UNA TERRA DI MEZZO
I LONGOBARDI
E LA NASCITA DELLA TOSCANA
Originari, secondo l’Origo gentis Langobardorum e Paolo Diacono, del sud della
Scandinavia, i Longobardi furono protagonisti di una lunga migrazione che nel
568 d.C. li condusse in Italia, dove crearono un regno destinato a durare poco
più di due secoli.
Un’epopea, la loro, che li portò anche in Toscana, terra di confine assorbita
nell’orbita longobarda con l’occupazione della Tuscia, avvenuta fra il 572 e il 593.
La conquista ridefinì un equilibro ormai fragile, indebolito dalla guerra grecogotica, cui avevano fatto seguito epidemie di peste e carestie: il nuovo assetto
generò ripresa e vivacità economica grazie al processo di integrazione.
Il volume racconta la storia di un popolo dinamico e improntato al cambiamento,
che pur segnando la prima frammentazione politica della Penisola, dopo secoli
di unità garantiti da Roma, ne definì linee di civiltà e cultura che daranno
l’impronta alla nascita dell’Italia medievale.
36,00
www.silvanaeditoriale.it
UNA TERRA DI MEZZO
I LONGOBARDI
E LA NASCITA DELLA TOSCANA
I LONGOBARDI
UNA TERRA DI MEZZO
I LONGOBARDI
E LA NASCITA DELLA TOSCANA
a cura di
Chiara Valdambrini
UNA TERRA DI MEZZO
I LONGOBARDI
E LA NASCITA DELLA TOSCANA
Grosseto Museo Archeologico
e d’Arte della Maremma
30 luglio 2021 - 9 gennaio 2022
Evento promosso
dal Comune di Grosseto
e da Promocultura
Mostra a cura di
Chiara Valdambrini e Barbara Fiorini
Comitato di curatela scientifica
Chiara Valdambrini con Andrea Camilli,
Giulio Ciampoltrini, Carlo Citter,
Caterina Giostra, Vasco La Salvia,
Maria Angela Turchetti
Progettazione
Barbara Fiorini
Collaborazione al progetto
Novella Lecci
Progetto grafico
Cecilia Della Longa, Barbara Fiorini
Testi
Chiara Valdambrini
Traduzioni in inglese
Alexander Agostini
Patrocini
Archeologia Barbarica, Italia
Langobardorum, Longobard Ways
Across Europe
Enti e musei prestatori
Soprintendenza ABAP per le province
di Siena, Grosseto e Arezzo
Soprintendenza ABAP per le province di
Pisa e Livorno
Soprintendenza ABAP per l’area
metropolitana di Roma, la provincia di
Viterbo e l’Etruria meridionale
Soprintendenza ABAP per la città
metropolitana di Firenze e le province di
Pistoia e Prato
Direzione Regionale Musei della Toscana
Direzione Regionale Musei dell’Umbria
Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana,
Roma
Comune di Fiesole
Comune di Colle Val d’Elsa
Comune di Volterra
Museo Archeologico Nazionale, Chiusi
Museo Archeologico Nazionale, Firenze
Museo delle Navi, Pisa
Museo di Villa Guinigi, Lucca
Museo Archeologico Nazionale Gaio
Cilnio Mecenate, Arezzo
Museo del Bargello, Firenze
Museo Civico Archeologico, Fiesole
Museo Guarnacci e Pinacoteca, Volterra
Museo San Pietro, Colle Val d’Elsa
Palazzo dei Vescovi, Pistoia
Fondazione Pistoia Musei,
Torre Saline, Orbetello
Hanno collaborato alla realizzazione
della mostra
per il Comune di Grosseto:
Felice Carullo, Anna Bonelli,
Arianna Bianchi, Cristina Barsotti,
Paolo Dragoni, Roberto Lorenzi,
Ivana Danti
per la Soprintendenza ABAP delle
province di Siena, Grosseto e Arezzo:
Simona Pozzi
per Promocultura: Francesco Biron,
Michela Berto, Francesca Colmayer,
Lucia Ferri, Valeria Fommei,
Priscilla Fellin, Luca Giannini,
Camilla Moretti, Simone Moretti,
Paola Spaziani, Cecilia Vellati,
Martina Zitiello
Accoglienza, custodia, progetto didattico
e visite guidate
Michela Berto, Francesca Colmayer,
Lucia Ferri, Valeria Fommei,
Priscilla Fellin, Luca Giannini,
Camilla Moretti, Simone Moretti,
Paola Spaziani, Martina Zitiello
Comunicazione
Simone Moretti
Vigilanza
Cecilia Vellati
Allestimento mostra
Cristina Barsotti, Francesca Colmayer,
Paolo Dragoni, Barbara Fiorini,
Simona Pozzi, Paola Spaziani,
Chiara Valdambrini, Grechi Costruzioni
Allestimento inumate
Ambra Ulivieri
Realizzazione abiti storici
Associazione La Fara
Massimo Valdambrini (riproduzione
lancia e scudo)
Vetrine
Luca Cioni (ELMU srl) e LVA srl
Impianto luci e climatizzazione
Sistema srl
Impianto allarme e videosorveglianza
CRIM srl
Stampa
Pixart printing, Semar Arti Grafiche
Grosseto, Flyeralarm
Media partner
Archeologia Viva, Archeo
Sponsor
AIS, Grechi Costruzioni, Sonepar,
Playled
Trasporti
Marta Mineo per la società Atlante,
Apice
Apparati multimediali
Luca Deravignone, Francesco Rossi,
Associazione La Fara
Testi video e performance attoriali
Associazione La Fara, Mariangela
Galatea Vaglio, Chiara Valdambrini
Assicurazione
Gianluca Buzi, GB Sapri Spa, per AXA
XL Insurance Company SE
Foto orecchino per brochure, banner
e manifesti
Carlo Bonazza
Foto in mostra per gentile concessione di
Fabrizio Vallelonga, Museo Archeologico
Nazionale di Chiusi
Matteo Braconi, Università Roma Tre
Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana
Stefano Campana, Università degli Studi
di Siena
Voce sala immersiva
Fabio Cicaloni
Ufficio stampa
Comune di Grosseto
I restauri sono stati eseguiti da
Simona Pozzi (Soprintendenza ABAP
per le province di Siena, Grosseto
e Arezzo)
Agnese La Torrata, Franco Cecchi
(Lab. Soprintendenza ABAP Firenze,
Il Mulino di Gonfienti, responsabile
Gabriella Poggesi)
Stefania Caloni
(Società Atlante)
Daniela Manna, Lidia Gallucci,
Ludovica Nicolai, Stefano Sarri
Revisione conservativa in mostra
Cristina Barsotti
Le riprese effettuate nella cattedrale
di San Pietro a Sovana si devono alla
disponibilità dell’Ufficio Beni Culturali
della Diocesi di Pitigliano-Sovana-Orbetello
Si ringraziano
Antonfrancesco Vivarelli Colonna
(sindaco di Grosseto), Luca Agresti
(vicesindaco e assessore alla Cultura
del Comune di Grosseto),
Margherita Eichberg (soprintendente
Archeologia, Belle Arti e Paesaggio
per l’Area metropolitana di Roma,
Viterbo e l’Etruria meridionale),
Carlo Citter, Giulio Ciampoltrini,
Federica Ciambotta, Luca Giannini,
Giorgio Della Longa, Vasco La Salvia,
Elena Percivaldi, Enrico Pizzi,
Piero Pruneti, Maria Angela Turchetti,
Osvaldo Barbetti, la Diocesi di Grosseto,
Francesco Gambicorti per il prestito
della riproduzione dello scramasax, e
tutti coloro che, a vario titolo, hanno
contribuito alla realizzazione della mostra.
