MICROSCAVO, CONSOLIDAMENTO, STABILIZZAZIONE E RESTAURO DEGLI
ELEMENTI DEL MOBILIO DI PREGIO IN LEGNO E AVORIO RINVENUTO
NEGLI SCAVI DI VILLA DEI PAPIRI IN ERCOLANO
Maria Paola Guidobaldi *, Giuseppe Zolfo **, Marella Labriola ***, Chiara Capretti****, Nicola
Macchioni ****, Elisa Pecoraro ****, Benedetto Pizzo ****, Roberto Scalesse *****, Gianfranco
Quaranta ******
* Funzionario Archeologo, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, Via Villa dei
Misteri, 2 - 80045 POMPEI (NA) 081.7324312; 348.3672151, mariapaola.guidobaldi@beniculturali.it
** Funzionario Restauratore Conservatore, Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei,
Via Villa dei Misteri, 2 - 80045 POMPEI (NA), cell. 3338153749, peppezolfo@fastwebnet.it
*** Restauratrice, direttore tecnico Consorzio Pragma, via Roma 188 - 90133 Palermo, 335.5709818,
marella.labriola@gmail.com
**** Ricercatore, CNR-IVALSA, Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree, via Madonna
del Piano, 10 – 50019 Sesto Fiorentino (FI)
***** Diagnosi e rilievo, ERRESSE di Roberto Scalesse, via Mazzini 3, Priverno-Latina, te.0773.902883cell.349.6276933, robertoscalesse@gmail.com
****** Diagnosi e rilievo, Gianfranco Quaranta, Strada Sanfriolo, Nole-Torino, 339.2147634,
gianfranco.quaranta@gmail.com
Abstract
In seguito agli scavi effettuati dalla Soprintendenza Speciale per i beni Archeologici di Napoli e Pompei
nell’area della Villa dei Papiri, tra la fin di ottobre e la metà di novembre 2007, in una stanza del padiglione sul
mare della lussuosa residenza, si è verificato il rinvenimento di numerosi elementi in legno, relativi a mobilio,
rivestiti da avorio decorato a bassorilievo, allo stato di completa imbibizione.
I pregiati elementi appartengono a due tavolini con piano rotondo e gambe diritte e ad almeno tre tripodi, la cui
decorazione a bassorilievo in avorio appare profondamente intrisa di elementi propri della simbologia religiosa
di ambiente dionisiaco.
Nel 2008 i restauratori hanno eseguito in laboratorio il microscavo dei due pani di terra contenenti i reperti,
hanno seguito e coordinato le indagini relative alle analisi dei materiali, fornito assistenza all’esecuzione di
rilievo tramite laser scan, e si sono occupati della conservazione preventiva ed immagazzinamento dei reperti. In
questa occasione i reperti sono stati duplicati mediante tecnica di prototipazione in resina al fine di creare copie
fedeli in scala 1:1 dei singoli pezzi, e consentire così lo studio archeologico e ricompositivo degli elementi, in
attesa del complesso restauro dei reperti.
Nel maggio 2009 la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei ha sottoscritto una
convenzione con il CNR-IVALSA di Sesto Fiorentino al fine di individuare sia il prodotto consolidante che la
metodologia per il consolidamento e la stabilizzazione dei reperti polimaterici di legno e avorio, che tenessero
conto delle particolarità dei reperti da trattare.
Prima di effettuare le prove necessarie per individuare la corretta metodologia di consolidamento, sono state
eseguite analisi micromorfologiche, fisiche e chimiche per arrivare ad una diagnosi dello stato di conservazione.
Lo studio ha portato ad individuare il metodo, che prevede l’immersione dei reperti in soluzioni a concentrazione
crescente di lattitolo e trealosio quale sistema più adeguato per la particolare tipologia di reperti da trattare. Nel
2011 si è conclusa la prima fase di studio eseguita presso il CNR-IVALSA di Sesto Fiorentino con esecuzione di
prove sperimentali su provini di sacrificio, appositamente preparati in laboratorio, e in seguito l’applicazione su
uno dei reperti.
