Riguardo la concezione della Bibbia circa il rapporto tra l’uomo e la donna – e, quindi, il matrimonio – si può individuare un arco narrativo dall’inizio della Genesi al Cantico dei Cantici. Il secondo capitolo della Genesi racconta...
moreRiguardo la concezione della Bibbia circa il rapporto tra l’uomo e la donna – e, quindi, il matrimonio – si può individuare un arco narrativo dall’inizio della Genesi al Cantico dei Cantici. Il secondo capitolo della Genesi racconta infatti che Dio, dopo aver creato lo ʼādām, l’“essere umano”, decide di “fare” per lui un ʽēzer, “un aiuto” (da un pericolo mortale, nell’attuale contesto la solitudine), che gli stia kenegdô, “come suo di fronte”: che cioè – per la sua alterità irriducibile – costituisca un’occasione di confronto e, quindi, di autentico dialogo. La prima coppia umana, però, ad iniziare dalla reazione dello ʼādām all’apparizione della ʼîššāh, la “donna”, non è in grado di corrispondere al progetto di Dio. Nei racconti successivi la Bibbia mostrerà, così, quanto il vivere la differenza come un dono evitando i due estremi dell’assimilazione dell’altro o della sua negazione sia il risultato di un faticoso ed impegnativo cammino. Il punto di arrivo della relazione di coppia la Bibbia lo mostra, finalmente, nel Cantico dei Cantici: lì, un “Io” e un “Tu” si incontrano in un dialogo continuamente rilanciato, intessuto di separazioni, palpitanti richerche dell’altro, appassionati ritrovi e nuovi allontanamenti. È a questa dialettica della distanza e della vicinanza, dell’alterità e dell’identità, del farsi altro e del tornare se stesso che, ci illumina la Bibbia, dovrebbe – e potrebbe – tendere il rapporto di coppia.
As regard to the biblical conception of the relation between man and woman – and, consequently, of the wedding – it’s possible to identify a narrative arch from the beginning of Genesis until the Songs of the Songs. The second chapter of Genesis tells that God, after having created ʼādām, the “human being”, decides to “make” for him an ʽēzer, “an help” (from a mortal peril, in the actual context loneliness), which is kenegdô, “as his opposite”: which – for its irreducible otherness – constitutes an occasion of confront and, then, of authentic dialogue. But the first human couple, since the reaction of the human being to the apparition of the ʼîššāh, the “woman”, is not able to correspond to God’s project. In the subsequent tails the Bible shows that living the difference as a gift, avoiding the two extremes of the assimilation of the other or of his negation, is the result of a hard and compelling path. The point of arrival of the relation between the couple is finally shown, in the Bible, in the Songs of the Songs: there, an “I” and a “You” meet themselves in a dialogue continuously raised, woven of separations, throbbing searches of the other, passionate encounters and new estrangements. The relation inside the couple should and could tender – enlights us the Bible – to this dialectic of distance and proximity, of otherness and identity, of become other and come back himself.