Electrosound
F RO NZ I
Electrosound
Da Cage ai Pink Floyd, da Schaeffer e i suoi eredi ai Soft
Machine, da Edgar Varèse a Iannis Xenakis, dai compositori
acusmatici ai DJ contemporanei, la ricerca elettroacustica
ed elettronica ha vissuto e continua a vivere una felicissima
stagione in ogni parte del globo; una stagione che è il momento
di ricostruire in modo più ampio e, laddove possibile,
interpretare, non solo all’interno dei confini della storia
della musica.
STORIA ED ESTETICA DELLA MUSICA ELETTROACUSTICA
Giacomo Fronzi (1981), laureato in Filosofia (Lecce) e
in Musicologia (Venezia), è dottore di ricerca in Etica e
antropologia filosofica all’Università del Salento, dove
svolge attività di ricerca presso la cattedra di Estetica. Si
è diplomato in pianoforte presso il Conservatorio Tito
Schipa di Lecce. Si interessa prevalentemente di estetica
contemporanea e filosofia della musica. Oltre ad articoli
e saggi su riviste nazionali e internazionali, ha curato il
volume John Cage. Una rivoluzione lunga cent’anni (Milano 2012) e pubblicato i volumi Etica ed estetica della
relazione (Milano 2009), Contaminazioni. Esperienze
estetiche nella contemporaneità (Milano 2010), Theodor W. Adorno. Pensiero critico e musica (Milano 2011).
GIACOMO FRONZI
STORIA ED ESTETICA
DELLA MUSICA
ELETTROACUSTICA
Grafica: Paolo Racca - Bosioassociati
In copertina: per l’immagine in alto a destra © shutterstock.com
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L’uomo d’oggi nasce e agisce in un paesaggio sonoro caratterizzato da una elettrificazione e digitalizzazione sempre più accentuata. Nelle nostre tasche, nei nostri computer,
nell’ambiente in cui abitiamo o lavoriamo,
nel mondo esterno, è molto probabile la
presenza quasi costante di una sequenza di
suoni più o meno fastidiosa o piacevole: suoni non tradizionali ma elettronici. Anche se
questo è il quadro generale e quotidiano al
quale siamo tutti in qualche modo assuefatti,
la relazione tra sfera elettronica e universo
sonoro costituisce un ambito d’interesse e
di approfondimento ben più complesso e
articolato. In questo volume si rintraccia, attraverso l’intero xx secolo e oltre, il percorso
della rivoluzione estetica e sonora della musica elettronica ed elettroacustica, ricostruendo le principali tappe storico-geografiche
attraverso le quali si è sviluppata nelle sue
diverse varianti. Combinando musica colta
ed extracolta, passato e presente, tecnica e
filosofia, transitando dalle sale da concerto ai
warehouse, l’autore presenta qui, per la prima volta in maniera così ampia e articolata,
una mappa generale della musica elettroacustica, attraverso i suoi protagonisti, le diverse
scuole, i suoi interpreti e i suoi ascoltatori. La
panoramica che ne deriva spazia dalle pionieristiche esperienze del primo Novecento
alla diffusione planetaria della musica disco,
techno e dei rave, dedicando una particolare
attenzione ai risvolti di carattere filosofico ed
estetico, in una prospettiva fortemente internazionale e con la massima apertura nei
confronti di tutti i generi musicali.
Biblioteca di cultura musicale
Contrappunti
Tutti i diritti riservati. La riproduzione,
anche parziale e con qualsiasi mezzo,
non è consentita senza la preventiva
autorizzazione scritta dell’editore
© 2013 EDT srl
17 via Pianezza, 10149 Torino
edt@edt.it
www.edt.it
ISBN 978-88-6639-126-5
Questo libro è stampato su carta ecosostenibile.
