell’emergenza Covid-19 risultano istituiti temporaneamente ancora da Ungheria, Austria, Francia, Islanda, Finlandia, Norvegia e Danimarca94. Il Consiglio il 30 giugno 2020 ha, poi, adottato una raccomandazione95 nella quale sollecita la revoca graduale della restrizione temporanea dei viaggi non essenziali verso l'UE, invitando gli Stati membri a valutare per quali Paesi terzi abolire tale misura sulla base dei criteri comuni contenuti nella comunicazione della Commissione dell’11 giugno 202096. 90 V. Risoluzione del Parlamento europeo del 17 aprile 2020 sull'azione coordinata dell'UE per lottare contro la pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze (2020/2616(RSP)), P9_TA(2020)0054, considerando E), 17 aprile 2020. 91 Cfr. A. MANEGGIA A., Le “nuove” minacce, cit., pp. 204-2015. 92 V. Tabella di marcia comune europea verso la revoca delle misure di contenimento della Covid-19, 15 aprile 2020, pp. 12-13, testo consultabile sul sito della Commissione europea. 93 V. Comunicazione della Commissione, Covid-19: verso un approccio graduale e coordinato per il ripristino della libera circolazione e la revoca dei controlli alle frontiere interne, C(2020) 3250 final, 13 maggio 2020, par. III, p. 3. 94 Si riporta che lo Stato danese ha istituito restrizioni a tutti i suoi confini per un periodo maggiormente prolungato rispetto agli altri Stati di cui sopra, ossia fino all’11 maggio 2021, ma prevede di revocarle non appena le condizioni pandemiche lo consentiranno. Le misure di reintroduzione dei controlli alle frontiere interne a causa del Covid-19 sono consultabili sul sito della Commissione europea. 95 V. Raccomandazione (UE) 2020/912 del Consiglio del 30 giugno 2020 relativa alla restrizione temporanea dei viaggi non essenziali verso l’UE e all’eventuale revoca di tale restrizione, L 208 I/1, 1° luglio 2020. 96 V. Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio europeo e al Consiglio. Terza valutazione dell'applicazione della restrizione temporanea dei viaggi non essenziali verso l'UE, COM(2020) 399 final, 11 giugno 2020. 240 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 In considerazione del quadro descritto, può essere rilevato che la chiusura delle frontiere esterne ha inciso in modo più severo su alcuni gruppi di migranti maggiormente vulnerabili, come i richiedenti asilo. Difatti, sebbene la Commissione avesse chiarito già in una comunicazione del 30 marzo 2020 che le restrizioni alle frontiere esterne dell’UE non dovessero tangere quantomeno quel “servizio minimo” riservato al trattamento delle domande di visto presentate da specifiche categorie di richiedenti97, alcuni Stati membri hanno agito indipendentemente riducendo le garanzie a loro favore. Più nel dettaglio, certi Paesi – come Francia, Italia e Grecia – hanno sospeso parzialmente o interamente le procedure di riconoscimento dell’asilo98, impedendo l’ingresso sul loro territorio o disponendo il confinamento in centri di accoglienza di vario genere, inducendo, così la Commissione il 17 aprile 2020 a pubblicare nuove linee guida99. Italia e Malta, altresì, hanno dichiarato i propri porti non sicuri per lo sbarco di immigrati, mentre la Grecia ha chiuso le frontiere con la Turchia operando respingimenti di massa per mezzo delle forze armate e ha sospeso per due mesi l’esame delle domande di asilo, oltre ad attivare un processo di modifica della legislazione in materia in senso più restrittivo100. 4.2. Le misure adottate dall’Italia per le politiche migratorie al tempo della pandemia Si intende ora focalizzarsi sugli interventi elaborati dall’Italia durante la crisi pandemica per la gestione del fenomeno migratorio. Specificatamente, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza deciso 97 V. Comunicazione della Commissione, Covid-19: linee guida concernenti l'attuazione della restrizione temporanea dei viaggi non essenziali verso l'UE, la facilitazione delle modalità di transito per il rimpatrio dei cittadini dell'UE e gli effetti sulla politica in materia di visti, 2020/C 102 I/02, 30 marzo 2020. 98 Cfr. C. CORSI, Migranti e immigrati di fonte all’emergenza coronavirus: tra vecchie e nuove fragilità, in Dir. pubbl., n. 3/2020, pp. 903-905. L’Autrice sottolinea come l’impossibilità di presentare domanda di protezione internazionale abbia inciso anche sull’opportunità per gli stranieri di non essere destinatari di un provvedimento espulsivo, così come sulla loro facoltà di accedere alle misure di accoglienza previste per i richiedenti asilo. 99 V. Comunicazione della Commissione, Covid-190: linee guida sull'attuazione delle disposizioni dell'UE nel settore delle procedure di asilo e di rimpatrio e sul reinsediamento, 2020/C 126/02, 17 aprile 2020, ove alla sezione 1.1. sulle procedure di asilo, in particolare, si afferma che «l’articolo 6, paragrafo 5, della direttiva procedure consente agli Stati membri di prorogare il termine per la registrazione delle domande di dieci giorni lavorativi qualora le domande simultanee da parte di un numero elevato di cittadini di paesi terzi o apolidi rendano molto difficile all'atto pratico il suo rispetto. Considerato che la normativa vigente non prevede le circostanze specifiche risultanti da una pandemia, gli Stati membri dovrebbero poter applicare tale norma derogatoria per un periodo limitato quando le loro autorità nazionali trovano molto difficile all'atto pratico rispettare il termine di tre o sei giorni per la registrazione in seguito alla situazione della Covid-19, che potrebbe avere un impatto analogo, alla luce dell'obiettivo generale della normativa e degli interessi in gioco, a quello di una difficoltà derivante da un numero elevato di domande simultanee. In ogni caso, qualsiasi ulteriore ritardo nella registrazione delle domande non dovrebbe incidere sui diritti dei richiedenti a norma della direttiva accoglienza, che si applicano a partire dalla presentazione della domanda». 100 Sul punto cfr. G. MORGESE, Solidarietà di fatto ... e di diritto? L’Unione europea allo specchio della crisi pandemica, in Eurojus, n. speciale: L’emergenza sanitaria Covid-19 e il diritto dell’Unione europea. La crisi, la cura, le prospettive, maggio 2020, pp. 97-99. V. anche M. TUOZZO, I percorsi, cit., p. 61, la quale fa notare come il riconoscimento da parte della Commissione agli Stati della facoltà di non ammettere alle proprie frontiere cittadini di Paesi terzi che presentano sintomi compatibili con il virus o che sono stati particolarmente esposti al rischio di infezione e rappresentano un rischio per la salute pubblica ((2020/C 86 I/01), punto 15), avrebbe avuto come ripercussione negativa quella di ridurre la portata di alcune tutele fondamentali spettanti ai richiedenti asilo. 241 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 dal Consiglio dei ministri n. 27 del 31 gennaio 2020, sono due le misure che risultano di maggiore interesse per quanto concerne le potenziali ripercussioni della chiusura dei confini e del restringimento della libertà di movimento sui diritti dei migranti e dei richiedenti asilo. La prima si riferisce al decreto interministeriale del 7 aprile 2020, n. 50, il quale all’art. 1 dispone che “per l’intero periodo di durata dell’emergenza sanitaria nazionale derivante dalla diffusione del virus Covid19, i porti italiani non assicurano i necessari requisiti per la classificazione e definizione di Place of Safety (POS, “luogo sicuro”), in virtù di quanto previsto dalla Convenzione di Amburgo, sulla ricerca e salvataggio marittimo, per i casi di soccorso effettuati da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area SAR italiana”101. La principale motivazione della misura consta la salvaguardia della “funzionalità delle strutture nazionali sanitarie, logistiche e di sicurezza dedicate al contenimento della diffusione del contagio e di assistenza e cura ai pazienti Covid-19”102. A questo, presumibilmente, si aggiunge l’intenzione di “responsabilizzare” lo Stato di bandiera delle navi che effettuano il salvataggio, poiché, effettivamente, in più di un’occasione, è accaduto che il Paese di volta in volta coinvolto non abbia osservato pienamente gli obblighi internazionali a cui avrebbe dovuto rispondere103. Invero, il decreto interministeriale sembra perseguire il percorso tracciato dal c.d. d.l. sicurezza-bis104 che ai sensi dell’art. 1 aggiunge ai poteri di coordinamento del Ministro dell’Interno la facoltà di emanare provvedimenti che possano legittimarlo a chiudere i porti (ad eccezione dei navigli militari) “per motivi di ordine e sicurezza pubblica” o nel caso di “passaggio non inoffensivo” di una nave ai sensi dell’art. 19, § 2, lett. g della Convenzione UNCLOS, di concerto con il Ministro della difesa e il Ministro delle L’adozione del provvedimento sembra rinvenibile nella richiesta della nave “Alan Kurdi”, battente bandiera tedesca, di poter sbarcare 150 migranti soccorsi il 6 aprile 2020 nell’area Sar libica presso il porto italiano di Lampedusa, individuato come “luogo sicuro” più vicino a seguito dell’operazione di salvataggio. 102 Vengono evidenziate perplessità in ordine alle ragioni della chiusura dei porti del decreto per quanto concerne soprattutto il principio di non respingimento, ad esempio, da S. NICOLOSI, Non-refoulement During a Health Emergency, in Ejil: Talk!, 14 maggio 2020; C. CORSI, Migranti, cit., pp. 923-924. 