PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
PLIS delle Valli d’Argon
ABACO DEGLI ELEMENTI
COSTRUTTIVI NEL TERRITORIO
RURALE DEL PARCO
Comuni di
Albano Sant’Alessandro
Cenate Sotto
San Paolo d’Argon
Torre de’ Roveri
provincia di Bergamo
Modificato con osservazioni
agosto 2013
INDICE
TITOLO I – NORME ED INDIRIZZI GENERALI
Art. 1 – Oggetto
p. 3
Art. 2 – Finalità
p. 3
Art. 3 – Efficacia
p. 3
TITOLO II – ELEMENTI COSTRUTTIVI DIFFUSI
Capitolo 1 – Elementi diffusi della tradizione
Art. 4 – Le recinzioni
p. 4
Art. 5 – I sentieri collinari
p. 6
Art. 6 – Le strade agricole
p. 7
Art. 7 – Le canalette
p. 8
Art. 8 – Le scalinate e i gradini
p. 9
Art. 9 – I terrazzamenti
p. 10
Art. 10 – La sistemazione dei corsi d’acqua
p. 10
Art. 11 – Passerelle e ponti
p. 12
Art. 12 – Legnaie e ripostigli
p. 13
Art. 13 – Orti e allevamenti
p. 13
Capitolo 2 – Elementi diffusi della modernità
Art. 14 – Piste ciclabili
p. 14
Art. 15 – Percorsi equestri
p. 14
Art. 16 – Le sedute
p. 15
Art. 17 – Cartellonistica pubblicitaria e informativa
p. 15
Art. 18 – Coperture stagionali
p. 16
Art. 19 – Impianti fotovoltaici
p. 16
Art. 20 – Il barbecue
p. 16
Art. 21 – Volumi e impianti tecnologici
p. 17
Art. 22 – Piscine e impianti sportivi pertinenziali
p. 17
Art. 23 – Movimenti di terra, cave, discariche e depositi
p. 17
1
TITOLO III – ARCHITETTURA RURALE
Art. 24 – Le facciate
p. 18
Art. 25 – La copertura
p. 18
Art. 26 – I comignoli
p. 19
Art. 27 – I solai e le volte
p. 19
Art. 28 – Le finestre
p. 19
Art. 29 – Le porte
p. 21
Art. 30 – Le balconate o ballatoi
p. 21
Art. 31 – I loggiati
p. 22
Art. 32 – Le scale
p. 22
Art. 33 – La zoccolatura
p. 23
Art. 34 – Le aree esterne
p. 23
Art. 35 – Il colore
p. 23
Art. 36 – Interventi sugli edifici esistenti e le nuove costruzioni
p. 24
ALLEGATI - TAVOLE ILLUSTRATIVE DEGLI INTERVENTI
Bibliografia
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ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
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TITOLO I – NORME ED INDIRIZZI GENERALI
Art. 1 – OGGETTO
Il presente abaco disciplina gli interventi costruttivi nel territorio rurale del PLIS delle
Valli d’Argon coscienti che i processi di industrializzazione e di abbandono delle
campagne hanno alterato quel rapporto armonioso fra le diverse attività dell’uomo e
il territorio agricolo.
In particolare le presenti norme costruttive hanno per oggetto gli interventi cosiddetti
minori diffusi nel territorio agricolo e gli edifici rurali tradizionali.
Art. 2 – FINALITA’
La finalità dell’abaco è mettere in evidenza quegli elementi costruttivi tradizionali e
quelle tecniche compatibili da utilizzare per migliorare e uniformare gli interventi nel
paesaggio rurale del Parco. Le presenti norme promuovono la conservazione dei
materiali, delle forme e il recupero di tecniche costruttive tradizionali.
Art. 3 – EFFICACIA
Le presenti norme sono prescrittive e acquistano efficacia dopo l’approvazione delle
stesse nei consigli comunali dei rispettivi comuni che compongono il Parco.
Gli elementi costruttivi descritti sono cogenti negli interventi nel territorio.
La Commissione del Paesaggio, verificate particolari condizioni del contesto e/o del
manufatto in esame, può derogare alle presenti norme perseguendo comunque le
finalità di cui all’art. 2.
Le disposizioni del presente abaco prevalgono nel territorio del Parco su quelle già
vigenti. Per quanto non previsto dal presente abaco si rimanda alle norme e ai piani
vigenti nei singoli territori comunali. Qualora le disposizioni del presente Abaco
risultino palesemente in contrasto e/o difformi dalle Norme contenute negli
strumenti urbanistici e Regolamentari dei singoli Comuni componenti il PLIS,
verranno applicate quelle più restrittive.
I manufatti ricadenti nelle zone sottoposte a vincolo paesaggistico-ambientale e/o
ad altri vincoli di tutela territoriale sono comunque assoggettati alle specifiche
disposizioni normative, autorizzatorie e procedurali in queste vigenti previste dai
rispettivi Enti di competenza.
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TITOLO II – ELEMENTI COSTRUTTIVI DIFFUSI
Il paesaggio rurale è costituito anche da elementi costruttivi cosiddetti minori però
importanti in quanto diffusi e capaci di esprimere quei legami con il territorio e in
generale una cultura fatta anche da capacità esecutive che si sta purtroppo
perdendo. Il presente abaco è anche un riepilogo, non certo esaustivo, di tali
tecniche, ma vuole riportare l'attenzione verso quella conoscenza storica, quella
memoria oggi turbata da elementi non sempre consoni con il paesaggio.
Nei due capitoli seguenti si affrontano gli elementi diffusi in area agricola dividendoli
in quelli della tradizione, cioè storicamente presenti, seppur in forme talvolta
diverse, mentre nel secondo capitolo gli elementi della “modernità” introdotti dal
sistema di relazioni con il territorio agricolo divenuto più articolato e complesso.
CAP.1 – ELEMENTI DIFFUSI DELLA TRADIZIONE
Art. 4 - LE RECINZIONI
Le recinzioni nascono con la finalità di chiudere un'area a pascolo o a coltura
specializzata (vigneto, frutteto, ecc.) e in generale per perimetrale un'area privata
nella quale si voleva impedire o limitare l'accesso. Storicamente scarse sul territorio
a causa dei costi, le più diffuse in ambito collinare erano in pali di legno con fili di
ferro.
Per le aree a bosco e in generale nel territorio agricolo si auspica un contenimento
della posa di recinzioni evitando così l’inserimento di ulteriori barriere visive e
fisiche nell’ambiente.
Le recinzioni esistenti potranno essere ripristinate e completate, per brevi tratti, con
i medesimi materiali utilizzati precedentemente, purché compatibili dal punto di vista
ambientale.
a) Staccionata con pali di legno
La staccionata in pali di legno è caratterizzata dai pali in castagno scortecciato
molto utilizzato un tempo nell'attività agricola per la capacità di resistere all'usura
del tempo.
Eventualmente impregnati color castagno, la staccionata in pali di castagno è
costituita solitamente da pali non troppo grossi in quanto la cultura rurale del luogo
non avrebbe mai sperperato materiale inutilmente. Queste staccionate sono
costituite da montanti verticali di diametro 12-15 cm., posti ad un interasse di circa
170-200 cm., e con lo stesso diametro viene utilizzato anche per il corrimano,
mentre i correnti orizzontali hanno diametro 8-10 cm. L’altezza della staccionata è
di circa 100 cm.
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Il fissaggio degli elementi può avvenire in diversi modi soprattutto attraverso viti del
legno, viti filettate e bulloneria previo il foro degli elementi. Nelle aree più sensibili,
ad esempio quelle prossime ai corsi d’acqua o in ambienti molto naturali, questa
tipologia di staccionata può essere realizzata senza plinto utilizzando pali a punta
conficcati nel terreno. In ambiti più antropizzati od ove vi è necessità di
maggiore stabilità si realizzano dei piccoli plinti in calcestruzzo di 50 x 50 cm.
occultati sotto il piano di campagna per almeno 10 cm.
