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Santarcangelo di Romagna e i «dialetti dei dittonghi» di Daniele Vitali e Luciano Canepari 0. Delimitazione dell'area 0.1. Nel 1917, Friedrich Schürr dava alle stampe il libro Romagnolische Mundarten, contenente vari esempi di 10 dialetti romagnoli. Uno di questi era il dialetto di Santarcangelo di Romagna, di cui risultava subito evidente la complessità fonetica (malgrado le difficoltà d'interpretazione dovute all'impervia trascrizione romanistica utilizzata dall'autore, il quale dichiarava che avrebbe voluto adottare l'Alfabeto Fonetico Internazionale, ma di non averlo potuto fare per problemi tipografici); da segnalare in particolare 4 dittonghi, così notati: aï, å°, éï, éu, inesistenti a Ravenna, più eæ, in comune fra i due dialetti. A quell'epoca, come osserva Giuseppe Bellosi nella sua prefazione al presente volume, il santarcangiolese era un dialetto sostanzialmente privo di tradizione scritta, e i suoi dittonghi facevano un effetto strano ai romagnoli circostanti, cui sembravano segno di un idioma rustico e incomprensibile («periferico», come dice giustamente Bellosi nella prefazione, e «marginale» come si legge in Bellosi 2005, anche se poi la cittadina non è certo irrilevante: aveva 7!759 abitanti nel 1861 e ne ha 21!118 nel 2012, inoltre si trova ora sulla Via Emilia e, fino al 1739, poco più a sud; in quell'anno crollò infatti il ponte che permetteva alla Via di scavalcare l'Uso, e in seguito a quell'evento il tracciato della strada fu spostato proprio per includere Santarcangelo). Molte cose sono cambiate da allora, o meglio dal 1946, quando con Tonino Guerra il santarcangiolese inizia la sua vicenda letteraria, nella quale si inseriscono via via, nell'ordine in cui li cita Bellosi, Nino Pedretti, Raffaello Baldini, Giuliana Rocchi e Gianni Fucci, fino ad Annalisa Teodorani, con un effetto di trascinamento anche sulle località circostanti dal dialetto imparentato, come la San Mauro Pascoli 723 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 di Gianfranco Miro Gori, che è al tempo stesso poeta rappresentativo e sindaco del paese. I dittonghi hanno così cessato di essere stramberie rusticali per diventare anzi un segno distintivo, quasi un marchio di dignità letteraria per il quale passa anche una certa fierezza identitaria, come dimostra ad es. la manifestazione «I poeti del dittongo», tenutasi a San Mauro Pascoli nel 2010 con la partecipazione di autori di Santarcangelo, San Mauro e (Montenovo di) Montiano. I dittonghi santarcangiolesi sono naturalmente di grande interesse anche per i linguisti, data una loro certa ineffabilità, in particolar modo di quelli «alti» (®!§!2.6), e considerato il singolare intreccio di rapporti con la situazione, foneticamente più semplice, delle località vicine. Quest'ineffabilità ha dato luogo a numerosi problemi di trascrizione, non solo a livello degli studi specialistici (sostanzialmente, i lavori di Schürr e la tesi di Rino Molari del 1937), ma anche di scelta della grafia da parte dei poeti santarcangiolesi, come più volte rilevato nella trattazione di Davide Pioggia e come si vedrà anche qui sotto. 0.2. Sembra quindi utile soffermarsi un poco sui dittonghi del santarcangiolese (santarcang.), ricorrendo agli strumenti già usati negli studi precedenti (®!la bibliografia alla fine di quest'articolo): partendo da varie registrazioni, s'è ricavato il suo inventario fonologico, e lo si è confrontato a quelli di alcuni dialetti circostanti, ossia Poggio Berni, San Mauro Pascoli e Savignano sul Rubicone, fino a Calisese, frazione del comune di Cesena, con la parlata analoga di Case Missiroli più volte ricordata nella trattazione di Pioggia (per la posizione di tutte queste località, ®!la cartina a p.!28 del presente volume). Saranno date nozioni anche dei dialetti di San Vito e di Gambettola. Oltre alle differenze negli inventari fonologici, si sono poi fatte osservare le differenze che esistono fra tutti questi dialetti a livello fonetico, ricorrendo a trascrizioni in Œì (® §!1.1) e a vari schemi o vocogrammi. Va osservato che, a livello fonetico, la stessa Santarcangelo presenta una certa variabilità: è tradizionale la dicotomia fra la zona alta detta delle «contrade», strette strade del centro storico più in quota un tempo poverissimo e oggi riqualificato borgo di grande interesse turistico, e la zona bassa meno in quota, economicamente più vivace e a tutt'oggi in espansione demografica. Ormai peraltro le differenze fonetiche fra i parlanti sembrano essere anzitutto individuali, per il rimescolarsi delle carte che ha fatto seguito all'aumento della mobilità registratosi nel secondo dopoguerra. Va aggiunta una certa variabilità delle realizzazioni anche della stessa 724 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 persona, che si può spiegare invece con la complessità di un modello sotto la pressione di quelli circostanti, a volte di natura opposta, ®!§!8.5. 0.3. Si ringraziano i parlanti, tutti nati fra il 1910 e il 1953 (con la maggioranza collocata fra gli anni Venti e Trenta), per la cortesia e disponibilità. Per!Santarcangelo si tratta di Giuseppina Venturini della zona alta, di Giaele Pedretti (sorella di Nino) e Nazzareno Casadei della zona bassa, nonché di Gianni Fucci che, originario della zona alta, è anche stato molto in contatto linguistico con parlanti della zona bassa (dei poeti citati, Giuliana Rocchi era della zona alta, Raffaello Baldini e Tonino Guerra di quella bassa). Per Poggio Berni abbiamo ascoltato Rino Salvi, per San Mauro Pascoli Anna Antonelli detta Adriana e madre di Gianfranco Miro Gori (anch'egli consultato, come pure il padre Fulvio Gori), per Savignano sul Rubicone Luciano Rinaldi e Gino Caprili, per Calisese Giuseppina Sbrighi. Inoltre, per San Vito abbiamo ascoltato Lucia Pesaresi, per Gambettola Riccardo Pascucci e Rinaldo Ugolini, per Cesena (parlata di Porta Santi) Giuseppe Spada. Si ringraziano in modo particolare Gianni!Fucci, per averci aiutato nella scoperta del suo dialetto fin dal 2002 (come documentato anche da rai3, ® www.youtube.com/watch?v=YXUJQhMB2I4), e Luciano Rinaldi, che ci ha fornito ogni tipo di aiuto e materiale su Savignano e dintorni, compresa una preziosa registrazione dello zio (ora ultra)centenario. I vocogrammi in Œì sono stati realizzati da Luciano Canepari, il testo è di Daniele Vitali. 1. Trascrizioni e terminologia 1.1. Per quanto riguarda la trascrizione, osserviamo subito che, come nei lavori precedenti, anche descrivendo il santarcangiolese si daranno le parole prima in grafia (in corsivo), e poi in trascrizione fonologica (tra barre oblique: /!