GIACOMO FRONZI
Electrosound
STORIA ED ESTETICA
DELLA MUSICA
ELETTROACUSTICA
Alla memoria del
professor Giovanni Morelli
Indice
Prefazione (Pierfrancesco Pacoda)
XIII Introduzione
XVII Ringraziamenti
XI
Parte prima. Pionieri e sviluppi nazionali
3 I.
3
18
22
28
Le premesse tecniche
31 II.
31
37
Le premesse musicali
Tecnica, elettricità, musica. Dall’invenzione alla composizione
La computer music
L’era digitale
Post-digitale e “neo-rumorismo”
La musica elettroacustica non è una
Uno sguardo d’insieme
45 III. Europa
45
Francia. Dalle prime esperienze rumoristiche
65
75
95
101
104
all’informatica musicale
Germania. Rigore teutonico e fascinazione concreta
Italia. L’elettronica al servizio dell’esperienza
Cecoslovacchia. Prove tecniche di emancipazione I
Polonia. Prove tecniche di emancipazione II
Svezia e Danimarca. L’esperienza scandinava
VII
Electrosound. Storia ed estetica della musica elettronica
107 IV.
107
120
125
132
137
140
America
Stati Uniti (I). Dal panteismo musicale alla minimal music
Stati Uniti (II). Computer music
Cuba. Pane, rivoluzione e fantasia
Giamaica. Il ritorno di Ras Tafari
Argentina. Sviluppi extranazionali
Colombia ed Ecuador. Identità culturali e sperimentazioni
145 V.
145
155
Medio ed Estremo Oriente
169 VI.
Australia
Israele. Dal globale al locale, andata e ritorno
Giappone. Europeismi, tradizione e innovazione
179 VII. Africa
179
Nigeria. Tra yoruba e afro-beat
183
Tanzania. Techno-taarab?
186
Ghana. Nuova highlife versus techno-pop
190
Senegal. Hip-hop e riscatto sociale
192
Costa d’Avorio. Identità ivoriana, reggae e critica politica
195
Sudafrica. Il kwaito
Parte seconda. Rock e dance music
205 VIII. Il rock e l’elettronica
205
Rock e pop elettroacustico. Dai Beatles al progressive
217
La scena electropop negli anni Settanta. Sguardi sulla Germania
227 IX.
227
237
245
251
259
Disco, house e techno music
Breve storia del djing. Dai primi jukebox all’eurodisco
Chicago. House music e tendenze emancipatrici
Detroit. La musica dei “techno-ribelli”
Rave party e Love Parade
Post Love Parade e nuovi itinerari. Esperienze chill-out
in Germania
Parte terza. Per una fenomenologia della musica elettroacustica
267 X.
267
Alcune implicazioni teoriche
A proposito di rivoluzioni artistiche
VIII
Indice
273
283
288
299
303
307
311
315
320
Dall’estetica del brutto all’estetica del rumore:
il brutto musicale
Le oscillazioni del “concreto” nell’arte e il rapporto
con il reale
Arte, musica e tecnica nel Novecento
L’arte nell’epoca della sua (ri)producibilità elettronica
I media come estensione dei sensi
Tecnologie elettroniche e nemesi della creatività
La poetica dell’opera aperta
Musica e teoria dell’informazione
Struttura ed entropia nella musica elettronica
Discografia selezionata
361 Bibliografia
387 Sitografia sintetica
389 Indice dei nomi e delle opere
333
IX
Le traduzioni delle citazioni nelle note, se non altrimenti speciicato, sono dell’Autore.
Per le edizioni originali di testi consultati in traduzione si rimanda alla Bibliograia.
Prefazione
Democrazia e musica elettronica. Sapere dal basso e pista da ballo. Condivisione e rivoluzione. Dalle chitarre elettriche, malamente distorte, del
“no future” che conquistava la scena con la ribellione senza una causa
del punk, estate del 1976, alla patina mielosa e sensuale dei Playa d’en
Bossa, l’Ibiza più scintillante.
Perché “la musica è di tutti” e Robert Moog e la sua macchina imponente che simulava una “natura” irreale, da cartolina, avevano già negli
anni Sessanta intuito che sarebbe stata la tecnologia a realizzare il sogno
di un suono che poteva fare a meno della tecnica.
Come dimenticare, in poco tempo, secoli di norme e se, come diceva
John Cale, citando uno dei suoi album più belli, l’Accademia era in
pericolo già nei ruggenti anni Settanta, adesso non esiste più. O almeno
è una frequentazione inutile per i giovani virtuosi del “bip”.