Tale recinzione è prescritta per le aree ad alta sensibilità ambientale (boschi,
radure, ecc.) e in generale raccomandata per tutto il territorio del Parco.
b) Recinto in pali di legno e filo di ferro
Le recinzioni in pali di legno (castagno scortecciato) e in fili di ferro, erano molto più
diffuse nei decenni passati nei contesti agricoli collinari. La struttura molto semplice
è costituita dai pali in legno posti a circa 170-200 cm. collegati da 4 o 5 fili di ferro di
2,0 mm. di diametro collegati ai montanti mediante l’impiego di modesti
accorgimenti quali filo di ferro e chiodi.
L’altezza complessiva della staccionata è di circa 100 cm.
Tale recinzione è prescritta per le aree ad alta sensibilità ambientale (boschi,
radure, ecc.) e in generale raccomandata per tutto il territorio del Parco.
c) Recinto in pali di legno e rete metallica
Le recinzioni con rete metallica sono utilizzate in prossimità della residenza e per
contenere animali da allevamento. In questi casi la struttura è composta da pali di
castagno scortecciati posti a distanza 170-200 cm., eventualmente impregnati color
castagno, e da rete metallica intrecciata zincata a maglie quadrate. L’opera, di
altezza massima non superiore a 150 cm., se avente carattere permanente,
dev’essere inglobata da siepe nelle tipologie indicate nel successivo paragrafo.
d) Siepi
Le recinzioni dovranno essere preferibilmente realizzate allestendo dei moduli verdi
(siepi) con latifoglie arboree o cespugliose tipiche dell’ambiente del Parco. Le siepi
rappresentano un elemento importante anche per mitigare l’impatto di altre
recinzioni o manufatti in genere. La scelta deve orientarsi sempre su specie
autoctone e soprattutto presenti nel contesto nel quale è realizzato l’intervento.
Pertanto la fase di scelta deve essere preceduta da un’analisi dei luoghi collocando
gli arbusti in maniera irregolare e naturaliforme, evitando andamenti troppo rettilinei.
Inoltre, nella scelta è meglio utilizzare 3-4 specie anche con portamenti diversi al
fine di inserire ancor meglio il modulo verde nel contesto agricolo.
Le essenze da impiegare sono quelle tipiche dell’area del Parco quali ligustro
(Ligustrum volgare), il corniolo (Cornus mas), il biancospino (Crataegus monogyna),
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il carpino (Carpinus betulus) che mantiene la foglia anche nel periodo invernale, il
nocciolo (Corylus avellana), la rosa canina (Rosa canina), il viburno (Viburnum
lantana) e il sambuco (Sambucus nigra).
Sono da evitare sempre siepi di lauroceraso (Prunus laurocerasus) e di alloro
(Larus nobilis).
Art. 5 - I SENTIERI COLLINARI
L'ambiente collinare è stato abitato sin dall'antichità. Infatti, vi sono ritrovamenti
anche nei colli del PLIS che testimoniano la presenza dell'uomo sin dalla preistoria.
La necessità di rapidi spostamenti sulle terre alte ha segnato l'ambiente collinare di
sentieri più o meno importanti che nei secoli sono stati utilizzati anche per l'attività
agricola.
a) I sentieri
I sentieri hanno una larghezza molto variabile (da circa 60 a 200 cm. e oltre) dovuta
sia al ruolo strategico del percorso sia alle condizioni morfologiche del territorio.
Il fondo è solitamente costituito dalle terre, dal materiale organico e dalle rocce che
strutturano l'ambiente. In contesti di ristagno idrico o nei versanti rivolti a nord nasce
spesso l’esigenza di una compattazione del fondo e dello spandimento di pietrisco
di cava non lavato con pezzatura variabile da 0 a 40 mm. utilizzando colori simili
alla roccia affiorante. Il materiale utilizzato (non lavato e non vagliato) può essere
del pietrisco delle cave di Zandobbio.
Altro intervento indispensabile per conservare tali percorsi, oltre ad un taglio
periodico della vegetazione arborea ed arbustiva, è la formazione di canalette (vedi
art. 7) capaci di limitare il ruscellamento dell’acqua che causa fenomeni erosivi e
ristagni in presenza dei tratti piani.
Per i sentieri attraversati, per brevi tratti, da acque sorgive o caratterizzati da
eccessivi ristagni, nonché nella necessità di una maggiore accessibilità anche da
parte di persone con limitate capacità motorie è possibile adottare delle
pavimentazioni con tavole di legno di larice di spessore 3-4 cm. Tale percorso
ligneo è appoggiato su un sottofondo di pietrisco costipato e le tavole sono fissate
su travetti appoggiati a detta fondazione. E’ possibile fissare questi travetti di
appoggio mediante grappe in ferro fissate in profondità oppure attraverso, ove
l’ambiente lo consente, piccoli rinfianchi in calcestruzzo.
b) Le mulattiere
Le mulattiere, cioè percorsi per il transito dei muli o di altri animali da soma, sono
spesso caratterizzate dalla presenza di muri a secco laterali e da pavimentazioni
rustiche in materiale lapideo.
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Dalle dimensioni più ampie rispetto al sentiero per consentire il passaggio delle
bestie da soma cariche, la pavimentazione è spesso in acciottolato o in pietrame a
spacco con cordoli in pietra anch’essi a spacco.
Art. 6 - LE STRADE AGRICOLE
Altro importante elemento lineare del paesaggio è la strada agricola caratterizzate
dal fondo in pietrisco ben costipato dall'uso e dal passaggio dei mezzi agricoli. In
quelle meno impiegate spesso di costituivano delle trottatoie, cioè due fasce
bianche con area inerbita centrale.
a) La pavimentazione in terra battuta
La strada in terra battuta ha una larghezza media di 250-350 cm. ed è
caratterizzata dal non impiego di leganti. E’ realizzata mediante la formazione dello
scavo, la rullatura del fondo e la formazione di una massicciata di spessore 30 cm.
con idonea granulometria variabile compattata con rullo compressore da 8-12 t.
Successivo spandimento a finitura di stabilizzato di cava spessore 3/5 cm. con
idonea curva granolumetrica (da 0,075 mm. – 4 mm. circa) e rullatura e
compattazione con rullo compressore.
Fra il terreno e la massicciata è consigliabile inserire un “ non tessuto geotessile” il
quale limita il cedimento del fondo.
b) La pavimentazione in Glorit ® o similare
Le pavimentazioni naturali in terra stabilizzata Glorit ® o similare consentono di
ottenere un manufatto che esteriormente assume l'aspetto della terra battuta, ma
che presenta ottime caratteristiche di stabilità interna, portanza e resistenza agli
agenti atmosferici.
La realizzazione della pavimentazione avviene mediante la preparazione dei
materiali da miscelare: terra, stabilizzato/frantumato da cava, cemento, Glorit ®
nelle seguenti modalità: per ogni mc. d’impasto dosi di cemento 150 Kg Tipo
Portland 325/425, 5 litri di catalizzatore Glorit ® aggiunto alla quantità di acqua
necessaria all’umidità ottimale dell’impasto. L’impasto dovrà essere
successivamente steso per lo spessore richiesto (minimo 10 cm.).
c) La pavimentazione in calcestruzzo e pietrisco di cava
In situazioni limitate quali contesti molto acclivi, con fondo sconnesso dovuto a
rocce affioranti o con forte presenza di ristagni e apporti idrici superficiali, è
possibile intervenire con una pavimentazione che contempla l’utilizzo di
conglomerati cementizi.
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La realizzazione della strada avviene mediante lo scavo in sezione di un
"cassonetto" di forma rettangolare di altezza 30 cm. atto ad accogliere il sottofondo
di ghiaia rullata e la pavimentazione cementizia. Il fondo dello scavo
adeguatamente livellato, costipato e privato dalle radici, accoglierà il sottofondo in
ghiaia di granulometria mista e la pavimentazione in conglomerato di spessore 10
cm. cementizio con 200 Kg di cemento R 325 ogni mc. di impasto e rete
elettrosaldata 20x20 diam. 5 mm.
Fase importante nella realizzazione è lo spolvero superficiale in fase di getto con
ghiaietto misto di cava di Zandobbio non lavato e non vagliato. Infatti, è importante
che l’inerte sia ben costipato nel getto ma in maniera irregolare e non troppo
lisciato. La pavimentazione è completata mediante lo spandimento a secco di
ghiaietto misto di cava.