/), cui seguirà la traduzione (fra virgolette: «!»). Per la fonologia si usano i simboli dell'Alfabeto fonetico internazionale (ì), un tipo di trascrizione «larga» che indica in pratica solo i fenomeni distintivi. Laddove servirà, sarà data anche la trascrizione fonetica (tra parentesi quadre: (!)); trattandosi di una trascrizione «stretta», che indica anche fenomeni accessori e automatici spesso inconsapevoli per i parlanti, occorrerà usare un sistema più accurato, detto Œì e utilizzato nei lavori di L.!Canepari, come quello indicato in bibliografia. Qui basterà osservare che, in Œ ì , (™, ø) stanno per e, o di apertura intermedia; inoltre (Û, Ù, Ä, ∏, P, ¯, &, ¨, É, Ö) sono i corrispondenti centralizzati di 725 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 (i, e, E, O, o, u, I, U, ™, ø); (Å) è più avanzata di (a) e (ù) è la versione arrotondata di (A); ancora, (#) rappresenta (°) più bassa e (x) sta per (X) più bassa. Per le consonanti, (£) è un (n) di articolazione alveolare debole (cioè senza vero contatto fra gli organi articolatori) con contemporaneo sollevamento del dorso della lingua in corrispondenza del velo palatino (una via di mezzo fra (n) e («), con quest'ultimo che a sua volta rappresenta un (˙) debole); (s) è una realizzazione alveolare particolarmente arretrata di /s/, come accade in genere nei dialetti emiliano-romagnoli; (Ç) aggiunge l'arrotondamento labiale ed è la realizzazione tipica in bolognese; (√) è un semi-costrittivo labio-dentale, cioè una via di mezzo tra (v) e (V). Va poi ricordato che la tilde indica oscillazione, es. (ÉE è ÄE), e che V o (é) sta per vocale, C o (0) sta per consonante e N o (ö) sta per consonante nasale (come (m, n, N, ˙)). Figura!1!-!Le vocali secondo l'ì ufficiale (da www.langsci.ucl.ac.uk/ipa/vowels.html). Figura!2!-!Le vocali secondo il Œì: a sinistra quelle non-arrotondate, a destra quelle arrotondate (da http://venus.unive.it/canipa). 726 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 1.2. In grafia ove opportuno si usa il raddoppio delle consonanti: non per indicare consonanti doppie (che sono molto rare e si indicano separandole con un trattino), ma per ricordare l'allungamento automatico e non distintivo della consonante che si ha dopo vocale accentata breve all'interno della parola (® Vitali 2009, §!2.4). In questo modo si dà anche un utile «aiuto alla lettura», ricordando la brevità della vocale che precede. La scelta dei grafemi è stata fatta tenendo continuamente conto delle soluzioni già adottate nei lavori precedenti per gli altri dialetti romagnoli, che si ritrovano in Vitali 2009, Vitali-Pioggia 2010 e Pioggia 2011. L'obiettivo infatti è arrivare a un'Ortografia Romagnola Comune (orc) che consenta di scrivere tutti i dialetti romagnoli secondo lo stesso sistema, ma anche senza cancellare le differenze: come s'è spiegato nei lavori citati, un'ortografia di questo tipo prevederà un buon numero di diacritici, che però non si utilizzano mai tutti, poiché per ogni dialetto si usano solo quelli necessari per mostrare il suo sistema fonologico. Per maggiori dettagli sulla grafia qui usata per il santarcangiolese, ® §!6. Infine, il latino è dato in maiuscoletto. 1.3. Per quanto riguarda la terminologia, osserviamo che con Romagna occidentale s'intende la parte della Romagna in cui si parlano dialetti di tipo ravennate-forlivese o rf (molti chiamano la pianura rf «Romagna centrale»), mentre con Romagna orientale s'intendono Cesena, Sarsina, Santarcangelo e Rimini. Sui dialetti rf, ®!Vitali 2009, su Sarsina Vitali 2009 e Pioggia 2011, su Rimini VitaliPioggia 2010, mentre le nozioni di cesenate date in quest'articolo vengono pubblicate per la prima volta. Inoltre, per sillabe caudate e non-caudate s'intendono qui le sillabe tradizionalmente definite come «chiuse» e «aperte». 1.4. Le vocali lunghe del santarcangiolese hanno durata doppia rispetto alle brevi corrispondenti: qui vengono trascritte /ee, EE, OO, oo/ anziché /e:, E:, O:, o:/ come vorrebbe la convenzione. Hanno la stessa durata doppia anche /i, a, u/ accentate presenti in tutta la Romagna, ma non c'è bisogno di trascrivere /ii, aa, uu/ o /i:, a:, u:/, dato che non hanno corrispondenti fonemi brevi cui opporsi. Anche se le vocali lunghe durano come dittonghi, conviene stabilire una distinzione terminologica fra le une e gli altri: in Romagna infatti ê /eÈ/ è sempre stato descritto come un dittongo, perché ha articolazione relativamente «estesa», cioè con una certa distanza fra i due elementi che lo costituiscono; viceversa i, a, u /i, a, u/ accentate, data l'articolazione meno estesa, e quindi la maggiore somiglianza acustica fra i loro due elementi costitutivi, non sono mai state considerate dittonghi, 727 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 e sono state di rado descritte anche solo come vocali lunghe (causa la mancanza di sensibilità fonologica per la lunghezza vocalica che contraddistingue l'area rf, ® Vitali-Pioggia 2010, §§!0.2 e 2.1). Per il santarcangiolese quindi, nel caso di /eÈ; Ei, √u; Èi, Èu/ parleremo di dittonghi fonologici, mentre in /ee, EE, OO, oo/ e in /i, a, u/ vedremo dei dittonghi fonetici. Inoltre, per /ee, EE, OO, oo/ si parlerà di vocali lunghe fonologicamente, mentre /i, a, u/ sono vocali lunghe solo foneticamente. 2. Le vocali del santarcangiolese 2.1. Il santarcangiolese urbano ha 16 elementi, ossia le 11 vocali orali i, ", é, è, ë, a, ö, ò, $, ó, u /i, e, ee, E, EE, a, OO, O, o, oo, u/, 1 dittongo fonologico comune ai dialetti rf, ê /eÈ/, e i 4 dittonghi fonologici propri äi, åu; Ei, Eu /Ei, √u; Èi, Èu/ (il punto e virgola serve qui a separare i diversi tipi di dittonghi). Esempi: /i/ /e/ /ee/ /E/ /EE/ /a/ /OO/ /O/ /o/ /oo/ /u/ ci§a, prit, pigra /'ciza, p'rit, 'pigra/ «chiesa, prete, pecora» dr"tt, cas"tt, l"tt /d'ret, ka'set, 'let/ «dritto, cassetti, letti» févra, méd, pérs /'feevra, 'meed, 'peers/ «febbre, mietere, perso» sècc, casètt, quèll /'sEk, ka'sEt, k'wEl/ «secco, cassetto, quello» lët, fradël, quël /'lEEt, fra'dEEl, k'wEEl/ «letto, fratello, qualcosa» gat, cavàl, sac, an /'gat, ka'val, 'sak, 'an/ «gatto/i, cavallo/i, sacco/hi, anno/i» böta, cöl, cöt /'bOOta, 'kOOl, 'kOOt/ «botta, collo, cotto» bòtta, ròss, ròtt /'bOta, 'rOs, 'rOt/ «bótte, rosso, rotto» br$tt, r$tt, r$ss, c$tt /b'rot, 'rot, 'ros, 'kot/ «brutto, rotti, russo/rossi, cotti» bóta, nóv, scóla /'boota, 'noov, s'koola/ «saracinesca, nuovo, scuola» cug, fug, fura /'kug, 'fug, 'fura/ «cuoco, fuoco, fuori» /eÈ/ mêl, pêl, mêr, pên, richêm /'meÈl, 'peÈl, 'meÈr, 'peÈn, ri'keÈm/ «male, palo, mare, pane, ricamo» /Ei/ /√u/ /Èi/ /Èu/ mäila, päil, säira /'mEila, 'pEil, 'sEira/ «mela, pelo, sera» cåuda, fiåur, såura /'k√uda, 'fj√ur, 's√ura/ «coda, fiore, sopra» amEig, fEil, pEil /a'mÈig, 'fÈil, 'pÈil/ «amico, filo, peli» bEu§, nEud, fiEur /'bÈuz, 'nÈud, 'fjÈur/ «buco, nudo, fiori». 2.2. Come i dialetti rf, il sarsinate, il cesenate e il riminese, anche il santarcang. ha /i, a, u/ accentate sempre lunghe (® §!1.4). 728 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Al pari del cesenate e del riminese, ma diversamente dai dialetti rf, il santarcang. ha opposizione fonologica tra le vocali lunghe /ee, EE, OO, oo/ e le brevi /e, E, O, o/: mél /'meel/ ('meÙl) «miele» V m"ll /'mel/ ('mÙl:) «1000», quël /k'wEEl/ (k'√E™l) «qualcosa» V quèll /k'wEl/ (k'√Äl:) «quello», böta, röca /'bOOta, 'rOOka/ ('bOøtx, 'rOøkx) «botta, rocca (fortificata)» V bòtta, ròcca /'bOta, 'rOka/ ('bùt:x, 'rùk:x) «bótte, rocca (per filare)», e cór /e'koor/ (Ù'koPr) «il cuore» V e c$rr /e'kor/ (Ù'kPr:) «corre», ecc. Sia il cesenate di Porta Santi che il riminese mancano dei dittonghi rf /eÈ, oÈ/, mentre il sarsinate e il santarcang. hanno il primo, /eÈ/, anche se con articolazione diversa, più «piatta», rispetto al tipico (eÉ) dei dialetti rf: sars. (ÉE è ÄE) (nella frazione di Careste anche (åÄ)), santarcang. (EÉ è ÄÉ è πÉ), ® figura 3 e §!8.8. Figura!3!