FOCUS SU
ROBOTICA EDUCATIVA:
UN METODO PER LA DIDATTICA
LABORATORIALE
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ANNO NUMERO
Giugno 2013
BRICKS
www.rivistabricks.it
www.aicanet.it
www.sie-l.it
Editori
AICA - Associazione Italiana per l’Informatica ed il Calcolo Automatico
www.aicanet.it
SIe-L - Società Italiana di e-Learning
www.sie-l.it
Direttori
Antonio Fini
Pierfranco Ravotto
Redazione
Antonio Fini
Paola Limone
Pierfranco Ravotto
Nicola Villa
Editing
Nicola Villa
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Creative Commons Attribuzione Non commerciale 2.5 Italia License
http://creativecommons.org/licenses/by-nc/2.5/it/.
©2012 AICA - SIe-L
Anno 3 - n. 2- Giugno 2013
pag
5
G. Marcianò
In questo numero
Tema del numero: Robotica educativa: un metodo per
la didattica laboratoriale
pag 10
pag 14
pag 32
pag 45
pag 54
pag 65
pag 69
pag 84
S. Siega
Robottando per conquistare la competenza: 10 anni di robot nella
scuola primaria
P. Battegazzore, M. A. Robutti
Il curricolo di Robotica educativa in Cl@sse 2.0 per sviluppare competenze scientiiche-tecnologiche
A. Caporusso, L. Iannola, M. Lorenzini, P. Rossini
La robotica educativa come metodologia di base per un apprendimento consapevole
A. Carotenuto, A, di Pietro, G. Tamini
Robotica educativa: Rilessioni... “appassionate”
E. Merino
mOway Italia: una nuova risorsa per la Robotica Educativa nelle
scuole del I ciclo
R. A. De Guglielmo
Scuola primaria e disabilità
R. Albini
La robotica come elemento di continuità tra scuola secondaria di
primo e di secondo grado
G. Vitale
Nessie 2013: dal laboratorio di robotica alla didattica curricolare
pag 99
pag 115
pag 125
M. Di Luca, E. Vitacolonna, F. Papale, R. Delle Monache, F. Mammarella
La robotica nella scuola delle competenze
C. Iacobelli, A. Spano
Far didattica con la Robotica
D. Favini
CELEBRATION (da robot a uomo)
Certiicazioni
pag 140
G. Marcianò
Un corso per qualiicare i futuri conduttori del LRE – Laboratorio di
Robotica Educativa nelle scuole del I ciclo
Progetti Europei
pag 144
R. Scavello
Dalla Calabria all’intera Europa: la robotica creativa abbatte le frontiere e unisce i giovani
Dalla rete
pag 160
A. Fini
La curatela online di contenuti digitali: una nuova possibilità per lo
sviluppo della competenza digitale
Dall’estero
pag 165
P. Ravotto
Londra, 16 maggio 2013: lancio della NEW ECDL
In questo numero
Robotica educativa: un
metodo per la didattica
laboratoriale
di Giovanni Marcianò
Rete di scuole per la Robocup Jr Italia
dirigente@robocupjr.it - www.roboticaeducativa.it
A dieci anni di distanza mi ritrovo convinto di quello che allora – a.s.
2002/03 – pensavo: che senso ha proporre alla scuola una nuova tecnologia (la robotica) mentre maestre e prof erano ancora lì ad arrabattarsi tra CD-ROM e mouse, tra cavi di rete e spinotti vari, lamentandosi
che “il PC si è mangiato il loppy (o il CD)!!!” oppure chiedendo “Ma
come l’accendo ‘sto coso?” riferendosi al PC che – dopo aver pigiato il
pulsante del monitor [sic!] – non partiva? Figuriamoci alle prese con
un robot, da costruire e poi programmare.
L’esperienza dal PNI a oggi – passando per PSTD, ECDL, PuntoEdu e
internet, LIM e tablet – rinforza la convinzione che tecniche e tecnologie a scuola si sommano e stratiicano, ma risultano sterili se non sono
calate in ambienti pensati e realizzati per stimolare la motivazione e
favorire l’apprendimento attivo, secondo metodi e pedagogie fondate
saldamente in una ilosoia dell’educazione aggiornata alla società attuale, in cui l’apprendimento frontale, trasmissivo è sempre più lontano
dalle attitudini e stili di vita dei ragazzi in età scolare.
I dati delle varie rilevazioni OCSE-PISA e INVALSI-SNVI stan lì a con-
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
fermare che la scuola italiana stenta sempre più a formare le future
generazioni, TIC o non TIC. Paradossalmente Istituti scolastici “tradizionali” a volte producono risultati che nelle “aule digitali” non si
realizzano. Se una abilità importante del curricolo di matematica nella
scuola primaria è rappresentata dalla padronanza delle tabelline, allora
una brava maestra con il metodo “tradizionale” raggiunge l’obiettivo in
tempi più brevi e con percentuali di successo maggiori di chi si arrabatta tra software didattici e LIM (non è questa la sede, ma chi volesse
mi contatti e posso documentare).
E allora, se un buon metodo didattico applicato con scienza magistrale compensa la povertà dello strumento permettendo di raggiungere
l’apprendimento, anche con le tecnologie – robotica compresa – non
è dello strumento di cui dovremmo preoccuparci, ma del metodo didattico da portare nel contesto scolastico. La forza di una tecnologia
sta nelle potenziate possibilità che offre al docente di adottare metodi
altrimenti onerosi al di là della gestibilità scolastica. Si pensi a Freinet
e al suo metodo cooperativo (http://www.apprendimentocooperativo.
it/?ida=11253), con le “tecniche” conseguenti che oggi grazie alle
tecnologie possono essere applicate senza particolari costi né per la
dotazione né per la gestione … stampare e tenere una corrispondenza
oggi sono attività realizzabili a costi quasi nulli per qualunque scuola.
In questi dieci anni di sperimentazioni sul campo, dalle scuole dell’Infanzia alle classi terminali di Istituti superiori, si è potuto realizzare e
documentare come e quanto la Robotica – scienza di sintesi che fonde
in un unico oggetto meccanica, elettronica, informatica (al minimo) –
esalti al massimo il potenziale di apprendimento degli studenti di oggi,
“annoiati” da una scuola che li vuole passivi, fermi e zitti, a assistere
a lezioni frontali che nemmeno la LIM rende coinvolgenti.
Già la televisione aveva messo in crisi il monopolio della scuola come
luogo della conoscenza. E da allora si è pensata una scuola “luogo in
cui maturare competenze”. Concetto sempre più diffuso e accettato,
come da ultimo si ritrova nelle “Indicazioni” del novembre 2012 per il
I ciclo, da attuarsi dal prossimo a.s. 2013/14. Enunciati che – di nuovo
– non sono adeguatamente accompagnati da “istruzioni per l’uso”, dal
“come” trasformare la scuola pensata – anche strutturalmente – per
“trasmettere conoscenze” a un “ambiente di apprendimento” in cui
realizzare esperienze eficaci per generare competenze negli alunni e
studenti. Tant’è che le “Indicazioni” sopra citate rimandano a “nuovi
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
libri di testo” che saranno disponibili dall’a.s. 2014/15 [sic!].
Che una “didattica attiva” portata in classe permetta di “cambiare la
scuola” è convinzione di molti. Biondi (INDIRE) lancia ora il modello di
“Scuola 3.0” che esalta la dimensione laboratoriale marginalizzando
l’aula tradizionale. E’ quello che le scuole della Rete Robocup Jr Italia
han vissuto e qui raccontano. Un “cambiamento dal basso” che si fatica a documentare, tanto è incalzante. E che si è dimostrato capace
di crescere auto-sostenendosi (grazie ai singoli POF d’Istituto e alla
Rete nazionale, attuazione dell’Autonomia) e motivando i docenti a
mettersi in gioco di fronte a questo cambiamento oneroso per l’insegnante, chiamato a realizzare proposte didattiche e utilizzare strumenti
nuovi, da applicare svolgendo un ruolo nuovo, nell’interazione con i
gruppi-classe.
La robotica si è rivelata – a dieci anni dalle prime esperienza posso ormai dirlo con certezza – una tecnologia di sintesi “da scoprire assieme,
docenti e discenti”, esaltando ancora più il metodo cooperativo in un
contesto di relazione discenti-docente in cui i primi possono esprimere
le loro conoscenze e abilità grezze e disorganiche, mentre i docenti –
potete leggere diverse testimonianze negli articoli di questo numero
di Bricks – affrancandosi dal tradizionale ruolo di “trasmettitori del
sapere” perseguono quello di “registi” delle dinamiche dei gruppi all’opera, di riferimento adulto alle conoscenze e abilità grezze dei ragazzi,
guidandoli in quella “costruzione della conoscenza” che nel campo della
Robotica assume tutto un senso di realtà, e non di inzione.
Tutto ciò emerge da una lettura di questo numero monograico di
Bricks:
• Per il I ciclo trovate gli articoli di Simonetta Siega e Patrizia Battegazzore, docenti con tanti anni di esperienza speciica, che testimoniano percorsi consolidati. Ma anche quelli di Antonella Caporusso
e Anna Carotenuto, a nome delle loro scuole da poco conquistate
dal metodo didattico fondato sulla Robotica educativa, e subito
coinvolte nella applicazione e diffusione del metodo.
• Un’attenzione a parte meritano
• l’articolo sul mOway (il futuro … appena annunciata la versione
Arduino …) giunto quest’anno in Italia e sperimentato in 10
scuole Under 14 della Rete Robocup Jr, a cura di Elena Merino
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
e coi contributi di 3 delle 10 scuole sperimentatrici;
l’articolo che da Gubbio mostra un esempio di reale continuità
e orientamento tra I e II Ciclo, a cura di Roberto Albini;
• l’articolo dedicato al contesto dell’inclusione a cura di Anna Rita
De Guglielmo.
• E inine le esperienze delle scuole del II Ciclo, che nei percorsi di
attuazione della Riforma verso i “Nuovi” Licei, Istituti tecnici, e Istituti professionali hanno trovato nei Laboratori di Robotica contesti
possibili per “curvature” dei tradizionali curricoli, ma anche applicazione possibile di quell’apprendimento per competenze tutto ancora
da concretizzare nella didattica quotidiana. Ne parlano gli articoli
collettivi curati da Giulio Vitale, Marisa Di Luca, Cesare Iacobelli,
Antonio Spano e Dario Favini. E anche quello di Remo Scavello, che
da dieci anni seguo nella partecipazione a progetti europei in tema
di robotica, come illustrato nella rubrica “Progetti Europei”, e da
due anni partecipa alla Rete Robocup Jr Italia.
•
Un dettaglio a cui tengo molto: molti degli articoli vedono i Dirigenti
nella lista degli autori, al ianco dei docenti. Non per formalità, ma
perché anche loro sono stati contagiati dal cambiamento visto nei loro
Istituti, e han voluto capire meglio cos’era poi questa Robotica.
Se la lettura contagiasse anche voi, e vi chiedeste “Come si fa a cominciare”, potrete trovare una risposta nella sezione “Competenze e
Certiicazioni” in cui con Renato Grimaldi e Giorgio Poletti illustriamo
“Un corso per qualiicare i futuri conduttori del LRE – Laboratorio di Robotica Educativa nelle scuole del I ciclo”. Chi avesse al tempo seguito la
nascita della igura dell’e-tutor comprenderà che la Robotica educativa
ha bisogno di docenti con speciica preparazione, nella prossima fase
di maturità di questa nuova tecnologia. Chi se la sente di essere tra “i
primi”? I posti sono limitati …
Da tutto il numero di Bricks avrete spunti per capire come davvero gli
alunni si trovano a percorrere – con i propri insegnanti – strade nuove
del sapere, in un crescendo di competenza alimentata non solo dalle
conoscenze tecnologiche ma più di tutto dalla fantasia, dal pensiero
laterale, dal dialogo e capacità di operare in gruppo valorizzando i
singoli apporti e compensando le singole carenze.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
A nome dei 43 Istituti della Rete per la Robocup Jr Italia vorrei dire
che vivere e osservare queste dinamiche emergere nei nostri Istituti
ci porta a dire che nella scuola è ancora possibile realizzare buone
pratiche che generino educazione nei giovani. Esaltando due criteri
ispiratori delle proposte didattiche: l’etica e l’estetica:
• ETICA – Educare al corretto uso degli strumenti oggi nelle mani di
tutti, delle tecnologie tanto potenti quanto pericolose, che possono portare alla risoluzione dei problemi del mondo: fame, tutela
dell’ambiente, schiavitù (materiale e culturale) … ma possono anche
distruggerlo.
• ESTETICA – Educare al bello, all’armonia che la natura ci mostra
e che non sempre ispira l’azione dell’uomo. Orientando i giovani
a realizzare non solo qualcosa che funziona, che sia corretto, ma
che sia anche capace di suscitare e trasmettere emozioni positive.
Nulla di nuovo, ma in una veste nuova. Ricordo i miei maestri, alle
elementari, e professori al liceo che hanno educato la mia generazione
e sui cui insegnamenti ancora viviamo di rendita. Insegnamenti che
sono ancora dentro molti di noi, insegnamenti profondamente etici,
tesi a valorizzare l’impegno e la tensione a costruire il futuro che solo
i giovani possono immaginare e interpretare. Se possibile connotandoli
di un senso di bellezza e di armonia, che si scopre ancora solo a scuola,
tra letteratura e meraviglie della natura.
Osservare la scintilla che brilla negli occhi degli studenti che operano
nei laboratori di Robotica Educativa (LRE) mi riporta al mio essere
alunno degli anni ’60-‘70. La scintilla dell’apprendimento interiore,
profondo, gratiicante che in quel momento si realizza e ripaga dello
sforzo fatto. Ciò vale anche per il docente che conduce un laboratorio.
Si vive del senso di ciò che si fa. Del sentire che insegnare è un lavoro
che può ancora essere gratiicante se fondato sull’etica, e sull’estetica.
E sul senso di una nuova professionalità. A cui aggiungere, tema di
quest’anno alla V edizione Robocup Jr Italia, il SOGNO.
Per un approfondimento: http://www.robocupjr.it/3/?p=2787
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Robottando per conquistare
la competenza: 10 anni di
robot nella scuola primaria
Simonetta Siega
docente utilizzata presso la Rete RCJ-Italia su progetto “Robot…
ando a Scuola per conquistare le “Competenze””
simo.si@alice.it
Inizio questo articolo ringraziando chi mi dà l’occasione di ripercorrere
l’esperienza di questi ultimi dieci anni, in cui sono emersi man mano i
modi e i metodi che rendono oggi possibile “robottare” in classe e raggiungere le competenze di cui trattano le Indicazioni Ministeriali per la
scuola dell’Infanzia e del I ciclo. Mi piace pensare al passato per raccontare le esperienze maturate in tante scuole del territorio nazionale.
Tutto è iniziato nel lontano a.s. 2003/04 con una sperimentazione in
tre regioni italiane (Piemonte – Lazio – Calabria) sull’uso corretto delle
tecnologie in classe, nel contesto del “Programma INTEL Teach to the
Future”. In una classe quarta con l’uso del sw Micromondi (il “nonno” di
Scratch) per permettere agli alunni non solo di imparare a disegnare e
animare mondi fantastici col computer ma di saperli poi anche “portare
fuori dal pc” realizzando con il kit Lego RCX (il famoso mattoncino giallo)
gli oggetti che loro stesso avevano immaginato, dando dimensione reale
alle tartarughe di Micromondi.
Nel contributo presentato nel 2004 a Ferrara per il convegno nazionale
Didamatica viene raccontata quella prima esperienza da cui è cresciuto
quanto ancora oggi stiamo facendo in classe con i ragazzi. Allora eravamo
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
tre docenti referenti che in tre regioni d’Italia sperimentavano in classe
con i bambini della scuola d’infanzia e primaria come giocare e imparare
divertendosi con la tartaruga di MM2, costruendo micromondi (Papert).
E in laboratorio informatico nacque un’idea che portò, nel secondo quadrimestre, l’esperienza ad ampliarsi.
Gli alunni della mia classe non avevano nessuna dificoltà nel creare
micromondi sempre nuovi e originali: quello che più li divertiva era poter
far muovere, “dare vita” alle tartarughine dopo averle “vestite” come
preferivano: un camion, un cavallo, una nuvola! E fu proprio Ludovica
che un giorno disse: “Maestra ma non possiamo inventare una tartaruga
intelligente che esca dallo schermo e si muova qui in palestra insieme a
noi?”.
Si, si poteva fare. Lo si era visto nel progetto SET di Milano del 2002
(Costruiamo un robot – Un progetto SeT), e grazie al supporto del Programma Intel che fornì i kit Lego RCX il progetto concretizzò questo desiderio, permettendo agli alunni di creare piccoli robot con i Lego RCX che
potevano sostituire la tarta virtuale del LOGO e muoversi con i bambini,
non più solo nel virtuale ma nel reale!
La tarta, abbassando la coda, disegnava una igura geometrica nello
schermo; così il robot poteva, inserendo un pennarello tra i mattoncini,
lasciare una traccia del suo movimento. Beh con il logo si poteva programmare facilmente: è il linguaggio dei bambini. Con Robolab, il sw in
dotazione della Lego non era così semplice. Pur essendo iconico per i ragazzini era complesso decodiicare le icone. Infatti se nel logo il comando
avanti 100 passi permetteva alla tartaruga di muoversi in una direzione
per un certo spazio con il robot si doveva fare in modo che i bambini non
avessero problemi di comunicazione. E il sw autore del robot li creava.
Ogni pagina video permetteva una sola azione e muoversi richiedeva più
azioni in sequenza non sempre inseribili in una unica pagina.
Da qui è nato il bisogno di creare dei linguaggi robotici più attenti al
processo di apprendimento dell’alunno. Nel 2006 è stato presentato a
Didamatica un altro contributo proprio sui linguaggi della robotica studiati
attraverso questo gruppo di bambini. Il testuale, dicevano i più piccoli,
è molto più semplice dell’iconico: si, ci sono i disegni e sembra più facile
ma a volte i simboli fanno confusione. Per esempio la freccia che indica
avanti non poteva dire la direzione precisa che veniva invece determinata
dalla posizione delle ruote e del motore del robot. Invece se scrivo avanti
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
non serve capire la direzione, va in avanti!
Negli anni 2007-09 grazie al progetto di ricerca ministeriale attivato
presso l’ex Irre Piemonte, fu istituita con inalità di ricerca la Rete di
Scuole piemontese per “l’Uso della Robotica nella didattica”. Grazie al
coordinamento del progetto da parte del prof. Marcianò e il coinvolgimento dell’UNITO fu possibile avere un SW traduttore che permettesse ai
ragazzi di programmare in lingua italiana, ottenendo a fronte la procedura
nel linguaggio open source “NQC – Not Quite C”. Si poteva così dare agli
alunni un’interfaccia simile ad una pagina di quaderno su cui il bambino
poteva trovarsi più a suo agio nello scrivere la prpria programmazione,
come le LOGO per programmare le tarta. Si veda il contributo presentato
a Didamatica 2008.
Osservare i ragazzi crescere nelle loro esperienze quotidiane grazie
alla robotica ha permesso di capire il perché fosse giusto investire in
questa direzione. Anche nella scoperta del mondo applicando i sensori al
robot tutto avveniva in modo così euristico da potervi collegare sempre
la rilessione giusta al momento giusto in modo tale da rendere ogni attività interdisciplinare, coinvolgendo le colleghe delle varie materie (vedi
l’articolo pubblicato su Rassegna dell’istruzione).
In qualità di funzione strumentale per l’uso corretto delle tecnologie nell’Istituto Comprensivo di Baveno, Istituto in cui sono tutt’oggi,
fu possibile avviare un progetto in verticale che applicasse la Robotica
Educativa dall’ultimo anno della scuola d’infanzia alla Scuola Secondaria
di primo grado. Le colleghe coinvolte nelle numerose attività laboratoriali
ebbero modo di assistere a come gli studenti – soprattutto laddove era
possibile toccare con mano – partecipassero sia in classe sia a casa allo
studio e rilessione conseguenti le attività vissute in laboratorio. Qualcuno
raccontava ai genitori della robotica e le famiglie chiedevano conferma
alle docenti: “Sa maestra non è un bambino che non racconta molto e
invece ora continua a parlare dei robot … in questi giorni…”; altri ancora
disegnavano a casa i modelli e poi in classe chiedevano di costruirli anche
se meccanicamente non sempre era possibile! E dalle documentazioni si
capisce bene cosa succedeva a scuola con l’arrivo dei robot.
Come si sa è determinante per il successo di una attività che nasca
da un bisogno dei ragazzi. Ma a volte anche dalla necessità della scuola
di sostituire colleghe in assenza giustiicata e conseguenti classi da ac-
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
corpare senza per questo rinunciare a tenere una lezione degna di tale
nome. Un giorno, poco prima di Natale, mi fu possibile organizzare questa
esperienza, che esempliica come sia possibile fare didattica peer to peer
e al contempo tutoring tra gruppi di pari.
Certe attività si programmano e si impostano per ottenere dei risultati
soddisfacenti. Ma quando “capitano” improvvise, come adattamento a
un imprevisto, nonostante tutto, allora sei ancora più soddisfatta perché
vedi come le competenze che sono il punto di arrivo nel lavoro di un percorso strutturato quando meno te l’aspetti emergono indipendentemente
dall’età e dall’attività, e tendono a rendere gli alunni autonomi e in grado
di apprendere (imparando a imparare) dalle loro stesse conoscenze ed
abilità rinforzate con l’esperienza che si acquisisce sia a scuola ma anche
nel mondo in cui viviamo, mondo come maestro di vita.
Ma quello che piaceva di più in questa avventura tra un plesso e l’altro
dell’Istituto era vedere come le colleghe docenti, grazie ad una didattica diversa, laboratoriale e attiva, avevano occasione di vedere i loro
alunni con occhi diversi perché diverso era il loro modo di apprendere in
laboratorio, con i kit robotici. Gli stili di apprendimento sono individuali
e poterne usare più di uno permette anche a chi ha delle incertezze di
apprendere in modo più sicuro. Le classi stesse diventavano in qualche
modo “speciali“ perché tutti potevano imparare divertendosi e allo stesso
tempo insegnare aiutandosi!
Concluso il progetto promosso dall’IRRE le scuole avevano ormai in
Piemonte una certa bese di esperienza e non fu dificile unirsi alla nascita
della “ROBOCUP JR – ITALIA” nel 2008/09, svolta a Torino solo per le
scuole superiori ma poi gradualmente aperta al primo grado. Personalmente coinvolta nelle funzioni di segreteria, inizialmente, ma poi sempre
più nella parte didattica e metodologica per coinvolgere le scuole in questa nuova avventura che ancora oggi, dopo 5 anni, è destinata a crescere
sempre più qualitativamente, nella didattica e nella metodologia … anche
grazie a robot speciici per gli alunni di scuola infanzia e primaria.
Ed i ricordi diventano sempre più recenti: meglio fermarsi e osservare,
imparare a vedere cosa succede intorno a noi. I ricordi più recenti li potete leggere dagli articoli dei colleghi appartenenti alle RETE DI SCUOLE
PER LA ROBOCUP JR – ITALIA.
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Il curricolo di Robotica
educativa in Cl@sse 2.0 per
sviluppare competenze
scientiiche-tecnologiche
Patrizia Battegazzore, Maria Assunta Robutti
I.C. Comprensivo Tortona A – scuola primaria
patrizia.battegazzore@gmail.com - mariaassunta.robutti@gmail.com http://tortonaa.wix.com/classeduepuntozero
Premessa
Cinque anni fa, durante l’avvio delle prime classi di scuola primaria,
abbiamo sentito l’esigenza di rendere stabile l’utilizzo della Robotica,
all’interno del curricolo d’insegnamento perchè questo ci permetteva di
affrontare direttamente e con maggior consapevolezza certe problematiche di apprendimento/insegnamento anche di altre materie: era facile,
attraverso l’attività di Robotica educativa, strutturare insieme progettazioni interdisciplinari, ottenendo un potenziamento delle abilità sviluppate
proprio dalla loro interazione.
Il sapere disciplinare veniva sollecitato dall’uso in altri contesti, la motivazione rendeva gli alunni più recettivi e autonomi, il clima della classe
diventava collaborativo e propositivo. L’esperienza, per questi alunni,
era iniziata alla scuola dell’infanzia con la progettazione di alcune attività
di gioco che erano state condotte dai bambini di quinta di allora con i
bambini delle sezioni dei 5 anni di Scuola dell’infanzia, attraverso l’uso
di Bee bot, un piccolo robot a forma di ape, programmabile direttamente
mediante tasti.
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
In classe terza, essere selezionati come Cl@sse 2.0 proprio per l’uso
della Robotica educativa, ha dato ancora maggior energia alla progettazione, perché inalmente era possibile avere tutta la dotazione tecnologica in classe: 14 notebook, con carrello per la ricarica, 8 kit NXT, più
macchina fotograica, registratore digitale e la LIM con la quale vedere e
rivedere le nostre costruzioni e i nostri progetti.
Ora al momento, della conclusione di un ciclo scolastico, quando ci apprestiamo ad affrontare nuove classi di bimbi di 6 anni, la pubblicazione
delle “Nuove Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e del primo
ciclo d’istruzione”, del settembre 2012, nella sezione “Tecnologia” rendono
molto attuale quanto realizzato in questi anni, all’interno della Rete per
la Robocup Jr. e nelle classi di scuola primaria che vi hanno aderito, per
cui, riteniamo importante la stesura organica dell’esperienza raccolta in
questi anni, come punto di partenza per una futura proicua rilessione.
Una visione d’Insieme
La Robotica in classe
Fare Robotica educativa in classe, per tutti gli alunni (due sezioni con
27 studenti ciascuna), ha voluto dire creare un ambiente di apprendimento aperto (lessibile nella sua costituzione) dove fosse possibile fare
esperienze diverse, afiancandoci agli studenti per imparare insieme. Il
lavoro ha proceduto per gruppi: in classe si osservava, si chiedeva, si
spiegava agli altri ciò che si era scoperto e ricondotto alle proprie conoscenze. Insieme si poteva scegliere come procedere per costruire, programmare e risolvere i problemi incontrati, migliorandosi continuamente.
Oggetti programmabili e sviluppo cognitivo
Nei momenti di laboratorio (realizzati sempre in classe, spostando i
banchi ad isole e utilizzando i notebook), si è dato spazio alle idee degli
studenti, permettendo loro di costruire ciò che avevano immaginato e
deciso di realizzare. Partendo da una situazione stimolo, differente a seconda del coinvolgimento di una disciplina piuttosto che dell’altra (storia
da raccontare, oggetto da costruire, situazione da rappresentare) l’insegnante ha predisposto alcuni materiali utili per la manipolazione (robot,
meccanismi, oggetti d’uso comune). Ad ogni alunno è stato chiesto di
impegnarsi ad osservare, ragionare e immaginare; poi, con il ragionamento e per analogia, di riprogettare nuovi meccanismi con cui realizzare
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
ciò che aveva solo immaginato.
Man mano che ognuno andava acquisendo competenza, gli è stato
chiesto di destreggiarsi anche nel far muovere il suo “oggetto/robot”, in
modo graduale, così che la richiesta fosse sempre attuabile e gli desse
sicurezza. Aumentando le richieste, gli studenti sono diventati sempre
più capaci di sperimentare e risolvere situazioni complesse, beneiciando
di un feed back immediato, che ha guidato lo sviluppo di ciascuna delle
loro azioni.
Fig. 1 – Schema di procedura mentale
La motivazione
Per i nostri alunni, abbiamo strutturato percorsi graduali, nei quali fare
esperienza con materiali diversi. Talvolta, abbiamo proposto l’analisi di
un progetto realizzato da un gruppo di alunni. Ne abbiamo analizzato
le diverse parti, abbiamo rilettuto sulle scelte effettuate da chi aveva
programmato. In questo contesto, la proiezione di immagini, foto e ilmati sulla LIM sono diventate di enorme utilità, per poter osservare e
gestire al meglio il passaggio di tutte le informazioni. Il coinvolgimento
degli studenti, anche nella predisposizione di questo materiale, ha fatto
sì che ci fosse maggior consapevolezza e una considerevole motivazione
al miglioramento delle proprie progettazioni/costruzioni.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
“Comprendere” un problema
Lo studente ha partecipato attivamente al suo apprendimento alternando momenti di astrazione e di ragionamento ad altri in cui veniva chiesta
la soluzione di una situazione problematica da affrontare realmente. La
situazione concreta è stata sempre fondamentale per arrivare all’elaborazione di una propria teoria di soluzione; poi l’applicazione di quanto
teorizzato ha permesso di veriicare immediatamente se le proprie ipotesi
erano corrette, di correggerle e tornare ad applicarle in un ciclo di rilessione–azione-risposta che ha portato a risultati sempre migliori. Spesso
tale “strategia” di lavoro è diventata un buon metodo per comprendere e
apprendere in modo eficiente e funzionale, anche nelle altre discipline.
Tra creatività e rigore del linguaggio
La creatività che naturalmente si sviluppa, ogni volta che viene assegnato un nuovo compito, deve essere sostenuta senza compromettere il
rigore con cui è necessario scrivere un codice preciso di programmazione,
con il quale ottenere dal Robot un comportamento adeguato al compito.
Considerando che i linguaggi di programmazione sono mediati dal
linguaggio umano, sono stati considerati, con grande attenzione, tutti i
vocaboli utilizzati. Spesso, è stato necessario analizzare ogni termine,
anche i più banali, dal punto di vista concettuale, per comprenderli in relazione alle azioni da far scaturire.Se la richiesta ha previsto, ad esempio,
di progettare un percorso in cui un robot doveva muoversi e compiere
certe operazioni, gli studenti avranno dovuto comprendere con precisione
la consegna, per immaginare nella loro mente la situazione. Dopo aver
deciso mentalmente cosa doveva fare il robot, hanno trasformato “l’idea”
in una costruzione adeguata al compito da svolgere e, contemporaneamente, hanno dovuto scrivere un codice di programmazione, tale che
potesse rendere reale quanto si era solo immaginato. Per usare in modo
corretto il codice, si sono proposti numerosi esercizi di scrittura per comprenderne le regole, con la sua sintassi; poi è stato necessario analizzare
i diversi elementi e le variabili presenti nel pannello di conigurazione dei
diversi blocchi (sia in Scribbler che in NXT) e le modalità di trasferimento
del codice stesso nel robot. Provando e riprovando, osservando e ricollegando ogni variazione del comportamento al suo codice, con attenzione,
rigore e precisione, ogni studente ha realizzato il proprio progetto.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Il curricolo
Ogni anno scolastico, le attività presentate sono state organizzate in
percorsi interdisciplinari, che coinvolgessero cioè più discipline contemporaneamente.
Pur avendo usato robot differenti secondo l’età (Bee-bot per prima e
seconda, Scribbler e RCX tra seconda e terza, in quarta e in quinta NXT),
abbiamo proceduto organizzando un curricolo complessivo che utilizzasse
step sequenziali, il primo prerequisito del secondo e così via.
Prima di essere Cl@sse 2.0 avevamo già la Robotica nel nostro curricolo, dapprima con Bee-bot e poi con Scribbler. Bee-bot aveva permesso
l’acquisizione di competenze prevalentemente temporali/spaziali, favorito la costruzione dei primi algoritmi con cui deinire l’esplorazione dello
spazio e guidato i bambini a comprendere la funzione della memoria di
lavoro, rendendo evidente la necessità di fare scelte strategiche, funzionali al raggiungimento di un obiettivo.
Con Scribbler era subentrato il discorso della scrittura del programma
con un codice iconico organizzato in blocchi, nei quali poter deinire le
variabili per ottenere un certo risultato. Restando nel campo dei robot
obbedienti, la programmazione era stata indirizzata per riproduzione di
comportamenti ordinati e ritmici, come quelli che possono accompagnare
una musica, introducendo anche cicli e contatori. Si erano formulati giochi che esercitassero le capacità logiche di previsione, rafforzando così
i concetti di causa e conseguenza. La possibilità di modiicare i valori di
tempo e spazio sui blocchi di programmazione, aveva fatto emergere,
quanto fossero strettamente correlati e aveva reso più semplice la comprensione del concetto di velocità.
Iniziando il percorso come Cl@sse2.0, in terza, è stato fondamentale
insegnare ai ragazzini la gestione dei materiali, dei kit, del software e dei
notebook, avendo tutto in classe. La lavagna interattiva ha svolto un ruolo importante, per la proiezione di immagini (per esempio per la visione
dei manuali), ma anche per rilettere sulle documentazioni realizzate dai
bambini stessi. Mediante una piccola web-cam, collegata al netTop della
Lim, è stato possibile, scattare foto delle diverse costruzioni, importarle
sequenzialmente nel software della Lavagna e procedere con la scrittura
dei tutorial.
Per i meno intuitivi questi materiali sono diventati preziosissimi, per
trovare ispirazione, per rivedere e consultare anche a casa (dato che è
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
stato possibile diffondere tali progetti sulle chiavette usb dei ragazzi).
Pochi hanno a disposizione il software di NXT sul pc di casa, ma poter
rivedere le proprie realizzazioni e rileggere i percorsi è stata comunque
un’esperienza signiicativa.
Dal punto di vista metodologico si è sempre cercato di favorire il processo naturale di apprendimento per scoperta che si realizza quando, a
partire da un evento, nasce una rilessione interiorizzata; questa fa scaturire un normale controllo (feedback) che sviluppa, a sua volta, aggiustamenti continui del pensiero inalizzati alla scoperta del “funzionamento”.
In questo modo imparare è diventato emozionante e ciò che si è
imparato non si dimentica più.