Nel 2012, i restauratori hanno affrontato l’intervento consistito in una prima fase di consolidamento in vasca e in
una successiva fase di disidratazione controllata in camera climatica, entrambe condotte presso i laboratori messi
a disposizione dal CNR-IVALSA, che ha fornito sia la strumentazione scientifica di laboratorio, sia l’esperienza
derivata dalla sperimentazione. Si specifica che è la prima volta che questa metodologia viene applicata in Italia.
L’intervento conclusivo ha previsto il complesso restauro degli elementi, con la verifica dell’adesione originale,
del consolidamento e del riposizionamento delle lamine in avorio sui supporti lignei.
Introduzione
Prima campagna d’intervento 2007-2008
Ritrovamento e trasporto: in seguito agli scavi effettuati nell’area di Villa dei Papiri dalla Soprintendenza
Speciale per i beni Archeologici di Napoli e Pompei, condotti sul campo da Domenico Esposito, quale
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archeologo responsabile per la ditta Sosandra, e diretti da Maria Paola Guidobaldi, Direttore degli Scavi di
Ercolano, tra la fine di ottobre e la metà di novembre 2007, si è verificato l’eccezionale ritrovamento in terreno
di giacitura umido e originato da colate piroclastiche, di prezioso mobilio di età romana, in legno e
lamine/impiallacciatura di rivestimento in avorio, figurate a bassorilievi, primo esempio di questo tipo di arredo
ad essere giunto fino a noi dall’antichità.
L’eccezionalità del reperto ritrovato in ambiente umido, in prossimità di falda acquifera, è data dal materiale
costitutivo –legno e avorio – riscontrato in tali quantità e tale stato di conservazione.
Due pani di terra contenenti gli elementi relativi al reperto/i e vari elementi provenienti dallo stesso contesto di
pertinenza, collocati in cassette e sigillati con polietilene nero, sono stati trasportati nel laboratorio di restauro per
procedere sistematicamente al microscavo ed alle operazioni di primo intervento conservativo.
Figure 1 e 2. I pani di terra in area di scavo
Campagna analitica: è stata avviata una campagna analitica sia per l’identificazione delle specie legnose del
supporto (che è risultato essere di frassino, Fraxinus excelsior L.), e del materiale di rivestimento (identificato
come avorio di elefante), sia per lo studio dello stato di degrado degli elementi lignei, attraverso analisi
anatomiche, fisiche e chimiche e propedeutico all’individuazione del metodo di trattamento consolidante da
utilizzare.
Lo studio ha permesso di evidenziare il discreto stato di conservazione degli elementi principali in legno di
frassino, pur se con una certa variabilità tra i montanti, che sono meglio conservati, e le porzioni più esterne delle
fasce di supporto; l’aspetto esterno dei reperti era visivamente molto buono, in realtà le analisi hanno rilevato che
il materiale costituente i frammenti lignei aveva subito un degrado, in maniera limitata nelle porzioni più interne,
mentre gli strati esterni mostravano un degrado più avanzato. A titolo di esempio, mentre i montanti hanno una
quantità di polisaccaridi strutturali quantitativamente analoga alla lignina, tale quantità scende ad un quinto per le
porzioni laterali. Le analisi hanno, inoltre, accertato la presenza in tracce di materiale proteico (collante utilizzato
per l’adesione tra le lamine in avorio ed il supporto in legno). Dalle analisi effettuate sulla zampa leonina, sono
risultate tracce di lamina metallica, la cui composizione elementale ha mostrato trattarsi di argento [1]
Caratterizzazione pigmenti: è stata rilevata la presenza di cromia rossa su 2 reperti: sul rep.18, base di appoggio
in legno di zampa in avorio di una delle gambe e sull’elemento in legno che collega la zampa in avorio alla
relativa gamba. L’analisi, effettuata dalla dott.ssa Gianna Giachi, funzionario chimico della Soprintendenza per i
Beni Archeologici della Toscana, ha riscontrato che il pigmento rosso presente sul rep.18 è costituito da cinabro
(HgS).
