2021 Sull'ospitalità. Ricezione e cura

Rassegna di teologia , 2022

Il presente contributo intende fare chiarezza sui termini generali di pensabilità dell'esperienza dell'ospitalità. La linea argomentativa emergente si sofferma con maggiore attenzione sulla questione normativa, spingendo la riflessione a considerare i contributi congiunti della filosofia e della sociologia. The main target of the article is to clarify the general terms concerning the experience of hospitality. The arguments proposed by the author follow with a special attention the line of normativity, according to the contributions offered by sociology and philosophical thinking.

Il dono dell’ospitalità. Atti del XXV Convegno ecumenico internazionale di spiritualità ortodossa, Bose, 6-9 settembre 2017, a cura di Luigi d’Ayala Valva, Lisa Cremaschi e Adalberto Mainardi, 2018

“Ospitalità” è una parola inattuale. Lo straniero, portatore di benedizioni in tutta la tradizione antica e biblica, si è trasformato in un’oscura minaccia. L’ospite non è più un dono per chi lo riceve. Eppure il riconoscimento dell’altro, dello straniero ospitato come noi in questa terra, è il primo passo per una cultura dell’accoglienza, umana e cristiana. Su questa capacità di fare spazio al forestiero, al diverso, si fonda per il vangelo il giudizio sulla storia: “Ero straniero e mi avete accolto”. Il volume raccoglie gli Atti del XXV Convegno ecumenico di spiritualità ortodossa, in cui cristiani d’oriente e d’occidente osano parlare il linguaggio dell’accoglienza e della gratuità, per riscoprire insieme l’ospitalità come dono.

2004

Religioni e Ospitalità, 2021

Saperi e sapori dell'accoglienza, Cibo e regole alimentari nelle religioni monoteistiche di Gianpaolo Anderlini 1. A partire dalla tavola "Il cibo è il principale fattore di definizione dell'identità umana, poiché ciò che mangiamo è sempre un prodotto culturale. Se accettiamo una contrapposizione concettuale tra Natura e Cultura (come tra ciò che è naturale e ciò che è artificiale), il cibo è la risultante di una serie di processi (culturali, nel senso che introducono elementi artificiali nella naturalità delle cose) che lo trasformano da base completamente naturale (la materia prima) a prodotto di una cultura (ciò che si mangia)" (Carlo Petrini, Buono, pulito e giusto, p. 32). Il cibo, sia che si affronti l'argomento dal punto di vista della storia dell'alimentazione, sia che lo si affronti dal punto di vista della gastronomia o, ancora, dell'antropologia culturale, è elemento decisivo nella definizione dell'approccio dell'uomo col mondo, con gli altri uomini e, anche, con Dio (o, più in generale, con lo spazio del sacro). Il rapporto col cibo non è solo una scelta individuale o prassi di gruppo dettata da fattori più commerciali che culturali; il cibo è dato essenziale nella storia dell'umanità e, quando si carica di valenze identitarie o quando si fa espressione di appartenenza religiosa, diviene-necessariamente-linea di demarcazione e di separazione facilmente definibile e verificabile perché senza cibo non c'è vita e perché l'alimentarsi, fin dai primordi dell'esperienza umana, non è solo fatto biologico, ma anche simbolico. Ecco, allora, che quando vogliamo avvicinarsi all'altro non come noi che ci sta accanto, in particolare all'altro che appartiene a tradizioni religiose diverse dalla nostra, corriamo il rischio di dovere limitare il nostro approccio ad una prossimità, superficiale o intensa, che deve rinunciare alla convivialità della tavola imbandita. Qualunque sia il motivo che mi porta ad accogliere l'altro, devo mettere in conto che un ebreo o un musulmano osservanti mai sederanno alla mia tavola, non per un loro atteggiamento di rifiuto del dialogo o per una necessità identitaria irrinunciabile, ma per il fatto che le regole alimentari prescritte dalla religione ebraica e dalla musulmana non possono essere osservate, nella lettera e nello spirito, da chi ebreo o musulmano non è. Questo, però, non deve impedirci di iniziare o di continuare il cammino di accoglienza dell'altro, in quanto la convivialità della tavola non sarà per sempre esclusa; due, infatti, possono esser le soluzioni possibili. La prima: giungere ad un livello di conoscenza e di familiarità con l'altro tanto che egli ci inviti alla sua tavola; la seconda: iniziare un percorso, lento e ragionato, di conoscenza delle tradizioni, degli usi e delle regole di vita dell'altro, tanto da sapere, con certezza e cognizione, quali sono i passi possibili e fin dove possiamo spingerci. 2. Le radici cristiane dell'Occidente ovvero la tavola senza regole Chi, come me, è cresciuto in un contesto sociale e culturale condizionato sia dall'approccio cristiano alla vita sia da una spiccata tendenza alle ragioni della modernità, ha difficoltà, ance se credente, a cogliere il valore profondo delle cosiddette regole alimentari della tradizione ebraica e della tradizione islamica. Pur avendo, infatti, le tre religione abramitiche (ebraismo, cristianesimo, islamismo) molti aspetti spirituali in comune, le distanze che le separano, sia storiche, sia

www.benecomune.net, 2017

Tutte le grandi religioni abramitiche, in genere, sacralizzano l’atto ospitale, esprimendo la convinzione che in esso Dio stesso manifesta qualcosa della sua presenza…