Prima si è privilegiata la RIPRODUZIONE cioè la copia di qualcosa che
era già stato realizzato, contemporaneamente all’attività di ANALISI,
cioè all’osservazione delle parti e del tutto. In un secondo momento ci
si è concentrati sull’attività di METACOGNIZIONE con cui effettuare la
revisione delle progettazioni; per ultimo è stato importante l’esercizio
per fare PRATICA.
Quest’ultimo, aumentando il campo esperienziale di ogni alunno, ha
favorito l’acquisizione di abilità di progettazione, di controllo dell’errore,
e sviluppato la CREATIVITA’. Per riproduzione, analisi e metacognizione
la LIM ha avuto un ruolo centrale.
Nel momento della pratica, l’attenzione si è spostata sull’apprendimento collaborativo, che spesso ha previsto, da parte degli studenti stessi,
scambi di ruoli e confronto autonomamente gestito. A partire dalla classe
terza si è presa coscienza dell’importanza dei sensori, per organizzare
comportamenti intelligenti che permettessero al robot di raccogliere informazioni dal mondo esterno, così da autoistruirsi e modiicare il proprio
comportamento per raggiungere il proprio ine.
Per far funzionare i sensori, sono stati introdotti gli operatori logici (if/
else, or/ and, true/false), così da attivare anche strumenti di feedback
(stimolo/risposta), che rendessero più evidente la correttezza delle proprie scelte.
Nell’organizzazione di percorsi nei labirinti, ci si è resi conto di quanto
questi andassero a incidere sulla formazione di capacità cognitive legate
alla rappresentazione mentale di uno spazio: saper prevedere nella mente
il comportamento di un oggetto che si muove nello spazio non è un’abilità
che viene facilmente stimolata.
Per favorire il perfezionamento dello schema motorio sono stati effet-
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
tuati numerosi giochi che prevedessero il coinvolgimento di tutto il corpo,
in palestra ma anche in corridoio o in classe:
• corse con cambio di direzione ad uno stimolo sonoro per aumentare
la capacità di scegliere le direzioni e valutare la velocità in relazione
a quella degli altri;
• corse ad ostacoli,
• il pac-man che prevede corse sulle righe della palestra con cambio
di direzione agli incroci: un bambino è il Pac man e deve catturare
gli altri che sono fantasmini. Il gioco diventa appassionante e strategico se si cerca di differenziare la velocità di spostamento, per
metter gli altri in dificoltà.
Con RCX e con NXT si è anche valorizzato il lavoro di costruzione: la
meccanica è diventata importante per il funzionamento della macchina e
a sua volta, la programmazione ha dovuto strutturarsi in modo funzionale
e adeguato alla meccanica.
Ora che siamo verso la ine del percorso di scuola primaria, gli studenti
sono in grado di organizzare progetti che prevedano competenze molto
diversiicate. Al momento della costituzione dei gruppi di lavoro, sono loro
stessi a scegliersi in base a tali competenze, perchè ormai si sà che la
possibilità di migliorare la propria realizzazione è strettamente correlata
alle risorse disponibili, sia in termini di persone con cui collaborare, di
materiali da impiegare, in base al buon utilizzo del tempo a disposizione.
Più il clima di classe sarà stato aperto e collaborativo e si saranno forniti input validi senza delineare completamente la strada di esecuzione,
tanto più le soluzioni a cui perverranno i diversi gruppi di lavoro, potranno
essere diverse tra loro.
Molto utile è stato il lavoro di dividere i percorsi in tappe intermedie, in
modo che gli esiti parziali potessero essere valutati, ed eventualmente,
modiicati per ripianiicare la propria azione. Non sono state necessarie
molte spiegazioni ma sono state indispensabili le esperienze, sempre
diverse tra loro. Solo attraverso queste, infatti, sono stati interiorizzati
comportamenti e strategie da utilizzare nelle diverse situazioni.
Conoscere bene gli elementi di programmazione e costruzione ha permesso a molti ragazzi, prima timorosi e incerti, di sviluppare ottime
capacità decisionali. Saper scegliere è stato l’obiettivo più alto che ci
siamo preissi con il curricolo di Robotica, ma anche una competenza che
speriamo possa valere per tutta la vita.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
La Robotica educativa e lo studio delle scienze e delle tecnologie alla scuola primaria
L’esposizione dell’esperienza di problem solving, di questa sezione,
vuole essere un suggerimento per gli insegnanti interessati alla Robotica
educativa, per predisporne altre analoghe, costruite sull’approccio sperimentale del “learning by doing”.
Tutte le attività hanno preso spunto da vari manuali in rete e dal libro
di Michele Moro “Imparare con la Robotica”, edizioni Erickson, dal quale,
in particolare, sono tratti i titoli delle proposte e il tipo di richiesta problematica iniziale. Le attività che si sono sviluppate rispondono però alle
esigenze di studenti generalmente più piccoli di quelli per cui i manuali
erano stati pensati e sono direttamente legate alle esperienze che gli
alunni avevano precedentemente effettuato.
Sono state supportate dalle competenze disciplinari dell’insegnante di
matematica/scienze, dall’uso dei notebook a disposizione degli alunni,
da strumenti di documentazione come macchina fotograica, web cam,
registratore digitale e LIM. L’approccio pratico e la continua rilessione
sui processi analizzati, ci sembra possano costituire un ottimo punto di
partenza per lo sviluppo di sempre maggiori competenze scientiiche
tecnologiche dei nostri alunni.
La Tartaruga
Partendo dall’esperienza di Bee-bot e di Micromondi jr, realizzata in
classi precedenti, riprendiamo i comandi base della Tartaruga del linguaggio LOGO (avanti, indietro, destra e sinistra) con un NXT- Tribot: un
robot (Figure 2 e 3) con due motori indipendenti, dotato di un ruotino
libero sul lato posteriore.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 2 – Il robot NXT- tribot utilizzato
Fig. 3 – Il robot NXT- tribot utilizzato
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Realizziamo la programmazione del nostro Robot utilizzando gli NXT
Program, cliccando direttamente sui pulsanti del blocco NXT. Riproponiamo la realizzazione di percorsi utilizzando i comandi per avanzare o indietreggiare su una linea retta di distanza stabilita in cm, sperimentiamo
la curvatura del robot, utilizzando le frecce preimpostate, ma ponendo
l’attenzione sui diversi tipi di sterzata possibili, grazie al ruotino che può
essere modiicato per copertura (gomma o ruota dentata) e dimensione.
Il contesto non permette molta precisione poiché potremo avvalerci
solo del sensore di rotazione presente nei motori e dei comandi già preimpostati. Consegna per gli studenti: utilizza i comandi avanti e aspetta, per
far avanzare il Tribot su una linea rettilinea facendo tre soste di durata
sempre uguale, in modo tale da partire da A e raggiungere B. Rilessione: Potremo variare l’esecuzione imponendo differenti distanze dei tratti
oppure diversi tempi di sosta; se useremo il comando STOP al termine
della sequenza, si dovrà far ripartire per tre volte consecutive il robot,
ma dovrà essere organizzato l’algoritmo che permetterà di raggiungere
l’obiettivo. Nel pannello di controllo si trovano, infatti, comandi differenti a seconda che si tratti della prima pressione o della seconda; inoltre
ogni volta che si programma, si devono effettuare, in modo obbligato,
4 scelte e poi decidere se terminare con STOP o con il comando LOOP
(ripeti sempre).
La richiesta può essere modiicata: fare indietreggiare il robot oppure
effettuare la sterzata a destra o a sinistra. Sviluppi: programmare percorsi che delineino la forma di igure geometriche, regolari; far muovere
il robot in modo che il suo comportamento sia determinato dall’uso dei
sensori posizionati sulle porte indicate nel pannello di apertura dell’NXT
Program.
Traiettorie
Si analizzano i movimenti creati da oggetti, e tra questi anche l’NXT.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 4 – Traslazioni e curvature in uno spazio deinito
Si percepisce che il movimento lascia “traccia di sé”, anche se la strada
percorsa non viene disegnata. Si sperimenta che la condizione di moto
determina sempre un cambio di posizione rispetto ad un sistema di riferimento.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 5 – Prove di programmazione alla LIM
Con la LIM è possibile sperimentare il movimento rallentato e vedere i
fotogrammi di azioni che normalmente ci appaiono in velocità. Si scopre
il signiicato del concetto di “persistenza dell’immagine nella retina” e ci si
concentra sullo sviluppo di sequenze di movimenti che possano ricostruire
i “movimenti reali” utilizzando software online come lipbook, analizzando
opere d’arte pittorica come quelle di Giacomo Balla o di Hering, video
come quelli di Cavandoli, oppure costruendo giocattoli ottici.
Attraverso l’esperienza diretta con i sensi, il bambino si rende conto
che le impressioni che riceve, riguardo alla posizione degli oggetti e alla
loro forma, possono essere differenti, perché condizionati dalla percezione sensoriale. Il continuo riferimento al corpo e al suo movimento,
permette l’acquisizione di un linguaggio speciico che trova il suo naturale
utilizzo nello studio della geometria, ma che diventa fondamentale per
la comprensione e la comunicazione tra pari, rispetto alle progettazioni
di oggetti Robotici.
Rilettiamo sui termini:
1. Traslazione: varianza di posizione; invarianza di direzione. Se un
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Robot viene spostato senza mutare la sua direzione, allora si dice
che subisce una traslazione; analogamente un bambino che avanza
o indietreggia o si sposta lateralmente. Per la percezione di questa
situazione, propedeutico all’uso del Robot è stato il programma
Scratch.
2. programmando i diversi personaggi da far muovere sul desktop
(quindi sul piano) è stato possibile sperimentare l’effetto dell’invarianza direzionale, con uno cambio di posizione determinato da uno
stimolo temporale (ogni quanto tempo) in relazione alle coordinate
del piano cartesiano. A questo è stato possibile aggiungere anche
una varianza di dimensione, simulando un avvicinamento o un allontanamento del “personaggio” (Sprite) utilizzato.
3. Rotazione attorno al proprio asse: varianza di direzione; invarianza di posizione. Se un bambino gira attorno al proprio asse
corporeo senza cambiare di posizione, compie una trasformazione
di rotazione.
4. Curvatura: varianza contemporanea sia di posizione sia di direzione.
Utilizziamo come punto di forza il fatto che, ogni studente è naturalmente attratto e più motivato ad analizzare un oggetto quando si accorge
di un comportamento modiicato; pertanto agiamo in modo da richiedere
osservazioni precise rispetto ai cambiamenti prodotti che andremo a proporre introducendo l’uso del software Lego (Figure 3, 4, 5).
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 6 – Prove di programmazione alla LIM
Traslazioni
Consegna per gli studenti: programma il Tribot per effettuare traslazioni utilizzando la stessa potenza ma modiicando i secondi (1, 5, 10,
15, 20, …) Veriica la distanza percorsa. Rilettiamo sui risultati. Partendo dalla tabella che hai compilato effettua la prova inversa, cioè trova il
tempo per percorrere una certa distanza (0,5 metri, 1 m, 1,5 m, 2,0 m);
cambia il valore frena o in folle e veriica cosa capita. Rilessione: introduciamo il valore di velocità mettendo in relazione i due valori ottenuti,
deinendola come il rapporto tra lo spazio percorso e il tempo impiegato
e proponiamo esperienze.
• Fai muovere il Robot per due metri nel minor tempo possibile. Veriichiamo le scelte effettuate e analizziamo quelle che hanno ottenuto
i migliori risultati cercando di concentrare l’attenzione dei ragazzi
sul valore POTENZA. Riconosciamo questo pulsante come fondamentale per l’aumento o la diminuzione del tempo di esecuzione,
quindi della velocità del nostro robot.
• Fai percorrere il maggior spazio possibile al tuo robot in 10 secondi
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
(utilizza un criterio differente dai secondi nella inestra DURATA).
Veriichiamo le soluzioni migliori dividendole in base alle scelte effettuate e ragioniamo sul concetto di Rotazione.
• Misura il valore in cm di una rotazione. Rilettiamo sulle differenze
riscontrate e poniamo l’attenzione sul RAGGIO della ruota utilizzata.
• Costruisci il tuo Tribot per fargli percorrere uno spazio rettilineo di
2 m utilizzando il minor numero di rotazioni delle ruote.
Rotazioni
Consegna per gli studenti: fai ruotare il tuo robot sul suo asse in modo
che ritorni nella posizione di partenza (compiendo un giro di 360° sul
piano). Veriichiamo la possibilità di esecuzione controllando il ruotino
posteriore che deve essere libero e non esercitare troppo attrito. Riconosciamo che la rotazione è possibile con l’avanzamento di un motore e
l’indietreggiamento dell’altro: in base ai risultati ottenuti con massima
potenza e motore frenato, facciamo effettuare dei piccoli cambiamenti
per confrontare i risultati. Veriichiamo i cambiamenti determinati dal
valore POTENZA.
Ulteriori esperienze: Fai compiere rotazioni sull’asse per un valore di
90°, 180°, 720° sul piano.
Curvature
Quando un mezzo in movimento curva, le ruote percorrono lo stesso
tragitto ma una ruota deve attraversare più spazio dell’altra. Consegna
per gli studenti: programmare il proprio robot per eseguire un percorso
su una pista curvilinea di una certa larghezza, per giungere al traguardo
nel minor tempo possibile, senza mai uscire con le ruote dal tracciato.
Durante l’esecuzione delle diverse esperienze, molte sono state le richieste di approfondimento dei ragazzi, che hanno sollecitato spiegazioni e
ricerca di materiali (scritti, digitali, video) per comprendere meglio ciò
che stavano sperimentando. La presenza di due insegnanti in grado di
supportarli ha permesso di lavorare, differenziando l’offerta formativa
per i diversi livelli di competenza individuale raggiunta.
Il Bruco
Nella scorsa edizione della Robocup, preparando il Theatre su Alice
nel Paese delle Meraviglie, i ragazzi delle attuali quinte avevano analiz-
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
zato il movimento del bruco per poter rappresentare Brucaliffo (Fig 6).
In quella situazione, era stato realizzato un modello meccanico formato
da anelli di plastica (sezioni di bottigliette di plastica) collegati tra loro,
in modo da simulare il movimento, tipico di questo piccolo animale. In
realtà l’oggetto era sostenuto da un meccanismo che lo faceva alzare e
abbassare, senza permettergli però spostamenti sul piano. Ripartendo
da quella costruzione, abbiamo visionato diversi video per approfondire
la conoscenza del movimento, basato su onde di contrazione e rilascio
dei tessuti. Dall’ osservazione, in qualcuno è nato il desiderio di scoprire
come si possa creare un’onda, così ci siamo procurati differenti materiali
come corde, molle, teli e abbiamo dato inizio ad una serie interessante
di attività con cui sperimentare la creazione di onde e delle vibrazioni che
le producono. Analizziamo diversi tipi di vibrazioni: sonore, nell’acqua, di
oscillazione, del corpo. L’osservazione dei video e le esperienze effettuate
permettono di evidenziare le due fasi del movimento: la spinta parte sempre dall’estremità posteriore che si contrae, facendo perno sull’estremità
anteriore; segue un rilascio con avanzamento dell’estremità anteriore,
facendo perno su quella posteriore. Decidiamo di costruire un Robot utilizzando due motori e, analizzando la posizione del corpo del bruco nelle
diverse fasi di movimento, si decide di rappresentarlo con una struttura
a forma di V rovesciata (Fig 7), a cui devono essere collegate le ruote
che permettano un movimento “peristaltico” per scivolamento. Il modello
Robotico viene costruito dall’insegnante, ma la deinizione del programma necessario per consentire il movimento viene discusso in gruppo. I
due motori dovranno avanzare alternativamente nello stesso verso. Il
problema da affrontare sarà l’apertura e la chiusura della struttura a V.
Fig. 7 – a) il progetto del bruco, 7 b) il modello Bruco-robot, 7 c) il tutorial
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Il comando di avanzamento iniziale sarà dato con la minima apertura e dovrà permettere un avanzamento senza raggiungere la massima
apertura. Poi il secondo passaggio prevederà un allontanamento dei due
bracci e si potrà procedere in modo alternato.
La predisposizione del programma viene fatta alla LIM e se ne veriica
la corretta esecuzione, con movimento nei due sensi di marcia. Per permettere la riproduzione dello stesso modello, alcuni alunni suggeriscono
di fotografare il robot/bruco durante la fase di smontaggio (Figura 7c).
Le foto sistemate poi in ordine inverso costituiranno un valido tutorial
per guidarne la ricostruzione.
Problemi affrontati:
1. Per restare in piedi quando si contrae, è opportuno che il bruco utilizzi una coppia di ruote solidali (sullo stesso asse).
2. Nel movimento di distensione è opportuno che il bruco non distenda
la coppia dei bracci, perché da quella posizione sarebbe impossibile
tornare a contrarsi (viene a mancare la possibilità di fare perno).
3. La programmazione utilizza i gradi di rotazione, anziché il tempo,
perchè questo è un caso in cui deve esserci estrema precisione dei
due movimenti alternati. Con il valore DURATA espresso in secondi,
potrebbe essere maggiore il rischio di scoordinamento dei bracci
dovuto, per esempio, all’attrito.
4. Si permette la costruzione con bracci di lunghezza differente per
confrontare il comportamento. Alcuni studenti propongono l’utilizzo
del sensore di prossimità, montato sul bruco, per garantire il cambio di verso del movimento, da realizzare in base ad uno stimolo
esterno.
Conclusioni
Il percorso è proseguito sulla base degli stimoli dati dagli stessi studenti, alla ricerca di sempre nuove idee da sperimentare, nel campo della
Robotica ma anche nelle altre discipline. Lo stile dell’imparare facendo
o per meglio dire “dell’imparare progettando” crediamo abbia effettivamente contribuito a potenziare i processi cognitivi coinvolti nell’uso della
Robotica educativa e, per conseguenza, a migliorare le abilità e le competenze conseguite da tutti gli alunni delle due classi.
Ne proponiamo un elenco casuale, ma non esaustivo, per lanciare una
sida a cercarne altre: la manualità, in particolare nel gestire i pezzi di
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
costruzione, la verbalizzazione delle azioni da eseguire e dei comportamenti in genere, l’attenzione nell’analisi delle costruzioni o di tutto ciò
che percepisco, la determinazione per sostenere la realizzazione di un
proprio prodotto, l’inventiva nel produrre qualcosa di nuovo e quella per
effettuare ipotesi veriicabili, la capacità di decidere in base alle proprie
risorse, la logica per dedurre informazioni utili, la motivazione per aver
voglia di scoprire ancora qualcosa che non si sa, la creatività, la capacità
di condividere, la disponibilità al dialogo, … e per noi insegnanti la passione per il nostro lavoro in una scuola che, pur in dificoltà, continua a
promuovere una delle competenze fondamentali per gli studenti, indicata
anche dalle Raccomandazioni del Consiglio d’Europa del 2006, “imparare
ad imparare”.
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La robotica educativa come
metodologia di base per un
apprendimento consapevole
Antonella Caporusso, Lucrezia Iannola, Morena Lorenzini,
Patrizia Rossini
IX Circolo Japigia1, Bari
patriziarossini@alice.it
Al secondo anno di esperienza, il
IX circolo Japigia 1 continua a sperimentare sul campo i risultati positivi dell’uso della robotica educativa
in tutte le attività previste. Dopo un
primo anno in cui un gruppo di docenti interne si sono formate grazie
al contributo dell’insegnante Simonetta Siega, durante l’anno in corso
è stato previsto un altro incontro
per l’approfondimento e si sono
organizzati corsi per la formazione delle docenti interne che non si
sono formate lo scorso anno e per
quella di docenti esterne. Per quanto riguarda l’uso della robotica nella
Fig. 1 – Logo per la robotica al IX Cir- didattica, quest’anno è stata estesa
a tutte le classi e si sono organizzati
colo Japigia 1 di Bari
sette corsi di potenziamento.
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Il progetto
Il progetto nasce dalla convinzione per cui la crescita e la formazione
dell’alunno nella scuola e soprattutto in quella di base, non debba essere solo didattica. Tutte le agenzie formative, prima fra tutte la scuola,
agenzia formativa per eccellenza, dovrebbero avere come obiettivo inale,
quello della formazione di un uomo capace di portarsi per mano nella
società globale della conoscenza [ Rossini, 2012], di un uomo dalla testa
“ben fatta” e non “ben piena” volendo utilizzare il noto concetto di Edgar
Morin. [Morin,2000]. In una società in cui lo sviluppo tecnologico è così
veloce e innovativo da rendere obsoleti i metodi utilizzati sino a ieri, il
cittadino deve abituarsi al cambiamento e aggiornarsi continuamente
nell’ottica del lifelong learning.
Sicuramente il futuro va verso una maggiore lessibilità dell’istruzione
e della formazione che tenga conto della diversità delle categorie degli
individui e delle domande, va verso una scuola plurale che consideri l’autonomia degli attori della formazione. Una società della conoscenza deve
essere in grado di contenere tutte le forme di comunicazione, nonché i
pensieri individuali e collettivi delle persone, società della comunicazione
che, per essere chiamata tale, deve fondarsi sul dialogo, sul confronto
dei vari alfabeti non solo logico-formali, ma, anche, emotivo-trasgressivi
nella consapevolezza, per dirla con Frabboni, per cui “ una cittadinanza
attiva e solidale nasce e si consolida se popolata di donne e uomini dai
codici variopinti e dalle menti plurali” [Frabboni 2002,2005 ].
Il contesto
Il IX Circolo Japigia1 è situato in un rione di Bari, Japigia, conosciuto
come zona a rischio per l’alto livello di criminalità, nonché per la presenza
di molti stranieri, soprattutto di etnia Rom. L’utenza, molto varia, annovera alunni igli di professionisti, igli di genitori in carcere, igli di nomadi.
Conta al momento 877 alunni di cui 56 Rom. La scuola è un punto fermo
e molto importante nel processo formativo degli alunni e negli ultimi anni
ha avuto un incremento notevole di iscrizioni soprattutto in seguito al taglio innovativo che ha dato alle attività didattiche da proporre agli alunni.
In seguito alla dificoltà del contesto in cui è situata e alla presenza del
numero elevato di stranieri, la scuola ha come principi di base della sua
mission, l’integrazione, la legalità attraverso l’uso dell’informatica e delle
nuove metodologie. Tutte le attività del curricolo locale, nonché tutti i
progetti interni al POF o progetti PON, hanno come ilo conduttore questi
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
argomenti che vengono affrontati in vario modo, sia nelle attività classiche, in classe, sia in forma laboratoriale. Il motto che contraddistingue
la scuola è “Una scuola dalla testa ben fatta” riprendendo il concetto di
Morin per cui si privilegerebbe la formazione di una testa bene fatta e
non ben piena, quella testa capace di interconnettere gli oggetti del sapere, è la testa capace di contestualizzarli e di cogliere la rete, è la testa
che permette la costruzione di identità giovanili responsabili, complete
ed autonome.
Apprendimento meccanico e apprendimento signiicativo
Il progetto, partito lo scorso anno grazie a inanziamento del MIUR
uficio IV per la formazione, si è mostrato da subito molto eficace per
favorire l’apprendimento attraverso un incremento notevole della motivazione ad apprendere.
Un’esperienza didattica è un evento complesso che coinvolge:
• insegnanti (devono sapere perché e quali cambiamenti produrre,
come veriicarli),
• alunni (devono scegliere di voler imparare),
• curricolo (inteso come programmazione didattica o pianiicazione
degli interventi didattici),
• ambiente (il contesto, le conoscenze pregresse e l’insieme di fattori
che regolano e controllano il signiicato dell’esperienza didattica).
A questi elementi vanno aggiunti il pensiero, le azioni, le emozioni, che
necessariamente intervengono in ogni evento formativo.
L’azione di insegnamento, pur essendo un’azione comunicativa, non
si esaurisce in essa, proprio perché mira a far raggiungere un apprendimento il cui signiicato non può essere ridotto solo a quello cognitivo,
costruito dalle conoscenze concettuali (concetti, principi, teorie) e dalle
conoscenze procedurali (abilità intellettuali e operative), ma comprende
anche l’apprendimento di atteggiamenti e comportamenti signiicativi
(disponibilità positive verso persone, cose, situazioni ed azioni).
Parlando di apprendimento non si può non considerare la sostanziale
differenza esistente tra apprendimento meccanico e apprendimento signiicativo, i due estremi di un continuum.
L’apprendimento meccanico avviene quando chi apprende memorizza le nuove informazioni senza collegarle alle conoscenze precedenti, o
quando il materiale da studiare non ha alcuna relazione con tali cono-
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
scenze.
I bambini a scuola generalmente tendono ad imparare in modo meccanico, sforzandosi, anche a volte con l’aiuto di docenti ed insegnanti, solo
ad imparare in maniera letterale il signiicato di alcuni concetti e parole
memorizzandone solo la deinizione. Per arrivare invece all’apprendimento
signiicativo, lo studente, per sua volontà, mette in relazione gli elementi
di conoscenza provenienti dall’esterno con quelli già preesistenti nella
sua struttura.
Tale processo comporta senza ombre di dubbio, uno sforzo non indifferente da parte dell’individuo, a favore di un considerevole aumento delle
modalità di apprendimento in maniera signiicativa e alla permanenza
delle informazioni per lungo tempo ed a volte anche per tutta la vita,
ma signiica anche che il soggetto che apprende non è tabula rasa, ma
possiede una serie di conoscenze, di idee, di aspettative, dunque una
struttura cognitiva capace di elaborare, nella sua interazione con l’ambiente esterno, le informazioni che dall’ambiente riceve.
Figura importante è rappresentata, ovviamente, dal docente/insegnante/formatore che incoraggia l’apprendimento signiicativo, a scapito del
tipo meccanico, attraverso la selezione di materiale signiicativo, rappresentato principalmente da mappe concettuali, circuiti audiovisivi, testi e
dispense, ma soprattutto veriica le preconoscenze interne dell’allievo
stesso e quindi modula un linguaggio idoneo alla comprensione delle
nuove conoscenze formulate ed indirizzate al discente.
Ausubel sottolinea più volte che il fattore più importante nell’inluenzare l’apprendimento è ciò che l’alunno già conosce e che bisogna veriicare
queste conoscenze e su queste impostare il lavoro di insegnamento.
Chi insegna, più che esporre, deve “stuzzicare” la curiosità ponendo
domande, coinvolgendo le facoltà mentali, provocando l’ansia della ricerca.
Con queste premesse la robotica educativa, così come l’uso di una piattaforma e-learning creata all’interno della stessa scuola, che consolidi gli
apprendimenti fruiti in attività classiche, in classe, è stato accolto come
uno strumento idoneo alla formazione in senso ampio.
Un’esperienza didattica: la preparazione per le gare
I destinatari
Il corso “Robottiamo per la gara”, tenutosi nell’anno scolastico
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
2011/2012, quale azione del progetto “La robotica a scuola”, prevedeva
10 incontri di 2 ore ciascuno, in orario extracurricolare, ed era destinato
a sei tra alunni ed alunne provenienti da due classi quarte.
A priori, pertanto, si riteneva di poter incontrare qualche dificoltà nel
far sì che un gruppo eterogeneo per l’appartenenza alla classe, oltre che
per genere e livello di apprendimento, diventasse una vera e propria
squadra in così breve tempo. Oltre a ciò, la docente che ha tenuto il corso, la scrivente, non era una docente delle classi di quegli alunni, perciò
c’era prima di tutto da stabilire un rapporto con loro.
La conoscenza dello strumento
Il corso è iniziato con la scoperta delle caratteristiche e delle funzioni
dello Scribbler. Gli alunni partecipanti hanno dapprima operato un confronto tra lo Scribbler ed il Bee-Bot, che già conoscevano ed avevano
ampiamente utilizzato, rilevandone analogie e differenze. Poi sono stati
forniti loro pochi elementi di conoscenza, essenziali per una prima minima
programmazione del robot.
Attraverso la libera costruzione di programmi e, successivamente, la
ricerca di soluzioni per l’esecuzione di compiti assegnati dall’insegnante (problem solving), i ragazzi hanno scoperto una ad una le funzioni
dello Scribbler, i signiicati delle principali icone dell’interfaccia graica
attraverso la quale lo si programma e le variabili di programmazione del
movimento (senso di marcia, direzione, potenza, tempo). Nel loro lavoro hanno proceduto per tentativi ed errori, poiché vigeva la “legge della
scoperta”, adottando quindi di fatto, senza che inizialmente ne fossero
consapevoli, il seguente schema procedurale: problema – ipotesi – veriica – conclusioni – eventuale nuova ipotesi (metodo scientiico). Ad
esempio, è stato per loro necessario effettuare delle misurazioni e rivedere ripetutamente il programma costruito per poter capire quanti secondi
impiega lo Scribbler, con la potenza massima, ad effettuare un percorso
rettilineo di 15 cm, corrispondente al “passo” del Bee-Bot.
Uno dei compiti assegnati agli alunni è stato quello di realizzare semplici coreograie, di volta in volta su brani musicali diversi, eseguendo
prima loro stessi i movimenti che poi avrebbero dovuto compiere i robot.
Successivamente i ragazzi hanno imparato a programmare lo Scribbler
in modo da fargli disegnare, provvisto di pennarello, delle igure geometriche. I programmi così realizzati sono stati poi impiegati per arricchire
le coreograie.
36
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
I ragazzi hanno potuto cimentarsi con la programmazione del robot
sia individualmente sia in gruppo, ma la loro scelta si è orientata via via
sempre di più verso il lavoro nel piccolo gruppo. Sono inoltre emersi
dei leader positivi, che in molti casi hanno svolto spontaneamente attività di tutoring nei confronti dei compagni.
La preparazione della performance
Man mano che si procedeva con la scoperta delle potenzialità dello
Scribbler, si procedeva anche con la inalizzazione del percorso alla partecipazione alla Robocup Jr 2012 per la categoria Theatre Under 14: i
ragazzi della squadra “Le Robomeraviglie di Japigia 1”, nome scelto da
loro stessi, hanno letto il libro di Lewis Carroll “Alice nel paese delle meraviglie”, tema obbligato della performance, ed hanno poi visto l’omonimo
ilm di animazione della Walt Disney, che alcuni già conoscevano.
Quello della scelta della scena da rappresentare è stato un momento
importante, poiché bisognava tener conto di molti fattori di tipo diverso,
oltre che delle preferenze di ognuno dei ragazzi: tempo, spazio, scenograia, musica, numero di attori, interazione tra attori e robot. Presa conoscenza del regolamento della gara, il gruppo di alunni è diventato una
vera e propria squadra che ha scelto sempre compatta. I ragazzi, dopo
aver valutato le varie possibilità, hanno optato per l’unione della scena in
cui Alice parla con i iori con quella in cui parla con il Brucaliffo. Da quel
momento in poi, ogni singola scelta, dall’assegnazione dei ruoli, alla
riduzione dei dialoghi, all’ideazione dei personaggi e dei costumi, è stata
ragionata, negoziata e condivisa.
Il primo passo per la realizzazione della scena è stato quello di stabilire la disposizione degli attori e dei robot nello spazio previsto, tenendo
conto che ogni attore avrebbe dovuto azionare uno Scribbler e dargli la
voce. In quel momento è nata l’idea di usare il corpo degli attori come
scenograia ed, eventualmente, proiettare delle immagini sullo sfondo.
Poi si è scelta la musica, optando per un brano inedito gentilmente
concesso dal compositore Andrea Salvadori, che ha composto le musiche
per uno spettacolo teatrale ispirato ad “Alice nel paese delle meraviglie”.
Dopodiché è arrivato il momento tanto temuto dai ragazzi: quello di
mettere alla prova le proprie capacità mnemoniche e recitative. Tutti
37
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
quanti, spinti dalla forte motivazione, hanno imparato la parte di tutti
in brevissimo tempo. Una volta padroni del copione, per i ragazzi si è
trattato di decidere i movimenti degli Scribbler e di programmarli di conseguenza. La cosa che li ha visti impegnati al massimo per la dificoltà
oggettiva è stata misurare il tempo per sincronizzare i movimenti dei
robot. Sono stati fatti calcoli su calcoli e modiiche su modiiche.
Una volta realizzati con l’aiuto di una docente esperta i personaggi da
montare sugli Scribbler, ideati dagli alunni, è stato necessario effettuare
una serie di prove per veriicare che il loro peso non rallentasse i robot
sui quali erano stati montati. In effetti in alcuni casi è stato così, per cui
i ragazzi si sono armati di pazienza e hanno ulteriormente limato i tempi
dei blocchi di azione precedentemente programmati.
I risultati
La partecipazione alla Robocup Jr 2012 è stata un’esperienza estremamente positiva, con risultati che sono andati molto al di là delle aspettative: la squadra “Le Robomeraviglie di Japigia 1” si è classiicata al primo
posto per la sua categoria. Ma oltre a questo tangibile risultato che, per
quanto inatteso, si ritiene abbia costituito un meritato riconoscimento
all’impegno profuso da tutti i ragazzi nonché il frutto della collaborazione
delle diverse componenti scolastiche, sono da sottolineare altri importanti
risultati conseguiti dagli alunni: lo sviluppo di competenze disciplinari (quali orientarsi nello spazio vissuto e rappresentato, orientarsi nella
dimensione temporale) e trasversali (quali comunicare, imparare ad
imparare, risolvere problemi), di competenze personali (quali gestire
le proprie emozioni, conoscere le proprie capacità, impegnarsi per portare
a termine un compito) e sociali (quali relazionarsi positivamente con gli
altri, collaborare nel gruppo per il raggiungimento di un obiettivo comune). Tutto ciò grazie ad alcuni valori aggiunti di cui la robotica educativa
è portatrice, in quanto offre la possibilità di incrementare fortemente la
motivazione ad apprendere, dà l’opportunità di vivere l’errore non come
fonte di frustrazione ma come occasione di crescita, comporta la necessità
di confrontarsi con gli altri negoziando i punti di vista e, non per ultimo,
costituisce un’occasione per esprimere la creatività.
