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Simboli d’identità: il palazzo e la pinacoteca di Francia in Monteleone (secc. XVIII-XIX), in M. D’Andrea (a cura di), Vincenzo Nusdeo sulle tracce della storia. Studi in onore di Vincenzo Nusdeo nel decennale della scomparsa, Adhoc edizioni, Vibo Valentia 2012, pp. 497-545. ISBN 978-88-96087-45-9

Simboli d’identità: il palazzo e la pinacoteca di Francia in Monteleone (secc. XVIII-XIX) Foca Accetta Deputazione di Storia Patria per la Calabria Introduzione La storia della famiglia di Francia, che si realizza in Monteleone (attuale Vibo Valentia) tra il XVII e il XIX secolo come quella di tante altre dinastie calabresi di origine borghese, cioè attraverso una fase di forte ascesa sociale fino alla definitiva nobilitazione, consente di cogliere quel sottile filo rosso che lega, in un’unica trama, le vicende familiari, le risorse economiche e l’arte. Antica famiglia del patriziato cosentino i di Francia giunsero in Monteleone alla fine del ’400, in seguito al matrimonio di Altobello con Medea Abrugisio, “nobil donna, e ricchissima di Montelione” 1. Qui si affermarono nel tessuto sociale cittadino ricoprendo negli anni la carica sindacale, impiegandosi nelle file dell’esercito spagnolo, in cui riuscirono a scalare la gerarchia militare fino ai più alti gradi 2, e, soprattutto, nel commercio della seta e dell’olio all’epoca molto fiorente. Alla diversificata etica familiare si deve la formazione di due rami distinti. In un manoscritto, intitolato La verità odiata dalla superbia ovvero origine delle famiglie nobili e civili di questa città di Monteleone, testo anonimo del secolo XVIII, ricopiato da Giuseppe Santulli (1817-1882) e pubblicato da Franz von Lobstein, sono indicati 3 due nuclei: i di Francia e i Franza o di Franza che, partendo da un unico ceppo originario, si differenziarono per aver scelto come opportunità di avanzamento sociale campi d’azione diversi e, secondo la mentalità allora vigente, tra di loro inconciliabili, cioè l’esercito e il commercio, raggiungendo comunque l’obiettivo in momenti distinti. Infatti, i di Francia si fregiarono del titolo di marchese di Feroleto della Chiesa, casale in diocesi di Mileto, venduto a Domenico di Francia dalla duchessa di Monteleone Giovanna Pignatelli d’Aragona 4, dalla fine del Seicento, mentre i Franza o di Franza, grazie alla solida posizione 1 F. CAMPENNÌ, La patria e il sangue. Città, patriziati e potere nella Calabria moderna, Pietro Lacaita Editore, Manduria 2004, pp. 200-208. 2 Ibidem. 3 F. VON LOBSTEIN, Settecento Calabrese, vol. III, Fiorentino editore, Napoli 1973, pp. 473-474; 486-487. 4 Regio assenso del 9 gennaio 1693. Cfr. M. PELLICANO CASTAGNA, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, vol. II, Editrice C.B.C., Catanzaro Lido, pp. 234-235. 497 498 economica acquisita attraverso l’attività commerciale e l’appalto di pubblici arredamenti (posta, sale, tabacchi e tesoreria), giunsero alla nobilitazione, che gli consentì di riprendere e riassumere l’antica dizione del casato, nel 1757, con l’acquisto del feudo di Santa Rosalia, presso Mesiano, dai coniugi Maurizio e Ippolita Barone di Tropea 5. Il capostipite di quest’ultimo ceppo (cfr. Appendice 3) è Onofrio († 28 luglio 1734), che non risulta menzionato negli alberi genealogici consultati, cioè quello ufficiale conservato dai discendenti, e un altro redatto e pubblicato da Franz von Lobstein 6. Sembra essere un “Carneade” di manzoniana memoria, un perfetto sconosciuto. Egli compare invece nel citato manoscritto, pubblicato in appendice al lavoro del Lobstein, come discendente di Antonino 7 del fu Cesare che, rappresentante di un ramo cadetto della famiglia di Francia, esercitava una professione, quella di “merciero”, che mal si conciliava con l’etica della “nobiltà” cittadina volta a ricoprire ruoli all’interno dell’esercito o del clero, costantemente riscontrabili nel ramo che, dalla seconda metà del Seicento in poi, fa capo a Paolo di Francia e Claudia Mottola 8. La documentazione rinvenuta, presso l’Archivio di Stato di Vibo Valentia, consente di seguire l’attività commerciale di Onofrio e di affermare che egli ricopriva nel panorama economico cittadino un ruolo di primo piano. Nel 1724 Onofrio di Franza, Domenico Mileto e Filippo Librandi “mercanti di questa città e sua piazza”, furono protagonisti di una singolare protesta che poneva l’accento sulla tassazione dei prodotti di seta calabrese e sul libero commercio nel Viceregno. Essi dichiaravano al notaio 9 di non 5 Archivio di Stato di Vibo Valentia (ASVV), notaio Scolerio Nicola, busta 588, atto del 24 aprile 1757, ff. 9-17. A questo primo feudo si aggiungerà due anni dopo - 1759 - quello di Santa Caterina sullo Jonio, acquistato da Francesco di Francia dal duca di Monasterace Francesco Perrelli. Cfr. ASVV, notaio Nicola Scolerio, busta 589, atto del 29 luglio 1759, ff. 24v-27v: presa di possesso del feudo; Ivi, atto del 12 marzo 1760, ff. 1-12v: ratifica dell’acquisto stipulato a Napoli dal notaio Vito Marciello il 14 luglio 1759. 6 F. VON LOBSTEIN, Settecento Calabrese… cit., pp. 335 e s. 7 ASVV, notaio Silvestro Benedetto, busta 292, anno 1705, f. 79 e f. 105, testamento di Antonino di Francia. 8 F. CAMPENNÌ, La patria e il sangue… cit. 9 ASVV, notaio Nesci Giuseppe, busta 264, atto del 30 settembre 1724, ff. 16v-17. voler più essere soggetti al pagamento del “jus della transattione della seta”, dovuto al Regio Arredatore sui prodotti “dalli mastri tessitori di questa città, da quella di Catanzaro o altri luoghi della Provincia”; perciò si riservavano di “far venire dalla Città di Napoli, colle reggie e debbite spedizioni, drappi di seta”, di tenerli “nelle loro botteghe respettive” e di venderli “pubblicamente a tutti, come robbe introdotte di fuori Provincia, senza soggiacere à questo pagamento di ius della transattione di seta, o altro dritto”. Circa la collocazione della sua attività nel tessuto urbano della città è documentata una prima sede vicino al convento dei francescani osservanti, rimpiazzata nel 1723 da una “bottega” situata nella centralissima piazza Majo. L’antico palazzo Simbolo esterno del prestigio sociale acquisito da Onofrio di Franza attraverso il commercio è l’antico palazzo di famiglia ubicato nei pressi del complesso conventuale di S. Maria del Gesù dei francescani osservanti. L’immobile è attualmente noto col nome di Palazzo delle Accademie (fig. 1). Quando fu edificato? È questa una domanda a cui spesso non si può dare risposta. Tuttavia, in questo caso, tenendo presente un atto 10 stipulato nel 1714 tra Onofrio di Franza e i fratelli Russo (Domenico, Giovanni, Luca e Giuseppe) ed avente per oggetto la cessione, da parte di questi ultimi, di un orto “sito e posto in […] frontespizio al palazzo nuovo e case matte del clerico coniugato signor Lorenzo D’Ascoli, circondato da vie pub[b]liche, di tre quartucciate in circa […] con fabrica di muro antico da’ due lati, cioè da tramontana e da levante, sopra lo quale vi è l’annuo peso di cenzo perpetuo in affrancabile dovuto alla Ducal Corte di questa città di Monteleone”, i termini del quesito sembrano essere chiari e definiti. Il documento notarile infatti certifica il primo passo, cioè l’acquisizione del suolo, di un processo edilizio che avviato da Onofrio di Franza si concluderà nel corso della prima metà del Settecento con la costruzione dell’antico palazzo di Francia. 10 Ivi, notaio Silvestro Benedetto, busta 295, atto del 13 aprile 1714, ff. 64-66. 499 500 Onofrio di Franza morì il 28 luglio 1734. Nel suo testamento olografo 11, redatto circa un mese prima: il 21 giugno 1734, dopo aver chiamato alla successione i figli: Francesco, Antonino, Filippo, riconosciuto alla moglie Elisabetta Avignone il diritto di coabitazione, ed ammesso l’altro suo “caro ed amato” figlio Nicola soltanto nella quota legittima, “senza poter pretendere altro”, indicava analiticamente le quote del palazzo di uso comune e di pertinenza dei singoli eredi: Che il portone, il cortile, la scala e la sala, quadri e addobbi di essa sala, ed altresì l’intiero orto di esso palazzo, il pozzo esistente in detto orto siano communi a tutti tre detti miei eredi. Che il quarto di detto palazzo posto a destra dell’ingresso di detta sala, composto di tre camere e cocina, e proprio quello che guarda le case [de’ signori] di Ascoli verso tramontana, e quelle del signor Giovanni Soriano verso levante, detto quarto con tutti li suoi bassi, compreso anche quello dove presentemente è la stalla, con tutti quegli addobbi che presentemente in esso quarto si trovano, sia di Francesco e Filippo miei figli ed eredi, coll’obligo però à medesimi di dare in esso quarto l’abitazione alla sudetta signora Elisabetta mia moglie e loro madre, servando però quella letto vedovile. Che il quarto posto a sinistra dell’ingresso di detta sala, consistente in due camere ed un mignano di fabrica, e proprio quel quarto che confina (frase cancellata: coll’altro palazzo da me venduto con patto della ricompra alla signora Teodora Mele, mia nuora e moglie di Nicola mio figlio) colla casa che presentemente possiede Vincenzo Ammirà, e detto quarto con tutti li suoi bassi, compresi anche quelli che hanno l’ingresso da dentro l’orto sudetto, e con tutti quelli addobbi che presentemente in esso si trovano sia del sudetto Antonino mio figlio ed erede. Nelle successive clausole testamentarie Onofrio di Franza fissava un rapporto identitario tra la famiglia e l’immobile, come dimostrano l’inibizione ad “amovere”, cioè asportare, dagli appartamenti i quadri e i mobili esistenti “per ornamento e commodo di essi respettivi quarti”, la regolamentazione dei passaggi successori e il divieto di vendita: Ivi, notaio Teramo Antonino, busta 503, anno 1734, ff. 64-66; il verbale di apertura del testamento è dell’8 agosto 1734 e collocato ai ff. 77rv. 11 501 Fig. 1. L’antico palazzo di Francia Largo Municipio Monteleone Calabro Detti tre miei figli ed eredi […] s’intendono reciprocamente sostituiti nelli sudetti respettivi quarti del mio palazzo, bassi, addobbi e jussi […] nel caso che alcuno o più de’ medesimi morissero senza figli legittimi e naturali dalli loro corpi descendentino; […] ciascuno di detti miei figli ed eredi non possa vendere o in qualunque altra maniera alienare la minima parte o cosa di detto palazzo, o quarti, intendendo anche così per l’addobbi di essi. Identità fisica del prestigio sociale L’edificio assunse rilievo e testimonianza del prestigio socio-economico della famiglia quando Francesco di Francia (1703-1775), uno dei figli di Onofrio, da semplice esponente della borghesia cittadina impegnato nell’appalto di pubblici arredamenti, acquisì con i relativi titoli i feudi di Santa Rosalia, presso Mesiano, e di Santa Caterina di Badolato, rispettivamente nel 1757 e nel 1759. 