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Sora: aree funerarie e documentazione epigrafica Manuela Cerqua – Sandra Gatti – Gian Luca Gregori 1. Premessa Sora, indicata concordemente dalle fonti come caposaldo dei Volsci, poi occupata dai Sanniti, fu centro di frontiera, situata in un punto di notevole valore strategico proprio allo sbocco verso il Lazio della Valle Roveto e all’inizio della Media Valle del Liri, lungo la strada che portava ad Alba Fucens, non a caso l’altra colonia latina del medesimo anno 303 a.C. o, secondo una diversa ipotesi, del 307 a.C.1. Se resta incerta la datazione delle mura in opera poligonale, comunque per lo più riferita al momento della romanizzazione2, sicuramente alla fase di questa prima colonia risale l’imponente tempio di tipo italico inglobato nella Cattedrale, caratterizzato da una pianta e da modanature del basamento a doppio cuscino che trovano confronti certi a Palestrina, a Isernia e a Villa San Silvestro3. Municipio dopo la guerra sociale, la città fu oggetto di una seconda colonizzazione dopo la battaglia di Filippi fra il 42 e il 30 a.C., con l’invio di veterani della IV legio (fig. 1). A questo evento è generalmente collegata la divisione agraria del territorio strutturata su una maglia di centurie quadrate di venti actus; tuttavia la recente scoperta di strutture di natura agricola e produttiva, databili tra il III e l’inizio del I sec. a.C., perfettamente inserite e orientate nella maglia centuriale, offre la possibilità di rialzare la cronologia della divisione 1 Sulla città v. Tanzilli 1982; Rizzello 1986; Mezzazappa 2003; per un’utile e aggiornata sintesi v. Scardozzi 2004; Scardozzi 2006. Un cenno ai più recenti ritrovamenti è in Frasca 2006. Per le connessioni fra le deduzioni di Sora e Alba Fucens e per un loro inquadramento storico nell’ambito dell’espansione romana tra la fine del IV e l’inizio del III sec. a.C. v. Demma – Cerrone 2012, 545-549. 2 Sul circuito murario v. Beranger 1981; Beranger 2009; Tanzilli 1982, 39, 51-64; Mezzazappa 2003, 112-115, 121-122; Polito 2011. 3 Frasca 2013, con bibliografia precedente; totalmente infondati appaiono i recenti tentativi di abbassarne la cronologia (Tanzilli 2012b). 4 Per la ricostruzione della centuriazione nell’ager Soranus: v. Scardozzi 2004; Scardozzi 2006; per i più recenti ritrovamenti cfr. Cerqua 2007; Cerqua – Cerrone – Pantano 2011; Cerqua – Cerrone 2012. agraria del territorio forse già alla prima colonizzazione4. Su questa griglia è impostata anche parte della principale viabilità extraurbana5. L’asse principale e, con ogni probabilità, generatore della centuriazione del territorio, è la c.d. “via Vecchia”, che collegava Sora con la via Latina attraverso Cereatae Marianae6. Questa strada usciva dalla città attraversando il Liri su un ponte oggi non più esistente7, situato nei pressi dell’attuale Ponte di Napoli (fig. 2.1), raggiungeva la zona di San Giuliano8 (fig. 2.2) e da qui, dopo Fig. 1. Sora. Veduta dell’alto podio a doppio cuscino del tempio italico inglobato nella Cattedrale di Santa Maria Assunta. 5 Aurigemma 1911; v. anche Cancellieri 1976-1977; Tanzilli 1982, 31-39; Gelsomino 1985; Rizzello 1985. 6 Per questo tracciato stradale cfr. Scardozzi 2006, 62-63; Cerqua – Cerrone – Pantano 2011, 446. 7 Mezzazappa 2003, fig. 21 n. 30, 119-120; Beranger 1981, 60. 8 Nella zona di San Giuliano sono state indagate dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio, negli anni recenti, una villa e una necropoli tardo-imperiale (Tomassetti 2004; Tomassetti 2006), una villa privata a carattere residenziale con fasi di vita comprese fra il IV e il I sec. a.C., una strada glareata (cfr. Cerqua – Cerrone 2012, 535-536; Frasca 2006, 66). Queste scoperte, evidentemente in stretta connessione con l’andamento della viabilità, indicano una densa occupazione del sito fin dal momento della romanizzazione, che ben s’inserisce in quel sistema abitativo capillare dell’ager Soranus quale comincia a emergere ormai con chiarezza dalle più recenti indagini. 