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Principles and Practice of Hospital Medicine 2nd Edition
Edition Sylvia C. Mckean
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Chapter 4 Computation
4.1 Computation
4.2 Objectives and tools
4.3 Expressions
4.3.1 Constant expressions
4.3.2 Operators
4.3.3 Conversions
4.4 Statements
4.4.1 Selection
4.4.2 Iteration
4.5 Functions
4.5.1 Why bother with functions?
4.5.2 Function declarations
4.6 vector
4.6.1 Traversing a vector
4.6.2 Growing a vector
4.6.3 A numeric example
4.6.4 A text example
4.7 Language features
Chapter 5 Errors
5.1 Introduction
5.2 Sources of errors
5.3 Compile-time errors
5.3.1 Syntax errors
5.3.2 Type errors
5.3.3 Non-errors
5.4 Link-time errors
5.5 Run-time errors
5.5.1 The caller deals with errors
5.5.2 The callee deals with errors
5.5.3 Error reporting
5.6 Exceptions
5.6.1 Bad arguments
5.6.2 Range errors
5.6.3 Bad input
5.6.4 Narrowing errors
5.7 Logic errors
5.8 Estimation
5.9 Debugging
5.9.1 Practical debug advice
5.10 Pre- and post-conditions
5.10.1 Post-conditions
5.11 Testing
Chapter 6 Writing a Program
6.1 A problem
6.2 Thinking about the problem
6.2.1 Stages of development
6.2.2 Strategy
6.3 Back to the calculator!
6.3.1 First attempt
6.3.2 Tokens
6.3.3 Implementing tokens
6.3.4 Using tokens
6.3.5 Back to the drawing board
6.4 Grammars
6.4.1 A detour: English grammar
6.4.2 Writing a grammar
6.5 Turning a grammar into code
6.5.1 Implementing grammar rules
6.5.2 Expressions
6.5.3 Terms
6.5.4 Primary expressions
6.6 Trying the first version
6.7 Trying the second version
6.8 Token streams
6.8.1 Implementing Token_stream
6.8.2 Reading tokens
6.8.3 Reading numbers
6.9 Program structure
Chapter 7 Completing a Program
7.1 Introduction
7.2 Input and output
7.3 Error handling
7.4 Negative numbers
7.5 Remainder: %
7.6 Cleaning up the code
7.6.1 Symbolic constants
7.6.2 Use of functions
7.6.3 Code layout
7.6.4 Commenting
7.7 Recovering from errors
7.8 Variables
7.8.1 Variables and definitions
7.8.2 Introducing names
7.8.3 Predefined names
7.8.4 Are we there yet?
Chapter 8 Technicalities: Functions, etc.
8.1 Technicalities
8.2 Declarations and definitions
8.2.1 Kinds of declarations
8.2.2 Variable and constant declarations
8.2.3 Default initialization
8.3 Header files
8.4 Scope
8.5 Function call and return
8.5.1 Declaring arguments and return type
8.5.2 Returning a value
8.5.3 Pass-by-value
8.5.4 Pass-by-const-reference
8.5.5 Pass-by-reference
8.5.6 Pass-by-value vs. pass-by-reference
8.5.7 Argument checking and conversion
8.5.8 Function call implementation
8.5.9 constexpr functions
8.6 Order of evaluation
8.6.1 Expression evaluation
8.6.2 Global initialization
8.7 Namespaces
8.7.1 using declarations and using directives
Chapter 9 Technicalities: Classes, etc.
