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L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di Antonio Tabucchi
Italies
Littérature - Civilisation - Société
N° spécial | 2007
Echi di Tabucchi / Échos de Tabucchi
Problèmes liés à l'engagement
L’attraente repulsione dei
totalitarismi. La verità antilirica
degli ultimi racconti di Antonio
Tabucchi
M
J
p. 281-298
https://doi.org/10.4000/italies.3723
Résumé
Dans une interview récente, Tabucchi affirme que le thème du totalitarisme exerce sur lui une
« attirante répulsion », au point qu’il lui consacre deux récits jusqu’alors inédits, I morti a tavola
et Il penoso caso del signor Silva da Silva e Silva, inclus dans le recueil des Racconti (2005). Il
ne s’agit pas d’une thématique nouvelle dans l’œuvre de l’auteur mais d’un paradoxe de la
dialectique qui passe de plus en plus de l’ambiguïté à l’ambivalence. Dans les dernières œuvres la
“répulsion attirante” se met à ronger non seulement ses protagonistes – la gangrène qui attaque
l’héroïsme de Tristano dans Tristano muore (2004) par exemple – mais l’auteur lui-même qui,
en se glissant dans le rôle du Pasolini corsaire, dans L’oca al passo (2006) se montre de plus en
plus intransigeant envers le “petit régime” de l’Italietta berlusconiana. Où est l’alternative si
l’élément binaire régit aussi bien la base anti-fasciste de la démocratie que la pensée des
nouveaux conservateurs ? Cette contribution se propose d’analyser comment Tabucchi, dans ses
écrits littéraires et journalistiques, cherche une réponse à cet “épineux dilemme” qui inquiétait
déjà les avant-gardes.
Entrées d’index
Mots-clés : Tabucchi (Antonio), totalitarisme
Index chronologique : XXe, XXIe
Texte intégral
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L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di Antonio Tabucchi
L’angoisse qui met son sceau sur la menace toujours imminente
du mourir ne masque-t-elle pas la joie de l’élan du vivre ?
(Paul Ricœur, La mémoire, l’histoire, l’oubli)
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Nel 2005 il volume Racconti pubblicato da Feltrinelli che contiene le raccolte del
decennio 1981-1991 – Il gioco del rovescio, Piccoli equivoci senza importanza e
L’angelo nero – inaugura il primo « luogo della memoria » sull’itinerario narrativo
tabucchiano. Ne sono indizi gli aggettivi « retrospettiva » e « celebrativa » che
accompagnano l’operazione. Nella definizione di Pierre Nora i luoghi della memoria
forniscono un massimo di senso in un minimo di segni1.
Se consideriamo la collezione dei Racconti il quadro adatto per dotare di un massimo
di senso il percorso di Tabucchi « venditore di storie » – ricordiamo anche
l’indimenticabile personaggio di Requiem (1991) che, rifiutato dagli editori perché non
segue le novità letterarie, vende le sue storie di cui non può fare a meno ai passanti –
allora la dovremmo concepire anche come un luogo della memoria a “doppio senso”.
Secondo Tabucchi, infatti, la letteratura non è « a senso unico, non è lineare e
progressiva, ma funziona nei due sensi : influenza il futuro ma anche il passato, è una
freccia geometrica con due punte e due direzioni »2.
Una memoria in continua metamorfosi dunque, fatta da un insieme di storie
itineranti, « senza fissa dimora », come recita il titolo di una delle divisioni della
raccolta che contiene due racconti del 1988, Il gatto dello Cheshire e Vagabondaggio.
Bisogna far notare però che una certa logica d’archivio e l’amore per la simmetria
hanno anche causato una vittima : restituendo al Gioco del rovescio il contenuto della
prima edizione del 1981, le due storie scritte nel 1988 si trovano adesso nella categoria
subito antecedente a quella conclusiva dei Due racconti inediti scritti tra il 2002 e il
2005. Ma dove è rimasto il delizioso racconto Una giornata a Olimpia, omaggio a chi
ha permesso a Tabucchi tanti voli pindarici ? Il grido lanciato da Pindaro dalle pagine
tabucchiane – « mi chiamo Pindaro, io scriverò queste gare, tramanderò questi
giorni ! »3 – evapora nell’infinità del cosmo dove verrà, speriamo, accolto comunque da
qualche lettore collezionista.
L’apertura della raccolta verso il futuro viene dunque assicurata dall’inclusione di due
racconti inediti nel volume che costituiscono « l’anticipazione di una nuova raccolta
ancora in fieri ». Alla raccolta in quanto luogo della memoria contribuisce anche il
paratesto fornito dal risvolto di copertina, che esprime un auspicio :
Ripercorrere oggi l’opera in raccolta consente di individuare le radici
dell’originalità e della complessità narrativa di Tabucchi e allo stesso tempo offre
la possibilità di mettere in luce il delinearsi della cifra stilistica fondamentale in
tutte le sue opere successive.