103 Sul punto v. F. MUNARI, Il decreto interministeriale per gestire l’emergenza covid-19 nell’ambito degli obblighi dell’Italia ai sensi della convenzione Sar: l’insostenibile “intermittenza” del luogo sicuro per i migranti diretti verso l’Italia, in Sidi Blog, 16 aprile 2020. Ci si riferisce, ad esempio, ai contesi casi di sbarchi di migranti che hanno coinvolto le navi Lifeline e Sea Watch 3, entrambe battenti bandiera olandese e di proprietà di ONG tedesche, avvenuti dopo diversi giorni di attesa in acque internazionali, rispettivamente a giugno 2018 e giugno 2019. In tali circostanze, infatti, le autorità governative olandesi, sebbene in base al diritto internazionale non dovessero accogliere i migranti nel proprio territorio, risultavano, però, tenute ad obbligare il comandante della nave che batteva la propria bandiera a prestare soccorso alle persone in pericolo di vita ai sensi dell’art. 98, § 1 della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (infra, § 4.2., nt. 122). Tuttavia, il governo olandese non si è mostrato particolarmente interessato circa la ricerca di un porto sicuro in cui si potesse concludere l’operazione di salvataggio dei naufraghi, sottovalutando così le problematiche di carattere umanitario soggiacenti in tali vicende. Su questi aspetti v. I. PAPANICOLOPULU, Immigrazione irregolare via mare, tutela della vita umana e organizzazioni non governative, in Dir. Imm. Citt., n. 3/2017, pp. 9-11; P. DE SENA – M. STARITA, Navigare tra istante “Stato-centriche” e “cosmopolitiche”: il caso “Sea-Watch” in una prospettiva conflittuale, in Sidi Blog, 14 luglio 2019. 104 Cfr. A. M. PELLICONI – M. GOLDONI, La banalità dei porti chiusi per decreto. Osservazioni sui profili di legittimità del decreto interministeriale 150/2020, in Dir. Imm. Citt., n. 2/2020, p. 2020. 101 242 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 infrastrutture e dei trasporti105. Tra gli aspetti maggiormente problematici del decreto interministeriale è stata evidenziata la mancanza di proporzionalità e temporaneità106, attuata, per di più, per mezzo di un atto amministrativo di rango secondario107. Relativamente al profilo della proporzionalità ci si riferisce soprattutto al rischio che il decreto, nel tentativo di evitare che gli arrivi dei migranti soccorsi in mare rechino danno alla sicurezza e alla salute collettiva, possa ledere alcuni importanti obblighi di diritto internazionale e principi di diritto costituzionale. Per quanto concerne i primi ci riferisce al già menzionato obbligo di non respingimento proclamato dall’art. 33 della convenzione di Ginevra e divieto di espulsioni collettive degli stranieri previsto ai sensi dell’art. 4 del Protocollo 4 della Cedu108, recepiti entrambi dal diritto euronitario109; sul piano interno, si intende specialmente il diritto di asilo ex art. 10, comma 3 Cost. e il diritto alla salute che è l’unico ad essere esplicitamente definito come “fondamentale” in Costituzione ed è esteso a tutti gli individui, perlomeno nel suo “nucleo essenziale”, ai sensi dell’art. 32 Cost.110. Rispetto al criterio della temporaneità, invece, è stato rimarcato in dottrina come la scelta di estendere la chiusura dei porti per l’intera durata della pandemia potrebbe rivelarsi in contrasto con l’approccio “casistico” che dovrebbe orientare la ricerca di un “porto sicuro” nelle operazioni di salvataggio111 e con Sul “decreto sicurezza-bis”, cfr. A. NATALE, A proposito del decreto sicurezza-bis, in Questione Giustizia, 20 giugno 2019; S. CALABRIA, I respingimenti in mare dopo il cd. decreto sicurezza-bis (ed in particolare alla luce del comma 1-ter dell’art. 11 del d.lgs. n. 286, 1998), in Questione giustizia, 29 luglio 2019; S. ZIRULIA, Decreto sicurezza-bis: una riforma è urgente (benché l’arma sia ormai spuntata), in ADiM Blog. Analisi & Opinioni, febbraio 2020. Si segnala, comunque, che con il d.l. n. 130/2020 la disposizione è stata solo parzialmente modificata, con risultati applicativi non grandemente dissimili dal quadro normativo precedente. Per un’analisi preliminare della riforma cfr. F. VENTURI, La gattopardesca riforma della disciplina delle operazioni di soccorso in mare ad opera dell’art. 1, comma 2, del d.l. n. 130/2020, in Forum quad. cost., n. 1/2021, pp. 87-110. 106 Sul punto cfr. M. TUOZZO, I percorsi, cit., pp. 63-68. 107 Cfr. A. M. PELLICONI – M. GOLDONI, La banalità, cit. pp. 221-222. Nel saggio, peraltro, vengono esposte perplessità in merito alle ragioni contenute nel decreto interministeriale a giustificazione della previsione sui “porti chiusi”. Sul punto si rimanda anche a F. P. MODUGNO, A volte ritornano (i porti chiusi): la Cassazione sul caso Sea Watch alla prova del Covid-19, in Giurisprudenza penale web, n. 4/2020, p. 30. 108 Si riporta, tra l’altro, che sull’applicabilità del principio di non-refoulement alle frontiere marittime si è espressa la Corte Edu nel noto caso Hirsi Jamaa e altri c. Italia [GC], 23 febbraio 2012, n. 27765/09, stabilendo che questo deve essere osservato anche in condizioni di pressione migratoria, in qualsiasi area in cui lo Stato esercita la propria giurisdizione, incluse le aree marittime, come il mare territoriale, la zona contigua e l’alto mare nel corso di operazioni di salvataggio, nei casi in cui vi sia il rischio concreto che i migranti, se respinti, possano subire trattamenti inumani e degradanti e espulsioni collettive. Deve essere rilevato, infine, che ai sensi dell’art. 2, comma 1 del Testo Unico sull’Immigrazione (t.u.i., d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286) “allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai princìpi di diritto internazionale generalmente riconosciuti”. 109Supra, §1, nt. 19. 110 Sul punto, A. M. PELLICONI – M. GOLDONI, La banalità, op. cit., p. 221. Gli Autori, in particolare, evidenziano le criticità concrete nel poter assicurare a lungo termine gli aspetti fondamentali del diritto alla salute ai migranti nel caso in cui essi vengano trasferiti dalla nave che ha operato il salvataggio ad una nuova imbarcazione. 111 Su questo aspetto cfr. P. BONETTI, Gli effetti giuridici della pandemia del Coronavirus sulla condizione degli stranieri, in federalismi.it – Osservatorio emergenza Covid-19, 20 maggio 2020, p. 10, il quale sottolinea come il decreto, presupponendo che tutti i porti italiani non rispettino i necessari requisiti per la classificazione e definizione di POS fino alla fine dell’emergenza nazionale, sia in contrasto con la nozione di “porto sicuro” che dovrebbe essere interpretata, invece, in 105 243 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 il presupposto, emerso anche in sede europea, di poter stabilire restrizioni alle frontiere sulla base di un monitoraggio costante della crisi epidemiologica, soggetta ad andamenti interni mutevoli più o meno gravi112. Ad ogni modo, bisogna dare conto che, in senso contrario, il TAR Lazio, respingendo una richiesta cautelare urgente presentata dall’Arci Roma, ha deciso che il provvedimento interministeriale del 7 aprile 2020 «non può essere sospeso […] dovendosi escludere, in considerazione di un bilanciamento degli interessi contrapposti tipico della fase cautelare, che sussistano i requisiti di estrema gravità ed urgenza, poiché l’atto impugnato è motivato mediante argomentazioni non implausibili circa l’attuale situazione di emergenza da Covid-19, e la conseguente impossibilità di fornire un “luogo sicuro”, senza compromettere la funzionalità delle strutture nazionali sanitarie, logistiche e di sicurezza dedicate al contenimento della diffusione del contagio e di assistenza e cura ai pazienti Covid-19»113. Viene comunque ribadito dai magistrati «l’obbligo di garantire assistenza sanitaria e socio-assistenziale alle persone eventualmente soccorse in mare assicurando l’assenza di minaccia per le loro vite, il soddisfacimento delle necessità primarie e l’accesso a servizi fondamentali sotto il profilo sanitario, logistico e trasportistico». Sebbene vi sia chi evidenzia che il decreto interministeriale nella sostanza porrebbe a rischio altri diritti parimenti inderogabili, quali quelli di presentare domanda di asilo, di non essere respinti verso situazioni di pericolo e di essere sbarcati in un porto sicuro dopo il salvataggio in mare114. Il secondo provvedimento che integra e, in qualche modo, “sana” quello appena illustrato consiste nel decreto del Capo Dipartimento della Protezione Civile n. 1287 del 12 aprile 2020115, il quale all’art. 1 individua nel Ministero dell’Interno un “soggetto attuatore” che deve assicurare il rispetto delle misure di isolamento fiduciario e di quarantena adottate per contrastare la diffusione epidemiologica da Covid19. Prevede, segnatamente, che il “soggetto attuatore”, nel rispetto dei protocolli condivisi con il Ministero della salute, possa fare ricorso alle “navi quarantena” per lo svolgimento del periodo di sorveglianza sanitaria delle persone soccorse in mare da parte di unità navali battenti bandiera straniera al di fuori dell’area Search And Rescue (SAR) italiana e per le quali non è possibile indicare il POS, avvalendosi della Croce Rossa Italiana quale struttura operativa del Servizio nazionale. In attuazione del senso flessibile nella dimensione sia temporale che spaziale e sulla base delle condizioni del caso concreto. Analogamente, cfr. F. P. MODUGNO, A volte ritornano, cit., pp. 30-31. 112 V. C(2020) 3250 final, 13 maggio 2020, par. III, pp. 4-6. 113 TAR Lazio, sez. III, 22 aprile 2020, d. n. 3066. Si rileva che il TAR Lazio, sez. III, ha poi confermato il suo orientamento nell’ord. 20 maggio 2020, n. 02855. 