38
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 2 – Esibizione nella Sala Consiliare.
Fig. 3 – Premiazione.
Un’esperienza didattica: la robotica come strumento interdisciplinare
L’esperienza della robotica si è rivelata un contesto ottimale in cui il
“sapere” e il “saper fare “ si sono coniugati per raggiungere obiettivi for-
39
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
mativi e didattici. La robotica, inoltre, si è rivelata uno strumento straordinario per motivare ed incentivare gli apprendimenti e che ha consentito
ai bambini di padroneggiare un linguaggio di programmazione convinti si
trattasse di regole per giocare.
L’esperienza, avviata lo scorso anno con il Bee-Bot e in seguito con
lo Scribbler, ci ha visti protagonisti di un percorso di apprendimento
ludico-didattico in cui gli alunni hanno consolidato ed acquisito abilità
relative all’Italiano, alla Geometria, Storia e Geograia, oltre a numerose
competenze trasversali quali il problem-solving, lo sviluppo di attenzione, concentrazione e motivazione, di curiosità e desiderio di partecipare
all’attività proposta senza timore dell’errore che ha assunto un ruolo
fondamentale per imparare, perché reso palese dal comportamento del
robot, ha fatto nascere l’esigenza di correggerlo rilettendo insieme e
riprovando. Pertanto si sono sentiti naturalmente coinvolti nelle attività
anche alunni bisognosi di strategie metodologiche che coinvolgessero la
sfera affettiva e relazionale, permettendo così di coniugare multidisciplinarietà e lavoro di gruppo.
Il percorso didattico nel corrente anno scolastico è partito dall’uso del
software per programmare lo Scribbler con attività di consolidamento
sul signiicato delle icone già conosciute per programmare il movimento,
le luci, i suoni, sono state programmate le procedure per disegnare vari
tipi di angolo e i poligoni studiati, é stato scoperto il ciclo per disegnare il
cerchio, vi sono state attività di rilessione sulle grandezze variabili come
la direzione, velocità e durata del movimento nelle diverse situazioni.
Le attività svolte singolarmente sono convogliate in un lavoro che sta
coinvolgendo gli alunni in una piccola rappresentazione della rielaborazione della storia del “Piccolo Principe”. La storia inventata dagli alunni,
è narrata dagli stessi mentre lo Scribbler e il Bee-Bot si muovono su un
reticolo su cui è stato disegnato il “Sistema Solare”.
I risultati
Il più evidente risultato che si è potuto apprezzare in dal primo incontro è stato senz’altro quello della entusiastica partecipazione degli alunni
a tutte le attività proposte. I robot si sono rivelati potentissimi motivatori
e facilitatori, anche negli alunni più restii alla continuità nell’impegno
scolastico, di attività spesso considerate ostiche e noiose.
Altro elemento che emerge con sicurezza dal percorso realizzato è la
lessibilità di tali strumenti, che si prestano docilmente a fare da media-
40
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
tori in tutte la discipline, anzi costituiscono molto spesso un supporto
per ricucire i vari “pezzi” del sapere. I robottini si sono rivelati strumenti
duttili ed adattabili al livello di preparazione di ciascun bambino ed eficaci
strumenti per il recupero di strumentalità di base. Il loro utilizzo, infatti,
gratiica il bambino ed il risultato immediato e positivo che ne consegue
è l’aumento dell’autostima.
Analogamente i robot facilitano l’inserimento degli alunni stranieri e
l’apprendimento dei bambini diversamente abili. Inoltre l’uso del “problem-solving” ha permesso di attuare scelte frutto della collaborazione
di più individui, tutti interessati a perseguire un obiettivo comune. La
robotica ha, infatti, l’intrinseco vantaggio di indurre i bambini ad imparare a negoziare il proprio punto di vista con quello degli altri, tenendo
conto così, delle molteplici differenze di opinione. Gli alunni, inoltre sono
indotti a procedere necessariamente in modo sistematico e ordinato con
step scelti e condivisi a priori, utilizzando di fatto il metodo scientiico.
In tale contesto anche l’errore non viene vissuto con umiliazione e come
una sconitta, ma semplicemente come un’ipotesi confutata dalla sperimentazione.
Fig. 4 – Corso di potenziamento
41
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Un’esperienza di formazione per i docenti
La parola “robotica” porta alla mente l’immagine di macchine soisticate e complicatissime, per cui spesso i docenti che si accostano ai corsi di
formazione sono convinti di dover affrontare una nuova “ostica” disciplina,
che si andrà ad aggiungere alle altre più “tradizionali”.
Analogamente, anche nella nostra scuola l’ostacolo più grande è stato
quello di convincere le colleghe che i robot non sono giocattoli elettronici,
troppo strutturati e adatti solo ai ragazzi più grandi, ma utilissimi sussidi
per la didattica quotidiana, capaci di mutuare competenze trasversali dal
mondo delle scienze matematiche e da quello delle discipline umanistiche.
Lo scopo del corso, quindi, non è quello di sostituire contenuti e conoscenze considerate desuete con altre ritenute più attuali, ma è quello
di rendere più eficace la trasmissione dei saperi e la scuola un luogo più
vicino alla realtà quotidiana degli alunni, abituati, quali nativi digitali, ad
essere circondati e ad utilizzare strumenti di comunicazione attraenti.
Nella nostra esperienza il corso di formazione di “robotica educativa”,
destinato alle docenti interne della scuola dell’Infanzia e Primaria ed ad
alcune docenti esterne provenienti da scuole di vario ordine e grado, è
stato strutturato considerando alcune fasi.
Nella prima fase sono state esplicitate le basi teoriche e i concetti
metodologici relativi alla robotica educativa, in base ai quali l’insegnante
ha un obiettivo ben deinito: costruire competenze reali nell’allievo e
favorire un apprendimento signiicativo, attraverso il cambiamento dei
suoi modelli di pensiero. Nella fase successiva si è proceduto alla presentazione di alcuni robot della linea educativa, nel nostro caso il Bee-bot
e lo Scribbler.
Il percorso di formazione ha seguito poi un’evoluzione simile all’approccio destinato alle classi. Abbiamo trovato infatti eficace impostare
il corso di robotica educativa in modo graduale e fortemente operativo
per cui i docenti, organizzati in piccoli gruppi, hanno potuto sperimentare
direttamente le tante potenzialità dei robot, partendo dal Bee–bot ino ad
arrivare allo Scribbler, scoprendo direttamente quanto possano incidere
nello sviluppo della manualità, della capacità di astrarre, nell’organizzazione spazio-temporale, nella sperimentazione di nozioni di matematica,
geograia, storia, nella narrazione di storie con il robot che diventa personaggio di favole e di racconti ed inine, come oggetto da rielaborare
artisticamente.
Nella formazione così condotta il docente tutor ha svolto un ruolo di
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
orientatore-facilitatore, indicando ai colleghi gli obiettivi da perseguire e
suggerendo le metodologie da adottare.
Le dificoltà maggiori che hanno riscontrato i docenti durante il percorso di formazione si possono ricondurre generalmente all’uso della
piattaforma di programmazione dei robot. Rappresenta il momento più
complesso dal punto di vista tecnico e richiederebbe tempi più lunghi e
distesi per permettere a tutti l’esplorazione di ogni potenzialità presente.
Partito tra dubbi e scetticismo, il corso di robotica educativa si è trasformato in breve tempo in uno dei corsi più amati e frequentati dai docenti, anche perché è ritenuto particolarmente eficace per le signiicative
ricadute sul proilo professionale.
Fig. 5 – Formazione dei docenti
Conclusioni
Il percorso nel mondo della robotica si fa sempre più integrato e si
radica in modo trasversale nel tessuto delle varie discipline. La stessa utenza riconosce la valenza dello strumento. Le iscrizioni ai corsi di
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
potenziamento sono state di gran lunga superiori rispetto al numero
consentito, indicatore di grande interesse da parte delle famiglie. Una
scuola che mira alla formazione di alunni dalla testa ben fatta, non può
prescindere dall’uso di nuove tecnologie e di nuovi strumenti. Il percorso
intrapreso permette in modo inequivocabile di dare agli alunni una grande motivazione ad apprendere e sappiamo quanto sia importante non
tanto acquisire una conoscenza, ma consolidare un metodo di studio e
di approccio alla risoluzione di problemi che deinisca la forma mentis in
modo proattivo.
Un marinaio non prega per il vento buono. Impara a navigare. (Gustav
Lindborg)
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Robotica educativa:
Rilessioni… “appassionate”
Anna Carotenuto, Antonella di Pietro, Giovanna Tamini
I.C. Verbania Intra
anna.caro77@libero.it - macrena@tiscalinet.it
“…un gran numero di persone esercita la propria attività più signiicativa e gratiicante lontano dal posto di lavoro…”, “… gli amatori
competono con successo con i professionisti”: sostiene Jeff Howe
in Crowdsourcing.1
Pensiamo al mondo della scuola …, forse il discorso è appropriato!
Quando i docenti, grazie alle proprie passioni e attitudini, diventano
modello educativo, coinvolgente per gli alunni, si riscontra anche la risposta da parte di questi. Essi colgono la nostra passione per un’attività,
e danno il meglio delle loro capacità … per allinearsi alle nostre aspettative e portano nell’apprendimento la carica signiicativa e gratiicante
dell’imparare facendo. Attivano così il piacere dell’apprendimento, che
getta le basi all’ “educazione permanente”.
La robotica è stato il tentativo di sviluppare, in una modalità accattivante, quanto i nostri legislatori hanno espresso nelle “Indicazioni nazio1
Jeff Howe, Crowdsourcing, 2008 – Sossella Editore 2010, Prefazione, 17, 27.
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
nali per il curricolo del primo ciclo d’istruzione del 2012”2 e in particolare
si è inteso a favorire “… l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità
fondamentali di base nella prospettiva del pieno sviluppo della persona.”
Tale percorso, ben sviscerato nelle “Indicazioni nazionali”, ci impegna a
favorire lo sviluppo delle competenze chiave nei bambini e, soprattutto,
a rafforzare in loro la motivazione alla scoperta, alla ricerca, al lavoro di
team, nonché all’acquisizione di iducia nelle proprie capacità. Questo è
stato facilmente attuabile mediante la robotica educativa sviluppata in
un articolato progetto di plesso e di Istituto.
Nelle condizioni di un piacevole “imparare facendo” si accetta la guida,
la collaborazione di chi è più “abile” o preparato …, che sia un compagno,
che sia l’insegnante.
Ecco la possibilità di collaborare …, come tra pari, accomunati dalla
passione.
Il lavoro si può spezzare in piccole unità che ognuno rielabora dando
il proprio contributo, producendo qualche cosa di nuovo, mettendo a
frutto ciò che viene dalla propria creatività aggiunta ad una conoscenza
oggettiva di partenza … che ha fornito l’insegnante.
La Robotica Educativa va ad aggiungersi ad altre strategie per conseguire gli obiettivi previsti dalla programmazione e trova terreno fertile in
una didattica che, già dai primi passi della scuola primaria, ha condotto
i bambini ad imparare problematizzando, formulando ipotesi, sperimentando.
Con il proseguire in tale ambito è tangibile il miglioramento personale,
delle proprie capacità, dell’autostima, della socializzazione.
Nasce la voglia di produrre idee innovative. E noi docenti siamo consapevoli di offrire delle opportunità ad alcuni alunni provvisti di talento
“speciale”.
“Dalla collaborazione con gli altri, dall’ascolto degli altri, sapendo
che alla ine ne verrà fuori qualcosa di migliore …”, “... c’è sicuramente qualcuno più bravo. Oppure qualcuno che può migliorare la
tua idea…, oppure tanti che possono aiutarti a metterla a fuoco e
renderla vincente” …3
2
Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione del
2012.
3
46
Jeff Howe, Crowdsourcing, 2008 – Sossella Editore 2010.
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Un altro da me può cogliere con occhi diversi particolari determinanti
per nuove rilevazioni o scoperte…, non è forse questo lo stile della ricerca
e della ricerc-azione?
No alla ricerca di soddisfazioni individuali, ma si alla forza del lavoro
di un team …
La Robotica Educativa consente tutto ciò.
Lo Scribbler nella nostra esperienza
Oggi nel piccolo contesto di una classe quinta della Scuola Primaria,
grazie alla Robotica, si produce un arricchimento, un’apertura mentale
che potrà generare giovani migliori: più iduciosi e sicuri del proprio ruolo, abituati allo stile della ricerca, al lavoro di squadra, consapevoli delle
proprie attitudini …
Non è forse questo che chiede il mondo del lavoro oggi?
Accade ciò ogni volta che lavorano in gruppo 3 o 4 alunni: si concentrano su un problema o quesito e cercano di risolverlo.
Attraverso il “problem solving” si favorisce l’acquisizione di competenze
trasversali alle varie discipline, essenziali per una forma mentale attiva
e consapevole, adeguata ai giovani dei nostri tempi.
47
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 1 – Robot Scribbler al lavoro!
Si stimola il pensare, il ragionare e il fare ipotesi, attività che permettono l’utilizzo di conoscenze già possedute…
Nel predisporre il foglio di programmazione dello Scribbler 2 ognuno
offre il suo contributo … anche solo per costruire un semplice algoritmo
che contenga “però” …. un angolo di 90°, poi una linea spezzata, poi un
po’ di musica, che fa allegria, … e poi ancora … una circonferenza, o un
movimento ritmato.
E, se si trova un ostacolo? Cosa fare?
Osservare gli alunni in questi attimi è dire “grazie” alla Robotica
Educativa.
E’ anche trovare energie per coinvolgere colleghi che possano sperimentare le stesse esperienze, sensazioni, emozioni …
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 2 – Momento di formazione docenti
Così nasce un laboratorio didattico tra docenti che si scambiano esperienze …
Dalla didattica laboratoriale al laboratorio didattico dei docenti che
fanno autoformazione e progettazione…il passo è breve!
La forza del team … il lavoro “condiviso”…
È nato, nel settembre 2011, nel nostro, allora Circolo Didattico, un
gruppo di lavoro scaturito dalla volontà di alcune colleghe, che si erano
già avvicinate a tale attività con positive ripercussioni sull’apprendimento degli alunni. Uscire dalla didattica tradizionale per affacciarsi ad un
percorso che offra maggiori opportunità di crescita personale e collettiva
è tuttora la motivazione che invoglia a sperimentare nuove vie e nuovi ausili didattico-educativi. Tale percorso si è rinforzato confrontando,
nel gruppo di lavoro, le variegate esperienze fatte con le proprie classi,
49
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
concretizzando proposte, ampliando contenuti, tentando nuovi argomenti, collaborando nello sviluppo di attività diverse. Un grande contributo
nell’operare in questa nuova modalità, trasversale a tutte le discipline e
palestra di cittadinanza attiva, è stata l’adesione alla Rete di scuole per
la Robocup.
“Fare scuola con … i robot”, nella didattica pratica, ha visto prima l’uso
del corpo per muoversi seguendo i comandi di un capo/gioco, si è accresciuto attraverso la sperimentazione dei movimenti possibili del Bee-bot,
si è afinato nella progettazione di strisce e di tappeti, quali percorsi utili
a sviluppare abilità inerenti le capacità progettuali, di lavoro di gruppo, di
calcolo, di stima, di ritmo nonché il consolidamento di concetti topologici
e l’afinamento della graica e della coordinazione oculo-manuale4.
Lo scopo del nostro progetto, pertanto, diventa quello di usare il Beebot come strumento ludico, tecnologicamente appetibile, per rendere i
bambini soggetti attivi nella ”costruzione” della propria conoscenza, per
stimolare sia la loro sfera dell’intelligenza cognitiva che quella affettiva5,
motivandoli attivamente in un contesto ottimale in cui il “sapere” e il
“saper fare” si coniugano per raggiungere obiettivi formativi e didattici.
La robotica, in tale ottica, è un linguaggio trasversale che permette di
raggiungere i più svariati obiettivi:
• Coniuga multidisciplinarità e lavoro di gruppo.
• Produce forte motivazione nei bambini attratti da un’insaziabile curiosità verso le tecnologie.
• Facilita l’integrazione di alunni extracomunitari.
• E’ una risorsa per progetti individualizzati.
• Favorisce la crescita di una coscienza sulle proprie capacità.
• Sviluppa la coscienza sociale.
• Consente di padroneggiare un linguaggio di programmazione.
Music and dance
La fantasia dei bambini non ha limiti ed è facile stuzzicarla e farla
galoppare.
Tra le varie esperienze, in una classe seconda, quella più curiosa si è
rivelata la creazione di ritmi musicali.
4
“Robotica educativa … e vai!!!” ATTI III Convegno Roboscuola Trento 2012, delle docenti Di
Pietro Antonella e Randazzo Concetta
5
50
cfr. Piaget
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Per gestire meglio l’attività e dare spazio a tutti, la classe è stata divisa in gruppi di 4 bambini. Ciascun gruppo, a turno, ipotizza un ritmo
fatto con note da 4/4, 2/4, 1/4, 1/8. Il capogruppo pone sul tappeto le
note “da conquistare”. Nascono ritmi più o meno facili da riprodurre con
la voce, con il battito delle mani, con il lauto e/o con piccoli strumenti
a percussione.
Nelle indicazioni nazionali per la scuola primaria si legge: “In matematica … è elemento fondamentale il laboratorio, inteso sia come luogo
isico sia come momento in cui l’alunno è attivo, formula le proprie ipotesi
e ne controlla le conseguenze, progetta e sperimenta, discute e argomenta …” e ancora: “Nella scuola primaria si potrà utilizzare il gioco, che
ha un ruolo cruciale nella comunicazione, nell’educazione al rispetto di
regole condivise, nell’elaborazione di strategie adatte a contesti diversi”.
Fortemente convinti di quanto appena esposto, nel progetto di robotica
educativa del nostro Istituto ha trovato giusta collocazione anche l’approccio alla geometria piana.
Dopo aver costruito palazzi (parallelepipedi), dadi (cubi), alberi di natale (piramidi) i bambini scoprono le impronte di questi semplici solidi.
Mediante carta, forbici e colla provano anche a riprodurre le impronte
creando delle forme geometriche piane.
Entrano nel linguaggio, di tutti i bimbi, termini come: lato, angolo,
vertice, punto, lunghezza, misura, perimetro, con la consapevolezza del
loro signiicato.
Il passo successivo diventa per i bambini, divisi in gruppi, il più divertente perché ipotizzano il percorso che potrebbe fare il robottino per
seguire il perimetro delle igure realizzate rispettando i suoi passi di 15
cm, lo programmano e … magicamente … si combinano le igure.
“Perché non proviamo a far muovere più api insieme?”. È giunto il
momento giusto per avvicinarsi alla progettazione di movimenti sincroni
di più Bee-bot con la creazione di igure complesse.
51
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 3 – Bee Bot in gruppo!
A prima vista non sembrerebbe un’attività dificile, ma le discussioni
all’interno del gruppo e il riuscire a coordinarsi con gli altri gruppi ha
impegnato tutti i bimbi ad essere tolleranti, propositivi e collaborativi.
Questa è stata una grande conquista!
Conclusioni
L’esperienza didattica all’interno del nostro progetto è risultata molto
appassionante e innovativa e sta offrendo risultati superiori a quelli ipotizzati. Il contributo che la robotica educativa ha offerto all’apprendimento
degli alunni, anche molto piccoli, è risultato versatile e ha facilmente
investito tutti gli ambiti didattico-educativi sollecitando, in forma ludica,
gli alunni a maturare competenze, a formare abiti razionali e comportamentali.
52
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
La Robotica Educativa si conferma come una grande opportunità di
crescita in sinergia docente/alunno/tecnologia.
53
mOway Italia: una nuova
risorsa per la Robotica
Educativa nelle scuole del I
ciclo
Elena Merino
MiniRobots, S.L. – 48950 Erandio – Bizkaia (Spain)
e.merino@minirobots.es
Tutto intorno a noi la tecnologia avanza a passi da gigante. A volte
diamo per scontate alcune delle nuove e sorprendenti tecnologie che
giungono tra le nostre mani. Ma è molto intrigante e motivante per gli
studenti provare a comprendere come funzionano alcuni strumenti e
servizi ormai di uso quotidiano. Torna quindi valido come metodo di apprendimento poter replicare in un’applicazione informatica “fatta da noi”
il prodotto e il comportamento del programma o oggetto informatico, per
poterlo capire.
Bisogna comprendere che è molto importante poter mettere gli studenti in grado di comprendere ciò che studiano, in modo che gli apprendimenti non si dimentichino, e si diventi capaci di applicare quanto appreso
in situazioni diverse.
Una formazione di qualità che promuove la motivazione, la pratica, la
creatività, il pensiero e la comprensione degli studenti, elimina qualsiasi
timore di insuccesso scolastico. Promuove anche il contrario, la voglia di
procedere, per gettare le basi di un buon livello di formazione che prepari
meglio gli studenti per il futuro.
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Analizzando questi fattori, nella nostra azienda Minirobots, è nata l’idea di proporre una soluzione, un robot educativo progettato su quattro
chiari elementi:
• essere un prodotto attraente per lo studente e per il docente,
• capace di realizzare una curva di apprendimento rapido, per coinvolgere gli studenti,
• scalabile, predisposto per vari livelli di apprendimento,
• con un prezzo accessibile per la scuola.
E così è nato il robot mOway.
Il robot mOway è una soluzione per apprendimenti svariati, raccolti
in un unico strumento, con il quale è possibile avvicinare il mondo della
robotica e della tecnologia elettronica alle istituzioni scolastiche.
Con mOway è possibile per gli studenti scoprire la programmazione
potendo utilizzare diversi ambienti di programmazione, per il controllo
del robot, del suo input e output.
Dopo quattro anni mOway è presente nelle scuole in oltre venti paesi in
tutto il mondo, e siamo in contatto e abbiamo il sostegno di centinaia di
insegnanti che condividono l’entusiasmo per le attività di apprendimento
che i loro studenti realizzano con mOway.
L’ultimo caso di successo è stato l’Italia, dove 10 scuole di tutta Italia
hanno conosciuto mOway, e insegnanti e studenti ci hanno mostrato, alla
Robocup Jr tenutasi il 19 aprile scorso, il loro lavoro, tante buone idee e
entusiasmo.
Giovanni Marcianò
Università di Torino Dipartimento di Filosofia e Scienze della
Formazione
giovanni.marciano@roboticaeducativa.it
“Buongiorno, scrivo da una società spagnola, Minirobots, che ha
creato un robot educativo denominato mOway. è uno strumento
educativo per introdurre gli studenti al mondo della robotica, la
programmazione e la elettronica. Vorremmo avere più presenza in
Italia e che la gente cominci a conoscere il nostro prodotto. Quindi,
vorremmo pubblicare un articolo su mOway sul suo sito Web, se
possibile.”
55
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Da questa mail di inizio gennaio nasceva qualcosa di più di un articolo
su www.roboticaeducativa.it … nasceva una ricerca-azione “a distanza”
che ha coinvolto dieci Istituti del I ciclo della Rete Robocup Jr Italia, per
veriicare – da Catania a Bolzano – quanto mOway potesse essere “l’anello mancante” nell’ambiente di apprendimento proposto nel 2006 dall’
IRRE Piemonte alla scuola italiana.
Età
Scuola
Hardware
- Software
Attività
Abilità
sollecitate
5-6
Infanzia –
primaria
Bee-Bot
Programmare
percorsi, liberi o
obbligati
Lateralizzazione –
Astrazione
7-9
Primaria
Scribbler 2
– mOway
Percorsi iterativi e
geometrici – uso
semplice di sensori
Algoritmi
lineari –
azione-reazione
10-13
Primaria –
media
mOway
Problemi robotici – uso di più
sensori
Procedure
parallele
14-16
Media –
biennio
superiore
mOway –
Lego NXT
–BoeBot
Problemi robotici
– uso di sensori
avanzati
Reti neurali
In un’ideale dotazione del Laboratorio di Robotica Educativa (LRE), a
costi “scolastici” e con attenzione a sicurezza e oneri di gestione, ma potentemente incidente sui processi di apprendimento dai 4 ai 14 anni, nel
crescendo si risorse HW – SW si “saltava” dallo Scribbler al Lego NXT. Ora
mOway sembrava essere l’ideale sviluppo dello Scribbler, e premesso al
Lego NXT. L’anello mancante, appunto, visto lo “sforzo” sinora registrato
nelle scuole per approcciare il kit Lego e nel gestirne le innumerevoli
potenzialità.
La pubblicazione completa degli esiti registrati e delle relazioni dei
docenti potrà dare un più chiaro quadro dei risultati di questa azione che
– per intanto – pone le basi alla proposizione del mOway alle scuole italiane del I ciclo come “terzo stadio” del laboratorio di Robotica educativa,
aggiornando lo schema pubblicato nel 2007 [Marcianò, 2007, “La robo-
56
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
tica quale ambiente di apprendimento”, in Atti Didamatica 2007, link:
http://www.roboticaeducativa.it/wp-content/uploads/2012/03/2007_
Atti_didamatica_a_x.pdf.
Il quaderno didattico appena pubblicato potrà permettere alle scuole
che vorranno proporre mOway nei propri laboratori di Robotica educativa
di sollecitare il potenziale cognitivo dei propri alunni, in un graduale crescendo di problemi robotici.
Nel frattempo la versione del mOway che sarà distribuita in Italia è la
più recente, integrata con Scratch nel “mOway Scratch Kit”.
Fig. 1 – a sinistra l’edizione “mOway Scratch Kit” con 2 mOway completi di interfaccia Wi-Fi per
operare con Scratch – a destra il robot mOway
Insegnanti che hanno partecipato alla Ricerca-Azione
(in grassetto quelle di cui compare più sotto la relazione)
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Piemonte: Patrizia Battegazzore (I.C. Tortona A (AL))
Lombardia: Massazza Monica (I.C. Mortara (PV))
Bolzano: Franzoi Monica (Scuola Media Rainerum – Bolzano)
Trento: Francesca Donati (I.C. Trento 3 – Trento)
Veneto: Donatella Collodel (I.C. Vittorio Veneto I Da Ponte (TV))
Umbria: Tamara Tittarelli (Sec. I Gr. Mastro Giorgio – Gubbio (PG))
Abruzzo: Eliana Giansante (I.C. D.Alighieri – Spoltore (PE))
Abruzzo: Delli Rocili Romina (I.C. Pescara 7)
Puglia: Lucrezia Iannola (IX C.D. Japigia1 – Bari)
Sicilia: Carmela Rita Pappalardo (I.C. S. Casella – Pedara (CT))
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Lo
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staff della MiniRobots che ha supportato la Ricerca-Azione
CEO: Elena Merino
Progettista: Daniel Del Rio
Progettista: Samuel Merino
Social networking: Eva Llanos
Nelle dieci scuole coinvolte sono rappresentati diversi contesti reali
con/senza precedente esperienza graduale (BeeBot – Scribbler). Ecco
la lista:
scuole primarie con passata esperienza con BeeBot e Scribbler
NOME SQUADRA
Curiosity
Speedy Team
etnea-resque
Japigia1 super robot
ISTITUTO
IC Mortare
I.C. Tortona A
I.C. S. Casella
IX C.D. Japigia1
CITTA
Mortara (PV)
Tortona (AL)
Pedara (CT)
Bari
scuole sec. I grado con esperienza CON BeeBot e Scribbler
NOME SQUADRA
Run Again
Gli inseguitori
ISTITUTO
Scuola media Rainerum
I.C. Trento 3
CITTA
Bolzano
Trento
scuole sec. I grado SENZA esperienza con BeeBot e Scribbler
NOME SQUADRA
spoltoreinsieme2013
Crazy Robot Team
Vai_mOway
La mitica 2M
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ISTITUTO
IC D. Alighieri
I.C. Da Ponte
I.C. Percara 7
SC. SEC. I GR. Mastro
Giorgio
CITTA
Spoltore (PE)
Vittorio Veneto (TV)
Pescare
Gubbio (PG)
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Seguono in sintesi le “impressioni sul campo” registrate nelle scuole
coinvolte nella prova in classe.
Donatella Collodel – Istituto Comprensivo Vittorio Veneto I,
“Da Ponte”
donatellacollodel@libero.it
Alunni
Davide, Jacopo e Giovanni, classe III media
Tempi/organizzazione del
lavoro
Da febbraio ad aprile; un incontro settimanale di due ore
in orario extrascolastico
Descrizione
Gli studenti si sono dimostrati subito curiosi del nuovo robottino e interessati a comprenderne la programmazione e
il funzionamento. Hanno autonomamente scaricato dal sito
spagnolo del mOway alcuni programmi di prova che hanno
sperimentato in un percorso da loro costruito.
Hanno guardato il video del prof. Marcianò che ci coordinava nella sperimentazione, e che mostrava le “missioni” da
far eseguire a mOway nella gara non competitiva programmata a Pescara.
I ragazzi hanno subito apprezzato il mOway per la sua
forma simpatica, essendo di piccole dimensioni e assomigliando ad un mouse. Infatti quando svolgevano le prove
lo chiamavano affettuosamente “topastro”.
La programmazione, subito apparsa più elaborata rispetto al NXT (per diagrammi di lusso e non per icone), è
diventata una sida per i ragazzi che si confrontavano tra
loro per trovare soluzioni ai problemi che di volta in volta
riscontravano nella programmazione.
La dificoltà maggiore è stata risolvere l’interruzione di
linea che ha richiesto una conoscenza approfondita del
software e numerose prove.
A Pescara i ragazzi hanno superato senza dificoltà il primo
livello ottenendo un buon tempo; il secondo livello è stato
superato al secondo tentativo e sono riusciti a conseguire
il terzo livello che prevedeva sul percorso l’interruzione di
linea e la presenza di ostacoli.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 2 – Pescara 19 aprile 2013, la prova speciale di Rescue della Robocup per le 10 scuole che han
prese parte alla ricerca-azione a distanza
Fig. 3 – Pescara 20 aprile 2013, premiazione della V edizione della Robocup Jr Italia
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Patrizia Battegazzore – I.C.Tortona A
patrizia.battegazzore@gmail.com
Alunni
Marco Caracciolo, Luigi Ferrari, Vittoria Pacenza., Tommaso
Massone – classe quinta A e B
Tempi/organizzazione del
lavoro
Circa un’ora settimanale dell’attività curricolare di tecnologia, per 10 settimane, e per 2 ore settimanali extracurriculari
Descrizione
Il Robot arriva a scuola all’inizio di febbraio ed è subito un
grande successo: piace la forma di “mouse”, la grandezza (i bambini dicono che è un robot maneggevole), e la
compattezza della confezione. Il primo approccio avviene
in tutte e due le classi quinte, sez A e B, composte rispettivamente da 27 e 28 alunni. Abituati alle grandi scatole
Lego, tutti rimangono stupiti dalle ampie possibilità di
utilizzo, quando leggiamo insieme il primo manuale fornito
dal prof. Marcianò.
Lo mettiamo subito alla prova, realizzando una pista con
la linea nera e osserviamo all’opera. Non è facile essendo
in classi molto numerose, registrare tutte le osservazioni
dei ragazzi, che scalpitano per passarsi il comando alla
Lim, per cominciare a fare prove di programmazione, dove
purtroppo cominciano i problemi. In una delle lavagne non
si riesce ad installare il software, nonostante numerosi
tentativi, e dobbiamo trasformare l’attività lavorando con
un notebook che colleghiamo e scolleghiamo al videoproiettore.
L’attività viene svolta contemporaneamente alla preparazione delle gare di Dance e Theatre delle squadre di
Pescara. Il percorso di apprendimento si è sovrapposto al
lavoro già fatto con Scribbler, che utilizza un simile programma iconico, con diagramma di lusso, in cui le icone si
incastrano tra loro: dover creare i collegamenti utilizzando
il mouse ha creato qualche dificoltà. Le rilessioni sull’uso
di più sensori contemporanei, non sono state tutte acquisite a livello concettuale, ma sono state realizzate soltanto
casualmente, per prove ed errori. A Pescara i due bambini
che hanno partecipato alla gara (gli altri due erano coinvolti contemporaneamente nella Dance ed io a seguire le
altre gare) si sono fermati al primo step.
61
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 4 – Tortona – prime prove a scuola con mOway
Fig. 5 – Tortona – si prende sempre più conidenza con mOway
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Insegnante: Lucrezia Iannola – IX CIRCOLO DIDATTICO JAPIGIA1 BARI
lucrezia.iannola@alice.it
Alunni
Fabio, Andrea e Soia, classi quinte
Tempi/organizzazione del
lavoro
Il gruppo di sperimentazione si è incontrato a scuola il
sabato mattina dal mese di febbraio.
Gli incontri della durata di due ore sono stati dieci, per
complessive venti ore.
Descrizione
Ai ragazzi il mOway è subito piaciuto. Piccolo e veloce
l’hanno battezzato con molti nomignoli affettuosi. I primi
2-3 incontri sono serviti ai ragazzi per prendere conidenza con il nuovo robottino, mettendolo alla prova in varie
situazioni, imparando a conoscere il nuovo programma e
apportando alcune variazioni alla sequenza ”base”.