219 MANUeLA CeRQUA – SANDRA GATTI – GIAN LUCA GReGoRI una leggera curva, proseguiva rettilinea verso la zona di San Domenico (fig. 2.3), dove era una proprietà della famiglia di Cicerone: qui la strada attraversava nuovamente il fiume su un ponte chiamato localmente Marmone9. essa doveva rappresentare la principale “via dei sepolcri”, poiché dalle aree a essa circostanti provengono la maggior parte delle iscrizioni funerarie e molti dei reperti attribuiti a monumenti sepolcrali, anche di una certa imponenza, sui quali torneremo. L’asse stradale probabilmente fu rettificato e ampliato nella seconda metà del I sec. a.C., epoca alla quale risale la maggior parte di questi reperti, mentre la sua origine, come accennato, dovrebbe risalire già alla prima colonizzazione, come sembrano dimostrare sia l’esistenza lungo di esso di sepolcri, con la relativa documentazione epigrafica, anche più antichi dell’età triumvirale10, sia la diretta connessione con i due ponti sul Liri, datati tra la fine del II e l’inizio del I sec. a.C.11. Coerente con la maglia centuriale è anche la strada verso Atina e Casinum, che superava il Liri su un ponte, distrutto nel 1883, situato dove oggi è il ponte di San Lorenzo (fig. 2.4) e forse databile all’inizio del I sec. a.C.12. Anche lungo questo tracciato sono state individuate nel tempo numerose aree funerarie: certamente pertinente alla città è il nucleo di sepolture in località Madonna della Quercia13 (fig. 2.5) con le relative iscrizioni14, mentre quello di Madonna della Stella (fig. 2.6), più lontano, potrebbe più verosimilmente riferirsi a un abitato secondario15. Una terza importante viabilità è quella che esce da sud e si dirige verso Arpino: nuclei di sepolture, probabilmente da riferire a un abitato periferico, sono stati individuati solo a una certa distanza dalla città (Casale Palombara, contrada Tombe). Dal margine nord della città parte invece l’importante tracciato che conduce verso il Fucino, lungo il quale erano conosciute finora solo alcune aree sepolcrali sulla riva destra del Liri, mentre ora si aggiunge il sepolcro posto alla confluenza fra il Liri e il Lacerno (fig. 2.7), di cui si dirà sotto. I reperti funerari costituiscono un nucleo molto importante dell’intera documentazione archeologica della città e la maggior parte di essi si data fra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., testimoniando l’incremento della popolazione conseguente alla colonizzazione dei veterani, tra i quali è consistente il nuovo ceto emergente dei liberti, che dispongono evidentemente di rilevanti disponibilità economiche per ostentare nei sepolcri il proprio status. Molto numerosi a Sora sono i fregi dorici, spesso con raffigurazioni di armi e trofei, che dovevano decorare monumenti a dado, completati sia da pulvini e acroteri sia da strutture a tempietto16. I fregi dorici trovano larga diffusione proprio nelle zone d’Italia dove più ampia è stata la colonizzazione militare del I sec. a.C. essi sono stati letti già da molto tempo da Mario Torelli come espressione del ceto “borghese”, composto dalle aristocrazie locali, decurioni e magistrati da un lato, liberti, artigiani e commercianti dall’altro, che ne furono i committenti: si tratta proprio di quel ceto che fu il sostegno della fazione di ottaviano e che fu ricompensato con favori e con l’assegnazione di terre. Un calzante parallelo con la situazione sorana è, infatti, quello di Benevento, dove sono noti monumenti sepolcrali con fregi dorici: di uno di questi resta una lastra con iscrizione che ricorda un veterano della legione VI17, che, insieme a quelli della legione XXX, fu stanziato, anche in questo caso nel 42 a.C., nel sito della vecchia colonia latina. Sappiamo che i fregi dorici sono un genere decorativo che passò di moda nella media età augustea18, per cui possiamo disporre di un solido terminus ante quem; in particolare, quelli