Nelle sezioni stradali più ampie è possibile riprodurre le trottatoie mediante la
formazione di due strisce più lisce è costipate.
d) La pavimentazione in acciottolato
I cortili e i percorsi più importanti sono caratterizzati da ciottoli, di colore
prevalentemente grigio, provenienti dai corsi d'acqua vicini.
Posati con l’asse maggiore verticale, il Ress o Risol, cioè l'acciottolato, è composto
da sassi di fiume intasati o sigillati con sabbia dopo adeguata battitura.
La sezione tipo di un acciottolato prevede uno strato iniziale di massicciata con
misto stabilizzato, sul quale è depositato uno strato spesso 10 cm. di sabbia lavata
e vagliata sopra la quale sono posati i ciottoli di grandezza compresa tra i 6 e 8 cm.
Il selciato può essere realizzato anche con ciottoli più grossolani soprattutto in
contesti meno urbani e con traffico veicolare pesante.
Art. 7 - LE CANALETTE
I sentieri, le mulattiere e i percorsi agresti in generale erano oggetto di minuziosa
manutenzione da parte dell'attività contadina finalizzata alla salvaguardia del
percorso e dei fondi boschivi vicini.
Le canalette, cioè piccole incisioni che raccolgono e deviano le acque meteoriche
nella direzione voluta, rappresentano un accorgimento per il controllo di piccoli
fenomeni erosivi che possono interessare i percorsi.
Ove il percorso non possiede gradini, la possibilità di controllare il ruscellamento
avviene mediante la collocazione di pali di castagno a formare un canaletto che
devia l'acqua a valle.
Nei sentieri tali canalette sono realizzate mediante la posa parallela di due pali di
castagno dal diametro di 12-15 cm., posti ad una distanza di 15-20 cm., distanza
tenuta da grappe in ferro diam. 12 mm. fissate nel legno ogni circa 50 cm.
Nelle strade campestri dove la pendenza può provocare il ruscellamento e quindi
l’usura della pavimentazione, è possibile anche impiegare tavole in larice o
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castagno nella sezione 20x5 cm. collegate da grappe in ferro diam. 12 mm. ogni
50/100 cm. circa.
La lunghezza delle canalette, posate obliquamente al tracciato, è proporzionale
all’ampiezza del percorso. Ai lati l’acqua si può accompagnare a valle ancora
mediante canalette oppure attraverso cunette di drenaggio laterali.
Il ruscellamento a lato del percorso deve essere sempre attentamente valutato per
prevenire fenomeni erosivi dei terreni adiacenti al percorso.
Art. 8 - LE SCALINATE E I GRADINI
Negli ambiti collinari del PLIS vi è spesso necessità di superare con i percorsi forti
dislivelli orografici. In base alla tipologia del percorso si possono adottare diverse
tecniche costruttive. Tali tecniche differiscono oltre che dai materiali impiegati dal
risultato paesaggistico che dev’essere consono al contesto più o meno urbano.
a) I gradini in legno
Lungo i sentieri montani è possibile incontrare gradini realizzati in pali di castagno
scortecciato o in legno recuperato in sito. Questi gradini, che hanno anche il pregio
di limitare il ruscellamento dell'acqua piovana nel sentiero, sono in pali del diametro
di 12-15 cm., con altri pali a sezione più piccola che reggono a valle il palo o i pali
orizzontali. In presenza di roccia per il sostegno possono essere utilizzate anche
laminati tondi di diametro adeguato.
Un altro materiale da impiegare in contesti più urbanizzati per formare scalinate può
essere le traversine ferroviarie bonificate posate sopra letto di malta e rafforzate da
barre in ferro per migliorare la tenuta.
b) I gradini in pietra
In ambito rurale è possibile utilizzare del materiale lapideo ricavato in sito come
valida alternativa ai gradini in legno. Nei sentieri i gradini in pietra sono formati da
sassi di grosse dimensioni posati a secco e opportunamente spessorati per
garantirne la stabilità.
In contesti prossimi all'urbanizzato, nelle mulattiere o in percorsi più importanti è
possibile realizzare gradini in pietra a spacco più o meno sbozzata. In particolare le
tipologie utilizzabili sono più rustiche negli ambienti naturali, mentre negli interventi
più urbani le alzate dei gradini divengono squadrate, spesso in pietra arenaria e con
superfici leggermente bocciardate.
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Art. 9 - I TERRAZZAMENTI
Nelle campagne in presenza di paesaggi terrazzati l’elemento strutturale rilevante è
la muratura a secco, cioè murature in pietrame più o meno sbozzato realizzate
senza l'ausilio di malte sfruttando esclusivamente la forza di gravità per contrastare
la spinta del terreno. Anche tale tecnica necessita della costante presenza
dell'uomo nel territorio al fine di imprimere una continua manutenzione al manufatto.
Infatti, tali strutture sono destinate a crollare qualora lasciate per lungo tempo
abbandonate.
E' importante nel ripristino o nelle nuove realizzazioni non impiegare
materiale eccessivamente squadrato. Nelle moderne realizzazioni o nei ripristini
ove non è possibile garantire una continua manutenzione è possibile eseguire una
lavorazione "semi-secco", cioè con la malta posta in profondità e arretrata rispetto
al filo della muratura in vista, al fine di creare lo stesso effetto del muro originario.
E’ possibile utilizzare tale tecnica anche per la regimazione idraulica di piccoli corsi
d’acqua.
Art. 10 - LA SISTEMAZIONE DEI CORSI D’ACQUA
Il Parco non è caratterizzato da grandi fiumi ma da piccoli corsi d'acqua di un
reticolo minore importante dal punto di vista naturalistico e del controllo
idrogeologico del territorio.
Premesso che l'alveo dei corsi d'acqua è da conservare nello stato naturale
permettendo le normali divagazioni, qualora vi fosse la necessità di limitare
fenomeni di erosione vi sono diverse tecniche che appartengono all’ ingegneria
naturalistica. Per il carattere dei corsi d'acqua in esame si identificano i seguenti
interventi da valutare puntualmente in base alle diverse problematiche.
a) Le viminate vive
E' importante premettere che gli interventi di erosione nei corsi d'acqua e il
contenimento delle frane o smottamenti in generale sono da valutare puntualmente
previa una serie di verifiche statiche e idrauliche importantissime.
Il carattere delle viminate vive permette di stabilizzare e controllare piccoli fenomeni
erosivi con una tecnica che presenta bassi costi e un basso impatto ambientale.
La viminata viva è costituita da pali verticali di castagno e di salice e verghe di
salice rosso (Salix purpurea) lunghe almeno 150 cm. intrecciate attorno ai pali sino
a costituire una barriera che a contatto con il terreno retrostante germina appunto
perché "viva". Il radicamento dei cespugli di salice permette la tenuta spondale.
Posata leggermente inclinata nella direzione della sponda, l’altezza della viminata
può variare da 30 a 80 cm. in base alle necessità di contenimento.
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b) Sistemazione spondale a copertura diffusa con ramaglia viva
Un’altra tecnica per consolidare le sponde fluviali è quella denominata a "copertura
diffusa" costituita essenzialmente dalla fitta distribuzione sulla sponda di astoni di
salice rosso (Salix purpurea) diametro 3-5 cm., con sopra una spolverata di terreno
vegetale, che germinando formano cespugli di salice che trattengono la sponda dai
fenomeni erosivi. Al piede si possono realizzare le viminate vive oppure nelle
situazioni di maggiore sollecitazione meccanica dei massi legati con fune d'acciaio
del diametro di 16 mm. e da picchetti in ferro.
c) Sistemazione spondale con gabbionate
Per il consolidamento di corsi d'acqua con forte trasporto solido possono essere
previste delle gabbionate costituite da gabbie in rete metallica zincata con
riempimenti in sassi di fiume o squadrati. Queste strutture elastiche hanno la
capacità di interagire con il sistema del corso d’acqua divenendo dopo poco tempo
un tutt’uno con la sponda.