502 La documentazione archivistica esaminata consente di seguire i vari “passaggi” ereditari: da Onofrio ai figli (Antonino, Filippo, Francesco e Nicola) e da questi ai loro successori, e di osservare come a partire dalla seconda metà del ’700 il nesso status sociale/rappresentazione fisica diventa un elemento costantemente ricercato dai diversi esponenti della famiglia nella trasmissione e ripartizione del palazzo. Ciò è evidente non solo nel testamento di Filippo di Francia 12 che nel 1768 esortava i germani Nicola ed Antonino a rilasciare la proprietà dell’intero palazzo avito all’altro fratello Francesco, ritenuto capo del casato per la sua recente ascesa sociale, ma anche e soprattutto nelle disposizioni testamentarie di quest’ultimo. Il barone Francesco 13, infatti, sensibile “all’idea che detto palazzo sia sempre della sua discendenza mascolina in fino a tanto che durerà il mondo”, sanciva nel 1774 un inscindibile legame tra l’immobile e i suoi discendenti maschi attraverso l’istituzione di un fedecommesso e il divieto di effettuare qualsiasi azione finanziaria che potesse configurarsi come ipoteca, vendita o alienazione: [...] esso testatore signor barone testatore, vuole ordina ed espressamente comanda, che detto palazzo, dove presentemente abita egli, diviso e distribuito tra i suoi figli ed eredi […], non si possa da detti eredi in qualunque tempo, o in modo alcuno ob[b]ligare, ipotecare, vendere, o in qualunque 12 «In primis voglio, ordino e comando, che debba il sudetto barone D. Francesco di Francia, mio fratello ed erede universale e particolare jure legati, dare e pagare al signor D. Antonino Alfiere [di] Francia, altro mio fratello germano […], la somma di ducati mille e due cento in denaro contante, in questo modo, cioè ducati seicento l’anno della mia morte, e gl’altri ducati seicento nel secondo anno di detta mia morte […]. Item voglio, ordino e comando, che debba il sudetto barone D. Francesco di Francia, mio fratello ed erede, dare e pagare jure legato per una sola volta solamente al signor D. Nicola di Francia, altro mio fratello germano […], la somma di ducati seicento in denaro contante, fra lo tempo e lo spazio d’anni tre numerandi dal giorno della mia morte […]. Con dichiarazione però ed espressa condizione, e non altrimenti, che volendo e intendendo li sudetti signor D. Antonino e D. Nicola di Francia, miei fratelli, o loro eredi, sperimentare, o altrimenti avere pretenzioni sopra la porzione del palazzo, e sua adiancenza, a me lasciata dal nostro commun padre D. Onofrio, in questo caso, voglio, ordino e comando, che debbano li sudetti signori D. Antonino e D. Nicola, miei fratelli, e loro eredi, restar privi de’ predetti legati a di loro beneficio da me sudetto rispettivamente fatti come sopra, ma volendo quelli accettare e goderne il pagamento sian tenuti preventivamente farne cautela di renuncia a favore di detto barone D. Francesco, […]», in ASVV, notaio Antonucci Francesco Saverio, busta 646, atto del 20 febbraio 1768. 13 ASVV, notaio Perciavalle Giuseppe, busta 809, atto del 6 settembre 1774, ff. 95-106. Un precedente testamento il barone Francesco l’aveva redatto per gli atti del notaio Tommaso Faccioli il 18 luglio 1763. 503 Fig. 2. Attuale palazzo di Francia edificato su progetto di G. B. Vinci dopo il terremoto del 1783 Via G. Murat Vibo Valentia maniera e tempo alcuno alienare, ma debba restare per decoro della famiglia, soggetto perpetuamente a fidecommesso da durare fin tanto che durerà il mondo e la di loro discendenza masculina, che morendo, in quale tempo, alcuno di detti eredi, ed i loro discendenti in perpetuum et infinitum, senza figli maschi debba succedere: D. Felice Antonio a D. Giuseppe Maria, e contrario D. Giuseppe Maria a D. Felice Antonio, e morendo questi senza figli maschi debba succedere detto signor D. Leoluca Vincenzo ad ambidue detti quarti spettanti alli prefati D. Felice Antonio e D. Giuseppe Maria, ed all’incontro morendo detto D. Leoluca Vincenzo senza figli maschi debbono a lui succedere in detto palazzo, o sia quarto a lui spettante li sudetti suoi fratelli D. Felice Antonio e D. Giuseppe Maria, e che lo stesso modo si debba ed abbia tenore in perpetuum e in futurum tra i discendenti maschi di detti tre fratelli […]. Nel citato testamento, Francesco di Francia, oltre a riconoscere alla vedova Caterina Valia († 1777) il diritto d’abitazione “coll’uso dei mobili”, regolamentava la ripartizione dell’immobile tra i diversi figli maschi e assegnava al primogenito Diego il “quarto superiore che guarda all’orto di S. Maria del Gesù con tutti i mobili che in esso s’attrovano, e da esso testatore guarnito e ammobiliato”; e all’altro figlio Felice Antonio il “quarto nuovo superiore, che guarda al palazzo de’ signori Ascoli colla condizione però che 504 la saletta, anticamera e scala debbono restare in comune per detti due quarti, con godere parimenti ambidue detti quarti dell’uso della cocina di sopra, dispensa e soggiorni”. Gli appartamenti inferiori erano destinati agli altri due figli maschi, in particolare a Leoluca Vincenzo “il quarto inferiore che guarda l’orto di S. Maria di Gesù, coll’uso di cocina del quarticello di basso”, mentre quello “dirimpetto, che guarda il palazzo de’ signori Ascoli, dove abita di presente esso signore barone testatore” venne attribuito a Giuseppe Maria “coll’obligo di stare e coabitare con detta signora baronessa sua madre durante la di lei vita”. Il barone Francesco di Francia nelle citate disposizioni testamentarie del 1774, relativamente alla ripartizione del palazzo, precisava inoltre che “tutti i tre quarti, rispettivamente disposti tra detti suoi figli ed eredi, D. Leoluca Vincenzo, D. Felice Antonio e D. Giuseppe Maria, debbano godere dei rispettivi maga[z]zini” e che “le scale, sale, portoni, cortili vecchio e nuovo, orto e pozzo debbono restare rispettivamente in commune per detti quattro quarti di palazzo, siccome debba restare in comunione per li rispettivi quarti le sale e prime anticamere del quarto di sopra e sotto”. E infine stabiliva che il “quarticello di basso, che guarda l’orto di S. Maria di Gesù” fosse in comune “tra detti tre fratelli D. Leoluca Vincenzo, D. Felice Antonio e D. Giuseppe Maria per situarsi lo studio, per commodo di tutti e tre detti fratelli, di loro figli ed eredi, con goderne dell’uso […], atteso [che la] proprietà de’ libri la lascia interamente a detto signor D. Leoluca Vincenzo”. Fallimento del progetto di Filippo Il proposito di Filippo di Francia di dare consistenza fisica alla cresciuta solidità economica e al prestigio sociale della famiglia, esternato nel citato testamento del 1768, non ebbe alcun riscontro pratico, poiché le premure e le “raccomandazioni” rivolte in tal senso agli altri suoi germani furono disattese. In particolare Nicola aveva trasferito già alcuni anni prima, nel 1762, la proprietà del suo “quarto”, costituito “dalla camera sopra il portone, e finestre nel ponente, che riguarda la tramontana […] coll’ingresso comune del portone, scala e vaglio scoperto, passetto, orto, e jusso del pozzo” e articolato in “cinque camere e una cucina, una cucinella e una stalletta […] unitamente colli tre bassi”, ai figli Onofrio e Giuseppe 14. Mentre l’Alfiere Antonino di Francia non accolse, probabilmente per motivi d’opportunità, la proposta di cedere al barone Francesco il suo “quarto” del palazzo, ordinato “in una sala, che serve da ingresso comune con la casa dell’illustre barone, in quattro stanze, ed in uno stanzino, con i loro respettivi bassi, portone, vaglio, pozzo e gradiata [scala]”. La mancata realizzazione del desiderio agognato da Filippo non ebbe conseguenze nei rapporti tra i diversi rappresentanti della famiglia di Francia. Essi continuarono ad essere di reciproco rispetto e mutuo soccorso. Lo testimoniano, oltre i legati di ducati 500 inseriti in una bozza non datata relativa alle ultime volontà del barone Luca Vincenzo e destinati uno al cugino Onofrio figlio di Nicola e l’altro allo zio Antonino 15, altri documenti e in particolare un atto 16 di permuta del 5 marzo 1787. In quella occasione il barone Luca Vincenzo per venire incontro alle necessità dello zio Antonino che, a seguito del terremoto del 1783, si trovava “angusto di camere e magazzini per essergli caduti due stanze dalla parte del pozzo, colle loro rispettivi bassi”, aderì alla richiesta di ricevere dallo zio Antonino il fondo “Le Terze ò siano Petti della Sciabaca” di circa 12 tomolate in cambio di un magazzino e della metà di una “sala” comune, in particolare di quella porzione “che attacca il quarto d’esso D. Antonino […] con la facoltà d’oggi innanzi, ed in ogni tempo [di] serrarsela a sue spese” mentre l’altra metà “che attacca col palazzo di detto signor barone debba restare in commune tra essi signor Antonino e l’illustre signor barone, eredi e successori”. La permuta non modificava quanto era stato precedentemente stabilito circa l’uso delle parti comuni del palazzo; infatti, venne stabilito che dovessero “rimanere in futurum et in perpetuum in commune, e con quelli stessi jussi da loro maggior rispettivamente lasciati, l’ingresso del portone, scala, l’altra metà della sala, come sopra, pozzo, vaglio ed altro, siccome si è servito per lo passato esso signor barone e tuttavia si serve”. Ivi, notaio Scolerio Nicola, busta 589, atto del 22 settembre 1762, ff. 25rv. Archivio Nicola di Francia, Vibo Valentia. Nella bozza testamentaria si legge: “Lego a don Onofrio di Francia mio cugino ducati 500 per una fiata. Lego all’alfiere mio zio don Antonino di Francia altri ducati 500. E nel caso che il medesimo premorisse a me, voglio che detto legato di ducati 500 si paghi al di lui figlio Don Leoluca di Francia. Ma il mio erede abbi la facoltà di pagarlo a suo arbitrio o con stabili, o con censi o con contanti”. 16 ASVV, notaio Scamaccia Giuseppe, busta 848, atto del 5 marzo 1787, ff. 47-51. 14 15 505 506 L’acquisizione della quota dell’Alfiere L’alienazione del “quarto” dell’Alfiere agli eredi del barone Francesco avvenne nell’anno 1800, cioè dopo la morte di Antonino, ad opera dei suoi figli, che decisero di cederlo per la somma di ducati 750 al cugino Luca Vincenzo di Francia, Tesoriere di Calabria Ultra (fig. 3). Nell’atto di transazione, stipulato il 4 dicembre 1800 dal notaio Crimi, la cessione è giustificata dalle precarie condizioni statico-funzionali dell’immobile e dalle difficoltà finanziarie di sanarle perché: lesionata e patita dai passati terremoti dell’anno 1783, e che perciò ha bisogno de’ pronti ripari, ed essere in molte parti ristorata, per cui vi fa uopo erogarsi della molta spesa, alla quale non possono affatto supplire, conoscendosino dell’intutto inabilitati, senza della quale ristorazione verrebbe quella a deteriorarsi da giorno in giorno e perdersi, […] si sono deliberati di vendere ed alienare la casa sudetta […] all’illustre signor barone Don Luca Vincenzo di Francia. Fu così che la proprietà di quasi l’intero palazzo passò nelle mani del barone di Santa Rosalia Luca Vincenzo di Francia. Tuttavia, considerando che era stata predisposta l’edificazione di un nuovo palazzo (figg. 2-5) di famiglia, secondo il progetto elaborato da Giovan Battista Vinci nel 1792, l’acquisizione della quota dall’Alfiere Antonino fa sorgere una serie di quesiti sulla natura dell’operazione, cioè: essa fu un atto di generosità a favore dei parenti in difficoltà? L’occasione di concretizzare l’idea dello zio Filippo attraverso l’acquisizione di un’altra quota del palazzo avito? O piuttosto un puro e semplice investimento in attesa di rivendere l’immobile, ormai reso inabitabile dal terremoto, al migliore offerente? Sono queste domande legittime, alle quali sembra difficile dare risposta; resta, comunque, il fatto che l’acquisizione dello stabile, ad esclusione della quota di Nicola di Francia, rispondeva all’intima esigenza, riscontrabile anche nel progetto vinciano del nuovo palazzo di Francia, di mostrare e rimarcare il prestigio e l’autorevolezza che il casato aveva conquistato nel corso degli anni. Con la successiva vendita dell’immobile al comune, al fine di adibirlo a sede dell’Intendenza di Calabria Ultra, Luca Vincenzo venne 507 Fig. 3. Domenico Basile (sec. XVIII) Luca Vincenzo di Francia (1748-1812) Collezione privata 508 ad assumere l’immagine di un benefattore della città, piuttosto che quella di uno speculatore, visto che il prezzo pattuito fu inferiore a quello indicato nella perizia dall’ingegnere Pietro Frangipane. La vendita al comune Nel 1806 Monteleone venne indicata dal governo francese sede d’Intendenza della Provincia di Calabria Ultra. Da tale scelta derivò l’esigenza di individuare in città un edificio che potesse essere idoneo ad ospitare il prestigioso ufficio. La scelta cadde sull’immobile di proprietà del barone Luca Vincenzo, antica residenza della famiglia di Francia, perché “fornito di tre quarti, o siano appartamenti, oltre de’ magazzini, stalle, pozzo, vaglio ed altro, capace non solo per le officine necessarie alla Intendenza, ma per potere ben anco l’Università occorrere ad altri bisogni, come sarebbe per magazzini annonari, archivio e simili oggetti” (fig. 4). L’Intendente Francesco Saverio De Rogatis 17 comunicava la notizia al ministro Miot. Questi nella missiva di riscontro del 29 ottobre 1806 lodava l’iniziativa del Decurionato: per quello poi, che riguarda il locale necessario per la situazione dell’Intendenza nella città di Monteleone, per la quale trova V.S. Ill.ma adatto il Palazzo del Tesoriere di Francia, anche perché costui è contento cederlo, e pagandone il prezzo o un corrispondente fondo rustico in compenso, le dico, che non sarebbe straordinario che il comune di Monteleone s’inducesse ad una spontanea offerta per l’acquisto del locale necessario all’Intendenza e sue officine, poiché altre città, dichiarate Capitali delle Provincie 17 Francesco Saverio De Rogatis, ex Preside di Catanzaro, fu il primo Intendente della provincia di Calabria Ultra con sede a Monteleone. Gli successe nel 1807 Giuseppe De Thomasis, sostituito nel 1809 da Pietro Colletta. Chiamato quest’ultimo a dirigere il Corpo ingegneri di Ponti e Strade gli subentrò nel 1812 Giacinto Martucci sostituito, nel 1813, da Francesco Saverio Petroni, che amministrò la provincia di Calabria Ultra fino al ritorno dei Borboni. Cfr. F. ACCETTA, L’ombra di Napoleone nella Provincia di Calabria Ultra tra modernizzazione e riformismo: 1806-1815, in “L’Albero della Libertà. Modernizzazione e innovazione nell’Intendenza di Monteleone durante il Decennio francese”, mostra documentaria Tropea Museo Diocesano 20 settembre - 31 dicembre 2007, Vibo Valentia 2008, pp. 10-43. 