sorani sono stati datati in un recente studio tra il 60 e il 20 a.C.19. oltre che nelle aree funerarie extraurbane, alcuni fregi dorici sono stati ritrovati in almeno due siti in piena area urbana e attribuiti a monumenti funerari: il primo ritrovamento risale al 1927 ed è avvenuto lungo corso Volsci (fig. 2.8), dove insieme ai fregi si rinvennero anche tre rocchi di colonna, un capitello corinzio, una trabeazione e un busto di statuetta20; il secondo rinvenimento va situato circa m 250 a nord del ponte di San Lorenzo (fig. 2.9), probabilmente 9 Per un recente inquadramento della zona di San Domenico in rapporto all’ager Arpinas v. Molle 2006, 177-179. 10 Cerqua – Cerrone – Pantano 2011, 446, con bibl. preced. 11 Mezzazappa 2003, 120, 124. 12 Per dettagli sul ponte cfr. Mezzazappa 2003, 108-110, fig. 21 n. 9; Cerqua – Cerrone 2012, 526, nota 2, con riferimenti. A quest’ultimo lavoro si rimanda per il rinvenimento dell’importante sito, situato immediatamente dopo il ponte, sulla riva sinistra del Liri, che ha rivelato una precoce occupazione fin dalla fine del IV-inizi del III sec. a.C., con fasi che proseguono con interventi edilizi nel IV sec. d.C., con l’utilizzo a scopo funerario nel V-VI sec. d.C., fino alla chiesa medioevale di San Lorenzo, sintomo dell’importanza e della lunga vitalità dell’asse viario. 13 Il sito dista circa m 250 dal limite urbano sul fiume Liri; qui furono trovate tombe a inumazione e cremazione, alcune casse di piombo e una tomba a cremazione di alto livello, con un’urna di vetro: cfr. Aurigemma 1911, 511. Nella stessa località, nella proprietà del Sig. Carmine Zaino, si rinvenne anche una testa ritratto di uomo maturo: Aurigemma 1910, 311. 14 CIL X, 5723, 5744, 5761. 15 Può verosimilmente trattarsi di un insediamento decentrato, connesso in particolare con la capillare utilizzazione del territorio legata alla centuriazione: cfr. l’analoga situazione della Valle di Comino in Bellini 1988, 268. 16 Sull’argomento v. in particolare Rizzello 1979. 17 CIL IX, 1624. 18 Polito 2010. 19 Maschek 2012. 20 Mezzazappa 2003, 110 n. 11, con bibl. preced. A questo contesto è stata ricollegata l’iscrizione funeraria di M. Pomponius Mena (CIL X, 5749), da taluni pubblicata come “rinvenuta” in questo sito (v. anche Tanzilli 1982, 122-125): in realtà l’iscrizione fu vista da De Nino nel 1876 “murata” in una bottega (De Nino 1879, 117), quindi evidentemente in posizione di riutilizzo. 220 SoRA: ARee FUNeRARIe e DoCUMeNTAZIoNe ePIGRAFICA sulla riva destra21. Da quanto sembra di poter dedurre dalle notizie disponibili, tutti questi materiali, in piena area urbana, dovevano essere in giacitura secondaria, forse per il riutilizzo dei blocchi come materiale da costruzione. Come diversa ipotesi gli elementi architettonici, compresi i fregi, potrebbero essere pertinenti a un edificio di carattere non funerario, tenuto conto sia della localizzazione del sito in piena area urbana, nei pressi dell’ipotizzato Foro, sia del fatto che i fregi dorici, prodotti anche dalle medesime officine, erano utilizzati anche per altari o basi di donari22. Questo “corpus” di materiali pertinente alle necropoli sorane si è recentemente arricchito degli interessanti documenti che qui si presentano. Lungo la via Vecchia, oggi Viale San Domenico, sono state trovate numerose iscrizioni funerarie e materiali di decorazione architettonica riferibili a monumenti sepolcrali. era questa la necropoli più consistente, con monumenti imponenti, ma anche con sepolture più semplici, come hanno dimostrato le recenti indagini eseguite presso la zona della fiera e presentate in questa sede nel 201023. La maggiore concentrazione riguarda il tratto fra il Liri e la chiesetta di Santa Rosalia (fig. 2.10), dal quale provengono più di quaranta documenti epigrafici, e dove, quindi, dobbiamo supporre una notevole densità di sepolcri, mentre nel tratto successivo, fino a San Domenico, le tombe erano più diradate24. Anche l’area dell’Abbazia