Il gruppo, costituito da ragazzi che già utilizzano lo scribbler dallo scorso anno, non ha trovato particolari dificoltà
nella comprensione del linguaggio iconico utilizzato nel
programma del mOway. Le dificoltà sono diventate maggiori, quando, poi, preparata una pista di allenamento
per il programma seguilinea, hanno dovuto inserire delle
modiiche per permettere al mOway di muoversi velocemente e superare le dificoltà aggiunte alla pista base. Un
po’ troppo complesso si è rivelato per loro, inine, il collegamento tra vari programmi e la creazione di subroutine
a un programma base. La mia funzione, in qualità di tutor,
si è limitata a organizzare per obiettivi il lavoro dei ragazzi
e a sostenerli nei momenti di dificoltà, prospettando loro
alcune possibili soluzioni da vagliare.
I ragazzi, durante il percorso sperimentale e la manifestazione di Pescara hanno dato il massimo rispetto alle proprie possibilità, mettendo a frutto tutte le proprie competenze in fatto di matematica e logica, pertanto hanno
completato in piena autonomia e con buona velocità il PRIMO LIVELLO di dificoltà e sono giunti a metà del secondo
avendo brillantemente compreso come procedere durante
l’interruzione della linea.
Grandissima è stata, quindi la loro soddisfazione nel riuscire a risolvere problemi inizialmente incomprensibili.
La robotica con il MOway si conferma ancora una volta un
formidabile fattore motivazionale!
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 6 – Fabio, Andrea e Soia, di classe quinta a Pescara, programmano mOway per la seconda prova
Fig. 7 – Pescara 20 aprile 2013, premiazione della V edizione della Robocup Jr Italia
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Scuola primaria e disabilità
Rita Anna De Guglielmo
aefea.calonghi@alice.it
Anno scolastico 2011/12, scuola primaria Cantelli, 1° Circolo Didattico
a Verbania. Corso di formazione sulla Robotica Educativa e l’applicabilità
nella scuola primaria, tenuto dalla dott.ssa Siega Simonetta.
Il corso inizia i primi giorni di settembre con attività di laboratoriali
proposte dalla formatrice ai docenti presenti al corso e, come ricaduta,
dagli stessi ai bambini nelle loro classi di insegnamento.
Insegno presso questa scuola primaria come docente di sostegno in
una classe prima. L’alunno che seguo, F., è un disabile di una certa importanza, impegnativo e non penso possa fare la robotica educativa visti
i gravi problemi che presenta. Per F. è già un obiettivo da conseguire il
poter fermarsi per un tempo più lungo in qualsiasi cosa che attiri la sua
attenzione. Solitamente sia in classe che in palestra o in giardino dopo
due secondi F. si stancava di tutto e tutti e sene andava, anche di fronte
a cose che attiravano inizialmente la sua attenzione. Si limita ad emettere suoni con la bocca che non sempre siamo in grado di decodiicare.
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Obiettivo star seduto e fermo insieme agli altri.
La curiosità, la voglia di imparare, il coinvolgimento della formatrice
nelle attività da provare, giocare, imparare facendo nonché la convinzione
che bisogna sempre dare di più ai nostri alunni per motivarli a crescere,
non accettarli come sono ma pretendere di più, mi convincono a “sperimentare” nella classe in cui insegno queste lezioni di robotica educativa.
Organizzo, in base al programma, gli interventi in classe.
PROGRAMMA LABORATORIO DIDATTICO
Classe: prima Sezione: A Alunni n° 13 Plesso: Cantelli
Classe: prima Sezione: B Alunni: n° 16 (con alunno certiicato)
Plesso: Cantelli
L’alunno certiicato ha partecipato alle attività svolte anche nella classe
prima A.
Inizio attività 10/10/11 – Fine attività Data 24/01/12
Attività di 1 ora la settimana, alternativamente in 1^ A e B.
Argomenti affrontati:
• Presentazione del Bee-Bot attraverso una breve narrazione.
• Osservazione dell’ape Bee-Bot e dei suoi tasti.
• Rilessioni sul funzionamento dell’oggetto programmabile e considerazioni.
• Osservazione dell’ape a cui i bambini assegnano il nome “L’Ape
Pina”.
• Indicazione dei tasti e delle loro funzioni.
• Visione dei movimenti.
• Sperimentazione individuale da parte degli alunni dei movimenti
possibili attraverso i comandi.
• Simulazione dei movimenti con il corpo (rotazione a dx e a sx,
avanti, indietro e pausa).
• Rilessioni e disegni del Bee-Bot
• Presentazione e coinvolgimento degli alunni nella costruzione della
base (denominata tappeto) per il movimento del Bee-Bot.
• Disposizione sulla base di igure geometriche già note ai bambini.
• Esecuzione di semplici percorsi per raggiungere la igura scelta.
• Presentazione e coinvolgimento degli alunni nella costruzione di un
cartellone rafigurante “L’Ape Pina” con i suoi tasti, i disegni dei
bambini, i loro commenti, le foto delle attività svolte.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
• Con la collaborazione dei bambini è stato ampliato il “tappeto” per
il movimento del Bee-Bot.
• Sono stati fatti dei percorsi per raggiungere delle tessere che rafiguravano “il bosco dei numeri” con i numeri da zero a cinque.
• Percorsi con le tessere che rafigurano “il bosco dei numeri” con i
numeri da zero a dieci.
• La classe è stata divisa in due sottogruppi per permettere alle insegnanti di seguire meglio ogni singolo bambino nel percorso più
complesso.
• Percorsi con le tessere che rafigurano “il bosco dei numeri” con i
numeri da zero a dieci.
• La classe è stata divisa in due sottogruppi per permettere alle insegnanti di seguire meglio ogni singolo bambino nel percorso più
complesso
• I bambini hanno costruito con i mattoncini lego dei piccoli elementi
(ponti, case, alberi, torri, panchine) che sono stati poi disposti sul
tappeto.
• Ogni bambino ha programmato “l’Ape Pina” per raggiungere l’oggetto da lui realizzato.
• Percorsi sul tappeto con le caramelle da raggiungere e poi mangiare
come premio.
• Attività in palestra con il corpo per migliorare il concetto di rotazione
a dx e a sx.
• Attività sul tappeto con “ l’Ape Pina” per il raggiungimento delle
igure geometriche colorate dai bambini.
• Percorsi con il corpo per migliorare il concetto di rotazione a dx e
a sx.
• Indicazione dei movimenti attraverso le frecce rappresentate alla
lavagna o su cartellini.
• Percorsi sul tappeto con “l’Ape Pina” per raggiungere le caselle dei
numeri maggiori o minori di …
L’esperienza maturata in queste classi ha piacevolmente coinvolto e
reso consapevoli delle potenzialità della robotica educativa nella scuola,
noi insegnanti. Confrontandoci abbiamo condiviso il fatto che l’attività
della Bee-Bot in classe ha suscitato molto entusiasmo negli alunni, soprattutto in quelli che mostravano scarso interesse e poca attenzione per
altre attività didattiche.
Ogni bambino aspettava con impazienza la lezione settimanale di ro-
67
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
botica e soprattutto il momento personale della programmazione dell’Ape
Pina.
Tutti hanno partecipato con interesse costante e anche F, alunno con
disabilità grave ha partecipato mantenendo l’attenzione per tempi sempre
più lunghi. Per coinvolgerlo maggiormente è stata preziosa la collaborazione della collega di classe insegnate. Infatti insieme abbiamo pensato
di adottare la strategia di far seguire al bambino certiicato l’attività attraverso una videocamera (alcune volte anche non funzionante). In questo modo il bambino si è maggiormente interessato e ha notevolmente
aumentato i tempi di attenzione (da 5 minuti è passato a 30 minuti di
partecipazione aspettando il proprio turno per provare il robot).
I bambini che all’inizio facevano fatica sia nella concentrazione sia
nella programmazione della Bee-Bot hanno raggiunto buoni risultati. Alcuni bambini già da subito hanno intuito il funzionamento dell’oggetto
programmabile e non hanno avuto nessuna dificoltà. Spesso intervenivano nelle programmazioni dei bambini con maggiori dificoltà aiutandoli
oppure prevedendo in anticipo l’errore.
Il video che presentiamo può far capire molto bene come sia stata
importante l’esperienza per noi docenti, per gli alunni delle classi ma
soprattutto per l’alunno certiicato.
È interessante visionando il video, osservare con occhio critico F. seduto per terra nel gruppo di pari insieme a me. Non è semplice per lui
rimanere in gruppo per tempi lunghi ma la curiosità ed il fascino di Bee
Bot lo coinvolgono. Nella veriica si vede come sia attratto dalla videocamera ma seduto, da solo e partecipe della lezione: applaude quando i
compagni eseguono in modo corretto il lavoro. Alla ine dell’anno F. non
solo vorrebbe continuare a fare robotica e si inserisce nei gruppi delle
altre classi quando vede che stanno lavorando con i robot, ma inizia a
programmare i tasti aiutato nonostante la sua disprassia e inizia ad indicare le cose che vuole mostrare. Indica con l’indice … raggiunge l’obiettivo
molto prima di quanto si pensava.
L’attività di robotica educativa ha dato beneici positivi a tutti ed è stata
riproposta anche in quest’anno scolastico.
Per approfondire: http://youtu.be/ZjZmDlOoK6k
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La robotica come elemento
di continuità tra scuola
secondaria di primo e di
secondo grado
Roberto Albini
ITS“M.L. Cassata”
albini.roberto@libero.it
in collaborazione con:
Paola Craighero, Lucia Mancini e Adele Codignoni, Scuola secondaria di I grado “O.
Nelli”, Gubbio (PG)
Tamara Tittarelli, Scuola secondaria di I grado “Mastro Giorgio”, Frazione Mocaiana,
Gubbio (PG)
e con il contributo di:
David Nadery, DS ITS “M.L. Cassata”
Isa Dalla Ragione, DS “O. Nelli” e “Mastro Giorgio”
Il seguente contributo vuole descrivere un esperimento di continuità didattica (processo che consente lo sviluppo e la crescita
dell’individuo da realizzarsi “senza macroscopici salti o incidenti”) tra
scuola secondaria di primo e secondo grado, effettuato con strategie
e metodologie mai utilizzate nel nostro territorio e quindi fonte di
continue scoperte. La continuità si è esplicata con la seguente modalità operativa: il prof. Albini Roberto insieme ad uno o più alunni
formatori si è recato presso i laboratori delle classi interessate ed
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
ha collaborato con le docenti e gli alunni alla realizzazione e programmazione di un robot Lego Mindstorm 2.0 che ha partecipato alla
gara nazionale di Pescara 2013 nella categoria Rescue A under 14.
Le classi interessate sono due classi seconde della scuola di primo
grado, entrambe con presenza di situazioni certiicate. Lo strumento utilizzato è stata la robotica ed in subordine la partecipazione
alla gara di Pescara 2013. I formatori sono alunni della classe V
Elettronico dell’ITS Cassata che hanno dimostrato una disponibilità
ammirevole. Di seguito sarà descritta l’esperienza e saranno riportate le opinioni delle persone coinvolte: dirigenti, formatori, docenti
e alunni.
Introduzione
La continuità. Ormai da molti anni l’ITS Cassata di Gubbio realizza un
percorso di continuità didattica fra scuola secondaria di primo e secondo
grado che coinvolge due scuole di primo grado, anch’esse di Gubbio: la
scuola “Ottaviano Nelli” (di seguito “O. Nelli”) e la scuola “Mastro Giorgio”
(di seguito “M. Giorgio”), da quest’anno con un’unica dirigenza. Entrambe
dispongono di una sede centrale locata nella città di Gubbio e una sede
distaccata locata nelle frazioni, rispettivamente, di Branca e Mocaiana.
Tale continuità si effettua nel corso di un mattino, nei mesi di Novembre/
Dicembre, durante il quale gli alunni delle classi terze visitano il nostro
Istituto e i vari laboratori in cui realizzano esperimenti, insieme ad alunni
e docenti dell’ITS, riguardanti un tema scelto all’inizio dell’a.s. (quest’anno era “La corrente elettrica ed i suoi effetti”).
La robotica. L’ITS Cassata, con gli indirizzi Elettronico e Informatico,
ha scoperto la robotica nell’a.s. 2010/2011, ha immediatamente aderito
alla rete Robocup jr Italia e lo scorso a.s. ha partecipato con due squadre
di alunni del quarto anno alla gara nazionale di Riva del Garda, categoria
Rescue A, ottenendo un ottimo risultato. Il percorso di preparazione alla
gara e la partecipazione alla stessa sono stati così intensi e formativi da
trasformare gli alunni, che sono passati da una fase iniziale di “sto facendo questa attività perché me lo ha chiesto il prof” alla fase inale di “prof
se ne vada perché il robot è roba nostra e non abbiamo bisogno di lei”
con enorme soddisfazione da parte del suddetto prof. L’interesse è stato
tale che la partecipazione è passata da una classe quarta dell’indirizzo
Elettronico con la collaborazione di due ragazzi della classe quarta dell’in-
70
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
dirizzo Informatico a tre classi dell’indirizzo Elettronico (terzo, quarto e
quinto) più l’intera classe quarta dell’indirizzo Informatico con la necessità
di organizzare gare di qualiicazione.
La sintesi. Considerando la notevole valenza didattica dei due fattori
(continuità e robotica) e che entrambe le scuole medie di primo grado
dispongono di uno spazio temporale di due ore da poter utilizzare per
attività laboratoriali o alternative alla normale didattica, con la totale
disponibilità dei dirigenti scolastici e dei docenti, abbiamo pensato di
unire i due aspetti e di allargare la continuità didattica alla robotica coinvolgendo due classi seconde, una per ciascuna scuola di primo grado e
precisamente la classe IIA della “O. Nelli”, plesso di Gubbio, coordinata
dalle insegnanti Craighero Paola, Mancini Lucia (sostegno) e Codignoni
Adele e la classe IIAM della “M. Giorgio”, plesso di Mocaiana, coordinata
dall’insegnante Tittarelli Tamara.
Finalità
Le inalità del progetto spaziano su un duplice versante: quello della
continuità didattica e quello della robotica educativa e possono essere
così declinate:
• garantire la continuità educativa e didattica tra scuola secondaria
di primo e di secondo grado,
• programmare un progetto condiviso su tematiche di interesse tecnologico-scientiico,
• raccordare metodologie e strategie di veriiche e valutazione,
• concordare la certiicazione di competenze per livelli,
• evitare la dispersione scolastica e favorire il successo formativo,
• acquisire i concetti della robotica e quindi il movimento (motori), la
lettura del mondo esterno (sensori), la programmazione per mezzo degli strumenti informatici, la rilessione critica su quello che si
voleva ottenere e quello che si è ottenuto.
Descrizione delle classi
Classe IIA
La classe IIA della scuola “O. Nelli” appartiene al plesso di Gubbio, è
formata da 10 alunni, 5 femmine e 5 maschi. Nella classe sono certiicati 3 alunni che usufruiscono dell’insegnante di sostegno, coinvolta nel
71
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
progetto insieme alle insegnanti di matematica e lettere.
Quando alle docenti è stato proposto di partecipare al laboratorio di
robotica erano un po’ preoccupate dato che non si sentivano ferrate in
materia, ma hanno voluto comunque mettersi in gioco; soprattutto hanno ritenuto fosse un’ottima opportunità per i ragazzi, in particolare per
quelli con più dificoltà.
Tra chi insegna e chi apprende sono sicuramente gli studenti, nativi
digitali, ad essere più avvantaggiati nel riconoscere e nell’utilizzare tecnologie innovative per imparare attraverso fonti e metodi che noi, insegnanti
più maturi, non abbiamo forse mai conosciuto.
I gruppi di lavoro sono così strutturati: ci sono “I disegnatori” che con
la loro fantasia progettano su carta il prototipo di robot da realizzare e i
“programmatori”, gli alunni più abili nelle materie tecnico-informatiche a
cui è afidata l’attività di programmazione-costruzione.
Un terzo gruppo dedica spazio alla documentazione delle attività, vista
soprattutto in chiave di rilessione metacognitiva sulle esperienze già
svolte e in corso.
Fig. 1 – Classe IIA.
Classe IIAM
La classe IIAM della scuola “M. Giorgio”, appartiene al plesso di Mocaiana, è formata da 20 alunni, 9 femmine e 11 maschi. Anche in questa
classe sono presenti 3 alunni certiicati che necessitano dell’insegnante
di sostegno e che partecipa con le insegnanti di lettere e di matematica
e scienze.
72
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Il progetto nasce dalla collaborazione con l’ITIS “Cassata” di Gubbio, in
particolare con il prof. Albini ed alcuni suoi alunni. È stata proprio la scuola superiore a farci conoscere l’iniziativa, con un primo incontro all’ITS,
e a farci scoprire un nuovo modo di fare didattica. Abbiamo imparato a
conoscere nuovi software, a programmare un robot e a capire la logica
che sta dietro ad ogni movimento del robot. La classe è divisa in gruppi:
alcuni preparano il report di documentazione, altri scattano le fotograie
e fanno dei brevi video relativi all’iter di progettazione del robot, altri i
cartelloni con le foto e il diario di bordo.
Fig. 2 – Classe IIAM.
Il progetto
Il progetto nasce all’inizio del corrente a.s. 2012/2013 quando i nuovi
dirigenti prof. David Nadery (ITS) e prof.ssa Isa Dalla Ragione (“O. Nelli” e “M. Giorgio”), proseguendo un lavoro già iniziato lo scorso a.s. dal
dirigente Carlo Chianelli, irmano un progetto di collaborazione fra le tre
scuole.
Nel frattempo erano stati presi contatti con il prof. Giovanni Marcianò,
Capoila della rete Robocup jr Italia e la prof.ssa Simonetta Siega, docente formatrice della rete stessa, per organizzare un convegno a Gubbio
dal titolo “Robot…ando per conquistare le competenze”. Il convegno si
è tenuto nell’aula magna del nostro Istituto nei giorni 11-12 Dicembre
2012 con la partecipazione di docenti delle scuole secondarie di primo
73
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
e secondo grado ed ha sollevato vasta eco sugli organi di informazione
locale. Nel primo giorno di lavori il prof. Marcianò ha tenuto una conferenza sulla rete e la prof.ssa Siega ha illustrato la robotica educativa e il
modo di utilizzarla in classe; metodologia che ha applicato praticamente
nel secondo giorno con gli alunni delle due classi interessate al progetto
utilizzando il robot Scribbler e suscitando entusiasmi sia da parte degli
alunni che dei docenti coinvolti.
Dopo il convegno è partito il processo vero e proprio, organizzato con
la seguente modalità operativa: il prof. Roberto Albini insieme a uno o
più alunni formatori si è recato presso i laboratori delle classi interessate
ed ha collaborato con le docenti e gli alunni alla realizzazione e programmazione, per ciascuna classe, di un robot Lego Mindstorms 2.0 che ha
partecipato alla gara nazionale di Pescara 2013 nella categoria Rescue
A under 14. La collaborazione con la classe IIA della scuola “O. Nelli” si
è svolta dalle ore 14:00 alle ore 16:00 del Lunedì; quella con la classe
IIAM della scuola “M. Giorgio” dalle ore 11:30 alle ore 13:30 del Venerdì. Entrambi gli orari sono speciici e dedicati alle attività del cosiddetto
“tempo prolungato”.
La collaborazione non ha avuto termine con la gara di Pescara, ma è
continuata ino alla ine dell’anno scolastico per formalizzare il percorso
ed il processo realizzato, in modo tale da preparare materiale da presentare agli organi collegiali ed alla componente genitori delle scuole
interessate.
I formatori
Caratteristica peculiare del processo è il ruolo essenziale svolto da
alcuni alunni della classe V Elettronico che hanno messo a disposizione
ore del loro tempo libero per partecipare al progetto ed intervenire in
laboratorio guidando i lavori di costruzione dei robot, spiegando il funzionamento del software di programmazione, suggerendo modiiche, partecipando in modo attivo ai lavori degli alunni più giovani, confondendosi
e quasi immedesimandosi in loro, in una simbiosi che quasi mai avviene
tra docenti ed alunni e che invece, evidentemente, si stabilisce tra studenti di età anche molto differenti. E’ stato stupefacente osservare questi
formatori al lavoro, vedere il feeling che si stabilisce tra loro ed i giovani
alunni che li cercano, ascoltano e si lasciano guidare come farebbero con
un fratello maggiore.
74
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 3 – I formatori (da sinistra: Fabio Tomassoni, Mattia Montanari, Marco Minelli).
Il processo
Il processo si è sviluppato attraverso varie fasi:
1. Primo approccio con il robot realizzato con la dott.sa Siega in occasione del convegno “Robot…ando per conquistare le competenze” utilizzando lo Scribbler.
Fig. 4 – Alunni al lavoro con la dott.sa Siega.
2. Primi incontri in laboratorio: i formatori mostrano agli alunni il contenuto del Mindstorms 2.0, illustrano le differenze fra i vari componenti
75
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
(motori, sensori, parti di montaggio, il brick, i cavi collegamento) facendo
un parallelo tra il corpo umano con i suoi organi di senso e di movimento
ed installano il software della Lego mostrando le funzionalità delle icone
principali.
Fig. 5 – Alunni al lavoro con i formatori.
3. Dopo la presentazione dell’hardware e del software pensiamo di
partire dai motori che ci sembrano più semplici da gestire e quindi, in
considerazione del fatto che la confezione della Lego fornisce tre motori,
creiamo tre gruppi per classe ed ogni gruppo è invitato a realizzare un
oggetto, a libera scelta, capace di muoversi. Il “cervello del robot” (brick)
è fatto girare gruppo per gruppo. Ogni gruppo programma il proprio robot in modo da fargli compiere spostamenti determinati agendo su vari
parametri: tempo, numero di giri, gradi di rotazione, ecc. Variando alcuni
elementi, come la dimensione delle ruote o la potenza dei motori registriamo differenze di comportamento tra i tre robot e ciò dà spunto per
effettuare rilessioni di tipo geometrico e isico. La risposta degli alunni
è entusiasmante.
76
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 6 – Costruzione del primo robot.
4. Successivamente cominciamo a lavorare con il sensore di luce/colore e realizziamo un semplice programma con cui i ragazzi esplorano il
fenomeno della rilessione su tutte le superici con cui riescono a venire
in contatto, comprese felpe, pantaloni, capelli, e pelle.
5. Visto che il tempo stringe cominciamo a costruire il robot per la gara
ma, potendo lavorare con un solo sensore e quindi con un unico robot, si
manifesta il problema del coinvolgimento del maggior numero di alunni
possibile, cercando di non penalizzare nessuno. La soluzione non è facile
perché nel gruppo classe sono presenti personalità molto diverse: l’alunno fortemente interessato ma timido, il poco interessato, l’entusiasta
prepotente e così via, per cui, su suggerimento delle docenti, suddividiamo le attività da svolgere fra i ragazzi/e cercando di incoraggiare le
loro attitudini: alcuni continuano a lavorare al robot, altri cominciano ad
occuparsi della documentazione (foto, report, tabelloni).
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 7 – Realizzazione tabelloni.
6. Siamo a Gennaio inoltrato, stiamo lavorando proicuamente con entrambe le classi quando veniamo contattati dal capoila Giovanni Marcianò
che ci propone di esplorare le possibilità di un nuovo robot della ditta
MoWay; naturalmente aderiamo con incosciente entusiasmo ed iscriviamo
una terza squadra che realizziamo dividendo la classe IIAM del plesso di
Mocaiana (scuola Mastro Giorgio) in due gruppi. La scelta è stata realizzata in base al numero di alunni delle due classi.
7. Febbraio: si lavora alacremente, gli alunni e i formatori sono entusiasti, le docenti collaborano, lo scrivente è esausto ma sicuramente ce
la faremo (speriamo).
8. Marzo/Aprile: siamo agli sgoccioli, la documentazione è pronta, il
programma un po’ meno, nel senso che i robot fanno quello che vogliono
(come sempre), il morale è altissimo e sicuramente venderemo cara la
pelle e poi, comunque andrà, è stata una bellissima esperienza. A rivederci a Pescara!
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Punti di vista/opinioni
I DIRIGENTI
Sono arrivato come Dirigente all’ITS “M.L. Cassata” il primo settembre del corrente anno scolastico e il docente che per primo è
venuto nel mio uficio a presentare il suo progetto è stato Roberto
Albini. Con la sua tradizionale pacatezza, si è messo a raccontarmi
di Robot e afini, di come si muovessero, raccogliessero lattine di
Coca cola e le gettassero nel secchio dei riiuti. Io ero lì abbastanza
tranquillo, ascoltavo, del tutto digiuno di robotica, mi pareva un
bel gioco (da noioso docente di lettere quale ero, sono e sarò). Poi
pensai di fargli una domanda intelligente, tanto per partecipare al
suo entusiasmo, e gli dissi: “Prof., ma come sono guidati, qualcuno
ha un telecomando e funzionano come le macchinine radiocomandate?”. Eccola, la domanda intelligente. Nel momento in cui riuscì a
spiegarmi che i Robot sono programmati al computer dagli alunni,
riconoscono gli ostacoli, seguono le linee, individuano le forme, i
margini, i conini, inalmente arrivai a capire che ero di fronte ad un
progetto di assoluto interesse. Non era più un gioco, ma didattica,
nuova e profumata.
Questo da Dirigente mi interessa, oggi, e sono disposto ad ogni
tipo di impegno, economico e progettuale: percorrere la strada che
conduca da una didattica centrata sui contenuti (e sulle competenze,
per chi ha capito cosa siano) ad una didattica spostata sui processi.
E’ in questo modo che si incrocia veramente l’abilità, la logica, l’entusiasmo dei nostri giovani, che posseggono cervelli perfettamente
logici anche se non riconoscono, spesso, il complemento oggetto in
una frase: programmare un robot, prevedere gli ostacoli, anticipare
le dificoltà, veriicare le soluzioni di programmazione escogitate e,
di fronte all’errore, cambiare strada per arrivare inalmente al successo, è un percorso “didattico” di assoluta potenza formativa. C’è
già tutto: analisi dei dati, rilessione, ipotesi di soluzione, veriica,
feedback, analisi del feedback e modiica della strategia. Ed è un tipo
di apprendimento che i pedagogisti amano deinire “signiicativo”:
l’alunno ha la sensazione di poter realmente incidere sulla realtà
che gli viene proposta, sente che il suo impegno avrà un risultato
vicino, quasi immediato, tangibile, con il quale potersi confrontare,
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
rispetto al quale modiicare il proprio percorso logico ino a renderlo
del tutto eficace. Qualcosa di diverso dalle tradizionali “deleghe in
bianco” che, quotidianamente, inliggiamo ai nostri alunni: “Prof.,
a cosa ci serve questo esercizio?” – “Tranquillo, prima o poi te ne
accorgerai”. Ecco, con la robotica in classe gli alunni se ne accorgono
subito, ed è per questo che sono particolarmente motivati, tanto
da sacriicare le domeniche, i pomeriggi, le feste, pur di riuscire a
portare il loro campione di fronte ad un secchio di riiuti, con quella
maledetta lattina di Coca cola tra le pinze E l’urlo liberatorio della
squadra di Rescue ce l’ho ancora nelle orecchie
Buon lavoro a tutti!
David Nadery – Dirigente ITS “M.L. Cassata” – Gubbio
Il progetto di continuità che mi è stato proposto dal prof. Roberto
Albini e dal Dirigente David Nadery ha incontrato subito l’interesse
di alcune delle mie docenti di materie scientiiche. Nonostante le
dificoltà economiche in cui si muovono tutte le scuole, abbiamo
capito che era il caso di fare un piccolo sforzo e tentare la nuova
strada che ci veniva proposta. La robotica applicata alla didattica
poteva essere il veicolo giusto per ridare motivazione ad alunni pigri
e con dificoltà, così come poteva diventare una potente forma di
approfondimento per gli alunni più dotati e disposti all’impegno. E
così è stato: abbiamo fatto lavorare gruppi di alunni in cui la dificoltà si univa con l’eccellenza, sotto il controllo vigile dei docenti e
con la supervisione del prof. Albini e dei suoi alunni. Il risultato è
stato proprio quello che ci attendevamo: alunni motivati, che esprimono qualità rimaste “sommerse” durante le ore in classe, che non
tengono conto di campanelle né orari, e che impiegano tutte le loro
risorse per far funzionare i piccoli Robot.
Un entusiasmo che ha contagiato anche noi adulti, e che prelude ad un nostro sempre maggiore impegno in questa direzione:
l’obiettivo, condiviso con l’ITS “M.L. Cassata”, è quello di rendere
operativa una rete di scuole in verticale (dalla primarie alle superiori) che lavori con costanza su tale progetto. E i contatti sono già
ben avviati anche con il grado di istruzione inferiore: in quel caso
saranno i nostri alunni della media a fare da tutor ai colleghi più
piccoli. Vi faremo sapere, ma ci sono i presupposti per fare di Gubbio
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
un piccolo laboratorio di robotica applicata alla didattica e sviluppata
in continuità tra tutti i gradi dell’istruzione.
Isa Dalla Ragione – Dirigente scolastico scuole secondarie I
grado “O. Nelli” e “Mastro Giorgio” – Gubbio
I FORMATORI (ALUNNI SCUOLA SUPERIORE)
L’esperienza è stata costruttiva perché, almeno per una volta, ci siamo
confrontati con l’esperimento di fare da professori. E’ stato interessante
per il fatto che abbiamo provato a trasmettere la nostra passione e le
nostre conoscenze a dei ragazzi che non conoscevano niente riguardo
a ciò. Inoltre sia il nostro prof. Albini che le insegnanti delle due scuole
hanno mostrato altrettanta passione. Da ciò che ci è stato dato da questi
ragazzi abbiamo preso dei nuovi stimoli che ci sono stati molto utili per
crescere insieme a loro. Secondo la nostra esperienza abbiamo capito
che crescere insieme è molto importante per diventare migliori.
LE DOCENTI CLASSE IIA
Per ora il lavoro sta procedendo bene, i ragazzi organizzati in piccoli
gruppi stanno acquistando rapidamente un’autonomia quasi totale, anche
grazie all’aiuto del prof. Albini, insegnante presso l’ITS e dei suoi allievi
Marco Minelli, Mattia Montanari e Fabio Tomassoni, tutti e tre ex alunni
della Scuola media “O. Nelli”.
Le ragazze si sono dimostrate più interessate alla documentazione,
sia scritta che graica, descrivendo nei particolari e con fantasia le varie
fasi del progetto intrapreso.
L’alunna con più dificoltà di relazione si è ben inserita e apprende
anche guardando gli altri: la robotica, infatti, facilita la socializzazione
dei ragazzini diversamente abili con i compagni, superando la dificoltà
di lavorare in gruppo e sentirsene parte.
Tutta la classe è quindi entusiasta del lavoro che si sta svolgendo e
gli alunni durante la settimana, ricercano notizie e si documentano, per
arrivare preparati al lunedì pomeriggio dove mettono in pratica le conoscenze acquisite.
LE DOCENTI CLASSE IIAM
Quando il progetto è stato presentato, gli alunni si sono dimostrati
subito entusiasti, mentre le docenti sono state inizialmente un po’ diso-
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
rientate per la novità dell’iniziativa, ma si sono rese disponibili alla sua
realizzazione, mettendosi letteralmente in gioco. Inizialmente abbiamo
analizzato il sito della Robocup jr 2013, visionando video delle edizioni
precedenti e quindi abbiamo monitorato e documentato tutto l’iter che ha
portato alla costruzione e alla programmazione del robot per la gara di
Pescara. I ragazzi hanno accolto con entusiasmo l’idea del robot e si sono
messi subito all’opera nel progettare, costruire e programmare il robot
per la gara. Le ragazze si sono trovate in dificoltà con il software e con la
manualità, ma si sono adoperate per la coreograia, per la presentazione
del robot e per la descrizione del cammino fatto per arrivare alla gara.
Anche gli alunni seguiti dall’insegnante di sostegno hanno mostrato vivo
interesse approcciando ad un tipo di lavoro più tecnico-pratico.
GLI ALUNNI
Silvia: ”Mi è piaciuto molto fare questa esperienza soprattutto perché
ho imparato ad utilizzare i pezzi della Lego e il programma ed è molto
divertente!”.
Giorgio: “Bello perché c’è Fabio e Marco che ci aiutano e ci si diverte”.
Giorgia: “Mi piace molto questo progetto, poter costruire un vero
robot è molto divertente e utile”.
Sara: “Il progetto è molto divertente perché si costruiscono robot ed
è bello come passatempo e si imparano molte cose”.
Francesco E: “Mi piace molto, fare i robot, e costruirli insieme ai miei
amici. E’ molto utile vedere come si costruiscono, per un tempo futuro
che verrà. Da quando abbiamo iniziato l’attività “robottando a scuola” ho
imparato migliaia di cose”.
Francesco K: “Bella, interessante perché impari”.
Luca: “Questa attività è molto interessante, a me specialmente, mi
attira particolarmente. Io vorrei vincere la gara a Pescara, quindi mi impegnerò nel costruirlo”.
Michele: “Bella, interessante perché non l’avevo mai vista”.
Marco: “Il progetto robot è stato molto bello soprattutto quando abbiamo iniziato a costruire il robot. I ragazzi dell’ITIS ci hanno insegnato
molte cose nuove”.
Giovanni: “Questo lavoro mi piace perché posso inventare tante combinazioni e realizzare delle macchine seguendo la mia fantasia. Provando
e riprovando imparo anche ad utilizzare comandi per fare camminare le
macchine secondo un percorso scelto”.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Nicola B: “Bello e fantastico perché posso utilizzare la mia fantasia”.
Anonimo: “E’ interessante fare il robot perché lo devi costruire”.