Sì, il “bip”. Afrika Bambaataa a ine anni Settanta deiniva “bip generation” quella moltitudine multietnica di adolescenti che avevano scoperto
le vertigini di quell’ipnotico battere, colonna sonora di interminabili
giornate consumate inseguendo i record di Space Invaders. Ed era in atto
una trasformazione epocale, antropologica, persino. Perché la tecnologia
entrava, insieme, nella mente e nel cuore dei più giovani, deiniva stili di
vita, imponeva suoni inediti, che non esistevano nella realtà (eppure, che
cosa c’è di più reale dell’hip-hop?) e che ispiravano una musica nuova,
in viaggio sulla via che porta al “beat perfetto”.
L’hip-hop è il punto di non ritorno. Qui l’elettronica si fa inalmente
narrazione, racconto, frammenti di un discorso amoroso che si muove
leggero dai block parties verso la Storia.
Due giradischi e un microfono. L’America della Grande Depressione
della metà degli anni Settanta.
Qui tutto nasce. La disco, il punk, l’hip-hop.
Musica per non musicisti, come direbbe Brian Eno.
XI
Electrosound. Storia ed estetica della musica elettronica
Il giradischi diventa strumento musicale. C’è lo scratch, il mixer che
mescola, sovrappone, incrocia.
Puro citazionismo. Come nella pop art di Andy Wharol, che fa di
un barattolo un’opera d’arte.
A questo serve la musica elettronica. È chiaro da subito, anche in questa
era pre campionatori e computer. Quando sono i piatti e i giradischi a
bobine a scandire il ritmo dell’avventura quotidiana.
L’avvento felice della house farà il resto.
Con l’arrivo a Chicago di Frankie Knuckles, con la sua “residenza” al
Warehouse Club (per il quale usare l’espressione “leggendario” per una
volta mi sia permesso) la disco genera la house, mentre a Detroit, he
Motor City, un gruppo di adolescenti innamorati dello spazio profondo,
con una fede cieca nei futuri meravigliosi annunciati dalla tecnologia,
ci portava nei paradisi della techno.
E la tecnologia si connette con straordinaria forza evocativa con le
tradizioni. C’è tutto il calore torrido dell’Africa, il tam tam, il tribalismo
in quegli esperimenti dove, inalmente, la metropoli incontra il deserto,
e le radici ritornano vive, non museali, sulla pista da ballo, diventano
movimento del corpo, consumo.
Da allora la musica suonata attraverso gli strumenti elettronici diventa
“popolare”, sollecitando trasformazioni sociali che hanno cambiato per
sempre le culture giovanili (il nostro modo di intendere la cultura).
Basti pensare all’irruzione sulla mappa di una inedita “geograia della
creazione”, che ci ha fatto conoscere luoghi lontani, sino a oggi, dai posti
delle avanguardie. Ridisegnando così una traccia che attraversa tutto il
mondo, miscelando alla perfezione il desiderio di localizzazione con le
necessità della globalizzazione. Tra nord e sud del pianeta, ovunque la
musica elettronica spazza via i generi e diventa linguaggio.
Pierfrancesco Pacoda
XII
Introduzione
Questa Introduzione avrebbe potuto iniziare così: «Ora vi parlerò di
musica, vale a dire di qualcosa che tutti sanno che cosa sia». Il riferimento
al celebre incipit del Breviario di estetica di Benedetto Croce servirebbe
a ricordare che, in efetti, scrivere di musica signiica addentrarsi in un
terreno estremamente ambiguo, il cui sterminato spazio è equamente
suddiviso tra “familiare” e “ignoto”, tra “quotidiano” e “sconosciuto”.
Questa divaricazione fondamentale, che rende la musica paradossalmente ciò che più ci accompagna nella vita e, allo stesso tempo, ciò che
meno è conosciuto, è resa ancora più complessa e radicale dalla storia
artistico-musicale del xx secolo. Il Novecento ha infatti decretato una
verità che pare ormai incontrovertibile e che sembra dirci: «dimenticate
tutto quel che avete ascoltato inora, l’armonia tradizionale, la bella forma,
la melodia dispiegata. La vera musica non è questa. O meglio, non è
solo questa. I suoi conini sono ben più ampi. Essi (non senza un pizzico
di esagerazione avanguardista) circondano l’intero campo dell’udibile
e arrivano addirittura a strizzare l’occhio al mondo del non-udibile».