9.1 User-defined types
9.2 Classes and members
9.3 Interface and implementation
9.4 Evolving a class
9.4.1 struct and functions
9.4.2 Member functions and constructors
9.4.3 Keep details private
9.4.4 Defining member functions
9.4.5 Referring to the current object
9.4.6 Reporting errors
9.5 Enumerations
9.5.1 “Plain” enumerations
9.6 Operator overloading
9.7 Class interfaces
9.7.1 Argument types
9.7.2 Copying
9.7.3 Default constructors
9.7.4 const member functions
9.7.5 Members and “helper functions”
9.8 The Date class
Part V Appendices
Appendix A Language Summary
A.1 General
A.1.1 Terminology
A.1.2 Program start and termination
A.1.3 Comments
A.2 Literals
A.2.1 Integer literals
A.2.2 Floating-point-literals
A.2.3 Boolean literals
A.2.4 Character literals
A.2.5 String literals
A.2.6 The pointer literal
A.3 Identifiers
A.3.1 Keywords
A.4 Scope, storage class, and lifetime
A.4.1 Scope
A.4.2 Storage class
A.4.3 Lifetime
A.5 Expressions
A.5.1 User-defined operators
A.5.2 Implicit type conversion
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solennità conferita la corona d'alloro al cavalier Bernardino Perfetti
Senese, poeta rinomato pel possesso delle scienze migliori, e
massimamente per la sua impareggiabile facilità ad improvvisare in
versi italiani, e versi pieni di sugo e non di sole frasche. Onorarono
quella funzione parecchi porporati e la suddetta gran principessa di
Toscana. Non trascurò intanto il buon pontefice alcun mezzo per
frastornare i disegni dei potentati sopra Parma e Piacenza; ma con
poca fortuna, essendo improvvisamente scoppiata una pace stabilita
in Vienna fra l'imperadore e il re Cattolico, senza che vi
s'interponessero coronati mediatori, e senza aver cura degl'interessi
dei principi alleati. Come questa nascesse, gioverà saperlo.
S'era fin qui nel congresso di Cambrai fatto un gran cambio di
parole e ragioni fra i ministri delle corone per giugnere ad una vera
pace universale. Ma una remora troppo possente era sempre l'affare
di Minorica e Gibilterra; pretendendone gli Spagnuoli la restituzione,
benchè ne avessero fatta in Utrecht la cessione, e negandola
gl'Inglesi; di modo che apparenza non v'era di sciogliere questo
nodo, per cui tutti gli altri restavano sospesi. Avvenne che il baron di
Ripperda Giovanni Guglielmo, uomo ardito olandese, che, come i
razzi, fece dipoi una luminosa ma assai breve comparsa nel teatro
del mondo, segretamente mosse parola in Vienna di una pace
privata fra l'imperador Carlo VI e il re Cattolico Filippo V; e questa
non cadde in terra. Premeva a sua maestà cesarea di mettere fine
ad ogni pretension della Spagna sopra gli Stati di Napoli, Sicilia,
Milano e Fiandra. Più era vogliosa la corte di Spagna di risparmiare
una chiara rinunzia a Gibilterra e Minorica, e di assicurare all'infante
don Carlo la succession della Toscana e di Parma e Piacenza: al che
spezialmente porgeva continui impulsi la regina Elisabetta Farnese,
intenta al bene degli infanti suoi figli; e tanto più per udirsi infestata
da molti incomodi la sanità del gran duca Giovanni Gastone de
Medici. Posta tale vicendevole disposizione d'animi, non riuscì difficile
lo strignere l'accordo. Fu esso stipulato in Vienna nel dì 30 di aprile,
e l'impensata sua pubblicazione sorprese ognuno: tanta era stata la
segretezza del trattato. La sostanza principale di quegli articoli
consisteva nella rinunzia fatta da Cesare a tutti i suoi diritti sulla
corona di Spagna, con ritenerne il solo titolo, sua vita durante; e a
stabilire che essa corona non si avesse mai ad unire con quella di
Francia. All'incontro anche il re Cattolico Filippo V rinunziava in
favore dell'augusta casa d'Austria tutte le sue ragioni sopra Napoli,
Sicilia, Stato di Milano e Fiandra, siccome anche annullava il patto
della reversione pel regno di Sicilia. Un altro importantissimo punto
ancora si vide assodato. Nel dì 6 di dicembre dell'anno precedente
avea l'imperadore Carlo VI formata e pubblicata una prammatica
sanzione, per cui, in difetto di maschi, era chiamata all'intera
successione di tutti i suoi regni e Stati l'arciduchessa Maria Teresa
sua primogenita con vincolo di fideicommisso e maggiorasco:
decreto che venne poi accettato e confermato da tutti i tribunali dei
suoi dominii. Ora anche il re Cattolico accettò la stessa prammatica
sanzione, obbligandosi di esserne garante e difensore. Finalmente
fra le parti fu accordato, che venendo a mancare la linea mascolina
del gran duca di Toscana, e del duca di Parma e di Piacenza, si
devolverebbono i loro Stati colla qualità di feudi imperiali all'infante
don Carlo primogenito della regina di Spagna Elisabetta Farnese,
restando il porto di Livorno libero sempre, come si trovava in questi
tempi. Seguì parimente una lega e un trattato di commercio fra i
suddetti sovrani. Nel dì 7 di giugno di quest'anno con altri atti fu
confermata la suddetta concordia, accolta precedentemente con
isdegno da chi ne era rimasto escluso; e massimamente perchè
Cesare si obbligò di non opporsi, in caso che la Spagna tentasse di
ricuperar colla forza Minorica e Gibilterra. Quei nobili Spagnuoli che
aveano seguitato l'Augusto Carlo in Germania, e in vigore di questa
pace se ne tornarono in Ispagna a godere i lor beni liberati dalle
unghie del fisco, trovarono pregiudiziale la mutazion del clima;
perchè infermatisi, in men di un anno cessarono di vivere.