- Il fonema /eÈ/ a Santarcangelo nei quattro parlanti analizzati. Per tutti, la realizzazione primaria è (EÉ), ma sono possibili anche altre articolazioni (in grigio), che nel campione dato ricorrevano in genere davanti a /l/ (o, con minore scarto, a /ö/). Questa distribuzione è stata indicata in figura ma, data la variabilità delle realizzazioni 729 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 dei dittonghi santarcangiolesi, sembra meglio considerare che il fonema /eÈ/ possa avere le realizzazioni (EÉ è ÄÉ è πÉ) in variazione più o meno libera. Figura!4!- Il fonema /EE/ a Santarcangelo nei quattro parlanti analizzati. 2.3. Come si vede dalle figure, la differenza fonetica tra ê /eÈ/ (EÉ) e ë /EE/ (E™) non è tanto netta in santarcang., essendo le rispettive articolazioni molto più vicine di quanto non accada coi corrispondenti fonemi rf ê /eÈ/ (eÉ) e ë /EÈ/ (πE) (® Vitali 2009, §!2.1). Eppure, nonostante certe grafie semplificate usino il grafema è per entrambi i fonemi (® §!6.5), i santarcangiolesi distinguono benissimo fra sêla /'seÈla/ «sala» e sëla /'sEEla/ «sella», proprio come i ravennati e i forlivesi. Anzi, molti scrivono o descrivono /eÈ/ come se fosse estremamente differenziato da /EE/, addirittura come se fosse /oE/: per Fucci 1989, p.!103, ê è una «vocale dittongata il cui primo suono (evanescente) è una o e il secondo una e aperta»; se 730 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 però questo autore, riconoscendo che si tratta del fonema evolutivamente parallelo a quello tipico dell'area ravennate-forlivese, scrive ê come si fa nei dialetti rf, Giuliana Rocchi lo scriveva oe (nelle opere pubblicate oè, ® Bellosi 2005, p.!125), con un accorgimento graficamente disinvolto ma in linea col sentire dello stesso Fucci. Ecco come spiegheremmo la cosa. In alcune parti della Romagna, e contrariamente all'italiano o al bolognese, le consonanti labiali /m, p, b, f, v/ possono avere un trattamento fonetico particolare. In zona riminese, e anche in santarcangiolese, ci può essere un arrotondamento labiale aggiuntivo anche molto evidente, per cui anziché (m, p, b, f, v) si ha spesso (m, P, b, F, v): ad es., in santarcang. mêl, päil, böta, fEil, vaca /'meÈl, 'pEil, 'bOOta, 'fÈil, 'vaka/ «male, pelo, botta, filo, mucca» si pronunciano ('mEÉl, 'pÄil, 'bOøtx, 'f~il, 'vÅåkx) ma anche, e più spesso, ('mEÉl, 'PÄil, 'bOøtx, 'F~il, 'vÅåkx). Nel dialetto rf di Lavezzola, fra le consonanti labiali e il fonema ã /'/ si può avere come elemento di transizione l'approssimante velare non-arrotondato (µ) (ossia (w) senza intervento delle labbra), che accorcia la realizzazione del fonema /'/, per cui si ha (µ≈) anziché (≈≈), es. mãma, i mãgna, fãm /'m'ma, i'm' Na, 'f'm/ ('mµ≈må, Û'mµ≈Nå, 'fµ≈m) «mamma, mangiano, fame». In santarcang. si può inserire un approssimante velare (per la precisione, il semi-approssimante velare (j), cioè un (w) meno marcato) fra le consonanti labiali e il fonema ê /eÈ/, per cui mêl, pêl, mêr /'meÈl, 'peÈl, 'meÈr/ «male, palo, mare», oltre a ('mEÉl, 'pEÉl, 'mEÉr) oppure ('m EÉl, 'PEÉl, 'mEÉr), si pronunciano anche (m'jEÉl, p'jEÉl, m'jEÉr) o (m'jEÉl, P'jEÉl, m'jEÉr) secondo un procedimento analogo, anche se con distribuzione diversa, a quello lavezzolese: in pratica, queste parole si potrebbero anche trascrivere fonologicamente /m'weÈl, p'weÈl, m'weÈr/. Dalla posizione dopo consonante labiale, il fenomeno si può trasferire anche ad altri casi, ed ecco che la distinzione fra sêla /'s(w)eÈla/ (s'jEÉlx) «sala» e sëla /'sEEla/ ('sE™lx) «sella» diventa chiarissima. A questo punto, non appare strano che una pronuncia in cui /eÈ/ (EÉ) è preceduto da un elemento labializzato aggiuntivo (per arrotondamento di /m, p, b, f, v/ oppure per inserimento di /w/) lo faccia interpretare, ad es. da G.!Rocchi e G.!Fucci, come /oE/. Si può anche argomentare che questo fenomeno, data la frequenza delle parole in cui /eÈ/ è preceduto da C labiale, abbia contribuito alla conservazione del fonema /eÈ/, che è invece sparito in varie località dei dintorni, confluendo con /EE/ cui, senza la labializzazione, tanto somiglierebbe (® §!8.8). 2.4. Diversamente dai dialetti rf, ma come in cesenate e riminese, il santarcang. non ha vocali nasali. 731 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 In Vitali-Pioggia 2010, § § !1.2 e 2.2, si argomenta che un tempo, probabilmente, le vocali nasali avrebbero caratterizzato anche la Romagna orientale ma sarebbero poi retrocesse a favore di un sistema di vocale o dittongo orale + N, analogamente a quanto accaduto in bolognese (® Vitali 2008): in effetti, dell'inventario dei fonemi vocalici riminesi fanno parte anche i dittonghi fonologici /Ei, Ou/, che ricorrono solo davanti a consonante nasale, es. zèint, tèinp, galèina /'†Eint, 'tEinp, ga'lEina/ «100, tempo, gallina», limòun, s-ciafòun, padròuna /li'mOun, sca'fOun, pad'rOuna/ «limone, schiaffone, padrona». Il cesenate ha il dittongo fonologico /ai/, che ricorre solo davanti a!N, es. cäin, päinza, väina, mäint, muläin, faräina /'kain, 'pain†a, 'vaina, 'maint, mu'lain, fa'raina/ «cane, pancia, vena, mente, mulino, farina»: come si vede, si tratta di un succedaneo di -an-, -én-, -ino, -ina. Inoltre, il cesenate ha /Ei, Ou/ in corrispondenza di é, ó del latino volgare in sillaba non-caudata (perlomeno nella parlata di Porta Santi, mentre altre non presentano, oggi, questi dittonghi): mèil, pèil, sèira /'mEil, 'pEil, 'sEira/ «melo, pelo, sera», fiòur, sòul, sòura, padròun /'fjOur, 'sOul, 'sOura, pad'rOun/ «fiore, sole, sopra, padrone». 2.5. Il santarcang. porta questa tendenza alla dittongazione ancora oltre: manca sì di /ai/, ma ha dittongato é, ó lat. volg. di sill. non-caudata come il cesenate di Porta Santi, e persino i, u lat. volg. di sillaba non-caudata. Certo, oltre al cesenate e al santarcang., presentano dittonghi «bassi» provenienti da é, ó anche diversi altri dialetti dell'Emilia-Romagna (come il bolognese, il comacchiese e il reggiano, in particolare il quartiere popolare di Santa Croce e i paesi di Scandiano e di Arceto, fino a Sassuolo, in provincia di Modena e diocesi di Reggio, ® Vitali 2008, §!3.6), ma i due dittonghi «alti» provenienti da i,!u sono una specificità di Santarcangelo e dintorni, se si eccettua il caso delicato di Castel Guelfo di Bologna (® Vitali 2008, §!4.6 della versione pubblicata su ianua; il riferimento a quel dialetto è stato cancellato dalle versioni successive in attesa di completare uno studio specifico sulla campagna orientale bolognese). Si tratta di un fenomeno piuttosto interessante, che il santarcangiolese vero e proprio condivide con i suoi dintorni. Così infatti scriveva Schürr 1974, p.!31: «in una striscia [...] che va da Gatteo, S. Mauro-Pascoli, Savignano, S. Arcangelo, Borghi e Verucchio e lungo le falde del Titano a Torre Pedrera [...] ai dittonghi da ù, ò s'aggiungono quelli da í, ú (mais, fjaur - amëig, möur = muro ecc.)». Molari 1937, p.!2 parla del «comune di Santarcangelo, S.!Mauro Pascoli, Savignano sul Rubicone, Borghi, Poggio Berni, Scorticata, Verucchio, Sogliano al Rubicone e alcune frazioni del comune di Rimini, quali Bellaria, Igea Marina 732 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 (Bordonchio), S.!Giustina, Corpolò», tutti luoghi in cui si usano i 4 dittonghi che lui a p.!38 trascrive ai, åu, $i, éu. La situazione poi è ancor più complessa di quel che lasciano trasparire queste trascrizioni, poiché le realizzazioni di questi 4 dittonghi cambiano da un paese all'altro e anche da un parlante all'altro, con notevoli oscillazioni anche presso lo stesso parlante, come mostrano le figure che seguono. 