di San Domenico doveva essere interessata dalla presenza di un importante e denso sepolcreto: un monumento funerario a dado si conserva all’esterno della chiesa, mentre tutta l’area ha restituito una notevole quantità di fregi dorici, materiale architettonico e scultoreo, nonché un numero consistente d’iscrizioni. Anche se è possibile che una parte del materiale provenga dalla riva destra del Liri e da Sora, il sito, pur se incluso nella maglia centuriale di Sora, doveva originariamente appartenere all’ager Arpinas, almeno fino alla costituzione – nella seconda metà del I sec. a.C. – della nuova unità amministrativa di Cereatae, alla quale fu assegnato tutto il territorio arpinate a destra del Liri25. In particolare, in corrispondenza della chiesa di Fig. 2. Mappa topografica del territorio sorano con indicazione dei siti. 21 Mezzazappa 2003, 110 n. 10; Cancellieri 1976-1977, 70-72 pone il rinvenimento a sud del ponte; Rizzello 1986, 64; in realtà Aurigemma 1910, 308-311 fornisce la chiara indicazione “a monte” del ponte, aggiungendo che la scoperta avvenne sull’argine settentrionale, dunque sulla riva destra; tuttavia la localizzazione non è chiarissima, poiché aggiunge anche “dalla parte che guarda la città”, che può generare qualche dubbio. 22 Cfr. il fregio dorico trovato in occasione dello scavo effettua- to presso la Cattedrale: Tanzilli 1982, n. 7, 14, a, 140. 23 Cerqua – Cerrone – Pantano 2011. 24 CIL X, 5724, 5732, 5734, 5744, 5760, 5773-5778; Aurigemma 1910, 305 n. 2 = AE 2007, 343; Cerqua – Cerrone – Pantano 2011, 447-448. Per una lista completa delle iscrizioni sepolcrali provenienti da questa area necropolare: Cerqua – Cerrone – Pantano 2011, 446, nota 3. 25 Molle 2006; Rizzello 1985; Tanzilli 1982. 221 MANUeLA CeRQUA – SANDRA GATTI – GIAN LUCA GReGoRI co simile a un altare, con la fronte decorata da una cornice, ma priva d’iscrizione, e munito di due alette laterali che ne farebbero supporre l’inserimento in una struttura muraria (Fig. 3). Inoltre, è da segnalare anche un cippo in calcare integro, trovato capovolto all’interno dello strato. Il cippo, alto cm 90, largo cm 38,5 e profondo cm 31, è di forma parallelepipeda centinata con rastrematura in basso, lasciata grezza nella parte destinata all’interro per uno spessore di cm 30 (Fig. 4). Secondo la tipologia comune a molti termini sepulcrorum vi erano riportate le sole misure dell’area sepolcrale, senza indicazione del proprietario (lett. cm 5,7-4,9): in fro(nte) / p(edes) XIII, / in agr(o) / p(edes) XV. Sono una decina i cippi sepolcrali con misure di sepolcri finora recuperati a Sora: in essi le misure sulla fronte variano da un minimo di 12 piedi a un massimo di 24 piedi, ma la misura che ricorre più spesso è quella di 14 piedi34. Le misure in agro variano invece, quando conservate, da un minimo di 13 a un massimo di 40 piedi, con misure intermedie di 13 e 16 piedi, prossime a quelle del nostro recinto. Santa Rosalia sono registrati diversi importanti ritrovamenti, tra cui due statue loricate (oggi al Museo Civico) e due lastre di travertino decorate “da semplicissimi bassorilievi”, ricordate da Aurigemma26 e oggi non identificabili. Sempre nello stesso sito, insieme alle sculture, sono state trovate almeno sei iscrizioni sepolcrali: un anonimo terminus sepulcri che reca però l’interessante indicazione di ben 40 piedi in agro, misura certamente rilevante che segnala un sepolcro di tutto rispetto27; il terminus del sepolcro di T. Attius, con l’indicazione di 14 piedi sulla fronte28; quello del liberto C. Arrius C.l. Attius29; l’epigrafe che ricorda Fufidia C.l. Flora30 e quella dei liberti M. Spultius M.l. Agato e Lucilia C.l. Hilara31; infine la nota iscrizione del medico veterinario il liberto L. Vibius L.l. Surus e di sua moglie Vettia32. Tutti questi elementi indicano senza dubbio una notevole densità di sepolture in una ristretta area, occupata da sepolcri di liberti, ma anche di personaggi liberi. La varietà dei nomi