Tecniche esecutive e stato di conservazione: Lo studio archeologico di tutti gli elementi lignei scaturiti dal
microscavo in laboratorio dei pani di terra ha potuto giovarsi del fondamentale contributo sia del rilievo
tridimensionale dei singoli elementi, sia della riproduzione di copie in resina e ha permesso di accertare che gli 8
elementi lignei significativi e caratterizzanti di cui disponiamo sono interpretabili come gambe di mobili, che
però, purtroppo, non consentono la ricomposizione di nessun esemplare in tutte le sue parti costitutive. Le 8
gambe, inoltre, non sono di identica tipologia, ma in esse si possono agevolmente riconoscere due diversi tipi: le
2 gambe di Tipo 1 appartengono a due diversi esemplari di tavolini con piano rotondo e gambe diritte, mentre le
6 gambe di Tipo 2 appartengono ad almeno 4 esemplari di tripodi, le cui attestazioni figurative, specialmente
pittoriche, sono numerose. Il collegamento fra le gambe dei tavolini a piano rotondo, necessario per garantire la
stabilità del mobile, era garantito da una traversina costituita da tre elementi a sezione rettangolare con un
pomello d’avorio nel punto di unione.
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Fig. 3. Le 8 gambe fino ad ora scavate con indicazione dei rispettivi “pani” di provenienza e del tipo a cui
possono essere riferite (elaborazione di Mario Notomista, Sosandra s.r.l., sulla base del rilievo eseguito da
Tebec).
Fig. 4. Schema di un tavolo a tre gambe diritte e piano circolare (da DE CAROLIS 2007, Tav. IX a p. 227).
Fig. 5. “Pictura excisa” inserita in un telaio ligneo, distaccata da un ambiente al piano superiore della Bottega
con quartiere abitativo V, 17-18 di Ercolano e raffigurante Amorini intenti a ornare un tripode
presso un
santuario di Apollo.
Fig. 6. Ricomposizione del meccanismo di incastro della gamba di Tipo 2 di un tripode (n. 4 (R) della Fig. 3
nella zampa leonina di avorio massiccio (zampa R) e negli altri elementi di appoggio a terra della struttura del
mobile (R1-D3-C3) (elaborazione di Mario Notomista, Sosandra s.r.l., sulla base del rilievo eseguito da Tebec).
Fig. 7. Modello ricostruttivo del tripode provvisto di gambe di Tipo 2. In esso sono stati collocati, a partire da
sinistra e procedendo in senso antiorario, gli elementi n. 7, 4 e 6 della fig. 3, per dare un’idea della loro coerenza
con il modello e della loro specifica posizione all’interno della forma. I tre elementi non appartengono a un unico
esemplare.
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Le gambe dei tripodi sono assemblate invece con 2 traverse circolari mediante sistemi ad incastro; le traverse
circolari sono a loro volta costituite da elementi incollati e giuntati a becco di flauto. La struttura lignea di tutti
questi mobili originariamente doveva essere rivestita totalmente da lamine in avorio, che attualmente sono
presenti su circa il 70% delle superfici lignee.