733 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 5 - I dittonghi «bassi» da é, ó a Santarcangelo nei quattro parlanti analizzati. I segnalini quadrati indicano vocali non-arrotondate, quelli tondi vocali arrotondate. Le realizzazioni indicate dopo punto e virgola sono meno frequenti. 734 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 735 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 6 - I dittonghi «alti» da i, u a Santarcangelo nei quattro parlanti analizzati. I segnalini quadrati indicano vocali non-arrotondate, quelli romboidali vocali parzialmente arrotondate, quelli tondi vocali arrotondate. Anche qui, le realizzazioni indicate dopo punto e virgola sono meno frequenti. Come per /eÈ/, anche in questo caso alcune articolazioni alternative nel campione dato ricorrevano in genere davanti a /ö/. Questa distribuzione è stata indicata in figura ma, data la variabilità dei dittonghi santarcangiolesi, sembra meglio considerare che i fonemi /Èi, Èu/ possano avere diverse realizzazioni in variazione più o meno libera. 2.6. Cominciamo dai dittonghi alti Ei, Eu /Èi, Èu/. Come si può vedere dalla loro rappresentazione grafica, sono piuttosto instabili: il primo elemento di /Èi/ può essere anteriore, centrale o posteriore, o ancora non-arrotondato, semi-arrotondato o arrotondato, e il primo elemento di /Èu/ può essere anteriore o centrale, o ancora non-arrotondato, semi-arrotondato o arrotondato, anche nello stesso parlante. La frequenza dei suoni «di tipo schwa», come appunto lo schwa semiarrotondato (~), ma anche la presenza di altre vocali centrali (semi-)arrotondate o no (eventualmente più avanzate come (Ù, ,), o più arretrate come (∑), o più basse come (Ï) ecc.), consigliano di adottare E /È/ per la trascrizione ortografica e fonemica del primo elemento di entrambi i dittonghi. Va osservato che la presenza del semi-arrotondamento, complicando l'articolazione del primo elemento del dittongo, dà un'impressione più di triplicità che di duplicità, come se fosse /wÈi, wÈu/ anziché semplicemente /Èi, Èu/. L'impressione è rafforzata dopo consonante labiale (arrotondata): amEig, capEi, fEig, fEil, vEidar, vEint, vEita; anvEud, bivEuda, fEuran, fiEur, mEur /a'mÈig, ka'pÈi, 'fÈig, 'fÈil, 'vÈidar, 'vÈint, 'vÈita; an'vÈud, bi'vÈuda, 'fÈuran, 'fjÈur, 'mÈur/ (x'm~ig, kx'P~i, 'F~ig, 'F~il, 'v~idxr, 'v~i£t, 'v~itx; x£'v~ud, bi'v~udx, 'F~urx£, 'Fj~ur, 'm~ur) «amico, capito, fico, filo, vetri, 20, vita; nipoti, bevuta, forni, fiori, muro». 736 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 2.7. Come si vede dalla figura 5, anche i dittonghi bassi äi, åu /Ei, √u/ hanno realizzazioni diverse a seconda dei parlanti, ma in modo un po' più sistematico, dovuto in parte a questioni geografiche: è sentire comune che il dittongo da ó sia au nella zona alta e òu nella zona bassa della cittadina (® §!0.2), e infatti G.!Rocchi, delle contrade, scriveva udàur «odore» (® Bellosi 2005, p.!124), mentre G.!Fucci scrive udòur. A riprova di ciò, la figura mostra bene che la nostra parlante delle contrade pronuncia (au) (oltre a (Øu)), mentre Fucci ha soprattutto (ùu) (e solo occasionalmente (√u)). Poiché comunque in tutti i parlanti c'è convivenza tra realizzazioni nonarrotondate ((au, √u)) e arrotondate ((ùu, Øu, ∏u)), la trascrizione ortografica e fonemica più adatta per il dittongo da ó sembra å u /√u/, per dar conto dell'indecisione tra au /au/ cui rimanderebbe (au) e /Ou/ òu cui rimanderebbero (ùu, Øu, ∏u) (quanto a (√u), rimanda proprio a åu /√u/, come nel caso del bolognese). Analogamente, per il dittongo da é abbiamo come possibili realizzazioni (åi), che rimanderebbe a ai /ai/, oppure (Äi) o (Ei) che rimanderebbero a èi /Ei/, anche nello stesso parlante, per cui sembra opportuno scegliere come trascrizione ortografica äi, che indica la presenza di entrambe le possibilità, e come trascrizione fonemica /Ei/, per i motivi evolutivi spiegati al §!8.6. 3. Le vocali nei dintorni di Santarcangelo 3.1. Il dialetto di San Mauro Pascoli ha 16 elementi, ossia le 11 vocali orali i, ", é, è, ë, a, ö, ò, $, ó, u /i, e, ee, E, EE, a, OO, O, o, oo, u/, 1 dittongo fonologico comune ai dialetti rf, ê /eÈ/ (che è però in via di sparizione, ® §!8.8), e i 4 dittonghi fonologici propri åi, òu; $i, "u /√i, Ou; oi, eu/. Figura!7!- I dittonghi bassi da é, ó a San Mauro Pascoli. 737 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 8 - I dittonghi alti da i, u a San Mauro Pascoli. Rispetto al santarcang., sono piuttosto diversi i dittonghi non-rf: a livello fonetico, come si vede in particolare dalla figura 8, sono costituiti da elementi più «chiari», meno «barocchi» di quelli santarcangiolesi, ossia più facilmente associabili a vocali immediatamente riconoscibili. A livello fonologico vale la stessa osservazione per il fatto che si hanno /e, o/ anziché /È/, con la notevole particolarità che il dittongo alto proveniente da i del latino volgare è /oi/, col primo elemento posteriore, mentre quello proveniente da u lat. volg. è /eu/, col primo elemento anteriore: in pratica, sono «incrociati» rispetto alla situazione originaria, dal momento che i è anteriore e u posteriore. Questo incrocio delle articolazioni, che vedremo in altre località dell'area, è dovuto certo a dissimilazione, fenomeno che colpisce spesso i dittonghi (un caso classico è dato dal francese antico, in cui é, ó dettero dapprima ei, ou fino ad evolversi in oi, eu; nei secoli la pronuncia è cambiata ma la grafia è rimasta, fino agli odierni moi, fleur /'mwa, 'fl§K/ «me, fiore»). Vediamo alcuni esempi per i dittonghi sammauresi, da confrontare con quelli santarcangiolesi appena visti: måila, påil, såira /'m√ila, 'p√il, 's√ira/ «mela, pelo, sera», còuda, fiòur, sòura /'kOuda, 'fjOur, 'sOura/ «coda, fiore, sopra»; am$ig, f$il, p$il /a'moig, 'foil, 'poil/ «amico, filo, peli», b"u§, n"ud, fi"ur /'beuz, 'neud, 'fjeur/ «buco, nudo, fiori». Si noti che anche il dittongo da é lat. volg. è un po' «scivolato all'indietro»: accanto alla realizzazione piuttosto «netta» (ai), che si ottiene facilmente per abbassamento di un originario /Ei/ (com'è accaduto in bolognese, ®!Vitali 2008), si ha la realizzazione più frequente (ùI), laddove (ù) corrisponde a una a più arretrata e con arrotondamento labiale, cioè quasi una ò molto aperta (Gianfranco Miro Gori scrive òi, ®!§!7.1). 