509 Fig. 4. Antico palazzo di Francia oggi delle Accademie, scalone d’onore Largo Intendenza Vibo Valentia 510 corrispondenti colla residenza degl’Intendenti, ne hanno di già fatto delle simili, considerando che tale stabilimento sarà per apportare loro un utile di non picciol momento per la concorrenza, che avranno di tutta la Provincia nel proprio seno, ma segnalava la necessità di fare apparire la decisione di acquisire o meno l’immobile e l’incombenza di adeguarlo alle esigenze dell’Ufficio libere scelte del Decurionato della città, adottate seguendo un preciso iter burocratico affinché fosse allontanata l’ombra di un’imposizione dall’alto: Conviene però che l’Università goda di tutta la sua libertà nella risoluzione di questo articolo, e che il peso da addossarsi non ecceda le sue forze. Quante volte poi si determini l’Università a fare di proprio conto l’acquisto del Palazzo del signor di Francia divenendone la proprietà [sua] dee egualmente incaricarsi delle riparazioni necessarie per renderlo adatto all’Intendenza e sue officine. Dovrà quindi in parlamento maturamente esaminare in qual modo convenga meglio acquistarlo. Determinatosi tutto ciò in publico parlamento, e dovendosi devenire alla compra del sudetto Palazzo, occorrerà che se ne faccia l’apprezzo regolarmente, intese le parti interessate, e per mezzo de’ periti, che nominerà l’Università non soggetti al di Francia. E se sarà stabilito di darglisi per l’importo del Palazzo un fondo rustico comunale, dovranno gli stessi periti valutare quello, che sarà dall’Università designato. Sarà ancora loro incombenza di vedere quali riparazioni, ed accomodi sian li più necessari per rendere atto per l’Intendenza l’anzidetto Palazzo, e farne una distinta relazione, col notamento della somma, che presso a poco importeranno. Il parlamento dovrà altresì deliberare sui mezzi, onde supplire a queste prime spese. Tanto io partecipo a V. S. Ill.ma, perché incaricandosi di quanto le ho suggerito, ed aggiungendovi quel dippiù che la sua saviezza potrà dettarle, disponga il conveniente per la buona riuscita dell’affare, ed indi mi faccia un distinto rapporto di tutto il risultato, e mi rimetta non solo l’atto del parlamento, che dovrà tenersi, ma tutte le carte, perizie e documenti che dal medesimo risulteranno, affin di poter io sottoporre l’affare a S. M. per portarne la decisione a norma dell’articolo 8° del titolo 4° della legge degli 8 di agosto. Napoli 29 ottobre 1806. [... firmato …] Miot. Il 30 novembre successivo fu convocata, nel refettorio dei francescani osservanti, una assemblea pubblica a cui parteciparono il “dottor D. Giu- seppe Caracciolo regio governatore e giudice di questa medesima città, nonché gli attuali signori sindaci del primo e secondo ceto, D. Francesco Rizzo e mastro Domenico Antonio Leone, gl’infrascritti signori decurioni del 1° e 2° ceto, non che gli altri zelanti cittadini interessati per la nostra Padria” per discutere l’acquisto di palazzo di Francia come sede dell’Intendenza. In particolare si informò l’assemblea che Luca Vincenzo di Francia, proprietario dell’immobile, al fine di “dimostrare gli effetti di ottimo cittadino, ed insieme di un cuor generoso”, non solo aderiva alla richiesta del comune di acquisire il palazzo, ma era disposto a cederlo per un importo più contenuto e dilazionato nel tempo, cioè: ducati 11 mila in sette anni con l’interesse a scalare del 4%, rispetto alla somma di ducati 16.037 e grana 46, indicata nella perizia dall’ingegnere Pietro Frangipane. Per l’appetibile proposta la decisione apparve scontata. E nel verbale dell’assemblea si legge: Intesa e ben ponderata tale proposta, da’ signori decurioni e parlamentari, è stata a pieni voti applaudita, accettata e confermata in tutte le sue parti, come quella che apportar dovrà utili e vantaggi incalcolabili a questa nostra Università, richiamando le scienze, le arti, l’agricoltura ed altro, per cui a rendere con effetto esecutivo il sovrano valore, a pieni voti, e per acclamazione, intendono che non solo si dovesse costituire ed assegnare all’illustrissimo signor barone D. Luca Vincenzo di Francia la divisata gabella della carne e pesce, in conto del prezzo del divisato di lui edificio ed in pagamento dell’annuo interesse a scalare alla stabilita ragione del 4%, franco il medesimo di qualunque imposizione, imposta o imponenda, e del divisato annuo canone […]. Rapporto alle restaurazioni, ed accomodi necessari, crede proprio la popolazione, e per essa gl’intervintori divisati, doversi riavvivare la gabella, che pria era imposta sul pane cotto e maccaroni, vendibili in piazza, con esigersi grana dieci per ogni ducato di pane e maccaroni, come sopra vendibili, restandone abolita dopo che si saranno formati li necessari restauramenti. Come ancora, che restar debba a beneficio dell’Università il dippiù del divisato edificio indivisibile per ora, dopo che si sarà data al signor Intendente la sua comoda abitazione di tutto quel che le occorre, e per le divisate officine, giacché sono necessarie a questa Università li bassi per li magazzini di annona, un luogo per le pubbliche sessioni e colloqui, e un luogo per la formazione delle tasse, ed altro, per cui l’Università medesima devenne a far l’acquisto di sì spazioso edificio. 511 512 Tale determinazione fu approvata con regio decreto del 19 luglio 1807 e due anni dopo fu stipulato il contratto d’acquisto 18. Il terremoto del 1783 e la costruzione del nuovo palazzo Il terremoto del 1783 danneggiò l’originaria residenza della famiglia di Francia e fu gioco forza trovare una sistemazione provvisoria. Il 24 luglio di quell’anno Felice Antonio di Francia 19 ottenne dai fratelli Lorenzo e Giuseppe Ascoli la concessione gratuita “d’un luogo” per la costruzione di: una baracca commoda, non meno per la sua famiglia, che per situare l’Ufficio della Real Tesoreria, di cui il di lui signor fratello barone D. Leoluca Vincenzo n’è proprietario, stante l’orribile flagello del tremuoto avvenuto à 5 del passato mese di febbraio, che tuttavia continua a flagellare, stabilirono e si risolsero, anche per corrispondere in qualche modo alli molti favori e beneficij di tempo in tempo da loro ricevuti da esso D. Felice Antonio e dall’anzidetto signor barone D. Luca Vincenzo, di darli e concederli gratuitamente e senza pagamento di cosa alcuna l’orto predetto, per lo tempo e spazio d’anni nove da oggi, e questi elassi farlo continuare, volendo, per altri anni nove, con che fusse tenuto dal detto D. Felice Antonio ed obligato costruirsi a sue spese nel medesimo orto, e dietro la sua baracca, una baracca di palmi 20 in quadro per abitarvi essi fratelli colla loro famiglia e colla espressa legge e patti ancora, che volendo esso detto D. Felice Antonio diroccare e smantellare li muri sudetti restasse tenuto ed obligato, allorché se ne uscirà dall’orto predetto e si lascerà la detta baracca, che farà per detti fratelli, farglieli rifare e restituire nel primitivo stato e tutto a sue spese. Nel frattempo per far fronte alla necessità di alloggi veniva lottizzata dal signor Giovan Pietro Fabiani, patrizio di Reggio ma residente in Monteleone, la coltura detta Scrimbia, ubicata sopra la chiesa di S. Maria Maggiore 18 Il contratto è stato pubblicato da M. F URCI, Monteleone. Provincia del Regno di Napoli (18061816), Vibo Valentia 1994, pp. 73-78. 19 ASVV, notaio Antonucci F. Saverio, busta 649, atto del 24 luglio 1783, ff. 20v-22. e S. Leoluca, ripartita in lotti quadrati di 40 palmi (m. 10,55) e divisi da strade rettilinee di palmi 20 (m. 5,27) 20. Luca Vincenzo di Francia, consapevole che la Scrimbia fosse un luogo che ben si prestava alla realizzazione di edificio architettonicamente rilevante, non si fece sfuggire l’occasione di chiedere ed ottenere dal Fabiani, non l’assegnazione di un singolo lotto edificatorio bensì, come si legge nell’atto di censuazione del 12 maggio 1787, di una “continenza di terra […] quo ad corpus et non quo ad mensuram” che superava le dimensioni e il canone corrente di censuazione dei lotti 21, cioè di ducati 12 annui. Infatti, il Fabiani dichiarava che il di più era da intendersi assegnato in forma di “ampla donazione” giustificata “dall’amicizia che passa tra la sua Casa e quella di detto illustre signor barone”, affinché il barone Luca Vincenzo di Francia potesse: costruire in detta continenza di terra la sua abitazione […] dell’altezza ed estensione che li sembrerà e piacerà senza che se li potesse dare da veruno impedimento, […] come pure restandosi al detto signor barone ed eredi, parte d’essa continenza di terra censita, non servibile alla costruzione della detta baracca, possa quella far coltivare, piantare alberi, ridurre ad uso d’orto, costruire case per uso di fitto ed esercitare ogn’altro dritto da utile padrone. La “continenza di terra” assegnata e le clausole della concessione, affinché l’area fosse completamente sgombra da altre provvisorie costruzioni e inserita nel sistema urbanistico già prefissato dalla lottizzazione, nell’atto notarile sono indicate nei termini: […] Detta continenza di terra debba essere quella che da Mezzogiorno salendo dalla parte del bosco del soppresso convento de’ Padri Riformati di questa città si estende verso l’Oriente, limito la publica strada tra la Parriera e il Felice Amante; da Oriente poi confina colla detta strada del Felice Amante, che si attraversa tra l’istessa coltura e la coltura del soppresso 20 A. TRIPODI, Lottizzazione a Monteleone alla fine del ’700, in “7 giorni nel Vibonese”, II (1995), n. 44, p. 88; IDEM, Scritti e documenti per la storia del monteleonese, Vibo Valentia 2004, p. 98. 21 ASVV, notaio Scamaccia Giuseppe, busta 848, atto del 12 aprile 1787, ff. 60v-65. 513 514 Fig. 5. Prospetto principale di palazzo di Francia sulla via Murat e prospetto interno sul cortile. Disegno su carta con supporto in tela, inchiostro, (37x48), firma Giovan Battista Vinci, senza data, scala in palmi napoletani Collezione privata monastero di S. Chiara, anche di questa città; da Tramontana la strada col terreno della stessa coltura, e strada contigua al giardinetto di D. Cesare Lombardo quondam Domenico, la quale detto signor barone D. Luca Vincenzo lasciar deve della grandezza di palmi venti, dall’angolo di tale giardinetto a salire nell’istessa larghezza e direzione fino alla cennata strada del Felice Amante, ed a scendere verso Ponente, che sta dirimpetto al mare, confina colla retta linea tirata sopra la strada, che principia dal sentiero di detta coltura, dirimpetto al muro di Tramontana del detto boschetto fino sopra la chiesetta, larga palmi quaranta, che è contigua, al di sopra del terreno censito, a mastro Antonio Ammendola e ad altri nell’istessa direzione, in quali strade tutte non si possa far costruzione, né alcuna censuazione. E come che nella continenza della detta terra […] attualmente si ritrovano alcune baracche dette de’ Poveri e certi travi piantati, che occupano parte di terreno, debba esser tenuto esso signor Giovan Pietro di farle levare subito […], e vada a carico d’esso illustre signor barone D. Luca Vincenzo la spesa che occorrerà per dissarmarle e farle costruire in altro luogo, che destinerà esso signor Giovan Pietro, nello stesso modo che al presente s’attrovano. E parimenti trovandosi dalla parte di sotto, e propriamente in mezzo alla strada che scende alla baracca de’ signori Ceniti, una baracchetta della signora Rosa Bartuli, moglie di Strano, ed un’altra costruita da mastro Saverio Papandrea, debba lo stesso signor Giovan Pietro farli levare subito […], con pagarsi la spesa del disarmamento e nuova manifattura di dette due baracchette da esso signor barone […] e questo affinché resti quel luogo tutto sgombro e libero per l’ampiezza della strada, che attacca all’altre strade in detta coltura adiacenti nelle circonferenze della continenza di terreno censito […], senza che mai si potesse da esso signor Giovan Pietro ed eredi, dare a censo, o costruire, o far costruire, ma restare il suolo d’esse due baracchette libere per commodo di strada, siccome deve restar libera per l’uso medesimo la continuazione della stessa strada che scende verso Ponente nella maniera che oggi si trova; ma come che con scrittura antecedente esso signor Giovan Pietro si ritrova ob[b]ligato di dare a detti signori Ceniti per l’annuo censo di carlini dieci palmi 40 di terreno di larghezza, e palmi 60 di lunghezza, de’ quali palmi 40, essi signori presentemente ne hanno occupato colla loro baracca meno di detta quantità, perciò nel caso di doversi fare la strada ampia e magnifica, esso signor D. Giovan Pietro s’obliga, col piacere d’essi signori Ceniti, crescere la lunghezza a misura di quanto andrà a scemarsi la cennata larghezza di palmi 40, per l’oggetto della formazione della sudetta strada magnifica. 