Per secoli, la musica è stata scritta su carta, utilizzando una notazione
che tradizionalmente rinvia al pentagramma, all’interno di coordinate
armonico-melodiche tonali, ed è stata composta per essere cantata o per
essere suonata con strumenti acustici (pianoforte, violino, violoncello
ecc.). Il mirabile castello eretto utilizzando questi materiali di costruzione inizia a scricchiolare al volgere del secolo, tra Otto e Novecento,
quando all’orizzonte inizia a emergere un territorio inesplorato, che
già faceva intravedere proili aspri e cime aguzze, e che sarebbe stato
teutonicamente colonizzato di lì a poco. Si trattava, naturalmente, del
continente dodecafonico e seriale.
Succede allora che nei primi decenni del Novecento, cavalcando
l’onda lunga (e per alcuni anomala) del serialismo, soprattutto compositori mitteleuropei come Schönberg, Webern o Berg hanno annullato la
XIII
Electrosound. Storia ed estetica della musica elettronica
“tirannia” della tonalità, de-naturalizzando il sistema melodico, armonico
e tonale tradizionale. Per dirla con heodor W. Adorno, la tonalità è
il codice che la società occidentale si è data per esprimere musica per
quattro secoli; si tratterebbe perciò di un complesso di norme, regole e
divieti del tutto arbitrario e convenzionale, così come lo sono i dispositivi linguistici. La grande capacità “camaleontica” del sistema tonale
ha fatto sì che esso potesse radicarsi nella cultura dei popoli in contesti
ed epoche diferenti, dimostrando di riuscire ad adattarsi alle «esigenze
comunicative di società diverse». Non si può dire però che la dodecafonia
e il serialismo abbiano avuto un’analoga capacità camaleontica, se è vero
che la diicoltà di acquisizione e “digestione intellettuale” di molte opere
composte in quel contesto ancora tarda a dissolversi.
Molto più versatile e feconda si dimostrerà, invece, una tradizione che
muove i primi passi nell’alveo della ricerca iper-seriale postweberniana,
una igura della musica contemporanea che, in forme diversissime,
riuscirà a riscuotere un successo planetario: la musica elettroacustica. A
livello artistico ed estetico, la tecnologia inizia a fornire all’arte sempre
nuovi strumenti, nuove basi e, conseguentemente, una nuova estetica.
Ma il problema centrale si presenta allora in questi termini: i buoi sono
l’arte e il carro è la tecnologia o viceversa? Quel che è certo è che la
modiicazione dei paradigmi estetici è conseguenza di un mutamento
di paradigma concettuale, al quale l’artista risponde ricorrendo a nuovi
strumenti. È come se la tecnologia sollecitasse un terreno già in ibrillazione. Resta comunque diicile stabilire se siano state tecnologia e
scienza a un certo punto ad accorgersi della musica o viceversa (a questo
riguardo, come vedremo, Luciano Berio aveva le idee molto chiare), fatto
sta che tra la ine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta del
secolo scorso, i compositori iniziano a fare sul serio: le sperimentazioni
pionieristiche e bizzarre della prima metà del Novecento, costellate di
strane apparecchiature e condotte da personaggi talvolta stravaganti,
cedono il passo a una sempre più attenta, minuziosa e rigorosa ricerca sul
fenomeno suono, considerato non più nella sua tradizionale veste acustica
(prodotto, cioè, mediante l’utilizzo di strumenti musicali tradizionali),
ma come qualcosa che poteva essere prodotto con strumenti elettrici e,
più in là, elettronici.
La musica elettroacustica rappresenta una svolta radicale nella storia
delle forme musicali (e non solo), per diversi motivi, che emergeranno
via via dalle pagine successive. Con essa siamo di fronte a una svolta
perché mai ino ad allora vi era stata una così profonda commistione tra
sviluppo tecnico-tecnologico e pratiche compositive. E questo aspetto ha
avuto almeno due conseguenze di portata inizialmente inimmaginabile.