738 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 3.2. Il dialetto di Savignano sul Rubicone ha 15 elementi, ossia le 11 vocali orali i, ", é, è, ë, a, ö, ò, $, ó, u /i, e, ee, E, EE, a, OO, O, o, oo, u/ e i 4 dittonghi fonologici òi, òu; "i, $u /Oi, Ou; ei, ou/. Figura 9 - I dittonghi bassi da é, ó a Savignano sul R. nei due parlanti analizzati. 739 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 10 - I dittonghi alti da i, u a Savignano sul R. nei due parlanti analizzati. Rispetto al santarcang., in savignanese manca /eÈ/ (confluito in /EE/: mël, pël, mër, pën, richëm /'mEEl, 'pEEl, 'mEEr, 'pEEn, ri'kEEm/ «male, palo, mare, pane, ricamo»); inoltre i dittonghi alti sono «netti» come quelli di San Mauro, ma non sono «incrociati»: sono infatti i normali /ei, ou/, che ci si può aspettare dalla dittongazione di i, u del latino volgare. Per le realizzazioni effettive, oltre al nostro informatore principale, Luciano Rinaldi, abbiamo potuto ascoltare anche lo zio Gino Caprili che, essendo nato nel 1910, quasi tre decenni prima del nipote, ci ha consentito di verificare se il savignanese abbia ripiegato in tempi recenti su dittonghi alti più riconoscibili o se invece la nettezza delle realizzazioni sia tradizionale e se sia dunque stato il santarcangiolese che, partendo da un'antica situazione comune a tutta l'area dei dittonghi, abbia poi, col tempo, sviluppato un proprio sistema più «barocco». Come si vede dalla figura 10, sembra giusta la seconda ipotesi: infatti i dittonghi alti del parlante savignanese più anziano, pur se un po' diversi da quelli del 740 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 nipote, non sono affatto più «strani» o più «barocchi», e sembrano piuttosto rientrare in una variazione individuale, anziché storica. Notiamo poi che in savignanese è incrociato il dittongo da é, soprattutto nel parlante principale, il quale ha sistematicamente (ùI) e quando scrive usa òi, qui trascritto fonemicamente /Oi/; il parlante più anziano può avere (∏i) oppure (åi), qui trascritti /√i/ come s'è fatto anche per San Mauro. In pratica, l'odierna situazione savignanese per il dittongo da é sembra portare a compimento un'evoluzione ancora in corso in sammaurese. Diamo ora gli esempi per i dittonghi savignanesi, da confrontare con quelli santarcangiolesi e sammauresi appena visti: mòila, pòil, sòira /'mOila, 'pOil, 'sOira/ «mela, pelo, sera», còuda, fiòur, sòura /'kOuda, 'fjOur, 'sOura/ «coda, fiore, sopra»; am"ig, f"il, p"il /a'meig, 'feil, 'peil/ «amico, filo, peli», b$u§, n$ud, fi$ur /'bouz, 'noud, 'fjour/ «buco, nudo, fiori». 3.3. Il dialetto di Gambettola presenta condizioni savignanesi: manca di /eÈ/ ma ha i dittonghi /Oi, Ou; ei, ou/. 3.4. Il dialetto di Poggio Berni ha 16 elementi, ossia le 11 vocali orali i, ", é, è, ë, a, ö, ò, $, ó, u /i, e, ee, E, EE, a, OO, O, o, oo, u/, 1 dittongo fonologico comune ai dialetti rf, ê /eÈ/, e i 4 dittonghi fonologici propri òi, åu; $i, "u /Oi, √u; oi, eu/. Figura 11 - I dittonghi bassi da é, ó a Poggio Berni. 741 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 12 - I dittonghi alti da i, u a Poggio Berni. Come a San Mauro, e diversamente da Savignano, c'è /eÈ/; i dittonghi da i e da u sono incrociati, come a San Mauro; il dittongo da é è arretrato e arrotondato al punto che lo possiamo trascrivere foneticamente /Oi/ come a Savignano, quello da ó è meglio scriverlo /√u/ in ragione delle sue oscillazioni, come a Santarcangelo. Esempi dei dittonghi poggiobernesi: mòila, pòil, sòira /'mOila, 'pOil, 'sOira/ «mela, pelo, sera», cåuda, fiåur, såura /'k√uda, 'fj√ur, 's√ura/ «coda, fiore, sopra»; am$ig, f$il, p$il /a'moig, 'foil, 'poil/ «amico, filo, peli», b"u§, n"ud, fi"ur /'beuz, 'neud, 'fjeur/ «buco, nudo, fiori». 4. Il continuum fra Cesena e Santarcangelo Ritenuti una caratteristica dei dialetti di Santarcangelo e dintorni (®!la distribuzione geografica secondo Schürr data al §!2.5), i dittonghi da i e da u si ritrovano in realtà anche in comune di Cesena: non in città, dove già la presenza dei dittonghi da é, ó è contrastata (si ritrova cioè tipicamente nella parlata di Porta Santi, ma non in alcune altre), bensì in una frazione collinare come Calisese, nonché in una posta proprio sulla Via Emilia (a est della città, vicino a Gambettola) come Case Missiroli. Queste due località, in cui si usano due parlate dello stesso dialetto, rappresentano l'anello di congiunzione fra l'area cesenate e quella santarcangiolese all'interno della Romagna orientale. Vediamone l'inventario dei fonemi vocalici. Il dialetto di Calisese ha 16 elementi, ossia le 11 vocali orali i, ", é, è, ë, a, ö, ò, $, ó, u /i, e, ee, E, EE, a, OO, O, o, oo, u/ e i 5 dittonghi fonologici äi; èi, òu; "i, $u /ai; Ei, Ou; ei, ou/. 742 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 13 - Il dittongo da a, e, i + N a Calisese: (åi) è più frequente di (Äi). Figura 14 - I dittonghi bassi da é, ó a Calisese. Figura 15 - I dittonghi alti da i, u a Calisese. 743 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Esempi: /i/ /e/ /ee/ /E/ /EE/ /a/ /OO/ /O/ /o/ /oo/ /u/ /ai/ /Ei/ /Ou/ /ei/ /ou/ ci§a, prit, pigra /'ciza, p'rit, 'pigra/ «chiesa, prete, pecora» dr"tt, cas"tt, l"tt /d'ret, ka'set, 'let/ «dritto, cassetti, letti» févra, méd, pérs /'feevra, 'meed, 'peers/ «febbre, mietere, perso» sècc, casètt, quèll /'sEk, ka'sEt, k'wEl/ «secco, cassetto, quello» lët, fradël, quël, ghët, cavël, sëc, mël, pël, mër /'lEEt, fra'dEEl, k'wEEl, 'gEEt, ka'vEEl, 'sEEk, 'mEEl, 'pEEl, 'mEEr/ «letto, fratello, qualcosa, gatti, cavalli, sacchi, male, palo, mare» gat, cavàl, sac, an /'gat, ka'val, 'sak, 'an/ «gatto, cavallo, sacco, anno» böta, cöl, cöt /'bOOta, 'kOOl, 'kOOt/ «botta, collo, cotto» bòtta, ròss, ròtt /'bOta, 'rOs, 'rOt/ «bótte, rosso, rotto» br$tt, r$tt, r$ss, c$tt /b'rot, 'rot, 'ros, 'kot/ «brutto, rotti, russo/rossi, cotti» nóv, scóla, cór /'noov, s'koola, 'koor/ «nuovo, scuola, cuore» cug, fug, nuv /'kug, 'fug, 'nuv/ «cuoco, fuoco, nuovi» cäin, bäin, täimp, däint, väin, faräina, präima /'kain, 'bain, 'taimp, 'daint, 'vain, fa'raina, p'raima/ «cane, bene, tempo, dente, vino, farina, prima» mèila, pèil, sèira /'mEila, 'pEil, 'sEira/ «mela, pelo, sera» còuda, fiòur, sòura /'kOuda, 'fjOur, 'sOura/ «coda, fiore, sopra» am"ig, f"il, p"il /a'meig, 'feil, 'peil/ «amico, filo, peli» b$u§, n$ud, fi$ur /'bouz, 'noud, 'fjour/ «buco, nudo, fiori». Rispetto al santarcang., manca /eÈ/, come in cesenate, e si aggiunge il dittongo ante-nasale /ai/, sempre come in cesenate. D'altra parte, rispetto al cesenate ci sono i dittonghi alti come in santarcang. e dintorni (e non sono «incrociati», proprio come in savignanese), e ci sono le opposizioni di lunghezza /ee/ V /e/ e /oo/ V /o/, sempre come in santarcangiolese: Calisese e Case Missiroli rappresentano cioè un anello di congiunzione fra le due aree, con un certo continuum laddove sembrava ci fosse netta rottura. 5. Le consonanti di Santarcangelo e dintorni L'inventario dei fonemi consonantici nei dialetti fin qui incontrati è a 22 elementi, gli stessi di rf, cesenate e riminese: /m, n, N÷ p b, t d, k g÷ f v, † ∑, s z÷ c G÷ j, w÷ r÷ l, L/. 