Nel dettaglio le gabbionate hanno una profondità proporzionata allo spazio e
all’altezza della sponda oggetto d’intervento. Le gabbie o gabbioni, ancorati al
terreno con picchetti in legno o tondini in ferro, sono in filo di ferro zincato diametro
minimo 3 mm. e hanno dimensione della maglia minima 8x10 cm. a doppia
torsione. In seguito alla posa sono riempite da ciottoli di fiume di dimensione
superiore a quello delle maglie e dal colore simile a quelli del torrente oggetto
d’intervento. E’ importante la posa al fine di collocare in maniera corretta e a gravità
i sassi evitando “spanciature” che oltre che brutte ne pregiudicano la stabilità. Sulla
parte superiore la posa di terreno vegetale maschera la gabbionata la quale è
completata con l’inserimento di talee e rami vivi di Salice rosso (Salix purpurea)
posati anche attraverso i gabbioni sino al terreno retrostante.
d) Sistemazione spondale con muri a secco
Nelle vallecole del territorio del Parco è possibile intervenire per limitare i fenomeni
erosivi mediante piccoli muri a secco realizzati nelle dimensioni opportune a
resistere alle sollecitazioni della sponda e della forza dell’acqua.
I muri, simili nell’esecuzione a quelli che caratterizzano il paesaggio terrazzato,
sono costituiti di sassi posati senza l'ausilio di legante sfruttando la forza di gravità.
E' importante individuare la giusta dimensione e la qualità dei grossi sassi da
utilizzare i quali, oltre a confrontarsi con le forze meccaniche in gioco, devono
inserirsi gradevolmente e in maniera proporzionata nel corso d’acqua.
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Art. 11 – PASSERELLE E PONTI
L’attraversamento dei corsi d’acqua e dei numerosi fossi deve avvenire con ponti e
passerelle dalle forme e materiali gradevoli e legate alla tradizione. Sono consentiti
ponti e ponticelli sia in muratura sia in legno.
Ogni realizzazione dev’ essere preceduta da un’analisi idraulica del corso d’acqua e
da una progettazione strutturale del manufatto.
a) Passerelle in legno
In alcuni casi vi è la necessità di realizzare passerelle di modesta lunghezza per il
superamento dei fossi, aree umide e altri contesti nei quali i tradizionali percorsi non
possono essere realizzati. Le lavorazioni, come per altri elementi diffusi nel
paesaggio agrario del Parco, devono essere contestualizzate privilegiando
lavorazioni più rustiche negli ambienti più naturali.
Possono essere realizzati con legno di castagno, pino o abete impregnato color
castagno mediante l’orditura portante con due o tre travetti a sezione rettangolare o
tonda e tavole in larice o castagno di adeguato spessore (solitamente 4 cm.).
I parapetti, costituiti da verticali in pali di castagno o pino che spesso hanno la
funzione anche di orditura portante, si fissano ai travetti sotto l’assito con barre
filettate e bulloni. Il corrimano è anch’esso in palo di castagno o pino. Successiva
verniciatura delle parti lignee con impregnante color castagno.
In alternativa si possono realizzare piccole passerelle anche con traversine
ferroviarie bonificate di dimensioni ricavate nella modularità degli elementi lignei
(18x10x240 cm.). Il fissaggio degli elementi avviene mediante staffe fissate ad una
piccola fondazione in C.A. e mediante barre filettate capaci di unire fra loro le
diverse traversine.
b) Ponti in legno
Per luci più ampie i ponti, preferibilmente ad arco, possono essere realizzati con
travi o travi-parapetto in legno lamellare dipinte con impregnante color castagno, e
superiore posa di corrimano in tubolare diametro 33 mm. brunito con vernice opaca
RAL 7012. L’intradosso dell’arcata è formato da struttura metallica composta
essenzialmente da travi HEA in ferro brunito e controventature in barre a sezione
tonda. Il pavimento è costituito da tavole in larice spessore 4-5 cm. impregnato di
colore castagno spaziate 1 cm. fra loro.
c) Ponti in muratura
Nei corsi d’acqua più importanti è possibile riproporre ponti ad arco in pietra
realizzati con tecniche costruttive tradizionali.
Per contenere i costi di realizzazione si può realizzare l’arcata in C.A.
opportunamente celata da sassi fissati ai fianchi della struttura in fase di getto
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mediante squadrette di aggancio all’armatura in ferro. Successiva formazione di
parapetti in pietra a due paramenti e superiore corrimano in ferro in tubolare o in
legno in pali di castagno. La pavimentazione è in acciottolato, anche con piccoli
gradini, realizzata nelle forme e nelle modalità sopra descritte (vedi art. 6).
I fianchi possono essere anche parzialmente intonacati con colori ricavati con terre
o ossidi inseriti nell’impasto.
Art. 12 - LEGNAIE E RIPOSTIGLI
Spesso gli edifici rurali erano affiancati da piccoli fabbricati in legno adibiti a
fogliere, cioè locali di raccolta della foglia per il letto delle vacche, o per
l'allevamento degli animali da cortile. E' possibile utilizzare questa tipologia anche a
supporto della moderna manutenzione dei fondi. Tali ripostigli di dimensioni
relativamente modeste (non superiore a 20 mc.) hanno un’altezza interna media
non superiore di 220 cm, un tetto ad una o due falde e sono realizzati in legno (sia
allo stato grezzo sia con tavole) con manto di copertura in coppi. Privi di lattoneria,
non hanno finestre ma solo aperture nella parte alta sottotetto.
I requisiti minimi per poter realizzare questi piccoli volumi sono disciplinati nei PGT
dei comuni che compongono il Parco.
Art. 13 – ORTI E ALLEVAMENTI
Gli orti rappresentano uno spazio legato ad un’attività che è stata sempre presente
nelle aree prossime agli edifici rurali.
Le attività orticole domestiche a carattere famigliare dovranno possedere caratteri
estetici tali da non incidere sul fragile paesaggio agricolo. In particolare le recinzioni
a protezione delle colture dovranno essere sempre affiancate da siepi autoctone.
Anche l’utilizzo dei materiali plastici dev’essere limitato e possibilmente mascherato
mantenendo uno stato decoroso dell’area.
Nel Parco è vietata la costruzione di nuove attrezzature legate all’allevamento
intensivo o industriale degli animali. E’ permessa la sola presenza di piccoli
allevamenti di tipo famigliare i quali dovranno comunque rispettare i caratteri
costruttivi e tipologici illustrati nel presente corpo normativo.
Le coperture stagionali a protezione di piccoli animali allevati all’aria aperta di cui
all’art. 33 della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12 dovranno essere realizzate
con i caratteri evidenziati per le legnaie e i ripostigli all’art. 12 del presente abaco.
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CAP.2 – ELEMENTI DIFFUSI DELLA MODERNITA’
Art. 14 - PISTE CICLABILI
Le piste ciclabili rappresentano nel Parco un elemento della cosiddetta viabilità
secondaria molto importante sia per godere di ambienti naturali sia come valida
alternativa alla mobilità sulla viabilità ordinaria.
La pista ciclabile ha una dimensione per la pista monodirezionale di 150 cm, mentre
quella bidirezionale deve avere una larghezza minima di 200 cm. con un valore
raccomandato minimo di 250 cm.
Il carattere della pavimentazione da utilizzare nel contesto sono quelli indicati per le
strade campestri in terra battuta. In particolare l’esecuzione prevede lo scavo e
formazione di massicciata spessore 20-25 cm. con idonea granulometria variabile,
rullatura e compattazione con rullo compressore da 8-12 t; finitura in stabilizzato di
cava spessore 3-5 cm. con idonea curva granulometrica (da 0,075 mm. – 4 mm.
circa) e successiva rullatura e compattazione con rullo compressore. Per migliorare
il risultato è importante la formazione di cordolo con tavole in legno altezza minima
10 cm. e spessore minimo 2,5 cm (oppure 1 cm nelle curve con raggio molto
contenuto) opportunamente fissate e rinforzate sul fianco con tavole e tondini di
ferro piantati nel terreno. Sistemazione della terra di coltivo a rinfianco dei cordoli
lignei e successiva semina a prato.