Nella primavera dell'anno presente diede la corte di Francia non
poco da discorrere ai politici. Un'infermità sopraggiunta al giovane re
Luigi XV in grande apprensione ed affanno avea tenuto tutti i sudditi
suoi, amantissimi sopra gli altri popoli de' loro monarchi.
Perfettamente si riebbe la maestà sua; ma questo pericolo fece
conoscere al suo ministero la necessità di non differir maggiormente
di procurare al re una consorte che conservasse e propagasse la sua
discendenza. Dimorava in Parigi l'infanta di Spagna, a lui destinata in
moglie, che già per tale speranza godeva il titolo di regina; ma
questa principessa avea solamente nel dì 31 di marzo compiuto
l'anno settimo dell'età sua, e troppo perciò conveniva aspettare,
acciocchè fosse atta alle funzioni del matrimonio. Fu dunque presa la
risoluzione di rimandarla con tutto decoro in Ispagna; nè si tardò ad
eseguirla. Per atto sì inaspettato restarono talmente amareggiati il re
e la regina di Spagna, che richiamarono tosto da Parigi i lor ministri,
e rimandarono anch'essi in Francia madama di Beaujolais, figlia del
fu duca d'Orleans reggente, la quale avea da accoppiarsi in
matrimonio coll'infante don Carlo; e questa poi s'unì nel viaggio colla
sorella, vedova del defunto re di Spagna Luigi, la qual parimente se
ne tornava a Parigi. Contribuì non poco questa rottura ad accelerar la
pace suddetta fra l'imperadore e il re Cattolico. Fu allora che la gente
curiosa prese ad indovinare qual principessa avrebbe la fortuna di
salire sul trono di Francia; ma niuno vi colpì. Con istupore d'ognuno
s'intese dipoi che il re, o, per dir meglio, il duca di Borbone primo
ministro avea prescelta la principessa Maria figlia di Stanislao re di
Polonia, ma di solo nome. Videsi questa principessa, nel mese di
settembre, condotta con gran pompa da Argentina al talamo reale.
Attendendo in questi tempi il pontefice Benedetto XIII non meno al
pastoral governo che all'economia de' suoi Stati, pubblicò nel dì 15
d'ottobre una utilissima bolla intorno all'annona di Roma e
all'agricoltura di que' paesi. Non così fu applaudita nel giugno di
questo anno la promozione alla sacra porpora da lui fatta di
monsignor Niccolò Coscia, prevedendo già i più saggi che questo
personaggio, favorito non poco dall'ottimo pontefice, si sarebbe col
tempo abusato della confidenza e bontà del santo padre, il quale
non mai dicendo basta alla gratitudine sua, volle premiare l'antica
servitù di questo soggetto, e col tempo gli procacciò anche il ricco
arcivescovato di Benevento. S'egli fosse meritevole di tanti favori, ce
ne avvedremo andando innanzi.
Cristo mdccxxvi. Indizione iv.
Anno di Benedetto XIII papa 3.
Carlo VI imperadore 16.
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