attestati purtroppo non ci aiuta a ipotizzare l’esistenza di specifici sepolcri familiari. A questi documenti si aggiungono ora alcuni altri reperti trovati nel 2011 proprio a pochi metri dalla facciata della chiesetta di Santa Rosalia in occasione d’indagini preventive della Soprintendenza. Tra questi un cippo a pigna di calcare33 e un grande bloc- Fig. 3. Altare (?) con fronte decorata da una cornice, priva d’iscrizione, munito di due alette laterali, rinvenuto nei pressi della chiesetta di Santa Rosalia in occasione d’indagini archeologiche preventive. Fig. 4. Cippo centinato iscritto, rinvenuto nei pressi della chiesetta di Santa Rosalia in occasione d’indagini archeologiche preventive. 26 Aurigemma 1911, 307: nelle vicinanze, ma “poco più al di sotto”, fu rinvenuta l’iscrizione CIL X, 5743. 27 CIL X, 5778. 28 CIL X, 5724. 29 CIL X, 5721; interessante notare che sempre lungo la via Vecchia è stata trovata l’iscrizione CIL X, 5722 che ricorda due liberti della stessa gens: P. Arrius Philodamus e P. Arrius Philargyrus, ambedue liberti di un Publius. La gens Arria è nota ad Anagnia, dove un M. Arrius è edile (CIL X, 5916 = ILLRP, 534). Un C. Arrius è il vicino più prossimo al Formianum di Cicerone (Att., II, 14, 2); cfr. Cébeillac-Gervasoni 1998, 57 e 204. 30 CIL X, 5733. 31 CIL X, 5752. 32 CIL X, 5719. 33 Il cippo a pigna è molto diffuso a Sora (cfr. Tanzilli 2009, 113; Cerqua – Cerrone – Pantano 2011, 449, fig. 7) e nel Lazio in generale (Gentilini 1995; Rizzello 1985, 28, 45-46). 34 CIL X, 5724, 5773, 5776. 222 SoRA: ARee FUNeRARIe e DoCUMeNTAZIoNe ePIGRAFICA est del monumento funerario “A” della necropoli in località S. Domenico; del secondo, con testo analogo al precedente, non conosciamo purtroppo la provenienza e da tempo se ne sono perse le tracce39. Come s’è detto sopra, le dimensioni dei recinti sepolcrali, per quanto finora noto, oscillano nelle necropoli di Sora da un minimo di 12 piedi a un massimo di 40 (caso del tutto eccezionale), attestandosi la media tra i 13 e i 17 piedi e, pertanto, il nostro recinto s’inserisce perfettamente nella casistica. Dei due cippi angolari, posti originariamente a 2. Il sepolcro alla confluenza del Lacerno Tra il 2010 e il 2012, in occasione di ricognizioni a nord del centro urbano di Sora, nella località di Pontrinio, alcuni membri dell’associazione “Verde Liri”, rinvennero lungo la sponda sinistra del Liri, alla confluenza del torrente Lacerno, un blocco parallelepipedo e due cippi centinati in calcare, recanti iscrizioni a carattere funerario, a indicare chiaramente l’uso sepolcrale del sito. In seguito a tale scoperta, nel maggio del 2013, la Soprintendenza, grazie anche alla collaborazione del Consorzio di Bonifica e del Comune di Sora, ha effettuato un primo intervento d’indagine finalizzato alla documentazione, allo studio e alla tutela del sito. Alla data del Convegno, anche a causa dell’ancora abbondante portata del fiume, era stata attuata solo una prima bonifica e la pulitura dell’area, sommersa da limo e materiale detritico35. Solo nei mesi successivi è stato possibile eseguire lo scavo dell’area sepolcrale recuperando tutti i materiali36; pertanto, in questa sede, si è inteso proporre solo una presentazione preliminare e un primo inquadramento cronologico del sito. Già in occasione del primo intervento, fu messo in luce un altro cippo centinato in calcare, anch’esso iscritto, individuando così l’intera area sepulcri di un recinto funerario, cui sono da ricondurre tutte le evidenze succitate: i tre cippi e l’ara, infatti, risultavano chiaramente in situ, ancora profondamente infissi nel terreno argilloso, dal quale emergevano per circa cm 45 (fig. 5). Le dimensioni del recinto sono indicate dai due termini sepulcri posti rispettivamente agli angoli nord ed est del lato posteriore: 1) un cippo centinato in calcare (cm 130 x 52 x 35; lett. cm 7-5,5) con l’iscrizione (fig. 6): In fronte / pedes / XVI. 2) un secondo cippo centinato in calcare (cm 130 x 50 x 40; lett. cm 6,5-5), con l’iscrizione (fig. 7): In agrum / pedes / XVI. Si tratta, quindi, di un’area sepolcrale con pianta quadrata di 16 piedi di lato37. Questa misura, tra i numerosi termini sepulcrorum sorani, è documentata, per il lato in fronte, nel cippo di Rupilia Amaryllis38, e per la dimensione in agro da altri due cippi: il primo, rinvenuto anch’esso ancora in situ, presso l’angolo 35 I livelli di antropizzazione antichi in questa zona raggiungono circa m 7 di profondità dal piano di campagna attuale. 