515 516 Negli anni successivi il barone Luca Vincenzo, per rendere la nuova dimora della famiglia autonoma rispetto ad altri edifici, acquisì le “baracche” costruite sui “lotti” che il Fabiani aveva precedentemente censito ad altri soggetti 22. Parco - Giardino Per la realizzazione del parco che adorna palazzo di Francia contribuì, oltre alla donazione del Fabiani, anche il lascito di Antonio Sacco 23. Questi, il 18 settembre 1791, assegnò “per l’amicizia e benevolenza […] non che per altre cause giusta la sua mente”, al barone Luca Vincenzo di Francia a titolo di donazione “irrevocabile tra vivi” una porzione di terreno, […] che prima de’ noti flagelli de’ tremuoti nomatasi l’orto di S. Giuseppe […], posto in questa sudetta città, limito la baracca del signor D. Antonio Pelaggi: palmi 73 e mezzo dalla parte della strada maggiore, lunghezza della strada, che saglie al baraccone di esso […] signor barone di Francia, palmi 140 unito con il mezzo cerchio, che dal centro è palmi 44, e va a finire nell’orto di detto signor Pelaggi nell’intiera lunghezza di palmi 140, franca e libera detta porzione di terreno di ogni e qualsivoglia peso, censo e servitù, a nessuno venduta, alienata e pervenuta la stessa fra gli altri beni ereditari di detto quondam D. Domenico Antonio suo fratello, cugino e cognato di esso signor barone. La documentazione fin qui riprodotta evidenzia che nella mente di Luca Vincenzo, già prima dell’acquisto della quota ereditaria dell’antico palazzo di pertinenza dello zio Antonino (1800) e della successiva vendita dell’immobile al comune di Monteleone (1806-1809), era stata concepita l’idea di un imponente edificio con parco retrostante, poi concretamente elaborata da Giovan Battista Vinci e Pietro Frangipane 24 (fig. 6). 22 Ivi, busta 849, atti del 3 agosto 1788, ff. 160v-164: lottizzazione Scrimbia; 21 agosto 1788, ff. 176v-178: L. V. Di Francia acquista baracca da Filippo Papaleo nella coltura Scrimbia; 14 marzo 1789, ff. 43v-45v: Luca Vincenzo Di Francia, tramite il suo procuratore Stefano Soriano, acquista da Vincenzo Tripodi una baracca nella coltura Scrimbia; 31 dicembre 1789, ff. 139-141: Luca Vincenzo Di Francia, acquista da Stefano Ceniti una baracca nella coltura Scrimbia. 23 Ivi, notaio Casuscelli Vincenzo, busta 1230, 18 settembre 1791, ff. 41-42v. 24 Cfr. E. REALE, Il palazzo Di Francia di G.B. Vinci a Vibo Valentia. La storia e l’auspicio di un restauro, in “Quaderni PAU”, Università di Reggio Calabria, a. III, 1993, n. 5-6, pp. 147-160. La consistenza attuale del parco è più ampia rispetto a quella settecentesca per l’acquisizione - 25 luglio 1833 - dell’orto già di proprietà del conservatorio dello Spirito Santo. Ivi, p. 150. 517 Fig. 6. Planimetria generale del parco di palazzo di Francia Disegno su cartocino, inchiostro e acquarello (cm 52x72), firma illeggibile datato 10 luglio 1792, scala palmi napoletani Collezione privata 518 La pinacoteca Se il palazzo ha rappresentato nel corso dei secoli l’immagine esteriore del prestigio sociale raggiunto dalla famiglia di Francia, quella interna, ma con riflessi verso l’esterno, è stato sempre esemplificata dalla pinacoteca (fig. 7). Che questa avesse una dotazione “storica” e che comunque nella famiglia esistesse una certa predilezione per la pittura è testimoniato dai documenti d’archivio; infatti, una prima indicazione è contenuta nel testamento, rogato dal notaio Giuseppe Melito il 1 ottobre 1693 25, di Francesco di Francia il quale destinava al cugino Orazio di Franza [di Francia] i quadri, purtroppo non specificati, che erano nella “galleria” della sua abitazione. Un’ulteriore conferma dell’interesse artistico, combinato questa volta col sentimento religioso, viene dal testamento di Camillo di Francia che, nel 1705, istituiva erede la cappella di Santa Monica, eretta nella chiesa conventuale degli agostiniani eremitani, con l’obbligo del priore pro tempore di fare uno quatro grande di cappella novo per detta cappella con fare pingere l’imagine della Madonna e di sotto d’una parte pingere l’imagine di Santa Monica, e dall’altra parte Santo Bastiano, Santo Agostino e Santa Caterina e finito detto quatro di subito farlo ponere in detta cappella 26. Escluso quest’ultimo, che pone tra l’altro sul tappeto il problema dell’effettiva esecuzione della volontà del testatore e quello di individuare l’artista incaricato a realizzare la pala d’altare, l’altro documento citato purtroppo non fornisce ulteriori informazioni utili, ma conferma la presenza di opere pittoriche nella disponibilità della famiglia. A rafforzare l’ipotesi che nell’antica residenza della famiglia di Francia, attualmente nota come Palazzo delle Accademie, così come in altre dimore del notabilato di Monteleone 27, già nel Settecento esistesse una raccolta di ASVV, notaio Melito Giuseppe, busta 300, atto del 1 ottobre 1693. ASVV, notaio De Ortana Benedetto, busta 209, atto del 2 maggio 1705, ff. 44-46. 27 A titolo d’esempio s’indicano i quadri registrati, nel 1778, nell’inventario di Tolla Camarda vedova di Francesco Paolo Marzano: “Nella sala: 2 quadri con loro cornici neri e indorati pittati in paesaggi; un altro quadro coll’Istoria del sacrificio di Abramo; 3 quadri grandi con loro profile dorate chiamati Le forze di Ercole; 2 quadri sbilunghi colle profile dorate […]; 10 tondini, 9 colla cornice 25 26 quadri, non è solo il testamento olografo di Onofrio di Franza 28 vergato nel 1734, ma anche e soprattutto l’inventario 29 stilato nel 1736 da suoi eredi (Francesco, Filippo ed Antonino). Quest’ultimo documento - che suffraga in modo chiaro ed inequivocabile la tesi, già sostenuta da Giorgio Leone, dell’antichità della pinacoteca Di Francia - registra 66 opere, cioè 38 quadri, di pertinenza dei germani Francesco e Filippo di Franza, distribuiti tra i diversi ambienti del palazzo: anticamera 9, camera a ponente 9, camera da letto 10, sala 10; più altri 28 quadri, attribuiti alla quota dell’altro fratello Antonino. Una raccolta abbastanza ampia che si estende ulteriormente fino a 102 pezzi ove si considerino i “quadri numero trentasei”, che Nicola, l’altro figlio di Onofrio di Franza, assegnerà nel 1762 a propri eredi 30. nera e l’altro colla cornice dorata. Nella cappella: il quadro di S. Antonio di Padova; un ritratto colla cornice d’oro di Soro Nina […]. Anticamera: un quadro grande colla cornice nera ed adorata; un altro quadro grande con cornice dorata e intagliata colla storia del Signore e la Samaritana; un quadro di palmi quattro coll’immagine di S. Nicola Tolentino; altro quadro consimile titolato S. Anna; altri 3 quadri di palmi 4 colle cornice larga intagliata: uno colla Maddalena, l’altro colla Nunziata e l’altro di S. Giuseppe; altro quadro con cornice dorata con la SS.ma Addolorata; altro quadro colla cornice dorata colla Nascita del Signore; altro quadro della Maddalena con cornice dorata; 2 città pittate Roma e Napoli. Nella camera di donna Tolla Camarda ved. Marzano: un quadretto colla cornice dorata colla Morte (!!!); altro quadro di S. Giovanni colla cornice dorata; un quadretto colla cornice dorata dell’Annunciazione; altro della Maddalena; altro di S. Lucia; altro della Madonna del Riposo; altro di S. Agata”. Cfr. ASVV, notaio Teramo Antonio, busta 512, atto del 5 luglio 1778, ff. 98v100v. Sull’argomento cfr. G. LEONE, Per una storia della storiografia artistica in Calabria: il «caso» di Vibo Valentia. Sintesi e proposte per una indagine storico-artistica sul territorio (secc. XVI-XIX), in Beni culturali del Vibonese. Sintesi, proposte e prospettive, “Atti del convegno” (Nicotera: 1996), in N. PAGANO - E. GLIGORA (a cura di), Vibo Valentia 1998, pp. 255 ss., mentre per un suo primo inserimento nell’insieme delle raccolte d’arte documentate in Calabria: G. LEONE, Beni artistici medioevali e moderni in Calabria tra regime di proprietà e intervento statale, in “Rivista Storica Calabrese”, XXX (2009, ma stampato 2010), nn. 1-2, pp. 77-124. 28 ASVV, notaio Salerno Francesco Paolo, busta 503, anno 1734, ff. 64-66, cit. 29 Ivi, busta 446, atto del 31 ottobre 1736, ff. 121-127v. Cfr. Appendice, 2, documento 1. 30 ASVV, notaio Scolerio Nicola, atto del 22 settembre 1762; cfr.: Nota del mobilio consegnato dal signor Nicola di Francia à suoi figli D. Pasquale e D. Onofrio Francia, allegata al citato atto del notaio Scolerio: “Quadri numero trentasei; Tondini ventitre; Placchi numero quattro; Specchi tre; Un avanti letto finito; Un letto con tre materazzi con trigli; Cata biancheria; Due cortine, una gialla e l’altra bianca; Tre porteri con i ferri; Tre baugli ed una cassa di noce; Un arcanterano; Posate due; Una spada; Una crocetta; Tutto il comodo di biancheria di tavola; Tutto il comodo di cocina di rame e creta e cristalli e vetro; Due stipe dipinte e due pilocchieri anche dipinte. Io D. Nicola di Francia; Io D. Pasquale di Francia; Io D. Onofrio di Francia”. 519 520 Inoltre l’inventario del 1736 comprende un indizio molto importante circa il successivo incremento dell’originaria raccolta di quadri, specificando la presenza di ben sette nuove opere acquistate o di proprietà di Francesco di Francia (1703-1775), futuro barone di Santa Rosalia e Santa Caterina. Questi, tuttavia, nel testamento redatto dal notaio Faccioli 31 nel 1763, conferma solo l’esistenza dei quadri raffiguranti La Samaritana e La donna adultera del Giordano collocati nella “galleria”; infatti si legge: Vuole di più esso signor barone testatore che di tutto il suo mobile prezioso e non prezioso, niuna cosa esclusa, e compreso tutto quello che si trova situato a ornamento del palazzo e sue stanze, esclusi due soli quadri e propriamente quelli grandi di Giordano, che sono presentemente nella galleria, l’uno rappresentante La Samaritana e l’altro La Donna Adultera, li quali due quadri egli lascia jure prelegati a D. Diego suo figlio primogenito, si deb[b]an fare quattro eguali parti, e così dividersi egualmente tra essi fratelli, dedotto però il commodo del signor D. Filippo suo fratello e signora baronessa sua moglie. Nelle successive disposizioni testamentarie - 1774 - del barone Francesco non è menzionata alcuna opera pittorica, così come, in altri documenti successivi, non esiste alcun accenno alla pinacoteca fino all’inventario redatto da Nicola Aloi nel 1833 32 (fig. 8). Tuttavia è plausibile l’ipotesi che l’originaria quadreria di Francia sia stata ulteriormente incrementata nel corso della seconda metà del Settecento da Diego (1747-1824), primogenito del barone Francesco, e dal fratello Luca Vincenzo (1748-1812), Tesoriere di Calabria Ultra, residente in Napoli, e nei primi decenni dell’Ottocento da Francesco († 1830 c.) di Diego, ciambellano presso la corte di Gioacchino Murat. Non bisogna infatti escludere che Luca Vincenzo fosse insensibile all’ambiente artistico napoletano o comunque al mercato d’opere d’arte, nonostante negli inventari redatti alla sua morte - 1812 - non risulti alcuna opera pittorica, assenza che ASVV, notaio Faccioli Tommaso, busta 756, atto del 18 luglio 1763, ff. 25-30v. Archivio Famiglia di Francia Vibo Valentia, cfr. Appendice 2, documento 2. L’elenco, datato 1833, è sottoscritto dal sacerdote Nicola Aloi (1803-1865). Sulla figura dell’Aloi. Cfr. A. TRIPODI, Personaggi nel monteleonese, in F. ACCETTA - G. FLORIANI (a cura di), L’albero della libertà, cit., pp. 76-78. 