744 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 In effetti, l'unico a distinguersi fra i dialetti romagnoli fin qui studiati è il sarsinate, che ha 24 elementi, poiché a quelli visti vanno aggiunti /©, á/ (®!Vitali 2009, §!3.4), tipici dei dialetti emiliano-romagnoli parlati più in quota. 6. La grafia del santarcangiolese 6.1. Come s'è detto al §!1.2, quest'articolo utilizza l'Ortografia Romagnola Comune (orc), costituitasi col tempo nella Romagna occidentale (con alcune modifiche per quanto riguarda le vocali nasali e la quantità consonantica automatica, ®!Vitali 2009, §§!2.2 e 2.4) e poi estesa alla Romagna orientale nel corso degli studi fatti sul sarsinate (Vitali 2009, §§!3.1 e segg. e Pioggia 2011) e sul riminese (VitaliPioggia 2010), con gli opportuni accorgimenti per dar conto di sistemi fonologici diversi. 6.2. Applicata al santarcangiolese, l'orc dà il seguente sistema per le vocali accentate, cui va confrontato quello usato da Davide Pioggia nel resto del libro, nonché quello usato da Gianni Fucci ad es. nelle raccolte del 1989 e del 1996 citate in bibliografia (nei lavori precedenti usava è al posto di ê, nei lavori successivi userà êi al posto di éi): Fonema orc Pioggia Fucci /i/ /e/ /ee/ /E/ /EE/ /a/ /OO/ /O/ /o/ /oo/ /u/ i " é è ë a ö ò $ ó u ì ê é è è à ò ò ó ó ù i é é è è a ò ò ó ó u /eÈ/ ê ê ê (è) /Ei/ /√u/ /Èi/ /Èu/ äi åu Ei Eu äi åu Ei Eu ài òu éi (êi) éu 745 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 6.3. Come si vede, il sistema di D.!Pioggia, il quale si conta tra i fautori dell'orc (al di là della scelta di accentare sempre i, a, u, che è una delle possibilità previste dall'orc, anche se in casi come prit, gat, cug si può evitare essendo ovvia la sede dell'accento), concorda con quello usato in quest'articolo, con la sola grande differenza che, anziché ricorrere rispettivamente a ", é, è, ë per /e, ee, E, EE/ e a $, ó, ò, ö per /o, oo, O, OO/ come s'è fatto per il riminese, usa rispettivamente ê, é, è, è, ó, ó, ò, ò. Questa scelta si spiega con la volontà di rispettare il sistema usato dagli autori locali, a partire da G.!Fucci, i quali scrivono solo é, è, ó, ò lasciando al raddoppio grafico della consonante successiva la funzione di indicare le vocali brevi (®!la trattazione di Fucci 1996, p.!137, citata in Vitali-Pioggia 2010, §!2.1). Infatti, gli autori della Romagna orientale in genere non indicano in modo esplicito e diretto la lunghezza vocalica, pur sentendola meglio degli autori della Romagna occidentale. Pioggia rispetta quest'uso, aggiungendo però il diacritico di brevità per distinguere le brevi ê,!è, ó, ò /e, E, o, O/ dalle lunghe é, è, ó, ò /ee, EE, oo, OO/. 6.4. In quest'articolo invece si seguono in pieno le convenzioni dell'orc estesa alla Romagna orientale, già spiegate abbondantemente in occasione degli studi sopra citati riguardanti il sarsinate e il riminese, per cui l'unica novità è data dalla scrittura dei 4 dittonghi /Ei, √u; Èi, Èu/, con la proposta del sistema äi, åu; Ei, Eu seguito anche da D.!Pioggia. Per quanto riguarda i dittonghi alti /Èi, Èu/, l'uso di E per il primo elemento è logica conseguenza della scelta di trascrivere fonemicamente con /È/ l'ampia gamma di suoni indicati alla figura 6 e al §!2.6. In effetti /È/ viene spesso usato in ì per le vocali un po' indistinte, e il corrispondente di /È/ per le vecchie trascrizioni glottologiche è proprio E; questo grafema ha anche il merito di ricordare le trascrizioni schürriane éï, éu, in cui il segno é voleva indicare una e chiusa abbastanza arretrata, riprese in versione semplificata dagli AA.VV. 1986, i quali propongono fl (anche se solo per il dittongo da u). Coi computer moderni il grafema E si può ottenere abbastanza facilmente, tuttavia chi avesse difficoltà può rivolgersi a D.!Pioggia tramite il sito www.dialettiromagnoli.it o a D.!Vitali tramite il sito www.bulgnais.com. Per quanto riguarda i dittonghi bassi /Ei, √u/, le notazioni ortografiche più opportune sembrano essere äi, åu, come s'è detto al §!2.7 e come si vedrà meglio al §!8.6. 746 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 6.5. Vediamo infine come scrivevano i dittonghi Tonino Guerra e Raffaello Baldini (ricorrendo a due tra le loro ultime pubblicazioni prima delle rispettive scomparse, ® bibliografia): Fonema orc Guerra Baldini /eÈ/ ê è è /Ei/ /√u/ /Èi/ /Èu/ äi åu Ei Eu ài òu ói éu ài òu éi éu Come si vede, né Guerra né Baldini usavano un segno a sé per /eÈ/, per cui non distinguevano graficamente tra questo e gli altri due fonemi /E, EE/, tutti scritti è. Più che l'indicazione di un'assenza di questo fonema nel loro modo di parlare il dialetto, si tratta di scelte grafiche per semplificare la vita a sé e agli editori, scelte cui fortunatamente si è sottratto G.!Fucci. È vero che nel libro di Tonino Guerra si ringrazia «il poeta Gianni Fucci per il suo controllo della scritta in dialetto», ma questo controllo ortografico sarà comunque stato calibrato sulle scelte dell'autore, come indica chiaramente la notazione ói per /Èi/: infatti, come osserva Giuseppe Bellosi nella sua prefazione al presente volume, Guerra «nel corso degli anni ha modificato il proprio modo di scrivere», ossia «prima scrive muréi (‘morire'), poi murói, ovviamente senza che cambi la pronuncia» (® anche Bellosi 2005, p.!125). La grafia ói per /Èi/ era usata anche da G.!Rocchi (® Bellosi cit.), e questo uso di ói anziché éi si spiega probabilmente con la frequenza dei suoni (semi-)arrotondati usati per realizzare il dittongo /Èi/ (® §!2.6). Fra questi suoni, molti si usano anche per il dittongo /Èu/, ma lì, al contrario, l'aspettativa di un primo elemento arrotondato fa verosimilmente percepire il semi-arrotondamento come insufficiente a scrivere óu, tant'è vero che tutti, come s'è visto, scrivono éu, «incrociando» in qualche modo la resa grafica dei due dittonghi rispetto alla loro origine fonologica (ói da é, éu da ó). 747 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 7. Le grafie nei dintorni di Santarcangelo 7.1. Vediamo anche come sono scritti i dittonghi da é, ó e da i, u d e l sammaurese in orc e da Gianfranco Miro Gori: Fonema orc Gori /eÈ/ ê è /√i/ /Ou/ /oi/ /eu/ åi òu $i "u òi òu ói éu Anche Gori, al pari di Guerra e Baldini, non distingue fra /eÈ/ e /EE/, scrivendo entrambi con è (segno usato anche per /E/), ma nel suo caso, essendo di generazione successiva agli altri due autori, si tratta effettivamente di come pronuncia, non di una mera scelta semplificatoria (® §§!6.5 e 8.8). 7.2. Diamo anche i dittonghi del savignanese come sono scritti in orc e da Luciano Rinaldi, ripreso da D.!Pioggia nel resto del volume per ridurre la frequenza dei segni ",!