Figura 8. Tecnica esecutiva: traversa circolare con giunzione a becco di flauto;
Figura 9. zampa leonina ricavata da unico pezzo in avorio, presente alla base delle gambe del mobilio
Il rivestimento è costituito da differenti tipologie di lavorazioni e spessori, che variano da 1 mm delle
impiallacciature agli 8 mm dei bassorilievi, fino ad arrivare alle zampe di leone realizzate da un unico pezzo in
avorio. L’avorio, compatto e di colore bruno (dovuto probabilmente alla migrazione e assorbimento dei tannini
del legno e agli effetti dell’alta temperatura subita), presenta un discreto stato di conservazione nei pezzi di
maggiore spessore, mentre le impiallacciature più sottili appaiono distaccate, caratterizzate da uno stato di
degrado avanzato, e con presenza consistente di microfratture e fessurazioni. Il retro delle lamine conserva i segni
di lavorazione del taglio e della levigatura, e si riscontrano più marcate incisioni controfibra, eseguite per
migliorare l’adesione tra l’avorio e il supporto ligneo, che mostra una struttura sufficientemente compatta negli
elementi portanti di maggiore spessore, mentre gli elementi di minore spessore risultano fratturati ed in alcuni
casi deformati dalle condizioni di giacitura.
La particolarità dei reperti polimaterici, oggetto del presente studio, oltre che dalla preziosità ed unicità del
materiale, è data dal ritrovamento in stato umido di legno rivestito da lamine in avorio, ancora in adesione al
supporto mediante gli adesivi originali.
Microscavo e primo intervento: le operazioni di microscavo e primo intervento, eseguite in laboratorio sui
blocchi di deposito vulcanico che inglobavano i reperti, hanno portato al ritrovamento di molteplici elementi, che
allo stato attuale dello studio sembrano riferirsi ad almeno 4 mobili differenti, riferibili alla tipologia del tripode.
L’intervento è stato strettamente condizionato dalla necessità di mantenere lo stato umido dei reperti: la perdita
del contenuto d’acqua e il minimo ritiro del materiale ligneo avrebbero potuto innescare effetti negativi e logiche
ripercussioni traumatiche soprattutto sulle lamine di rivestimento in avorio.
I primi elementi ad essere messi in evidenza sono state due porzioni di “gambe” del mobilio, in posizione
parallela tra loro. Dalla posizione di una delle gambe e di alcuni elementi adiacenti si è potuto risalire, con buona
approssimazione, al sistema di montaggio del mobile. L’adesione dell’avorio al legno è risultata ancora
efficiente per il 60% circa delle superfici, mentre in altri punti è compromessa dalla presenza di terra tra l’avorio
e il supporto. Le operazioni di prelievo delle gambe hanno previsto interventi di velinatura e, all’occorrenza, di
steccatura e/o garzatura degli elementi lignei per la messa in sicurezza.
Dove l’impiallacciatura, slittata dal supporto, poggiava direttamente su terra si è proceduto, mediante velinatura
ed esecuzione di controforma, ed effettuare in sicurezza stacco e prelievo.
Terminato il microscavo, tutti gli elementi usciti dal pane sono stati liberati della terra mediante
microattrezzatura: è stato stabilito di non rimuovere totalmente il rivestimento in avorio dal supporto, ma di
valutare di volta in volta la possibilità di un distacco laddove fosse strettamente necessario. Durante tutte le fasi i
reperti sono stati costantemente tenuti umidi e sotto controllo in attesa delle successive fasi operative e
nebulizzati con un disinfettante ad ampio spettro d’azione (Rocima al 3% in acqua). In ultimo gli elementi in
legno impiallacciato sono stati velinati con tulle in poliestere fissato con resina acrilica Paraloid B72 all’8% in
acetato di etile, avendo cura di non vincolare l’avorio al legno. I reperti in avorio, svincolati dal supporto, sono
stati asciugati lentamente sotto controllo, senza cicli di disidratazione. La lettura dei processi deposizionali, resa
possibile da accurata documentazione del microscavo ha consentito, in fase di restauro su supporto asciutto, il
ricollocamento di gran parte dei moltissimi frammenti di avorio già staccati, poiché ritrovati in giacitura in
prossimità dell’elemento ligneo di appartenenza.