5
6
A tale scopo il testo offre già una possibile guida di lettura sostenuta dall’autorità di
alcuni esperti in materia, Flavia Brizio-Skov4, Bernard Comment, il traduttore e
interlocutore in lingua francese prediletto dall’autore, e Remo Bodei, filosofo e amico
dell’autore. La cifra stilistica viene attribuita alle componenti del « rovescio »,
interpretato come « metafora di multiple soluzioni possibili », dei « piccoli equivoci »,
definiti « doppiaggio fuori sincronia », e degli « angeli neri », l’incubo di un vento
funesto venuto dal passato che spazza via la normalità quotidiana. Insieme essi
formano un’« estetica del frammento » che lascia al lettore la libertà di decifrazione,
una grammatica narrativa « cinematografica » che smantella il protocollo della
letteratura realista, e un pensiero in movimento, che mette in scena « una coscienza
critica allarmata e che allarma ».
L’autore stesso, interrogato da Concita De Gregorio, contribuisce a considerare il
volume come l’invito a scorgerci un percorso unitario. Egli propone di considerare
l’arcipelago di racconti come il suo « vero romanzo […] : un mosaico, non un affresco.
Una storia fatta a pezzi »5, e così ci ricorda un’affermazione sul romanzo fatta allo
« Stimato Signor Quantum » in forma di lettera :
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L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di Antonio Tabucchi
Se un giorno riuscissi a costruirmi una magione di campagna essa sarebbe
senz’altro fatta di materiali eterogenei, un collage di molte forme : sarebbe un
romanzo composto anche di teatro e di racconti e di dialoghi e di prose varie.
Insomma, un contenitore molto confuso, come mi sembra essere il mondo in cui
vivo.6
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Trovandoci un’« unità di intenti », un « interesse prevalente », « il senso che ha avuto
il camminare », l’autore enuclea due aspetti risultanti dalla sua rilettura ; uno riguarda i
personaggi, profili di « non vincenti » in cui prevale l’esitazione, la perplessità e il
dubbio di fronte al reale7, e l’altro un « cammino italiano » che contiene in filigrana la
generazione dell’autore, offrendo così il frammento di un tempo in mancanza di una
« totalità ». Egli si esprime anche sui due racconti inediti che parlano del tempo e che
tornano al tema dei totalitarismi che esercita sull’autore « un’attraente repulsione »8.
Guardando nelle due direzioni il volume invita dunque sia a fare un epilogo del
Tabucchi degli anni ottanta e novanta, sia una riflessione sulla costellazione futura dei
racconti in fieri. Ritornando al paratesto sul risvolto di copertina potrebbe sorprendere
la plausibilità dell’accostamento della presenza di una coscienza vigile alla scoperta
della relatività dell’esistenza umana. Le due modalità spesso sono state separate dalla
critica, attribuendo al Tabucchi dei racconti e dei romanzi da Notturno indiano (1984)
a Requiem (1991) una mentalità postmoderna9 e al Tabucchi impegnato le opere che, da
Piazza d’Italia (1975) portano a Sostiene Pereira (1994) e a Tristano muore (2003). I
due esiti però non sono in contraddizione se si parte dal paradosso della « vera
finzione » come cifra stilistica dello scrittore. Il paradosso infatti offre la possibilità di
tenere la dialettica aperta verso una « terza dimensione », quella dei mondi possibili
della finzione. Nel piccolo manifesto La gastrite de Platon sul dovere degli scrittori
intellettuali concepito come una lettera aperta a Adriano Sofri, Tabucchi considera l’ex
leader di Lotta Continua un intellettuale dialettico « in virtù della dialettica del [s]uo
pensiero, che come ogni dialettica è creativa, in quanto produce un terzo elemento
nuovo »10.
Remo Bodei, uno degli interpreti citati sul risvolto di copertina della raccolta dei
racconti, chiedendosi dove nel caso di Tabucchi situare il limite tra la “realtà” e i
prodotti dell’immaginazione, si risponde collocando l’opera artistica ad un livello
intermedio tra realtà e immaginazione che si potrebbe chiamare “terzo regno”, o ancora
meglio, “atopia” : « Il territorio poetico è una “atopia”, un luogo inclassificabile, che non
appartiene né al dominio della realtà assoluta, né a quello (che ne è l’opposto speculare)
dell’utopia, del non-esistente per definizione. Si verrebbe così ad allentare o addirittura
a spezzare sia il legame banalmente mimetico tra la poesia e il reale assoluto, sia quello
tra essa e l’immaginario irrelato »11.