114 Sulle suddette decisioni del TAR Lazio cfr. A. M. PELLICONI – M. GOLDONI, La banalità, p. 231. 115 Cfr. P. BONETTI, Gli effetti, cit., p. 10, il quale, pur ritenendo che la soluzione delle “navi quarantena” possa rappresentare un punto di equilibrio accettabile tra le diverse esigenze in gioco, non trascura di rappresentare alcune criticità legate a questa misura. 244 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 decreto del Capo della Protezione Civile, il Ministero dell’Interno e il Ministero delle Infrastrutture e Trasporto hanno, quindi, siglato dei contratti di noleggio con compagnie private116. In merito a questa procedura, anzitutto, si è tornato a discutere del concetto di POS, giacché l’accesso ad esso sembra inevitabilmente posticipato alla luce del trasferimento dei migranti dalla nave che effettua il salvataggio ad una nuova imbarcazione dove svolgere la sorveglianza sanitaria. Benché sulle modalità della sua individuazione il regime internazionale non fornisca indicazioni inequivocabili, sulla base delle linee guida adottate dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM)117 e condivise dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR)118 si ricava perlomeno che l’imbarcazione di salvataggio non può considerarsi, se non temporaneamente, un “luogo sicuro”. Conseguentemente, il “porto sicuro” necessita di essere identificato con la terraferma, ossia un luogo dove “la sicurezza dei sopravvissuti o la loro vita non è più minacciata; le necessità umane primarie (come cibo, alloggio e cure mediche) possono essere soddisfatte; e può essere organizzato il trasporto dei sopravvissuti nella destinazione vicina o finale”119. Questo orientamento è stato accolto recentemente dalla Cassazione120 sul caso della nave “Sea Watch 3”, battente bandiera olandese e appartenente alla omonima ong tedesca. In breve, si fa presente che a giugno 2019 la comandante dell’imbarcazione decideva di approdare nel porto di Lampedusa in ragione del peggioramento delle condizioni psico-fisiche dei naufraghi presenti a bordo, urtando una motonave della Guardia di Finanza durante le manovre di ormeggio. Ciò avveniva, peraltro, dopo che le autorità italiane avevano prestato assistenza ai soggetti maggiormente vulnerabili, ma vietavano l’ingresso della nave nel mare territoriale con un provvedimento interministeriale formalizzato ai sensi del d.l. n. 53/2019, entrato in vigore poco prima. La comandante veniva, allora, arrestata in flagranza per i reati di resistenza o violenza contro nave da guerra (art. 1100 c. nav.) e di resistenza a pubblico ufficiale (art. 337 c.p.) e, separatamente, le si contestava il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ai sensi dell’art. 12 t.u.i. e la violazione del divieto di ingresso in acque nazionali121. Ciononostante la Suprema Corte ha Il primo traghetto impiegato è stato il “Raffaele Rubattino”, ad un miglio al largo del porto di Palermo, su cui sono stati trasferiti i naufraghi soccorsi dalla nave “Alan Kurdi” il 17 aprile 2020 (supra, § 3, nt. 101) e dalla nave “Aita Mari” il 19 aprile 2020. Successivamente, è stata noleggiata l’imbarcazione “Moby Zazà” e attualmente ve ne sono cinque attive (“Adriatico”, “Allegra”, “Azzurra”, “Rhapsody”, “Suprema”) ormeggiate in diversi porti siciliani. 117 V. OIM, Resolution MSC.167(78), Guidelines on the Treatment of Persons Rescued At Sea, 20 May 2004, § 6.13, p. 8, testo consultabile sul sito di refworld. 118 V. UNHCR, Rescue at Sea. A guide to Principles and Practice as Applied to Refugees and Migrants, 2015, p. 13, testo consultabile sul sito di refworld. 119 OIM, Resolution MSC.167(78), cit., § 6.12, p. 8. 120 V. Cass., sez. III pen., 20 febbraio 2020, n. 6626. 121 Per una ricostruzione più dettagliata e un’analisi maggiormente approfondita della vicenda della nave “Sea Watch 3”, cfr. C. DI STASIO, Crisi migratoria e “porti chiusi”: ancora un vulnus ai diritti umani dei migranti, in dirittifondamentali.it, n. 2/2019, pp. 6-12; F. P. MODUGNO, A volte ritornano, cit., pp. 4-10; C. RUGGIERO, Dalla criminalizzazione alla 116 245 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 giudicato illegittimo l’arresto della comandante, rigettando il ricorso del p.m. avverso l’ordinanza del g.i.p. di Agrigento che ne aveva respinto la convalida, affermando che il “dovere di soccorso” 122 è da ritenersi scriminato ex art. 51 c.p.123. Tale dovere, secondo i giudici, copre l’intera operazione di salvataggio dei naufraghi, la quale non può dirsi conclusa con il loro trasbordo su una nave e permanenza su di essa, ma solo al momento dello sbarco dei migranti soccorsi in un “porto sicuro”, inteso nella definizione delle sopradette linee guida dell’OIM. Viene, così, puntualizzato dalla Cassazione che tali requisiti non sono rispettati da «una nave in mare che, oltre ad essere in balia degli eventi metereologici avversi, non consente il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse»124. In aggiunta, nella pronuncia viene tracciata una stretta connessione tra lo sbarco dei naufraghi a terra e l’effettivo esercizio del diritto di asilo 125. I giudici specificano, difatti, che «tali persone hanno diritto a presentare domanda di protezione internazionale secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, operazione che non può certo essere effettuata sulla nave»126. Non sono mancati in dottrina, però, coloro che si sono interrogati criticamente prima sulla decisione del g.i.p. di Agrigento127 e, poi, su quella della Suprema Corte che conferma il ragionamento di quest’ultimo, specialmente rispetto alla possibilità che un simile precedente giudiziario, nei termini in cui è stato esposto, sia impiegato in episodi analoghi128. Si sottolinea, in particolare, la necessità di valutare la scriminante in concreto, rendendo conto dell’effettivo bilanciamento degli interessi in gioco caso per caso, dal momento che una presunzione astratta della condizione di pericolo, la quale è però direttamente associata dalle stesse convenzioni internazionali in materia al dovere di soccorso, giustificazione delle attività di ricerca e soccorso in mare. Le tendenze interpretative più recenti alla luce dei casi Vos Thalassa e Rackete, in Dir. Imm. Citt., n. 1/2020, pp. 196-214. 122 Si evidenzia che il “dovere di soccorso” è riconosciuto sia nel diritto internazionale consuetudinario, sia da diverse convenzioni, quali: l’art. 98, § 1, della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (Convenzione UNCLOS), adottata il 10 dicembre 1982 a Montego Bay (UNTS vol. 1833, p. 3) e resa esecutiva in Italia dalla legge n. 689/1994; la Convenzione internazionale per la sicurezza della vita in mare (Convenzione SOLAS) che è stata stipulata a Londra il 1° novembre 1974 (UNTS vol. 1184, p. 2) e resa esecutiva in Italia con legge n. 313/1980; la Convenzione internazionale sulla ricerca e il salvataggio marittimo (Convenzione SAR) che è stata adottata ad Amburgo il 27 aprile 1979 (UNTS vol. 1405) e resa esecutiva in Italia con legge n. 47/1989; la Convenzione internazionale sul salvataggio (Convenzione Salvage) che è stata adottata a Londra il 28 aprile 1989 (UNTS vol. 1953) e resa esecutiva in Italia con legge n. 129/1995. Sul tema si rinvia, tra gli altri, a S. TREVISANUT, Search and Rescue Operations in the Mediterranean: Factor of Cooperation or Conflict?, in The International Journal of Marine and Coastal Law, 25, 2010, p. 523 ss.; M. STARITA, Il dovere di soccorso in mare e il “diritto di obbedire al diritto” (internazionale) del comandante della nave privata, in Diritti umani e dir. int., 1, 2019, pp. 5-47. 123 Sulla sentenza in esame cfr. S. ZIRULIA, La Cassazione sul caso Sea Watch: le motivazioni sull’illegittimità dell’arresto di Carola Rackete, in Sistema Penale, 24 febbraio 2020; F. P. MODUGNO, A volte ritornano, cit., p. 10 e ss. 124 Cass., sez. III pen., 20 febbraio 2020, n. 6626, p. 12. 125 Cfr. R. BIN, Il “caso Rackete”: una sentenza importante della Cassazione, in laCostituzione.info, 1° marzo 2020; M. TUOZZO, I percorsi, cit., p. 78. 126 Cass., sez. III pen., 20 febbraio 2020, n. 6626, p. 12 127 Cfr. L. MELICA, Riflessioni sul caso SeaWatch: adempimento di un dovere e valutazioni opinabili del giudice, in laCostituzione.info, 8 luglio 2019. 128 Cfr. F. PARISI, La decisione della Cassazione sul caso Carola Rackete: note a margine, in Il foro it., fasc. 5, 2020, pp. 313-316. 246 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 risulterebbe illegittima poiché in contrasto con le norme del codice penale italiano129. Ulteriori riserve sono state formulate anche circa il “diritto-dovere” del comandante della nave di condurre sulla terraferma le persone soccorse come evidenziato dai giudici, giacché nel diritto internazionale, ad ogni modo, non si individua chiaramente l’obbligo in capo agli Stati di autorizzare lo sbarco entro il proprio territorio130, fuorché non siano dimostrabili lesioni all’incolumità personale dei naufraghi o sia ravvisabile per gli individui a bordo il pericolo di essere respinti in Paesi in cui si perpetuano gravi violazioni dei diritti fondamentali131. In considerazione di tale vicenda, l’uso delle “navi quarantena” impiegate per lo svolgimento del periodo di sorveglianza sanitaria, da una parte, pare abbia la ratio di contenere il fenomeno migratorio per salvaguardare la tenuta del sistema sanitario. Dall’altra, tuttavia, tale strumento pone dubbi di legittimità sia circa la fonte di diritto utilizzata132, sia, perlomeno, relativamente alle modalità di permanenza previste su tali imbarcazioni. Occorre riflettere, dunque, se queste navi consentano realmente di offrire ai migranti un’adeguata assistenza medica e socio-assistenziale durante l’isolamento sanitario133, oltre a poter 129 Cfr. L. MELICA, Riflessioni, cit. L’Autore, peraltro, vaglia la ratio delle convenzioni richiamate (supra, § 4.2., nt. 121), sottolineando che queste sono state emanate in un periodo storico che non era investito dalla questione delle migrazioni di massa e il cui scopo originario si riferiva, in realtà, all’eventualità molto più infrequente di dover prestare soccorso a coloro che avevano incontrato difficoltà nella navigazione, ma non propriamente a migranti che desideravano stanziarsi nel territorio di un altro Stato. 