Pietro Citati

Il concetto di memoria poetica, così come lo definisce Milan Kundera nell’Insostenibile leggerezza dell’essere, è legato all’impatto sul nostro io della “semplice” bellezza del vissuto, la forma che struttura la sensibilità dell’individuo e non il suo pensiero razionale. Riprendendo le categorie di côté notoire e côté mystérieux, introdotte da Fauriel, cercheremo di chiarire come l’emozione possa diventare chiave interpretativa dell’individuo per se stesso e, allo stesso modo, nella rilettura ex post dello scrittore. Se, da un lato, il ricordo - originato dai sensi e non da una razionale memoria ridestata dal pensiero - risveglia alla coscienza il tempo perduto, diventando ermeneutica di una conoscenza che resterebbe altrimenti, a noi stessi, celata; dall’altro, il côté mystérieux, situato al di là del documento e della storia, interrogato dall’emotività e sensibilità degli occhi del biografo, si offre come strumento in grado di illuminare le inespressioni dell’essere. Così, in linea con il contribuito al rinnovamento del genere biografico di Pietro Citati, il protagonista della Colomba pugnalata si trasforma in personaggio di un’opera letteraria.

Nell’indagare su questioni relative ai rapporti tra storia, memoria e scrittura letteraria, il volume riprende le prospettive della storia sociale della letteratura fornendo un quadro frammentario (ma tendenzialmente integrale) di alcune produzioni intellettuali tra primo e secondo Novecento. La letteratura novecentesca, in tutte le sue forme, viene calata nel contesto della più ampia rete di rapporti che il campo letterario intrattiene con la realtà sociale e culturale del nostro tempo. Emergono costellazioni di temi, aspetti e figure della storia degli intellettuali e della cultura letteraria che spaziano da Slataper e Jahier a Primo Levi e Meneghello, dal problema dell’identità nazionale alla memorialistica della Shoah, fino al trapasso verso il postmoderno (Citati e Calasso, lo stato della critica e dell'editoria letteraria tra anni Sessanta e Settanta). La seconda parte si rivolge ai poeti contemporanei, da Fortini e Roversi alle generazioni più recenti. Si dedica poi spazio ad aspetti e figure della cultura letteraria meridionale dal primo Novecento fino ai giorni nostri (Michele Saponaro, Laterza e i Libri del tempo, Salvatore Paolo e i prosatori contemporanei, il 'pensiero meridiano' e i narratori degli anni zero, Carlo D'Amicis e Nicola Lagioia).

Gianmo Leopardi, Carlo Antici, Monaldo Leopardi, Adelaide Antici, Sebastiano Timpanaro jr., Sebastiano Timpanaro sr., Maria Cardini Timpanaro, la scienza greca, la filologia di e su Giacomo Leopardi, Epicuro, Lucrezio, il materialismo, Marx, Engels, Lenin, Trockij, Pietro Citati.

Anna Maria Ortese’s L’Iguana is one of the most enigmatic pieces of her entire work. At the National Archive of Naples, where all Ortese’s unpublished works are kept, one may find a large collection of papers on L’iguana: scraps, notes and even several discarded endings. Initially, in 1963, eight chapters of the book were published by the magazine “Mondo”; then, L’Iguana went through a difficult destiny since three different publishers contended over its publication. Finally, the novel was published by Vallecchi Editore, in 1965. Later on, in 1980, Ortese wrote to Natalia Ginzburg, mentioning a “new version of Iguana, entitled Miseria e solitudine di una Iguana” (Spadaccini, Archivio di Stato di Napoli, 2006, doc. 54). The present study starts from the history of the novel’s editorial case, passing through the investigation of the drafts of the novel from Fondo Ortese: my attempt is to examine Anna Maria Ortese’s modus operandi, taking into consideration the different editions of L’Iguana, as well as the visions and the discarded endings. In order to get a better understanding of this mysterious and grotesque novel, I will follow the unpublished handwritten notes, marking the history of the author’s scraps, and the reasons which led Ortese to the final version of the novel.

L'articolo prende lo spunto da un documento di recente postato su Facebook dalla Scuola Normale Superiore di Pisa. Si tratta di una rivendicazione del Consiglio Studentesco del 10 novembre 1950, sottoscritta da Pietro Citati e Felice Del Vecchio e da altri tre normalisti, poi anch'essi intellettuali affermati, volta ad ottenere un miglioramento del vitto, sia in quantità che in qualità. A distanza di tre anni, insomma, le cose non sembrano granché cambiate dal ricordo della fame oggi inimmaginabile dell’Italia nel 1947, quando, racconta Citati, non si mangiava, di fatto.