L’intuizione espressa da Bodei che « proprio perché abbandoniamo il “centro” delle
nostre occupazioni e preoccupazioni quotidiane (la cosiddetta “vita vera”) e ci
spostiamo verso la periferia (la “vita inventata” o vissuta per procura della poesia o del
romanzo), finiremo, proprio lì, per trovare un maggior spessore di senso »12, è in
sintonia con la lezione inaugurale al Collège de France di Thomas Pavel in cui lo
studioso americano cerca di offrire una risposta alla domanda Comment écouter la
littérature ?13 Pavel prende avvio dal presupposto che l’“io” esitante postcartesiano è
parte di un “essere” determinato ma nello stesso tempo irriducibile alle determinazioni
di quell’essere. Di conseguenza l’io per “trovarsi” si identifica con il prossimo,
partecipando a una vita che è sua soltanto nella misura in cui lo circonda, accedendo
così alla conoscenza di sé non attraverso una visione interiore, ma grazie alla
partecipazione alle attività umane che la procurano14. La letteratura nella sua capacità
di offrire una vita virtuale è paragonabile all’amicizia che ci fa compartecipi delle vite
altrui :
La littérature crée une retraite imaginaire loin de l’ici et du maintenant, en faisant
ainsi émerger […] une vie “autrement” qui a l’avantage d’alléger la pression et
l’étroitesse de l’expérience vécue, sans pour autant rivaliser véritablement avec
mon milieu de vie.15
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»16,
« Vite parallele
quindi, che non si escludono a vicenda e anzi possono esercitare
un effetto salutare se la base di comunicazione è costruita sul riconoscimento reciproco
e sull’ascolto :
Si (et seulement si) nous consentons à ne pas traiter l’œuvre d’art comme objet
d’étude, mais si nous acceptons l’idée que cette œuvre fait appel à notre capacité
de reconnaissance et d’accueil, nous nous apercevons que, à l’instar des
confidences d’un parent ou d’un ami, le sens de cette œuvre est remis à nos
soins.17
12
13
14
L’estetica letteraria diventa in questa visione lo studio dei mezzi che invitano il
pubblico a riconoscere gli « elementi ideali », le « verità » indicate dalle trame, dai
personaggi e dalle situazioni18.
Esiste dunque una relazione di trasparenza e di complementarietà – Pavel sostiene
che l’intelligenza del cuore non esclude quella dell’intelletto, ma la convoca19 – tra il
lettore e l’opera, dovuta al rispetto per la « verità » affidata alle sue cure. È sulla stessa
base di « affinità elettive » che si potrebbe costruire un’etica dell’ascolto,
particolarmente presente in un autore come Tabucchi che considera l’atto stesso di
narrare come un obbligo civile : « Cos’è una vita se non viene raccontata ? » recita il
titolo dell’intervista trascritta da Andrea Borsari20. O anche, in una conversazione con
Fabio Gambaro : « Mentre raccontiamo una vita, le diamo un senso. È per questo che la
narrazione è sempre una forma di comprensione, per la quale si scelgono stili letterari
diversi »21. L’ascolto caratterizza anche il rapporto dello scrittore con la tradizione
letteraria, che prende corpo nella fitta rete di intertestualità che caratterizza la sua
scrittura. Liberati dal loro contesto originale, anche gli intertesti si possono aprire a
potenzialità ancora non esplorate. Dice Tabucchi nella Nota al libro di citazioni del
poeta portoghese Fernando Pessoa scelte e organizzate da lui : « estratti dal loro
contesto, isolati e illuminati da un riflettore puntato esclusivamente su di loro, certi
versi o certe frasi di Pessoa sembrano acquistare una maschera quasi magica e
oracolare »22. È inoltre lo stesso Pessoa, tramite l’eteronimia, a insegnare che l’atto
creativo della finzione richiede la responsabilità dell’autore verso i suoi personaggi. In
un intervento su « Le Monde » Tabucchi compara l’autore Pessoa con un giocatore di
tennis che lancia la palla solo quando è sicuro che dall’altra parte della rete si trova un
personaggio per ribatterla23.
L’orizzontalità dei rapporti fra creatore e creazione che sostituisce la verticalità della
dialettica è uno dei mezzi della letteratura per creare un ponte tra l’io esitante e l’essere
determinato dalla vita attuale, per riprendere la terminologia di Pavel. Similmente Pia
Schwarz Lausten, con l’aiuto della filosofia del pensiero debole suggerisce che
l’essenziale per Tabucchi non sia di superare la distanza ormai insuperabile tra
soggetto e mondo, ma piuttosto di abitarla […]. Il rovescio, l’essere altro, può
essere interpretato come una soluzione alla solitudine e all’assenza dell’altro,
come una strategia per superare la malinconia e come un modo post-moderno di
relativizzare o alleggerire l’esperienza di perdita. L’intertestualità ha una funzione
conoscitiva ed esistenziale dato che sottolinea l’importanza del “filtro” della
letteratura e delle finzioni per l’esperienza che il soggetto ha di sé.24
15
Un rapporto con la letteratura gestito sia dall’intelletto che dal cuore determina
infine anche la nozione di impegno messa in opera da Tabucchi nel suo ruolo di
intellettuale. Mentre in La gastrite de Platon egli mette a fuoco la « funzione creativa »
dell’intellettuale di « leggere la realtà “al rovescio” »25, L’oca al passo, una raccolta degli
articoli di giornale dell’autore pubblicata un mese prima delle elezioni del 2006, fa
anche appello alla responsabilità del lettore, invitato ad interagire con il libro attraverso
la struttura romanzesca del gioco dell’oca. Di recente Tabucchi ha inoltre iniziato una
rubrica su radio Feltrinelli intitolata In mancanza di prove, facendo omaggio alla
vivacità della voce che « è imprendibile, clandestina. Si sparge e si diffonde »26.