Si ringraziano inoltre tutti i Gabinetti
e Archivi fotografici dei Musei statali e
civici, prestatori e no, che a diverso titolo
hanno collaborato alla realizzazione
del presente catalogo
Catalogo a cura di
Chiara Valdambrini
Saggi e schede di
Giacomo Baldini, Stefano Bertoldi,
Giovanna Bianchi, Andrea Biondi,
Emanuela Borgia, Matteo Braconi,
Gian Pietro Brogiolo, Stefano Campana,
Anna Caprasecca, Gemma Carafa Jacobini,
Beatrice Casocavallo, Gabriele Castiglia,
Marco Cavalieri, Letizia Cavallini,
Mariagrazia Celuzza, Giulio Ciampoltrini,
Carlo Citter, Francesca Colmayer,
Cristina Corsi, Paola Marina De Marchi,
Elisabetta De Minicis,
Margherita Eichberg, Fabio Fabiani,
Carla Falluomini, Roberto Farinelli,
Cristina Felici, Chiara Ferrari,
Marco Firmati, Antonio Fornaciari,
Alessandro Furiesi, Stefano Genovesi,
Caterina Giostra, Vasco La Salvia,
Pierluigi Licciardello, Andrea Magno,
Daniele Federico Maras,
Lorenzo Marasco, Mario Marrocchi,
Alessandra Molinari, Valeria Mongelli,
Sara Nardi Combescure,
Luca Mario Nejrotti, Damiano Paoletti,
Giancarlo Pastura, Paola Quaranta,
Paola Rendini, Stefano Ricci Cortili,
Claudia Rizzitelli, Andrea Saccocci,
Alessia Savi Scarponi, Carlotta Schwarz,
Paola Spaziani, Alessandra Sperduti,
Chiara Tesi, Maria Angela Turchetti,
Chiara Valdambrini, Marco Valenti,
Fabrizio Vallelonga, Guido Vannini
Revisione delle bozze
Francesca Colmayer, Priscilla Fellin,
Lucia Ferri, Luca Giannini,
Camilla Moretti, Simone Moretti,
Paola Spaziani, Chiara Valdambrini
SOMMARIO
15
Perché una mostra sui Longobardi?
83
Chiara Valdambrini
Risorse minerarie ed economia nella Tuscia
longobarda
Vasco La Salvia
18
Sulle tracce dei Longobardi nella complessa
evoluzione della Tuscia altomedievale
95
Gian Pietro Brogiolo
Insediamenti e sfruttamento delle risorse
naturali
Carlo Citter
SEZIONE I
LA TUSCIA IN ETÀ LONGOBARDA:
I TEMI GENERALI
31
Sulle tracce dei Longobardi nella Tuscia:
i ritrovamenti del passato
101
Strade di pietra. Le reti di comunicazione
tra continuità e cambiamento
Beatrice Casocavallo, Daniele Federico Maras,
Carlotta Schwarz
109
Caterina Giostra
Testimonianze linguistiche longobarde
in Toscana
Carla Falluomini
41
Abitare tra VI e VII secolo: confronti
tra le zone di occupazione longobarda
115
Marco Valenti
La Tuscia longobarda: una sorta di laboratorio
sperimentale in fatto di moneta aurea?
Andrea Saccocci
57
La Tuscia Langobardorum e il Ducatus Romae
127
Carlo Citter
133
63
Tra Tuscia e Maremma: territorio,
insediamento e comunicazioni nell’Alto Lazio
di età longobarda
Sulle tracce del limes longobardo-bizantino
nella Tuscia viterbese
Giancarlo Pastura
I Longobardi e la Chiesa
Carlo Citter
139
Il culto dei santi nella Tuscia longobarda
Pierluigi Licciardello
Cristina Corsi
77
Schede cat. 1-3
145
Per una geografia delle intitolazioni
ecclesiastiche nella Toscana di età longobarda
Roberto Farinelli
11
151
Cosa c’è di monastico e di longobardo
nei monasteri longobardi, con particolare
riguardo alla Toscana
233
Chiusi
313
Fabrizio Vallelonga, Maria Angela Turchetti
Vetricella e la Val di Pecora in età longobarda
391
Giovanna Bianchi, Lorenzo Marasco
240
Schede cat. 39-46
317
243
Nuove considerazioni cronologiche
sulla catacomba di Santa Mustiola
a Chiusi. Il caso dell’inumata
con deformazione artificiale del cranio
321
Territorio rurale e cristianizzazione nella Tuscia
Langobardorum: ville, “insediamenti secondari”
e chiese
Gabriele Castiglia
Matteo Braconi
331
I monti della Tolfa
Gemma Carafa Jacobini
Schede cat. 113-116
Mario Marrocchi
161
253
Schede cat. 47-48
Ancora Emptyscapes... Paesaggi archeologici
altomedievali nella valle del Salica (Grosseto)
396
II.3 - Le isole
Stefano Campana
397
L’isola del Giglio e le rotte bizantine
in età longobarda (VI-VII secolo)
La necropoli longobarda di Salica (Grosseto).