$ (la grafia dell'autore ottocentesco Gino Vendemini, rispettata dall'edizione critica del 2001, non consente un confronto sicuro con la pronuncia del tempo): Fonema orc Rinaldi /Oi/ /Ou/ /ei/ /ou/ òi òu "i $u òi òu éi óu 748 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 7.3. Infine, ecco i dittonghi del poggiobernese come sono scritti in orc e da Rino Salvi (tra parentesi una variante precedente di quest'ultimo): Fonema orc Salvi /eÈ/ ê æ /Oi/ /√u/ /oi/ /eu/ òi åu $i "u òi àu ói (ôi) éu 8. Cenni sull'evoluzione fonetica del santarcangiolese 8.1. Il vocalismo del santarcangiolese è particolarmente complesso e interessante, ma in tutta l'Emilia-Romagna le vocali accentate sono state sottoposte a una rotazione vocalica che ha cambiato notevolmente il sistema rispetto a quello del latino volgare (® Vitali 2008). Riassumendo, dal latino classico al latino volgare si ebbero le seguenti evoluzioni: latino classico latino volgare I Ì E È A Å Ö O Û U | \/ | \/ | \/ | i é è a ò ó u A quel punto, nel passaggio al «proto-aemiliano» ci fu una differenziazione vocalica (secondo il termine Vokaldifferenzierung usato da Weinrich 1958), che portò ad allungare le vocali di sillaba non-caudata: lat. volg. sill. non-caudata proto-aemiliano i é è a ò ó u | | | | | | | /ii ee EE aa OO oo uu/ 749 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 lat. volg. sill. caudata proto-aemiliano i é è a ò ó u | | | | | | | /i e E a O o u/ 8.2. Successivamente, il proto-aemiliano cominciò a differenziarsi nei diversi dialetti emiliano-romagnoli, ciascuno dei quali trattò alla propria maniera le vocali così ottenute, in genere distinguendo fra quelle lunghe e quelle brevi. In secoli di evoluzione, di cui in questa sede si saltano i tanti passaggi intermedi, ecco cos'è successo al bolognese (davanti a consonanti diverse da N): proto-aemiliano bolognese proto-aemiliano bolognese /ii ee EE aa OO oo uu/ | | / \ | / \ | | /ii ai ii ee EE uu oo √u uu/ /i e E a O o u/ | | | | | | | /e a EE aa OO a o/ (I fonemi brevi /i, u; E, O/ sono poi rientrati per altre vie, per cui il bolognese conta oggi 16 fonemi vocalici accentati, ® Vitali 2008). 8.3. Ecco invece l'evoluzione del ravegnano (davanti a consonanti diverse da!N): proto-aemiliano ravegnano proto-aemiliano ravegnano /ii ee EE aa OO | | / \ | / \ /i e i e eÈ u oÈ /i e E \ / | /E EÈ oo uu/ | | o u/ a O o u/ | | \ / a OÈ O/ (Come s'è detto al §!1.4, in ravegnano /i, a, u/ stanno per vocali foneticamente lunghe: (ii, aå, uu); lo stesso vale per /e, o/, che sono (eÙ, oP) oppure (ee, oo)). 750 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 8.4. Ed ecco l'evoluzione del santarcangiolese (davanti a consonanti diverse da!N): proto-aemiliano santarcang. proto-aemiliano santarcang. /ii ee EE aa OO oo uu/ | | / \ | / \ | | /Èi Ei i ee eÈ u oo √u Èu/ /i e E a O o u/ | | | | | | | /e E EE a OO O o/ (Anche in santarcang. /i, a, u/ stanno per vocali foneticamente lunghe: (ii, Åå, uu)). Come s'è già detto, la grande particolarità del santarcang. consiste nell'aver dittongato i, u di sillaba non-caudata lat. volg., ossia /ii, uu/ del proto-aemiliano, che sono invece rimasti invariati in bolognese e (interpretati fonemicamente come /i, u/) in ravegnano. A dire il vero, /ii, uu/ davanti a N hanno dittongato anche in bolognese e in tanti altri dialetti emiliano-romagnoli, es. bol. rustico galéina, lóuna /ga'leina, 'louna/ «gallina, luna» (da cui è poi venuto l'odierno bol. cittadino galé@na, ló@na /ga'le˙na, 'lo˙na/), ma appunto la particolarità di Santarcangelo e dintorni è aver dittongato /ii, uu/ in tutte le posizioni. L'interrogativo, forse, non è tanto perché il santarcangiolese abbia dittongato in buona sostanza tutte le vocali lunghe del proto-aemiliano, ma perché questa modalità di differenziazione vocalica non abbia riguardato anche gli altri dialetti regionali. 8.5. Comunque sia, stabilito che le vocali lunghe, essendo già dittonghi fonetici, possono facilmente dare dittonghi fonologici (® §!1.4), ecco cosa dev'essere successo in santarcang. e dintorni. È probabile che, in un primo momento, /ii, uu/ abbiano dato dittonghi abbastanza semplici, ottenuti abbassando il primo elemento, ossia quegli /ei, ou/ ancora presenti a Savignano e Calisese (® §§!3.2 e 4). Successivamente però la pronuncia labializzata di /m, p, b, f, v/ (® §§!2.3 e 2.6) causò un arrotondamento del primo elemento di /ei/, che dovette portare anche a un suo arretramento: è la situazione odierna del santarcang. nei parlanti che hanno (~i) e (êi) (® figura 6). Questo arretramento del primo elemento di /ei/ causò, per simmetria, un avanzamento del primo elemento di /ou/, fino alla situazione odierna del santarcang. 751 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 nei parlanti che hanno (êu), nonché un suo dearrotondamento in (~u), tutte realizzazioni possibili oggi nella cittadina: erano così nati i santarcangiolesi /Èi, Èu/. L'esportazione di questo spostamento nei dintorni, dove non era endogeno, come non lo è la pronuncia labializzata di /m, p, b, f, v/ (perlomeno non così frequentemente ed evidentemente), ha dato luogo a pronunce più semplificate, come /oi, eu/ di San Mauro e Poggio Berni: in effetti, poiché un dittongo anteriore col primo elemento semi-arrotondato sembra più arrotondato del normale e uno posteriore col primo elemento dearrotondato sembra meno arrotondato del normale, (~i, ~u) si prestavano abbastanza bene ad essere interpretati come /oi, eu/. Al §!6.5 abbiamo visto che è proprio in questo modo che si spiegano le scelte ortografiche degli stessi autori di Santarcangelo. A questo punto si può anche formulare un'ipotesi per spiegare perché i dittonghi alti santarcangiolesi siano foneticamente così oscillanti da un parlante all'altro e nello stesso parlante, con realizzazioni sommamente incrociate come (5i) per /Èi/ oppure (™u) per /Èu/ (® figura 6): sembra trattarsi di un precario equilibrio fra le realizzazioni dei centri circostanti, nonché di un camuffamento confuso per non scegliere troppo nettamente fra i dittonghi «normali» /ei, ou/ e quelli «incrociati» /oi, eu/. 8.6. Se la dittongazione di /ii, uu/ del proto-aemiliano è una peculiarità di Santarcangelo e dintorni, la dittongazione di /ee, oo/ del proto-aemiliano è invece piuttosto diffusa in Emilia-Romagna. In bolognese, come si vede dallo schema del §!8.2, si sono avuti gli sviluppi /ee=ai/ e /oo=√u/, coi passaggi intermedi /ee=Ei=ai/ e /oo=Ou=√u/ (® Vitali 2008): latino classico nÌve(m ) = latino volgare néve = proto-aemiliano /'neeve/ = bolognese /'neev='nEiv='naiv/ naiv ('nåÛÑ) «neve»; latino classico sOle(m) = latino volgare sóle = proto-aemiliano /'soole/ = bolognese /'sool='sOul='s√ul/ såul ('Ç√¯l) «sole». Il comacchiese è andato anche oltre rispetto al bolognese, arrivando ad /ai, au/ (® Canepari 2007, §!16.32). In Romagna occidentale /ee, oo/ si mantengono (interpretati foneticamente come /e, o/), ma con la possibilità che, accanto a realizzazioni fonetiche sdoppiate come (ee, oo) o comunque non-estese come (eÙ, oP), si pronuncino (™i, øu), come avviene a San Zaccaria (® Vitali 2009, §!2.1). 