Nonostante Tabucchi intellettuale usi le modalità della finzione per leggere la realtà,
Tabucchi scrittore ci tiene a ribadire che il racconto non è il luogo della militanza :
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la mia più che una visione politica è esistenziale, e il rovescio o l’equivoco possono
essere dei modi di leggere la realtà che ci circonda, di guardare l’altra faccia della
medaglia.27
16
Ne deriva che nella letteratura l’autore è impegnato quando è sincero con se stesso :
Je considère l’écrivain engagé quand il est sincère avec lui-même, c’est-à-dire
quand il écrit une chose qu’il ressent vraiment.28
17
18
19
Nel quadro finora tracciato la comunicazione fra opposti inconciliabili, veicolata dal
gioco del rovescio nella sua definizione di « metafora di multiple soluzioni possibili »,
viene garantita da una trasparenza di valori che fanno sostegno a termini quali rispetto,
riconoscenza, sincerità. Viene da chiedersi se questo modello non sia in pericolo, in un
tempo in cui, secondo Tabucchi intellettuale, il senso sembra andare alla deriva. Le due
attitudini, quella esistenziale e quella politica, potrebbero anche entrare in conflitto.
Soffermiamoci adesso sugli ingredienti che compongono le nuove narrazioni
contenute nel volume dei Racconti ispirate secondo lo scrittore dalle tematiche del
tempo e dei totalitarismi. Forse questi due elementi poli-interpretabili contengono
minacce all’apertura del paradosso della finzione costruita finora.
Da un lato l’attrazione repellente per i totalitarismi potrebbe riferirsi in generale a
ogni ideologia della totalità e tradursi nella nostalgia di una “Grande Struttura” non
estranea neanche ad alcuni critici di sinistra come Romano Luperini che ne La fine del
postmoderno vagheggia la certezza ideologica del muro di Berlino – « E tuttavia,
simbolicamente, il muro di Berlino segnava ancora una possibile alternativa, che di
colpo veniva a cadere »29. D’altro lato il totalitarismo come Tabucchi ribadisce in L’oca
al passo mette in crisi valori universali quali libertà, democrazia e antifascismo, un
processo storico già iniziato con il crollo dei valori (“Zerfall der Werte”) di Broch, come
impariamo da Kundera30. Qui viene a pesare la situazione politica italiana
berlusconiana in particolare, una situazione che forse ha anche colorito la rilettura di
Tabucchi dei racconti in volume. Se democrazia equivale a regime o regimetto, come
può ancora funzionare la reversibilità del gioco del rovescio ? Punto di partenza per le
riflessioni contenute ne L’oca al passo è la crisi del pensiero lapalissiano, che fa sì che
esso non coincida più con la trasparenza morale ma con un paradosso pervertito che
permette ai leader politici di presentare come legittimo l’opposto sottinteso. In una
delle rubriche per radio Feltrinelli, l’autore legge una pagina di Sciascia da Nero su nero
secondo lui estremamente attuale, in cui l’autore siciliano parla dell’impossibilità di
distinguere tra il dire e il fare a causa di una “doppiezza” di significati :
Sarò un moralista – e dunque un qualunquista : ma mi pare che i particolari guai
del nostro paese nascano tutti da una inveterata e continua doppiezza, da un vasto
e inesauribile giuoco della doppia verità che partendo dall’alto soltanto si arresta
là dove la verità non può permettersi il lusso di essere doppia – ed è una,
inequivocabile : quella della povertà, del dolore.31
20
21
L’equivoco di due parole omofone ma con significati diversi rischia in questa
prospettiva di trasmutarsi in pleonasmo e rende impraticabile la funzione critica del
paradosso che mette in moto il gioco del rovescio delle multiple soluzioni possibili.
Quali valvole di sicurezza possono impedire la sua chiusura ?
Invece di concentrarci sulla tematica del tempo trattata ampiamente nelle opere di
Tabucchi sia narrative – ne è un’icona la saudade legata al gioco del rovescio – che
saggistische – ne La gastritedi Platone la reversibilità del tempo diventa una chiave di
lettura32 mentre ne L’oca al passo viene sottolineata l’incongruenza nociva tra diverse
concezioni temporali33 –, vogliamo proporre alcuni punti di vista che, in quanto affini a
quelli dell’autore potrebbero aiutarci a vedere meglio quali siano le insidie del tempo
che non sempre sorride, e se esse non contengano anche qualche grumo di salvezza. Ne
L’oca al passo torna l’immagine del gatto del Cheshire che, « scomparendo, di sé ha
lasciato un sorriso, senza il gatto. Ammesso che di sorriso si tratti, perché non è detto
che sorrida sempre. A volte ghigna, o peggio »34.
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Il tempo è anche quello anagrafico dell’età, un’ovvietà che potrebbe rivelarsi
essenziale per interpretare il disincanto dell’ultimo Tabucchi. Milan Kundera, nelle sue
recenti riflessioni su cosa sia un romanziere, difende, come Tabucchi, la particolarità
del romanzo rispetto alla filosofia o alla scienza in quanto pensiero profondamente
esistenziale : nel romanzo moderno
la riflessione […] non ha niente a che fare con quella di uno scienziato o di un
filosofo ; direi anzi che è antifilosofica, cioè che è indipendente da ogni sistema di
idee esistente. Non giudica ; non dichiara verità ; pone domande, si meraviglia
[…] ; la sua forma è variabile : metaforica, ironica, ipotetica, iperbolica, aforistica,
comica, provocatoria, fantastica. E soprattutto : non abbandona il cerchio magico
della vita delle persone, giacché la vita delle persone la nutre e la giustifica.35
23
24
Il romanziere non è servo della storia, anche se si interessa di essa perché è come una
luce che mette a fuoco l’esistenza umana. Il romanziere è invece “ancella” dell’età.