Studio bioarcheologico dei resti scheletrici
Paola Rendini
404
Schede cat. 134-141
Il cimitero di Salica: corredi, doni, elementi
di abbigliamento
408
II.4 - Schede degli scavi
Paola Marina De Marchi
409
Lo scavo nel chiostro dell’ex convento
di Sant’Agostino: nuovi dati
da Acquapendente
Letizia Cavallini, Antonio Fornaciari
259
SEZIONE II
LA TUSCIA: CITTÀ, CAMPAGNA
E ISOLE
Mariagrazia Celuzza
264
275
170
Roselle
II.1 - I contesti urbani
Schede cat. 49-105
Il porto di Centumcellae (Civitavecchia)
e gli scali minori del litorale
181
341
Schede cat. 117-124
Longobardi e città: i casi di Pistoia e Firenze
La scoperta di Lusciano e della chiesa
di Sant’Eusebio
Guido Vannini
Marco Firmati
Sara Nardi Combescure
171
337
Schede cat. 4-8
280
II.2 - Le campagne
345
348
Damiano Paoletti
415
Schede cat. 125-133
La necropoli di Castel Sozzio, Civitella
d’Agliano (Viterbo): note preliminari
Emanuela Borgia
185
Mugello e Casentino tra VI e VIII secolo:
aree di confine nellaToscana nordorientale
281
Andrea Biondi
I villaggi di età longobarda
di Santa Cristina in Caio, Miranduolo
e Poggibonsi
353
Lusciano. Analisi antropologica
degli individui inumati
421
Stefano Ricci Cortili, Chiara Tesi
Alessia Savi Scarponi
Stefano Bertoldi
189 Lucca fra VI e VIII secolo. La riorganizzazione
urbana nel dato archeologico
287
Giulio Ciampoltrini
196
199
Scheda cat. 9
Fiesole longobarda (fine VI - VIII secolo):
verso una nuova sintesi
I vasa sacra di Galognano.
Formazione e significato del corredo
eucaristico nella società della Val d’Elsa
tardoantica
361 Il sito de La Biagiola nel contesto della Tuscia
longobarda tra Ombrone e Fiora
Luca Mario Nejrotti
Schede cat. 106-111
371
293
Longobardi a Pisa
Riciclare tra Tarda Antichità e Alto Medioevo:
l’officina del fabbro ferraio della villa d’Aiano
(San Gimignano, Siena)
Fabio Fabiani, Stefano Genovesi, Claudia Rizzitelli
Marco Cavalieri
Andrea Biondi
202
205
209
Schede cat. 10-13
Schede cat. 14-19
299
Volterra nel periodo longobardo
301
Alessandro Furiesi
216
12
Ripa Maiale, Allumiere (Roma)
I possedimenti del monastero
di San Salvatore nella Tuscia meridionale.
Il lascito dell’organizzazione longobarda
sul territorio e il caso studio di Vico Mariano
441
La Farnesiana, Allumiere (Roma)
Fabrizio Vallelonga
377
Dal Fiora al Mignone: Tarquinia e Tuscania
448
II.5 - Appendice schede
449
Schede cat. 144-156
452
TAVOLE
Beatrice Casocavallo, Paola Quaranta
Scheda cat. 112
I Longobardi e la Val di Chiana
Il caso di Ferento
Elisabetta De Minicis
Scheda cat. 20
Arezzo in età longobarda:
le fonti archeologiche
Alessandra Molinari
229
433
Andrea Magno
305
219
Schede cat. 142-143
Anna Caprasecca
383
215
430
Fabrizio Vallelonga, Gemma Carafa Jacobini
Giacomo Baldini
289
La necropoli longobarda di Chiusa del Belli,
Farnese (Viterbo)
Schede cat. 21-38
La pieve di Pava in epoca longobarda:
dati stratigrafici, manufatti, sepolture
tra VI e VIII secolo
Stefano Campana, Cristina Felici, Paola Marina De Marchi,
Valeria Mongelli
13
PERCHÉ UNA MOSTRA SUI LONGOBARDI?
Chiara Valdambrini*
Di tutte le presenze che si sono succedute nel territorio della Maremma, forse nessuna come quella dei
Longobardi appare tanto misteriosa, ignorata, sconosciuta, silente seppure sia stata una testimonianza
accertata e produttiva di trasformazioni culturali.
Se, infatti, Etruschi, Romani, Aldobrandeschi,
Medici e Lorena sono soggetti storici ormai consolidati nell’immaginario collettivo locale, è un fatto
che, da soli, non possano completare il quadro complessivo del passato di questa terra.
È quindi doveroso, per un’istituzione culturale
come il MAAM, sia stimolare il proprio pubblico
a una conoscenza più ampia, sia, soprattutto, rendere consapevole la propria comunità su tutte quelle
realtà che, nel tempo, in misura più o meno grande,
abbiano contribuito a formare un’identità collettiva.
Se vogliamo, è un po’ come avviene nel mito della
caverna di Platone: un atto di denuncia nei confronti di chi si appiattisce in una prigione di luoghi
comuni da cui non vuole uscire, e preferisce ignorare
la conoscenza che può aprirgli nuove prospettive.
La mostra “Una terra di mezzo. I Longobardi e
la nascita della Toscana” nasce come strumento di
completamento della memoria collettiva locale:
sulla scia di Platone e del kantiano e illuministico
“sapere aude”, è un invito a camminare con le proprie gambe su percorsi nuovi, a usare la testa, liberi
da ciò che vi è stato sistemato da sempre e che non
si è mai messo in discussione.