Rilessioni e sviluppi futuri
Questo progetto è nato come esperimento, fortemente sponsorizzato
dall’autore, da entrambi i D.S. del Cassata che si sono avvicendati al
termine dello scorso a.s. (Carlo Chianelli e David Nadery) e dalla dirigente delle due classi coinvolte (Isa Dalla Ragione). L’inizio non è stato
facile perché coinvolgere docenti su attività praticamente sconosciute,
richiedendo un impegno non indifferente, non è cosa da poco, ma, dopo
una naturale iniziale ritrosia, dissolta grazie al seminario tenuto a Gubbio
dal capoila Giovanni Marcianò e dalla insegnante formatrice Simonetta
Siega, la collaborazione è stata totale anche perché il quadro orario della scuola secondaria di primo grado rende disponibili due ore di attività
laboratoriali dette “tempo prolungato”.
La risposta degli alunni è stata entusiasmante e tale è rimasta anche
quando è stato necessario lavorare su un solo robot, quello da utilizzare
in gara, solo che la componente maschile si è dedicata alla realizzazione
e programmazione del robot e quella femminile alla documentazione del
progetto.
Sicuramente il punto di forza del progetto sono stati i formatori, ragazzi
diciottenni disponibili a dedicare quattro ore settimanali del loro tempo
libero per partecipare a questa attività. Non sarà facile trovare loro sostituti nei prossimi anni scolastici.
Il progetto è valido? Sarà ripetuto? Al momento siamo ancora in piena
attività e non possiamo soffermarci su tali quesiti; presentato il lavoro
effettuato agli organi collegiali ed alla componente genitori tireremo le
ila di quanto realizzato e, a mente fredda, ragioneremo insieme su cosa
e come migliorare, ma di una cosa siamo sicuri: l’avventura è stata profondamente coinvolgente ed emozionante.
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Nessie 2013: dal laboratorio
di robotica alla didattica
curricolare
Giulio Vitale
ITCS Erasmo da Rotterdam Bollate (MI)
g.vitale@tiscali.it
Nessie2013 è la quinta generazione di robot auto-costruiti all’interno
del Laboratorio Permanente di Robotica Didattica dell’ITCS Erasmo da
Rotterdam di Bollate. Esso rappresenta la sintesi del percorso didattico
seguito in cinque anni di sperimentazione di un progetto di Robotica
Educativa. Da una piattaforma iniziale, basata per ragioni di lessibilità
su tecnologia FPGA (Field Programmable Gate Array), si è passati a un
sistema composito in grado di fornire un terreno multidisciplinare nel
quale seminare elementi tecnici di pratica formativa, capaci di inluenzare
e “contaminare” la programmazione ordinaria curricolare, arricchendola
di nuovi spunti e aggiornandola alle problematiche più attuali.
Introduzione
Il Laboratorio Permanente di Robotica Didattica presso l’ITCS Erasmo
Da Rotterdam di Bollate, è nato cinque anni or sono con una “mission”
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
fondata sui seguenti obiettivi:
• Ampliare l’offerta formativa con attività a partecipazione pomeridiana volontaria nell’ambito di un progetto generale, “Scuole Aperte”,
per mantenere aperta la scuola anche al di là delle ore curricolari
previste dal piano di studio.
• Sperimentare nuove forme didattiche più coinvolgenti capaci di
ribaltare il rapporto standard “docente – studente” senza rinunciare
alla qualità dei contenuti.
• Creare uno spazio capace di simulare il modo di operare di un’impresa che si pone degli obiettivi da raggiungere e che si organizza
per perseguirli (progetto Impresa Formativa Simulata).
• Ravvivare l’interesse verso le materie tecnico-scientiiche caratterizzanti l’indirizzo di studio scelto, mettendo in risalto l’idea che
si può imparare divertendosi e che il metodo scientiico si fonda
principalmente sulla curiosità verso la conoscenza e sul piacere
della scoperta.
• Offrire uno spazio attrezzato in cui gli studenti hanno l’opportunità
di operare in gruppo e di essere parte attiva nella scelta delle strategie da perseguire e nei contenuti da dare.
• Educare all’autonomia nell’affrontare problemi e imparare a risolverli, assumendosi sia il carico della ricerca delle strategie opportune, sia la necessità di “tenere duro” nel tentativo di superare le
innumerevoli dificoltà che la realizzazione di un oggetto completo
comporta, ma, nello stesso tempo, di assaporare la soddisfazione
di aver portato a termine un progetto complesso che si traduce in
un sistema reale funzionante autonomamente.
• Praticare senza vincoli restrittivi l’idea di una didattica “laboratoriale” basata sul problem solving, in cui questa prassi di lavoro
cessa di essere un concetto astratto presupposto e diventa effettivamente ciò che deve essere, cioè un metodo operativo reale in
cui lo studente è costantemente coinvolto e il compito del docente
diventa soltanto quello dell’orientare, consigliare e indicare possibili
soluzioni.
Nel corso dei cinque anni di attività, a fronte di un successo progressivo, che ha visto una crescita costante del numero di studenti coinvolti
e dell’interesse verso i contenuti trattati, sono emerse due questioni
importanti che richiedono particolare attenzione. La prima consiste nel
mantenere costantemente alto l’interesse e la continuità nel succedersi
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
delle varie annate di studenti; la seconda riguarda le relazioni tra le attività del Laboratorio di Robotica con i contenuti dei programmi uficiali
svolti nella didattica ordinaria.
I due problemi non sono del tutto indipendenti e la ricerca della soluzione alla prima sida ha fornito i criteri su cui fondare la seconda.
Alimentare l’interesse
Una soluzione al primo quesito è stata quella di progettare internamente un nuovo robot ogni anno che tenesse in conto le esperienze
passate ma che fosse sempre rivolto al futuro, mantenendo inalterato
l’impegno a farlo nascere e crescere nel nostro laboratorio.
Nel 2008 abbiamo iniziato le attività adottando una scelta tecnologica
basata sul massimo della lessibilità e della possibilità di evolvere progressivamente, di pari passo alla maturazione della nostra esperienza e
al conseguente sviluppo delle competenze.
La soluzione adottata di basare il nostro progetto su un sistema completamente riconigurabile della famiglia Spartan 3E della Xilinx, si è
dimostrata adeguata e, impiegando sempre la stessa scheda di base,
abbiamo potuto rimodellare ogni anno i nostri robot, cercando di risolvere i limiti dimostrati da una soluzione in un’altra che fosse in grado di
superarli.
La partecipazione a tutte le manifestazioni organizzate dalle Rete di
Scuole per la Robocup Jr Italia, da Torino 2009 a Pescara 2013, è stato
l’appuntamento culminante che ogni anno ha fatto, prima, da stimolo a
concludere il progetto, poi, da incoraggiamento a trasformare il dispiacere della sconitta nell’entusiasmo della scoperta che è sempre possibile
migliorare, ritrovando la carica giusta per superare se stessi.
Fig. 1 – Da sinistra a destra i modelli 2008, 2009 e 2010.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
I primi tre modelli sono serviti a tracciare il percorso che i nostri robot “auto-costruiti” avrebbero dovuto seguire, anche se risultano ancora
piuttosto “rozzi”.
La nascita della nuova generazione: Nessie 2011
Con Nessie 2011 il lavoro dei ragazzi che man mano si alternavano
nelle attività del Laboratorio di Robotica, ha iniziato ad assumere una
forma più matura, cercando anche del supporto esterno per la realizzazione delle parte meccaniche, impossibili da gestire internamente con le
risorse disponibili.
Fig. 2 – Il modello 2011.
Nessie 2011, presentata a Catania in occasione della Robocup Jr 2011,
è dotata di una meccanica solida ma presenta alcune limitazioni. L’ingombro è un po’ eccessivo, e la rende poco agile nelle manovre negli spazi
stretti; i sensori di luminosità, realizzati in laboratorio, per l’inseguimento
della linea non sono sempre adeguati, specie nel caso di linee con variazioni di direzione corte e rapide.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
La prima evoluzione: Nessie 2012
Partendo dai problemi rilevati a Catania, al gruppo dei nuovi partecipanti alle attività del Laboratorio di Robotica, giunti dalla precedente
esperienza sulla piattaforma Lego NXT, è stata proposta la nuova sida di
superare questi difetti riprogettando interamente Nessie nell’anno successivo, iniziando dalla meccanica per inire nella dotazione dei sensori,
lasciando immutata la piattaforma della scheda di gestione grazie, appunto, alla lessibilità offerta dalla FPGA. Nessie 2012 è stata interamente
rideinita nelle sue interfacce, sia verso i sensori sia verso gli attuatori,
offrendo una considerevole quantità di stimoli didattici propagati alle
materie d’indirizzo. Infatti i nuovi sensori introdotti (sensore di luminosità
a scansione lineare di 128 pixel, accelerometro a tre assi per il controllo
dell’assetto, display a colori graico con touch-screen, gestione dei motori
con controllo PID implementato via hardware) hanno offerto spunti interessanti per materie come Controlli, Informatica Industriale, Elettronica.
Fig. 3 – Nessie 2012.
Dal punto di vista dell’architettura di sistema Nessie 2012 si presenta
già come sistema completo, molto distante dal primo robot degli esordi
del 2008 ma, comunque, sempre basato sulla stessa scheda madre. La
igura illustra la conigurazione complessiva del microcomputer “embedded” nella FPGA che governa Nessie in cui si possono notare le interfacce
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
verso le periferiche speciiche, personalizzate grazie alla ri-programmabilità hardware della piattaforma scelta e alla possibilità di rimodellarla
sulle nuove esigenze.
Fig. 4 – Schema a blocchi dell’intero sistema embedded nella FPGA
Dal punto di vista didattico, con Nessie 2012 si è potuta sperimentare
la realizzazione di nuove interfacce più avanzate.
Un primo esempio è stato lo studio delle problematiche concernenti il
controllo automatico di velocità PID realizzato in hardware. L’argomento
trova uno stretto collegamento con gli argomenti trattati nel corso di
Controlli, presente ancora per questi ultimi due anni nel piano di studi
dell’Erasmo da Rotterdam, prima della normalizzazione imposta dal nuovo
ordinamento.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Un’ulteriore opportunità di approfondimento tecnico è stata l’introduzione dei primi elementi di manipolazione delle immagini, in occasione
della valutazione di un sensore di luminosità, realizzato su una struttura
lineare di 128 fotodiodi, da impiegare come inseguitore di linea.
In questo caso la sida proposta agli studenti è stata quella di riconoscere la presenza della linea nera nella stringa dei pixel letti dal sensore
e determinarne la posizione relativa per usarla come volante per la deinizione della direzione del moto.
Fig. 5 – Esempi d’implementazione di interfacce “custom”, interne al modulo FPGA, per il controllo
automatico di velocità e di gestione del sensore ottico lineare a 128 pixel.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Nessie 2013, la fase dell’esportazione dei contenuti: “dai robot
auto-costruiti alla didattica auto-costruita”
L’idea di Nessie 2013 è nata nell’anno scolastico corrente durante il
quale, alla normale attività di programmazione didattica, si è sovrapposto il problema di cambiare e rimodulare i programmi speciici, sorto in
concomitanza con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento nel triennio
della Scuola Secondaria Superiore.
Il progetto di Nessie 2013, oltre a rappresentare un elemento di continuità alla parola d’ordine “Un nuovo robot auto costruito per ogni anno”,
è nato con il presupposto di rappresentare un esempio concreto di come
il Laboratorio di Robotica si possa porre in relazione con le materie curricolari obbligatorie ed essere integrato come ambito di sperimentazione,
sia nei metodi didattici sia nei contenuti, consentendo alla robotica di
entrare uficialmente nei programmi degli insegnamenti tecnico-scientiici.
I presupposti aggiuntivi, alla base della nascita di Nessie 2013, includono la ricerca di una soluzione ai seguenti quesiti:
• I.
L’organizzazione dei gruppi di lavoro per perfezionare
e rafforzare l’esperienza acquisita.
• II.
L’esportazione delle esperienze del Laboratorio di Robotica nella didattica curricolare sia nel biennio sia nel triennio.
• III.
La sperimentazione di nuovi approcci progettuali che
tengano conto delle emergenti possibilità tecnologiche proliferate
in questi ultimi anni e offerte dai sistemi embedded a basso costo.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 6 – Organizzazione dei gruppi di lavoro divisi per classi di appartenenza e per piattaforma di
sviluppo utilizzata in ognuno di essi.
La riorganizzazione dei gruppi di lavoro
Il Laboratorio di Robotica è stato inizialmente attivato per essere aperto a studenti che volontariamente desideravano vivere questa esperienza,
senza alcun vincolo sulle classi di provenienza, proprio per dar loro la
possibilità di aggregarsi secondo una ripartizione spontanea delle competenze e in funzione del grado di conidenza reciproca.
Naturalmente col passare degli anni il numero di studenti è aumentato
considerevolmente ino a diventare, nel corso del corrente anno scolastico, suficiente a formare due classi di 15 studenti ciascuna. Ciò ha reso
necessaria un’analisi più dettagliata dell’organizzazione dei gruppi di lavoro e della deinizione dei contenuti e degli strumenti da utilizzare per
ognuno di essi. Il risultato di quest’analisi è stato il primo passo per individuare i collegamenti tra le attività del Laboratorio di Robotica e il corso
di studio ordinario, in modo da poter fruire delle sinergie possibili, sia in
termini di motivazione che di rafforzamento delle conoscenze, abilità e
competenze poste come obiettivi da perseguire dalla programmazione
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
delle attività didattiche.
Per i ragazzi del biennio, si può impiegare la piattaforma NXT con il
linguaggio graico NXT-G, per ovviare alle prime barriere imposte dalla
conoscenza di un linguaggio formale e iniziare, in dal primo anno, con
una programmazione “intuitiva”, basate su icone, senza però togliere
nulla al rigore logico necessario per utilizzarla.
Per i ragazzi del triennio, i gruppi di lavoro sono stati divisi in due
livelli di complessità:
• Per gli studenti terzo anno, si prosegue con la piattaforma Lego
NXT, utilizzando però un linguaggio di programmazione più professionale, C o Java, in coordinamento con l’indirizzo scelto dalla
programmazione didattica e con le indicazioni dei docenti di Informatica. Per questo livello si può già proporre ai ragazzi la partecipazione alla Robocup Jr Under 19 e la messa a punto di robot
autonomi, capaci di svolgere un percorso completo.
• Per i ragazzi del quarto e quinto anno, si propone il passaggio
ai robot auto-costruiti, in cui sono richieste conoscenze tecniche
più avanzate e una maggiore autonomia di lavoro. Il passaggio agli
auto-costruiti può essere fatto in modo progressivo, impiegando i
ragazzi più grandi come “tutor” dei più giovani e dividendo i gruppi
in modo da sfruttare, da un lato, il progetto dell’anno precedente,
migliorandone solo il software, dall’altro avviare il progetto di una
nuova generazione che parte dei limiti della precedente.
Dall’esperienza di questi anni si è giunti alla conclusione che un progetto ex-novo di un membro della famiglia Nessie richiede un ciclo di due
anni per essere veramente pronto a gareggiare. Il primo anno, vanno
risolti tutti i problemi relativi alla sua struttura meccanica, al progetto e
ai test di tutte le interfacce elettroniche e dell’assetto complessivo della
architettura informatica; il secondo anno, può essere dedicato alle riiniture strutturali e alla messa a punto di un software di qualità che sia
in condizioni di affrontare appieno un regolamento internazionale della
Robocup.
La robotica nel biennio degli Istituti Tecnici
Nel biennio del nuovo ordinamento degli Istituti Tecnici sono previste
due materie che riguardano il primo contatto con le tecnologie dell’ICT e
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
che possono essere un primo livello di aggancio.
Nella prima, TECNOLOGIE INFORMATICHE, può essere inserito al primo un modulo riguardante una prima introduzione alle architetture di
elaborazioni dati, usando un linguaggio di programmazione molto intuitivo, come quello graico offerto dalla piattaforma Mindstorm NXT.
In questo ambiente, senza vincoli dell’introduzione di strutture formali
e procedurali astratte, può essere subito svolta la prima attività di programmazione. I ragazzi possono facilmente essere avviati alla deinizione
di algoritmi, concentrandosi sulla struttura logica del programma, senza
iltri derivanti dalle regole di formulazione. Il linguaggio graico, peraltro,
aiuta a concepire la scrittura di un programma come un insieme di moduli
gerarchici e abitua all’analisi “top-down” del problema, indirizzando i ragazzi alla necessità della scomposizione analitica di un sistema complesso
e al porre attenzione alle relazioni tra le singole parti.
In questo primo anno l’uso del robot dovrebbe essere inalizzato principalmente allo studio di problemi interdisciplinari, legati non tanto al
robot in quanto automa in grado di interagire con l’ambiente in modo
autonomo ma, principalmente, come sistema di calcolo interattivo per
sperimentare problemi legati ad altre materie scientiiche. Ad esempio,
in isica, l’interazione riguarda non soltanto la dinamica e la cinematica,
ma anche tutte le discipline che studiano le leggi isiche che governano
le svariate tipologie di sensori con cui un robot interagisce con l’ambiente
(luminosità, infrarossi, ultrasuoni, temperatura, voce, gravità, campo magnetico, ecc.); in matematica serve a dare concretezza a concetti che si
riferiscono ai modelli di relazioni tra spazio, tempo e moto. Molto utile a
tal proposito è il libro “Imparare con la robotica: applicazioni di problem
solving” di M. Moro, E. Menegatti, F. Sella e M. Perona – Ed. Erickson.
La seconda, SCIENZA E TECNOLOGIA APPLICATA, può trarre un enorme vantaggio dall’uso della stessa piattaforma Lego NXT ma iniziando a
sviluppare l’idea di robot nel senso più vero della parola, ovvero come
progetto di una intelligenza artiiciale di supporto alle attività normalmente svolte dall’uomo, dotato di una propria autonomia d’azione e di
inalità del proprio comportamento. Si possono introdurre i primi problemi
d’interazione con l’ambiente e i concetti di programmazione più avanzata rivolta a problematiche legate al “real time” e al “time sharing”, in
cui occorre fare fronte alla molteplicità degli eventi paralleli necessari a
compiere un’azione inalizzata da effettuarsi nello spazio reale e, quindi,
di tutte le variabili aleatorie di disturbo introdotte dall’ambiente esterno.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Si comincia a far considerare quale deve essere il livello di approssimazione necessario per adattare un algoritmo ideale alle condizioni reali.
In questo ambito possono essere avviate anche ricerche collaterali, in cui
si può studiare come i robot, analogamente a quanto accaduto alle altre
tecnologie dell’ICT, stanno uscendo man mano dalle fabbriche per diventare sempre più “robot di servizio” che interagiranno e inluenzeranno
profondamente la nostra vita quotidiana, esattamente come è successo
con i computer, Internet, la telefonia issa e mobile, la televisione, ecc.
Insomma, bisogna preparare i nostri ragazzi perché sappiano accogliere,
in un futuro più prossimo di quanto si possa sospettare, l’ingresso dei
robot nel loro “universo digitale quotidiano”, con tutti i problemi culturali,
etici e sociali connessi.
La robotica nel triennio degli Istituti Tecnici
Naturalmente nel triennio il rapporto diventa più forte e articolato ed
è legato alla vocazione speciica della scuola. Comunque alcuni elementi
possono essere considerati validi a livello generale. Tra tutti:
• Mantenere il duplice binario: obbligatorio e volontario. Ovvero
lasciare sempre uno spazio sperimentale, libero da “vincoli di programma”, in cui i ragazzi si possono organizzare per gruppi di
lavoro inalizzato e lavorare con tempi e modalità “laboratoriali”.
Cioè fruire di tutti i vantaggi precedentemente descritti della disponibilità di un Laboratorio Permanente di Robotica Didattica nel
piano dell’offerta formativa.
• Contaminare i modelli didattici e tecnologici della didattica curriculare con le esperienze sperimentali pomeridiane. Occorre usare
la robotica didattica come spazio per mettere alla prova nuovi paradigmi formativi e nuove tecnologie e poterne veriicare la valenza.
Ciò è particolarmente rilevante in questa fase d’incertezza nella
Scuola italiana per contenere i danni di un nuovo ordinamento
non ben preparato, programmato e supportato dai necessari sforzi
economici per metterlo in atto e per evitare che le nuove discipline
nascano su tecnologie obsolete.
• Utilizzare piattaforme di lavoro virtuali basate su tecnologie informatiche al più alto livello di astrazione. I robot devono svolgere
compiti sempre più rafinati con livelli di specializzazione sempre più
spinta e, inoltre, i tempi di sviluppo devono ridursi. Questo richiede
l’uso di piattaforme con un maggior grado di riconigurabilità e les-
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
sibilità, capaci di fruire di strumenti di sviluppo ad alta produttività
e di riutilizzo del “know how” già acquisito.
• In ogni caso il “Physical Layer” non può essere ignorato!
Nella formazione dei futuri tecnici non possono essere del tutto
trascurate le tecnologie che sono alla base del funzionamento dei
dispostivi e che formano il telaio su cui poggiare l’intera struttura
informatica virtuale.
La sperimentazione di nuovi approcci progettuali negli Istituti Tecnici
a vocazione legata all’ICT
Nel nostro caso, operando in un Istituto Tecnico a indirizzo “Informatica
e Telecomunicazioni”, la declinazione delle corrispondenze e degli ambiti
di sperimentazione si può sintetizzare nei punti seguenti:
• A. Abbandonare in dal primo anno del secondo biennio, sia nella
materia “Telecomunicazioni” sia in “Tecnologie dei Sistemi Informatici e di Telecomunicazioni”, l’approccio classico all’insegnamento
dei sistemi digitali basato sulle tecnologie a “logica sparsa” delle
classiche famiglie 74xx/4xx di porte logiche elementari, e iniziare,
senza indugi, con la progettazione ad alto livello fondata su logiche
programmabili, come le FPGA della Xilinx sperimentate nei nostri
robot. Le classiche reti booleane, combinatorie e sequenziali, acquistano un altro signiicato nella formazione degli studenti, abituandoli in da subito a una progettazione sistemistica e modulare,
che tende a valorizzare la ricerca di soluzioni più generali, che
forniscono risposte immediate e coerenti per abbreviare il percorso
dall’idea creativa alla sua implementazione effettiva.
• B. Sviluppare ulteriormente il modello “System on chip” e/o
“Embedded System” partendo da architetture allo stato dell’arte e didatticamente ricche di spunti, come le CPU ARM, usando il
Laboratorio di Robotica come primo terreno di esplorazione. Un
esempio valido di piattaforma robotica introduttiva, in via di sperimentazione, è il sistema Stellaris EvalBot della Texas Instruments,
basato sulla CPU Cortex M3, e dotato di un ricco corredo di materiale didattico.
• C. Introdurre lo studio dei sistemi operativi, usando un ambiente come “Embedded Linux”. Molte piattaforme “low cost” e “open
hardware” lo propongono come sistema “rommato” (Raspberry,
BeagleBone, CubieBoard, MK800, Olimex, ecc.) e molti nuovi testi
proposti nel nuovo ordinamento lo utilizzano come “case study”. Si
può fruire di enormi economie di scala e si possono creare laboratori
96
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
“dinamici”, facilmente riconvertibili, giacché si ha ormai l’accesso
a prestazioni confrontabili con quelle di un personal computer con
una spesa dell’ordine di grandezza dei 60 Euro.
Ogni studente può avere a disposizione il suo personale sistema di
sviluppo, a scuola come a casa.
Nessie 2013
Nessie 2013 è stata concepita tenendo in conto tutti gli aspetti indicati
e si propone come modello di riferimento con un’architettura “a livelli”
in cui sono presi in considerazione tutti gli aspetti che riguardano il ciclo produttivo completo del robot, partendo dalla parte meccanica, per
giungere ino al software.
Fig. 7 – Nessie 2013.
Iniziando dal “Phisical Layer”, l’uso di una stampante 3D permette il
progetto meccanico e l’impiego di strumenti CAD per l’ingegnerizzazione
del prodotto.
Con le FPGA possono essere sviluppate tutte le problematiche relative
alla gestione dell’hardware, modellandolo alle necessità dell’applicazione
e di gestione, e implementando il primo livello di protocollo “Data Link”
per dialogare con la scheda di gestione su cui è presente il sistema operativo necessario a sviluppare i layers “Presentation” e “Application”.
97
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 8 – La struttura a “layer” del progetto Nessie 2013: dal “phisical layer” all’ “application layer”.
Dalla stampa 3d per il progetto meccanico all’uso di Linux Embedded per lo sviluppo autonomo
dell’applicazione.
Nessie 2013 è stata completata quest’anno e competerà nella prossima manifestazione della Rete di Scuole per la Robocup Jr Italia. Essa
è il frutto di un fortissimo impegno da parte dei miei studenti del Laboratorio di Robotica di quest’anno, confrontabile con quello dei tecnici di
una “avanzatissima start up” operante nell’ambito delle nuove tecnologie
e della collaborazione del collega Filippo Bilardo, senza il quale tutte le
schede hardware non avrebbero mai visto la luce.
Vorrei inine menzionare gli sponsor del Laboratorio di Robotica senza i
quali non avremmo mai potuto trovare i fondi per il nostro lavoro: Futura
Elettronica per l’enorme supporto nella ingegnerizzazione della parte
meccanica e per la fornitura di sensori e attuatori, Xilinx e Miriica per
il supporto hardware del materiale relativo alle FPGA e ai relativi tools di
sviluppo, Texas Instruments per i sistemi Stellaris EvalBot e le schede
necessarie al laboratorio di sviluppo per i microcontrollori Cortex M3.
98
La robotica nella scuola delle
competenze
Marisa Di Luca1, Ester Vitacolonna1, Fiorenza Papale2, Renzo Delle
Monache2, Filomena Mammarella2
Università “G. D’Annunzio”, Chieti
1
m.diluca@unidav.it – vitacolonna@unich.it
Istituto Istruzione Superiore “A. Volta”, Pescara
2
iorenza.papale@istruzione.it - dellemo@rgn.it – comune47@tiscali.it
Le premesse
In questi ultimi anni il mondo della scuola è stato coinvolto (in molti
casi travolto) da tutta una serie di novità che, spesso, hanno cambiato
la prospettiva dell’insegnamento e di conseguenza dell’apprendimento.
L’idea di una didattica soprattutto trasmissiva, cattedratica non è più
adatta per i nostri studenti che hanno sempre più necessità di “guardare
dentro le cose”, di “sporcarsi le mani”. La robotica può essere considerata, a tutti gli effetti, una attività innovativa che contribuisce in maniera
forte all’acquisizione delle competenze non solo disciplinari, ma anche
relazionali, comunicative e che tocca, quindi, aspetti non solo strettamente didattici, ma anche educativi.
Nell’organizzare un’attività di robotica sono sicuramente da privilegiare
i cosiddetti “metodi attivi” che respingono il ruolo passivo, dipendente e
sostanzialmente ricettivo dell’allievo, essi comportano la partecipazione
sentita e consapevole dello studente. Le caratteristiche di tali metodi
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
sono, fondamentalmente: la partecipazione vissuta degli studenti (viene coinvolta la personalità dell’allievo); il controllo costante e ricorsivo
(feedback) e l’autovalutazione; la formazione in situazione; la formazione in gruppo.
Le scelte metodologiche
Analizziamo brevemente alcuni dei concetti che sono alla base di una
prassi didattica di questo tipo e che si concretizzano in una attività di
robotica.
Fra i metodi attivi che più si “adattano” nella impostazione di una
esperienza di questo tipo ci sono sicuramente il problem solving, il brainstorming ed il cooperative learning.
Problem solving
Ovviamente in questo caso si intende il problem solving non nel senso
“stretto” di risoluzione di problemi, ma nel suo signiicato più ampio: riuscire a risolvere in qualche modo “situazioni problematiche”. In un’attività
di robotica le situazioni problematiche sono sempre presenti: dal come
progettare il robot a quali strumenti (hardware e software) utilizzare, a
come risolvere gli inevitabili problemi che sono sempre in agguato. Quando si costruisce un robot, si deve progettare una macchina e i problemi
che si possono presentare possono essere molti e diversi.
Può trattarsi di un piccolo problema, come seguire un percorso in linea
retta in un determinato tempo, oppure di un fatto complesso come, ad
esempio, l’interazione con lo spazio. In ogni caso c’è bisogno di comprendere, decodiicare la situazione e prendere le decisioni opportune.
Tutte le fasi del problem solving cognitivo sono presenti: dalla codiica del
problema, alla pianiicazione del percorso, alla realizzazione del “progetto” impostato, alla valutazione del lavoro. Non sono da trascurare, però,
anche le componenti metacognitive. Nella tabella seguente sono riportate
le fasi del problem solving metacognitivo ed alcune domande-stimolo che
possono aiutare il gruppo alla rilessione critica.
100
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Problem solving
COMPRENSIONE
PREVISIONE
PIANIFICAZIONE
MONITORAGGIO
VALUTAZIONE
Attività metacognitive di controllo
Rilettiamo:
Quello da affrontare che tipo di problema
è? Cosa sappiamo su come si fa? …
Prevediamo:
Chi ci può aiutare? Quanto tempo abbiamo? Di quali/quanti strumenti abbiamo
bisogno? Qual è l’ambiente in cui svolgere
il compito? …
Organizziamoci:
Identiichiamo il problema. Troviamo i
materiali e strumenti. Stabiliamo il tempo
di lavoro …
Controlliamo:
Siamo sulla strada giusta? Cosa va eliminato o invece salvato? Il compito si è
rivelato facile o dificile? …
Guardiamoci indietro:
Le previsioni e la pianiicazione sono stati utili? Si sarebbe potuto fare in un altro
modo? Questa procedura di risoluzione
può essere utile in altri compiti? …
Tabella 1 – Problem Solving Metacognitivo
Brainstorming
Il brainstorming (cervelli in tempesta) è molto utile quando:
• si vuole fare una ricognizione generale,
• c’è da puntualizzare e riprendere il ilo del discorso, per monitorare
in ogni istante l’attività,
• si vogliono far emergere le idee per favorire anche tutti gli aspetti
legati alla creatività che sono fondamentali nella progettazione di
un robot.
Una interessante modalità utilizzabile nel brainstorming è il cosiddetto
101
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
“pensiero verde e pensiero rosso”. Secondo questa tecnica, la prima
fase di brainstorming è svolta applicando il concetto del pensiero verde
che serve per far emergere all’interno del gruppo TUTTE le idee (anche
quelle che possono sembrare non realizzabili o impossibili). Si stimola
l’innovazione senza porre limiti alla fantasia e senza lasciarsi condizionare
dai limiti reali. Successivamente, dopo aver elencato e descritto tutte le
idee, si passa al secondo step chiamato del pensiero rosso. Durante
questa fase si analizzano di nuovo tutte le idee generate precedentemente veriicandone la coerenza, la realizzabilità, le risorse necessarie,
i tempi, …
Alla ine restano solo le idee praticamente fattibili e su quelle si costruisce il progetto.
Cooperative learning
E’ utile per lo sviluppo integrato di competenze cognitive, operative e
relazionali. Non si tratta di un semplice lavoro di gruppo (dove la possibilità di “imboscarsi” è alta); in questo caso ogni componente del gruppo
si assume la responsabilità del proprio lavoro e deve essere consapevole
che il successo o l’insuccesso di un componente condiziona il successo o
l’insuccesso dell’intero gruppo. Il “motto” che caratterizza il cooperative
learning è proprio la famosa frase di Dumas: “Tutti per uno, uno per tutti”.
Il metodo a gruppo cooperativo viene indicato come uno dei metodi
“a mediazione sociale” (le risorse e l’origine dell’apprendimento sono
soprattutto gli allievi); gli studenti si aiutano e sono corresponsabili del
loro apprendimento, stabiliscono il ritmo del loro lavoro, si correggono
e si valutano, sviluppano e migliorano le relazioni sociali per favorire
l’apprendimento. L’insegnante è un facilitatore, un organizzatore dell’attività di apprendimento, tale metodo si contrappone a quello deinito “a
mediazione dell’insegnante”. Le differenze tra i due orientamenti sono
rilevanti perché i due punti di vista tendono a differenziare la professionalità e la conduzione della classe. C’è una contrapposizione netta a
livello di luoghi e fonti delle conoscenze e delle risorse (l’insegnante o gli
allievi), obiettivi e compiti (di gruppo o individuali), disciplina e modalità
di partecipazione (impegno individuale o aiuto reciproco), valutazione
e responsabilità (valutazione individuale e/o di gruppo). Il cooperative
learning ha un sito dedicato: www.scintille.it.
102
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Didattica laboratoriale. Ecco come!
Laboratorialità. Cerchiamo di chiarire cosa si intende in questa sede
per “didattica laboratorio”. Ovviamente si parla di uno spazio isico in cui
gli studenti possano lavorare per gruppi, siano nelle condizioni di condividere e collaborare.
Attrezzare uno spazio in questo senso non è cosa complessa; come
afferma Marcianò: “Certamente il setting del laboratorio è importante.
Spazi e distribuzione degli alunni dovranno essere adeguati al lavoro di
gruppo. Ma anche con soli pochi spostamenti dei banchi una normale aula
può divenire un buon laboratorio di robotica” [Marcianò, 2011].
Il laboratorio a cui si fa riferimento non è solo un luogo isico, ma
soprattutto un atteggiamento mentale. Una attività di tipo laboratoriale
presuppone che:
• possano essere create le condizioni per un apprendimento collaborativo e condiviso;
• ci sia una forte interattività fra docenti e studenti;
• docenti e studenti si trovino a vivere un processo di costruzione
della conoscenza;
• si possa porre l’attenzione su alcuni aspetti fondamentali della relazione educativa quali la curiosità, la motivazione, il metodo della
ricerca.