Intorno ai trent’anni l’autore “lirico”, entrando nell’età della prosa, sperimenta una
conversione che da Saul lo fa diventare Paolo36. Si tratta di una conversione antilirica
che secondo Kundera è fondamentale per il romanziere, visto che la conoscenza della
propria età è indispensabile per capire l’altro. Capire fino a un certo punto, perché
l’autocoscienza dell’età comporta l’accettazione dell’equivoco e dell’errore come inerenti
all’esistenza, ma non svela il nesso tra l’io attuale e l’io passato che costituisce il mistero
dell’identità. Ciò che cambia è la posizione del romanziere sul rettilineo dell’esistenza
che sposta l’ottica alla mediocrità del quotidiano, senza per questo indebolire però il
suo gesto disturbante e irriverente che strappa via la tenda dalle interpretazioni
precostituite, che per Kundera costituisce il fulcro dell’arte romanzesca37. Forse allora
un crescente pessimismo sul mondo e la fiducia nell’arte del romanzo non si escludono.
Ciò spiega che, nonostante i segni di ‘stanchezza’ manifestati dall’autore per esempio
nel titolo Si sta facendo sempre più tardi (2001), il Tabucchi “antilirico” non desista dal
credere nel mestiere di romanziere : « Je reste optimiste. Peut-être pas sur le monde,
mais sur l’écriture »38.
Paul Ricœur invece potrebbe servirci per trasferire la stanchezza esistenziale sul
piano dell’ermeneutica ontologica. In La Mémoire, l’histoire, l’oubli (2001) il filosofo
entra in dibattito con l’Heidegger di Sein und Zeit premettendo che l’essere in quanto
Dasein39 è anche sempre atto (“acte”) e potenzialità (“puissance”). A noi qui interessa
che Ricœur, scorgendo nell’ermeneutica heideggeriana il pericolo di una chiusura nella
concezione dell’essere destinato alla morte, cerca di salvarlo creando uno scarto tra la
totalità (« l’essere-tutto possibile » del Dasein) e la mortalità (l’essere-per-la-morte) :
« N’y a-t-il pas un entrechoc entre ouverture et fermeture, intégralité non saturable et
fin en forme de clôture ? »40. Tutto si decide secondo il filosofo in quel nesso fra la
vastità del poter-essere totale e la finitezza dell’orizzonte mortale41. Egli vede infine
nell’accettazione della morte un’alternativa propositiva al poter morire (pouvoir
mourir), risultante dal cortocircuito heideggeriano tra poter-essere e mortalità :
L’écart subsiste à ce niveau originaire entre le vouloir vivre et l’avoir à mourir ; ce
dernier fait de la mort une interruption à la fois inéluctable et aléatoire du
pouvoir-être le plus originaire. Combler cet écart par l’acceptation reste une tâche
à laquelle nous sommes tous soumis et à laquelle nous faisons face avec plus ou
moins de bonheur.42
25
26
Forse è lecito leggere Tristano muore. Una vita (2003) come un esercizio
nell’accettazione della morte.
Fino a che punto i racconti scritti tra il 2002 e il 2005 risentono della crisi del
pensiero lapalissiano ? Il paradosso della “vera finzione” rischia di arrestarsi o offre
ancora la possibilità di identificarsi con un mondo “atipico” nonostante esso sia
declinato dalla conversione antilirica dell’autore ? Per poter meglio mettere a fuoco
l’eventuale differenza rispetto alla “memoria” tabucchiana finora costruita, proponiamo
di far uso della bidirezionalità della raccolta e di accostare due racconti che potrebbero
contenere delle analogie, dato che, secondo lo stesso autore, « le analogie letterarie
sono sempre qualcosa di più di una semplice analogia »43. I morti a tavola potrebbe a
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L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di Antonio Tabucchi
prima vista avere qualche affinità con un racconto da Piccoli equivoci senza
importanza (1985), Anywhere out of the world. I titoli sono ambedue tratti da poesie
francesi, il primo da una poesia di Louis Aragon premessa in epigrafe al racconto, il
secondo da una poesia di Baudelaire evocata nella storia, che fa parte di Le spleen de
Paris. Se in Anywhere out of the world predomina la (meta)testualità, in I morti a
tavola il primo riferimento è a un elemento extraletterario : il racconto è stato scritto
nel 2002 per un numero speciale di « Micromega »44 che raccoglie voci di “allarme” in
forma di racconti “gialli” sui generis. In questa dimensione “politica” acquista un rilievo
particolare il fatto che la storia mette in scena una ex spia della Berlino dell’Est dopo il
crollo del muro, una « data epocale » che secondo Tabucchi è stata indicata forse un po’
troppo frettolosamente come la « fine della storia » dallo studioso americano
Fukuyama45. Mentre Anywhere sembra indicare che nella storia situata negli anni
sessanta predomina « l’essere-tutto-possibile », I morti fanno propendere verso
« l’essere-per-la-morte ». Infatti, nel caso dell’ex spia berlinese la non aderenza tra
passato e presente è totale e non viene sospesa dall’accesso al « terzo regno » della
finzione. In ambedue le storie figura un tram, con cui il protagonista percorre la città,
Lisbona nel caso di Anywhere out of the world. Quando il protagonista di Anywhere
sale sul tram lo spazio diventa quello “altro” della finzione e la città reale si trasforma in
quella della poesia di Baudelaire. Per il protagonista di I morti a tavola il mezzo di
trasporto conferma invece la sua “doppiezza” e lo scarto non si avvera :