È importante rammentare che tante sono state le
esposizioni che hanno raccontato i Longobardi su
scala nazionale. Ricordiamo, in ordine di tempo, l’ultima meravigliosa mostra “Longobardi. Un popolo
che cambia la storia” che, nel 2017, è stata ospitata a
Pavia, Napoli e San Pietroburgo. Una pietra miliare,
nella narrazione di questo popolo germanico, in cui
sono stati esposti anche materiali provenienti da
Chiusi e Lucca, un tempo afferenti al ducato longobardo di Tuscia, lo stesso di cui ha fatto parte anche
la Maremma.
In queste esperienze nazionali, però, è mancato un
racconto completo ed efficace dell’intero territorio
di cui erano parte Lucca e Chiusi: l’intera Toscana e
parte dell’alto Lazio. Da qui l’idea della mostra 2021
del MAAM.
Tante sono, infatti, le scoperte, anche inedite, che
raccontano la storia della parte più a sud della
Langobardia Maior (Italia centrosettentrionale), una
terra di frontiera e di connessione, una parte ai margini, ma tutt’altro che marginale, del regno longobardo: la Tuscia.
Suggestioni, queste, che hanno ispirato anche il
titolo dell’esposizione.
Il passaggio successivo è stato naturale: quella che
era stata concepita come uno stimolo alla conoscenza locale della storia e dell’archeologia del
territorio si è, subito, aperta al dibattito in corso
nel panorama italiano e ne è testimonianza questo
volume, in due sezioni, che non si limita ad essere
un semplice catalogo di una mostra, ma si sviluppa
come luogo di confronto di studiosi nazionali e
internazionali e restituisce ai lettori un quadro
ampio, dinamico e diacronico che va ben oltre l’itinerario di visita.
I tratti distintivi delle decorazioni artistiche dei
Longobardi, linee geometriche che si intrecciano,
15
lA NeCRoPolI loNGoBARDA DI ChIUsA
Del BellI, FARNese (VITeRBo)
Alessia Savi Scarponi*
Tra il 2011 e il 2013 in località Chiusa del Belli,
nel comune di Farnese (VT), sono state eseguite
indagini di archeologia preventiva preliminari alla
realizzazione di un impianto fotovoltaico; le trincee esplorative hanno permesso di documentare i
resti di un insediamento risalente ad età tardoetrusca (fine IV - primi decenni III secolo a.C.), tracce
di riuso di parti dell’insediamento etrusco databili
fra la metà del II secolo e il I secolo a.C.1 ed alcune
sepolture relative ad una piccola necropoli di tombe
ad incinerazione ed inumazione attribuibili in base
ai corredi al periodo compreso fra l’avanzato I e il
II secolo d.C.2; le indagini hanno, inoltre, intercettato alcune sepolture longobarde delle quali è
stata presentata una descrizione preliminare3 ed
un primo rapporto tecnico sulle analisi archeometriche effettuate dall’Istituto di Cristallografia del
CNR su alcuni degli oggetti di corredo4.
Le indagini preventive si sono interrotte dopo l’esecuzione delle trincee; il sepolcreto longobardo non è
stato indagato in modo estensivo e di esso, pertanto,
non è possibile seguire lo sviluppo o avanzare ipotesi circa la composizione e la struttura sociale della
comunità altomedievale sepolta.
Il restauro dei reperti è in corso durante la stesura
del presente contributo che è, pertanto, da considerare preliminare ad uno studio più completo.
I sondaggi archeologici preventivi hanno esposto
complessivamente sette tombe, solo sei indagate,
facenti verosimilmente parte di una più estesa necropoli in campo aperto, con sepolture in fossa orientate ovest-est e disposte in righe allineate in senso
nord-sud, secondo una modalità ritenuta canonica5.
Un gruppo di sei sepolture è stato individuato in tre
sondaggi vicini (fig. 1), mentre una settima tomba
è stata scoperta, ma non indagata, ad oltre 60 m di
distanza dal gruppo.
Gli inumati sono stati deposti con il proprio abito
quotidiano che comprende gli elementi considerabili marcatori e che consentono l’identificazione
del ruolo sociale: cinque delle sette sepolture individuate sono attribuibili ad individui deceduti in età
adulta con dotazione di armi tra cui lo scramasax, un
coltellaccio con lama ad un solo taglio che connota
la condizione di uomo libero in armi6; le armi erano
sistemate con la punta rivolta ad est, ovvero verso
il capo dell’inumato, sotto al braccio sinistro (figg.
2-4); solo nella tomba 6 era deposto lungo il femore
sinistro (fig. 5).
Sono documentati cinque scramasax (tombe 1-3,
6-7) di lunghezza compresa tra 47-68,5 cm, tre dei
quali conservano le decorazioni relative al fodero:
il sax della tomba 1 era ornato da un elemento quadrangolare in materiale deperibile rivestito da una
lamina di bronzo fissata con ribattini di bronzo a
testa emisferica; nella tomba 3 la decorazione è
costituita da due fasce sovrapposte di piccoli triangoli formati da tre ribattini ciascuno (fig. 6). Lo
scramasax della tomba 6 è stato recuperato entro
un pane di terra e successivamente sottoposto a
radiografia che ha rivelato un motivo decorativo
analogo a quello riscontrato sull’arma della tomba
17 di Collegno datata al 660-690 circa. (fig. 7);
inoltre, lungo la fascia decorativa di ribattini sono
inserite le due borchie troncoconiche che assicuravano la sospensione dell’arma alla cinta, attraverso
II . 4 - s Che De De Gl I s CAVI
421
cinghie di cuoio, non conservate. Le analogie della
tomba 6 di Farnese con la tomba 17 di Collegno
riguardano anche la posizione del sax, deposto
lungo il femore sinistro dell’inumato e con la cintura avvolta attorno al fodero (fig. 5).
È stata rinvenuta un’unica spatha nella tomba 1 (fig.