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Figura 10. Porzione di gamba con traversa curva, dopo l’intervento; l’impiallacciatura staccata è stata collocata
su supporto in polietilene;
In laboratorio sono stati monitorati, attraverso data logger, sia i parametri ambientali all’interno di uno dei
contenitori stagni che conservavano i pezzi, sia i parametri dell’ambiente in cui i contenitori stessi erano
conservati.
Dopo questa prima campagna di intervento i reperti sono stati trasportati presso i magazzini della Soprintendenza
di Pompei presso Ercolano Scavi:
- 58 reperti in legno/ legno e avorio, ancora in stato umido, sono stati conservati, velinati, in camera climatica;
- 52 gruppi di elementi in avorio, asciutti, (bassorilievi, zampe di leone e lamine lisce), sono stati stoccati in
appositi contenitori.
Documentazione, catalogazione e rilievo: è stata effettuata una catalogazione puntuale con relativa schedatura e
documentazione fotografica di ogni pezzo, che ha seguito di pari passo l’andamento dei lavori, in modo da
poterne documentare la stratigrafia e poter successivamente studiare e stabilire le possibili corrispondenze tra gli
oggetti prelevati.
La necessità di eseguire un rilievo dei reperti, limitando la manipolazione degli stessi, ha indirizzato la ricerca e
permesso di individuare il rilievo 3D quale migliore tecnica esecutiva. Infatti, la rilevazione attraverso laser
scanner ad alta risoluzione oltre a consentire la verifica dello stato di conservazione, attraverso controlli
dimensionali puntuali, mette a disposizione degli studiosi strumenti di studio utili a supportare le ipotesi
interpretative.
Il lavoro è stato documentato con una serie di immagini fotografiche in digitale, ed è stato effetttuato un rilievo
3D di ogni singolo pezzo con Laser Scanner, attraverso tecnologia FARO ScanArm™ che consente una
risoluzione di 0,025 mm.
Il principale obiettivo della rilevazione attraverso laser scanner ad alta risoluzione è sicuramente quello di
ottenere copie digitali dei reperti che ne consentano un’illimitata manipolazione nel corso di uno studio
ricostruttivo e la possibilità di creare copie fedeli 1/1 di singoli pezzi o di porzioni mancanti laddove logicamente
riproponibili, attraverso sistemi di manifattura assistita da computer (CAM) e macchine per la prototipazione
rapida. Infatti i reperti sono stati duplicati mediante tecnica di prototipazione in resina, eseguita dalla ditta Tebec
di Priverno, in attesa del complesso restauro dei reperti imbibiti.
La realizzazione del modello ricostruttivo del tripode (Fig. 7) consentirà di progettare un’integrazione finalizzata
alla musealizzazione e/o produzione di materiale divulgativo dei reperti, laddove il numero e la tipologia degli
elementi presenti consentano una logica ricostruzione.
Il sistema di rilevazione adottato consentirà lo studio e l’esecuzione di un eventuale telaio di supporto,
opportunamente studiato su misurazioni precise, per il rimontaggio degli elementi, evitando vincoli e forzature
sul reperto originale.
Seconda campagna d’intervento 2011-2013
Nel maggio 2009 la Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei ha sottoscritto una
convenzione con il CNR-IVALSA di Sesto Fiorentino, al fine di individuare un consolidante e una metodologia
per il consolidamento e la stabilizzazione dei reperti polimaterici di legno e avorio, che tenesse conto delle
particolarità dei reperti da trattare.
Presso il CNR-IVALSA è stata effettuata una diagnosi dello stato di conservazione dei reperti attraverso un
approccio multidisciplinare ed in accordo con la norma italiana UNI 11205:2007.
La polimatericità dei reperti e le valutazioni sullo stato di conservazione del legno hanno portato a individuare il
metodo di consolidamento mediante impregnazione con Lattitolo e Trealosio quale sistema adeguato. Il metodo,
messo a punto da Andras Morgos e Setsuo Imazu, ha dato ottimi risultati in occasione di interventi sviluppati in
Messico, Cina e Giappone su oggetti policromi e polimaterici umidi (legno-pellicola pittorica/lacche) [5. 6. 9].