Si specchiò nel vetro della porta chiusa, anche se una striscia di gomma lo
divideva in due. Va bene diviso in due, mio caro, sempre diviso in due, metà di
qua, metà di là, è la vita, così è la vita.46
27
28
Forse ha la sua rilevanza il fatto che il protagonista di Anywhere è giovane, mentre la
spia berlinese è già un uomo anziano, malato per di più. Sembra che i personaggi,
spesso degli alter-ego, invecchino con il loro autore. L’ottica è quella dimessa della
mediocrità di chi non si aspetta più nulla dalla vita, un atteggiamento che investe sia il
presente capitalistico, osservato con superiore distacco, sia il passato, visualizzato nella
forma di citazioni letterarie. Il protagonista di Anywhere, reduce da una storia d’amore
finita in adulterio, si “abbandona” al flusso della memoria messa in atto dalla poesia di
Baudelaire, realizzando così l’atteggiamento che Pavel ritiene più adatto per accogliere
la “verità” nella finzione. Il vecchio berlinese invece arresta l’intertestualità nella sua
linearità biografica non facendo scorrere il fiume carsico della memoria creativa. Lui
soffre di nostalgia, ma non nella forma di quella nobile arte di morire contenuta nella
saudade portoghese, né in quella dello spleen baudelairiano47. I versi di Aragon cantati
da Léo Ferré, « tout est affaire de décor, changer de lit, changer de corps »48 formano
una dissonanza nell’assonanza con la profondità di quelli di Baudelaire, « Cette vie est
un hôpital où chaque malade est possédé du désir de changer de lit »49, e l’effetto in chi
li ascolta è completamente diverso. La differenza risiede nel fatto che nel caso di Aragon
l’inter-scambiabilità dei contenuti, anche quelli etici e morali, viene esclusa, dato che il
protagonista ne prende le distanze : « Quello sì che se ne intendeva, aveva passato la
vita a farlo »50. Un possibile significato metafisico viene ridotto alla dimensione
biografica della vita biologica : « la verità è concreta »51. Si potrebbe dire, prendendo in
prestito nuovamente la terminologia di Pavel, che mentre il protagonista di Anywhere
si riconosce nella finzione identificandosi con l’altro, il protagonista dei Morti a tavola
fa di tutto per « méconnaître »52 la poesia.
L’intertesto più presente nel contesto della vecchia Berlino dell’Est è quello di Bertolt
Brecht, l’Obiettivo che il protagonista era incaricato di tenere d’occhio. A differenza di
Baudelaire che è presente soltanto tramite i versi che trascinano il protagonista di
Anywhere verso il suo passato – in questo senso rispettoso del detto di Octavio Paz caro
a Tabucchi che i poeti non hanno biografia, la loro opera è la loro biografia –, nel caso
di Brecht è proprio la sua persona a venire evocata, alla luce dei pettegolezzi che essa ha
provocato. È visitando la sua tomba che si ristabilisce finalmente una comunicazione
tra il passato e il presente del protagonista. Qui riconosciamo meglio il personaggio
tabucchiano dal profilo “non vincente”. Mentre confessa al defunto la sua paurosa
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L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di Antonio Tabucchi
scoperta che nella realtà si trattò di una mutua sorveglianza, avendo anche l’agente la
sua scheda, scoperta che da soggetto dominante lo riduce a un soggetto dominato, egli
comincia a sudare, come il protagonista di Anywhere. Questa volta il protagonista
sembra aprirsi alla finzione ricordandosi una poesia di Anne Seghers con cui sente
affinità, ma non osa pronunciarla. L’apertura della dialettica tra essere e non-essere c’è,
anche se in chiave minore, anche se la farfalla posata sul busto di bronzo non è quella
che può provocare un tifone a Pechino53 ma una volgare cavolaia. Ci si può chiedere
comunque, riprendendo le parole di Schwarz Lausten, se il protagonista riuscirà ad
“abitare” la distanza ormai insuperabile tra soggetto e mondo. La Berlino capitalista e
globalizzata, senza il Muro che « dava la sicurezza di un’appartenenza »54, sembra
troppo cambiata perché uno ci si possa ritrovare.
Il secondo racconto, Il penoso caso del signor Silva da Silva e Silva. Storia però di
una bella amicizia, rappresenta forse il tentativo in chiave parodica di un ritorno
all’interiorità del soggetto e alle origini fondative dell’essere, due modi che rendono
superflua la necessità di una “vita parallela” per completarsi. Il protagonista
rappresenta in qualche modo sia il totalitarismo sia la totalità dell’essere indipendente
dalla mortalità. Il personaggio invecchia ma il suo “io” rimane chiuso nello studio dello
psicanalista, intento a spiegare la sua insolita deviazione. Seguendo Ricœur e i filosofi
del pensiero debole, si potrebbe azzardare una spiegazione alternativa a quella offerta
dalla psicanalisi : il protagonista soffre di tutte le malattie possibili senza recarne le
tracce per il semplice fatto che lui è e non accade, e quindi non può far esperienza della
Verwindung, termine heideggeriano che nell’interpretazione di Vattimo viene spiegato
con la metafora delle tracce di una malattia che, dopo la guarigione, rimangono nel
corpo a ricordargli la sua storicità. Privato anche della riflessione romanzesca, il
pensiero del signor Silva da Silva e Silva riflette perfettamente il suo ambiente naturale.