La prima: l’elevata tecnologizzazione ed elettriicazione della musica ha
fatto sì che società, gruppi privati, istituzioni ecc., abbiano fatto gradual-
XIV
Introduzione
mente il loro ingresso nel mondo musicale in maniera sempre più vistosa
e inluente, inendo con l’orientare, nel bene e nel male, gli sviluppi e
le ricerche che si sono potute svolgere in questo ambito. La seconda: le
acquisizioni e i risultati musicali ed estetici raggiunti all’interno della
ristrettissima cerchia dei compositori di musica cosiddetta colta, grazie
anche all’ainamento tecnico degli strumenti elettronici (sempre più
leggeri, rapidi e portatili), ha favorito l’abbattimento della diga che teneva
separati due mondi, quello della musica classica e quello della musica
leggera. Quest’ultimo si è avidamente e sapientemente inserito nel solco
tracciato dai pionieri della neoavanguardia musicale, pur facendo leva su
una propria tradizione. Grande beneiciario di questa nuova situazione
è stato senza dubbio il pubblico di massa.
La materia, come si intuisce già da queste prime osservazioni, è ampia,
articolata, estremamente diversiicata, e si ofre a ricostruzioni e letture
di natura diversa, non solo musicale, ma anche economica, sociologica,
estetica e ilosoica. Il ruolo che ha avuto (e che tuttora ha) il paradigma
elettroacustico ed elettronico nello sviluppo della sensibilità contemporanea va necessariamente inserito in un quadro teorico più ampio, i cui
conini non siano esclusivamente coincidenti con quelli della storia della
musica o del costume.
Questa non è una storia delle tecniche di composizione elettroacustica,
quanto una storia delle idee musicali, ricostruita attraverso le vicende
che hanno coinvolto i protagonisti di questa storia, le invenzioni tecniche e tecnologiche che l’hanno fatta progredire, la varietà dei risultati
estetici (e non) che essa ha prodotto. Dal punto di vista metodologico,
si è posto il problema del criterio da utilizzare per questo complesso
lavoro di ricostruzione: avrei potuto procedere per periodi storici, per
igure, per stili o per generi. Ho scelto invece di procedere per aree
geograiche, seguendo la musica elettroacustica nelle sue diverse e (più
o meno) speciiche varianti nazionali. L’itinerario attraversa perciò i
cinque continenti, ponendo attenzione alle esperienze nazionali più
signiicative, a partire dall’Europa, e non per adesione a uno schema
eurocentrico, ma semplicemente perché è nel Vecchio Continente che
le acque iniziano ad agitarsi. Alcuni paesi hanno avuto un trattamento
apparentemente privilegiato, ma questo è legato solo al fatto che si è
trattato di esperienze davvero interessanti o generalmente poco conosciute e quindi meritevoli di un’attenzione maggiore rispetto a contesti
storico-musicali ben più noti.
Seguire le vie dell’elettroacustica signiica guardare ai suoi padri
(Pierre Schaefer, Karlheinz Stockhausen, Luciano Berio, John Cage
ecc.) e ai suoi innumerevoli igli e igliastri sparsi per il mondo, ma
signiica anche privilegiare una prospettiva extracolta, disponibile, cioè,
ad aprirsi all’intero territorio della musica, nelle forme del rock, del pop
XV
Electrosound. Storia ed estetica della musica elettronica
o della dance. È infatti il momento che la critica musicale e la ilosoia
della musica, oltre che la storia della musica, accettino pienamente il
proprio compito e le proprie funzioni, liberandosi, al di là della loro
indiscutibile legittimità, di tutte quelle zavorre teoriche che ino ad ora
hanno impedito alle esperienze musicali extracolte di essere afrontate
nella loro complessità e ricchezza.