Esso prevede per l’impregnazione con una miscela consolidante, che può essere effettuata anche a temperatura
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ambiente, per legni che presentino un degrado contenuto, come nel caso in questione. La possibilità di effettuare
le impregnazioni a temperatura ambiente (nel nostro caso variabile tra 20°C e 26°C) è risultata anche
compatibile con la presenza di colle originali, che mantengono ancora in aderenza le lamine al supporto in legno.
ha richiesto l’individuazione di un metodo con una soluzione impregnante che lavorasse a temperatura ambiente
Alla luce dei risultati ottenuti attraverso la caratterizzazione diagnostica si è deciso di sviluppare un’adeguata
metodologia di intervento utilizzando come campioni a perdere dei provini di legno di frassino attaccati dai
funghi della carie cubica. Questo tipo di funghi, infatti, induce una tipologia di degradamento simile a quello
provocato dagli attacchi batterici tipici del legno archeologico imbibito, attraverso la digestione prevalente
dell’olocellulosa e lasciando la lignina quantitativamente inalterata. La crescita fungina, indotta in laboratorio su
provini di legno di frassino fresco, è stata fermata quando la perdita di massa ed i parametri chimici avevano
raggiunto valori simili a quelli riscontrati sui reperti lignei costituenti il mobilio.
In seguito i provini sono stati impregnati in autoclave con acqua, in modo da raggiungere un contenuto d’acqua
simile a quella del legno archeologico. Su questi provini sono state simulate diverse metodologie con
Lattitosio/Trealosio al variare della concentrazione iniziale di impregnazione e delle condizioni di temperatura
ed umidità di essicazione. La metodologia rivelatasi più idonea è stata verificata su un campione appartenente al
mobilio (il reperto H4) rappresentativo delle condizioni particolari dei reperti (curvatura, incollaggio degli
elementi lignei e presenza dell’impiallacciatura in avorio). Il campione trattato ed essiccato dopo il trattamento
aveva mantenuto stessa forma e dimensioni dell’elemento non ancora trattato, segno che l’impregnazione non
aveva provocato alterazioni nella forma del pezzo, né tantomeno distacchi dello strato di avorio.
Nel giugno 2011, a conclusione di questa prima fase di ricerca, è stata organizzata ad Ercolano una giornata di
studio che ha consentito di esporre i risultati conseguiti e nella quale il professor Morgos ha potuto visionare i
reperti, ancora in attesa di trattamento, ed illustrare in dettaglio gli ultimi sviluppi del metodo LattitoloTrealosio. In occasione dell'incontro, al quale erano presenti tutte le professionalità coinvolte nel progetto, è stata
individuata come sede dei successivi interventi di impregnazione il laboratorio del CNR-Ivalsa di Sesto
Fiorentino (Fi); il Consorzio Pragma, incaricato dell’esecuzione dei lavori, ha potuto così avvalersi della
strumentazione da laboratorio scientifico e della consulenza degli specialisti che avevano portato avanti la fase di
sperimentazione.
Preparazione dei reperti per il trattamento in vasca: sui reperti polimaterici, trasferiti presso i laboratori del CNRIvalsa, è stato eseguito dai restauratori un controllo dello stato di conservazione dei reperti e delle condizioni
della pregressa velinatura, effettuata nel 2008 per fermare ed evitare movimenti delle lamine in avorio ancora in
aderenza al legno, in previsione delle successive fasi di impregnazione a bagno; nei casi in cui si era in presenza
di spessori significativi di terra di scavo interposta tra avorio e legno, si è preferito procedere ad ulteriore
rimozione delle lamine, portate in asciutto sotto controllo, in attesa della ricollocazione definitiva sui supporti in
legno asciutti. Gli elementi destinati al bagno, che presentavano particolari curvature o sottosquadri, sono stati
posizionati su supporti in poliuretano espanso, ai quali sono stati resi solidali tramite garzatura che ha avuto
anche la funzione di mantenere in sede tutte le lamine e i frammenti di avorio durante le operazioni di
impregnazione ed asciugatura.