31 32 521 Fig. 7 • Pittore napoletano, San Gerolamo sec. XVII Vibo Valentia Collezione privata; dalla Collezione di Francia 522 può essere giustificata dal taglio economico che i periti assegnarono al documento, mentre l’apporto dato da Francesco di Diego alla pinacoteca di famiglia è accertato dal suo stretto rapporto con Gioacchino Murat, ospite nel 1810 nella sua casa di Monteleone. Perché nel 1833 fu redatto l’inventario Aloi? Probabilmente su richiesta della marchesa Caterina Villadicani 33 che dopo la scomparsa del marito Francesco di Francia († 1830 c.) assunse la tutela dei figli minori Mariano, Vincenzo, Giuseppe, Maria Orsola, Maria Grazia e Maria Concetta, quindi al solo fine di inserire la pinacoteca nell’asse ereditario del marito. Successivamente attraverso vari passaggi dinastici si giunge all’attuale composizione della pinacoteca ripartita tra gli eredi del ramo principale e gli eredi di quelli secondari. Ad uno di questi ultimi apparteneva Nicola di Francia che nel 1909 propose la vendita dei quadri allo Stato, facendo redigere da tal p. Francesco un apposito elenco 34. 33 La marchesa Caterina morì il 26 marzo 1843. In tale occasione venne pubblicata una raccolta della produzione letteraria prodotta dal triste evento. Cfr. C. LOMBARDI DE’ SATRIANI, In morte della marchesa Caterina Di Francia nata Villadicani, Messina, per Antonio D’Amico Arena, 1854. 34 Archivio Centrale dello Stato (Roma), AA. BB. AA, III versamento, II serie, Busta 43, fascicolo 929, Appendice 2, documento 3. L’elenco firmato da tal p. Francesco è allegato alla lettera che lo stesso invia da Parigi al Ministero evidenziando il desiderio di Nicola di Francia di alienare la collezione. Nella busta sono anche lettere del di Francia che si lamenta del mancato intervento di un perito per la valutazione delle opere più volte promesso dalla Soprintendenza di Palermo e Napoli. APPENDICE 1 Atti per l’alienazione di palazzo di Francia al comune di Monteleone per allocare l’Intendenza di Calabria Ultra: 1806-1809 Originali: Archivio di Stato Vibo Valentia, Notaio Cinnarella Gregorio (17841821), Busta 1172, anno 1809, atto del 27 novembre 1809, ff. 241-265. 1. Verbale pubblica assemblea per l’acquisto di Palazzo di Francia - 1806 Giuseppe Napoleone per la Dio grazia Re di Napoli e di Sicilia. Oggi che si contano li 30 dello spirante novembre corrente anno 1806, in questa città di Monteleone e propriamente nel refettorio de’ PP. Osservanti, luogo solito a farsi li colloqui. Congregati, precedenti li soliti banni per tre giorni continui ne’ luoghi soliti, e consueti di questa sudetta città, e tocchi di campana, more solito, coll’intervento, e presenza, del dottor D. Giuseppe Caracciolo regio governatore e giudice di questa medesima città, nonché degli attuali signori sindaci del primo e secondo ceto, D. Francesco Rizzo e mastro Domenico Antonio Leone, gl’infrascritti signori decurioni del 1° e 2° ceto, non che gli altri zelanti cittadini interessati per la nostra Padria che in quest’atto intervengono, per disposizione particolare data dal signor Intendente di questa Provincia, come dalla di lui lettera segnata col dì 25 spirante, che qui si alliga: «Monteleone 25 novembre 1808 [sic - 1806]. L’Intendente Generale di Calabria Ultra alli signori Sindaci della città di Monteleone. Sento quanto mi dite colla vostra di questo giorno per l’acquisto del Palazzo di D. Luca Vincenzo di Francia per l’uso dell’Intendenza, e di sentimenti favorevoli al pu[b]blico esternati da detto proprietario, potrete adunque devenire alla convocazione del colloquio, che mi cennaste necessario, per il dippiù all’effetto sudetto. In detto parlamento dovranno intervenire le persone più savie di questa città, ed ogni altra che vorrà unirsi, acciò succeda il tutto colla comune intelligenza. Vi saluto con distinzione - De Rogatis». 523 524 Decurioni del 1° ceto: Dottor D. Lorenzo Antonio D’Ascoli; D. Pasquale Marino; D. Saverio Presterà; D. Giuseppe Martire; D. Luigi Mannella; D. Giuseppe Scrugli; D. Saverio Faccioli; D. Giuseppe Buccarelli; D. Filippo Citanna; D. Domenico Nicastro; D. Ferrante Mazza; D. Vincenzo Cafaro; D. Elia Gagliardi. Decurioni del 2° ceto: mastro Tomaso D’Aquino; mastro Gregorio Gasparro; mastro Gian Leone La Rocca; Vincenzo Tripodi; Saverio Bonello; Giuseppe Serra; Antonio Lo Riggio; mastro Pasquale Pagnotta; Giuseppe Russo; Pasquale Profiti; mastro Vincenzo Cupelli; Domenico Lo Mastro; Domenico Coccione; mastro Nicola Tavella; mastro Antonio Galloro. Altri zelanti cittadini: D. Leoluca Gagliardi; D. Emanuele Paparo; D. Saverio Fabiani; D. Antonio Lombardi; D. Nicola Lombardi; D. Francesco Ciaccio; D. Leoluca Rondinelli; D. Leoluca Candela di Domenico; D. Cortese Scalfari; D. Leoluca Giordano; notar D. Domenico Simonelli; D. Pasquale Sinopoli; D. Giuseppe Maria Scannapico quondam Luigi; D. Giuseppe Maria D’Ascoli; D. Raffaele Bisogni; D. Michele Castellano; notar D. Vincenzo Casuscelli; notar D. Francesco D’Inzillo; D. Luigi Antonucci; D. Leoluca Orecchio; notar D. Vincenzo Antonio Ammirà; magnifico Antonio Sannà di Francesco; D. Gianbattista Ceniti; D. Antonio Lancellotti; D. Francesco Paolo Orecchio; D. Pietro Tombato; D. Salvatore Pappalo; D. Francesco Antonio Pompò; D. Luigi Simonelli; notar D. Domenico Maria Crimi; mastro Francesco Borgese; D. Filippo D’Alessandria; D. Raffaele Lombardi; D. Gianbattista Marzano; magnifico Domenico Antonio Parretti; D. Pietro Bonelli; notar D. Giuseppe Giusto; D. Gianbattista Francica; magnifico Leoluca La Gamba; mastro Giuseppe Santullo; D. Giacomo Pignatari; magnifico Francesco Carrea; D. Vincenzo Galloro; D. Pasquale Gasparro di Gregorio; D. Ferdinando Mazza; D. Carlo Pagano; D. Giuseppe Contartese; D. Giuseppe Lo Moro; D. Vincenzo La Caria; magnifico Luigi Greco; D. Leoluca Pisano; D. Andrea Ciaccio; D. Saverio Aloe; mastro Filippo Cosentino; mastro Gaetano Lo Moro; mastro Antonio Cimadoro; Mastro Biagio Andreacchio; D. Filippo di Nardi; D. Pandolfo Crispo; D. Gaetano Alessandria; D. Antonio Giusto; D. Leoluca Ciaccio; D. Giuseppe Gagliardi; D. Gaetano Parrino; dottor D. Bruno Antonio Varano; mastro Luigi Rimedio; mastro Paolo Giordano; D. Filippo Cuppari; D. Raffaele Gasparro; D. Nicola Pepe; magnifico Nicola Barbaro; D. Nicola Mazza; magnifico Gaetano Morzilli; D. Rosario Martire; mastro Nicola Mirarchi. Si propone alle signorie vostre qualmente essendosi Sua Maestà (Dio Guardi) degnata per sua reale munificenza dichiarare questa nostra Città capitale della Provincia, nell’atto che l’intiera popolazione con giubilante gaudio si è mostrata col più profondo rispetto sensibile e riconoscente alla grazia dell’Augusto Monarca, conviene col presente solenne atto parlamentario, eleggere una deputazione, la quale a piè del reale soglio rassegnasse non solo il vivo attaccamento, ma la più devota gratitudine. Si propone del pari alle signorie vostre come dietro le rimostranze dello spettabile signor Intendente, D. Francesco Saverio De Rogatis, relative alla casa, che dovrà servire di soggiorno al medesimo signor Intendente, e che vi siano in essa li burò e le officine necessarie al disimpegno delle attribuzioni della generale Intendenza, si compiacque la M.S. per mezzo di S. E. il signor Ministro dell’Interno, con sempreppiù ammirabili tratti di sovrana clemenza, rescrivere, che fissando l’Università la scelta, restava approvato l’acquisto dello spazioso edificio dell’illustre signor barone e tesoriere proprietario D. Luca Vincenzo di Francia, considerato atto all’uopo, perché fornito di tre quarti, o siano appartamenti, oltre de’ magazzini, stalle, pozzo, vaglio ed altro, capace non solo per le officine necessarie alla Intendenza, ma per potere ben anco l’Università occorrere ad altri bisogni, come sarebbe per magazzini annonari, archivio e simili oggetti, che deliberando l’Università per tale acquisto, se ne avesse dovuto fare l’estimo, coll’intesa del proprietario, che fissato il tutto in pubblico colloquio, si fussero rimesse le carte per l’oracolo della sovrana approvazione. Si benignò lo stesso signor Intendente De Rogatis il tutto comunicare alli signori sindaci proponenti con suo rispettabil foglio, del tenor che siegue: «Monteleone 14 novembre 1806. [...] Colla posta di questa settimana per Real dispaccio viene determinato quanto siegue: “Per quello poi, che riguarda il locale necessario per la situazione dell’Intendenza nella città di Monteleone, per la quale trova V.S. Ill.ma adatto il Palazzo del Tesoriere di 525 526 Francia, anche perché costui è contento di cederlo, e pagandone o il prezzo o un corrispondente fondo rustico in compenso, le dico, che non sarebbe straordinario che il comune di Monteleone s’inducesse ad una spontanea offerta per l’acquisto del locale necessario all’Intendenza e sue officine, poiché altre città, dichiarate Capitali delle Provincie corrispondenti colla residenza degl’Intendenti, ne hanno di già fatto delle simili, considerando che tale stabilimento sarà per apportare loro un utile di non picciol momento per la concorrenza, che avranno di tutta la Provincia nel proprio seno. Conviene però che l’Università goda di tutta la sua libertà nella risoluzione di questo articolo, e che il peso da addossarsi non ecceda le sue forze. Quante volte poi si determini l’Università a fare di proprio conto l’acquisto del Palazzo del signor di Francia divenendone la proprietà [sua] dee egualmente incaricarsi delle riparazioni necessarie per renderlo adatto all’Intendenza e sue officine. Dovrà quindi in parlamento maturamente esaminare in qual modo convenga meglio acquistarlo. Determinatosi tutto ciò in pu[b]blico parlamento, e dovendosi devenire alla compra del sudetto Palazzo, occorrerà che se ne faccia l’apprezzo regolarmente, intese le parti interessate, e per mezzo de’ periti, che nominerà l’Università non soggetti al di Francia. E se sarà stabilito di darglisi per l’importo del Palazzo un fondo rustico comunale, dovranno gli stessi periti valutare quello, che sarà dall’Università designato. Sarà ancora loro incombenza di vedere quali riparazioni, ed accomodi sian li più necessari per rendere atto per l’Intendenza l’anzidetto Palazzo, e farne una distinta relazione, col notamento della somma, che presso a poco importeranno. Il parlamento dovrà altresì deliberare sui mezzi, onde supplire a queste prime spese. Tanto io partecipo a V. S. Ill.ma, perché incaricandosi di quanto le ho suggerito, ed aggiungendovi quel dippiù che la sua saviezza potrà dettarle, disponga il conveniente per la buona riuscita dell’affare, ed indi mi faccia un distinto rapporto di tutto il risulato, e mi rimetta non solo l’atto del parlamento, che dovrà tenersi, ma tutte le carte, perizie e documenti che dal medesimo risulteranno, affin di poter io sottoporre l’affare a S. M. per riportarne la decisione a norma dell’articolo 8° del titolo 4° della legge degli 8 di agosto. Napoli 29 ottobre 1806. [Al] Signor Intendente della Provincia di Calabria Ulteriore. [firmato] Miot”. Io nel comunicare a voi la sudetta Sovrana risoluzione, v’incarico di eseguirla in tutte le sue parti, […] che tutto sarà per sortire nella maniera prescritta. Vi saluto con considerazione - De Rogatis». Furono all’oggetto intimate dal medesimo signor Intendente replicati sessioni, coll’intervento di molti di voi signori decurioni e parlamentari, costituenti la parte più sana di tutt’i ceti del nostro comune, e vennero rispettosamente applaudite le determinazioni benefiche del Principe. Fu fatto inteso l’istesso proprietario dell’edificio, e dall’oggetto, per mezzo di un regio architetto, e di quattro esperti, cioè due fabbricatori e due falegnami, si divenne all’estimo regolare ed esatto dell’edificio istesso, che ascese alla somma di ducati sedicimila trentasette e grana 46, oltre l’annuo canone di ducati otto per