Fondamentale è l’atteggiamento nei confronti della tecnologia nella
prassi scolastica. C’è ancora resistenza da parte di molti (troppi) docenti
all’uso degli strumenti tecnologici nella didattica; tanti sono ancora fortemente ancorati ad un’idea più o meno tradizionale dell’insegnamento.
Ma i nostri ragazzi (chiamati appunto “nativi digitali”) ne fanno molto uso
e questo non può essere ignorato.
Stiamo vivendo un cambiamento che per certi versi può essere deinito
“epocale” e non può essere ignorato. Gabrielli focalizza bene il concetto di cambiamento come processo circolare: “Un cambiamento indica
un processo, ma i processi sono a loro volta soggetti a cambiamento”
[Gabrielli, 2006]. La robotica non si limita ad un utilizzo “passivo” dello
strumento tecnologico, ma il suo uso inalizzato alla progettazione del
robot e si può tranquillamente affermare che in un’attività del genere
c’è “produzione” di tecnologia non solo utilizzo, quindi presuppone un
atteggiamento consapevole e critico.
Progettare, all’interno di un curricolo, un’esperienza di robotica
103
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
educativa può essere considerata un metodo per insegnare (e quindi
apprendere) attraverso le attività. Un momento importantissimo del
processo di apprendimento può essere considerato, a pieno titolo, quello
in cui concretamente gli studenti hanno la possibilità di manipolare oggetti e informazioni, di “mettere le mani in pasta”, di veriicare ciò che
hanno appreso.
Lo schema seguente sintetizza quanto detto; evidenzia tutte le variabili
che entrano in gioco quando si organizza un’attività di robotica.
Fig. 1 – I vari aspetti della robotica.
Tra gli elementi più importanti per una didattica innovativa c’è la competenza.
Come si può deinire la “competenza”? Quando possiamo dire che c’è
competenza in un determinato ambito? Cosa deve fare un soggetto perché si possa esprimere su di lui un giudizio di competenza? Non c’è uniformità nella sua deinizione, ma sicuramente un soggetto competente:
• interpreta la situazione da affrontare,
• progetta le strategie che lo portano alla soluzione;
• prende decisioni coerenti;
• porta a termine il processo.
Una possibile “deinizione” del termine – quella data dall’EQF – è la seguente: “Comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità
104
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
personali, sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e
nello sviluppo professionale e personale”.
Un soggetto competente, quindi, mobilita conoscenze, abilità e capacità personali per poter affrontare e risolvere situazioni problematiche inedite e spesso contestualizzate. La competenza prescinde dalle discipline e
prevede processi di recupero e messa in campo delle risorse nel compito;
di integrazione delle nuove conoscenze con le vecchie; di trasferimento
dei concetti acquisiti in situazioni inedite. Evidente come un’attività di
robotica contribuisca in maniera forte all’acquisizione di competenze.
Appare chiaro da quanto esplicitato che “ambienti” che vedono lo studente affrontare situazioni problematiche da “decodiicare”, come può
essere la progettazione di un robot, siano particolarmente adatte all’acquisizione di competenze.
In relazione alle competenze chiave e a quelle indicate nel documento
relativo agli assi culturali, quali sono le competenze che possono essere
coinvolte in una attività di robotica? Le vediamo nello schema in Fig. 2.
Fig. 2 – La robotica e le competenze.
Il progetto
L’IIS Volta di Pescara partecipa alle gare nazionali “ROBOCUP Junior”
dall’anno 2010; l’entusiasmo e l’interesse degli studenti sono andati sem-
105
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
pre crescendo. Negli anni 2010 e 2011 la partecipazione ha coinvolto
solo la specializzazione “INFORMATICA” (il primo anno con la sola classe
quinta, il secondo con le classi quarta e quinta), nel 2012 anche le specializzazioni di “ELETTROTECNICA” ed “ELETTRONICA” hanno dato il loro
contributo, nel 2013 anche la “MECCANICA” è stata coinvolta. Quindi,
negli anni, tutte le specializzazioni hanno partecipato al questa esperienza
altamente formativa.
Anche il collegio, all’inizio un po’ timido, ha percepito la valenza formativa di attività di questo tipo, tanto da chiedere per l’anno 2013 l’organizzazione della manifestazione nazionale. Lo schema in Fig. 3 mette in
evidenza proprio la crescita dell’interesse e della partecipazione all’interno
dell’istituto.
Fig. 3 – La robotica all’IIS Volta di Pescara.
In Fig. 4 un scorcio della manifestazione nazionale dello scorso aprile.
106
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 4 – ROBOCUP Junior a Pescara, 17 – 20 aprile 2013.
Vediamo alcuni dettagli anche “numerici” del progetto che danno la
percezione dell’importanza che tale attività ha acquistato non solo all’interno dell’istituto, ma anche sul territorio regionale tanto da diventare
un vero e proprio riferimento della robotica. Il riepilogo, per quanto riguarda le specializzazioni coinvolte ed il numero di squadre partecipanti
alla manifestazione nazionale, è riportato in Fig. 5.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
>Fig. 5 – Le squadre e le specializzazioni dell’IIS Volta di Pescara.
Obiettivi perseguiti
Favorire un uso critico e rilessivo della tecnologia
In attività di questo tipo, gli studenti non si limitano ad usare la tecnologia ma la producono; lo strumento tecnologico diventa “ambiente di
apprendimento”. Gli studenti percepiranno la tecnologia non solo come
uno strumento “ludico”, ma anche come una “modalità” diversa per imparare.
Far crescere negli studenti la consapevolezza dello spirito di gruppo
li studenti lavorano in piccoli gruppi, ognuno di loro ha un compito
e tutti devono contribuire al raggiungimento dell’obiettivo; il lavoro di
gruppo è sicuramente un “metodo didattico nel quale la cooperazione
tra gli studenti è la variabile signiicativa” [Comoglio e Cardoso, 2002].
Individuare applicazioni e collegamenti fra le diverse discipline
La robotica NON è una disciplina, ma un’attività che sicuramente aiuta
non solo la comprensione delle discipline coinvolte, ma rende signiicativo
(nel senso di Ausbel) l’apprendimento. “La robotica educativa può rappresentare un ambiente di apprendimento per ogni disciplina scolastica”.
[Marcianò, 2011].
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Imparare a guardare oltre le discipline
Nella progettazione di un robot sono tante le variabili che entrano in
gioco e per la sua progettazione e costruzione sono necessarie conoscenze che vanno oltre le discipline.
Sviluppare negli studenti il gusto per la scoperta
Impostare un’esperienza partendo da situazioni problematiche stimola
sicuramente anche la creatività, il pensiero divergente. “Vedere la creatività come un modo particolare di pensare, un modo di pensare che implica originalità e luidità, che rompe con i modelli esistenti introducendo
qualcosa di nuovo”. [Fontana, 1996].
Sperimentare attività di peer tutoring
Come noto il peer tutoring è un metodo che vede studenti “che insegnano” ed altri “che imparano”. Risulta essere molto eficace quando si
vogliono aiutare i ragazzi a superare un possibile disorientamento iniziale
di fronte ad una nuova attività e a fornire aiuto per l’organizzazione e la
gestione del lavoro in un contesto inedito.
Sperimentare attività di peer collaboration
Gli studenti si trovano di fronte ad una situazione problematica in
cui nessuno di loro ne sa più dell’altro. E’ necessaria collaborazione,
condivisione e assunzione di responsabilità. Lo studente non può essere
passivo, deve assumere un ruolo responsabile, mettere in campo tutte
le sue competenze comunicative, confrontarsi con i suoi compagni e valutare il lavoro di squadra.
Sperimentare attività in verticale
Dare la possibilità ai docenti di confrontarsi, progettare con colleghi
di altri ordini di scuola sicuramente favorisce quel raccordo tra i diversi
ordini scolastici che manca nel nostro paese. Anche per gli studenti è
un’esperienza decisamente formativa; i più grandi mettono in gioco anche
le loro competenze comunicative e relazionali nei confronti dei più piccoli.
109
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Favorire un apprendimento per “costruzione” della conoscenza
Afferma Logorio quando parla della “conoscenza”: “Non si tratta più
di trasferire pezzi di conoscenza da un luogo all’altro, ma di costruirla
durante il processo di interazione tra le persone” [Ligorio, 2010]. Le
nuove teorie (a fronte del comportamentismo, del cognitivismo e dello
strutturalismo) evidenziano come l’apprendimento, oggi, avvenga non
come trasmissione di nozioni, ma come “costruzione”. Risulta evidente
che esperienze presentate agli studenti come: situazioni problematiche
inedite, in cui devono lavorare in team e necessariamente mettere in
campo, ognuno per quello che sa e sa fare, le proprie competenze siano fondamentali per un apprendimento consapevole, quindi visto come
costruzione della conoscenza e non come trasmissione di nozioni. Per
attività che possono contribuire alla costruzione della conoscenza, l’insegnante diventa una sorta di “ingegnere” che progetta, realizza e fa da
guida all’esperienza.
Imparare le regole per una giusta competizione
Gli studenti devono abituarsi a competere, rispettando l’avversario che
non deve essere un “nemico”, ma semplicemente uno da battere. Importante è anche abituare i ragazzi a capire e ad imparare dalla sconitta.
Guidare gli studenti nella formalizzazione concettuale
Quando si organizzano attività come la robotica non bisogna fermarsi
alla realizzazione del robot; c’è necessità di aiutare gli studenti a “scovare” i concetti disciplinari che hanno usato, c’è necessità di arrivare alla
concettualizzazione, al formalismo.
Reti di scuole. Dimensione nazonale e dimensione locale
L’IIS Volta di Pescara, come già detto, ha organizzato una rete che va
dalla scuola dell’infanzia (ultimo anno) alla scuola superiore.
L’aver coinvolto scuole di ogni ordine e grado è stato un fatto veramente importante. Costruire un progetto (un’attività) partendo dalla scuola
dell’infanzia per arrivare al quinto anno della scuola superiore favorisce
sicuramente quel raccordo, che oggi è fondamentale, fra i diversi ordini di
scuola. Ci sono stati alcuni tentativi organizzati dal Ministero per favorire
la progettazione di un curricolo in verticale che però non hanno portato
110
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
i risultati desiderati.
Il riferimento, ad esempio, è ai due progetti ISS (Insegnare Scienze
Sperimentali) e M@t.abel (speciico per la matematica). Sicuramente
progetti ambiziosi che non hanno portato i risultati desiderati.
Questi tentativi di costruire un curricolo “in verticale” sono falliti ancor
prima di nascere. Perché? Le motivazioni possono essere diverse: sicuramente c’è da dire che l’aver centrato il discorso sui contenuti disciplinari
e non su un’attività non ha aiutato. I docenti sono rimasti ancorati al loro
modo di “fare scuola” e la collaborazione con i colleghi è stata solo sulla
carta perché si sono trovati a progettare non attività, ma percorsi prevalentemente disciplinari tenendo conto soprattutto del “programma” che,
anche se non è più di fatto “IL” riferimento, assilla ancora molti docenti.
“Verticalizzare” aiuta l’acquisizione di competenze; la competenza è
qualcosa che si conquista negli anni partendo dai primi anni di scuola e
non solo nell’ultima parte del proprio percorso formativo.
Nella rete organizzata dall’IIS Volta sono state coinvolte le seguenti
istituzioni scolastiche: Istituto Comprensivo di Spoltore (PE) (studenti
della seconda e terza media), Scuola Media Antonelli di Pescara (prima
media), 7° Circolo Didattico di Pescara, Liceo Scientiico M. Curie di Giulianova (TE).
Gli studenti della prima media della Scuola Antonelli e del 7° Circolo
di Pescara partecipano solo all’esibizione, non alle gare. Una esperienza
di questo tipo risulta importante anche per costruire, negli anni, proprio
quel raccordo fra tutti gli ordini di scuola che sicuramente aiuta lo studente nel suo percorso scolastico. Gli studenti dell’IIS Volta e del Liceo
Curie partecipano alle gare “Under 19”, quelli dell’Istituto Comprensivo
di Spoltore a quelle “Under 14”.
Nel dettaglio, relativamente ai ragazzi che gareggiano, le classi coinvolte sono:
• a) IIS Volta partecipa con 6 classi, terza, quarta e quinta informatica, 2 classi quinte meccanica, 1 classe terza elettrotecnica;
• b) Liceo Curie con 2 seconde (scienze applicate);
• c) Istituto Comprensivo di Spoltore con una selezione fra 3 classi
terze e due seconde.
Per quanto riguarda le squadre: l’IIS Volta partecipa con 3 squadre, il
Liceo Curie con 2 e l’Istituto Comprensivo con 1. Tutte le squadre sono
iscritte alla categoria RESCUE. Il graico seguente sintetizza i numeri dei
partecipanti alle gare Under 19 (vedi Fig. 6).
111
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 6 – Classi & Studenti Under 19.
Ovviamente il numero degli studenti coinvolti riportati nel graico si
riferisce al numero totale degli allievi delle classi che hanno partecipato.
Le squadre dell’IIS Volta e dell’Istituto Comprensivo di Spoltore gareggiano anche alla manifestazione nazionale di robotica a Roma. Il riepilogo della partecipazione alla manifestazione ROBOCUP Junior 2013 delle
scuole abruzzesi è riportato nello schema in Fig. 7.
Fig. 7 – La robotica educativa in Abruzzo.
112
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Le risorse e l’attività
L’attività ha visto gli studenti impegnati, ovviamente in ore extracurriculari, nella progettazione e realizzazione del robot. L’IIS Volta, come
scuola capoila, ha messo a disposizione delle scuole della rete le risorse
strutturali ed umane.
Tutti i ragazzi hanno utilizzato gli spazi dell’istituto Volta in cui hanno
potuto usufruire sia delle strutture sia dei docenti che hanno lavorato
con i colleghi “ospiti”.
Per quanto riguarda il Liceo Curie, è stato organizzato anche un corso
di formazione “in sede”; i docenti esperti dell’Istituto Volta con alcuni
studenti particolarmente brillanti (peer education, peer collaboration),
hanno preparato i docenti ed i ragazzi del Curie sulle tematiche relative
alla progettazione del robot e alla partecipazione alle gare.
Gli strumenti utilizzati per i ragazzi che partecipano alle gare: il robot
è costruito utilizzando il KIT LEGO NXT, software JAVA; gli studenti che
partecipano solo all’esibizione hanno seguito il CORSO BASE utilizzando
il BEE-BOT e un linguaggio di programmazione “iconico”.
Risultati attesi
Cosa ci si aspetta da questa esperienza?
Per quanto riguarda gli studenti:
• che imparino a competere nel modo giusto, puntando cioè sulle loro
forze e sulla loro competenza;
• che facciano tesoro degli errori;
• che il contatto con ragazzi di altre scuole e soprattutto di età diversa
li renda più maturi;
• che mettano a frutto quanto hanno appreso in situazioni concrete.
Per quanto concerne i docenti:
• che imparino a collaborare con i colleghi di altre scuole anche di
ordini scolastici diversi;
• che imparino a capire che la tecnologia non è un nemico dell’apprendimento, ma che può essere molto utile se utilizzata con senso
critico e in modo intelligente;
• che docenti e studenti diventino una vera “comunità” di lavoro.
113
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Conclusioni e sviluppi futuri
Sicuramente la risposta degli studenti e dei docenti, il loro entusiasmo
spingono gli organizzatori a continuare sulla strada intrapresa. Ci sono,
quindi, tutti gli elementi per continuare nella organizzazione di attività
di robotica ampliando la rete di scuole, puntando soprattutto sulla verticalità, e potenziando il progetto didattico che ha contribuito, negli anni
precedenti, alla crescita culturale ed umana dei ragazzi coinvolti.
Per il futuro: l’idea del gruppo di progetto dell’IIS Volta di Pescara è
quella di abbandonare il KIT LEGO e di far costruire agli studenti, di TUTTE
le specializzazioni, i diversi pezzi per assemblare il robot.
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Far didattica con la Robotica
Cesare Iacobelli, Antonio Spano
ITIS Pininfarina di Moncalieri (Torino)
cesare.iacobelli@fastwebnet.it, antonio.spano@istruzione.it
L’evoluzione della Didattica nell’area tecnica
La continua evoluzione delle tecnologie obbliga gli insegnanti di materie tecniche nelle scuole superiori (e in particolare negli Istituti tecnici) a
reinventarsi il modo di insegnare in continuazione. La riforma delle scuole
superiori richiede inoltre ai docenti di insegnare con un approccio diverso
ai “programmi”. Questi di fatto non dovrebbero più esistere, sostituiti da
“linee guida” che dovrebbero aiutare a non lavorare più solo sui contenuti,
ma a muoversi verso un approccio per “competenze”.
In questo ambito i robot a livello didattico sono sicuramente un ottimo
strumento soprattutto per specializzazioni quali meccanica, informatica
e telecomunicazioni, elettronica ed elettrotecnica. Si tratta infatti di sistemi complessi e completi in cui è possibile vedere i vari aspetti delle
tecnologie applicate.
A seconda della specializzazione in cui viene proposto si potrà avere
un differente approccio. Si può affrontare la robotica considerando prevalentemente gli aspetti meccanici per cui si tenderà a vedere i Robot come
macchine automatiche in cui prevalgono le problematiche di movimento
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
e di componentistica. Oppure si potranno considerare prevalentemente le
componenti elettroniche enfatizzando le capacità di interazione sensoriale
con il mondo esterno e la parte circuitale della macchina. Chi si occupa di
informatica affronterà invece il robot dal punto di vista della intelligenza
artiiciale lavorando principalmente sulla programmazione.
Dalle esperienze, sviluppate dalle varie scuole in questi anni, emerge
la necessità di una riorganizzazione metodologica e un diverso modo di
rapportarsi degli studenti tra loro e nei confronti dei docenti. I docenti
devono riuscire a gestire sia le problematiche tipiche delle attività laboratoriali, sia competenze non strettamente legate al proprio ambito
culturale.
Il ruolo di docente si sta evolvendo rapidamente. Un sistema come
quello della didattica tradizionale, cattedratica e frontale, in molti casi non
è suficiente a motivare gli allievi e lascia necessariamente spazio ad una
didattica legata alla tutor-ship d’aula. Differenza fondamentale rispetto
al passato è l’origine della base conoscitiva degli allievi che grazie ad
un’informazione globale risulta essere molto più vasta delle generazioni
passate. Ruolo dell’insegnante risulta quindi anche quello di essere d’aiuto
nell’approfondimento e nell’orientamento in un oceano di informazioni.
Occorre quindi motivare in modo differente percorsi di studi interessanti
e moderni delle specializzazioni informatica, elettronica e automazione,
meccatronica nei nuovi indirizzi degli istituti tecnici.
Le esperienze condotte nelle varie scuole si sono orientate principalmente su due iloni:
1. introduzione nei programmi di lavoro di alcune lezioni sulla robotica,
2. svolgimento di attività di approfondimento al di fuori delle ore curriculari.
Didattica Curriculare
L’inserimento della robotica nella didattica curriculare, proprio per le
sue caratteristiche di interdisciplinarità non solo tecnica, richiede che
l’intero corpo docente delle classi interessate sia coinvolto e per alcune
materie richiede la completa riscrittura dei programmi curriculari. Le
esperienze condotte e i riscontri sul campo hanno evidenziato che vi
sono una notevole difidenza e molte perplessità da parte dei docenti a
rivedere la loro didattica, classiicando la robotica quasi come un’attività
originale, poco più che un gioco, non legata allo studio delle materie curriculari, anche tecniche. Da parte degli studenti, dopo le prime lezioni in
116
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
cui l’aspetto innovativo genera curiosità si assiste al disinteressamento da
parte di quegli studenti che comprendono che il funzionamento dei robot
richiede uno impegno nello studio, soprattutto l’aspetto interdisciplinare,
ben superiore a quello richiesto per lo studio di un argomento di poche
pagine sul quale farsi interrogare: se il robot è progettato male non funziona ed è molto più frustrante, di fronte ai compagni, di una semplice
insuficienza in una interrogazione. Altri studenti invece colgono al volo
le potenzialità della robotica, trovando nuove motivazioni che li portano
a raggiungere risultati di cui si meravigliano loro stessi.
Attività di approfondimento
Rispetto alla didattica curriculare ha un impatto meno diretto sulle
“normali” attività scolastiche, ma richiede la disponibilità di aule adeguate, personale docente e tecnico disponibili nelle ore pomeridiane e
ragazzi motivati appartenenti a varie specializzazioni e ad anni diversi.
L’esperienza nella nostra scuola
L’esperienza nel nostro istituto, l’ITIS “G.B. Pininfarina” di Moncalieri
(TO), in dal 2009 ci ha condotto a rendere le attività legate alla robotica
come attività di eccellenza inalizzate alle competizioni (RobocupJR e
ultimamente la ZeroRobotics). Porre come obiettivo la partecipazione a
competizioni fornisce agli studenti una motivazione in più per impegnarsi.
Fig. 1 – RobocupJR 2013: gara Rescue
117
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
La didattica curriculare comincia a muovere i primi passi, grazie all’avvio dei corsi previsti da alcune articolazioni della Riforma: Informatica
(specializzazione Informatica e Telecomunicazioni), Automazione (specializzazione Elettronica ed Elettrotecnica) e Meccatronica (specializzazione
Meccanica).
L’esperienza di questi anni ha portato a individuare alcuni aspetti fondamentali di cui tenere conto per poter sperimentare questo tipo di attività.
Luoghi di lavoro
L’aula dev’essere organizzata in spazi che prevedano lezioni frontali e
laboratoriali con la possibilità di utilizzo di strumentazione di tipo informatico, elettronico e meccanico e ampi spazi per prove di funzionamento.
Il lavoro in aula serve ad individuare le possibili soluzioni che saranno
poi sviluppate in modo autonomo dagli studenti a casa, quindi l’attività
continua al di fuori dei tempi e spazi disponibili a scuola. Per consentire
una comunicazione più rapida e la disponibilità di materiali ed informazioni, è molto utile avere un’aula virtuale in cui saranno inseriti i materiali di
lavoro (software, schede tecniche, regolamenti, documenti prodotti dagli
allievi) da poter consultare in qualunque momento tramite connessione
Internet. Nel nostro istituto è presente da anni una piattaforma F.A.D.
(Formazione a Distanza) basata su Moodle (Open Source sotto la licenza
GNU/GPL) che consente di gestire tale aula in modo semplice.
Caratteristiche degli studenti
E’ importante che gli studenti appartengano a specializzazioni diverse
e ad anni diversi permettendo scambi di conoscenze e competenze anche
tra gli allievi “più giovani” ed i “più grandi”
Una classiicazione di massima può essere la seguente:
• Studenti classi quinte (veterani)
• Studenti classi quarte (apprendisti)
• Studenti classi terze (novizi)
Veterani: studenti con esperienza in competizioni di robotica e conoscenze approfondite sulle tematiche affrontate. Coordinano le attività dei
gruppi di lavoro.
Apprendisti: studenti con preparazione di base medio-alta e buone
capacità organizzative, alla loro prima esperienza con questa tipologia
118
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
di attività.
Novizi: studenti con preparazione di livello alto per il loro anno; spesso
non partecipano a competizioni, ma intendono acquisire esperienza in
vista delle competizioni degli anni successivi.
Negli ultimi anni, grazie anche alla maggior diffusione della “cultura
robotica”, si assiste ad un graduale spostamento delle competenze verso
gli studenti più giovani, i quali, pur con i loro limiti tecnici, riescono ad
inserirsi senza dificoltà nei gruppi di lavoro; la loro “incompetenza tecnica” a volte consente loro di trovare soluzioni originali che si rivelano
vincenti nel lavoro di squadra.
A livello curriculare già nelle classi seconde può essere affrontata l’introduzione alla robotica all’interno della materia Scienze e Tecnologie
Applicate, sia dal punto di vista teorico che pratico.
Fig. 2 – Robot Rescue autocostruito
Indirizzi di studio
Il nostro istituto ospita 4 indirizzi di studio: Elettronica e Telecomunicazioni, Informatica, Meccanica, Fisica Ambientale Sanitaria Europea.
119
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
I primi tre sono stati coinvolti nell’attività di robotica
Elettronica e Telecomunicazioni
Conoscenze che permettono di realizzare circuiti elettronici per il controllo dei motori e l’acquisizione delle informazioni provenienti dai sensori,
di cui hanno conoscenze approfondite. Hanno una buona preparazione
sulla programmazione dei microcontrollori. Permettono di affrontare problematiche di costruzione di robot sulla base di schede autonome come
ad esempio Arduino.
Informatica
Conoscenze che permettono un’accurata programmazione dei robot
modulari (Lego NXT) ed un supporto importante nella programmazione
dei robot auto costruiti, basati ad esempio su Arduino, attraverso l’esperienza maturata nell’utilizzo dei robot NXT. Hanno conoscenze di base
sulla sensoristica e sui motori.
Meccanica
Conoscenze e competenze per progettare e realizzare la struttura meccanica dei robot autocostruiti tenendo conto dei vincoli di progetto e delle
problematiche costruttive e per veriicare la funzionalità meccanica dei
robot modulari.
120
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 3 – Particolare di un robot NXT costruito per le gare di Dance
Formazione gruppi di lavoro
L’esperienza di gara nella RobocupJR ha evidenziato e fatto comprendere anche agli studenti la necessità di creare squadre con studenti provenienti da specializzazioni diverse, evitando di ritenersi “autosuficienti”.
L’importanza della presenza di competenze diversiicate è emersa durante
le varie fasi delle gare, dove i problemi sono stati risolti rapidamente
proprio per la presenza di studenti dell’altra specializzazione.
Una igura importante è il coordinatore di ciascuna squadra.
Deve possedere:
• a) capacità di organizzazione e autorevolezza,
• b) capacità di gestire le situazioni di conlitto interno,
• c) capacità di valorizzare le competenze di ciascun suo compagno.
L’individuazione avviene durante le fasi preparatorie, anche se durante le gare possono emergere altri soggetti in grado di operare meglio in
situazioni critiche.
121
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Compiti dei docenti
Il ruolo dei docenti si sviluppa su alcuni iloni:
• a) coordinamento delle attività,
• b) trattazione di argomenti teorici ritenuti propedeutici allo svolgimento delle attività di tutti i gruppi,
• c) gestione della logistica (organizzazione d’aula, acquisto e fornitura materiali, trasferimento presso la sede di gare, rapporti con
gli sponsor),
• d) valutazione dei “nuovi” studenti da assegnare alle varie squadre,
• e) supporto esterno agli studenti durante le gare,
• f) valutazione degli allievi al termine dell’esperienza di gara con ricadute sulle valutazioni scolastiche (credito scolastico integrativo).
Il supporto esterno: veriicare che nei gruppi ci sia la dovuta armonia
e rispetto reciproco e che le squadre lavorino nelle condizioni migliori.
Il supporto tecnico: suggerimento di possibili soluzioni ai problemi
emersi senza intervento diretto sulla realizzazione e sulla programmazione.
Didattica
Le lezioni frontali sono limitate a problematiche organizzative o di approfondimento di argomenti tecnici comuni a tutte le squadre.
Nel lavoro per gruppi gli allievi “esperti” insegnano ai nuovi arrivati le
caratteristiche dei robot e si elaborano nuove soluzioni.
I docenti intervengono nei vari gruppi per veriicare l’avanzamento
delle attività, analizzando con gli studenti le problematiche che emergono,
suggerendo possibili soluzioni. Al termine di ogni lezione i docenti e gli
allievi concordano gli obiettivi infrasettimanali da raggiungere e i risultati
da portare per la lezione successiva.
Col progredire delle attività e l’aumento del carico di lavoro, gli studenti
meno motivati interrompono la loro partecipazione: ma l’abbandono non
è traumatico in quanto in dall’inizio, il loro ruolo è marginale.
Viceversa, studenti con scarsa autostima riescono a rivalutare le proprie capacità e spesso diventano elementi trainanti per la squadra con
effetti psicologici positivi per tutti.
Un altro elemento di selezione introdotto nella formazione delle squadre è il vincolo del proitto nelle normali attività scolastiche: l’attività
pomeridiana non deve andar a scapito del rendimento del singolo allievo.
122
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
La situazione viene monitorata durate l’anno dai docenti che seguono
le attività, con incontri con gli insegnanti degli studenti coinvolti nella
robotica. Quando si rileva un calo di rendimento, i docenti intervengono
con colloqui personalizzati con l’allievo in dificoltà in modo da valutare
se l’allievo possa continuare l’attività pomeridiana o debba concentrarsi
sul recupero delle materie curriculari. Questo ultimo criterio ha portato
a lavorare con allievi più responsabili che nei momenti di dificoltà comunicano al gruppo ed ai docenti la loro situazione e ricevono spesso un
incoraggiamento da tutti ed un invito a tornare presto “in prima linea”. In
alcuni casi lo stimolo “a tornare presto” ha portato questi allievi a recuperi
che hanno sorpreso anche i loro docenti che li hanno visti decisamente
convinti e motivati, avendo come obiettivo il rientrare nelle attività della
robotica.
Valutazione degli allievi
La valutazione degli allievi, principalmente quelli nuovi, avviene di comune accordo tra i due docenti. Essi valutano sia l’aspetto delle conoscenze tecniche, sia l’aspetto caratteriale e comportamentale. Se individuano
situazioni di possibile conlittualità intervengono nella formazione delle
squadre, ma in genere. l’aggregazione spontanea ad un gruppo di lavoro
evita tale evenienza. Le esperienze passate dimostrano che la soluzione
migliore è la gestione della conlittualità all’interno del gruppo: il gruppo
ne esce psicologicamente rafforzato.
Le ricadute sulla didattica curriculare, in particolare per l’area tecnica,
sono notevoli.
I docenti spesso segnalano che questi ragazzi, al di là del rendimento
scolastico, sono decisamente più motivati e desiderosi di approfondire
gli argomenti trattati. Questo interesse porta in modo naturale ad un
miglioramento complessivo della preparazione e delle valutazioni.
La necessità di consultare documentazione tecnica in lingua inglese e
produrre la documentazione necessaria per le competizioni (il report per
la RobocupJR) ha delle ricadute notevoli sugli studenti.
Alcuni studenti, trovandosi a lavorare al di fuori delle normali lezioni,
hanno evidenziato capacità e competenze di cui loro stessi non erano
coscienti: interpretazione di regolamenti in lingua inglese, stesura di
relazioni tecniche utilizzando informazioni su argomenti a loro poco noti,
provenienti da studenti di altre specializzazioni.
123
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Esportabilità dell’esperienza
L’utilizzo della robotica nella didattica inizialmente è stata affrontato
con l’entusiasmo della novità sia da parte degli allievi, sia dalla parte dei
docenti. Con l’esperienza si è visto che l’organizzazione e la gestione delle
attività sono fondamentali, soprattutto se inalizzate alla partecipazione
alle gare di robotica.
Scambiando opinioni con docenti di altre scuole, interessati ad iniziare
ad utilizzare la robotica, abbiamo notato che la struttura interna di un
istituto (specializzazioni, laboratori disponibili, docenti interessati) può
determinare il successo dell’iniziativa e ci siamo posti il problema di individuare gli elementi necessari per un corretto sviluppo della robotica
all’interno di un istituto.
Riteniamo che gli elementi imprescindibili siano:
• a) presenza di alcuni docenti disposti a mettere in discussione la didattica d’aula ed in possesso di esperienza di didattica laboratoriale,
• b) disponibilità di locali adeguati e ben attrezzati,
• c) studenti motivati e capaci di gestire le esigenze di studio con
quelle degli impegni nelle attività di robotica in particolare in prossimità di competizioni.
Conclusioni
L’approccio alla robotica mette in atto un circolo virtuoso in cui docenti
e studenti acquisiscono insieme conoscenze, competenze ed abilità dificilmente ottenibili dalla normale attività didattica. Inoltre per una buona
riuscita delle attività è necessario, in dall’inizio, un approccio che favorisca la possibilità di organizzare tutta l’attività. Le ricadute nell’attività
curriculare non sono mai sul breve periodo, ma sono stimolanti anche
per gli insegnanti non direttamente coinvolti nelle attività che rilevano
cambiamenti nell’approccio allo studio degli allievi più deboli e necessità
di raggiungere nuovi e più stimolanti obiettivi per gli allievi più meritevoli; in entrambi i casi gli studenti raggiungono livelli di autonomia ben
superiori a quelli dei compagni non coinvolti in queste esperienze. L’esperienza pregressa sulla robotica è stata utilissima per l’avvio dei corsi
curriculari, in quanto le problematiche relative all’ organizzazione dei corsi
(hardware, software, tempistiche, logistica) erano già state affrontate,
in piccolo, nelle attività pomeridiane.
124
CELEBRATION (da robot a
uomo)
Dario Favini
I.I.S. Bodoni_Paravia – Torino
dariofavini@gmail.com
Sono un docente di un istituto tecnico nel quale ho passato gran parte della mia vita, prima come studente e poi come docente: un istituto
che, nato per periti fotograi e periti graici, con la riforma Gelmini ha
trasformato e riunito sotto un unico ombrello i due indirizzi conluendo
nell’area della “Graica e Comunicazione” multimediale. Da sempre mi
ha affascinato il mondo della comunicazione, soprattutto gli aspetti legati all’uso dei media: la “competizione” che è insita nelle strategie e le
dinamiche che sottintendono ad essi. Sempre alla ricerca di nuovi stimoli
al ine di rendere meno pragmatiche le discipline che insegno (laboratori
di indirizzo), l’occasione di affrontare la robotica quale strumento didattico innovativo e per me sconosciuto è certamente ghiotta, coinvolgere
ragazzi e colleghi in una esperienza nuova ed affascinante, dimostrare
anche e soprattutto a noi stessi che nulla è precluso e che rimettersi in
gioco in qualsiasi momento della nostra vita è fondamentale per mantenere lucidità, creatività, capacità di autoanalisi e di autocritica. Quale
occasione migliore se non la partecipazione alla gara nazionale Robocupjr
di Pescara?