36 I materiali attualmente sono conservati al Museo di Sora e sono in corso di studio. 37 Nell’epigrafia di Sora cippi con le sole misure in fronte (senza Fig. 5. Rilievo (a) e ripresa fotografica (b) dell’area funeraria alla confluenza del Lacerno nel Liri (disegno e rilievo di G. Troja). il nome del titolare) sono attestati in CIL X, 5774, 5776 e AE 1981, 200; cippi con le sole misure in agro in CIL VI, 5707, 5775, 5777, 5778. 38 AE 2007, 343. 39 CIL X, 5777. 223 MANUeLA CeRQUA – SANDRA GATTI – GIAN LUCA GReGoRI Fig. 6. Area funeraria alla foce del Lacerno – Cippo centinato iscritto. Fig. 7. Area funeraria alla foce del Lacerno – Cippo centinato iscritto. chiusura del recinto, ne rimaneva in situ solo uno, infisso presso l’angolo sud (in asse con il cippo n. 2, che riporta la misura in agrum): 3) cippo centinato in calcare mutilo in alto (cm 137 x 53 x 31; lett. cm 6-5), in asse con il blocco seguente e con l’iscrizione (fig. 8): Un quarto cippo doveva chiudere il recinto nell’angolo ovest, corrispondente da un lato al cippo contenente le misure in fronte, dall’altro al cippo di eufronio. Quest’ultimo, individuato nel 1983 nella medesima località da membri del Centro di Studi Sorani “V. Patriarca”, dopo essere stato recuperato fu trasferito nel Museo Civico41. Si tratta di un cippo centinato analogo a quello infisso presso l’opposto angolo sud (cm 105 x 53 x 34; lett. 7-5) con l’iscrizione (fig. 10): [------?] / M(arcus) Marcius / M(arci) l(ibertus) Euphronius. Sulla fronte del sepolcro era inserita un’araossuario iscritta (cm 61 x 90 x 90; lett. 6,3-4), che reca superiormente una profonda cavità circolare del diametro di cm 30, per l’alloggiamento del cinerario, contenente ancora all’interno il fondo dell’olla ceramica con i resti della cremazione, che le analisi antropologiche hanno permesso di attribuire a un maschio adulto. A coronamento doveva essere originariamente posto un coperchio, fissato al blocco attraverso grappe in piombo, delle quali rimane traccia all’interno di uno dei quattro fori praticati intorno all’incavo40 (fig. 9). L’iscrizione recita: V(ivit) / M(arcus) Marcius / M(arci) l(ibertus) Agrippa. I due cippi dei liberti presentano un analogo tipo di ordinatio del testo ed è verosimile che, come in quello di Agrippa, anche in quello di Euphronius la formula onomastica fosse preceduta dall’indicazione che il locus sepulturae era stato predisposto quando il personaggio era ancora in vita. All’interno di quest’area erano, dunque, la sepoltura del grammatico Adrasto e quella di due suoi liberti. Con ogni verosimiglianza eufronio e Agrippa provvidero a delimitare il luogo della loro sepoltura in occasione della morte del patrono Adrasto, le cui ceneri furono deposte all’interno dell’olla ceramica riposta nell’ara. ------? / M(arci) Marci M(arci) l(iberti) A[d]rasti / Heracleotis grammatici / Agrippa et Euphronius lib(erti). 