ogni agosto dovuto alla camera dell’illustre signor duca. Il proprietario signor di Francia in quella occasione, benché non avrebbe avuto impulso alcuno al ristretto, ha voluto dimostrare gli effetti di ottimo cittadino, ed insieme di un cuor generoso. Ha ristretta la sorte capitale a ducati undicimila, restando a carico dell’Università l’espressato canone dovuto alla Ducal Camera, ed è condisceso al dilazionato pagamento fra sette anni, col lieve interesse del 4% a scalare, franco per lui di ogni dazio imposto ed imponendo. Un atto così generoso avrebbe dovuto compensarsi col prontuario pagamento, ma la nostra Università lungi di avere de’ fondi, deve anzi rintracciare il modo di ripianare il venditore del detto prezzo fra lo stabilito spazio. Conviene pertanto che coll’approvazione sovrana sia con solenne istrumento cautelato il detto illustre proprietario venditore, che l’Università, ad sapientis consilium, colle cautele nelle forme, s’obligasse a’ pagamento, così della sorte principale, che delle usure immuni da’ dazi, che per una più facile esazione, si dovesse a beneficio del medesimo venditore ipotecare ed assegnare l’unico corpo dell’Università, cioè la gabella sulla carne e pesce, ma col patto […], che se mai per disposizione sovrana, o per qualunque altro accidente, venisse la gabella stessa abolita, ristretta e alterata, sempre ed in qualunque caso l’Università medesima dovesse rimanere tenuta ed obligata nelle forme alla soluzione del prezzo capitale e delle predette legittime usure. Finalmente, che per coadiuvarsi il pagamento, stante la deficienza di altri fondi, dovesse l’Università, precedente approvazione sovrana, far correre l’altra gabella sul pane e maccarone vendibile in piazza, la quale da il prodotto di un carlino per ogni ducato. Gabella il di cui peso gravita insensibilmente, ed il meno va a risentirlo la nostra popolazione, dappoiché essendo la città un luogo centrale di passaggio, e richiamando il concorso altresì 527 528 dell’intiera Provincia, e di altri esteri, il picciol dazio sul pane si estende sopra tutti li concorrenti, da iscrivere sopra tutto il prodotto pelle spese bisognevoli, onde l’acquisito edificio sia reso nella forma atta e propria pel servizio dell’Intendenza, facendosi la nostra Università un preciso dovere di addossarsi il carico di tali spese. Il tutto quindi si propone alle Signorie Vostre per la solennità dell’atto, ed affinché ognuno libero palesi il suo voto per indi l’istesso solenne atto di parlamento umiliarsi al Real Trono per l’approvazione sovrana, e per la final consecuzione di un oggetto così interessante. Intesa e ben ponderata tale proposta, da’ signori decurioni e parlamentari, è stata a pieni voti applaudita, accettata e confermata in tutte le sue parti, come quella che apportar dovrà utili e vantaggi incalcolabili a questa nostra Università, richiamando le scienze, le arti, l’agricoltura ed altro, per cui a rendere con effetto esecutivo il sovrano valore, a pieni voti, e per acclamazione, intendono che non solo si dovesse costituire ed assegnare all’illustrissimo signor barone D. Luca Vincenzo di Francia la divisata gabella della carne e pesce, in conto del prezzo del divisato di lui edificio ed in pagamento dell’annuo interesse a scalare alla stabilita ragione del 4%, franco il medesimo di qualunque imposizione, imposta o imponenda, e del divisato annuo canone, come meglio sta di sopra espressato, e che ben si potrà esemplificare nella formazione delle debite cautele, ad consilium sapientis. Rapporto alle restaurazioni, ed accomodi necessari, crede proprio la popolazione, e per essa gl’intervintori divisati, doversi riavvivare la gabella, che pria era imposta sul pane cotto e maccaroni, vendibili in piazza, con esigersi grana dieci per ogni ducato di pane e maccaroni, come sopra vendibili, restandone abolita dopo che si saranno formati li necessari restauramenti. Come ancora, che restar debba a beneficio dell’Università il dippiù del divisato edificio indivisibile per ora, dopo che si sarà data al signor Intendente la sua comoda abitazione di tutto quel che le occorre, e per le divisate officine, giacché sono necessarie a questa Università li bassi per li magazzini di annona, un luogo per le pubbliche sessioni e colloqui, e un luogo per la formazione delle tasse, ed altro, per cui l’Università medesima devenne a far l’acquisto di sì spazioso edificio. Et sic conclusum fuit. Francesco Rizzo sindaco; Domenico Antonio Leone sindaco; Giuseppe Caracciolo; notar Francesco Saverio Strani cancelliere». 2. Lettera dell’Intendente Giuseppe De Thomasis al sindaco della città 17 settembre 1809 S. E. il Ministro dell’Interno in data 9 settembre corrente mi scrive quanto siegue: «L’incluso ricorso, che trasmetto alla S.V. Ill.ma, contiene la domanda del signor Barone di Francia di stipularsi col comune di Monteleone l’istrumento per la vendita della sua casa, destinata alla residenza dell’Intendente, e sue officine, a norma della convenzione, ed atto del decurionato essendo giusta questa domanda, incarico V.S. Ill.ma di tener presenti le determinazioni prese da questo Ministero su tal affare comunicatele con precedenti lettere, e disporre subito che si stipuli l’istrumento nelle forme regolari, e colla ipoteca, che il venditore domanda; dando […] gli ordini perché il comune paghi gl’interessi decorsi del capitale corrispondente al valor della casa, di cui detto comune da due anni ha già fatto uso. Gradisca i sentimenti della mia perfetta stima - G. Arcivescovo di Taranto». Per la pronta esecuzione di quanto l’Eccellentissimo Ministro ha ordinato, v’incarico di procurare fra due giorni la stipula dell’istrumento, giusta le precedenti disposizioni, avvertendo che le cautele debbano essere di piena soddisfazione del venditore, giacché con ciò non viene ad alterarsi la natura del contratto. Disponete similmente la paga degl’interessi decorsi proponendo l’affare al Decurionato, e dandomi conto dell’esecuzione fra lo stesso termine di due giorni. Sono con piena stima - G. De Thomasis. 3. Certificazione del cancelliere comunale sullo stato delle trattative d’acquisto - 1809 Si certifica ed attesta da me sottoscritto cancelliere ed archivario di questa Università di Monteleone, come dal libro dei colloqui di questo corrente anno presso di me [e]sistenti, rilevo che sotto il dì 19 del corrente mese di settembre detto corrente anno 1809, radunatosi il sindaco attuale signor Giuseppe Maria Pelaggi, ed il decurionato, in numero opportuno, nel solito 529 530 luogo, fra gli altri oggetti proposti da detto signor sindaco, e deliberazioni fatte dal decurionato, ci fu il seguente, cioè: «[…] si propone da esso signor sindaco, come il signor Intendente di questa Provincia, con suo foglio de’ 17 corrente settembre, comunica una determinazione di S. E. il Ministro dell’Interno relativa alla domanda del barone signor Luca Vincenzo di Francia per la stipula delle cautele sulla compra del Palazzo dell’Intendenza, e di doversi corrispondere l’interesse da due anni, come più diffusamente si rileva dall’istessa lettera, che vi si legge, e nel presente colloquio si alliga: deliberate ordunque voi ciò che credete di giusto sull’assunto. Quale proposizione intesa, hanno essi signori decurioni unanimemente risposto essere ben di giusto, per l’esecuzione de’ citati venerati ordini, del detto decreto, e delle deliberazioni del decurionato, stipularsi nelle forme regolari, e colle ipoteche richieste dal venditore, e di doversi corrispondere alla convenuta ragione del 4% l’interesse sul valore capitale del Palazzo da due anni a questa parte, e che cada a carico di detto comune il dritto della registratura, che si deve oggi corrispondere nel contratto, per non essersi prima stipulato. A quest’oggetto si è letta la minuta scritta in carta bollata di vecchio bollo, che si è approvata da essi decurioni, e sindaco nei rispettivi fogli, e si è autorizzato esso sindaco signor Giuseppe Maria Pelaggi ad intervenire e costituirsi nella stipula dell’istrumento. Bisogni, decurione; F. di Francia, decurione; Capurro; Pagano; R. di Francia, decurione; A. Marzano, decurione; Mannella, decurione; Solari, decurione; F. A. Sorbilli, decurione; B. A. Varano, decurione; A. Lombardi, decurione; D. Simonelli, decurione; R. A. Lombardi, decurione; D’Amico, eletto di Pulizia; G. M. Pelaggi, sindaco e presidente. F. S. Strani, cancelliere e segretario». Come il tutto, e più diffusamente rilevasi da detto libro de’ colloqui […]. Monteleone li 24 settembre 1809. Francesco Saverio Strani, cancelliere ed archivario certifico come sopra. 4. Procura di Luca Vincenzo di Francia a Raffaele di Francia A dì 8 novembre 1809 in Napoli, e nella casa di abitazione dell’infrascritto signor barone di Francia. Costituito nella nostra presenza l’illustre signor barone D. Luca Vincenzo di Francia, patrizio messinese, figlio del quondam D. Francesco barone di Santa Caterina, al presente in Napoli dimorante, il quel agge ed interviene alle cose infrascritte per se stesso, suoi eredi e successori. E spontaneamente con giuramento avanti di noi asserisce come trovandosi aver egli sin dall’anno 1807 conchiuso la vendita a beneficio dell’Università di Monteleone di una sua casa palaziata ivi sita, luogo detto Le Chitarrare, per lo infradicendo prezzo, ma per vari incidenti non si poterono in quell’epoca fare le dovute cautele, laonde trovandosi oggi tutto convenuto, e stabilito, la citata Università di Monteleone ha richiesto [a] detto signor barone a divenire, per comune cautela, alla stipula dell’istrumento di vendita, per effettuare il quale non potendo detto signor barone D. Luca Vincenzo essere di persona in detta città di Monteleone sì per la distanza del luogo, come per trovarsi impedito da altri suoi affari in questa città di Napoli, per cui fidato nell’integrità e zelo dell’illustre marchese D. Raffaele di Francia colà degente, lo stesso benché assente come se fosse presente lo costituisce e crea per suo vero ed indubitato procuratore, affinché possa e voglia stipulare con detta Università di Monteleone il riferito istrumento per gli atti di qualsiasi publico e regio notaro, e nel medesimo apporre le seguenti condizioni e patti senza de’ quali non sarebbe esso illustre costituito signor barone D. Luca Vincenzo di Francia devenuto alla vendita sudetta, e non altrimenti, né in altro modo. 1. La cennata casa palaziata nel luogo detto Le Chitarrare passi, e passar debba a beneficio della sudetta Università di Monteleone nello stato in cui si trovava nell’anno 1807, franca e libera da qualsiasi peso, eccetto però quello di annui ducati otto infissi sul fondo della medesima a beneficio dell’illustre duca signor D. Diego Pignatelli, da doversi pagare da essa Università dal mese di settembre detto anno Mille Ottocento Sette in appresso. E col peso ancora di poter attingere acqua dal pozzo gli abitanti ed eredi del fu D. Onofrio di Francia. Casa che fu con pubblico colloquio de’ 30 novembre 1806 (che si dovrà inserire) richiesta di comprarsi per uso di Palazzo dell’Intendenza, e di cui fu approvato l’acquisto con regio decreto de’ 19 luglio 1807. 2. Se bene il palazzo ossia casa sudetta fu stimata ed apprezzata ducati 16.200 circa, come dalla perizia, che anche dovrà inserirsi nell’istrumento sudetto, pure per farsi cosa grata all’Università, si ridusse il prezzo 531 532 a ducati undicimila, da soddisfarsi dall’Università fra sette anni, in sette eguali tanne [rate] di ducati 1571, grana 42 e calli 10 per ciascuna di esse, coll’interesse scalare del 4%, e tanto la sorte, quanto l’interesse sudetto in denaro effettivo contante d’argento, di regno, fuori banco, e qualunque carta monetata. 3. Che li pagamenti sudetti restino franchi, liberi ed esenti da tutti e qualsivogliano pesi e contribuzioni, anche ex natura rei, imposte ed imponende per ordine di qualsiasi superiore e per qualunque causa. 