130 Cfr. F. PARISI, La decisione, cit., p. 314. 131 In tal senso, si rinvia a R. FONTI – V. VALENTINI, Il caso Sea Watch 3 e il gioco delle tre carte: una decisione che non si condivide (proprio perché la si comprende), in Archivio pen., n. 1/2020, p. 9 e ss. La questione, inoltre, potrebbe essere ampliata facendo riferimento alla questione della sindacabilità dell’atto politico, il quale, nel caso di merito, consisterebbe nel suddetto provvedimento interministeriale di “divieto di ingresso, transito e sosta della nave” in attuazione del c.d. decreto sicurezza-bis. A questo proposito, ex multis, cfr. P. BARILE, Atto di governo (e atto politico), in Enc. Dir., Giuffrè, Milano, 1959, vol. 4., p. 220 e ss.; E. CHELI, Atto politico e funzione di indirizzo politico, Giuffrè, Milano, 1961; F. CORVAJA, Il sindacato giurisdizionale sugli atti politici, in P. BONETTI – A. CASSATELLA, F. CORTESE – A. DEFFENU – A. GUAZZAROTTI (a cura di), Giudice amministrativo e diritti costituzionali, Giappichelli, Torino, 2012, p. 74 e ss.; A. FONZI, Il ruolo della Corte Costituzionale fra discrezionalità politica e tutela dei diritti fondamentali. La "vexata quaestio" della sindacabilità delle decisioni politiche, in dirittifondamentali.it, 2020, fasc. 2, p. 835 e ss. 132 Deve essere specificato, infatti, che la restrizione di tali diritti è avvenuta con provvedimento amministrativo, sia pure sulla base della fonte primaria rappresentata dal d.l. A tale proposito, si segnala che lo stesso decreto interministeriale del 7 aprile 2020 ha richiamato il d.l. 23 febbraio 2020, n. 6, recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19”, conv. con mod. dalla l. 5 marzo 2020, n. 13 e il d.l. 25 marzo 2020, n. 19, recante “Misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19”. Per una riflessione critica sull’uso reiterato di provvedimenti governativi di rango secondario durante la crisi pandemica cfr., tra gli altri, G.L. GATTA, I diritti fondamentali alla prova del coronavirus. Perché è necessaria una legge sulla quarantena, in Consulta online, 1/2020, 6 aprile 2020, p. 202 e ss.; CIVININI M.G. – SCARSELLI G., Emergenza sanitaria. Dubbi di costituzionalità di un giudice e di un avvocato, in Questione giustizia, 14 aprile 2020. 133 Per un approfondimento su alcuni aspetti problematici delle “navi quarantena” si rimanda al documento sottoscritto da circa 150 associazioni ed enti intitolato Criticità del sistema navi-quarantena per persone migranti: analisi e richieste, 10 dicembre 2020, testo consultabile sul sito di meltingpot. Nel documento si riportano, tra l’altro, gli episodi di due minori migranti deceduti in ospedali siciliani dopo i periodi di quarantena per malesseri aggravatesi a bordo delle navi governative. Le vicende si riferiscono, in particolare, ad uno straniero proveniente dalla Somalia morto il 15 settembre 2020 e a quello di un migrante originario della Costa d’Avorio morto il 5 ottobre 2020 su cui la procura di Palermo ha aperto un’inchiesta. 247 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 garantire loro una esaustiva informazione tramite l’ausilio di mediatori culturali circa i propri diritti e la possibilità di chiedere asilo dopo il termine della quarantena134. Questi, del resto, si qualificano come diritti degli individui e doveri dello Stato che non potrebbero essere circoscritti da decreti dell’esecutivo, ma tutt’al più, solo parzialmente dalla legge formale, la quale incontra, comunque, dei limiti imposti dai principi fondamentali dell’ordinamento interno e sovranazionale che devono essere osservati anche in condizioni emergenziali135. In questa prospettiva, il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ha inizialmente espresso alcune preoccupazioni rispetto a questa forma di contenimento136, ravvisando che «la realizzazione delle misure di quarantena in luoghi straordinari ed eccezionali non può comportare una situazione di “limbo”: le persone migranti sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano ai fini delle misure sanitarie loro imposte, ma al contempo non hanno la possibilità – e per un periodo di tempo non indifferente – di esercitare i diritti che il nostro Paese riconosce e tutela. Non possono chiedere asilo, non sono di fatto – e quanto meno temporaneamente – tutelati in quanto vittime di tratta o minori stranieri non accompagnati, né possono tempestivamente accedere alle procedure per il ricongiungimento familiare ai sensi del Regolamento Dublino»137. Parimenti, a livello europeo, è opportuno sottolineare che la “direttiva accoglienza” ammette che in casi debitamente giustificati gli Stati stabiliscano in via eccezionale modalità diverse alle condizioni materiali di accoglienza di regola previste, ma “per un periodo ragionevole e di durata più breve possibile”138. Tali requisiti sono stati rimarcati nel frangente pandemico dalla Commissione, la quale ha rammentato che simili misure eccezionali sono plausibili esclusivamente se «necessarie, proporzionate e non discriminatorie»139. Per le “navi quarantena”, invero, si aggiungono perplessità proprio in ordine al rispetto del principio di non discriminazione, giacché tali rimedi sono stati previsti esclusivamente per i migranti soccorsi da navi battenti bandiera straniera. In effetti, pare si operi, così, una distinzione sulla base dello Stato di appartenenza dell’imbarcazione e dello status del migrante, dal momento che tali atti non sono indirizzati 134 Questo aspetto è evidenziato da C. CORSI, Migranti e immigrati, cit., pp. 928-929. Inoltre, sulla necessità di assicurare la possibilità di presentare domanda di asilo a potenziali richiedenti protezione internazionale in entrata, anche in condizioni emergenziali di risposta al Covid-19, cfr. UNCHR, Key Legal Considerations on access to territory for persons in need of international protection in the context of the COVID-19 response, 15 marzo 2020, testo consultabile sul sito di refworld. 135 Cfr. A. ALGOSTINO, Lo stato di emergenza sanitaria e la chiusura dei porti: sommersi e salvati, in Questione Giustizia, 21 aprile 2020. 136 Sul punto v. P. BONETTI, Gli effetti, cit., p. 11; G. MENTASTI, Migranti e detenzione amministrativa in tempo di Covid-19: i bollettini del garante dei detenuti pubblicati durante l’epidemia, in Sistema penale, 23 giugno 2020. 137 Bollettino 28: Il Garante nazionale nei giorni dell’emergenza Covid-19, 28 aprile 2020, testo consultabile sul sito del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. 138 V. art. 18 della direttiva 2013/33/UE. 139 V. 2020/C 126/02, 17 aprile 2020, sezione “Asilo”. 248 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 ad altre tipologie di stranieri che desiderano valicare i confini nazionali, quasi in virtù di una presunzione di maggiore pericolosità in termini di diffusione del contagio dei soli naufraghi che non sembra ragionevole. È stato fatto notare, inoltre, che le modalità di trattenimento sulle “navi quarantena”, potrebbero tangere non semplicemente la libertà di circolazione che può essere limitata dalla legge ordinaria ai sensi dell’art. 16, comma 1 Cost. per motivi di sanità e sicurezza140, ma restringere anche la libertà personale dei migranti141. Nello specifico, la libertà personale potrebbe ritenersi intaccata a causa dell’intensità e della lunga durata delle misure142, in parte assimilabili al controverso “sistema hotspot”143. Va menzionato, altresì, l’argomento per cui i protocolli seguiti a bordo delle navi non appaiono interamente esplicitati, mentre i centri di accoglienza sulla terraferma dovrebbero teoricamente conformarsi alle normative nazionali ed eurounitarie che regolamentano lo stato di questi luoghi144. Pertanto, anche a fronte di una spesa pubblica elevata che comporta il loro noleggio145, appare lecito domandarsi se si poteva alternativamente destinare quegli stessi fondi ad un miglioramento dei precari standard in cui versano gli hotspot, i centri di prima accoglienza (CPA) e accoglienza straordinaria (CAS), 140 Rispetto alla possibilità di porre legittimamente limitazioni alla libertà di circolazione, si deve richiamare altresì quella dottrina che vede nell’art. 16 Cost. una riserva relativa di legge, oltre che rinforzata, ammettendo, quindi, anche l’intervento dell’esecutivo. In tal senso, cfr. M. MAZZIOTTI, Circolazione (libertà di), in Enc. dir., Giuffrè, Milano, vol. vii, p. 22; U. DE SIERVO, Soggiorno, circolazione, emigrazione (libertà di), in Nov. dig. It., Utet, Torino, 1970, vol. XVII, p. 820. Tra coloro che si pongono, invece, a favore di una riserva assoluta