In condizioni particolari quali, ad esempio, percorsi caratterizzati da forti pendenze
oppure un utilizzo aperto a diverse categorie di utenti (mezzi agricoli, equitazione,
ecc.) è possibile previo parere delle Commissione del Paesaggio adottare la tecnica
costruttiva di cui all’art. 6.c.
Art. 15 – PERCORSI EQUESTRI
I percorsi equestri devono essere specificatamente individuati per tale attività e
separati, seppur talvolta vicini, ad altri tipi di percorsi. Tale scelta è dettata da ovvie
ragioni di usura determinata dai cavalli sulla pavimentazione.
Il percorso equestre, la cui dimensione è compresa fra 150-250 cm., è realizzato
mediante la formazione di un cassonetto nel terreno di altezza 30 cm. con il fondo
ben rullato e costipato. Eseguita la fondazione di 20 cm in misto granulare
anch’essa rullata, si distribuisce il “cippato” di legno di spessore 8-10 cm. il quale
permette la formazione di una superficie morbida e porosa.
Qualora vi sia la previsione di utilizzi promiscui (ciclabile, cavalli, ecc.) è possibile
ricorrere alla tipologia in terra battuta.
Ove le condizioni lo consentono i percorsi possono essere lasciati a prato.
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Art. 16 - LE SEDUTE
La moderna fruizione degli ambiti naturali ha spinto talvolta ad inserire quegli
elementi tipici della città con la volontà di rendere più gradevole e accessibile le
passeggiate nel tempo libero. Spesso caratterizzano radure e aree gradevoli alla
sosta. Le variabili tipologiche sono riferite al contesto: dal tronco appoggiato su due
massi, alla seduta pic-nic costituita da legno impregnato per gli ambiti più
antropizzati.
a) La seduta in pali di legno
Lungo i sentieri collinari è possibile realizzare delle sedute rustiche, con o senza
schienale, utilizzando pali tondi e mezzi tondi dal diametro compreso tra i 12 e i 15
cm. opportunamente inchiodati o avvitati fra loro. Il materiale da utilizzare sono i pali
di castagno scortecciato o altro materiale ligneo reperito in sito. L'utilizzo di
materiale scortecciato garantisce una perfetta mimesi del contesto naturale.
b) Il tavolo pic-nic in legno
In contesti ancor più antropizzati si possono realizzare dei tavoli con sedute in
tavole di larice o pino impregnato in autoclave. Le dimensioni del tavolo sono 85 x
200 x h 75 cm. con le sedute di altezza 45 cm. da terra. La finitura avviene sempre
con impregnante color castagno.
I tavoli sono fissati mediante plinti in calcestruzzo leggermente armati.
c) Il tavolo pic-nic in traversine ferroviarie
Nel Parco sono già presenti in alcuni contesti tavoli con panche realizzati con
traversine ferroviarie bonificate. Questi arredi lignei, fissati a terra con plinti, sono
realizzati con traversine ferroviarie unite da chiodi e grappe in ferro nelle dimensioni
del multiplo dell’elemento ligneo costruttivo (in genere 18x10x240 cm.).
La finitura avviene sempre con impregnante color castagno.
Art. 17 - CARTELLONISTICA PUBBLICITARIA E INFORMATIVA
Le insegne pubblicitarie sono un elemento della modernità e tradizionalmente non
diffuse nel territorio del Parco. Al fine di tutelare il paesaggio del PLIS le insegne
ammesse sono solo i cartelli direzionali redatti ai sensi del Nuovo Codice della
Strada e quelli con le caratteristiche sotto evidenziate.
La cartellonistica pubblicitaria è limitata alle attività presenti nel territorio del Parco e
in particolare alle attività agrituristiche e ricettive in generale per la sola necessità di
orientare il visitatore al luogo. Queste dovranno avere un ingombro massimo di
circa 1,00 x 1,20 m. e utilizzare materiali e forme compatibili con il contesto. Fra i
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materiali indicati compatibili vi sono il legno, la lamiera verniciata e il ferro battuto,
escludendo l’utilizzo di insegne con luce fluorescente e in generale con materiali o
colori invasivi dell’ambiente.
La collocazione di dette insegne è vincolata al parere della Commissione del
Paesaggio che valuta il contesto d’intervento e quindi l’impatto delle opere
sull’ambiente.
Per la cartellonistica informativa e direzionale oltre a quella definita già definita dal
PLIS delle Valli d’Argon si rimanda alla D.G.R. 16 aprile 2004 N. 7/17173 –
Determinazione delle caratteristiche della segnaletica nelle aree protette regionali.
Art. 18 – COPERTURE STAGIONALI
Le attività orticole e florovivaistiche con coperture fisse, provvisorie o stagionali
(serre mobili, a tunnel o simili di qualunque altezza) a protezione delle colture sono
vietate per il forte impatto sul paesaggio del Parco.
Sono ammesse coperture stagionali di piccola superficie e a supporto di attività
orticole a carattere famigliare previa verifica dei luoghi e dell’opera da parte della
Commissione del Paesaggio.
Art. 19 – IMPIANTI FOTOVOLTAICI
E’ consentita l’installazione di pannelli fotovoltaici nel territorio del Parco solo per il
fabbisogno famigliare legato alla attività dell’abitare o dell’attività agricola. La
collocazione di detti pannelli è vincolata al parere della Commissione del Paesaggio
che valuta puntualmente il contesto e l’impatto dell’impianto nell’ambiente del
Parco.
Art. 20 – IL BARBECUE
In prossimità delle aree pic-nic ben identificate dal Parco è possibile trovare
l’esigenza di realizzare dei barbecue per evitare fuochi estemporanei e non
controllati spesso pericolosi.
La struttura del barbecue è realizzata in sassi squadrati di Credaro o di Casazza
per un’altezza complessiva di 110 cm. e poggia su una fondazione in calcestruzzo
leggermente armata. Il braciere è formato da una soletta in C.A. spessore 10 cm. e
superiore rivestimento interno in mattoni refrattari disposti a taglio per un’altezza di
almeno 24 cm. Lo spazio sottostante al braciere è utilizzato per il deposito della
legna da ardere. Completa la realizzazione, la griglia in acciaio di cm 47x47
opportunamente ancorata alla struttura con una catena in ferro.
Negli ambienti più sensibili è auspicabile la riduzione dell’altezza riducendo lo
spazio per la legna.
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Art. 21 - VOLUMI E IMPIANTI TECNOLOGICI
I volumi e le reti tecnologici in generale devono essere preferibilmente interrati.
Qualora non vi sia la possibilità di realizzarle sotto la quota di campagna si
adotteranno tecniche costruttive e forme capaci di occultarne la presenza nel
paesaggio agricolo.
I volumi avranno la copertura a falde con manto di rivestimento in coppi o tegole a
canale. Le fronti saranno rivestite in tavole di legno di larice o castagno di altezza
minima 13 cm. e spessore minimo 2,5 cm. disposte orizzontalmente su orditura
portante verticale in listelli di legno o in alluminio opportunamente fissata con
tasselli alla muratura perimetrali. Tale tecnica di mascheramento è auspicata anche
per i volumi tecnologici già esistenti.
L’area di accesso e di sosta saranno ulteriormente schermate con cespugli (vedi
art. 4) autoctoni disposti in maniera irregolare e con essenze variegate.
Art. 22 – PISCINE E IMPIANTI SPORTIVI PERTINENZIALI
Nell’area del Parco è sempre possibile realizzare piscine naturali o biopiscine le
quali, costruite per la balneazione, sono caratterizzate da un corpo d'acqua che si
inserisce in maniera naturaliforme nel paesaggio. Non disinfettate chimicamente, la
costante qualità dell’acqua balneabile è garantita principalmente mediante un
trattamento biologico di fitodepurazione.
Le piscine tradizionali, sempre di carattere pertinenziale agli edifici esistenti, sono
ammesse solo previo parere della Commissione del Paesaggio che verifica
anche:
a. il limite dimensionale contenuto e comunque non oltre i 50 mq.;
b. la compatibilità con le pertinenze nobili degli edifici storici quali
ville, dimore, ecc.;
c. la realizzazione nel rispetto dell’orografia esistente e comunque
al di sotto della linea naturale del terreno;
d. la esclusione di taglio della vegetazione arborea d’alto fusto.