8); l’arma, coperta da abbondante corrosione che ne
ha in parte deformato la sagoma, è stata sottoposta
a radiografia e a fluorescenza dei raggi X in dispersione di energia (ED-XRF): le immagini radiografiche hanno evidenziato una minore radiopacità
nel centro del corpo, ovvero una ridotta densità del
metallo dovuta alla corrosione (fig. 9); l’analisi XRF
ha evidenziato la presenza di rame, talvolta in percentuali consistenti che può essere spiegata con la
reciproca cessione dei prodotti della corrosione da
parte di oggetti con superfici a contatto o vicine, in
questo caso due bottoni piramidali di bronzo rinvenuti lungo la lama, relativi alla sospensione.
Sotto alla spatha sono stati rinvenuti due coltelli
probabilmente contenuti entro una tasca applicata
al fodero della spada.
La deposizione della cintura all’interno della tomba
era funzionale alla protezione del defunto e a rappresentarne la condizione sociale7; le tombe 1, 2, 3,
6 hanno restituito guarnizioni di cintura “a cinque
pezzi” indossata al momento del seppellimento
(tombe 2 e 3, guarnizioni in bronzo) o sistemata
intorno all’arma (tombe 1 e 6, rispettivamente in
ferro e bronzo); la tomba 7, non è stata scavata, ma
3. Rilievo della tomba 2; in marrone il corredo in ferro (scramasax), in verde gli elementi in bronzo (rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
1. Necropoli di Chiusa del Belli, planimetria delle sepolture longobarde
individuate durante lo scavo delle trincee esplorative (tombe 1-6); il tratteggio
a est della tomba 4 rappresenta l’estensione di un’altra probabile sepoltura
(rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
ha restituito un parte di elemento di cintura in ferro
ageminato nel quale sembra riconoscibile una decorazione animalistica “a 8” entro una cornice formata
da una linea continua ed una punteggiata e barrette
parallele sui margini (fig. 10).
Le guarnizioni di bronzo dalla tomba 2 (fig. 11) presentano notevoli affinità con quelle rinvenute nella
tomba 87/4 della vicina necropoli della Selvicciola
(Ischia di Castro, VT), datata alla metà del VII
2. Rilievo della tomba 1; in marrone il corredo in ferro (spatha e scramasax), in verde gli elementi in bronzo (rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
422
SE ZIONE II LA TUS CIA: CITT À, CAM PAGNA E IS OLE
4. Rilievo della tomba 3; in marrone il corredo in ferro (scramasax), in verde gli elementi in bronzo (rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
5. Rilievo della tomba 6; in marrone il corredo in ferro (scramasax), in verde gli elementi in bronzo (rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
II . 4 - s Che De De Gl I s CAVI
423
6. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 3, particolare della decorazione
del fodero dello scramasax in corrispondenza della punta: la decorazione
è costituita da fasce sovrapposte di ribattini di bronzo
7. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 6, particolare dell’immagine radiografica del scramasax
(foto Ombretta Tarquini, Istituto di Cristallografia, CNR)
secolo o poco oltre , ascrivibili al tipo standard, anche
detto Santa Maria di Zevio, prodotto dall’inizio del
VII secolo, se non dalla fine del VI, e maggiormente
diffuso nel secondo quarto del VII in contesti funerari dell’Italia settentrionale, ma attestato anche nel
centro-sud della penisola9. Le guarnizioni di bronzo
rinvenute nella tomba 3 presentano elementi attribuibili al tipo Santa Maria di Zevio ed elementi
(due placchette cuoriformi) vicini al tipo Grancia
tomba 6210, per la quale è stata proposta una datazione alla seconda metà del VII secolo11.
Nelle sepolture di Chiusa del Belli il possesso del
cavallo è testimoniato dalle coppie speroni rinvenute in tre delle sei tombe indagate (tomba 1, in
8
ferro decorato all’agemina; tombe 3 e 6 in bronzo);
in tutti i casi gli speroni erano indossati e assicurati
ai piedi del defunto attraverso fibbie e linguette
(fig. 12).
Sono, inoltre, documentate cuspidi di freccia e di
lancia (rispettivamente nelle tombe 3 e 6), ma lo
stato di conservazione dei reperti non consente, al
momento, di dettagliarne le caratteristiche (fig. 13).
Sulle tibie dell’inumato della tomba 2 sono state
rinvenute due fibbiette a placca fissa e due puntalini
di bronzo (fig. 3) utili ad assicurare le calze ai piedi,
analogamente alla tomba 205 di Castel Trosino,
datata al secondo quarto del VII secolo. Una delle
fibbiette è stata sottoposta a RX e XRF, quest’ultima
10. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 7, elemento
di cintura in ferro ageminato
11. Necropoli di Chiusa del Belli, la tomba 2 ripresa dall’alto
12. Necropoli di Chiusa del Belli, la tomba 6 ripresa dall’alto
8. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 1, spatha rinvenuta lungo il femore destro dell’inumato
9. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 1, immagine radiografica della spatha (foto Ombretta Tarquini, Istituto di Cristallografia, CNR)
424
SE ZIONE II LA TUS CIA: CITT À, CAM PAGNA E IS OLE
ha rivelato la composizione dell’oggetto costituita in
prevalenza da rame e piombo.
Tra le sepolture con dotazione di armi vi è anche
l’unica tomba infantile rinvenuta (tomba 4, fig. 14),
che ha restituito un coltello, o scramasax miniaturistico, ed elementi in ferro molto corrosi, ritrovati
all’altezza del bacino, forse interpretabili come guarnizioni di cintura (fibbia e puntale).
La sepoltura che non ha restituito armi (tomba 5;
figg. 15 e 16) apparteneva ad una donna sepolta
con uno spillone di bronzo posizionato all’altezza
dello sterno, posizione che ne suggerisce l’impiego
come ferma mantello; lo spillone è stato sottoposto a fluorescenza dei raggi X da parte dell’Istituto
di Cristallografia del CNR, che ha evidenziato una
composizione in massima parte costituita da rame
13. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 6,
particolare dell’immagine radiografica delle cuspidi
di lancia recuperate entro pane di terra
(foto Ombretta Tarquini, Istituto di Cristallografia, CNR)
II . 4 - s Che De De Gl I s CAVI
425
14. Rilievo della tomba 4; in marrone il corredo in ferro (rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
16. Necropoli di Chiusa del Belli, la tomba 5 ripresa da sud-est
15. Rilievo della tomba 5; in marrone il corredo in ferro, in verde gli elementi in bronzo (rilievo Studio Gasseau e Fralleoni)
con basse percentuali di ferro, piombo e stagno e la
presenza di alcune componenti del terreno (calcio,
vanadio, titanio).