di legge, cfr. A. BARBERA, I principi costituzionali della libertà personale, Giuffrè, Milano, 1967, p. 174; A. PACE, Problematica delle libertà personali. Parte speciale, Cedam, Padova, 1992, p. 283. Per un’analisi critica sul tema in relazione ai provvedimenti adottati durante l’emergenza pandemica, cfr. A. CANDIDO, Poteri normativi del Governo e libertà di circolazione al tempo del COVID-19, in Forum quad. cost., n. 1/2020, p. 420 e ss. 141 Cfr. M. TUOZZO, I percorsi, cit., p. 79; C. CORSI, Migranti, cit., p. 926, nt. 89. Per una riflessione in termini generali sull’ipotesi della quarantena come restringimento della libertà personale, cfr. G.L. GATTA, I diritti, cit., p. 201 e ss. 142 Cfr. M. TUOZZO, I percorsi, op. cit., pp. 79-85, che esamina la differenza tra restrizione alla libertà di circolazione e privazione della libertà personale facendo riferimento alla giurisprudenza rilevante della Corte Edu. Viene sottolineato, inoltre, che l’art. 5, comma 1, lett. e) Cedu prevede che un individuo può essere privato della propria libertà se è suscettibile di propagare una malattia contagiosa, ma, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, è anche assicurato il diritto a ricorrere a un tribunale. In tal senso, si rileva che nel contesto della “crisi dei rifugiati” l’Italia è stata condannata dalla Corte Edu nel caso Khlaifia e altri c. Italia [GC], 15 dicembre 2016, n. 16483/12, proprio per violazione dell’art. 5, comma 1 Cedu a causa del trattenimento di stranieri tunisini a bordo di imbarcazioni attraccate nel porto di Palermo. Sul punto cfr. anche G. MENTASTI, Migranti, cit. 143 Sulle criticità relative all’approccio hotspot v., ex multis, A. CIERVO, Ai confini di Schengen. La crisi dell’Unione europea tra “sistema hotspot” e Brexit, in Costituzionalismo.it, n. 3/2016, pp. 85-98; L. MASERA – G. SAVIO, La “prima” accoglienza, in M. SAVINO (a cura di), La crisi migratoria tra Italia e Unione europea: diagnosi e prospettive, Editoriale scientifica, Napoli, 2017, pp. 49-62; S. PENASA, L’approccio ‘hotspot’ nella gestione delle migrazioni: quando la forma (delle fonti) diviene sostanza (delle garanzie). Efficientismo e garantismo delle recenti politiche migratorie in prospettiva multilivello, in Rivista AIC, n. 2/2017, p. 1 e ss.; M. BENVENUTI, Gli hotspot come chimera. Una prima fenomenologia dei punti di crisi alla luce del diritto costituzionale, in Dir. Imm. Citt., n. 2/2018, p. 1 e ss. 144 Nello specifico, le condizioni di accoglienza per i richiedenti protezione internazionale sono disciplinate dal d.lgs. n. 142/2015, recentemente modificato dal d.l. n. 130/2020, che recepisce la direttiva 2013/33/UE. 145 Cfr. F. GRECO, Quanto costano allo Stato le navi quarantena per i migranti, in Agi, 15 luglio 2020. 249 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 nonché i centri di permanenza per il rimpatrio (CPR)146, fin dalla situazione ordinaria pre-pandemia147. Non può essere tralasciato, in effetti, che queste stesse strutture sono state giudicate da taluni in dottrina gravemente carenti sia per le generiche condizioni di accoglienza previste, sia, più nello specifico, per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 in termini di misure di distanziamento e tutela della salute148, pure con riferimento alle difficoltà di accesso ai servizi territoriali sanitari e sociali che gli stranieri ospitati o detenuti riscontrerebbero149. 5. Osservazioni conclusive: dignità, proporzionalità e “doveri di solidarietà” come potenziali chiavi di volta Concludendo, alla luce dell’analisi esposta, emerge che recentemente la reazione degli Stati alle migrazioni di massa nello spazio europeo sia stata quella di tendere ad una valorizzazione dei propri diritti territoriali150. In particolare, le risposte fornite dall’Italia durante la crisi pandemica per la gestione del fenomeno migratorio pare abbiano privilegiato, perlomeno inizialmente, la natura “escludente” dei confini e non siano state del tutto adeguate circa il rispetto di alcuni diritti fondamentali dei migranti e dei richiedenti asilo151. Bisogna porre in rilievo, però, anche un altro aspetto della questione, strettamente connesso alle restrizioni relative all’accoglienza degli immigrati che giungono, ad ogni modo, per vie illegali e che lo 146 Appare significativo che si esprima in tal senso lo stesso Garante per la libertà personale con riferimento alle condizioni dei migranti a bordo della nave “Rhapsody” nel Comunicato del 17 settembre 2020, ove si afferma che «la complessiva sensazione di dignità della sistemazione riscontrata e di professionalità degli operatori rende per le persone migranti l’attuale situazione non comparabile con precedenti sistemazioni provvisore in hotspot superaffollati». Si aggiunge, inoltre, che «ovviamente, tale valutazione va considerata nel contesto dell’eccezionalità e va sempre configurata l’effettiva possibilità che sarà successivamente offerta ai migranti di accedere, qualora ne siano accertati i requisiti, a tutte le modalità protettive e di aiuto all’inserimento che il nostro ordinamento prevede». Testo consultabile sul sito del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale. 147 Sulle criticità delle condizioni dei centri di accoglienza per l’immigrazione nel periodo 2014-2018 si rinvia a Amnesty International Italia, I sommersi dell’accoglienza. Conseguenze del decreto legge 113/2018 sul sistema di accoglienza italiano, novembre 2019, testo consultabile sul sito di immigrazione.it. Sui potenziali profili di illegittimità costituzionale determinati dal d.l. n. 113/2018 sul sistema di accoglienza cfr. N. VETTORI, Servizio pubblico di accoglienza e diritti fondamentali dei richiedenti asilo. Profili di illegittimità della riforma introdotta dal d.l. n. 113/2018, in Dir. Imm. Citt., n. 3/2019, p. 135 ss. In merito alle innovazioni introdotte dal d.l. n. 130/2020 all’impianto normativo riguardante l’accoglienza dei richiedenti e dei titolari protezione internazionale cfr. F. BIONDI DAL MONTE, Il sistema di accoglienza e integrazione e i diritti dei minori stranieri. Riflessioni sulla disciplina introdotta dal d.l. n. 130/2020, in Forum quad. cost., n. 1/2021, pp. 120-135. 148 Cfr. M. D’ONGHIA, Gli immigrati resi ancora più invisibili dal Coronavirus: una vita sospesa tra emergenza sanitaria e lockdown, in ADiM Blog. Analisi & Opinioni, aprile 2020, pp. 4-5. 149 Cfr. C. CORSI, Migranti e immigrati, cit., pp. 909-910. 150 Cfr. O. SPATARO, Fenomeno migratorio, cit., p. 69. 151 A tale proposito, il rapporto 2020 della Fondazione Iniziative e Studi sulla Multietnicità (ISMU) rivela che le restrizioni alla mobilità adottate da diversi Stati europei al fine di contenere la pandemia hanno determinato una riduzione non solo delle migrazioni regolari, ma anche delle richieste di protezione internazionale, pure a fronte di una ripresa degli sbarchi via mare nel secondo semestre 2020 rispetto al 2019. V. G.C. BLANGIARDO – L. ELISA ORTENSI, Gli aspetti statistici, in Fondazione ISMU, Ventiseiesimo Rapporto sulle migrazioni 2020, FrancoAngelo, Milano, 2021, pp. 73 e ss. 250 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 Stato non è tenuto ad ammettere in maniera indiscriminata. Nello specifico, non può essere tralasciato che le predette misure provvisorie e eccezionali adottate dall’ordinamento, quali le “navi quarantena”, intervengono in un momento di crisi sanitaria senza precedenti per tutti i Paesi dell’Unione, tra cui risalta tristemente l’Italia. Una crisi che sul piano interno ha messo gravemente a rischio non solamente la tutela della salute dei singoli e della collettività, ma anche altri diritti fondamentali degli stessi cittadini, nonché di tutti coloro che risiedono stabilmente sul territorio italiano pur essendo stranieri152. Si suppone, perciò, possa essere più opportuno riflettere non tanto nei termini della legittimità o meno delle soluzioni proposte, quanto secondo un ragionamento che si muove entro i cardini di una serie di principi, quali quello della dignità, della proporzionalità e della solidarietà. Posto che i singoli Paesi hanno la facoltà di determinare gli strumenti tramite cui assicurare la pubblica sicurezza entro il proprio territorio, il vero quesito da porsi e che rimane in una certa misura aperto, sarebbe, allora, se tali rimedi possono reputarsi quelli maggiormente rispettosi del necessario bilanciamento da raggiungere tra le diverse esigenze costituzionalmente protette; ovvero, se, contrariamente, il potere politico sarebbe potuto giungere a compromessi giuridici più equilibrati e sorretti da motivazioni ulteriormente solide nel contenimento dei diritti, come il principio di proporzionalità costringe a evidenziare. Dal punto di vista del diritto costituzionale, peraltro, una strada percorribile per attenuare il conflitto tradizionalmente “insanabile” tra immigrazione e sovranità – che nella circostanza pandemica si declina fondamentalmente nel potere di determinare la sicurezza sanitaria – e incidere, quindi, in maniera più contenuta sui diritti degli stranieri, potrebbe essere quella di disgiungere la categoria del territorio dalla sua dimensione meramente materiale e conferire risalto ad una concezione maggiormente rispettosa del principio personalista. Rifacendosi, in altre parole, ad un’idea di territorialità che includa anche l’aspetto etico-valoriale, così come sostenuto in precedenza da alcuni in letteratura153, verrebbero in rilievo tutta una serie di principi che sono propri dello Stato costituzionale. Tra questi, oltre a quelli sopra richiamati, sarebbero altrettanto essenziali la ragionevolezza e la non discriminazione, rinvenibili, rispettivamente, agli articoli 2 e 3 Cost. Nondimeno, come accennato, il valore della dignità umana e il principio di proporzionalità potrebbero e dovrebbero, verosimilmente più di ogni altro, rappresentare un faro per Cfr. F. P. MODUGNO, A volte ritornano, cit., p. 29 e ss., il quale ritiene che la soluzione delle “navi quarantena”, a differenza del decreto interministeriale del 7 aprile 2020, non si ponga in contrasto né con la disciplina interna né con quella internazionale relativa al soccorso di persone in mare. L’Autore, peraltro, sostiene che tale misura, sebbene sia in parte confliggente con i parametri sanciti dalla Cassazione sulla richiamata decisione del caso “Sea Watch-3”, «può in astratto rappresentare un possibile esito del processo rafforzato ed integrato di bilanciamento degli interessi in gioco, che tenga conto anche delle esigenze contingenti, di pari rango costituzionale, legate alla gestione dell’emergenza Covid19». Sul punto, cfr. anche C. CORSI, Migranti, cit., p. 928. 