40 Patriarca 2010a, con ripresa in Patriarca 2010b; cfr. anche Patriarca 2011; Tersigni 2010; Tanzilli 2012a. 41 224 Solin 1984, 180; cfr. Tanzilli 2009, 99. SoRA: ARee FUNeRARIe e DoCUMeNTAZIoNe ePIGRAFICA Fig. 8. Area funeraria alla foce del Lacerno – Cippo centinato in calcare mutilo in alto. Fig. 9. Area funeraria alla foce del Lacerno – Ara iscritta. I tre personaggi, tutti di condizione libertina, appartenevano alla gens Marcia, ben documentata a Roma e nel Lazio meridionale, ma non con il prenome Marcus. Non si conoscono finora personaggi di rilievo con tale prenome e gentilizio, mentre C. Marcius L.f. Censorinus, console nell’8 a.C., fu patrono della vicina Aquinum42. A fronte della quarantina di attestazioni epigrafiche complessive di grammatici (metà circa delle quali dalla sola Roma), mancavano documenti nel Lazio (stando almeno a quanto edito). Il confronto più vicino proviene da Capua, dove è attestato un Ti. Claudius Laco, che fu grammatico greco43. Bisogna tuttavia precisare che ad Aquinum si conosce un magister Graecus44, anch’egli con cognome grecanico benché fosse di nascita libero ([- Oc] tavius L. f. Alexander), e che molto rare sono nel Lazio meridionale anche le attestazioni di paedagogi (un paio di casi da Velletri)45. Il grammaticus era chiamato a esercitare un tipo di insegnamento più alto rispetto a quello di altre figure, solitamente svolto presso famiglie di un certo rilievo: questo può spiegare la complessiva rarità del termine rispetto ad altre figure impegnate nel campo dell’insegnamento elementare. Il grammatico sorano non precisa, a differenza di molti suoi colleghi, la sua competenza linguistica, latina o greca. Si può tuttavia ipotizzare che egli prediligesse quest’ultima per via della sua provenienza: l’etnico Heracleotes consente, infatti, di ricondurre il personaggio a una delle non poche città antiche con nome Heraclea, di cui una sola in Italia, e precisamente in Lucania, l’odierna Policoro, nota perché vi soggiornò sul finire della Repubblica il poeta Archia e da cui provengono (oltre alla celebre tabula Heracleensis, che sul retro conserva parte della cosiddetta Lex Iulia municipalis)46 alcune interessanti iscrizioni attestanti la vitalità del centro e la presenza di proprietà senatorie nei primi secoli dell’impero47. Da lì doveva provenire quell’Heracleotes ex Italia che lasciò memoria di sé a Pella in Macedonia48. Tra le numerose altre città con questo nome, solo alcune sono epigraficamente attestate in età imperiale, in particolare come patria di soldati e sempre accompagnate da un epiteto che ne consentisse l’identificazione49: Heraclea Lyncestis e Heraclea Sentica in Macedonia, Heraclea Pontica nel Ponto, da cui venne a Roma un tal Symmachus Demetri f.50. Potremmo dunque propendere per un’origine del nostro dall’Heraclea italica. Sarà un caso, e come tale privo di un peso partico- 42 46 43 47 PIR2, M 222. CIL X, 3961. 44 AE 1974, 234 cfr. AE 2006, 276. 45 CIL X, 6561 (= ILS, 199; cfr. AE 1987, 228), 6562. In generale Laes 2009. 48 49 50 225 Cappelletti 2011, 191-207. Silvestrini 2012. CIL I2, 3431. DE, III, 676-677. CIL VI, 27045. MANUeLA CeRQUA – SANDRA GATTI – GIAN LUCA GReGoRI lare, che proprio in Lucania sono attestati Marcii con prenome Marcus51, mentre essi sono per ora assenti in Macedonia e nel Ponto, circostanza tuttavia poco significativa se il nostro fosse giunto schiavo in Italia, per essere solo in un secondo momento venduto a un Marcus Marcius che poi lo liberò. Sia lui, sia il suo liberto Euphronius portano del resto cognomi d’origine greca che però, come in altri casi, piuttosto che con la loro origine geografica avranno a che fare con la loro originaria condizione servile. Rispetto ad Adrastus, Euphronius è molto raro nell’occidente romano, soprattutto in rapporto alla forma Euphron52; l’altro liberto presenta, invece, un cognome d’origine latina, Agrippa, certamente inconsueto per un ex schiavo (come già sottolineato da H. Solin53). Se non siamo in grado d’ipotizzare chi sia stato il patrono del nostro grammatico, possiamo comunque dire che, stante il formulario dei testi sorani qui presentati e la tipologia dei supporti, egli e i suoi liberti dovrebbero essere vissuti a cavallo tra la fine dell’età repubblicana e i primi decenni dell’età imperiale. A circa m 3 dal sepolcro, sotto il livello dell’acqua, si conserva un tratto di lastricato largo m 4, con crepidini in grandi blocchi parallelepipedi di travertino, che attraversa l’odierno letto del Liri con andamento