All’altezza del bacino della defunta era deposto un piccolo oggetto di ferro molto corroso ed illeggibile; le
radiografie e le analisi di fluorescenza effettuate sull’oggetto hanno rivelato essere un piccolo contenitore
cilindrico composto di solo ferro, dotato di catenella
di sospensione (fig. 17); la macrofotografia ha, inoltre,
evidenziato cospicue tracce di tessuto mineralizzato
localizzate soprattutto sul fondo esterno dell’oggetto
(fig. 18); la trama dei fili ritorti a Z attribuisce le tracce
mineralizzate a tessuto confezionato con lana.
Oggetti analoghi al nostro sono stati rinvenuti in
area piemontese e lombarda entro sepolture femminili: un piccolo contenitore in ferro, con forma e
dimensioni vicine al nostro, ma dotato di coperchio è
426
SE ZIONE II LA TUS CIA: CITT À, CAM PAGNA E IS OLE
stato rinvenuto a Sant’Albano Stura (Cuneo, tomba
494) in una sepoltura attribuita alla seconda metà
del VII secolo12; dalla tomba n. 4 della necropoli di
Montichiari-San Zeno (BS) proviene un altro piccolo contenitore in ferro rinvenuto all’altezza delle
gambe della defunta13.
Le caratteristiche delle sepolture indagate connotano gli inumati come chiaramente di cultura longobarda; nel corredo della tomba 5, femminile, sembra
manifesta l’acquisizione di elementi del costume
romano-bizantino, nell’uso dello spillone e del piccolo contenitore sospeso alla cinta.
Un’ultima osservazione merita l’affinità di alcuni
pezzi dei corredi riscontrata con elementi provenienti da sepolture piemontesi della necropoli di
Sant’Albano Stura e Collegno che potrebbe indiziare un qualche collegamento sociale fra gruppi.
5 mm
17. Necropoli di Chiusa del Belli, tomba 5, immagine radiografica
del piccolo contenitore in ferro (foto Ombretta Tarquini, Istituto
di Cristallografia, CNR)
18. Tomba 5, macrofotografia del fondo del contenitore in ferro con tracce di tessuto
mineralizzato (foto Ombretta Tarquini, Istituto di Cristallografia, CNR)
II . 4 - s Che De De Gl I s CAVI
427
La necropoli longobarda individuata presso Farnese
potrebbe essere relazionabile ad un insediamento
stanziatosi in una delle due ville di epoca imperiale
indiziate da aree di concentrazione di reperti archeologici, documentate durante le indagini di superficie
condotte per la redazione della Carta Archeologica
del territorio comunale14, che hanno restituito materiali fittili attribuibili all’arco cronologico compreso
tra il II secolo a.C. ed il VI d.C. e tra il IV e VI
d.C.15 (fig. 19).
Pur considerando plausibile questa ipotesi – i casi di
occupazione e riuso di ville romane, o parti di esse,
da parte di comunità altomedievali sono ben documentati16 – c’è tuttavia da sottolineare che alcune
delle trincee esplorative hanno intercettato a poca
distanza dalle sepolture un taglio nel banco vulcanico, di forma allungata, rettangolare o forse ellittica, orientato est-ovest e lungo una quarantina di
metri, con almeno un punto di fuoco presso il quale
è stato recuperato un frammento di contenitore in
pietra ollare: potrebbe senz’altro trattarsi dei resti di
una struttura altomedievale a carattere abitativo.
La vicinanza tra necropoli ed abitato, e talvolta la
compenetrazione fra i due, è testimoniata in varie
località: a Collegno (TO) la distanza tra cimitero e insediamento è di circa 300 m17, a Testona
(Moncalieri, Parco di villa Lancia), alcune tombe
in nuda terra sono inserite fra le capanne. Per tornare ad un ambito geografico vicino al nostro, in loc.
Selvicciola nel limitrofo comune di Ischia di Castro
(VT), l’imponente villa romana sul percorso della
Clodia, abbandonata intorno alla metà del V d.C.,
viene parzialmente rioccupata dal primo quarto
del VII: in particolare nel quartiere termale e nel
peristilio della villa sono state documentate modeste tracce di abitato consistenti in alloggiamenti di
pali lignei18; a ridosso delle strutture della villa viene
impiantata una necropoli che conta 120 sepolture a
fossa, attribuibili all’arco cronologico compreso tra
il V ed il IX d.C., distribuite intorno ad un piccolo
luogo di culto.
La necropoli altomedievale di Chiusa del Belli è
ben inserita nella maglia viaria di origine antica
rappresentata da due strade che si intersecano in
prossimità del cimitero longobardo (fig. 19); se per
la strada che borda a nord la necropoli possiamo
affermare con certezza un suo utilizzo almeno a
partire dal I secolo d.C. per via della presenza di
sepolture di I-II d.C. isorientate col percorso, per
la viabilità che fiancheggia il cimitero longobardo
ad ovest è stato ipotizzato un suo utilizzo perlomeno dall’epoca romana19; questa strada, una via
cava di grande suggestione, raggiunge e supera il
Torrente Olpeta, intercettando lungo il percorso
una viabilità in uso almeno dall’epoca etrusca, che
costeggia la destra idrografica del torrente. Dopo
aver passato l’Olpeta, la strada attraversa Santa
Maria di Sala, altra località con testimonianze longobarde riecheggiate anche nel toponimo, e prosegue in direzione nord penetrando nel territorio di
Pitigliano.
È forse da attribuire alla presenza del passo sull’Olpeta ed all’intersezione di varie direttrici la continuità insediativa riscontrata nell’area e lo stanziamento del gruppo di exercitales longobardi sepolti
nella necropoli.