153 Cfr. P. HÄBERLE, Stato costituzionale, in Enc. Giur., vol. XXX, Treccani, Roma, 2000; A. BARBERA, Dalla Costituzione di Mortati alla Costituzione della Repubblica, in A. BARBERA – C. MORTATI, Una ed indivisibile, Giuffrè, Milano, 2007, p. 37 e ss.; I. CIOLLI, Il territorio rappresentato, cit., pp. 59; O. SPATARO, Fenomeno migratorio, cit., p. 71. 152 251 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 guidare l’autonomia degli Stati in scelte politiche concernenti la gestione dei flussi di stranieri provenienti da Paesi terzi e le condizioni di accoglienza degli immigrati, pure ove si presentino problematiche relative alla sicurezza e all’ordine pubblico o in scenari di crisi154. Una prospettiva del territorio come sintesi dei valori soggiacenti dell’ordinamento, che si riflette anche su quella di confine, sembra d’altronde quella più aderente al testo costituzionale. Infatti, una nozione di territorio subordinata solamente al decentramento amministrativo e al rapporto Stato-Regioni ai sensi dell’art. 5 Cost., o alla ripartizione delle competenze legislative ai sensi dell’art. 117 Cost., o alla tutela del paesaggio ai sensi dell’art. 9 Cost., finirebbe per avallare una visione di tipo kelseniano che lo riduce ad ambito spaziale ove vengono applicate le norme155. Non si dovrebbe tralasciare, piuttosto, che lo Stato, sia nella sua accezione di apparato che di comunità, nell’esercizio della propria sovranità territoriale, è tenuto a conformare l’ordinamento e quindi il quadro giuridico sui diritti con gli obblighi costituzionali, europei e internazionali. In tal senso, lo stesso territorio dovrebbe essere inteso non semplicemente come spazio fisico di convivenza tra le persone su di esso stanziate, ma anche come luogo connesso all’esercizio dei diritti fondamentali, essendo, al tempo stesso, la sede ove si formano e si consolidano i legami che attingono all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà economica, politica e sociale156. Questa impostazione sarebbe giustificabile anche in 154 Per una ricostruzione sui margini di bilanciamento che potrebbero essere applicati per la dignità umana in rapporto ad altri diritti fondamentali secondo il costituzionalismo europeo, cfr. P. RIDOLA, La dignità dell’uomo e il “principio di libertà” nella cultura costituzionale europea, in R. NANIA (a cura di), L’evoluzione costituzionale delle libertà e dei diritti fondamentali. Saggi e casi di studio, Giappichelli, Torino, 2012, p. 97 e ss. 155 Cfr. H. KELSEN, Das Problem der Souveränität und die Theorie des Völkerrechts. Beitrag zu einer Reinen Rechtslehre, Mohr, Tubingen, 1920, trad. it. A. CARRINO (a cura di), Il problema della sovranità e la teoria del diritto internazionale, Giuffrè, Milano, 1989, p. 105. Sul punto si rimanda, tra gli altri, a C. BERTOLINO, Territori e appartenenze territoriali: alla ricerca di una ricomposizione di sistemi ‘scomposti’, in federalismi.it, n. 2/2018, p. 2 e ss. 156 Cfr. C. SALAZAR, Territorio, cit., pp. 602-603; A. RUGGERI, Territorio, persone, Costituzione, in Dir. reg. Riv. di diritto delle autonomie territoriali, n. 3/2018, p. 22 e ss.; F. GIUFFRÈ, Alle radici dell’ordinamento: la solidarietà tra identità e integrazione, in Rivista AIC, n. 3/2019, pp. 555-556; O. SPATARO, Fenomeno migratorio, op. ult. cit., p. 72. Si reputa rilevante, peraltro, fare accenno ad un tentativo di concretizzazione dei “doveri di solidarietà” sociale a favore di coloro che sono presenti a vario titolo sul territorio dello Stato italiano, rinvenibile durante l’emergenza da coronavirus. Si tratta della misura delle c.d. prestazioni di solidarietà alimentari, ossia “buoni spesa utilizzabili per l’acquisto di generi alimentari presso gli esercizi commerciali contenuti nell’elenco pubblicato da ciascun comune nel proprio sito istituzionale” e di “generi alimentari o prodotti di prima necessità”. Tali prestazioni sono state istituite con ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile del 29 marzo 2020, n. 658 e i fondi sono stati ripartiti in base a specifici criteri tra i comuni italiani, conferendo loro ampia discrezionalità per individuare la platea dei potenziali beneficiari. Questo margine si è, però, tradotto in scelte da parte dei Comuni di Roma, di Bonate Sopra e di Ferrara reputate discriminatorie nei confronti di alcune categorie di stranieri e contro di esse sono stati presentati ricorsi cautelari ex art. 700 c.p.c. In merito si sono espressi, rispettivamente, il Trib. di Roma con il decreto del 22 aprile 2020, il Trib. di Brescia con il decreto del 28 aprile 2020 e il Trib. di Ferrara con l’ordinanza del 30 aprile 2020, ritenendo che i requisiti di accesso ai buoni di spesa alimentare dovessero rinvenirsi nel quadro delle prestazioni sociali “emergenziali” tese a garantire il soddisfacimento di esigenze primarie di ciascun individuo maggiormente vulnerabile durante l’emergenza sanitaria in atto. La misura di “solidarietà sociale”, dunque, non dovrebbe essere concessa esclusivamente ai soggetti bisognosi che sono in possesso dello status civitatis o in virtù di uno specifico status dello straniero, poiché attiene a quel “nucleo irriducibile” di diritti, quali l’alimentazione, che si pongono a fondamento di una vita dignitosa della persona umana. Sulla questione, cfr. F. BIONDI DAL MONTE, Cittadini, stranieri e solidarietà alimentare al tempo del coronavirus, in Questione giustizia, 27 aprile 2020; C. CORSI, Migranti, cit., p. 915 e ss. 252 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 considerazione dell’evoluzione delle categorie giuridiche dello Stato democratico contemporaneo, in cui si consta un’elevazione del binomio popolo/sovranità rispetto al territorio come risultato della costituzionalizzazione della sovranità popolare157. In questo contesto, d’altra parte, l’emergenza sanitaria, la quale si è sommata alla precedente crisi migratoria, benché abbia inflitto un’ennesima frattura dalle conseguenze politico-sociali ancora da determinare nel medio e lungo periodo, non avrebbe debilitato in maniera definitiva il “sistema Schengen”. Segnatamente, in questa occasione, lo spazio europeo sembra essere stato retto da un’amministrazione europea più solida, proprio a testimonianza che, in realtà, nonostante una diffusa percezione di mancanza di “unione” e il persistere di resistenze nazionali, «c’è molta Europa, molta di più di quanta ne immaginiamo»158. Il funzionamento dell’area Schengen, cioè, rimarrebbe coerente con la logica di non incidere eccessivamente sulla facoltà degli Stati membri di poter determinare ciò che rappresenta una “minaccia all’ordine pubblico”. Al contempo, si prende atto dello sforzo da parte delle istituzioni europee, e soprattutto della Commissione, di far convogliare questo potere sovrano a livello nazionale verso un obiettivo comune159. Non può essere negato, in altre parole, che questo organo, tramite atti di soft law, si sia adoperato per precisare i criteri e orientare la prassi statale verso misure meno impattanti possibili sulla libera circolazione. Potrebbe aver sortito un effetto positivo sugli Stati aderenti al “sistema” Schengen, inoltre, il fatto che la presidente della Commissione Ursula von der Leyen abbia avuto l’intuizione di spostare l’accento nei suoi discorsi politici dalla questione migratoria agli interessi di tipo economico e alla necessità di un pieno ripristino del mercato interno che sono necessariamente connessi alla libertà transfrontaliera, diversamente da quanto era stato fatto dalla presidenza Junker nel 2018 con la “crisi dei rifugiati”160. Tuttavia, permangono delle criticità da sollevare anche sotto il profilo del diritto eurounitario. Segnatamente, se è vero, che una delle cause originarie che spinge i Paesi membri ad affrontare i momenti emergenziali in maniera isolata e parcellizzata risiederebbe nella mancanza di armonizzazione e di intenti comuni161, riservare margine maggiore ai doveri di solidarietà, come sollecitato da più parti nella “crisi dei rifugiati”, potrebbe rappresentare un’ulteriore chiave di volta per rendere più solidi i legami politici dell’Unione anche per l’asilo e l’immigrazione. Un valore quello della solidarietà che nei dibattiti politici 157 Cfr. I. CIOLLI, Il territorio europeo, p. 28. B. CARAVITA, Quanta Europa, cit., p. 102. 