Da Cage ai Pink Floyd, da Schaefer e i suoi eredi ai Soft Machine,
da Edgar Varèse a Iannis Xenakis, dai compositori acusmatici ai dj
contemporanei, la ricerca elettroacustica ed elettronica ha vissuto (e
continua a vivere), in ogni parte del globo, una felicissima stagione che
è il momento di ricostruire in modo più ampio e, laddove possibile,
interpretare, non solo all’interno dei conini della storia della musica.
L’obiettivo di questo libro, infatti, è anche quello di ricondurre il
fenomeno della musica elettroacustica all’interno di un contesto teorico, sociologico, ilosoico ed estetologico, dal momento che la maggior
parte della letteratura sull’argomento afronta tale tematica da un punto di vista quasi esclusivamente (e separatamente) storico, tecnico e/o
ilosoico. Essa, invece, al di là dell’essere semplicemente un periodo
della storia della musica, raccoglie al suo interno modalità espressive
non comprensibili solo alla luce della ricostruzione storica, per quanto
dettagliata possa essere. Parlare di estetica della musica elettroacustica non
signiica proporre una teoria monolitica e onnicomprensiva di questo
genere musicale, poiché sono chiamate in gioco questioni estremamente
problematiche, che riiutano l’idea di un’estetica unitaria. Si può solo
assumere uno sguardo molto mobile ed elastico, che possa produrre
interpretazioni anch’esse mobili ed elastiche. Niente teorie granitiche,
dal momento che non v’è nulla di granitico in ciò di cui parlerò.
La musica elettroacustica non può poi essere considerata separatamente
rispetto agli sviluppi concettuali e ilosoici del Novecento con i quali
è indubbiamente intrecciata, e andrebbe spiegata anche in correlazione
con temi particolarmente rilevanti per la teoria, come il rapporto uomotecnica, l’approccio degli artisti al reale, la producibilità e la riproducibilità
elettronica, il ruolo e la funzione dell’arte nella società contemporanea,
il rapporto tra estetica, musica e teoria dell’informazione.
Questo lavoro propone una possibile fenomenologia (quanto mai
aperta) della musica elettroacustica, problematizzando i principali
aspetti che l’hanno contraddistinta e che la contraddistinguono, nella
consapevolezza che sviluppare un problema non vuol dire risolverlo: può
signiicare soltanto chiarirne i termini in modo da rendere possibile una
discussione più profonda.
Lecce, dicembre
Giacomo Fronzi
XVI
Ringraziamenti
Desidero, innanzitutto, rivolgere un pensiero grato e commosso alla
bella igura del professor Giovanni Morelli, grande musicologo, docente all’Università “Ca’ Foscari” di Venezia e direttore dell’Istituto per la
Musica della Fondazione “Giorgio Cini”, scomparso nel mese di luglio
del 2011. Con lui, tre anni or sono, discussi del mio progetto di scrivere
un libro sulla musica elettroacustica. In seguito, lesse la prima versione
del lavoro, incoraggiandomi a completarlo, e accettò, con la ben nota
generosità, di scriverne l’introduzione. Per quest’ultima gratiicazione,
ahimé, non c’è stato tempo.
Ringrazio, quindi, il professor Paolo Pellegrino, il professor Enrico
Fubini e il professor Antonio Serravezza, per aver avuto la pazienza e la
bontà di seguirmi nelle diverse stesure del volume e per essere stati, come
sempre, prodighi di preziosi consigli, osservazioni critiche e suggerimenti.
Ringrazio il professor Franco Degrassi, per aver letto il manoscritto
e per avermi sollecitato a precisarne alcuni aspetti.
Un sentito ringraziamento va alla mia cara amica Giorgia Taurino,
per il suo prezioso supporto nella revisione linguistica delle citazioni da
testi stranieri.
Ringrazio gli amici dj e produttori Cristian Carpentieri (Joyfull Family Records) e Simone Gatto (Out-er), per la loro consulenza tecnicomusicale relativa alle parti dedicate all’elettronica extracolta.
Un grazie al mio amico fraterno Francesco Lanzo, con il quale ho
lungamente discusso su alcune questioni di carattere formale e stilistico.
Il ringraziamento inale è per la mia famiglia, solido e sereno riferimento in un mondo talvolta eccessivamente luttuante.
XVII