Consolidamento ed essicazione del legno imbibito: la metodologia di trattamento individuata, ha previsto il
consolidamento del materiale attraverso l’impregnazione degli zuccheri idrogenati disciolti in acqua a
concentrazioni crescenti, seguita da essiccazione controllata in camera climatica. Le specifiche riguardanti le
metodologie d’impregnazione e di essiccazione sono sommariamente descritte in seguito. Si specifica che è la
prima volta che questa metodologia viene applicata in Italia ed il personale dell’Ivalsa ha fornito ai restauratori i
necessari suggerimenti ed il supporto scientifico fondamentali alla corretta conoscenza ed esecuzione del
metodo. Il trattamento di impregnazione dei legni imbibiti con zuccheri idrogenati è stato effettuato immergendo
i singoli manufatti, previa fasciatura con carta giapponese e garza elastica, all’interno di vasche in PVC con
coperchi, per il controllo dell’evaporazione, a T ambiente, in una soluzione di lattitolo e trealosio (9:1 in peso) in
acqua demineralizzata. Al fine di non sviluppare tensioni durante i cambi di soluzione, i singoli elementi sono
stati fissati ad una griglia in plastica tramite vincoli in plastica morbida.
La soluzione consolidante, partendo da una concentrazione iniziale del 5% (in peso), è stata progressivamente
aumentata fino al raggiungimento del valore finale del 60%. Al bagno impregnante è stato aggiunto un biocida.
Il trattamento di impregnazione è stato completato in 9 mesi, tra il 2 Marzo 2012 ed il 5 novembre 2012.
A conclusione i manufatti, estratti dal bagno, sono stati sottoposti all’eliminazione dell’eccesso di prodotto in
superficie attraverso semplice tamponatura con carta e tamponi inumiditi con acqua tiepida. Ne è seguita
l’essiccazione, avvenuta in cella climatica a 30 °C e RH 35%. Il peso dei manufatti, in media, durante la fase di
essiccazione in cella climatica, si è stabilizzato dopo poco più di 30 giorni. Ad asciugatura avvenuta è stata
eseguita la rimozione delle velinature con acetone e si è proceduto a rifinire la pulitura dai residui dei cristalli di
lattitolo.
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Restauro dei reperti asciutti: i supporti lignei. E’ stata eseguita una revisione dei supporti lignei e, in base ai
documenti di scavo ed allo studio relativo alla campagna del 2008, è stato possibile riassemblare i pezzi riferibili
ad un unico elemento.
Gli incollaggi strutturali del legno sono stati eseguiti con resina epossidica ad alta elasticità avendo cura di
isolare la parte interessata con resina acrilica in solvente, adottando quindi un criterio di reversibilità e, in
presenza di ridotte fessurazioni e sollevamenti, con colla vinilica a media elasticità. Gli incollaggi legno-legno
hanno riguardato un numero ridotto di elementi. In presenza di deformazioni su elementi di spessore limitato si è
proceduto ad umidificare gli stessi e metterli sotto peso, fino ad ottenere un riallineamento degli elementi per
poter essere rimontati.
L’esistenza di una prototipazione in resina, eseguita durante i rilevamenti del 2008, ha permesso di mettere a
confronto, a fine intervento, alcuni degli originali e relative copie verificando così l’assenza di modifiche
strutturali e dimensionali nei reperti in seguito al consolidamento, all’essicazione ed al rimontaggio
dell’elemento. Una ulteriore campagna di rilevamento laser permetterà di valutare l’ esito dell’intervento.