Nell’area del Parco non sono ammessi in soprassuolo gli impianti sportivi anche di
carattere pertinenziale e famigliare.
Art. 23 –MOVIMENTI DI TERRA, CAVE, DISCARICHE E DEPOSITI
Nel PLIS sono vietati i movimenti di terra che modificano l’orografia del terreno, ad
eccezione delle opere di pubblica utilità introdotte dalle Amministrazioni e nei casi
previsti nella presente normativa.
Anche le cave, le miniere e le discariche sono vietate nel territorio del PLIS.
I depositi, anche temporanei, sono vietati fatta eccezione per le normali attività
agro-silvo-pastorali e le attività interne alle aree di cantiere.
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III TITOLO - ARCHITETTURA RURALE
Il territorio del PLIS delle Valli d'Argon è punteggiato da numerose case contadine
in parte recuperate negli ultimi anni.
Queste architetture disposte nel territorio collinare hanno costituito quell'importante
presidio rurale che nei secoli ha plasmato e influenzato il paesaggio agricolo.
Le case contadine sono state costruite utilizzando materiali naturali spesso reperiti
in sito con forme e colori quindi ben integrati con il contesto agreste.
La tipologia maggiormente presente è quella tipica della cascina di pianura, con il
loggiato, anche se alcuni elementi, quali ad esempio la presenza diffusa di elementi
lignei, mostrano un timido e graduale passaggio verso un’architettura alpina.
Elencare i principali elementi tipologici che caratterizzano tali edifici, significa
recuperare la memoria di tecniche costruttive risultato del secolare legame fra le
attività dell’uomo e il territorio.
Art. 24 - LE FACCIATE
Le facciate degli edifici rurali sono costituite da rapporti tra pieni e vuoti ben precisi
quale risultato di tecniche costruttive e tipologie consolidatesi nel tempo.
Il prospetto a mezzogiorno è spesso caratterizzato dal loggiato e/o da ballatoi
anche se quest’ultimi più diffusi nell’area montana. I prospetti rivolti a nord o verso
monte sono poco articolati e quasi sempre caratterizzati da poche aperture e di
ridotte dimensioni. Le aperture più grandi sono destinate agli ingressi alle stalle e
ancor più al fienile.
Le murature, costituite da pietrame irregolare e mattoni, si presentano intonacate,
con mattoni a vista solo a formare trame trasparenti per ventilare i fienili alternate a
tamponature in tavole o graticci di legno con diverse orditure.
Talvolta sulla facciata principale sono presenti piccoli affreschi votivi o meridiane.
Per quanto attiene al colore si rimanda al successivo art. 35.
Art. 25 - LA COPERTURA
La struttura della copertura è in legno solitamente in pali di castagno a sezione
tonda o rettangolare. La tipologia della copertura ricorrente è quella a due falde,
con manto di copertura in coppi con una pendenza delle falde compresa fra il 30 e il
35%.
Le falde hanno uno sporto di gronda solitamente contenuto, soprattutto nei lati corti
del fabbricato. La gronda assume maggiore sporgenza a protezione dei ballatoi (rari
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nel contesto), che comunque in genere non supera gli 80-120 cm. Le travi principali
e i travetti sono visibili in corrispondenza degli sporti di gronda che sono realizzati
con assito in tavole a giunto aperto o accostate da 20-30 cm. La testata delle travi
e travetti presenta delle lavorazioni a “barbacane” molto semplici.
I canali di gronda e i pluviali sono generalmente in lamiera povera non verniciata.
Nei recuperi potranno essere realizzati in lamiera di rame mantenuto al naturale o
ossidato.
Art. 26 - I COMIGNOLI
I comignoli delle case contadine rappresentano anch'essi un elemento identificativo
della cultura costruttiva locale. Negli edifici rurali hanno forme solitamente semplici
via via più complesse nelle dimore urbane e signorili di campagna.
I comignoli sono nello stesso materiale che costituisce la muratura e sono
intonacati. La copertura è solitamente a due falde con coppi talvolta fissati con
pinnacolo rustico in malta o in materiale lapideo. Taluni più elaborati possiedono
semplici fasce in mattoni a vista che marcano le diverse parti del comignolo.
A pianta solitamente quadrata, la dimensione è contenuta.
Art. 27 – I SOLAI E LE VOLTE
I solai che costituiscono le case contadine, solitamente composte da due a tre
piani, sono prevalentemente in legno. La struttura è composta solitamente da
travetti con spigoli arrotondati o a sezione tonda e tavole in legno di larice di
spessore 20-25 mm. e larghezza variabile 25-30 cm. accostate e disposte
trasversalmente a costituire il pavimento. L’orditura in travetti dei solai è appoggiata
alla muratura o a travi di grande dimensione (25-30 cm. di diametro) sorrette dai
pilastri del loggiato.
In casi più rari al piano terra e interrato in corrispondenza delle cantine e delle
stalle, si possono trovare ampie volte a botte, a vela e a crociera realizzate con
mattoni o pietra, spesso contrastate da tiranti in ferro. Talvolta pilastri o colonne in
pietra arenaria sorreggono l’imposta delle volte.
Art. 28 - LE FINESTRE
Le finestre hanno il compito di garantire una luce diurna sufficiente per le diverse
attività nella casa e nella stalla.
La forma e le dimensioni delle finestre varia fra gli edifici rurali in base alla
destinazione dei locali. In generale per le finestre predomina la forma rettangolare
con larghezza compresa fra 80 e 100 cm. e di altezza compresa tra 100 e 170 cm.
e tra i 190 e 220 cm. per le porte-finestre.
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Le cantine, le stalle e i sottotetti sono caratterizzati da aperture di minori dimensioni,
allineate verticalmente con quelle principali, ma con forme particolari (quadrate e
rettangolari per le cantine e le stalle rettangolari e talvolta ellittiche per i sottotetti)
che caratterizzano la facciata. I vani finestrati sono in genere strombati e con
“mazzetta”.
Gli infissi in legno sono generalmente a due ante, ripartite spesso in 2 o 3
specchiature da traverse orizzontali.
Nelle stalle, nelle cantine e in genere nei locali non adibiti a residenza gli infissi
sono generalmente assenti.
a) Contorni e davanzali
Le aperture, di dimensioni sempre contenute, hanno spesso un contorno in pietra
arenaria o, più raro, in pietra calcarea (Sass de La Luna) ben squadrato o sbozzato
con inferriata in ferro battuto quadro o rotondo a disegno semplice. L’altezza del
contorno è variabile da 13 a 16 cm. spesso leggermente martellinato o bocciardato.
Solo nelle stalle o nei fienili le aperture sono talvolta prive di contorni o provviste
solo di architrave o contorno in legno.
Nelle cascine in pianura si trovano anche i contorni in mattoni spesso intonacati o
lasciati a vista.
Nei piani superiori in assenza delle inferriate è spesso presente solo il davanzale in
pietra arenaria (spessore da 6 a 10 cm.). Al solo davanzale negli edifici a carattere
residenziale si accompagnano contorni talvolta realizzati con intonaco e tinta
diversa da quelle della fronte.
b) Gli oscuranti
Le finestre sono spesso caratterizzate da oscuranti in legno soprattutto per le parti
destinate a residenza. Composte da tavole verticali in larice o castagno gli antoni
sono quelli più utilizzati. Questi, composti da un telaio a due specchiature in
massello, sono fissati alle murature o ai contorni mediante cerniere povere nella
lavorazione.
Gli ambienti rurali quali stalle e fienili sono privi di oscuranti e spesso anche di
contorni.
Gli scuri interni, quando presenti, sono realizzati con pannelli di legno dolce, più o
meno lavorati, di spessore ridotto in quanto avendo la sola funzione oscurante non
sono sottoposti all’azione di agenti atmosferici e quindi meno soggetti al
deterioramento.
c) Le inferriate
La tipologia di inferriata più ricorrente è quella a maglia ortogonale costituita da
elementi in ferro battuto verticali e orizzontali a sezione tonda o quadrata di
dimensione variabile tra 10 e 15 mm. I tondini verticali attraversano quelli orizzontali
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che sono forgiati ad asola. Il passo dei ferri verticali è variabile fra 13 e 15 cm.,
mentre il passo delle traverse risulta variabile in funzione dell’altezza del vano libero
generando una trama costituita da campiture quadrate o rettangolari.