19. Stralcio della Carta Tecnica Regionale 1:5000 (Sezioni 344010, 344020; fuori scala); il quadrato rappresenta approssimativamente la posizione della necropoli
altomedievale; i cerchi indicano le aree di concentrazione di reperti romani, forse ville; le linee tratteggiate rappresentano le principali viabilità
428
SE ZIONE II LA TUS CIA: CITT À, CAM PAGNA E IS OLE
II . 4 - s Che De De Gl I s CAVI
429
SCHEDE DI CATALOGO
(tavv. 108-109, p. 477)
Note
* alessiasavisca@gmail.com
Gli oggetti schedati sono conservati
nei Magazzini del Museo Civico
Archeologico “Pietro e Turiddo Lotti”,
Ischia di Castro (VT)
cat. 142. Tomba 1 (fig. 2)
Tomba in nuda terra costituita da un
taglio di forma rettangolare con angoli
stondati; lunghezza massima 2,37 m,
larghezza massima 0,89 m, profondità
media 0,30 m; orientata in senso estovest, cranio ad ovest. Il taglio ha pareti
dal profilo verticale ed il fondo è piano;
la fossa è stata danneggiata nella parte
più superficiale durante lo scavo della
trincea con mezzo meccanico.
La tomba ospitava un individuo adulto in
decubito dorsale, probabilmente maschio
per la presenza di armi20, del quale si
conservano gli arti inferiori distesi e parte
dell’arto superiore sinistro disteso; pochi
frammenti di cranio e bacino. Le ossa
sono mal conservate, spugnose, fragili.
Il corredo è costituito da una spatha
(spada lunga a due tagli; lungh. 92 cm,
largh max 6 cm circa) (figg. 8-9) utile nei
combattimenti a terra, rinvenuta lungo
il fianco destro dell’inumato, deposta
con la punta rivolta ad est; la spada come
il resto del corredo è oggetto di restauro
durante la stesura di questo contributo;
le notizie qui fornite sono pertanto
frammentarie poiché condizionate dallo
stato di conservazione dei reperti.
Come accennato, due coltelli di ferro,
lunghi 12 e 13,5 cm, sono stati rinvenuti
sotto alla spatha, forse contenuti entro
una tasca applicata al fodero dell’arma.
La spada era assicurata alla cinta da
cinghie probabilmente in cuoio (non
conservate) unite al fodero attraverso
430
due bottoni piramidali in bronzo.
La presenza di una cintura del tipo
“a cinque pezzi” è indicata da guarnizioni
di ferro ageminato rinvenute presso
la lama; la posizione delle guarnizioni
indica che la cintura era avvolta attorno
al fodero: una fibbia a placca mobile, una
controplacca, due puntali, un passante
ed una placchetta quadrangolare; altri
elementi in ferro di difficile lettura in
assenza di un restauro (forse una fibbietta
a placca mobile) potrebbero indiziare
la presenza della bandoliera utile
a bilanciare il peso dell’arma.
Lungo il braccio sinistro era uno
scramasax (coltellaccio con lama ad
un solo taglio) lungo 47 cm; il codolo,
compreso di fermamanico in ferro
(?), è lungo 11,5 cm. Un elemento
quadrangolare in materiale deperibile
(forse osso) rivestito da una lamina di
bronzo fissata con ribattini di bronzo a
testa emisferica è stato rinvenuto presso
l’impugnatura del sax e potrebbe essere
un elemento decorativo del fodero;
inoltre, una borchia troncoconica e
una fibbietta a placca fissa di bronzo
segnalano la sistema di sospensione
dell’arma alla cinta attraverso una
cinghia probabilmente in cuoio.
Il defunto indossava speroni di ferro
decorati all’agemina assicurati ai piedi
da fibbie e linguette anch’esse in ferro
ageminato.
Per le analogie di alcuni pezzi del corredo
con la tomba 86/8 della Selvicciola21
la sepoltura si inquadra verso la metà
del VII secolo o poco oltre.
SE ZIONE II LA TUS CIA: CITT À, CAM PAGNA E IS OLE
cat. 143. Tomba 5 (figg. 15-16)
Tomba in nuda terra, integra, femminile;
taglio di forma rettangolare con angoli
stondati; lunghezza 1,53 m, larghezza
0,52 m, profondità media 0,30 m;
orientata est-ovest, cranio ad ovest;
le pareti del taglio presentano profilo
verticale ed il fondo è in piano.
Scheletro: individuo adulto, o forse
sub-adulto; i due femori e parte del
braccio destro sono appena rilevabili,
invasi da piccole radici, spugnosi e
fragilissimi; le ossa del cranio sono
meglio conservate, ma in frammenti; la
testa è appoggiata all’angolo nord-ovest
della fossa. La defunta era deposta in
decubito dorsale con le gambe distese
ed il braccio destro, l’unico conservato
in traccia, piegato sul bacino.
All’altezza dello sterno era uno
spillone di bronzo a sezione circolare
e terminazione ripiegata, lungo 13
cm, decorato da un gruppo di solchi
orizzontali, qui utilizzato con funzione
di ferma mantello, impiego attestato in
sepolture femminili tra il VI ed il VII
secolo22.
Le analisi di fluorescenza dello spillone
rivelano una lega di bronzo (rame,
piombo con tracce di stagno).
Al di sopra del bacino, probabilmente
all’altezza dell’ileo sinistro, era deposto
il piccolo cilindro in ferro che misura
4 cm di altezza e circa 2,5 di diametro;
le immagini radiografiche (figg. 17-18)
hanno evidenziato la presenza di due
piccoli anelli saldati esternamente, ai
quali è attaccata una catenella desinente
in un anello o gancio. La posizione
dell’oggetto potrebbe indicare che era
sospeso alla cinta dell’inumata.
1 Una prima ipotesi sui rinvenimenti di epoca etrusca ed ellenistica in
<www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2014-323.pdf>, cui si rimanda per
11
12
13
14
von Hessen 1971, tav. 42.1-4.
Micheletto, Uggé 2015, p. 27.
Breda 2007.
Frazzoni 2012.