4. Che l’imposizione fondiaria, quinta, ed ogni altra debbano cadere a carico dell’Università medesima, per cui resti a peso della stessa la soddisfazione della decima, e doppia decima dagli 8 di settembre 1807, e dalla legge fondiaria del corrente anno 1809 in poi. 5. Le dette tenne di sorte, ed interesse devonsi pagare in questa guisa, cioè: la prima nel dì primo settembre 1810, in ducati 2011, grana 42 e calli 10, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per sorte, e ducati 440 per interesse; la seconda à primo settembre 1811 in ducati 1948, grana 56 e calli 11, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per sorte, e ducati 377, grana 14 ed un callo per interesse; la terza à primo settembre 1812 in ducati 1885, grana 70 e calli 10, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per sorte, e ducati 314 e grana 28 per interesse; la quarta à primo settembre 1813 in ducati 1822, grana 85 e calli 10, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per sorte, e ducati 251 e grana 43 per interesse; la quinta nel primo settembre 1814 in ducati 1759, grana 49 e calli 10, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per sorte, e ducati 188 e grana 57 per interesse; la sesta nel primo settembre 1815 in ducati 1697, grana 13 e calli 10, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per sorte, e ducati 125 e grana 71 per interesse; la settima e ultima nel dì primo di settembre 1816 in ducati 1634 e grana 28, cioè ducati 1571, grana 42 e calli 10 per compimento della dinotata sorte, e ducati 72, grana 85 e calli 2 per saldo del detto interesse scalare. 6. Che per cautela e sicurezza dell’intera sorte, ed interesse restino obligati i beni tutti di qualunque natura della sudetta Università di Monteleone presenti e futuri, colla facoltà di potersi variare e rivariare sopra detti beni per la facile esazione delle suddivisate tanne, ed interessi fino all’intera soddisfazione. 7. Che per la più facil’esazione tanto della sorte, che dell’interessi restino assegnati ed ipotecati gli annui estagli della gabella della carne e pesce, e laddove non fosse bastante il prodotto della detta gabella surrogarsi, ed assegnarsi il mancante sopra l’altra gabella del pan cotto e maccaroni, destinati detti dazi per la compra del divisato palazzo, e per la rifazione ed accomodi necessari per ridurlo all’uso indicato, giusta il prescritto nel divisato Regio Decreto. Pel quale assegnamento ed ipoteca si possa comparire in giudizio, e chiedere gli ordini sugli appaltatori delle menzionate gabelle, che dagli convenuti estagli ne paghino e corrispondino le rate di sorte, ed interessi ne’ divisati maturi di ogni anno, anche in denaro effettivo, fuori banco ed esclusa qualunque carta monetata, sino all’estinzione dell’intiera soddisfazione. 8. Che per due annate d’interesse decorso da settembre 1807 sino ad agosto 1809, che si è attrassata la stipula dell’istrumento, per li motivi verranno espressati nel medesimo stipulando istrumento, debba detta Università di Monteleone pagare l’interesse convenuto al 4%, importando ducati 880, e quelli con mandato sopra l’appaltatore della gabella civica di un grano a cannata sul vino, mandato, che si trova già spedito, ed accettato dal detto appaltatore, da pagarsi, cioè ducati 310 in fine di ottobre prossimo passato, ducati 310 in fino del corrente novembre, e ducati 260 nel mese di dicembre detto corrente anno 1809. 9. Che il dritto di registro dell’istrumento, come di ogni altra carta, debansi pagare da detta Università di Monteleone, giusta la deliberazione del colloquio, che nel settimo capo si esprime. 10. Che l’istrumento si debba stipulare per parte dell’Università dalla persona già destinata ed autorizzata dal decurionato dal colloquio del 19 settembre corrente anno 1809, in seguito d’ordine pervenuto per organo di S. E. il Ministro dell’Interno della data de’ 9 settembre detto anno, che anche dovrà inserirsi in detto stipulando istrumento. E finalmente secondo si effettueranno i pagamenti di sorte, ed interessi per 533 534 ogni uno di essi se ne debba fare il notamento in margine dell’anzidetto istrumento. Per l’adempimento ed effettuazione di quanto al di sopra si è detto possa, e voglia detto illustre signor marchese D. Raffaele di Francia, procuratore come sopra costituito, fare tutto quello che occorrerà, e sarà di bisogno, e far potrebbe lo stesso illustre signor barone di Francia se fosse presente, e di persona. A qual oggetto concede al nominato suo signor procuratore tutte le facoltà bastanti e necessarie, et voces et vices suas, etiam cum clausula ut alter ego, senza che siavi bisogno della ratifica di esso signor barone D. Luca Vincenzo di Francia, il quale promette e conviene avere tutto il di sopra trascritto per rato, grato e fermo, e non contravenirsi per qualsivoglia titolo, colore o causa sotto l’obbligo della sua persona, suoi eredi, successori e beni tutti presenti e futuri, e così ha giurato e rinunciato, e non altrimenti, né di altro modo. Della quale procura come sopra fatta detto illustre signor barone ha richiesto noi che formato ne avessimo pubblico atto. [...] Notaio Luigi De Monte di Napoli. 5. Perizia del palazzo di Pietro Frangipane - 1806 APPREZZO DELLA CASA DEL SIGNOR BARONE FRANCIA SITA IN QUESTA CITTÀ DI MONTELEONE, COMPRESO IL QUARTO APPELLATO DELL’ALFIERE E LE CASE SPORGENTI NEL CORTILE, CHE A RICHIESTA DEL SIGNOR SINDACO E DEPUTATI SI È FATTO DA NOI INFRASCRITTI INGEGNERE E PERITI FABBRICATORI E FALEGNAMI COL CONSENSO DI ESSO BARONE: Fabriche - Le fabriche incluse quelle dentro terra tutte sommano palmi sommano palmi cubi 320.256 i quali formano canne di costumanza 2.502, così quelle dentro terra, che quelle sopra terra, e quelle in alto complessivamente si valutano a ducati 4 la canna, ducati 10.008. Toniche - Misurate tutte l’intonicature, che sono nelle facce esterne ed interne delle mura, incluse quelle delle volte, archi e pilastri, sommano palmi quadre 80.769, i quali formano canne quadre 1.262 tra buone e patite, l’una per l’altra si valutano a carlini 4 la canna, ducati 504,80. Mattonati - Tutti i mattonati sommano palmi 18.030, formano canne quadre 281 ¾ tra buoni e patiti compezativamente si valutano a carlini 8 la canna, ducati 225, 40. Astrichi - Gli astrichi tra sani e rotti sono palmi 7.868, formano canne quadre 122, a carlini 14 la canna importano, ducati 170,80. Selciati - Nel piano dell’atrio del portone grande selciato di pietra d’intaglio palmi quadre 648 si valutano a grana 12 il palmo ducati 77,76. Nel piano dell’atrio, nella casa dell’Alfiere selciato di pietra usuale palmi 12.000, formano canne quadre 18 ¾, si valuta a carlini 8 la canna, ducati 15,00. Selciato della stessa qualità, che trovasi intorno la casa in somma di palmi 1.372, formano canne quadre 21 a carlini 8 la canna, ducati 16,80. Opere di pietra - Nella scala grande vi sono gradini di pietra granita numero 77, ognuno di lunghezza palmi 6 ½, larghezza once 16, d’altezza once 6, nello stato presente l’uno per l’altro si valutano a carlini 30 l’uno, ducati 231. Nella scala del quartino di basso, e propriamente nella scala, che giace a man sinistra l’entrata nel portone, gradini di pietra paesana numero 6, ognuno di lunghezza palmi 6, nello stato presente si valutano a carlini 8 l’uno, ducati 4,80. Nella scala del quarto dell’Alfiere gradini di pietra paesana numero 22, ognuno di lunghezza palmi 6, ma di maggior larghezza degli anzidetti, si valutano a carlini 9 l’uno, ducati 21,80. Passamano che sta nella scala grande, qual passamano è di pietra di Siracusa, lavorato con cimose e basamenti, somma palmi lineari 256, nello stato presente si valuta a carlini 8 il palmo, ducati 204,80. Nella loggia, passamano di pietra granita ben lavorato palmi lineari 106, nello stato presente si valuta a carlini 4 il palmo ducati 42,40. Nella scala paragoste di pietra di Siracusa ben lavorate numero 39, si valutano a carlini 15 l’uno ducati 58,50. Più di pietra granita numero 12 di migliore forma, si valutano a carlini 16 l’uno, ducati 19,20. I quattro pignoni, che fanno finimento all’ultimo passamano della scala, tutti si valutano per ducati 8. [Le] due volute scartocciate che sono nel principio della scala nello stato presente si valutano tutte e due per ducati 10. Mostre di pietra paesana, che si attrovano in due porte nell’ultimo riposatojo della scala grande, e nella porta dello riposatojo dell’altra scala palmi apparenti numero 66 a carlini 4 il palmo, ducati 26,40. Nelle finestre poggivoli ho sinò basamenti di pietra paesana numero 21, 535 536 ognuno di lunghezza palmi 6, tutti sommano palmi lineari 126, si valutano a grana 20 il palmo, ducati 25,20. Nelle finestre delle grate mostre di pietra paesana palmi lineari 231, a grana 20 il palmo, ducati 46,20. Negli angoli della casa pietre di intaglio palmi appartenti 474, posti a forma di pilastri, a grana 20 il palmo, ducati 94,80. Portone grande di pietra granita lavorato a bugne, cimose, chiave e soglia nello stato attuale si valuta, ducati 40. Nel quarto dell’Alfiere portone di pietra d’intaglio lavorato con bugne, cimose, chiave e soglia, ducati 30. Balconi centinati con panconi e mensole di pietra granita, cioè con bal[l]ate e gattoni di pietra della Serra numero 5 ben lavorati, si valutano a ducati 25 l’uno, ducati 125. Più balconi grandi quadri lunghi con panconi e mensole di pietra granita ben lavorati, si valutano ducati 30 l’uno per tre, ducati 90. Balconcini numero 9 con pancione e mensole di pietra granita si valutano a ducati 5 l’uno, ducati 45. Tegole - Sopra tutto l’intero tetto della casa, incluso il quarto dell’Alfiere e quello sporgente nel cortile, tegole numero 29.000 poste, si valutano a ducati 10 il migliajo, ducati 260. Ferramenti - Balconi di ferro tra grandi e piccioli numero 18, compreso anche quello della loggia tutti uniti sommano rotoli 1702 a grana 20 il rotolo, ducati 340,40. Per 12 grate di ferro lavorate a bastone, che sono nelle finestre dei magazzini, quali grate unite sommano rotoli 300, a grana 20, ducati 60. Per numero 10 catene di ferro che erano qua e là nella medesima casa unite sommano rotoli 250 a grana 17 il rotolo, ducati 42,50. Nelli tetti, lamie finte, scandali e soffitti, chiodi di peso e di centinajo in tutto rotoli 500, a grana 15 il rotolo, ducati 75. Travi - Travi di castagno che si trovano nei solaj, soffitti e tetto numero 276, uniti sono palmi lineari 5.037, i quali esistono in buono stato e sono di diverse misure, l’uno per l’altro si valutano a grana 15 il palmo, ducati 755,55. Travicelli di castagno dette fileri che sono nella copertura, nell’armaggi delle volte finte, e in alcuni soffitti, in tutto numero 336, sommano palmi lineari 6.504 l’una per l’altra, a grana 2¾ il palmo, ducati 178,39. Porte - Porte d’abeto e di castagno numero 38, alcune lavorate a bussola ed altre a tremò [sic] poste in opera coi rispettivi ferramenti di chiusura l’una per l’altra si valutano a ducati 7,75, ducati 294,50. Porte di castagno ed abeto semplici numero 39, l’una per l’altra si valutano, ducati 107,95; Porte di balconi composte di legno castagno, tra buoni e patite numero 17 coi rispettivi ferramenti di chiusura e tilari vetrati, cioè dette antiporti l’uno per l’altro si valutano a ducati 11e grana 60 l’una, ducati 197,20. Portoni - Portone grande di legno castagno nell’uscio principale della casa posto coi rispettivi ferramenti di chiusura suoi arnesi, si valuta, ducati 35. Nell’uscio della casa dell’Alfiere qual portone è composto di legno castagno, ma molto patito per il tempo e nello stato presente si valuta, ducati 8. Finestre e vetrate - Per numero 19 finestre di legno castagno e 19 vetrate tra buone e patite, si valutano complessivamente ogni vetrata e finestra per un pezzo solo a ducati 8,50 l’una, ducati 161,50. Più finestre e vetrate picciole numero 28 a carlini 17 l’una, ducati 47,60. Panconcelli detti scandali - Nei solai panconcelli di castagno palmi di costumanza 2.548 inclusa la parafilatura si considerano a grana 6 il palmo, ducati 152,88. Cerboni - Nei tetti cerboni di castagno numero 1750 a grana 2 l’uno, ducati 35. Tavole - Per numero 978 tavole di abeto che si trovano poste in 32 soffitti inclusi i chiodi l’una per l’altra a grana 20, ducati 195,60. Arcove - L’armeggio del arcove che si trova nel quarto di mezzo incluso il legname e canuccie, ducati 6. Ossature - Per legname e canuccie pel ossatura del fondo della scala si considera, ducati 13,10. Nel suolo della scala di sopra e per 5 gavati esistenti nei soffitti di 5 stanze, legname e canuccie e magistero in tutto si considera, ducati 52,80. Diverse scale - Per la scaletta di legname che ascende alla cucina superiore