159 Sul ruolo della Commissione europea nell’emergenza pandemica cfr. A. MANEGGIA A., Le “nuove” minacce, cit., pp. 201-202. 160 Sul punto cfr. C. MORTERA-MARTINEZ, Will the coronavirus pandemic deliver a coup de grâce to Schengen?, in CER Bullettin, issue n. 134, October/November 2020. 161 Cfr. A.M. POGGI, Dove va l’Europa, cit., p. 440-442, la quale riflette sui rischi di una mentalità europea “intergovernativa” e non “federale” che si intensifica nei momenti di crisi e che può essere ricondotta, tra le altre motivazioni, all’allargamento territoriale dell’Unione avvenuto nel 2004. 158 253 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 tende a rimanere quasi un semplice auspicio, ma di cui si dimentica, talvolta, il fondamento giuridico da cui è legittimato e la sua valenza prescrittiva. Il diritto primario, infatti, prevede esplicitamente più di una previsione a riguardo che assume presupposti e connotati determinati a seconda dei diversi settori in cui si inserisce. Nello specifico, si ricorda che l’art. 80 del TFUE, collocato al capo II del Titolo V, recita che le politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione “sono governate dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario. Ogniqualvolta necessario, gli atti dell’Unione adottati in virtù del presente capo contengono misure appropriate ai fini dell’applicazione di tale principio”. Secondo alcuni, d’altra parte, la “solidarietà europea” a causa della sua genericità e, quindi, della difficoltà a ricavarne un significato univoco anche in sede giurisprudenziale, non si presterebbe a divenire un principio generale di diritto, né potrebbe fungere da base giuridica per atti derivati o imporrebbe qualche tipo di obbligo di mutuo supporto per gli Stati in crisi da parte di istituzioni e Paesi membri162. Secondo altri, invece, essendo un valore costitutivo dell’ordinamento dell’Unione (art. 2 TUE) e principio interpretativo richiamato nei Trattati (artt. 3, 21, 24, 31 TUE e artt. 67, 80, 194 TFUE), assieme al valore della cittadinanza europea, rappresenterebbe l’unico “antidoto” per uscire dai momenti emergenziali163 ed un fattore connotativo del sistema in genere164. In ogni caso, usualmente in letteratura vengono riconosciute quattro principali modalità di implementazione del principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità, ossia quella legislativa, finanziaria, tecnico-operativa e logistica. Quest’ultima è da sempre la forma più ardua da attivare e consisterebbe fondamentalmente nella redistribuzione geografica dei richiedenti protezione internazionale165. A prescindere dai punti più o meno convincenti dei vari filoni interpretativi, si ritiene, comunque, che un impiego del principio di solidarietà potrebbe rivelarsi realmente di ausilio finché attenuato da uno scrutinio più severo rispetto alla sua proporzionalità, la quale torna ad essere, quindi, un parametro Per un approfondimento di questa tesi cfr. G. MORGESE, Solidarietà, cit., pp. 86-93. L’Autore, motivando ampiamente le ragioni per cui non ritiene si possa qualificare la “solidarietà europea” come valore in senso stretto, ne avanza, però, tre diverse declinazioni che permeano l’ordinamento dell’Unione, ossia: quella del “mutuo rispetto da parte di Istituzioni e Stati del complesso di diritti e obblighi derivanti dall’appartenenza all’UE”; quella della “mutua azione diretta a riequilibrare le diverse condizioni di partenza o attenuare le difficoltà che possono sorgere dall’applicazione del diritto UE”; e quella della “mutua assistenza in casi di emergenza”. Quest’ultima, in particolare, varierebbe considerevolmente a seconda del settore preso in esame, creando tensioni non di poco conto, ad esempio, nell’ambito migratorio, come dimostrato dalla “crisi dei rifugiati”. 163 Cfr. L.F. PACE, Una nuova crisi che l’Unione deve risolvere, o la crisi dell’Unione?, in AISDUE. Dibattito “Coronavirus e diritto dell’Unione”, n. 4/2020, p. 21. 164 Cfr. V. MORENO-LAX, Solidarity’s reach: Meaning, dimensions and implications for EU (external) asylum policy, in Maastricht Journal of European and Comparative Law, 2017, 24 (5), pp. 746-749, che per definire la solidarietà utilizza l’espressione emblematica di general (meta-)principle. 165 Cfr. P. DE BRUYCKER – E. L. TSOURDI, Building the Common European Asylum System beyond Legislative Harmonisation: Practical Cooperation, Solidarity and External Dimension, in V. CHETAIL, – P. DE BRUYCKER – F. MAIANI (eds.), Reforming the common European asylum system: The new European refugee law, Brill, Leiden – Boston, 2016, pp. 501-508. 162 254 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 imprescindibile anche nel diritto eurounitario. Difatti, come osservato, già durante la “crisi dei rifugiati” esso è stato invocato come giustificazione per la reintroduzione di controlli alle frontiere sulla base di un onere della prova non pienamente soddisfacente da parte di alcuni Paesi dell’Europa settentrionale e centro orientale166 che lamentavano i movimenti secondari dei migranti provocati dagli Stati di primo arrivo – specialmente Italia e Grecia –, i quali non sarebbero stati in grado di adempiere adeguatamente alla normativa europea sui controlli e le registrazioni da effettuare alle frontiere esterne167. In aggiunta, un uso del principio di solidarietà di natura prettamente emergenziale ed in senso “orizzontale”, ossia di tipo intergovernativo e che tenga conto esclusivamente degli interessi degli Stati, senza che venga declinato pure nel senso di un trattamento rispettoso dei diritti dei richiedenti protezione internazionale, non sembra pienamente adeguato. Considerando che la solidarietà, oltre ad un imprescindibile profilo economico, si compone anche di una valenza sostanziale, essa non può, quindi, essere scissa dal rispetto della dignità umana. Quest’ultima figura, del resto, come uno dei tasselli chiave del mosaico valoriale della tradizione costituzionale comune dell’intera Unione che dovrebbe esplicarsi in effetti giuridicamente positivi per quanto riguarda l’attività dei decisori politici168. Dunque, come auspicato da tempo169, si ipotizza che un uso di meccanismi solidali maggiormente vincolanti e comprensivi pure di una dimensione “verticale”170 potrebbe, in ultima analisi, fungere da presupposto preferibile per guidare le politiche di immigrazione e asilo e consentire la eventuale reintroduzione di limitazioni alle frontiere interne ed esterne esclusivamente in casi reali di extrema ratio. In tal modo, presumibilmente, sarebbe possibile scongiurare il rischio di un ritorno crescente (o addirittura permanente) alla chiusura dei confini e ai nazionalismi nella gestione di scenari, come quello migratorio, che coinvolgono diversi ordinamenti 166 Supra, § 3, nt. 67. Cfr. A. ROMANO, La rinascita, cit., p. 277. 168 Cfr. B. CARAVITA, Quanta Europa, cit., p. 109 e ss. Si ricorda, infatti, che nel diritto primario dell’UE, la dignità umana è definita come un valore fondamentale. Nello specifico, ai sensi dell’art. 2 del TUE si afferma che “l’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà umana, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”; mentre, ancora, ai sensi dell’art. 1 della CDFUE si dichiara che “la dignità umana è inviolabile”. Peraltro, a tutela dei valori richiamati al suddetto art. 2, da una parte, è prevista una precisa procedura di garanzia politica ai sensi dell’art. 7 del TUE qualora vi sia un evidente rischio di violazione grave da parte di uno Stato membro, che, pur essendo piuttosto complessa, costituisce uno strumento difensivo importante; dall’altra, tali valori sono certamente coperti da una garanzia giurisdizionale grazie al ruolo ricoperto dalla Corte di giustizia. Sulla rilevanza del valore della dignità nei trattati dell’UE, inoltre, cfr. L. FUMAGALLI, Commento all’art. 2 TUE, in A. TIZZANO (a cura di), Trattati dell’Unione europea, II ed., Giuffrè, Milano, 2014, p. 11 e ss.; A. CIRCOLO, Il rispetto dei valori fondanti dell’Unione e l’attivazione della procedura di controllo alla luce delle recenti vicende di Polonia e Ungheria, in DPCE online, n. 1/2019, p. 19. e ss. 169 Per una lettura del principio di solidarietà nel diritto eurounitario, anche secondo la lente dei diritti dei richiedenti asilo, si rimanda a V. MITSILEGAS, Solidarity and Trust in the Common European Asylum System, in Comparative Migration Studies, n. 2/2014, pp. 181-202. 170 Cfr. V. MORENO-LAX, Solidarity’s reach, cit., pp. 761-762, che evidenzia l’importanza di questa dimensione richiamando diverse disposizioni del diritto primario che fungerebbero da base giuridica per la sua legittimità, tra cui gli artt. 67, §§ 1 e 2 TFUE, 78 § 1 TFUE e l’art. 18 della CDFUE. 