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Introduzione
Stimolare curiosità intorno ad uno strumento che sino a pochi anni
orsono dificilmente compariva nell’immaginario collettivo se non come
scenario efimero e, per lo più, virtuale ad appannaggio della fantasia
più spinta, del cinema fantascientiico e della letteratura fantasy se non
addirittura iabesca, crea una sorta di reverenza in quelle persone che
pionieristicamente hanno trasformato la robotica da essenza luida a
tangibile realtà.
Fig. 1 – Ulitmatum alla terra, Blade Runner, intelligenza artiiciale
I miti del cinema americano (vedi Fig. 1) – che transitano dai primi
robot di Ultimatum alla Terra (ilm del 1951, regia Robert Wise) inevitabilmente rigidi nelle loro strutture e nei movimenti metallici alle sinuosità
sensuali di Rachael nel ilm ormai “cult” Blade Runner (ilm del 1982,
regia Ridley Scott) per giungere inine all’umanità sottesa di emozioni
e comportamenti emotivi del giovane protagonista di A.I. Intelligenza
artiiciale (ilm del 2001, diretto da Steven Spielberg) in cui i conini tra
umano e artiiciale diventano labili, tenui – riversano la loro rappresentatività nei movimenti claustrofobici di gruppi rocchettari degli anni 70
(Rochets) o di singoli artisti (Michael Jackson) che su di essi hanno
creato la loro fortuna e memoria, tralasciando le forme artistiche e non
solo che dalla robotica, intesa nel suo più ampio punto di vista, hanno
mutuato forme, tratti, ispirazione e successo (un esempio si tutti i Manga
giapponesi che nella loro continua ed innovativa trasformazione assumono quasi forme di arte contemporanea nella loro maniacale perfezione e
126
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
trasformazione da semplice tratto animato a meraviglia artistica – vedi
Fig. 2).
Fig. 2 – Esempio di Manga.
Era inevitabile che la scuola nel suo variegato insieme di percorsi più
o meno artistici, più o meno tecnologici, avrebbe nel tempo cercato le
motivazioni didattiche per incorporare tali strumenti nei curricoli scolastici
trasformandoli da efimeri “giocattoli” a strumenti didattici di valenza non
solo laboratoriale ma anche (e forse soprattutto?) teorici.
L’istituto nel quale insegno NON poteva non raccogliere la sida.
Tecnico in Graica e Comunicazione, esperto nella comunicazione multimediale: e quale strumento multimediale più eficace di un oggetto
che coinvolge nella sua rappresentazione saperi inevitabilmente tecnici,
teorici, storici, geograici, politici e sociali?
La sida appare affascinante e non scevra di rischi.
Come riversare capacità, competenze ed abilità nell’oggetto
sconosciuto
Il passaggio fondamentale (e il maggiore rischio) si lega alla sostanziale incapacità di concepire la presenza di un soggetto considerato dai più
agli antipodi della creatività artistica inserendolo quasi con violenza nella
rappresentazione delle discipline caratterizzanti. Alcune, a dire il vero,
possibiliste ed aperte ad una tale ingerenza, altre radicate ed arroccate
alle consuete strategie didattiche.
L’attuale corso di studi del tecnico in “graica e comunicazione” si
127
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
sviluppa sulle classiche discipline teoriche comuni (lettere, matematica,
lingua inglese) a cui sono abbinate le discipline di indirizzo articolate sulla
base delle singole caratteristiche ed il tutto concorre alla formazione di
un percorso che trova nello studio dei media la sua ragione di vita.
Competenze quindi trasversali che mutuano dalla cross-medialità e
dal loro uso la realtà di una didattica innovativa, coinvolgente nelle sue
forme e nei metodi ma radicata su di un uso reale di attrezzature e di
abilità da acquisire praticamente.
Questo quindi, lo strato fertile su cui innestare la nuova proposta didattica legata all’uso dell’oggetto misterioso e la conseguente opportunità
di partecipazione alla gara nazionale.
Il primo ostacolo da superare, ma fondamentale nella sua semplicità,
è la condivisione di intenti e necessariamente la volontà di partecipazione
da parte della dirigenza scolastica: indispensabile ottenere l’appoggio
incondizionato della stessa, necessaria per il superamento delle criticità
legate all’approvazione del progetto stesso in sede di CdI presentando la
validità didattica dello strumento quale elemento di aggregazione sociale
piuttosto che di studio speciico e riversare tale approvazione in seno al
consiglio di classe.
Ottenuta l’adesione (non senza i soliti distinguo evidenziati da alcune
discipline in particolare umanistiche) dei colleghi e dei genitori inevitabile
avviare il progetto sperando nell’adesione e coinvolgimento del gruppo
classe (una terza) e della maggior quantità possibile di discipline assegnando a ciascuna di esse un aspetto particolare e speciico.
Un’area di lavoro sulla quale costruire il percorso didattico interdisciplinare nel quale gli allievi devono mantenere un ruolo primario e propositivo evitando (ove possibile) intrusioni invasive da parte dei docenti.
Ma su quali elementi stimolare la curiosità o semplicemente la voglia di
mettersi in gioco confrontandosi con coetanei certamente più agguerriti
dal punto di vista delle abilità informatiche ovvero più veterani nell’ambito
della manifestazione?
Spesso però noi docenti ottusamente focalizziamo sulle nostre speciicità le richieste tipiche delle nostre discipline e non riponiamo abbastanza
iducia nelle capacità e volontà dei nostri ragazzi, soprattutto se riferite a
settori a loro assai più afferenti che non a noi. Coinvolgendoli e stimolandoli su aspetti legati agli aspetti della comunicazione integrata all’interno
della quale spesso noi docenti incontriamo dificoltà e limiti oggettivi che
ci portano a volte ad erigere barriere invisibili che non generano altro se
non incomprensione e difidenza (vedi Fig. 3), i giovani hanno l’oppor-
128
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
tunità di dimostrare le loro conoscenze ed abilità surclassando, per una
volta, i loro insegnanti.
Infatti, e a riprova di quanto poc’anzi affermato, l’adesione è stata
totale ed immediata.
Fig. 3 – La comunicazione integrata è il paradigma preferito dalle nuove generazioni.
Lo sviluppo del progetto
Individuare immediatamente le interconnessioni disciplinari distribuendo e riconoscendo ad ognuna di esse un ruolo ben preciso nel lusso di
lavoro. A tale proposito si riconoscono le competenze speciiche seguenti:
• LETTERE: il racconto fantasy, i generi cinematograici, il viaggio
dell’eroe. Cinematograia e ilm di fantascienza di riferimento che
affrontino il tema dell’evoluzione dei robot in forma umana e tutte
quelle tematiche legate al tema individuato a carattere sociale,
storico, letterale ecc. Realizzazione del canovaccio e testi.
• TEORIA DELLA COMUNICAZIONE: realtà e virtualità, interazione
uomo-macchina, implicazioni etico/sociali.
• COMPLEMENTI DI MATEMATICA: la programmazione ed i linguaggi
matematici.
• LABORATORI DI INDIRIZZO: riprese fotograiche, backstages, documentazione e realizzazione dei video e della eventuale presen-
129
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
tazione.
• PROGETTAZIONE MULTIMEDIALE: scenograie e costumi.
• INGLESE: interventi di traduzione dei materiali cartacei, redazione
dei testi in inglese
Tutte le attività vengono sviluppate in orario scolastico ed extrascolastico ove necessario e concorrono alla valutazione di ine anno sia
individualmente nello speciico delle discipline che collegialmente come
progetto interdisciplinare.
Le problematiche esecutive si legano ad alcuni fattori in parte di semplice risoluzione (ad esempio la programmazione dell’oggetto, uso del
software e comprensione dello stesso) ed altri, invece, che richiedono
attenzione particolare ad esempio legati alla gestione del gruppo ed alla
prevedibile conlittualità tra soggetti più o meno coinvolti: si rende necessaria un forma di rappresentazione che deinisca ruoli interscambiabili, responsabilità condivise, partecipazione paritetica e coinvolgimento
emotivo su di un tema comune ed individuato collegialmente dagli stessi
allievi.
La classe è costituita da 21 ragazzi mediamente di 16 anni tra i quali è
presente un HC le cui dificoltà sono esclusivamente di deambulazione e
pertanto costretto su sedia a rotelle. Gli allievi disposti alla partecipazione
sono 17 ma l’impegno è comunque collettivo ed equamente distribuito:
ballerini, scenograi, costumisti, programmatori, addetti alle luci, fotograi
di scena e cineoperatori che documentano, allestiscono, provano.
Deiniti i ruoli si tratta di individuare il tema su cui sviluppare la performance incasellando le richieste e le proposte di tutte le componenti
coinvolte, confrontarle, discuterne la validità e le eventuali negatività
e/o positività legate alla rappresentazione iconograica, ma soprattutto il
tipo di gara della Robocup Jr a cui presentarci: la speciicità dell’indirizzo
esclude automaticamente il soccer ed il rescue per ovvie ed indiscutibili
dificoltà di programmazione e di aderenza all’indirizzo dell’istituto, la
dance od il theatre invece puntano maggiormente sui contenuti artistici
e scenograici e sottolineano una maggiore attinenza rappresentativa del
corso di studi.
Le fasi della realizzazione
1. L’idea
Sono numerosi i temi e le proposte su cui si focalizza l’attenzione
130
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
degli allievi, ma in particolare trova convergenza quasi univoca il tema
della solitudine legata alla convivenza civile in una grande città in cui le
diverse etnie non trovano canali comunicativi adeguati, l’impossibilità di
un dialogo chiuso dalle culture divergenti, le barriere linguistiche che si
ergono inevitabili ed incomprensibili ad acuire una difidenza ancestrale
tra umani “diversi”. In questa fase entrano in gioco le discipline umanistiche e anche religione: il campo su cui confrontarsi e dibattere è ampio
e articolato, inoltre la presenza di un ragazzo di colore e di un rumeno
stimola la discussione e la conseguente redazione del canovaccio su cui
sviluppare i dialoghi ed i testi.
Diverse idee vengono proposte, discusse, comparate: anche il parere
del docente (nei diversi momenti e con discipline diverse) ricopre un
ruolo importante di confronto, di coordinamento qualora se ne ravvisa la
necessità, di stimolo e collegamento: mantiene focalizzata l’attenzione
dei giovani sull’attività in essere evitando distrazioni.
Si giunge inine ad una proposta condivisa sulla quale convergono gli
interessi di tutta la classe: la resurrezione etico-sociale dell’uomo, la trasformazione del robot da automa freddo, quasi spietato nella sua logica
estrema a uomo con i suoi dubbi, paure, certezze, sensibilità ed emozioni
in una sorta di “elevazione” spirituale e corporale, una trasformazione
consapevole ma, soprattutto, ricercata e fortemente voluta. L’essere “diverso” (umano o robot che sia) alla ine viene integrato nel gruppo ed
acquista la sua dimensione.
2. La suddivisione dei compiti
Naturalmente all’interno del gruppo, pur considerando gli interessi
comuni legati all’indirizzo scolastico, le competenze, le vocazioni e le
preferenze dei singoli permettono la suddivisione in ruoli deiniti che stimolano in modo quasi automatico l’aggregazione degli allievi.
Si vengono a deinire quindi le diverse igure che concorrono (e il riferimento all’industria dello spettacolo di genere diventa il ilo conduttore)
alla realizzazione del prodotto comunicativo: costumisti, scenograi, tecnici alle luci ed informatici, ballerini, comparse, direttori artistici e registi,
fotograi di scena e cineoperatori. Come sempre accade alcuni allievi
offrono maggiore disponibilità nel reperimento delle risorse necessarie
coinvolgendo anche la famiglia o l’amico di turno specializzato, altri si
propongono in particolari momenti della progettazione sulla base delle
capacità acquisite in attività extrascolastiche, altri ancora, meno disposti
131
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
o semplicemente più riservati, evitano a presentarsi in prima persona e
preferiscono invece portare il loro contributo all’interno del gruppo pur
consapevoli del fatto che, magari, non avranno la possibilità di partecipare alla manifestazione per motivi di ordine economico (a questo proposito
il CdI prenderà posizione in merito ad eventuali integrazioni).
3. La realizzazione pratica
Le discipline coinvolte in questa fase sono molteplici: la progettazione e la parte scenograica richiedono competenze speciiche nell’ambito
artistico, tutti i laboratori di indirizzo supportano la fase tecnica, il tema
della comunicazione si sviluppa nella rappresentazione teatrale, la lingua
inglese offre alternative linguistiche, l’area umanistica si occupa della
redazione dei testi ed il tutto è implementato dal piacere della realizzazione e dall’entusiasmo portato dai ragazzi sicuri che ciò che fanno sia
espressione di un momento di democrazia conviviale coinvolgendo nelle
loro attività anche i compagni più scettici. Il progetto piano piano prende
forma, “step by step”.
Si focalizzano gli obiettivi, si individuano le risorse, si raccolgono le
adesioni e si suddividono i compiti, i ragazzi diventano autonomi ma
l’occhio del docente segue con attenzione l’evolversi del progetto, appiana i contrasti e si pone da intermediario tra le esigenze degli allievi e
le necessità dell’organizzazione logistica del viaggio e tutti quegli aspetti
che poco interesse suscitano nei giovani occupati e coinvolti da ben altri
aspetti assai più interessanti e piacevoli. In questa fase la cultura umanista e formativa del sottoscritto derivante da una laurea in Discipline
dell’Arte, della Musica e dello Spettacolo (D.A.M.S.) non può che favorire
lo scambio di opinioni e/o il suggerimento qualiicato nei rari momenti
di “empasse”.
Fotograie e video dei fuori onda da inserire nella presentazione del
lavoro e durante la rappresentazione, la proiezione su telo delle fotograie digitalizzate per la creazione artistica dei fondali e la realizzazione in
cartone dei simboli artistici ed iconograici della città da inserire sulla
scena (vedi Fig.4, 5, 6 e 7), i dialoghi strutturati secondo una cadenza
pensata e rappresentata nelle prove rappresentati anche in lingua inglese,
la programmazione del software dei robot in coordinamento con il brano
musicale individuato e la sincronizzazione dello stesso con i movimenti
degli attori sul palco, lo studio graico e la realizzazione pratica dei costumi, sono questi tutti gli elementi presi in considerazione, valutati, discussi
132
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
ed inine realizzati dai ragazzi coinvolti dalla novità assoluta.
Fig. 4 – Un momento della documentazione video della realizzazione del fondale.
Fig. 5 – Le allieve ricostruiscono l’immagine tratteggiando i contorni.
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 6 – La realizzazione del “toretto”, la tipica fontanella di Torino.
Fig. 7 – Una parte del gruppo prova la scena.
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Conclusioni
Sono convinto che il motto della Rete di scuole Robocop Jr sia perfettamente pertinente alla nostra nuova esperienza: “l’importante non è
vincere ma imparare” rifacendoci al più famoso motto di De Coubertain
in cui la vittoria è un “optional” soprattutto per coloro che sino a pochi
giorni or sono nemmeno sapevano che la robotica poteva entrare a far
parte della loro cultura tecnico/artistica.
Nelle prime righe di questo breve report accennavo alla possibilità di
affrontare una nuova sida: curioso, la sida era già vinta ancora prima
di partecipare, ma nessuno in cuor suo, ne era consapevole.
È inevitabile: nel momento stesso in cui il gruppo decide di partecipare
come gruppo classe, la sida è vinta; nel momento stesso in cui tutti lavorano per un unico obiettivo la sida è vinta; nel momento in cui i docenti
si prestano coralmente ad integrare nella loro (a volte stantia) didattica
un progetto sotto certi aspetti assurdo, la sida è vinta; nel momento in
cui tutti, uniti, rimettono in gioco la loro credibilità la sida è vinta.
È una vittoria che ha molti padri, dal Dirigente Scolastico che in primis
ha creduto all’idea ed alla sua collocazione all’interno di un percorso progettuale programmatico, al Direttore Amministrativo che ha individuato i
fondi necessari alla realizzazione, dai componenti del consiglio di istituto
che hanno saputo cogliere la validità del progetto inserendolo nel percorso didattico come plusvalenza ed arricchimento formativo disciplinare, ai
docenti del consiglio di classe che, nonostante le dificoltà iniziali, hanno
colto le opportunità innovative calate nelle singole discipline.
Per inire, naturalmente, gli allievi.
Senza il loro entusiasmo, la partecipazione non avrebbe senso, Un
entusiasmo dettato non tanto dalla possibilità esclusiva di partecipare
ad un evento di respiro nazionale, ma soprattutto la necessità di riconoscere e di conoscere “altre” realtà scolastiche, individuare strumenti da
cui trarre nuove aspirazioni ed ispirazioni da riversare nella quotidianità,
confrontarsi con coetanei nei moti e nella sostanza, linfa vitale per continuare a credere in ciò che si fa e nei progetti della vita di tutti i giorni.
Un ringraziamento a tutti ma soprattutto a loro.
Ed uno anche a me che ho sopportato lamentele, discussioni, rimproveri, diatribe (ma non dei ragazzi …!).
135
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Appendice tecnica
Lo SCRIBBLER è stato da noi individuato come lo strumento più adatto
alle nostre esigenze ovvero una (da noi deinita) “piattaforma robotica”
completamente programmabile, un robot intelligente con sistemi di sensori multipli che consentono l’interazione con persone e oggetti.
Fig. 8 – SCRIBBLER 2 della PARALLAX®
Uno strumento in grado di navigare da solo ed esplorare l’ambiente
circostante grazie alla sensibilità degli infrarossi e dei sensori di luce in
dotazione ed integrati, facile nella programmazione e nella gestione dei
movimenti. La facilità dell’interfaccia graica che abbina sia la rappresentazione iconograica del lusso di lavoro che la possibilità di intervenire
direttamente nel linguaggio basic del software a corredo, rende possibile
anche a chi non conosce il linguaggio di programmazione, l’intervento
diretto sullo strumento con un sistema “a vista” facilmente intuibile.
Il Robot S2 è adatto a una grande varietà di capacità di programmazione ed è pre-programmato con otto modalità demo che includono la
ricerca di sorgenti luminose, rilevare oggetti, evitare ostacoli, seguire
una linea e disegnare.
La versatilità del robot, la sua leggerezza ma anche i limiti dei movimenti deiniti dalla struttura stessa, in fondo, aiutano chi non ha dimestichezza con robot e programmazione e che poco hanno a che spartire
con quei settori industriali che si basano sulla creatività, sull’arte e la
136
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
multimedialità in genere.
Fig. 9 – sensori a corredo
Le caratteristiche fondamentali dello SCRIBBLER si riprendono integralmente nella versione 2 che unisce la versatilità della prima a soluzioni
tecniche ed informatiche avanzate migliorandone le prestazioni generali
e l’afidabilità.
Maggiori possibilità e più linguaggi di programmazione disponibili, meccanica migliorata e miglioramenti anche del sistema di azionamento con
feedback delle ruote dotate di encoder, sia delle principali sia di quella
di sterzo.
La programmazione del robot si è basata esclusivamente sul software
a corredo dello stesso.
137
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 10 – Utilizzando il pannello di controllo si inseriscono i parametri necessari al movimento.
Tale scelta è stata forzatamente indotta dall’inesperienza nell’uso del
robot e dalla mancanza di conoscenza del linguaggio basic, un linguaggio che in realtà non presenta grandi dificoltà, almeno nelle versioni di
Kemeny e Kurtz che costituiscono il cosiddetto Dartmouth BASIC che fu
progettato per essere un linguaggio semplice da imparare.
Questa sua facilità lo differenziò dalla maggior parte dei linguaggi
suoi coetanei enfatizzando la semplicità d’uso piuttosto che la potenza
espressiva. Nacque infatti, come dice il suo nome, per poter essere usato
anche da principianti (il 75% degli studenti dell’Università di Dartmouth
era iscritto a facoltà umanistiche).
Le istruzioni erano poche e non complesse ed offriva inoltre (non
per scelta degli autori, ma solo perché era iglio del suo tempo) pochi
costrutti strutturati, quindi orientati alla creazione di programmi chiari
comprensibili. Le semplici caratteristiche lo hanno pertanto individuato
come linguaggio ideale per programmare istruzioni nel mondo della robotica didattica.
Bibliograia
ANCESCHI G. (1993), Il progetto delle interfacce, Domus Academy
Milano
BERLYNE (1960), Conlicts, Arousal and Curiosità; (tr. italiana Conlitto,
attivazione e creatività, Franco Angeli, Milano 1971).
BEUCCI M., COLASANTI A.R.; La demotivazione scolastica come sin-
138
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
tomo di un sè scoraggiato; Bologna, Il Mulino
CALVANI A. (2000); Elementi di didattica; Carocci Ed.
CALVANI A. (2004), Rete, comunità e conoscenza, Erickson,
CALVANI A., ROTTA M.; Comunicazione e apprendimento in internet:
didattica costruttivistica in rete; Erickson Ed.
CAPRETTINI G.P. (1997), Segni, Testi, Comunicazione, UTET Libreria
CIOTTI F., RONCAGLIA G. (2000), Il mondo digitale, Laterza Editori
CORNOLDI C. (1995). Metacognizione e Apprendimento. Bologna, Il
Mulino
DE BENI R., MOE’ A.(2000), Motivazione e apprendimento, Il Mulino,
Bologna
Editore, Roma.
GHISLANDI P. (a cura di), 2002 Oltre il multimedia, Franco Angeli s.r.l.,
Milano
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LONGO G.O (2000), Il nuovo Golem, Laterza Editori
MARI G. (2005), La ilosoia e le società della conoscenza, Edizioni ETS
MARTELLO M. (2004); Intelligenza emotiva e mediazione; Giuffrè Editore
NOVAK J.D., GOWIN D.B. (1989), Imparando ad imparare (t.o. Learning haw to learn), SEI Frontiere
PERISSINOTTO A. (2004), Il testo multimediale: gli ipertesti tra semiotica e didattica, UTET Libreria
PIAN A. (2002), Insegnante e allievi, Armando Editore
SKINNER B (1974), La scienza del comportamento, ovvero il behaviorismo; tr. it., SugarCo, Milano 1976.
STIPEK D.J., La motivazione nell’apprendimento scolastico, tr. it., SEI,
Torino 1996
139
Un corso per qualiicare i
futuri conduttori del LRE
– Laboratorio di Robotica
Educativa nelle scuole del I
ciclo
Giovanni Marcianò
Rete di scuole per la Robocup Jr Italia
dirigente@robocupjr.it
in collaborazione con
Renato Grimaldi – UniTo – Dipartimento di Filosoia e Scienze della Formazione, renato.
grimaldi@unito.it
Giorgio Poletti – UniFe – se@ Centro tecnologie per la comunicazione l’innovazione e la
didattica a distanza, giorgio.poletti@unife.it
La Rete di scuole per la Robocup Jr Italia è nata nel 2008 per promuovere l’impiego della Robotica nelle scuole italiane. Che ciò fosse da fare
era la convinzione dei tre estensori del “Manifesto” (maggio 2008), e dei
primi otto Istituti scolastici superiori “fondatori”.
La gara Robocup rappresenta uno standard internazionale che permette una crescita ordinata, riferita al contesto globale dell’istruzione,
promuovendo esperienze sulle tracce issate dai comitati internazionali
per le scuole di tutto il mondo. Al tempo stesso proporre una manifestazione nazionale ha rappresentato un modo eficace di motivare le scuole
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
a cimentarsi, anche se con poca o nulla esperienza pregressa.
Il meccanismo ha funzionato ben oltre le più rosee previsioni: oggi la
Rete conta 43 Istituti aderenti, che hanno avviato signiicativi percorsi
sia extracurricolari che curricolari, coniugando gli impieghi dei Laboratori
di Robotica nei curricoli della Riforma, nelle scuole superiori, ma anche
applicazioni eficaci delle Indicazioni nazionali nel I ciclo.
La crescita degli impieghi, ormai diffusi dalla scuola dell’Infanzia sino
alla scuola Superiore, ha esposto i primi docenti a un sempre più complesso e delicato ruolo da coprire: quello di CONDURRE un laboratorio
sempre più strutturato e ricco di HW / SW speciico per le diverse età e
contesti scolastici.
vLa Rete nella sua “sezione Under 14” cura le scuole del I ciclo che
ormai rappresentano la metà degli Istituti aderenti. Proprio in questo settore bisogna avere molta attenzione a promuovere un corretto e eficace
impiego di nuovi robot idonei a ampi utilizzi idonei a queste fasce d’età.
I primi insegnanti della “Under 14” a cimentarsi nella Rete Robocup
Jr Italia hanno operato col supporto formativo della dott.sa Simonetta
Siega, che in vari ruoli ha partecipato della nascita e sviluppo della Robotica educativa nel I ciclo sin dal 2003/04. Dai seminari da essa tenuti
negli aa.ss. 2011/12 e 2012/13 nelle scuole della Rete sono nate in tutta
Italia valide esperienze che si vorrebbero replicare anche nel prossimo
a.s. 2013/14.
Il sempre maggior numero di richieste ha portato però il Comitato
di Gestione della Rete, nella seduta del 19 aprile, a deliberare la organizzazione di un CORSO PER CONDUTTORE LRE (Laboratorio Robotica
Educativa) nel I ciclo dell’Istruzione, per rispondere in modo strutturato
alla domanda che giunge dalla Rete. Dificile pensare di proseguire a
portare in giro per tutta Italia, scuola per scuola, la formazione: i numeri
non lo permettono.
E allora il Comitato Scientiico della Rete ha elaborato una proposta
formativa per i docenti interessati a perfezionarsi in questo nuovo ruolo
didattico, nel condurre i LRE. Il corso è pensato per docenti di scuole della
Rete ma non solo, e progettato in modalità blended: 40 ore in presenza
e poi a distanza sino alla conclusione in occasione della VI edizione della
Manifestazione nazionale, nell’aprile 2014.
Da questo percorso formativo – di immediata ricaduta e applicabilità
nel proprio Istituto – usciranno docenti in grado di procedere in modo
141
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
sempre più incisivo e in contesti multidisciplinari sempre più articolati,
sfruttando le potenzialità didattiche del LRE.
Il corso è non solo di “aggiornamento” ma di “qualiicazione”, perché
Rete di scuole (ai sensi art. 6 DPR 275/99) applica l’Autonomia per dare
ai formati un titolo spendibile: quello di “conduttore LRE (Laboratorio di
Robotica educativa)”, ovvero un insegnante attrezzato a essere di riferimento per la Robotica educativa nel proprio Istituto Comprensivo. Su di
lui un Dirigente scolastico e un Collegio docenti possono poi contare per
iniziative speciiche del POF.
Ovviamente questo docente “formato” spenderà prima di tutto nella
sua classe lo strumento didattico della “robotica educativa”, che come
metodo didattico è applicabile a tutti i curricoli, da lingua a matematica,
passando per inglese e informatica ma anche per cittadinanza e costituzione. Nella scuola dell’Infanzia come nella scuola Media … e ovviamente
nella Primaria. Questo docente “qualiicato” andrà a rappresentare una
risorsa per attività extra-curricolari anche in altre scuole vicine, ovviamente compensate con fondi della scuola richiedente.
Buona parte del corso è basata sul robot mOway, una novità per l’Italia che permette a costi assolutamente accessibili di coprire un’ampia
programmazione di attività laboratoriali. E anche per questo il corso è
aperto anche a aspiranti conduttori di LRE senza pregresse esperienze.
STRUTTURA E CALENDARIO:
• FASE 1 – settimana residenziale intensiva: 25-31 agosto – 40 ore.
• FASE 2 – formazione a distanza: 15/9 – 15/12 su apposita area web.
• FASE 3 – discussione tesi inale: 11 aprile 2014 nel contesto VI
Robocup Jr Italia.
La Rete Robocup Jr Italia per il progetto formativo si avvale delle collaborazioni con:
• UniTo, che dal 2011/12 propone agli studenti di Scienze della Formazione un LRE.
• se@ di UniFe, Centro di tecnologie per la comunicazione, l’innovazione e la didattica a distanza.
• Centro per lo sviluppo delle Abilità Cognitive, convenzionato con
l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
142
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Per informazioni e iscrizioni
segreteria@robocupjr.it 328 8877204 (lun-ven – ore uficio)
web: http://www.robocupjr.it/3/?page_id=2803
143
Dalla Calabria all’intera
Europa: la robotica creativa
abbatte le frontiere e unisce
i giovani
Remo Scavello
ITI “A. Monaco”, Cosenza
remo.scavello@tin.it
Il “Monaco” è un Istituto Tecnico Industriale Calabrese di antica
tradizione, fortemente radicato in un territorio, la provincia di Cosenza, a notevole rischio di disagio giovanile e dispersione scolastica. Le attività curriculari dell’Istituto sono state da sempre orientate
verso le tecnologie dell’automazione, all’interno dei corsi storici di
meccanica ed elettrotecnica. Successivamente, verso quelle dell’informazione e della comunicazione (informatica, elettronica).
Dal 2003 il Monaco fa parte della rete ENIS (European Network
Innovative Schools). Accogliendo l’invito formulato dal MIUR per le
scuole appartenenti a tale rete a sviluppare attività innovative, con
particolare riferimento alla robotica, l’Istituto ha varato una serie di
iniziative che lo hanno visto assumere, nel territorio e nell’intera regione, un ruolo di riferimento nell’ambito della robotica, sia in quella
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
cosiddetta ‘educativa’ che nella robotica basata sull’uso sinergico di
tecnologie varie, spesso con soluzioni avanzate.
Ad un primo periodo (2004-2008), caratterizzato da molteplici iniziative ed attività di collaborazione con scuole locali e reti di robotica
nazionali, ha fatto seguito la felice intuizione che la collaborazione
con scuole europee, attraverso le misure previste dall’Unione Europea, avrebbe dato ai giovani cosentini grandi possibilità di arricchire
il proprio bagaglio culturale e tecnologico.
La partecipazione al programma europeo LLP (Life Long Programme) attraverso due Comenius multilaterali, EUROV e MITEU, ha dato
agli studenti ed ai docenti del ‘Monaco’ la possibilità di allargare gli
orizzonti applicativi delle loro conoscenze tecniche, in particolare di
quelle robotiche, attraverso un contatto continuo ed una collaborazione costruttiva con giovani di tutta Europa, coniugando in modo
originale le competenze tecniche con la creatività.
EUROV (EUropean ROVer, 2007-2009) è stato svolto in partenariato tra sei scuole di Italia, Francia, Germania, Portogallo, Polonia,
Spagna. Finalità di EUROV è stata la progettazione e realizzazione
di un prototipo di rover, replicato in un esemplare per ogni scuola
partecipante, auto costruiti e controllabili sia in locale che in remoto
via web. Una stretta integrazione, quindi, tra tecnologie robotiche
(elettronica, meccanica, informatica) e della comunicazione.
MITEU (Music Innovation Technology European Show, 20092011) ha avuto come obiettivo la progettazione e realizzazione di
uno show musicale-multimediale eseguito da una ‘band transnazionale’ formata da docenti e studenti di Italia, Francia, Germania,
Grecia, Romania, Lettonia, Rep. Cecha. Tutto l’impianto musicale,
scenograico, multimediale, le tecnologie di scena, compreso l’uso di
robot per l’arricchimento delle stesse, è stato interamente deinito
e realizzato dai partecipanti, con largo uso delle TIC anche per lo
scambio a distanza di dati e informazioni di progetto e per l’apprendimento e l’arrangiamento dei brani musicali.
145
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Progetto EUROV: Il progetto in sintesi
Titolo
Programma
Durata
Anno di avvio
Promotore
Partner
Sito web
Sintesi del progetto
Principali prodotti
EUROV – EUropean ROVer
LLP – Comenius
Biennale
2006
Lycee Luis Armand – Nogent sur Marne (Francia)
Italia, Francia, Germania, Polonia, Spagna, Portogallo
www.eurov.fr (non più attivo)
Progetto e realizzazione collaborativa di sei rover pilotabili sia
in locale che in remoto tramite Internet. Il sistema tecnologico
di ‘esplorazione tra scuole’ realizzato permette un contatto
permanente tra giovani europei appartenenti a scuole e realtà
socio-culturali diverse.
La realizzazione del progetto ha permesso di mettere in
campo, in una applicazione pratica articolata su diverse aree
tecnologiche, le competenze e le abilità normalmente acquisite
nei percorsi didattici.
•
•
•
•
Sei rover.
Un sistema software di controllo locale e a distanza tramite
web.
Un glossario tecnico.
Un sito web.
Il coinvolgimento delle scuole italiane
Insegnanti coinvolti
nella progettazione
146
2
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Insegnanti coinvolti nella
partecipazione ai corsi
Insegnanti coinvolti nell’eroStudenti coinvolti
nella mobilità
4
4
32
Come noto, i ‘rover’ sono quella tipologia di robot utilizzati per effettuare esplorazioni in località lontane e/o non raggiungibili dall’uomo. Tipico
esempio è quello spedito ad esplorare la supericie di Marte.
EUROV, analogamente, ha voluto creare una rete di sei rover, uno per
ogni istituto europeo partecipante, costituenti un sistema di esplorazione tra queste scuole e dando, quindi, una possibilità di collegamento e
contatto tra giovani europei di diversa nazionalità.