Figura 11. Confronto a fine intervento tra prototipo in resina e una porzione superiore di una delle gambe,
interamente rivestita da bassorilievi in avorio;
Figura 12. Ricomposizione con i prototipi in resina, di 4 elementi relativi alla parte inferiore del mobilio
Il rivestimento in avorio: lo stato di conservazione del rivestimento in avorio e la complessità del relativo
intervento di restauro, risultava differente a seconda degli spessori delle lamine e a seconda della presenza di
terra residua tra gli strati. Alcuni elementi presentavano deformazioni importanti e presenza di terra di scavo tra
legno e avorio ed hanno richiesto l’intervento più complesso; le maggiori difficoltà sono state riscontrate nelle
facce delle gambe dove la lamina risultava liscia e di 1 mm di spessore, applicata su superficie convesse (nello
specifico le facce interne di ogni gamba), unitamente agli avori presenti in zone terminali, dove lo stesso
supporto in legno aveva subito rotture e fessurazioni.
Figure 13 e 14. Rimozione delle lamine per l’eliminazione dello strato di terra interposto; stesso particolare
dopo l’intervento
La rimozione meccanica delle lamine velinate è avvenuta mediante ammorbidimento con acqua e/o solvente
della terra di scavo interposta e strumentazione di precisione.
Gli incollaggi tra i frammenti di avorio e tra avorio e legno sono stati eseguiti mediante uso di Mowital B60
(polimero di vinilbutirrale) in acetone al 7%; in alcuni casi, laddove le lamine in avorio rimosse presentavano
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estese dimensioni, sono state collocate su supporto sintetico (velo sintetico in poliestere) quale strato di rinforzo,
prima della ricollocazione definitiva sui supporti in legno asciutti.
L'intervento di microstuccatura, lungo le linee di fessurazione e laddove era necessaria una funzione
conservativa per la riapplicazione del rivestimento in avorio, è stata eseguita con impasto a base di stucco
acrilico in pasta alleggerito e caricato con terre per ottenere un accordo cromatico adeguato.
Figure 15 e 16. Il bassorilievo con Attis applicato su velo in poliestere e riposizionato definitivamente su
supporto ligneo.
Figura 17 . Alcuni degli elementi del mobilio a fine intervento
NOTE
[1] Studio C.Meucci, Rapporto analitico-analisi di materiali organici provenienti dall’area della Villa dei Papiri
di Ercolano.
BIBLIOGRAFIA
1. AA.VV, “Tra luce e tenebre-letti funerari in osso da Lazio e Abruzzo ”, a cura di M. Sapelli Ragni,
Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio,
Soprintendenza per i beni archeologici del Lazio; Electa, Milano, 2008
2. Cristoferi E., “ Gli avori – problemi di restauro”, in “Collana Arte e Restauro”; Nardini Editore, Firenze
3. De Carolis Ernesto, “Il mobile a Pompei ed Ercolano - letti, tavoli, sedie e armadi”, L’erma di
Bretschneider, Roma, 2007
4. Guidobaldi M.P., Esposito D.; “Le nuove ricerche archeologiche nella Villa dei Papiri di Ercolano” in
“Cronache Ercolanesi”, bollettino del Centro Internazionale per lo studio dei papiri ercolanesi fondato da
Marcello Gigante, Macchiaroli Editore, pp. 331-370, numero 39/2009
5. Guidobaldi M.P.,“Arredi di lusso in legno e avorio da Ercolano” in “Lanx 6”, pp. 63-99,
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archaeological waterlogged wood (The conservation method using a lactitol and trehalose mixture)”, in
“Proceedings of the 8th ICOM Group on Wet Organic Archaeological Materials Conference”, Stockholm,
11-15 June 2001.
7. Imazu S., Morgos A, Kitano N., “Conservation of archaeological lacquer-ware using lactitol”, in
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