167 255 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 e piani giuridici, richiedendo, evidentemente, una strategia coordinata e unitaria. L’obiettivo di perseguire “una solidarietà de facto tra i popoli europei” all’interno di una nuova comunità per prevenire i conflitti tra le nazioni, del resto, era proprio lo spirito a cui i padri fondatori dell’Unione si ispiravano 171. Questo orientamento sarebbe ancor più desiderabile dal momento che la diffusione del Covid-19 ha dimostrato che talune minacce valicano fatalmente i confini territoriali e la ricerca della loro risoluzione è certamente agevolata dalla cooperazione e il coordinamento internazionale, come incoraggiato anche dalle istituzioni sovranazionali172. Invero, il principio di solidarietà ed equa ripartizione delle responsabilità relativamente alle politiche migratorie è al centro di un acceso dibattito fin dalla “crisi dei rifugiati”. In quel frangente, infatti, si era manifestata la necessità di attivare una serie di azioni emergenziali col fine di alleggerire la gestione dei flussi migratori sugli Stati costieri in prima linea che sono state, poi, individuate nell’Agenda europea sulla migrazione del 2015173. Tra queste misure risultavano centrali le ricollocazioni delle persone con evidente bisogno di protezione internazionale per mezzo di quote obbligatorie, istituite dalle decisioni (UE) 2015/1523 e (UE) 2015/1601 del Consiglio174, le quali potrebbe dirsi abbiano rappresentano la prima vera applicazione del principio di solidarietà di tipo logistico. Più nel dettaglio, tali atti normativi di natura temporanea si ponevano in deroga rispetto all’art. 13, § 1 del c.d. regolamento di Dublino III175 e rintracciavano il loro fondamentato giuridico nell’art. 78, § 3 TFUE. A questo riguardo non può essere ignorata la recente sentenza della CGUE del 2 aprile 2020 nel caso della Commissione europea contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca (C 715/17, C718/17 e C719/17), a seguito delle procedure di infrazione promosse dalla CE nei confronti di questi Stati membri a causa del loro inadempimento del Sul punto cfr. L.P. VANONI – B. VIMERCATI, Dall’identità alle identity politics: la rinascita dei nazionalismi nel sistema costituzionale europeo, in Quad. cost., 1/ 2020, p. 41. 172 V. WHO Director-General's opening remarks at the media briefing on COVID-19, 6 agosto 2020, testo consultabile sul sito della World Health Organization. 173 V. Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni. Agenda Europea sulla Migrazione, COM(2015) 240 final, 13 maggio 2015. Per un quadro sulle azioni intraprese nell’ambito dell’Agenda sulla migrazione del 2015 e il nodo di una ricollocazione di emergenza tra Stati membri, cfr. P. MORI, La decisione sulla ricollocazione delle persone bisognose di protezione internazionale: un irrituale ricorso al metodo intergovernativo?, in Il Diritto dell’Unione Europea, 2015, p. 1 e ss. 174 V. decisione (UE) 2015/1523 del Consiglio, del 14 settembre 2015, che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia; decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio, del 22 settembre 2015 che istituisce misure temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia. 175 Il “sistema” originariamente trovava il suo fondamento giuridico in un trattato internazionale multilaterale firmato a Dublino il 15 giugno 1990 ed entrato in vigore il 1° settembre 1997, ossia la Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle Comunità Europee. Successivamente, la Convenzione è entrata a far parte dell’acquis communautaire con l’adozione del regolamento 2003/343/CE (c.d. regolamento di Dublino II) che trovava applicazione per tutti gli Stati dell’UE. Quest’ultimo è stato, poi, riformato con il regolamento 2013/604/CE (c.d. regolamento di Dublino III), il quale all’art. 13 prevede, appunto, che lo Stato membro responsabile per l’esame della domanda di protezione internazionale è individuato in quello in cui il richiedente asilo ha registrato il suo primo ingresso sulla base della gerarchia dei criteri enunciata al capo III dello stesso. Sul punto cfr. B. CARAVITA, Quanta Europa, cit., pp. 175-176. 171 256 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 sistema di ricollocazione obbligatoria per quote di richiedenti asilo. La CGUE ha accertato l’esistenza di una infrazione degli obblighi europei e, affermando che tali Stati membri non possono invocare né le loro responsabilità in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna né il presunto malfunzionamento del meccanismo di ricollocamento per sottrarsi all’esecuzione di tale meccanismo, ha contribuito a chiarire fin dove si possono spingere le prerogative degli Stati membri nell’ambito delle politiche migratorie di fronte agli impegni comuni176. Bisogna riportare, però, che al momento i ripensamenti del principio della solidarietà nel Patto sulla migrazione e l’asilo pubblicato dalla Commissione il 23 settembre 2020177 non sono stati accolti in maniera particolarmente positiva dalla maggior parte degli studiosi178. Sebbene la solidarietà sia presentata come uno dei pilastri della riforma179, è stato fatto notare che le principali formule avanzate per le situazioni di pressione migratoria e di crisi o force majeure, ossia i “ricollocamenti volontari” e la “sponsorizzazione dei rimpatri”, non permetterebbero di uscire completamente dalla logica della cosiddetta regola del Paese di primo ingresso del “sistema Dublino”180 e si tradurrebbero in un’asimmetria a sfavore degli stranieri sprovvisti di documenti e dei richiedenti protezione internazionale181. Queste procedure, seppure facciano leva su incentivi economici significativi per ogni richiedente asilo o rifugiato ricollocato e “rimpatrio sponsorizzato” attuati, oltre che su ulteriori iniziative di supporto182, continuerebbero a risultare altamente complesse e dispendiose per gli Stati di primo arrivo. Di fatto, nonostante il meccanismo di solidarietà diventi obbligatorio in determinati scenari emergenziali183, una volta che vi sia una valutazione positiva da parte della Commissione circa la situazione di effettiva “pressione migratoria” e “crisi” a cui sarebbero 176 Per una ricostruzione maggiormente dettagliata delle vicende e un commento della sentenza cfr. C. CORSI, Commissione c. Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria: il principio di solidarietà nelle politiche in materia di asilo, in Quad. Cost., n. 2/2020, pp. 439-442; A. DIRRI, La Corte di Giustizia torna sul meccanismo di ricollocazione dei migranti tra rivendicazioni identitarie e tenuta dei valori fondanti dell’Unione Europea, in Osservatorio costituzionale, n. 5/2020, p. 230 e ss. 177 V. COM (2020) 609 final, 23 settembre 2020. 178 V., ad esempio, S. PEERS, First analysis of the EU’s new asylum proposals, in EU Law Analysis, 25 settembre 2020; A. DI PASCALE, Il nuovo patto per l’immigrazione e l’asilo: scontentare tutti per accontentare tutti, in Eurojus, 28 settembre 2020; C. FAVILLI, Il patto europeo sulla migrazione e l’asilo: “c’è qualcosa di nuovo, anzi di antico”, in Questione Giustizia, 2 ottobre 2020; F. MAIANI, A “Fresh Start” or One More Clunker? Dublin and Solidarity in the New Pact, in EU Migration Law blog, 20 ottobre 2020; L. TSOURDI, The New Pact and EU Agencies: an ambivalent approach towards administrative integration, in EU Migration Law blog, 6 novembre 2020; G. MORGESE, La “nuova” solidarietà europea in materia di asilo e immigrazione: molto rumore per poco?, in federalismi.it, n. 35/2020, p. 22 e ss. 179 V. Commissione europea, Comunicato stampa. Un nuovo inizio in materia di migrazione: costruire la fiducia e trovare un nuovo equilibrio tra responsabilità e solidarietà, 23 settembre 2020, testo consultabile sul sito della Commissione europea. 180 Supra, § 5, nt. 175. 181 Cfr. S. CARRERA, Whose Pact? The Cognitive Dimensions of the New EU Pact on Migration and Asylum, in CEPS Policy Insights, No 2020-22, September 2020, pp. 8-9. 182 V. Proposal for a regulation of the European Parliament and of the Council on asylum and migration management and amending Council Directive (EC) 2003/109 and the proposed Regulation, COM(2020) 610 final, 23 settembre 2020, pp. 96-98. 183 Ai sensi dell’art. 45 della COM(2020) 610 final, 23 settembre 2020, si tratta dei casi di “migratory pressure” o di “subject to disembarkations following search and rescue operations”. 257 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021 sottoposti certi Stati184, esso concederebbe, comunque, un’eccesiva libertà di manovra agli altri Paesi membri, rischiando di risultare poco efficace185 e di continuare a porre in secondo piano i diritti delle persone migranti186. In attesa che il progetto di riforma venga vagliato e approvato dalle altre istituzioni europee, non resta che attendere se avranno nuovamente la meglio gli “egoismi nazionali” all’interno del Consiglio o se il Parlamento sarà in grado di contemperare la nuova normativa con i principi indicati dai Trattati, avvalendosi della “nuova crisi” come un’opportunità di sviluppo anziché di retrocessione187. 184 V. art. 50, COM(2020) 610 final. Cfr. P. DE PASQUALE, Il patto per la migrazione e l’asilo: più ombre che luci, in AISDUE. Focus “La proposta di Patto su immigrazione e asilo”, n. 1, 5 ottobre 2020, p. 9. 186 Cfr. D. THYM, European Realpolitik: Legislative Uncertainties and Operational Pitfalls of the ‘New’ Pact on Migration and Asylum, in EU Migration Law blog, 28 settembre 2020, che, come è rinvenibile dal titolo del contributo, ritiene che la riforma sia il risultato di una riflessione ispirata al pragmatismo, più che ai principi, tanto che si potrebbe definire essenzialmente “a piece of realpolitik”. Secondo questa stessa prospettiva, cfr. S. PENASA, Il Nuovo Patto e l’idea di solidarietà: principio fondativo del sistema europeo di asilo o metodo di allocazione delle responsabilità tra Stati membri?, in ADiM Blog. Analisi & Opinioni, novembre 2020. 187 Sulla possibilità di evoluzione dell’UE grazie ai momenti di crisi cfr. S. CASSESE, Territori, cit., p. 116 e ss. 185 258 federalismi.it - ISSN 1826-3534 |n. 13/2021