Suddivisione dei task
Uno dei motivi alla base del successo dell’idea progettuale è stato certamente quello di avere rispettato le competenze e le peculiarità di ogni
singola scuola nella individuazione e assegnazione dei rispettivi compiti.
Il rispetto del ‘background’ e delle vocazioni didattiche di ogni istituto
ha assicurato, inoltre, una ricaduta didattica positiva duratura nel tempo.
Con questi presupposti, i vari task sono così stati distribuiti:
• Francia: struttura meccanica.
• Germania: schede elettroniche a bordo del rover e loro programmazione.
• Spagna: sistema di alimentazione.
• Portogallo: sensoristica.
• Polonia: realizzazione del sito web con glossario.
• Italia: realizzazione del software per il controllo in locale e in remoto.
Struttura del rover
Ogni rover è stato dotato di:
• struttura meccanica basata su 6 ruote, di cui 4 motrici e orientabili
tramite servomotori,
• sistema wii per il collegamento al rete e/o al PC locali,
• sensori per il rilevamento di ostacoli e ‘vuoti’ nel percorso,
147
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
• sensori di temperatura e direzione,
• scheda interna elettronica per la ricezione e l’invio di comandi e dati
verso/dal PC,
• pannello ad energia solare per la ricarica delle batterie interne,
• una web cam IP, orientabile pan-tilt.
Un software di controllo su PC rende possibile la gestione dei movimenti sia in locale, tramite wi-i, che in remoto tramite rete Internet.
Nell’immagine, lo schema a blocchi generale e di collegamento alla
rete locale.
Fig, 1 – La struttura: [1] PC, [2] wii access point, [3] microcontroller, [4] motori-sensori, [5] IP
web-cam, [6] ROVER, [7] rete locale, [8] Internet.
Il pannello di controllo
L’idea del controllo tramite web, di cui l’ITI Monaco è stato propositore e realizzatore, nasceva da una precedente esperienza, ‘Laboratorio
remoto controllabile via web’ (presentata a Didamatica 20041) e dimostrata praticamente nella manifestazione TED – Genova 2004.
Con questo ‘background’ l’ITI ha sviluppato lo schema e le funzionalità
del pannello, che ha assicurato le seguenti prestazioni principali:
• rilevazione in tempo reale dei rover attivi nelle altre scuole remote;
• possibilità di scegliere quale rover pilotare, tra il proprio in locale
oppure uno di quelli disponibili in remoto in una delle altre scuole
1
Palumbo – De Nardi – Scavello ‘Laboratorio didattico comandato in remoto via web’- Atti di Dida-
matica 2004.
148
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
europee partner del progetto;
• gestione delle password, automaticamente aggiornate dal sistema,
per le operazione di login;
• invio dei comandi da tastiera per la movimentazione del rover;
• ricezione delle immagini e dei dati ambientali (sensori) provenienti
dal rover sotto controllo;
• impostazione dei parametri TCP/IP per la gestione delle connessione
di rete.
Il software di controllo è stato realizzato in ambiente LabView della
National Instruments.
Fig. 2 – Il pannello di controllo
La tecnologia Datasocket, integrata in tale ambiente di sviluppo, ha
permesso lo scambio dei dati provenienti dai singoli pannelli di controllo
di ogni scuola.
149
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 3 – La tecnologia Datasocket
Datasocket signiica utilizzare un server come una ‘bacheca’ raggiungibile da qualsiasi parte del web, dove pubblicare e leggere tutti i dati che
ogni rover, tramite i rispettivi pannelli di controllo, pubblica per rendere
possibile la connessione e il controllo:
• indirizzi IP,
• disponibilità ad essere controllati,
• password per il login.
Le ricadute didattiche
Gli allievi che hanno lavorato per circa due anni sulle varie fasi del progetto, in una continua collaborazione e sinergia con altri studenti europei,
hanno percorso un esempio di progettualità concreta.
Il sistema tecnologico realizzato era, alla ine delle attività ‘uficiali’,
perfettamente funzionante e attinente alle speciiche iniziali, se pur suscettibile di essere aggiornato in accordo all’evoluzione delle tecnologie
impiegate e di rappresentare, quindi, un continuo ‘caso’ di studio anche
per le classi che si sono succedute e si succederanno negli anni.
150
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 4 – Il Rover!
La ricaduta didattica nelle normali attività curriculari delle scuole partecipanti è stata, infatti, garantita dalle seguenti scelte strategiche:
• la suddivisone e attribuzione dei singoli task alle singole scuole secondo le rispettive peculiarità,
• la realizzazione dei rispettivi compiti durante le normali attività curriculari e nelle strutture laboratoriali interne alla scuola,
• ove possibile, l’utilizzo di dispositivi standard, come per esempio
quelli per la connessione wireless.
La correttezza di tali scelte è stata confermata dal fatto che la struttura realizzata nel progetto è ancora, a distanza di qualche anno dalla
ine uficiale delle attività, ripetutamente utilizzata come esempliicazione
pratica di argomenti curriculari.
Per esempio, nel caso del nostro Istituto, l’uso a un livello più ‘profondo’ delle tecnologie e dei protocolli di rete, la gestione dell’indirizzamento
in rete pubblica e privata, la gestione delle connessioni, hanno costituito e
continuano a costituire opportunità di veriica pratica di argomenti svolti
ogni anno nella normale programmazione didattica.
151
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
A conferma della bontà dell’idea progettuale, EUROV ha ottenuto l’ EQuality Label come miglior Comenius nell’annualità 2009.
Del progetto, di fatto, sono stati apprezzati diversi aspetti peculiari,
non solo sul fronte delle tecnologie utilizzate e sull’originalità dell’idea,
ma soprattutto l’avere dato ai ragazzi appartenenti a scuole di realtà
socio-culturali ed economiche diverse una comune opportunità di ‘progettualità pratica’ e una metodologia di lavoro basata essenzialmente
sul ‘learning by doing’.
Il lavoro di gruppo, in una concezione di ‘gruppo’ allargata a più scuole
distanti tra loro, ha favorito ‘l’apprendimento cooperativo’ esteso ad
una area costituita dall’intera Europa. Tale modalità di lavoro ha trovato
nelle attuali e così diffuse tecnologie della comunicazione, un eccezionale
facilitatore delle attività previste.
Infatti, il naturale ‘sottotitolo’ del progetto è stato unanimemente individuato in ‘Le tecnologie per comunicare’.
Progetto MITEU: Il progetto in sintesi
Titolo
Programma
Durata
Anno di avvio
Promotore
Partner
Sito web
152
MITEU SHOW – Music Innovation Technology European Show
LLP – Comenius
Biennale
2009
ITI “A. Monaco” Cosenza
Italia, Francia, Germania, Grecia, Polonia, Rep. Ceka, Lettonia
http://www.mit-eu-show.com
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Sintesi del progetto
Principali prodotti
Ideazione e realizzazione di uno show multimediale con
utilizzo di tecnologie varie (ITC, elettroniche, meccaniche)
per l’apprendimento a distanza dei brani, il controllo degli
effettigraia.
Esecuzione dello show in tre date: Essen (Germania) –
10/12/2010, Parigi (Francia) – 1/2/2011, Cosenza (Italia) –
1/4/2011
DVD e CD inali per la documentazione di tutte le attività.
Sito web.
Il coinvolgimento delle scuole italiane
Insegnanti coinvolti
nella progettazione
Insegnanti coinvolti nella
partecipazione ai corsi
Insegnanti coinvolti nell’eroStudenti coinvolti
nella mobilità
4
3
4
40
MITEU SHOW (Music Innovation Technology European Show), è un
Comenius multilaterale completamente ideato e coordinato dall’Istituto
‘Monaco’, che ha voluto dare agli allievi di sette scuole europee la possibilità di mettere in gioco le proprie competenze e le proprie abilità tecniche
in un contesto creativo molto vicino alla sensibilità e, di fatto, alla vita
degli adolescenti appartenenti a realtà socio-culturali diverse: la inalità
del progetto è stata infatti l’organizzazione di uno show musicale, con
l’utilizzo di una vasta gamma di tecnologie per la costruzione e la gestione
‘live’ anche degli apparati di scena.
Nelle intenzioni iniziali era prevista la semplice esecuzione di qualche
brano musicale utilizzando lo stretto ambito normalmente disponibile
negli istituti scolastici (aula magna o teatrino scolastico).
L’entusiasmo mostrato da tutti i partecipanti, unitamente alla creatività
e la necessità di esprimersi di cui i nostri allievi sono quasi sempre dotati,
ha fatto si che i prodotti realizzati siano alla ine andati, come quantità
e come qualità, oltre ogni più rosea aspettativa.
Lo show è stato quindi ospitato in importanti teatri comunali in tre di-
153
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
verse date: Essen (Germania) – Dicembre 2010, Parigi – Febbraio 2011,
Cosenza – Aprile 2011.
Più di un centinaio di studenti e docenti sono stati, quindi, coinvolti in
un piccolo ma fortemente impegnativo ‘tour’.
Brani musicali
Le intenzioni iniziali di eseguire semplicemente qualche brano musicale
di artisti famosi sono state ampiamente superate dalla inventiva e dal
talento dei numerosi partecipanti: nella iniziale scaletta, che prevedeva
l’esecuzione di sei brani di Pink Floyd, AC/DC, Marrillion, si sono aggiunti
altrettante composizioni originali completamente ideate dai partecipanti.
L’arrangiamento degli stessi brani è avvenuto ‘a distanza’ con un intenso
uso delle tecnologie della comunicazione: i partecipanti sono stati impegnati in un utilizzo quasi quotidiano del web per uno scambio di registrazioni di strumenti musicali, voci, sonorità, tracce audio e MIDI. Questo ha
permesso di condividere e mettere a punto i brani, superando la dificoltà
della distanza e dei pochi giorni disponibili per i meeting.
Sono stati utilizzati, per questo e in modo intensivo, normali software
di editing audio e sequencer audio-MIDI ampiamente disponibili nella
dotazione informatica ‘domestica’ dei nostri allievi.
Scenograia
La realizzazione delle scenograie ha avuto un peso, nella economia
del progetto, non meno rilevante.
E’ stato realizzato, per ogni brano musicale, un video originale e/o
delle graiche, che hanno contribuito a coinvolgere a fondo lo spettatore
anche nel signiicato di tutto il lavoro. Ancora una volta, sono stati utilizzati software di computer graica ed editing video spesso facenti parte
del normale curriculum didattico delle scuole partecipanti.
Lo stesso controllo delle luci e di piccoli laser di scena ha impegnato
non poco i ragazzi che, anche in questo settore, hanno mostrato come
le competenze scolastiche possono essere utili e gratiicanti, se utilizzati
con creatività e fantasia. E’ stato messo a punto, quindi, un sistema di
controllo come schematizzato nella seguente igura.
154
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Fig. 5 – Miteu Show a Parigi
Un sequencer audio-MIDI sul computer (1) trasmetteva i contributi
video e audio al sistema di proiezione e ampliicazione di sala. Contemporaneamente, messaggi MIDI in uscita venivano mandati sia ad una
centralina DMX – dimmer (3) per l’attivazione delle luci di scena (4), sia
ad un secondo computer (2) ospitante un software di controllo, realizzato in ambiente Labview che, in base ai messaggi MIDI ricevuti, gestiva
tramite connessione wi-i la movimentazione del rover e alcuni altri robot
‘omnidrive’ (5) con a bordo luci ed effetti vari.
Il tutto, quindi, assicurava la perfetta sincronizzazione tra audio, video,
attivazioni luci e movimentazione robot.
155
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
Fig. 6 – Il sistema di controllo dello stage
Robot di scena
Il ‘ilo narrativo’ dello show è stato basato sull’interazione tra uomo e
robot e sui possibili pericoli che un uso errato delle tecnologie può avere
nella nostra vita. Potrebbero i robot prevalere sull’uomo?
La proiezione di alcuni momenti del ilm ’2001:Odissea nello Spazio”,
accompagnati dall’esecuzione di musiche dei Pink Floyd, hanno stimolato
lo spettatore ad una rilessione su queste tematiche.
“Can we live together?”, questa la domanda centrale dello show.
156
ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Per rappresentare in modo creativo questo ilo conduttore, è stato fatto
uso di diversi robot:
• il rover del precedente progetto Eurov, comandato in wi-i dal sistema di controllo e sincronizzato con la musica;
Fig. 7 Il rover in scena
• diversi Robonova, opportunamente programmati e anch’essi sincronizzati con le coreograie di scena e con la performance musicale
Fig. 8 – la danza dei robonova
157
BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
• un dirigibile di notevoli dimensioni, telecomandato in radio frequenza, volteggiando nello spazio teatrale ha lasciato esterrefatti gli
spettatori;
Fig. 9 – Il dirigibile in scena
• diversi robot autocostruiti, utilizzato degli ‘omnidrive’ come base,
su cui sono state installate delle strutture luminose. Gli omnidrive
hanno permesso una movimentazione veloce, così come era richiesto per realizzare le coreograie di scena.
Fig. 10 – Robot in scena
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ROBOTICA EDUCATIVA: UN METODO PER LA DIDATTICA LABORATORIALE
Documentazione
Alla ine delle attività, sono stati realizzati, sempre con l’uso di competenze e software comunemente trattati nei programmi scolastici:
• un sito web,
• un CD contenente tutti i brani musicali,
• un DVD con il completo racconto di tutte attività, in particolare dei
live show.
Questi prodotti sono rimasti una testimonianza indelebile di una esperienza tecnologica ed umana che ha arricchito la crescita professionale
ma, soprattutto, umana dei protagonisti del progetto.
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La curatela online di
contenuti digitali: una nuova
possibilità per lo sviluppo
della competenza digitale
Antonio Fini
Dirigente scolastico – Istituto Comprensivo di Arcola-Ameglia
www.icarcolaameglia.it - antonio.ini@gmail.com – preside@icarcolaameglia.it
Cari amici, dunque il web a quale versione è arrivato? Da quasi dieci
anni si parla infatti di web 2.0 e ci sono stati accenni a versioni successive, che per la verità per il momento non hanno avuto il medesimo
successo
L’idea di base del web 2.0, quella che giustiicava il “cambio di versione” era il passaggio dalla comunicazione uno-a-molti, caratterizzata
dai siti web-vetrina realizzati da professionisti o comunque da esperti
informatici, a quella molti-a-molti, un web nel quale tutti possono essere
contemporaneamente autori e fruitori.
Si è quindi assistito al proliferare di servizi web di ogni tipo, come
blog, wiki, cloud, social network ecc. che certamente hanno consentito
e consentono tuttora a moltissimi utenti di essere facilmente autori e di
produrre e condividere contenuti, ma hanno anche implicato il conseguente aumento esponenziale delle informazioni disponibili in rete.
Il problema più importante oggi sembra quindi non tanto quello di
avere una “presenza” in rete, facilmente ottenibile da chiunque, senza
necessità di particolari competenze tecniche, quanto la selezione delle
informazioni rilevanti. Il pericolo è infatti il sovraccarico informativo, un
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rischio sempre in agguato rispetto al quale soprattutto i giovani (che siano o meno nativi digitali poco importa) sembrano avere scarse difese.
Le tecniche per (tentare di …) ovviare al diluvio informativo sono diverse e sostanzialmente si possono inquadrare in due macro-orientamenti
principali.
Il primo è riferito a sistemi automatici, basati su algoritmi anche molto
soisticati, i quali, facendo tesoro di una serie di dati forniti più o meno
consapevolmente dall’utente stesso (ad esempio, la memorizzazione di
tutte le stringhe usate in un motore di ricerca) promettono di interpretare i nostri bisogni informativi, selezionando per noi quello che potrebbe interessarci. E’ la tecnica del “forse potrebbe interessarti anche…”,
suggerimenti che vediamo spesso comparire negli ambienti online che
frequentiamo.
La seconda modalità, sulla quale ci soffermeremo in questo articolo, si
fonda invece soprattutto sull’intervento umano e recupera ad un nuovo
signiicato il concetto di “curatela”.
Il termine “curatore” è storicamente associato all’arte e alla cultura.
Un curatore può avere la responsabilità di un museo, di una biblioteca, di
una galleria d’arte e, di solito, tra i suoi compiti c’è anche la selezione e il
mantenimento delle opere da esporre e gestire nell’istituzione culturale.
Più recentemente, il concetto è stato esteso ai contenuti digitali, mantenendo praticamente intatto il senso originale: un curatore digitale è oggi
chi “continuamente trova, raggruppa, organizza e condivide i contenuti
migliori e più pertinenti riguardo problematiche speciiche”. E’ importante
soffermarsi su ogni termine utilizzato nella deinizione proposta da Robin
Good:
• “Continuamente”: l’aspetto continuativo è particolarmente signiicativo: una curatela digitale non può mai essere statica. Il problema
è proprio quello della continua produzione di nuovi contenuti che
devono essere selezionati.
• “Trova”: l’elemento della ricerca è ovviamente fondamentale. I contenuti devono prima di tutto essere ritrovati.
• “Raggruppa, organizza e condivide”: l’aspetto dell’aggregazione dei
contenuti è la caratteristica fondamentale della curatela online. Il
curatore produce infatti una pagina web che, costantemente aggiornata, tiene insieme i contenuti relativi ad uno speciico argomento.
• “migliori e più pertinenti”, “riguardo problematiche speciiche”: è
l’altro aspetto nel quale si esplica la capacità del curatore di se-
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BRICKS - ANNO 3 - NUMERO 2
lezionare e individuare la pertinenza e l’importanza dei contenuti,
che saranno relativi ad un particolare ambito, un “topic”, di solito
molto ristretto.
In sintesi, l’idea è piuttosto semplice: mi interessa un certo argomento,
ad esempio “le Open Educational Resources – OER” (tema del quale ci
siamo occupati spesso anche su Bricks), allora potrei pensare di “curare” questo argomento selezionando, aggregando e condividendo articoli,
post di blog, contenuti di ogni altro tipo relativi a questo argomento che
ritengo signiicativi e utili.
Naturalmente, altri utenti potranno accedere al prodotto della mia
curatela, costituendo a loro volta una sorta di social network. E’ altrettanto ovvio che ognuno può anche limitarsi ad utilizzare contenuti curati
da altri, sfruttando così semplicemente un iltro già operativo, sulla base
della “iducia” che si ripone nel curatore stesso.
Il concetto è piuttosto simile a quello del social bookmarking, rispetto
al quale si aggiungono nuove funzionalità e di solito anche un aspetto
graico più accattivante. I servizi online di curatela (in inglese: “content
curation”) hanno adottato generalmente la metafora della “rivista” (magazine) o del “giornale quotidiano” per cui il curatore assume anche il
ruolo di impaginatore. Il curatore quindi non è, a rigore, un “creatore”
di contenuti, come del resto non era, nell’accezione originale, un artista
o un autore. E’ piuttosto un “selezionatore” che mette insieme materiali
già esistenti, li aggrega e li ripropone condividendoli.
I due servizi di curatela online più noti sono Scoop.it e Storify.
Scoop.it: è un servizio gratuito, dal funzionamento ormai tipico dei
sistemi cloud (tutto online, ci si registra e si comincia a creare i propri
“canali informativi” che si intende curare). Tornando all’esempio già proposto (le OER), esistono diversi “scoop” relativi a questo tema, tra cui
quello che seguo personalmente da tempo, curato da Andreas Link:
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Come si vede, dalla igura, la pagina propone una serie di articoli, incasellati come “articoli di giornale” in una “prima pagina”. Ogni articolo è
leggibile direttamente ma costituisce anche un link al contenuto originale.
I pulsanti in alto consentono ulteriori operazioni di selezione (“Filter”) ma permettono anche di suggerire al curatore un nuovo contenuto
(“Suggest”) oltre all’immancabile possibilità di condividere ulteriormente
la pagina (“Share”).
Ogni utente registrato può quindi “iscriversi” e seguire diversi canali,
rimanendo così aggiornato sulle novità, attraverso i consueti mezzi (RSS
o email). Sono naturalmente presenti i vari collegamenti con i social
network più popolari come Facebook o Twitter e sono già disponibili le
app sia per iOs che per Android, che consentono quindi anche l’uso da
dispositivi mobili e da tablet.
Storify: il funzionamento è del tutto simile a quello di Scoop.it anche se
la ilosoia di fondo del servizio è più orientata alla costruzione di “storie”
e timeline relative ad uno speciico argomento. Anche l’aspetto graico
è naturalmente diverso, anche se l’organizzazione generale è piuttosto
simile.
L’utilizzo nella didattica dei servizi di curatela può essere decisamente
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interessante: in primo luogo un utilizzo “passivo”, come fruitori di contenuti già selezionati da altri è un primo passo, utile anche per i docenti
stessi che potrebbero “seguire” argomenti di speciico interesse trovando
giornalmente contenuti nuovi e sempre signiicativi.
Il passaggio successivo è naturalmente l’utilizzo attivo che può essere
anche in questo caso del docente ma anche direttamente degli alunni.
Si è già ricordato, anche in questa stessa rubrica, come l’uso del web
in quanto serbatoio illimitato di risorse sia certamente utile ma spesso
non suficiente per ottenere un apprendimento davvero signiicativo: il
ragazzo che esegue una ricerca su Wikipedia (purché inalizzata ad una
rielaborazione e non al banale copia-incolla!) attiva certamente una serie
di abilità di buon livello ma se lo stesso alunno è chiamato ad aggiornare
o a creare una nuova voce, l’impegno e le competenze che può sviluppare
risultano certamente di ordine superiore.
Nell’ottica della competenza digitale e in particolare degli aspetti legati
alla cosiddetta “information literacy”, ovvero la capacità di accesso critico
all’informazione (sapere selezionare e esprimere giudizi sull’afidabilità, la
pertinenza, la qualità delle risorse trovate, sapere organizzare e ristrutturare le informazioni, essere in grado di condividerle con altri e collaborare
in rete) si potrebbe quindi pensare proprio alla curatela come esercizio
per lo sviluppo di questo tipo di competenza.
Ad esempio, su Scoop.it si possono già trovare alcuni primi esempi
d’uso, e anche qualche articolo che spiega in modo dettagliato come
usare in classe uno strumento che forse non ha ancora la popolarità dei
noti social network ma che sta assumendo una crescente importanza:
una semplice ricerca su Google con le chiavi “scoop.it scuola” fornisce
già più di una pagina di risultati.
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Londra, 16 maggio 2013: lancio
della NEW ECDL
interviste di Pierfranco Ravotto
pierfranco.ravotto@gmail.com
Il forum annuale della Fondazione ECDL si è tenuto a Londra il 16 maggio, ed è stato dedicato al lancio della Nuova ECDL. Damien O’Sullivan,
Chief Executive della ECDL Foundation, l’ha presentata così: “New ECDL
is our commitment to changing with the needs of our candidates and the
requirements of the workplace”.
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Riferirsi ai bisogni dei “candidates”, delle persone che intendono acquisire la patente d’uso del computer – la si chiami in Europa ECDL,
European Computer Driving Licence, o negli altri continenti ICDL, International Computer Driving Licence – è per la Fondazione, riferirsi ai
bisogni di tanti, visto che dall’avvio del programma, nel 1996, sono 13
milioni le persone che, in 100 paesi, hanno scelto ECDL per certiicare le
proprie skill digitali.
Un ruolo, quello della Fondazione, che è stato evidenziato dal VicePresidente della Commissione europea Neelie Kroes che, commentando
il ruolo della stessa a sostegno dell’Agenda Digitale, ha detto: “The ECDL
Foundation has worked for a long time to boost Europe’s ICT skills and
has done a great job.”
Fig. 1 – Daniel O’Sullivan presenta, al forum 2013 della Fondazione, la NEW ECDL
Il Chairman della ECDL Foundation, Jim Friars, ha aggiunto a presentazione della nuova iniziativa: “The programme has evolved many times
since it began in 1996, and I believe it continues to stay true to its intended and original purpose: to provide skills for work, and skills that work”.
La New ECDL, è stato detto, è una forte modiica di ECDL, sviluppata
per adeguarla ai cambiamenti tecnologici e alle richieste del mercato.
Durante il Forum è stato evidenziato come gli aspetti più rilevanti siano
una maggiore lessibilità, un adeguamento al lifelong learning e un maggior numero di moduli.
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Maggiore lessibilità
La nuova ECDL offre una certiicazione più lessibile con l’introduzione
del cosiddetto proilo ECDL che consente ai candidati di costruire il proprio proilo con i moduli che considerano più adatti. Questo permette una
certiicazione di competenze adatta ad un particolare percorso scolastico
o ad uno speciico lavoro.
Lifelong learning
Un proilo ECDL può essere sviluppato e aggiornato nel corso del tempo. La nuova ECDL incoraggia l’apprendimento permanente e il continuo
sviluppo delle competenze digitali. Per questo cambiano le caratteristiche
della Skills card che viene acquisita una volta per tutte,
Nuovi moduli
Sono stati sviluppati nuovi moduli ed è stata deinita una nuova struttura modulare che permette al candidato di scegliere fra 15 differenti
moduli.
Fig. 2 – Un’immagine di pubblicizzazione della nuova ECDL, pubblicata sulla pagina Facebook della
ECDL Foundation.
Chiedo a Paolo Schgör, che in AICA è il responsabile delle certiicazioni, di spiegarci in cosa consistono queste novità.
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Fig. 3 – L’intervento di Paolo Schgör al convegno di Londra.
“Nella Nuova ECDL cambia il sistema di certiicazioni. In primo luogo
c’è un proilo ECDL base, che corrisponde in qualche modo all’attuale
ECDL Start. Anche in questo caso si tratta di una certiicazione corrispondente al superamento di 4 moduli, che adesso sono però issi e sono i
seguenti:
• Computer Essentials.
• Online Essentials.
• Word Processing.
• Spreadsheets.
Come vedi due di essi – Computer essentials e Online essentials
– sono nuovi. Volendo sempliicare potremmo dire che il primo deriva
da un accorpamento ed aggiornamento dei tradizionali moduli 1 e 2 e
che il secondo è una rideinizione, aggiornata ai tempi, del tradizionale
modulo 7.
Dunque il proilo base riguarda l’uso dei dispositivi e della rete, la creazione e gestione dei ile, la protezione dei dati e la sicurezza sul web, la
ricerca delle informazioni, le comunicazioni e-mail e la partecipazione a
comunità online, l’uso di strumenti per la scrittura e per il calcolo.
A partire da lì si può conseguire il proilo ECDL standard, costituito
come adesso da 7 moduli. Ma con la Nuova ECDL ciascuno può scegliere
i 3 moduli da aggiungere ai 4 base in un insieme composto dai seguenti:
Online collaboration.
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•
•
•
•
•
•
•
Presentation.
Using Databases.
Web Editing.
Image Editing.
Project Planning.
IT Security.
2D Computer Aided Design.
Anche qui moduli già esistenti ed altri nuovi.
Noi, in Italia, abbiamo deciso di suggerire che i tre moduli da aggiungere per arrivare al proilo standard siano “Presentation”, “Online collaboration” e “IT Security”. Ma, nella logica dell’apprendimento permanente
e del proilo individuale di ogni candidato, ciascuno è libero di sceglierne
altri tre, tenendo conto del corso di studi intrapreso e dei propri interessi”.
Ma si può andare oltre i 7 moduli.
“Certo. Ognuno può personalizzare il proprio proilo – e quindi la propria certiicazione – aggiungendovi altri moduli fra quelli proposti da
CEPIS. Oppure scegliendo dall’elenco dei moduli disponibili in Italia che
è molto più ampio: c’è il CAD 3D, ci sono i tre moduli della certiicazione
Multimedia, ci sono i moduli GIS, siamo fra i primi ad aver localizzato
ECDL Health.
Inoltre si può aggiungere il modulo DCA (Digital Competence Assessment). Sai bene che AICA ha sempre mostrato attenzione anche alle
componenti cognitive e culturali della competenza digitale. Nel lavoro
di “localizzazione” del Syllabus 5 avevamo aggiunto una sezione 1.0 di
“Fondamenti”. Oggi questa parte è ulteriormente arricchita anche dalla dimensione etica, ed entrambe sono comprese nel modulo di certiicazione
aggiuntivo sviluppato in collaborazione con il gruppo di ricerca del prof.
Calvani (Università di Firenze); in questo caso il risultato è un certiicato
con 8 moduli che abbiamo chiamato ECDL Smart”.
E cosa ne è dei moduli Advanced?
“ECDL Advanced corrisponde ad una competenza di livello più alto (anche in termini di livelli EQF). Come è stato detto a Londra, la Fondazione
prevede anche un proilo ECDL esperto, composto appunto da almeno
tre dei quattro moduli:
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•
•
•
•
Advanced
Advanced
Advanced
Advanced
Word Processing.
Databases.
Spreadsheets.
Presentation”.
Microsoft sarà contenta …
“Bisognerebbe chiederlo a loro, ma in Italia non ci hanno mai mostrato
grande simpatia, mentre invece in altri paesi ci sono esempi anche signiicativi di progetti congiunti. Il punto fermo è che i sillabi della Fondazione
ECDL sono per deinizione indipendenti dall’ambiente software utilizzato,
che può essere proprietario o libero.
In Italia abbiamo sempre voluto dare concretezza a questa opzione,
rendendo disponibili esami automatici anche su ambienti operativi “open
source”, e non è un caso che i primi esami sperimentali della nuova ECDL
siano già stati svolti questa primavera su piattaforma Ubuntu 12.04 +
Libre Ofice (tra l’altro si tratta di candidati giovanissimi, una cinquantina
di ragazzi della Scuola Media Confalonieri di Monza, che si appoggia al
Test Center ECDL presso l’IIS Hensemberger)”.
Fig. 4 – La costruzione del proilo personale in un’immagine tratta dal sito della Fondazione.
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A Frank Mockler, che per la Fondazione è Head of Programme
Standards, chiedo informazioni, in particolare sui nuovi moduli.
“Siamo sempre alla ricerca – mi risponde – di aree tecnologiche emergenti, in cui gli utenti possono beneiciare di una certiicazione.
La proliferazione di dispositivi, il proliferare di servizi on-line, e la
transizione dei dati verso il cloud erano le tre tendenze, di particolare
importanza, in atto negli ultimi anni. Abbiamo visto che la gente ne fa uso
in un contesto lavorativo e abbiamo deciso che aveva senso deinire un
syllabus ed una speciica certiicazione. quella dell’Online collaboration.
Ma è sempre più importante anche il tema della sicurezza e della
protezione dei dati. Ecco quindi che abbiamo aggiornato il modulo sulla
Sicurezza IT”
Come procede la Fondazione per deinire Syllabus e certiicazione?
“Per deinire un syllabus abbiamo un processo ben deinito. Si inizia
con la deinizione dei principi fondamentali per il modulo, e poi li si passa
a un gruppo di lavoro costituito da esperti. Si tratta di professionisti ICT
che lavorano come insegnanti, formatori, consulenti e manager di aziende
ICT. Sono loro a decidere cosa deve essere incluso in un nuovo modulo
e quando un modulo deve essere aggiornato”.
Fig. 5 – Un’immagine del forum di Londra.
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Marina Cabrini è una degli esperti che hanno lavorato per il
CEPIS alla deinizione dei nuovi moduli. E’ una professionista informatica. Le chiedo come hanno lavorato.
“Il primo passo è stato fondamentalmente una sessione di brainstorming. Ognuno di noi è stato munito di un blocchettino di post-it su cui
abbiamo scritto i concetti e le abilità che dovevano restare nei moduli
aggiornati, e quelli che avrebbero dovuto essere aggiunti. Abbiamo attaccato i post-it su una parete, li abbiamo ri-organizzati per argomento,
abbiamo rimosso quelli che indicavano conoscenze o abilità a nostro
avviso troppo complesse per un utente di base dell’ICT.
Ci siamo ritrovati con tre diversi insiemi: due corrispondevano ai moduli da rinnovare – Computer essentials e Online essentials – ma c’era
comunque materiale per un terzo modulo. Valutando insieme le abilità
che un normale utente ICT dovrebbe avere quando ha a che fare con
il cloud computing, con le applicazioni web, con i social network e gli
ambienti di apprendimento on-line, con le APPS per i dispositivi mobili,
ci siamo resi conto che tutti questi concetti e strumenti meritavano un
modulo dedicato.”
E così è nato il modulo Online collaboration. Cosa intendete con
“collaborazione”?
“Il termine ‘collaborazione’ può fare riferimento in generale sia a un
progetto in cui molti computer lavorano insieme verso un determinato
scopo, sia alla possibilità per le persone di interagire e collaborare tra
di loro utilizzando il computer e Internet. Per questo nuovo modulo abbiamo esaminato le tecnologie e gli strumenti in generale, non solo le
caratteristiche di quelli oggi più popolari, perché il ciclo di vita degli strumenti internet può terminare bruscamente. Pensa, ad esempio, a quanto
velocemente Gmail ha ridotto il numero di utenti di Hotmail. Quindi il
modulo è centrato sulle conoscenze e abilità che permangono, non sugli
ambienti di moda”.
E il modulo sulla sicurezza?
“E’ fondamentale. Proprio la diffusione degli strumenti online crea un
problema molto grande di sicurezza e di gestione della privacy: troppo
facilmente gli utenti sono portati a credere che nulla di male possa acca-
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dere se rendono disponibili i propri dati personali su Internet, o se non si
proteggono da accessi indesiderati al proprio computer. Ma quante volte
si è sentito di persone derubate dopo aver scritto su un social network
di non essere presenti in casa in quel momento?
E’ richiesta cautela, ma per questo bisogna conoscere i pericoli e i
modi per evitarli”.
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