2 I risultati delle indagini delle tombe di epoca imperiale in <www.
fastionline.org/docs/FOLDER-it-2015-334.pdf>.
3 Savi Scarponi 2019.
4 “Archeofest 2019. Metallurgica”, Roma, Museo delle Civiltà, 5-7 aprile
2019. L’intervento è a firma delle dottoresse Simona Carosi (SABAP-RMMET), Ombretta Tarquini (CNR-IC) e di chi scrive. Il Rapporto Tecnico
sui risultati delle analisi di laboratorio effettuate dall’Istituto di Cristallogra-
16 Paradigmatico il caso della villa di Faragola, presso Ascoli Satriano,
Foggia (Volpe, Turchiano 2013) dove viene impiantato nel VII secolo un
insediamento rurale per il quale si è recentemente proposta l’identificazione
con una curtis longobarda articolata in spazi residenziali ed aree artigianali
(Franciosini, Volpe, Turchiano 2017).
17 Pejrani Baricco 2004.
18 Gazzetti 1997.
Marcello Colapietro e del dottor Augusto Pifferi.
5 Giostra 2018a, p. 277.
6 Pantò et alii 2014, p. 96
7 Giostra 2018, p. 226.
8 Incitti 1997, p. 223, fig. 6, nn. 5, 6, 8, 11, 13, 14.
9 Pontalti 2017, pp. 180-181.
20 In attesa della conclusione delle analisi antropologiche la definizione
del sesso è affidata alle caratteristiche del corredo.
21 Incitti 1997, pp. 222-223, fig. 7 n. 3-5.
22 Nocera Umbra, tomba 11 (Rupp 2005, p. 18); Roman d’Isonzo,
tomba 253 (Vitri et alii 2014, p. 311) e a Leno-Campo Marchione (Giostra 2011, p. 259); Faenza, Palazzo Caldesi, tomba 4 (Guarnieri 2003,
II . 4 - s Che De De Gl I s CAVI
431
BOLSENA (VITERBO)
CHIUSA DEL BELLI, FARNESE (VITERBO)
cat. 149
cat. 154
cat. 150
tav. 108 (cat. 142, p. 430). Corredo della tomba 1
cat. 151
cat. 152
cat. 153
tav. 107 (cat. 149-154, p. 449). Coppia di orecchini in oro a cestello; due spilloni in bronzo a capocchia sferoidale; moneta in bronzo tardoimperiale con foro passante;
coltellino in ferro; collana composta da elementi in pasta vitrea e vago, forse parte della collana; armilla in bronzo a capi ingrossati
tav. 109 (cat. 143, p. 430). Corredo della tomba 5
476
Tavole
477
In copertina
Orecchino d’oro del tipo a cestello
(cat. 92, p. 268)
(foto Francesco Rossi e Luca Deravignone
Silvana Editoriale
Referenze fotografiche
Direzione editoriale
Dario Cimorelli
Comune di Colle Val d’Elsa
Comune di Fiesole
Comune di Volterra
Direzione Regionale Musei dell’Umbria
Direzione Regionale Musei della Toscana,
e le province di Pistoia e Prato
Fondazione Pistoia Musei
Muse Civico Archeologico di Fiesole,
Museo Archeologico Nazionale, Chiusi
Museo Archeologico Nazionale, Firenze
Museo Archeologico Nazionale Gaio Cilnio Mecenate, Arezzo
Museo del Bargello, Firenze
Museo delle Navi, Pisa
Museo di Villa Guinigi, Lucca
Museo Guarnacci e Pinacoteca, Volterra
Museo San Pietro, Colle Val d’Elsa
Palazzo dei Vescovi, Pistoia
Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Roma
Soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Roma, la provincia
di Viterbo e l’Etruria meridionale
Soprintendenza ABAP per la città metropolitana di Firenze
Soprintendenza ABAP per le province di Pisa e Livorno
Soprintendenza ABAP per le province di Siena, Grosseto e Arezzo
Art Director
Giacomo Merli
Coordinamento editoriale
Sergio Di Stefano
Redazione
Attilia Mazzola
Impaginazione
Donatella Ascorti
Coordinamento di produzione
Antonio Micelli
Segreteria di redazione
Giulia Mercanti
Ufficio iconografico
Silvia Sala
Ufficio stampa
Alessandra Olivari, press@silvanaeditoriale.it
Diritti di riproduzione e traduzione
riservati per tutti i paesi
© 2022 Silvana Editoriale S.p.A.,
Cinisello Balsamo, Milano
© 2022 Comune di Grosseto
ISBN 9788836648474
A norma della legge sul diritto d’autore e del codice
civile, è vietata la riproduzione, totale o parziale,
di questo volume in qualsiasi forma, originale
o derivata, e con qualsiasi mezzo a stampa,
elettronico, digitale, meccanico per mezzo
di fotocopie, microfilm, film o altro, senza
il permesso scritto dell’editore.
Silvana Editoriale S.p.A.
via dei Lavoratori, 78
20092 Cinisello Balsamo, Milano
tel. 02 453 951 01
fax 02 453 951 51
www.silvanaeditoriale.it
Le riproduzioni, la stampa e la rilegatura
sono state eseguite in Italia
Stampato da I.G.P. Grafiche Pacini,
Ospedaletto (Pisa)
Finito di stampare
nel mese di marzo 2022
Marco Amadei
Carlo Bonazza
Alessandro Botticelli
Bruno Bruchi, © SABAP-Si-Gr-Ar
Marco Cavalieri, © UCLouvain
Luca Deravignone
Carla Falluomini
Alessandra Giumlia-Mair, © UCLouvain
LAP&T
Gabriele Mainardi Valcarenghi, © UCLouvain
Antonino Meo
Alessio Mini
Paolo Nannini, © SABAP-Si-Gr-Ar
Thomas Nicq, Université de Lille
Claudia Ornaghi
Francesco Rossi
Paolo Scarin
Paolo Stefanini
Ombretta Tarquini, Istituto di Cristallografia, CNR
Chiara Valdambrini
Fabrizio Vallelonga
Ogni autore relativamente al proprio saggio