752 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Anche in santarcang. ci dev'essere stata una fase iniziale di allontanamento fra i due elementi di ciascun dittongo, come (eI, oU), poi passata a una fase con allontanamento ancor maggiore, del tipo appunto di (™i, øu), fino a dare /Ei, Ou/, realizzati rispettivamente (Äi, Ei) e (∏u, Øu, ùu) o (√u). La centralizzazione di realizzazioni come (Ä, ù) rispetto a (E, O) e il dearrotondamento di (√) rispetto a (∏) hanno causato una crescente confluenza delle realizzazioni in (åi, au), che a rigore sarebbero /ai, au/, come in comacchiese. La situazione santarcang. però è ancora molto incerta, per cui è sembrato opportuno adottare una soluzione di compromesso. Per il dittongo da é abbiamo scelto come trascrizione ortografica äi, che indica la possibilità di pronunciare sia (Äi) che (åi), e come trascrizione fonemica /Ei/, intendendo che le realizzazioni in (åi) sono un'oscillazione che potrebbe eventualmente aprire la strada a un fonema /ai/, com'è avvenuto in tante altre zone dell'Emilia-Romagna ma non ancora a Santarcangelo; per il dittongo da ó abbiamo scelto come trascrizione ortografica åu, che indica la possibilità di pronunciare sia (∏u, Øu, ùu) sia (√u, au) (e quindi, in particolare, la possibilità che non vi sia rotondità, senza escludere che vi sia), e come trascrizione fonemica /√u/, intendendo che le realizzazioni in (au) sono un'oscillazione che può eventualmente aprire la strada a un fonema /au/, com'è avvenuto in altre zone dell'Emilia-Romagna ma non ancora a Santarcangelo. 8.7. Come s'è visto al §!3, nei dintorni di Santarcangelo il dittongo da é è incrociato: abbiamo infatti /√i/ (ùI, ai) a San Mauro, /Oi/ (ùI) oppure /√i/ (åi, ∏i) a Savignano e /Oi/ (∏i, ØI) a Poggio Berni. In questa situazione, e analogamente a quanto visto per i dittonghi alti, /√i/ sembra una fase intermedia sul cammino che porta a /Oi/. Va osservato che a Poggio Berni, sempre analogamente a quanto accaduto nel caso dei dittonghi alti santarcangiolesi, il dittongo da ó dearrotonda spesso il primo elemento, in risposta all'arrotondamento del primo elemento del dittongo da é. Quest'indecisione fra arretramento e avanzamento, arrotondamento e dearrotondamento si riscontra in altre zone della Romagna orientale: in sarsinate i precedenti fonemi /o, O/ sono infatti diventati /°, §/ (°, #) (® Vitali 2009, §!3.1, e Vitali-Pioggia 2010, §!1), ma il secondo può anche essere occasionalmente pronunciato (√), e d'altronde anche a San Mauro /O/ può essere (,). Infine, a Calisese i dittonghi bassi sono i normali /Ei, Ou/, in linea con la parlata orientale di Cesena, quella di Porta Santi. 8.8. Rimane da parlare dell'evoluzione di /eÈ/ che, come s'è visto al §!8.4, viene da /aa/ del proto-aemiliano, a sua volta derivato da a lat. volg. in sillaba noncaudata. 753 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Secondo Schürr 1974, questa a del lat. volg., che lui chiama « á!libera», sarebbe passata per una serie di trasformazioni successive, trascritte così: wa, äa, 'a, eæ, "æ (§!8). L'ultima fase è quella della «Romagna centrale», ossia Forlì, Faenza, Imola, Ravenna (con Lugo, arrivata addirittura a "), ed essendo quella più discosta dalla configurazione originaria sarebbe questa la zona della Romagna dove il fenomeno ebbe origine. Nelle zone periferiche, invece, si trovano ancora le fasi meno evolute, per esempio wæ, w, ä «con tali oscillazioni nella stessa parlata di Sarsina» (§!19). In effetti, s'è visto al §!2.2 di quest'articolo che, mentre i dialetti rf realizzano /eÈ/ come (eÉ), col primo elemento che è un vero e proprio e chiuso (il che spiega la trascrizione schürriana "æ), il sarsinate ha realizzazioni più vicine a e aperto e tendenti ad a, ossia (ÉE è ÄE è åÄ) ((åÄ) potrebbe essere wæ di Schürr: è un peccato che l'autore, dopo il disappunto tipografico del 1917, non abbia usato l'ipa almeno in questo lavoro, di 57 anni successivo!); lo stesso vale per il santarcangiolese, che ha (EÉ è ÄÉ è πÉ) ((ÄÉ è πÉ) potrebbero essere ä?). S'è visto alle figure 3 e 4 e ai §§!2.2 e 2.3 che la differenza fonetica tra ê /eÈ/ (EÉ) e ë /EE/ (E™) non è tanto netta in santarcang., e che questo dialetto probabilmente ha evitato il confluire dei due fonemi in un unico fonema /EE/ ricorrendo alla labializzazione. Lo stesso fenomeno si osserva nella frazione di San Vito. Poco lontano, a Rimini, la confluenza invece c'è stata, e il riminese quindi pronuncia «sala» e «sella» allo stesso modo, cioè sëla /'sEEla/. Però anche il riminese doveva un tempo avere /eÈ/, dal momento che in certi suoi dialetti rustici esiste ancora: si ritrova infatti in varie località della Valconca (® Vitali-Pioggia 2010, §!1). Sicuramente, la confluenza del capoluogo è dovuta ad articolazioni non abbastanza differenziate: a Viserba /eÈ/ (Ä™) riesce ad opporsi a /EE/ (ÉE) grazie a realizzazioni praticamente opposte, ma siamo sempre nello stesso spazio fonetico e una loro neutralizzazione non sarebbe impensabile. Considerando che le città hanno dialetti più evolutivi, non stupirà allora che la confluenza ci sia stata proprio a Rimini e Cesena, mentre ha saltato alcuni centri minori. Ecco infatti com'è la situazione: ha solo /EE/ Calisese, per influenza della vicina Cesena di cui è frazione, lo stesso dicasi di Case Missiroli, che per sovrammercato è posta sulla Via Emilia, veicolo privilegiato di trasmissione di tanti fenomeni da Est ad Ovest e da Ovest ad Est; hanno solo /EE/ anche Savignano e Gambettola, poste sulla Via Emilia, mentre /eÈ/ resiste a San Mauro, per quanto non in tutti i parlanti (è confluito in /EE/ nella parlata di Gianfranco Miro Gori e del padre, ma si trova ancora nella madre), e si trova saldamente a Poggio Berni, posta più in quota e in zona più periferica. 754 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 16 - Il fonema /EE/ a Calisese. Figura 17 - Il fonema /EE/ a Savignano sul Rubicone (Rinaldi). Figura 18 - I fonemi /eÈ/ e /EE/ a San Mauro Pascoli. 755 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Figura 19 - I fonemi /eÈ/ e /EE/ a Poggio Berni. 9. Conclusione Come s'è fatto precedentemente per il dialetto riminese, diamo la favoletta esopica «Il Vento di Tramontana e il Sole» in santarcangiolese, tradotta da Gianni Fucci e trascritta in orc da Davide!Pioggia (senza l'apostrofo dopo e articolo e pronome clitico, usato invece nel resto del libro). Il testo italiano e il sonoro della versione dialettale possono essere consultati sul sito www.dialettiromagnoli.it. E Vént ad Tramuntêna e e Såul Un dè i s aragn"vva la Tramuntêna e e Såul, l Eun pretend"nnd d ës piò fórt ad cl êlt, quand ch'i avd"tt un piligrEin, ch'l avn"vva Eulta gupléd t la caparëla. Alåura i du rivêl i decid"tt ch'e sar"bb stê piò fórt chi di dEu e f$ss stê capêzi ad fê cavê la caparëla d'indös m'e piligrEin. E vént e tach"tt a sufié fórt, mò piò e sufi"vva piò e piligrEin u s stran<"vva t la caparëla; ae pEunt che t l Eultum e póri vént e cn"tt arnunzié m'e su propó§it. Alåura e Såul u s mustrò t e zil e póc döp e piligrEin, ch'e sint"vva chêld, u s cavò la caparëla. Acsè la Tramuntêna la f$ custrètta a arcnòss che e Såul l "rra piò fórt ad lì. 756 Daniele Vitali e Luciano Canepari, «Santarcangelo di Romagna e i ‘dialetti dei dittonghi'», in: Davide Pioggia, Fonologia del santarcangiolese, Verucchio : Pazzini 2012 - versione del gennaio 2024 Bibliografia AA.VV. 1986, Regole fondamentali di grafia romagnola, Ravenna : M. Lapucci - Edizioni del Girasole Baldini Raffaello 2000, La nàiva. Furistír. Ciacri. 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