nord-ovest/sud-est, la cui pertinenza a una strada trova una chiara conferma nelle evidenze epigrafiche che informavano il passante sull’estensione in fronte dell’area sepulcri. Grazie alle varie attestazioni funerarie note e all’individuazione, in anni recenti, a m 6 di profondità, in terreni compresi tra il fiume e la strada comunale di Valfrancesca, di brevi lembi di basolato, è oggi possibile ricostruire con buona verosimiglianza il tratto iniziale del tracciato extraurbano pertinente a quella che doveva essere l’importante arteria di collegamento con il Fucino e Alba Fucens, dando accesso alla via Valeria. Quest’asse, dunque, dal centro urbano proseguiva dritto verso nord-est e, seguendo sulla destra l’antico corso del Liri, arrivava fino al fiume nei pressi dell’attuale località Pontrinio; da qui, la strada risaliva il corso d’acqua mantenendosi ancora in destra idrografica e dopo aver attraversato Valfrancesca si inoltrava nella Valle Roveto, fino al Fucino: in perfetto accordo, quindi, con quanto supposto dall’Aurigemma nel 1911. Ne consegue che, in questo settore del territorio sorano, a monte del Ponte di S. Lorenzo, il corso del Liri deve aver subìto importanti interventi di rettifica solo dopo l’epoca romana, contrariamente a quanto accade in ambito urbano, dove gli interventi di regolarizzazione idrografica trovano un valido terminus ante quem nella costruzione, fra la fine del II e gli inizi del I sec. a.C., dei ponti che sorgevano proprio sul percorso fluviale già ristrutturato. Il confronto con la cartografia storica, infatti, mostra chiaramente come in questo tratto di territorio la rettifica del corso del fiume sia stata operata solo in epoca moderna. Tale recente riassetto idrografico, insieme allo spostamento dell’alveo del fiume verso ovest e allo stesso apporto alluvionale, ha causato un consistente mutamento della morfologia in questo settore, mettendo fuori uso l’antica viabilità e addirittura inglobandone un tratto nel suo alveo. Anche a Pontrinio doveva esistere un attraversamento: mentre in epoca storica è chiaramente documentato dalla cartografia del XVIII secolo, per l’epoca romana è ancora solo indiziato dalla presenza di resti di strutture a grandi blocchi parallelepipedi di travertino, visibili nei periodi di magra in destra e in sinistra idrografica, immediatamente a monte del ponte moderno. Qui, infatti, giungeva non solo il tracciato che proveniva dal centro urbano prima di deviare verso nord-ovest, aggirando il colle S. Casto in direzione della Valle Roveto, ma anche l’asse “di valico”, che, dirigendosi verso est, permetteva di accedere alla Valle del Sangro e, quindi, al Sannio. La ricostruzione topografica proposta trova una 51 53 Fig. 10. Cippo centinato iscritto, recuperato nel 1983 alla foce del Lacerno e pertinente alla medesima area funeraria. 52 In particolare a Eburum (odierna eboli): CIL X, 454. Solin 2003, 495 (Adrastus), 805 (Euphronius). 226 Solin 1984, 180; cfr. Kajanto 1965, 175; Solin 1996, 6. SoRA: ARee FUNeRARIe e DoCUMeNTAZIoNe ePIGRAFICA Manuela Cerqua Museo della Media Valle del Liri – Sora manuelacerqua.archeo@gmail.com perfetta coincidenza con la centuriazione dell’ager Soranus, così come ricostruita dagli studi più recenti: l’antichità del tracciato e i validi termini cronologici offerti dalle evidenze funerarie ed epigrafiche ne indiziano la datazione in una fase antecedente l’epoca augustea, inducendo a ipotizzare, analogamente a quanto accaduto altrove, che la seconda deduzione coloniale di Sora risalga effettivamente a epoca triumvirale, quando potrebbero essere stati inviati qui i veterani della legione IV, successivamente rinforzata da Augusto. Sandra Gatti Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio sandra.gatti@beniculturali.it Gian luCa GreGori Università degli Studi di Roma – Sapienza gianluca.gregori@uniroma1.it 71, 303-325. MaSCheK d. 2012: Rationes decoris. 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