Questo tipo di inferriata veniva murata direttamente nelle spalle in pietra della
finestra. Negli edifici più rurali l’inferriata è spesso murata direttamente nella
muratura e nell’architrave in legno.
Un’altra tipologia di inferriata presenta bacchette verticali in ferro pieno di sezione
quadrata collegati tra loro da piatti orizzontali di larghezza 30 mm. Questo tipo di
inferriata contiene un numero limitato di traverse orizzontali che ne esalta la
verticalità.
Art. 29 - LE PORTE
Anche le porte si distinguono in base all'edificio e all'uso fatto. Vi sono porte di
stalle e fienili composte da tavole esterne orizzontali in larice o castagno e tavole
interne verticali che formano anche la battuta. Altre per le abitazioni hanno tavole
ancora orizzontali spesso maschiate fra loro e con tavole verticali all’interno
riccamente chiodate.
Nelle parti residenziali di maggior prestigio sono presenti contorni in pietra arenaria
e soglia costituita anch’essa da una lastra di pietra. Nelle stalle spesso non vi è
nemmeno il telaio, ma la porta è fissata ai cardini direttamente alla muratura.
Il vano del portone d’ingresso è nella maggior parte dei casi di forma rettangolare
con parte superiore ad arco a tutto sesto.
Le porte-finestre delle case, a un battente, hanno la parte inferiore piena e la parte
superiore vetrata con piccoli traversi che dividono in 6 o 4 riquadrature.
I portoni di ingresso in generale sono a un’anta in legno (castagno, larice o noce) di
disegno e struttura semplice. I portoni più grandi che danno accesso ai fienili
possono essere a due ante.
La chiusura della porta avviene con catenacci in ferro, spesso affiancati da
serrature a chiave, solitamente privi di motivi decorativi. Solo i catenacci su porte
importanti possono essere ingentiliti con particolari lavorazioni.
Art. 30 - LE BALCONATE O BALLATOIO
Nelle costruzioni rurali è presente, sul lato solatio o verso valle, la balconata o
ballatoio è strutturata su mensole in legno e montanti lignei ancorati ai travetti di
gronda con grossi chiodi.
Il ballatoio, poco diffuso nel Parco in favore di tipologie più aperte quali il loggiato,
svolge la funzione di disimpegno a servizio dei locali destinati a residenza o di
balconata stenditoio dei prodotti agricoli. Spesso costituisce un’estensione del
loggiato ampliando così la superficie del fienile.
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I parapetti sono a disegno semplice spesso costituito negli edifici più semplici in
traversi squadrati o pali grezzi di castagno fissati ai montanti verticali. In altri casi
ancora i parapetti sono in tavole verticali semplici fissate fra i traversi orizzontali a
sezione rettangolare.
Talvolta il parapetto è in tavole grezze sempre disposte orizzontalmente che lo
rendono quasi cieco.
Il pavimento è in tavole di legno di larice o castagno di spessore 20-25 mm.
disposto trasversalmente su orditura secondaria composta da travetti a sezione
tonda appoggiati sulle grosse mensole in legno murate.
Art. 31 - I LOGGIATI
I loggiati, diffusi nel territorio del Parco, sono spazi aperti verso il cortile con funzioni
di disimpegno degli spazi abitati e, stagionalmente, utilizzati anche come
essiccatoio o fienile. Anche a tre piani, il loggiato è tipico delle architetture rurali di
pianura, anche se si trova in aree collinari. Spesso areati anche ai fianchi da trame
trasparenti in mattoni o da aperture sottotetto chiuse talvolta da graticci in legno,
sono serviti da brevi rampe di scale lignee con parapetto semplice, spesso chiuse
da strutture in legno, di cui i primi gradini sono in pietra.
I pilastri che strutturano il loggiato sono in mattoni (spesso a cinque teste)
intonacati, mentre la prima parte è talvolta in pietra squadrata con basamento. E’
possibile anche riscontrare al piano terra pilastri a sezione ottagonale per tutta
l’altezza, con veri e propri capitelli.
I parapetti sono in legno a disegno semplice con tavolette verticali fissate agli
estremi a traversi orizzontali a sezione rettangolare oppure con tavole che corrono
orizzontalmente (minimo tre). In alcuni casi si possono anche rilevare barriere in
ferro a disegno semplice di fattura più recente formate da barre a sezione quadrata
e corrimano in ferro piatto.
Anche i loggiati possono avere montanti ancorati ai diversi solai e superiormente
alla trave portante del tetto. Talvolta questi sono attraversati da elementi lignei
orizzontali per favorire l’essiccamento dei cereali.
Negli interventi di ristrutturazione i loggiati possono essere anche chiusi con
finestrature per nuove destinazioni, chiusura che dovrà avvenire rispettando la
simmetria della fronte e in posizione arretrata rispetto ai pilastri al fine di conservare
lo “sfondato” tipico di questi ambienti.
Art. 32 - LE SCALE
Le case contadine sono caratterizzate da scale (che possono essere anche più di
una) poste nel loggiato che permettono di accedere ai piani superiori. Di forma
semplice e ripide disimpegnano la zona notte posta ai piani superiori.
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La maggior parte delle scale sono in tavole di legno anche se i primi gradini sono in
pietra locale (talvolta anche con lavorazioni a toro) per proteggere la scala dalle
acque meteoriche e dagli animali. I parapetti sono in semplici tavole longitudinali
(solitamente 2 o 3) che accompagnano le ripide scale.
Talvolta la prima parte della scala è chiusa e provvista di porta/cancello sempre in
legno per impedire l’accesso ai piani superiori.
Ove la tipologia è più “chiusa” cioè priva di grande loggiato la scala può essere in
continuità del ballatoio, spesso chiusa ai lati e con porta.
Art. 33 - LA ZOCCOLATURA
Nell’architettura rurale l’impiego di elementi di tipo prettamente decorativo come
zoccolature, cornici, marcapiani sono poco diffusi. E’ possibile trovare modeste
decorazioni o falsi bugnati nelle parti residenziali di recente fattura, mentre nelle
tipologie più povere e nei manufatti asserviti all’esclusivo utilizzo agricolo questi
sono assenti.
Negli interventi di recupero al fine di assolvere alla necessità di proteggere la parte
più bassa dalle piogge meteoriche, si possono realizzare zoccolature con intonaco
strollato detto “crespone” di altezza 50-60 cm.
Art. 34 – LE AREE ESTERNE
Le aree esterne alla casa contadina sono caratterizzate dal cortile, spazio che si
riduce sensibilmente via via che le architetture abbandonano le aree di pianura.
Tali cortili si presentano prevalentemente sterrati in quanto la pavimentazione è
rilegata solo in prossimità della casa e sotto i loggiati. La pavimentazione più
utilizzata è l’acciottolato posato in maniera irregolare e in diverse misure contenuto
da cordoli in pietra arenaria.
Negli spazi esterni bisogna evitare caminetti e barbecue in qualsiasi materiale e
panchine, tavolini, staccionate, tettoie e manufatti vari, realizzati con materiale
diverso dal legno.
Art. 35 – IL COLORE
Il colore negli edifici rurali tradizionali è sempre stato caratterizzato da tinte tenue
tipiche del paesaggio bergamasco.
Le fronti sono spesso intonacate con intonaci poveri realizzati con calce e sabbia
grossolana sporca di terra (il cosiddetto PaIciù). Talvolta scialbature con ossidi e
minerali colorano la facciata con tinte più forti privilegiando i colori ocra e le terre.
Nel rifacimento degli intonaci, l’impasto dovrà riprendere il colore originario
attraverso ricette di impasto composte da una miscela di calce, cemento bianco,
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sabbia, polvere e graniglia di marmo (Bianco Zandobbio, Giallo Mori, Rosso
Verona) oppure in alternativa utilizzando terre pigmentate sempre nella gamma
degli ocra e delle terre (Ocra Gialla, Ocra bruna, Terra di Siena Naturale e Bruciata,
Terra d’Ombra Naturale Chiaro e Bruciata) da aggiungere alla stabilitura.