La devozione totale al totalitarismo di Salazar e l’aderenza anacronistica all’autoctonia
nella formulazione dello scrittore nazionalista Maurice Barrès trovano la loro
controparte ideale nell’amico italiano Della Pera, « magnifico esemplare di pura razza
del Neolitico inferiore », originario di un villaggio della Toscana mai « inquinata » da
« razze vagabonde »55. Le loro affinità elettive causano all’Italiano la perdita della borsa
di studio fornitagli dai Della Pera immigrati in America e cittadini della città meticcia di
New York. Sia detto per inciso che all’amico è garantita comunque una carriera
brillante nella prima, seconda o terza repubblica italiana56. Ciò che distingue il racconto
altamente satirico dai precedenti è il modo di narrarlo, quello della fiaba nella terza
persona extradiegetica distaccata dal mondo dei personaggi. Qui la prosa non è
riflessione sotto forma di persone come descritta da Kundera, né quel discorso libero
fatto di dialoghi spezzati, di reticenze e di ommissioni che, secondo Marina Spunta,
rispecchia nell’oralità riportata sulla pagina scritta la condizione postmoderna
dell’incompiutezza57. Ciò che cambia è forse anche quel legame di responsabilità e di
rispetto tra narratore e personaggi. Risultato del cinismo dell’autore ? Qui può forse
aiutarci la fotografia di un Tabucchi ridente sulla copertina del libro, anche se non è da
escludere che il suo sorriso condivida l’ambiguità di quello del gatto del Cheshire. Ma
possiamo anche rifarci alla Nota a margine che l’autore ha posto a Il filo dell’orizzonte :
« Ho comunque notato che più si invecchia più si tende a ridere da soli ; e ciò mi pare
un progresso verso una comicità più composta e in qualche modo autosufficiente »58.
Notes
1 Cit. in Ann Rigney, Plenitude, scarcity and the circulation of cultural memory, « Journal of
European Studies », 35, 1, 2005, p. 18.
2 Antonio Tabucchi, Doppio senso, « Alfabeta », 69, III-IV.
3 Id., Il gioco del rovescio, Milano, Feltrinelli, 1988, p. 174.
4 Flavia Brizio-Skov, Antonio Tabucchi. Navigazioni in un arcipelago narrativo, Cosenza, Luigi
Pellegrini editore, 2002.
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L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di Antonio Tabucchi
5 Concita De Gregorio, La letteratura non è il luogo della militanza, Intervista ad Antonio
Tabucchi, « la Repubblica », 3-12-2005, riprodotta sul sito di Feltrinelli :
http://www.feltrinelli.it/SchedaTesti ?id_testo =1878&id_int =1696 [18-1-2007]
6 Il monolocale del racconto, « Alfabeta », 84, p. XII.
7 Una tipologia anch’essa già presente nell’articolo citato : « Presenze sfuggenti, personaggi che
non riescono ad essere veri personaggi ma solo immagini sbiadite, fisionomie umbratili,
parvenze » (ibidem).
8 Ibidem.
9 Si veda ad esempio Margherita Ganeri a proposito di Requiem : « Librata nella surrealità
anestetica, la leggerezza di Tabucchi si identifica con un’idea consolatoria della letteratura,
un’idea sublime e insieme depurata di ogni sofisticazione nella quale il principio nichilista
postmoderno della vacuità del senso viene poeticizzato e liricizzato » (Margherita Ganeri,
Postmodernismo, Milano, Editrice Bibliografica, 1998, p. 68).
10 Antonio Tabucchi, La gastrite de Platon, Paris, Mille et une nuits, 1997, p. 1.
11 Remo Bodei, Giochi proibiti. Le ‘vite parallele’ di Antonio Tabucchi, in : Claudio Cattaruzza, a
cura di, Dedica a Antonio Tabucchi, Pordenone, Associazione provinciale per la prosa, 2001,
p. 125.
12 Ibidem.
13 Thomas Pavel, Comment écouter la littérature ? Collège de France/Fayard, 2006.
14 Ibidem, p. 25.
15 Ibidem, p. 29.
16 « Tabucchi mostra come mediante la letteratura ciascuno possa vivere altre ‘vite parallele’ alla
sua, immaginarsi fornito di più biografie possibili, che ne moltiplicano le possibilità. In questa
prospettiva, il romanzo e il suo consumo possono essere considerati anche come rimedio alle
limitazioni casuali e a quelle necessarie della vita. » (Remo Bodei, op. cit., p. 121).
17 Thomas Pavel, op. cit., p. 3.
18 Ibidem, p. 44.
19 Ibidem, p. 38.
20 Andrea Borsari, Cos’è una vita se non viene raccontata ? « Italienisch », 2, 1991, pp. 2-25.
21 Fabio Gambaro, Conversazione con Antonio Tabucchi, 2004, riprodotta sul sito di Feltrinelli :
http://www.feltrinelli.it/SchedaTesti ?id_testo =1468&id_int =1384 [18-1-2007]
22 Fernando Pessoa, Il poeta è un fingitore. Duecento citazioni scelte da Antonio Tabucchi,
Milano, Feltrinelli, 1988, p. 9.