inclusi i stipi che vi sono sotto di essa scala, si valuta, ducati 15. Più per tante scale di fabrica che ascende dal vaglietto al quartino inferiore, inclusi i muri che la fiancheggiano si valuta, ducati 50. Più per altre tre scalette di legname che vanno nei comuni, inclusa quel- 537 538 la picciola di fabrica, che trovasi nella casa sporgente nel cortile, tutte si valutano, ducati 20. Comuni - Per numero 6 comuni, che si trovano in detta casa l’uno per l’altro uniti si valutano, ducati 150. Focolai - Per cinque focolai coi loro cappi e camini, comprese le fornacette, e lavatori uniti si valutano, ducati 150. Pozzo - Il pozzo d’acqua sorgiva che giace nel cortile, qual pozzo è profondo palmi 58, largo in fondo palmi 14, e siccome gli eredi di D. Onofrio Francia hanno il jus d’attingere acqua perciò si valuta, ducati 133,03. Suolo - Lunghezza palmi 138, larghezza palmi 130 di suolo, che occupa detta casa, propriamente in palmi quadrati 17.940 avendo riguardo al sito e considerandolo ai soliti prezzi si valuta a grana 2 il palmo, importa, ducati 358,80. Monteleone, 1 dicembre 1806 Totale 16.037,66 Pietro Frangipane ingegnere APPENDICE 2 539 Inventari della pinacoteca di Francia: 1736-1833-1909 1. Inventario dei quadri divisi tra gli eredi di Onofrio di Franza - 1736 Originale: ASVV, notaio Salerno Francesco Paolo, busta 446, atto del 31 ottobre 1736, ff. 121-127v. 31 ottobre 1736 […] Qui si notano le robbe che toccano in porzione a Don Francesco e Don Filippo per dividersili quando detto D. Filippo sarà uscito di Tutela, e son le seguenti […]: Nell’anticamera Un quadro grande con sua corneci addorata, che significa La storia Sacra del Cieco che sanò col fecato [sic] del pesce; un altro di palmi quattro con sua corneci della Samaritana; un altro dell’istessa maniera che significa Il gigante ucciso per mano della sua femina; un altro di palmi quattro che significa La Giuditta colla testa d’Oloforne; un altro simile colla Testa del gigante Golia; un altro grande con sua corneci addorata che significa il Re che dimanda il parere de’ suoi savii, che facilmente sarà la Storia di Giuseppe [il] Giusto; un altro quadro che significa Gesù Cristo che veniva tentato dal demonio; Due specchi con loro corneci addorata grandi; un ritratto di S[ua] Maestà [D.G.], quale è di Francesco solo per averlo lui comprato; un altro grande che significa una donna all’ingniuda con il satiro, qual è di D. Francesco, che lo tiene esso solo per pegno d’un certo galantuomo di Monteleone; […]. Camera a ponente con due finestre […] Un quadro di S. Giovanne [sic] grande con sua corneci; Un altro grande che vi è Gesù Cristo legato alla colonna; una immagine della Beatissima Vergine della Concezzione [sic] con sua corneci addorata; Un altro quadro anche di S. Giovanne di palmi quattro; un S. Leoluca di palmi due e mezzo senza 540 cornici, atteso le corneci fu fatta da D. Francesco; un S. Gerolamo (fig. 7) di palmo tre senza cornice, atteso che fu fatta da D. Francesco; un S. Filippo Neri con sua corneci, è di D. Francesco avendolo comprato lui; una Beatissima Vergine della Pietà di palmi due; […]. Altra camera dove dorme D. Francesco […] Un quadro grande della Madonna quando va in Eggitto [sic]; un altro delli Tre immaggi; un altro La storia di Sara delle due femine che imbriacavano il padre; S. Francesco di Paola senza cornice, atteso fu fatto a spese di D. Francesco; S. Maria Gizziaca senza cornice; tre tondini con loro cornice d’oro; un Santo Antonio di Padua, quale è di D. Francesco; una Beatissima Vergine del Carmine, quale anche è di D. Francesco; […]. Nella Sala vi sono le descritte robbe che stanno in commune ed indivisi tra D. Francesco, D. Antonio e D. Filippo di Franza […] Quattro quadri grandi di Paesaggi fatti dal P. Michele con loro corneci d’oro; più un altro quadro grande con corneci addorata che è L’istoria del Tasso quando Erminia fuggì dall’esercito e fu accolta dal pastore, che dice son figli miei […] è firmato di mano di Francesco Zoda; più altro quadro grande anche con corneci addorata che è La storia del Re che diede l’ordine per uccidersi il proprio figlio che poi videndo la testa del medesimo f è uccidere colui che ebbe l’ardire d’imbrattarsi di sangue reale; più un San Cristofaro di palmi 3 con sua corneci; Il ritratto del di loro commun padre [Onofrio di Franza] con sua corneci; due quadri uguali di fiori con loro corneci; Un quadro di palmi 4 che vi è Il sacrificio d’Abramo; un altro quadro Dell’angelo che diresse l’Anima al Paradiso; […]. Il signore Alfiero ebbe il di lui quarto tale quale lo lasciò il commun di loro padre Onofrio di Franza […] Quattro figuri con corneci che sono Li quattro stagioni; altre sei figuri più grandi anche con corneci; un quadro grande con corneci addorata, che vi è L’istoria di David che uccide il Gigante Gollia [sic]; più altri due quadri della Natività di Giesù [sic] con corneci addorata; un quadro di palmi quattro, che vi è l’istoria significante La figlia che nudrisce [sic] il padre carcerato con il latte; un San Pietro di due palmi; e una Maddalena di palmi 4 con sua corneci; un S. Francesco di Paola di due palmi e mezzo; setti quadri di due palmi l’una che vi stanno Setti Vergini con loro corneci d’oro fino; un quadro di palmi quattro che è La storia di Giuseppe [il] Giusto con sua corneci; altro Giesù [sic] Cristo disputante coll’Ebrei con corneci; un altro consimile della Regina Ester con sua corneci; un S. Cristofaro con sua corneci di palmi quattro; un Ecce Homo di palmi due con sua corneci; un quadro di S. Leoluca; due pezzi di quadri grandi con loro corneci addorate che sono di Paesaggi fatti dal P. Michele; un altro quadro d’Istoria di Giuseppe [il] Giusto, anche con sua corneci; un altro quadro grande con sua corneci d’oro che vi è l’Istoria di Misera [sic ?] che uccise il gigante con il chiodo nelle tempie. 2. Catalogo dei quadri del signor marchese di Francia - 1833 Originale: Archivio Famiglia di Francia, Vibo Valentia Prima stanza La Samaritana, quadro di Luca Giordano, largo palmi 10½, alto palmi 6; L’Adultera, quadro dell’istesso autore, largo palmi 10½, alto palmi 6; Cristo che raccomanda le pecore a S. Pietro, quadro di Pacicco di Rosa [sic], largo palmi 9, alto 8; La storia di Lot quadro del cav. Massimo, largo palmi 8, alto palmi 6. Seconda stanza La Santa Famiglia di Raffaele [Raffaello], quadro largo oncie 10, alto oncie 12½; Paese di Claudio alto oncie 12½, largo 14; La Trasfigurazione di Raffaele [Raffaello] copiata dal Fatturino, alto oncie 28, largo 20½ e ritoccato da Raffaele medesimo; La Vergine col bambino, quadro del Correggio, alto oncie 10½, largo 8½; Paese di Claudio alto oncie 23, largo oncie 34; La Santa Famiglia con S. Francesco, quadro di Annibale Caracci, alto oncie 18, largo 13; Il riso ed il pianto, quadro del Correggio, largo oncie 30, largo 22½; La Santa Famiglia del Perin del Vaga, alto oncie 23, largo 29; Ritratto di un cardinale di Scipion da Gaeta, alto oncie 23, largo 16½; La Santa Famiglia di Benvenuto Garofalo, largo oncie 10½, alto 13½; Il Tempo fanciullo di 541 542 Rubens alto 13½, largo oncie 10; S. Giovanni Battista di Lionardo da Vinci, alto oncie alto 14½, largo oncie 10; Una Madonna col Bambino che dorme di Sebastiano Conca, largo oncie 10½, alto oncie 13; Una Madonna col Bambino prima maniera di Raffaele [sic], alto oncie 15½, largo 11; Un ritratto di Ferdinando I del Puzzolano, alto oncie 14, largo 11. Terza stanza Adone e Venere di Luca Cangiasi, alto oncie 19, largo 18; Bozzetto originale della Danae di Tiziano, alto oncie 14, largo 29; Una testa di Michelangelo, alto oncie 10, largo 8; Un Paese di Salvator Rosa, alto oncie 28, largo 35; Altro dello stesso e della stessa grandezza; Un Paese del Castiglione, alto oncie 28, largo 33; Altro di Claudio della stessa prima maniera, alto oncie 28, largo 35; Paolo V [?] ritratto di Tiziano, alto oncie 18, largo 13; La salita al Calvario paese di Michelangelo Cerguozzi ossia delle Bombacciate, alto oncie 17, largo 24; Un Bacco dell’Albani, oncie 26, largo 32; Paese del Paussin, alto oncie 23½, largo 30; Altro dello stesso. Quarta stanza La Resurrezione di Lazzaro di Palma, alto palmi 3½, largo 4 e due oncie; S. Geronimo ed altri Santi di Alberto Duro [Dürer], alto oncie 32½, largo 43½; Paese del Bottari, alto oncie 33½, largo 45; Ercole e Jole del Vaccari, alto [palmi] 4 ed oncie 4, largo [palmi] 5 ed oncie 4; Una Maddalena dello stesso autore, alto palmi 4 ed un’oncia, largo palmi 3 meno un ¼; S. Gironimo del Ribera, alto palmi 6 ed oncie 2, largo palmi 4 meno ¼; Vari Paesi dello Sciva, alto oncie 33, largo palmi 4 meno 1 oncia; Altro compagno dello stesso; Davide del Guercino, alto palmi 5 meno ¼, largo oncie 43; Paese d’autore anonimo con la Nascita del Redentore, alto oncie 17, largo 29; Altro idem con l’Epifania; Altro idem col Battesimo; Altro idem co’ Discepoli in Emmaus; Bozzetto originale di Guido [Reni] con alcune figure del suo S. Andrea in S. Gregorio in Roma, alto oncie 15, largo 20½; Piccola battaglia di Borgognone, alto oncie 16, largo 21½; Bombacciata di Solimena, alto oncie 16½, largo 22½; Altro del medesimo; Paese del Poussin, alto oncie 33, largo 44; Altro compagno. 543 Quinta stanza S. Girolamo del Ribera, alto oncie 47, largo 35; S. Francesco di Paola del medesimo, alto oncie 28, largo 21½; Paese del Castiglione, alto oncie 27½, largo 33; Armenti del Brandi, alto palmi 6 meno ¼, largo 8; S[acra] Famiglia di Pietro di Cortana, alto oncie 17½, largo 14; S. Pietro del Guercino, alto palmi 4 e due oncie, largo palmi 3; Veduta di Tivoli del Lucatelli [Locatelli Andrea], alto oncie 26, largo 21; Tavolino da caff è di Pietro Gaurdal, alto oncie 22, largo 28. Sesta stanza Paese in chiar’oscuro di Pietro Suba dipinto a tempra, palmi 5 per 3; La caduta di S. Paolo dipinto in Lavagna opera di Tommaso de Stefani, palmi 2½ per 1½; La notte paese di Vernet, palmi 2 per 1; Il giorno dello stesso; L’Adultera di Luca Giordano, palmi 1½ per 1; Piccola bombacciata del Bassano, palmi 1½ per 1 meno ¼; Quadro di fiori dello Sceva, palmi 3 per 2; Altro dello stesso; Altro quadro di fiori di autore fiammingo, alto palmi 1½ per 3½; Ritratto del Cardinale Pignatelli creduto del Cavallucci, alto palmi 5 per 3½. In tutto n. 68 [quadri]. Nicola Aloi - 1833 3. Pinacoteca di Francia 1909 Originale: Archivio Centrale dello Stato (Roma), AA. BB. AA, III versamento, II serie, Busta 43, fascicolo 929 La famiglia di Lot. Massimiliano D’Aurelis; La donna adultera. Giordano Luca; La samaritana al pozzo. Idem; Il buon pastore. Pacecco De Rosa; La resurrezione di Lazzaro. Jacopo Palma; Un trittico. Alberto Dürer; La Maddalena. Idem; Due paesaggi. Paussin; La Sacra Famiglia. Perin del Vaga; Il riso e il pianto. Correggio; S. Francesco. Ribera; Un paesaggio. Claudio di Lorena; Scena campestre. Michele Angelo delle Bambocciate; Bacco ubriaco (Bacco e Arianna) di Alberti; 4 quadretti fiamminghi. Bassano; Amore e Psiche. C.M.X; Altri 6 paesaggi diversi; S. Pietro del Guercino; S. Girolamo del Ribera; La Sacra Famiglia di Pietro da Cortona; Beatrice Cenci. Guido Reni; Due paesaggi; Diana al bagno; Venere ed Eros; Il pastore con armenti del Rubens; Giuditta ed Oloferno; S. Girolamo; Un quadro di soggetto biblico; Un quadro di soggetto mitologico; Paolo III di Tiziano; La Trasfigurazione (scuola di Raffaello); 2 piccoli paesaggi. Claudio di Lorena; S. Giovanni. Leonardo da Vinci; Sacra Famiglia del Perugino; S. Francesco d ’Assisi; I Magi al presepe. Scuola di Giotto; Prima maniera. Raffaello; Una Madonna. Correggio - Roma; Una Madonna. Tiepolo - Roma; Madonna col bambino. 544 2 luglio 1909 Fig. 8. Frontespizio e 1a pagina inventario redatto da Nicola Aloi, 1833 APPENDICE 3 545 Albero genealogico della famiglia di Francia marchesi di S. Caterina secc. XVII-XVIII Cesare † 1653 Antonino Bernardo Luca Onofrio † 1734 Giuseppe Marta Filippo Cesare Filippo † 1768 Antonino Luigi Leoluca Costanza Nicola Onofrio Pasquale Chiara Francesco † 1775 Diego † 1824 Francesco Diego Mariano Vincenzo Giuseppe Maria Orsola Maria Concetta Maria Grazia Giovanni Raffaele † 1848 Felice † 1817 Vincenzo Gaetano Maria Concetta Marianna - monaca Maria Grazia - monaca Caterina Luca Vincenzo † 1812) Giuseppe Felice Antonio Rosa Lucrezia Elisabetta - monaca Maria Rosa - monaca 546