In generale sia per gli edifici tradizionali e sia per quelli nuovi sono escluse le tinte
forti e i colori che non appartengono alla tradizione del contesto.
In assenza di piani o di esperti del colore specificatamente nominati dalle
amministrazioni, il presente abaco identifica una serie di colori nella codifica NCS
(Natural Color System) sempre da campionare e da porre all’attenzione della
Commissione del Paesaggio. Auspicando specifici piani del colore le tinte da
utilizzare sono: S 0502-Y, S 1002-Y, S 0502-Y50R, S1020-Y20R, S0510-Y20R,
S0520-Y30R, S1510-Y60R, S1020-Y40R, S 1015-Y70R, S 1015-Y50R e S 2030Y60R.
Art. 36 – INTERVENTI SUGLI EDIFICI ESISTENTI E LE NUOVE COSTRUZIONI
Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente presente nel PLIS sono tesi a
recuperare gli elementi costruttivi e le forme della tradizione come evidenziato nelle
finalità del Titolo I. In particolare le strutture e i sistemi costruttivi di cui al presente
Titolo, quando esistenti, sono sempre da recuperare e solo in casi di forte degrado
materico vanno sostituiti nelle medesime forme e qualità.
Le nuove costruzioni devono essere progettate con particolare attenzione
all’orografia, allo stato dei luoghi e con forme e materiali che richiamano quelli
descritti negli articoli precedenti. In particolare sono prescrittive la copertura a falde,
il manto di rivestimento in coppi, la finitura delle facciate con intonaco (anche con
inserimento di parti o porzioni in pietra naturale, in legno e in mattoni) e i serramenti
in legno.
La realizzazione degli interventi di cui al presente articolo, oltre ad essere conformi
alla disciplina edilizia ed urbanistica del comune territorialmente competente, è
comunque vincolata al parere della Commissione del Paesaggio.
24
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
ALLEGATI - TAVOLE ILLUSTRATIVE DEGLI INTERVENTI
Cap.1 - Elementi diffusi della tradizione
Art. 4 RECINZIONI
Figura 4. a1
Figura 4. a2
Figura 4. a3
Figura 4. b1
Figura 4. b2
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 5 I SENTIERI COLLINARI
Art. 6 LE STRADE AGRICOLE
Figura 5. a1
Figura 6. a1
Figura 6. c1
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Figura 6. d1
Figura 6. d2
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 7 LE CANALETTE
Figura 7. 1
Figura 7. 2
Figura 7. 3
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 8 LE SCALINATE E I GRADINI
Figura 8. a1
Figura 8. a2
Figura 8. a3
Figura 8. b1
29
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 9 I TERRAZZAMENTI
Figura 9. 1
Figura 9. 2
Figura 9. 3
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 10 LA SISTEMAZIONE DEI CORSI D’ACQUA
Figura 10. a1
Figura 10. a2
Figura 10. b2
Figura 10. b1
31
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Figura 10. c1
Figura 10. c2
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 11 PASSERELLE E PONTI
Figura 11. a1
Figura 11. a2
Figura 11. a4
Figura 11. a3
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Figura 11. b1
Figura 11. b2
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Figura 11. c1
Figura 11. c2
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 12 LEGNAIE E RIPOSTIGLI
Figura 12. 1
Figura 12. 2
Figura 12. 3
36
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Cap.2 - Elementi diffusi della modernità
Art. 14 PISTE CICLABILI
Figura 14. 1
Figura 14. 2
Figura 14. 3
37
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 15 PERCORSI EQUESTRI
Figura 15. 1
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 16 LE SEDUTE
Figura 16. a1
Figura 16. b1
Figura 16. c1
39
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 17 CARTELLONISTICA PUBBLICITARIA E INFORMATIVA
Figura 17. 2
Figura 17. 1
Figura 17. 3
Figura 17. 4
40
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art.20 IL BARBECUE
Figura 20. 1
Figura 20. 2
41
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
ALLEGATI - TAVOLE ILLUSTRATIVE DEGLI INTERVENTI
Architettura rurale
Art. 24 LE FACCIATE
Figura 24. 2
Figura 24. 1
Figura 24. 4
Figura 24. 3
42
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 26 I COMIGNOLI
Figura 26. 1
Figura 26. 2
Figura 26. 3
43
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 28 LE FINESTRE
Figura 28. a2
Figura 28. a1
Figura 28. a4
Figura 28. a3
Figura 28. a5
44
Figura 28. a6
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Figura 28. b1
Figura 28. b3
Figura 28. b2
Figura 28. c1
Figura 28. b4
45
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 29 LE PORTE
Figura 29. 2
Figura 29. 1
Figura 29. 4
Figura 29. 3
Figura 29. 5
46
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 30 LE BALCONATE O BALLATOI
Figura 30. 1
Figura 30. 3
Figura 30. 2
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 31 I LOGGIATI
Figura 31. 1
Figura 31. 2
Figura 31. 3
Figura 31. 5
Figura 31. 4
48
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 32 LE SCALE
Figura 32. 2
Figura 32. 1
Figura 32. 4
Figura 32. 3
49
PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Art. 35 – IL COLORE
Tavolozza colori NCS ( Natural Color System )
S 0502 - Y
S 1002 - Y
S 0502 - Y50R
S 1020 - Y20R
S 0510 - Y20R
S 0520 - Y30R
S 1510 - Y60R
S 1015 - Y50R
S 2030 - Y60R
S 1020 - Y40R
S 1015 - Y70R
Attenzione!! Per effetto della stampa i colori riportati sono indicativi, mentre sono
prescrittivi i codici o i nomi.
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PLIS delle Valli d’Argon
Comuni di
ALBANO SANT’ALESSANDRO, CENATE SOTTO,
SAN PAOLO D’ARGON, TORRE DE’ ROVERI
provincia di Bergamo
Terre pigmentate alternative alle polveri di marmo
Ocra Gialla
Ocra bruna
Terra di Siena naturale
Terra di Siena bruciata
Terra d’Ombra Naturale Chiaro
Terra d’Ombra bruciata
Attenzione!! Per effetto della stampa i colori riportati sono indicativi, mentre sono
prescrittivi i codici o i nomi.
51
BIBLIOGRAFIA
Dodi l., Itinerari urbanistici dei paesi della Val Brembana, Politecnico Tamburini,1954
Belotti B., Storia di Bergamo e dei bergamaschi, Ed. Banca Popolare di Bergamo, Bergamo, 1959
Angelini L., Arte minore bergamasca, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, Bergamo, 1974
AA.VV., Bergamo e il suo territorio, Silvana Editoriale d’Arte, 1977
Ravanelli R., La bergamasca in collina, Grafica e arte di Bergamo, 1984
Forti G., Antiche ricette di pittura murale, Verona, 1987
Merisio P., Civiltà rurale, Silvana Editoriale, Milano, 1987
AA.VV., Bergamo e la pianura, Gruppo Editoriale Flash, 1988
Nangeroni G., Pracchi R., La casa rurale nella montagna lombarda, Olschki Editore, Firenze, 1988
Dematteis L., Case contadine nelle valli bergamasche e bresciane, Priuli e Verluca Editore, 1992
Dematteis L., Collana: quaderni di cultura alpina, Priuli & Verlucca Editori, Torino, 1992
AA.VV., Manuale tecnico di Ingegneria Naturalistica, Regione Emilia-Romagna e Regione Del
Veneto, 1993
Pellegrini A.,C., Terzi T., Brembilla, viaggio nelle 141 contrade, Ferrari Editrice, Bergamo, 1997
Milesi G., Abaco delle case contadine, GAL Valle Brembana, Zogno, 1999
Agostini S., Garufi S., Strategie di valorizzazione del patrimonio rurale, Francoangeli, 2000
AA.VV., Manuale tecnico di Ingegneria Naturalistica della Provincia di Terni, Provincia di
Terni, 2003
Toccolini A., Fumagalli N., Senes Giulio, Progettare i percorsi verdi, Maggioli editore, 2004
Nangeroni G. e R. Pracchi, La casa rurale nella montagna Lombarda, L. Olschki Ed.