23 Antonio Tabucchi, Écrire pour faire rêver, rêver pour être libre, « Le Monde », 6-11-1992.
24 Pia Schwarz-Lausten, L’uomo inquieto. Identità e alterità nell’opera di Tabucchi,
Copenhagen, Museum Tusculanum Press, 2005, p. 150.
25 Antonio Tabucchi, La gastrite de Platon, cit., p. 17.
26 Id., L’oca al passo. Notizie dal buio che stiamo attraversando, Milano, Feltrinelli, 2006,
p. 120.
27 Ibidem, p. 132.
28 Id., Être engagé avec soi-même, « Le Monde », 10-11-2006.
29 Romano Luperini, La fine del postmoderno, Napoli, Guida, 2005, p. 18.
30 Milan Kundera, Was ist ein Romancier ?, « Sinn und Form », 4, 2005, p. 510.
31 Leonardo Sciascia, Opere1971-1983, a cura di Claude Ambroise, Milano, Bompiani, 2001,
p. 614 ; sott. nostra.
32 « Quello che mi interessò di più […] era la reversibilità del tempo. […] La cosa, non si può
negare, apriva prospettive epistemologiche attraenti. Leggere la realtà “al rovescio”, scambiando
l’asse causa-effetto era allettante » (Antonio Tabucchi, La gastrite de Platon, cit., pp. 2-3).
33 Tabucchi si sofferma sul significato delle cosiddette “date epocali” quali l’11 settembre che in
fondo sono equivoci che ci fanno identificare « le nostre storie e la Storia col Tempo ». Per
illuminare il concetto egli cita Keynes : « L’inevitabile non accade mai, l’inatteso sempre » (L’oca
al passo, cit., p. 72).
34 Ibidem.
35 Milan Kundera, op. cit., p. 514 (traduzione nostra).
36 Ibidem, p. 516.
37 Ibidem, p. 518.
38 Antonio Tabucchi, « Le Monde », 10-11-2006.
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39 Nella formulazione del “pensiero debole” : l’essere non viene più concepito come presenza ma
come ciò che accade, come « traccia, ricordo, un essere consumato e indebolito » (Gianni Vattimo
e Pier Aldo Rovatti [a cura di], Il pensiero debole, Milano, Feltrinelli, 1984, p. 9).
40 Paul Ricœur, La mémoire, l’histoire, l’oubli, Paris, Seuil, 2000, p. 464.
41 Ibidem.
42 Ibidem, p. 467.
43 A. Tabucchi, in Un baule pieno di gente. Scritti su Fernando Pessoa, Milano, Feltrinelli, 1990,
p. 69.
44 Id., I morti a tavola, « Micromega », 3, 2002, pp. 178-187.
45 Id., L’oca al passo, cit., p. 72.
46 Id., Racconti, cit., p. 391.
47 Cf. l’articolo di Anna Dolfi in questo volume.
48 Antonio Tabucchi, Racconti, cit., p. 391.
49 Ibidem, p. 192.
50 Ibidem, p. 391.
51 Ibidem, p. 400.
52 Thomas Pavel, op. cit., p. 37.
53 Il battere d’ali di una farfalla a New York può provocare un tifone a Pechino ? è il titolo di un
racconto contenuto ne L’angelo nero.
54 Antonio Tabucchi, Racconti, cit., p. 394.
55 Antonio Tabucchi, Racconti, cit., p. 412. È da notare il gioco ironico con il nome Della Pera,
l’etimologia del quale sta alla base del nome di Pereira in Sostiene Pereira : « In portoghese
Pereira significa albero del pero, e come tutti i nomi degli alberi da frutto, è un cognome di
origine ebraica » (Antonio Tabucchi, Sostiene Pereira, a cura di Bruno Ferraro, Torino, Loescher,
1995, p. 166).
56 Antonio Tabucchi, Racconti, cit., p. 414.
57 Marina Spunta, Voicing the Word. Writing Orality in Contemporary Italian Fiction, Oxford
etc., Peter Lang, 2004, p. 158.
58 Antonio Tabucchi, Il filo dell’orizzonte, Milano, Feltrinelli, 1986, p. 107.
Pour citer cet article
Référence papier
Monica Jansen, « L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di
Antonio Tabucchi », Italies, N° spécial | 2007, 281-298.
Référence électronique
Monica Jansen, « L’attraente repulsione dei totalitarismi. La verità antilirica degli ultimi racconti di
Antonio Tabucchi », Italies [En ligne], N° spécial | 2007, mis en ligne le 01 octobre 2011, consulté
le 26 janvier 2022. URL : http://journals.openedition.org/italies/3723 ; DOI :
https://doi.org/10.4000/italies.3723
Auteur
Monica Jansen
Université d’Utrecht
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« Tante idee dell’India »
Un dialogo tra Antonio Franchini e Antonio Tabucchi,
due viaggiatori « inconsapevoli » [Texte intégral]
Paru dans Italies, 17/18 | 2014
Droits d’auteur
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